a place in this world for me.

di _BlueShadows
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** arrivederci. ***
Capitolo 2: *** ti ricordi? ***
Capitolo 3: *** New York. ***
Capitolo 4: *** il ragazzo dell'Upper East Side. ***



Capitolo 1
*** arrivederci. ***


Il vento ulula tra gli alberi rompendo il silenzio che ora avvolge il vialetto di casa mia,una villetta di un giallo canarino irritante,tuttavia non riesco a non poggiarmi alle sua mura.Ci sono troppi ricordi che vorrei lasciare al suo interno,farli appassire nel sottoscala,bruciarli nel piccolo camino perennamente sporco di fuliggine...
Afferro con forza la grossa valigia marrone fino a far sbiancare le nocche delle mie mani,il mio cervello non ha ancora impartito l'ordine alle gambe di muoversi e rimango  sotto la soglia ad aspettare il nulla.Quando comincio a solcare a grandi falcate la stradicciola che separa me stessa dal  portoncino di legno, che mi farà uscire completamente dal mio passato, un fiume di emozioni attraversa la mia testa rintronita  e se non fosse per la piccola figura che mi aspetta in strada davanti un vecchio pick up rosso ,rimarrei a fissare le foglie ingiallite dall'autunno perdendomi  in riflessioni che non seguono un filo logico.Bensì credo che vogliano solo incitare la mia mente a rimanere inpigliata nei ricordi.
Il volto di mia madre è più scavato del solito,pallido,sudato,e inevitabilmente sbronzo.Mi avvicino a lei con un sospiro malcelato e le porgo il bagaglio aiutandola ad infilarlo nell'auto.<< credevo che avessimo finito con il prenderci in giro a vicenda >> sbotto alludendo al puzzo di alcol che proviene dalla sua bocca,lei mi fissa con i suoi occhi verdi e smarriti << Emma ti prego è più difficile di quanto pensi.. >> la sua voce è roca,spezzata,e solo ora mi accorgo che probabilmente sarebbe stata l'ultima volta che l'avrei vista quell'anno.
<< scusami mamma...ho solo paura che potresti stare male.. >>Lei fa un sorriso sghembo poi mi abbraccia stretta,profuma ancora di torta di mele...anche se l'odore di vodka è più forte. <<  ti ho detto che Jake mi controllerà ventiquattro ore su ventiquattro,sarà più bravo di te in questo. >> Penso al viso paffuto e simpatico del nostro vicino, l'uomo che tiene più a cuore la salute di mia madre che la sua e non ha mai nascosto i suoi sentimenti verso di lei,se è per questo.Mi stacco fingendomi oltraggiata, poi scoppio a ridere e le stringo la mano << ricorda che nessuno potrà sostituire la tua assillante figlia ,signora Margareth ,anche se ora vivrò a più di un giorno dal tuo naso. >> dico con tono di superiorità.Vedo per un attimo un ombra balenarle negli occhi poi sbuffa e mi scompiglia i capelli << forza,che è tardi e il treno partirà tra meno di un'ora. >>
M'infilo nel posto del guidatore quando lei mi tira per un braccio:<< sono ancora sobria per guidare,tesoro.Voglio che ti godi il viaggio. >> 
Capisco cosa intende,vedere le strade della mia infanzia per l'ultima volta sarà un duro colpo da sopportare.Osservo il piccolo giardino malcurato della residenza Tomphson ,il barbecue ancora fumante della notte scorsa per salutare amici e conoscenti e il piccolo cuore intagliato nell'albero accanto all'ingresso ,con l'iniziale mia e di mio padre.
Reprimo una lacrima,poi  m'infilo le cuffie nelle orecchie e chiudo gli occhi.

La stazione non è molto affollata,quindi non ci mettiamo molto a raggiungere il mio binario.Tengo in mano il biglietto di sola andata che ho comprato con ill mio stipendio di barista e lo stringo nel palmo senza stropicciarlo,anche se la voglia è fortissima.Quando il treno con uno sbuffo si adagia sulle traversine cigolando,il mio cuore cerca di schizzarmi dal petto.Mia madre si stringe a me e mi guarda ,gli occhi sono lucidi e riesco quasi ad intravedere una lacrima rotolarle lungo le ciglia.
Ora,io non sono il tipo di persona che mostra la sua sensibilità attraverso le lacrime,è una mania che possiedo sin da bambina tenendomi tutto dentro,sfogandomi con la rabbia.Non riesco però a vedere gli altri piangere,soprattutto se una di quelli è mia madre.<< Forza non fare la stupida ... >> balbetto mentre l'acqua riga le mie guancie in fiamme.E in quel momento,Emma la forte,Emma la diciottenne che ha sempre contato solo e unicamente su se stessa, Emma che si era promessa e ripromessa che alla sua partenza non avrebbe cacciato una lacrima dai propri occhi,crolla come un muro.
Riesco a staccarmi dall'abbraccio di mia madre solo all'ultima chiamata del conducente,poi prendo posto vicino al finestrino.Lei,da fuori, si alza sulle punte appoggiandosi  al vetro << ti sei scritta l'indirizzo di Johanna ?Ricordati di chiamare appena arrivi e dimmi se ti trovi bene...oh!controlla subito se quel bastardo di tuo padre ha lasciato un messaggio sul tuo cellulare appena sei in città. >>
Faccio finta di non ascoltare l'ultima frase e le stringo con forza le dita.
Non vorrei lasciarle quando sento il treno muoversi,ma è stesso mia madre a  togliere la presa e, con un sorriso, articola una frase che non comprendo essendo coperta dal rumore assordante della campana di partenza.La saluto tamburellando sul vetro con forza,poi,non appena scompariamo dalla stazione mi siedo poggiando la testa sullo schienale,esausta.
Dopo una decina di minuti che il vagone ha cominciato a sussultare,prendo dalla valigia un quaderno beige sformato dall'enorme quantità di scartoffie infilate a forza al suo interno,raccolgo un paio di graffette cadute a terra,poi con la penna in mano,tremando, do forma ai miei sospiri.
12 ottobre :
Crescere è quando percepisci quel sussurro nel petto che ti incita a cambiare.
è quando,nonostante tutto il fango che possono buttarti addosso,cammini a testa alta,insegui il tuo sogno.
Io me ne stavo per accorgere troppo tardi.
E ora un treno mi sta portando via.

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ok ragazzi,questa è  il primo capitolo di questa "storia"  non so come definire...boh (?) vabbè spero che  continuerete a seguirla...perchè sicuramente scriverò un secondo capitolo..dovremo sapere dove  andrà a finire Emma,no?Spero che vi piacerà...e che questo capitolo vi invogli a sapere il continuo!! :3
p.s: non ho voluto scrivere il nome della cittadina perchè non ho avuto il  tempo di trovarne una che c'entrasse "geograficamente" con il luogo in cui è incentrato quasi tutto il racconto ...

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Capitolo 2
*** ti ricordi? ***


L'uomo dal viso coperto strattona la bambina verso la macchina nera posteggiata nel vialetto silenzioso. è arrabbiato,le fa male, la fa piangere, ma non si ferma.
La ragazzina si divincola dalla stretta,singhiozza perché il suo vestitino nuovo si è sporcato di terra ,e lui continua a trascinarla. Perché? perché si comporta in questo modo? Non ha  quei bei pacchetti colorati di caramelle frizzanti in mano,non è contento allora .La piccola si dispera ,urla perché pensa che l'uomo sia diventato sordo all'improvviso...
<<  calmati,non fare rumore che tua madre può sentirci. Non vuoi che tua madre ci senta vero? >> dice lui gonfiando il petto affannando, i suoi passi sull'erba sono silenziosi  ma la bambina comincia a calciare ,a lamentarsi. Non riesce più a piangere." ho perso tutte le lacrime " pensa allora la ragazzina tronfia di rabbia,alza il volto verso l'uomo coperto e capisce che non può fare niente contro di lui. Si lascia gettare nella macchina e si copre gli occhi con le mani. Vorrebbe abbracciare la sua mamma.
 Quando mi sveglio di colpo,sbatto la testa violentemente contro il poggiatesta. Sento dei brividi corrermi lungo la schiena  e l'aria fa fatica ad entrare senza sforzo nella gola ,poggio una mano sulla fronte bagnata di sudore. Mi sono addormentata poco dopo aver scritto quelle poche parole sul quadernetto e la notte ha già tinto il cielo di  cobalto. Mi mordo il labbro fino a farlo scorticare,la cosa più orribile che la mente umana possa  fare è di trasformare i ricordi più lontani e repulsivi in sogni che sembra durino ore. Tuttavia sono abituata alla visita dell'uomo coperto quasi tutte le volte che chiudo gli occhi,e fa male,malissimo. Perché quella bambina sono io e non sono mai riuscita a scappare completamente da quell'incubo. Il mio cervello fa finta di non ricordare quando il mio istinto cerca di riprodurre la scena,però non riesco a rimanere indifferente: perché il sogno è stato più reale delle altre volte?Non mi era mai capitato prima d'ora e non mi sorprendo se mi trovo ancora in preda ai brividi.

Rimango sveglia tutta la notte convincendomi che non ho più sonno,anche se la realtà è ben altra:ho paura di riaddormentarmi,semplice. Quindi rimango a fissare la campagna chiazzata qua e là da pozze d'acqua stagnante  e non mi meraviglio quando ,non appena la luce del sole torna ad illuminarmi il viso,vedo le piccole abitazioni della periferia di New York che cercano d'imporre la loro presenza nel paesaggio. So che non sono arrivata ancora a destinazione,ma cominciare a percepire il vuoto causato dall'assenza degli alberi di casa mia mi spinge ad una strana euforia.
Per ammazzare il tempo e non diventare preda dei miei pensieri ,prendo il cellulare  per controllare se durante la nottata mia madre ha cercato di contattarmi. Non nascondo la mia espressione seccata quando vedo il display  scheggiato e la tastiera priva di un paio di tasti inutili,se un Newyorkese lo vedesse non credo che eviterebbe una sonora risata e mostrerebbe senza troppi complimenti il suo ultimo modello appena uscito in commercio. In realtà, noi abitanti di provincia ,abbiamo uno stereotipo di cittadino della Grande Mela piuttosto negativo quindi se mi basassi solo su quello, la mia permanenza li non sarebbe  gradevolissima.
Sorrido pensando a tutte le ore di straordinari  per comprarmi il biglietto del treno, a quanti sacrifici e tutte le difficoltà con cui ho dovuto convivere. A pensarci, fin ad ora la mia vita è stata una triste barzelletta,se non avessi messo la testa a posto nel giro di un paio d'anni ora forse mi troverei in condizioni peggiori di quelle di mia madre. Mi scrollo di dosso una sgradevole sensazione che non riesco a decifrare, solamente ricordare quella polvere bianca mi fa salire un conato di vomito lungo la gola.
Scuoto la testa,come se questo gesto mi aiutasse a svuotarla,inutilmente;allora penso allo scopo per cui ho deciso di lasciare tutto e andarmene :frugo nella tasca della giacca poggiata accanto al mio sedile,ne caccio fuori un  depliant lucido con sopra stampata una pomposa scritta gialla: Juilliard school of arts. ogni lettera che compone quel nome mi fa accelerare il battito. Infilato al suo interno, c’è una fotografia in bianco in nero  che rappresenta una ballerina vestita da cigno nero,le piume del suo vestito si muovono in piena sincronia con la sua piroetta perfetta ,in basso,c’è il nome della danzatrice scritto con l’inchiostro: Margareth Tomphson,mia madre.
Quando la vedo così sorridente in quell’attimo catturato da una macchina fotografica,una punta d’orgoglio mi fa sorridere come una bambina ,poi, l’immagine della donna che è ora si sovrappone alla ballerina e gli angoli della bocca si abbassano lentamente. All’improvviso l’uomo dei miei incubi s’insinua nuovamente nei miei pensieri:questa volta però il suo volto non è coperto.
E tutta la sicurezza che mi aveva accompagnato lungo il viaggio viene spazzata via da uno sbuffo di vento gelido.

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Capitolo 3
*** New York. ***


Quando le porte del treno scattano all'apertura,un fiume di pendolari si riversa nella Penn Station dipanandosi per le strade di un complesso di grattacieli e vetrine colorate,non vi è un solo angolo non illuminato e  la strada,per quanto ampia,sembra quasi non riuscire a contenere la calca.
"benvenuta a New York ,Emma" mi dico godendomi,  rintanata all'ingresso della stazione ,quello spettacolo per me tanto differente da ciò a cui ero abituata tutti i giorni.
Mi accorgo che la luce del sole ha ceduto spazio al crepuscolo e le ombre si profilano morbide sulle cose,osservo imbambolata tutto quello che mi circonda.
<< Emma?! >> una voce familiare chiama il mio nome con un tono quasi incredulo;allora nel mio campo visivo compare la figura di una donna sulla quarantina d'anni,afroamericana,coperta da una sciarpa e un berretto di lana viola. I capelli riccissimi riescono a trovare spazio nelle zone più scoperte e sprizzano fuori elettrizzati.
Cerco di individuare il suo viso nel  nutrito registro di conoscenze del mio cervello e il nome di Johanna mi appare come una di quelle luci che filtrano dagli immensi grattacieli della Grande Mela .Corro da lei sollevata per il motivo che non sarei stata in grado di muovermi per quelle vie da sola,l'abbraccio forte << Sono contenta di rivederti,Jo. >> lei si stacca da me con un' espressione attonita << sei davvero la bambina che mi vomitava la crema di piselli addosso? >>.Scoppio a ridere:Johanna Davis,la migliore amica di mia madre,è un'americana fino al midollo,di lontane origini cameruniane. E sin da piccola sono stata vittima delle sue colorite espressioni.
<< Non mi faccio vedere da un bel po’,a quanto vedo. >> sospira facendomi girare,mi guarda come un vestito pronto per essere acquistato...
<< da un anno. >> preciso fingendomi rammaricata. Johanna mostra la sua fila di denti perfetti << La tua voce a telefono però è sempre la stessa. >>
Penso a tutte le lunghe telefonate notturne che lei e mia madre avviano non appena cerco di chiudere occhio e la sua sfacciataggine a chiedermi il giorno dopo se ho dormito bene.
Si offre per trasportare la mia valigia e per una volta non faccio obiezioni,sono esausta.
è stata lei a convincere mia madre a trasferirmi qui,dove abita. Sapevo che ,nonostante non l'avesse fatto, Margareth mi avrebbe lasciato andare, tuttavia la presenza di Johanna ha facilitato molto le cose.
<< Non ho ancora capito dove si trova il mio monolocale. >> accenno non appena entriamo nella metropolitana,lei,dopo aver litigato con la valigia scendendo la rampa di scale,mi risponde ammiccando << In uno dei luoghi più in voga di New York,ovvero di fianco casa mia.. >> arretro per un attimo,cerco di non far sentire il mio lamento.
Harlem,uno di quei quartieri che di sera diventano una specie di landa desolata e pericolosa. Johanna si gira verso di me e scoppia in una sonora risata << ti prego dolcezza non fare quella faccia! le voci che girano dalle tue parti sono quasi sempre delle balle! >>.
Appunto:quasi.
La mia espressione s'irrigidisce ancora di più quando arriviamo davanti la palazzina che mi ospiterà non so per quanto tempo:è alta,di mattoni rossi ed è costituita da un'unica entrata illuminata da un debole lume . << Le uniche abitazioni occupate sono la tua e quella del vecchietto britannico dell'ultimo piano,ti troverai bene. >> dice Johanna con una fiducia della voce che mi disorienta. Saliamo la tromba delle scale cigolanti  e,arrivate al primo piano, prende un mazzo di chiavi dalla tasca della giacca e le infila nella serratura arrugginita della porta a sinistra.
<<  Ti ho pagato i primi due mesi dell'affitto,finché non ti sarai stabilizzata economicamente te ne coprirò la metà. A proposito,domani ti farò conoscere i tuoi datori di lavoro! >> grida entusiasta
poi mi spinge dentro prima che possa aprire bocca per ringraziarla .
Ho l'inferno davanti?
Premetto che non mi sono mai considerata una ragazza giudiziosa,sono nata in un luogo molto simile a quello del quartiere in cui mi sono trasferita ora, e la casa dove abitavo somiglia vagamente  all'ambiente di cui sto respirando l'aria malsana,odore di chiuso.
Il monolocale è già arredato da una mobilia tanto tarlata che riesco a vedere i buchi causati da quei parassiti anche ad una certa distanza, ma Johanna continua ad infondermi fiducia dandomi delle pacche dietro la schiena che non mi rassicurano affatto.
<< Pensa che bell'affare! Il proprietario del palazzo è un mio caro amico e non ti farà pagare il supplemento dell'arredamento. >>
Quella donna mi fa paura,ha un'aria talmente trasognata che non elimino l'idea che possa essere leggermente sbronza.
<< Ti ho lasciato il numero di una pizzeria,ordinati  qualcosa per cena ,poi domani andremo a riempire il frigo.. >> mi scocca un bacio sulla fronte poi si avvia verso la porta.
<< non rimani con me?! >> le chiedo mentre poggio la valigia vicino ad una base di legno, che somiglia ad una specie di tavolo.
<< Ho un appuntamento,non potevo rimandarlo. Ci sentiamo più tardi. >> risponde schioccando la lingua,poi scompare chiudendosi la porta dietro di se.
Fisso l'ingresso per un paio di secondi,distendo le dita intorpidite della mano,poi, come se qualcosa mi avesse attirato con la sua presenza, mi affaccio alla finestra da dove traspira un piacevole vento fresco.
E una palla rischia di prendermi in pieno viso.
Cado a terra con un grido strozzato,mi massaggio la guancia gonfia.
Cominciamo bene.
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Eccoci al terzo capitolo..mi sono tolta finalmente  tutto il "prologo" di mezzo e   dal prossimo si comincia ad entrare nel succo della storia.
Sto scrivendo con piacere e,nonostante non credo che qualcuno mi stia seguendo,continuo a farlo giusto per "gusto".
p.s: non sono mai stata a New York,mi baso sull'immaginazione e di quel poco che so.Quindi vi prego non uccidetemi.  >////<

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Capitolo 4
*** il ragazzo dell'Upper East Side. ***


- CAZZO TI SEI FATTO MALE?! -
Una voce dal tono decisamente preoccupato proviene da giù la finestra,forse l'attentatore alla mia vita non voleva centrarmi in pieno,forse.
Mi alzo tastandomi la guancia gonfia,un pallone da basket troneggia sul mobile della cucina su cui un paio di boccette vuote rotolano impazzite;per un secondo il fiotto di rabbia che mi attraversa la schiena anestetizza il dolore ma il sapore di sangue mi riporta a gemere come una porta  decadente.Mi affaccio cercando con gli occhi il proprietario del pallone: c'è un campo da basket  recintato da una bassa rete ,è quasi deserto,se non fosse per un tizio con una sgargiante fascia rossa sul capo che mi sta fissando con la bocca spalancata.
Sali su che te la chiudo io con un cazzotto,bastardo.
Mi dico socchiudendo gli occhi.Essere me equivale ad uscire dai gangheri  anche bevendo solo un caffè troppo amaro.
- scusa non pensavo fossi una ragazza. - dice con una voce tanto lamentosa che il solo sentirla mi fa venire il prurito alla nuca.Bene,anche maschilista.
Noto che sta uscendo dal campo mentre continua a tenermi gli occhi addosso - posso salire?Se vuoi distruggere prima me e poi il pallone non c'è problema. -
Gli faccio cenno di prendere l'ingresso più vicino.Spero che abbia una mandibola solida quanto il mio pugno.Sono ancora trascinata da questi pensieri alquanto violenti quando mi prendo la testa tra le mani: non sei una campionessa di pugilato Emma ,per piacere.
Sbuffo:stupida,stupida voce della coscienza...
Quando sento bussare  prendo il pallone con una mano e lo faccio roeteare su un dito,mi mordo un labbro.Non so chi posso trovarmi davanti,era abbastanza lontano il campo dalla mia visuale..
Un sorriso sornione mi si dipinge sulle labbra ,sicuramente non deve essere un individuo molto intelligente data la sua voce.
Ma quando apro la porta sento tutta la mia spavalderia abbandonarmi più velocemente del previsto.
Un ragazzo alto,ansimante e rosso in viso mi guarda con due occhi color pervinca da togliere il fiato.La fascia gli copre parte dei ricci capelli biondi che ,ribelli alla forza di gravità, ricadono sbarazzini sulla fronte .Noto che è molto sudato:la tuta da basket gli si è appiccicata lungo il torace e mette in evidenza la  trama dei suoi muscoli perfetti.
Ora sono io quella con la bocca aperta.
Sembra tanto che qualcuno abbia voglia di tirarmi un brutto scherzo
- posso entrare? -
Dio,la sua voce è anche più bella da vicino.
Annuisco con le labbra serrate,non riesco neanche a guardarlo in faccia.E ora vederlo così crucciato mi fa sentire addirittura in colpa.Entra lentamente,con circospezione,quasi non volesse ammaccare il pavimento,poi,senza nessun preavviso, mi si para davanti e alza le braccia chiudendo gli occhi - ora puoi uccidermi dolcezza. - dice fingendosi intimorito.
Riesce a farmi scappare un sorriso nonostante il dolore alla guancia : - tieni cretino. - gli dico lanciandogli in mezzo al  petto il pallone.
Lo prende con uno scatto poi alza il viso sorridente verso di me,un'espressione surreale che svanisce non appena posa gli occhi sulla mia lussazione.
La mezz'ora seguente la passo sul divano con una sacca di ghiaccio sul viso,offertami gentilemnte da Chester .Il ragazzo che mi ha procurato una scheggiatura ad un molare ,ed ho paura che mi abbia rubato con un solo sguardo il cuore.Mi ha quasi costretto a farmi stendere,ho capito in poco tempo che forse uno dei più suoi grandi difetti sia il fatto di rendere tali situzioni più gravi del previsto. - Non abito qui ad Harlem,sono dell'Upper East Side. - lo dice con una semplicità che mi frastorna ,e molte delle mie fantasie sul principe azzurro dei quartieri bassi svaniscono dando posto alla figura di un ragazzo viziato che vive nell'agio più sfrenato ,e che va giocare in un insulso campo da basket in posti del genere solo per placare qualche cruccio stupido.
- Qui ho tutti i miei amici e se ti  lascia spiazzata il fatto che vengo dai quartieri alti sappi che odio quegli ambienti. -
Sì,mi ha lasciato completamente spiazzata.
Non riesco comunque a sapere altro della sua vita perchè cerca di sviare in continuazione il discorso,è come se dopo l'inizio di quella conversazione lui abbia avuto un insaziabile voglia di sapere tutto di me.
- Sicuramente non sei di qui,ti avrei vista molte volte.- inizia sorseggiando un caffè preparato con della polvere trovata nella credenza,priva di data di scadenza.
- Sono una ragazzina di un villaggio di provincia che è arrivata qui per sfondare nel mondo della danza,ti ricorda qualcosa questa storia? -
- molti telefilm. - sghignazza.
Ha una bellissima risata.
- e quindi...mmmmh..danzi ? - me lo chiede quasi con perplessità,io annuisco cercando di non sfiorare la guancia dolorante contro il bracciolo del divano. - Danzo da quando sono nata. - gli dico con una punta d'orgoglio nella voce. - è stata mia madre ad insegnarmi,poi,stando sempre per strada,gli ambienti di casa mia non erano il massimo per un giovane educato, ho imparato molto tra i miei amici. -
- sei brava nella street? -
-
basilare,amico. - rispondo ammiccando.Scoppiamo a ridere.E per un attimo  tutta la mia adolescenza torna a farmi visita: la strada,l'odore delle auto da corsa, i visi dei miei compagni di vita,il mio passato.Scrollo la testa e mi accorgo che sul viso di Chester è comparsa un'ombra e vorrei chiedergli perchè,ma non appena apro la bocca il mio cellulare squilla impazzito e mi ricordo di una cosa,tremenda.
mia madre,furiosa.
il dispaly s'illumina tetramente quasi come se preannunciasse una minaccia di morte e, come se il ragazzo dai capelli dorati mi avesse letto nel pensiero, si alza e si avvia verso la porta. - Quasi tutti i pomeriggi mi trovo a giocare davanti casa tua,se ti va domani potrei farti  fare un giro per la città che ne dici? - si strappa l'etichetta svolazzante della fascia e con una penna poggiata sul tavolino di legno vi scrive un numero. - Chiamami  domani alle 5,me lo devi promettere,tanto so dove abiti. - dice sorridendo.Un brivido di piacere mi percorre la schiena .
- Promesso. -
- ciao Emma. -
- ciao Chester. -
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è notte fonda e questo capitolo l'ho scritto proprio con i piedi ma spero che vi piaccia e non vi abbia fatto svescicare dalle risate per lo squallore.
ALLA PROOOSSIMA! *30/07/12: ok ragazzi...è da molto che non mi trovo su efp..non ho più ispirazione per questa storia..quindi la terrò così..in sospeso fin quando non mi deciderò a chiuderla,mi spiace per chi mi ha seguito.. ma davvero è più forte di me.


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