a place in this world for me. di _BlueShadows (/viewuser.php?uid=197324)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** arrivederci. ***
Capitolo 2: *** ti ricordi? ***
Capitolo 3: *** New York. ***
Capitolo 4: *** il ragazzo dell'Upper East Side. ***
Capitolo 1 *** arrivederci. ***
Il
vento ulula tra gli alberi rompendo il silenzio che ora avvolge il
vialetto di casa mia,una villetta di un giallo canarino
irritante,tuttavia non riesco a non poggiarmi alle sua mura.Ci sono
troppi ricordi che vorrei lasciare al suo interno,farli appassire nel
sottoscala,bruciarli nel piccolo camino perennamente sporco di
fuliggine...
Afferro
con forza la grossa valigia marrone fino a far sbiancare le nocche
delle mie mani,il mio cervello non ha ancora impartito l'ordine
alle gambe di muoversi e rimango sotto la soglia ad aspettare
il nulla.Quando comincio a solcare a grandi falcate la stradicciola che
separa me stessa dal portoncino di legno, che mi
farà uscire completamente dal mio passato, un fiume di
emozioni attraversa la mia testa rintronita e se non fosse
per la piccola figura che mi aspetta in strada davanti un vecchio pick
up rosso ,rimarrei a fissare le foglie ingiallite dall'autunno
perdendomi in riflessioni che non seguono un filo
logico.Bensì credo che vogliano solo incitare la mia mente a
rimanere inpigliata nei ricordi.
Il
volto di mia madre è più scavato del
solito,pallido,sudato,e inevitabilmente sbronzo.Mi
avvicino a lei con un sospiro malcelato e le porgo il bagaglio
aiutandola ad infilarlo nell'auto.<< credevo che avessimo
finito con il prenderci in giro a vicenda >> sbotto
alludendo al puzzo di alcol che proviene dalla sua bocca,lei mi fissa
con i suoi occhi verdi e smarriti << Emma ti prego
è più difficile di quanto pensi..
>> la sua voce è roca,spezzata,e solo ora mi
accorgo che probabilmente sarebbe stata l'ultima volta che l'avrei
vista quell'anno.
<<
scusami mamma...ho solo paura che potresti stare male..
>>Lei fa un sorriso sghembo poi mi abbraccia
stretta,profuma ancora di torta di mele...anche se l'odore di vodka
è più forte. << ti ho
detto che Jake mi controllerà ventiquattro ore su
ventiquattro,sarà più bravo di te in questo.
>> Penso al viso paffuto e simpatico del nostro vicino,
l'uomo che tiene più a cuore la salute di mia madre che la
sua e non ha mai nascosto i suoi sentimenti verso di lei,se
è per questo.Mi stacco fingendomi oltraggiata, poi scoppio a
ridere e le stringo la mano << ricorda che nessuno
potrà sostituire la tua assillante figlia ,signora Margareth
,anche se ora vivrò a più di un giorno dal tuo
naso. >> dico con tono di superiorità.Vedo per
un attimo un ombra balenarle negli occhi poi sbuffa e mi scompiglia i
capelli << forza,che è tardi e il treno
partirà tra meno di un'ora. >>
M'infilo
nel posto del guidatore quando lei mi tira per un
braccio:<< sono ancora sobria per guidare,tesoro.Voglio
che ti godi il viaggio. >>
Capisco
cosa intende,vedere le strade della mia infanzia per l'ultima volta
sarà un duro colpo da sopportare.Osservo il piccolo giardino
malcurato della residenza Tomphson ,il barbecue ancora fumante della
notte scorsa per salutare amici e conoscenti e il piccolo cuore
intagliato nell'albero accanto all'ingresso ,con l'iniziale mia e di
mio padre.
Reprimo
una lacrima,poi m'infilo le cuffie nelle orecchie e chiudo
gli occhi.
La
stazione non è molto affollata,quindi non ci mettiamo molto
a raggiungere il mio binario.Tengo in mano il biglietto di sola andata
che ho comprato con ill mio stipendio di barista e lo stringo nel palmo
senza stropicciarlo,anche se la voglia è fortissima.Quando
il treno con uno sbuffo si adagia sulle traversine cigolando,il mio
cuore cerca di schizzarmi dal petto.Mia madre si stringe a me e mi
guarda ,gli occhi sono lucidi e riesco quasi ad intravedere una lacrima
rotolarle lungo le ciglia.
Ora,io
non sono il tipo di persona che mostra la sua sensibilità
attraverso le lacrime,è una mania che possiedo sin da
bambina tenendomi tutto dentro,sfogandomi con la rabbia.Non
riesco però a vedere gli altri piangere,soprattutto se una
di quelli è mia madre.<< Forza non fare la
stupida ... >> balbetto mentre l'acqua riga le mie
guancie in fiamme.E in quel momento,Emma la forte,Emma la diciottenne
che ha sempre contato solo e unicamente su se stessa, Emma che si era
promessa e ripromessa che alla sua partenza non avrebbe cacciato una
lacrima dai propri occhi,crolla come un muro.
Riesco
a staccarmi dall'abbraccio di mia madre solo all'ultima chiamata del
conducente,poi prendo posto vicino al finestrino.Lei,da fuori, si alza
sulle punte appoggiandosi al vetro << ti sei
scritta l'indirizzo di Johanna ?Ricordati di chiamare appena arrivi e
dimmi se ti trovi bene...oh!controlla subito se quel bastardo di tuo
padre ha lasciato un messaggio sul tuo cellulare appena sei in città.
>>
Faccio
finta di non ascoltare l'ultima frase e le stringo con forza le dita.
Non
vorrei lasciarle quando sento il treno muoversi,ma è stesso
mia madre a togliere la presa e, con un sorriso, articola una
frase che non comprendo essendo coperta dal rumore assordante
della campana di partenza.La saluto tamburellando sul vetro
con forza,poi,non appena scompariamo dalla stazione mi siedo poggiando
la testa sullo schienale,esausta.
Dopo
una decina di minuti che il vagone ha cominciato a sussultare,prendo
dalla valigia un quaderno beige sformato dall'enorme
quantità di scartoffie infilate a forza al suo
interno,raccolgo un paio di graffette cadute a terra,poi con la penna
in mano,tremando, do forma ai miei sospiri.
12
ottobre :
Crescere è quando percepisci quel sussurro nel petto che ti
incita a cambiare.
è quando,nonostante tutto il fango che possono buttarti
addosso,cammini a testa alta,insegui il tuo sogno.
Io me ne stavo per accorgere troppo tardi.
E ora un treno mi sta portando via.
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ok ragazzi,questa è
il primo capitolo di questa "storia" non so come
definire...boh (?) vabbè spero che continuerete a
seguirla...perchè sicuramente scriverò un secondo
capitolo..dovremo sapere dove andrà a finire
Emma,no?Spero che vi piacerà...e che questo capitolo vi
invogli a sapere il continuo!! :3
p.s: non ho voluto scrivere il nome della cittadina perchè
non ho avuto il tempo di trovarne una che c'entrasse
"geograficamente" con il luogo in cui è incentrato quasi
tutto il racconto ...
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Capitolo 2 *** ti ricordi? ***
L'uomo dal viso
coperto strattona la bambina verso la macchina nera
posteggiata nel vialetto silenzioso. è arrabbiato,le fa
male, la fa piangere, ma non si ferma.
La ragazzina si
divincola dalla stretta,singhiozza perché il suo vestitino
nuovo si è sporcato di terra ,e lui continua a trascinarla.
Perché? perché si comporta in questo modo? Non
ha quei bei pacchetti colorati di caramelle frizzanti in
mano,non è contento allora .La piccola si dispera ,urla
perché pensa che l'uomo sia diventato sordo all'improvviso...
<<
calmati,non fare rumore che tua madre può
sentirci. Non vuoi che tua madre ci senta vero? >> dice
lui gonfiando il petto affannando, i suoi passi sull'erba sono
silenziosi ma la bambina comincia a calciare ,a lamentarsi.
Non riesce più a piangere." ho perso tutte le lacrime "
pensa allora la ragazzina tronfia di rabbia,alza il volto verso l'uomo
coperto e capisce che non può fare niente contro di lui. Si lascia gettare
nella macchina e si copre gli occhi con le mani. Vorrebbe abbracciare
la sua mamma.
Quando mi sveglio di colpo,sbatto la testa violentemente
contro il poggiatesta. Sento dei brividi corrermi lungo la schiena
e l'aria fa fatica ad entrare senza sforzo nella gola ,poggio
una mano sulla fronte bagnata di sudore. Mi sono addormentata poco dopo
aver scritto quelle poche parole sul quadernetto e la notte ha
già tinto il cielo di cobalto. Mi mordo il labbro
fino a farlo scorticare,la cosa più orribile che la mente
umana possa fare è di trasformare i ricordi
più lontani e repulsivi in sogni che sembra durino ore.
Tuttavia sono abituata alla visita dell'uomo coperto quasi tutte le
volte che chiudo gli occhi,e fa male,malissimo. Perché
quella bambina sono io e non sono mai riuscita a scappare completamente
da quell'incubo. Il mio cervello fa finta di non ricordare quando il
mio istinto cerca di riprodurre la scena,però non riesco a
rimanere indifferente: perché il sogno è stato
più reale delle altre volte?Non mi era mai capitato prima
d'ora e non mi sorprendo se mi trovo ancora in preda ai brividi.
Rimango sveglia tutta la notte convincendomi che non ho più
sonno,anche se la realtà è ben altra:ho paura di
riaddormentarmi,semplice. Quindi rimango a fissare la campagna
chiazzata qua e là da pozze d'acqua stagnante e non
mi meraviglio quando ,non appena la luce del sole torna ad illuminarmi
il viso,vedo le piccole abitazioni della periferia di New York che
cercano d'imporre la loro presenza nel paesaggio. So che non sono
arrivata ancora a destinazione,ma cominciare a percepire il vuoto
causato dall'assenza degli alberi di casa mia mi spinge ad una strana
euforia.
Per ammazzare il tempo e non diventare preda dei miei pensieri ,prendo
il cellulare per controllare se durante la nottata mia madre
ha cercato di contattarmi. Non nascondo la mia espressione seccata
quando vedo il display scheggiato e la tastiera priva di un
paio di tasti inutili,se un Newyorkese lo vedesse non credo che
eviterebbe una sonora risata e mostrerebbe senza troppi complimenti il
suo ultimo modello appena uscito in commercio. In realtà,
noi abitanti di provincia ,abbiamo uno stereotipo di cittadino della
Grande Mela piuttosto negativo quindi se mi basassi solo su quello, la
mia permanenza li non sarebbe gradevolissima.
Sorrido pensando a tutte le ore di straordinari per
comprarmi il biglietto del treno, a quanti sacrifici e tutte le
difficoltà con cui ho dovuto convivere. A pensarci, fin ad
ora la mia vita è stata una triste barzelletta,se non avessi
messo la testa a posto nel giro di un paio d'anni ora forse mi troverei
in condizioni peggiori di quelle di mia madre. Mi scrollo di dosso una
sgradevole sensazione che non riesco a decifrare, solamente ricordare
quella polvere bianca mi fa salire un conato di vomito lungo la gola.
Scuoto la testa,come se questo gesto mi aiutasse a
svuotarla,inutilmente;allora penso allo scopo per cui ho deciso di
lasciare tutto e andarmene :frugo nella tasca della giacca poggiata
accanto al mio sedile,ne caccio fuori un depliant lucido con
sopra stampata una pomposa scritta gialla: Juilliard school of arts.
ogni lettera che compone quel nome mi fa accelerare il battito.
Infilato al suo interno, c’è una fotografia in
bianco in nero che rappresenta una ballerina vestita da cigno
nero,le piume del suo vestito si muovono in piena sincronia con la sua
piroetta perfetta ,in basso,c’è il nome della
danzatrice scritto con l’inchiostro: Margareth Tomphson,mia
madre.
Quando la vedo così sorridente in quell’attimo
catturato da una macchina fotografica,una punta d’orgoglio mi
fa sorridere come una bambina ,poi, l’immagine della donna
che è ora si sovrappone alla ballerina e gli angoli della
bocca si abbassano lentamente. All’improvviso
l’uomo dei miei incubi s’insinua nuovamente nei
miei pensieri:questa volta però il suo volto non
è coperto.
E tutta la sicurezza che mi aveva accompagnato lungo il viaggio viene
spazzata via da uno sbuffo di vento gelido.
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Capitolo 3 *** New York. ***
Quando le porte del treno scattano all'apertura,un fiume di pendolari
si riversa nella Penn Station dipanandosi per le strade di un complesso
di grattacieli e vetrine colorate,non vi è un solo angolo
non illuminato e la strada,per quanto ampia,sembra quasi non
riuscire a contenere la calca.
"benvenuta a New York ,Emma" mi dico godendomi, rintanata
all'ingresso della stazione ,quello spettacolo per me tanto differente
da ciò a cui ero abituata tutti i giorni.
Mi accorgo che la luce del sole ha ceduto spazio al crepuscolo e le
ombre si profilano morbide sulle cose,osservo imbambolata tutto quello
che mi circonda.
<< Emma?! >> una voce familiare chiama il
mio nome con un tono quasi incredulo;allora nel mio campo visivo
compare la figura di una donna sulla quarantina
d'anni,afroamericana,coperta da una sciarpa e un berretto di lana
viola. I capelli riccissimi riescono a trovare spazio nelle zone
più scoperte e sprizzano fuori elettrizzati.
Cerco di individuare il suo viso nel nutrito registro di
conoscenze del mio cervello e il nome di Johanna mi appare come una di
quelle luci che filtrano dagli immensi grattacieli della Grande Mela
.Corro da lei sollevata per il motivo che non sarei stata in grado di
muovermi per quelle vie da sola,l'abbraccio forte << Sono
contenta di rivederti,Jo. >> lei si stacca da me con un'
espressione attonita << sei davvero la bambina che mi
vomitava la crema di piselli addosso? >>.Scoppio a
ridere:Johanna Davis,la migliore amica di mia madre,è
un'americana fino al midollo,di lontane origini cameruniane. E sin da
piccola sono stata vittima delle sue colorite espressioni.
<< Non mi faccio vedere da un bel po’,a quanto
vedo. >> sospira facendomi girare,mi guarda come un
vestito pronto per essere acquistato...
<< da un anno. >> preciso fingendomi
rammaricata. Johanna mostra la sua fila di denti perfetti
<< La tua voce a telefono però è
sempre la stessa. >>
Penso a tutte le lunghe telefonate notturne che lei e mia madre avviano
non appena cerco di chiudere occhio e la sua sfacciataggine a chiedermi
il giorno dopo se ho dormito bene.
Si offre per trasportare la mia valigia e per una volta non
faccio obiezioni,sono esausta.
è stata lei a convincere mia madre a trasferirmi qui,dove
abita. Sapevo che ,nonostante non l'avesse fatto, Margareth mi avrebbe
lasciato andare, tuttavia la presenza di Johanna ha facilitato molto le
cose.
<< Non ho ancora capito dove si trova il mio monolocale.
>> accenno non appena entriamo nella
metropolitana,lei,dopo aver litigato con la valigia scendendo la rampa
di scale,mi risponde ammiccando << In uno dei luoghi
più in voga di New York,ovvero di fianco casa mia..
>> arretro per un attimo,cerco di non far sentire il mio
lamento.
Harlem,uno di quei quartieri che di sera diventano una specie di landa
desolata e pericolosa. Johanna si gira verso di me e scoppia in una
sonora risata << ti prego dolcezza non fare quella
faccia! le voci che girano dalle tue parti sono quasi sempre delle
balle! >>.
Appunto:quasi.
La mia espressione s'irrigidisce ancora di più quando
arriviamo davanti la palazzina che mi ospiterà non so per
quanto tempo:è alta,di mattoni rossi ed è
costituita da un'unica entrata illuminata da un debole lume .
<< Le uniche abitazioni occupate sono la tua e quella del
vecchietto britannico dell'ultimo piano,ti troverai bene.
>> dice Johanna con una fiducia della voce che mi
disorienta. Saliamo la tromba delle scale cigolanti
e,arrivate al primo piano, prende un mazzo di chiavi dalla
tasca della giacca e le infila nella serratura arrugginita della porta
a sinistra.
<< Ti ho pagato i primi due mesi
dell'affitto,finché non ti sarai stabilizzata economicamente
te ne coprirò la metà. A proposito,domani ti
farò conoscere i tuoi datori di lavoro! >>
grida entusiasta
poi mi spinge dentro prima che possa aprire bocca per ringraziarla .
Ho l'inferno davanti?
Premetto che non mi sono mai considerata una ragazza giudiziosa,sono
nata in un luogo molto simile a quello del quartiere in cui mi sono
trasferita ora, e la casa dove abitavo somiglia vagamente
all'ambiente di cui sto respirando l'aria malsana,odore di
chiuso.
Il monolocale è già arredato da una mobilia tanto
tarlata che riesco a vedere i buchi causati da quei parassiti anche ad
una certa distanza, ma Johanna continua ad infondermi fiducia dandomi
delle pacche dietro la schiena che non mi rassicurano affatto.
<< Pensa che bell'affare! Il proprietario del palazzo
è un mio caro amico e non ti farà pagare il
supplemento dell'arredamento. >>
Quella donna mi fa paura,ha un'aria talmente trasognata che non elimino
l'idea che possa essere leggermente sbronza.
<< Ti ho lasciato il numero di una pizzeria,ordinati
qualcosa per cena ,poi domani andremo a riempire il frigo..
>> mi scocca un bacio sulla fronte poi si avvia verso la
porta.
<< non rimani con me?! >> le chiedo mentre
poggio la valigia vicino ad una base di legno, che somiglia ad una
specie di tavolo.
<< Ho un appuntamento,non potevo rimandarlo. Ci sentiamo
più tardi. >> risponde schioccando la
lingua,poi scompare chiudendosi la porta dietro di se.
Fisso l'ingresso per un paio di secondi,distendo le dita intorpidite
della mano,poi, come se qualcosa mi avesse attirato con la sua
presenza, mi affaccio alla finestra da dove traspira un piacevole vento
fresco.
E una palla rischia di prendermi in pieno viso.
Cado a terra con un grido strozzato,mi massaggio la guancia gonfia.
Cominciamo bene.
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Eccoci
al terzo capitolo..mi sono tolta finalmente tutto il
"prologo" di mezzo e dal prossimo si comincia ad
entrare nel succo della storia.
Sto
scrivendo con piacere e,nonostante non credo che qualcuno mi stia
seguendo,continuo a farlo giusto per "gusto".
p.s:
non sono mai stata a New York,mi baso sull'immaginazione e di quel poco
che so.Quindi vi prego non uccidetemi. >////<
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Capitolo 4 *** il ragazzo dell'Upper East Side. ***
- CAZZO TI SEI FATTO MALE?! -
Una voce dal tono decisamente preoccupato proviene da giù la
finestra,forse l'attentatore alla mia vita non voleva centrarmi in
pieno,forse.
Mi alzo tastandomi la guancia gonfia,un pallone da basket troneggia sul
mobile della cucina su cui un paio di boccette vuote rotolano
impazzite;per un secondo il fiotto di rabbia che mi attraversa la
schiena anestetizza il dolore ma il sapore di sangue mi riporta a
gemere come una porta decadente.Mi affaccio cercando con gli
occhi il proprietario del pallone: c'è un campo da basket
recintato da una bassa rete ,è quasi deserto,se
non fosse per un tizio con una sgargiante fascia rossa sul
capo che mi sta fissando con la bocca spalancata.
Sali su che te la chiudo
io con un cazzotto,bastardo.
Mi dico socchiudendo gli occhi.Essere me equivale ad
uscire dai gangheri anche bevendo solo un caffè
troppo amaro.
- scusa non pensavo fossi una ragazza. - dice con una voce tanto
lamentosa che il solo sentirla mi fa venire il prurito alla nuca.Bene,anche maschilista.
Noto che sta uscendo dal campo mentre continua a tenermi
gli occhi addosso - posso salire?Se vuoi distruggere prima me e poi il
pallone non c'è problema. -
Gli faccio cenno di prendere l'ingresso più vicino.Spero che
abbia una mandibola solida quanto il mio pugno.Sono ancora trascinata
da questi pensieri alquanto violenti quando mi prendo la testa tra le
mani: non sei una
campionessa di pugilato Emma ,per piacere.
Sbuffo:stupida,stupida voce della coscienza...
Quando sento bussare prendo il pallone con una mano e lo
faccio roeteare su un dito,mi mordo un labbro.Non so chi posso trovarmi
davanti,era abbastanza lontano il campo dalla mia visuale..
Un sorriso sornione mi si dipinge sulle labbra ,sicuramente non deve essere un
individuo molto intelligente data la sua voce.
Ma quando apro la porta sento tutta la mia spavalderia
abbandonarmi più velocemente del previsto.
Un ragazzo alto,ansimante e rosso in viso mi guarda con due occhi color
pervinca da togliere il fiato.La fascia gli copre parte dei ricci
capelli biondi che ,ribelli alla forza di gravità, ricadono
sbarazzini sulla fronte .Noto che è molto sudato:la tuta da
basket gli si è appiccicata lungo il torace e mette in
evidenza la trama dei suoi muscoli perfetti.
Ora sono io quella con la bocca aperta.
Sembra tanto che qualcuno abbia voglia di tirarmi un brutto scherzo
- posso entrare? -
Dio,la sua voce
è anche più bella da vicino.
Annuisco con le labbra serrate,non riesco neanche a
guardarlo in faccia.E ora vederlo così crucciato mi fa
sentire addirittura in colpa.Entra
lentamente,con circospezione,quasi non volesse ammaccare il
pavimento,poi,senza nessun preavviso, mi si para davanti e alza le
braccia chiudendo gli occhi - ora puoi uccidermi dolcezza. - dice
fingendosi intimorito.
Riesce a farmi scappare un sorriso nonostante il dolore alla guancia :
- tieni cretino. - gli dico lanciandogli in mezzo al petto il
pallone.
Lo prende con uno scatto poi alza il viso sorridente verso di
me,un'espressione surreale che svanisce non appena posa gli occhi sulla
mia lussazione.
La mezz'ora seguente la passo sul divano con una sacca di ghiaccio sul
viso,offertami gentilemnte da Chester .Il ragazzo che mi ha procurato
una scheggiatura ad un molare ,ed ho paura che mi abbia rubato con un
solo sguardo il cuore.Mi ha quasi costretto a farmi stendere,ho capito
in poco tempo che forse uno dei più suoi grandi difetti sia
il fatto di rendere tali situzioni più gravi del previsto.
- Non abito qui ad Harlem,sono dell'Upper
East Side. - lo dice con una semplicità che mi frastorna ,e
molte delle mie fantasie sul principe azzurro dei quartieri bassi
svaniscono dando posto alla figura di un ragazzo viziato che vive
nell'agio più sfrenato ,e che va giocare in un insulso campo
da basket in posti del genere solo per placare qualche cruccio stupido.
- Qui ho tutti i miei amici e se ti lascia spiazzata il fatto
che vengo dai quartieri alti sappi che odio quegli ambienti. -
Sì,mi ha lasciato completamente spiazzata.
Non riesco comunque a sapere altro della sua vita perchè
cerca di sviare in continuazione il discorso,è come se dopo
l'inizio di quella conversazione lui abbia avuto un insaziabile voglia
di sapere tutto di me.
- Sicuramente non sei di qui,ti avrei vista molte volte.- inizia
sorseggiando un caffè preparato con della polvere trovata
nella credenza,priva di data di scadenza.
- Sono una ragazzina di un villaggio di provincia che è
arrivata qui per sfondare nel mondo della danza,ti ricorda qualcosa
questa storia? -
- molti telefilm. - sghignazza.
Ha una bellissima risata.
- e quindi...mmmmh..danzi ? - me lo chiede quasi con
perplessità,io annuisco cercando di non sfiorare la guancia
dolorante contro il bracciolo del divano. - Danzo da quando sono nata.
- gli dico con una punta d'orgoglio nella voce. - è stata
mia madre ad insegnarmi,poi,stando sempre per strada,gli ambienti di
casa mia non erano il massimo per un giovane educato, ho imparato molto
tra i miei amici. -
- sei brava nella street?
-
- basilare,amico. - rispondo ammiccando.Scoppiamo a
ridere.E per un attimo tutta la mia adolescenza torna a farmi
visita: la strada,l'odore delle auto da corsa, i visi dei miei compagni
di vita,il mio passato.Scrollo la testa e mi accorgo che sul viso di
Chester è comparsa un'ombra e vorrei chiedergli
perchè,ma non appena apro la bocca il mio cellulare squilla
impazzito e mi ricordo di una cosa,tremenda.
mia madre,furiosa.
il dispaly s'illumina tetramente quasi come se
preannunciasse una minaccia di morte e, come se il ragazzo dai capelli
dorati mi avesse letto nel pensiero, si alza e si avvia verso la porta.
- Quasi tutti i pomeriggi mi trovo a giocare davanti casa tua,se ti va
domani potrei farti fare un giro per la città che
ne dici? - si strappa l'etichetta svolazzante della fascia e con una
penna poggiata sul tavolino di legno vi scrive un numero. - Chiamami
domani alle 5,me lo devi promettere,tanto so dove abiti. -
dice sorridendo.Un brivido di piacere mi percorre la schiena .
- Promesso. -
- ciao Emma. -
- ciao Chester. -
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è
notte fonda e questo capitolo l'ho scritto proprio con i piedi ma spero
che vi piaccia e non vi abbia fatto svescicare dalle risate per lo
squallore.
ALLA PROOOSSIMA!
*30/07/12: ok ragazzi...è da molto che non mi trovo su efp..non ho più ispirazione per questa storia..quindi la terrò così..in sospeso fin quando non mi deciderò a chiuderla,mi spiace per chi mi ha seguito.. ma davvero è più forte di me.
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