Hidden Roads

di dreamsexplorer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nero al tramonto ***
Capitolo 2: *** Il buon giorno si vede dal mattino ***
Capitolo 3: *** Instancabile ***
Capitolo 4: *** Riposo a volontà ***
Capitolo 5: *** Inaspettato ***



Capitolo 1
*** Nero al tramonto ***


Questo è l’inizio della storia che mia accingo a scrivere e che spero di continuare. Se state per leggere, non dimenticate di lasciare la vostra recensione perché ho molta voglia di avere i vostri consigli e di sapere se, almeno per quello che è questo prima capitolo, la storia vi piaccia o meno. Buona lettura 

“Hidden Roads”, capitolo 1 : “Nero al tramonto”

L’aria frizzante delle mattine d’estate entrò nella stanza di Bulma dalla grande porta finestra del suo balcone che, la sera prima, la ragazza aveva lasciato aperta per il gran caldo.
Un timido raggio di sole passò attraverso le sottili e pressoché trasparenti tendine azzurre illuminando il viso di Bulma, che continuava imperterrita a dormire. Era immersa in uno di quei sogni estremamente coinvolgenti e realistici, che ti prendono completamente, e della cui irrealtà non sospetti minimamente, finché dall’esterno non arriva qualcosa che inizia a rompere l’incantesimo, fino a che, piano piano, ti svegli.
La ragazza era nel patio di una casa bianca e luminosa, sulla spiaggia. Una brezza leggera le scuoteva delicatamente i capelli, che si formavano piccole ondine azzurre fra i flutti del venticello.
Oltre il piccolo terrazzino rialzato dove c’era la sedia su cui era seduta comodamente Bulma, una distesa di minuscoli granelli bianchi e quasi argentei si estendeva fino al mare. Il bagnasciuga era illuminato dal sole tramontante ed aveva un colore irreale. Lo sguardo di Bulma si perdeva rilassato in quel paradiso, un’oasi di tranquillità al di fuori dal mondo in cui era abituata a vivere. Mentre si godeva quel paesaggio straordinario facendo spaziare lo sguardo da un posto ad un altro, si accorse con la coda dell’occhio che in quella specie di dipinto in cui era stata catapultata stavo mutando qualcosa. Si girò verso il mare e capì di non essersi sbagliata: dall’acqua del mare stava emergendo una figura che, in controluce, non riusciva ad identificare.
Si parò una mano davanti al viso, poco sopra gli occhi, in modo da farsi ombra dai raggi che le impedivano di mettere bene a fuoco ciò che aveva a qualche metro di distanza. Ancora però, non riusciva a vedere nulla e siccome la figura continuava ad emergere dall’acqua e ad avanzare, decise di alzarsi ed avvicinarsi.
Era di sicuro un uomo, anche se non avrebbe saputo dire bene chi le ricordasse la fisionomia che a poco a poco le si stava parando davanti. Quella persona ancora non ben identificata, che era ormai quasi del tutto fuoriuscita dall’acqua, stava ormai iniziando a lasciare le impronte dei suoi piedi sulla sabbia argentata della riva. C’era qualcosa nella figura di quell’uomo che aveva inchiodato Bulma sul posto; non riusciva a muoversi, o forse non voleva. Eppure non aveva neppure ancora capito chi fosse quella persona, insomma cosa c’era che non andava?! Fatto sta che era rimasta lì immobile, nonostante la curiosità la rodesse da capo a piedi.
Il sole, all’orizzonte, continuava a scendere lentamente nel mare, la figura continuava ad avanzare e Bulma continuava a restare, anche se senza un’apparente ragione, impietrita dov’era. La grande palla rossa, la cui luce morente tentava invano di illuminare ancora qualcosa, stava ormai del tutto affogando nell’immensa distesa di acqua blu, e fu in quel momento che, con un bagliore improvviso, due occhi neri come la notte si accesero proprio di fronte a Bulma.
La ragazza si svegliò di soprassalto accecata da un raggio di sole che le illuminava completamente il viso, tingendo di una tonalità lucente la sua chioma azzurrina. Ci mise qualche secondo prima di rendersi conto di quanto fosse accaduto e di rimettere insieme i frammenti del sogno che aveva appena fatto, ancora chiari e ben impressi nella sua mente. Non si spiegava il significato di quel sogno, né voleva approfondire su alcuni particolari che l’avevano un po’ inquietata e, allo stesso tempo, incredibilmente ammaliata.

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Capitolo 2
*** Il buon giorno si vede dal mattino ***


Ciao a tutti! Spero vi sia piaciuto l’inizio della mia storia e ringrazio moltissimo Ele996 per la recensione che ha lasciato!
Continuo ora con il mio racconto..



“Hidden Roads”, capitolo 2 : “Il buon giorno si vede dal mattino”


Dopo aver ripreso, anche se con un po’ di difficoltà, il contatto con la realtà, Bulma si era alzata dal suo enorme e morbidissimo letto, posto vicino alla porta d’ingresso della camera, sul lato sinistro.
La sua stanza era molto spaziosa, luminosissima grazie alla porta finestra, che ricopriva quasi l’intera parete di fondo della stanza, e che dava su un balcone abbastanza grande che affacciava su uno dei giardini della Capsule Corporation.
La ragazza si avviò fuori e si affacciò. Era una giornata meravigliosa.
Dopo essersi frettolosamente cambiata, decise di scendere nella cucina per fare la colazione.
Al termine delle scale si trovò nel salotto, e stava quasi per continuare a camminare fino a giungere nella stanza dove era diretta, quando qualcosa di insolito nell’ambiente della camera dove si trovava in quel momento la fece fermare di colpo. Voltò lentamente il capo verso il lungo divano ad elle che troneggiava nello spazio che aveva appena superato e mise bene a fuoco la figura di Vegeta, con una tuta nera addosso, disteso supino, con il viso rivolto verso la finestra e i piedi nudi verso la direzione da cui proveniva lei.
Aveva gli occhi chiusi; la loro forma sembrava essere stata disegnata ed era perfettamente incorniciata dalle sopracciglia folte e sinuose. Un ciuffo di capelli neri sporgeva dal bordo del divano e sfiorava quasi terra. Sembrava che stesse dormendo…
La cosa che aveva fatto fermare Bulma era l’inusualità di una scena del genere: era infatti assai insolito vedere Vegeta concedersi del riposo in un momento che non fosse la notte, per di più non in camera sua ma sul divano. Il Principe dei Sayan non amava infatti trascorrere il suo tempo insieme agli umani che da circa una settimana gli davano ospitalità in casa propria. Evitava di stare oltre l’indispensabile in luoghi comuni come ad esempio la cucina, evitava di mangiare quando lo facevano gli altri, evitava di parlare, evitava gli sguardi che di tanto in tanto gli venivano rivolti, insomma, evitava qualunque tipo di contatto umano e sembrava che la cosa non gli pesasse né gli costasse sforzo.
Bulma era convinta che il comportamento del Principe fosse dovuto al modo di vivere a cui era stato abituato fino a quel momento, che la sua apatia e la sua incapacità di relazionarsi in qualche modo con qualcuno fossero dovute ad una vita completamente inaridita da qualsiasi sentimento. Non faceva quindi molto caso a questi suoi atteggiamenti.
La indisponeva però il fatto che, Vegeta sembrava non poter assolutamente rinunciare alle sue continue parole scortesi o al dare perenni ordini a destra e a manca. Se fino ad un certo punto la ragazza reagiva con disinteresse di fronte ad alcuni modi di fare del sayan, per altri faceva entrare invece in scena il suo adorabile carattere, che andava decisamente a scontrarsi con gli abituali comportamenti di quel tenebroso e spietato guerriero.
Nonostante la maggior parte delle volte le risultasse insopportabile, Bulma non poteva però negare a sé stessa che dal primo momento in cui lo aveva visto, aveva notato in lui qualcosa. Sì, si era accorta di qualcosa che probabilmente all’apparenza era facile tralasciare, come se una minuscola briciola del suo essere, sepolta sotto le tonnellate di tutto ciò che dall’esterno appariva invece evidente, nascondesse un qualcosa di diverso.
La cosa che più aveva colpito la ragazza, erano stati gli occhi del sayan: intensi, di una profondità senza fine, quasi come quando si butta in un pozzo una monetina e si aspetta di sentirne il tintinnio, che alla fine giunge lontano ed ovattato, accompagnato solo da un leggerissimo eco. Era convinta che, se si fosse scavato molto molto a fondo, si sarebbe potuta trovare quella briciola in cui erano nascosti tormenti ed incertezze e, chissà, forse anche emozioni e paure che il Principe sembrava ostinato a voler eludere.
Quella che all’inizio era stata per Bulma solo una sensazione, si era poi trasformata in una convinzione radicata e solida, ed era ora certa che quell’impressione che aveva avuto di Vegeta sin dall’inizio, non era altro che una visione molto azzeccata. Comunque, è pur vero che fra i due non c’erano state molte occasioni di contatto che quindi forse ciò di cui la ragazza si era convinta, era semplicemente dovuto alla sua ostinatezza.
Bulma osservò attentamente Vegeta, e si rese conto che quanto meno doveva essere mattina molto presto, perché, se proprio il Principe dei sayan si stava riposando nel salotto come se niente fosse stato, non lo avrebbe mai potuto fare in un orario in piena regola per allenarsi come suo solito nella Gravity Room. Quando la ragazza distolse lo sguardo e diede un occhiata all’orologio appeso alla parete che aveva di fronte, si rese infatti conto che era praticamente l’alba. Si meravigliò non poco di non essersene accorta prima e di non aver avvertito al suo risveglio alcuna stanchezza.
Pensò che comunque a quel punto valeva la pena fare colazione, e riprese quindi a dirigersi verso quella che era la sua originaria meta, ma, appena mosse il primo passo, Vegeta sollevò la testa dal divano dove l’aveva tenuta poggiata fino a qualche istante prima, e fissò su di lei i suoi occhi neri. Bulma si accorse del movimento e si voltò una seconda volta verso il sayan, incrociando il suo sguardo in un laccio nero-azzurro.
“Uh..scusa Vegeta, credo di essere stata io ad averti svegliato..” esordì.
Lui la guardò senza proferire parola per un lungo istante. “Ti muovi continuamente in giro per questa casa come fossi un elefante, anche un sordo ti sentirebbe a chilometri di distanza e credi davvero che io, il Principe dei sayan, non mi sia accorto di ogni tuo movimento e che abbia continuato a dormire placidamente come avrebbe fatto un qualunque terrestre idiota?” , disse infine con un tono da raggelare un fuoco appena acceso e con un sorrisetto di scherno che gli si iniziava a scorgere in viso.
Bulma sollevò lentamente un sopracciglio continuando a sostenere il suo sguardo nero, e alla fine, si diede un pizzico sulla coscia per non rispondergli come avrebbe dovuto, ma solo perché, così facendo, avrebbe di certo svegliato tutti.

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Capitolo 3
*** Instancabile ***


Saaaalve. Eccomi di nuovo qui ad ingarbugliarmi fra le parole che si compongono sul monitor di fronte a me e ad andare avanti con la narrazione che la mia immaginazione ha elaborato. Sto cercando di fare del mio meglio e aspetto un vostro giudizio :) Intanto ringrazio ancora Ele996 e Buby91 per i commenti lasciati sotto il capitolo precendente.
 Buona lettura!



“Hidden Roads”, capitolo 3 : “Instancabile”


Vegeta si stupì del fatto che Bulma non avesse reagito in alcun modo alla sua provocazione e che, invece, si fosse limitata a rivolgergli uno sguardo infastidito e ad andarsene. Con il caratteraccio che si ritrovava infatti quella bisbetica di una terrestre, di solito non lasciava mai che qualcuno le si rivolgesse così senza rispondergli a tono, ma si vedeva che quella volta non aveva voglia di inscenare uno dei suoi soliti battibecchi o che, forse, stava finalmente cominciando a capire che per la sua immensa inferiorità, di fronte al Principe dei sayan, avrebbe fatto meglio a tenere fra i denti la sua brutta linguaccia.
O almeno fu questo ciò che Vegeta pensò vedendo Bulma allontanarsi stizzita dopo le sue parole così acide già a prima mattina.
Quella notte era stata un vero tormento per lui; non aveva sonno e voleva continuare ad allenarsi, ma quella stupida Gravity Room non era ancora capace di raggiungere un livello gravitazionale adatto a quello di cui aveva bisogno per i suoi allenamenti e così, avrebbe dovuto aspettare che, chissà quando, la bisbetica e quell’inetto del padre vi apportassero ulteriori modifiche. L’idea di dover al più presto riuscire a diventare il leggendario super sayan e di sconfiggere finalmente Kakaroth era un continuo tormento che non gli dava un attimo di pace. Non riusciva a pensare ad altro, e i contrattempi causati dalla stupidità di quei terrestri incapaci, lo snervavano ulteriormente.
Era da una settimana in quella casa, e già la avrebbe voluta distruggere insieme a tutti quelli che vi abitavano, eppure, proprio quelle persone, sembravano essere in quel momento le uniche a poter soddisfare le sue esigenze. Il padre di Bulma si adoperava infatti strenuamente, talvolta insieme alla figlia, nella costruzione di nuovi macchinari con cui Vegeta potesse allenarsi; lo scienziato aveva trovato nel giovane sayan un grande stimolo per la creazione di nuovi marchingegni innovativi, e non si fermava un momento. Per Vegeta però, sembrava non ce ne fosse mai abbastanza e pretendeva continuamente qualcosa che mettesse ancora più alla prova la sua forza. Dall’esterno sembrava che quest’ultima fosse già smisurata o che avesse raggiunto quanto meno livelli già al di fuori dell’immaginabile, ma il sayan si rendeva conto di non essere ancora all’altezza della situazione, o meglio, di non essere ancora all’altezza di quello che si era messo in testa di dover diventare.
Non c’era infatti nessuna situazione che gli richiedesse un miglioramento così drastico ed immediato e non era altro che la sua mente a convincerlo di dover ad ogni costo fare di più, dal momento in cui il suo desiderio di voler essere sempre al di sopra di chiunque, era stato ostacolato dal livello superiore raggiunto da Kakaroth. Vegeta non poteva accettarlo; non poteva, non voleva, non ci provava e, anche se lo avesse fatto, di certo non ci sarebbe riuscito. E così si allenava di continuo, distruggendo le macchine con cui svolgeva i suoi allenamenti ed essendo sempre alla ricerca di qualcosa che potesse tirare fuori il meglio da dentro di sé.
Così era passata quella settimana alla Capsule Corporation e il Principe dei sayan non era stanco, affatto, bensì innervosito e stressato, torturato dalla tormenta di pensieri che gli infuriava in testa. Ecco perché non era riuscito a chiudere occhio per tutta la notte e così aveva volato a lungo, trovandosi a passare su di un oceano nero come pece che lo aveva inebriato col profumo della sua aria salmastra e su ampie lande desolate e sperdute in cui si respirava un'atmosfera di polverosa solitudine. Alla fine poi, qualche ora prima dell'alba, aveva fatto ritorno in casa Brief, e senza rendersene conto, si era ritrovato sul divano dove la scienziata si era meravigliata di vederlo.
Appena la ragazza si fu allontanata, Vegeta lasciò andare di nuovo il proprio capo sulla morbida pelle dell’enorme sofà su cui era steso e si passò una mano fra i folti capelli scuri. Fissò il soffitto chiaro sopra di sé e richiuse gli occhi cercando di ritrovare un po’ della tranquillità che era riuscito a trovare prima che quella donna facesse il suo ingresso inopportuno.
Ma insomma, cosa ci faceva già sveglia a quell’ora?! Era una pila elettrica, sempre con qualcosa da fare, qualche posto dove andare e, soprattutto, con qualcosa da dover dire in ogni circostanza immaginabile! Vegeta la trovava decisamente insopportabile e petulante.
Eppure era stata lei ad offrirgli ospitalità in quella casa ed era sempre lei a placare il suo esagerato appetito quando non c’era quella svampita della madre a provvedere, quindi, tutto sommato, qualcosa di buono lo aveva anche fatto.
Il sayan riaprì gli occhi e si mise a sedere. La stanza in cui si trovava era gigantesca, d’altronde come tutti gli spazi di quella casa.
Girò lentamente la testa verso sinistra e, con le tende della finestra che svolazzavano mosse da una leggera brezza, intravide uno sprazzo del giardino e un angolino della Gravity Room che vi si trovava.
“Se quella donna o suo padre non si decidono a rendere decente quella sottospecie di rottame laggiù, giuro che di questa casa non resterà niente di più che un mucchio di cenere!”, fu il suo ultimo pensiero prima di alzarsi e avviarsi a lunghe falcate verso la scala che lo avrebbe portato in camera sua.
Nel frattempo Bulma sgranocchiava dei cereali, seduta al tavolo bianco della cucina. Era persa fra i pensieri e, il suo sguardo assorto, si era soffermato sulla tazza verde mela leggermente scheggiata su un bordo che aveva di fronte a sé, ricolma di fresco succo d'arancia.
Non riusciva più a reggere quello stupido troglodita di Vegeta, e pensare che era in casa sua da solo una settimana!
Principe dei sayan o no, si trovava pur sempre ospite alla Capsule Corporation e che gli piacesse o meno, da quel momento in poi avrebbe dovuto mostrare un po’ più di rispetto nei confronti delle persone che lo avevano accolto e che, fino a prova contraria, gli stavano facendo un favore.
“Da oggi in poi si cambia registro”, pensò Bulma fra sé e sé. Se proprio non era in grado di mostrare un minimo di buone maniere, allora sarebbe stata lei a trattarlo come si meritava, e cioè come una lurida scimmia arrogante e con la testa vuota.

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Capitolo 4
*** Riposo a volontà ***


Ciao a tutti, eccomi qui ancora, ad aggiungere un nuovo capitolo! Mi scuso tantissimo per il tempo che ho fatto passare prima di aggiornare la storia ed anche per la lunghezza un po’ insoddisfacente anche di quest’ultimo episodio ma purtroppo sto avendo ancora meno tempo a disposizione che nei giorni passati, scusate tanto :(
Cercherò di fare meglio la prossima volta, per ora, vi auguro una buona lettura!

*Ringrazio molto moretta123, buby91 ed amand118 che hanno recensito il mio ultimo capitolo. Mi gratifica molto sapere che ci sono persone che leggono la mia storia e a cui piace, spero di non deludervi, un grande bacione!



“Hidden Roads”, capitolo 4 : “Riposo a volontà”

Il corso della giornata scivolò lento, silenzioso e tranquillo alla Capsule Corporation.
La madre di Bulma, Bunny, si aggirava eterea per i giardini, curando i suoi numerosi e variopinti fiori finché, fattasi una certa ora, non si spostò in cucina. Qui, si mise d’impegno nella preparazione di una serie di prelibatezze culinarie che avrebbero poi sfamato principalmente Vegeta, a cui rivolgeva complimenti per il fascino e la bellezza anche mentre saltellava da un fornello all’altro con la sua immancabile espressione giuliva.
Il padre della ragazza invece, lavorò per tutto il tempo alla Gravity Room del sayan, visto che, come c’era da aspettarsi, non aspettava altro che poterla ulteriormente migliorare. Il risultato di ciò fu che il caro Principe non ebbe più motivo di lamentarsi: meglio di così non si poteva e per un po’ di tempo avrebbe quindi potuto svolegere i suoi allenamenti senza problemi.
Bulma, ancora innervosita per la partenza storta della sua giornata, passò la maggior parte del tempo fuori casa, a sfogarsi in uno dei modi migliori che ci siano quando si ha un portafogli bello rigonfio; al suo rientro si trascinava dietro una vera caterva di nuovi acquisti, a molti dei quali non riuscì nemmeno a trovare un posto visto quanto il suo armadio fosse già molto molto pieno.
Vegeta intanto, era stato ben contento di poter ritornare ad allenarsi; contento certo quanto gli era possibile dimostrarlo. Non ringraziò lo scienziato che, con così tanto zelo, si stava profondendo giorno e notte in un estenuante lavoro per accontentare le sue impossibili e continue richieste.
L’uomo però, vi non fece caso, un po’ perché si era abituato ai modi di fare del sayan, un po’ perché lo aveva inquadrato dal primo istante, capendo con una certa intuitività subito che non era il tipo da cui si potesse ottenere qualcosa in breve tempo: intuitività che aveva forse ereditato la figlia dagli accesi e setosi capelli azzurri…
Per compensare il tempo di allenamento perduto nella giornata precedente, Vegeta stette nella Gravity Room fino a molto tardi.
Rientrò in casa sudato e, sebbene non volesse darlo a vedere, anche molto stanco, con una tuta provvisoria costruitagli da Bulma che usava appositamente per gli allenamenti. Percorse l’ingresso dai colori chiari di casa Brief e, attirato da un buon odore proveniente dalla cucina, vi si fiondò, individuando immediatamente un piatto lasciatogli in caldo sulla tavolo ancora apparecchiata.
La stanza era vuota, riempita solo ed esclusivamente dall’ombrosa presenza del sayan e dal delizioso profumo che lo aveva condotto fin lì, che ormai si era sparso in tutto l’ambiente. In poco tempo, la fonte di quel buon odore sparì, ingurgitata da Vegeta ad una velocità impensabile.
Fu felice di essere da solo, a potersi godere quel momento post-allenamento che era una delle poche pause che si fosse concesso nell’intera giornata.
Dopo aver finito di mangiare, con la schiena dritta appoggiata allo schienale della sedia, reclinò leggermente la testa chiudendo gli occhi, e si rilassò un pochino. “Se ci fossero stati quegli insulsi terrestri questa calma sarebbe stata interrotta dal loro rimoroso e continuo vociare, tanto per cambiare!” pensò, con le palpebre ancora del tutto abbassate.
Dal piano di sopra provenne un leggero scricchiolio che sarebbe risultato molto difficile da udire per un normale orecchio, che però riscosse Vegeta. “ E poi si meraviglia che io la senta! Tsk.. quella donna impertinente non sta ferma un attimo e non ha ide di muoversi senza fare rumore!” concluse fra sé e sé alzandosi e avviandosi verso le scale.
Bulma, stesa sul suo morbido lettone, si stava godendo la lettura di un libro nuovo, che aveva dovuto scartare dal pacchetto prendendo le forbici che erano sulla piccola scrivania.
Accasciata comodamente, iniziò a sfogliarne le pagine e, parola dopo parola, fu subito dentro alla storia che le veniva raccontata in quelle righe. Vi si immerse come in una vera e propria immersione, in una vita e in un mondo diversi, esattamente l’equivalente di scoprire la bellezza delle meraviglie del mondo marino, nascosto ai nostri occhi fino a quando non ci si tuffa dentro.
Come se un’ombra le si frapponesse lentamente tra l’occhio e la palpebra, Bulma si addormentò a poco a poco senza nemmeno rendersene conto, con il libro ancora in mano e due dita infilata a mò di segna libro alla pagina dove la sua lettura si era interrotta.
“E’ dietro piccoli ed insignificanti gesti che si nascondono le nostre emozioni e i nostri desideri più grandi, che, talvolta, manifestiamo al prossimo senza neppure accorgercene.”
Nel limbo fra coscienza e sonno quasi profondo, era stata quella l’ultima frase che Bulma lesse, e, un attimo prima di addormentarsi, ripensò al piatto che aveva tenuto in caldo e lasciato poi sulla tavola ancora apparecchiata.
Nella sua stanza, a poca distanza da quella della ragazza, Vegeta era sotto la doccia. Un vapore bianco e nuvoloso si era sparso in tutto il bagno appannando il vetro dello specchio. Il sayan, sotto il getto caldo, osservava l’acqua scendere in piccoli rivoletti trasparenti sul suo corpo scolpito, per andarsi poi a riversare nel pozzetto all’angolo della grossa cabina.
Sentiva l’acqua sottile che gli si infilava fra i capelli corvini, che formava piccole goccioline leggere alla punta. Era davvero un aggeggio rilassante quella doccia, non c’era nulla da obbiettare…almeno su quello. Lì sotto, Vegeta continuò imperterrito a riflettere su quale fosse il modo migliore di strutturare i suoi allenamenti per arrivare presto ad un livello più alto, per potersi poi finalmente trasformare in super sayan.
Avvolto nel vortice dei suoi pensieri, il Principe spense il getto caldo dell’acqua ed uscì dalla doccia avvolgendosi in vita un asciugamano. “I terrestri sono davvero una razza inferiore…come fanno a condurre delle vite così vuote ed insulse, crogiolandosi nel più totale e continuo riposo di corpo e mente?” Quell’interrogativo rimase sospeso a lungo nella mente di Vegeta, che dovette aspettare davvero per molto molto tempo prima di essere in grado di darsi una risposta.

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Capitolo 5
*** Inaspettato ***


Anche se vi confesso che non ho ancora le idee ben chiare su certe cose, credo che a questo punto iniziamo ad entrare nel vivo della storia. Non vi anticipo niente, ma vi auguro una buona lettura e ringrazio tutte le persone che stanno leggendo questa storia capitolo dopo capitolo. Un grazie particolare va a quelle che sento di poter definire quasi come “lettrici abituali”, spero davvero di poter riuscire a condurre in porto la barca che mi state aiutando ad attrezzare per un lungo viaggio per mari del tutto inesplorati per me.
Un bacio
.


“Hidden Roads”, capitolo 5 : “Inaspettato”

Così, in un clima stranamente tranquillo, trascorse un’altra settimana alla Capsule Corporation.
Bulma aveva finito in poco tempo il suo libro, eppure non era ancora riuscita ad indossare almeno una volta ognuno dei nuovi vestiti che aveva comprati quel giorno iniziato così male.
Era pomeriggio e lei era nel suo laboratorio, intenta a lavorare su qualcosa. Quel giorno una massa compatta di pensieri invadevano la sua mente, rendendola un po’ assente.
Da un po’ di tempo a questa parte, rifletteva soprattutto su Goku, chiedendosi dove fosse. Certo, lo sparire così per un po’ di tempo si addiceva perfettamente all’amico, ma Bulma non poteva fare a meno di domandarsi dove fosse andato.
Dal momento in cui i sayan erano arrivati sulla terra, la ragazza si era posta mille interrogativi su quelle che ora sembravano essere le reali origini di Goku, e si era finalmente potuta spiegare un sacco di cose che in passato non era riuscita a capire.
Ora, proprio come era successo un tempo con lui, iniziarono a farsi strada nella testa di Bulma una quantità impensabile di domande sul passato di Vegeta, e non riusciva a darsi nemmeno una sola risposta.
Fu così che, vittima della sua stessa curiosità, la scienziata si azzardò a chiedere al Principe in quali altri posti fosse stato prima del suo arrivo sulla terra. Era una cosa stupida, ma la domanda le si era affacciata ingenuamente fra i pensieri ed era uscita fuori a razzo.
Era sera e pioveva, Bulma si era attardata sul lavoro e Vegeta aveva come sempre concluso tardi i suoi allenamenti, per cui si erano trovati a cenare nello stesso momento, da soli.
La domanda di quella curiosona dai capelli azzurri, fu lasciata cadere così, quasi per caso, fra un boccone e l’altro, nel silenzio che aveva regnato supremo fra lei e il sayan fino a quel momento.
Dopo aver ascoltato quella cosa così inaspettata, il Principe, preso un po’ alla sprovvista, stette zitto per qualche secondo, fissandola con un’espressione enigmatica sul volto, a metà fra lo stupito e l’irritato. Non si aspettava che quell’ingenua ed impicciona di una donna si sarebbe spinta a tanto.
Certo, non era in grado di tenere la lingua fra i denti per più di cinque secondi, questo il sayan lo aveva imparato e, sebbene fosse una cosa che non sopportava affatto, le occasioni di contatto fra loro due erano state talmente poche, soprattutto in quegli ultimi giorni, che Vegeta non era stato particolarmente infastidito dalla terrestre.
Però, quella domanda così inaspettata, che per qualunque altra persona sarebbe risultata innocua, gli provocò un turbine di sensazioni.
“Insomma, come osa questa donna di così basso livello, azzardarsi a farmi queste domande così fuori inutili e fuori luogo? Cosa le importa?! Non è proprio in grado di capire che io sono il Principe dei sayan e che lei è solo una creatura inferiore creata apposta per servirmi?! Mai nessuno si è spinto a tanto e di certo non può farlo lei!” pensò Vegeta.
Continuò a fissarla, e il suo sguardo si fece a poco a poco sempre più duro e irreprensibile.
Bulma, dall’altra parte, non distoglieva gli occhi da quelli neri che le erano di fronte e che la guardavano così male. Capì subito di aver fatto un passo falso, ma, in un certo senso, non le importò, perché sapeva che, se non fosse stata quella sera, la domanda sarebbe arrivata spontanea sulle sue labbra e, anche se in un altro momento, gliel’avrebbe fatta comunque.
Prima o poi avrebbe lanciato quel sassolino nello stagno e di conseguenza si sarebbe dovuta aspettare l’eco di piccole ondine concentriche di sottile acqua increspata che vi si sarebbero formate attorno. Il sasso lo aveva lanciato e le ondine si erano trasformate forse in cavalloni che stavano per travolgerla.
Tenne i denti stretti e aspettò che l’ira che leggeva negli occhi di Vegeta la assalisse.
Ma non successe niente.
Il sayan finì in fretta di consumare il suo pasto e poi si alzò così di scatto che la sedia su cui era seduto cadde a terra. Poi si avviò verso la sua stanza velocemente e senza far rumore, lasciando Bulma da sola, con gli occhi ancora fissati dove fino a poco prima era seduto lui.
La ragazza interruppe la cena e accavallò le gambe, iniziando a riflettere.
Sapeva bene che la domanda che aveva rivolto al sayan gli avrebbe suscitato rabbia e fastidio e che, soprattutto, lo avrebbe colto alla sprovvista.
D’altronde, si rendeva conto che probabilmente mai nessuno gli aveva chiesto una cosa del genere, talmente innocua da risultare assurda alle sue orecchie di crudele e violento guerriero, cresciuto fra sangue e battaglie e che probabilmente non aveva mai avuto un dialogo con qualcuno. Poteva benissimo riuscire a capire che la sua domanda lo avesse spiazzato e che quel senso di “inaspettato”, lo avesse fatto arrabbiare ancora di più della domanda in sé.
Nonostante Bulma avesse già mentalmente anticipato tutte le possibili mosse con cui Vegeta avrebbe potuto reagire alla sua domanda inaspettata, non aveva messo in conto che potesse comportarsi così.
Si era aspettata che le avrebbe urlato in faccia come osasse fargli una domanda del genere e cosa importasse a lei di sapere dove lui, il Principe dei sayan, era stato prima di giungere sulla terra. Si era aspettata che dopo un’infinita tirata sull’inferiorità della razza umana avrebbe minacciato di uccidere lei e tutti quanti gli altri. Si era spettata che ribadisse per l’ennesima volta che a suo piacimento avrebbe potuto distruggere la terra in qualunque momento. Ma niente. Niente di tutto ciò che Bulma si era aspettata era avvenuto.
Vegeta l’aveva guardata in un modo terribile che, anche se non lo aveva dimostrato, le aveva fatto gelare il sangue nelle vene, poi si era alzato e se n’era andato, lasciandola senza una parola.
La scienziata rimase delusa: prima cosa, si era comportato in un modo che davvero non si sarebbe mai aspettata e poi, non aveva risposto alla sua domanda!
Si alzò da tavola ed uscì in fretta dalla cucina, salì le scale ed intercettò Vegeta, che, stranamente, ancora non era nella sua stanza. Si fermò. “Non mi hai dato una risposta.”, disse.
Ora, oltre a tutte le altre cose che sapeva già in precedenza, era consapevole anche del fatto che se Vegeta l’avesse disintegrata o l’avesse mangiata a morsi, se l’era proprio cercata.
Il sayan si girò e ripercorse in poche falcate la distanza che lo separava dalla ragazza, trovandosela letteralmente in faccia. “Ma cosa vuole?!” Non riusciva a capirlo, non riusciva a spiegarsi il motivo di quella domanda fattagli così all’improvviso e ancora di meno capiva la tenacia con cui quella donna priva di istinto di sopravvivenza continuava ad assediarlo pretendendo una risposta.
“Dove sono stato prima di giungere sulla terra?”, interloquì con tono gelido e fissando Bulma con uno sguardo anche peggiore di quello che le aveva rivolto poco prima. “Su tanti altri pianeti distanti, che voi, stupidi terrestri, non potreste mai raggiungere con i vostri arretrati mezzi.”, le sputava in faccia ogni parola con disgusto. “Pianeti che ho distrutto in poco più di una giornata, con un solo dito perfino.”
Ora Bulma riconosceva il sadico Principe dei sayan che le si stagliava davanti, più minaccioso e crudele che mai.
L’aria era elettrica, lo si poteva quasi sentire.
Il tono di voce di Vegeta era terrificante, duro e allo stesso tempo suadente.
“Mondi che ho disintegrato cancellandoli dalla memoria di qualunque essere vivente e di cui ho sterminato le intere popolazioni, fra fuoco e sangue, urla e pianti a cui neppure davo ascolto. Schiacciavo come insetti i corpi gracili da cui provenivano, provando un piacere che presto proverò ancora distruggendo la Terra, e schiacciando te per prima.” Dalle sue parole sembrava trasparire molto chiaramente quanto fosse facile e, in un certo qual senso, anche naturale per uno come lui fare tutto ciò che stava descrivendo.
Lo sguardo cattivo e nero di Vegeta emanava una preoccupante magneticità, che tirò a sé quello d Bulma, che vi affondò come una zattera in alto mare.
Il buio che era intorno a loro, sembrava illuminarsi della luce più candida e accecante in confronto a quello che scaturivano gli occhi che stava fissando.
La sua normale sicurezza era del tutto sparita, era immobile, raggelata, non riusciva a muoversi, o forse non voleva, come in un sogno.
Alla ragazza sembrava di stare guardando in un pozzo scuro e di esserci improvvisamente caduta dentro. Continuava a cadere, cadere, cadere…il fondo non arrivava mai. A quel punto si rese conto, come mai prima di allora, di essere del tutto vulnerabile e fragile davanti alla persona che aveva davanti, che davvero avrebbe potuto schiacciarla come un moscerino, eppure…
All’improvviso il sayan, si voltò e questa volta sparì in fretta dietro la porta della sua camera, e, più che una fuga, sembrava piuttosto il passo deciso e spedito di un combattente che ha appena vinto una battaglia sudata, la cui vittoria è stata conquistata col sangue e coi denti.

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