Helpless [traduzione di MyPassion] di ivyblossom (/viewuser.php?uid=172011)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scolpito nella roccia ***
Capitolo 2: *** Un paziente è un campo di battaglia ***
Capitolo 3: *** Nessuno sceglie un cancro ***
Capitolo 4: *** Sto bene ***
Capitolo 5: *** È un buon segno, davvero ***
Capitolo 6: *** Annegando ***
Capitolo 7: *** Non sei altro che efficiente ***
Capitolo 8: *** È tutto normale ***
Capitolo 9: *** Non c'è calore ***
Capitolo 10: *** Intollerabile ***
Capitolo 11: *** Io, al massimo ***
Capitolo 12: *** Più pericoloso che mai ***
Capitolo 13: *** La linea di gesso ***
Capitolo 14: *** Come le cose sono cambiate ***
Capitolo 15: *** L'attenzione di cento occhi ***
Capitolo 16: *** Guarda qua ***
Capitolo 17: *** Una singola sillaba ***
Capitolo 1 *** Scolpito nella roccia ***
HELPLESS - ivyblossom - tradotta da MyPassion
Sommario (dell’autrice): John, sempre il buon dottore, si accorge che c’è qualcosa che non va in Sherlock. Biopsia, diagnosi, chirurgia e radiazioni: Sherlock deve affrontare il trattamento per curare il cancro alla tiroide. Credi che sia di pessimo gusto? Sono d’accordo con te. Questa fanfiction è scritta da una sopravvissuta al cancro alla tiroide (me!) per una sopravvissuta al cancro alla tiroide che sta per affrontare la seconda parte del trattamento. Il suo proposito è di stampare sopra alla brutta esperienza dello slash. Ho inserito gioia nella fanfiction, ovunque io potessi. Questa è una storia hurt/comfort, avvolta in amore, momenti sexy, e “come sono finiti insieme”: qualcosa che serve veramente a un’amica per distrarsi mentre è in isolamento radioattivo. Scuse a chiunque si sente offeso.
Sommario (della traduttrice): Et voilà bella gente! Mi presento: sono MyPassion, sono folle, e tutti mi danno della stupida! Ho deciso di iniziare questa traduzione perché la storia è una stilettata al cuore ed è bellissima, e credo che soddisfi sia gli animi affamati d’angst che quelli affamati di fluff. Non temete, è molto variegata come storia, se sceglierete di seguirla non soffrirete tutto il tempo! ;) Alla fine della storia, quando necessario, troverete delle note di spiegazione, in caso ci fosse qualcosa da spiegare. In ogni caso credo che aggiornerò la storia una volta a settimana, ora che la scuola è finite ho letteralmente tonnellate di tempo libero, quindi… SONO LIBERA! Naturalmente un grazie va alla cara fanny_23 alias Francesca, che si è offerta volontaria ha volute scoprire le gioie del fandom si Sherlock è stata costretta dalla sottoscritta a betare il capitolo. OH I LOVE YOU, YOU ADORABILE HUMAN BEING! Capitolo 1: Scolpito nella roccia
La teiera sta fischiando, e anche se era Sherlock a volere il tè, sono stato io ad alzarmi e a farlo. Non è una gran sorpresa. Sherlock è seduto sulla sua poltrona, le dita intrecciate, il mento sollevato, gli occhi incollati al soffitto. Non chiedetemi perché, non ne ho la minima idea.
So che si è messo due cerotti alla nicotina, il che suggerisce che c’è un problema da risolvere, ma non ha alcun caso al momento.
Non mi sono ancora disturbato a chiederglielo, sebbene ci siano diversi ritagli di articoli di giornale sulle sue ginocchia. Potrei dedurre.
Sto pensando di chiederglielo quando gli porterò il tè. Lo metto sul tavolo: e poi chiederò: su cos’è che stai lavorando? E, come il genio che è, lui prenderà vantaggio sul pubblico pronto e volonteroso.
Alcune volte può parlare per ore, collegando i punti e meditando sul loro significato. Vedete, un teschio non chiede. Fissa soltanto, non batte le palpebre. Io, al massimo: faccio il tè.
Due tazze, due filtri del tè: verso l’acqua; quasi pieno fino all’orlo per lui, un centimetro di spazio per me. Zucchero nel suo, latte nel mio. È un’azione così semplice, non ho idea del perché Sherlock si rifiuti di farlo. Probabilmente perché qualcun altro lo farà sempre per lui. Perché questo? Cosa c’è in lui che ci fa scorrazzare attorno a lui per prendercene cura? Il suo genio, suppongo. E anche perché sembra un po’ come un ragazzo perduto, aggrappato all’unica realtà che riesce a comprendere. Generalmente, quando pensi al tipo di persone di cui gli altri si prendono cura, gli abbandonati, pensi a persone davvero gentili, persone con gran cuore e generosità di spirito, adorabili benefattori con grandi, lacrimosi occhi. Sherlock non ha nessuna di queste cose, eppure tutti quanti nella sua vita (suo fratello, Mrs. Hudson, Lestrade, e, ovviamente, io) si fanno in mille per assicurarsi che stia bene. Credo che sia un particolare dono che ha. Essere tutto in una volta tirannico, difficile, sgarbato, sconsiderato e qualche volta - detto tra i denti - cattivo, ma anche sincero, confuso, indifeso e perso. Oh, non ditegli che ho detto “indifeso”, mi scorticherebbe per questo, senza dubbio. Ma continuo a pensare sia vero.
Appoggio la sua tazza sul tavolo, in fianco a lui. Non si è ancora mosso per niente; le dita intrecciate, occhi al soffitto, senza battere le palpebre.
Sto per chiedere, su che cos’è che stai lavorando, allora, Sherlock? quando invece noto qualcosa.
Un dottore è praticamente sempre un dottore, compila mentalmente una lista di segni e sintomi nelle persone che gli stanno a cuore. Questo è vero per me, in ogni caso, e in ogni altro dottore che io conosca. Proviamo a lasciarlo al lavoro, ma non è che stia zitto. Quando vedi un livido di uno strano colore, o una zoppia, o sentire un lamento riguardo un mal di testa non puoi semplicemente mettere a tacere quella parte di te che comincia a cercare segni, a diagnosticare. La maggior parte della mia carriera è stata occuparmi di giovani uomini e donne estremamente in salute con ferite traumatiche, non ferite da medico di famiglia, ma l’istinto, e la conoscenza, è ancora lì. Se io fossi di più come Sherlock avrei cancellato larghi pezzi di quella conoscenza che una volta ho accettato per commissione, ma non l’ho fatto. Ne faccio tesoro, lo trovo confortante. Nei momenti più disperati e preoccupanti della mia vita mi ci sono rifugiato, catalogando mentalmente i più banali, ordinari segni e sintomi per mantenermi sano e concentrato: non c’è niente come diagnosticare tranquillamente i tuoi rapitori con anemia, asma, diabete di tipo due, ipertensione o epatite. Suppongo sia un modo in cui senti di avere il controllo, o il potere, in una situazione in cui non hai nessuno dei due.
In ogni caso: segni e sintomi di malattia, qualsiasi malattia, sono cose di cui sono sempre e inconsciamente alla ricerca.
Quindi da quest angolo, avvicinandomi leggermente per appoggiare la tazza di tè di Sherlock sul tavolo in fianco a lui, posso vedere qualcosa: sua testa appoggiata indietro e i suoi occhi sul soffitto mi permettono di vedere un bitorzolo alla base della sua gola, una sporgenza che non dovrebbe essere lì. La fisso per un secondo,un'inopportunità: la sua tiroide, troppo larga, visibile quando la sua testa forma quell’angolo. Come ho fatto a non vederlo prima? Immediatamente le cause si affollano nella mia mente: mancanza di iodio? Improbabile. Tiroidite di Hasimoto(1)? Morbo di Basedow-Graves(2)? E poi infine: cancro(3)? Improbabile. Raro. Probabilmente non è nulla. Sicuramente no.
Non è uno dei miei pazienti, anche se spesso facciamo finta che lui lo sia, quando è utile. Non è il mio paziente, è il mio coinquilino, il mio amico, il mio migliore amico in effetti, quindi il mio stomaco si stringe un po’ quando il cancro mi attraversa la mente. Ma il cancro alla tiroide è il “cancro buono”, è il cancro che sceglieresti se dovessi averne uno. Se lui fosse mio paziente, per davvero, se lui fosse solo un ragazzo per strada e io avessi la mia solita oggettività medica, non sentirei questa punta di preoccupazione, questa paura per lui. Saprei che le statistiche sono dalla sua parte. Gli direi che tutto andrà bene, ma ha bisogno di cure. Andrei a casa e non ci penserei più. Ma lui non è un ragazzo per strada, e la mia oggettività è compromessa.
Il momento in cui ho optato per prendere la stanza al piano di sopra, il momento in cui ho realizzato che Sherlock non è solo il mio coinquilino ma, in qualche modo, il mio salvatore, la cura per la mia depressione e la mia zoppia psicosomatica e gli incubi terribili, il fattorino del mio più nuovo scopo di vita, la persona attorno a cui la mia vita gira; in quel momento ho preso l’incarico di assicurarmi che Sherlock sia a posto, insieme a Mrs. Hudson e i suoi biscotti e a Mycroft Holmes e le sue formidabili risorse. Questo è il compromesso.
Sherlock mi salva; io lo salvo in ogni modo possibile. Sapevo che avrei dovuto salvarlo da se stesso, tenerlo pulito e sobrio, trattenerlo dal gettare via la sua vita in rischi inutili (come tassisti con pillole e assassini con un’inclinazione per indomabili consulting detective). Non avevo realizzato che trovare e combattere il cancro fosse parte del pacchetto.
Non è cancro. Questo è perdersi nei propri pensieri, ed è tempo di tornare alla realtà.
“Sherlock.” C’è uno spazio per la mia tazza di tè sul tavolo. La metto lì, marrone latteo in fianco al nero trasparente di Sherlock. Respira, ma non si muove. “Sherlock.” Ancora niente.
Mi sposto dietro di lui e appoggio le mani sulle sue spalle. Comincia. “Hai…” non sono sicuro di come finire la frase, quindi non lo faccio.
Non so che cosa dire; sono un po’ fuori dal mio elemento, fermo qui nel mio salotto, con il mio coinquilino. Sto indossando delle pantofole, non c’è il camice bianco, non c’è alcun ufficio attorno a me, nessuna segretaria che mi guarda con quello sguardo che significa, puoi muoverti? Abbiamo la coda qui fuori.
“Ho appena notato qualcosa sul tuo collo,” provo ancora. “Ho bisogno di controllarlo, ok?” Non oppone resistenza. Si rilassa, continua a guardare il soffitto, le dita intrecciate. È come pensavo. Sto cercando nelle sue tasche il suo cellulare, o qualcos’altro di incredibilmente intimo a cui Sherlock non pensa. Muovo le mani contro la sua gola, le dita premono contro la clavicola, e sento.
La pelle è più calda di quanto mi aspettassi; lui è così pallido, così magro, immagino sempre che sia freddo. Scolpito nella roccia. Una perfetta, marmorea impronta d’uomo. Ma non lo è, la sua pelle è calda, morbida come la pelle è sempre. Posso sentirlo inspirare ed espirare. Mi avvicino e sento i suoi capelli sulla mia faccia, profuma di shampoo (apparentemente ha usato il mio questa mattina) e, stranamente, polvere da sparo. (cosa stava facendo questo
pomeriggio?). Riesco a respirare sulla sua pelle, un odore che porta con sé, impossibile da descrivere. Sa di vivo. Completamente.
Non riesco a immaginare Sherlock seriamente malato. È come se una parte di me non crede che lui sia completamente umano, come se lui non possa essere sensibile alle fragilità della condizione umana. Respiro il sapone della lavanderia sui suoi vestiti, il profumo della sua pelle, dei suoi capelli, umano, reale, vivo, sto cercando di mettere Sherlock e cancro nella stessa stanza e non ce la faccio.
Se devo farlo curare, credo sarebbe la nostra morte. Ma no: è ridicolo pensare così. Una ghiandola della tiroide infiammata è solo una ghiandola della tiroide infiammata. È solo un semplice gozzo. Magari tutti gli Holmes ce l’hanno. Non significa nulla. Perché gli sto assegnando l’ipotesi peggiore solo guardandolo?
È improbabile. Non impossibile, ma altamente improbabile.
Sentirà la mia preoccupazione; lo spaventerà, anche se non lo ammetterebbe. Pensa alle statistiche, non alla paura. Non alla preoccupazione. Realtà. Sposto le dita di Sherlock lontano dalla sua clavicola, localizzo la ghiandola, i suoi contorni, sento se c’è qualche anormalità.
So cosa sembra, quello che gli sto facendo: sembra che io stia provando a soffocarlo. Ho bisogno di sentire i suoi contorni, facendo pressione: sta premendo contro la sua trachea ora, lo sentirà, è fastidioso, ma non si muove. Lo riesco a sentire deglutire una volta, due volte, come se stesse cercando di allontanarmi solo usando il suo esofago. Sospira lievemente, non si muove, non mi oppone resistenza.
La sua tiroide è decisamente troppo larga: circa il doppio di quello che dovrebbe essere forse un po’ di più. Come ho fatto a non vederla finora? È stata nascosta dalla sua testa inclinata, il mento appoggiato al petto , dietro una sciarpa, dietro al bavero e alle dita, ma avrei dovuto vederlo. Non ho prestato abbastanza attenzione. Maledizione. Troppo larga, due noduli distinti. Duri; cristallizzati? Non posso fare questa diagnosi ora, ho bisogno degli ultrasuoni, una biopsia. È impossibile da dire così.
Sherlock sposta la sua testa più indietro e prova a guardarmi a testa in giù. Solleva un sopracciglio. Abbasso le mani dal suo collo e prendo la mia tazza di te, cammino fino alla mia poltrona e mi ci siedo. Riesco a sentire I suoi occhi su di me per tutto il tempo. Non dice nulla, ma i suoi occhi non mi lasciano.
“Credo” dico, cercando di trovare le parole più neuter possibili, prendendo un articolo di giornale che non sembra essere parte dell’attuale progetto di Sherlock, “che prenoterò degli ultrasuoni e una biopsia per quello, se non ti da fastidio.”
Sherlock mi fissa, e io lo fisso di rimando, ma mi concentro sul suo zigomo destro. Ridicolosamente prominente. Riesco a vedere il suo teschio troppo facilmente. Sembra una creatura di un altro mondo, come una fatina dei fiori, un’acquaforte vittoriana. Forse è un bambino-sostituto, una fatina-bambino aggiunta alla famiglia Holmes, con magia nel sangue.
Lo renderebbe resistente a queste maledizioni umane, sarebbe un vantaggio.
“Perché?” la sua mano si muove sulla gola, strofina dov’erano le mie dita.
“La tua tiroide è infiammata,” spiego, cercando di mantenere la mia voce calma e sicura. È molto più facile farlo nel mio ufficio, con un camice bianco addosso e lo stetoscopio tra le mani. “Probabilmente non è nulla, ma è meglio tenerlo d’occhio.” Bevo un sorso del mio tè, prendo il giornale e fingo di leggerlo.
“Va bene,” dice. Una pausa. “Lo farai tu?”
“No,” dico, osservando un titolo di testa, cercando invano di concentrarmici. “Non ho l’attrezzatura. Non so come usare l’attrezzatura, in verità. Scriverò una richiesta per te. Va bene?” Lo guardo. Cerco di agire con nonchalance, ci sto provando davvero, ma so che lui può vedermi dentro. “Probabilmente non è nulla. I gozzi solitamente non sono nulla. Ereditari.”
“Va bene,” dice ancora. Chiude gli occhi, e ri-intreccia le dita.
Lui non beve mai il suo tè. Diventa freddo, e la mattina seguente io lo verso nel lavandino.
(1) Si parla di questo (http://it.wikipedia.org/wiki/Tiroidite_di_Hashimoto) wiki è più istruita di una povera Babbana come me
(2) Ancora, si parla di questo (http://it.wikipedia.org/wiki/Morbo_di_Basedow-Graves)
(3) E, ancora, credo che tutti voi sappiate cosa sia il cancro, ma se volete saperne di più, ecco il link di Mamma Wiki (http://it.wikipedia.org/wiki/Tumore_della_tiroide) oppure googlate per pagine più precise ^^
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Capitolo 2 *** Un paziente è un campo di battaglia ***
Capitolo 2: Un paziente è un campo di battaglia
Beta: fanny_23
Non mi lasceranno stare con Sherlock mentre fanno la biopsia, il che non mi sorprende. Perché dovrebbero? È la semplice procedura, sarei tra i piedi e basta. Lo aspetterò qui, gli occhi incollati alla porta.
Sono andato con lui a prendere la vestaglia e ho levato la sua camicia di sartoria e la maglietta che indossava al di sotto di essa; è stata una strana cosa, per me. Molto strana.
Nessuno mi ha guardato di traverso, ma non aveva per niente bisogno di me per indossare la sua vestaglia, vero? Non ha obiettato, comunque. Ha lasciato che mi avvicinassi, non ha nemmeno detto nulla quando si è sbottonato la camicia, me l’ha allungata e si è tolto la maglietta.
Non l’ho mai visto gironzolare per l’appartamento mezzo nudo; non l’ho mai visto seminudo. Quindi è stato strano, ho realizzato che era strano quando stavo lì in piedi, la porta in fabbricato chiusa dietro di me, guardandolo mentre si sbottonava la camicia e la toglieva, togliere la sua maglietta, stare in fronte a me nudo fino alla vita. Ho preso i vestiti da lui, come se fossero un peso che non avesse bisogno di portare. Perché? Non lo so; ancora una volta lui non ha obiettato.
Magari trova confortante avermi qui, essere venuto con lui. Mi piacerebbe immaginare che è vero. Sono suo amico, il suo migliore amico, sa che si può fidare di me. Ho ucciso per lui. Sono il suo dottore; spogliarsi di fronte a me non dovrebbe essere un problema in un contesto come questo. Non è troppo intimo. Non è strano. Non è un preludio a qualcosa di sessuale. È solo scienza medica. È solo preoccupazione.
Starei mentendo se dicessi che non ho sentito niente nel vederlo così, spogliato delle sue piume. Petto liscio, il suo piatto, imbarazzante stomaco. Sherlock non è quel tipo di persona che è nuda con grazia; lui si allunga, muove i piedi, cerca invano di provare a coprirsi usando le sue ali inutilizzabili per volare, le sue braccia troppo magre. Imbarazzato. Non lo avrei mai immaginato; fino a questo momento lo avrei immaginato strapparsi i suoi vestiti di dosso con leggerezza, pensando di rivelare la sua carne che è solo il suo mezzo di trasporto. Ma non così. Ha chiuso gli occhi dopo, e gli ho messo una mano sul braccio. Volevo aiutarlo a stare in piedi, dargli un po’ di forza. Non ha scrollato via la mia mano.
Non ho idea di come si senta in merito, riguardo a qualsiasi cosa. Non so come chiedere. La sua faccia è semplicemente bianca. Posso presumere alcune cose riguardo la mancanza del suo solito colorito, ma non so se sono corrette.
Quindi non ho chiesto. Ho semplicemente piegato i suoi vestiti e li ho messi sulla panca; ho preso la vestaglia e l’ho aiutato a indossarla. Ho guardato il suo corpo magro e scarno, le sue spalle magre avvolte dal tessuto troppo lavato blu; così vulnerabile. Così dolorosamente vulnerabile. Non dovrebbe farmi male così, tenere ad un paziente.
Posso mentire al sistema, posso dire che sono il suo medico di base ma lui è mio amico, sono di parte, sono emotivamente coinvolto. Ho paura per lui. Ho allacciato la vestaglia sulla sua schiena, poi ho preso una seconda vestaglia, ho aiutato a infilare le braccia nelle maniche, e l’ho allacciata davanti. Avevo una mano sulla sua spalla, una dietro al suo collo, davvero non so perché. Riesco ancora a sentire il calore del suo collo sul palmo della mia mano, mi aggrappo alla memoria del tessuto sotto le mie dita.
“Non farà tanto male,” ho detto, probabilmente facendo emergere più preoccupazione di quanto non avessi intenzione. È impossibile tenere qualcosa lontano da Sherlock. “Solo pressione.”
Non ho potuto andare con lui durante la procedura, nonostante ci abbia provato, ho discusso per questo. Sherlock rimaneva in silenzio; non so se mi volesse o no lì dentro, francamente. Mi hanno lasciato guardare gli ultrasuoni, comunque; probabilmente hanno capito che avrebbero avuto bisogno di una mano per tenere Sherlock buono.
L’hanno fatto; lui ha guardato lo schermo per tutto il tempo, ha provato a correggere l’angolo, ha dato consigli. Due noduli calcificati, questo era chiaro. Sherlock ha annunciato ognuno di essi quando è comparso sullo schermo; aveva fatto qualche ricerca, sapeva cosa guardare nell’immagine degli ultrasuoni. Non ho avuto bisogno di aspettare il referto per sapere che aveva ragione. Ma il referto dice così, comunque: biopsia raccomandata. Ne avevo il presentimento. Non mi piacciono troppo i miei presentimenti questi giorni.
Non sentivo niente dall’altro lato della porta, quando stavano passando un piccolo ago sotto la pelle di Sherlock, dritto nella tiroide. Ma ovviamente non avrei sentito nulla. Non griderebbe, non ne farebbe un problema, non rovescerebbe gli strumenti, non prenderebbe a calci il dottore negli stinchi, non correrebbe fuori dalla stanza gridando, con l’ago rimasto in gola.
Sherlock non ha paura del dolore, ma non gli piace essere indifeso.
Non ho mai considerato quanto un paziente si debba sentire indifeso di fronte al professionista medico; un paziente è un campo di battaglia, la scena di guerra, non un soldato, non un generale. Siamo noi quelli con le armi: i dottori, i chirurghi, i tecnici. Noi controlliamo l’attrezzatura, controlliamo le foto, ci inviamo note a vicenda. Il paziente deve stare sdraiato e fermo, ed essere un oggetto, il campo di gioco, non deglutire, Sherlock. Non deglutire. Sherlock non è un oggetto, e non si comporterà come se lo fosse. Non si farà zittire.
Vorrei che mi avessero lasciato entrare con lui.
Ci impiegano circa venti minuti, non di più. Viene fuori da solo, ha una serie di punture rosse e macchie sul collo ed è appiccicoso del liquido degli ultrasuoni, giallo di iodio. È bloccato nella vestaglia, dai miei nodi sicuri. Mi guarda, fa un cenno con il capo. Mi alzo e lo riaccompagno allo spogliatoio.
“Aspetta,”dico, e mi affretto ad andare dalle infermiere. Mi danno una tinozza d’acqua calda e sapone, un piccolo asciugamano; chiudo la porta in prefabbricato dietro di noi. Si siede: mi inginocchio di fronte a lui.
“Non vorrai sporcare la tua camicia,” dico. Lascia che io lavi via lo iodio e il lubrificante da lui, anche se trasalisce quando muovo l’asciugamano sopra le chiazze rosse. Le conto; sette. Sette diversi punti d’entrata. Hanno fatto fatica a prendere un campione, ovviamente. Lavo via lo iodio dal suo collo, e lavo via anche le gocce che gli sono cadute sul petto. Lo avrebbero dovuto ripulire prima di averlo mandato fuori; lo stanno trattando semplicemente come un campione di tessuto, come qualcosa che può essere marchiato e inviato al patologo. Gli occhi di Sherlock sono chiusi. Le mie dita contro la sua pelle. La pelle è sempre morbida, e lui è sempre caldo. Trema. Uso il dietro della vestaglia per asciugarlo.
“Stai bene?” chiedo, infine. Mi sento come se avessi evitato di chiederglielo.
“Bene,” dice. “Sto bene.” I suoi occhi sono ancora chiusi.
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Capitolo 3 *** Nessuno sceglie un cancro ***
Capitolo
3: Nessuno sceglie un cancro
Beta: fanny_23
Mycroft
viene a conoscenza del risultato prima di me. Entra nel mio ufficio
come se
avesse un appuntamento (non ce l’ha), e si siede in fronte a
me. Ha in mano la
cartella; la lascia cadere sulla scrivania, di fronte a me, senza gesti
plateali.
Papillary
carcinoma (1).
I noduli
sono
larghi; rispettivamente 2cm e 3cm. La sua tiroide è
più ingrossata di quanto
pensassi quando l’ho sentita sotto le mie dita.
Raccomandazione: rimozione
della tiroide(2), terapia chirurgica. Per una
cura per un cancro
sembra relativamente semplice. Nessuna chemio, solo chirurgia, e
pillole RAI(3).
Semplice. Guardo Mycroft, e leggo la preoccupazione sulla sua faccia.
“Se
si
dovesse scegliere un cancro,” dico “si sceglierebbe
questo.”
“Questa
è una sciocchezza,” scatta Mycroft.
“Nessuno sceglie un cancro.”
Annuisco.
È vero. Nessuno lo farebbe. Non so cosa dire.
“Glielo
dirai?” chiede Mycroft.
“Certo.”
Lui non vuole che lo faccia? Non posso non dirglielo. Non riesco a
immaginare
come glielo dirò, come reagirà, cosa
dirà. Ma di sicuro glielo dirò.
“Troverò
il miglior chirurgo in Europa,” dice Mycroft. “Ti
manderò via fax
l’appuntamento. Perfavore, diglielo in fretta.”
“Dovremmo
controllare pure te.” Queste cose sono decisamente genetiche,
e quando non lo
sono, sono legate all’ambiente. Mycroft e Sherlock hanno
chiaramente condiviso
l’ambiente durante gli anni.
Mycroft
mi rivolge un sorriso condiscendente, come se fosse divertito dal fatto
che io
possa considerare di visitarlo, come se non avesse già un
gruppo dei miglior
dottori disponibili, poi si alza e se ne va, senza un’altra
parola.
Quindici
minuti dopo le informazioni per l’appuntamento compaiono dal
fax. La sala
operatoria è prenotata per domani.
(1)
Nell’originale dice così, quindi ho
deciso di lasciare invariato
(2)
thyroidectomy.
Io sono ignorante in
materia, quindi qui c’è un link per gli
interessati: http://en.wikipedia.org/wiki/Thyroidectomy
e anche un video (ATTENZIONE! Se sei debole di stomaco ti sconsiglio
altamente
di aprire il video, perché potresti svenirmi sulla tastiera,
e la cosa non mi
fa piacere: apri il video consapevole di star per guardare
un’operazione
chirurgica, in cui la tiroide viene rimossa. GUARDALO SOLO SE SEI
SICURO AL 1000‰
CHE NON DARAI DI STOMACO graaaazie!): http://www.youtube.com/watch?v=ZUhpivAkeHI
(3)
Siccome
non sapevo di cosa si stesse parlando ho googlato un
paio di cose, e ho scoperto questo: http://www.cancer.org/Cancer/ThyroidCancer/DetailedGuide/thyroid-cancer-treating-radioactive-iodine
All’interno
del sito dicono “RAI”, ecco
il motivo della mia traduzione. Se ho sbagliato, e voi sapete
l’esatta
traduzione di “radioiodine pill“ non esitate a
dirmelo, che correggerò!
Chiedo
umilmente perdono per la mia assenza durante questa settimana, ma sono
stata in
vacanza al mare, e non ho potuto aggiornare! Per farmi perdonare nel
weekend
avrete un altro capitolo, anche perché questo era proprio
cortino! A
prestissimo! :D
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Capitolo 4 *** Sto bene ***
Capitolo
4: Sto bene
Beta:
Non sono sicuro del
perché, ma ho sempre saputo che avrei
parlato a Sherlock di questo a Baker Street, non nel mio ufficio.
È iniziato tutto
a casa, nel salotto, con un casuale, totalmente inappropriato
controllo; sento
che deve continuare lì, rimanere inappropriato. È
confortante, accogliente.
Ogni paziente non dovrebbe avere l’accoglienza della propria
casa quando gli
viene diagnosticato il cancro? Portarlo nel mio ufficio sembra troppo
freddo,
troppo imbarazzante. Lo saprebbe dal momento in cui gli chiedo di
entrare.
Dopotutto, lui non è un paziente come gli altri.
Ma magari quello non
è la ragione per cui ho deciso di fare
così; penso che sia per i miei sentimenti al riguardo, per
quanto sono spaventato,
quanto le mie emozioni siano coinvolte in questo. Non sarebbe giusto
paragonarlo ad un paziente nel mio studio. È qualcosa che
devo continuare a
fare a casa.
Quindi
prendo del takeaway, gli faccio una tazza di the.
Nulla di straordinario. Lo guardo mangiare, e noto l’assenza
dei cerotti sulle
sue braccia. I segni sul suo collo sono spariti, ora. I risultati sono
arrivati
più velocemente del normale, Mycroft deve essere
intervenuto. So quello che
devo fare: dare la notizia, e compilare qualche modulo da inviare al
suo
chirurgo. Pre-operazione. Dovrà essere visitato prima del
suo appuntamento, lo
dovrò dichiarare idoneo per l’operazione. Lo avrei
dovuto passare ad un collega
tempo fa; perfino Sarah sarebbe stata più obiettiva di me.
Sherlock
solleva un sopracciglio nella mia direzione.
“Problemi?”
Quasi
mi si spezza il cuore. Problemi? Puoi
dirlo forte.
“Ho
ricevuto i risultati della tua biopsia,” dico. Sento
un’onda
di terrore abbattersi su di me. Cosa farà quando glielo
dico? Sarà arrabbiato.
Sarà arrabbiato con me? Si agiterà,
piangerà, distruggerà la casa?
Sherlock
annuisce e basta. “Cancro,” dice. Non è
nemmeno una
domanda. Sembra quasi annoiato. La sua faccia è illeggibile,
impenetrabile.
Ricordo il modo in cui tremava quando ho pulito il suo petto dallo
iodio, la
sensazione umana della sua (morbida, calda) pelle. Ora lo vorrei
toccare, ma
sembra inappropriato. Ha così tanto auto-controllo.
“Sì.”
Sherlock
solleva un lo mein alle sue labbra e se lo mette in
bocca, piano. Mastica, deglutisce, e poi dice “Mycroft mi ha
prenotato un
appuntamento con il miglior chirurgo del Paese?”
“Sì.”
“Per
domani?”
“Sì.”
Immagino che non avrei dovuto aspettarmi nulla di
diverso da Sherlock. Ovviamente sa giù tutto, o immagina.
Chissà com’è nel suo
cervello, sapere ogni sorpresa prima che capiti. “Non hai
davvero bisogno di
sentire me che te ne parlo, vero?”
“Non
particolarmente, no.”
“Lo
sai che puoi essere curato, vero?” Le statistiche su
questo tipo di cancro alla tiroide sono molto buone. Potrei dirgli
tutto
riguardo le statistiche, ma sono certo che lui le conosce
già. Sono un po’
perplesso.
“Sì.”
Sembra quasi offeso che io abbia chiesto.
“Stai…”
Voglio chiederglielo, stai bene, sei scosso,
di cosa hai bisogno, ma non so come far
uscire le parole dalla mia gola. La sua faccia rimane illeggibile,
intoccabile.
“Sto
bene,” dice. Beve il suo the.
“Vuoi
parlare del trattamento?”
"No,”
dice. “Sto bene.”
Ed
ecco qua, come avevo promesso! Continuate pure a lasciare recensioni e
a esprimere tutto il vostro ammmmore per ivy! :P
A
prestissimo!
P.S. Il capitolo non è betato, ovvero se ci sono boiate è tutta colpa mia e non dell'amabile beta! :D
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Capitolo 5 *** È un buon segno, davvero ***
Capitolo 5:
È un buon segno, davvero
Dopo cena, e dopo qualche
shot di whiskey per me, Sherlock
accontenta le mie richieste e si spoglia, indossando solo la sua
vestaglia, e
si sdraia sul suo letto. L’ho fatto apposta; il letto di
Sherlock non viene mai
rifatto, ma per l’occasione l’ho rifatto io stesso.
Angoli da ospedale e tutto.
Esaminare il tuo coinquilino nudo sul suo letto dopo aver bevuto
qualche drink
sarebbe visto poco professionale in ogni caso.
Abbiamo già
misurato altezza e peso in bagno; ho annotato i
risultati sul modulo che Mycroft mi ha inviato via fax questo
pomeriggio,
insieme alle sezioni precompilate che indicavano il tipo di sangue di
Sherlock
(0 negativo, sorprendentemente: l’avevo catalogato come AB) e
le sue malattie
sessualmente trasmissibili (nessuna). Non ha allergie. Ho agitato il
termometro
e guardato l’orologio.
“Ti prego, dimmi
che lo devo tenere in bocca,” dice
Sherlock, le braccia incrociate al petto e le caviglie incrociate. Non
posso
fare a meno di ridere.
“Ma
certo!” lo appoggio sulle sue labbra fino a quando non
apre la bocca, la lingua alzata. Ce lo spingo dentro e lui chiude la
bocca. “Eccellente.”
Controllo
l’orologio ancora; aspetto sessanta secondi. Probabilmente
non avrei dovuto bere quell’ultimo shot di whiskey. Sherlock
sembra un
dodicenne con un lecca-lecca in bocca. L’immagine mi fa
ridere.
Dopo un minuto controllo
il termometro e appunto la sua
temperatura. Poco più alta del normale, ma potrebbe essere
colpa dei due shot
di whiskey che ha bevuto. La annoto come normale. Lo faccio sedere.
La sua pressione
sanguigna, sorprendentemente, è totalmente
regolare. Esamino orecchie, naso, gola: normali. Le sue labbra sono un
po’
screpolate, ma ancora, così sono le mie. Un veloce esame
delle sue giunture
dimostra che non ci sono problemi. Ascolto i suoi polmoni, lo sento
respirare
profondamente; c’è un qualcosa di musicale in
tutto questo, il suono del
respiro di Sherlock. Lo faccio sdraiare ancora una volta e poggio il
mio
stetoscopio sul suo petto, sull’addome. Passo due minuti
buoni ad auscultare il
suo cuore. È perfetto, e il suo suono mi piace.
“Ok
amico.” questo è un po’ imbarazzante.
“Tirati su.”
“Questa
è la parte in cui tu mi chiedi di girare la testa e
tossire?” sembra più divertito che angosciato.
“Temo di
sì.”
Si alza in piedi e slaccia
la vestaglia, e porta le mani
dietro la schiena. Mentre sono accanto a lui, pesando i suoi testicoli
nella
mia mano realizzo che ho fatto l’intero esame senza guanti.
“Gira la testa e
tossisci.” dico. Lo fa. Non ha un’ernia. Comunque,
ha un’erezione, che entrambi facciamo fatica ad ignorare. Per
un momento penso
di dare uno sguardo al suo pene e prepuzio mentre è in
queste condizioni, e ammetto
che la curiosità ha avuto la sua parte nella mia decisione
di andare avanti e
fare così.
“Vuoi un
momento?” chiedo. Sembra solo beneducato.
Probabilmente avrei dovuto aspettare di chiedere prima di avere una
presa sul
suo pene. Il whiskey potrebbe avermi dato alla testa un po’
più in fretta di
quanto io abbia immaginato.
“Sto
bene,” dice Sherlock. È un po’ confuso.
“È
inusuale questo, per te?”
“Sì,”
dice Sherlock. Poi vedo qualcosa che pensavo non avrei
mai visto: è arrossito, dal petto fino al viso. Non credevo
fosse possibile. Do
uno sguardo veloce, esamino il suo prepuzio, e poi lo lascio andare, e
annoto
sul file. Normale.
“Va tutto
bene,” lo rassicuro. “Succede sempre durante gli
esami.” Quello che non dico è che solitamente non
causa una reazione simile nel
dottore. “È un buon segno, davvero.”
“Va
bene,” dice Sherlock. Non esattamente miscredente, ma
sicuramente sarcastico.
“Non
c’è nulla di cui aver paura qui,” dico,
dando un’occhiata
ancora, poi chiedendomi cosa diavolo io stia facendo.
“Qualcosa di cui puoi
essere fiero, decisamente.”
Sorride il suo mezzo
sorriso sghembo. Mi chiedo: quando
Sherlock è diventato interessante a livello sessuale e/o
romantico, per me? È
stato durante i suoi vari test e procedure?
Vorrei che la risposta
fosse sì, in un certo senso, perché
sarebbe tutto più semplice; potrei considerare questo come
un desiderio di
confortarlo in un momento molto difficile. Abbiamo una relazione
strana, ma
molto vicina, dopotutto. Per me significa molto di più di
chiunque io abbia mai
incontrato. È facile confondere i tuoi sentimenti quando
stai davanti all’uomo
che metaforicamente (e qualche volta letteralmente) salva la tua vita,
ti fa
sentire intero, ti da uno scopo. Il corpo è veramente
semplice, davvero:
reagisce e tutti i tipi di stimoli, che siano o non siano sensati per
il tuo
cervello. È facilmente confuso. Pensavo che sarei disturbato
di più dall’elemento
omosessuale di tutto questo, ma stranamente non è
così. Penso che abbia a che
fare con la mia - relativa - maturità.
“Un’altra
cosa, solo un’altra,” dico. Gli tolgo la
vestaglia, proprio come ho tolto quella in ospedale. È in
piedi, di fronte a
me, completamente nudo. È una lunga striscia di bianco sotto
le luci delle
lampade, con una rete blu di vene tracciata sul suo corpo come vernice.
È come
un’opera d’arte. Le sue palpebre sembrano pesanti,
e mi chiedo se lui stia
pensando alla stessa cosa a cui io sto pensando. “Devo
controllare la tua
schiena per i nei. Puoi sdraiarti a pancia in
giù?” la mia voce è un po’
più
roca del previsto. Come ho detto: non sempre faccio esami nel mio
appartamento,
o su un letto, o sul letto del mio coinquilino. Lui si adatta.
Lo copro con una coperta;
comincia a fare un po’ freddo ora.
Faccio una rapida ispezione, sollevo la coperta quando ne ho bisogno, e
poi
sfrego le mie mani sulle sue spalle e sulla sua schiena. Spingo le dita
tra la
tensione dei suoi muscoli, li massaggio finché non si
rilassano, e li sento
sciogliersi sotto le mie dita. Spengo tutte le luci tranne una sul suo
comodino. Non c’è più bisogno di luce.
C’è qualcosa nel suo respiro, lo so e
basta.
Mi sdraio accanto a lui,
si gira, e prima che io possa
capire chi abbia cominciato, o chi si sia mosso verso chi, le mie
labbra sono
contro le sue e la mia lingua è contro la sua. Riesco a
sentire il suo sapore
di whiskey, il takeaway, the. È caldo contro di me,
disperato, tutto bisogno e dolore
e paura. Questa è la prima volta in cui ho sentito la paura
in lui; la paura
della chirurgia, del cancro o del trattamento, paura di morire, paura
di vivere
con la morte imponente sotto la forma di un cancro imprevedibile.
Perfino
questo: paura di non esprimere qualcosa, di lasciar andare qualcosa;
sembrava
che avessimo le nostre vite da sistemare in questa relazione
complicata, e che
ora le abbiamo distillate in una sola notte di pelle, mani, frizione,
baci, di
suoni incontrollato e meravigliosi dal profondo del suo petto. Prova a
prendere
fiato e sento che sta per scoppiare a piangere, ma non lo fa.
L’evidenza di
questa esperienza finisce sulla mia maglietta, sui miei jeans che, come
il
resto dei miei vestiti, non sono riuscito a levarmi. Finisce la serata
accoccolato in fianco a me, la sua mano tra i miei capelli, il suo
viso,
finalmente rilassato nel sonno, contro il mio petto.
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Capitolo 6 *** Annegando ***
Capitolo 6:
Annegando
Beta:
Vi avverto: se avete un
cuoricino sensibile/fatto di burro/you just can’t handle all
of these feels (cit. intero popolo di Tumblr) vi consiglio di tenervi
vicini dei fazzoletti e una scodellina di gelato. Non si sa mai,
potreste aver bisogno di supporto. E poi il gelato è buono e
fa bene.
È
più lungo di quanto avessi pensato. Ho incontrato il suo
chirurgo; sembra una donna gentile. Mani piccole, probabilmente un dono
per un chirurgo così. Passano quasi quattro ore da quando
l’ho visto entrare nella sala operatoria, sembrando
più debole e fragile di quanto mi piaccia, prima che io lo
veda ancora nella camera di rianimazione, a riprendersi. È
un miracolo che mi ci abbiano lasciato entrare (1).
Probabilmente un miracolo chiamato Mycroft Holmes.
È ancora
intubato quando lo vedo per la prima volta, ed è il
contrasto più forte che io possa immaginare da ieri notte.
È passato da essere completamente vivo sotto le mie mani,
tutto calore, carne e suoni, ad avere una macchina che spinge
l’aria nei suoi polmoni. C’è un gran
bendaggio sul suo collo; tutto il lavoro chirurgico coperto con cotone,
incluso il tubo di drenaggio che hanno cucito dentro. Sta indossando i
tubi sulla sua vestaglia come una banda al merito. Ha
un’endovena alla mano, con già la morfina che gli
scorre nelle vene. Una gentilezza. Si sveglia, i suoi occhi mi
catturano, è c’è del panico. Gli dicono
che sta bene, gli dicono che stanno per levare il tubo. Gli dicono che
deve tossire. Lo fa, come un gattino debole. Levano il tubo e collassa.
Sta respirando in panico, come se stesse annegando, i suoi occhi mezzi
chiusi. Non è del tutto cosciente. Le infermiere si
allontanano, e si spostano da un altro paziente, facendo spazio per me.
Mi avvicino, gli prendo la mano. Una macchina, collegata al suo dito,
gli controlla il battito cardiaco. Sta emettendo dei
“beep” leggeri ma veloci. La evito, sfregando le
mie dita contro il suo palmo. “Stai bene, Sherlock”
gli dico. “Chirurgia perfetta. Stai bene. Vai bene.”
È tremolante,
ma il panico sul suo viso sembra sparire leggermente. Le infermiere lo
stanno tenendo d’occhio, come fanno sempre con i pazienti.
“Sherlock,” dico, avvicinandomi a lui, vicino al
suo orecchio. Passo le dita tra i suoi capelli. “Ti
amo.” È una cosa strana detta da me, perfino dopo
l’intimità di ieri sera. So che è
strana, ma so anche che è vera. L’ho portato in
ospedale stamattina, una mano sul suo gomito. Non ci siamo abbracciati,
non ci siamo baciati. Non so se mai faremo queste cose ancora. Ma la
verità rimane. “Ti amo,” dico ancora,
perché so che è vero. Mi guarda. Le sue labbra
sono secche, quasi screpolate. “John,” mormora, la
voce roca per colpa dell’anestesia e della morfina. Gli si
chiudono gli occhi e sviene un’altra volta. Pensate che sia
una cosa coraggiosa, quella che ho fatto? Perché davvero non
lo è. Sherlock non se ne ricorderà. So che non se
ne ricorderà.
(1) Recovery
room io l’ho tradotto così, anche se sinceramente
mi fa pensare alla stanza in cui portano i pazienti appena dopo la
chirurgia, non alla stanza in cui sono ricoverati poi… se
qualcuno di voi ne sa di più/ha una traduzione migliore non
esitate a dirlo! :)
Mi
scuso ancora tanto per il ritardo, sono partita per due settimane,
credendo di riuscire ad aggiornare anche in vacanza, ma la chiavetta
internet mi ha abbandonato! :’( sono state le due settimane
più dure della mia vita XD BTW ora son tornata
a tradurre! Cercherò di recuperare il paio di capitoli persi
il più in fretta possibile!
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Capitolo 7 *** Non sei altro che efficiente ***
Capitolo
7: Non sei altro che efficiente
Beta:
Mi
sveglio quando la porta della camera di Sherlock si apre. Questo
significa che
mi sveglio ogni due ore. L’infermiera entra, fa la sua faccia
da mi dispiace tanto svegliarti ancora
e si
avvicina a Sherlock, che è continuamente svegliato dalla sua
presenza, proprio
come me.
Gli
misura il collo usando il metro di
stoffa che gli hanno appoggiato sulle spalle; il gonfiore sta
diminuendo ogni
ora. Un buon segno. Gli prende la mano e tocca il palmo, gli tocca gli
zigomi e
fa scorrere le dita sulle guance. Gli chiede piano se sente pizzicore
alle
labbra o alle punte delle dita. Ogni volta lui risponde di no. Il segno
di un
buon chirurgo; nessun urto alla paratiroide(1) nessun
incremento
dei livelli di calcio. Controlla se c’è
un’emorragia, sposta il bendaggio e da
uno sguardo a quello che c’è sotto, poi lo
risistema sotto alla sua vestaglia.
Tornerà a casa prima di quanto io credessi.
Quando
l’infermiera se ne va mi alzo, ogni volta, mi metto in fianco
a lui, gli tocco
la mano o i capelli, il viso, e il suo sguardo incontra il mio. Non
parliamo.
Le sue palpebre si abbassano e dorme un po’ di
più. Fino alla prossima
interruzione. Dopo la terza, Sherlock deve svuotare la vescica. Stacco
l’endovena dal muro, e lo accompagno in bagno. La sua vestaglia è abbassata assieme al catetere, forma angoli bizzarri, è aperta in punti strani.(2)
Vedo
le sue lunghe, magre gambe; i suoi piedi grandi e lunghi. Non si guarda
nello
specchio in bagno, non muove la mano per toccare la gola ben bendata.
Le sue
gambe sono instabili, quindi lo faccio sedere invece che di farlo stare
in
piedi per urinare.
L’endovena
nella sua mano non è più
morfina; è una soluzione salina.
Dopo
questa prima visita al bagno comincia a doverci tornare ogni
mezz’ora. Lo
accompagno ogni volta. Non sembra che gli importi. Mi sveglio di nuovo
intorno
alle sei al suono di delle scarpe sul pavimento, la porta che si apre.
Mycroft.
Gli occhi di Sherlock si aprono ancora.
“Ho
sentito che è andato tutto bene,” dice, con un
sussurro. “Sì,” rispondo,
perché
preferisco che Sherlock non ci provi. Chiude gli occhi ancora, facendo
finta di
essere addormentato. “Dice che è andata benissimo.
si sta riprendendo molto bene,
credo che tornerà a casa oggi.”
“Non affrettiamo
le cose,” dice Mycroft, e ho paura che
avremo un’altra notte da passare in questo posto infernale.
L’ospedale sembra
così eccitante per me come dottore, ma come amico di un
paziente, non voglio altro
che uscire di qui. “Ho prenotato l’ablazione(3)
tra un mese”. “Non
sei altro che efficiente,” dico.
“Avrà
bisogno di aiuto per le prossime sei settimane, come
minimo”
“Ah, sì?” rispondo.
“Certamente,” dice Mycroft. “Ha una grave
forma di
ipotiroidismo. Lo potrai aiutare?”
“Sì,” dico, sentendomi un po’
stupido. Certo
che avrà una grave forma di ipotiroidismo. Non ha
più la tiroide. “Sì, certo
che posso.” “Assumerò
qualcuno,” dice Mycroft. “Per aiutarti. Per tenerlo
d’occhio.”
“No,” dico, chiedendomi perché sono
così sicuro di non volere aiuto. Sarebbe
bello avere qualcuno vicino che sistema e lava i piatti. Ma dentro di
me so che
non voglio un estraneo nell’appartamento. È il mio
lavoro, il mio ruolo.
Prendermi cura di Sherlock è la mia
responsabilità.
“Posso
farcela.” “Trasferirò dei fondi al tuo
conto,” dice
Mycroft. “Se aiuterai non voglio che tu vada
all’ambulatorio, nemmeno
part-time. Non voglio che lo lasci da solo.”
“L’ipotiroidismo non è
l’epilessia,
non ha bisogno di qualcuno che gli faccia da babysitter.” Mi
sento indignato
per Sherlock. Può farcela. Starà bene.
“Nonostante
ciò,” insiste Mycroft “se insisti a
voler
continuare a lavorare all’ambulatorio per i prossimi due mesi
assumerò qualcuno
per controllare Sherlock.” Cos’altro posso fare?
“Va bene,” dico sospirando. “a
Sarah non piacerà affatto.”
“L’ho già informata della tua
assenza,” mi fa
notare Mycroft. “Le ho procurato un sostituto.”
Tipico. Guardo Sherlock.
Continua a far finta di stare
dormendo, ma posso vederlo fare un sorrisetto.
(1)
La paratiroide è una ghiandola endocrina
posta vicino alla tiroide
(2)Vi
prego di perdonarmi per la licenza poetica
(assoluta libertà) che mi sono presa, ma davvero non sapevo
come tradurre
questa frase: His gown is weighed down
with his drain, pulls at a weird angle, makes it open at odd places.
Ho
chiamato una mia
amica per un aiuto, ma anche lei non ha saputo dare una
mano… ho cercato di
tradurla come meglio potevo, la verità è che non
l’ho proprio capita…
scusatemi, magari sarà una cosa semplicissima, è
che proprio non l’ho capita D: Ok, aggiornamento: grazie mille a OceanMind che mi ha suggerito questa frase come traduzione... se mai vi capiterà di leggere questa storia dopo la sua fine e avete una traduzione diversa non siate timidi e fracassatemi pure i boccini come meglio preferite! (ecco, magari se avrò finito di pubblicare mandatemi un mp su MyPassion, il mio profilo, vi risponderò sicuramente!)
(3) In
medicina, solitamente, l’ablazione è la
rimozione di una parte (solitamente superficiale) di tessuto biologico.
Come al
solito Wikipedia ne sa più di me, ecco a voi un link utile http://it.wikipedia.org/wiki/Ablazione#Medicina
Vi chiedo ancora una volta
perdono per il ritardo… non è che
io sia in vacanza o che, sono a casa… il motivo è
uno solo, per cui mi sento
tanto stupida: è il punto due .-. Mi sono spaccata il
cervello su quella frase
per qualcosa come tre giorni, il capitolo era pronto già da
un po’… è che
davvero non riuscivo a trovare una traduzione, e quindi sono andata in
palla…
carina, eh? E pensate che studio lingue! Io davvero non ce la posso
fare! In
ogni caso non temete, ora che arriva settembre e la scuola (sigh) non
tarderò,
riesco sempre ad avanzare del tempo per me dopocena, quindi gli
aggiornamenti
continueranno ad arrivare ogni settimana! :D
Ah, dimenticavo: se mai doveste notare qualcosa che non vi convince nel
capitolo
non esitate a farmelo notare, che io lo correggo; nonostante tutte le
vostre
belle parole (seriamente, come si può non amarvi?) sono
ancora “piccola” e ho
tanto da imparare, e a volte mi capita di fare errori stupidi.
Segnalatemeli
pure!
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Capitolo 8 *** È tutto normale ***
Capitolo
8: È tutto normale
Beta:
Siamo
riuniti attorno a un cadavere nel fango, sulle rive del Tamigi. Pensavo
che non
avremmo fatto nulla di tutto ciò fino alla fine del
trattamento di Sherlock,
proprio come Lestrade; ma eccoci qui. Gli occhi di Donovan sono
sbalorditi,
sembra non riuscire a smettere di fissare la cicatrice di Sherlock.
Anche se:
non si può riuscire a vedere la cicatrice, non ancora.
È coperta dal nastro
chirurgico, strisce verticali, che formano una specie di bizzarra
collana tribale.
Ci sono macchie di sangue sulle strisce, ma non sono ancora pronte per
andare
via. Sherlock sta fingendo che tutto è normale.
Per la
maggior parte delle cose è normale. L’unica
differenza è che io sono nervoso
riguardo la sua cicatrice, sono attento che lui non la urti e la faccia
riaprire. Lui accontenta le mie richieste: niente alzarsi di botto dal
letto,
niente sollevamento di oggetti pesanti, e sta attento quando gira la
testa. Lo
aiuto a lavarsi i capelli, solo che con quelle strisce non ha davvero
bisogno
del mio aiuto. Sto con lui, comunque, quando entra nella doccia la
mattina.
Spingo la testina della doccia, mirando gentilmente alla sua cicatrice.
Finisco
con l’avere la maglietta e i pantaloni del pigiama umidi, ma
non m’importa. Li
appendo alla porta durante il giorno, e sono asciutti ora di sera.
“È
stato
nell’acqua per un po’,” uso la punta
della scarpa per sollevare la mano
dell’uomo morto. “Dire tre giorni.”
“Concordo,”
dice Sherlock, ignorando tutti gli sguardi curiosi puntati sulla sua
cicatrice.
“Ovviamente
è separato da poco, visto la depressione sul suo anulare,
mancante dell’anello.
È improbabile che gli sia caduto, visto quanto si
è gonfiato. Lestrade, devi
trovare sua moglie il prima possibile.”
Lestrade
sembra decisamente instabile, e di certo non posso biasimarlo. Sherlock
ha
lasciato l’ospedale due giorni fa, ed eccolo qui, comparire
sulla scena del
crimine come se nulla fosse successo. Con una vistosa cicatrice di
quindici
centimetri alla base della gola e i segni dell’endovena
ancora sulla mano. Non
si è dimostrato molto interessato nel prendere
antidolorifici, ma a parte
qualche movimento del collo ora proibito, non sembra essere rallentato
per
nulla.
Rimane
terribilmente pallido dall’anestetico. Continuo a prepararmi
a vederlo cadere
in deliquio(1).
“Sherlock,”
dice Lestrade, nel tono più gentile che io gli abbia mai
sentito usare, “sei
sicuro che sia una buona idea per te--“
“Dall’aspetto
delle sue unghie,” continua Sherlock, come se non fosse stato
interrotto,
“direi che era un meccanico d’auto; dal tipo
d’olio sotto le unghie, direi
industriale. Camion di petrolio. BP o CPL(2).
Uno dei due avrà
denunciato la scomparsa di un meccanico.”
“Sei
pazzo?” dice Donovan. Ha le braccia incrociate al petto, la
sua posa è un po’
arrabbiata. “Beh, lo sappiamo tutti che sei un po’
matto, ma hai appena
lasciato l’ospedale! Non ti prenderai un’infezione
o qualcosa, stando attorno e
toccando cadaveri? O non te ne importa proprio?”
“Come
sta il tuo nuovo fidanzato, Sally?” chiede Sherlock.
“Hai già detto ad Anderson
di lui?”
Donovan
diventa di un rosa intenso. Anderson, che stava in fianco al corpo,
ignorando
Sherlock, improvvisamente solleva la testa. “Cosa?”
E
pensare che Mycroft era convinto che Sherlock avesse bisogno di aiuto.
È
tornato ad essere il vecchio Sherlock, direi. Più o meno.
(1) Mi
perdonerete se per spiegare
cos’è il deliquio vi copio-incollo la spiegazione
che la deliziosa lucia
mondella ha dato in The Progress of Sherlock Holmes (in caso voi non
l’abbiate
letta): Deliquio traduce swoon,
termine un po’ datato e letterario per indicare uno stato
di estasi o di violenta emozione che porta allo svenimento, alla
perdita di
coscienza. È tipico appunto delle protagoniste femminili dei
romanzi
vittoriani, intrisi di elementi romantici e per noi oggi, naturalmente,
fortemente stereotipati.
(2)
Il
nome di due compagnie di petrolio: http://www.bp.com/bodycopyarticle.do?categoryId=1&contentId=7052055
e http://www.cplpetroleum.co.uk/
Non
riesco a spiegare a parole quanto voi siate adorabili e quanto
io apprezzi tutto il vostro supporto e le vostre belle parole nelle
recensioni…
credetemi, è una cosa fantastica leggere ad ogni capitolo i
vostri
ringraziamenti o i vostri complimenti per la traduzione…
sono io a dover
ringraziare voi per quanto siete splendidi!
Dovete
sapere che io sono una linguista (ok, ok, studio
“solo” al
liceo, ma whatever!), studio al liceo linguistico, e quindi sentirmi
dire che
traduco bene è uno dei complimenti migliori che possiate
farmi… la volete
sapere una cosa? Mi state rendendo esageratamente presuntuosa v.v il
fatto è
che inizio la seconda a settembre, e mi sento un po’ speciale
per il lavoro che
sto facendo (tutto merito di voi favole!)… avete dato una
botta assurda alla
mia autostima, grazie! Davvero, grazie mille, siete una cosa
fantastica! <3
|
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Capitolo 9 *** Non c'è calore ***
Capitolo 9: Non
c’è calore
Beta:
Sono quasi le dieci e
mezza e Sherlock è già andato a letto,
un segno che l’ipotiroidismo sta cominciando a farsi sentire.
È un processo
lento, più lento di quanto pensassi. È passata
una settimana, e sto iniziando a
vedere solo ora gli ovvi segni. Sta diventando stanco. Non riesce
più a stare
alzato tutta la notte. Si sveglia stanco e debole. Mi risponde male,
è
frustrato, arrabbiato, ma non mi offendo. Si scusa, riconosce che si
sente
irritabile.
“Lo
so,” dico, ogni volta che capita. “È
normale che accada.
Va tutto bene.”
Gli ho levato le
applicazioni chirurgiche questa mattina con
un paio di pinzette. La cicatrice è larga, più di
quindici centimetri. È gonfia
e rossa, la sua pelle non ha gradito il tubo di drenaggio, le
applicazioni o
qualsiasi altra cosa. Non è frastagliata o grossolana,
è una linea perfetta; il
chirurgo ha cominciato nel mezzo della gola e ha tagliato dritto, poi a
sinistra. È raggrinzita dove i punti sono stati passati, ed
è gonfia e
punteggiata da macchie rosse. Indossa una sciarpa morbida quando va a
dormire.
Credo stia cercando di impedirsi di toccarla. È un corpo
estraneo, qualcosa che
non riuscirebbe a togliere se ci provasse. È una parte di
lui, ora.
L’ho messo in
doccia dopo, sono entrato con lui, ho lavato l’incisione
al posto suo sotto l’acqua calda. Credo guarirà
bene. L’ho tenuto vicino a me,
nella doccia, gli ho lavato i capelli e l’ho insaponato,
l’ho sciacquato,
accarezzando la sua pelle - troppo - bianca. L’ho baciato,
piano, gentilmente,
sulle labbra. Ha tenuto gli occhi chiusi e le braccia attorno a me. Non
lo
avrei mai immaginato così. Indifeso. L’idea di lui
solo ad affrontare tutto
questo mi spaventa.
Ho spalmato la cicatrice
di vitamina E prima di metterlo a
letto, e ho sentito la linea ruvida del tessuto cicatriziale sotto il
mio dito.
Me lo ha lasciato fare, guardandomi con i suoi occhi curiosi.
Abbiamo passato la
giornata risolvendo puzzle nel parco,
gironzolando, comprando il pranzo lì. Lo voglio mantenere in
movimento, fargli
fare un po’ di esercizio senza che se ne accorga.
È stata una bella giornata.
Ci siamo fermati vicino ad
una fontana, guardando i bambini
giocare sui ciottoli vicino, e poi lui ha preso la mia mano. Era
fredda, e io l’ho
presa nella manica del mio giubbotto per riscaldarla.
“John,”
chiama, dal suo letto. La sua voce è debole e tesa.
Pensavo stesse dormendo.
Lascio il mio libro e vado
in camera sua, mi fermo ai piedi
del suo letto. “Tutto a posto, Sherlock?”.
È sdraiato sul fianco, al buio,
acciambellato sotto le coperte.
“Sto morendo di
freddo,” dice, la sua voce soffocata dalle
coperte. “Non riesco a… scaldarmi.” Gli
ho messo tre coperte in più quando è
andato a letto, ma ha ancora freddo. Mi abbasso e tocco il suo collo;
freddo.
La temperatura corporea sta cominciando ad abbassarsi. Ipotermia
costante.
Non glielo chiedo, anche
se probabilmente dovrei. Sono già
in pigiama, quindi mi levo il maglione e mi metto a letto in fianco a
lui.
Sembra un letto vuoto, non emana calore. Lo avvicino a me, avvolgo le
braccia
attorno al suo petto magro, la guancia contro il suo collo. Riesco a
sentire il
freddo che emana. In pochi minuti il mio calore corporeo scalda il
letto e
riesco a sentirlo rilassarsi. Prende la mia mano e la stringe, piano.
Poi si
addormenta, e il suo respiro regolare mi culla e mi fa cadere nel mondo
dei
sogni, la sua mano ancora nella mia.
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Capitolo 10 *** Intollerabile ***
Capitolo 10:
Intollerabile
Siamo nel bel mezzo di una
scena del crimine quando Sherlock
stesso stacca la spina. Non ho voluto dirgli nulla, ma è
rallentato così tanto
che sembra una persona nella media. Eppure, neanche quello.
“Non ci
riesco.”
Sono determinato ad
assicurarmi che il cancro non lo uccida,
ma l’ammissione potrebbe. Non ce la può fare. Non
ha l’energia per arrivare
sulla scena del crimine, senza considerare inseguire criminali,
schivare pugni
e proiettili. Niente cadute sui ciottoli, niente scalate di balconi,
non ora. E
anche se riuscirebbe ad arrivare sulla scena del crimine, il cappotto
svolazzante e la sua arroganza tipica, sta perdendo la sua mente veloce
come un
fulmine. Rimane un osservatore migliore di chiunque altro, rimane un
genio, ma
riesco a vederlo rallentare, e così fanno glia altri. Gli ci
vuole di più per
trovare l’indizio vitale. Dobbiamo aspettarlo.
“Non ci
riesco,” dice, calmo. La
sua voce è diventata rauca, come se avesse
l’influenza. Ma non ha l’influenza. Si è
svegliato con la voce rauca e non è
tornata normale. È iniziato un paio di giorni fa e mi ha
fatto preoccupare: è
un segno della sua degenerazione. Speravo che non accadesse.
“Lo
so,” gli dico. Le persone si muovono attorno a noi e
Sherlock è in slow motion, ogni movimento è
lento, perfino i suoi pensieri sono
rallentati con lui. Sono rallentato anche io, per adattarmi ai suoi
ritmi. Lo
sveglio lentamente la mattina con una tazza di the, cammino al suo
passo quando
andiamo da Tesco, ora ci andiamo insieme. (non mi piace lasciarlo a
casa da
solo, e camminare gli fa bene.) Senza gli altri che si affrettano
attorno a lui
non riesce a vedere quanto sia diventato lento. Deve aver visto la
verità qui,
nel cuore di Londra, con uomini d’affari e le loro valigette
che lo sorpassano,
dandogli spallate per farlo spostare; non riesce a tenere il passo. Le
giunture
si sono gonfiate un po’, le sue dita sono ghiacciate.
È indolente e debole, una
breve passeggiata non viene mai presa in considerazione. “Non
è permantente.”
rispondo alla domanda che non mi sta chiedendo, perché ne sa
di più e non
chiederebbe se non lo sapesse. “Tornerà.”
“È
così il tuo cervello?”
“Sorrido.
“Sì, sono sicuro che il mio cervello sia
così,”
dico. Chiamo un
taxi e mando un
messaggio a Lestrade.
Non
sarà sulla scena
del crimine oggi. Non lo sarà finché non
starò meglio. Grazie per la tua
pazienza.
“Intollerabile,”
dice Sherlock, ma senza amarezza. È stanco.
I suoi occhi sono gonfi. La
pelle delle
sue mani è ruvida. Ogni giorno lo massaggio con la crema, ma
i suoi gomiti e le
sue ginocchia sono secche e screpolate. La tristezza nei suoi occhi
è difficile
da vedere; è come fissare il sole. Terribile. Impossibile.
Accecante.
“Credo di star
morendo.” dice.
“Non
morirai,” dico automaticamente, ma penso abbia ragione.
Questo è un modo di morire. È molto lento e duro
da vedere, ma senza un organo
essenziale come quello che il chirurgo ha rimosso, senza medicine per
sostituirlo, morirà. Ha solo una settimana prima del
prossimo stadio del
trattamento.
È difficile
vederlo rallentare così, vederlo invecchiare di
cinquant’anni
in tre settimane. Mycroft aveva ragione. Ha bisogno di aiuto. Sono
grato di non
essere alla clinica. Non voglio lasciarlo solo.
“Lo
farò,” mi corregge. “Morire.
Alla fine. Tutti lo fanno.”
“Beh, suppongo
di sì,” ammetto. “Ma non sarà
per questo. “
Penso al suo trattamento,
di quanto sembrasse semplice sulla
carta. È semplice per un dottore, un dottore distante che
non deve guardare un
grand’uomo con una mente grande distruggersi così.
Aspettare. La vita che
scivola fuori da lui. È semplice perché il suo
corpo si sta chiudendo senza il
nostro aiuto o il nostro intervento. Non si può avvelenare
senza la
chemioterapia. Sta distruggendo la sua mente, l’unica parte
di se stesso a cui
tiene vagamente.
Lo aiuto a entrare nel
taxi, e lui non fa resistenza. La sua
pelle è fredda al tocco, ma non se ne lamenta più
ormai.
Lestrade mi risponde: Bene.
Prenditi cura di lui. Lo vogliamo indietro appena è pronto.
Lo porto a casa e lui mi
batte a scacchi. Tre volte di fila.
Lo fa sentire chiaramente meglio. Non lo stavo lasciando vincere,
davvero, è
solo che non sono bravo a scacchi.
Vi chiedo perdono per il
ritardo assurdo del capitolo, è che con la prima settimana
di scuola ho dovuto riprendere il ritmo di sonno e dei compiti, quindi
è stato un po' un casino... anyway non disperate (e chi
dispera, direte voi), che non mollo... magari i prossimi 2/3
aggiornamenti avverranno ogni settimana e mezza, ma non temete^^
Grazie per le recensioni e
l'affetto, siete una meraviglia!
Baci,
Ary
|
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Capitolo 11 *** Io, al massimo ***
Capitolo
11: Io, al massimo.
È
ancora
addormentato quando mi sveglio. Accendo la coperta elettrica, senza
avere la
minima intenzione di lasciare il letto se diventa freddo.
Passo le dita tra i suoi capelli; sono diventati secchi
e ne vengono via troppi quando lo accarezzo.
Gli bacio la tempia.
Quando
il letto è sufficientemente caldo, mi sbroglio da lui senza
svegliarlo, e vado
in cucina a fare il the. Io, al massimo: faccio il the. Il teschio
sarebbe
stato inutile per questo.
Porto la tazza calda in camera a Sherlock, e i suoi occhi sono aperti.
Si gira e mi guarda entrare, si mette a sedere.
“Ancora
un giorno,” gli dico, e sorrido. “Ti sentirai
meglio molto presto.”
Mi
guarda in modo assente. “Cosa?”
“Domani
verrai ricoverato per la radioterapia, ricordi? Finirà
presto.” Il suo sguardo
vuoto mi fa preoccupare seriamente.
Sospira.
“Io non…” comincia.
C’è la disperazione più totale sul suo
volto. “Non riesco a
capire.”
Gli
passo il suo the e mi raggomitolo nel letto con lui, lascio che si
appoggi a me,
i suoi capelli sotto al mio naso. “Bevi il tuo
the,” mormoro.
Dopo un
po’ si gira e mi guarda. “Di qualcosa.”
“Come
ti
senti?”
“Stanco,”
dice. “Stavi parlando prima, ma non ti ho capito.”
“Oh?”
penso a quanto ci voglia per morire di questo. Penso siano altri due
mesi, e
non riesco nemmeno a immaginare che mesi possano essere.
“Il
mio
cervello è diventato perfino più lento del
tuo,” dice tristemente.
“Non
lo
dirò a nessuno,” dico. “Sarà
il nostro piccolo segreto.”
Mi
sorride con affetto, ma non riesce a scacciare la tristezza dai suoi
occhi.
Beve il suo the.
Hey!
Scusate il giorno di ritardo, avevo una verifica abbastanza importante
per cui
prepararmi! Anyway I'm back!
Questo
capitolo è MOLTO corto, ragion per cui cercherò
di farvi arrivare il prossimo aggiornamento
per venerdì/sabato, ma non vi prometto nulla, dato che ho il
week-end infestato
da verifiche e interrogazioni... se volete prendervela con i miei prof
non vi
fermerò di sicuro! xD
Also,
please note that io non sono ivy, quindi se sperimentate taaaanto
dolore alla
fine di questo capitolo, volete gridare FEELS! a gran voce o, ancora
peggio,
accusarla di essere peggio di Moffat... beh, vi do ragione xD
baci,
Ary
|
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Capitolo 12 *** Più pericoloso che mai ***
Attenzione:
Se nello scorso capitolo stavate gridando a pieni polmoni MY
FEELS! THEY WON'T RECOVER EVER AGAIN! IVY I'LL KILL YOU
ADBFJASDVBJDSFBV OMG I
CAN'T, sappiate che farete altrettanto durante questo capitolo. In
poche
parole, siete spacciati. Come al solito io ve lo dico: ambasciator non
porta
pena, prendetevela con quel magnifico genio (criminale) che ivy
è <3
Buona
lettura!
Capitolo
12: Più pericoloso che mai.
È
la notte più quieta della storia.
Riesco a sentire l’orologio sul muro del salotto, e sono
sdraiato sul letto di
Sherlock. Il mio è rimasto abbandonato per settimane. Non
voglio andare la da
solo. Almeno riesco ancora a sentire l’odore di Sherlock,
qui. La sua assenza è
palpabile, e lo odio.
L’ho
lasciato in ospedale questa sera, con nient’altro che un
libro di
seconda mano, un vecchio paio di ciabatte, un sacchetto di caramelle al
limone,
un tubo di vitamina e, shampoo dell’hotel e il mio vecchio
telefono. È la notte
prima dell’inizio del suo trattamento; lo vogliono in
ospedale questa notte.
Ero contento che questa fase iniziasse, ma una volta che ho visto la
stanza ho
sentito un groppo in gola che non se ne voleva andare. È
così sterile, il
pavimento coperto con la carta da parati, l’unica sedia nella
stanza ricoperta
dalla carta da parati. Una camera preparata per una vittima pericolosa,
per
qualcuno che sta per diventare pericolosamente radioattivo. Non gli
è permesso
di andare a piedi nudi sul pavimento. Tutto quello che entra con lui
non può
uscire. Una Chernobyl in miniatura. Questo è quello che
sarà. Più pericoloso
che mai.
Almeno
la camera ha un termostato. L’ho sollevato a 28 gradi. Il
letto ha
solo le lenzuola, solo quello che è facile da lavare.
Avrà freddo. Non è
abituato a dormire da solo, con solo il calore del suo corpo. Niente
abiti, ma
vestaglie. L’ho vestito, messo i suoi vestiti da parte, e poi
l’ho aiutato a
infilarsi la vestaglia dell’ospedale ancora una volta. Una
allacciata davanti e
una allacciata dietro. Gliene ho messo un’altra sulle spalle
per tenergli
caldo. Gli ho rimboccato le coperte, sistemandogliele in base alla sua
altezza.
Ho spalmato un po’ di vitamina e sulla sua cicatrice, e gli
ho ricordato di
farlo due volte al giorno. Gli ho accarezzato la fronte, ho intrecciato
le mie
dita tra i suoi capelli. I suoi occhi gonfi hanno incrociato i miei. Mi
sono
abbassato e gli ho baciato la fronte. Dovevo andare. Non
perché volevo, o
perché dovevo andare da qualche parte. Solo che lo staff
dell’ospedale si
aspettava che lo facessi. Diventiamo schiavi delle loro aspettazioni.
Indifesi
di fronte a loro.
Ha
appoggiato la mano sulla mia spalla, mi ha guardato il volto, cercando
qualcosa. Mi ha tirato vicino a sé e mi ha baciato. Le sue
labbra, la sua
lingua, la sensazione dei suoi capelli sotto le mie mani. È
così debole, mi
spezza il cuore. Sta dicendo addio.
“Tre
giorni,” dico, cercando di essere il più allegro
possibile. “Tre
giorni e poi questa cosa sarà quasi finita.”
Sherlock
annuisce.
Ho
pianto quando l’ho lasciato lì, non in fronte a
lui, ma nel corridoio,
dietro la porta chiusa. Sembrava così perso, così
confuso, così indifeso in
quel piccolo letto, solo. Quattro notti, tre giorni. Non è
molto lungo. Sembra
un’eternità. Non lo posso vedere, non posso
entrare. Non una volta che ha preso
le pillole. Nessuno può entrare, e lui non può
uscire.
Il
mio cellulare suona. Un messaggio.
Mycroft
mi ha portato un contatore geiger(1) tutto mio! SH
Che
bel pensiero! Cosa leggi?
Due.
Forse è solo la camera. SH
Era
autorizzato a venirti a trovare dopo l’orario di visita? Psh.
Mycroft
vive in un mondo senza regole. SH
Mi
piacerebbe viverci.
Lo
odieresti. SH
È
strano qui, senza di te.
Lo
immagino. È la mia camera da letto. SH
Non
ti chiederò come fai a sapere dove sono.
Ti
conosco. SH
Credo
di sì. Mi manchi.
Mi
hai sorpreso. SH
Davvero?
Non credevo di poterti sorprendere.
Sembra
di sì. Non credevo di essere interessato ad una cosa simile.
SH
Che
cosa? Oh… quello? Quella cosa lì?
Sì,
quella cosa lì. Non mi è mai interessato prima. SH
Beh,
sei compromesso. Se non vorrai continuarlo(2) quando starai
meglio per me va bene.
Davvero?
SH
Beh,
ovvio. Forse me ne(3) sono approfittato.
Non
lo direi. SH
Ma
non stai bene.
Non
sono stupido. Beh, immagino di essere un po’ stupido ora come
ora. SH
È
stata una sorpresa anche per me, davvero.
Immaginavo
lo fosse. SH
Sì.
Credo sia il tipo di cosa che ti obbliga a guardare e a vedere per
davvero.
Osserva
e deduci SH
Tipo.
Se
tu ti intrufolassi e trascorressi la notte con me non credo che nessuno
se ne accorgerebbe SH
Quindi
è ciò che faccio. Mi intrufolo
nell’ospedale, salgo al quinto piano,
dove si trova la camera d’isolamento di Sherlock, controllo
che nessuna
infermiera mi veda e entro.
Sta respirando così lentamente, sdraiato su quel letto
così piccolo che per un
momento penso stia dormendo. Ma non è così. Si
sposta un poco, mi fa spazio.
Prende
il mio viso tra le sue mani e mi bacia.
Sbottona
la mia camicia e me la leva; tira i miei pantaloni finché
non me
li levo e li faccio cadere sul pavimento. Non si ferma
finché non sono nudo
come lui lo è sotto la sua vestaglia. Mi accarezza, mi
esplora, mi bacia la
giugulare, il fianco, l’interno coscia. Ci addormentiamo in
un pasticcio di
gambe e fluidi corporei. Mi sveglio, nel mezzo della notte, con le sue
dita che
disegnano ghirigori sul mio petto, sul mio stomaco. Sento il suo
respiro contro
il mio collo.
“John,”
dice. È pieno di significato. Bacio i suoi occhi chiusi, e
ci riaddormentiamo.
La sua stanchezza è così pesante. e io riesco a
sentirne il peso.
La
mattina dopo disfo e rifaccio il suo letto, lavo Sherlock da testa a
piedi e gli cambio la vestaglia. Sgattaiolo fuori. Nessuno sa che sono
stato
lì. Dopo minuti che sono uscito entrano con la scatola
contenente le sue due
pillole e un bicchiere d’acqua.
Quando
torno a Baker Street c’è un contatore sul tavolo
della cucina, come
quello che Mycroft ha dato a Sherlock. Capisco immediatamente
perché me l’abbia
dato. Qualcuno sa dove sono stato la scorsa notte.
Saaaalve! So che vi avevo detto che il capitolo sarebbe arrivato
venerdì/sabato, ma (me tapina) ho avuto la febbre, quindi
non ho potuto
mantenere la promessa! Mi spiace! Sarò più
puntuale con il prossimo
aggiornamento, prometto! ^^
Come sempre, se vedete degli Orrori segnalatemeli che li
correggerò immediatamente!
:D
Baci,
Ary
(1) In un paio di recensioni mi hanno fatto notare cosa sia il
contatore
geiger: serve per misurare le radiazioni da cui Sherlock
verrà bombardato
durante il trattamento. Ecco un link che può esservi utile
se volete saperne di
più http://it.wikipedia.org/wiki/Contatore_Geiger
(2) e (3) Mi avete fatto notare che anche questo non si capisce molto
bene,
chiedo perdono, avrei dovuto mettervi una noticina: Sherlock e John
stanno
parlando della loro relazione-non-relazione-indefinita. Chiedo scusa! :)
In caso di altri errori/cose poco chiare non abbiate paura a
scrivermelo nelle
recensioni: non mi offendo, anzi, sono contenta! Dopotutto se faccio un
lavorone voglio che sia fatto bene, e se mi fate notare gli errori mi
fa solo
piacere! E poi miglioro la traduzione per le anime future che
leggeranno! :D
P.S. Ci tengo a ringraziarvi per le vostre recensioni: sono sempre
molto
incoraggianti e deliziose, davvero, sono apprezzatissime in tutta la
loro
dolcezza. Grazie!
|
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Capitolo 13 *** La linea di gesso ***
Capitolo 13: La
linea di gesso
C’è
una linea fatta col gesso attorno al letto ora, marca
dove i visitatori possono stare in sicurezza senza essere irradiati da
Sherlock
quando è a letto. Esattamente sull’orlo
c’è una sedia di plastica rossa, su cui
mi siedo. Il mio contatore geiger è sul bracciolo della
sedia, quello di
Sherlock è sul suo grembo. Lo controlliamo a intervalli.
C’è stato un breve
periodo in cui abbiamo dovuto spostare la linea, quasi buttandomi fuori
dalla
camera.
Le infermiere non sono
deliziate dalla cosa, ma con il
supporto di Mycroft e nessun danno dimostrabile per me
(finché Sherlock non si
muove verso la finestra, e finché io non sorpasso la linea),
accettano il
compromesso. Sherlock è il primo paziente nella storia
dell’ospedale ad avere
un visitatore regolare ogni giorno del suo isolamento radioattivo.
Gli ricordo di bere acqua.
Gli ricordo che deve tirare lo
sciacquone tre volte ogni volta che usa il bagno. Gli ricordo quando
deve
cambiare le lenzuola (tre volte al giorno) e cambiarsi la vestaglia (lo
stesso). Gli ricordo quando deve farsi il bagno (tre volte al giorno).
È così
debole e stanco che è fisicamente doloroso guardarlo fare
tutto il lavoro e non
poterlo aiutare. Non dire nulla su quanto sia doloroso vederlo soffrire
e non
poterlo toccare.
Il primo giorno gli ho
letto Il Leone, la Strega e
l’Armadio ad alta voce. Sta sdraiato con gli
occhi chiusi per la maggior parte del tempo, e sono quasi certo che
stia
dormendo finché si interrompe per dire quanto siano ridicoli
certi elementi
della trama.
“E comunque da
dove è arrivata questa strega?” chiede.
“Oh, questo
è in un altro libro, è una storia completamente
diversa.”
“Il leone ha
creato questo mondo, no? È stato lui a creare
la strega, vero? Se sì, perché l’ha
fatto? Ha creato qualcuno più potente di
sé? E,” continua lui, “se sì,
è colpa sua se l’inverno non finisce mai e tutte
le creature sono di pietra. Perché gli abitanti di Narnia
non gli danno la
colpa?”
“Beh, lui non
l’ha creata, lei viene da un altro mondo.”
“Un altro
pianeta?”
“È
difficile da spiegare. Ti leggerò dopo quella storia, se
ti va.”
“Perché
il leone è rimasto in disparte e ha lasciato che la
strega facesse queste cose terribili? Sembra molto
irresponsabile.”
“Devi cambiare
le lenzuola un’altra volta, Sherlock. Levale
e fatti un bagno, ti rifarò io il letto.”
Gli leggo Il
nipote
del Mago la sera, dopo il suo terzo bagno, e lui si
addormenta a metà del
racconto.
Nel pomeriggio del suo
secondo giorno gli leggo Harry Potter e la
Pietra Filosofale. Gli
piace Silente. Dice che io sarei un Grifondoro, ma lui sarebbe
chiaramente un
Serpeverde. “Avrei detto Corvonero,” dico.
“Noioso,”
mi risponde. “Sembra solo che leggano libri e che
vadano bene in esami riguardanti il governo. Sembra Mycroft. Vai
avanti. Cosa
succede dopo?”
A metà del
primo capitolo di Harry Potter e la Camera
dei Segreti, proprio quando l’infermiera
gli porta la cena, la nausea lo colpisce. Si tiene lo stomaco, e i suoi
piedi
si infilano nelle pantofole. Se vomita la radiazione nella camera
potrei essere
costretto a lasciarla. Nessuno potrà aiutarlo a pulirla,
comunque. Corro a
cercare un secchio di plastica, ma quando torno in camera è
in bagno. Riesco a
sentirlo respirare, ma non i conati. Vorrei gettare la prudenza al
vento e
andare ad aiutarlo, ma so che non posso.
“Porta,”
dice, “via,” respira pesantemente, “il
cibo.”
Prendo un respiro
profondo, supero i limiti e sposto il cibo
fuori. Lo metto su un porta vassoi e lo spingo contro la parete.
È abbastanza
innocuo: zuppa, pane e una mela. Non esattamente qualità da
guida Michelin,
ovviamente, ma nulla di terribile. La nausea stava solo aspettando uno
stimolo,
quindi.
Rientro in camera. Lui
è ancora in bagno. “Tutto bene?”
Lo sento respirare. Non
dice nulla. Ovviamente per nulla(1).
Metto le pillole in una ciotolina e sorpasso la linea di gesso,
guardando il
mio contatore geiger. Arrivo al letto quando mi devo fermare. Metto
giù la
ciotolina sul bordo del tavolo vicino al letto e mi riavvicino alla mia
postazione sicura.
“Sherlock,”
dico, “tutto bene? Ti ho portato del
dimenidrinato(2), è sul tavolo in fianco al letto.”
Grugnisce.
Prende il dimenidrinato,
torna a letto e non vomita. Ma la
nausea diminuisce solamente, non va via. Finisco di leggergli Harry Potter e la Camera dei Segreti
quando è addormentato.
(1) John si riferisce al
suo precedente “tutto bene?” con
“ovviamente per nulla”. Nell’originale
è chiaro, è che non sono riuscita a
trovare un modo chiaro per farlo notare senza inserire questa
nota… se avete
idee dite pure!
(2) il dimenidrinato viene
usato in caso di nausea o
vertigini.
Chiedo perdono per
l’aggiornamento tardo ma, ahimè, la mia
settimana è stata strapiena di verifiche e interrogazioni!
Giusto sabato ho
fatto una verifica di scienze in cui, se prenderò quattro,
sarà già tanto!
(dopotutto ho scelto il linguistico per un buon motivo ahahah)
Come al solito se notate
degli errori ditemelo pure, sono
ben contenta di correggerli, non mi fate un dispiacere! ^^
Se poi vi vergognate in
una recensione/non avete
voglia/volete rompermi un po’ così, a random,
potete trovarmi su twitter https://twitter.com/AriSnape
e su
tumblr http://thekingdomofreelove.tumblr.com/
(ho gli ask anonimi aperti, il che significa che potete scrivermi anche
se non
avete un account). Lasciatemi pure i vostri contatti twitter/tumblr,
così mi
metto a seguirvi, è bello avere fan in più da
stalkerare! :D
|
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Capitolo 14 *** Come le cose sono cambiate ***
Capitolo 14: Come
le cose sono cambiate
Un messaggio mi sveglia
alle due di mattina.
È
contro intuitivo(1) che
una piccola parte di popolazione respinga persone in base alla loro
discendenza.
SH
Mi ci vuole un buon minuto
per capire quello che vuole
dirmi. Sta parlando di Harry Potter.
L’odio
raramente è
logico. Credo sia fatto per essere analogo al razzismo.
L’abilità
di parlare
ai serpenti sempre interessante, ma dubito che abbiano qualcosa di
importante
da condividere. SH
Non
riesci a dormire?
Sì.
Troppo silenzio.
La tua assenza continua a svegliarmi. SH
Ti
porterò a casa
domani.
Però
non puoi dormire
con me. SH
All’inizio
sembra un rifiuto, poi capisco quel che vuol
dire. È vero. Lui sarà troppo radioattivo per un
bel periodo di tempo, non
potrò stargli così vicino. Dovrò stare
per un paio di giorni in camera mia.
Sarà un’agonia.
Ti
sei abituato a
condividere il letto abbastanza in fretta.
L’ho
fatto, non è
così?(2) Ci sono altre parti dell’esperienza a cui
vorrei abituarmi. SH
So esattamente quel che
vuol dire. Penso stia provando a
flirtare con me. Sta funzionando. Sembra che tutte le cose
più veritiere che
Sherlock mi debba dire me le dica via messaggio. Una volta ha detto che
preferisce mandare messaggi invece che di parlare (3). Non rispondo,
sono
troppo impegnato a cercare di capire cos’ha in mente. Mi
sento un quindicenne,
un po’ disorientato, curioso e un po’
più disperato di quanto io non voglia
ammettere.
Mi
manchi.
Terribilmente. SH
Oh,
Dio, Sherlock
anche tu mi manchi.
(1) Ho tradotto
così counterintuitive,
affidandomi a quella bestia di google translator: né
Wordreference né il mio
amatissimo Garzanti 2009 hanno saputo darmi una traduzione (mi sento
tradita),
e quindi ho dovuto accontentarmi dell’opzione B che
wordreference mi dava,
ovvero google. Se avete opzioni migliori ditemelo pure, sarò
ben felice di
correggere!
(2) quel “non è così” traduce
le famosissime question tags, tanto
odiate dagli studenti (I did, didn’t
I?).
(3) Qui ivy fa riferimento a quel momento del Pilot/A Study in Pink in
cui Sherlock
chiede a Stamford il telefono per inviare un messaggio, e alla sua
domanda “perché
non usi il telefono fisso?” risponde che preferisce mandare
messaggi.
… non mi
tirerete i pomodori dopo questo capitolo, vero?
Vero? *schiva un paio di ortaggi marci*
Vengo a chiedervi scusa in
ginocchio per il ritardo, ma è
stata una settimana un po’ schifosa… questa che
sta per cominciare, comunque,
sarà fantastica, e il prossimo capitolo arriverà
per mercoledì/giovedì,
considerando la lunghezza di questo e il fatto che ho una gita
giovedì, avrò tempo per grattarmi la pancia e tradurre qualcosina per
voi <3 Spero vi
piaccia nonostante la brevità (si dice brevità,
vero? lol), e a
prestissimissimissimissimo (più un’altra
quindicina di -issim).
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Capitolo 15 *** L'attenzione di cento occhi ***
Capitolo
15: L’attenzione di cento occhi
Mycroft
è entrato nel mio ufficio all’ambulatorio come se
avesse avuto un appuntamento.
(Questa volta ce l’aveva, a quanto pare: il paziente era
stato segnato come
“George Clooney”. Deve aver fatto sgranare gli
occhi alla receptionist finché
non l’ha visto.) Fa cadere la cartella sulla mia scrivania. I
risultati degli
esami. Si siede sulla sedia dei pazienti, di fronte a me, accavalla le
gambe e
sorride quel suo sorriso compassato(1).
Guardo i
documenti e gli getto un’occhiata da sopra la cartella.
È il referto della
radiologa della PET-CT(2), che mostra
l’assorbimento del radioiodio.
È coperto di note scritte a mano, che cancellano possibili
preoccupazioni. La
sua tiroide è luminosa come un albero di Natale nelle
immagini, ma le note
dicono che è normale, da aspettarsi, routine.
“Beh, mi sembrano buone notizie,”
dico. Normali buone notizie. Nessun passo più in la
nell’immediato futuro;
esami del sangue tra tre mesi. Riferirsi al dottor J.H.Watson.
“Proprio
così,” dice. “Buone.”
“Ci
sarà
un seguito, ovviamente, e ad essere onesto non sono sicuro che i
livelli della
sua tiroxina(3) siano a posto. Ha bisogno di un
endocrinologo, non
solo di un medico di base.”
Il
sorriso compassato si allarga. “Non sottovalutarti,
John.” guardo la cartella.
Ovviamente Mycroft ha qualcuno che controlla ogni dose che prescrivo,
ogni
referto, ogni esame del sangue. Scrutino le note scritte dalla
radiologa.
Piccole, appuntite lettere, scritte in inchiostro. Dovrei trovarlo
fastidioso,
ma è rassicurante ad essere sincero. Nessuna firma
eloquente, però. Se Mycroft
può procurarsi il miglior chirurgo in Europa con
così poco tempo non mi
sorprenderei se riuscisse anche a procurarsi il miglior endocrinologo
del Regno
Unito.
“Nessuno potrebbe prendersi meglio cura di mio fratello. Temo
che nessuno ne
abbia la pazienza.” Si avvicina leggermente.
“Certamente nessuno ha guadagnato
appieno la sua fiducia.”
Non
cercherò di leggere troppo tra le righe; ci sono certe
conversazioni e
rivelazioni che non sono ancora pronto a fare. Tutto ciò che
avviene sul suolo
britannico non è una novità per Mycroft Holmes, e
non è che mi vergogni, eh.
Certe cose sono… personali. Private. Esitanti. Non ancora
pronto all’attenzione
di cento occhi, che è quello che Mycroft sembra.
“Grazie
per avermi trovato un sostituto all’ambulatorio,”
dico, e poi aggiungo “avevi
ragione. Aveva bisogno di aiuto.”
Un altro
sorriso tirato, ma credo fosse vero.
“Non l’avrebbe accettato da nessun
altro.” Sospira, poi si alza, guardandomi in
una maniera non scortese. “Ha ancora bisogno di aiuto,
ovviamente. Credo ne
avrà sempre, anche se si rifiuta di riconoscerlo.
Continuerai a tenerlo
d’occhio, sì?”
“Ovviamente,”
dico. Per quanto provi a reprimerlo sento del rossore sul collo.
“Assolutamente.”
“E
mi
farai rapporto sulle sue… attività?”
“Ho
paura che la risposta sia ancora no,” dico, appoggiandomi
allo schienale della
sedia. “Non sono una brava spia.”
Mycroft
sorride e scuote la testa. “No, immagino di no.” Lo
sguardo soddisfatto che
ricevo quando si gira prima di andarsene mi fa capire che era la
risposta che
voleva.
(1)
Compassato significa “controllato con precisione,
controllato, moderato”. Non è
che vi considero ignoranti eh, è che siccome non sapevo
nemmeno io cosa volesse
dire ho pensato che sarebbe stato comodo per voi avere questa nota ^^
(2)
È
una sigla, che significa Positron
emission tomography - computed tomography, ovvero tomografia ad
emissione di
positroni, tomografia computerizzata. Praticamente ci sono due
dispositivi che
scattano foto (per così dire) del corpo del paziente, e poi
le foto vengono
unite, per avere un quadro generale più dettagliato e ampio
(praticamente come
se voi faceste un collage di immagini). Questo è il link di
Wikipedia,
purtroppo non c’è l’articolo in
Italiano, ma solo in Inglese: http://en.wikipedia.org/wiki/PET-CT
(3) Ormone
iodato tiroideo
La prima
parte di questo capitolo è stata un PARTO:
non trovavo da nessuna parte il significato di sigle varie e le
traduzioni, e
c’erano un sacco di parole che avevano qualcosa come otto
miliardi di
traduzioni possibili (esagerataaaaa!), ma alla fine ce l’ho
fatta! YAY. Ho
mantenuto la promessa, posso avere un biscottino? :)
A presto con
il prossimo capitolo (ahi, che dolore,
la storia è quasi finita!)! Bye!
|
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Capitolo 16 *** Guarda qua ***
Capitolo 16:
Guarda qua
Dimmock non ha la stessa
pazienza che Lestrade ha per
Sherlock, nemmeno nei suoi momenti migliori, ma perfino lui
è cauto e quieto
mentre Sherlock esamina il corpo. Anderson sta gironzolando a
pianterreno,
spuntando dalle scale come un cane impaziente; chiaramente gli
è stato detto di
stare alla larga da Sherlock. Perfino Donovan ha evitato di usare la
parola
“freak”(1) , almeno per una
volta. Scotland Yard si sta comportando
davvero bene oggi.
Se Sherlock se ne accorge
non lo fa capire. Sta soltanto
facendo quel che deve fare; mani ricoperte dai guanti sulla giacca
dell’uomo,
controlla le tasche, la parte posteriore delle sue scarpe, la carta tra
i
capelli dell’uomo morto, apre brevemente i suoi occhi, tira
su il retro della sua
giacca per un momento e poi si alza.
“Qualche
idea?” chiede Dimmock.
“Un
paio,” dice Sherlock, il barlume di un sorriso
all’angolo della bocca.
Eccolo qui. Sta per
sbalordirli un’altra volta. Ha ancora
una cicatrice rossa (che sta scomparendo lentamente) sul collo, la
maggior
parte coperta da una sciarpa, ma la sua mente è perfetta e
veloce come
prima. Magari
ancora di più; c’è
qualcosa da dire a proposito di perdere qualcosa di così
prezioso per la tua
vita e per te stesso, per poi riaverlo indietro. Sherlock non ci ha
messo tanto
quanto pensasse a tornare a tutta velocità. Sono passate
solo poche settimane
dalla prima piccola pillola verde. Continuo a tenere d’occhio
un paio di
giunture gonfie, ma la sua voce è tornata normale, e i suoi
livelli di energia
sono tornati al massimo. Non è ancora l’energia
frenetica che aveva, ma ci
arriverà. Non ha più bisogno della coperta
elettrica o del calore corporeo del
suo coinquilino, ma soltanto uno di questi due è confinato
nella seconda camera
da letto(2).
Sherlock mi guarda con
quel suo sguardo che dice sei pronto? Guarda
qua. E comincia a
raccontare la storia dell’uomo morto e della sua morte, nei
minimi dettagli.
Parla così veloce che Dimmock fa fatica a stargli dietro.
Straordinario.
Davvero straordinario.
(1) Come luciamondella
aveva fatto, ho evitato di tradurre
“freak”, perché secondo me è
una parola facilmente intuibile da chiunque e
perché l’italiano non rende la crudeltà
che ha in inglese. La trovo molto
sottile e cattiva, in quanto significa “scherzo della
natura”, “mostro”…
personalmente se mi chiamassero freak prima piangerei per una buona
mezz’ora
poi cambierei i connotati a chiunque l’avesse detto :P
(2) ovviamente
è la coperta quella che fa la forever alone
nella seconda camera da letto! :D
Saaalve gente!
Perdonatemi il ritardino, ma ero a casa con la febbre (per la seconda
volta
-.-“) e mi sentivo così schifezza da non riuscire
nemmeno ad aprire tumblr… che
cosa triste! Ora sono guarita però, ed ecco a voi il
penultimo cortissimo
capitolo.
Ebbene sì, la storia è quasi finita, e mi
dispiace tantissimo, perché me ne sto
occupando da un po’ e mi mancherà davvero tanto! L
Questo è - se possibile - il capitolo più corto
di Helpless, ragion per cui,
come al solito, in settimana arriverà l’ultimo
capitolo, giusto per non tenervi
troppo sulle spine… lo so che siete curiosi come un gattino
di fronte ad una
scatola! ;)
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Capitolo 17 *** Una singola sillaba ***
Capitolo 17: Una
singola sillaba
Il bollitore fischia e io
metto due tazze sul piano da
cucina: una bustina di tè per una. Verso l’acqua;
quasi fino all’orlo per
Sherlock, un centimetro di spazio per me. Zucchero nel suo, latte nel
mio.
Sherlock sta lavorando per
quattro casi contemporaneamente.
Ha documenti e foto attaccati al muro con lo scotch apparentemente
senza un
ordine ben preciso, e sta sfrecciando da un lato all’altra
della stanza,
verificando dettagli da una serie di libri aperti, dal computer in
salotto (il
mio, di nuovo) e un altro sul tavolo della cucina (il suo, ovviamente),
e sta
inviando un messaggio.
Rimane fermo per un
momento e riflette su ciò che c’è
appeso
al muro, quindi gli passo il suo tè. Lo prende e sorride.
“Grazie,”
dice.
“Certo.”
bevo un sorso del mio. “Quale verrà risolto per
primo?”
“Questo,”
dice, indicando la foto di un braccio ferito.
“Semplice.”
Senza toccare il suo
tè, Sherlock si abbassa e mi bacia.
“Sarà una lunga notte,” mi avverte.
“Potrei
non andare a dormire.”
Annuisco. Questa non
è esattamente una sorpresa. Non mi
importa. È bello rivederlo in forze, dopotutto. Ad un certo
punto avrà bisogno
di raccogliere prove, oppure di correre via per catturare qualcuno, e
mi
trascinerà con lui, informandomi sulla via. So come
funziona.
Dato che il mio computer
è occupato, e Sherlock non sembra
avere bisogno di me, mi siedo in poltrona e prendo un libro. In questo
modo sto
fuori dai piedi di Sherlock, ma non sono troppo lontano. Ogni tanto
passa le
dita tra i miei capelli, come se lo aiutasse a pensare.
Il mio telefono squilla.
Un nuovo messaggio. “È per te?”
chiedo. Le vecchie abitudini.
“No,”
dice Sherlock. “È per te.”
Prendo il telefono e
controllo. Non è per Sherlock; è da
Sherlock.
“Perché
mi stai mandando messaggi?”
Sta mordicchiando la coda
della sua penna, fissando il muro
su cui sono attaccate tutte le prove, i suoi occhi che scorrono su di
esse. Non
risponde.
Non
sono più
compromesso. SH
No,
non lo sei, rispondo.
Non lo sei per nulla. Mi sento
sciocco a mandare un messaggio ad una persona che è a meno
di tre metri da me.
Sento il suo telefono squillare nella sua tasca. Le persone normali
comunicano
così tra di loro?
Sono
ancora
interessato a quella cosa, in caso te lo stessi chiedendo. SH
Sorrido.
“L’avevo capito.”
Non
vorrei che la
pensassi diversamente. SH(1)
“Molto gentile
da parte tua,” dico. “L’ho capito quando
non
mi hai cacciato dal tuo letto.”
“Una deduzione
impeccabile.” Appoggia una mano sulla mia
spalla e si abbassa, preme le sue labbra sul mio collo.
“Impeccabile.”
Prendo il telefono e lo
fisso per un momento, mentre
Sherlock digita qualcosa sul mio computer, la penna messa dietro
l’orecchio.
Ti
amo, gli
scrivo, e premo invio. Sento il suo telefono squillare. Il mio stomaco
fa uno
strano salto. Il digitare di Sherlock sul mio computer si ferma. Lo
guardo
mentre fissa il telefono, quel mezzo sorriso disarmante sulle labbra.
Mi
guarda. Nessuno potrebbe capire o credere quanto calore ci possa essere
in uno
sguardo. Elimina la spiegazione e salta dritto al significato.
“John.”
così tanto in una singola sillaba. E capisco. Gli
sorrido di rimando.
“Mi vuoi
aiutare?” chiede.
“Certo,”
rispondo. Mi passa il mio computer. È una pagina
piena di un testo senza senso. “Dobbiamo trovare lo
schema.”
Sospiro. I suoi occhi
luccicano deliziati, e non sono io o
semplicemente il caso; è entrambi. Allo stesso tempo.
È indifeso di fronte a
così tante prove, la risposta fuori dalla sua portata, ma
non troppo. Non può
andare meglio di così.
(1) ovviamente
è Sherlock che non vuole che John la pensi
diversamente
O hai guise!
Chiedo scusa per il
ritardo assurdo, ma ho avuto problemi in
famiglia, la mia mamma non stava bene (anche se ora è tutto
passato per
fortuna!), e non ho avuto un secondo libero per mettere le mani sul
computer!
Eccomi qua, con
l’ultimo capitolo (sigh)… devo ammettere che
sono sia triste che sollevata, perché ho finito il mio
lavoro di traduttrice… è
stata una bella esperienza: pur essendo dei capitoli corti è
stato impegnativo
e ha preso una buona parte del mio tempo, ma posso affermare con
certezza che è
stato del tempo molto ben speso.
Mi mancherà
leggere le vostre recensioni adorabili (le
solite meraviglie), ma credo che non mi fermerò qui con il
lavoro di
traduzione. È una cosa che mi piace fare, e se si
presenterà l’occasione magari
metterò le zampe su un’altra storia (magari tra un
po’, eh?). Da quando ho
preso in mano questa storia sono migliorata molto, e rileggendo i
capitoli
tradotti precedentemente mi sono accorta che ci sono cose che avrei
tradotto
diversamente, quindi nei prossimi due giorni sistemerò un
po’ la storia per i
lettori futuri. È stato davvero un piacere lavorare per voi!
Un bacione,
Arianna
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