Scontro tra sogni e realtà

di Sailor Saturn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


 

SCONTRO TRA SOGNI E REALTA'

 

Era da poco suonata la campanella che segnalava l'inizio dell'intervallo nell'Istituto di Istruzione Superiore Bachelet- Pascal, scuola pubblica milanese. Per “vivere” appieno la vita di una scuola superiore non c'è niente di meglio che osservare i ragazzi durante l'intervallo: gli studenti si riversano nei corridoi, scartando le loro merende, magari prese al bar della scuola. Discutono di ogni cosa: dalla verifica appena conclusa al film fantasy da poco uscito al cinema.

I ragazzi parlano di sport, improvvisando una partita di calcio con una pallina di stagnola nei corridoi; le ragazze li guardano e scuotono la testa, in cuor loro ammirando proprio quel ragazzo che in classe non le vede nemmeno.

In mezzo a questo mondo quasi estraneo alla vita che si vive fuori dalla scuola, si nota una ragazzina di non più di 15 anni, con i capelli a caschetto neri, seduta con le spalle poggiate al muro, vicino alla porta della sua aula. Ha un libro posato sulle gambe, che tiene incrociate. I suoi occhi azzurri scattano da una pagina all'altra, assaporando ogni parola, gustandone appieno il significato. È appena arrivata alla parte più interessante: il mago si sta avvicinando alla porta di cristallo, dietro alla quale è nascosto il segreto stesso della magia. Mancano solo pochi passi e il mago potrà scoprire perché la congrega di Stregoni vuole mantenere il segreto sulle origini del mondo magico. La ragazza trattiene il respiro, pronta a girare la pagina per svelare il mistero quando... Il libro le scompare da sotto il naso!

Lei sbatte le palpebre, confusa. Si guarda intorno, fino a che il suo sguardo non è attratto da una voce divertita che proviene da davanti a lei.

:<< Eh no S.J. così non va! L'intervallo è fatto per rilassarsi e non per ammuffire con il naso chino sui libri! Ma come devo fare con te? >>.

Sarah Jane alza il viso, rassegnata. Davanti a lei un ragazzo con corti capelli biondi e occhi castani che scintillano divertiti, la guarda sorridendo: tiene in mano il suo libro e non sembra intenzionato a lasciarlo.

:<< Ciao Mirko. Giusto per curiosità ma non hai niente di meglio da fare che venire a scocciare me? >> chiese Sarah Jane, con voce divertita e annoiata al tempo stesso.

Mirko fece una giravolta in mezzo al corridoio e, stringendosi teatralmente il libro al petto, esclamò con tono melodrammatico :<< Mi ferisci, bionda! Come puoi anche solo pensare che io mi diverta a scocciarti! Il mio cuore non può reggere a una simile accusa! >>. Concluso il piccolo monologo, il ragazzo si accasciò a terra, fingendosi morto. S.J. lo guardò per qualche secondo stralunata, poi scoppiò a ridere. Rideva talmente tanto che aveva le lacrime agli occhi e le faceva male la pancia. Per quanto tempo passasse, non si sarebbe mai abituata all'esuberanza e all'allegria di Mirko. Lo conosceva da sempre, visto che le loro madri erano amiche, ed era l'unica persona che riuscisse a strapparla alla monotonia. Con lui parlava di tutto: della scuola, dei ragazzi che le interessavano e, sopratutto, del suo sogno di diventare campionessa olimpica di nuoto. Era un ragazzo meraviglioso: divertente e con la battuta sempre pronta ma, in fondo, S.J. sapeva che aveva un animo dolce e disponibile verso il prossimo.

Non sapeva quanto tempo aveva passato a ridere ma smise solo perché le venne il singhiozzo. Mirko, intanto, si era alzato da terra e guardava la sua migliore amica divertito. Non gli piaceva trovarla sempre a leggere perché aveva paura che, a causa di questa sua passione, si ritrovasse sola. Conosceva S.J. da quanto, quindici anni? Erano talmente uniti che il ragazzo sospettava fossero gemelli separati alla nascita e, se non fosse stato assolutamente certo della sua discendenza e di quella della ragazza, probabilmente avrebbe indagato. Sarah Jane era incredibile: agli occhi degli altri appariva timida e insicura ma lui sapeva bene che non era così. La ragazza era una vera e propria forza della natura e lui se ne rendeva conto specialmente quando la vedeva nuotare: in un'altra vita, doveva essere stata un delfino non c'erano altre spiegazioni. Con lei si sentiva totalmente a suo agio: le parlava della sue varie “conquiste”, si faceva aiutare con i compiti e le confessava i suoi dubbi di non riuscire a sfondare nel basket.

Sarah Jane e Mirko erano due ragazzi molto diversi tra di loro ma erano legati da un sentimento di amicizia molto forte che gli aveva sempre aiutati a superare le difficoltà.

Quando Mirko si accorse che il singhiozzo di S.J. si era calmato le porse la mano, invitandola ad alzarsi, e le disse :<< Allora bionda, come è andata la verifica di matematica? >>.

La ragazza prese la mano che l'amico le porgeva e, una volta in piedi, rispose :<< Bene, non era difficile, c'erano... Un momento! Tu hai la verifica di inglese alla prossima ora, perché non sei in classe a ripassare? >> esclamò S.J.

Mirko sorrise, con quel sorriso malandrino che lo aiutava a conquistare le ragazze, e le disse

:<< Perché ripassare, quando la mia bionda preferita terrà il cellulare acceso e mi suggerirà le risposte? >>

:<< Ah no, non ci contare! Non ti aiuto, non stavolta! E' la verifica più importante dell'anno! >> Sarah Jane scosse la testa risoluta e incrociò le braccia. Mirko le mise una mano sulla spalla e, usando il tono che le mamme riservano ai bambini per spiegare loro qualcosa, le disse con voce accondiscendente :<< Certo, bionda, l'importante è crederci. Comunque, onde evitare errori, ripassa bene il capitolo sei >>

:<< Non ti aiuto, ho detto! >>. Mirko fece un sorrisino poco raccomandabile e le rispose :<< Ok. Non c'è problema. Ci vediamo oggi pomeriggio in palestra, va bene? >> e, con un cenno del capo, il ragazzo si avviò lungo il corridoio, diretto nella sua classe.

S.J. era basita. Era stato troppo facile. Normalmente, se a Mirko serviva un favore, continuava ad insistere finché Sarah Jane non acconsentiva ad aiutarlo. Perché questa volta non era andata così? La ragazza ci mise un secondo a capire cosa c'era di strano, poi urlò :<< IL MIO LIBRO! >> e si lanciò all'inseguimento di Mirko che, ridendo, aveva iniziato a correre.

I due ragazzi si inseguirono per i corridoi della scuola anche quando suonò la campanella che segnava la fine dell'intervallo. Probabilmente sarebbero andati avanti per giorni se, passando davanti alle porte che conducevano in palestra una voce seccata non li fermò :<< Signor Rigoni, signorina Destefano non dovreste avere lezione al momento? >>.

Sarah Jane e Mirko si fermarono di botto, tanto che la ragazza andò a sbattere contro la schiena del ragazzo. Voltandosi nella direzione da cui proveniva la voce i due centometristi improvvisati videro la conferma dei loro sospetti: sulla porta della palestra era fermo con le braccia incrociate e un'aria palesemente seccata, Vincenzo Trezzi, professore di educazione fisica e allenatore delle squadre di basket e di nuoto della scuola. Vincenzo Trezzi era un uomo di circa cinquant'anni, con i capelli neri leggermente brizzolati. Insegnava in quella scuola da vent'anni e, benché fosse un professore severo, stravedeva per i suoi ragazzi e cercava in ogni modo di aiutarli a realizzare i loro sogni.

In quel preciso momento, Trezzi guardava i suoi allievi preferiti torcersi le mani e poteva quasi sentire i pensieri che stavano elaborando le loro menti, alla ricerca di una possibile spiegazione che spiegasse la loro presenza lì. Inarcò un sopracciglio, facendo capire chiaramente ai due ragazzi che voleva una spiegazione.

Dopo un interminabile minuto di silenzio, Mirko esclamò :<< Accidenti prof, con lei trovare delle scuse è impossibile! Ho sgraffignato il libro che S.J. stava leggendo e lei mi ha rincorso fino qui per riprenderselo >>. Sarah Jane guardava il suo amico con gli occhi fuori dalle orbite. Era indecisa se prenderlo a pugni o sospirare davanti alla sua faccia tosta.

Il professor Trezzi scosse la testa e sospirò rassegnato :<< Credetemi ragazzi, se non foste indispensabili per le squadre di nuoto e basket, sarei il primo a sospendervi >>.

A quelle parole, S.J. sbiancò. Mirko, notandolo, mise un braccio attorno alle spalle della ragazza e disse :<< Dai bionda, hai sentito il prof! Ha usato il condizionale, non ci sospenderebbe mai! >> e si voltò verso il professore, cercando un consenso da parte sua. Trezzi sorrise a fior di labbra. Quel ragazzo era decisamente vivace, per non usare altri termini.

Avvicinandosi ai ragazzi, il professore disse :<< Vi è andata decisamente bene perché vi cercavo. Ma che non si ripeta più questa corsa non autorizzata! >> concluse con voce dura.

Sarah Jane si riscosse sentendo quelle parole e sussurrò :<< Certo mister >> mentre Mirko sorrideva apertamente. Entrambi adoravano il professor Trezzi e, anche se non lo ammettevano, gli dispiaceva essere sgridati da lui. Era un allenatore molto valido, anche se pretendeva il centodieci percento da ognuno dei suoi allievi.

:<< Ci dica mister, come mai ci cercava? >> chiese Mirko, mettendosi le mani in tasca e lanciando al professor Trezzi uno sguardo curioso, gemello di quello presente sul viso di Sarah Jane. Il professore fece cenno ai ragazzi di seguirlo nel loro ufficio ma S.J. esitò a muoversi. Quando il professore la guardò, in cerca di spiegazioni, la ragazza si scambiò uno sguardo incerto con Mirko. Lui, capendo cosa turbava la sua amica, sbuffò e rispose alla muta domanda del professore :<< La bionda è preoccupata perché io, tecnicamente, dovrei essere in classe ad affrontare un pericolosissimo compito di letteratura inglese >>

:<< Questo non lo sapevo >> disse Trezzi :<< ma non è un problema: la professoressa Toccaceli non farà storie una volta saputo il motivo della vostra convocazione >>.

I due ragazzi rimasero molto sorpresi sentendo quelle parole dato che, normalmente, il professor Trezzi non era così accomodante nei confronti di studenti che saltavano le ore di lezione, specialmente se durante queste ore erano in corso verifiche o interrogazioni. Entrambi basiti, seguirono il professore all'interno del suo ufficio. Una volta sedutosi alla scrivania, l'uomo fece una breve telefonata, chiedendo alla bidella del secondo piano di avvisare la professoressa Toccaceli che l'alunno Rigoni si trovava con lui. Dopo aver riattaccato il ricevitore, non prima di aver ringraziato sentitamente Antonietta, la bidella del piano, rivolse il suo sguardo ai due ragazzi seduti difronte a lui. Così diversi, sia nell'aspetto fisico che nel carattere, eppure accomunati dalla stessa passione per lo sport. In quel preciso momento, anche se non era palese ad un occhio poco esperto, Vincenzo Trezzi era l'uomo più felice sulla faccia della terra. Stava per dare ai suoi pupilli una notizia che, sperava, avrebbe cambiato le loro vite.

:<< Bene ragazzi- cominciò il professore, incrociando le dita della mani- Come sapete, tra tre settimane ci saranno i campionati sportivi interscolastici >>

:<< Certo che lo sappiamo! >> esclamò Mirko :<< Ci sta facendo allenare come disperati! >>

:<< Mirko! >> esclamò Sarah Jane, con un tono a metà tra l'esasperato e lo scandalizzato.

:<< Nessun problema, signorina Destefano, per questa volta passa >>. I due ragazzi guardarono il professore spalancando gli occhi: c'era qualcosa che non andava, decisamente. Da che lo conoscevano, il professor Trezzi non aveva mai permesso a nessuno di interrompere i suoi discorsi, neanche se questo nessuno era la preside in persona.

:<< Non fate quelle facce! Passa solo perché ha ragione: ultimamente vi sto facendo allenare davvero molto. C'è un motivo, però, e questo motivo non sono solo i campionati scolastici >>. Il professor Trezzi si alzò e voltò le spalle ai ragazzi, volgendo lo sguardo alla finestra. Mirko e Sarah Jane si scambiarono uno sguardo preoccupato: cosa stava succedendo?

Vincenzo Trezzi prese un profondo respiro e, giratosi a guardare i ragazzi, disse sorridendo apertamente :<< Tra tre settimane, ai campionati scolastici, ci saranno i visionatori delle migliori squadre sportive in circolazione >>. A sentire quelle parole Mirko balzò in piedi e S.J. si paralizzò sulla sedia. Era un sogno, il loro sogno, poter essere visionati da qualcuno.

:<< E questo non è tutto- continuò il professore, con la voce incrinata da un'emozione impossibile da nascondere- Le due migliori squadre di nuoto e basket di tutto il territorio milanese mi hanno chiesto se avessi qualche alunno da segnalare... Ho fatto i vostri nomi >>.

Dopo quelle parole, il caos. Mirko cominciò a urlare come un disperato, saltando per l'ufficio e abbracciando il professore che, per la prima volta da quando conosceva i ragazzi, non si sottrasse a quella dimostrazione d'affetto: era fiero dei suoi ragazzi, fiero di aver preparato lui due così grandi campioni. Sarah Jane rimase paralizzata sulla sedia per qualche minuto ma, una volta realizzato quello che le era stato detto, nemmeno lei riuscì a contenersi e si lanciò in una specie di danza tribale, subito raggiunta da Mirko che urlava :<< Ci siamo bionda! Ci siamo! Stiamo per scalare le classifiche, stiamo per diventare i migliori! >>. S.J. piangeva commossa, senza sapere come ringraziare il professore per quella raccomandazione e, sopratutto, per quell'opportunità, più unica che rara.

I festeggiamenti continuarono per un tempo indefinito, tanto nessuna delle tre persone nell'ufficio teneva conto dell'orologio. Una volta fuori, i due ragazzi ascoltarono le raccomandazioni del professore: essendo venerdì, erano liberi dagli allenamenti fino al lunedì, per festeggiare, ma il sabato mattina avrebbero dovuto recarsi al centro medico per le consuete visite annuali di controllo sportivo. La squadra di basket avrebbe avuto appuntamento al mattino, mentre quella di nuoto al pomeriggio. Nessuno, in quel clima di felicità e spensieratezza, avrebbe potuto immaginare che la realtà avrebbe bussato alla porta della vita di uno dei due ragazzi, facendo in modo che la dolcezza dei sogni si scontrasse con la durezza della realtà.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


 * * *

Non ci credo! Non voglio e non posso crederci!”. Questi erano gli unici pensieri che passavano per la mente di Sarah Jane mentre, seduta sul suo letto, nella sua camera totalmente lasciata al buio, lasciava che le lacrime le scorressero libere sulle guance. Né sua madre, né suo padre, nemmeno suo fratello erano stati in grado di calmarla. Eppure nessuno capiva che lei non voleva affatto calmarsi: l'unica cosa che Sarah Jane avrebbe voluto fare nelle ultime quattro ore (interamente passate a piangere) era prendere a pugni il medico che l'aveva visitata quel pomeriggio.


Inizio Flashback
S.J. e l'intera squadra di nuoto della scuola si erano recati al centro medico dove avrebbero affrontato la consueta visita annuale di idoneità allo sport. I ragazzi e le ragazze della squadra ridevano e scherzavano, totalmente a loro agio in quell'edificio. Pochi minuti dopo il loro arrivo, quattro medici divisero i ragazzi in tre gruppi da quattro componenti ciascuno, per poi condurre ciascun gruppo nelle stanze in cui avrebbero avuto luogo le visite. S.J. e altre tre ragazze si accomodarono sulle sedie indicate dal medico per poi aspettare pazientemente di essere chiamate nello studio del dottore per essere visitate. Sarah Jane si muoveva inquieta sulla sedia: non riusciva a capire il motivo ma si sentiva strana, come se dovesse accaderle qualcosa di particolare... Qualcosa di brutto. Scuotendo vigorosamente la testa, la ragazza prese a guardarsi intorno, cercando la possibile fonte della sua irrequietezza. Il suo sguardo si posò su un piccolo orologio da muro, a forma di broccoletto. Sorridendo, Sarah Jane ricordò la prima volta in cui lei e Mirko lo avevano visto, cominciando a ridere come matti, semplicemente perché entrambi odiavano i broccoli: da quel giorno, quell'orologio diventò il simbolo del centro medico. Guardandolo più attentamente, la ragazza si accorse che le lancette erano ferme: l'orologio si era rotto. Reprimendo uno strano brivido, S.J. si alzò e si recò dal medico che l'aveva appena invitata ad entrare nel suo studio. Di certo la ragazza non avrebbe mai pensato che le cose, da quel momento, sarebbero precipitate...
Fine Flashback


La visita aveva richiesto più tempo del normale: il medico aveva diagnosticato una leggera differenza di altezza tra l'anca destra e l'anca sinistra. S.J. l'aveva avvertito che quella differenza l'aveva sempre avuta, fin da piccola, e che non le aveva mai causato problemi. Il medico non aveva commentato e aveva chiesto alla ragazza di poter chiamare i suoi genitori. Sarah Jane rimase stupita ma fece quello che le era stato chiesto: in mezz'ora i suoi genitori giunsero al centro medico e furono informati dal dottore che la ragazza sarebbe stata sottoposta ad una lastra alla schiena e alle anche.

:<< Dalla visita che ho fatto su vostra figlia ho notato una lieve differenza di altezza tra le due anche. Probabilmente non ci sono problemi ma, essendo vostra figlia una sportiva e avendo questo... Chiamiamolo problema... Dalla nascita, preferisco controllare che non ci sia una scoliosi, in qualche modo nascosta, proprio dalla differenza tra le due anche >>.

Il respiro di Sarah Jane si bloccò: scoliosi. Significava ginnastica correttiva, tempo sottratto al nuoto e lei questo non poteva permetterselo.

:<< Mi scusi dottore- chiese la madre della ragazza- ma le lastre saranno fatte in giornata? Normalmente ci vogliono giorni, prima che si possano ritirare! >>

:<< Normalmente è così- rispose il medico- ma, dato che questa è una visita per idoneità sportiva, faremo in fretta >>.

Così iniziò l'attesa. Sarah Jane fece le lastre poi, seduta con i suoi genitori in sala d'attesa, aspettò. L'ansia era alle stelle e, benché la madre le dicesse di stare tranquilla, la ragazza non riusciva a calmarsi: quella brutta sensazione non ne voleva sapere di lasciarla in pace.
Dopo tre estenuanti ore di attesa, alle sette e mezza di sera, giunsero le lastre: dalla sala d'aspetto la famiglia Destefano si spostò nello studio del medico dove vennero analizzati i referti. Appena il medico prese la lastra della schiena di Sarah Jane e la appese alla lavagna luminoso, la ragazza sgranò gli occhi: alla base delle schiena era presente una vistosa curva a forma di “c”. S.J. cercò di inghiottire la saliva, ma la sua bocca divenne improvvisamente secca. Sentiva a malapena le parole del medico che spiegava il motivo per cui la scoliosi non era mai stata diagnosticata: la curva era rivolta verso l'anca destra, quella alta “normale”. La differenza di altezza con l'anca sinistra, quindi, compensava la curva, rendendola pressoché invisibile ad occhio nudo. La madre della ragazza chiese come mai nessun medico prima d'ora fosse stato sfiorato dal dubbio che, a causa della differenza di altezza tra le due anche, fosse presente una forma di scoliosi. La voce della donna era alterata anche perché sua figlia aveva affrontato visite di idoneità sportiva ogni anno negli ultimi nove anni. Il medico rispose che, probabilmente, questo era stato causato dal fatto che, normalmente, chi ha problemi di scoliosi e una differenza di altezza tra le anche, ha mal di schiena e altre problematiche che, invece, non hanno colpito Sarah Jane.

S.J., però, non capiva e non ascoltava quei discorsi, aveva solo una domanda :<< Cosa devo fare, adesso? Come guarisco? Ho i campionati interscolastici di nuoto, tra tre settimane e verranno dei visionatori. Potrebbe darmi della ginnastica correttiva che non mi tolga molto tempo al nuoto, per favore? >> la voce della ragazza era poco più di un sussurro, velato di speranza. Speranza che vacillò in maniera tremenda quando lo sguardo della ragazza incontrò gli occhi del medico, velati di compassione. Sgranando gli occhi e trattenendo il respiro, Sarah Jane si preparò a sentire la risposta del medico che sentiva non sarebbe stata positiva.

:<< Voglio essere franco, Sarah Jane: la tua scoliosi è abbastanza grave. Non tanto da dover essere corretta con un'operazione, ma abbastanza per far sì che non basti della semplice ginnastica per correggerla >>.

Il mondo della ragazza divenne improvvisamente ovattato: le sembrò di sentire sua madre chiedere al medico cosa bisognava fare, ma l'unico suono che le arrivò chiaro e forte fu la risposta di quest'ultimo :<< Dal punto di vista osseo, vostra figlia è una “vecchietta”, passatemi il termine, in quanto è ormai formata da cinque anni, quasi sei. Le ossa sono molto calcificate e non è possibile, a questo punto, correggere 42° di scoliosi totalmente. Con un busto di gesso e successivamente uno mobile, però, il problema verrà contenuto >>.

A quel punto, S.J. era balzata in piedi: un busto, anzi due, significavano la totale distanza dalla piscina per parecchi mesi... Per parecchi anni... E questo significava dire addio alle Olimpiadi.

Il medico dovette intuire la protesta focosa che stava per nascere dalle labbra della ragazza perché, con voce dolce, le disse :<< Capisco che adesso tutto questo ti sembri ingiusto, sbagliato ma devi prendere in considerazione il fatto che, se adesso rifiuti di curarti, tra qualche anno ti ritroverai con la gobba e con gravi problemi di artrite. Pensaci >>.

A quel punto, lacrime silenziose solcarono il viso della ragazza, e non smisero per molto tempo.
Non sentiva i discorsi dei suoi genitori, che discutevano sul consultare o no un altro medico, concedendo a questo solo il beneficio del dubbio.

Arrivata a casa, S.J. si chiuse in camera sua e vi rimase l'intero week-end. Mirko venne a cercarla preoccupato la domenica mattina, dopo aver passato il sabato a mandarle messaggi e non ricevendo risposta. La madre di S.J. disse a Mirko che la sua amica non stava bene e che si sarebbero rivisti il lunedì a scuola. La ragazza, che aveva ascoltato la conversazione dalla sua camera, fu grata a sua madre per non aver detto nulla al suo migliore amico: contro ogni logica, ogni razionalità, Sarah Jane in quell'ultimo giorno si era ritrovata ad odiare ed invidiare Mirko.

Lo odiava perché lui aveva passato la visita e lei no.
Lo invidiava perché lui avrebbe potuto continuare a vivere il suo sogno mentre lei non poteva più farlo.
Sopratutto, però, Sarah Jane odiava sé stessa perché provava quei sentimenti nei confronti del suo migliore amico, l'unica persona che le era sempre stata vicina, senza chiederle niente.

Mirko c'era stato quando, all'asilo, i loro compagni la prendevano in giro perché con le trecce sembrava Pippi Calze Lunghe. Mentre Sarah Jane era in bagno a piangere lui aveva ricoperto di fango tutti quelli che avevano preso in giro la sua migliore amica.

Mirko c'era stato quando, alle elementari, S.J. veniva criticata perché studiava troppo: davanti a tutte le maestre, aveva detto ai loro compagni che erano dei caproni invidiosi di qualcuno diecimila volte migliore di tutti loro.

Mirko c'era stato alle medie quando Sarah Jane aveva avuto paura di essere bocciata, a causa dei suoi brutti voti: era stato con lei ogni pomeriggio e ogni sera dopo pranzo per mesi interi per permettere alla ragazza di colmare le sue lacune.

Mirko c'era sempre stato e c'era tutt'ora, in ogni singolo momento della vita di Sarah Jane... E lei? Come lo ricambiava? Invidiandolo e odiandolo? Piangendo un po' più forte e nascondendo i singhiozzi con il viso affondato nel cuscino, S.J. desiderò che il lunedì non arrivasse mai.


* * *





















Angoletto:
Buonasera! Ecco qui il secondo capitoletto di questa mini-long.
Da questo capitolo si capisce il titolo della storia. Spero di riuscire a trasmettere qualcosa, dato che questa storia è molto importante per me.
In ogni caso, auguro a tutti buona lettura :)
Vi ricordo che ogni consiglio è bene accetto!
Sailor ^-^


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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


* * *

Alzarsi, quel lunedì, per S.J. fu la prova più faticosa alla quale avesse mai partecipato. Il week-end passato tra le lacrime le aveva lasciato in ricordo due occhi molto rossi e due occhiaie da far invidia alle streghe dei suoi amati libri.

Quando la ragazza giunse in cucina, vide sua madre seduta al tavolo mentre faceva colazione. Con un sospiro, si sedette accanto a lei e prese a mangiucchiare di mala voglia un toast.

La donna guardò con occhi colmi di dolcezza la figlia e, finito l'ultimo sorso di caffè, si alzò dalla sedia, posando sui capelli della ragazza un tenero bacio.

S.J. sorrise: adorava la sua mamma oltre ogni dire. Lei riusciva sempre a capire cosa avesse, senza il bisogno di sentirglielo dire. Quel week-end aveva rispettato con tatto e gentilezza il suo bisogno di solitudine e di tranquillità, senza dirle nulla.

Quel lunedì, però, con quel bacio a colazione e il sorriso prima di uscire di casa, Sarah Jane si rese conto che la sua mamma le stava trasmettendo la forza per affrontare Mirko. Perché lei lo aveva capito: più che il dolore della perdita del suo sogno, quello che aveva fatto più male ad S.J. era stato proprio il fatto di aver odiato il suo migliore amico.

Guardando, senza vederla veramente, la tazza del latte, S.J. tirò un profondo sospiro: la notizia della scoliosi le faceva ancora male, ma sapeva di non poterci fare niente. La cosa più importante, ora come ora, era chiedere scusa a Mirko e parlare con il professor Trezzi. Sarah Jane aveva bisogno di lui, aveva bisogno di qualcuno che la capisse davvero.

Sospirando un po' più forte, la ragazza si alzò dal tavolo, lavò la sua tazza di latte e, dopo essere andata in bagno ed essersi lavata i denti, uscì di casa, quasi pronta ad affrontare quella giornata.


 

* * *

Giunse a scuola con qualche minuto di ritardo, con il risultato che tutti erano già in classe. Sarah Jane si fermò qualche minuto nell'atrio della scuola, riflettendo.

Bé, ritardo per ritardo, tanto vale...” con questi pensieri, la ragazza si diresse a passo spedito verso l'ufficio del professor Trezzi. Giunta davanti alla porta, la ragazza sentì tremare le gambe, ma si fece forza e bussò. Immediatamente la voce del professore disse di entrare. S.J. fece un sospiro profondo prima di aprire la porta.

Il professor Trezzi era seduto alla scrivania con vari fogli davanti e, quando sentì la porta aprirsi, alzò lo sguardo, non nascondendo la sorpresa di vedere lì Sarah Jane.

:<< Signorina Destefano, cosa ci fa qui? >> chiese il professore, la meraviglia nella voce.

S.J. si mordicchiò il labbro inferiore diverse volte cercando di parlare. Improvvisamente, però, i suoi occhi si riempirono di lacrime e la ragazza strinse le labbra: sapeva che se avesse aperto la bocca sarebbe scoppiata a piangere.

Il professore guardò il viso di una dei suoi migliori allievi cambiare radicalmente espressione e vide gli occhi della ragazza riempirsi di lacrime. Quella vista lo turbò: conosceva Sarah Jane da molto e non l'aveva mai vista piangere. Mai. Dopo una sconfitta particolarmente pesante era lei a tirare su di morale i suoi compagni di squadra, per poi presentarsi con due ore di anticipo agli allenamenti la mattina dopo. Dopo una sgridata particolarmente pesante, Sarah Jane stringeva i pugni, abbassava la testa, ma non piangeva.

Per questo, vedendo quegli occhi così colmi di lacrime, il professore intuì che dovesse essere successo qualcosa di grave alla ragazza. Avvicinandosi a lei, le mise una mano sulla spalla, senza parlare. Un semplice contatto per fargli capire che lui era lì, lui non se ne sarebbe andato.

E Sarah Jane crollò. Scoppiò a piangere, senza ritegno. Per la prima volta, quella cocciuta e timida ragazzina mostrava a qualcuno che non fossero Mirko, o i suoi genitori, i suoi sentimenti.

Sarah Jane non seppe dire quanto tempo passò a piangere: il professore l'aveva fatta sedere su una sedia e si era seduto di fronte a lei, senza parlare. Sarah Jane gliene fu grata.

Quando riuscì a smettere di singhiozzare, raccontò al professore della visita, della diagnosi, del week-end passato a piangere, della paura di non poter più perseguire quel sogno così importante... Raccontò dell'invidia provata per il suo migliore amico, per quell'amico che c'era sempre stato per lei.

Raccontò tutto a testa bassa, con i pugni stretti sulle ginocchia, con la rabbia di chi non può fare altro che accettare la verità... Con la disperazione di una ragazzina di quindici anni che vede crollare il sogno più importante della sua vita.

Il professor Trezzi ascoltò attentamente la ragazza, senza interromperla, sentendo ad ogni parola il cuore farsi più piccolo. La capiva, forse meglio di quanto lei stessa credesse. La lasciò sfogare, lasciò che quel fiume in piena che erano i suoi sentimenti scorresse libero, per una volta senza controllo.

Quando Sarah Jane smise di piangere e di parlare, il professore si alzò dalla sedia e prese un bicchiere d'acqua, che passò alla ragazza. S.J. sorrise e ringraziò, ma non bevve, tenne semplicemente il bicchiere tra le mani.

:<< Quando avevo tredici anni >> il professor Trezzi iniziò a parlare con voce stanca, come se non volesse dire quello che stava dicendo << avevo un sogno, come tutti i bambini. Volevo diventare un calciatore professionista e molti dicevano che ce l'avrei anche fatta dato che, giovane com'ero, facevo già parte di una società calcistica molto importante. Avevo il mio sogno, i miei amici e la mia famiglia: cosa poteva andare storto? >>

S.J. osservava il suo professore con occhi attenti: non capiva per quale motivo gli stesse raccontando la sua storia ma sapeva, sentiva, che doveva ascoltare.

:<< Durante un allenamento feci una brutta caduta e mi lesionai i legamenti. Il medico mi disse che avrei dovuto saltare almeno tre mesi di campionato, per permette al mio corpo di guarire completamente. Ma io non l'ascoltai >>

Vincenzo Trezzi si alzò e si diresse alla finestra, di spalle alla sua alunna, e lo fece per due motivi: non voleva che lei lo vedesse con gli occhi colmi di lacrime a causa di quell'errore di gioventù che lui ancora rimpiangeva, e non voleva vedere la compassione nei suoi occhi.

:<< Non ascoltai il medico perché quei tre mesi erano fondamentali per le selezioni che mi avrebbero permesso di giocare nella primavera del mio club, come semi-professionista. Per raccontare la versione breve della storia, mi ruppi i legamenti e mi procurai altre lesioni che non mi permisero più di giocare. Fu un inferno accettare quello che mi successe, Sarah Jane, e ancora oggi, non sono sicuro di essermi perdonato quell'errore >>.

Il professo Trezzi si voltò verso S.J. e la guardò con un sorriso. La ragazza aveva gli occhi spalancati: non credeva che il suo professore, il suo mister, l'uomo che li incitava sempre a dare il 110% dell'impegno, potesse avere alle spalle un passato così triste.

Quello scambio di sguardi durò per qualche minuto: entrambi stavano riordinando i pensieri, chi per un motivo, chi per un altro.

:<< Col tempo, capii che la mia vita non era finita: scelsi di diventare insegnante di ginnastica per un motivo preciso: non potevo più realizzare il mio sogno, ma potevo aiutare gli altri a realizzare il loro >>.

S.J. sgranò gli occhi e, solo in quel momento, sentendo quelle parole, capì davvero. Forse per il suo sogno era tardi, forse non sarebbe mai diventata una campionessa olimpica di nuoto, forse ci avrebbe messo anni a superare quella delusione, ma in quel momento c'era qualcosa di più importante: il suo migliore amico. Mirko, che c'era sempre stato, che ci sarebbe stato sempre.

:<< Non sarà una cosa facile da superare Sarah Jane, sopratutto perché hai dedicato al nuoto tutta la vita. Ma tutto questo non ti impedisce di avere altri sogni o di stare vicino a Mirko e aiutarlo a realizzare il suo, di sogno >>.

Sarah Jane si alzò dalla sedia e si avvicinò al suo professore, abbracciandolo stretto. L'uomo rispose all'abbraccio, sorridendo, felice di essere riuscito a calmare la sua allieva.

:<< Mirko è in palestra, aveva le prime due ore buche e ne ha approfittato per allenarsi >>

:<< Grazie >> disse S.J. avviandosi verso la porta.

Si voltò un 'ultima volta verso il professore e gli sorrise. Lui sorrise a sua volta e le disse che avrebbe chiamato in classe per avvisare che sarebbe entrata alla terza ora, munita di una sua giustificazione. Ringraziando, Sarah Jane uscì dall'ufficio del professor Trezzi e si mise a correre a perdifiato verso la palestra.

Quando vi entrò, vide Mirko intento a rimettere nel cesto tutti i palloni da basket che aveva usato. S.J. prese un profondo respiro e si avvicinò al suo migliore amico. Sentendo dei passi, Mirko girò il viso e vide la ragazza avvicinarsi a lui. Le corse incontro e, senza neanche salutarla, le chiese

:<< Che fine avevi fatto si può sapere? >>.

S.J. non rispose. Prese, invece un pallone da basket e disse :<< Fammi vedere se hai migliorato o no il tiro da tre punti >>

Mirko guardò stupito la sua amica ma, senza fare troppe domande, prese il pallone che lei gli porgeva e si mise in posizione di tiro. Passarono così un tempo indefinito, Mirko che tirava e S.J. che lo correggeva quando notava errori, e nessuno dei due si accorse di un uomo che li osservava sorridendo da dietro le porte a vetri dell'entrata della palestra.

In quel momento, non c'era bisogno di altro. Ci sarebbe stato tempo per parlare, tempo per le scuse, tempo per trovare un altro sogno per cui lottare. In quel momento, tutto quello di cui aveva bisogno S.J. era aiutare il suo migliore amico e tutto quello di cui aveva bisogno Mirko era sentire la sua migliore amica vicina. Per tutto il resto, c'era tempo.

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