1960 di Harisontour (/viewuser.php?uid=121099)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I saw her standing there ***
Capitolo 3: *** The sound of silence ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Odio le introduzioni.
Saltatela
pure, dunque, se non volete leggere delle tediose, monotone
informazioni su questa long che magari, anche se spero ovviamente nel
contrario, nemmeno seguirete, e passate al prologo vero e proprio.
Se
invece siete di quelli che amano sapere dove nascono le idee,
incominciamo.
Definisco
questo scritto, di cui ho in mano più capitoli del solito,
sparsi, sebbene non sia ancora completo, una sorta di fanfiction
storica: penso sia giusto, o perlomeno che sia una buona via da
seguire, dal momento che si tirano i fili di persone vere, e non di
personaggi, quella di attenersi quanto più possibile alla
Storia. Inventare poco, limitandosi a riempire i fori lasciati dal
tempo, ciò che non è stato scritto, detto,
registrato, fotografato, tramandato. Laddove non ci sono notizie certe,
mi permetto di intervenire anche sull'aspetto caratteriale dei
protagonisti della vicenda, Stuart ed Astrid, a cui i Beatles fanno
poco più che da sfondo.
Premetto
dunque di essermi molto documentata prima di scrivere, tramite
l'Anthology, le interviste ad Astrid Kirchherr in Living In The
Material World, le sue splendide fotografie, mia costante ispirazione,
e Pepperland, il sito internet-capolavoro italiano sui Fab 4. Altre
fonti, meno attendibili ma altrettanto suggestive e gradevoli a
leggersi, sono il fumetto Baby's in Black di Arne Bellstorf e Backbeat,
bel film anni '90. Per comprendere meglio il fascino e il talento di
Stuart, consiglio inoltre di dare un'occhiata ai suoi quadri.
Nell'intera
narrazione alternerò la voce dei due protagonisti, che
lasciano talvolta il posto ad altri personaggi nelle one-shot
appartenenti alla serie.
Per
concludere, una breve nota sul titolo, 1960: i fatti narrati si
riferiscono a ciò che avvenne intorno a quell'anno, che
è il fulcro, il punto di apertura di una storia
più nota e grande: quella dei Beatles, e degli anni '60.
Buona
lettura di questa storia in bianco e nero, scritta davvero a macchina
prima di essere trascritta.
Prologo
Le ruote
della Volkswagen girano sull'asfalto bagnato ancora per alcuni metri,
le luci della città che si riflettono sulle pozzanghere, poi
freni e lui fa per aprire la portiera.
Lo guardi e lo baci con trasporto, e lui sa che è l'ultima
volta.
-Grazie, Klaus- sussurri, e dolcemente lo lasci andare.
Per sempre, facendo ciò che già da tempo sapevate.
E'
un prologo, no? Lasciatemi dunque utilizzare il mio esremo dono della
sintesi!
*fa per
cancellare la pessima battuta, poi decide di rischiare*.
Spero
di avervi incuriosito con questo inizio, che non è altro che
una scusa per introdurre la mia prima long sui Beatles non demenziale
propriamente detta. I prossimi capitoli avranno una lunghezza discreta,
superiore ai miei standard. Vi prego davvero di leggere, e se volete di
commentare, dato che tengo particolarmente a questa storia... per vari
motivi che scoprirete.
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Capitolo 2 *** I saw her standing there ***
1960 I SAW HER STANDING THERE
I saw her
standing there
-Oh scusa, non ti avevo riconosciuta... voglio dire, non ti avevo
notata!-.
Bravo, John, bravo, pensi sbeffeggiando il tuo amico, decisamente
un'ottima frase di approccio con una ragazza così carina,
che
ancora non conosci: "Non ti avevo notata".
Poi continui a guardarle gli occhi chiari, il sorriso candido che
tradisce il riso represso:-Oh, non preoccuparti, John, l'avevo
già notato che non ci vedi!- esclama lei, con il fine
deliberato
di metterlo in imbarazzo, ma senza sapere quanto lui potrebbe irritarsi
per un commento del genere. Lui la guarda inarcando le
sopracciglia:-Sono una fotografa, sono abituata a dare un'occhiata alla
gente, prima di avvicinarmi- aggiunge strizzando un occhio. Bene, ti
dici, ora è il momento di cambiare discorso, se non vuoi che
John faccia il matto fin da subito.
-Così tu sei una fotografa- dici con calma, gentilmente, con
quel tono sommesso che ti caratterizza. Non ti è mai alzare
la
voce: urlare è qualcosa che lasci fare volentieri a John,
specie
quando si tratta di cantare canzoni come Twist and Shout, che, l'ha
ammesso, è una tortura anche per le sue allenate corde
vocali.
Forse è per questo che non ti sono mai piaciute le ragazze
del
Bambi e del Kaiserkeller, che sembrano poter passare ore a strillare e
a dimenarsi. Eppure lei, Astrid, ha detto di chiamarsi, è
diversa. John potrà non essersene accorto, ma sono sere che
viene ad ascoltarvi nel locale fino a tarda notte, e stranamente si
è sempre, sempre limitata a fare solo quello e ad applaudire
educatamente dopo ogni canzone. Strana ragazza: non partecipa al
tumulto generale, non balla, non grida, non sgomita
per avvicinarsi sotto il palco. E' come se assistesse ad una
proiezione al cinema, oppure, meglio, ad un concerto di musica
classica. Non sei nemmeno sicuro che la vostra musica le piaccia,
dopotutto. Ma probabilmente sì, ti dici, se è
tornata ed
è addirittura venuta a cercarvi con il suo ragazzo, che fa
da
interprete quando non riuscite a capirvi.
-Io sono Stuart- aggiungi cordialmente, ricordandoti di presentarti e
di togliere gli immancabili occhiali da sole. Lei si limita ad annuire
con grazia, senza parole superflue, come farebbe George, il ragazzino
del gruppo. A proposito, eccolo che arriva.
-Oh, ciao. Sei la ragazza di Klaus?- le tende la mano lui, con quel
tono casuale, rialssato, che ha quasi sempre, mentre lei ricambia la
stretta continuando ad annuire, per poi tornare a guardarti.
Nonostante la tua malcelata timidezza, che ti spinge a suonare con gli
occhiali da sole addosso anche nella penombra dei night-club di
Amburgo, girato, quasi di spalle rispetto al pubblico, il suo sguardo
che ti scandaglia non ti infastidisce troppo. Anzi, ti accorgi, ti fa
quasi piacere, e se non altro, ti dà una certa sicurezza nel
ricambiare con occhiate fugaci ma attente, che diventano mano a mano
uno studio attento dei tratti del suo viso. Occhi chiarissimi, capelli
corti che danno, per la sua maniera di muoversi, l'idea di essere
appena stati tagliati, come se fosse abituata a nascondersi dietro a un
sipario biondo, qualche volta. Vestita interamente di nero, movimenti
decisi ma leggiadri, porta una pesante, invidiabile giacca di pelle
nera, col freddo che fa. Rabbrividisci al vento di Amburgo e ti stringi
nella tua, mentre ancora la osservi, nel complesso, poi nei dettagli, a
lungo, come solo i pittori sanno fare.
Ah, già, la pittura. Quello è un perfetto
pretesto per
parlarle, più tardi: sei circondato da gente che studia
arte,
anche Klaus, che addirittura ha disegnato la copertina di un disco. Ma
sei ancora troppo perso nei tuoi pensieri per spiccicare parola ed
attaccare discorso con quella giovane donna. Dopo alcuni minuti, ti
rendi conto di avere del tutto perso il filo della conversazione, ma
non t' importa, e prendi la parola come se non avessi mai interrotto il
discorso:-Io sono un pittore, invece...-.
-Pittore?- scherza John, con il solito tono canzonatorio e un sorriso
strafottente stampato in faccia -Non eri un bassista, mi pareva, una
volta?-.
-Io?- replichi fra il serio e il faceto, cercando di malavoglia di
stare al gioco -Mai stato-.
Ti accorgi che Paul distoglie lo sguardo, costringendosi a non
commentare, lo mandi fuori di testa ad ogni accordo sbagliato, se non
è già troppo scocciato per come stai immobile sul
palco.
John si fa invece serio per un attimo, ti scruta, cercando di
strapparti un po' di verità, una volta tanto. Ha sempre
dubitato, e a buon diritto, della tua volontà di far parte
del
gruppo. Tu studi la sua espressione fugace, le sue sopracciglia
aggrottate. Ma è solo un momento, prima che si distendano e
che
lui si unisca al coro di risate.
-Stu?- ti chiama di nuovo John, vedendoti distratto. Tutti ridono per
un motivo che non conoscerai mai e tu li guardi sorridendo a tua volta
attraverso le lenti degli occhiali -Che c'è da guardare?-.
-Voi- rispondi con mascherata sincerità -E' bello guardarvi-.
Naturalmente lui deve intrepretarla a modo suo,
immancabilmente:-Specialmente la signorina Kirchherr, non è
vero?-.
Ridi continuando a stare allo scherzo, e parli in tono di
sfida:-Sì- dici -Specialmente lei-.
E forse, in effetti, non è solo la risposta pungente che
intendevi dare.
Ed eccoci, in tempo da record, al primo capitolo. Spero vi piaccia, e
spero anche che recensiate numerosi. Se trovate incongruenze con la
vera storia, vi prego di segnalarle, ma non dovrebbero essercene.
Non c'è ancora molto di me nel capitolo, saranno i seguenti
a rivelare la mia essenza più in profondità, ma
mi sembrava gradevole curare attentamente un "primo incontro" poi
così fondamentale negli sviluppi. Grazie per alver letto
e... alla prossima! n.n |
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Capitolo 3 *** The sound of silence ***
1960 the sound of silence
The sound of silence
Ti rigiri nel letto al buio, sola, agitata ma silenziosa.
Non uno spiraglio di luce sembra filtrare dalle fessure della serranda, non un suono giunge alle tue orecchie.
Respiri l'aria fredda della notte, lentamente, e questo inizia a
calmarti, mentre gli occhi si abituano all'oscurità ed inizi a
scorgere, vaghi, i contorni della tua stanza. Allora infili la testa
sotto le coperte spesse e ti metti in ascolto.
Non senti un suono?
Non senti come un fruscio, una voce sottile, musicale, lontana lontana chiamarti?
Te ne lasci sedurre, cullare, trasportare, ne accogli ogni lieve
vibrazione ed è in quel momento che il mondo materiale non ha
più forma, né sostanza, né importanza. Avviene l'
incontro. Il colloquio.
Hello darkness, my old friend
I've come to talk with you again
because a vision softly creeping
left its seeds while I was sleeping
and the vision that was planted in my brain
still remains, within the sound of silence.
Non sapresti spiegarlo, e al mattino non lo ricordi nemmeno con
precisione, ma per qualche ragione, quasi l'oscurità liberasse
la natura della tua coscienza, come quando eri piccola, un' immagine,
un volto del giorno ti si staglia davanti, una figura chiara,
indimenticabile, luminosa nelle tenebre silenti. Ed è l'
oscurità stessa il qualcosa, la morbida, avvolgente
entità che presta orecchio ai tuoi pensieri confessati
più segreti e delicati, indistinti ma sinceri, chiari eppure
privi di un filo logico, razionale, mentre lentamente scivoli nel sonno.
Il buio, il buio non è mai stato un nemico per te, non ne hai
mai avuto timore, neppure nelle tante notti insonni, eppure calme,
trascorse da bambina mite e sola. E sei lieta che l'antica sensazione,
tanto spesso provata in precedenza, sia torntata d'improvviso a farti
visita, inaspettatamente eppure al giusto momento.
Mani nere ti carezzano il corpo, braccia delicate ti stringono
dolcemente, raggomitolata, fino a quando, il volto di Stuart davanti
agli occhi ed il suo nome sulle tue labbra che si dispiegano in un
lieve sorriso, dita di vento ti abbassano le palpebre, e palmi
vellutati ti si posano sui lobi, trasportandoti nell'inconscio.
Com' é? Primo notturno del racconto -ce ne saranno altri,
presumo. Un secondo capitolo non meditatissimo, in cui non so
perché ma ho ficcato Simon and Garfunkel, e... ditemi cosa ne
pensate voi.
Grazie mille a Writ per la collaborazione nello splendido (modestamente) banner!
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