A Fullmetal Hearth

di Arglist
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 : Arrivi , pensieri , risate ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 : la città vivente ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 : Rivelazioni ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 : Sentimenti Inespressi ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 : L'uomo depresso sotto il sole di mezzogiorno ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 : Lacrime. ***
Capitolo 7: *** Raccordo 1 : Separazione. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 : La prima di una lunga serie di notti ***
Capitolo 9: *** Finale ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 : Arrivi , pensieri , risate ***


Salve a tutti! Questa, come già anticipato nella premessa, è la mia prima FF, quindi abbiate clemenza =P

Ho deciso di affrontare la vicenda di Alphonse e May, anche perché su questo personaggio il Manga e l'anime tralasciano molte cose .

Purtroppo non ho un manuale per il carattere di Al né per il carattere di May e spero quindi di non andare OOC e creare personaggi non sentiti dai lettori.

Cercherò di pubblicare i capitoli regolarmente.

A proposito, ho deciso di mettere un simbolo per annunciare quando, durante la scrittura della storia, mi sono soffermato a rileggere, o magari a riguardarmi il manga inerente, o ad ascoltare la canzone, ecc ecc ( in tal caso aggiungerò anche le dovute spiegazioni ) .

Vi consiglio di farlo anche voi ^^, evitate di immergervi troppo nella storia, e magari aggiunge un po' di suspance. Son cattivo eh già ^^

Buona lettura !

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Erano passati già alcuni giorni dalla prima fermata di Amestris, alla quale erano scese pochissime persone.

L'umore in carrozza era piuttosto pacifico, ormai le persone cominciavano a conoscersi un po' tutte, ma Alphonse Elric era forse tra quelle più attive e felici.

Stare in treno era un esperienza bellissima, ed ad ogni scossa del vagone, ad ogni fischio oppure ad ogni palone per la luce i suoi occhi si illuminavano come quelli di un bimbo che per la prima volta vede il mondo.

Nonostante avesse viaggiato davvero tanto assieme al suo "fratellone", come lo chiamava lui avere un nuovo corpo lo spingeva a trattenere le emozioni che dovevano oncora occupare gli spazi vuoti del suo corpo.

Era difatti questo il motivo per cui rideva ad ogni battutina del signorotto playboy della carrozza accanto, ed era per questo che, amorevole e dolce come solo un bimbo poteva essere, non sapeva dire di no alle tande domande che la bambina di fronte gli poneva almeno venti o trenta volte al giorno ( sempre tutte rigorosamente uguali ) e allo sguardo vittimistico del cagnolino di quest'ultima, che si vedeva ogni qualvolta sommerso di coccole.

I suoi abiti erano quelli di un normale viaggiatore, un gilet grigio con una camicia bianca, e dei pantaloni anch'essi grigi che Winry gli aveva regalato quando si era finalmente ristabilito.

Portava delle scarpe marroni, ed i capelli erano cresciuti un po' dall'ultimo taglio, mantenendo comunque la forma che gli aveva dato prima della partenza.

Jelso e Zampano, le due chimere dell'alchimista scarlatto, erano invece sempre intenti a mangiare dal carrello e, quando così non era, cercavano ombra all'interno della carrozza oppure si appisolavano l'uno accanto all'altro, per poi svegliarsi ad ogni scossa del treno e accusarsi l'un l'altro di aver compiuto "oscenità omosessuali" durante la dormiveglia...scatenando ovviamente risate incomprensibilmente vivaci in Alphonse.

Il treno era invece cambiato dal passaggio da Amestris a Xing; una piccola armatura in metallo ne aveva circondato i meccanismi di movimento -per prevenire ogni incidente- disse il conducente.

All'interno era rimasto il solito treno di sempre, in legno con sedili in gommapiuma rivestiti, piuttosto scomodi nelle prime ore ma estremamente comodi dopo alcuni giorni.

Il paesaggio di Xing era totalmente diverso da quello di Amestris; laddove in Amestris vi erano colline a Xing regnavano montagne rosse, cactus e probabilmente deserti .

Il treno era comprensibilmente l'unica cosa "viva" in quell'infinità, interrotta solo da un palo della luce qua e là per portare elettricità chissà dove.

La flora locale era praticamente composta di soli arbusti e piante grasse, la fauna ... completamente inesistente.

L'unica volta che Al vide qualcosa di vagamente umano fu quando, durante le prime ore del pomeriggio, passarono a fianco di un carretto guidato da un omino piccolo piccolo con indosso un cappello di paglia, che procedeva a rilento spronando, o meglio accarezzando il bue ( così sembrava, anche se Alphonse aveva seri dubbi sulla vera identità della cosa ) che procedeva a rilento.

-Quanto manca ancora, Signora Lullaby?-chiese Alphonse, emanando felicità e allegria con quel suo faccino così dolce e giovane.

-Poco,davvero poco, caro giovanotto - fece la signora anzianotta,civettuola, senza poter resistere a quel viso così carino - In tutto questo tempo abbiamo parlato di tutto e di più ma, dimmi, carissimo - a quanto pare era piuttosto curiosa - c'è qualche ragazza che ti ha già rapito il cuore?

Oh - rispose Alphonse, evidentemente in imbarazzo - per adesso no... - mentì - sto cercando di concentrarmi sulla sola alchimia.

- Oh suvvia ragazzo - disse la vecchia signore pomposamente, agitando il vecchio cappello in lino rosa, estremamente pacchiano e chich, davanti al viso - un ragazzo così carino dovrà pur avere delle pretendenti...

- Certo! - rispose prontamente Jelso - ha noi! D'altronde - disse, dando una gomita da complice a Zampano - come può resistere al fascino di un principe azzuro come me o alla grazie ed al bel visino di Zampano?

- Ti ricordo, caro mio amico - disse Zampano , evidentemente offeso nel suo io più profondo - che ai miei tempi - sembrava un anziano... - ho rapito cuori molte volte, e sopratutto adesso, con il fisico che ho, potrei rapire tutta Xing !

Entrambi risero, anche se probabilmente stavano per cominciare una discussione vanesia su chi dei due fosse più adatto per conquistare una donna, tralasciando il fatto che entrambi avevano una famiglia, e probabilmente le loro mogli comandavano col pugno di ferro i mariti.

-Suvvia, signori, siete entrambi molto simpatici...e carini - disse la Signora Lullaby , civettuola.

i Due si scambiarono sguardi storti, mentre cercavano di evitare i maliziosi occhietti della vecchia signora.

Occhi neri come le piume di un corvo - pensò Alphonse, dirigendo la sua attenzione all'esterno, estraniandosi dal discorso dei tre - profondi...

- Beh, Jelso, ho sempre saputo comunque che tu fossi un uomo assai più dotato di me in quanto carattere, quindi non vedo perchè dovrei aver la meglio su di te.

- Ti sbagli, Zampano, sicuramente il tuo fisico prestante ti darà molte soddisfazioni!!

- Insisto, il tuo viso rapirebbe il cuore di ogni donna!

I suoi capelli... il suo viso... il suo dolce corpo... chissà se si ricordava ancora di lui...

- Ohohoh, signori, che gran spasso che siete!

- E' tutto merito di Jelso, signora, lui è uno tra gli uomini più simpatici di tutto il paese!

DING DONG! Il treno arriverà alla stazione di Song Do tra dieci minuti !

Chissà se mi riconoscerà .

- Dai, ragazzo, stiamo finalmente arrivando alla nostra meta - disse Jelso, allegro - chissà se fanno da mangiare bene...

- Il cibo - disse Zampano, lesto - è l'unica cosa di cui non ti dovresti preoccupare, grasso come sei !

- Coooosa? Ti ricordo che il mio fisico è ancora in forma!!! - probabilmente l'aveva ferito nel profondo del suo orgoglio

- Si, si, come no - disse Zampano girandosi a prendere la valigia, posta sopra le loro teste.

- Oh, sarà meglio che vada a prendere le mie valigie! - ricordò la Signora Lullaby, cadendo evidentemente dalle nuvole - buona fortuna per i vostri studi! - e sparì, con passo svelto, dirigendosi verso la sua carrozza.

Al si girò, sgranchendosi le gambe che troppo tempo erano state ferme. Prese lentamente la valigia, non troppo pesante, nella quale teneva tutti i libri e i vestiti.

Una sensazione strana gli passò in corpo. Forse era amore? O solo preoccupazione? Forse era ansia. Sì era decisamente ansia .

Forse è il caso di tranquillizzarsi , Al.

Forse è anche il caso, - si disse - di smettere di mentire a sè stessi, Alphonse Elric.

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NOTE :

Spero vi sia piaciuta questa piccola introduzione ! Purtroppo causa tempo non riesco a scrivere di più , ma aggiornerò dopo l'esame . Nel frattempo ascoltatevi qualche opening , magari servirà a farvi dimenticare questa bella storiella ^^

A presto !

Arglist

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 : la città vivente ***


Eccomi con il nuovissimo capitolo ! 

Per fortuna sono riuscito a riassumere molto del mio programma scolastico quindi riesco a pubblicarlo in tempo davvero breve . 

Beh, poche chiacchere, passiamo subito al sodo . Buona lettura!

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Il treno si fermò , fischiando ed emanando un leggero fumo bianco nella frenata .

Nella carrozza si sentì un breve scossone , dopodichè le porte si aprirono e i passeggeri scesero . 

La stazione era una struttura immensa, aveva grandi archi rampanti in metallo reggenti un delicato soffitto in vetro che si lasciava tranquillamente trapassare dagli scortesi fasci di luce solare , illuminando l'ambiente . Le pareti color avorio erano slanciate e delicate , piene di bassorilievi, decorazioni floreali e arazzi colorati rappresentanti i vari clan (così suppose Al ) di Xing .

Il pavimento a scacchi color panna e bianchi davano alla stazione un senso di delicatezza quasi ultraterrena, spezzata dal rumore di passi o dal fischio di un treno . Alphonse si accorse di un altra differenza : dove ad Amestris v'era la confusione in stazione , a Xing regnava la pace . 

Accertatosi di essere seguito dai suoi due assistenti ( ? ) salutò cordialmente la signora Lullaby , che si diresse subito a prendere la coincidenza per un treno diretto in periferia.

Ovviamente non prima di aver scoccato un occhiata maliziosa alle due chimere , ovviamente . 

I tre si avviarono , bagagli stretti alla mano , verso l'uscita , ed impiegarono una buona mezz'ora per uscire da quel labirinto . Non conoscendo la stazione centrale si ritrovarono più volte al binario nel quale erano scesi , ed altre volte si trovarono davanti treni diretti a località sconosciute . 

Una volta usciti si trovarono davanti ad un enorme piazzale nel quale stanziavano carretti trainati a mano , pochissime automobili e , ovviamente , cavalli . Il piazzale aveva all'incirca la stessa dimensione della Piazza Centrale di Liore , e si districava in varie direzioni . Per arrivare al gran palazzo Imperiale ovviamente bisognava seguire la strada più lussuosa , larga e pulita della città , quella impossibile da non notare . I vari altri quartieri si riuscivano a raggiungere grazie ad un buon orientamento tra le migliaia di vie secondarie che costellavano la città . Al centro del piazzale trovavano posto bancarelle di cibo , vestiari , opusculi informativi e , sopratutto, guide alla città . 

Senza pensarci troppo , o forse ricordando la mezz'ora di terrore nella stazione, Alphonse si diresse immediatamente verso quest'ultima bancarella , per così dire, seguito a stento dalle chimere che cercavano di seguire il giovane alchimista anzichè avventarsi sulla prima bancarella di cibo a tiro . La guida, un giovanotto dallo sguardo furbo, li addocchiò subito e li servì con velocità .

Dopo aver pagato un ingente somma - con evidente rassegnazione di Alphonse d'innanzi alla cocciutaggine del giovane - i quattro si avviarono al carretto . Un carretto logoro , nero e di legno . L'espressione di Alphonse tradì l'iniziale fiducia riposta nell'ingente pagamento . 

- E questo dovrebbe trasportarci sani e salvi a Palazzo Imperiale? - chiese Al , particolarmente scettico .
- Ha trasportato signori molto più grassi dei tuoi amici, se è questa la tua domanda - rispose pronto il giovane, che, ad Al , sembrò chiamarsi Lao .

Probabilmente si sarebbe spezzato a metà tragitto, ma ad Al sembrò probabilmente il caso di provare , anzichè lasciare il bottino e proseguire a piedi . 

Il primo a salire fu Al , seguito da Jelso - che provocò un brusco sbilanciamento a sinistra , ovviamente - e Zampano - che riequilibrò il peso - seguiti dalla giovane guida, preparatasi a guidare i cavalli . 

- Ehi Jelso, che ne dici di sgranocchiarci qualcosa? -sussurrò tirando fuori dalle tasche una coscia di pollo probabilmente appena cotta .
- Massì dai, è da meno di un ora che non tocco cibo e sinceramente comincio a sentire un buco allo stomac...
- All'enorme universo parallelo che hai al posto dello stomaco? - finì Al, lesto .
- Ragazzo - sussurrò un disturbato Jelso - forse non sai che noi chimere dobbiamo mangiare un sacco per mantenerci in forma !
- Forse sei un po' troppo in forma, Jelso - rise Al .

Il trasporto continuò di buon passo per circa dieci minuti, i cavalli erano in forma e probabilmente era il primo - e ultimo - trasporto che avrebbero eseguito della giornata . Le case di Xing erano piuttosto piccole , accoglienti, e lasciavano intravedere piccoli giardini ben curati con fontanelle e stagni. 

Dopo dieci minuti il ragazzo chiese una pausa per i cavalli - mescherandola con un " perchè non ci fermiamo, che in questa zona vi sono molte cose da vedere? " - ed i tre scesero, lasciando al ragazzo il compito di aspettarlo nella stesso punto dove lo avevano lasciato . 

Dopo una buona mezz'ora tornarono dalla guida - e dopo che Zampano aggredì un negozio di cibo , seguito lesto da Jelso e dagli ultimi spiccioli di un Alphonse rassegnato - che sembrò di nuovo attivo e pronto . 

Chissà se arriveremo mai al Palazzo - pensò Al.

Mai cosa più errata , dato che si dovettero fermare dopo dieci minuti per un altra pausa e , sfortunatamente , per la precoce rottura del carretto . 

Vedendo quindi l'impossibilità di raggiungere la destinazione - e violentemente contrariato all'idea di un altra passeggiata per i negozi - Alphonse si apprestò a proseguire a piedi .

- Ragazzo - fece Zampano, rivolgendosi alla guida . che ne dici se facciamo un accordo ? Noi ti ripariamo il carretto-catamarano e tu ci paghi una cena . 
- Non vedo come voi possiate riparare un carretto ridotto così - fece Lao, agitando un pezzo del carretto per poi lasciarlo cadere a terra .
- Ma lui può riparare qualsiasi cosa - fece Jelso, indicando un Alphonse di spalle che si fece subito piccolo piccolo.

- E' solo un uomo normale, non noto alcuna dote particolare - fece Lao , seguito da un Alphonse d'accordissimo . 

- Hai di fronte a te - fecero in coro le due chimere , con una posa da far impallidire  [quasi ] Alex Luis Armstrong - il vero e unico Alchimista d'Acciaio ! 

L'espressione confusa della guida era impagabile , ma lasciò ben presto posto ad un espressione di gioia crescente e di amore reverenziale. 

- Mio signore, scusami scusami scusami - esclamò gettandosi ai piedi di Alphonse , forse più confuso delle due chimere - non sapevo fossi tu quell'alchimista . Mi dispiace ! - disse continuando a scusarsi in mille maniere possibili . 

- Aspetta , aspetta - fece un imbarazzatissimo Alphonse - perchè questo comportamento ? 

Intorno alla scenetta si erano raggruppate un nutrito gruppo di persone, tutte più o meno curiose, con i bimbi in prima fila, scalpitanti . 

- Tu...tu sei quello che ha salvato il nostro imperatore !!! - fece Lao , veloce .

Mi ha confuso con mio fratello ... dannazione . Proprio come quando non avevo questo corpo .

- Esatto ! - fece Jelso , esultante - quindi è tuo rispettabilissimo e doveroso dovere pagarci una cena ! 

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Dopo aver riparato il carretto - e i giocattoli rotti dei bambini , e gli utensili spaccati, e dopo aver persino baciato e benedetto alcuni bimbi - i 4 tornarono a dirigersi verso il palazzo imperiale, con un carretto nuovo di zecca e dall'aspetto forse troppo sfarzoso . 

I vicoli stretti si seguivano lateralmente mentre le due chimere trainavano il carretto - Al si era stancato di far sfibrare i cavalli - ad una velocità simile a quella di un auto .

 Capelli neri come le piume di corvo , treccine legate con elastici rosa, un vestito blu lungo, ed un gatto bianco e nero sulla spalla 

La figura sparì immediatamente sostituita dall'immagine del vicolo successivo .

May .. pensò Alphonse , sobbalzando ... May Chang !

-
Ferma il carro subito , Jelso! - urlò Al , facendo sobbalzare la guida sonnecchiante seduta al suo fianco .

Di nuovo quella sensazione...cosa mi sta succedendo?


- Che succede, ragazzo? Qualcosa che non va? - chiese gentilmente Zampano .

Vorrei tornare indietro alla velocità della luce...ma perché?


- Torna indietro, veloce ! - impartì Al , agitato .

Devo assolutamente rivederla...il suo sguardo...il suo viso...


Il carretto tornò indietro , avvicinandosi sempre di più al vicolo . 

Dieci metri al vicolo...il cuore cominciò a rallentare... 

Al riusciva quasi a sentire il suo stesso respiro uscire dal suo corpo e rientrare con la stessa velocità.



Fa che sia lei, fa che sia lei, fa che sia lei....





Cinque metri 

Fa che sia lei, fa che sia lei...


Il vicolo era vuoto . 

- Cosa c'era ragazzo ? -chiese un curioso Jelso.

- Come osi chiedere una cosa del genre al nostro signore, stupido ciccione? - strepitò la guida .

Dopo una breve discussione , il carretto ripartì alla volta del palazzo . 

Era lei , ne sono sicuro . Era sicuramente lei .


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Ok , non vi arrabiate, ma dato che son malvagio amo farvi apsettare, quindi sedetevi tranquilli e smettete di agitare quelle cose che avete in mano ^^ .
Ho attuato delle piccole modifiche per rendere il perosnaggio di Al più piacevole

Scherzi a parte , anche questo Capitolo è andato . 

Alla prossima , spero vi sia piaciuto! 

Ciaooo

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 : Rivelazioni ***


Eccoci con il terzo capitolo!
Prima di cominciare, però, devo ringraziare tutti i miei recensori, mi fanno sentire meno solo e apprezzano, chi più chi meno, ciò che scrivo.

Buona lettura!

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Il palazzo Imperiale era una struttura enorme, con guglie che svettavano alte sino a colpire il cielo e colonne che scuotevano la terra alle quali erano appoggiate.
L'entrata al palazzo era simile all'entrata alla cittadella di Central City, con una rampa infinita di scalini grigi e pianerottoli larghi alcuni metri. 

La guida li aveva portati esattamente davanti all'enorme scalinata, lasciando i tre passeggeri a bocca aperta.
I tre salutarono la guida e si prepararono alla salita che li attendeva, cacciandosi in bocca quanta più acqua e cibo possibile. 
La guida riportò i cavalli, ora rinvigoriti, al loro posto e li salutò con un gesto della mano. 

Dopo aver compiuto un enorme quantità di scalini, ormai stremati, decisero di fermarsi su di un pianerottolo per un po' di minuti, per riprendere fiato e recuperare le forze. 




 
- Signor Zampano, Signor Darius, ci siete tutti - disse con voce flebile dopo essersi svegliato nel campo centrale di Central City - Papà!

 - Ehi. Bentornato - disse Hohenhaimen.

Edward gli diede una mano ad alzarsi. Quanto era pesante quel corpo di carne e sangue. Strinse la mano di suo padre, calda e vigorosa, in confronto al suo mucchietto di falangi.

 - Sono a casa. Sono così caldo. 

 - Al! 


Il suono di quella voce lo fece rinsavire. Quella voce così infantile, così piena di sentimenti. Così viva e così sincera.

- Alphonse! - esclamò Zampano, in piedi sui primi scalini, valigie in spalla - Non è mica finita qua..ne abbiamo ancora da fare...quanti? - disse con aria indagatoria.
- Circa trecento - rispose Jelso, valigie in spalla anche lui.

Ripresero la camminata, dopo una decina di minuti arrivarono alla cima, contenti come scalatori che raggiungono la cima di Briggs.
Ad attenderli un cospicuo numero di persone, probabilmente persone importanti. In prima fila l'Imperatore in tutta la sua magnificenza. 
L'aria era piena di rispetto e silenzio, Al non ebbe il coraggio di romperlo con le presentazioni, ma era evidente che qualcuno doveva pur iniziare.

 - Ehilà, Alphonse caro! - urlò Ling, come se fosse stato lontano mezzo chilometro, agitando la mano. 


Non era cambiato per niente - pensò Alphonse. 

Le presentazioni si conclusero in breve tempo, dopo che Ling gli ebbe presentato tutti i membri del consiglio, dal primo ministro della difesa el cordinatore dell'attacco e al primo cuoco. Continuando a fare domande ad Alphonse, congedò il consiglio e guidò i tre nelle varie stanze dell'enorme palazzo, passando tra venti o trenta giardinetti, altrettante sale da ballo, della guerra, un infinità di casupole e un enorme balcone che, scavato nella nuda pietra, si affacciava su tutta la città. 

- Mi spiace Al, ma ora che sono imperatore ho poco tempo, ahimè, per pensare agli ospiti e per mangiare - dicendo quest'ultima frase si rabbuiò tragicamente - e ne devo dedicare molto di più alle scartoffie. Ci vediamo stasera alla sala del Cane! 
Ling spinse la porta scorrevole, lasciando la vista ad un immenso soggiorno con giardinetto interno, e tre camere da letto con tutti i comfort immaginabili. Alphonse fece per rifiutare, ma l'Imperatore era troppo impegnato per trovare una stanza più umile, quindi si arrese e andò a sdraiarsi. 
Le chimere appoggiarono le valigie al centro della stanza, per poi stravaccarsi su un divanetto, distruggendo l'opera della donna delle pulizie. 
Da sdraiato Al osservò le intricate decorazioni sul soffitto ritraenti le varie imprese degli imperatori di Xing, che dall'entrata non aveva notato.

Alphonse sonnecchiò sdraiato sul lettone matrimoniale, lasciando che le chimere disfassero i suoi bagagli e i loro.
Si alzò dopo una decina di minuti, non certo riposato, e deciso si mise alla ricerca della stanza dell'alchimia. 
Prima però decise di congedare le chimere, a patto che non avrebbero distrutto mezzo palazzo e che non avrebbero divorato troppo cibo, d'altronde dovevano cercare di essere meno di peso possibile.

L'arte Retan sembrava essere totalmente sconosciuta ai libri, che parlavano invece di storia di Xing, dei Clan, dei figli dei figli dei vari Imperatori e delle loro mogli. Alphonse si dilettò a passeggiare per quegli spazi monumentali e aerosi, aveva già presupposto di passare mesi a Xing e voleva conoscere bene il palazzo. Passando di fianco ad una libreria la analizzò, notando con piacere che era stata costruita con l'uso dell'alchimia. La maggior parte delle librerie portavano la stessa firma quindi Al suppose che le avesse costruite l'artigiano di corte. La sesta ora del pomeriggio venne annunciata con un campanellino portato da un servitore. Soddisfatto delle quattro ore che aveva passato esplorando il palazzo si diresse verso la sala da pranzo, seguendo due persone dall'aspetto borghese.

Dopo cinque minuti i piedi cominciavano a fargli male, ma arrivò alla sala del Cane. La sala era grande almeno la metà della biblioteca, il che sembrò ad Alphonse uno sbaglio data la netta importanza del mangiare rispetto al leggere. Due bei ragazzi lo portarono sino a Ling, che sedeva sulle ginocchia discutendo con Lan Fan al suo fianco. 
Il tavolo era orientato ad U, con Ling che sedeva a capotavola e i vari nobili e borgesi a lato. Con un po' di imbarazzo Al salutò la ragazza che ricambiò dolcemente il saluto. Immediatamente dopo i camerieri cominciarono a portare in tavola i piatti.

- Allora Alphonse, come ti sembra il palazzo? - chiese Lan Fan dopo aver mandato giù il primo boccone.
- Oh, bellissimo, bellissimo! - rispose prontamente Alphonse, cercando di non soffocarsi con il cibo - peccato che sia così grande, oggi non sono riuscito ad esplorarlo tutto !
Ling non si curò molto della conversazione, non che non gli interessasse, ma era troppo occupato nel mangiare.

- Dimmi Lan Fan - chiese Al non appena gli portarono via il piatto vuoto - esattamente dove tenete i libri sull'alchimia?
- Quali libri ? - domandò lei, con aria confusa.
- I libri sull'alchimia, nel quale tenete i cerchi alchemici, le quantità di materia, i principi dell'arte Retan ! 
- Ah - rispose Lan Fan, girandosi lentamente - non ci sono libri qua.

Ad Alphonse cadde il mondo sulle spalle. 

- Per imparare l'arte Retan hai bisogno di un maestro, non di un libro ! - disse Lan, sorridente, per tirare su il morale ad Al.

Alphonse si concentrò, dopo la breve conversazione con Lan Fan, su dove fossero le chimere. Le notò quasi subito, intente a divorare le ultime fette di una gru arrosto. Mentre passavo lo sgardo vacuo tra i presenti alla tavolata, la notò.

E' lei! Capelli neri come le piume di corvo, occhi castani, profondi come pozzi e intensi come il colore del mare!

May Chang lo stava guardando probabilmente da qualche minuto, forse aspettando che il suo sguardo si fermasse sul suo viso famigliare riconoscendolo. 
Era diventata una donna, il viso si era fatto più maturo mantenedo però quell'espressione di dolce ingenuità che l'aveva caratterizzata da quando era ragazzina.I capelli erano raccolti in uno chignon e tenuti fermi da una spilletta arancione di perline. I seni si erano spinti in avanti, diventando belli sotto il kimono verde smeraldo dalle decorazoni intricate. Notò che non era ingrassata, si era mantenuta snella ma formosa.

Al ebbe un tuffò al cuore, pensò di alzarsi e andare a salutarla, poi si ricompose e la salutò con la mano.

Cosa mi sta succedendo? - si chiese - perchè ho così caldo ?

May Chang distolse lo sguardo tornando a concentrarsi sul suo piatto, e venne coperta da una signorona grassa, coi capelli neri e boccoli, che si sedette proprio al suo fianco. La signora sembrava vestita con abili eleganti, probabilmente era una nobile. Il suo grosso ventaglio coprì il dolce viso di May Chang, ed Al la perse di vista.
Attirato dai suoi occhi magnetici Alphonse cominciò a mandare suppliche al maledetto ventaglio chiedendo di spostarsi e lasciare spazio al viso di May. Il ventaglio continuò però a sventolare, incurante delle sue suppliche. 
Improvvisamente Alphonse incontrò il viso della signora, grasso e truccato in modo forse fin troppo appariscente. Gli occhi della signora, indignati, si posarono su di lui lanciando sguardi ripugnanti. Al non potè che distogliere lo sguardo.

Una volta finita la cena ad Alphonse sembrò il caso di alzarsi ed andare a scambiarsi i saluti con la sua vecchia amica. Si scusò con Ling, che stava conversando con Lan Fan sulla possibilità di avere più tacchino in tavola la prossima volta e si diresse con passo deciso verso May Chang.

- Ciao May! - esclamò con una dolcezza estrema nella voce.
La signora grassa si girò, sventolando il ventaglio pomposamente poi, rivolta a May, chiese - conosci questo ragazzo, May?
La sua voce aveva quel non so che di stridulo che ad Al ricordò Envy, ma rimase comunque ad aspettare la risposta, con aria eccitata.

 

- No, non lo conosco - rispose May, dando le spalle ad Alphonse. 

Co...come non mi conosce?

-
May, sono io, Alphonse Elric - disse Al, con voce stupita ma ancora non del tutto battuta.

- Ti stai sbagliando, non ti conosco - rispose May

Come non mi conosci? sono io, Al!

 - Non hai sentito, ragazzo? - rispose la stridula voce della donna grassa - non ti conosce, quindi lasciaci finire il cibo in pace.

- Almeno guardami, May, e dimmi se non mi riconosci! - sbotto Alphonse.

Il suo cuore si fermò. Cosa sta succedendo? Perchè May si sta comportando così? Per quale ragione? Forse per il saluto di prima? No, May non è il tipo da tenere il broncio. Cosa ho combinato di male?

May si girò di tre quarti, fissò Alphonse dritto negli occhi.

Alphonse cadde nei suoi occhi, immergendosi in quel bellissimo sguardo e passeggiando nelle sue iridi, costeggiando le palpebre.

-
No, non ti conosco - rispose May in tono secco.





Alphonse scappa. Scappa! 

Le gambe presero a correre veloci verso camera sua.

Cosa mi sta succedendo? Perchè sto piangendo?

Il cuore gli batteva forte, i muscoli sempre contratti nel movimento della corsa, le braccia che davano al corpo velocità, la mente che si perdeva neri ricordi della sua vita precedente, di tutte le volte che aveva visto quel viso che ora...

Perchè sto correndo? Perchè May mi ha trattato così?

Arrivò in camera sua, spingendo la porta scorrevole così tanto che si richiuse da sola. Si immerse nel cuscino e si sfogò.

Perchè May...





...mi ha spezzato il cuore?

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Per la cronaca, sto piangendo.

Alla prossima, dannazione.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 : Sentimenti Inespressi ***


Dopo aver finito di versare una bacinella di lacrime mi son deciso a scrivere il quarto capitolo.
Vorrei ricordare a chi mi sta seguendo che questa storia si basa su molte piccole cose, su molte insulsaggini ma che ne ho bisogno, ho bisogno di scrivere baggianate, ho bisogno di rendere realtà un manga finito troppo presto e che mi ha lasciato drasticamente solo.
Grazie Full Metal Alchemist.

Buona lettura.

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Alphonse si alzò, le guance, la gola e i polmoni gli facevano male.
Si era addormentato piangendo ed ora, dirigendosi verso il bagno, stava per continuare a piangere.

Il solo pensiero della serata appena passata gli faceva male dentro.

Non perchè si fosse slogato un'articolazione nella corsa, gli faceva male l'anima.
Entrò nel bagno, soddisfò i suoi bisogni fisiologici e si rivestì.
Fece il tutto con le gambe che ancora tremavano e troppo assonnato per rendersi conto di quanto sapone si metteva sulle mani.
Si svegliò completamente non appena aprì la porta.

La figura di Jelso si ergeva in tutta la sua possanza di fronte a lui, vestito in canottiera e pantaloncini grigi con ciabatte di plastica.
La chimera lo stava guardando, con le braccia lungo i fianchi e un espressione sul viso piuttosto curiosa.
Stroppicciandosi gli occhi Al si gettò l'asciugamano sulla spalla, e cercò di evitare una conversazione faticosa scostandosi e dirigendosi verso il letto.
Stranamente l'amico gli sbarrò la strada.

- Che succede, Alphonse? -
La sua voce profonda ebbe un effeto simile ad una banda musicale nel mezzo di un funerale.
- Niente, Jelso - rispose Alphonse, sforzandosi di essere il più convincente possibile.
-Sicuro? - ripetè l'amico.
- Sì, Jelso, davvero - replicò Al.
- Mh. - sentenziò Jelso, forse lasciando perdere, ed entrò nel bagno.

Al scartò l'idea di dirigersi al letto, era troppo difficile riaddormentarsi.
Andò sul balcone in parquet, scostando leggermente la porta scorrevole per evitare di fare rumore. I piedi scalzi e il pigiama offrivano ben poca difesa alla notte fredda, ma ormai era sveglio e quindi la cosa non lo scombussolò più di tanto. Si appoggiò al parapetto di legno e rimase lì per un po', lasciando che i suoi capelli si divertissero con le correnti del vento. Ammirò la città durante la notte, la chiusura degli ultimi negozi, i gatti che cercavano disperatamente del cibo sul retro dei ristoranti, le ultime coppie che si dirigevano verso casa sui carretti. 
In quel momento si interrogò. Il suo corpo era nuovo alla sua anima e aveva dei seri problemi a trattenere emozioni troppo forti. Forse non voleva trattenerle. 
Sospirò e cambiò posizione, il gomito destro gli faceva male. 

Inaspettatamente l'asciugamano gli sfuggì e lentamente planò di sotto.
Nel vano tentativo di raggiungerlo Al si sbilanciò ma, maldestro, non riuscì a raggiungerlo e continuò a guardarlo mentre, lentamente, raggiungeva terra.
Inizialmente prese alla leggera tale perdita, giustificandosi nel fatto che l'avrebbe preso la mattina dopo.

Si ricordò poi che era l'asciugamano che gli aveva regalato Winry, e decise di scendere a prenderlo.

Tornò in camera dove si accorse che Jelso era tornato a letto e stava dormendo con una gamba puntata sulla schiena di Zampano. Entrambi russavano sonoramente.

Il suo sorriso distrusse l'espressione malinconica che aveva avuto fino a quel momento. Si vestì, si mise le scarpe ed uscì dalla camera. I corridoi erano illuminati fiocamente da lampade appese al soffitto, probabilmente fatte di carta. Nei corridoi regnava il più profondo silenzio, Alphonse si chiese se era il caso di fare del chiasso per recuperare un asciugamano.

Il ricordo di Winry lo rinvigorì, e prese a camminare in quei silenziosi corridoi. In una decina di minuti arrivò all'uscita del Palazzo senza incontrare nessuno. Si accorse che stranamente all'interno del palazzo non vi erano nè guardie nè alcun genere di trappole, molto strano per un edificio regale.

Scese gli scalini lentamente, scosso dalle correnti d'aria che qualche volta spingevano il suo corpo. Arrivato a terra non trovò guardie. 
Ancora più strano - pensò.

Si avviò per il confine del palazzo, circondato solo dal silenzio e da qualche vibrazione nella corrente dei lampioni. La giacchetta grigia aveva smesso di svolazzare, a terra non v'era la minima traccia del vento. 
- Dovrebbe essere più o meno qua... - sentenziò osservando il palazzo imperiale. Notò il suo balcone, spostò lo sguardo verso il basso e notò un immagne scura vicina al suo asciugamano. 
La figura leggermente umanoide si alzò lentamente, mostrandosi alla fioca luce di un lampione lì vicino. Era un uomo sui trent'anni, pallido e col viso deforme, con una gobba e una gamba leggermente più corta dell'altra, che lo costringeva ad una posizione sbillenca. Il volto non trasudava intelligenza, sembrava invece piuttosto stupido. L'uomo farfugliò qualche cosa poi, tenendo stretto l'asciugamano, cominciò a correre verso un vicolo.

- Ehi! Ehi! Aspetta! Ridammi il mio asciugamano! - esclamò Al, poi notando l'indifferenza dell'altro si gettò all'inseguimento.
Il vicolo in cui l'uomo si era buttato era stretto e pieno di cianfrusaglie, Al impiegò un po' di tempo a notarlo nell'ombra. Il ladro si gettò a sinistra ed Al, incespicando tra il pattume, fece lo stesso.
L'inseguimento si susseguì in un andirivieni di vicoli lerci e squallidi nel quale l'uomo sembrava destreggiarsi piuttosto bene. Al invece si sporcò, cadde, si fece male ad un ginocchio e gli stette dietro a fatica. 
Dopo dieci minuti di inseguimento, con i polmoni che ormai non ce la facevano più, Al si ritrovò all'aperto, con il ladro davanti, affaticato.

- E...ehi...tu - cominciò Alphonse, ansante - non...non hai sentito...che ti chiamavo?

La figura rimase immobile mentre sul suo viso si dipinse un sorriso.



Perchè diavolo sta ridend...

Al ebbe solo una frazione di secondo per schivare il colpo in arrivo da dietro.
Una figura slanciata gli aveva sferrato un calcio, per schivarlo era stato necessario spostarsi velocemente ed Al aveva rovinato a terra.

Ma che diavolo...

Al si rimise in ginocchio, sfiorandoselo. Sulle sue mani notò la presenza di sangue, e si rese ben presto conto che sanguinava in maniera vistosa, insozzando i suoi pantaloni.

- Ehi tu! - esclamò verso la figura slanciata - ma che diavolo ti salta in mente?

La figura slanciata era probabilmente l'esatto contrario del suo complice basso. Aveva lo sguardo intelligente, il viso dai bei lineamenti e un corpo allenato. Assomigliava lontanamente a Greed nella sua prima forma, dimostrando solo alcuni anni in più.
Probabilmente è un soldato o una guardia del corpo, comunque una persona che si allena molto - pensò Alphonse, rialzandosi.

- Mi hai sentito? - chiese Al, ottenendo sempre indifferenza.

Dannazione, mi ha preso alla sprovvista. Devo abituarmi a quasto corpo, con l'armatura mi avrebbe potuto colpire e non mi avrebbe fatto comunque un graffio. Con questo corpo invece...
Il lame al ginocchiò cominciò a sentirsi, probabilmente l'adrenalina nel corpo cominciava a svanire. 

La figura slanciata decise evidentemente che era ora di smettere di aspettare e si portò velocemente in avanti. Anni e anni di combattimento con Edward avevano reso Alphonse scaltro nelle arti marziali e letali contro un nemico non preparato. Il nemico fece partire un pugno sinistro, Al lo parò facilmente e lo proiettò su di sè lanciandolo sopra di sè. La mossa gli costò più fatica del previsto, ma si preparò comunque a colpire il nemico che stava atterrando. Girando velocemente su sè stesso fece partire un fendente.  colpendo però nient'altro che l'aria.

Ma che diavolo...?
Il nemico, approfittando della confusione, aveva intanto fatto in tempo ad atterrare e a rialzare la guardia.
Dannazione! I miei colpi sono troppo bassi!

Combattere da armatura aveva dotato Al di un arco di vista molto più alto, quindi i colpi da lui sferrati erano tutti più bassi data la sua statura ora più bassa della precedente.
Il nemico riprese a combattere, tenendosi molto vicino ad Al e costringendolo a sferrare colpi sporadicamente.
Alphonse fece mente locale, questa volta cercando di portare tutti i colpi ad altezza uomo, proprio come quando combattè con Barry il Macellaio. 
I colpi del nemico erano invece precisi, sapeva dove colpire.


Dannazione, se non mi riprendo questo bastardo mi stenderà.




La notte era ormai scesa da tempo su Song Do, e gli ultimi suoni erano ormai quelli del combattimento che stava avvenendo nel quartiere basso della città. I gatti stavano a guardare sui tetti e sulle staccionate i due indivui che si affrontavano, il primo biondo e basso, il secondo moro e alto.
I colpi si susseguivano veloci, e presto le energie dei due si sarebbero esaurite per decretare un vincitore. La figura bassa e grassa faceva solo da spettatore, aspettando immobile al centro della strada. Dalle case non giungeva alcun segno di vita. 

Alphonse indietreggio saggiandosi la spalla destra slogata, zoppicando vistosamente. Il nemico non era messo meglio, aveva sicuramente a disposizione l'alleato, mentre lui era solo. La figura slanciata fece per tornare all'attacco, ed Alphonse prontamente alzò la mano sinistra.

- Ehi! Aspetta! - gridò.

Stranamente la figura slanciata si fermò, forse confusa, forse sicura di vincere. Alphonse tirò fuori dalla tasca sinistra un gessetto, in poco meno di due secondi disegnò un cerchio alchemico sul muro a fianco e il nemico venne preso stretto in un pugno di pietra. 
Alphonse sospirò, sorpreso a sua volta della reazione del nemico impreparato. Lanciò un sorriso vittorioso al nemico stretto nel pugno che, rassegnato, abbassò lo sguardo. La figura grassa rimase invece immobile.

- Allora - formulò Alphonse - ora volete spiegarmi perchè tu - indicando il grasso - mi hai derubato e tu - indicando lo smilzo - mi hai attaccato ? 

Fu lo smilzo a parlare . 

- Erano solo ordini - rispose, con una voce piuttosto giovane rispetto all'età che dimostrava.

- Ordini? - ripetè Alphonse, confuso.

- Sì, ordini - ripetè a sua volta il grasso, con una voce da bimbo. 

Che individui strani.

- Da chi provengono questi ordini? - chiese quindi Alphonse.

Improvvisamente un paio di pugnali colpirono il pugno alchemico di Al, facendolo esplodere. La strada venne invasa da una nube di fumo, Alphonse cominciò a tossire ed ebbe solo un momento per capire che i due si stavano dando alla fuga. 

- Madame Sho! - urlò lo smilzo. 

Poi fu tutto silenzio.
La nebbia si diradò in una trentina di secondi.
Alphonse si rese conto che i due erano spariti, e la strada era deserta. I segni della battaglia erano i resti frantumati del suo pugno, e l'asciugamano era immobile poco più avanti. Faticosamente Alphonse si trascinò fino all'oggetto rubato, si chinò e se lo mise in spalla. 

Madame Sho. Beh, almeno so da chi difendermi.

Tornò lentamente al palazzo imperiale, ripetendosi quel nome nella testa mille volte per essere sicuro di non scordarlo. I pantaloni bagnati di sangue macchiarono gli scalini, fortunatamente il sangue smise di scorrere dal momento che entrò all'interno del palazzo. Si diresse il più silenziosamente possibile verso camera sua e scostò la porta scorrevole per pemettere al suo corpo di entrare impiegando meno spazio possibile. Si trovò questa volta davanti la figura imponente di Zampano, con tanto di occhiali appannati. 

- Da quanto fai a botte, Al? - chiese, forse sarcastico.
- Mi è caduto l'asciugamano e per andare a riprenderlo mi sono fatto male - mentì Al.
- Stai attento la prossima volta - sentenziò Zampano.
Zampano si girò e tornò a letto, Al sospirò sottovoce.
- Ah - Zampano si fermò con il dito destro alzato -cosa ti è succeso stasera a cena?

Alphonse ricordò la serata che solo i combattimenti erano riusciti brevemente a cancellare. 
Eh ora? Che cosa gli dico? Pensa Al, pensa.
- Beh? Ti sei mangiato la lingua senza offrirne nemmeno un po'? - commentò Zampano, forse più serio di quanto dava a vedere.

Dopo una lunga pensata Alphonse optò per raccontare la verità.
Sì, la verità che non conosco nemmeno io...

-
Non so cosa mi sia successo, Zampano - rispose sincero Alphonse - sono scappato e improvvisamente ho cominciato a piangere. Penso sia colpa di questo corpo - disse Al, toccandosi il petto - forse ha un problema con le emozioni.
- Un problema con le emozioni? - esclamò Jelso, alzandosi - ma cosa stai dicendo, ragazzo?

Allora era sveglio anche lui!

Sorpreso Alphonse si sedette sul divano, accendendo una delle lampade di carta della stanza e rivelando quindi un Jelso a pancià in giù che ascoltava curioso. 

- Raccontaci Al - spinse Zampano - che cosa hai visto stasera? 


A quel punto Al raccontò tutto, dal comportamento di May al combattimento di prima.
Ovviamente non riferì le sensazioni che provò quando vide May, erano troppo intense e intime per parlarne con quei ragazzi, seppur amici da tempo.
Alla fine della storia Zampano si alzò dal divano dove si era accomodato e, battendo un pugno sulla mano aperta, sentenziò :
- Ho capito! Quella cicciona vuole mangiarsi May! 
Un cuscino colpì Zampano con precisione millimetrica, e subito Jelso, cecchino, lo rimproverò.
- Zampano! Non scherzare su queste cose! E se quella cicciona volesse mangiare anche noi ?


@#@#@#@# Song : Full Metal Alchemist Opening 5 - Rain @#@#@#@#@#@


Al non potè trattenere una risata fragorosa, e i tre risero per alcuni secondi, tornando poi seri.

- Torna a letto Al - disse infine Jelso - se domani vorrai continuare la ricerca dovrai essere in forma no?

Entrambi tornarono a letto, spegnendo la luce del tavolino del salotto.

- Buonanotte Jelso, buonanotte Zampano - annunciò Alphonse, stendendosi sul letto.
- Buonanotte ragazzo - replicarono i due. 

La conversazione stava per concludersi lì quando Jelso, inspiegabilmente, parlò.

- Al - chiese con estrema lentezza - che cosa hai provato quando hai visto quella ragazza?

Eh, se lo sapessi te lo direi...

- Non lo so, Jelso - rispose Al.

- Dai, non farmi fare l'investigatore - continuò lui - che sensazioni hai provato? Avrai pur sentito qualcosa no?

Senza pensarci Al rispose.

 - Sì, qualcosa ho sentito, ma non so dargli un nome, non mi ricordo. E' qualcosa di strano, come la voglia di stringere una persona. Ma non si ferma a stringerla, la vorresti...inglobare tipo...per avere la sicurezza che sarà sempre dentro di te, al sicuro.- disse dopo un infinità di tempo.

- Ah! - disse Zampano, sorpreso - stai pensando a quello che penso io, Jelso?

- Sì - rispose Jelso - ragazzo...penso che tu ti sia innamorato. Ciò che provi è amore.

- Mah - rispose Al, evasivo - chissà - e affondò la testa nel cuscino.






Almeno ora so come chiamarlo.

Ti amo, May Chang.

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Ed ecco il quarto capitolo! 
Sono stato sveglio tutta la notte per scriverlo perchè non potevo lasciarvi con l'amaro in bocca!
Per piacere sorvolate su sviste, sono effetto del sonno! Spero che vi piaccia anche se è il mio primo combattimento quindi potrà mancare di fluidità e sembrare un po' banale!

Ciao a tutti!!!!!!!!!!!!!!!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 : L'uomo depresso sotto il sole di mezzogiorno ***


Di nuovo salve a tutti!
Innanzitutto rigranzio tutte le persone che vorranno recensire la mia storiella, siete un contributo importante per la mia autostima.
Dopo aver dedicato un po' di tempo a modificare gli altri capitoli son tornato a scrivere per te, caro lettore!
Nello scorso episodio ho consigliato una canzone, spero vi sia piaciuta!

Ok, basta baggianate, passiamo subito alla storia. Ci vediamo in fondo!


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Il mattino seguente Alphonse Elric fece fatica ad alzarsi dal caldo letto che lo aveva abbracciato per tutta la notte. La ferita al ginocchio si stava rimarginando, ma i lividi spuntavano sulla sua pelle chiara come macchie d'uva su un vestito bianco.
Il sue corpo ne era pieno. Ne aveva sul torace, sull'addome e sulla maggior parte della gamba sinistra. Fortunatamente il viso non aveva ricevuto colpi ed era quindi rimasto illeso.

Almeno non si accorgeranno che ho fatto a botte - pensò riferendosi alla cena di quella sera.

Il pensare alla sera precedente fu come toccare un cavo elettrico esposto.
I pensieri ritornarono al comportamento di May, alla battaglia. Sopratutto a May.
Il suo comportamento così inspiegabile distrasse Al che per sbaglio si trovò a compiere due volte la stessa azione.

Nella salotto della camera erano presenti, appoggiati sul tavolino, vestiti nuovi dalle fattezze palesemente del luogo. Alphonse li indossò volentieri, lasciando i vestiti sporchi al posto dei nuovi, piegandoli con cura nonostante fossero lerci e rovinati.

Arrivata l'ora di far colazione Al si diresse alla stanza del Cane, seguito da due affamate Chimere. La sala era apparecchiata come la sera precedente, i posti leggermente cambiati. Il posto d'onore a fianco di Ling spettava, da quanto capì Alphonse, ad un ministro di Amestris giunto per firmare documenti commerciali. Alphonse sedette lontano dai suoi amici, tra due anziani signori e trovandosi di fronte un giovane, probabilmente sui 12 anni.

Osservando la sala Al notò che alle colonne erano appesi arazzi gialli, e le colonne erano decorati con striscioni in carta verde e arancioni.
Deve essere un giorno speciale se agghindano tutto in modo così festoso - pensò.

La colazione venne servita dopo circa mezz'ora. Consisteva in piccoli dolcetti e un po' di succo di frutta. Probabilmente era una parte del menù dell'imperatore. Il ragazzo di fronte si ingozzò immediatamente, mentre i due anziani signori se la presero con calma, discutendo animatamente dei fatti di cronaca. Al riuscì a percepire tra un boccone e l'altro qualcosa su uno scontro vandalico tra due bande, si fermò per un breve periodo di mangiare e sucessivamente finse di non saperne nulla.
Non era certo suo obiettivo farsi riconoscere come portatore di distruzione dopo un solo giorno nella capitale.

Terminata la colazione Alphonse si prese un po' di tempo per cercare l'arte Rentan. Grazie ad informazioni datagli dai due anziani a tavola scoprì che si svolgevano apprendistati nelle sali centrali.

 

Al si voltò un attimo a controllare il posto di May Chang. Non si chiese nemmeno il perchè, non lo capì, ma lo fece lo stesso. Era assillato dal vedere quel viso che la notte prima non la aveva fatto dormire.

 

Dov'è? - si chiese.

 

Il suo sguardo fu indiscreto.

 

Se la sua anima poteva parlare era sicuro però che avrebbe potuto alzarsi in piedi per controllare meglio.

 

May non c'era. Il suo posto era vuoto.

La tavola non era apparecchiata né per lei né per la signora grassa che le sedeva accanto.

 

Al si girò, sconsolato. Ritornò a concentrarsi sull'arte Rentan.

 

Probabilmente sarà l'unica cosa in grado di distrarmi oggi.

 

L'arte Rentan si svolgeva come ben detto in grandi sale da combattimento, chiamate dai coinquilini del palazzo sale centrali. Le sale centrali erano dotate di una zona di addestramento in terra battuta delimitata da un collonato in marmo verde. Su ogni colonna della sala era appeso uno stendardo rappresentante quello delle grandi famiglie combattenti.

 

Gli apprendisti erano vestiti con colori sgargianti mentre i maestri vestivano con colori più cupi. Ovviamente i maestri erano molto più giovani dei loro allievi. Alphonse si appoggiò ad una colonna e osservò incuriosito gli addestramenti.

 

Inizialmente gli allievi correvano sul campo di terra battuta per circa una decina di minuti, dopodichè si suddividevano in squadre. Ogni squadra cercava un caposquadra, mentre i maestri osservavano con aria indagatoria. Quando le squadre erano state scelte ogni maestro si offriva di allenare una squadra, e chi rimaneva senza squadra aiutava gli allievi più in difficoltà. Il compino degli apprendisti era quello di ferire il maestro, non importa quanto profondo fosse il taglio e quanto rotto fosse l'osso. A loro volta i maestri dovevano cercare di sconfiggere più allievi senza causare danni.

 

Dopo circa dieci minuti di osservazione ad Alphonse sembrò di aver capito le caratteristiche fondamentali del combattimento. I colpi erano un insieme di affondi e parate, ma non venivano mai azzardati colpi da destra e da sinistra.

 

Le armi utilizzate variavano dalla scimitarra allo yari, sino a giungere ai nunchako e ai pugnali da lancio.

 - Allora cosa ne pensi? - chiese una voce melodiosa alle sue spalle.

Al si girò, notando la bella ragazza in vestiti scuri che stava fissando come lui l'apprendistato. I suoi capelli erano sciolti e tagliati simmetricamente per creare una prolungazione del sorriso. I suoi occhi erano verdi e risaltavano sulla pelle scurissima.

Probabilmente non è di queste parti. Da quanto tempo mi stava fissando?

 

- Beh, è piuttosto interessante, non c'è che dire - disse Al, un po' imbarazzato.

- Piacere, Lulu Zhui - fece la ragazza porgendogli la mano sinistra, con fare amichevole – per gli amici Lhu.

- Alphonse Elric - fece lui, ricambiando il saluto con una timida stretta di mano per non farle male.

- Da quanto sei qua Alphonse Elric? - chiese lei - non mi sembri di queste parti.

- Sono arrivato ieri da Amestris.

- Bene! Un turista! Dimmi, come ti sembra Xing?

- Bella, avete un architettura straodinaria, il palazzo imperiale è davvero strabiliante.

- Ah-ah -asserì lei - cosa ti ha portato qui dal civilizzato e moderno Ovest?

 

Una ragazza.

 

- L'arte Rentan - rispose pronto – mi piacerebbe apprenderne di più e diventare medico.

- Ah ! E hai intenzione di startene lì tutto il giorno? - chiese, indagatoria.

 

La ragazza lo prese per un braccio e lo portò verso un angolino del campo.

- Si dia il caso – disse con fare pomposo ma amichevole – che tu abbia davanti una maestra dell'arte Rentan in persona!

 

Di bene in meglio, ora devo farmi prendere a schiaffi da questa ragazzina...

 

- Cosa sai dell'arte Rentan? - chiese lei portandosi a cinque metri di distanza.

- E' un arte – rispose Al, sforzandosi di ricordare ciò che gli aveva detto Ed settimane prima – che si basa sul flusso di energia sotterranea, il Chi, che fluendo attraverso il guerriero si manifesta con l'achimia.

- Quattro! - esclamò lei, indicando il numero con la mano – una descrizione da libro di scuola!

- L'arte Rentan – continuò - non si può descrivere nè imparare da un giorno all'altro! Devi sentirla, devi plasmarla dentro di te e poi devi gettarla fuori come una diga che esplode liberando il fiume!

 

Sentire l'energia. Ok.

 

- Prova a sentire le vibrazioni del terreno! - esclamò lei.

 

Alphonse si concentrò. L'unica cosa che riusciva a sentire su quella terra battura era il silenzio. Continuò a respirare, concentrandosi sul suo corpo. Al toccò le funi che reggevano la sua anima. Era una cosa che aveva imparato a fare durante il periodo da armatura, per evitare di sfogarsi e rimanere neutrale. A volte era possibile stare totalmente immobili, altre volte invece l'anima prendeva il sopravvento sul corpo ed era vittima di reazioni emotive.

 

Ok, proviamo così.





 

Non successe nulla. Non importa quanto Al si impegnasse o si sforzasse fisicamente. I risultati erano nulli. A volte riusciva a spostare un po' di sabbia, comunque tutto grazie ad un cerchio alchemico e alla base dell'alchimia di Amestris.

Sconsolato a tarda mattinata pensò di congedarsi con la ragazza, per andare a cercare le due chimere e tranquillizzarsi un po' in compagnia.

 

- Ci sentiamo domani per continuare gli allenamenti? - gli chiese Lhu.

- Certo – rispose Al con tono basso – ho solo bisogno di un po' di tempo per riprendermi.

- Non abbatterti – disse lei dandogli pacchette sulla spalla – domani andrà meglio.

 

Uff. Ieri le ho prese. Oggi niente passi avanti.

 

Non è il momento di abbattersi! - si disse risoluto - imparerò l'arte Retan e diventerò medico!

 

Trovò le due chimere ad un chioschetto. Stavano parlando con un anziano piuttosto divertente, con la barba lunga raccolta in treccine simpatiche. Lo salutarono con la mano, lui chinandosi evitò la tendina bianca a strisce rosse e si mise a sedere.

- Stavamo conversando con questo simpatico signore- disse Zampano sorridente, facendo l'occhiolino ad Al – sui fatti accaduti l'altra notte. Dice di aver visto tre individui recarsi verso il quartiere imperiale sul tardi.

 

Alphonse afferrò l'indizio. La conversazione continuò vivacemente, nel lasso di tempo di un pranzo riuscirono ad avere informazioni precise sulla direzione dei tre strani individui. Il vecchietto non era solito curiosare nel vicinato dalla finestra ma quella sera il rumore l'aveva attirato e aveva visto tutto. Fortuitamente Al si trovava in un punto cieco quella notte ed il vecchio non lo riconobbe.

 

Alphonse pagò il conto, e si fermò a parlare con le due chimere appena il vecchiietto si congedò salutandoli.

 

- Ora che abbiamo gli indizi che cosa facciamo? - chiese Jelso – andiamo a cercare questi misteriosi assalitori?

 

- Penso che sia l'unica cosa che possiamo fare per ammazzare il tempo – rispose Al, ricordando l'allenamento andato male e l'assenza di May a colazione – non ho voglia di abbatermi più di quanto non abbia già fatto oggi.

 

La sensazione di solitudine che aveva provato quella mattina tornò in superficie. Non era proprio solitudine, era un misto. Solitudine, confusione e delusione.

 

Cosa avrà avuto da fare per mancare stamattina – si chiese Al.

 

I tre si diressero, seguendo le indicazione dell'anziano informatore, verso il quartiere ricco della città. A quanto pare gli aggressori si erano diretti in quella direzione e ad Al sembrò logico cominciare le indagini proprio da quel posto.

 

Camminarono per circa cinque minuti, passando attraverso case, piccoli negozietti, ristoranti sfarzosi e magazzini. Il quartiere ricco era riconoscibile dagli altri quartiere solo grazie all'estrema vanità ostentata sulle case. Ogni reggia o villa portava simboli della casata appartenente.

 

C'è qualcosa di familiare in questa strada – pensò Al.

 

- E' qui! - esclamò facendo sobbalzare i suoi due amici.

 

Il vicolo nel quale era passato la sera prima era alla sua destra. Alphonse vi si addentrò con passo deciso.

 

- Si, avevo visto giusto – disse rivolto ai suoi amici che lo stavano guardando dalla strada.

- Mi ha portato per di qua – disse svoltando a destra, seguito dai suoi amici.

 

Totalmente sovrappensiero nel tentativo di ricordare la sera precedente, Alphonse cominciò a ripercorrern il cammino.

 

- Mi ha portato di qua – gridò ai suoi amici che, nel tentativo di seguirlo, incespicavano a loro volta.

 

Poi di qua...

 

Al sentì di essere vicino al trovare un indizio. Magari il suo aggressore aveva perduto qualcosa, si era strappato un vestito.

Voleva trovare un indizio, un indizio qualsiasi.

 

Doveva avere la soddisfazione di sapere che almeno una cosa era andata bene qual giorno.

 

Sentì che si stava avvicinando alla meta e affrettò il passo, mettendosi a correre. Non badò nemmeno più ai suoi amici, rimasti indietro.

 

Sono vicino! Ancora un po' e dovrei essere arrivato...

 

Girò velocemente l'angolo e sbattè contro qualcosa. Non capì bene cosa, ma volò a terra e rimase confuso per circa cinque secondi. Quando riuscì a rimettere a fuoco la vista si trovò d'innanzi ad una bella donna. Indossava un kimono verde impreziosito da alcuni intarsi dorati. Lo sguardo di Alphonse si spostò velocemente verso il viso della povera malcapitata.

 

I..impossibile...

 

Le trecce gli cadevano numerose sulle spalle e sul viso, coprendolo mentre cercava di rialzarsi, probabilmente frastornata dalla botta ricevuta. Gli occhi erano neri, profondi. Il viso giovane, bello e dolce.

 

L'espressione di Al cambiò in pochi istanti da confusa, felice, allegra ed euforica. L'espressione della donna fece lo stesso. Entrambi stavano probabilmente per mettersi a piangere.

 

Al probabilmente sarebbe scoppiato a piangere da un momento all'altro. Non per tristezza, ma per la felicità che stava provando nel vedere il suo sguardo ricambiato.

 

 

 

 

- May Chang! - disse lui, prima di versare qualche lacrima di emozione.

 

- Alphonse! - esclamo May prima di gettarsi su di lui.

 

 

 

 

 

Entrambi si fissarono per un istante che parve loro lunghissimo, prima di scambiarsi un dolce bacio.

 

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Ok, scommetto che ora vi stiate agitando un po'.

 

So di esser cattivo a di creare confusione.
so anche che molti di voi si staranno chiedendo ..perchè?

Presto arriverà una risposta. Non dubitate. Sto alternando studio e scrittura per portare avanti questa storia.

Spero di non aver fatto troppi errori. Per il resto, mi piacerebbe che qualunque persona mettesse gli occhi su questa FF si sforzasse anche di recensirla, vedere che ci sono solo 18 visite in una settimana mi butta giù di morale, anche perchè questa storia durerà ancora un mesetto buono, secondo i miei calcoli.

 

Dopo questo angolino di depressione, vi saluto cordialmente come sempre.

 

Arglist

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 : Lacrime. ***


Salve a tutti! Eccomi qua con un nuovissimo capitolo!
Devo come sempre i miei ringraziamenti ai miei recensori d'eccellenza. 

hummingbird royaifan e Roy Mustung sei uno gnocco
Mi siete davvero di gran supporto morale.
Grazie. 

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Alphonse assaggiò quel bacio per un attimo che parve durare un infinità. Cercò di fissare ogni piccolo momento, ogni piccolo movimento nella memoria in modo da non scordarsene più. Le labbra che lo avevano baciato erano calde e morbide.

Lei si staccò da lui e spostò le sue labbra verso la guancia di Al.

- Mi dispiace - sussurrò con voce rotta.

L'abbraccio nel quale era strinto Al si fece più forte, più caldo. Anche May stava cercando di bloccare quell'attimo. Entrambi volevano assaporare quel momento per sempre.

Purtroppo non fu così. Il tempo passò velocemente e le due chimere erano già davanti a loro. Si staccarono da quell'abbraccio caldo e si alzarono, allontanadosi. 

 - Buongiorno signorina May! - salutò Jelso invadente.
 - Buongiorno - ricambiò lei - e buongiorno anche a lei Zampano! 
 - Ah, ecco dove eri finito - disse Zampano evidentemente proccupato - ti avevamo perso.
 - Ma notiamo che sei in buona compagnia! - rispose pronto Jelso dando una gomitatina complice ad Al.

Al arrossì; nemmeno sapeva per quale motivo May gli aveva dato quel bacio e gli sembrava strano averla così vicina.
La serata prima era stato malissimo per la sua indifferenza e oggi gli aveva dato un bacio. 


Ma che cosa mi sta succedendo? Dovrei essere arrabbiato!

Si voltò verso May risoluto alla ricerca di informazioni. La guardò negli occhi e li trovò. Lei non oppose resistenza al suo sguardo furente. Si lasciò perlustrare,esplorare in lungo in largo. Presto Al si perse in quegli occhi che tanto sapevano di mare, di ricordi e di cose non dette. La sua furia svanì e rimase imbambolato davanti a May. 

- Non mi sembra il posto giusto per presentarci per bene - cominciò lei timida. 
Le due chimere stavano attendendo la risposta i Al. 
Lui si limitò ad assentire.

 - Andiamo a casa tua? - chiese sforzandosi di sembrare il meno scemo possibile.
 - Adesso? - rispose lei rabbuiandosi.
 - Si adesso - disse Alphonse - perché? C'è qualche problema a casa?
 - No - confabulò lei tornando raggiante.

May Chang guidò Alphonse e le chimere verso la sua casa che si trovava nel quartiere alto della città. Ogni casa era piuttosto antica e preservava i tratti originali dell'antica cultura di Xing. Ogni villa era dotata di giardino esterno e senza dubbio ne aveva anche uno interno. Alcune ville possedevano anche stagni artificiali e piccoli orti. Cancelli di varie dimensioni davano sulla strada principale, curati con massima serietà. Ogni casa aveva come minimo due piani e terminava con un tetto a punta leggermente concavo verso l'interno. 
Casa di May non faceva eccezzioni. Il cancelletto che dava sulla strada era alto più o meno quanto Alphonse ed era minuto di un'entrata del il personale, oltre ad essere già un portone.
Una volta davanti alla piccola porticina May si girò, evidentemente timorosa.
 - Siete sicuri? - chiese timida.


Come mai hai così paura di entrare in casa tua?

 - Certo! - rispose Zampano forse pensando di alleviare la tensione sviluppatasi la sera precedente.
 - Ok - rispose May rassegnata . 
Spinse la porticina aprendola alla villa interna. Subito le due chimere, con un "permesso" ad alta voce, entrarono passando oltre. May si stava apprestando ad entrare quando Alphonse le prese la mano.
 - May - disse cercando di trovare la forza per chiedere il perchè delle sue tante domande - perchè la notte scorsa mi hai ingnorato?
Lei si girò e, per nulla disturbata, lo guardò negli occhi. 
Esattamente come prima l'effetto di quegli occhi causò in Al le solite sensazioni.
 - Mia zia, Al - disse lei, cercando di non farsi sentire dalle chimere - ma ora che tu sei qua con me va tutto bene. 
 - Anche ieri sera ero con te, ma non mi è sembrato andasse 
tutto bene.
 - Lo so, scusami - rispose lei, con le lacrime agli occhi - ma tu, tu non sai cosa può fare lei. E' malefica. Mi costringe a non parlare con nessuno non sia secondo lei un buon marito.

Cominciò a piangere, mentre si strinse ad Alphonse e lui, per rassicurarla, la abbracciò a sua volta.


E ora l'ho fatta piangere. Fantastico. Come diavolo ho fatto a non accorgermi della grassa signora?
In effetti era proprio lei che, con quella voce stridula, esortava May ieri sera. Ma perchè ce l'ha con me?


May diede un bacio semplice ad Al sul collo. 

Possibile che mi abbia sempre amato e che io non me ne sia reso conto?
 
Si staccarono da quell'abbraccio ed entrarono nella villa. Il selciato che portava alla grande veranda in legno era piuttosto pulito, delimitato da ciottoli di fiume dal giardino. La veranda si estendeva per tutto il lato nord della casa ed era coperta da un grazioso portico in legno. L'interno della villa non era visibile anche se mascherato solo da porte scorrevoli di carta e listoncini di legno. All'interno e all'esterno piccole lampade di carta rompevano l'ordine dando al tutto un po' di movimento. Il giardino era ben curato e al centro era scavato un bellissimo stagno. 


Ovviamente una villa degna di una nobile casata.

Le due chimere stavano ancora passeggiando lungo il selciato quando si aprì una porta scorrevole. Alphonse non riuscì immediatamente ad intuire chi fosse la figura sulla soglia e dovtte spostarsi leggermente a destra. Una figura anziana e con occhi vacui stava fissando May Chang oltre le chimere. Portava abiti eleganti e sandali rialzati, aveva i capelli legati a codino e segni della calvizia stavano irrompendo sul suo capo.
L'espressione truce dela suo viso era di indubbia origine. Forse per l'umore forse per la vecchiaia quel vecchietto sembrava davvero furioso.
 - Alla buon ora sei tornata - disse con voce roca e profonda, inadeguata per la stazza dell'omino.
 - Si, zio - rispose May inchinandosi. 

Alphonse e le chimere fecero altrettando, seguendo gli usi sconosciuti di quella casa e cercando di imitare al meglio i comportamenti di May.
Lo zio annuì borbottando per poi voltarsi e chiudere la porta alle sue spalle. I tre erano rimasti sorpresi dall'autorità dell'uomo che, seppur piccolo, sembrara riuscisse a farsi rispettare da chiunque.


Assomiglia un po' a Olivier Armstrong. 
No, lei è molto più cinica e malvagia.


- Entriamo - disse May - così faremo le dovute presentazioni. 

La parola presentazione non gli era mai piaciuta. Sin da piccolo aveva avuto difficoltà a presentarsi. All'asilo aveva addocchiato una bambina, ad esempio, e per giorni e giorni aveva provato al presentazione assieme ai gatti del suo quartiere. I gatti non davano problemi. Ti ascoltavano, ti guardavano e ti facevano le fusa in braccio. Le bambine invece...

- Dai! Non rimanere lì impalato! - disse May che, recuperato il sorriso, lo trascinò sino alla porta d'ingresso. 

Al abbandonò decisamente la strada del coraggio e intraprese quella del panico.Fu evidente. Paonazzo, cercò di biascicare qualche parola a May per scusarsi ma non ci riuscì.
Il carattere forte di May che pochi attimi prima era crollato di fronte alle sconosciute angherie della zia ora era diventato più forte di quello di Ed infuriato.

May aprì la porta scorrevole. L'interno era in legno rivestito ed era presumibilmente un soggiorno. Un tavolino in mogano regnava sovrano al centro circondato da cuscinetti color seppia. Una grossa lampada di carta con incisi alcuni simboli si abbassava sino ad alcuni centimetri dal tavolo al soffitto. Il vecchio signore che poco prima era apparso sulla soglia era seduto su un cuscinetto e stava scrutando i nuovi arrivati.

- Tu! - esclamò indicando Alphonse - chi sei?
Alphonse biascicò qualche parola prima di diventare rosso in viso e rinunciare definitivamente a fare una figura seria davanti agli Zii di May.

 - E' Alphonse Elric, zio - rispose May - colui che mi ha salvato la vita ad Amestris.

La dichiarazione di May fece calare sul locale il silenzio. Dopo alcuni attimi lo zio di May si alzò si avvicinò ad Al, sempre scrutandolo con aria piuttosto minacciosa.

 - Bene! - disse cambiando improvvisamente umore e allargando sulla sua faccia un gran sorriso - Benvenuto in casa Chang!

Persino May rimase stupita dalla reazione dello zio. Probabilmente non era sempre così.

 - La zia? - chiese lei a bassa voce.

 - Ah! Quella vecchia megera che tu chiami zia se ne è andata per amestris stamattina - rispose lo zio ridendo - tornerà tra una settimana, sempre se il suo culo grasso riesca a passare per l'entrata del vagone ferroviario. 

Sia May che suo zio risero di gusto. 


Uhm, la odiano proprio tutti questa zia. 

- Oh ma che sbadato che sono! - disse il vecchio rivolto ad Al - Devo ancora presentarmi! Piacere, Zhao Chang Terzo, ma puoi chiamarmi benissimo Zhao.
La mano robusta e callosa dello zio rimase a mezz'aria per mezzo secondo. Immediatamente Al la strinse con vigore e i due si scambiarono sorrisi. 


Il panico è andato, ok.

Lo zio li fece accomodare, si presentò a Jelso e Zampano e, nonostante fosse ancora tardo pomeriggio, ordinò del cibo ad uno dei sui servi. Ad Alphonse non piaceva molto stare a sedere con le ginocchia sotto il sedere ma si adattò, conscio del fatto che avrebbe dovuto passare i prossimi mesi seduti in quel modo. Una volta portata la cena i cinque presero a mangiare e parlottare. Al notò che May era piuttosto felice. La presenza della zia era talmente intensa che il solo pensarci l'aveva resa triste. 

Che zia megera.

Alla fine della cena i piatti vennero portati via e Zhao accese alcuni incensi nel salone. Subito un forte odore di lavanda si propagò nell'aria. 
- Allora dimmi Al - chiese Zhao - cosa ti porta qui? 


La ragazza qui a fianco.

- Beh, signore - rispose Al cortese - vorrei imparare l'Arte Rentan per diventare un medico.
Alcuni colpi di tosse provenienti dalle due chimere sottolinearono la falsità dell'affermazione.
- I tuoi amici non la pensano come te - rispose lesto Zhao, alzando il sopracciglio destro e allargando il sorriso. 
Le due chimere stavano probabilmente molto simpatiche a Zhao. Avevano gli stessi gusti in fatto di cibo e probabilmente Zhao non aveva ancora recepito l'idea di permanenza dei due per alcuni giorni. Probabilmente il cibo avrebbe cominciato a scarseggiare già nei primi due o tre giorni.

Sia Zhao che May attendevano risposta. Quest'ultima aveva appoggiato l'incenso con cui stava giocando sovrappensiero e stava osservando Al dritto negli occhi.


Ah, non mi puoi fare questo - pensò Al. Il fatto che quello sguardo così attraente e così profondo fosse posato su di lui non aiutava certo a mentire.

Di conseguenza decise di smetterla di mentire e, così come aveva fatto con Jelso e Zampano la notte scorsa, disse esattamente la verità.

- Sono venuto qui per incontrare la ragazza che...amo.

Zhao non rimase affatto sorpreso dalla dichiarazione. 

- E l'hai trovata? - domandò a bruciapelo il vecchio.

Alphonse biascicò qualche parola, troppo imbarazzato epr dire la verità davanti allo zio di May.

L'assenza di riposte fece probabilmente infuriare May che si alzò e, più cortesemente possibile, si congedò e si diresse verso camera sua. 

- Eh, strana cosa l'amore, mio caro ragazzo - fece lo zio mentre May, a grandi falcate, abbandonava il salotto - prima ti stringe e poi ti abbandona...

Non appena la porta scorrevole fu chiusa dietro May Zhao rimase in silenzio, fissando Al negli occhi. Quest'ultimo era in evidente stato confusionale. Non sapeva se inseguire May o rimanere a conversare con lo zio.

Zhao stava guardando Al con uno sguardo indagatoria e complice. Probabilmente era un signore più affabile di quanto dava a vedere. 

- Credi che questo vecchio non sappia riconoscere la verità quando gli si para davanti agli occhi? - disse lo zio in mdo solenne.

 - 
Vai - sussurrò subito dopo.

Alphonse capì. Si alzò di fretta, si congedò con le chimere che rimasero ancora un po' a parlare con Zhao e si avviò verso il labirinto di stanze e sale della villa. I passi di May potevano sentirsi chiaramente sul soffitto, probabilmente stava camminando con i talloni. Al seguì i passi, salì le scale di legno che portavano al piano superiore. Cercò May per alcuni minuti in tutte quelle stanze non riuscendo però a trovarla. 
Stava per rassegnarsi al doverla incontrare il mattino seguente quando un odore lo fece rinsavire. 


L'odore di May!

Seguì come meglio poteva l'odore di incenso e lavanda.
In alcuni tratti era più forte, in altri era decisamente debole. Seguendo l'odore di may si trovò davanti ad una stanza già vista molte volte.
Aprì la porta scorrevole e May era lì, in tutta la sua bellezza, di spalle. La schiena stava avendo dei sussulti. Probabilmente stava piangendo.

- May? - domando Al - posso entrare ?


Che scemo che sono. Gli chiedo anche il permesso.

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Avanzò passo dopo passo fino ad arrivare ad un metro da lei.

- May - disse piano - ti devo dire la verità.

Lei smise per un attimo di singhiozzare, come in attesa di una scusa.




 - Oggi ti ho persa per alcuni minuti. Mi sono sentito perso. Ti ho cercata per tutte queste stanze e non ti ho trovata. Poi ho sentito il tuo odore. L'odore che non dimentico dal giorno in cui ti ho incontrata. Vuoi sapere perché? Perchè mi ci sono voluti sei anni da armatura e due mesi e due anni di riabilizatione in umano per trovare l'ultimo pezzo della mia anima. Pensavo che nel mio corpo di armatura la mia anima fosse legata semplicemente al mio corpo di metallo. Non era così. Non mi serviva l'alchimia per esssere speciale. Non mi serviva la trasmutazione per avere indietro il mio corpo...




Si voltò.




 - Mi servivi tu May Chang. Perchè? Perchè io ti amo e ti amerò per sempre. Amerò i tuoi occhi, il tuo viso, la tua voce. Amerò ogni parte di te, sopratutto al tua anima. Perchè la tua anima ha un pezzo della mia anima. La tua anima ha il mio cuore.



Si avvicinò a lui, il volto segnato dalle lacrime che correvano lente sulle guance. Al sollevò una mano per asciugarle, poi però si chinò leggermente e le baciò. Baciò ogni lacrima versata da May. 


Quando infine arrivò sulle labbrò le baciò. May si lasciò baciare portando le mani sulla vita di Al, leggere. Al si allontanò pochi centrimetri. Si allontanò giusto per alzare delicatamente quel viso e fissare gli occhi di May. Quegli occhi che ora, sgonfi di lascrime, erano ancora più belli. 





Son venuto qui da Amestris per incontrare la ragazza che amo.




Son venuto fin qua per incontrarti, May Chang.




Tu sei la ragazza che amo.





 

Le loro labbra si incontrarono una volta, poi un altra ancora, e un altra ancora. Per tutta la notte Al asciugò le lacrime della sua anima abbracciato a May Chang, la ragazza che amava.





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Un altro capitolo terminato sul sorriso sulle labbra.

Fine quinto capitolo. 

Spero di non aver fatto piangere nessuno. Mi scuserò via PM ai diretti interessati.

Al prossimo capitolo.

Arglist

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Capitolo 7
*** Raccordo 1 : Separazione. ***


Buongiorno cari lettori e lettrici. Mi scusa in anticipo per la mancanza di aggiornamenti ma ho avuto da fare. Leggiamoci questo capitolo, le notizie tristi alla fine.

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Si poteva affermare che il signor Zhao fosse un uomo aperto a nuovi arrivati e a nuove usanze, purchè non si toccasse la famiglia e la dinastia. Il corteggiamento di Al aveva subito fatto nascere dei limiti alla frequentazione con May che dovevano essere rigidamente rispettati. A Xing l'uomo corteggiatore doveva condurre per i primi tre giorni una vita totalmente distaccata dalla donna amata. Durante il giorno non doveva dimostrare nei suoi confronti alcun amore o affetto, doveva trattarla semplicemente da coinquilina. La notte l'uomo doveva infilarsi di nasconto nella camera della donna e uscirne la mattina seguente senza essere visto. Solo dopo la terza notte l'uomo poteva rimanere con l'amata fino al pomeriggio e decretare così il suo ufficiale fidanzamento.
Alphonse ascoltava incuriosito e imbarazzato ciò che il signor Zhao gli stava dicendo. Erano seduti al tavolo da pranzo e una serva stava portando il cibo. Persino Zampano e Jelso avevano preso gusto nella storia e stavano ascoltando rapiti. L'unica che sembrava indifferente alle nuove regole era May, probabilmente le aveva già sentite varie volte.

- Una volta che sarai riuscito a passare la terza notte nell camera dell'amata sarai ufficialmente fidanzato – disse con un topo lievemente allegro Zhao.
- E una volta fidanzati - chiese Al sul vago - dovrò sostenere altre prove?
- No, una volta fidanzati dovrai semplicemente essere te stesso. Ovviamente - specificò lo zio - non potrai rinunciare alla donna scelta per almeno un anno e un giorno.
Alphonse si girò ad ammirare May che stava mangiando distrattamente degli spaghetti alle verdure.

Erano passate alcune ore da quando si era svegliato con lei al suo fianco, il corpo indolenzito al dormire per terra. Avevano dormito per tutta la notte su una stoia per terra, con un piccolo panno a fare da materasso. May si era addormentata sul suo torace nel tentativo di cullarsi ascoltando il respiro dell'amato. La mattina presto Al era stato risvegliato dai raggi del sole che fiocamente passavano attraverso le porte di carta scorrevoli. Cercando di non svegliare May si era alzato, si era cambiato e aveva fatto colazione. Nella cucina aveva trovato lo zio alle prese con un venditore di pesce a domicilio. La cucina era un luogo piuttosto particolare. Ogni cucchiaio, coltello o pentolone era unico nel suo genere ed era decorato da vari simboli e stigmi di varia provenienza. Evidentemente lo zio aveva un innnata passine per la cucina.
Una volta terminato il pranzo i tre si diressero, congedandosi, al portone. Pur avendo già passato un giorno a casa di May le vite dei due amanti dovevano rimanere rigorosamente separate. Passarono attraverso la terrazza in legno e proseguirono per il sentiero acciottolato. Arrivati al portone in legno udirono la voce di May che li chiamava.
- Aspettate! - esclamò. May arrivò dai tre col fiatone. Probabilmente si era ricordata di qualcosa che aveva tralasciato durante il pranzo.
- Questo portone - disse senza fiato - è un po' complicato da aprire.
Spinge verso l'esterno la maniglia, gli diede una spallata e il portone si aprì mugolando. 
- Bisogna avere una certa esperienza, sapete - disse vaga.
Le chimere salutarono la ragazza, promettendo di ripassare per mangiare qualcosa. Al rimase invece sulla soglia.
- Sai May - disse rivolto verso la ragazza mora - non riesco a credere che proprio ora che ti ho ritrovato ti debba già lasciare. Quelle parole lo fecero arrossire, sapeva però di doverlo dire.
- Non ti preoccupare Al - disse lei, avvicinandosi a lui - devi solo aspettare fino a sera.
- Devo ammettere che questo è ciò che mi preoccupa - disse lui abbracciandola.
- Tranquillo, sarà più semplice di quanto credi - sussurrò lei per poi dargli un bacio sul collo.
I due amanti si staccarono dall'abbraccio lentamente. Ad Al la separazione non era mai piaciuta. Salutò May mentre questa si apprestava a chiudere il portone e le scoccò un bacio. Affrettò il passo per raggiungere le due chimere che si erano già incamminate per il palazzo imperiale. Inevitabilmente pensò a casa sua.


Chissà come stanno il fratellone e Winry...


 

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Da ascoltare mentre si legge

 

La casa in legno era silenziosa come non mai sotto i raggi del caldo sole di mezzogiorno. La cucina era appena stata pulita, il parquet risplendeva sotto la luce delle finestre lucido di cera appena data. Il tavolo era ornato di fiori nuovi, delle valeriane presumibilmente che emanavano un odore piacevole. Le sedie erano disposte ordinatamente, una piccola tovaglia aggiungeva quel tocco di bianco che dava all'ambiente una sensazione di freschezza. Il gatto grigio, piccolo e paffuto si alzò sbadigliando dal divano sul quale stava acciottolato. Per sua fortuna la leggera corrente tra finestra e finestra rendeva possibile il sonno, cosa che a Central non succedeva mai. Balzò sul pavimento del salotto e impiegò qualche attimo per capire quale ragione era così scivoloso. Si avviò verso l'ingresso seguendo l'odore dei suoi padroni. La porta dell'ingresso era aperta per tre quarti e lasciava entrare in casa il profumo del prato in fiore. Arrivato sulla veranda si avvicinò all'albero maestoso del suo giardino. Amava farsi le unghie su quell'albero, riusciva persino a divertirsi e nascondersi dal padrone furente. Con un balzo raggiunse le gambe della padrona. Stava seduta accoccolata al padrone, godendosi quel momento di pace e tranquillità. 
-
Ancora quel gattaccio - esclamò il padrone scocciato.
-
Se tu fossi più gentile con lui - sussurrò la padrona - forse non sareste così nemici. Cominciò a fare le carezze al gatto che si acciambellò e emise le fusa. Il padrone sollevò la testa, rivolta al cielo azzurro macchiato da nuvole bianche a pois. 
- Winry - sussurrò lui, baciando il collo della sua fidanzata - dobbiamo chiamare Al.
- Questo pomeriggio potrai chiamarlo Ed - rispose lei sussurrando e continuando a coccolare il gatto - ora non c'è corrente in casa.
Edward alzò la testa osservando il panorama che offriva Razembool a mezzogiorno.




Chissà come sta Alphonse.



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Mi spiace per il capitollo blando, non è da me scrivere così poco. Spero vi sia piaciuto. Aspetto le due recensioni puntali come l'orologio. Sulle altre non ci spero più.
I grazie vanno come sempre a Roy Mustang e Hummingbird.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 : La prima di una lunga serie di notti ***


Buongiorno cari lettori! Dopo una breve vacanza alle isole greche torno da voi con un nuovo capitolo. Spero vi piaccia.

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La notte era scesa da alcune ore sulla città di Song Do, il rumore e il ritmo della vita giornaliera stavano via via scemando. Le strade che durante il giorno erano piene di abili mercanti ora facevano spazio a carri pieni di merce diretti ai magazzini. Alcuni mercanti si erano attardati nella vendita delle loro stoffe e stavano riponendo ordinatamente le merci sui loro cavalli e somari, facendo mente locale dei ricavi di quella giornata. Tutti i mercanti erano vestiti in modo elegante, con vestiti lunghi spesso di colori vivaci ornati da decorazioni antropomorfe o floreali. Probabilmente lo stile di ogni mercante, nella sua originalità, riusciva a far ricordare meglio ai clienti chi gli aveva venduto le merci. Quando anche l'ultimo mercante finì di riporre le sue merci e si avviò verso casa una figura sospetta fece capolino alla fine della strada. 

La luce dei lampioni a intermittenza rendeva quella figura ancor più difficile da individuare anche se non si muoveva furtivamente né cercava di nascondersi. I suoi movimenti erano piuttosto goffi, sicuramente non era un ladro. Guardandosi intorno attentamente si infilò in un vicolo buio, lasciando la cappa sdrucita svolazzare alla corrente.

I suoi movimenti erano piuttosto banali - disse a voce bassa la figura accucciata sul dojo di fronte alla strada dei mercanti - Continuo a seguire l'obiettivo.
Assicurandosi che il registratore fosse acceso lo rispose accuratamente nella tasca della lunga giubba che portava. Controllò per l'ennesima volta che i pugnali ci fossero tutti, li osservò per l'ennesima volta come faceva tutte le volte che usciva in missione e, per l'ennesima volta, caricò e scaricò il lungo fucile che teneva adagiato su un ginocchio, come faceva tutte le volte. Il fucile era simile a quello utilizzato durante la guerra di Ishbar, in legno levigato con canna in ferro temprato e calcio rivestito in pelle. Era dotato di un bipote uncinato probabilmente adatto al corpo a corpo. Un canocchiale faceva capolino sull'asse verticale della canna. Probabilmente era un fucile di precisione, lavorato a mano da un artigiano di talento per renderlo un pezzo unico.

La figura scura continuò a passeggiare con fare discreto, sebbene maldestro, lungo i vicoli bui e silenziosi del quartiere ricco di Song Do, facendo attenzione a non provocare alcun rumore. Ogni passo rieccheggiava, data la dimensione della stanza, lungo le pareti perpendicolari al terreno, rendendolo facile da seguire al cacciatore sul tetto. Si diresse verso una casa piuttosto elegante, difesa da un muro di cinta alto circa due metri. Arrivato davanti al muro si guarda intorno, forse sorpreso dal non trovare nessuno.


Un battito di mani rieccheggia nella notte.


- Finalmente sono arrivato - sospira Alphonse Elric passando oltre il varco nel muro di cinta di casa Chang. Svegliarsi a tarda notte non era un problema per lui, d'altronde l'aveva fatto più volte seguendo gli ordini di Edward quando era ancora un armatura. Si guardò intorno con aria discreta, dopodichè appoggiò il braccio destro a lato del varco e con una piccola trasmutazione lo richiuse.

Domani qualcuno se ne accorgerà sicuramente, forse May stessa.

Continuò il suo percorso dirigendosi verso la veranda che seguiva il perimetro della casa, poggiando le scarpe di cuoio marrone sul giardino ben curato. Aveva ottenuto la cappa che teneva sulla spalle da un viandante, sostituendola con la sua, assai più vistosa e sfarzosa. Grazie ad essa era riuscito a confondersi tra le poche persone che ancora popolavano le strade, incrociando sporadicamente i loro sguardi indagatori. Nonostante si fosse avviato con coraggio verso casa di May aveva volutamente allungato il percorso per pensare a ciò che stava facendo. Nonostante il suo amore per May fosse totalmente sincero era condizionato dalla zia, probabilmente non avrebbe mai accettato una relazione tra i due. Oramai era però arrivato sulla soglia della porta di casa Chang, e doveva quindi far ricordo a tutto il suo sangue freddo per arrivare a casa di May. Alzò lentamente la mano sinistra, ancora impolverata dalla cappa che teneva sulle spalle. Strinse con decisione il listello di legno che teneva tirata la carta della porta e la tirò facendola scorrere lentamente.

Il soggiorno era ordinato e pulito. I cuscinetti sui quali si sedeva per mangiare erano ordnati e ognuno equidistante dall'altro. Il tavolo in mogano nero lucidato e privo di ogni ornamento. Il silenzio regnava sovrano, sconfitto solo da alcuni rumori provocati dal legno. Alphonse si tolse le scarpe e le prese in mano. La suola avrebbe fatto rumore sul legno, mentre la calza attutiva il rumore dei passi. Cerco vagamente di ricordare che strada aveva fatto per raggiungere camera di May, escludendo le volte che aveva sbagliato o che si era trovato di fronte ad un vicolo cieco. Attraversò tutto il soggiorno e cominciò a percorrere l'intricato sentiero che conduceva alla camera della sua amata. In pochi secondi fu davanti alla porta che lo separava dalla donna che aveva sempre sognato.

Spero che May sia di là. Chissà se è vestita. Magari sta dormendo e la sveglio. E se la svegliassi entrando? Se si mettesse ad urlare non riconoscendomi? E se fosse nuda? 

Un rossore di imbarazzo vinse il suo volto, scacciato immediatamente da pensieri più nobili.

Deglutì e si rese conto che le mani gli tremavano, cominciarono le palpitazioni. Fece scorrere la porta senza guardare cosa la camera aveva al suo interno e la richiuse voltandosi. Lentamente ebbe il coraggio di girarsi e guardare cosa aveva di fronte.

 - Al..Alphonse - fece la voce di May dietro di lui, flebile come un sussurro. Prima di riuscire a voltarsi una mano calda gli toccò il petto, stringendolo. Il corpo di May si avvolse a lui, poggiando il suo corpo sul suo come se volesse fondersi. Il suo profumo giunse ad Al che lo ispirò senza fare rumore, inebriato e felice. La sua paura era scomparsa, lasciando il posto a May in tutta la sua dolcezza.

Mi stava aspettando.

 - Sei venuto come avevi detto - disse lei, muovendo le labbra sulla sua schiena. Lentamente gli sfilò il gilet marrone, la camicia, sempre restando dietro di lui. Coperto d'imbarazzo Al borbottò delle scuse quando sfiorò un seno di lei, nudo. Improvvisamente le mani di lei lo fecero voltare, trascinandolo in un bacio appassionato e ricco di emozioni. Lui riuscì a vedere solo per pochi istanti il suo corpo nudo, lasciandosi vincere subito dopo da quel bacio. Lei lo tirò sul sottile materassino al centro della stanza, avvolgendo attorno al ragazzo le braccia, accarezzando gli angoli del corpo che per troppo tempo aveva visto sotto gli abiti. Alphonse continuò a baciarla con passione, non fece neanche attenzione alla mano che scendeva verso l'inguine andando a togliere i pantaloni e a far scorrere le mutande. Non sapendo come né quando la penetrò nel momento perfetto con dolcezza. Continuò a muoversi in modo disordinato baciandola, non era importante il sesso di per sé, era importante entrare dentro May. Desiderava stringerla finchè il corpo non avesse ceduto e liberato così la sua anima. 

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Mi dispiace aver scitto un capitolo così blando e povero di quelle cose che rendevano carini il mio modo di scrivere, ma volevo allenarmi un po' e vedere cosa ne pensavate.
Grazie per avermi dedicato del tempo.

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Capitolo 9
*** Finale ***


Dopo mesi di lunga assenza termino qua la mia prima storia, probabilmente una fine non sentita e arrivata di sorpresa. Compio questa brutta azione perché ultimamente riesco a stare sempre meno sul pc, non vorrei perdere anche quei pochi recensori affezionati. 

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Stava piovendo a Rasembool, un temporale inaspettato che aveva lasciato tutti chiusi in casa e fatto rinunciare ai bei pic-nic nei parchi e alle vacanze al lago. Dall'interno della casetta a doppia falda di casa Rockbell il temporale sembrava ancor più noioso di quanto in realtà non fosse, la pioggia e il suo picchiettare sulle finestre rendevano vano ogni tentativo di distrarsi dei due coinquilini. Edward stava leggendo il giornale; cosa che faceva di rado dato che non si parlava d'altro oltre alla fine dell'età militare di Amestris, dei rapporti commerciali e di altre notizie poco interessanti, ma ben più rassicuranti -  mentre Winry stava cucendo una presina da cucina in lana grossa, intrecciando i fili rossi e gialli di cotone grosso. Il tutto si stava svolgendo nel più rituale dei silenzi, con il ticchettio dei ferri da cucito di Winry e lo sfogliare pigro di Edward che interrompevano il ticchettio della pioggia. 
Edward mugugnò qualcosa sfogliando la solita pagina sportiva; Winry alzò leggermente la testa come se avesse già capito che Lui voleva richiamare la sua attenzione.
- Pensi che dovrei chiamarlo? - disse lui, gli occhi ancora incollati al giornale.
Winry riabbassò leggermente lo sguardo, osservando vagamente ciò che stava facendo e continuando a sferruzzare.
- Beh, non sarebbe male – disse lei dopo alcuni secondi. Forse proprio per dare ad Edward l'impressione di una scelta difficile. 
Lui alzò finalmente lo sguardo, mostrando occhi, prima privi di qualunque interesse, accendersi dall'emozione.

Probabilmente ci avrà pensato tutta notte, ma non voleva sembrare una femminuccia - pensò tra sè la ragazza bionda - Naah, che sto pensando. Probabilmente non sa come iniziare il discorso, o ha paura di dire qualcosa di sbagliato.
Sferruzzò ancora. Volerlo di nuovo qui dopo due settimane dalla sua partenza sarebbe come forzare il suo ritorno. Sono sicura che non vuole farlo. 

Edward si alzò lasciando la pagina del giornale aperta sul tavolo - un nuovo ristorante aveva subito una rapina di svariati beni - e, pigramente, trascinò le sue gambe fino alla cornetta nera del telefono. Spinse pazientemente i tasti del telefono. Winry seguì il ragazzo di sottecchi dopodiché, una volta che Ed ebbe preso la cornetta in mano, alzò il viso, appoggiando i ferri e la presina sulle ginocchia. La stanza, illuminata dalla luce gialla del lampadario, dava al mobilio un tocco leggermente vintage. I due divanetti bordeaux spento, il tavolino ovale in legno di frassino tra i due, il parquet un po' rovinato dalle continue cadute dei pezzi di metallo, sembrava che tutto fosse rimasto uguale dalla partenza di Al. In realtà Ed si era dato da fare, risistemando man mano tutti i mobili, riverniciando le pareti esterne e riparando gli scuri che ormai stavano nei cardini per grazia divina.

Edward rimase in attesa con la cornetta leggermente staccata dall'orecchio, con una mano che tamburellava sul'angolo del muro.

La pioggia fuori, sempre presente, sembrava anch'essa in ascolto.


 

***


Alphonse Elric si alzò violentemente dal suo cuscinetto, sul quale era inginocchiato. Abbandonò la zuppa di Miso con ancora il cucchiaio immerso al suo interno, il vapore caldo seguì la sua scia fino a diventare tutt'uno con l'aria tiepida della stanza. May Chang rimase con mezza bacchetta di legno in bocca, osservando Al che si muoveva come un fulmine imbrigliato verso il telefono a parete. Persino lo Zio si era spaventato a quella razione, rovesciando accidentalmente un po' di sake oltre la tazzina di porcellana verde fantasia ( si era ripreso subito dopo, borbottando qualcosa e appoggiando la brocchetta al tavolo ).

E' Edward, ne sono sicurissimo.

Alzò la cornetta telefonica beige e appoggiò l'orecchio all'apparecchio. May Chang lo osservò attenta. Il suo viso si dipinse di felicità. Probabilmente era suo fratello. Ascoltò la voce di Al incrinarsi leggermente, dopodiché tornò a dedicarsi alla zuppa che aveva lasciato a metà il suo fidanzato. Si gustò i cubetti di Miso, mentre con un orecchio stava ad ascoltare, discreta, la conversazione al telefono. Dopo alcuni minuti Alphonse tornò a sedersi, emettendo un tonfo nel momento nel quale le sue ginocchia toccarono il pavimento. Riprese a mangiare felice come un bambino al quale è appena stato dato un lecca-lecca. Dopo che il primo boccone di pollo sparì tra i suoi denti, la sua fidanzata ruppe il silenzio. 
- Allora, chi era? - disse nascondendo male la curiosità, trasformatasi in entusiasmo puro. 

 

***
 

Edward Elric appoggiò la cornetta al supporto dopodiché sospirò e, con passo egualmente pigro a quello della partenza, tornò a sedersi sul divano bordeaux davanti alla sua fidanzata. Piegò la schiena in avanti e riprese a fogliare il giornale. Winry aspettò che la prima pagina fu sfogliata per cominciare a parlare, lasciando i ferretti sulle sue ginocchia e chinandosi leggermente in avanti.
- Allora, che ti ha detto? - disse calma e dolce.
- Naah, nulla. - fece vago lui. 
Winry attese un attimo, sostenendo lo sguardo sul capo di Ed, sicura che prima o poi avrebbe ceduto e gli avrebbe raccontato tutto. E così fu. Si potevano dire un sacco di cose su Edward, ma non che poteva resistere agli sguardi di Winry. 
- Ha trovato May Chang - disse dopo un lungo silenzio, con lo sguardo basso - E sta imparando l'alkhanestry - concluse alzando lo sguardo. Il tempo di reazione di Edward fu inferiore al millesimo di secondo. Vide gli occhi di lei, ingoiò la saliva che si stava raggruppando nella bocca in attesa di quel momento e disse a l'inquisitrice Winry tutto ciò che voleva sapere, tra urletti entusiasti che riecheggiavano da fuori la casa. 
 

***
 

Mi spiace molto terminare in modo così strano la mia prima parte di storia, anche perché son consapevole di aver lasciato molti interrogativi che si andranno via via a terminare nella seconda parte.
Faccio questa scelta perchè mi risulta molto difficile scrivere in questi momenti, tra l'università e tutto. Spero non dispiaccia troppo.
Grazie per aver seguito questa storia. Yari "Arglist"

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