The Search - La Ricerca

di MoonAndRachel
(/viewuser.php?uid=201566)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Regno ad Ovest ***
Capitolo 2: *** L'incontro ***
Capitolo 3: *** Imprevisti ***
Capitolo 4: *** Nella tana del lupo, Parte I ***



Capitolo 1
*** Il Regno ad Ovest ***


Capitolo 1.3
- CAPITOLO 1-
Il Regno ad Ovest






Le terre di Diaforetikés erano conosciute in tutto il mondo per il loro splendore e la loro ricchezza, erano terre sulle quali regnavano Sovrani amati dai popoli e rispettati anche dagli stranieri. Famose per la loro bellezza, quelle terre erano divise in quattro regni, ognuno dei quali mirava verso un punto cardinale: c'era il Regno ad Est, chiamato anche Casa dell'Alba poiché era la parte dalla quale il sole sorgeva, quello a Nord, quello a Sud e, infine, quello ad Ovest, soprannominato Casa della Notte perché era lì che la stella che illuminava il giorno tramontava ogni sera.
    Ma c'era anche chi raccontava che non fosse solo questo il motivo del suo appellativo: esistevano strane leggende sul suo nome, leggende che narravano di fatti oscuri avvenuti decine di anni addietro. Protagonisti di queste leggende erano Stregoni, Demoni e creature inumane. Ovviamente nessuno prestava più molto ascolto a questi racconti, anche se i ragazzi si divertivano ancora a radunarsi nei boschi nel bel mezzo della notte per spaventarsi con questa leggenda, aggiungendo particolari creativi e, a volte, fin troppo paurosi. Ma non si spingevano mai troppo oltre, sapevano quali potevano essere i pericoli.
    Il Sovrano del Regno ad Ovest, un uomo semplice, con barba e capelli ormai scoloriti dall'età, amava spaventare i propri ospiti stranieri con queste storie, per poi farsi una grossa risata osservando le loro espressioni smarrite.
    In tempi come quelli era facile credere a qualsiasi cosa venisse raccontata, soprattutto se la storia in questione conteneva creature oscure.
    Ogni Regno aveva il proprio paese, con il mercato e gli speziali. Erano tutti paesi molto piccoli se messi a confronto con i grandissimi borghi oltreoceano. Poi, dopo il paese, cominciava il bosco.
    Era proprio il bosco, insieme a grandi praterie e talvolta deserti, che divideva ogni Regno dall'altro.

    Nessuno si avventurava mai nelle foreste o perlomeno tutti stavano attenti a non spingersi troppo in là: la gente sapeva benissimo che quando gli alberi cominciavano ad essere meno radi significava che si erano avvicinati troppo al loro Territorio. Al Territorio dei licantropi. Ogni singolo abitante delle terre di Diaforetikés li temeva. Si diceva che potessero trasformarsi in animali anche senza la luna piena, bastava che perdessero di poco la pazienza, e tutti sapevano perfettamente che non c'era cosa che facesse infuriare di più i lupi che avvicinarsi al loro Territorio. Vigeva la regola infatti, tra i mutaforma, che nessuno estraneo al branco, o alle rispettive famiglie dei membri di questo, potesse oltrepassare il limite che segnava l'inizio del loro territorio. Tutti avevano sempre rispettato questa regola, che fossero umani, e quindi la rispettavano per paura, o che fossero della loro stessa razza, poiché per i lupi quella era una legge, una di quelle più importanti. Se un lupo violava senza permesso il Territorio di altri licantropi, poteva essere punito sia dal branco padrone sia dal suo stesso branco.
    Per questo il Re dell'Ovest era così preoccupato per la figlia: la bella Blanche, infatti, era solita andare a rifugiarsi nel bosco per leggere, all'ombra della sua Quercia preferita, un libro della moltitudine che riempiva la biblioteca di corte.
In molti vedevano spesso la principessa dirigersi saltellando verso la foresta verdeggiante. Il Re, ovviamente, era stato avvertito di ciò e quindi, dopo il primo richiamo che lui fece alla figlia, questa cominciò ad andare nel bosco di nascosto, stando ben attenta a non farsi vedere da nessuno.
    Amava la pace che fischiava lieve tra le foglie degli alberi, le piaceva allontanarsi dal rumore del Paese e dai problemi del castello.
    Mentre passeggiava per i corridoi dell'immensa dimora, la principessina Blanche stava proprio pensando a questo. Non vedeva l'ora di recarsi alla foresta. L'unico problema era che le mancava il libro. L'ultimo l'aveva finito il giorno prima e non l'aveva per niente soddisfatta. Aggrottando leggermente le sopracciglia imboccò il corridoio che portava alla biblioteca, sperando di riuscire a trovare uno scritto che facesse al caso suo.
    Dopo aver varcato la grande porta della biblioteca, si ritrovò davanti suo padre. Fece appena in tempo a fermarsi per non andare a sbattergli contro.
    Il Re, nonostante la sua età, aveva vispi occhi azzurri, molto spesso velati da un'emozione che Blanche non riusciva a identificare.
    - Padre! - Esclamò - Mi avete spaventata!
    Il Sovrano sorrise bonario. - Non era mia intenzione, tesoro -, disse, - Stavo giusto venendo a cercarti, sai? Vorrei parlarti di una questione molto importante - Sulle ultime parole, il suo tono di voce si era fatto più serio e cupo. Blanche annuì e lo guardò con aria interrogativa, aspettando di sapere quello che lui voleva dirle.
    - Vieni, figlia mia, siediti. - La spinse dolcemente verso una delle grandi e comode poltrone che riempivano la biblioteca e lui si mise in piedi davanti a lei. Sospirò prima di cominciare a parlare.
    - Spero, mia cara, che tu non sia più tornata nel bosco -
    Blanche sentì immediatamente il cuore accelerare. Di solito non le piaceva mentire, ma era troppo affezionata ai suoi pomeriggi sotto la Quercia.
    - No padre - rispose. La bugia le colorò le guance di rosso.

    Il Re aggrottò le sopracciglia, sapendo perfettamente che la figlia non era sincera. - Sei una ragazza intelligente, mia dolce Blanche - Riprese lui con voce severa, sfumata dalla preoccupazione. - Per questo mi spiace doverti ripetere ancora il motivo per cui devi tenerti lontana dal bosco. Sei la principessa e questo fa di te una preda succulenta. Sai perfettamente quanto è grande l'odio che i lupi nutrono nei miei confronti, sai quante volte hanno cercato di attaccarmi durante gli anni. Cosa pensi che farebbero se vedessero te, la mia unica e splendida figlia, che leggi tranquillamente vicino al loro territorio? -
    Blanche capiva che il discorso del padre era giusto in tutto e per tutto, ma il pensiero di non poter andare più a leggere tra i rumori delle foglie fruscianti e i cinguettii degli uccelli la faceva star male. Solo là, nel bosco, riusciva a essere davvero serena, solo nel bosco poteva allontanarsi dalla faticosa realtà. Era come se il suo posto fosse proprio a sedere sull'erba verde e soffice che aveva imparato a conoscere. Quando riprese a parlare la sua voce era instabile, come se le sue stesse corde vocali si rifiutassero di cercare una scusa così sciocca. - M-ma non ci sono mai andata durante il g-giorno di luna piena - Il Re sorrise tristemente alla falsa ingenuità della figlia.
    - Sai che possono essere feroci anche senza Luna Piena. L'abbiamo visto, ricordi? - Gli occhi del padre si scolorirono mentre lui inseguiva ricordi spiacevoli.
    Blanche sentì un brivido attraversale la schiena quando la scena le tornò vivida davanti a gli occhi. Ricordò la paura che aveva avuto quando, pochi anni prima, l'uomo, trasformato per metà, era entrato nel villaggio in un giorno in cui il Re e Blanche erano al mercato, e aveva cercato di mordere e uccidere suo padre. L'aveva buttato a terra, tra lo scompiglio generale, urlando accuse incomprensibili e, se le guardie non avessero avuto una tale prontezza di riflessi, forse il lupo avrebbe davvero ucciso il Re, quel giorno.

    I mercanti e gli uomini che li circondavano erano subito entrati in azione per difendere il loro Re; alcuni riempivano bacinelle d'acqua, nelle quali gli speziali spargevano polvere di strozzalupo. Le guardie ritiravano prontamente le bacinelle e ne versavano il contenuto sulla schiena dell'uomo lupo, la cui pelle cominciò a bruciare. Il lupo continuò a dibattersi tra le braccia dei soldati fino a che il dolore della pelle divenne tanto da farlo svenire. Le guardie l'avevano caricato su un carretto, preso in prestito da un popolano, e l'avevano trascinato al castello, seguiti dal Re e Blanche. Una volta arrivati a casa la ragazza si era rifugiata nella propria camera, nel caso in cui l'uomo riprendesse i sensi e ricominciasse a urlare. Non fece abbastanza in tempo e sentì le grida del prigioniero entrare violente dalle finestre del corridoio; poi, d'un tratto, la voce dell'uomo si spense e a Blanche sembrò quasi di sentire il rumore dell'ascia che recideva le ossa e i tendini del collo. Quell'uomo trasformato per metà era stato ritenuto così pericoloso che la sua esecuzione non venne nemmeno eseguita in pubblico.
    Il cuore di Blanche cominciò a correre al solo pensiero, e suo padre dovette capirlo, poiché disse: - Certo che ricordi - la sua voce si era affievolita e adesso parlava con più dolcezza. La ragazza annuì lentamente rivedendo davanti a sé l'ampia pozza di sangue che aveva allagato il loro cortile.
    - Per l'ultima volta, bambina mia, ti scongiuro, non andare nel bosco. Perdere tua madre è già stato un dolore troppo grande. Sei tutto ciò che mi rimane, se dovessi perdere anche te, io... io non potrei continuare a vivere - Il Re si inginocchiò davanti alla figlia e le prese le mani. Blanche notò che aveva gli occhi lucidi. - Capisci, figlia mia? - La ragazza lasciò le mani del padre e serrò le braccia attorno al suo collo, abbracciandolo con calore.
    - Non mi perderete mai, padre. Sarò sempre qui con voi - disse in un sussurro. 
    - Mi prometti che non andrai più nel bosco?
    - Ve lo prometto. -, disse. E in quel momento Blanche era più che sincera.
    Il Re si alzò e rivolse un sorriso forzato alla sua unica figlia. - Immagino tu fossi venuta in biblioteca per prendere un libro - Blanche ricordò che aveva intenzione di trovare un libro abbastanza avvincente da leggere sotto la sua amata Quercia. Questa volta avrebbe dovuto accontentarsi del silenzio del loro giardino.
    - Giusto! Me n'ero quasi dimenticata! -, rispose, ricambiando il sorriso del padre con un'espressione più sincera. Si alzò in piedi e si diresse ad una delle enormi librerie che riempivano la sala. I manoscritti erano divisi per sezione e adesso lei stava scorrendo i titoli di grandi opere teatrali. Alla fine optò per il classico Molto rumore per nulla: dopo tutti quegli orribili ricordi, aveva proprio bisogno di divertirsi un po'.
    Si voltò e, prima di uscire, salutò il padre con un sonoro bacio sulla guancia.

    Una guardia in armatura entrò nel momento esatto in cui la principessa apriva la porta. Si prostrò in un profondo inchino e, quando il rumore dei passi della ragazza fu sparito, si voltò verso il Re con aria solenne.
    - Devo assicurarmi che rimanga al villaggio, Vostra Maestà? -, chiese. Il Re si lasciò cadere senza forze su una delle tante poltrone che popolavano la biblioteca, con l'aria di essere molto stanco.
    - No. -, rispose alla guardia, - Credo che le sia passata la voglia di gironzolare per il bosco. Spero davvero che questa volta mi dia ascolto. Mi fa stare così in pena quando non la vedo al castello! Ho sempre paura che possa avvicinarsi troppo a quel territorio maledetto, ho sempre paura che possano prenderla e farle del male - Il Re sospirò rumorosamente e chiese alla guardia di lasciarlo da solo. Questa si inchinò e uscì dalla biblioteca a passi svelti.







MoonAndRachel:
Allora, salve a tutti quanti e grazie per essere arrivati fin quaggiù.
Dovete sapere che questo capitolo non avrebbe dovuto essere pubblicato già stasera, ma l'estate dà alla testa e noi non abbiamo dato retta alla razionalità. Questa storia vive nelle nostre menti (malate) da mesi e solo adesso siamo riusciti a mettere davvero giù qualcosa di decente. Beate vacanze! xD
Lasciate recensioni con consigli, aspettative e prime impressioni.
Abbiamo dedicato tutti noi stessi alla creazione di questo mondo fantastico e per noi è un grande onore poterlo condividere con voi. Speriamo che sarete tanti a leggere e a recensire.
Un bacio da entrambi e alla prossima puntata! ;)
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** L'incontro ***


Capitolo 2 - Definitivo
- CAPITOLO 2 -
L'INCONTRO





Appena sveglia, Blanche volse lo sguardo alla finestra aperta, strizzando gli occhi per la forte luce. Il sole era alto nel cielo e capì che l'alba doveva essere passata già da un bel po' di tempo. Si alzò dal letto di malavoglia e si diresse lentamente verso la finestra.
I paesani affollavano il mercato e i fruttivendoli gridavano a squarciagola il nome di ortaggi importati dalle terre oltreoceano. 
I contadini continuavano a lavorare i loro piccoli campi e alcuni bambini correvano spensierati per le strade ridendo e scherzando, rubando qualche mela qua e là. Blanche scosse la testa nel vedere un gruppo di ragazzetti che cercavano di rovesciare un secchio pieno d'acqua sulla testa di una loro compagna. faceva da sfondo a quello scenario idilliaco il vasto bosco dove la Grande Quercia si stagliava in tutta la sua imponenza verso il cielo. Il sole creava strane ombre sulle foglie degli alberi, facendoli apparire quasi splendenti. Sospirò ancora, cercando di reprimere la tentazione di vestirsi, prendere il suo libro e rifugiarsi nel verde del Bosco.
    Ripensò al discorso che suo padre, il Re, le aveva fatto il giorno prima.
Forse, pensò, aveva fatto una promessa troppo grande. C'era qualcosa nel Bosco, nell'erba, nei fiori che la attirava, come se il suo sangue fosse legato a quella terra. Forse avrebbe potuto andarci un'ultima volta, tanto per dire addio a quel posto che aveva sempre amato. A questo pensiero Blanche scosse la testa e sorrise. Oggi è giornata da pensieri malinconici, pensò.
Ma desiderava davvero andare nel bosco. Desiderava sentire la morbidezza dell'erba sotto le scarpe. In fin dei conti, il giorno prima non sapeva che sarebbe stata l'ultima volta in cui si recava là. Doveva davvero salutare quella Pace. Dopo avrebbe potuto mantenere la promessa fatta a suo padre.
    Si allontanò dalla finestra e la chiuse, dopodiché si voltò verso l'armadio. Decise che non avrebbe chiamato nessuno per essere aiutata a vestirsi: la servitù avrebbe potuto insospettirsi. Aprì teatralmente le ante e scelse uno dei vestiti più semplici che aveva: un vestito azzurro con le gonne poco gonfie, le maniche corte e un cinturino scuro in vita. Lo infilò di fretta, legò i lunghi capelli in una mezza coda, prese il libro dal comodino e corse verso la porta... dove si fermò di scatto.
Con la coda dell'occhio aveva visto il cesto che di solito usava per andare al mercato. Potrebbe essere una buona idea, pensò.
Afferrò il cestino e nascose il libro sotto la stoffa che era appoggiata sul fondo.
    Aprì la porta ed uscì.
    Mentre camminava lungo gli immensi corridoi, capì che avrebbe dovuto
attraversare il portone principale per non destare il sospetto dei servi se l'avessero colta di sorpresa mentre camminava verso una delle uscite secondarie. In più sapeva che quasi tutte le stanze erano occupate dai servitori e dagli spasimanti delle cameriere. Alzò gli occhi al cielo, pensando a Ethalyn, una delle sue migliori amiche, nonché sua dama di compagnia, che era stata trovata in dolce compagnia in una delle grandi stanze del castello. Rise al ricordo del suo viso in fiamme.
Alzando lo sguardo si accorse di essere già arrivata al portone. Uscì con nonchalance, combattendo l'istinto di guardarsi intorno come una ladra, e cominciò a scendere i gradini, lieta che nessuno le avesse detto più che un "Buongiorno, principessa Blanche!". Era felice che nessuno le avesse fatto domande... - E voi dove credete di andare principessina? -
Blanche si immobilizzò e rivolse lo sguardo alla Balia, che le andava incontro asciugandosi le mani sul lungo grembiule. A quanto pare stava lavando i panni al pozzo di corte.
    - Al mercato, Balia... -, le rispose Blanche con il sorriso più innocente che aveva, mostrandole il cestino. Menomale che l'ho preso!
Ma la Balia non sembrò molto convinta e, dopo aver salito gli scalini ed essersi ritrovata davanti alla principessa, le rivolse uno sguardo indagatore.
    - Ma davvero? -, le disse. - E cosa andreste a fare al mercato da sola? -
    - Be',
ci sono le tende...quelle che ho ora non mi piacciono, lo sai. Poi ho visto dalla finestra che i carri portavano merce dagli altri regni e pensavo di darci un'occhiata.
- Blanche cominciò ad avere paura di essere stata scoperta.
    - State lontana dal bosco, bambina. Vi tengo d'occhio sappiatelo! -
Blanche annuì con convinzione e baciò la Balia sulla guancia. - Ti comprerò un regalino! -, le disse, e la Balia si addolcì un po'.
    - Spero per te che sia carino! -
La principessa si voltò ridendo e scese gli scalini restanti. Sapeva che la Balia la stava ancora guardando, quindi aspettò di essere al centro del cortile per voltarsi. Quando si girò vide l'anziana donna entrare svelta nel castello. Con un'alzata di spalle tornò sui suoi passi e continuò a camminare verso l'enorme cancello aperto, dirigendosi verso il mercato.

Isolde Katriona O'Moore, meglio conosciuta nel Regno come la Balia della principessa Blanche, camminava il più velocemente possibile verso la biblioteca, dove era sicura di trovare il Re.
Quando aprì con forza le porte della stanza, constatò con soddisfazione che il suo istinto non l'aveva ingannata. Il Re, infatti, era seduto elegantemente su una poltrona e in mano aveva un libro, il quale aveva il titolo scritto in una lingua che la Balia non conosceva. D'altronde era risaputo che il Re dell'Ovest, come quelli delle altre terre, conosceva svariate lingue. Mentre la Balia sapeva leggere a stento la propria.
    Il Re alzò lo sguardo dalle pagine del suo libro e quando vide la Balia i suo occhi si incupirono.
La donna si affrettò a inchinarsi e rispose alla tacita domanda del suo signore: - Ho visto la principessina uscire, Vostra Maestà. Quando l'ho fermata ha sostenuto di volersi recare al mercato.
    Il Re balzò in piedi. - Perché diamine non l'avete accompagnata? -, disse furente.
    - Voi mi avete ordinato di riferirvi ogni volta in cui avessi visto vostra figlia uscire, Signore.
L'
uomo rimase un po' interdetto, quasi incredulo di aver dato un ordine così sciocco.

    - Andate al mercato, Balia. Assicuratevi che mia figlia sia lì e che non si avvicini al Bosco. Stanotte c'è il plenilunio.
Gli occhi del Re si velarono di paura e la Balia ebbe un fremito. Si inchinò prima di uscire e, voltandosi, quasi si scontrò con un paggetto. Il quale si tolse il cappello in segno di scuse. Mentre richiudeva le porte, la donna vide che il paggio stava consegnando una lettera al Re, il quale voltò le spalle al ragazzo per leggerla.

Blanche camminava senza fretta tra le bancarelle del Mercato. Aveva già acquistato delle tende, per essere sicura che la Balia non facesse troppe domande, nel caso la incontrasse di nuovo al ritorno. Aveva comprato anche delle fragole, per riempire lo stomaco mentre leggeva, visto che non toccava cibo dalla sera precedente.
    Si avvicinava sempre di più ad un enorme cespuglio di more. Ai confini del bosco suo padre aveva fatto mettere delle guardie
per impedire ai licantropi di attaccare il villaggio, ai bambini di avvicinarsi a quei luoghi così temuti e, principalmente, per impedirle di andare a leggere all'ombra della Quercia. Blanche riuscì a nascondersi dietro il cespuglio senza che nessun paesano e nessuna guardia la vedesse. Usava quella strategia per entrare nel bosco da così tanto tempo, che ormai era diventata bravissima a nascondersi.
Lentamente, stando attenta alle spine, riuscì ad immergersi nella vegetazione, pestando piante e fiori. Usando i larghi tronchi degli alberi come nascondiglio riuscì ad penetrare sempre di più nel bosco, finché non vide più le guardie.
    Si mise a camminare fischiettando lungo quella strada che conosceva fin troppo bene. Quando raggiunse il possente albero, ebbe la sensazione di poter respirare ancora. Felice, si sedette ai piedi della Quercia e prese il libro dal cestino. Aveva già superato la metà, ma non era un problema, visto che il suo addio avrebbe dovuto essere veloce.
    Aprì il libro e si immerse nelle avventure di Ero, Claudio, Beatrice e Benedetto, prendendo, di tanto in tanto, una fragola dal cestino,
   
gustandosi appieno, come mai prima d'ora, ogni singolo momento: il fruscio del vento fra i rami degli alberi, il dolce profumo dei fiori e la sensazione di sicurezza e protezione della Quercia.
Blanche sapeva che avrebbe dovuto tornare presto al castello, per non destare sospetti, ma leggeva lentamente, assaporando ogni parole e sorridendo quando succedeva qualcosa di divertente. Il suo cuore era calmo come l'aria che muoveva leggermente le foglie, causando quel rumore che le piaceva tanto.
    Era quasi alla fine del piccolo libro e sapeva che di lì a poco avrebbe dovuto tornare a casa e lasciare quella pace che suo padre le aveva negato, per paura dei Lupi. Ma i Licantropi non uscivano dal loro territorio. Blanche aveva passato molto tempo prima di convincere, almeno in parte, se stessa.
Sapeva che i Licantropi uscivano dal Territorio e si avventuravano nel bosco ogni volta che volevano. Lo sapevano tutti, ma solo lei e altri ragazzi del villaggio avevano il coraggio - o l'incoscienza - di andare lo stesso a passeggiare tra gli alberi.
    Gli occhi di Blanche scorrevano su quelle righe piene di avventure e magia e amore. Era totalmente immersa nella pace del momento, quando uno scricchiolio interruppe la sua beatitudine. Proveniva dall'albero davanti a lei. La principessa fermò la mano a mezz'aria, nell'atto di portarsi una fragola alla bocca, e alzò gli occhi inquieti verso la chioma dell'albero. Un altro scricchiolio. Un altro ancora.   
    Una figura si lanciò dal mezzo dei rami e atterrò al suolo con un tonfo sordo, piegando un ginocchio.
    Blanche balzò in piedi, facendo cadere la fragola e il libro. Il suo cuore aveva cominciato a battere all'impazzata, e quando il Licantropo alzò gli occhi su di lei, credette di poter morire.
    L'uomo si erse in tutta la sua altezza e la guardò diritta negli occhi, mentre la principessa sentiva che l'aria cominciava a scarseggiare. Nel momento in cui l'uomo cominciò a parlare, altre figure scesero dalle chiome degli alberi e lei si ritrovò accerchiata da sei Lupi Mannari.
    - Guardate un po' chi abbiamo qui: la bella figlia del re! -
    
Blanche si guardò attorno con il cuore che le martellava in gola e vide i volti tanto tranquilli quanto inquietanti degli altri Lupi, di cui lui sembrava essere il capobranco.
Udendo le sue parole, gli altri Lupi sorrisero. Non erano sorrisi cattivi, ma rimanevano comunque piuttosto spaventosi.
    Blanche tremava come se d'un tratto si fosse trovata in mezzo alla neve, e con le mani stringeva la stoffa del vestito.Tanto da far sbiancare le nocche e sentire dolore alle dita.
    Un altro Lupo si fece avanti, ritrovandosi molto vicino a lei. Era un ragazzo dalla pelle più scura degli altri. Sotto i vestiti si poteva scorgere un corpo al contempo esile e muscoloso. - La principessa ha smarrito il sentiero? Ha bisogno di essere riaccompagnata al castello, da paparino? -, le disse il ragazzo.
    - Vi ringrazio, ma so ritrovare da sola la strada di casa. - Nonostante avesse cercato con tutte le sue forze di mantenere ferma la voce, questa continuava ugualmente a tremare. Blanche pensava che il suo cuore avrebbe potuto esploderle in petto. Sapeva che le avrebbero fatto del male, suo padre l'aveva avvertita. D'un tratto ricordò che quella sera ci sarebbe stata la luna piena. Capì di essere nei guai e temeva che non ne sarebbe uscita molto facilmente. I Licantropi odiavano suo padre e adesso avevano lei, una ragazza che non avrebbe mai potuto difendersi da sei Lupi, figlia del Re. Avrebbero sicuramente colto l'occasione per vendicare quelli che per loro erano torti subiti dal Re stesso. La principessa deglutì rumorosamente, senza che una goccia di saliva le percorresse la gola. La paura le aveva seccato la bocca, e tutto ciò che lei desiderava in quel momento era poter tornare a casa e dimenticare quell'incontro. Aveva paura e i Lupi potevano leggerglielo negli occhi, nei pugni chiusi intorno alla stoffa e nella postura rigida.
    - Andiamo, Wikvaya! E' già abbastanza spaventata, non stai migliorando la situazione! -, esordì il capobranco.
    Blanche prese abbastanza coraggio da girare lo sguardo, ancora terrorizzato, verso gli altri Lupi. Si fermò per un attimo su un ragazzo con le braccia incrociate, appoggiato al tronco di un albero. Aveva neri capelli lunghi fino quasi alle spalle. Voltò ancora lo sguardo, questa volta per posarlo sul capobranco, che sembrava anche essere uno dei componenti più grandi del gruppo. - Lasciatemi andare! -, gli disse. Più che un ordine, la sua sembrava una supplica. Non aveva tempo per maledirsi di essere sembrata così debole.
    Il Lupo le rivolse un mezzo sorriso, si spostò di lato e tese un braccio verso il sentiero, come ad aprirle la strada. - Non è mai stata nostra intenzione trattenervi, principessa.
    Blanche sgranò gli occhi un attimo, colpita da quella gentilezza. Raccolse il cestino più veloce che poteva e si avviò lungo il sentiero di ritorno, cercando di non mettersi a correre. Mentre passava accanto al capobranco, questo le sussurrò una cosa all'orecchio, spingendola a fermarsi: - Al contrario di quello che vostro padre vi ha raccontato, non siamo noi quelli cattivi. Non siamo bestie, principessa.
    La ragazza lo guardò negli occhi un attimo. Una sensazione che nemmeno lei sapeva riconoscere la pervase. Ricominciò a camminare velocemente, sentendo su di sé gli sguardi di tutti i Lupi. Per una volta, non vedeva l'ora di tornare a casa. - Salutateci vostro padre, comunque! -, le gridò uno di loro. Le sembrava di aver riconosciuto la voce del ragazzo che il capobranco aveva chiamato Wikvaya.
    Il tragitto per arrivare al cespuglio di more le era sembrato più lungo del solito. Il cuore le batteva ancora all'impazzata e gocce di sudore le accarezzavano le tempie. Aggirò il cespuglio e, senza che nessuno la vedesse, per sua fortuna, si ritrovò vicino ad una delle migliaia di bancarelle del mercato. Tirò un sospiro di sollievo e cominciò a camminare in mezzo alla gente come se fosse sempre stata lì, sentendo comunque le gambe tremare e le braccia fin troppo leggere. Sperò che il terrore non le si leggesse ancora nello sguardo.

Isolde stava ancora camminando tra le bancarelle. Aveva chiesto a vari mercanti se avessero visto al principessa e loro avevano riposto che sì, la ragazza li aveva salutati educatamente e aveva anche comprato delle tende. - Credo che si aggiri ancora da queste parti, signora Balia. Il mercato è grande, prima o poi la troverete! -, le aveva detto un uomo anziano con pochi denti, che si era tolto il cappello per salutarla, rivelando una liscia e splendente testa pelata.
    La Balia stava ancora cercando la principessa, chiedendosi se non fosse davvero tornata nel bosco. Se è così, la aspetta una bella ramanzina, una volta tornata a casa, pensò aggrottando la fronte. Mentre allungava il collo per vedere oltre le persone che stavano davanti a lei, tutte tristemente più alte della povera donna, sentì un paio di mani calde che le coprivano gli occhi e un cestino che le urtava la spalla.
    - Principessa! -, esclamò. La Balia si voltò di scatto e guardò il viso arrossato e sorridente della sua principessa. - Vi ho cercata ovunque! Si può sapere dove vi eravate cacciata?
    - Sono sempre stata qui, Balia! - Blanche le sorrise. - Ti ho anche comprato un regalo, come promesso. - Blanche infilò una mano nel cestino e ne trasse fuori un bellissimo orologio da comodino. La cornice era decorata con delicati fiori azzurri, il colore preferito della sua Balia. L'aveva appena comprato, poco prima di vedere l'anziana signora che si aggirava tra i vari banconi.
    Alla vista dell'orologio Isolde lanciò un gridolino di felicità e strappò l'oggetto di mano alla ragazza. - E' proprio quello che mi piaceva! Come facevate a saperlo? - La guardò con gli occhi luccicanti e un sorriso radioso ad illuminarle il viso.
    - Ormai ti conosco bene, Balia. - Blanche la abbracciò. Trovava sempre molta soddisfazione nel fare regali alla sua amata Balia, perché qualunque cosa le si donasse, lei era sempre felice e la maschera di severità che indossava ogni giorno si spezzava per un po'. Isolde ripose con cura l'orologio dentro il cestino, prese la principessa a braccetto e disse: - E' ora di tornare a casa, Maestà! - Blanche la seguì con falsa allegria, cercando di premere il ricordo dei Licantropi in un angolo nascosto della sua mente. D'un tratto la Balia si girò verso di lei, gli occhi velati di preoccupazione. - Giuratemi che non siete andata nel bosco, principessa. -
    - Te lo giuro, Balia. -, disse Blanche, mettendo una mano sul cuore e forzando un sorriso. Sentiva ancora la pressione sanguigna pulsarle nelle orecchie.
    La Balia guardò con fare indagatorio le sue guance arrossate.
    - Cos'ho che non va? -, le chiese la principessa, aggrottando la fronte.
    - Le vostre guance. - , rispose. - Sono rosse quanto una mela matura! -
    Blanche ruotò teatralmente gli occhi al cielo. - Oggi fa caldo, Balia, siamo in estate, e io ho camminato molto tra le persone e le bancarelle. Sarebbe strano se io non avessi le guance rosse.
    Alzò le sopracciglia e sorrise alla Balia, la quale sembrò convinta e, sorridendo di rimando, prese di nuovo la ragazza a braccetto, cominciando a parlare delle persone che aveva visto al mercato e a raccontare i nuovi pettegolezzi che passavano di bocca in bocca. Fu un sereno ritorno a casa. Almeno per Isolde.

La Balia stava canticchiando mentre, con passo tranquillo, raggiungeva lo studio del Re, dal quale era stata convocata. La sera era ormai calata da un bel pezzo e la cena era stata meravigliosa. Le cuoche avevano superato loro stesse. O forse era lei che aveva più fame del solito.
    Una volta davanti alla porta di legno lisciò il grembiule, mise a posto i capelli e bussò. Il Re le aprì poco dopo e la donna si prostrò in un profondo inchino, facendo sorridere il suo vecchio Signore. - Benvenuta, Isolde! Prego, entrate. -, le disse il Re, facendole spazio. La Balia entrò sorridendo.
    - Posso dedurre dalla vostra espressione beata che mia figlia sia davvero stata al mercato, quest'oggi.
    - Oh, sì, Signore. Mi ha anche comprato un regalo! - La Balia aveva parlato con un tale orgoglio e felicità, che al Re venne spontanea una risata. Aveva l'espressione di una bambina e la contentezza di una madre. Dopotutto, per Blanche era come se la donna fosse davvero una madre per lei, poiché la regina era morta dandola alla luce.
    - Ha comprato anche delle tende e prima le abbiamo appese alle sue finestre. Vostra figlia ha davvero buon gusto, sapete?
Il Re annuì sorridendo. - Sono davvero felice di sapere che mia figlia sia stata lontana da quel luogo dannato. Posso rilassarmi, adesso. - Allungò le braccia come a mettere in atto le proprie parole, dopodiché si avvicinò alla Balia e le mise una mano sulla spalla. - Vi ringrazio davvero tanto, Isolde. Non so proprio come farei senza di voi! - A queste parole la Balia fece con la mano, come se fosse lusingata. - Troppo gentile, Vostra Altezza! -.
Il vecchio sovrano le diede due pacche sulla spalla e le disse: - Oggi ho saputo che domani mattina arriveranno da noi Il Re e la Regina dell'Est. Tra qualche giorno è il compleanno dei loro splendidi figli e saranno così gentili da venirci a trovare e darci qualche... anticipazione sulle persone che ci saranno ai festeggiamenti. Sarà anche un'ottima occasione per farsi consigliare con quale regalo presentarsi alla festa. Porteranno il tè della loro terra. Adoro quel tè, sembra venire dal Paradiso. E, credetemi, Balia, io ne so parecchio sul Paradiso! - Il Re finì il discorso sorridendo alla Balia, dopodiché la congedò gentilmente, chiedendole di svegliare Blanche di buon'ora, il mattino dopo. Pensava che la figlia fosse già a dormire e non c'era bisogno di avvertirla adesso dell'arrivo dei Sovrani dell'Est.

Nella sua stanza, Blanche stava tutt'altro che dormendo. Camminava irrequieta avanti e indietro, tanto che temeva di poter lasciare un solco sulle assi del pavimento. Il ricordo di ciò che era successo quel giorno la stava tormentando. Se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire la paura che le attanagliava lo stomaco. Lentamente si avvicinò alla finestra, che aveva aperto con la speranza che un po' di vento rinfrescasse la stanza.
    Appoggiata al davanzale, osservava le guardie che camminavano davanti ai confini del bosco. Erano state aggiunte le scorte, a causa delle luna piena, e altri uomini in armatura sorvegliavano il cancello e tutte le entrate del castello, comprese le finestre.
    Blanche si allontanò dal davanzale con uno sbadiglio. La stanchezza cominciava a farsi sentire.
    Si chiese perché i Licantropi non le avessero fatto del male, e perché l'avevano lasciata andare. Non  erano stati così tremendi come tutti le avevano insegnato a pensare. E le parole del capobranco, "
Non siamo noi quelli cattivi", cosa volevano dire? Mille interrogativi creavano caos nella sua mente. Era talmente stanca che decise di rimandare le domande e i pensieri al giorno dopo.
    Prese di slancio il cestino che aveva portato al mercato. Scostò la stoffa che ne ricopriva il fondo per prendere il libro... Ma non c'era nessuno libro.
Sentì il colore defluire dal suo viso, mentre toglieva la stoffa.
    Si alzò in piedi con lo sguardo di chi ha appena visto un fantasma e si girò verso la finestra, gli occhi rivolti al bosco.
    Mentre un ululato rompeva il silenzio di quella serata, Blanche venne sopraffatta dall'amara consapevolezza.
    Nella fretta, aveva dimenticato il libro nel bosco.






MoonAndRachel:
Eccoci di nuovo qua con la nostra storia a quattro mani!
Speriamo che questo capitolo vi abbia appassionato e vi spinga ad andare avanti nella lettura.
Il bello devo ancora venire, ragazzi! ;)
Ringraziamo tutti coloro che hanno messo questa storia tra le seguite e anche quelli che si solo fermati a leggere.
Ricordate che le recensioni fanno bene alla salute (vostra e nostra) e all'autostima! xDxD
Un grande abbraccio da entrambi e al prossimo capitolo! ;)


Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Imprevisti ***


Capitolo 3
- CAPITOLO 3 -
IMPREVISTI






Mentre cercava di gestire l'emozione delle cameriere e dei servi, Isolde si accorse che stava sudando. Era un'alba molto calda per essere Maggio.
Gridando ordini a destra e a manca si asciugava le gocce di sudore dalla fronte e sperava ardentemente che quel pomeriggio fosse tutto perfetto per l'arrivo dei sovrani dell'Est.
    Quella mattina aveva svegliato la principessa Blanche di buon'ora perché non vedeva l'ora di darle la lieta notizia. La ragazza l'aveva guardata con gli occhi impastati di sonno e quando aveva capito che Evelyn e Frederyck, i due gemelli dell'Est, sarebbero arrivati nel pomeriggio era saltata in piedi e l'aveva abbracciata. Isolde sorrise ricordando la felicità della principessa. Blanche aveva sempre nutrito una forte simpatia nei confronti dei due fratelli; era con loro che passava la maggior parte delle serate quando i sovrani dei quattro regni si riunivano ed era con loro che si divertiva di più. Certo, la simpatia di Blanche era ricambiata e la Balia era convinta che anche Evelyn e suo fratello Fred non vedevano l'ora di arrivare a palazzo e riabbracciare la loro vecchia amica. Non si vedevano da tanto e avrebbero avuto tante cose da raccontarsi.
    Isolde sentì un improvviso tonfo e il rumore di piatti che vanno in pezzi. Si voltò di scatto e vide una cameriera distesa a terra e migliaia di cocci di porcellana sparsi intorno a lei. La Balia riconobbe con un tuffo al cuore il servito preferito del Re. Si batté una pacca sulla fronte in segno di disperazione.

    Blanche era distesa sul suo letto e sorrideva. Era stata svegliata alle prime luci dell'alba e stava ancora pensando a come sarebbe stato bello l'arrivo dei suoi amici. Nei mesi in cui non si erano visti le erano davvero mancati, nonostante le numerose lettere che si erano scambiati. In più la regina aveva appena avuto un'altra figlia e Blanche era ansiosa di vedere se la bambina aveva gli stessi capelli biondi della madre e dei fratelli. La piccola era l'ultima di cinque figli e la seconda femmina. Non si poteva certo dire che i sovrani dell'Est avessero problemi di successione! Con ben tre figli maschi, i cui due più grandi avevano rispettivamente venti e ventuno anni (ma che al momento erano oltreoceano per l'addestramento militare), il Re non si stancava troppo a governare il suo regno.
    Adesso i due sovrani si stavano recando da loro per un invito ufficiale alla festa di compleanno di Evelyn e Frederyck, e per passare delle belle giornate in compagnia. Era risaputo, infatti, che Sygfrid Lumiére DuSoleil, Re dell'Ovest, e Arkan Dageraad, Re dell'Est, erano due buonissimi amici e non si negavano mai un aiuto. Per loro ogni scusa era buona per farsi visita. Purtroppo negli ultimi quattro mesi Re Arkan era dovuto rimanere vicino alla moglie, poiché l'ultimo mese di gravidanza e i primi tre mesi della piccola Amanda erano stati molto duri da superare. La Regina, infatti, aveva quasi rischiato di perdere la figlia e questa, anche dopo la nascita, non era molto stabile. Adesso, fortunatamente, la bambina era stata dichiarata fuori pericolo dal medico di corte.
    Blanche seguiva il filo dei suoi pensieri, quando, senza preavviso, la sua memoria la riportò al libro dimenticato nel bosco il giorno prima. Molto rumore per nulla era uno dei suoi libri preferiti e non ce n'erano molte copie al mercato del popolo. Non aveva intenzione di lasciarlo nella foresta.
    Pensò che recarsi di nuovo tra gli alberi sarebbe stato un gesto molto stupido da parte sua, ma non riusciva ad ascoltare quella vocina che le gridava di rimanere al castello e lasciare quell'inutile libro in preda ai lupi.
    Si alzò lentamente dal letto, per evitare capogiri, e si diresse verso la finestra, come faceva ogni mattina. La piazza era quasi completamente vuota, fatta eccezione per qualche mercante che stava già sistemando il proprio banco e i contadini che stavano controllando i propri campi per essere sicuri che durante la notte nessun animale avesse rovinato i germogli. Dal silenzio che regnava sotto le sue finestre, la principessa capì che i popolani non erano ancora stati avvisati dell'arrivo dei sovrani dell'Est.
    Era il momento giusto per andare a riprendersi il libro: le persone ancora dormivano, la guardia dei soldati ai confini del bosco era bassa e all'interno del castello tutti stavano lavorando per rendere l'ambiante ancora più accogliente di quanto già non fosse.
    Si avvicinò all'armadio e aprì le ante, scegliendo uno dei vestiti più semplici e comodi che aveva. Lo indossò velocemente, facendo volentieri a meno del corsetto e della faldiglia; legò i capelli nella sua solita mezza coda e, senza pensarci due volte, uscì dalla camera.
    Una volta nel largo corridoio fu invasa dalle voci indaffarate della servitù: donne che cambiavano le tende, uomini che spostavano i mobili per far sì che l'ambiente sembrasse più illuminato, bambini che rendevano quasi impossibile il lavoro di questi ultimi. Blanche riuscì ad attraversare il corridoio passando inosservata: erano tutti troppo indaffarati per far caso a lei. Scese l'enorme scalinata senza essere notata e solo in pochi la videro e si inchinarono educatamente. Arrivò al portone senza incontrare la Balia o il cancelliere di corte o suo padre e tirò un sospiro di sollievo. Nei giardini reali non c'era ancora nessuno che lavorava, a quanto pare avevano riservato il lavoro all'aperto a più tardi.
    Il cancello era già aperto e lei uscì senza problemi. Sembrava quasi troppo facile per essere vero.
    Era quasi arrivata alla piazza quando sentì il suono di una trombetta. A giudicare dalle note stonate il banditore di corte era molto stanco e non riusciva a tirare fuori molto fiato. La trombetta continuò a suonare finché tutti i popolani, con aria assonnata, uscirono dalle loro case e si diressero lentamente al centro della piazza per ascoltare quello che aveva da dire.
    Blanche si era accucciata dietro un muricciolo di pietre non appena aveva sentito il suono dello strumento e sperava ardentemente che nessuno l'avesse vista. Quando la voce del banditore cominciò a tuonare in un violento "Udite, udite...!" Blanche osò sporgere la testa dal suo nascondiglio e, vedendo che gli occhi di tutti erano fissi sull'uomo, uscì da dietro il muro e, cercando di passare tra i tendoni delle bancarelle per fare in modo di non essere notata, arrivò al suo cespuglio di more. Vide che le guardie erano così distratte dalle parole del banditore che non avrebbero fatto caso a lei nemmeno se fosse passata davanti a loro salutandole allegramente. Pensò che fosse comunque più sicuro passare da dietro il suo fedele cespuglio.
    Entrò nel bosco e vi si addentrò sempre di più, lasciandosi le grida del banditore alle spalle. Camminava lentamente, senza fare rumore. In fondo, aveva paura che i Licantropi fossero svegli già a quell'ora. Era quasi arrivata alla Quercia, dove aveva lasciato il libro. Alzò gli occhi verso gli alberi per assicurarsi che non ci fosse nascosto nessuno e poi, per sicurezza, guardò anche dietro di sé. Non c'era nessuno, era completamente sola. Avrebbe potuto prendere il suo libro e darsela a gambe. Con una stretta al cuore capì che non sarebbe più tornata nel bosco.
    - Se state cercando un Licantropo fareste meglio a guardare davanti a voi!
    Blanche si girò verso la Quercia così velocemente che ebbe un capogiro. Davanti a lei c'era un ragazzo alto e con i muscoli piuttosto sviluppati. Aveva le mani ricoperte di sottilissime cicatrici e, dove finivano le maniche, si poteva notare una fasciatura fresca di giornata. C'era ancora molto sangue sulla garza. Come se non fosse stato ovvio, Blanche si disse che quel graffio doveva esserselo procurato quella notte, durante la Luna Piena.
Notò che il ragazzo teneva in mano il suo libro, aperto, come se lo stesse leggendo. Blanche alzò lo sguardo sul viso del ragazzo e capì che doveva avere sui diciotto o diciannove anni. Una lunga cicatrice gli attraversava una guancia, piegandogli leggermente in giù il lato destro della bocca.
    - Devo dire che siete di molte parole, principessa - le disse il ragazzo alzando un sopracciglio. Blanche si rese conto che non aveva fatto altro che fissarlo con gli occhi sgranati, in preda al terrore. Si chiese se il suo udito fosse abbastanza forte da sentire il suo cuore palpitare. Senza aprire bocca (sapeva che se l'avesse fatto, la sua voce avrebbe tremato) allungò una mano, pregandolo con lo sguardo di restituirle il libro. Il lupo chiuse il volumetto e lo nascose dietro la schiena, sorridendole malandrino, come se avesse avuto voglia di giocare, e Blanche lasciò ricadere la mano lungo il fianco, rassegnata. Continuava ad avere paura, ma dentro di sé sapeva che quel ragazzo non le avrebbe fatto del male.
    - Ma come, principessa, non volete neanche fare le presentazioni? Pensavo che voi reali foste più educati! Bene, mi presenterò da solo: mi chiamo Gabriel e come vedete, o meglio, come dovreste aver capito, sono un Licantropo. Avete presente quelle "bestie", come ci chiamate laggiù al villaggio, che durante le notti di Luna Piena si trasformano in animali facendo un rumore immane? Al vostro servizio! - Gabriel finì in bellezza facendo un inchino ironico.
    Blanche gli rivolse uno sguardo dubbioso, chiedendosi se fosse pazzo o se quello fosse un comportamento normale per i lupi. Con esitazione gli disse: - Piacere di conoscervi.. -, ma il ragazzo non le fece finire la frase perché alzò lo sguardo curioso su di lei, facendola tacere.
    - Allora sapete anche parlare! - le disse sorridendo, e il suo era un bel sorriso, tanto che oscurava la brutta cicatrice che aveva sul viso e faceva brillare i suoi occhi neri. Una strana sensazione attraversò Blanche: era sempre stata convinta che i Licantropi non potessero provare altro che rabbia e sete di sangue, ma quello era uno sguardo giovane e allegro... uno sguardo che, viste le sue convinzioni, non avrebbe mai associato a un lupo.
    - Ehm... potreste rendermi il mio libro... per favore? - chiese con esitazione.
    Il Licantropo rise sottovoce e le si avvicinò, porgendole il libro: - Se me lo chiedete con così tanta gentilezza... - Poi, prendendola alla sprovvista, recitò una delle citazioni del libro che le piacevano di più, senza smettere di sorridere.
    - La vittoria assume il doppio del valore, quando il vincitore riporta a casa quasi intatte tutte le sue forze. - Citò il ragazzo. - E' bello come anche in una commedia perlopiù comica, Shakespeare riesca ad insinuare significati e frasi profonde.
    Blanche lo osservò esterrefatta per un secondo. Insomma, non succede tutti i giorni che un Licantropo ti si avvicini e ti reciti una delle tue frasi preferite da uno dei tuoi libri preferiti!
    La ragazza abbassò lo sguardo sul libro e lo prese delicatamente, come se temesse che Gabriel lo ritirasse all'improvviso. - Grazie - sussurrò, e in quel momento si rese conto che la paura che provava fino a poco prima era sparita e il suo cuore aveva ripreso a battere regolarmente. Poi un pensiero la illuminò: quel Licantropo l'aveva aspettata apposta alla Quercia? E se fosse stata una specie di trappola?
    - Mi stavate aspettando? - chiese in un moto di coraggio. Gabriel aggrottò le sopracciglia e rispose: - Diamine, no! Sono un lupo, non un veggente. Sono capitato qui per caso e ho trovato il vostro libro, solo quando vi ho vista arrivare ho capito che era vostro. Accidenti, credevate davvero che vi avrei aspettata qui tutta la notte? - poi rise. Blanche pensò che fosse davvero un tipo strano, ma sentendo la sua risata non poté fare a meno di sorridere a sua volta. Si ritrovò a chiedersi perché, se tutti i licantropi erano così, la gente li vedeva come bestie orribili e sanguinarie. C'era qualcosa che non andava.
    Quando alzò lo sguardo si accorse che il cielo si era fatto ancora più chiaro e che doveva tornare velocemente al castello. Gabriel seguì il suo sguardo e disse, come se fosse dispiaciuto: - Scommetto che è arrivata l'ora di tornare da paparino. Immagino che il caro, dolce Re non voglia che veniate nel bosco.
    - Io... ehm... sì, ecco, è meglio che vada a casa. - sentendola quasi balbettare a causa della sua domanda, Gabriel le sorrise scaltro. Si inchinò.
- Arrivederci, allora, principessa! - Blanche gli sorrise e fece un piccolo inchino a sua volta, poi si voltò e si incamminò sul sentiero di ritorno.
    Dopo qualche passo sentì una voce in lontananza che diceva: - Eccoti finalmente, Gabe! Sono due ore che ti cerco e... non hai raccolto nulla? - Blanche si voltò a guardare chi era il nuovo arrivato. 
    - Tu invece hai raccolto le mele. Dammene una, ho una fame da leoni - Disse Gabriel.
    - Guarda l'ironia: fino a stanotte avrei giurato che tu fossi un lupo!
Blanche non poté trattenersi dal ridere sommessamente a quella battuta e, sentendola, i due Licantropi si voltarono verso di lei. Ai loro sguardi la ragazza se la diede quasi a gambe. Gabriel scoppiò a ridere e, prima di voltarsi, Blanche riuscì a cogliere l'espressione confusa dell'altro, come se si stesse chiedendo che diavolo ci facesse la principessa lì, a ridere di una sua battuta.

    Blanche oltrepassò il grande cancello e si accorse, con un tuffo al cuore, che due guardie erano già state sistemate ai lati di questo. I due uomini le si inchinarono con difficoltà, vista la pesante armatura di ferro, e la guardarono con aria confusa.
    - Sono andata ad ascoltare il banditore! - disse. Le guardie sembrarono convinte delle sue parole e lei proseguì con un sorriso.
    Una volta in camera poggiò delicatamente il libro sulla sua scrivania con il banco in marmo e si lasciò cadere sul letto, ripensando all'incontro molto strano che aveva appena avuto. Ripensò alla gentilezza di Gabriel e a come lei aveva riso alla battuta dell'altro Licantropo. Si dette della stupida per aver riso così e pensò che, molto probabilmente, era passata da oca.
    La porta di camera sua si aprì e vide entrare Ethalyn, la sua migliore amica, nonché sua dama di compagnia.
    - Non avrai intenzione di presentarti con quel vestito, vero? - Blanche non si stupì del tono confidenziale che la ragazza aveva usato. Si conoscevano da quando entrambe erano bambine e la principessa, raggiunti i sedici anni, l'aveva richiesta come dama di compagnia, così che potessero passare assieme tutto il tempo che desideravano. Quando erano sole si comportavano come due sorelle. Ethalyn era una ragazza bassa per i suoi diciassette anni; aveva boccoli rossi, quasi arancioni, che le accarezzavano le spalle e le tipiche lentiggini che caratterizzavano le persone dai capelli color carota; i suoi occhi erano talmente neri che si riconosceva a stento la pupilla. Blanche aveva sempre pensato che il viso di Ethalyn, con la pelle così chiara punteggiata di efelidi, somigliasse molto a quello delle bambole di porcellana.
    - Certo che no! - le rispose. - Questo vestito l'ho indossato per recarmi un attimo... ehm... - Blanche era così abituata a raccontare tutto alla sua migliore amica che quasi si stupì quando si convinse a mentirle: - Per recarmi ad ascoltare il banditore. - La bugia la fece arrossire, ma Ethalyn sembrò non farci caso.
    - Sarà meglio che cominciamo a vestirti, truccarti e acconciarti i capelli. Hai già scelto il vestito che indosserai?
    Blanche alzò un sopracciglio. - Lo prendo come un no -, rise Ethalyn, fingendo rassegnazione.
    La ragazza si diresse verso l'armadio della principessa e lo spalancò. Osservò i vestiti per un attimo, poi ne tirò fuori uno dalle varie sfumature di verde, molto estivo e allegro.
    - Secondo me è perfetto! - disse Ethalyn raggiante.
    - E' troppo sgargiante per questo periodo dell'anno. Sono colori più adatti per Giugno o Luglio.
    - Oh, ma andiamo. Seriamente? Adesso ci sono colori adatti alle stagioni? - Ethalyn alzò le sopracciglia in un gesto ironico. Blanche si allungò sul letto, prese un cuscino e glielo lanciò. - Che razza di dama di compagnia sei? - La sua migliore amica schivò il cuscino usando il vestito come scudo e scoppiò a ridere. - Perdonatemi, Vostra Maestà, non era mia intenzione offendervi... e soprattutto non volevo offendere il vostro guardaroba! - A queste parole la principessa scoppiò a ridere, buttando la testa all'indietro. Tra le risatine di entrambe, Ethalyn ripose il vestito verde e ne tirò fuori un altro, colorato di celeste, con le maniche e la gonna decorati da splendidi ricami dorati.
    - Perfetto! - disse Blanche allegramente.
    - Non potrei essere più d'accordo.
    Tra respiri trattenuti e varie sofferenze, Blanche indosso il corsetto. Dopodiché Ethalyn la aiutò a mettere la faldiglia.
    Circa mezz'ora dopo il trucco e l'acconciatura erano terminati; Blanche ed Ethalyn avevano optato per una pettinatura semplice, con i capelli gonfiati ai lati delle tempie e uniti dietro da una sfavillante molletta argentata a creare una mezza coda molto elegante. Blanche adorava tenere i capelli sciolti e sentire i leggeri riccioli che le accarezzavano le braccia.
    - Direi che sei pronta. Adesso dobbiamo solo aspettare l'arrivo dei sovrani. - Ethalyn le sorrise e rimasero in silenzio per un lunghissimo minuto.
    - Tra quanto dovrebbero arrivare? -, chiese Blanche. Sentiva il cuore battere velocemente e la felicità stringerle lo stomaco. Solo adesso si rendeva davvero conto di quanto fosse contenta di rivedere i suoi amici, solo ora capiva che sarebbero davvero arrivati.
    Ethalyn intuì la sua eccitazione e per un attimo il suo sguardo si oscurò. Sapeva di essere la migliore amica della principessa, ma a volte aveva paura di non essere abbastanza. Dopotutto erano diverse, lo erano sempre state: lei era una semplice dama di compagnia, Blanche invece era una reale, destinata a diventare regina. Pensò che a prima vista non sembrava una grande differenza, ma aveva imparato, dalla sua amicizia con la principessa, che lo stato sociale significava molto. Ma loro erano riuscite ad andare avanti per tutti quegli anni, il loro affetto non era mai calato. Ethalyn doveva ammettere, però, che quando arrivavano i gemelli dell'Est lei si sentiva un po' tagliata fuori. Sentiva che la gelosia le faceva aggrottare le sopracciglia ogni volta che Blanche ed Evelyn parlavano e scherzavano. Era sicura che a volte discutessero di cose che lei, con la sua bassa istruzione e la sua scarsa conoscenza del mondo, non avrebbe mai capito. Ma non aveva mai rimproverato niente alla principessa, non le aveva mai fatto notare quelle piccolezze. E per adesso andava bene così.
    - Non ne ho la più pallida idea, cara Blanche. Sei tu la principessa, dovresti sapere quando arriveranno - Disse cercando di usare un tono più neutro che potesse. Blanche sospirò ed Ethalyn intuì che non aveva capito il suo disagio.

    Sygfrid stava camminando avanti  e indietro davanti al grande portone principale del castello, torturando, con le mani, la collana che portava sempre al collo. Quando in lontananza si sentì il suono delle trombe, l'uomo sussultò e cominciò a spolverarsi i vestiti, come se non fossero già perfettamente puliti ed eleganti. Si precipitò fuori, nei giardini reali, con al seguito donne e uomini della servitù. Da lì poteva sentire gli strepitii e le grida di giubilo dei popolani che accoglievano i sovrani dell'Est.
    Le guardie erano disposte ai lati della grande cancellata, come a creare un sentiero da attraversare.
    Il Re si voltò quando sentì i passi veloci di Blanche e di Ethalyn, le quali stavano correndo a perdifiato nel giardino per vedere l'arrivo dei sovrani.         Blanche non stava più nella pelle e mentre si torturava le mani per l'agitazione, Ethalyn le rimetteva a posto alcune ciocche sfuggite all'acconciature durante la corsa.Dopo alcuni minuti di attesa, le prime guardie entrarono dalla cancellata del castello. Erano a cavallo e portavano la tipica divisa dei cavalieri dell'Est: giacca rossa, attraversata da una fascia nera a righe d'oro e pantaloni neri come la notte. Le spade penzoloni da un fianco.
    Erano disposte a coppie, e dopo due file di guardie entrarono le trombe, che suonavano allegramente l'inno del Regno ad Est. In segno di rispetto tutta la servitù, Sigmund e Blanche si portarono la mano destra al cuore.
    Finalmente entrò la carrozza che trasportava i reali, la quale era seguita da altre file di guardie. La carrozza era meravigliosa, decorata di stendardi rossi, oro e neri - i colori del Regno - e lucidata alla perfezione.
    I cavalli e la carrozza si fermarono e Blanche sentì il cuore saltarle in petto. Le trombe suonarono l'ultima nota dell'inno. Dopodiché il lacchè aprì lo sportello. Il primo a scendere fu Arkan, il Re, che allungò le mani all'interno del veicolo e ne tirò fuori una splendida bambina vestita di bianco. Dopo di lui fu il momento di Mathilde Marie, la Regina; di Evelyn e Frederyck.
    Sygfrid e Blanche li guardarono e loro ricambiarono lo sguardo. Come da regolamento tutti si inchinarono, comprese le guardie dell'Est e i servi dell'Ovest. Poi Evelyn alzò lo sguardo e incontrò di nuovo quello di Blanche; le due ragazze scoppiarono a ridere e si corsero incontro felici. Non rallentarono abbastanza, quindi i loro corpi cozzarono dolorosamente quando si abbracciarono. Re Sygfrid andò verso Re Arkan e sua moglie e li salutò affettuosamente, facendo mille complimenti alla nuova bambina.
    Fred salutò il Re e si avvicinò tranquillamente alle due ragazze.
    - Principessa Blanche... - La ragazza, non appena sentì la sua voce, si voltò a guardarlo. Frederyck aveva lineamenti molto dolci, quasi femminei, resi ancora più teneri dai capelli biondissimi; come la sorella non era molto alto e aveva un fisico proporzionato e piuttosto aggraziato. Gli occhi dei due gemelli erano di un verde intenso, screziato d'azzurro. Si somigliavano moltissimo, anche per quanto riguardava gli interessi e i modi di fare. Erano inseparabili e, qualsiasi cosa succedesse, potevano contare l'uno sull'altra. Blanche, a volte, invidiava questa loro intesa.
    Fred si chinò a baciarle galantemente la mano. Per quanto entrambi desiderassero abbracciarsi, non era comunque conveniente farlo davanti all'intera servitù.
    -
Siete diventata ancora più bella dall'ultima volta in cui ci siamo incontrati
- Disse Fred. Non appena le labbra del ragazzo sfiorarono la mano di Blanche, questa vide un'ombra attraversare lo sguardo di Evelyn. Un'ombra così fugace che credette quasi di averla immaginata.
    La principessa sorrise raggiante al suo amico, dopodiché si diressero tutti all'interno del castello, seguiti da alcune persone della servitù, mentre le guardie venivano accompagnate nelle loro stanze per cambiarsi e lavarsi, e il lacchè e il cocchiere seguivano gli stallieri dell'Ovest per portare i cavalli a bere e la carrozza nel posto apposito.
    La sala in cui si recarono i sovrani e la servitù, la cui maggior parte sparì nelle cucine,  era addobbata in maniera impeccabile: al centro vi era un tavolo di mogano levigato, coperto da un'elegante tovaglia bianca con ricami rossi, dorati e neri, in onore degli ospiti; dalle pareti pendevano stendardi decorativi raffiguranti i simboli dei due regni; le statue interposte tra le colonne in marmo erano state lucidate così bene che sembravano brillare di luce propria. Per non parlare delle meravigliose tende rosse che venivano usate solo per le grandi occasioni.
    Si sedettero tutti a tavola, rimanendo vicini, lasciando così un grande spazio inutilizzato. Re Sygfrid era seduto a capotavola, alla sua destra l'amico Arkan. Dalle cucine si cominciò a sentire un lieve chiacchiericcio accompagnato da allegre risate. La Regina Mathilde aveva affidato la piccola Amanda alla Balia, la quale era felicissima di poterla tenere in braccio. Mente i camerieri entravano con la prima portata e i vini pregiati, Re Sygfrid si alzò in piedi. Quando il silenzio fu assoluto, questo sorride e disse, solenne: - Diamo ufficialmente il benvenuto alla famiglia Dageraad dell'Est! - Arkan, sua moglie e i due figli sorrisero allegramente. Il banchetto cominciò.

    Blanche era veramente piena e si chiese come mai il corpetto non fosse ancora esploso. Lei e i suoi amici avevano girato le sedie così da ritrovarsi in cerchio. Le era davvero mancato parlare con loro e sapeva che era lo stesso per i suoi amici.
    - Kol e Blake saranno presenti al vostro compleanno? - chiese con curiosità. Sapeva che erano entrambi oltreoceano per l'addestramento militare, obbligatorio per tutti i ragazzi di famiglia reale e benestante. Non li vedeva da anni, ormai, ma ricordava bene i loro biondissimi capelli e gli occhi verdi, due caratteristiche ricorrenti nella dinastia dei Dageraad.
    - Sì. Quando me l'hanno detto non riuscivo a crederci. Hanno chiesto dei giorni di permesso e il capitano glieli ha miracolosamente concessi - La felicità con la quale Evelyn stava parlando era palpabile. Fred cinse la spalle della sorella stringendola a sé, come se fosse un gesto istintivo.
    - I miei cari fratelli mi hanno promesso -, disse con orgoglio, - di insegnarmi nuove tecniche con la spada. Saprò già combattere alla perfezione quando comincerà il mio addestramento! - Le ragazze risero del suo tono spocchioso e lui si esibì in un'espressione offesa davvero molto teatrale.
    - Vuoi sapere la novità, invece? - Evelyn interruppe le risate e Blanche si avvicinò a lei come se questa stesse per rivelarle un grande segreto.
    - Il Regno a Nord sta andando in rovina, le ricchezze stanno finendo - Eve si concesse una pausa ad effetto, facendo roteare gli occhi al fratello, e Blanche si chiese cosa ci fosse di così straordinario nell'imminente povertà del Nord. Era perfettamente a conoscenza di questo. Ma certo, tutto si aspettava tranne quello che l'amica le stava per rivelare.
    - Poche settimane fa è arrivata una lettera di supplica da Re Irkengaard, il quale chiedeva un matrimonio tra Blake e sua figlia Hima.
    - Che cosa? - Blanche si accorse troppo tardi di aver quasi gridato, facendo voltare suo padre e gli altri sovrani. - Che cosa? - ripeté a voce più bassa.
    - Hai sentito bene - intervenne Fred. - Blake non l'ha presa molto bene. Soprattutto perché nostro padre è più che intenzionato ad accettare -
    - Povero Blake! - disse Blanche, con un tono molto basso. Eve e Fred risero. Certo, non c'era da stupirsi se Blake non l'aveva presa molto bene: la carissima Hima, unica principessa del Regno a Nord, non era certo famosa per il suo bel carattere. Blanche aveva rinunciato a coinvolgerla, durante le feste reali, dopo che questa le aveva risposto con un "Insomma, sei cieca? Non vedi che preferisco stare da sola?" e se ne era andata a testa alta, lasciandola lì imbambolata. Scosse il capo per scacciare quel brutto, imbarazzante pensiero. Quando alzò gli occhi vide che Arkan la stava guardando e sorrideva. Lei ricambiò un sorriso e quando l'uomo allungò una mano verso di lei, si alzò e gli andò incontro, stringendo le dita tra le sue. Arkan era sempre stato come un membro della famiglia per lei, tanto che a volte, da piccola, aveva desiderato chiamarlo "zio". Sygfrid e Mathilde, dietro di lui, scherzavano animatamente.
    - Guarda come stai diventando bella - le disse il Re. Blanche continuò a sorridergli, arrossendo leggermente. - Tua madre sarebbe fiera di te, principessa. Era davvero una bellissima donna e non mancava mai di sorridere agli altri - Un'ombra di tristezza gli oscurò il volto. Una tristezza lontana, ma che bruciava ancora. - Tuo padre impazzì dopo la sua morte. Se non lo avessi conosciuto, avrei giurato che qualcun altro aveva preso il suo posto. - Sospirò. - Il dolore porta a questo e ad altro. Ma non è il momento adatto per pensarci, giusto principessa? Torna a divertirti e scusa se ti ho rattristato con i pensieri di un vecchio - Blanche gli sorrise di nuovo, gentilmente. - Nessun disturbo, Re Arkan -, gli disse. Chinò il capo e, con lo stomaco agitato per aver sentito parlare di sua madre (cosa che suo padre non faceva spesso) tornò dai suoi amici.
    Ad un certo punto, si sentì la voce tuonante di Re Sygfrid che annunciava: - Stasera ci sarà una festa in vostro onore, cari ospiti, direi che sarebbe una lieta sorpresa per i popolani se ci unissimo a loro. Siamo vicini al tramonto e i festeggiamenti staranno per iniziare! - Arkan e gli altri si dissero d'accordo e, felici come non mai, si avviarono al villaggio, con un drappo di guardie al seguito.

    Una volta fuori, Blanche guardò il cielo e vide che il sole era quasi del tutto sparito. Rimaneva, come testimone della sua presenza, una lunga striscia rossa a colorare il cielo. Il tempo, nella sala, era passato così veloce che non si era nemmeno accorta che fosse arrivata la sera.
    Si cominciavano già a sentire le risate e la musica. Una volta arrivati al centro del villaggio, dove di giorno si teneva il mercato, i sovrani videro che i banconi erano spariti e uomini e donne stavano ballando allegramente, seguendo il ritmo tenuto dai musici. Alle finestre, alle porte e ai balconi delle case erano attaccati gli stemmi dei due Regni. Re Arkan rideva allegro alla vista di tutta quella felicità, e quando un bimbo gridò: - I Sovrani! -, tutti si voltarono a guardarli e la musica si interruppe. L'intero villaggio si inchinò davanti ai reali, fino a quando Re Arkan non cominciò a ballare sul posto, ridendo e sembrando un idiota. - Dov'è finita la musica? - disse, senza smettere di ballare. I popolani risero e la musica ricominciò.
    I balli e le risate andarono avanti, interrotti da qualche ubriaco che si ostinava a voler ballare al centro, così che tutti lo potessero vedere, e animati dal principe e dalle principesse che presero per mano tutti gli altri ragazzi fino a formare un enorme cerchio. Ballarono in tondo sempre più veloce, fino a che non ce la fecero più e molti di loro si distesero ridendo sul terreno.
    Tutto andava a gonfie vele e i musici non si stancavano mai di suonare, quando, inaspettatamente, un ululato sovrastò il baccano della festa.
    Un silenzio inquietante piombò sul villaggio e l'urlo acuto di una donna squarciò il cielo.
    Le guardie si scambiarono uno sguardo e, senza nemmeno aspettare l'ordine del proprio Re, corsero verso la fonte del grido, seguiti dai sovrani e dai popolani.
    Arrivati sul posto, i Re e le loro famiglie in prima fila, si vide un uomo immerso nel sangue, girato a pancia in giù. Sul viso un'espressione di puro terrore. In piedi accanto a lui c'erano una donna che tremava fino a battere i denti, e una bambina in lacrime, aggrappata alle gonne della madre.
    Due guardie le scortarono lontano da quella scena, avevano già visto troppo, mentre un'altra si avvicinò al corpo e lo girò, rivelando un busto completamente squarciato, pezzi di pelle e di organi sparsi sul terreno, ferite che a prima vista sembravano causate da artiglia. Qualcuno si portò una mano alla bocca per fermare i conati di vomito, la maggior parte delle persone piangeva, i bambini e i ragazzi non guardavano e le moglie abbracciavano i mariti.
    Re Sygfrid obbligò Blanche a voltarsi e non guardare più quell'orribile immagine. Fred abbracciò la sorella, la quale affondò il viso nell'incavo tra la sua spalla e il collo. Blanche sapeva a chi suo padre avrebbe dato la colpa di quel delitto. Già, ma potevano essere stati davvero i licantropi? Lei ne aveva conosciuti alcuni e non era stato un così brutto incontro. Poi c'era Gabriel, che non sembrava affatto il tipo che va in giro ad uccidere innocenti a sangue freddo.

    Mentre Blanche voltava le spalle al corpo ormai morto che giaceva sull'erba, volse lo sguardo verso il bosco. Vide un movimento tra gli alberi e, anche da lontano, distinse i volti dei licantropi. Il suo sguardo incontrò quello furente di Gabriel e si incatenò a questo come se non avesse la forza di staccarsene. Il ragazzo, per un momento infinitesimale, sembrò rattristato dalle lacrime che lei non si era accorta di versare.
    All'improvviso, come se avessero ricevuto un ordine silenzioso, tutti i licantropi si voltarono e sparirono nell'oscurità del bosco.
    Blanche alzò gli occhi verso suo padre e il suo sguardo le fece accapponare la pelle. Le era parso che fino a pochi secondi prima anche lui stesse guardando nella sua stessa direzione. Doveva averlo immaginato, certo, ma quello sguardo l'aveva spaventata.

    Blanche si mise a sedere di scatto sul letto. L'immagine di quel corpo squarciato le era apparsa un sogno. Allungò una mano sul comodino per versarsi dell'acqua, ma si accorse che la brocca era vuota. Di malavoglia si alzò dal letto per dirigersi in cucina.
    Stava percorrendo il grande corridoio strascicando i piedi, quando una figura incappucciata varcò il grande portone, facendola trasalire.
    L'uomo si tolse il cappuccio del mantello e la guardò.
    - Padre? -, disse Blanche con grande sorpresa. - Dove siete andato? -
    - Affari di corte, tesoro - gli disse sorridendo. - Torna a dormire - Le passò accanto e le diede una frettolosa pacca sulla spalla, per lasciarla lì a chiedersi cosa diavolo stesse succedendo, visto che era molto strano svolgere "affari di corte" a quell'ora della notte. C'era qualcosa di strano in tutto quello che era successo e una bruttissima sensazione le stava facendo palpitare il cuore.







MoonAndRachel:
Salve popolo di EFP! Eccoci qua con il terzo capitolo!
Vi siamo mancati in questo mese e più di assenza? :3
A noi sì cari lettori! Cogliamo l'occasione per ringraziare tutti quelli che hanno letto la nostra storia e l'hanno gentilmente recensita.
Attendiamo con ansia nuovi pareri, siamo aperti a tutto (critiche, miglioramenti e si spera anche complimenti xD).
Che dire? Speriamo che la storia cominci a intrigarvi sempre più!
Buona lettura! Un bacio.

PS: l'autrice Rachel ci tiene a precisare che senza la pazienza dell'autore Moon (che ha avuto un buonissimo sangue freddo davanti al suo "ma l'ho squartato con tanto amore" riferito alla povera anima tranciata a metà) non saremmo più qui. O forse ci saremmo ma senza l'autrice Rachel che si troverebbe rinchiusa in una qualche soffitta dimanticata dal mondo e consultata di rado per le sue geniali (?) idee. Passo e chiudo, ringraziate Moon! xD











Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Nella tana del lupo, Parte I ***


Capitolo 4
- CAPITOLO 4 -
Nella Tana Del Lupo, parte I



    Blanche sentiva il cuore palpitare, come impazzito, nel petto; quella mattina, dopo una notte quasi insonne, aveva deciso di tornare nel luogo in cui il pover'uomo era stato assassinato.
    La sera prima si era svegliata di soprassalto e si era diretta verso le cucine per prendere un po' d'acqua; lungo il tragitto aveva incontrato suo padre, coperto da un mantello nero, come per mimetizzarsi con l'oscurità, ed era rimasta alquanto stranita da quel comportamento bizzarro. Una strana inquietudine le aveva attagliato lo stomaco e lei non era riuscita a riprendere sonno.
    L'alba era passata da poco e Blanche camminava svelta sul terreno acciottolato che conduceva al luogo del delitto. Indossava un lungo mantello color vinaccia, col cappuccio alzato al coprirle il volto: non voleva essere riconosciuta e desiderava che non le fossero fatte domande.
    Si avvicinava sempre di più alla sua meta e la speranza di trovare qualcosa di interessante si faceva sempre più forte. Qualcosa - forse lo sguardo che Gabriel le aveva rivolto la sera prima - le diceva che i lupi non avevano colpe. Era un pensiero strano e illogico: chi altri avrebbe potuto uccidere un uomo a quel modo? Solo le zanne di un lupo potevano esserne capaci. Ma c'era qualcosa che non le tornava e proprio per questo voleva trovare degli indizi, delle prove che dicessero che non erano stati i licantropi, che era stato qualcos'altro.
    Era finalmente arrivata sul luogo, ma, invece di guardarsi intorno, si fermò di colpo. C'era qualcun altro lì. Qualcuno che lei non faticò a riconoscere.
    Quando lo sguardo del capobranco incontrò quello di Blanche, lui si portò un dito davanti alle labbra, facendole segno di tacere.
    Blanche si avvicinò a lui. - Cosa ci fate qui? - gli chiese sussurrando. Anche il lupo, come lei, era coperto da un mantello.
    - Buongiorno, principessa. Sveglia di buon'ora, vedo. -
    - Cosa ci fate qui? - ripeté lei.
    - Penso che lo sappiate. Penso che anche che voi siate qui per il mio stesso motivo: capire chi ha ucciso quell'uomo, ieri notte. - Detto questo, il capobranco si chinò a terra e sfiorò con le dita una strana polvere giallognola mescolata alla terra. Si portò la mano al naso e corrugò la fronte.
    - Quindi... non siete stati voi a... - Blanche si arrestò di colpo davanti allo sguardo severo e offeso del lupo.
    - No, ovviamente no - si alzò in piedi - Non siamo assassini, principessa, dovete smettere di pensarlo. -
    Blanche chinò il capo sotto le parole indignate dell'uomo. Credette di aver sentito una punta di malinconia nella sua voce. Dopo qualche secondo rialzò la testa e guardò il lupo negli occhi. - Cos'avete trovato? - Chiese, indicando la polvere gialla sul terreno.
    - Non ne sono sicuro, ma direi che si tratta di zolfo. -
    Blanche inarcò le sopracciglia: - Ed è un dettaglio rilevante? -
    - Può darsi. -
    La principessa chiese se avesse notato altre tracce, ma il capobranco rispose che la scia di zolfo finiva misteriosamente in quel punto, e non c'erano altri segni che l'assassino poteva aver lasciato.
    Blanche stava ascoltando con attenzione, poi vide l'uomo sbiancare e tacere di colpo. La guardò negli occhi e le sussurrò: - Non voltatevi. Per nessun motivo! -
Lei stava per chiedergli cosa diamine stesse dicendo, quando un grido agghiacciante le fece gelare il sangue nelle vene. Per un attimo infinito credette che fosse stato ucciso qualcun altro, ma riuscì a non voltarsi. Rimase invece a fissare il volto cereo di Gaston con gli occhi sbarrati.
    Dietro di loro una donna gridava: - AL LUPO! AIUTATEMI, CI SONO I LICANTROPI! GUARDIE! GUARDIE, ACCORRETE! -
    Fu questione di pochi secondi. Il capobranco prese Blanche per un braccio e la trascinò nel bosco, nel momento esatto in cui una decina di guardie accorreva sul posto.
    Blanche si ritrovò a correre nel bosco alla velocità della luce. Appena entrata nel bosco, il lupo le lasciò il braccio, credendola perfettamente capace di correre da sola. Altri licantropi scesero dagli alberi e cominciarono a correre con loro. Blanche capì che, ovviamente, il capobranco non si era recato da solo al villaggio: si era portato dietro la sua scorta, nel caso in cui delle guardie l'avessero riconosciuto e non fosse riuscito a scappare o a combattere da solo.   
    Dietro di loro, le armature e le spade dei soldati producevano un orribile rumore metallico, che sembrava farsi sempre più vicino.
    Avevano corso ormai per parecchi metri, quando sentirono dei cavalli nitrire. Il capobranco si voltò: - Accidenti! Ci sono anche le guardie a cavallo, non potevamo cominciare la giornata in modo migliore! -
    Un altro licantropo affiancò il capobranco e Blanche riconobbe Wikvaya, il ragazzo che al loro primo incontro le si era rivolto con sarcasmo. Il ragazzo voltò appena il capo verso di lei e si accorse che lo stava guardando. Era un bel ragazzo, dopotutto. La pelle olivastra gli donava fascino e risaltava gli occhi e i capelli scuri. Wikvaya assunse un'espressione maliziosa e le fece l'occhiolino, mentre continuava a correre. Blanche arrossì di colpo davanti a tanta sfrontatezza e distolse lo sguardo, cercando di correre più veloce.
    Sentiva le gambe pesanti e aveva i polmoni e la gola in fiamme. Il cuore non aveva intenzione di rallentare e sentiva il sangue pulsarle nelle orecchie.
    D'un tratto, il rumore metallico delle armature e lo scalpiccio di cavalli scomparvero.
    Il capobranco si fermò e si mise seduto a terra, appoggiando la schiena a un albero.    
    Anche gli altri licantropi si fermarono. Blanche vide Gabriel, la cicatrice sul viso attraversata da lente gocce di sudore. Aveva corso dietro di lei per tutto il tempo, per questo non l'aveva visto. Insieme a loro c'era anche un altro ragazzo, lo riconobbe: era il ragazzo simpatico, quello che giorni prima aveva visto con Gabriel.
    La principessa si voltò e vide che altri uomini erano con loro.
    - Posso tornare indietro e uccidere quella donna, Gaston? Per favore! - Disse un ragazzo dai capelli rossi e il viso pieno di lentiggini. Aveva il respiro pesante mentre parlava.
    - Magari un altro giorno, Robert. Adesso non abbiamo la forza per difenderti. - rispose il capobranco ridendo.
    Blanche aveva ancora il fiatone e sorrise quando uno dei ragazzi che non conosceva si distese sull'erba con le braccia allargate. Un altro ragazzo, però, la stava fissando con la fronte aggrottata e lo sguardo severo. Sentì il cuore sobbalzarle nel petto, perché era quello lo sguardo che aveva sempre attribuito ai licantropi: arrabbiato e spietato.
    - Si può sapere -, cominciò lui senza distogliere lo sguardo dal suo, - perché diavolo te la sei portata dietro? - Per un attimo Blanche non capì cosa le stesse chiedendo, poi realizzò che il ragazzo non si stava rivolgendo a lei, ma a Gaston.
    - Andiamo, John, non cominciare. Cosa dovevo fare? Lasciarla lì e darla in pasto alle guardie di suo padre? L'avrebbero rinchiusa da qualche parte, sai com'è fatto il re. -
    Blanche stava per replicare. Il tono che Gaston aveva usato per parlare di suo padre non le era piaciuto, ma decise di restare in silenzio perché su una cosa aveva ragione: se suo padre l'avesse sorpresa in compagnia di un licantropo, l'avrebbe sicuramente rinchiusa nel castello, ordinando alle guardie di non farla uscire per nessun motivo. Certo, i lupi non sapevano che l'avrebbe fatto solo perché loro lo spaventavano. Suo padre l'amava sopra ogni cosa, glielo diceva sempre. Non poteva permettersi di perdere anche lei.
    Wikvaya si avvicinò a John e gli scompigliò i capelli. - Perché non distendi un po' la fronte? Da vecchio sarai pieno di rughe se continui così. -
    Probabilmente John non aveva apprezzato la sua battuta, infatti si scrollò il suo braccio di dosso e andò a sedersi a terra, accanto al ragazzo disteso.
    - Scusatelo, principessa - le disse Wikvaya sorridendo, - è fatto così. Quando qualcuno nasce con un brutto carattere è difficile cambiarlo! -
    - Da che pulpito! Non mi dirai che tu sei un esempio di bellissimo carattere? - Ribatté John.
    Wikvaya rise e guardò Blanche alzando le sopracciglia: - Vedete? - disse.
    Blanche sorrise: - Be', è normale un po' d'acidità dopo una corsa del genere. -
    Sentì John ridere, sarcastico. - Non sono acido con voi per la corsa, principessina, sono acido con voi perché siete la figlia di vostro padre. - John si alzò e le andò incontro lentamente. Blanche sentì il cuore accelerare, di nuovo, e fece un passo indietro.
    - E tanto perché voi lo sappiate, qui i Lumière non sono ben accetti. - Adesso il viso del licantropo era a pochi centimetri dal suo. Voleva indietreggiare ancora, ma era come se le gambe non volessero ascoltarla. Temeva che al minimo movimento John avrebbe potuto ucciderla. 
    - Dacci un taglio, John. - La voce di Gabriel interruppe il contatto visivo tra i due, e solo in quel momento Blanche si accorse di aver trattenuto il respiro.
    John la fissò ancora per un secondo, poi si voltò sbuffando, lanciò una brutta occhiata a Gabriel e tornò a sedersi a terra.
    Blanche guardò Gabriel e gli rivolse un lieve sorriso di ringraziamento, anche se sapeva che tutta la paura che aveva provato era ancora dipinta nel suo sguardo. Gabriel le rispose con un cenno della testa. - Venite a sedervi, principessa. Avete il respiro così affannato che potreste collassare da un momento all'altro. - le disse. Blanche accolse l'invito e si sedette sull'erba a poca distanza dal licantropo, portandosi le ginocchia al petto.
    Blanche si guardò un po' intorno e notò che, a parte John, nessuno dei licantropi la stava davvero considerando. Si comportavano come se lei nemmeno fosse lì, o come se fosse normale averla in mezzo a loro. Non sapeva se sentirsi ignorata o accolta.
    - Be', la corsa di oggi mi basterà per tutta la vita - disse il licantropo sdraiato a terra. - Ho bisogno d'acqua -, si alzò, - chi ce l'ha? -
    - Ce l'ho io, Jack - disse un ragazzo che era seduto scompostamente sull'erba, dove batteva il sole. Staccò una borraccia dalla cintura e la lanciò al lupo di nome Jack. - Grazie, Lars - disse quest'ultimo.
    - Allora, Gaston. Dicci cosa hai trovato - cominciò Robert.
    - Niente di interessante. Solo una traccia di zolfo -
    - La stessa che ci ha attirati sul posto - intervenne Gabriel.
    - Esatto - rispose Gaston. - C'è una traccia di zolfo che attraversa mezza piazza -
    - Sei riuscito a capire da dove cominciasse o dove finisse? -
    - E qui c'è la cosa strana. Quando dico che attraversa mezza piazza, intendo che non partiva né finiva nel bosco o in un vicolo appartato. Come se chi l'ha lasciata non avesse bisogno di nascondersi o scappare. -
    - Be' - disse il licantropo di nome Jack, mente passava la borraccia a John - Il che ha senso: le strade erano deserte, tutta la città era alla festa. Perché mai, chiunque abbia commesso l'omicidio, avrebbe dovuto scappare in fretta? Nessuno l'avrebbe visto, comunque. - Finì il discorso con un'alzata di spalle.
    Gaston annuì pensieroso. - Torniamo al Territorio. Voglio parlarne con gli Anziani. - Detto questo si alzò, seguito da tutti gli altri licantropi.
    - Cosa ne facciamo di lei? - chiese John in tono aspro, indicando Blanche con la mano in cui teneva la borraccia.
    Gaston la guardò mentre si spolverava i pantaloni dalla terra e dalla polvere.
    - Le guardie saranno ancora in tumulto e terranno sott'occhio il confine fino a stasera. Se la riportassimo adesso, la riconoscerebbero e non ci metterebbero molto a fare due più due - Gabriel era intervenuto ancora una volta a sua favore.
    - Stai proponendo di portarla al Territorio? - chiese stupito il ragazzo simpatico che aveva visto qualche giorno prima.
    - Perché no, Derek? Ormai abbiamo visto che non è una minaccia. -
    - L'abbiamo visto? - chiese con amarezza John.
    - Ah, qualcuno si è fatto stregare dai bei boccoli nocciola delle principessina, eh? - disse Wikvaya ridendo e tirando un pugno scherzoso alla spalla di Gabriel. Quest'ultimo lo fulminò con lo sguardo. Dal canto suo, Blanche sentì il viso diventarle di fuoco.
    Si schiarì la gola per entrare nel discorso. - Non c'è problema, posso aspettare qui e tornare da sola poco prima del tramonto. - Se c'era una cosa che non era disposta a fare, era entrare nel Territorio dei licantropi. Nonostante avesse conosciuto il branco, sapeva da sempre quali atrocità si consumassero dentro quei confini. Le venivano i brividi al solo pensiero.
    Pensava che il branco l'avrebbe liquidata con un'alzata di spalla e un "come preferite". Non si aspettava che la metà dei licantropi lì presente scoppiasse a ridere.
    - Da sola in questa parte del bosco? Non sapete di che parlate - un licantropo dai capelli color miele (Darren?) la stava guardando come se fosse impazzita.
    - Principessa, siete troppo lontana da casa. Non sapreste nemmeno ritrovare la strada di casa - Derek le sorrise.
    Blanche non replicò. Derek aveva ragione: non aveva idea di dove si trovasse. Non si era mai spinta così in là nel bosco.
    - Mettiamolo ai voti - disse Gaston. - Chi è del tutto contrario a portarla nel Territorio? -
    La mano di John fu l'unica a schizzare in aria, il che lasciò Blanche piuttosto stupita. Stupore che si rifletteva sul volto di John.
    - Andiamo, ragazzi, siete seri? La figlia del re? Quello che farebbe tappeti con la nostra pelle? -
    I licantropi tutto intorno borbottarono cose come "è innocua" o "tanto non abbiamo niente da nascondere" o "non la facciamo mica entrare nella sede degli Anziani". Il ragazzo che prima l'aveva guardata come se fosse un'idiota levò la voce al di sopra delle altra e disse. - Se dovesse portare guai, potremmo sempre sbranarla prima che arrivi al castello -
    Un silenzio tombale scese sul branco. Blanche sbiancò. Derek rise nervosamente e la rassicurò: - Darren sta scherzando. -
    - No, no, io sono serissimo! - rispose Darren.

    Blanche e il branco si misero in cammino, addentrandosi sempre più nel folto bosco. Gabriel le camminò sempre accanto.
    - Grazie - gli disse lei all'improvviso.
    Lui la guardò curioso, - Per cosa? - le chiese.
    - Per avermi tirata fuori da un paio di situazioni imbarazzanti, prima. -
    Gabriel rise. - Al vostro servizio - rispose, ripetendo le parole che le aveva rivolto la prima volta che si erano parlati.
    Continuarono a camminare. Ad un certo punto gli alberi iniziarono a diradarsi leggermente e davanti agli occhi meravigliati di Blanche si aprì il Territorio dei licantropi in tutta la sua ampiezza. C'erano molte abitazioni semplici e perlopiù della stessa forma e dimensione; al centro dell'abitato vi era un'enorme piazza, così grande che poteva contenere tutti gli abitanti del territorio. Blanche intravide anche una casa in costruzione, con una quindicina di uomini che ci lavoravano. Era già sul punto di fare una domanda quando si accorse che solo lei era rimasta indietro a osservare, mentre gli altri erano andati avanti.
    - Principessa! Non pretenderete mica che vi portiamo in braccio! - esclamò Wikvaya voltandosi indietro. Si sentì qualcuno mormorare “Ah, Wikvaya, sempre il solito”. Blanche sorrise e corse verso di loro. Dopo alcuni minuti, giunsero al nella piazza villaggio dove Blanche fu accolta dalle occhiate curiose degli abitanti che le passavano accanto. Alcuni, quelli che la riconoscevano come figlia del re, la guardavano con diffidenza, altri con paura, altri ancora con odio. Tali occhiate si tranquillizzavano quando gli abitanti si rendevano conto che il branco le stava intorno.
    Gaston si fermò e si volse verso i suoi compagni. - Dobbiamo andare a parlare con gli Anziani. Qualcuno di voi deve rimanere con la principessa. Gabriel, rimani tu. Voi altri con me. - Il capobranco aveva parlato veloce e con tono conciso, come se fosse arrivata la parte difficile della giornata. A Blanche non ci volle molto per capire quanto gli Anziani fossero rispettati al Territorio.
    Blanche si ritrovò a guardarsi intorno, estasiata dalla bellezza e dalla semplicità cui erano state costruite quelle abitazioni, mentre Gabriel la osservava interrogandosi sul motivo di tutto quello stupore.
    - Avete intenzione di rimanere qua tutto il giorno, Vostra Altezza? - le chiese con ironia.
    Blanche si riscosse. - No, certo che no -
    Così iniziarono a camminare lungo le viuzze del villaggio: Gabriel illustrava ogni cosa nei minimi dettagli, mentre Blanche era talmente affascinata che era rimasta senza fiato
    - Principessa, se vi sentissi respirare ogni tanto, sarei più tranquillo. Non voglio avere l'erede al trono dell'Ovest sulla coscienza. -
    Blanche roteò il capo e i suoi capelli sfiorarono il volto del ragazzo. - Come dite? Oh, non preoccupatevi, ho una salute forte. Sono solo piacevolmente meravigliata dalla bellezza di questo villaggio. -
    - Una principessa estasiata dal villaggio dei licantropi. Be', non si vede tutti i giorni. -
    Passeggiavano già da svariati minuti quando iniziarono ad allontanarsi dal centro più abitato e le case cominciavano ad essere più rade. Parlarono delle cose più semplici e Blanche quasi dimenticò di essere in territorio nemico.
    Alla fine giunsero in una piccola radura; l'unica cosa che Blanche vedeva davanti a sé erano delle fronde con piccoli fiori che pendevano lunghe fino al terreno, poi Gabriel ne scostò alcune e allora intravide una grotta che si snodava in profondità.
    Gabriel si voltò verso di lei con un sorriso smagliante. - Chiudete gli occhi! - esclamò.
    - Amate fare le cose in grande stile, non è vero? -
    - Non lo nego. - rispose il ragazzo sorridendo come un bambino.
    Blanche ricambiò il sorriso, chiuse gli occhi e si avvicinò porgendo la mano al ragazzo che la afferrò deciso. E così entrarono. Blanche sentì la stretta di Gabriel che mano a mano si allontanava da lei.
    - Adesso potete aprire gli occhi. -
    Blanche ubbidì e sbatté le palpebre un paio di volte per abituarsi alla poca luce presente; vide Gabriel che le faceva segno di seguirlo agitando la torcia che aveva acceso.
     - Adesso, principessa, vi trovate nella Grotta del Tempo. Su queste pareti - disse Gabriel avvicinando la mano alla pietra - è riportata la storia dei quattro regni. Secoli e secoli di storie e leggende eternamente immortalati in questa grotta. - Le fece segno di avvicinarsi.
    Blanche fece un passo avanti, meravigliata, scostando una ciocca di capelli che le copriva il volto, e osservò le incisioni e i simboli sulla parete, ma non seppe riconoscerli.
    - Che cosa sono questi disegni? - chiese la principessa incuriosita.
    - Questa, principessa, è la lingua degli antichi - disse Gabriel in maniera solenne. 
    - E cosa ci sarebbe scritto? - chiese Blanche sorridendo.
    Gabriel allontanò la torcia dal muro e l'accostò a sé così da illuminare il volto della principessa.
     - Ebbene -  iniziò - Si dice che un tempo, tanti secoli or sono, due maghi si erano invaghiti della stessa donna, che rimase incinta del minore di loro. Poi i due, desiderosi dell'amore della donna, si sfidarono a duello, finendo con l'uccidersi a vicenda. Il loro sangue bagnò il terreno e aprì un varco, dal quale fuoriuscirono alcune immonde creature. Alcuni narrano che tra queste mura sia anche racchiusa una profezia che riguarda la discendenza della donna contesa. Qualcosa tipo un sacrificio, l'unica chiave, terribili sciagure... -
    - Oh, e quindi voi sapete leggere queste incisioni? -
    - Ovvio che sì, principessa! -
    - Ma davvero? - Gli chiese lei con una punta di sarcasmo.
    Gabriel scrollò le spalle. - Nah. Le vecchiette del Territorio raccontano le leggende tutte le sere. Le conoscono tutti. -
    - E voi credete in queste leggende, Milord? -
    - Milord? - Gabriel rise. - Potrei abituarmici. Credo che tutte le leggende abbiano un fondo di verità, principessa. E voi? -
    - Credo che le leggende siano solo leggende. -

    Tornarono cchiacchierando al villaggio, ridendo e scherzando.
    Una volta giunti in piazza, Blanche non vide nessuno del branco. Pensò che fossero ancora a deliberare con gli Anziani e si chiese se lei e Gabriel fossero stati via troppo poco o se fossero i licantropi a metterci tanto.
    Non fece nemmeno in tempo a finire il pensiero che con la coda dell'occhio vide una figura velocissima saltare in groppa a Gabriel. Quest'ultimo perse l'equilibrio e cadde goffamente a terra, mentre Blanche scattava all'indietro.
    - Wikvaya io ti ammazzo! - grugnì Gabriel, schiacciato dal peso dell'amico, che nel frattempo gli si era seduto sulla schiena.
    - No, non lo faresti mai, mi vuoi troppo bene! - replicò Wikvaya ridendo.
    - Non ci contare troppo! - Gabriel riuscì a scrollarsi di dosso il peso dell'amico. Entrambi si alzarono in piedi e Gabriel cominciò a rincorrere Wikvaya, che continuava a ridere come un bambino. Blanche assisteva alla scena ridendo.
    Alla fine tornarono entrambi dalla principessa. Ridevano ancora. - Visto? Non mi faresti mai del male! - disse Wikvaya tirando un'amichevole pacca sulla spalla dell'amico. - Principessa -, disse poi rivolgendosi con malizia a Blanche,- è stato un piacere vedere di nuovo il vostro bel viso. Venite pure a farmi visita ogni volta che... - Gabriel gli tirò una forte manata in testa. - Falla finita - gli disse. Blanche rise.
    - Geloso? - chiese Wikvaya. 
    Gabriel roteò gli occhi. - Potrei davvero ucciderti. Nel sonno, magari. -
    Wikvaya rise ancora e Blanche capì che la malizia doveva essere un tratto che non lo abbandonava mai.
    - Comunque sia -, riprese il ragazzo dalla pelle scura, - devo, ahimè, lasciarvi. Ho lasciato mio fratello Elki da solo tutto il giorno e potrebbe aver già distrutto la casa. - disse con estrema serenità, come se il fatto di poter effettivamente trovare la casa demolita non lo disturbasse affatto.
    Regalò un baciamano alla principessa, che gli fece un inchino, e un "a domani, lupetto" a Gabriel, e se ne andò fischiettando.
    Blanche lo seguì con lo sguardo, sorridendo. - È sempre così? - chiese a Gabriel. - Sempre. Nel vero senso della parola - rispose quest'ultimo.
    - Venite. Dobbiamo trovare Derek, così potremo riaccompagnarvi a casa -

    Gabriel si fermò davanti alla casa in costruzione che avevano visto entrando al Territorio.
    - Derek! - gridò per attirare l'attenzione dell'amico. Derek, che era intento a parlare con un ragazzo addetto ai lavori per la casa, si voltò, salutò l'interlocutore e si diresse verso Gabriel.
    - Eccomi. Dimmi tutto! - disse sorridendo.
    - La principessa deve tornare a casa. Ho pensato fosse meglio riaccompagnarla in due -
    Derek annuì e rivolse un sorriso gentile a Blanche, che lo ricambiò d'istinto. Quel ragazzo sorrideva spesso.
    Stavano per incamminarsi tutti e tre fuori dal Territorio, quando una voce possente chiamò i due licantropi, i quali si girarono di scatto. Un uomo sulla cinquantina stava correndo loro incontro. Si fermò davanti a Derek e Gabriel e con un sorriso molto ironico disse: - Domani avete il turno di mattina. -
    I due amici si scambiarono uno sguardo incredulo. - Di mattina?? - chiesero all'unisono.
    - Si capisce! - disse l'uomo con un'alzata di spalle. - Dopotutto avete dato la disponibilità per qualsiasi orario! - E se ne andò senza aggiungere altro.
    - Sì, be', la mattina non era inclusa nel pacchetto! - gli gridò dietro Gabriel. La risata dell'uomo li raggiunse, Gabriel sbuffò e Derek gli batté la mano sulla spalla con fare rassicurante.
    - Turno di mattina? - chiese Blanche con curiosità.
    Fu Derek a risponderle: - Stiamo costruendo una nuova casa per dei nostri compagni. Sono una coppia di anziani, e la loro casa attuale rischia di cadere a pezzi; quindi, tutti gli uomini e le donne disponibili a lavorare sono inseriti nei turni di costruzione. - Lo disse con estrema semplicità, come se costruire case per il vicino della porta a cando fosse un passatempo diffuso nel Territorio.
    Blanche se sentiva sempre più confusa. Dov'erano le bestie delle quali le era stato raccontato? Possibile che non fossero loro? Magari c'erano altri lupi nel bosco. Un gruppo buono e uno cattivo? Sembrava una spiegazione plausibile.
    Derek e Gabriel stavano scherzando tra di loro, ridacchiando leggermente, ma Blanche non stava seguendo la conversazione. Era troppo persa nei suoi pensieri.
    - Siete l'unico branco nei dintorni? - chiese a un certo punto.
    Derek e Gabriel interruppero il discorso e la guardarono. - Be', nelle vicinanze sì. Poi ci sono altri branchi nei boschi dell'Est, del Sud e del Nord. Ogni regno ha il suo branco. Poi ce ne sono altri, più vicini alle coste. Ma loro sono nomadi, non si fermano mai in un posto solo. - disse Gabriel.
    Blanche annuì, pensierosa. - È possibile che uno dei branchi nomadi siano nelle vicinanze? -
    Gabriel le fece un mezzo sorriso. - Se lo fossero, principessa, li sentiremmo! - Finì battendosi il dito sul naso. Blanche si diede della sciocca: ovvio che li avrebbero sentiti!
    Derek tirò un lieve calcio alle foglie sul terreno. - Principessa, non è la nostra razza che dovreste temere quando siete nel bosco, principessa. -
    Gabriel si voltò di scatto verso l'amico. - Sta' zitto, Derek - gli ordinò a voce bassa. L'altro lupo lo guardò con la fronte corrugata, come a chiedere silenziosamente cos'avesse fatto di sbagliato.
    - Cosa intendete? - chiese subito Blanche.
    - Be'... - stava per ricominciare Derek, mandato occhiate supplichevoli all'amico, come se non sapesse più che fare. Nel frattempo, Gabriel si batté la mano sulla fronte e scosse la testa. Aprì bocca per dire qualcosa, ma un basso e lungo ringhio lo interruppe.
    Tutti e tre alzarono di scatto la testa, verso gli alberi. Blanche riuscì a scorgere delle figure muoversi tra le foglie e il cuore cominciò a batterle velocissimo nel petto.
    - Tu -, cominciò Gabriel indicando Derek, - Tu, amico mio, o sei un veggente, o porti male -
    Detto questo, entrambi i licantropi tirarono fuori artigli e zanne e la principessa li riconosceva a stento.
    Altri ringhi si levarono dalle fronde degli alberi intorno a loro e ognuno di quelli suonava allo stesso modo, quindi era impossibile in quanti fossero a produrre quel suono.
    Derek e Gabriel risposero con un altro ringhio, molto più possente di quello proveniente da sopra di loro.
    A un tratto delle figure verdi e marroni scesero con tonfi sordi dagli alberi. Inizialmente, la principessa pensò che fossero degli esseri umani vestiti in modo da mimetizzarsi. Poi notò le braccia innaturalmente magre e lunghe, come le gambe e il busto, e i visi spaventosamente deformi. Avevano denti così lunghi che non potevano chiudere la bocca; gli occhi erano completamente neri, all'infuori e privi di palpebre.
    Quello che le fece sbarrare ancora di più gli occhi, fu la loro pelle, se così poteva essere definita: quegli esseri sembravano fatti interamente di corteccia d'albero; erano ruvidi e le loro dita sembravano radici sottili e fragili. Al posto dei capelli avevano foglie e liane.
    Blanche indietreggiò d'istinto, mentre Derek e Gabriel rimasero concentratissimi al loro posto.
    Fu questioni di secondi. Uno dei mostri gridò, un grido rauco, che sembrava venire direttamente dall'Inferno, e attaccò.
    I due licantropi erano bravi a difendersi, ma erano in netta minoranza: Blanche riuscì a contare sette mostri di legno.
    Davanti ai suoi occhi era tutto un attaccare e un difendersi. Poi un mostro riuscì a graffiare Gabriel sulla spalla, facendolo gridare. Il sangue cominciò subito a uscire a fiotti. Probabilmente le loro dita non sono fragili come sembrano, pensò Blanche.
    Nessuno dei mostri stava badando a lei, come se sentissero che non era importante. Si guardò intorno in cerca di un'arma, ma non c'era niente e Derek e Gabriel non avrebbero retto a lungo. Come a confermare i suoi pensieri, un mostro riuscì a scaraventare Derek molto lontano e lui non si mosse più. Un altro inchiodò Gabriel a terra e spalancò la bocca. Stava per azzannargli la gola e nello stesso momento Blanche si preparava a urlare, ma entrambi furono distratti da un ululato acutissimo. La principessa si tappò le orecchie e si voltò verso il punto in cui era stato buttato Derek; lo vide quasi del tutto trasformato e aveva la testa buttato all'indietro. Stava chiamando il resto del branco.
    Gabriel si approfittò della distrazione dei mostri per scrollarsi di dosso quello che lo teneva a terra e lo colpì con un pugno che lo fece indietreggiare solo di pochi centimetri. Nonostante questo, Gabriel non si perse d'animo: riuscì ad atterrare il nemico, mentre Derek era tornato indietro, malconcio, a coprirgli le spalle. Nel giro di pochi attimi, Gabriel riuscì a sedersi sulla schiena del mostro, gli mise una mano sotto il mento e una sulla fronte e tirò, più volte, fino a che la testa dell'essere di legno non si staccò, rilasciando un liquido bianco e verdastro.
    Gabriel lanciò via la testa e si rialzò. Aveva le nocche e il viso sanguinanti, come Derek, e i suoi vestiti erano ridotti a stracci. Si mise schiena a schiena con l'amico, pronto a difendersi ancora.
    Un veloce scalpicciò ruppe la temporanea staticità del momento e Blanche vide i due giovani licantropi tirare un sospiro di sollievo.
    Un massiccio gruppo di lupi semi-trasformati era arrivato in soccorso dei compagni e della principessa, e ognuno aveva portato delle armi.
    Blanche notò nel gruppo anche dei normalissimi abitanti del Territorio, come l'uomo sulla cinquantina che aveva visto poco prima, i quali non facevano parte del branco. Si chiese come funzionassero le cose, tra i lupi mannari.
    Wikvaya aveva un'ascia in mano, come John. Entrambi si avvicinarono a Derek e Gabriel e diedero loro una spada a vicenda.
    Il combattimento era caotico, e tutti erano così veloci che Blanche quasi non riusciva a distinguerne i movimenti.
    Gabriel stava combattendo da solo contro un mostro che era alto la metà di lui. Era così concentrato a schivare e a inferire colpi, che non si accorse del mostro che stava per attaccarlo alle spalle.
    - GABRIEL, ATTENTO! - gridò Blanche con tutto il fiato che aveva in corpo. Gabriel si girò di colpo, ma nona abbastanza veloce da riuscire a schivare il pugno che il mostro gli tirò nello stomaco, mandandolo a terra. Gabriel si voltò sul fianco e tossì, senza fiato.
    Nel frattempo, il mostro con cui stava combattendo prima inchiodò lo guardò sul viso di Blanche, la quale fu immediatamente consapevole di essere stata appena riconosciuta come nemica.
    Il mostro le si avvicinò lentamente, mentre l'altro continua a picchiare Gabriel.
    Blanche inchiodò lo sguardo in quello del mostro davanti a lei e cominciò a indietreggiare lentamente. Il mostro si fermò, la guardò ancora e poi spalancò la bocca in un ringhio disumano.
    Fu a quel punto che Blanche cominciò a correre. Correva come non aveva mai corso prima, alla velocità della luce, maledicendo come non mai prima d'ora i lunghi abiti che era costretta ad indossare. Il demone non le era dietro di molto, tentò più volte di afferrarle le caviglie ma non ci riuscì; Blanche sentiva il sangue gelarsi nelle vene, i respiri sempre più corti, affannosi e freddi. Non riusciva a capire come poteva ancora muoversi. Continuava a correre, ma sentiva che stava cedendo, che non ce l'avrebbe fatta a sostenere quel ritmo. A un tratto inciampò in una radice e la velocità della corsa la slanciò così tanto da farla scivolare di parecchi metri.
    Il mostro le fu subito addosso, e Blanche sapeva di non avere più speranze. Era corso troppo lontana dal branco e non c'era nessuno intorno a lei.
    Alzò gli occhi in quelli nerissimi del mostro e subito il cuore le riprese un ritmo regolare. Blanche sentiva qualcosa che stava prendendo spezio nel suo animo e un flusso di energia che le attraversava il corpo.
    - Togliti. - disse con tono basso e imperioso. Il mostro si bloccò del tutto e la fissò. - Adesso! - ordinò Blanche alzando la voce.
    Il mostro indietreggiò di scatto, come se qualcosa l'avesse bruciato. Guardò Blanche ancora per un secondo e tornò, correndo, sul campo di battaglia.
    Blanche scosse la testa, quasi inconsapevole di quello che le era appena successo. Si alzò velocemente in piedi e seguì il mostro.

    Una volta raggiunto il branco, vide che molti dei mostri erano stati sconfitti, alcuni licantropi erano a terra. La principessa sentì un brivido lungo la schiena. Erano tutti morti o semplicemente svenuti?
    Un gridò strozzato attirò la sua attenzione, e vide Derek di nuovo a terra. In un moto di coraggio afferrò un ramo spezzato e, facendo affidamento su tutta la sua forza, lo tirò in testa a al mostro che lo stava attaccando. Non lo scalfì nemmeno. Riuscì solo a distrarlo da Derek e a rivolgerselo contro. Il mostro la guardò ringhiando. Un'ascia fendette l'aria e tagliò di netto la testa del mostro. Blanche chiuse gli occhi mentre il sangue verdastro le schizzava in faccia.
    Quando li riaprì, John la stava guardando. Si fissarono per pochi secondi, poi lui tornò ad aiutare i suoi amici.
    Blanche tese una mano a Derek per aiutarlo ad alzarsi, ma il licantropo non aveva più forze e la sua gamba destra era piegata a formare un angolo innaturale.
    I mostri, nel frattempo, erano rimasti in due e batterono in ritirata.
    Per svariati secondi, il silenzio regnò sovrano, spezzato solo dai respiri affannati .
    Gabriel corse verso Blanche e Derek e si buttò a terra con una scivolata. Prese il volto di Derek tra le mani e lo guardò, in attesa di un movimento, forse in attesa di un respiro. Quando video il petto dell'amico sollevarsi, lasciò andare il respiro.
    Volse lo sguardo verso Blanche. - Tutto a posto, principessa? - le chiese preoccupato.
    Lei annuì. - Siete ferito. - disse, passando lievemente un dito sulla spalla profondamente graffiata del licantropo. Lui tirò il respiro, sobbalzando.
    - Scusate - mormorò Blanche, ritirando la mano.
    Gabriel sorrise. - Sono un uomo forte, principessa. Non mi avete fatto male -. Blanche ricambiò il sorriso, anche se leggeva un grande dolore negli occhi del licantropo.
    - Gabriel! - Gaston si stava avvicinando zoppicando. - La principessa deve essere riportata a casa. Tu sei ferito, torni con noi al Territorio. Principessa... - disse poi rivolgendosi direttamente a lei, - saranno John e Wikvaya a riaccompagnarvi... -
    - No. - Gabriel lo interruppe a bassa voce e si alzò lentamente in piedi, gemendo piano. - Vado a che io. -
    - Milord, siete ferito, non mi pare proprio in caso! - Blanche si alzò in piedi a sua volta.
    - Milord - Gabriel si lasciò scappare un sorriso. - Il mio processo di guarigione è già cominciato. Starò bene. Vengo anche io. -
    Gaston sospirò. - Come preferisci. Spera solo che Derek non si svegli prima del tuo ritorno o sarà molto risentito di non vederti al suo capezzale -
    - Troverò il modo di farmi perdonare. - rispose Gabriel, con un gran sorriso stampato in faccia.
    Gaston scosse il capo e prese il corpo di Derek in spalla. - Andiamo! - gridò agli altri.

    Blanche, John, Wikvaya e Gabriel li guardarono andare via.
    - Be', principessina -, Wikvaya le porse il braccio, - direi che è tempo di scortarvi a casa -
    E insieme si incamminarono verso il villaggio.







MoonAndRachel
Salve a tutti! Speriamo di esservi mancati e siamo pronti a essere lapidati.
Questo è quello che chiamiamo HIATUS: Sherlock ci fa un baffo.
Per quanto riguarda il capitolo, be', ci teniamo tantissimo perché ci è costato lacrime e sangue.
E non saprete mai fino a che punto ques'affermazione sia una metafora.
Che altro dire? Speriamo che vi sia piaciuto e complimenti per essere arrivati fino in fondo.
L'azione dovrebbe cominciare a entrare nel vivo, ma vi terremo sulle spine per molto tempo.
Alla prossima!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1108361