Terrore al Manicomio

di Aven90
(/viewuser.php?uid=192005)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ogni eventuale riferimento a fatti, persone, cose ed edifici reali è puramente casuale e comunque non teso ad offendere.

Salve.

Il mio nome è Steven, e forse qualcuno mi conosce. Non voi, ma alcune persone che ho incontrato una notte con alcuni miei amici. Se volete, ascoltatemi, perché non dovete ricadere nei nostri stessi errori. Io la chiamo esperienza personale, e vi assicuro che non c’è niente di peggio che veder morire per un nostro errore gente innocente.

Ma è meglio per voi se comincio dall’inizio.

Era una notte di marzo, e non dimenticherò mai quel vento forte che si abbatteva sulle strade nella mia città.

Ma io e i miei compari non eravamo tipi che ci curavamo di queste minchiate, e quella sera eravamo usciti a cazzeggiare come spesso ci capitava: bere, parlare di ragazze, eccetera.

Eravamo nei pressi del manicomio e io, un po’ brillo, ho voluto coinvolgere i miei amici in quella che si sarebbe rivelata pura follia.

“Oh ragazzi, siamo vicini al manicomio, vedete?”, dissi loro, indicando con l’indice tremante l’edificio enorme che si ergeva alla nostra sinistra.

“Sì Steven, stai pensando di rinchiuderti dentro?” come sempre, Owen faceva il simpatico.

“Owen, secondo me se lo vedono lo invitano ad entrare, non c’è bisogno che si presenta lui”, quello che disse Mark fu seguito da risate generali. Era un obbligo sfottermi.

E anche quando avevano anche ragione, perché di solito quando si è sbronzi si vomita, ed era proprio quello che feci in quell’istante.

“Oh mio Dio Steven! Che cazzo fai a terra! mi hai anche sporcato!”. Fred ci teneva ai suoi vestiti, dato che suo padre era facoltoso, ma nessuno di noi ci credeva.

“Sei un minchione!”, ma nemmeno Paul era del tutto lucido, ma a lui piaceva ricordare agli altri che non stavano tanto bene di cervello.

“Sta’ zitto Paul, e renditi utile! Mi devo cambiare e troverai per me un buon posto per pulirmi da questo schifo!”, disse Fred.

“Ehi, non è schifo! Ho mangiato panino con le panelle!”, gli ricordai, vedendolo doppio.

Owen propose “Forse al parco dell’ospedale ci sarà una fontanella, vediamo”

E così tutti andammo a vedere se nell’ingresso pubblico avevano una fontanella per bere e pulirsi occasionalmente da lì.

Paul stava cercando alla meglio quantomeno di levare l’odore fortissimo, quando accadde.

“Ehi ragazzi! Cos’è stato?”, chiesi.

“Che stai dicendo?”, mi chiese Owen.

“C’è qualcuno che respira qui intorno”, precisai.

“Non dire minchiate come al solito! È il vento che fruscia fra le fronde!”, mi spiegò Mark, come al solito il più razionale possibile.

“No Mark, l’ho sentito veramente!”

“Col cazzo, avanti, ti aiuto a vomitare. Non vorrei compissi altri omicidi per questa notte!”, si offrì Mark.

“Tu ridi, ma guarda che questi pantaloni…”

“Ho capito, basta adesso. Steven, sei ubriaco e la mente ti fa giocare brutti scherzi. Non c’è nessuno qua, vedi?” detto questo, Paul mi fece vedere tutta l’aera circostante.

Ma io non mi convinsi “No, guardate che non mi sbaglio, c’è qualcuno che respira e io l’ho sentito! Magari si sta avvicinando! Secondo me, vale la pena aspettare e vedere chi è! Magari è uno spirito!”

“Spirito di questo cazzo ciondolante! Steven, i manicomi hanno chiuso, altrimenti ti avrei raccomandato personalmente”, disse Mark.

Se ne andarono, ma io rimasi davanti la fontanella ad attendere, ed ecco che si rifece sentire quella brutta eco, così diversa dal rumore delle foglie che d’altro canto conoscevo bene, visto che davanti casa mia c’è un albero.

“Ragazzi, stavolta dovete averlo sentito”, dissi, fermandoli, anche a costo di essere insultato.

“No Steven, è solo la tua…”, ma ecco che Mark venne interrotto.

“Visto? Chi è l’ubriaco adesso, eh? Eheheh”, mi presi la rivincita su di lui.

“Ok, lo ammetto, forse c’è qualcosa di strano in queste piante, ma da qui a dire che c’è un fantasma ce ne passa” Mark era sempre stronzo e non voleva ammettere la sconfitta, ma purtroppo per lui trovai degli alleati in Owen, che disse “Non lo so Mark, secondo me vale la pena aspettare” e in Paul, che aggiunse “E poi lo sai anche tu: non è raro che questi posti siano infestati”

Mark chiese a Fred “Tu da che parte stai?”

Fred rispose “Dalla parte dei miei pantaloni, l’unica vera vittima di questa faccenda”

Io insistetti “Non fare il coglione e prendi una fottuta posizione”

Fred allora si arrese e disse “Sto dalla parte di Mark, c’è una possibilità su un milione che giusto giusto questa sera ci sia uno spettro a venirci a prendere”.

Beh, come si dice, le ultime parole famose colpiscono ancora, perché non appena Fred completò quella frase un uomo con la testa abbassata e vestito solo di una tunica bianca lunga eppure non mossa dal vento stava in piedi con il braccio sinistro appoggiato al ramo dell’albero dietro la fontanella.

Io mi spaventai “Oh porca Eva! È qui!”

Owen disse “Chi cazzo è questo? È venuto a prendere le nostre anime?”

Quello alzò la testa bianca e solcata da numerose ferite e disse ad occhi spalancati ed eterei dai quali non potevi togliere lo sguardo “Buona sera. Vi va di venire con me? Devo farvi vedere una cosa”

Mark scosse la testa deciso “No, col cazzo! Tu non esisti!”

Ma Paul disse “Io invece voglio andarci, se deve farci vedere una cosa … che sia una bella tipa?”

Fred s’intromise “O magari un paio di pantaloni nuovi!”

Io annuì “Certo. Questo tizio ci sta proponendo l’occasione della nostra vita, e poi le abbiamo provate tutte per testare il nostro coraggio! Questa notte proverà chi di noi ha abbastanza palle! O forse ti mancano, Mark?”, col senno di poi, non so se era l’alcool a farmi parlare o queste cose le pensavo veramente.

 Mark si arrese, non poteva perdere la faccia, e così seguimmo il tizio che sorrise, lasciando cadere uno degli incisivi a terra.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


In un primo momento eravamo tutti convinti che ci avrebbe portato dritti al manicomio, ma successivamente cambiammo strada.

Paul così gli chiese “Ehi! Non dovevamo andare a casa tua?”

L’uomo non gli rispose.

Paul si stizzì “Che palle, quando non ti cacano!”

Fred gli ricordò “E allora tu, che fai finta di ascoltare?”, ma il battibecco venne interrotto dalla voce dell’uomo, che si confondeva benissimo col vento che ancora imperversava “Un attimo solo, signore, devo fare in modo che ricordiate tutti degli eventi di questa notte. Sappiate solo che l’abbiamo deciso di comune accordo” e proseguì la marcia.

Io chiesi “Abbiamo chi? Non volevi mostrarci una cosa tu?”

L’uomo fece spallucce, e facendolo una spalla gli rimase in alto; comunque rispose “Dobbiamo farti tornare sobrio: come ho detto, dovete ricordavi tutti di questa sera”

Io sgranai gli occhi: come faceva a sapere che ero troppo ubriaco per ricordare alcunché? Era vero che barcollavo, ma poteva essere per qualunque cosa. Ad accorrere in aiuto alle mie seghe mentali, come preferisco chiamarle io, fu Owen, che disse “Questo qua ci ha spiato fin dall’inizio”

Fred intervenne nel discorso “Figuriamoci. Ai fantasmi non piace essere spiati, come sempre”

Passati un paio di minuti, arrivammo in quello che sembrava una casetta adibita a deposito, dove scoprimmo che appunto si tenevano strumenti di lavoro e pezzi di ricambio.

Mark chiese all’uomo che ancora ci dava le spalle mentre stava contemplando il disordine che si era rivelato a noi “Ehi, come hai aperto la porta non avendo chiave?”

L’uomo si girò e cominciò il suo discorso come se nessuno ha parlato “Benvenuti. Steven, ti prego di accomodarti sul Cerchio, se non vuoi guai peggiori”

Io vidi il Cerchio di cui stava parlando, ma vidi anche che su quattro punti c’erano affissi dei polsini.

“A che serve? Mi devi fare girare in modo da farmi passare la sbornia?”

Paul consigliò agli altri “Cavolo ragazzi, allora questo vomita!”

Owen gli diede una gomitata “Taci Paul, a nessuno importa dei tuoi vestiti firmati!”

L’uomo rispose alla mia domanda, ma sembrava infastidito “Sei molto perspicace per essere poco sobrio”, così, prendendomi per la gola dimostrando una forza non comune tra i fantasmi, mi fissò per bene al cerchio e lo fece girare in una macabra parodia della Ruota della Fortuna. Durante tutto il tempo non mi faceva che girare la testa, e vomitavo ovunque, e un po’ del mio vomito andò sopra all’uomo che mi guardava strabico e divertito, con le dita delle mani unite in un gesto tipico di un personaggio dei Simpson. Ma magicamente il vomito sparì dall’uomo, facendo tornare la sua tunica bianca com’era in precedenza.

Poi disse “Bene ragazzo. Ritengo che adesso puoi entrare nella nostra umile dimora”

Così mi fece scendere ed entrammo tutti nella sua “umile” dimora.

Owen disse “E adesso che faremo?”

Mark cercò di essere il più razionale possibile “Non possiamo morire, voglio dire, deve essere un brutto sogno”

Io mi permisi di correggerlo “No stronzo, a me è girata veramente la testa”

Fred mi disse “E non oso pensare in compagnia dei suoi amichetti che cosa ci farà”

Paul “Cosa vuoi che faccia? È un pazzo, non sarà difficile sopraffarlo”, detto questo, varcammo la porta aperta allo stesso modo del capanno ed entrammo in un’altra sala, dove ad attenderci c’era un altro gruppo di persone.

L’uomo aveva l’aria di conoscerli “Benvenuti assistenti. Oggi assisterete… ALLA MORTE DI UN VIVENTE!”, e si girò verso di noi allargando la testa in una maniera a noi sconosciuta.

Noi sicuramente non ci aspettavamo questo urlo, e quindi urlammo, ma l’uomo che tanto ci era parso gentile adesso non lo era più, prese delle pinze dal cassetto, chiuse la porta a chiave con un solo gesto di dita e mise Fred sul freddo tavolo bianco.

Fred urlò “AIUTO! CHE CAZZO MI SATI FACENDO!”

Paul disse “Oh no Fred! Che cazzo gli vuoi fare, stronzo?”

L’uomo guardò il volto bianco di Fred e sorrise “Voglio fargli capire che ci sono molte cose più importanti dei pantaloni firmati. Questa una volta era la sala operaia dell’istituto, ma noi…uhuhuhuhu”

Mark si intromise nella risata “Che cazzo ridi stronzo?”

L’uomo lo guardò male “Non interrompermi, troietta agnostica. Dicevo, una volta questa era la sala operaia dell’istituto, ma noi siamo stati espulsi, diglielo Frank!”

Frank si alzò in piedi e lesse dagli appunti vuoti “… per i nostri esperimenti brutali. PER I NOSTRI ESPERIMENTI BRUTALI CI HANNO FATTO L’ELETTROSHOCK E STUPRATIO CASSANDRA!”

Cassandra accavallò le gambe “È vero, il dottore non era uno che ci andava piano!”

L’uomo disse a Fred “Capito ora?”, e li piazzò le pinze, riscaldate per bene, sui pollici del nostro amico, che urlò all’istante.

Tutti urlammo il nome di Fred, e Owen si avvicinò per aiutarlo e magari dare un gancio destro all’uomo, ma i suoi tre assistenti ci legarono, e l’unico che ancora non aveva detto niente mi sussurrò all’orecchio “E non è finita. Il nostro prof ha in mente qualcosa per tutti voi”

Io cominciai a tremare, e non erano gli effetti del Cerchio, poi trovai il coraggio di bisbigliare a Mark “Ci credi ora?”

Mark scosse la testa “È solo un brutto sogno, l’alcool e la stanchezza ci hanno fatto svenire tutti e ci sta facendo fare un sogno in comunella”

Owen lo schernì “Ma vàààà! Non dire cretinate, Mark!”

Nel frattempo che parlavamo, Fred si vide inserire altre pinze, e non solo ai pollici, ma anche agli alluci, ai fianchi, al naso, alle orecchie, ed infine al pene.

L’uomo concluse “E per finire anche al pene, così potrai soffrire per bene, e imparare la tua Lezione di stasera”

Fred non ce la faceva più, era anche giunto al punto di chiamare Dio, lui che credente non c’era mai stato.

Ma forse in quel momento era occupato, fatto sta che ad un certo punto Cassandra disse “Bene professore, abbiamo preso abbastanza appunti”

L’uomo annuì e, prese due pinze elettriche attaccate ad un generatore miracolosamente funzionante (giuro che entrando mi sembrava tutto spento e inutilizzato da anni) e lo attaccò ai capezzoli, dopo avergli debitamente tolto la maglietta.

Non potevamo fare niente per lui, e l’unica cosa lucida la disse Mark “Ora! Salviamoci il culo, ora che non ci vedono!”, e saltammo fuori dalla porta, sperando prima o poi di trovare qualcosa che ci liberi. 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Abbiamo percorso parecchi metri saltando per i vari corridoi dell’edificio, ma vi assicuro che non avevamo idea di dove stavamo andando. L’unica cosa che sapevamo, oltre al fatto di dover a tutti i costi seminare l’uomo che ci aveva attirati qui, era che sentivamo urla e risate di scherno proveniente direttamente dalle pareti.

Io disse in generale “Sentite anche voi questi suoni?”

Mi rispose Owen, il più vicino a me “Non sono soli, quei bastardi”

Paul disse “Già, ma per la legge dei grandi numeri ci sarà un essere buono che ci liberi da queste corde, no?”

“No.”

Una voce ci fermò tutti: era l’essere spiritato, che non si capiva come si era piazzato davanti a noi e maneggiava un coltello da macellaio, lisciando la lama col dito.

Una voce esterna risuonò “Sei grande, David!”

David rise nella sua risata che tanto assomigliava al vento di là fuori “Lo so. Il vostro caro amichetto è morto, ma non l’ho ucciso io.”

Mark sgranò gli occhi e gli rinfacciò “Certo che sei stato tu, ti abbiamo visto tutti, figlio di puttana!”

David sorrise, lasciando cadere un altro dente a terra “Sono stati i miei assistenti ad ucciderlo, tagliandogli la lingua, non sono dunque stato io. Come vedete, il mio coltello da lavoro è immacolato. Posso anche specchiarmici”, ma dal riflesso non si vedeva nulla, ma questo non impediva a una voce femminile di dire “Sei stupendo!”

David propose “Che ne dite se vi slego e giocate un po’ a chiapparello con i bambini del Nido?”

Owen gli disse “Cos’hai in mente questa volta?”

David stava per rispondere, ma dal pavimento apparentemente tranquillo spuntò un ragazzo dai capelli corti, indossando una camicia di forza ben stretta agli arti, tanto che non si capiva come potesse stare in equilibrio.

Il ragazzo disse con voce metallica “Giocate con noi. Dai avanti…”, e fece gli occhioni dolci, guastato dal fatto che perdeva bava dalla bocca, poi sparì per com’era arrivato.

David commentò “Avete conosciuto Philip, sta a voi prenderlo adesso”

Dietro di noi spuntarono vari bambini che ci slegarono, poi la bambina che slegò me chiese a David “E poi, possiamo fare la penitenza per chi viene catturato? Per favooore?”

Non abbiate pietà per quella bambina: perdeva pelle ed era completamente calva, e tremava anche.

David sospirò, in un tono falsamente sconsolato “Aaaah questi ragazzi. Da quando me ne occupo io perché la bambinaia si è fissata col tessere, non riesco più a lavorare serenamente. E va bene ragazzi, però sarò io a decidere la penitenza”, così, con schiamazzi di gioia, i bambini si sparpagliarono per tutto l’edificio. Successivamente, anche David sparì, lasciandoci soli.

Mark disse “E adesso? Scappiamo, no? Non vorrete veramente giocare a chiapparello con questi bambini?”

Paul disse “Già, sono tutti pazzi, e non vorrei che mia madre si preoccupasse, è tardissimo”

Io lo guardai “Ma come fai a pensare al tempo in un momento come questo? Prima di tutto dovremmo salvarci la pelle, non ti pare? E poi che ne sarà del cadavere di Fred?”

Owen mi guardò male “Ma che cazzo te ne fotte del cadavere di Fred? Lo troveranno domani i custodi, no? Noi scappiamo, non vogliamo altri morti sulla coscienza”

E cercammo di imboccare l’uscita, ma improvvisamente le porte si chiusero ermeticamente e subito dopo il bambino con la camicia di forza di prima prese stretto Paul.

“PRESO! Ahaha, ora pagherai la penitenza! Pe-ni-ten-za! Pe-ni-ten-za!”

Si unirono praticamente tutti alla cantilena del bambino, che pur invisibili si sentirono benissimo, e l’urlo “PE-NI-TEN-ZA!“, risuonò per parecchi minuti, facendoci impazzire.

Paul cercò di interrompere questo mantra “E va bene! Pagherò questa penitenza! Di che si tratta?”

David comparve all’improvviso vestito da dottore “Oooh non preoccuparti. Sarà veloce e indolore, come d’altronde lo è stato per Fred”, poi lo placcò e se lo portò nello studio, ma prima di entrare ci disse “Dovete guardare anche voi, eh?”

Il ragazzino ci rifece gli occhioni, e anche se ne cadde uno fummo costretti da una forza invisibile a seguire il destino di Paul in diretta, aspettandoci altre pinze.

Mark disse “Ma già l’abbiamo visto”

Owen scosse la testa “Mi sa che vedremo qualcos’altro”

Paul venne steso in posizione a stella sul freddo tavolo bianco da lavoro, e quello che mi venne in mente fu ovvio a tutti “E Fred? L’avevamo lasciato qui!”

Uno degli assistenti di David mi rispose “È qua, guarda” e, aperto un armadio, il cadavere di Fred inizialmente in piedi e con in bocca una mela verde perché ammuffita, cadde con un tonfo sordo.

Mark ebbe le palle di dire “Perché una mela?”

Cassandra gli rispose “Pensavamo che aveva fame, così gli abbiamo dato da mangiare, ma a quanto pare non ha gradito. Che infame”, e gli diede un calcio con i suoi tacchi alti.

Ma David richiamò tutti, assistenti, bambini accorsi e noi alla sua attenzione “Stiamo per assistere alla penitenza!”

E subito ricominciò la cantilena dei bambini che inspiegabilmente faceva gelare il sangue, ma non era quella la cosa peggiore.

David si mise un guanto in lattice nella sua mano destra, si fece passare un bisturi arrugginito da una bambina e lo fece vedere al malcapitato Paul, che urlò cion gli occhi fuori dalle orbite “ E QUELLA CHE COS’È? NON PENSERAI CHE VOLGIA FARMI UN’OPERAZIONE!”

David si mise la mascherina e rispose nel tono depresso che lo contraddistingue “Infatti non lo penso. Lo faccio e basta”, mentre in sottofondo la cantilena regnava incontrastata, incurante delle urla strazianti di diniego che faceva Paul.

“BASTA! NON VOGLIO! NON VOGLIO MORIRE! SIETE TUTTI PAZZI! TUTTIIIIII!!!”

Ma David se né sbatté allegramente le palle e noi fummo costretti a guardare perché alcuni bambini ci bloccarono le palpebre, e vi assicuro che quello che vedemmo non fu piacevole: David affondò il bisturi nella carne fresca di David, aprì lo stomaco ed estrasse l’intestino tutto intero.

David stava perdendo i sensi, ma fece in tempo a vedere il suo stesso intestino sgocciolare sangue sul pavimento, mentre ancora ballava come un pesce fuor d’acqua.

Owen mi sussurrò “Sono sicuro che lo sta facendo ballare lui. Gli intestini ballano?”

Io gli risposi “Che cazzo ne so, Owen. So solo che mi sarei ricordato in ogni caso di questa notte, brillo o sobrio”

Ma non era finita: davanti ad un inorridito Mark, quello che sembrava un fantasma fece alzare un ancor miracolosamente vivo Paul sul tavolo arrossito dal sangue che perdeva l’intestino e il suo stomaco aperto, poi legò l’intestino lungo 9 metri su un tubo sul soffitto e impiccò il nostro amico, compagno di tante bevute, col suo stesso organo, mentre i bambini applaudivano urlando “PENITENZAAA! VIVA LA PENITENZA DEL SIGNOR DAVID!!”

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


I bambini si misero ad applaudire David per quanto fatto e, come ogni buon esibizionista, si inchinò al pubblico dicendo “Vi ringrazio tutti. Doveva capire quanto è brutto sentirsi dire “pazzo” o “malato”, e questo era il modo migliore di farlo”, non mi piacque il modo in cui disse “migliore”, perché fece in modo che continuasse a riecheggiare nella stanza. Io gli urlai contro “Sei un maledetto stronzo!”, ma David non mi ascoltò per niente, perché non aveva ancora finito di lavorare il cadavere di Paul.

Infatti davanti ai nostri occhi costretti alla lacrimazione per essere stati troppo tempo aperti, mise una mano guantata dentro il culo di Paul.

“Noooo! Che cosa sta facendo?”, chiese un inorridito Owen. Non l’avevo mai visto così terrorizzato, quella sera gli stava facendo tirare fuori tutto quello che aveva dentro, le sue peggiori paure. Mark provò col dire “Probabilmente ha brutti gusti sessuali”, ma la bambina che gli teneva gli occhi aperti gli diede un colpo alla nuca e gli disse “No caro mio, ti assicuro che lo zio David ha ottimi gusti sessuali” guardandolo negli occhi lampeggianti di giallo sole, e facendolo sanguinava dalle parti intime, si vedevano le goccioline cadere a terra.

In ogni caso dopo un po’ David disse “Eureka!” e fuoriuscì la mano con appresso tutta la colonna vertebrale, che adesso era poggiata sulla spalla di David, che rise nella sua ormai inconfondibile risata che tanto ci aveva attratto all’inizio “Aahahah! Non sembro il Dottore in questo modo?”

“Aahahah buffone! Facci divertire!”, gli urlarono i bambini di risposta; David così prese per un capo la colonna vertebrale di Paul, che tante volte lo aveva sorretto nelle sue sbronze e cominciò ad accanirsi sul suo cadavere frustandolo dalla parte del midollo, scorticandolo ogni volta che diceva una parola “Tu … non … capisci … che … è … sbagliato … insultare … noi … pazzi … quando … i … pazzi … siete … voi”; non so voi cosa avreste provato, ma ad ogni frustata a me sono venuti certi brividi come se le stesse dando a me, e il fatto che la pelle se ne andava a tocchi schizzando sangue ovunque che magicamente non sporcava i fantasmi non aiutava. Fu allora l’unico momento buono per noi di scappare, con David distratto; e Mark ce lo ricordò dicendo “Scappiamo! Ora!”, e con uno scatto guadagnammo la porta, e visto che l’uscita/entrata era chiusa, dovevamo trovare un metodo alternativo per uscire dal manicomio. Io proposi a Mark “Perché non usiamo una corda di lenzuola e ci gettiamo dalla finestra? Ho visto letti fatti nelle celle!”, Mark rifletté mentre correvamo alla cieca senza meta. “Buona idea”, approvò infine “Ma ci serve del tempo per fare una corda abbastanza lunga, ci vorrebbe pertanto qualcuno che li tiene impegnati”

“Oppure potreste scendere le scale e trovare l’uscita di servizio. Vi ci condurrò io, se volete”, una voce di ragazzina più forte dei lamenti che fuoriuscivano dalle stanze echeggiò dalle pareti. Owen ci tenne in guardia “Attenzione ragazzi, non mi convince. E se fosse David a manipolarla?”. Evidentemente questa ipotesi non piacque alla ragazza, che raffreddò il tono della voce, in modo che non entrasse più dalle orecchie, ma nel sangue, facendoci sudare freddo “Come sarebbe, non vi fidate? Guardare che faccio prima a rubare le vostre anime, tanto a voi non servono più”, e il fantasma di una ragazza dagli sporchi capelli castani, sporchi di terriccio come il suo vestito che con aria malinconica reggeva i vetri si allontanava fluttuando da noi. Io dissi “Eri tu quella?”, la voce rispose “Sì. Mi sono suicidata buttandomi dalle finestre, non ne potevo più degli abusi e degli elettroshock dei dottori. Quindi se solo provate ad imitarmi ruberò le vostre anime e ci giocherò un po’ ”

Mark sghignazzò nervoso “Cara mia, le anime non esistono”, ma per fortuna Owen era abbastanza spaventato da metterlo in guardia “Attento, non provocarla. Ormai mi aspetto di tutto”. Dal canto mio non mi sarei mai aspettato una frase del genere da Owen, forse anche più materialista di Mark, eppure più spaventato, tanto da cambiare gradualmente per tutta quella sera. Anche Mark fu del mio stesso avviso, perché guardò Owen, deglutì impaurito e disse alla voce “Ok ragazza. Conducici all’uscita di servizio”

“Ihihihihi… seguitemi”

“Cazzo. È proprio come ride la mia ragazza in chat”, disse Owen.

La ragazza suicida ci suggerì “Provate questa stanza, è sicuramente l’unica possibile per uscire”, indicandoci una porta facendola vibrare leggermente in modo da riconoscerla al buio. Io l’aprii che ero il più vicino, ma vidi che c’era già un uomo che stava rimettendo a posto dei calcinacci nel muro. Io innocentemente gli chiesi “S-serve aiuto?”.

L’uomo mi guardò aprendo totalmente i suoi occhi, poi vibrò terribilmente e si mise a farfugliare “Queste mani sono sporche, sono sporcheEEE. Devo pulire, pulire la MANIGLIA e la porta, la porta, sisisisi”, e cominciò a farlo con le sue stesse mani, arrossandole. Mark gli chiese “Questa stanza porta all’uscita di servizio?”, l’uomo lo guardò “L’uscita? Uscita di servizio? Alastor no, no, non ne sa niente.”, un attimo di pausa in cui fu perfettamente immobile, poi cominciò ad urlare “ALASTOR! NO! NON IMPICCARTI!NON IMPICCARTI, CHE TI DAREMO I TRANQUILLANTI, TRANQUILLANTI!” e col fiatone, correndo verso il suo letto così ben fatto da poterci far rimbalzare una moneta, cominciò a disfarlo col suo corpo, sbavando anche sangue.

“… fa pietà”, disse Owen. “Sì, ma è un pericolo per noi e, se non lo fermiamo, per se stesso, anche se è un fantasma.”, aggiunsi io, incapace di distogliere lo sguardo. In quel momento volevo essere Mark, che freddissimo disse “Andiamo”, poi si rivolse al corridoio con profonda amarezza “Hai sbagliato stanza, ragazzina”

“ihihihihihi…. Lo so. Volevo farvi conoscere Alastor, tutto qui”, che comparve dietro di loro assieme al bambino con la camicia di forza. Entrambi risero, ed estratta da chissà dove un’accetta ciascuno, ripeterono in coro fissandoci coi loro occhi vuoti di chi ha subito tante torture “Vi uccideremo. Il signore David si prende cura di noi. I dottori vogliono curarci, così dicono, ma non ci piace fare da lampadine una notte sì e l’altra pure” e ci attaccarono, non potevamo fare altro che scappare e ci rinchiudemmo dentro un’altra stanza senza ascoltare prima la ragazzina. La stanza dove eravamo entrati non sembrava molto diversa dalla precedente, tranne che per il letto strappato e un uomo rannicchiato in un angolo, era più bianco dei suoi compagni perché la luce della luna lo colpiva oltremodo. Tremava, così io ebbi troppa paura per avvicinarmi, ma Owen lo fece al posto mio “Ehi, almeno tu sei buono, vero? (sapevo che l’inguaribile ottimismo di Owen sarebbe tornato prima o poi) Sì che lo sei”, e gli accarezzò la spalla. Ragazzi, quella fu pacca che l’uomo rannicchiato si mise le mani sulle orecchie e cominciò ad urlare in modo disumano, da solo faceva più casino di noi la domenica allo stadio. La differenza stava che il suo tono era agghiacciante e ci percuoteva le viscere, in una sofferenza atroce. Non mi sarei stupito se alla fine sarebbero uscite.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


L’urlo attirò a noi Alastor e il ragazzo con la camicia di forza, che dissero all’unisono “Non disturbate Bill, ve ne prego”. Vedendoci in trappola, Mark chiese aiuto “Aiutoooo! Ragazza, dove dobbiamo andare?”, la ragazza ridacchiò divertita in quella maniera fastidiosa “Uscite e imboccate la prima porta a destra” e così facemmo, stando bene attenti a non farci vedere dall’ormai terzetto che ci inseguiva. Ora come ora non ricordo come abbiamo fatto per raggirarli e raggiungere la porta, ma fortunatamente eravamo nel corridoio. “Porca Eva”, commentò Owen, col fiatone “Che nottata. Dovevi vomitare per forza tu, eh? “Questa è l’ultima birra Owen, fammela bere, te lo giuro!” Vaffanculo, Steven”, e decise di attaccarmi, ma Mark lo scostò appena in tempo “Su, non prendertela con lui. Pensiamo piuttosto ad uscire di qua, poi potremo sfogarci su Steven”. Io non sapevo cosa dire, il mio destino era segnato per un unico, fatale errore. Ma mai fu errore quanto quello di seguire ancora la voce della ragazza che ci aveva indicato la prima porta a destra e adesso ce ne ritrovavamo davanti un’altra, che fece sentire la sua presenza lamentandosi “Prendertela? Sfogarci? AAAAAH!” e mollò un fendente di quello che sembrava un machete insanguinato. Io disse “Oh cazzo! Questa è armata!” e fummo costretti ad uscire, in quanto i suoi colpi erano veloci e precisi, e prima che a qualcuno di noi venisse il tetano preferimmo scappare ed affrontare i tre fantasmi che ci stavano seguendo. “Bravo, Steven! Così adesso ne abbiamo quattro sul culo!”

Io decisi finalmente di difendermi “Scusa sai, Mark! Non mi sembra che a te siano venute ottime idee ultimamente!” gli urlai mentre correvo, così non mi accorsi che sbattei contro una signora che stava rientrando nella sua stanza. Mark si stupì “Ma è impossibile! I fantasmi non hanno un corpo! Dove cazzo sei sbattuto, Steven?” ma a me venne da ridere se pensavo a lui e la sua fottuta razionalità. La signora mi vide a terra e mi porse la mano “Serve aiuto? Vi accompagno nella mia stanza, vi offro una tazza di té” così mi aiutò a rialzarmi e fummo tutti e tre praticamente costretti ad entrare con lei e a sederci attorno ad un tavolino di legno colorato con della vernice scrostata a bere da una tazza vuota e impolverata. Era come se una fune invisibile ci avesse fatto entrare a forza

Owen chiese “È sicura che abbia detto tè?”, la signora prese un coltello e per tutta risposta mi ordinò “Dammi la tua mano, orsù: avevate detto che avreste preso una tazza di tè, e così sarà” e si mise  a ridere come una pazza, e lo era. Io naturalmente rifiutai l’ordine e imitai i miei compagni che in silenzio cercarono di uscire non visti. Appena fuori Mark sospirò “Uff (fu imitato da tanti spiriti invisibili, come se volessero prenderci in giro), se non altro non si è messa ad inseguirci”, ma Owen la indicò tremante in mezzo alla folla “T-tu dici?” ed eccoli lì, tutti e cinque in attesa di vedere il nostro sangue, poi, in preda alla disperazione e al panico, chiesi alla ragazzina che si era offerta da guida “Vuoi indovinare stavolta? Non ci fai un po’ di pena?”

La ragazza rispose “Ihihihihihi. Mi sto divertendo con voi, sapete? I dottori non mi lasciano mai giocare e siamo costretti da quella brutta frusta e tessere il cotone, almeno noi donne. In ogni caso l’uscita è questa che vi spalancherò” e si aprì una porta. Noi entrammo, evitando un colpo di machete vagante, ma sin da subito ci rendemmo conto che la ragazza fece ancora una volta cilecca, ma non potevamo fidarci di nessun altro in quel posto.

In pratica era la solita stanza quadrata con in mezzo un uomo vestito alla maniera garibaldina. Egli ci chiese “Ohibò! Siete venuti con me ad unire l’Italia? Il mio nome è Garibaldi” ma Owen gli disse con una vena di nervosismo “Ma che Italia! Ci indichi dov’è l’uscita! Mica è Garibaldi, lei!”

Non l’avesse mai detto.

L’uomo si mise le mani nei capelli e urlando se li strappò ciocca dopo ciocca. “AAAAAH! NON DITE COSÌÌÌÌÌÌÌ!!!” e visto che ci stavano sanguinando le orecchie in maniera copiosa e proporzionale al suo urlo, Mark fece un tentativo “STIA CALMO E CI INDICHI DOV’È LA STRADA!”

“Certo, ve lo indico io! Perché IO sono Giulio Cesare!” era anche vestito da romano. Ma Mark non perse il suo brutto vizio “Ma mi faccia il piacere, per favore!” scatenando così un’altra crisi, forse anche peggiore di quella precedente.

“AAAAAAAAH! NON VOGLIO! NON VOGLIO MORIREEEEEEEEE! NON AVETE IL PERMESSO DI IMBAVAGLIARMI!NOOOO!!!” successivamente si buttò a terra e cominciò a farci gelare il sangue con i suoi lamenti, dapprima bassissimi, poi sempre più alti e strazianti, come di qualcuno che mette le unghie sulla lavagna.

Il rumore era talmente ipnotico che nessuno di noi tre osava muoversi, i suoi lamenti ci bloccavano.

E quando nella mia mente si faceva strada l’idea di dover morire implodendo dentro di noi vomitando i nostri stessi organi, la ragazza suicida aprì la porta e ci consigliò vivacemente, come se quello fosse un gioco “Non vorrete certo restare lì per sempre, Charlie non lo vuole. Venite, vi accompagno alla mia stanza, sono sicura che vi piacerà”

Non so dire come abbia trovato la forza di togliere i miei piedi da quel pavimento, ma fortunatamente per me lo feci, e io, Owen e Mark lasciammo Charlie in preda ai suoi lamenti, che smisero non appena uscimmo da quella stanza.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


In effetti ero molto curioso di visitare la sua stanza, sicuramente ci avrei trovato molti strumenti per la tortura e modi orribili per ucciderci.

Così rimasi meravigliato quando mi resi conto che quella camera era senza ombra di dubbio la più ricca fra tutte quelle che fino a quel momento avevamo visitato. C’era un lampadario spento, un letto a baldacchino e un antico scrittoio con tanto di carta, penna d’aquila e calamaio. La ragazza ci diede ancora una volta il benvenuto “Vogliate accomodarvi nella stanza di Caroline, e ignorate gli scricchiolii di quei bruti, sappiate però che siete fuori orario di visita, quindi state poco” e ci indicò il letto a baldacchino, ma solo in quell’istante notai che era già occupato da due uomini corpulenti che facevano chiasso combattendosi a vicenda. Sono sicuro che fino a due secondi prima non c’erano. Non dicendo altro, Caroline si inchinò a noi e si sedette davanti lo scrittoio e scrisse con inchiostro invisibile una lettera, ed ecco che ebbi un lampo di comprensione: stavamo visitando gli ultimi istanti di vita di Caroline; in pratica ha scritto una lunga lettera d’addio prima di suicidarsi, e la sua condanna era quella di dover ripetere quella scena, ancora e ancora, per sempre.

Mark le ricordò di essere nel presente “Ci dovevi mostrare la via d’uscita, ricordi?”

Ma lei non sembrava dargli retta, stava scrivendo le sue ragioni e non doveva essere disturbata, e i due bruti sul letto se le stavano dando di santa ragione, era insopportabile osservarli ogni giorni scannarsi a legnate.

Allora Mark ritentò “Allora, Caroline?” e probabilmente fu nell’udire il suo nome che la ragazza si alzò e ci guardò senza bulbi oculari, improvvisamente spariti, poi disse come se fosse ventriloqua “Ah… ho detto questo? Beh, HO MENTITO! E ADESSO VOI VERRETE CON ME NEL MIO ULTIMO VIAGGIO! È L’UNICO MODO PER SFUGGIRE AI DOTTORI CHE HANNO GIÀ STUPRATO CASSANDRA E ORA HANNO DETTO CHE TOCCHERÀ A ME, LI HO SENTITI! PROVATECI VOI A CONVIVERE CON QUESTI DUE ASSASSINI CHE NEANCHE SI SONO PRESENTATI E GIÀ ERANO LÀ A SCANNARSI!” poi con uno scatto stava per entrare con la mano destra nel mio torace per prendere una cosa vixcino al cuore che supposi essere la mia anima, ma in quel momento un dottore aprì la porta “Signorina McAllyson, la medicina”

La ragazza mi guardò con profondo odio, e non potrò mai scordare quei tremendi occhi azzurri che mi trapanavano, e poi si rivolse anche ai miei due compagni “Visto? Avete impedito di suicidarmi. Che ne avete avuto in cambio?” e uscì sbattendo la porta, lasciandoci soli con quei due energumeni che non si erano accorti di niente e si stavano limitando a distruggere il letto.

Improvvisamente la luce del lampadario si accese e si spense subito, per poi farlo e rifarlo ad intermittenza, e prima che la situazione degeneri Mark ci propose “Usciamo, prima che Caroline si vendichi su di noi per non aver messo in scena la sua morte” e uscì per primo, del tutto dimentico che c’erano cinque pazienti fantasmi assetati di sangue là fuori ad aspettare anche solo un nostro passo falso; Mark evidentemente non lo dava a vedere, ma aveva i nervi così a pezzi che dimenticò questo particolare e quindi non poté fare niente per evitare il colpo di machete che gli tranciò di netto la testa. Non aveva nemmeno toccato terra che il suo corpo ormai inerme venne bloccato dai due uomini, Bill e Alastor, cominciarono avidi a leccarne il sangue che schizzava come missile dal collo. La signora del tè mormorò soddisfatta e ordinò loro come se fossero i suoi cagnolini “Su, bevetelo tutto, che i dottori dicono che fa bene leccare il sangue crudo”

Era il momento migliore per uscire di soppiatto, anche se ancora una volta dovevamo sacrificare un amico per salvare noi, e Owen commentò “È stato punito per la sua miscredenza” ma io non seppi che rispondere: Mark era fra di noi quello più intelligente e l’immagine della sue testa che si separava dal corpo così all’improvviso sarà una cosa che mi accompagnerà nelle notti peggiori.

Una volta fuori dalla stanza e aggirato il pericolo di ripercussioni su di noi, Owen mi chiese “E adesso? Come usciamo? Pare che le finestre siano sorvegliate dalla signorina McAllyson”

Io non avevo nessuna idea, e vedere il mondo di fuori così vicino eppure così lontano mi torceva le viscere, quella notte mi aveva vuotato. Ma dovevamo trovare entrambi la forza di uscire, come avevo detto entrando, era tempo di dimostrare le palle, nonostante i continui lamenti che ogni tanto echeggiavano dai muri, i continui singhiozzi di gente che piangeva perché o non voleva la medicina oppure perché non voleva l’iniezione oppure perché voleva morire e nonostante anche le continue frustate che intervallavano tutte assieme l’altrimenti silenzio tombale di tutte quelle stanze maledette.

Una volta al pianerottolo che faceva da comunicante tra un piano e l’altro, incontrammo un altro fantasma vagante. Era un uomo probabilmente smarrito, ma non appena ci vide il suo viso si illuminò come se ci aspettasse e non vedesse l’ora di vederci.

“Ah, siete voi! Finalmente!Venite, venite, vi faccio uscire!”

A quelle parole ringraziammo e lo seguimmo, anche perché se non facevamo come diceva, probabilmente ci avrebbe ammazzato o anche peggio. Quindi decidemmo di fidarci, ma invece di scendere, salivamo verso l’ultimo piano. D’un tratto ci chiese “Come mai siete così pochi? Avrei giurato che all’inizio eravate molti di più”

Owen rispose al posto mio, perché io non avevo la forza di rispondere, ed Owen non era uno che se la teneva “Ci avete uccisi tutti, maledetti! Ora come ora le tue parole mi suonano come una presa per il culo, non sei d’accordo?”

Il fantasma non fu per nulla turbato e continuò a salire i gradini dandoci le spalle “Dovete scusare i miei compagni, sapete. Non abbiamo mai visite, e per una volta che ne abbiamo non vedono l’ora di accogliere la gente nel migliore dei modi possibile”

Owen rise in una risata assolutamente simile a quelle che sentivamo dai nostri avversari “Aaaah, così lo definisci “il miglior modo possibile”?Ma io ti ammazzo, devo pure portarne almeno uno con me prima di crepare all’inferno!”, ma il suo pugno alla schiena volò attraverso il fantasma, che non aveva corpo.

Io bloccai un secondo colpo di Owen “Owen, calmati! Hanno il coltello dalla parte del manico, ci conviene fare come dice e fidarci”

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Il fantasma ci condusse infine al pianerottolo più alto del palazzo, esattamente come avevo previsto. Non sapevamo cosa stesse per fare e che intenzioni aveva, comunque sia io che Owen eravamo convinti che non avesse nessuna intenzione di lasciarci andare.

Infatti ci bloccò un attimo davanti il pianerottolo perché avremmo dovuto vedere lui che si metteva al centro del suddetto, congiunse le mani e cominciò a parlare con dentro di sé tutte le voci di tutte le anime del palazzo, agghiacciandoci ancora una volta il sangue: sembrava che tutto il livore e il desiderio di vendetta stava caricandosi su di noi, che avevamo la sola colpa di essere entrati nel loro mondo.

Il fantasma disse “Vi è stato detto che è stato stabilito che morirete tutti, ebbene, è così: dovevate essere puniti per i vostri crimini: Fred (e comparve lo spettro fluttuante di Fred). Fred, il vostro primo amico, è morto per la sua vanità, e a noi non piacciono le persone che come lui si credono padreterni solo perché sono più facoltosi.

Paul! (comparve lo spettro di Paul a stomaco aperto a sinistra di quello di Fred) il vostro secondo amico Paul è stato punito giustamente in quanto deve capire che insultare dando alle persone “pazzo” o “malato” è un’offesa per noi, che lo siamo davvero e non ci stiamo ad essere presi per il culo!

Mark! (comparve il corpo senza testa di Mark) Mark è stato punito come terza vittima in quanto si è reso colpevole di non aver creduto a quello che vedeva, pertanto da adesso in poi verrà straziato dalla gente alla quale non ha mai dato peso!

Tu, Owen! (un fascio di luce come di riflettore si abbatté su di lui, accecandolo) Morirai per non aver creduto in noi fantasmi quando te ne è stato presentato uno, e nello specifico era il fantasma di mia figlia, la mia bellissima Susanne!”, ed eccola apparire, gobba e col cuore pulsante in bella vista. Susanne disse supplicante “Perché mi hai respinto?”

Ma Owen si girò verso di me, che ero perplesso e non sapevo di quella storia, si giustificò in falsetto “No … ma ti giuro che non sapevo chi fosse, ed era stato dieci anni fa ad Halloween! La mia mente perversa mi ha convinto che tu non esistessi!”

Il fantasma rispose impassibile “Non ha importanza, adesso è troppo tardi per scusarsi.

Ed infine tu, Steven! (lo stesso fascio di luce si spostò da Owen a me) Tu sarai punito … perché … beh, perché hai violato la nostra proprietà di notte e a noi non piace la gente invadente, che attraversa la nostra casa non invitato!”

Poi allargò le braccia e magicamente apparvero tutti i fantasmi, noti e meno noti, e disse loro adesso con voce unica “Bene, figli di una patria che non ci ha voluto! Prendiamo le loro anime e banchettiamo alla faccia dei dottori!”

Forse non ho detto che per tutto il tempo del suo discorso , si è allargato sempre di più, probabilmente simboleggiando le nostre colpe che ci stavano schiacciando. Ma quello che più mi infastidiva era il fatto che io dovessi subire la massima punizione solo per essermi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato! Ero solo con i miei amici a fargli compagnia! Ma ormai non c’era più tempo per recriminare: un sacco di gente senza faccia e vestita nella tipica tunica bianca che ha contraddistinto tutti i pazienti ci stavano infilando a forza una camicia di forza piena di chiodi arrugginiti e storti.

“Oh no! Non c’è punizione peggiore! Moriremo agonizzanti!”, urlò Owen in preda al panico. Io mi rivolsi a tutti loro “Mucchio di stronzi! Perché non diventate materiali e ce la ragioniamo, eh? Facile fare i bulletto solo perché si è già morti!”, ma il signor David mi mise la mano di Paul (la riconobbi perché portava sempre un anello a teschio) in bocca e mi sussurrò “Taci, ragazzo. Non avresti mai dovuto vomitare su Fred, e lo sai! Ora sarai tramutato in fantasma e proteggerai con noi i nostri domini! Mentre i tuoi amici periranno straziati per tuuuuutta l’eternità! Visto che privilegi? Non sei contento?”

Io lo guardai e risposi sarcastico “Eh, contentissimo”, ma se io conoscevo il mio destino in anticipo, Owen era messo peggio, era la prima volta che lo vedevo piangere “Sob… e dire anche che avevo una signora ragazza… che ne sarà di lei?”

Io gli risposi “Potrai sempre infestare i suoi sogni”, e Owen rise rassegnato.

Sembrava finita per noi.

I chiodi arrugginiti stavano compiendo il loro lavoro, e già molti dei fantasmi che ci circondavano non vedevano l’ora di conoscermi meglio, visto che avrei avuto l’eternità a disposizione, quando all’improvviso spuntò il sole dall’unica finestra in alto sul pianerottolo.

Era arrivata la mattina, tutti nostri guai erano finiti, i fantasmi non reggono la luce del sole. Così il loro capo che ci aveva condotti fino a lì si coprì la testa, imitato subito dagli altri “Oh no! È un nuovo giorno! Voi non muovetevi, ci vedremo la prossima notte!” e sparì, prima che il sole lo inghiottisca.

Il bello era che sparì anche la camicia di forza e le ferite guarirono dunque all’istante.

Io dissi meravigliato “Evidentemente l’incantesimo è valido solo per la notte”

Ma Owen smorzò i miei entusiasmi “Già… ma chi è morto durante la notte non è stato altrettanto fortunato” e infatti controllammo il corpo senza testa di Mark che ancora grondava sangue, il corpo afflosciato (l’intestino col quale era appeso si era spezzato) di Paul sul tavolo bianco di lavoro del signor David ed infine Fred, ancora a terra e con in bocca l’ultima mela.

Io sospirai “Forse, se avessero resistito per tutta la notte … ma non pensiamoci più” e, guadagnata l’uscita, lasciammo ai custodi l’onere di identificare i cadaveri.

Per quanto riguarda noi, decidemmo di non raccontare mai a nessuno la verità di quanto accaduto quella notte, neanche ai genitori dei nostri amici. Non volevamo altre morti sulla coscienza, ma in ogni caso Mark, Fred e Paul trovarono il modo di farsi sentire infestando per vendetta tutti i nostri sogni.

Almeno fino ad oggi, giorno nel quale ho deciso di raccontare ciò che è successo. So per certo che loro vogliono così, infatti spero stanotte di dormire. Per questo ho deciso di condividere con voi quanto mi è successo: per far sì che non cadiate nel nostro stesso errore. Non provate mai a provocare i matti, o saranno loro a provocare voi, per sempre. 

 

FINE

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1106732