Like A Sin.

di MissNothing
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. my darling, who knew? ***
Capitolo 2: *** 2. you know what they do to the fags like us in prison. ***
Capitolo 3: *** 3. never trust a pretty girl with an ugly secret ***
Capitolo 4: *** 4. sugar, we're going down! ***
Capitolo 5: *** 5. what a shame that your girlfriend is such a whore ***
Capitolo 6: *** 6. every second i'm without you, i'm a mess ***
Capitolo 7: *** 7. love is a losing game ***
Capitolo 8: *** 8. something in the way ***
Capitolo 9: *** 9. be my companion ***



Capitolo 1
*** 1. my darling, who knew? ***


ikj 1. my darling, who knew?





Aspettavo, aspettavo, aspettavo.. ma sinceramente non sapevo cosa aspettarmi. Il rumore della chiamata in attesa di risposta riempiva la stanza, così forte che ero tentato di prendere quel maledetto computer e buttarlo giù dal balcone; perché cavolo, come se non fossi già abbastanza stanco, dovevo subirmi quel rumoraccio che trillava in testa. Adoravo il fatto che ci potessimo sentire tramite quel mezzo, ma forse in un certo senso ci stava allontanando più di quanto ci stesse effettivamente avvicinando.  Avevo paura che avrebbe reso tutto un po' più.. sterile, una volta visti. Freddo. E Gerard, cazzo. Gerard non rispondeva. Erano cinque minuti buoni che aspettavo, tentato dalla possibilità di tornare a letto e piagniucolare per il resto dell'intera nottata per poi poter fare l'offeso domani e beccarmi anche il doppio delle attenzioni. Nonostante quell'opzione fosse, in un certo senso, da non demigrare, non riuscii a trattenere un sorriso anche un po' imbarazzante quando lo squillare cessò e un certo trentaquattrenne dal colore di capelli adatto più ad un(a) sedicenne si impose al mio sguardo. Era così affannato che sembrava avesse corso la maratona, mentre tentava ancora di sedersi in modo dignitoso sulla sedia girevole. Volevo tanto abbracciarlo.
-Cambiavo il pannolino a Bandit. E se pensi di esserti annoiato ad aspettarmi, ti sei divertito più di me.- Cercò di abbozzare un sorriso mentre ancora prendeva resipro. Affrettò così tanto nel parlare che forse era perché non aveva effettivamente fiato per farlo. Sembrava quasi che in quella frase la punteggiatura fosse più che inesistente, dal modo in cui l'aveva pronunciata. Accavallò le gambe e, appoggiando le mani alla scrivania, ci si avvicinò insieme alla sedia.
-La vita è dura quando Lindsey non c'è?- Ridacchiai, guardandolo dappertutto senza riuscire a concentrarmi su un solo punto. Notai solo in quel momento il contrasto fra i due ambienti; lui, nel luminoso e caldo salotto di casa sua e di Lynz.. io, nella stanza insonorizzata che usavo solo per registrare a casa mia e di.. di Emily. Al buio, illuminato appena appena dalla luce dello schermo. Che infinita tristezza.
-Nah, a dire il vero è una pacchia.- Prese un respiro profondo e chiuse gli occhi, lasciandosi cadere contro lo schienale e "rilassandosi". -Pisciare con la porta aperta, dormire quanto voglio, chiamarti nel pieno della notte e decidere comodamente se dirti porcate, cose dolci o, se meglio mi gira, raccontarti di quello che ho fatto quel giorno.- Sbadigliò, visibilmente stanco. Certo, non potevo fargliene una colpa, siccome era comunque lì.. e non dava nemmeno segno di volersene andare. Rimasi a fissarlo con uno sguardo anche un po' troppo preso, e quando aprì gli occhi, cercai di distoglierlo il più in fretta possibile le farfalle che ormai avevano perennemente accasato nel mio stomaco, pensavano bene di organizzare una gara di salto dell'asta. Fece un sorrisetto divertito, come se ancora non sapesse che non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso.
-Io mi sento così solo.- Non che me l'avesse chiesto, ma pensavo che un minimo gli importasse. Lanciai uno sguardo malinconico al divanetto di pelle dove erano due sere che dormivo. Cavolo, non che il letto matrimoniale nell'altra stanza non mi tentasse, ma quei letti enormi e vuoti.. bhè, ecco, tre sere prima avevo provato a dormirci e avevo finito per piangere. Tutta la maledetta notte. Anche se ormai piangevo per tutto. Ero diventato una sorte di ipersensibile, ma ora stavo provando a migliorare. Dopo essermi ritrovato a finire un pacchetto di tovagliolini per il Moulin Rouge, mi ero reso conto conto che dovevo prendere seri provvedimenti.
-Mi manchi.- Sussurrò appena, e quello era definitivamente il momento melenso della chiamata. Giocherellò nervosamente con le sue stesse mani, quasi come se in quel momento cercassero qualcosa di impossibile da stringere. Qualcosa di troppo lontano. Calò un silenzio imbarazzante e anche un po' troppo pesante da gestire: se a volte a telefono era perdonabile, in videochiamata era troppo imbarazzante. Perché entrambi ci guardavamo -e sapevamo che ci stavamo guardando- eppure nessuno dei due diceva niente. Guardai un po' alle sue spalle in cerca di qualcosa da commentare, uno spunto per parlare. E bingo.
-E' una tinta, quella?- Scossi il capo, ridacchiando mentre indicavo inutilmente quella scatoletta rettangolare. E si era davvero salvato in corner perché era girata, altrimenti avrei visto anche il colore. Gerard si voltò frettolosamente e la prese dal lungo bancone della cucina a vista (che incredibilmente arrivava fino alla scrivania lì nell'angolo) e la poggiò a terra. Qualcosa da nascondere ce l'aveva. E provabilmente, mi sarei potuto aspettare di trovarlo anche coi capelli verdi e zebrati, il giorno dopo.
-E' il solito rosso.- Si strinse nelle spalle, quasi come se cambiare colore sarebbe stata una colpa. "Solito", poi. Come se fosse normale vedere un trentaquattrenne (per lo più padre) con i capelli rosso fuoco sparato. Come se fosse qualcosa alla quale dopo un po' di abitui. -Di qualche tono più chiaro.- Aggiunse, ma non sapevo fino a che punto fidarmi. Gerard era bravo a mentire, ma solo se si trattava di cose importanti. E nonostante ci fosse qualcosa di più dietro il suo tingersi continuamente i capelli, non sapevo fino a che punto pensava che quella fosse una questione degna delle sue bugie.
-Non è questo..- Mi morsi il labbro inferiore, osservandogli i capelli che ormai avevano una consistenza simile a quella della steppa. -E' che ti tingi con la stessa frequenza con cui Rihanna si cambia d'abito nel video di S.O.S.- Aggrottai le sopracciglia, rendendomi conto che forse non l'avrei mai più visto con il suo colore di capelli naturale. Ma se continuava con quella frequenza, non l'avrei mai più visto con dei capelli in testa e stop. Rimasi in silenzio, rievocando il paragone fatto poco prima. E poi mi lamentavo quando mi chiamava "checca". Fortunatamente, dopo un primo momento di risate trattenute, sorvolò sulla mia uscita così poco eterosessuale e saltò subito al punto.
-Sì, ma che potrei farci?- Sbuffò, avvicinandosi vertiginosamente alla web-cam e scombinandosi leggermente i capelli al centro. -Guarda qui che ricrescita orrenda.- Sospirò, e mi mostrò tutti quei ciuffetti neri/marroncini nei quali, sincermente, non trovai proprio niente di male. Ma Gerard era il solito puntiglioso, e per quanto sembrasse sicuro di sé, l'aspetto era ancora uno dei suoi punti deboli. E chi ero io per impedirgli di fare quello che voleva con i suoi capelli? Quello pelato a quarant'anni sarebbe stato lui, e nonostante anche solo l'ide mi faceva rabbrividire, non potevo impedire né ai negozianti di vendergli qualsiasi tipo di tinta, né a lui di fare come meglio credeva.
-Falli neri.- Lo guardai, interrompendo il suo piccolo dramma da ricrescita con una stupida richiesta che ero consapevole che non avrebbe mai assecondato. Abbassò il capo, come se avessi appena detto la cosa più sbagliata possibile. Eppure non ci trovavo nulla di male, in quelo colore. Anzi, lo adoravo. Gli incorniciava benissimo il volto e adoravo come contrastava con la sua pelle diafana.
-Non mi piacciono neri.- Mormorò, impastando un po' le parole a tal punto che non ero nemmeno sicuro di aver capito bene cosa stesse dicendo.
-Ma sono i tuoi.- Obbiettai un po', cercando di fargli disperatamente capire che per me era bellissimo con ogni colore. Non era per il colore in sé stesso, era per lui. Non c'era bisogno di strafare con le più assurde tonalità di rosso. Era Gerard, non Party Poison. E sapevo benissimo che era una cosa che tutt'oggi non gli faceva piacere. Perché travestirsi in quel modo, altrimenti? prima col trucco, adesso con tinte e vestiti assurdi.
-E' per questo che non mi piacciono.- Sbuffò, confermando la mia teoria e trovandosi interrotto a metà frase dal pianto di Bandit, così forte da essere sentito nonostante stesse "dormendo" al piano di sopra. Gerard chiuse gli occhi, fece un respiro profondo, e veramene non riuscivo a capire come facesse a passare le intere nottate così. Forse perché non sono mai stato padre, ma  non so come ci si sente. Gerard mi disse più o meno che, non appena l'ha vista, le ha subito voluto bene. Che è una cosa incondizionata. Che non la capisci finché non la provi. Si alzò, piano, visibilmente senza forze. -Ci metto due minuti.- Annuì, cercando di convincere più sé stesso che me. Giurerei che si fosse anche stropicciato gli occhi. Annuì semplicemente, nonostante si fosse già girato.
In pochi minuti ritornò. Certo, un po' di più di due, ma tanto di cappello, perché la bambina aveva smesso di piangere e sembrava anche più tranquilla di prima. Gerard la teneva stretta al petto, con una presa salda ma delicata. Se c'era una cosa che in tutta la mia vita non mi sarei mai aspettato di vedere, era proprio.. quello. Non stava dormendo, di questo me ne rendevo conto perché riuscivo a sentire un ghigno piuttosto infantile che speravo davvero non appartenesse a Gerard. Se ne stava soltanto pigramente appoggiata al petto del papà, raggiante. E per qualche strano motivo, non riuscivo a smettere di sorridere. Scese le scale e si precipitò di nuovo alla scrivania.
-Ehi.- Sussurrai appena, consapevole che da quel momento in poi non sarei più stato il protagonista vero e proprio della serata. E non sarebbe stato un po'.. arrogante, pretenderlo? pretendere un posto nella sua vita che ormai non c'era? Mi accontentavo abbondantemente anche di quello, ormai. Aspettare continuamente il momento della giornata in cui possiamo parlare a telefono, chiusi in un bagno quando ci sono le ragazze, oppure videochiamarci se non sono in casa. Andare a letto e stamaprsi un sorriso forzato in faccia. Vivere aspettando l'inizio del tour o delle registrazioni. Merda, era così triste da ammettere.
-Guarda chi c'è, Bandit!- Gerard si sedette cautamente, facendo sedere a sua volta la bambina sulle sue gambe e parlando con una voce piuttosto idiota. La più piccola mi guardò, ridacchiando scioccamente e provando ad indicarmi con quelle minuscole dita, trascinando con sé la risata del padre. Oh - mio - Dio. Era così felice che mi sentivo una persona orrenda a desiderare che non fosse mai nata. E detto così suona cattivissimo, sì, ma non era la bambina in sé stessa o il fatto che fosse padre.. insomma, non potevo essere geloso di una bambina. Ma nonostante non fosse così felice da mesi, non riuscivo a non pensare a cosa sarebbe potuto accadere se non fosse mai andato a quella festa. O se ci fossi andato anche io. Roba di un secondo. Prendere una decisione all'ultimo minuto, un'infuluenza lampo, un po' di traffico. Due secondi e sarebbe cambiato.. tutto.
-Sono stanco.- Sbadigliai, stropicciandomi gli occhi e sentendomi un po' scorretto ad appenderlo lì, su due piedi. Anche se non era del tutto una bugia, in effetti: l'idea di dovermi svegliare alle tre e mezza del mattino per prendere l'aereo da Seattle fino a Los Angeles, poi, di nuovo, prendere un secondo fottuto aereo dritto fino in Australia e senza scali non era proprio il massimo. Specialmente considerando che avevo due ore di sonno.
-No.- Si lamentò, facendo la solita faccia da cucciolo bastonato alla quale, il 99% delle volte, proprio non potevo resistere. Ed er proprio un colpo basso, da parte sua, perché cazzo, lo sapeva bene. -Per una volta che Lindsey è dai suoi ed Emily è dove cazzo è.- Mise il broncio, stringendo Bandit più forte al petto siccome sembrava stesse sviluppando improvvisamente un certo interesse per il Bungee Jumping. Come se si fosse dimenticato che il giorno dopo ci saremmo visti, poi. Presi un respiro profondo, considerando: tormentarmi con l'immagine di Gerard col broncio, o passare la nottata sveglio?
-E' a New York a sistemare le ultime cose con il trasferimento dello studio, comunque.- Mi stiracchiai, contorcendomi sulla sedia fino ad alzare le gambe e stringerle al petto. -Ed io devo svegliarmi più o meno 4 ore prima di te.. ciò vuol dire che tra due ore devo essere fuori casa.- Arricciai le labbra: al solo pensiero di trovarmi per strada a quell'ora rabbrividii. Dio, mi sarei potuto addormentare camminando. Abbassò il capo, capendo solo in quel momento che nottatina "leggera" mi aspettava. Si passò distrattamente una mano fra i capelli, che ormai era uno dei suoi tic, e sembrò cedere. Quanto era carino, quando, una volta tanto, metteva da parte il suo lampante egoismo e pensava anche un po' a me.
-Buonanotte.- Mi sorrise. Non un sorriso assurdo. Non di quelli luminosi, a trentadue denti, ma nemmeno malinconico, a dire il vero. Mi fece ricordare perché per tre mesi ero andato avanti così, soffocando quelle vocine che mi dicevano che forse era meglio smetterla lì e tirando avanti, a denti stretti. E' assurdo quando sei così felice anche solo di vedere qualcuno; perché prima, pur vivendo in città diverse, non c'era assolutamente niente che ci vietasse di prendere il primo treno o aereo e vederci, anche solo per lo sfizio di dieci minuti.  E ora.. ora anche solo il pensiero di stringerlo di nuovo mi faceva letteralmente ribaltare lo stomaco. Ogni santissima notte. Ogni volta che ci pensavo. Ed è anche ridicolo quando ti trovi a passare quei momenti poco prima di addormentarti a una sola ed unica cosa. Quando non c'era Emily, poi, sembrava che avessero messo insieme dieci anni di riprese del muro del pianto. Raggomitolato fra le coperte, iPod perennamente acceso con l'unico scopo di coprire quei rumori così poco mascolini che facevo quando singhiozzavo (non che ci fosse rimasto qualcosa di così mascolino, in me) e un numero fisso in testa. Solo un numero, che ogni giorno scendeva sempre più. Merda, merda, merda. Per non parlare dell'ansia dei giorni prima. Perché quando abbatti la barriera dei dieci è assurdo, davvero! realizzare che erano passati tre mesi per me fu pazzesco, in quel momento. Riuscivo solo a pensare al fatto che una sola cifra mi seprava da Gerard. E in momenti come quelli, nonostante tutto quello che mi aveva fatto, realizzavo che era sempre la persona più importante di tutta la mia vita.
-Notte, Gee.- Mi accorsi che mi ero nuovamente perso. Un po' a guardarlo, un po' nei miei pensieri. E realizzai solo in quel momento che, senza accorgermene, l'avevo chiamato per soprannome.. cosa che ormai non faceva da secoli. E nonostante mi avesse dato la buonanotte più o meno cinque minuti prima, trovai la forza di premere quell'enorme tasto rosso che stava lì a rovinarmi la festa e chiudere la chiamata solo in quel momento. Letteralmente, il suo unico scopo era caricarmi sulle spalle l'ansia di dover dire "ciao" alla persona dall'altro lato dello schermo. Nonostante, in quel momento, non c'era cosa che desiderassi di più che rimanere lì a parlare anche una vita intera.



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Gerard non mi notò subito, ma io sì. Nonostante fosse dall'altro lato dell'aeroporto, lo vidi, rimanendo semplicemente lì ad aspettare che anche lui mi notasse. Avevo freddo ed ero stanco, ma nonostante tutto, non mi rovinai il momento. Lo fissai mentre si avvicinava, scoprendo ad ogni passo che faceva un nuovo dettaglio. Aveva gli occhiali da sole. Quelli che lui odiava, ma a me piacevano tanto. Ormai li portava solo per nascondere le occhiaie. Un paio di jeans ridicolosamente stretti, una maglietta bianca, una felpa grigia. Portava il cappuccio, quindi non riuscii a vedere il suo "solito rosso un po' più chiaro", ma non era proprio la mia priorità in quel momento. Alzò lo sguardo e sorrise. Non riuscii a capire cosa stesse precisamente guardando, con quei maledetti occhiali.. ma una parte di me mi diceva che forse mi aveva visto. Abbassai leggermente lo sguardo, sorridendo anche io. Gerard lasciò accanto a Mikey e Ray la valigia e accellerò il passo, tanto che ad un certo punto sembrava quasi che mi stesse correndo incontro. Lasciai all'ultimo minuto il manico del trolley, quando ci trovammo così vicini che avevo quasi paura che da un momento all'altro mi sarei svegliato e che quello fosse solo un maledetto sogno. Eppure niente: senza dire una parola, mi abbracciò. Mi cinse i fianchi, in una presa così stretta che quasi non riuscivo a respirare. Riuscì a liberarmi un minimo, quel poco che bastava per potergli stringere le braccia intorno al collo, provando a farlo con altrettanta forza e cercando un minimo di pelle, non tutto quel tessuto del cappuccio. Riuscì finalmente a toglierlo, alzando il capo per guardarlo. Quando aveva specificato con quel "un po' più chiaro", mi sarei aspettato persino l'arancione. Ma il biondo.. Dio. Mi guardò, mordendosi il labbro come per chiedermi scusa.
-Sorpresa..- Esclamò, con finto tono emozionato. Fece una piccola smorfia, e come potevo avercela con lui, se voleva solo farmi una sopresa? E tra l'altro, non me lo sarei mai immaginato, ma stava davvero, davvero bene. Gli passai le dita in quella massa dorata, districandone alcuni nodi. Avrei voluto di più, ma.. se ci avesse visto qualcuno? Anche se infondo erano le sei del mattino, non c'era poi tanta gente. Fu proprio lui ad interrompere tutte quelle seghe mentali, stampandomi un lungo, lento, assonnato bacio. Di quelli che non hanno nemmeno un ritmo, sono solo.. umidi. Si staccò all'improvviso, e per poco non protestai. Abbassò il capo, gesticolando con un mezzo sorriso in volto. -Non dovrei, scusa, scusa..- Tornò a guardarmi, mordendosi il labbro come se ci fosse davvero qualcosa per cui scusarsi.
-Se ti prometto che ti scuso, mi baci di nuovo?- Abbozzai un mezzo sorriso, avvicinandomi mentre lui, invece, si allontamava di una distanza che sarebbe sembrata impercettibile, ma non per me. Sciolse l'abbraccio, e per poco non protestai. Quel semplice contatto già mi mancava. Il calore, il profumo, la stretta salda..
-C'è gente.. sono andato già un po' troppo oltre.- Sospirò, togliendosi gli occhiali e guardandomi dritto negli occhi. Sai perché ti amo? bhè, non lo so nemmeno io. Non penso di averti "scelto", o qualcosa del genere: in amore non si sceglie. E ne sono così sicuro anche perché, se avessi potuto scegliere, avrei preferito cento volte innamorarmi di una come Emily. Anche se però, a dire il vero ormai non so più nulla. Perché quando ti guardo negli occhi ti scelgo ogni volta. Per altre cento volte. E ti sceglierei sempre. Quando realizzai che eravamo veramente lì, vicini, ci stavamo vedendo dal vivo, pensai di morire. E dalla mia stupida espressione persa Gerard se ne accorse, probabilmente. Erano tre mesi che non eravamo così vicini e forse, a parole, non riuscirei mai ad esprimere quanto mi era mancato. Mi fece un sorriso che del concetto di sorriso racchiudeva ben poco (ma non era poi una colpa, stanco com'era) e si voltò, facendomi scendere dalla mia nuvoletta in un modo perfetto in cui possiamo fare quello che cazzo ci pare e riportandomi coi piedi per terra. E a proposito di piedi, per quanto stessi cercando di seguirlo dai ragazzi, i miei non collaboravano. Avevo le ginocchia ancora deboli, dieci ore di sonno mancate sulle spalle e la testa completamente altrove. Nonostante tutto, presi il trolley rimasto abbandonato e veramente, non so con quale forza, raggiunsi anche io Mikey e Ray, che poverini, ogni volta assistevano alla stessa scena con aria impassibile (nonostante fosse probabilmente una delle cose più imbarazzanti possibili). Un cenno con la mano, "ehi", un abbraccio. E nonostante fossi contento di vederli, cosa avrei dato per ritornare a qualche minuto prima..



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Una volta scesi dall'aereo, avevamo ricevuto una telefonata da una shoccata donna dall'accento australiano che ci diceva che, praticamente, era la moglie dell'autista e che si era rotto una gamba mentre tosava l'erba. Non ci eravamo informati di più perchè di certo dal rompersi un braccio tosando l'erba non può scaturire altro che un'imbrazzante storia di quelle che si vuole tenere per sé, ma il punto non era quello. Insomma, bingo? Cioè, se non era sfortuna questa. Il lato positivo era che la patente ce l'avevamo tutti, quindi, una volta vista fuori l'aeroporto una gigante jeep rossa (di quelle senza tettuccio) con un cartellino con i nostri nomi e delle scuse, bene o male, ce la cavammo. Nonostante il 70% della strada da fare fosse tutta terra rossa e canguri, probabilmente stavamo andando bene. O almeno il navigatore diceva così.
Ray alla guida, poi, era la cosa migliore del mondo. Sembrava che stesse giocando a Super Mario ogni volta che evitava di investire un qualche animale o dei contadini (che cazzo ci facevano dei contadini vicino l'Aires Rock, poi, era un'altra domanda). Come si incazzava con il Tom-Tom quando, non vedendo altre macchine, pensava che avessimo sbagliato strada, poi, era una di quelle cose che avrei pagato per rivedere di nuovo, di nuovo e altre mille volte. "Vaffanculo, cos'è questa merda!? The Day After Tomorrow?! -Un'oasi nel pieno centro di Sidney- Oh, certo, stupida locandina di merda, merda!" E potrei andare avanti così per almeno mezz'ora, perché era semplicemente splendido. E quando Mikey tentava di calmarlo nonostante fosse più preoccupato di tutti e tre messi insieme? Ad un certo punto aveva cominciato a dare di matto: "Io lo sapevo che sarebbe andata a finire così, lo sapevo. Diventeremo cibo per canguri, vi dico". E se questo fosse stato un film horror, lui sarebbe stato decisamente il primo a morire.
Ovviamente i due si erano messi avanti, così da lasciarci soli ai posti di dietro senza rendersi conto che quando c'erano loro era semplicemente imbarazzante -se non impossibile- comportarci in maniera che ormai, per noi, era naturale. Ma non nei loro confronti: l'uno in quelli dell'altro. E in un primo momento non ce ne rendevamo nemmeno conto! Insomma, quando avevamo saputo che l'autista non poteva venire, ci eravamo semplicemente lanciati uno di quegli sguardi complici, come a dire che ora potevamo fare quello che volevamo. E invece no. Eravamo lì, imbambolati. E quasi come se mi leggesse nel pensiero, lentamente si avvicinò. Mi trovai contro il portellone della jeep, senza troppa possibilità di muovermi e con il suo volto affondato nel petto. E della seconda non ebbi tanto da lamentarmi, siccome, a dirla tutta, non mi sarei mosso nemmeno se avessi potuto.
-Sono cinque giorni che non te lo dico ed è assurdo.- Sussurrò appena, la voce quasi soffocata da tutto quel tessuto contro cui naso e bocca erano premuti. Non capii a cosa si riferisse, ma non era prorpio la mia priorità, al momento. Lentamente il suo volto salì, fino a poggiarsi nel mio incavo del collo. Avvicinò le labbra al mio orecchio. Respiravo a malapena. -Vorrei provare ad essere originale, ma proprio non ci riesco..- Persi un battito. Battito che poi compensai con il ritmo accelerato che da quel momento in poi mi perseguitò. -Ti amo molto.-Sussurrò, finalmente. Quanto mi erano mancate quelle parole. Presi un respiro profondo e mi voltai appena verso di lui, aspettando che facesse qualcosa. Rimase a fissarmi, e nonostante mi aspettassi qualcosa di più da uno che si ritrova a pochi millmetri da una persona alla quale ha appena dichiarato amore, non obbiettai. Perché infondo era già tanto, no?


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OMG SONO TORNATA! *coro di gente afflitta* <3
E' un primo capitolo piuttosto inutile, ma non potevo già smerdare tutto qui perché MUAHAHAHAHAH. Insomma, no?
Allora, Frank non vive a Seattle, i know, ma se è per questo non esiste nemmeno una Emily, quindi qual'è il vero e proprio problema della questione? il realismo è già andato a puttane lol
Per chi non avesse letto le prime due storie, mh. Se le volete leggere non vi spoilero, ma se non le volete leggere mandatemi un mp e vi faccio un riassunto, se proprio volete leggere questa (?)
Chiedo scusa se ci ho messo tanto, ma praticamente la prima volta mi s'è spento il pc all'improvviso e ho perso tutto, la seconda avevo cominciato a scrivere dal punto di Gerard e me ne sono accorta a metà capitolo (truestory) e la terza ero tipo *table flip* per la disperazione. <3 E poi è sempre difficile cambiare storia, no? °w° NO?! *urlo speranzoso*
Eeeee, bon, ci siamo insomma. Il titolo è preso da "Who Knew" di Pink, che è la canzone più poppeggiante che mi sia mai piaciuta ma è davvero troppo bella. c___c
E niente, al prossimo capitolo, vaa. <3

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Capitolo 2
*** 2. you know what they do to the fags like us in prison. ***


#LASML - 2 2. you know what they do to the fags like us in prison.




Prison: che canzone. Non solo perché era, personalmente, una delle mie preferite.. ma soprattutto perché suonarla live era quasi una scusa per fare.. qualcosa. O almeno, prima lo era. E forse era anche un po' per questo che stava pian piano scomparendo dalla setlist. Motivo per cui, quando Gerard insistette tanto per mettercela di nuovo -almeno una volta-, rimasi in silenzio, quasi fulminato, a guardarlo mentre scriveva alla fine del foglio le iniziali di ognuna delle parole che componevano il titolo, facendo contrastare in maniera quasi ridicola la sua calligrafia con il preciso "Arial" fresco di stampa.

-Gerard?- Domandò Mikey, afferrando il foglio e aggrottando le sopracciglia mentre leggeva solo in quel momento di quel "leggero" cambiamento. Mi andai a sedere su quella sottospecie di cuscino un po' troppo cresciuto che gli organizzatori del Big Day Out spacciavano per divano e, impassibile, osservai la scena. Mikey prese lo stesso pennarello indelebile con cui Gerard aveva modificato la scaletta prima e, una volta appoggiato il foglio sul tavolo, tracciò una linea sull'indesiderato cambiamento. -Te lo sogni.- Aggiunse, lasciando foglio e pennarello lì mentre tornava al suo posto sul puff poggiato a terra accanto a quello dove stava seduto Ray. Gerard impasticciò nuovamente quel povero foglio e poi, finalmente, se lo mise in tasca.
-Sul serio, perché la vuoi fare?- Domandò il riccio, riemergendo dal suo angolo di birra e cuscini riempiti di palline di naftalina che sembrava stessero per inghiottirlo fra le loro pieghe. Posò la lattina a terra e si alzò, prendendo una copia della setlist originale e tornando a posto per consultarla. -Parade andava bene.- Si strinse nelle spalle, fissandolo.
-Forse gli manca l'alcolismo.- Constatò il fratello, aprendo anche lui una lattina di birra e rispondendo passivamente al gesto del "cin-cin" di Ray. La sensibilità di un giudice di America's Next Top Model, proprio. E cazzo, i miei paragoni si facevano di volta in volta sempre meno eterosessuali.
-O forse gli manca Bert.- Ridacchiai sotto i baffi pensando a quella volta che era salito sul palco e aveva "cantato" proprio la tanto discussa canzone con Gerard. Non che ci fosse tanto da ridere, ripensando a quanta roba di erano calati prima di andare in scena.. e se quel.. coso McCraken poteva fare quello che voleva, lui no. Gerard si voltò improvvisamente a guardarmi, freddo come non so cosa. Magari era anche vero che gli mancava, chi poteva dirlo. Avevo sempre pensato che avessero avuto.. qualcosa. Forse nemmeno si piacevano,  a giudicare da come erano finiti ad odiarsi. Forse gli piaceva più l'idea di distruggersi a vicenda che di stare.. insieme. E pur non avendone mai parlato, ero più contento così. Era una di quelle cose che avrei preferito non chiarire mai.
-Vi odio.- Finse un sorriso, comportandosi in maniera acida da un momento all'altro. Cominciò a frugare fra la miriade di cose che avevamo lasciato sul tavolo, cercando chissà cosa.
-Odi anche Frank?- Domandò Ray, e Dio, quanto odiavo il modo in cui mi mettevano in mezzo per ogni singola cosa. Gerard finalmente trovò le sigarette, che a quanto pareva ormai erano la sua risposta a tutto. Anche nei momenti in cui non c'era una vera e propria domanda, ma solo un po' di scazzo. Eppure dovevo saperlo: mai toccare i tasti "alcolismo" e "Bert". Senza nemmeno voltarsi a guardarmi, sbuffò verso Ray.
-Soprattutto Frank.- Estrasse sigaretta ed accendino dal pacchetto, tentando freneticamente di accenderla con quel coso ormai quasi scarico. Una volta riuscito nel suo intento, lanciò sul divano dove ero seduto bagatte e bagattelle (e per poco non mi prese in pieno volto) e si andò ad appoggiare contro l'entrata mentre il fumo usciva lentamente dalla sua bocca con ogni tiro.
-Non appestare l'aria, già questo camerino è un buco.- Lo punzecchiò di nuovo Mikey, mentre Gerard, senza nemmeno proferire parola, aprì la porta contro la quale prima era appoggiato. Se ne andò, sbattendola alle sue spalle e provocando un rumore sordo. Tonfo. Stremato, chiusi per un secondo gli occhi e mi lasciai cadere il volto fra le mani nel disperato tentativo di riprendere un po' di forze prima di andare a cercarlo.. che tanto sapevo che sarebbe toccato a me. Come sempre. Mi alzai e me ne andai in silenzio, quasi alla sua stessa maniera. E dico "quasi" perché, per lo meno, mi evitai il suo sbattere la porta da vera diva. Mi bastò voltarmi per vederlo lì, seduto a terra e con la schiena contro il muro. Mi "accomodai" alla sua stessa maniera, rubandogli la sigaretta di mano e spegnendola a terra senza farmi troppi problemi.
-Ma sei davvero così stupido o lo fai apposta?- Si voltò, guardandomi con aria di superiorità. Come se non sapesse che gli stavo facendo solo del bene, poi. Tornò a fissare il muro, ma non lo biasimai: nelle condizioni in cui ero ridotto quel giorno, nessuno avrebbe mai voluto vedermi. Pallido come un fantasma, occhiaie così pronunciate che sembrava mi fossi truccato, stanchezza che ormai era l'unico stato riconoscibile sul mio volto. Non risposi nemmeno alla sua domanda, ovviamente retorica, e dissi la prima cosa possibile.
-Non pretendo che tu mi spieghi niente.. anzi, preferirei che tu non lo facessi.. però.. ti detesto quando fai così. Ti comporti da immaturo, che è una cosa che non sei.- Scossi il capo, stringendomi dalle spalle e tirando un lungo sospiro. Fece semplicemente dei versi stupidi, cominciando a strusciare su e giù guancia sinistra e naso contro il mio braccio. Non riuscii a trattenermi un sorriso.
-Ti preego!- Tentò di fare una voce da bambino, fallendo miseramente, siccome l'età, il fatto che avesse appena fumato e tanti altri fattori non lo aiutavano molto. Sapevo a cosa si riferiva, e, nonostante sarei andato contro i miei interessi, gli misi un braccio intorno alla schiena e si strinse ancora di più, capendo che mentalmente avevo già detto di sì secoli fa.
-Che fai, offri favori sessuali in cambio di modifiche alla scaletta?- Ridacchiai, mentre lui rimase serio ma pur sempre sul tono scherzoso. Cominciò a riempirmi il collo di baci, e l'adrenalina pre-show si cominciò a mischiare con quella che, in maniera piuttosto ridicola, continuava a procurarmi lui pur dopo dieci anni. Se non era amore quello!
-Il venerdì solo coccole, mi 'spiace.- Si liberò dalla mia presa con un sorrisone, riavvalendosi del solito ruolo da "attivo" (che cosa ridicola da dire) che continuamente pretendeva nonostante nessuno fosse mai sceso dal cielo e gliel'avesse assegnato e mi abbracciò, così forte che quasi mi saltarono gli occhi fuori dalle orbite e per poco non vomitai farfalle. Improvvisamente sentii la porta aprirsi, e, per quanto fossi sicuro che se ne fosse accorto anche lui ma che semplicemente non glie ne importasse niente, cercai di avvisare Gerard premendogli le mani contro il petto.
-Wo, emh..- Ray, ancora prima di allontanarsi dall'entrata, sobbalzò, sbarrando incosapevolmente la strada a Mikey per qualche secondo. -Dobbiamo andare, mi sa.- "Osò" appena dire, facendomi cadere addosso tutto quel castello di fantasia che mi ero costruito in quei giorni. Nel pubblico c'erano le ragazze, e finito di suonare, sarebbe finita anche la libertà. Ahia.



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Il concerto andò normalmente. Cioè, i festival erano sempre così. Non potevi aspettarti che stessero proprio tutti lì a cantare, tenere il ritmo, partecipare: il più delle persone ci andavano o per un gruppo in particolare, o per bere e fumarsi persino l'erba del prato. E tu, insomma.. tu non potevi farci molto. Stavi lì a suonare e basta. Doveva essere ancora più umiliante per Gerard, che, in quei momenti in cui tendeva il microfono per far cantare il pubblico, si aspettava ancora il classico gruppo di spettatori composto interamente da fan e invece.. silenzio. Più o meno una cinquantina di voci, che, in relazione a quella bolgia infernale che ci trovavamo davanti, non erano niente. E poi boom, senza che nemmeno me ne rendessi conto, eravamo arrivati all'ultima canzone. Quasi mi stupii di ricordarmi ancora le note, a dire il vero. Gerard mi si avvicinò improvvisamente, ancora prima del ritornello. Nonostante fosse tutto il giorno che lo faceva, non ci avevo mai fatto caso come in quel momento. Forse era vero che era ancora più vicino, ma forse era la soggezione che mi metteva quando cantava di cose come stupri in prigione. C'era una maledettissima tensione ed era così evitente.. Chiunque se ne sarebbe accorto, e, improvvisamente, non c'era una sola persona nel pubblico che non ci stesse fissando. Assurdo che mi facessi ancora quel genere di seghe mentali nonostante salissi su un palco per farmi, appunto, fissare da completi sconosciuti quasi trecentosessantacinque giorni all'anno..
Eravamo all'assolo, che era più o meno la parte dove, letteralmente, andai in paranoia: ora che non era più impegnato a cantare, chissà che diavolo ci avrebbe fatto con la bocca. E le mie paranoie si confermarono fondate proprio quando pensò bene di afferrarmi per i capelli. Un gesto poco adatto alla loro lunghezza, a dire il vero. Faceva male e mi strappò anche qualche capello, eppure non riuscii ad ignorare quella scarica elettrica che mi trapassò dalla schiena fino alla punta dei piedi. Quanto lo odiavo quando si approfittava di me in quel modo: io gli facevo un favore, lui faceva quello che diavolo voleva. La presa delle sue dita intorno alla mia nuca si strinse ancora di più, e in una frazione di secondo che tutt'oggi non riuscirei a spiegare, mi trovai con il volto completamente rivolto al cielo. "Cielo", poi. Sentii il suo fiato caldo sul collo e improvvisamente mi chiesi se stavo davvero suonando o se ero semplicemente svenuto a terra e stavo sognando, perché, che diavolo, non era possibile. Purtroppo ebbi la conferma che era tutto vero quando "qualcosa" di umido prese a leccarmi il collo, così esposto che quando mi venii a mancare il suo calore da lì, per poco non protestai. O meglio, l'avrei anche fatto se non mi fossi trovato in uno dei soliti baci sminchiati che poi avremmo giustificato con l'adrenalina. Ignorai i flash e cercai di non pensare al fatto che probabilmente, già prima del bacio, molti stavano filmando. Era sempre strano pensare che certe cose le avrebbe potute vedere tutto il maledetto mondo. In ogni momento. Per.. sempre? e anche se fossi morto, sarebbero rimaste lì. La magia di internet, dicono. Si staccò poco prima di dover riprendere a cantare, sorridendomi.
-Stronzo.- Non sussurrai nemmeno, semplicemente speravo che avrebbe colto i movimenti inequivocabili delle mie labbra. Era il limite, e speravo davvero che se ne fosse reso conto da sé. Il problema era che se voleva fare qualcosa, la faceva. E se per fare quel qualcosa doveva coinvolgere anche altre persone, non cambiava molto. Evitava il rifiuto scansando la domanda.
In quel momento pensai concretamente ad Emily, che aveva appena assistito alla scena nel pubblico. Avrei avuto sì e no due minuti per chiarire con Gerard e poi avrei dovuto inventarmi qualcosa per tranquillizzare quella poveretta e ascoltarmi la sua più che giusta sfuriata. Sfuriata che, purtroppo, mi meritavo su tutta la linea: avrei semplicemente potuto mandarlo via, scansarlo o qualcosa. C'erano milioni di modi per non farlo nemmeno avvicinare, eppure in un certo senso era una cosa che volevamo entrambi, nonostante io cercassi di fare tutto il pulitino e dopo gli avrei anche fatto una testa piena di lamentele solo perché dovevo almeno fare la parte di quello che prova a nascondere il "segreto". E sapete cosa odiavo di tutto questo? che dopo tutti avrebbero cercato una spiegazione razionale, convinti che ce ne fosse una dietro una cosa del genere. Come si potrebbe mai spiegare quello che si prova quando, già su di giri per via dei mille e più spettatori, ti si avvicina la persona che ami? E come si può spiegare cosa spinge quella stessa persona a prenderti e baciarti davanti a tutti quando avrebbe avuto tutto il tempo per farlo in privato? E quello che ti spinge a ricambiare? Mi ricordo ancora quando una volta, dopo un bacio di quel genere, gli sussurrai all'orecchio: "Sei mio". Come siamo passati da "sei mio" a "stronzo"? Da quando un gesto del genere, in un certo senso anche romantico, era diventato qualcosa di cui avere paura? Da quando c'era Emily. Ed Emily c'era perché c'era Lindsey. E Lindsey? Lindsey c'era perché c'era Bandit. E se Bandit c'era, infondo, era solo colpa di Gerard. E continuavo a non riuscire a perdonarlo per quello che aveva fatto.
Tutti quei pensieri mi attanagliarono la testa a tempo di record. Mi bastarono gli ultimi trenta secondi di canzone per metterli insieme e, cazzo, dovevo avere il cervello di un cocainomane, in quel momento. Mi sfilai di dosso la tracolla della chitarra, che in quel momento sembrava pesare più di cento macigni. Breve e classico saluto da festival (del tipo "Wow, okay, vi lasciamo ad un gruppo che forse vi piacerà di più") e cominciai a sperare che il concerto non fosse mai finito. Mikey e Ray pensarono bene di uscire dall'altro lato ed io mi trovai solo con lui, in un corridoio bianco, lungo e isolato, nel quale, per via dell'atmosfera che creava esso stesso,
-Figo.- Si voltò a guardarmi. Non aveva fiato e i suoi occhi erano.. enormi. In più, il fatto che fosse completamente sudato non rendeva la sua immagine più rassicurante. Certe volte mi faceva un po'.. paura. Era brutto ammetterlo, manco fosse un maniaco. Era solo imprevedibile. Non era una paura che mi potesse fare del male, ma che potesse fare qualche stronzata. O che, peggio ancora, potesse fare del male a sé stesso. Respirai profondamente, cercando di scacciare quel pensiero. -Sei tutto.. tutto sudato.- Si morse il labbro inferiore, fissandomi con un certo bagliore negli occhi che avevo visto solo in determinate occasioni. Mi fermai e deglutii un secondo quello che sembrava il cuore che aveva deciso di farsi una scampagnata nel mio esofago e mi trovai con la schiena contro il muro senza nemmeno spiegarmi come avesse fatto a farmi perdere il controllo di me stesso così semplicemente.
-G.. Gee..- Sussurrai appena, ma in effetti sarebbe sembrato più un gemito. E un gemito di dolore, tra l'altro, perché quando ebbi il tempo di ritornare sulla terra e capire che stava succedendo, mi redi conto che contro quella parete mi ci aveva sbattuto, e forse con un po' più forza del dovuto. Mi sentivo come se mi tremasse la cassa toracica e ogni respiro faceva male. Proprio nella speranza che tornasse tutto normale, presi a respirare più e più volte ed in maniera irregolare.
-Frankie..- Tremai. Da quant'era che non mi chiamava più così, ormai nemmeno me lo ricordavo. Le sue mani inspiegabilmente gelide scivolarono sui miei fianchi per poi infilarsi nella mia maglietta e cominciare a lasciare dei piccoli segni dietro la schiena. Lo faceva spesso perché diceva che voleva che li guardassi e pensassi a lui, ma in quel contesto.. non aveva senso. E faceva anche più male del solito, come se si fosse fatto crescere di quel poco le unghie apposta. Tirai su col naso e chiusi gli occhi, sperando che quella "cosa" finisse il più in fretta possibile. Lui non.. non era violento. Io lo sapevo.
-P.. Perchè mi fai m.. male..- Ignorò i miei lamenti spezzati e mi morse il labbro inferiore, proprio come prima stava facendo per conto suo. Quasi come se si stesse preparando a mordere me invece che sé stesso. Un morso che inizialmente sembrava semplicemente un modo di avvicinarsi un po', ma che da un momento all'altro si fece così forte da farmi sanguinare. Non appena il sapore metallico si propagò nella mia e nella sua bocca, si allontanò, guardandomi fisso. Ero.. shoccato. C'era stato un periodo in cui faceva peggio, è vero. Ma quel periodo risaliva più o meno al duemilaquattro e sapevo che se lo faceva, lo faceva perché non era in sé. Si allontanò completamente, restituendomi finalmente la possibilità di muovermi nonostante in quel momento fossi un po' troppo scosso per farlo. Abbassò il capo, prendendosi il volto fra le mani come se solo in quel momento si fosse reso conto di quello che stava facendo.
-Mi dispiace, sono.. sono arrabbiato..- Si leccò il labbro, e fu probabilmente quando sentì il sapore del sangue che quella lacrima che vidi rigargli il volto scese. -..Deluso.- Continuò, come se ci fosse un po' di più dietro una semplice arrabbiatura. -E tu.. mi fai stare male.- Prese un respiro profondo e sembrò che si fosse appena liberato di un grande peso, come un criminale che finalmente si costituisce. -Perché ti voglio e.. non posso.. non posso averti.- Singhiozzò un po', tendendo le braccia verso di me come se ci fosse bisogno di chiederlo, quell'abbraccio che sembrava volere. Mi lasciai stringere, contento che il vero Gerard fosse ritornato. Sobbalzai quando, di nuovo, con le dita cominciò a giocherellare con il lembo della mia maglietta. Sorrise, infilando incurante la mano e facendomi tremare (più per il freddo) con ogni carezza. -Scusa per questi.- Si fermò sui "marchi" che aveva lasciato, e in un certo senso, non riuscii ad avercela con lui nemmeno per quelli. -E per questo..- Mi baciò, e, nonostante il sangue avesse smesso di scorrere (perché grazie a Dio era una ferita superficiale), sapeva tutto un po' di metallo.
-Ti..- Mi interruppe poggiandomi l'indice sulle labbra, nonostante poi avessi appena ritrovato la capacità di parlare dopo baci e morsi. Mi guardò negli occhi, fisso.
-Lo so, lo so.- Prese un respiro profondo e si allontanò non appena sentii dei passi in lontananza. E anche quel piccolo angolo di paradiso sembrava essere imploso.



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Mi trovai in camerino con Emily. Stavo seduto sullo stesso puff dove prima era seduto Mikey, e lei aveva la testa appoggiata sulle mie gambe e le gambe stesse appoggiate sull'altro puff. Non aveva detto una parola, da quando l'avevo vista. Sembrava troppo imbarazzata, ma forse era solo incazzata.. e con tutte le ragioni del mondo, poi. Giocherellava nervosamente con il lembo del mio cardigan e, nonostante fosse ovvio che io lo cercassi, evitava sempre il contatto visivo, improvvisamente troppo presa dal pavimento per guardarmi.
-Emily..- Esordii, consapevole che se avessi aspettato che fosse lei a parlare, avrei dovuto arrangiarmi per organizzare il mio trentesimo compleanno in un camerino. E poi, per quello che ne sapevo io delle donne, quando facevi una cazzata era quasi una regola non scritta, il fatto che dovessi essere tu a parlare per primo. -Era l'adrenalina.- Mi giustificai, pensando al fatto che Gerard e Lindsey magari stavano già limonando contro un muro. Avevo passato la fase di gelosia cronica, perché cavolo, se doveva fingere di amarla, voler stare con lei e blablabla, era normale che il contatto fisico entrasse a far parte della recita.. il problema era che Lindsey conosceva bene la sensazione di suonare davanti alle grandi folle, e sì, poteva anche bersela. Emily non aveva idea di come ci si sentisse, ed era anche ovvio che si facesse più domande, più paranoie, più dubbi.
-Lo spero.- Mi guardò, fulminandomi. Non riuscii a capire perché fino a quel momento non l'avesse fatto, come se non avesse avuto i mezzi per mettermi in soggezione. Eppure mi sorrise, un po' amareggiata. Chissà come mi sarei sentito io se fossi stato al suo posto. Presi una ciocca dei suoi capelli rossi/arancioni e ci giocherellai, quasi come stava facendo lei con i miei vestiti. Le diedi un bacio sul collo, lì dove sapevo che le avrebbe fatto il solletico. Cominciò a ridacchiare, e quando la guardai di nuovo, finalmente sorrideva sul serio. Mi sentivo già abbastanza male per quello che le facevo ogni giorno, che proprio non volevo farla stare ancora più male.




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Salve pipol. (?) So che ci ho messo un po', ma cercherò di fare più in fretta possibile con i prossimi. çwç
Non c'è molto da dire, lol
"Bert" sarebbe Bert McCracken dei The Used (clicca qui se non hai mai visto QUEL video perché anche tu sai di volerlo vedere) e no, nonostante mi piacciano da morire non aspettatevi un come-back nei prossimi capitoli lol
O forse sì, magari vi sto solo preparando per la sopresa. MUAHAHAHAHA.
No. <3
Eppoi boh, niente. <3
Al prossimo capitolo! :3
xMN. (cazzofirmoancorachesiamoisolitiquattrogatti, io boh. <3)

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Capitolo 3
*** 3. never trust a pretty girl with an ugly secret ***


FCEF 3. never trust a pretty girl with an ugly secret.




-Frank?- Mikey posò cautamente il basso alla sua destra, steso sul divano. Non capii se avesse finito di accordarlo o se stesse "semplicemente" per dirmi qualcosa di importante, ma speravo con tutto me stesso nella prima delle due opzioni. Purtroppo, quando alzai lo sguardo dalla chitarra, fu chiaro che  purtroppo la seconda possibilità era solo da scartare. Poggiai lo strumento a terra, contro l'amplificatore, prendendo un respiro profondo.

-Mikey.- Esclamai quando, dopo più o meno due minuti di imbarazzante silenzio nonostante il minaccioso preambolo di poco prima, non aveva ancora detto una parola. Prese uno dei fogli sui quali cercavamo di segnare le note, in cerca di qualche nuova idea, e cominciò a scarabocchiare nervosamente i bordi di esso. Senza nemmeno alzare lo sguardo, continuò.
-Tu ci hai mai fatto caso al fatto che..- Smise di scarabocchiare, ma questo, apparentemente, non gli fece passare la voglia di tenere la testa bassa. -Bandit non assomiglia nemmeno all'unghia del piede di Gerard?- Mi fissò, come se dovessi capire qualcosa da me.. qualcosa che lui non avrebbe mai voluto dire, e qualcosa che io avrei preferito non pensare. -Di solito sono tutti lì, "Ha il naso della madre", "Gli occhi del padre", ma Bandit ha preso proprio tutto da Lindsey. Non lo so, non voglio dire niente con questo..- No, assolutamente niente. Cristo Santo. -..Non voglio buttare merda addosso a gente che forse non se lo merita, ma io.. insomma, ero piuttosto ubriaco anche io quella sera, ma non riesco ancora a crederci..- Sospirò, distogliendo di nuovo lo sguardo da me. -Gerard non ti avrebbe mai fatto una cosa del genere.. credo.- "Credo". Il problema era, purtroppo che lo avevo sempre creduto anche io, ma dopo tutto quello che era successo, come potevo più credere a qualcosa?
-E' felice ed ha una bambina. Punto. Non facciamo stronzate.- Gli feci un finto sorriso e mi alzai di colpo, deciso ad andarmene prima di avere l'ennesima crisi di nervi. La verità era che mi ero davvero abituato troppo a quella vita. Ormai era la mia realtà, e, non che mi facesse piacere, ma non avrei mai avuto il coraggio di cambiarla di nuovo. Proprio sul punto di aprire la porta, sentii le dita callose di Mikey afferrarmi un braccio. Quella volta non me l'avrebbe permesso di scappare. Chiusi gli occhi, ma senza girarmi, in attesa che dicesse qualcosa.
-Immaginati se lo scoprisse fra qualcosa come.. cinque anni. Immaginati come si sentirebbe e immaginati come si sentirebbe quella povera bambina.- Mikey era convinto di poche cose, davvero.. eppure, questa sembrava una di quelle. Era quel tono che mi avrebbe potuto convincere di qualsiasi cosa. Mi obbligò letteralmente a girarmi, tirandomi per un braccio. Aprii gli occhi, ma continuai a fissare il pavimento, cagasotto com'ero.
-Non hai nessuna prova.- Esclamai, continuando comunque a negare, negare, negare. Purtroppo avrei preferito vederlo crescere una figlia non sua, piuttosto che vederlo triste di nuovo. Sapevo benissimo che non avrebbe retto vedere Bandit addormentarsi fra le braccia di un uomo che, pur essendosi presentato a mesi o forse anni dalla sua nascita, avrebbe tolto il posto a lui che l'aveva praticamente cresciuta.
-Frank, me lo sento.- Mi guardò fisso negli occhi e non riuscii più ad ignorare i sensi di colpa che cominciarono a lacerarmi dall'interno nonostante non avessi fatto davvero niente. Certo, io non gliel'avrei mai detto. Non avrei mai avuto il coraggio, e anche solo il saperlo ed essere consapevole che non sarei stato io a dirglielo, bastava per farmi stare di merda. E se Mikey l'avesse fatto, chissà come cazzo avrebbe reagito. Non c'era una vera via di scampo, a dirla tutta. Non c'era un modo per far stare tutti felici e con la coscienza apposto. Tornai a sedermi, rendendomi conto che la conversazione sarebbe durata più del previsto.
-Figo, allora proviamo a mandare una persona normalissima in prigione solo perché pensiamo sia un maniaco omicida e perché "ce lo sentiamo"!- Alzai il tono di voce, cercando di convicerlo di qualcosa che non credevo nemmeno io. Dovevo sembrare stupido, a dirla tutta: cercavo di urlare, quando poi avevo la voce debole e spezzata. In effetti ero quasi sul punto di piangere.. come sempre. Ormai non c'erano periodi superiori ai tre giorni in cui riuscivo a trattenere le lacrime, ed era triste a dirsi, ma ormai ci ero abituato. Insomma, abituarsi a star male non è una cosa proprio.. coerente. Ed è una sorta di masochismo, anche. Avere la possibilità di cambiare le cose, ma non il coraggio per farlo.
-Fai tanto la parte di quello innamorato di mio fratello, ma in realtà non te ne frega niente di lui.- Ecco, in quei due anni avevo sentito tutto. Avevo messo in dubbio ogni cosa ed ero disposto anche a cambiare ogni singola di esse, ma che non mi importasse di Gerard, davvero, nessuno me l'aveva mai detto e non ci avevo mai nemmeno lontanamente pensato. Non bastava il rendermi conto di essere una persona schifosa, ci voleva anche lui a metterlo in evidenza. -Ed è inutile che mi guardi così, Cristo. Io ti voglio bene, lo sai, ma non hai fatto nient'altro che farlo stare male. Capisco che anche lui non si è comportato proprio.. bene. Lo so. Lo sappiamo tutti. Ma quando mi chiamava alle tre del mattino e non diceva nulla, ma semplicemente piangeva, io lo sapevo che era per tutto quello che gli hai detto. E anche tornare con Emily.. ti ho sempre appoggiato, in ogni cosa, ma non ho mai pensato che fosse giusto. Frank, sei stronzo quasi quanto lui. E ora, anche se non ne sono sicuro, dovresti davvero raccogliere quel po' di coglioni che ti sono rimasti e cercare di capire qualcosa insieme a me. Non voglio giocare il detective, voglio solo che mio fratello sia felice. E quando si ama una persona, Frank, forse tu lo sai meglio di me, si farebbe di tutto per farla stare bene.-
Non ero d'accordo proprio con tutto quello che aveva detto, ma con buona parte. Non era giusto colpevolizzare me per quella minima stronzata che avevo fatto solo per avere una piccola ripicca dopo aver ascoltato quelle parole che mi avevano letteralmente rovinato la vita, ma Gerard si era sempre comportato bene, alla fine. Con tutti. E se Bandit non era davvero sua figlia, bhè, allora meritava anche tutte le mie scuse, perché non solo si era preso una responsabilità che non gli apparteneva, ma se c'era una cosa che con gli anni avevo capito, era che mi amava, e nonostante questo, mi aveva lasciato indietro per lei. Per sua figlia, e non per Lindsey.  Per il bene di tutti, aveva sacrificato il suo.
-Facciamo questa stronzata, Sherlock.- Riuscii finalmente a sorridere. Non era un sorriso vero, ma speranzoso. E finalmente fece sorridere anche Mikey, che stava lì imbronciato da ore. Mi schiacciò il cinque, in maniera quasi infantile. Come se si parlasse di giocare a fare le spie segrete con i walkie-talkie, come due bambini di otto anni. Ma infondo, sapete cosa? Quello era comunque uno dei giorni più belli dopo tanto tempo.



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-Stai tranquillo, cazzo! Sembri una maledetta checca isterica- Mikey fermò il mio blaterare, che, effettivamente, era proprio da checca isterica per l'ennesima volta. Ma come potevo "stare tranquillo", quando aspettavo Lindsey fuori all'hotel senza nessun maledetto motivo? Mi diede una pacca sulla spalla nel tentativo di farmi rilassare. Tentativo che, inutile dirlo, fallì miseramente.
-Non posso stare tranquillo. Non si parla di giocare, ne va di mezzo quell'ultimo briciolo di speranza che mi tiene lontano dal suicidio.- Non volevo sembrare così disperato, ma in effetti lo ero davvero. E non solo ero disperato, ma dubitavo che se quell'ennesimo pallone di speranza non fosse andato in porta, sarei riuscito ancora a trattenermi. Mikey mi guardò, un po' perplesso. Sbuffò, e finalmente si decise a spiegarmi perché era così convinto che per qualche strana ragione, Lindsey sarebbe spuntata da dietro l'angolo con una prova schiacciante.
-Ecco, avevo sempre pensato che ci fosse qualcosa di strano.. ma quando oggi l'ho vista uscire, le ho chiesto dove stesse andando così di fretta e quando mi ha risposto che doveva ritirare i risultati di "alcune analisi", allora ogni tassello è andato a posto.- Mikey si grattò persino il mento, nel parlare. Quell'atteggiamento da finto detective Inglese mi fece ridere così tanto che forse era anche un po' fuori luogo, data la situazione. Mi tirò un finto pugno sul braccio, pregandomi di smetterla nonostante avesse anche lui le lacrime agli occhi dal ridere dopo essersi rese conto del modo in cui quella frase era suonata. Entrambi, ovviamente, perdemmo la voglia di ridere quando vedemmo la megera avvicinarsi.
-Che aspettate qui?- Disse con quel suo solito tono squillante e insopportabile (ma a dire il vero, ogni cosa di quella donna era insopportabile per me, quindi probabilmente il mio parere nemmeno valeva) che la caratterizzava. Accellerò il passo e subito chiuse in una enorme cartella gialla i fogli che stava consultando, quasi come se fosse spaventata. Le analisi.
-Aspettavamo te.- Mikey cominciò, di nuovo quel suo tono ridicolo. Mi dovetti trattenere dal ridere per non fargli perdere credibilità, e quando Lindsey aggrottò le sopracciglia, bhè, mi resi conto che forse ero l'unico a trovarlo divertente. -Già, te. Quello che stai facendo a mio fratello è sbagliato, lo sai?- Mikey tagliò corto e non si fece troppi problemi. A dire il vero, nemmeno si accertò che la sua teoria fosse giusta. La ragazza incrociò le braccia e ci guardò come se fossimo due fenomeni da baraccone. Estrasse nuovamente il foglio, cercando qualcosa nella tasca del giaccone nero. Avrei voluto dire qualcosa, ma mi sarei sentito inappropriato in ogni caso. Mi sarei sentito troppo come il ragazzetto innamorato che poco c'entrava in quella situazione.
-Bhè, mi sa che purtroppo il povero Gee non lo saprà mai.- Non aveva negato. Non aveva negato niente. Non ci aveva nemmeno provato, merda. Forse il tono di Mikey funzionava davvero. -Oooops, che sbadata.- Sarcastica, bruciò il foglio con l'accendino che aveva finalmente trovato. Il sorriso che fece in quel momento, fu forse il più velonoso che avessi mai visto in vita mia. Non per qualcosa, ma perché poteva sembrare davvero innocente mentre invece nascondeva, sotto di sé, una delle menti più cattive che si potessero mai immaginare. -Andiamo, senza prove, credete davvero che vi crederebbe? Zoticoni. Ah, e sai una cosa, Frankie? sta benissimo anche senza di te. Ciao, piccini.- Scosse il capo, ancora sorridente, e voltò le spalle prima ancora che potessimo dire qualcosa. Se non fosse stata una donna, l'avrei presa a calci in culo.
Mikey ed io nemmeno provammo a seguirla. Ormai era andata, e anche se le fossimo andati incontro, cosa avrebbe cambiato? I fogli erano bruciati, e di sapere chi fosse il vero padre, a dire il vero, poco ci importava. Ci bastava sapere che non era Gerard, e quello ormai lo aveva ammesso pur non dicendolo esplicitamente. In quel momento, in realtà, non riuscii nemmeno a gioire al pensiero che in qualche modo l'avremmo beccata.. perché cazzo, non era possibile che continuasse con la sua recita in eterno. Pensai soltanto a tutte le cattiverie che ero stato capace di dire a Gerard nonostante non se ne meritasse nemmeno mezza. Mi strinsi nel cardigan, sentendo improvvisamente freddo. Non era un freddo da Sidney alle sei e mezza di sera nel mese di gennaio, era un freddo da "vorrei ammazzarmi e simulo già la mia temperatura corporea da cadavere". Non mi aveva toccato nemmeno minimamente quel "sta benissimo anche senza di te", perché sapevo che non era vero.. ma il complesso.. insomma, la totalità di quella conversazione era stata devastante. Troppo. Tutto troppo.
-Strappagli un capello.- Mikey esordì, ma io, preso com'ero dai pensieri, non colsi subito quello che voleva dirmi, così mi voltai a guardarlo con le sopracciglia aggrottate. -Sì, Frank, un capello. Test del DNA. Non sarà facile trovare quello di Bandit, ma a lui possiamo strapparlo quando ci pare.- Si strinse nelle spalle, senza considerare le varie questioni legali che impedivano al suo piano di diventare qualcosa di anche solo considerabile.
-Sì, e poi la carta di identità gliela chiediamo dicendogli che probabilmente sua figlia non è sua figlia e abbiamo bisogno di analizzare entrambi. Forse essere dei geni è una cosa della famiglia Way.- Sbuffai, calciando via un sasso in uno di quei miei soliti momenti di rabbia mista a.. scoraggiamento. Puro e semplice scoraggiamento. Disillusione nei confornti di tutto. -Ci dev'essere un altro modo.- Scossi il capo, sbuffando e pensando come non avevo letteralmente mai pensato in vita mia.
-Mi lavorerò qualcuno lì all'ospedale. Piuttosto, Frank, sai cosa? non dobbiamo dirglielo. Dovremmo strappargli un capello in maniera non sospetta, perché poi metti che magari quel test era chissà cosa e noi gli scombiniamo la vita per niente. Lo so che sono una contraddizione vivente, ma non possiamo fargli venire un infarto senza prove. Tu tieni il segreto, okay?- Ebbi appena appena la forza di annuire, ma il ragionamento era più che sensato e in tutta sincerità, mi sentii di nuovo ottimista. Lunatico del cazzo.



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-Ma che faccio, vado lì e gli strappo un capello?!- Ray sembrava ancora confuso, nonostante gli avessimo spiegato il piano ed il perché di esso più di tre volte. Insomma, certo, forse gli ci sarebbe voluto un po' a metabolizzare la notizia, ma in quel momento avevamo bisogno di lui come non mai. Forse io potevo sembrare quello più adatto ad andare lì vicino e, semplicemente, strappargli un capello.. magari baciandoci, che ne so. Mani fra i capelli, stringi un po' troppo forte e.. tic. "Mi dispiace Gee, scusa!". In realtà il piano iniziale era quello, ma cazzo, quando Ray e Mikey mi avevano messo alla prova, ero quasi esploso. Insomma, ero un tipo sospetto.
-Esatto, giuro che ti bacio se lo fai!- Gli feci un sorrisone di incoraggiamento, ma lui sembrò ancora un po' troppo turbato dall'imagine del bacio. Si parò le mani davanti al petto e, scherzoso, fece finta di sembrare disgustato.
-Facciamo che invece mi risparmi il bacio, se lo faccio!- Ridacchiò, facendo sghignazzare anche Mikey. Passò un momento di silenzio dopo la scomparsa delle risate, ed eravamo ormai davanti alla porta di camera di Gerard. Prendemmo tutti un respiro profondo, consapevoli che le ragazze erano ad una serata fra donne. Ci eravamo spacciati tutti per "troppo stanchi dopo il concerto di quella mattina", per poter scendere. Serata ideale per mettere in atto il piano. -Okey, quindi.. entriamo, facciamo un po' di casino, e con la scusa di una finta rissa amichevole, io finisco per strappargli un capello per sbaglio e me lo metto in tasca. E vedo di non perderlo, sennò Frank mi bacia.- Sospirò, facendosi coraggio e aprendo la porta.
I momenti successivi fuorono casino totale: bordelli di quel genere avevano fatto parte della band e delle nostre abitudini per anni e anni, finché non ci eravamo più o meno sistemati tutti e dovevamo almeno darci l'aria da uomini cresciuti. A tutti mancavano, e Gerard nemmeno si lamentò troppo quando Ray gli si precipitò addosso. Non che.. oddio, cioè, non in quel senso. Dio, no: era solo contento che fossimo tornati a farci due risate tutti insieme, come ai vecchi tempi..
-Frank, cazzo, schiavo, aiutami!- Urlò Gerard mentre Mikey gli solleticava la pancia e Ray gli scombinava i capelli, preparandosi già allo step successivo. Mi sentii anche un po' in colpa ad ingannarlo così, ma cazzo, dopo quella giornata avevo assodato che mi sentivo in colpa veramente per tutto, e quindi.. Quindi, nemmeno trovai una conclusione a quella stupida frase e mi lasciai trasportare. Mi precipitai anche io addosso a Gerard, che intanto urlava ed imprecava contro Ray per via del capello strappato, finalmente lo liberammo.. tutti meno me, che ero rimasto attaccato e non per mia volontà. Ancora affannato per via del solletico, cominciai anche a ridacchiare di nuovo quando sentii le sue labbra screpolate sul collo. La mia solita risatina dal tono un po' troppo alto..
-Wo, andateci piano finché siamo ancora qui!- Mikey si coprii gli occhi, andandosi a poggiare contro al muro.
-Le istruzioni per sta sera: se andate a letto, procuratevi l'iPod. Preferibilmente, andate a cena fuori.- Gerard sorrise ai ragazzi, poi tornò a guardare me, e sì, mi sorrise, ma in maniera completamente diversa. Di nuovo mi si avventò sul collo, e di nuovo cominciai a ridere. Diciamo che pensavo di aver capito il perché di quelle istruzioni, ecco.
-Mikey, tu prenota il ristorante. Io scappo!- Ray e Mikey, ridacchianti, si avviarono fuori dalla stanza. Apprezai il tentativo di limitare gli insulti (che poi, a dirla tutta, stavano sempre più diminuendo e non erano nemmeno propriamente insulti), ma continuavo a rendermi conto che probabilmente era ancora difficile per Mikey vedere il fratello in certi atteggiamenti. Ma così come lo sarebbe stato vederlo con una ragazza, poi. Insomma, non era niente di cui preoccuparsi. E sinceramente, con due/tre ore a disposizione, una camera d'albergo e Gerard Way tutto per me, non avevo intenzione di pensare troppo, quella sera.






*Esce dalla sua cortina di fumo* Ooooookey.. *si prepara ad essere lapidata*.. sì, ci ho messo quasi un mese.
Lo so.
Scusate? ç-ç Lo so, si tratta molto anche di responsabilità e blabalaba, potrei venirvi a raccontare quante cose mi stanno succedendo in questi giorni e nemmeno ci credereste.. per farvi capire, ho perso cinque chili senza diete e senza nemmeno troppo esercizio fisico solo per i nervi. Ecco. Spero renda l'idea.
Avevo la storia pronta, ma non mi piaceva.. sono fatta così. c:
Quindi praticamente saranno successe 3 cose in un capitolo che fanno ribaltare tutto quello che è successo in una storia e due capitoli precedenti, ma penso che questo non dia fastidio a nessuno, giusto!? MUHAHAHAHAH.
Il titolo è ispirato ad una frase di Pretty Little Liars, telefilm di cui sono dipendente.
Niente da dire, solo che.. ho l'impressione di perdere lettrici. Continuamente. Se ci siete, scrivetemi anche solo una stronzata di recensione.. non per numero o per lusinga personale.. potreste scrivere anche solo "Alpaca lillà" e sarei contenta così, giusto per sapere che ci siete. :c
E quindi, ecco tutto. Alla prossima, adesso, più in fretta che mai. c__c
<3

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Capitolo 4
*** 4. sugar, we're going down! ***


#LASML - 4 4. sugar, we're going down!





 -Non se ne parla. Io 'sta sera non esco.- Affondai la testa nel cuscino, godendomi la morbidezza delle lenzuola dopo essere stato steso sulla sabbia Hawaiana per più o meno due ore. Ancora bagnato e sporco di sale marino, stavo letteralmente dormendo ad occhi aperti. E poi, insomma.. chi diavolo aveva voglia di un'altra di quelle tipiche seratatine , cazzo.
-Devi essere davvero un genio, per non renderti conto che devi..- Pronunciò l'ultima parola quasi come se volesse obbligarmi a farmi alzare dal letto, ma, non riuscendoci, pensò "bene" di tirarmi per una gamba. -Frank, ci lasciano soli in vacanza per cinque giorni, poi tornano e tu non ti presenti. Antisgamo, davvero.- Sbuffò, arrendendosi finalmente sul piano fisico. Non c'era modo di smuovere un me a peso morto e morto anche di stanchezza. Prese un respiro profondo, probabilmente studiando un qualche altro modo di convincermi. Modo che, quando comincio a gattonare sul letto, pensava di aver trovato. -Frankie..- Miagolò al mio orecchio con un tono così ostentato che mi fece sorridere. La cosa più divertente era che nemmeno riuscivo a vederlo, a dire il vero: sentivo solo lo scricchiolio delle molle del letto, perché cavolo, non aveva più ventitrè anni. Mi abbracciò, nonostante fossi ancora bagnato e lui si fosse già lavato, asciugato e vestito. -Mi annoierei senza di te.- La buttò sul vittimismo, nonostante fossi ormai ben consapevole che lo faceva principalmente per non far sospettare nessuno di niente. -Daidaidai..-
-Ho mal di testa. Mi rompo.- Cercai di scrollarmelo un po' di dosso, prima di cedere. Sapevo che se non l'avessi fatto sarebbe cominciato tutto con una scopata lampo, sarebbe puntualmente continuato con qualche ultima predica, e sarebbe finito con me che, come al solito, cedo ed eseguo gli ordini. Schifo. Gerard si alzò, con fare tutto offeso. Incrociò le braccia e, grande troia, spostò tutto il peso sulla gamba destra e cominciò a picchiettare il piede a terra, con fare quasi da Ophra incazzata, o volendo, una qualsiasi diva del ghetto.
-Perfetto.- Si voltò, dandomi le spalle e appropriandosi del mio bagno, sbattendo la porta alle spalle. Sembravamo una coppietta di sposati nel pieno della crisi del settimo anno. "Non vuoi accompagnare le bimbe a danza!? perfetto". Solo dopo mi resi conto dell'evidente disfunzione in quella frase, dato il fatto che non avremmo mai potuto avere figlie se non per miracolo divino, ma era okay. Certo, non mi aspettavo che finisse così.. forse non era proprio gius.. no, cazzo. Stava funzionando. Di nuovo. Di nuovo stavo cedendo. Per l'ennesima volta, avrei fatto esattamente come voleva. Emily avrebbe capito, infondo. Ero stanco. E certo, avrebbe potuto replicare dicendo che "anche lei era stanca dopo ore di viaggio, ma ci teneva a vedermi, blablabla", e quasi mi spaventò il modo in cui quella frase risuonò nella mia testa, con la voce di Marge Simpson e non quella che effettivamente aveva Ems.
-Ehi, Gee!- Urlai, stretto da quel solito senso di ansia che mi prendeva quando se ne andava così. Probabilmente era andato in bagno solo perché era certo che sarebbe successo così e che lo avrei chiamato, altrimenti sarebbe potuto uscire e tornare in camera sua. E proabilmente, ora stava sorridendo, tutto soddisfatto come una padrona potrebbe esserlo nel vedere il suo Chihuahua dare la zampa.
-Sì?- Si affacciò dalla porta, senza uscire del tutto ma già con un piede oltre la soglia. Fece lo stesso identico sorriso compiaciuto che, proprio qualche secondo fa, stavo immaginando nella mia testa. Mi misi seduto all'indiana sul letto, reggendomi la testa tenendo una mano sotto il mento. Continuai a guardarlo un po', in silenzio.. solo quando mi resi conto che lo stavo fissando in maniera piuttosto inquietante, mi decisi a parlare.
-Ci vengo.- Sbuffai, mentre lui, al contrario, sembrò compiaciuto. Anche se, però, non mi andava di dargliela completamente vinta. Potevo comunque continuare a fare il cucciolo bastonato. Non smise un secondo di sorridere, avvicinandosi al letto. Ci salì allo stesso modo di prima, e, ora che riuscivo a vederlo, avrei cautamente ritirato tutte le insinuazioni sull'età.. se sole le avessi dette davvero. Trattenni il respiro, mentre lui cominciò a strusciare il volto contro il mio petto, e.. oddio. Oddio, oddio, oddio. Fui veramente tentato di mandare a quel paese anche l'intento di fare l'offeso, ma no, non potevo. -Smettila di fare la gatta in calore.- Gerard si allontanò di scatto, guardandomi con la stessa espressione simil-Ophra di prima. Avrei potuto scompisciarmi dal ridere solo per il modo in cui teneva un solo sopracciglio alzato e la bocca aperta.
-Come se non te lo facesse rizzare ogni volta.- Fece un sorrisetto da diciassettenne stronza e si allontanò di nuovo. Ironico come non me ne fossi nemmeno accorto.. probabilmente mi era sceso così tanto sangue alle parti basse che non ne era rimasto abbastanza per farlo arrivare al cervello. Ora ero bagnato, febbricitante e con una roccia fra le gambe. Bello. -Ci vediamo dopo.- Questa volta se ne andò sul serio, chiudendosi la porta alle spalle. Chiusi gli occhi e presi un respiro profondo, lasciandomi cadere nuovamente sul letto senza aver aconra ben capito come facesse a farmi quell'effetto. Cominciai a considerare l'opzione del lavarmi un po' più piacevole di prima, perché in effetti, una doccia fredda era proprio quello che mi serviva.



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Non c'era niente, niente, niente di più imbarazzante di quella situazione. Se prima era anche solo sopportabile, ora che sapevamo tutti la verità (meno Gerard ed Emily), era insopportabile stare anche solo nella stessa stanza di Lindsey. Io, Mikey e Ray non facevamo altro che lanciarci strane occhiate quando faceva un commento sulla bambina, perché cavolo. Era letteralmente incrdibile anche solo pensare che una persona potesse essere così falsa. Il modo in cui se ne stava abbracciata a lui, il modo in cui ogni tanto era costretto a baciarla, il modo in cui sembravano davvero una coppia normale e.. felice. Certe volte mi passava per la mente il dubbio che forse Gerard lo fosse davvero, con lei. Ma poi, ogni volta, smettevo di pensarci prima di ammazzarmi.
Ancora più insopportabile, poi, era il fatto che non c'era niente che potessimo fare. Cioè, non ancora. Conservavamo il capello di Gerard come fosse una reliquia, ma non c'era un maledetto modo di trovarne uno di Bandit. Non che ne avesse tanti, poi. Lindsey era stronza, acida, anche pazza, volendo, ma non era stupida: la bambina era a casa dei genitori di Gerard, un giorno prima che lo scoprissimo. Avremmo potuto benissimo chiederlo a sua madre, ma quando l'avevamo chiamata il giorno dopo, Bandit era già andata dai nonni materni. Furba, la stronza. Non ero mai stato così felice di piacere solo alle brave ragazze: insomma, solo il pensiero di trovare una tipa come Lindsey invece di Emily..
Fortunatamente, era finita anche quella. Ero finalmente a.. bhè, non casa. Casa non ancora, ma in effetti non avevo troppa fretta di tornarci. Ero in hotel, almeno. Per molti sarebbe stato il paradiso: ero in un hotel di quelli in cui ti porebbero anche pulire il culo, ad Honolulu e con una bella ragazza che mi era appena, letteralmente, saltata addosso. Che avevo fatto di bello per meritarmi tutto quello, io non lo sapevo. E ancora peggio era il fatto che non riuscissi veramente ad apprezzarlo. Mi presero i soliti cinque minuti, quindi mi alzai e mi avviai verso il balcone, nella speranza di trovare ancora le sigarette sullo stesso tavolino dove le avevo lasciate. Fortunatamente, le mie preghiere furono esaudite. Lasciai le ante aperte, così da far passare un po' d'aria, e mi sedetti con le gambe al petto. Rimasi a guardare il movimento delle onde per quasi dieci minuti: era quasi.. ipnotico. Rilassante. E tra un tiro e l'altro, con la santa nicotina che cominciava ad entrare in circolo, potevo dire di essere più rilassato in quel momento di quanto lo fossi stato negli ultimi tre mesi. Sentii improvvisamente dei passi, e se non fossi stato sicuro che fosse Emily, mi sarei quasi spaventato. Si sedette accanto a me senza dire una parola, nonostante ci fossimo guardati e scambiati un mezzo sorriso.
-Dobbiamo parlare.- Disse, ma non sembrava.. strana. Cioè, internamente sobbalzai: l'ultima volta che "qualcuno" mi aveva detto una cosa del genere, non era successo davvero niente di bello. E, sinceramente, a meno che non avesse scoperto tutti i nostri affari sottobanco, non c'era motivo perché fosse incazzata con me. Eccetto il continuo tradimento (cosa da niente, eh?), ero un fidanzato modello. Sul serio. Notò la mia espressione, e dunque sorrise. -Scusa, mi sarò espressa male..- Scosse il capo, e tirai, finalmente, un sospiro di sollievo. -Volevo dire.. ti va di parlare?- Me lo chiese quasi con timidezza, e anche se non avrei proprio voluto ed era ormai chiaro, quando faceva così..
-Certo.- Ricambiai il sorriso, voltandomi a guardarla e spegnendo la sigaretta nel posacenere alla mia sinistra.
-Di lui, dico. 'Sta sera eri tutto.. strano. Non lo so, se ti manca ancora.. cioè, puoi dirmelo. E' normale. Anche se non capisco perché dovrebbe mancarti una persona che da quanto ne so io, ti ha fatto solo male.. perché non.. perché non mi racconti un po' come vi siete conosciuti?- "Perché dovrebbe mancarti una persona che ti ha fatto solo del male". Quella frase racchiudeva un po' tutta la mia esistenza e una buona parte di quelle cose che molto spesso pensavo, ma non avevo mai il coraggio di dire (nemmeno mentalmente), perché sapevo che poi me ne sarei pentito. E poi, wo. Aggiornamento dell'ultimo minuto: Gerard non mi ha mai tradito e non mi hai mai fatto del male. Quasi mai, intendo. Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo, cercando di capire da dove partitre. Non è facile quando conosci qualcuno da praticamente dieci anni.
-Ti ricordi che.. io.. avevo quell'altro gruppo, prima di conoscerli?- Domandai, non cercando una vera risposta ma solo un cenno. Cenno che, muovendo ritmicamente il capo, mi diede. Era quasi una domanda retorica, tra l'altro: ero sicurissimo che lo sapesse. -Ecco.. insomma, quando sei un musicista del New Jersey e fai un certo tipo di musica, bene o male, conosci tutti gli altri che fanno la stessa cosa, no?- Cominciai a giocherellare con le mie stesse mani, cercando consenso con quello stupido intercalare alla fine.. come mi succedeva ogni santissima volta che ero nervoso. -Ecco.. insomma, c'era un tizio che organizzava feste del genere, ed io vedevo Gerard ogni santissima volta. Non gliel'ho mai detto perché.. perché un po' mi sentivo strano a guardarlo senza andargli a parlare, anche se ho sempre pensato che fosse bellissimo. Ancora oggi mi sembra strano, insomma.. ho passato quattro mesi a fissarlo ogni volta che ci capitava di stare nella stessa stanza e non so come, davvero, ma non ci ha mai fatto caso..- Sospirai, facendo una breve pausa. -Ogni volta mi dicevo: "Oggi gli parlo, oggi gli parlo, oggi gli parlo".. e puntualmente non lo facevo mai. E non l'avrei mai fatto, se un giorno Ray non mi fosse venuto vicino.- Sorrisi, pensando alla scena. -Non sapevo nemmeno che fosse nel suo stesso gruppo, quindi.. quando mi chiese "Ehi, ti va di venire a suonare con noi? Ci serve un secondo chitarrista", io accettai semplicemente perché infondo mi ero scocciato di stare in un gruppo che non andava da nessuna parte.- Presi un respiro profondo, cercando di scacciare il litigio che ebbi con i ragazzi quando gli dissi che me ne andavo. Non avevo mai avuto lividi così grossi. -Due giorni dopo c'erano le prove, ed io, cazzo, pensai che era davvero tutto fighissimo.. poi mi ritrovai davanti al "ragazzo-con-i-capelli-neri", come lo chiamavo, e pensai di morire. Cioè, insomma, se non è destino questo.- Mi strinsi nelle spalle, osservando il modo in cui sorrideva. -Emily, se ti scocci.. dimmelo, sul serio, ti capisco.. io..- Mi interruppe, poggiandomi un dito sulle labbra.
-Ascolto i problemi di gente che nemmeno conosco dalla mattina alla sera.. figuriamoci se non mi importa dei tuoi.- Rimasi quasi incantato dall'alone di profumo che si propagò nell'aria quando si districò un po' i capelli, ma poi riuscii finalmente a parlare di nuovo.
-Okey, e quindi.. mi ricordo ancora che la prima volta che lo vidi, disegnava. Ero arrivato in anticipo, e.. c'era solo lui, in casa. Mikey era andato a prendere Ray e Matt, ed io.. cazzo. Da completi sconosciuti, ora ero in camera sua. Mi ricordo che la prima cosa che mi disse fu: "Per quanto ne so, potresti essere una specie di ladro che cerca di infiltrarsi in casa mia con la scusa del chitarrista. Non ti ho mai visto in vita mia, ma se sei davvero tu, sei un tipo figo.- Sorrisi e scossi il capo, pensando che quelle furono davvero le prime cose che sentii dire dalla sua voce. -Poi, siccome avevamo la casa libera, dopo le prove organizzammo una specie di festino fra noi cinque, e.. finimmo a giocare a verità o sfida da ubriachi fradici. E quindi.. ti lascio.. ti lascio immaginare com'è finita. Il mattino dopo, Mikey si era svegliato con un cappello che non aveva mai visto, Ray era collassato sul divano, Matt in giardino ed io ero nudo nel letto del ragazzo che qualche giorno prima osservavo da lontano.- Mi presi il volto fra le mani, ancora non troppo convinto che Emily volesse davvero sentire quella la storiella della buona notte. Quando la guardai in volto, però, notai che era sinceramente ineterssata: insomma, quella ragazza non sapeva mentire, e se lo sembrava, lo era. -E a dirla tutta, andò avanti così per molto tempo. Tutti alzavamo un po' il gomito, ma Gerard ci andava giù pesante. E qualcuno che lo conosce bene, sa che ha avuto problemi di.. di depressione. Che poi l'hanno portato all'alcolismo e la droga. Insomma, se finivamo a letto..- Sospirai, ripensando a tutte quelle volte che mi ero svegliato e mi ero sentito dire che "era solo la sbronza". -..La colpa era sempre dell'alcool. E faceva comodo ad entrambi, perché.. lui aveva paura dei sentimenti, io avevo paura di non essere etero.-
-Dev'essere stato un vero inferno.- Constatò, mordendosi il labbro e continuando a guardarmi, aspettando il continuo di quel telefilm a puntate.
-Poi.. il problema si fece davvero grave. In un primo momento, Gerard che beveva, era solo Gerard che beveva. Ma Gerard suicida, non era cosa da poco. Ed io continuavo a fare sempre il possibile, ma non ne potevo più..- Sospirai, cercando di non mettermi a piangere. Anche se, nel farlo, tirai su con il naso, cosa che rese cento volte più evidente il fatto che stavo per scoppiare. -Mi ricordo che una sera mi chiamò e mi disse: "Tienimi compagnia, altrimenti è la volta buona che mi ammazzo". Ed io non lo lasciai nemmeno un secondo. Presi l'autobus all'una di notte e andai dall'altro lato della città, rimanendo sempre a telefono perché.. perché avevo paura. Avevo paura di perderlo, e quella fu un po' la prima volta che me ne resi davvero conto. Poi mi ricordo che dormimmo insieme, ma senza.. senza fare "qualcosa".- Mimai le virgolette per non scendere nel dettaglio. -Dormimmo e basta. E lui non era nemmeno ubriaco, però si fece abbracciare. Gerard è sempre stato un tipo.. solo. Perché sperava sempre di contare su sé stesso, senza rendersi conto che certe volte non bastava. Come quando prese quel maledetto Xanax per la prima volta.. disse che avrebbe smesso quando voleva e senza l'aiuto di nessuno, ma non si rese conto che in effetti non era così.- Abbassai il capo, cercando di cambiare argomento. -Comunque, alla fine lo convincemmo ad andare in riabilitazione e adesso sta bene. Ha davvero chiuso con quella roba. I veri problemi fra noi due, però, sono cominciati proprio quando è tornato pulito..- Mi concesi una breve pausa, facendo mente locale. -Ora che non c'era più la scusa dell'alcool, se lo facevamo era solo perché lo volevamo, non perché c'era qualche sostanza ad imporcelo.- La guardai, assicurandomi che non si fosse addormentata. -Hai presente "Amici di letto".. con Mila Kunis?- Cercai di trattenermi dal dire "con quella grande gnocca di Mila Kunis", e mi ricordai di quella volta che Gerard che lo fece vedere nel tour bus. -Ecco. Alla fine i due tipi si innamorano, no? perché è ovvio. C'è l'amore a prima vista, l'amore che nasce dall'amicizia, e poi c'è chi come noi si innamora scopando. Non è la cosa più romantica al mondo, ma è così. Ci si piace, si va a letto insieme, poi diventa un'abitudine e.. alla fine ti ritrovi ad importartene così tanto di una persona, che nemmeno ti rendi conto di come sia successo.- Diedi un veloce sguardo al cielo stellato, riscaldandomi le braccia con le mani. Ma stavo davvero parlando della mia storia con Gerard ad Emily? -Insomma, poi.. è stato sempre pieno di litigi, da quel momento in poi. Ma alla fine, andava sempre tutto bene. Ed io, a dirla tutta, cominciavo a prendere in considerazione l'idea di dirgli che lo amavo, perché, insomma.. ormai era chiaro che mi piacevano anche i ragazzi, non c'era più molto di cui vergognarsi. Poi, volendo fare un salto.. arriva il deumilasette. Projekt Revolution.- Sorrisi, ripensando a quanto fossimo liberi in quegli anni. -Ecco, lì conobbe.. conobbe Lindsey. E nonostante io fossi sicuro di piacergli, poi.. cominciarono a vedersi, e.. quando li beccai a baciarsi dietro le quinte, fu forse il momento più brutto di sempre. Cioè, io..- Mi interruppe un secondo.
-Vedi!? sei mai stato veramente bene con lui?- Puntualizzò, quasi come se volesse farmi rendere conto di qualcosa che, ormai, già sapevo benissimo. Il problema era che lei.. lei non sapeva. Non sapeva niente di quanto mi faceva stare bene. Vedeva solo il lato cattivo di lui, perché.. forse era anche un po' condizionata dall'immagine del ragazzo che sarà sempre un posto sopra di lei.
-Ems, io.. se volessi raccontarmi tutto il bene che mi ha fatto, forse potrei parlare la nottata intera.- Guardai a terra, sorridendo malinconico. -Comunque, dicevo.. è stato lì che ho cominciato a fare.. tutte quelle robe sul palco..- Per poco non arrossii al solo pensiero che era pieno di video di me in atteggiamenti "molto espliciti" con Gerard. Certe volte mi chiedevo, se avessi avuto figli o cosa, che diavolo avrebbero pensato quando un giorno sarebbero andati a vederli.
-Io una volta ne ho visto uno su youtube!- Scoppiò a ridere, confermando il mio timore. Ma che cavolo mi aspettavo, infondo. Mille telecamere a concerto, ed ero davvero così cieco da pensare che nessuno stesse a riprendere? e davvero così stupido da essere convinto che nessuno volesse vedere? -Cioè, a dire il vero me l'hanno fatto vedere delle amiche quando avevano saputo che mi stavo vedendo con te..- Sorrise, scuotendo il capo. -A quanto pare ero l'unica a non conoscerti..- Mi guardò, facendomi sorridere senza nessun vero motivo.
-Bhè, ma a dire il vero lo facevo quasi per far capire agli altri che in un certo senso, era mio. Poi mi ricordo quando un giorno mi spinse via e dietro le quinte mi disse: "Che cazzo fai!? La settimana prossima mi sposo", e mi ricordo che, pur essendo in tour, non ci parlammo per due mesi.. se non di questioni strettamente legate al gruppo, ovvio. Lo odiavo. Cioè, lo odiavo perché mi aveva illuso. Non era nemmeno un vero odio, alla fine..- Sospirai, rendendomi conto che quello era il momento appropriato di fare un "salto nel tempo". -Ecco.. poi, in realtà, fino all'inizio delle registrazioni dell'album nuovo, andò tutto bene. Tutto tranquillo. Nemmeno un abbraccio, ma era meglio per entrambi.. E insomma, poi, non appena ci ritrovammo soli a registrare, perché.. perché Lindsey era in tour, mi saltò addosso e mi disse che gli ero mancato. E fino a quando ti ho conosciuta, è andato sempre tutto a merda. Cioè, avevamo ripreso ad andare a letto insieme nonostante fosse sposato, non mi dava mai una spiegazione, Ray e Mikey ci scoprirono dopo poco, e.. e quando ti ho incontrata ero al limite. Mi dispiace davvero per quello che è successo la prima volta, ma se hai colto davvero qualcosa da tutta questa storia, insomma, devi capirmi.- Mi strinsi nelle spalle, osservando la sua espressione stranamente calma. -E niente. Siamo stati insieme finché lui non l'ha messa incinta e mi ha un po' rovinato la vita. Fine? lo scopriremo nella prossima puntata!- Sorrisi, strappando una risata anche a lei.
-Non ho mai conosciuto qualcuno innamorato come te..- Guardò distrattamente la spiaggia, perdendosi con lo sguardo chissà dove. La fissai, e fissai il modo in cui le sue ciglia sbattevano, il modo in cui la luna illuminava i suoi capelli rossi, e.. oddio. Mi sentii quasi male a mentirle. Ma non potevo. Non potevo dirle che forse Bandit non era sua figlia. Non in quel momento.
-Già, nemmeno io..- Mi limitai a rispondere, solito sorrisetto dolce-amaro in volto, nonostante il miliardo di cose che mi passavano per la testa.









Okey, salve beluischime! (?)
Ho fatto in fretta e non so nemmeno come.
E' un capitolo inutile, ma mi frullava in testa da troppo. c:
Il titolo è preso da "Sugar, we're going down" dei Fall Out Boy, e non chiedetemi perché ce l'abbia messo, è solo che mi piace troppo la canzone. LOL.
Alla prossima! :D

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Capitolo 5
*** 5. what a shame that your girlfriend is such a whore ***


#LASML - 5 5. what a shame that your girlfriend is such a whore







-Merda.- Borbottai per la quarantaduesima volta, continuando a camminare nervosamente avanti ed indietro per la camera. Era una situazione letteralmente assurda. Resto bloccato in una stanza? e puntualmente, succede con la persona che odio di più al mondo. Figo. Figo davvero. Lindsey mi guardò, sbuffando mentre metteva a soqquadro l'intera camera da letto, come se cercasse le chiavi nonostante fossero rimaste letteralmente "appese" dall'altro lato della serratura.
-Se tu la smettessi di imprecare, Frank, e provassi a cercare un modo di uscire, forse non saremmo ancora qui!- E se tu la smettessi di cercare fra le lenzuola come se ci fosse anche solo una remota probabilità di farle materializzare lì, beh, allora forse avremmo già trovato una soluzione. Stronza. Mi fermai, poggiandomi contro il muro. L'avevo detto a Gerard: "Dammi le chiavi, vado da solo, non c'è problema!". E lui, convintissimo, era tipo: "Fidati, la nostra serratura è un casino, blablabla!". Come se alla tenera età di ventinove anni non fossi capace di aprire una porta, prendere un maledetto spartito e tornare.
-Sai cosa odio di te, Lindsey?- Le sorrisi "amorevolmente", e lei si girò verso di me come un condor si girerebbe dopo aver sentito puzza di morto. Mi fece lo stesso identico movimento che, di tanto in tanto, faceva anche Gerard con le sopracciglia. -Il fatto che prima fai qualche guaio, poi te la prendi con chiunque altro. La prossima volta non sbattere la porta, principessa.- Mi sorpresi di quanto risultò acida quella frase, ma in effetti non avevo proprio tempo o voglia di fare il galantuomo. Si voltò di nuovo, continuando a sbuffare mentre armeggiava con i cassetti del comodino.
-Senti, mettiamoci un secondo l'anima in pace e rendiamoci conto che se continuiamo così, non ne usciamo più.- Si sedette a letto, lasciando stare momentaneamente ogni cosa e fissandomi con uno sguardo che avrebbe fatto impallidire il muro dietro di me. Non aveva tutti i torti, però. Si trattava più o meno di collaborare per dieci minuti per trovare una soluzione e poi continuare ad odiarsi per una vita intera. Per me, sinceramente, andava bene così. Le feci un cenno con il capo, quasi a dire "ti ascolto". E lei, senza nessun vero motivo, mi sorrise. -Hai il cellulare?- Oh, bhè, cazzo, se questa era la sua idea di collaborazione allora eravamo davvero messi male. Insomma, se avessi avuto il telefono avrei già chiamato qualcuno. Anzi, diciamo che se avessi avuto il cellulare, avrei chiamato Ray e lo avrei obbligato ad andare a cercare gli spartiti al posto mio.
-Ma certo che ho un cellulare!- Cominciai, sarcastico. -Chi non si porta il telefono per fare cinque metrial chiuso?- Mi strinsi nelle spalle, gesticolando. Okey, okey, calma. Collaborazione. Collaborazione e maturità. Momento da adulti.
-Avremmo il telefono della reception, ma i cavi sono rotti.- Si lasciò cadere all'indietro, frustrata probabilmente quanto me. Si prese il volto fra le mani, riflettendo. O meglio, pensavo che lo stesse facendo, almeno. Infondo non la conoscevo così bene da provare ad interpretare quello che faceva, e fortunatamente, mai l'avrei fatto. Scattò di nuovo in piedi in una frazione di secondo, e fui anche quasi sicuro di essermi perso il momento in cui era passata da "cadavere sconsolato" a "Usain Bolt". -Cerca di tenere i fili insieme, invece di star lì a fare la fotosintesi.- Scosse il capo, recuperando il telefono dal cassetto e attaccando la spina.
-Cioè, mi dovrei mettere lì a terra e dovrei tenere insieme due fili che ormai sono completamente staccati fra loro?- La guardai con gli occhi sgranati, rendendomi conto che o era ingenua, o cominciava ad avere le traveggole in stile terza puntata di Lost. -Per favore, isengami ad avere delle deduzioni birllanti come le tue!- Sbuffai, affacciandomi piuttosto dal balcone alla ricerca di qualcuno a cui chiedere aiuto. In un qualsiasi modo.
-Dio santo, poi ti lamenti se la gente preferisce qualcun'altro a te.- Sapevo perfettamente cosa intendeva con "qualcun'altro". "Qualcun'altro" era chiaramente Gerard, e lei era indubbiamente una grandissima troia. Non c'era alcun motivo di metterlo in mezzo, eppure il colpo basso non se lo faceva mai mancare. Da tutti i gesti più pazzeschi che pian piano venivano a galla, fin'anche alle stronzate come una semplice conversazione. Come se io parlassi con lei come parlavo con lui, poi.
-Hai ragione. Dev'essere uno spasso stare con una strega come te. Sicuramente sarà stata una sua decisione autonoma, di certo non l'hai per niente incastrato con un finto bambino che non è nemmeno suo!- Se ci fosse stato un rilevatore di sarcasmo nell'aria, sarebbe già esploso in mille pezzi. Volevo uscire, e lo volevo all'istante. Prima di cadere di nuovo in quel cazzo di discorso. A costo di dovermi mettere ad urlare e..
-Ehi ragazzi, vi ci vuole così tanto a cercare un foglio?- Fortunatamente, la voce di qualche tono più alta di Ray ci interruppe, ed entrambi ci voltammo di scatto verso di lui. Probabilmente avremmo sentito le chiavi girare nella serratura e avremmo potuto tirare un sospiro di sollievo se solo l'avessimo sentito, ma eravamo troppo occupati a darci addosso. L'arpia sbraitò un casualissimo "alleluja", uscendo dalla stanza senza nemmeno ringraziare quel povero santone di Ray. Aspettai che chiudesse la porta (perché questa volta, fortunatamente, Ray aveva le chiavi fra le mani) e poi lo ringraziai.
-Che Dio ti benedica, sul serio.- Gli diedi una pacca sulla spalla, e lui si mise in tasca le chiavi, capendo già che, con la testa che mi ritrovavo in quel periodo, le avrei perse di nuovo. Sospirai, rendendomi conto che comunque non avevo nemmeno idea di dove fossero gli spartiti che mi aveva chiesto Gerard. -Mettiamoci all'opera..- Mi guardai intorno, controllando per primo il posto più ovvio: la sua valigia. Dal modo in cui Ray mi guardò, sembrò la persona più imbarazzata al mondo: okay, forse glielo dovevo. Anche io mi sarei sentito piuttosto a disagio a controllare i suoi bagagli, se non avessimo praticamente già condiviso tutto. -Ehi, tu controlla i cassetti, qui me la vedo io.- Tirò un sospiro di sollievo, avvicinandosi al comodino.
-Umh.. perché urlavi?- Domandò, tenendo la testa bassa come faceva ogni santissima volta che si sentiva in dovere di farmi una di quelle domande che avrebbe volentieri evitato. Alzai la valigia con lo scatto più veloce che riuscii a fare e la poggiai (buttai) sul letto, sedendomi con le gambe incrociate mentre continuavo a pensare a cosa cavolo gli avrei dovuto dire. -Ehi?- Domandò di nuovo, schioccandomi le dita davanti agli occhi per risvegliarmi da quella specie di trance in cui ero caudto. Scossi il capo, cominciando ad aprire la cerniera che teneva pericolosamente insieme le due parti pronte ad esplodere.
-Nulla, è che.. la odio.- Sbuffai, trovandomi davanti a strati e strati di vestiti appallottolati. Mi passai le mani fra i capelli e poi decisi di fargli il favore di mettere un minimo di ordine.. per quel che potevo. -E mi sembra assurdo che sappiamo praticamente tutti che non è sua figlia e non c'è modo di dimostrarlo.. quasi quasi mi arrendo.- Ripiegai le prime due magliette e le poggiai di lato, continuando a scavare verso il fondo dove di solito teneva quaderni, fogli, disegni, ogni genere di pezzo di carta che si possa mai immaginare.
-No.- Okey, lo ringraziavo davvero per il sostegno, ma infondo che gli importava? cioè, saremmo tutti andati avanti così come facevamo ogni giorno, e alla fine non sarebbe cambiato niente per nessuno. Nessuno eccetto me. -Andiamo, secondo me non avrebbe mai bruciato quel foglio se non ne avesse avuta una copia.- Disse, come se fosse cosa da poco. Scattai immediatamente ad ascoltarlo.
-Che.. che vuoi dire?- La piantai per un secondo di fare la bella lavanderina e misi le magliette sistemate in valigia prima di chiuderla, dato che Ray sembrava aver trovato quel che cercavamo. Si sedette accanto a me, giocando nervosamente con i pollici, e in quella frazione di secondo, continuavo a non riuscire a smettere di pensare a quanto la mia vita stesse diventando peggio di una puntata di Beautiful mista ad una canzone di Taylor Swift.
-Voglio dire che per me, da qualche parte, ci dev'essere una copia. E già che siamo qui..- Si alzò nuovamente, stringendosi nelle spalle e facendomi cenno di seguirlo. Mi tremavano un po' le gambe, ma mi alzai ugualmente, fermandomi di scatto nel bel mezzo della stanza, accanto a Ray. -Un posto dove un uomo non metterebbe mai le mani.- Aggrottò le sopracciglia, pensando. Possibile che fossero tutti in grado di avere una trovata geniale tranne me?
-Il contenitore degli assorbenti.- E se questa doveva essere la mia, suonò piuttosto come uno scherzo, anche in realtà non volevo intenderlo in quel modo. L'ultima volta che mi ero trovato (per sbaglio) faccia a faccia con i Lines di Emily, avevo avuto quasi un mezzo attacco di panico a pensare che.. che quello andava.. e che da lì.. okey. Ray sbuffò per la mia poca serietà, e in effetti avrei dovuto pensarci prima di dire una cagata del genere: perché mettere un test del DNA fra gli assorbenti?
-La borsa, idiota.- Riuscii comunque a fargli fare almeno un sorriso, mentre pian piano si avvicinava alla borsa di Lindsey. In effetti era sempre un po' strana quando la portava con sé: una volta pensava di averla persa, e tutti le avevamo chiesto cosa c'era di tanto importante per andare così in paranoia.. ma lei non aveva risposto. E, quando Ray mi porse trionfalmente la una cartellina gialla praticamente uguale a quella che aveva bruciato davanti a me e Mikey la settimana prima, non riuscii a trattenere uno di quegli urletti da checca che mi salivano di tanto in tanto dal profondo delle palle.
-Vale la stessa politica del bacio della settimana scorsa, come premio.- Ridacchiò, scuotendo il capo mentre allargava in maniera piuttosto imbarazzata le braccia. Ray certe volte mi ricordava un facocero. Non come offesa, ma per il modo in cui si muoveva. Sembrava sempre a disagio, per qualche mistica ragione. O forse era solo l'abbracciare una checca che lo metteva così in imbarazzo.. non che potessi fare un paragone con la self-confidence di un facocero, non conoscendone uno di persona, ma.. Frank, smettila di farti le tue seghe mentali, abbraccialo e basta. Il calore delle sue braccia era familiare, ma diverso. Gli diedi qualche pacca sulla schiena, e poi ci separammo, e da lì in poi, fu tutto un concerto di "umh", colpi di tosse e "meglio se andiamo".



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-Sai Gee, ho dovuto passare mezz'ora chiuso in camera con la tua fidanzata.- Esordii, non appena fui abbastanza vicino al posto che occupava nella deserta hall dell'albergo. Quasi gli gettai il foglio sulle gambe, e lui, un po' stordito e confuso, mi guardò, aggrottando le sopracciglia mentre prendeva fra le mani lo spartito. O meglio, "spartito"..solo Ray aveva imparato a leggere le note, e aveva dimenticato come farlo da più o meno otto anni. Erano più che altro note scritte, direttamente da quei trip mentali che aveva Gerard di tanto in tanto.
-Eh?- Fu tutto quello che riuscì ad articolare, anche dopo una frase così chiara. Non ce l'avevo con lui, ma ovviamente se non avesse costretto Lindsey ad accompagnarmi, non sarei mai stato così stupido da sbattere la porta con le chiavi dall'altro lato della serratura. Sembrava quasi assonnato.. come se si fosse fatto un pisolino nel bel mezzo di una hall. Alle sei del pomeriggio. Sbadigliò, confermando la mia teoria.
-Praticamente ha sbattuto la porta e ci ha chiusi in camera.- Mi sedetti sul lunghissimo divano ricoperto di stoffa rossa, e faceva quasi impressione vedere noi due, seduti il più vicino possibile e tutti quegli altri posti vuoti, nonostante a quell'ora ci fosse sempre qualcuno. Diedi un veloce sguardo alla reception, eppure non c'era nessuno; o erano morti tutti, o ero andato avanti nel tempo fino alla fine del mondo.. Il che sarebbe stato piuttosto figo. Poggiai la testa sulla sua spalla, quasi di riflesso. -Perché non c'è nessuno?- Sospirai, sguardo un po' perso nei quadri che guarnivano il muro che mi si presentava di fronte.
-Festa nazionale. Di quelle piene di tiki, collane di fiori e alcolici.- Disse, tutto preso da quel mistico foglio che per poco non mi aveva causato l'esaurimento nervoso.
-E tu non sei lì?- Domandai, stupito. I tiki, le collane di fiori e gli alcolici erano più o meno tutto quello in cui Gerard sguazzava. Si voltò di quel millimetro che bastava per sorridermi, e per una frazione di secondo, probabilmente la punta del suo naso sfiorò quella del mio. Sorrisi di riflesso, mentre lui tornò con lo sguardo sui fogli, distogliendosi solo di tanto in tanto e fermandosi a fissare il vuoto.
-E com'è andata con Lindsey?- Piegò distrattamente il foglio in più parti, aggiustandosi sul divano in maniera così brusca che praticamente, mi sentii come se mi volesse scrollare via dalla sua spalla. Feci uno strano versetto non meglio identificato, sia per il mancato appoggio, sia per la domanda piuttosto scomoda.
-Una tragedia. La odio.- Sbottai, riportando alla mente quello che mi aveva detto prima.
-E non le hai nemmeno sbattuto un pesce in faccia?- Mi domandò fra uno sbadiglio e l'altro, ed io scoppiai a ridere per il lampante doppiosenso del quale, probabilmente, non si era nemmeno accorto. Aggrottò le sopracciglia, e avrei sinceramente voluto dargli una risposta, se solo avessi avuto una bocca per ridere ed una per parlare. Mi stropicciai gli occhi, e lentamente, la risata svanì.
-Gerard, il.. il doppiosenso.- Ripresi a ridere, e lui mi diede un buffetto dietro al collo nonostante fosse lui il re di queste cose, solitamente. Incrociò le bracci al petto, ma dopo un po' ripetè sottovoce la frase e scoppiò a ridere anche lui. Di tanto in tanto cercava di articolare uno scherzoso "ti odio!" fra un respiro affannoso e l'altro, ma i risultati furono più che altro  simili a "ti.. odhskfwe".
-Non è colpa mia, l'unico canale che prendeva ieri sera mentre non c'era nemmeno Lindsey, era un canale di cartoni russi.- Si strinse nelle spalle, e inizialmente non capii che cosa volesse intendere. -E.. c'era.. c'era uno scogliattolo che schiaffeggiava una giraffa con una sogliola, e.. oddio.- Riprese a ridere, ripetendo convulsamente e allo stesso modo del "ti odio" di prima la parola "pesce". Pian piano si calmò anche lui, e della mia risata erano, ormai da tempo, rimasti solo dei piccoli colpi di tosse. -Nah, il tipo di pesce che intendi tu gliel'avrei sbattuto da qualche altra parte, credimi.- Mi fece un sorrisetto malizioso, senza probabilmente metabolizzare il fatto che aveva appena parlato di quanto voleva scoparsi una in presenza del suo fidanzato.
-Vaffanculo.- Borbottai, voltandomi a sinistra a fissare un tavolino che avevano costretto lì nell'angolo.
-Non sai scherzare.- Poggiò il mento nel mio incavo del collo, cingendomi i fianchi. Fui tentato di tirarmi indietro per due motivi: per fare l'offeso da brava checca che ero, e perché la sua guancia un po' ruvida per via della "barba" ormai trascurata da quattro giorno, pungeva da morire. -Lo sai che non mi piace nemmeno fisicamente.- Chiusi gli occhi, cercando di ignorare il cuore che per poco non mi saltò fuori dal petto e di ignorare il suo fiato caldo e al sapore di menta. Mi morse improvvisamente il lobo dell'orecchio, dopo più o meno due interi minuti di silenzio, e per poco non urlai: non per il dolore, ma per la cazzo di paura che mi fece prendere.
-Vai. a. fare. in. culo.- Dissi di nuovo, scandendo come meglio potevo ogni parola. -Non ti importa niente di me.- Okey, non mi aveva tradito, ma.. mi dava fastidio l'idea che potesse piacergli Lindsey. Come se, passando il tempo con lei, avesse trovato il modo di apprezzarla più di me. -Perché non mi lasci stare e te la sposi? rompipalle.- Ecco fatto.. avevo fatto la mia scenata da ragazzina gelosa.
-Mi farò perdonare.- Sussurrò, facendomi di nuovo congelare. -Vieni all'una in spiaggia. Di notte.- Mi baciò poco sotto l'orecchio, e, a dire il vero, rimanemmo così per un bel po'.







Umh, salve. <3
Allora, non ho proprio molto da dire (?)
Il titolo è una frase modificata a convenienza di "I write sins non tragedies", quindi boh c':
Questo capitolo non mi piace, sta di fatto che io sto letteralmente impazzendo fra tesina e storia, e mi vedete che su una pagina di word, parlo dello sterminio di sei milioni di ebrei, sull'altra parlo di checche e troie isteriche, quindi.. vi lascio immaginare. :'3
E niente, al prossimo!
PS: vedrò di postare in linea di massima ogni cinque/sei giorni -w- <3



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Capitolo 6
*** 6. every second i'm without you, i'm a mess ***


#LASML - 6 6. every second i'm without you, i'm a mess.




-Certo che è ridicolo il modo in cui si riesce a notare quando Frank ha scopato.- E in effetti, Ray in quel momento non aveva tutti i torti. Abbassai lo sguardo sul cappuccino che avevo davanti, e continuai a girare il cucchiaino nonostante non ci avessi nemmeno aggiunto dello zucchero. Cercai in tutti i modi di non arrossire, continuando ad osservare furtivamente Ray, che intanto aveva ricevuto una gomitata sul baccio da Mikey. -Ahia, che c'è!?- Si lamentò, alzando la voce di almeno cinque toni e massaggiandosi la parte dolorante del braccio.
-E' già abbastanza ovvio, preferirei non ricevere aggiornamenti sulla vita sessuale di mio fratello.- Mikey sbuffò, finendo una tazzina di caffè in un solo sorso. In effetti, era imbarazzante anche per me. E ora avevo capito perché aveva detto che sarebbe arrivato mezz'oretta dopo, lo stronzo. La parte imbarazzante la lasciava tutta a me, nonostante fosse stata una sua idea.
-Ma chi ti dice che fosse necessariamente lui?- Ray si strinse nelle spalle, continuando a guardare Way Junior con la solita espressione contrariata. Come se non fosse abbastanza ovvio, tra l'altro. C'è sempre una netta differenza fra l'andare a letto con qualcuno che si ama e l'andarci con qualcuno al quale si vuole solo bene, e quel giorno, era ancora più pronunciata. Non la smettevo più di ridere, arrossivo, e poi.. ero contento. Perché lo volevo, e non era solo parte di una recita per non far insospettire Emily o il puro bisogno fisico di quando non lo vedevo per mesi.
-Perché quando lo fa con Emily non è così checca.- Forse mi sarei dovuto offendere, ma invece, presi semplicemente a ridacchiare: il modo in cui era riuscito a sintetizzare in una semplice frase tutti quei pensieri che non avevano fatto altro che tormentarmi per l'intera nottata, era quasi ridicolo. Continuai a tenere gli occhi sempre bassi, così da evitare troppo contatto, e mi resi conto di quanto fosse suoanta femminile la mia risata. Non che mi desse fastidio guardarli, ma semplicemente, non riuscivo a smettere di avere flashback della sera prima.
Era tutto cominciato quando, a cena, Gerard mi aveva detto di ordinare la stessa cosa che aveva ordinato lui. In un primo momento non capii il vero motivo, eppure lo feci lo stesso.. e tanto sapevo che in un certo senso, era qualcosa di collegato a qualsiasi cosa stesse organizzando. Proprio prima di andare a quella celebrazione in centro (e non abbiamo mai nemmeno capito cosa avessero da celebrare) della quale avevamo parlato nel pomeriggio, poi, disse di sentirsi male e di voler tornare a casa. Ed io rimasi lì, insieme a Mikey, Ray e le ragazze finché, verso l'una, non ricevetti un messaggio. "Se ti chiedono chi ti ha scritto, ovviamente non dire che sono io. Di' che ti senti male e torna.. dove ti ho detto io. Poi.. non lo so, ho pensato che potremmo dare la colpa a qualcosa che abbiamo mangiato, che infondo a cena abbiamo ordinato lo stesso, no?". E lì cominciai ad apprezzare per la prima volta il fatto che, quando serviva, riusciva a mentire davvero troppo bene. Tornai in albergo. O meglio, in spiaggia. Non c'era nessuno, perché a quanto pareva, erano tutti troppo presi dalla festa in centro, che intanto, non era ancora finita. Mi sedetti accanto a Gerard, e quasi automaticamente, cominciò a scusarsi con uno di quei tipici discorsi strappalacrime. La cosa più divertente era che non ero nemmeno così tanto offeso, infondo.. eppure, lo "perdonai" lo stesso. Non che avessi scelta, infondo: già ero uno debole di mio, figuriamoci come avrei potuto tenere testa a qualcuno che si impegna così tanto anche solo per farmi una sorpresa. Probabilmente non sarei riuscito a concepire nemmeno metà di tutto quello che aveva pensato lui.. per cosa, poi? per stare un'oretta soli. Rimanemmo a guardare i fuochi d'artificio che provenivano dalla città, e già fra un bacio e l'altro, avevo capito che cosa intendeva con "ti accompagno in camera". E, insomma, ci chiudemmo a chiave e..
-Frank, sei fra noi?- ..E come al solito tagliarono il filo dei miei pensieri sempre sul più bello. Certo, in effetti doveva essere un'immagine piuttosto strana: le guance rosse senza nessun motivo apparente, sguardo basso, un sorrisone.. -Insomma, se quel cappuccino ti rende così felice da sorridergli per cinque minuti interi, cercheremo di andare avanti e farcene una ragione.- Alzai di scatto la testa, ridacchiando, questa volta non per dei ricordi, ma perché effettivamente poteva sembrare che stessi sorridendo ad una tazzina.
-Tranquillo, credo che riuscirò ad accettare il fatto di dovergli fare del male!- Gli mostrai il pollice in segno di "ok", bevenolo prima che si facesse più ghicciato di quanto già non fosse. A quanto pare avevo un sorriso che scaldava il cuore, a detta di molti, ma non ero capace di scaldare un cazzo di cappuccino.
-Amico, hai fatto la cosa giusta. Era ora di lasciarlo andare.- Ridacchiò Mikey, asciugandosi una finta lacrima. Ricambiai con un sorriso, e improvvisamente calò il silenzio. Vidi entrambi guardare qualcosa alle mie spalle, che di solito non era mai nulla di buono, dato che l'ultima volta che lo avevano fatto per poco non mi era preso un mezzo infarto per via del "buh" di Gerard. Prima che potessi voltarmi, però, sentii delle mani un po' familiari e fredde premute sui miei occhi. Le unghie mangiucchiate e l'odore tipico di sigarette erano inconfondibili, e non riuscii a trattenere un sorriso.
-Gerard, non siamo un po' cresciutelli per questi scherzi?- Gli presi le mani, spostandole via con delicatezza. Le poggiò sullo schienale della sedia, reggendosi. Il mio sorriso si allargò ancora di più quando riuscii quasi a percepire che stava sghignazzando anche lui, e lasciai cadere la testa all'indietro così da confermare quel che già sospettavo. Incrociai il suo sguardo per qualche attimo, in un momento di silenzio imbarazzante, finché non lo vidi girarsi a destra e a manca, quasi come per assicurarsi che non ci fosse nessuno prima di premermi un bacio di quelli rumorosi sulla fronte.
-Cresciutello sarai tu, io ho l'età che mi sento!- Si allontanò, continuando un discorso che l'effetto intrippante dell'adrenalina del "bacio" in pubblico mi aveva quasi fatto dimenticare. Sulla strada per andarsi a sedere, mi rubò anche l'ultimo morso di brioche, ma non riuscii nemmeno a lamentarmi perché subito mi tagliò con un "grazie amore" che per poco non mi tolse il fiato. Perché sì, ero davvero messo così male, e non era colpa mia se gli piaceva giocare sporco anche all'ora di colazione.
-Aaah.- Esordì Ray, imitando il tipico verso di un settantenne dopo un "grandissimo sforzo". -Ci si rende conto di essere vecchi proprio quando si ha bisogno di ricorrere a certe frasi fatte, non è vero, trentacinquenne fra qualche mese?- Pose particolare enfasi sull'ultima parte della frase, quasi come se volesse tatuarglielo in fronte. A dire il vero, ci scherzavamo tutti molto proprio perché sapevamo benissimo che anche Ray era quasi sui trentacinque, ma Gerard la prendeva quasi come un'offesa, al contrario di lui. Come se non si rendesse conto di avere ancora lo stesso identico aspetto di quando ne aveva dieci in meno, lo stesso identico carattere e di certo non mostrava ancora segni di alcun rincoglionimento.
-Lasciatelo stare, che poi non è da voi due che viene quando si sente orrendo, vecchio e deve lamentarsi con qualcuno.- Sbuffò Mikey, dando una sonora pacca sulla spalla al fratello, che si era appena seduto accanto a lui. Gerard quasi lo fulminò, come se avesse appena rivelato uno dei suoi più grandi segreti quando era chiaro, almeno a me, che non era mai stato proprio "innamorato" di sé stesso. Calò un silenzio imbarazzante, e all'improvviso, mi ricordai quella cosa che dovevo dirgli ma continuava a sfuggirmi.
-Ah, Gee, ho.. ho trovato il bigliettino, cioè, non.. non c'era bisogno..- Alzai lo sguardo verso di lui, sorridendo in maniera così stupida e spontanea che, da un lato mi sarei voluto poter guardare e rendermi conto di quanto dovevo sembrare ridicolo, ma dall'altro avrei volentieri voluto cancellare quella sensazione. Aggrottò le sopracciglia, come se non capisse, così pensai di farglielo vedere, e cominciai a frugare nella tasca dei jeans.
-Frank, Frank.. io.. non ti ho lasciato nessun bigliettino.- Gerard tagliò corto, ma io glielo mostrai ugualmente. "Non lasciarmi andare", diceva.. ma ora, pensandoci bene, non era la scrittura di Gerard. E quando me l'avrebbe lasciato, poi? La sera prima era letteralmente corso via, e se qualcuno avesse fatto "irruzione" in camera me ne sarei accorto, e.. io.. avevo davvero dato così per scontato che fosse suo da non rendermi conto di quanto fosse impossibile? Rimasi col braccio teso verso di lui per almeno tutta la durata del mio "brillante" ragionamento, finché non mi prese il fogliettino di carta dalle mani.
-Umh.. Frank, è una scrittura femminile.- Esordì Ray, come se non fosse già abbastanza ovvio a quel punto che il biglietto era suo. -E credo che sia da parte di Emily. E che tu sia piuttosto nella merda.- E sì, cazzo, al 99%, ero nella totale merda fino al collo.



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-Qualuque cosa tu abbia visto, mi dispiace!- Dissi, non appena mi trovai Emily davanti. Camminavo per i corridoi dell'hotel a passo veloce, cercandola con ancora il suo bigliettino fra le mani, stretto come se avessi voluto accartocciarlo, bruciarlo, e poi costruire una macchina del tempo con i suoi resti, e invece, poof. Eccola lì davanti a me. Avevo quasi paura di guardarla, e inonsciamente, chiusi gli occhi e mi parai come quando si ha paura di essere picchiati. A sangue. Non che avessi paura di lei, no.. però.. bhè.. sì.
-Ho visto solo Gerard che usciva mezzo nudo da camera nostra, ed è stata un'immagine già sufficiente per farmi sentire un po' troppo scomoda a dormire su quelle lenzuola. Ti prego, niente dettagli e non pensiamoci mai più, sì?- Aprii pian piano gli occhi, prima l'uno, poi l'altro. Continuavo ad essere cauto perché in effetti.. come si poteva non essere arrabbiati? Magari era una tattica. Magari fingeva e, dopo avermi resto calmo e vulnerabile, mi avrebbe azzeccato una raffica di pugni alla Rocky Balboa. Magari era solo un po' rincoglionita, in effetti. O magari non le importava niente. -Non fa nulla.- Mi sorrise, e quando alzò entrambi i pollici, allora era una linea. Era ovvio che faceva. Faceva tanto. E le importava più di quanto potessi immaginare, anche. Eppure.. c'era qualcosa.
-Ne sei davvero sicura? se mi vuoi.. ecco.. prendere a calci.. a calci in culo, ti capisco.- Cercai di rimediare, perché se avevo capito qualcosa dalla maratona di Casalinghe Disperate che una sera ci aveva imposto Gerard, era che quando una donna non si arrabbia nemmeno più, è perché è così delusa che non ha nemmeno la forza di farlo. E lì, dovevo davvero cominciare a preoccuparmi e cercare di fare qualcosa.. qualcosa che di certo, non era farmi prendere a calci fra le chiappe.
-No, no, tranquillo, ci sono entrate già troppe cose lì dietro, i miei piedi si sentirebbero di troppo.- Strizzò gli occhi, come se volesse rimuovere una qualche brutta immagine. E forse era la giornata "Offendi-mortalmente-Frank-Iero-ma-fallo-ridere-comunque", perché per poco non scoppiai. Sul serio. Avrei potuto prendere a riderle in faccia, nonostante mi sarei dovuto sentire.. offeso, credo. Ehi, io non ero un ragazzo facile, per quel genere di cose. Solo Gerard. E un ragazzo.. una volta al college. Due o tre in tour. E basta. Credo. Ma comunque non importava, perché valevano solo quelli che mi ricordavo, e amen se l'alcool aveva cancellato altri possibili partner, no?
-Ehi, è successo solo con lui.- Sbuffai, come se poi fosse vero. Di certo non potevo aggravarmi la posizione proprio in un momento in cui non era proprio delle migliori, e dunque tiarai avanti con la falsa del ragazzo completamente etero che un giorno si era, per caso, innamorato di un ragazzo. Ma per caso, eh. -E poi, sul serio, ti capisco se sei incazzata, anzi, io.. io mi incazzerei se fossi in te.. preferisco parlarne ora e magari litigare anche per un po', piuttosto che farti tenere tutto dentro per poi farti esplodere come un cazzo di fuoco d'artificio cinese, hai presente?- Continuai a gesticolare durante tutto il mio brillantissimo discorso, non troppo convinto nemmeno di quello che stavo dicendo.
-Frank, dopo quello che mi hai raccontato qualche sera fa, non potrei essere incazzata. Davvero. Lo capisco. Però.. però non deve succedere più.- Ecco, ora andava meglio. Almeno mi imponeva dei limiti, ma era triste pensare che non sapevo quanto sarei riuscito effettivamente a rispettarli. Ma insomma, si era risposta da sola: "dopo quello che le avevo raccontato l'altra sera..". Notò che ancora stringevo fra le mani quel misero pezzo di carta, e in effetti, quello fu il momento in cui me ne ricordai anche io e glielo porsi. -Speravo che capissi, sai?- Mi sorrise, avvicinandosi di qualche millimetro. -E speravo anche che lo ammettessi tu, senza che.. dovessi tirarti le parole di bocca.- Senza che me ne rendessi conto, si era avvicinata ancora. Di poco, ma era già abbastanza per lasciarmi un bacio (e probabilmente un segno di rossetto) dietro l'orecchio. -E faccio finta di non essere incazzata per fare la donna forte e figa che non se ne frega, ma..- Sospirò, allontanandosi di nuovo e abbassando il capo. -Me ne frega. Tanto. E voglio.. voglio che torniamo a casa. Almeno questo, me lo devi.-



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I giorni a casa non passavano mai. Almeno quando c'era Emily era meglio, ma.. si era fermata a New York per prendere le ultime cose dallo studio, e.. aveva incontrato un'amica e aveva deciso di fermarsi due o tre giorni. Mi sarei lamentato, se fossi stato nella posizione di fare il geloso (cosa che purtroppo non ero.. ero più che altro solo), ma purtroppo in quel momento era l'ultima cosa che mi potevo permettere. I giorni passavano scanditi da quei rari momenti in cui mi alzavo dal letto e decidevo di fare qualcosa, e.. sembravo depresso. Completamente. E forse lo ero, ma magari di solito non avevo nemmeno il tempo di accorgermene: concerto, stai con Emily, passa i dieci minuti più belli della giornata con Gerard, stai con i ragazzi, vai a dormire, colazione, vai a registrare, bla, bla, bla. Il fatto era che, ogni volta che mi trovavo da solo e con un po' di tempo e voglia di pensare, sprofondavo sempre nel baratro. Non che mi si potesse biasimare, poi: l'unica cosa che volevo era, al momento, dall'altro lato del pianeta e forse non l'avrei mai potuta avere. E l'unica cosa che certe volte riusciva a compensare la mancanza di quell'altra, era dall'altro lato del paese. E mi rendevo conto di non essere nient'altro che uno sputo. Che il mondo era enorme, io piccolissimo, e tutte quelle seghe mentali di quel tipo, perché insomma, sì.
Avevo parlato con Mikey a telefono, la sera prima, e ormai mi ero arreso. Basta. Lui era ancora motivato a dimostrare al mondo intero che Lindsey in realtà non era altro che una grandissima troia calcolatrice, ma io avevo lasciato perdere. E non era per quella che molto comunemente si potrebbe chiamare pigrizia, ma era perché infondo Gerard voleva Bandit. E forse la voleva più di quanto volesse me, ed io non potevo in alcun modo sostituirmi ad una figlia. Era più o meno la stessa cosa che avevo pensato quella volta che parlammo in webcam prima di partire per l'ultima parte del tour: era prepotente cercare un posto nella sua vita che ormai non c'era. E a quello mi ero arreso; alla vita. Alla vita che scorreva troppo veloce, a me stesso, che andavo troppo lento, agli ostacoli, che si facevano sempre più alti per uno come me, che, paradossalmente, è basso non solo per metafora e soprattutto alle ingiustizie, che si susseguivano ogni giorno senza che potessi farci molto. Ero stanco di fare il Dartagnan della situazione. Ero stanco di credere. Ero stanco e basta. E non solo mentalmente, ma anche fisicamente. Si dice che il primo modo per riconoscere una persona depressa, è vedere il modo in cui si isola dal mondo: ed io, che perdevo completamente chiamate da parte di gente che forse mi aveva dato per disperso e nemmeno richiamavo, non ero proprio uno che sorrideva alla vita. Non avevo richiamato nemmeno Gerard, e normalmente, l'avrei fatto. Avevo quasi cominciato a piangere di gioia quando avevo visto il suo nome nell'elenco, ma dopo aver visto che aveva chiamato solo dopo Ray, Mikey e persino Emily, avevo capito che più che altro, lo avevano obbligato a chiamarmi e in realtà non gliene fregava niente. E che forse non glien'era mai fregato niente, infondo! Perché se mi avesse voluto bene e se mi avesse voluto con sé, non si sarebbe nemmeno avvicinato a Lindsey durante il duemilasette. E non c'era scusa che potesse tenere. Non c'era modo in cui potessi smettere di "fargliene una colpa", perché l'avrei fatto sempre: mi aveva rovinato la vita. Nel momento in cui era perfetta, puntualmente, aveva buttato tutto giù. Ed era quello che si meritava. Se fosse stato meno stronzo, sono sicuro che sarebbe stato felice con me. Gli avrei detto che lo amavo prima che succedesse tutto questo, gli avrei detto che avrei passato anche il resto della mia vita con lui, che mi sarei fatto ammazzare, e saremmo stati bene.. questo lo so per certo, ed è un pensiero che non smette mai di tormentarmi. E solo ora, scavando un po' più affondo, mi rendevo conto che volevo che portasse quella croce per sempre. Quella di essere il "traditore", quello cattivo. Perché? perché mi faceva comodo. Ed era malato, davvero. Era qualcosa che sfiorava il maligno, ma non c'era modo in cui potessi scrollarmelo di dosso. Non finché non fosse arrivato qualcuno a salvarmi prima che potessi convincermi di aver ragione. Sapevo di non pensare tutto quello che stavo pensando. Sapevo che era l'abbandono a farmi dire cose del genere. Sapevo di amarlo. Sapevo che mi amava. Sapevo che avrei anche sparato a quella maledetta bagascia rossettata se solo me l'avesse chiesto; sapevo. Sapevo che, nonostante mi avesse rovinato la vita una o due volte, l'aveva resa migliore altre cento. E sapevo che infondo, la mia vita stessa non sarebbe stata la stessa senza di lui. E volevo solo che qualcuno me lo ricordasse.
Quella sera, più tardi, suonò il campanello: era quasi come se qualcuno mi avesse letto nel pensiero, ma sapevo che era Emily. Sarebbe venuta, si sarebbe lamentata per le telefonate senza risposta, ne avremmo parlato e avremmo fatto il solito discorso su quanto fosse normale sentirmi così, blablabla. Certe volte mi chiedevo come facesse a sopportarmi, ma poi scacciai ogni pensiero dalla testa (che in effetti in quei due giorni avevo pensato anche troppo), e mi avviai pigramente verso la porta. Ero in quello che chiamavo "pigiama". Ero nelle peggiori condizioni di sempre. Avevo gli occhi gonfi, le borse sotto gli occhi, e, chi vidi davanti a me, non fu di certo chi mi aspettavo.
-Bob?!-








VI HO STESE. LO SO PER CERTO. LO SO. ME LO SENTO. E ORA LA SMETTO DI FARE LA FIGA.
Okkei, davvero, Bob è stato un fuoriprogramma assurdo, ma non so.. mi è preso un momento intrippantissimo di malinconia ieri sera e.. eccheccazzo, if y'know what i mean. Non c'ho mai messo un batterista nella storia perché odio Pedicone con tutto il cuore, e Bob ormai era fuori dal gruppo, ma.. ma in qualche modo dovevo mettercelo ifughregurhe.
Poi vedrete, blelleh.
PS: il titolo è di "I caught fire" dei The Used, e se non l'avete mai sentita, andatela a sentire e non ve ne pentirete maijuifughrgrheg. Okey, ora me ne vado sul serio.
PPS: "Bagascia rossettata" me l'aveva scritto una di voi in una recensione, e ci stava abbestia. <3
Al prossimo capitolo, si spera, e fatevi sentire, mlmlml! (?)
xMN.

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Capitolo 7
*** 7. love is a losing game ***


dfghjk 7. love is a losing game








-Bob, che cazzo ci fai qui!?- Quasi urlai, senza nemmeno accorgermene. Certo, non che mi dispiacesse rivederlo dopo tutto quel tempo, ma mi sarei aspettato di vedere chiunque meno che Bob. Bob che, tra l'altro, non era cambiato nemmeno di una virgola: stessi capelli biondi/arancioni, stessa barba lasciata incolta più per pigrizia che per scelta stilistica, stesso tipo di vestiti scelti a caso. Lo guardai dalla testa ai piedi, appoggiato all'uscio della porta e completamente (e dico completamente) immobilizzato dalla sorpresa. Lui, al contrario, sembrava calmissimo. E anche un po'.. sollevato?

-Tu, piuttosto, che cazzo ti salta in mente?!- Sbuffò, chiudendo gli occhi. -Pensavano che tu fossi morto, dicono che non rispondi al telefono da giorni. E siccome vivo a mezz'ora di macchina da qui, mi hanno mandato a controllare che cosa stesse succedendo..- Cominciò a battere i denti, e credetemi, mi sarei spostato per lasciarlo passare, ma purtroppo il concetto di “movimento” sembrava totalmente estraneo alle mie gambe, e in più, mi precedette su tutta la linea quando capii che non ci sarei riuscito troppo facilmente e si fece strada dentro, svicolando alla mia sinistra. Chiusi la porta, appoggiandomici per un po'. -Finalmente, merda, mi gelavo il culo.- Sospirò, facendo il tipico verso da ottantenne ai limiti dei suoi sforzi quando si sedette. Rimasi a fissarlo un po', prima di raggiungerlo e di sedermi sulla poltrona che c'era proprio accanto al camino e di fronte a lui. Non era il fatto che mi fossero venuti a cercare, la cosa strana: era il fatto che avessero mandato Bob a cercarmi, che mi turbava.

-Sono davvero tutti così.. così preoccupati?- Lo esortai dopo più o meno due minuti di silenzio. Merda, era gasante. Ed era bellissimo. Era bellissimo sapere che a qualcuno importava di me. Ed era gasante che finalmente qualcuno avesse capito che non ero sempre quello sorridente. E che se non rispondevo al telefono, non era esattamente perché “avevo la batteria scarica”, come mi sarei giustificato dopo. Che poi, quando si ha la batteria scarica, il telefono nemmeno squilla.. e se ci ero arrivato io, ci sarebbe arrivato chiunque. Dovevo trovare una scusa migliore, o forse dovevo solo essere sincero.

-Sì. Non so chi sia Emily, ma ha appeso la sua amica per tornare da te. Ah, e.. stava per prendere l'aereo, quando le hanno annullato il volo. Quindi Lindsey le sta dando un passaggio in macchina e arrivano domani mattina, i cari vecchi Way sono a casa della madre in Jersey e tu sei qui a fare la checca in crisi mistica.- Ridacchiò, sfregandosi le mani vicino al fuoco prodotto dalla legna ardente. Ecco, ora mi sentii anche un po' in colpa. Per mezzo mio, avevo fatto partire Emily, tornare tutti a casa, e fatto scomodare Bob, che in tutta sincerità non c'entrava proprio niente. -E ora, per cortesia, siediti qui..- Picchiettò col palmo della mano sul posto vuoto accanto a lui. -..e racconta a padre Bob che succede.- Mi fece la sua solita espressione comprensiva, anche se, in effetti, sapevo che non avrebbe capito proprio nulla.

-Bob, davvero, preferirei mettermi qui a ballare in gonnella piuttosto che raccontarti delle mie crisi esistenziali.- Sbuffai, andandomi ugualmente a sedermi dove mi aveva detto. Mi presi il volto fra le mani, continuando a chiedermi se la situazione avesse davvero senso, se fosse tutto vero, se non stessi solo dormendo. Fui anche tentato di darmi un pizzico, ma quando Bob mi diede una gomitata, fu chiaro che non dormivo. Scurrile buzzurro, non si tratta così una donnina.

-Gerard.- Sospirò, scuotendo il capo. Quando aveva fatto quella faccia da “adesso-ti-risolvo-i-problemi-di-una-vita-intera”, mi sarei aspettato tutto, ma non che potesse anche indovinarli. Forse aveva lasciato il gruppo per darsi al voodoo. Ritirarsi in una tribù dell'Amazzonia e diventare sciamano per trovare il suo vero io. Certo Frank, cazzo, come avevi fatto non pensarci prima? -Lo vuoi capire che è un grandissimo coglione e non ti merita?- No, cazzo, non era quello di cui avevo bisogno. Non lo era per niente. Ora che mi serviva qualcuno che mi ricordasse che eravamo stati anche bene insieme, si presentava così, tutto in campana, e continuava a buttarmi giù. -E poi, che diavolo Frank, insomma, da quello che ho capito Emily è la tua ragazza. Non puoi mica pensare ancora alla tua storiella gay quando stai con lei. Non è giusto per nessuno.- Abbassai il capo, avvampando e continuando a fissare a terra. Bhè, cavolo. Aveva ragione, certo, ma “storiella” diciamo che proprio no. E poi, c'era una parte di me che mi diceva che se ce l'aveva così tanto con Gerard, era anche perché ormai, per quanto potessi ironizzare sulla sua passione per l'occulto, insomma, era chiaro che ci aveva lasciati così per colpa sua. Non mi aveva mai detto la vera ragione del litigio, ma probabilmente ero io. Probabilmente era quello che mi faceva in quel periodo e il fatto che Bob continuava a considerarmi come un fratello e che voleva proteggermi.. senza capire che non ce n'era bisogno.

-Bob, lo so, è sbagliato, okay. Ma io..- E proprio in quell'esatto momento, gli squillò il cellulare. In effetti era chiaro che era qualcuno dei ragazzi, che probabilmente chiamava per vedere se Bob era occupato con i becchini o se era tutto apposto, ma andai in ansia ugualmente, perché questo significava che ora l'avrebbero saputo. Tutti. Mi sentivo ridicolo a pensare che mi ero praticamente isolato dal mondo e barricato in casa solo per una persona. Un altro essere umano. Nient'altro che ossa, carne e un cervello. Era proprio quello, l'aspetto dell'innamorarsi che non concepivo: dipendere da qualcosa la quale non è altro che la stessa identica cosa che alla fine sei tu. Sentire la mancanza di un pezzo di carne sostenuto in piedi da delle ossa e che se parla, parla soltanto per via di qualcosa che ha nella testa. Bob rispose al telefono, salutando Mikey. “Sì, sta bene, te lo passo”, e da lì cominciò la tortura. I possibili approcci erano due: il “ti spacco la testa, lurido coglione”, o, più auspicabilmente, quello alla “hey, allora stai bene!”.

-Bastardo, ci siamo tutti cagati sotto e tu te ne stai comodo comodo con il culo parcheggiato su un letto!- E quando rispose, fu chiaro che aveva preferito di gran lunga il primo. Urlò come poche volte nella sua vita -ma considerando gli standard di vitalità di Mikey, insomma, non era altro che uno squittio- e mi mise letteralmente di fronte alla realtà. -Credo che Gerard stia capendo qualcosa!- Sbottò, senza rendersi conto che ora che stavano nella stessa casa, era ancora più facile che lo sentisse anche in quel momento. Persi un battito, e continuai a pregare che non avesse davvero smerdato l'intero piano. E zittisciti, stupido scoiattolo.

-Che diavolo intendi, Mikey?- Sbuffai, sotto gli occhi attenti di Bob, che probabilmente stava sentendo tutto, a giudicare dalla vicinanza e dal modo in cui urlava Way Junior dall'altro lato del telefono. Cioè, io non mi ero applicato per almeno due settimane a tenermi tutto dentro quando non avrei voluto fare altro che tatuarmelo in fronte e presentarmi sotto casa sua quando poi lui non perdeva occasione per blaterare.

-Praticamente ero in cucina e parlavo con mamma di quello che succedeva. Ad un certo punto entra Gerard proprio mentre sto dicendo “Bandit non è..” e finisco per dire che non è sieropositiva pur di non spifferare tutto. Eppure mi rendo conto che forse non è proprio una cosa credibile, insomma, non che sia sieropositiva, cazzo no, ma insomma, mi capisci? Cioè, comprendi che intendo?- Cominciò a blaterare e balbettare senza sosta, e sinceramente, gli risi anche un po' in faccia. Come diavolo si fa ad essere così stupidi? Che qualcuno me lo spieghi! Con tutte le cose che una bambina potrebbe non essere, era andato a scegliere la più stupida. E, post scriptum, avrei pagato oro per vedere la faccia della loro madre nel sentirsi dire che la figlia di Gerard non aveva l'AIDS. Oro.

-Mikey, sta calmo e non ti sforzare troppo prima di sovraccaricare il cervelletto.- Cercai di smettere di ridere, ma lui invece continuò a parlare di.. qualcosa. Qualcosa con delle navicelle spaziali che a quanto pareva avevano Gerard come capitano. O forse riassumeva una puntata di Star Trek. Ma magari parlava solo del modo in cui Gerard ci avrebbe spaccato il culo se avesse scoperto tutto. -Piuttosto, hai qualche vera novità?- Sbuffai, aggiustandomi sul divano in modo da sedermi con le gambe incrociate.

-Certo.- Si vantò, e conoscendolo, probabilmente sorrideva. -Sono venuto qui perché all'ospedale ci conoscono, sanno che non sono un maniaco che vuole fra test del DNA a degli sconosciuti qualunque, ed hanno detto che non mi serve il documento. Gerard nemmeno doveva venire, poi.. ha insistito perché voleva vedere mamma. Che immaturo.- Sghignazzò, tutto fiero di sé stesso. Esordire con questa notizia no, eh? Oppure scrivermi un messaggio, qualcosa! Col cazzo che avrei continuato a fare il refrattario alle chiamate, se l'avessi saputo.

-Ti odio perché non me l'hai detto prima, ma al contempo ti am..- Mi interruppi non appena sentii, dall'altro capo del telefono, la voce morbida ma definita di Gerard. “Ehi, Mikey, con chi parli?” fu tutto ciò che riuscii a sentire prima che cominciassero a litigare.. e nonostante si stessero picchiando (e credetemi, gli urli effeminati di Mikey erano abbastanza per farmene rendere conto), ridevano. Bhè, cosa da Way, dicevano. Aspettavo che qualcuno mi rispondesse, quando all'improvviso udii un respiro un po' affannato, ed avevo l'impressione di sapere già di chi fosse..

-Bob, volevo.. volevo ringraziarti!- Era comprensibile che non mi avesse riconosciuto, perché insomma, sul display c'era il numero di Bob, non il mio. -Sta bene?- Decisi di non rispondere, così da vedere dove finiva a parare. -Io.. dopo tutto quello che ti ho detto, mi aiuti comunque..- Sospirò, continuando a riprendere fiato dopo l'accanito scontro fra cogl.. titani. -Non ti avrei mai tirato in mezzo, ma.. ma non rispondeva nemmeno a me, e sapevo che.. che quando lo fa, è perché non mi vuole parlare davvero.. quindi.. Dio, non lo so.. Mikey ha insistito e.. è capitato.- Sospirò infine, come se si fosse tolto un grande peso. -Non ti romperemo più, parola di Way. Anche se non so se ti fidi ancora di me, ma.. almeno hai quella di mio fratello.- Ridacchiò, e passò qualche secondo di imbarazzante silenzio. -Bob?- Domandò, giustamente spaventato di star parlando al vuoto.

-Sì, ciao Gee.- Sorrisi, consapevole che comunque non poteva vedermi.



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Erano la quattro del mattino e ancora non riuscivo a dormire. Bob russava come se non ci fosse un domani, probabilmente stremato dalla serata. Ad essere sincero, ogni momento di quella giornata dalle nove in poi, era stato così perfetto che se me l'avessero detto quel mattino, non ci avrei mai creduto. Improvvisamente, nel pieno silenzio, mi squillò il telefono. Mi tolsi le coperte in preda alle convulsioni, caddi dal letto, inciampai in una piega del tappeto e poi, finalmente, riuscii a rispondere. E chissà chi era, eh?

-Ehi Frankie.- Gerard aveva la voce calda, rilassata, e anche un po' troppo vicina al telefono. Riuscii a sentire persino il suo respiro, un po' più accelerato del solito. -Che hai addosso?- Domandò, e sapevo benissimo dove voleva andare a parare. Quasi scoppiai a ridere, perché, insomma.. doveva essere davvero sicuro di sé per non sentirsi stupido a provare a fare una cosa del genere. Insomma, a me non sarebbe mai saltato in testa di chiamarlo a quell'ora e chiedergli se era vestito.

-Il pigiama.- Dissi, in tono piuttosto fermo, cercando di dissuaderlo. Non mi sarebbe dispiaciuto, ma c'era Bob lì. E nonostante stesse dormendo profondamente, ero memore di quella volta che pensavamo la stessa cosa e finimmo per farlo nel tour bus. Risultato? ci prese in giro più o meno per sei mesi. Gerard sbuffò, quasi offeso. Quasi come se non se lo aspettasse che uno impacciato come me rifiutasse.

-Che palle, sei l'antisesso.- Continuò a lamentarsi, e quasi mi sentii un po' cattivo a non dare nemmeno una chance ad un'idea che pianificava chissà da quanto. Presi un respiro profondo, pensando a come continuare evitando di umiliarmi troppo.

-Okey, tu invece che hai addosso?- Domandai, lasciandomi scappare un sorrisetto all'immagine di Gerard, steso sul letto della sua vecchia camera. Che poi, pensandoci, era il letto della nostra prima volta.. e quanto cavolo poteva far strano? speravo davvero che di camera sua non avessero cambiato niente, negli anni. -E dove sei?- Aggiunsi, e cominciò a venirmi piuttosto naturale. Forse ci avrei preso la mano.. o me lo sarei preso in mano, che più o meno è la stessa cosa.

-Niente.- Deglutii. Il suono della sua voce già affannata, il sorrisetto che probabilmente aveva stampato in faccia, il tono che usò. Che bastardo. Lui e le sue idee brillanti. -E sono sul letto di camera mia..- Chiusi gli occhi, mettendomi un po' più comodo. Non era facile immaginare, ma quando a tratti l'immagine compariva e scompariva nella mia mente, avvampavo sempre più. Per fortuna non poteva vedermi, oppure sarebbe stato cento volte più imbarazzante. -Ah, e.. sono bruno.- Ci misi più o meno dieci minuti a processare il fatto che "bruno" era inteso come colore di capelli e non come nome. Gli mancava solo il fuxia e sarebbe stato tutto apposto, ma al momento non importava. -Cosa vorresti fare?- Continuò, e si perse sull'ultima sillaba dell'ultima parola, lasciandosi andare in un piccolo versetto anche troppo femminile.

-Vorrei vederti.- Risposi, anche se non ero stato molto realista, dato che avrei preferito saltargli addosso. Sbuffò ancora, quasi come riprova del fatto che non ero per nulla capace.

-Io invece ti spoglierei.- Cominciammo a parlare di vere e proprie azioni solo in quel momento, e avrei dato qualsiasi cosa pur di tornare indietro.

-Questo vuol dire che.. umh.. io dovrei.. spogliarmi?- Sussurrai, ricordandomi solo in quel momento di Bob. Gli diedi un'occhiata veloce, assicurandomi che stesse dormendo. Ovviamente Gerard rispose di sì, e con lentezza mi liberai dai vari strati di tessuto, sentendo improvvisamente il gelido contatto con l'aria. -Ci sono..- Sbuffai, stendendomi e rendendomi conto che forse avevo alzato troppo la voce. -..E mi sento tremendamente stupido.- Mi morsi il labbro, stringendo il telefono fra la spalla e e l'orecchio ed incrociando le braccia al petto.

-Non ti sentiresti stupido se fossi lì.- Cazzo, certo che no. Chiusi gli occhi, provando ad immaginare non tanto lui, ma il suo peso addosso, il suo calore, il suo profumo. Ero così tranquillo che persi, per un po', il filo di ciò che stava dicendo. Non ero mai un genio in quel genere di situazioni, dovevo ammetterlo, e specialmente quando cominciai a far scivolare la mano più già, le sue parole si facevano sempre più lontane e diventavano nient'altro che lo sfondo di quello che stava succedendo. Mi fermai per un po', riappropriandomi della mia capacità di intendere e di volere, ma soprattutto, quella di ascoltare. E da quello che sentii, mi pentii amaramente di essermi perso la prima parte del discorso. -..e poi farei piano, ti riempirei di baci, e.. io.. oddio.- La voce di Gerard si spezzò a metà frase, e si lasciò andare a dei gemiti così alti che per poco non ebbi paura che si potessero sentire dell'altro capo del telefono. Rimasi in silenzio, riprendendo egoisticamente con un ritmo poco più veloce di prima e senza mai dargli niente in cambio. -Andiamo, Frank.. dimmi.. dim.. dimmi qualcosa.- Gettò via, quasi per miracolo. -Non duro per sempre, non ho più vent'a.. ah-anni.-

-Lo sai bene cosa farei, non ce la faccio a dirtelo.- Mi stupii del modo in cui la mia voce suonò pulita e lineare, quasi come se non stessi facendo la stessa identica cosa che Gerard stava facendo dall'altro capo del telefono, e a quel pensiero, mi sembrò una cosa quasi romantica e non solo una porcata: cioè, lui era dall'altro lato del paese, eppure facevamo la stessa cosa. Pensando all'altro. -Gerard Way, rockstar trentacinquenne sulla soglia dell'andropausa.- Ridacchiai, inspiegabilmente tranquillo ma innegabilmente disperato quanto lui, cercando di alleggerire il filo dei miei pensieri prima che cominciasse a schiacciarmi.

-Frank, ti ho.. ti ho sentito fare.. di peggio..- In un primo momento non capii a cosa alludesse, e dunque lo lasciai ad un'altra serie di gemiti convulsi aspettando che continuasse, prima di rispondere. -Non c'è.. non c'è bisogno che ti trattieni..- Tirò un sospiro di sollievo, quasi come se avesse appena compiuto una titanica impresa.

Un po' per il tono disperato con cui lo chiese, un po' perché infondo cercare di darmi un contegno era diventato quasi noioso, e lasciai uscire certi versi che avrei preferito pensare di non poter fare. Perché infondo stavo urlando, e lo sapevo, ma non riuscivo a farci proprio nulla. Gerard faceva lo stesso, e si lasciò andare dopo pochi secondi. Senza nemmeno rendermene conto, lo seguii a ruota, rimanendo lì, immobile e in un silenzio religioso, ad ascoltare i respiri di entrami che pian piano si calmavano.

-Frank, io vado un secon.. Frank, oddio, che cazzo fai!?- Bob si stiracchiò, ma nonostante fosse nel pieno di uno sbadiglio, scoppiò a ridere. Avrei giurato di non averlo sentito così divertito in secoli, e intanto, continuai a “godermi” il momento più imbarazzante della mia vita.






Salve beluischime.

Chiedo perdono per l'HTML smerdato, vedrò di aggiustarlo c:

Questo capitolo è pattume. Pattume allo stato puro, ma lo avevo scritto davvero bene e cosa decide di fare il mio pc? morire all'improvviso. Quindi, RIP, computer a cui non ho mai dato un nome, e benvenuti capitoli scritti alla cazzo sul caro vecchio XP. LOL.

Bene, umh.. per fortuna l'ultima parte l'avevo mandata in chat ad un'amica *cough, Hey_Ashes, cough, pubblicità occulta, cough*, ed è rimasta quella originale.. chiedo scusa a tutti i bambini di Italia per averla scritta, ma sì, insomma, chi più ne ha più ne metta.

Al prossimo capitolo, sperando che il mio tocco-rompi-oggetti non spacchi anche questo. ç.ç

PS: a me piacciono troppo. <3

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Capitolo 8
*** 8. something in the way ***


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8. something in the way




Era passata una settimana dall'ultima volta che avevo parlato con Mikey a proposito di Bandit. Non volevo pressarlo.. stavo diventando quasi noioso, in effetti, e se si era offerto di aiutarmi non era certo per trovarsi sommerso dalle mie telefonate e messaggi paranoici. Che poi, insomma.. “darmi una mano”.. era pur sempre stata un'idea sua, e a dirla tutta era stata anche abbastanza geniale, siccome non so se mi sarebbe mai passata per l'anticamera del cervello una cosa simile. Eppure era passata una settimana, e ancora non se ne sapeva niente. Non sapevo cosa ci stessero facendo con quel capello: forse cercavano di riprodurre un Gerard in laboratorio, forse cercavano di trovare qualche roba strana da scienziati e avevano il candidato perfetto, ma in entrambi i casi, non potevano volerci sette giorni (e diciamo otto, perché non mi aspettavo che mi arrivasse posta alle sei del pomeriggio) per un semplice test del DNA. Erano più o meno queste le uniche cose alle quali riuscivo a pensare ultimamente: non c'erano molti attimi in cui mi potessi dire “libero”, finalmente “sereno”, nonostante molti nodi fossero già venuti al pettine. Forse stavo meglio quando dovevo semplicemente accettare il fatto che quello che era successo, ormai era successo, e che se dovevamo vivere come fidanzati-clandestini, allora l'avremmo fatto. Perché non c'era via di scampo, e le cose dovevano andare così. Era un dovere. Anzi, a dire il vero stare insieme non era un dovere: il dovere era tenerlo in segreto. Il dovere era far tutti contenti, far sì che le cose andassero come agli occhi di tutti era giusto che andassero. Era anche bello sentirsi come dei martiri. Specialmente io, poi: apprezzato da tutti per la “forza che avevo”, dicevano. “Perché dev'essere davvero difficile semplicemente girare il capo e far finta che non sia successo niente, rimanendo amici”. Tanto che mi sentivo ripetere frasi del genere, avevo quasi cominciato a crederci. Cioè, per modo di dire.. era solo che, quando arrivavano i tipici momenti in cui non c'era nessuno, dovevo sempre farmi due calcoli mentali prima di rendermi conto che sì, effettivamente, nonostante tutto, eravamo ancora solo noi due. Ed era una forma di egocentrismo, mettersi al primo posto rispetto a tutti, e oltre tutto, mi sentivo anche piuttosto falso ad accettare tutte le pacche sulla spalla, gli abbracci, i discorsi come quello di Bob come se proprio niente stesse succedendo. Come se fosse tutto allo stesso modo in cui sembrava in superficie, senza permettere agli altri di scavare, così che scoprissero come in realtà stavano le cose.
Quella spirale di pensieri sembrava consumarmi il cervello quasi quanto l'asfalto, sul quale stavo camminando da ormai un'ora, sembrava consumarmi le scarpe. Quelle logore, vecchie, comode. Seattle (o almeno quel quartiere), sembrava la città più calma del mondo a quell'ora del giorno, nonostante fosse venerdì. A quell'ora, i ragazzi che per le sette e mezza/otto avrebbero riempito le strade, erano ancora troppo occupati a prepararsi, e sui marciapiedi si riversavano bambini e madri, i primi troppo intenti e presi dai loro giochi, le seconde, troppo occupate a controllare che non si uccidessero in qualche mistico modo per notarmi. Quella era l'ora perfetta per passeggiare, almeno per me, anche perché nel quartiere dove vivevo ormai da mesi, era difficile che qualcuno mi riconoscesse, probabilmente perché era pieno di famiglie con figli che per lo più erano lattanti, e perché quei pochi che mi avevano riconosciuto, lo avevano fatto durante i primi giorni dopo il trasferimento. Il cielo aveva una strana sfumatura di arancione, quasi giallastro, e il sole che prima avevo osservato dalla finestra di casa squarciare il cielo e le nuvole, ora sembrava come appassito, morto dietro di loro e sotto quel manto colorato che era quasi impossibile pensare stesse davvero così in alto. Non passavano nemmeno le macchine per via della zona pedonale che istituivano per almeno un week end ogni due mesi, e quella calma apparente, non poteva sembrare più costruita di così. Era come camminare sul set di un film, e quasi ci si aspettava che da un momento all'altro saltassero fuori le telecamere, Brad e Angelina e tutti ci saremmo resi conto che quel piccolo, finto idilliaco momento non era altro che organizzato da un qualche stra-ricco regista, pronto a mettere su pellicola quella che per lui era una realtà, ma che per noi abitanti del posto, era un momento speciale, che nessuno contemplava dalle sue case senza godersi.
Nonostante sembrasse tutto tanto bello, per certi versi divertente, perché cazzo, se non avete mai avuto quella classica capata di correre da un lato all'altro della strada sperando di non essere mai investiti, o non avete mai vissuto, o state mentendo. Certo, avendo quasi trent'anni potevo anche evitarmela, ma mi sarei volentieri perso fra quei bambini che giocavano a biglie nel bel mezzo della strada. Ecco, quella poteva sembrare una foto. Una di quelle surreali, certo, un pezzo di arte moderna, ma come foto avrebbe funzionate. Anzi, che cavolo, l'avrei fatta io, ma se uno della mia età si fosse fermato a fotografare dei bambini senza nessun preavviso o autorizzazione speciale, una macchinetta costosissima e qualche zoom che sembra un cannocchiale, allora l'avrebbero al novanta percento preso per un pedofilo. E che schifo, potevo essere anche un po' checca, ma pedofilo proprio no.
Tornare a casa dopo un giro di quelli, di solito, mi portava sempre più confusione di quanta non ne avessi avuta prima di partire, in effetti: mi capitava spesso di sentire la necessità di uscire di casa, da solo, camminare senza nessuna meta precisa e semplicemente pensare, stampandomi un sorriso in faccia e cercando di entrare al meglio in quel quadretto utopico mentre ,se qualcuno mi avesse aperto la testa, sarebbe uscita abbastanza merda da rovinare l'intero quartiere. Ero contento che comunque Emily me lo lasciasse fare, ed era decisamente la più comprensiva fra tutte le ragazze che avessi mai avuto in vita mia. Forse mi capiva meglio di quanto mi capissi io stesso, alle volte, ed era così difficile pensare che forse sapeva tutto quello che sapevo io, ma anche lei, come me, fingeva di sorridere e lasciava perdere, perché infondo me l'aveva detto, mi amava. Non eravamo proprio una tipica coppia io e lei: eravamo andati a vivere insieme prima ancora di dirci (o meglio, che lei mi dicesse, perché io tutt'oggi non avevo voglia di prenderla per il culo più di quanto non stessi già facendo) una cosa del genere, che ormai per molti sembra quasi normale, e accettavamo cautamente il fatto che forse era okay anche se non era come per molti. Era diverso, ma considerando che c'erano coppie che nemmeno si volevano bene, allora eravamo davvero a cavallo.
Vidi in lontananza la nostra cassetta delle lettere, gialla come tutte le altre. Mi ero sempre chiesto perché si impegnassero così tanto a fare tutto maledettamente uguale, in quei quartieri. Certo, nel complesso ogni quartiere era diverso dall'altro, ma non c'era speranza di trovare una cassetta che avesse anche solo una macchia di colore in aggiunta, ed il massimo della creatività che si poteva trovare, era il cognome della famiglia che abitava nella casa scritto sopra. Diedi un veloce sguardo a casa nostra: il vialetto che conduceva all'entrata così ben curato, il prato sempre (e dico sempre) tosato, aiuole, fiori, pietre, che conducevano in linea retta al porticato, in legno.. proprio come quello di tutti gli altri. Certe volte, prima che ci trasferissimo definitivamente e andavamo solo ogni tanto lì a Seattle ad organizzare la casa prima di viverci, nemmeno la riconoscevo. E ad essere sincero, non avevo smesso di avere problemi nemmeno i primi giorni. Io, ormai, per fortuna davo già abbastanza nell'occhio (perché insomma, pur non conoscendomi, bastava guardarmi le mani per pensare o che fossi uno squilibrato, o semplicemente uno a cui piacciono i tatuaggi), ma era brutto pensare che potevamo apparire a tutti come dei semplici neo-sposini. Che nessuno avrebbe conosciuto la storia che c'era dietro tutto quello che eravamo. Che nessuno, soprattutto, avrebbe raccontato di noi due (io e Gerard), in un qualche libro come con Romeo e Giulietta.. ed io in effetti non pretendo che scrivano un libro su di noi, perché non siamo niente di così interessante, ma che qualcuno ricordi. Che se nessun risultato fosse arrivato, o ancora peggio, che un risultato positivo fosse arrivato (per quanto impossibile), tutto quello che eravamo sarebbe morto con noi, intramandabile ricordo di una storia d'amore che forse, pur essendo durata anni, non è effettivamente mai nata.
Fu proprio per questo che quando vidi Emily aprire la cassetta per prendere chissà quale lettera, per un momento continuai a sperare. E non era nemmeno una speranza tanto fondata, in effetti, ma più quel tipo di speranza che arriva dopo continue delusioni. La speranza di poter rivivere da capo tutto quello che si ha il diritto di vivere e di godersi a pieno, perché io non ho potuto farlo. Non volevo che, se fosse stato quello che pensavo che fosse, fosse lei ad aprire la busta, perciò accelerai il passo, quasi corsi, raggiungendola in poco.
-Non ti preoccupare, faccio io!- Le sorrisi, facendole l'occhiolino e mollandole un bacio sulla fronte prima di prendere al posto suo le buste della spesa che portava. Ricambiò il sorriso, appoggiandosi alla cassetta mentre continuava ad arricciarsi un ciuffo di capelli. Non avrei mai capito l'ossessione delle ragazze per qualcosa che anche se passi ore ad acconciare poi si rovinerà, ma forse per lei era più un tic che altro.
-Che gentleman.- Constatò, mentre, con la busta di plastica che quasi mi tagliava il braccio in due, continuavo a cercare di armeggiare con la chiave della cassetta, che mi ostinavo a portare con me ogni santissimo giorno. Le risposi con un sorriso, impegnato in troppe azioni (più di quante il mio cervello riuscisse a supportarne in un momento tale) fra quello che provavo e quello che facevo. Finalmente riuscii a prendere la lettera, chiudendo lo sportello di un giallo improponibile senza farmi troppi problemi a sbatterlo. Lei si avviò verso casa, ed io la osservai, consapevole che forse sarebbe stata l'ultima volta che l'avrei vista. Presi un respiro profondo non appena chiuse la porta sulle sue spalle, poggiando per qualche secondo la busta a terra e concentrandomi ad aprirne un altro tipo, di busta. Era dell'ospedale, e mi sarei quasi incazzato con Mikey per non avermi chiamato per dirmi l'esito un po' prima, se non mi fossi reso conto che probabilmente lo aveva fatto per farmi una sorpresa. Presi un respiro profondo, sollevando lentamente il foglio dal suo involucro cartaceo.
Negativo.
Bandit non era figlia di Gerard, ed io non ero così contento da una vita.
Mi si stampò in volto un sorriso, quasi automaticamente, quasi come un riflesso, e provai (fortunatamente riuscendoci) a non piangere. Ormai ne avevo abbastanza, ormai volevo, sinceramente, solo sorridere. Sorridere così tanto da farmi venire i crampi alla mascella, ma sapevo che non sarei riuscito a farlo se non mi fossi tolto un peso dalle spalle. E sì, era brutto chiamare Emily “peso”, ma il vero peso non era lei: erano tutte le bugie che avevo detto perché lei rimanesse con me, nonostante non me la meritassi. Tutte le occasioni che probabilmente le avevo fatto perdere. Tutte le persone che avrebbe conosciuto se fosse rimasta a New York.. persone che forse le avrebbero dato molto più di quello che ero stato capace di darle io, ma ormai era andata. Ripresi in mano la busta, stringendo forte la lettera e tornando a casa.
-Ems..- Cominciai, chiudendo la porta alle mie spalle e osservandola. Si girò verso di me, espressione così calma che mi sentii quasi in colpa a rovinarle un momento del genere con una notizia come quella che stavo per darle. Era strano come, da un momento all'altro sarebbe tutto cambiato. La raggiunsi in cucina, poggiando la busta sullo stesso bancone dove era seduta mentre beveva. Sembrava quasi che lo facesse apposta, a prendersi tutto il tempo possibile. Come se volesse farmi impazzire.
-Ehi.- Commentò, con una semplicità quasi disarmante, prima di leggermi nel pensiero. -Sei preoccupato per qualcosa?- Domandò, come se fosse così facile risponderle. Certo che ero preoccupato per qualcosa, ma al contempo, non so né come né perché, ero felice. Anche se non l'avessi mai più vista, le sarei sempre stato riconoscente. Anche se mi avesse odiato, io.. le avrei sempre voluto bene, in qualche strano, stranissimo modo. Le porsi la lettera, e più leggeva, più i suoi occhi si facevano enormi.
-Non è sua figlia.- Cercai di abbozzare un sorriso, poggiando le mani sul bordo del bancone, ai lati delle sue gambe. Non smisi di guardarla negli occhi, finché non fu la prima a cedere e abbassò lo sguardo, e lì mi resi conto che forse dovevo dire qualcosa. -Emily.. io.. lui non mi ha fatto niente, io voglio..- Mi fermai, e in quel momento cedetti. Probabilmente saremmo potuti rimanere in silenzio da qui fino all'anno prossimo, ma fu lei la prima a continuare.
-Ma tu vuoi stare con lui. Perché per quanto tu mi possa volere bene, io non sono niente rispetto a lui, vero?- Non lo disse con un tono cattivo, nemmeno arrabbiato.. era quasi comprensiva, e annuii, confermando ogni singola di quelle parole che ero stato troppo spaventato per dire. -C'è qualcosa nel modo in cui vuoi lui che non ti farà mai desiderare di stare con chiunque altro.. lo capisco. E.. io..- Si fermò un secondo, e alzai lo sguardo per notare che lei aveva fatto la stessa cosa. -L'ho capito da quella sera alle Hawaii, quando mi hai raccontato tutto..- Si morse il labbro, cercando forse di non prendermi a parole perché cavolo, era chiaro che voleva farlo. -Lo capisco Frank, è giusto che sia così.- Si strinse nelle spalle, continuando a guardarmi come in attesa di qualcosa.
-Mi dispiace..- Dissi, sinceramente. Non nascondevo il fatto che ci ero anche io rimasto male per il modo in cui, per l'ennesima volta, era finita. La abbracciai, e stranamente non mi rifiutò. Nemmeno si allontanò, ma semplicemente poggiò il volto sulla mia spalla.. come se niente, ma proprio niente, fosse successo. Mi sentivo un bugiardo. Il peggiore dei bugiardi, anche. Nonostante fosse quasi un mio diritto avere un minimo di felicità dopo quello che avevo passato, non smettevo di pensare al modo in cui le avevo fottuto la testa con tutta quella farsa. -Davvero.- Completai, cercando di sembrare più convinto di prima.
-Non devi dispiacerti. Devi essere felice.- Sorrise, come se non vedesse l'ora che la lasciassi. Emily non era una brava bugiarda, e sì, era visibilmente contenta.. ma non contenta che fosse finita, più che altro, contenta per me. E lo apprezzavo davvero. -Sarei egoista se cominciassi a piangere e pretendere che tu stia con me, perché me lo merito, bla bla bla..- Continuò, alzando gli occhi al cielo e scuotendo il capo, come a ricordare una sua esperienza simile a quella raccontata. -Io te l'ho già detto cosa provo per te, ed è ovvio che se facessi di tutto per vederti con me a costo di vederti triste, allora sarei la più grande ipocrita del mondo.- Scese con un balzo che veramente non mi aspettavo dal bancone, rimanendo vicinissima a me.
-Sei una delle persone più buone che esistano sulla terra..- Abbassai il capo, arrossendo dalla vergogna per il modo in cui mi ero comportato. Aveva appena descritto me, che pur di essere felice, la lasciavo lì. E quello era proprio il termine giusto: “ipocrita”. Facendo farse sull'importanza della felicità e su quanto mi fosse stata negata, ma senza farmi troppi problemi a negarla a qualcun altro. -Posso fare qualcosa per rendere la situazione un po' meno orrenda?- Domandai, abbozzando un sorriso in preda ai sensi di colpa. Lei annuì, avvicinandosi ancora di più.
-Una cosa sì..- Mi lasciò un bacio sul collo, e quasi sobbalzai, ripensando al modo in cui si era rifiutata di cedere alla mia richiesta di “bacio di addio” più di dodici mesi prima. Sorrise, abbracciandomi forte.
-Pensavo fossi contraria?- Quasi ridacchiai, incrociando il suo sguardo per un brevissimo momento prima di perdermi in quello che, questa volta ne ero sicuro, sarebbe stato il nostro ultimo bacio.
-Ma tu mi hai cambiata.- Replicò, ed il mio cuore, in quel momento, fece un salto su sé stesso.




Okkei, cavolo, siamo al penultimo capitolo. YOOOH. 

Il titolo è ispirato alla canzone dei Nirvana. c:

Cioè, solo ora mi sono resa conto che i capitoli di questa storia (tutte e tre le ff comprese) sono tipo quasi 30 in totale, e che cacchio, mi è venuta una cosa. °-° 

Boh, non lo so, sono contenta. (?) Cagatemi e ci sentiamo al prossimo capitolo, il prima possibile, CHE QUI QUALCUNO AVREBBE ANCHE GLI ESAMI. LOL.

Ciaociao. <3

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Capitolo 9
*** 9. be my companion ***


9. be my companion 9. be my companion?





Passai l'intera nottata insonne, al telefono con chi capitava. Ray, Mikey (che ovviamente non si risparmiò la sfuriata che si meritava per non avermi avvisato di niente), Bob, mamma, papà.. tutti, ma non chi avrei voluto chiamare veramente. Proprio quella mattina i ragazzi gli avevano già detto tutto, e, anche se non so se li avrei mai ringraziati abbastanza per il favore, in quel momento mi sentivo come di troppo: insomma, se io avessi appena scoperto che la bambina che ho cresciuto non è mia figlia, diciamo che non vorrei proprio passare dodici ore filate a chiacchierare, ecco. E soprattutto, anche se in quel genere di cose eravamo abbastanza diversi, se mi avesse voluto chiamare lo avrebbe fatto sicuramente. Fu così che quindi mi trovai ad organizzare un viaggio in treno in piena notte, perché grazie a Dio, letteralmente, vivevo nel ventunesimo secolo ed esisteva una magica cosa chiamata "internet".

Ero stanco come lo ero stato davvero poche volte in vita mia, ma non solo relativamente alle poche ore di sonno: mi cadevano le palpebre, sì, e sapevo che mi sarei dovuto alzare alle otto del mattino per andare in stazione, anche, ma più di tutto, ero stanco dopo tutti gli sforzi che avevo fatto in quei mesi. Cioè, praticamente non avevo fatto davvero nulla, ma quando mi svegliavo ogni giorno con quel peso all'altezza del petto e i ratti nello stomaco ("ratti" perché in effetti le farfalle fanno troppo My Little Pony per esprimere lo stato mentale in cui mi trovavo), bhè, era difficile tirare avanti per tutta la giornata, anche solo rimanendo a vegetare su un divano. Spensi, proprio in quel momento, la terza sigaretta.
Era ridicolo che anche da felice, mi trovassi ad essere così nervoso. Il problema era che, pensandoci bene, tutti i miei guai non erano giunti al termine, ma erano appena cominciati; che cosa avrei fatto? anzi, no, che cosa avremmo fatto ora? Continuava comunque a non trattarsi solo di noi, perché continuava ad andarci di mezzo una bambina, che probabilmente da grande avrebbe avuto anche più problemi di quello che pensava fosse suo padre. Perché, d'altra parte, avevano tutti ragione: era giusto che la volesse vedere, almeno una volta ogni tanto, ma era anche giusto, forse, che crescesse con il suo vero padre e tanti auguri alla madre, che anche se non ci si trovava bene, con quello che aveva fatto, doveva solo star zitta.
Insomma, niente era così facile come sembrava, e quando all'improvviso vidi il cielo schiarirsi, non mi sembrò possibile che fosse già mattina. Si erano fatte le sei e mezza, e forse era ora che provassi a chiudere la valigia e mi preparassi per andare via. Era strano pensare che forse non avrei mai rimesso piede in quella casa, nonostante Emily mi avesse chiesto di rimanere amici. Certo, suona come la solita frase da circostanza che si dice giusto per non far rimanere totalmente di merda qualcuno.. poi magari ci si vede per strada e ci si nasconde l'uno dall'altro, ma io speravo davvero che in quel caso fosse diverso. Era stata già abbastanza comprensiva con me da non sbattermi fuori a calci quel giorno stesso e lasciarmi anche dormire a letto e non sul divano quella sera, che mi sarei stupito se si fosse comportata altrimenti. Non era gentile per avere qualcosa in cambio, lo era perché lo era e basta, perché rendere gli altri più felici, farli stare a proprio agio, forse, era davvero quello che le bastava. Sorrisi, guardandola prima di sedermi saltellando per la centesima volta sulla valigia nel disperato tentativo di schiacciare tutto in un trolley. Quasi a riprova del detto "parli del diavolo e spuntano le corna", poi, sentii all'improvviso la sua voce e per poco non sobbalzai.. come se non lo stessi già facendo volontariamente per applicare più pressione.
-Vuoi una mano?- Domandò, voltandosi verso di me, stesa sul fianco. Annuii, piuttosto imbarazzato. Certo, nonostante fossimo "rimasti amici", ci voleva un po' di tempo perché riuscissimo veramente a stare di nuovo a nostro agio in presenza dell'altro. Sorrise, alzandosi dal letto con un forte sbadiglio. -Se io non mi fossi svegliata, mi avresti scaricata con un bigliettino prima di partitre?- Ridacchiò, mettendosi seduta a terra accanto a me e quella bomba a mano che mi piaceva chiamare a valigia. Si setiva che stava scherzando, ma mi mise davvero tanto a disagio, perché in effetti non mi era nemmeno passato per l'anticamera del cervello il fatto che l'avrei dovuta salutare.. nonostante l'avrei fatto lo stesso, ovvio.
-No, è solo che non ti volevo svegliare alle sei del mattino.. ti avrei svegliata prima di scendere, tutto qui.- Mi strinsi nelle spalle, sorridendo più a me stesso che a lei per il modo in cui me l'ero riuscita a cavare. Si spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, cominciando ad armeggiare con la zip, e nonostante io ci stessi provando da un'ora, lei ci riuscì in cinque secondi.
-Frank, puzzi.- Scosse il capo, sorridendomi. Mi sarei anche offeso, certo, ma non potevo darle tutti i torti, dato che non mi ricordavo l'ultima volta che avevo effettivamente fatto una doccia. -Se hai fame o qualsiasi cosa faccio io, tranquillo, tu vatti a lavare però.- Mi diede una pacca sulla spalla e la ringraziai, seguendo il suo consiglio e avviandomi dunque verso il bagno. L'ultima doccia in quella casa.



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Il viaggio fu forse il più lungo della mia vita, ma ehi, era colpa di quello che mi aspettava all'arrivo. E l'idea che non sapesse nemmeno che stavo arrivando, mi piaceva ancora di più. E quindi, nonostante il tempo che sembrava non passare mai, alle sei ero davanti alla porta di casa di Gerard. Avevo davvero paura che mi prendesse un infarto, a giudicare dal modo in cui il cuore sembrava pretendere di uscirmi dalla cassa toracica, ma bussai ugualmente, aspettando. Ci fu un momento in cui per poco non pensai di andarmene, ma poi mi resi conto che c'erano tanti motivi che gli avrebbero potuto impedire di aprirmi subito, perciò rimasi lì, che infodno l'idea di tornare veramente indietro non mi aveva mai nemmeno sfiorato. Sentii dei passi avvicinarsi, poi l'inconfondibile rumore delle chiavi che giravano nella serratura, e poi..
-Ciao.- Gli sorrisi, come se fosse cosa da niente. Alzò gli occhi da terra, sorridendo e spostandoli sui miei. Gerard sembrava abbastanza diverso da come lo avevo visto l'ultima volta, ma in realtà sapevo bene che le uniche differenze erano il colore dei capelli, le mancate ore di sonno e gli occhi rossi e gonfi, i quali strofinò velocemente, quasi momentaneamente incapace di proferire parola. Si morse l'unghia, come faceva quando era nervoso, ma poi, quando posai per un secondo il manico del trolley, mi si avventò addosso, abbracciandomi così forte che per poco non smisi di respirare.
E in un certo senso, si può dire che lo feci, sentendo veramente troppo la mancanza di tutto quello. Siete mai stati tanto innamorati di qualcuno da sentirne le conseguenze anche a livello fisico?
-Stronzo, bastardo, stronzo, stronzo, stronzo.- E parlando ormai da anni la sua lingua, non era altro che un modo di dirmi che gli ero mancato. Intervallò ogni insulto con un bacio sulla guancia, abbracciandomi ancora più forte. -Potevo dirmelo che saresti venuto, idiota.- Continuò, staccando solo un braccio dal mio collo così da prendere la valigia e sistemarla (quasi lanciarla, affidandosi alle inanimate rotelle che la muovevano) in casa. -Entra, dai.- Mi disse dopo una lunga pausa di silenzio in cui eravamo semplicemente rimasti lì, praticamente incollati l'uno all'altro, interrompendo l'abbraccio e lasciandomi entrare. Entrambi ci andammo a sedere, e parlammo per più o meno un'ora di tutto. Veramente tutto. E si vedeva che, nonostante volesse nasconderlo, ci stava male come un cane. Di tanto in tanto, poi, gli cadeva lo sguardo sulla culla di quella che per lui era ancora sua figlia, oppure sulla borsa con i suoi giochi, ciucci, vestiti che fra qualche giorno la "madre" (se così si può definire una che mette i suoi sogni da ragazzina prima del bene di sua figlia) sarebbe venuta a prendere prima di trasferirsi. Gli strinsi la mano, e nonostante tutto, continuò a sorridermi.
-E la vedrai?- Domandai timidamente, quasi come se avessi paura che da un certo punto scoppiasse a piangere lì, vicino a me, e non avrei saputo davvero cosa dire. Non mi ero mai trovato in una situazione del genere e per fortuna non mi ci sarei mai trovato in vita mia.. Si strinse nelle spalle, abbassando un po' lo sguardo per pensare. -Cioè, dico, almeno tu vorresti..?- Cercai di riprendere la domanda -che in effetti mi interessava- dopo qualche minuto di silenzio, e finalmente tornò a guardarmi.
-Sì, certo.. cioè, mi sembra ovvio, lei.. non mi ha fatto niente, no? non è colpa sua se ha una madre stupida.- Cercò di sorridermi, intricando ancora di più la presa delle nostre dita. -Ma non parliamone più.- Non sembrava incazzato, ma scocciato sì, lo era. E non per colpa mia purtroppo, e questo significava che non potevo farci molto. -Mi sei mancato tanto.- Poggiò la testa contro lo schienale del divano, aggiustandosi e mettendosi seduto di fianco come già stavo facendo io.
-Anche tu.. tanto.- Aggiunsi, con la voce che pian piano si spezzava.
-Sai che ti dico, Frank?- Sorrise, e improvvisamente qualcosa nel suo sguardo cambiò.. in meglio. Si alzò come se stesse per andare da qualche parte, ed io feci la stessa cosa, pronto a seguirlo. Mi prese le mani, eppure si fermò lì, come se non avesse intenzione di muoversi. -Io e te stiamo insieme non so da quanto tempo. Cioè, non nel senso che siamo insieme come fidanzati, ma ci conosciamo da dieci anni e.. e io.. non mi sono mai stancato di te. Nemmeno un secondo. Nemmeno se passiamo anche anni di seguito schiacciati nello stesso bus, insieme ventiquattro ore su ventiquattro.- Fece una pausa, ed io per poco non svenni. -Volendo usare anche una metafora figa, insomma, abbiamo percorso ogni strada insieme. E anche se siamo inciampati, certe volte ci siamo scontrati, altre volte abbiamo provato ad andare su vie differenti.. alla fine ho capito che credo che ognuna di queste mi porti sempre a te, e che se tu dovessi improvvisamente andartene, mi bloccherei in mezzo al traffico.- Si avvicinò ancora di più, parlandomi all'orecchio. -Ed io sono stanco di stare qui bloccato, perciò..- Si allontanò di nuovo, guardandomi negli occhi con un sorriso così grande stampato in faccia che sembrava quasi che gli impedisse di parlare. -Vuoi essere il mio compagno di viaggio?- Presi un respiro profondo, cercando di non crepare lì, perché seriamente, sarei stato capace. -O mio marito, sì, sarebbe figo anche quello..- Aggiunse, e se in un primo momento non avevo capito bene che parlasse di quello, bhè.. ora era fin troppo chiaro. Ebbi solo la forza di annuire, cominciando a piangere. Mi lasciò le mani, cercando qualcosa in tasca, ed io approfittai per spostarmi i capelli dagli occhi prima di diventare cieco. Speravo davvero che non si fosse messo a comprare anelli o cose del genere, e per fortuna era qualcosa di anche meglio.
-Frank, ti ricordi che quando mi hai ridato questo, mi hai detto che era perché non ti fidavi più di me, vero?- Annuii, fissando lo stesso, identico plettro giallo che gli avevo restituito l'anno prima nel tentativo di staccarmi (anche solo con quel piccolo cenno materiale) da lui. -Se ora mi credi di nuovo, io..- Mi prese la mano, poggiandolo al centro di essa. Lo misi in tasca, dove di solito stava prima che glielo restituissi, baciandolo decentemente per la prima volta della giornata, convinto che gli avrei restituito il mio in un secondo momento. Mi resi conto che era passato così tanto tempo dall'ultima volta che avevo parlato che era quasi imbarazzante, perciò..
-Ti amo.- Sussurrai al suo orecchio.
-Anche io ti amo.-



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Essere sposato con Gerard era quanto di meglio ci fosse al mondo, e non lo dico solo tanto per dire: non c'era niente che potesse comptere con la sensazione che si prova a svegliarsi ogni mattina accanto alla persona che si ama, a viverci insieme (e anche se lo avevamo fatto per anni, in un certo senso, non era mai stato in quel senso), a sapere che ora c'è qualcosa di più profondo di una semplice promessa a legarvi. Erano passati sei mesi, e mi sembrava ancora come ieri.
Nonostante molti siano convinti che la routine è la rovina di una coppia, blablabla, per noi era quasi una cosa assurda poter dire di averne una, che non era poi così scocciante, in effetti: in quel periodo stavamo -finalmente- registrando, i ragazzi venivano praticamente ogni giorno da noi, ci prendevano un po' per il culo perché eravamo sposati (e infondo lo facevano con affetto), due risate, poi se ne andavano, andavamo a letto, e insomma.. era strano. Era strano che ci fosse finalmente un vero e proprio equilibrio nella mia vita, che era sempre stata un po' lì, sospesa dove capitava.
Ma sopra ogni altra cosa, era bello avere un "compagno di viaggio". E sapevo che il mio, non poteva che essere lui.




-fine-



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Alla mia migliore amica.
A mia nonna.
A Clelia, a Serena, a Roberta e a Clara.
A Cecilia, anche se ora non ci parliamo nemmeno, perché mi ha sempre spinta a fare meglio.
A chiunque abbia letto, recensito, seguito.
E viva il narcisismo, anche a me stessa, per aver avuto il coraggio di far leggere qualcosa di mio a qualcuno.



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Salve ragazze. :D
Non nego che mi è scesa una lacrimuccia nello scrivere la parola fine, e mi scuso per il ritardo, ma per la centesima volta non ho una scusa migliore dell'esame, che tra l'altro comincia il 12, quindi yeah.  Dato che non vorrei perdere nessuna di voi, davvero, perché non sapete quante cose bbbelle avete fatto alla mia autostima (lol), se vi interessasse parlare con una sfigta del genere, messaggiatemiiiih qui, e poi non lo so, se non vi sto troppo sulle palle ci sentiamo su facebook e blabababal, Chiara sei noiosa, taci.
E sì, diciamo che mi scuso veramente molto per il finale banale e plagiatissimo (SKETCH PERDONAMI), ma lo pensavo più o meno da quando ho cominciato la prima storia, e se non fosse stato per questo me lo sarei anche risparmiato, quindi sì, ecco.
Grazie di nuovo, di ogni cosa.


-Chiara.

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