Do you remember love?

di payphone
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Singing in the rain. ***
Capitolo 2: *** Eppure mi hai cambiato la vita. ***
Capitolo 3: *** Sleep all day, party all night. ***



Capitolo 1
*** Singing in the rain. ***


PRIMO CAPITOLO: I'M SINGING IN THE RAIN.

I'm singing in the rain, just singing in the rain,
what a glorious feeling.
I'm happy again.
Singing in the rain – Gene Kelly.

Classificando come serata di merda, nella classifica delle serate di merda, nella mia vita di merda, questa rientrerebbe benissimamente aggiudicandosi il primo posto.
La pioggia sgocciola insistentemente dentro il colletto mentre, io, mi sposto esausta da un piede – coperto di vesciche – all’altro. Tengo sopra la testa a mo’ di ombrello, in qualche strano modo, il giubbotto di denim che si rivela essere non esattamente impermeabile.
L’unico desiderio che mi balza nella testa in questo istante è trovare un taxi, tornare a casa, gettare queste decolté nella spazzatura e immergermi in un rilassante bagno caldo. Il problema, però, principalmente è il primo: trovare un taxi. Siamo qui da all’incirca dieci minuti e non se ne vede nemmeno un’ombra.
I piedi mi fanno un male cane. Se non fosse per l’asfalto bagnato sarei già rimasta scalza o direttamente seduta a terra. Non sono una patita delle scarpe col tacco, ma per il compleanno di Fi, la mia migliore amica, ho fatto un’eccezione. La prima e l’ultima. Le avevo comprate in saldo al Givét-Price Fashion, circa una settimana fa, nonostante avessero un tacco di quindici centimetri e fossero un numero meno della mia misura. Tutta colpa della commessa che sosteneva, fermamente convinta, che mi stessero bene e che mi slanciassero di parecchio le gambe.
Ad ogni modo non è questo il problema che più mi pressa al momento. Sono una grande credulona, e questo è risaputo, ma ora sono l’unica che si sta dando da fare per beccare un taxi libero.
Occupata l’unica rientranza libera nei paraggi, Fi è tutta presa a ficcare la lingua in gola ad un tizio con cui poco prima ha attaccato discorso all’uscita del locale. Non è male come tipo, anzi è molto carino, malgrado i due nei che si ritrova su un lato del volto, secondo il mio parere troppo grandi, e l’altezza.
Per Fi, l’altezza era uno dei problemi quotidiani che doveva affrontare data la sua stazza pari a un metro e ottanta, ma passata l’adolescienza ne aveva fatto praticamente l’abitudine e aveva imparato a usarla a suo vantaggio. Fi ha lunghi capelli neri, tinti, che per la maggior parte  delle volte sono raccolti in uno chignon molto spartano, e la bocca piccola. Gli occhi sono la parte migliore del suo volto, verdi incorniciati da lunghe ciglia che all’apparenza non richiedono nemmeno l’uso del mascara.
A pochi passi di distanza, sotto la pioggia, ci sono Debs e Eleanor, altre mie amiche di vecchia data, a braccetto che cercano invane di ripararsi sotto il cartone di una pizza raccimolato all’angolo di un ristorante. Molto probabilmente hanno esagerano con i cocktail vedendo la loro andatura e ascoltando la loro voce stridula intonare, con scarsi risultati, singing in the rain.
«Amiee!» strilla Debs, allungando il braccio nella mia direzione. «I’m happy again!» I capelli rossicci, ormai quasi decolorati, ricordano molto pelo di topo, ma il suo viso è raggiante, i suoi occhi brillano anche a metri e metri di distanza. Con la mano mi fa cenno di unirsi in coro a loro, ma questa sera non sono proprio in vena di cantare. Sono giù di corda, e ho solo voglia di rimanere con me stessa, depressa.
Dovrei smetterla di incolpare le persone, ma questa volta è tutta colpa di Harry il Puttaniere. Se solo si fosse fatto vivo come promesso dopo quegli SMS “ti amo”, dopo le assicurazioni di arrivare in tempo per l’ora di cena, tutto questo non sarebbe successo
Harry il Puttaniere è il mio ragazzo dall’estate scorsa, quando ci siamo messi insime al party fluo del fratello di Eleanor. Non lo chiamo Harry il Puttaniere per insultarlo – o almeno la mia è autoconvinzione – ma perché effettivamente è il suo soprannome. Se lo porta dietro da ormai quattro anni, quando durante il suo periodo sabbatico, si è passato tutte – e dico tutte – le ragazze che andavano dal terzo al quinto anno di superiori. Logicamente lui ha cercato in tutti o modi ti scrollarselo di dosso e di spingere gli altri a chiamarlo in un modo differente, ma ogni tentativo pareva insulso. Per i suoi amici resta Harry il Puttaniere, come io resto Cespuglio. Mi chiamano così dall’età di quattordici anni, ma in effetti in tutto questo lasso di tempo, non ho trovato nulla di innovativo per eliminare questo soprannome e a rigor di logica è esatto per me.
I miei capelli, castano chiaro e lunghi fino all’altezza delle fossette di Venere, sono molto crespi e ricci. Mi sono ripromessa a me stessa che non appena riesco a raccimolare un po’ di soldi vado a darmi una sistemata dal parrucchiere, ma finché non trovo un lavoro stabile e reditizzio non credo sarà possibile.
Avvisto, nonostante la vista appannata dalle gocce che con molta probabilità mi avranno fatto crollare il mascara, un taxi e immediatamente agito il braccio, ma qualcuno più avanti e più fortunato di me lo ha già intercettato. Ottimo. Sempre più delusa osservo la strada allagata in cerca di un’altra luce gialla.
A farmi sentire ancora più depressa, non c’è solo la questione di Harry il Puttaniere, ma anche la morte di mia madre avvenuta quasi due settimane fa.
Io e lei non eravamo particolarmente legate, specie dopo il suo secondo matrimonio, ma la sua scomparsa mi ha decisamente spiazzato lasciandomi un vuoto al cuore. L’ultima volta che l’avevo vista era stato il giorno precedente alla sua morte, avevamo litigato, come al solito, per chi dovesse gestire il pranzo e la cena durante la settimana. Me ne ero andata di casa sbattendo violentemente la porta. Da quel momento fino a tutt’ora non ho trovato le forze per rientrarci, ora vivo con Fi nel suo appartamento non molto distante dal centro di Manhattan. Mamma è morta per un tumore al seno.
Barcollante sulla soglia del maciapiede mi ritrovo a controllare gli ultimi messaggi e trovo due chiamate perse di Harry il Puttaniere e vari suoi messaggi.
Am, non riesco proprio a venire questa sera, devo badare a Lexi mentre i miei escono per il loro anniversario. Passa da me in nottata, se vuoi, ti aspetto. Baci, H.
Molto probabilmente avrei ceduto alle tentazioni con il passare delle ore, ma ora proprio no.
Noncurante della mia posizione, un’auto nera passa al ciglio del marciapiede senza darmi il tempo per ritrarmi e evitare uno schizzo che mi colpisce in pieno viso.
 Peggio di così non può andare, cerco di autoconvincermi.
«Ehi, Am.» Alzo lo sguardo e mi accordo che Fi si è allontanata dal tipo con cui era a pomiciare fino a cinque secondi prima. Viene a ripararsi sotto al mio giubbotto di denim – come se ci fosse spazio a sufficienza – e fruga nella borsa con foga in cerca del rossetto.
«Ciao» dico, battendo le palpebre per liberare le ciglia dalla pioggia. «Hai intenzione di farti anche me?»
«Amore, un’altra sera.» dice ripassandosi velocemente le labbra e controllandosi al minuscolo specchio con tono di approvazione. «È andato ad avvisare la ragazza con cui era venuto.»
«Fi!»
«Cosa?» Appare quasi priva di scrupoli. «Non sono una coppia. È una sua amica del liceo.»
Molte volte ho desiderato la spontanetà che aveva Fi, sembrava avvantaggiata in tutto con quello. Era sempre stata la migliore, fin dai tempi delle elementari, apriva bocca e subito tutti ridevano. Probabilmente era anche per la ‘erre’ moscia che si ritrovava, ma il merito andava tutto alle battute che diceva.
«Am, non è che ti avanza un preservativo?» La sua voce irrompe nei miei pensieri. «Tanto per andare sul sicuro» aggiunge sorridendo maliziosamente. «Ma di sicuro ci limiteremo a parlare di come gli è andata la maturità quest’anno.»
«Si come no.» Scavo nella borsa blu di Accessorize, vecchio regalo di Debs per il mio compleanno. «Aspetta un momento. Fi, è più piccolo!» dico contemporaneamente estraendo un Durex che le porgo con discrezione.
«Andiamo, Am, per due anni non è mai morto nessuno.» Prende il preservativo e lo mette nel portafoglio coordinato alla sua borsa uguale alla mia solamente in tonalità verde. «E poi promette bene. Comunque vai tranquilla, mi porta da lui, la casa è tutta tua. Chiama pure Harry se non vuoi restare sola.» Concluse ammiccando sulla mia spalla.
«Taxi! Scusa Fi. Taxi!» Corro in avanti verso il taxi che, grazie a Dio, aveva accostato e faccio cenno a Debs e Eleanor. Le due interrompono la loro esibizione canora con un barbone e si avvicinano.
«Salve!» Mi chino impacciata verso il finestrino del tassista. «Ci può portare a Brooklin e poi a...»
«Mi spiace, fanciulla, ma niente radio fai-da-te.»
Lo guardo leggermente perplessa. «Come scusi? Non ho capito molto bene ciò che intende.»
«Le tue amiche non ce le riporto a casa. Non voglio trapanarmi il cervello con le loro canzoni prive di senso. Sono le tre del mattino e non ho intenzione di rovinarmi la nottata.»
Okay, la possibilità che mi viene in mente è che stia scherzando. A New York tutti scherzano alle tre del mattino.
«Mi scusi, ma non fanno nulla di male.»
«Taxi mio, regole mie. Bellezza, non faranno nulla di male ma ascoltale, non ci penso proprio. Più avanti c’è già un altro cliente, non mi cambi la vita. Su questo taxi niente ubriachi, finti canti, drogati o scopa-amici.»
Conclude allontanandosi e lasciandomi li, in preda alle lacrime, come se mi avessero appena tirato un pugno o uno schiaffo in pieno viso.
Non so più cosa fare. Debs e Eleanor continuano a cantare come se nulla fosse, Fi si è dileguata con il tipo dai due nei e io sono in preda ai dolori. I miei piedi stanno andando a puttane, sono ghiacciati e bagnati fradici. Passeremo la notte qua,  bloccate sotto la pioggia. Qualcuno ci scambierà per delle prostitute e ci porterà chissà dove. I pensieri mi frullavano in testa molto velocemente in quegli istanti. Non ce la facevo più, maledicevo i quattro cocktail bevuti in precedenza che non mi facevano ragionare a mente lucida.
«Taxi!» Questo non può scapparmi, ne sono sicura, è lui. Inizio a correre per il marciapiede verso il taxi che si avvicina a velocità media nella mia direzione. «Si fermi! Sono qua!» Un gruppo di ragazzi mi circondano passando. “In questo modo non mi vedrà più, merda.” Corsi più forte, consapevole che i ragazzi si erano voltati a guardarmi e a fischiare. «Taxi! Cazzo, siamo qui, accosti!» Stavo maledicendo me stessa per quelle scarpe che oltre a limitarmi mi stavano facendo venire la pelle viva in evidenza.
«Ta-xi! Ta-xi!» Iniziai di nuovo portando in alto e sventolando le braccia. Grazie a tutti i santi interceduti stava accostando. Finalmente. Potevo tornare a casa e dimenticare quest’orribile giornata.
«Non si azzardi! È nostro! L’ho fermato io! Ta-xi! I-o!» dissi accellerando la corsa, che alla fine era una camminata sbilenca velocizzata di poco. «Non le venga in mente! È... Aaagh!»
Mente il mio piede slitta sul marciapiede bagnato, non capisco cosa stia succedendo. È tutto troppo veloce. Comincio a scivolare e il mio cervello è in sovraccarico, le immagini mi si presentano davanti ai miei occhi in maniera troppo continua e dispersiva, le risate del gruppo di ragazzi che avevo dapprima sorpassato fanno eco nella mia testa. Lascio la borsa Accessorize nel tentativo di trovare un’appiglio, ma non riesco a fermarmi, è tutto inutile.
“Oh, merda.”
L’asfalto mi si presenta davanti agli occhi. Non posso fare niente. “ Amiee, sei fottuta.”

 


Spazio\sfogo d'autrice.

Okay, ragazze\ragazzi\innominati, questa è la mia prima e vera FF, quindi siate buoni. c:
Fatemi sapere se come inizio può piacere, così continuo, ho già delle idee in mente.
Se ci sono errori di battitura o di qualsiasi altro genere non esitate a dirlo. Ben vengano le critiche costruttive.
Se avete qualcosa da chiedere fatelo pure, così in tal caso rispondo\correggo\non ne ho idea.
Se volete cercami su twitter mi chiamo @__wiggleyeah. Scrivete quel che volete, anche se idiota. Due risate non hanno mai fatto male a nessuno.

Grazie dell'attenzione e grazie per aver perso minuti della vostra vita a leggere una storia uscita dal nulla alle cinque del mattino.
Taaaaaanto amore, ragazzi\sox\bro.
Okay, la smetto. Al prossimo capitolo. #Muchlove. 

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Capitolo 2
*** Eppure mi hai cambiato la vita. ***


SECONDO CAPITOLO: EPPURE MI HAI CAMBIATO LA VITA.


Immaginare è l’unica certezza che ho,
e questa solitudine che sento, sarà il prezzo per un po’ di libertà.
Eppure mi hai cambiato la vita – Fabrizio Moro.

«Signora, si sente bene?» Mentre i miei occhi riacquisiscono nitidezza noto che il gruppo di ragazzi mi ha circondato.  Dio santo, la mia testa è in preda all’emicrania e fatico a muovere le mani. Sento sapore di sangue in bocca. «È meglio che non si muova, potrebbe peggiorare la situazione.»
«Per l’esattezza sono ancora una signorina e, ora, aiutami a rialzarmi.» Non era mia intenzione ribattere in tono freddo e neutro, quel ragazzo mi stava davvero aiutando al contrario dei suoi amici che sono, da quando vedo, occupati con i loro smartphone. Molto probabilmente stanno riprendendo la scena e sicuramente finirò  sputtanata su siti come you-tube o non so. Sicuramente devo alzarmi da qui.
«Non faccia movimenti bruschi. Mi dia una mano, l’aiuto io.» Non appena la mia mano sfiora quella del giovane il mio corpo è invaso da brividi. “È per il freddo Amiee, è per il freddo.” Il ragazzo sta ancora parlando, credo con uno dei suoi amici, ma le parole mi giungono sbalzate. «Ecco, così,  faccia piano.» Posa l’attenzione su di me mentre a fatica alzo il mio peso dal marciapiede. Sento l’asfalto freddo e bagnato sotto di me; dove sono finite le scarpe? I miei piedi pulsano ad una velocità assurda, anche volendo non li avrei mai più fatti entrare in quella tortura numero trentottto.
«Puoi anche darmi del tu.» Le parole mi escono ancor prima che io abbia il tempo di organizzarle nel mio cervello. Il ragazzo fa per aprire la bocca e ribattere, ma due secondi dopo lo vedo squotere la testa e ammutolirsi. Sono più o meno alzata. È alto, sicuramente più di me, moro con gli occhi, per quanto la luce mi permetta di osservarli, castani. Una leggera barba gli incornicia il volto. Non appena il mio sguardo incontra il suo lo vedo accennare un timido sorriso.
«Scusa, credevo ti avrebbe dato fastidio.» Dice lui sorreggendomi per  i gomiti. «Piacere, io sono Zayn.»
Rimango leggermente spiazzata dalla sua presentazione improvvisa. Sono le tre del mattino, siamo a New York, io ho il corpo mezzo rotto e lui mi dice come si chiama. Sta accadendo tutto troppo velocemente. Senza che io me ne accorga vedo la sua mano tesa in avanti verso di me.
«Piacere, io sono Amiee ma chiamami pure Am.» Stringo la sua mano, ma non appena lui ricambia la stretta mi ritrovo a soffocare un lamento. Poso lo sguardo sulle mie mani, sono tutte graffiate e da molti tagli esce del sangue.
«Scusa, non era mia intenzione farti del male. Dovremmo medicarle.» Un momento, dovremmo? Sta parlando al plurale? Sta sottointendendo un “noi”? Okay, sono sotto shock, non capisco la maggior parte delle cose che sento, ma questa mi è arrivata forte e chiara.
«Amiee!» «Amiee, che ti è successo?» Sento le urla di Debs e Eleanor sempre più vicine. Il rumore dei loro tacchi è assordante, più che ragazze sembrano dei troll dentro ad una cristalleria. Vedo Debs perdere leggermente l’equilibrio, ma Eleanor è li pronta a sorreggerla. Sono brille, lo si nota subito.
«Ragazze, vi prego non urlate, sicuramente le fa male la testa, ha preso una bella botta.» Zayn ribatte ancor prima di me lasciando Debs e Eleanor un po’ perplesse. «Ragazzi» continua girandosi verso la sua compagnia che sembra essere in un modo parallelo. «Voi andate pure, io rimango con lei.»  Li sento ridacchiare tra di loro, ma poco importa, le mie orecchie ora sbollono. Zayn si lamenta delle mie amiche, ma il casino che stavano facendo i suoi di amici era ancora più fastidioso.
«Non ce n’è bisogno, Zayn, ci sono loro con me, tu vai pure a divertirti.» Sorprendo Debs e Eleanor, posizionatesi alle spalle del moro, mostrare i pollici versi in senso di approvazione con lo sguardo fisso sul suo posteriore. Non posso fare a meno di ridere.
«Sono ubriache, voi davvero rimanere con loro?» Il suo ragionamento non fa una piega. «Tu non ti reggi in piedi e nemmeno loro, non mi sembra una buona idea.»
«Sentite, piccioncini» Debs interrompe le teorie di Zayn con una voce acuta e ridicola. «Io e lei torniamo al locale.» La faccia del moro in questo momento, a quelle parole, è una cosa meravigliosa.
«Am, non fare brutti scherzi a Fi. Vai in un motel piuttosto e mi raccomando, non dimenticarti di Harry.» Si sporge in avanti dandomi una pacca sulla spalla. Dio santo se fa male, non posso fare a meno di trattenere un’espressione di dolore. «Ciao bel ragazzo.» Finisce poi ridendo con le sembianze di una iena e sfiorando le labbra di Zayn.
«Scusala, di solito non è così spinta. È...»
«L’alcol. Tranquilla, ci sono abituato.» Conclude la mia frase il moro che mi guarda leggermente divertito. Sono l’unica che non riesce a trovarci nulla di divertente in questa situazione? Sono rotta e in compagnia di uno sconosciuto. Grandioso, davvero esilarante.
Mentre con qualche difficoltà mi chino a raccimolare le cose che mi sono uscite dalla borsa Accessorize, mi rimbombano nella mente le parole di Eleanor. “Non dimenticarti di Harry.”
Ignoro anche Zayn che mi sta parlando, molto probabilmente mi sta offrendo il suo aiuto, ma ora ho in mente solamente quella frase. Francamente non credo di conoscere nessuno di nome Harry, come gli è venuta quella frase a El? “È ubriaca, avrà detto il primo nome che gli è passato di mente.”
«Il tuo telefono.» Zayn mi porge l’iphone che evidentemente mi era scivolato di mano durante la caduta. Lo volto con la paura di vedere lo schermo in mille pezzi, ma cerco già di farmene una ragione, è praticamente fuori uso. Merda. «Non è in belle condizioni.»
«Mi mancava alla lista conoscere un ragazzo perspicace in una serata di merda.» Non so perché, ma in certi istanti non riuscivo a sopportare ciò che usciva dalla sua bocca. «Scusa.» In qualche modo mi sentivo in colpa.
«È le milionesima volta che ti scusi.» Il suo tono sarcastico non faceva a meno di farmi accenare un sorriso ogni tanto.  «Vuoi prendere un caffè? Così ci fermiamo a medicarti.»
Non mi aspettavo questa proposta, ma non potevo rifiutare. La casa di Fi era distante quattro isolati e la pioggia, per quanto è diminuita, continua a scrosciare su di noi.
Un caffè caldo, datemi un caffè caldo.

Spazio\sfogo d'autrice.

Premettendo che ho cambiato idea alla fine, il titolo del capitolo e l'associazione della canzone non c'entrano molto, ma sono troppo belli per essere cambiati. 
Quindi, dopo aver perso tempo con me, perdetene un altro poco e ascoltatevi Moro che è asdfghertumnbxn.
Comunque per il resto se non vi è chiaro qualcosa chiedete pure che io vi spiego. Vale lo stesso se trovate errori di battitura o altro, così provvedo appena ho tempo a correggere.

Se volete cercami su twitter mi chiamo @__wiggleyeah. Scrivete quel che volete, anche se idiota. Due risate non hanno mai fatto male a nessuno.

Ringraziamenti.
Grazie alle due ragazze che hanno recensito il primo capito, mi ha fatto davvero piacere.
Grazie a chi ha messo tra i preferiti questa storia e a chi l'ha messa tra le seguite, se potessi vi stritolerei tutti.
Grazie a chiunque la stia leggendo silenziosamente, non abbiate paura, le recensioni mi fanno piacere.
Grazie un po' a tutti. 

Saluti.
Visto che in questi giorni ho molto tempo, domani credo già di postare il terzo capitolo, ma non vi garantisco e anticipo niente.
Taaaaanto amore ragazzi. See you soon. "ok, basta, adiò".

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Capitolo 3
*** Sleep all day, party all night. ***


TERZO CAPITOLO: SLEEP ALL DAY, PARTY ALL NIGHT.
 

We like to sleep all day and party all night!
This is how we like to live our life!
I've got a feeling that everything is gonna be all right,

so come on, come on!

Una cosa comune come camminare, in questo momento, è per me impossibile.
Le ginocchia sono sanguinanti per la botta che hanno preso durante la caduta e a malapena riescono  a reggere il mio peso, cedono ad ogni passo.
«Non credi sia meglio rimetterle?» Zayn ha lo sguardo fisso sulle decolté che tengo salde in mano.  “Rimetterle? Rimetterle un corno!” Credo di fargli un po’ pena.
«Mi sono autocondannata con queste.» Sollevo le scarpe per aria a mo di trofeo. «Non ci penso nemmeno.» Borbotto con un fare alquanto infantile.
Adesso che le osservo meglio non riesco a capacitarmi di come io abbia fatto a prenderle e una smorfia di ribrezzo compare sul mio volto. Sono di vernice nera –  solitamente scarpe simili le detesto a prescindere, ricordano molto le donne di strada – con l’apertura davanti che lascia intravedere l’unghia priva di smalto e un piccolo ciondolo a forma di fiocco che pende su di un lato.
«Come preferisci, ma lascia che ti aiuti, sei dolorante.» Improvvisamente sento cingermi le gambe – al livello delle ginocchia, appunto – e le spalle. Sono tra le braccia di Zayn a ‘mo di sposa, tra i nostri volti c’è una distanza minima, ha degli occhi spettacolari. «Arriveremo anche prima.» La misera distanza s’annulla nel momento in cui il moro torna con lo sguardo fisso avanti a se.
«Grazie.» Non mi capacito di dire altro, ero in preda alle emozioni e la voce era pervenuta roca e spezzata.
Di profilo noto che accenna un timido sorriso e, senza neanche accorgermente, sorrido anche io.
«Potresti anche parlarmi di te.» Interrompe il silenzio. «Oltre al fatto che sei un sacco di patate, non so praticamente nulla della tua vita.»
«Non sono stata io a chiederti di scorrazzarmi in giro.» Per quanto volessi dire la battuta in modo ironico e scherzoso, mi rendo ben presto conto che ho fatto tutt’altro. Ero stata fredda, distaccata, quasi scocciata. «Comunque non c’è niente di importante da dire.»
«Ora so anche che l’acidità è il tuo marchio di fabbrica.» Simpatizza lui voltando il viso dalla mia parte.
«Scusa, non era mia intenzione.»
«Sapevo anche che ti saresti scusata. Mi sento un genio.»
«Non c’è davvero niente da dire. Ho vent’anni, convivo con la mia migliore amica dato che mia madre  è morta e mio padre non lo vedo dalla nascita e...» Mi guarda con uno sguardo incuriosito, sembra realmente interessato, mentre per me è solo il milionesimo a cui raccontare la mia stroia. «Sono single.»

***

Il locale era affollato con un odore di fumo e alcol allucinante, con tutte le probabilità era ormai impregnato nelle pareti. Il tavolo che avevano assegnato a Debs e Eleanor era appartato, infondo alla sala nell’angolo. Era un po’ scomodo, per quanto la ressa le facesse sentire in trappola, ma era in una posizione davvero notevole: da lì riuscivano ad addocchiare tutti i ragazzi che volevano.
«Debs, andiamo a ballare, ne ho visto uno carino.» La voce di Eleanor nelle orecchie dell’amica era acuta e squillante. Debs, che stava leggermente socchiudendo gli occhi per via del troppo alcol bevuto, si voltò di soprassalto.
«Proprio perché è uno ci vai da sola.» L’amica aveva poggiato i palmi delle mani sul tavolo sollevandosi e scrollandosi, quasi per darsi una svegliata. «Io vado in bagno, non ce la faccio più.»
«Nel tragitto vedi di non incapare in un ragazzo e di portartelo dietro. Le mutandine puoi anche reggertele da sole, sorella.» Eleanor, per quanto brilla, riusciva ancora a ragionare e sapeva bene che l’amica era di facili costumi, specie in quelle condizioni.
Debs si allontanò dal tavolo accennando un si come risposta con la mano alzata che si agitava a ritmo di musica.
«Vuoi ballare?» Un ragazzo dai capelli castano chiaro, apparentemente schiariti dal sole, e dagli occhi azzuri si era avvicinato ad Eleanor, che, dimenticata Debs, era entrata nel suo mondo.
«Stavo giusto per chiedertelo io.» Sussurrò all’orecchio del ragazzo che afferrò con una stretta decisa la sua mano.
We like to sleep all day and party all night, this is how we like to live our live! Hands up!
«Adoro questa canzone!» El aveva praticamente urlato in faccia al ragazzo con cui stava ballando. «Balla, balla, balla!
«Sei leggermente brilla, tesoro.» El scoppiò in un risolino quasi finto a quelle parole. In effetti aveva ragione. “Bene.” «Mi dici come ti chiami?»
«Solo se mi dici come ti chiami tu.» Eleanor adorava provocare le persone, sapeva di riuscirci bene.
«Io sono Louis, ora dimmi il tuo nome altrimenti dopo a letto non saprei cosa urlare.»
«Quanto sei idiota.» Colpì Louis su di una spalla, ma sinceramente quella battuta non l’aveva infastidita, ci era abituata e il pensiero di andare a letto con lui era passato anche a lei nella mente. «Io sono Eleanor.»

***

Zayn faticava a crederci che una ragazza così bella come Amiee fosse single. Durante il tragitto si era soffermato a guardare più e più volte i lineamenti e la silhouette della ragazza e non aveva trovato ancora nessuna imperfezione. Davvero, era impossibile.
«Anche io convivo con un mio amico, i miei genitori sono morti in un incidente stradale anni fa e il mio fratellino non lo vedo da allora. Molto probabilmente ora sarà adulto e con una testa sulle spalle, o almeno lo spero.» Si era ritrovato a confessare il ragazzo. «E buona a sapersi, anche io sono single.» Aveva ironizzato poi visto che l’argomento tendeva troppo al serio.
Amiee aveva riso, ma Zayn, per quanto fosse bello, non era il suo tipo. Almeno non a dirlo così su due piedi.

***

«Fanciulla siamo arrivati.» Zayn lascia con molta delicatezza il mio corpo per poi eseguire un inchino reale. «Dopo di lei, madame.» Apre la porta.
«Potevi sprecarti per altri due metri e portami a sedere.»
Il bar è caldo e silenzioso, praticamente siamo gli unici due clienti e entrambi plachiamo subito le scroscianti risate alla vista della cameriera che con fare stanco e trascinato si avvicina a noi.
«Accomodatevi pure, vi porto i menù tra poco e per favore evitate di creare scompiglio.» Il suo tono era davvero serio e professionale, incuteva timore.
«Agli ordini.» Zayn ha alzato il braccio come sono soliti a fare i militari e io non posso fare a meno di soffocare una risata. Lo sguardo della cameriera sembra riempirsi di odio, ma in fin dei conti si vede che anche lei stenta a trattenere una risata. «Potrebbe portarci anche un kit di medicazioni con i menù?» Zayn torna subito serio.
«Ti porterò anche dei peluche e dei lecca-lecca se fai il bravo bambino.» Il tono ironizzante della ragazza interrompe il breve silenzio che si era creato. Subito dopo si volta e scompare nella cucina del bar.
«Tu sei davvero matto.» Mi improvviso a dire mentre lui scosta la sedia per farmi accomodare.
«Ma ti ho fatto ridere, lo ritengo un miracolo.»
«Ritienilo anche se arriverai a fine nottata.»
«È una scommessa per caso? Io ci sto.» La sua mano è porta davanti a me e con lo sguardo mi sta invitando a stringergliela.
«Mi hai già fatto male una volta, scordatelo.»
«Oh beh, per me è valida ugualmente.» Ritira la mano mentre con fare impacciato cerca di togliersi la giacca. «Dovresti ringraziarmi.»
«Magari un’altra volta e magari se mi offri tu da mangiare.» Zayn piega la testa da un lato con fare sconcertato e dubbioso. «Sto scherzando, grazie.» Ammicco sorridendo.
«Volete ordinare si o no?» Solo a quelle parole ci accorgiamo entrambi che la cameriera è fissa a noi con un blocco note in una mano e un kit di pronto soccorso nell’altra. «I menù sono qua.»
«Ci dia solo due minuti.»
Con fare lento e scocciato si allontana dal nostro tavolo e la faccia di Zayn che la imita non riesce a non farmi ridere.
È simpatico, Am, conoscilo.”

Sfogo\spazio autrice.

Dunque, dunque, dunque, scusate per il ritardo ma purtroppo non riuscivo a riordinare bene le idee e in effetti questo capitolo non è che mi soddisfi più di tanto.
Ad ogni modo ho capito, bene o male, come impostare il resto della storia
e spero che i seguenti capitoli siano più avvincenti di quest'ultimo.
Tra l'altro poi è corto rispetto ai due precedenti e il prossimo prometto di farlo più lungo. 
Come sempre se trovate errore di battitura o persino di senso logico non esistate a dirmelo.
Anche se non vi è chiaro qualche passaggio, ditelo che cerco di spiegarvelo.
Se volete cercami su twitter, ho cambiato nickname e ora sono @haliaisthehope. 

PS. La canzone a tema si riferisce solamente alla parte della storia in cui ci sono Debs e Eleanor.

Ringraziamenti.
Ci terrei a ringraziare le ragazze che hanno lasciato le quattro recensioni per i due capitoli, grazie davvero.
Grazie anche alle tre persone che hanno messo questa storia nelle preferite,
nelle ricordate e nelle seguite.
Grazie a chi sta leggendo questa storia silenziosamente *mi autoconvinco*
e grazie un po' a tutti quanti.

Saluti.
In questi giorni credo di uscire spesso anche perché fa davvero molto caldo,
ma non appena ho tempo inizio a scrivere il quarto capitolo.
Tanto, tanto amore, ragazzi.

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