You're... MINE.

di SanjiReachan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo: Caccia al tesoro ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo: Lettere da nessuno ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo: Il demone nell'obra ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto: Fire to memories ***
Capitolo 5: *** Capitolo quinto: How can I miss you? ***
Capitolo 6: *** Capitolo sesto: Dark and Anger ***
Capitolo 7: *** Capitolo settimo: What we do and What we need ***
Capitolo 8: *** Capitolo ottavo: Scacco matto, Bart. ***
Capitolo 9: *** Mangia o vieni mangiato, è questa la regola ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo: Caccia al tesoro ***


Angolo dell’autrice:
Salve a tutti! Okkey, vi lascio questa nuova storia, anche se io non la volevo pubblicare, insomma, per lo più l’ho fatto per alcune mie amiche (<3 <3) e perché volevo vedere l’effetto che faceva u.u
A me all’inizio non piaceva nemmeno questa coppia! Me ne sono innamorata leggendo una fan fiction davvero bella… e così ho pensato: “perché no?”
Si, insomma, lasciatemi anche i vostri pareri… Ne sarei felice!!
With love
XXX
By Rea-chan x3

You're... MINE.

Capitolo primo: Caccia al tesoro.


-Bart! Bart, svegliati, o farai tardi a scuola!-
-Tardi a scuola…bah.-
Un ragazzino biondo si sedette ancora un po’ stonato sulle coperte tutte arrotolate e in disordine. Fissò per un attimo la testa sorridente del pupazzo di Krusty che era accovacciato sul comodino alla destra del letto.
Il bambino prese il pupazzo tirando la cordicella e si sentì dire in rimando:
-A me non piace fare i compiti!- con una voce allegra e allo stesso tempo un po’ roca e squillante.
-Io invece odio la scuola, dannazione.-
 
Alcuni minuti dopo, Bart era pronto per un altro giorno scolastico. Si diresse verso la cucina e si sedette al tavolo, dove Marge, Lisa e Homer stavano facendo colazione.
-Buongiorno!- salutò Lisa educatamente.
-Buongiorno ciuccellona. Homer…-
-‘Giorno rospoco.- rispose il padre tra un boccone e l’altro di uova e becon.
Bart si stava versando un po’ di latte nella tazza, deciso a fare colazione con i cereali del suo idolo Krusty, ma quando afferrò la scatola vide che era completamente vuota.
-Ehi ciuccellona! Ti sei finita i cereali?-
-No Bart, non sono stata io!-
-Homeeeer, te li sei sbafati tu??-
-Tieni tesoro… mangia questo.-
Marge gli mise davanti un bel piatto di uova e pancetta e un bicchiere di succo di frutta.
-Grazie ‘ma!-
 
 
Più tardi, Bart salì sul pulmino della scuola sbuffando sonoramente nel vedere sempre la solita solfa.
-Ehi, funghetto! Cosa c’è, non sei felice di vedermi?-
-Ciao Otto Disc, non sei tu, e che mi sono proprio rotto di andare a scuola.-
-Ti capisco terrestre, tu aspetta solo qualche altro anno e poi abbandona! Un po’ di pazienza…-
-Mmm… grazie.- rispose Bart non tanto convinto.
Lisa salì appena dopo di lui, e così le porte si richiusero.
-Ehi Lisa…-
-Babi, qualcosa che non va?-
-Non so… non riesco a spiegarlo. Ma non ti sembra che stiamo vivendo in modo troppo noioso? Ogni giorno facciamo sempre le solite cose, guardiamo sempre le solite cose… possibile che ci limitiamo solo a questo?-
-Oh Babi, non avrei mai pensato che potessi elaborare un pensiero complicato come questo. Come risposta vorrei dirti che sembra strano provare un senso di normalità quando si cresce in una famiglia come la nostra, ne abbiamo passate davvero tante, e quei pochi momenti in cui non capita niente sono una specie di vacanza che trovo spesso rilassante. Quindi non capisco fino in fondo quello che intendi dire, ma probabilmente è solo un periodo.-
Lisa mise una mano sulla spalla di suo fratello in segno di incoraggiamento, prima di superarlo e andarsi a sedere su uno dei posti liberi rimasti sul pulmino.
Bart la guardò con un senso di affetto misto a una strana malinconia. Era proprio da lei una risposta così, a volte credeva che quella ragazza fosse una specie di angelo sceso in terra. Ma se qualcuno gliel’avesse chiesto avrebbe negato fino alla morte. Quindi decise di accantonare quel pensiero un secondo dopo avergli dato vita dato che gli aveva procurato uno strano senso di disgusto alla bocca dello stomaco.
Percorse a piccoli passi il corridoio del pullman andandosi a sedere accanto a Milhouse, che gli aveva tenuto il posto.
Si appoggiò contro il palmo della mano, mettendo il gomito sul finestrino vedendo le solite strade ed edifici passare come ogni mattina accompagnandolo lungo il tragitto verso scuola.
-Buon giorno normalità.- sussurrò a denti stretti.
*** ***
-Tesoro, svegliati! È ora di andare a scuola!-
Come ogni mattina Marge fece capolinea nella stanza di Bart costringendolo ad alzarsi.
Con molta riluttanza, il ragazzino biondo si mise a sedere strofinandosi gli occhi, sentendo il peso della stanchezza.
Guardò con aria annoiata e apatica la finestra della cameretta che gli mostrava una chiara mattina di autunno, terribilmente uguale a tutte le altre.
Forse gli sarebbe bastato architettarne qualcuna delle sue per sentirsi subito meglio. Oggi a scuola avrebbe combinato qualche casino, giusto per tenersi in esercizio, gli sembrava davvero di essere andato in letargo.
Allungò il braccio afferrando il pupazzo di Krusty che gli mostrava un sorriso a trentadue denti sul suo comodino, per poi tirare la cordicella (gesto che era diventato una specie di abitudine ogni mattina).
-Sei il mio migliore amico! Sei il mio migliore amico!-
-Grazie Krusty… un momento, cos’è questo?-
Bart vide un foglietto di carta ripiegato su sé stesso in modo molto preciso, nascosto dietro al pupazzo, lo prese in mano e lo aprì. Dentro, con una calligrafia raffinata e scura, c’erano scritte queste parole:
-Guarda nella casetta sull’albero…-
-Ma chi lo ha scritto?-
Il ragazzino si rigirò il biglietto fra le mani più e più volte, cercando un segno, qualsiasi cosa che potesse essergli d’aiuto a capire di chi fosse.
Senza pensarci due volte andò alla finestra e l’aprì. Un getto di aria fresca mattutina l’ho investì in pieno volto, ancora mezzo intorpidito, ma Bart proseguì nel suo intento cercando in tutti modi di arrivare al ramo robusto e forte dell’albero che più volte utilizzava per uscire di nascosto. Con mani tremanti si sporse in avanti provando a raggiungere l’estremità del ramo quando…
-Bart! Sbrigati a fare colazione, o perderai il pulmino!!-
La voce di sua madre lo fece sussultare e per poco non perse l’equilibrio.
-Sai quanto me ne importa!-sussurrò di rimando il piccolo.
-Ragazzo!! Hai sentito tua madre?? Datti una mossa!- ora era stata la voce possente e scorbutica di suo padre a chiamarlo, ma questa volta non fece il minimo sussulto.
Ma che cavolo?? Oh, e va bene…
Bart scese dal davanzale e richiuse in fretta la finestra dietro di lui. Corse in bagno a lavarsi e vestirsi, e quando ebbe finito fece attenzione a ripiegare con cura il bigliettino mettendoselo in tasca.
Fece colazione rimanendo zitto, tutta la sua attenzione era sul quel bigliettino ormai. Non faceva che pensarci. Chi era stato a darglielo? Era entrato in camera sua?
Arrivò a pensare che era stato qualcuno della sua famiglia, non c’erano altre spiegazioni. Eppure era certo che la scrittura non corrispondesse a nessuna di quella dei suoi familiari, e comunque evitò di dirglielo… sentiva quasi che fosse un segreto, una specie di “cosa sua”…
Non ne fece parola nemmeno con il suo migliore amico e durante il tragitto verso scuola rilesse più volte il bigliettino, memorizzando ogni singolo particolare, incidendo affondo quelle parole nella sua mente…
*** ***
Appena tornato a casa corse in camera sua. Spalancò la porta buttando lo zaino sul letto, poi riscese di sotto, e andò in giardino.
Si fermò davanti alla casetta sull’albero e salì le scalette in legno per raggiungerla. A ogni passo sentiva il cuore battere sempre di più…
Entrò nel suo rifugio e con le mani sudate iniziò a guardarsi in giro: C’erano alcuni poster e disegni, alcuni vecchi pupazzi di Lisa e alcuni suoi fumetti… qualche figurina di Milhouse, e persino un ciucciotto di Maggie!
Cercò con lo sguardo ogni angolo, intento a individuare qualcosa che potesse interessarlo… ma in quel luogo non c’era niente e nessuno.
Amareggiato, Bart si sedette a gambe incrociate prendendo in mano una vecchia teiera di Krusty. Se la rigirò tra le mani, quasi sperando che ne potesse uscire un genio della lampada che avrebbe esaudito ogni suo desiderio…
Ma la verità è che non c’era assolutamente niente di speciale in quel luogo, a parte…
-E questo?-
Un altro bigliettino candido ripiegato in due era attaccato sotto il manico della teiera.
Bart lo prese aprendolo con mani tremanti. D’un tratto si ritrovò di nuovo di fronte a quella bella calligrafia… così familiare eppure in un certo senso decisamente nuova.
-Da un’occhiata alla tua bicicletta…-
Bart si catapultò giù in giardino, e in un attimo fu sul retro, dove teneva la sua bicicletta.
Si sentiva euforico… chissà, magari i suoi genitori gli avevano organizzato una caccia al tesoro dove alla fine avrebbe trovato un regalo…
Arrivato davanti alla sua bici frugò per bene nel cestino di Krusty, ed ecco che un altro biglietto fece capolinea:
-Bravo Bart. Ora perché non guardi tra i tuoi libri?-
- I miei libri?-
A qualcun altro poteva sembrare un indizio difficile, avendo molti libri, e l’indicazione non diceva esattamente in che libro guardare.
Ma Bart sapeva esattamente che fare.
Col battito del cuore che aumentava sempre di più, corse in camera sua e dallo scaffale prese un vecchio libro impolverato. Sapeva di non possedere molti libri, e quindi il campo si ristringeva, se vogliamo mettere che l’anno prima aveva comprato l’intera autobiografia di Krusty il clown, allora la cosa si faceva molto più semplice.
Infatti, come si aspettava, trovò qualcosa dentro una delle pagine. Però non era il solito bigliettino. Questa era una lettera, ripiegata accuratamente e posta in una busta  bianca.
La cacciò fuori senza troppi complimenti, leggendo quello che c’era al suo interno. La solita calligrafia mostrava:
-Ciao Bart. Il mio nome è Mr R. Piacere di fare la tua conoscenza. Abbiamo tante cose da dirci…-
-E questo che diavolo significa??-

Fine primo capitolo.

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo: Lettere da nessuno ***


Capitolo secondo: Lettere da nessuno.

Image and video hosting by TinyPic Contrariamente a quello che pensava, non esisteva regalo migliore per Bart di quello sconosciuto scrittore.
All’inizio non aveva capito bene che cosa volesse da lui, ma aveva provato a scrivere una risposta alla sua lettera e, non sapendo dove spedirla, l’aveva messa sul comodino prima di andare a dormire ma la mattina dopo non c’era più.
Dopo scuola Bart aveva trovato la risposta di Mr. R che gli diceva di mettere le lettere nella casetta sull’albero.
Il ragazzino non riusciva proprio a capire perché quello strano individuo continuasse a scrivergli lettere (perché poi, proprio lettere? Già era tanto se Bart riusciva a rispondergli … non poteva scegliere qualcosa di meno impegnativo?) e le prime volte ingaggiò accese discussioni con il suo amico di penna sul fatto che entrava in camera sua di nascosto.
Ma stranamente, non riusciva mai ad arrabbiarsi sul serio con lui.
Le prime righe che si scrivevano erano piene di messaggi nascosti. Bart si sentiva terribilmente stupido, e le parole mostravano segni di timidezza verso l’uomo. Però alla fine, quest’ultima iniziò a sparire del tutto.
Il ragazzo stava imparando a conoscere il suo Mister R. e sembrava accanirsi sempre di più.
Provava un grande rispetto verso l’uomo, che aveva scoperto esse una specie di “genio del male” proprio come lui.
Inoltre… era successa una cosa che Bart non avrebbe mai potuto prevedere. Lui riusciva a capirlo.
O forse era solo l’unico che ci provava, ma Bart non ricordava nessuno che gli avesse mai dato le stesse attenzioni. Non parlavano delle cose di cui era solito parlare con i suoi amici, ma parlavano di argomenti “seri”, di problemi che lo riguardavano e che lo aiutavano a capire.
Se qualcuno gli avesse mai provato a dire un mese prima che avrebbe iniziato a scambiarsi lettere con uno sconosciuto riguardanti argomenti seri (che nel linguaggio di Bart significano “roba disgustosamente noiosa e priva di interesse”) di sicuro il ragazzino gli avrebbe detto di andarsi a ciucciare il calzino da un’altra parte.
E invece tutto quello era successo per davvero, ma non era come Bart se lo aspettava. Era tutt’altro che noioso, sembrava che adesso il suo mondo ruotasse solo intorno alla prossima lettera, e al prossimo argomento su cui discutere.
Tutto questo gli procurava una specie di euforia, che lo rendeva ancora più dinamico durante il giorno. Riusciva a combinare più guai del solito, e quando nessuno riusciva a capirlo, anzi, nessuno voleva capirlo, lui si sfogava con il suo Mr. R.
Le lettere che Bart riceveva venivano poste ogni volta in modo ordinato dentro a uno scatolone, che poi nascondeva nel suo armadio. Di alcune non riusciva proprio a fare a meno, tanto da metterle sotto al cuscino, nel cassetto del comodino, e perfino attaccate sulla scrivania.
*** ***
-Ehi ragazzo! Scendi subito giù! Dove pensi di andare!!-
-In camera mia!!-
-Non ho finito di sgridarti, bagarospo!-
BAM.
Con un tonfo secco Bart sbatté la porta della sua camera e la chiuse a chiave. Senza pensarci due volte, andò alla scrivania e cercò la penna.
Prese il primo foglio che gli capitava a tiro per rispondere alla lettera che aveva ricevuto la mattina.
Buon giorno Bart. Come stai?”
Bart iniziò a scrivere, la mano tremante per la rabbia.
“Caro Mister R.
Non sto affatto bene. Quel deficiente di mio padre continua a sgridarmi, sa solamente criticare! Ma stavolta non ho fatto niente di male! È stata autodifesa! Li odio, Erry. Vorrei tanto che ci fosse qualcuno come te nella mia famiglia.
A presto, Bart.”

Bart piegò accuratamente la lettera e, come gesto abituale, uscì dalla finestra raggiungendo con agilità la casetta sull’albero. Appena entrato poggiò il foglio sul tavolinetto in legno al centro della costruzione, dopo di che si sedette a gambe incrociate sul pavimento freddo e ruvido.
Una brezza, forse un po’ troppo forte e fredda, entrò all’improvviso dalla porta della casetta sull’albero, e Bart sentì un brivido scendergli lungo la spina dorsale.
Con una mano cercò di riscaldare le braccia decisamente fredde, e un lungo e agognante sospiro lasciò la sua bocca.
-Babiii… Babi!-
Lisa fece capolinea dalla porticina in legno e raggiunse il fratello sedendosi accanto a lui.
-Che cacchio vuoi?-
-Mamma dice che ti si raffredda il pranzo se non vieni subito. E quella cos’è?- chiese la sorella minore sporgendosi a guardare e indicando la lettera di Bart.
-No… niente, Lisa! Non la prendere!!-
 Il ragazzino cercò in tutti i modi di frenare la curiosità della sorella, ma lei si alzò in piedi e corse dritta dritta al tavolino di legno, afferrando la lettera bianca e stringendola in mano mentre in vano il fratello cercava di strappargliela.
-Cos’è questa? “Vorrei tanto che ci fosse qualcuno come te nella mia famiglia”…- recitò a voce alta la bambina.
-Ora basta! Restituiscimela subito!-
Bart velocemente percorse i pochi passi che lo separavano da sua sorella e le strappò di mano il foglio.
Col battito che andava a mille, e la sua preziosa lettera stretta nella sua mano destra, Bart guardò Lisa con uno sguardo indecifrabile.
Sentiva il sangue pulsargli forte nelle vene, tuttavia dentro di lui sentiva di essere scoperto, quasi nudo, come se qualcuno lo avesse privato di qualcosa di importante che sapeva di caldo e tepore.
Con le braccia tese lungo il corpo, sentiva piccoli brividi percorrergli la pelle e un senso di freddo interiore.
Lisa assunse uno sguardo di superiorità, come di uno che la sa lunga, e come Bart aveva immaginato, iniziò a parlare con una voce divertita.
-Per chi è questa lettera, Bart?-
-Non sono affaracci tuoi.- rispose burbero il fratello girandosi di spalle.
-C’è qualche ragazza di cui dovrei sapere Babiiii??-
La bocca di Lisa aveva assunto un cipiglio veramente insopportabile. Bart sentiva i suoi occhi puntati addosso, ed era certo che la ragazzina stesse sorridendo divertita.
-Senti, adesso facciamo una cosa: tu ed io non parleremo mai più di questo incidente. Tu non ne fai parola con nessuno, okkey?-
-E perché mai dovrei?- continuò la sorella ridendo con fare malizioso. –Certo, magari se mi dici a chi è indirizzata… potrei anche stare zitta…
-Ricattatrice! Ricattatrice!!-
-Uhuhuh, diciamo che è un patto tra fratelli e basta.-
-Giuri che non lo dirai a nessuno? Anche se non è come pensi.-
-Giuro!-
-Che un’ape ti possa pungere, che mille spilli ti possano centrare in un occhio, che un mostro possa mangiarti il cervello, che un aquila possa strapparti…
-Bart ho capito! Giuro!-
-E va bene…-
Il ragazzino biondo tirò un sospiro di esasperazione e  poi disse con nonchalance.
-È un mio amico.-
Bart strinse gli occhi, come se stesse per essere colpito da una bomba pronta ad esplodere.
Dopo qualche secondo li riaprì, notando che Lisa non si era mossa di un passo. Lo guardava semplicemente con occhi curiosi.
-Ah, si? E che amico è?-
-Ahh… non lo conosci, non è della scuola… è più grande.-
Il ragazzo pensò che era stato fortunato che Lisa avesse letto solo quella parte della lettera.
-Sssi, certo come no.- Lisa rivolse gli occhi ad un immaginario cielo coperto dalle tegole di legno della costruzione.
-Se proprio non me lo volevi dire, potevi inventarti una scusa migliore.-
La bambina raggiunse la piccola entrata della casetta con passo lento ed elegante, quasi ballando, e fischiettando un motivetto allegro, facendo finta di niente.
A Bart stava dando davvero sui nervi quel comportamento. Vide la sorella minore continuare a gironzolare qua e là, finchè una volta raggiunta la porta disse:
-Vieni a mangiare, BartoRomeo Simpson.-
Bart prese la prima cosa che gli capitava in mano e gliela lanciò contro con fare irritato.
La ragazza schivò per un pelo un vecchio pupazzo impolverato, e con una risatina di scherno scese velocemente le scale lasciando il fratello a borbottare insulti da solo.
*** ***
 
Era sera tarda quando Bart entrò di nuovo in camera più arrabbiato che mai.
Era una causa persa? Combinava più guai di quanti ne avesse mai risolto?? Era così che la pensavano tutti?
Queste parole continuavano a vorticargli nella testa.
Andò alla scrivania, dove sulla superficie di legno lucida, oltre alle varie penne e fogli, regnava incontrastata una lettera posta giusto al centro.
Si potevano notare i svariati angoli e i segni delle piegature, infatti Bart di solito se la portava sempre dietro, rileggendola più e più volte. Quella era la sua preferita.
La prese in mano e si buttò sul letto, sentendo le molle scricchiolare.
Lesse per l’ennesima volta ogni parola, anche se ormai le sapeva tutte a memoria, virgola per virgola.
Caro Bart,
Insomma, mi fai sempre preoccupare. Far esplodere un estintore in un corridoio affollato? Ahahah, scommetto che a quell’idiota del tuo preside avrai fatto venire un infarto.
Ragazzo mio, hai delle idee geniali. Mi congratulo con te…”

E qui un piccolo sorrisino scappò al ragazzo biondo…
“Ti hanno davvero sgridato così tanto? Per me sei un genio incompreso. Un piccolo diavoletto… Sono proprio curioso di sapere cosa combinerai la prossima volta.
Bart, sai che ti scrivo perché trovo che tu sia una persona davvero speciale. Non lo farei se fosse stato per un altro ragazzino. Ogni volta che non ti capiscono… pensa alle nostre conversazioni… saprai che c’è almeno una persona al tuo fianco che ti vuole bene.”

La lettera ormai giaceva stretta nelle mani del piccolo ragazzo biondo, caduto addormentato già da un pò.
Se ne stava lì, con un’espressione decisamente serena e il suo pigiama verde, sulle coperte di Krusty il clown, senza sapere che un ombra minacciosa incombeva su di lui.
Un demone dai capelli rossi che lo osservava, abbastanza lontano da non farsi vedere, così abbastanza vicino da riuscire a sfiorarlo.
E in quella notte, per un attimo si ritrovò a vegliare sul ragazzino che tanto odiava, nell’ombra…
Sfiorandogli il capo, disse con voce assuefatta dall’inebriante odore di odio e vendetta.
-Sei mio… Bart Simpson. Non hai scampo… sei mio.-

YOU’RE… MINE.   

Fine secondo capitolo.
 

Angolo dell'Autrice:
Salve ragazzi!!! Che dire?? La storia continua u.u
Ho solo due annunci da farvi:
1) Secondo voi chi è "Mr. R" (Erry)?? Mi sembra semplice ihihi
2) MARYYYYYYY GRAZIE PER LA TUA PAZIENZA!!! Ti voglio beneeee *___*

p.s. RECENSITEEEEEEE CAVOLO U.U
Okkey, basta *respira* alla prossima!!
XXX
By Rea-chan x3

 

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Capitolo 3
*** Capitolo terzo: Il demone nell'obra ***


Capitolo terzo: Il demone nell’ombra… 



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-E poi una palla mi ha colpito driiitto in quelle parti… mi stai sentendo Bart? Baaart?-
-Si? Cosa? Non sono stato io, giuro!-
-Bart… Ma che ti prende? Mi sembri distratto…-
I due occhioni di Milhouse lo stavano fissando intensamente attraverso gli spessi occhiali rossi.
Bart guardava con malavoglia un punto di fisso da tipo un quarto d’ora, quando l’autobus frenò all’improvviso facendo fare a tutti un salto in avanti.
-Siamo arrivati terrestri, scendete a terra.-
-Ci vediamo Otto Disc!- salutò Bart scendendo dal pulmino.
-Insomma… sembra quasi come se la tua testa fosse da un'altra parte! A me puoi dirlo, sono il tuo migliore amico!- continuò Milhouse come se niente fosse.
Il ragazzino alzò lo sguardo dal marciapiede dove stavano camminando e fissò l’amico per qualche secondo.
-Mmm… mi spiace Milhouse, ma non c’è proprio niente che ti debba dire. Scusa per la delusione.-
Bart continuò a camminare tenendo lo sguardo basso, con la testa fra le nuvole.
-È per una ragazza, vero?-
Stop.
Qui il biondo si fermò di colpo sgranando gli occhi.
-Oh, a quanto pare ci ho preso….- disse l’altro in risposta.
Bart poté immaginare il sorriso malefico formarsi sulle labbra dell’amico.
Decise di darsi un contegno, era lì fermo ad occhi spalancati, col cuore che gli andava a mille. Perché tutta questa agitazione? Era solo Milhouse! Che pensasse quello che cacchio volesse. Si ciucciasse il suo calzino, non avrebbe ribattuto, non avrebbe sprecato forze inutili per spiegare il legame fortissimo che lo legava a…
-Ti sbagli, non è come pensi!- disse voltandosi e tornando su suoi passi. –Credevo mi conoscessi! Sai che non mi metto a sbavare dietro alla prima che capita!-
-Si… questo è vero.-
Soddisfatto della risposta, Bart lo guardò trionfante.
-Infatti è per questo che credo fermamente che non sia una qualunque.-
Milhouse lo superò camminando con fare deciso.
-Scoprirò che mi nascondi, Bart! Ci vediamo in classe.-
Così dicendo, continuò spedito verso l’entrata della scuola, lasciando Bart a ribollire dietro di lui.
Con le mani strette a pugni e l’espressione parecchio irritata guardava il punto dove prima c’era il suo migliore amico.
Perché reagiva così? Perché si ostinava a negare tutto? In fondo non c’era niente di male ad avere un amico di penna. Perché era solo un amico giusto…?
Il filo dei suoi pensieri venne bruscamente interrotto da una Lisa che camminava con passo gongolante davanti ai suoi occhi, ridacchiando fastidiosamente.
Sorpassandolo gli fece l’occhiolino.
Una vena iniziò a pulsare pericolosamente sulla tempia di Bart, e mentre anche lui finalmente si decideva ad avviarsi verso la sua classe, un’ultima fastidiosa domanda si insinuò dentro la sua testa.
Soprattutto perché tutti volevano ad ogni costo scoprire che faceva?!
 
*** ***
-N-non ci credo…-
Bart fissava ad occhi sbarrati la lettera che teneva in mano alzata davanti a sé. Poteva essere il giorno più felice della sua vita?
No… non era possibile. Okkey… la prima mossa da fare, era darsi una calmata. Così corse alla scrivania, dove varie lettere scritte erano sparse qua e là.
Con un sorriso a trentadue denti, il ragazzino biondo cercò di fare ordine.
Prese vari fogli in mano, rimescolandoli, guardandoli al contrario e girandoli, ridendo istericamente ogni due.
-Ecco… così dovrebbe andare…-
 
“Ehi Bart.
Nella tua precedente lettera hai detto che i tuoi genitori continuano a sgridarti. Cos’è successo questa volta? Non farmi preoccupare troppo…”


“Erry, non so se dirtelo. Pensi che il tuo cuore reggerà allo shok? Eheheh, questa volta ne ho fatta una davvero grossa… quel ciuccellone di Skinner non se lo scorderà così facilmente!
Ho preso spunto da una tua invenzione… hai presente la trappola per topi? Bèh, io ci sono riuscito!”


“Bart, ma che vai dicendo? La trappola per topi era una condanna a morte, neanche i più grandi geni del male ci sono riusciti, alias nemmeno io.”

“Davvero? Perché non dai un’occhiata alla mensa della mia scuola allora?
Non c’è dubbio di quanto tu sia un genio del male, ma io ti supero bello.
Nessuno è più cattivo di Bart Simpson. Chissà… magari se tu fossi una Miss R., allora potremmo anche formare una specie di coppia… tipo Bonnie and Clyde!”

 
Bart ovviamente non aveva le lettere inviate, infatti queste erano le risposte che si ricordava di aver scritto.
Ma che diavolo gli aveva preso???
“Se tu fossi una Miss R., si potrebbe anche formare una specie di coppia”?! Perché accidentaccio l’aveva scritto??
 Si era pentito un minuto dopo averlo fatto. Si aspettava una risposta come:
“Per chi mi hai preso, una specie di pervertito?! Addio.”
Non avrebbe potuto reggere se mai avesse letto queste parole con la calligrafia elegante e scura di R.
Gli sarebbe venuto un infarto, giorni e giorni chiuso nella sua stanza, non riuscendo più ad uscire nemmeno per andare scuola.
Bè, in fin dei conti non sembrava tanto male. Probabilmente c’era un lato negativo che non riusciva a cogliere…
Comunque, Bart non si sarebbe mai aspettato di ricevere una risposta come quella.
Quella che stava tenendo in mano da ora, fissandola con avidità e rileggendola parecchie volte per assicurarsi di non aver capito male.

Bart…
Di lettere ce ne siamo scritte a migliaia. Ora sappiamo quasi tutto gli uni degli altri. Mi sembra sia giunto il momento di vederci, non trovi?
Magari ti porto a prendere un gelato, ti va? Potremmo fare una passeggiata nel parco, ammirando i colori scuri dell’autunno che si vanno a spegnere lentamente…
p.s. il riferimento a Bonnie e Clyde mi è sembrato brillante.
A presto,
‘Erry’ ”


A Bart quasi non sembrava vero. Pensava di aver combinato un casino, e invece…
Poteva finalmente incontrare l’uomo che stimava tantissimo, quello che lo aveva incoraggiato a seguire la “retta via” del male, per lui era diventato una specie di idolo.
-Baart! Tesoro, sei pronto?-
-Come?-
Il ragazzino si ridestò dai suoi pensieri giusto in tempo per vedere sua madre sorridergli dalla soglia della porta.
I lunghi capelli blu erano adornati con una coroncina di gioielli preziosi, molto eleganti, che pendevano finemente.
Indossava un vestito azzurro chiaro, che le arrivava alle caviglie. Le spalle erano fasciate con lo stesso tessuto più scuro e portava dei guanti bianchi fino a metà braccio, in abbinamento alle scarpe col tacco bianche.
-Cacchio ‘ma, stai una favola!- disse Bart impressionato fischiando.
-Oh, grazie tesoro. Ma… come mai non ti sei ancora vestito?-
-Vestito? Per andare dove?-
-Ma come? Hai dimenticato? Tuo padre ci porta alla festa di premiazione di Krusty… eri così felice quando te l’abbiamo detto…- spiegò gentilmente Marge appoggiata alla porta mentre dietro di lei, un Homer parecchio nervoso stava saltellando su un sol piede per tutto il corridoio, cercando di mettersi i pantaloni dello smoking nero.
Bart trattenne il respiro spalancando gli occhi.
-È vero! La premiazione di Krusty nel locale più figo della città! Ci saranno tutti!-
In un attimo scese dal letto, e come un fulmine corse al bagno.
Marge guardò la porta del bagno rimasta aperta, e dopo poco, un bambino biondo tornò di corsa nella stanza tutto bagnato e coperto dall’accappatoio bianco.
-Cavolo, cavolo! Che mi devo mettere?!- urlò questi in preda al panico.
-Tranquillo Bart… che ne dici di questo?-
Vide sua mamma entrare in camera e tirare fuori dall’armadio un perfetto abbinamento, quasi come se l’avesse già organizzato prima.
Sul letto erano stati poggiati un maglione a collo alto marrone scuro, sotto dei jeans neri e per finire, un elegante giacca nera, con un fiorellino rosso che spuntava dal taschino.
-Grazie, grande mamma, grazie mille!- esclamò in fretta spingendola fuori dalla stanza e chiudendo la porta.
Dopo due secondi la riaprì di nuovo dandole un bacetto sulla guancia.
Marge guardò soddisfatta il legno della porta, chiusa nuovamente, e andò a dare una mano al marito che si era impigliato con la fascia dello smoking…
Dieci minuti dopo, tutta la famiglia era riunita sull’uscio della porta, aspettando l’unico componente che ancora mancava.
-Mamma, come mai Lisa ci mette così tanto?-
-Mmmm… Bart, tua sorella ha dei dubbi sul suo vestito da sera… perciò quando scenderà gli faremo tutti i complimenti, capito Homer?-
-Oh si… tanti complimenti.- rispose quest’ultimo mentre era distratto ad aggiustarsi i papillon.
Neanche a dirlo, che Lisa fece il capolinea sulle scale.
Giù all’ingresso ci fu un vociare di mormorii deliziati.
-Lisa sei bellissima.- esclamò Marge guardandola.
-Wow, chi è questa top model, e che fine ha fatto mia sorella?-
-Oh, grazie Babi.-
Bart vide sua sorella superarlo col suo magnifico vestito da sera rosso brillantinato.
-Allora tutti pronti?-
-Io no. Faccio subito!-
Così dicendo Bart salì su per le scale, mentre sentiva la voce di Homer che diceva vagamente:
-Muoviti, bagarospo…!-
Corse in camera, aprì la porta e si diresse al suo armadio. Lo aprì andando a prendere subito una piccola scatola, piena di quelle che sembravano essere lettere.
Erano molte, tutte appallottolate, alcune stracciate e rotte. Bart ne prese una piccola e l’aprì.
Lesse il suo contenuto sorridendo premuroso, e poi se la mise in tasca.
Rimise tutto com’era prima e poi scese dalle scale per raggiungere il resto dei Simpson.
*** ***
-Serata magnifica, eh Lisa?- chiese Bart di ritorno a casa.
Come aveva immaginato, tutta la città era presente. La festa si era tenuta in un locale molto ampio e con vari tavoli.
Al centro della stanza c’era un bel palcoscenico dove Krusty aveva fatto la sua entrata seguito da ballerine, il tutto ripreso dalle telecamere.
Gli avevano dato il premio come “conduttore del programma più seguito”.
La serata si era svolta in modo molto tranquillo.
Krusty aveva tenuto un piccolo show per i commensali presenti, anche molto divertente per i suoi standard.
Homer non aveva fatto niente di particolarmente imbarazzante, se non ridere a qualche battuta aggiungendo:
-Dehihihi, non l’ho capita…-
Alla fine Krusty si era anche trattenuto per parlare col pubblico. Per la prima volta Bart si stava divertendo senza pensare ad Erry.
Davvero una bellissima serata. Niente sarebbe riuscita a rovinarla.
 
Bart diede la buona notte a tutti, e poi si diresse ancora vestito in camera sua.
Chiuse la porta cercando a tentoni l’interruttore della luce, facendo mente locale del fatto che doveva ancora rispondere alla lettera di mister R.
Era così distratto e compiaciuto, che dovette premere due o tre volte il pulsante, prima di rendersi conto che la luce non si accendeva.
-Ma che…?-
-Ciao Bart.-
Nel buio totale, il suo cuore ebbe un sussulto. Una vecchia sensazione di paura e di terrore lo invase. Non era una sensazione nuova, e terribilmente legata a quella voce.
D’un tratto la luce soffusa della lampada di Krusty sul comodino si accese.
Sebbene fosse l’unica cosa che illuminava la stanza, Bart dovette comunque socchiudere gli occhi, abituatisi già al buio che regnava incontrastato.
-Telespalla Bob?!- gridò il ragazzino riconoscendo la figura stesa comodamente sul suo letto.
Il primo istinto fu quello di afferrare il pomello con la mano e gridare in cerca di aiuto, ma Bob fu più veloce:
si precipitò prendendo Bart in contropiede.
Con una mano gli tappò la bocca, mentre con l’altra gli afferrò saldamente il braccio eliminando così ogni possibilità di fuga.
Poi si avvicinò cautamente all’orecchio del ragazzo sussurrando:
-Se mi prometti di non urlare, io ti lascio libera la bocca… non sta bene trattare così il padrone di casa… non è vero Bart?-
Quest’ultima frase venne accentuata da un leggero tono di rabbia repressa nella voce. Insieme ad essa, anche la presa sul braccio si andò a stringere ancora di più.
Stremato, Bart fece segno di si col capo, temendo che Bob gli stesse bloccando la circolazione.
-Bravo.- continuò questi addolcendo il tono e allontanandosi un po’.
Quando finalmente il ragazzino ebbe la bocca libera, fece un grosso respiro. Subito dopo guardò con odio il suo aguzzino.
-Che cosa vuoi da me?-
-Oh, diciamo solo che passavo di qua, e avevo pensato di fare visita a un vecchio amico.- rispose Bob con aria di nonchalance.
Si alzò camminando verso il letto e trascinando (e trascinare è la parola giusta) Bart dietro di sé.
-Ah… Bob, andiamo. Sappiamo fin troppo bene tutti e due che non è affatto un caso.-
In tutta risposta, Robert Terwilliger lo afferrò saldamente per le spalle posandolo in malo modo sul letto.
-Infatti!-
Bart si spaventò non poco notando il cambiamento di espressione sulla sua faccia.
Lo guardava con intenso odio misto a rabbia, tanto che per un attimo, ebbe davvero paura per la sua incolumità.
-Che domande stupide mi fai, Bart Simpson! Dato che sai bene che ormai l’unico scopo della mia vita è quello di dare la caccia a un ragazzino di dieci anni! Quindi non chiedermi perché sono qui, quando ho l’avvenire della tua vita stretto nel palmo della mia mano!-
E così dicendo avvicinò la sua mano aperta al volto di Bart, per poi chiuderla a pugno in un impeto di rabbia vicino al suo collo.
Quest’ultimo deglutì in preda al panico.
-Andiamo… Bob.- si azzardò a dire. –Sappiamo tutti e due che sei incapace di farmi del male. Ci siamo passati troppe volte, ora qualcuno ti troverà, chiamerà la polizia, e ti risbatteranno in prigione. Sta diventando noioso…-
Bart si aspettava una reazione violenta, invece Bob stranamente gli sorrise malevolo, allontanandosi da lui e facendo un giro per la stanza.
-Può darsi… ma non sta volta. Mi dispiace per te, ma questa volta è diverso…-
Il ragazzino ebbe giusto il tempo di fermarsi a riflettere su quelle parole, non capendo affondo il loro significato.
-E chi è questo Mister R.? Sembri esserci affezionato…-
Bart alzò gli occhi di scatto vedendo che Bob si era fermato a guardare le lettere sulla scrivania.
-Non provare a toccarle con quelle tue manacce!-
Bob sembrò ignorarlo, prendendo due fogli e portandoglieli sul letto, accanto a lui.
-Bella idea quella di Bonnie e Clyde… si potrebbe fare. O forse no… di pende se…-
Bart non capiva dove volesse arrivare. Aveva sotto il naso l’ultima lettera di Erry, continuava a fissare la sua calligrafia fine e densa, cercandoci quasi rifugio dentro. Non notò che Bob strava scribacchiando qualcosa su un secondo foglio.
Quando ebbe finito lo poggiò accanto al primo.
Bart spalancò gli occhi, inorridito.
-Sei stato così stupido, Bart.-
-Tu… tu sei Mr. R.?-
-Esatto.- rispose Bob con disprezzo.
-Non posso crederci. Non è vero.-
-Puoi negare quanto vuoi. Ma questo non cambia i fatti.-
-Sei un… SEI UN…!-
-Che cosa sono, Bart??-
Il ragazzino vide un coltello puntato alla sua gola mentre Bob lo guardava ansioso di una risposta.
Come mai non l’aveva notato prima?!
Quando il terrore e la paura impedirono alle parole che Bart teneva nella sua gola di uscire fuori, Bob capì che era diventato inoffensivo.
Sorrise maligno mentre gli occhi del piccolo diventavano lucidi. Bart cercò con tutte le sue forze di mantenere un contegno, mentre quelle lacrime tentavano di scendere a tutti i costi.
Bob era così entusiasta della lotta che stava avvenendo dentro al ragazzo, che non notò quando quest’ultimo fece scivolare per terra il pezzo di carta che aveva in tasca da tutta la serata.
-Adesso…- continuò il rosso. –Mi sembra che ti avevo promesso un gelato… o sbaglio?-
Bart non disse ancora nulla. Cercò di rimanere in silenzio mentre sentiva di nuovo una presa salda intorno al suo braccio, che lo conduceva alla finestra.
Diede un ultimo sguardo al foglio di carta buttato per terra, mentre si addentrava col suo persecutore, fuori nella notte.
 

Fine terzo capitolo.

 

Angolo dell'Autrice:

Salve ragazzi!! ^^ Alalora... vi è piaciuto il capitoletto?
... ... 
Okkey, lasciamo stare xD Forse non voglio saperlo davvero xD
Come al solito un grazie a chi mi legge, e un grazie ancora più grande a chi mi recensisce!!
Fatemi sapere la vostra opinione, mi raccomando u.u
Ah... vi è piaciuta l'immagine iniziale?? L'ho modificata io u.u muahahah
Cosa succederà a Bart, in balia di Telespalla Bob?
Che cosa ha in mente, l'astuto Terwilliger?
Riuscirà Homer a non rompere un altro smoking?
Quante domande u.u Presto tutti i segreti verranno carpiti!
Al prossimo capitolo!! <3
p.s. recensiteeee uuuuuuuuuh!!! *vola dalla finestra avvolta nel suo mantello nero*
XXX
By Rea-chan x3

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo quarto: Fire to memories ***


Capitolo quarto: Fire to memories. 


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Era buio pesto. I lampioni ai lati del marciapiede e il tenero chiarore di luna erano le uniche illuminazioni in quella strada. Bart stava camminando dietro Telespalla Bob, tenendo gli occhi bassi sull'asfalto dinnanzi a lui.
L’aria fredda della notte lo colpiva violentemente, rendendo il tutto meno piacevole di quanto non fosse già.
Le vie erano completamente deserte: non una persona si aggirava nei dintorni, nessuno che potesse notare a quell’ora di notte un ragazzino tenuto freddamente per mano da un alto uomo dai capelli rossi.
Bart guardò varie volte il suo aguzzino cercando il coraggio di dire qualcosa. Ma quando si decideva ad aprire bocca, da essa usciva solo un debole sospiro. Si sentiva impaurito, un brivido freddo e orribilmente sinistro gli scivolava lungo la schiena ogni volta che il vento autunnale muoveva il clima teso e tetro di quella notte.
La mano di Bart si mosse appena nella presa salda e dura di Bob. In rimando, lui gli lanciò un occhiatina veloce.
-Qualcosa che non va?- borbottò annoiato.
Oh, c’erano molte cose che non andavano, pensò Bart. Da parecchi minuti stavano camminando a passo sostenuto per le strade di Springfield, senza un luogo preciso da raggiungere.
Nella testa del ragazzino molte domande si sovrapponevano insistenti.
Dove stavano andando? Cosa aveva in mente? La sua famiglia aveva già notato la sua assenza? Oppure stavano facendo sogni tranquilli, immaginandolo nel suo letto?
Alla fine, decise di dire qualcosa. Cercando di far apparire la sua agitazione meno appressante, disse con voce precaria:
-Non… non staremo mica andando a prendere un gelato? Saranno le tre di notte…-
-Precisamente le tre meno dieci. E no, non stiamo andando a prendere un gelato, come potrai immaginare, non ho fatto tutto questo per una simpatica chiacchierata.-
-Ah… si, lo immaginavo.- rispose Bart con un debole sorriso.
Bob gli lanciò un’altra occhiata veloce alzando le sopracciglia.
Bart si sentiva di chiedere qualcos’altro. Dentro di lui stava lottando incessantemente contro la sua paura per cercare di uscire da quella situazione.
Da un lato voleva farsi dire la verità, sul perché gli aveva mentito e a che scopo se poi lo avrebbe ucciso comunque.
D’altro canto, aveva paura di scatenare una reazione violenta. Sapeva di essere odiato tantissimo da quell’uomo, e che se si stava trattenendo dall’idea di farlo fuori una volta e per tutte, doveva esserci qualcosa di importante dietro.
Poi, all’improvviso un altro piccolo sentimento si impadronì del ragazzino.
Frustrazione e delusione per aver perso una persona in cui credeva, una persona su cui aveva fatto affidamento in quelle settimane, quando si sentiva vuoto e perso solo le lettere di R. riuscivano a colmare quell’abisso.
Ora, era come se un’immensa crepa si fosse fatta spazio nel suo petto, facendolo sprofondare in qualcosa di freddo e ostile, e nessuna sensazione gli era mai sembrata più fastidiosa e innaturale, come se lo stesse portando via da qualcosa che riconosceva come casa sua.
Bart abbassò la testa, tenendo lo sguardo vuoto e vacuo sulle mattonelle delle strade.
Finalmente, sembravano essere giunti al parco pubblico della città.
-Dove hai intenzione di…?-
-Siediti qui.- impose Bob sedendosi su una delle tante panchine.
Bart obbedì sedendosi il più lontano possibile. Si massaggiò il polso dolorante che era stato sotto la presa ferrea di Bob per tutto il tempo.
Il parco di notte sembrava ancora più inquietante del solito. Non c’era in giro anima viva, solo le chiome degli alberi che oscillavano di tanto in tanto, mossi dalla brezza leggera.
A terra le foglie gialle e marroni occupavano la maggior parte dello spazio, ricoprendo ogni cosa.
Bart tremò leggermente dal freddo, avvicinandosi involontariamente a Telespalla Bob, con lo sguardo perso in qualche punto.
-Allora Bart.- iniziò improvvisamente la vecchia spalla televisiva.
Il ragazzino biondo trasalì al sentire di quella voce scura.
-Mi sembra d’obbligo spiegarti cosa succederà da qui in poi…- fece una leggera risata. –D’obbligo… in effetti non devo affatto sai?-
Bob si alzò mettendosi di fronte al ragazzo rimasto seduto.
-Non dovrei darti spiegazioni. Sei solo una pedina, stavolta, il gioco lo dirigo io. E lo farò finchè non mi sarò scocciato, e a quel punto non mi servirai più.-
-Ma di che cosa vai blaterando?- rispose Bart seccato.
-So cosa stai pensando Bart. Mi farai arrestare di nuovo, vero? Come tutte le altre volte, lo hai detto stesso tu che ormai è diventata una questione obsoleta.-
Il ragazzino lo guardò di traverso con occhi stanchi.
-Stavolta non è così. Stavolta, ho progettato tutto. Sei in mano mia, e non puoi scappare. Almeno, finchè non mi sarò divertito un po’ con te.-
-Non me ne importa.- rispose Bart sorprendendo sé stesso.
Tutta la paura che provava era svanita in un sol colpo, andata persa. Al suo posto, c’era solo una grande apatia.
-Aaah… capisco. Sei giù per via di Mister R. Ti eri affezionato a lui, vero? Voglio dire… a me.-
-Tu non sarai mai come lui. Era solo ciò che fingevi di essere, non ti è mai importato niente di me! A nessuno importerebbe se mi uccidessi ora. Provoco un sacco di guai, e tutti in città mi odiano.-
-Bè, su questo hai perfettamente ragione. Nessuno sentirà la tua mancanza. Ma se non provi paura, non c’è gusto a torturarti!-
-Credo che tu abbia già procurato la mia morte emotiva.- disse Bart incrociando le braccia sul petto.
-Ah… e d’accordo. Non volevo arrivare subito a questo, ma mi ci hai costretto.-
Così dicendo, Bob si abbassò sul ragazzo circondandolo con le braccia.
Bart sgranò gli occhi per la sorpresa, sentendo quel calore improvvisamente così vicino. Lo stava abbracciando?
Per un attimo sentì il profumo delicato di Bob invadergli le narici, dandogli una strana sensazione di disagio.
Erano così vicini che riusciva a sentire il suo respiro calmo e lento sul collo, mentre uno strano brivido gli scendeva lungo la spina dorsale.
Tutto svanì, quando sentì uno strano dolore: un materiale duro e rozzo che gli stringeva il busto e le braccia.
Si accorse che era una fune, che Bob gli stava legando addosso immobbilizzandolo completamente.
-Ma che…?-
Improvvisamente gli salì di nuovo l’angoscia e la paura di prima.
-Scusa Bart, ma credo che così sarà più divertente. Vedi, ogni volta che mi presento da te con un piano per farti secco, puntualmente tu mi sbatti in gattabuia. Questa volta, ho deciso che non m’importa come finirà, ma dovrò vendicarmi. Ti farò provare tutto quello che ho provato io, senza darti tregua, perseguitandoti giorno e notte. Voglio vederti strappato alla “normalità” in cui vivi, per essere trasportato nel tuo peggior incubo.
 
Ti riporterò a casa, e quando meno te lo aspetti ti verrò a prendere. Vivrai costantemente nel terrore.
Eccoti qui, Bart Simpson. La mia vendetta è appena iniziata.-
-Andiamo! Credi davvero che non ti denuncerò una volta tornato a casa?- esclamò Bart convinto, decifrando quelle parole orribili.
-Si! Lo credo fermamente. Questa volta, non riuscirai a denunciarmi. E se mai tu ti decidessi, sarebbe in ogni caso troppo tardi. Perché ti avrò già ucciso senza che tu te ne sia accorto.-
-Che diavolo dici, Bob? Perchè mai dovrei farlo?-
Bart fissava con occhi scandalizzati l’uomo davanti a lui, non sapendo che fare.
Immobilizzato, lo guardava in cerca di una risposta. Stava comprendendo il suo terribile piano, ma gli sembrava tutto molto inverosimile.
Pensava davvero che si sarebbe lasciato “usare”? Come  una marionetta, gli avrebbe lasciato manovrare i fili, facendogli fare quello che voleva?
Il ragazzino stava aspettando una risposta che non arrivò mai.
Anzi, Bob gli dedicò un sorriso.
A Bart gli si gelò il sangue nelle vene: era un sorriso strano, velato da una sinistra dolcezza maligna, quasi sadica, che non riuscì a capire in effetti.
Però, anche così, aveva un non so che di elegante, qualcosa di fine. La sua pelle candida, al chiaro di luna, sembrava fare un strano effetto misto a quel sorriso.
Bart sentì una strana sensazione, non sapeva se era terrore… o qualcos’altro, ma ebbe dei fastidiosissimi brividi caldi per tutto il corpo.
Era strano come la reazione che gli provocava essere in compagnia di Bob fosse totalmente opposta a quella che provava quando parlava con Mister R.
Ancora faticava a credere che fossero la stessa persona. La stessa persona che si trovava dinnanzi a lui, e che aveva architettato un piano orribile per vendicarsi. Eppure… perché Bart si ostinava a pensare che Mister R. non fosse soltanto un personaggio inventato dalla fantasia di Bob per convincerlo a fidarsi?
Era fermamente convinto che tutte quelle lettere fossero derivate da qualcosa di diverso che da odio e rabbia. Doveva solo scavare dentro di lui per trovare Erry.
-Allora… toglimi un dubbio… “R”… come “Robert”?-
Bob sgranò per un attimo gli occhi, sorpreso da quella domanda.
-No, in realtà “R” sta per “Revenge”… ma grazie per averci provato…-
-E che cacchio…- mormorò contrariato il ragazzino
-Direi che abbiamo perso fin troppo tempo. Ho aspettato fin troppo…-
Bart rivolse lo sguardo su Bob, notando che aveva sfilato da sotto la giacca una calibro 12.
-Ma cosa…?-
-Conosci la Roulette Russa?*- e così dicendo, Bob prese  un solo proiettile dalla tasca del pantalone.
Il biondo osservò incapace di muoversi (sia perché le corde fastidiosamente strette gli cingevano il torace, sia per il terrore che gli impediva di formulare un solo pensiero logico) mentre il suo rapitore metteva quell'unico proiettile nella pistola, per poi far girare la carica fermandola dopo un po’.
Puntò con aria divertita l'arma da fuoco poco distante dalla fronte del ragazzo e disse:
-A te piacciono questi tipi di giochi, vero Bart?-
Il ragazzino strinse gli occhi sentendo il rumore meccanico della sicura che veniva tolta.
Col cuore in gola, sentiva il battito irregolare  pompargli sangue nelle vene.
Click
Niente. Il colpo era vuoto. Bart riaprì gli occhi, il sudore freddo gli scendeva sulla fronte. Tutta quella situazione lo faceva sentire impotente.
Guardò negli occhi Bob, quasi a supplicarlo, ma niente. Non sembrava dar segno di voler smettere quella tortura.
Tolse di nuovo la sicura, e Bart serrò di nuovo le palpebre.
Click…
Questa volta decise di continuare a tenere gli occhi chiusi. Fino a quando la sua fortuna lo avrebbe salvato?
-Bob!- esclamò disperato. -Fermati, avanti!-
Bob lo guardò per un attimo esitante.
-Ah… ho sempre questo problemino delle buone maniere…- disse il rosso più a sé stesso che a Bart. –Devo smetterla di stare a sentire le mie vittime.-
Un altro Click…
-Ascoltami! Sono sicuro che hai provato davvero qualcosa mentre scrivevi quelle lettere. Booob, ti prego stammi a sentire!-
-La cosa non ti è chiara Bart, Mister R. non esiste. Non è mai esistito. Capisci?-
 
Click
-Non è vero, sono certo che lui esiste, e il suo nome è Robert Terwilliger!- spiegò Bart come se fosse la cosa più semplice del mondo.
Bob si fermò un attimo. Lo guardò con occhi indecifrabili, quasi come se stesse rielaborando quelle parole.
Quel tono di voce non l’aveva mai sopportato, era lo stesso che aveva quando sventava ogni suo piano.
Lo stesso tono insopportabile, come se avesse fatto un errore decisamente stupido, che chiunque altro non avrebbe commesso. Che odioso che era! Un ragazzino, che da solo aveva sventato ogni suo glorioso progetto, il più delle volte subdolo.
Una volta, ricordò Bob, Bart insieme a sua sorella lo avevano trascinato in tribunale, quando era sindaco di Springfield. *
Con la sua faccia tosta disse apertamente che voleva “la verità”. Quello era stato davvero bello. Bob si era arrabbiato sul serio, spiegandogli  coloritamente che non erano all’altezza della verità!
Lui, non sapeva quello che gli era successo! I suoi piani per creare un programma televisivo che avesse giovato alle menti dei poveri ragazzi, arricchendo il loro bagaglio culturale, invece di ingaggiare persone rispettabili e renderle ridicole al solo scopo di strappare un’egoista risata al pubblico.
Da quando aveva conosciuto Bart Simpson, la sua vita era solo peggiorata. E più cercava di iniziare da capo, più lui lo spingeva sempre più giù!
Era giusto fargliela pagare, era giusto… eliminarlo una volta per sempre. Si trovava lì dinnanzi ai suoi occhi, totalmente indifeso, totalmente… inerme. Così… fragile….
E allora perché sentiva la mano tremargli? Perché diavolo non riusciva a premere il grilletto?
Perché, non riusciva a togliere gli occhi dalle sue labbra, mentre supplicavano di trovare un lato buono in lui?
-Io credo fermamente che l’uomo con cui mi scambiavo quelle lettere era il vero te. Non puoi dimenticare settimane e settimane di parole. Non se come me ci credevi davvero!-
La voce di Bart lo ridestò dai suoi pensieri. Non aveva sentito molto di quella frase, ma si accorse che ormai la sua mano non lo ubbidiva più, incapace di farlo premere nuovamente il grilletto.
Anzi, ora che ci faceva caso, stava tremando violentemente.
Bart sperò vivamente che non stesse per sparare di nuovo, perché si sentiva che quello sarebbe stato il colpo micidiale. Chiuse d’istinto gli occhi per l’ultima volta.
Dovettero passare parecchi minuti prima che li riaprisse notando che Bob aveva abbassato l’arma.
Lo guardava negli occhi, in quegli occhi ora terrorizzati, e anche parecchio stanchi.
Si chiese come mai Bob non avesse premuto il grilletto. E perché lo guardava così? Gli metteva parecchio soggezione…
L’ultima cosa che Bart vide prima di sprofondare nel buio, furono quegli smeraldi incisi da odio e frustrazione.
Fu quella l’ultima immagine, prima di sentire un enorme colpo dietro la testa, che lo fece sprofondare nel buio più profondo.
E svenuto su quella panchina, non sentì mai Bob avvicinarsi riponendo la pistola, e slegandolo dalle funi.
-Dannazione Bart. Perché riesci sempre a risvegliare il lato peggiore di me?- mormorò il rosso guardandolo con fare serio.
 
*** ***
 
Quando Bart si svegliò, erano le sei di mattina.
Era nella sua camera, sul suo letto. Si girò di lato sentendo un dolore lancinante alla testa.
Sul comodino vide il solito pupazzo di Krusty sorridergli gentile. Corrugò la fronte ricordandosi di quello che era successo poche ore prima.
Si alzò di scatto dal letto, la testa ancora agonizzante. Si toccò il bernoccolo dietro alla nuca mordendosi un labbro per il dolore.
Sapeva esattamente cosa fare. Si catapultò allo scatolone di lettere nel suo armadio e mise dentro tutte quelle che aveva in giro, sul comodino, sotto al cuscino del letto e sulla scrivania. Prese anche quelle nella scatolina del suo armadio. Poi corse di sotto.
Il salotto vuoto di casa sua gli fece venire un senso di nausea. Non si aspettava nessuno della sua famiglia sveglio a quell’ora, ma aveva una voglia matta di vedere una faccia familiare, che so, si sarebbe accontentato perfino del cane! Ma molto probabilmente anche lui stava facendo sogni tranquilli nella sua cuccia sul retro.
Comunque, non doveva perdere di vista quello che doveva fare. Si diresse dritto spedito al camino. Lo accese, con un accendino, e subito si crearono varie piccole fiamme che piano piano andarono a crescere.
Senza pensarci due volte, Bart prese le lettere nello scatolone e le gettò tutte nel fuoco.
Una a una, venivano inghiottite dalle fiamme avide di carta.
Ogni parola, mano a mano si andava a deformare, rimanendo solo cenere.
Bart si appoggiò al tavolino dietro di lui. Chiuse per un attimo gli occhi, cercando di cancellare quella scena, per quanto fosse una prospettiva invitante vedere il fuoco che inghiottiva lettere e lettere di menzogne.
Si guardò il polso, dove la mano di Bob aveva lasciato un bel segno rosso.
Sospirò amaramente…
-… e adesso cos’avrai intenzione di fare?-

Fine quarto capitolo.
 

Angolo dell'autrice:
Salve a tutti pargoli!!! Eccoci qui, al quarto capitolo... *si sentono dei colpi di pistola* 
Ma che...??? Oddio non sparatemi!! Che ho fatto??! Ah... già. Bart xD
Vi giuro che non è stata colpa mia!!! La mia metà cattiva mi ha costretto!! Io non volevo!! 

Vi prego di credermi!!
Mah... chi prendo in giro xD Era tutto programmato! Ma non vi preoccupate... mi farò perdonare con altrettanta tenerezza ù_ù *si schiarisce la gola* che c'è? Vabbè le dita incrociate non contano ù_ù
Comunque xDD

*1 = La roulotte russa, di solito è un gioco d'azzardo che trovate nei casinò, ma in questo caso è un gioco che si fa di solito, per impaurire e mettere sotto pressione psicologica. Si mette nella pistola un solo proiettile e poi si inizia a sparare, in modo che l'altro non sappia quale sia il colpo col proiettile.

*2 Nella quinta puntata della sesta serie, Bob diventa sindaco. Come appunto ho citato, è successo veramente quella scena.

Bene... scusate se era molto lungo questo capitoletto... Allora alla prossima!! Ciao!!!

*arriva con un ciondolo per l'ipnosi* 
RE.CE.NSI.TEEEEEEEEEEEEE!!! RECENSITEEE UUUH!
O.O Oh, scusate ^^" Giusto, tolgo il disturbo!
XXX
By Rea-chan x3

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Capitolo 5
*** Capitolo quinto: How can I miss you? ***


Author's Corner:
Ehii!! Allora come va? Ecco a voi un altro capitolo. Che siate qui di vostra spontanea volontà, oppure perchè io vi ci ho costretto (ihihi), prima di lasciarvi alla storia comunque, vorrei dirvi due parole:
Prima di tutto, questo chap è incredibilmente lungo. o.o Dico davvero, non so che mi è saltato in mente mentre scrivevo, però non ho potuto fermarmi...Altrimenti mi saltavano tutti i piani per la storia ù__ù
Un ringraziamento sentito a tutti voi, che leggete e recensite, e voglio solo farvi sapere che anche se questa coppia non riscuote molto "successo", io continuo a credere fermamente che prima o poi verrà messa in luce, come merita. 
Il mio desiderio più grande è quello che mentre leggiate vi rimanga qualcosa, che possiate sentire le sansazioni che la storia vuole che sentiate. Credo, a mio parere, che in fondo questo sia quello che ogni scrittrice desidera: coinvolgervi nelle emozioni che le storia vuole esprimere.
Senza ulteriori indugi (anche perchè credo che tra poco qualcuno mi verrà a picchiare xDD) vi lascio alla storia.
XXX
By Rea-chan x3

You're... MINE.




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Capitolo quinto: How can I miss you?


-Bart! Bart, sveglia!-
-Aaaaah, per favore, mi sono addormentato mezz’ora fa!-
-Non è colpa mia se la notte fai tardi, tesoro.-
Bart aprì le palpebre stanche e pesanti per via della nottata appena trascorsa e si mise a sedere.
Come tutte le mattine la sua famiglia era riunita a colazione in cucina, ma quella non era una mattina come le altre.
Guardò con occhi velati da una strana malinconia il pupazzo di Krusty sul comodino.
Allungò d’istinto il braccio verso la cordicella, ma qualcosa lo fermò. Sentì un dolore lancinante al polso, tanto da fargli serrare le palpebre.
-Ahi!- borbottò massaggiandoselo.
Involontariamente il suo pensiero tornò a Bob.
No, assolutamente quella non era una mattina come tutte le altre.
*** ***
Scese in fretta per andare a fare colazione, dopo essersi preparato, anche se la sua attenzione non era affatto rivolta al piatto di frittelle che lo guardava con aria invitante sul tavolo di fronte a lui.
In realtà, c’era un’altra persona che volgeva insistentemente lo sguardo sul suo piatto, e sapeva che di lì a poco sarebbe arrivata la domanda fatidica:
-Bart! Mangia le tue frittelle ragazzo, non vedi che le fai soffrire così?-
-Homer, le frittelle non possono provare sentimenti.- disse con aria affranta meditando sul pasto abbondante che stava iniziando a diventare freddo.
A differenza degli esseri umani… che ne provano davvero tanti, e tutti così dannatamente affliggenti e… sbagliati.
-Si, ma fai soffrire me! E anche tanto! Oddio, oddio, oddio… posso mangiarle?- fece con tono risoluto il padre iniziando a scuotere le mani incessantemente, quasi avesse toccato qualcosa di bollente e si fosse scottato.
-Fai come ti pare.- rispose Bart senza guardarlo.
Scese dalla sedia e si avviò verso l’ingresso sedendosi ai piedi delle scale, aspettando il momento in cui la madre sarebbe venuta a dargli il suo sacco del pranzo… prima di salutare i suoi figli pronti per un altro giorno di scuola.
Dio, quanto avrebbe voluto che fosse stato il solito giorno di scuola… con Otto che guidava pericolosamente il pulmino fino a portarli davanti all’edificio tanto conosciuto, dove quello stupido preside aspettava tutto compiaciuto le giovani menti per tentare di inculcare qualcosa in quelle zucche vuote…
Ora capiva cosa volesse dire Bob. Si sentiva proprio come in una specie di gioco, dove non avrebbe dovuto far altro che giocare seguendo le regole e facendo finta di ignorare il pericolo che lo aspettava dietro ogni angolo, pronto a strapparlo via dalla normalità per spedirlo nel suo peggior incubo.
Rimpiangeva la passata noia che provava ogni giorno… O meglio, non la rimpiangeva, ne agognava un pezzettino in modo quasi morboso e famelico.
Odiava essere in quello stato, stare sempre sull’attenti, poiché ogni attimo si rivelava buono per Telespalla Bob per coglierlo alle spalle. Si sentiva in questo modo ogni volta che Bob usciva di prigione. Sapendo di essere sicuramente cercato per la vendetta della spalla televisiva, non poteva fare altro che caricarsi di tensione, tenere gli occhi sbarrati e tremare ad ogni singolo rumore.
Ed era una sensazione brutta e terrificante. Inoltre, questa volta, c’era qualcosa di diverso.
Non c’era luce, negli occhi di Telespalla Bob. Non c’era la solita scintilla di malvagità e passione che gli brillava negli occhi quando gli puntava un coltello alla gola.
Erano freddi, vuoti e opachi, come se fosse sparito tutto il desiderio e la voglia di quello che stava facendo. E questo era quello che lo preoccupava di più. Sta volta non avrebbe avuto nessuno scrupolo ad andare fino in fondo. L’unico bagliore che Bart aveva visto dentro quegli smeraldi fuori di senno, era stato poco prima che abbassasse la pistola. L’aveva notato subito, una piccola luce, che gli aveva riempito il cuore di speranza. Ma in quel caso cos’era che aveva visto dentro di lui? Pietà? Rimorso?
No… sembrava più… stanchezza. Stanco di combattere una guerra ormai già persa da tempo.
Bè, anche lui era stanco. Stanco di sentirsi impotente, di essere usato come una specie di bambola, di non riuscire a spiccicare una parola quando Marge lo guardava con occhi preoccupati mentre Homer divorava le sue frittelle.
Aspettavano tutti un solo segno da parte sua. E stava già iniziando a cedere.
Forse la soluzione migliore era andare di là e raccontare tutto.
Probabilmente era la scelta giusta e anche la più ragionevole. Proprio per questo Bart non aveva alcuna intenzione di farlo.
Non avrebbe detto niente. Forse, stava facendo proprio il gioco di Bob, ma non gli importava.
A lui piacevano i giochi e avrebbe trovato il modo di vincere.
-Babi?-
Lisa sussurrò quelle parole facendolo saltare.
-N-non sono stato io!-
Bart tolse la mano dalla fronte dove si teneva appoggiato e guardò sorpreso Lisa.
-Ah, ciuccellona, sei tu…-
-Babi, credo che tu sappia benissimo che il tuo aspetto stamattina non è passato indifferente sotto lo sguardo mio e di mamma; Hai una brutta botta dietro la testa, inoltre dalle tue occhiaie deduco che stanotte non avrai dormito più di tre ore. Perfino papà è preoccupato…-
 -Preoccupato… lui?- Bart sospirò cercando di riempire i polmoni d’aria, ma ad ogni respiro sembrava arrancare sempre di più. –Devo aver combinato davvero un bel casino allora.- mormorò tra sé e sé.
-Come?-
-Niente Lisa! Allora ascolta, stanotte ho sbattuto la testa e per il dolore non ho dormito molto…-
-Perché non hai svegliato mamma?-
Già, perché non hai svegliato mamma, razza di imbecille? Così gli dicevi di essere stato appena rapito da telspalla Bob…
-Non mi sembrava tanto doloroso appena fatto…- disse con tono do scusa massaggiandosi la testa dolorante.
Lisa in tutta risposta sbuffò, e scosse la testa rassegnata, in quello che per Bart sembrava tanto un “non cambierai mai”. Poi si affrettò a dire:
-Aspetta qui che vado a prendere del ghiaccio.-
La bambina bionda sparì dietro la porta della cucina prima che Bart potesse replicare. Tornò dopo un po’ con un sacchetto pieno di ghiaccio che appoggiò cautamente sulla testa del fratello.
Quest’ultimo fece una smorfia per il dolore momentaneo che la sensazione di ghiacciato sulla ferita gli aveva provocato, poi fissò la sorella minore mentre era concentrata a tenere fermo il sacchetto con una mano.
Da piccoli, per quanto Bart potesse ricordare, Lisa lo aveva sempre soccorso ogni volta che si faceva male.
E le occasioni erano state tante. Lei c’era sempre, con il suo kit di medicazioni, proprio come si addice a una brava sorella minore.
Rimase a guardare mentre Lisa lasciava la presa sul ghiaccio, per poi sedersi accanto a lui.
Vide sul volto della sorella apparire un sorriso gentile quando posò gli occhi sul viso del fratello, ma Bart rispose con un sorriso amaro.
Lisa corrugò la fronte in risposta a quell’atteggiamento, ma non poté fare più di questo data l’improvvisa apparizione di Marge sulla soglia della stanza.
-Su! Sbrigatevi o perderete il pulmino!- quasi strillò in preda al panico rivolta ai due ragazzi sulle scale.
Bart si alzò sbrigativo e corse verso la madre con in mano i cestini del pranzo. Posò a terra il ghiaccio e si lasciò dare un bacio affettuoso dalla donna dagli alti capelli blu.
-Il mio ometto tutto speciale.- disse con tenerezza guardando Bart.
-Mamma… mollami…!- disse il ragazzino con tono lamentoso.
Poi sciolse in fretta l’abbraccio ed aprì la porta di casa, pronto per incamminarsi verso il pulmino della scuola che già aspettava accostato al marciapiede.
Dovevano fare in fretta, o l’avrebbero perso; con tutte le faccende che aveva da fare Marge, ci mancava solo che si mettesse in macchina per accompagnarli a scuola.
Bart prese il suo fedelissimo skate che lo aspettava fuori alla porta, quando notò che il cielo stava diventando pericolosamente grigio. Grosse nuvole cariche di fredda pioggia si stavano accumulando sulla città, segno che di lì a poco ci sarebbe stato un bel temporale. Tornò quindi dentro casa e prese il giubbotto rosso che suo padre gli stava porgendo, mentre Marge stava sistemando Lisa dentro un giubbotto rosa.
-Smack, passa una buona giornata dolce piccola Lisa…- stava raccomandando alla sorellina dandogli il suo cestino del pranzo.
-Si, anche tu Bagarospo.- aggiunse Homer guardando Bart con una strana quanto insolita vena paterna negli occhi.
Fece per avvicinarsi al ragazzo e abbracciarlo quando Otto bussò stizzito il clacson del grosso pullman scolastico.
-Ehi terrestri, sbrigatevi!-
Bart si scostò velocemente e in attimo fu fuori dalla porta seguito da sua sorella Lisa.
Il ragazzo prima di uscire vide il padre scivolare sul ghiaccio rimasto a terra e andare a sbattere la contro la parete di fronte.
-Doh!- urlò dolorante.
-Ops! Scusa Homer!- disse Bart con un grosso ghigno sul viso, che non era molto coerente con le scuse appena fatte.
Ridacchiò sentendo il padre ringhiare insulti vari, e salì sul pulmino giallo giusto in tempo per non rimanere incastrato nelle porte.
Appena salito, Otto partì a tutta velocità, tanto che Bart quasi non cadde nel corridoio del pulmino.
-Otto Disc! Piano!- borbottò a fatica cercando di trovare un equilibrio stabile.
-Scusa funghetto, ma stamattina sono tutto sballato, ho fatto le ore piccole ieri…-
-A chi lo dici.- borbottò Bart tra sé e sé prima di andarsi a sedere vicino Milhouse, che gli stava tenendo il posto.
-Ehi! Ehi, Bart! Guarda, riesco a mettere due cannucce nel naso e poi a bere il latte…!-
-Uh-uh.- annuì senza prestare troppa attenzione all’amico che si stava bagnando fracido col cartone del latte.
Riusciva a mantenere un contegno, almeno di prima mattina?
Si sedette accanto al finestrino, dando un’occhiata alla sua casa in lontananza.
Aveva fatto la scelta giusta a non dire niente? Non era ancora preparato mentalmente ad affrontare l’argomento, gli sembrava tutto così confuso e sfocato…
E poi… non si sentiva pronto a dire addio a Mr R. Gli mancava terribilmente.
La relazione che aveva solo con lui, quella che né con la sua famiglia, né con i suoi amici sarebbe mai riuscito ad avere. Tutte le cose che gli aveva insegnato, tutti gli argomenti di cui avevano parlato; lui che era il solo che alimentava la sua distruttività…
Un uomo colto, e allo stesso tempo diabolico… proprio come lo era Bob.
Era inutile continuare a girarci in tondo, quando la sua mente lo urlava forte e chiaro. Certo, c’era ancora nebbia nella testa di Bart, molte cose di cui non si spiegava il perché se ripercorreva gli ultimi avvenimenti delle settimane scorse, ma su una cosa era sicuro:
Inspiegabilmente, e contro ogni logica… sentiva la mancanza di Bob.
-Ah-ah!-
Bart trasalì, scosso dalla classica risata schernitrice di Nelson. Infatti, si girò e vide Milhouse tutto bagnato di latte mentre l’intero il pulmino scoppiava a ridere.
Lui invece, appoggiò la fronte contro il finestrino, vedendo tante piccole gocce scorrere mano a mano sull’altro lato del vetro. In quel momento Bart pensò che il tempo rispecchiava proprio quello che sentiva.
Come le gocce che adesso picchiavano violente contro il finestrino, per poi scendere lentamente verso il basso: insicure, tremolanti e trascinate contro la propria volontà, senza che possano fare resistenza, verso un destino totalmente ignoto.
*** ***
-E quindi ragazzi, per casa vi assegnerò un tema su questo capitolo…-
Bart fissava un punto indistinto fuori dalla finestra. Stranamente, se ne era stato buono per tutte le tre ore appena passate in classe ad ascoltare la lezione più palloccolosa del mondo: storia.
Ovvero, gli altri ascoltavano, lui si limitava a un tacito assenso di tanto in tanto quando la maestra puntava lo sguardo indecifrabile su di lui, fermandosi giusto per un istante prima di continuare, probabilmente chiedendosi: “perché Bart Simpson è stranamente tranquillo e silenzioso oggi?”
Bart non si ricordava da quanto tempo non passasse una lezione così priva di colpi di scena, ma quello, diversamente dagli altri giorni, era l’ultimo dei suoi pensieri.
Aveva puntato i suoi intensi occhi blu sul vetro appannato della finestra accanto al suo banco, guardando distrattamente la vista del cortile di scuola disturbata dall’umidità e dalla pioggia che ancora scendeva impassibile.
Bob, Bob…
Perché il suo pensiero continuava ad andare a lui? O meglio, era ovvio che ci pensasse, si era scambiato lettere con il rosso per settimane, non sapendo però che in realtà era lui; e poi, ieri sera lo aveva trovato in camera ed era stato rapito, torturato psicologicamente e fisicamente e in seguito era rinvenuto di nuovo a casa sua.
Era tutto molto confuso, se l’obbiettivo finale era solo quello di rapirlo, torturarlo e ucciderlo, che senso aveva avuto lo scambio di lettere? E perché non farlo tutto in una sola volta, perché Bob lo aveva portato di nuovo a casa?
Probabilmente, era solo un sadico tentativo di dargli la speranza che ci fosse davvero qualcuno accanto a lui, prima di morire…
No… quelle lettere. Aveva avvertito qualcosa mentre le leggeva… come un sentimento. E poi, in molte cose aveva trovato riscontri con la vita di Bob. Non c’era nessun dubbio, la vecchia spalla televisiva non aveva inventato tutto mentre scriveva. Bè, forse solo alcune cose, insomma non avrebbe mai pensato che Bob potesse davvero provare sentimenti di comprensione verso di lui. Parliamoci chiaro aveva tentato di ucciderlo decine di volte! Non gli sembrava proprio un rapporto di amicizia da tenere in piedi…
Da che si ricordasse, loro due erano sempre stati eterni rivali. Gli veniva difficile fidarsi di lui. Lo fece solo una volta, in quella diga. Si, certo, il momento non era dei migliori, e diciamo che in quell’occasione Bart non aveva avuto altra scelta. 
Ma quando l’aveva guardato negli occhi… era scattato qualcosa. Insomma, fino a quel momento era certo che lui fosse un maniaco omicida, non gli era venuto in mente mai nemmeno per un istante che non fosse colpevole.
Ma in quell’attimo in cui aveva dovuto decidere se fidarsi o no, fissandolo negli occhi intento a scegliere… l’unica cosa a cui riusciva a pensare era: “Lui tiene a me… Abbastanza da volermi salvare la vita?”
E quando aveva visto un sorriso di incoraggiamento spuntare sulle labbra di Bob, si era semplicemente lasciato andare. Era stato pervaso da un profondo senso di appagamento, come se non gli importasse più niente degli episodi precedenti, di tutte le volte in cui quell’uomo era stato sul punto di ucciderlo.
In quel momento c’era stata solo la necessità di scappare da quella trappola mortale in cui Cecil li aveva rinchiusi, e provare fiducia guardando quegli smeraldi scuri era stato molto più semplice di continuare ad accusarlo.
Quella, doveva ammettere, era stata una sensazione bellissima…
Ma, come poi ha dimostrato in seguito, Telespalla Bob non era affatto cambiato. E soprattutto, non erano cambiati i sentimenti che provava verso Bart: odio e rabbia.
Improvvisamente il ragazzino scosse il capo. Tutti quei pensieri non gli facevano affatto bene. Non era mai stato un grande pensatore… e di certo incasinarsi la giornata con tutti quei ricordi ed emozioni, non aiutava il pesante mal di testa che lo affliggeva già da un pò. Trovò un po’ di calma perdendosi con lo sguardo nel cielo scuro che faceva da sfondo.
Incapace di fermare la sua mano, alzò il dito verso il vetro appannato della finestra, tracciando una scritta sulla superficie liscia e ghiacciata. Sentì una fredda e umida sensazione di gelo sotto il polpastrello, mentre con l’indice scriveva il nome “Bob” sulla vetrata.
Lo fissò per attimi interminabili, quasi immaginò di aver visto un tratto della sua folta chioma riccia e scarlatta. Un attimo…
Il cuore gli sussultò nel petto, era davvero possibile?
Scosso improvvisamente da quella specie di “trans” che a quanto pare stava impegnando tutta la sua giornata scolastica, cercò di farsi strada tra la pioggia che ormai era in procinto di cessare.
Scrutò attraverso il vetro, ma tutto quello che riuscì a vedere furono solo un paio di cani che abbagliavano e il giardiniere Willy, spuntato improvvisamente, che cercava di calmarli.
Ma dei capelli che aveva visto prima, non c’era traccia. Di lui… non c’era traccia.
Bart ci mise un po’ di tempo per calmarsi. Il fatto che Bob riuscisse sempre a spaventarlo a morte fino a fargli venire le allucinazioni ogni volta che usciva dal carcere, non era una novità.
E non c’era niente da fare- si disse fissando il nome scritto sul vetro- per lui quel maniaco sarebbe rimasto sempre sinonimo di terrore. In un impeto d’ira cancellò la scritta, spostando velocemente gli occhi sulla maestra, che stava ancora blaterando di un qualche presidente americano.
*** ***
 
-Signora Simpson, Signor Simpson, salve.-
-Direttore Skinner…- rispose Marge educatamente.
Homer invece era intento a fissare la superficie liscia e lucente della scrivania in mogano del direttore. Sembrava quasi che si volesse specchiare dentro… un momento, era esattamente quello che stava facendo.
Il preside, si schiarì la voce notando la carenza (forse è più appropriato dire l’assenza) di attenzione da parte dell’uomo.
Quando fu sicuro che tutti e due gli occhi del genitore fossero puntati su di lui, iniziò a parlare con la sua tipica voce nasale, che lo faceva sembrare un bambino troppo cresciuto.
-Signori, credo che sappiate perché siete stati convocati qui, e anche abbastanza urgentemente…-
-Dobbiamo parlarvi di vostro figlio.- interruppe la Caprapall all’improvviso.
Homer non l’aveva notata, così era saltato leggermente sentendo una voce più decisa e alta rispetto a quella del direttore.
Seymour Skinner, aveva mandato a chiamare i genitori di Bart con urgenza, quello stesso pomeriggio, alla fine delle lezioni.
Marge stava lavando i piatti quando il telefono di casa era iniziato a squillare. Con i guanti di plastica ancora bagnati, aveva risposto alla chiamata scoprendo così che era da parte della scuola. Volevano vederli per parlare di Bart Simpson, il che non era una novità per la donna.
Bart molto spesso riceveva note per cattiva condotta, e svariate volte la scuola chiamava i genitori per i molti scherzi che combinava a scuola. Come la settimana scorsa per esempio, in cui in mensa c’era stato un problema di topi (Marge non ne era molto sicura, perché continuava incessantemente a difendere l’innocenza del suo bambino, quindi non aveva nemmeno sentito bene tutta la vicenda), e Skinner aveva puntato il dito contro il ragazzo Simpson, che era stato visto da alcuni testimoni mettere qualcosa nella cucina.
Ma questa volta, la donna si era preoccupata un po’ di più, dato che quella mattina Bart aveva un aspetto assai sciupato, e gli era sembrato molto giù di corda. Quindi era stato naturale, per la signora Simpson, pensare che gli fosse accaduto qualcosa, anche perché Skinner parlava con tono allarmato.
Homer invece, aveva ricevuto la chiamata sul posto di lavoro. Era concentrato con tutte le sue forze a svolgere i suo impiego, come ogni giorno d’altronde, quando il telefono della centrale era squillato.
Lui, da bravo impiegato quale era, aveva risposto subito, scattando sull’attenti.
Non aveva capito bene di chi si trattasse in un primo momento, e aveva urlato “Pronto? Pronto!!” per tre o quattro volte prima che il direttore Skinner sbottasse:
-Signor Simpson, dannazione, è la scuola!!-
Poi si era sentita una voce in sottofondo che diceva:
-Homer, guarda che stai parlando alla tua ciambella! Il ricevitore del telefono è quello che stai masticando…!-
Così a Seymour non era rimasto altro da fare che coprirsi la fronte con il palmo della mano, capendo che probabilmente Homer si era appena svegliato sentendo il telefono squillare.
Ma non era pericoloso mettere uno così come ispettore della sicurezza alla loro centrale nucleare??
Comunque, adesso tutti e due i genitori di Bart si trovavano nell’ufficio del preside, seduti di fronte alla sua scrivania.
Era pomeriggio inoltrato, e fuori già stava iniziando ad aleggiare un aria tetra e buia, come se di lì a poco sarebbe diventato notte fonda. E invece erano appena le quattro e mezza del pomeriggio.
Il direttore Skinner, che era seduto sulla sua poltrona rossa dietro alla sua scrivania, continuò a parlare come se non ci fosse stata nessuna interruzione.
-Sapete bene che di recente vostro figlio è diventato ancora più…- il preside si fermò, cercando la parola giusta da dire  -…pericoloso del solito.- continuò poi.
-Che intende dire con “pericoloso”?- domandò Marge, sulla difensiva.
-Oh, andiamo Marge! Lo sai! Il ragazzo è un combina guai, e questo l’abbiamo sempre saputo, ma si sta facendo una peste a tutti gli effetti!- le fece presente Homer.
-Bè… devo ammettere che in questo periodo è più irrequieto del solito… ma è solo una fase, probabilmente gli passerà!-
-Ah si? E ti ricordi le tue bellissime piante esotiche nel tostapane? Il borotalco messo nello scatolo della farina? Ha messo la colla sotto l’aspirapolvere, e tu sei stata ore a chiederti perché non si muovesse!-
-Lo so, lo so, Homer! Non c’è bisogno che me lo ricordi!-
-Signori, lo so che Bart da un sacco di problemi, e come ben sapete non solo a voi; qui ha fatto esplodere tre estintori nelle conduzioni dell’aria, ha messo carta vetrata al posto della carta igienica, e i topi hanno invaso la cucina della mensa!-
-La nostra cuoca è ancora a casa per malattia, è stato uno shock terribile per lei.- aggiunse la maestra di Bart scuotendo la testa.
-D’accordo, d’accordo! Si sta scatenando, ma cosa c’entriamo noi in quest’ufficio?- chiese Marge, con il tono di voce forse un po’ più alto del dovuto.
Skinner e la Caprapall si guardarono un attimo prima di rispondere.
-Anche se siamo al corrente della situazione, oggi comunque non vi abbiamo convocato qui per questo.-
-Vogliamo parlarvi della condotta di Bart… durante la lezione di stamattina.- la Caprapall continuò – Sono state le ore di lezione più tranquille che io abbia trascorso negli ultimi otto anni.-
Marge sgranò gli occhi, ma fu solo un secondo, prima di ricomporsi assumere un’aria trionfante.
-Ve l’avevo detto che era solo un periodo.-
-Il fatto è che, vede signora Simpson, Bart oggi era… incredibilmente giù di morale. Non l’avevo mai visto così triste. Era visibilmente angosciato.-
-Oh! Il mio ometto! Cosa gli sarà successo?-
-Non so cos’è che abbiate fatto, ma ha funzionato alla grande!- il direttore Skinner smentì la preoccupazione della donna.
-C-come?-
-Si! Bart non è mai stato così tranquillo, e tutto perché era triste, quindi le consigliamo di prendere alcune pillole per deprimerlo ancora un po’, così il suo profitto scolastico migliorerà di molto! Dovete solo consultare il medico, la cosa è perfettamente legale…-
-State scherzando spero!- urlò Marge con tono offeso. –Io non darò a mio figlio nessuna droga per renderlo depresso!-
-Signora Simpson, ragioni! Ne andrebbe del suo futuro!- Seymour cercò invano di convincerla.
-Ma si, dai Marge! Sono solo due o tre pillolette!-
-Homer J. Simpson!- rimproverò la donna scandalizzata.
-H-ha pienamente ragione, fiorellino mio, scusa, sono d’accordo che il ragazzo non dovrebbe prendere nessuna medicina!- convenne Homer ritirando la frase detta appena due secondi prima.
-D’accordo, d’accordo, forse siamo stati un pò… troppo invadenti a chiedervi questa cosa, lo ammetto.- disse il direttore con sguardo colpevole.
-Si, credo di si.- rispose Marge ricomponendosi.- anzi, credo di voler andare fino in fondo a questa faccenda, e tirerò su di morale Bart,invece di abbatterlo ancora di più.-
E così dicendo la donna salutò cortesemente i due prima di uscire fuori dall’ufficio trascinando Homer con sé.
*** ***
Era pomeriggio inoltrato, e Bart stava comodamente seduto sul divano a guardare Grattachecca e Fichetto insieme a sua sorella Lisa.
Si sentiva un po’ meglio, e la maggior parte dei pensieri che affollavano la sua testa erano spariti, anche se ne rimaneva uno, che incessantemente incombeva minaccioso.
Decise comunque che avrebbe accantonato il “fattore Bob” (così l’aveva soprannominato), per guardare un po’ di vecchia e sana televisione.
Inoltre, una giornata priva di killer che tentavano di ucciderlo era stata abbastanza da convincerlo a rilassarsi per il momento.
Accanto a lui, Lisa stava ridendo forte, e Bart non si accorse del perché, poi spostò la concentrazione sul cartone animato, e iniziò subito a ridere anche lui, dato che in quella scena il topo stava mettendo la testa del gatto nel microonde per farci un polpettone.
A proposito di cibo… stranamente, qualche ora prima, Homer e Marge erano ritornati a casa molto allegri, o almeno così gli era sembrato, ed avevano proposto una serata al cinema.
Il che gli era sembrato strano, pensò Bart mentre Grattachecca serviva un hamburger fatto con i resti di Fichetto.  Ma chi era lui per guastare una serata al cinema??
Un ultima risata e il cartone finì. I due ragazzi si stavano entrambi asciugando le lacrime che gli erano venute a furia di ridere, quando Marge fece capolinea nel salone.
-Allora ragazzi, siete pronti per andare al cinema?-
-Sii!- risposerò entrambi all’unisono mentre si affrettavano a correre verso la porta, indossando i giubbotti della mattina.
Una decina di minuti più tardi, erano tutti all’entrata del cinema a scegliere il film. Come al solito, ogni uno stava urlando il nome del film che voleva vedere.
-Ummm… Bart, tesoro, a te cosa piacerebbe vedere?- chiese alla fine la madre.
-“Quel mostro sbudellante!”- urlò Bart su di giri.
-Bè, non è un film che io vedrei volentieri, ma per una volta farò un’eccezione.- e così dicendo Marge andò a fare i biglietti.
Bart mormorò un grido di trionfo e Lisa esclamò:
-Non vale, perché dobbiamo vedere quello che vuole Bart?-
-Perché io sono più figo di te, ciucccellona.- rispose il fratello schernendola.
Ma al contrario, le previsioni di Bart si rivelarono tutte errate. Prima di tutto, il film che aveva scelto, non parlava affatto di mostri, bensì era una storia d’amore lunghissima e… orribilmente romantica.
Quei produttori di Hollywood stavano diventando sempre più inventivi sui titoli, pensò il ragazzino biondo facendo di tutto per non seguire la trama del film, altrimenti avrebbe di sicuro vomitato. Voleva tanto andarsene da quella sala…
-Mamma, io vado in bagn…-
Ma la donna non lo stava affatto ascoltando, avendo entrambi gli occhi puntati sullo schermo. Anche Lisa stava facendo la stessa cosa: sembravano essere cadute in una specie di trans. Per non parlare di Homer,che si era addormentato profondamente sul suo sedile, con un rivolo di bava che colava dalla bocca.
-Ah! Io me la squaglio!- sbottò Bart alzandosi in piedi.
-Lisa, se quando tornerete in vita non mi troverete, ricordati di dire a mamma che sono in bagno.-
Quest’ultima annuì, e il ragazzino si sentì libero di andare, pur consapevole che sua sorella non aveva affatto sentito.
Sgattaiolò sul retro della sala, ma invece di puntare all’entrata dei bagni, si diresse in direzione dell’uscita di emergenza.
Fuori faceva molto freddo, e l’aria gelida sferzava violenta contro il suo viso, facendogli rimpiangere il caldo tepore impregnato dell’odore di popcorn che c’era nel cinema.
Si strinse di più nel suo giubbino rosso, vagando per un paio di minuti nei vicoli vuoti e freddi che c’erano dietro l’edificio. Gli serviva una boccata d’aria fresca, poi sarebbe rientrato alla fine del film, tanto la sua famiglia non sembrava aver notato la sua assenza.
Improvvisamente però, l’idea di tornare indietro gli sembrava molto allettante. Si sentiva seguito, come spiato. La sua pelle avvertiva quell’orrenda e viscida sensazione che si prova quando qualcuno ti sta fissando.
Bart si guardò alle spalle un paio di volte… sbaglio o sentiva dei rumori in lontananza?
Forse era solo la sua immaginazione, pensò ridacchiando nervosamente. Colpa di quegli stupidi film d’amore che gli costringevano a guardare!
Svoltò un vicolo, che portava molto vicino alla bottega dei fumetti. Si sentì più al sicuro, anche se era ancora da solo. O meglio… probabilmente non era solo.
Sentì un fruscio dietro di lui. Si voltò di scatto volgendo lo sguardo sui cassonetti dell’ immondizia a un paio di metri dalla sua schiena. Camminò all’indietro, non volendo dare le spalle a quel probabile pericolo nascosto.
Rimase immobile, il suo cervello lavorava incessantemente mandando impulsi alle sue gambe che non volevano saperne di muoversi. Avrebbe voluto correre, nascondersi, scappare. Ma niente. Il suo corpo sembrava immobilizzato dalla paura.
All’improvviso un rumore violento si alzò da dietro ai cassonetti. Bart saltò quando un gatto nero sgusciò fuori da essi.
-Ahahah, è solo un gatto, Bart. Uno stupidissimo gatto!- si rimproverò da solo cercando di calmarsi.
Poi uno strillo invase le sue orecchie, un allarme iniziò a suonare incessantemente da lontano, e vari rumori si susseguirono in fretta.
Il piccolo ebbe giusto il tempo di girarsi per vedere una pistola puntata contro la sua fronte.
-Aaaaaah!-urlò.
-Silenzio ragazzino!- una voce decisa spense il suo urlo.
Bart si trovava di fronte ad un rapinatore.
Non lo aveva mai visto prima: Aveva i capelli nocciola e gli occhi marroni. Era vestito di nero, e metà del suo volto era coperto da una grossa sciarpa di lana nera. Nella sua mano destra aveva un sacco pieno di quelli che sembravano soldi, mentre nella sinistra impugnava la pistola che Bart aveva puntata alla testa.
-Non farmi del male!- gridò il ragazzo portandosi le mani di fronte alla faccia, come per proteggersi.
-Non ti farò del male se sarai buono!- soffiò il rapinatore, la voce disturbata dal tessuto che aveva davanti alla bocca.
Poi, di nuovo, dietro il biondino un’altra figura spuntò dal buio.
Quest’ultimo era un uomo alto. Aveva dei capelli rossi e ricci molto ingombranti, e brandiva un coltello.
-Ah! Telespalla Bob!- urlò Bart riconoscendolo.
Bob sbuffò in risposta dicendo:
-Lo sai, dovresti cambiare la frase ad effetto che urli quando mi vedi, di tanto in tanto.-
Il ragazzino non disse niente. I suoi occhi rimasero immobili a guardare quei due individui.
Erano complici? No… mettersi in affari con un ladruncolo da due soldi non era nello stile di Bob.
Restò letteralmente paralizzato mentre guardava Bob avvicinarsi minaccioso al rapinatore, sussurrandogli qualcosa che non riuscì a sentire.
Poi il ragazzo con la pistola indietreggiò spaventato. Aveva l’aria terrorizzata anche se brandiva una pistola, mentre l’altro solo un coltello.
Vide una strana luce aleggiare per un attimo negli occhi di Bob, mentre il rapinatore urlava in preda al panico:
-Okkey, ho capito me ne vado!!-
Ma Bob continuava a sorridere maligno. Poi fece uno scatto in avanti dandogli una gomitata nelle costole.
Il ladro cadde a terra svenuto.
Bart vide tutta la scena pietrificato, temendo cosa potesse fare a lui ora che erano rimasti soli. Ma con grande stupore, il ragazzino guardò la ex-clown girarsi e fulminarlo con lo sguardo.
Piccoli brividi gli attraversarono le ossa.
-Va via di qui.- ordinò secco Bob, con una voce che non ammetteva repliche.
Poi si incamminò nella direzione opposta in cui Bart era venuto.
In altre circostanze il ragazzino sarebbe stato felice di eseguire l’ordine, correndo via da quel maniaco omicida e dalla scena appena vista.
Quindi, in quel momento, si chiese più e più volte cosa diavolo gli stesse passando per la testa quando decise di seguire il rosso in quella strada buia. 

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Capitolo 6
*** Capitolo sesto: Dark and Anger ***


Sesto capitolo:

Dark and Anger


Quella mattina Bob si era alzato di malumore. La sveglia, regolata per le sei, era suonata puntuale e lo aveva fatto letteralmente saltare dal letto.
A malincuore si era messo a sedere, ancora mezzo stordito. Con un tonfo secco aveva spento la radio che strillava il motivetto di una canzone di Mozart. Non c’era nulla di raffinato o di elegante in quello che aveva fatto, Bob lo sapeva, ma la mattina di solito era molto irritabile e tutti sapevano che aveva un grosso problema di nervi.
Bob guardò la finestra del suo appartamento appena affittato e vide i che il sole era sorto da poco e che,come lui, non era ancora del tutto pronto ad affrontare quella giornata.
I fiochi raggi di luce della persiana semiaperta illuminavano tremolanti la sua camera da letto.
Aveva affittato quel grande e bell’appartamento dopo essere uscito nuovamente dal carcere.
La sua famiglia ne era uscita da tempo, per fortuna. Ovviamente sua madre aveva degli agganci essendo un’attrice di molta notorietà. E, altrettanto ovviamente, non erano stati capaci di lasciare un personaggio famoso in galera. Grazie a sua mamma tutta la sua famiglia era uscita di prigione, suo padre, suo fratello Cecil, la sua adorata moglie Francesca e il suo prezioso figlio Gino.
Tutti tranne lui, certamente. Bob rimaneva comunque un prigioniero più volte condannato, quindi la polizia di Springfield non gli aveva dato la libertà vigilata che si aspettava. Strano come dei poliziotti mediocri e assolutamente incapaci come quelli del corpo poliziesco di Springfield erano stati capaci di fare una cosa giusta per un volta.
Così, attraverso uno stratagemma a dir poco geniale, era riuscito comunque ad evadere e aveva riprovato ad uccidere il suo eterno rivale*. Ma, quel piccolo moccioso insolente e demoniaco era riuscito a sbatterlo di nuovo al fresco per quella che Bob aveva giurato sarebbe stata l’ultima volta.
Ma allora come faceva a trovarsi in quell’ampio appartamento? Il fatto è che tutta la famiglia Terwilliger aveva unito le proprie forze per fare una ricca donazione al carcere di Springfield e in cambio avevano chiesto una riduzione di pena per Robert. Ovviamente il sindaco aveva aderito al patto molto vivacemente. Bob non sapeva attualmente che fine avessero fatto quei soldi, ma si sa, lui e la sua famiglia avevano una presa molto forte sulle persone. Riuscivano ad incutere soggezione, ma allo stesso tempo anche sicurezza e appagamento. Un po’ come la mafia.
Comunque, fatto sta che Robert Terwilliger, più conosciuto con il nome di “Telespalla Bob”, dopo solo una settimana, era già nuovamente fuori dal carcere.
Questa volta però, erano pochi a saperlo. Il sindaco non voleva girassero voci sul fatto che andava a liberare prigionieri in cambio di grosse somme di denaro. Così fu data a Bob una cattedra di Inglese in una scuola superiore di una città vicino Springfield, in cambio della promessa che non si fosse più avvicinato alla comunità con intenzioni losche.
Ovviamente Bob manteneva sempre la parola data, era un gentiluomo, lui.
Ma la comunità non era Bart Simpson.
Così era scattato subito un nuovo piano per distruggere il moccioso. Lui, che era stato la causa della sua rovina. Quell’impiccione guastafeste che aveva distrutto tutti i suoi progetti.
Bob si calmò un attimo respirando a fondo. Dopotutto, non c’era motivo per rovinarsi quella bella giornata, no?
Guardò la foto della sua famiglia sul comodino accanto al letto. La prese in mano con aria nostalgica, guardando sua moglie e suo figlio sorridergli e salutarlo con aria allegra. Era stata fatta in Italia, quando era ancora sindaco.
Bob… non aveva intenzione di tornare lì. Non dopo tutto quello che era successo. Non dopo che aveva litigato con Francesca, per qualcosa che non capiva realmente fino in fondo.
L’ex-clown sospirò rassegnato posando la foto al suo posto e camminando verso il bagno per farsi una doccia.
Il lunedì era il suo giorno libero però aveva preso l’abitudine di svegliarsi sempre presto. Anche se quella mattina gli era risultato un po’ difficile. Dopo aver portato il giovane Simpson a casa la scorsa notte, era tornato al suo appartamento ed era andato a dormire. Malgrado i dubbi che lo assalivano, era riuscito con suo grande stupore ad addormentarsi. Bob era scivolato in un sonno pesante e quando si era svegliato, pochi minuti prima, si sentiva ancora più stanco.
Uscì dalla doccia ed andò a preparare la colazione, decidendo poi la prossima mossa.
Erano le nove e mezza e Bob era seduto nel salotto della sua nuova casa, leggendo con aria concentrata un volume parecchio pesante. Aveva gli occhialini a mezza luna sul naso e ogni tanto li aggiustava un po’, solo per darsi un tono più elegante. Mise il segno nel libro richiudendolo delicatamente e poggiandolo su un tavolino lì accanto.
Quindi andò all’ingresso per prendere la sua giacca blu e successivamente uscì dando un ultimo sguardo alla sua casa.
Verso le dieci arrivò a Springfield. Stava piovendo già da un paio d’ore, ma Bob aveva ignorato questo particolare. Si era infilato un bel maglione elegante di lana e il suo cappotto blu, in modo da resistere meglio a quel freddo disarmante.
Parcheggiò la macchina nel parcheggio del Jet Market ed entrò dentro per prendere un caffè, stando bene attento a non bagnarsi riparandosi sotto il suo ombrello nero.
Le porte scorrevoli gli diedero il benvenuto nel locale. Bob non andava spesso in quel supermercato, anche se doveva ammettere che veniva spesso a Springfield.  Quasi ogni mattina prima di andare a scuola e quasi ogni sera dopo l’uscita al bar con gli altri insegnanti.
Apu saltò leggermente quando, andandosi a girare, vide Telespalla Bob avvicinarsi al bancone.
Quest’ultimo ridacchiò divertito.
-Tranquillo Apu. Non sono qui per rapinarti o farti male in alcun genere. Dammi solo un caffè, per cortesia.-
-Oh, si certo. Io sapere questo. Solo che non si è mai abbastanza sicuri e lei, signore, io non mi aspettava di vederla qui la mattina.-
-Si lo so, vecchio amico mio, solo che mi andava di fare due passi qui in giro. Ma dimmi, come sta Serpente? Avete fatto pace voi due?-
-Si si, caro vecchio Serpente è sempre rapinatore numero uno qui.- rispose Apu porgendogli un bicchiere alto con un coperchio poggiato sopra, entrambi di plastica. Bob lo prese e si scottò leggermente con il calore del liquido fumante all’interno.
-Ma lei è sempre stato rapinatore più cortese, di questo essere sicuro.- continuò il commesso mettendo nella cassa i soldi che l’altro gli porgeva.
Il rosso ridacchiò di nuovo in risposta a quell’esclamazione.
-Grazie, Apu. Salutami Serpe allora. Con permesso, dovrei andare. Ho molti affari urgenti a cui provvedere.- disse l’ex-clown incamminandosi verso l’uscita.
-Io sapere signore, sua faccia parla chiaro. Dice che lei essere turbato. Qualunque cosa lei sta facendo, per favore faccia attenzione.-
Bob si fermò di scatto sbarrando gli occhi. Fissò l’uomo dietro al bancone e fece per dire qualcosa ma si fermò.
Apu continuava a sorridere benigno, come se sapesse quello di cui stava parlando. Ma il fatto è che non lo sapeva per niente.
Robert cercò con tutte le sue forze di reprimere la rabbia che gli stava montando dentro nel vedere quel sorriso stampato. Da bravo gentiluomo sorrise educatamente e fece cenno col capo, attraversando la porta automatica del negozio che si aprì con un leggero “biip”.
*** ***
Bob stava camminando da una decina di minuti intorno alla scuola elementare di Springfield.
Dall’espressione che aveva sulla faccia si poteva dire che era immerso fino al collo nei suoi pensieri.
Si era fermato nel parco giochi dietro la scuola andando su e giù interrottamente. Per quanto ne potesse sapere poteva benissimo aver formato un solco molto profondo. Si fermò un attimo cercando di dare un filo logico a tutti quei pensieri che gli giravano vertiginosamente per la testa.
Il tempo era decisamente pessimo. Fino a poche ore fa una grossa e abbondante pioggia era calata su tutta Springfield. Ma a quanto pare stava per finire, essendo notevolmente diminuita.
Sotto il suo ombrello Bob continuava a chiedersi che diavolo ci facesse in quel postaccio. Non era già abbastanza vedere tutti quei ragazzi citrulli alla sua scuola? Ora doveva anche andare nelle scuole delle altre città?
Inoltre si era bagnato fin troppo per quel giorno, rischiando di camminare nel fango con le sue elegantissime scarpe italiane, fatte su misura per lui.
Sebbene le nuvole coprissero il sole, creando un’atmosfera molto triste e grigia, Bob teneva gli occhi fissi su una figura ben nota.
Dentro l’edificio un ragazzino dai capelli a punta teneva lo sguardo fuori dalla finestra con un’aria a dir poco malinconica.
Bob era certo che Bart non potesse vederlo, si teneva fuori dal suo campo visivo e il suo profilo era in parte nascosta dalle giostre. E poi, con tutta quella pioggia, era improbabile che lo vedesse.
Viceversa, Bob poteva guardare lui.
Gli faceva un certo effetto vederlo così… giù di corda. Di solito quel ragazzino non si scomponeva mai, rimaneva sempre una peste a tutti gli effetti. In tutti i loro incontri questa era l’unica cosa che non era mai cambiata. Al massimo poteva provare paura e terrore… ma non era mai stato così triste.
Ed era tutto dovuto a lui, Bob lo sapeva. Questo gli stava procurando una dolce sensazione di potere.
Sorrise maligno vedendo l’altro così pensieroso e malinconico, pensando che era tutto merito suo.
Rabbrividì chiudendo appena gli occhi, fantasticando ancora sull’effetto che tutta quella storia stava avendo sul ragazzino.
Quando li riaprì, notò qualcosa di ancora più strano. Socchiuse le palpebre cercando di guardare meglio, per via della pioggia e di conseguenza della poca visibilità.
Bart stava scrivendo qualcosa sul vetro della finestra che dava sul cortile, facendo scivolare il polpastrello stancamente sul vetro.
Non vedeva bene cosa avesse scritto, anzi era quasi impossibile. La curiosità divenne padrona e così non riuscì a trattenersi da fare un passo in avanti, sentendo le scarpe andare a increspare la superficie fangosa di una pozzanghera.
Poi sentì un rumore: dei cani che abbaiavano.
Sbarrò di scatto le palpebre saltando leggermente all’indietro. Cani?
Si girò nella direzione del rumore, vedendo effettivamente le sagome di due pastori tedeschi che annusavano l’aria e latravano nella sua direzione.
Neanche il tempo di pensare cosa fare, che uno dei due aguzzò la vista, notando forse la folta capigliatura del rosso.
Il cuore aumentò improvvisamente il battito, mentre Bob iniziava una furiosa corsa per nascondersi dai pastori.
Senza nemmeno rendersene conto si ritrovò un po’ troppo vicino alla finestra, nella visuale di Bart.
Lo vide sobbalzare e stringere le palpebre, ma prima che potesse essere visto, Bob si buttò in un cespuglio lì vicino. Cercando di nascondersi alla ben’e meglio, sentì i due cani avvicinarsi, e poi la voce burbera del custode Willy che li richiamava.
-Mister! Miss! Sentito mi avete? Tornare a casa dobbiamo, prima che qualcuno vederci può!-
Ancora qualche abbaio, questa volta più lieve, come se avessero riconosciuto la voce del loro padrone, e poi più nulla.
Stupido giardiniere analfabeta… -pensò Bob districando i capelli dal cespuglio e cercando di uscirne senza rovinarsi i vestiti.
-Basta, per oggi ho già rischiato anche troppo.- disse nervoso, alzandosi in piedi e dando un ultimo sguardo alla finestra che ora si trovava di fianco, alla sua sinistra.
Cercò di scrollarsi di dosso tutta l’acqua che aveva preso durante la corsa e tra le foglie bagnate, ma sia i suoi capelli che i suoi vestiti non volevano saperne di mettersi in ordine, così semplicemente raccolse l’ombrello da terra e si incamminò verso l’auto, tra la pioggia ormai del tutto cessata.
*** ***
Bam.
Il libro si richiuse con un tonfo secco.
L’uomo dai folti capelli rossi sospirò amareggiato, togliendosi gli occhialini e massaggiando con le dita la base del naso.
Erano circa le sei e mezzo, e sinceramente non sapeva più cosa fare.
La lettura non era così soddisfacente come la trovava di solito e la noia stava prendendo il sopravvento, così decise di fare due passi fuori di casa.
Si mise una camicia rossa elegante, un paio di pantaloni neri, anch’essi di buona fattura, e infine indossò una giacca nera raffinata.
Si guardò allo specchio, soddisfatto dell’immagine che gli restituiva e decise così di avviarsi verso la porta.
A metà strada si fermò. Pensò alla destinazione: dove andare? Poteva benissimo scendere e fare due passi nel quartiere, i suoi vicini erano tutti ben disposti verso di lui e di una certa cultura, avrebbe potuto ingaggiare una conversazione molto piacevole.
Ma l’idea di andare a Springfield gli balzò in mente prima di qualsiasi altra destinazione.
Ma andiamo… cosa c’era a Springfield? Solo un mucchio di ciccioni ignoranti e qualche cestino dell’immondizia in meno. Non aveva alcun motivo di sprecare benzina per ritrovarsi in quella città.
Anche se lì c’era Bart.
E avrebbe potuto vederlo.
Avrebbe potuto portarlo con sé, ucciderlo, torturarlo.
Fece una risata malefica e quindi ritornò soddisfatto a camminare verso la porta.
-No, no, no! Non provarci nemmeno Bob!- scosse la testa fermandosi di nuovo. –Anche se era questo il piano… correrei il rischio di confermare l’ipotesi di Francesca. Andrò a Springfield… ma non per il ragazzino!-
Andò a prendere comunque un coltello e lo nascose nella giacca, sapendo perfettamente che la ragione per cui andava in quella città non era certo il caffè tutt’acqua del Jet Market.
*** ***
Parcheggiò non lontano dalla bottega dei fumetti, in un parcheggio vicino. L’aria era fredda e frustava violenta sul viso ma Bob non si scompose, chiudendo la portiera dell’auto come se niente fosse.
Non fece caso al parcheggio totalmente deserto, cominciò semplicemente a camminare tenendo le mani nelle tasche. Svoltò un paio di vicoli e si ritrovò davanti al cinema.
La sua attenzione venne catturata dall’adolescente pieno di brufoli al bancone che lo salutò incerto.
Bob gli dedicò una rapida occhiata, poi vide quali film c’erano in proiezione, niente di che insomma, a parte  uno proprio pessimo che si chiamava “quel mostro sbudellante” e già il titolo diceva tutto.
Svoltò l’angolo e si ritrovò dietro l’edificio, percorse ancora qualche passo fino a quando una porta un paio di metri più avanti si spalancò.
L’ex-spalla televisiva si appiattì d’istinto contro il muro, cercando di non farsi vedere. Osservò una figura uscire e pian piano ne riconobbe i contorni. Il suo cuore ebbe un sussulto quando il ragazzino dai capelli biondi a punta fu completamente visibile alla luce dei lampioni intorno.
Lo vide rabbrividire e stringersi nel cappotto, e in cuor suo sorrise a sottecchi vedendolo così contrariato.
Decise di seguirlo, così sgusciò silenziosamente nel vicolo, spiandolo da lontano, silenzioso come un’ombra.
Il ragazzino camminò per un paio di vicoli, ma più andava avanti più si accorgeva della desolazione che c’era, e il suo passo si faceva sempre più incerto.
Bob ne approfittò per squadrarlo a fondo, incise ogni movimento, ogni brivido che mostrava la sua tensione.
Improvvisamente Bart si girò un paio di volte e ci mancò davvero poco che potesse accorgersi della presenza del suo inseguitore, ma Robert era sveglio, aveva fatto pratica per molti anni e non si sarebbe fatto scoprire.
Il biondino ridacchiò nervosamente e le labbra di Bob si piegarono in un ghigno vedendolo ridere così, da solo. Anche se effettivamente non era solo.
Imboccarono un ulteriore vicolo, abbastanza vicino al parcheggio dove Bob aveva parcheggiato l’auto. Si nascose dietro un cassonetto, non vedendo altri nascondigli. Quella era una buona occasione per cogliere il ragazzo di sorpresa ed eliminarlo una volta per tutta. Erano soli, le strade erano deserte e Bart era terrorizzato.
Certo, avrebbe potuto organizzare qualcosa di più elaborato, ma non era stato un caso fortuito? Non poteva chiedere di meglio!
Afferrò il coltello con mani che fremevano al pensiero della vendetta, quando un gatto nero spuntò dietro le sue spalle, facendolo saltare.
-Via, dannazione!- sussurrò deciso, e quello eseguì, balzando da dietro al cassonetto.
Poi una voce lo richiamò alla realtà.
-Ahahah è solo un gatto, Bart. Uno stupidissimo gatto!-
Dici, caro Bart? – pensò di rimando l’ex-carcerato, sorridendo divertito. Poi però, qualcosa lo mise sull’attenti.
Ci fu uno strillo acuto e poi un allarme che suonava incessante. Probabilmente una rapina, e anche nelle vicinanze.
Tutto quello che riuscì a pensare Bob fu che il suo piano era andato in fumo, ma quel pensiero passò in secondo piano quando sentì la voce del biondino rimbombare nel vicolo.
-Aaaaaah!-
-Silenzio ragazzino!-
Il rosso si mise sull’attenti. Non sapeva perché ma avvertiva un senso di minaccia, come di pericolo, sebbene quello in probabile pericolo fosse Bart.
Sbirciò dalla sua postazione e vide un uomo vestito di nero puntare una pistola verso il ragazzo dai capelli a punta.
Una rabbia cieca gli montò da dentro sovrastando tutti gli altri sensi. Strinse i denti e ringhiò, preso dal nervosismo. Come se qualcuno gli stesse rubando qualcosa di prezioso, qualcosa a lui caro.
Le voci continuarono a parlare, ma ormai Bob non le udiva, i suoi sensi erano annebbiati dalla rabbia.
-Non ti farò del male se sarai buono!- 
No, non te ne darò l’occasione.- pensò tra sé e sé il clown.
Senza pensarci due volte, saltò fuori dal suo nascondiglio e affiancò Bart, cercando di tenerlo in disparte.
-Ah! Telespalla Bob!- lo sentì urlare.
I classici non muoiono mai, eh?-
-Lo sai, dovresti cambiare la frase che urli quando mi vedi di tanto in tanto.-
Non ottenendo risposta Bob spostò la sua attenzione sul rapinatore, avvicinandolo.
Sicuramente veniva dal penitenziario di Springfield, lo conosceva di vista. Sorrise, sapendo come riuscire a spaventarlo.
-Sai chi sono io? Sono il confidente di Serpe. Lui te lo ricordi vero?-
L’uomo annuì.
-Bene, e sai chi è questo ragazzo?-
Il moro spostò lo sguardo da Bart a Bob, per poi sbarrare gli occhi riconoscendolo. Bob si limitò a sorridere ancora di più.
-Esatto. E si da il caso, che questo giovane sia di mia proprietà... Sai come mi potrei vendicare se qualcun altro gli torcesse anche solo un capello?- disse il rosso con un tono di voce fermo e deciso, ma allo stesso tempo provocatorio e insidioso, serrando ancora di più le dita intorno al manico del coltello che non aveva messo via.
La presa dell’uomo sulla pistola iniziò a vacillare, segno che il piano stava avendo successo.
-Okkey, ho capito me ne vado!!-
Ma non era ancora abbastanza. Con un colpo ben assestato nello stomaco, il rapinatore cadde a terra dolorante e svenuto.
Bob lo guardò soddisfatto, ricordandosi solo ora che Bart aveva assistito a tutta la scena.
Si girò a guardarlo: era terrorizzato e tremante, ma non ostante questo lo fissava con aria di sfida.
-Va via di qui.- disse allora Robert con uno sguardo indecifrabile. Sapeva che di lì a poco sarebbe arrivata la polizia, ma soprattutto non voleva dare spiegazioni sul perché gli aveva appena salvato la vita, o ancora peggio sugli avvenimenti dei giorni scorsi.
Così girò le spalle incamminandosi verso il parcheggio dove aveva lasciato l’auto, avvertendo però con suo grande scontento un rumore familiare di passi che lo seguivano.
 

Fine sesto capitolo.
 

Rea's Corner:

Salve a tutti! x3 Spero che il capitolo vi piaccia. Gli avvenimenti sono gli stessi dello scorso, ma visti dal punto di vista di Bob.

*Lo strataggemma di cui si parla, è quello dell'ultima puntata in cui si vede Telespalla Bob, ovvero nella ventunesima serie, episodio 22 “Il Bob vicino di casa”.
Bè, è tutto quello che avevo da dire... a parte, perdonate il ritardo, ma tra scuola e conservatorio, sto praticamente impazzendo (e prima non è che stavo bene xDD)
Se questi capitoli vi annoiano, non temete, a partire dal prossimo... ci sarà da divertirsi!! *-*
XXX
By Rea-chan x3

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Capitolo 7
*** Capitolo settimo: What we do and What we need ***


Capitolo settimo:

What we do and What we need.


Bart seguì Telespalla Bob in quel vicolo. Non seppe perché, sapeva solo che era terrorizzato e non voleva essere lasciato lì da solo.
Mosse qualche passo prima incerto, poi sempre più sicuro, tenendosi comunque a debita distanza.
Il rosso si girò un paio di volte a guardarlo e aumentò il passo ignorandolo. Sembrava non volerci avere nulla a che fare, ma delle spiegazioni gliele doveva…giusto?
Per esempio sul perché gli avesse appena salvato la vita, dato che cercava da tempo di ucciderlo. Forse non voleva fosse un altro a togliergli questo piacere, ma perché non aveva colto l’occasione?
Senza accorgersene si ritrovarono all’ingresso di un grosso parcheggio.
Era buio e faceva molto freddo, tanto che riusciva a fatica a distinguere i colori delle macchine, illuminate solo dalla luce che emanavano i lampioni tutt’intorno.
In cielo le prime stelle erano spuntate timidamente, facendo compagnia alla figura della luna per metà coperta dalle nuvole scure. Doveva camminare molto velocemente per non perdere di vista l’uomo che stava seguendo, quasi si mise a correre, con nuvolette di aria fredda che gli uscivano dalla bocca ogni volta che l’apriva per prendere fiato.
Ma Bob continuava a tenersi a distanza, le mani in tasca e l’andamento rapido, non abbastanza rapido da seminarlo, quasi come se in cuor suo non gli dispiacesse essere seguito.
Bart provò a chiamare il suo nome un paio di volte, ma stranamente quando tentava di aprire la bocca se la ritrovava decisamente secca e da essa sembrava non potesse uscire nient’altro che il suo respiro affannato. Ormai sembravano essere giunti alla loro meta perché Bob rallentò il passo fino a fermarsi del tutto davanti a una Chevrolet nera.
L'uomo mise una mano in tasca ed estrasse un telecomando che usò per aprire l'auto.
Bart non sapeva che fare. Ormai nel parcheggio deserto risuonava solo l'eco dei suoi passi, e decisamente non sapeva come comportarsi una volta raggiunto il suo, per il momento, "salvatore".
Si fermò a qualche metro dal rosso, probabilmente perchè le sue gambe si sarebbero rifiutate di portarlo più vicino se ci avesse provato. Lui gli dava la schiena, quindi non riusciva a vederlo in volto, forse proprio perchè Bob non voleva mostrargli la battaglia interiore che stava avendo luogo dentro di lui.
Rimase immobile così, giusto per qualche istante, poi il ragazzino lo vide aprire bocca ed esitare, come se volesse dirgli qualcosa, ma il silenzio non venne rotto per attimi interminabili. Bart avrebbe voluto ringraziarlo, o per lo meno dire qualcosa. Oh, per esempio cosa?!
Grazie per avermi salvato la vita, ci vediamo la prossima volta che tenterai di aprirmi in due con un coltello! No, era escluso.
Finalmente Bob mise da parte la sua esitazione ed entrò in macchina come se niente fosse.
Accese il motore che con un rombo iniziò a riscaldarsi, ancora troppo annichilito dal gelo per funzionare appieno.
-Ehi! Cos’hai intenzione di fare, lasciarmi qui?- urlò il ragazzino cercando di riparare gli occhi dall’improvvisa luce dei fari che lo abbagliavano minacciosi.
Senza aspettare oltre decise di salire in macchina. Camminò fino alla portiera dei sedili anteriori, l’aprì e si sedette chiudendola con un tonfo.
-Bart, scendi fuori dalla macchina.-
In tutta risposta il ragazzino incrociò le braccia al petto.
-Non farmelo ripetere! Ho detto…- Bob fece un gran sospiro massaggiandosi la radice del naso con due dita.
-Scendi e basta.- continuò con voce bassa e roca, tenendo gli occhi chiusi ermeticamente come per cercare di calmarsi.
Bart sapeva di stare mettendo a dura prova la sua pazienza e si stava divertendo un mondo. Con la bocca piegata in un mezzo sorriso aprì lo sportello, scese con tutta la calma e la lentezza del mondo e lo richiuse solo per prendere posto sul sedile davanti, accanto a quello dell’autista.
-Per la barba di Lucifero…! Sapevo che non brillavi per arguzia, ma almeno credevo fossi abbastanza intelligente da evitare di mettere a rischio la tua vita!-
-Si, bè, alcuni la chiamano intraprendenza.- rispose il biondo guardandosi le unghie con nonchalance.
-Io la chiamo stupidità!-
-Sei tu lo stupido che non riesce a uccidere un ragazzino indifeso in un vicolo buio, di notte e per di più senza nessuno nei paraggi!-
-Me lo stai rinfacciando? Guarda che potrei cambiare idea da un momento all’altro.- una strana luce si accese per un attimo negli occhi dell’ex-clown ma Bart decise di averlo solo immaginato, anche se ora che ci faceva caso aveva iniziato a tremare.
Raccolse tutto il coraggio che gli era rimasto prima di ribattere.
-Allora quando ti decidi dimmelo! Che sono stanco di correre dietro i tuoi sbalzi di umore, Erry. -
Bob spalancò gli occhi per un secondo. Bart tenne lo sguardo basso, le sopracciglia aggrottate. Non ci aveva fatto caso, non l’aveva fatto a posta. Se ci pensava meglio non capiva da dove fosse uscito quel nome. Erry non esisteva, non era mai esistito. Bob interruppe i suoi pensieri bruscamente.
-Ora io me ne torno a casa. Faresti bene a scendere.-
Bart alzò un sopracciglio.
-E se non lo facessi?-
-Temo che sarei costretto a portarti dietro e a lasciarti dormire per strada questa notte. Or dunque?-
-Or dunque? Chi usa più la parola “or dunque”?-
In tutta risposta Bob riaccese il motore, che questa volta era pronto a partire, e uscì dal parcheggio semi-deserto con manovre accurate.
Bart notò come fosse precisa la sua guida, teneva gli occhi fissi sulla strada e le mani strette al volante. Suo padre invece era solito avere una mano impegnata a reggere una lattina di birra, e l’altra raramente prendeva il suo posto sul manubrio. Ora che ci pensava non sapeva davvero come facesse a guidare! Anche se la maggior parte delle volte faceva un paio di incidenti prima di arrivare a casa, e sotto le ruote della macchina erano sempre presenti pezzi della staccionata dei vicini.
Comunque era appena iniziato quello che si prospettava un viaggio lungo e noioso. Per di più né Bart né Bob avevano aperto bocca da quando era iniziato e nessuno dei due sembrava intenzionato a prendere la parola. E così stava andando a casa di Bob, uh? Lui l’avrebbe davvero lasciato dormire per strada tutta la notte una volta arrivati?
Il pensiero lo fece rabbrividire. Si voltò a guardare il finestrino, cercando di riconoscere qualche punto di riferimento per capire dove si stessero dirigendo.
Nell’auto regnava un silenzio assoluto, rotto solo dai rumori sommessi che le ruote provocavano correndo per le strade della città. Bart si ricordò che a Springfield la notte succedevano cose strane. Laboratori che saltavano in aria; riunioni segrete di organizzazioni mai sentite nominare; suo padre che correva in giro nudo credendo di essere sonnambulo… Con un tonfo la macchina prese in pieno una delle tante buche che caratterizzavano Main St. e Bart dovette afferrare il bordo del sedile per non sbattere con la testa contro il soffitto dell’auto.
-Allacciati la cintura di sicurezza.- una voce seguì lo sventato urto.
Bob aveva parlato con tono cupo e freddo, ma avrebbe giurato che in quelle parole fosse nascosta una nota di preoccupazione. Ne fu troppo stupito per seguire il suggerimento. All’ennesima buca Bob ringhiò nervosamente prima di sbottare arrabbiato.
-Non fai mai quello che ti dicono?- Bart lo vide chinarsi su di lui e cingergli il petto con quella che scoprì essere la cintura di sicurezza. Durò solo un attimo. Piccolo si, ma bastò a scatenare il caos nella sua mente.
Aveva sentito i loro corpi sfiorarsi, proprio com’era successo quella notte nel parco. Poteva ancora sentire il suo profumo che gli aleggiava intorno, il suo calore lo aveva abbracciato e avvolto delicatamente a mo’ di scudo, facendolo rabbrividire. Si sforzò di convincersi che era stato un brivido di terrore e non di piacere quello che si sentiva ancora partire dalla nuca fino ad arrivare all’altezza suo stomaco, che pulsava a ritmo dei battiti del suo cuore.
Tutto quello era inquietante, e ricordare gli avvenimenti accaduti nel parco gli fece provare un moto di terrore puro. Ma si sentiva confortato dall’impulso di protezione che gli stava dimostrando l’uomo alla guida.
Non era il suo primo viaggio in compagnia di Bob. Ora che ci pensava l’ultima volta che aveva attentato alla sua vita era stato proprio mentre lo portava in macchina a una partita di baseball.
Anche se poi si era ritrovato legato al sedile con del nastro adesivo…
Bart si chiese per un attimo come sarebbe stato andare a vedere una partita insieme a Bob. Tenne gli occhi fissi su di lui. Sotto di essi sfilavano i suoi lineamenti eleganti, illuminati dalle luci che a intervalli si specchiavano sul vetro del parabrezza. Era come se le ombre tutt’intorno danzassero tenendosi a distanza, come se le luci si unissero in un movimento tutto loro marcandone il profilo, mettendo in evidenza la sua figura, proprio come facevano le lingue di fuoco che ballavano sinuosamente bruciando la legna secca.
-Smettila di fissarmi così.- Bart si destò da quell’incantesimo e posò gli occhi sullo specchietto retrovisore, dove notò che quelli di Bob stavano confusamente ricambiando il suo sguardo. Girò la testa di scatto verso il finestrino e finse di provare interesse per un’insegna pubblicitaria al quanto squallida che avevano appena superato.
“Nuova birra Duff! Da oggi 71% sapore di birra!”
Ma che…?!
-Per la cronaca, non… non ti stavo fissando.- disse Bart dopo un po’, notando solo allora quanto secca fosse la sua gola e da quanto tempo non aprisse bocca per parlare.
Non riuscì comunque a nascondere un po’ di tremore nella voce, o lo strano bruciore che gli pizzicava le guance.
Anche un altro cartello fu superato, ma questa volta Bart scattò sull’attenti e lo guardò bene.
“You are leaving Springfield.”
Un attimo… -Dove stiamo andando?- domandò schiacciando il naso sul finestrino per seguire con lo sguardo l’insegna che ormai si erano lasciati alle spalle. Bob sbuffò nervosamente.
-Credevo che fosse chiaro. Io sto tornando alla mia dimora, le nostre strade si divideranno una volta arrivati, non voglio fare da balia per tutta la notte a un miserabile piccolo…-
-Quanta strada dobbiamo ancora fare?-
-Abbastanza.- rispose Bob, irritato dalle continue domande. Guardò con la coda dell’occhio il suo compagno di viaggio e aggrottò la fronte.
-Perché?-
-Le lettere…- rispose Bart quasi mormorando.
-Come scusa?-
-Le lettere.- questa volta tossì prima di rispondere, così che la voce fosse più udibile.
-Le trovavo quasi ogni mattina nella casetta sull’albero. A volte anche il pomeriggio. Ma tu non vivi qui, insomma, facevi tutta questa strada ogni giorno per darmele?-
Bob restò in silenzio. Ingoiò un paio di volte, ma Bart non sembrò accorgersene.
In realtà ogni sera il corpo docenti della scuola in cui lavorava si organizzava per mangiare fuori. A volte era solo un aperitivo al bar per chiacchierare un po’, altre volte erano cene che duravano tutta la serata. A Bob piacevano quelle uscite, i suoi colleghi erano brillanti e si divertiva a ingaggiare conversazione illuminanti con loro o a prendere in giro qualche alunno nullafacente. Ma puntualmente, dopo ogni uscita, Bob allungava il suo tragitto e passava a Springfield ogni volta. Nel silenzio si arrampicava sulla casetta sull’albero e lasciava lì il suo messaggio. Alcune volte se ne andava, altre invece si dilettava a guardare la finestra posizionata di fronte all’albero, dove un ragazzino dormiva tranquillamente muovendosi sotto le lenzuola che lo coprivano scompostamente, le maniche del pigiama verde arrotolate appena sopra il gomito.
Se ne stava lì sopra, a volte per ore, e lo fissava, il mento adagiato sul palmo della mano, un sinistro sorriso a dipingergli le labbra.
Non che fosse uno stalker. Non si rispecchiava in quel genere. Lui era più… come lo aveva definito lo psicologo della prigione? Ah, assassino compulsivo. Suonava bene no?
Bart fece un colpo di tosse e vide Bob trasalire.
-Ehi, guarda che io sono ancora qui!- disse con voce lamentosa.
-Purtroppo hai ragione.- grugnì Bob tra un sospiro e l’altro.
-Allora? Mi devi delle risposte! Perché le lettere? Perché rapirmi per poi lasciarmi andare? Perché mi hai salvato stasera?-
Bart capì che il suo terzo grado stava mettendo a dura prova la pazienza del rosso. Lo vide stringere forte gli occhi, quasi ermeticamente, come a voler essere lasciato fuori da tutto il mondo. Oppure per non permettere che qualcosa entrasse dentro?
Poi, con una brusca manovra, la macchina accostò sul sentiero accanto alla strada. Bart sentì un rumore di freni in sottofondo mentre si aggrappava a qualunque appiglio gli capitasse a tiro per tenersi un po’ più saldo, trascinato a destra e a sinistra dall’oscillazione dell’auto. Quando le ruote si fermarono, sotto di loro si era alzato un gran polverone. La strada di fianco era deserta, neanche una macchina si era vista passare da quando l’avevano imboccata, alcuni minuti prima. Fuori era buio pesto, se non fosse stato per la luce della luna e di alcune stelle che brillavano fiocamente nel cielo, intimidite dai forti bagliori delle città tutt’intorno. Nell’auto il silenzio si era fatto pesante, solo in quel momento Bart si accorse di quanto freddo facesse in realtà, mentre il suo respiro affannato per la paura creava piccole nuvolette di aria fredda che si perdevano nell’immobilità di quella tacita atmosfera.
Avrebbe voluto stringersi un po’ di più nel suo giubbino rosso, o scaldarsi le mani sfregandole tra loro ma realizzò solo allora che le aveva ancora ben salde alla portiera e al sedile, incapace di fare un movimento, paralizzato per lo spavento appena avuto.
Bob, dapprima completamente immobile, dopo pochi attimi riprese a respirare, così che i suoi ansiti si aggiunsero a quelli del biondo che ormai riempivano l’interno della macchina.
Bart tese per un attimo l’orecchio ascoltando il rinnovato canto dei grilli, probabilmente si erano ripresi dallo spavento iniziale che il forte rumore di pneumatici doveva avergli provocato. Quindi fu per lui una sorpresa quando la voce calda e affannata di Telespalla Bob iniziò a parlare, facendolo irrigidire per un attimo sul suo posto.
-Perché… Mi chiedi?-
Non ebbe il coraggio di guardarlo in faccia, ma il suo respiro era aumentato.
-Se vuoi sapere la verità, allora te la racconto.- disse tenendo gli occhi fissi sulla strada buia dinnanzi al parabrezza. –Ho iniziato a mandarti delle lettere per farti abbassare la guardia, per far si che mi rivelassi tutto di te, per prenderti alla sprovvista. Quando ho capito che la cosa stava iniziando a farsi personale da entrambi i lati ho deciso di dover agire. No sapendo però, ahimè, che era troppo tardi. Con un trucco astuto ho convinto Krusty a fare uno spettacolo, sapevo che avresti preso i biglietti, era prevedibile. Così mentre tutta la città era a godersi lo show, io mi sono abilmente introdotto in casa tua. Ma Krusty era solo un diversivo, il mio vero obbiettivo era fare in modo che una volta terminata la serata tutti fossero troppo stanchi per andarsene in giro, affinché nessuno mi notasse mentre ti rapivo e portavo verso il tuo amaro destino. Fin troppo geniale, vero?-
Bart alzò gli occhi al cielo facendo una smorfia. Era insopportabilmente narcisista quest’uomo!
Si beccò un’occhiataccia da parte del rosso, che però continuò la sua storia.
-Ma qui, purtroppo, è dove la mia opera machiavellica si è conclusa assai tristemente. Non sono riuscito a finirti, malgrado non avessi nulla da perdere. Ho semplicemente deciso di lasciarti andare. Per quanto riguarda stasera invece… diciamo che sei stato fortunato a trovarmi nei paraggi. Penso tu sappia benissimo il motivo per cui ne sei uscito illeso. Non avrei mai lasciato ad un mediocre rapinatore qualunque l’onore di uccidere Bart Simpson.-
Qui il monologo finì. Bart si maledisse mentalmente per avergli fatto tutte quelle domande. Quando iniziava a parlare proprio non la smetteva più!
Comunque non poteva fare a meno di notare che il suo corpo adesso si era rilassato completamente nell’udire la voce calma da baritono di Bob. Si sistemò meglio sul sedile a riflettere su quelle parole mentre il motore si mise in moto con un rombo basso.
Con esso si accesero anche i fari, l’unica illuminazione in quella strada deserta. Vide Bob azionare la stufa della macchina prima di fare inversione tornare in senso opposto sulla strada a due corsie che stavano percorrendo poco fa.
E prima che il ragazzino potesse chiedere qualunque cosa il rosso aggiunse:
-Ti riporto a casa. Sei un moccioso insopportabile.-
Bart rispose a quelle parole tirando fuori la lingua in direzione dello specchietto retrovisore, dove gli occhi di Bob si posarono un momento dopo accigliandosi.
Non disse nient’altro poi, troppo occupato a guidare.
Bart si accoccolò nel sedile poggiando la testa sulla morbida imbottitura. Solo ora che l’atmosfera era diventata più tranquilla si accorse di quanto fossero comodi in realtà. Chiuse gli occhi facendosi cullare dall’aria calda che stava inondando lentamente tutta l’auto, riflettendo sulla verità che finalmente adesso conosceva. In realtà gli sembrava molto strano quanto poco questa lo avesse turbato. Forse perché, ora che la sua vita non era più in pericolo, non aveva motivo di ripensare a tutta quella brutta vicenda. O forse perché stava finalmente facendo ritorno a casa e si sentiva troppo sollevato.
Anche se, in fondo in fondo, sapeva che parte del merito era la vicinanza con Telespalla Bob che lo faceva sentire inspiegabilmente tranquillo.
Era molto stupido, doveva ammetterlo, perché mai uno doveva sentirsi tranquillo vicino a un pluricondannato per tentato omicidio? Soprattutto se era stato lui l’obbiettivo del tentato omicidio?
Eppure non riusciva proprio a spiegare la sensazione di sicurezza che gli trasmetteva.
Ma era stato sincero su quello che aveva detto? Aveva rivelato tutta la verità? C’erano alcuni interrogativi che ancora non si spiegava. Non riusciva a togliersi dalla mente le parole di quella notte “Non mi importa come finirà, ma dovrò vendicarmi”.
Non si fidava ancora di Bob. Come poteva? Per il momento sapeva che lo avrebbe lasciato stare, ma sarebbe durata?
Bart si accorse di stare perdendo la lucidità poiché le palpebre erano diventate troppo pesanti per essere aperte.
Sommerso da tutti i quei pensieri, che di lì a poco sarebbero stati destinati a sparire, Morfeo lo richiamava a sé.
Ma non era ancora del tutto addormentato quando sentì una carezza leggera sulla fronte. Bob non poteva sapere che il piccolo non aveva ancora perso tutta la lucidità, mentre con fare affettuoso gli accarezzava timidamente un ciuffo di capelli posato sulla tempia.


Fine settimo capitolo.
 

Angolo dell'autrice:

Ciao a tutti! Sono di nuovo qua :3
Che dirvi? Non aggiorno questa ff da secoli! Anche se so gli avvenimenti come si dovrebbero svolgere e ho in testa tutti i piani più o meno... 
Scusate il ritardo, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate di quest'ultimo capitolo.
Come avrete notato c'è un'aria molto più rilassata ed è sparito il terrore iniziale, ma rimane la rabbia e la diffidenza, soprattutto per Bart.
Ho voluto rendere il linguaggio di Bob più raffinato possibile, dato che lui è un uomo di cultura e spero che l'effetto sia riuscito bene.
Inoltre ci sono vari riferimenti a puntate dei Simpson, come al solito. Non riesco a trattenermi! xD
Che altro? Ah si, l'auto di Bob nel capitolo è questa:
Elegante seppur anonima allo stesso tempo.
Il prossimo capitolo è già anche quasi finito, quindi non ci metterò molto a postarlo.
Ragazzi grazie mille per la pazienza di chi mi segue, mi ha recensito e mi legge. Non potrò mai ringraziarvi abbastanza! Alla prossima!!
XXX


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Capitolo 8
*** Capitolo ottavo: Scacco matto, Bart. ***


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Capitolo ottavo:

Scacco matto, Bart.


Le volanti della polizia occupavano tutto il vialetto dei Simpson. Il segno delle ruote era rimasto stampato sul selciato, rovinando il prato della signora. Ma sembrava essere l’ultimo dei suoi problemi quella sera.
Ned Flanders era uscito per vedere cosa fosse successo, (doveva dare un mano manina manetta!) ma era stato gentilmente congedato dal suo vicino di casa una volta spiegatogli educatamente che non era il momento adatto per curiosare.
-Va a quel paese stupido Flanders!-
-Ahah, con piacere Homer!- aveva risposto mostrando uno dei suoi migliori sorrisi.
Adesso stava fissando la porta di casa Simpson completamente spalancata, impensierito da cosa poteva essere successo.
Le luci erano accese in tutta la costruzione, il che rendeva l’idea di quanto allarmante fosse la situazione.
-Ned, caro, tutto a posto qui?-
Si girò per vedere la sua mogliettina appena dietro di lui, in pantofole e vestaglia. Bè era comprensibile, l’orologio segnalava quasi la mezzanotte!
-Oh Edna, ho paura che sia successo qualcosa al piccolo Bart.-
-Bart? Cos’è successo?-
-Credo sia sparito sparitino.-
-Sparito? E’ per caso Natale?-
Con questa battuta la donna si beccò un’occhiataccia da parte del marito, ma lo prese comunque sotto braccio cercando di tranquillizzarlo. Stava per dirgli di tornare dentro quando l’ennesima auto fece il suo ingresso nel vialetto della casa accanto.
Dalla scura vettura spuntò questa volta una sagoma alta, dai folti capelli, tra le braccia quello che sembrava un  ragazzino profondamente addormentato.
-Visto caro? Che ti dicevo? E’ tutto a posto, ora vieni dentro.-
-Grazie al cielo sembrerebbe di si.-
E la porta di casa Flanders venne chiusa serenamente una volta che i proprietari furono al suo interno.
*** ***
Bob teneva Bart a cavalcioni sul torace, avvertiva il peso della sua testa bionda sulla spalla destra, mentre le braccia erano impegnate ad avvolgere il piccolo in una stretta calda e solida, per evitare di farlo scivolare.
Il ragazzino si mosse leggermente nel sonno, stringendo con modo convulso la stoffa della giacca con una mano. Riaprì gli occhi pochi attimo dopo, ma li richiuse subito non appena realizzò di avere la vista troppo appannata per mettere a fuoco qualsiasi tipo di immagine. Quando furono riaperti per la seconda volta, capì che non era solo colpa dei postumi del sonno, ma che era effettivamente circondato dal buio.
Si mosse a disagio nella posizione in cui si trovava, strizzando gli occhi mano a mano che si avvicinava ad una luce alle sue spalle. Quando finalmente le immagini smisero di tremare tirò un sospiro di sollievo riconoscendo di essere sul vialetto di casa sua. Impiegò un po’ più di tempo per realizzare il fatto che stava percorrendo i pochi metri che lo separavano dalla porta di casa in braccio a Telespalla Bob.
In braccio. Già. Cosa?!
Mormorò parole senza senso con la bocca impastata dal sonno. Non sortendo nessun effetto provò ad agitarsi per liberarsi della stretta che lo sosteneva; finendo così per far sfregare involontariamente la propria guancia contro la spalla dell’ex-carcerato.
Bart lo sentì irrigidirsi a quel contatto, ma l’andatura non accennò a rallentare fino a quando non si trovarono in prossimità dell’ingresso di casa Simpson. Casa sua. Finalmente.
La prima cosa che raggiunse i suoi sensi fu la luce del lampadario acceso, fin troppo vicino al suo volto e ai suoi occhi annichiliti dall’oscurità. Poi ci fu l’odore: Il forte odore di pulito che aleggiava in quasi tutte le stanze (tranne che in camera sua) ogni volta che Marge era a casa almeno. E infine l’udito.
Una voce piuttosto roca e stridula che riconobbe come quella di sua madre proveniva dal soggiorno, insieme a quelle di altre persone che sarebbero dovute suonare rassicuranti, ma che provenienti dai poliziotti più inetti del paese accrescevano soltanto l’angoscia viva e palpabile nell’aria.
Bart non voleva fare capolinea da quella porta. L’attenzione di tutti si sarebbe concentrata su di lui, su di lui che in quel momento era in braccio al suo mortale nemico, e tutti avrebbero smesso di preoccuparsi o di trangugiare birra (nel caso di Homer). Non gli andava di irrompere così, di fermare quel ronzio di voci che ormai gli riempivano le orecchie e facevano di sottofondo a quella marcia cullante.
Si rifugiò nell’incavo del collo di Bob, respirando l’odore di miele che emanavano i suoi morbidi capelli rossi-chissà che shampoo usa?- cercando di bearsi ancora un pochino della sensazione intensa di calore che emanavano i loro corpi e che, di questo ne era sicuro, anche se non era così spiacevole come fingeva che fosse, gli sarebbe sicuramente mancata una volta allontanatosi da lui.
Finalmente l’ultimo passo fu fatto, e quando le voci si fecero troppo vicine da essere ignorate e basta, Bart comprese che lo stato di catalessi in cui si stava rintanando era purtroppo terminato.
Tutti nella stanza si zittirono quando i due fecero il loro ingresso; un “ah!” di sorpresa mista a spavento era probabilmente scappato dalla bocca di sua madre, la quale se la coprì subito con una mano tremante.
Passò qualche secondo di forte tensione in cui tutti fissavano il galeotto dai folti capelli color rubino, come una molla tesa, pronta a scattare ad un qualunque segno di pericolo.
Bart era ancora stretto alle spalle del suo arcinemico, la tempia schiacciata contro la giacca elegante e calda che indossava quella sera, quando avvertì un movimento sotto di lui. Si lasciò sollevare mollemente per poi essere posato a terra, sul pavimento del salotto.
Lì Marge gli venne incontro inginocchiandosi e abbracciandolo forte.
-Oh, il mio ometto tutto speciale! Ma dov’eri finito? Ci hai fatto preoccupare tutti!-
Il ragazzo si dimenò nell'abbraccio opprimente, protestando a mezza voce che stava benissimo e non c'era bisogno di preoccuparsi.
-Mamma, per favore, non davanti ai poliziotti!- disse tentando di opporre tutta la resistenza che le sue forze ancora gli permettevano, sapendo bene che gli sguardi dei presenti erano nuovamente puntati su di lui, compreso il suo.
Quando finalmente gli venne concessa la libertà sembrò che il tempo avesse ripreso a scorrere normalmente, e a turno ogni membro della famiglia ne approfittò per andargli incontro. Il commissario Winchester intanto si era concentrato sul da farsi.
-Bene, e abbiamo scovato il nostro rapitore. Arrestalo Lù!-
-Con piacere commissà.-
-Fermi, un attimo!-
Bart cercò di liberarsi dalla stretta fin troppo pressante dei suoi familiari e si parò dinnanzi a Bob.
-Quest’uomo non ha fatto niente!-
-Certo, a parte rapirti!- fu la risposta pronta dell’ottuso commissario di polizia. -Adesso ci portiamo via questo criminale; avevamo un accordo Bob, e lo hai infranto.- continuò puntando il grasso dito tozzo verso il volto dell’ex-spalla televisiva, la quale alzò il mento con sdegno assicurandosi di mettere una distanza provvidenziale tra il suo fine viso e quelle mani unte di chissà cosa.
L’altro agente, di nome Lù, aveva intanto approfittato del momento per accerchiare Bob e, afferrandogli i polsi, li tenne congiunti saldamente dietro la schiena per mettergli le manette.
-Vi dico che c’è un errore! Non è stato lui a rapirmi!- ovvero, Bart ci pensò su, mi ha davvero rapito.
Mi ha rapito la notte scorsa e mi ha portato nel parco. Mi ha legato e ha cercato di spararmi.
Bart abbassò di colpo lo sguardo. Quali benefici avrebbe ottenuto a scagionare Bob? Dietro le sbarre non avrebbe potuto più nuocergli in alcun modo.
-Leggigli i suoi diritti Lù.-
-Hai il diritto di rimanere in silenzio. Qualunque cosa dirai potr…-
-Ma' fa qualcosa!- urlò senza alcun preavviso lanciando uno sguardo d'urgenza a sua madre.
Marge ci pensò su borbottando tra sé e sé, poi finalmente esclamò:
-Commissario, non voglio sporgere denuncia, lo lasci andare.-
-Mi ha salvato la vita.- continuò ancora il ragazzino biondo.
Per lui era uno sforzo insormontabile difendere uno psicopatico come Telespalla Bob.  Bart non si fidava ancora di lui e, (mettiamo pure le carte in tavola!) non si sarebbe mai fidato di lui.
Ma sta di fatto che gli aveva salvato la vita. Come se fosse solo per quello. Non era solo per quello. Perché si era trovato così bene in sua compagnia, era forse per questo motivo? O c’era ancora di mezzo MrR?
Bart represse dentro di sé tutti questi dubbi. Era in debito con Bob. Una volta saldato, sarebbe dovuto scomparire dalla sua vita. Una volta per tutte.
-Tesoro, perché non spieghi meglio a questi signori la situazione?- la voce di Marge lo richiamò dolcemente.
-Ero uscito dal cinema per fare una passeggiata quando sono stato assalito. Era un ladro e aveva appena rapinato un negozio da quelle parti. Fortunatamente Bob si trovava nelle vicinanze e mi ha…-  aiutato? Protetto? Salvato?  –Se non fosse per lui ora sarei morto.-
Cacchio. Si era appena reso conto di averne combinata una grossa.
Strinse le mani a pugno e si maledisse mentalmente. Stupido, stupido, stupido.
-Lo scugnizzo sta dicendo il vero, Bob?-
Bart guardò l’interrogato. Lo fissava con uno sguardo che non riusciva a decifrare. Era di soddisfazione quasi… di orgoglio. E poi gli rivolse un sorriso. E’ sbagliato dire un sorriso, quello che sembrava più un ghigno. Era un sorrisetto a mezza bocca dall’aria cattiva che teneva in serbo per lui, perché nessuno dei presenti sembrava averlo notato. Adesso che ci pensava, Bob non aveva detto una sola parola da quando erano entrati. Fu in quel momento, più di tutti gli altri, che Bart capì improvvisamente di essere diventato una marionetta nelle sue mani, e di stare giocando alla perfezione al suo gioco.
-Lo posso confermare agente. Il ragazzo aveva appena rapinato il Jet Market, ma sono riuscito a renderlo inoffensivo. Forse se vi affrettate potreste ancora trovarlo privo di sensi nel vicolo dietro al negozio. Ma se così non fosse, sono sicuro che il gentile proprietario del negozio sarebbe felice di farvi un identikit completo.-
-In effetti commissà, abbiamo ricevuto una denuncia da parte di Apu stasera.-
-Cosa?! Perché non me l’avete detto prima??-
-Gliel’abbiamo detto commissà, ma lei continuava a dire che aveva appena mangiato e non voleva ritornare al supermercato.-
-In effetti una ciambella ci starebbe proprio bene adesso. E vabbuon, vuaju! Liberatolo pure.-
Un metallico ciank, ed ecco che Robert fu di nuovo libero. Bart quasi non osava guardarlo negli occhi. La sensazione di aver commesso un grosso errore si impossessò di lui e gli inondò ogni singola cellula del corpo.
-Aspettate, aspettate!- una voce squillante li fece voltare tutti di nuovo verso la più acuta tra i ragazzi Simpson.
-Non ci avete ancora spiegato una cosa.- e quest’ultima frase suonò quasi come una congettura alla Sherlock Holmes. –Perché siete tornati così tardi? Erano circa le nove e mezza quando Bart è uscito dal cinema, e voi siete tornati a mezzanotte! Cosa avete fatto tutto questo tempo? Non ditemi che per spaventare a morte un ladro ci avete messo quasi tre ore!-
Ed ecco che in quel momento nel salotto di casa Simpson, sia Bart che Bob sentirono di odiare la piccola Lisa.
Non avevano detto tutto. Non avevano parlato del “piccolo” viaggio (andata e ritorno) che li aveva visti protagonisti per un bel po’ di tempo.
Bart cominciò a balbettare, preso di sorpresa dalla domanda che non si aspettava decisamente di sentire. Fortunatamente Bob arrivò tempestivo in suo soccorso.
-Ecco vedi, tesoro, dopo che tuo fratello era stato quasi sparato, non riusciva proprio a calmarsi. Ho dovuto portarlo a bere un bicchier d’acqua, e solo una volta accertatomi che il tremore fosse passato e che il suo viso fosse diventato di un colore decente ho deciso di riaccompagnarlo a casa.-
Bob parlò con voce sicura e tranquilla, utilizzando, Bart ne era certo, tutta il suo charme da conquistatore per convincere la ragazzina. Mentre parlava si inginocchiò accanto al biondo, mettendogli con non-chalance una mano sulla spalla e scuotendolo delicatamente. Sentendo quel tocco gentile, Bart non potè fare a meno di congelarsi sul posto e rabbrividire, dimenticando perfino che Bob gli stava facendo fare la figura del rammollito.
A proposito di tremori persistenti!
-D’altra parte…- continuò il pluri-carcerato in risposta allo sguardo vispo e sospettoso che Lisa non demordeva a rivolgergli.  –L’avrei portato subito a casa, ma sospettavo che nessuno di voi si fosse accorto dell’assenza di Bart almeno fino alla fine del film.-
Qui la ragazzina bionda distolse lo sguardo arrossendo. A quanto pare aveva colto nel segno.
Bart notò l’espressione trionfante sul volto di Telespalla Bob mentre si alzava in piedi, le guance tremolanti che si sforzavano di non sorridere.
Tra lui e Lisa c’erano sempre stati alcuni attriti. Sebbene lei fosse solo “sua sorella per la quale non provava alcunché” (e cito...), immaginò che fosse per la grande intelligenza che possedevano entrambi.
Chissà, se non avesse odiato così tanto Bob, forse avrebbe perfino fatto il tifo per lui.
Congedati i poliziotti, in casa rimase solo un estraneo. E si sarebbe appropinquato a togliere il disturbo, se Marge non avesse esclamato cogliendo tutti di sorpresa:
-Bob, perché non dormi qui stanotte?-
-Oh, no. Grazie per l’invito Marjorie, ma domani ho lezione e devo svegliarmi presto. Meglio che parta subito, sai… vivo fuori città.-
-Non sapevo insegnassi! Sono felice per te!-
-Beh, si sa come sono le piccole pesti.- aveva detto accarezzando i capelli ribelli di un Bart sconvolto.
-Bisogna saperli trattare.- Bart aveva trovato in quell’ultima affermazione un messaggio tra le righe un po’ troppo evidente, quindi rabbrividendo era sgattaiolato in camera sua a prepararsi per la notte.
Una volta messo il pigiama, scese con sua sorella a dare la buona notte ma lì trovò una grossa sorpresa ad aspettarlo.
-Mamma, perché lui è ancora qui?-
-Bart, un po’ di rispetto. L’ho invitato a restare per la notte in segno di gratitudine per averti salvato. E alla fine ha accettato.- disse Marge intenta a sistemare il divano su cui Homer stava pigramente oziando con in mano un paio di birre.
-Stai scherzando spero!-
-Signorino!- urlò sua madre cercando di zittirlo. Passò in rassegna la stanza per verificare se il loro ospite  fosse nei paraggi, ma era sparito in direzione della cucina. Sospirò sentendosi tranquillizzata, poi riprese il discorso.
-E’ meglio che ti abitui alla sua presenza. D’ora in poi dovrai passare molto tempo con Bob. Ha acconsentito a farti da tutore.-
-Ha fatto cosa?!-
-Ha acconsentito.-
-No, quello dopo.-
-A farti?-
-La questione del tutore!!- urlò Bart passandosi le mani tra i capelli e scompigliandoseli per il nervosismo.
-Ascolta Bart.- sua madre posò un cuscino sul divano sotto la testa di Homer e prese in braccio una Maggie alquanto irrequieta, che si dimenava nella stretta della donna. –Lo so che questa cosa non ti piace, ma sono preoccupata per te. A scuola ti comporti peggio del solito, e in questi giorni ti sei comportato in modo inquietante. Così ho chiesto a Bob di tenerti d’occhio.-
-E hai chiesto all’uomo che ha cercato di uccidermi non so quante volte di tenermi d’occhio??-
-Stai tranquillo tesoro!- gli disse più rivolto alla sorellina che a lui, mentre cercava di non farla cadere a terra; un ciuffetto di capelli blu che gli svolazzava sulla fronte aggrottata.
-Il più delle volte ci sarò anche io con voi. E comunque sono certa che ti puoi fidare di lui, dopo quello che ha fatto.-
-Non ci si può fidare di lui, mamma! E non ho mai sbagliato in tutto questo tempo!-
Marge non ne sembrò del tutto convinta ma in quel momento era troppo impegnata a cercare di tranquillizzare la neonata che continuava ad agitarsi e lamentarsi.
La conversazione però fu interrotta dall’uomo alto e dai ricci capelli scarlatti che entrò in fretta nella stanza.
Non indossava più il cappotto nero, che probabilmente aveva preso posto sull’attaccapanni all’ingresso, ma ora si mostrava nella camicia rossa che era stata nascosta per tutta la serata sotto la giacca.
Le maniche erano tirate su appena sopra il gomito e tra le mani teneva stretto un biberon il che, pensò Bart, lo faceva sembrare un perfetto uomo di casa. Quasi affascinante.
-Ecco qui, piccola Maggie.- disse avvicinandosi alla bambina.- questo dovrebbe tranquillizzarti.-
Bart ebbe paura per un attimo che volesse fargli del male e qualcosa dentro di lui scattò.
-Cosa ci hai messo razza di criminale! Droga?!-
-Bart!!- strillò sua madre.
-Oh, lasci stare Marge, non importa. E’ solo latte caldo con miele. Questo metteva sempre al tappeto il mio Gino.-
Detto fatto. Come per il sortir di un magico incantesimo, la piccola smise di piangere e guardò con grandi occhi acquosi li volto di Bob.
Da che parte stava anche lei??
-Grazie mille Bob, sei un portento! Vado a metterla a letto finché è così tranquilla. Bart, tu intanto accompagnalo nella camera degli ospiti di sopra.- disse prima di sparire dalla loro vista.
I tonfi di sua madre che saliva i gradini delle scale, e suo padre che aveva preso a russare sul divano furono gli unici rumori che rimasero in quella stanza.
Bart lanciò uno sguardo furente a Bob che se ne stava lì impalato a fissarlo con un aria da “ti-ho-fatto-scacco-matto-mio-caro” e fu così finché non si decise ad accompagnarlo alla sua camera.
Non che ne avesse bisogno. Ma Bob non si sarebbe mosso da lì se Bart non l’avesse accompagnato.
-Andiamo.- borbottò prendendogli la mano e strattonandolo ad intervalli per costringerlo a seguirlo.
Quando furono di sopra, Bart svoltò verso la fine del corridoio. Passò la stanza di Lisa e poi la sua, quindi si diresse verso l’ultima porta. L’aprì ritrovandosi nella loro stanza degli ospiti, pulita e in perfetto ordine.
Bob non se ne meravigliò, non era la prima volta che rimaneva a dormire dai Simpson. L’occasione si era presentata quando, per dare una mano alla polizia, aveva dovuto investigare sull’uomo che cercava di uccidere Homer Simpson. Ovviamente l’aveva trovato, sventando così l’assassinio del padre di Bart. Si era sempre considerato un eccellente investigatore. D’altronde, sapeva come mettersi nei panni di un killer, modestia a parte.    
-Bene...- disse Bart tenendosi il più vicino possibile alla porta. –Se è tutto, direi che posso anche andare.-
Il ragazzo concluse in modo sbrigativo per poi muovere passi frettolosi e tremanti verso l’uscita.
-No, non è tutto.-
La scena fu molto veloce: Bob gli si avvicinò repentinamente e lo prese per un braccio, immobilizzandolo dietro alla schiena. Bart non era molto alto, gli arrivava a stento all’addome, quindi il rosso dovette piegarsi, in modo da raggiungere il suo orecchio con le labbra.
-Sai, per un istante ho temuto che mi avresti lasciato tornare in galera.- gli sussurrò con voce calda.
-Per un istante ci ho sperato anche io.- sputò la sua risposta tra i denti serrati per la rabbia e la paura.
Cercò invano di dimenarsi, sebbene la stretta che lo imprigionava non fosse dolorosa, era sorprendentemente salda, e non gli lasciava altra scelta che gemere quando Bob lo strattonò in modo da far aderire il proprio petto con la sua schiena.
-Ma a quanto pare passeremo molto più tempo insieme, sono bastate quattro chiacchiere e adesso Marge si fida cecamente di me.-
-Non so cosa tu l’abbia detto per convincerla, ma sappi che non me ne starò buono a guardare!-
-E perché dovresti?-
Lo lasciò improvvisamente libero, e avendo perso l’equilibrio, per poco non andò a sbattere contro lo stipite della porta.
-Dopo tutto... fa parte del gioco.-
Bart era ormai sulla soglia della stanza, si girò vedendo Bob che gli sorrideva appoggiato ai cardini di legno.
-Buona notte caro Bart. Sogni d’oro.-
E la porta fu richiusa con un tonfo.
Il ragazzino biondo continuò a camminare vacillando per un paio di metri. Quando fu nelle vicinanze del bagno una voce lo fece letteralmente saltare.
-Babi, sei ancora sveglio?- era sua sorella.
-Grazie al cielo Lisa, mi serve una mano!- quasi la pregò deglutendo a vuoto.
-Cosa c’è? Sicuro di sentirti bene?-
-Non è il momento. Mi serve il tuo aiuto. Devo liberarmi di Telespalla Bob, e subito.-

Fine ottavo capitolo.


Angolo di Rea:
Salve a tutti!! Ecco il nuovo capitolo. Emh... scusate il ritardo *si nasconde per evitare l'ondata di pomodori marci*
Okkey, scusate l'abnorme ritardo!
*coro*: i pomodori non erano per il ritardo!!
Si, lo so... non ci pensate. Spero vi siate divertiti a leggere almeno quanto io a scriverlo xD
Come vedete c'è molta Bort :Q__ per chi come me è innamorato del pairing.
Ringrazio comunque chi legge e tutti quelli che recensiscono. 
Un grazie particolare a Inazumayaoi e Bulmasanzo, che hanno recensito il capitolo precedente. <3
Siete pochetti ma non im perdo d'animo! 
A presto!
XXX
By Rea-chan x3

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Capitolo 9
*** Mangia o vieni mangiato, è questa la regola ***


A V V I SO  I M P O R T A N T E:

Nell’universo dei Simpson senza età, dovendo adattare i personaggi della storia a una realtà più vicina a noi, direi che l’età di Bart oscilla dai 14 ai 16 anni (poiché nel cartone sembra che il tempo non passi mai).
Non ho mai specificato questo dettaglio nella storia, lasciando all’immaginazione. Per quanto riguarda ogni riferimento ai 10 anni di Bart, si tratta di un’età importante di riferimento, cioè quella originaria in cui si svolge l’incontro con Telespalla Bob. Per il resto però, il lettore è libero di decidere quello che più preferisce. 
Mi sembrava importante specificare questo dettaglio, a questo punto della storia. Detto ciò, ecco il nuovo capitolo.





Capitolo nono:  

Mangia o vieni mangiato, è questa la regola


Il rombo scuro e penetrante dei tuoni lo fece svegliare. Aprì gli occhi agitato, facendoli saettare a destra e sinistra per l’improvviso spavento.
Stranamente aveva avuto un sonno tranquillo e privo di sogni, fin troppo riposante. Quasi non sentiva la stanchezza. La sveglia non era ancora suonata, ma mancava poco.
Bart si rilassò sul guanciale del suo cuscino, morbido e accogliente, e si stiracchiò a dovere guardando fuori dalla finestra. Grossi nuvoloni grigio-azzurri ricoprivano il cielo, che quella mattina sembrava più tetro che mai; nell’aria c’era solo la frizzante atmosfera fredda e umida che precede una tempesta, ma nemmeno una goccia si azzardava a scivolare dalle nuvole, soltanto lampi e tuoni che di tanto in tanto provocavano flash nell’aria, lamentandosi tetramente nei loro rombi gutturali e rochi.
Rimase beato tra il caldo tepore delle lenzuola, approfittandone per stiracchiarsi un po’ e rimanere a godersi il tempestoso morale di quella giornata, senza interferirne.
Non potendolo fermare, il suo pensiero scivolò rapido a ieri sera. All’inizio non ricordava niente, poi le immagini si proiettarono magicamente sotto i suoi occhi, e allora si diede mentalmente dello stupido.
Non poteva abbassare la guardia proprio ora. Bob era lì accanto che dormiva, ma una parete a separarli non era abbastanza, rappresentava ancora un pericolo troppo persistente da poter essere ignorato.
Anche se…
“A quanto pare passeremo molto più tempo insieme”
Rabbrividì alla sensazione troppo viva di quelle labbra vicino al suo orecchio, dei loro corpi che combaciavano e dei loro respiri affannati che…
“No. No, no, no! Non è il momento per allearsi con il nemico! “ pensò quasi istericamente.
Scese veloce dal letto,  attraversando di corsa il corridoio fino al bagno.
Si sentì il rumore dello scarico e poi la porta aprirsi, ed ecco che il ragazzino uscì dalla stanza tutto trionfante. Aveva la faccia pulita, lo aspettava una colazione da re e quel tempo minaccioso e cupo non lo spaventava per niente. Un unico pensiero gli occupava ormai la testa, solo e indisturbato a regnare sotto quella massa morbida e folta di ciocche color del miele.
Si fermò esitante davanti ad una porta. Tentennante, la guardò per interi minuti, cercando di non badare al suo cuore palpitante che gli tamburellava furiosamente nel petto, facendogli sentire uno strano formicolio alle giunzioni delle gambe, come se avesse voluto muoverle ma nello stesso tempo ne fosse impossibilitato.
Per un attimo pensò alla favola di Barbablù, dove quella donna continuava a fissare la stanza in cui il marito le negava l’entrata, e il suo desiderio cresceva sempre di più. Senza sapere che dentro…
No.  No, per niente. Lì dentro Telespalla Bob stava solo dormendo. Era impossibile che stesse esercitando chissà quale piano perverso e crudele per farlo secco. In questo momento era probabilmente addormentato, rannicchiato sul letto, sotto le coperte. Le coperte arancioni, candide, simili a quelle del suo letto ora lo stavano avvolgendo interamente, beandosi del calore del suo corpo snello e forte, proprio come aveva fatto lui solo poche ore fa. Se si fosse avvicinato un po’ di più, sarebbe anche riuscito a sentire il suono del suo respiro…
Bart si allungò sulle punte tenendo gli occhi chiusi, trasportato da quell’immagine surreale. La sua mente era entrata lì nella camera, sotto le coperte, rannicchiato contro il petto dell’uomo che odiava con tutto sé stesso agognando per poter di nuovo avvertire sul suo corpo quel tepore…
Ma no.  Si disse perdendo l’equilibrio e arretrando di appena qualche passo. Lui non sarebbe entrato. Non avrebbe nemmeno sbirciato dalla serratura o si sarebbe arrischiato ad aprire uno spiraglio…
*** *** ***
-Mamma!-
-Si tesoro?-
-E lui dov’è?-
-Lui chi?-
-Lo sai.-
Bart si sedette al suo posto, tagliuzzando con decisione le frittelle che Marge gli metteva davanti, come di consueto, tutte le mattine.
-Ah, quindi hai notato la sua assenza.- disse con un sorrisetto -Non lo vuoi come tutore ma noti subito la sua assenza…-
Bart infilò con decisione una forchettata di impasto in bocca, facendo finta di non aver sentito l’ultima frase.
-Comunque sia è tornato a casa stamattina presto per fare lezione alla sua scuola, ma non preoccuparti, ha promesso di venirti a prendere a scuola. Sei contento? Oh, tesoro attento!-
Bart iniziò a tossire in modo brutto, la colazione aveva praticamente deciso di fermarsi in gola, infischiandosene di scendere. “Non prendere esempio da tuo padre e mangia piano” fu l’ammonimento di sua madre, ignorando completamente che a impedire ogni tentativo di finire il boccone senza ricacciarlo fuori fosse stata la notizia che Bob lo avrebbe aspettato all’uscita da scuola, di lì a poche ore.
-Ma come ti è venuto in mente di accettare una cosa del genere?- chiese quasi urlando il biondo, ormai sull’orlo dell’esasperazione alla donna dai lunghi capelli blu.
Quest’ultima si sentì presa alla sprovvista dal rimproverò e balbettò flebili parole di motivazione e insieme di incoraggiamento. Non riuscendo nella sua impresa in fine fece saettare lo sguardo da un punto all’altro del pavimento, il che servì solo a far intenerire il figlio.
-Tranquilla mamma, non fa niente.- le sorrise rassegnato, e si avviò lentamente al pullmino fermo davanti casa che Otto aveva già iniziato a far suonare rumorosamente.


*** *** ***
Bob era abbordo della sua vettura smaltata di nero, le mani e gli occhi fissi sul volante ma la mente evidentemente altrove. I suoi pensieri erano impegnati a ripercorrere la conversazione con la Signora Simpson, la notte precedente.
La rivedeva chiara dinnanzi ai suoi occhi, la donna dall’aspetto un po’ trasandato, bella come un fiore che curi poco ma sai che sarà sempre lì ad addolcirti la vista ogni mattina. Questa bellezza, sebbene affaticata dagli impegni di una madre che si potrebbe reputare quasi single e con tre figli, serviva comunque a nascondere la sua vera età a chiunque cercasse di indovinarla.
-Insisto, Bob.-
Aveva detto risoluta, entrando in cucina.
-Mettersi alla guida a quest’ora può essere pericoloso. Perché non resti a dormire per stanotte? Dopo tutto sei di casa qui…-
Strana frase da dire Marge, per uno che ha tentato di ammazzare tuo figlio almeno una dozzina di volte. Ah, non dimentichiamoci di tua sorella Selma.
Bob era trasalito a quell’ultimo, orribile ricordo.
Si era appoggiato col bacino al tavolo della cucina, mascherando quei pensieri con un sorriso tanto apprensivo e docile, quanto tossico.
-Non vorrei arrecarle altro disturbo, davvero…-
-Ma quale disturbo. Hai appena salvato Bart o sbaglio? Ah e comunque dammi del tu.-
-No, non credo potrei mai, Marjorie- aveva risposto prontamente, il che aveva fatto scappare una risatina di gusto alla donna di fronte a lui.
Vennero interrotti dal pianto improvviso di una bambina, che sembrò allarmare molto Marge.
-Ma che cos’ha quella piccola stasera? E’ talmente agitata.-
-Posso aiutarla, Marge? Dove tiene il biberon?-
-Nella credenza sul lavello…- aveva risposto distrattamente la donna mentre andava a controllare che fosse tutto apposto nell’altra stanza.
Bob ne aveva approfittato per arrotolarsi elegantemente le maniche della camicia appena al di sopra del gomito, e aveva iniziato a controllare la cucina in cerca di quelli che chiamava “i suoi ingredienti magici”, o almeno, così li chiamava la sua ex-moglie.
-Posso chiederle di utilizzare i fornelli?-
-Non devi mica chiedermi il permesso!- la voce arrivava dalla porta aperta che conduceva dritta al salone.
-Non posso utilizzare la cucina della padrona di casa senza chiederle prima il consenso.- aveva alzato un po’ la voce, quel tanto che bastava perché la raggiungesse.
Marge era arrivata poco dopo tutta trafelata.
-Padrona di casa!- aveva esclamato, deliziata –Francesca è davvero una donna fortunata.-
Sul viso di Bob, di spalle, quella frase aveva fatto scomparire ogni traccia di un sorriso.
-Ah si, beh… lei non ne sarebbe tanto d’accordo.- aveva confessato a voce bassa e imbarazzata. –Abbiamo divorziato, circa due mesi or sono.-
Messo il latte a bollire, si era girato fingendo di sorridere, pacifico.
Non era stato pronto alla reazione della Signora Simpson. Teneva lo sguardo basso, le mani che si contorcevano fra di loro come a voler lavare via qualcosa, sul volto un leggibile senso di colpa.
-Bob, mi dispiace tantissimo. N…non intendevo…-
-Ma Marge cara, Marge cara! E’ tutto apposto. Davvero.- aveva cercato di riparare a quella confidenza detta in un momento di debolezza.
Ma in quel preciso istante, una saetta gli era corsa nella mente, lasciando la scia luminosa di un’idea a dir poco geniale.
-Per noi, è stato meglio così. Ma per Gino invece… ho perso la custodia.-
-Cosa?-
-Tecnicamente non ho potuto nemmeno combattere per averla. Quale giudice lascerebbe un bambino al padre pluricondannato?-
Non era stato neppure necessario fingere una scenata. Le parole che aveva detto le pensava davvero.
In più sapeva di stare facendo leva sulla parte più vulnerabile di una madre: la sofferenza per un figlio perduto.
-Quando mi hanno tolto Gino, mi hanno tolto una parte di me. La parte che era riuscita a risalire a galla.
Ho ottenuto una cattedra come insegnante, ma cosa ho perso? Tutta la mia famiglia.-
Poi si era fermato, girandosi a guardarla negli occhi.
-Tu sei fortunata, Marge. Hai tre bellissimi figli. Uno di loro, in piena crisi adolescenziale. Io pagherei per stare accanto al mio Gino in quel periodo della sua vita. Invece, ora potrò incontrarlo solo poche volte l’anno.-
Detto questo, si era voltato platealmente di spalle, afferrando il sedile di una sedia, così da non mostrare l’espressione sul suo volto. Da una madre attrice shakespeariana, non aveva che imparato il migliore dei teatri.
-Per…- Marge si era azzardata a rompere quel silenzio –Perché non vieni a trovare Bart qualche volta? In effetti stavo proprio pensando ad assumere un insegnante privato per lui. Saresti interessato a fargli da tutore?-
Gli angoli della bocca di Bob, a quelle parole, si erano arricciati, malefici.
-Io non so che dire. Bart è un ragazzo davvero speciale, ma sarebbe d’accordo?-
-All’inizio no, ma credo che gli serva un modello maschile più…- lo sguardo di entrambi era volato sul divano in salone, dove Homer, con una lattina di birra in mano, stava urlando qualcosa di indecifrabile alla televisione spenta.
-Più responsabile, ecco.- aveva poi finito Marge, con un sospiro.
-Credi che la vicinanza con Bart potrebbe curare il mio spirito dalla mancanza che sento per mio figlio?-
-Credo solo che- la donna sembrava soppesare ogni parola- dimostrare che sei un uomo del tutto cambiato possa essere il primo passo nella lotta per riavere il tuo Gino.-
Bob aveva sorriso.
-Credo che accetterò quell’invito per la notte.-
 
*** *** ***
La campanella era appena suonata e, come ogni giorno, i ragazzi si spinsero fuori dalle classi a ondate disordinate e confuse, travolgendo qualsiasi cosa/persona trovassero a parargli la strada verso l’uscita.
Bart sentì distrattamente la sua maestra urlare:
-E non dimenticatevi dei compiti a casa… ah.-
Ma era impossibile ormai catturare l’attenzione dei ragazzi, attenzione che già difficilmente riusciva ad ottenere in classe.
La donna di mezz’età sbuffò, accendendosi una sigaretta.
-Che ci fai ancora qui, Bart?-
 In tutta risposta il ragazzo scese dalla sua sedia e raccolse le sue cose. La borsa pesante gli tirava la felpa arancione tutta da un lato, che cercò di sistemarsi prima che l’altra spalla rimanesse del tutto scoperta.
La verità era che lì fuori ad aspettarlo c’era una persona che non aveva proprio voglia di affrontare. Aveva cercato di rimandare quel momento il più possibile (aveva perfino pensato di rimanere a scuola tutto il giorno a scontare qualche punizione) ma alla fine, un mal di testa persistente e i crampi imperterriti che affliggevano lo stomaco lo fecero desistere.
Imboccò comunque l’uscita di emergenza, pensando di fare la strada più lunga girando intorno all’edificio. Lungo il cammino la struttura gialla, un po’ decadente, servì solo a peggiorare il suo umore già pessimo.
Perché stava scappando da lui? Non era più un bambino, non aveva più paura. Oppure si?
E’ comunque difficile dimenticarsi di un incubo- rifletté tra sé e sé- soprattutto se a lungo andare, finisce per essere la tua ossessione.
-Dacci i soldi del pranzo, sfigato.-
-Ma li ho già spesi!-
-Mmh… Allora dacci il tuo pranzo, sfigato.-
-Ehi Simpson!-
Bart si riscosse e si girò in fretta verso quel fastidioso vociare. Ci mancavano solo i bulli.
-Vieni a darci una mano. Questo nerd non vuole collaborare.-
Perché dopo anni continuavano a crederlo uno di loro?
Bart guardò un gruppo di ragazzi ben noti intenti a spintonare avanti e indietro un ragazzino che, a giudicare dall’aspetto, doveva essere di prima.
-Ragazzi dai, lasciatelo in pace. Non vedete che non ha niente?-
-Ah… si ma ti sfugge il punto, Simpson.- il più basso del gruppo si avvicinò gonfiando il petto con aria minacciosa. Nelson era più basso di Bart, ma di corporatura era molto più massiccio. E di certo sapeva fare a botte. E Bart non avrebbe avuto scampo contro quattro di loro.
-Il punto è il gusto di farlo.- continuò.
-Non ti capisco, Simpson! Prima sembri un tipo tosto con tutti i casini che combini, e subito dopo ti comporti come un perdente!- sputò fuori il più alto di bulli, soprannominato Secco, che indossava sempre un cappello di lana viola (davvero fuori stagione comunque).
Bart deglutì. Non voleva far del male a nessuno, voleva solo andarsene a casa, possibilmente con le sue gambe. Tra i bulli e Telespalla Bob, non sapeva davvero chi preferire.
-Ascoltate ragazzi, vorrei tanto, davvero. Ma non ho proprio tempo.- cercò di scagionarsi Bart, allontanandosi cautamente a mo’ di scusa.
-Wowowowo, dove credi andare?- venne strattonato nuovamente davanti al ragazzino, che ora tremava letteralmente dalla paura: Bart era evidentemente più grande di lui.
-Ecco il patto, o lo pesti, o noi pestiamo te. Cosa preferisci Simpson? A te la scelta.-
-E sappi che stavolta non ci andremo piano.-
E così dicendo si misero a spingerlo sempre più al centro del loro “gruppetto”.
Si ritrovò davanti al ragazzino. Aveva i capelli nocciola, gli occhi, grandi, erano cerchiati da occhiaie grigiastre. Chissà perché non dorme- pensò Bart.
-Mangia o vieni mangiato, è questa la regola!-
-Avanti, che aspetti!-
Altri spintoni, stavolta seguiti da pugni abbastanza forti sulle spalle.
Bart si sentiva terrorizzato, non tanto per paura di essere picchiato, ma per la pressione e l’ansia a cui lo stavano sottoponendo. Non era un ragazzo cattivo, ma sotto pressione, non reagiva bene.
Sentì la testa andare in folle, il battito cardiaco ormai così forte da otturargli le orecchie, non riusciva che a sentire il suo cuore rimbalzargli su e giù come un pallone da basket.
Strinse le mani a pugno.
-Dritto in faccia, che aspetti!-
Un braccio pronto a sollevarsi, in direzione della bocca del ragazzo.
Bart stava assistendo alla scena come se non ne facesse parte, come se fosse uno spettatore estraneo seduto a guardare da un vetro.
Sollevò il pugno, ormai dolorante per la morsa stretta in cui lo aveva serrato.
A questo punto era pronto a colpire la sagoma appallottolata dinnanzi a lui per il terrore.
Ah, ecco perché- pensò. Non dorme perché ha paura. Paura di persone come te e di quello che potrebbero fargli.
-Ah, levati di mezzo, imbranato!-
Il pugno scese, veloce, impassibile, crudele. Ebbe appena il tempo di sentire una voce familiare e dal timbro scuro che urlava il suo nome, preoccupata. Prima che il rumore di un colpo che si abbatte duramente sulla carne, si levasse nell’aria tutto intorno. 

 
Fine nono capitolo.



ANGOLO DELL'AUTRICE 
Salve a tutti! Come va? ^^
Okkey, penso sia inutile chiedere scusa per il ritardo *dopo circa due anni, non credo si chiami neanche più ritardo!* Emh... ma ve lo chiederò lo stesso :D 
SCUSATE!!
Mi dovete scusare perchè ho trascurato la storia, ma non solo, ho trascurato la scrittura e voi. Non so dirvi quanto sia stata felice di ricevere le vostre recensioni, sempre fantastiche, che mi hanno motivato a riprendere in mano la storia e a continuarla. Beh, che dire... capisco se a questo punto non la seguirà più nessuno, ma ho voluto provarci lo stesso xD
Un G R A Z I E enorme a coloro che hanno recensito lo scorso capitolo, mi hanno riempito di complimenti immeritati, e hanno riposto tante speranze in me.
Grazie anche a chi mi legge e ha messo la storia nelle preferite/seguite.
Sono davvero orgogliosa,  siete voi lettori a fare parte della magia di una storia poichè credendoci, la rendete vera.
Adesso chiudo i ringraziamenti e le dediche melense xD Ma voglio sapere tutti i vostri pareri sul nuovo capitolo!
Dubbi? Critiche? Minacce di morte? (oddio le ultime proprio no o.o)
Alla prossima! (che speriamo non sia tra altri due anni ahah ^^")
Bacioni!!!
Rea-chan x3

 

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