Every end has a start

di everlily
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Awakening ***
Capitolo 2: *** Memories ***
Capitolo 3: *** Metamorphosis ***
Capitolo 4: *** Overwhelming ***
Capitolo 5: *** Loneliness ***
Capitolo 6: *** Craving ***
Capitolo 7: *** Disturbance ***
Capitolo 8: *** Secrets ***
Capitolo 9: *** Humanity ***
Capitolo 10: *** Depths ***
Capitolo 11: *** Consuming ***
Capitolo 12: *** Distance ***
Capitolo 13: *** Surrender ***
Capitolo 14: *** Awareness ***
Capitolo 15: *** Seeking ***
Capitolo 16: *** Epilogue/Love ***



Capitolo 1
*** Awakening ***



1.
Awakening

Elena spalancò gli occhi d’istinto e respirò avidamente. Poteva ancora avvertire l’acqua che la soffocava invadendole i polmoni, ogni fibra del suo corpo alla disperata ricerca di un briciolo d’aria. Con sollievo, notò che il suo bisogno di respirare aveva trovato inaspettato conforto in quell’aria fredda dal sapore di disinfettante che violentemente le era entrata in gola.

“Elena!”. La voce di Stefan le giunse improvvisamente vicina.

“Stefan!” - esclamò, abbandonandosi all’abbraccio che prontamente lui le stava offrendo.

L’istantanea sensazione di familiarità la aiutò a riprendere contatto con la realtà.

Sempre stretta in quell’abbraccio, qualcosa attirò il suo sguardo oltre la spalla di Stefan. Oltre il vetro di quella stanza asettica (una stanza d’obitorio realizzò, mentre un brivido le correva lungo la schiena), Damon la stava osservando, lo sguardo smarrito, frustrato, infuriato. E subito Elena sentì il suo cuore stringersi dolorosamente. Chiuse gli occhi un secondo, cercando di riprendersi dalla sofferenza che la vista di Damon le aveva procurato. Quando li riaprì, lui era sparito.
Con un rumore secco e metallico la porta si aprì violentemente, ed Elena si sciolse dall’abbraccio di Stefan, mentre Damon entrava nella stanza a passi decisi.

In una frazione di secondo, Damon sollevò Stefan dalla sedia accanto alla barella e lo costrinse contro il muro, le mani intorno alla gola.

“Che cazzo hai fatto?!” - gridò Damon - “A cosa diavolo stavi pensando, salvare Matt … Matt!! E lasciarla andare così …”. Ma la voce gli si spezzò prima di poter proseguire.

Stefan aprì la bocca, ma non ne uscì risposta. Il senso di colpa per quello che aveva fatto era troppo grande per riuscire a parlare al momento. Il pugno di Damon lo raggiunse con forza sulla mascella, e dentro di sé Stefan lo ringraziò silenziosamente, quasi come se il dolore fisico potesse in qualche modo alleviare la pena che sentiva.

“Come hai potuto!” urlò Damon, accompagnando le sue parole con un altro colpo.

Fu la voce, esasperata, di Elena a richiamarlo. “Damon, smettila!”.

Damon lasciò andare il fratello, che si aggrappò al muro. I due si guardarono per un istante, scorgendo ognuno la sofferenza negli occhi dell’altro, sapendo di essere accomunati dallo stesso dolore e, al tempo stesso, di non essere mai stati tanto distanti.

“Damon, per favore …” - mormorò Elena, cercando di ammorbidire la propria voce.

Damon si voltò a fissarla, quasi incredulo, come se dovesse spiegare, come si fa con un bambino, perché la situazione fosse così grave.

“Non ti ha salvato subito, Elena, avrebbe dovuto … e invece, lui ti ha …”

“Gliel’ho chiesto io, Damon.”.

Elena mosse alcuni timidi passi nella sua direzione, mentre i ricordi delle ore precedenti stavano mano a mano diventando più nitidi. La sagoma di Rebekah all’improvviso in mezzo alla strada. Il pick-up di Matt che sbanda, saltando oltre il ponte. Il buio, il freddo, l’acqua. Matt svenuto sul sedile accanto. Stefan che nuota verso di lei. E su tutto, quella orribile sensazione di deja-vu del giorno in cui in un simile incidente aveva perso i suoi genitori e la sua vita era cambiata per sempre.

Scrollò leggermente le spalle e proseguì con maggiore decisione, sostenendo lo sguardo interrogativo di Damon. “Gli ho chiesto io di salvare prima Matt. Era giusto così, non avrei mai sopportato il pensiero di un altro amico morto a causa mia …”

“E quindi meglio tu, Elena!” - Damon la interruppe esasperato. Come faceva a non rendersene conto? A non capire che tutto, tutto, per lei adesso era irrimediabilmente cambiato, che non c’era modo di tornare indietro, che l’unica alternativa era una vita di inferno …

“Tu non capisci, vero?!”. A quelle parole le afferrò le braccia, doveva farle capire …

“No, tu non capisci!”. Con uno scatto di cui fu la prima a sorprendersi, Elena si liberò della sua presa.
“Damon ha ragione, Elena” - mormorò Stefan.

Proseguì, lo sguardo e la voce incredibilmente affranti - “Non avrei mai dovuto lasciarti laggiù, mai. Non me lo perdonerò mai”.

Elena rimase in silenzio, incapace di aggiungere altro, mentre sentiva le lacrime salirle alla gola. Il suo intero essere sembrava essere un turbine di emozioni. Era tutto così difficile da processare. E poi c’era quell’istinto di sopravvivenza, quella fame martellante che stava lentamente crescendo dal profondo delle sue viscere.

“Grandioso” - esclamò Damon, distraendola da quella sensazione. “Tu e la tua fastidiosa vocazione al martirio, Elena, tu e il tuo indecente senso delle scelte, Stefan … proprio una gran bella combinazione. Grandiosa, direi.”

Damon posò il suo sguardo prima sull’una e poi sull’altro, senza però incrociare nessuno dei due.

“Guardate a cosa ha portato! A cosa le vostre stupide scelte hanno portato!” - proseguì - “Spero che siate soddisfatti adesso … voi due vi meritate proprio a vicenda” - aggiunse, mentre sentiva la rabbia lasciare il posto ad una profonda amarezza.

Elena teneva il volto ostinatamente girato nella direzione opposta, sapendo che non sarebbe mai riuscita a sostenere lo sguardo di Damon. E non solo per quella discussione. C’era dell’altro, molto altro. Si chiese se lo avesse intuito anche lui, e quel pensiero le fece stringere nuovamente il cuore.
Damon notò il cambiamento nella sua espressione. Strinse le labbra, aspettando una reazione, una qualsiasi, da parte di entrambi, che non arrivò.

Elena ricacciò indietro le lacrime e sospirò, cercando di riprendere il controllo di se stessa. Perché doveva essere sempre tutto così difficile con Damon? Perché con lui era tutto così esasperante, così complicato, così intenso?

“Elena …”. Stefan le si avvicinò ed ancora una volta, Elena ritrovò nel suo sguardo il conforto di cui aveva bisogno.

“Non devi sentirti in colpa, Stefan” - cercò di rassicurarlo.

Ma il volto di Stefan rimase serio. “Ma è così, Elena. Non può essere che così. Odio me stesso per quello che ti ho fatto”.

“No!” - Elena replicò con forza, ma nei suoi occhi, che conosceva così bene, vide la profondità del rimorso e delle colpe che lo opprimevano. “Non devi …” - sussurrò, animata dall’improvviso bisogno di fargli sentire che sarebbe andato tutto bene.

“Lo sapevi?” - mormorò Stefan.

Elena lo guardò in modo interrogativo.

“Sapevi del sangue di vampiro?” - ripeté Damon con più decisione - “Che era con quello che Meredith ti aveva curata questa mattina?”

A quelle parole, Elena sussultò leggermente. Così adesso ne aveva conferma. Nessuno aveva ancora fatto apertamente parola di quel che le stava succedendo. Eppure, dentro di sé, lei sapeva. Sapeva di non essere stata miracolosamente salvata dalle acque. Sapeva che quella fame crescente erano i morsi della transizione. Ma no, non sapeva di avere sangue di vampiro in circolo mentre veniva inghiottita dalle acque gelide sotto il Wickery Bridge.

Elena abbassò lo sguardo, e scosse piano la testa. In uno scatto d’ira, Stefan si voltò e mollò un pugno contro la parete di piastrelle bianche. Anche nei suoi periodi più bui, quando la gente aveva iniziato a chiamarlo Ripper per la sua agghiacciante abitudine di squartare le proprie vittime per drenarle fino all’ultima goccia di sangue, non aveva mai provato un tale odio e disprezzo per se stesso come in quel momento.

“Stefan …” - la supplica di Elena lo fece tornare in sé.

“Sai cosa ti sta succedendo, Elena?” - le chiese Damon, con una calma che non sentiva.

Elena si costrinse a guardarlo ed annuì - “Sono in transizione”. Il solo dirlo ad alta voce suonava così irreale. Damon strinse nuovamente le labbra, ed annuì con un solo cenno del capo, gli occhi irrequieti fissi nei suoi.

Elena sospirò e distolse lo sguardo. Lo sguardo di Damon le faceva male nel profondo, un male troppo intenso per poterlo sopportare. Lei gli aveva spezzato il cuore solo pochi attimi prima dell’incidente, decidendo di tornare da Stefan piuttosto che raggiungerlo a centinaia di chilometri da Mystic Falls, pur sapendo che quella avrebbe potuto essere l’ultima volta che si sarebbero parlati. E poi c’erano quei nuovi ricordi (ricordi di Damon), che continuavano ad affiorare, tormentandola. Si chiese se lui lo sapesse, se lo avesse capito …

“Beh, in questo caso non credo che dobbiamo stare a spiegarti per filo e per segno la procedura.”. Damon sembrava ormai aver ripreso il controllo della propria voce. “Una sacca di sangue dovrebbe fare il suo dovere.”

“Non so cosa voglio fare” - ribatté Elena, più per dispetto nei confronti dell’arroganza con cui Damon dava per scontato quale sarebbe stata la sua scelta. Mentre lo diceva però si rese conto di una fondamentale verità: lei non voleva essere un vampiro. Non lo aveva mai voluto.

“Cosa vuol dire che non lo sai?”. L’espressione di Damon si accigliò. “E’ semplice. Ti nutri, sei vampiro. Non lo fai, sei morta.” Sottolineò l’ultima frase spalancando leggermente gli occhi. Poi si voltò verso il fratello in cerca di sostegno.“Stefan? Andiamo, dammi una mano”.

Stefan annuì. “Elena, sai cosa succede se non completi la trasformazione” - si rivolse a lei cercando di usare un tono il più pacato possibile.

“Sì, Stefan, lo so. E so anche cosa succede se decido di completarla”. Elena guardò entrambi i vampiri, e sospirò - “Ho bisogno di tempo. Non posso decidere adesso.”

Stava succedendo tutto troppo in fretta, aveva bisogno di pensare con calma. “Per favore, al momento voglio solo andare a casa”.

I due fratelli si guardarono, come per decidere sul da farsi. Stefan fece cenno di sì con la testa, mentre Damon alzò gli occhi al cielo.

“Ok, ti portiamo a casa” - acconsentì Damon con lo stesso tono con cui si accetta un capriccio inevitabile. “Ma ricorda che non ne hai molto di tempo” - aggiunse in tono serio, assicurandosi con lo sguardo che lei avesse compreso.

Elena annuì.

“D’accordo allora, andiamo”. Stefan fu il primo a muoversi.

“Solo un momento”. Damon si voltò verso il fratello, indicando la porta con un cenno del capo. “Stefan, una parola?”

***

Mentre si dirigevano verso l’uscita, Damon si voltò un attimo in direzione di Elena.
“Tranquilla, non ci vorrà molto” - cercò di mantenere un tono neutrale nelle sue parole, ma il suo sguardo tradiva una certa emozione. Elena finse di non notarlo ed abbozzò un leggero sorriso.

“Elena!” - Jeremy si catapultò nella stanza, correndo ad abbracciare la sorella.

Entrambi i fratelli accolsero con sollievo quell’intrusione, che almeno per un attimo aveva alleggerito la tangibile tensione fra i tre.

Damon chiuse la porta e si assicurò che lui e Stefan fossero a debita distanza d’orecchio. Anche se la transizione non era completa, l’udito di Elena poteva già essere superiore a quello di un normale umano.
Con un sospiro si rivolse quindi verso Stefan. “Me ne vado da Mystic Falls non appena abbiamo chiuso questa faccenda.” Fece una pausa, lo sguardo del fratello fisso su di lui. “Non dimenticare di salutare tutti da parte mia” - aggiunse sarcasticamente.

“Non puoi andartene, Damon, di cosa stai parlando?” - Stefan lo osservava perplesso, le braccia conserte strette intorno al petto.

Damon alzò un’altra volta gli occhi al cielo. “Avevamo un patto se non sbaglio, ed ho intenzione di rispettarlo. Elena ha fatto la sua scelta, ed ha scelto te”.

Le sue labbra si strinsero, ed il suo orgoglio ferito bruciò particolarmente nel pronunciare quelle parole.

“Chiaramente la scelta sbagliata, visto che, beh, tanto per dirne una … l’hai uccisa” - aggiunse premurandosi di sottolineare l’ultimo concetto. Il moto di sofferenza negli occhi di Stefan gli procurò una magra, ma innegabile soddisfazione. “Ma questi sono i fatti. Il grande cattivo Originario è fuori dai giochi, per qualche miracolo noi siamo ancora qua, Elena ha preso la sua decisione e adesso potete vivere felici per l’eternità. Il resto del mondo mi aspetta.”

Damon fece per andarsene, ma Stefan lo bloccò saldamente per il braccio.

“Damon, non puoi”. Sembrava stupito che Damon anche solo prendesse l’opzione in seria considerazione.

Damon aggrottò le sopracciglia in un’espressione interrogativa. Cosa pretendeva adesso Stefan da lui?

“Forse non mi sono spiegato bene, Stefan” - continuò Damon liberandosi della sua presa. “Elena ha scelto …”

“So bene cosa hai detto, Damon” - lo interruppe Stefan. Elena aveva scelto lui. Eppure non riusciva a gioire del tutto di quella consapevolezza, perché Elena era morta, morta per colpa sua, e l’unica possibilità per lei era diventare un vampiro, un futuro che lui sapeva lei non avrebbe voluto.

“Ma è tutto diverso adesso. Se Elena decide di completare la transizione …” - Stefan fece una pausa, impaurito dalla gravità di quel se - “… se decide di diventare un vampiro, avrà bisogno di te. Per controllare il desiderio di sangue … avrà bisogno di tutti noi per adattarsi alla nuova vita, avrà bisogno di te” - ripeté e mentre lo diceva, si stupì di quanta verità ci fosse in quell’affermazione.

.
Lo sguardo di Damon si indurì. “Sono sicuro che sarà felicissima di seguire la tua dieta del coniglio.”
“Oh, andiamo”. Stefan si portò le mani al volto in un gesto esasperato. “Non ho alcuna intenzione di metterla in testa certe stronzate. Sai bene a cosa mi hanno portato.”

In cuor suo, Damon sapeva che il fratello aveva ragione. Del resto, lui stesso aveva passato gli ultimi mesi cercando di salvarlo dalla sua insana dipendenza da sangue umano, una dipendenza dovuta certamente a decenni di illusoria astinenza che non avevano fatto altro che annientare ogni sua capacità di autocontrollo. Ma non voleva cedere, non così facilmente.

“Eppure lo hai sperimentato con successo con Barbie Vampira, sono sicuro che andrà a meraviglia anche stavolta”. Con tanto successo, infatti, che Barbie Vampira si era convertita alle dieta delle sacche di sangue in men che non si dica.

Stefan scosse la testa. “Era diverso, io ero diverso. E’ stato facile con Caroline … perché è successo prima che Klaus mi costringesse a far riemergere il mio peggiore latoRipper.” Stefan alzò gli occhi e li fissò in quelli del fratello.

“Non sono in grado di insegnare il controllo a nessuno in questo momento, Damon.” – ammise –“Diamine sono io il primo a combattere ogni giorno per controllare la sete, per cercare di rimettere insieme i pezzi!”. Ma non era solo questo. Aveva realizzato come la trasformazione di Elena cambiasse radicalmente le condizioni del loro patto, e non era ancora pronto ad accettarlo.
“E poi se non sbaglio, il nostro accordo sarebbe dovuto durare il tempo della vita umana di Elena” - proseguì - “Non posso pensare di chiederti di rispettarlo per una durata infinita. La prospettiva era quella di ritrovarci un giorno ….”

Damon si lasciò sfuggire un ghigno sarcastico. “D’accordo. Rimarrò il tempo necessario ad Elena per adattarsi alla nuova situazione. Sarò un fantastico maestro di autocontrollo, Stefan, non temere.” Stefan annuì, ma prima che potesse accennare un sorriso sollevato, Damon proseguì - “Ma questo è tutto, Stefan. Non appena sarà il momento, lascerò comunque Mystic Falls. Vedi, caro fratello, tu non cogli l’ironia della situazione. Patto o non patto, devi essere pazzo per pensare che io voglia davvero ritrovarmi o riconciliarmi con te, passare le serate a bere bourbon, farci le trecce e parlare dei bei tempi andati. Non dopo quello che hai fatto ad Elena” - fece solo una breve pausa per lasciare che le proprie facessero effetto - “Questo non te lo perdonerò mai.”


Spazio autrice.

Questa è una storia che avevo in mente da un po' dopo il finale, ed è la mia prima fanfic. So che ci sono molte ff ambientate in una futura 4a stagione e voglio invogliarvi a leggere anche la mia, perciò ... Diciamo che questa storia sarà un percorso, soprattutto di formazione, ben preciso. Non aspettatevi Elena che riacquista i ricordi e si getta subito tra le braccia di Damon. La ragazza fragile che ha perso tutto e deve ancora trovare se stessa ne ha di strada da fare davanti a sè....
I primi 2/3 capitoli sono un po' di passaggio, ma mi sono serviti soprattutto per capire un po' a che punto stanno i personaggi. Da lì, la storia prende una direzione tutta sua ... Ho cercato il più possibile di mantere tutti IC e di rendere, anche nella trama, la stessa atmosfera di TVD.

Naturalmente, mi farà piacere sapere cosa ne pensate ;)

Baci

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Capitolo 2
*** Memories ***


2.
Memories


Elena si lasciò andare sul letto di camera sua. Era rimasta sola per la prima volta dal momento in cui si era risvegliata. Con gesti automatici si era tolta i vestiti ancora impregnati d’acqua, si era gettata nella doccia, ed una volta uscita si era infilata dei vestiti puliti, anche se niente di tutto ciò sembrava aiutarla a scuotersi di dosso quella sensazione di acqua stagnante (quell’odore di morte pensò con orrore) che si sentiva appiccicata addosso.

Stefan l’aveva accompagnata a casa, ed era stato particolarmente premuroso nei suoi confronti. Si chiese se sapesse che lei aveva scelto di tornare da lui. Forse Damon glielo aveva detto. Era di questo che avevano parlato fuori dalla stanza all’ospedale? Non lo sapeva, la presenza di Jeremy e le loro continue preoccupazioni sul suo stato non avevano lasciato il tempo di approfondire. Adesso entrambi la aspettavano al piano di sotto, ma lei non aveva fretta di raggiungerli, non ancora. C’erano quelle nuove, insidiose informazioni che doveva processare prima di confrontarsi con Stefan e riprendere le fila della loro storia.

Elena sapeva che una delle conseguenze della transizione era la fine di ogni forma di soggiogamento vampiresco ricevuta in vita. Pensò quindi che era inutile opporvisi, chiuse gli occhi e lasciò che i ritrovati ricordi le scorressero davanti.




“Bel pigiamino”

Elena si ferma, stupita e leggermente infastidita di vedere Damon seduto vicino alla sua finestra, i gomiti appoggiati sulle ginocchia.

“Sono stanca, Damon”.

Era stata una lunga giornata, ed anche se quel giorno lui le aveva praticamente salvato la vita, Elena provava ancora un forte risentimento nei suoi confronti. Damon aveva ucciso Jeremy solo qualche settimana prima, e se lui era vivo lo doveva solo alla fortunata coincidenza di indossare l’anello Gilbert nell’attimo in cui Damon lo aveva attaccato. Decisamente, in quel momento, Damon non è certo una delle prime persone con cui vuole conversare.

Damon si alza e le si avvicina con un sorriso un po’ insicuro, lasciandosi scivolare la catena di un ciondolo tra le mani. Il ciondolo di Elena, quello che le aveva regalato Stefan.

“Ti ho portato questo” – e c’è una certa soddisfazione nella sua voce.

Elena è sorpresa. “Pensavo di averlo perso …”. Damon scuote leggermente la testa, e lei sospira sollevata.

“Grazie” - sorride ed allunga le mani nel tentativo di prendere la collana, ma Damon ritrae la mano, sottraendola dalla sua presa.

A che gioco sta giocando?

“Ridammela, per favore”. Elena non ha molta pazienza da mettere alla prova.

Damon la ignora. “Devo solo dire una cosa”.

Elena si ritrae, leggermente spaventata. “Perché devi dirlo con il mio ciondolo in mano?”.

Sa che dentro al ciondolo c’è una piccola quantità di verbena, sufficiente a proteggerla contro il soggiogamento. E sente un forte bisogno di indossarla nuovamente.

Damon aggrotta le ciglia, ed esita un attimo. “Beh … Perché quello che sto per dirti è … probabilmente la cosa più egoista che abbia mai detto in vita mia”. E’ incerto, ma non sembra intenzionato a desistere.

Elena prende fiato, non vuole ascoltarlo. “Damon, non farlo”.

Ma Damon insiste e si muove con più decisione nella sua direzione. “No, ho solo bisogno di dirlo

una volta, e tu hai solo bisogno di sentirtelo dire”.

Elena indietreggia ancora di più, finché lui non le arriva vicino, i lori volti a poca distanza l’uno dall’altro. La fissa negli occhi ed Elena non può fare a meno di sentire una lieve stretta allo stomaco.
“Ti amo, Elena” - le parole gli escono d’un fiato - “Ed è proprio perché ti amo che ….”. Damon si prende una pausa, ed i suoi occhi si accendono di tristezza mentre la guarda - “… non posso essere egoista con te. E perché non puoi saperlo”. I suoi occhi sono sempre più lucidi, mentre inclina leggermente la testa di lato, il suo sguardo ancora più intenso. “Io non ti merito …” – la sua voce si incrina - “… ma mio fratello sì”.

Elena sente di voler dire qualcosa, ma le parole le muoiono in gola. Non riesce a smettere di fissare il suo sguardo. Non vuole smettere. E’ incapace di aggiungere altro, di formulare un qualsiasi pensiero. Damon si avvicina ancora, ed Elena ha un fremito. Vuole baciarla?
Lentamente e con dolcezza, Damon le bacia la fronte. Elena è sconcertata, la sua bocca continua ad aprirsi, ma non ne esce alcun suono.

Damon le rivolge un altro sguardo, mentre le accarezza piano i capelli, “Dio, quanto vorrei che non tu dovessi scordarlo”.

Elena lo guarda interrogativamente.

“Ma devi …”



Elena non riusciva a capire perché fosse così scossa da quel ricordo. Non ne era stupita, perché sapeva bene che Damon l’amava. Glielo aveva detto altre volte in seguito a quella. E poi, non è che lui ne facesse un mistero, soprattutto dopo che Stefan aveva lasciato la città insieme a Klaus, quando erano rimasti solo loro due a farsi forza a vicenda …

Ma il ritrovato ricordo, in qualche modo, l’aveva toccata nel profondo. Forse era dovuto alla nuova intensità con cui sperimentava le emozioni da quando era entrata in transizione. O forse era perché questo aumentava dolorosamente in lei la consapevolezza di quel lato di Damon che lui cercava ostinatamente di tenere al riparo dietro a tutte le sue maschere. Quel lato che ama disperatamente e che altrettanto disperatamente ha bisogno di essere amato. Come tu non hai saputo, non hai voluto fare, le rammentò una voce dentro di lei.

Quel pensiero le procurò l’ennesima fitta atroce.

L’altro ricordo, invece, quello sì che era stato una vera sorpresa.

Elena riaggancia il telefono. I suoi genitori dovrebbero arrivare a momenti, ma nel frattempo parlare con Bonnie l’ha consolata un po’. E’ notte, e si sente improvvisamente sfiorare da una leggera folata fredda.

“Katherine.”
Alza lo sguardo al suono di quella voce maschile carica di incredulità, speranza, desiderio.
Il volto dello sconosciuto di fronte a lei sembra però spegnersi di fronte alla sua espressione perplessa.

“No, io …”. Elena si volta per controllare che si stia davvero rivolgendo a lei. La strada alle sue spalle è deserta.

“Sono Elena” - prosegue, con cautela.

“Oh …”. Lo sconosciuto è visibilmente deluso. “Tu … davvero assomigli …” - lascia la frase sospesa a metà, poi sospira e scuote la testa. “Scusami. E’ solo che mi ricordi davvero tantissimo una persona”. Lo sconosciuto muove alcuni passi verso di lei e in un solo attimo sembra aver ripreso un certo controllo di sé. “Sono Damon.”

E’ attraente, ed il suo sguardo ha sicuramente qualcosa di magnetico. Ma è notte, e lui è uno sconosciuto. Deve essere circospetta. “Non per essere scortese o altro, Damon, ma … è abbastanza inquietante che tu sia qui, nel bel mezzo di niente.”

“Proprio tu parli”. Damon fa un sorrisetto ed i suoi occhi azzurri sembrano illuminarsi nella notte. “Sei qua fuori tutta sola”.

E’ una provocazione?

Elena allarga le braccia, come se dovesse spiegare l’ovvio. “E’ Mystic Falls, qua non succede mai niente di brutto”.

Damon sorride, sembra divertito.

Continuano a guardarsi, finché Elena non abbandona la sua difensiva. “Ho litigato con il mio ragazzo”. Non sa bene perché lo ha detto, le parole le escono di bocca prima di poter pensare.

“Per cosa?” - le domanda Damon. “Se posso chiedere …” – aggiunge, alzando le mani in un gesto ironico, come per scusarsi di essere stato troppo invasivo. Ma non sembra davvero dispiaciuto.
Elena scuote la testa amaramente. “La vita, il futuro … Lui ha già pianificato tutto”. A quel pensiero Elena sente un rinnovato moto di fastidio nei confronti di Matt.

Damon sogghigna, sembra sapere. “E tu non lo vuoi?”

Elena alza le spalle. “Non lo cosa voglio”.

“Beh, questo non è vero” - il tono di Damon si addolcisce -“Vuoi quello che vogliono tutti”.

“E cosa sarebbe?”. Elena si lascia sfuggire un sorriso malizioso. “Un misterioso sconosciuto che ha tutte le risposte?”

Damon ride, si volta da un’altra parte, poi torna a guardarla. “Beh, diciamo solo che sono in giro da molto tempo. Ho imparato un paio di cose” - aggiunge ritrovando il suo ghigno. Sembra esserci dell’ironia in quell’affermazione.

“Allora, Damon …” - Elena è divertita, e curiosa di sapere dove la porterà quella conversazione.

“Dimmi. Cos’è che voglio?”. Sta flirtando, con uno sconosciuto, nel bel mezzo di una strada isolata. Elena è sorpresa della sua stessa audacia. Ma non più di tanto.

Damon si avvicina, vuole stare al suo gioco. “Vuoi un amore che ti divori. Vuoi passione …” - Elena lo guarda, un mezzo sorriso sulle labbra e gli occhi pieni di aspettativa - “… e avventura. Ed anche un po’ di pericolo”. Damon sottolinea quelle ultime parole con un sorriso ambiguo.

Elena è spiazzata, affascinata forse. Ma non vuole dargliela vinta così facilmente. Cerca un modo per poter spiazzare anche lui. “Allora … e tu, cosa vuoi tu?”.

Ci riesce. Damon esita, sembra cercare le parole, senza trovarle. Elena sorride soddisfatta, ma il suo sguardo è ancora inquisitore. Non lo lascerà sviare la domanda.

Un rumore di clacson li distrae entrambi, ed Elena vede sbucare da dietro la curva la familiare berlina grigia. “Sono i miei genitori.”

Quando si volta di nuovo, Damon è vicino, pericolosamente vicino. Prima ancora di poterlo impedire, si ritrova ipnotizzata a fissare i suoi occhi.

“Voglio che tu trovi tutto quello che stai cercando. Ma al momento voglio che dimentichi quest’incontro, la gente non deve ancora sapere che sono in città”. Il suo sguardo sembra quasi deluso …

“Buonanotte, Elena”.



E quindi, era stato quello il suo primo incontro con Damon. Non quel giorno alla pensione Salvatore, quando si era imbattuta in lui mentre era alla ricerca di Stefan. “Tu devi essere Elena” - le aveva detto, squadrandola con uno sguardo un po’ inquisitore e un po’ divertito.

Ma in quel momento lui la conosceva già, da mesi almeno. Da quella tragica sera in cui la sua vita era stata sconvolta.

Elena non mancò di cogliere l’ironia di quella rivelazione. Qualche ora prima, mentre tra le lacrime rifiutava l’amore irrequieto di Damon per andare a rifugiarsi in quello rassicurante di Stefan, inconsciamente, gli aveva detto proprio quello. “Forse, se tu ed io ci fossimo incontrati prima …”

E così era stato. Prima di Stefan. Ma soprattutto prima che la vecchia, solare e vivace Elena … prima che tutta la sua spensieratezza venisse spazzata via, prima che tutte le sue certezze iniziassero a crollare, irrimediabilmente, una dopo l’altra.

Sarebbe cambiato qualcosa se avesse saputo prima quell’informazione? No, si rispose risoluta. Lei amava Stefan. Il suo modo di farla sentire protetta, amata, al sicuro.

Eppure, una parte di lei non poté fare a meno di sentirsi profondamente frustrata di fronte a quel ricordo. Di fronte al modo in cui Damon l’aveva affascinata, e provocato la sua fantasia.

Provò invidia per la se stessa del ricordo, per ciò che era stata la sua vita fino a quel momento, ed una certa amarezza per ciò che avrebbe potuto essere se l’incidente con i suoi genitori non fosse mai avvenuto. Ma davvero quella parte di lei se n’era andata per sempre? Elena esitò a darsi una risposta, spaventata dalle implicazioni di quella domanda.

La tenue luce del primo mattino si era nel frattempo fatta più intensa, man mano che avanzava verso il suo letto. Un caldo spicchio di sole le colpì un lato del volto, ed Elena reagì istintivamente a quell’indesiderato contatto. Con un gesto indispettito si alzò di scatto, precipitandosi a chiudere le tende e a far ripiombare la stanza nella semi-oscurità.

Un tocco deciso sulla porta la fece voltare di scatto. Damon era apparso, appoggiato allo stipite della porta.

Gli occhi di Elena corsero inconsciamente alla sacca di sangue che teneva tra le mani, ed immediatamente sentì il desiderio, la fame, salirle in gola con rinnovata violenza.

Damon sorrise. “Ti ho portato la colazione.”



S/A.

Altro capitolo un po' di passaggio. Mi scuso se larga parte è occupata dalla scrittura di scene che già conosciamo, ma scriverle secondo il punto di vista di Elena mi ha aiutato a capire il personaggio. Aggiornerò a breve per ulteriori e più sostanziosi sviluppi.
Baci

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Capitolo 3
*** Metamorphosis ***


3.
Metamorphosis

Damon entrò nella stanza a passi lenti, consapevole dello sguardo di Elena su di sé. Si sedette sul bordo del letto e, con cautela, appoggiò la sacca di sangue al suo fianco. Gli occhi di Elena non l’avevano lasciata un secondo. Damon si frugò nelle tasche, senza fretta, e ne estrasse un anello che appoggiò accanto alla sacca.

Elena sapeva bene di cosa si trattava. Evidentemente, Bonnie si era già preoccupata di prepararle un anello da indossare per poter camminare nel sole. A quel pensiero, Elena inspirò profondamente.

“Come mai se qui Damon?”. Era la prima volta che si ritrovavano soli ed Elena provò un leggero disagio al pensiero di come avrebbe gestito la situazione.

“Prenditela con il tuo fratellino. Sai, non sembra molto contento della tua indecisione.”. Damon piegò le labbra in un sorriso ironico. “Non appena siete arrivati a casa, mi ha chiamato pregandomi letteralmente di non uscire da questa stanza fino a che non avrò tentato tutto il possibile per farti cambiare idea” – proseguì.

Elena si passò le mani tra i capelli in un gesto nervoso. Ah, Jeremy.

“Perché tu?”

“Diciamo che il piccolo Gilbert al momento non è esattamente il fan di Stefan numero 1.”

Damon si lasciò sfuggire un ghigno. “E poi, Jeremy sa che posso essere molto persuasivo quando voglio.”

Elena reagì indispettita. Conosceva i metodi di Damon. “E così, è questo il vostro grande piano? Farmi nutrire con la forza?”

“No!” – Damon mise su uno sguardo offeso.

Cercò il suo sguardo e proseguì in tono più dolce - “Sai che non lo farei mai …”.

Non che non ci avesse pensato, ovvio. Il pensiero di perdere Elena per sempre semplicemente gli annebbiava ogni forma di giudizio. Ma ricordava ancora il tormento che aveva provato dopo che l’aveva costretta con la forza a bere il suo sangue quando lei era determinata a morire nel sacrificio di Klaus. Se per colpa sua lei si fosse risvegliata vampira, si sarebbe piantato da solo un paletto nel cuore senza pensarci due volte. E poi, lui stesso le aveva raccontato, molto tempo prima, come Stefan lo avesse costretto a nutrirsi per completare la trasformazione, e di come questo avesse gettato entrambi in una spirale distruttiva durata più di un secolo. No, questa volta l’avrebbe lasciata scegliere di sua volontà. Sempre che fosse la scelta giusta, naturalmente.

“Sai, so essere persuasivo anche in altri modi …” – aggiunse Damon con un sorriso malizioso.

Elena alzò gli occhi al cielo. Sì, lo so. Trovò quindi il suo sguardo e si ritrovò a sorridere. Per un attimo, solo per un attimo, fu come se non si fossero mai allontanati.

“Non vuole perderti, Elena.” - Damon abbassò un secondo lo sguardo, prima di tornare a sorriderle – “E poi, non vorrai certo avere sulla coscienza qualche malcapitata famiglia che abbia la sfortuna di prenderlo in affidamento? Insomma, voglio dire … avere a che fare con Jeremy, non immagino sorte peggiore.”

Elena voleva ridere, ma sentì qualcosa rompersi dentro di lei e prima che potesse rendersene conto si ritrovò a singhiozzare, accasciata sul pavimento, il volto tra le mani.

In un lampo, Damon le fu accanto e la attirò a sé stringendole le spalle. A quel contatto, Elena sentì la familiare morsa stringerle lo stomaco e si aggrappò a lui ancora di più. Le sarebbe bastato muovere leggermente il volto per sapere esattamente dove trovare le sue labbra, ed il pensiero le fece correre il cuore all’impazzata. Damon notò il cambiamento nel suo respiro e, con uno sforzo di cui non si sarebbe mai creduto capace, la allontanò delicatamente da sé.

Si guardarono circospetti, come due animali feriti.

Elena fu la prima a distogliere lo sguardo. Aveva deciso di lasciarlo andare e sapeva, per il suo bene, di dover tenere fede a quella scelta. Si alzò, asciugandosi gli occhi con il dorso delle mani, e si avvicinò alla sacca di sangue appoggiata sul letto. La rigirò un attimo tra le mani, ed al pensiero del suo contenuto sentì una nuova e prepotente ondata di appetito.

“E’ sempre così forte?” – si sentì chiedere ad alta voce. “La fame, intendo.” – aggiunse rivolgendo a Damon uno sguardo imbarazzato.

“No.” Damon si alzò senza fretta.

“E’ peggio.” – aggiunse, quando fu nuovamente vicino a lei.

“Non voglio essere un vampiro, Damon” – le parole le uscirono con inaspettata facilità. Si ricordò di quanto era stato difficile in passato confessarlo a Stefan.

Damon fissò il suo sguardo su di lei, gli occhi chiari particolarmente indecifrabili nella penombra.

“Nessuno di noi lo ha voluto, Elena.”

“Tu lo volevi. Per Katherine.” Elena si pentì di quelle parole nel momento stesso in cui le pronunciò.

Damon distolse lo sguardo e scosse la testa con amarezza. “Già. Per una stronza egoista e manipolatrice che mi ha preso in giro per 150 anni. Per cui c’è stato sempre e solo Stefan.”

Calò un attimo di silenzio prima che Damon si rendesse conto di ciò che le sue parole potevano sembrare.

“No, Elena …” - Damon strinse le labbra - “Non volevo dire che …”

Elena sorrise forzatamente, anche se dentro di sé sentiva le lacrime stringerle di nuovo la gola.

“No, Damon … lo capisco”.

Lei stessa si era, per forza di cose, ritrovata a pensarlo più di una volta. Lei e Katherine erano evidentemente più simili di quanto fosse disposta ad ammettere, una somiglianza purtroppo molto al di la del solo aspetto fisico.

“Elena, ascoltami.”. Damon fece per prenderle le mani, ma si fermò per paura che quel gesto la mettesse a disagio. “Non ho mai pensato che tu fossi come Katherine, capito? So che non è così ...”.

“Mi dispiace così tanto …”

“Va tutto bene, Elena. Starò benone” – Damon pronunciò quelle parole con un sorriso. Un’altra delle sue maschere.

Che stupida, si disse Elena. Lei gli aveva spezzato il cuore, ed era lui a consolare lei. Cercò con forza di ricacciare indietro le lacrime. Voleva parlargli dei ricordi che le erano tornati, ma non trovò le parole. Lui lo sapeva, doveva averci pensato. E comunque a cosa sarebbe servito, se non a fargli ancora più del male?

Con calma Elena aprì l’estremità superiore della sacca di sangue. Dentro di sé lo aveva saputo fin dall’inizio che avrebbe completato la transizione. Più di una volta era stata pronta a morire per salvare i suoi cari. E adesso che le era stata data questa strana opportunità, era pronta a coglierla se era l’unico modo per restare vicino a coloro che amava. Vicino a Jeremy, a Bonnie, a Caroline, a Tyler, a Matt. A Stefan. E a Damon.

“Vediamo di non tirarla troppo per le lunghe.” – disse con ritrovata decisione, prima di addentarla ed iniziare a succhiare avidamente.

Sentì il sangue invaderle la gola e ne provò un delizioso, intenso piacere. Strinse con forza la sacca tra le mani nel tentativo di spremerla fino all’ultima goccia.

“Ehi, ehi, piano ragazza”. Damon posò le mani sulle sue nel tentativo di allentare la sua presa dalla sacca ormai vuota.

Elena lasciò andare la sacca per la sorpresa. Il sangue le invase il corpo salendo fino agli occhi, dove le sottili vene intorno alle palpebre iniziarono a gonfiarsi e a palpitare. Si lasciò sfuggire un grido e si portò le mani alla bocca, mentre due piccole zanne appuntite si facevano dolorosamente strada tra le sue gengive.

Non fece in tempo ad abituarsi alle nuove sensazioni, che subito sentì i suoi polmoni comprimersi e l’aria uscirle in un sol colpo dal corpo. Si portò le mani alla gola ed indietreggiò fino quasi a cadere, cercando Damon con occhi impauriti. Faceva parte della transizione? Ma lo sguardo altrettanto spaventato di Damon le stava suggerendo il contrario.

“Non sei stata invitata!”

Con una corsa fulminea, Elena scese le scale e si ritrovò fuori. Sentì l’aria fluire nuovamente nel suo corpo, ma il sole ormai alto iniziò violentemente a bruciarle la pelle. Lanciò un altro urlo, mentre, con la coda degli occhi, notava un cono d’ombra all’estremità del portico. Vi si rifugiò appiattendosi contro il muro, ed una volta al riparo iniziò lentamente a sentir guarire le proprie ferite.

Si voltò e notò Damon accanto a lei che le porgeva il suo nuovo anello.

“Stai forse cercando questo?”

Elena prese l’anello e se lo infilò al dito indice, provando immediato sollievo contro l’aggressione del sole. “Grazie” – rispose cercando ancora di riprendere fiato.

“Cos’è successo?” Anche Stefan e Jeremy erano accorsi sul portico.

Damon si voltò in direzione dei due. “Diciamo che la nostra ragazza qua ha avuto un benvenuto nel mondo vampiresco decisamente vivace.”

***

Elena percorse per l’ennesima volta l’intera lunghezza dell’enorme sala Salvatore. Ciò che aveva provato durante la transizione era niente in confronto all’irrequietezza che sentiva crescerle dentro. Si costrinse a fermarsi ed appoggiò le mani sulla mensola superiore dell’ampio camino. Intimò a se stessa di inspirare lentamente, ma dopo pochi secondi si ritrovò di nuovo ad attraversare la stanza. Quando diamine ci voleva a Stefan per andare a prendere quelle benedette sacche di sangue?

Sbuffò spazientita e si diresse verso il carrello dei liquori con la personale riserva di Damon in bella vista. Aveva sentito gli altri elogiare più volte l’effetto calmante dell’alcool sui vampiri. Tanto valeva provare. Aprì una bottiglia a caso e ne riempi metà bicchiere, che mandò giù in un colpo senza esitazione. Non si era mai resa conto che il bourbon potesse essere così caldo e piacevole.

Era stata una decisione ragionevolmente condivisa quella di farla alloggiare, almeno per il momento, insieme ai Salvatore. Non che avesse molta scelta. Da quando aveva completato la trasformazione, era diventato insopportabile per lei condividere la stessa casa con Jeremy. Anche a distanza poteva sentire il suo sangue scorrere nelle vene, il ritmico pulsare della sua carotide. Elena avrebbe giurato di poterne addirittura sentire l’odore.

Le cose non erano migliorate quando Matt era passato a trovarla e, d’istinto, l’aveva abbracciata senza pensare alle conseguenze di quel gesto. Fortunatamente, Damon aveva avuto la prontezza di staccarla da quell’abbraccio appena un secondo prima che Elena gli affondasse le zanne inesperte nella gola. Gli sguardi impauriti di Jeremy e Matt erano stati tutto ciò di aveva bisogno per convincersi ad impacchettare alcune delle sue cose e trasferirsi seduta stante.

“Sai, abbiamo una resistenza superiore ma ciò non vuole dire che non possiamo ubriacarci.”

Stefan le venne incontro con un leggero sorriso proprio mentre Elena finiva di riempire e scolarsi d’un fiato un secondo bicchiere.

“Stavo solo testando gli effetti della mia nuova condizione” – rispose Elena.

“E come sta andando?” – le domandò Stefan, mentre apriva le sacche che aveva appena portato per versarle dentro ai bicchieri.

“Oh, non saprei in realtà”. Elena fece un’alzata di spalle, prima di voltarsi verso di lui. “E’ tutto così …” – sospirò, mentre Stefan le porgeva il bicchiere - “ … confuso.”

Prese un sorso di sangue e si sentì un po’ meglio. “Continuo a vedere le facce di Jeremy e Matt … il modo in cui mi guardavano … erano spaventati da me.”

Stefan le si avvicinò, cercando di rassicurarla. “E’ normale che la cosa ti sconvolga …”

Elena scosse la testa. “C’è questa parte di me che si sente terribilmente male al solo pensiero. Però …” – esitò, perché non sapeva bene come formulare quella frase. “... non voglio capito? Perché mi sento anche così euforica, così piena di energia …” - lo sguardo le si accese di un’insolita scintilla - “… e non voglio che niente lo rovini.” Finì la frase e la sua espressione si incupì di nuovo.

Stefan cercò di mascherare il proprio sguardo preoccupato. Aveva notato lo strano modo in cui le erano brillati gli occhi e ne era rimasto spiazzato. Aveva sempre immaginato che la grande capacità di Elena di provare compassione per le emozioni degli altri sarebbe stato ciò che, una volta trasformata, le avrebbe consentito di tenersi aggrappata alla propria umanità. Per la prima volta, capì che invece avrebbe potuto essere la sua peggiore maledizione. Si stupì di non averlo realizzato prima, visto che lui stesso aveva subito la stessa condanna. Tutte le scie di sangue che si era lasciato dietro nel corso degli anni … nient’altro che un disfunzionale tentativo di affogare emozioni impossibili da sostenere.

Tentò un sorriso. “E’ normale, Elena.” Le prese la mano e la invitò a sedersi accanto a lui. “Le tue emozioni …”

Elena ritirò le mano nervosamente. “Sì, lo so, le mie emozioni sono amplificate. Lo so.” Prese il bicchiere e ne finì il contenuto in solo sorso. “Ed è … insopportabile.”

Stefan si irrigidì a quella reazione, ma proseguì cercando di mantenere un tono controllato - “Ci vorrà del tempo prima che tu sia in grado di … conviverci pacificamente”.

Al pensiero, Elena ridacchiò amaramente. Ci vorrà del tempo.

D’improvviso si sentì terribilmente in colpa per il modo in cui lo aveva trattato. Si sedette sul divano accanto a lui ed iniziò, in tono più dolce. “Stefan … sai prima dell’incidente, io … stavo per chiamarti, per dirti …”. Le parole sembravano uscirle con difficoltà. Il ricordo di quei momenti ancora le bloccava il respiro.

“Lo so. Damon me lo ha detto” – Stefan fissò lo sguardo su di lei in cerca della sua reazione.

Oh, Damon. Elena accennò un sorriso leggermente imbarazzato, ma fu felice che non ci fosse bisogno di aggiungere altro.

“Ehi”. Stefan le accarezzò la guancia ed Elena provò un certo piacere a quel contatto così familiare ed accogliente. Allungò la propria mano e prese quella di Stefan portandosela in grembo. Sospirò e si preparò ad affrontare un discorso che sapeva essere inevitabile.

“Sai, durante il ballo, quando ho cercato di essere onesta con te riguardo a Damon e tu … beh, mi hai detto che sarebbe arrivato il momento per quello quando noi due ci fossimo ritrovati …”.

Stefan abbassò lo sguardo sulle loro mani ed annuì.

“Ci siamo baciati, Stefan” – disse Elena d’un fiato.

“Questo lo so.”

“A Denver, intendo.”

Stefan alzò nuovamente lo sguardo verso di lei. “Lo immaginavo.”

Elena rimase un attimo in silenzio, indecisa se proseguire. Voleva essere sincera con Stefan, davvero, perché lui si meritava la sua onestà. Al tempo stesso, però, era infastidita dall’idea di condividere quel ricordo, quello che aveva provato, con lui. Era un momento privato, tra lei e Damon, e sentiva il bisogno di mantenerlo tale.

“Ehi, guardami.” Stefan le accarezzò con delicatezza una guancia e la costrinse a voltarsi nuovamente verso di lui. “Va bene, ok? Quel che è stato è stato.”

Elena provò un moto di sollievo, grata che lasciasse cadere il discorso.

“Ascoltami.” Le prese il volto tra le mani. “Ce la faremo, ok? Ne abbiamo superate molte, supereremo anche questa”. Il suo volto era così rassicurante che per un attimo Elena pensò quasi di crederci davvero. Lo abbracciò, in modo da sottrarsi al suo sguardo ed evitare che scorgesse quel pensiero nei suoi occhi.

“Ti amo, Elena” – mormorò Stefan accarezzandole i capelli.

***

Sdraiato sul letto, Damon chiuse il libro di scattò. Mai in vita sua aveva maledetto così tanto il proprio super udito.

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Capitolo 4
*** Overwhelming ***


4.
Overwhelming

“Buongiorno, BonBon.”

“Damon”. Bonnie entrò decisa, senza neanche alzare lo sguardo.

“Fai pure come se fossi a casa tua” – la apostrofò Damon di rimando.

La raggiunse nel soggiorno e si diresse verso le bottiglie di bourbon. Ne versò un bicchiere, e lo alzò in direzione di Bonnie. “Te ne offrirei un po’, ma non vorrei mai che si spargesse la voce che incito i minori all’alcolismo. Dimmi, qual buon vento?”

Bonnie mantenne uno sguardo distaccato. “Dobbiamo parlare, è importante. Elena è qua?” Bonnie si guardò intorno, come se potesse scorgerla da un momento all’altro.

“E’ a scuola, sciocchina. Dove se non sbaglio dovresti essere anche tu.”

“Sono stata impegnata con altre questioni.” Bonnie evitò il suo sguardo. “E’ sicuro lasciarla andare a scuola? Jeremy mi ha detto che non è molto … controllata” – aggiunse con una nota di preoccupazione.

“Stefan crede che le faccia bene. Sai, per tutta la storia di restare connessi alla propria umanità, eccetera eccetera.” – Damon con una smorfia agitò le mani nell’aria – “Dice che la tiene d’occhio, ma, se vuoi la mia opinione, ne riparleremo dopo che insieme avranno squarciato qualche gola.”

Si prese una pausa bevendo un sorso dal bicchiere. “Uhm, mi sembra di capire che non abbiate passato molto tempo insieme ultimamente. Le sue montagne russe emozionali sono uno sballo … credimi.”

Bonnie ignorò il suo commento e girò intorno al divano. “Ci sono cose di cui dobbiamo parlare. Klaus è vivo.”

Damon strinse lo sguardo, e scosse energicamente la testa. “No, impossibile. L’ho visto impalettare personalmente. Conservo ancora la sua bara come souvenir. E comunque, vallo a dire a Tyler Lockwood” – aggiunse con una smorfia, al pensiero che la stessa sorte sarebbe potuta toccare a lui.

“E’ vivo” – ripeté Bonnie pazientemente - “Klaus ed io abbiamo fatto un patto quella sera al magazzino. Ho fatto un incantesimo per trasferirlo nel corpo di Tyler.”

Damon aggrottò le ciglia in modo interrogativo. “Mi stai dicendo che grazie a te abbiamo ancora uno psicopatico omicida Originario a piede libero nelle strade?”

Grazie a me, Damon, tu sei ancora vivo” – rispose Bonnie freddamente, ma i suoi occhi tradivano una certa ira - “Ho fatto quello che dovevo fare per salvare tutti voi.”

Damon si lasciò andare sulla poltrona e si portò al bicchiere alla fronte nel tentativo di processare quella nuova informazione.

“Tutti a parte Tyler Lockwood” – replicò Damon sarcasticamente.

“Da quando ti interessa la sorte di Tyler?” - Bonnie gli rispose con un’alzata di sopracciglio.

“E chissenefrega di Tyler Lockwood.” – rispose Damon sogghignando di rimando – “Sono solo sorpreso che non interessi a te.”

Bonnie sospirò. “Tyler sta bene. E’ solo … temporaneamente in prestito fino a che Klaus non trova il modo di tornare al suo vero corpo.”

“Quindi, fammi capire …” – Damon si alzò per andarle vicino e piantare gli occhi nei suoi . “… al momento stai lavorando per Klaus?”

“Io non lavoro per nessuno, Damon.” – Bonnie sostenne il suo sguardo con fermezza – “Ho fatto un accordo perché era l’unico modo per salvare Caroline, Stefan e mia madre …” - si premurò di non inserirlo nello lista. “Ma Klaus sta diventando impaziente.” – proseguì – “Tutti credono che Tyler sia morto e lui è stanco di nascondersi. I rapporti con i suoi fratelli non sono dei migliori, dopo che Rebekah ha provocato la morte di Elena ed ha saputo che Elijah desidera vederlo essiccato quasi quanto noi.”

“Ma guardati … la nuova BFF di Klaus.” – Damon la interruppe con un ghigno.

Bonnie alzò gli occhi al cielo. “Come ho detto, ho stretto un patto necessario. Fine della storia. Ma sono qua per avvertirvi. Klaus vuole indietro il suo corpo e non ci metterà molto a capire di doverlo cercare nel tuo scantinato. In più, ha un disperato bisogno di una strega in questo momento, sa che non può fidarsi di me, e si è già messo al lavoro per trovarne un’altra.”

“E quindi?" - Damon alzò le spalle con noncuranza - "Se tutto ciò che vuole è il suo corpo mezzo bruciacchiato, che venga pure a prenderselo. A quanto pare, l’immenso piacere di strappare il suo cuore ibrido purtroppo non rientra nei capricci che posso concedermi.” – commentò prima di andare nuovamente a riempire il bicchiere.

“Non è tutto.”

Ovviamente.”

“E’ furioso per quello che è successo a Elena.” Lo sguardo di Bonnie era serio. “Sta cercando un incantesimo …. per farla tornare umana”.

Damon rise di gusto. “Stronzate. Se una cosa del genere fosse possibile, credimi, lo saprei. Nel corso degli anni ho avuto il piacere di intrattenermi con streghe molto più potenti e, soprattutto, molto più eccitanti di te.” – finì con un sorrisetto, agitando il bicchiere nella sua direzione.

“Credi quello che vuoi, Damon. Ma se esiste anche solo una remota possibilità, sarà meglio metterci sopra le mani prima che lo faccia Klaus.”

“Qualche suggerimento?”

Prima che Bonnie potesse rispondere, la porta si aprì con un rumore secco e, con un solo gesto, Elena gettò sul divano due ammassi rotondi di carta bianca e rossa. Stefan, che l’aveva seguita a breve distanza, si fermò appoggiandosi alla parete.

“Beh, questa sì che è … una sorpresa” – commentò Damon con un’alzata di sopracciglio di fronte alla vista di Elena raggiante nella sua divisa da cheerleader.

“Ehi, Damon. Bonnie.” – accennando un passo di danza si diresse distrattamente verso di loro e prese il bicchiere ancora pieno dalle mani di Damon.

“Uhm!” – esclamò dopo che lo ebbe assaporato – “E’ nuovo questo? Mi piace.” – sorrise e gli fece l’occhiolino puntando un dito nella sua direzione.

Damon rispose con un vago cenno del capo e si girò verso Stefan con sguardo interrogativo, ma il fratello si limitò a scuotere la testa.

“Niente che vuoi condividere con noi, Elena?” – le chiese Damon, tamburellandosi un dito sul mento.

“Oh, certo! Sono tornata in squadra. Go Timberwolves!” – esclamò alzando un braccio al grido di incoraggiamento. “Avreste dovuto vedere la faccia di Rebekah! Ah! Del resto mi ha uccisa dovrò torturarla in qualche modo, no?” – aggiunse con un’alzata di spalle.

“Mi sembra logico.” – la assecondò Damon.

Bonnie raccolse la propria borsa dal divano.

“Sarà meglio che vada. Ci sentiamo” - aggiunse rivolta a Damon. Si girò verso Elena e fece per dire qualcosa, ma Elena si limitò a fissarla da dietro il bicchiere. Bonnie esitò un attimo, quindi si voltò e se ne andò senza aggiungere altro.

Quando Bonnie ebbe chiuso la porta, Damon tornò a guardare in direzione di Elena. “Cosa era quello?”

Elena alzò le spalle e nascose lo sguardo in un altro sorso. “Quello cosa?”

“Bonnie. Voi due.”

“Non so.” – Elena posò il bicchiere ormai vuoto, prima di proseguire in tono noncurante – “Non posso mica stare dietro a tutti i suoi bronci.”

Damon alzò le mani. “Ehi, sono il primo a dire che siano incredibilmente fastidiosi, ma … di solito è quello che fai.”

“Nel caso non lo avessi notato, Damon, Elena ha cambiato molte sue abitudini ultimamente.” – commentò Stefan con un’alzata di sopracciglia.

“Sai, Stefan, un po’ di divertimento ogni tanto non ti ucciderebbe.” – Elena alzò gli occhi al cielo. “Niente doppi sensi, eh” – con un sorriso si appoggiò in modo malizioso alla balaustra, quindi in un lampo sparì al piano di sopra.

***

“Posso sentirti, Elena, non importa quanto ti impegni per sorprendermi alle spalle.”

Elena sorrise e scosse la testa. “Oh, Damon, non sai stare al gioco.”

Posò distrattamente una sacca di sangue sul tavolo, quindi si avvicinò al divano dove Damon era seduto e si appoggiò alla spalliera, la testa sui gomiti, per sbirciare alle sue spalle.

“Uhm. Edgar Allan Poe.”

“Cosa vuoi che ti dica, ho il gusto del macabro.” – Damon voltò una pagina e proseguì nella lettura, continuando a non guardarla. “Desideri qualcosa in particolare?”

Elena inclinò la testa di lato. “Cosa state tramando, tu e Bonnie?”

“Intendi Bonnie la tua amica strega a cui hai a malapena rivolto parola?”

Elena sbuffò. “L’ho chiamata, ok? Le ho detto che mi … dispiace, ecco.” Fece una pausa mentre le tornava in mente la telefonata di pochi minuti prima. Aggrottò leggermente la fronte. “Non sembrava molto convinta, però.”

“Non riesco a immaginare perché.” – commentò Damon piegando leggermente gli angoli della bocca.

Elena si rialzò svogliatamente e prese un bicchiere per rovesciarci il sangue fresco che aveva portato su dalla cantina.

“Vuoi darmi anche tu lo sguardo serio alla Stefan, Elena-sono-preoccupato-per-te?”

“Certo che no, quando posso tormentarti con il mio pungente sarcasmo.” Damon chiuse il libro, la osservò stringendo le sopracciglia e si alzò nella sua direzione.

“Ehi, quanti ne hai bevuti finora? Avrei giurato di avertene visti prosciugare almeno altri due solo mezz’ora fa.”

Elena alzò le spalle. “Non lo so, che importa?”

“Importa. Dammi qua.” – le intimò Damon allungando la mano verso il suo bicchiere.

“No.” – Elena si ritrasse e lo guardò con espressione di sfida. “O preferisci che vada in giro ad aprire qualche gola?”

Damon rise e scosse la testa. “Lo avresti già fatto, Elena.”

“Ne sei così sicuro?” – Elena si avvicinò nuovamente a lui – “Perché è tutto ciò a cui riesco a pensare. Ogni singolo giorno, non appena mi sveglio, e spesso pure nei miei sogni.” I suoi occhi si accesero mentre li fissava in quelli di Damon. “Sono sicura che al confronto un paio di sacche di sangue in più non dovrebbero fare la differenza.”

Damon sostenne il suo sguardo con determinazione. “Non è questo il punto. Devi imparare a controllarti, a gestirlo. Non puoi berne così tanto o sarà il sangue a controllare te.” Mosse un ulteriore passo verso di lei. “Dammi il bicchiere.”

Elena indietreggiò, ma mantenne il contatto visivo. “No.”

“Elena.”

Elena cercò di usare la propria nuova velocità nel tentativo di sfuggirgli, ma Damon fu altrettanto veloce nell’afferrarla, una mano sul fianco e l’altra a stringerle il polso. Il bicchiere colmo di sangue andò a rovesciarsi rovinosamente sul tappeto con un tonfo smorzato, mentre la loro collisione li fece maldestramente crollare sul divano.

Sopra di lei, Damon continuava saldamente a tenerle i polsi.

“Quel tappeto era uno dei miei preferiti, sai?” – le sussurrò.

Elena sentì una deliziosa stretta allo stomaco, ed il suo corpo fu percorso da un brivido. Come ogni volta che gli occhi di Damon scavavano nei suoi, come ogni volta che si trovava stretta nella sua presa, come in un bacio a sorpresa sul portico, come contro il muro di un motel senza nome. Pensò a Stefan, a quanto fosse ingiusto nei suoi confronti, a quanto fosse profondamente sbagliato soffermarsi su quella sensazione … Ma una parte di lei le intimò di tacere e di abbandonarsi a quello sbaglio. Socchiuse leggermente le labbra ed alzò gli occhi per fermarli in quelli di Damon.

Damon fu colto di sorpresa da quell’atteggiamento. Eppure, d’istinto, si avvicinò con lentezza alle sue labbra. Non doveva baciarla. Elena aveva scelto Stefan, sarebbe sempre stato Stefan. Un solo cedimento a quella tentazione ed il suo cuore ne sarebbe rimasto distrutto per l’ennesima volta, più di quanto potesse sopportare. Ma, vicino a lei, perdeva ogni capacità di valutazione, e tutto ciò che importava era la consapevolezza del suo corpo disteso, così vicino al proprio. Solo qualche millimetro e l’avrebbe sfiorata, incapace di mantenere ancora il controllo …

Un fragore metallico proveniente dal piano inferiore li distrasse l’uno dall’altra. Fulmineo, Damon lasciò Elena libera dalla sua presa per correre verso lo scantinato.

La serratura della cella in cui si trovava la bara con Klaus era inservibile. Damon aprì la pesante porta di legno con un brutto presentimento, ma la bara era ancora lì, avvolta dalla polvere giallastra che fluttuava nell’aria. Sbirciò per assicurarsi che la faccia menomata e inaridita di Klaus facesse ancora capolino. Klaus era lì, ma il coperchio non avrebbe dovuto essere semi-aperto.

“Dannazione” – mormorò richiudendo la bara con un colpo secco.

“Cosa diavolo è stato?” – Stefan lo raggiunse all’interno della stanza, mentre Elena rimase sulla porta, attenta a sfuggire gli sguardi di entrambi.

“Qualcuno è stato qui.” – lo informò Damon stringendo i denti – “Il nostro amico è ancora sottovuoto, ma qualcuno adesso sa che è qui.”

Stefan si strinse le braccia al petto e lo guardò in modo interrogativo. “Perché mai qualcuno dovrebbe essere interessato al cadavere di Klaus?”.

“Oh, già … riguardo a quello.” – Damon girò gli occhi su di lui. “Dobbiamo parlare.”


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Capitolo 5
*** Loneliness ***


5.
Loneliness

Seduta sul banco, Elena posò la penna e si lasciò sfuggire uno sbuffo. Si annoiava mortalmente.

In sottofondo, la nuova insegnante di storia continuava a parlare con la sua vocetta sottile. Come un piccolo, insulso roditore. Niente a che vedere con un certo cacciatore di vampiri alcolizzato che nascondeva un intero arsenale per stermini di massa nel proprio armadietto.

Si voltò distrattamente verso la finestra ed incrociò lo sguardo di Stefan. Le stava addosso come un cane da guardia. Beh, tutti le stavano addosso come cani da guardia. Così spaventati che potesse perdere il controllo …

“Signorina Gilbert, se rispondermi le crea troppi problemi, magari preferirà farlo direttamente nell’ufficio del preside.”

Elena si voltò a guardare quell’essere insignificante.

“Signorina Gilbert, mi sente?” - ripeté con voce più adirata.

Elena notò la vena sul suo collo palpitare ed ingrandirsi ad ogni battito del suo cuore.

“Signorina Gilb…”

Elena si gettò sulla sua carotide e subito sentì la fragile pelle del collo dissolversi sotto ai suoi denti, mentre il sangue iniziava a scorrere, scivolandole dolcemente in gola …

***

Elena aprì gli occhi di scatto. Diavolo, questo era stato vivido. Si chiese se era davvero quello che si provava ad affondare i denti nella carne di qualcuno … Si portò una mano al volto per scostarsi i capelli dagli occhi e per scacciare quei pensieri.

La sveglia sul comodino segnava le 3.47.

Elena si voltò lentamente verso Stefan e notò che era ancora addormentato. Meglio così, si disse. Aveva bisogno di sangue, e ne aveva bisogno subito. Con cautela, scostò le coperte e scivolò fuori dal letto. Attenta a non compiere il minimo rumore, uscì dalla stanza e si diresse verso la cantina.

Negli ultimi giorni, i Salvatore avevano messo in vigore (per me, non certo per loro, sbuffò mentalmente Elena) un rigido sistema di razionamento delle scorte.

Ma in quel momento non le importava. Nessuno capiva quanto lei ne avesse bisogno.

Ogni giorno di più, Elena si sentiva soffocare. Ogni volta che era insieme a Jeremy, non poteva fare a meno di sprofondare nella solitudine che entrambi avevano in comune. Ogni volta insieme a Stefan, continuava a scorgere nei suoi occhi il peso del suo senso di colpa per non averla salvata, ed era come se dovesse condividerlo con lui. Ogni volta che era nella stessa stanza con Damon … dio, non voleva neanche iniziare a pensare cosa provava quando era vicino a Damon.

Il sangue, quella era l’unica cosa che la aiutasse a sopportare quel peso.

Aprì il frigorifero e la stanza si illuminò di una luce bluastra.

B positivo, decise. Iniziò a succhiarne il contenuto, ed anche se era freddo ne provò un sollievo immediato. Valutò l’idea di aprirne un secondo, ma si rese conto che non avrebbe dovuto restare troppo fuori dal letto se non voleva che Stefan notasse la sua assenza.

Silenziosamente, si diresse al piano di sopra. A metà strada, avvertì delle voci ed una luce tremolante provenire dalla sala. Quando fu in prossimità, si appiattì contro il muro, trattenne il respiro per paura che ogni minimo rumore potesse tradirla, ed iniziò a sbirciare.

***

“E quindi nessun indizio?” – Meredith alzò lo sguardo, mentre Damon le porgeva un altro bicchiere.

“Nessuno.” – Damon scosse la testa. Si sedette accanto a lei sul tappeto (un nuovo tappeto persiano che gli era costato un occhio della testa) ed appoggiò la testa all’indietro sul divano, prima di posare la nuova bottiglia al suo fianco.

“La mia idea?” – proseguì – “Che quel bastardo abbia trovato una strega abbastanza psicopatica da assecondarlo ed abbiano messo su qualche …” – Damon agitò le mani – “… strano mojo per proiettarsi nella nostra cantina. Chiunque fosse, fortuna sua che non l’ho beccato. L’ultimo stregone al soldo di Elijah ad averci provato non è finito in un posto felice … fidati.” Damon fece una smorfia al ricordo di Martin Junior che prendeva fuoco sotto ai tiri del suo lanciafiamme.

Meredith finì il proprio bicchiere ed allungò la mano per versarsene un altro.

Damon la guardò impressionato. “Sai, doc, avevo intuito le tue potenzialità, ma non ti facevo una così gran bevitrice.”

“Diciamo solo che negli ultimi tempi … ho avuto modo di allenarmi.” Meredith fece una smorfia. “Nel caso non lo avessi notato, la mia vita è uno schifo” – aggiunse buttando giù un altro sorso.

“Davvero?” – Damon le rivolse un ghigno – “Quale parte?”

“Vediamo ... Oh, sì. Potrei iniziare con il mio ex ragazzo improvvisamente trasformato in un pazzo omicida. Sai, come quella volta che ha tentato di squartarmi, o come quando ha denunciato le mie pratiche mediche facendomi perdere il lavoro.” - Meredith accennò un sorriso amaro.

Damon rise brevemente. “E’ del mio migliore amico morto che stai parlando” – le rispose alzando il bicchiere nella sua direzione.

Meredith sorrise e scosse la stessa.

“Ma, ehi! Chi sono io per dare consigli?” – proseguì Damon alzando le spalle – “Apparentemente sono condannato ad amare donne che continuano a preferirmi mio fratello … Donne per cui io non sono mai abbastanza.” – finì la frase osservando il fondo del bicchiere.

Forse era l’alcool. Anzi, sicuramente era l’alcool. Ma sentiva un gran bisogno di sfogare almeno un po’ della sua desolazione.

“Non dovresti essere così duro con te stesso, Damon.” – Meredith appoggiò la testa all’indietro e si voltò verso di lui - “Sei una brava persona, in fondo. So quello che hai fatto per Ric.”

Damon rise. “Oh, Mer, no che non lo sono. Non lo sono davvero.” Scosse la testa, prima di voltarsi a guardarla. “Ma grazie per averci provato.”

Meredith accennò un sorriso.

Damon le prese il viso tra le mani e si chinò ad appoggiare le labbra sulle sue. Esitò un attimo, ma la risposta urgente di Meredith sembrò ricordargli che in fondo condividevano la stessa solitudine. Allungando le braccia per attirarla più vicino, avvertì il suo calore umano come un dolce, momentaneo balsamo scorrere sul pensiero di Elena, dannatamente presente come una ferita troppo aperta.

***

“… e quindi le ho detto, duh! va bene, come vuoi tu Rebekah, e alla fine abbiamo ridotto la scelta del tema del ballo scolastico tra “Sogno di una notte di mezza estate” e “Mezzanotte a Parigi”.”

Caroline fece una pausa e si allungò sul tavolo. “Elena, mi stai ascoltando?”

“Sì, certo, Caroline.” – rispose Elena, gettando uno sguardo oltre le spalle dell’amica.

Meredith aveva appena raggiunto Damon al bancone del Grill e lui le stava porgendo un bicchiere con un mezzo sorriso. Provò ad affinare l’udito e a concentrarsi sulle loro parole. “… ho guardato nei vecchi diari dei Fell, ma non c’è niente del genere, né lì né in alcuna delle mie ricerche …”

“Elena, pensavo ti interessasse! Solo l’altro giorno eri così eccitata all’idea …” – proseguì Caroline con una nota di delusione nella voce.

Caroline era tornata la solita Caroline. Non era stata molto felice di sapere che Klaus si era impossessato di Tyler, ma, parole sue, è comunque un certo miglioramento rispetto a morto, no?

“Cos’è successo alla “nuova Elena” che dice sì all’entusiasmo e no alla depressione?” – la incalzò.

Elena alzò gli occhi. “Vallo a dire ai Salvatore e al loro ridicolo sistema di razionamento scorte.”

Caroline le rivolse uno sguardo preoccupato. “Sei sicura di star bene, Elena?”

“Sto alla grande, Care.”

“Lo sai …” – Caroline proseguì – “Stefan è un po’ in ansia per te, ma si sta davvero impegnando molto. Dice che riesce meglio a controllarsi, perché sa che lo sta facendo anche per te, perché può darti l’esempio …”

Meredith aveva appena appoggiato la mano su quella di Damon.

“Scusa un attimo, Care.” Elena si alzò, e si diresse verso il bagno senza neanche guardarsi attorno.

Appoggiò le mani al lavandino e prese fiato con un profondo sospiro.

“Elena, ciao”.

Elena alzò lo sguardo verso Meredith che entrava nel bagno rivolgendole un sorriso.

Si costrinse a sorridere di rimando.

Meredith esitò un attimo. “So che non abbiamo avuto molte occasioni per parlare ultimamente … con tutto quello che sta succedendo.” – fece una pausa e proseguì con un sincero abbattimento nella voce – “Volevo solo dirti che … non sai quanto sono dispiaciuta per quello che ti ho fatto.” Scosse la testa. “Non dirti del sangue di vampiro è stato terribilmente sbagliato da parte mia.”

“E’ tutto a posto, Meredith, davvero.” – rispose Elena volgendosi verso la propria immagine nello specchio – “Non ti do la colpa.”

Meredith le sorrise leggermente rincuorata.

Elena la osservò aprire la borsa e cercare qualcosa al suo interno. In un attimo, vide il flashback di lei e Damon stretti contro il divano, le sue mani tra i capelli …

Prima di rendersene conto, Elena le afferrò la testa e la spinse all’indietro, affondando i denti nel suo collo esposto.

Fu come se tutto il suo mondo svanisse all’istante. Ad ogni sorso, tutti i suoi problemi scivolavano via, mentre la sua mente si annebbiava, il suo intero corpo tremante di piacere. Era più buono, dolce e caldo di qualsiasi sacca di sangue, più di qualsiasi cosa avesse mai assaggiato in vita sua. Ad ogni secondo che passava, poteva sentire il corpo di Meredith farsi più debole, fino a collassare tra le sue braccia … ma Elena non riusciva a fermarsi e, sinceramente, neanche lo voleva.

Con violenza, si sentì strappare via da quella dolce sensazione, mentre le braccia di Stefan la incollavano al muro e Damon si precipitava sul corpo inerte di Meredith.

Elena guardò la scena atterrita, mentre del sangue fresco continuava a colarle dagli angoli della bocca. Era incapace di respirare, e sapeva che sarebbe crollata a terra se Stefan non l’avesse tenuta così saldamente.

Damon si morse il polso e lo avvicinò alle labbra di Meredith, che rimase immobile.

“Oh, andiamo” – lo sentì mormorare tra i denti.

Ti prego, fa che non sia morta, fu tutto ciò a cui Elena riuscì a pensare.

Meredith ebbe un leggero sussulto e, lentamente, iniziò a bere dal polso di Damon, che le sostenne la testa per facilitarle il compito. “Brava ragazza.”

Stefan allentò un secondo la presa per il sollievo. Elena approfittò di quel momento per liberarsene con uno strappo secco, e corse via, più veloce che poteva, dileguandosi nella notte.

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Capitolo 6
*** Craving ***


6.
Craving

“Novità?” – chiese Stefan speranzoso non appena Damon entrò in casa il mattino seguente.

Damon scosse la testa. “L’ho cercata ovunque, nessuna traccia. Tu?”

Stefan sospirò e allargò le braccia. “Niente. Ho avvertito i suoi amici di farmi sapere, nel caso dovesse farsi viva …”

Damon fece un cenno di assenso nella sua direzione. Non aveva molta voglia di parlare.

“Come sta Meredith?” – proseguì Stefan.

“Ancora un po’ scossa, ma … bene”.

Stefan si batté il telefono sul palmo della mano. “Ho appena parlato con Bonnie. Dice che non è possibile fare un incantesimo di localizzazione sui vampiri, ma ha saputo alcune novità da Abby e vorrebbe parlarmene.” Era a pezzi, ed il pensiero di Elena là fuori, da sola e in quello stato, era tutto ciò a cui riusciva a pensare.

Come se Damon avesse intuito il suo stato d’animo, gli rispose - “Elena starà bene, Stefan. E ’ una ragazza tosta. Vai, fai quello che devi fare.”

Stefan annuì e si salutarono con breve cenno del capo.

Damon salì le scale verso camera sua. Era stata una lunga notte, lui, Stefan e Caroline a cercare Elena arrivando fino al confine di stato. In qualche modo, lui sapeva in partenza che sarebbe stato tutto inutile, e che Elena avrebbe continuato a nascondersi fino a che non avesse voluto essere trovata.

Si tolse la maglietta gettandola per terra ed aprì l’armadio per mettersi una camicia pulita. Quando lo richiuse, trasalì alla vista di Elena in piedi accanto a lui.

“Pensavo che fosse impossibile sorprenderti allo spalle, Damon.” Elena aveva la voce stanca e gli occhi gonfi.

Damon si rilassò e le sorrise. “Mi hai preso con la guardia abbassata.”

Finì quindi di abbottonarsi la camicia.“Dove sei stata?”

“In giro … posti isolati, soprattutto.” Elena si strinse nelle braccia ed andò a sedersi sul letto. “Tranquillo, non ho ucciso nessuno.”

Damon sorrise tra sé, quindi andò ad aprire un mobiletto ed estrasse una sacca di sangue dal minifrigo. La versò in due bicchieri e ne porse uno ad Elena, mentre si sedeva accanto a lei.

Elena lo guardò interrogativamente. “Cos’è successo al razionamento?”

“Oh, quello …” – Damon fece una smorfia – “Ha funzionato a meraviglia, non è vero?”

Elena prese un sorso, ed abbassò lo sguardo fissandolo sul bicchiere che teneva in grembo. Non sapeva bene neanche lei perchè si trovasse lì. Erano stati i suoi istinti, più che la sua mente, a guidarla.

Damon tornò serio ed inclinò la testa per guardarla con più attenzione. “Cosa c’è che non va, Elena? … sul serio.”

Elena alzò gli occhi al cielo e, come se una barriera fosse finalmente caduta, sputò fuori tutta l'insofferenza accumulata negli ultimi giorni. “Stefan dice che devo aggrapparmi alle mie emozioni, perché non importa quanto dolorose, sono ciò che mi consente di rimanere umana …”

“Fanculo Stefan.”. Damon fissò gli occhi su di lei. “Cosa vuoi tu?”

Elena strinse con più forza il bicchiere. “Non voglio più sentirmi così …” – esitò, prima di dire quello che la affliggeva davvero, quel pensiero insistente che continuava a girarle in testa da quando si era trasformata e che non aveva mai avuto il coraggio di formulare ad alta voce. “Voglio spegnerlo.”

“Allora, fallo.” Gli occhi di Damon non lasciavano i suoi.

Elena fu colta di sorpresa da quella risposta, e tentò di scrutare la sua espressione per cercare di capire se stesse parlando sul serio. Aggrottò leggermente le sopracciglia, prima di continuare. “Mi farà sentire meglio?”

“No.” Damon la guardò da sopra il bicchiere. “Non ti farà sentire affatto.”

Elena rifletté sulle sue parole, e sembrava assorta in un mondo tutto suo. Quando parlò di nuovo, fu come se ripetesse ad alta voce le sue riflessioni. “Perderei la mia umanità.”

“Per un po’, sì. Ma l’umanità è una stronza, Elena.” – proseguì Damon amaramente – “Non importa quanto la rinneghi, trova sempre il modo di tornare.”

Elena prese un altro sorso e si osservarono in silenzio. Si sentiva ancora profondamente turbata dagli avvenimenti e dai pensieri che le si erano affollati quella notte, ma, in qualche modo, dopo averne discusso con una tale semplicità, le sembravano più lontani.

“Come sta Meredith?” – chiese, visibilmente preoccupata.

“Benone, tranquilla.” – Damon le sorrise.

“Non volevo farle del male, Damon, davvero. Ma quando l’ho morsa …” – la sua voce tremò prima di proseguire e lasciar uscire anche l’ultimo tormento e contraddizione che sentiva dentro - “… non mi ero mai sentita così prima. E la cosa peggiore è che non sai quanto vorrei farlo di nuovo, ma so che … so che non riuscirei mai a fermarmi.” Elena abbassò lo sguardo, sconcertata lei stessa da quello che aveva appena detto.

Damon si alzò ed appoggiò il proprio bicchiere sul tavolino. Lo lasciò oscillare e strinse le labbra, riflettendo un attimo su quello che stava per dire. “Posso insegnarti come fare.”

Elena alzò lo sguardo, ancora una volta sorpresa dalla piega di quella conversazione. Così diversa da quelle che aveva avuto con Stefan.

“Stefan non ne sarebbe contento” – rispose con diffidenza.

Damon girò gli occhi. “Fanculo Stefan.”

“A proposito …” – proseguì Damon, gettando un’occhiata fuori dalla finestra. “Il tuo ragazzo è tornato … potresti voler andare a salutarlo.”

***

“Dov’è la tua dolce metà?” – chiese Damon a Stefan entrando in sala.

“Con Caroline. Ha pensato che portarla alla riunione del comitato per il ballo potesse distrarla un po’. ”

Damon si appoggiò con le mani alla spalliera del divano. “Non mi hai ancora detto cosa ne hai ricavato dalla tua spedizione dalle streghe Bennett.”

Stefan si alzò e sospirò portandosi le mani ai fianchi. “Notizie non buone. Visto che Klaus ha deciso di lasciare Bonnie in pace, hanno il sospetto che stia già lavorando con un’altra strega. Nessuna idea su chi sia.”

“Niente che non ci aspettassimo già.”

“Già. Ma a quanto pare Abby sa di voci di un incantesimo come quello che Klaus intende usare su Elena. Una leggenda più che altro, non ne esistono prove. L’unica cosa che si sa è che, se esiste, è magia nera, Damon. Molto nera.”

“Più della ricetta per stronzi Originari essiccati?”

Stefan annuì e proseguì – “Abby si ricorda di averne sentito parlare dalla strega che l’aiutò ad essiccare Mikael.”

“Grandioso. Cosa stiamo aspettando? Andiamo da questa tipa prima che lo possa fare Klaus.”

“Diciamo che lei e Abby sono tutt’altro che in buoni rapporti al momento.”

Damon fece una smorfia. “E allora? Andiamo là e la torturiamo, se dovesse essere necessario.”

“Ultimo indirizzo conosciuto, Thomasville, Georgia. Ma hanno già controllato, non è lì.”

“Beh, sbrighiamoci a trovarla allora.”

Stefan annuì, ed esitò un attimo prima di dire a Damon ciò che lo inquietava.

“E’ diversa, Damon.”

Damon lasciò andare la propria presa dal divano ed alzò gli occhi al cielo. “Ovvio, Stefan, è un vampiro.”

Stefan scosse la testa e rise amaramente. “Tu non capisci. Non è lei. Non sempre almeno. Ci sono momenti in cui continuo a vedere in lei la solita Elena, ed altri in cui …” – fece una pausa e si portò le mani al volto – “… nei suoi occhi c’è qualcosa ... Ed io non so come farla tornare-”

“Tu non devi farla tornare un bel niente, Stefan.” – Damon lo interruppe e gli si avvicinò per piantare gli occhi nei suoi. “E’ sempre Elena, capito?”

Stefan abbassò lo sguardo. “A volte, penso che non so chi sia.”

“Ehi.” – Damon lo afferrò per la maglietta, la sua voce calma ma aspra. “Non farlo. Non pensarlo neanche. Lei ti ama. Tu la ami. Non pensare di mollarla proprio adesso, o giuro su Dio che ti infilo un paletto nel cuore io stesso.”

***

Stavano camminando da almeno mezz’ora, ma Elena non sentiva alcuna fatica. Quello era sicuramente uno dei migliori lati dell’essere un vampiro.

Oltre gli intricati disegni dei rami sopra le loro teste, uno spicchio di luna mandava una luce incerta, ma anche nell’oscurità Elena poteva distinguere chiaramente la sagoma di Damon mentre camminava deciso appena avanti a lei.

Arrivati in prossimità di una strada deserta e malamente illuminata, Damon si fermò e si voltò nella sua direzione. “Ci siamo.”

Elena sentì subito il suo cuore accelerare i battiti ed un brivido di eccitazione percorrerle la schiena.

“Se Stefan lo scopre …” – mormorò incerta.

“Non lo farà.” – le rispose Damon – “A meno che tu non glielo dica.”

Damon la guardò, pensieroso ed un po’ teso. Non era ancora sicuro che quella fosse la scelta giusta.

“Perché lo stai facendo Damon?” – gli chiese Elena, notando quell’insicurezza nel suo sguardo.

“Ho abbandonato mio fratello ai suoi istinti nel momento in cui ne aveva più bisogno. Non farò lo stesso con te.” – il suo tono voleva essere determinato, ma tradiva una certa emozione.

“Sai cosa devi fare?”

Elena annuì, e Damon le rivolse un ultimo cenno del capo.

Elena si ritirò nel buio degli alberi e rimase immobile, mentre osservava la scena a distanza. Con lo sguardo, percorse l’intera figura di Damon, sdraiato immobile in mezzo alla strada, e si accorse che le tremavano lievemente le mani al crescere dell’anticipazione.

Non sapeva quanto tempo fosse passato. Un’ora, forse più. Dei fari sbucarono dalla curva a velocità sostenuta, ed Elena temette che l’auto non riuscisse a fermarsi in tempo per non investire il corpo di Damon. Ma si fermò. Una ragazza bionda sui vent’anni scese in tutta fretta e corse in direzione di Damon.

“Oh mio Dio, è vivo, si sente bene?”

In un lampo, Damon si alzò e le prese il viso tra le mani.

“Va tutto bene” – le sussurrò – “Non muoverti. Non gridare.”

La ragazza si irrigidì, ma rimase immobile. Damon le scansò una ciocca dal volto appuntandola dietro l'orecchio, e le accarezzò piano la guancia con il dorso delle dita. “Non devi avere paura”.

Girò dietro di lei, le spostò i capelli dalle spalle e le inclinò con dolcezza la testa di lato. Alzò lo sguardo in direzione di Elena e le fece un rapido cenno. Con trepidazione, Elena emerse dal suo nascondiglio e si avvicinò.

“Vedi questo punto” – mormorò Damon con voce roca, percorrendo lentamente il collo bianco con un dito. La ragazza fu scossa da un brivido e si lasciò sfuggire un gemito.

“Proprio qua” – fermò il dito e le indicò il punto con una leggera pressione.

“Se mordi qui, puoi controllare il flusso del sangue con facilità.”

Elena aveva la bocca socchiusa, ed era impietrita e affascinata al tempo stesso. Spostò gli occhi su quelli di Damon, e li trovò nei suoi. Erano di un blu più cupo che mai, e bruciavano di una tale intensità che il cuore prese a martellarle con rinnovata violenza.

Il volto di Damon si iniettò di sangue mentre, con lentezza, perforava il collo della giovane. Quando si ritrasse, due forellini lasciarono uscire due singole, corpose ed invitanti gocce di sangue scarlatto.

Elena le osservò rapita, il cuore in gola, prima di alzare di nuovo lo sguardo su Damon. Quando incontrò i suoi occhi, non ebbe bisogno di altro per sapere, senza esitazione, che poteva fidarsi, e che niente di male le sarebbe mai accaduto fino a quando fosse stata con lui.

Si avvicinò al collo della ragazza ed iniziò a bere voluttuosamente.

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Capitolo 7
*** Disturbance ***


7.

Disturbance

“Basta così, Elena.”

La voce di Damon le giunse da un posto molto distante.

“Elena.” - si sentì chiamare un’altra volta.

“Ho detto, basta così.” Con delicatezza, la allontanò dal collo della ragazza.

Elena si ritrasse e, con il dorso della mano, si asciugò le ultime gocce di sangue rimaste sulle labbra.

Damon prese di nuovo il volto della ragazza fra le mani e la fissò negli occhi. “Te la senti di guidare?” Lei annuì impercettibilmente. “Bene. Adesso torna in macchina e vai dove stavi andando. Dimentica tutto quello che è successo. Se qualcuno te lo chiede, sei stata morsa … da un ragno.” Gli occhi della ragazza si dilatarono.

“E passa una buona serata.” – aggiunse Damon con un leggero sorriso.

Quando la ragazza se ne fu andata, Elena era perplessa.“Pensavo volessi … bere anche te.”

“Ci hai già pensato te a prenderne abbastanza. Magari … la prossima volta.”

I suoi occhi continuavano a scrutarla nell’oscurità, tesi e in cerca del minimo indizio sulle conseguenze che quel piccolo esperimento poteva aver avuto su di lei.

“Sei sicura di star bene?”

“Sì … credo di sì.”. E lo pensava. Per qualche assurdo motivo, Elena sentiva di stare bene.

“Bene.” Damon fece un pausa, e le si avvicinò ancora di più.

“Elena, promettimi che non proverai a fare lo stesso quando sei da sola.”

Elena annuì. Damon le prese il mento e, con le mani che gli tremavano leggermente, le alzò il viso verso di lui. I suoi occhi scuri luccicavano, più profondi e belli che mai.

“Promettilo.”

“Te lo prometto.”

***

Seduti nella cucina di casa Gilbert, Elena guardò Damon di nascosto ed ebbe un leggero brivido al pensiero del loro piccolo segreto.

Quando lo aveva confessato a Jeremy, era rimasto di sasso, ma dopo lo shock iniziale aveva deciso di sostenerla, se quello era ciò che voleva fare, ed aveva pure offerto casa Gilbert come copertura. Dopo un paio di volte, Elena aveva iniziato ad essere piuttosto brava. Una volta, Damon le aveva anche detto che era una sorta di … talento naturale. Era quella consapevolezza, sapere che poteva fermarsi, ciò che la aiutava a superare i momenti peggiori.

Si sentiva terribilmente male a nasconderlo a Stefan, ma le sembrava un prezzo ragionevole da pagare fintanto che le permetteva di far funzionare le cose, di essere più simile a come voleva lui. Sapeva che Stefan stava facendo il possibile per lei, e lei non voleva deluderlo.

Bonnie esordì, appoggiando sul tavolo un foglio con un indirizzo scribacchiato. “Abbiamo trovato la strega, in Alabama.”

Damon si scostò dal muro su cui era appoggiato, battendo brevemente le mani. “Perfetto. Profondo sud, road trip … mi piace. Allora, vediamo chi viene con me ... ”

“Vengo io” – Jeremy si raddrizzò ed alzò lo sguardo su di lui.

“… a parte la persona più inutile in questa stanza.” Damon gli rivolse una smorfia e Jeremy gli rispose con un’espressione scocciata. “Io stavo scegliendo la strega.”

“Ve bene.” – annuì Bonnie.

“Vengo anch’io”.

Sia Damon che Stefan si girarono sconcertati in direzione di Elena.

“Cosa c’è?” – Elena alzò le spalle – “Posso dare una mano, più siamo, meglio è …”

“E perché già che ci siamo non facciamo anche un pigiama party?” – la fulminò Damon. “No. E poi, tu devi pensare alle tue … questioni da baby vampira sotto la guardia del nostro cavaliere qua in armatura scintillante.” Assestò una pacca sulla spalla di Stefan, che si limitò ad alzare gli occhi al cielo.

“Non ho bisogno di alcuna guardia.” – rispose decisa Elena - “Sono perfettamente in grado di badare a me stessa.”

“Davvero?” – Damon la fissò e sostenne la sua espressione di sfida. Gli occhi di Elena ebbero un moto di rabbia, ma lei non rispose.

“Ho detto no.” – proseguì Damon – “Bonnie, vai a preparare … qualsiasi juju da strega devi preparare. Partiamo in un’ora.”

***

Stefan posò la penna sul proprio diario. Negli ultimi giorni, Elena era stata di umore decisamente migliore. Aveva ancora i suoi momenti scuri, ma, in fin dei conti, aveva ripreso i suoi rapporti con Bonnie, ad andare agli allenamenti delle cheerleader, e sembrava particolarmente presa ed eccitata dall’organizzazione del ballo scolastico insieme a Caroline. Nessuno aveva più fatto accenno all’incidente nel bagno del Mystic Grill.

Eppure, c’era qualcosa in lei che continuava a sfuggirgli. Qualcosa che non riusciva ad afferrare, non importa quanto ci provasse, quanto si impegnasse per starle vicino.

La intravide entrare in camera, mentre con un asciugamano si tamponava i capelli ancora bagnati dopo la doccia.

“Ehi.” Le sorrise.

“Stai scrivendo di me, Stefan?” – si sedette sul bordo della scrivania e si chinò per baciarlo leggermente sulle labbra.

Con una mossa fulminea, Stefan rovesciò la sedia e la costrinse contro il muro.

“Ciao, amore mio.” Katherine sorrise con uno sguardo da gatta. “Dimmi …” – proseguì chinando la testa di lato – “… Cosa mi ha tradita? Forse perché Elena è una gattina poco affettuosa ultimamente?”

Stefan la lasciò andare con un gesto stizzito.

“Cosa vuoi Katherine? Credevo che fossi ancora in fuga in giro per il mondo.”

“Oh, sai, mi sono giunte molte novità …” – rispose Katherine passando distrattamente un dito sul bordo della scrivania. “Tanto per cominciare, Klaus non è più una minaccia…”

“Su quello ti hanno informata male.” – replicò Stefan.

Katherine sorrise ambiguamente e non rispose.

“E poi ho saputo la grande novità sulla tua dolce, preziosa Elena …”

Stefan si passò le mani nei capelli e si lasciò andare a sedere sulla poltrona. Trattare con Katherine non era esattamente ciò di cui aveva bisogno in quel momento.

“Cosa vuoi?” – ripeté stancamente.

In un secondo, Katherine lo raggiunse, appoggiò le mani sulle sue spalle costringendolo contro lo schienale e posò un ginocchio sulla sua coscia.

“Sai, Stefan, quasi ti preferivo l’ultima volta che ci siamo visti, sempre oscuro e tormentato, ma almeno provavi a fare il duro.” – proseguì, sfiorandogli con un dito il profilo della mascella – “Fa lo stesso, mi piaci comunque.”

Stefan la scaraventò bruscamente a terra. “Sempre non interessato.”

“Oh, giusto.” - Katherine si alzò noncurante e si diresse verso il letto – “Perché adesso tu ed Elena siete di nuovo sulla strada per vissero-per-sempre-felici-e-contenti.”

Afferrò una limetta per le unghie dal comodino di Elena e si sdraiò con eleganza sul letto, apparentemente molto concentrata sulle proprie mani.

“Non importa, è solo questione di tempo. E dovresti saperlo che io so essere molto … paziente.” – aggiunse lanciandogli uno sguardo languido.

Stefan si alzò con un gesto nervoso, ma prima che potesse risponderle, Katherine proseguì.

“Lo sai che è ancora presa da lui, vero?” – alzò di sottecchi lo sguardo per spiare la sua reazione. “Damon.”

“Tu non sai niente” – Stefan si strinse le braccia al petto e rimase impassibile.

Katherine alzò le spalle. “Io so sempre tutto, Stefan. Perché osservo.” Sorrise nella sua direzione. “Soprattutto quando si tratta di te.”

Stefan rise brevemente e si strinse nelle spalle. “Fuori di qui, Katherine.”

Katherine si alzò senza fretta e nel passargli accanto gli porse la limetta di Elena.

“Se hai bisogno di me, sono nella stanza accanto. Sarà così divertente stare di nuovo tutti insieme, come una perfetta disfunzionale famiglia felice.”

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Capitolo 8
*** Secrets ***


8.

Secrets

Di ritorno dalla sua missione con Bonnie, Damon continuava a guidare con gli occhi fissi sulla strada, senza riuscire a smettere di pensare a quello che avevano scoperto.

La strega che avevano visitato era una delle più ambigue che avesse mai avuto il piacere di incontrare. Magrissima, di un’età indefinibile, aveva un cesto di treccine raccolte in modo disordinato sulla testa e gli occhi neri decisamente inquietanti.

Soprattutto, sfortuna sua, aveva deciso di non essere molto cooperativa. Dopo che con una mossa a sorpresa aveva tirato fuori una balestra e provato a ficcargli un paletto nel cuore, Damon aveva deciso che era ora di abbandonare i metodi gentili. Lo strano intruglio blocca poteri che Bonnie e sua madre avevano preparato prima di partire si era rivelato estremamente utile nel momento in cui Damon l’aveva legata alla sedia, determinato a farle passare l’inferno fino a che non ne avessero ricavato tutto quello che potevano ricavare. Strapparle il cuore era stata solo la ciliegina sulla torta.

“Sai, BonBon, vederti mettere fuori gioco una strega come quella …” – Damon le rivolse un ghigno - “… non so se essere più ammirato o spaventato.”

“Spaventato. Dovrebbe servirti a ricordare cosa posso fare a te, se solo lo volessi.” – rispose Bonnie in modo asciutto.

“Oh, andiamo! Pensavo che stessimo quasi diventando amici. Devi ammetterlo” - proseguì ammiccando nella sua direzione – “Facciamo una bella squadra, noi due.”

Bonnie lo guardò con un certo sdegno. “Non saremo mai amici, Damon. Hai provato a uccidermi. Hai ucciso mia madre.”

Damon alzò gli occhi al cielo. “Ho ucciso e provato a uccidere un sacco di gente, Bonnie. Fattene una ragione. Persino Jeremy l’ha fatto.”

Bonnie guardò fuori dal finestrino e non rispose.

Arrivati davanti a casa di Bonnie, Damon le afferrò un braccio mentre stava per scendere dalla macchina.

“Ehi. Quando riferiremo tutto, non dire niente a Elena su … beh, su come viene fatto l’incantesimo, intesi?”

Bonnie lo guardò sospettosa. “Perché mai non dovrei?”

“Se non ricordo male ti ho salvato la vita quella sera alla cripta, non dovrebbe esserci una qualche sorta di … debito streghesco da ripagare?” – le rispose Damon con un sorrisetto.

“Non è così che funziona.”

“E allora come?”

Bonnie esitò prima di rispondergli. Non era certa di volergli dare quell’informazione.

“Una strega ripaga il suo debito” – sospirò – “ … fornendo i suoi servizi, se così si può dire.” Lo guardò di sottecchi. “Una volta” – si assicurò di aggiungere.

Damon la guardò interessato. “Mi stai dicendo che ho diritto a un buono-strega?”

Bonnie annuì, ma quella conversazione, decisamente, non le piaceva.

“Segnato e ricordato a dovere. Allora, per adesso ti chiedo non riferirle quel piccolo dettaglio in quanto sua amica, ok?”

“Cosa hai mente, Damon?” Bonnie lo guardò con diffidenza.

Damon mise su la sua migliore espressione innocente. “Non ho in mente nulla. Sempre sospettose, voi streghe. Solo … ne sta già passando abbastanza senza doversi preoccupare anche di questo. Non al momento, almeno.”

***

Damon rientrò alla pensione Salvatore, solo per trovare Katherine mollemente seduta sul divano a sorseggiare un bicchiere e sfogliare una rivista.

“Seriamente? Katherine?” – alzò gli occhi al cielo - “Come se i miei problemi non fossero mai abbastanza.”

“Buongiorno, mio caro.” – rispose Katherine, senza alzare lo sguardo – “Vedo che stavolta sei stato tu il più veloce a notare la differenza. Mi chiedo cosa significhi.”

“Riconoscerei la tua aura da stronza fra mille.” – ribatté Damon, andando a versarsi un drink. “Cosa ci fai qui?”

“Uhm, questa domanda sembra essere un po’ il ritornello di chiunque mi incontri. Sempre così impauriti che possa avere un secondo fine …” – Katherine fece finta di pensarci su - “Non pensi che, magari, voglio solo passare un po’ di bei momenti insieme ai miei due vampiri preferiti?”

“Neanche nei miei incubi peggiori.”

Avendolo sentito rientrare, Stefan ed Elena li raggiunsero in sala.

“Vedo che hai incontrato il nostro ospite indesiderato.” – commentò Stefan.

“Sapete, siete davvero adorabili, voi tre” – rispose Katherine, indicandoli uno a uno con il dito – “Dico sul serio. Ma non è stato lo stesso senza di te, Damon. Ci sei mancato. Beh, di sicuro c’è qualcuno a cui sei mancato particolarmente.” Guardò Elena con un mezzo sorriso, e lei le rispose stringendo gli occhi.

“Andiamo, Katherine, prima di staccarti la testa ti do l’ultima opportunità di levare le tende pacificamente, solo in memoria dei vecchi tempi”. Damon le strappò la rivista dalle mani e le indicò la porta con un cenno della testa.

“Oh, Damon.” – Katherine scosse la testa, e sorrise tra sé – “Se non sbaglio, non ti è dispiaciuto avermi intorno quando ne hai avuto bisogno. Una volta, eravamo dalla stessa parte.”

“Tu sai stare solo dalla parte di te stessa.”

“Vero” – gli concesse Katherine - “Ma cosa vuoi che ti dica, mi piace stare qui. E poi, se vuoi, posso sempre tenere compagnia a Stefan mentre tu ed Elena andate in giro a giocare ad acchiappa-bevi-e-rilascia.”

Il silenzio calò nella stanza. Katherine si alzò e, prima di andarsene, si fermò un attimo davanti a Elena.

Dio, se tutto questo è divertente.”

***

“Stefan, dì qualcosa” – mormorò stancamente Elena.

Erano in camera di Stefan, e stavano discutendo da almeno un’ora dopo la soffiata di Katherine, passando attraverso lacrime, spiegazioni e silenzi.

Appoggiato a braccia conserte sul bordo della scrivania, Stefan scosse la testa. “E’ solo che … mi hai mentito. La Elena che conoscevo non l’avrebbe mai fatto.”

Elena aggrottò le sopracciglia. “Mi stai dicendo che non sono più la stessa persona?”

“Ti sto dicendo che ti comporti come tale.”

Elena si passò le mani fra i capelli. Non sapeva da dove cominciare a spiegare tutto. Di nuovo.

“Ci sono cose di me che … io stessa non so spiegare. Da quando mi sono trasformata, è come se la mia vita, ciò in cui credevo … tutto è in discussione adesso.”

“Lo so, Elena.” Stefan si avvicinò a lei, e le prese le mani, come per scacciare l’insidiosa sensazione che lei stesse scivolando via. “Quello che non so è perché non me ne hai parlato, perché non hai lasciato che capissi e che lo affrontassi con te.”

Elena guardò le loro mani e scosse la testa. “Non avresti potuto.”

“E Damon, sì?”

Stefan lo disse senza neanche pensare, e d’istinto le lasciò andare le mani. Attese, e la guardò attentamente per scrutare la sua reazione.

Elena rimase sorpresa, ed un po’ indispettita. “Adesso si tratta di Damon?”

“Non lo so, dimmelo tu.” – replicò Stefan allargando le braccia.

“Ho scelto te, Stefan.”

“Lo so.” – Stefan le si avvicinò e le prese il viso tra le mani, e proseguì in tono più dolce - “Dimmi solo che adesso stai facendo la stessa scelta.”

Elena esitò. Aprì la bocca per parlare, ma si rese conto di non trovare una risposta.

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Capitolo 9
*** Humanity ***


9.

Humanity

In camera di Elena, seduta sul letto Bonnie estrasse dalla propria borsa il vecchio grimorio che lei e Damon avevano sottratto alla strega. Era così vecchio che sembrava che le pagine potessero sgretolarsi da un momento all’altro. Si sedette e lo aprì con cautela appoggiandolo sulle coperte.

“Quant’è vecchia questa roba, Bonnie?” – le chiese perplessa Elena, seduta a gambe incrociate accanto a lei.

“Molto. Medioevo credo.”

Arrivata alla pagina giusta, le indicò una serie di scritte e disegni poco rassicuranti.

“Qua riporta la storia di una discendente di Ayana che tentò di invertire il processo dopo che l’uomo che amava era stato trasformato. Apparentemente credeva di aver trovato un modo per … bilanciare l’equilibrio. Ormai dovresti aver capito come funziona. C’è sempre un prezzo da pagare.”

“E quale sarebbe?” – le chiese Elena avvicinandosi.

“Ricordi quando durante il sacrificio di Klaus, John mi chiese di legare la sua anima – o soffio vitale, se preferisci – alla tua così che tu potessi tornare in vita come umana e non come vampiro?”

A quel ricordo, Elena si sentì leggermente male, ma fece cenno di sì con la testa.

“In teoria, il principio è lo stesso.”

“Una vita umana, è questo che serve?” – chiese Elena inorridita.

Bonnie annuì. “L’incantesimo è diverso da quello, naturalmente” – proseguì – “Ma … non dice come farlo, o se sia riuscito o meno.”

“Tutto qua, non avete scoperto altro?” – chiese Elena, aggrottando le sopracciglia.

Bonnie esitò prima di rispondere. “Nient’altro.”

***

Dopo che Bonnie se ne fu andata, Elena raccolse alcuni vestiti da terra e li gettò distrattamente in una cesta in un angolo. Era da poco tornata ad abitare a casa Gilbert, e non poteva negare di esserne felice. Era nella casa dei suoi ricordi e della sua famiglia, e le piaceva avere più tempo per stare con Jeremy, adesso che riusciva con più facilità a mantenere il controllo. E, soprattutto, era sollevata di avere il proprio spazio lontana dai fratelli Salvatore.

“Ehi.”

Si voltò al suono della voce di Damon.

“Damon, sul serio?” – Elena alzò gli occhi al cielo, ma non riuscì a trattenere un sorriso.

Damon si strinse nelle spalle. “Le vecchie abitudini sono dure a morire.”

“Volevo solo fare un rapido controllo e …” – si gettò sul letto di Elena, un braccio dietro la nuca, e il suo orsacchiotto nell’altro – “... prendere la mia ora d’aria da quell’inferno di Katherine.”

“Te l’ho detto, Damon, sto bene. Togli le scarpe dal letto” – gli intimò con la mano. “Sono contenta di essere di nuovo a casa. Katherine è sempre intorno?” – aggiunse aggrottando lo sguardo.

Damon fece una smorfia. “Diciamo che mi tiene occupato. Pensa che ieri sera l’ho trovata a gironzolare nello scantinato, e sai cosa mi ha detto? Che sta pensando di togliere la muffa, ridecorare, e farne un bar esclusivo per vampiri … Riesci a crederci?”

Elena rise. “Senza nessuno che debba invitarli, se si sparge la voce siete finiti.”

“Lo so, vero? Peggiore. Idea. Di. Sempre.”

“Come sta Stefan?” – gli chiese Elena dopo un breve attimo di silenzio. Non si erano più parlati da quando lei aveva deciso di andarsene dalla pensione.

“Sguardo serio, troppe ore sul suo diario e, decisamente, troppo gel nei capelli … il solito Stefan. Lo sai” – proseguì Damon – “Posso farlo ragionare …”

Elena scosse la testa. “No, va bene così, Damon. Davvero. Mi fa bene stare … da sola.” Si lasciò andare a sedere accanto alla finestra, si strinse le ginocchia al petto e vi appoggiò la testa.

Damon rimise l’orsacchiotto al suo posto e si alzò.

“Damon.”

Sull’orlo della porta, Damon si voltò a guardarla.

“Mi ricordo, sai.” La sua voce era senza esitazione, ed i suoi occhi lo guardavano, enormi ed intensi.

Restarono a guardarsi, per un tempo che sembrò infinito, in un silenzio carico di parole non dette. Poi, lentamente, Damon si sedette accanto a lei, ed Elena si appoggiò sulla sua spalla, mentre lui, esitante, la circondava con un braccio.

“Non lo trovi ironico?” – mormorò Elena con un accenno di sorriso – “Ci siamo davvero incontrati prima.”

Damon si lasciò sfuggire uno dei suoi sorrisetti. “Non ne hai idea.”

“Ero una persona diversa allora” – osservò Elena, con un po’ di tristezza.

“Sei ancora quella persona, Elena.” Damon la sentì scivolare lievemente tra le proprie braccia, i capelli che sfioravano il profilo del suo mento, la testa appoggiata nell’incavo del suo collo. “E sei anche la stessa insopportabile testarda che mi ha incontrato la seconda volta. Tutto mixato e un po’ speziato nella nuova VampElena.”

Elena sorrise e si strinse un po’ di più.

“E quale Elena preferisci?”

“Tutte. Presentami un’altra versione e sono sicuro che mi piacerà anche quella.”

Continuando a tenerla stretta, Damon le prese una mano e, con il pollice, iniziò ad accarezzarle lentamente il dorso.

Si sentì bloccare il respiro, perché sapeva di non averla mai desiderata tanto come in quel momento. Voleva prenderle il viso tra le mani, e lasciarsi sprofondare nei suoi occhi scuri. Assaporarle le labbra, morderle, e catturarne ogni respiro. Passarle le dita fra i capelli, e poi lungo il collo. Sentire i suoi seni andare a riempire alla perfezione i palmi delle sue mani. Afferrarle i fianchi, stringerle le cosce e sentirle serrarsi attorno a lui.

Voleva tutto questo ed anche di più, disperatamente. Eppure, rimase immobile, paralizzato da quel momento perfetto in cui la stringeva tra le braccia, accarezzandole una piccola porzione di pelle.

Fu come tornare da uno stato di trance, quando udì nuovamente la sua voce.

“Credi davvero che ci sia la possibilità di tornare umana?” – mormorò Elena.

“E’ quello che stiamo cercando di capire.” Damon fece una pausa, e cercò dentro di sé il coraggio per chiederle quello che aveva in mente, l’emozione nella voce.

“Lo vorresti?”

“Dovrebbe morire qualcuno. E Klaus tornerebbe a darmi la caccia.”

“Dettagli. E dimenticati di Klaus. Lo abbiamo sistemato una volta, possiamo farlo di nuovo.”

Le strinse un po’ più forte la mano.

“Lo vorresti?”

Elena sentì le lacrime chiuderle la gola.

“Più di qualsiasi altra cosa” – rispose con un filo di voce.


***

Entrato nella grande sala della pensione Salvatore, Damon si bloccò di colpo.

“Che cazzo?...”

Stefan giaceva senza sensi per terra, le mani legate strette da quelle che probabilmente erano corde impregnate di verbena. Accanto a lui, Tyler Lockwood era nella stessa condizione. Katherine era seduta in poltrona, dondolava le gambe accavallate e si attorcigliava distrattamente una ciocca di capelli intorno alle dita. Appoggiato accanto al camino, un drink alla mano, c’era Klaus, accanto ad una donna che non aveva mai visto.

“Salve, Damon.” – lo salutò Klaus piegando leggermente gli angoli delle labbra – “Ti stavamo aspettando.”

Damon si rivolse verso Katherine. “Oh, Katherine, sul serio?”

“Non può essere ucciso, Damon.” Katherine alzò le spalle. “Ed io non ho intenzione di passare l’eternità a scappare. Mi ha offerto un accordo, io l’ho accettato.”

“Il tuo spirito di autoconservazione è sempre ammirevole” – proseguì Damon con una smorfia – “Da quanto facevi la spia?”

“Un po’, come dovresti aver capito.” – Katherine lo guardò e fece spallucce - “Mi spiace, Damon.”

Damon alzò gli occhi al cielo.

“Prego, Damon, siediti.” – lo invitò Klaus, indicando con un gesto gentile il sofà – “Ci sono cose di cui dobbiamo parlare. Voglio presentarti la mia amica Sybil Martin, che mi ha appena aiutato a … tornare in me. Hai già avuto modo di incontrare la sua famiglia in passato. Se non sbaglio, le hai pure ucciso lo zio e il cugino.”

Damon fece un mezzo sorriso divertito. “Posso avere il piacere di uccidere anche lei. E’ sempre un momento di gioia strappare il cuore di una strega.”

Klaus sospirò. “Già, ho saputo quello che hai fatto alla mia vecchia amica Trisha, giù in Alabama.”

Damon aggrottò le ciglia.

Klaus ritrovò il suo mezzo sorriso sornione. “Davvero, perché credi che abbia suggerito a Abby quell’incantesimo per essiccare Mikael? Mi ha fatto un grande favore.”

Damon sospirò e si sedette sul divano, appoggiò un braccio allo schienale, e domandò rassegnato. “Cos’è che vuoi, Klaus?”

“Lo sai cosa voglio” – gli rispose Klaus puntando il suo drink nella sua direzione, gli occhi chiari che brillavano – “Voglio indietro la mia doppleganger.”

Damon fece un sorriso ironico. “Non posso aiutarti con quello.”

Klaus rise sinceramente divertito. “Oh, io invece credo di sì. Ma questo tu lo sai già, vero?” – proseguì, appoggiando il proprio bicchiere sul tavolo e sedendosi accanto a Damon.

“Perché a questo punto penso tu sappia come funziona l’incantesimo.” – Klaus guardò in aria, come per ripassare mentalmente una lista. “Si lega il vampiro a un soffio vitale. Con l’aiuto di un po’ di magia nera, si dissangua il vampiro fino all’ultima goccia. Una volta che il sangue di vampiro non è più in circolo, l’anima fluisce e il vampiro torna umano. Ho dimenticato qualcosa?”

Klaus fece una pausa pensierosa. “Oh, sì. Ovviamente c’è quella piccola questione dell’equilibrio. Ah, le streghe!” – esclamò ridendo – “Sempre così ingegnose. E così, l’unico modo per eliminare tutto il sangue di vampiro dal suo sistema è dissanguando fino a ucciderlo il vampiro che l’ha trasformata.”

Lo guardò con un altro mezzo sorriso, in attesa. “E qui, mio caro amico, entri in gioco tu.”

Damon rimase a guardarlo impassibile.

Klaus proseguì - “Sai, mi ci è voluto un po’ per farmi dare l’informazione dalla tua amica Meredith. Diciamo solo che se non fosse stata sotto verbena, l’avrei soggiogata e tutto sarebbe stato molto meno doloroso per lei.”

“Fottiti, Klaus” – rispose Damon con un sorrisetto beffardo.

“Ho paura che questo non sia lo spirito giusto” – Klaus scosse la testa, fingendo un’espressione delusa. “Vedi, il punto è che ho bisogno di un’altra strega per portare a termine il tutto, e voglio la signorina Bennett. Ho visto quello che sa fare.”

Damon rise e scosse la testa. “Non lo farà mai.”

“Lo farà, se tu la convinci a farlo. Per lei.”

Klaus gli si avvicinò per sussurrargli all’orecchio. “Dimmi, davvero non hai pensato a come sarebbe ridarle la sua umanità? Toglierle questa condanna? … chissà quanto lo desidera …”

Damon sostenne fermamente il suo sguardo e non rispose.

“Lo immaginavo” – sorrise compiaciuto Klaus - “Del resto, io l’ho sempre detto. L’amore è la più grande debolezza di ogni vampiro.”

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Capitolo 10
*** Depths ***


10.
Depths



Accanto al camino nella grande sala della pensione Salvatore, Damon fece oscillare il ghiaccio nel proprio drink.

Non aveva detto a nessuno della sua chiacchierata con Klaus. La versione ufficiale era che, rientrato a casa, aveva trovato Stefan e Tyler storditi per terra, mentre Katherine e Klaus erano già fuggiti. Nessuno sapeva che Klaus aveva l’incantesimo e sapeva come portarlo a termine.

La verità era che Klaus aveva ragione. Ci stava pensando dall’inizio, da quando tutta la storia dell’incantesimo era venuta fuori. Alla possibilità di far tornare Elena umana. Doveva morire lui per questo? Dettagli. Semmai, il vero problema era trovare il modo per neutralizzare Klaus. Ma su quello, ci stava già lavorando.

La questione al momento era piuttosto convincere Bonnie a tenere la bocca chiusa fino al momento giusto, o almeno il più a lungo possibile. E quando Elena lo fosse venuta a sapere … beh, non aveva intenzione di lasciarle molta scelta.

***

Ehi! Tu, sì, dico a te! Cos’è quella roba? Devono essere fronde, come in una foresta, hai presente?”

Dalla cima della scala, Caroline fulminò una ragazza a pochi metri da lei. Alzò gli occhi al cielo e tornò a rivolgersi ad Elena. “A volte penso proprio che dovremmo soggiogarli per avere le cose fatte per bene!”

Caroline si sporse per prendere la farfalla di cartone che Elena, con un mezzo sorriso, le stava porgendo e la appuntò con cura al tulle che ricopriva la parete della palestra in vista del ballo scolastico a tema Sogno di una notte di mezza estate.

“Sai chi usa il soggiogamento, secondo me? Rebekah.” – proseguì Caroline – “Non è assolutamente possibile che da quando è arrivata lei, alla fine per il ballo vengono sempre scelte le sue idee. E vuoi sapere la cosa peggiore? Stamattina ho appena ricevuto questo!” Tirò un biglietto fuori dalla tasca posteriore dei jeans e lo gettò ad Elena.

Elena lo aprì. Con calligrafia elegante, c’era scritto

Se vuoi Mezzanotte a Parigi, posso sempre portarti io. K-

Prima che Elena potesse commentare, Caroline scese dalla scala, le prese il biglietto dalla mano e lo gettò in un cestino.

“Penseresti che lo abbia capito, a questo punto, e invece no! Se penso che l’ho anche baciato, pensando che fosse Tyler … ew!” – commentò con un’espressione di disgusto.

“Mi dispiace, Elena” – proseguì – “Sono così contenta che Tyler sia tornato che … non mi rendo conto ... Hai parlato con Stefan ultimamente?”

“Solo …” – Elena si strinse nelle spalle – “… poche parole, sai.”

“Questo significa che non hai intenzione di rimettere a posto le cose con lui?” – le chiese Caroline.

Elena sospirò. “Non lo so cosa voglio, Care. E’ che le cose sono cambiate, io sono cambiata.”

Caroline la scrutò sospettosa. “E questo non ha niente a che vedere con i tuoi … trascorsi irrisolti con Damon?”

“No. Non è una partita a flipper” – scosse la testa Elena – “Non posso … rimbalzare da uno all’altro, continuare a prenderli in giro. Ho lasciato andare Damon perché fosse felice. Voglio che sia felice.”

Lo voleva davvero, e magari lui poteva esserlo, con qualcuno che non fosse Elena.

Dopo che aveva deciso di scegliere Stefan, Elena aveva rinchiuso i propri sentimenti per Damon da qualche parte nel profondo, rinnegandoli, sempre di più. Ma se l’umanità era una stronza, anche loro non scherzavano. Trovavano sempre il modo di tornare. Non poteva negarlo. Per quanto provasse a lasciarlo andare, c’era sempre una parte di lei che continuava ad aggrapparsi a lui, ad attirarlo verso di sé.

Ma se avesse permesso a se stessa di sentire veramente … tutto quello che lui aveva bisogno che lei sentisse, tutto quello che lei voleva sentire … il solo pensiero la atterriva. Aveva paura che, se si fosse lasciata andare, anche solo per un secondo, quel sentimento avrebbe travolto non soltanto lei, ma tutto quello che le stava attorno.

***

Quando Elena rientrò in camera, trovò Damon appoggiato accanto alla finestra ad osservare fuori, lo sguardo un po’ perso.

“Stai facendo il tuo solito giro di controllo?” – gli chiese Elena con un mezzo sorriso. Le sue visite a sorpresa in camera sua per controllare se stava bene erano diventate sempre meno una sorpresa e sempre più una piacevole abitudine.

“Quello, e ho pensato che potesse farti piacere … lo sai, andare a fare un giro” – rispose Damon con un sorrisetto malizioso.

Elena si avvicinò ed andò a sedersi sotto la finestra. “No, sto bene così” – sorrise – “Nessuna novità su Klaus?”

Damon esitò, prima di sedersi accanto a lei. “Nessuna.”

Elena lo guardò con espressione seria. “Dobbiamo fermarlo in qualche modo, Damon, prima che scopra come fare l’incantesimo …”

Damon alzò lo sguardo su di lei. “Oppure potremmo lasciarglielo fare, e pensare dopo a come sistemarlo” – suggerì.

Elena rise brevemente. “Non stai parlando sul serio, Damon.”

Damon mantenne gli occhi fermi su di lei e non rispose.

Elena si alzò di scatto, e ribatté decisa - “No.”

“Perché no?” – le chiese Damon risentito.

“Perché è sbagliato …”

Lo è? Lo è davvero?” – Damon si alzò, le prese il viso tra le mani e la guardò con gli occhi pieni di speranza - “Torneresti umana, Elena …”

Elena appoggiò le mani sulle sue, e lo scrutò con espressione disorientata. “A che costo, prendere la vita di qualcuno …”

Damon la lasciò andare e si strinse nelle spalle. “Dettagli, te l’ho già detto. Possiamo usare …” – guardò in aria, e fece una smorfia – “… non so, qualche omicida, o una persona che è stata veramente veramente cattiva, se ti fa stare meglio. Abbiamo già constatato con John che, grazie a Dio, non si trasferisce anche la personalità.”

Elena si strinse le braccia al petto, continuando a fissarlo allibita. “Come puoi anche solo pensarlo? … Non dai alcun valore alla vita umana?”

Damon allargò le braccia spazientito. “Oh, Elena, certo che lo faccio!” Le si avvicinò e piantò gli occhi nei suoi. “Alla tua.”

Elena si allontanò e scosse vigorosamente la testa. “No. Devi smetterla di pensare in questi termini, Damon. Essere una persona migliore.”

“Beh, non lo sono!” – ribatté Damon alzando la voce in un tono irritato.

Elena fece una smorfia indispettita. “Non iniziare.”

“Nel caso te ne fossi dimenticata, io uccido le persone” - Damon la raggiunse nuovamente, e si assicurò di guardarla negli occhi, lo suo sguardo acceso – “E non m’importa. Anzi, se vuoi saperlo, mi piace anche.”

Elena lo guardava sconvolta, mentre sentiva le lacrime salirle in gola. “Smettila di comportarti così. Non è vero. Che non t’importa, che …” – deglutì, cercando di scacciare il nodo che le serrava il respiro – “… ti piace.”

Damon si voltò in un’altra direzione con un gesto spazientito. “Non lo sai questo.”

“Sì, invece.” – Elena gli afferrò il volto e, vincendo infine le sue resistenze, lo costrinse a guardarla. “L’ho sentito, Damon.” – gli sussurrò con dolcezza – “ L’impulso, il dolore, l’urgenza. Adesso, lo so cosa si prova.”

Damon le rispose con un’espressione contrariata. “Tu credi, ma non sai niente, Elena. Sei un vampiro da quanto, un paio di mesi? Non hai mai spento la tua umanità, non ci sei sprofondata, neanche lontanamente. Tu non lo sai.” – sottolineò l’ultimo concetto con un rapido movimento degli occhi e allontanò le sue mani da lui.

“E smettila di aspettarti da me comportamenti che non mi si addicono. Questo è quello che sono. Fattene una ragione. Qualcuno deve morire per farti tornare umana? Che sia così, non m’importa.” – proseguì scandendo le ultime parole.

“Beh, dovrebbe!” – ribadì Elena, la voce decisa, ma con le lacrime che iniziavano a riempirle gli occhi.

“Perché ti è così difficile capirlo?” – replicò Damon incollerito – “Non sono Stefan. Non sono te. Smettila di aspettarti che lo sia!”

Elena strinse le labbra e non rispose, poi proseguì con una voce calma che sentiva non appartenerle. “No, hai ragione. E’ colpa mia. Perché tu non vuoi dover rispettare le aspettative di nessuno.”

Si guardarono in silenzio. Infine, Damon rispose - “Vedo che hai capito.”

Elena scosse la testa, e lasciò la camera sbattendo la porta.

***

Ryan Linwood alzò il volume della radio alle prime note di quella canzone. Era sempre stata una delle sue preferite, ed iniziò a cantarla tra sé e sé, battendo ritmicamente la mano sul volante. Fu solo all’ultimo momento che si accorse del corpo disteso in mezzo alla strada. Inchiodò di colpo e, senza neanche chiudere la portiera della macchina, si precipitò nella sua direzione.

Non appena si avvicinò, la ragazza si mosse lentamente e, a fatica, si alzò su un gomito. Sembrava stordita.

“Ti senti bene?” – le chiese toccandole leggermente il gomito.

La ragazza si scostò dal volto una ciocca di lunghi capelli bruni e sbatté le palpebre, come per cercare di metterlo a fuoco. Era molto bella, non poté fare a meno di notare.

“Ti sei persa?” – le domandò, avvicinandosi un po’ di più. Forse qualche bastardo l’aveva drogata e lasciata lì, o chissà cos’altro.

“Sì …” – mormorò – “… forse sì.”

“Vado a prendere il telefono per chiamare aiuto.”

Non fece in tempo a tornare verso l’auto che la ragazza gli si era parata davanti, e lui si ritrovò a fissarla nei suoi grandi occhi castani, velati da un'ombra di turbamento.

“Resta fermo dove sei” – mormorò Elena. Poi, si ricordò di cosa altro diceva Damon, ed aggiunse - “Non avere paura.” Il ragazzo si immobilizzò.

Con gesti lenti, Elena si portò i capelli su un lato della spalla e si chinò per morderlo. Non appena riconobbe il familiare sapore sulle labbra, vi si abbandonò completamente, lasciando che il piacere del sangue prendesse il sopravvento sui suoi pensieri.

Tu credi, ma non sai niente, Elena.

Lo morse un po’ più forte, e scacciò il pensiero di Damon in un posto molto lontano nella sua mente.

Sentì il corpo del ragazzo vacillare leggermente, e capì che doveva fermarsi.

Damon, lui glielo aveva insegnato. Ogni volta che le era rimasto accanto, per lasciarle esplorare le altezze dei suoi nuovi abissi, ma sempre pronto a raccoglierla per non rischiare mai di farla cadere troppo nel baratro.

Non ci sei sprofondata, neanche lontanamente.

E’ vero, grazie a Damon, non lo aveva fatto. Chissà, invece, quanto a fondo lo aveva fatto lui. Nei tormenti che ogni volta scorgeva nei suoi occhi, e che mai era riuscita a comprendere pienamente. Come avrebbe potuto farlo? Non aveva mai permesso a se stessa di sentire senza riserve, di scoprire con quanta intensità lui potesse consumarla.

Questo è quello che sono.

Ma se si fosse fermata adesso … allora, forse, non lo avrebbe mai saputo.

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Capitolo 11
*** Consuming ***


11.
Consuming

Elena giunse in camera di Damon e non lo trovò.

Stava vagando da qualche ora, senza una vera meta, finché non si era ritrovata nei pressi della pensione Salvatore senza neanche sapere bene come esserci arrivata.

Si raggomitolò nel suo letto, ed attese.

***

Damon si alzò dal letto senza fare rumore, Meredith ancora addormentata accanto a lui. Si rimise i pantaloni, si infilò la camicia senza abbottonarla e si diresse in cucina.

La sera prima, Elena lo aveva di nuovo fatto uscire di testa. Dopo la loro discussione, era tornato a casa, aveva afferrato una bottiglia di bourbon e deciso di andare a sdraiarsi sull’asfalto a sfogare la sua frustrazione su qualche ignaro automobilista.

Perché, pensandoci, era davvero da troppo tempo che non uccideva qualcuno (a parte le streghe, si disse, ma arrivò alla conclusione che loro non contavano veramente). In realtà, rifletté, dovute eccezioni a parte, era sempre stato piuttosto un tipo alla bevi-e-rilascia. Non per scrupoli morali, certo. Nel corso degli anni aveva semplicemente imparato che era sempre meglio mantenere un basso profilo. E poi, fare le cose disordinate e lasciare corpi in giro non era davvero il suo stile. Non era un Ripper, lui. Solo che poi, beh, c’erano quelle volte in cui uccidere gli era necessario. Come per togliersi lo sfizio, o grattarsi un fastidioso prurito. E quella, era decisamente una di quelle volte.

Ogni volta che si presenta un ostacolo sulla strada, tu dai di matto.

No, non era esatto. Lui era l’ostacolo sulla strada.

E così sarebbe stato anche quella sera, disteso e dannatamente pronto ad essere l’ostacolo anche sulla strada di qualcun’altro. Era con questi propositi che stava per uscire di casa la sera prima, lui e la sua fedele bottiglia di bourbon, quando Meredith lo aveva chiamato.

“Vuoi del caffè?” – gli chiese Meredith raggiungendolo in cucina, ed iniziando a preparare.

“Sarebbe grandioso” – rispose Damon. “Cos’è questo?” – aggiunse sedendosi sul divano e sfogliando tra la pila di fogli sparsi sul tavolino.

“Quello, Damon, è il motivo per cui ti ho chiamato ieri sera” – rispose Meredith raggiungendolo e porgendogli una tazza di caffè. “Ma non mi hai lasciato il tempo di parlartene.”

Damon sogghignò - “I vampiri hanno i loro istinti, sai.”

“Oh, l’ho notato” – rispose Meredith prendendo un sorso con un leggero sorriso.

“Di che si tratta?” – le domandò Damon osservando più attentamente.

Meredith posò la propria tazza. “Beh, dopo che quel bastardo mi ha …” – fece una pausa ed un’ombra passò sui suoi occhi - “… preso e costretto a dirgli che era stato il tuo sangue a trasformare Elena, ho iniziato a indagare più a fondo su quale potesse essere un modo, uno qualsiasi per metterlo fuori gioco. Ed ho trovato questo.”

“Credi che possa funzionare?” – gli chiese Meredith mentre Damon leggeva attentamente la pagina di un vecchio diario Fell che Meredith gli aveva passato.

“Possiamo sempre provare. Anzi, mi stupisce non averci pensato prima.” – osservò Damon. “Lo sai, Mer” – proseguì, attirandola deciso a sé e solleticandole il profilo del mento con le labbra – “ Sei una ragazza davvero piena di risorse …”

“… lo so.”

***

Tornato alla pensione Salvatore, Damon trovò Elena in camera sua, seduta con le mani in grembo sul bordo del letto.

“Sei venuta a farmi un’altra lezione di morale?” – le domandò Damon girando gli occhi con aria scocciata.

Elena mormorò - “Ho quasi ucciso una persona ieri notte.”

Damon sentì il cuore perdere un battito, e si bloccò di colpo.

Elena si alzò e lo raggiunse, continuando ad evitare il suo sguardo, mentre Damon la osservava con espressione disorientata.

Damon le sfiorò un braccio con un movimento leggero, quasi impercettibile. Elena si ritrasse.

“Mi sono distesa sulla strada.” – Elena proseguì d’un fiato – “La stessa dove tu ed io ci siamo incontrati. Ho aspettato. E’ arrivato questo ragazzo, ed io … l’ho morso. Sapevo che dovevo fermarmi. Ma non l’ho fatto. Ho continuato, finché non è crollato a terra. Credevo fosse morto, l’ho creduto davvero. Poi ho notato che non lo era. A malapena. Gli ho dato il mio sangue, soggiogato e lasciato andare.” Fece una pausa, prima di aggiungere con voce incrinata – “Sono solo stata fortunata.”

“Elena …”

“Potevo fermarmi. Sapevo quando, sapevo come. Tu me lo hai insegnato. Non ho voluto.”

Damon provò ad attirarla verso di sé, ma Elena rifiutò il suo contatto. “No.”

Damon la circondò con le braccia con più decisione, mentre lei tentava di liberarsi della sua presa. La strinse più forte, e lottò contro le sue resistenze fin quando Elena non smise di agitarsi. Le poggiò una mano sulla nuca per tenerla stretta contro il proprio petto, le labbra che sfioravano i suoi capelli.

Restarono così a lungo, finché il respiro di Elena non si fece più calmo.

“Vuoi sapere cosa provo per te, Damon? …” – mormorò Elena alzando il volto verso di lui, gli occhi ardenti dietro la nebbia delle lacrime.

“E’ questo …”

Damon spostò la propria mano sul suo volto, e le passò lentamente il pollice sulla guancia per scacciare una lacrima.

“… e mi divora” – proseguì Elena con voce rotta dal pianto – “ tu … tu mi divori …”

Damon continuava a tenere gli occhi fissi nei suoi, dimenticandosi persino di respirare.

“… perché tu non hai idea, neanche lontanamente di quanto io …”

La voce di Elena si spezzò prima di riuscire a finire la frase. Non sapeva cosa voleva dirgli, improvvisamente non sapeva neanche più perché si trovasse lì. Abbassò lo sguardo, scansò la mano di Damon dal proprio volto, si sciolse dalla sua presa, e lasciò la stanza, incapace di restare accanto a lui un solo secondo di più.

Damon rimase immobile, le parole bloccate in gola, con lo sguardo affranto perso nel vuoto.

***

“Era dannatamente ora, strega” – la apostrofò Damon, prendendo un sorso direttamente dalla bottiglia.

“Non sono al tuo servizio” – replicò Bonnie con tono asciutto - “Cosa vuoi?”

Damon si lasciò andare sul divano, e proseguì in modo laconico - “Klaus ha l’incantesimo, e tu lo aiuterai a farlo. E’ ora di reclamare ufficialmente il mio bonus.”

Bonnie rimase in silenzio, leggermente confusa, mentre il suo sguardo si spostava da Damon ad una seconda bottiglia già vuota sul pavimento. Magari era solo ubriaco. Strinse lo sguardo su di lui, e Damon con un gesto spazientito la invitò a rispondere.

“Sei pazzo, Damon.”

Damon rise. “Sì, beh, così mi hanno detto.”

“Il nostro scopo era quello di fermare Klaus, non aiutarlo” – ribatté decisa Bonnie.

Damon alzò le spalle stizzito. “Troviamo lo stesso un modo per neutralizzarlo. Dopo l’incantesimo. Ci sto già lavorando.” – la scrutò in cerca della sua reazione - “Oh, andiamo, non fare quella faccia. Lo sai tu, lo so io, lo sanno tutti. Non vedevi l’ora di avere l’occasione per farmi fuori. E se ti stai facendo scrupoli, basta che pensi a tutto quello che ti ho fatto e te li fai passare.”

“Ci penso, e, credimi, non è di quello che mi preoccupo. Ma Elena non …”

“Ha quasi ucciso un ragazzo, Bonnie” – Damon posò la bottiglia, si alzò e le si avvicinò. Il suo sguardo era quasi febbrile. “Vuoi sapere perché? Perché era sconvolta, a causa mia. Ha quasi ucciso una persona, a causa mia. E’ di Elena che stiamo parlando. Non posso permetterlo. Tu non puoi permetterlo.”

Bonnie sostenne il suo sguardo, e rimase in silenzio.

Damon si ritrovò a dire qualcosa che non avrebbe mai pensato. “Ti prego.”

“Va bene” – acconsentì infine Bonnie.

Damon fece un gesto con la mano a mo’ di ringraziamento, e proseguì - “Non puoi dirlo a nessuno lo sai questo, vero? Non ad Elena, non a mio fratello.”

“Lo so” – annuì.

“Siamo d’accordo allora”. Damon strinse un attimo le labbra. “Vediamo di dare inizio a questa festa."

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Capitolo 12
*** Distance ***


12.
Distance


Un incantesimo di confinamento. Damon si diede dell’idiota per non averci pensato prima che Meredith glielo mostrasse nel diario dei Fell. Semplice, limpido, pulito.

Bonnie avrebbe posto il sigillo sul luogo dell’incantesimo, e quando tutto fosse stato finito, ci sarebbe stato un solo vampiro rimasto lì dentro. Klaus. Avrebbe chiamato gli altri e, insieme, lo avrebbero essiccato nuovamente. Non poteva non sentirsi leggermente deluso all’idea di non essere lui stesso a imbalsamare quel bastardo, ma, ehi, non poteva avere tutto.

Ed era sicuro che Bonnie se la sarebbe cavata egregiamente nel sistemare quella inutile strega al soldo di Klaus. Non lo avrebbe mai ammesso, ma quella streghetta ne aveva fatta di strada.

Nei giorni seguenti, si limitò ad osservare Elena da lontano. La guardava alzarsi al mattino, andare a scuola, uscire con Caroline, scherzare con Jeremy, andare a dormire la sera.

Tu mi divori.

Quelle parole, quello sguardo, quella sfumatura di tormento nella sua voce, si erano impressi nelle sua mente, ed il pensiero di causarle del male era troppo per poterlo sopportare. Ma a quella sola possibilità di renderla di nuovo felice … in fondo, sorrise, era proprio vero che, alla fine di tutto, sarebbe stato lui quello che la avrebbe mantenuta in vita.

***

Elena aveva appena finito di indossare la sua divisa da cheerleader e si stava raccogliendo i lunghi capelli in una coda alta.

Non vedeva Damon da tre giorni, e non riusciva a pensare ad altro. Era andata da lui sconvolta, senza neanche sapere bene cosa avrebbe detto o come avrebbe affrontato quello strano senso di smarrimento. E quando finalmente era arrivato, non aveva desiderato altro che fuggire da lui, da quella assurda forza di gravità che esercitava su di lei.

Che stupida era stata. Più volte aveva preso il telefono in mano, senza mai riuscire a trovare il coraggio di chiamarlo. A che scopo? Non sapeva neanche lei cosa avrebbe voluto dirgli.

Pensò a quante cose aveva accolto e accettato nella sua vita da quando si era trasformata. In poco tempo, aveva sentito quanto totalizzante potesse essere la sete di sangue; aveva avvertito impulsi da cui era stato impossibile trattenersi; aveva imparato a trarne piacere; ed aveva scoperto quanto fosse facile lasciarsi trascinare dalle emozioni in un brivido momentaneo ed autodistruttivo.

Si rese conto che, da umana, insieme a Stefan, era sempre stata protetta da tutto ciò. Perché Stefan si vergognava del suo passato, ed aveva sempre fatto di tutto per combattere i suoi istinti e la sua natura. E l’aveva fatto per lei. Anche mentre sprofondava nel suo inferno personale insieme a Klaus, pur di proteggerla, non le aveva permesso di stargli accanto ad affrontare con lui il suo tormento.

Si sentiva bloccata, impossibilitata a tornare indietro a quello che era, eppure ancora incapace di andare davvero avanti.

Un toccò leggero sulla porta la distrasse dai suoi pensieri. “Jeremy. Ehi, entra.”

Jeremy rimase sulla porta.

“Volevo solo … controllare se … stai bene?” – bofonchiò.

Elena lo guardò perplessa. Poi realizzò, e aggrottò le sopracciglia. “Te lo ha chiesto lui?”

Jeremy sospirò - “A rapporto quasi ogni ora.”

Elena assunse un’espressione infastidita, che, però, in un secondo si trasformò involontariamente in un leggero sorriso.

“Sto bene, puoi riferire.”

Jeremy esitò. Quindi si decise ad entrare e si sedette un po’ impacciato sul letto.

“Elena … ricordi Denver?”

Denver. Il cuore di Elena perse un battito.

Quasi leggendole nel pensiero, Jeremy sogghignò maliziosamente - “Beh, come non potresti …”

Elena afferrò un cuscino e glielo tirò, ma Jeremy si scansò in tempo, sempre mantenendo il suo ghigno. Elena lo raggiunse e si sedette accanto a lui. “Cosa c’è riguardo a Denver?”

Jeremy abbassò lo sguardo sulle mani ed iniziò imbarazzato a rigirarsi l’anello intorno al dito. “Rose mi ha detto qualcosa. Su te e … Damon.”

Elena lo guardò perplessa.

Jeremy alzò lo sguardo in aria e scosse la testa. “Senti, non sono certo la persona più adatta a dirti certe cose. Primo, perché sono il tuo fratellino, secondo perché, come sai, la mia fortuna nel reparto ragazze è ben risaputa.”

Fece una pausa e proseguì più deciso. “E Damon è uno stronzo, lo è davvero, uno dei più grandi che abbia mai conosciuto.” Ci pensò un attimo. “A parte forse lo zio John.” – fece un leggero sorriso, e riportò lo sguardo sul suo anello. “Il punto è … quello che sto cercando di dirti … quello che credo volesse farmi capire Rose …” – Jeremy aggrottò lo sguardo e proseguì d’un fiato - “Insomma, che magari a volte la cosa migliore è anche quella più rischiosa.”

Elena lo guardò leggermente sconcertata. Poi sorrise e gli sussurrò - “Grazie, Jeremy.”

Jeremy annuì imbarazzato con lo sguardo fisso sulle sue scarpe, e lei gli diede un colpetto spalla contro spalla, finché non sorrise anche lui.

“Ehi.” – proseguì Elena – “Vuoi accompagnare al ballo la tua sorella vampira?”

Jeremy sorrise e annuì. “Molto volentieri.”

***

Elena si recò alla pensione Salvatore e trovò Stefan intento a leggere un libro nella grande sala. Alzò lo sguardo su di lei non appena percepì la sua presenza.

“Elena.”

Non aspettava di vederla lì, e la squadrò con uno sguardo preoccupato. “E’ successo qualcosa?”

“No, niente …” Elena esitò, e proseguì con voce leggermente incerta. “Damon è qui?”

Stefan non poté impedire di sentire una punta di delusione. Scosse la testa.

“No. E’ uscito un paio di ore fa. Non so dove sia.”

Elena annuì esitante, e rimase per qualche secondo indecisa sulla soglia, mentre Stefan la osservava in silenzio.

“Stefan” – si decise infine – “Possiamo parlare?”

“Certo” – rispose Stefan, chiudendo il libro che teneva in mano ed aspettando che si sedesse accanto a lui.

Elena afferrò le sue mani e le strinse tra le sue. Mentre prendeva fiato per iniziare a parlare, sentì un leggero nodo stringerle la gola.

“Non avrei mai voluto farti soffrire. E mi dispiace, mi dispiace terribilmente, per averti mentito, per non essermi fidata di te, per tutto quello che è successo tra noi. Non sarebbe mai dovuta andare così.” Elena alzò lo sguardo nel suo, e la sua voce tremò nel finire la frase. Ricacciò indietro le lacrime ed aggrottò leggermente la fronte prima di continuare.

“Ho negato a lungo tante cose, perché credevo che fossero sbagliate. Mi ci è voluto davvero molto per capire che, in fondo, il vero sbaglio è stato proprio questo.”

Stefan la guardò negli occhi, e sotto a quello sguardo che la conosceva così bene e che per così a lungo era stato il suo rifugio, Elena non poté fare a meno di sentire le lacrime rigarle il volto.

“Ti ho sempre amato, Stefan, e, in qualche modo, non smetterò mai. Voglio che tu lo sappia.”

Stefan distolse lo sguardo dal suo e sentì una stretta dolorosa di fronte alla conferma di quello che già da tempo aveva intuito, ma si costrinse ed annuire quasi impercettibilmente. “Lo so.”

“Mi dispiace” – fu tutto quello che Elena riuscì a sussurrare, quando Stefan le lasciò andare le mani e si alzò per andarsene.

Prima di lasciare la stanza, Stefan si fermò un attimo e, senza voltarsi, mormorò a bassa voce - “Dovresti dirglielo, Elena.”

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Capitolo 13
*** Surrender ***


13.
Surrender


Elena prese nuovamente in mano il telefono. Da quasi una settimana, dopo la loro ultima conversazione, Damon si era reso irrintracciabile per lei. Le sue chiamate andavano direttamente alla segreteria, ed era sicura che lui svanisse all’istante nel momento in cui la sentiva anche solo aggirarsi nei pressi della pensione Salvatore. La stava facendo uscire di testa.

Aveva infine lasciato andare Stefan, ed era una strana sensazione. Come se avesse abbandonato un porto sicuro, e adesso non sapesse ancora bene quale direzione prendere. Ed anche se si sentiva male al pensiero di averlo fatto soffrire, c’era comunque dentro di lei la consapevolezza che il legame di affetto sincero tra lei e Stefan non sarebbe mai svanito del tutto, e che, in qualche modo, col tempo, avrebbero di nuovo trovato la strada l’uno verso l’altra.

Elena sospirò e compose il numero, ma, di nuovo, rispose la segreteria. Si decise però a lasciare un messaggio - “Ho bisogno di vederti.”

Non fece in tempo ad appoggiare il telefono che lo sentì squillare, ed Elena rispose con un tuffo al cuore.

“Elena! Devi venire subito, prima che il disastro, la catastrofe, l’apocalisse … in poche parole Rebekah, si abbattano sul ballo di questa sera! Alla palestra … praticamente ora.” Caroline non le lasciò il tempo di rispondere che aveva già riattaccato.

Quando Elena arrivò alla palestra si trovò davanti una strana scena. Rebekah giaceva per terra, la pelle grigia inaridita ed un pugnale con le ceneri di quercia bianca infilato nel petto. Caroline e Matt la stavano osservando in piedi, con sguardi pensierosi, come indecisi sul da farsi.

“Matt, Care! Cos’è successo?” – chiese Elena raggiungendoli.

Caroline alzò le spalle. “E’ una lunga storia. Rebekah non voleva darmi ascolto sulle canzoni da mettere stasera ed abbiamo iniziato a litigare, finché … beh, non ha spezzato una scopa e ha cercato di impalettarmi. A quel punto, l’ho infilzata io. Non chiedermi come, si vede che davvero non ne potevo più di lei. Prima che potesse riprendersi, ho fatto qualche chiamata, e Matt ha avuto la brillante idea di andare a prendere il pugnale e rendere definitivo il lavoro.”

Elena alzò lo sguardo su Matt, leggermente sconcertata.

Matt si strinse nelle spalle. “Ti ha ucciso, Elena. E stava per uccidere anche a me. E’ stata una bella soddisfazione.”

Elena sorrise, ed alzò un sopracciglio. “Beh, per quello, ha avuto quel che si meritava.”

Caroline piegò la testa di lato mentre osservava il corpo disidratato di Rebekah, ed i suoi occhi ebbero quasi un moto di compassione. “Non lo trovate triste? Alla fine, non riuscirà ad andare neanche a questo ballo.”

***

“Bonnie” – la salutò Damon, aprendo il portone della pensione Salvatore.

Bonnie si guardò un attimo intorno e rispose piano. “Devo parlarti. Possiamo farlo qui?”

Damon allargò le braccia e la invitò a entrare. “Tutto solo nella grande casa Salvatore.” Si sdraiò sul divano, il solito drink alla mano e proseguì - “Stefan è dovuto andare ad occuparsi di una … questione. A quanto pare Barbie 1 ha impalettato Barbie 2. O viceversa, se dobbiamo andare per anzianità.” Alzò le spalle e sorrise tra sé e sé mentre prendeva un altro sorso - “Odio essermelo perso.”

Bonnie lo guardò un attimo sconcertata, poi scrollò le spalle e lo informò del motivo per cui era lì - “Klaus è venuto a cercarmi. Vuole fare l’incantesimo stanotte. C’è la luna piena e tutti saranno distratti dal ballo.”

Damon alzò gli occhi su di lei e strinse un attimo lo sguardo. “Bene” – mormorò, buttando giù un altro sorso - “Ogni sera è buona come un’altra.”

“Alla cava, preferisce stare lontano dalla casa delle streghe, considerati certi trascorsi.” – proseguì Bonnie – “Sto andando là a porre il confinamento.”

Damon la squadrò attentamente da sopra il bicchiere - “Sei sicura di essere capace di andar fino in fondo?”

Bonnie aveva lo sguardo fermo - “Lo sono. E’ per Elena.”

Damon si alzò e posò il proprio bicchiere sul tavolino. “Ok, allora. Ci vediamo stasera.”

***

Elena finì di appuntarsi i capelli in alto su un lato della nuca, così che le restanti ciocche libere ricadessero su un lato della spalla. Si sistemò un’ultima volta il vestito, color avorio, che le cadeva morbidamente sul corpo, tagliato appena sotto la linea del seno da una fascia di seta.

Di colpo, sentì il cuore fermarsi. Non aveva bisogno di voltarsi per percepire la sua presenza.

“Hai finalmente deciso di parlarmi di nuovo?” – domandò cercando di assumere un tono sostenuto e mascherare il tremito nella voce.

Damon le si avvicinò, ed Elena si costrinse infine a voltarsi a guardarlo.

“Ho solo pensato che avessi bisogno di starmi lontana per un po’.” – le rispose. Nei suoi occhi di ghiaccio c’era un’ombra che Elena non riuscì a definire.

Elena non sapeva cosa dire. Era vero, ne aveva avuto bisogno. Eppure, aveva anche avuto terribilmente bisogno di sentirlo accanto. Si morse leggermente le labbra, esitando prima di proseguire.

“… E’ stato un attimo, Damon. Ero sconvolta.”

“Lo sei ancora?” – le chiese, gli occhi inquieti che percorrevano i suoi.

Forse. Non lo sapeva. Ed averlo di nuovo così vicino, con il suo sguardo su di sé, le impediva di pensare chiaramente.

“Non lo so” – mormorò Elena.

Rimasero a guardarsi, entrambi incerti se colmare quella distanza che si era creata tra loro, fino a quando Damon non strinse le labbra ed abbassò lo sguardo, voltandosi per andarsene.

Di fronte a quel gesto, Elena d’istinto, senza pensare, lo afferrò per il polso, e lo attirò verso di sé. Posò l’altra mano sul suo volto, e si avvicinò a sfiorare le sue labbra con le proprie. Lo percepì immobilizzarsi per un secondo, uno solo, nell’attimo in cui aveva avvertito le sue labbra posarsi su di lui.

Elena non sapeva se era giusto. Sapeva solo che non poteva essere così sbagliato.

E quando lui le serrò i fianchi con le mani e la strinse contro di sé, Elena non poté più trattenere se stessa dal perdersi completamente in quel bacio, perdersi in lui.

Damon sentì le sue mani scorrere sulla sua nuca, ed affondare tra i suoi capelli. Assaporò le sue labbra che lo cercavano, quasi come un’invocazione, diventando più assetate ad ogni bacio. Percepì il tremito che percorse il suo corpo mentre le mordeva delicatamente il labbro inferiore, e rabbrividì quando le mani di Elena vagarono a cercare il contatto della sua pelle appena sotto il bordo della sua camicia.

Le prese il volto tra le mani, e si scostò appena da lei, solo quel tanto che bastava per cercare il suo sguardo, improvvisamente bisognoso dei suoi occhi. Il suo respiro si spezzò per l’abbandono che vi vide. In quel momento, sapeva che le avrebbe dato tutto.

Le avrebbe davvero dato tutto.

Con uno sforzo incalcolabile, trovò le sue mani e le fermò, stringendole forte tra le proprie. Appoggiò la fronte alla sua, e sfiorando le sue labbra le sussurrò appena - “Non posso …”

Prima che Elena riuscisse a capire, o a trovare nuovamente il suo sguardo, Damon era già sparito.

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Capitolo 14
*** Awareness ***


14.

Awareness

Elena non seppe per quanto tempo rimase immobile. Se per qualche secondo, o interi minuti. Potevano essere state ore, per quanto ne sapeva.

Non posso

Ne avvertiva ancora l’odore, il sapore, la perdizione. L’assenza.

Ed era, semplicemente, come affogare un’altra volta.

Come aveva potuto pensare, anche solo per un secondo, che lui fosse disposto a perdonarla per tutta la sofferenza che gli aveva causato, per tutte le volte che lo aveva allontanato, per tutto il tempo che gli aveva negato il suo amore solo perché troppo sbagliato, troppo intenso, troppo totale.

Lo aveva lasciato andare, e sapeva che se lui aveva deciso di andare avanti, in fondo, era giusto così. Non poteva avere la pretesa di essere ancora il suo centro di gravità.

… non posso essere egoista con te … Lei era l’egoista.

Io non ti merito … Lei non lo meritava.

Se n’era andato. Lo aveva perso.

“Elena …”

Elena alzò lo sguardo alla voce di Jeremy, incerto sulla porta, nel suo bel vestito elegante.

Jeremy la raggiunse e la scrutò, decisamente preoccupato - “Elena, stai bene?”

Elena si costrinse ad annuire, e si sforzò al suo meglio di rivolgergli un sorriso.

“Elena stai piangendo.”

Elena si passò le dita sulla guancia, e si accorse che era davvero rigata di lacrime. Rimase un attimo, con sguardo assente, ad osservare le dita bagnate di lacrime, prima di ritrovare la voce.

“Non è niente, davvero” – mentì, non sapeva se a Jeremy o a se stessa – “Sono solo le stupide emozioni da vampiro. Starò bene in un attimo, non preoccuparti.” Con una voce che non sentiva come sua, aggiunse – “Faremo tardi al ballo.”

***

“Stefan.”

Stefan alzò lo sguardo e vide Katherine, appoggiata con le braccia conserte sulla soglia della grande sala. Stefan si gettò fulmineo su di lei e la incollò al pavimento, una mano a bloccarle il polso e l’altra a stringerle la gola.

“Non così violento” – sussurrò Katherine – “Potrei eccitarmi”. Con un solo gesto, Katherine si liberò della sua presa e lo scaraventò a terra, quindi si rialzò con grazia.

“Dammi una sola buona ragione per cui non dovrei ucciderti all’istante” – ribatté Stefan in tono asciutto mentre si rialzava.

Katherine si portò un dito alle labbra e sembrò pensarci. “Te ne do due. Perché non ne saresti capace. E perché ho delle informazioni che potrebbero interessarti.”

Stefan si strinse le braccia al petto, guardandola con espressione di sfida. “Klaus ti ha di nuovo mandato a fare il doppio gioco?”

“Klaus non sa che sono qui” – rispose tranquillamente Katherine.

Stefan alzò gli occhi al cielo, prima di tornare di nuovo a sostenere il suo sguardo con decisione. “Se hai qualcosa da dire, dillo, prima che ti dimostri come la prima ragione non sia valida.”

Katherine sospirò. “Ti ricordavo più paziente.” Si diresse svogliatamente a versarsi un drink, mentre proseguiva - “Pensavo ti interessasse sapere che Klaus ha intenzione di fare l’incantesimo su Elena. Stanotte.” Prese un sorso e lo scrutò da sopra il bicchiere.

Stefan si strinse nelle spalle. “Klaus non sa come fare l’incantesimo.”

Katherine fece un mezzo sorriso, e inclinò appena la testa di lato. “E’ questo che ti ha detto Damon? Beh, non mi sorprende. E’ sempre stato più martire persino della tua ragazza.” – si fermò un attimo a riflettere. “No, scusa, mi correggo. Ex ragazza.”

Stefan strinse lo sguardo e la guardò interrogativamente. “Di cosa stai parlando?”

“Non ti ha detto neanche questo vero?” – Katherine finì il proprio drink e posò il bicchiere, lasciando che le proprie dita scivolassero attorno al suo bordo. “Il solito Damon. Per far tornare Elena umana, Damon deve morire.” Katherine aggrottò leggermente la fronte. “Ha qualcosa a che vedere con il fatto che è stato il suo sangue a trasformarla. Roba da streghe, non chiedermi i dettagli.” – proseguì alzando quindi le spalle.

“In ogni caso …” – continuò – “Ho solo pensato che ti facesse piacere saperlo, sai, nel caso avessi intenzione di fare qualcosa al riguardo.” Si avvicinò a lui e lo scrutò in attesa della sua reazione.

Stefan teneva le braccia strette al petto, ed il suo sguardo era sospettoso. “Perché me lo stai dicendo?”

L’espressione di Katherine si fece genuinamente sorpresa, considerata l’ovvietà della risposta. “Perché è tuo fratello, Stefan. Lo sai che ti ho sempre amato. E a mio modo, ho amato anche Damon.” Posò il suo sguardo attento su di lui. “Non farmene pentire.”

***

Caroline aveva fatto un lavoro letteralmente incantevole. Fiori, piante, viti e rampicanti finti pendevano dal tulle leggero che ricopriva il soffitto e le pareti, con una tale grazia da sembrare quasi veri, avvolgendo tutto in una strana atmosfera ovattata. Solo qua e là, il tutto era interrotto da piccole farfalle ricoperte di brillantini, che mandavano leggeri bagliori ogni volta che vi si posava la luce.

“Care, è stupendo!” – esclamò Elena, alla vista della sua amica che le veniva incontro sorridente, vestita di un leggero abito turchese.

“Vero? E’ perfetto per il nostro ultimo ballo scolastico!” – osservò con un sorriso, prima di alzare le spalle – “In fondo, dai, l’idea di Rebekah non era così male.”

“Ehi, Matt.” – Jeremy e Matt si salutarono con una leggera pacca sulla spalla.

“Dov’è Tyler?” – chiese Matt.

“Con alcuni ragazzi della squadra, laggiù. Anzi, ora che ci penso vado a reclamarlo per portarmi a ballare.” – rispose Caroline con un sorriso, prima di allontanarsi.

Jeremy si guardò attorno – “E Bonnie?”

Matt si strinse nelle spalle – “Non l’ho vista, amico.”

“Sarà con quel Jamie.” – commentò Jeremy con una smorfia – “Beh, vado a prendere da bere.”

Elena si rivolse a Matt, posando le mani sulle sue spalle come a lisciargli il vestito – “Sei davvero affascinante stasera, Matt.” Si avvicinò e gli sussurrò nell’orecchio – “Evelyn Fell non ti toglie gli occhi di dosso.” Matt si voltò esitante, e notò, in effetti, Evelyn Fell sorridere nella sua direzione e abbassare lo sguardo.

Matt sorrise, un po’ imbarazzato e un po’ compiaciuto – “Beh, che vuoi farci. Sono l’uomo perfetto per tutte le donne.”

Matt le porse la mano – “Mi concedi il primo ballo?”

“Un ballo non può certo farmi male.” – rispose Elena con un leggero sorriso, accettando la mano che Matt che le stava porgendo.

Si mescolarono alla folla, e Matt le posò una mano sul fianco, mentre Elena gli cingeva il collo con le braccia.

“Sembri triste” – osservò Matt.

Elena abbassò lo sguardo, non sapendo bene cosa rispondere.

“Sono solo …” – si bloccò per qualche secondo, scosse la testa, e alzò di nuovo gli occhi su di lui, sforzandosi di sorridere – “Lascia stare.”

Matt alzò un sopracciglio, e la guardò sospettoso - “Damon?”

Elena rimase leggermente sorpresa - “Come lo sai?”

Matt si strinse le spalle - “Hai sempre quello sguardo quando si tratta di lui.”

Elena lo osservò con sincero affetto - “Lo sai, mi rendo conto che, in qualche modo, tu sei l’unico con cui riesco veramente a parlare di lui. Non mi hai mai giudicato.”

“Elena, ti conosco da sempre. Non c’è niente da giudicare.” – rispose semplicemente Matt.

“L’ho perso, Matt” – confessò Elena d’un fiato, ed il solo dirlo ad alta voce le fece stringere il cuore dolorosamente.

Matt la strinse un po’ a sé, e restarono in silenzio, finché Matt non le chiese solo - “Ma lo vuoi?”

A quella domanda, Elena avvertì una strana consapevolezza dentro, e non ebbe alcuna esitazione nel rispondere - “Più di qualsiasi altra cosa.”

“E allora che aspetti?” – le domandò Matt, aggrottando leggermente lo sguardo – “Vai a riprendertelo.”

Elena rimase un secondo assorta. Poi, si sentì sorridere, ed immediatamente fu come se quel dolore, quella pena, quel senso di perdita, si fossero fatti più leggeri.

Diavolo, sì.

Avrebbe trovato il modo, e si sarebbe fatta perdonare tutto il male che gli aveva fatto. Non importava a quale costo, o quanto tempo ci sarebbe voluto.

Lei era una Petrova, dopo tutto. Non aveva paura.

Sapeva che avrebbe dato tutto, e che avrebbe lottato per lui.

***

Elena riagganciò, e compose nuovamente il numero di Damon, ma, di nuovo, rispose solo la segreteria.

“Maledizione” – mormorò.

Stava per voltarsi e tornare dagli altri, ma non ne ebbe il tempo.

Avvertì distintamente un brivido di terrore correrle lungo la schiena, un solo attimo prima di sentire il proprio collo spezzarsi e perdere i sensi. Era stato poco più di un sussurro, ma non poteva sbagliarsi, avrebbe riconosciuto ovunque quella voce, così carezzevole e agghiacciante.

Hello, sweetheart.”






Spazio autrice.
Ed eccoci qua ... la nostra Elena ne ha fatta di strada, non credete?
Dico solo che sto scrivendo il finale e, credetemi, non è facile...
un bacio e un grazie di cuore a chiunque mi segue/preferisce/ricorda e soprattutto recensisce questa storia!
a presto,
baci

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Capitolo 15
*** Seeking ***


15.
Seeking

Elena sbatté con lentezza le palpebre.

Avvertì una brezza leggera soffiarle sul volto, e l’umidità della terra appena sotto di lei.

Sapeva, disperatamente, che doveva muoversi e fuggire da lì, ma quel pensiero si scontrò con la realtà della sua estrema debolezza fisica, con il suo intero corpo intorpidito e dolorante, come trafitto ovunque da infiniti piccoli aghi. Immaginò che quelli fossero gli effetti della verbena, effetti che prima d’ora non aveva mai avuto modo di provare.

Con uno sforzo enorme, voltò appena la testa di lato e cercò di concentrare la sua mente così da poter afferrare qualsiasi minimo dettaglio. Le bastò uno sguardo sbiadito per riconoscere subito il posto, ancora così presente nei suoi incubi, e sentì rinnovarsi un noto dolore quando riconobbe il punto esatto dove era morta sua zia Jenna, e dove, per un po’, era morta anche lei. Poco più in là, intuì la presenza di un’ombra, che mise vagamente a fuoco nella sagoma di una donna che non conosceva, china sopra il corpo di una ragazza dai lunghi capelli scuri che le ricordava Evelyn Fell.

Alzò lo sguardo, e scorse, tra la nebbia della nuvole, una luna piena argentata che si stagliava contro il nero della notte. Con quell’immagine impressa, sentì le sue palpebre farsi nuovamente pesanti e chiudersi sui suoi occhi.

Non seppe quanto tempo rimase ferma, nell’oscurità, prima di iniziare, a poco a poco, ad udire una voce recitare sommessamente parole che non riusciva ad afferrare. Quando le riconobbe come familiare, avvertì una leggera scarica di adrenalina, ed il suo cuore ebbe un moto di ripresa.

Bonnie.

Provò a chiamarla, ma, ancora una volta, il suo corpo sembrava non essere disposto a collaborare e dalla sua bocca non ne uscì che un respiro strozzato.

All’improvviso, si sentì afferrare la mano con forza da un tocco che avrebbe riconosciuto tra mille, e quel solo contatto le diede la forza di aprire nuovamente gli occhi. Non vide altro, solo due iridi azzurre. Voleva, con tutta se stessa, stringere la sua mano, ma tutto quello che riuscì a fare fu solo muovere a malapena le dita.

Avvertì la sua voce, bassa ma chiara, mentre le stringeva ancora più forte la mano - “Andrà tutto bene.”

Con quelle parole in mente, svenne di nuovo.


***

Elena conosce quella conversazione, sa già come si svolgerà, ma i contorni sono diversi, più sbiaditi. E non è una strada buia e deserta. E’ nella sua camera. E’ a casa.

Lo guarda con un leggero sorriso e, come recitando delle battute già conosciute, si sente chiedere - “Allora, Damon … Dimmi. Cos’è che voglio?”

Si avvicina ed i suoi occhi azzurri le guardano dentro, in un posto che neanche lei sa ben definire, questo sconosciuto che non è uno sconosciuto, ma l’uomo e vampiro che ama in un modo talmente assurdo da non crederci neanche lei.

“Vuoi un amore che ti divori. Vuoi passione … e avventura. Ed anche un po’ di pericolo.”

Elena sorride divertita. Le piace quel gioco. Le piace quella risposta.

Ma sente che c’è qualcos’altro che vuole, che deve chiedergli.

“Non hai mai risposto alla mia domanda. Non ne hai avuto il tempo. Cosa vuoi tu?”

Vede le sue labbra curvarsi leggermente verso l'alto in un mezzo sorriso. “L’ho fatto, Elena. Voglio che tu trovi tutto quello che stai cercando. Dopo tutto, questo non è cambiato molto.”

Non sa neanche lei quale Elena stia parlando in quel momento. E’ Elena sedicenne con tutta la vita ancora intatta. E’ Elena che ha perso tutto e non ha più un punto fermo. E’ Elena rinata come vampiro. Forse nessuna di loro, o forse tutte quante.

“Non è un compito facile, quello che mi hai dato. Sapere, e trovare, quello che sto cercando.”

“Non è mai facile, Elena.”

***

Elena spalancò gli occhi d’istinto e respirò avidamente.

Avvertì la stessa, improvvisa, sensazione di ritorno da un luogo molto lontano che aveva accompagnato il suo risveglio in transizione. Gli effetti della verbena erano scomparsi. Si alzò a sedere di scattò e si guardò attorno, il cuore che le martellava in petto con forza.

Qualcosa non andava.

In lontananza, vide Stefan, Tyler e Caroline fare del loro meglio per trattenere Klaus, mentre Bonnie teneva le mani sopra un corpo disteso a terra, pronta a compiere un nuovo incantesimo di essiccamento. Klaus lottava con forza, ed Elena ebbe paura che gli altri non riuscissero a tenerlo fermo per il tempo che era necessario.

Ma no, non era quello che stava cercando.

Con un movimento agitato, voltò lo sguardo di scatto, il suo cuore che non dava alcun cenno di rallentare, mentre uno strano terrore si faceva strada dentro di lei.

Lo vide, poco distante, sdraiato a terra, la carnagione più pallida che mai, mentre la donna che non conosceva si avvicinava e, di spalle, si chinava su di lui.

Vide un pugnale macchiato di sangue abbandonato sulla terra umida.

Non ebbe il tempo di pensare. Afferrò il pugnale e, con tutte le forze che riuscì a trovare, lo affondò con forza nel fianco della donna e lo tenne lì, spingendolo ancora più a fondo, finché non la sentì esalare un ultimo respiro soffocato e crollare a terra. Rimase un attimo, stordita, a contemplare il corpo afflosciato, ma si riscosse subito da quello strano torpore.

“Damon!”

Si gettò sul suo corpo inerme, mentre sentiva in lontananza la sua stessa voce, come fuori dal suo corpo, non riuscire a smettere di mormorare – “No, no, no, no, no …”

Appoggiò una mano sul suo volto e, come in trance, fece scorrere le dita sulle sue guance, sul suo profilo, sulle sue labbra, tutto così bianco, freddo e cinereo. Gli prese la mano e si lasciò andare, disfatta e inerte, accanto a lui. Era come non avere più aria nei polmoni, non avere più lacrime da versare, non avere più niente di umano, solo il vuoto, dentro di sé.

Era come se fosse morta anche lei.


Spazio autrice: Prima di maledirmi … Ci sarà un epilogo a breve dove verranno spiegate alcune cose, prometto.

Edit, sul sogno di Elena. Visto che molte lo hanno chiesto … L’ho lasciato ambiguo apposta, perché mi piace pensarlo in più modi.
E’ Damon che le induce il sogno per farle capire di non arrendersi e continuare a cercare.
E’ Elena che riflette con se stessa nell’immagine di Damon, perché, in fondo, lui è una parte di lei.
Ognuno lo immagini come più preferisce …

Grazie per le vostre recensioni, spero che continuerete a recensire numerose!

A presto!

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Capitolo 16
*** Epilogue/Love ***


15.

Love

Quando Damon aprì gli occhi vide solo un’immagine confusa. Talmente familiare, però, che non aveva bisogno di mettere completamente a fuoco per riconoscerla.

“E’ questo il paradiso dei vampiri?” – mormorò chiudendo nuovamente gli occhi.

La risata cristallina di Elena lo risvegliò di nuovo - “No, temo di essere solo io.”

Damon sentì un sorriso formarsi sulle sue labbra, mentre rispondeva a bassa voce - “Mi accontento comunque.”

“Tieni.” Prese il bicchiere colmo di sangue che Elena gli stava porgendo e, al primo sorso, sentì tornare abbastanza forze per mettere a fuoco i dintorni. Si rese conto di essere in camera sua, sdraiato sul grande letto, Elena accanto a lui.

La guardò con occhi interrogativi e preoccupati - “Cos’è successo? Sei … ?”

Elena lo aiutò a sistemarsi meglio sui cuscini, prima di proseguire - “Sempre un vampiro, sì. Cosa ti è saltato in mente, Damon?” C’era dolcezza nella sua voce, velata appena anche da una punta di apprensione.

Damon prese un altro sorso e lasciò andare la testa all’indietro sul cuscino. “Oh, lo sai. Fare l’eroe, salvare la ragazza. Quelle cose lì.”

Elena lo guardò seria e replicò in tono grave - “Sei tu quello ha avuto bisogno di essere salvato.”

Damon contrasse le labbra in una smorfia, e scosse la testa. “Quante volte devo dirlo? Non voglio essere salvato.”

“Beh, io non ho intenzione di lasciarti molta scelta” – ribatté decisa Elena.

Damon alzò lo sguardo su di lei, e quando lo trovò, di fronte a quella determinazione, non poté fare a meno di cogliere l’ironia e lasciarsi sfuggire un involontario accenno di sorriso.

“Questo è davvero un colpo basso detto da te” – ammise, prima di bere nuovamente.

Elena sorrise, prese il bicchiere ormai vuoto dalle sue mani e lo posò sul comodino, quindi si strinse a lui appoggiando la testa nell’incavo del suo collo. Pensava a quei terribili, lunghissimi, infiniti minuti in cui era rimasta immobile e inespressiva accanto a lui, prima che gli altri la raggiungessero dopo essersi lasciati sfuggire Klaus. Pensava al senso di devastazione e annientamento che aveva provato, prima che Bonnie la rassicurasse che tutto era andato secondo i piani. Pensava a quello, e rifletteva che, se all’idea di perderla per sempre, lui provava anche solo lontanamente le stesse cose … allora era molto più disposta, anche se non a giustificare, almeno a comprendere tanti dei suoi atteggiamenti.

Damon rimase un attimo assorto ad accarezzarle lentamente i capelli, prima di proseguire e chiederle, sospettoso - “Come … hai fatto?”

“Bonnie.” – sorrise tra sé Elena – “Stefan è venuto al ballo ad avvertirmi e, poco prima che Klaus mi rapisse, sono riuscita a parlare con Bonnie e l’ho convinta a non farlo. Per prendere tempo ed ingannare le apparenze, durante l’incantesimo ha rallentato il tuo processo di rigenerazione, senza però bloccarlo del tutto, come invece avrebbe dovuto. Ecco perché ci hai messo così tanto a riprenderti. E’ stata brava, molto brava. Tanto che per un po’ mi hai spaventato sul serio. Ma tornerà tutto normale nel giro di poche ore.”

“Mi ha fregato ... Piccola streghetta ingrata” – mormorò Damon tra i denti.

Elena alzò lo sguardo verso di lui e proseguì, non sapeva se più arrabbiata, preoccupata o semplicemente divertita - “Dice che adesso siete pari, e di non importunarla mai più con le tue insane idee.”

Il voltò di Damon fu attraversato da un ghigno beffardo. “Non posso assicurare niente.”

Aggrottò leggermente la fronte. “Perché Elena? … Avresti potuto …”

Elena lo interruppe, e gli prese il volto tra le mani. “Non lo capisci?”

Damon posò la mano sulla sua, ed Elena ne percepì il leggero tremito. I suoi occhi scuri brillavano, fermi nei suoi, mentre proseguiva con voce dolce – “Non ho bisogno di nessuna strana magia nera per tornare umana. Tu sei ciò a cui mi sono aggrappata, ciò che mi ha fatto vedere attraverso la mia parte migliore, ed anche quella peggiore. Tu mi fai tornare umana.”

“Ti amo, Damon.”

Lo sguardo di Damon di fronte a quelle parole andò a scuoterla nel profondo in un modo che mai avrebbe immaginato. Stupore, smarrimento, speranza, desiderio, bisogno … questo e molto altro attraversò in quell’istante i suoi occhi di ghiaccio, meno freddi e più ardenti che mai.

Elena appoggiò la fronte sulla sua e mormorò di nuovo, come per rassicurarlo che non fosse stata un’illusione – “Ti amo.”

Mentre, ritrovando in un secondo tutte le forze, Damon le stringeva forte i fianchi per attirarla ancora più contro di sé, e cercava le sue labbra per trovarvi un nuovo, finora sconosciuto, senso di appagamento, Elena sapeva che l’avrebbe fatta soffrire, e resa felice ogni oltre immaginazione.

Perché lui la divorava, e al tempo stesso la rigenerava ogni volta.

Sapeva che ci sarebbero stati fin troppi ostacoli sulla strada, ostacoli che a volte avrebbero affrontato insieme ed altre in cui lui avrebbe ancora dato di matto. Sapeva che non sarebbe mai stato facile, o meno esasperante, intenso e complicato di come era stato fino a quel momento. Sapeva che avevano molte sfide davanti a loro.

Ma al momento, ciò che importava era altro. Erano le sue labbra, che assaporavano, avide, ogni più nascosto angolo della sua pelle. Era il suo sguardo, perso dentro di lei. Erano i loro respiri, che si mischiavano e si rincorrevano, dopo essere stati soffocati troppo a lungo. Erano le sue mani, che esploravano, dolci e possessive, la geografia delle sue forme, andando a prendersi ciò che era finalmente suo di diritto. Il suo corpo, il suo intero essere.

Per tutto il resto, avevano l’eternità.


Spazio autrice:

Spero che vi sia piaciuto il percorso che ho immaginato per Elena, almeno quanto a me è piaciuto scriverlo.

Si sa che Damon, a differenza di Stefan, ha ritrovato la sua umanità proprio grazie a Elena, e mi piaceva pensare che, in un certo senso, può essere così anche per lei.

Spero che tutto abbia un senso, ma se ci sono punti (anche nella successione degli eventi finali che, per lasciarvi un pochino più sulle spine, ho volutamente mescolato e omesso) che non vi sono chiari, non esitate a recensire e risponderò al mio meglio a tutte le vostre domande.

Spero anche che vi sia piaciuta la svolta che ho dato ad Elena, e che l’abbiate comunque trovata coerente. La verità è che io nel suo personaggio vedo del carattere e della determinazione di fondo, solo che lei, sempre sballottata qua e là, non ha ancora avuto modo di esplorarlo e mostrarlo a dovere, e spero che la 4° stagione ci dia finalmente un’eroina più decisa e consapevole di quello che è e, soprattutto, di quello che vuole. Plecca, ti prego, non mi deludere.

Di solito non sono una grande fan dei finali sdolcinati, ma mi sembrava giusto che i due avessero almeno un momento di felicità … anche se qualcosa mi dice che la nostra coppia preferita ne dovrà davvero affrontare molte.

Ringrazio sentitamente tutti voi che mi avete seguito e soprattutto recensito! Anzi, vi invito nuovamente a lasciare una recensione, sia critica che positiva, ci vuole davvero poco e rende felice chi ha scritto questa storia ... ;) E’ stato un bell’esperimento scrivere questa ff, un esperimento che forse avrò voglia di ripetere, non si sa mai … E’ ancora lunga da qui a ottobre!

Un bacio e un abbraccio a tutte!

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