The Raven Goddess

di AnnabelleTheGhost
(/viewuser.php?uid=155261)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Riepilogo ***
Capitolo 2: *** Errori ***
Capitolo 3: *** Organizzazione ***
Capitolo 4: *** Ciliegio in fiore ***
Capitolo 5: *** Legami ***



Capitolo 1
*** Riepilogo ***


                                                                         The Raven Goddess
                                                                  
-Fan-fiction based upon "House of Night" Saga-

Riassunto iniziale

Per tutti coloro che non hanno ancora potuto leggere questa fantastica Saga e per quelli che l’hanno letta, per fare un breve ripasso.
 
Zoey è una normale ragazza sedicenne. Lunghi capelli neri, occhi castani, tratti cherokee. La sua famiglia è ormai divisa. Non ha mai conosciuto suo padre, che li ha abbandonati, e sua madre si è risposata con John Heffer (a Zoey piace chiamarlo fallito acquisito), un uomo del Popolo della Fede.
La sua vita cambia quando viene Segnata.
In questo mondo immaginario, il gene del vampirismo non viene trasmesso per morso o cose simili: il Rintracciatore cerca dei ragazzi e poi li Segna. Da quel giorno ai ragazzi prescelti appaiono i contorni di una mezza luna blu sulla fronte e dovranno affrontare il cammino per completare la Trasformazione nella Casa della Notte. Se i ragazzi non vanno lì, moriranno a furia di tossire e a contorcersi in due.
Ma Zoey non è una novizia (=neo vampira) come le altre. La mezza luna blu in fronte è completa, cosa mai successa a un novizio. Lei è stata prescelta dalla dea dei vampiri, Nyx.
I vampiri adulti hanno la mezza luna completa e una serie di intricati tatuaggi che incornicia il loro viso.
Zoey cerca di ambientarsi, anche se essendo la diversa non è facile. Fortunatamente la sua compagna di stanza, Stevie Rae Johnson, è una tipa a posto. È una tipa un po’ ingenua, a volte infantile ma le due diventano presto migliori amiche.
Zoey entra nel gruppo di amici di Stevie Rae, composto da Damien Maslin, Shaunee Cole ed Erin Bates.
Damien è gay, pignolo e sacciente ma un vero amico. Shaunee ed Erin sono dette le gemelle. In realtà fisicamente sono l’opposto: Shaunee ha la pelle color caffellatte dovuto alle sue origini giamaicane ed ha i lunghi capelli neri, Erin è una ragazza dell’Oklahoma con i lunghi capelli biondi. Le due però sono molto legate. Sembrano quasi leggersi nel pensiero: ognuna finisce la frase dell’altra, hanno gli stessi gusti, le stesse opinioni…
Come tutte le scuole, anche nella Casa della Notte, c’è un "circolo privato", dove solo poche persone possono accedervi: i Figli e le Figlie Oscure.
A capo di questo gruppo c’è Afrodite, una sgualdrina snob e antipatica. Zoey, essendo diversa dagli altri, viene ammessa grazie a Neferet, Somma Sacerdotessa della scuola e sua mentore.
La ragazza però non è diversa solo esteriormente: la Dea l’ha dotata di doni unici. Zoey riesce a controllare i cinque elementi: aria, fuoco, acqua, terra e Spirito.
È convinta che la Dea l’abbia dotata di tutti questi poteri perché le cose cambino e inizia togliendo il comande dei Figli Oscuri ad Afrodite, dopo che questa combina un pasticcio che stava per costare la vita ad Erik ed Heath.
Chi sono i due? Erik è il più figo della scuola. Ex-ragazzo di Afrodite ma che comincia a mostrare qualche interesse per Zoey. Heath è l’ex-ragazzo umano di Zoey, ma che non si arrende e cerca in tutti i modi di riavere il suo amore. Zoey è molto affezionata ad Heath, dato che si conoscono dalla prima elementare, ma lei non è più umana e sa che scegliere lui è sbagliato.
Quella notte, a Zoey spuntano degli intricati tatuaggi blu zaffiro per tutto il volto e in seguito per ogni cosa giusta che farà, le spunteranno dei nuovi tatuaggi per tutto il corpo (cosa mai avvenuta nemmeno nei vampiri adulti!).
Zoey diviene il capo dei Figli Oscuri, dopo che Neferet la elegge, e decide di fare molti cambiamenti a questo gruppo. Instituisce un gruppo di Prefetti, a cui fanno parte se stessa, Damien, Shaunee, Erin, Stevie Rae ed Erik.
Al suo gruppo di amici (escluso Erik) è stata data l’affinità ad un elemento. Damien controlla l’aria, Shaunee il fuoco, Erin l’acqua e Stevie Rae la terra.
Dopo il rituale della luna piena, Stevie Rae muore, non riuscendo a superare la Trasformazione.
Zoey però è da un po’ di tempo che riesce a vedere dei ragazzi morti. Inizialmente crede che sia un nuovo potere ricevuto, ma poi scopre che qualcuno fa ritornare in vita i novizi che non sono riusciti a superare la trasformazione.
Tra questi ragazzi c’è anche Stevie Rae. Nessuno di loro è più lo stesso: sono ormai diventati lo stereotipo del vampiro.
Dopo diverse peripezie, Zoey riesce a far trovare l’umanità a Stevie Rae. Il contorno della mezza luna blu zaffiro diventa rosso, il colore del sangue fresco, e le appaiono in viso dei tatuaggi raffiguranti dei fiori rossi.
Ai novizi che non erano riusciti a superare la Trasformazione, i contorni della mezza luna blu diventano rossi. È nato un nuovo tipo di vampiri!
Afrodite ormai passa dalla "parte dei buoni" ma stranamente ritorna ad essere umana. Mentre Erik è partito, Zoey si innamora di Stark, un misterioso ragazzo con un potere speciale donatogli dalla Dea: non può mai mancare il bersaglio a cui mira con la freccia.
Stark però muore ma in seguito si risveglia come novizio rosso.
I sentimenti di Zoey sono divisi tra Heath (con il quale ha legato un Imprinting), Erik (il più-o-meno fidanzato ufficiale) e Stark.
Colei che riporta in vita i novizi morti è Neferet. Sembrava buona, gentile, era quasi la mamma che non aveva mai avuto per Zoey ma in realtà è malvagia e senza scrupoli.
Questa risveglia un antico angelo caduto, Kalona, un individuo molto pericoloso. In passato aveva stuprato le donne appartenenti alla tribù cherokee degli antenati di Zoey e dalle donne nacquero degli orribili esseri metà corvo e metà umani, i Raven Mocker, i figli di Kalona.
Ora Zoey sta correndo nei tunnel (il luogo dove si nascondono i novizi rossi poiché non possono esporsi alla luce solare) insieme ai suoi amici e ai novizi rossi. Kalona è stato appena risvegliato.
Una storia alternativa rispetto ad Hunted.
 
                                                                                                                ***
 
                                                                                                               – 1 –
 
Mi mancava il respiro. Non sapevo se avessi mai corso così tanto nella mia vita o se fossi mai stata così disperata ma presumo che la risposta sia no.
Non c’è niente di peggio del fuggire dal risveglio di un malvagio angelo caduto.
Il gruppo di persone intorno a me era davvero numeroso. Avevo paura di guidare quel gran numero di persone. Un mio piccolo errore ed avrei causato la morte di tutti.
«Ai tunnel!» urlai. Chissà dove avevo trovato la forza di dirlo. Ma dovevo fingermi coraggiosa perché se fossi crollata io, sarebbero crollati tutti.
Novizi, vampiri e gatti mi seguirono in quella nostra strana bolla invisibile. Il cielo era diventato nero, come le piume delle ali di Kalona. Urla, strilli e gracchii: i Raven Mocker dovevano essere ovunque.
Ancora un ultimo sforzo, mi dissi. C’eravamo quasi.
Finalmente arrivammo all’entrata dei tunnel e, dopo aver sollevato la grata arrugginita, entrammo di corsa nei cunicoli. Eravamo ormai al sicuro lì sotto ma tutti continuavano a correre, ad agitarsi.
Eravamo a destinazione ormai. Lì né Kalona né i Raven Mocker avrebbero potuto raggiungerci.
«Calma, calma!» tuonò Erik. Anche in una situazione d’emergenza come questa non potevo non essere abbagliata dalla sua bellezza. Capelli neri e ciuffo alla Superman, occhi azzurri, fisico muscoloso…
La calma sembrò diffondersi. I gatti si dileguarono e i ragazzi si tranquillizzarono.
Ah, se non avessi avuto Erik…
Stavo per iniziare un discorso filosofico, qualcosa che avrebbe dato pace a quegli animi inquieti, ma qualcosa mi fece desistere nei miei intenti.
Un urlo dalle braccia di Dario, possente Figlio d’Erebo fidanzato di Afrodite.
Stevie Rae, infilzata dalla freccia di Stark come uno spiedino, si morse le labbra dal dolore.
«Stevie Rae!» dissi preoccupata.
«Stai.. stai tranquilla. È stato un movimento brusco di Dario, che mi ha toccato la freccia» ansimò con un piccolo sorriso infantile in volto. Oh, Stevie Rae… Anche in quelle condizioni, cercava di tranquillizzare i suoi amici.
«Perdonami, Sacerdotessa» si scusò Dario.
Sapevo però che quello che aveva detto Stevie Rae non era del tutto vero. Non andava tutto bene e quella freccia doveva essere rimossa.
«Possiamo andare in camera mia» biascicò la mia amica, quasi come se mi avesse letto nel pensiero. Ci fece strada con dei leggeri cenni del capo.
La sua stanza era davvero carina; i tunnel non avevano l’aspetto sporco come l’ultima volta.
Stevie Rae mi sorrise. «Te l’avevo detto che stiamo migliorando tutto!»
Le rivolsi un debole sorriso.
Dario posò Stevie Rae sul letto, di fianco, in modo che la freccia non toccasse il letto.
Decine e decine di occhi fissavano Stevie Rae, me e Dario.
«Dobbiamo toglierle la freccia, Sacerdotessa. Non sarà un bello spettacolo!» disse Dario.
Vampiri e novizi continuavano a guardarci, come se non avessero capito il senso delle parole di Dario.
«Dobbiamo uscire?» chiese Erik. Gli sorrisi da una parte all’altra. Oh, Erik! Meno male che ci sei tu!
Annuii.
I novizi rossi uscirono dalla stanza ma i miei amici rimasero lì.
«Zoey, non possiamo andarcene!» sbottò Erin.
«Giààà, ci dobbiamo essere anche noi!» rincarò Shaunee.
«Rimarremo insieme a Stevie Rae!» aggiunse Damine con quel suo fare gay.
Stevie Rae urlò. Un urlo poderoso che riecheggiò nella stanza. Non era tempo di giocare: lei stava soffrendo!
«Razza di sfigati, non vi è chiaro?» commentò Afrodite. Non avevo notato la sua presenza fino a quel momento.
Jack, il fidanzato di Damien, impallidì e così fecero gli altri. I sei uscirono dalla stanza, chiudendo dietro di loro la tenda che faceva da porta alla stanza.
Sorrisi alla mia amica. «Grazie, Stevie Rae. Se non avessi urlato i nostri amici non se ne sarebbero proprio andati!»
Fece una debole smorfia. «Non stavo fingendo, Zy. Questa freccia è conficcata davvero in fondo».
«Zoey, metti quel lenzuolo a terra!» ordinò Dario indicandomi il letto alle sue spalle. Tolsi il lenzuolo dal letto e feci esattamente come aveva detto il Figlio d’Erebo.
Dario prese nuovamente Stevie Rae tra le braccia e la fece mettere in ginocchio sul lenzuolo.
«Questo farà male!» sussurrò alla mia amica.
Stevie Rae allungò la mano verso la mia e la strinse forte. «Sopporterò!»
«Stevie Rae, io sono con te!» la rassicurai.
Lei annuì e mi fece un debole sorriso. «Sono pronta!»
Dario tagliò con delle grosse forbici la punta della freccia. «Sei pronta, Zoey?»
Sobbalzai. Pronta? Non credevo di dovere avere una parte in tutto questo!
«Spingi la freccia verso di te. So che puoi farcela!»
Impallidii. Non avevo davvero la forza di farlo. Stevie Rae mi guardò supplichevole. Okay, l’avrei fatto per lei.
«Sono pronta!» dissi, fingendomi sicura.
«Al mio tre. Uno… due… tre!» urlò Dario.
Spinsi la freccia. Stevie Rae urlò. Io urlai. Non dovetti sopportare la vista del sangue, fortunatamente.
 
 
«Stevie Rae, stai bene?»
Lei annuì. Era sdraiata sul letto e le bende le coprivano il tronco.
«Perché non ha sanguinato?» chiesi a Dario.
Rise debolmente. «Mancanza di materia prima…»
Stevie Rae fece un sospiro sommesso. Come avevo fatto a non notarlo prima?
La mia amica stava davvero male! Era pallida, si muoveva appena e quella freccia doveva averle fatto uscire troppo sangue.
Tesi il braccio verso la mia amica, portandoglielo alla bocca. «Bevi!» le dissi. Non mi importava né il dolore né niente. Stevie Rae doveva stare bene.
«Le serve sangue umano!» replicò Dario.
«Allora vado a prenderle le sacche di sangue nel frigorifero di là!»
Dario scosse la testa. «Sangue fresco!»
L’unico umano che mi veniva in mente era Afrodite e lei non sarebbe stata molto d’accordo all’idea.
«Qualcuno mi ha chiamato?» chiese Afrodite scostando la tenda. Il suo sorriso era serafico, forse un po’ cattivo.
 
«Imprinting? Ho l’Imprinting con questa sfigata cow girl?» strillò Afrodite.
Un segno rosso era sull’avambraccio dove Stevie Rae aveva preso il suo sangue. Dario la cinse tra le braccia amorevolmente.
«Amore, troveremo un rimedio. Non hai niente di cui preoccuparti!»
Afrodite gli rivolse un sorriso perverso. Sapevo cos’era sottinteso nelle parole di Dario quindi cercai di ignorare le immagini che mi si formavano in mente.
I miei amici rientrarono nella stanza. Jack guardò preoccupato Stevie Rae.
«Sta… sta bene?» chiese, pallido. Le bende dovevano fargli una certa impressione.
«Sì, sì. Va tutto bene!» lo tranquillizzai. Ci mancava solo un Jack isterisco e preoccupato.
«Be’ io avrei un po’ di fame!» disse Stevie Rae mettendosi a sedere. La fulminai con lo sguardo. Non le era bastata Afrodite e l’Imprinting che aveva avuto con lei?
Doveva aver capito cosa pensavo, così scosse la testa. «Ma no, voglio qualcosa di solido! Sapete cosa c’è in frigo?» chiese con quel suo sguardo da bambina che sta per ricevere le uova di Pasqua.
Stevie Rae cambiava da un momento all’altro. Prima era una vampira assetata di sangue e malvagia; un secondo dopo tornava ad essere la ragazza con una passione per Kenny Chesney come sempre.
Come desideravo che tutto tornasse come prima!
«Credo di aver visto del pane!» disse Erin.
«Vuoi un panino?» concluse Shaunee.
«Sì sì. Con prosciutto e formaggio!»
Le gemelle uscirono dalla stanza. «Noi… andiamo con lei!» disse Damien portandosi Jack con sé.
Erik mi guardava con quel suo fare possessivo e innamorato.
Mi rivolsi a Dario. «Posso lasciare un momento Stevie Rae?»
«Zoey, non c’è bisogno che lo chieda a Dario. Sto bene!» replicò la mia amica. Poi mi fece una strizzata d’occhio, evidentemente per spronarmi ad uscire dalla stanza con Erik.
Guardai il bel vampiro, poggiato alla parete di fronte, e gli feci un cenno con la testa per uscire. Noi due dovevamo parlare.
Erik annuì ed uscì dalla stanza.
«Riposati, Stevie Rae» le dissi con un sorriso.
Ricambiò il sorriso e mi sussurrò di rimando: «Buona fortuna con Erik!»
Già, ne avevo davvero bisogno!
Scostai la tenda e vidi Erik a pochi passi da me. Mi avvicinai, quasi incerta.
«Erik, io…». Mille parole mi si formarono in mente e tutte, facendo a gara per arrivare sulla lingua, mi facevano impappinare. «Vedi, io… Non volevo… So di averti ferito e…».
Ecco, balbettavo. Perfetto!
Le scuse migliori del secolo.
«Quel che è stato è stato» mormorò Erik. Oddio, l’avevo fatto di nuovo deprimere?
Perfetto! Fuori c’era la fine del mondo ed io non riuscivo neanche ad avere una conversazione normale!
Sollevò la testa. Mi persi nei suoi occhi azzurri come il cielo.
«Io ti amo, Zoey. Qualunque cosa sia successo. I miei sentimenti non cambieranno!» disse deciso.
Mi aveva lasciato senza parole. Non mi meritavo ciò che mi aveva detto. Ero stata una zoccola, lo sapevo, e non era proprio da me! Ed Erik si meritava di meglio!
La distanza tra noi due si abbreviò. I nostri corpi si toccarono. Eravamo distanti un respiro.
«Ti amo anch’io, Erik» gli mormorai. Le nostre labbra si sfiorarono e la presa di Erik divenne più stretta, più possessiva.
Sì, quello era il mio Erik.

 
Nota dell’autrice:devo ringraziare Sgiach per l’idea che mi ha dato di scrivere una fan-fiction sulla Casa della Notte. Inoltre mi scuso per il capitolo. Inizialmente è solo un riassunto dei capitoli precedenti e poi una ripresa dell’inizio del quinto libro. Ho dovuto farlo perché la freccia di Stevie Rae doveva essere tolta e doveva essere ben chiaro il quadro della situazione!
In più per il riassunto mi dispiace aver rovinato la trama di tutti i libri ai neo lettori, ma ho tralasciato il superfluo quindi gli eventi di Chosen, per esempio, saranno tutti da scoprire.
Pubblicherò presto il secondo capitolo. Per ora non metto appuntamenti settimanali.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Errori ***



                                                                         The Raven Goddess
                                                                  
-Fan-fiction based upon "House of Night" Saga-


                                                                                                                    – 2 –
 
Erik mise le mani sulle mie scapole e pian piano la mano destra scese fino al bacino. Le mie braccia erano intorno al suo collo.
Avevo gli occhi chiusi e ricambiavo i baci con egual passione di Erik.
«Erik…» mormorai staccando per un attimo le mie labbra dalle sue.
«Zy…» mormorò lui, usando quel nomignolo che mi piaceva tanto. «Zy… Zy…» continuò a dire, mentre la mano destra si intrufolava sotto la felpa.
Era passato così tanto tempo dalle nostre ultime pomiciate che ne avevo quasi perso il piacere. Era così bello essere tra le sue braccia e sentire i suoi mormorii.
La mano sotto i miei vestiti salì. Il suo tocco fresco sulla mia pelle calda mi fece provare un piccolo brivido di piacere. Sfiorò con la punta delle dite i tatuaggi che avevo sulla schiena con adulazione.
Zy, sei speciale, sembrava dire con quel gesto.
Okay, non ero vanitosa e narcisista ma i suoi complimenti mi facevano piacere.
«Oh, Zoey…» mormorò nuovamente. La mano salì ancora di più e mi sfiorò il seno.
Aspetta un attimo!
Una mano che sale e mi palpa le mie intimità? Il mio nome sussurrato in quel modo?
Oh, merda!
Mi staccai da lui con decisione, tanto che rimase sorpreso. Con gli occhi – i suoi bellissimi occhi azzurri – mi chiedeva cosa diamine stessi facendo.
«Ora che non sono più vergine non crederai che sia una ninfomane!» urlai.
«Zoey, non era quello che pensavo!» ribadì. Il suo tono non era infuriato ma la meraviglia stava diventando qualcos’altro.
«Oh sì che lo pensavi! Ora che Zoey si è fatta Blake perché non scoparsela?» strillai infuriata.
L’azzurro dei suoi occhi divenne ghiaccio e non trasmisero più il dolce calore di sempre.
«Non ti volevo forzare» riprese con il suo tono gelido.
«E quello cos’era? Infilare la mano sotto la mia felpa… Mi sembra tanto urlare sesso
«Non è vero» disse stringendo i denti.
Strinsi le palpebre e lo guardai in cagnesco. «Forse nel tuo universo egocentrico non lo è ma nella vita reale sì!»
Dopo aver detto questo mi allontanai a grandi passi, sperando che non mi seguisse.
Non sentii la sua presa sul mio braccio, né i suoi passi dietro di me. Lo sentii svoltare dal lato contrario.
Continuai a percorrere le gallerie e mi asciugai una lacrima che mi stava rigando la guancia sinistra.
 
 
Stevie Rae dormiva tranquillamente nel letto accanto al mio. Sembrava una innocente bambina addormentata. Le fantasie però si dissolvevano quando si notavano le bende bianche attorno al suo corpo e il ricordo di quei lampi rossastri negli occhi.
Stevie Rae non era più la ragazza di sempre. Era cambiata profondamente ma sapevo che in fondo quella era la mia migliore amica.
La ragazza che riusciva a discutere perfino se i Lucky Charms fossero più buoni dei Conte Chocula, innamorata di Kenny Chesney e con una passione per il country radicata in lei.
Lei era ancora quella ragazza ma sembrava che in quel momento vi fossero due Stevie Rae e non si poteva decidere quale delle due potesse fare la sua comparsa.
Sospirai e mi misi a sedere sul letto.
Tutta l’adrenalina che avevo avuto in corpo stava funzionando come un caffè extra forte e non riuscivo a chiudere occhio. D’altronde, se le mie ciglia si sfioravano appena, la mia testa era invasa da immagini di Kalona e di Raven Mocker che mi balzavano addosso.
Ma il motivo principale per cui non riuscivo a chiudere occhio era Erik. Dea, volevo parlare con lui per fare pace e far tornare tutto come prima e invece avevo rovinato tutto.
No! Lui ha rovinato tutto!, mi urlò una vocina nella mia testa.
Be’ non importava chi era stato ma ciò che era successo.
Prima era così semplice stare con Erik. Lui era premuroso, gentile e un figo da paura ma adesso sembrava solo possessivo e troppo sicuro di sé.
È naturale, mi dissi. Si scoprono i difetti del partner solo dopo qualche mese di fidanzamento. Inizialmente siamo troppo abbagliati dai suoi pregi per notarne i difetti…
Sì, doveva essere così.
Erik si era comportato in quella maniera perché era ancora sconvolto per Blake e cercava di dirmi che sarebbe stato come lui, se lo desideravo. Sarebbe stato qualsiasi cosa desideravo.
Sorrisi, cercando di autoconvincermi.
Senza volerlo, la mia testa si poggiò sul soffice cuscino. Pian piano l’adrenalina scemava e mi ritrovai nel mondo dei sogni prima di potermi opporre.
 
 
Neferet danzava. Il suo lungo vestito color cremisi si muoveva seguendo i suoi movimenti eleganti. Sembrava un fiume in piena, una rosa che sbocciava…
I suoi lunghi capelli rossi fecero un giro di trecentosessanta gradi e ondeggiarono, come un mare in tempesta.
Una risata riecheggiò nell’ampia stanza.
«Mia Regina, nessuna danza umana potrebbe paragonarsi alla tua» disse la profonda voce di Kalona.
Neferet sorrise come un gattino innocente e i suoi occhi verde muschio si assottigliarono in una smorfia di gratitudine.
«Grazie, mio angelo» disse la Somma Sacerdotessa.
Le ali di Kalona ebbero un fremito e le luci che provenivano da un lampadario – cazzarola, sembrava di cristallo! – illuminarono le piume di diversi colori.
Neferet si avvicinò all’angelo caduto. Il vestito continuava a muoversi; sembrava avesse una vita propria. Posò una mano affusolata sul petto nudo di Kalona e volse lo sguardo verso il suo viso perfetto.
«Mio Signore…» mormorò.
Le ali di Kalona si mossero e lui sorrise. «Mia Dea…» disse di rimando.
Le ali corvine circondarono Neferet in qualcosa che somigliava ad un abbraccio, anche se era terribilmente agghiacciante! Prima che i volti dei due fossero coperti dalle ali, vidi le loro labbra toccarsi possessivamente.
Dopo pochi minuti, le ali non strinsero più Neferet.
Questa aveva i capelli più spettinati di prima e il viso le si era colorato di rosso. Rise e si sistemò il vestito. Evidentemente non si erano solo baciati – bleah!
«Mio Signore, ti attendo in camera» biascicò con quel ghigno perverso stampato in viso. Kalona le sorrise e Neferet si allontanò.
Kalona volse la testa. Ora potevo vederlo chiaramente in volto. Cazzarola, quant’era bello!
Sembrava avesse la mia età e il suo fascino mi ammaliava. Sentivo il suo sguardo addosso anche se non ero fisicamente lì.
«A-ya» sussurrò.
Scossi la testa. No, non era possibile!
«A-ya!» ripetè, stavolta con più insistenza. Le sue ali ebbero un fremito. «A-ya, non devi né nasconderti, né temermi. Tu sei stata creata per me…»
Ebbi un fremito e mentre le parole creata per me si diffondevano nella testa come un eco lontano, riaprii gli occhi.
Non riuscivo a spiegarmi perché Kalona mi avesse chiamata A-ya. Sì, mi avesse chiamata. Stava sicuramente parlando con me! A-ya era una donna creata dalle Ghigua (una sorta di Somme Sacerdotesse nelle tribù cherokee) per sconfiggere Kalona.
Dato che ormai era diventato un pericolo per tutte le donne, le Ghigua avevano creato questa fanciulla dalla creta per lui. Ognuna le aveva dato una propria caratteristica – o i capelli, o la bella voce – e per questo la avevano chiamata A-ya, ovvero Io.
Kalona, accecato dalla lussuria, aveva inseguito A-ya fino alle grotte, senza accorgersene. (Essendo un angelo, ovvero creatura del cielo, la sua nemesi era la terra!)
Appena entrati nell grotta, le Ghigua chiusero l’entrata e A-ya tornò ad essere un pezzo di creta che strinse l’angelo caduto in un abbraccio eterno.
Ora Kalona mi aveva chiamata come quella fanciulla, che era stata creata per amarlo.
Perché?
Ormai c’erano troppe domande alle quali non sapevo dare una risposta. Era così snervante!
Ancora scossa dal sogno, mi alzai barcollando e mi diressi verso l’uscita della stanza. Scostai la tenda e solo in quel momento mi resi conto che mi sarei persa! Non conoscevo i tunnel né dove portavano. Con la mia solita fortuna mi sarei trovata dentro il bagno – c’erano i bagni in quei tunnel? Se sì non osavo immaginarmeli!
Un ululante vento freddo mi sfiorò e rabbrividii. Però… se c’era il vento significava che dovevo essere vicino a un’uscita! Forse mi avrebbe fatto bene prendere una boccata d’aria.
Attraversai i tunnel, basandomi sul fatto che più sentivo freddo più dovevo essere vicina all’uscita.
Finalmente arrivai davanti alla grata arrugginita e la spostai. A causa dell’umidità il pavimento era diventato scivoloso. Stavo per scivolare e farmi un male cane, ma una mano mi afferrò.
«Serve aiuto, Sacerdotessa?»
Sorrisi timidamente a Dario – cazzarola, perché doveva assistere alle mie figuracce? – ed uscii.
«Cosa ci fai qua fuori?» gli chiesi.
«Faccio il turno di guardia. Sai, è pericoloso là fuori…»
«Pure troppo» aggiunsi. «Non potresti venire aggredito da un momento all’altro? Non hai paura?»
Rise. «Zoey, sono un Figlio d’Erebo. È il mio compito!»
«Oh già, giusto…». Ecco un’altra figuraccia.
Dario rise, probabilmente dopo aver osservato la mia faccia tingersi di un colore rosso peperone.
«E tu invece perché sei venuta qui?» mi chiese cambiando argomento.
«Incubi…» dissi facendo un cenno vago con la mano.
«Di questi tempi sarebbe strano fare sogni normali…» disse Dario, forse in un tentativo di tranquillizzarmi.
«Già, anche se li preferirei…» mormorai sommessamente.
Un vento gelido mi attraversò e tremai.
«Vuoi una coperta?» mi chiese Dario premurosamente. Non annuii ma Dario prese lo stesso una soffice coperta e me la mise sulle spalle.
«Così va meglio». Lo ringraziai con un sorriso. Aprì una sedia pieghevole, quelle dall’aria terribilmente scomoda che ti lasciano il sedere quadrato, e mi chiese con un cenno del capo se mi andava di sedermi.
Nonostante fosse scomoda, ero stanca e non riuscivo a reggermi in piedi, quindi gli dissi di sì. Mi sedetti accanto a lui, stando bene attenta a non fare scivolare la coperta e così fare un’altra gaffe.
«È incredibile che nessuno si sia accorto di quanto sia malvagio Kalona…» commentò Dario.
«Già, ci avrebbe fatto comodo qualche alleato» risposi.
Annuì. «Almeno siamo una ventina. Non è poco…»
Dando brillante sfoggio della mia ignoranza in matematica, cominciai a contare sulle dita chi eravamo. Io, Stevie Rae, Damien, Jack, Shaunee, Erin, Erik…
Deglutii con forza appena pensai al suo nome.
«C’è qualcosa che non va?» mi chiese, notando il mio cambiamento d’umore. Scossi la testa.
«È il freddo. Mi è entrato fin nelle ossa» mentii. Okay, in realtà non era una vera bugia perché sentivo davvero freddo ma con la coperta addosso non era il primo dei miei problemi in quel momento.

Erik…
«Vuoi un po’ di cioccolata calda?»
Alzai un sopracciglio. Cioccolata calda? A quelle temperature?
Sorrise e mi indicò un thermos poggiato alla base della sua sedia. Sorrisi a disagio.
«Ne vuoi un po’?» ripetè.
Annuii con forza. Adoravo la cioccolata calda! Mi ricordava gli inverni a casa delle mie amiche, le fredde sere nelle baite quando passavamo il Natale in montagna in famiglia (quando ancora il fallito acquisito non era entrato nelle nostre vite…).
Dario mi porse una tazza fumante e fui inebriata dal suo profumo pieno di ricordi e di cioccolata.
Chiusi gli occhi e la mia mente fu invasa da immagini di alte montagne innevate, sciatori che zigzavano sul manto nevoso, giacche e berretti di lana caldi e soffici, il profumo legnoso delle case in montagna…
Bevvi un sorso della cioccolata e cominciai a riscaldarmi.
Riaprii gli occhi ma prima di girarmi verso il Guerriero mi assicurai di leccarmi il labbro superiore per non avere dei baffi fatti di cioccolata sotto il naso. Mi erano bastate le figuracce.
«Grazie» gli dissi con un sorriso.
«Non c’è di che».
Dario era davvero gentile, simpatico e premuroso. Afrodite era davvero fortunata ad averlo, anche se mi chiedevo come lui facesse a sopportarla. Era una stronza odiosa con noi ma forse con Dario diventava tutt’altra persona.
«Come vanno le cose con Afrodite?» chiesi con un sorriso innocente tanto per fare discussione.
«Bene, bene…». Si interruppe un attimo. «… E tu ed Erik?»
Deglutii a disagio. Non avevo voglia di ripensare a lui!
«Zoey!» strillò una voce da fuori e spalancò la porta, facendo entrare un vento intriso di neve e gelo.
«Heath, chiudi la porta!» gli strillai. Avrei dovuto dirgli cosa ci fai qui?, perché non sei a casa?, ma in quel momento stavo solo pensando a quella lingua gelida che era penetrata in un ambiente che stava cominciando a riscaldarsi.
Heath si girò e, quasi a disagio, chiuse la porta. Poi volse nuovamente la testa verso di me. «Sono qui, piccola, puoi dirmi tutto ciò che vuoi» disse Heath con quel suo sorriso da macho, ignorando completamente che lui ed io non eravamo soli lì dentro.
«Heath, che accidenti stai dicendo?» sbottai, posando la cioccolata su un piccolo ripiano accanto a me.
«Mi hai chiesto di venire… ed eccomi qua!» replicò ancora con quel sorriso stampato in volto.
Corrugai la fronte. «Non ti ho chiesto di venire. Ti ho chiesto di chiuderti in casa!»
Il sorriso si spense e mi guardò imbronciato. «Mi hai inviato un messaggio!»
«Non ti ho inviato nessun messaggio!» insistetti.
Mise una tasca nei jeans strappati e ne uscì un cellulare, il suo Nokia vecchio modello che aveva fin dal primo liceo, e me lo sbattè in faccia.
Anche se lo schermo non era molto luminoso, non feci fatica a leggere ciò che c’era scritto.
 
                                                                   VIENI AL VECCHIO SCALO FERROVIARIO. TI DEVO PARLARE URGENTEMENTE!
 
Sobbalzai. «Heath, non ti ho scritto niente del genere!» Poi aggiunsi, esaminando più attentamente il testo: «E non scriverei mai urgentemente. È una parola troppo lunga!».
Non sono Damien!, pensai tra me e me.
Si rimise il cellulare nei pantaloni. «Allora chi è stato a scriverlo?»
Chi è che voleva attirare Heath dove mi trovavo io? Chi ne avrebbe tratto beneficio?
«Kalona» mormorai.
Kalona voleva attrarre qui Heath per farmi cadere in una trappola, per rendermi più vulnerabile.
Era così ovvio…
 
Nota dell’autrice: è passato un po’ di tempo dalla pubblicazione dell’ultimo capitolo ma finalmente ho scritto il secondo.
Finalmente mi è arrivato Tempted e me lo sto letteralmente divorando!
Perché dico "mi è arrivato"? Non lo potevo trovare tranquillamente in una libreria? Sì, in realtà, ma poi sono successe tante di quelle cose… Be’ è una storia lunga. Comunque in poche parole qualche mese fa (prima dell’estate) ero andata in libreria con mia madre. Era da mesi che aspettavo l’uscita del nuovo capitolo di questa Saga ma quando vado al reparto "Vampiri" (ok, non ha questo nome ma mi piace definirlo così) vedo che non era uscito solo Hunted, ma anche Tempted e Burned!
Inizialmente ero indecisa se prendermi Hunted o il nuovo libro che era uscito della saga del Diario del Vampiro (Strane Creature) ma alla fine ho optato per Hunted.
Dato che alla fine tutto sommato sembra che ci sia il lieto fine con la scomparsa dei cattivi, mi sono messa per un po’ il cuore in pace e non avevo fretta di comprarmi gli altri libri.
Poi su Facebook ho trovato gruppi e pagine che spoileravano il seguito, così la curiosità è  diventata morbosa e un mese fa ho chiesto a mia zia di ordinarmi Tempted. Ci ha messo un mese ad arrivare ma finalmente è tra le mie mani.
È stupendo e più lo leggo più sono curiosa di vederne la fine. Credo di sapere come finisce e proprio per questo voglio leggermelo tutto.
Nelle faccende amorose di Zoey, devo dire che nei primi libri ho sempre adorato Erik. Poi quando nel quarto è subentrato Stark e Zy se n’è innamorata ho pensato "No! Non un altro! Ne hai anche troppi!" ma ora come ora tifo per Stark. Cavolo, quant’è figo! Spero che si metta con Zoey.
Scusate, vi sto annoiando. Be’ ci vediamo al prossimo capitolo di questa fan-fiction oppure mi trovate qui.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Organizzazione ***



                                                                         The Raven Goddess
                                                                  
-Fan-fiction based upon "House of Night" Saga-


                                                                                                                  – 3 –
 
«Heath deve restare!» affermai con sicurezza.
«Zy, capisco che ci tieni a lui ma è un umano! Sarà pericoloso rimanere tra così tanti vampiri!» sbottò la mia compagna di stanza.
«Giààà» rincarò Erin.
«Sottoscrivo, gemella!» disse Shaunee.
«Gemelle siamesi, non siete qui per dimostrare al mondo di avere un cervello solo diviso in due!» disse Afrodite con un colpo di ciuffo, poi spostò lo sguardo verso Heath. «Zoey ha ragione. È più pericoloso rimanere là fuori che in questi schifosi tunnel!»
Heath sorrise, contento che qualcuno fosse d’accordo che lui rimanesse. «Se c’è Zoey io sono disposto a rimanere ovunque!»
Erik grugnì e Afrodite aggiunse: «Visto? Il nostro umano pieno di testosterone non ha problemi a rimanere in questi tunnel abitati da quegli abomini rossi!»
«Afrodite!» strillò Stevie Rae, offesa.
Afrodite aggrottò le sopracciglia e guardò la mia amica in cagnesco. «Sai che è vero quello che dico. Non ti dimenticare che ho un Imprinting con te!». Pronunciò la parola "Imprinting" con disprezzo come se fosse stato un insulto.
«Voi due avete un Imprinting?» chiese Heath al massimo della sorpresa.
«Ma non è come il nostro!» mi affrettai a dire prima che Afrodite lo dicesse nel suo modo poco cortese.
«Voi due avete ristabilito l’Imprinting?» chiese Erik, arrabbiato.
«N…»
«Sì!» affermò Heath con decisione.
Lo fulminai con lo sguardo e sperai che grazie all’Impinting capisse che volevo dirgli Perché non tieni mai  la bocca chiusa?
Mi fece un sorrisetto da Non ti preoccupare, Zy.
«Erik, devi accettarlo. Ormai lui è il mio consorte e non posso farci niente!»
Heath mi riservò un’occhiataccia, facendomi capire che non gli piaceva come l’avevo detto, ovvero come se fosse spiacevole.
Erik sbuffò ed uscì dalla stanza di Stevie Rae. «Vado a dare il cambio a Dario» disse.
Mi sedetti accanto al letto della mia amica.
«Permalosetto il tuo fidanzato, eh?» disse Afrodite alzando le sopracciglia.
Sospirai, evitando di rispondere.
«Allora, abbiamo un piano per cosa fare contro Kalona?» chiese Damien, cambiando discorso. Lo ringraziai con un sorriso per aver deviato l’argomento fidanzati a qualcosa di più serio.
«Per ora è meglio rimanere in questi tunnel. Sono sicuri e non siamo ancora abbastanza preparati per affrontare Kalona…»
«… e Neferet! Non te la dimenticare!» aggiunse Damien.
«Sì, e anche la Tsi Sgili» dissi.
«Ha sviluppato nuovi poteri. Avete visto come ha ucciso Shekinah?» sentenziò Shaunee.
«E ciò che sappiamo su Kalona sono solo leggende del popolo cherokee…» aggiunse Erin.
«Ciò che vogliono dire queste due sfigate, in poche parole, è che non è abbastanza per affrontarli!» disse Afrodite ma quando mi guardò non c’era acidità nel suo sguardo ma solo rassegnazione.
«Brutta str…» iniziò Shaunee, ma intervenni prima che le tre iniziassero a litigare.
«Avete ragione. Devo chiamare la nonna, forse lei ne saprà di più!»
«Nonna Redbird? Come sta?» chiese Jack.
Scossi la testa. «Non lo so. È per questo che voglio chiamarla».
«C’è la connessione a Internet in questi tunnel?» chiese Damien.
Stevie Rae annuì. «Sì, grazie alla Carta Oro di Afrodite…»
«Posso usare il cellulare per connettermi ad Internet e fare delle ricerche in merito!»
«Damien, c’è ancora brutto tempo. Non so se ci riuscirai…» dissi.
«Provare non costa niente!» disse lui ammiccando.
«Ed io cosa faccio?» chiese Heath, con quell’aria da non voglio rimanere con le mani in mano!
«Aiuta noi!» disse Shaunee con un piccolo sorriso.
«Giàà. Il cappuccino e il frappé alla vaniglia hanno bisogno di aiuto!»
«Ragaaazze, non è il momento di questi discorsi! Non vedete che Zoey è in difficoltà?» chiese Stevie Rae.
«Grazie, Stevie Rae».
«Di niente, Zy» disse sollevando gli angoli della bocca.
«Voi tre cercate di preparare da mangiare per tutti. Non so voi ma sto morendo di fame!» dissi con un sorrisetto per sdrammatizzare la situazione.
«Detto…» iniziò Erin.
«… fatto» concluse Shaunee.
«Tutto quello che desideri, Zo!».
E i tre uscirono dalla stanza.
Damien si congedò insieme a Jack, dicendo che avrebbe fatto le ricerche, e nella stanza rimanemmo solo Stevie Rae, Afrodite ed io.
«Zoey, non è solo quella fame che hai» disse la mia amica.
«Questa volta mi devo trovare d’accordo con la campagnola. Dovresti bere da Heath!» sentenziò Afrodite.
Scossi la testa. «Avete visto com’era incazzato Erik? Non voglio mettere il coltello nella piaga!»
«La tua salute è molto più importante dei sentimenti di quello stronzo!»
«Afrodite, non puoi comportarti così solo perché sei gelosa che il tuo ex si sia messo con un’altra».
Afrodite rise. «Credi che io sia gelosa?». Scosse la testa. «Ah, Zoey, non hai capito niente…».
Si alzò dalla sedia e disse: «Vado dal mio Dario; voi fate quello che volete!»
E sculettando uscì dalla stanza.
Sospirai e mi gettai sul soffice letto accanto alla mia migliore amica.
«Sono stanca, Stevie Rae! Vorrei tanto dormire!»
«Ti copro io!» disse la mia migliore amica strizzandomi l’occhio.
Scossi la testa. «No, noi due dobbiamo parlare!»
Lei deglutì.
«Cos’è successo per tutto il tempo che sei rimasta in questi tunnel?»
«Oh be’, sono rimasta coi miei novizi! Poi grazie ad Afrodite abbiamo sistemato questi tunnel lerci e ci siamo creati delle stanze!» disse con un sorriso innocente.
«E quanti siete?»
«Non ti so dire, Zy. Ci sono Kramisha, Dallas, Johnny B, Ant, Shannoncompton, Venere, Sophie…» elencò.
«Siete tanti! Ce li presenterai?»
«Certo!» disse allargando il suo sorriso come una bambina.
«C’è altro che mi devi dire, Stevie Rae?»
Sembrò pensarci un attimo, poi scosse la testa. «È tutto».
La squadrai. Il suo sguardo era incerto e di sicuro mi stava nascondendo qualcosa. Ma il mio cervello era troppo stanco per poter insistere.
«D’accordo, io…».
Prima che potessi finire di parlare, entrarono in stanza Heath e le gemelle con diversi vassoi pieni di panini, patatine e tutte le schifezze per i ragazzi.
«Eccoci qui con i viveri!» scherzò Shaunee.
«Ci sono dei tavolini pieghevoli in fondo alla stanza» disse Stevie Rae indicandomi dei tavoli appoggiati al muro. Li aprii e formai un lungo tavolo in fondo alla stanza in modo che i miei amici potessero posarci le cose da mangiare.
«Bene, è il momento di presentarci i tuoi amici, Stevie Rae!»
Lei annuì.
 
 
«Tesoro, io sono Kramisha!» disse una ragazza di colore con una meche arancione e mi strinse vigorosamente la mano. Per poco non mi affogavo con il panino al prosciutto che mi aveva dato Heath.
«Lui è Ant» disse Stevie Rae indicando un ragazzo piccolo piccolo che stava mangiando delle patatine. Il soprannome Ant, "formica", era proprio adatto.
«Loro due sono Johnny B e Dallas» disse Kramisha indicando i due bei ragazzi appena entrati nella stanza.
«Il piacere è tutto nostro!» disse Erin salutando i ragazzi con un sorriso ebete.
«Lei è Venere, la mia ex compagna di stanza…» disse Afrodite masticando un panino al salame. Poi, rivolgendosi alle gemelle, aggiunse: «Sarete cretine, ma sapete preparare dei panini decenti! Non come quelli di María José…»
Shaunee diede un colpo d’anca ad Erin. «Siamo insuperabili!»
«Chi è Maria Iosè?» chiese Jack.
«José, stupido! Era la mia domestica ma era un’incapace…»
«Non è una cosa carina da dire, Afrodite!» disse Stevie Rae ancora nel suo letto.
«Zitta, cow girl!» disse Afrodite, terminando il suo panino.
Sospirando, cambiai discorso. «Damien, hai trovato qualcosa?»
Annuì. «Poco, ma ho trovato qualcosa…»
Prese un iPhone e guardò lo schermo. «Dato che Neferet è diventata qualcosa di simile a una strega del male, ho cercato in proposito. Qui dice che questo tipo di streghe hanno dei fortissimi poteri mentali, le tenebre sono loro alleate e si possono uccidere solo il trentuno ottobre o durante le eclissi…».
«Credo che l’ultima parte non sia vera. Neferet in fondo è pur sempre una vampira e il giorno di Samhain non è stata né indebolita né niente…»
Afrodite abbassò lo sguardo, imbarazzata al ricordo del suo pasticcio durante quella notte.
«Ma ancora non era una Tsi Sgili. È logico che stava bene!» disse Shaunee.
«Okay, be’, Damien continua…»
«Poi riguardo agli angeli caduti si dice che c’è sempre una motivazione per cui sono, appunto, caduti. Anche la religione cristiana dice che Lucifero scelse il male, dunque deve essere stata una scelta di Kalona cadere…»
«Questo era ovvio…»
«Be’ ma prima doveva essere un angelo per poter cadere» commentò Damien.
«Kalona un angelo? Naah, non ce lo vedo proprio!» disse Stevie Rae.
«Un angelo è sinonimo di purezza. Kalona non è puro!» sentenziai.
«Già. Da quanto mi hanno detto, ha stuprato buona parte delle donne cherokee, dando vita a quegli orribili mostri deformi!» disse Kramisha con un brivido.
«Che schifo!» rincarò Erin.
«Dicono altro le tue ricerche?» chiesi a Damien.
Scosse la testa.
«Dunque, il caro sapientino gay non ha scoperto niente di nuovo!» disse Afrodite.
Non mi era piaciuto come l’aveva detto, ma aveva ragione… Eravamo punto e da capo.
«Be’» disse Stevie Rae stiracchiandosi debolemente, evitando movimenti bruschi, «l’alba si avvicina ed io e i miei novizi dobbiamo riposarci…»
«Esatto, tesoro, non vedo l’ora di mettermi sotto le coperte!» disse Kramisha sbadigliando.
Inghiotti il panino al formaggio che stavo mangiando. «Bene, forse è il caso che ci riposiamo tutti. Vi ho svegliati per questa "riunione d’emergenza"… Starete morendo dal sonno!»
«Non ti preoccupare, Zy» disse Shaunee ammiccando.
«Don’t worry» aggiunse Afrodite.
«Avete già deciso le stanze, vero?» chiese Stevie Rae.
«Sì, sì. Noi e Kramisha ci eravamo già conosciute!» disse Shaunee parlando anche per la gemella.
I novizi rossi presero alcuni panini con sé e ci salutarono.
«Buona dormita a tutti!» dissero le gemelle e Damien e la stanza cominciò nuovamente a svuotarsi.
«Ehi Afrodite, dov’è Dario?» chiesi accorgendomi solo in quel momento dell’assenza del Guerriero.
«Sta dormendo. Vado a fargli… compagnia» disse con un sorriso perverso.
«Bleah, Afrodite! Risparmiati i dettagli!» sbottò Stevie Rae con espressione disgustata.
Afrodite uscì e rimanemmo solo io e Stevie Rae. Di nuovo.
«Sogni d’oro, Zy» disse Stevie Rae sbadigliando rumorosamente.
Stavo per risponderle, ma notai che si era già addormentata. Sorrisi e sprofondai nel letto.
Stavolta avevo intenzione di dormire davvero e nessun incubo avrebbe potuto distogliermi dal mio intento.
 
 
Non sapevo dov’ero. Tutto intorno a me era confuso e sembrava nero come le penne di un corvo.
«A-ya» sussurrò una voce alle mie spalle.
«Aaah!». Sobbalzai, da tremenda sfigata, e mi voltai verso Kalona. «Smettila con questa menata dell’A-ya qui e A-ya là. Io sono Zoey Redbird, mettitelo bene in testa!»
Rise. «Mia piccola Sacerdotessa, non puoi negare di essere ciò che sei!»
«Io non sono A-ya. Punto».
Kalona si avvicinò a me e indietreggiai instintivamente.
Sentii dolore alla gamba. Avevo sbattuto contro qualcosa. Mi voltai e vidi un enorme letto a baldacchino. Mi trovavo in una stanza piccola ma molto bella.
I muri erano neri e le mattonele color cremisi, esattamente il colore delle lenzuola, della federa del cuscino e del tessuto che scendeva dall’alto e che ricopriva il letto.
L’arredamento sembrava semplice ma ogni piccolo dettaglio trasudava lusso.
«Dove mi trovo?» gli chiesi.
«Sei nella Casa della Notte, mia piccola A-ya. Hai deciso tu di vederci nella mia stanza…»
Sgranai gli occhi. «Non ho deciso proprio niente!»
«Forse non consciamente, ma il tuo spirito sì».
Avanzò di un altro passo e, per indietreggiare, caddi sul letto come una pera cotta.
Kalona si avvicinò e mi tese la mano per rialzarmi. Mi sarei immaginata tutt’altra reazione da parte sua. Insomma, ero sdraiata su un letto completamente indifesa davanti a un angelo caduto che aveva stuprato un’intera tribù di donne!
Non gli presi la mano e mi alzai con le mie forze.
«Perché mi respingi?» chiese con aria quasi offesa.
«Sei malvagio!»
«E se ti dicessi che non lo fossi?» chiese con un velo di speranza.
Scossi la testa e feci un sorriso ironico. «Le donne cherokee non direbbero questo!»
«E se ti dicessi che una volta ero al servizio di Nyx, che ero il suo Guerriero prediletto?»
«Se fosse vero tu saresti ancora nel suo Regno!» ribadii.
«Esatto ma il desiderio che provavo verso la mia Dea andava oltre la devozione. Per questo mi ha scacciato!»
«Non ci credo».
«Perché non mi credi? Sto dicendo la verità!»
«Tu non dici mai la verità. Sei un essere malvagio, insensibile e bugiardo!»
Digrignò i denti e i suoi occhi baluginarono di rosso. «Attenta con le parole, Sacerdotessa».
«Ti fanno paura perché sono la verità? È questa la verità, Kalona, e ti è del tutto sconosciuta!»
«Sei accecata dalle parole degli altri per ascoltare un’altra campana» replicò.
Scossi la testa.
«Ti prometto allora che ti farò vedere tutto. Ti farò vedere la verità
«Perché dovrei crederti?»
Incrociò il mio sguardo e ne sembrò rattristato. «Vieni alla Casa della Notte. Ti mostrerò ciò che desideri!»
«Non entrerò nella tana del lupo! Non sono così sciocca!»
«Ti do la mia parola che né io né nessun’altro ti torcerà un capello!» sentenziò.
«Prometti che se verrò alla Casa della Notte tu mi farai vedere la verità, la vera verità, e nessuno farà del male né a me né ai miei amici!»
Kalona si portò un pugno al petto. «Hai la mia parola, Sacerdotessa».
«Va bene. Allora verrò!»
«Promettimi allora che tu verrai, materialmente e non solo con lo spirito, e che non mi stai imbrogliando».
«Ti do la mia parola di Sacerdotessa di Nyx che manterrò la mia parola!»
«Bene» disse e chinò la testa.
«Kalona!» sussurrò una voce fuori dalla porta.
«Via!» disse Kalona muovendo la mano verso di me e la stanza svanì.
 
Nota dell’autrice: ecco il terzo capitolo della mia piccola fan-fiction. Ci ho messo meno di un’ora a scriverlo ma mi ci sono volute quasi due settimane per trovare l’ispirazione… Sembra comico pensare che ho già in mente la fine della fic, parola per parola, dialogo per dialogo, ma non so come sviluppare la parte centrale.
Riguardo ai libri della Casa della Notte, ho finito di leggere Tempted e Burned e mi appresto a leggere Awakened. Sono due libri bellissimi e straordinari. Non si riesce a staccare gli occhi dal libro e devo ammettere che mi hanno anche fatto commuovere.
Ci vediamo il prossimo capitolo, ma se lo pubblicassi tra troppo tempo potete "leggermi" martedì qui.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Ciliegio in fiore ***


                                            

                                                                         The Raven Goddess
                                                                  
-Fan-fiction based upon "House of Night" Saga-



                                                                                                               – 4 –
 
«Ehi, Zo, cosa c’è che non va?»
Rivolsi a Heath un debole sorriso. Lui mi capiva sempre, anche prima dell’Imprinting avrebbe capito se c’era qualcosa che non andava.
«Niente» gli mentii ed aprii il SUV nero.
Mi afferrò per la manica del vestito. «Qualcosa ti turba» insistè.
Facendo un po’ di forza, riuscii a liberarmi della sua presa. «Non c’è niente, Heath!»
Misi la testa dentro la macchina ma, non riuscendo a trovare niente, vi entrai.
«Piccola, non mi mentire!» disse Heath entrando anche lui nella macchina. Lo guardai torvo.
«Ah, eccola!» esultai e mi chinai per prendere la borsetta che era scivolata sotto il sedile. La aprii: carta di credito, portafoglio, carta d’identità, patente… Sì, c’era tutto. Non mancava niente!
Heath non distolse lo sguardo da me, attendendo una risposta.
Feci un piccolo sorriso. «Ero solo preoccupata di non trovare le chiavi del mio adorato Maggiolino. Sarebbe stata una bella seccatura cercare delle forcine per farlo andare!»
Mi afferrò le mani delicatamente, impedendomi di uscire. Dallo sportello aperto entrava aria gelida e neve. «Zo, non raccontare balle! Ti conosco da più di dieci anni. Saprò bene se qualcosa non va o no!»
Sospirai e alzai lo sguardo dalle nostre mani ai suoi occhi. «Non sai com’è difficile gestire tutto!»
«Sono qui per te!» disse col suo dolce sorriso. Chiuse lo sportello e, sempre tenendomi la mano, si sedette. Lo imitai.
Mi cinse le spalle col suo braccio muscoloso e in quel momento, sommersa dal profumo di casa e di infanzia, mi abbandonai a lui e incominciai a piangere come una ragazzina.
«Su, piccola, va tutto bene» mi consolò.
Strinse la presa sulle mie spalle e mi appoggiai alla sua per sfogarmi.
Con la mano libera si frugò nelle tasche e vi trasse un Kleenex. «Tieni, Zo».
Mi asciugai le lacrime e poi il naso e riuscii ad avere un po’ di contegno.
Alzai gli occhi verso il suo viso e, anche se conoscevo il suo volto a memoria, mi sembrava quasi di vederci qualcosa di diverso. Sembrava più bello, più luminoso, più… più Heath.
Forse era l’Imprinting che me lo faceva apparire in quel modo o semplicemente stavo diventando pazza – cosa da non sottovalutare con tutto lo stress che avevo accumulato.
«Zo, sei bellissima» mi sussurrò.
Sbuffai. «Heath, me l’hai detto un trilione di volte!» replicai e mi asciugai con più cura le lacrime, stando attenta a non rovinarmi il trucco.
«Anche un trilione di volte non sarà mai abbastanza» mormorò.
Sospirai. «Heath, non…»
Ma non riuscii a finire la frase poiché le parole vennero soffocate dalla sua bocca sulla mia. Mi baciò dolcemente, come una carezza.
Non dovevo farlo. Solo il giorno prima mi ero strusciata con Erik e gli avevo detto di non trattarmi come una sgualdrina ninfomane e adesso…
Ma Heath non voleva essere possessivo, non voleva fare l’amore con me… Lui voleva solo consolarmi, a modo suo, e di tranquillizzarmi che tutto andava bene e che c’era lui.
Erik non l’avrebbe mai fatto.
Strinsi le mie braccia intorno al suo collo, sperando che non rovinasse il magico momento prendendo dalla tasca quell’odiosa lametta.
«Sono disposto a dividerti con chiunque solo per poter stare con te» mi mormorò dolcemente. Chiusi gli occhi e in quel momento non diedi peso alle sue parole. Forse condividere parte del mio stress con lui – involontariamente – mi avrebbe fatto sentire meglio.
Il nostro attimo da soli fu interrotto da un rumore fuori dal SUV. Aprii gli occhi di scatto e vidi lo sportello aprirsi.
Fuori dalla macchina c’era una ragazzina che poteva avere circa la nostra età. Aveva lunghi capelli biondi ricci fino alle scapole e il suo sguardo era lunatico.
Mi staccai subito da Heath, a disagio, e arrossii come un pomodoro.
«Scusate» mormorò.
«Non ti preoccupare» risposi subito; ancora non riuscendo ad assegnare un’identità a quella ragazza.
Vidi Heath gonfiarsi come un maschio in calore e temetti che a momenti avrebbe ordinato alla pulce di sloggiare, ma per mio sollievo non lo fece. Era solo disturbato che fossimo stati interrotti.
«Devo solo vedere se c’erano delle mentine» mormorò ancora a disagio, tentennando a fare entrare la propria testa nel SUV.
Aprii la mia borsetta e le porsi delle Vigorsol. Lei le strinse nella mano e, mormorando altre scuse, chiuse il portello e se ne andò.
«Chi era quella?» chiesi.
«Non ne ho la più pallida idea» replicò il mio consorte.
Mi districai dalla sua presa. Non volevo dare una brutta impressione a quella ragazzina, da ragazza che va a pomiciare con chiunque in qualunque luogo, così mi alzai dal sedile.
Mi asciugai con la manica della felpa il trucco che si era sbavato con le lacrime e chiusi la borsa.
«Dove vai?» chiese Heath con aria preoccupata.
«A conoscere quella ragazza».
Mi afferrò il polso. «Che ti importa?» chiese con una smorfia facciale. Voleva avere un momento con me dato che ultimamente non ne avevamo avuti, ma io lo fulminai con lo sguardo: avremmo trovato un altro momento per parlarci a tu per tu.
Uscii dalla macchina ma non vidi nessuno intorno a me. Però notai delle impronte nella neve e le seguii, sentendomi tanto un segugio da caccia.
Strinsi la giacca al petto perché la temperatura si era notevolmente abbassata e mi incamminai. La trovai dopo cinque minuti buoni. Stava masticando la mentina e guardava il cielo con le mani in tasca.
«Ehi ciao!» la salutai.
Lei si voltò e mi rivolse un mezzo sorriso. «Grazie per la mentina».
«Di niente». Mi strinsi nelle spalle e mi avvicinai a lei.
Piccoli fiocchi di neve cominciarono a scendere dal cielo e turbinarono nell’aria.
«Che fai?» le chiesi per fare conversazione.
«Ascolto la notte».
Okay, forse mi stavo rivolgendo a una sciroccata, ma feci finta di niente. «Spero di non averti dato una cattiva impressione. Non sono sempre così».
Lei si strinse nelle spalle, dando segno che non le importavano i miei rapporti sentimentali. Bene, non le ero sembrata una sgualdrina.
«Che intendevi per "ascoltare la notte"?» buttai lì.
Lei si girò verso di me e il vento le fece muovere i capelli. La frangia si aprì un po’ e solo in quel momento notai che nella fronte c’era una mezzaluna rossa.
Doveva essere una novizia rossa, il che spiegava perché era entrata nel SUV. Ma non capivo perché Stevie Rae non me l’avesse presentata.
«Tu sei Zoey Redbird, vero?» chiese. Notai chenon aveva risposto alla mia domanda; dunque neanch’io avrei dovuto rispondere, ma lasciai da parte la mia parte infantile e mi comportai in modo maturo.
«Sì, sono io».
«Stevie Rae ci ha parlato molto di te. Siete molto legate…» intuì, ma non c’era l’ombra di un sorriso timido nel suo volto per la constatazione.
«Già».
 La ragazza si voltò verso il cielo che cominciava a rabbuiarsi. Tipa davvero strana!
«Il mio nome è Cherry Blossom» disse senza guardarmi.
«È il tuo vero nome?» chiesi.
Si girò e mi sorrise. Sembrava più normale quando i suoi muscoli facciali si contraevano in un’espressione normale. «No». Ci fu un attimo di silenzio e poi proseguì: «Era un soprannome che mi dava mio nonno, dovuto al magnifico ciliegio che avevamo in giardino».
Annuii. Scegliere come nome “ciliegio in fiore” poteva avere due significati: o questa ragazza era completamente fuori o era una tipa estremamente dolce.
Sperai che almeno fossero entrambi.
Alzò la testa verso un albero. Chiuse gli occhi e fischiò. Non era un normale fischiare da pecoraio o tipico dei ragazzi zotici che non sanno neanche articolare il nome del proprio amico. Sembrava il canto di un passerotto e se non fossi stata sicura al cento per cento che il suono proveniva da lei, avrei potuto affermare con sicurezza che quello era il verso di un uccellino.
Ciliegio in fiore aprì gli occhi e un piccolo uccello dall’aria infreddolita si posò sull’indice che la ragazza gli stava porgendo.
Okay, mi correggo. Questa non era un ciliegio, era una pazza Biancaneve bionda. Però il suo sguardo sembrava davvero dolce quando ammirava il piccolo volatile sul suo dito, che poi lasciò andare.
«Ti piacciono gli animali?» chiesi, cadendo nell’ovvio.
Annuì. «Da sempre. E da poco ho ricevuto l’affinità con loro». Mi guardò, stringendo gli occhi per poter far spazio nel volto a un sorriso ampissimo.
Ricambiai con un debole sorriso. «Io ho l’affinità con tutti e cinque gli elementi».
«Lo so».
Arrossii, rendendomi conto solo adesso di essere stata un po’ vanitosa, e sperai che il mio rossore fosse nascosto alla sua vista dai candidi fiocchi bianchi.
«Eccoti qua, piccola!» chiamò una voce alle nostre spalle. Girandomi vidi che, ovviamente, era Heath, che ci aveva trovate. In un attimo era già al mio fianco.
«Sta cominciando a nevicare. Non ti vorrai ammalare, vero?»
«Heath, non sei mia madre!» sbuffai. Mi girai verso Cherry e, indicandole con la mano il ragazzo accanto a me, feci le dovute presentazioni. «Lui è Heath Luck». Mi voltai verso di lui. «Heath, lei è Cherry Blossom».
«Wow, figo! Ciliegio in fiore!» disse Heath con un sogghigno stupido in volto.
La ragazza non sembrò imbarazzata e, anzi, rispose. «Wow, Heath Fortuna».
Lui non si sarebbe aspettato una risposta e quindi fu colto in contropiede ma trovò subito qualcosa da dire. «Esatto».
«Noi entriamo. Ci vediamo nei tunnel, Cherry» la salutai. Lei mi fece un cenno con la mano e poi si voltò, mettendosi a guardare nuovamente il nulla.
Ci allontanammo ed Heath mi mise la sua giacca sulle spalle e, prima che potessi lamentarmi, mi alzò il cappuccio.
«Heath, non ho bisogno della tata!» grugnii leggermente infastidita.
La neve cominciò a cadere più forte e il sibilio del vento aveva davvero impedito ad Heath di sentirmi e dunque non mi aveva ignorata. Forse.
Mi aprì la porta, lasciandoci alle spalle la nevicata. «Quella tipa è davvero strana» disse scrollandosi, come se fosse stato un cane.
Mi tolsi la giacca e gliela porsi. «Be’ sì, un po’…» mi limitai a replicare.
Scendemmo nei tunnel, dai quali avrei sperato di poter stare più lontana possibile. Non che fossero luridi come prima ma mi sentivo claustrofobica a rimanere lì dentro per un tempo prolungato.
«Ehi sfigati!»
Vidi Afrodite nel tunnel di fronte al nostro.
«Ciao Afrodite!» la salutai facendole ciao ciao con la mano.
«Cos’era quello?» chiese con una smorfia, imitando il mio gesto con la mano.
«È un saluto, Afrodite. Voi ricchi non lo fate?»
Storse il naso, come se le avessi messo un pesce puzzolente sotto il naso. «Certo che no!»
Sospirai e feci per proseguire, ma Afrodite continuò a parlare.
«Avete finalmente liberato il SUV per pomiciare?» chiese con un sogghigno.
La fulminai con lo sguardo. «In quel SUV non è stato fatto niente che ti riguardi» replicai, gelida.
«Certo, lo so. Soltanto che queste stanze – se si possono chiamare stanze quei buchi nella terra – sono completamente prive di privacy!» disse accompagnando le parole con dei gesti delle mani.
«Afrodite, che schifo!»
«Che c’è?» chiese, come se la precedente risposta fosse la cosa più normale del mondo.
«Stai attenta solo alla sciroccata!» disse Heath con un sogghigno. Mi ero quasi dimenticata che si trovava ancora lì!
«Sciroccata?» chiese lei, sorpresa.
«Lascialo stare. È solo una novizia rossa con l’affinità con gli animali» sbuffai.
«Ah! Ciliego in fiore!» Sorrise come se finalmente avesse capito il significato di una barzelletta.
«La conosci?» chiesi, stupita.
«Oh certo! Vuoi che non avessi notato quella sto-sempre-tra-le-nuvole in giro per i tunnel durante tutto questo tempo?»
«Non è carino chiamarla così. È solo un po’ eccentrica!» Non so perché la stessi difendendo dato che io in primis non avevo avuto la migliore delle impressioni su di lei. Forse perché quello che usciva dalla bocca di Afrodite sulle altre persone era sempre qualcosa di velenoso?
«Bene, noi andiamo!» disse Heath in vece mia e ci allontanammo da Afrodite, che imboccò l’altro tunnel sculettando.
Nel tunnel che stavamo percorrendo Heath ed io non si apriva nessuna “porta” e l’unico segno di vita erano i disegni di Shannoncompton sulle pareti e le luci che illuminavano debolmente il tutto.
Non sapevo proprio cosa dire, così calò un imbarazzante silenzio.
Vidi una figura avvicinarsi. Potevo intravederne solo i contorni a causa della poca luce. Mi preparai a dire ciao a un altro mio amico o a qualche altro novizio rosso. Non vedevo l’ora di entrare in una stanza tranquilla e poter non incontrare sempre gente.
Strinsi le palpebre per decifrare i lineamenti di quella persona ma non riuscivo a capire chi fosse.
Heath mi mise un braccio sulle spalle e mi strinse a sé in modo protettivo.
E fu in quel momento che vidi gli occhi penetranti di quella figura e un brivido mi percorse la schiena.
Avevo immaginato più volte quella scena ma fortunatamente non era mai avvenuta. Non potevo entrare in una stanza, dato che non ce n’erano e fare dietro-front era inutile dato che sapevo che lui ci aveva visti ormai.
Era una paura sciocca e insensata ma sapevo che tra lui ed Heath sarebbe finita male, se non fossi intervenuta prontamente.
«Ciao Zoey» mi salutò Erik e fece un piccolo sorriso sbeffeggiatorio.
Tra lui ed Heath sembrava che si stesse scatenando una silenziosa tempesta.
Tolsi il braccio del mio consorte dalla mia spalla e feci per mettermi tra i due, per evitare il peggio.
Sembravano due leoni ed uno era entrato nel territorio dell’altro.
 
Nota dell’autrice:eccovi un nuovo personaggio, che spero vi sia almeno piaciuto un pochino, o almeno che vi abbia incuriosito.
Non aspettatevi un lieve scambio di battute tra i due “fidanzati” di Zoey come nel libro perché sarà qualcosa di più importante.
Mi scuso per il ritardo ma nel mio cervello vagava una solitaria balla di fieno priva di ispirazione.
Al prossimo capitolo.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Legami ***



                                                                         The Raven Goddess
                                                                   
-Fan-fiction based upon "House of Night" Saga-



                                                                                                                 – 5 –

Erik ed Heath continuavano a fissarsi. Se non fosse stato impossibile, avrei affermato che un gelido vento scorreva tra di loro, agitando i capelli neri di Erik e biondi di Heath.
«Che cosa fai qui, umano?» chiese Erik, come se avesse avuto davanti un bidone della spazzatura. Fino a poche ore prima lui ed Heath si erano trovati nella stessa stanza, ma non era successo niente. C’erano troppe persone.
Ora eravamo soli e si stavano comportando come degli stupidi ragazzi pieni di testosterone che vogliono far capire all’altro di chi ero.
«Dovrei chiederlo a te. Da quando non cammini con la scorta?» rispose prontamente Heath.
Erik rise. «Sono un vampiro adulto. Posso rimanere solo quanto mi pare». Indicò il proprio Marchio completo ticchettando l’indice sul viso. «Piuttosto tu, fragile umanoide da strapazzo, perché sei senza scorta?»
Ehi ragazzi! Ci sono anch’io!, avrei voluto urlargli, ma sembrava che non mi vedessero. Odiavo essere ignorata e, soprattutto, questi stupidi battibecchi da bambini.
«Smettetela voi due!» urlai. Le mie parole echeggiarono sulle pareti dei tunnel ma, nonostante l’intensità delle mie parole, i due sembrarono non sentirmi.
«Ti ho salvato la vita una volta e già me ne pento» continuò Erik.
Heath non poteva ricordarsi della notte di Shamain. «Non inventarti balle. Non salveresti la vita a nessuno, manco se fossi obbligato»
«Oh davvero?» Erik si finse sorpreso. Era davvero un grande attore, bisognava ammetterlo, ma in questo momento era evidente che voleva solo prendere in giro Heath.
«Non comportatevi come dei bambini!» strillai, ma furono di nuovo parole al vento. Prima che potessi fare qualcosa, Heath sferrò un pugno e colpì Erik in pieno naso.
Sentii la rabbia montare in Erik ed ero certa che non era un bene far arrabbiare un vampiro adulto. Ma lui sembrava volersi mostrare superiore e, con un sorrisetto, disse: «Non mi batterò con te».
«Hai paura, snobbino?» lo istigò Heath, sferrando un altro pugno. Heath era un Quaterback e sapevo che era molto forte. Erik stava di nuovo fingendo che non gli faceva male, ma celava bene la sua smorfia di dolore.
Non riuscì però a nascondere la sua rabbia, e si gettò contro Heath. «L’hai voluto tu!» urlò.
«Basta! Basta!» gridai, ma avevo capito che ormai le parole non facevano loro né caldo né freddo.
Erano diventati un miscuglio di calci e pugni. Sembrava una rissa di bambini.
Il volto di Erik era diventato più rosso del normale, ma aveva un’aria tronfia. Infatti Heath, sotto di lui, nonostante si battesse come un ottimo giocatore di football, aveva il viso violaceo in corrispondenza del pugno che gli aveva appena dato Erik sulla guancia.
Heath lo strattonò, riuscendo a strappargli un minimo la giacca, e, approfittando della situazione, colpirlo sul mento.
Il tatuaggio color zaffiro di Erik sembrava essere meno splendente e bello del solito, ma pervaso di gelida furia. Digrignò i denti e colpì duramente Heath.
Centrò il labbro, spaccandolo. Diverse gocce di sangue si susseguirono l’una all’altra. Erik si immobilizzò e anch’io mi sentii pietrificare.
Il sangue sgorgava lento dal labbro di Heath e la mia mente era annebbiata da quell’odore ferroso di cui ormai ero drogata.
Una scossa elettrica mi passò sulla spina dorsale, riportandomi l’energia che avevo perso.
Ero infuriata più che mai. Come avevo fatto a non reagire per tutto quel tempo, guardandoli azzuffarsi?
Nessuno poteva toccare il sangue di Heath e nessuno poteva toccarmi Erik!
«BASTA!» urlai. La mia voce era amplificata più del normale e non era dovuto al tunnel. Era Nyx.
Erik ed Heath girarono la testa verso di me, Erik più lentamente, ancora scioccato dalla vista del sangue. «Smettetela di comportarvi come dei bambini dell’asilo». Puntai un dito minaccioso contro Erik. «Tu sei un vampiro adulto. Nyx ti ha Segnato definitivamente come suo, te lo sei forse dimenticato?» Erik sembrava imbarazzato, ma Heath gongolava perché era stato ripreso. Ma ce n’era anche per lui… «No, Heath. Anche tu sei un idiota. Attaccare briga con un vampiro… Ma che hai per la testa? Cacca di gatto?» Heath distolse lo sguardo.
Scandii lentamente, lettera per lettera, il concetto ai ragazzi, in modo da non dovermi ripetere mai più. «Io – non – sono – di – nessuno! Mettetevelo bene in testa! Smettetela di comportarvi come dei trogloditi!»
Sentii un dolce tocco caldo di acqua sulla mia pelle, del vento pieno del profumo dell’erba appena tagliata avvolgermi e lo Spirito che mi colmava.
«Aria, vieni a me!» sussurrai, portando rispetto all’elemento. Erik venne sollevato dal corpo di Heath e i due vennero rimessi all’impiedi.
«Fuoco, insegna loro che non si scherza con te». Una fiamma invisibile toccò i due ragazzi, che furono scossi da un tremito.
«Acqua, lava le loro ferite». Il sangue di Heath scomparve dal suo labbro e i loro visi cominciarono ad avere un aspetto più umano.
«Terra, impedisci che si scontrino di nuovo» la implorai. Dal soffitto caddero dei grossi pezzi di terra, lampante avvertimento per Heath ed Erik che, se avessero mosso un solo passo uno verso l’altro, la galleria avrebbe creato un muro per separarli.
«E Spirito, placa i loro animi indomiti».
Sentii una sensazione di pace e benessere diffondersi in quel tunnel e i muscoli tesi di Heath ed Erik si rilassarono.
Ringraziai gli elementi e li sentii andare via.
Erik ed Heath si guardarono un attimo negli occhi e poi, senza né chiedere scusa né dire una sola parola, Erik si voltò e se ne andò via, scomparendo dalla nostra vista. Heath si allontanò con la scusa di cercare qualcosa nel frigo, e rimasi sola.
Non riuscivo a credere di essere stata abbandonata in quel momento. So di sembrare una bambina piagnona ma quel senso di solitudine mi opprimeva. Avevo sempre un ragazzo al mio fianco e forse loro avevano inteso male le mie parole. Volevo chiarire che non ero un oggetto e che non appartenevo a nessuno. Ero semplicemente come un gatto: tu non possiedi un gatto, è lui a possedere te! Loro non erano miei gioiellini personali, come io non lo dovevo essere per loro. Dovevamo essere anime unite, legate strette strette, impossibili da separare. Ma ci eravamo separati. E mi sentii male.
Iniziai a vagare nei tunnel. Non sapevo dire se stavo prendendo la direzione presa da Erik, da Heath o se stessi andando in tunnel completamente vuoti.
L’oscurità diveniva più opprimente e la sentii diventare più densa, quasi tangibile.
Continuando ad andare avanti, percepii un odore sgradevole. Non riuscivo ad associarlo a niente che conoscessi… e se lo conoscevo, non mi veniva proprio in mente!
In una parte molto oscura della galleria vidi una ragazza girata di spalle. Dai lunghi capelli scuri potevo supporre che era Shaunee. Ma, oltre i capelli, la sconosciuta non aveva niente di simile alla vampira con l’affinità col fuoco.
«Chi sei?» domandai, prima di poter fermare quella mia boccaccia. Non era stata una scelta intelligente, in effetti potevo avere chiunque davanti…
La ragazza si girò. Aveva un paio di occhiali scuri, era minuta e notai il contorno di una mezzaluna rossa sulla fronte.
Tirai un sospiro di sollievo. Doveva essere uno dei novizi di Stevie Rae, ma non mi ricordavo di averla vista.
«Sei amica di Cherry?» chiesi. Se non avevo conosciuto Ciliegio in fiore alla prima occasione ci doveva essere un motivo e, forse, ciò accomunava la novizia di fronte a me con quella eccentrica.
«Cherry?» Era dubbiosa, come se non capisse la lingua che parlavo. Abbozzai a un sorrisetto, sperando che non saremmo rimaste a fissarci per un tempo lungo chissà quanto …
«Oh, sì, sì…» disse frettolosa.
Capiva. Meno male.
«Come mai hai quegli occhiali? Insomma, siamo sotto terra. Io, al posto tuo, non ci vedrei niente!»
«Mi servono» si limitò a replicare.
«Ehm… okay. Sai la strada per tornare ai tunnel dove ci sono le stanze? Temo di essermi persa!» sentienziai con un sorrisetto quasi di scuse.
Mi squadrò con diffidenza e fastidio. Storse la bocca in una smorfia ma, appena battei le palpebre, la sua espressione infastidita era scomparsa. Che mi stessi immaginando le cose?
«Fai dietrofront, cammina per un po’ e al bivio gira a destra. Poi troverai facilmente la strada» scandì le parole come se le costasse un certo sforzo parlare.
«Vieni con me dagli altri novizi?» la invitai. Se ci fossimo conosciute meglio, sarei riuscita a far svanire – sperai – quella sorta di disgusto che provava verso di me…
«Non posso».
La squillante voce di Britney Spears provenne dalla tasca del mio jeans, risuonando nella galleria. «Oh, il telefono. Pensavo che qui sotto non prendesse… E non mi giudicare per la suoneria. Insomma, sappiamo entrambe che Britney è una drogata e c’è stato il periodo in cui è uscita di testa, ma le sue canzoni sono carine e…» Premetti il tasto verde del cellulare. «… Pronto?»
La novizia mi guardava con strana curiosità per il mio blateramento sulla cantante. Mi costrinsi a sorriderle nuovamente.
«Ehi, Zy! Dove sei?» mi sgridò la voce di Stevie Rae.
«Sono…» Mi bloccai perché la novizia era improvvisamente scomparsa davanti ai miei occhi. Mi girai da un lato e dall’altro ma non riuscii a vederla. Dove accidenti era finita?
«Zy, succede qualcosa?» si preoccupò la mia migliore amica. Sentii il suo respiro diventare più rapido, finché non lo trattenne. Dannazione! Nel suo stato di salute non poteva permettersi di preoccuparsi!
«Stevie Rae, non ti preoccupare! Sto bene! Calmati!»
Il suo respiro dopo pochi secondi tornò regolare. «È ancora quella stupida freccia. Accidenti, anche se Dario l’ha rimossa mi fa proprio male!»
«Mi dispiace. Vedrai che tra un po’ di tempo ti risentirai alla grande!» la incoraggiai.
«Speriamo, Zy…»
«Allora, di cosa dovevi parlarmi?»
«Ah, sì! I ragazzi ti cercavano: abbiamo delle novità!»
«Davvero? Quali?»
«Zy, siamo a pochi metri di distanza e mi stai facendo pagare questa telefonata un accidenti. Perché non vieni qui e ne parliamo di persona?»
«Oh, sì, scusa. Hai ragione».
«Lieta di sentirtelo dire. Ora vieni!» E mi riattaccò il telefono in faccia.
Seguendo le indicazioni della novizia che era sparita nel nulla, riuscii a trovare la strada.
Mmm… Ne avrei dovuto parlare a Stevie Rae. Forse sarebbe riuscita a dirmi chi era quella lì!
Durante il tragitto, non incontrai nessuno, tranne Shannoncompton che si dirigeva nella direzione opposta.
Niente Erik. Niente Heath. Nessuno.
Trovai i miei amici, seguendo l’udito e il baccano che stavano combinando.
«Che succede?» sbottai, entrando nella camera di Stevie Rae.
Diverse paia di occhi si puntarono verso di me.
«Zoey, la situazione alla Casa della Notte è completamente cambiata!» mi informò Damien.
«Ma dai! Pensavo che dopo che un immortale ti sbuca fuori dal terreno, tutti continuassero la loro vita di prima!»
«È proprio questo il punto! Lo stanno facendo!» disse Afrodite.
«Sul serio?»
«Sembra di sì» annuì Damien.
«Ma com’è possibile? È passato appena un giorno…»
«Le cose possono cambiare in fretta, Sacerdotessa» si intromise Dario.
«Com’è la situazione allora?» chiesi a Damien.
«Vedi, Zoey, non lo so per certo. Abbiamo visto solo che ci sono meno Raven Mocker in giro e abbiamo smesso di provare quella sensazione di panico che proveniva dalla Casa della Notte!»
«Tutto questo non ha senso…» Scossi la testa tra me e me.
«Fidati. Qualcosa è successo…»
«Dobbiamo vederci chiaro!» Mi diedi un pugno sul palmo della mano aperta.
«Zoey, non fare quei gesti. È terribilmente da sfigati!» commentò Afrodite.
«Nessuno ha chiesto la tua…»
Lei sbuffò, fingendosi offesa.
Mi voltai verso Stevie Rae, rivolgendole la domanda che mi era venuta in mente proprio dopo la sua chiamata. «Ci sono novizi di cui non conosciamo l’esistenza?»
Stevie Rae sgranò gli occhi. «Perché questa domanda, Zy?»
«Sai, ho incontrato una novizia che non ci avevi presentato, Cherry Blossom, e…»
Stavo giusto per aggiungere anche quella con gli occhiali scuri, ma lei mi interruppe.
«Be’, lei ha… esigenze particolari».
La sua risposta catturò tutta la mia attenzione. «Esigenze particolari?»
«Non è come noi. Sottoterra ci sentiamo a nostro agio, ma lei no. Dice che si sente oppressa e le piace stare fuori all’aria aperta».
«Se ha un’affinità con gli animali, non credo che faccia i salti di gioia a comunicare con i vermi…» obiettai.
«Penso che tu abbia ragione…» borbottò Stevie Rae, pensando tra sé.
«Quella è fuori come un balcone. Non ci sono scuse per giustificarla!» si intromise Afrodite.
Stevie Rae corrugò la fronte. «Non è carino dire queste cose della gente e tu lo sai bene!»
«Non mi scaricare addosso il tuo disappunto. Voglio tenermi solo le mie emozioni. Grazie» replicò acida Afrodite.
«Non è colpa mia se abbiamo un Imprinting!»
«Già, stupida strega infernale!» aggiunsero Shaunne ed Erin in stereo.
«Nessuno vi ha interpellate, cerebrolese!»
«Basta adesso!» urlai prima che le cose degenerassero. «Ritorniamo ai problemi importanti! Damien, dici che è il caso di controllare la situazione?» chiesi girandomi verso di lui.
Non fui la sola ad osservarlo, perciò divenne rosso come un pomodoro prima di parlare. Jack gli strinse la mano più forte per non farlo sentire in imbarazzo e gli mormorò (ma tutti riuscimmo ad udirlo chiaramente), scambiando uno sguardo dolce col suo amore: «Non ti preoccupare. Dirai la cosa giusta!»
Afrodite finse di vomitare ma nessuno la degnò di uno sguardo.
«Credo che qualcuno di noi dovrebbe andare a controllare…» scandì. «Non tutti, sarebbe pericoloso, ma neanche da soli…»
«Capitan Ovvio». Afrodite alzò gli occhi al cielo.
L’ultimo sogno che avevo fatto mi tornò alla mente e mi resi conto che io dovevo andare. «Io!» dissi subito.
«Se potessi, verrei anch’io con te!» mormorò Stevie Rae guardando a terra, triste.
«Non dobbiamo andare subito. È meglio aspettare un po’ per essere sicuri che la situazione sia più tranquilla, anche se non lo potrà mai essere del tutto…» ci avvertì Dario.
«Allora, se Stevie Rae si sentirà meglio, verrà con me!» Le rivolsi un rapido sorriso e lei ricambiò, contenta di poter essere d’aiuto.
Afrodite sospirò. «Penso allora di essere costretta a venire anch’io!»
«No, mia amata». Dario le posò una mano sulla spalla. «Sarebbe troppo pericoloso per te. Saresti vulnerabile se…»
«Non c’è bisogno di addolcirmi la pillola. Sono solo una stupida e indifesa umana in mezzo a forti vampiri».
Dario le rivolse uno sguardo di scuse, ma lei sollevò il capo e gli rivolse un sorriso. «Fortunatamente ho te!»
«Be’». Girai la testa per non dovermi sorbire lo scambio di smancerie di Dario e Afrodite. «Dopo decideremo chi altri dovrà venire. Pensateci sopra attentamente e poi ne riparleremo…»
 
Nota dell’autrice: in realtà questo capitolo era iniziato da mesi ma non sono riuscita a trovare il tempo di terminarlo. Il prossimo capitolo sarà molto importante per la storia e, dato che è arrivata l’estate, penso che lo vedrete presto…

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=875886