Maybe

di DreamyVale
(/viewuser.php?uid=25866)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Don't look back in anger ***
Capitolo 2: *** I will be (all that you want) ***



Capitolo 1
*** Don't look back in anger ***


Don't look back in anger


Slip inside the eye of your mind

Don't you know you might find

A better place to play

You said that you'd never been

But all the things that you've seen

Will slowly fade away


Probabilmente avrebbe pagato le conseguenze di una simile azione.

Non riusciva a spiegarsi perché, dopo tutti quegli anni, aveva accettato di aiutarli, perché mesi prima dopo una telefonata, dopo averci pensato su per neanche una notte aveva detto sì.

In realtà il motivo era semplice, forse il più banale che si potesse pensare, solo che aveva cercato di nasconderlo non solo al resto del mondo, come era forse ovvio che avrebbe dovuto fare, ma anche a se stessa. Ed ora era lì, sul sedile del passeggero, accanto a un uomo che avrebbe dovuto essere morto, un uomo che tutti volevano morto e alle sue spalle la persona che l’aveva convinta a trovarsi lì, addormentata forse per la prima volta nelle ultime 72 ore.

Era in viaggio con due evasi, le due persone più ricercate d’America: Michael Scofield e Lincoln Burrows, e non solo si trovava lì, ma aveva anche messo a loro disposizione la sua macchina e aveva deciso di non farsi scaricare alla prima città, aveva deciso di stare con loro, di rischiare, forse per niente, anche la sua vita e la sua libertà.

Michael le aveva detto che l’avrebbero lasciata alla prima stazione degli autobus per permetterle di tornare a casa, ma il poco fortunato incontro con Bellick aveva rimescolato le cose e Evelynne  aveva deciso di rimanere: aveva una spalla dolorante, i segni dei lacci troppo stretti sui polsi, sentiva pulsare quello che di certo sarebbe diventato un enorme livido sulla guancia sinistra, ma nonostante tutto non aveva voglia di tornare a casa.

Non aveva avuto il coraggio di andare alla sua esecuzione, egoisticamente non aveva voluto pensare di avere come ultima immagine di Linc quella di lui sulla sedia elettrica, e poi Michael le aveva detto di non farsi vedere, di stare lontana da Fox River, che ci avrebbe pensato lui, che lei sarebbe servita in seguito, ed in effetti così era stato...

"Dobbiamo fare benzina" erano le prime parole che risuonavano nell'abitacolo da quando Michael si era addormentato, nessuno dei due aveva osato parlare, c'erano troppe cose in sospeso, di certo lei era l'ultima persona che Lincoln avrebbe pensato di avere al suo fianco durante quella fuga e dal canto suo Lynne doveva ancora elaborare troppe cose prima di riuscire ad esprimerle a parole.

"Tra venti miglia c'è una stazione, devi fermarti, penso che sia l'ultima per un bel po'..." rispose lei guardando il cielo che diventava scuro, sempre più scuro, fuori dal finestrino.

E di nuovo silenzio.

"Cosa ci fai qui?" non c'era un motivo valido per fare in quel momento una domanda simile, eppure Linc non era riuscito a trattenerla, voleva sapere cosa l'aveva spinta a fare una cosa simile; quando l'aveva vista la prima reazione dopo l'enorme stupore era stata la rabbia verso Michael per averla coinvolta, poi solo confusione.

"Avevo bisogno di una vacanza, ho sempre sognato di attraversare in macchina gli Stati Uniti" rispose lei senza neanche pensarci, senza voltare lo sguardo.

"Immagino che tu avessi messo nei tuoi progetti di essere in fuga da federali e polizia" commentò Lincoln.

"No" gli fece eco "Nei miei sogni c'era la CIA e io ero una pericolosa terrorista..."

Lincoln rise.

Forse per la prima volta dopo mesi si lasciò scappare una versa risata, mentre lei appoggiava la testa contro il finestrino nascondendo un sorriso.

E di nuovo silenzio.

"Vi serviva un passaggio..." riprese a dire Evelynne "...Michael era stato molto chiaro e penso tu sappia quanto può essere convincente quando si mette in testa una cosa, avevate bisogno di me e..."

"...non ti ha chiesto di dargli uno strappo fino a casa" la interruppe senza neanche pensarci "Sei complice nella nostra evasione".

"Lo so" rispose lei portando per la prima volta lo sguardo su Lincoln che teneva invece gli occhi fissi sulla strada.

Era innegabilmente lo stesso di cinque anni prima, più invecchiato, stanco, segnato dai graffi e dai lividi ma lo stesso, con un bagaglio di esperienze che lo aveva portato fino a pochi istanti dalla morte e un futuro che difficilmente lo avrebbe portato in una direzione diversa.

Forse anche lei era la stessa più disincantata e disillusa, meno felice, più cosciente, i capelli più chiari e spettinati, gli occhi più segnati dai primi accenni di rughe e il sorriso meno frequente, ma sotto sotto in un certo senso non molto era cambiato, nonostante in realtà fosse cambiato tutto e forse anche di più.

Le strade si erano divise senza che nessuno dei due se ne stupisse tanto, Lynne aveva cercato di portarlo verso una vita normale troppe volte e Lincoln era sempre tornato a sbagliare, a trent’anni lei aveva deciso di tracciare la sua strada lontano da lui e a trenta cinque, nonostante tutto, sembrava essere tornata esattamente dove non avrebbe voluto essere: nei guai, con lui.

Non si trattava più dei giri di droga, dei debiti che aveva dovuto saldare, l’aveva fatta dannare troppe volte perché lei, all’inizio, potesse crederlo innocente, ma poi Michael era riuscito lì dove nient’altro aveva potuto e si era convinta che qualcuno stava davvero incastrando Linc e che se altro modo non c’era l’unica soluzione era farlo scappare il più lontano possibile almeno per fargli avere salva la vita.

"Non mi aveva detto che il nostro passaggio eri tu..." riprese a dire lui ticchettando le dita sul volante.

"Ti saresti incazzato, come sempre" commentò Lynne portando nuovamente gli occhi sulla strada.

"No, semplicemente non ci avrei creduto" convenne Linc in maniera del tutto naturale, ed era la verità, se Michael gli avesse detto di averla contattata e coinvolta in quella follia l'avrebbe presa come una cosa detta dal fratello per motivarlo a resistere, non di certo come una plausibile verità.

"Cosa ha fatto per convincerti?" sorrise Linc pensando a quale raggiro avesse dovuto mettere in scena Michael.

"Mi ha dimostrato che eri innocente" rispose lei allungando le gambe in avanti "Prima non ci credevo" aggiunse a bassa voce.

"Nessuno ci crede" obiettò lui.

"Io non sono nessuno, io forse avrei dovuto" gli fece presente e per la prima volta da quando si erano rivisti una decina di ore prima i loro sguardi si incrociarono per una manciata di secondi prima che lui lo riportasse sulla strada, dritta e senza ostacoli.

"Non è che nella mia vita abbia fatto molto per farti credere di essere diverso da..."

"...da un assassino capace di sparare in fronte a un uomo disarmato?" lo interruppe con tono freddo, tagliente "Non metterò in dubbio che tu sia stato un completo imbecille, che avresti meritato di finire in galera metà delle volte in cui ti ho salvato il culo, ma mi resta difficile credere che tu possa aver ucciso qualcuno, per quanto tu fossi fatto quella sera..."

"Era già morto quando sono arrivato nel garage" commentò Lincoln a bassa voce.

"Io ci credo" sospirò lei "E al resto dell'America che lo dobbiamo dimostrare".

L'uomo non disse nulla pur registrando mentalmente che quel plurale detto da lei gli piaceva più di quanto avrebbe dovuto, perchè dopo Lynne c'erano state tante storie, ma nessuna relazione, tante scopate ma niente che potesse avvicinarsi a qualcosa di serio; l'aveva lasciata andare per non trascinarla a fondo con sè ma a quanto sembrava era stata proprio lei a buttarsi in acqua per aiutarlo a stare a galla.

"Mi stai salvando il culo di nuovo" borbottò lui con un sospiro.

"Te la metto in conto" sorrise lei.

"E io ti sto di nuovo mandando a puttane la vita" aggiunse senza molta ironia, senza troppa voglia di sorridere.

"Non sapevi neanche che sarei stata qui" obiettò la donna legandosi i capelli in una coda ancora più spettinata di quella di prima.

"Hai portato la tua cazzo di macchina a..."

"...piantala" lo interruppe brusca "Smettila di pensare di essere la sciagura delle vite di tutti".

"Mio fratello si è fatto sbattere in carcere per salvarmi il culo, mio figlio è in prigione accusato dell'omicidio di sua madre, tu..."

"...io sono esattamente dove ho scelto di essere, tuo fratello è dove ha scelto di essere, a dirla tutta tu sei l'unico che non ha scelto di essere legato a una sedia elettrica" intervenne lei alzando il tono di voce.

"LJ..."

"...LJ sta bene e lo tireremo fuori di lì. Darti tutte le colpe del mondo a questo punto non ti porterà alcun vantaggio, né a te, ne tanto meno a noi, quindi smettila!" puntualizzò la donna senza tanti giri di parole.

"Non è così semplice questa volta" ringhiò l'uomo accelerando leggermente.

"Quando mai lo è stato con te?" sbottò lei con un gesto stizzito "Quando tornavi ubriaco fradicio? O le prime volte che avevi iniziato a farti? O forse quando riempivi casa tua della gente peggiore che tu riuscissi a trovare?"

"Non saresti dovuta venire" sibiliò Lincoln svoltando sulla destra per entrare nella desolata stazione di servizio, fermandosi davanti alla pompa di benzina.

"Già, ancora una volta sono l'unica dei due che cerca di combattere per farti restare vivo" concluse lei aprendo la portiera e scomparendo nel buio verso le luci di quella catapecchia adibita a bar.

"Riesci sempre a farla arrabbiare" la voce di Michael risuonò dal sedile posteriore calma, pacata e vagamente assonnata.

"Vorrei sapere cosa cazzo avevi in testa quando hai pensato a lei" sbottò il maggiore dei due irritato.

"Mi serviva qualcuno che tenesse a te abbastanza da rischiarci la vita, e a parte me e LJ non mi è venuto in mente nessun altro" rispose il fratello uscendo dalla macchina; non era stata una scelta facile, sapeva che con tutta probabilità avrebbe avuto bisogno di qualcuno là fuori da chiamare se le cose si fossero messe non bene come previsto, aveva pensato a tutti, a decine di persone, ma volerne trovare una disposta ad aiutarli a scappare da polizia e federali si era dimostrata un'impresa più difficile del previsto e Lynne era risultata l'unica che, probabilmente, avrebbe preso la sua macchina per raggiungerli in mezzo al nulla per tirarli fuori dai guai.

E così era stato: lui aveva chiamato e lei era arrivata, la faccia di Lincoln quando l'aveva vista non aveva fatto presagire bene, ma poi aveva lasciato correre, si erano volutamente ignorati a parte un primo stranissimo abbraccio e la litigata, o quasi, a cui aveva appena assistito.

"Stiamo trascinando con noi troppe persone" esclamò Linc sbattendo vigorosamente la portiera dell'auto e mettendosi davanti al fratello.

"Le daremo una parte dei soldi" rispose Michael "e potrà rimettersi a posto la vita, nessuno sa che è con noi..."

"Quanto pensi che ci metteranno a scoprire tutto quello che c'è stato con lei? Da quanto la conosciamo Michael? Dieci? Quindici anni? Ci sono prove ovunque, vivevamo insieme!" continuò Lincoln.

"Da cinque anni non vi rivolgete la parola, forse arriveranno a lei ma non sarà così immediato, non ti è mai venuta a trovare, non era alla tua esecuzione, per quello che ne sanno ti odia e difficilmente vista la sua posizione è qualcuno che vedrebbero bene a buttare via la sua vita per te" ribattè Michael, sapeva che Lynne era il punto debole di quella prima parte del piano, era l'ennesima persona coinvolta in qualcosa che non la riguardava: ma non aveva avuto scelta.

"Mi odia anche per quello che ne so io" sbottò Burrows staccando la pompa della benzina dal sostegno.

"Già, così tanto da venire a prenderci in mezzo al nulla a poco più di un giorno dalla nostra evasione mentre tutti ci cercano. Questo sì che è odio Linc..." lo prese bonariamente in giro il fratello accorgendosi della donna che tornava nella loro direzione.

"Non c'era di meglio" disse passando a ognuno di loro un sandiwich scolorito "Ma almeno aveva della birra" aggiunse appoggiando una confezione da sei bottiglie sul tettuccio della macchina, su cui si avventarono entrambi in meno di un secondo.

"E' la prima in tre anni..." commentò Lincoln dopo averne bevuto un lungo sorso con un'espressione che non sfuggì a nessuno dei suoi due compagni di viaggio: sarebbe potuto morire senza averne bevuta un'altra, quindi quel preciso momento era per lui più prezioso di quanto si potesse pensare.

"Guido un po' io" disse Lynne prendendo le chiavi dalla mano di Linc.

"Ce la faccio ancora per un po'..." obiettò lui togliendosi gli ormai inutili occhiali da sole.

"No, hai sforzato troppo quella gamba hai ripreso a sanguinare" rispose lei indicando la macchia scura che si stava formando sui pantaloni dell'uomo.

"Dobbiamo almeno estrarre il proiettile Linc" sospirò Michael togliendosi il cappello e passandosi una mano sulla testa.

"C'è un motel a mezzora da qui, hanno detto, possiamo prendere una camera per qualche ora, almeno per avere dell'acqua corrente" propose la donna.

"Fate come se la mia opinione non contasse" sospirò Lincoln dopo lo scambio di battute.

"E' esattamente quello che stiamo facendo" convenne Lynne entrando nella macchina al posto del guidatore mentre Michael scoppiava a ridere: era un po' come ai vecchi tempi.

 

"Piano" disse Linc a denti stretti mentre lo aiutavano a sfilarsi i pantaloni, visto che la stoffa si era attaccata alla ferita causata dal proiettile.

"Mike, tienilo" disse Lynne arrivando con un catino d'acqua e alcuni stracci.

"Non serve" commentò Lincoln.

"Sì che serve, resti sempre con la stazza di un bisonte e credimi togliere quel proiettile farà male, vorrei evitare un altro livido" replicò la donna guardandolo e lui involontariamente sorrise scuotendo la testa. La prima volta che le si era avvicinato cercando di offrirle da bere lei aveva risposto esattamente che quelli con la stazza da bisonte non erano il suo tipo, poi si era fatta offrire una birra...

Il dolore fu atroce, le uniche pinzette che erano riusciti a trovare e sterilizzare erano troppo piccole e per estrarre il proiettile ci volle molto più del previsto, senza che nessuno gli avesse messo a disposizione alcun genere di antidolorifico se non qualche blando analgesico datogli dal gestore del motel.

"Vado a vedere se mi fanno usare il computer del proprietario" disse Michael dopo essere uscito dal bagno per una rinfrescata veloce "Per saperne qualcosa di più sul KK Ranch" aggiunse allungando la mano per prendere il cellulare, aveva in mente di fare anche una chiamata oltre che una semplice ricerca.

"Stendi la gamba" disse Lynne a Lincoln dopo poco, iniziando a fasciare la ferita dopo averla disinfettata "Non ho potuto fare di meglio, spero regga" aggiunse fissando le garze elastiche con del nastro adesivo.

"Grazie" rispose lui a bassa voce "Di tutto" continuò.

Era strano averla lì, seduta sul letto accanto a lui a togliergli un proiettile dalla gamba, a scappare in giro per gli Stati Uniti, sembrava così diversa da quella di tanti anni fa, quella persona che lui aveva deluso talmente tante volte da perderne il conto.

"Mi dispiace" rispose lei senza motivo alzando lo sguardo in quello di lui che la fissò stupito "Di non essere venuta a..." lasciò cadere la frase.

"Non ce la facevo a guardarti morire, Linc" aggiunse dopo una manciata di secondi "E adesso qui, pensare che l'ultima volta che ti avrei visto sarebbe rimasta quando me ne sono andata e..." si fermò di nuovo alzandosi in piedi, buttando nel cestino le garze sporche e il cotone.

"Sei qui adesso" commentò lui restando seduto a fissarla. Aveva passato in carcere gli ultimi tre anni della sua vita, circondato solo da uomini e forse anche per questo guardarla gli era sembrato nelle ultime ore una ventata di aria fresca.

"Per un attimo ho pensato che mi avresti chiesto di esserci..." disse Lynne fermandosi davanti a lui.

"Dopo cinque anni?" rispose lui "Semplice come invitarti al cinema, no? Solo che lo spettacolo sarei stato io... Ci ho pensato ma non mi sembrava il momento adatto per chiedere scusa anche se ripensandoci non ne avrei avuti altri" aggiunse Lincoln abbassando lo sguardo.

"Sono qui adesso" sussurrò lei muovendo un passo in avanti, allungando la mano fino a sfiorargli il viso.

"Mi dispiace, di tutto" replicò lui alzando gli occhi.

"Lo so" sorrise lei sentendo la porta della camera che si apriva alle sue spalle.

 

Lincoln era andato a farsi una doccia, Michael guardava nervosamente fuori dalla finestra del motel, erano lì da poco più di un paio d'ore e già a breve se ne sarebbero dovuti andare.

"Hey..." disse Lynne avvicinandosi a Mike, appoggiandogli una mano sulla spalla.

"Hey" sorrise lui accarezzandole la mano con un sorriso.

"Giornate movimentate, mh?" scherzò la donna facendolo ridere.

"Non è ancora finita" sospirò lui "Anzi è solo l'inizio, ma l'idea di averlo portato fuori di lì..." lasciò cadere la frase perchè, in realtà, non sapeva bene cosa dire.

"Sarà un casino Eve, dovresti tornartene a casa" aggiunse alzando lo sguardo su di lei.

"Non vi lascio qui da soli, poi chissà che casini mi combinate" rispose lei "Vi ho lasciati a voi stessi per cinque anni e me ne ritrovo uno condannato a morte e l'altro che è diventato un genio delle evasioni, non voglio pensare a cosa succederebbe se me ne andassi di nuovo..." continuò facendolo ridere.

Qualunque persona di buon senso se ne sarebbe andata, chiunque non fosse così legata a quei due come lo era lei.

"Sono così felice che tu sia qui" si lasciò scappare Michael a bassa voce, in un certo senso non avere tutto sulle sue spalle, non dover essere l'unico a preoccuparsi di Linc per lui era una vera liberazione.

"Hey Mikey" sorrise lei abbracciandolo, mentre l'uomo le appoggiava la fronte sullo stomaco concedendosi dopo mesi alcuni secondi di relax "E' grossa questa volta, ma ne uscirete. Ne usciremo tutti quanti" cercò di rassicurarlo.

Michael aveva sempre trovato quella di Lynne come una presenza capace di farlo sentire tranquillo, fin da quanto poco più che diciottenne l'aveva conosciuta; dopo la rottura con Lincoln ne aveva sentito la mancanza, si erano sentiti ma poi, per qualche ragione, si erano anche persi, ma quando poi aveva dovuto pensare a qualcuno di cui fidarsi, a qualcuno da chiamare, lei era stata la prima...

"Non mi perdonerà mai di averti trascinata qui" riprese a dire lui un po' scoraggiato, aveva troppi pensieri per la testa in quel momento per doversi preoccupare anche delle paturnie di Linc.

"Credo l'abbia già fatto" rispose lei tranquilla, nonostante tutto in poco più di mezzora sembrava aver appianato molto di quello che aveva in sospeso con lui; non era così ingenua da pensare che le cose fossero risolte che si fossero lasciati alle spalle gli oltre dieci anni passati, ma in quel frangente un mi dispiace di certo valeva più di un altro milione di parole.

"Lye, se vuoi andare..." la voce di Linc risuonò dietro di lei, si era lavato e rivestito, nonostante la situazione non si sentiva così bene da anni, si era fatto una doccia, vera, senza nessuno che lo controllasse.

"Datemi dieci minuti poi ci rimettiamo in strada" rispose lei entrando nel bagno e richiudendo la porta, sentendo immediatamente la tensione calarle addosso, tanto da costringerla a sedersi per un attimo.

Era a miglia e miglia da casa, nel bagno di un motel che doveva aver visto tempi migliori, con due evasi, in fuga da persone che, con ogni probabilità, avrebbero presto coinvolto anche lei in tutta quella storia. Per la prima volta da quando era partita da Chicago si sentì una stupida: era salita in macchina senza pensarci, con l'idilliaca visione di aiutare due persone a cui voleva molto bene, senza fare realmente i conti con la situazione in cui si trovavano.

Ormai forse era troppo tardi per tirarsi indietro, o forse no, ma in ogni caso qualcosa le diceva di non farlo, nonostante di sicuro, quella fuga non le avrebbe portato niente di buono.

Dopo una doccia veloce si ritrovò ancora una volta seduta a pensare, con la testa fra le mani, con addosso una confusione che aveva creduto di non dover provare, visto che la scelta di trovarsi lì era stata solo sua; dopo la sospensione dell'esecuzione di Lincoln aveva più volte pensato di andare da lui, ma Michael era stato chiaro, lei non doveva avvicinarsi a Fox River, e così aveva fatto... Ma quando la chiamata le era arrivata, dopo l'evasione, aveva preso l'indispensabile ed era salita in macchina senza ulteriori ripensamenti.

"Lye, tutto ok?" la voce di Linc risuonò fuori dalla porta.

"Sì" si affrettò a rispondere lei, scattando in piedi e portandosi davanti al lavandino per rinfrescarsi il viso "Ho fatto" aggiunse poi rivestendosi di fretta ed uscendo dal bagno.

"Scusa..." disse lui fissandola.

"Tranquillo, avevo fatto, dobbiamo rimetterci in viaggio..." lo rassicurò lei con un sorriso che non sembrava però troppo convinto, e Lincoln se ne accorse, nonostante gli anni passati riusciva ancora a ricordare fin troppe delle sue espressioni, prima tra tutte quella di quando cercava di fargli credere che andava tutto bene, anche quando così non era.

 

Viaggiare di notte sembrava più rilassante, il buio ti era complice nonostante al momento fossero comunque in mezzo al nulla; Michael era al volante, Lincoln accanto a lui, Lynne si trovava dietro cercando di riposare senza però riuscirci. Stava distesa sul sedile con gli occhi chiusi ma non riusciva in realtà ad addormentarsi, i due fratelli non parlavano, forse per non disturbarla, forse perchè non avevano nulla da dirsi; fu solo quando Michael si voltò a guardarla, vedendola lì così e credendola addormentata che ruppe il silenzio.

"Ho chiamato Sara" disse a bassa voce senza che Linc rispondesse nulla, non aveva molto da commentare.

"Se Bellick diceva la verità ha cercato di uccidersi, per colpa mia" aggiunse fermandosi per qualche istante "Devo aiutarla Linc".

"Non puoi salvare tutti Michael" rispose lui senza staccare gli occhi dalla strada.

"L'ho trascinata io in questa storia, è in tutto questo per aiutare me" ribattè il minore dei due.

"Michael..."

"... non dirmi di lasciar perdere. Tu non lo faresti" lo interruppe guardandolo "Non mi dire che non devo fare niente per tirarla fuori da tutto quello in cui l'ho trascinata io, non ho intenzione di farlo".

"Una volta trovati i soldi andrai a prenderla" statuì Linc, detta a quel modo sembrava una cosa semplice da farsi, come andare da un'amica qualunque, farla salire sulla macchina e partire: la realtà dei fatti era leggermente diversa.

Qualcuno probabilmente stava tenendo d'occhio Sara, di sicuro molti stavano cercando di rintracciare loro, trovarsi senza essere scoperti non sarebbe stato semplice.

"Se... Se riuscirà a decifrare i messaggi che le ho mandato potrebbe non essere poi così complicato" commentò Michael.

"Di sicuro meno che riuscire a riprendere LJ..." sospirò Lincoln pensando al figlio, in quel momento rinchiuso in carcere per due omicidi che di sicuro non aveva commesso.

Lynne non se la sentiva di intervenire, stavano parlando probabilmente credendo di non essere ascoltati ed era meglio che la loro impressione rimanesse quella; anche se si trovava lì lei restava comunque estranea a tutto quello che era successo, in un certo senso tante piccole cose non le avrebbe potute sapere, come quello che era successo con Sara, anche se, dopo aver letto i giornali, non era difficile immaginare che fosse la dottoressa della prigione che aveva lasciato loro la porta aperta, la figlia del governatore Tancredi.

"Dobbiamo averla presa da papà questa capacità di rovinare le vite a chi ci sta intorno" riprese a dire il maggiore lanciando un'occhiata veloce nello specchietto retrovisore a Lynne.

"A tutti o solo alle donne?" sorrise Michael.

"A tutti, soprattutto alle donne..." rispose Lincoln appoggiando le mani in avanti sul cruscotto.

"Non le hai rovinato la vita" ribattè il fratello alludendo a lei senza bisogno di nominarla.

"Solo perchè è stata abbastanza intelligente da andarsene prima di permettermelo" puntualizzò Linc appoggiando in avanti la fronte sulle braccia stese "Altrimenti niente mi assicura che in questa storia non avrei trascinato in galera anche lei".

"O magari che tu non ci saresti finito" replicò Michael strappando una risata amara al fratello.

"Mi sembra che ormai sia chiaro che quello che ci è successo dipende più dagli altri che da noi... Ci sarei finito comunque, se non qui avrei fatto qualche altra stronzata e le avrei rovinato la vita in ogni caso" disse voltandosi a guardare Lynne, ricordando quell'ultima volta, dai contorni sbiaditi per quel mal di testa post sbornia...

 

* 5 anni prima *

"Dove stai andando?" le chiese l'uomo uscendo dalla camera da letto, il viso stanco e segnato da una notte pressochè insonne.

"Da Caroline" rispose lei sbrigativa, chiudendo la zip di una valigia.

"Cosa vuol dire da Caroline?" si informò lui, non capendo perchè a quell'ora della mattina lei fosse vestita, con un bagaglio pronto, per andare dalla sua collega.

"Sono stanca Linc, stanca di vederti tornare a casa come ieri sera, stanca di rimediare alle tue stronzate, stanca di essere sempre messa da parte per tutte le altre cose che devi fare, il poker, la droga qualunque cosa... Sono stanca..." rispose la donna fissandolo, con lo sguardo di chi ormai si era arreso, di chi non aveva più voglia di combattere.

"Lye... Mi dispiace.."

"...Verrò in settimana a prendere il resto della mia roba" lo interruppe lei con voce fredda.

"Hey, non puoi... Ragioniamo un attimo, pensaci..." cercò di dire lui passandosi una mano sul viso.

"Ci penso da mesi Linc, è finita" statuì aprendo la porta lasciandolo lì nel soggiorno disordinato con l'eco dell'anta che sbatteva troppo forte, per l'ultima volta.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** I will be (all that you want) ***


I will be (all that you want)

There's nothing I could say to you

Nothing I could ever do to make you see

What you mean to me

All the pain, the tears I cried

Still you never said goodbye and now I know

How far you'd go

I know I let you down

But it's not like that now

This time I'll never let you go


LJ era stato scarcerato, tutte le accuse, per qualche motivo, erano cadute e nel momento esatto in cui aveva sentito la notizia al telegiornale Lincoln aveva deciso che era arrivato il momento di andare a riprendersi suo figlio. Lynne non aveva avuto dubbi, lasciarlo andare da solo, testa calda com'era, in una situazione simile sarebbe stato come dargli le chiavi di una cella a Fox River e dirgli Vai torna dentro, ed infatti, in quel momento, si trovava con lui in macchina diretta in Arizona.



"Ti staranno aspettando" commentò la donna aggiustandosi gli occhiali da sole sul naso.

"Troverò il modo di non farmi vedere" rispose lui.

"Sì, farai andare me" statuì Evelynne imperterrita.

"E' fuori discussione..."

"...Io non ho la mia faccia stampata su tutti i giornali del globo Linc, passo un po' più inosservata" lo interruppe buttando gli occhi al cielo, restava il solito testardo idiota.

"Se ti vedono vicino a LJ diventerai a tutti gli effetti parte di questo casino!"

"Se ti vedono vicino a LJ ti sparano, chi sta messo peggio?" chiese lei fissandolo mentre l'uomo borbottava qualcosa simile a una sequela non troppo dolce di parolacce.

"Linc ascolta, non ho detto che andrò a mani alzate verso LJ con addosso il cartello sparatemi, dico solo che mi devo nascondere solo da quelli che vi cercano, non da tutti gli altri e la cosa può essere più semplice, non credi?" spiegò Lynne con tono più calmo e accondiscendente.

Lincoln rimase zitto, di certo sarebbe stato più semplice per lei, che per lui, aggirarsi in mezzo alla gente, ma aveva paura, per suo figlio, che di guai ne aveva passati già abbastanza, e anche per lei se fosse finita in mezzo, perchè nessuno si sarebbe fatto scrupolo ad ucciderla.

"Ne parleremo quando saremo lì, quando sapremo come fare" rispose lui, rimandare era la cosa più semplice.

"Non cambierai mai..." sussurrò Lynne sorridendo, portando le gambe rannicchiate sotto di sè.
"E tu non la smetterai mai di mettere i piedi sul sedile" commentò lui divertito.

"E' una macchina rubata Linc, potresti anche sorvolare per una volta" replicò lei scuotendo la testa.

"E' una questione di principio" la prese in giro.

"Già come quella di lasciare i cartoni vuoti in frigo, no?" ribattè la donna girandosi a guardarlo.

"Ho smesso" rise lui.

"Finchè non vedo non ci credo" commentò Lynne.

"Ti inviterò in Messico, niente cartoni finiti da nessuna parte se non nella spazzatura".

"Già, lì avrai solo bottiglie di birra vuote ovunque" si mise a ridere la donna fermandosi poi per qualche istante.

"Mi offrirai qualche birra in Messico, per ringraziarmi della macchina che vi ho portato..." aggiunse poco dopo tornando a fissare il paesaggio fuori dal finestrino.

"Verrai a trovarci?" chiese lui incuriosito dall'affermazione.

"Potrei trasferirmici sai? Sono sempre stata meglio al caldo che al freddo, so fare surf, immersioni, mi ci vedo bene a gestire un bar sulla spiaggia..." rispose lei.

"Allora mi offrirai tu qualche birra" disse l'uomo.

"Starai lì a bere mentre insegnerò a LJ a fare surf" propose Lynne sciogliendosi i capelli.

"Mi sembra un ottimo piano" convenne Lincoln sorridendo, l'immagine di loro tre su una spiaggia del Messico era sicuramente la cosa migliore a cui potesse pensare.



***


"LJ..." la voce di una donna risuonò nella stanza dell'ospedale, il ragazzo si girò di scatto spalancando la bocca esterrefatto nel vedere quella persona.

"Lynne..." disse correndole incontro per abbracciarla, stringendola da morire, felice di vedere finalmente una faccia amica, qualcuno lì per lui.

"Hey" sorrise la donna ricambiando la stretta "Stai bene?" chiese e il ragazzo annuì "Non è stato un metodo molto ortodosso quello di farti prendere a pugni..."

"Sei stata tu?" chiese lui stupito.

"No... Quel solito genio di tuo padre!" rise lei.

"Sei con papà? Dov'è?" si informò immediatamente LJ.

"Ci aspetta qui fuori in macchina, dobbiamo sbrigarci, e uscire dalla finestra, non mi hanno riconosciuta ma tu sei fin troppo noto, forza!" rispose Lynne andando ad aprire l'anta e facendo uscire il ragazzo sulla scala antincendio.

Scesero in fretta, Lincoln era lì sotto ad aspettarli.

"Papà" esclamò subito il LJ vedendo l'uomo al volante che sorrise girandosi per un abbraccio veloce prima di ripartire.

"Vi ha visto qualcuno?" chiese Linc fissando nervosamente lo specchietto retrovisore.

"No" rispose Lye cercando di sembrare calma "Non mi sembra proprio" aggiunse.

"Ma cosa ci fai qui?" si intromise LJ rivolto alla donna sporgendosi in avanti tra i due sedili.

"Mi mancavi, no?" sorrise lei scompigliandoli i capelli "Questi due avevano bisogno di una mano, a quanto pare senza di me non riescono proprio a fare niente" continuò con tono divertito, nonostante sentisse il peso della situazione non voleva farglielo capire.

"Sono contento di vederti" commentò lui.

"Anche io" sorrise Lynne girandosi a guardarlo: era ben cresciuto dagli anni in cui stava con Linc e lui girava per casa giocando con robot e macchinine, ma anche lui aveva sempre lo stesso sorriso e, nonostante tutto, sembrava veramente felice di vederla.

"Linc..." disse a un certo punto la donna mentre era ancora girata per guardare LJ "C'è una macchina... Quella blu..." disse notando che l'auto aveva fatto esattamente le loro stesse svolte, particolare forse trascurabile se non fossero stati in quella situazione.

"Merda..." disse lui guardando nello specchietto retrovisore e accelerando "Dobbiamo seminarli" aggiunse svoltando di nuovo in una delle strade principali.

"Magari non ci stanno seguendo..." disse LJ vagamente preoccupato.

"Gira per il parcheggio della stazione" propose Lynne "Se vengono anche loro..." lasciò cadere la frase mentre Linc annuiva svoltando sulla destra.

Pochi istanti dopo la vettura dietro di loro fece lo stesso.

"Cosa facciamo?" chiese la donna innervosita.

"Cerchiamo si seminarli" rispose Lincoln premendo sull'accelleratore per inoltrarsi nell'enorme parcheggio pieno di macchine.

"Linc, no!" esclamò Lynne un secondo troppo tardi vedendo il cartello di un vicolo cieco.

"Merda!" urlò l'uomo inchiodando "Scendete..." disse aprendo la portiera, mentre gli altri due facevano lo stesso iniziando a correre verso l'edificio della stazione, dietro di loro, una decina di metri più indietro l'auto scura si fermava e due uomini in completo nero uscivano di corsa senza perderli di vista.




La stazione era piena di gente, Lynne aveva preso la mano di LJ per non perderlo, e cercava di farsi strada tra le persone dietro a Lincoln; avevano appena girato per un corridoio quando un inserviente su un montacarichi passò esattamente di fronte a loro impedendo alla donna e al ragazzo di seguire Linc che li aveva preceduti di qualche metro.

Lynne si girò indietro, scorgendo i due inseguitori che avevano appena svoltato l'angolo: non poteva aspettare che il treno di bagagli davanti a lei finisse, non era abbastanza veloce e di certo li avrebbero raggiunti.

"Vieni" esclamò tirando LJ verso una laterale iniziando a correre per la discesa che portava a dei binari; i passi rimbombavano dietro di loro, probabilmente gli uomini non erano riusciti a proseguire all'inseguimento di Lincoln e quindi ora stavano dando la caccia solo a loro due.

Lynne non sapeva cosa fare: un conto era seguire qualcuno in fuga, un conto condurla. Sentiva il fiato corto di LJ affannato dalla corsa e dalla paura; sbucarono sulla banchina delle partenze, c'erano decine di persone tra cui confondersi ma ormai gli inseguitori erano troppo vicini per rallentare l'andatura.

Lye alzò lo sguardo vedendo un treno arrivare verso di loro nel binario più vicino mentre il fischio di quello subito dopo annunciava ai viaggiatori che il mezzo era in partenza.

"Devi seguirmi, ok?" disse a LJ mentre un'idea troppo avventata si formava nella sua testa "Corri, dobbiamo saltare i binari e salire sull'altro treno..." spiegò ed il ragazzo annuì seguendola.

Il treno avanzava a una velocità sostenuta, pronto a rallentare per fermarsi alla stazione, non rimaneva loro molto tempo ma se avessero attraversato i binari troppo presto i due alle loro calcagna li avrebbero seguiti.

Lynne continuò a correre e fu solo quando la locomotiva ebbe passato l'ultimo svincolo che saltò giù dalla banchina, mentre le urla e gli sguardi increduli delle altre persone portavano tutta l'attenzione su di loro, attraversando il binario con LJ poco prima che il treno passasse alle loro spalle.

"Sali!" esclamò lei spingendo il ragazzo su una delle scalette dei vagoni e seguendolo velocemente, facendogli poi segno di accucciarsi a terra per non essere visto dai finestrini; un altro fischio e poi il treno si mosse, in viaggio per non sapevano dove.

Rimasero immobili per qualche minuto a riprendere fiato.

"Papà..." disse LJ guardandola e Lye scosse la testa, avevano lasciato Linc alla stazione, non avevano potuto fare altro, aveva dovuto agire d'istinto e l'unica cosa che le era venuta in mente di fare era salire su quel treno.

"Proviamo a chiam..." la donna guardò la sua borsa, si era aperta durantela fuga, e, solo in quel momento, si accorse di non avere più il telefonino.

"Dimmi che hai un cellulare LJ..." disse rivolta al ragazzo che scosse la testa preoccupato "Ok, non c'è problema lo chiameremo da un telefono pubblico alla prossima stazione".

"Ma ci staranno aspettando..." obiettò il ragazzo appoggiandosi indietro alla parete del vagone mentre Lynne lo guardava confusa: aveva ragione.

"Di certo sanno dove va questo treno e ci aspetteranno alla prossima stazione, dobbiamo scendere prima" continuò LJ.

"Merda..." sussurrò lei passandosi una mano sul viso "Hai ragione, e come..."

"Tiriamo il freno di emergenza!" la interruppe con un sorrisetto, scrollando poi le spalle "L'abbiamo fatto con papà una volta che eravamo senza biglietto!" continuò alleggerendo la situazione con quella battuta che la fece sorridere, nonostante tutto.

"Bell'educatore che ti è capitato..." commentò lei scuotendo la testa, mascherando un velo di preoccupazione: Linc stava bene?

Aspettarono un paio d'ore, chiudendosi nel bagno nel momento in cui il controllore passò nel loro vagone, riuscendo, con un briciolo di fortuna, ad evitare la multa; si trovavano in mezzo a una macchia di alberi non troppo fitta quando decisero che era arrivato il momento di scendere.

"Le porte non si bloccano vero se lo tiri?" si informò Lynne, si sentiva un'idiota, lei non era tagliata per la fuga, per quel genere di cose, LJ ci pensò su un attimo guardandosi intorno.

"In questi ho paura di sì..." ammise scoraggiato, era un piano troppo semplice e scontato, non poteva funzionare.

Lye sospirò, dovevano scendere, in qualche modo dovevano riuscirci...

"Dobbiamo saltare LJ..." gli disse seria, terrorizzata da quello che aveva proposto.

"E' l'unico modo" convenne il ragazzino, premendo il pulsante per aprire la porta del vagone, trovandosi così nel punto di congiuzione con quello successivo.

Il treno andava probabilmente a poco meno di 100 Km/h, saltare sembrava a entrambi un'idea suicida, eppure l'unica che potevano pensare, dopotutto l'avevano visto fare decine di volte nei film, non poteva essere davvero così pericoloso...

"Ok, al tre..." iniziò a dire Lynne senza riuscire a finire la frase, sì sentì un fortissimo stridore di ferro contro ferrò, ed entrambi dovettero tenersi alle ringhiere per non essere sbalzati fuori dal vagone, fu una questione di poco meno di un minuto durante il quale il treno rallentò sempre di più fino a fermarsi.

Si guardarono stupiti, prima che la loro attenzione venisse attratta da un vociare confuso poco più avanti.

"Prendetelo, ha fermato il treno per scappare!" urlò un uomo che dal vestito doveva essere il controllore, poco più avanti un ragazzo era saltato giù dal treno e stava scappando verso la macchia di alberi poco distante.

"Beh, se non è fortuna questa" rise LJ, era bello poter pensare alla fortuna anche in un momento come quello.

"Andiamo..." sorrise la donna iniziando con calma a scendere dalla parte opposta di dove si trovava il fuggitivo e il personale del treno; si allontanarono in silenzio fino ad inoltrarsi leggermente nel piccolo bosco in mezzo a cui si erano fermati, erano al sicuro, forse, ma di certo si trovavano spersi in un posto a loro sconosciuto.

Camminarono per una mezzora tra gli alberi, fino a trovare una strada che sembrava essere ben poco trafficata, ma decisero comunque di non tenersi troppo vicini; proseguirono senza sosta per tre ore, stanchi, con i piedi dolorante, assetati entrambi ma nessuno si lamentava, sapevano che le alternative non erano molte.

Erano quasi le nove di sera quando si ritrovarono in uno spiazzo con qualche macchina, davanti a loro una sporca insegna luminosa "Black Wolf Motel - Silver City - New Mexico": nel loro breve tragitto in treno dovevano aver lasciato l'Arizona ed essere entrati nel nuovo stato.

"Dici che possiamo fermarci?" chiese LJ, aveva fame e sete e, a dire il vero, era veramente stanco.

"Credo di sì... Potremmo usare anche il telefono" rispose Lynne, l'unica cosa che aveva in mente da quando erano saliti su quel vagone era chiamare Linc, sentire se stava bene e riunirsi a lui prima possibile.

Entrarono nella reception, al bancone c'era un uomo di mezza età dal viso rotondo e l'espressione bonaria.

"Posso aiutarvi?" chiese con un sorriso.

"Vorremmo una stanza" rispose Lye.

"Certo" convenne lui prendendo una chiave e porgendo il registro degli ospiti "Potete darmi un documento?" aggiunse e la donna rimase un attimo titubante.

"Al ragazzo hanno rubato il portafoglio, solo il mio va bene?" si informò, il cognome di LJ era scomodo persino in un posto come quello.

"Nessun problema" sorrise l'uomo prendendo nota degli estremi della carta d'identità.

"Avete mica un telefono?" si informò lei prima di prendere la chiave.

"Sì, c'è una cabina qui fuori sulla sinistra" rispose il gestore indicando la direzione.

Ringraziarono e si infilarono velocemente in camera dove LJ si lasciò cadere sul letto.

"Dici che sanno chi sei?" chiese guardandola.

"Non ci metteranno molto a ricollegarmi a tuo padre" ammise Lynne "Vado a chiamarlo dalla cabina, tu resta qui, non muoverti" disse decisa e il ragazzo annuì.


Si era accorto troppo tardi di quel montacarichi dietro di lui, lungo, troppo lungo, così tanto che, quando fu passato interamente dietro di lui era rimasto solo il vuoto, nessuna traccia di Lynne, LJ, nemmeno degli inseguitori. Si era nascosto dietro un angolo e da lì scrutava la situazione, era fermo da una decina di minuti quando li vide, con il completo scuro e gli occhiali, parlavano tra di loro.

"Per seguire quei due abbiamo perso Burrows" disse il primo.

"Chiama Kellerman, dobbiamo sapere chi è lei" gli fece eco il collega.

"Andiamo a Montrose, era la prossima fermata del treno su cui sono saliti" riprese a dire il primo, scomparendo poco più avanti in mezzo alla gente.

Linc si fermò per un attimo appoggiando la testa contro il muro dietro di lui: non li avevano presi, erano saliti su un treno; quando li aveva persi di vista si era sentito morire, stavano fuggendo per colpa sua e lui non era riuscito a proteggerli.

Prese il cellulare digitando velocemente il numero di Lynne: squillava, squillava a vuoto e quello non poteva essere un buon segno; non poteva riprendere la sua macchina e così si diresse verso la parte opposta dell'edificio fino a trovarsi al parcheggio secondario, gli serviva un auto e non si sarebbe fatto scrupoli a rubarla.

Ne individuò subito una distante e isolata, in giro non c'era quasi nessuno, vi si avvicinò guardandosi attorno prima di chinarsi a prendere un sasso e sfondare il finestrino, la sua carriera di delinquente tornava utile, a volte.

Uscì dal parcheggio immettendosi nella strada principale seguendo le indicazioni: Montrose.

Erano le nove passate quando il suo cellulare iniziò a squillare, il numero che compariva sul display era quello di un telefono pubblico.

"Pronto?"

"Linc..." la voce di Lynne risuonò ovattata dall'altro capo del filo.

"Lye state bene?" si affrettò a chiedere lui.

"Sì" rispose la donna "Linc ti abbiamo perso, mi dispiace, siamo saliti su un treno..." iniziò a dire con la voce nervosa.

"Tranquilla" la interruppe "Dove siete?".

"In un motel, a Silver City, non so dove di preciso, si chiama Black Wolf" ribattè lei.

"Mi serve sapere dove..."

"Aspetta c'è un elenco..." esclamò lei leggendo poi la via esatta di dove si trovavano.

"Non muovetevi, sto arrivando" concluse lui prima di riattaccare, spingendo sull'acceleratore come non mai.


I colpi alla porta arrivarono sordi e decisi.

Lynne sobbalzò sulla poltroncina, alzandosi poi lentamente, quello doveva essere Linc ma stava iniziando a imparare che la prudenza non era mia troppa; si sporse dalla finestra senza muovere le tapparelle, gli bastò uno sguardo per riconoscere la figura in piedi lì davanti.

Fece scattare la serratura aprendo la porta, trovandosi davanti Linc.

Si fissarono per qualche istante "State bene?" chiese lui entrando e richiudendosi l'anta alle sue spalle; Lynne annuì guardandolo.

"LJ si è addormentato, ma sta bene..." rispose e solo in quel momento Linc riuscì ad accorgersi di quanto fosse stanco e tirato il suo viso: le occhiaie scure, il viso pallido e i capelli spettinati.

"Hey..." disse lui allungando una mano lungo il suo braccio, lasciando scivolare lentamente, Lynne abbasso la testa prima di muovere un passo avanti abbracciandolo, nascondendo il viso contro il suo collo.

Linc rimase sorpreso per un solo istante prima di stringerla, riportando alla luce sensazioni che negli ultimi anni di prigione avevano completamente cancellato, sensazioni che conosceva fin troppo bene se si parlava di lei.

"Mi dispiace di averti lasciato lì ma ho dovuto prendere una decisione su due piedi..." disse lei a bassa voce senza muoversi, non aveva pensato ad altro che a quello da quando si erano divisi.

"...io non le so fare queste cose Linc, la fuga e..."

"...sei stata bravissima" la interruppe "Hai fatto la cosa giusta per essere al sicuro, tu e LJ" stavano bene, entrambi e quella era l'unica cosa che contava in quel momento.

Lynne alzò il viso fino a trovare lo sguardo di Lincoln, non ricordava l'ultima volta che gli era stata tanto vicina, lui non ricordava l'ultima volta che era stato tanto vicino a una donna, ancora meno l'ultima volta che aveva avuto lei lì a quel modo.

"Avevo paura che ti avessero preso" confessò sentendosi stupida, le probabilità che prendessero lei ed LJ erano molto più alte di quelle che riguardavano Linc vista la diversa esperienza.

"Avrei dovuto stare più attento a voi due" rispose lui alzando una mano senza neanche rendersene conto, sfiorandole la guancia senza smettere di fissarla.

Era lei e già quello bastava per annebbiargli la ragione, se si aggiungeva che, normalmente, lui era uno che ragionava ben poco, non era difficile riuscire a immaginare come si stesse sentendo in quel momento.

Tutto quello che era successo negli ultimi giorni forse era successo troppo in fretta, Lynne non era riuscita a metterlo bene a fuoco e forse questo le aveva confuso notevolmente le idee; o forse le sue idee erano fin troppo chiare, così chiare da spingerla ad avvicinarsi a lui quel tanto che bastava per sfiorargli il viso con le labbra, quel tanto che bastava perchè la già annebbiata ragione di Lincoln si spegnesse.

Abbassò la testa senza neanche pensarci, perchè non c'era altro che voleva fare se non quello dal primo momento in cui l'aveva vista dopo l'evasione: la sensazione era sempre la stessa, quel suo modo di baciare così passionale, le labbra morbide, il fiato corto; non poteva negare di averla pensata nella solitudine della sua cella, di essersi ricordato più volte com'era il suo profumo, la sua bocca, e ora che lo stava provando di nuovo era chiaro che non se l'era mai dimenticato.

Fu Lynne a staccarsi per prima di qualche millimetro, alzando gli occhi senza smettere di guardarlo "Non tenterai più di seminarmi, vero?" disse a bassa voce facendolo sorridere.

"No" rispose lui "Anche perchè a quanto pare non importa quanto io vada lontano, alla fine ci sei sempre tu" aggiunse baciandola di nuovo, sentendosi, forse per la prima volta in anni, di nuovo il vecchio Linc, quello prima della droga, delle compagnie sbagliate quello che tornava a casa e trovava lei, la cena e una serata tranquilla davanti alla tv.

"L'appuntamento con Michael è dopodomani, possiamo permetterci una notte qui direi..." disse Lincoln poco dopo mentre la donna annuiva.

"Non penso questo sia un luogo molto conosciuto, LJ già dorme... E forse ne abbiamo bisogno anche noi..." gli rispose rimanendo ancora ferma per un attimo, passandogli le mani sul collo.

"Decisamente, non ricordo l'ultima dormita che mi sono fatto su un letto vero" commentò lui guardandosi intorno.

"Questi non sono un gran che ma penso siano meglio di Fox River" disse Lynne senza riuscire a reprimere un sorriso "Vai a dormire..." aggiunse a bassa voce guardandolo.

"Vieni con me..." ribattè lui abbassando il viso di nuovo su quello della donna.

"C'è tuo figlio di là..." rise lei.

"Avranno un'altra stanza in questo posto dimenticato da Dio..." replicò Lincoln, in quel momento parte del suo buonsenso si era spento, a parlare era un uomo che non vedeva una donna da troppo tempo, e che aveva lì, in quel preciso momento, esattamente quella che voleva.

"Linc..." iniziò a dire lei mettendogli le mani sul viso.

"...LJ ha il sonno pesante..." scherzò lui senza allontanarsi dalle labbra della donna.

"Già ma io e te non siamo mai stati silenziosi" scherzò Lynne ridendo, facendo ridere anche Lincoln che scosse la testa.

"Mi sei mancata così tanto..." si lasciò sfuggire l'uomo senza neanche pensarci, chiudendo gli occhi per un attimo, ripensando agli ultimi anni della sua vita a quanto aveva fatto finta di niente, a quanto in realtà aveva sentito il peso di aver mandato a monte una delle poche cose buone che aveva.

"Anche tu" sorrise Evelynne "Mi dispiace di non averci creduto Linc, a noi due a... Ma era tutto così difficile..." aggiunse fissandolo, da giorni ormai aveva pensato di chiedergli scusa per avergli voltato le spalle e finalmente lo stava facendo.

"Sarà diverso..." rispose lui "...quando saremo in Messico sarà diverso, niente federali, niente polizia, nessuna delle mie vecchie stronzate lo giuro, solo io e te..." continuò, quella prospettiva era qualcosa che gli dava la forza e la voglia di combattere ed andare avanti anche a costo di dover ribaltare il mondo: una vita tranquilla come l'aveva pensata così spesso negli ultimi tempi, una casa sul mare, birra ghiacciata, lei.

"...e LJ" sorrise Lynne.

"Per una buona parte di quello che ho in mente LJ dovrà rimanere chiuso in camera sua, immagino..." rise lui sommesso.

"Mandiamolo direttamente da Micheal" rise lei a sua volta alzandosi sulla punta dei piedi per baciarlo.

"Già, sarà contento..." scherzò Linc sentendo qualche rumore provenire dalla stanza accanto, allontanandosi di poco da Lynne che si scostò in tempo per veder comparire LJ sulla soglia della porta vicino a loro.

"Papà..." disse il ragazzo assonnato.

"Hey" sorrise l'uomo abbracciandolo "Tutto ok?" chiese poi mentre il figlio annuiva.

"Dobbiamo andare?" aggiunse poi.

"No, per stanotte no, ci dobbiamo incontrare con Mike tra due giorni, dobbiamo riposarci" gli rispose il padre facendogli poi cenno di tornare a dormire, notando che nella stanza c'era il letto singolo su cui si era già buttato LJ ed un secondo letto matrimoniale.

Il ragazzo ci mise pochi minuti a riaddormentarsi, era stanco, provato dalla fuga, aveva solo voglia e bisogno di riposare, Lincoln si girò verso la donna tendendole la mano.

"Dai vieni" sorrise e Lye non se lo fece ripetere, si era già disteso quando lei, dopo essersi tolta le scarpe e la felpa, si sdraiò accanto a lui sentendo la tensione degli ultimi giorni scivolare via rassicurata dall'abbraccio di quella persona che credeva ormai di aver perso.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1093853