La Scatola

di alphaba
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** uno. ***
Capitolo 2: *** due. ***
Capitolo 3: *** tre. ***
Capitolo 4: *** quattro. ***
Capitolo 5: *** cinque. ***
Capitolo 6: *** sei. ***
Capitolo 7: *** sette. ***
Capitolo 8: *** otto. ***
Capitolo 9: *** nove. ***
Capitolo 10: *** dieci. ***
Capitolo 11: *** undici. ***
Capitolo 12: *** dodici. ***
Capitolo 13: *** tredici. ***
Capitolo 14: *** quattordici. ***
Capitolo 15: *** quindici. ***
Capitolo 16: *** sedici. ***
Capitolo 17: *** diciassette. ***
Capitolo 18: *** diciotto. ***
Capitolo 19: *** diciannove. ***



Capitolo 1
*** uno. ***


Uno.

 

Erano le due del mattino quando ho visto mia madre morire, stavo rientrando da un’uscita con le amiche quando dalla finestra ho visto mia madre lottare con un uomo. Era brava, non sapevo combattesse, ma non ha avuto la meglio. Un secondo uomo è entrato nella stanza e le ha rotto l’osso del collo. È successo tutto così velocemente. Non ho fatto in tempo a capire quello che stava accadendo all’interno della casa che qualcuno mi ha colpito alla testa e infilata in un furgone.  Quando mi sono svegliata, ero in una stanza buia, silenziosa, senza finestre.  

- c’è nessuno? – chiedo, aspettandomi una risposta, forse sto sognando, tra un po’ aprirò gli occhi e mi troverò nel mio letto, nella mia casa. Invece non mi sveglio e il panico inizia a salire dal mio stomaco. Cerco una porta ma non la vedo, non c’è nulla, solo quella che dev’essere la conduttura che porta aria nella stanza sul soffitto troppo alto, sono in trappola. Mi siedo sul bordo della branda e mi faccio prendere dal panico, ripenso a quello che ho visto, cerco di capire che sta succedendo quando una voce irrompe nella stanza.

- ­­ciao psi, bentornata a casa. Tra non molto l’addetto all’orientamento verrà nella tua stanza per aggiornarti sul tuo programma. Ti preghiamo di attendere, grazie. – messaggio terminato. Non ho capito chi deve venire nella mia “stanza”, non so dove sono, perché sono qui, che sta succedendo? Troppe domande affollano la mia testa. Sono in preda al panico, le lacrime non smettono di scendere, quando un uomo entra nella stanza e mi guarda come si osserva un’animale allo zoo. Mi allontano da lui il più possibile e cerco di capire le sue intenzioni ma resta immobile a osservarmi. Racimolo quel poco di coraggio che trovo nel mio corpo e parlo.

- chi sei? Dove sono? Dove sono i miei genitori? – dico in preda alle lacrime.
– non sono autorizzato a rispondere – dice con voce fredda continuando a fissarmi, poi continua a parlare, come se non dovesse spiegarmi nulla, come se fosse sottointeso che io conosca già le risposte. – questo è il programma, devi rispettarlo in ogni sua parte, non farlo una volta e sarai ammonita, due volte subirai una punizione fisica, alla terza sarai eliminata. Dimentica la tua vita fino al giorno del prelievo, l’addestramento inizia alle cinque di ogni mattina e termina alle otto di ogni sera, avrai venti minuti di pausa per il pranzo e la cena, non ti sono concesse altre pause o momenti di svago salvo che il medico non disponga diversamente, non ti è concesso girare senza permesso all’interno del complesso, alle nove di ogni sera dovrai rientrare nella tua stanza. Non ti è concesso l’uso di nessun apparecchio elettrico proveniente dall’esterno all’interno della stanza, e nessuno oltre a te può stare in questa stanza, se mai violerai queste regole la tua posizione e grado saranno rivalutati e perderai ogni privilegio acquisito. Nell’armadio trovi dei vestiti di ricambio, tra poco un responsabile verrà a impiantarti il sistema di controllo, ti preghiamo d’esser collaborativa, e ricorda che lo facciamo per il tuo bene. Bentornata a casa psi. – termina il suo discorso appoggiando una cartellina di metallo su una specie di colonna uscita dal pavimento al suo fianco ed esce. Non riesco a parlare, la testa mi fa male e spero ancora di svegliarmi da un momento all’altro. Non succede. Non succede nulla. Il silenzio è tornato nella stanza, l’uomo se n’è andato da una porta comparsa dal nulla. Sono di nuovo in trappola. Resto immobile in un angolo della stanza ad aspettare che succeda qualcosa, non riesco a muovermi, non capisco che sta succedendo. Chiudo gli occhi e li stringo forte, è così che mia madre mi ha sempre detto di fare quando da piccola credevo ci fossero i mostri dentro il mio armadio, chiudi gli occhi e stringi forte i mostri se ne saranno andati quando li avrai riaperti, era questo che diceva. Chiudo gli occhi e stringo forte, ma quando li riapro un ragazzo mi sta fissando, lo osservo e non è come quello di prima, l’altro era alto con un corpo muscoloso e l’aria fiera, questo sembra un fantasma da quanto è pallido, i capelli biondi non aiutano molto e il corpo scheletrico non incute timore.

- chi sei? – dico sperando di ottenere qualche risposta in più.
– sono il responsabile del sistema di controllo, ti prego di sederti e rilassarti il più possibile – dice mentre una sedia compare dal nulla.
 – che posto è questo? Come ha fatto quella sedia a… - il panico mi assale mentre cerco di capire se sia tutto uno scherzo o no.
– questo? È solo il sistema H6CI, progettato per rendere la vita più semplice. Non hai letto l’introduzione al programma? – dice tutto come se fosse normale sapere certe cose, e ora mi guarda come se avessi un terzo occhio in mezzo alla fronte.
– dove mi trovo? Dov’è mia madre? – provo a chiedere.
– sei a casa psi, siamo felici di riaverti tra noi. – mi sorride come si sorride a un parente che non vedi da tanto tempo ed io lo fisso ancora più confusa di prima. – ora dovrei proprio inserirti il sistema di controllo, devo rispettare il mio programma. – mi sorride, ma questa volta sembra più un sorriso spaventato. Mi faccio coraggio e mi siedo davanti a lui, non credo d’aver scelta, e temo che se opporrò resistenza possa succedermi qualcosa di terribile. – allungami il braccio sinistro per favore… - allungo il braccio e m’infila un bracciale in metallo che mi avvolge il polso, fosso quel piccolo cilindro in metallo ringraziando il cielo che sia solo un bracciale, quando dalla sedia spuntano delle cinghie che avvolgono le mie gambe, braccia e vita impedendomi di muovermi, passano pochi istanti in cui cerco di capire che sta succedendo, quando quel freddo bracciale s’illumina di un colore rosso brillante e iniziano a fuoriuscire aghi che s’infilano nella mia pelle fino a raggiungere i muscoli e i nervi del mio braccio. Sento il dolore impossessarmi, tutto mi fa male, ogni muscolo, terminazione, tutto. Urlo in preda al panico e al dolore e sento come se dal mio collo stesse cercando di uscire qualcosa, facendosi strada attraverso la mia pelle, lacerandola. Il tutto succede in una manciata di secondi, il bracciale smette di brillare e tutto quello che resta è il dolore.

Quando apro gli occhi sono ancora legata alla sedia, il mio polso sanguina, sento sangue anche scendere lungo la mia schiena, il dolore c’è ancora. Cerco di sollevare la testa e in quell’istante una donna entra nella stanza dalla stessa porta che compare e ricompare dal nulla. – ti do qualcosa per il dolore, so che fa male, sei stata brava però! Certa gente urla per giorni, vomita e fa cose indicibili, una volta uno è anche morto. Era uno dei primi modelli sia chiaro, nulla in paragone al tuo. – sorride, mi pulisce dal sangue e sento l’anti dolorifico fare effetto. Riesco a sollevare la testa e quando la mia voce riesce a farsi strada lungo la gola cerco qualche risposta.
 –dove sono? Voglio tornare a casa… - dico mentre la disperazione riga il mio viso.
 – tu sei a casa. – risponde la donna sorridendomi,
- voglio andare a casa, cosa volete da me? – so che è inutile, ma domando ugualmente
– tra due minuti potrai alzarti, cambiarti e aspettare che il tuo responsabile ti chiami per il colloquio d’iniziazione. – dice finendo di pulire il sangue, poi se ne va lasciandomi sola. Resto immobile per non so quanto tempo, poi provo a muovermi e scopro che non sento dolore, così mi alzo e cerco un armadio poiché gli abiti che indosso sono sporchi di sangue, ma non vedo nulla a parte i muri della stanza. Decido di aprire la cartellina di metallo e inizio a leggere.

Bentornata a casa. In quanto aspirante protettore dovrai seguire il programma d’addestramento. Ti sarà assegnato un responsabile cui far riferimento, ricorda di seguire sempre il programma ogni trasgressione sarà punita. In quanto protettore hai il diritto di alloggiare al livello dieci, tutte le attività d’addestramento si svolgeranno nell’ala ovest, gli alloggi si trovano nella zona verde dell’ala est, mentre la mensa si trova nella zona gialla. È severamente vietato abbandonare il proprio livello a meno che non si possegga un permesso rilasciato dall’autorità. I tuoi alloggi sono dotati di sistema H6CI progettati per rendere la tua vita più semplice, ti basta pronunciare a voce alta e in maniera chiara quello che desideri e questo comparirà all’interno della tua stanza. Il sistema è programmato per offrirti tutto ciò di cui hai bisogno. Ti ringraziamo per il tuo duro lavoro.

Il pensiero che questo sia solo uno scherzo o un sogno mi sta lentamente abbandonando. È troppo reale, e dura da troppo tempo. Non so che fare, mi piacerebbe tornare a rannicchiarmi nell’angolo e aspettare che tutto questo finisca, ma qualcosa mi dice che non finirà, così decido di fare quello che mi è stato detto, cambiarmi e aspettare che qualcuno mi dica cosa fare. Mi guardo attorno e non vedo nulla a parte i muri, così ci provo. –armadio – dico sperando succeda qualcosa, ma non sento nulla, poi vedo il muro cambiare forma, una specie di pannello scivola verso l’interno e poi di lato e due ante compaiono al suo posto. Impaurita mi avvicino e apro quello che dovrebbe esser l’armadio e scopro che lo è. Al suo interno trovo una pila ordinata di maglie, pantaloni, calzini, scarpe e biancheria; prendo il necessario per cambiarmi poi appena mi volto per chiudere l’armadio scopro con sorpresa che è già scomparso.  So che non funzionerà ma lo faccio ugualmente, provo a dire “porta” ma non succede nulla, provo a dire “uscita” ma non succede nulla.  Così mi rassegno e decido di provare a lavarmi per togliermi il sangue rimasto, così dico “bagno” e una porta compare con lo stesso meccanismo di prima, un pannello rientra, scorre e la porta compare. Entro e trovo un bagno accessoriato di tutto. Mi avvicino alla doccia apro l’acqua e dopo essermi liberata dei miei vestiti mi getto sotto l’acqua fredda. Non sento nulla, dolore bruciore, nulla. Mi aspettavo qualcosa e invece no, quell’anti dolorifico doveva essere davvero potente, inizio a strofinare la pelle quando passando la mano sul collo sento che c’è qualcosa, esco dalla doccia e mi fiondo verso lo specchio e cerco di guardare cos’ho che non va. E lo vedo. In metallo inserito nella mia pelle, fuso con la mia pelle. Alla base del collo, dove sentivo qualcosa lacerarmi, lo osservo per quello che mi è possibile e riesco a vederlo, quel simbolo.  Ψ

Il mio ciondolo, quello che mamma ha perso. Quel simbolo è ora sul mio collo. Resto immobile a guardare quel simbolo, poi decido di vestirmi e aspettare che succeda qualcosa, è inutile continuare a piangere e fare domande al nulla. Devo aspettare. Mi vesto maglietta bianca, pantaloni in cotone bianchi, scarpe bianche, tutto bianco. Ora che osservo bene la mia prigione, tutto qua è bianco, tutto tranne un piccolo quadrato grigio nel muro. Incuriosita mi avvicino, lentamente, allungo la mano per toccarlo e il mio bracciale si accende di nuovo. Chiudo gli occhi e stringo i denti pronta a subire la stessa tortura di prima ma non succede nulla, apro gli occhi guardo il bracciale e leggo la scritta che è comparsa. “Ψ – lev. 10 – room 7A” . quindi è una specie di cartellino identificativo, so di essere al livello 10 per via del programma, questa deve essere la stanza 7A e il simbolo non so cosa voglia dire, per ora. Continuo ad avvicinare il bracciale a quel quadrato grigio ma non succede nulla, così torno a sedere sul letto, resto ad aspettare per un tempo che sembra infinito, poi una porta compare ed entra un uomo completamente vestito di nero che m’invita a seguirlo, lo faccio e appena esco dalla porta resto sconvolta nel vedere l’esterno. Se guardo in basso dal parapetto, ci sono almeno un centinaio di piani, e se guardo in alto, riesco a malapena a vedere la luce sul soffitto. Mentre cammino, noto le altre stanze, sento urla e suoni metallici, vedo il tizio che mi ha messo il bracciale uscire da una stanza e attaccarsi al muro con lo sguardo basso per farci passare. Non so quanto abbiamo camminato, ero troppo occupata a cercar di trovare una via di fuga, un qualcosa che m’indicasse al meno dove mi trovavo, l’uomo in nero si ferma davanti ad una porta passa il suo bracciale su un quadrato grigio come quello della mia stanza e una porta si apre. Entro e non è come la mia stanza. Qui ci sono mobili, quadri, mi viene detto di sedermi su una sedia e aspettare. Aspetto qualche secondo poi un uomo entra nella stanza, si siede alla scrivania, apre una cartellina metallica come quella che hanno lasciato nella mia stanza e poi dopo aver letto alcune righe mi guarda e sorride.

- psi. Come è andato l’inserimento del bracciale? – mi chiede continuando a sorridermi.
 – ha fatto male – rispondo un po’ intimidita costringendomi a non piangere.
– è normale, sei in ritardo, dovevi arrivare… vediamo… due mesi fa, che cosa è successo? – mi chiede guardandomi con espressione più seria. Io non so cos’è successo, non so nemmeno che vuol dire che dovevo “arrivare”.
– io non lo so, che posto è questo? – riesco a dire dopo un minuto di terrore.
– oh capisco, è scritto qua nel tuo fascicolo, brutta storia. Allora in pratica il tuo custode si è affezionato e ti ha tenuta all’oscuro, per cui credo che dovremo aggiornarti. – dice prima di prendere il telefono e dire a qualcuno che serve un aggiornamento. Passano due minuti, poi una donna entra nella stanza e mi porge una pillola.
– devi prenderla – dice, poi timidamente e con la mano tremante prendo la pillola e la infilo in bocca. Mi stanno fissando, la ingoio e non succede nulla. Ci vogliono alcuni secondi prima che un prurito si diffonda in tutta la mia gola, poi una serie di fitte alla testa e quando tutto finisce so.

 

 

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Capitolo 2
*** due. ***


Due.

 

- cosa mi avete dato? – chiedo. – in teoria la tua custode doveva dartela compiuti i dieci anni, ma non l’ha mai fatto a quanto pare, ora è morta… quindi pronta per l’addestramento? – addestramento, custode. Penso a quelle parole poi le nozioni arrivano al mio cervello. Io sono psi, ho diciotto anni e due mesi, e sono una protettrice. La mia custode, mia madre, è stata uccisa per aver cercato di rubarmi. I custodi hanno il compito di crescere i protettori e assicurarsi che raggiungano i diciotto anni in salute e con tutti gli arti, poi se necessario sono prelevati e portati nell’alveare per l’addestramento e un giorno se idonei potranno proteggere la scatola. Se io sono qui, significa che i protettori della scatola devono essere sostituiti, vecchiaia, malattia, non lo so. Mentre il mare d’informazioni mi travolge, mi accorgo che l’uomo alla scrivania mi sta fissando, aspetta che io raccolga le informazioni probabilmente e parli, ma non lo faccio, sto ancora raccogliendo informazioni quando è lui a parlare.  – sei pronta? – mi chiede
– sì. – rispondo
- da domani inizierai a seguire il programma, mi raccomando non cercare di ignorarlo, non ci piace molto punirvi, al contrario di quello che potete pensare. Ora che abbiamo risvegliato la parte dormiente del tuo cervello, possiamo proseguire senza interruzioni. Il tuo bracciale funziona come una chiave lo passi sul lettore e se hai il permesso una porta si aprirà, altrimenti resterai fuori, alla mensa ti servirà per avere la tua razione di cibo e cosa più importante ti permetterà di accedere agli extra che ti spettano di diritto. Domande? – mi chiede con aria interrogativa. Penso a quello che ha detto e mi ricordo. Il mio secondo. L’altro o altra psi, no è un lui perché io sono una femmina e mi serve un uomo in caso non fossimo idonei, dovremmo riprodurci per generare un altro protettore e colui con cui mi devo riprodurre è lui e nessun altro, siamo stati creati in modo d’esser compatibili geneticamente al 100%. – nessuna domanda – rispondo.
- perfetto. Abbiamo finito, io sono il tuo responsabile, per qualsiasi cosa chiedi a me. Ora sarai scortata a incontrare il tuo secondo. Ricorda che sei psi principale, puoi continuare a usare il tuo nome terrestre con gli altri protettori, capiamo che può confondere chiamarsi principale e secondo, siete tutti dei principali e secondi dopo tutto, ma quando vi trovate di fronte agli addestratori, responsabili, tecnici, chiunque non sia un protettore in addestramento dovete usare il termine principale o secondo preceduto dal vostro simbolo non farlo è considerato una violazione del regolamento. Ora puoi andare.

Esco e l’uomo che mi ha accompagnata prima mi dice di seguirlo e vengo portata in un'altra stanza. C’è solo un divano, un tavolino e un tappeto. Entro e mi siedo, dopo alcuni secondi un ragazzo entra. Mi guarda e dopo avermi studiata si avvicina e mi tende una mano. – sono psi secondo – dice, gli stringo la mano e mi presento come principale. Si siede, resta alcuni minuti in silenzio e poi si volta verso di me e inizia a parlare. - ti ho aspettato per due mesi, credevo che mi avrebbero eliminato, non si è mai sentito di un secondo senza un principale, ma per fortuna sei qua.  Come mai hai tardato? – mi guarda e lo osservo bene, capelli neri corti, occhi neri, corporatura massiccia, senza dubbio il suo custode l’ha fatto allenare molto nella sua vita precedente, io invece… sono bassa e la mia massa muscolare non è un gran che, dalle informazioni che mi hanno dato, i protettori sono soldati pronti a tutto per proteggere la scatola, devono resistere in qualunque situazione, dovrò recuperare il tempo perso. – la mia custode ha cercato di rubarmi, mi hanno aggiornata dieci minuti fa. - gli dico, e vedo la sua espressione stupita.
- ti voleva vendere o si era solo affezionata? – chiede incuriosito
- non lo so a dire il vero. – infatti, non lo so, cosa vuol dire che voleva vendermi? Chi mi comprerebbe?
- beh adesso sei qua e finalmente possiamo iniziare l’addestramento.- sorride, ha un bel sorriso, e gli occhi… mi accorgo che sono attratta da lui, probabilmente quando siamo stati creati ci hanno inserito qualcosa che ci facesse provare attrazione tra noi, in modo che non finissimo per rifiutare l’accoppiamento o peggio finissimo per accoppiarci con qualcun altro. Il pensiero di accoppiarmi con qualcuno che non sia il mio secondo mi disgusta come se fosse immorale e innaturale. Mi accorgo d’esser fissata, probabilmente il mio soliloquio mentale è durato troppo. – così tu sei secondo, posso sapere il tuo nome terrestre? Così sarà più semplice comunicare in presenza degli altri. – spiego, cercando di allontanare il disgusto causato dal pensiero di prima e dal mare d’informazioni che invadono la mia mente. – Adam, il mio custode mi chiamava così, tu come venivi chiamata? -
 – Talia – gli dico, sorride ed io rispondo al sorriso. Non so perché siamo qui, restiamo a parlare delle nostre vite precedenti. Scopro che lui viveva in Europa, nella parte ovest dell’Europa dall’altra parte del muro, dice che se si va vicino alla barriera si riesce a sentire ancora l’odore di bruciato. Ha vissuto la sua vita in Gran Bretagna a Londra. Mentre lui è quello con la storia interessante io sono quella vissuta nell’ignoranza in un paesino del Texas dei Nuovi Nuovi Stati Uniti d’America. Ma la mia storia lo appassiona comunque. Credo che ci lascino parlare per qualche ora poi una guardia ci ordina di raggiungere le nostre stanze e noi obbediamo. Entro nella mia stanza e mi stendo sul letto distrutta, oggi in pratica sono nata una seconda volta. Il mio bracciale mi ricorda che sono le ventuno e che alle ventuno e quindici saranno spente le luci, per cui mi tolgo i vestiti e m’infilo sotto le coperte, pronta a iniziare il mio addestramento.

 

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Capitolo 3
*** tre. ***


Tre.

 

Vengo svegliata da una sirena. Mi alzo, indosso i miei abiti e mi siedo sul letto ad aspettare; dopo qualche minuto una seconda sirena suona e quando passo il bracciale sul lettore, compare una porta che mi permette d’uscire.  Inizio a capirne il funzionamento, è come una di quelle tessere magnetiche che ti permette d’entrare nei luoghi top-secret. Avevo visto tessere, cip sotto pelle, tatuaggi, ma mai un bracciale. Esco dalla mia stanza e seguo la massa. Intorno a me ci sono altri ragazzi, circa della mia età che vanno tutti nella stessa direzione; camminiamo lungo i corridoi quando Adam mi raggiunge. – ciao, noi non facciamo lezione con loro oggi – dice prendendomi il braccio e indirizzarmi verso un altro corridoio. – perché? Il mio programma diceva tecniche di lotta corpo a corpo. – dico un po’ spaventata.
- non hai letto l’aggiornamento? – mi guarda come se si aspettasse qualcosa da me
- che aggiornamento? Nessuno mi ha detto nulla! – infatti è così, nessuno mi ha portato una cartellina, e quella che mi hanno dato ieri è misteriosamente scomparsa.
- non hai letto le istruzioni del bracciale? Erano nella prima cartellina. – ora inizio a innervosirmi, non mi piace che mi parlino come se fossi stupida, e lui lo sta facendo, e poi non ho avuto tempo di leggere tutto quel malloppo.
- la cartellina è scomparsa. – dico con aria innocente sperando la smetta di rimproverarmi
- ok, non l’hai letto – dice un po’ sconsolato – allora ascoltami bene, basta che posi il dito qua, vedi il puntino rosso, e il programma compare, ogni volta che c’è un aggiornamento, senti come una scossa elettrica… - mi spiega come usare il bracciale mentre camminiamo verso la nostra destinazione, poi appena arriviamo a un lettore, passiamo i nostri bracciali ed entriamo in una sala dove un uomo di mezza età ci aspetta seduto a terra con una serie di fili e corde davanti a sé.
- psi, benvenuti. Scusate per il cambiamento di programma, ma in seguito al ritardo di principale dovete recuperare il tempo perduto. Ho saputo il motivo del ritardo, mi dispiace molto per il tuo custode. Oggi recupererete due mesi di addestramento perso, ho ottenuto il permesso di farvi usare una stanza temporale, in modo da poter iniziare ad allenarvi con gli altri da domani. – stanza temporale. Cerco la nozione nella mia testa ma non la trovo, così provo a chiedere, - cos’è una stanza temporale? – mi guarda stupito, forse dovrei saperlo, cerco lo sguardo di Adam e anche lui lo guarda come se si aspettasse di ottenere una risposta. Forse non mi è permesso fare domande, dovevo leggere quel malloppo. – scusi, non volevo domandarlo, è che… - cerco una via di fuga, magari non mi ammonisce se gli faccio pena.
- tranquilla, potete fare domande agli istruttori, avete studiato a scuola l’incidente avvenuto duecento anni fa nello spazio che ha permesso di acquisire il controllo dello spazio e del tempo vero? Sapete che da allora è stata sviluppata la tecnologia che permette di manipolarlo e se vogliamo, o almeno in teoria, di fermare il tempo. Questo è quello che c’è scritto sui libri vero? – ci spiega, e difatti è vero, questo è quello che si studia in storia delle guerre.
- sì, questo è quello che ci hanno detto, che è una teoria e che non si può fare, è proibito fare ricerche in quel campo, l’ha deciso il consiglio dei presidenti molto tempo fa. – dice Adam leggermente confuso, sappiamo entrambi quello che ci sta per dire l’istruttore.
- infatti, è proibito, per la popolazione civile, gli esseri umani comuni. Noi come ben sapete, non siamo esseri umani comuni, siamo uguali a loro per il 70% ovviamente, viviamo con loro e invecchiamo come loro, ma non siamo umani comuni, siamo protettori, dal momento in cui riceviamo l’aggiornamento quel 30% di diversità è attivato e smettiamo di essere come loro.  È per questo che noi abbiamo il diritto di fare ricerche in campi che per l’uomo comune sono tabù, non sanno nemmeno che esistono certi campi a dire il vero ed è meglio così, sappiamo tutti cosa è successo quando si sono interessati ad argomenti proibiti… - ci guarda aspettando una risposta.
- c’è stata la distruzione di un universo, che ha portato alla decisione di proibire ricerche in quel campo – rispondo, tutti sulla terra sanno cos’è successo all’ora, cosa comportò, cosa portò nel nostro mondo e perché non bisogna aprire un portale, la punizione è severa, l’Europa dell’est ne ha pago il prezzo.
- esatto. Ma noi possiamo farlo, anche perché non esistiamo, nessun essere umano sa della nostra esistenza, a parte il consiglio dei presidenti ovviamente. Perciò per tornare alla domanda iniziale, ora questa stanza sarà staccata dal tempo e dallo spazio, e voi recupererete due mesi d’addestramento, quando uscirete da qui, sarà passato solo un giorno, come da regolamento avrete venti minuti per pranzo e cena, otto ore di sonno, per ogni altra pausa dovete chiedere il permesso. Iniziamo?-

Passa il suo bracciale su un lettore e digita alcuni tasti su una tastiera comparsa sul muro, poi una strana sensazione di svenimento attraverso i nostri corpi per un secondo e siamo isolati dal resto del mondo. Iniziamo l’addestramento perduto per colpa mia, impariamo a fare nodi, a nascondere fili dentro orologi, abiti, per poi usarli come mezzo di difesa, o meglio per uccidere qualcuno. Passiamo dai fili alle armi base, pistole, coltelli, fucili, qualsiasi arma si può trovare nel mondo, impariamo a usare prodotti chimici e a combinarli per costruire bombe e come costruire un’arma usando materiale di scarto. Poi dopo un giorno abbiamo recuperato due mesi d’addestramento. Quando usciamo dalla stanza, sono le 20:30, il nostro istruttore ci saluta e ci dirigiamo verso le nostre stanze.
- non sono le ventuno, cosa dobbiamo fare in questi trenta minuti? – mi domando mentre controllo il mio programma ma Adam lo fa prima di me. – bello, possiamo stare nella stanza cinquantasei fino alle ventuno, per l’affiatamento. -

Arriviamo nella stanza cinquantasei e ci sediamo. È una replica della stanza in cui ho incontrato Adam la prima volta. Dalle nozioni che affiorano dalla mia memoria l’affiatamento è considerato essenziale, nell’esame finale dobbiamo lavorare come coppia e anche se siamo programmati per esser compatibili al 100% dobbiamo poter comunicare senza proferir parola, capire i bisogni dell’altro ancora prima che parli. Dobbiamo diventare una persona sola. Non so cosa chiedergli, così m’informo sulla parte di malloppo che non ho letto.
- cosa c’era scritto che devo sapere? – lo guardo speranzosa, e lui mi guarda come per dire che sono un idiota a non aver letto tutto.
- in pratica come funziona il bracciale, che non possiamo avere rapporti intimi fino a quando non ci sarà dato il permesso, e cosa fare se vogliamo qualche privilegio. Abbiamo diritto a quattro privilegi a testa ma ora ne possiamo chiedere solo uno perché abbiamo completato solo un corso, ma se superiamo anche gli altri e otteniamo buone valutazioni abbiamo un massimo di quattro privilegi – mi spiega cercando di non dimenticarsi nulla. – e poi ovviamente l’esame finale. – qui s’incupisce un po’, sappiamo entrambi che da quello dipenderà tutto. – se lo passiamo e siamo i primi in classifica, saremo i protettori della scatola, altrimenti dipende da quanto ci classifichiamo, se arriviamo secondi o terzi potremmo vivere insieme e crescere i nostri figli e un giorno potranno lavorare nell’alveare e avere una buona posizione, se invece non riusciamo ad arrivare terzi, io vivrò forse per due anni, donerò il mio seme e tu darai alla luce i nostri figli e saranno poi assegnati a un custode che li crescerà come siamo cresciuti noi, poi dopo cinque o sei gravidanze probabilmente sarai eliminata, dopo di che quando arriverà il giorno del prelievo valuteranno la crescita di ognuno di loro e dei loro secondi, e la coppia più valida sarà prelevata mentre gli altri saranno eliminati, diventeranno custodi o saranno assegnati alla riproduzione dipende. Oppure diventeremo custodi e ci sarà assegnato un bambino a testa se siamo abbastanza fortunati.  – restiamo in silenzio a guardarci, poi lui aggiunge un’altra cosa, - sempre se sopravviviamo, una volta il mio custode mi ha raccontato del suo esame, era la simulazione di un attacco nucleare e sono morti in sei. È stato terribile. – quello che doveva essere una mezz’ora allegra non lo è più, la consapevolezza di quello che ci aspetta ha reclamato tutte le attenzioni e un senso di pesantezza aleggia nell’aria.

 

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Capitolo 4
*** quattro. ***


Quattro.

 

Sono agitata. È la prima volta che sono seduta nella stessa stanza con gli altri protettori, è come il primo giorno di scuola, quando tua madre non può stare con te e devi cavartela da sola. Ogni coppia di protettori occupa una postazione, sono tutti immobili sulle loro sedie, schiena dritta e sguardo attento, io sono l’unica che si guarda intorno aspettando succeda qualcosa, è da almeno quindici minuti che siamo entrati e nessuno si è fatto vivo. Stanca del silenzio mi avvicino all’orecchio di Adam, - secondo te cosa dovremmo fare? - gli domando, lui si volta verso di me e mi fa segno di far silenzio appoggiando il suo dito indice alle labbra.  Leggermente irritata torno a guardare davanti a me, fino a quando non penso che forse sia una specie di test, uno di quelli per vedere chi ha una personalità dominante e cose del genere, anche se abbiamo tutti delle personalità dominanti, siamo stati creati con dei caratteri forti, magari chi più e chi meno ma siamo tutti dei “leader” per così dire. Mi guardo attorno in cerca di prove a sostegno della mia ipotesi e noto solo tre cose, di fronte a noi c’è uno specchio enorme, probabilmente dall’altra parte ci sono i valutatori, coloro che decidono i nostri punteggi in ogni corso, due telecamere di sicurezza agli angoli estremi della stanza e una scrivania, una comune aula scolastica, se così si può dire. Inizio a innervosirmi più del dovuto, così controllo sul mio programma che lezione dovrebbe essere, ma non lo dice, c’è solo scritto che devo stare qua con gli altri per altri quaranta minuti, prima della pausa pranzo. Vedo che Adam mi osserva con la coda dell’occhio poi inizia a bisbigliare. – smettila, ci stanno osservando. – dice preoccupato. Lo so che ci stanno osservando, è a quello che serve lo specchio, credo tema che il mio comportamento possa danneggiarci facendoci ottenere un punteggio basso o facendoci ammonire, ma è più forte di me, è come se fossimo un branco di animali da macello che restano immobili senza fare nulla per evitare il boia. Dovremmo fare qualcosa. Mi ricordo che in caso di necessità il bracciale può essere usato per comunicare con il proprio secondo, così attivo una comunicazione e quando mando il primo messaggio ad Adam, lo vedo sbiancare dalla paura.
- dobbiamo fare qualcosa. – gli scrivo
- sei matta? I responsabili possono leggere queste conversazione, finirai per farci ammonire… o peggio. – risponde lui lanciandomi anche uno sguardo di rimprovero.
- lo so che anche tu non resisti più, siamo uguali ricordi? – provo a stuzzicarlo un po’.
- siamo compatibili è diverso! – bingo, adesso inizia a innervosirsi.
- ci sono due telecamere, e la scrivania. Tu noti qualche altro particolare utile? – gli domando.
- utile a cosa? – mi chiede, so che anche lui ha una teoria ma credo che sia più cauto di me in queste cose.
- per me ci stanno mettendo alla prova, per vedere chi prende l’iniziativa. – spiego, – lo so che lo pensi anche tu. - silenzio, lo vedo guardare il bracciale, prendere aria e sospirare.
- sulla scrivania c’è un foglio, probabilmente non riesci a vederlo perché sei bassa – lo guardo con odio, non sono bassa, è lui che è troppo alto.
- ok, dobbiamo vedere che c’è scritto sul foglio – scrivo, ma non sono convinta di quello che ho scritto. Probabilmente sul foglio c’è scritto che siamo eliminati, appena finito di leggere quelle righe il bracciale rilascerà un qualche veleno che ci ucciderà all’istante. Adam legge quello che ho scritto, e resta in silenzio per un po’, poi scrive… - e se ci uccidono? -
- moriremo. – rispondo. Non so cosa succederà, magari ci ammoniranno solamente, magari saremo condannati a diventare riproduttori a vita, a vivere attaccati a una macchina che ci mantiene in vita al solo scopo di portare avanti una gravidanza dopo l’altra, fino a quando il mio corpo non cederà e sarò terminata. Adam legge quella semplice parola, poi si volta verso di me, sorride e dice… - ok, facciamolo. – si alza in piedi ed io lo guardo stupita, è lui quello cauto e previdente tra i due, quello maturo che riflette. Io sono quella che non legge il regolamento. È in piedi e tutti nell’aula ci guardano con aria terrorizzata, come se da un momento all’altro stessimo per esplodere, io sono ancora seduta, ma mi faccio coraggio e mi alzo, dopo tutto è stata una mia idea, non posso abbandonarlo così. Adam esce dalla sua postazione e mi permette di uscire a mia volta, mi afferra la mano e andiamo alla scrivania, guardiamo il foglio e non c’è scritto nulla. È un foglio bianco. – è bianco – dico un po’ delusa, mi aspettavo qualcosa di diverso, molto diverso. – Talia, giralo – mi dice Adam, che nel frattempo ha esaminato il foglio piegandosi ed esaminando la scrivania come per accertarsi, che non ci siano bombe o trappole di qualche tipo. – sicuro? Non è che appena lo tocco esplodiamo, o cose simili vero? – lo guardo attendendo una risposta mentre il resto dell’aula è immobile in preda al panico. – no che non ne sono sicuro. – dice, mi guarda con espressione divertita, in fondo anche lui voleva farlo, credo sia felice che abbia avuto io l’iniziativa e che nessuno ci abbia provato prima di noi.  Nessuno ha ancora toccato il foglio, potrebbe esserci di tutto, una carica esplosiva, potrebbe esser stato cosparso con qualche virus per quel che ne sappiamo. Credo che Adam sia stato attraversato dal mio stesso pensiero perché lo vedo sfilarsi la maglietta e avvolgersela sulla mano come un guanto, mi trovo a osservare il suo petto nudo e lui se ne accorge richiamandomi all’ordine, non abbiamo il permesso per certe cose. – Talia, resta dietro di me – mi ordina, io lo faccio e non respiro mentre afferra un angolo del foglio e lentamente lo solleva girandolo. Guardiamo se c’è qualche scritta ed effettivamente c’è, ci avviciniamo di più per riuscire a leggere bene poiché è stato scritto in un carattere minuscolo e Adam legge a voce alta “corso di spionaggio”. Restiamo immobili per qualche secondo poi ci rendiamo conto dalle facce degli altri che deve esserci qualcuno alle nostre spalle. – è dietro di noi vero? – chiedo alla ragazza seduta nel primo banco di fronte a me, lei annuisce con un espressione di terrore. Penso che tutti si aspettino la nostra morte immediata ma non accade, mi volto e un uomo sui cinquant’anni un po’ in sovrappeso ci fissa. Guardo Adam, a petto nudo, con la maglietta in mano e tutto quello che dico è, - non è quello che sembra – con l’espressione più angelica che riesco a sfoggiare in questo momento. Adam mi guarda e reprime una risata poi l’uomo parla. – avete girato il foglio, vi siete alzati di vostra spontanea volontà e avete girato il foglio. Corretto? – ci guarda attendendo una risposta, è Adam a dargliela. – corretto signore. – adesso è un po’ più serio, forse le cose si stanno per mettere male veramente. Ci osserva con sguardo serio, inizio a pensare che ci elimineranno veramente, ma poi sorride. – nessuno l’aveva mai fatto, se ne restavano lì seduti imbambolati per delle ore, una volta addirittura per due ore. Incredibile. – dice andando verso la scrivania e mettendosi a sedere. – voi siete? – ci domanda
- psi io sono secondo, lei è principale – risponde Adam
- psi, principale ha avuto l’iniziativa, ho letto il vostro scambio di opinioni prima, ma tu hai girato il foglio, perché? – chiede ad Adam
- non volevo si facesse male, è mio compito proteggerla – risponde visibilmente imbarazzato.
- esatto, è tuo compito in quanto secondo, se arriverete primi lei sarà il protettore principale come dice il suo nome, tu dovrai proteggerla sempre, la sua sopravvivenza prima di tutto. – dice. – e tu principale, perché hai acconsentito a far toccare a lui il foglio? Non temevi per la sua vita? – mi domanda, certo che temevo per la sua vita, ma ero curiosa e non ho pensato potesse essere veramente così pericoloso, e poi ero distratta dal suo petto nudo, lo sa questo, anche lui ha avuto un secondo, ha passato anche lui questo periodo. Però non posso dirlo, per cui scelgo una verità alternativa, - certo. Ma… si era già tolto la maglietta e iniziato ad arrotolarla sulla mano, non volevo dirgli di darla a me davanti a tutta la classe, non mi sembrava professionale discutere davanti a tutti. – silenzio. Mi osserva, sa che ho mentito spudoratamente. – beh avete appena guadagnato cinque punti sulla valutazione finale, questo è il corso di spionaggio, se diventerete protettori della scatola, potrete ritrovarvi in situazioni in cui dovete recuperare informazioni utili alla vostra sopravvivenza o utili per eliminare un bersaglio che mina alla sicurezza della scatola, e per trovare queste informazioni dovete rischiare, nessuno ve le farà recapitare a casa o sul vostro bracciale. Dovete andare a prenderle. Rimettiti la maglietta e tornate al vostro posto. Bene, iniziamo il corso – ci sediamo sotto gli sguardi d’odio di tutti, abbiamo entrambi un sorriso compiaciuto stampato in viso che non ne vuole sapere di scomparire, ci guardiamo e ci scambiamo un battimano di congratulazioni. A fine corso ci avviamo verso la mensa, otteniamo la nostra razione di cibo e ci sediamo a un tavolo vuoto. Iniziamo a mangiare quello che dovrebbe essere una specie di riso con carne quando una coppia di protettori si siede al nostro fianco. – noi siamo omicron, io sono Borg e lei è Alissa – dicono stringendoci la mano.
- Adam, e lei e Talia – risponde Adam cortesemente.
- vi odiano tutti, siete fortunati che attentare alle vite degli altri è punibile con la morte, altrimenti penso che qualcuno vi avrebbe già attaccato – dice Alissa sorridendo, in effetti nessuno ci guarda con “amore”. – ho sentito gli iota dire che al corso di lotta corpo a corpo se finiranno contro di voi colpiranno duro, per cui attenti – continua, non capisco cosa vogliano da noi, m’irritano un po’ a dire il vero.
- e voi, colpirete duro? – chiede Adam.
- noi? No, pensiamo che tutto dipenda dai punteggi, quindi cercheremo di fare il punteggio maggiore in tutti i corsi e basta – risponde Borg, mi sembra sincero.
Restiamo a parlare per un po’, poi la pausa finisce e andiamo verso la lezione successiva. Ormai abbiamo capito che a fine di ogni giornata abbiamo trenta minuti per l’affiatamento, così ci assegnano una stanza e ci restiamo per un po’.
- pensavo di morire oggi – dice Adam gettandosi sul divano.
- per un attimo l’ho pensato, ma abbiamo cinque punti in più… insomma, anche se facciamo completamente schifo abbiamo sempre cinque punti – dico in preda all’entusiasmo.
- perché dovremmo fare completamente schifo? Siamo bravi. – dice lui facendomi spazio e permettendomi di sedere.
- non si può mai sapere, piuttosto, credi veramente che gli altri ci ostacoleranno? – chiedo sperando menta.
- certo che lo faranno, come lo faremo anche noi – dice serio
- davvero? – l’ha detto sul serio?
- certo, penso che siamo arrivati al punto in cui se vogliamo arrivare primi dobbiamo mettere il bastone nelle ruote agl’altri. Cioè, se gli iota picchieranno duro dovremmo farlo anche noi, non dico di fargli male seriamente, ma almeno renderli abbastanza doloranti. – mi guarda aspettando una conferma, e devo dargli ragione.
- ok… però degli omicron non mi fido -
- ovvio che non ci fidiamo, comunque stavo pensando che potremmo iniziare a parlare di privilegi, ne abbiamo quattro a testa e ho pensato che magari potremmo metterci d’accordo per alcuni in modo che siano utili a entrambi! – non ci avevo ancora pensato, in effetti il ragionamento non fa una grinza.
- che tipo di privilegi possiamo chiedere? Era scritto nel malloppo che non ho letto? – ora mi aspetto il suo sguardo accusatorio, un sospiro e la rassegnazione a dovermi riassumere il regolamento.
- non lo so a dire il vero, non era specificato… dobbiamo guardare nell’elenco. – dice, poi pronuncia la parola “elenco privilegi” e una colonna con sopra un fascicolo compare nella stanza, prende il foglio e iniziamo a leggere. A parte cose tipo porzioni di cibo maggiori, permesso di usare la palestra per più tempo sono tutte cose legate all’apprendimento, poi leggiamo la parola “visita del custode”. Il mio è morto, mia madre è morta. Adam si accorge della tristezza che mi ha attraversato il volto per qualche secondo e mette via la lista.
- possiamo sempre chiedere l’uso della palestra, sarà più comodo senza tutti gli altri, o un’ora di luce in più la sera. -
- puoi chiedere di vedere il tuo custode se vuoi –
- lo so, ma non so se lui sarà d’accordo, era molto serio su queste cose. Sapevo che una volta qua non l’avrei più rivisto – mi spiega il carattere del suo custode, ed io ascolto, poi torniamo nelle nostre stanze.

Dopo tre mesi ci hanno trasformato in una specie di killer altamente addestrato alla guerra tecnologica, chimica, nucleare… tutto. Ovviamente non è completamente merito nostro. In pratica quando ci hanno installato il bracciale e quegli aghi sono entrati nella pelle, hanno iniettato delle nano macchine, che hanno agito in tutto il corpo potenziandolo, hanno reso più resistenti ossa, sistema immunitario, hanno anche agito sulle nostre capacità intellettive aumentando la nostra capacità d’apprendimento, poi si sono posizionate dietro il collo formando il simbolo che ci contraddistingue disattivandosi. Per cui in caso di necessità, possono esser riattivate, andare in giro per il corpo a fare quello che devono fare e tornare al loro posto.

Siamo stati tutti radunati in una stanza, non ci è stato detto il perché, abbiamo ricevuto un aggiornamento e siamo dovuti venire qua. Ci guardiamo in torno un po’ spaesati quando inizia a spargersi la voce che la scatola sia nell’alveare, che sia successo qualcosa ai protettori e che siano dovuti venire qua per essere al sicuro? C’è solo una ragione per portare la scatola nell’alveare, il protettore principale è morto e il secondo è compromesso. – ci credi? – mi chiede Adam.
- non lo so, da chi è partita la voce? Se sono i rho no, quelli sono solo dei pettegoli, hanno messo in giro la voce che i beta hanno avuto un rapporto intimo senza permesso solo per sparlare e metterli in difficoltà! -
- sono stati loro? – mi guarda sconvolto. Mi domando come faccia a non sapere certe cose.
- certo! Dovresti parlare più spesso con gli altri -
- io ci parlo, solo non spettegoliamo -
Siamo interrotti da un boato, poi la luce sparisce per alcuni secondi per poi tornare e con lei una porta. Due protettori, quelli più vicini alla porta provano a passare i bracciali e questa si apre, ma appena fanno un passo verso l’esterno vengono raggiunti da due proiettili che li uccidono all’istante. Gli attimi che seguono sono di panico, c’è chi cerca di fuggire, chi si prepara a combattere, e chi come me resta immobile a guardare attraverso la porta la gente che corre e muore colpita da qualche pallottola, per un attimo credo di rivedere anche mia madre. È Adam a riportarmi alla realtà, mi afferra per un braccio e mi costringe a terra.

 

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Capitolo 5
*** cinque. ***


Cinque.

 

Non sappiamo cosa succede.
Non siamo pronti per questo, nessun istruttore ci dice cosa fare, nessuno ci sta dando istruzioni. Una cosa è certa, non ho alcuna intenzione di morire qui e oggi. Mi volto verso Adam che mi sta tenendo a terra e lo vedo guardare la porta, mi rendo conto solo ora che molti sono usciti, vedo i cadaveri di alcuni a terra, altri staranno combattendo. Il pensiero che sia solo un’altra prova per testare le nostre abilità mi attraversa la mente, ma se ne va subito, non ci avrebbero mai ucciso, almeno non intenzionalmente.
- dobbiamo muoverci da qui – dico ad Adam che si volta subito a guardarmi, ha il fiato corto, come me del resto… non eravamo pronti a un combattimento reale.
- sono d’accordo, al mio tre ci alziamo resta sempre dietro di me. 1. 2. 3. – ci alziamo il più velocemente possibile e ci attacchiamo al muro, iniziamo a muoverci senza fare troppo rumore e arriviamo alla porta, si sentono spari e gente lottare; decidiamo che possiamo uscire, velocemente scivoliamo all’esterno e corriamo nella direzione opposta alla battaglia, ci infiliamo in un corridoio stretto che ci protegge abbastanza bene e facciamo il punto della situazione.
- non credo sia un’esercitazione – dico cercando di capire cosa fare
- no, non lo è, che facciamo? – mi guarda in cerca di una risposta intelligente, ora come ora vorrei trovare un buco, infilarmici e restare lì fino a quando non sarà finito tutto, ma non posso.
- dobbiamo… trovare un responsabile, e capire che sta succedendo – mi sembra abbastanza logica come cosa, Adam acconsente e iniziamo a studiare la strada più breve per trovare un responsabile. Stiamo guardando una mappa che il nostro bracciale ha materializzato, probabilmente si è attivato un protocollo d’emergenza, perché ci mostra tutta la struttura dell’alveare con tutte le uscite. Decidiamo di raggiungere quello che sulla mappa è chiamato “centro di controllo”, sicuramente lì c’è qualcuno, ma per farlo dobbiamo salire di quattro piani, se potessimo usare un ascensore, sarebbe perfetto, ma non è una mossa intelligente, e sicuramente saranno fuori servizio, così scegliamo le scale. Cerchiamo di muoverci senza far rumore, fino a ora non abbiamo incontrato grossi ostacoli, arriviamo al lettore che dovrebbe aprirci la porta, anzi dovrebbe già esserci una porta ma non c’è e se passiamo i bracciali non funziona nulla. Capiamo che in caso d’emergenza il passo successivo è sigillare ogni piano, così quello che è dentro resta dentro. Cerchiamo una soluzione alternativa ma non c’è. Siamo bloccati. Sentiamo gli spari avvicinarsi e senza armi non possiamo fare nulla, così data la vicinanza optiamo per ripararci all’interno di una stanza per raccogliere le idee. Adam entra prima di me, io mi chiudo la porta alle spalle, ma quando mi volto per raggiungerlo sbatto contro la sua schiena, si è messo davanti a me come per fare scudo contro qualcosa, mi sposto per vedere cosa c’è nella stanza e vedo un uomo con abiti civili seduto a terra, probabilmente ferito che ci guarda puntandoci contro una pistola. Mi manca il respiro per qualche secondo aspettando di morire ma abbassa l’arma.
- siete protettori? – ci domanda sofferente, è allora che lo noto, il rigolo di sangue che esce dal suo fianco.
- sì, chi è lei? Che sta succedendo? – domanda Adam continuando a tenermi al sicuro.
- non sono il nemico, guardate… - dice mostrandoci il suo bracciale – se vedete qualcuno senza, uccidetelo, quelli sono il nemico. -
- come facciamo a fidarci, potresti mentire – dico spostandomi dalla protezione di Adam che mi afferra subito per il braccio impedendomi di andare oltre.
- potrei, è vero, che situazione di merda. Come faccio a convincervi, vediamo… io sono delta secondo, Liam per gli amici, forse non lo sapete, ma anche i protettori hanno dei nemici, e ci vogliono tutti morti.  Si fanno chiamare “portatori di libertà”, sono convinti che il mondo sarebbe un posto migliore senza di noi e se loro avessero a scatola. Se avessero la scatola credo che ci ucciderebbero tutti, non intendo solo noi, ma proprio ogni essere vivente sulla terra, sono la razza peggiore di rivoluzionari, per loro ogni scusa è buona per mandare tutto a puttane. Non sono come noi, niente bracciali, ma ci hanno studiato attentamente e sanno come ucciderci. – restiamo immobili a guardarlo per un po’, poi guardo Adam e dal suo sguardo capisco che forse possiamo fidarci, poteva ucciderci prima se avesse voluto. – kit di primo soccorso – dico a voce alta, una cassetta contenente il necessario arriva nella stanza e cerco di capire come medicarlo. –non puoi medicarmi, se non ci riescono le macchine non ci riesci nemmeno tu. – dice, ora che ricordo, le nano macchine dentro di noi servono anche a riparare eventuali danni, ha ragione, se loro non riescono a guarirlo, il massimo che posso fare è dargli della garza per il sangue. Dopo aver capito la mia inutilità mi siedo a terra e riapro la cartina dell’alveare. – dobbiamo arrivare qua. Sai come arrivarci? – chiedo a Liam.
- il centro di controllo? Perché non combattete come tutti gli altri? – ci chiede guardandoci. In teoria dovremmo combattere, siamo addestrati a farlo, penso che sia quello che ci si aspetta da noi, ma fino a dieci minuti fa non sapevamo nemmeno cosa dovevamo combattere.
- beh, punto uno, fino a dieci minuti fa non sapevamo chi era il nemico, e punto due non ho alcuna intenzione di morire qua dentro – dico, poi lui scoppia a ridere, o almeno ci prova, il dolore lo frena prima di iniziare.
- mi state simpatici, comunque non dobbiamo andare li, è lì che dobbiamo andare – indica il livello ventiquattro, quello che sulla mappa è segnato come “alloggio personale di servizio”.
- dobbiamo? – chiede Adam
- sì, mi aiuterete ad arrivarci – dice iniziando ad alzarsi.
- perché? – domando aiutandolo.
- perché lì c’è il quartier generale, e devo andarci -
- ok, ma perché? Cioè, perché metterlo così in profondità? – domanda Adam, in effetti, non ha tutti i torti.
- esattamente perché non ha senso, tutti si aspettano sia in alto non in basso, e non negli alloggi del personale di servizio. -
- e il personale di servizio dove dorme? – so che non è una domanda fondamentale al momento, ma voglio saperlo…
- al livello quattro. Possiamo andare adesso? – ci domanda.
- ci servono armi… armi – dico a voce alta sperando di vederne apparire nella stanza, ma niente. –armi … a r m i … - niente, silenzio totale – dammi delle cazzo di armi! – urlo in preda all’odio per il sistema H6CI e per la tensione derivata dalla situazione, tutti mi guardano in silenzio, ma poi compare un armadietto con delle armi al suo interno.
- hai fatto paura alla stanza – mi dice Adam cercando di reprimere una risata con pochi risultati.
- non possiamo uscire disarmati – in effetti, è vero.
- ora, come facciamo a scendere di livello? Gli ascensori non vanno e le porte delle scale non si aprono. – chiedo a Liam che è quello più tranquillo tra noi.
- siamo al secondo livello del protocollo d’emergenza, voi non potete aprire le porte, io sì. -
- perché? Anche noi siamo protettori. -
- voi siete ancora in addestramento e a questo punto devono limitare i danni, voi non potete gironzolare in giro, io non sono in addestramento e il mio livello d’accesso è più alto del vostro. Basta domande e andiamo all’imbocco più vicino. –

Usciamo dalla stanza e dopo tre o quattro metri siamo costretti a trovare riparo, sentiamo gli spari colpire il muro che ci protegge, cerco di guardare da dove arrivano e li vedo, quelli che dobbiamo combattere. Sono umani, uccidono chiunque porti un bracciale, anche se non è un protettore o qualcuno della sicurezza. Punto il fucile in quella direzione e uccido una persona per la prima volta. È una strana sensazione, credevo avrei sentito più rimorso, vergogna o qualche emozione simile, ma non provo molto a parte l’adrenalina che scorre senza fermarsi.

 

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Capitolo 6
*** sei. ***


Sei.

 

La strada che porta alle scale non è semplice. Ci sono nove possibili imbocchi al livello dieci e due di questi sono inutilizzabili, la nostra unica fortuna è esser arrivati quasi alla fine dell’addestramento, almeno sappiamo usare un’arma e combattere a mani nude.

Raggiungiamo un altro possibile imbocco e questo si apre. Entriamo, ci chiudiamo la porta alle spalle, e iniziamo la discesa. Siamo costretti a fermarci molte volte a prendere fiato e per permettere a Liam di riposarsi, la ferita sul fianco continua a sanguinare e non riesce quasi più a reggersi da solo. – siamo a metà strada – dice Adam dopo aver controllato la nostra posizione.
- non so se riesco ad arrivare fino in fondo. – guardiamo Liam quasi abbattuto tenersi il fianco, e decidiamo di reggerlo per il resto del viaggio. Arriviamo al livello ventiquattro, e quando apriamola porta, ci troviamo davanti delle pistole.

- identificatevi – dice una delle guardie
- psi principale e secondo... e lui è… -
- delta secondo, protettore della scatola. – dice. Lo guardiamo e siamo più agitati di prima. Una cosa è sentir parlare dei protettori della scatola, di quello che fanno e tutto il resto, un’altra è reggerne uno, sono come delle rock star per noi. Tutte le guardie si fiondano per prendere Liam e portarlo su una sedia, così liberi dal suo peso entriamo anche noi nella stanza e la osserviamo. Su ogni parete ci sono schermi che mostrano immagini provenienti da tutti i livelli dell’alveare, e operatori ovunque che spingono tasti e fanno funzionare il tutto. Si apre una porta e Liam è portato dentro, noi restiamo immobili davanti alla porta aspettando che qualcuno ci dica cosa fare, abbiamo già violato il regolamento e saltato il programma, meglio evitare altri guai. È una guardia a ordinarci di entrare nella stessa stanza. Entriamo e c’è solo una scrivania e uno schermo, Liam seduto su una poltrona mentre un medico controlla la ferita e un uomo in piedi davanti a lui.
- ci hanno attaccati di notte. L’hanno presa e ho attivato il protocollo – dice Liam, probabilmente sta facendo rapporto.
- non sapevi d’esser seguito? – chiede l’uomo
- no, altrimenti non sarei mai tornato. -
- è la prima volta in cent’anni che qualcuno che non sia un protettore riesce a entrare, sai cosa comporta vero? -
- lo so, ma io non ho molto tempo e loro sono li. – ci indica e l’uomo ci osserva con disprezzo, ordina a tutti di uscire dalla stanza, e restiamo solo noi quattro.
- non hanno finito l’addestramento, non hanno sostenuto l’esame finale, non sanno nulla… -
- gli ho spiegato un po’ di cose, sanno che ci sono dei nemici che sanno della scatola, l’hanno visto… -
- è contro ogni regolamento. -
- lo so, ma quante coppie ci sono ancora? - chiede Liam. L’uomo guarda lo schermo e per la prima volta capisco cosa c’è scritto. È una lista di simboli, i nostri simboli, per la maggior parte sono rossi e alcuni lo diventano mentre guardiamo.
- quattro coppie – dice l’uomo.
- e quante coppie sono qui? – chiede Liam
- non è questo il punto. -
- è proprio questo il punto, sai che non vivrò ancora a lungo, e se io muoio non si potrà mai più aprire la scatola, quindi non hai scelta. -
- ok, voi due sedetevi. – ci ordina. Eseguiamo l’ordine e una donna entra nella stanza. Liam si toglie una catenina con un ciondolo tondo, di quelli che se li apri contengono un ologramma di qualcuno che ami, mia madre ne aveva uno simile, preme il tasto dell’apertura ma non succede nulla, anzi, cambia forma e diventa più ampio. Sulla superficie si sono formati dei simboli, l’uomo che credo sia il responsabile di Liam ne spinge alcuni, poi il ciondolo cambia ancora.
- chi è il principale tra voi? – domanda, alzo la mano un po’ impaurita. – questo farà male. – dice prima di spostare i miei capelli e appoggiare il ciondolo contro il simbolo sul mio collo. Tutto quello che sento sono fitte di dolore continue e costanti in tutto il corpo, cerco di non urlare o piangere per quanto sia possibile, poi quando il dolore passa e tutto sembra finito, una donna m’inietta qualcosa che mi provoca una serie di scosse nella testa.  Quando apro gli occhi è tutto strano. È come un computer senza il computer. Davanti a me ho lo schermo ma non c’è la tastiera o il supporto dello schermo, ho solo l’ologramma.
- se vuoi spostare lo schermo basta che lo pensi e lui si chiude. Per aprirlo basta che ti tocchi il simbolo sul collo. – mi dice la donna. Funziona. Alzo la mano per toccare il mio simbolo e non vedo il bracciale. Penso d’esser sbiancata oltre il normale perché la donna è subito corsa a rassicurarmi. – è sempre li, tocca la pelle, è solo mimetizzato, funziona sempre allo stesso modo, ma evita d’usarlo in pubblico, anche il simbolo sul collo è mimetizzato, è sempre li, solo che non si vede. – mi rassicura, poi si volta verso Adam e lo sottopone al mio stesso trattamento. Alla fine ci guardiamo intorno spaesati, avere un computer senza nessun supporto è strano, ci sono computer integrati su occhiali, penne, orologi, ma mai ne avevo visto uno senza supporto. – lo so è strano, ma poi vi abituate, leggete il manuale mi raccomando – ci dice Liam. L’uomo reinserisce il ciondolo nella catenina e me lo infila al collo. – proteggetelo a costo della vita – ci dice.
- la catenina? – domando guardando il ciondolo
- la scatola – dice lui indicando il ciondolo
- ma è… - Adam non finisce la frase, la scatola è un ciondolo, a cosa serve non lo sappiamo.
- una volta era dentro ad una scatola, poi è stato trasformato in un ciondolo, il nome scatola è rimasto, almeno i ribelli continuano a cercare scatole. Ora dobbiamo andarcene, l’alveare sta per esser epurato. Liam, grazie per il servizio. – veniamo trascinati in un ascensore, mentre Liam moribondo ci saluta dal divano. Quando le porte si chiudono sentiamo l’ascensore partire in orizzontale e poi cambiare direzione e salire verso l’alto. Quando le porte si aprono, siamo in un appartamento.

Vado verso le finestre e sento il sole scaldarmi la pelle, vedo la gente camminare per strada, le auto, è strano rivedere il mondo dopo tanto tempo. Stiamo guardando la gente passeggiare ignara di quello che è successo quando i vetri tremano e lo vediamo, in lontananza, una colonna di fumo e fiamme. Hanno fatto esplodere l’alveare. Sono tutti morti.

 

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Capitolo 7
*** sette. ***


Sette.

 

 

- fallo rivendicare come attentato da qualche terrorista, ma non quelli dell’ultima volta, abbiamo fatto scoppiare una guerra, meglio evitarne un’altra – dice l’uomo alla donna venuta con noi. – io sono sho, ma potete riferirvi a me come Greg, sarò il vostro responsabile, alla fine di ogni giornata dovrete inviare un rapporto completo. Il computer dentro di voi registra 24 ore su 24; non potete spegnerlo, alle nove di sera sarà inviato in automatico il filmato della giornata che varrà come rapporto, poi sarà eliminato dal vostro archivio ma sarà conservato in un archivio esterno fino a quando non terminerete il servizio. Ora, dato che l’alveare è andato distrutto dovrete restare qua un po’, non potete uscire o interagire, voi non esistete ricordatevelo e se qualche telecamera di sicurezza vi filma sarebbe un bel pasticcio, quindi restate qua, non ci vorrà molto per creare le vostre identità, dobbiamo solo contattare l’altro alveare. Ora, domande? – chiede. Siamo ancora un po’ scioccati per quello che è successo e non mi vengono molte domande al momento. – ok, io sono nell’altra stanza se avete bisogno. – esce e ci lascia soli.

Mi siedo sul divano e Adam mi segue. Restiamo in silenzio per un po’ a raccogliere i pezzi di quello che è successo, poi sento che mi abbraccia. È il primo contatto fisico che abbiamo, ci siamo sempre tenuti a una certa distanza, non abbiamo mai fatto nulla che due comuni amici non avrebbero fatto, ricambio l’abbraccio, poi imbarazzati, torniamo al nostro posto.
- siamo i protettori della scatola – dice Adam
- si lo siamo – iniziamo a sorridere, - sono tutti morti. -
- l’importante è che noi siamo vivi – mi dice Adam, poi la donna entra nella stanza e ci da dei vestiti di ricambio, siamo accompagnati in un bagno con doccia, ci laviamo e indossiamo gli abiti. È strano indossare abiti normali dopo tanto tempo, usare i colori, prima era tutto bianco. Mi guardo allo specchio e quasi non mi riconosco, capelli sciolti sulle spalle, jeans, maglietta rossa e felpa, mi sembra passato un secolo dall’ultima volta che li ho indossati. Poi per ultimo infilo la catenina sotto la maglietta. Sembro una persona normale. Esco e trovo Adam che mi aspetta alla scrivania con Greg. Ci consegna i nostri documenti e inizia a istruirci…
- Talia Stephens –
- Adam Mayer – guardiamo i nostri nuovi documenti e poi ci viene installato il cip identificativo sotto pelle, per fortuna ci hanno lasciato i nostri nomi.
- non abbiamo avuto molto tempo per studiare le vostre capacità, per cui data la vostra età, vi abbiamo iscritti all’università. Sorride, ci guarda e sorride come se avesse appena detto una cosa bella. – seriamente? – dice Adam.
- certo, avete diciannove anni, se tutto fosse andato come doveva, avreste sostenuto l’esame tra due anni circa, e avremmo potuto inserirvi nella società più facilmente, ma è andato tutto a puttane, per cui adesso andrete all’università, prenderete una bella laurea in qualcosa d’inutile e di basso livello, poi vi forniremo un lavoro nella più merdosa città del mondo, dove vivrete una vita ordinaria, quasi noiosa. Se pensavate che essere protettori sarebbe stato tutto un combattere i cattivi e vivere in basi super segrete vi sbagliavate. Proteggere la scatola, vuol dire fare in modo che nessuno scopra la sua esistenza, fatelo e verrete terminati immediatamente così come tutte le persone nel raggio di cento chilometri e chiunque abbia parlato con loro. Sono stato chiaro? -
- certo. – risponde Adam, ora abbiamo un po’ paura di lui.
- bene, ora andiamo, è ora di portarvi al campus, l’unica cosa positiva di tutto questo è che siamo ad agosto, per cui inizierete l’anno accademico come ogni matricola sulla faccia della terra il primo di settembre. Andiamo, vi dirò il resto in volo. –

Usciamo dall’edificio e un’auto ci porta all’aeroporto. Scopriamo di essere in Nuova Guinea, e che l’aereo ci porterà a Nuova Los Angeles. La città non si trova più dov’era la Los Angeles originale, quella fu distrutta con la prima guerra termo nucleare, ora si trova più a sud, dove una volta esisteva uno stato chiamato Messico.

- questi sono i manuali per usare il computer, nel campus vivrete nel dormitorio misto, per cui sarete in stanza insieme. Ora ascoltatemi bene, la scatola è una chiave, avete visto che può cambiare forma, quello lo può fare chiunque, ma solo voi potete aprirla e usarla, funziona solo con voi, nessuno oltre a voi deve toccarla, non toglietevela mai dal collo, almeno che non siate sicuri al cento per cento che non ci siano nemici della scatola nelle vicinanze, o vi troviate in un posto sicuro come un alveare o in una base dei protettori. Se per qualche ragione, sei costretta a toglierti la catenina, fa in modo che la indossi secondo, non lasciate mai la scatola incustodita, è già successo una volta, non vogliamo succeda ancora. In caso di minaccia potete attivare dei protocolli di sicurezza e qualcuno verrà in vostro aiuto, nel caso in cui uno di voi due muoia, quello in vita dovrà attivare il protocollo di sicurezza uno e raggiungere l’alveare più vicino, nel caso in cui foste seguiti e non possiate raggiungere l’alveare perché accadrebbe quello che è successo con Liam, attivate un protocollo di sicurezza due, una volta fatto avrete istruzioni sul da farsi. Seguite sempre le istruzioni dei protocolli. -
- e se morissimo entrambi – dico io un po’ impaurita dalla risposta
- beh, preghiamo gli Dei che non capiscano come funziona la scatola – dice guardandoci negli occhi e vedendo la nostra paura.

Dopo due ore siamo arrivati. Scendiamo dall’aereo e un’auto ci porta al campus. Veniamo divisi, io vado con Greg e Adam con la donna, che scopriamo chiamarsi Leila. Consegniamo alcuni documenti e veniamo portati nella nostra stanza. È strano camminare in mezzo alla gente ignara di quello che ho al collo, c’è gente che ride, chi piange salutando i genitori, poi ci fermiamo davanti ad una porta. – è questa – dice la nostra guida. –grazie – risponde Greg. Entriamo e inizio a sistemare le mie cose nell’armadio, ovviamente è tutto nuovo, nulla è mio, Leila ha comprato delle cose come vestiti, poster, cose che ogni ragazza della mia età possiede, ho persino una finta foto di famiglia con Greg e una donna, che dovrebbe essere mia madre. Sistemo tutto, poi dopo dieci minuti entra Adam. – ok, ci siamo – inizia a dire Greg – sapete cosa fare, nel campus ci sono altri protettori, ma loro non conoscono la vostra identità e voi non conoscete la loro, per qualsiasi cosa contattatemi, comportatevi normalmente, non fate nulla che attiri troppa attenzione su di voi, e non fate nulla, che solo voi sapete fare. – dice fissandoci come si fissa un figlio durante una predica.
- tipo? – chiedo io.
- tipo, che so, correre una maratona come se aveste corso due metri o fatto cose da protettore… insomma potete correre, fare sport ecc… anzi, dovete farlo, continuare ad allenarvi intendo, ma ogni tanto perdete apposta, cadete, fatevi male per finta! E ah, dimenticavo, evitate il più possibile le visite mediche, se qualcuno ne chiede una, contattatemi e ci penso io. Beh è tutto scritto nel manuale che è nel vostro computer, di norma avreste passato un mese con i protettori precedenti per imparare tutto il necessario, esser istruiti a dovere, ma non è questo il caso. Io vado, ci vediamo fra tre settimane all’incontro con le famiglie. Bon lavoro. – esce dalla stanza e ci lascia soli con Leila che non si è mossa di un centimetro per tutto il tempo, la guardiamo e lei assume un’espressione imbarazzata, poi inizia a parlare. – beh vediamo cosa non vi ha detto Greg, fate i bravi e non entrate nelle confraternite, non bevete o almeno non troppo, le nano macchine dentro di voi eliminano l’alcol dal vostro organismo e sarebbe strano se non vi ubriacaste mai. Ricordatevi di controllare il vostro programma, so che non ne avete più uno giornaliero, ma ci sono cose che in quanto protettori dovete fare; e poi basta mi sembra, leggete il manuale, ci sarebbero un miliardo di cose che avreste dovuto sapere prima d’esser lasciati soli ma sapete che è successo, non possiamo tenervi con noi e insegnarvi tutto, siamo ancora sotto attacco e probabilmente vi troverebbero subito, per cui in bocca al lupo. Ci vediamo fra tre settimane… ah, siete giovani, avete impulsi, lo so ci sono passata anch’io, i primi due anni con il proprio secondo sono una cosa terribile dal punto di vista ormonale per cui, sappiate che le nano macchine dentro Talia funzionano da anticoncezionale. Ciao. - ed esce, era bordò mentre lo diceva, e penso che lo siamo anche noi, o almeno io, non ho il coraggio di guardare Adam in questo momento. Apro il computer e cerco il file con il manuale e inizio a leggerlo, tanto per fare qualcosa mentre aspetto che l’imbarazzo e l’ansia se ne vadano, poi sento una leggera scossa, segno che abbiamo un aggiornamento di programma, ora sono nervosa, sto per leggere il mio primo programma da protettore della scatola.
- sembra facile – dice Adam, leggo quello che c’è scritto: “Integrazione”.
- cioè? Dobbiamo fare amicizia con gli atri? – domando
- credo di si –
- non c’era bisogno di inserirlo nel programma, credono che siamo così asociali? – mi sento un po’ offesa. Ok, forse durante l’addestramento non eravamo la coppia più popolare, ma parlavamo con gli altri.

Finiamo di leggere il nostro programma, che non è più giornaliero ma settimanale, poi ci infiliamo sotto le coperte. Stiamo per iniziare una nuova vita.

 

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Capitolo 8
*** otto. ***


Otto.

 

 

La sveglia suonò alle sette in punto del mattino.
Dopo esserci vestiti, impuntammo il robot delle pulizie in modo che fosse in azione quando noi non eravamo in stanza, poi uscimmo per il nostro primo giorno da studenti. Era strano “vivere” una vita normale. Camminavamo per i corridoi in mezzo ad altra gente e ci sforzavamo d’apparir normali, anche se ogni volta che qualcuno ci urtava o guardava in modo strano, l’istinto ci diceva di attaccarlo e farlo parlare. Arrivammo alla mensa, prendemmo la nostra colazione e ci sedemmo a un tavolo. Il peggio era passato.
- non mi ricordavo fosse così difficile – disse Adam guardando la tazza di latte e cereali che aveva preso dopo aver ponderato attentamente su cosa era meglio prendere. Ormai non eravamo più abituati alla normalità, nell’alveare ci avevano abituati a fare quello che c’era detto, e a mangiare quello che ci davano. Nel mondo reale c’era troppa scelta, e dopo un’attenta analisi, avevamo concluso che anche prima del prelievo non avevamo molta scelta sul cibo, persino io, che vivevo con un custode che voleva rubarmi, e mi aveva fatto crescere nell’ignoranza totale sulla mia identità, non avevo mai avuto molta scelta sul cibo. Ricordo che in casa c’erano al massino due confezioni di cereali a basso contenuto di zuccheri e che non potevo mai decidere nulla riguardo al cibo, forse l’unica cosa che la mia custode riteneva giusta del “sistema dei protettori” era il controllo dell’alimentazione.
- ciao, venerdì sera diamo una festa per tutti i nuovi iscritti, inizia alle nove, nella sala grande della biblioteca. – dice una ragazza dall’aria troppo allegra che ci lascia un volantino prima di passare al tavolo successivo. Guardiamo il volantino e siamo perplessi. Andare a una festa è considerato normale, basta che non beviamo alcolici e non facciamo nulla di stupido e molto irresponsabile. Decidiamo che andremo, dopotutto dobbiamo integrarci, conoscere gente… però lo diciamo a Greg, giusto per vedere se ci risponde qualcosa, cosa che non fa, segno che la nostra decisione è giusta. Dopo la colazione iniziamo i corsi, scopriamo che Adam segue lezioni sullo sport e sicurezza, di certo il massimo di lavoro cui può aspirare è guardia di sicurezza o allenatore di una qualche squadra del liceo, di certo di basso rilevo come impiego. Mentre io seguo corsi di storia. Nelle nostre menti abbiamo capito i progetti che Greg ha per noi, usciti di qua troveremo casualmente lavoro nella stessa città se non scuola, dove Adam sarà l’allenatore della squadra di hockey, football, baseball, o qualunque sia lo sport praticato nella scuola, ed io sarò l’insegnante di storia o la bibliotecaria, una vita semplice e di basso livello. Prendiamo atto del nostro futuro lavorativo e ci dividiamo per la prima volta.
- se succede qualcosa, qualunque cosa, chiamami. Ti ricordi, dove devi spingere nel bracciale vero? - mi chiede Adam.
-si, mi ricordo. Ci vediamo questa sera per cena – restiamo in silenzio per alcuni secondi, poi ci separiamo. Mentre cammino da sola verso la mia prima lezione di storia delle civiltà, ogni persona che incrocio sembra guarda il mio petto come se sapesse, che li, sotto la maglietta c’è quel ciondolo da cui dipende tutto. Ogni mano che si allunga nella mia direzione sembra voglia strapparmi la catenina. Mi rendo conto di esser in preda al panico, così entro nel primo bagno che trovo e mi decido a calmarmi.

Il resto della giornata trascorre tranquillamente, quando rientro in stanza, mi sento al sicuro. Ho giusto il tempo per fare una doccia e rilassarmi, poi anche Adam torna in stanza.

- com’è andata?- gli domando sforzandomi di non far trasparire la mia ansia.
- è stato orribile, non sono abituato alle persone. -
- lo so, meno male, credevo d’esser impazzita. – per fortuna anche lui è stato ostaggio dell’ansia per tutta la giornata, segno che non c’è nulla che non va in me.

Torniamo alla lettura del manuale, dobbiamo imparare a usare ogni funzione del computer il prima possibile. Sono stesa sul mio letto a leggere il paragrafo 45/F quando…
- oh, figata assurda, Talia guardami. – mi dice Adam catturando la mia attenzione, lo guardo e lo vedo fissare davanti a lui, l’unica cosa scomoda di questi computer è che solo lui può vedere il suo schermo, per cui non ho la più pallida idea di cosa stia facendo.
- quindi?- cerco di sollecitarlo, poi finalmente inizia a parlare.
- sono al paragrafo cinquantadue e c’è una cosa fantastica, abbiamo una macchina della verità e possiamo vedere i parametri di una persona, battito cardiaco, pressione sanguinea, se ha qualcosa che non va, possiamo fare una scansione completa del suo corpo, per esempio ora te ne sto facendo una e… sei sana al 100%, chi l’avrebbe mai detto! Ora vediamo il tuo nome è Talia? -
- si -
- hai una catenina al collo? -
- si -
- giusto, vediamo… - si alza e si siede al mio fianco – sei felice? -
- si – silenzio, la situazione da tranquilla sta diventando imbarazzante, una cosa è averlo dall’altro lato della stanza, un’altra è averlo a un palmo di mano da me, che mi fissa, riesco anche a sentire il suo respiro. Sento le mie palpitazioni aumentare, così vado al paragrafo cinquantadue e attivo anch’io il sistema di controllo e lo vedo, non sono l’unica ad avere le palpitazioni fuori controllo. Credo che entrambi stiamo cercando di combattere gli ormoni, ma non ci riusciamo molto. In men che non si dica lui è senza maglietta e cerca di capire come funziona il mio reggiseno.  

È strano provare attrazione solo per una persona, sono seduta nell’aula aspettando l’inizio della lezione e sto parlando con altre ragazze che seguono il corso, e non fanno altro che commentare i ragazzi che sono in aula con noi. Si raccontano esperienze, idee, pareri, e tutto quello che riesco a pensare vedendo gli altri ragazzi è “tra due giorni avrà l’influenza”, adoro il sistema di controllo, riesco a vedere se una persona mente o è sincera, non lo uso sempre, ma quando mi annoio e non m’interessa la discussione che il gruppo di ragazze attorno a mesta facendo, lo attivo e m’intrattengo.

Domani sarà un grande giorno, Greg e Leila verranno a trovarci per l’incontro con le famiglie e dal messaggio che ci è arrivato questa mattina, hanno qualcosa d’importante da dirci, per cui sono un po’ emozionata. Passo la giornata a fingere di interessarmi a tutto quello che mi circonda, poi il mattino dopo ci svegliamo di buon’ora e ci prepariamo a rivedere il nostro responsabile. Non sappiamo come comportarci, penso che dovremmo essere naturali, forse devo abbracciare Greg, chiamarlo papà e baciarlo, ma non penso che lui sarebbe molto felice. Siamo seduti su un muretto all’esterno del campus ad aspettare l’auto, Leila è la prima ad arrivare e si comporta con Adam come farebbe una qualsiasi madre che non vede il figlio da tre settimane, Greg quando arriva è più serio, mi abbraccia, fa qualche battuta, poi ci trascina nella nostra stanza, certo, finge un sorriso quando incrociamo qualcuno, ma appena entriamo nella stanza torna serio, Leila spruzza un’isolante acustico su tutti i muri e sulla finestra, poi inizia a parlare.
- siamo al sicuro – dice dopo aver risposto la bomboletta spray nella borsa.
- siamo ancora sotto attacco, sono stati uccisi tre custodi e quattro bambini, stiamo limitando i danni e sembra che le aree più colpite siano quelle del sud Europa e il nord del continente asiatico, per cui siete ancora al sicuro, ma i ribelli stanno migliorando, glielo devo concedere questo. Tre giorni fa c’è stata una riunione del consiglio dei presidenti, e abbiamo capito che c’è una talpa nel sistema, è per questo che sapevano dov’erano i precedenti protettori della scatola, ragion per cui ci siamo rifiutati di dire dove vi trovate, in questo momento stiamo anche spostando pandora in una regione più sicura e… -
- cos’è pandora? – gli chiedo.
- Già, non lo sapete, pandora è il motivo per cui dovete proteggere la scatola. Non vi è concesso sapere altro al momento. Comunque, siete al sicuro, ma volevo avvisarvi di fare attenzione ai notiziari, se succede qualcosa nella zona, come strani omicidi preparatevi ad andarvene, tenete una borsa per le emergenze sempre pronta. – ci guarda aspettando un segno di consenso, che non tarda ad arrivare, poi Leila inizia a illustrarci alcuni oggetti che possiamo tenere con noi come arma di difesa.
- questo è lo spray isolante, in pratica forma una patina nella stanza e la insonorizza, così potete parlare liberamente ovunque siate, questo è un bisturi laser, tasto rosso taglia, verde ricuce, non so come possiate usarlo, ma ve lo lascio, questo è il mio preferito, sembra una matita, ma è un coltello, basta che premiate qua e ta-dan! Esce una lama affilatissima e praticamente resistente a tutto, non si spezzerà mai, fidatevi. E questa che sembra una comune scatola di caramelle, in realtà contiene mini bombe, non sono potentissime, ma abbastanza da far esplodere una serratura o far staccare una gamba, un braccio, o qualsiasi parte del corpo preferiate, ho aggiunto queste, ricordatevi, viola bomba e arancione bomba luminosa, nel caso dobbiate scappare e vi serve un diversivo. Per ora è tutto, non posso lasciarvi armi serie perché dareste troppo nell’occhio con un fucile in camera, ma è quello che sono riuscita a fare in questo poco tempo. – ci consegna quelle poche armi e poi torna in silenzio nel suo angolo.
- ora, facciamo un giro del campus? Dobbiamo uscire da qua, sarebbe troppo strano se restassimo in stanza tutto il tempo. – dice Greg prima di invitarci a uscire. So che non dovremmo preoccuparci, che la situazione è sotto controllo, ma il fatto che ci abbino consegnato delle armi non mi rassicura molto.

 

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Capitolo 9
*** nove. ***


Nove.

 

La vita al campus è noiosa. Impariamo più velocemente degli altri, ci basta leggere una cosa per averla già impressa nella memoria, perciò una volta letto il libro di testo sappiamo già tutto quello che c’è da sapere sull’argomento, non possiamo allenarci come vorremmo perché sarebbe troppo strano e daremmo troppo nell’occhio, per cui passiamo il nostro tempo in stanza ad allenarci come meglio possiamo e a lasciar sfogare gli ormoni. Sappiamo che Greg vedrà tutto, ma ormai abbiamo superato la fase “vergogna”, e poi salterà quelle parti, o almeno speriamo. Da quando ci hanno comunicato dei custodi morti, seguiamo i notiziari di ogni stato in cerca di novità, ma è da un paio di mesi che non succede nulla di strano.

Siamo nella mensa e mangiamo il nostro pranzo, quando gli schermi che trasmettono informazioni su lezioni, eventi o attività del campus, cambiano schermata.
Una schermata nera con un simbolo, un cerchio con una spada al centro, nell’istante in cui vediamo il simbolo, ogni sensore nel nostro corpo grida allarme. Sentiamo la scossa dell’aggiornamento venire dal nostro bracciale, apriamo il messaggio e leggiamo: “Restate calmi, sta succedendo in tutto il mondo – Greg”, la cosa non ci consola molto, guardo Adam e fingiamo stupore come tutti nella stanza, poi dopo il silenzio, un fischio e una voce metallica, artificiale, legge delle parole che compaiono sullo schermo.

Noi siamo i portatori di libertà.
I governi vi hanno mentito, lo fanno da centinaia di anni.
Vi mantengono nell’ignoranza.
Vi controllano.
Ma non sono loro il nemico.
Sono controllati da un male superiore, i protettori.
Sono in mezzo a voi, assomigliano a voi, ma non sono come voi.
Loro controllano i governi e decidono cosa potete o non potete fare, vi nascondono conoscenze, cure, verità.
Noi siamo i portatori di libertà e vi libereremo dalla loro oppressione. È ora che il mondo si ribelli.

Nero. Il simbolo resta sullo schermo per alcuni istanti, poi la schermata torna a trasmettere le normali informazioni. Mi siedo al tavolo seguita da Adam, continuiamo a fingere di non sapere di cosa stessero parlando, fingiamo sorpresa, incredulità, poi sentiamo un’altra scossa, apriamo il messaggio: “Continuate come se nulla fosse – Greg” . mangiamo il più in frette possibile e torniamo nella nostra stanza, spruzzo l’isolante acustico e poi parliamo liberamente.

- tu guarda i notiziari dell’emisfero nord, io faccio il sud.

Iniziamo ad analizzare tutti i notiziari, un altro aspetto positivo dell’essere protettori e avere un computer nel cervello, è che ci basta isolare un singolo aspetto di una notizia, in questo caso il simbolo del cerchio e della spada e usare la parola “portatori di libertà” per avere un’analisi dettagliata e precisa di ogni notizia cui possiamo accedere. Tutto il mondo è collegata a un’unica rete, tutte le informazioni viaggiano da li, ogni giornale, sito, indirizzo di posta è collegato alla rete, non esistono reti private, è tutto pubblico, certo, solo i governi hanno una rete privata, ma essendo protettori della scatola, riusciamo ad accedere anche a quelle, con fatica, ma ci riusciamo. Solo i protettori possiedono una loro rete in cui è impossibile entrare. Il computer isola tutte le notizie in cui si fa riferimento ai ribelli, per la maggior parte parlano solo dell’oscuramento delle trasmissioni, ma alcuni dicono altro, di come sui fogli informativi siano apparsi dei numeri e indirizzi criptati da cui è impossibile risalire alla sorgente. I fogli informativi sono entrati in vigore quando la produzione della carta ha esaurito la materia prima. Sono un semplice foglio di carta in cui nano molecole interattive proiettano quelli che una volta erano i quotidiani d’informazione; il passaggio è stato graduale, prima c’erano i quotidiani, poi sono arrivati i tablet e poi sono diventati un semplice foglio di carta che puoi piegare e portare in borsa. Un foglio dura solo sette giorni prima che si degradi completamente, per cui a ogni inizio settimana si deve andare in un negozio e acquistare il foglio informativo del giornale che si desidera leggere. Non costano molto, ma non mi sono mai piaciuti, ho sempre preferito leggere le informazioni usando un computer. Solo gli adulti comprano i fogli informativi. Tutto quello che dobbiamo fare, è entrarne in possesso, andare a comprarlo sarebbe strano, per cui dobbiamo rubarlo. Pensiamo a chi potrebbe averne uno e ci viene in mente la guardia di sicurezza del campus, se ne sta tutto il giorno chiuso nel suo cubicolo a leggere riviste, dobbiamo solo prendere quello giusto. Dopo aver pensato a un piano, usciamo dalla stanza e raggiungiamo la guardia di sicurezza. Come al solito sta leggendo una rivista, lo vedo dall’immagine sul foglio, una stupida rivista di gossip. Davanti al suo “ufficio” c’è il parco centrale del campus, dove in genere i ragazzi giocano a qualche sport tra loro per rilassarsi, si mettono in mostra con le ragazze e cose così, per cui non ci resta che attuare il nostro piano. È semplice Adam farà scatenare una rissa, il guardiano dovrà uscire dal suo cubicolo per risolvere la situazione ed io entrerò e ruberò il foglio informativo. Semplice.
Adam s’incammina verso un gruppo di ragazzi seduti a terra ad abbronzarsi, si avvicina a una ragazza che sappiamo esser già impegnata, e inizia a provarci, vedo il suo ragazzo iniziare a discutere con Adam e succede, gli da un pugno in faccia, Adam risponde e una rissa è appena iniziata. Rimango due minuti ad aspettare che il guardiano si renda conto della situazione. Quando finalmente si accorge del trambusto, lo vedo correre verso di loro ed io entro. Rovisto tra i fogli, scarto numerose riviste di gossip, macchine, libri e poi trovo quella di un quotidiano, prendo il foglio lo infilo in tasca e mi allontano. Torno nella nostra stanza e dopo venti minuti Adam entra con un labbro rotto e qualche livido.
- accidenti. Picchiava forte quel tizio. – dico vedendo la sua faccia.
- ho dovuto farmi picchiare, non potevo rispondergli, sarebbe stato troppo strano se ne fossi uscito incolume. L’hai preso? –
- sì. Vediamo… -
Iniziamo a sfogliare il giornale e dopo poco vediamo la schermata nera con il simbolo. Analizziamo con il nostro computer ogni informazione sulla pagina, e a quanto pare è un virus, in questo momento ogni computer, foglio, televisione, tutto quello che possiede uno schermo con una tecnologia di quel livello vede questa schermata. Non c’è molto, solo il simbolo e un indirizzo internet che raggiungiamo subito e troviamo una lista di cose da fare per aggiungersi alla ribellione. Ci sono indirizzi in cui aggiungere le proprie generalità e se necessario si è poi contattati da qualcuno. E poi una scritta, “la ribellione ha inizio”.

Si stanno organizzando la cosa non mi rassicura molto.

 

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Capitolo 10
*** dieci. ***


Dieci.

 

Dobbiamo continuare come se nulla fosse successo, così ci è stato ordinato da Greg.
Sono passati mesi da allora, ci sono stati scioperi, rivolte, qualche piccola rivoluzione negli stati minori e più poveri, venivano affissi volantini in tutte le strade e anche qui all’università ne abbiamo visti qualcuno, ma dopo poco venivano tolti ed eliminati, i media e i governi hanno oscurato tutto. Ora l’inverno ha lasciato il passo all’estate e sono seduta alla mensa con Adam in pantaloncini e canottiera per la nostra prima ondata di caldo dell'America meridionale, avevo letto di com’era, una volta non era così, era più costante e soprattutto meno caldo, ma ormai è impossibile uscire nelle ore centrali della giornata, veramente è quasi proibito uscire. Così siamo in mensa a lamentarci del caldo e del fatto che anche se l’edificio ha l’aria condizionata, faccia caldo ugualmente; quello che succede è un po’ improvviso, proprio come la prima volta gli schermi, si oscurano, compare un simbolo e inizia il messaggio.

Noi siamo i portatori di libertà. Con il primo attacco abbiamo informato i popoli di quello che i governi gli nascondevano, abbiamo reclutato volontari, e ora siamo pronti a colpire. Mentre i protettori addestravano i loro bambini pensando di essere superiori a tutto e tutti, anche noi addestravamo i nostri soldati, e ora è giunto il momento di rovesciare i tiranni.

Silenzio, dopo pochi secondi vediamo alcuni ragazzi alzarsi e infilarsi una maglietta con al centro il simbolo dei ribelli. Non riusciamo a capire cosa sta succedendo, e a peggiorare la situazione uno dei ragazzi porta dentro delle armi. Nel giro di un’ora ci hanno riunito tutti nella mensa. È estate, che vuol dire vacanze, per cui siamo circa la metà degli studenti che ci sono durante l’inverno, ci hanno riuniti tutti e fatti allineare, maschi da una parte e femmine dall’altra. Per fortuna vedo Adam, con delicatezza accendo il mio computer e vedo che ha capito cosa voglio fare, anche lui attiva il suo e iniziamo una conversazione tra noi.
- che facciamo? – scrive lui.
- attiviamo il protocollo 4 – dico io. Il protocollo quattro è da attivare in caso ci siano nemici della scatola confermati nelle vicinanze, il nostro responsabile riceve l’allarme e dovrebbe collegarsi direttamente con noi, vedendo quello vediamo noi e dirci cosa fare. Lo facciamo e dopo poco leggiamo le parole di Greg.
- restate calmi, non sappiamo ancora cosa vogliono, non fate nulla. Sta succedendo in quasi tutto il mondo. – scrive lui, e noi eseguiamo gli ordini. Tutto cambia qualche minuto dopo, quando dopo averci radunati tutti, la voce metallica torna a parlare.

I protettori pensano di essere perfettamente mimetizzati, ma c’è un modo per distinguerli. Il loro polso sinistro. È di metallo. Ora i nostri soldati analizzeranno i polsi di tutti voi, e i nemici della libertà verranno eliminati.

Cazzo. Sento le mie pulsazioni salire, e Adam mi costringe a calmarmi. Greg non scrive nulla, continuo a guardare Adam e aspetto un segno che mi dica cosa fare, poi Greg scrive. – scappate – solo quello. Guardo Adam e vedo i ribelli che hanno iniziato a esaminare i polsi usando un chiodo e spingendo con la punta sul polso di tutti, se esce sangue bene, altrimenti vieni ucciso. Guardo la fila di Adam e vedo che il ribelle è lontano da lui, nessuno con un’arma è vicino a lui, sono così presa a controllare che sia al sicuro che non mi accorgo che una ragazza si sta avvicinando a me. Guardo Adam e leggo il suo labiale. – uccidila – poi continuo a leggere quello che sta dicendo sul mio schermo. – uccidila, usciamo dalla porta della cucina sul retro, ti copro le spalle, siamo in una mensa, è pieno di oggetti contundenti. - ha ragione torno in me e riprendo il controllo del mio corpo. Vedo la ragazza venire davanti a me e la riconosco, parliamo spesso a lezione di storia militare, si chiama Anna, sempre gentile e disposta a dare una mano.
- ciao Talia, il polso – mi sorride, aspetta che appoggi il mio polso nella sua mano, ma io lo tengo dietro la schiena…
- non mi chiamo Talia.  Sono psi.- riesco a vedere la sua espressione di terrore e disgusto, ma dura poco, i miei riflessi sono molto più veloci dei suoi, penso non faccia in tempo a rendersi conto di quello che sto per fare, che le mie mani tengono la sua testa e la girano spezzandole il collo. I secondi che seguono sembrano anni. Vedo Adam afferrare una sedia e gettarla contro un ragazzo che stava per sparare nella mia direzione, poi succede, lo dicevano sempre i nostri istruttori nell’alveare, siamo programmati per essere dei soldati, non ci serve veramente un addestramento vero e proprio, in caso di bisogno il nostro corpo reagisce, e ora lo sta facendo. Riusciamo a prendere alcuni coltelli e uccidiamo due ragazzi, ma siamo ancora in minoranza e la porta è lontana. Prima di riuscire ad almeno avvicinarci alla cucina sento rompersi due costole e Adam finisce a terra un paio di volte, poi quando finalmente siamo abbastanza vicini, riesco a prendere il fucile a uno dei ragazzi e siamo lì uno di fronte all’altro, due contro tre, nessuno spara, potrei farlo per prima, ma io ho due fucili su di me e se sparo, l’altro sparerà a me, poi sento una voce dietro di me…
- sono tau secondo, protettore – la donna della cassa, quella che controlla i nostri documenti ogni volta che prendiamo il cibo per assicurarsi che non siamo barboni che si spacciano per studenti. La sento avvicinarsi, e poi entra nel mio campo visivo, ha un’arma, una piccola pistola che doveva tener smontata da qualche parte.
- psi principale e secondo, piacere – dice Adam. La donna ci guarda e capisce chi siamo.
- stanno arrivando – dice
- chi sta arrivando? – domando io curiosa.
- rinforzi, gli altri protettori della zona, saranno qui a secondi, sono riuscita a contattarli prima che iniziassero a esaminare i polsi. – la cosa mi conforta, forse ce la faremo, ma pochi secondi dopo sento degli spari e passi avvicinarsi a noi, quegli attimi sembrano eterni e poi vedo un uomo entrare e guardare Tau al nostro fianco, poi corre verso i due ragazzi e si butta su di loro. Tau ci trascina in dietro e ci ripariamo dietro al bacone, mentre altre persone entrano e iniziano a lottare.
- tenete, è parcheggiata qua dietro, abbandonatela il prima possibile, potrebbero rintracciarvi con il satellite. – dice mettendomi nelle mani le chiavi della sua auto e tornando alla battaglia. Guardo Adam che mi afferra la mano e corriamo verso l’uscita, fortunatamente non c’è nessuno all’esterno, gli spari devono aver attirato tutti all’interno, troviamo l’auto, partiamo e ci allontaniamo il più possibile dal campus.
- dove andiamo? Greg dove andiamo? – chiedo sapendo che Greg è ancora collegato con noi, aspettiamo qualche secondo mentre Adam continua a guidare senza meta allontanandosi sempre più dalla città, poi arriva un messaggio…

Protocollo quattro chiuso.
Rendez-vous: 47.42204807709586/35.171356201171875
Apertura protocollo sette.
-Greg

Protocollo sette, siamo soli, dobbiamo contattarlo solo in caso di estrema necessità, vuol dire che anche lui è sotto attacco, probabilmente sta scappando, lui non dice a noi la sua posizione e noi non gli diciamo la nostra. Nessuno comunica con nessuno. Controllo i dati per l’incontro e quando il computer carica l’immagine della mappa, sono convinta ci sia qualcosa che non va, faccio rianalizzare i dati quattro volte, poi Adam mi chiede dove deve andare.
- quindi? Direzione? -
- dobbiamo andare in Ucraina – gli dico ancora sconvolta da quello ce vedo, è impossibile, nessuno va in quel punto del mondo.
- cosa? E dove? Come? Cazzo! -
- dobbiamo andare alla barriera in Ucraina, dentro la valle nera – gli dico mentre si ferma.
- no, non si può andare la, chi va la muore. – mi dice guardandomi negli occhi spaventati. Si dicono tante cose di quel punto della barriera, ci sono video di gente che si avvicinava per scherzo e riusciva a stare per qualche secondo all’interno della valle nera e poi moriva, si seccava come una foglia d’autunno, cadeva a terra completamente prosciugato della vita. E noi ora dobbiamo andare la, entrare nella valle nera.  Devo essermi messa a piangere perché Adam mi asciuga una lacrima dalla guancia, ma non abbiamo tempo per disperarci, sentiamo auto venire nella nostra direzione e sirene della polizia, dobbiamo trovare un posto sicuro, capire come attraversane un oceano e raggiungere l’Ucraina senza farci vedere da nessuno, perché siamo certi che i nostri nomi siano ormai su ogni lista nera di ogni aeroporto, stazione di treni, autobus o qualunque cosa fornisca un mezzo di trasporto nel mondo.

 

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Capitolo 11
*** undici. ***


Undici.

 

Ci sono volute tre ore per uscire dalla città. Abbiamo trovato riparo per la notte in una casa abbandonata in mezzo al nulla, e alle prime luci dell’alba siamo pronti per proseguire. Abbiamo abbandonato l’auto e stiamo proseguendo a piedi verso nord, abbiamo controllato i notiziari e ci sono rivolte in tutto il mondo, i protettori sono uccisi, ma l’unica cosa che tutti si chiedono, è che cosa proteggano. I ribelli dicono che si tratta della vera conoscenza della civiltà umana, tenuta nascosta dai protettori per dominare sulle genti, mantenerla ignorante e servizievole. In realtà nemmeno noi sappiamo a cosa serva la scatola, sappiamo solo che è una chiave, ma non sappiamo per cosa.
Dobbiamo proteggerla i ribelli non devono averla.

Stiamo camminando da un tempo indefinito quando arriviamo in una piccola cittadina.
- quanti soldi hai? – mi domanda Adam tirando fuori il portafogli.
- venticinque crediti – l’unica cosa positiva è che in tutto il mondo c’è una sola moneta, con lo stesso valore ovunque, per cui almeno in questo siamo facilitati.
- io ne ho quindici, dovrebbero bastarci per comprare un po’ di cibo e acqua, per il resto dovremmo trovare un modo per trovare tutto quello che ci serve – sento la sua frustrazione, ma dobbiamo andare avanti, così entriamo nel primo supermercato che troviamo e mentre io riempio il carrello di cibo da campeggio e acqua, Adam entra nel sistema di sicurezza del supermercato e fa in modo che le telecamere non ci inquadrino mai, paghiamo e usciamo. Mangiamo per quel che c’è possibile, ogni minimo rumore che sentiamo accende campanelli d’allarme, per cui dopo aver mangiato qualche barretta energetica, ci sistemiamo in un punto poco frequentato della cittadina, fuori da occhi indiscreti e aspettiamo che scenda la notte.

Sono appena passate le tre del mattino quando vediamo la guardia di sicurezza allontanarsi dall’unico negozio che vende attrezzatura da campeggio e armi presente nella città, aspettiamo che si allontani, poi dopo tre minuti Adam si connette al sistema di sicurezza per disattivarlo, questo è l’inconveniente del nostro secolo, tutto è collegato alla rete, per cui basta avere certe abilità e un computer come il nostro per entrare quasi ovunque. Mentre Adam disattiva momentaneamente telecamere e allarme io scassino la serratura e apro la porta sul retro. Entriamo e iniziamo a indossare abiti puliti e più adatti, prendiamo alcuni zaini e li riempiamo di alcuni vestiti di ricambio, una tenda da campeggio, utensili utili come pentole, fornelli da campo, un GPS, anche se in realtà non ci serve, ne abbiamo uno incorporato al computer, ma ci serve più che altro per l’apparenza, almeno se mai dovessimo incontrare qualcuno, non daremmo nell’occhio. Poi dopo aver preso i beni di prima necessità, ci avviamo verso il reparto armi, per farlo dobbiamo scassinare un’altra serratura, questa volta più complicata della prima e poi una volta dentro ci riforniamo di tutto quello che ci può esser utile. Quando siamo fuori, iniziamo a incamminarci, dobbiamo esser lontani prima che la guardia torni dal suo giro e scopra il furto. Dopo due ore troviamo un posto ideale per piantare la tenda e dormire un po’, così lo facciamo e aspettiamo di esser riposati prima di ripartire. Mentre camminiamo lontani dalle strade principali e al riparo in mezzo alla vegetazione, iniziamo a concepire un piano per raggiungere l’Europa. Non possiamo salire su un aereo come comuni passeggeri, perché a quanto pare siamo veramente nella lista nera. Abbiamo controllato, e i nostri nomi sono tra quelli dei ricercati, a quanto pare hanno detto che siamo dei protettori che hanno ucciso a sangue freddo alcuni ragazzi della nostra università indifesi, non è andata propriamente così, ma devono aver capito da come sono arrivati in nostro soccorso e ci abbiano fatti scappare che non siamo protettori qualsiasi, per cui quella possibilità è scartata. L’unica via utile è trovare un modo di salire su un aereo o su una nave senza passare dalla porta principale, e per questo ci servono soldi, o dovremmo minacciare qualcuno.

Nei successivi venti giorni, dormiamo di giorno e camminiamo di notte in modo da evitare di incontrare qualcuno, e finalmente arriviamo in una città sulla costa. L’abbiamo scelta accuratamente, c’è sia un aeroporto sia un porto navale da cui partono navi dirette in Europa. Appena entriamo in città, ci accampiamo in periferia, in modo da non destare sospetti, e iniziamo a cercar qualcuno che possa aiutarci. Ormai in ogni città ci sono posti di blocco, persino nei supermercati controllano i polsi.
- se solo ci avessero attaccato due mesi dopo, adesso sapremmo pilotare un aereo. – dice Adam. Ha ragione, il prossimo passo nel nostro addestramento erano i corsi per pilotare aerei e altri mezzi pesanti, avremmo potuto rubare un veicolo qualsiasi, anche una nave. Mentre ora siamo bloccati qua a sperare in un miracolo.
- stiamo finendo l’acqua, dobbiamo trovare un modo per arrivare alle fontane pubbliche o entrare in un supermercato. – dico mentre faccio l’inventario delle nostre provviste. Ormai abbiamo finito tutto, presto dovremo avventurarci in città, sperare di non esser beccati e recuperare qualche provvista.

Il momento non tarda ad arrivare. Dopo tre giorni ci troviamo in un vicolo buio in piena notte davanti alla porta sul retro di un piccolo negozio d’alimentari, entriamo ma siamo obbligati a uscire presto, ci sono guardie ovunque in cerca di protettori; così dopo aver preso solo qualche bottiglia d’acqua e pagnotta, ci troviamo in un quartiere residenziale, a correre a ridosso delle siepi che ci mimetizzano. Troviamo rifugio in un giardino buio e aspettiamo che la pattuglia passi, poi ci rimettiamo in marcia, questa volta dobbiamo raggiungere il porto, siamo troppo lontani dalla periferia, l’agitazione per esser nuovamente inseguiti ci ha portati a prendere l’unica strada che non volevamo prendere. Al porto ci sono più guardie, più gente che sembrerebbe una buona cosa, ma non lo è, più persone vogliono dire più controlli e ci servirà molta fortuna per evitare di finire in mezzo a un conflitto.

Troviamo riparo nella discarica del porto, dove è messa la merce di scarto dei pescatori, quella che non si può vendere, così dormiamo un po’ tra carcasse di crostacei e pesci morti e alle prime luci dell’alba ci spostiamo in un luogo più sicuro per valutare la situazione. Alla luce del sole non sembra essere così male come pensavamo. A quanto pare sono scoppiate molte guerre in giro per il mondo tra i pro-ribelli e quelli contro, in alcuni stati i ribelli hanno anche rovesciato i governi, ucciso presidenti e si sono auto eletti, così il porto è pieno di container pieni di aiuti umanitari destinati un po’ in tutto il mondo. Ora che siamo qua non abbiamo molte scelte, dobbiamo scoprire quale nave è diretta in Europa e salirci.

Dopo due giorni abbiamo raccolto abbastanza informazioni e la vicinanza con il mare ci ha permesso di lavarci un po’, almeno abbiamo tolto un po’ di fango dai capelli. Ci sono sette navi destinate all’Europa, due di aiuti umanitari, per cui cibo, acqua, abiti e beni di prima necessità, le altre di armi, materiali edili e mezzi di trasporto. Abbiamo deciso di salire su quella con il cibo, almeno non dobbiamo rubare da qualche negozio e rischiare d’esser presi da qualche pattuglia, così quando individuiamo il container in cui ci intrufoleremo, illegalmente, lo sigliamo in modo da riconoscerlo velocemente e aspettiamo il momento opportuno per salirci dentro.

Abbiamo scelto con cura il container, sarà uno di quelli più alti, per cui ci saranno meno controlli della merce, e sarà centrale, il che rende molto difficile il controllo. Così la notte prima della partenza aspettiamo che le guardie facciano l’ultimo giro prima della partenza, vediamo la guardia aprire il nostro controllarlo e allontanarsi, qualche secondo per scrivere il rapporto sul container e noi usiamo quegli attimi in cui è voltato di spalle per correre all’interno. Per entrare dobbiamo essere il più silenziosi possibile, scavalcare i primi pacchi di cibo e lasciarci scivolare dietro senza fare rumore. Riusciamo bene nella prima parte, ma quando devo farmi scivolare piano senza fare rumore la mia cintura s’incastra con uno dei cavi che tengono, fermi i pacchi e resto appesa sbattendo rumorosamente contro la parete. Fortunatamente Adam mi afferra al volo e taglia la mia cintura prima che il fascio di luce della torcia mi colpisca; rimane alcuni secondi a guardare verso l’interno, poi per fortuna continua il suo giro, chiude il container e se ne va.

Dopo poche ore passate ad aprire gli scatoloni più lontani dall’entrata e a sistemarli in modo da creare uno spazio più comodo sentiamo la gru agganciare il container e dopo esser stati sballottati per un po’, sentiamo che siamo sulla nave, e dopo altre cinque ore prendiamo il largo verso l’Europa.

 

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Capitolo 12
*** dodici. ***


Dodici.

 

I sistemi di chiusura dei container sono elettrici, per cui riusciamo ad aprirli anche dall’interno, cosa che ci permette di poter uscire durante la notte, quando le guardie sono in pausa pranzo e non sono nelle vicinanze. Cerchiamo di tenere il conto dei giorni che passano, e quando avvistiamo la terra, secondo i nostri calcoli sono passati nove giorni. La discesa a terra è più complicata della salita sulla nave, appena avvistiamo terra, decidiamo di gettarci in mare e raggiungere la riva a nuoto, il porto sarà pieno di guardie, ribelli e chissà che altro, per cui dobbiamo aspettare il momento adatto. Aspettiamo che la nave sia abbastanza vicina, vediamo i marinai girare sul ponte per prepararsi all’attracco, c’è una cosa che non è mai cambiata nel corso della storia del mondo, quando una nave si avvicina a un porto, suona la sirena, così aspettiamo di sentire il suono e ci gettiamo in mare, sperando che il forte rimbombo della sirena copra il rumore dei nostri corpi che rompono l’acqua. Dopo una ventina di minuti raggiungiamo la riva rocciosa e troviamo un’intercapedine nella roccia per riposarci.

Dopo aver ripreso fiato, iniziamo a incamminarci verso l’entroterra, dobbiamo evitare le città, i centri urbani e le strade principali, per cui tracciamo un percorso sul GPS che ci farà arrivare a destinazione più lentamente, ma che almeno ci eviterà rischi inutili; certo, qualche volta dovremo entrare in qualche piccola città per recuperare provviste che non possiamo trovare in natura.

La prima deviazione arriva quattro giorni dopo, simo stati sorpresi nel mezzo della notte, mentre dormivamo da una tempesta di sabbia, per cui abbiamo perso alcune cose utili alla sopravvivenza.  Ci troviamo in territorio Franco-Tedesco, i due stati si sono uniti molto tempo fa dopo la prima grande siccità. Non è piovuto per tre anni e mezzo, tutto moriva, così molti stati si sono ritrovati unificati in modo da fronteggiare le spese dovute all’acquisto dell’acqua potabile. Le sorgenti naturali di Francia e Germania si erano prosciugate, le persone non razionavano e qualcuno usava più acqua del dovuto, per cui erano obbligate a pagare una tassa agli stati vicini per poter averla nelle proprie case, e durante la grande siccità le spese per l’acqua erano diventate talmente alte da obbligare i due stati a unirsi e ad aiutarsi a vicenda. Da allora sono rimasti uniti, hanno sempre molti problemi di siccità, carestie, guerre interne tra le varie popolazioni, ma a nessuno importa molto, finchè tengono i loro problemi dentro i loro confini va tutto bene. La situazione di questo stato gioca a nostro favore, ci sono pochi soldati nei paesi più esterni, che sono lasciati soli ad autogestirsi, per cui riusciamo a raggiungere una piccola cittadina e mentre arriviamo, notiamo le fosse. Enormi buche scavate nel terreno dove centinaia di corpi sono ammassati uno sull’altro, ne attraversiamo tre già ricoperte di terra, con solo quattro pali negli angoli a delimitarne l’area per evitare che qualcuno vada a scavare in quella zona e si trovi davanti ai corpi in decomposizione, poi quando arriviamo a quella aperta, li riconosciamo, i protettori. Gli uccidono e poi li seppelliscono come si farebbe con un animale, niente bara, nulla, gettati con indosso solo i loro abiti alla meno peggio in una buca fino all’orlo, e poi ricoperti di terra, così nessuno li vede più. Ci fermiamo qualche istante a guardare con orrore i cadaveri delle donne, gli uomini e i bambini.
Alcuni come i bambini e gli adolescenti, sono stati uccisi con una semplice pallottola in testa, mentre gli adulti sono stati picchiati, lapidati forse, si vedono ferite ovunque sul corpo, alcuni sono deperiti, come se li avessero lasciati morire di fame. Proseguiamo sulla nostra strada con il pensiero che molto probabilmente non riusciremo a raggiungere la destinazione, che finiremo anche noi in una fossa comune. Avanziamo sapendo che probabilmente in mezzo a quei corpi potrebbero esserci i nostri fratelli, i nostri genitori forse, e anche il custode di Adam; lui non lo dice ma lo vedo nei sui occhi, mentre passiamo, che lo cerca. Non lo ammetterà mai, ma è preoccupato per lui e di riflesso lo sono anch’io, so che se lo trovassimo ancora vivo Adam sarebbe felice e ci aiuterebbe, sarebbe fantastico trovare qualcuno come noi, che ci aiuti, ma trovare un protettore equivale a trovare un cadavere. I pochi che sono riusciti a sopravvivere al primo attacco si saranno barricati in qualche rifugio, o negli alveari, nessuno può aiutarci. Gli uomini li hanno sterminati senza fare troppe domande, quando i ribelli hanno iniziato la propaganda contro di noi, nessuno è intervenuto contro di loro, i governi non hanno fatto nulla, così le persone hanno creduto cecamente ai ribelli senza provare a fare domande, hanno semplicemente creduto che tutto quello che dicevano era vero, e ora ci sterminano come mosche. Mentre entriamo in paese, assistiamo a un’esecuzione, non è un protettore quello che stanno uccidendo, ma da quello che riusciamo a sentire e dai volantini che troviamo in giro per la città, sono convinti che lo sia. Ora dicono che a causa delle perdite che stiamo subendo, ci siamo “evoluti”, per cui abbiamo eliminato il metallo dal nostro corpo e ci siamo “trasformati” in perfette copie umane. In pratica chiunque si rifiuti di fare un controllo o si opponga alle regole dei ribelli, è etichettato come protettore e ucciso. Migliaia di secoli d’evoluzione gettati al vento in poche settimane.

Aspettiamo che faccia buio poi quando tutti dormono, cerchiamo qualche negozio d’armi o di articoli sportivi, ma presto ci accorgiamo che i negozi sono stati svuotati, a quanto pare è vietato vendere armi ai comuni cittadini perché potrebbero essere protettori che formano una resistenza, per cui è inutile cercarne.
- bene, ora si che siamo nella merda – dice Adam un po’ sconsolato dopo aver letto il volantino che dichiarava illegale la vendita d’armi.
- non dobbiamo arrenderci, ci sarà un negozio di casalinghi, possiamo usare i coltelli come arma. –
- abbiamo già i coltelli, ci servono armi per le lunghe distanze-
continuo a scansionare la lista delle attività commerciali della zona in cerca di qualcosa di utile e tutto quello che trovo, sono solo musei e negozi di giardinaggio e edilizia, poi mi viene in mente una cosa, quando ero piccola sono andata in un museo e lì c’erano armi.
- il museo -
-cosa? – dice Adam guardandomi come se fossi improvvisamente impazzita.
- pensaci bene, lì le hanno le armi, ok non saranno di ultima generazione, ma qualcosa devono averla – lo guardo e vedo che inizia a convincersi che forse non ho tutti i torti, così appoggia la mia idea, anche perché è l’unica che abbiamo trovato in due ore.

Entrare in un museo non è difficile come sembra, la sicurezza è minima, forse perché tutte le attenzioni sono altrove e nessuno pensa a proteggere un museo in questo periodo. Entriamo e dopo aver stordito una guardia, raggiungiamo velocemente la zona dedicata alle guerre. Ci sono mezzi pesanti e qualche granata inesplosa, vecchie divise, foto appese al muro e poi eccola, l’arma più bella che l’uomo abbia mai costruito, il fucile a onda d’urto, silenzioso e letale, basta sparare una volta e tutto quello che si trova nella sua traiettoria, muore per emorragia interna nel giro di pochi minuti, rompe tutti i vasi sanguigni, in pratica cadi a terra stecchito senza capire che cosa è successo. Dopo aver hakerato il sistema di sicurezza, lo tiriamo fuori dalla teca e dopo un’analisi veloce capiamo come sistemarlo e farlo funzionare, dal museo prendiamo anche qualche pistola vecchio stile e qualche pallottola e qualche fucile che possiamo adattare ai proiettili moderni. Così con un po’ di fiducia in più usciamo e lasciamo la cittadina prima che tutti si sveglino, in poche ore ci ritroviamo nuovamente in mezzo al nulla diretti verso la Repubblica ceca.

 

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Capitolo 13
*** tredici. ***


Tredici.

 

Sono svegliata da un suono metallico, apro gli occhi e mi volto verso il rumore, vedo Adam intento ad affilare i coltelli usati per preparare la cena. Sono due settimane che catturiamo solo lepri e qualche pollo selvatico. Il viaggio sta proseguendo a rilento, incontriamo sempre più militari che pattugliano le montagne e le strade secondarie, per cui passiamo molto tempo a deviare il percorso e a nasconderci.

Due giorni dopo aver ripreso il cammino, la fortuna finalmente ci sorride. Siamo in una piccola cittadina di frontiera, di circa cento abitanti e assistiamo a un litigio da bar. Da quel che capiamo un uomo, avrebbe espresso apprezzamenti poco gentili nei confronti della figlia di un altro e da li hanno iniziato a urlarsi contro a vicenda, mentre guardiamo la folla di gente che discute animatamente al bar, notiamo due ragazzi che arrivano in sella alle loro moto e scendono in tutta fretta per andare al bar. Li sentiamo chiamare per nome i due litiganti, per cui li conoscono e pensiamo rivolgano tutte le loro attenzioni alla discussione; ed è lì che ci viene in mente che potremmo rubare le moto, fare più strada possibile e abbandonarle da qualche parte in caso incontrassimo dei poliziotti. Io e Adam ci guardiamo negli occhi e ci avviciniamo alle moto, notiamo che sono un vecchio modello, in cui per accenderle serve un codice, non sono state bloccate, per cui le prendiamo e le allontaniamo lentamente. Raggiungiamo un vicolo abbastanza degradato e analizziamo la tastiera con l’aiuto del nostro computer in cerca dei tasti che sono stati usati maggiormente, e dopo averli individuati e provato le diverse combinazioni, riusciamo ad accenderle, e molto silenziosamente ci allontaniamo da quel paese.

Riusciamo ad arrivare quasi a destinazione. Quando abbandoniamo le moto, mancano pochi chilometri al luogo dell’appuntamento. Iniziamo a inoltrarci nel deserto che precede la barriera, camminiamo sulle macerie delle grandi città dell’est Europa, che una volta sorgevano imponenti, superiamo cartelli che ci avvisano del rischio di morte, della radioattività dell’aria, tutti cartelli risalenti a centinaia d’anni prima, rovinati, arrugginiti. Quando iniziamo a sentire il suono della barriera, le nostre palpitazioni aumentano, le macerie spariscono, sotto i nostri piedi c’è sabbia, ma non è vera; quando ci fu l’epurazione, venne rilasciata una bomba che polverizzò tutto quello che era nelle immediate vicinanze, le macerie sono quelle che hanno avuto la meglio, il resto è stato spazzato via. Camminiamo per qualche chilometro, poi la vediamo la barriera.  Non è veramente visibile. Quello che fa capire l’esatta posizione della barriera sono i pilastri che delimitano il perimetro. Si vedono solo questi enormi obelischi di metallo da cui partono come nelle rose, delle spine laterali lunghe tre o quattro metri. Nulla di più, quello che non si vede è il campo di forza che nasce da quelle spine che crea un muro invisibile, in attraversabile. È possibile sentirlo, il piccolo ronzio emanato dalla barriera, quasi impercettibile, ma se si presta abbastanza attenzione si percepisce, come il ronzio delle api, bisogna fare molta attenzione, ma si sente.

Adam mi afferra per il braccio e mi blocca, guardo prima lui poi mi rendo conto, stiamo per arrivare alla valle nera. Leggiamo i cartelli più moderni di quelli incontrati in precedenza che intimano a tornare indietro, ma non servirebbero cartelli per convincere una persona sana di mente a tornare a casa. Tutto sparisce, dove prima c’erano insetti, animali randagi, vegetazione, vita, qui non c’è. Nessun filo d’erba, insetto, animale. Nulla cresce nella valle nera. Gli animali nemmeno si avvicinano, non c’è nulla. In questo momento siamo gli unici esseri viventi in questo pezzo di mondo. Abbiamo visto i video, sappiamo che succede quando si viene qua, ci teniamo per mano e ci aspettiamo di cadere a terra morenti da un momento all’altro, ma tutto quello che succede è la scossa d’aggiornamento del bracciale. Ci guardiamo spaesati e poi una fitta di dolore e nel nostro polso è nuovamente visibile il metallo, abbasso la sciarpa attorno al collo di Adam e vedo il nostro simbolo nuovamente visibile; camminiamo per altri due o tre metri spaesati e poi sentiamo un’altra scossa e riceviamo delle coordinate. Ci dirigiamo nella nuova direzione e dopo pochi minuti arriviamo a pochi metri dalla barriera, la osserviamo per quanto sia possibile, poi un nuovo messaggio: “Fate tre passi a destra”. Siamo davanti ad un pilastro, lo guardiamo convinti che forse dovremmo fare qualcosa, poi Adam lo nota, un piccolo quadrato, di quelli che si trovavano davanti ad ogni porta nell’alveare, avvicina il suo bracciale e una porta si apre. Entriamo e una voce di donna ci accoglie.
- benvenuti protettori, prego avvicinate i bracciali al lettore, verrete assegnati automaticamente a un alloggio.
Facciamo come dice e dopo pochi secondi sentiamo l’ascensore muoversi, prima in basso, poi lateralmente, e dopo alcuni minuti la porta si riapre lasciandoci in una stanza.

- è una camera, sono mobili veri, è legno vero questo? – dice Adam avvicinandosi a una cassettiera.
- sembrerebbe vero. Non sapevo esistessero ancora mobili in legno vero. –

Osserviamo tutto quello che ci circonda, quando la porta si apre e automaticamente puntiamo le armi verso un povero ragazzo visibilmente spaventato che alza immediatamente le mani.

- vi prego non sparate – dice prima di chiudere gli occhi aspettando di morire da un momento all’altro.
- oh, scusa, le mettiamo via, tranquillo. – dice Adam abbassando la pistola e rimettendo il coltello nella cintura.    
- grazie mille, io sono teta vi devo solo dire che avete un’ora di tempo per farvi una doccia e cambiarvi gli indumenti, poi siete attesi nella stanza ventisei. Nei bracciali è già stata caricata la mappa della struttura, se avete bisogno d’aiuto basta che chiamate, io sono qui fuori se avete bisogno. – dice prima di uscire e lasciarci soli.

Dopo alcuni minuti di smarrimento, ci laviamo lo sporco accumulato durante il viaggio e indossiamo vestiti puliti, uguali a quelli che portavamo nell’alveare, con l’unica differenza che non sono bianchi ma neri. Quando siamo pronti, resistiamo alla tentazione di indossare anche tutte le armi che abbiamo, e ci limitiamo ai coltelli nascosti sotto i vestiti, giusto per esser prudenti. Così ancora un po’ spaesati usciamo dalla stanza e il ragazzo che abbiamo spaventato a morte prima ci accompagna nella stanza ventisei e prima d’aprire a porta ci guarda e ci sorride. Le porte si aprono e davanti a noi c’è Greg, Leila e altri uomini che ci guardano sorridendo, poi lo notiamo, non siamo sotto terra, ci sono finestre, e quello oltre la finestra è vero, non è un’immagine per simulare il paesaggio. Seguita da Adam mi avvicino alla finestra, la tocco, trovo il modo d’aprirla e ne ho la conferma, è tutto vero, il sole, le case, il verde, i bambini che corrono nelle strade, l’odore dei fiori nelle aiuole sotto la finestre. È tutto reale, non è una capsula di riproduzione della vita. Il calore del sole sulla pelle non si può fingere, la sensazione di benessere quando la brezza accarezza il viso è vera. C’è qualcosa di sbagliato in tutto questo. Dovrebbe essere tutto morto qua, ma non lo è.

 

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Capitolo 14
*** quattordici. ***


Quattordici.

Dopo aver fatto rapporto su quello che abbiamo visto e fatto in questi ultimi mesi, siamo sottoposti a una serie di visite mediche e poi torniamo ad esser reclusi nella nostra stanza. Non possiamo girare liberamente, a quanto pare abbiamo bisogno dell’autorizzazione, non sappiamo di preciso a cosa serva ma non ci importa molto. Passiamo le giornate a dormire, fare bagni caldi, mangiare e riposare. Non vogliamo fare altro.

Adam si è addormentato, ed io sto affilando i coltelli e pulendo le pistole, quando qualcuno bussa alla nostra porta. Non bussa nel vero senso della parola, avvicina il suo bracciale al lettore e il computer della stanza mi avvisa che un certo iota principale chiede il permesso d’entrare, lo vedo sullo schermo comparso sullo specchio che ho davanti, un bell’uomo non c’è che dire, di mezza età, ha alcuni capelli bianchi sulle tempie e sembra agitato, continua a deglutire; mi avvicino alla porta la apro e me lo trovo davanti.

- salve, ha portato i nostri permessi? Mi piacerebbe uscire un po’. – dico aspettandomi una risposta positiva.
- no. Io sono Patrick, iota principale, stavo cercando psi secondo, Adam, mi hanno detto che l’avrei trovato qua. – mi dice con tono gentile e tranquillo, lo osservo e poi mi ricordo. Corro dentro la stanza, lasciando l’uomo un po’ sorpreso davanti alla porta. Vado verso il letto e con poca grazia afferro Adam per il braccio  e lo sveglio bruscamente. Dopo aver protestato un po’ e avermi maledetto un paio di volte riesco a metterlo in piedi e a trascinarlo ancora addormentato davanti alla porta in mutande, spettinato e con la maglietta stropicciata.

- Se mi hai svegliato per una cazzata delle tue, giuro che questa volta me la paghi. – dice con gli occhi ancora semi chiusi dal sonno e dalla luce troppo potente che li minaccia.  Quando finalmente è davanti alla porta, lo scuoto per bene in modo che apra del tutto gli occhi e veda l’uomo, e quando lo fa, si blocca, come se avesse visto un fantasma, ma non l’è. Vedo Adam abbracciare l’uomo che resta un po’ rigido in un primo momento, ma poi ricambia l’abbraccio. Non mi aspettavo di vederlo il suo custode. Eravamo convinti fosse morto. Dopo alcuni secondi Adam si volta verso di me e trascina l’uomo dentro la stanza.

- scusa per il disordine – dice Adam spostando le armi dal tavolo e rimettendole dentro l’armadietto. –credevo fossi morto, insomma ho provato a cercare tra i notiziari il tuo nome ma non l’ho mai trovato, ero sicuro che non dicessero tutti i nomi dei protettori che uccidevano… -
- sono scappato il giorno del primo attacco – dice Patrick – quando siamo entrati nel protocollo sette, fortunatamente ero vicino e sono riuscito a raggiungere la base in sicurezza, ti ho cercato ma mi dicevano che non potevano contattarvi per via del protocollo e che nessuno sapeva dove eravate, ho chiesto in giro se sapevano qualcosa di voi due e dicevano che eravate in un località segreta e che non c’era modo d’aiutarvi, così ho fatto ricerche e poi un giorno mi hanno detto che eravate arrivati e che eravate qua, così sono venuto a salutare.  – ci racconta cosa è successo dal giorno del primo attacco, e poi dopo un po’ mi faccio coraggio e glielo chiedo.
- ho notato che non simo sotto una cupola protettiva, cioè, fuori non è come dovrebbe essere… - mi blocco perché vedo il suo sguardo diventare freddo e severo, poi vedo che fa alcuni gesti ad Adam, che potrebbero sembrare normali, ma mi ricordo che Adam mi aveva raccontato di come comunicassero quando erano in pubblico, e vedo Adam correre nello zaino ed estrarre lo spray isolante. Dopo due minuti siamo al sicuro.
- spegnete i vostri computer, non lo dicono ma in realtà vi controllano ancora. – ci dice Patrick – quando ci fu l’incidente che portò all’epurazione, beh, quello che non è stato detto è che fu fatto di proposito, insomma, ai protettori serviva un posto, dove stare, un punto del mondo che fosse solo dei protettori, anche noi abbiamo fabbriche, laboratori di ricerca, e non potevano stare sotto terra, così fu creato il presupposto per “liberare” una parte di mondo dagli umani. Non furono rilasciate bombe nucleari come fu detto, ma una specie d’arma batteriologica, si può dire così… avete visto i video della gente che si avvicina alla barriera no, di come muoiano vero? Beh in pratica la tossina che fu rilasciata agì in quella maniera, tutte le persone che non erano protettori morirono, poi fu usata qualche bomba per distruggere palazzi e dare l’impressione di un esplosione nucleare, fu ridotto tutto in polvere, poi dopo aver lasciato che il resto del mondo filmasse il disastro e aver alzato la barriera, inventato la storia della zona altamente tossica e pericolosa, venne collegata alla barriera un filtro visivo, per cui chiunque sorvoli questa zona, anche se è vietato, vedrebbe solo macerie, scheletri e morte, mentre noi che siamo sotto il filtro vediamo quello che è realmente. Da quel che so, ci sono voluti dieci anni per riportare tutto alla normalità, per la vegetazione e gli animali, ma alla fine abbiamo il nostro pezzo di mondo in cui possiamo vivere come tutti senza dover nascondere i bracciali e la tecnologia. – restiamo ad ascoltare con un misto di disgusto e terrore, poi Adam si fa coraggio e parla.
- per cui abbiamo sterminato delle persone per costruire un mini stato segreto? -
- sì. Lo so, è terribile da un certo punto di vista ma, senza questo posto molta della tecnologia che usiamo non ci sarebbe e non potremmo proteggere la scatola. – ci guarda facendoci capire che sa che abbiamo noi la scatola.
- come... chi… - non riesco a formulare una frase, a parte Greg lui è il primo a sapere il nostro segreto, e in teoria dovremmo ucciderlo adesso.
- Greg, me l’ha detto, dopo che i ribelli iniziarono a prendere il controllo delle nazioni, il consiglio dei presidenti, quelli rimasti per lo più, iniziò a fare pressioni per sapere chi fossero i protettori in modo da poterli aiutare se fossero stati avvistati nei propri territori, e dopo l’ennesimo rifiuto da parte di Greg di rivelare le vostre identità, ci fu una riunione di tutti i protettori con le cariche più importanti per parlare della situazione, ed io non sono così importante, ma c’è solo un modo per essere presente in quelle riunioni, essere il custode di un protettore della scatola, in teoria se tutto fosse andato come doveva andare una volta superato l’esame, vi avrei aiutati per un po’ a integrarvi nella vita comune con gli umani, avrei contribuito a creare una storia credibile agl’occhi degl’altri dato che ho allevato Adam e lo conosco bene, per cui quando mi hanno detto che dovevo essere presente alla riunione ho fatto due più due. – ci spiega alcune cose poi il sistema di sicurezza della stanza ci avvisa che Greg è alla porta e vediamo il suo viso arrabbiato e serio, certo, lui è sempre serio, ma la sua vena sulla tempia non è mai stata così gonfia. Vado alla porta e appena la apro entra e aspetta che la porta si chiuda alle sue spalle per spruzzare altro spray isolante e parlare.
- avete spento il computer, e isolato la stanza, in un primo momento ho pensato che steste scopando come ricci e ho lasciato correre, insomma un po’ di privacy potete averla ma poi ho notato che il sistema della stanza aveva registrato la sua entrata ma non l’uscita e lì mi sono insospettito, perché noi siamo protettori e non condividiamo i partner, se capite cosa intendo, per cui volevo vedere cosa avete di così segreto che non posso sentire. Insomma di cosa state parlando? Il primo giorno di scuola di Adam non può essere così segreto. Datemi una spiegazione plausibile vi prego! – è fermo, mani dietro alla schiena, e mi fissa, così faccio per parlare ma mi blocca. - no Talia, lascia parlare Adam, le tue spiegazioni mi fanno venire il mal di testa. – così mi zittisco e Adam si alza e mi tira per il braccio e si mette tra me e Greg, vedo che è preoccupato, accendo il sistema di controllo delle funzioni vitali e quando scannerizzo Greg vedo che ha una pistola carica dietro la schiena.
- volevamo solo avere aggiornamenti su quanto è successo in nostra assenza -
- vi siete isolati e spento i computer -
- sono stato io a chiedergli di farlo – dice Patrick alzandosi
- non hai l’autorità per farlo, conosci il regolamento, dovrò ammonirti – risponde Greg, non so il perché ma la situazione sta diventando sempre più tesa, probabilmente i fatti dell’epurazione sono segreti e non avremmo dovuto sapere nulla, ma vedo le pulsazioni di Greg aumentare, vedo il suo braccio muoversi e istintivamente afferro una delle poche armi rimaste sul tavolo e gliela punto contro.
- cosa hai intenzione di fare Talia? – dice Greg tenendo il braccio dietro la schiena, vedo Adam afferrare il fucile a onde d’urto che abbiamo recuperato dal museo e mettersi parzialmente davanti a me.
- Greg ti prego, metti via la pistola, ti prego, non facevamo nulla di sbagliato, lo giuro, e poi avevi detto che qua potevamo tenere i computer spenti no? Che siamo al sicuro, lo hai detto tu. -
- sei orgoglioso del tuo bambino Patrick? Guarda come difende la sua ragazza, ti ricordi quando anche noi avremmo fatto qualunque cosa per le nostre? Bei tempi quelli, chissà dove sono adesso? Sicuramente morte. – lascia cadere la pistola a terra e poi alza le mani. – perciò abbassate anche voi quelle armi o no? – ci dice costringendoci ad abbassare le armi. – ora me ne vado ma ricordate che potrete avere la scatola, ma siete sempre sotto il nostro controllo, non potete fare quello che volete, non siete sopra ogni regola, seguire il sistema ha funzionato per secoli, non rovinatelo proprio adesso. – si volta ed esce dalla stanza. Ci lasciamo cadere sulle sedie e restiamo in silenzio un po’, poi Adam mi guarda, accende il computer e si rivolge a Patrick.
- in che stanza sei? -
- novantaquattro -
- è sulla strada per la mensa, appena ci concedono i permessi per girare liberamente veniamo a prenderti e andiamo a cena insieme. -
- ok, vado prima di finire ulteriormente nei guai. – esce e restiamo soli, in silenzio, poi Adam mi afferra la mano e inizia a scrivere sul mio palmo, come si faceva da bambini quando si voleva parlare in segreto con qualcuno in mezzo a tanta gente. – dobbiamo cambiare la scatola – mi scrive, capisco cosa vuole dire, Greg sa com’è fatta, il suo discorso di prima ci ha acceso campanelli d’allarme, forse non siamo completamente al sicuro, certamente anche qua, tra la nostra gente, c’è qualcuno che vorrebbe avere la scatola per se, e il fatto che veniamo controllati così tanto, e che continuino a guardare tutto quello che facciamo e diciamo non ci rassicura. Forse eravamo più al sicuro in mezzo agli umani.

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Capitolo 15
*** quindici. ***


Quindici.

 

 

Scopriamo tutto casualmente. Ogni tanto ci sono cali di tensioni dovuti alle tempeste elettromagnetiche, e l’energia è deviata tutta alla barriera e al filtro visivo, così restiamo al buio e perdiamo la connessione per qualche istante.  Durante l’ultima tempesta stavamo camminando verso la mensa, quando siamo piombati nel buio, nel nostro tentativo di spostarci e raggiungere la nostra meta, abbiamo aperto una porta, convinti che fosse quella giusta, ma siamo finiti in una parte che non conoscevamo. A prima vista sembrava un normale corridoio, con porte ai lati, poi mentre camminavamo cercando di capire dove eravamo finiti, abbiamo aperto un’altra porta, e abbiamo trovato i corpi. Ci trovavamo in quello che è la zona dedicata alla produzione, in ogni stanza ci sono quattro postazioni, costituite da un letto in cui una donna collegata da un migliaio di tubi porta in grembo un bambino, ci avviciniamo ai corpi incoscienti delle donne e vediamo sugli schermi i parametri vitali dei bambini, poi Adam mi afferra per un braccio e cambiamo stanza. La luce deve ancora tornare, camminiamo velocemente per il corridoio sapendo che non dovremmo essere li, sentiamo delle voci venire nella nostra direzione, entriamo in un’altra stanza e Adam mi chiude la bocca con una mano, dopo aver lasciato passare il momento di panico per quello che ho davanti agli occhi, mi volto verso Adam che ha girato il capo verso di me per non vedere. Davanti a noi almeno una decina di cadaveri appesi per le spalle, sventrati, ai loro piedi un tavolo con i loro organi stesi sul ripiano di ferro, ognuno di loro collegato a una macchina che li mantiene vitali. Non sappiamo a cosa serva tutto questo, ma non ci piace. Usciamo quasi subito dopo esserci assicurati d’esser al sicuro. Dovremmo dirigerci verso la direzione opposta, e invece continuiamo ad addentrarci dentro di quello che è sempre più chiaro, essere il centro di ricerca. Continuiamo ad avanzare e durante il nostro tragitto troviamo altre stanze, con donne incinte, alcune con macchine e laboratori, poi entriamo in una stanza che sembra innocua, c’è solo una scrivania con qualche matita spuntata, qualche foglio di carta e uno schedario, lo apriamo convinti di trovarci cartelle, informazioni sulla struttura, invece quando cerchiamo di aprire un cassetto, ci rendiamo conto che non è un classico schedario, troviamo l’apertura vera, sul lato del mobile e apriamo lo sportello. Appena apro del tutto lo sportello, un raggio mi scannerizza, faccio un balzo all’indietro e sullo schermo compare il mio nome, poi quello del mio custode, e poi una serie di nomi, capeggiati da altri due evidenziati in verde. Ci metto un po’ a collegare i puntini, poi lo capisco, i due nomi, i miei genitori biologi e gli altri nomi, i miei fratelli. Clicco su un nome a caso e si apre una nuova schermata, vedo il suo volto e il nome del suo custode. Inizio a capire di più di quella schermata. I nomi in rosso sono i morti ovviamente, i verdi, i vivi e quelli evidenziati, quelli assegnati alla riproduzione ancora in vita. I miei genitori sono vivi.
- dobbiamo andarcene – mi dice Adam controllando la porta
- non vuoi sapere? –
- no. Poi li cercherei ovunque, non voglio. -
Richiudo lo sportello, afferro la mano di Adam e usciamo. Camminiamo per un po’, poi troviamo un’altra stanza, entriamo ed è vuota. Stiamo per uscire quando sentiamo passi avvicinarsi, restiamo attaccati alla parete sperando che non entri, poi sentiamo la voce.
È Greg, sta parlando con qualcuno ma non si sentono altre voci a parte la sua, così sbirciamo dalla fessura e ci rendiamo conto che sta parlando con qualcuno, guardiamo attentamente e vediamo cosa sta usando per parlare. È una specie di scatola rettangolare che tiene attaccata all’orecchio, non capiamo cos’è, poi ci viene in mente, un telefono cellulare, un pezzo d’antiquariato, di solito si trovano nelle vecchie case sotto qualche teca a prendere polvere. Ascoltiamo la conversazione un po’ interdetti. Quei telefoni non si usano da almeno un centinaio d’anni da quando sono stati sostituiti, dagli apparecchi auricolari.
- sono qui… lo so… non posso prenderla, non capite, non è così semplice… lo so…ma… certo… certo… c’è solo un modo. Ucciderli. – chiudiamo la porta lentamente e restiamo a guardarci fino a quando non lo sentiamo lontano. Sappiamo di cosa stava parlando, è stata la conferma ai nostri timori. Vogliono la scatola. Ci vogliono morti. E Greg non è dalla nostra parte. C’è solo un motivo per usare una tecnologia così vecchia, non si vuole esser rintracciati, con chiunque stesse parlando, non è qui dentro. È all’esterno, e probabilmente non è un protettore.

Usciamo dalla stanza e cerchiamo l’uscita, apriamo una porta e finalmente siamo all’esterno. Davanti a noi vediamo strade e case, nessuno è in giro, probabilmente sono tutti dentro, al sicuro aspettando che la tempesta passi. Effettivamente può esser pericoloso stare all’esterno, ci voltiamo per vedere dove siamo, ma quello che troviamo non è quello che ci aspettiamo. Dove dovrebbe esserci la porta che abbiamo appena oltrepassato, c’è un muro. Facciamo per avvicinarci per controllare, quando il messaggio di riavvio del computer appare, così ci allontaniamo ed entriamo nella prima struttura che troviamo.

Siamo in un panificio, per cui ci restiamo per un po’ dopo il riavvio, compriamo un po’ di pane e poi usciamo. Torniamo in stanza e una volta dentro ci comportiamo normalmente, poi Adam inizia ad amoreggiare e spegniamo inostri computer in modo da non dare nell’occhio.

- ok, Greg è il nemico, probabilmente lo è sempre stato. Scommetto che è stato lui a dire ai ribelli dove si trovavano i protettori precedenti… oddio, scommetto che non è un caso se siamo diventati noi i protettori, insomma ammettiamolo, non eravamo di certo i migliori della classe, magari pensava che sarebbe stato facile eliminarci. – è in preda al panico, lo vedo. Cammina avanti in dietro per la stanza cercando spiegazioni, e costruendo scenari che spiegano tutto quello che è successo. Mentre io, sono seduta cercando di capire cosa fare. – Talia, mi ascolti? – mi dice riportandomi all’attenzione.
- certo, Greg cattivo. Stavo pensando, non possiamo dire nulla, insomma, se sapesse che conosciamo la verità poi ci ucciderebbe…ok lo so, è il suo obiettivo, ma riflettiamo. Non siamo messi così male. Noi sappiamo, ma lui non sa che sappiamo, per cui possiamo osservarlo attentamente e agire di conseguenza. Insomma, lui vuole la scatola per darla ai ribelli, forse. – dico in preda alle macchinazioni del mio cervello.
- di sicuro la vuole per quello, un momento… loro vogliono usare la scatola, per cui presumo che anche Greg pensi che la scatola debba esser usata dagli umani. -
- a cosa serve la scatola? – dico guardandolo, ammettendo che effettivamente non sappiamo a cosa serva, è una chiave, ma non sappiamo di o per cosa. Apre una porta? Una scatola? O cosa?
In pochi minuti concepiamo una nuova missione, proteggere la scatola non solo dai ribelli ma anche dai protettori e scoprire cosa apre. 

All’interno della città c’è di tutto. Ristoranti, bar, negozi, librerie, come una vera città. Siamo in una libreria, quando ci viene un’idea, per proteggere al meglio la scatola, dobbiamo uscire dalla sede principale, non possiamo continuare a vivere li. Usciamo e iniziamo a guardarci intorno, tutte le case sono abitate, le poche non abitate si trovano lontano dal centro e le loro condizioni non sono delle migliori; mentre ci guardiamo intorno, avvistiamo quella che fa per noi, non troppo grande, due stanze da letto e un piccolo bagno. Cucina e salotto nella stessa stanza, e un giardino invaso da erbacce sul retro. La analizziamo e vediamo che la tecnologia dei protettori non è di ultima generazione il che la rende ancora più perfetta. Raggiungiamo l’ufficio per l’assegnazione delle case e dopo un’ora in cui hanno provato ad assegnarci una casa diversa, riusciamo a ottenerla.

Quando arriviamo nella nostra stanza per raccogliere le nostre cose, troviamo Greg ad aspettarci.
- non sapevo non vi piacesse qua! – ci dice con un finto sorriso rilassato in volto.
- ci piace, è che abbiamo pensato sia meglio così, non possiamo stare qua per sempre, vogliamo vivere normalmente, magari trovare qualche impiego – spiega Adam
- potete stare qua – ribatte Greg un po’ innervosito
- ormai abbiamo deciso, puoi venire a trovarci quando vuoi. -
- ok, basta che facciate rapporto tutte le settimane regolarmente. – ci dice sorridendo nuovamente accettando la sconfitta.
- certo – rispondo io. Greg esce lasciandoci soli, poi dopo aver sbrigato alcune faccende burocratiche, andiamo nella nostra nuova casa. Non è il massimo, ha bisogno di molti lavori, ma almeno sappiamo che li possiamo controllare le cose, possiamo esser sicuri che non ci siano telecamere nascoste, e soprattutto possiamo spegnere i nostri computer, poiché tra le leggi dei protettori c’è la privacy tra le mura domestiche di proprietà… per cui ora che possediamo una casa nostra siamo liberi di spegnere i computer quando vogliamo, anche se abbiamo la scatola. Non possono rimproverarci è la legge che hanno scritto loro.

 

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Capitolo 16
*** sedici. ***


Sedici.

 

È strano sentirsi liberi.
Per la prima volta dopo tanto tempo sto facendo shopping, è rilassante girare per il negozio e comprare oggetti per la casa. Adam sta pensando alle riparazioni ed io compro il necessario per renderla vivibile. Dopo aver ottenuto il permesso per la casa, ci hanno assegnato un impiego, ovviamente abbiamo scelto con cura, io lavorerò nella biblioteca, che si trova nel palazzo principale della città, che mi permetterà di tenere tutto sotto controllo ed è abbastanza vicino all’ufficio di Greg, mentre Adam lavorerà per la compagnia che controlla la barriera, così se ci saranno irregolarità, potrà saperlo subito.

I lavori alla casa visti dall’esterno non sembrano nulla d’importante, ma è all’interno che succede tutto. Per proteggerci da Greg e da chiunque voglia controllarci, abbiamo installato un sistema di video che vanno in loop appena qualcuno, si collega alla casa, così vedrà quelli e non noi, inoltre abbiamo anche creato una stanza segreta, ricavata da una nicchia della casa da cui si accede spostando la credenza, in cui abbiamo rivestito le pareti di un particolare materiale che la rende impenetrabile e in cui i nostri computer non funzionano. È la nostra stanza segreta, in cui possiamo parlare di tutto e in cui nascondere armi e i nuovi giocattoli che stiamo creando.

Il più grande errore dei protettori è prendere dei ragazzini e insegnarli tutto di chimica, fisica, informatica… tutto. Così ora nella nostra stanza segreta, abbiamo allestito un piccolo laboratorio, dove possiamo creare i mezzi che ci aiuteranno a combattere i ribelli. Una cosa che sappiamo per certa è che finchè ci controllano, saranno sempre in vantaggio, per cui dobbiamo trovare il modo di impedirgli di spiarci attraverso il nostro computer, e lo facciamo hackerando noi stessi. Una delle cose che sappiamo per certo è che tutto è controllato dalle nano macchine, per cui dobbiamo solo creare una nano macchina che mandi l’impulso giusto a tutto il resto e che funzioni da segnale di disturbo, così non potranno entrare nelle nostre teste a loro piacimento. Riusciamo nel nostro intento dopo due mesi.
- ok, se non funziona nemmeno questa volta, non so più che fare. – dice Adam porgendomi la pillola che contiene la nano macchina. La ingoiamo contemporaneamente e come tutte le altre volte sentiamo prima uno strano formicolio a livello della gola, poi quando la pillola arriva allo stomaco, inizia il dolore, di solito tutto si fermava a quello stadio, ma questa volta continua, non sappiamo ancora se è perché funziona e si è attivata o perché abbiamo fatto qualcosa di irreparabile al nostro sistema. Dopo le fitte allo stomaco iniziamo a sentire il dolore in tutto il corpo, poi la sensazione cambia come se il sangue defluisse al contrario e ritornasse al cuore. Vedo Adam perdere i sensi, cerco di avvicinarmi ma li perdo anch’io prima di riuscire a raggiungerlo. Quando ci svegliamo, siamo stesi sul pavimento, con la bava alla bocca e incapaci di muovere un muscolo. Vedo Adam sveglio e noto che ha ancora il bracciale sul braccio, per cui le altre nano macchine sono ancora attive, dopo qualche secondo sento il formicolio nelle dita propagarsi a tutto il corpo e dopo altri dieci minuti riesco a sollevarmi e a parlare. Appena siamo seduti e stiamo riprendendo il possesso del nostro corpo, notiamo nel nostro campo visivo una luce rossa lampeggiate in alto a destra, la premiamo e siamo pervasi da una scossa che ci ributta a terra. Appena il tremore passa ci risolleviamo e lo vediamo, il cambiamento. Quello che prima era la rete generale dei protettori ora è solo nostra, vediamo segnati in blu i sistemi ancora controllati da loro, e in viola, i file video che sono ridatati e mandati in loop ogni volta che qualcuno controlla la nostra memoria; poi la miglioria che abbiamo apportato, la possibilità di spegnere il computer e lasciare un’interfaccia fittizia, così possiamo spegnerlo ma se in quel momento guardassero il nostro status, saremmo on-line e non verranno a cercarci per spiegazioni, com’era successo con Greg.
Appena capiamo d’esserci riusciti iniziamo la fase due del nostro piano. Scoprire dov’è Pandora.

Ci siamo ricordati di una conversazione avuta tempo fa, quando doveva ancora succedere tutto; Greg disse che Pandora è il motivo per cui dobbiamo proteggere la scatola, per cui dobbiamo trovarla e sapere a cosa serve esattamente.

Dopo aver passato alcuni giorni tranquilli per abituarci al novo computer e vedere se Greg notava un cambiamento, iniziamo la nostra vita di copertura. Andiamo a lavoro, torniamo a casa, ceniamo, usciamo, facciamo amicizia con i vicini e i colleghi. Tutto normale.
Anche questa volta scopriamo tutto casualmente, o meglio Adam lo scopre. Uno dei lavori che deve svolgere è nel sottosuolo. Sotto la barriera per tutto il suo perimetro ci sono tunnel che proteggono macchinari e generatori d’emergenza, stava facendo il solito giro d’ispezione per controllare che tutto fosse in ordine e non ci fossero guasti o problemi, quando notò i topi. Certo non c’è nulla di male in topi in un tunnel sotterraneo, la cosa buffa è che passavano da un condotto d’areazione che porta oltre la barriera, nello spazio esterno, nel deserto. Così ha aperto il condotto e ha seguito i topi, con fatica e qualche livido dovuto allo spazio ristretto è arrivato fino all’esterno e ha visto che le piccole creature riuscivano ad entrare e uscire senza venir uccisi dall’ambiente esterno, questo non dovrebbe succedere. Dopo un paio di congetture ha capito. Aveva trovato il punto debole, quello che i ribelli avrebbero pagato oro per sapere, e forse lo sanno, dato il legame con Greg, e forse aspettano il momento adatto per attaccare e ucciderci tutti.

Quella sera abbiamo riflettuto molto, e siccome da soli non riusciamo a raccogliere abbastanza informazioni, abbiamo bisogno di qualche alleato.

Patrick bussa alla nostra porta alle otto e mezza esatte. Dopo qualche chiacchera iniziamo a parlare di cose più “complicate”.
- come va con Greg? – gli domando io guardando la sua reazione, prima mi guarda poi si fissa le mani, so che sa d’esser controllato da vicino, vedo il suo timore nei suoi occhi.
- non l’ho più visto cioè si, ma non ci siamo parlati molto dopo l’ultima volta. – dice sorridendo.
- l’epurazione dovrebbe esser segreta vero? – il panico. Sgrana gl’occhi e piombiamo in un silenzio tombale, sul suo viso mille emozioni lo attraversano e  resta in attesa di veder entrare Greg seguito da alcuni soldati pronti ad eliminarci tutti, ma non succede nulla. In realtà nessuno può sentire quello che diciamo, chiunque stia ascoltando la nostra conversazione in realtà ascolta chiacchere inutile e il rumore della radio in sottofondo.
- sappiamo che ci sono cose segrete, e sappiamo che in tanti vorrebbero la scatola. – dice Adam cogliendolo di sorpresa. – sappiamo che anche tra i protettori ci sono ribelli, e che probabilmente saremo attaccati anche qua. – ora il suo sguardo passa da me ad Adam, ci guarda sperando di capire qual è il nostro obiettivo, poi dopo altri minuti di silenzio parla.
- se qualcuno sentisse questa conversazione, saremo eliminati tutti – dice con aria seria e consapevole del pericolo che sta correndo parlando di certi argomenti.
- non preoccuparti, nessuno può sentirci – dico io sorridendo.
- cosa?-
- non abbiamo scelto questa casa casualmente, i muri sono rivestiti con carta isolizzante e abbiamo creato un circuito continuo di disturbatori. Abbiamo anche migliorato le nostre nano macchine, adesso non possono controllarci senza il nostro permesso. Ogni volta che si collegano al nostro computer per spiarci lo sappiamo e decidiamo se farci vedere o no. Insomma, non siamo più le loro puttanelle, sono loro le nostre. Se vuoi possiamo farlo anche a te. C’è voluto molto tempo ma funziona. – ci guarda in silenzio sbalordito. Vede Adam per la prima volta come un protettore maturo e non più come il bambino che gli era stato affidato che voleva andare al luna park la domenica pomeriggio. Restano in silenzio alcuni secondi poi succede qualcosa.
- cosa avete fatto? – ci chiede alzandosi in piedi e arretrando alcuni passi.
- abbiamo fatto alcune scoperte spiacevoli e, per farla breve, non siamo al sicuro. Nessuno di noi è al sicuro. – dico guardandolo in faccia e vedendo il terrore crescere sempre di più nei suoi occhi.
- che scoperte? - chiede lui
- abbiamo visto i laboratori e sentito dire delle cose. Quello che conta è che arriveranno i ribelli. Siamo convinti che alcuni protettori qui dentro lavorino per loro e vogliano ucciderci per avere la scatola.  -
- non ci credo -
- credici – gli dice Adam avvicinandosi.
- è impossibile, i protettori sono creati per esser fedeli alla causa -
- alcuni hanno perso la via, o chi lo sa…. Qualcuno ne ha creati di dissidenti di proposito. Mi domando da quanto tempo cerchino di mettere le mani sulla scatola – dico iniziano a formulare nuove teorie nella mia testa.
- no, non ci credo – dice indietreggiando alzando la voce.
- credici. – gli dice Adam cercando di farlo calmare.
- è impossibile! Noi siamo creati con un solo obiettivo, proteggere la scatola, non abbiamo altro, lavorare per i protettori e proteggere quella dannata scatola! – dice crollando sul divano con la testa tra le mani.
- punto uno, non è una scatola. – dice Adam sedendosi al suo fianco – è una chiave che apre qualcosa, una parte di qualcosa, o almeno crediamo. E poi, abbiamo sentito cospirare contro di noi, qualcuno ci vuole morti, vogliono la scatola, e sono i ribelli. So che conosciamo un millesimo della verità e probabilmente non è nemmeno la verità. Sono passati tanti millenni da quando tutto è iniziato e sinceramente chiunque avrebbe potuto cambiare la storia. Ti ricordi quella cosa che mi dicevi sulle religioni da piccolo? Quando ti chiedevo se esistevano veramente gli Dei? Ti ricordi cosa mi dicevi? - dice Adam attirando tutta la sua attenzione, io resto in silenzio in un angolo a guardare, non posso fare nulla, solo Adam può. – mi dicevi di immaginare la fine del mondo, e qualche alieno sulla terra anni dopo la fine dell’uomo, e nelle loro ricerche per capire cosa fosse successo al pianeta terra, tutto quello che trovano ancora intatto, è un libro di favole come Biancaneve e i sette nani, ti ricordi? Sfogliando il libro determinano, che la razza umana fosse un popolo di nani, che lavoravano nelle profondità della terra, e che adoravano una figura femminile alta e bellissima cui si contrapponeva il maligno, la strega cattiva. Questo sarebbe stato il nostro credo per loro, adoratori della donna alta e bellissima. Non possiamo credere a tutto quello che ci dicono solo perché, ci viene detto che è così e hanno le prove. Che prove? Un libro? Qualche pietra con delle scritte? Chiunque potrebbe averli scritti in preda a qualche delirio. Me lo hai insegnato tu. Abbiamo le prove che ci stanno mentendo. Siamo i protettori della scatola, sono Psi secondo e il mio compito è proteggere Psi principale, Talia, a costo della mia vita e farò qualunque cosa per proteggerla. Io so solo questo. Non m’interessa se chi si metterà in mezzo alla nostra strada, saranno ribelli, protettori o umani qualsiasi. Io li ucciderò tutti fino all’ultimo. – Adam lo guardava con espressione seria e Patrick era sbalordito. Non era più il suo bambino.
– Quello che vogliamo sapere è… sei con noi o contro di noi? –

 

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Capitolo 17
*** diciassette. ***


Diciassette.

 

- sei con noi o contro di noi? – dice Adam guardandolo con aria seria e un po’ minacciosa. Patrick passa i suoi occhi su di me alle sue spalle, poi torna a guardare Adam.
- quando mi hanno detto che sarei diventato un custode, e mi hanno dato il mio primo bambino, ero un po’ preoccupato, perché non sapevo esattamente cosa fare. Certo avevamo seguito i corsi, ma quando mi sono ritrovato da solo con questo bambino di tre anni che mi faceva domande, ho sentito l’istinto di scappare. Non l’ho fatto ovviamente,  ma è stato ucciso dopo quattro mesi da dei ribelli che ci avevano scoperti. L’hanno ucciso davanti alla scuola, mentre usciva. Investito da un’auto. Un incidente dissero, certo lo sembrava, ma l’uomo che guidava l’auto mi ha sorriso per un istante appena sceso dall’auto prima d’iniziare la recita della disperazione. L’ho visto sorridere, mi ha guardato e ha sorriso. Tu sei stato il mio settimo bambino. Il terzo a riuscir ad arrivare al prelievo. Ci insegnano che non dobbiamo provare affetto per i bambini che custodiamo, che dobbiamo solo allenarli per il giorno in cui torneranno a casa, e l’ho fatto, anche bene credo, quello che non ci dicono è che anche se siamo programmati per non provare affetto, quella piccola percentuale d’umanità che ci resta lo prova ugualmente. Dicono d’aver tolto i geni delle emozioni, che le nano macchine agiscono sulle sinapsi che causano l’amore verso i bambini ma… una piccola parte di noi gli vuole bene. Dovreste essere solo un pacco, da tenere con cura e consegnare al destinatario, ma a volte qualcosa scatta e non siete più solo un pacco. Ho amato ogni bambino che mi è stato affidato. Vederli morire è stato straziante e non poter esternare nessuna emozione lo è stato di più. Mi avrebbero eliminato. Per questo, certo che sto dalla vostra parte, sei mio figlio e non potrei mai fare qualcosa per danneggiarti. – dice prima di sorridergli.

Passiamo un’altra mezz’ora a parlare, poi concordiamo un appuntamento a un altro giorno per modificare anche il suo sistema.  

Oggi ho mezza giornata libera, per cui decido di fare un giro ai piani alti per vedere se scopro qualcosa di nuovo. Negli ultimi giorni non è successo nulla. Patrick si è ripreso completamente dalle modifiche del sistema e ci manda resoconti regolari e dettagliati di quello che vede. L’unica novità è che Greg lascia il suo ufficio tutti i giorni alle diciassette e trenta per andare in un parco a sedersi su una panchina a leggere, poi rientra alle diciotto e quindici. Sarebbe normale, se non l’avessimo visto parlare da solo in quell’intervallo. Purtroppo non siamo ancora riusciti a scoprire con chi parla e cosa dice ma ci stiamo organizzando per farlo. Mentre cammino per il corridoio in direzione dell’ufficio di Greg, noto una cosa molto strana. Tutti gli uffici su quel piano sono vuoti, non trovo nemmeno Leila che normalmente è sempre alla sua scrivania. Quando capisco cosa sta succedendo è troppo tardi.

Quando entro nell’ufficio di Leila e non la trovo, mi volto e faccio per uscire, ma sento un rumore, qualcosa sbatte, noto la finestra aperta e penso sia il vento che fa muovere qualcosa, ma non può essere il vento. Il mio sistema si attiva e il traduttore automatico inizia a tradurre.
.- .. ..- - --- .-.-.-   --. .-. . --.   .-..-   .. -- .--. .- --.. --.. .. - --- .-.-.-   .-. .. -... . .-.. .-.. .. .-.-.-   .- .-. .-. .. ...- .- -. --- .-.-.-   - .-. .- -.. .. - --- .-. . .-.-.-  dopo aver letto la serie di punti e linee, lo traduce ulteriormente:Aiuto. Greg è impazzito. Ribelli. Arrivano. Traditore.”
 In quell’istante Adam mi manda un messaggio: “Abbiamo trovato due operai morti, uccisi con armi primitive. Sono i ribelli, va a casa, sto arrivando.
Faccio un passo in direzione del suono e la vedo, Leila stesa a terra in una pozza di sangue mentre usa le sue ultime forze per battere l’anello che porta al dito contro la gamba della scrivania. Quando mi vede smette di battere e io faccio l’unica cosa da fare, prendo il taglia carte e la uccido definitivamente.

Corro a casa senza voltarmi in dietro, la gente passeggia tranquillamente ignara di quello che sta succedendo, entro e corro a prendere le armi, dopo poco sento bussare, apro ed è Patrick. Gli racconto quello che ho visto e gli do un fucile, poi torna Adam.
- Leila è morta. L’ho trovata nel suo ufficio, ha detto che stanno arrivando e che Greg è un traditore – dico continuando a caricare il fucile.
- nulla che non sapessimo già – dice Adam infilando Armi sotto gli abiti, quando siamo pronti, restiamo immobili a guardarci, consapevoli che sta succedendo davvero, che non è solo una nostra fantasia, poi tiro fuori la scatola e mentre la infilo nella catenina per poi rimettermela al collo Adam dice: - non sappiamo ancora cos’è Pandora – poi sentiamo bussare alla porta.
Sappiamo che ci vogliono morti, per cui decidiamo di non aprire. Invece di uscire dalla porta principale scegliamo il piano B, in altre parole prendere tutto quello che possediamo in casa, metterlo negli zaini e uscire dall’uscita sul retro, che non è proprio sul retro, abbiamo scavato un tunnel lungo alcuni metri che sbuca nel boschetto che si trova dietro alla casa, quando siamo all’aperto, guardiamo chi c’è davanti alla nostra porta, e vediamo Greg con altri due protettori. Iniziamo a dirigerci nella direzione opposta, e prima di farlo disattiviamo ogni localizzatore nel nostro corpo.

Troviamo riparo nella vecchia chiesa ortodossa, nessuno va mai lì dentro, e le sue condizioni precarie la rendono un buon nascondiglio.

- cosa sappiamo su Pandora a parte il nome? – dice Patrick
- nulla – dico io
- ci dev’essere qualcosa… i protettori non scelgono mai nomi a caso! – dice Patrick spazientito.
- cosa vuol dire Pandora? – chiede Adam
- il nostro sistema non lo sa, dice Parola non trovata. -
- fantastico, avranno eliminato qualsiasi riferimento dai libri, scommetto che nessuno al mondo ha mai sentito nominare quella parola – dice Patrick mentre alle nostre spalle, sentiamo un rumore. Ci voltiamo e puntiamo le armi verso i banchi ammassati uno sull’altro, restiamo immobili pronti a colpire, quando un bambino sbuca da sotto un banco e ci guarda spaventato quando vede le armi, le abbassiamo.
- cosa ci fai qua? – dice Adam avvicinandosi, ma resta immobile, occhi sbarrati, sguardo fisso verso di noi, poi succede. Prima sentiamo un rumore metallico, poi il bambino inizia a piangere e stringersi le braccia allo stomaco, quando Adam lo tocca per vedere se sta bene lo capisce. Il braccio del bambino è freddo, non freddo come può essere la pelle in inverno, ma come il metallo, così afferra il bambino e con forza lo obbliga a mostrargli il polso e sul bracciale invece delle indicazioni standard sulla persona ci sono numeri, un conto alla rovescia. Prendiamo le nostre cose e corriamo fuori, ma quando usciamo, ci accorgiamo che era tutta una trappola, perché mentre la chiesa esplode alle nostre spalle, contenuta da un campo di forza, alcuni protettori sono lì ad aspettarci.

 

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Capitolo 18
*** diciotto. ***


Diciotto.

 

- abbassate le armi – dice il primo mentre un altro chiama i rinforzi.
- fatelo prima voi – dice Patrick – Talia, quello che hai in mano è il fucile a onde d’urto? – chiede continuando a puntare contro i protettori.
- sì. – rispondo
- usalo – mi dice, ma non posso, perché se lo facessi, morirebbe anche lui.
- no, non posso -
- si che puoi fallo. -
- Patrick, no. -
- si invece, fallo ora o ne arriveranno altri e vi prenderanno, e tutto questo non sarà servito a nulla. Dovete fermarli. -
- morirai, non posso farlo – dico mentre sento spari in lontananza e le grida dei bambini nel parco.
- Patrick, ti prego, se fai due passi indietro, ti salverai, devi solo fare due passi – dice Adam con la voce rotta tentando di trovare una soluzione alternativa. Lo so che non c’è nessuna soluzione alternativa, stanno arrivando. Per questo non hanno sparato. Gli serviamo in vita.
So cosa devo fare, ma non riesco a muovere il dito sul grilletto, mi ricordo cos’ho provato quando ho visto mia madre cadere a terra senza vita, non voglio che Adam provi la stessa sensazione, la terra che smette di girare e tutto il sangue nel corpo che si gela, un attimo eterno di assenza totale, le orecchie che fischiano, la testa che gira. Nessuno dovrebbe sentirsi così. Devo farlo, e lo faccio. Vedo Patrick cadere in avanti quando l’onda d’urto lo colpisce, il sangue schizzare fuori dalla sua bocca quando ogni vena del suo corpo esplode, i protettori cadere a terra inermi a loro volta e poi Adam che mi guarda con gli occhi sbarrati senza vita.

- perché? – mi chiede mentre corre verso il corpo di Patrick immobile, mentre una pozzanghera di sangue s’ingrandisce sotto di lui.
- dobbiamo andare – dico afferrandolo per il braccio e tirandolo, nel tentativo di fuggire. Oppone poca resistenza, perché sentiamo gli spari avvicinarsi, e capisce che dobbiamo andarcene velocemente. Camminiamo in mezzo ai boschetti che ci forniscono un po’ di protezione, fino a quando non raggiungiamo una vecchia casa abbandonata senza tetto. Quando finalmente ci sediamo a terra per riprendere fiato, Adam si volta verso di me.
- vorrei poterti odiare, urlarti cose terribili e abbandonarti a te stessa per aver ucciso il mio custode-
- lo so. –
- vorrei poterlo fare, veramente, ma a quanto pare non sono programmato per odiarti. Vorrei tanto odiarti in questo momento. -
- se può consolarti, io mi odio per quello che ho fatto, ma andava fatto. -
- lo so. È che, l’avevo appena ritrovato -
- mi dispiace, non riesco a trovare altro da dire. – restiamo in silenzio alcuni minuti, poi dobbiamo rimetterci in movimento, e tornare in città, stare all’esterno è troppo pericoloso, è il primo posto in cui due fuggitivi si nasconderebbero. Ci rimettiamo in cammino, poi entriamo in uno dei tunnel sotterranei che sono usati per la manutenzione della città. Riusciamo a percorrere alcuni metri poi sentiamo delle voci e visto che vogliamo tornare in superficie senza farci scoprire, decidiamo di uscire dalla prima porta che troviamo e quando siamo in superficie, troviamo la città in preda al caos. Due palazzi sono stati dati alle fiamme e mentre un gruppo di persone cerca di limitare l’incendio, un altro protegge questi dai ribelli che gli sparano addosso.
Ci mischiamo in mezzo alla folla che corre per mettersi al riparo e raggiungiamo un condominio, una volta dentro mentre tutti salgono le scale verso gli appartamenti, noi scendiamo verso le cantine.

La cosa fantastica di questi vecchi palazzi è che le cantine sono rinforzate, una specie di bunker resistente a tutto. Una volta dentro chiudiamo la porta e spostiamo qualche vecchio mobile e macchinario davanti in modo da bloccarne l’apertura. Poi iniziamo a spostare tutto in mezzo alla stanza n cerca di qualche porta che colleghi a un tunnel. Nei mesi passati quando controllavamo la città, abbiamo scoperto che tutti i palazzi più vecchi, sono collegati tra loro tramite tunnel, doveva essere un modo per spostarsi ai tempi della guerra atomica, senza uscire all’aperto e rischiare la contaminazione. Spostiamo scatoloni, mobili, vecchie culle, poi finalmente vediamo la porta davanti a noi.
-non credo riusciremo ad aprirla – dice Adam guardando la spessa porta di ferro arrugginita davanti a noi.
- possiamo provarci – dico, poi dopo aver afferrato la maniglia e aver costatato che funziona ancora, iniziamo a spingere nel tentativo d’aprirla, e dopo due ore tutto quello che siamo riusciti a fare è muoverla di due centimetri.
- ok, non ce la faremo mai. Ci serve un piano B. - dice Adam gettandosi su un vecchio divano ammuffito.
- era questo il piano B, ricordi? – dico sedendomi a terra.
- allora il piano C. Qual era il piano C? -
- non abbiamo nessun piano C, ci hanno attaccato prima che potessimo pensarlo! merda -
- sì, fino al collo! E non sappiamo che cavolo è Pandora, come uscire da qua, il cibo basterà per un giorno forse, l’acqua è quasi finita e a quest’ora i ribelli avranno conquistato tutta la città! – dice Adam in preda allo sconforto - sapevo che dovevamo controllare le porte! Lo sapevo! -
- non abbiamo fatto in tempo. Dobbiamo pensare -
- a cosa? Siamo in trappola. -
- dobbiamo solo riuscire a muovere la porta… ci sarà qualcosa che può esserci utile -
- è tutta robaccia -
- smettila! Non sei d’aiuto se fai così. -
- cosa? -
- muovi quel culo e aiutami a cercare qualcosa per aprire la porta. Adesso! – dico alzandomi in piedi. Adam resta a guardarmi per alcuni secondi, poi si alza e inizia a svuotare scatoloni. Dopo un’ora non abbiamo trovato nulla, poi quando ormai siamo pronti a uscire da dove siamo entrati e affrontare tutto quello che troviamo davanti, facciamo una scoperta interessante. In uno scatolone enorme, chiuso con vari strati di nastro isolante con la scritta, “cucina” ben visibile, troviamo quello che non è destinato alla cucina, ma a un uso più privato, un palo in metallo e una serie di elastici, tute in latice e oggetti erotici d’ogni sorta.
- wow, qualcuno si divertiva in questo palazzo. – dice Adam allontanandosi dal pacco.
- oddio, quel coso, deve far male. – dico io un po’ perplessa
- quello lo possiamo usare, il palo dico… per la porta, non che tu debba… insomma, non sarebbe male, ma non è la situazione adatta… -
- prendi il palo -
- io? -
- certo, io non li tocco quei cosi, chissà dove sono stati… non farmici pensare. -
- ok, sembra resistente. – dice esaminando il palo, dopo aver costatato che possiamo usarlo come leva, iniziamo a spingere sulla porta fino ad aprirla abbastanza da creare una conca in cui disporre il palo. Passiamo almeno venti minuti senza ottenere risultati, poi la porta inizia a cedere e dopo due ore e la distruzione quasi totale del palo l’abbiamo aperta abbastanza da riuscire a passarci, con fatica. Una volta nel tunnel iniziamo a percorrerlo evitando le carcasse di animali morti, poi accendiamo i nostri sistemi e seguiamo le indicazioni. Quando risaliamo in superficie, ci troviamo all’interno di una pasticceria.
Ci guardiamo intorno e sembra vuota, ma poi quando apriamo quella che ad esclusione, dev’essere la porta di uno sgabuzzino siamo attaccati da una donna anziana che rendiamo innocua in poco tempo.
- non vogliamo farvi del male – dico mentre lascio andare la donna che corre in direzione di due bambini nascosti dietro sacchi di farina. – non siamo ribelli, ci stiamo nascondendo, come voi. -
- cosa volete? Come siete entrati? – chiede la donna
- ci sono dei tunnel. Sotto la città. Vecchi tunnel che si possono ancora usare. – spiega Adam
- fate quello che volete, ma non toccate i bambini, non hanno nessun addestramento, non servono a nulla. Sono destinati alle fabbriche. –
- non vogliamo far nulla ai bambini. Se per lei va bene, restiamo fino al tramonto, poi ce ne andiamo. Chiediamo solo un po’ di cibo e acqua. – dico, acconsente indicandoci dove trovare cibo e acqua in abbondanza. Essendo in una pasticceria mangiamo principalmente dolci, poi prendiamo un sacco di farina e facciamo a turno per dormire un po’.

Mancano ancora un paio d’ore al tramonto, così approfittiamo del tempo per fare mente locale e trovare informazioni utili. Costatiamo che i ribelli si sono infiltrati nella rete e messaggi intimidatori compaiono su ogni schermo, inoltre c’è una ricompensa per chiunque consegni la scatola nelle mani del loro  leader. Restiamo a guardare i vari messaggi che continuano ad apparire fino a quando non ne mandano uno su ogni apparecchio dotato di proiettore o schermo.

Chiunque consegnerà La Scatola avrà salva la vita e quella dei suoi cari. Nessun male gli sarà inflitto. Da troppo tempo La Scatola è stata tenuta nascosta all’umanità, è il giunto il momento di riportarla alla luce.

Restiamo increduli a leggere le ultime righe, e arriviamo alla conclusione che vogliono usare la scatola.
- Greg è uno dei pochi che sa cos’è Pandora. Tutti quelli che sapevano cos’era sono morti o comunque ci hanno tradito. – dico io mentre spengo il computer.
parliamo di varie strade per uscire e raggiungere gli archivi in cerca d’indizi quando uno dei bambini mi tira la maglia, mi volto e dopo qualche secondo d’esitazione dice…
- io lo so cos’è pandora -

 

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Capitolo 19
*** diciannove. ***


Diciannove.

 

 

 

 

 

 

-cosa? – dico incredula.
- io so cos’è Pandora – ripete il bambino, prima che la sua custode lo tiri a sé.
- no, aspetti. Il bambino. Ha detto di sapere una cosa e vorrei… -
- è solo un bambino, lui non sa niente. –
- Pandora… lei sa cos’è? – le chiedo. Si ferma e mi guarda per qualche istante. Credo che il mio cuore stia battendo abbastanza velocemente, sento la pelle accaldata, la testa un turbinio di pensieri… abbiamo passato mesi a cercare informazioni senza mai trovare nulla, e ora un bambino dice d’avere la risposta.
- certo che lo so tutti lo sanno.- risponde, mentre il cuore perde un battito e la mia mente sprofonda in un baratro per qualche istante prima di tornare verso la luce.
- in che senso tutti lo sanno? – dice Adam che era rimasto in silenzio, incapace di parlare per l’impossibilità della situazione.
- lo sanno tutti… hanno fatto una cerimonia alcuni mesi fa, quando i ribelli hanno iniziato a uccidere protettori oltre le barriere. – restiamo ad ascoltarla in silenzio. Parla di Pandora come se fosse una cosa qualunque, banale – è nella piazza principale, i bambini ci giocano sempre dopo le lezioni. È la fontana. Se guardate attentamente attraverso l’acqua, si può vedere la scritta “Pandora” sul fondo. – dice prima di appoggiare il bambino al fianco dell’altro e rimproverarlo per essersi allontanato. Guardo Adam che mi fissa con la mia stessa espressione, incredulità. È sempre stata sotto i nostri occhi, ci siamo anche seduti sul suo bordo un paio di volte, ma non abbiamo mai guardato l’acqua. Senza dire una parola ci allontaniamo e in un angolo iniziamo a studiare le mappe per arrivarci.

Ci sono due cose che sappiamo con esattezza. I ribelli vogliono la scatola perché sono convinti, spetti a loro usarla, e dalle poche informazioni che siamo riusciti a raccogliere, la scatola è una chiave per Pandora, cosa faccia esattamente non lo sappiamo. Quello che sappiamo è che per nessuna ragione al mondo daremo la scatola ai ribelli e gliela faremo usare. Studiamo un percorso per avvicinarci senza sapere esattamente perché dobbiamo andare la, sappiamo solo che questo è il nostro obiettivo, come se fosse scritto nel nostro DNA, da quando tutto questo è iniziato, è stato come se nel nostro cervello si fosse accesa una lampadina che ci spinge verso Pandora. Come se fossimo programmati per raggiungerla una volta in pericolo. Decidiamo di aspettare la notte per avere il vantaggio dell’oscurità, così ci riposiamo e mangiamo, poi appena il sole tramonta, usciamo dalla porta sul retro. Riusciamo a girare per qualche vicolo secondario per un po’, ma più ci avviciniamo al centro della città, più le strade si allargano e sentiamo le voci dei ribelli che perlustrano l’area. Così iniziamo a rallentare e dopo quattro ore riusciamo a vederla… la fontana.  Quando decidiamo di provare ad avvicinarci dal lato con più vegetazione, sentiamo un’auto avvicinarsi, e vediamo Greg scendere. Ci blocchiamo ma qualcuno deve averci visto, perché una luce illumina la nostra posizione e iniziano le grida. Greg ordina di non ucciderci, dopotutto gli serviamo vivi, così abbiamo un piccolo vantaggio, noi possiamo ucciderli. E lo facciamo, mentre corriamo verso la fontana, sentiamo le pallottole colpire il terreno nel tentativo di gambizzarci. Sento Adam cadere, e quando mi volto per aiutarlo vedo che cerca di rialzarsi, mentre un rivolo di sangue scende dalla coscia; fortunatamente l’hanno preso di striscio così riusciamo a ripararci dietro una statua prima che una seconda pallottola lo colpisca in pieno.

Sentiamo Greg urlare, poi ci accorgiamo di aver una sola possibilità di raggiungere la fontana. Vediamo Greg avvicinarsi ad alcuni ribelli dicendo loro di esser degli idioti, che non devono farci passare, dice qualcosa sul fatto d’essere in protocollo d’emergenza, che non devono pensare che sia solo una cosa fatta per spaventare la gente. E vediamo i soldati girarsi nella sua direzione per un attimo, nessuno sta guardando verso di noi; così lo facciamo, ci alziamo e correndo il più veloce possibile, uccidendo un soldato e rischiando tutto ci avviciniamo abbastanza alla fontana, per capire esattamente a cosa si riferiva Greg.

La fontana non è altro che una banale circonferenza, al centro un getto d’acqua, attorno è stato creato un disegno, una specie di mosaico circolare, nell’esatto momento in cui mettiamo piede dentro al mosaico, sentiamo la stessa sensazione che abbiamo provato quando mesi prima abbiamo iniziato il nostro allenamento, sentiamo la terra smettere di girare, la sensazione di cadere, di svenire. I suoni si ovattano, sentiamo le urla, spari, tutto attenuato e quando il mondo riprende a girare cadiamo a terra, Adam sopra di me immobile. I secondi che seguono sono terribili, sollevo Adam e vedo che è stato colpito a un fianco, riprende conoscenza dopo qualche secondo e striscia verso la fontana appoggiandosi e puntando il fucile verso i ribelli che ci guardano senza sparare, solo Greg urla.
- cosa avete fatto? Una cosa dovevate fare! Una! Non farli avvicinare! Siamo in stato d’allerta cazzo, cosa avete fatto, adesso è finita. È tutto finito. -
non capiamo cosa sta dicendo. Cos’è finito? Non capiamo nulla fino a quando uno dei ribelli non spara verso di noi prima che Greg lo uccida per quello che ha fatto, e il proiettile s’infrange contro una barriera e cade a terra. Così ci accorgiamo di quello che è successo, quando siamo entrati nella fontana, si è alzata una barriera… forse era questo che non voleva, forse Pandora protegge la scatola.
Siamo talmente sorpresi dalla situazione che ci accorgiamo solo dopo qualche minuto che la fontana alle nostre spalle si muove e quando ci alziamo per guardare, vediamo che l’acqua è scomparsa, al suo posto il fondale si sta aprendo come petali di un fiore e al centro si sta facendo largo tra ingranaggi e strati protettivi un cubo argentato, con incisioni e scritte in qualche lingua sconosciuta. Ci allontaniamo ma Greg ci obbliga ad ascoltarlo.
- siete solo degli stupidi ragazzini, dovevo uccidervi quando potevo farlo! Quel giorno all’alveare, potevo uccidervi e prendere la chiave. Voi nemmeno sapete cosa avete fatto. Lo stato d’allerta ha attivato Pandora, e voi stupidamente ci siete andati dentro. È tutta colpa mia. Pensavo che essendo solo dei ragazzini sarei riuscito ad uccidervi prima. Dovevo averla io quella scatola, sarei stato importante sapete, l’ultimo protettore rimasto… vi avrei sterminato tutti e il mondo mi avrebbe venerato come un Dio! Beh, se posso darvi un ultimo consiglio, uccidetevi adesso, non volete vedere quello che sta arrivando. – e così dicendo si puntò la pistola alla tempia e premette il grilletto. I Ribelli presenti nella piazza iniziarono a correre, restammo solo noi, a guardare il cubo illuminarsi quando finalmente finì la sua ascesa.

Fu una sensazione strana, avevo la chiave al collo, e vidi la maglietta muoversi, come se tirasse vento, estrassi la catenina, e quando la chiave fu libera dal tessuto che la copriva, fu come se una calamita me la strappasse dal collo. Adam mi tenne per la vita evitandomi la caduta. La chiave volò sul cubo, come se un braccio invisibile l’avesse afferrata e messa al suo posto… nell’istante in cui entrò nella serratura, ci fu un boato. In un primo momento non accadde nulla, poi iniziò a formarsi qualcosa, una specie di ologramma, ma poi iniziò a prendere consistenza fino a diventare reale.

Era bella da vedere, sembrava uscita da un cartone animato per bambini, la pelle porpora, il corpo lungo e snello, i capelli neri setosi che cadevano fino ai fianchi in una treccia, sembrava irreale, ma poi si mosse, toccò il cubo e iniziò a parlare in una lingua straniera, mai sentita. Quando smise di parlare, si voltò verso di noi, gli occhi neri che ci fissavano e dopo qualche attimo d’esitazione parlò, questa volta nella nostra lingua.
- avete aperto voi il portale immagino… grazie. Iniziavamo a spazientirci. – e poi di nuovo, parlò da sola, o almeno era l’impressione che dava. – due, maschio e femmina. Sono diversi dagli ultimi. Non saprei dirlo, vieni a vedere. – disse sempre nella nostra lingua, o almeno credevamo fosse la nostra lingua. Dopo alcuni secondi una seconda persona si materializzò al suo fianco. Questa volta un uomo, stessa pelle, stessi occhi neri, capelli corti con taglio militare.
- si sono diversi – disse guardandoci, poi notammo qualcosa di strano, il cielo era strano, in un primo momento sentimmo un ronzio, una specie di fischio fastidioso, come quando in estate nei pomeriggi afosi un insetto disturba i sonni pomeridiani, ma poi il suono s’intensificò e notammo che il cielo si stava rompendo. Quella era la sensazione, quello che era il cielo nelle sue ore prima dell’alba stava sparendo e piano piano l’oscurità era sostituita da un nuovo cielo.
- voi non siete come gli altri umani, l’ultima volta che vi abbiamo visto siete scappati a nascondervi su questo sasso e avete costruito tutte quelle barriere fastidiose, grazie per averci aiutato a toglierle, adesso possiamo venire a vedere cosa c’è di così interessante quaggiù! Avevamo preso un paio di voi però… sono morti quasi subito, avete un corpo così delicato, e avete quel liquido dentro di voi che a quanto pare è importante per la vostra sopravvivenza, ma è buono, un ottimo alimento. – disse guardandoci.
- cosa siete? – gli chiesi mentre Adam tentava di proteggermi, anche se ormai ero io a proteggere lui, aveva perso molto sangue e faticava a mantenere la lucidità. 
- beh, non vi hanno detto nulla? Di noi? Allora, molti anni fa, veramente molti… il mio bis non ricordo quanti bis nonno prese parte alla spedizione veramente, eravamo in perlustrazione come sempre, il nostro pianeta è molto monotono e cerchiamo sempre qualcosa di nuovo, e un giorno siamo arrivati qua vicino a dire il vero e c’era questa nave con a bordo esseri umani. Si sono definiti così loro, non gli abbiamo attribuito noi il nome sia chiaro. Hanno iniziato a sparare con strane armi, e a un certo punto c’è stato un piccolo incidente; uno di loro ha sparato alla nostra nave e il motore, ha avuto una strana reazione all’oggetto che è penetrato al suo interno e si è creata una specie di tasca temporale, ci abbiamo messo… ci hanno, io dovevo ancora nascere per l’esattezza. Dopo alcuni mesi hanno sistemato il motore, ne sono usciti e sono tornati a casa con gli esemplari della vostra razza che erano rimasti intrappolati con quelli della mia. Ci hanno raccontato alcune cose prima di perdere la vita come ho detto prima… e quando siamo tornati qua per prendere altri vostri esemplari abbiamo trovato quelle strane barriere che infastidivano i nostri motori… durante l’incidente un pezzo del cristallo del motore dev’essersi staccato e finito nella nave con quelli della vostra specie. È l’unica spiegazione per le barriere! Erano molto ignoranti, non avrebbero mai costruito un sistema di difesa così efficace senza un pezzo di cristallo. Comunque, sto divagando. Il cubo che Lix sta sistemando contiene il frammento di cristallo e teneva gli scudi alzati, e grazie a voi ora si sono abbassati. -
- perché gli stai raccontando queste cose? – disse la ragazza, Lix, alzando lo sguardo e fermandosi dal suo lavoro attorno al cubo.
- perché, mia cara un giorno quando avrai conquistato tanti pianeti come ho fatto io, saprai che prima d’iniziare a decimare i suoi abitanti, è sempre buona educazione informarli del perché lo stai facendo. -
- farai il “discorso” a tutti gli abitanti di questo sasso putrido?-
- no. Sarebbe ridicolo. Se tu fossi più attenta, ti saresti accorta che questi due esemplari non sono umani. Possiedono delle macchine dentro di loro, se avessi perso due minuti a guardarli, le avresti notate, osserva i loro occhi, si vedono, e la pelle… senti l’odore del loro sangue, specialmente di questo qua… ne sta sprecando tantissimo, credo che presto morirà, annusa l’aria. Sono molto semplici a dire il vero, funzionano come dei registratori, basta che non uccidiamo questa femmina e la portiamo da Vik, tirerà fuori il filmato del mio “discorso” dalle sue macchine e troverà un modo per farlo vedere al resto della popolazione. Ora, possiamo uscire da qui e iniziare il nostro lavoro o devo parlare con questo essere ancora a lungo? -
- possiamo uscire -
- bene, chiama gli altri, ucciderne la metà e gli altri li portiamo a casa. Finalmente potremmo mangiare qualcosa di nuovo! –

E così dicendo s’incamminò verso la città mentre la ragazza mi metteva uno strano collare metallico al collo. Tentai di proteggermi, ma le sue mani erano forti, al posto delle unghie aveva artigli, i palmi erano ricoperti di spine, ogni centimetro della sua pelle era ruvido e squamoso, ma non erano come squame di pesce, erano piccole lame, ogni mio tentativo di difesa era in realtà un’auto lesione. Quando ebbe finito di allacciarmi il collare, mi sollevò di peso disse qualcosa d’incomprensibile e poi con un solo movimento della mano prese Adam, gli aprì il torace a mani nude, ne estrasse il cuore e lo lasciò cadere a terra, mentre con l’altra mano addentava il suo cuore, come fosse un panino imbottito. Non sapevo cosa fare, tentar di battermi e morire provando o lasciar stare, ero incapace di reagire, incredula per tutto.
Adam era morto.

La ragazza spinse qualcosa sul mio collare e in qualche secondo non mi trovavo più sulla terra, ero all’interno di una stanza, su una sedia. Gambe e braccia legate, mentre un uomo si avvicinava con un ago e lentamente lo infilava attraverso la mia fronte. Sentivo il dolore, ma qualcosa, m’impediva di muovermi, solo dentro di me urlavo e combattevo per liberarmi, ma presto anche quella voce interna si spense. L’ago era arrivato a destinazione, ero stata disattivata, come una macchina; l’unica cosa di cui ero consapevole era che i miei ricordi sarebbero serviti da informazione per il resto del genere umano, per renderli consapevoli di quello che stava arrivando, per fargli sapere che era tutta colpa nostra.
Eravamo solo due ragazzini come tanti, volevamo solo vivere la nostra vita. Pensavamo di fare la cosa giusta. Eravamo convinti, fosse la cosa giusta.
È tutta colpa nostra.
Abbiamo condannato la razza umana a morte.

 

 

 

 

Fine

 

 

 

 

 

 

Si lo so, muoiono tutti. O meglio, moriamo tutti!! Non sono una fan dei lieti fine, come potete capire!

 

Grazie a tutti quelli che hanno letto/leggeranno, commentato/commenteranno questa storia!

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