Again and again, I see your face in everything.

di Franfiction6277
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


Capitolo 1.

Dannate cotte adolescenziali. Sono qualcosa di assurdamente pesante, si insinuano con prepotenza nella tua mente e nel tuo cuore, lasciandoti un senso di fastidio anche a distanza di anni.
Non mi ero mai innamorata di lui, non avrei potuto.
"Ehi! Stai attenta a dove vai, quattrocchi!" disse qualcuno, dandomi una spallata e facendomi quasi cadere.
Sentii delle risatine divertite, ma non alzai lo sguardo per vedere chi fossero: li conoscevo bene, soprattutto colui che mi aveva insultata.
Strinsi la mascella, superando quella massa di snob senza parlare.
Lui non era certamente il più figo della scuola, ma era apprezzato enormemente per la sua prepotenza e per il suo...come dire, fascino animale.
Non avrei saputo definirlo diversamente, nemmeno a distanza di anni.
"Signorina Wood, grazie per averci degnato della sua presenza" disse sarcasticamente il professor Smith, facendomi arrossire.
Mi sedetti velocemente al mio posto e mi accorsi che per la prima volta il banco accanto al mio era occupato.
In genere frequentava sempre gli stessi corsi di suo fratello, quello strano ragazzo dagli occhi cielo.
Jared Leto era uno di quei ragazzi che io definivo "diversi", ossia che non amavano fare sport e uscire con le ragazze più spilungone del liceo.
Si metteva a disegnare, studiava poco ed era silenzioso.
Gli adolescenti in genere sono un concentrato di energia, pronti a scoppiare in qualsiasi momento, ma lui no: lui era calmo e pacato, ma molto estroverso; con il fratello che aveva, non poteva essere altrimenti.
"Psss, tu!" disse proprio in quel momento, facendomi rinsavire.
"Sì?" chiesi, timorosa.
"Potresti passarmi la risposta alla domanda nº5?" ribatté, quasi con tono imperioso.
"Io non so..." balbettai: e se l'avessi sbagliata? Mi avrebbe uccisa.
"Silenzio!" ci ammonì il professore. Presi un foglietto di carta e vi scrissi la risposta, pregando che fosse giusta.
Jared mi sorrise appena, prendendo il foglietto e leggendo la risposta.
Sospirai, continuando a fare il compito.
Forse Jared avrebbe messo una buona parola su di me con il fratello, se...no, ma cosa stavo pensando? Non sapeva nemmeno il mio nome.
Uscii da scuola velocemente, per evitare di incontrare qualche noioso individuo o peggio ancora...lui.
Davanti al parcheggio, notai Jared che parlava animatamente con una donna, sua madre, a giudicare dalla somiglianza.
Mi fermai quasi senza volerlo, ascoltando la loro conversazione.
"Mamma, ti prego. Ancora? Sono stufo di tutti questi trasferimenti" mugugnò il ragazzo, a braccia incrociate.
"Quattrocchi, sai che non si origliano le conversazioni degli altri?" mi disse qualcuno alle mie spalle, facendomi sobbalzare.
"Shannon" sussurrai di riflesso, e lui fece una smorfia.
"Fila a casa" mi disse, facendo un fischio e un cenno verso la strada.
Obbedii, ma prima mi guardai un attimo indietro: diede una pacca gentile al fratello, che si stava ancora lamentando.
Si sarebbero trasferiti? Erano arrivati qui solo un anno e mezzo prima, ma sapevo che erano stati un po' dappertutto.
Forse sarebbe stato meglio se si fossero trasferiti altrove, così almeno mi sarebbe passata quella stupida e insensata cotta.
Sì, l'oggetto della mia cotta si chiamava...Shannon Leto.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


Capitolo 2.

CIRCA 20 ANNI DOPO.
Erano bloccati in quell'aeroporto da almeno 5 ore. No, forse erano 6.
Non sapevano nemmeno se sarebbero riusciti a tornare a casa, o se sarebbero rimasti intrappolati lì per il resto dei loro giorni.
Una bufera aveva colpito la capitale inglese, e i voli per Los Angeles erano stati tutti cancellati.
Nemmeno il privilegio del nome "30 Seconds to Mars" poteva procurargli un volo: Dio aveva vinto.
Jared era comodamente seduto su una poltrona vicino al corridoio delle partenze, con il suo portatile sulle gambe e il suo inseparabile blackberry accanto; Tomo stava parlando da almeno un'ora e mezza al telefono con sua moglie Vicki; Shannon...beh, Shannon si stava annoiando a morte.
Il maggiore dei Leto non riusciva a stare lì semplicemente seduto a pensare, guardando il nulla: doveva fare sempre qualcosa, muoversi, distrarsi.
Si alzò con aria infastidita dalla poltroncina sulla quale era seduto, andando verso il McDonald's lì di fronte: forse uno spuntino l'avrebbe distratto.
Mentre aspettava un Big Mac con patatine, prese il suo I-Phone e si mise a registrare la sua voce, mentre mimava il suono della sua batteria.
"Pum pum, ca, pum, ca" ripeteva in continuazione, seguendo la melodia che stava venendo fuori dalla sua mente. "Ecco a lei" venne interrotto dalla cameriera, che gli aveva posto davanti un bel menù completo di ogni squisitezza.
Le sorrise ampiamente, e lei arrossì, andandosene via: aveva un bel sedere, constatò Shannon.
Dopo l'abbondante spuntino, tornò a vedere se ci fossero notizie sui voli, speranzoso.
Suo fratello era sempre immerso nel suo mondo tecnologico, mentre il suo migliore amico stava ancora parlando al telefono con sua moglie: nella stessa posizione di prima, praticamente.
Si sedette accanto al fratello, che non reagì minimamente a quella vicinanza.
Shannon alzò gli occhi al cielo, prendendo a ticchettare le dita sul bracciolo della poltroncina su cui era seduto: stava perdendo la pazienza.
"Allora, signorina Wood: ci vuole dire di più sul suo prossimo film? Non si faceva vedere in giro da parecchio tempo" sentì dire da una TV gigante posta proprio di fronte a loro.
Si incuriosì molto, non seppe nemmeno perché: in genere trovava le interviste parecchio noiose, soprattutto quelle degli altri.
Notò in quel momento una donna seduta di fronte all'intervistatore, una donna il cui viso gli era dannatamente familiare.
"Jared, Jared" lo chiamò Shannon, facendo sbuffare il fratello.
"Che c'è, bro?" sospirò il minore dei Leto.
"La conosci?" chiese Shannon, indicando lo schermo della TV.
Jared lo guardò brevemente, tornando immediatamente al suo portatile.
"Sì. È Sarah Wood, una regista" rispose, sorridendo appena.
"Te la sei scopata?" chiese Shannon, notando il sorriso sghembo del fratello.
"No, ma la conosco da tanti anni" rispose Jared, alzando gli occhi al cielo.
Shannon non ebbe modo di approfondire l'argomento, poiché in quel momento chiamarono il loro volo.
I 30 Seconds to Mars si sorrisero, pensando al loro tanto agognato ritorno a casa.
"Parla di una ragazza che abita da tutta una vita nella stessa cittadina e che si prende una cotta per un nuovo arrivato, ma poi si accorge che..." sentì dire Shannon, mentre guardava per un'ultima volta lo schermo: aveva una strana sensazione.


Fran's corner:
Salve a tutti! Non ho fatto una presentazione nel primo capitolo perché volevo che aveste semplicemente un'idea della storia e di come primo e secondo capitolo siano collegati.
La fanfiction sarà piena di flashback della giovinezza di Sarah e dei fratelli Leto, quindi non disperate per l'ellissi temporale!
Alternerò prima e terza persona nei capitoli in base agli eventi del passato e del presente.
Detto questo, grazie a tutti coloro che stanno leggendo, che hanno messo la storia tra le seguite ecc.!
Lo apprezzo molto.
Alla prossima! =)

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


Capitolo 3.

"Stop, stop, stop, stop!" urlai, quasi sgolandomi.
I due giovani attori che si trovavano di fronte a me alzarono gli occhi al cielo, e così anche il resto della troupe.
"Sarah, sono le 23 e abbiamo lavorato tutto il giorno. Potresti essere un po' più clemente con questa povera gente?" chiese supplicante il mio assistente alla regia, che fulminai.
"Poveri di denaro o di talento? Perché nel secondo caso sarei anche d'accordo" risposi ironicamente, aggiustando la lente di una cinepresa.
"Sei sempre la solita" sospirò Caleb, l'assistente.
"Cal, pensi che io non sia stanca? Sto lavorando senza sosta da 3 mesi per questo dannato film" sibilai, prendendolo per un braccio.
Stavo perdendo la pazienza: avevo trovato la troupe più incapace di tutta la mia vita per quello che doveva essere il film della mia VITA.
Potevo o no permettermi di meglio, per una volta?
"Lo so, Sarah. Vedrò cosa posso fare" rispose Caleb, dandomi un buffetto sul braccio. "Grazie" sussurrai, sorridendo appena.
"Ragazzi, potrei parlarvi un attimo?" chiesi ai due giovani attori protagonisti del mio film, che mi guardarono immediatamente impauriti: forse stavo esagerando.
Li condussi in un magazzino di oggetti di scena, facendoli sedere su delle panche.
"Mi rendo conto che non ci sia stato nessun particolare dialogo tra di noi. Sapevate che la storia in cui state recitando è vera?" gli chiesi, inarcando un sopracciglio.
I due giovani attori scossero la testa nello stesso momento, in segno negativo.
"Tu stai interpretando me" dissi alla ragazza.
Lei sgranò gli occhi, aggiustandosi gli occhiali che le erano calati giù per il naso.
Quella scena mi fece ridere: mi assomigliava, in un certo senso.
"Tu stai interpretando...beh, facciamo un futuro batterista" dissi al ragazzo, che dallo sguardo non apprezzò decisamente la mia discrezione riguardo al nome dell'uomo che stava interpretando.
Avrei potuto davvero dire che stava interpretando Shannon Leto? Certo che no.
"Non vi ho portati qui per licenziarvi o chissà cosa. Vi ho scelti personalmente io ai provini, ricordate? Solo, impegnatevi un po' di più, metteteci sentimento, dimostrate che non siete degli attori mediocri" li supplicai, ma con voce abbastanza autoritaria.
Loro annuirono, sorridendo alla fine del mio discorso: forse non ero così spaventosa come sembrava.
"Ora andate a casa, da bravi. Per oggi basta così" dissi, facendo un cenno verso l'uscita. "Grazie" risposero entrambi, e annuii: cos'altro avrei potuto fare?
Non ero una maltrattatrice di attori, io.
Tornai sul set, intimando a tutti di tornare a casa: avremo continuato il giorno seguente. Chiamai il mio autista e mi feci portare a casa, alla mia splendida e accogliente casa. Appena arrivai, mi tuffai letteralmente sul mio divano di pelle nera, abbracciando uno dei cuscini e addormentandomi ancora vestita.

"Jared?" lo chiamò Shannon all'improvviso, alzando gli occhi dallo schermo del suo I-Phone.
Il minore dei Leto sobbalzò, mentre si stava facendo portare uno spuntino da Emma: erano seduti sulle comode poltroncine del loro studio di registrazione a Los Angeles.
"Cosa?" rispose Jared, guardando stupito il fratello che era letteralmente sbiancato. "Perché non me l'hai detto?" ribatté Shannon, alzandosi in piedi dalla sua batteria.
"È Sarah Wood! Quella Sarah Wood! Non ci posso credere, dannazione!" sbraitò, mostrando la biografia della famosa regista che aveva letto su Internet.
Tomo guardò stupito i fratelli Leto, chiedendosi come facessero a conoscere quella regista e a parlarne come se la frequentassero: non l'aveva mai vista in loro compagnia. "Buongiorno, bro! Finalmente te ne sei accorto. Io non l'ho mai persa di vista. Volevo diventare anche io regista di cinema, ricordi?" chiese Jared, accordando con un sorriso la sua Artemis.
Shannon annuì di riflesso, mentre aveva ancora uno sguardo abbastanza imbronciato.
"Non ci posso credere. Ecco perché mi ricordava qualcuno!" esclamò, battendo una mano sull'altra e scuotendo la testa.
"Come fate a conoscerla?" chiese Tomo, incuriosendosi sempre maggiormente di fronte a tutti quei misteri.
"Era una nostra compagna di scuola" ridacchiò Jared, accavallando le gambe.
"Davvero?" chiese Tomo, sgranando gli occhi.
"Sì, seguiva alcuni nostri stessi corsi perché Shannon era riuscito a persuadere i professori a inserirlo nei miei stessi corsi, e di conseguenza anche in quelli di Sarah" raccontò Jared, scuotendo la testa in segno di rassegnazione.
"Vi piaceva?" chiese Tomo, ed entrambi i fratelli Leto si guardarono imbarazzati.
"Non proprio, però aveva una bella mente. A tratti rivoluzionaria, direi. Shannon la prendeva in giro" rispose Jared, indicando il fratello.
"La chiamavo 'Quattrocchi', ma non è mai stata affatto brutta" rifletté Shannon, e i suoi compagni di band risero.
"Qualcosa mi dice che andrai a parlarci" lo scimmiottò Tomo, e Jared sorrise come se concordasse.
"Non ci penso nemmeno" borbottò Shannon.
Jared e Tomo risero ancora, facendo irritare il batterista.
"Allora, cominciamo?" sibilò, prendendo le sue bacchette.
"D'accordo, d'accordo" disse Jared, alzando le mani in segno di resa.
Sarah Wood e Shannon Leto erano destinati a incontrarsi molto prima di quanto pensassero.



Fran's corner:
E certo che sono destinati a incontrarsi presto, siamo già al terzo capitolo!
Grazie ancora a tutti coloro che leggono e recensiscono! Lo apprezzo enormemente!
Alla prossima =)

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


Capitolo 4.

"Pronto? Sono Jared Leto. Sì, confermo l'invito, ma vorrei che venisse anche il resto della mia band, altrimenti sarò costretto a rifiutare. D'accordo, grazie" staccò la chiamata e scoppiò in una risatina nervosa.
"Shannon mi ucciderà" disse tra sé, componendo il numero di telefono del fratello e avvisandolo dell'obbligo di partecipare a quell'importante serata di beneficenza anche da parte sua: obbligo non era il termine adatto, dato che Jared aveva praticamente ricattato gli organizzatori dell'evento.
"Ma no, bro: sabato sera dovevo uscire con Lisa" mugugnò Shannon, e Jared sospirò. "Smettila di lamentarti e fai il tuo dovere di musicista, ogni tanto: sai che non piacciono nemmeno a me queste cose" rispose, staccando la chiamata senza nemmeno salutarlo. Non aveva scelta: doveva incontrarla dopo tanti anni in cui aveva seguito la sua carriera con curiosità, e sapeva che Shannon voleva lo stesso: lui gli aveva semplicemente dato l'occasione di farlo su un piatto d'argento, e poi voleva godersi la scena da vicino.

Avevo sempre odiato le serate di beneficenza, i vari show ed eventi pubblici: li ritenevo la parte negativa dell'essere una regista, come il prezzo della fama, il minimo che potessi fare per la società, dato che ero una delle donne più pagate al mondo.
L'unica cosa che potevo tollerare erano i festival del cinema e le interviste annesse alla promozione dei miei film: mi piaceva parlare di ciò che passava nella mia mente e da dove derivavano le idee malsane che poi riponevo per iscritto nei copioni.
Non seppi cosa indossare, quella sera: una cosa valeva l'altra, per me, anche se tenevo al fatto di essere in ordine e un poco alla moda.
Avevo 34 d'anni, e d'altronde tutti mi dicevano che ne dimostravo almeno 10 in meno: mi piaceva quest'idea, poiché nella mia mente mi sentivo ancora una giovane donna in grado di sfornare copioni e film di qualità.
Optai per un vestito nero semplice, consigliatomi dalla mia assistente Jamie: era lungo e stretto fino alle gambe, con uno spacco laterale e con solamente una spallina.
I miei capelli vennero elaborati in una semplice acconciatura completamente scompigliata insieme ad un trucco pesante, tendente al grigio scuro.
Sembravo una sorta di piccione, ma alla fine ero soddisfatta di come mi avevano conciata.
 "Signorina, l'autista la sta attendendo giù in strada" mi informò la mia assistente Jamie, che mise il suo cellulare in tasca.
"Quante volte devo dirti che mi devi chiamare Sarah, Jamie?" le chiesi retoricamente, con un sorriso: mi sentivo a disagio di fronte a tutta quella formalità.
"Ancora altre 1.000 volte, signorina" disse, rispondendo al sorriso.
Andammo insieme verso la macchina, che mi portò in circa mezz'ora all'evento.
Appena scesi, sentii delle urla dalla folla che aspettava i propri idoli che sfilavano su un red carpet, assediato da migliaia di fotografi.
Feci un respiro profondo e camminai dritta verso l'orda di fan che urlava il mio nome: era sempre qualcosa di emozionante, come una soddisfazione che ti divorava l'anima dall'interno in una piacevole morsa allo stomaco.
"Ehi ragazzi, come va?" chiesi a vari fan, che supplicavano di fargli autografi e foto assieme a me.
Cercai di accontentare tutti, tanto che alla fine un assistente mi prese per un braccio e mi intimò di andare a fare delle foto ufficiali con gli altri partecipanti all'evento...e vidi ciò che non mi sarei aspettava in tutta una vita.

"Non posso credere che tu mi abbia trascinato qui. È tutto così chic, in questo posto! Che schifo" si lamentò per l'ennesima volta Shannon, mentre notava tutte le persone importanti sfilare sul red carpet, atteggiandosi come dive.
Scosse la testa, raggiungendo i fotografi dopo aver fatto qualche autografo di fretta.
Venne distratto dalla canzone che stava passando in quel momento dagli autoparlanti posti accanto a loro: I was made for loving you dei Kiss.
Sorrise tra sé, pensando a quella canzone che conosceva da tutta una vita, che suscitava bei ricordi in lui.
"Oh, ma guarda un po' chi c'è" esclamò Jared, facendo incuriosire Shannon e Tomo, che si girarono simultaneamente nella stessa direzione: no, non era possibile.
"Sarah Wood" sussurrò piano Shannon tra sé, stupito, come se non potesse crederci. Lei aveva probabilmente il suo stesso sguardo, e notò che quasi non riusciva a reggersi in piedi.
Sussurrò qualcosa all'orecchio della sua assistente, che si fece preoccupata.
Jared si avvicinò alla giovane regista, che era letteralmente sbiancata.
"Sarah, come stai? Non ci vedevamo da un sacco di tempo" ridacchiò Jared, e lei si rilassò un poco.
Gli strinse la mano che le stava porgendo e finalmente si aprì in un sorriso, anche se timido.
"Jared, non pensavo ti ricordassi" sussurrò lei, guardando brevemente Shannon.
Il battersta di fronte a quello sguardo pieno di significato e si avvicinò anche lui.
Tomo restò indietro, rispettando quel momento intimo.
"Non mi sarei mai potuto dimenticare delle nostre conversazioni sul cinema" disse Jared, sorridendo con aria angelica.
Shannon lo fulminò: perché doveva sempre fare così? Perché doveva sempre far cadere tutte le donne ai suoi piedi?
Ma Shannon era semplicemente accecato da ciò che successivamente avrebbe riconosciuto come gelosia: in realtà suo fratello era semplicemente felice di incontrare una persona che come lui si era fatta strada dal nulla, che aveva inseguito il suo sogno, che aveva lottato.
"Bro" lo chiamò Jared, spingendolo in avanti: Shannon si ritrovò vicinissimo a Sarah.
Non ricordava che avesse dei profondissimi occhi castani con qualche pagliuzza verde qua e là.
Sarah arrossì violentemente, tirandosi leggermente indietro: era ancora più bello di quando era adolescente.
L'aveva visto varie volte in TV, per via dei concerti, ma vederlo di persona era tutta un'altra storia.
"Ciao" sussurrò Shannon, e lo sguardo di Sarah diventò improvvisamente glaciale. Shannon Leto sapeva cosa provava Sarah Wood in quel momento: odio, risentimento, rancore, tristezza.
Tutte quelle emozioni passarono attraverso i suoi occhi castani e si riversarono sul corpo di Shannon, quando gli strinse la mano: una stretta forzata, fredda ma delicata.
Sarah si allontanò velocemente, guardandosi solamente una volta indietro: a Shannon venne in mente quella volta in cui l'aveva rimproverata di aver origliato una conversazione tra Jared e sua madre, ma in quel presente era cambiato tutto.
"Tutto bene, amico?" gli chiese Tomo, appoggiando una mano sulla spalla del batterista, che guardava Sarah sparire oltre la porta d'ingresso dell'edificio.
"Voglio tornare a casa" rispose semplicemente.
"Non dire idiozie: dobbiamo restare almeno per altre due ore" disse Jared, sorridendo ai fotografi di fronte.
Shannon lo guardò storto, allontanandosi velocemente dal fratello ed entrando nel locale in cui si sarebbe tenuta la serata.
Tomo lo seguì, lasciando il cantante solo a parlare col regista Oliver Stone, presente alla serata.
Trovò Shannon seduto a un tavolino in fondo alla sala, su cui svettavano i nomi di tutti i personaggi invitati alla serata.
"Ma guarda, ci trattano come mucche da macello, con tanto di marchio" borbottò Shannon, mentre Tomo prendeva posto accanto a lui.
Il chitarrista scoppiò a ridere, mentre si guardava intorno per cercare Sarah.
"È laggiù" lo precedette Shannon, indicando un tavolino dietro a Tomo.
"Non perde tempo: è seduta proprio vicino ad Angelina Jolie e a Brad Pitt" continuò, facendo un'espressione disgustata.
"Sei geloso?" chiese sorpreso il croato.
"Ma cosa cazzo dici? Una birra, per favore" disse Shannon a un cameriere che passava di lì.
"Subito, signore" e tornò poco dopo.
"E allora che problema c'è se si siede con loro?" insistette Tomo, mentre Shannon lanciava occhiate infuocate al tavolo di Sarah.
"Perché non era nessuno, da ragazzina: era una quattrocchi sfigata e sola che prendeva i migliori voti di tutto il fottuto liceo" quasi sputò Shannon, con rabbia.
"Meglio ancora: da nessuno è diventata la migliore, o quasi" rispose Tomo, ammirato.
"Ma da che parte stai?" sibilò Shannon, scaraventando la bottiglia di birra sul tavolino.
Sarah in quel momento si girò, attirata da quel frastuono, e notò che Shannon stava andando su tutte le furie: lui la guardò per un breve attimo, rilassandosi subito.
"Scusa, amico" disse a Tomo, che gli sorrise ampiamente. In quel momento Jared li raggiunse, sedendosi accanto al fratello.
"Mi hai già perdonato?" chiese.
"Tu sapevi che lei doveva venire, bro" rispose Shannon, rassegnato.
"Sì, e volevo vederla" ammise Jared, adocchiando Sarah da lontano.
A Shannon diede fastidio quell'ultima affermazione, ma non ci fece caso: aveva smesso di combinare casini a causa delle donne.
La serata procedette lenta, snervante, noiosa: non faceva proprio per i Mars.
In compenso i fratelli Leto passarono la serata a osservare la regista, che sembrava si annoiasse a sua volta.
Ogni tanto si girava anche lei a guardarli, e Shannon voleva disperatamente parlarle, scusarsi per il brutto ricordo che le aveva lasciato.
Voleva dirle che era cambiato, che era maturo, ma perché?
Probabilmente non l'avrebbe mai più rivista e si preoccupava per lei, per ciò che poteva pensare di lui? Non riusciva a capacitarsene.
In realtà lui avrebbe voluto vederla ancora, ancora e ancora: un giorno non avrebbe mai più potuto fare a meno del suo viso.


Fran's corner:
Bene bene bene! Finalmente i due personaggi principali si sono incontrati dopo 20 anni!
E' stato un capitolo abbastanza sofferto, per via del fatto che dovevo alternare le due prospettive!
Nel prossimo capitolo spiegherò meglio ciò che ha provato Sarah, che sono sicura ci interessi di più.
Shannon è cambiato nel corso degli anni, lo vediamo abbassare tutte le difese nel momento in cui rivede quella donna che conobbe da ragazzo.
Beh, non voglio svelarvi di più!
Grazie a tutti coloro che leggono, recensiscono, mettono la storia tra le seguite e i preferiti! Lo apprezzo molto.
Alla prossima =)

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


Capitolo 5.

"Professore, potrei uscire? Non mi sento tanto bene" si lamentò Shannon.
Io e Jared alzammo gli occhi al cielo, sapendo che era tutta una scusa per non fare lezione.
"Certo, però si faccia accompagnare da qualcuno" rispose, adocchiando immediatamente me.
"Vada con lui, signorina Wood" mi ordinò.
"Ma devo prendere gli app..." venni interrotta da qualcuno che diede un calcio al mio banco.
Guardai scioccata Shannon, e decisi che era meglio non fare storie.
Uscimmo in cortile: era Maggio avanzato, e alle 11 del mattino c'era già un gran caldo.
"Ah, aria fresca" esultò Shannon.
"Ma se ci saranno almeno 25 gradi" borbottai, beccandomi una sua occhiataccia.
Tirò fuori dalla tasca posteriore dei suoi jeans un pacchetto di sigarette completamente schiacciato e si mise a fumare.
Mi invitò a favorire, e lo guardai con aria disgustata.
"Ma ti sembro una che fuma?" chiesi scioccata, e lui mise via le sigarette.
"No, in effetti non mi sembri una che si rollerebbe una sigaretta con la carta dei libri" ridacchiò, aspirando una boccata di fumo: osservare il filtro che incontrava le sue labbra provocò strane cose al mio corpo.
"Che hai da guardare?" chiese scortesemente.
Sobbalzai, arrossendo e girandomi a guardare altrove.
"Stronzo maleducato" borbottai.
"Pensi che io sia come mio fratello? Gentile e socievole?" ribatté Shannon, prendendo il mio viso e costringendomi a guardarlo.
"No, non l'ho mai pensato" risposi, con il cuore che batteva a mille per il suo tocco.
"Bene, e cerca di tenerlo a mente" disse, togliendo la mano dal mio mento e facendo una breve pausa.
"Mio fratello ti piace, vero? Avete un sacco di cose in comune" continuò poco dopo, e sgranai gli occhi.
Volevo dirgli che era totalmente fuori strada, che era lui il ragazzo che volevo, ma feci semplicemente spallucce.
"Hai finito?" chiesi, mentre gettava la sigaretta per terra. Mi alzai e lui fece lo stesso.
Feci per andare dentro, ma mi prese per un polso, attirandomi a sé.
Per l'impatto con il suo petto, i miei occhiali scesero sino alla punta del naso, e Shannon me li sistemò gentilmente, ridacchiando.
Posò le sue labbra sulle mie, e credetti che la mia vita sarebbe finita in quel momento: non sentivo più il mio cuore battere, niente di niente, solo la sua lingua calda che tracciava il contorno delle mie labbra.
"Hai un buon sapore, quattrocchi" disse, sorridendomi.


Non seppi in che condizioni mi presentai sul set del mio film il giorno seguente alla serata di beneficenza ma, a giudicare dalle facce dei membri della mia troupe, non dovevo avere un bell'aspetto.
"S-Sarah, va tutto bene?" mi chiese Jamie.
"Finalmente mi hai dato del tu" le risposi, sorridendo flebilmente e sviando così la sua domanda.
"Ha a che fare con ieri?" insistette, seguendomi mentre facevo avanti e indietro attraverso il set per vedere se ci fosse qualcosa fuori posto.
"Penso di sì" risposi secca, sedendomi sulla sedia con scritto su il mio nome e sospirando.
"Hai dormito?" chiese Jamie, preoccupata.
"Tu cosa pensi?" ribattei, pungente: quando ero stanca e assonnata diventavo praticamente intrattabile.
"Penso di no" rispose Jamie, in difficoltà.
"Risposta corretta, din din din" dissi, imitando malamente il verso di una campanella.
In quel momento il telefono di Jamie squillò, e lei rispose subito.
"Sì? No, non è possibile: il set non è accessibile al pubblico. Come 'non avete potuto rifiutare'? No, non se ne parla nemmeno" sbraitò la mia assistente, diventando rossa dalla rabbia.
Mi incuriosii: chi mai poteva voler visitare il set di un film come il mio?
Non c'erano effetti speciali o grandissime scene d'azione.
Mimai un "fallo entrare" a Jamie, in modo che chi fosse al telefono non sapesse che era stata una mia idea.
Jamie obbedii immediatamente.
"D'accordo, può entrare" sospirò, chiudendo la chiamata.
"Chi è che vuole visitare il set?" le chiesi.
Lei deglutì rumorosamente, impallidendo e mordendosi il labbro inferiore.
"Non mi hanno detto precisamente il nome, ma è qualcuno di famoso" rispose, controllando nervosamente l'orologio.
"Dovrebbe essere qui a momenti. Mi hanno detto di farla sembrare una sorpresa, quindi devi fingere di non sapere che avrai una visita" continuò, guardandosi attorno.
Inarcai le sopracciglia, facendo una risatina.
"Oh d'accordo" risposi, alzando gli occhi al cielo.

Shannon camminò nervosamente sulla strada che l'avrebbe portato al set: non se l'era sentita di prendere la sua macchina e farsi quei due chilometri in cinque minuti: aveva bisogno di riflettere, di prepararsi psicologicamente.
Sapeva che lei non avrebbe apprezzato la sua visita e che molto probabilmente l'avrebbe cacciato non appena l'avrebbe visto: sperò che fosse clemente con lui, che il carattere buono che possedeva da ragazza non si fosse perso da qualche parte nei meandri dei set cinematografici.
"Benvenuto, signor Leto" disse cortesemente la ragazza che Shannon riconobbe come l'assistente di Sarah, ma il suo sguardo sembrava preoccupato.
"Grazie" le rispose, mentre si guardava attorno nel set: c'erano dei banchi di scuola, una lavagna e un sacco di comparse che parlavano tra di loro.
Tutto questo aveva un'aria dannatamente familiare, e un campanello d'allarme suonò nella sua testa: la scuola superiore.
"Cal, il nastro color seppia sta terminando! Oggi dobbiamo finire di girare la scena del flashback" urlò Sarah a qualcuno lontano da lei.
Shannon sobbalzò, sentendo il suo tono di voce: non prometteva niente di buono.
Sistemò nervosamente l'infinità di braccialetti che aveva ai polsi e camminò spedito verso la regista.
"Ciao" le disse, e lei si irrigidì, senza voltarsi: l'aveva riconosciuto.

Mi voltai quasi involontariamente verso la fonte di quella voce, e maledetti il giorno in cui il destino mi aveva portata da lui, venti anni prima: Shannon Leto, il mio incubo.
Il suo tono di voce era timoroso, ma caldo: era quasi irresistibile, come il flauto del pifferaio magico.
"Cosa fai qui?" chiesi, più stupita che irritata.
"Volevo visitare il set del tuo nuovo film" rispose Shannon, facendo spallucce.
"Nessuno visita i set dei miei film" risposi secca, testando la luce adatta a creare l'atmosfera della scena che di lì a breve avremo girato.
Shannon abbassò lo sguardo, imprecando silenziosamente: lo stavo mettendo in difficoltà. "Io volevo solo...solo...vederti, ecco. Dopo l'incontro di ieri sera, mi sembrava giusto scusarmi, ecco" balbettò, e quasi mi cadde una lente dalle mani per la sorpresa. "Possiamo andare in un posto più appartato, per favore?" chiese nervosamente, dato che tutti ci stavano osservando curiosi.
"Sto per girare, Shannon" risposi fredda, sistemando la lente nella cinepresa: volevo solo che fosse in difficoltà quanto me, in quel momento.
"Dannazione, Sarah. Non fare la bambina" imprecò, prendendomi per un braccio.
La sua stretta era decisa, forte ma non invadente.
Mi girai a guardarlo, stupita: faceva sul serio?
"Voglio che mi ascolti bene, perché non te lo ripeterò ancora: vattene, esci dalla mia vita" sibilai, mentendo a me stessa: non sarebbe mai uscito dalla mia vita finché sarebbe restato nella mia mente, nel mio cuore e in ogni parte del mio essere.
Il suo sguardo si fece buio, la sua mascella rigida: non tollerava un rifiuto, non era quel genere di uomo.
"No, finché non mi darai una possibilità di parlarti. DA SOLI" precisò, guardando in cagnesco tutti coloro che ci osservavano.
Mi arresi, alzandomi dalla mia sedia e facendogli cenno di seguirmi.
Lui si illuminò per un attimo, camminando impazientemente al mio fianco.
Vidi Jamie raggiungerci, ma le feci cenno di restare lì: non avevo bisogno di nessuno. Arrivammo al mio camerino, e Shannon sembrò rilassarsi.
"Prego, accomodati" gli dissi, indicando un divanetto.
"No, sto bene in piedi" rispose, dondolandosi sul posto.
"Cosa vuoi da me, Shannon? Io sono una regista, tu un musicista: non c'è nessun motivo professionale che ci leghi" dissi, e lui assottigliò lo sguardo: sapeva che avevo ragione. "Infatti, ma c'è un motivo affettivo" precisò, facendomi sobbalzare: di cosa diavolo stava parlando? Si avvicinò pericolosamente, e finii per sbattere contro il muro tra il divanetto e la porta, nel tentativo di mettere distanza tra noi.
"Hai davvero un brutto aspetto" rifletté, guardando le mie occhiaie profonde.
"Anche tu" risposi, e lui scoppiò in una risatina roca; rabbrividii.
"Perché sei qui?" insistetti, mentre i miei occhi si facevano lucidi: stupidi sentimenti. Mi accarezzò una guancia, sorridendo.
"Te l'ho già detto: per scusarmi. Sono cambiato, sai? Non sono più quello stronzo che conoscevi da ragazzina" mi informò, mentre la sua mano scorreva a tracciare il profilo del mio viso.
Lo presi per il polso, interrompendo quel momento di inaspettata dolcezza e togliendo così la sua mano dal mio viso: non oppose resistenza.
"Non mi importa più di come sei, Shannon. Ho smesso di condannare me stessa per il fatto che non mi volessi" gli dissi, con le lacrime agli occhi.
Lo oltrepassai mentre mi guardava a bocca aperta, con le lacrime che scorrevano lungo mio viso: dov'era finiva la mia impenetrabilità?
Sentii una stretta al polso, e mi ritrovai schiacciata contro il petto di Shannon: il suo sguardo era così diverso da quelli che conoscevo, così carico di...desiderio.
Posò le labbra sulle mie, facendomi sgranare gli occhi per la sorpresa: no, non poteva essere.
Mi diede un solo bacio, staccandosi subito.
"Hai un buon sapore, quattrocchi" disse, sorridendo.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***


Capitolo 6.

"L'hai b-baciata?" ripeté per l'ennesima volta Tomo, e Shannon sbuffò.
"Non so neanche cosa mi sia preso" borbottò il batterista, girando le sue drumsticks tra le mani: non aveva detto nulla a Jared, che in quel momento era uscito un attimo per andare a fare una telefonata.
"Ma lei come ha reagito?" chiese incuriosito Tomo.
"Non lo so, si è spaventata" rispose Shannon, ripercorrendo con la mente gli eventi del giorno precedente: gli era sembrata consenziente, non gli aveva dato un ceffone come si sarebbe meritato.
Forse si stava solamente illudendo, ma per cosa? Era un bacio, niente di più.
"Tu sei pentito" disse Tomo all'improvviso, sorpreso.
"Di cosa?" ribatté Shannon, punto sul vivo.
"Di quello che le hai fatto quando eravate adolescenti" rispose il chitarrista, toccandosi la folta barba.
"A lei piaceva mio fratello perché avevano un sacco di interessi in comune, non di certo io" sussurrò Shannon, storcendo la bocca: sapeva che stava mentendo.
"Questo lo credi tu: ha reagito peggio alla tua vista o a quella di Jared?" chiese retoricamente Tomo.
Shannon doveva ammetterlo: il suo migliore amico aveva dannatamente ragione.
"Non ha più importanza: io mi sono scusato, sono in pace con me stesso" mentì: non si sarebbe sentito in pace finché i suoi occhi non si sarebbero posati nuovamente su quelli di Sarah.
Scosse la testa per scacciare quei pensieri, e in quel momento entrò Jared.
"Cosa sono quei musi lunghi?" chiese il cantante, guardando i suoi compagni.
"Ma che cazzo dici?" ridacchiò Shannon, tornato nuovamente in sé: chissà quanto sarebbe durato, stavolta.

"Sai che ti dico, Jerry? Non voglio più girare questo film" dissi infuriata al mio produttore, che impallidì.
"Ma cosa dici, Sarah? Tutti lo stanno aspettando, è il lavoro della tua vita" rispose, prendendomi per un braccio.
"Azione!" urlai, facendo sobbalzare il produttore.
"Non fare simili sciocchezze: potresti pentirtene" sussurrò Jerry.
"È una minaccia, questa?" chiesi, fingendomi allarmata.
"Non andare controcorrente, Sarah: nessuno ne è mai uscito vivo. Tu sei solo un salmone in mezzo a migliaia di piranha: ti sbraneranno" mi avvertì il produttore, alzandosi dalla sedia accanto alla mia e andandosene senza nemmeno salutare.
"Tanto mi sto già sbranando da sola con questo film" gli urlai dietro: non si voltò.
Tutti si fermarono non appena sentirono le mie urla, e il ragazzo che interpretava Shannon adolescente mi venne accanto, chiedendomi se stessi bene.

"Tutto bene, tesoro?" chiese premurosa mia madre, vedendo che al rientro dalla scuola ero corsa in camera mia senza nemmeno salutare.
"Mi ha baciata" risposi febbrilmente, e lei sgranò gli occhi.
"Shannon?" chiese, ma sapeva già che mi riferivo a lui.
"Loro partono la settimana prossima. Cosa faccio, mamma? Dimmelo" la supplicai, scoppiando a piangere.
Lei mi abbracciò, cullandomi. "Ssssh, amore" sussurrò, accarezzandomi i capelli.
Le sue braccia non erano quelle che desideravo in quel momento, ma la strinsi ugualmente forte.
"Vedrai che andrà tutto bene: il tempo riuscirà a fartelo dimenticare" sussurrò, dubbiosa: lei sapeva già che c'ero dentro fino al collo, che non c'era una via di ritorno.
Decisi di non tornare a scuola, finché loro non sarebbero partiti: non avrei sopportato un addio simile.
Il giorno della partenza arrivò in un baleno, forse perché avevo passato tutto il tempo in mia, a piangere e a pensare.
Non potevo stare chiusa in casa, non potevo non salutarli.
Presi una giacca e uscii dalla terrazza di camera mia, scendendo direttamente da una grondaia: se mia madre mi avesse chiesto dove stessi andando, non sarei stata capace di mentirle.
Corsi verso casa Leto con tutta la forza che potevo avere in corpo, pregando Dio che non fossero già partiti: dovevo salutarli, dovevo rivederlo per l'ultima volta.
Notai una macchina parcheggiata sul vialetto di casa loro, piena di scatole: ero ancora in tempo.
In quel momento Jared uscì di casa con uno scatolone tra le braccia: aveva uno sguardo triste, si guardava attorno come se volesse imprimersi ogni minimo dettaglio di quel posto nella mente.
"Jared" urlai, e lui si girò a guardarmi sorpreso.
"Sarah, cosa fai qui?" chiese, posando lo scatolone a terra e correndo verso di me. "Volevo salutarvi" risposi col fiatone.
"Grazie" disse, sorridendomi calorosamente: era la prima volta che lo faceva.
"Jared..." gli presi le mani tra le mie, e lui mi guardò perplesso.
"...segui i tuoi sogni, fai ciò che hai sempre desiderato, canta per la gente: la tua voce salverà tante persone e le cullerà in qualsiasi momento di sconforto. Promettilo" gli dissi, con uno sguardo deciso.
"Lo...lo prometto" balbettò, disorientato: non capiva da dove provenisse tutto questo fervore da parte mia, e francamente nemmeno io.
Ci sorridemmo, e in quel momento uscì di casa anche Shannon: ci guardò stranamente per via del fatto che le nostre mani erano ancora intrecciate, così le staccammo subito.
"Vado a prendere gli altri scatoloni" disse Jared, sparendo frettolosamente oltre la porta d'ingresso.
"Qual buon vento, quattrocchi" disse Shannon, guardandomi freddo.
"Sono solo venuta a dirvi addio" ribattei, con un nodo in gola: no, non dovevo piangere.
"A Jared, forse" mi corresse, prendendo una birra dal cruscotto dell'auto lì accanto e cominciando a bere.
"Anche a te" sussurrai, sperando che non mi avesse sentita, ma non fu così.
Si girò a guardarmi, sorpreso, poi si avvicinò pericolosamente a me.
"Perché?" chiese, affilando lo sguardo.
"Non lo so" risposi, in difficoltà: era così bello.
"Tu menti" sibilò, prendendomi per il mento e portando il mio viso vicino a lui: il suo alito sapeva di birra, sigaretta...e menta.
"Addio, Shannon" gli dissi semplicemente, sviando la risposta, e stampandogli un bacio sulle labbra.
Non seppi da dove venisse tutto quel coraggio, ma il fatto che forse non l'avrei mai più rivisto mi diede la forza necessaria a compiere quel gesto.
Lui chiuse gli occhi per un attimo, ricambiando il bacio, poi si staccò.
Vide che stavo piangendo, e per un momento la sua mano si allungò verso il mio viso come se volesse asciugarmi le lacrime, ma invece la ritirò.
"Addio, Sarah" sussurrò, chiamandomi per la prima volta per nome.
Mi allontanai e presi a correre, voltandomi solo una volta indietro: stava ancora lì, immobile, a guardarmi.


"Sto bene" risposi, guardandolo brevemente: l'avevo scelto personalmente per interpretare Shannon perché qualcosa nei suoi occhi me lo ricordava.
Lo odiai come odiavo Shannon, come credevo di odiarlo.
"Pensa a tutto tu, per oggi: vado a casa" dissi a Caleb, che annuì senza discutere.
Presi le mie cose e uscii dal set, mentre sentivo che delle lacrime stavano rigando i miei occhi: non ricordavo nemmeno l'ultima volta in cui avevo pianto, fino a quando Shannon non era tornato.
Presi la mia macchina, ingranai la marcia e misi in moto a tutta velocità: avevo un posto in cui andare, finalmente.
Appena arrivata, percorsi un vialetto e suonai il campanello: vennero ad aprirmi quasi subito.
"Sarah?"

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Capitolo 7
*** Capitolo 7. ***


Capitolo 7.

"Sarah?" chiese Shannon, scioccato dalla mia visita.
Lo presi per la canottiera che indossava, avvicinando il mio viso al suo.
Lo guardai intensamente, prima di premere le mie labbra sulle mie.
Gemette per la sorpresa, irrigidendosi appena.
Dopo una frazione di secondo infilò una mano tra i miei capelli e premette per avvicinarmi ancora di più a sé: mi baciava con passione, con desiderio represso.
Gli accarezzai le braccia, e rabbrividì al mio tocco.
La sua barbetta incolta mi faceva il solletico, ma era tutt'altro che spiacevole.
Ci staccammo dopo un tempo indefinito, con le labbra gonfie e arrossate come quelle di due adolescenti al loro primo bacio.
Il suo sguardo era febbrile, quasi estasiato dal fatto che fossi stata io a desiderarlo per prima.
"Ciao" dissi con il fiato corto, per sdrammatizzare.
Shannon scoppiò a ridere, quasi piegandosi in due e scuotendo la testa di continuo: non riusciva a credere a ciò che era appena accaduto.
"Anche tu hai un buon sapore, comunque" lo informai, appena si ricompose.
Mi guardò sorpreso, e poi si aprì in un sorriso ampio, sincero: non era mai stato più bello di allora.
Il mio sguardo si fece improvvisamente serio e il mio entusiasmo nell'incontrarlo scemò, così velocemente com'era giunto.
Mi tirai indietro lentamente, camminando verso la mia macchina, come spinta da una forza sconosciuta.
Shannon non tardò a raggiungermi, posando le mani sulle mie spalle.
"Non andartene" mi supplicò, con sguardo deciso: voleva davvero che restassi. "Io...devo..." balbettai, cercando di trovare una via di fuga. "
Voglio conoscerti, permettimi di farlo" mi pregò, scuotendomi appena.
Scossi la testa di riflesso, mentre sentivo gli occhi pungere pericolosamente.
"Non aver paura di me, non sono più un ragazzino" disse, cercando di convincermi: l'accettazione della sua proposta era tanto allettante quanto il rifiuto.
"Shannon" sussurrai, senza dire altro: ora potevo pronunciare il suo nome ad alta voce e faceva più male poiché era tutto reale, non era più nella mia mente, in uno spazio rinchiuso e inaccessibile persino a me stessa.
"Voglio scusarmi con te, voglio che tu abbia fiducia in me" disse ancora, con fervore: perché ci teneva così tanto al mio perdono?
Mi morsi il labbro inferiore, nel tentativo di bloccarne il tremore.
"Non posso, non posso" sussurrai in continuazione.
Mi sfilai dalla sua presa, correndo verso la mia macchina: perché ero andata fin lì?
Perché ero così stupida? Non ero più un'adolescente alla prima cotta, credevo di aver superato quella stupida fase della mia vita.
Cosa c'era di sbagliato in me? Stavo perdendo il controllo sulla mia vita.

Shannon guardò a lungo il vialetto da cui Sarah era arrivata e poi fuggita, come se sperasse di poterla vederla riapparire, dicendogli che era stato tutto uno scherzo.
"Bro, cosa fai lì fuori?" gli chiese Jared, e Shannon scosse la testa.
"Niente, sono andato a prendere una cosa dalla macchina" mentì, tornando dentro.
Quando aveva intenzione di dirgli che lui e una certa regista che suo fratello ammirava tanto stavano tentando di bruciare calorie?
Beh, si stavano baciando: non era forse la stessa cosa?
"Sei proprio strano, ultimamente" rifletté Jared, bevendo un succo d'ananas.
"Risparmiami le tue analisi mentali, bro" rispose Shannon, sospirando.
"Ha a che fare con Sarah, per caso?" ribatté Jared, sorridendo maliziosamente.
"Cosa cazzo dici?" sbraitò Shannon, così velocemente che Jared intuì di aver ragione. "Bingo" esultò il cantante, alzando la sua lattina di succo al cielo.
Shannon alzò gli occhi al cielo, e fece per salire al piano di sopra.
"Non giocare con lei, bro: l'hai già fatto 20 anni fa, e lei ne sta ancora subendo le conseguenze" disse Jared, improvvisamente serio.
Shannon incurvò le spalle sotto il peso di quell'accusa, e salì al piano di sopra con un groppo in gola: aveva sbagliato tutto, sempre.

Non pensavo che avrei ricordato sempre Shannon da ragazzino, anche a distanza di 20 anni: il sapore delle sue labbra era lo stesso, ma lui era davvero un'altra persona.
Il punto era: lo stavo solamente immaginando o aveva veramente ragione a dire di non essere più uno stupido adolescente?
Era difficile lasciarsi alle spalle un macigno così grosso, portato per così tanti anni dietro: era come un'ombra, un tratto evidente del mio carattere.
Non mi ero mai innamorata di nessuno, dopo la partenza di Shannon: c'era sempre qualcosa che mi fermava, quando mi accorgevo del legame che si creava con gli uomini. Avevo sviluppato una corazza ben solida, costruita sulla base di un pessimismo antropologico, indistruttibile.
Sentivo però che questa corazza stava cominciando a presentare delle crepe, delle imperfezioni: le lacrime che avevo versato in quegli ultimi giorni ne erano una prova lampante.
Da quando avevo rivisto Shannon alla serata di beneficenza, avevo sentito chiaramente quella corazza spezzarsi sotto i "colpi" dei suoi sguardi.
Stava facendo un bel lavoro, senza dubbio: semplicemente, io dovevo oppormi.
Non ne avevo la forza, comunque: la forza era infatti talmente poca, che la sera stessa del bacio ripresi la mia macchina e andai a casa sua.
Sperai solamente che non si fosse rimangiato la questione della fiducia, che volesse davvero farmi credere di essere cambiato.
Prima di bussare alla sua porta, camminai avanti e indietro per il vialetto almeno cinque volte.
Alla fine mi decisi, ripetendo a me stessa di non essere una codarda.
Che paradosso: mi sembrava di stare in un film, ma stavolta non ero io la regista.
Sentii un tonfo, e poco dopo qualcuno aprii la porta.
Sospirai di sollievo: era di nuovo Shannon.
"D'accordo" dissi, decisa: stavo facendo la scelta della mia vita.
"Ti permetterò di far parte della mia vita, un'altra volta" continuai, con un sorriso dubbioso: stavo mettendo in gioco tutto.
Shannon si aprì in un sorriso soddisfatto, e al buio i suoi occhi castani brillavano come non mai.
"Grazie" rispose, con la sua solita voce profonda.
"Ora...mi fai entrare o vuoi farmi morire di freddo?" chiesi, per alleggerire l'atmosfera. Shannon scoppiò a ridere, lasciandomi passare e chiudendo il portone dietro di sé: la casa era silenziosa, eccetto per la musica in sottofondo.
"Midnight City, niente male" dissi, riconoscendo la canzone.
"Ti piace?" chiese Shannon, sorridendo.
"Non è il mio genere preferito di musica, ma lo trovo rilassante" risposi, togliendomi la giacca che indossavo: dentro faceva caldo, o forse ero solo io a essere accaldata. Shannon tossì appena, invitandomi a sedermi sul divano posto di fronte al soggiorno: era nero, di pelle, molto simile al mio.
"Jared?" chiesi: sapevo che abitavano insieme, anche se Shannon aveva un'altra casa.
"È andato a una serata di moda" rispose il batterista, prendendo due birre dal frigo: saggia mossa.
"Peccato, avrei tanto voluto parlarci" sospirai teatralmente.
La reazione di Shannon mi stupì: strinse la mascella come quando mi aveva visto con le mani intrecciate a quelle di Jared, il giorno della loro partenza.
"Scherzavo" risi, prendendo la birra che mi offriva.
Finimmo sdraiati sul tappeto del salotto, ubriachi fradici.
"Non bevevo così tanto da quando incontrai uno sceneggiatore di film romantici, che mi parlò per tutta la sera di film strappalacrime" risi, e Shannon si unì a me.
"Odio i film romantici, ma non mi capacito del fatto che lo faccia anche una donna" rispose il batterista, ridacchiando: aveva sviluppato un'alta tolleranza dell'alcol nel corso degli anni; così mi aveva detto.
"Le delusioni d'amore portano a odiare l'amore, in tutte le sue forme" sospirai, senza pensarci.
Io e Shannon ci girammo allo stesso tempo per guardarci: nei miei occhi lesse la delusione, e io lessi il rimorso nei suoi.
Nessuno di noi due riuscì a sostenere lo sguardo dell'altro, così tornammo a guardare il soffitto.
"Ubriacarsi è sempre un buon inizio di amicizia" dissi, soddisfatta di me stessa: amicizia, vero?
Shannon non rispose, ma chiuse gli occhi: sembrava stesse reprimendo qualcosa.
"No, aprili: sono così belli" gli dissi, avvicinando il mio viso al suo.
Lui li aprì subito, guardandomi leggermente sorpreso per la mia vicinanza: i suoi occhi brillavano per l'effetto dell'alcol...e per qualcosa che non riuscivo a decifrare.
Lo baciai, non potendo fare nulla per impedirlo, per controllarmi.
"Mmm" gemette soddisfatto, dischiudendo la bocca e facendo scontrare le nostre lingue. Rabbrividii, accarezzando i suoi capelli.
Una mia lacrima raggiunse il suo viso, e la leccai via.
Mi tirò leggermente i capelli, esponendo il mio collo: cominciò a baciarlo, facendomi ansimare.
"Shannon, non dovremmo..." gemetti, e lui prese a succhiare la pelle del mio collo. "Oddio" ansimai, sgranando gli occhi: era così bravo.
Si fermò improvvisamente, facendomi tornare giù sulla Terra.
Mi sorrise, felice di aver provocato in me quelle sensazioni, poi mi diede un bacio casto sulla bocca.
"Siamo amici, ora. No?" chiese, ironico.
Dannato manipolatore.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8. ***


Capitolo 8.

Un tonfo. Un dolore atroce alle tempie.
Mugugnai, portando automaticamente le mani ai lati della testa per dare sollievo alle martellate continue che sembrava stessero dando al mio cervello.
Sentivo oltretutto un gran caldo, e un peso non trascurabile sul mio fianco destro.
Mi girai, aprendo gli occhi per vedere chi stesse premendo su di me.
Sgranai gli occhi, vedendo il volto di un uomo rilassato, il respiro pesante, le labbra socchiuse e dannatamente invitanti: Shannon.
Il suo viso era appoggiato sulla mia spalla, il braccio destro avvolgeva pigramente il mio stomaco e la gamba appoggiava sulle mie.
Sentii un altro rumore, e cercai di sbirciare al di sopra del divano, senza successo.
Mi staccai lentamente da Shannon, cercando di non svegliarlo: era così bello nel sonno.
Prima di alzarmi, posai un bacio casto sulle sue labbra, e lui mugugnò qualcosa, ma senza svegliarsi.
Mi misi in piedi, e barcollai fino al piano bar del salotto di casa Leto.
Poco prima di arrivarci, inciampai, finendo dritta tra le braccia di qualcuno.
Alzai lo sguardo, i miei occhi ancora annebbiati dalla sbronza: Jared mi sorrideva sincero, e soprattutto molto divertito.
Arrossii, e lui mi aiutò a sedermi su uno sgabello lì di fronte.
Prese un bicchiere di succo d'arancia e mi porse due pastiglie, che ingoiai senza nemmeno chiedermi a cosa servissero: per farmi passare il mal di testa, immaginai.
"Voi Leto siete degli esperti in rimedi post-sbronza" ridacchiai, e Jared mi seguì: sembrava un po' nervoso, però.
"Diciamo che nel corso degli anni abbiamo preso domestichezza con questo genere di cose" rispose, scuotendo la testa e aggrottando le sopracciglia, come se si fosse ricordato improvvisamente di un episodio.
"Allora, qual buon vento?" chiese Jared, evidentemente curioso di saperne di più.
Arrossii. Cosa potevo dirgli? "Volevo solo vedere tuo fratello e fare un po' di acrobazie con lui".
No, non credo che sarebbe stata una buona idea.
"Avevo dei conti in sospeso con Shannon" riflettei, guardando brevemente l'interessato: dormiva come un sasso, disteso ancora sul tappeto del salotto.
"Conti in sospeso di lunga data" aggiunse Jared, una traccia di ironia nella sua voce vellutata.
"Non avrei mai immaginato che vi avrei rivisti di nuovo" sussurrai, guardando negli occhi il minore dei Leto: aveva sempre gli stessi occhi limpidi, glaciali e pieni di sogni che ricordavo.
"Io sì, anche perché mi sono permesso di seguire tutta la tua carriera, dall'inizio" puntualizzò, fiero di se stesso.
"Anche io l'ho fatto, per qualche tempo" risposi, ricordando gli esordi del loro primo album. "Sono cambiate molte cose da allora" disse Jared, suonando quasi dispiaciuto: come poteva esserlo?
"Dovresti essere soddisfatto della tua carriera: hai fatto talmente tante cose assieme che altri esseri umani non oserebbero nemmeno pensare di fare. Hai assaporato tutte le arti" dissi, con un pizzico d'invidia nella mia voce: chi non sarebbe invidioso di Jared Leto?
Lui sorrise imbarazzato, abbassando leggermente lo sguardo e prendendo un sorso d'acqua.
"Ci ho provato" sospirò, aprendosi poi in un sorriso più spontaneo.
"Devo andare a casa: ho un film da girare" dissi, con finto entusiasmo.
Jared rise appena, accompagnandomi fino alla porta.
"Lo lascerai lì per il resto della giornata?" chiesi divertita a Jared, indicando Shannon.
"No, penso che si sveglierà molto presto. Buona giornata, Sarah" rispose.
"Anche a te, Jared" sussurrai, avanzando verso la mia macchina.
Il suo sguardo era riflessivo, mentre lo guardavo dallo specchietto retrovisore: certamente la nostra vita era stata nuovamente capovolta dagli eventi.

"Bro, svegliati" disse Jared, divertito.
Lo scosse appena, e Shannon aprì gli occhi, protestando e chiudendoli subito per la forte luce che lo investì.
Come se avesse ripreso coscienza della realtà che lo circondava, aprì nuovamente gli occhi e si tirò a sedere, cercando Sarah con lo sguardo.
"È andata via poco fa, doveva girare" lo informò Jared, anticipando la sua domanda.
"Che ore sono?" mugugnò Shannon, alzandosi in piedi e appoggiandosi al divano: dannate sbronze.
"Le 7:30" rispose Jared, porgendogli un bicchiere d'acqua.
Shannon la bevette tutta d'un sorso, con gli occhi pieni di gratitudine verso il fratello.
"Te la sei scopata?" chiese Jared, andando subito al sodo.
"Certo che no" borbottò Shannon, senza imbarazzarsi minimamente a quella domanda: ci era abituato.
Sentirono suonare il campanello, e Shannon andò ad aprire: magari era di nuovo Sarah...no, non poteva essere.
Era Tomo, che guardò a occhi sgranati il batterista: era proprio messo male.
"Ehi, amico. Tutto bene? Sei uno straccio" gli disse sinceramente il chitarrista, con una traccia di preoccupazione nella voce.
"A Shannon piace ubriacarsi e dormire accoccolato a delle ragazze sul tappeto del salotto" disse Jared, mentre Tomo entrava in casa.
Il chitarrista scoppiò a ridere, mentre Shannon fulminò suo fratello: Sarah non era una ragazza come tutte le altre.
"Chi era stavolta? Se n'è già andata?" chiese incuriosito Tomo, guardandosi in giro. "Sarah...Wood" puntualizzò Shannon, sussurrando appena.
Tomo lo guardò sorpreso: Sarah aveva già ceduto?
Era proprio vero che i Leto ci sapevano fare con le donne.
"Non è successo niente" si affrettò a dire Shannon, suscitando i sorrisi maliziosi dei suoi compagni di band. "Oh, che Dio mi perdoni. Andiamo a provare" protestò Shannon, alzando il tono di voce.
Spinse il chitarrista verso lo studio, mentre Jared li seguiva, divertito: non ci avrebbe mai fatto l'abitudine.

"Sarah, ma che ti è successo?" chiese stupita Jamie, adocchiando le mie occhiaie: ero in condizioni pietose.
"Ho bevuto" tagliai corto, aggiustando il nastro di una cinepresa: dannazione, vedevo tutto sfocato.
"Ti sei ubriacata? E dove?" chiese Jamie, preoccupata.
La fulminai, e lei arrossì, tornando al proprio posto accanto a me: stai al tuo posto, ragazza. Non mi andava di dirle che avevo iniziato a frequentare Shannon, si sarebbe fatta troppe fantasie.
"Allora, oggi giriamo la scena numero 35: Christian se ne va dal paese di Sophie" urlai, imprecando mentalmente: la mia povera testa, che dolore.
Sentii delle voce dietro di me, voci giocose e serie.
"La vuoi piantare? Fai silenzio" disse una voce che riconobbi appena.
"Croato dei miei stivali, ti strappo tutti i capelli" ridacchiò un'altra voce, e sgranai gli occhi: quella voce era familiare, molto familiare.
Mi girai, e Jamie fece lo stesso: impallidimmo entrambe.
"Oh cazzo" disse Jamie, lanciandomi un'occhiata di scuse per l'imprecazione: volevo dirle che era la reazione giusta, ma ero immobilizzata a guardare Shannon avanzare verso di me. "Ciao" sussurrò, con un sorriso ampio: era sempre così solare.
Non era solo: c'era Tomo con lui, il chitarrista dei 30 Seconds to Mars.
"C-ciao" balbettai, non sapendo che altro dire.
"È un piacere rivederti, Sarah" disse il chitarrista, prendendo la mia mano e stringendola con abbastanza fervore: probabilmente mi conosceva di fama.
Gli sorrisi, stringendogli anche io la mano.
"Il piacere è tutto mio" risposi con gentilezza: stavo tornando a ragionare con lucidità. "Cosa fate qui?" chiesi a Shannon, e lui mi fece uno sguardo strano, un luccichio malizioso. Arrossii, mentre Tomo ci guardava entrambi sospettoso.
"Allora, Sarah. Giriamo?" protestò l'attore che interpretava Christian, ossia Shannon. Quest'ultimo lo guardò dall'alto in basso, sorridendo soddisfatto per la scelta: gli assomigliava, un po'.
"Sì, perdonatemi. Potete restare a guardare, se volete" dissi, rivolgendomi a Shannon e Tomo. Loro annuirono freneticamente, eccitati.
Risi, avvicinandomi alla cinepresa e guardando la lente: i protagonisti erano fuori schermo. "Spostatevi verso il centro, ancora, ancora. Perfetto" ordinai, soddisfatta.
Sentivo Shannon e Tomo parlare animatamente con Jamie: probabilmente le stavano chiedendo informazioni sul film. Oh, a dir poco imbarazzante.
Sentii poco dopo Shannon accanto a me.
Si avvicinò a sussurrarmi qualcosa all'orecchio, che sentii appena.
"Dovrei chiedere i diritti d'autore" disse divertito, e arrossii.
"È il minimo, dopo quello che mi hai fatto" risposi, indicando il set.
Lui contrasse la mascella, senza però ribattere.
"Azione" urlai, e Shannon sussultò: ridacchiai.
Lo vidi impallidire e sgranare gli occhi, man mano che riconosceva l'episodio già vissuto da noi nel passato: finalmente sapeva come ci si sentiva.
"Perché l'hai fatto?" mi sussurrò, con una voce quasi disperata: i suoi occhi ardevano di rabbia, di rimorso, di dolore.
"Perché avevo bisogno di un finale alternativo, irreale, di un lieto fine, al contrario del nostro" risposi, decisa: lo dovevo a me stessa, alla mia pace mentale.
"Guarda" gli dissi, indicandogli il set: il protagonista decide di stare con la sua amata, al contrario della realtà.
Shannon mi rivolse uno sguardo ferito, facendomi arretrare impercettibilmente.
"Io sono stato costretto, Sarah: mia madre non aveva un marito, e aveva bisogno di un lavoro" sibilò Shannon, prendendomi per un braccio: i nostri visi erano pericolosamente vicini.
Tutto il set si fermò, mentre gli attori e la troupe ci guardavano attoniti: oh, dovevamo essere un bello spettacolo.
"Andiamo a casa, Tomo" disse Shannon, lasciandomi il braccio: il chitarrista lo seguì subito.
"Aspetta, Shannon: ho scritto questo copione due anni fa" gli dissi, posando una mano sulla sua spalla: si irrigidì, senza voltarsi.
"Io vado. Ti aspetto fuori. Ciao Sarah" mi salutò Tomo, e io annuii solamente.
"Vieni con me" disse Shannon, imperioso, trascinandomi verso il mio camerino. Chiuse la porta, e poi mi ci sbatté contro.
"Non avevo scelta" ripeté, con voce asciutta.
Gli presi il viso tra le mani, accarezzando la sua barbetta incolta.
Lui chiuse gli occhi un attimo, mentre la sua mascella si irrigidiva.
"Lo so, ma adesso ce l'hai" sussurrai, e lui aprì gli occhi: erano lucidi, infuocati.
Avvicinai le mie labbra alle sue, chiudendo gli occhi.
Sentii il caldo e morbido contatto con le sue, e il suo gemito roco.
Prese il mio viso tra le mani, approfondendo il bacio e sollevandomi da terra.
Avvolsi le mie gambe sui suoi fianchi, gemendo nel sentire quanto fosse eccitato.
Abbassò la zip dei miei pantaloni, e mi irrigidii.
"Shannon, non ancora" ansimai, e lui mi sorrise perfidamente.
"Eppure il tuo corpo dice il contrario" rispose, infilando due dita nella mia intimità.
Sgranai gli occhi, gemendo e appoggiando la testa al muro.
"Senti come gradisce il tuo corpo" disse piacevolmente sorpreso, facendo scorrere le dita all'interno.
"P-per favore" sussurrai, ansimando.
Mi mise giù, togliendo le dita e alzando la cerniera dei jeans.
"Come vuoi" disse, divertito e soddisfatto.
"Sei perfido" mormorai, fulminandolo.
"Oh, non immagini quanto" ridacchiò, baciandomi ancora.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9. ***


Capitolo 9.

"Shannon Leto punta in alto, stavolta: un nuovo flirt con la famosa regista Sarah Wood, dopo Lana Del Rey?"
Così diceva la prima pagina di uno scadente giornale di gossip, che gettai immediatamente nella spazzatura.
Io e Shannon eravamo stati paparazzati all'uscita del set del mio film, mentre andavamo a prendere qualcosa da bere.
Non ero mai finita nei giornali di gossip: lo odiai.
Sentii suonare il campanello di casa mia: ero appena tornata dalla mia giornaliera corsa tra le strade poco trafficate di Los Angeles e volevo solamente infilarmi sotto la doccia.
Aprii la porta, imbronciata: era Shannon, ovviamente.
Arrossii, imbarazzata per la mia aria stravolta dalla corsa e soprattutto arrabbiata per il giornale di gossip.
"Cosa fai qui?" chiesi, più pungente di quanto volessi essere.
Shannon sbarrò gli occhi, disorientato dal mio tono di voce.
Sbatté le ciglia un paio di volte, e quella visione mi fece quasi ridere.
"Entra. Devo farmi una doccia, aspettami sul divano" dissi, e lui entrò senza ribattere: indossava una canottiera viola con la scritta "LOS ANGELES" e dei pantaloncini neri e a cavallo basso; ai piedi portava le sue solite scarpe arcobaleno.
Scossi la testa e tornai alla realtà, dirigendomi velocemente verso il bagno.
Feci una doccia lunga e rigenerante, senza pensare minimamente al fatto che Shannon mi stesse aspettando in soggiorno.
Mi avvolsi in un accapatoio abbastanza corto, uscendo velocemente dal bagno per andare in camera mia a vestirmi.
Quando aprii la porta del bagno, sussultai: Shannon era lì davanti, mentre guardava chissà cosa. Il suo sguardo si fece ardente, mentre adocchiava le mie gambe nude che sbucavano dal mio accapatoio corto...troppo corto.
Ero bagnata, gocciolante d'acqua, e lui mi stava praticamente divorando con gli occhi.
"Non dovevi aspettarmi laggiù?" sibilai con voce roca, quasi strozzata.
Mi schiarii la gola, mentre lui sorrideva.
"Mi stavo annoiando" rispose, facendo spallucce.
Alzai gli occhi al cielo, e Shannon si avvicinò pericolosamente a me.
Di riflesso indietreggiai, finendo contro il muro del corridoio tra il bagno e le altre stanze.
"Mi piace questo accapatoio" sussurrò, mentre le sue mani avanzavano verso la cintura che mi teneva praticamente vestita.
"Shannon" balbettai, in una muta preghiera: mi stava solamente provocando per il suo piacere.
"Potrei prenderti qui, ora. Ma non lo farò, finché non sarai tu a supplicarmi" disse, togliendo le mani dal mio corpo e sorridendo maliziosamente.
"Non ho mai supplicato nessuno in vita mia, Leto. Non inizierò di certo ora" risposi, decisa: la sua faccia tosta era insopportabile.
"Vedremo" sussurrò, a due centimetri dalle mie labbra.
"Baciami" pensai, guardando le sue labbra.
Lui sorrise, mettendo distanza tra noi: no, stava giocando con me.
"Bastardo" sibilai, avanzando a grandi passi verso la mia camera e chiudendola con un calcio dietro di me.
Sentii la sua risata fragorosa, e non potei fare a meno di sorridere, sola nella mia stanza: era irresistibile.
Vestita di tutto punto, lo trovai nello stesso punto di prima.
"Finalmente hai finito" disse ironicamente, mentre gli andavo incontro.
"Allora, cosa facciamo?" chiesi, con una traccia di malizia nella voce: se voleva giocare, potevamo farlo in due.
"Io avrei un'idea" rispose, avvicinando le sue labbra alle mie.
Mi venne in mente il giornale di gossip, Lana Del Rey, e strinsi le labbra.
"Cosa c'è?" chiese Shannon, allarmato.
"Niente" borbottai, oltrepassandolo per andare in cucina.
Pescai dalla spazzatura della carta il giornale, e glielo gettai addosso.
Lui lo schivò per un soffio, poi lo raccolse confuso e lo lesse. Impallidì, e il suo sguardo si fece severo.
Scaraventò a terra il giornale, furioso.
"Dannazione" sibilò, diventando rosso per la rabbia.
"E così, sono il tuo flirt dopo Lana Del Rey" dissi acidamente.
"Non c'è stato mai niente tra me e Lana" sussurrò, abbassando però lo sguardo.
"Oh, ma davvero?" ribattei, ironicamente.
"Noi siamo amici. A te che importa?" borbottò.
"Amici? AMICI? Sei fuori di testa, per caso?" urlai, diventando rossa per la rabbia.
Lui sussultò, senza però perdere la sua aria spavalda.
Mi fece infuriare ancora di più.
"Perché?" ribatté.
"Gli amici non si baciano, dannazione" sbraitai, dandogli un colpo sul petto.
"Che tu sia dannato per avermi fatto apparire in un giornale di gossip, Shannon Leto" continuai, mettendomi le mani tra i capelli.
Improvvisamente me lo ritrovai accanto, e mi sbatté contro il frigorifero, facendo scontrare le bottiglie al suo interno.
"Che cosa diavolo stai fac...mmm!" gemetti, mentre mi baciava con fervore.
"Stai zitta, per una volta" disse, staccandosi un attimo da me.
Lo fulminai, mentre mi sorrideva divertito: oh, la mia scenata doveva essere certamente uno spettacolo.
"Beh, quelle voci non erano vere, come al solito. Qualche volta vorrei che lo fossero, però" rifletté, prendendomi per lo scollo della camicetta che indossavo e avvicinandomi a lui.
"Te lo puoi scordare, Leto" sibilai, ma la mia voce tradiva il desiderio di lui.
"Non immagini cosa ti farei quando mi chiami per cognome, Sarah" sussurrò, leccandosi le labbra.
Cercai di avvicinarmi ancora di più per baciarlo, ma lui si scostò.
"Oh no, piccola" disse divertito, allontandosi.
"Ti prego" lo supplicai, proprio come lui aveva previsto: lo volevo, dentro di me.
Mi sorrise soddisfatto, prendendomi tra le sue braccia e baciandomi.
Intrecciai le dita ai suoi capelli, tirandoli leggermente.
Gemette sulle mie labbra, prendendomi per il mento e aprendole per infilarvi la lingua.
Le sue dita si infilarono tra i miei capelli, e mi avvicinò ancora di più a sé.
Le mie mani vagarono sulle sue braccia muscolose, fino alla schiena, che accarezzai da sotto la canottiera.
Lo sentii fremere sulle mie labbra, poi mi caricò in braccio e mi trascinò in camera da letto. Si sdraiò sopra di me, assalendo la mia bocca.
"Shannon, non posso" sussurrai, mentre baciava delicatamente il mio collo.
"Perché? Non mi vuoi?" chiese, guardandomi negli occhi quasi ingenuamente, come se fosse ferito dalle mie parole.
Gli sorrisi appena, malinconica, prendendo il suo viso tra le mani e baciandolo di nuovo.
Lui ringhiò, trionfante, stringendomi forte.
Gli sfilai la canottiera, ammirando il suo petto non esageratamente muscoloso, ma ben proporzionato.
"Sei così bello" sussurrai tristemente, posando una mano sul suo torace e tastandone la consistenza. Lui sorrise, con gli occhi luminosi e ardenti.
Oh, come avrei potuto solo pensare di resistergli?
Mi tolse la camicetta e il reggiseno, e si fermò a osservarmi, con uno sguardo di apprezzamento.
D'istinto mi coprii i seni, ma lui prese le mie mani e mi bloccò poco dopo.
"Non farlo" sussurrò, e affondò il viso nell'incavo tra i miei seni.
Gemetti forte, premendomi contro il materasso.
"Hai davvero un buon profumo" mormorò Shannon, facendomi ansimare.
Mentre mi stuzzicava i capezzoli con fare esperto, le mie mani vagarono sulla sua schiena ampia e forte, graffiandolo ogni volta che aumentava l'intensità della sua tortura.
Mi sfilò i jeans e le mutandine in una sola mossa, mettendosi in ginocchio di fronte a me. Ero nuda, di fronte all'uomo che non avevo mai smesso di amare da più di 20 anni.
"Ti voglio" gli dissi supplicante, mettendomi a sedere e appoggiando delicatamente la testa sulla sua spalla.
Lui si irrigidì appena, sorpreso, poi con un ringhio gutturale mi spinse contro il letto, e lo aiutai a togliere ciò che restava dei suoi vestiti.
Ci fu un momento, prima che ci unissimo, in cui ci guardammo negli occhi: lui era la stessa persona indecifrabile di 20 anni prima e io ero la stessa persona genuinamente innamorata di lui.
Distolse per primo lo sguardo, probabilmente intollerante ai sentimenti che trapelavano dai miei occhi.
Prese le mie gambe e le avvolse attorno ai miei fianchi, entrando poi in me con una spinta decisa.
Gemetti, sentendo una piacevole sensazione di pienezza.
Lui sorrise, trionfante e scivolò fuori, per poi rientrare lentamente, facendomi sentire la penetrazione centimetro per centimetro.
Sentii il suo respiro accorciarsi, e nascose il suo viso sul mio collo, cominciando a spingere con crescente intensità.
Il piacere era indescrivibile, non avevo mai provato niente del genere.
Stavo facendo l'amore con l'uomo della mia vita.
No, non era amore: era solo sesso, era tutto un gioco, io ero un trofeo.
In un impeto di rabbia gli tirai i capelli, baciandolo con furia e con l'intenzione di ferirlo.
Lui gemette di dolore, ma partecipò alla mia furia, comportandosi come un animale.
Mi attirò a cavalcioni su di lui, mentre si metteva seduto sul letto.
Lo sentii ancora più a fondo e tirai la testa indietro per il piacere, mentre lui mi stringeva per la schiena e mi baciava la gola.
Sentii una scossa che partiva dal bassoventre e si irradiava in tutto il corpo, arrivando sino al mio cervello.
Volevo solo abbandonarmi a quella sensazione e lo feci: mi irrigidii e Shannon grugnì soddisfatto, sentendo che stavo per raggiungere il limite.
Con un gemito che pareva più una supplica venni, abbandonandomi sulla spalla di Shannon, che non tardò a raggiungermi con un ringhio gutturale.
Finimmo ai lati opposti del mio letto matrimoniale, mettendo distanza tra noi, come se non fosse successo niente.
Posai una mano sul mio cuore, sentendolo battere all'impazzata.
"Aiutatemi, sono viva!" pensai, abbandonandomi alla stanchezza che sentivo all'improvviso. Abbassai lentamente le palpebre, addormentandomi senza fiatare.

Freddo. Tanto freddo. Stavo camminando in una foresta, mentre nevicava.
Sentivo il terreno umido ai miei piedi, e capii che ero nuda.
"Come mai sei qui?" mi chiese una voce, che riconobbi come il mio subconscio.
"Io...non lo so" balbettai, guardandomi attorno: c'erano solo alberi.
"Non riuscirai mai a raggiungere la luce con Shannon. Se non stai attenta, ti trascinerà con sé nel buio, e tu morirai" sussurrò gentile quella voce, e scossi meccanicamente la testa, mentre i miei occhi si riempivano di lacrime.
Mi svegliai di soprassalto, col fiato corto e il cuore a mille.
Fuori il sole stava calando: i deboli raggi rossi penetravano dalla finestra, e probabilmente mi avevano svegliata.
Ero coperta da una trapunta, ed esitai a guardare al mio fianco per la paura: Shannon era ancora lì?
Sentii un respiro lieve, regolare, e capii che era rimasto lì a dormire con me.
Il pensiero mi turbò enormemente, ma mi girai ugualmente a guardarlo: era identico all'altra volta, a parte i capelli scompigliati dal sesso e la sua aria da sobrio.
Sesso...sesso...sesso. Quella parola, ripetuta nella mia mente, mi disgustò profondamente.
Con una smorfia scesi dal letto, sussultando leggermente per il dolore post-scopata-con-l'-animale.
Mi infilai velocemente i vestiti, facendo attenzione a non svegliare Shannon: non ero affatto pronta per affrontarlo.
Presi la mia Volvo e corsi a tutta velocità per le strade della mia città preferita, con le lacrime agli occhi: che terribile sbaglio avevo commesso.
Mi sentivo svuotata, svuotata della mia dignità.
Io, Sarah Wood, una dei più famosi registi del mondo ridotta a un rottame.
Sapevo dove dovevo andare, dove mi sarei sentita a casa.
Scesi dalla macchina, percorrendo velocemente quella collina con abile destrezza, abituata alla quantità di volte in cui l'avevo percorsa.
La scritta "HOLLYWOOD" troneggiava a caratteri cubitali di fronte a me, e mi sentii sollevata.
Sospirai, sedendomi a gambe incrociate davanti alla scritta, per ammirare il panorama che si stagliava immenso di fronte a me.
Los Angeles al tramonto era una delle cose più belle che avessi mai visto: il sole donava un colore diverso agli edifici, e le luci dei lampioni si accendevano pian piano in tutta la città, offrendo uno spettacolo memorabile.
I miei occhi si riempirono nuovamente di calde lacrime, mentre volevo che ci fosse qualcuno accanto a me.
Ero uscita appena mezz'ora prima da casa, e lui mi mancava già.
Mi sentivo indolenzita per il sesso, e mi sembrò quasi assurdo: così ricordavo in continuazione chi era stato dentro di me, solo qualche ora prima.
Sentii delle risate e delle imprecazioni dietro, e mi girai a vedere chi fosse, asciugandomi frettolosamente le lacrime.
Guardai sorpresa le quattro persone che si avvicinavano a me, riconoscendone solamente una.
"Jared?" chiesi sorpresa, mentre lui mi guardava altrettanto perplesso: indossava una camicia a quadri azzurra e aveva dei pantaloni da tuta blu.
I suoi capelli biondi erano legati in una coda e aveva la barba abbastanza lunga.
"Sarah, che piacere vederti" esclamò, avvicinandosi subito a me.
Sussultò nel vedere che avevo gli occhi arrossati, ma non fece commenti.
"Noi scendiamo, Jay! A dopo" disse un ragazzo che mi ricordava qualcuno.
Aggrottai la fronte, mentre Jared annuiva e si sedeva accanto a me.
"Bello, vero?" sussurrò, riferendosi al panorama.
Annuì, ancora un po' sorpresa per il fatto che fosse rimasto con me.
"Come procede il tuo film?" chiese Jared, per spezzare il silenzio.
"Non c'è male. Finiamo di girare la settimana prossima" risposi, sospirando.
"Sei triste?" ribatté, leggermente confuso.
"Sai, quando giri un film, è come se stessi allevando un figlio. Quando questo figlio cresce e se ne va di casa, ti mette tristezza" risposi, facendo una risatina per la bizzarra metafora. Jared sorrise, un sorriso caloroso, e poi annuì, come se concordasse.
"Potresti venire sul set a dare un'occhiata, prima che finisca" gli proposi.
"Mi farebbe molto piacere" rispose, e il suo tono di voce mi fece arrossire.
"Come va con Shannon?" chiese Jared poco dopo, e sentii una fitta al petto.
"B-bene" balbettai, non sapendo cos'altro dire.
Gli occhi mi pungevano pericolosamente, ma riuscii a trattenermi dal piangere.
"Dagli tempo. È testardo, ma non stupido" rispose Jared, capendo immediatamente i miei sentimenti.
"È difficile amare qualcuno che non ricambia" sussurrai a bassa voce, temendo di rivelare troppo.
"Già, è vero" rispose Jared, sovrappensiero.
"Devo andare" sospirai, alzandomi in piedi.
Tesi scherzosamente una mano a Jared, aiutandolo a rialzarsi.
Risi sommessamente, mentre scendevamo dalla collina.
"I miei amici probabilmente sono tornati a casa" rifletté Jared, guardandosi intorno.
"Vuoi che ti dia un passaggio?" gli chiesi, mentre ci dirigevamo verso la mia macchina. "Grazie" rispose, sollevato.
Mentre eravamo in macchina non parlammo granché, a parte qualche frase sulla musica e sulle nostre carriere.
Quando arrivammo, impallidii: Shannon era fermo alla fine del vialetto, e ci guardava furiosamente a braccia incrociate.
"Cazzo" borbottai, scendendo dalla macchina con Jared.

Shannon non sapeva spiegarsi le emozioni che provava in quel momento: rabbia, delusione, tristezza, rammarico, tutte insieme.
Quando vide Sarah e Jared scendere dalla macchina, quelle emozioni si catapultarono dritte nel suo stomaco, provocandogli una fitta di dolore.
Quando si era svegliato, Sarah era sparita: se n'era andata come una codarda, e ora la trovava col fratello. Stava impazzendo.
"Ciao" disse Sarah a Shannon, mentre Jared superava suo fratello in silenzio e se ne andava dentro.
"E così te ne sei andata per vederti con mio fratello. Che c'è? Non te ne basta uno?" chiese Shannon, sprezzante.
"Sei totalmente fuori strada, Leto" rispose Sarah, sibilando.
"Ho un nome, ed è Shannon" ribatté il batterista, infuriato.
"Io ti chiamo come cazzo voglio" ringhiò Sarah, fulminandolo.
"Sei insopportabile, donna" disse Shannon, stringendo i pugni.
"Quell'insopportabile donna che hai scopato brutalmente poche ore fa ora se ne torna a casa" lo informò Sarah, facendolo sussultare: quelle parole non gli piacevano affatto.
Si avvicinò a lei, che stava facendo per entrare in macchina.
Chiuse la portiera con forza, facendola spaventare.
"Tu non vai da nessuna parte. Tu sei mia. Mia e di nessun altro, mi hai capito?" disse Shannon, guardandola con intensità disarmante.
"Tua?" chiese Sarah, soppesando quelle parole: il suo cuore si stava colmando di qualcosa che non riusciva a decifrare.
"MIA" rispose Shannon, prendendola per i polsi e facendola sbattere contro l'auto.
Sarah sobbalzò, notando la furia a stento repressa di Shannon.
"Non...non farmi del male, ti prego" gli sussurrò, e lui sgranò gli occhi: come avrebbe potuto lontanamente pensare che volesse ferirla?
Le lasciò i polsi, e lei portò le mani al suo viso, accarezzandolo.
Nessuno l'aveva mai toccato così: aveva una dolcezza disarmante, mentre tracciava il profilo della sua barba incolta.
Shannon la baciò, e lei gli tenne il viso tra le mani, ricambiando con ardore.
Non avrebbe potuto stargli lontana, nemmeno se avesse voluto: c'era qualcosa di più in quel bacio, si ritrovarono a riflettere entrambi. C'era una gioia a stento repressa, la gioia di essersi ritrovati, la quiete dopo la tempesta.



Fran's corner:
salve a tutti! Chiedo umilmente perdono per aver ritardato così tanto nel postare, ma purtroppo sono stata presa da un blocco.
Buona lettura, e grazie a tutti per le recensioni!
Alla prossima =)

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Capitolo 10
*** Capitolo 10. ***


Capitolo 10.

"Sei tornato!" sussurrò lei, guardandolo stupita.
"Non avrei mai potuto stare senza te, mai" rispose lui, attirandola tra le sue braccia.
La baciò, intrecciando le dita tra i suoi capelli.
"STOP! Abbiamo finito" urlai, soddisfatta.
Si levò un boato di esultazione, e sorrisi a 32 denti.
Cal mi raggiunse, abbracciandomi.
"Grazie di tutto, hai fatto uno splendido lavoro" gli dissi, quando ci separammo.
"Sei tu il genio, Sarah" rispose il mio aiuto regista, e alzai gli occhi al cielo, divertita.
"Come spettatore di riprese, è stato...educativo" disse qualcuno dietro di me, e riconobbi la voce di Jared.
"Sei venuto, alla fine! Non ci speravo più" esclamai, abbracciando anche lui: ero così felice. "Congratulazioni, Sarah" rispose solamente, ricambiando la stretta.
Notai anche Shannon e Tomo dietro di lui: Shannon sembrava pensieroso e Tomo stava ammirando il set come se fosse un bambino in un luna park.
"Allora, stasera cosa facciamo?" chiese Jared, con fare cospiratorio.
"Voglio assolutamente uscire e ubriacarmi" ridacchiai, mentre Shannon e Tomo si avvicinavano.
"Potreste venire al locale dove dobbiamo esibirci io e Antoine" propose Shannon, con aria dubbiosa. Si stava forse pentendo di quell'idea?
"Sarebbe fantastico" gli risposi, sorridendo ampiamente.
Lui rimase a bocca aperta, guardandomi con aria smarrita. Ehi, cosa stava succedendo?
Sentii Jared e Tomo ridere sommessamente, e Shannon scosse la testa.
Aggrottai la fronte, confusa: ci stavano prendendo in giro?
Shannon mi abbracciò brevemente, facendo scorrere una mano fino al mio sedere: sussultai, deglutendo rumorosamente.
"Sei così bella quando sorridi" sussurrò piano al mio orecchio, e arrossii di piacere: Shannon mi trovava bella.
Lo abbracciai d'impeto, cogliendolo di sorpresa: affondai la mia testa sulla sua spalla, reprimendo lacrime di gioia.
Volevo dirgli che lo amavo, ma non lo feci: non avrei ottenuto la risposta che desideravo. "Champagne" urlò qualcuno alle nostre spalle, alleggerendo l'atmosfera.
Ridacchiai, staccandomi da Shannon: lui mise una mano sul mio fianco, tenendomi stretta. Tomo ci sorrideva, e Jared...ma dov'era finito?
Ci diedero un calice di champagne a testa.
"Cin cin" disse Shannon, facendo scontrare il suo calice prima con me e poi con Tomo. Jared tornò a razzo, prendendomi per un braccio: lo guardai, confusa.
"Chi è quella?" chiese, riferendosi all'attrice che interpretava...me.
"Si chiama Elizabeth" risposi, confusa.
"Beh, sarà il caso che tu ci presenti" ribatté Jared, con sguardo malizioso.
Scossi la testa, rassegnata: Mr. Leto all'attacco.
"Stasera, ok? Ci sarà anche il cast alla festa" lo rassicurai.
"Ci conto, dolcezza" rispose, trionfante.
"Bene, allora a dopo?" chiese Tomo, avvicinandosi a noi.
"Porta la tua Vicki" gli dissi, dandogli una pacca sulla spalla.
"Da solo non sarei mai venuto" rispose il chitarrista, facendomi l'occhiolino.
Jared alzò gli occhi al cielo, e scoppiammo tutti a ridere.
"Ah, l'amour" sospirò teatralmente il cantante, scimmiottando Tomo.
"Smettila di essere così cinico! Da ragazzino eri sempre così gentile con le ragazze" gli ricordai, e lui scoppiò nuovamente a ridere.
"Sì, era Shannon quello stronzo. Beh, ora ci siamo invertiti di ruolo" rispose Jared, indicando il fratello: Shannon se ne stava in disparte, a guardare il set dell'ultima scena del film.
"Allora a stasera" disse velocemente Jared, facendo un cenno col capo a Tomo: se la filarono così.
Mi avvicinai a Shannon, che sembrava frustrato: seppi il perché.
"Ehi" sussurrai, con fare rassicurante: non potevo tollerare di vederlo in quelle condizioni. "Io e Jared avremmo potuto trovare un lavoro..." si interruppe, bevendo un sorso di champagne: capii che si stava riferendo al loro trasferimento.
"...ma non avremmo mai potuto lasciare sola la mamma. Non dopo che l'aveva già fatto qualcun altro" continuò: si riferiva a suo padre, probabilmente.
"Ho passato una vita a condannarmi, a maledirti per avermi lasciata. Il che è ironico, visto che non stavamo insieme..." ridacchiai, e lui sorrise appena.
"...ma da quando ti ho rivisto quel giorno all'asta di beneficenza, è sparito tutto. Ci ho ragionato, e non era affatto colpa tua" continuai, e stavo assolutamente dicendo la verità: non vedevo più il Shannon ragazzo, nella mia mente.
Lo splendido uomo di fronte a me era diverso, e volevo solo buttarmi alle spalle il passato, ricominciando...con lui.
"Io...io ti..." balbettai, e Shannon interruppe immediatamente le mie parole con un bacio profondo, lungo e ardente.
"No, non dirlo, Sarah. A stasera" sussurrò, voltandosi e lasciandomi lì, con un'espressione attonita.

"Io...io ti..."
Shannon sentiva costantemente quelle parole nella sua mente, mentre si dirigevano al locale dove avrebbe suonato con Antoine.
La sua mente si stava annebbiando, probabilmente a causa della quantità eccessiva di alcol che aveva ingerito quel giorno: un bicchiere di champagne al mattino e...3 birre di sera.
"Dove dobbiamo svoltare? Bro?" lo rimbrottò Jared, dandogli uno strattone.
Shannon scosse la testa, e gli indicò di girare a destra: non si fidava della sua voce. Appena furono arrivati, vennero accerchiati dai paparazzi.
"Signor Leto, sta con Sarah Wood o con Lana Del Rey?" chiesero a Shannon, e lui li guardò in cagnesco, reprimendo l'istinto di sferrare un pugno in faccia a quelle sanguisughe.
"Andate a succhiare il sangue di qualche altra povera bestia" sibilò Jared, mentre entravano nel locale: odiava a morte i paparazzi.
"I fratelli Leto, vero? Da questa parte" una bionda li prese per le braccia e li accompagnò verso un privé.
Lì c'era già seduta gran parte del cast del film di Sarah, assieme a Tomo e Vicki.
"Siete arrivati" esclamò Tomo, abbracciando Shannon.
"Sono ubriaco, cazzo" sussurrò il batterista, e il chitarrista lo guardò attonito: sembrava distrutto.
Intanto Jared aveva già preso posto accanto a Sarah e ad Elizabeth, con cui si tuffò in una pseudo-conversazione sull'arte.
Sarah non riusciva a non guardare Shannon, che non l'aveva nemmeno salutata e che si stava dirigendo verso la postazione del DJ.
"Ehi, amico" lo chiamò Antoine, impallidendo di fronte all'aria sconvolta di Shannon.
"Ho solo bevuto un po'" lo rassicurò il batterista, prendendo posto davanti a dei tamburi. Chiuse gli occhi per un attimo e si ritrovò a farsi trasportare dalla musica.
Le sue gambe e le sue mani iniziarono quasi a muoversi da sole, mentre un sorriso compiaciuto spuntava dal suo viso.
Antoine sospirò di sollievo: stava di nuovo bene.
Sarah guardò affascinata Shannon, che si muoveva a ritmo di musica sotto le luci psichedeliche: le sue mani si muovevano velocemente su dei tamburi e talvolta prendeva le sue immancabili drumsticks per suonare sul piccolo set di batterie che aveva accanto.
Non era mai stato più stupendo di così.
Lui la guardò brevemente, mentre delle ragazze ci provavano spudoratamente, e si sentì ardere nel profondo.
Gli sorrise, e lui chinò immediatamente la testa verso i tamburi, riprendendo a suonare con più foga, come se stesse cercando di distrarsi.
Il sorriso di Sarah si spense: lui la stava deliberatamente ignorando, e lei ebbe paura di vederselo scivolare tra le dita, poiché era a conoscenza dei suoi sentimenti.
Shannon non la stava ignorando senza motivo: aveva una convinzione in testa, una convinzione malsana e inutile.
Se lui avesse ricambiato il suo sorriso, lei si sarebbe avvicinata.
Se lei si fosse avvicinata, lui l'avrebbe toccata -Dio, se voleva toccarla- e i paparazzi li avrebbero scoperti.
Li vedeva bene, dalla sua postazione: erano al bancone del bar e i loro sguardi oscillavano tra lui e la regista, aspettando un minimo cenno d'intesa, cenno che Shannon non si sarebbe di certo apprestato a concedere.
Sapeva che stava ferendo Sarah, ma sapeva anche che finire su degli insulsi giornali di gossip l'avrebbe ferita ancora di più.
Ciò che Shannon non sapeva era che a Sarah non sarebbe importato proprio niente di finire su tutti i giornali di gossip, purché stesse con lui.
Ciò che la faceva infuriare non era che fosse su tutti i giornali, ma quello di essere un rimpiazzo, il rimpiazzo di Lana Del Rey.
Sarah si alzò dal divanetto su cui era seduta, attirando tutti gli sguardi su di sé.
"Vado a casa, non mi sento tanto bene" informò tutti, e Jared si alzò subito.
"Ti accompagno" le disse.
"No, prendo un taxi. Resta qui, per favore" rispose la regista: voleva stare sola, e Jared afferrò subito il messaggio.
Si sedette di nuovo, intimandole con lo sguardo di stare attenta.
Sarah salutò velocemente tutti, e ricevette per l'ennesima volta un sacco di congratulazioni. Quella sera indossava un tubino rosso, che lasciava poco spazio all'immaginazione.
Non seppe nemmeno perché lo avesse indossato: forse per essere diversa, una volta tanto.
Shannon la guardò stupito, mentre lei si dirigeva verso l'uscita del locale: stava andando via?
Il senso di colpa lo pervase e lo mise quasi a terra, ma non accennò a raggiungerla per trattenerla.

Mi sentivo svuotata, distrutta e delusa.
Non riuscivo a smettere di piangere, malgrado mi convincessi che non era successo nulla, che andava tutto bene.
Sbattei la porta dietro di me, senza nemmeno chiuderla: se qualcuno voleva rapirmi o derubarmi, che l'avesse pure fatto.
Tutto sarebbe stato ben accetto, tutto pur di fuggire al dolore che pervadeva la mia mente, il mio corpo e la mia anima.
Cosa diavolo avevo pensato, concedendogli la possibilità di rientrare nella mia vita?
Mi aspettavo che si buttasse ai miei piedi e mi dicesse di amarmi?
Oh, la vita non è un film.
Me ne resi conto in quel momento: se nel mio film i due protagonisti finivano insieme, non era detto che potesse succedere anche nella vita reale.
Smisi di piangere dopo un tempo infinito, ma dei forti singhiozzi mi facevano tremare da testa a piedi.
Sentii la porta dell'ingresso aprirsi piano, e non mi preoccupai nemmeno di avere paura: non mi importava.
Qualcuno mi prese tra le braccia, stringendomi al suo petto.
Quel calore era dannatamente familiare, e aprii gli occhi, esitante: Shannon mi guardava, quasi disperato.
Cercai di divincolarmi dalla sua presa, ma lui mi strinse ancora più forte, respirando tra i miei capelli.
"L-lasciami..." balbettai, disorientata da quel gesto.
"Mi dispiace per stasera, ma dovevo farlo" sussurrò, mettendomi in piedi.
"Oh, e così dovevi ignorarmi? Chi te l'aveva ordinato, Dio?" ribattei, ironicamente.
Shannon strinse la mascella, chiudendo gli occhi per un attimo e scuotendo la testa. "C'erano i paparazzi, Sarah" mormorò solamente.
"E questo cosa diavolo c'entra?" sbraitai, con voce roca per il pianto.
"Tu non volevi che ci fotografassero insieme" disse Shannon, stupito e disorientato. Scoppiai a ridere, senza divertimento: era totalmente fuori strada.
"Non mi importa di finire con te nei giornali di gossip, Shannon. Solamente, non voglio essere una delle tue tante conquiste" gli spiegai, con voce seria.
Lui sgranò gli occhi, capendo finalmente cosa volessi dire, quando gli avevo fatto quella scenata, la settimana prima.
Poi sorrise, tra il compiaciuto e il divertito.
"Ti diverto, Leto?" sibilai, ancora più infuriata: possibile che non riuscisse a essere serio, per una volta?
"Tu sei gelosa!" esclamò, trionfante.
Sbiancai, incapace di articolare una frase di senso compiuto.
"C-cosa diavolo stai dicendo?" borbottai, liquidandolo con un gesto della mano.
"Sì che lo sei, e la cosa mi fa impazzire. Mi piace. No, direi che l'adoro" mi informò, avvicinandosi a me.
Mi squadrò, lanciandomi occhiate di apprezzamento.
"Non pensarci nemmeno. Sono infuriata con te. Mi hai lasciata da sola, cazzo" urlai, facendolo sussultare.
Si fermò per un momento a pensare, poi il suo sguardo fu calamitato dal mio tubino.
"Quel vestito è piuttosto corto. Forte hai fatto bene ad andartene presto" mormorò, con tono di disapprovazione. Ma che diamine stava blaterando?
Tentò di avvicinarsi ancora, ma non lo bloccai: sapevo già come si sarebbe svolta la nottata.
Mi caricò in spalla, facendomi strillare.
"Shannon, cosa fai?" chiesi, intimorita.
"Avevo ragione: questo vestito è troppo corto" mormorò, accarezzandomi il sedere che spuntava dall'orlo.
"Dove andiamo?" tentai ancora di chiedergli.
"A fare una doccia. Sono sudato" rispose, con tono divertito.
"Oh, sentiti pure in dovere di usare la doccia di casa ogni volta che sei sudato" dissi, ridacchiando.
Mi depositò davanti alla doccia, togliendosi poi la canottiera: il suo viso era stravolto, come se avesse fatto una maratona.
Le sue mani raggiunsero il corpo fino all'orlo del vestito, che tirò su velocemente, lasciandomi in intimo.
Sganciai i jeans stretti che indossava, e rimase solamente con i boxer addosso.
Mi guardai un attimo allo specchio, arrossendo: avevo tutto il trucco sbavato.
Shannon mi prese il viso tra le mani, baciandomi appassionatamente.
Dimenticai tutto: il trucco sbavato, la serata andata male, le lacrime.
Lo strinsi a me, mentre sganciava il mio reggiseno e toglieva le mie mutandine.
Presto finimmo sotto la doccia, nudi, a crogiolarci sotto il getto dell'acqua calda.
Shannon chiuse gli occhi e tirò indietro la testa, lasciandomi a bocca aperta: era bello, bello oltre ogni immaginazione.
Dopo poco aprì gli occhi, guardando con divertimento la mia espressione da ebete.
Era abituato a ricevere occhiate simili? Immaginavo di sì.
"Ma non dovevi lavarti?" lo stuzzicai, vedendolo intenzionato a fare altro.
"Perché non lo fai tu?" mi sussurrò a un orecchio, baciandomi poi la gola.
"Cosa?" chiesi, con voce spezzata.
Scoppiò a ridere, passandomi la spugna posta in un ripiano dietro di lui.
Guardai dubbiosa la spugna e, armandomi di coraggio, presi il bagnoschiuma e glielo spalmai addosso.
Lo sentii trattenere il fiato, mentre con la spugna scendevo verso il suo addome.
"Qualcuno sta apprezzando la mia doccia" dissi esultando, e Shannon scoppiò in una risata fragorosa.
"Non ho mai incontrato una donna più ironica di te" rifletté, togliendo la spugna dalle mie mani.
"E ora cosa facciamo, Leto?" lo stuzzicai.
"Mmm, devo ancora pensarci" rispose, grattandosi il mento come se ci stesse davvero riflettendo su.
"Ma?" chiesi, stupita.
Ridacchiò, prendendomi in braccio e spingendomi verso il muro della doccia.
Avvolsi le gambe ai suoi fianchi e chiuse per un attimo gli occhi.
"Sarah" gemette, e sentii la sua eccitazione contro di me.
Lo baciai, mettendo fine alla nostra lite.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11. ***


Capitolo 11.

Musica, sudore, adrenalina: stavo correndo sempre più velocemente attraverso le desolate strade di campagna appena fuori da Los Angeles.
Guardai alle mie spalle per vedere se quel pigrone di Shannon mi stava seguendo, e lo trovai in lontananza, che si trascinava quasi in ginocchio con il fiato corto verso di me.
Mi tolsi le cuffie, scoppiando a ridere fragorosamente.
"Molto divertente, eh? Mi sta per venire un infarto" disse Shannon una volta accanto a me, mettendosi una mano sul petto.
"Non hai proprio resistenza" lo provocai, ridendo ancora.
"Ehi, ti ricordo che io sto seduto alla batteria" protestò, ancora con il fiato corto.
Fece un lungo respiro, raddrizzandosi e facendo una smorfia di dolore.
"Appunto, ecco perché devi anche far esercitare i muscoli dalla vita in giù" lo rimbrottai, spegnendo l'I-Pod.
"Oh, dolcezza: mi sembra che ci sia un muscolo che faccio esercitare molto spesso" rispose, inarcando maliziosamente un sopracciglio.
"Malizioso del cazzo" borbottai, arrossendo.
"Proprio quello" ridacchiò.
Riprese scherzosamente a correre, e lo raggiunsi in poco tempo, dandogli una pacca sul sedere.
"Forza, citrullo" urlai, ridendo.
Sobbalzò per il colpo, fulminandomi.
"Quando torniamo a casa, ti faccio vedere chi è il citrullo" ringhiò, scherzosamente.
Risi ancora, correndo al suo passo da bradipo: beh, forse mi ci sarei abituata.
"Da quando te ne vai a correre?" chiese sorpreso Tomo a Shannon, vedendoci arrivare insieme a casa, sudati e accaldati.
"Da quando sto con qualcuno di nome Sarah Wood" borbottò Shannon, facendo ridere Tomo.
"Sei fortunato ad avere una donna così al tuo fianco" disse il chitarrista, facendomi l'occhiolino.
Shannon aggrottò la fronte, pensieroso, mentre io sentivo le mie guance bruciare per l'imbarazzo.
Cosa stava succedendo? Sembravo una ragazzina alla sua prima cotta.
"Beh, anche lei è molto fortunata" balbettai, prendendo un sorso d'acqua dal frigorifero.
Shannon si aprì in un sorriso sincero, quasi intimidito.
Gli feci una linguaccia, alleggerendo l'atmosfera.
"Mettiti pure comoda, e se vuoi puoi farti anche una doccia. Noi dobbiamo provare" sussurrò Shannon, mentre Tomo spariva nel corridoio che portava allo studio di registrazione a casa dei Leto.
"Grazie" risposi, avvolgendo le braccia attorno al suo collo: perché eravamo improvvisamente così timidi?
Lui sospirò, abbracciandomi forte e rilassandosi.
Tenendomi ferma per la nuca, mi baciò profondamente, finché non sentimmo qualcuno sbraitare.
"Shannon, sbrigati" urlò Jared, e ci staccammo, ansimanti.
"Vai" sussurrai, e lui mi diede un ultimo bacio prima di andare in studio.
Dopo aver fatto una doccia rilassante, mi infilai un paio di pantaloni della tuta di Shannon e una maglia dei Metallica, sempre sua: sperai che non ne fosse geloso.
Mi misi a gironzolare per tutta la casa, cercando qualcosa che mi tenesse occupata: c'erano talmente tante cose, che non sapevo cosa scegliere.
Alla fine optai per leggere un libro, Il giovane Holden: la copia era vecchia, ingiallita, con un sacco di note scritte in post-it.
Riconobbi la scrittura di Jared e, affascinata, mi misi a leggere tutte le note, piuttosto che il libro in sé.
Parlava di canzoni, riconobbi alcuni spezzoni di inediti che si sentivano solamente ai concerti: era come se usasse i libri per trarre ispirazione.
Quando finii di leggere le note, misi il libro a posto e cominciai a fare zapping alla TV, cambiando 70 canali al secondo.
Sentii i miei occhi improvvisamente pesanti, e li chiusi quasi senza volerlo.
Sbadigliai rumorosamente e posai il telecomando sopra il tavolino di fronte al divano, lasciando la TV accesa e addormentandomi.
Sognai me e Shannon, a casa mia, da ragazzini: mia madre preparava una torta al cioccolato e io sorridevo a Shannon come una sciocca, seduta sul divano accanto a lui.
Lui mi guardava inespressivo, come faceva spesso da ragazzino.
Mugugnai qualcosa di indefinito, mentre mi sentivo improvvisamente fluttuare.
Riconobbi il profumo penetrante di Shannon e sorrisi, appoggiandomi al suo petto e stringendogli le braccia al collo: il suo sguardo era caldo e affettuoso, niente a che vedere con quello da ragazzino.
"Ti sei fatto la doccia. Hai un profumo meraviglioso" sussurrai con voce impastata.
"Mmm" sorrise Shannon, sfregando il naso sulla mia guancia.
Sentii una superficie morbida sotto di me e capii che mi aveva portata a letto: si sdraiò accanto a me e ci coprì entrambi, abbracciandomi da dietro.

Shannon sentiva il suo profumo invadergli le narici, mentre cercava inutilmente di dormire: era stanco, davvero molto stanco, ma Morfeo non ne voleva sapere di lui, quella notte.
Pensava e ripensava alle parole che gli aveva detto Tomo, quel pomeriggio: era davvero fortunato ad avere una persona come Sarah accanto a lui?
E Sarah era fortunata ad avere lui, come aveva detto lei stessa?
Shannon notò che aveva indossato suoi vestiti, e la cosa gli piacque molto: era come se avesse addosso una parte di lui.
Era questa la profondità del suo sentimento?
Stare abbracciato a lei e godersi il suo calore, i suoi sussurri indistinti, il suo corpo morbido? Una sorta di appassionata morbosità, forse.
Sapeva che Sarah lo amava: glielo aveva detto svariate volte, nonostante lui bloccasse quelle parole sul nascere.
Allora lei lo guardava con qualche sentimento represso, poi si apriva in un sorriso, una sorta di muta e forzata accettazione.
Sentì un mugolio di un cane, e si girò a guardare, notando Sky col muso appoggiato al letto, gli occhi languidi supplicanti.
"Ehi, old boy" sussurrò piano Shannon, staccandosi da Sarah per non svegliarla.
Il cane scodinzoló, rallegrato da quelle attenzioni.
Shannon decise allora di portarlo a fare un giro, anche se era piena notte.
A Los Angeles c'era una piacevole brezza autunnale, niente di particolarmente freddo.
Shannon prese un maglione e mise il collare a Sky, facendo uno sbadiglio.
"Ancora in piedi?" chiese il batterista, vedendo il fratello chino sul piano, mentre abbozzava qualcosa, con la matita tra i denti e gli occhi azzurri concentrati.
"Mmm? Sì, sto scrivendo. E tu? Cosa ci fa Sky con il collare?" replicò Jared, confuso, guardando il cane.
"Lo porto a fare un giro" rispose Shannon, facendo spallucce.
"A quest'ora?" chiese Jared, sorpreso.
"Insonnia. Tu senza dubbio ne sai qualcosa" disse Shannon, sorridendo sardonico.
"Già" ridacchiò Jared, riprendendo il suo lavoro.
Sky era ben felice di sgranchirsi le gambe, Shannon un po' meno: correre poche ore prima l'aveva a dir poco devastato.
Decise di fermarsi in un parco poco distante da casa: lasciò Sky a gironzolare lì intorno e si sdraiò su una panchina, intento a guardare il firmamento.
Vedeva un sacco di forme distinte nella sua mente: un serpente, una triad, una croce...degli occhi, gli occhi di Sarah.
"Vai a fare una passeggiata notturna e mi abbandoni senza dirmi nulla? Sei proprio perfido, animale" borbottò qualcuno, e Shannon sobbalzò: Sarah si era seduta accanto a lui sulla panchina, e lo guardava divertita.
"Non riuscivo a dormire, scusa" rispose il batterista, mettendosi a sedere.
Sarah lo prese delicatamente per una spalla, incitandolo a posare la testa sulle sue ginocchia: Shannon accettò di buon grado, e Sarah prese ad accarezzargli i capelli.
Il batterista sospirò di felicità, ricordandosi le carezze di sua madre Constance, quando era bambino.
Sky si sedette accanto a Sarah, sull'erba: la regista accarezzò anche lui, gli si era affezionata da subito.
Restarono lì per un tempo infinito, sino a che non videro il sole sorgere: Shannon si alzò a sedere, abbracciando Sarah.
Lei si appoggiò al suo petto, stringendogli le mani al maglione: voleva dirgli che guardare lui era più bello che guardare l'alba, ma non voleva spezzare la magia di quel momento.
"Andiamo a casa" sussurrò Shannon al suo orecchio in tono suadente, e Sarah sospettò che non avrebbe preso sonno ancora per qualche ora.

Fran's corner:
Salve a tutti! Mi scuso infinitamente per non aver scritto praticamente per mesi, ma purtroppo ho avuto un blocco/ritorno a scuola che mi ha impedito di avere una mente serena per affrontare questa storia.
Che dire? C'è un impercettibile passo avanti nell'accettazione di Shannon di avere Sarah nella sua vita come compagna, e un passo avanti da parte di Sarah nel non vedere Shannon come un ragazzino abbastanza cattivo. Credo che Sarah riuscirà a superare solo in parte il trauma di Shannon ragazzino, almeno finché lui non mostrerà di ricambiare in pieno i suoi sentimenti. Ma non vi dico altro!
Grazie a tutti coloro che recensiscono e che leggono solamente.
Alla prossima!

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