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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Introduzione *** Capitolo 2: *** un'amicizia speciale *** Capitolo 3: *** "ne sono sopravvisuto altri tre!" *** Capitolo 4: *** "essere uomini!" *** Capitolo 5: *** "quando gli dei si ritrovano" *** Capitolo 6: *** "Il mattino del perdono!" *** Capitolo 7: *** Il prezzo del perdono ***
utto iniziò quel
fatidico giorno, in cui gli opposti si scontrarono nella battaglia finale, per
il futuro.
Crono sembrava imbattibile,
gli attimi trascorsi sotto i suoi colpi, capaci di spazzare via intere galassie
furono interminabili e i cavalieri d'oro di Athena dovettero faticare non poco
per poter sconfiggere gli altri undici titani, il Santuario era quasi distrutto
ormai e uno strano silenzio surreale regnava incontrastato, ma la pace
finalmente era portata e la salvezza dell'umanità era finalmente giunta.
Un’altra guerra sacra
si era conclusa lasciandosi dietro solo la disperazione e la distruzione
più totale.
Aiolia era sopravissuto
quasi a stento e a rischiato più volte di morire, ma la speranza mai lo
aveva abbandonato, ed ora giaceva a terra incurante di tutto, incurante di aver
distrutto un dio della genesi, e che ora su quel suolo giacevano i corpi dei
suoi fratelli i titani, voleva solo riposare, mentre suo fratello dall'alto lo
assisteva guardandolo con assoluta ammirazione era fiero di lui e di ciò
che aveva fatto.
Socchiuse gli occhi appena,
poi fu soccorso da Lithos che era stata preoccupata per la sorte di colui che
l'aveva accolta, dopo la morte di suo padre e Galan il suo più fedele
servitore, provato anche lui dalla snervante attesa.
Dopo il fatidico giorno,
calò la sera e in quello che rimaneva della casa di Aiolia i due fedeli
servitori si stavano dando da fare per curare le ferite di Aiolia, sopratutto
Lithos che era la più premurosa tanto che Aiolia dovette fermarla per un
pò.
"Ehi basta adesso, non
vedi che sto bene? Non ho bisogno che fai tutto questo per me davvero" le
disse il cavaliere del leone alla dolce ragazzina che cercava di imboccarlo.
"Niente storie, su
mangi signor Aiolia se no, non guarirà mai!" lo rimproverò
la ragazza, cercando di ficcargli in bocca il cucchiaio, colmo di una zuppa
alle verdure.
Aiolia fece un mucchio di
storie come un bimbo scherzava sempre, quando faceva così infondo era
contento che la ragazzina e Galan, si prendessero così cura di lui, si
era sempre ripetuto cosa avrebbe fatto senza il loro appoggio, era strato molto
fortunato, dopo la morte di Aiolos gli unici che veramente gli volevano bene, e
non lo trattavano come la pecora nera del santuario erano loro.
Dopo aver curato Aiolia
Lithos si ricordò che durante la battaglia, aveva perso una cosa a lei
molto cara, ovvero una collanina con un medaglione che le aveva regalato suo
padre, quindi nonostante il disappunto del suo padrone e di Galan andò a
cercarlo, sperando di trovarlo.
Si recò nel luogo
dove Aiolia aveva distrutto Crono, e iniziò a scavare tra le macerie, ma
niente non riusciva a trovarlo.
"Uffa accidenti, come
ho potuto perdere una cosa così importante, che stupida..."si
rimproverò la ragazzina, mentre scavava tra i detriti di roccia,
calcarea e i resti delle colonne antiche ormai distrutte.
Passò una buona
mezzora a cercare, si arrabbiò e imprecò più volte, poi
alla fine credendo ormai che quel pegno andasse perduto pianse.
Ad un tratto però
una voce spezzata da fremiti di dolore, simile ad un filo di lamento ormai, la
chiamò.
"Ragazzina?".
Lithos si girò
torno, ma non capiva da dove proveniva quel gemito, poi si voltò
all'indietro e con la coda dell'occhio, vide brillare qualcosa un luccichio,
poi un medaglione appeso ad una sottile catenella dorata.
La ragazza mutò
quella espressione di disperazione, in una di gioia, e un sorriso, si dipinse
sul suo infantile volto, e i suoi occhi si allargarono.
"Il mio
medaglione.".
Corse a prenderlo, voleva
proprio toccarlo sentire quasi suo padre al suo interno.
"Papà ti ho
ritrovato...”. Una lacrima le scivolò ancora, sul volto, ma
stavolta era di gioia.
La ragazzina era molto felice in quel
momento, però poi la sua felicità fu interrotta bruscamente dalla
visione che le se parò avanti, che le fece morire il sorriso sulle sue
labbra, e il suo cuore ebbe un tonfo, la paura, la avvolse.
La catena dorata era
avvolta alle dita di una mano che vestiva un guanto oscuro come la pece,
sebbene malridotto e le dita forse erano rotte tuttavia, poi si stendeva il
braccio che fece finire lo sguardo, sulla figura distesa a terra ormai, priva
di ogni energia di Iperione, il figlio di Urano era ancora vivo, sebbene a
stento, con il sangue ormai in gola, che gli colava da sotto le frange nere
sulla roccia, grigia di quella terra che ha cercato di distruggere.
Ora a vederlo così,
non era neanche più il terrore di ciò che rappresenta, la sua
forza titanica era svanita un pò perchè ora su fratello Crono era
stato sconfitto, e quindi il potere di cui tanto ha vantato, si era sopito, un
pò perchè ormai non era più nessuno, ma soprattutto non
voleva essere nessuno, stranamente era contento di essere stato sconfitto, da
guerrieri valorosi come Aiolia, anche se la morte dei suoi fratelli e sorelle e
sopratutto di Ceo lo addolorava, tuttavia l'espressione sul suo volto mostrava
un lieve sorriso sulle sue sottili labbra, che non era maligno, era tranquillo
e rassicurate.
I suoi occhi rossi come il
sangue, ma che ora avevano una strana e debole luce si fissarono su quelli
atterriti di Lithos, che prese subito il medaglione e si allontanò
subito, da quel dio distrutto, ma pur sempre terrificante, che però
chiese presto gli occhi scivolando una specie di sonno, forse morto?
La ragazza si era
allontanata di qualche passo, poi, quando vide il titano richiudere gli occhi
si sentì sollevata, forse era la fine per lui, però era bene
accertarsene, prima che si risvegliasse e riprendesse a distruggere ciò
che avevano appena ricostituito il signor Aiolia e gli alti cavalieri sacri.
"Speriamo che quel
mostro sia morto..." Si disse tra se, la ragazzina che si fece coraggio e
si avvicinò con cautela al corpo, apparentemente esanime del titano di
Crono.
Deglutì sudando
freddo, poi facendosi coraggio camminando a tratti, con il cuore in gola, si
avvicinò al corpo, del titano, che ora era completamente coperto da
ferite e il sangue colava sulla roccia dalla sua soma color dell'ebano semi
distrutta ormai.
Allungò con timore
una delle sue manine, verso quel corpo per vedere se in lui vi era ancora della
vita, e sperò con tutto il cuore, che aver visto prima che si muoveva
fosse solo un’illusione, quel mostro doveva essere morto per forza, Aiolia
lo aveva trapassato con uno dei suoi migliori colpi, purtroppo, però si
accorse presto invece che era ancora vivo, se bene il suo battito era molto
debole esattamente come il suo respiro.
Lithos del canto suo,
avrebbe voluto lasciarlo lì al suo destino, oppure avrebbe potuto
finirlo prendendo un coltello e lacerandogli la gola, dopo tutto un mostro
simile non doveva più vivere, però sicuramente non lo avrebbe mai
fatto, anche se era un mostro, e anche se Aiolia aveva fatto tanta fatica per
sconfiggerlo, non poteva ucciderlo oppure lasciarlo lì, si conosceva
troppo bene più tosto sarebbe morta lei, pur di salvarlo, e così
fece.
Guardò in giro per
vedere se c'era qualcuno che l'avrebbe vista o fermata, la strada era libera.
"Vi chiedo perdono
Signor Aiolia, so bene quanto avete faticato e sofferto e quanto sia pericoloso
ciò che sto facendo, ma anche i mostri meritano di vivere.”.
dicendo questo, si chinò e prese sebbene con fatica visto il peso il
titano sulle spalle, e lo portò in una vicina grotta che era in un bosco
semi distrutto poco più avanti al santuario.
assarono diversi giorni dopo
la battigia contro Crono, e Aiolia stava riprendendosi pian piano dalle ferite
riportate dopo la battaglia, ed era assistito sempre da Galan e da Lithos, che
però stranamente in quel periodo, si limitava solo a curare e servire
Aiolia superficialmente, non era più la stessa era diventata, molto
distratta e inoltre se ne andava via sempre durante il pomeriggio e tornava
tardi, diceva che andava a fare quattro passi, oppure che andava a fare la spesa,
ma la verità era un altra.
Infatti, ogni giorno andava
da Iperione a vedere come stava, a medicargli le ferite, e a portagli da
mangiare, anche se lui si comportava sempre con freddezza nei suoi confronti e
non parlava mai non la degnava nemmeno di un ciao.
Passarono ancora due
giorni, Aiolia era uscito un attimo sorreggendosi con una stampella e
notò Lithos, da lontano che coglieva dei fiori, sorrise nel vederla,
pensa che come il solito le stesse cogliendo per lui.
"Quella ragazza si
preoccupa sempre troppo...".
Non fece in tempo a dire
così, che la ragazza, a dispetto delle aspettative, che pensava il
cavaliere del leone d'oro si guardò attorno, come per vedere se c'era
qualcuno che la spiasse, poi si imbucò i fiori nella sacca che aveva al
collo, si alzò, e tornò alla casa di Aiolia, che naturalmente
vedendo questo comportamento, non si fece cogliere, mentre la spiava, fece
finta di niente.
"Ciao Lithos, come
va?".
Le chiese facendo il finto
tonto, la ragazza fu presa da uno strano tonfo al cuore, e rispose un pò
tentennando"Cosa?ah signor Aiolia siete sveglio? Ehm mi fa piacere, avete
bisogno di qualcosa?"l'espressione della ragazza era falsa, si vedeva
lontano un miglio, che aveva risposto così, per trovare una scusa, ma
Aioliapreferì non indagare
oltre la lasciò perdere, anche se le voleva chiedere per chi erano i
fiori che aveva appena colto.
Abbassò lo sguardo
poi si voltò per andarsene a casa "No grazie, oggi mi sento
meglio...”. La ragazza sorrise poi iniziò ad avviarsi.
"Aspetta!".
Fu fermata di colpo, e si
girò indietro, verso il suo padrone "Dove stai andando?"
chiese Aiolia un pò sospettoso.
"Io? Ehm da nessuna
parte, vado a fare un pò di spesa, tornerò un pò
tardi...”. Si giustificò con una scusa la ragazza, mentre Aiolia
aveva capito benissimo che tutta quella storia era una farsa però non si
capacitava del perchè lei assumesse questo comportamento, non gli era
mai successo di vedere Lithos mentire così però pensò che
forse avesse un problema al quale non voleva che nessuno indagasse, quindi
lasciò correre anche quel giorno.
Lithos così si
diresse verso la grotta dove vi era Iperione. Si affacciò all'interno,
era un posto molto ristretto, forse in passato doveva essere una tana di
qualche animale che passava lì il letargo, si era un posto degno di un
orso forse, del resto un orso vi era già dentro, ferito e stanco, ma che
stava riprendendo pian piano le forze.
"Posso?" Chiese
con la sua vocina timida, sorridendo, rivolta ad Iperione che era appoggiato
alla parete della grotta, pieno di fasciature sul torace, e le braccia,
più una sulla testa che dovevano essere cambiate, visto che il sangue
non si era ancora del tutto fermato e alcune ferite erano un po’
più gravi e facevano fatica a guarire, anche se grazie alle cure di
Lithos stava facendo un buon lavoro.
Per tutta risposta, il
titano non si degnò neanche ora a parlare, la guardò un secondo
con aria fredda e impassibile poi voltò lo sguardo a fissare un altro
punto della grotta, Lithos si avvicinò sempre con cautela di certo,
anche se lo stava curando, la paura era tanta, se pensare a ciò che i
titani hanno creato nel mondo, la "Titanomanchia" restaurata durante
il loro avvento, che per fortuna ora era cessata e il mondo stava rinascendo a
poco a poco, ma la scoperta di un titano di nuovo in vita sarebbe stato un
nuovo pericolo, e la ragazza ne era abbastanza terrorizzata.
Lithos oltre alla prima
frase, non pronunciò altro, si limitò per ora solo a cambiargli
le bende e a medicargli le ferite, senza fiatare. La medicazione di alcune
ferite bruciava, e Iperione, si agitava solo per un secondo mentre la ragazza
smetteva.
"Ehm scusa, lo so che
brucia, ma ti fa bene..."disse continuando a spandere
dell'antinfiammatorio con un panno, pulendo una ferita al petto, un solco
parecchio lungo e profondo che probabilmente avrebbe lasciato una cicatrice a
vita, sul torace del titano.
Dopo averlo curato e
bendato, gli offrì del pane e dell'acqua, ma il ragazzo non volle
toccare cibo, esattamente come aveva fatto gli altri giorni, Lithos ci rimase
un pò male, sperava che almeno oggi mangiasse qualcosa, questi giorni non
insistette pensando che non mangiasse per via dello shock e la perdita di
sangue, in effetti, ne aveva perso molto, ed era ridotto malissimo mangiare era
l'ultima cosa che gli venisse in mente però ora più o meno si era
ripreso e Lithos provò ad insistere.
"Su dai, devi mangiare
altrimenti non guarisci più...”.
Il titano, volse lo sguardo
dalla parte opposta, mentre la ragazza cercava di rifilargli un boccone di pane,
in bocca " Non lo voglio.” l'ammonì con un tono secco e
glaciale come il ghiaccio.
La ragazza a quel tono non
si azzardò ad insistere oltre, fece solo un broncio poi mise via il pane,
ma lo lasciò vicino a lui nella speranza che più tardi mangiasse,
avrebbe voluto lasciargli i fiori che aveva colto, ma preferì, non farlo
si allontanò e tornò a casa con un’aria un pò delusa
tanto che Galan vedendola arrivare così le chiese subito il
perchè, ma Lithos fece finta di sorridere e gli disse un’altra
scusa ovvero che andava tutto bene, infatti, il servitore di Aiolia non ne
rimase convinto.
Arrivò la sera e
come al solito Lithos preparò la cena in assoluto silenzio, una strana
aria tirava proprio ormai se ne era accorto anche Aiolia.
"Si può sapere
che diavolo le prende?" Chiese sottovoce a Galan, il cavaliere sacro,
l'altro alzò le spalle "Boh, è da oggi pomeriggio che
è così, mi ha detto che andava tutto bene.”.
Aiolia mugugnò
titubante, finirono la cena e Lithos uscì fuori in cortile e
iniziò a sospirare, rimirando il cielo.
Chissà come sta?
Speriamo non si senta solo lì in quella grotta... il suo pensiero era rivolto ad Iperione, non sapeva
perchè, ma si sentiva preoccupata per lui, per un nemico e non si
capacitava proprio del perchè le stesse succedendo tutto questo.
"Lithos?" fu
chiamata all'improvviso da Aiolia, tanto che la ragazza, saltò
"scusa non volevo spaventarti...”. Le disse scusandosi Aiolia.
"Signor Aiolia?".
Lithos abbassò lo
sguardo, mentre Aiolia le si avvicinò affianco. Rimasero in silenzio per
qualche attimo, poi finalmente il cavaliere del leone prese parola.
"Si può sapere
qual'è il problema?".
"Niente, non ho
nulla.".
"Non è vero non
raccontarmi balle...".
"Invece è vero,
non ho proprio niente!".
Lithos aveva parlato
stranamente a voce alta non aveva mai risposto così al suo padrone, ma
non voleva di certo raccontargli che stava aiutando un mostro a riprendersi, lo
conosceva, Aiolia se lo avesse saputo non ci avrebbe pensato due volte ad
andare a cercare Iperione e a ucciderlo, e Lithos non voleva che accadesse una
cosa simile, nessuno al santuario doveva sapere che in vita c'era ancora un
titano l'avrebbe protetto anche a costo della sua vita.
Aiolia rimase un pò
spiazzato, non aveva mai visto Lithos così arrabbiata, allora era vero
aveva un problema che non poteva dirgli.
"Capisco." disse
poi "Capisco che non vuoi confidarti con me, però se c'è
qualcosa che ti preoccupa, oppure che ti fa soffrire sai bene che puoi fidarti
di me.”aggiunse toccandole una spalla e guardandola negli occhi.
La ragazza si accorse di
essersi comportata male e ne fu pentita però poi si accorse che non poteva continuare a nascondere per
sempre una cosa del genere, lo avrebbero saputo prima o poi, però se lei
gli spiegava la situazione senza però fare riferimento a colui che
nascondeva forse la cosa avrebbe preso un’altra piega quindi
camuffò un pò la situazione e la spiegò al suo padrone.
"Mi scusi, non volevo
comportarmi così, però il fatto è che ho sì un
problema...”.
"Lo sapevo, e di che
si tratta?".
"Sto aiutando una
persona...".
Aiolia la guardò con
aria di rimprovero"Ah si? Beh è una buona cosa, se questa persona
ha bisogno fai bene, non c'è da preoccuparsi, però potevi anche
dirmelo anzi che sparire sempre e dimostrarti un pò, diffidente, nei
miei confronti, io non ti avrei certo fermato, lo sai bene.".
"Lo so
però..." Scattò Lithos, poi si fermò forse stava
parlando troppo.
"Però
cosa?" disse guardandola con aria interrogativa e poco convinta l'altro
"Niente il problema è che io lo ho aiutato, ma lui si comporta
sempre con freddezza e non mi parla mai, sembra quasi che io sia un peso per
lui e non so più come prenderlo...”. Disse la ragazza quella frase
era l'unica cosa vera che aveva detto.
Aiolia si mise una mano
sotto il mento, e iniziò a mugugnare.
"Beh ogni persona
è fatta in un diverso modo, forse questa persona non ti vuole parlare
perchè non ti conosce abbastanza, prova a dimostrarti più decisa
e cerca di scoprire un pò cosa lo rende felice, prova a parlargli tu se
non lo fa lui, magari riesci a sbloccarlo.”. Aiolia aveva dato un ottimo
consiglio, infatti, Lithos, fu felice per quelle parole e il giorno dopo ci
provò subito colse di nuovo dei fiori, questa volta Aiolia si
avvicinò.
"Sono per il tuo amico
vero?".
Lithos annuì.
"Vai anche oggi da
lui?".
La ragazza annuì
ancora "Sì, faro come mi avete detto ieri sera.", Aiolia
sorrise gli fece piacere vedere che il suo consiglio era stato accettato, inoltre
ora vedeva Lithos felic, e non più sospettosa come se fosse una ladra.
Ritornò nella grotta
dove vi era Iperione, salutò senza avere come al solito risposta, gli
cambiò la fasciatura e medicò le sue ferite, poi notò che
il pane del giorno prima era stato mangiato e ne fu felice, e cogliendo
l'occasione parlò.
"Ehi vedo che alla
fine hai mangiato, bravo mi fa piacere.”. Sorrise, ma non fu ricambiata,
come al solito, il titano era rivolto altrove, ma Lithos questa volta era
decisa.
"Ehm, senti le ferite
come vanno? Ti fanno male?" gli chiese cercando di agganciare bottone,
niente risposta ancora.
"Ti va di uscire fuori
da questa grotta e prendere un pò d'aria, c'la fai?".
Niente ancora neanche il
minimo cenno di movimento, Lithos rimase nuovamente delusa
Uffa non sta
funzionando, forse non gli piace la mia compagnia perchè non sono una
dea, gli dei parlano solo tra di loro, forse è meglio smetterla...
Pensò, mentre si apprestava
ad andarsene gli lasciò il pane di nuovo affianco.
"Qua dentro si
soffoca..." Quel’ affermazione la fermò, forse ci era
riuscita, si avvicinò ad Iperione che intanto si stava alzando non
ostante qualche debole fitta, ma ora stava bene, i titani si riprendono molto
in fretta.
Uscirono la ragazza lo
sorreggeva, camminarono in quello che rimaneva del bosco, che lentamente
iniziò a far intravedere la natura che riprendeva il suo ciclo e le
forme di vita, compresi gli animali iniziavano a muoversi, anche se scappavano
al passo del titano, come se anche loro avessero paura di lui e temessero la
sua terribile potenza devastatrice.
Si fermarono nelle
vicinanze di una riva dove si estendeva un lago azzurro magnifico che offriva
uno spettacolare panorama con una cascata che sgorgava da una roccia, sembrava
un piccolo angolo di paradiso dell’Elisio il posto degli dei da cui i
titani furono cacciati costretti a vivere per l'eternità nel Tartaro, un
ricordo malinconico di quel posto orribile percosse la mente di mperione, che
però ora si trovava a suo agio e pensare che volesse distruggere un
posto simile, non pensava che nel mondo esistesse un posto come quello.
"Ti piace qui?"
chiese Lithos notando, che il ragazzo era stranamente calmo e la sua freddezza
era un pò svanita "Sì mi sembra di aver già visto un
posto simile, solo gli dei più valorosi possono accedervi, mentre gli
dei dannati come me finiscono in un posto ben più differente...”disse
il titano sorprendendo Lithos aveva finalmente parlato, ed era così
felice, si sedettero sull'erba, che era ricoperta da piccoli fiori primaverili.
"Come era il mondo
prima che nascesse?" chiese di istinto la ragazza secondo le leggende
degli antichi miti i titani erano i figli di Urano e Gea la terra, e magari lui
poteva aver visto nascere il mondo conosciuto visto che era un dio arcaico,
padrone della genesi divina e umana e poi lui stesso rappresentava il sole del
creato, come Apollo, ma era qualcosa di più remoto.
Il titano a quella domanda non
rispose subito, dopotutto, non era sicuro nemmeno lui di sapere com'era il
mondo prima che nascesse, però qualcosa suo padre Urano gli disse in
proposito.
"Vedi prima del mondo vi erano solo gli
elementi, poi in seguito mio padre Urano e mia madre Gea diedero vita agli dei,
poi al creato e all'uomo, ma sai queste sono solo cose che ho sentito, noi
titani non abbiamo mai visto nascere il mondo, perchè ne siamo stati
allontanati prima, per poi rinascere come distruttori sia per gli de, che il
mondo."Iperione aveva parlato calmo e pacato, e Lithos ascoltava, sembrava
interessarle tutta quella storia, beh di certo parlare con un dio rinato, non
era un’esperienza nota a tutti e infondo, anche se era un dio della
distruzione che non ha fatto altro che pensare alle guerre, a chi non verrebbe
voglia di chiedergli quali siano i meandri da cui proviene, quale sia l'origine
di tutto, quale sia il destino.
La ragazza gli chiese altre
domande, e lui rispondeva a ciò che poteva, stranamente trovò
piacevole parlare dei misteri della genesi, con un’umana, gli sembrava di
essere proprio un vecchio che diceva il suo sapere ai bambini, ed era felice,
mai gli era successo una cosa simile d'un tratto si accorse che gli dei e gli
uomini non sono mai stati differenti, al contrario di quello che aveva sempre
sostenuto, dopo tutto era proprio per la prepotenza di loro dei che erano stati
sconfitti dagli uomini per giunta.
Parlarono per una buona
parte del pomeriggio, di queste cose e non solo Lithos gli parlò anche
dei lati belli di essere uomo, dopo tutto non era vero che gli uomini si
sentivano più grandi degli dei, e che a loro piacesse fare la guerra
esattamente come loro, ad alcuni piaceva e si credevano pari a tali, ma sono
stati puniti, però c'era anche un altro lato dell'umanità da
scoprire e già lo aveva dimostrato sconfiggendo loro i titani Aiolia, ma Lithos gli
spiegò che i miracolo è potuto accadere solo perchè,
ognuno proteggeva e si credeva, nelle persone che si voleva proteggere dal
male, e Iperione a quel discorso le venne in mente il suo errore, se lui avesse
protetto i suoi fratelli e avesse creduto in loro, non sarebbero mai morti,
invece aveva sbagliato tutto, Ceo non c'era più, Crono neanche è
tutto questo solo per una vendetta, solo per mostrare al mondo ciò che
avevano patito nel tartaro, quale errore peggiore il destino dopo tutto non si
poteva cambiare.
"Abbiamo commesso un
errore, se avessimo pensato di più a proteggerci senza farci prendere
dal risentimento, forse non solo io sarei qui.”. disse Iperione con
un'espressione di rammarico, e quasi di perdono per l'errore commesso.
Lithos lo guardò, mentre
pronunciava quella frase, e iniziò a pensare che forse poteva essersi
pentito, ma non era sicura, anche se l'espressione del titano sembrava molto
intensa però era anche segnata dal dispiacere di aver perso la sua
famiglia, perchè tutti loro erano una famiglia, tutti loro avevano
sofferto ciò che aveva sofferto lui, tutti loro erano stati mandati nel
tartaro.
Dopo questa discussione
Lithos guardò verso il lago allora le venne un’idea.
"Senti, mi viene
un’idea..." Disse la ragazza, prendendo una mano al titano,
tirandoselo dietro, infatti lui si alzò, guardandola con aria
interrogativa.
Lithos lo fissò nei
suoi occhi rossi sangue, come quello che avevano versato durate la battaglia
contro i gold saint"Facciamoci un bagno".
Iperione si sentì
stranamente in imbarazzo e arrossì, in effetti, l'idea non era male, era
da quando erano stati risvegliati che lui non si faceva un bagno come si deve,
però in quel momento era meglio di no, ma non fece a tempo a rispondere
che Lithos si era già spogliata della sua veste di lino, e aveva
già immerso i suoi piedini nelle fresche acque del lago e gli faceva
segno di venire, sorridendo.
Iperione, non ostante un
pò di imbarazzo iniziale ricambiò il sorriso della ragazza e alla
fine si spogliò della sua tunica di lino, che gli aveva portato in
precedenza Lithos, visto che aveva lasciato appena fuori dalla grotta la sua
soma che era anche abbastanza malridotta.
La ragazza, guardò
per un attimo il ragazzo, e le sembrò di non aver visto mai tanta
bellezza, sprigionata tutta in una volta da un solo corpo, baciato dalla luce
del sole, che rifletteva ciò che rappresentava veramente, il sole anzi
di più forse l'essenza dello stesso giorno.
Questa bellezza, questo
riflesso che vedo, è un proprio un dio del sole...
I pensieri Lithos furono
interrotti poi quando lui si voltò a guardarla e lei fece finta di
guardare da un’altra parte, immergendosi nelle acque.
Passarono così
alcuni minuti, tra uno spruzzo e l'altro giocando e scherzando, nascondendosi
dietro gli spruzzi della cascata. Fu una giornata indimenticabile per entrambi,
tanto che alla fine Lithos si ritrovò a tornare a casa più tardi
del solito, e Aiolia e Galan erano ad aspettarla battendo un piede per terra.
La ragazza si scusò
dopo una bella lavata di capo da parte dei due, però era troppo felice
per rimanerci male e comunque ringraziò Aiolia per il suo consiglio,
l’era stato molto utile il giorno così passò un altro
giorno.
Capitolo 3 *** "ne sono sopravvisuto altri tre!" ***
Capitolo 2:
Capitolo 2:
"Ne sono sopravvissuti
altri tre."
M
entre Iperione
si riprendeva gradualmente dopo la battaglia, nel capo in cui era stato
distrutto Crono, Mu dell'ariete era tornato dal Tibet per vedere com'era andata
la battaglia e notò i corpi dei restanti titani sconfitti, però
ne mancavano oltre a quello di Crono e di Imperione, altri tre corpi non
c'erano, sembravano come svaniti nel nulla, eppure, gli altri corpi erano
rimasti lì, che fossero stati distrutti durante la battaglia? Non si
sapeva e già un dubbio percosse la mente di Mu.
Ad un tratto Mu fu raggiunto
da un altro cavaliere d'oro Shaka di virgo, reduce anche lui della battaglia,
che lo ferì gravemente rischiando di ucciderlo, ma ora stava meglio.
"Mu sei tornato a
goderti lo spettacolo vedo.”.
"Non che vedere cadaveri
di dei mi entusiasmi, non scambiarmi per Death Mask...”.
"Non volevo dire di
certo questo, neanche io se devo essere sincero sono soddisfatto, mi sembra di
aver creato altro male.”.
"E' il prezzo da pagare,
dopo aver combattuto, per la sopravvivenza, anche se non c'ero ho saputo, e ho
sentito la paura che hanno creato questi esseri, che ora a guardarli
così, non sembrano nemmeno dei non ho ragione Shaka?"
Shaka non rispose subito,
rimase a contemplare per un attimo, il silenzio scese tra i due "Sono
stati dei e anche assai potenti, ma hanno commesso un errore che li ha puniti,
forse non avevano calcolato che anche noi uomini siamo protetti da una dea.”.
continuò Shaka.
"Quel che è
stato, ormai stato fatto, nel giusto o sbagliato che sia.”.
La frase di Mu era più
che giusta e il cavaliere di Virgo annuì con il capo, guardando i
restanti corpi dei titani "Tuttavia, non mi sembra giusto lasciare dei
corpi che hanno visto, l'Olimpo e la nascita del mondo, giacere in un mucchio
di macerie, una sepoltura è giusto almeno dargliela.”. riprese Mu,
e aveva ragione anche questa volta.
"Provvederò io
stesso, informerò il Gran sacerdote sperando che si sia ripreso.”.
rispose pacato Shaka, Mu intanto, però mostrava un pò di
titubanza, e il cavaliere di virgo se ne accorse, già da un pezzo.
"Cos'è che ti
turba? Mu?".
"Non ci sono
tutti.".
Una riposta, che lasciava
ancora dubbi, ma anche Virgo se ne era già accorto da tempo, ma aveva
fatto finta di non sapere niente, per non far preoccupare nessuno, dopo quella
terribile battaglia"Lo so ne mancano quattro, Crono è stato
distrutto, l'ho visto con i miei occhi quindi non troveremo il suo cadavere, ma
l'ultima volta avevo visto anche gli altri titani cadere, uno ad uno e i loro
cadaveri dovevano esserci, per lo meno tutti, invece ne mancano quattro.”.
Mu era assorto.
"Già..."
Sospirò avvicinandosi
ai cadaveri in effetti, lì in quel momento vi erano solo i cadaveri di: Criosconfitto da Shura, di Ceo,
sconfitto da Aiolia, di Tia sconfitta da Milo, di Mnemosyn
sconfitta da Camus, di Febe sconfitta da Death Mask, di Oceano sconfitto da
Aldebaran, di Giapeto sconfitto da Saga, mancavano solo Iperione,
Temi, Rea e Teti.
Shaka cercò di
focalizzare un attimo ciò che era accaduto, e lui almeno era sicuro di
aver sconfitto Rea, e di aver visto Aiolia trapassare ,
Iperione e Temi, e Aphrodite dopo una dura lotta colpire con le sue rose
bianche Teti, dovevano essere morti tutti, eppure mancavano loro, cosa poteva
significare? Un dubbio atroce lo percosse, anche se erano dei i loro corpi, non
avevano la facoltà di sparire, altrimenti anche quelli degli altri
titani caduti dovevano farlo, invece era lì giacenti, quindi era
evidente che qualcosa non quadrava.
"Questa storia non mi
piace, devo avvisare il Gran Sacerdote anche di questo.”. disse Shaka, mentre si avviava verso le restanti dodici case,
seguito da Mu che annuiva con il capo.
Siamo nei pressi del
santuario dove una donna guerriera, dalla maschera argenta faceva ritorno alla
sua capanna, diroccata, Shaina dell'Orephucio, anche lei aveva combattuto
contro l'esercito creato dai titani, e aveva difeso bene il santuario, come
Marin dell'aquila che si era battuta contro uno dei giganti uscita dal tartaro,
sconfitto in seguito da Aiolia.
La silver saint era ormai
stanca, e provata dalla battaglia, tuttavia anche lei aveva nascondeva
qualcosa, di terrificante che probabilmente il santuario, non avrebbe mai
tollerato da parte di Saint di suo livello, ma tuttavia, non volle abbandonare
un’altra donna guerriera come lei al suo destino, una donna guerriera che
faceva parte della prima stirpe Rea titanide di Crono, l'aveva trovata che si
trascinava dietro, la sua pesante sconfitta, il sangue grondante da tutte le
parti del suo esile corpo, la sua soma semi distrutta e un braccio quasi rotto
con la spalla piena di graffi, grondanti di sangue.
Shaina avrebbe voluto
ucciderla dopo averne riconosciuto l'identità, però provò
rispetto per una donna che rappresentava la genesi degli dei, e che aveva
combattuto, per i suoi ideali, anche se era vendetta, la ragazza dai capelli
verdi, sapeva bene a cosa andava incontro, se qualcuno l'avesse scoperta
l'avrebbero uccisa, ma non gli importava, non era nel suo onore colpire chi era
già sconfitto.
Entrò nella casupola,
l'interno era spoglio, nient'altro che muri di roccia e calce, da un lato c'era
un piccolo braciere che aveva un debole fuoco acceso, mentre dall'altra vi era
un letto fatto di paglia con una coperta di juta su cui giaceva la titanide
Rea, che ora era assorta in un sonno profondo, mentre le bende le coprivano un
pò il corpo.
Shaina pensò di vedere
se si era ripresa, voleva che in ogni caso lo facesse presto così se ne
sarebbe andata, in modo da non rischiare la sorte della silver saint.
"Ehi su sveglia!"
disse a gran voce, mentre l'altra aprì gli occhi lentamente cercando di
ricordare ciò che era successo, e a suo malgrado e riluttanza
ricordò tutto amaramente, poi focalizzò il punto della situazione,
e si accorse di essere stata veramente fortunata, al contrario dei suoi
fratelli, anche se non sapeva che Imperione era ancora vivo, per ora non ne
avvertiva nemmeno la presenza, eppure era vicino.
"Era ora hai dormito per
cinque giorni di fila, certo che ti hanno conciata più tosto male, vero
Rea? E’ così che ti hanno chiamato giusto?" Shaina, parlava, mentre
si stava dirigendo verso il braciere su cui vi era una pentola con una zuppa di
verdura, poi la porse all'altra che, però non sembrò voler
accettare.
"Su mangia, non è
il caso di fare tanto la sostenuta con me, avrei potuto anche lasciarti morire,
sai visto che hai cercato con i tuoi fratelli di distruggere il mondo, ma
ringraziò l'Olimpo che io so, quando devo uccidere qualcuno, e quando
non devo farlo.”. disse secca Shaina guardando
sotto la sua maschera l'altra ragazza.
Rea, non rispose subito,
però, in effetti, lo stomaco brontolava, quindi accettò la zuppa,
iniziò a sorseggiarla, poi parò anche lei con il suo tono gelido,
"Anche se non sarai tu ad uccidermi, lo farà qualcun altro, ti
conviene non darti tanto da fare, io non ho bisogno della tua pietà.”.
Shaina emise un sospiro
" Mi sembra di essere stata chiara, non ti ho salvato per pietà, io
di solito non uccido se non me se lo ordina, e comunque non infierisco su chi
è già sconfitto, ti ho salvato solo perchè mi sentivo di farlo,
ma ti avviso, non voglio grane te ne dovrai andare via da qui presto, e ti
chiedo di non dire a nessuno che ti ho salvato io.”.
Rea annuì, di certo il
minimo che poteva fare era non mettere nei casini, quella donna che comunque
l'aveva salvata da una fine certa" D’accordo non temere, è il
minimo che posso fare, almeno per ora.".
Da un altro parte intanto nei
pressi del santuario, nelle segrete il cavaliere delle dorate vestigia del
capricorno si faceva avanti, a passo lento accompagnato da due guardie e un
superiore, verso una cella in cui vi era un prigioniero molto importante.
"Siete sicuri, che sia
uno di loro?" chiese durante il cammino Shura il cavaliere del capricorno,
mentre avanzava con passo lento, la sua voce era fredda e paca come al solito.
"l'abbiamo trovata
ancora viva tra di loro, è ovvio che si tratta di una di loro.”.
"Avreste dovuto
ucciderla, subito."
"Già, ma non
eravamo sicuri è per questo che vi abbiamo chiamato.”.
Shura camminò in
silenzio fino alla cella, dove vi era incatenata, e ferita, una donna dai
capelli corti viola e occhi rossi come il sangue, con indosso un’oscura
armatura, ormai piena di crepe e imbrattata di sangue.
"Non pensavo di vedere
una dea, ridotta a tanto, riesco a mala pena a guardare, eh Temi?" disse
Shura, guardando la ragazza, che rappresentò una minaccia terrificante,
eppure ora era così insignificante, un pò gli fece pena, Shura ha
ammirato il coraggio e i valori dei titani, ne aveva sconfitto uno Crio, con
cui aveva svolto un’ardua lotta, e aveva avuto paura di non farcela,
quella donna rappresentava un nuovo pericolo, questo era vero, ma ormai non
poteva fare del male a nessuno.
Temi si svegliò e a
quelle parole, non rispose, aveva riconosciuto in Shura l'uomo che aveva
sconfitto Crio suo fratello, e lo odiava, anche se ormai non poteva far niente
per fermarlo, era stata sconfitta e l'umiliazione di essere ancora viva, era
ben peggiore della morte, infatti, chiese solo una cosa all'istante" Cosa
aspetti ad uccidermi? ".
Shura la guardò, di
certo avrebbe potuto, anzi dovuto ucciderla, non ci sarebbe voluto molto, un
colpo solo, per lui, la sua exscalibur, le avrebbe tagliato di netto la testa,
eppure non si sentiva di farlo, forse era il suo senso di giustizia a
impedirgli di fare un gesto simile, dopo tutto perchè uccidere un nemico
inerme, Athena non gli aveva insegnato ad uccidere solo per il gusto di farlo,
Temi avrebbe dovuto avere un legale processo come tutti.
Camminò avanti e
indietro, poi si fermò e si avvicinò a lei prendendole tra le
mani il volto"Dovrei ucciderti hai ragione, ma non lo farò e sai
perchè? Perchè ti farò provare a essere giudicata anche a
te, che ti sei sempre vantata, di rappresentare la giustizia in terra, con le
tue ciance, sul vostro potere divino...”.
Shura le strinse un pò
il volto, mentre lei non faceva neanche una piega impassibile, non provava
paura, però sdegno si, proprio lei che rappresentava la giustizia divina
avrebbe dovuto subire un giudizio da parte degli uomini, era umiliante, non
poteva permetterselo" Non potete farmi un simile affronto, a me figlia di
Urano, Maledizione uccidimi, più tosto, come hai fatto con Crio, non ti
costa poi così tanto per farlo, non senti di odiarmi più forse?
" Temi parlò trai denti, con rabbia, ma il cavaliere d'oro sapeva
bene cosa fare.
"Ammiro il tuo coraggio,
sai essere combattiva anche in queste condizioni, peccato che dovrò
vederti presto sul patibolo come una ladra, sai anche noi mortali abbiamo una
dura legge dominante, infondo mi dispiace, io non lo farei mai, sopratutto ad
una così bella donzella, ma non dipende da me questo è un
giudizio che spetta solo al gran Sacerdote.”. Le disse Shura, mentre la ragazza lo guardò con astio, ma
aveva capito, il rispetto del cavaliere nei suoi confronti.
Il cavaliere d'oro si
apprestò ad andarsene, però prima ordinò alle guardie di
slegare la ragazza dalle catene, e di curarla, e provvedere a tutto ciò
che le servisse, e sopratutto, ordinò tassativamente, pena la morte, che
nessuno la tocchi neppure con un dito, se avesse saputo dalla ragazza qualcosa
di sbagliato nei suoi confronti, avrebbe provveduto lui a punire chi di dovere,
"aprite bene le orecchie, liberatela e provvedete a curarla, e a non
fargli mancare niente, e vedete di non fare i furbi e trattatela con il dovuto
rispetto, è una dea, anche se è una prigioniera ed anche se ha
cercato di ucciderci, non dobbiamo abbassarci anche noi al loro livello,
perciò non osate toccarla o giuro che, che la lama della mia Excalibur, non perdonerà le vostre teste.”.
Il comando fu secco e
preciso, e non ostante qualche leggero disappunto, dopotutto i soldati avevano
ancora paura, di una dea sebbene ferita in quel modo, e temevano il peggio,
subito dopo il cavaliere d'oro se ne andò.
Intanto nella periferia del
paese un’altra titanide, Teti era stata salvata da due bambini, molto
poveri, che, però ignoravano chi fosse, non sapevano dell'esistenza dei
titani, e l'avevano accolta salvandola, da una fine certa e lei gliene fu
riconoscente, ora, però i quattro titani avrebbero dovuto incontrarsi,
non ostante nessuno di loro sapesse nulla dell’altro a parte essere
sicuri della morte reciproca.
assarono ancora dei giorni
e i quattro titani sopravissuti ormai, hanno riacquistato le forze, era il
momento di uscire dal proprio nascondiglio anche se era pericoloso, il primo,
infatti, a chiederlo fu Iperione, voleva andare in giro, per vedere ciò
che era rimasto dopo il loro avvento, forse voleva rendersi conto del male che
aveva fatto e pentirsene, ormai più passava il tempo con Lithos
più si accorgeva dello sbaglio che aveva commesso, con i suoi fratelli.
Era sempre seduto vicino
all'ingresso della sua grotta, quando lo raggiunse la ragazza, portandogli
sempre il necessario per le sue esigenze, il titano le sorrise come sempre e la
ringraziò, poi però le chiese qualcosa di inaspettato.
"Sai una cosa? Voglio
fare un giro nel tuo paese." Chiese rimirando il cielo, mentre Lithos gli
era affianco, e lo guardava, un pò titubante, beh di certo non poteva
pretendere che se ne stesse in quel bosco a marcire per sempre, doveva pure
uscire, e andare in giro, ma cosa sarebbe successo, se per caso gli sarebbe
venuta ancora voglia di usare i suoi terribili poteri? Sarebbe stato una vera
catastrofe, per poi un sentimento di nuovo di pena la persuase e accettò
di accompagnarlo, però ad una condizione.
"E va bene, andiamo in
paese, però nessuno deve sapere che sei uno dei titani, chiaro? E non
fare niente di avventato, se non vuoi che ti scoprano.”. si raccomandò
Lithos.
Il titano annuì,
così la ragazza gli procurò un mantello, e lui si coprì il
capo, in modo che nessuno potesse riconoscere in lui, ciò che era, poi
si avviarono verso il paese.
Intanto al santuario ormai
Temi era rinchiusa, nelle segrete da un paio di giorni senza sapere, quale
destino le aspettava.
In quei giorni tuttavia, i
soldati avevano rispettato il volere di Shura, e l'avevano curata e trattata
con il dovuto rispetto, ma quanto sarebbe durato, perchè non sapeva
ancora niente? Tutto questo la faceva solo andare in bestia.
"Insomma, per quanto
ancora, mi volete tenere segregata qui? Perchè non ho ricevuto nessun
giudizio ancora?" chiese la ragazza ad una guardia che le aveva portato il
pranzo" Noi siamo solo dei soldati, non sappiamo cosa il gran sacerdote
abbia in serbo per te, non siamo autorizzati a dirti nulla per ora"
Una risposta secca che fece
incavolare ancor più Temi.
Intanto nella decima casa,
Shura era rimasto a riflettere per alcuni giorni dal suo incontro con Temi, non
aveva ancora detto nulla al gran sacerdote, e non sapeva se dirlo o no, una
strana sensazione continuava ad invaderlo, sempre ogni volta, che metteva piede
sulla scalinata, principale che portava alle stanze del gran sacerdote, e poi
tornava indietro, assorto.
Non riesco a capire
proprio cosa mi stia succedendo, eppure so che devo subito informare, il gran Sacerdote,
ma ogni volta che salgo quella scala, mi viene in mente il suo volto,
così pieno di grinta, anche davanti alla morte, dovrei odiarlo, eppure
sento di non riuscirci, non voglio che le accada qualcosa...
Pensò tra se il
sacro guerriero, fu combattuto, tra la giustizia e la pietà, non poteva
permettere che un nemico sebbene sconfitto, fosse passato per le armi come un
volgare ladro, era forse giustizia quella? No Athena non gli aveva insegnato
questo, la giustizia era solo determinata da ciò che il cuore gli diceva
di fare, la legge sarebbe stata inflessibile anche con lui, lo sapeva, ma
doveva dare un’altra possibilità, a quella ragazza, si sarebbe
assunto lui ogni responsabilità.
Intanto Rea ormai si era
ristabilita, le cure di Shaina le fecero bene, la sua compagnia era diventata,
piacevole, infatti, in quel periodo, si erano conosciute meglio, la titanide
aveva parlato di se e dei suoi fratelli, e le spiegò il motivo, di tutto
ciò che volevano creare, Shaina invece le insegnò a guardare
oltre, e il senso di essere un umano, una donna, una donna che ha combattuto
per i suoi ideali, Rea l'ascoltava dimostrando molto rispetto, per una donna
che ha saputo, rendersi indipendente non ostante i vincoli, segnati dalla
maschera e dal veto che aveva fatto ad Athena, anche se tuttavia Rea non era
riuscita a capire, il perchè di quella costrizione.
"Come mai indossi
quella maschera?" chiese a tradimento, Rea, Shaina fu scossa da quella
domanda.
Le due ragazze erano sedute
sul prato vicino alla casupola, a rimirare il cielo, in quell'istante, di
quella domanda, passò una folata di vento, Shaina, però rispose.
"Questo è il
veto che abbiamo fatto, per renderci indipendenti, per diventare guerrieri, e
una specie di muro che si frappone tra la nostra femminilità e
ciò che rappresentiamo in battaglia.”.
Rea capì benissimo
"Capisco, mi dispiace per te.”. Shaina si incupì, invidiava
quella dea che mostrava di essere una donna, senza costrizioni, era una donna
bellissima, eppure era stata tanto mostruosa, durante la battaglia con Crono,
ma ora iniziava a pentirsi anche lei e Shaina lo aveva capito, e per questo che
si stava un pò affezionando, a lei e a considerarla non più una
nemica, mai gli era successo prima di ora, non avrebbe voluto che se ne andasse
via mai, ma era troppo pericoloso per farla stare lì, sia per lei, che
per l'altra.
Rea si alzò,
sbadigliando, poi si toccò un braccio per vedere se poteva muoversi, visto
che durante gli altri giorni, non era in grado nemmeno di muoversi, le
sembrò tutto a posti, si sentiva davvero bene" Accidenti devo
ammettere che mi hai messa a pieno devo proprio ringraziarti sai?"
Shaina sorrise "Ah sì
dunque ti senti bene, ok allora verifichiamolo.”. l'altra la
guardò con aria interrogativa, mentre la Silver Saint sorrideva sotto la
sua maschera, aveva in mente qualcosa di interessante, un duello tra loro,
senza usare i propri poteri onde evitare, che tutto il santuario scoprisse la
titanide.
"Facciamo un duello
Rea, voglio vedere come te la cavi se non usi i tuoi poteri, anche io
farò lo stesso...”.
Rea accettò
volentieri, quindi si preparò al duello.
Erano faccia a faccia,
tutte e due si erano, messe in posizione d'attacco, poi iniziarono combattere,
Rea era molto agile, anche se non presentava la forza che metteva Shaina, si
vedeva la differenza tra le due, però per ora sembravano pari.
Arrivarono ad un punto
morto, Rea alla fine si lanciò con uno scatto verso la Silver
Saint, che fu colta di sorpresa perché aveva
intenzione di colpirla, ma lei scomparve davanti ai suoi occhi e le era dietro,
così si beccò un calcio alla schiena, ma Shaina non si diede per
vinta e guardandola ancora con sfida, si rialzò, mentre l'altra le era
già addosso.
In quel momento però,
Shaina si spostò lateralmente e afferrò il braccio, della
titanide, infine, l'atterrò e vinse, perchè l'altra era stanca
ormai.
Si sorrisero a vicenda era
stato un bel combattimento.
Intanto Lithos ed Iperione
che erano arrivati in paese, si accorsero di quanta distruzione c'era,
sopratutto il titano che si sentì sempre più in colpa, per
ciò che era successo, era proprio vero, quando Crono suo fratello diceva
che gli umani sono così fragili, bastava guardarsi attorno per capire,
quanto la distruzione sia stata devastante, e improvvisa.
Le case erano quasi tutte
distrutte, e ognuno stava salvando il salvabile.
"Accidenti che
disastro." Commentò Lithos camminando e voltando lo sguardo a
destra e a sinistra, notando la rovina, Iperione non commentò, non c'era
proprio niente da commentare da parte sua.
La ragazza lo guardò
di sottecchi e capì quanto si sentiva in colpa e quanto soffriva in quel
momento.
Ad un tratto due si
fermarono avanti alla casa distrutta di una famigliola, che si era messa al
lavoro per ricostruirsi la casa pezzo dopo pezzo, Lithos guardando quella
scena, le fece un pò pena, ma cercò di andare avanti, Iperione
invece stranamente rimase fermo, poi fece un’azione che mai prima di
adesso avrebbe mai fatto, si tolse il mantello e lo diede alla ragazza, poi si
avvicinò all'uomo, che probabilmente doveva essere il capo famiglia, e
offrì il suo aiuto, l'altro sorrise e accettò l'aiuto offerto.
Lithos rimase a bocca
aperta, non si aspettava, che si sarebbe offerto così, la forza di
cambiare era veramente forte in lui, e lei ne fu così felice,
andò anche lei ad aiutare.
Passarono così la
giornata, e tra un mattone e l'altro sotto il sole cocente di Grecia, e a poco
a poco il lavoro era già avanti, rispetto a ciò che avrebbero
fatto quella famiglia da soli.
Arrivò quindi la
sera Iperione e Lithos erano stanchissimi e non ci vedevano più dalla
fame, era anche l'orario di tornare alla grotta, e dal signor Aiolia.
Si stavano incamminando
verso le loro mete, quando l'uomo della casa li fermò.
" Ehi aspettate."
I due ragazzi si voltarono,
e lo guardarono con un’espressione interrogativa, l'uomo sorrise ancora
" vi prego non andate via, venite che vi offriamo qualcosa da mangiare,
sarete affamati immagino, ed è il minimo che possiamo fare per
sdebitarci.”.
L'offerta dell'uomo era
molto gentile, non potevano rifiutare, quindi annuirono entrambi.
Dovrò trovare una
scusa plausibile però...
Si ripetete tra se Lithos,
Iperione invece sembrava stranamente contento.
L'uomo così si
presentò a loro con il nome di Artus, e aveva una moglie di nome Gianna
e due figli che si chiamavano Romina e Remo.
Artus li portò nell'accampamento
che avevano improvvisato, nella attesa della ricostruzione della casa,
lì mangiarono una zuppa preparata dalla moglie, che tra latro con le
poche cose a disposizione aveva preparato una cenetta davvero saporita, tanto
che Lithos fece i complimenti più vivi.
"Complimenti lei
è bravissima signora."
La donna arrossì.
"Ti ringrazio Lithos,
ne vuoi ancora?"
"No grazie, sono piena
come un uovo."
"E il tuo amico?"
Disse la donna rivolgendosi
ad Iperione che non aveva aperto bocca per tutta la sera e si era messo anche
da parte.
Lithos lo guardò, ma
capì benissimo che cosa avrebbe risposto" No non credo che ne
voglia, è pieno come un uovo anche lui, vero?" L'altro annuì
con il capo.
Ad un tratto Remo si
avvicinò ad Iperione e lo fissò un attimo, tanto che il titano
iniziò a sospettare, che quel ragazzino scoprisse chi era veramente,
quindi di già era pronto ad andarsene, sotto le loro maledizioni, ma in
verità il bambino, non aveva proprio idea di chi era, non lo aveva mai
visto, pensava che era uno straniero, e poi non si era neppure presentato.
"Dimmi sei uno
straniero? Come ti chiami?" chiese a tradimento, Iperione fu preso alla
sprovvista e non sapeva proprio che rispondere però poi intervenne
Lithos subito.
"Lino si chiama Lino,
ed è un mio lontanissimo cugino è venuto da poco.”. disse
la ragazza inventandosi una bugia al momento, sperando che il ragazzino e gli
altri della famiglia ci cascassero, e per fortuna la bevvero.
Il bambino sorrise
"Piacere di conoscerti Lino. Lo sai che sei davvero forte? Siamo a buon
punto con la casa." Iperione ricambiò il sorriso, il volto di quel
bambino gli sembrò tutto ad un tratto così illuminato di una luce
ingenua, ma bella la luce che non aveva mai voluto vedere, nell'umanità
durante la sua esistenza oscurata, dalle ombre dell’odio del Tartaro.
Era proprio a suo agio.
Passò così la
sera e Lithos e Iperione tornarono a casa, il giorno dopo, però
ritornarono in paese e continuarono ad aiutare altra gente, mentre il signor
Artus li invitava sempre da loro, a cena ed anche a pranzo, il titano,
sembrò prendere sempre più piede, e finì un pò con
l'affezionarsi alla famigliola di Artus e alla gente del posto, finalmente era
libero dall'oppressione del Tartaro, i giorni di guerra sembravano ormai
lontani, si sentiva un uomo, non più un dio, iniziò a capire
tutto e a maledirsi per quello che aveva fatto, un giorno, infatti, ne
parlò con Lithos, prendendola da parte una sera, prima di salutarsi,
avanti all'ingresso della grotta.
"Lithos, ho una
confessione da farti, la vuoi ascoltare?"
La ragazza annuì,
poi si sedette a canto a lui a rimirare il cielo, stellato.
" Mi sono accorto
troppo tardi di aver commesso un errore madornale, mi sono creduto sempre
superiore, e poi è arrivata la sconfitta, ed infine il senso di colpa,
mi sta mordendo dentro, come lupo affamato, eppure mai mi era capitato di avere
sentimenti così contrastati tra loro, questi giorni mi sono sentito per
la prima volta un uomo e non un dio, e non ne sono mai stato così felice
di esserlo e tutto questo è stato solo merito tuo.”.
Il titano parlò per
la prima volta con il cuore, il cuore di un dio che si sta trasformando in uno
umano, si girò all'indietro per non farsi vedere da Lithos piangere, ma
la ragazza aveva capito benissimo.
"So bene cosa stai
provando, sono contenta che finalmente tu ti renda conto, sapevo bene che
avresti capito è per questo che sono così contenta di averti
salvato.”. la ragazza pianse anche lei, poi lo abbracciò forte e
così fece anche lui, che sembrava avere più bisogno di qualcuno
che avesse la forza di consolarlo e dirgli che stava facendo forse la cosa
più giusta, e lei era l'unica che ora gli rimaneva, l'unica che ha
saputo capirlo, come mai nessuno aveva fatto.
Si lasciò coccolare,
appoggiando la testa sul petto della ragazza, che gli accarezzava i sottili e
neri capelli stringendolo a se.
"Iperione
ascolta.".
Sospirò la ragazza a
un orecchio del titano, che alzò la testa"Stare qui in Grecia
è molto pericoloso per te, non voglio che ti succeda niente, ma devi andartene
da questo paese.".
La ragazza, non avrebbe
voluto che se ne andasse, però era per il suo bene, non voleva rischiare
che il Santuario scoprisse che fosse vivo, lo avrebbero ucciso e per lei
sarebbe stato una gran perdita, poiché ora sentiva di non provare solo
un sentimento di pura amicizia, era molto di più ad era pericoloso.
Il ragazzo la fissò
per un attimo, ma capì che quella ragazza nutriva per lui un sentimento
molto profondo, molto di più con una semplice amicizia e infondo anche
lui lo provava per lei la stessa cosa, non sapeva perchè lo stava
invadendo un sentimento così profondo, che mai aveva provato prima, ma
la vedeva una protettrice pure essendo così fragile nella sua forma, un
fiore appena sbocciato che resisteva anche d'inverno, la sua pelle era
così candida e morbida, mentre sfiorava con le dita sottili il collo, il
suo profumo emanava una fragranza di fiori di pesco, così dolce che
ormai ne era completamente ipnotizzato.
Lithos sentiva il movimento
leggero delle mani del titano, sul suo collo, che man mano andavano a scendere,
fino a sfioragli il seno, a cingergli la vita e un brivido le percorse, forse
stava per succedere qualcosa di irrimediabile.
"Non voglio andarmene
e sperare di vivere senza di te, più tosto la morte, non importa che io
mi salvi o no, purché tu non stia lontano da me neppure per, un attimo.”.
Il titano pronunciò
queste parole, ormai non gli importava di se stesso, in quel momento sentiva
solo di desiderare lei, la fissò negli occhi.
"Lithos, vorrei che
Artemide, non portasse via la
Luna di questa notte, in modo che il tempo si fermi qui in
quest'attimo, vorrei immortalare questo momento, nelle stelle come le
costellazioni, vorrei che il mondo si fermasse adesso a guardarci, vorrei che
dei e uomini si fermassero un attimo, per poterci guardare, guardare l'eterno
amore che stiamo vivendo...”.
Parole poetiche, dette da
un mostro, che ironia della sorte, e poi un bacio che forse ne stava dando la
conferma, la ragazza era invaghita di lui, sentiva di non poterne fare a meno,
però poi qualcosa la fermò, forse aveva paura di amare un dio, il
cuore iniziò a battergli forte, sembrava che volesse uscire, mentre lui
iniziava a spogliarla della sua veste lino, cercandola di strappare, mentre il
suo cosmo, si stava espandendo, cercando di arrivare al cuore impaurito di
Lithos.
Quel cosmo, così
carico però non passò in osservato a chi già lo conosceva,
infatti sua sorella Teti, se ne accorse, ora che era passata per il grande
tempio assieme ai bambini che l'avevano salvata.
"Iperione?..."
Esclamò di colpo
fermandosi la titanide, i ragazzini la guardarono con aria interrogativa,
mentre lei corse per un tratto verso nord dove sentiva quella presenza non le
sembrava possibile eppure era, lui, ma fu solo un attimo poi smise di colpo,
forse si era illusa, ma se suo fratello era vivo invece, non poteva ignorarlo,
si avviò verso quella scia di cosmo.
I ragazzini la seguirono,
ma lei gli intimò di non venire perchè sarebbe stato pericoloso,
quindi l'avrebbero dovuta aspettare a casa, e i ragazzini le obbedirono e
tornarono verso la strada della loro casa.
Intanto Lithos era ancora
più spaventata, sembrava quasi che quel cosmo la volesse portare via,
aveva paura, ecco cosa provò il Signor Aiolia, quando combattete contro
di loro, quell'energia era così nascosta e profonda capace di far
sprofondare di nuovo il mondo, anche adesso, gli attanagliava la gola la
soffocava troppo.
Forse era ancora impregnata
dell'energia oscura del tartaro, è per questo che spaventava così
tanto la ragazza.
Si staccò da lui
spingendolo all'indietro ansimando, lui la guardò un attimo, non capiva
perchè facesse così, ma forse ne intuì il motivo e si
accorse di essere stato uno stupido.
Lithos lo fissò con
i suoi occhi che ora erano gonfi di lacrime, ma non riuscì a guardarlo
oltre, voltò di scatto lo sguardo raccolse il pezzo del vestito che l’era
stato strappato, poi si alzò e corse via.
" Lithos, aspetta
scusami, non volevo..."
Gridò invano il
titano, allungano le mani, cercò di inseguirla, ma poi non lo fece
capendo che sarebbe stato inutile, ormai l'aveva spaventata, e quindi rimase
ancora solo a disperarsi, ora non solo i suoi fratelli, ora anche l'unica persona
a cui credeva, che lo capiva lo aveva abbandonato, in quel momento pensò
che era meglio che fosse morto, avrebbe preferito la vista del Tartaro
più tosto che vedere, allontanarsi così la persona che amava.
Lithos tornò a casa
Galan e Aiolia erano preoccupati, ormai era veramente tardi le andarono
incontro, ma videro l'espressione afflitta della giovane.
Aiolia le appoggiò
le mani sulle spalle.
" Lithos, che è
successo?"
La ragazza guardò
Aiolia, nei suoi occhi tristezza, ma non poteva dirgli niente, se ne
andò in camera sua e pianse tutta la notte.
Il sole splendeva alto nel
cielo, non cera una nuvola e tutto sembrava tranquillo, il santuario era
avvolto in un surreale silenzio, e Temi ormai si era rassegnata, aveva smesso
di lamentarsi e ora attendeva ancora il suo verdetto, ormai l'ombra della morte
le sembrava così vicina, presto sarebbe tornata nel tartaro, eppure ieri
sera l'aveva sentita anche lei quell'aurea famigliare, le sembrava proprio di
suo fratello Iperione, avrebbe voluto andare a vedere se si trattava di lui,
sarebbe stato magnifico sapere, che era vivo, ma non poteva farlo, non poteva
andarsene.
La ragazza sembrava proprio
essere molto giù, ma poi qualcosa accadde, infatti, la porta della cella
si aprì, e ne uscì un uomo ammantato fino alla testa, che non
lasciava intravedere il suo volto, Temi si mise subito sulla difensiva.
"Che cosa vuoi da
me?"
La ragazza aveva risposto
con ira, ma poi si calmò vedendo che l'uomo le faceva segno di uscire,
lei non sapeva se fidarsi o meno, però non sembrava avere intenzione, di
ingannarla, e poi aveva addormentato tutte le guardie, forse voleva aiutarla
veramente, ma chi era costui?
Uscirono quatti e furtivi
dalla prigione, Temi seguì tutto quello che faceva quell'uomo, ma stava
sempre attenta a non fidarsi troppo.
Arrivarono fuori dal
Santuario, erano ben lontani e quindi, sembrava essere andato tutto bene per
Temi, anche fin troppo, la ragazza si insospettì.
"Allora si può
sapere chi diavolo sei? E poi perchè mi hai aiutato a uscire di
prigione?
Disse alla fine rivolta
all'uomo che ora era di spalle, e non sembrava aver voglia di rispondere.
"Ehi parlo con
te..."
Nulla, Temi non ebbe
riposta, sbuffò avidamente, e visibilmente, alterata, per il
comportamento dell'uomo, che la ignorava, voltò le spalle anche lei.
"Devi andartene"
Una sola frase alle spalle,
poi lei si girò.
"Perchè? Anche
se lo facessi, non mi salverei"
"Invece sì che
ti salverai, perchè scapperai lontano da qui.”.
"Dove pensi che possa
scappare un titano di Crono?"
"Qualsiasi posto del
modo, andrà bene purché tu te ne vada da qui!”
Temi non sembrava tanto
convinta, l'uomo si girò, poi si avvicinò e mostrò il su
volto, la ragazza non credeva ai propri occhi, "Tu non può essere,
che cavolo ti è saltato in testa? Lo sai che questo..."
Non fece in tempo a dire
questo che un dito le arrivò alle labbra, e poi un sussurro,
"Schhh, non c'è tempo per parlare, loro non sanno ancora niente di
te, perchè io non glielo ho detto, quindi sei ancora in tempo, scappa
lontano dalla Grecia, oppure sarà la fine per entrambi.”.
Temi lo guardò negli
occhi "Shura, perchè?" sussurrò ancora leggermente,
l'altro si allontanò da lei e volse lo sguardo altrove.
"Non lo so, sento solo
che non posso vederti giustiziare come una ladra, non voglio che ti succeda
niente.”.
"Io ho cercato di
distruggervi, insieme ai miei fratelli, ti rendi conto di quello che stai
facendo? Sei proprio sicuro che mi vuoi far andare così?"
Shura annuì con il
capo, ormai aveva preso la sua decisione, tuttavia Temi, non avrebbe accettato
la sua pietà, e poi capì che non era giusto immischiare qualcun
altro in mezzo ad una questione, in cui doveva pagare solo lei.
"Questo è
tradimento lo sai? Guarda che non voglio mettere in mezzo nessuno, non ho
bisogno della tua pietà, se sono destinata a morire, allora che sia, non
ho bisogno che tu mi salvi il culo.”.
La ragazza parlò
senza peli sulla lingua, una cosa che ha sempre odiato era essere compatita,
quindi non ebbe timore di dire ciò che pensava.
Il ragazzo capì
benissimo che cosa voleva dire, il suo orgoglio era ferreo e degno di lode,
avrebbe dovuto fregarsene a questo punto, ma sentiva di non poterlo fare.
"io so ciò che
faccio."
Disse alla fine, poi le
prese una mano "Vieni con me.”.
La ragazza lo
guardò, poco convita, pensando che fosse solo una stupida scenata,
però la luce che vedeva
negli occhi di Shura, le sembrava sincera, forse poteva fidarsi di questo
mortale.
"Dove andremo?"
"Ti accompagno
all'aeroporto, mettiti questo.”.
Disse il ragazzo offrendo
alla ragazza un mantello nero, in modo che se lo mettesse per non farsi
riconoscere, lei se lo mise, e poi lo seguì, ad un tratto i due furono
fermati.
"Temi?"
Un sospiro nell'aria, una
voce famigliare, la ragazza si voltò, e avanti a se vide la figura di
sua sorella, Rea e di Shaina, che riconobbe Shura "Tu sei Shura?".
Shura riconobbe la Silver Saint
"Shaina dell'Orephucu immagino.”. disse calmo, dopo tutto non poteva
dirgli niente su ciò che aveva fatto visto che lo stava facendo anche
lui.
Le due titanidi si
abbracciarono, non avrebbero mai pensato di potersi rincontrare credevano che
fosse tutto perduto, invece con sommo paciere erano lì ad abbracciarsi,
commuovendosi a vicenda.
Dopo l'incontro tra le
sorelle, Shura ripropose anche a Rea di fuggire dalla Grecia, Shaina era
d’accordo per aiutarle insieme al cavaliere d'oro, tuttavia le due
ragazze non sembravano esserne pienamente convinte, sembrava che sentissero
qualcosa, qualcosa che dovevano fare, prima di fuggire.
"Non possiamo ancora
fuggire.".
Iniziò a dire Temi,
Rea annuì con il capo "Già, ieri sera ho sentito
un’aurea famigliare, e voglio sapere di che cosa si tratta prima di
pensare a noi.”.
L'altra era
d’accordo, nonostante i due santi d'Athena non fossero della stessa idea,
temendo il peggio.
Così si
incamminarono verso la scia d'energia che la sera prima aveva lasciato Iperione.
Intanto nella grotta Iperione
aspettava Lithos come sempre, ma questa volta non venne e lui capì
benissimo il perchè sentendosi sempre più in colpa per la sera
prima.
Il suo cuore era tormentato
e triste quasi di più di quando era nel Tartaro.
Perchè
io...perchè te ne sei andata Lithos? Torna da me...
I pensieri del titano erano
solo per la ragazza che la sera prima aveva spaventato mostrandole il suo
terrificante cosmo, che la voleva solo per se che la voleva trascinare con se
in un baratro senza fine.
Delle lacrime iniziarono a
scendergli dagli occhi, subito dopo poi un cosmo vicinissimo lo portò
alla realtà e si sentì d'un tratto minacciato.
Si alzò in piedi di
scatto già pronto a lottare se era necessario, ma forse non voleva
neppure farlo visto tutto quello che aveva fatto assieme a Lithos, non avrebbe
mai più colpito un uomo.
Quando l'individuo si fece
avanti, Iperione non credette ai suoi occhi e si lasciò andare in
un’espressione di stupore, poi pianse ancora di gioia nel vedere che
avanti a lui vi era Teti sua sorella che si era salvata esattamente come lui,
pianse anche lei chiamandolo.
"Iperione
fratello...".
"Teti
sorella...".
I due si abbracciarono
forte poi iniziarono a farsi domane a vicenda, ma le risposte erano sempre le
stesse, infine poi, mentre stavano chiacchierando anche Rea e Temi li trovarono
e la scena di felicità fu la stessa, mentre Shura e Shaina si sorrisero
a vicenda vedendo quella scena.
"A quanto pare ne sono
sopravvissuti quattro soli.”.
Disse Shaina, Shura
annuì con il capo, anche se era pericoloso lasciare libere quattro belve
del genere, però ormai aveva deciso e vedere Temi felice lo
riempì stranamente di gioia, anche se tuttavia il problema rimaneva.
quattro titani trascorsero la giornata
assieme raccontandosi del più e del meno, mentre Shaina e Shura erano
andati in paese in cerca di qualcuno che partisse verso la costa.
Trovarono un vecchietto che
faceva il mercante ambulante che accettò di accompagnarli fino alla
costa, furono fortunati poi tornarono alla grotta.
Intanto a casa di Aiolia,
Lithos non era ancora uscita dalla sua stanza, era ancora rimasta male per la
sera prima, ma ora però si sentiva incolpa per come si era comportata e
questo la faceva stare ancora più male.
Aiolia bussò alla
portadella camera della ragazza
era molto preoccupato per lei dalla sera prima, ma la ragazza sembrò non
voler rispondere poi però aprì , aveva bisogno di un pò di
compagnia in quel momento.
Il gold saint del leone
entrò e socchiuse la porta mentre Lithos si sdraiò sul letto voltando
la schiena e si rannicchiòsu
se stessa.
"Allora, cosa è
successo?"
La ragazza non rispose
allora Aiolia si fece più insistente "Insomma perchè diavolo
ti comporti così? maledizione, se c'è qualcosa che ti sta facendo
soffrire non capisci che lo sta facendo anche con me?Perchè vuoi tenerti
tutto dentro così?".
Il ragazzo aveva alzato
leggermente la voce, ma per tutta risposta la ragazza continuava a stare zitta
allora il Gold Saint si stancò del suo atteggiamento e le rispose
maleducatamente, come non aveva mai fatto prima.
"Sai che cosa ti dico?
Vattene al diavolo non mi importa più niente di te, se solo una
stronza.".
Aiolia si stava apprestando
ad andarsene però poi fu fermato da un seguito di singhiozzii, si
voltò e vide che la ragazza era ancora rannicchiata su se stessa e si
stringeva a se piangendo, a quel
punto il ragazzo vendendola così si sentì in colpa allora le si
avvicinò accanto e le toccò una spalla, poi le sussurrò
all’orecchi qualcosa “ Ti chiedo scusa, non era mia intenzione
trattarti in quel modo però ormai dovresti conoscermi se hai qualcosa
che ti turba sai bene che puoi fidarti di me.”
Lithos si asciugò le
lacrime ma sapeva già che del signor Aiola poteva fidarsi, il problema
era dirgli la verità non poteva ancora farlo per non mettere in pericolo
la vita di Iperione quindi evitò di parlarne ancora esplicitamente.
“Ieri sera ho fatto
soffrire una persona e ora mi sento tremendamente in colpa.”
Aiola la guardò un
attimo “Quel tuo amico che hai aiutato forse?” la ragazza
annuì “ Lui ha cercato di essere gentile con me e io invece ho
avuto paura di lui, temevo che mi volesse far del male e così sono
scappata lasciandolo solo…”
Le parole di Lithos erano
tristi e Aiola sentiva tutta la sua tristezza e ora avrebbe voluto domandargli
chi era costui , come mai le aveva fatto così paura, ma preferì
non dire niente per adesso, tuttavia una strana sensazione le balenò
alla mente.
Il cavaliere del leone si
accoccolò affianco alla ragazza e le accarezzò i capelli
guardandola negli occhi.
“Non essere triste
sorellina, sono sicuro che se domani andrai a chiedergli scusa ti
perderà.”
Aiola le rivolse parole
consolanti come un fratello fa con una sorella sorridendole, poi
l’abbracciò.
Lithos sentì il
calore di quell’abbraccio e fu sollevata sorrise all’altro, poi si
promise che l’indomani sarebbe tornata da Iperione e gli avrebbe chiesto
scusa.
Intanto arrivò la sera
e per i quattro titani era giunto il momento di prendere una decisione,
dopotutto non poteva sperare di rimanere nascosti a lungo.
“Allora che diavolo
volete fare ? ci sbrighiamooppure
avete intenzione di rimanere qui?”
Shura fu subito diretto.
Del canto loro Rea, Temi e
Teti erano già con la testa per partire, ma la stessa cosa non fu per Iperioneche non sembrava avere intenzione di
andarsene, forse per via di Lithos e non solo sentiva qualcosa che doveva fare,
qualcosa di molto importante che probabilmente normalmente non avrebbe mai
fattoperò ora era diverso.
Le ragazze stavano
iniziando ad andare.
“Dai su muoviamoci
che cosa stai facendo Iperione?” Temi intanto cercava di chiamare il
fratello, ma ebbe una risposta che mai nessuno si sarebbe aspettato.
“Io non vengo.”
Silenzio totale come se
quella frase avesse fatto scendere un fulmine su tutti i presenti.
Teti si avvicinò al
fratello con un espressione interrogativa “Come sarebbe a dire che non
vieni?” il fratello rimase impassibile, ormai aveva preso la sua
decisione e niente lo avrebbe smosso, anche se tuttavia tutti si chiesero il
perché di una risposta simile non era di certo da lui che era uno dei
beniamini di Crono rischiare la vita lì in quel posto un motivo doveva
pur esserci .
Iperione prese fiato dopo
un attimo di pausa che sembrava non finire mai , poi riprese a parlare
spiegando il motivo di una simile decisione.
“Non vengo
perché non ho intenzione di scappare come un ladro e poi …”
Tutti pendevano dalle sue
labbra lo sguardo del titano si incupì.
“E poi credo che sia
giusto pentirci di ciò che abbiamo commesso e l’unico modo che
abbiamo per farlo è chiedere perdono a tutto il Santuario di
Atene…”
Alle parole di Iperione ci
fu ancora stupore ed un lungo silenzio mentre tutti si guardavano in faccia
completamente disorientati da quelle parole che senz’altro non erano
quelle di un dio, eppure lui ne era uno dei massimi capi un vice comandate, il
braccio destro di Crono e aveva sempre sostenuto che quello che facevano gli
dei era giusto e che gli umani non meritavano nemmeno di esistere poiché
la loro vista era peggio del Tartaro eppure fu proprio lui il primo a
dichiararsi pentito forse non era vero che gli dei non hanno una coscienza che
gli impedisce di stare tranquilli sapendo di aver fatto del male, forseera merito anche di Lithos che lo aveva
reso un po’ più umano dimostrandogli tutto il suo affetto.
Era anche un modo per
chiedere scusa anche a lei per quello che aveva fatto la sera prima sentiva che
doveva farlo anche se le sue sorelle non sarebbero state d’accordo.
Temi si avvicinò a
Teti poi le sussurrò qualcosa “Evidentemente è
impazzito.” Teti annuì con il capo “ Già non sa
quello che dice. Forse la paura di morire gli ha giocato un brutto
scherzo.”
Shura e Shaina non sapevano
cosa dire mentre Rea si avvicinò al fratello e gli sussurrò
qualcosa.
“Sei sicuro di star
bene?”
“Certo, ho solo
esposto una mia idea, non posso forse cambiare un opinione? Penso che anche un
dio ogni tanto deve accorgersi dei suoi sbagli e cercare di rimediare.”
“Parole degne di
lode, peccato che se noi mettiamo piede al Santuario anche solo per farci
perdonare ci uccideranno all’istante, cosa pensi di ottenere?Posso capire
che tu ti stia pentendo ma non serve a nulla farlo poiché loro non lo
capiranno mai.”
“Questo lo so
benissimo.”
“E allora
perché? Vuoi farti ammazzare?”
Iperione sospirò un
attimo “ Secondo te perché Zeus ci rilegò nel Tartaro? Te
lo sei mai chiesta? Io mai fino ad adesso …”.
Tutti stettero in silenzio
mentre il titano parlava.
“Ma forse adesso mi
accordo che Zeus fece bene, voleva salvare questo mondo dalla nostra furia
devastatrice, fin dal passato eravamo conosciuti come mostri distruttori,
abbiamo sempre sostenuto che gli dei dovevano stare al disopra e dovevano
imporsi come sovrani anche al disopra dell’universoed ora lo abbiamo ulteriormente
confermato, e fin qui nulla di strano era nella nostra indole più
istintiva il senso di vendetta, punire il mondo per averci punito. Però
abbiamo fallito di nuovo, non siamo riusciti a vendicarci e ora vogliamo
addirittura scappare, ma io non lo farò preferisco assumermi le mie
responsabilità ed affrontare il mio destino, nel bene o nel male , se
ancora una volta dovrò tornare nel tartaro che sia ma non voglio andarci
come in passato in veste di carnefice di dio distruttore questa volta ci
andrò in veste di uomo.”
I presenti non dissero una
parola tutto sommato le parole di Iperione non erano niente di più
veritiero il passato avevano cercato di distruggere il mondo e adesso lo
avevano fatto ancora ed erano stati di nuovo sconfitti, quindi se questo era
uno stupido gioco del destino, allora era giusto pentirsene fin che si era in
tempo.
Iperione si avviò
avanti sarebbe andato per la sua strada anche da solo, Rea capì i
sentimenti del fratello e lo seguìTemi anche, ma Teti era titubanteperò li seguì Shaina e Shura li seguirono , però
sapevano che non potevano farsi vedere con i titani.
“Se volete potete
andarvene” disse d’improvviso Rea verso i due guerrieri sacri, di
certo nessuno di loro voleva che anche loro fossero puniti dopo l’aiuto
dato.
“ Ma siete proprio
sicuri di quello che fate?.” Shura si era fermato e così anche la Silver Saint
dell’Orephucio, il gruppo dei titani annuì.
“Non vogliamo che ci
rimettiate anche voi , noi sapremo cavarcela.”
Rea aveva parlato sempre
con la sua aria calmaguardando i
due.
I due cavalieri sacri
allora li lasciarono andare per la loro strada , ormai il mattino era sorto e i
quattro dei avevano deciso del loro destino.
Arrivarono nei pressi del
Santuario proprio sotto alle dodici case, era un mattino splendido il sole era
alto in cielo quando ad oscurarlo arrivarono loro.
Le sentinelle che erano di
guardia provvidero subito ad accerchiarli, ma i quattro fratelli non sembravano
voler agire.
“Ehi voi fermi dove
siete, non potete entrare nel Santuario senza permesso girate al largo o
sarà peggio per voi.”
I soldati erano già
con le lance pronte a scattare anche se i titani se solo avessero voluto li
avrebbero spazzati via con un sol soffio.
Si fece avanti a parlare Iperione.
“Siamo venuti per
riscattare il nostro debito…”
Pose le mani in segno di
resa a quanto pare dovettero farsi prendere se volevano entrare dentro , e i
soldati non ci pensarono due volte ad incatenarli perbene.
“Possiamo essere
portati dal gran sacerdote , vorremmo parlare con lui”
Un soldato alzò un
sopraciglio.
“Se vi siete fatti
catturare per parlare con il gran sacerdote non si puòle dodici case sono presidiate dai
cavalieri d’oro e non fanno passare nemmeno nei soldati.”
“Capisco.”
Ad un tratto un fortissimo
cosmo d’orato fin troppo famigliare arrivò a disturbare i titani
ma questa volta non ebbero nessun risentimento, poiché era lui che li
aveva sconfitti con più foga era un uomo da ammirare ora.
Si fermarono un attimo e osservarono
chi era venuto poco dietro di loro.
Aiola del Leone colui che
era chiamato “L’ammazza dei” il demone umano vendicatore il
loro più acerrimo nemico.
L’espressione di Iperione
si fece un po’ più cupa , aveva un gran voglia di poterlo uccidere
ma era lì in veste uomo esattamente come lui quindi mise da parte il
rancore però il suo sguardo era quasi istintivo.
Aiola non credeva ai suoi
occhi avrebbe voluto essere morto per non credere a quell’incubo che
vedeva avanti se quattro titani ancora vivi.
No loro non possono essere qui…
Nemmeno il tempo di
pensarci che subito d’istintoil suo pugno in cui risedeva la zanna del leone incominciò a
pulsare di energia cosmica.
Li avrebbe colpiti tutti
quanti non potevano ancora vivere mostri simili, tuttavia qualcosa lo
fermò Lithos.
Il volto di Aiola si
stupì ancora quando vide Lithos fermarsi con le braccia alzate tra lui e
i titani, in particolar modo Iperione.
“Che cosa fai Lithos,
vattene…”
Aiola era fuori di se, ma
la ragazza rimase impassibile “ No non me ne andrò.” Ailoia
non credeva ancora alle sue orecchie , gli sembrava veramente di vivere un
incubo.
“Perché?”
“perché se io me
ne andrò via voi colpirete Iperione .”
Una sola frase della
ragazza per fermare il pugno assassino di Aiola , ma non la sua rabbia anche
perché ora aveva capito chi era il suo famoso amico , ecco perché
la ragazza non voleva dirgli nulla stava aiutando un mostro, in quel momento
Aiola avrebbe voluto uccidere anche lei come aveva potuto fare una cosa simile?
Era imperdonabile e poi comunque perché tutto questo?.
Lithos lo guardò con
un espressione supplichevole mentre delle lacrime le rigarono il viso e le
riempirono gli occhi, Aiola non ebbe altro da dire si calmò e poi
ordinò ai soldati di portare via i titani e di fare molta attenzione poi
voltò le spalle se ne andò lasciando Lithos indietro.
quattro titani furono condotti nelle
prigioni, mentre già al santuario si respirava aria di grande paura ma
anche di sollievo sapendo che presto quei mostri avrebbero trovato ciò
che si meritavano.
Intanto però i rapporti
tra Aiolia e Lithos
iniziarono ad essere più distaccati, Aiolia
era stato convocato d'urgenza come tutti i Gold Saint dal Gran sacerdote per
parlare della sorte dei titani ed era andato via subito senza rivolgere parola
alla ragazza lasciandola a casa.
Lithos si sentì tremendamente in colpa se ne avesse
parlato subito anzi che nascondere la verità forse ora Aiolia non sarebbearrabbiato con lei, tanto la
situazione non sarebbe cambiata anche se tuttavia non capiva proprio
perché i titani non fossero scappati e come mai non si fossero
già liberati, perché facevano questo? Non era la sola a
chiederselo anche il suo padrone se lo chiedeva, mentre andava verso le stanze
del gran Sacerdote.
Aiolia entrò nell'ampio salone dove vi erano
già riuniti tutti i Gold Saint a quanto pare era l'ultimo come sempre.
Fu accolto con tutti i vari
convenevoli poi il gruppo inizio a parlare ampiamente della situazione che si
era creata.
Mu aveva esposto la situazione a tutti dicendo che
già si era accorto da tempo che la situazione non quadrava e Shaka ne confermò il tutto però non si
aspettavano una simile sorpresa , questa volta avrebbero dovuto stare
più attenti anche se tuttavia avrebbero voluto sapere perché anzi
che scappare fossero venuti fin lì che fosse tutta una macchinazione per
ingannarli e poterli attaccare di nuovo? c'era anche questa eventualità.
"Secondo me hanno in
mente qualcosa. Bisogna eliminarli alla svelta.".
DeathMask aveva puntualizzato
subito "No eliminarli subito non servirebbe bisogna prima capire che cosa
hanno in mente , ricordo che sono esseri imprevedibili..." intervenne
Milo.
Alla fine la discussione non
portò a nulla sul da farsi, ognuno la pensava diversamente mentre altri
erano indifferenti ma pronti ad agire, altri pensavano invece alla sicurezzanon si tralasciò nessun
dettaglio, però alla fine il gran Sacerdote fu irreversibile e diretto
avrebbe sottoposto i titani ad un processo e avrebbe deciso la loro sorte.
Aiolia non aveva detto una parola a riguardo non gli
interessava quale fosse il loro destino, l'importante era farli sparire per il
bene di tutti anche se in cuor suo sapeva che se erano lì dovevano aver
un buon motivo di solito gli dei non si fanno incatenare oppure uccidere senza prima un motivo, era
curioso di saperlo decise quindi di andare a parlare da solo con loro senza
dire nulla agli altri.
Intanto Lithos
preoccupata per la sorte di Iperione e dispiaciuta
per ciò che era successo con il signor Aiolia
si era recata nei pressi della statua di Athena e
iniziò a pregarla di perdonarla per tutto e sopratutto di perdonare Iperione.
"Non preoccuparti non
gli succederà nulla...".
Lithos si girò e vide di fronte a se Shura che come lei aveva aiutato Temi a fuggire, la ragazza
iniziò a piangere.
"Io non voglio che
succeda qualcosa a lui, si è pentito io lo so! Ti prego devi
salvarlo.".
Lithos supplicò il cavaliere del capricorno che non
sapeva proprio cosa rispondergli anche se già sapeva cosa sarebbe
accaduto, ma non le disse nulla.
Intanto Aiolia
verso tardi decise di recarsi nelle prigioni dove vi erano rinchiusi i titani,
i quali lo gelarono subito con il loro sguardo, ma non provarono risentimento
anzi forse lo ringraziavano per avergli fatto capire lo sbaglio che hanno
commesso.
Il cavaliere d’oro
entrò dentro la cella.
“Bene, bene guarda un
po’ chi ci è venuto a far visita ai quattro dei decaduti.”
Iperione iniziò subito a punzecchiare con la sua aria
un po’ strafottente, ma comunque rassegnata Aiolia
si pose dinnanzi a lui e lo guardò.
“Possiamo parlare
?”.
Il titano annuì Aiolia si schiarì la voce poi proferì parola
“ Cosa avete in mente questa volta? “ il titano alzò le
spalle.
“Nulla ci siamo consegnati di
nostra volontà per dimostrarvi che siamo pentiti e che abbiamo capito
dalla sconfitta che ci avete inflitto che gli dei non sono invincibili come
pensavamo, è un modo da parte nostra di dire che ci dispiace ecco
tutto.”.
Il titano aveva parlato calmo
e pacato sapendo a cosa andava incontro.
Aiolia di certo non credeva ad una sola parola, del resto
era normale dopo quello che era successo come credere alle parole di un mostro
che ha dissacrato il santuario e aveva massacrato ingiustamente persone
innocenti, non vi era scusa alcuna per un simile affronto, gli uomini hanno
sempre vissuto all’ombra degli dei e hanno faticato per potersi rendere
indipendenti da loro e ora che loro avevano cercato di portare di nuovo il caos
dopo che hanno fatto i loro comodi pensavano di venire lì e chiedere
scusa.
Ma guarda che faccia tosta…come osa presentarsi
qui con la pretesa di essere perdonato dopo quello che ha fatto, pensa davvero
che siamo così stupidi questo dio? Oppure ha in mente
qualcos’altro? Lo devo scoprire…
Il pensiero di Aiolia fu molto schietto, non era normale per un dio tutto
questo ripensamento doveva esserci dell’altro.
“Se davvero ti
dispiaceva te ne saresti stato laggiù nel Tartaro a subire la tua
punizione anzi che provare a vendicarti, il vero pentimento si ottiene
affrontando le proprie punizioni e non cercando vendetta, perciò non
venirmi a dire che ti senti dispiaciuto per quello che hai fatto visto che so
che ne hai provato anche piacere nel farlo, per me questo è solo un
patetico tentativo di salvarsi la pelle e poi organizzare qualcosa quando meno
c’lo aspettiamo.”.
Aiolia si avvicinò al volto del titano e gli
piantò gli occhi nei suoi scarlatti come il sangue che era stato versato
nella battaglia contro di loro.
“Potrai ingannare tutti
gli altri ma non me, io so chestai
architettando qualcosa insieme alle tue sorelle perciò smettila di
parlare di pentimenti , smettila di prenderci per il culo
non ti si addice proprio questa parte sai?”.
Iperione rimase impassibile sapeva quello che facevarispose tranquillo.
“Nemmeno a te ti si
addice la parte del cattivo sai?”.
Aiolia inarcò un sopraciglio
“Già però
c’è chi sarà cattivo al posto mio, se non scappate.”.
“Non abbiamo nessuna
intenzione di farlo, se verremmo puniti allora che sia , ma non vogliamo essere
ricordati più come mostri, siamo qui in veste di uomini come te e
chiederemo comunque perdono.”.
Il titano sembrava parecchio
deciso e i suoi occhi non mentivano, il gold saint lo
sentiva molto bene, ma non si fidava.
“Allora prega iltuo dio che il gran sacerdote sia
clemente.”.
Aiolia voltò le spalle per andarsene .
“Aspetta.”.
Aiolia si fermò al comando del titano poi si
voltò per guardarlo aveva un sguardo molto provato , un espressione che
non aveva mai pensato di vedere sul volto di un dio.
“Di a Lithos che mi dispiace non volevo spaventarla, spero che mi
possa perdonare almeno lei.”.
Aiolia a quelle parole iniziò a capire che tra i due
doveva esserci qualcosa, forse era perquesto che Lithos ha fatto di tutto per
aiutarlo sentì il suo cuore spezzarsi come un bicchiere di cristallo
ignorandone però il perché.
Uscì dalle prigioni e
tornò a casa, vide che Lithos era molto
preoccupatae lui naturalmente
neimmaginavail perché, però si accorse
di essere stato un po’ duro con lei l’ultima volta , era meglio
chiederle scusa , dopotutto non poteva fargli una colpa lei ha sempre aiutato
chi aveva bisogno indipendentemente se era un nemico o meno.
Si avvicinò quindi
alla ragazza che intanto stava sbrigando delle faccende di casa “Lithos senti...” la ragazza in un primo momento non
rispose e Aiolia poteva immaginarsi il motivo ancora
però insistette.
“Lithos
senti mi dispiace per prima però è molto pericoloso quello che
è successo, quelli se vogliono possono distruggere il santuario in un
sol colpo anche se in verità sembra che non lo vogliano fare,
però non possiamo fidarci di loro so bene che tu ed Iperione
siete amici ma la legge è la legge , spero che tu lo
capisca…”.
Aiolia in pratica stava cercando di far capire alla ragazza
che presto Iperione sarebbe stato giudicato insieme
alle sue sorelle la ragazza iniziò a piangere, il gold saint non sapeva proprio cosa fare per farla smettere a
parte abbracciarla forte.
“Signor Aiolia lui non è più un mostro, lodeve salvare.”.
Parole disperate della
ragazza a cui Aiolia non poteva assicurare nulla.
Arrivò il giorno dopo
e il gran sacerdote riunì tutti i cavalieri d’oronella grande sala in cui si sarebbe
svolto il processo contro i quattro titani che furono portati all’interno
della sala incatenati, Lithos era venuta ad assistere
ma si era messa dietro ad una colonna per non farsi scoprire dato che alle
persone normali come lei entrare nella sala durante un processo era vietato.
La ragazza notò la
frustrazione sul volto di Iperione , però non
un filo di paura, non un cenno di rivolta in lui sembrava proprio che volesse
accettare il suo destino nel giusto o nel sbagliato che sia.
Il gran sacerdote
iniziò subito a illustrare ai presenti la situazione e le varie accuse a
cui si facevano carico i quattro titani, parlò della loro rinascita ,
chi erano e del pericolo che hanno comportato in tutto il mondo con il loro avvento
e laloro smaniadi vendetta perciò non vi erano
scusanti alcune per giustificare il loro comportamento quindi era necessario
che si intervenisse subito.
Si rivolse infine ai
cavalieri presenti e aspettò un loro possibile intervento, ma nessuno
fiatò, erano tutti d’accordo con il gran sacerdote quei mostri
dovevano essere puniti per i loro misfatti.
Subito dopo lo sguardo
mascherato del messo di Athena guardò i titani
e aspettò una loro risposta.
“Dunque, cosa avete da
dire voi in proposito? Mi sembra che ormai ve ne siate resi conto anche voi
sull’esito di questa sentenza, non volete dunque pronunciare parole in
vostra difesa?”.
Il gran sacerdoteattese una replica, ma nessuno dei
quattro sembrò voler dire nulla, dopotutto non vi era altro da dire,
altro da difendersi , non c’era nulla che potessero più fare si
erano consegnati da uomini quindi ora attendevano il loro giudizio come gli
altri.
Il gran sacerdote quindi si
preparò a decidere il loro destino, ma con stupore di tutti si fece
avanti Iperione e dunque il gran Sacerdote attese che
proferisse parola.
“Io sono Iperione , rappresento il sole e il vento della creazione e
sono figlio di Gaia e Urano. Il mondo mi è passato avanti agli occhi e
guerre lontane ho combattuto, le stesso Zeus ho combattuto e ho visto il
terrore del Tartaro ed è per questo che giurai vendetta è vero
non posso negare questa colpa, non posso negare di aver voluto far rinascere la Titanomanchia
della genesi, ma quest’oggi io e le mie sorelle abbiamo capito il nostro
sbaglio e ci siamo consegnati al vostro giudizio per dimostrarvelo, vi
chiediamo perdono per quello che abbiamo fatto anche se ci rendiamo conto che
non potete concedercelo…”.
Iperione mentre parlava si era inchinato umilmente ,capo a
terra simbolo del suo pentimento anche se le sue sorelle non lo seguirono erano
troppo orgogliose per abbassarsi a tanto.
Il gran Sacerdote e tutti i
cavalieri d’oro furono stupiti di vedere un simile umiltà da parte
di un dio, non se lo sarebbero mai aspettato, tuttavia non potevano perdonare
troppo sangue vi era stato versato , troppi innocenti vi erano andati in mezzo.
Il gran sacerdote si
alzò in piedi.
“Ammiro la tua
umiltà, non posso di certo non ammirarla profondamente Iperione, ma tuttavia se vi perdonassi farei un torto a
tutti quelli che hanno combattuto e sono morti per fermarvi, quindi spero che
tu capisca…”.
Iperione se lo immaginava tuttavia arrivato a questo punto
doveva fare qualcosa almeno per le sue sorelle, non avrebbe sopportato anche la
loro morte così le guardò per l’ultima volta poi prese la
sua decisione.
Perdonatemi sorelle, perdonami Lithos…
Un ultimo pensiero poi
rivolse il suo sguardo verso il gran sacerdote e gli comunicò la sua
ultima volontà.
“Ho capito lo
immaginavo tuttavia visto che non ho più nulla perdere o da avere ho un
ultimo desiderio.”.
“Parla.”.
Il gran sacerdote fece un
cenno con la mano per far capire al dio che avrebbe concesso almeno la sua
ultima volontà , com’era giusto concederla ad ogni condannato.
“Desidero che voi
risparmiate la vita almeno alle mie sorelle, se proprio c’è
bisogno di un prezzo da pagare per gli innocenti e i guerrieri morti allora ne
voglio fare carico solo io, vi prego ve lo sto chiedendo da uomo a uomo e non
da dio.” delle lacrime rigarono il volto di Iperione
.
Silenzio tra i presenti.
Le titanidi
non avrebbero mai voluto che succedesse questo cercarono di fermarlo, Teti per prima.
“No non se ne parla,
anche noi siamo pronte ad affrontare il nostro destino, non permetteremo che a
pagare sia solo tu.”.
“Già non dategli
ascolto.” Intervenne Rea , “Non abbiamo bisogno della vostra
pietà.” Disse secca Temi.
“Zitte.”.
Un comando secco uscì
impetuoso dal fratello “Io so quello che faccio non intromettetevi
è una mia decisione chiaro.”.
Teti cercò di replicare ,ma Rea la fermò
capendo che ormai il fratello aveva preso la sua decisone.
Il gran sacerdote del conto
suo avrebbe voluto forse risparmiare Iperione, ma
sapeva di non poterlo fare però a questo punto visto che era un ultimo
desideriodi un condannato a morte
accettò la proposta, però le titanidi
sarebbero state esiliate per sempre dalla Grecia sull’isola della Regina
Nera.
“Che sia , ma le tue
sorelle saranno condannate a vivere esiliate dalla Grecia e dal resto del mondo
sull’isoladella regina Nera,
mentre per te purtroppo dovrò fare eseguire la pena capitale, mi spiace
ma questo è volere di Athena , sarai
decapitato domani all’alba.”.
La sentenza del Gran
sacerdote fu irrevocabile, nessuno disse nulla, mentre Lithos
che aveva sentito tutto si mise a piangere esattamente come le tre titanidi .
Subito dopo le ragazze furono
liberate e fu dato loro una giornata di tempo per prepararsi ad andarsene, Iperione invece fu portato di nuovo in cella.
I cavalieri d’oro si
ritirarono nelle proprie dimore.
Aiolia tornò a casa e notò la disperazione sul
volto di Lithos, non seppe proprio cosa dirle per
farla smettere non poteva vederla cosìle si avvicinò vicino e
l’abbracciò.
“Mi dispiace per il
titano, ma non posso fare proprio nulla contro il giudizio del gran
sacerdote.”.
“Ma lui si è
pentito perché viene punito lo stesso non è giusto.”.
“Lo so anche io penso
che sia stato un verdetto ingiusto nei confronti di un uomo ormai che ha deciso
di pentirsi così profondamente, è stato ammirevole , un
umiltà davvero profonda, se fosse stato per me come uomo lo avrei
lasciato andare, ma agli occhi della legge d’Athena
lui è un traditore della giustizia e come tale deve essere punito come
esempio per il futuro, io sono cavaliere d’Athena
e non posso far altro che sottostare al suo volere.”.
Lithos pianse ancora, ma di certo non poteva farne una colpa
ad Aiolia, lui la strinse forte “Smettila
adesso…” le disse con le lacrime agli occhi anche lui ma la ragazza
continuò senza smettere.
Intanto le tre titanidi sopravvissute erano state caricate su di un carro
erano di giàin viaggio
verso la costa, dove una nave le aspettava per condurle all’Isola della
Regina Nera.
Teti non faceva altro che piangere per Iperione
, Rea e Temi invece non versarono lacrime, non era da loro farlosoffrivano in silenzio.
Intanto Iperione
aspettava silente la sua condanna,stranamente si sentì di aver paura per
la prima volta, il suo cuore era agitato eppure mai gli era successo una cosa
simile, ma sapere che l’indomani sarebbe stato ucciso davanti a tutti non
lo faceva stare tranquillo nonostante lui non avesse mai avuto paura della
morte, solo i suoi pensieri lo sfiorarono, d’un tratto le passò
avanti tutta la sua vita e poi il suo pensiero si fermò a Lithos, avrebbe voluto rivederla prima di morire chiederle
scusae tenerla abbracciata a
sebaciarla ancora una volta,
sentire il suo calore, il suo profumo, vedere i suoi occhi solo lei avrebbe
potuto colmare il vuoto dentro che lo attagliava così forte e la sua
paura.
Ancora lacrime amare nei suoi
occhi scarlatti.
Arrivò così la sera
e Lithos aveva smesso un po’ di piangere,
allora Aiolia finalmente potette proporgli una cosa che senz’altro le avrebbe fatto
piacere, anche perché si vedeva lontano un miglio che la ragazza moriva
dalla voglia di vedere Iperione.
“Lithos
vuoi vederlo vero? se vuoi puoi andare da lui sono sicuro che non aspetta altro
che vederti un ultima volta.”.
Lithos non sapeva se andare da Iperione
o meno, però anche lei sentiva il bisogno di vederlo, gli sembrava
così lontano e poi sarebbe stato l’ultima volta.
Aiolia gli porse una mano e le sorrise “su
vieni.” le sussurrò l’avrebbe accompagnata lui stesso.
La portò così
nelle prigioni.
La lasciò nella stanza
degli interrogatori (o delle torture) poi mandò a chiamare il titano e
li lasciò soli.
Iperione non appena vide Lithos gli
si buttò tra le braccia sussurrandole qualcosa all'orecchio "Lithos perdonami, ieri...io.." Lithos
gli mise il dito indice sulle labbra "Non preoccuparti, non hai nulla da
rimproverati l'unica ad aver sbagliato sono io, ma ti giuro anche se fosse
l'ultima cosa della mia vita io non permetterò che ti uccidano, ti
aiuterò a scappare adesso...".
Iperione ascoltò con attenzione le parole della
ragazza,era tentato infatti di scappare dopo tutto la paura di morire era
abbastanza anche per un dio come lui, ma a che proposito? sapeva bene di non
poterlo fare e poi comunque ora che aveva chiesto scusa a Lithos,
ora che c'è l'aveva tra le sue braccia, sentiva rinascere una nuova
forza per combattere anche la morte.
Iperione sorrise lievemente poi le parlò ancora
"Non preoccuparti per me,me la caverò ora che ci sei tu al mio
fianco.".
I due ragazzi si guardarono
negli occhi, ormai lucidi e in apprensione per il loro futuro ormai non
più roseo e abbagliato da una luce nera incombente e inarrestabile, tuttavia
il loro amore non conosceva confini, anche ora che si stavano dicendo addio
,non volevano separarsi avrebbero voluto che quell'attimo
di lungo guardare non finisse mai.
"Se il tempo si potesse
fermare vorrei che lo facesse ora...".
Iperione avvicinò la sua parola alle orecchie della
ragazza, poi iniziò a baciarla delicatamente sul collo, questa volta
stava molto attento a non spaventarla come la sera prima, cercò di
trattenere la sua forte passione fin quando non glielo avrebbe permesso lei che
intanto sospirava ancora un pò impacciata e
timorosa, ma questa volta si rese conto che il ragazzo l'amava veramente , non
la voleva solo per se stesso la voleva per entrambi così iniziò a
ricambiare anche lei, baciandolo dolcemente sulle labbra, accarezzandogli i
neri capelli con le sue mani piccole e innocenti, poi staccò le sue
labbra da quelle del titano e lo guardò con tristezza perchè
già pensava a ciò che sarebbe successol'indomani e questo non voleva che
accadesse, ma era destino.
"Non essere triste, io
sarò sempre qui con te, anche se le tenebre del tartaro dovessero di nuovo
prendermi io non ti dimenticherò mai.".
Il titano sfiorò il
volto rigato di lacrime alla ragazza, poi la baciò ancora "Ascolta Lithos non voglio restare da solo questa sera,vorrei che
fosse speciale per entrambi..." il ragazzo iniziò a stringerla a se
ed a accarezzarla dolcemente, Lithos si lasciò
abbandonare in quell'abbraccio e si lasciò
trasportare dalle sue carezze ricambiandole anche lei e baciandolo dolcemente,
sarebbe stata l'ultima volta chesi
sarebbero visti,ma non doveva pensare a ciò che sarebbe successo
l'indomani, doveva pensare solamente ad amarlo.
"Non posso più
mentire, Lithos io ti desidero...adesso...voglio
sentire di nuovo il tuo profumo, accarezzare la tua pelle da dea immortale proveniente
dall'Elisio...per me nemmeno Aphrodite può
paragonarsi a te..." pure parole d'amoreproveniente dal più profondo
animo di Iperione,il suo amore era veramente puro e
immortale, Lithos lo ascoltava e non pensò a
nulla , sentiva solo divolerlo
anche lei "Iperione,anche io ti desidero...fammi
tua per sempre..." la ragazza prese una mano del titano e la guidò
sul suo corpo sinuoso, il ragazzo le cinse la vita a se continuandola a baciare
intensamente , poi iniziò a spogliarla della sua veste di lino e a
passarle le mani sulle spalle accarezzando la sua pelle di seta e poi
spostò le sue labbra sul collo fino a scendere sui seni e sul resto del
corpo, la ragazza emise un gemito rossa in volto, anche se tutta via mostrava un
pò di insicurezza, poi si spogliò anche
lui mostrando alla ragazza il suo corpo statuario e lei con gesti timidi della
sua mano ne solcò ogni forma, ogni sua fattezza anche lui aveva pelle di
seta e buon profumo.
Lithos era un pò
impacciata, ed anche lui lo era visto che per entrambi era la prima volta che
capitava di amarsi fino a quel punto.
Iperione tuttavia cercò di non intimorirla di nuovo
esplorandola delicatamente stendendola a terra, la guardò ancora negli
occhi e le sorrise dolcemente facendole capire che la sua prepotenza di titano
era sparita, lei ricambiò il sorriso abbandonandosi completamente a lui.
I due continuarono a
scambiarsi baci e abbracci, accarezzandosi scambiandosi l'amore reciproco fino
ad arrivare confondere le loro due anime, in modo che le stelle disegnassero in
cielo una nuova pagina di una storia intensa che ha legato dei e uomini in una
sola cosa, quando tutto si compì i due rimasero a guardarsi sorridendosi
a vicenda.
"Grazie…per avermi
permesso di diventare uomo, anche solo per una volta...grazie per avermi
permesso di amarti, ed ora anche se il destino mi è avverso, io sono
felice perchè so che tu mi amerai per sempre...".
Iperione si sentiva soddisfatto e felice , non aveva
più niente da rimpiangere ormai era pronto per affrontare il suo destino
senza timore.
passò così la
notte e arrivò l'ora per Iperione di tornare
nel tartaro, ma ora non aveva paura di ciò che sarebbe successo,
perchè ora finalmente sentiva di amare quel mondo e se la sua morte
sarebbe servita come giustizia, allora che sia giustizia.
Era l'alba un sole triste
stava sorgendo esattamente come colui che lo generò in antichi tempi e
che ora avrebbe visto tramontare anche lui avanti all'umanità, in
simbolo di perdono per i suoi peccati.
Iperione era nella sua cella e il suo pensiero era solamente
per Lithos,poi sentì la porta pesante della
cella aprirsi poi comparve sulla soglia Aiolia, Iperione lo guardò con gelido sguardo.
"Immagino che ti
sentirai onorato di accompagnarmi, fino al patibolo, dopotutto sei stato tu a
sconfiggermi...".
Aiolia si avvicinò a lui e lo guardò.
"Io non mi permetterei
mai di accompagnare un mio valoroso avversario a morire come un ladro,sono solo
venuto a dirti di scappare, sei ancora in tempo per farlo...vattene non hai
motivo di morire qui, lo puoi fare...io so che puoi!".
Aiolia aveva parlato schietto, non voleva che il titano
morissi così miseramente,anche perchè Lithos
non si sarebbe data pace.
Iperione stette zitto e Aiolia s’innervosì
ulteriormente e lo prese per il collo della sua veste di lino e lo alzò
di peso sbattendolo al muro.
"Stammi bene a sentire
io potrei anche fregarmi della tua vita, ma Lithos...".
Aiolia aveva alzato leggermente la voce, poi le ultime
parole gli si fermarono in gola, Lithos non aveva
fatto altro che piangere tutta la notte ad anche ora lo stava facendo e questo
per Aiolia era una tortura era per questo che non
poteva far morire Iperione, nonostante lui
dimostrasse freddezza anche in un momento simile, ormai i suoi occhi eranospenti, già rassegnati alla morte
"Lei sta soffrendo..." continuò il cavaliere d'oro ,iniziando
a piangere.
"lo so benissimo...non
ho bisogno che tu me lo dica!".
Dal volto del titano
iniziarono a scorrere lacrime, il cavaliere d'oro capì tutto il suo
dolore, lo lasciò andare ormai non vi era altro da fare, se quella era
la sua volontà, era giusto rispettarla.
"Aiolia..."
lo fermò ancora "Gli dei non possono morire...il mio corpo
lascerà questo posto terreno, ma la mia anima si unirà con il
sole e le stelle, mi guideranno ancora verso questo mondoe sarà allora che io
rivedrò lei di nuovo, ed anche qualora le tenebre del tartaro mi
dovessero prendere con loro, io riemergerò ancora dalla loro
oscurità purché lei mi continui ad amare...purché il suo
ricordo mi accompagni in eterno anche dopo l'abisso in cui quest'oggi
cadrò...".
Il titano aveva parlato con
le sue ultime forze d'amore che gli erano rimaste, Aiolia
strinse i pugni, in rassegnazione.
Arrivò così il
momento per Iperone di affrontare la realtà, la piazza e il patibolo era
stata allestita ormai, nessuno tutta via venne ad assistere alla morte di un
dio, nessuno aveva la sfacciataggine di gioirne, a parte forse pochi disperati,
che avevano perso qualcosa di molto caro per colpa sua e per vendetta assistevano,
tuttavia nessun cavaliere d'oro venne alla piazza, solo DeathMask, ma lui che sia un dio o meno gli piaceva vedere
la morte di chiunque, era un piacere sublime, poiché era lui a darla
agli altri e niente sapeva consolarlo meglio, forse in passato ha sofferto
così tanto che ora voleva scaricare agli altri tutto il suo dolore,un
vero demone in forma umana, il guardiano dell'Ade,
eppure cos' vicino ad Athena.
Iperione fu accompagnato da quattro soldati , che sembravano essere
intimoriti anche loro avendolo affianco, ma la cosa che più li
intimoriva era commettere il peccato di uccidere un dio, persino il boia
incappucciato di nero che stendeva la sua ascia scintillante, che aveva fatto
cadere migliaia di teste, sembrava aver paura e temere l'ira di quel dio antico
e la punizione di tutto l'Olimpo, per essersi permesso di giudicare un dio.
Il titano non mostrava segni
di esitazione alcuna, era impassibile e freddo pronto ad affrontare il suo
destino, nel bene o nel male che sia, salì i gradino che lo separavano
dalla tavola in cui avrebbe dovuto mettere la sua testa a piena disposizione
del boia, che avrebbe alzato la sua scure e avrebbe segnato la sua fine.
Iperione guardò l'immagine della sua morte, ma
l'affrontò a testa alta si avvicinò alla tavola , fu slegato
almeno delle sue catene, poi il boia con molto timore gli chiese il suo ultimo
desiderio.
"Iperione
titano di Crono, figlio del sole dei tempi...dio immortale pentito...hai
un'ultima volontà?".
Iperione tacque per qualche secondo poi proferì parola,
sorridendo, pensando a Lithos, non c'era altro che
desiderava più di ogni altra cosa al mondo e l'aveva avuta perciò
non c'era nient'altro da volere.
"No non ho altro da
chiedere a questo mondo...ho già avuto tutto quello che desideravo...vi
auguro di vivere in un futuro di pace per sempre e che Athena
vi protegga e vegli su di voi...".
Il boia lo guardò
l'ultima volta "Ti chiedo perdono mio signore...che gli deiabbiano pietà di me..."disse
l'uomo,mentre gli faceva segno di posare il capo sulla tavola e il titano gli
sorrise, poi si inginocchiò e fece come gli aveva detto l'altro che
intanto alzò la sua scure al cielo, mentre il sole del mattino faceva
risplendere ironicamente la sua lama,un ultimo sguardo al mondo da parte del
titano, poi chiuse gli occhi, mentre le tenebre del tartaro di già
portavano via la sua anima e poi la lama della scure cadde sul suo collo,
mettendo fine alla sua vita.
Dopo la barbara esecuzione,
il corpo del dio fu comunque pianto e santificato al fuoco che avrebbe portato
a sua anima a raggiungere gli dei, in molti lo piansero sopratutto Lithos che non trovò pace per giorni, fu solo
l'aiuto di Aiolia e Galan a
permetterle di superare questo dispiacere che la stava portando quasi al
suicidio, ma per fortuna non accadde ,almeno a lei così potette ricordarlo
per sempre ed ogni volta che vedeva sorgereil sole, pensava lui convinta che
sicuramente la stava guardando da quell'astro da lui
creato nella notte dei tempi e quando i vecchi parleranno ai giovani di questa
storia, allora i giovani si ricorderanno del dio che si è fatto uomo per
essere perdonato e quando anche loro guarderanno il sole e sentiranno soffiare
il vento e sussurrare il suo nome e il suo