Mixture life's of Alexiandra

di ALEXIANDRAisMe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 6 Anni ***
Capitolo 2: *** 9 Anni ***
Capitolo 3: *** 12 anni ***
Capitolo 4: *** 15 anni ***
Capitolo 5: *** Abitudine ***
Capitolo 6: *** Bugiarda ***
Capitolo 7: *** Rifugio ***
Capitolo 8: *** Partenza ***
Capitolo 9: *** Sorelle ***
Capitolo 10: *** Terza Guerra ***



Capitolo 1
*** 6 Anni ***


Sapevamo di non essere cresciute come tutte le altre ragazze.
 
(31 dicembre 2002 - 6 anni)
- Corri! Corri! – urlava Chris in testa. Io e Alexia ci tenevamo per mano.
Le nostre famiglie sarebbero state insieme per il capodanno. Ora nel giardino stavamo giocando tutti e tre, solo che nello stuzzicare il cane del vicino attraverso il cancello, la corda si era rotta e il cane era entrato nel nostro cortile.
Correvamo tanto e tutto intorno al perimetro della casa.
Chris era più veloce ma evitava sempre di lasciarci indietro fino a quando voltando l’angolo non andammo a sbattere contro papà-
Ci guardò da prima con cipiglio severo poi il suo sguardo si addolcì e chinandosi ci prese entrambe in braccio stringendoci forte. Arrivò mamma che vedendo come eravamo ridotte sussurrò divertita – Bambine! Ma cos’avete combinato qua fuori? Siete sudate e sporche di terra! –
Venne a prendere tra le sue braccia Alexia mentre io rimanevo in quelle forti di papà.
- Se continuate a fare le birichine la befana vi porterà ancora carbone! – disse divertito mentre mi sfiorava la punta del naso con l’indice.
Io e Alexia ci guardammo complici, associando il carbone allo zucchero di cui era composto, rendendo vana la minaccia.
Essere cattive aveva i suoi vantaggi anche all’ora.

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Capitolo 2
*** 9 Anni ***


(luglio 2005 – 9 anni)
Aspettavo sempre la domenica per andare dalla zia perché la nuova città in cui ci eravamo trasferiti dalla morte della mamma, secondo papà, era troppo distante per andarci a piedi da sole. Ora che siamo cresciute 17 km non sono più tanti rispetto a quelli che percorriamo ogni giorno per vederci.
Quando aspettavamo fuori che il cancello si aprisse, mentre Alexia stava sempre al fianco di papà, io mi arrampicavo sul muretto e chiamavo Chris.
Lui mi salutava e iniziavamo a giocare come solo i bambini riescono a fare nonostante la distanza tra il muretto e il balcone della sua camera.
Molte erano le volte in cui convinceva i suoi a mangiare con noi per stare ancora insieme.
Poi quando arrivava il momento di andarcene e lui era già in balcone per salutarci e io sul muretto per ricambiare ricordo che gridavo – Papà in braccio! –
Lui veniva da me e sollevandomi mi stringeva forte. Sapeva che altrimenti non sarei riuscita a staccarmi da lì.
Poi, una volta stabilizzatami circondandolo con braccia e gambe lui porgeva la mano ad Alexia che vedendo Chris mentre con un cenno e un sorriso salutava e tornava dentro era sempre sul punto di piangere.
Così ci portava via.

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Capitolo 3
*** 12 anni ***


(agosto 2008 – 12 anni)
- Zitta! – esclamammo io e Alexia sussurrando.
- Io. Volevo. Solo dire che. È sbagliato! – bisbigliò.
Ci guardammo per un po’, io e Alexia soppesammo le sue parole poi tornando a ignorarla misi la sigaretta in bocca, feci scattare l’accendino e aspirai avvicinandolo.
Nel momento in cui il fumo del tabacco entrò nei polmoni la finestra si spalancò e dall’albero a cui ci si poteva affacciare Chris fece irruzione nella camera da letto. Iniziai a soffocare a causa della nicotina e tossì forte mentre tutti tranne Alexia ridevano.
Già, perché lei soffocando una lieve risatina aveva iniziato a darmi piccole pacche sulla spalla per aiutarmi.
Il mozzicone cadde a terra, proprio sul tappeto dove ancora oggi la bruciatura è visibile.

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Capitolo 4
*** 15 anni ***


(12 gennaio 2011 – 15 anni)
Sono passati due anni. Tra qualche mese ne avrebbe compiuti cinque. La lapide è ancora piena di giocattoli e fiori. Tante calle bianche pure, tante rose rosse vivaci. Nella vetrinetta spicca il suo peluche preferito di Winnie the Pooh e il leoncino che gli ho lasciato quel giorno che lui ha lasciato me.
Mentre con la schiena premuta contro il freddo marmo mi rannicchio e inizio a piangere. Raccontando di tutto quello che ho passato dall’ultima volta che sono venuta a trovarlo.
Sono sola nella cappella. Alexia e Steven, il suo fratellastro nonché mio cugino, sono fuori. Danno le spalle al vetro che ricopre la piccola struttura. Zia Lucy non è venuta, avrebbe pianto ancora e già lo fa ogni mattina quando viene a trovarlo. Il suo bambino adorato.
Finito il mio monologo mi volto per salutarlo.
Poso le labbra calde sull’immaginetta fredda a forma di libro e a quel contatto ho i brividi.
- Ci vediamo. – sussurro. Come tutti.
Non riusciamo ancora a concepire la parola Addio.

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Capitolo 5
*** Abitudine ***


Abitudine

- NonononoNo!- urlai –No! Cazzo –
Rimasi a guardare il vaso per terra in frantumi.
Siria mi guardava spaventata – S-s-spolverino! – cercò di giustificarsi.
- Già! Spolverino! Non mazza da baseball! – le urlai contro.
- Eheh... eh – ridacchiò Mel nervosa – Alex calmati, io ripulisco qui, voi andare fuori, in veranda c’è ancora da togliere la terra.-
Quest’anno maggio era entrato con poco sole e tanto vento, non sembrava primavera, non sembrava maggio.
Era il compleanno di Siria perciò decisi di non infierire, non più del dovuto comunque. Bastavano già gli altri.
Erano passati cinque anni da allora, eravamo appena giunte al nord ed eravamo divise tra vita privata, accademia ecc..
Eravamo tutte e tre nell’accademia delle Belle Arti della stessa città, solo in settori diversi. Mel arredamento e io e Siria grafica del fumetto, intanto lavoravo part-time da un fotografo, giusto per mettere da parte qualcosa.
Gli appartamenti li pagavamo con i soldi ottenuti grazie alla vendita e al successo della nostra prima saga che si sarebbe conclusa con l’ultima uscita l’anno successivo.
Il 6 maggio di cinque anni fa frequentavamo il primo anno del liceo Artistico e sei delle otto persone che aveva invitato ai suoi quindici anni non erano riusciti a presentarsi per festeggiare. In compenso tra famiglie bizzarre, una guerra d’acqua in giardino, una sorella rompiscatole e una casa abbandonata ci eravamo divertite. Sempre noi tre: Mel, io e Siria.
Quel giorno il sole era un ostacolo alla mia stabilità, il rischio d’insolazione c’impedì di pranzare in veranda.
A noi tre ragazze e la mamma di Siria si unirono zia e cugina e aumentammo di altri quattro posti all’arrivo della torta.
La mattinata passata a pulire fuori tra una spazzata di vialetto e una lotta con la cannuccia che spruzzava acqua gelida non si fece sentire neanche dopo la sbronza epica della sera. Il pomeriggio a scrivere ascoltando musica con Mel era passato troppo in fretta e la sorellina pestifera con i suoi genitori erano venuti a prenderla.
Il misto tra Rum, birra e vodka ci aveva stordite.
Quel giorno eravamo di nuovo noi tre e preparate alla sbronza che ci saremmo prese quella sera.
La madre di Siria non poteva lasciare il lavoro e noi con gli esami non avevamo fatto in tempo a scendere al sud per festeggiare a casa. I compagni di scuola sia del liceo che dell’accademia erano a loro volta occupati tra esami e privacy. Emis e Mat non si sarebbero fatti vedere per puntiglio, Alexia perché era in Germania e non avevamo legato così tanto con nessun’altro.
Perciò stavamo riordinando per un personale capriccio, festeggiando con torta, tiramisù e salame al cioccolato con Zero Salato, tanta musica e tra un libro e dei fogli bianchi per disegnare o scrivere.
Morale: sono anni che ci fanno notare che la storia si ripete. Nel nostro caso è vero, ma non sembra poi così orribile.

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Capitolo 6
*** Bugiarda ***


Bugiarda

 
Avevo semplicemente scelto di trasferirmi. Non di emarginarmi dal resto della mia famiglia.
Ma ora che ero tornata a casa, la verità era ingestibile.
Ricordai la prima volta in cui mi sentì così.
Allise aveva solo cinque anni ancora e dopo quattro mesi ne avrebbe compiuti sei, ma era riuscita ad arrivare ad una parte di me che nessuno comprendeva e che sembrava solo percepire. Quando quel giorno entrai a casa dei nonni per l’ottantesimo compleanno di Nonno lei non mi salutò.
Fu l’unica che ebbe il coraggio di urlarmi contro – Vattene Brutta Estranea!-
Bastò quello per immobilizzarmi sulla soglia. Era vero, era passato un mese da quando l’avevo vista l’ultima volta e uno dalla penultima e addirittura dalla terzultima.
Anche gli estranei in una piccola città capita di vederli più spesso.
All’età di cinque anni e mezzo mia cugina era davvero volubile e bastava poco a comprare il suo affetto. Un po’ come me, se era per ottenere qualcosa, poteva essere la tua migliore alleata o la tua peggior nemica.
Ma quel giorno l’unica cosa che chiese Allise fu il mio tempo da dedicarle.
Quando lasciai quella casa, lasciai all’interno la definizione di estranea e me ne uscì solo con le sue tristi parole – Perché te ne sei andata? Non vuoi più stare con me?-
Gli occhi mi pungevano per via delle lacrime. Volevo abbandonare delle cose che erano fin troppo radicate in me. Mi giustificai solo, in realtà non avevo risposto alla prima domanda, non del tutto. – Amore, Alex va ad un’altra scuola! Certo che voglio ancora stare con te! Solo che...-
- Nardò è più vicina alla tua scuola, vero? È per questo che stai lì e non qui, vero? – chiese Allise con gli occhi che si accendevano di entusiasmo.
- Certo Amore, è per questo.- Bugiarda. Rispondeva una voce dentro di me mentre Alexia mi guardava sottecchi con i suoi profondi occhi azzurri come i miei.
Non era da Allise che me n’ero andata ma da tutto il resto.
- Andrà meglio, è solo l’inizio. Ti abituerai.- mi sussurrò Alexia mentre stavamo per uscire dalla porta.
- Fatti sentire!- si raccomandò lo zio Sebastian.
- e Fatti vedere!- ribeccò lo zio Manuel.
- Chiama!- rimarcò la dolce zia Lucy accanto allo zio Luke e a mio cugino Steven.
Zia Simonette fu l’unica a non commentare, stringeva tra le braccia un’imbronciata Allise.
Ora Allise aveva come me dieci anni in più.
Io avevo l’età di Isobel a quel tempo e lei la mia. Nuovamente riuniti in famiglia e tutti non facevano che chiedermi del lavoro e di come andasse al nord la vita, fino alla domanda fatidica – Perché non ti sei fatta sentire?-
Ed io, affermata scrittrice ventiseienne, giovane matura, continuavo a giustificarmi.
- Sono stata impegnata con il trasloco e con nuovi progetti – ma in una cosa ero cambiata, lo facevo con disinvoltura.
Alexia alla fine della cena mentre tornavamo in albergo, dove alloggiavamo, mi disse – Visto? Te l’avevo detto che ti saresti abituata! –
- A cosa? – chiesi perplessa. Sapevo a quale discorso si riferiva.
- A mentire. – rispose riservandomi un sorriso triste.

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Capitolo 7
*** Rifugio ***


Rifugio 

Sapevo cosa voleva dire rimanere a riflettere a lungo in una stanza completamente resa buia da tendaggi pesanti.
Io e Alexia spesso rimanevano così senza far niente nella nostra camera dove nessuno entrava mai senza il nostro permesso. Ora come sempre nella mia stanza mi ritrovavo sola.
Le tende tirate a coprire anche il più piccolo spiraglio di luce.
Sira fece irruzione in quel silenzio.
- Alex? – mi chiamò sussurrando cauta.
- Cosa c’è? – sbottai irritata.
- Mmm... vado a lavoro, questo te lo lascio qui. -  disse posando una busta sul pavimento. Poi prima di andarsene disse ancora – Ha chiamato Alexia ma forse stavi ancora dormendo per questo non hai sentito. –
Non era vero. Avevo volutamente scelto d’ignorare lo squillo assordante del telefono.
- Cosa dice? – chiesi comunque assecondandola.
- Che arriva domani mattina presto e di aspettarla qui, nel letto.- pronunciò la frase come fosse inverosimile, visto tutto il tempo che stava impiegando per farmi uscire dalla mia stanza o farmi anche solo abbandonare il letto per i pasti.
Detto questo se ne andò. Al suono della porta d’ingresso che si chiudeva mi alzai per raccogliere la busta. Dentro c’erano una vaschetta contenente un’insilata di riso e una con dell’insalata di carote, una forchetta e un cucchiaio di plastica, una bottiglia d’acqua e una barretta di cioccolato fondante 99%.
Consumai il tutto all’opaca luce di una lampada vicino al letto poi ritornai a nascondere la testa sotto il cuscino.
L’indomani feci come mi era stato detto, anche perché diversamente non avrei fatto.
Anche quando sentì la porta d’ingresso aprirsi e poi richiudersi, dei lassi lungo il corridoio e qualcuno entrare in camera rimasi immobile.
Alexia si chiuse la porta alle spalle e togliendosi solo le scarpe s’infilò sotto le lenzuola insieme a me.
- Ok. Ora puoi sfogarti! – sussurrò. Alexia ora c’era.
Mettendomi seduta iniziai ad urlare di quanto Emis fosse un’idiota, che appena sarebbe tornato da quello stupido meeting si sarebbe pentito di esserci andato nonostante io gli avessi detto che poteva fare come voleva.
- Cavolo ma si può essere più scemi! Era ovvio che non volevi che ci andasse perché ti saresti sentita sola! – Alexia giunse alla mia stessa conclusione, là dove Siria riteneva tutto come un capriccio.
Quello sfogo mi era servito e quando Siria arrivò con il pranzo-colazione le ordinammo un’altra porzione.

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Capitolo 8
*** Partenza ***


Partenza

Non riuscivo a trovare le chiavi di casa.
Perché poi non potevano semplicemente stare al loro posto, non riuscivo a capirlo.
- Alex.. – mi chiamò.
- Che c’è? – non era proprio una domanda, sembrava più un’esclamazione.
- Alex.. – di nuovo.
- Che c’è! – ecco, questa non era decisamente una domanda.
- Le chiavi le hai in mano. – rispose sospirando.
Arrossì mormorando un – S-scusami. –
- Tranquilla. – mormorò Alexia.
- Alex.. – mi chiamarono di nuovo mentre stavo varcando finalmente la porta.
- Che c’è! – sbraitai.
Siria stava venendo verso di me con i biglietti. Sgranò leggermente gli occhi
– Stavi dimenticando questi... –
- Dammi qua! – presi brusca le carte dalle sue mani e le infilai nella borsa con un gesto di stizza.
Faccio di nuovo per uscire, ma una volta superata la soglia mi volto di nuovo.
Rimango immobile senza fiatare.
- Alex.. tutto bene? – chiese Alexia guardandomi attentamente.
- Lasciala perdere, è solo esaurita. – borbottò Siria mentre andava dietro l’isoletta della cucina iniziando a ignorarci.
Lasciai la borsa a terra e corsi ad abbracciare Alexia, nascosi il viso nell’incavo del collo.
- I bagagli sono già in macchina. – sussurrò all’altezza del mio orecchio.
- Si, lo so. – mormorai in risposta.
- I biglietti li hai in borsa e le chiavi in mano. – dice.
- Anche quelle di casa sono in borsa per quando torno. – continuo.
- La macchina poi la riporta indietro Matt no? –
- Si. –
- Partendo ora dovresti essere in anticipo di almeno un ora buona, avrai tutto il tempo di fare il check-in.. –
- Già. –
- È tutto pronto. –
- Infatti. –
- Allora cosa c’è che non  va. –
- Ho paura. –
- Il volo? –
- No. –
- Sicura? –
- No. –
- Solo quello? –
- No. –
- Emis? –
- Si. –
- Sarà felice di vederti dopo un mese che non riuscite a vedervi.. –
- Lo so. –
- Quindi? –
- Quindi Sono Incinta e non so come la prenderà. –

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Capitolo 9
*** Sorelle ***


Sorelle

- Cosa davvero? Bene! –dicevo euforica al telefono.
Ero al settimo cielo. Emis avrebbe preso l’aereo di lì a poche ore per arrivare poi questa sera stessa.
Questo non centrava molto col fatto che Sira non sarebbe potuta venire alla festicciola organizzata da Alexia.
Ero già a casa sua quando ricevetti la telefonata.
- Mi dispiace.- disse con tono addolorato.
- Non ti preoccupare, è lavoro. – risposi.
Alexia mi guardò con fare di chi la sapeva lunga prima di affermare – Emis non verrà vero?-
- No – risposi soltanto, abbassando lo sguardo.
Non avevo voglia di deprimermi e piangere, perciò evitai sfoghi e crisi isteriche che sarebbero scaturite da un’esposizione più dettagliata dei motivi per cui non aveva preso quell’aereo.
Alle venti in punto il campanello suonò. Due ragazze con un sorriso forzato fecero irruzione nel grande appartamento al settimo piano. Una con i capelli scuri, lunghi e lisci, tirati indietro in un’alta coda e una con i capelli altrettanto scuri, ma corti e spettinati. La prima nei suoi jeans e camicetta impeccabili e l’altra con una maglietta lunga e larga gialla sopra a dei pantaloncini arancio.
Guardai i suoi occhi incorniciati da occhiaie ben visibili, simbolo di chi come nel mio lavoro rimaneva sveglia notti intere per rispettare la consegna di manoscritti e capitoli.
- Non dovevi lavorare? – chiesi a Siria.
Sbuffò scocciata – L’hai detto, Dovevo. Melly mi ha trascinata qui dopo che Ale ci ha informate di Emis. –
- Dopo verrà anche Justin, dopo gli allenamenti voleva farsi una doccia. – disse Mel e mentre pronunciava l’ultima frase arrossì.
Siria ed Alexia da una parte ridacchiavano, mentre io intenerita davo voce ai loro pensieri – E perché non l’hai aspettato? – dissi esternando tutta la malizia dalla mia voce.
A quel punto Alexia non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere sorniona e Siria rimanendo scioccata si buttò sul divano, ignorandoci e iniziando a dormire.
Verso le ventuno circa anche Justin fece il suo ingresso e passammo la serata tra un film, pacchi di pop-corn e patatine e carte di scala quaranta.
Siria mi fregò persino la birra – Sei incinta non puoi bere! –
- Uffa, già ho smesso di fumare! Un bicchiere non può fare male! – risposi scocciata.
Ci rifletté un po’ su, poi ancora insicura si sporse per porgermi la bottiglia a metà. –
- Siria da gliela e ti spezzo la mano! – sibilò maligna al voce.
Siria ritrasse subito la mano sinistra borbottando – Io con questa ci lavoro! –
Mi voltai di scatto dopo essermi ripresa da quello stato d’immobilità che mi era preso. – Emis? – lo chiamai piano guardandolo.
Lui sorrise raggiungendoci al tavolo dopo aver lasciato sulla soglia la valigia e il trolley.
Mi abbracciò dietro dandomi un bacio sulla guancia.
- Appena in tempo, solo altri dieci minuti e ti avrei raggiunto solo per... – Alexia lasciò la frase in sospeso, giusto per intendere qualcosa di poco piacevole come ad esempio “staccarti le palle a morsi”.
Sentì Emis deglutire alla minaccia della mia carissima sorella che aveva fatto in modo di rendermi così felice e soddisfatta.

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Capitolo 10
*** Terza Guerra ***


Terza guerra

19/5/2041

Il mondo è ancora in crisi.
Omicidi, guerre... non scompariranno mai dalla faccia della terra. Vero!?
Sono passati ventinove anni dall’epoca in cui ne avevo sedici e sentivo di tutte quelle storie che ricordavano la guerra e novantasei dall’ultima volta.
Eppure la Terza Guerra Mondiale infuria su di noi, anche se ben nascosta.
Oggi abbiamo altre armi che non hanno niente a che fare con carri armati e cecchini che si nascondo dietro a fucili spianati.
Oggi non possiamo dare la colpa a tedeschi... dittatori... e ad altri uomini con la presunzione di essere dei.
Oggi la causa siamo noi.
x Alexiandra
Davanti alle lapidi di tutte le persone a me care che ho già perso mi piange il cuore.
Eppure è per non veder andare via i diciannove anni di Joshua e i diciassette di Sam ed Elija che sono qui, nella nuova resistenza a combattere contro l’egoismo del mondo.
Al mio fianco Alexia e Siria, che come me sono stanche della corruzione e hanno dei figli e delle persone care da proteggere e salvare dall’uomo.
 

Ultima One-Short di questa raccolta su Alexiandra
commentate e aspettatevi un'ulteriore raccolta sulla mia protagonista preferita.
 ho anche nuovi progetti per le mie fanfic!

***Alexiandra***

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