Corteggiamento spietato.

di Martins
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il ritorno inaspettato. ***
Capitolo 2: *** Let it be ***
Capitolo 3: *** Just the way you are ***



Capitolo 1
*** Il ritorno inaspettato. ***


La sveglia suonò ripetutamente quella mattina in casa Mouri, ma la ragazza non aveva proprio voglia di alzarsi. Da quando la famiglia Edogawa era venuta a prendere il piccolo Conan, la sua pigrizia aumentava di giorno in giorno, come la sua tristezza. Era inutile alzarsi presto, ora che non aveva più nessuno a cui badare, nessuno a cui servisse il suo aiuto, nessuno che l’ascoltasse e la confortasse, ora che il piccolo Conan non c’era più.
Al decimo( forse undicesimo) avviso della sveglia, Ran, con aria scocciata, aveva a malavoglia lasciato le braccia di Morfeo e si era diretta in cucina per preparare una tazza di caffè a quell’ubriacone di suo padre, anche se non la meritava affatto. Erano parecchi mesi ormai che Conan aveva lasciato quella casa e da quando il bambino non lo aiutava più con i casi, il grande detective Kogoro Mouri aveva fallito ogni incarico che gli era stato affidato.
Adesso, passava tutti i suoi pomeriggi sdraiato sul divano, a guardare lo show della sua cantante preferita, Yoko,  ad ubriacarsi e a tornare quasi ogni volta verso le tre del mattino.
Ecco, era ritornato il solito fallito che era sempre stato.
Non che Ran non volesse bene a suo padre, solo che certe volte avrebbe volentieri preso un grosso coltello da cucina per piantarglielo nel collo e l’unica motivazione valida che la tratteneva dal farlo erano gli anni di galera: no, decisamente l’idea di “piccola galeotta” non le andava a genio.
Quando però, arrivata in cucina, trovò suo padre disteso per terra, in posizione supina, con una bottigliona di acquavite accanto, riconsidererò l’idea di farlo fuori.
“E’ pur sempre tuo padre, Ran. Mantieni l’autocontrollo” si ripeteva “trattieni la tua voglia di attaccarlo con una mossa di karate, trattienila, ti prego.”
Si avvicinò lentamente ai fornelli e cominciò a preparare la caffettiera, quando un urlo improvviso la fece sobbalzare. “YOKOOOOOO, OH MIA DOLCE YOKOOO, DAVVERO VUOI SPOSARMI? TI AMOOOO!”.
Ecco, la stava sognando di nuovo, ma nonostante la sua arrabbiatura, Ran non potè trattenere una risatina: era da tanto che non rideva.           
Pronto finalmente il caffè, si diresse verso suo padre, ancora intento a sognare la dolce Yoko.
Lo strattonò brutalmente più volte, ma invano: era decisamente impossibile svegliarlo, soprattutto la domenica! Quando sistematicamente ogni sabato andava a sbronzarsi più del solito, convinto che un buon detective ne avesse bisogno. Appunto, un buon detective, non lui che non lavorava da mesi.
“Papà! Basta dormire dai! E’ ora di alzarsi!”. Inutile, c’era solo un modo per fargli aprire gli occhi.
Avvicinò la bocca all’orecchio di suo padre, prese un lungo respiro e…
“PAPA’! PAPA’! PAPA’! SVEGLIAA,O FARAI TARDI! YOKO ARRIVERA’ A MOMENTI!”.
A quel punto il detective si drizzò in piedi più veloce della luce, ma resosi conto dello scherzo, deluso, guardò torvo la figlia che, al contrario, rise di gusto.
“Lo sapevo, funziona sempre” disse Ran con tono compiaciuto. Consegnò la tazza di caffè al padre e si diresse in bagno per lavarsi.
“Ma dico io! Sono scherzi che si fanno? MAI SCHERZARE SULLA TUA FUTURA MATRIGNA RAN! NO NO, PROPRIO NON POSSO ACCETTARLO!.”
“ Oh scusami papà! Non lo farò mai più uuh ahahah!”.
Beh, almeno quella giornata era iniziata più allegra del solito, accadeva raramente ormai che Ran riuscisse a ridere e scherzare serenamente, presa com’era dalla sua tristezza.
Entrò in camera sua per vestirsi, quando un piccolo portafoto, posto proprio sopra la sua scivania, attirò la sua attenzione. Lo prese in mano, guardando la foto che vi era dentro con sguardo malinconico e deluso.
“Dove sei Shinichi?..” disse con un filo di voce “Mi manchi, tanto”.
Già, Shinichi. Il suo amico d’infanzia, la persona di cui lei si fidava più di se stessa, il ragazzo che amava, che non vedeva da più di un anno, che non la degnava di una telefonata da più di quattro mesi: esattamente da quando Conan non viveva più con lei.
Era stanca, stanca di questa situazione. Stanca di essere sempre messa da parte a causa del suo lavoro, che non gli permetteva di vederlo, o anche solo di sentire la sua voce, di farle sapere che stava bene, stanca.
Ma Ran non voleva pensare a questo quel giorno. Era domenica, ed era stufa di rimanere quasi sempre chiusa in casa per colpa dei suoi continui problemi che la facevano deprimere.
Almeno per un giorno, uno solo, voleva divertirsi, uscire, svagarsi! E c’era solamente una persona che poteva aiutarla; la più pazza ragazza che lei conosceva, l’unica persona in quel periodo che riusciva ad accendere una lampadina nei suoi momenti più bui, nonché la sua migliore amica, Sonoko.
In men che non si dica Ran, prese il suo cellulare e inviò un messaggino all’amica, dandole appuntamento davanti la Torre di Tokyo. Sonoko, ovviamente, accettò senza farselo ripetere due volte: ormai, lei e Ran, a causa della tristezza di quest’ultima, non uscivano spesso e questa cosa le mancava.
Erano quasi le nove del mattino. La giovane Ran si era ormai vestita di tutto punto ed era pronta per uscire, quando improvvisamente, suonò il campanello dell’agenzia investigativa.
“Papà! Vestiti, potrebbe essere un cliente! Muoviti!”.
Si diresse verso la porta d’ingresso e l’aprì, trovandosi davanti il ragazzo che tanto la faceva star male.
Rimase immobile qualche istante, credendo di stare sognando ma, per fortuna, era tutto vero.
Shinichi era lì, davanti a lei, più bello che mai, mostrando un sorriso smagliante, aspettando che Ran dicesse o facesse qualcosa.
La ragazza sentì gli occhi gonfiarsi di lacrime tanto di gioia, quanto di rabbia. Non sapeva cosa dire, come comportarsi. Se saltargli al collo e abbracciarlo oppure prenderlo a pugni per non essersi fatto vivo tutto questo tempo.
Rimasero parecchi istanti a guardarsi, quando finalmente uno dei due si decise a parlare.
“Ciao, Ran. Mi sei mancata.”
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Let it be ***


Immobile. Dopo quelle parole Ran rimase immobile di fronte a un detective imbarazzato, incapace di qualsiasi movimento, tanta la sua paura ed emozione.
“Ti prego, ti prego, ti prego, fa che non mi attacchi con una sua mossa di karate” implorava mentalmente Shinichi “ oh, fa che sia di buon umore oggi”.
Inaspettatamente, dopo parecchi minuti di straziante silenzio, Ran scoppiò in una risata divertita.
“Ciao Ran mi sei mancata? Ahahah!” cominciò a dire “Ciao Ran mi sei mancata?” ripetè poi con tono più serio “Dico io, sono mesi che non ti fai sentire, un anno che non ti fai vedere e torni credendo di aggiustare tutto con dolci e tenere paroline? Eh no! Ti sbagli di grosso mio caro”.
Shinichi, ormai convinto che di lì a poco avrebbe incontrato Arthur Conan Doyle, l’unica cosa che potè fare fu ascoltare i rimproveri della ragazza: in effetti, se li meritava.
La giovane Mouri era un fascio di nervi, pronta a saltare addosso al detective e picchiarlo, se solo lui avesse provato a interromperla o contraddirla, cosa che, per fortuna, non accadde.
Dopo aver finito gli insulti e la voce, Ran, con respiro affannato, si sedette nel primo scalino della porta d’ingresso, sguardo abbassato, pronta a scoppiare in un pianto arrabbiato e disperato.
Shinichi allora la guardò a lungo, pensando a quanto fosse bella quando lo sgridava, quanto fosse fragile, quanto fosse ingenua. Si inginocchiò, arrivando alla sua altezza, le prese il mento con due dita e le alzò delicatamente il viso per guardarla nei suoi bellissimi occhi azzurro-lilla.
“Oh Shinichi, mi sei mancato anche tu! Come stai? Hai risolto quel caso?” disse ridendo di gusto il detective, che smise subito appena vide lo sguardo torvo che gli rivolgeva la ragazza.
“Scusami Ran, hai ragione. Sono stato uno stupido, perdonami! Ma almeno una promessa l’ho mantenuta…sono tornato no? E adesso ti prometto che non ti lascerò più da sola, che non ti farò più preoccupare per me.”
Stettero in silenzio per più di cinque minuti guardandosi negli occhi, quando Ran scoppiò in un pianto disperato e saltò al collo dell’amico d’infanzia stringendolo come se lo volesse tutto per se, dopo tanto tempo, come se esistessero solo lei e lui in quell’istante.
“M-m-i s-s-s-ei m-a-n-c-c-c-ato a-anche t-tu” disse tra un singhiozzo e l’altro, mentre si stringeva ancora di più a Shinichi.
Quanto tempo che non lo abbracciava così, quanto tempo che lo desiderava, quanto tempo che voleva dirgli tutto.
Adesso che era tornato, però, tutto era diverso. Potevano stare insieme e avere tutto il tempo per raccontarsi ogni cosa, per chiarire ogni dubbio.
Quante lacrime che Ran aveva versato per lui, quante volte si deprimeva perché non le era accanto, ma adesso non sarebbe più stato così. Sarebbero stati solamente lei e Shinichi in balia delle loro emozioni e dei loro sentimenti che, piano piano, sarebbero usciti allo scoperto.
Sciolto finalmente l’abbraccio, entrambi, imbarazzati si sedettero a parlare di quanto entrambi si siano mancati, si siano cercati e, per colpa del destino, mai trovati…fino a quel momento.
“Che ne dici,gelato?” disse poi Shinichi, preso da un insolito coraggio. Era deciso a confessarle tutto quello che provava per lei, ora che era tornato la voleva solo per se, voleva che divenisse sua, che nessuno gliela portasse via.
Sicuramente tutto sarebbe stato facile, le parole gli sarebbero venute guardandola negli occhi con sincerità, cosa che da tempo negava alla ragazza; per proteggerla si, ma non era mai contento di essere costretto a mentirle.         
Si avviarono l’uno accanto all’altra verso il Bar più vicino, ridendo, scherzando, sentendosi i ragazzi più fortunati della Terra.
Una splendida sensazione di gioia invadeva il cuore di entrambi, soprattutto quello di Ran, che in quel momento si sentiva al settimo cielo.
Finalmente aveva ritrovato quella serenità che non aveva più da parecchio tempo, e che le permetteva di vivere ogni attimo della sua giornata, senza pensieri, senza preoccupazioni, insieme a Shinichi.
Anche lei era decisa a confessargli tutto, ce l’avrebbe fatta stavolta, oppure sicuramente se ne sarebbe pentita per sempre.
 

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Capitolo 3
*** Just the way you are ***


Uno, due, tre squilli, ma niente. Sonoko era davanti la Torre di Tokyo da ben più di tre quarti d’ora, ma dell’amica nessuna traccia.
Era di proposito arrivata qualche minuto prima dell’ora prefissata, con l’intenzione di farsi trovare già lì da Ran e non farsi sgridare per i suoi soliti ritardi.
“Ma dove diavolo sarà finita? L’ho chiamata un milione di volte!” continuava a ripetere gesticolando e attirando l’attenzione dei passanti “Ah! Ma questa volta non la passa liscia! Adesso mi sente!”.
Continuò a chiamarla ancora e ancora, ma Ran, per il momento, aveva ben altro a cui pensare.
Era seduta nel tavolo di un bar vicino il parco di Beika con Shinichi, a mangiare un mega gelato al cioccolato e a parlare del più e del meno.
Spesso, all’inizio della primavera, i due ragazzi andavano a prendere qualcosa in quel bar, sin da quando erano bambini, ma purtroppo, da quando l’amico d’infanzia aveva deciso di sparire per chissà quale caso irrisolvibile, non avevano più avuto occasione di ritornarci.
Poteva anche essere una sciocchezza, ma per Ran, essere lì in quel bar, con la persona che amava, aveva un valore importante.
Quello, era il luogo che li aveva visti crescere, litigare, scherzare, scoprire quello che l’uno provava per l’altra.
Era un loro punto di riferimento, una tappa importante della loro vita e Ran non sapeva se ci sarebbe più ritornata con Shinichi date le sue continue e misteriose apparizioni e sparizioni: credeva fosse diventato un illusionista, tante volte lo faceva.
Nemmeno le loro solite ordinazioni erano cambiate: gelato al cioccolato per lei, gelato alla nocciola e vaniglia per lui.
Il tempo in quel posto volava, i due ragazzi nemmeno si rendevano conto di quanto tempo fosse passato da quando erano arrivati (più o meno un’ora e mezza), ma sembrava non gli importasse nulla: c’erano solo Shinichi e Ran, Ran e Shinichi.
“Quindi, sei tornato per restare? Davvero Shinichi?” disse estasiata la ragazza, gli occhi le brillavano come non mai. “Si Ran! Te l’avrò ripetuto centinaia di volte! Cos’è, non puoi stare senza di me vero?”.
Ecco, non era cambiato affatto. Era il solito detective spavaldo e presuntuoso di sempre.
“Scemo, non credi invece che mi serva qualcuno da cui copiare i compiti di matematica? Devo ammetterlo, da quando te ne sei andato e non mi aiuti più, la media è scesa a picco e non posso permetterlo! Soprattutto quest’anno che abbiamo gli esami! Tsè.” “Questo perché io sono un genio e tu una schiappa.” “No, questo perché tu sei un secchione e io invece non mi applico abbastanza, con l’intelligenza che mi ritrovo non escluderei che un giorno potrei batterti nelle tue famose deduzioni, Signor detective dei miei stivali”.
I due ragazzi scoppiarono a ridere all’unisono: che bello, niente tra di loro era cambiato, finalmente era ritornato tutto come prima.
Uscirono dal bar senza ancora aver finito i gelati e, data l’ora, si diressero verso casa di Ran.
“Non vorrai mica che tuo padre mi uccida vero Ran? Sono ancora troppo giovane per morire e ho ancora tantissime cose da fare, da dire…”disse il detective, guardando di sottecchi la ragazza.
A Ran sembrò quasi che quella frase avesse un doppio senso, che Shinichi volesse..? No, non era possibile.
“Dai non è poi così terribile, come al solito sei esagerato ahah!” “Si, vai a dirlo alla cicatrice che mi ha fatto l’ultima volta, tre anni fa, perché ti ho riportata mezz’ora più tardi a casa tirandomi una lattina di birra e poi ne riparliamo”.
Arrivati alla porta d’ingresso dell’agenzia investigativa, Shinichi guardò con aria sognante Ran, per l’ultima volta in quella giornata, ammirandola in tutta la sua bellezza, in tutta la sua semplicità. A malincuore le rivolse un ultimo saluto girandosi per ritornare a casa, quando la ragazza gli corse incontro e lo abbracciò da dietro sussurrandogli: “Non sono felice che rimani solo per aiutarmi in matematica, ti voglio bene Shinichi, davvero!”.
La giovane Mouri sciolse l’abbraccio e, di corsa, forse per il troppo imbarazzo, entrò in casa, lasciando il giovane detective paonazzo e incapace di intendere e di volere solo nel marciapiede.
Shinichi in quel momento si sentì l’uomo più fortunato del pianeta, si rese conto di quanto l’amava, di quanto la desiderava, più di qualsiasi cosa al mondo.
S’incamminò verso casa, quando, dopo pochi minuti gli arrivò un messaggino: “Alzati presto! Domani passo a prenderti io per andare a scuola. Xxx Ran.”.
Sorrise trionfante, camminando verso Villa Kudo senza staccare gli occhi dal display.
Nel frattempo Ran, appena entrata in casa, come al solito trovò quell’ubriacone di suo padre spaparanzato sul divano, mezzo sbronzo.
Sbuffò continuando a ripetersi: “Ti ha pur sempre messa al mondo Ran, trattieniti, trattieniti”.
Si diresse in cucina cominciando a preparare il pranzo quando improvvisamente una mano le si poggiò sopra la spalla.
Si girò di scatto, pronta ad attaccare l’eventuale aggressore con una mossa di karate ma si fermò non appena vide di chi si trattava.
“Sonoko?!”
“DICO IO RAN! MI HAI LASCIATA SOLA DAVANTI LA TORRE DI TOKYO E NON RISPONDEVI NEMMENO AL CELLULARE! MI HAI FATTO PREOCCUPARE! OH, SPERO TU ABBIA UNA BUONA SCUSA SIGNORINA!”
“Emh, Sonoko?” “NON POSSO CREDERCI, AVRESTI ALMENO POTUTO FARE UNA TELEFONATA” “Sonoko..” “INSOMMA, POTEVI ANCHE DIRMELO CHE NON TI ANDAVA DI USCIRE” “SONOKOOO!” “COSA C’E’?!” “E’ tornato Shinichi”.

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