Voglio Un Mondo All'Altezza Dei Sogni Che Ho

di EriStefan95
(/viewuser.php?uid=201492)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


< Sofia hai finito di studiare? >.
La voce di mia madre che urlava dalla cucina si faceva eco nella casa.
< Non mi manca molto mamma! >. Ma in realtà mi attendevano ancora quindici pagine di filosofia arretrate e tutte per domani.
< E' pronta la cena >. Il rimbombare delle parole della mamma distoglievano ancora di più la mia mente da quelle sporche pagine macchiate di inchiostro indelebile.
< Mangerò più tardi allora >.  Scema, scema, scema, ripetevo rabbiosamente a me stessa. Ero stufa di tutto quello studio. Maledetto Liceo Classico e altrettanto il giorno in cui decisi di frequentarlo. Oh, potessi tornare indietro nel tempo, in quei piccoli banchi di terza media nel giorno in cui ci hanno consegnato i fogli di iscrizione!
< Non avresti conosciuto me >.
Il mio monologo, o meglio sfogo, venne interrotto da una voce maschile a me nota. Mi voltai verso la porta della mia stanza.
 < Ciao Dylan,non ti ho sentito entrare > lo salutai quando era ancora sulla soglia e aspettava il mio permesso per entrare. Dylan Stakoswey era il mio migliore amico da anni; frequentavamo la stessa classe e tra di noi c'era quella sintonia che superava quella delle radio. Diciamo che per me rappresentava il tipico " fratello mai avuto ": sempre affettuoso,disponibile..sempre, sì, sempre è l'avverbio che lo descrive meglio.
 < Hai già finito di studiare? > domandai sperando di non sentirmi dire di si, sarebbe stata la ciliegina sulla torta per il mio abbattimento morale.
< Certamente > il suo sorriso soddisfatto mise in mostra tutti e trentadue i denti uno per volta. Come non detto, mi chiedo come ci riesca!
< Che sei venuto a fare ? > lo tempestai di domande per celare la mia rabbia contro la mia lentezza nello studio.
< Qualcuno non gradisce la mia presenza? > rispose con un'altra domanda mettendomi in leggero imbarazzo.
< Sai che non intendevo questo > biascicai sentendo le guance andare a fuoco. Passarono pochi minuti di silenzio totale, tempo necessario affinché si accomodasse sul mio letto, poi riprese a parlare.
< Ti ricordi quel discorso che abbiamo affrontato stamattina? > mi chiese quasi frustato, ma il suo tentativo di riesumare dal mio cervello del materiale che non fosse Socrate o Platone fu alquanto vano. Il mio silenzio rispose alla sua domanda.
< No eh, non ricordi.. > aggrottò le sopracciglia quasi fino a coprire gli occhi.
< Ehm > abbozzai una risatina per sdrammatizzare < in questo momento mi sfugge, scusami > .
< Parlavamo di Arianna, ti dice niente questo nome? >. Il suo tono sembrava allarmato, come se fosse successo qualcosa di brutto.
< Ora ricordo, che è successo? > la mia mano chiuse il libro di filosofia senza ricevere alcun comando dal cervello; anche domani avrei preso una "i".
< Ecco, il problema è che non riesco a farmi notare da lei >. Tirai un sospiro di sollievo. La mia mente aveva cominciato già a fantasticare immaginandola in un altro paese con la famiglia, mentre si baciava con un altro ragazzo e nella sala operazioni dell'ospedale. La mia solita esagerazione.
< Non hai il suo numero? > gli chiesi come se mandarle un messaggio sarebbe stata la soluzione più semplice.
< Si >. Improvvisamente fu assalito da una grande tristezza; aveva la testa bassa e i suoi occhi fissavano ormai da alcuni minuti sempre la stessa mattonella sul pavimento. Mi avvicinai per abbracciarlo come solo io sapevo fare, o almeno questo era quello che mi ripeteva in continuazione.
< Perché non provi a scriverle qualcosa? Le farà piacere >. Sapevo che non era il consiglio migliore ma per lo meno cercai di tirarlo un pò su. Arianna era una ragazza dell'ultimo anno invidiata da tutte le studentesse della scuola per la sua oggettiva bellezza. Quando i ragazzi incrociavano il suo sguardo iniziavano a balbettare neanche fosse Belen Rodriguez in bikini che balla la lap-dance nei corridoi; e i suoi poteri da cupido hanno purtroppo effetto anche su Dylan.
< Non ho il coraggio, magari non sa neanche chi sono >. Evviva l'autostima!
< Senti > mi decisi a tirare fuori tutto quello che pensavo < tu meriti molto di più di una stupida oca che passa il tempo a mostrare il sedere a tutta la scuola! Hai bisogno di una ragazza che ti faccia vivere una favola, sia pur di alti e bassi, ma pur sempre favola, e per alti e bassi non mi riferisco certo ad un ragazzo di 1.78 m e ad una ragazza di 1.82 m; Arianna è troppo grande per te e ha altri interessi evidentemente, è una perdita di tempo secondo me starle dietro > finii. Sapevo che quelle parole non avrebbero certo migliorato la situazione ma non potevo certo rimproverarmi di essere stata sincera con lui.
< Sai che ti dico? > balzò dal letto illudendomi che stesse per accadere ciò che avevo previsto fin troppo bene < hai ragione! > mi spiazzò.
< Ho ragione? > chiesi conferma delle sue parole, allibita.
< Si,hai ragione! Hai perfettamente ragione > continuava a ripetere soddisfatto come se il suo cervello avesse preso di colpo a funzionare in quel momento. Non risposi, in realtà non sapevo proprio cosa dire. Ancora una volta la mia mente aveva sbagliato a fantasticare; a questo punto nelle mie previsioni avrei dovuto vederlo uscire su tutte le furie e sbattere la porta e invece era li che ripeteva che avevo ragione.
< Qualcosa non va? > mi chiese mentre i suoi occhi brillavano, sembrava rinato.
< No anzi, è tutto apposto..è solo che mi hai lasciata... >
< Attonita > finì la frase al mio posto come se sapesse tutto quello che mi frullava nella testa. Afferrai con la mano il cellulare che era sul comodino e cliccai sul registratore.
< Puoi ripeterlo ancora una volta? > dissi poi. Scoppiò a ridere dimenandosi sul letto su cui si era lasciato cadere a peso morto.
 < Dai, voglio immortalare il momento in cui ammetti che ho ragione! > .
Rideva ancora, poi balbettò qualcosa < Io, Dylan Stakoswe, dichiaro che Sofia Styluis per la prima volta ha ragione >.
Fatto, cliccai " stop " e riposi il cellulare dove lo avevo preso. In realtà aveva sempre rispettato i miei consigli ma aveva sempre finto di voler fare di testa sua per non darmi ogni volta la conferma di essere lui il braccio ed io la mente. Improvvisamente la mamma piombò nella stanza
< Ragazzi avete fame? >. Cercai risposta negli occhi di Dylan che mi fece cenno di "no" con la testa, poi risposi a mia madre.
< No mamma, non abbiamo fame >. Mentre usciva dalla mia stanza anche Dylan la ringraziò per avergli offerto la cena e mia madre si voltò per sorridergli. Le era sempre stato simpatico, sin da quando credeva fossimo fidanzati, poi amareggiata per l'illusione si era abituata all'idea che fosse il mio migliore amico e continuava a ritrovarselo dentro casa quasi ogni giorno.
< Si è fatto tardi,è meglio che vada > si rialzò dal letto su cui si era ormai totalmente steso e fece per prendere il giubbotto che aveva appoggiato sulla sedia della scrivania. < Se ti va puoi rimanere ancora> dissi.
 < Grazie,ma devo tornare a ripetere filosofia > disse con tono annoiato. Improvvisamente mi ricordai delle quindici pagine che avevo totalmente dimenticato;si prospettava una lunga notte. Lo accompagnai fino all'ingresso pensando nel frattempo a come saltare l'ora di filosofia di domani: avrei potuto fingere un malore, o avrei potuto chiedere di andare in bagno e magari ci sarei rimasta tutta l'ora che avrei giustificato con una malattia allo stomaco o problemi di incontinenza, o avrei potuto usufruire della mia fortuna di essere nata femmina e quindi giustificare l'assenza sfruttando i sintomi della critica settimana mensile come scusa...fattosta che nessuna di queste sarebbe sembrata abbastanza credibile alla Signora Picci.
< Allora io vado > mi strappò due baci dalle guance e si allontanò nel buio delle 23.30 di sera.
< Ciao Dylan, a domani > dimenai le mani per farmi vedere, ma non si vedeva già più.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Incolla qui il testo.

Cavolo! Mi ero addormentata sul libro di Filosofia e per di più senza riuscire a concludere nulla. Era certo che anche oggi avrei preso un' insufficienza. Barcollai ancora grondante di sonno per la camere in cerca del cellulare e quando lo trovai scorsi un messaggio.

" E' stata una bella serata. Buonanotte. DY. "

Rilessi il messaggio ancora una volta prima di chiuderlo. Era strano, ormai trascorrevamo tutte le sere insieme ma non mi aveva mai mandato un messaggio. Mi decisi a chiudere il telefono e sfrecciai in bagno prima che la voce squillante di mia madre svegliasse il vicinato. [...]
Uscii di casa senza fare rumore altrimenti mio padre mi avrebbe costretta a rientrare per rifare il letto, a costo di farmi arrivare tardi a scuola.
Presi la moto dal garage e corsi a 50 km orari sulla dritta strada di Via Cappuccini alle otto meno venti di quel caldo mattino.
<< Ciao Jen >> salutai la mia compagna di banco che era appena scesa dal pulman che da Mesagne la portava ogni mattina a Brindisi. Jennyfer ricambiò scuotendo la mano e accennando un sorriso ancora assonnato. Riposi il casco nella sella della moto e mi incamminai verso la classe. Era appena suonata la campanella.

. . .

Lasciai cadere a peso morto lo zaino per terra e sfilai il giubbotto; mi accasciai sul banco e pensai velocemente ad un piano attendibile per saltare l'ora di filosofia. Ma la mia mente sembrava essersi presa un giorno di riposo. Ma con oggi era già il secondo.
<< Ciao a tutti >> la voce di Dylan rimbombò nella classe. Come faceva ad essere così sveglio a prima mattina. Mi avvicinai al suo banco come facevo ogni mattina quando entrava in classe, dato che arrivavo sempre prima io, ma la sua faccia non era quella di sempre.
<< Ciao Dylan >> lo salutai << è successo qualcosa? Ti vedo affranto! >> aggiunsi poi.
<< No, è solo un leggero mal di testa.. >> biascicò. Poi andò velocemente ad appendere il giubbotto come se volesse evitarmi. Rimasi a guardarlo davanti al suo banco per pochi minuti; poi tornai al mio posto senza dire altro, ma il " mal di testa " non era stato convincente. Avrebbe convinto chiunque, ma non me che lo conosco da anni.
La signora Picci era appena entrata, puntuale come ogni giorno. Mai che le venisse un'improvviso malore quando più ne avevo bisogno. Ero arrivata a pensare che li scongiuri non servissero gran che.
<< Buongiorno ragazzi >> salutò alle 8.00 in punto << Oggi la lezione salta perchè il preside mi ha convocata nel suo ufficio >> aggiunse poi angosciata. I miei occhi si illuminarono. Amavo il preside, in quel momento avrei potuto contattare i costruttori migliori dell' Italia per eregergli una statua, ma dovevo fingere l'indifferenza di una che aveva passato ore e ore a studiare filosofia e che era rimasta amareggiata da quell' improvviso contrattempo. Appena le sue gracili gambe furono fuori dall' aula si scatenarono le grida di gioia dei miei compagni. Guardai in direzione del banco di Dylan ma lui non c'era. Lo cercai con lo sguardo ovunque ma niente, doveva essere andato in bagno.
<< Allora Soph, che facciamo quest'ora ? >> mi chiese Jennyfer euforica e speranzosa che avessi in serbo qualcosa di interessante da fare.
<< Scusa Jen, ma oggi non è giornata >> risposi con tono quasi disperato. Lei mi guardò sospetta, come se stesse cercando di capire da sè cosa mi turbasse, poi si arrese.
<< E' successo qualcosa ? >> mi chiese preoccupata. Esitai a rispondere, non sapevo se sfogarmi sarebbe stata la cosa giusta, ma avevo bisogno che qualcuno mi desse una risposta a tutti i miei " perchè ".
<< Problemi superflui, forse mie invenzioni >> mi limitai a rispondere. Sapeva che non le avevo detto tutto, in realtà non le avevo detto proprio niente.
<< Problemi con Dylan ? >> provò ad indovinare. Mi colse in flagrante.
<< Diciamo che centra Dylan >> arrossii. Poi guardai ancora una volta il suo banco fortunatamente ancora vuoto.
Jen rimase in silenzio per pochi secondi e fissava la scritta sul mio borsellino " S & D "; poi si decise a rispondere.
<< Cosa provi per Dy ? >> mi spiazzò. Il mio lungo silenzio confermò l'idea che si era fatta. << Soph, sei innamorata di Dylan ? >> aggiunse poi. La guardai negli occhi per capire se mi potevo fidare.
<< In realtà >> dissi << non lo so nemmeno io >> finii. Lei non rispose, tornò a fissare la scritta.
Ero sicura che fosse nient'altro che il mio migliore amico ma i mille interrogativi circa il suo comportamento di poco prima mi stavano tormentando tanto che nella mia testa c'era solo lui. Lui e solo lui.
<< No, è solo il mio migliore amico >> aggiunsi poi. Lei mi sorrise ma non disse altro, non sembrava convinta dalle mie parole.

Nel frattempo Dylan era rientrato in classe. Si era seduto e non aveva più parlato. Mi decisi a raggiungerlo al suo banco, accanto a lui c'era un posto vuoto e mi sedetti lì.
<< Allora ? >> mi sforzai di dire con aria presuntuosa.
<< Allora cosa ? >> rispose alzando il sopracciglio destro. Sembrava più tranquillo rispetto a prima, quasi normale.
<< Che avevi stamattina ? >> mi ostinai a chiedere pretendendo una spiegazione plausibile.
<< Ti ho già detto che avevo mal di testa >> ribattè arrogante. Rimasi in silenzio alcuni minuti a guardarlo negli occhi. Aveva la testa bassa e lo sguardo perso. Ero certa mi stesse nascondendo qualcosa e non avevo la minima idea di come costringerlo a parlare.
<< Spiegami il messaggio >> chiesi poi per sviare l'argomento, rimanendo però sempre in tema con ciò che mi serviva sapere.
<< Quale messaggio? >> mi chiese confuso.
<< Quello di ieri sera >> gli rinfrescai la memoria pur consapevole che lo ricordava perfettamente. Indugiò prima di darmi una risposta.
<< Sono stato bene, tutto qui. Perchè, tu no ? >>rispose. Forse era davvero per quello, eppure avevo la sensazione che non mi avesse detto tutta la verità.
<< Sto sempre bene con te >> mi decisi a rispondere mentre i suoi occhi cercavano una risposta nei miei. Il suo sguardo improvvisamente si illuminò, gli occhi diventarono lucidi e dalla sua bocca trasparì un leggero sorriso.
<< Perchè avevi dubbi ? >> aggiunsi dopo aver analizzato attentamente la sua reazione.
<< Non si sa mai >> abbozzò un sorriso e si alzò dalla sedia.
<< Dove vai ? >> chiesi vedendolo raggiungere la porta della classe.
<< In classe di Arianna >> strizzò un'occhio e accennò nuovamente un sorriso, poi si rigirò e uscì.
Arianna...che strano formicolio nello stomaco che mi aveva procurato quel nome.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


Dylan uscì dalla classe abbozzando un sorriso malizioso. Lo seguitai con lo sguardo finchè non fu completamente fuori.
La cosa era alquanto strana. Insomma, non la conosceva neanche questa Arianna, e adesso andava nella sua classe.
<< Soph, io e Denise stiamo andando in bagno a fare una passeggiata vieni con noi ? >> era dinuovo Jennyfer.
<< Scusami >> risposi sapendo di non essere stata tanto giusta nei suoi confronti. La spostai leggermente e raggiunsi la porta della classe. Mi affacciai lentamente. Non volevo che Dylan mi vedesse, non velevo che pensasse che lo stessi spiando. Improvvisamente vidi passare Arianna davanti alla mia classe, stava andando in bagno con Clax, Clarissa Basso della sua classe.
<< Jen ? Jen...>> la rincorsi << vengo anche io >> urlai per farmi sentire richiamando l'attenzione dei bidelli furiosi.
Jen mi guardò con aria indispettita.
<< Scusami >> accennai. Lei mi sorrise.
In bagno c'era già Arianna. Dalle sue urla semnbrava stesse litigando al telefono con qualcuno, mentre Clax la guardava attonita e attendeva che chiudesse la telefonata.

" Finiscila di essere così geloso, sono una ragazza libera anche se sono fidanzata "

Al suono di quelle parole deglutii. Non sapevo se essere triste o felice. Avrei dovuto essere dispiaciuta per Dylan ma non riuscivo a non essere felice di averlo ancora tutto per me. Ero sempre stata gelosa di lui, e Arianna aveva fatto crescere dentro di me l'impulso di protezione nei suoi confronti. Non sapevo come dirgli quello che avevo sentito. In un primo momento mi chiesi dove potesse essere adesso dato che Arianna era quì; poi pensai che dovevo assolutamente dirglielo, non sapevo ancora come avrei fatto, chi mi avrebbe dato il coraggio, ma dovevo, a costo di spezzargli il cuore. Non avrei lasciato che si innamorasse di una ragazza fidanzata che se ne infischiava della sua esistenza e che presto lo avrebbe ferito pesantemente. Me ne andai in classe senza dire nulla a Jen e Den che sicuramente erano furiose con me e nel tragitto pensai ad un buon piano per dare quella notizia a Dylan. La campanella suonò e la Picci tornò in tempo in classe per salutarci e spronarci a studiare storia annunciando che domani ci sarebbe stato un compito in classe o un'interrogazione a tappeto. Perfetto, si prospettava un lungo pomeriggio dato che non avevo aperto il libro di storia per tutto l'anno.[...] La mattina passò in un lampo e non ebbi il coraggio di parlare con Dylan. Tornai a casa amareggiata e con un grande peso nello stomaco di cui mi dovevo assolutamente liberare.

Mi bivaccai sul letto lasciandomi andare. Chiusi gli occhi per riposarmi e pensai ancora, ma niente, non avevo nemmeno l'ombra di una misera idea su come fare. La mamma mi chiamò per pranzare ma non avevo fame, le risposi che avrei mangiato più tardi e mi addormentai cinque minuti dopo aver sentito la porta d'ingresso sbattere e lei uscire per andare a lavoro.

....


<< Sofia? Sofia ? >>. Mi svegliai sulle note di una voce famigliare. Aprii gli occhi e vidi Dylan. Ebbi un sussulto.
<< Sei pazzo ? Mi hai spaventata >> mi lamentai ancora un po stordita. Non si scusò affatto, al contrario si fece scappare una risatina.
<< Sono entrato dalla finestra >> disse. Di solito usava la porta ma in caso di emergenze c'era una scala apposta per lui posizionata sotto la mia finestra. La usava quando piombava in camera mia in piena notte per non svegliare i miei con il suono stridulo del campanello per esempio. Di solito trascorrevamo la maggior parte delle notti insieme. Il mio letto era a due piazze, lo avevo comprato appositamente e anche lui ne aveva uno uguale nella sua camera. Mi stiracchiai e sbadigliai almeno cinque volte consecutive mentre Dylan era sempre lì difronte a guardarmi. Quando mi alzai dal letto lui rimase li che mi osservava in ogni mio movimento. Mi ricordai di Arianna e cominciai a gironzolare per la stanza freneticamente assalita dall'ansia. Mi sentii una pessima amica, la peggiore amica che si potesse avere. Non potevo tenermi quel peso nello stomaco, se gli volevo bene dovevo dirglielo e subito. Cercai di convincere me stessa ma fu inutile, le parole non volevano uscire.
<< Sofia stai bene ? >> mi chiese vedendomi girare come una stupida senza concludere nulla.
<< Si, magnificamente >> mentii. << Rimani qui stanotte? >> gli chiesi poi.
<< Si, mi devi dare qualche altra dritta per Arianna >> rispose. Tacqui.
<< C'e qualche problema, So ? >> mi chiese poi vedendo la mia faccia preoccupata. Non risposi subito, mi fermai un'attimo a pensare. Dovevo assolutamente risolvere quel problema e solo io avevo li strumenti per farlo. Potevo dire che il cuore di Dylan era nelle mie mani.
<< No no, figurati, è sempre un piacere averti qui >> mi sforzai di sorridere e di fingere che andava tutto bene. Cercai di strappargli un sorriso prima di vederlo depresso e con una lametta in mano indeciso se tagliarsi le vene o andare avanti. Aveva una carattere debole, e questo era uno dei tanti motivi che mi aveva spinto a non parlare.
<< Che facciamo stasera ? >> mi chiese
<< Dawson Creek? >> proposi. Amavo quel telefilm, passavo ore davanti al computer a rivedere le puntate in streaming.
Ci pensò su un secondo, poi approvò. Afferrai il libro di storia che era sulla mensola insieme agli altri libri di scuola e lo gettai con aria annoiata sul letto, quasi su di lui.
<< Non avrai mica intenzione di studiare storia! >> disse. Sul suo volto un'espressione attonita.
<< Caro mio, tu sei l'unico in classe al passo con il programma >> dissi << io questo libro non l ho mai aperto >> finii
<< O magari tu sei l'unica che si è arretrata >> ribbattè lui abbozzando un sorriso. Lo fulminai con lo sguardo indispettita. Non avevo la testa per studiare storia ma speravo di dimenticare almeno per un po quel fatto dedicando la mia attenzione su quell'insulso libro.
<< E io che faccio ? >> mi chiese Dylan che sembrava si stesse annoiando. Cercai con lo sguardo il telecomando della televisione. << Guarda un po di tv >> risposi indicandogli il telecomando sulla cassettiera. Lo guardò come se si dovesse accontentare di quello, si alzò giusto un'attimo per prenderlo e piombò nuovamente sul letto facendomi saltellare leggermente sul posto, e con me il libro. Gli lanciai un'altra delle mie occhiate cocenti e alzò le mani in segno di scuse. Diventavo irrequieta e insopportabile quando si trattava di studiare, quasi antipatica. [...]
Si erano fatte le sette di sera e avevo chiuso il libro imparando solo la metà di tutto quello che avevo letto. Dylan aveva cambiato canale più volte e adesso aveva spento la tv come se non stesse vedendo l'ora di farlo.
<< Ci facciamo portare una pizza? >> gli chiesi. Stavo morendo di fame e giù in cucina c'era ancora il brodo vegetale del pranzo che ogni volta che mi tornava in mente me la faceva passare.
Annuì.
Feci per prendere il telefono e chiamare la pizzeria qui vicino.
<< Che hai guardato per tutto questo tempo? >> gli chiesi per rompere il silenzio. Lui esitò a ripondere, poi si decise.
<< Te >>.
 Lo guardai con aria sospetta.
<< Non essere sciocco >> diventai improvvisamente fredda come un ice-berg tanto che neanche il Titanic sarebbe riuscito a distruggermi.
<< Davvero >> insistette.
 Non risposi. Lo guardai con l'aria di una che si sentiva presa in giro ma che nello stesso tempo ci stava credendo. Anche lui rimase in silenzio.

La pizza arrivò subito, un quarto d'ora preciso di orologio. La divorai in un baleno mentre Dylan era ancora al secondo pezzo. In tv non facevano niente così decidemmo di infilarci nel letto. Era quasi Giugno e faceva caldo per starsene sotto le coperte, così mi sfilai maglietta e pantaloni e mi appoggiai sul materasso coperta solo da mutande e reggiseno. Ero abituata a stare così davanti a lui, e anche lui faceva lo stesso con me. Si accasciò sul letto accanto a me e improvvisamente mi ricordai di Arianna. Cominciai a risentire quel peso nello stomaco e cercai di addormentarmi quanto prima per dormirci su; ma il sonno non era dalla mia parte.
<< Senti Dylan, devo dirti una cosa >> presi coraggio.
<< Devo preoccuparmi ? >> mi chiese lui, anche se dal tono di voce sembrava esserlo già.
<< Si, cioè no... voglio dire, forse un poco >> balbettai in attesa delle parole giuste.
<< Ti ascolto >> disse. Rimasi in silenzio alcuni minuti. Avevo perso tutto il coraggio e adesso non potevo lasciarlo con il cruccio. Maledissi il momento in cui decisi di andare in bagno con Jen stamattina.
<< Ho sentito Arianna parlare al telefono stamattina >> dissi tutto d'un fiato.
<< Bè? >> mi invogliò a proseguire.
<< Parlava con un ragazzo, il suo ragazzo >>. Tirai un sospiro di sollievo. Il peso nello stomaco non c'era più ma l'ansia era aumentata e adesso mi sentivo peggio di prima. E' difficile essere la migliore amica di qualcuno, pensai.
 Non parlò. Sapevo di averlo ferito, probabilmente mi stava odiando, anzi, ne ero certa.
<< Dyl? >> lo chiamai per assicurarmi che stesse bene ( si fa per dire ). Lui mi sorrise.
<< Sto bene >> disse poi.
<< Stai bene ? >>
<< Sto bene >> ripetè.
Lo guardai allibita, come se l'avesse detto solo per non farmi sentire in colpa.
<< Sei sicuro ? >> insistetti.
<< Si >> disse << diciamo che la mia testa vorrebbe disperarsi per lei, ma il mio cuore pensa a qualcun'altro >> aggiunse.
<< Sarebbe ? >> chiesi curiosa e con l'aria di una che era appena caduta dalle nuvole. Lui mi sorrise e si girò dall'altra parte.
<< Buonanotte Soph >>.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


Quando mi svegliai Dylan non c'era più, in compenso c'era un suo biglietto:
MI TROVI A SCUOLA.
Sul mio viso solo un'espressione assonnata. La stanza era gelida, guardai in direzione della finestra e mi resi conto che l'aveva lasciata aperta. Passai sopra i vestiti che ieri sera avevo buttato per terra e andai a chiuderla. Preparai la cartella e quando vidi il libro di storia ebbi un sussulto. Chiusi la cerniera prima di cadere vittima di un'infarto e andai in bagno a lavarmi la faccia. Mezz'ora dopo ero già sulla moto. [...]
Della mia classe c'erano solo Dylan e Margaret, un'altra ragazza che era in classe nostra da quest'anno perchè l'anno scorso era stata bocciata.
<< Ciao >> salutai entrambi.
<< Ciao >> mi risposero in coro.
Con lo sguardo feci cenno a Dylan di seguirmi. Obbedì.
<< Stavo pensando >> cominciai << e se stasera noi due andassimo al cinema? >> proposi infine.
Fece finta di pensarci su, ma sapevo che la risposta sarebbe stata si.
<< Ok >> disse alzando le spalle e abbozzando un sorriso come se non avesse nient'altro da fare. L'idea sembrava allettarlo, sarà per via della sua passione per la cinematografia.
<< Perfetto >> sorrisi << alle sei va bene ? >> chiesi, proponendo l'orario che mi faceva comodo.
<< Ai tuoi comodi miss >> mi prese in giro simulando un inchino cortese.
Scoppiai a ridere e gli diedi una pacca sulla spalla per farlo smettere.
<< A stasera allora >> dissi. Ma la mia voce fu in parte coperta dal suono della campanella.

. . .

Erano le cinque del pomeriggio. La giornata non andava per il verso giusto: in storia avevo preso un 6 elemosinato ( e mi era andata bene ) e tra meno di un'ora Dylan sarebbe passato a prendermi ed io ero ancora in mutande. Un classico. La puntualità non abitava dalle mie parti. Corsi in bagno con in mano degli abiti un po più eleganti. Almeno quando uscivo volevo rendermi diversa dalla solita Sofia sempre in tuta o con semplici jeans. Piastra, trucco, scarpe:pronta.
Il telefono cominciò a squillare. Mi affacciai alla finestra e vidi Dylan seduto sulla sella della moto che mi stava aspettando. Presi una borsa che si abbinava al verde della maglietta e mi precipitai giù per le scale senza neanche chiudere a chiave la porta di casa.
<< Ciao Dyl >> lo salutai schioccandogli due baci sulle guance. Lui ricambiò il saluto stando a quei baci.
Mi porse il casco che aveva già in mano e lo infilai velocemente. Salii a bordo della sua vespa rossa e partimmo diretti verso il cinema Medusa.
 
La sala era colma di gente, l'unico posto vuoto che era rimasto era proprio accanto a Dylan. Le luci si spensero e la porta della sala sbattè. Mi voltai per vedere cosa fosse e vidi una sagoma nera che veniva verso di noi. Non ci sarebbero stati più posti liberi. Appena si sedette potei vedere solo i lunghi capelli biondi che le coprivano il volto. Poi si girò improvvisamente e mille brividi gelati mi percorsero la schiena da cima a fondo: Arianna.
<< Oh ciao Sofia >> mi salutò con voce stridula. Mi limitai ad alzare la testa e poi riabbassarla abbozzando un sorriso fuori luogo. Poi si rivolse a Dylan per non essere scortese.
<< Ciao ..... >> sembrava sforzarsi di ricordare il suo nome. Ma che ricordare, lei non lo sapeva neanche il suo nome.
<< Dylan >> disse lui senza deviare lo sguardo dal maxischermo. Sembrava indispettito.
Minuti alquanto silenziosi. Poi la gallina ricominciò a chiocciare.
<< Sai dov'è il bagno per caso ? >> sempre a Dylan.
<< Esci e lo trovi >> cominciò ad essere imbarazzato. Ora i suoi occhi si erano appoggiati dallo schermo su di lei.
Cominciai a sentirmi il terzo incomodo.
<< Non c'e il tuo ragazzo ? >> aggiunse lui con una punta di sarcasmo. Quasi arrogante.
Lei sembrava confusa, aveva l'aria di una stupida.
<< Io non ho ragazzi >> ribbattè.
Dylan si voltò a guardarmi con aria minacciosa. Gli avevo detto la verità diamine. Mi sentii lo stesso come se non l'avessi fatto e mi strinsi nel mio sedile abbassandomi leggermente senza dire una parola.
Anche lei si girò a guardarmi, poi sembrò improvvisamente essere diventata intelligente e mi lanciò uno sguardo fulmineo. Fatto ciò si rivolse nuovamente a Dylan.
<< Parlavo facendo finta di essere Clax, Clarissa Basso >> disse << Era in suo ragazzo al telefono >> specificò.
Dylan aveva un'espressione allibita. Non riuscivo a leggere nei suoi occhi se davvero come mi aveva detto non gli importava niente o se quel rettifico lo aveva reso nuovamente vittima della bellezza di Arianna. Anche io rimasi attonita e cercai di sussurrargli nell'orecchio le mie scuse per il malinteso, ma non mi prestava la minima attenzione.
<< Accompagnami al bagno >> gli disse lei.
Dylan esitò. Volevo tanto sapere a cosa stesse pensando, cosa gli stesse passando per la testa. Poi si voltò verso di me.
<< Dammi due minuti >> mi disse.
Si alzò dalla sedia e seguì Arianna che era già arrivata alla porta.
Rimasi da sola. No, non ero affatto da sola, con me c'erano mille dubbi e tanta tristezza mescolata ad una forte rabbia. Eravamo venuti insieme e adesso lui mi aveva piantata in asso per quella ragazza. Non era certo un comportamento da ragazzo che se ne infischia. L'unica di cui sembrava non fregarsene niente ero io in quel momento. Rimasi ancora ad aspettarlo per un'altra manciata di minuti, poi la rabbia prese il sopravvento sulla ragione e lasciai la sala senza prendermi l'accortezza di inviargli un messaggio di avviso. Presi il primo autobus che portava dalle parti di casa mia e staccai il cellulare per prevenire qualsiasi chiamata irritante.

Entrai nella mia camera dalla finestra, usando la scala di Dylan. Poi la afferrai dai lati e la scaraventai per terra in preda alla rabbia. Tirai un sospiro per riprendermi e mi lasciai cadere sulletto esausta...

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1109055