Gankutsuou - Sorrows

di Pendragon of the Elves
(/viewuser.php?uid=186359)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Edmond Dantés - Time of Dying ***
Capitolo 2: *** Haidée - Pain ***



Capitolo 1
*** Edmond Dantés - Time of Dying ***


Edmond Dantés - Time of Dying


Erano ore? Giorni? O forse anni? Non lo sapeva più: aveva cessato di contare il tempo graffiando il muro. La testa gli pulsava del lacerante dolore dalle sue stesse grida che ora erano spente tra le crudeli mura del Chateu d'If.
Sentiva come se per ogni parte del suo corpo s'irradiasse dolore. Sembrava che ogni suo osso si fosse spezzato, ogni suo muscolo fosse consumato dalle fiamme e la sua pelle dilaniata da mille pugnali. Si era scagliato più volte contro le sbarre, aveva calciato con forza il pavimento e alla fine, al culmine delle disperazione, aveva sbattuto a piena potenza la testa contro il muro, come volesse spaccarla. Poi, quando l'accesso era terminato, era collassato a terra. Ora gli doleva tutto: era come se il suo intero corpo fosse un unico, indissolubile fascio di dolore. E non aveva più forza, neanche per rialzarsi.

On the ground I lay
Motionless in pain

E in quelle ore, col sangue rappreso sugli occhi e sulla fronte, immerso nel buio ed il silenzio, ritornava con la memoria, ai suoi giorni felici a Marsiglia, a Mercedes e al momento in cui l'avevano portato via: non avrebbe mai dimenticato i suoi occhi in quel momento.
E ogni volta che ci pensava, desiderava soltanto tornare indietro, per poter stare ancora accanto a lei.

I can see my life flashing before my eyes

Si disperava, nella sua impotenza, non essere riuscito a fuggire e, nella sua innocenza, di non essere riuscito ancora a capire per quale motivo l'avessero condannato. Non riusciva ancora a credere a quello che gli era capitato: lui, che sempre si era fidato della giustizia, che sempre aveva ritenuto degno di fede il suo paese, ora questo lo condannava per un crimine che non aveva commesso. Aveva aspettato col cuore in gola di sentire il chiavistello schioccare, la porta della sua cella aprirsi; aveva aspettato che qualcuno venisse a salvarlo, ma aveva aspettato invano, nel silenzio più completo. Non sapeva per quanto aveva atteso con la speranza nel cuore. Il suo fisico si era deteriorato, i suoi denti erano marciti, la barba e i capelli erano cresciuti incolti e selvaggi nel frattempo. Ma nessuno era ancora venuto a portarlo via.
A volte tentava di convincersi che era soltanto un brutto sogno ma il dolore che era ormai diventato la sua unica percezione e il duro e freddo pavimento sotto di lui erano la terribile prova di quella straziante realtà. E anche se la sua testa picchiava contro la parete con una forza tale da fargli vedere le stelle, quell'incubo non si dissolveva e continuava ad esistere: non poteva sfuggirgli.
Perché? Perché gli era successo tutto questo?

Did I fall asleep?
Is this all a dream
Wake me up, I'm living a nightmare

Ma non poteva morire lì: voleva rivedere Mercedes, doveva rivederla, almeno una volta. Non poteva andarsene senza salutarla un'ultima volta. Il ricordo del suo dolce sorriso era l'unica luce di speranza che riusciva a schiarire le tenebre della sua disperazione. Doveva vivere, doveva farlo per lei.

I will not die
I will survive

Quando la disperazione scemava e nella sua mete tornava un po' di lucidità, era il ricordo della sua amata a donargli la forza, se non di sperare, almeno di sognare la libertà: aspettava solo il giorno in cui la porta della sua cella si fosse aperta e, avvolta nella ormai dimenticata luce dorata del sole, gli sarebbe apparsa Mercedes, vestita d'azzurro con in testa il suo cappello preferito a tesa larga che, un giorno, il vento aveva trascinato lontano verso il mare. Nel candore del ricordo e l'amore non dimenticato, aspettava nel buio, attendendo la salvezza. Era quello che gli dava la forza ogni giorno di tenere gli occhi aperti su quella realtà.

I will not die, I'll wait here for you
I feel alive, when you're beside me
I will not die, I'll wait here for you
In my time of dying

 

Ma troppo tempo era passato e anche le più remote speranza, dopo una vita nel buio si spengono e muoiono, consumate dall'umidità e dalla disperazione. Il volto di Mercedes non era che un ricordo, un fantasma, le cui sembianze gli parevano sempre più consumate ed indistinte.
E lo spirito, privato di ogni forza, riusciva ancora soltanto a pensare, colmo di rancore, al tempo sottrattogli che continuava a passare e alla sua vita che il mondo aveva dimenticato. La cella diveniva un focolare ed il suo corpo, ancora immobile per terra come un ciocco nel camino, ardeva internamente d'ira furibonda.


On this bed I lay
Losing everything
I can see my life passing me by

Il tempo la fuori passava inesorabilmente. Gli anni continuavano a passare, attorno a quella prigione i pianeti continuavano ad orbitare, le stelle continuavano a nascere a spegnersi nell'infinito ciclo della vita.
Perché tutto il resto mutava e lui era ancora lì, nel buio e nel silenzio, in bilico tra la vita a la morte, senza più nulla tranne la coscienza per capire di essere spacciato e che fosse troppo tardi per lui per implorare la salvezza? Perché continuava a soffrire così?
Ormai era tardi per sperare, era tardi per pensare ad una vita fuori di li: sarebbe rimasto imprigionato per sempre, che senso aveva continuare ad esistere se era come fosse già morto? Se doveva continuare a vivere con quella verità nel cuore, preferiva la morte, perché ormai solo quella lo avrebbe sottratto a quell'incubo.


Was it all too much
Or just not enough
Wake me up, I'm living a nightmare


Con le ultime forze dei disperati, prese a sbattere la testa contro il muro. Il sangue spillava dalla fronte, gli colava dal mento e macchiava le pareti. Voleva solo che la sua mente si spegnesse in quell'istante, in quel momento, contro quel muro.
Ma faceva male, faceva troppo male. E ancora di più il fatto che mentre lui era lì a buttare ciò che di più prezioso gli era rimasto, il responsabile di quella disgrazia era ancora fuori, libero e felice a godere alle sue spalle. Il pensiero lo folgorò come mai prima di allora. Si accasciò distrutto contro la parete, gli occhi stravolti a fissare il buio.
No, non desiderata più la salvezza, non desiderava più neanche la morte: voleva solo sopravvivere ed uscire di. Voleva tornare nel mondo e trovare il colpevole di tutto ciò che aveva subito. E, quando lo avrebbe trovato, il dolore che aveva provato finora non sarebbe stato nulla in confronto a quello che gli avrebbe inflitto. Non desiderava altro, non voleva speranza, non voleva salvezza, non voleva assoluzione. Voleva una cosa ed una cosa sola: la vendetta. E non sarebbe morto prima di averla ottenuta.

I will not die
I will survive


Fu in quel momento che sentì una voce. Non sapeva da dove provenisse o se se la fosse immaginata, fatto sta che era ovunque, rimbombava su ogni muro, risuonava nella sua testa. Così potente, così immensa e terribile tanto che neanche la voce di Dio avrebbe potuto uguagliarla. Così tonante da scuotere l'intero Chateu d'If come le sue grida mai avevano potuto. Diceva: «Amico mio».
Quando aprì gli occhi, attorno a lui c'era soltanto luce. E, dinnanzi a lui, immersa nella luce, una figura crocifissa, simile nella posa al figlio di Dio ma diverso e terribile nell'aspetto: un cumulo di ossa e stracci entro il quale balenavano lampi verdi e violacei. Una figura così misera e terribile che, però, recava in se una vita ed una volontà potenti.
Neanche per un istante pensò che non fosse un'immagine di salvezza, neanche per un istante dubitò del suo potere.
«Amico mio», ripeteva, «qual è il desiderio del tuo cuore?».
«Voglio trovare quelli che mi hanno fatto questo, quelli che mi hanno condotto alla rovina…», la sua voce era salda e sicura, anche se suonava roca nella gola secca, raschiata dalla continue grida che da troppo tempo non modulava suoni umani, «E quando li troverò… donerò loro la più crudele e terribile punizione che si possa immaginare!».
Sentiva il fervore e una nuova forza crescere dentro di lui, una volontà terribile gli lambiva il cuore, tanto violenta da non avere più nulla di umano.
Levò le braccia al cielo e gridò terribili parole:«Non darò loro neanche il sollievo della morte perché quello che meritano è la sofferenza eterna!».

I will not die, I'll wait here for you
I feel alive, when you're beside me
I will not die, I'll wait here for you
In my time of dying

 

«Per mille anni ho atteso dentro questo corpo per l'arrivo di un'uomo come te», disse la voce.
Nell'oscurità di quella figura si aprirono due buchi luminosi. E lui si ritrovò a fissare due terribili occhi infuocati: non avrebbe potuto immaginare quanto i suoi stessi occhi assomigliassero a quelli in quel momento.
«Io sono con te», disse lentamente la figura, «e tu sei con me».
Le sua parole lo facevano fremere sempre di più, più continuava a fissarla, più sentiva una nuova forza nascergli in corpo, i suoi occhi catturati da quella visione. Ormai, non avrebbe più potuto volgere altrove lo sguardo.
«A te dono le mie conoscenze ed il mio potere. E a me, dona il tuo corpo e la tua anima!», il suo tono era terribile e potente.
In quella voce c'era qualcosa di perverso e vorace che avrebbe fatto tremare di terrore chiunque. Ma lui non temette nemmeno per un istante perché vi riconosceva le esigenze del suo stesso spirito.
«Accetto!»
Una crepa distorse il sorriso maligno e crudele che si era formato sul volto della figura. L'apparizione si incrinò ed esplose con un gran boato ed una più intensa esplosione di luce.
Edmond si sentì avvolgere da una forza estranea ed aliena. Una fiamma gelida infine gli ghermì il cuore. Non tentò neanche un momento di resistergli mentre ascoltava in silenzio il suo corpo cambiare, il suo battito fermarsi, il suo spirito venire irrimediabilmente sigillato e l'essenza della creatura che si fondeva con esso. E per quanto si sentisse freddo dentro, sentiva nascere in lui una forza che mai aveva posseduto in vita.
Una risata terribile risuono nella sua testa e, sulla sua fronte, si aprirono due enormi, spaventosi occhi viola.

I will not die, I'll wait here for you
I feel alive, when you're beside me
I will not die, I'll wait here for you
In my time of dying

Quella era la sua nuova forza, quello era il suo nuovo scopo, quella era la sua nuova vita, quello era il suo nuovo Dio. Quello era Gankutsuou. E quella era stata una sua scelta.



                           


____________________________________________________________________________________________________________________________

Salve a tutti! Questo era il mio primo esperimento di Song Fic, dedicato all'anime Gankutsuou, tratto dal grandioso romanzo di Dumas (che invito tutti gli appassionati di questo anime a leggere).
Come già anticipato nella descrizione, questa è una raccolta si song fic. Cercherò di ripercorrere la trama dell'anime attraverso i testi musicali dei fantastici Three Days Grace ma non posso fare miracoli e non ripercorrerò tutta la storia, inserirò solo le fic in ordine cronologico, per quanto possibile. Essendo una raccolta, avverto che non aggiornerò regolarmente (sorry) ma accetterò volentieri vostre recensioni e suggerimenti.
Per ora, posso offrirvi solo queste parole: "Attendete e Sperate!".
A presto! ^ ^

Pendragon of the Elves


P.S.: Una curiosità: questa è la quinta fanfiction in questa sezione e, un'altra mia storia ("Innocent Romance") è stata la quinta nella sezione del "conte di Montecristo". Coincidenza? Il conte crede di no! xD



[Non possiedo i diritti per le lyrics e nemmeno per le immagini (questa è un fotogramma del cartone)].
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Haidée - Pain ***


Haidée - Pain

Dolore. Dolore e paura: due sensazioni che aveva provato troppe volte, troppo intensamente in quei giorni. Aveva aveva assistito a degli orrori che nemmeno un adulto avrebbe potuto sopportare senza impazzire. Aveva subito affronti che mai la sua famiglia, una dinastia nobile fra le più nobili ed antiche, avrebbe potuto pensare. E aveva visto cose terribili, cose che una bambina come lei non avrebbe mai potuto immaginare, neanche nella più pura sublimazione dei propri incubi. Perché i bambini sono innocenti, le loro paure, forse, ingenue: era il mondo in cui erano nati che era più crudele di quanto avrebbero mai potuto pensare. In questa ingenuità, in questa innocenza.
Aveva visto morire suo padre per mano di traditori, senza poter fare nulla per reagire. Aveva visto lei e sua madre in catene, ridotte in schiavitù, vendute ad un mercante come bestie. E aveva visto la regina di Janina, la più splendida donna che il pianeta potesse vantare, perdere tutta la dignità faticosamente mantenuta. Aveva sentito le sue grida lacerale le orecchie, aveva assistito ai suoi vani tentativi di ribellione, aveva assistito immobile fino a che tutte le forze non avevano abbandonato quel corpo nudo e violato. E alla fine, vedendo quegli occhi spenti, aveva capito che avevano perso tutto. Aveva visto sua madre che, con gesti lenti e solenni, aveva afferrato il pugnale e, senza esitazione, si era lacerata le carni, il sangue rosso spillava come da una sorgente. Poi, con le ultime forze rimaste, si era trascinata fino a lei e le aveva detto:«Se mai sarai sul punto di essere disonorata, poni fine alla tua vita Haidèe… con questo». Aveva visto le sue dita insanguinate porgerle, come ultimo gesto, la lama che si era appena presa la sua vita. L'ultimo gesto di sua madre, era stato regalarle l'unico mezzo di salvezza da quella condizione: sua madre le donava la morte.
La vita, dopo quello, era diventata terribile eppure, pian piano, Haidèe divenne sorda alla malvagità che vedeva e ogni desiderio di salvezza svaniva. Quello che non svaniva era il terribile ricordo della fine della sua città e di sua madre ma ormai, spenta e rassegnata com'era, non le provocava più alcuna emozione: ormai pensava di non essere più capace di provare nulla.
Viveva in un mondo fatto di incubi e l'unica cosa che le faceva capire di essere ancora viva era il dolore: concentrandosi su quello, si rendeva finalmente conto di essere viva. Non c'era nulla di dolce, nulla di poetico: solo il rude e grezzo dolore. Era diventato l'unica prova della sua esistenza.

Pain, without love
Pain, I can't get enough
Pain, I like it rough
'Cause I'd rather feel pain than nothing at all

La vita aveva solo il sapore del sangue, la sua regalità cancellata assieme ai suoi sogni dal marchio che le bruciava sul collo e le pesava sempre, costantemente addosso, come una gogna. I giorni passavano tutti uguali sotto il sole cocente, per le vie del mercato a cuocere nella polvere come dei pezzi di carne. A volte, il ferro delle catene si arroventava a tal punto da bruciarle la pelle. Ma lei non si lamentava: il suo corpo ormai era morto, un semplice contenitore di carne. Il mondo poteva accanirsi quanto voleva su quel povero corpo, tanto il dolore che poteva infliggerle non poteva superare l'assordante grido del suo spirito ferito. Nulla ora avrebbe potuto guarire quell'anima avvelenata.
A vederla da fuori, Haidèe sembrava una semplice bambina magra ed esangue, debole e senza vita, una bambina schiava come tutte. Ma, se solo si fossero guardati i suoi occhi, oltre la rassegnazione, si sarebbero viste ancora fiamme di fuoco e rabbia che ardevano dentro di loro. Haidèe sapeva che ben presto, quando qualcuno l'avrebbe comprata, ogni sua volontà si sarebbe stata spenta e ridotta in cenere, avrebbe abbandonato il suo spirito come la vita era scivolata via dagli occhi di sua madre.
Così, aspettava nella polvere, vedendo passare su di se gli sguardi impietosi degli avventori, lasciandoseli scivolare addosso senza reagire, cercando di non pensarci ma sentendo in fondo all'animo, odio incondizionato verso ogni suo possibile compratore perché sapeva che sarebbe stato per mano sua che sarebbe stata privata di ogni libertà. E quando il momento, se avesse avuto ancora anche solo un briciolo di onore, avrebbe estratto la lama che teneva appesa al collo, ancora macchiata dal sangue di sua madre, e l'avrebbe fatta finita, una volta e per sempre.

Quel giorno non era diverso dagli altri. Il sole picchiava forte sulla strada come volesse spaccare la terra. La sbatterono in quel inferno con malagrazia, prendendola per i capelli. Non oppose resistenza. Lasciata sotto quel calore, restava immobile a capo chino, ascoltando il rumore delle raffiche di vento afoso che spazzavano la polvere sollevandola fino al cielo.
Ad un certo punto, però, alzò lo sguardo sulla strada. Tra le raffiche di sabbia e l'accecante luce del sole, vide delinearsi una figura nera, oscura come un presagio di tempesta. Era sfocata a causa del calore del sole che faceva vibrare l'aria, dando l'impressione di ave creato un miraggio. Eppure il miraggio, continuava ad avvicinarsi e a definirsi sempre più fino a divenire la figura di un uomo. Era alto, con un cappello a cilindro in testa, completamente avvolto in un fluttuante mantello nero che garriva al vento nobile come una bandiera, terribile come un incubo. In tutto quel nero si scorgeva tra i lunghi capelli, un viso dalla pelle blu, pallido, ed un paio di labbra esangui. Incedeva senza esitazione verso di lei, la sua sagoma che gettava ombra mentre procedeva.
Un brivido le attraversò il corpo quando sentì i suoi occhi su di lei. Le si fermò dinnanzi, la luce del sole fu completamente oscurata dalla sua figura. In un istante seppe che quello era il momento, e che era inevitabile: sarebbe stato lui l'uomo che l'avrebbe privata della sua vita. Nel suo cuore cresceva impetuosa la paura. Ma non poteva  farci nulla. Strinse forte il pugnale che portava al collo, sapendo che presto lo avrebbe usato, e alzò verso gli occhi gelidi dell'uomo lo sguardo ardente di furia ed odio, come quello di un cane bastonato ma incattivito.
Inaspettatamente, uomo le sorrise, un sorriso cordiale, non di compatimento ma di comprensione. E quando le parlò, la sua voce profonda e gutturale penetrò in ogni fibra del suo corpo, rimbombandole nella testa, sovrastando addirittura il fracasso del vento e il dolore sulla sua pelle, la fece tramare come una foglia scossa dalla tempesta. Perché parlavano di lei, non a lei.
«Bambina, nei tuoi occhi vedo una forza che gli occhi di una semplice schiava non potrebbero possedere, delle emozioni che una bambina non dovrebbe provare. Ma io riesco a capire come ti senti. Sei distrutta da questa realtà ignobile, una condizione che non meritavi, vero? Capisci che la tua sorte è segnata e cerchi di sopprimere ogni tua forza di ribellione, annegare i tuoi sentimenti, come loro hanno fatto con te. Ma io so cosa cova ancora il tuo animo, il terribile desiderio che ti infiamma gli occhi, mia principessa». I suoi occhi divennero più taglienti, eppure il su tono non cambiò, neppure per pronunciare quelle terribili parole, «So che quanto ti si si agita nel cuore, è la vendetta».
Haidèe lo fissò intensamente, sorpresa: in quegli occhi ferini, uno rosso ed uno giallo, si leggevano dolore e odio, profondi e gelidi più dello spazio, ancora più immensi e sconfinati. Terribili. Riuscì a scorgere fin dentro il suo cuore un piaga terribile che nulla, più nulla di quel mondo, avrebbe mai potuto curare. Ciò che esigeva era una terribile e agghiacciante richiesta.
Sentì che avrebbe dovuto provare paura, avrebbe dovuto spaventarsi, rifiutare quel pensiero come si schivano gli appestati, eppure non ci riusciva. Era affascinata da quell'uomo, dal suo tono di voce profondo, anche se terribile, da quegli occhi crudeli eppure partecipi del suo stesso dolore, da quella personalità spaventosa e malata che si protendeva per aiutarla: ormai era incantata, come un topino tra le spire mortali del pitone. E pure con tutta l'immoralità che trasudava, era l'essere più sensibile che incontrava da tanto, troppo tempo. Si ritrovò a pensare che, se quell'uomo l'avesse presa con se, non sarebbe stato troppo male. Poteva essere… che non fossero così diversi, dopotutto?
«So fin troppo bene come ti senti, è successa la stessa cosa a me, tanti anni fa, e sto ancora cercando la mia vendetta. E anche tu, piccola principessina, anche tu la brami vero?», disse l'uomo; ormai Haidèe era ammaliata dai riflessi incantatori di quegli occhi e le sue orecchie erano piene delle sue parole.
«Sei stufa di questa vita, non è vero? Anche tu, come me, sei una vittima della giustizia malata di questo mondo maledetto».
"Sì… sì…", Haidèe non riusciva a pensare ad altro, catturata da quella logica fredda.
«Ma io, io ho il potere di porre fine a tutto questo, di portare nel mondo la mia giustizia,», una sorta di eccitazione feroce sopita nella sua voce, rintanata come una fiera in quella grotta oscura che era la sua gola, «e porterò giustizia anche a coloro che ti hanno fatto questo, se lo desidererai».
Haidèe lo fissava impotente, completamente preda della potenza di quelle parole. Il suo cuore era infiammato della stasa rabbia di quegli occhi lampeggianti.
I suoi canini aguzzi scintillarono come diamanti tra quelle labbra esangui.
«Anche io avevo quello sguardo, rivedo nei tuoi i miei stessi occhi. Non sei la sola in questo mondo crudele, principessina, non sei la sola…».
Si inginocchiò di fronte a lei e le tese la mano affusolata: unghie lunghe e nere puntate contro di lei.
«Vieni con me, se cerchi giustizia».

You're sick of feeling numb
You're not the only one
I'll take you by the hand
And I'll show you a world that you can understand

Haidèe fissò quella mano, la mano che per la prima volta dopo mesi di agonia le veniva tesa promettendo aiuto.
«Questa vita, non è giusta, mia principessina», continuò l'uomo, con sofferenza profonda negli occhi, «è ingiusta e piena di dolore, senza mai una luce a rischiarare le tue tenebre. Dammi la mano, e sarò io a portarti la luce».

This life is filled with hurt
When happiness doesn't work
Trust me and take my hand
When the lights go out you will understand

Haidèe fissò ancora quegli occhi: limpidi e trasparenti ma, sotto quella superficie, riusciva a vedere le tenebre di dolore e frustrazione che vorticavano densi, calmi e terribili, in attesa del momento in cui avrebbero soddisfatto il loro piacere col sangue. Quella non era rabbia, rabbia che esplode in un momento lasciando poi dubbi e rimorsi, quello era odio, odio vero, odio puro, odio che cova celato per anni dentro al cuore, fino ad avvelenarlo e corroderlo dall'interno, fino a mutare uno spirito, a corrompere la coscienza. Quello era odio, un proposito fisso di morte e vendetta.
Nel riflesso di quella nuvole oscura, c'erano i suoi stessi occhi. Specchiandovici, riconobbe la stessa tenebra vorticare nei suoi. E capì che quello che l'uomo le proponeva, era esattamente ciò che desiderava. In un attimo, tutto il dolore provato i  quei mesi, in quei terribili mesi dominati dalla morte e dalla rassegnazione, tornò a galla, più intenso di prima. Lo rivisse tutto, tutto in una volta. Lo assaporò goccia per goccia, intensamente fino a condensarlo nel cuore e conservarlo li per il momento in cui lo avrebbe riversato sul responsabile di tutto quello che aveva patito.
Voleva giustizia, voleva rivincita. Voleva vendetta.

Pain, without love
Pain, I can't get enough
Pain, I like it rough
'Cause I'd rather feel pain than nothing at all
Pain, without love
Pain, I can't get enough
Pain, I like it rough
'Cause I'd rather feel pain than nothing at all

Con assoluta risoluzione, afferrò quella fredda mano e la strinse con forza, abbracciando quella sua strada verso la salvezza e la dannazione. Abbracciò quella rabbia, quel dolore e siglò il silenzioso patto con lo sconosciuto che le aveva promesso giustizia.
«Il tuo giovane cuore è già stato avvelenato dalla crudeltà di questo mondo», sussurrò l'uomo sorridendo, triste e feroce nello stesso momento, «Ma farai di questo odio, di questa rabbia la tua forza e, con questo ardore, porterai la tua giustizia e farai sentire la tua voce».
Prese la sua piccola manina tra le sue dita come artigli, chiudendola come in una gabbia di ghiaccio, «Fidati di me, ho un piano e ora ne farai parte anche tu. So che potrai capirlo, mia piccola principessa, perché hai un cuore di tenebra come il mio. Fai del dolore la tua forza, le tue ali e liberati da questa gabbia di miseria, io ti porgerò la chiave».

Anger and agony
Are better than misery
Trust me I've got a plan
When the lights go off you will understand

«Io…», mormorò Haidèe, «vivrò questo dolore, aspettando quel momento».
E ora, i suoi occhi ardevano esattamente come quelli dello sconosciuto.

Pain, without love
Pain, I can't get enough
Pain, I like it rough
'Cause I'd rather feel pain than nothing at all
Pain, without love
Pain, I can't get enough
Pain, I like it rough
'Cause I'd rather feel pain than nothing
Rather feel pain

 

L'uomo si tolse il cilindro e le baciò la mano. Le sua labbra erano fredde come le sue mani, ma ardevano sulla sua pelle come le parole che pronunciava e la volontà che le animava. Quando tornò a fissarla, i suoi occhi erano pieni di compassione.
«Sei ancora così giovane, principessina, eppure già così addolorata, già così distrutta… che mondo è questo per ridurre in questo modo un così bel fiore? Vedo il tuo spirito sanguinare, mio piccolo fiore: questo mondo ti ha sottratto il candore dei tuoi petali e tu, con la tua rabbia, li hai tinti di scarlatto. Ma non devi temere ora, perché ti porterò via da qui e ti insegnerò a mettere le tue spine, ti insegnerò a spruzzare veleno e a confondere e ingannare tutti quelli che ti stanno attorno. Ti insegnerò a vivere, principessina, e poi sarai libera. Sarà doloroso, per un'anima giovane come la tua, perché sei costretta a camminare nell'oscurità. Ma so che, alla fine, mi ringrazierai».

I know
That you're wounded
You know
That I'm here to save you
You know
I'm always here for you
I know
That you'll thank me later

 

Haidèe, annuì, senza sapere che, alla fine, quello che credeva di desiderare, sarebbe diventata la sua più grande sofferenza; senza sapere che quello che considerava come il mezzo per la salvezza sarebbe diventata la cosa che più di tutte avrebbe voluto salvare; senza sapere che, poi, non sarebbe mai riuscita a salvarlo. Ma come avrebbe potuto saperlo, che abbracciando quel desiderio, abbracciando quella che le sembrava la salvezza, abbracciava solo dolore?


Pain, without love
Pain, can't get enough
Pain, I like it rough
'Cause I'd rather feel pain than nothing at all
Pain, without love
Pain, I can't get enough
Pain, I like it rough
'Cause I'd rather feel pain than nothing at all
Pain, without love
Pain, I can't get enough
Pain, I like it rough
'Cause I'd rather feel pain than nothing at all
Rather feel pain than nothing at all
Rather feel pain




 


______________________________________________________________________________________________________________


Eccomi qui, scusate il ritardo: ci ho messo davvero molto a scrivere questa seconda One-Shot. Diciamo pure che uno "shot" me lo sarei sparato io in testa: ogni volta che dicevo eccomi qua, cominciamo a scrivere questa benedetta storiella mi sentivo mancare perchè non sapevo come renderla. Alla fine ce l'ho fatta: l'ho appena finita e la pubblico ora, prima che mi vengano atroci ripensamenti. La vorei dedicare a tutte le fan di Haidèe, sia nell'anime che nel romanzo di Dumas (che invito tutti a leggere)
Ringrazio di cuore tutti coloro che la leggeranno e, in particolare, Hamber of the Elves ed eldarion che hanno recensito la storia precedente e inserito questa raccolta ra le seguite: grazie, ragazze! ^ ^
Alla prossima!


Pendragon of the Elves


P.S.: Cercherò di scriverne almeno una ogni due mesi, prometto! Dx
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1074282