La donna in grigio

di Sherlock Holmes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A new client ***
Capitolo 2: *** The letter ***
Capitolo 3: *** Tears of a wife ***
Capitolo 4: *** Lestrade vs Gregson ***
Capitolo 5: *** You have to leave... ***
Capitolo 6: *** An unexpected visit ***
Capitolo 7: *** What do you think about death? ***
Capitolo 8: *** 314, Regent Street ***
Capitolo 9: *** I want revenge! ***
Capitolo 10: *** The second weak spot of Sherlock Holmes ***
Capitolo 11: *** It's only the beginning ***



Capitolo 1
*** A new client ***


E’ una follia.
Lo so, ne sono perfettamente conscio.
Eppure cerco di non pensarci.
Cammino e basta, un passo dopo l’altro, verso Regent Street.

E’ una serata cupa, buia.
Per i passanti, è esattamente come tutte le altre notti londinesi, ma per me è diverso.
E’ questa quella in cui si compirà il mio destino.
Già, perché ormai ho deciso.

Sembra buffo. La mattina precedente non ero altro che un consulente investigativo in preda ad una crisi di depressione, ed ora…
Ma devo cominciare dal principio.

Tutto è  iniziato nel mattino scorso. Ero in uno stato di inattività mentale che aveva portato a livelli critici la mia sopportazione della monotonia londinese.
Il fatto che non vi era stato alcuno sviluppo da due mesi del caso più importante della mia carriera investigativa mi aveva fatto perdere la determinazione.
Mi feci scivolare lungo la parete. Cercando uno sfogo, impugnai il mio amato revolver, deciso a sparare, quando, senza preavviso, Watson fece irruzione nella mia stanza.
- Non cerchi di fermarmi…- mormorai.
- Perché mai dovrei farlo? La stanza è la sua.- mi rispose con noncuranza, appoggiandosi sullo stipite della porta. Già, ormai era abituato a vedermi utilizzare gli alloggi come poligono di tiro.
Presi la mira.
- Sappia però che molto probabilmente, sparando, terrorizzerà ulteriormente la sua futura cliente.-
- Cliente?-
Mi bastò quell’unica parola: lasciai perdere pistola e proiettili, mi alzai con uno scatto fulmineo, andai allo specchio, mi ripulii come meglio potei e fui pronto ad accogliere la mia ospite.
- Finalmente rivedo quella luce combattiva ed impaziente nei suoi occhi.- mi rivelò Watson, sorridendo tra sé. - Quanti miracoli può fare una parola, eh?- aggiunse
- Watson, deve capirmi: la mia mente mal sopporta il ristagno… Datemi problemi, datemi lavoro: così io sarò accontentato.-
Il mio amico si strinse nelle spalle:- Quindi oggi sono stato foriere di buone notizie.
- Già.-
Tacqui per un secondo.- Penso che non dovremo far aspettare oltre la signora, non trova?- domandai.
- … Oppure non dobbiamo far aspettar lei, Holmes?- rispose Watson, per ripicca.
- La pensi come vuole…- sussurrai.
- Vado nel mio studio medico… Ho dei pazienti che mi stanno attendendo. Tornerò questo pomeriggio, sul tardi.- disse, mettendo lo stetoscopio nel borsello da medico ed afferrando la bombetta. – Non faccia come l’ultima volta… Eviti di dar fuoco agli alloggi, Holmes…-
Lo fissai, gelido.
Watson sorrise sotto i baffi ed uscì, invitando la signora a fare il suo ingresso.
Quando entrò, la donna portò con sé un alone di ansia e inquietudine.
Era grigiovestita. Il suo lungo abito riluceva dei riflessi che le lampade producevano sulla stoffa.
Si tolse il cappello velato, rivelando uno dei visi più belli e raffinati che avessi mai visto.
- Lei è il signor Sherlock Holmes?-
- Sì, sono io.-
La osservai attentamente, per poi continuare, sicuro:- Lei, invece, è una donna sposata da circa un anno, molto in ansia per suo marito. Fino a prima del suo matrimonio, lavorava come cucitrice a domicilio e ha preso una carrozza a Oakly Street, dove lei, probabilmente, abita.-
Mi fissò, meravigliata.- Tutto ciò che ha detto è corretto. Ma come ha fatto?-
- Semplici deduzioni. Ho intuito che lei proviene da Oakly Street esaminando i residui di terreno sul fondo della sua veste. Non ne ha altri, e da ciò ho compreso che per giungere fin qui deve aver utilizzato una carrozza. Per quanto riguarda il suo lavoro, ho notato delle punture di ago sul pollice della mano destra (e da ciò ho anche capito che lei è mancina), che però si sono rimarginate completamente. Sono cicatrici di circa un anno fa. Quindi, è da un anno che non cuce più quotidianamente. Inoltre, è sposata da dodici mesi o poco più. La pelle è leggermente più chiara in corrispondenza della fede, ma non così tanto da ipotizzare un periodo di sposalizio più lungo. Per affermare che lei è preoccupata per suo marito, mi sono basato sul fatto che lei sta ripetendo, da quando è entrata, la rotazione della fede nuziale sull’anulare, segno di affanno per il coniuge.-
- Mi ha stupita, davvero.-
- Ne sono compiaciuto. Allora, perché è così impensierita per il suo sposo?-
- Beh, le interesserà intanto sapere che lei conosce mio marito.-
- Ah sì?-
- Lei, però, lo chiama Porlock.-

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Capitolo 2
*** The letter ***


Quel nome mi fece scattare su dalla poltrona come una molla.
- Come ha detto?-
- Ha sentito bene, Mr. Holmes… Scommetto che non sapeva che si fosse sposato.- mi disse la donna, sorridendo.
- Non mi sono mai posto il problema.- ammisi.
Lei sospirò, prendendo dal borsello una carta.
- Sono venuta qui da lei perché ho trovato su questa busta il suo indirizzo…-
Me la porse.
Oltre alla mia via, campeggiava il nome del mittente: Porlock.
Sì, era proprio la sua scrittura. Senza dubbio.
- A quanto pare, mio marito non ha avuto il tempo di spedire a lei questo telegramma.-
Lo aprii. La scrittura era codificata. Usavamo sempre il Playfer per comunicare…
Eppure, era strano. Mai aveva indirizzato al mio vero nome e alla mia residenza.
Era un brutto segno… Indicava l’estrema urgenza della lettera.
- E’da un po’ di tempo che… beh… Non mi scriveva. Un paio di mesi, se non erro.- esalai.
- Ascolti, mio marito è scomparso ed io esigo delle risposte. Se lei sa qualcosa è tenuto a dirmelo.-
La fissai.
- Lei quindi non è consapevole del fatto che il sottoscritto sia un consulente investigativo…- dedussi.
- Come? No, affatto!-
- E non era qui per un consiglio, bensì…-
- Per sapere cosa ne è stato del mio adorato sposo!-
Tacqui, leggendo il telegramma, dopo averlo mentalmente decodificato.
 
Holmes,
temo che il professore mi abbia scoperto. Se è così, sono un uomo morto.
Non si fida più di me, non mi rivela i suoi piani… Ma ho sentito dal colonnello che stanno progettando il rapimento di una certa Adler… Non so chi sia, Holmes…So solamente che devo fuggire al più presto.
Aiuti me e la mia famiglia. La prego!
Se vorrà, ci vedremo questa sera a Fleet Street, nel solito posto. La scongiuro, non rifiuti l’incontro!
 
Porlock.
 
La lettera recava la data del giorno precedente.
- Signora, ha idea di che lavoro faceva suo marito?-
- Era impiegato presso un’agenzia amministrativa.-
Risi sommessamente:- In un certo senso, le ha detto la verità.
- Perché sorride? Cosa sa lei sul mio sposo che io non so?- mi chiese, in ansia.
Non sapevo come rivelarglielo. Alla fine, scelsi la schiettezza.
- Suo marito era un membro della più importante e pericolosa associazione criminale europea.-
Mi guardò con gli occhi sgranati:- Lei mente.-
- No, affatto. Circa sei mesi fa mi ha contattato, dicendomi che lui aveva importanti informazioni riguardo al caso che stavo seguendo… Un omicidio. Porlock mi confermò ciò che in cuor mio già sapevo: quell’uccisione, così come molte altre, era stata organizzata. E la mente che stava dietro a tutto ciò era il suo diretto capo. Il professor James Moriarty.
Molto probabilmente, lei non lo ha mai sentito nominare. Ed è proprio in questo che risiede la sua genialità… Nessuno lo conosce, nessuno sospetta di lui: ergo, nessuno può incriminarlo.-
Dalla busta caddero alcune fatture e documenti.
Un solo appunto: Spero le saranno utili.
Le lessi: movimenti di denaro, conti svizzeri… E… Una lettera di Moriarty!
- Non è possibile…- mormorai.
- Come?-
- Penso che lei, signora, mi abbia appena consegnato da parte di suo marito alcuni documenti che potrebbero inchiodare l’intera organizzazione Moriarty.-

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Capitolo 3
*** Tears of a wife ***


- Lei farnetica… Il mio adorato non può essere un criminale…- mormorò la donna, come in trance.
- In effetti, non lo è più.- le dissi, con tono professionale - Dal momento della nostra prima corrispondenza, è diventato il mio informatore interno.-
La donna iniziò ad intrecciarsi le mani.
- Sa dov’è?- mi chiese con voce rotta.
Le lessi il contenuto del telegramma.
- Questa lettera reca la data di ieri. Io l’ho ricevuta solo ora e… così… non sono potuto recarmi all’incontro…- spiegai.
La signora chinò la testa. Ipotizzai si sentisse in colpa per non avermela consegnata prima.
Non seppi come confortarla…
Poi, iniziò: - Lei… sospetta che…-
Sì. Temevo che Porlock fosse già stato assassinato.
Distolsi lo sguardo.
La donna si mise a piangere silenziosamente. Le lacrime le bagnarono il bel viso.
Mi schiarii la voce.
- Non è detta l’ultima parola. C’è ancora un barlume di speranza.- la rasserenai, afferrando la pantofola persiana.
Ne estrassi una manciata di tabacco e la misi nella mia pipa d’argilla.
Le chiesi se il fumo le dava fastidio.
Lei scosse la nuca, facendo cadere un paio di lacrime sul tappeto.
Dalla mia veste da camera, presi un fazzoletto e glielo porsi.
- Si asciughi il viso.-
Con mani leggermente tremanti, lo afferrò, tamponandosi gli occhi.
- Ora la accompagnerò dal dottor Watson, nel suo studio.- le annunciai - Mi auguro che  Moriarty e i suoi non siano a conoscenza della sua relazione matrimoniale con Porlock… Ma la prudenza non è mai troppa. Lei rimarrà con il mio compagno di stanze per il resto della giornata. Le farò sapere gli sviluppi attraverso biglietti che le saranno recapitati da un ragazzino di nome Wiggings.-
Mi tolsi la veste da camera, indossando il mio pastrano scuro. Afferrai il mio revolver e lo misi in tasca, insieme ai documenti e alla lettera di Porlock.
 
Scendemmo in strada.
Alzando il braccio, fermai una carrozza sulla quale salimmo, indicando al conducente la strada da imboccare.
 
Quando giungemmo allo stabile in St.James Square, dopo un tragitto compiuto in un perpetuo mutismo, suonai in corrispondenza della lucida targhetta che recava scritto: Dottor J.H.Watson, medico chirurgo.
Fu proprio il mio socio ad aprire.
- Watson, le affido la mia cliente. Spero che passerete insieme una buona giornata.- dissi semplicemente, scendendo i tre gradini dell’ingresso.
- Holmes!- esclamò Watson – Come posso…-
Ignorai la sua inutile protesta.
Salii in carrozza senza voltarmi e, dal finestrino, salutai i due, toccandomi il cappello.

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Capitolo 4
*** Lestrade vs Gregson ***


Dopo aver lautamente pagato il vetturino, scesi a Fleet Street.
Entrai nello stabile dove, solitamente, io e Porlock ci davamo appuntamento.
La polvere per terra non recava alcuna impronta.
Quindi, Porlock non aveva mai raggiunto la stanza in cui ora mi trovavo.
Mi sedetti sulla sgangherata poltrona che campeggiava al centro della saletta.
Le ipotesi erano due: o Porlock era stato rapito, o era stato assassinato.
 
Scesi nuovamente in strada, mettendomi le mani in tasca e appoggiandomi al muro.
Due domande mi tormentavano: “Moriarty sa di me? Se ha trovato Porlock, lo ha fatto parlare?”
I miei ragionamenti furono interrotti da un fischio prolungato: il segnale di richiamo dei poliziotti.
Seguii il suono, che mi portò quattro isolati ad est.
Lì, vi trovai tre agenti, uno dei quali si rivelò essere Clarkie.
- Mr. Holmes, è lei?-
- Che è successo?- chiesi.
- Hanno trovato un corpo in una stanza di un albergo abbandonato che affaccia proprio su questa strada.- Clarkie mi indicò la finestra al piano terra.
Poi, riprese:- La morte è inspiegabile: un proiettile alla nuca, finestre e porte chiuse a chiave dall’interno. Abbiamo dovuto sfondare l’uscio, per entrare.-
- Chi vi ha avvertito?-
- La vicina. Affermava che proprio da questa stanza giungeva un olezzo di marcio…-
Entrai nell’edificio e fui raggiunto poco dopo dall’ispettore Lestrade.
Riconobbi subito la vittima.
Porlock.
L’ispettore, indignato, mi si rivolse:- Holmes, non abbiamo bisogno di lei. Altrimenti l’avrei mandata a chiamare. Eviti di intralciare le indagini di Scotland Yard!-
- Anche questa volta invece, a quanto vedo, è Scotland Yard che intralcia le mie indagini.- risposi.
- Come si permette? Lei…-
Un vocione interruppe la frase di Lestrade:- Mr. Holmes! Per fortuna che c’è qui lei! La polizia aveva estrema necessità di un esperto…-
- Ispettore Gregson, stavo giusto dicendo a Sherlock Holmes che…-
Non sentii la replica di Lestrade.
Esaminai palmo palmo la sala.
Poi, rivolsi la mia attenzione al cadavere.
La posizione era insolita: la nuca era poggiata sul tavolo ed un solo proiettile l’aveva attraversata.
Afferrai i miei strumenti di lavoro.
Misurai la distanza dalla finestra e calcolai la traiettoria del colpo.
- La morte di quest’uomo è inspiegabile anche per lei, non è così?- mi disse Lestrade, sornione.
- Oh, no, ispettore. Tutt’altro. So esattamente come si sono svolti i fatti.-
Un silenzio colmo di stupore discese nella stanza.
Sorrisi, soddisfatto dell’effetto che le mie parole avevano avuto sugli astanti.
- Inizialmente, la vittima è entrata, da sola, in questa sala. E’stata raggiunta in seguito da una persona che indossava scarpe fatte su misura. Posso essere certo di questa mia affermazione perché vi è solo una fila di ombre di impronte fangose. L’ucciso è entrato prima che iniziasse a piovere, mentre l’altro si è introdotto dopo la caduta delle prime gocce di pioggia.
Dalla distanza tra un passo e l’altro, vi posso dire che l’uomo che ha raggiunto questa stanza per secondo è alto all’incirca quanto il sottoscritto. I due hanno probabilmente parlato, poi l’uomo con le scarpe fatte a mano è uscito. Al che l’assassinato ha chiuso la porta.
Si è poi seduto sulla sedia dove ancora adesso si trova. Qualcosa deve aver attirato la sua attenzione e ciò lo ha portato a chinarsi. Il colpo lo ha freddato in questa precisa posizione e lo ha raggiunto passando attraverso il foro che si crea chiudendo queste due finestre non perfettamente compagne.- dissi, indicandolo.
- Holmes, lei ci vuole far credere che il colpo sia passato in questa minuscola cavità di difetto della finestra?- chiese Lestrade, indignato.
- Sì. C’è l’esatto spazio per il passaggio di un proiettile.-
- Quindi, chi ha fatto fuoco era un vero e proprio cecchino, giusto?- mi domando l’ispettore Gregson, incuriosito.
- Gregson, lei non gli crederà, vero?- disse Lestrade, con un velato tono di minaccia.
- Tutt’altro, ispettore. – gli rispose - Penso sia andata proprio così. Le prove lo dimostrano. –
Poi, mi fissò: -Holmes, lei è un maestro!-
Sorrisi nuovamente.
Lestrade  si rivolse a me:- La vittima è stata uccisa ieri mattina. Come mi spiega il fatto che nessun passante ha sentito lo sparo?-
- Ho solo delle ipotesi in proposito.- ammisi.
Mi presi il mento con la mano.
La mia mente cominciò ad esaminare varie possibilità…
- Perdonatemi, ma devo ancora rifletterci su. Penso sia un problema da tre pipe.- dissi, congedandomi.
 
Scrissi un bigliettino per la donna in grigio, affidandolo a Wiggins che, felice del suo scellino facilmente guadagnato, corse via.
Mi avviai a Victoria Station, dove acquistai un biglietto per Parigi.
Salii sulla prima carrozza che riuscii a fermare e questa mi condusse fino a St. James Square.

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Capitolo 5
*** You have to leave... ***


La donna si trovava in uno stanzino dello studio medico di Watson.
Aveva pianto copiosamente.
Gli occhi rossi non davano adito a dubbi.
- Deduco che ha ricevuto il mio foglietto. Mi dispiace che lei abbia dovuto sapere della morte di suo marito attraverso un pezzo di carta… Ma non potevo giungere qui immediatamente. Sono dovuto andare alla stazione per acquistarle questo.- le spiegai, porgendole il biglietto del treno.
- Che significa?- mi domandò, prendendolo tra le dita.
- Per la sua sicurezza, le consiglio di lasciare il paese. La capitale francese saprà accogliere una donna intraprendente come lei e, se il vestito che ha indosso lo ha fabbricato lei stessa, sono sicuro che non avrà problemi ad inserirsi in una boutique.-
- Io non so se…-
- Faccia come le ho detto, la prego.- le dissi dolcemente. – Suo marito non vorrebbe farle rischiare la vita…-
La signora mise la mano nel borsello:- Quanto le devo per… tutto?-
- Assolutamente nulla.
Devo prendermi cura della famiglia di Porlock, cioè di lei. E’ il minimo che possa fare.-
Le misi in mano duecento franchi, al che ella mi fissò con gli occhi lucidi.
- Grazie, Mr. Holmes.- mormorò, stringendomi calorosamente la mano.
La accompagnai con i dovuti accorgimenti fin sul vagone.
Le augurai gioia e felicità…
- E si ricordi: il suo sposo era un grand’uomo.-
- Lo so.- mi disse, salutandomi, mentre il treno fischiava, allontanandosi.

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Capitolo 6
*** An unexpected visit ***


Il Big Ben battè le quattro quando rincasai.
Volevo esaminare quei documenti ed individuare l’esecutore materiale dell’omicidio Porlock, per poterlo vendicare…
Ma il piano per le mie ore successive fu stravolto non appena aprii la porta del mio appartamento.
Davanti a me, infatti, si stagliò la sagoma affilata del professor Moriarty.
Fu un colpo inaspettato.
- Me la immaginavo leggermente diverso, mister Sherlock Holmes…-
Scossi leggermente la testa per riprendermi.
- Davvero?- incalzai.
- Penso, invece, che lei mi abbia già visto…- affermò
Annuii, sedendomi ed invitandolo a fare altrettanto.
- Più volte lei ha incrociato la mia strada…- disse, cacciandosi un palmo in tasca. Istintivamente, feci altrettanto, avvinghiando la mia mano al calcio del revolver.
Moriarty sorrise, osservando il mio repentino movimento. Dal taschino estrasse solo un taccuino, dal quale lesse alcune date:- Sette mesi fa, aveva intuito la mia presenza dietro la maggior parte dei crimini irrisolti. Sei mesi fa, penso ne abbia avuto la conferma da… Come si chiamava? Ah, sì. Porlock. L’uomo che ha tradito la mia associazione, ma soprattutto me. E che ha pagato con la vita questo suo affronto.- disse, pacato.
Quella calma era raggelante.
- Quattro mesi fa mi si è avvicinato pericolosamente, Holmes… Ma le sono sfuggito.- disse, iniziando lentamente a camminare - Tre mesi fa, invece, è stato il mio turno. Ero quasi riuscito a scoprire l’identità dell’uomo che così dappresso mi tallonava… Ma, abilmente, glielo confesso, lei è sgusciato via dalle mie grinfie. Le riconosco una destrezza e un’intelligenza fuori dal comune.-
- Mi lusinga. E devo dire la stessa cosa di lei, professore.-
- La ringrazio.- enunciò, per poi posare nuovamente lo sguardo sui suoi appunti.- Di lei, Holmes, non ho più potuto occuparmi, in questi ultimi due mesi. Gli affari mi hanno portato all’estero. E così, anche lei, Holmes, ha perso completamente le mie tracce. Comunque – proseguì – da tempo sospettavo che Porlock avesse passato informazioni preziose a colui che ci seguiva. Ieri mattina ne ho avuto conferma dalle sue stesse labbra, sotto minaccia, prima del suo tragico assassinio. E così, sono riuscito a scoprire il suo nome, Holmes… Ed ho iniziato a raccogliere notizie sul suo conto. In queste ultime ore, tutte le mie energie e quelle della mia organizzazione si sono concentrate su di lei. –
Fece una breve pausa.
- Ora, arriverò al dunque. So che documenti misteriosamente scomparsi dal mio archivio sono nelle sue mani, Holmes. Gradirei riaverli.
Se ciò non dovesse accadere, se fossi in lei, mi impensierirei per la sorte di Irene Adler.-
Il mio cuore perse un battito.
“Non è possibile…”
Ricordavo l’ultima lettera di Porlock, in cui citava il possibile rapimento di una certa Adler… Ma speravo ingenuamente in un’omonimia…
- Strani i casi della vita, Holmes, non le pare? Rapiamo una giovane donna per ricattare il re di Boemia, donna con la quale egli aveva avuto una tormentata e pericolosa relazione, tempo addietro, per poi scoprire che lei, Holmes, si incontra periodicamente al Grand Hotel, nella stanza 256, con la stessa miss Adler…  Dev’essere una persona molto importante per lei…-
Deglutii. Il mio unico punto debole era stato scoperto da colui che ritenevo essere il mio peggior nemico.
Sorrise. – Si presenti questa notte al 314 di Regent Street, con i documenti che desidero riavere. Altrimenti…-
Mi alzai in piedi, imperiosamente, e con occhi glaciali e sguardo fermo, gli intimai:- Questa conversazione è finita, Moriarty. Penso che sia in grado di trovare da solo l’uscita.-
Si rimise il taccuino in tasca:- Mi auguro che faccia la scelta giusta per entrambi. Mi duolerebbe dover uccidere miss Adler… E lei, Holmes, naturalmente. E’un avversario stimolante.-
Con voce cupa, esalai:- Vada.
 
Quando Moriarty uscì con un guizzo di manto, crollai sulla poltrona.
- Maledizione!- esclamai.
Così tante domande mi assillavano… Per quale alternativa avrei optato?
Consegnare i documenti e salvare Irene o usare quelle carte per incastrare Moriarty e la sua pericolosa organizzazione criminale?
Amore o giustizia?
Afferrai la mia pipa, la caricai e la accesi, passandomi una mano sugli occhi.
Non mangiavo da un giorno. Ma non sentivo fame.
Così iniziai a pizzicare le corde del mio Stradivari, per concentrarmi… Per scegliere.
Dovetti lasciar cadere il mio violino sul tavolino.
Perché non riuscivo a liberare la mente e ragionare distaccatamente?
Presi dalla tasca la busta dell’ultima di Porlock.
Rilessi attentamente il suo contenuto.
E feci la mia scelta.

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Capitolo 7
*** What do you think about death? ***


Sospirando, mi misi a pulire la canna del revolver.
Quando il mio coinquilino rientrò, mi trovo, così, nella mia stanza.
- Allora, Holmes… Ha risolto il caso affibbiatole dalla signora che aveva temporaneamente affidato alle mie cure poche ore fa?-
Lo scrutai per un secondo.
- Sì, l’ho risolto.-
- Di che si trattava?- mi chiese Watson.
- Sparizione del marito. Che si è tramutata in omicidio-
- Oh.-
Capì che non ero in vena di discorrere del mio ultimo caso.
Così, si ritirò nella sua camera per poi uscirne, poco dopo, vestito di tutto punto.
Si sedette, come sempre, sulla poltrona di fronte alla mia, leggendo il Police Gazette.
Io, invece, lo fissai semplicemente, desiderando egoisticamente di essere nei suoi panni, per avere una vita tutto sommato tranquilla (eccezion fatta per le avventure in cui lo coinvolgevo) e per non avere sulle mie spalle il futuro di Londra.
Dopo qualche minuto, sentendosi osservato, il mio amico posò il giornale, con un sospiro rassegnato.
Inarcò le sopracciglia, eloquente, aspettando la mia domanda.
Aveva capito che questo era uno di quei rari momenti in cui avevo bisogno di uno sfogo.
Mi appoggiai sullo schienale e puntai lo sguardo sulle mie mani, macchiate di inchiostro e costellate da bruciature da acidi.
- Come pensa che sia la morte?-
Watson si stupì della mia schiettezza.
- Perché mi pone questo quesito, Holmes?-
- Non ha risposto alla mia domanda.- constatai, alzando la nuca.
- Beh…- disse, sbuffando – Sinceramente non ci penso molto. Alla morte, intendo.-
- Non ha ancora risposto alla mia domanda.- ribadii.
Sapevo che stava cercando di evitare di darmi una sua opinione...
Watson deglutì:- Dipende da come si muore.-
Lo fissai intensamente.
- Oh, suvvia, Holmes! Parliamo d’altro!-
Sospirai, e tornai taciturno.
- Ehm…- introdusse Watson – Questa sera vado a cena dai genitori di Mary… Quindi non tornerò prima delle 11, stanotte.-
- Anch’io devo uscire. Ma lei arriverà prima. Non mi aspetti alzato.- mormorai.
 
Quando egli se ne andò, augurandomi una buona notte, mi si formò un groppo in gola.
Avevo stabilito che una lettera si sarebbe resa necessaria.
Così, afferrai il pennino dal calamaio ed una carta da lettere ed iniziai a scrivere…
 
Mio caro Watson,
questo pomeriggio le ho in parte mentito.
Ho risolto il caso della donna in grigio, ma non completamente. Per assicurare alla giustizia non solo l’esecutore materiale dell’assassinio del marito, ma anche il suo mandante, e per, forse, salvare la mia adorata I.A. (che lei ben sa, mi sta molto a cuore), devo entrare nella tana del lupo.
Quando, probabilmente, domani troveranno il mio cadavere al 314 di Regent Street, prenda dal mio archivio la busta con su scritto“ Moriarty”e la consegni a Scotland Yard; così, la polizia avrà una panoramica completa del mio ultimo caso.
La ringrazio per questo ultimo servigio.
Il suo affezionatissimo,
 
Sherlock Holmes.
 
P.S.: Spero che Mary abbia acconsentito di fidanzarsi con lei e che i suoi genitori abbiano accettato la sua proposta.
 
Avevo intuito che la cena con i futuri suoceri era stata organizzata da Watson per avanzare l’annuncio di un imminente matrimonio con Mary e che egli aveva accuratamente evitato di rivelarmi il suo proposito, sapendo che il suo fidanzamento mi avrebbe ferito.
Oh, quale futile problema erano ora le nozze di Watson che tanto mi avevano preoccupato!
Lasciai la lettera sul tavolino da tè, poggiandovi sopra la mia adorata pipa.

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Capitolo 8
*** 314, Regent Street ***


E così, eccomi immerso nella notte londinese.
Probabilmente, la mia ultima notte.
 
Non dovetti richiamare alla mente la conversazione di quel pomeriggio con Watson.
 
Dipende da come si muore…
 
Quelle parole… Non riuscivo a togliermele dalla testa.
Tentai di mettere a tacere tutte le mie emozioni.
 
Così, quando bussai al 314 di Regent Street, mi sentii come svuotato.
La porta era aperta.
Non era affatto un buon segno…
- La stavo aspettando, Sherlock Holmes…-
“Naturalmente…”
Riconobbi immediatamente la sua voce strascicata rimbombare nell’androne.
Con cautela, salii le innumerevoli rampe di scale, ed entrai nello studio del professore.
- Moriarty…- lo salutai cupo.
Mi indicò una sedia di fronte a lui.
La osservai con noncuranza, poi tornai a guardare gli occhi gelidi e grigi del mio peggior nemico.
Lui rise sommessamente:- Può sedersi, sa? Non pensa che se avessi voluto ucciderla immediatamente, lo avrei già fatto?-
“Non immediatamente… Ma più tardi?”
A questo pensiero, la mia mano, istintivamente, si tuffò nella tasca ed afferrò l’impugnatura di una pistola.
- E’ pericoloso tenere armi cariche nella tasca del pastrano…- osservò Moriarty.
- La previdenza non è mai troppa.-
Osservai la sala. Aveva un’enorme finestra decorata che si affacciava sulla strada, da dove i lampioni gettavano luci spettrali. Il mio sguardo continuò a vagare nella stanza, posandosi poi sul quadro che sovrastava il professore: La jeune fille, venduto per un milione e 200 mila sterline ad un privato…
- No, Holmes, non l’ho fatto rubare. L’ho comprato con i miei risparmi…-
- … che si sono accresciuti organizzando l’omicidio di Porlock, o almeno, è così che io lo conoscevo.-
Moriarty sorrise sornione:- Non potevo lasciarlo vivere… D’altronde, ha passato a lei, Holmes, una quantità notevole di informazioni che definirei quasi vitali.-
- Dov’è lei?- gli chiesi, tralasciando i convenevoli.
Il riferimento alla mia amata Irene era palese.
La mia voce tradì una nota d’apprensione.
- Al sicuro.- mi rispose Moriarty, quasi sottovoce – Mi dia i documenti.- aggiunse con fermezza, tendendo la mano.
- Prima voglio vederla.-
- I documenti, Holmes.- ripetè.
Scossi la testa. Poi, sospirai.
- Sapevo che era un bluff. Irene non è nelle sue mani.-
Moriarty si sentì scoperto. Lo notai dalla sua espressione.
- Porlock le ha sicuramente detto prima di morire che mi aveva avvisato del sequestro… Ma, nella lettera che mi è pervenuta è citato un possibile, e quindi futuro, rapimento. Inoltre, nella breve conversazione che abbiamo avuto nel mio appartamento, mi ha detto che tutte le forze dei suoi associati erano state dirette a scoprire più informazioni possibili su di me. Quindi, voi, in questa giornata, non potevate avere il tempo materiale di organizzare un rapimento. Si è tradito lei stesso.-
- Molto abile, Holmes, davvero.-
Mi alzai dalla sedia:- Sono venuto fin qui solo per assicurarmi che Irene non fosse tra le sue grinfie, professore. Non avevo la certezza matematica delle mie deduzioni. Per quanto riguarda i documenti che inchiodano la sua organizzazione, ora sono nei files di Scotland Yard, che arriverà tra poco, immagino. Arrivederci, Moriarty.
Ci vedremo al processo.-
- Non così in fretta, Holmes.-
Sentii il freddo della canna di una pistola sulla tempia.
Moriarty, tenendomi sempre sotto tiro, frugò nelle mie tasche, estraendo il mio revolver. E null’altro.
- Così, Holmes, lei mi ha detto la verità, riferendo che quelle carte sono nelle mani della polizia?-
Mi limitai ad annuire, impassibile.
- E’ un ottimo mentitore, davvero. Però sono convinto che siano ancora in suo possesso, Holmes…- Poi, Moriarty sospirò:- E’ un dispiacere, sa, uccidere un avversario come lei. L’ho ammirata, Holmes, e non poco. Ma non mi lascia altra scelta. Sono dell’avviso, infatti, che potrei palesare al processo che quei documenti sono falsi, mentre non potrei contrastare la parola di un testimone del suo spessore.-
Mise il colpo in canna:- Sa cos’è questo aggeggio?- chiese, indicando il prolungamento della canna – Un silenziatore. Lo sparo non viene udito.-
- Già, sospettavo di qualcosa del genere per giustificare alcuni elementi dell’omicidio Porlock. E’stato però il colonnello Moran a sparare, vero? D’altronde, è l’unica persona di Londra ad avere una mira perfetta.-
- Le farò un’unica offerta, Holmes.- disse Moriarty, inclinando la nuca. – Si unisca a me. Potremmo fare grandi cose, insieme.-
Lo fissai:- Né la mia mente né il mio cuore saranno mai a servizio del crimine, professore.- esalai, semplicemente.
- La scelta è stata sua.- concluse, togliendo la sicura.

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Capitolo 9
*** I want revenge! ***


- FERMO!-
Vidi la donna in grigio dietro a Moriarty, con una pistola da tasca in mano.
Allora non era giunta a Parigi…
Sicuramente, era scesa dall’espresso alla fermata successiva, era poi rientrata a Londra e… Mi aveva seguito.
- Lei è il professor Moriarty, vero? Colui che ha ordinato l’uccisione di mio marito, non è così?- urlò la signora, con voce rotta e mano tremante. – Abbassi l’arma…-
Lui non accennò ad ubbidire.
- Faccia come le ho detto!- ordinò nuovamente.
Moriarty si allontanò da me, chinando la carabina, senza, però, lasciarla cadere a terra.
Volli intervenire per disarmarlo ma…
- No, Mr. Holmes… E’ una faccenda che devo risolvere da sola. Se mi intralcerà nella mia vendetta sparerò anche a lei.-
Si rivolse poi a Moriarty – Lei deve pagare per quello che ha fatto.-
- Lei non premerà quel grilletto, signora. Lo so.-
- Ne è davvero convinto?- gridò la donna.
- Sì, lo sono. Lei non si macchierà del mio stesso crimine.-
La donna lo osservò. La presa sul calcio della pistola si fece più debole.
- Non lo ascolti!- esclamai – Continui a tenerlo sotto tiro. E’ ancora armato. Mi permetta di…-
- Lei non farà nulla, Holmes!- mi intimò la signora.
Moriarty continuò a parlarle, con lo stesso tono pacato, come per sottolineare un’ovvietà:- Non sparerà. Vuole sapere perché?
Perché non vuole trasformarsi in un’assassina.-
A quel discorso, lei abbassò leggermente l’arma.
Quell’attimo di distrazione bastò a Moriarty per puntare la carabina contro la donna…
Mi avventai su di lei, scaraventandola per terra. Il colpo, però, mi ferì ad un braccio.
La sollevai e mi posi davanti a lei, facendole da scudo.
Il sangue mi macchiò la camicia…
- Com’è gentiluomo, Holmes… Ma non sa che bisogna sempre far passare prima le signore?-
- Dovrà camminare sul mio cadavere, Moriarty.-
Il professore sorrise. – Presto detto, presto fatto. Con mio sommo dispiacere, devo dirle addio, Sherlock Holmes.-
 
Avevo paura di morire. Ne avevo sempre avuta.
 
 
 Come pensa che sia la morte, Watson?
 
 Dipende da come si muore.
 
 
Stavo per perire, è vero… Ma lo facevo per proteggere quella donna, per difendere i miei ideali…
“Una morte giusta…”mi dissi, chiudendo gli occhi ed aspettando il proiettile.

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Capitolo 10
*** The second weak spot of Sherlock Holmes ***


Udii lo sparò, ma non sentii nulla.
Né dolore né freddo…
 
Aprii gli occhi, lentamente. Vidi la carabina a terra, il professore che si teneva la mano e… Watson con il fiatone per la corsa e il revolver fumante in pugno, dietro la scrivania.
Capii che il mio socio aveva fatto irruzione ed aveva colpito Moriarty di striscio sulla mano destra, disarmando così il professore.
Non persi un istante.
- Signora, corra. Vada… Presto!- esclamai, al che la donna in grigio si avviò alla porta.
Fu l’ultima volta che la vidi.
Watson si distrasse nel vederla andarsene…
Moriarty estrasse rapidamente una lama dallo stivale, deciso a lanciarla contro Watson…
- No…- mormorai.
Repentinamente, gli fui addosso, bloccandogli i polsi. Gli feci cadere il pugnale.
- Ecco il secondo punto debole di Sherlock Holmes…- soffiò Moriarty, gettando un’occhiata a Watson.
Si ricevette un pugno in volto.
Io non riuscii a parare un colpo allo stomaco, giunto un istante dopo...
- Watson, spari!- gridai.
Tentennò.
- Temo di colpirla, Holmes…- ammise.
Moriarty mi afferrò per il colletto, sbattendomi contro l’enorme finestra a vetri.
Con un sorriso maligno, il professore aprì l’anta. Persi l’equilibrio e, solo per miracolo, afferrai la tenda, che si lacerò parzialmente sotto il mio peso.
Sotto di me, la strada, ed una caduta nel vuoto di venti metri. Morte assicurata…
Sentii la voce di Moriarty.
- Se ci spareremo a vicenda, dottore, non saremo solo noi a morire… Ma anche Holmes.-
Intuii che il professore era riuscito a raggiungere ed impugnare la sua carabina.
La tenda continuò a strapparsi…
- Watson! Una mano mi farebbe comodo!-
…fino a squarciarsi completamente.
La mia caduta fu fermata dal braccio di Watson, a cui mi aggrappai.
Mi issò fin nella sala.
 
Col fiatone, si scusò.
- Holmes… Mi dispiace… L’ho lasciato fuggire…-
- Maledizione!- esalai, ansante - E’la seconda volta che mi elude…-
- A proposito… Chi era quell’uomo?-
- Glielo spiegherò più tardi. E lei che ci fa qui? Non doveva essere dai suoceri, Watson?-
- Qualcuno deve aver nascosto il mio anello di fidanzamento per Mary…- disse, fissandomi.
- Io non le ho nascosto nulla!-
- Davvero?-
- Ha lasciato il suo anello nel pastrano che ha indossato tre giorni fa…-
- Cosa?-
- Ha capito bene…-
- Ma l’ho portato a lavare… Oh, dannazione, Holmes! Poteva dirmelo…-
- Volevo che ci arrivasse da solo.-
“Desideravo che, non trovandolo, rinunciasse al suo malsano intento di volersi sposare…”
- Comunque,- continuai - devo ringraziare questo piccolo incidente… Altrimenti, sarei morto…-
- Sono tornato a casa per cercare l’anello e, invece, ho trovato la sua lettera. Citava questo indirizzo come il luogo del ritrovamento del suo cadavere. Ero in ansia… E… sono giunto fin qui.-
Mi fissò: - Holmes, perché non mi ha rivelato niente di tutto ciò?-
- Io… Io… Non… volevo coinvolgerla.- dissi, con voce rauca.
- Beh, temo ormai di esserlo.-
Mi dedicò un sorriso mesto.

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Capitolo 11
*** It's only the beginning ***


Arrivati a Baker Street, chiusi le imposte ed iniziai a preparare i bagagli.
- Perché abbiamo dovuto travestirci e cambiare carrozza in continuazione?-
- Watson, il professor Moriarty mi vuole morto.-
- Chi?-
- L’uomo con cui ci siamo scontrati stanotte, Watson, è il Napoleone del crimine! Le racconterò tutto strada facendo. Non dobbiamo perdere tempo. Ogni attimo è prezioso.-
- Dobbiamo?-
- Naturalmente. Poco prima che lei tornasse, questo pomeriggio, mi sono accordato con le forze di polizia… Lunedì, scatterà la trappola che ho preparato per catturare Moriarty e la sua associazione ma, in questo lasso di tempo, dobbiamo sparire. Il professore ha capito che lei… è… ecco…-
Watson mi fissò per un istante.
- E’molto importante per me.- conclusi, d’un fiato - Quindi, è in pericolo almeno quanto lo sono io. Ho già scritto un messaggio cifrato ad Irene, che spedirò solo giunti a Basilea. Così, anche lei sarà avvertita.-
Watson si mise a preparare le valigie.
- Temo dovrò rinviare il fidanzamento con Mary.-
Annuii. – Ecco perché non volevo che si intromettesse. Lei merita una vita tranquilla…-
- Oh, la tranquillità mi annoia, Holmes…-
Sorrisi, sapendo che, in parte, era una menzogna.
- Grazie Watson. Per… tutto.- dissi, non riuscendo a trattenermi.
Lui sorrise.
- Una nuova avventura ha inizio…- mormorò Watson - Dove andremo?- chiese.
- Sul continente. In Svizzera, via Lussemburgo. Dicono che in questa stagione le cascate del Reichenbach siano stupende…-

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