Every end has a start di everlily (/viewuser.php?uid=194617)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Awakening ***
Capitolo 2: *** Memories ***
Capitolo 3: *** Metamorphosis ***
Capitolo 4: *** Overwhelming ***
Capitolo 5: *** Loneliness ***
Capitolo 6: *** Craving ***
Capitolo 7: *** Disturbance ***
Capitolo 8: *** Secrets ***
Capitolo 9: *** Humanity ***
Capitolo 10: *** Depths ***
Capitolo 11: *** Consuming ***
Capitolo 12: *** Distance ***
Capitolo 13: *** Surrender ***
Capitolo 14: *** Awareness ***
Capitolo 15: *** Seeking ***
Capitolo 16: *** Epilogue/Love ***
Capitolo 1 *** Awakening ***
Elena
spalancò gli occhi d’istinto e respirò
avidamente. Poteva ancora avvertire l’acqua che la soffocava
invadendole i polmoni, ogni fibra del suo corpo alla disperata ricerca
di un briciolo d’aria. Con sollievo, notò che il
suo bisogno di respirare aveva trovato inaspettato conforto in
quell’aria fredda dal sapore di disinfettante che
violentemente le era entrata in gola.
“Elena!”.
La voce di Stefan le giunse improvvisamente vicina.
“Stefan!”
- esclamò, abbandonandosi all’abbraccio che
prontamente lui le stava offrendo.
L’istantanea
sensazione di familiarità la aiutò a riprendere
contatto con la realtà.
Sempre
stretta in quell’abbraccio, qualcosa attirò il suo
sguardo oltre la spalla di Stefan. Oltre il vetro di quella stanza
asettica (una stanza d’obitorio realizzò,
mentre un brivido le correva lungo la schiena), Damon la stava
osservando, lo sguardo smarrito, frustrato, infuriato. E subito Elena
sentì il suo cuore stringersi dolorosamente. Chiuse gli
occhi un secondo, cercando di riprendersi dalla sofferenza che la vista
di Damon le aveva procurato. Quando li riaprì, lui era
sparito.
Con un rumore secco e metallico la porta si aprì
violentemente, ed Elena si sciolse dall’abbraccio di Stefan,
mentre Damon entrava nella stanza a passi decisi.
In
una frazione di secondo, Damon sollevò Stefan dalla sedia
accanto alla barella e lo costrinse contro il muro, le mani intorno
alla gola.
“Che
cazzo hai fatto?!” - gridò Damon - “A
cosa diavolo stavi pensando, salvare Matt … Matt!! E
lasciarla andare così …”. Ma la voce
gli si spezzò prima di poter proseguire.
Stefan
aprì la bocca, ma non ne uscì risposta. Il senso
di colpa per quello che aveva fatto era troppo grande per riuscire a
parlare al momento. Il pugno di Damon lo raggiunse con forza sulla
mascella, e dentro di sé Stefan lo ringraziò
silenziosamente, quasi come se il dolore fisico potesse in qualche modo
alleviare la pena che sentiva.
“Come
hai potuto!” urlò Damon, accompagnando le sue
parole con un altro colpo.
Fu
la voce, esasperata, di Elena a richiamarlo. “Damon,
smettila!”.
Damon
lasciò andare il fratello, che si aggrappò al
muro. I due si guardarono per un istante, scorgendo ognuno la
sofferenza negli occhi dell’altro, sapendo di essere
accomunati dallo stesso dolore e, al tempo stesso, di non essere mai
stati tanto distanti.
“Damon,
per favore …” - mormorò Elena, cercando
di ammorbidire la propria voce.
Damon
si voltò a fissarla, quasi incredulo, come se dovesse
spiegare, come si fa con un bambino, perché la situazione
fosse così grave.
“Non
ti ha salvato subito, Elena, avrebbe dovuto … e invece, lui
ti ha …”
“Gliel’ho
chiesto io, Damon.”.
Elena
mosse alcuni timidi passi nella sua direzione, mentre i ricordi delle
ore precedenti stavano mano a mano diventando più nitidi. La
sagoma di Rebekah all’improvviso in mezzo alla strada. Il
pick-up di Matt che sbanda, saltando oltre il ponte. Il buio, il
freddo, l’acqua. Matt svenuto sul sedile accanto. Stefan che
nuota verso di lei. E su tutto, quella orribile sensazione di deja-vu
del giorno in cui in un simile incidente aveva perso i suoi genitori e
la sua vita era cambiata per sempre.
Scrollò
leggermente le spalle e proseguì con maggiore decisione,
sostenendo lo sguardo interrogativo di Damon. “Gli ho chiesto
io di salvare prima Matt. Era giusto così, non avrei mai
sopportato il pensiero di un altro amico morto a causa mia
…”
“E
quindi meglio tu, Elena!” - Damon la interruppe esasperato.
Come faceva a non rendersene conto? A non capire che tutto, tutto, per
lei adesso era irrimediabilmente cambiato, che non c’era modo
di tornare indietro, che l’unica alternativa era una vita di
inferno …
“Tu
non capisci, vero?!”. A quelle parole le afferrò
le braccia, doveva farle capire …
“No,
tu non capisci!”. Con uno scatto di cui fu la prima a
sorprendersi, Elena si liberò della sua presa.
“Damon ha ragione, Elena” - mormorò
Stefan.
Proseguì,
lo sguardo e la voce incredibilmente affranti - “Non avrei
mai dovuto lasciarti laggiù, mai. Non me lo
perdonerò mai”.
Elena
rimase in silenzio, incapace di aggiungere altro, mentre sentiva le
lacrime salirle alla gola. Il suo intero essere sembrava essere un
turbine di emozioni. Era tutto così difficile da processare.
E poi c’era quell’istinto di sopravvivenza, quella
fame martellante che stava lentamente crescendo dal profondo delle sue
viscere.
“Grandioso”
- esclamò Damon, distraendola da quella sensazione.
“Tu e la tua fastidiosa vocazione al martirio, Elena, tu e il
tuo indecente senso delle scelte, Stefan … proprio una gran
bella combinazione. Grandiosa, direi.”
Damon
posò il suo sguardo prima sull’una e poi
sull’altro, senza però incrociare nessuno dei due.
“Guardate
a cosa ha portato! A cosa le vostre stupide scelte hanno
portato!” - proseguì - “Spero che siate
soddisfatti adesso … voi due vi meritate proprio a
vicenda” - aggiunse, mentre sentiva la rabbia lasciare il
posto ad una profonda amarezza.
Elena
teneva il volto ostinatamente girato nella direzione opposta, sapendo
che non sarebbe mai riuscita a sostenere lo sguardo di Damon. E non
solo per quella discussione. C’era dell’altro,
molto altro. Si chiese se lo avesse intuito anche lui, e quel pensiero
le fece stringere nuovamente il cuore.
Damon notò il cambiamento nella sua espressione. Strinse le
labbra, aspettando una reazione, una qualsiasi, da parte di entrambi,
che non arrivò.
Elena
ricacciò indietro le lacrime e sospirò, cercando
di riprendere il controllo di se stessa. Perché doveva
essere sempre tutto così difficile con Damon?
Perché con lui era tutto così esasperante,
così complicato, così intenso?
“Elena
…”. Stefan le si avvicinò ed ancora una
volta, Elena ritrovò nel suo sguardo il conforto di cui
aveva bisogno.
“Non
devi sentirti in colpa, Stefan” - cercò di
rassicurarlo.
Ma
il volto di Stefan rimase serio. “Ma è
così, Elena. Non può essere che così.
Odio me stesso per quello che ti ho fatto”.
“No!”
- Elena replicò con forza, ma nei suoi occhi, che conosceva
così bene, vide la profondità del rimorso e delle
colpe che lo opprimevano. “Non devi …” -
sussurrò, animata dall’improvviso bisogno di
fargli sentire che sarebbe andato tutto bene.
“Lo
sapevi?” - mormorò Stefan.
Elena
lo guardò in modo interrogativo.
“Sapevi
del sangue di vampiro?” - ripeté Damon con
più decisione - “Che era con quello che Meredith
ti aveva curata questa mattina?”
A
quelle parole, Elena sussultò leggermente. Così
adesso ne aveva conferma. Nessuno aveva ancora fatto apertamente parola
di quel che le stava succedendo. Eppure, dentro di sé, lei
sapeva. Sapeva di non essere stata miracolosamente salvata dalle acque.
Sapeva che quella fame crescente erano i morsi della transizione. Ma
no, non sapeva di avere sangue di vampiro in circolo mentre veniva
inghiottita dalle acque gelide sotto il Wickery Bridge.
Elena
abbassò lo sguardo, e scosse piano la testa. In uno scatto
d’ira, Stefan si voltò e mollò un pugno
contro la parete di piastrelle bianche. Anche nei suoi periodi
più bui, quando la gente aveva iniziato a chiamarlo Ripper per la
sua agghiacciante abitudine di squartare le proprie vittime per
drenarle fino all’ultima goccia di sangue, non aveva mai
provato un tale odio e disprezzo per se stesso come in quel momento.
“Stefan
…” - la supplica di Elena lo fece tornare in
sé.
“Sai
cosa ti sta succedendo, Elena?” - le chiese Damon, con una
calma che non sentiva.
Elena
si costrinse a guardarlo ed annuì - “Sono in
transizione”. Il solo dirlo ad alta voce suonava
così irreale. Damon strinse nuovamente le labbra, ed
annuì con un solo cenno del capo, gli occhi irrequieti fissi
nei suoi.
Elena
sospirò e distolse lo sguardo. Lo sguardo di Damon le faceva
male nel profondo, un male troppo intenso per poterlo sopportare. Lei
gli aveva spezzato il cuore solo pochi attimi prima
dell’incidente, decidendo di tornare da Stefan piuttosto che
raggiungerlo a centinaia di chilometri da Mystic Falls, pur sapendo che
quella avrebbe potuto essere l’ultima volta che si sarebbero
parlati. E poi c’erano quei nuovi ricordi (ricordi
di Damon), che continuavano ad affiorare, tormentandola. Si
chiese se lui lo sapesse, se lo avesse capito …
“Beh,
in questo caso non credo che dobbiamo stare a spiegarti per filo e per
segno la procedura.”. Damon sembrava ormai aver ripreso il
controllo della propria voce. “Una sacca di sangue dovrebbe
fare il suo dovere.”
“Non
so cosa voglio fare” - ribatté Elena,
più per dispetto nei confronti dell’arroganza con
cui Damon dava per scontato quale sarebbe stata la sua scelta. Mentre
lo diceva però si rese conto di una fondamentale
verità: lei non voleva essere un vampiro. Non lo aveva mai
voluto.
“Cosa
vuol dire che non lo sai?”. L’espressione di Damon
si accigliò. “E’ semplice. Ti nutri, sei
vampiro. Non lo fai, sei
morta.”
Sottolineò l’ultima frase spalancando leggermente
gli occhi. Poi si voltò verso il fratello in cerca di
sostegno.“Stefan? Andiamo, dammi una mano”.
Stefan
annuì. “Elena, sai cosa succede se non completi la
trasformazione” - si rivolse a lei cercando di usare un tono
il più pacato possibile.
“Sì,
Stefan, lo so. E so anche cosa succede se decido di
completarla”. Elena guardò entrambi i vampiri, e
sospirò - “Ho bisogno di tempo. Non posso decidere
adesso.”
Stava
succedendo tutto troppo in fretta, aveva bisogno di pensare con calma.
“Per favore, al momento voglio solo andare a casa”.
I
due fratelli si guardarono, come per decidere sul da farsi. Stefan fece
cenno di sì con la testa, mentre Damon alzò gli
occhi al cielo.
“Ok,
ti portiamo a casa” - acconsentì Damon con lo
stesso tono con cui si accetta un capriccio inevitabile. “Ma
ricorda che non ne hai molto di tempo” - aggiunse in tono
serio, assicurandosi con lo sguardo che lei avesse compreso.
Elena
annuì.
“D’accordo
allora, andiamo”. Stefan fu il primo a muoversi.
“Solo
un momento”. Damon si voltò verso il fratello,
indicando la porta con un cenno del capo. “Stefan, una
parola?”
***
Mentre
si dirigevano verso l’uscita, Damon si voltò un
attimo in direzione di Elena.
“Tranquilla, non ci vorrà molto” -
cercò di mantenere un tono neutrale nelle sue parole, ma il
suo sguardo tradiva una certa emozione. Elena finse di non notarlo ed
abbozzò un leggero sorriso.
“Elena!”
- Jeremy si catapultò nella stanza, correndo ad abbracciare
la sorella.
Entrambi
i fratelli accolsero con sollievo quell’intrusione, che
almeno per un attimo aveva alleggerito la tangibile tensione fra i tre.
Damon
chiuse la porta e si assicurò che lui e Stefan fossero a
debita distanza d’orecchio. Anche se la transizione non era
completa, l’udito di Elena poteva già essere
superiore a quello di un normale umano.
Con un sospiro si rivolse quindi verso Stefan. “Me ne vado da
Mystic Falls non appena abbiamo chiuso questa faccenda.” Fece
una pausa, lo sguardo del fratello fisso su di lui. “Non
dimenticare di salutare tutti da parte mia” - aggiunse
sarcasticamente.
“Non
puoi andartene, Damon, di cosa stai parlando?” - Stefan lo
osservava perplesso, le braccia conserte strette intorno al petto.
Damon
alzò un’altra volta gli occhi al cielo.
“Avevamo un patto se non sbaglio, ed ho intenzione di
rispettarlo. Elena ha fatto la sua scelta, ed ha scelto te”.
Le
sue labbra si strinsero, ed il suo orgoglio ferito bruciò
particolarmente nel pronunciare quelle parole.
“Chiaramente
la scelta sbagliata, visto che, beh, tanto per dirne una …
l’hai uccisa”
- aggiunse premurandosi di sottolineare l’ultimo concetto. Il
moto di sofferenza negli occhi di Stefan gli procurò una
magra, ma innegabile soddisfazione. “Ma questi sono i fatti.
Il grande cattivo Originario è fuori dai giochi, per qualche
miracolo noi siamo ancora qua, Elena ha preso la sua decisione e adesso
potete vivere felici per l’eternità. Il resto del
mondo mi aspetta.”
Damon
fece per andarsene, ma Stefan lo bloccò saldamente per il
braccio.
“Damon,
non puoi”. Sembrava stupito che Damon anche solo prendesse
l’opzione in seria considerazione.
Damon
aggrottò le sopracciglia in un’espressione
interrogativa. Cosa pretendeva adesso Stefan da lui?
“Forse
non mi sono spiegato bene, Stefan” - continuò
Damon liberandosi della sua presa. “Elena ha scelto
…”
“So
bene cosa hai detto, Damon” - lo interruppe Stefan. Elena
aveva scelto lui. Eppure non riusciva a gioire del tutto di quella
consapevolezza, perché Elena era morta, morta per colpa sua,
e l’unica possibilità per lei era diventare un
vampiro, un futuro che lui sapeva lei non avrebbe voluto.
“Ma
è tutto diverso adesso. Se Elena decide di completare la
transizione …” - Stefan fece una pausa, impaurito
dalla gravità di quel
se
-
“… se decide di diventare un vampiro,
avrà bisogno di te. Per controllare il desiderio di sangue
… avrà bisogno di tutti noi per adattarsi alla
nuova vita, avrà bisogno di te” -
ripeté e mentre lo diceva, si stupì di quanta
verità ci fosse in quell’affermazione.
.
Lo sguardo di Damon si indurì. “Sono sicuro che
sarà felicissima di seguire la tua dieta del
coniglio.”
“Oh, andiamo”. Stefan si portò le mani
al volto in un gesto esasperato. “Non ho alcuna intenzione di
metterla in testa certe stronzate. Sai bene a cosa mi hanno
portato.”
In
cuor suo, Damon sapeva che il fratello aveva ragione. Del resto, lui
stesso aveva passato gli ultimi mesi cercando di salvarlo dalla sua
insana dipendenza da sangue umano, una dipendenza dovuta certamente a
decenni di illusoria astinenza che non avevano fatto altro che
annientare ogni sua capacità di autocontrollo. Ma non voleva
cedere, non così facilmente.
“Eppure
lo hai sperimentato con successo con Barbie Vampira, sono sicuro che
andrà a meraviglia anche stavolta”. Con tanto
successo, infatti, che Barbie Vampira si era convertita alle dieta
delle sacche di sangue in men che non si dica.
Stefan
scosse la testa. “Era diverso, io ero
diverso. E’ stato facile con Caroline …
perché è successo prima che Klaus mi costringesse
a far riemergere il mio peggiore latoRipper.”
Stefan alzò gli occhi e li fissò in quelli del
fratello.
“Non
sono in grado di insegnare il controllo a nessuno in questo momento,
Damon.” – ammise –“Diamine sono
io il primo a combattere ogni giorno per controllare la sete, per
cercare di rimettere insieme i pezzi!”. Ma non era solo
questo. Aveva realizzato come la trasformazione di Elena cambiasse
radicalmente le condizioni del loro patto, e non era ancora pronto ad
accettarlo.
“E poi se non sbaglio, il nostro accordo sarebbe dovuto
durare il tempo della vita umana di Elena” -
proseguì - “Non posso pensare di chiederti di
rispettarlo per una durata infinita. La prospettiva era quella di
ritrovarci un giorno ….”
Damon
si lasciò sfuggire un ghigno sarcastico.
“D’accordo. Rimarrò il tempo necessario
ad Elena per adattarsi alla nuova situazione. Sarò un
fantastico maestro di autocontrollo, Stefan, non temere.”
Stefan annuì, ma prima che potesse accennare un sorriso
sollevato, Damon proseguì - “Ma questo
è tutto, Stefan. Non appena sarà il momento,
lascerò comunque Mystic Falls. Vedi, caro fratello, tu non
cogli l’ironia della situazione. Patto o non patto, devi
essere pazzo per pensare che io voglia davvero ritrovarmi o
riconciliarmi con te, passare le serate a bere bourbon, farci le trecce
e parlare dei bei tempi andati. Non dopo quello che hai fatto ad
Elena” - fece solo una breve pausa per lasciare che le
proprie facessero effetto - “Questo non te lo
perdonerò mai.”
Spazio autrice.
Questa
è una storia che avevo in mente da un po' dopo il finale, ed
è la mia
prima fanfic. So che ci sono molte ff ambientate in una futura 4a
stagione e voglio invogliarvi a leggere anche la mia, perciò
...
Diciamo che questa storia sarà un percorso, soprattutto di
formazione,
ben preciso. Non aspettatevi Elena che riacquista i ricordi e si getta
subito tra le braccia di Damon. La ragazza fragile che ha perso tutto e
deve ancora trovare se stessa ne ha di strada da fare davanti a
sè....
I primi
2/3 capitoli sono un po' di passaggio, ma mi sono serviti
soprattutto
per capire un po' a che punto stanno i personaggi. Da lì, la
storia
prende una direzione tutta sua ... Ho cercato il più
possibile di
mantere tutti IC e di rendere, anche nella trama, la stessa atmosfera
di TVD.
Naturalmente,
mi farà piacere sapere cosa ne pensate ;)
Baci
|
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Capitolo 2 *** Memories ***
2.
Memories
Elena si
lasciò andare sul letto di camera sua. Era rimasta sola per
la prima volta dal momento in cui si era risvegliata. Con gesti
automatici si era tolta i vestiti ancora impregnati d’acqua,
si era gettata nella doccia, ed una volta uscita si era infilata dei
vestiti puliti, anche se niente di tutto ciò sembrava
aiutarla a scuotersi di dosso quella sensazione di acqua stagnante (quell’odore
di morte pensò con orrore) che si sentiva
appiccicata addosso.
Stefan
l’aveva accompagnata a casa, ed era stato particolarmente
premuroso nei suoi confronti. Si chiese se sapesse che lei aveva scelto
di tornare da lui. Forse Damon glielo aveva detto. Era di questo che
avevano parlato fuori dalla stanza all’ospedale? Non lo
sapeva, la presenza di Jeremy e le loro continue preoccupazioni sul suo
stato non avevano lasciato il tempo di approfondire. Adesso entrambi la
aspettavano al piano di sotto, ma lei non aveva fretta di raggiungerli,
non ancora. C’erano quelle nuove, insidiose informazioni che
doveva processare prima di confrontarsi con Stefan e riprendere le fila
della loro storia.
Elena sapeva che una
delle conseguenze della transizione era la fine di ogni forma di
soggiogamento vampiresco ricevuta in vita. Pensò quindi che
era inutile opporvisi, chiuse gli occhi e lasciò che i
ritrovati ricordi le scorressero davanti.
“Bel
pigiamino”
Elena si
ferma, stupita e leggermente infastidita di vedere Damon seduto vicino
alla sua finestra, i gomiti appoggiati sulle ginocchia.
“Sono
stanca, Damon”.
Era stata una
lunga giornata, ed anche se quel giorno lui le aveva praticamente
salvato la vita, Elena provava ancora un forte risentimento nei suoi
confronti. Damon aveva ucciso Jeremy solo qualche settimana prima, e se
lui era vivo lo doveva solo alla fortunata coincidenza di indossare
l’anello Gilbert nell’attimo in cui Damon lo aveva
attaccato. Decisamente, in quel momento, Damon non è certo
una delle prime persone con cui vuole conversare.
Damon si alza
e le si avvicina con un sorriso un po’ insicuro, lasciandosi
scivolare la catena di un ciondolo tra le mani. Il ciondolo di Elena,
quello che le aveva regalato Stefan.
“Ti
ho portato questo” – e c’è una
certa soddisfazione nella sua voce.
Elena
è sorpresa. “Pensavo di averlo perso
…”. Damon scuote leggermente la testa, e lei
sospira sollevata.
“Grazie”
- sorride ed allunga le mani nel tentativo di prendere la collana, ma
Damon ritrae la mano, sottraendola dalla sua presa.
A che gioco
sta giocando?
“Ridammela,
per favore”. Elena non ha molta pazienza da mettere alla
prova.
Damon la
ignora. “Devo solo dire una cosa”.
Elena si
ritrae, leggermente spaventata. “Perché devi dirlo
con il mio ciondolo in mano?”.
Sa che dentro
al ciondolo c’è una piccola quantità di
verbena, sufficiente a proteggerla contro il soggiogamento. E sente un
forte bisogno di indossarla nuovamente.
Damon aggrotta
le ciglia, ed esita un attimo. “Beh …
Perché quello che sto per dirti è …
probabilmente la cosa più egoista che abbia mai detto in
vita mia”. E’ incerto, ma non sembra intenzionato a
desistere.
Elena prende
fiato, non vuole ascoltarlo. “Damon, non farlo”.
Ma Damon
insiste e si muove con più decisione nella sua direzione.
“No, ho solo bisogno di dirlo
una volta, e
tu hai solo bisogno di sentirtelo dire”.
Elena
indietreggia ancora di più, finché lui non le
arriva vicino, i lori volti a poca distanza l’uno
dall’altro. La fissa negli occhi ed Elena non può
fare a meno di sentire una lieve stretta allo stomaco.
“Ti amo, Elena” - le parole
gli escono d’un fiato - “Ed è proprio
perché ti amo che ….”. Damon si prende
una pausa, ed i suoi occhi si accendono di tristezza mentre la guarda -
“… non posso essere egoista con te. E
perché non puoi saperlo”. I suoi occhi sono sempre
più lucidi, mentre inclina leggermente la testa di lato, il
suo sguardo ancora più intenso. “Io non ti merito
…” – la sua voce si incrina -
“… ma mio fratello sì”.
Elena sente di
voler dire qualcosa, ma le parole le muoiono in gola. Non riesce a
smettere di fissare il suo sguardo. Non vuole smettere. E’
incapace di aggiungere altro, di formulare un qualsiasi pensiero. Damon
si avvicina ancora, ed Elena ha un fremito. Vuole baciarla?
Lentamente e con dolcezza, Damon le bacia la
fronte. Elena è sconcertata, la sua bocca continua ad
aprirsi, ma non ne esce alcun suono.
Damon le
rivolge un altro sguardo, mentre le accarezza piano i capelli,
“Dio, quanto vorrei che non tu dovessi scordarlo”.
Elena lo
guarda interrogativamente.
“Ma
devi …”
Elena non riusciva a
capire perché fosse così scossa da quel ricordo.
Non ne era stupita, perché sapeva bene che Damon
l’amava. Glielo aveva detto altre volte in seguito a quella.
E poi, non è che lui ne facesse un mistero, soprattutto dopo
che Stefan aveva lasciato la città insieme a Klaus, quando
erano rimasti solo loro due a farsi forza a vicenda …
Ma il ritrovato
ricordo, in qualche modo, l’aveva toccata nel profondo. Forse
era dovuto alla nuova intensità con cui sperimentava le
emozioni da quando era entrata in transizione. O forse era
perché questo aumentava dolorosamente in lei la
consapevolezza di quel lato di Damon che lui cercava ostinatamente di
tenere al riparo dietro a tutte le sue maschere. Quel lato che ama
disperatamente e che altrettanto disperatamente ha bisogno di essere
amato. Come tu non hai saputo, non hai voluto fare,
le rammentò una voce dentro di lei.
Quel pensiero le
procurò l’ennesima fitta atroce.
L’altro
ricordo, invece, quello sì che era stato una vera sorpresa.
Elena
riaggancia il telefono. I suoi genitori dovrebbero arrivare a momenti,
ma nel frattempo parlare con Bonnie l’ha consolata un
po’. E’ notte, e si sente improvvisamente sfiorare
da una leggera folata fredda.
“Katherine.”
Alza lo sguardo al suono di quella voce maschile
carica di incredulità, speranza, desiderio.
Il volto dello sconosciuto di fronte a lei sembra
però spegnersi di fronte alla sua espressione perplessa.
“No,
io …”. Elena si volta per controllare che si stia
davvero rivolgendo a lei. La strada alle sue spalle è
deserta.
“Sono
Elena” - prosegue, con cautela.
“Oh
…”. Lo sconosciuto è visibilmente
deluso. “Tu … davvero assomigli
…” - lascia la frase sospesa a metà,
poi sospira e scuote la testa. “Scusami. E’ solo
che mi ricordi davvero tantissimo una persona”. Lo
sconosciuto muove alcuni passi verso di lei e in un solo attimo sembra
aver ripreso un certo controllo di sé. “Sono
Damon.”
E’
attraente, ed il suo sguardo ha sicuramente qualcosa di magnetico. Ma
è notte, e lui è uno sconosciuto. Deve essere
circospetta. “Non per essere scortese o altro, Damon, ma
… è abbastanza inquietante che tu sia qui, nel
bel mezzo di niente.”
“Proprio
tu parli”. Damon fa un sorrisetto ed i suoi occhi azzurri
sembrano illuminarsi nella notte. “Sei qua fuori tutta
sola”.
E’
una provocazione?
Elena allarga
le braccia, come se dovesse spiegare l’ovvio.
“E’ Mystic Falls, qua non succede mai niente di
brutto”.
Damon sorride,
sembra divertito.
Continuano a
guardarsi, finché Elena non abbandona la sua difensiva.
“Ho litigato con il mio ragazzo”. Non sa bene
perché lo ha detto, le parole le escono di bocca prima di
poter pensare.
“Per
cosa?” - le domanda Damon. “Se posso chiedere
…” – aggiunge, alzando le mani in un
gesto ironico, come per scusarsi di essere stato troppo invasivo. Ma
non sembra davvero dispiaciuto.
Elena scuote la testa amaramente. “La
vita, il futuro … Lui ha già pianificato
tutto”. A quel pensiero Elena sente un rinnovato moto di
fastidio nei confronti di Matt.
Damon
sogghigna, sembra sapere. “E tu non lo vuoi?”
Elena alza le
spalle. “Non lo cosa voglio”.
“Beh,
questo non è vero” - il tono di Damon si
addolcisce -“Vuoi quello che vogliono tutti”.
“E
cosa sarebbe?”. Elena si lascia sfuggire un sorriso
malizioso. “Un misterioso sconosciuto che ha tutte le
risposte?”
Damon ride, si
volta da un’altra parte, poi torna a guardarla.
“Beh, diciamo solo che sono in giro da molto tempo. Ho
imparato un paio di cose” - aggiunge ritrovando il suo
ghigno. Sembra esserci dell’ironia in
quell’affermazione.
“Allora,
Damon …” - Elena è divertita, e curiosa
di sapere dove la porterà quella conversazione.
“Dimmi.
Cos’è che voglio?”. Sta flirtando, con
uno sconosciuto, nel bel mezzo di una strada isolata. Elena
è sorpresa della sua stessa audacia. Ma non più
di tanto.
Damon si
avvicina, vuole stare al suo gioco. “Vuoi un amore che ti
divori. Vuoi passione …” - Elena lo guarda, un
mezzo sorriso sulle labbra e gli occhi pieni di aspettativa -
“… e avventura. Ed anche un po’ di
pericolo”. Damon sottolinea quelle ultime parole con un
sorriso ambiguo.
Elena
è spiazzata, affascinata forse. Ma non vuole dargliela vinta
così facilmente. Cerca un modo per poter spiazzare anche
lui. “Allora … e tu, cosa vuoi tu?”.
Ci riesce.
Damon esita, sembra cercare le parole, senza trovarle. Elena sorride
soddisfatta, ma il suo sguardo è ancora inquisitore. Non lo
lascerà sviare la domanda.
Un rumore di
clacson li distrae entrambi, ed Elena vede sbucare da dietro la curva
la familiare berlina grigia. “Sono i miei genitori.”
Quando si
volta di nuovo, Damon è vicino, pericolosamente vicino.
Prima ancora di poterlo impedire, si ritrova ipnotizzata a fissare i
suoi occhi.
“Voglio
che tu trovi tutto quello che stai cercando. Ma al momento voglio che
dimentichi quest’incontro, la gente non deve ancora sapere
che sono in città”. Il suo sguardo sembra quasi
deluso …
“Buonanotte,
Elena”.
E quindi, era
stato quello il suo primo incontro con Damon. Non quel giorno alla
pensione Salvatore, quando si era imbattuta in lui mentre era alla
ricerca di Stefan. “Tu devi essere Elena”
- le aveva detto, squadrandola con uno sguardo un po’
inquisitore e un po’ divertito.
Ma in quel momento lui
la conosceva già, da mesi almeno. Da quella tragica sera in
cui la sua vita era stata sconvolta.
Elena non
mancò di cogliere l’ironia di quella rivelazione.
Qualche ora prima, mentre tra le lacrime rifiutava l’amore
irrequieto di Damon per andare a rifugiarsi in quello rassicurante di
Stefan, inconsciamente, gli aveva detto proprio quello. “Forse,
se tu ed io ci fossimo incontrati prima …”
E così era
stato. Prima di Stefan. Ma soprattutto prima che la vecchia, solare e
vivace Elena … prima che tutta la sua spensieratezza venisse
spazzata via, prima che tutte le sue certezze iniziassero a crollare,
irrimediabilmente, una dopo l’altra.
Sarebbe cambiato
qualcosa se avesse saputo prima quell’informazione? No,
si rispose risoluta. Lei amava Stefan. Il suo modo di farla sentire
protetta, amata, al sicuro.
Eppure, una parte di
lei non poté fare a meno di sentirsi profondamente frustrata
di fronte a quel ricordo. Di fronte al modo in cui Damon
l’aveva affascinata, e provocato la sua fantasia.
Provò
invidia per la se stessa del ricordo, per ciò che era stata
la sua vita fino a quel momento, ed una certa amarezza per
ciò che avrebbe potuto essere se l’incidente con i
suoi genitori non fosse mai avvenuto. Ma davvero quella parte di lei se
n’era andata per sempre? Elena esitò a darsi una
risposta, spaventata dalle implicazioni di quella domanda.
La tenue luce del primo
mattino si era nel frattempo fatta più intensa, man mano che
avanzava verso il suo letto. Un caldo spicchio di sole le
colpì un lato del volto, ed Elena reagì
istintivamente a quell’indesiderato contatto. Con un gesto
indispettito si alzò di scatto, precipitandosi a chiudere le
tende e a far ripiombare la stanza nella semi-oscurità.
Un tocco deciso sulla
porta la fece voltare di scatto. Damon era apparso, appoggiato allo
stipite della porta.
Gli occhi di Elena
corsero inconsciamente alla sacca di sangue che teneva tra le mani, ed
immediatamente sentì il desiderio, la fame,
salirle in gola con rinnovata violenza.
Damon
sorrise. “Ti ho
portato la colazione.”
S/A.
Altro capitolo un po'
di passaggio. Mi scuso se larga parte è occupata dalla
scrittura di scene
che già conosciamo, ma scriverle secondo il punto di vista
di Elena mi
ha aiutato a capire il personaggio. Aggiornerò a breve per
ulteriori e
più sostanziosi sviluppi.
Baci
|
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Capitolo 3 *** Metamorphosis ***
3.
Metamorphosis
Damon
entrò nella stanza a passi lenti, consapevole dello sguardo
di Elena su di sé. Si sedette sul bordo del letto e, con
cautela, appoggiò la sacca di sangue al suo fianco. Gli
occhi di Elena non l’avevano lasciata un secondo. Damon si
frugò nelle tasche, senza fretta, e ne estrasse un anello
che appoggiò accanto alla sacca.
Elena sapeva bene di
cosa si trattava. Evidentemente, Bonnie si era già
preoccupata di prepararle un anello da indossare per poter camminare
nel sole. A quel pensiero, Elena inspirò profondamente.
“Come
mai se qui Damon?”. Era la prima volta che si ritrovavano
soli ed Elena provò un leggero disagio al pensiero di come
avrebbe gestito la situazione.
“Prenditela
con il tuo fratellino. Sai, non sembra molto contento della tua
indecisione.”. Damon piegò le labbra in un sorriso
ironico. “Non appena siete arrivati a casa, mi ha chiamato
pregandomi letteralmente di non uscire da questa stanza fino a che non
avrò tentato tutto il possibile per farti cambiare
idea” – proseguì.
Elena si
passò le mani tra i capelli in un gesto nervoso. Ah, Jeremy.
“Perché
tu?”
“Diciamo
che il piccolo Gilbert al momento non è esattamente il fan
di Stefan numero 1.”
Damon si
lasciò sfuggire un ghigno. “E poi, Jeremy sa che
posso essere molto persuasivo quando voglio.”
Elena
reagì indispettita. Conosceva i metodi di Damon.
“E così, è questo il vostro grande
piano? Farmi nutrire con la forza?”
“No!”
– Damon mise su uno sguardo offeso.
Cercò
il suo sguardo e proseguì in tono più dolce -
“Sai che non lo farei mai …”.
Non che non ci
avesse pensato, ovvio. Il pensiero
di perdere Elena per sempre semplicemente gli annebbiava ogni forma di
giudizio. Ma ricordava ancora il tormento che aveva provato dopo che
l’aveva costretta con la forza a bere il suo sangue quando
lei era determinata a morire nel sacrificio di Klaus. Se per colpa sua
lei si fosse risvegliata vampira, si sarebbe piantato da solo un
paletto nel cuore senza pensarci due volte. E poi, lui stesso le aveva
raccontato, molto tempo prima, come Stefan lo avesse costretto a
nutrirsi per completare la trasformazione, e di come questo avesse
gettato entrambi in una spirale distruttiva durata più di un
secolo. No, questa volta l’avrebbe lasciata scegliere di sua
volontà. Sempre che fosse la scelta giusta,
naturalmente.
“Sai,
so essere persuasivo anche in altri modi …”
– aggiunse Damon con un sorriso malizioso.
Elena
alzò gli occhi al cielo. Sì,
lo so. Trovò quindi il suo sguardo e si
ritrovò a sorridere. Per un attimo, solo per un attimo, fu
come se non si fossero mai allontanati.
“Non
vuole perderti, Elena.” - Damon abbassò un secondo
lo sguardo, prima di tornare a sorriderle – “E poi,
non vorrai certo avere sulla coscienza qualche malcapitata famiglia che
abbia la sfortuna di prenderlo in affidamento? Insomma, voglio dire
… avere a che fare con Jeremy, non immagino sorte
peggiore.”
Elena voleva
ridere, ma sentì qualcosa rompersi dentro di lei e prima che
potesse rendersene conto si ritrovò a singhiozzare,
accasciata sul pavimento, il volto tra le mani.
In un lampo,
Damon le fu accanto e la attirò a sé stringendole
le spalle. A quel contatto, Elena sentì la familiare morsa
stringerle lo stomaco e si aggrappò a lui ancora di
più. Le sarebbe bastato muovere leggermente il volto per
sapere esattamente dove trovare le sue labbra, ed il pensiero le fece
correre il cuore all’impazzata. Damon notò il
cambiamento nel suo respiro e, con uno sforzo di cui non si sarebbe mai
creduto capace, la allontanò delicatamente da sé.
Si guardarono
circospetti, come due animali feriti.
Elena fu la
prima a distogliere lo sguardo. Aveva deciso di lasciarlo andare e
sapeva, per il suo bene, di dover tenere fede a quella scelta. Si
alzò, asciugandosi gli occhi con il dorso delle mani, e si
avvicinò alla sacca di sangue appoggiata sul letto. La
rigirò un attimo tra le mani, ed al pensiero del suo
contenuto sentì una nuova e prepotente ondata di appetito.
“E’
sempre così forte?” – si
sentì chiedere ad alta voce. “La fame,
intendo.” – aggiunse rivolgendo a Damon uno sguardo
imbarazzato.
“No.”
Damon si alzò senza fretta.
“E’
peggio.” – aggiunse, quando fu nuovamente vicino a
lei.
“Non
voglio essere un vampiro, Damon” – le parole le
uscirono con inaspettata facilità. Si ricordò di
quanto era stato difficile in passato confessarlo a Stefan.
Damon
fissò il suo sguardo su di lei, gli occhi chiari
particolarmente indecifrabili nella penombra.
“Nessuno
di noi lo ha voluto, Elena.”
“Tu
lo volevi. Per Katherine.” Elena si pentì di
quelle parole nel momento stesso in cui le pronunciò.
Damon distolse
lo sguardo e scosse la testa con amarezza. “Già.
Per una stronza egoista e manipolatrice che mi ha preso in giro per 150
anni. Per cui c’è stato sempre e solo
Stefan.”
Calò
un attimo di silenzio prima che Damon si rendesse conto di
ciò che le sue parole potevano sembrare.
“No,
Elena …” - Damon strinse le labbra -
“Non volevo dire che …”
Elena sorrise
forzatamente, anche se dentro di sé sentiva le lacrime
stringerle di nuovo la gola.
“No,
Damon … lo capisco”.
Lei stessa si
era, per forza di cose, ritrovata a pensarlo più di una
volta. Lei e Katherine erano evidentemente più simili di
quanto fosse disposta ad ammettere, una somiglianza purtroppo molto al
di la del solo aspetto fisico.
“Elena,
ascoltami.”. Damon fece per prenderle le mani, ma si
fermò per paura che quel gesto la mettesse a disagio.
“Non ho mai pensato che tu fossi come Katherine, capito? So
che non è così ...”.
“Mi
dispiace così tanto …”
“Va
tutto bene, Elena. Starò benone” – Damon
pronunciò quelle parole con un sorriso. Un’altra
delle sue maschere.
Che
stupida, si disse Elena. Lei gli
aveva spezzato il cuore, ed era lui a consolare lei. Cercò
con forza di ricacciare indietro le lacrime. Voleva parlargli dei
ricordi che le erano tornati, ma non trovò le parole. Lui lo
sapeva, doveva averci pensato. E comunque a cosa sarebbe servito, se
non a fargli ancora più del male?
Con calma Elena
aprì l’estremità superiore della sacca
di sangue. Dentro di sé lo aveva saputo fin
dall’inizio che avrebbe completato la transizione.
Più di una volta era stata pronta a morire per salvare i
suoi cari. E adesso che le era stata data questa strana
opportunità, era pronta a coglierla se era l’unico
modo per restare vicino a coloro che amava. Vicino a Jeremy, a Bonnie,
a Caroline, a Tyler, a Matt. A Stefan. E a Damon.
“Vediamo
di non tirarla troppo per le lunghe.” – disse con
ritrovata decisione, prima di addentarla ed iniziare a succhiare
avidamente.
Sentì
il sangue invaderle la gola e ne provò un delizioso, intenso
piacere. Strinse con forza la sacca tra le mani nel tentativo di
spremerla fino all’ultima goccia.
“Ehi,
ehi, piano ragazza”. Damon posò le mani sulle sue
nel tentativo di allentare la sua presa dalla sacca ormai vuota.
Elena
lasciò andare la sacca per la sorpresa. Il sangue le invase
il corpo salendo fino agli occhi, dove le sottili vene intorno alle
palpebre iniziarono a gonfiarsi e a palpitare. Si lasciò
sfuggire un grido e si portò le mani alla bocca, mentre due
piccole zanne appuntite si facevano dolorosamente strada tra le sue
gengive.
Non fece in
tempo ad abituarsi alle nuove sensazioni, che subito sentì i
suoi polmoni comprimersi e l’aria uscirle in un sol colpo dal
corpo. Si portò le mani alla gola ed indietreggiò
fino quasi a cadere, cercando Damon con occhi impauriti. Faceva parte
della transizione? Ma lo sguardo altrettanto spaventato di Damon le
stava suggerendo il contrario.
“Non
sei stata invitata!”
Con una corsa
fulminea, Elena scese le scale e si ritrovò fuori.
Sentì l’aria fluire nuovamente nel suo corpo, ma
il sole ormai alto iniziò violentemente a bruciarle la
pelle. Lanciò un altro urlo, mentre, con la coda degli
occhi, notava un cono d’ombra
all’estremità del portico. Vi si
rifugiò appiattendosi contro il muro, ed una volta al riparo
iniziò lentamente a sentir guarire le proprie ferite.
Si
voltò e notò Damon accanto a lei che le porgeva
il suo nuovo anello.
“Stai
forse cercando questo?”
Elena prese
l’anello e se lo infilò al dito indice, provando
immediato sollievo contro l’aggressione del sole.
“Grazie” – rispose cercando ancora di
riprendere fiato.
“Cos’è
successo?” Anche Stefan e Jeremy erano accorsi sul portico.
Damon si
voltò in direzione dei due. “Diciamo che la nostra
ragazza qua ha avuto un benvenuto nel mondo vampiresco decisamente
vivace.”
***
Elena percorse per
l’ennesima volta l’intera lunghezza
dell’enorme sala Salvatore. Ciò che aveva provato
durante la transizione era niente in confronto
all’irrequietezza che sentiva crescerle dentro. Si costrinse
a fermarsi ed appoggiò le mani sulla mensola superiore
dell’ampio camino. Intimò a se stessa di inspirare
lentamente, ma dopo pochi secondi si ritrovò di nuovo ad
attraversare la stanza. Quando diamine ci voleva a Stefan per andare a
prendere quelle benedette sacche di sangue?
Sbuffò
spazientita e si diresse verso il carrello dei liquori con la personale
riserva di Damon in bella vista. Aveva sentito gli altri elogiare
più volte l’effetto calmante dell’alcool
sui vampiri. Tanto valeva provare. Aprì una bottiglia a caso
e ne riempi metà bicchiere, che mandò
giù in un colpo senza esitazione. Non si era mai resa conto
che il bourbon potesse essere così caldo e piacevole.
Era stata una
decisione ragionevolmente condivisa quella di farla alloggiare, almeno
per il momento, insieme ai Salvatore. Non che avesse molta scelta. Da
quando aveva completato la trasformazione, era diventato insopportabile
per lei condividere la stessa casa con Jeremy. Anche a distanza poteva
sentire il suo sangue scorrere nelle vene, il ritmico pulsare della sua
carotide. Elena avrebbe giurato di poterne addirittura sentire
l’odore.
Le cose non
erano migliorate quando Matt era passato a trovarla e,
d’istinto, l’aveva abbracciata senza pensare alle
conseguenze di quel gesto. Fortunatamente, Damon aveva avuto la
prontezza di staccarla da quell’abbraccio appena un secondo
prima che Elena gli affondasse le zanne inesperte nella gola. Gli
sguardi impauriti di Jeremy e Matt erano stati tutto ciò di
aveva bisogno per convincersi ad impacchettare alcune delle sue cose e
trasferirsi seduta stante.
“Sai,
abbiamo una resistenza superiore ma ciò non vuole dire che
non possiamo ubriacarci.”
Stefan le venne
incontro con un leggero sorriso proprio mentre Elena finiva di riempire
e scolarsi d’un fiato un secondo bicchiere.
“Stavo
solo testando gli effetti della mia nuova condizione”
– rispose Elena.
“E
come sta andando?” – le domandò Stefan,
mentre apriva le sacche che aveva appena portato per versarle dentro ai
bicchieri.
“Oh,
non saprei in realtà”. Elena fece
un’alzata di spalle, prima di voltarsi verso di lui.
“E’ tutto così …”
– sospirò, mentre Stefan le porgeva il bicchiere -
“ … confuso.”
Prese un sorso
di sangue e si sentì un po’ meglio.
“Continuo a vedere le facce di Jeremy e Matt … il
modo in cui mi guardavano … erano spaventati da
me.”
Stefan le si
avvicinò, cercando di rassicurarla. “E’
normale che la cosa ti sconvolga …”
Elena scosse la
testa. “C’è questa parte di me che si
sente terribilmente male al solo pensiero. Però
…” – esitò, perché
non sapeva bene come formulare quella frase. “... non voglio
capito? Perché mi sento anche così euforica,
così piena di energia …” - lo sguardo
le si accese di un’insolita scintilla -
“… e non voglio che niente lo rovini.”
Finì la frase e la sua espressione si incupì di
nuovo.
Stefan
cercò di mascherare il proprio sguardo preoccupato. Aveva
notato lo strano modo in cui le erano brillati gli occhi e ne era
rimasto spiazzato. Aveva sempre immaginato che la grande
capacità di Elena di provare compassione per le emozioni
degli altri sarebbe stato ciò che, una volta trasformata, le
avrebbe consentito di tenersi aggrappata alla propria
umanità. Per la prima volta, capì che invece
avrebbe potuto essere la sua peggiore maledizione. Si stupì
di non averlo realizzato prima, visto che lui stesso aveva subito la
stessa condanna. Tutte le scie di sangue che si era lasciato dietro nel
corso degli anni … nient’altro che un
disfunzionale tentativo di affogare emozioni impossibili da sostenere.
Tentò
un sorriso. “E’ normale, Elena.” Le prese
la mano e la invitò a sedersi accanto a lui. “Le
tue emozioni …”
Elena
ritirò le mano nervosamente. “Sì, lo
so, le mie emozioni sono amplificate. Lo so.” Prese il
bicchiere e ne finì il contenuto in solo sorso.
“Ed è … insopportabile.”
Stefan si
irrigidì a quella reazione, ma proseguì cercando
di mantenere un tono controllato - “Ci vorrà del
tempo prima che tu sia in grado di … conviverci
pacificamente”.
Al pensiero,
Elena ridacchiò amaramente. Ci vorrà del tempo.
D’improvviso
si sentì terribilmente in colpa per il modo in cui lo aveva
trattato. Si sedette sul divano accanto a lui ed iniziò, in
tono più dolce. “Stefan … sai prima
dell’incidente, io … stavo per chiamarti, per
dirti …”. Le parole sembravano uscirle con
difficoltà. Il ricordo di quei momenti ancora le bloccava il
respiro.
“Lo
so. Damon me lo ha detto” – Stefan fissò
lo sguardo su di lei in cerca della sua reazione.
Oh,
Damon. Elena accennò un
sorriso leggermente imbarazzato, ma fu felice che non ci fosse bisogno
di aggiungere altro.
“Ehi”.
Stefan le accarezzò la guancia ed Elena provò un
certo piacere a quel contatto così familiare ed accogliente.
Allungò la propria mano e prese quella di Stefan
portandosela in grembo. Sospirò e si preparò ad
affrontare un discorso che sapeva essere inevitabile.
“Sai,
durante il ballo, quando ho cercato di essere onesta con te riguardo a
Damon e tu … beh, mi hai detto che sarebbe arrivato il
momento per quello quando noi due ci fossimo ritrovati
…”.
Stefan
abbassò lo sguardo sulle loro mani ed annuì.
“Ci
siamo baciati, Stefan” – disse Elena d’un
fiato.
“Questo
lo so.”
“A
Denver, intendo.”
Stefan
alzò nuovamente lo sguardo verso di lei. “Lo
immaginavo.”
Elena rimase un
attimo in silenzio, indecisa se proseguire. Voleva essere sincera con
Stefan, davvero, perché lui si meritava la sua
onestà. Al tempo stesso, però, era infastidita
dall’idea di condividere quel ricordo, quello che aveva
provato, con lui. Era un momento privato, tra lei e Damon, e sentiva il
bisogno di mantenerlo tale.
“Ehi,
guardami.” Stefan le accarezzò con delicatezza una
guancia e la costrinse a voltarsi nuovamente verso di lui.
“Va bene, ok? Quel che è stato è
stato.”
Elena
provò un moto di sollievo, grata che lasciasse cadere il
discorso.
“Ascoltami.”
Le prese il volto tra le mani. “Ce la faremo, ok? Ne abbiamo
superate molte, supereremo anche questa”. Il suo volto era
così rassicurante che per un attimo Elena pensò
quasi di crederci davvero. Lo abbracciò, in modo da
sottrarsi al suo sguardo ed evitare che scorgesse quel pensiero nei
suoi occhi.
“Ti
amo, Elena” – mormorò Stefan
accarezzandole i capelli.
***
Sdraiato
sul letto, Damon chiuse il libro di scattò. Mai in vita sua
aveva maledetto così tanto il proprio super udito.
|
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Capitolo 4 *** Overwhelming ***
4.
Overwhelming
“Buongiorno, BonBon.”
“Damon”. Bonnie
entrò decisa, senza neanche alzare lo sguardo.
“Fai pure come se fossi a casa
tua” – la apostrofò Damon di rimando.
La raggiunse nel soggiorno e si diresse verso le
bottiglie di bourbon. Ne versò
un bicchiere, e lo alzò in direzione di Bonnie.
“Te ne offrirei un po’, ma non
vorrei mai che si spargesse la voce che incito i minori
all’alcolismo. Dimmi, qual
buon vento?”
Bonnie mantenne uno sguardo distaccato.
“Dobbiamo parlare, è importante. Elena
è qua?” Bonnie si guardò intorno, come
se potesse scorgerla da un momento
all’altro.
“E’ a scuola, sciocchina. Dove
se non sbaglio dovresti essere anche tu.”
“Sono stata impegnata con altre
questioni.” Bonnie evitò il suo sguardo.
“E’
sicuro lasciarla andare a scuola? Jeremy mi ha detto che non
è molto …
controllata” – aggiunse con una nota di
preoccupazione.
“Stefan crede che le faccia bene. Sai,
per tutta la storia di restare
connessi alla propria umanità, eccetera eccetera.”
– Damon con una smorfia agitò
le mani nell’aria – “Dice che la tiene
d’occhio, ma, se vuoi la mia opinione,
ne riparleremo dopo che insieme avranno squarciato qualche
gola.”
Si prese una pausa bevendo un sorso dal bicchiere.
“Uhm, mi sembra di
capire che non abbiate passato molto tempo insieme ultimamente. Le sue
montagne
russe emozionali sono uno sballo … credimi.”
Bonnie ignorò il suo commento e
girò intorno al divano. “Ci sono cose di
cui dobbiamo parlare. Klaus è vivo.”
Damon strinse lo sguardo, e scosse energicamente la
testa. “No, impossibile.
L’ho visto impalettare personalmente. Conservo ancora la sua
bara come
souvenir. E comunque, vallo a dire a Tyler Lockwood”
– aggiunse con una
smorfia, al pensiero che la stessa sorte sarebbe potuta toccare a lui.
“E’ vivo”
– ripeté Bonnie pazientemente - “Klaus
ed io abbiamo fatto
un patto quella sera al magazzino. Ho fatto un incantesimo per
trasferirlo nel
corpo di Tyler.”
Damon aggrottò le ciglia in modo
interrogativo. “Mi stai dicendo che grazie
a te abbiamo ancora uno psicopatico omicida Originario a piede libero
nelle
strade?”
“Grazie a me,
Damon, tu sei
ancora vivo” – rispose Bonnie freddamente, ma i
suoi occhi tradivano una certa
ira - “Ho fatto quello che dovevo fare per salvare tutti
voi.”
Damon si lasciò andare sulla poltrona e
si portò al bicchiere alla fronte
nel tentativo di processare quella nuova informazione.
“Tutti a parte Tyler Lockwood”
– replicò Damon sarcasticamente.
“Da quando ti interessa la sorte di
Tyler?” - Bonnie gli rispose con
un’alzata di sopracciglio.
“E chissenefrega di Tyler
Lockwood.” – rispose Damon sogghignando di
rimando – “Sono solo sorpreso che non interessi a te.”
Bonnie sospirò. “Tyler sta
bene. E’ solo … temporaneamente in prestito fino
a che Klaus non trova il modo di tornare al suo vero corpo.”
“Quindi, fammi capire
…” – Damon si alzò per
andarle vicino e piantare gli
occhi nei suoi . “… al momento stai lavorando per Klaus?”
“Io non lavoro per
nessuno,
Damon.” – Bonnie sostenne il suo sguardo con
fermezza – “Ho fatto un accordo
perché era l’unico modo per salvare Caroline,
Stefan e mia madre …” - si
premurò di non inserirlo nello lista. “Ma Klaus
sta diventando impaziente.” –
proseguì – “Tutti credono che Tyler sia
morto e lui è stanco di nascondersi. I
rapporti con i suoi fratelli non sono dei migliori, dopo che Rebekah ha
provocato la morte di Elena ed ha saputo che Elijah desidera vederlo
essiccato quasi
quanto noi.”
“Ma guardati … la nuova BFF di
Klaus.” – Damon la interruppe con un ghigno.
Bonnie alzò gli occhi al cielo.
“Come ho detto, ho stretto un patto necessario.
Fine della storia. Ma sono qua per avvertirvi. Klaus vuole indietro il
suo
corpo e non ci metterà molto a capire di doverlo cercare nel
tuo scantinato. In
più, ha un disperato bisogno di una strega in questo
momento, sa che non può
fidarsi di me, e si è già messo al lavoro per
trovarne un’altra.”
“E quindi?" - Damon alzò le
spalle con noncuranza - "Se tutto ciò che
vuole è il suo corpo mezzo bruciacchiato, che
venga pure a prenderselo. A quanto pare, l’immenso piacere di
strappare il suo
cuore ibrido purtroppo non rientra nei capricci che posso
concedermi.” – commentò prima di andare
nuovamente a riempire il
bicchiere.
“Non è tutto.”
“Ovviamente.”
“E’ furioso per quello che
è successo a Elena.” Lo sguardo di Bonnie era
serio. “Sta cercando un incantesimo …. per farla
tornare umana”.
Damon rise di gusto. “Stronzate. Se una
cosa del genere fosse possibile,
credimi, lo saprei. Nel corso degli anni ho avuto il piacere di
intrattenermi
con streghe molto più potenti e, soprattutto, molto
più eccitanti di te.” –
finì con un sorrisetto, agitando il bicchiere nella sua
direzione.
“Credi quello che vuoi, Damon. Ma se
esiste anche solo una remota
possibilità, sarà meglio metterci sopra le mani
prima che lo faccia Klaus.”
“Qualche suggerimento?”
Prima che Bonnie potesse rispondere, la porta si
aprì con un rumore secco
e, con un solo gesto, Elena gettò sul divano due ammassi
rotondi di carta
bianca e rossa. Stefan, che l’aveva seguita a breve distanza,
si fermò
appoggiandosi alla parete.
“Beh, questa sì che
è … una sorpresa” –
commentò Damon con un’alzata di
sopracciglio di fronte alla vista di Elena raggiante nella sua divisa
da
cheerleader.
“Ehi, Damon. Bonnie.”
– accennando un passo di danza si diresse distrattamente
verso di loro e prese il bicchiere ancora pieno dalle mani di Damon.
“Uhm!” –
esclamò dopo che lo ebbe assaporato –
“E’ nuovo questo? Mi
piace.” – sorrise e gli fece l’occhiolino
puntando un dito nella sua direzione.
Damon rispose con un vago cenno del capo e si
girò verso Stefan con sguardo
interrogativo, ma il fratello si limitò a scuotere la testa.
“Niente che vuoi condividere con noi,
Elena?” – le chiese Damon,
tamburellandosi un dito sul mento.
“Oh, certo! Sono tornata in squadra. Go
Timberwolves!” – esclamò
alzando un braccio al grido di incoraggiamento. “Avreste
dovuto vedere la faccia di Rebekah! Ah!
Del resto mi ha uccisa dovrò torturarla in qualche modo,
no?” – aggiunse con
un’alzata di spalle.
“Mi sembra logico.” –
la assecondò Damon.
Bonnie raccolse la propria borsa dal divano.
“Sarà meglio che vada. Ci
sentiamo” - aggiunse rivolta a Damon. Si girò
verso Elena e fece per dire qualcosa, ma Elena si limitò a
fissarla da dietro
il bicchiere. Bonnie esitò un attimo, quindi si
voltò e se ne andò senza
aggiungere altro.
Quando Bonnie ebbe chiuso la porta, Damon
tornò a guardare in direzione di
Elena. “Cosa era quello?”
Elena alzò le spalle e nascose lo
sguardo in un altro sorso. “Quello cosa?”
“Bonnie. Voi due.”
“Non so.” – Elena
posò il bicchiere ormai vuoto, prima di proseguire in
tono noncurante – “Non posso mica stare dietro a
tutti i suoi bronci.”
Damon alzò le mani. “Ehi, sono
il primo a dire che siano incredibilmente
fastidiosi, ma … di solito è quello che
fai.”
“Nel
caso non lo avessi notato,
Damon, Elena ha cambiato molte sue abitudini ultimamente.”
– commentò Stefan con
un’alzata di sopracciglia.
“Sai, Stefan, un po’ di
divertimento ogni tanto non ti ucciderebbe.” –
Elena alzò gli occhi al cielo. “Niente doppi
sensi,
eh” – con un sorriso si
appoggiò in modo malizioso alla balaustra, quindi in un
lampo sparì al piano di
sopra.
***
“Posso sentirti, Elena, non importa
quanto ti impegni per sorprendermi alle
spalle.”
Elena sorrise e scosse la testa. “Oh,
Damon, non sai stare al gioco.”
Posò distrattamente una sacca di sangue
sul tavolo, quindi si avvicinò al
divano dove Damon era seduto e si appoggiò alla spalliera,
la testa sui gomiti,
per sbirciare alle sue spalle.
“Uhm. Edgar Allan Poe.”
“Cosa vuoi che ti dica, ho il gusto del
macabro.” – Damon voltò una pagina
e proseguì nella lettura, continuando a non guardarla.
“Desideri qualcosa in
particolare?”
Elena inclinò la testa di lato.
“Cosa state tramando, tu e Bonnie?”
“Intendi Bonnie la tua amica strega a cui
hai a malapena rivolto parola?”
Elena sbuffò. “L’ho
chiamata, ok? Le ho detto che mi … dispiace,
ecco.”
Fece una pausa mentre le tornava in mente la telefonata di pochi minuti
prima.
Aggrottò leggermente la fronte. “Non sembrava
molto convinta, però.”
“Non riesco a immaginare
perché.” – commentò Damon
piegando leggermente gli
angoli della bocca.
Elena si rialzò svogliatamente e prese
un bicchiere per rovesciarci il
sangue fresco che aveva portato su dalla cantina.
“Vuoi darmi anche tu lo sguardo serio
alla Stefan, Elena-sono-preoccupato-per-te?”
“Certo che no, quando posso tormentarti
con il mio pungente sarcasmo.”
Damon chiuse il libro, la osservò stringendo le sopracciglia
e si alzò nella
sua direzione.
“Ehi, quanti ne hai bevuti finora? Avrei
giurato di avertene visti prosciugare
almeno altri due solo mezz’ora fa.”
Elena alzò le spalle. “Non lo
so, che importa?”
“Importa. Dammi qua.”
– le intimò Damon allungando la mano verso il suo
bicchiere.
“No.” – Elena si
ritrasse e lo guardò con espressione di sfida. “O
preferisci che vada in giro ad aprire qualche gola?”
Damon rise e scosse la testa. “Lo avresti
già fatto, Elena.”
“Ne sei così
sicuro?” – Elena si avvicinò nuovamente
a lui – “Perché è
tutto ciò a cui riesco a pensare. Ogni singolo giorno, non
appena mi sveglio, e
spesso pure nei miei sogni.” I suoi occhi si accesero mentre
li fissava in
quelli di Damon. “Sono sicura che al confronto un paio di
sacche di sangue in
più non dovrebbero fare la differenza.”
Damon sostenne il suo sguardo con determinazione.
“Non è questo il punto. Devi
imparare a controllarti, a gestirlo. Non puoi berne così
tanto o sarà il sangue
a controllare te.” Mosse
un ulteriore
passo verso di lei. “Dammi il bicchiere.”
Elena indietreggiò, ma mantenne il
contatto visivo. “No.”
“Elena.”
Elena cercò di usare la propria nuova
velocità nel tentativo di sfuggirgli,
ma Damon fu altrettanto veloce nell’afferrarla, una mano sul
fianco e l’altra a
stringerle il polso. Il bicchiere colmo di sangue andò a
rovesciarsi
rovinosamente sul tappeto con un tonfo smorzato, mentre la loro
collisione li
fece maldestramente crollare sul divano.
Sopra di lei, Damon continuava saldamente a tenerle
i polsi.
“Quel tappeto era uno dei miei preferiti,
sai?” – le sussurrò.
Elena sentì una deliziosa stretta allo
stomaco, ed il suo corpo fu percorso
da un brivido. Come ogni volta che gli occhi di Damon scavavano nei
suoi, come
ogni volta che si trovava stretta nella sua presa, come in un bacio a
sorpresa
sul portico, come contro il muro di un motel senza nome.
Pensò a Stefan, a
quanto fosse ingiusto nei suoi confronti, a quanto fosse profondamente
sbagliato soffermarsi su quella sensazione … Ma una parte di
lei le intimò di
tacere e di abbandonarsi a quello sbaglio. Socchiuse leggermente le
labbra ed alzò
gli occhi per fermarli in quelli di Damon.
Damon fu colto di sorpresa da
quell’atteggiamento. Eppure, d’istinto, si
avvicinò
con lentezza alle sue labbra. Non doveva baciarla. Elena aveva scelto
Stefan,
sarebbe sempre stato Stefan. Un solo cedimento a quella tentazione ed
il suo
cuore ne sarebbe rimasto distrutto per l’ennesima volta,
più di quanto potesse
sopportare. Ma, vicino a lei, perdeva ogni capacità di
valutazione, e tutto ciò
che importava era la consapevolezza del suo corpo disteso,
così vicino al
proprio. Solo qualche millimetro e l’avrebbe sfiorata,
incapace di mantenere
ancora il controllo …
Un fragore metallico proveniente dal piano
inferiore li distrasse l’uno
dall’altra. Fulmineo, Damon lasciò Elena libera
dalla sua presa per correre
verso lo scantinato.
La serratura della cella in cui si trovava la bara
con Klaus era
inservibile. Damon aprì la pesante porta di legno con un
brutto presentimento,
ma la bara era ancora lì, avvolta dalla polvere giallastra
che fluttuava
nell’aria. Sbirciò per assicurarsi che la faccia
menomata e inaridita di Klaus
facesse ancora capolino. Klaus era lì, ma il coperchio non
avrebbe dovuto
essere semi-aperto.
“Dannazione” –
mormorò richiudendo la bara con un colpo secco.
“Cosa diavolo è
stato?” – Stefan lo raggiunse all’interno
della stanza,
mentre Elena rimase sulla porta, attenta a sfuggire gli
sguardi di
entrambi.
“Qualcuno è stato
qui.” – lo informò Damon stringendo i
denti – “Il nostro amico
è ancora sottovuoto, ma qualcuno adesso sa che è
qui.”
Stefan si strinse le braccia al petto e lo
guardò in modo interrogativo. “Perché
mai qualcuno dovrebbe essere interessato al cadavere di
Klaus?”.
“Oh, già
… riguardo a quello.” – Damon
girò gli occhi su di lui. “Dobbiamo
parlare.”
|
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Capitolo 5 *** Loneliness ***
5.
Loneliness
Seduta sul banco, Elena posò la penna e
si lasciò sfuggire uno sbuffo. Si
annoiava mortalmente.
In sottofondo, la nuova insegnante di storia
continuava a parlare con la
sua vocetta sottile. Come un piccolo, insulso roditore. Niente a che
vedere con
un certo cacciatore di vampiri alcolizzato che nascondeva un intero
arsenale per
stermini di massa nel proprio armadietto.
Si voltò distrattamente verso la
finestra ed incrociò lo sguardo di Stefan.
Le stava addosso come un cane da guardia. Beh, tutti
le stavano addosso come cani da guardia. Così spaventati che
potesse perdere il controllo …
“Signorina Gilbert, se rispondermi le
crea troppi problemi, magari
preferirà farlo direttamente nell’ufficio del
preside.”
Elena si voltò a guardare
quell’essere insignificante.
“Signorina Gilbert, mi sente?”
- ripeté con voce più adirata.
Elena notò la vena sul suo collo
palpitare ed ingrandirsi ad ogni battito
del suo cuore.
“Signorina Gilb…”
Elena si gettò sulla sua carotide e
subito sentì la fragile pelle del collo
dissolversi sotto ai suoi denti, mentre il sangue iniziava a scorrere,
scivolandole dolcemente in gola …
***
Elena aprì gli occhi di scatto. Diavolo,
questo era stato vivido. Si chiese
se era davvero quello che si provava ad affondare i denti nella carne
di
qualcuno … Si portò una mano al volto per
scostarsi i capelli dagli occhi e per
scacciare quei pensieri.
La sveglia sul comodino segnava le 3.47.
Elena si voltò lentamente verso Stefan e
notò che era ancora addormentato. Meglio
così, si disse. Aveva bisogno di
sangue, e ne aveva bisogno subito. Con cautela, scostò le
coperte e scivolò
fuori dal letto. Attenta a non compiere il minimo rumore,
uscì dalla stanza e
si diresse verso la cantina.
Negli ultimi giorni, i Salvatore avevano messo in
vigore (per me, non certo per loro,
sbuffò
mentalmente Elena) un rigido sistema di razionamento delle scorte.
Ma in quel momento non le importava. Nessuno capiva
quanto lei ne avesse
bisogno.
Ogni giorno di più, Elena si sentiva
soffocare. Ogni volta che era insieme
a Jeremy, non poteva fare a meno di sprofondare nella solitudine che
entrambi avevano
in comune. Ogni volta insieme a Stefan, continuava a scorgere nei suoi
occhi il
peso del suo senso di colpa per non averla salvata, ed era come se
dovesse
condividerlo con lui. Ogni volta che era nella stessa stanza con Damon
… dio, non voleva
neanche iniziare a
pensare cosa provava quando era vicino a Damon.
Il sangue, quella era l’unica cosa che la
aiutasse a sopportare quel peso.
Aprì il frigorifero e la stanza si
illuminò di una luce bluastra.
B positivo, decise. Iniziò a succhiarne il
contenuto, ed anche se era freddo ne provò
un sollievo immediato. Valutò l’idea di aprirne un
secondo, ma si rese conto
che non avrebbe dovuto restare troppo fuori dal letto se non voleva che
Stefan
notasse la sua assenza.
Silenziosamente, si diresse al piano di sopra. A
metà strada, avvertì delle
voci ed una luce tremolante provenire dalla sala. Quando fu in
prossimità, si
appiattì contro il muro, trattenne il respiro per paura che
ogni minimo rumore
potesse tradirla, ed iniziò a sbirciare.
***
“E quindi nessun indizio?”
– Meredith alzò lo sguardo, mentre Damon le
porgeva un altro bicchiere.
“Nessuno.” – Damon
scosse la testa. Si sedette accanto a lei sul tappeto
(un nuovo tappeto persiano che gli era costato un occhio della testa)
ed
appoggiò la testa all’indietro sul divano, prima
di posare la nuova bottiglia
al suo fianco.
“La mia idea?” –
proseguì – “Che quel bastardo abbia
trovato una strega
abbastanza psicopatica da assecondarlo ed abbiano messo su qualche
…” – Damon
agitò le mani – “… strano
mojo per proiettarsi nella nostra cantina. Chiunque
fosse, fortuna sua che non l’ho beccato. L’ultimo
stregone al soldo di Elijah
ad averci provato non è finito in un posto felice
… fidati.” Damon fece una
smorfia al ricordo di Martin Junior che prendeva fuoco sotto ai tiri
del suo
lanciafiamme.
Meredith finì il proprio bicchiere ed
allungò la mano per versarsene un
altro.
Damon la guardò impressionato.
“Sai, doc, avevo intuito le tue potenzialità,
ma non ti facevo una così gran bevitrice.”
“Diciamo solo che negli ultimi tempi
… ho avuto modo di allenarmi.”
Meredith fece una smorfia. “Nel caso non lo avessi notato, la
mia vita è uno
schifo” – aggiunse buttando giù un altro
sorso.
“Davvero?” – Damon le
rivolse un ghigno – “Quale parte?”
“Vediamo ... Oh, sì. Potrei
iniziare con il mio ex ragazzo improvvisamente
trasformato in un pazzo omicida. Sai, come quella volta che ha tentato
di
squartarmi, o come quando ha denunciato le mie pratiche mediche
facendomi
perdere il lavoro.” - Meredith accennò un sorriso
amaro.
Damon rise brevemente. “E’ del
mio migliore amico morto che stai parlando”
– le rispose alzando il bicchiere nella sua direzione.
Meredith sorrise e scosse la stessa.
“Ma, ehi! Chi sono io per dare
consigli?” – proseguì Damon alzando le
spalle – “Apparentemente sono condannato ad amare
donne che continuano a preferirmi
mio fratello … Donne per cui io non sono mai
abbastanza.” – finì la frase
osservando il fondo del bicchiere.
Forse era l’alcool. Anzi, sicuramente era
l’alcool. Ma sentiva un gran
bisogno di sfogare almeno un po’ della sua desolazione.
“Non dovresti essere così duro
con te stesso, Damon.” – Meredith
appoggiò
la testa all’indietro e si voltò verso di lui -
“Sei una brava persona, in
fondo. So quello che hai fatto per Ric.”
Damon rise. “Oh, Mer, no che non lo sono.
Non lo sono davvero.” Scosse la testa, prima di voltarsi a
guardarla. “Ma grazie
per averci provato.”
Meredith accennò un sorriso.
Damon le prese il viso tra le mani e si
chinò ad appoggiare le labbra sulle
sue. Esitò un attimo, ma la risposta urgente di Meredith
sembrò ricordargli che
in fondo condividevano la stessa solitudine. Allungando le braccia per
attirarla più vicino, avvertì il suo
calore umano come un dolce, momentaneo
balsamo scorrere sul pensiero di Elena, dannatamente presente come una
ferita troppo
aperta.
***
“… e quindi le ho detto, duh! va bene,
come vuoi tu Rebekah, e alla fine abbiamo ridotto la scelta
del tema del
ballo scolastico tra “Sogno di una notte di mezza
estate” e “Mezzanotte a
Parigi”.”
Caroline fece una pausa e si allungò sul
tavolo. “Elena, mi stai
ascoltando?”
“Sì, certo,
Caroline.” – rispose Elena, gettando uno sguardo
oltre le
spalle dell’amica.
Meredith aveva appena raggiunto Damon al bancone
del Grill e lui le stava
porgendo un bicchiere con un mezzo sorriso. Provò ad
affinare l’udito e a
concentrarsi sulle loro parole. “…
ho
guardato nei vecchi diari dei Fell, ma non c’è
niente del genere, né lì né in
alcuna delle mie ricerche …”
“Elena, pensavo ti interessasse! Solo
l’altro giorno eri così eccitata
all’idea …” –
proseguì Caroline con una nota di delusione nella voce.
Caroline era tornata la solita Caroline. Non era
stata molto felice di
sapere che Klaus si era impossessato di Tyler, ma, parole sue,
è comunque un
certo miglioramento rispetto a morto, no?
“Cos’è successo alla
“nuova Elena” che dice sì
all’entusiasmo e no alla
depressione?” – la incalzò.
Elena alzò gli occhi. “Vallo a
dire ai Salvatore e al loro ridicolo sistema
di razionamento scorte.”
Caroline le rivolse uno sguardo preoccupato.
“Sei sicura di star bene,
Elena?”
“Sto alla grande, Care.”
“Lo sai …”
– Caroline proseguì – “Stefan
è un po’ in ansia per te, ma si
sta davvero impegnando molto. Dice che riesce meglio a controllarsi,
perché sa
che lo sta facendo anche per te, perché può darti
l’esempio …”
Meredith aveva appena appoggiato la mano su quella
di Damon.
“Scusa un attimo, Care.” Elena
si alzò, e si diresse verso il bagno senza
neanche guardarsi attorno.
Appoggiò le mani al lavandino e prese
fiato con un
profondo sospiro.
“Elena, ciao”.
Elena alzò lo sguardo verso Meredith che
entrava nel bagno rivolgendole un
sorriso.
Si costrinse a sorridere di rimando.
Meredith esitò un attimo. “So
che non abbiamo avuto molte occasioni per
parlare ultimamente …
con tutto quello
che sta succedendo.” – fece una pausa e
proseguì con un sincero abbattimento
nella voce – “Volevo solo dirti che …
non sai quanto sono dispiaciuta per
quello che ti ho fatto.” Scosse la testa. “Non
dirti del sangue di vampiro è
stato terribilmente sbagliato da parte mia.”
“E’ tutto a posto, Meredith,
davvero.” – rispose Elena volgendosi verso la
propria immagine nello specchio – “Non ti
do la colpa.”
Meredith le sorrise leggermente rincuorata.
Elena la osservò aprire la borsa e
cercare qualcosa al suo interno. In un
attimo, vide il flashback di lei e Damon stretti contro il divano, le
sue mani
tra i capelli …
Prima di rendersene conto, Elena le
afferrò la testa e la spinse all’indietro,
affondando i denti nel suo collo esposto.
Fu come se tutto il suo mondo svanisse
all’istante. Ad ogni sorso, tutti i suoi problemi scivolavano
via, mentre la
sua mente si annebbiava, il suo intero corpo tremante di piacere. Era
più buono,
dolce e caldo di qualsiasi sacca di sangue, più di qualsiasi
cosa avesse mai
assaggiato in vita sua. Ad ogni secondo che passava, poteva sentire il
corpo di
Meredith farsi più debole, fino a collassare tra le sue
braccia … ma Elena non
riusciva a fermarsi e, sinceramente, neanche lo voleva.
Con violenza, si sentì strappare via da
quella dolce sensazione, mentre le
braccia di Stefan la incollavano al muro e Damon si precipitava sul
corpo
inerte di Meredith.
Elena guardò la scena atterrita, mentre
del sangue fresco continuava a
colarle dagli angoli della bocca. Era incapace di respirare, e sapeva
che
sarebbe crollata a terra se Stefan non l’avesse tenuta
così saldamente.
Damon si morse il polso e lo avvicinò
alle labbra di Meredith, che rimase
immobile.
“Oh, andiamo” – lo
sentì mormorare tra i denti.
Ti prego, fa che non
sia morta, fu tutto
ciò a cui Elena riuscì a pensare.
Meredith ebbe un leggero sussulto e, lentamente,
iniziò a bere dal polso di
Damon, che le sostenne la testa per facilitarle il compito.
“Brava ragazza.”
Stefan
allentò un secondo la presa per il sollievo. Elena
approfittò di
quel momento per liberarsene con uno strappo secco, e corse via,
più veloce che
poteva, dileguandosi nella notte.
|
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Capitolo 6 *** Craving ***
6.
Craving
“Novità?”
– chiese Stefan speranzoso non appena Damon entrò
in casa il
mattino seguente.
Damon scosse la testa. “L’ho
cercata ovunque, nessuna
traccia. Tu?”
Stefan sospirò e allargò le
braccia. “Niente. Ho avvertito i suoi amici di
farmi sapere, nel caso dovesse farsi viva …”
Damon fece un cenno di assenso nella sua direzione.
Non aveva molta voglia
di parlare.
“Come sta Meredith?”
– proseguì Stefan.
“Ancora un po’ scossa, ma
… bene”.
Stefan si batté il telefono sul palmo
della mano. “Ho appena parlato con
Bonnie. Dice che non è possibile fare un incantesimo di
localizzazione sui vampiri,
ma ha saputo alcune novità da Abby e vorrebbe
parlarmene.” Era a pezzi, ed il
pensiero di Elena là fuori, da sola e in quello stato, era
tutto ciò a cui
riusciva a pensare.
Come se Damon avesse intuito il suo stato
d’animo, gli rispose - “Elena starà
bene, Stefan. E ’ una ragazza tosta. Vai, fai quello che devi
fare.”
Stefan annuì e si salutarono con breve
cenno del capo.
Damon salì le scale verso camera sua.
Era stata una lunga notte, lui,
Stefan e Caroline a cercare Elena arrivando fino al confine di stato.
In
qualche modo, lui sapeva in partenza che sarebbe stato tutto inutile, e
che
Elena avrebbe continuato a nascondersi fino a che non avesse voluto
essere
trovata.
Si tolse la maglietta gettandola per terra ed
aprì l’armadio per mettersi
una camicia pulita. Quando lo richiuse, trasalì alla vista
di Elena in piedi
accanto a lui.
“Pensavo che fosse impossibile
sorprenderti allo spalle, Damon.” Elena aveva
la voce stanca e gli occhi gonfi.
Damon si rilassò e le sorrise.
“Mi hai preso con la guardia abbassata.”
Finì quindi di abbottonarsi la
camicia.“Dove sei stata?”
“In giro … posti isolati,
soprattutto.” Elena si strinse nelle braccia ed
andò
a sedersi sul letto. “Tranquillo, non ho ucciso
nessuno.”
Damon sorrise tra sé, quindi
andò ad aprire un mobiletto ed estrasse una
sacca di sangue dal minifrigo. La versò in due bicchieri e
ne porse uno ad
Elena, mentre si sedeva accanto a lei.
Elena lo guardò interrogativamente.
“Cos’è successo al
razionamento?”
“Oh, quello …”
– Damon fece una smorfia – “Ha funzionato
a meraviglia, non
è vero?”
Elena prese un sorso, ed abbassò lo
sguardo fissandolo sul bicchiere che
teneva in grembo. Non sapeva bene neanche lei perchè si
trovasse lì. Erano stati i suoi istinti, più che
la sua mente, a guidarla.
Damon tornò serio ed inclinò
la testa per guardarla con più attenzione. “Cosa
c’è che non va, Elena? … sul
serio.”
Elena alzò gli occhi al cielo e, come se
una barriera fosse finalmente caduta, sputò fuori tutta
l'insofferenza accumulata negli ultimi giorni. “Stefan dice
che devo
aggrapparmi alle mie emozioni, perché non importa quanto
dolorose, sono ciò che
mi consente di rimanere umana …”
“Fanculo Stefan.”. Damon
fissò gli occhi su di lei. “Cosa vuoi tu?”
Elena strinse con più forza il
bicchiere. “Non voglio più sentirmi
così …”
– esitò, prima di dire quello che la affliggeva
davvero, quel pensiero insistente che continuava a girarle in testa da
quando si era trasformata e che non aveva mai avuto il coraggio di
formulare ad alta voce. “Voglio spegnerlo.”
“Allora, fallo.” Gli occhi di
Damon non lasciavano i suoi.
Elena fu colta di sorpresa da quella risposta, e
tentò di scrutare la sua espressione per cercare di capire
se stesse parlando sul serio. Aggrottò leggermente le
sopracciglia, prima di continuare. “Mi farà
sentire meglio?”
“No.” Damon la
guardò da sopra il bicchiere. “Non ti
farà sentire affatto.”
Elena rifletté sulle sue parole, e
sembrava assorta in un mondo tutto suo. Quando parlò di
nuovo, fu come se ripetesse ad alta voce le sue riflessioni.
“Perderei la mia
umanità.”
“Per un po’, sì. Ma
l’umanità è una stronza,
Elena.” – proseguì Damon amaramente
– “Non importa quanto la rinneghi, trova sempre il
modo di tornare.”
Elena prese un altro sorso e si osservarono in
silenzio. Si sentiva ancora profondamente turbata dagli avvenimenti e
dai pensieri che le si erano affollati quella notte, ma, in qualche
modo, dopo averne discusso con una tale semplicità, le
sembravano più lontani.
“Come sta Meredith?”
– chiese, visibilmente preoccupata.
“Benone, tranquilla.”
– Damon le sorrise.
“Non volevo farle del male, Damon,
davvero. Ma quando l’ho morsa …”
– la
sua voce tremò prima di proseguire e lasciar uscire anche
l’ultimo tormento e contraddizione che sentiva dentro -
“…
non mi ero mai sentita così prima. E la
cosa peggiore è che non sai quanto vorrei farlo di nuovo, ma
so che … so che
non riuscirei mai a fermarmi.” Elena abbassò lo
sguardo, sconcertata lei stessa
da quello che aveva appena detto.
Damon si alzò ed appoggiò il
proprio bicchiere sul tavolino. Lo lasciò
oscillare e strinse le labbra, riflettendo un attimo su quello che
stava per
dire. “Posso insegnarti come fare.”
Elena alzò lo sguardo, ancora una volta
sorpresa dalla piega di quella conversazione. Così diversa
da quelle che aveva avuto con Stefan.
“Stefan non ne sarebbe
contento” – rispose con diffidenza.
Damon girò gli occhi. “Fanculo
Stefan.”
“A proposito …”
– proseguì Damon, gettando un’occhiata
fuori dalla
finestra. “Il tuo ragazzo è tornato …
potresti voler andare a salutarlo.”
***
“Dov’è
la tua dolce
metà?” – chiese Damon a Stefan entrando
in sala.
“Con Caroline. Ha pensato che portarla
alla riunione del comitato per il
ballo potesse distrarla un po’. ”
Damon si appoggiò con le mani alla
spalliera del divano. “Non mi hai ancora
detto cosa ne hai ricavato dalla tua spedizione dalle streghe
Bennett.”
Stefan si alzò e sospirò
portandosi le mani ai fianchi. “Notizie non buone.
Visto che Klaus ha deciso di lasciare Bonnie in pace, hanno il sospetto
che
stia già lavorando con un’altra strega. Nessuna
idea su chi sia.”
“Niente che non ci aspettassimo
già.”
“Già. Ma a quanto pare Abby sa
di voci di un incantesimo come quello che
Klaus intende usare su Elena. Una leggenda più che altro,
non ne esistono
prove. L’unica cosa che si sa è che, se esiste,
è magia nera, Damon. Molto
nera.”
“Più della ricetta per stronzi
Originari essiccati?”
Stefan annuì e proseguì
– “Abby si ricorda di averne sentito parlare dalla
strega che l’aiutò ad essiccare Mikael.”
“Grandioso. Cosa stiamo aspettando?
Andiamo da questa tipa prima che lo
possa fare Klaus.”
“Diciamo che lei e Abby sono
tutt’altro che in buoni rapporti al momento.”
Damon fece una smorfia. “E allora?
Andiamo là e la torturiamo, se dovesse
essere necessario.”
“Ultimo indirizzo conosciuto,
Thomasville, Georgia. Ma hanno già
controllato, non è lì.”
“Beh, sbrighiamoci a trovarla
allora.”
Stefan annuì, ed esitò un
attimo prima di dire a Damon ciò che lo
inquietava.
“E’ diversa, Damon.”
Damon lasciò andare la propria presa dal
divano ed alzò gli occhi al cielo.
“Ovvio, Stefan, è un
vampiro.”
Stefan scosse la testa e rise amaramente.
“Tu non capisci. Non è
lei. Non sempre almeno. Ci sono momenti in cui continuo a vedere in lei
la
solita Elena, ed altri in cui …” – fece
una pausa e si portò le mani al volto –
“… nei suoi occhi c’è
qualcosa ... Ed io non so come
farla tornare-”
“Tu non devi farla tornare un bel niente,
Stefan.” – Damon lo interruppe e
gli si avvicinò per piantare gli occhi nei suoi.
“E’ sempre Elena, capito?”
Stefan abbassò lo sguardo. “A
volte, penso che non so chi sia.”
“Ehi.” – Damon lo
afferrò per la maglietta, la sua voce calma ma aspra.
“Non farlo. Non pensarlo
neanche. Lei ti ama. Tu
la ami. Non pensare
di mollarla proprio adesso, o giuro su Dio che ti infilo un paletto nel
cuore io
stesso.”
***
Stavano camminando da almeno
mezz’ora, ma
Elena non sentiva alcuna fatica.
Quello era sicuramente uno dei migliori lati dell’essere un
vampiro.
Oltre gli intricati disegni dei rami sopra le loro
teste, uno spicchio di
luna mandava una luce incerta, ma anche
nell’oscurità Elena poteva distinguere
chiaramente la sagoma di Damon mentre camminava deciso appena avanti a
lei.
Arrivati in prossimità di una strada
deserta e malamente illuminata, Damon
si fermò e si voltò nella sua direzione.
“Ci siamo.”
Elena sentì subito il suo cuore
accelerare i battiti ed un brivido di
eccitazione percorrerle la schiena.
“Se Stefan lo scopre
…” – mormorò incerta.
“Non lo farà.”
– le rispose Damon – “A meno che tu non
glielo dica.”
Damon la guardò, pensieroso ed un
po’ teso. Non era ancora sicuro che
quella fosse la scelta giusta.
“Perché lo stai facendo
Damon?” – gli chiese
Elena, notando quell’insicurezza nel suo sguardo.
“Ho abbandonato mio fratello ai suoi
istinti nel momento in cui ne aveva
più bisogno. Non farò lo stesso con
te.” – il suo tono voleva essere
determinato, ma tradiva una certa emozione.
“Sai cosa devi fare?”
Elena annuì, e Damon le rivolse un
ultimo cenno del capo.
Elena si ritirò nel buio degli alberi e
rimase immobile, mentre osservava
la scena a distanza. Con lo sguardo, percorse l’intera figura
di Damon,
sdraiato immobile in mezzo alla strada, e si accorse che le tremavano
lievemente le mani al crescere dell’anticipazione.
Non sapeva quanto tempo fosse passato.
Un’ora, forse più. Dei fari
sbucarono dalla curva a velocità sostenuta, ed Elena temette
che l’auto non
riuscisse a fermarsi in tempo per non investire il corpo di Damon. Ma
si fermò.
Una ragazza bionda sui vent’anni scese in tutta fretta e
corse in direzione di
Damon.
“Oh mio Dio, è vivo, si sente
bene?”
In un lampo, Damon si alzò e le prese il
viso tra le mani.
“Va tutto bene” – le
sussurrò – “Non muoverti. Non
gridare.”
La ragazza si irrigidì, ma rimase
immobile. Damon le scansò una ciocca dal
volto appuntandola dietro l'orecchio, e le accarezzò piano
la guancia con il dorso delle dita. “Non devi
avere paura”.
Girò dietro di lei, le spostò
i capelli dalle spalle e le inclinò con
dolcezza la testa di lato. Alzò lo sguardo in direzione di
Elena e le fece un rapido
cenno. Con trepidazione, Elena emerse dal suo nascondiglio e si
avvicinò.
“Vedi questo punto” –
mormorò Damon con voce roca, percorrendo lentamente il
collo bianco con un dito. La ragazza fu scossa da un brivido e si
lasciò
sfuggire un gemito.
“Proprio qua” –
fermò il dito e le indicò il punto con una
leggera
pressione.
“Se mordi qui, puoi controllare il flusso
del sangue con facilità.”
Elena aveva la bocca socchiusa, ed era impietrita e
affascinata al tempo
stesso. Spostò gli occhi su quelli di Damon, e li
trovò nei suoi. Erano di un
blu più cupo che mai, e bruciavano di una tale
intensità che il cuore prese a
martellarle con rinnovata violenza.
Il volto di Damon si iniettò di sangue
mentre, con lentezza, perforava il
collo della giovane. Quando si ritrasse, due forellini lasciarono
uscire due singole,
corpose ed invitanti gocce di sangue scarlatto.
Elena le osservò rapita, il cuore in
gola, prima di alzare di nuovo lo sguardo su Damon. Quando
incontrò i suoi occhi, non ebbe bisogno di altro per sapere,
senza
esitazione, che poteva fidarsi, e che niente di male le sarebbe mai
accaduto
fino a quando fosse stata con lui.
Si avvicinò al collo della ragazza ed
iniziò a bere voluttuosamente.
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Capitolo 7 *** Disturbance ***
7.
Disturbance
“Basta così, Elena.”
La voce di Damon le giunse da un posto molto
distante.
“Elena.” - si sentì
chiamare un’altra volta.
“Ho detto, basta
così.” Con delicatezza, la allontanò
dal collo della
ragazza.
Elena si ritrasse e, con il dorso della mano, si
asciugò le ultime gocce di
sangue rimaste sulle labbra.
Damon prese di nuovo il volto della ragazza fra le
mani e la fissò negli
occhi. “Te la senti di guidare?” Lei
annuì impercettibilmente. “Bene. Adesso
torna in macchina e vai dove stavi andando. Dimentica tutto quello che
è
successo. Se qualcuno te lo chiede, sei stata morsa … da un
ragno.” Gli occhi
della ragazza si dilatarono.
“E passa una buona serata.”
– aggiunse Damon con un leggero sorriso.
Quando la ragazza se ne fu andata, Elena era
perplessa.“Pensavo volessi …
bere anche te.”
“Ci hai già pensato te a
prenderne abbastanza. Magari … la prossima volta.”
I suoi occhi continuavano a scrutarla
nell’oscurità, tesi e in cerca del
minimo indizio sulle conseguenze che quel piccolo esperimento poteva
aver avuto
su di lei.
“Sei sicura di star bene?”
“Sì … credo di
sì.”. E lo pensava. Per qualche assurdo motivo,
Elena
sentiva di stare bene.
“Bene.” Damon fece un pausa, e
le si avvicinò ancora di più.
“Elena, promettimi che non
proverai a fare lo stesso quando sei da sola.”
Elena annuì. Damon le prese il mento e,
con le mani che gli tremavano
leggermente, le alzò il viso verso di lui. I suoi occhi
scuri luccicavano, più
profondi e belli che mai.
“Promettilo.”
“Te lo prometto.”
***
Seduti nella cucina di casa Gilbert, Elena
guardò Damon di nascosto ed ebbe
un leggero brivido al pensiero del loro piccolo segreto.
Quando lo aveva confessato a Jeremy, era rimasto di
sasso, ma dopo lo shock
iniziale aveva deciso di sostenerla, se quello era ciò che
voleva fare, ed
aveva pure offerto casa Gilbert come copertura. Dopo un paio di volte,
Elena aveva
iniziato ad essere piuttosto brava. Una volta, Damon le aveva anche
detto che
era una sorta di … talento naturale. Era quella
consapevolezza, sapere che poteva
fermarsi, ciò che la aiutava a superare i momenti peggiori.
Si sentiva terribilmente male a nasconderlo a
Stefan, ma le sembrava un
prezzo ragionevole da pagare fintanto che le permetteva di far
funzionare le
cose, di essere più simile a come voleva lui. Sapeva che
Stefan stava facendo
il possibile per lei, e lei non voleva deluderlo.
Bonnie esordì, appoggiando sul tavolo un
foglio con un indirizzo
scribacchiato. “Abbiamo trovato la strega, in
Alabama.”
Damon si scostò dal muro su cui era
appoggiato, battendo brevemente le
mani. “Perfetto. Profondo sud, road trip … mi
piace. Allora, vediamo chi viene
con me ... ”
“Vengo io” – Jeremy
si raddrizzò ed alzò lo sguardo su di lui.
“… a parte la persona
più inutile in questa stanza.” Damon gli rivolse
una
smorfia e Jeremy gli rispose con un’espressione scocciata.
“Io stavo scegliendo
la strega.”
“Ve bene.” –
annuì Bonnie.
“Vengo anch’io”.
Sia Damon che Stefan si girarono sconcertati in
direzione di Elena.
“Cosa
c’è?” – Elena alzò
le spalle – “Posso dare una mano, più
siamo,
meglio è …”
“E perché già che
ci siamo non facciamo anche un pigiama party?” – la
fulminò
Damon. “No. E poi, tu devi pensare alle tue …
questioni da baby vampira sotto
la guardia del nostro cavaliere qua in armatura
scintillante.” Assestò una
pacca sulla spalla di Stefan, che si limitò ad alzare gli
occhi al cielo.
“Non ho bisogno di alcuna
guardia.” – rispose decisa Elena - “Sono
perfettamente in grado di badare a me stessa.”
“Davvero?” – Damon la
fissò e sostenne la sua espressione di sfida. Gli
occhi di Elena ebbero un moto di rabbia, ma lei non rispose.
“Ho detto no.” –
proseguì Damon – “Bonnie, vai a
preparare … qualsiasi juju
da strega devi preparare. Partiamo in un’ora.”
***
Stefan posò la penna sul proprio diario.
Negli ultimi giorni, Elena era
stata di umore decisamente migliore. Aveva ancora i suoi momenti scuri,
ma, in
fin dei conti, aveva ripreso i suoi rapporti con Bonnie, ad andare agli
allenamenti delle cheerleader, e sembrava particolarmente presa ed
eccitata
dall’organizzazione del ballo scolastico insieme a Caroline.
Nessuno aveva più
fatto accenno all’incidente nel bagno del Mystic Grill.
Eppure, c’era qualcosa in lei che
continuava a sfuggirgli. Qualcosa che non
riusciva ad afferrare, non importa quanto ci provasse, quanto si
impegnasse per
starle vicino.
La intravide entrare in camera, mentre con un
asciugamano si tamponava i
capelli ancora bagnati dopo la doccia.
“Ehi.” Le sorrise.
“Stai scrivendo di me, Stefan?”
– si sedette sul bordo della scrivania e si
chinò per baciarlo leggermente sulle labbra.
Con una mossa fulminea, Stefan rovesciò
la sedia e la costrinse contro il
muro.
“Ciao, amore mio.” Katherine
sorrise con uno sguardo da gatta. “Dimmi
…” –
proseguì chinando la testa di lato –
“… Cosa mi ha tradita? Forse perché
Elena è
una gattina poco affettuosa ultimamente?”
Stefan la lasciò andare con un gesto
stizzito.
“Cosa vuoi Katherine? Credevo che fossi
ancora in fuga in giro per il mondo.”
“Oh, sai, mi sono giunte molte
novità …” – rispose Katherine
passando
distrattamente un dito sul bordo della scrivania. “Tanto per
cominciare, Klaus
non è più una minaccia…”
“Su quello ti hanno informata
male.” – replicò Stefan.
Katherine sorrise ambiguamente e non rispose.
“E poi ho saputo la grande
novità sulla tua dolce, preziosa Elena
…”
Stefan si passò le mani nei capelli e si
lasciò andare a sedere sulla
poltrona. Trattare con Katherine non era esattamente ciò di
cui aveva bisogno
in quel momento.
“Cosa vuoi?” –
ripeté stancamente.
In un secondo, Katherine lo raggiunse,
appoggiò le mani sulle sue spalle
costringendolo contro lo schienale e posò un ginocchio sulla
sua coscia.
“Sai, Stefan, quasi ti preferivo
l’ultima volta che ci siamo visti, sempre
oscuro e tormentato, ma almeno provavi a fare il duro.”
– proseguì,
sfiorandogli con un dito il profilo della mascella –
“Fa lo stesso, mi piaci
comunque.”
Stefan la scaraventò bruscamente a
terra. “Sempre non interessato.”
“Oh, giusto.” - Katherine si
alzò noncurante e si diresse verso il letto –
“Perché adesso tu ed Elena siete di nuovo sulla
strada per vissero-per-sempre-felici-e-contenti.”
Afferrò una limetta per le unghie dal
comodino di Elena e si sdraiò con
eleganza sul letto, apparentemente molto concentrata sulle proprie
mani.
“Non importa, è solo questione
di tempo. E dovresti saperlo che io so
essere molto … paziente.”
– aggiunse
lanciandogli uno sguardo languido.
Stefan si alzò con un gesto nervoso, ma
prima che potesse risponderle,
Katherine proseguì.
“Lo sai che è ancora presa da
lui, vero?” – alzò di sottecchi lo
sguardo per
spiare la sua reazione. “Damon.”
“Tu non sai niente” –
Stefan si strinse le braccia al petto e rimase
impassibile.
Katherine alzò le spalle. “Io
so sempre tutto, Stefan. Perché osservo.”
Sorrise nella sua direzione. “Soprattutto quando si tratta di
te.”
Stefan rise brevemente e si strinse nelle spalle.
“Fuori di qui,
Katherine.”
Katherine si alzò senza fretta e nel
passargli accanto gli porse la limetta
di Elena.
“Se
hai bisogno di me, sono nella stanza accanto. Sarà
così divertente
stare di nuovo tutti insieme, come una perfetta disfunzionale famiglia
felice.”
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Capitolo 8 *** Secrets ***
8.
Secrets
Di ritorno dalla sua missione con Bonnie, Damon
continuava a guidare con
gli occhi fissi sulla strada, senza riuscire a smettere di pensare a
quello che
avevano scoperto.
La strega che avevano visitato era una delle
più ambigue che avesse mai
avuto il piacere di incontrare. Magrissima, di
un’età indefinibile, aveva un
cesto di treccine raccolte in modo disordinato sulla testa e gli occhi
neri decisamente
inquietanti.
Soprattutto, sfortuna sua, aveva deciso di non
essere molto cooperativa. Dopo
che con una mossa a sorpresa aveva tirato fuori una balestra e provato
a
ficcargli un paletto nel cuore, Damon aveva deciso che era ora di
abbandonare i
metodi gentili. Lo strano intruglio blocca poteri che Bonnie e sua
madre
avevano preparato prima di partire si era rivelato estremamente utile
nel
momento in cui Damon l’aveva legata alla sedia, determinato a
farle passare
l’inferno fino a che non ne avessero ricavato tutto quello
che potevano
ricavare. Strapparle il cuore era stata solo la ciliegina sulla torta.
“Sai, BonBon, vederti mettere fuori gioco
una strega come quella …” – Damon
le rivolse un ghigno - “… non so se essere
più ammirato o spaventato.”
“Spaventato. Dovrebbe servirti a
ricordare cosa posso fare a te, se solo lo
volessi.” – rispose Bonnie in modo asciutto.
“Oh, andiamo! Pensavo che stessimo quasi
diventando amici. Devi
ammetterlo” -
proseguì ammiccando nella
sua direzione – “Facciamo una bella squadra, noi
due.”
Bonnie lo guardò con un certo sdegno.
“Non saremo mai amici, Damon. Hai
provato a uccidermi. Hai ucciso mia madre.”
Damon alzò gli occhi al cielo.
“Ho ucciso e provato a uccidere un sacco di
gente, Bonnie. Fattene una ragione. Persino Jeremy l’ha
fatto.”
Bonnie guardò fuori dal finestrino e non
rispose.
Arrivati davanti a casa di Bonnie, Damon le
afferrò un braccio mentre stava
per scendere dalla macchina.
“Ehi. Quando riferiremo tutto, non dire
niente a Elena su … beh, su come
viene fatto l’incantesimo, intesi?”
Bonnie lo guardò sospettosa.
“Perché mai non dovrei?”
“Se non ricordo male ti ho salvato la
vita quella sera alla cripta, non
dovrebbe esserci una qualche sorta di … debito streghesco da
ripagare?” – le
rispose Damon con un sorrisetto.
“Non è così che
funziona.”
“E allora come?”
Bonnie esitò prima di rispondergli. Non
era certa di volergli dare
quell’informazione.
“Una strega ripaga il suo
debito” – sospirò –
“ … fornendo i suoi servizi, se
così si può dire.” Lo guardò
di sottecchi. “Una volta” – si
assicurò di
aggiungere.
Damon la guardò interessato.
“Mi stai dicendo che ho diritto a un
buono-strega?”
Bonnie annuì, ma quella conversazione,
decisamente, non le piaceva.
“Segnato e ricordato a dovere. Allora,
per adesso ti chiedo non riferirle
quel piccolo dettaglio in quanto sua amica, ok?”
“Cosa hai mente, Damon?” Bonnie
lo guardò con diffidenza.
Damon mise su la sua migliore espressione
innocente. “Non ho in mente nulla.
Sempre sospettose, voi streghe. Solo …
ne
sta già passando abbastanza senza doversi preoccupare anche
di questo. Non al
momento, almeno.”
***
Damon rientrò alla pensione Salvatore,
solo per trovare Katherine
mollemente seduta sul divano a sorseggiare
un bicchiere e sfogliare una rivista.
“Seriamente? Katherine?”
– alzò gli occhi al cielo - “Come se i
miei
problemi non fossero mai abbastanza.”
“Buongiorno, mio caro.”
– rispose Katherine, senza alzare lo sguardo –
“Vedo
che stavolta sei stato tu il più veloce a notare la
differenza. Mi chiedo cosa
significhi.”
“Riconoscerei la tua aura da stronza fra
mille.” – ribatté Damon, andando a
versarsi un drink. “Cosa ci fai qui?”
“Uhm, questa domanda sembra essere un
po’ il ritornello di chiunque mi
incontri. Sempre così impauriti che possa avere un secondo
fine …” – Katherine
fece finta di pensarci su - “Non pensi che, magari,
voglio solo passare un po’ di bei momenti insieme ai miei due
vampiri
preferiti?”
“Neanche nei miei incubi
peggiori.”
Avendolo sentito rientrare, Stefan ed Elena li
raggiunsero in sala.
“Vedo che hai incontrato il nostro ospite
indesiderato.” – commentò Stefan.
“Sapete, siete davvero adorabili, voi
tre” – rispose Katherine, indicandoli
uno a uno con il dito – “Dico sul serio. Ma non
è stato lo stesso senza di te,
Damon. Ci sei mancato. Beh, di sicuro c’è qualcuno
a cui sei mancato
particolarmente.” Guardò Elena con un mezzo
sorriso, e lei le rispose
stringendo gli occhi.
“Andiamo, Katherine, prima di staccarti
la testa ti do l’ultima opportunità
di levare le tende pacificamente, solo in memoria dei vecchi
tempi”. Damon le
strappò la rivista dalle mani e le indicò la
porta con un
cenno della testa.
“Oh, Damon.” –
Katherine scosse la testa, e sorrise tra sé –
“Se non
sbaglio, non ti è dispiaciuto avermi intorno quando ne hai
avuto bisogno. Una
volta, eravamo dalla stessa parte.”
“Tu sai stare solo dalla parte di te
stessa.”
“Vero” – gli concesse
Katherine - “Ma cosa vuoi che ti dica, mi piace stare
qui. E poi, se vuoi, posso sempre tenere compagnia a Stefan mentre tu
ed Elena andate
in giro a giocare ad acchiappa-bevi-e-rilascia.”
Il silenzio calò nella stanza. Katherine
si alzò e, prima di andarsene, si
fermò un attimo davanti a Elena.
“Dio,
se tutto questo è
divertente.”
***
“Stefan, dì
qualcosa” – mormorò stancamente Elena.
Erano in camera di Stefan, e stavano discutendo da
almeno un’ora dopo la
soffiata di Katherine, passando attraverso lacrime, spiegazioni e
silenzi.
Appoggiato a braccia conserte sul bordo della
scrivania, Stefan scosse la
testa. “E’ solo che … mi hai mentito. La
Elena che conoscevo non l’avrebbe mai
fatto.”
Elena aggrottò le sopracciglia.
“Mi stai dicendo che non sono più la stessa
persona?”
“Ti sto dicendo che ti comporti come
tale.”
Elena si passò le mani fra i capelli.
Non sapeva da dove cominciare a
spiegare tutto. Di nuovo.
“Ci sono cose di me che … io
stessa non so spiegare. Da quando mi sono
trasformata, è come se la mia vita, ciò in cui
credevo … tutto è in discussione
adesso.”
“Lo so, Elena.” Stefan si
avvicinò a lei, e le prese le mani, come per
scacciare l’insidiosa sensazione che lei stesse scivolando
via. “Quello che non
so è perché non me ne hai parlato,
perché non hai lasciato che capissi e che lo
affrontassi con te.”
Elena guardò le loro mani e scosse la
testa. “Non avresti potuto.”
“E Damon, sì?”
Stefan lo disse senza neanche pensare, e
d’istinto le lasciò andare le mani.
Attese, e la guardò attentamente per scrutare la sua
reazione.
Elena rimase sorpresa, ed un po’
indispettita. “Adesso si tratta di Damon?”
“Non lo so, dimmelo tu.”
– replicò Stefan allargando le braccia.
“Ho scelto te, Stefan.”
“Lo so.” – Stefan le
si avvicinò e le prese il viso tra le mani, e
proseguì
in tono più dolce - “Dimmi solo che adesso stai
facendo la stessa scelta.”
Elena
esitò. Aprì la bocca per parlare, ma si rese
conto di non trovare una
risposta.
|
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Capitolo 9 *** Humanity ***
9.
Humanity
In
camera di Elena, seduta sul letto Bonnie
estrasse dalla propria borsa il
vecchio grimorio che lei e Damon avevano sottratto alla strega. Era
così
vecchio che sembrava che le pagine potessero sgretolarsi da un momento
all’altro. Si sedette e lo aprì con cautela
appoggiandolo sulle coperte.
“Quant’è vecchia
questa roba, Bonnie?” – le chiese perplessa Elena,
seduta a
gambe incrociate accanto a lei.
“Molto. Medioevo credo.”
Arrivata alla pagina giusta, le indicò
una serie di scritte e disegni poco
rassicuranti.
“Qua riporta la storia di una discendente
di Ayana che tentò di invertire
il processo dopo che l’uomo che amava era stato trasformato.
Apparentemente credeva
di aver trovato un modo per … bilanciare
l’equilibrio. Ormai dovresti aver capito
come funziona. C’è sempre un prezzo da
pagare.”
“E quale sarebbe?” –
le chiese Elena avvicinandosi.
“Ricordi quando durante il sacrificio di
Klaus, John mi chiese di legare la
sua anima – o soffio vitale, se preferisci – alla
tua così che tu potessi
tornare in vita come umana e non come vampiro?”
A quel ricordo, Elena si sentì
leggermente male, ma fece cenno di sì con la
testa.
“In teoria, il principio è lo
stesso.”
“Una vita umana, è questo che
serve?” – chiese Elena inorridita.
Bonnie annuì.
“L’incantesimo è diverso da quello,
naturalmente” – proseguì –
“Ma … non dice come farlo, o se sia riuscito o
meno.”
“Tutto qua, non avete scoperto
altro?” – chiese Elena, aggrottando le
sopracciglia.
Bonnie esitò prima di rispondere.
“Nient’altro.”
***
Dopo che Bonnie se ne fu andata, Elena raccolse
alcuni vestiti da terra e
li gettò distrattamente in una cesta in un angolo. Era da
poco tornata ad
abitare a casa Gilbert, e non poteva negare di esserne felice. Era
nella casa dei
suoi ricordi e della sua famiglia, e le piaceva avere più
tempo per stare con
Jeremy, adesso che riusciva con più facilità a
mantenere il controllo. E,
soprattutto, era sollevata di avere il proprio spazio lontana dai
fratelli
Salvatore.
“Ehi.”
Si voltò al suono della voce di Damon.
“Damon, sul
serio?” – Elena alzò
gli occhi al cielo, ma non riuscì a trattenere un sorriso.
Damon si strinse nelle spalle. “Le
vecchie abitudini sono dure a morire.”
“Volevo solo fare un rapido controllo e
…” – si gettò sul letto di
Elena,
un braccio dietro la nuca, e il suo orsacchiotto nell’altro
– “... prendere la
mia ora d’aria da quell’inferno di
Katherine.”
“Te l’ho detto, Damon, sto
bene. Togli le scarpe dal letto” – gli
intimò
con la mano. “Sono contenta di essere di nuovo a casa.
Katherine è sempre
intorno?” – aggiunse aggrottando lo sguardo.
Damon fece una smorfia. “Diciamo che mi
tiene occupato. Pensa che ieri sera
l’ho trovata a gironzolare nello scantinato, e sai cosa mi ha
detto? Che sta
pensando di togliere la muffa, ridecorare, e farne un bar esclusivo per
vampiri
… Riesci a crederci?”
Elena rise. “Senza nessuno che debba
invitarli, se si sparge la voce siete
finiti.”
“Lo so, vero? Peggiore. Idea. Di.
Sempre.”
“Come sta Stefan?” –
gli chiese Elena dopo un breve attimo di silenzio. Non
si erano più parlati da quando lei aveva deciso di andarsene
dalla pensione.
“Sguardo serio, troppe ore sul suo diario
e, decisamente, troppo gel nei
capelli … il solito Stefan. Lo sai” –
proseguì Damon – “Posso farlo ragionare
…”
Elena scosse la testa. “No, va bene
così, Damon. Davvero. Mi fa bene stare …
da sola.” Si lasciò andare a sedere accanto alla
finestra, si strinse le
ginocchia al petto e vi appoggiò la testa.
Damon rimise l’orsacchiotto al suo posto
e si alzò.
“Damon.”
Sull’orlo della porta, Damon si
voltò a guardarla.
“Mi ricordo, sai.” La sua voce
era senza esitazione, ed i suoi occhi lo
guardavano, enormi ed intensi.
Restarono a guardarsi, per un tempo che
sembrò infinito, in un silenzio
carico di parole non dette. Poi, lentamente, Damon si sedette accanto a
lei, ed
Elena si appoggiò sulla sua spalla, mentre lui, esitante, la
circondava con un
braccio.
“Non lo trovi ironico?”
– mormorò Elena con un accenno di sorriso
– “Ci
siamo davvero incontrati prima.”
Damon si lasciò sfuggire uno dei suoi
sorrisetti. “Non ne hai idea.”
“Ero una persona diversa
allora” – osservò Elena, con un
po’ di tristezza.
“Sei ancora quella persona,
Elena.” Damon la sentì scivolare lievemente tra
le proprie braccia, i capelli che sfioravano il profilo del suo mento,
la testa
appoggiata nell’incavo del suo collo.
“E
sei anche la stessa insopportabile testarda che mi ha incontrato la
seconda
volta. Tutto mixato e un po’ speziato nella nuova
VampElena.”
Elena sorrise e si strinse un po’ di
più.
“E quale Elena preferisci?”
“Tutte. Presentami un’altra
versione e sono sicuro che mi piacerà anche
quella.”
Continuando a tenerla stretta, Damon le prese una
mano e, con il pollice, iniziò
ad accarezzarle lentamente il dorso.
Si sentì bloccare il respiro,
perché sapeva di non averla mai desiderata
tanto come in quel momento. Voleva prenderle il viso tra le mani, e
lasciarsi
sprofondare nei suoi occhi scuri. Assaporarle le labbra, morderle, e
catturarne
ogni respiro. Passarle le dita fra i capelli, e poi lungo il collo.
Sentire i
suoi seni andare a riempire alla perfezione i palmi delle sue mani.
Afferrarle i
fianchi, stringerle le cosce e sentirle serrarsi attorno a lui.
Voleva tutto questo ed anche di più,
disperatamente. Eppure, rimase
immobile, paralizzato da quel momento perfetto in cui la stringeva tra
le
braccia, accarezzandole una piccola porzione di pelle.
Fu come tornare da uno stato di trance, quando
udì nuovamente la sua voce.
“Credi davvero che ci sia la
possibilità di tornare umana?” –
mormorò
Elena.
“E’ quello che stiamo cercando
di capire.” Damon fece una pausa, e cercò
dentro di sé il coraggio per chiederle quello che aveva in
mente, l’emozione
nella voce.
“Lo vorresti?”
“Dovrebbe morire qualcuno. E Klaus
tornerebbe a darmi la caccia.”
“Dettagli. E dimenticati di Klaus. Lo
abbiamo sistemato una volta, possiamo
farlo di nuovo.”
Le strinse un po’ più forte la
mano.
“Lo vorresti?”
Elena sentì le lacrime chiuderle la gola.
“Più di qualsiasi altra
cosa” – rispose con un filo di voce.
***
Entrato nella grande sala della pensione
Salvatore, Damon si
bloccò di
colpo.
“Che cazzo?...”
Stefan giaceva senza sensi per terra, le mani
legate strette da quelle che
probabilmente erano corde impregnate di verbena. Accanto a lui, Tyler
Lockwood
era nella stessa condizione. Katherine era seduta in poltrona,
dondolava le
gambe accavallate e si attorcigliava distrattamente una ciocca di
capelli
intorno alle dita. Appoggiato accanto al camino, un drink alla mano,
c’era Klaus,
accanto ad una donna che non aveva mai visto.
“Salve, Damon.” – lo
salutò Klaus piegando leggermente gli angoli delle labbra
– “Ti stavamo
aspettando.”
Damon si rivolse verso Katherine. “Oh,
Katherine, sul serio?”
“Non può essere ucciso,
Damon.” Katherine alzò le spalle. “Ed io
non ho
intenzione di passare l’eternità a scappare. Mi ha
offerto un accordo, io l’ho
accettato.”
“Il tuo spirito di autoconservazione
è sempre ammirevole” –
proseguì Damon con
una smorfia – “Da quanto facevi la spia?”
“Un po’, come dovresti aver
capito.” – Katherine lo guardò e fece
spallucce
- “Mi spiace, Damon.”
Damon alzò gli occhi al cielo.
“Prego, Damon, siediti.”
– lo invitò Klaus, indicando con un gesto gentile
il
sofà
– “Ci sono cose di cui dobbiamo parlare. Voglio
presentarti la mia amica Sybil
Martin, che mi ha appena aiutato a … tornare in me. Hai
già avuto modo di
incontrare la sua famiglia in passato. Se non sbaglio, le hai pure
ucciso lo
zio e il cugino.”
Damon fece un mezzo sorriso divertito.
“Posso avere il piacere di uccidere
anche lei. E’ sempre un momento di gioia strappare il cuore
di una strega.”
Klaus sospirò.
“Già, ho saputo quello che hai fatto alla mia
vecchia amica
Trisha, giù in Alabama.”
Damon aggrottò le ciglia.
Klaus ritrovò il suo mezzo sorriso
sornione.
“Davvero, perché credi che abbia suggerito
a Abby quell’incantesimo per essiccare Mikael? Mi ha fatto un
grande favore.”
Damon sospirò e si sedette sul divano,
appoggiò un braccio allo schienale,
e domandò rassegnato. “Cos’è
che vuoi, Klaus?”
“Lo sai cosa voglio”
– gli rispose Klaus puntando il suo drink nella sua
direzione, gli occhi chiari che brillavano –
“Voglio indietro la mia
doppleganger.”
Damon fece un sorriso ironico. “Non posso
aiutarti con quello.”
Klaus rise sinceramente divertito. “Oh,
io invece credo di
sì. Ma questo tu lo sai già, vero?”
–
proseguì, appoggiando il proprio bicchiere sul tavolo e
sedendosi accanto a
Damon.
“Perché a questo punto penso
tu sappia come funziona l’incantesimo.” –
Klaus guardò in aria, come per ripassare mentalmente una
lista. “Si lega il
vampiro a un soffio vitale. Con l’aiuto di un po’
di magia nera, si dissangua
il vampiro fino all’ultima goccia. Una volta che il sangue di
vampiro non è più
in circolo, l’anima fluisce e il vampiro torna umano. Ho
dimenticato qualcosa?”
Klaus fece una pausa pensierosa. “Oh,
sì. Ovviamente c’è quella piccola
questione dell’equilibrio. Ah,
le
streghe!” – esclamò ridendo –
“Sempre così ingegnose. E così,
l’unico modo per
eliminare tutto il sangue di vampiro dal suo sistema è
dissanguando fino a
ucciderlo il vampiro che l’ha trasformata.”
Lo guardò con un altro mezzo sorriso, in
attesa.
“E qui, mio caro amico, entri in gioco tu.”
Damon rimase a guardarlo impassibile.
Klaus proseguì - “Sai, mi ci
è voluto un po’ per farmi dare
l’informazione
dalla tua amica Meredith. Diciamo solo che se non fosse stata sotto
verbena,
l’avrei soggiogata e tutto sarebbe stato molto meno doloroso
per lei.”
“Fottiti, Klaus” –
rispose Damon con un sorrisetto beffardo.
“Ho paura che questo non sia lo spirito
giusto” – Klaus scosse la testa,
fingendo un’espressione delusa. “Vedi, il punto
è che ho bisogno di un’altra
strega per portare a termine il tutto, e voglio la signorina Bennett.
Ho visto
quello che sa fare.”
Damon rise e scosse la testa. “Non lo
farà mai.”
“Lo farà, se tu la convinci a
farlo. Per lei.”
Klaus gli si avvicinò per sussurrargli
all’orecchio. “Dimmi, davvero non
hai pensato a come sarebbe ridarle la sua umanità? Toglierle
questa condanna? …
chissà quanto lo desidera …”
Damon sostenne fermamente il suo sguardo e non
rispose.
“Lo immaginavo” –
sorrise compiaciuto Klaus - “Del resto, io l’ho
sempre detto.
L’amore
è la più grande debolezza di ogni
vampiro.”
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Capitolo 10 *** Depths ***
10.
Depths
Accanto al camino nella grande sala della pensione Salvatore, Damon
fece oscillare il ghiaccio nel proprio drink.
Non aveva detto a nessuno della sua chiacchierata
con Klaus. La versione ufficiale era che, rientrato a casa, aveva
trovato Stefan e Tyler storditi per terra, mentre Katherine e Klaus
erano già fuggiti. Nessuno sapeva che Klaus aveva
l’incantesimo e sapeva come portarlo a termine.
La verità era che
Klaus aveva ragione. Ci stava pensando dall’inizio, da quando
tutta la storia dell’incantesimo era venuta fuori. Alla
possibilità di far tornare Elena umana. Doveva morire lui
per questo? Dettagli. Semmai, il
vero problema era trovare il modo per neutralizzare Klaus. Ma su
quello, ci stava già lavorando.
La questione al momento era
piuttosto convincere Bonnie a tenere la bocca chiusa fino al momento
giusto, o almeno il più a lungo possibile. E quando Elena lo
fosse venuta a sapere … beh, non aveva intenzione di
lasciarle molta scelta.
***
“Ehi!
Tu, sì, dico a te! Cos’è quella roba?
Devono essere fronde, come in una
foresta, hai presente?”
Dalla cima della scala, Caroline
fulminò una ragazza a pochi metri da lei. Alzò
gli occhi al cielo e tornò a rivolgersi ad Elena.
“A volte penso proprio che dovremmo soggiogarli per avere le
cose fatte per bene!”
Caroline si sporse per prendere
la farfalla di cartone che Elena, con un mezzo sorriso, le stava
porgendo e la appuntò con cura al tulle che ricopriva la
parete della palestra in vista del ballo scolastico a tema Sogno di una notte di mezza estate.
“Sai chi usa il
soggiogamento, secondo me? Rebekah.” –
proseguì Caroline – “Non è assolutamente possibile che da quando
è arrivata lei, alla fine per il ballo vengono sempre scelte
le sue idee. E vuoi sapere la cosa peggiore? Stamattina ho appena
ricevuto questo!” Tirò un biglietto fuori dalla
tasca posteriore dei jeans e lo gettò ad Elena.
Elena lo aprì. Con
calligrafia elegante, c’era scritto
Se vuoi
Mezzanotte a Parigi, posso sempre portarti io. K-
Prima che Elena potesse
commentare, Caroline scese dalla scala, le prese il biglietto dalla
mano e lo gettò in un cestino.
“Penseresti che lo
abbia capito, a questo punto, e invece no! Se penso che l’ho
anche baciato, pensando che fosse Tyler … ew!”
– commentò con un’espressione di
disgusto.
“Mi dispiace,
Elena” – proseguì –
“Sono così contenta che Tyler sia tornato che
… non mi rendo conto ... Hai parlato con Stefan
ultimamente?”
“Solo
…” – Elena si strinse nelle spalle
– “… poche parole, sai.”
“Questo significa che
non hai intenzione di rimettere a posto le cose con lui?”
– le chiese Caroline.
Elena sospirò.
“Non lo so cosa voglio, Care. E’ che le cose sono
cambiate, io sono
cambiata.”
Caroline la scrutò
sospettosa. “E questo non ha niente a che vedere con i tuoi
… trascorsi irrisolti con Damon?”
“No. Non è
una partita a flipper” – scosse la testa Elena
– “Non posso … rimbalzare da uno
all’altro, continuare a prenderli in giro. Ho lasciato andare
Damon perché fosse felice. Voglio che sia felice.”
Lo voleva davvero, e magari lui
poteva esserlo, con qualcuno che non fosse Elena.
Dopo che aveva deciso di
scegliere Stefan, Elena aveva rinchiuso i propri sentimenti per Damon
da qualche parte nel profondo, rinnegandoli, sempre di più.
Ma se l’umanità era una stronza, anche loro non
scherzavano. Trovavano sempre il modo di tornare. Non poteva negarlo.
Per quanto provasse a lasciarlo andare, c’era sempre una
parte di lei che continuava ad aggrapparsi a lui, ad attirarlo verso di
sé.
Ma se avesse permesso a se
stessa di sentire veramente … tutto quello che lui aveva
bisogno che lei sentisse, tutto quello che lei voleva sentire
… il solo pensiero la atterriva. Aveva paura che, se si
fosse lasciata andare, anche solo per un secondo, quel sentimento
avrebbe travolto non soltanto lei, ma tutto quello che le stava attorno.
***
Quando Elena rientrò
in camera, trovò Damon appoggiato accanto alla finestra ad
osservare fuori, lo sguardo un po’ perso.
“Stai facendo il tuo
solito giro di controllo?” – gli chiese Elena con
un mezzo sorriso. Le sue visite a sorpresa in camera sua per
controllare se stava bene erano diventate sempre meno una sorpresa e
sempre più una piacevole abitudine.
“Quello, e ho pensato
che potesse farti piacere … lo sai, andare a fare un
giro” – rispose Damon con un sorrisetto malizioso.
Elena si avvicinò ed
andò a sedersi sotto la finestra. “No, sto bene
così” – sorrise –
“Nessuna novità su Klaus?”
Damon esitò, prima di
sedersi accanto a lei. “Nessuna.”
Elena lo guardò con
espressione seria. “Dobbiamo fermarlo in qualche modo, Damon,
prima che scopra come fare l’incantesimo
…”
Damon alzò lo sguardo
su di lei. “Oppure potremmo lasciarglielo fare, e pensare
dopo a come sistemarlo” – suggerì.
Elena rise brevemente.
“Non stai parlando sul serio, Damon.”
Damon mantenne gli occhi fermi
su di lei e non rispose.
Elena si alzò di
scatto, e ribatté decisa - “No.”
“Perché
no?” – le chiese Damon risentito.
“Perché
è sbagliato …”
“Lo
è? Lo è davvero?” –
Damon si alzò, le prese il viso tra le mani e la
guardò con gli occhi pieni di speranza -
“Torneresti umana, Elena …”
Elena appoggiò le
mani sulle sue, e lo scrutò con espressione disorientata.
“A che costo, prendere la vita di qualcuno
…”
Damon la lasciò
andare e si strinse nelle spalle. “Dettagli,
te l’ho già detto. Possiamo usare
…” – guardò in aria, e fece
una smorfia – “… non so, qualche
omicida, o una persona che è stata veramente veramente
cattiva, se ti fa stare meglio. Abbiamo già constatato con
John che, grazie a Dio, non si
trasferisce anche la personalità.”
Elena si strinse le braccia al
petto, continuando a fissarlo allibita. “Come puoi anche solo
pensarlo? … Non dai alcun valore alla vita umana?”
Damon allargò le
braccia spazientito. “Oh, Elena, certo che lo
faccio!” Le si avvicinò e piantò gli
occhi nei suoi. “Alla tua.”
Elena si allontanò e
scosse vigorosamente la testa. “No. Devi smetterla di pensare
in questi termini, Damon. Essere una persona migliore.”
“Beh, non lo
sono!” – ribatté Damon alzando la voce
in un tono irritato.
Elena fece una smorfia
indispettita. “Non iniziare.”
“Nel caso te ne fossi
dimenticata, io uccido le persone” - Damon la raggiunse
nuovamente, e si assicurò di guardarla negli occhi, lo suo
sguardo acceso – “E non m’importa. Anzi,
se vuoi saperlo, mi piace
anche.”
Elena lo guardava sconvolta,
mentre sentiva le lacrime salirle in gola. “Smettila di
comportarti così. Non è vero. Che non
t’importa, che …” –
deglutì, cercando di scacciare il nodo che le serrava il
respiro – “… ti piace.”
Damon si voltò in
un’altra direzione con un gesto spazientito. “Non
lo sai questo.”
“Sì,
invece.” – Elena gli afferrò il volto e,
vincendo infine le sue resistenze, lo costrinse a guardarla.
“L’ho sentito, Damon.” – gli
sussurrò con dolcezza – “
L’impulso, il dolore, l’urgenza. Adesso, lo so cosa
si prova.”
Damon le rispose con
un’espressione contrariata. “Tu credi, ma non sai
niente, Elena. Sei un vampiro da quanto, un paio di mesi? Non hai mai
spento la tua umanità, non ci sei sprofondata, neanche
lontanamente. Tu non lo sai.”
– sottolineò l’ultimo concetto con un
rapido movimento degli occhi e allontanò le sue mani da lui.
“E smettila di
aspettarti da me comportamenti che non mi si addicono. Questo
è quello che sono. Fattene una ragione. Qualcuno deve morire
per farti tornare umana? Che sia così, non
m’importa.” –
proseguì scandendo le ultime parole.
“Beh,
dovrebbe!” – ribadì Elena, la voce
decisa, ma con le lacrime che iniziavano a riempirle gli occhi.
“Perché ti
è così difficile capirlo?” –
replicò Damon incollerito – “Non sono
Stefan. Non sono te. Smettila di aspettarti che lo sia!”
Elena strinse le labbra e non
rispose, poi proseguì con una voce calma che sentiva non
appartenerle. “No, hai ragione. E’ colpa mia.
Perché tu non vuoi dover rispettare le aspettative di
nessuno.”
Si guardarono in silenzio.
Infine, Damon rispose - “Vedo che hai capito.”
Elena scosse la testa, e
lasciò la camera sbattendo la porta.
***
Ryan Linwood alzò il volume della radio
alle prime note di quella canzone. Era sempre stata una delle sue
preferite, ed iniziò a cantarla tra sé e
sé, battendo ritmicamente la mano sul volante. Fu solo
all’ultimo momento che si accorse del corpo disteso in mezzo
alla strada. Inchiodò di colpo e, senza neanche chiudere la
portiera della macchina, si precipitò nella sua direzione.
Non appena si
avvicinò, la ragazza si mosse lentamente e, a fatica, si
alzò su un gomito. Sembrava stordita.
“Ti senti
bene?” – le chiese toccandole leggermente il gomito.
La ragazza si scostò
dal volto una ciocca di lunghi capelli bruni e sbatté le
palpebre, come per cercare di metterlo a fuoco. Era molto bella, non
poté fare a meno di notare.
“Ti sei
persa?” – le domandò, avvicinandosi un
po’ di più. Forse qualche bastardo
l’aveva drogata e lasciata lì, o chissà
cos’altro.
“Sì
…” – mormorò –
“… forse sì.”
“Vado a prendere il
telefono per chiamare aiuto.”
Non fece in tempo a tornare
verso l’auto che la ragazza gli si era parata davanti, e lui
si ritrovò a fissarla nei suoi grandi occhi castani, velati
da un'ombra di turbamento.
“Resta fermo dove
sei” – mormorò Elena. Poi, si
ricordò di cosa altro diceva Damon, ed aggiunse -
“Non avere paura.” Il ragazzo si
immobilizzò.
Con gesti lenti, Elena si
portò i capelli su un lato della spalla e si
chinò per morderlo. Non appena riconobbe il familiare sapore
sulle labbra, vi si abbandonò completamente, lasciando che
il piacere del sangue prendesse il sopravvento sui suoi pensieri.
Tu
credi, ma non sai niente, Elena.
Lo morse un po’
più forte, e scacciò il pensiero di Damon in un
posto molto lontano nella sua mente.
Sentì il corpo del
ragazzo vacillare leggermente, e capì che doveva fermarsi.
Damon, lui glielo aveva
insegnato. Ogni volta che le era rimasto accanto, per lasciarle
esplorare le altezze dei suoi nuovi abissi, ma sempre pronto a
raccoglierla per non rischiare mai di farla cadere troppo nel baratro.
Non ci
sei sprofondata, neanche lontanamente.
E’ vero, grazie a
Damon, non lo aveva fatto. Chissà, invece, quanto a fondo lo
aveva fatto lui. Nei tormenti che ogni volta scorgeva nei suoi occhi, e
che mai era riuscita a comprendere pienamente. Come avrebbe potuto
farlo? Non aveva mai permesso a se stessa di sentire senza riserve, di
scoprire con quanta intensità lui potesse consumarla.
Questo
è quello che sono.
Ma se si fosse fermata adesso
… allora, forse, non lo avrebbe mai saputo.
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Capitolo 11 *** Consuming ***
11.
Consuming
Elena giunse in camera di Damon e non lo
trovò.
Stava vagando da qualche ora, senza una vera meta,
finché non si era
ritrovata nei pressi della pensione Salvatore senza neanche sapere bene
come
esserci arrivata.
Si raggomitolò nel suo letto, ed attese.
***
Damon si alzò dal letto senza fare
rumore, Meredith ancora addormentata
accanto a lui. Si rimise i pantaloni, si infilò la camicia
senza abbottonarla e
si diresse in cucina.
La sera prima, Elena lo aveva di nuovo fatto uscire
di testa. Dopo la loro
discussione, era tornato a casa, aveva afferrato una bottiglia di
bourbon e deciso
di andare a sdraiarsi sull’asfalto a sfogare la sua
frustrazione su qualche
ignaro automobilista.
Perché, pensandoci, era davvero da
troppo tempo che non uccideva qualcuno (a
parte le streghe, si disse, ma arrivò
alla conclusione che loro non contavano veramente). In
realtà, rifletté, dovute
eccezioni a parte, era sempre stato piuttosto un tipo alla
bevi-e-rilascia. Non
per scrupoli morali, certo. Nel corso degli anni aveva semplicemente
imparato
che era sempre meglio mantenere un basso profilo. E poi, fare le cose
disordinate e lasciare corpi in giro non era davvero il suo stile. Non
era un
Ripper, lui. Solo che poi, beh,
c’erano quelle volte in cui uccidere gli era necessario. Come
per togliersi lo
sfizio, o grattarsi un fastidioso prurito. E quella, era decisamente
una di
quelle volte.
Ogni volta che si
presenta un ostacolo sulla
strada, tu dai di matto.
No, non era esatto. Lui
era
l’ostacolo sulla strada.
E così sarebbe stato anche quella sera,
disteso e dannatamente pronto ad
essere l’ostacolo anche sulla strada di
qualcun’altro.
Era con questi propositi che stava per uscire di
casa la sera prima, lui e
la sua fedele bottiglia di bourbon, quando Meredith lo aveva chiamato.
“Vuoi del caffè?”
– gli chiese Meredith raggiungendolo in cucina, ed
iniziando a preparare.
“Sarebbe grandioso” –
rispose Damon. “Cos’è questo?”
– aggiunse sedendosi
sul divano e sfogliando tra la pila di fogli sparsi sul tavolino.
“Quello, Damon, è il motivo
per cui ti ho chiamato ieri sera” – rispose
Meredith raggiungendolo e porgendogli una tazza di caffè.
“Ma non mi hai
lasciato il tempo di parlartene.”
Damon sogghignò - “I vampiri
hanno i loro istinti, sai.”
“Oh, l’ho notato”
– rispose Meredith prendendo un sorso con un leggero
sorriso.
“Di che si tratta?” –
le domandò Damon osservando più attentamente.
Meredith posò la propria tazza.
“Beh, dopo che quel bastardo mi ha …”
–
fece una pausa ed un’ombra passò sui suoi occhi -
“… preso e costretto a dirgli
che era stato il tuo sangue a trasformare Elena, ho iniziato a indagare
più a
fondo su quale potesse essere un modo, uno qualsiasi per metterlo fuori
gioco. Ed
ho trovato questo.”
“Credi che possa funzionare?”
– gli chiese Meredith mentre Damon leggeva
attentamente la pagina di un vecchio diario Fell che Meredith gli aveva
passato.
“Possiamo sempre provare. Anzi, mi
stupisce non averci pensato prima.” –
osservò
Damon. “Lo sai, Mer” –
proseguì, attirandola deciso a sé e
solleticandole il
profilo del mento con le labbra – “ Sei una ragazza
davvero piena di risorse …”
“… lo so.”
***
Tornato alla pensione Salvatore, Damon
trovò Elena in camera sua, seduta con
le mani in grembo sul bordo del letto.
“Sei venuta a farmi un’altra
lezione di morale?” – le domandò Damon
girando
gli occhi con aria scocciata.
Elena mormorò - “Ho quasi
ucciso una persona ieri notte.”
Damon sentì il cuore perdere un battito,
e si bloccò di colpo.
Elena si alzò e lo raggiunse,
continuando ad evitare il suo sguardo, mentre
Damon la osservava con espressione disorientata.
Damon le sfiorò un braccio con un
movimento leggero, quasi impercettibile.
Elena si ritrasse.
“Mi sono distesa sulla strada.”
– Elena proseguì d’un fiato –
“La stessa
dove tu ed io ci siamo incontrati. Ho aspettato. E’ arrivato
questo ragazzo, ed
io … l’ho morso. Sapevo che dovevo fermarmi. Ma
non l’ho fatto. Ho continuato,
finché non è crollato a terra. Credevo fosse
morto, l’ho creduto davvero. Poi
ho notato che non lo era. A malapena. Gli ho dato il mio sangue,
soggiogato e
lasciato andare.” Fece una pausa, prima di aggiungere con
voce incrinata – “Sono
solo stata fortunata.”
“Elena …”
“Potevo fermarmi. Sapevo quando, sapevo
come. Tu me lo hai insegnato. Non
ho voluto.”
Damon provò ad attirarla verso di
sé, ma Elena rifiutò il suo contatto.
“No.”
Damon la circondò con le braccia con
più decisione, mentre lei tentava di
liberarsi della sua presa. La strinse più forte, e
lottò contro le sue
resistenze fin quando Elena non smise di agitarsi. Le poggiò
una mano sulla nuca
per tenerla stretta contro il proprio petto, le labbra che sfioravano i
suoi
capelli.
Restarono così a lungo,
finché il respiro di Elena non si fece più calmo.
“Vuoi sapere cosa provo per te, Damon?
…” – mormorò Elena alzando il
volto
verso di lui, gli occhi ardenti dietro la nebbia delle lacrime.
“E’ questo
…”
Damon spostò la propria mano sul suo
volto, e le passò lentamente il
pollice sulla guancia per scacciare una lacrima.
“… e mi divora”
– proseguì Elena con voce rotta dal pianto
– “ tu … tu mi
divori …”
Damon continuava a tenere gli occhi fissi nei suoi,
dimenticandosi persino
di respirare.
“… perché tu non
hai idea, neanche lontanamente
di quanto io …”
La voce di Elena si spezzò prima di
riuscire a finire la frase. Non sapeva
cosa voleva dirgli, improvvisamente non sapeva neanche più
perché si trovasse
lì. Abbassò lo sguardo, scansò la mano
di Damon dal proprio volto, si sciolse
dalla sua presa, e lasciò la stanza, incapace di restare
accanto a lui un solo secondo
di più.
Damon rimase immobile, le parole bloccate in gola,
con lo sguardo affranto
perso nel vuoto.
***
“Era dannatamente ora, strega”
– la apostrofò Damon, prendendo un sorso
direttamente dalla bottiglia.
“Non sono al tuo servizio”
– replicò Bonnie con tono asciutto -
“Cosa vuoi?”
Damon si lasciò andare sul divano, e
proseguì in modo laconico - “Klaus ha
l’incantesimo, e tu lo aiuterai a farlo. E’ ora di
reclamare ufficialmente il
mio bonus.”
Bonnie rimase in silenzio, leggermente confusa,
mentre il suo sguardo si
spostava da Damon ad una seconda bottiglia già vuota sul
pavimento. Magari era
solo ubriaco. Strinse lo sguardo su di lui, e Damon con un gesto
spazientito la
invitò a rispondere.
“Sei pazzo, Damon.”
Damon rise. “Sì, beh,
così mi hanno detto.”
“Il nostro scopo era quello di fermare
Klaus, non aiutarlo” – ribatté decisa
Bonnie.
Damon alzò le spalle stizzito.
“Troviamo lo stesso un modo per
neutralizzarlo. Dopo
l’incantesimo.
Ci sto già lavorando.” – la
scrutò in cerca della sua reazione - “Oh, andiamo,
non fare quella faccia. Lo sai tu, lo so io, lo sanno tutti. Non vedevi
l’ora
di avere l’occasione per farmi fuori. E se ti stai facendo
scrupoli, basta che
pensi a tutto quello che ti ho fatto e te li fai passare.”
“Ci penso, e, credimi, non è
di quello che mi preoccupo. Ma Elena non …”
“Ha quasi ucciso un ragazzo,
Bonnie” – Damon posò la bottiglia, si
alzò e le
si avvicinò. Il suo sguardo era quasi febbrile.
“Vuoi sapere perché? Perché era
sconvolta, a causa mia. Ha quasi
ucciso
una persona, a causa mia.
E’ di Elena
che stiamo parlando. Non posso permetterlo. Tu
non puoi permetterlo.”
Bonnie sostenne il suo sguardo, e rimase in
silenzio.
Damon si ritrovò a dire qualcosa che non
avrebbe mai pensato. “Ti prego.”
“Va bene” –
acconsentì infine Bonnie.
Damon fece un gesto con la mano a mo’ di
ringraziamento, e proseguì - “Non
puoi dirlo a nessuno lo sai questo, vero? Non ad Elena, non a mio
fratello.”
“Lo so” –
annuì.
“Siamo
d’accordo allora”. Damon strinse un attimo le
labbra. “Vediamo di
dare inizio a questa festa."
|
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Capitolo 12 *** Distance ***
12.
Distance
Un incantesimo di confinamento. Damon si diede
dell’idiota per non averci
pensato prima che Meredith glielo mostrasse nel diario dei Fell.
Semplice, limpido,
pulito.
Bonnie avrebbe posto il sigillo sul luogo
dell’incantesimo, e quando tutto
fosse stato finito, ci sarebbe stato un solo vampiro rimasto
lì dentro. Klaus.
Avrebbe chiamato gli altri e, insieme, lo avrebbero essiccato
nuovamente. Non
poteva non sentirsi leggermente deluso all’idea di non essere
lui stesso a
imbalsamare quel bastardo, ma, ehi, non poteva avere tutto.
Ed era sicuro che Bonnie se la sarebbe cavata
egregiamente nel sistemare
quella inutile strega al soldo di Klaus. Non lo avrebbe mai ammesso, ma
quella
streghetta ne aveva fatta di strada.
Nei giorni seguenti, si limitò ad
osservare Elena da lontano. La guardava
alzarsi al mattino, andare a scuola, uscire con Caroline, scherzare con
Jeremy,
andare a dormire la sera.
Tu mi divori.
Quelle parole, quello sguardo, quella sfumatura di
tormento nella sua voce,
si erano impressi nelle sua mente, ed il pensiero di causarle del male
era
troppo per poterlo sopportare. Ma a quella sola possibilità
di renderla di
nuovo felice … in fondo, sorrise, era proprio vero che, alla
fine di tutto,
sarebbe stato lui quello che la avrebbe mantenuta in vita.
***
Elena aveva appena finito di indossare la sua
divisa da cheerleader e si
stava raccogliendo i lunghi capelli in una coda alta.
Non vedeva Damon da tre giorni, e non riusciva a
pensare ad altro. Era
andata da lui sconvolta, senza neanche sapere bene cosa avrebbe detto o
come
avrebbe affrontato quello strano senso di smarrimento. E quando
finalmente era
arrivato, non aveva desiderato altro che fuggire da lui, da quella
assurda
forza di gravità che esercitava su di lei.
Che stupida era stata. Più volte aveva
preso il telefono in mano, senza mai
riuscire a trovare il coraggio di chiamarlo. A che scopo? Non sapeva
neanche
lei cosa avrebbe voluto dirgli.
Pensò a quante cose aveva accolto e
accettato nella sua vita da quando si
era trasformata. In poco tempo, aveva sentito quanto totalizzante
potesse
essere la sete di sangue; aveva avvertito impulsi da cui era stato
impossibile
trattenersi; aveva imparato a trarne piacere; ed aveva scoperto quanto
fosse
facile lasciarsi trascinare dalle emozioni in un brivido momentaneo ed
autodistruttivo.
Si rese conto che, da umana, insieme a Stefan, era
sempre stata protetta da
tutto ciò. Perché Stefan si vergognava del suo
passato, ed aveva sempre fatto di
tutto per combattere i suoi istinti e la sua natura. E
l’aveva fatto per lei. Anche
mentre sprofondava nel suo inferno personale insieme a Klaus, pur di
proteggerla, non le aveva permesso di stargli accanto ad affrontare con
lui il
suo tormento.
Si sentiva bloccata, impossibilitata a tornare
indietro a quello che era,
eppure ancora incapace di andare davvero avanti.
Un toccò leggero sulla porta la
distrasse dai suoi pensieri. “Jeremy. Ehi,
entra.”
Jeremy rimase sulla porta.
“Volevo solo … controllare se
… stai bene?” – bofonchiò.
Elena lo guardò perplessa. Poi
realizzò, e aggrottò le sopracciglia.
“Te lo
ha chiesto lui?”
Jeremy sospirò - “A rapporto
quasi ogni ora.”
Elena assunse un’espressione infastidita,
che, però, in un secondo si
trasformò involontariamente in un leggero sorriso.
“Sto bene, puoi riferire.”
Jeremy esitò. Quindi si decise ad
entrare e si sedette un po’ impacciato
sul letto.
“Elena … ricordi
Denver?”
Denver. Il cuore di Elena perse un battito.
Quasi leggendole nel pensiero, Jeremy
sogghignò maliziosamente - “Beh, come
non potresti …”
Elena afferrò un cuscino e glielo
tirò, ma Jeremy si scansò in tempo,
sempre mantenendo il suo ghigno. Elena lo raggiunse e si sedette
accanto a lui.
“Cosa c’è riguardo a Denver?”
Jeremy abbassò lo sguardo sulle mani ed
iniziò imbarazzato a rigirarsi
l’anello intorno al dito. “Rose mi ha detto
qualcosa. Su te e … Damon.”
Elena lo guardò perplessa.
Jeremy alzò lo sguardo in aria e scosse
la testa. “Senti, non sono certo la
persona più adatta a dirti certe cose. Primo,
perché sono il tuo fratellino,
secondo perché, come sai, la mia fortuna nel reparto ragazze
è ben risaputa.”
Fece una pausa e proseguì più
deciso. “E Damon è uno stronzo, lo è
davvero, uno
dei più grandi che abbia mai conosciuto.” Ci
pensò un attimo. “A parte forse lo zio
John.” – fece un leggero sorriso,
e riportò lo sguardo sul suo anello. “Il
punto è … quello che sto cercando di
dirti … quello che credo volesse farmi capire Rose
…” – Jeremy aggrottò lo
sguardo e proseguì d’un fiato -
“Insomma, che magari a volte la cosa migliore è
anche quella più rischiosa.”
Elena lo guardò leggermente sconcertata.
Poi sorrise e gli sussurrò - “Grazie,
Jeremy.”
Jeremy annuì imbarazzato con lo sguardo
fisso sulle sue scarpe, e lei gli
diede un colpetto spalla contro spalla, finché non sorrise
anche lui.
“Ehi.” –
proseguì Elena – “Vuoi accompagnare al
ballo la tua sorella
vampira?”
Jeremy sorrise e annuì. “Molto
volentieri.”
***
Elena si recò alla pensione Salvatore e
trovò Stefan intento a leggere un
libro nella grande sala. Alzò lo sguardo su di lei non
appena percepì la sua
presenza.
“Elena.”
Non aspettava di vederla lì, e la
squadrò con uno sguardo preoccupato. “E’
successo qualcosa?”
“No, niente …” Elena
esitò, e proseguì con voce leggermente incerta.
“Damon è qui?”
Stefan non poté impedire di sentire una
punta di delusione. Scosse la
testa.
“No. E’ uscito un paio di ore
fa. Non so dove sia.”
Elena annuì esitante, e rimase per
qualche secondo indecisa sulla soglia,
mentre Stefan la osservava in silenzio.
“Stefan” – si decise
infine – “Possiamo parlare?”
“Certo” – rispose
Stefan, chiudendo il libro che teneva in mano ed
aspettando che si sedesse accanto a lui.
Elena afferrò le sue mani e le strinse
tra le sue. Mentre prendeva fiato
per iniziare a parlare, sentì un leggero nodo stringerle la
gola.
“Non avrei mai voluto farti soffrire. E
mi dispiace, mi dispiace
terribilmente, per averti mentito, per non essermi fidata di te, per
tutto
quello che è successo tra noi. Non sarebbe mai dovuta andare
così.” Elena alzò
lo sguardo nel suo, e la sua voce tremò nel finire la frase.
Ricacciò indietro
le lacrime ed aggrottò leggermente la fronte prima di
continuare.
“Ho negato a lungo tante cose,
perché credevo che fossero sbagliate. Mi ci
è voluto davvero molto per capire che, in fondo, il vero
sbaglio è stato
proprio questo.”
Stefan la guardò negli occhi, e sotto a
quello sguardo che la conosceva
così bene e che per così a lungo era stato il suo
rifugio, Elena non poté fare
a meno di sentire le lacrime rigarle il volto.
“Ti ho sempre amato, Stefan, e, in
qualche modo, non smetterò mai. Voglio
che tu lo sappia.”
Stefan distolse lo sguardo dal suo e
sentì una stretta dolorosa di fronte alla
conferma di quello che già da tempo aveva intuito, ma si
costrinse ed annuire
quasi impercettibilmente. “Lo so.”
“Mi dispiace” – fu
tutto quello che Elena riuscì a sussurrare, quando Stefan
le lasciò andare le mani e si alzò per andarsene.
Prima di
lasciare la stanza, Stefan si fermò un attimo e, senza
voltarsi,
mormorò a bassa voce - “Dovresti dirglielo,
Elena.”
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Capitolo 13 *** Surrender ***
13.
Surrender
Elena prese nuovamente in mano il telefono. Da
quasi una settimana, dopo la
loro ultima conversazione, Damon si era reso irrintracciabile per lei.
Le sue
chiamate andavano direttamente alla segreteria, ed era sicura che lui
svanisse
all’istante nel momento in cui la sentiva anche solo
aggirarsi nei pressi della
pensione Salvatore. La stava facendo uscire di testa.
Aveva infine lasciato andare Stefan, ed era una
strana sensazione. Come se
avesse abbandonato un porto sicuro, e adesso non sapesse ancora bene
quale
direzione prendere. Ed anche se si sentiva male al pensiero di averlo
fatto
soffrire, c’era comunque dentro di lei la consapevolezza che
il legame di
affetto sincero tra lei e Stefan non sarebbe mai svanito del tutto, e
che, in
qualche modo, col tempo, avrebbero di nuovo trovato la strada
l’uno verso
l’altra.
Elena sospirò e compose il numero, ma,
di nuovo, rispose la segreteria. Si
decise però a lasciare un messaggio - “Ho bisogno
di vederti.”
Non fece in tempo ad appoggiare il telefono che lo
sentì squillare, ed
Elena rispose con un tuffo al cuore.
“Elena! Devi venire subito,
prima
che il disastro, la catastrofe, l’apocalisse … in
poche parole Rebekah, si
abbattano sul ballo di questa sera! Alla palestra …
praticamente ora.”
Caroline non le lasciò il tempo di
rispondere che aveva già riattaccato.
Quando Elena arrivò alla palestra si
trovò davanti una strana scena.
Rebekah giaceva per terra, la pelle grigia inaridita ed un pugnale con
le
ceneri di quercia bianca infilato nel petto. Caroline e Matt la stavano
osservando in piedi, con sguardi pensierosi, come indecisi sul da farsi.
“Matt, Care! Cos’è
successo?” – chiese Elena raggiungendoli.
Caroline alzò le spalle.
“E’ una lunga storia. Rebekah non voleva darmi
ascolto sulle canzoni da mettere stasera ed abbiamo iniziato a
litigare, finché
… beh, non ha spezzato una scopa e ha cercato di
impalettarmi. A quel punto,
l’ho infilzata io. Non chiedermi come, si vede che davvero
non ne potevo più di
lei. Prima che potesse riprendersi, ho fatto qualche chiamata, e Matt
ha avuto
la brillante idea di andare a prendere il pugnale e rendere definitivo
il
lavoro.”
Elena alzò lo sguardo su Matt,
leggermente sconcertata.
Matt si strinse nelle spalle. “Ti ha
ucciso, Elena. E stava per uccidere anche
a me. E’ stata una bella soddisfazione.”
Elena sorrise, ed alzò un sopracciglio.
“Beh, per quello, ha avuto quel che
si meritava.”
Caroline piegò la testa di lato mentre
osservava il corpo disidratato di
Rebekah, ed i suoi occhi ebbero quasi un moto di compassione.
“Non lo trovate
triste? Alla fine, non riuscirà ad andare neanche a questo
ballo.”
***
“Bonnie” – la
salutò Damon, aprendo il portone della pensione Salvatore.
Bonnie si guardò un attimo intorno e
rispose piano. “Devo parlarti.
Possiamo farlo qui?”
Damon allargò le braccia e la
invitò a entrare. “Tutto solo nella grande
casa Salvatore.” Si sdraiò sul divano, il solito
drink alla mano e proseguì - “Stefan
è dovuto andare ad occuparsi di una … questione.
A quanto pare Barbie 1 ha
impalettato Barbie 2. O viceversa, se dobbiamo andare per
anzianità.” Alzò le
spalle e sorrise tra sé e sé mentre prendeva un
altro sorso - “Odio essermelo
perso.”
Bonnie lo guardò un attimo sconcertata,
poi scrollò le spalle e lo informò
del motivo per cui era lì - “Klaus è
venuto a cercarmi. Vuole fare
l’incantesimo stanotte. C’è la luna
piena e tutti saranno distratti dal ballo.”
Damon alzò gli occhi su di lei e
strinse un attimo lo sguardo. “Bene” –
mormorò,
buttando giù un altro sorso - “Ogni sera
è buona come un’altra.”
“Alla cava, preferisce stare lontano
dalla casa delle streghe, considerati
certi trascorsi.” – proseguì Bonnie
– “Sto andando là a porre il
confinamento.”
Damon la squadrò attentamente da sopra
il bicchiere - “Sei sicura di essere
capace di andar fino in fondo?”
Bonnie aveva lo sguardo fermo - “Lo sono.
E’ per Elena.”
Damon si alzò e posò il
proprio bicchiere sul tavolino. “Ok, allora. Ci
vediamo stasera.”
***
Elena finì di appuntarsi i capelli in
alto su un lato della nuca, così che
le restanti ciocche libere ricadessero su un lato della spalla. Si
sistemò
un’ultima volta il vestito, color avorio, che le cadeva
morbidamente sul corpo,
tagliato appena sotto la linea del seno da una fascia di seta.
Di colpo, sentì il cuore fermarsi. Non
aveva bisogno di voltarsi per
percepire la sua presenza.
“Hai finalmente deciso di parlarmi di
nuovo?” – domandò cercando di assumere
un tono sostenuto e mascherare il tremito nella voce.
Damon le si avvicinò, ed Elena si
costrinse infine a voltarsi a guardarlo.
“Ho solo pensato che avessi bisogno di
starmi lontana per un po’.” – le
rispose. Nei suoi occhi di ghiaccio c’era un’ombra
che Elena non riuscì a
definire.
Elena non sapeva cosa dire. Era vero, ne aveva
avuto bisogno. Eppure, aveva
anche avuto terribilmente bisogno di sentirlo accanto. Si morse
leggermente le
labbra, esitando prima di proseguire.
“… E’ stato un
attimo, Damon. Ero sconvolta.”
“Lo sei ancora?” – le
chiese, gli occhi inquieti che percorrevano i suoi.
Forse. Non lo sapeva. Ed averlo di nuovo
così vicino, con il suo sguardo su
di sé, le impediva di pensare chiaramente.
“Non lo so” –
mormorò Elena.
Rimasero a guardarsi, entrambi incerti se colmare
quella distanza che si
era creata tra loro, fino a quando Damon non strinse le labbra ed
abbassò lo
sguardo, voltandosi per andarsene.
Di fronte a quel gesto, Elena d’istinto,
senza pensare, lo afferrò per il
polso, e lo attirò verso di sé. Posò
l’altra mano sul suo volto, e si avvicinò
a sfiorare le sue labbra con le proprie. Lo percepì
immobilizzarsi per un
secondo, uno solo, nell’attimo in cui aveva avvertito le sue
labbra posarsi su
di lui.
Elena non sapeva se era giusto. Sapeva
solo che non poteva
essere così sbagliato.
E quando lui le serrò i fianchi con le
mani e la strinse contro di sé,
Elena non poté più trattenere se stessa dal
perdersi completamente in quel
bacio, perdersi in lui.
Damon sentì le sue mani scorrere sulla
sua nuca, ed affondare tra i suoi
capelli. Assaporò le sue labbra che lo cercavano, quasi come
un’invocazione, diventando
più assetate ad ogni bacio. Percepì il tremito
che percorse il suo corpo mentre
le mordeva delicatamente il labbro inferiore, e rabbrividì
quando le mani di
Elena vagarono a cercare il contatto della sua pelle appena sotto il
bordo
della sua camicia.
Le prese il volto tra le mani, e si
scostò appena da lei, solo quel tanto
che bastava per cercare il suo sguardo, improvvisamente bisognoso dei
suoi
occhi. Il suo respiro si spezzò per l’abbandono
che vi vide. In quel momento,
sapeva che le avrebbe dato tutto.
Le avrebbe davvero dato tutto.
Con uno sforzo incalcolabile, trovò le
sue mani e le fermò, stringendole forte
tra le proprie. Appoggiò la fronte alla sua, e sfiorando le
sue labbra le
sussurrò appena - “Non posso
…”
Prima che
Elena riuscisse a capire, o a trovare nuovamente il suo sguardo,
Damon era già sparito.
|
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Capitolo 14 *** Awareness ***
14.
Awareness
Elena non seppe per quanto tempo rimase immobile.
Se per qualche secondo, o
interi minuti. Potevano essere state ore, per quanto ne sapeva.
Non posso
Ne avvertiva ancora l’odore, il sapore,
la perdizione. L’assenza.
Ed era, semplicemente, come affogare
un’altra volta.
Come aveva potuto pensare, anche solo per un
secondo, che lui fosse
disposto a perdonarla per tutta la sofferenza che gli aveva causato,
per tutte
le volte che lo aveva allontanato, per tutto il tempo che gli aveva
negato il
suo amore solo perché troppo sbagliato, troppo intenso,
troppo totale.
Lo aveva lasciato andare, e sapeva che se lui aveva
deciso di andare
avanti, in fondo, era giusto così. Non poteva avere la
pretesa di essere ancora
il suo centro di gravità.
… non posso
essere egoista con te … Lei era l’egoista.
Io non ti merito
… Lei
non lo meritava.
Se n’era andato. Lo aveva perso.
“Elena …”
Elena alzò lo sguardo alla voce di
Jeremy, incerto sulla porta, nel suo bel
vestito elegante.
Jeremy la raggiunse e la scrutò,
decisamente preoccupato - “Elena, stai
bene?”
Elena si costrinse ad annuire, e si
sforzò al suo meglio di rivolgergli un
sorriso.
“Elena stai piangendo.”
Elena si passò le dita sulla guancia, e
si accorse che era davvero rigata
di lacrime. Rimase un attimo, con sguardo assente, ad osservare le dita
bagnate
di lacrime, prima di ritrovare la voce.
“Non è niente,
davvero” – mentì, non sapeva se a Jeremy
o a se stessa – “Sono
solo le stupide emozioni da vampiro. Starò bene in un
attimo, non preoccuparti.”
Con una voce che non sentiva come sua, aggiunse –
“Faremo tardi al ballo.”
***
“Stefan.”
Stefan alzò lo sguardo e vide Katherine,
appoggiata con le braccia conserte
sulla soglia della grande sala. Stefan si gettò fulmineo su
di lei e la incollò
al pavimento, una mano a bloccarle il polso e l’altra a
stringerle la gola.
“Non così violento”
– sussurrò Katherine – “Potrei
eccitarmi”. Con un solo
gesto, Katherine si liberò della sua presa e lo
scaraventò a terra, quindi si rialzò
con grazia.
“Dammi una sola buona ragione per cui non
dovrei ucciderti all’istante” –
ribatté Stefan in tono asciutto mentre si rialzava.
Katherine si portò un dito alle labbra e
sembrò pensarci. “Te ne do due.
Perché non ne saresti capace. E perché ho delle
informazioni che potrebbero
interessarti.”
Stefan si strinse le braccia al petto, guardandola
con espressione di
sfida. “Klaus ti ha di nuovo mandato a fare il doppio
gioco?”
“Klaus non sa che sono qui”
– rispose tranquillamente Katherine.
Stefan alzò gli occhi al cielo, prima di
tornare di nuovo a sostenere il
suo sguardo con decisione. “Se hai qualcosa da dire, dillo,
prima che ti
dimostri come la prima ragione non sia valida.”
Katherine sospirò. “Ti
ricordavo più paziente.” Si diresse svogliatamente
a
versarsi un drink, mentre proseguiva - “Pensavo ti
interessasse sapere che
Klaus ha intenzione di fare l’incantesimo su Elena.
Stanotte.” Prese un sorso e
lo scrutò da sopra il bicchiere.
Stefan si strinse nelle spalle. “Klaus
non sa come fare l’incantesimo.”
Katherine fece un mezzo sorriso, e
inclinò appena la testa di lato. “E’
questo che ti ha detto Damon? Beh, non mi sorprende. E’
sempre stato più
martire persino della tua ragazza.” – si
fermò un attimo a riflettere. “No,
scusa, mi correggo. Ex ragazza.”
Stefan strinse lo sguardo e la guardò
interrogativamente. “Di cosa stai
parlando?”
“Non ti ha detto neanche questo
vero?” – Katherine finì il proprio drink
e
posò il bicchiere, lasciando che le proprie dita
scivolassero attorno al suo
bordo. “Il solito Damon. Per far tornare Elena umana, Damon
deve morire.” Katherine
aggrottò leggermente la fronte. “Ha qualcosa a che
vedere con il fatto che è
stato il suo sangue a trasformarla. Roba da streghe, non chiedermi i
dettagli.”
– proseguì alzando quindi le spalle.
“In ogni caso …”
– continuò – “Ho solo pensato
che ti facesse piacere
saperlo, sai, nel caso avessi intenzione di fare qualcosa al
riguardo.” Si
avvicinò a lui e lo scrutò in attesa della sua
reazione.
Stefan teneva le braccia strette al petto, ed il
suo sguardo era
sospettoso. “Perché me lo stai dicendo?”
L’espressione di Katherine si fece
genuinamente sorpresa, considerata
l’ovvietà della risposta.
“Perché è tuo fratello, Stefan. Lo sai
che ti ho
sempre amato. E a mio modo, ho amato anche Damon.”
Posò il suo sguardo attento
su di lui. “Non farmene pentire.”
***
Caroline aveva fatto un lavoro letteralmente
incantevole. Fiori, piante,
viti e rampicanti finti pendevano dal tulle leggero che ricopriva il
soffitto e
le pareti, con una tale grazia da sembrare quasi veri, avvolgendo tutto
in una
strana atmosfera ovattata. Solo qua e là, il tutto era
interrotto da piccole
farfalle ricoperte di brillantini, che mandavano leggeri bagliori ogni
volta
che vi si posava la luce.
“Care, è stupendo!”
– esclamò Elena, alla vista della sua amica che le
veniva incontro sorridente, vestita di un leggero abito turchese.
“Vero? E’ perfetto per il
nostro ultimo ballo scolastico!” –
osservò con un
sorriso, prima di alzare le spalle – “In fondo,
dai, l’idea di Rebekah non era
così male.”
“Ehi, Matt.” – Jeremy
e Matt si salutarono con una leggera pacca sulla
spalla.
“Dov’è
Tyler?” – chiese Matt.
“Con alcuni ragazzi della squadra,
laggiù. Anzi, ora che ci penso vado a
reclamarlo per portarmi a ballare.” – rispose
Caroline con un sorriso, prima di
allontanarsi.
Jeremy si guardò attorno –
“E Bonnie?”
Matt si strinse nelle spalle –
“Non l’ho vista, amico.”
“Sarà con quel
Jamie.” – commentò Jeremy con una
smorfia – “Beh, vado a
prendere da bere.”
Elena si rivolse a Matt, posando le mani sulle sue
spalle come a lisciargli
il vestito – “Sei davvero affascinante stasera,
Matt.” Si avvicinò e gli
sussurrò nell’orecchio –
“Evelyn Fell non ti toglie gli occhi di dosso.”
Matt
si voltò esitante, e notò, in effetti, Evelyn
Fell sorridere nella sua
direzione e abbassare lo sguardo.
Matt sorrise, un po’ imbarazzato e un
po’ compiaciuto – “Beh, che vuoi
farci. Sono l’uomo perfetto per tutte le donne.”
Matt le porse la mano – “Mi
concedi il primo ballo?”
“Un ballo non può certo farmi
male.” – rispose Elena con un leggero
sorriso, accettando la mano che Matt che le stava porgendo.
Si mescolarono alla folla, e Matt le
posò una mano sul fianco, mentre Elena
gli cingeva il collo con le braccia.
“Sembri triste” –
osservò Matt.
Elena abbassò lo sguardo, non sapendo
bene cosa rispondere.
“Sono solo …”
– si bloccò per qualche secondo, scosse la testa,
e alzò di
nuovo gli occhi su di lui, sforzandosi di sorridere –
“Lascia stare.”
Matt alzò un sopracciglio, e la
guardò sospettoso - “Damon?”
Elena rimase leggermente sorpresa - “Come
lo sai?”
Matt si strinse le spalle - “Hai sempre
quello sguardo quando si tratta di
lui.”
Elena lo osservò con sincero affetto -
“Lo sai, mi rendo conto che, in
qualche modo, tu sei l’unico con cui riesco veramente a
parlare di lui. Non mi
hai mai giudicato.”
“Elena, ti conosco da sempre. Non
c’è niente da giudicare.” –
rispose
semplicemente Matt.
“L’ho perso, Matt”
– confessò Elena d’un fiato, ed il solo
dirlo ad alta
voce le fece stringere il cuore dolorosamente.
Matt la strinse un po’ a sé, e
restarono in silenzio, finché Matt non le
chiese solo - “Ma lo vuoi?”
A quella domanda, Elena avvertì una
strana consapevolezza dentro,
e non ebbe alcuna esitazione nel rispondere - “Più
di qualsiasi altra cosa.”
“E allora che aspetti?”
– le domandò Matt, aggrottando leggermente lo
sguardo – “Vai a riprendertelo.”
Elena rimase un secondo assorta. Poi,
si sentì sorridere, ed
immediatamente fu come se quel dolore, quella pena, quel senso di
perdita, si fossero
fatti più leggeri.
Diavolo, sì.
Avrebbe trovato il modo, e si sarebbe fatta
perdonare tutto il male che gli
aveva fatto. Non importava a quale costo, o quanto tempo ci sarebbe
voluto.
Lei era una Petrova, dopo tutto. Non aveva paura.
Sapeva che avrebbe dato tutto, e che avrebbe
lottato per lui.
***
Elena riagganciò, e compose nuovamente
il numero di Damon, ma, di nuovo,
rispose solo la segreteria.
“Maledizione” –
mormorò.
Stava per voltarsi e tornare dagli altri, ma non ne
ebbe il tempo.
Avvertì distintamente un brivido di
terrore correrle lungo la schiena, un
solo attimo prima di sentire il proprio collo spezzarsi e perdere i
sensi. Era stato
poco più di un sussurro, ma non poteva sbagliarsi, avrebbe
riconosciuto ovunque
quella voce, così carezzevole e agghiacciante.
“Hello,
sweetheart.”
Spazio autrice. Ed eccoci qua ... la nostra
Elena ne ha
fatta di strada, non credete?
Dico
solo che sto scrivendo il finale e, credetemi, non è
facile...
un
bacio e un grazie di cuore a chiunque mi segue/preferisce/ricorda e
soprattutto recensisce questa storia!
a
presto,
baci
|
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Capitolo 15 *** Seeking ***
15.
Seeking
Elena sbatté con lentezza le palpebre.
Avvertì una brezza
leggera soffiarle sul volto, e l’umidità della
terra appena sotto di lei.
Sapeva, disperatamente, che
doveva muoversi e fuggire da lì, ma quel pensiero si
scontrò con la realtà della sua estrema debolezza
fisica, con il suo intero corpo intorpidito e dolorante, come trafitto
ovunque da infiniti piccoli aghi. Immaginò che quelli
fossero gli effetti della verbena, effetti che prima d’ora
non aveva mai avuto modo di provare.
Con uno sforzo enorme,
voltò appena la testa di lato e cercò di
concentrare la sua mente così da poter afferrare qualsiasi
minimo dettaglio. Le bastò uno sguardo sbiadito per
riconoscere subito il posto, ancora così presente nei suoi
incubi, e sentì rinnovarsi un noto dolore quando riconobbe
il punto esatto dove era morta sua zia Jenna, e dove, per un
po’, era morta anche lei. Poco più in
là, intuì la presenza di un’ombra, che
mise vagamente a fuoco nella sagoma di una donna che non conosceva,
china sopra il corpo di una ragazza dai lunghi capelli scuri che le
ricordava Evelyn Fell.
Alzò lo sguardo, e
scorse, tra la nebbia della nuvole, una luna piena argentata che si
stagliava contro il nero della notte. Con quell’immagine
impressa, sentì le sue palpebre farsi nuovamente pesanti e
chiudersi sui suoi occhi.
Non seppe quanto tempo rimase
ferma, nell’oscurità, prima di iniziare, a poco a
poco, ad udire una voce recitare sommessamente parole che non riusciva
ad afferrare. Quando le riconobbe come familiare, avvertì
una leggera scarica di adrenalina, ed il suo cuore ebbe un moto di
ripresa.
Bonnie.
Provò a chiamarla,
ma, ancora una volta, il suo corpo sembrava non essere disposto a
collaborare e dalla sua bocca non ne uscì che un respiro
strozzato.
All’improvviso, si
sentì afferrare la mano con forza da un tocco che avrebbe
riconosciuto tra mille, e quel solo contatto le diede la forza di
aprire nuovamente gli occhi. Non vide altro, solo due iridi azzurre.
Voleva, con tutta se stessa, stringere la sua mano, ma tutto quello che
riuscì a fare fu solo muovere a malapena le dita.
Avvertì la sua voce,
bassa ma chiara, mentre le stringeva ancora più forte la
mano - “Andrà tutto bene.”
Con quelle parole in mente,
svenne di nuovo.
***
Elena conosce quella
conversazione, sa già come si svolgerà, ma i
contorni sono diversi, più sbiaditi. E non è una
strada buia e deserta. E’ nella sua camera. E’ a
casa.
Lo guarda con un
leggero sorriso e, come recitando delle battute già
conosciute, si sente chiedere - “Allora, Damon …
Dimmi. Cos’è che voglio?”
Si avvicina ed i suoi
occhi azzurri le guardano dentro, in un posto che neanche lei sa ben
definire, questo sconosciuto che non è uno sconosciuto, ma
l’uomo e vampiro che ama in un modo talmente assurdo da non
crederci neanche lei.
“Vuoi un
amore che ti divori. Vuoi passione … e avventura. Ed anche
un po’ di pericolo.”
Elena sorride
divertita. Le piace quel gioco. Le piace quella risposta.
Ma sente che
c’è qualcos’altro che vuole, che deve
chiedergli.
“Non hai mai
risposto alla mia domanda. Non ne hai avuto il tempo. Cosa vuoi
tu?”
Vede le sue labbra
curvarsi leggermente verso l'alto in un mezzo sorriso.
“L’ho fatto, Elena. Voglio che tu trovi tutto
quello che stai cercando. Dopo tutto, questo non è cambiato
molto.”
Non sa neanche lei
quale Elena stia parlando in quel momento. E’ Elena sedicenne
con tutta la vita ancora intatta. E’ Elena che ha perso tutto
e non ha più un punto fermo. E’ Elena rinata come
vampiro. Forse nessuna di loro, o forse tutte quante.
“Non
è un compito facile, quello che mi hai dato. Sapere, e
trovare, quello che sto cercando.”
“Non
è mai facile, Elena.”
***
Elena spalancò gli
occhi d’istinto e respirò avidamente.
Avvertì la stessa,
improvvisa, sensazione di ritorno da un luogo molto lontano che aveva
accompagnato il suo risveglio in transizione. Gli effetti della verbena
erano scomparsi. Si alzò a sedere di scattò e si
guardò attorno, il cuore che le martellava in petto con
forza.
Qualcosa non andava.
In lontananza, vide Stefan,
Tyler e Caroline fare del loro meglio per trattenere Klaus, mentre
Bonnie teneva le mani sopra un corpo disteso a terra, pronta a compiere
un nuovo incantesimo di essiccamento. Klaus lottava con forza, ed Elena
ebbe paura che gli altri non riuscissero a tenerlo fermo per il tempo
che era necessario.
Ma no, non era quello che stava
cercando.
Con un movimento agitato,
voltò lo sguardo di scatto, il suo cuore che non dava alcun
cenno di rallentare, mentre uno strano terrore si faceva strada dentro
di lei.
Lo vide, poco distante, sdraiato
a terra, la carnagione più pallida che mai, mentre la donna
che non conosceva si avvicinava e, di spalle, si chinava su di lui.
Vide un pugnale macchiato di
sangue abbandonato sulla terra umida.
Non ebbe il tempo di pensare.
Afferrò il pugnale e, con tutte le forze che
riuscì a trovare, lo affondò con forza nel fianco
della donna e lo tenne lì, spingendolo ancora più
a fondo, finché non la sentì esalare un ultimo
respiro soffocato e crollare a terra. Rimase un attimo, stordita, a
contemplare il corpo afflosciato, ma si riscosse subito da quello
strano torpore.
“Damon!”
Si gettò sul suo
corpo inerme, mentre sentiva in lontananza la sua stessa voce, come
fuori dal suo corpo, non riuscire a smettere di mormorare –
“No, no, no, no, no …”
Appoggiò una mano sul
suo volto e, come in trance, fece scorrere le dita sulle sue guance,
sul suo profilo, sulle sue labbra, tutto così bianco, freddo
e cinereo. Gli prese la mano e si lasciò andare, disfatta e
inerte, accanto a lui. Era come non avere più aria nei
polmoni, non avere più lacrime da versare, non avere
più niente di umano, solo il vuoto, dentro di sé.
Era come se fosse
morta anche lei.
Spazio autrice:
Prima di maledirmi … Ci sarà un epilogo a breve
dove verranno spiegate alcune cose, prometto.
Edit,
sul sogno di Elena. Visto che molte lo hanno chiesto …
L’ho lasciato ambiguo apposta, perché mi piace
pensarlo in più modi.
E’ Damon che le induce il sogno per farle capire
di non arrendersi e continuare a cercare.
E’ Elena che riflette con se stessa nell’immagine
di Damon, perché, in fondo, lui è una parte di
lei.
Ognuno
lo immagini come più preferisce …
Grazie per le vostre recensioni, spero che continuerete a recensire
numerose!
A
presto!
|
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Capitolo 16 *** Epilogue/Love ***
15.
Love
Quando Damon aprì gli occhi vide solo
un’immagine confusa. Talmente
familiare, però, che non aveva bisogno di mettere
completamente a fuoco per
riconoscerla.
“E’ questo il paradiso dei
vampiri?” – mormorò chiudendo nuovamente
gli
occhi.
La risata cristallina di Elena lo
risvegliò di nuovo - “No, temo di essere
solo io.”
Damon sentì un sorriso formarsi sulle
sue labbra, mentre rispondeva a bassa
voce - “Mi accontento comunque.”
“Tieni.” Prese il bicchiere
colmo di sangue che Elena gli stava porgendo e,
al primo sorso, sentì tornare abbastanza forze per mettere a
fuoco i dintorni.
Si rese conto di essere in camera sua, sdraiato sul grande letto, Elena
accanto
a lui.
La guardò con occhi interrogativi e
preoccupati - “Cos’è successo? Sei
… ?”
Elena lo aiutò a sistemarsi meglio sui
cuscini, prima di proseguire - “Sempre
un vampiro, sì. Cosa ti è saltato in mente,
Damon?” C’era dolcezza nella sua voce,
velata appena anche da una punta di apprensione.
Damon prese un altro sorso e lasciò
andare la testa all’indietro sul
cuscino. “Oh, lo sai. Fare l’eroe, salvare la
ragazza. Quelle cose lì.”
Elena lo guardò seria e
replicò in tono grave - “Sei tu quello ha avuto
bisogno
di essere salvato.”
Damon contrasse le labbra in una smorfia, e scosse
la testa. “Quante volte
devo dirlo? Non voglio essere salvato.”
“Beh, io non ho intenzione di lasciarti
molta scelta” – ribatté decisa
Elena.
Damon alzò lo sguardo su di lei, e
quando lo trovò, di fronte a quella
determinazione, non poté fare a meno di cogliere
l’ironia e lasciarsi sfuggire
un involontario accenno di sorriso.
“Questo è davvero un colpo
basso detto da te” – ammise, prima di bere
nuovamente.
Elena sorrise, prese il bicchiere ormai vuoto dalle
sue mani e lo posò sul
comodino, quindi si strinse a lui appoggiando la testa
nell’incavo del suo
collo. Pensava a quei terribili, lunghissimi, infiniti minuti in cui
era
rimasta immobile e inespressiva accanto a lui, prima che gli altri la
raggiungessero dopo essersi lasciati sfuggire Klaus. Pensava al senso
di
devastazione e annientamento che aveva provato, prima che Bonnie la
rassicurasse che tutto era andato secondo i piani. Pensava a quello, e
rifletteva
che, se all’idea di perderla per sempre, lui provava anche
solo lontanamente le
stesse cose … allora era molto più disposta,
anche se non a giustificare,
almeno a comprendere tanti dei suoi atteggiamenti.
Damon rimase un attimo assorto ad accarezzarle
lentamente i capelli, prima
di proseguire e chiederle, sospettoso - “Come …
hai fatto?”
“Bonnie.” – sorrise
tra sé Elena – “Stefan è
venuto al ballo ad avvertirmi e,
poco prima che Klaus mi rapisse, sono riuscita a parlare con Bonnie e
l’ho
convinta a non farlo. Per prendere tempo ed ingannare le apparenze,
durante l’incantesimo
ha rallentato il tuo processo di rigenerazione, senza però
bloccarlo del tutto,
come invece avrebbe dovuto. Ecco perché ci hai messo
così tanto a riprenderti. E’
stata brava, molto brava. Tanto che per un po’ mi hai
spaventato sul serio. Ma
tornerà tutto normale nel giro di poche ore.”
“Mi ha fregato ... Piccola streghetta
ingrata” – mormorò Damon tra i denti.
Elena alzò lo sguardo verso di lui e
proseguì, non sapeva se più
arrabbiata, preoccupata o semplicemente divertita - “Dice che
adesso siete
pari, e di non importunarla mai più con le tue insane
idee.”
Il voltò di Damon fu attraversato da un
ghigno beffardo. “Non posso assicurare
niente.”
Aggrottò leggermente la fronte.
“Perché Elena? … Avresti potuto …”
Elena lo interruppe, e gli prese il volto tra le
mani. “Non lo capisci?”
Damon posò la mano sulla sua, ed Elena
ne percepì il leggero tremito. I
suoi occhi scuri brillavano, fermi nei suoi, mentre proseguiva con voce
dolce –
“Non ho bisogno di nessuna strana magia nera per tornare
umana. Tu sei ciò a
cui mi sono aggrappata, ciò che mi ha fatto vedere
attraverso la mia parte
migliore, ed anche quella peggiore. Tu mi fai tornare umana.”
“Ti amo, Damon.”
Lo sguardo di Damon di fronte a quelle parole
andò a scuoterla nel profondo
in un modo che mai avrebbe immaginato. Stupore, smarrimento, speranza,
desiderio, bisogno … questo e molto altro
attraversò in quell’istante i suoi
occhi di ghiaccio, meno freddi e più ardenti che mai.
Elena appoggiò la fronte sulla sua e
mormorò di nuovo, come per
rassicurarlo che non fosse stata un’illusione –
“Ti amo.”
Mentre, ritrovando in un secondo tutte le forze,
Damon le stringeva forte i
fianchi per attirarla ancora più contro di sé, e
cercava le sue labbra per trovarvi
un nuovo, finora sconosciuto, senso di appagamento, Elena sapeva che
l’avrebbe
fatta soffrire, e resa felice ogni oltre immaginazione.
Perché lui la divorava, e al tempo
stesso la rigenerava ogni volta.
Sapeva che ci sarebbero stati fin troppi ostacoli
sulla strada, ostacoli
che a volte avrebbero affrontato insieme ed altre in cui lui avrebbe
ancora dato
di matto. Sapeva che non sarebbe mai stato facile, o meno esasperante,
intenso
e complicato di come era stato fino a quel momento. Sapeva che avevano
molte
sfide davanti a loro.
Ma al momento, ciò che importava era
altro. Erano le sue labbra, che
assaporavano, avide, ogni più nascosto angolo della sua
pelle. Era il suo
sguardo, perso dentro di lei. Erano
i
loro respiri, che si mischiavano e si rincorrevano, dopo essere stati
soffocati
troppo a lungo. Erano le sue mani, che esploravano, dolci e possessive,
la
geografia delle sue forme, andando a prendersi ciò che era
finalmente suo di
diritto. Il suo corpo, il suo intero essere.
Per tutto
il resto, avevano l’eternità.
Spazio autrice:
Spero
che vi sia piaciuto
il percorso che ho immaginato per Elena, almeno quanto a me
è piaciuto
scriverlo.
Si
sa che Damon, a
differenza di Stefan, ha ritrovato la sua umanità proprio
grazie a Elena, e mi
piaceva pensare che, in un certo senso, può essere
così anche per lei.
Spero
che tutto abbia un
senso, ma se ci sono punti (anche nella successione degli eventi finali
che,
per lasciarvi un pochino più sulle spine, ho volutamente
mescolato e omesso)
che non vi sono chiari, non esitate a recensire e risponderò
al mio meglio a
tutte le vostre domande.
Spero
anche che vi sia
piaciuta la svolta che ho dato ad Elena, e che l’abbiate
comunque trovata
coerente. La verità è che io nel suo personaggio
vedo del carattere e della determinazione
di fondo, solo che lei, sempre sballottata qua e là, non ha
ancora avuto modo
di esplorarlo e mostrarlo a dovere, e spero che la 4° stagione
ci dia
finalmente un’eroina più decisa e consapevole di
quello che è e, soprattutto,
di quello che vuole. Plecca, ti prego, non mi deludere.
Di
solito non sono una grande fan dei finali sdolcinati, ma mi sembrava
giusto che i due avessero almeno un momento di
felicità
… anche se qualcosa mi dice che la nostra coppia preferita
ne dovrà davvero
affrontare molte.
Ringrazio
sentitamente
tutti voi che mi avete seguito e soprattutto recensito! Anzi, vi invito
nuovamente a lasciare una recensione, sia critica che positiva, ci
vuole davvero poco e rende felice chi ha scritto questa storia ... ;)
E’
stato un
bell’esperimento scrivere questa ff, un esperimento che forse
avrò voglia di
ripetere, non si sa mai … E’ ancora lunga da qui a
ottobre!
Un
bacio e
un abbraccio a
tutte!
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