Fuckin' perfect.

di LittleLazyHobbit
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


Blaine era stufo del McKinley; ci si era trasferito quando aveva finito le medie, voleva andare il più lontano possibile da Westerville, dai bulli, ma soprattutto dai ricordi. 
 
Sfortunatamente nella nuova scuola le cose non era cambiate come lui avrebbe sperato.
Anche lì non mancava la gente ignorante che gli rendeva la vita un inferno, spingendolo contro gli armadietti e lanciandogli continuamente granite, ma era felice perché in fondo quello sarebbe stato il suo ultimo anno in quella città dimenticata da dio e dopodiché avrebbe cominciato una nuova vita a New York.

Si era alzato presto quella mattina, per prepararsi e trovare un cambio da infilare nella borsa nel caso in cui i bulli avessero deciso di rovinargli anche il primo giorno di scuola.

Così, con una borsa a tracolla e il cuore pesante, uscì da casa. Lungo la strada si fermò a prendere Rachel, per andare a scuola insieme.

La ragazza salì sull’auto e non aspettò nemmeno un attimo prima di incominciare a parlare, esaltata.

“B sei pronto per il primo giorno di scuola?”

Blaine le rispose con finto entusiasmo. "Si, non vedi come sono felice?”

Rachel lo guardò un po’ perplessa.

“Diamine un po’ di ottimismo B! Cosa mai ti potrebbe succedere?” gli chiese subito dopo.

Blaine alzò gli occhi al cielo prima dirisponderle.

“Sai cosa succederà? Appena varcherò la soglia di quella stupida scuola mi beccherò sicuramente qualche spintone o una granita mattutina, il tutto condito  con una raffica di insulti stupidi e ripetitivi, ma tremendamente cattivi…”

Udendo quelle parole piene di rabbia e frustrazione, Rachel si rattristò un pochino.

” E sai perché succede questo Rach? Lo sai perché? Perché quegli idioti odiano chi sono e non importa che io non abbia fatto nulla, sarò sempre sbagliato ai loro occhi solo perché mi piacciono gli uomini al posto delle donne!” continuò.
Le parole di Blaine erano piene di rabbia e Rachel lo comprendeva alla perfezione, proprio per questo voleva trovare il modo per renderlo spensierato almeno per quel giorno.

Blaine si meritava di stare bene, aveva sofferto fin troppo in passato.
Rachel sapeva quanto l'altro avesse sofferto alle medie e che proprio quella vita infernale l'aveva spinto a trasferirsi da Westerville a Lima; di quello era perfettamente a conoscenza, tuttavia non sapeva molto altro perché lui non aveva mai voluto raccontarle cosa fosse accaduto.
Al McKinley, la sua omosessualità lo aveva nuovamente reso vittima dei bulli fin dal primo anno e il fatto che facesse parte del Glee Club di certo non aiutava.
Rachel aveva provato a dirgli di cambiare scuola ma lui si era sempre rifiutato, dicendole che era già scappato una volta e non lo avrebbe fatto di nuovo.

Blaine si accorse che la sua amica sembrava essersi improvvisamente rattristita.

”Ehi Rach tranquilla, non devi preoccuparti, finché avrò il Glee Club e degli amici stupendi come voi non succederà niente. E poi un anno passa in fretta, no?”

Rachel, un po’ sollevata dalle parole di Blaine,  gli rivolse un sorriso sincero per rincuorarlo.
“Ti dispiace se accendo la radio?” gli chiese, cercando di distrarlo nell’unico modo che conosceva.

Blaine annuì, mise in moto l’auto e partirono.

Arrivati a scuola i due si divisero e si misero d’accordo per ritrovarsi all’ora di pranzo.

***

Blaine pensò di avere qualche divinità dalla sua parte quando scoprì che i distributori della granita erano in manutenzione, almeno il primo giorno sarebbe rimasto pulito, tuttavia non si illuse, sapeva che i bulli non lo avrebbero lasciato in pace lo stesso.

Perso nei suoi pensieri, non si accorse di Azimio che stava camminando con un sorriso beffardo sul volto. Gli finì involontariamente addosso e si rese subito conto, con terrore,  di quanto quell'errore gli sarebbe costato.

“Sc-scusa..” gli disse con voce flebile, cercando di limitare le possibili ripercussioni.

Azimio lo guardò con disprezzo, come se Blaine fosse il peggiore dei serial killer.

“Non sei altro che una femminuccia, Anderson! Gli uomini veri lottano,  reagiscono,  rispondono. Un uomo vero non scappa e non chiede scusa!” gli spiegò Azimio con una calma inquietante.

Blaine era furioso. Quelle parole lo avevano ferito profondamente, non sopportava di non essere considerato un uomo solo perché era gay e non accettava il fatto di essere ritenuto un codardo. Lo era stato una volta, ma non lo sarebbe stato più.

“Perché tu saresti  un uomo, per caso? Uno che se la prende con uno più debole di lui per sfogare la sua frustrazione non è un uomo! E’ solo un idiota,  che è stato maltrattato da qualcuno più forte di lui e si sente una nullità perché al di fuori della scuola non conta niente!” Blaine si sfogò riversando quel fiume di parole addosso ad Azimio.

La veridicità delle parole di Blaine infastidirono Azimio ulteriormente. In fondo anche lui aveva dei punti deboli e non era pronto ad accettare che fosse una stupida checca a centrarli in pieno. La rabbia lo spinse a reagire con l'unico mezzo che conosceva: la violenza. Strinse la mano a pugno, pronto a colpirlo e a sfogarsi su di lui.

 Blaine chiuse gli occhi terrorizzato, preferendo non vedere il colpo arrivare. Aspettò il pugno, il dolore, il sapore acre del suo stesso sangue, ma questo non arrivò.

Continuò a tenere gli occhi serrati, convinto che non poteva essersi salvato così facilmente. Improvvisamente udì le parole di una terza persona, rivolte direttamente al suo tormentatore.

”Senti cazzone, te l’ho spiegato chiaramente che non dovete provare a toccare nessuno senza il mio permesso! Te lo ripeterò un’ultima volta. La scuola ora è mia e voi dovete rispettare le mie regole. O vuoi che ti riservi il trattamento al quale ti sei sottratto stamattina?”

Blaine finalmente aprì gli occhi, desideroso di vedere chi fosse stato talmente coraggioso da sfidare Azimio.

La scena che gli si presentò davanti lo lasciò basito: un ragazzo teneva bloccato a mezz’aria il polso di Azimio, fulminandolo con lo sguardo. Il suo salvatore non era grosso nemmeno la metà dell'altro, eppure questo lo guardava con un’ espressione terrorizzata dipinta sul volto.

Azimio provò a liberarsi dalla stretta del ragazzo, ma questo strinse ancora di più.

“Che fai,reagisci?” lo derise lo sconosciuto.

“Lasciami, idiota!” rispose Azimio.

Il ragazzo lo guardò con aria di superiorità, poi lo lasciò andare.

“Ti sto dando una seconda possibilità, ma non ce ne sarà una terza!” lo minacciò.

Azimio, infuriato, se ne andò battendo un pugno contro l’armadietto di Blaine.

Blaine lo stava fissando con ammirazione; era rimasto colpito dal modo in cui quel ragazzo aveva affrontato Azimio e da come lo aveva fatto scappare a gambe levate. Tuttavia,nonostante quella scena gli fosse sembrata surreale, la cosa che lo aveva colpito di più era l’aspetto del ragazzo.

Era poco più alto di lui ed indossava una semplice canottiera bianca, che metteva perfettamente in risalto i suoi addominali scolpiti, una giacca di pelle sul quale erano attaccate varie spillette,  un paio di jeans neri attillati, che gli fasciavano perfettamente le gambe, e degli stivali bianchi un po’ trasandati. Nonostante quel corpo mozzafiato, la cosa più bella che Blaine notò in quel ragazzo fu, senza dubbio, il suo viso.
La sua pelle era nivea.
“Sembra quella di un angelo.” Si ritrovò a pensare.
 Aveva un piercing al sopracciglio e un dilatatore all’orecchio destro.
Poi Blaine notò gli occhi e, Dio, gli occhi di quel ragazzo erano qualcosa di ineguagliabile. Avevano una sfumatura tra il blu mare e l’argento, messa meravigliosamente in risalto dalla matita scura che il ragazzo aveva indossato. Sembrava che risplendessero di luce propria.

Quel misterioso salvatore, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, si rivolse finalmente a Blaine.

”Ti ha fatto del male?” gli chiese con apprensione, cercando di infondergli sicurezza con il proprio sguardo e un tono di voce pacato.

Blaine voleva rispondere ma la voce gli si era bloccata in gola, si limitò dunque a fargli un cenno di diniego col capo.

L’altro sorrise.

” Allora ciao Blaine.”  E detto questo se ne andò.

Quelle ultime parole lo lasciarono ancora più confuso. Non aveva mai visto quel ragazzo a scuola, né da nessun’altra parte, eppure lo aveva appena salutato con il suo nome.

Dopo pochi minuti lasciò perdere i suoi pensieri e si diresse in mensa, dove lo aspettava Rachel.



Appena entrato nella stanza trovò subito l'amica, seduta la tavolo con i ragazzi del Glee, e si mise a sedere vicino a lei.

”Ehi ragazzi, avete visto il nuovo arrivato?” squittì Rachel, eccitata.

Le prime a rispondere, in coro e con espressione sognante, furono Mercedes e Tina.

”Si era con noi nel corso di storia. E’ davvero intelligente, è riuscito a rispondere a tutte le domande di Mr. Parker senza cadere nei suoi trabocchetti!”

Anche il commento di Santana non tardò ad arrivare.”Diamine, sì che l’ho visto! Per uno del genere potrei anche diventare etero! Anche se sembra che il ragazzo giochi nella mia stessa squadra.”

“Ma chi è? C’è un nuovo arrivato?” chiese Blaine, sperando che parlassero proprio del ragazzo che aveva fermato Azimio poco prima.

Fu Santana a rispondergli, con la sua solita gentilezza.
“Si hobbit, si dice che si sia appena trasferito da un collegio maschile.”

Rachel improvvisamente strattonò il braccio di Blaine.
”Eccolo B! E’ quello lì, si chiama Kurt Hummel ed è all’ultimo anno come noi!” gli bisbigliò all'orecchio.

”Quello stamattina ha dato una gran lezione a Karofsky e Azimio. Speriamo solo che non se la prenda con noi!”

Blaine non sentì neanche una parola di quello che aveva detto Finn, troppo occupato a fissare il ragazzo che lo aveva salvato e che aveva appena scoperto chiamarsi Kurt.




Ed eccolo quì. Mi sembra di aver partorito un figlio! Allora se siete arrivate fino a quì significa che siete davvero coraggiose! Devo ringraziare veramente di cuore la mia beta Kyelenia ( 
http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=26522 ) senza di lei non sarei riuscita davvero a pubblicarla! Grazie mille ancora! Ah e se volete farmi sapere se vale la pena di andare avanti, ditelo pure! ;D

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


Allora non pensate che sono sparita è solo che il terzo capitolo è in fase di betaggio(non sò se si dice così), mentre il quarto è quasi finito quindi non pensate che ho abbandonato la storia. Come sempre ci sentiamo alla prossima e se mi lasciate un piccolo parere magari mi fate felice! ^.^

Blaine era appena tornato a casa, dopo aver passato l’intero pomeriggio da Rachel,  provando il nuovo strabiliante duetto che le avrebbe dato l’opportunità di attirare maggiormente l’attenzione su di sé. Blaine amava Rachel come se fosse una sorella, ma certe volte avrebbe soltanto voluto tapparle la bocca con qualcosa pur di zittirla.


Era stanchissimo, non desiderava altro che andare a dormire e dimenticarsi di tutti i suoi problemi.

“Ehi, Blaine, sbrigati e vieni a tavola, è pronto!” lo chiamò sua madre, dalla cucina, accorgendosi del suo rientro.

“Okay, arrivo.” rispose seccato Blaine.

L’ultima cosa che voleva fare era parlare con suo padre e sperò fino all’ultimo che questo avesse avuto un contrattempo e non ci fosse per la cena. Purtroppo per lui il padre era seduto a tavola e stava parlando di chissà cosa con la moglie.

Blaine si mise a sedere accanto a sua madre e iniziò a mangiare senza proferire parola.

La donna, accortasi del suo comportamento distante, cercò di scoprirne il motivo.

“Allora tesoro, come è andata oggi a scuola?” gli chiese infatti, premurosa e preoccupata.
Blaine era sempre stato abituato a contare su se stesso e nessun altro. Non aveva voglia di raccontarle di cosa succedeva a scuola per darle dispiaceri; in fondo lei era l’unica nella sua famiglia ad essere a conoscenza della sua omosessualità, lo aveva accettato senza esitazione e aveva acconsentito quando Blaine le aveva detto di non dire niente al padre riguardo al fatto che fosse gay.

“Il solito mamma, i professori hanno spiegato il programma di quest’anno, al Glee abbiamo iniziato subito ad allenarci per le provinciali, ho pranzato con tutti i miei amici, parlando di quest’estate, e poi ho passato il pomeriggio da Rachel. Insomma niente di che.” rispose, mentendole.

“E dimmi Blainers, hai già fatto breccia nel cuore di qualche ragazza?” chiese il padre con un sorriso stampato sul volto.

Beth guardò male il marito.

'Possibile che non noti la reazione di Blaine di fronte a domande del genere?' pensò , guardando il figlio assumere improvvisamente una posa più rigida, mentre la luce che gli aveva illuminato gli occhi mentre parlava del Glee Club svaniva del tutto.

“Louis, non sono domande da fare! Se Blaine dovesse fidanzarsi verrà a parlarcene lui, quando lo riterrà più opportuno!” disse lei con tono di rimprovero verso il marito.

“No no, mamma non ti preoccupare.” si affrettò a tranquillizzarla Blaine, non volendo essere la causa di un litigio tra i suoi genitori.

“Comunque, papà, no non c’è nessuna ragazza…” continuò con un filo di voce. Avrebbe tanto voluto dirgli 'sai papà al massimo ci sarebbe un ragazzo, ma non capiresti mai.' Sapeva di non potersi spingere così in là, dunque si limitò a pensarlo.

“Ma come Blaine, sei un ragazzo intelligente, simpatico e anche di bell’aspetto, può essere che tu non abbia fatto colpo su nessuna ragazza?” chiese il padre stupito.

Blaine non voleva rispondergli, così abbassò la testa e continuò a mangiare.

“Ahh, forse ho capito. Blaine dimmi la verità, quella tua compagna, Rachel, è più di un‘amica vero? Beh in effetti è carina! Peccato che abbia due genitori finocchi, per il resto va più che bene.” proseguì, incurante di nascondere il disprezzo con cui parlava dei papà gay della ragazza.

“No papà, è solo un’amica, davvero.”rispose Blaine evitando il suo sguardo.

Beth cercò di salvare la situazione cambiando argomento.

“Louis, come  è andata a te la giornata?” chiese con finto interesse.

Blaine in certi momenti avrebbe solamente voluto abbracciare sua madre e ringraziarla all’infinito per tutto quello che faceva per lui.

“Insomma, la giornata è andata piuttosto bene anche se ci sono state poche vendite.” rispose lui con voce stanca.

“Comunque Beth, sai cosa mi ha detto Steve?” continuò lui.

“No cosa? E’ successo qualcosa alla sua famiglia?” chiese.

“No, è successa una cosa bruttissima al figlio di Robert Moore, te lo ricordi?” disse lui .

“Si me lo ricordo, è quello che vive accanto al supermarket, no?”

“Si, circa una settimana fa suo figlio gli ha detto di essere gay,ti rendi conto che disgrazia? Sembra che vogliano mandarlo in cura da uno psichiatra che si occupa di questi casi. E’ abbastanza famoso, dicono che riesca a far tornare tutti i pazienti normali dopo varie sedute.” raccontò il padre con un’espressionedi disgusto dipinta sul volto.

Beth avrebbe seriamente voluto sbatterlo fuori e non rivederlo più, sapeva che quelle parole per Blaine erano state come una pugnalata dritta al cuore.

“Louis,  guarda che non è assolutamente una malattia e non c’è niente di sbagliato nell’amare un’altra persona dello stesso sesso!” rispose lei con rabbia.

“Non c’è niente di sbagliato eh? Ma che andassero a fare i froci da un’altra parte lui e tutti quelli come lui! Dovrebbero essere curati! Fa schifo quello che fanno ed è anche una cosa contro natura. Sono solo delle femminucce che stanno infettando sempre più persone!” ringhiò il marito.

La donna capì di non essere in grado di farlo ragionare e incominciò a sparecchiare la tavola, disperata al pensiero di che effetto avessero potuto provocare quelle parole sul figlio.

Blaine aveva assistito a quella discussione incapace di ribattere in alcun modo, mentre sentiva quelle parole infiltrarsi sotto la pelle, andando dritte dentro il cuore, dentro la testa, per farlo sentire in colpa, per ferirlo ricordandogli quanto lui stesso fosse sbagliato, nient'altro che un abominio agli occhi del padre.

Louis non poteva capire quanto avesse ferito il figlio con quel discorso, ma anche se avesse saputo della sua omosessualità la sua opinione non sarebbe stata differente.

Quelle parole avevano ricordato a Blaine il motivo per cui non aveva mai rivelato ciò che era al padre, avevano fatto riaffiorare in lui tutte le paure seppellite nel profondo del suo animo.

Sentiva  le lacrime pungergli gli occhi, per il dolore e per la frustrazione. Sentiva la rabbia montargli dentro, risvegliata dalle parole del padre, così simili a quelle che gli erano state rivolte contro o che gli venivano riversate addosso tutti i giorni.

Suo padre, una volta finita la cena, si alzò dal tavolo e si diresse verso il salotto, probabilmente per guardare una partita di football in tv.

Una volta rimasti solo loro due in cucina, sua madre gli si avvicinò e lo abbracciò stretto, comunicandogli tutto il proprio affetto.

“Non dargli ascolto, tu sei troppo per questa città bigotta e per gente come lui. L’anno prossimo ti troverai a New York e lì non ti dovrai più nascondere da nessuno. Tu sei perfetto,  Blaine!” gli disse con la voce rotta dal pianto.

Si staccarono pochi minuti dopo e finirono a guardarsi negli occhi, con sua madre che gli rivolgeva un sorriso malinconico che lui non poté fare a meno di ricambiare. Era un sorriso finto e forzato, ma non avrebbe mai potuto dare intenzionalmente dispiaceri a quella donna che lo difendeva sempre e comunque.

“Grazie mamma.” sussurrò Blaine non allontanando lo sguardo dai suoi occhi amorevoli.

Dopodiché si alzò da tavola e si diresse verso camera sua.

Quello era l’unico posto dove poteva essere se stesso, dove le voci accusatorie degli altri non arrivavano, dove poteva esprimere i suoi sentimenti attraverso  la musica senza che nessuno gli chiedesse niente.

Si voleva sfogare, ma non voleva far sentire niente ai suoi genitori, lo avevano rimproverato più volte per i rumori troppo forti; prese l’ipod dalla tasca della tracolla, si stese sul letto e mise l'unica canzone che riuscisse a calmarlo.

Life’s too short to even care at all, I’m losing my mind, losing my mind, losing control.”

'Si Blaine, la vita è troppo corta per preoccuparsi di tutto'pensò.

These zombies in the park they’re looking for my heart” 

'Stanno cercando il mio cuore per distruggerlo definitivamente…'

Blaine non riusciva a calmarsi. Aveva un disperato bisogni di liberarsi di tutta quella rabbia, della delusione provocata dalle parole del padre, ma non ci riusciva. Di solito gli bastava ripetersi quelle parole mentalmente, ma quella volta non stava funzionando. Si tolse le cuffie e buttò il tutto nel cassetto del suo comodino.

Dopo un attimo di riflessione si promise mentalmente che l’indomani dopo le lezioni sarebbe andato in palestra per sbarazzarsi di tutta quella rabbia trattenuta troppo a lungo.

'Fottute emozioni. Se si potesse non provare nulla la vita non sarebbe così complicata e dolorosa.’si disse.

Si addormentò dopo poco tra un pensiero e l’altro.





Grazie ancora a tutti quelli che hanno recensito e hanno aggiunto la storia tra le preferite/seguite, ma sopratutto un grazie enorme alla mia beta  Kyelenia ( http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=26522 ). Non me lo aspettavo proprio che la storia sarrebbe piaciuta. XD
Mi scuso per il ritardo del capitolo, ma vi posso assicurare che il prossimo è già in cantiere. Detto questo posso salutarvi, alla prossima! ^-^
P.S. se volete farvi un'idea della storia il titolo l'ho preso dalla canzone di P!ink Perfect.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


*Note e scuse a fine capitolo.


Blaine si svegliò di colpo, respirando a fatica a causa dello spavento.

Aveva avuto un altro incubo, solo che questa volta, oltre a quei tre ragazzini, si era aggiunto suo padre che gridava insulti e lo picchiava insieme agli altri.
Si sollevò cautamente, poggiando la schiena contro la testata del letto nel tentativo di regolarizzare il respiro. Quei sogni, che ultimamente stavano diventando sempre più frequenti, gli rendevano difficile passare la notte tranquillamente.

Era terrorizzato dalla possibilità che suo padre lo scoprisse. Lo avrebbe sicuramente mandato all’ospedale e questa volta a Blaine non sarebbe bastata la determinazione che l’aveva aiutato a rialzarsi l’ultima volta.

Era sveglio e, considerato che erano già le sei, tentare di riprendere sonno non gli sarebbe servito a nulla. Così preferì alzarsi e sfruttare quel tempo.
Riordinò la sua stanza, si fece una doccia e si vestì. Decise di andare a scuola a piedi, gli avrebbe fatto bene camminare e non distava molto da casa sua.

***

Adorava la palestra vuota, si poteva sentire solamente il rumore del suo respiro accelerato dallo sforzo e il rumore dei pugni lanciati contro il sacco da boxe.

In quei pochi momenti Blaine riusciva a non sentirsi debole, riusciva a non considerarsi più una vittima. Ogni insulto, ogni spintone, veniva spazzato via dal suono dei suoi pugni, ad ogni colpo sentiva scivolare via il dolore

“Anche tu ti scarichi così, eh?” disse qualcuno dietro di lui.

Blaine si girò per vedere chi fosse e notò Kurt appoggiato allo stipite della porta, che lo stava guardando incuriosito.

“Non si direbbe, vero? Però, si, alcune volte lo faccio…” rispose con amarezza Blaine.

Tutti lo consideravano una femminuccia, perché Kurt avrebbe dovuto avere un’opinione diversa? In fondo  Blaine non sapeva niente di lui, poteva benissimo essere un altro omofobo che gli avrebbe dato il tormento e che magari l’altro giorno lo aveva difeso solo per far capire agli altri che comandava lui.

“C’è qualcosa che non va, Blaine?” chiese Kurt notando che l’altro si era rattristito di colpo.

Blaine odiava mentire e non voleva rendere nessun’altro partecipe delle sue pene.

“Come sai il mio nome Kurt?” chiese cercando di sviare il discorso.

“Potrei farti la stessa domanda.” rispose Kurt con ovvietà.

“Beh, sei il nuovo arrivato è normale che tutti parlino di te…” disse Blaine abbassando lo sguardo.

“Me lo aveva detto Puck che questa scuola è piena di pettegoli!”

“Aspetta tu lo conosci?  Non mi hai ancora risposto…” chiese Blaine stupito.

“Si. Ci siamo conosciuti in riformatorio l’anno scorso e qualche volta per distrarci e tenerci compagnia ci raccontavamo della nostra vita. Mi ha parlato degli amici del Glee Club e, ovviamente, c’eri anche tu.” spiegò Kurt.

Tra i due calò un silenzio imbarazzante.

Blaine voleva chiedere a Kurt come mai fosse finito in riformatorio, ma aveva paura della reazione che avrebbe potuto avere e della risposta. Magari aveva aggredito qualcuno come lui e gli sarebbe toccato lo stesso destino se Kurt avesse scoperto chi fosse veramente.
Kurt dal canto suo sembrava teso e a disagio.

Dopo qualche istante Blaine raccolse tutto il coraggio che aveva in corpo e iniziò a parlare.

“Come…beh come ci sei finito lì dentro?” chiese guardando negli occhi Kurt per coglierne ogni minima reazione.

“Non voglio parlarne qui, ti va di prendere un caffè?” chiese capendo che l’interesse di Blaine era sincero, poteva comprendere quel ragazzo semplicemente dal suo sguardo.

“Umh… si, per me va bene, ma non ho la macchina..” accettò, maledicendosi internamente per aver avuto voglia di camminare quella mattina.

“Non fa niente, ti riaccompagno io.”

"Ok, grazie mille.”

Blaine si rivestì, Kurt prese le cose che aveva lasciato nell’armadietto dello spogliatoio e insieme si incamminarono verso l’auto di Kurt.

Quando si sedettero a un tavolino piuttosto appartato del Lima Bean fu Blaine a rompere il silenzio che si era creato tra loro.

“Grazie.” sussurrò fissando il suo bicchiere per non incontrare lo sguardo di Kurt.

“Per cosa?” chiese Kurt, spiazzato.

“Per ieri. Tu mi hai difeso, perché?” disse Blaine con tono insicuro. Nessuno aveva mai preso le sue parti, prima di allora, perché l’aveva fatto un ragazzo che non conosceva neppure?

“Non ho fatto nulla più di quello che fosse giusto. Diciamo che quei palloni gonfiati non sono niente in confronto a quelli con cui ho avuto a che fare.” rispose Kurt con indifferenza prendendo un altro sorso del suo caffè.

Blaine rimase in silenzio.
-Quindi anche Kurt è stato preso di mira da qualcuno, forse non siamo poi così diversi...-  pensò.

“Perché lo stava facendo?” chiese Kurt.

“Cosa?” gli domandò Blaine perplesso.

“Perché stava per picchiarti?” ribattè l’altro.

“Diciamo che il mio modo di essere non gli va a genio..” spiegò lui,distogliendo lo sguardo da quello di Kurt.

“In che senso?”

Blaine prese un sorso del suo caffè,  pensando un attimo alla risposta da dare. Forse valeva la pena dirgli la verità, fino ad ora sembrava l’unico veramente interessato a lui, e aveva davvero bisogno di qualcuno con cui poter aprirsi. Forse era stato fortunato e quel qualcuno poteva essere Kurt. Blaine ci sperava davvero.

 “Sono gay.” Si decise a spiegare, e il tono di voce gli uscì più amareggiato di quanto non avesse voluto.

“Ah” fu l’unica cosa che uscì dalle labbra di Kurt.

Blaine alzò lo sguardo verso di lui, cercando il disprezzo o qualche altro sentimento simile nei suoi occhi. Non vi trovò niente che non fosse comprensione.

“Sono finito in riformatorio per questo…” disse Kurt, distogliendo Blaine dai propri pensieri.

“Aspetta. Co-come?” chiese Blaine, con timore che tutte le sue paure stessero per diventare realtà.

 Kurt fissò un punto indefinito davanti a sé, probabilmente rivivendo nella propria mente quel periodo

 “Due anni fa feci coming out con mia madre e il mio patrigno.” cominciò a spiegare con amarezza.

“Nessuno dei due la prese bene. Dopo poco tempo mia madre andò via di casa e io non ho sue notizie da allora. Sono rimasto solo con il mio patrigno che mi insultava e mi picchiava ogni volta che ne aveva l’occasione, ricordandomi quanto cazzo fossi sbagliato" continuò. "Come se lui fosse perfetto.” rise amaramente.

“Un pomeriggio tornò ubriaco. Entrò in cucina mentre stavo preparando la cena, canticchiando spensieratamente.  Quando mi vide iniziò a riempirmi di insulti come era sua abitudine. Odiavo quei momenti, mi sentivo impotente ed ero totalmente solo. Quel pomeriggio, però, fu semplicemente troppo. Mi volati e gli gridai contro tutto l’odio che provavo nei suoi confronti. Dopo un attimo di silenzio prese un coltello e iniziò ad avvicinarsi a me con un ghigno stampato in volto. Avevo paura, non riuscivo a ragionare,  allora afferrai la padella dietro di me e lo colpii ripetutamente alla testa finché non svenne.” raccontò.

“Quindi sei finito in riformatorio per questo?” chiese Blaine stupito dal racconto di Kurt.

“Si. Alla polizia non è importato molto delle stato di shock in cui mi trovavo e del fatto che il mio patrigno impugnasse un coltello. Io ero l’aggressore e lui era la povera ed innocente vittima” rispose usando un tono sarcastico per le ultime parole.

Blaine rimase sbalordito dal racconto di Kurt. Non credeva possibile che un ragazzo potesse essere stato tanto coraggioso. La cosa lo fece sentire ancora più vigliacco.

“Mi dispiace” Sussurrò a Kurt, sinceramente dispiaciuto per quello che gli era accaduto .

“Non ti dispiacere, non tutti i genitori possono amare i figli in condizionatamente. I tuoi come l’hanno presa?” chiese cercando di cambiare discorso.

Ci fu un attimo di silenzio. Blaine non si era mai aperto tanto con una persona, perlopiù con un quasi estraneo, ma qualcosa gli diceva di fidarsi di Kurt.

“Veramente l’ho detto solo a mia madre perché so che mio padre non mi accetterà mai. Per favore non giudicarmi…”

“Non ti giudico affatto, penso che sia una scelta comprensibile e che tu abbia le tue ragioni.”

“Comunque sono le sei e dovrei tornare a casa, dimmi dove abiti e ti riaccompagno.” disse Kurt alzandosi dalla sedia e avviandosi al di fuori del locale.

Blaine lo seguì, salì sull’auto e si godette il viaggio verso casa in compagnia dell’altro.


Scusatemi, scusatemi e scusatemi. La storia potrà anche non importare a nessuno, ma io mi sento tremendamente in colpa... purtroppo sto messa male per colpa di latino, ma dopo la fine di Agosto sarò tutta vostra.... dalla serie ma chi ti vuole?! xD
Beh che dire Kurt e Blaine finalmente parlano e si scoprono simili, mi odio per quello che ho combinato a Kurt e quello che gli combinerò (Blaine non stà messo meglio..)
Un GRAZIE a tutti quelli che leggono/seguono/recensiscono e sopratutto un grazie enorme alla mia beta 
Kyelenia (http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=26522 ) 
Ci vediamo alla prossima e fatemi sapero come vi è sembrato questo capitolo.

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