Burning my Eva

di Kara_NoBo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** S. Lucia ***
Capitolo 2: *** Gli stracci e la Seta ***



Capitolo 1
*** S. Lucia ***


Capitolo 1 - S. Lucia

Il vespro. Odiava andare alla messa del vespro.

Come al solito era riuscita a nascondersi da Sorella Kate. Quella povera novizia grassoccia e dal sorriso gioviale, il suo viso tondo sembrava un panetto di burro; lei sì che era adatta a cantare durante la messa. Sfortunatamente il suo compito era di rintracciare la fuggitiva, e costringerla a raggiungere il coro. A Eva scappò un sorrisetto: forse ci sarebbe riuscita con Angie o con Liz...si vantavano, ma non erano brave come "quella peste di bambina" a trovare nascondigli nuovi. Sollevò le braccia e incrociò le piccole dita dietro alla nuca, raggiunta dalle deboli note dell'organo. Suonavano il Kyrie. Si trovava perfettamente a suo agio, come se fosse sdraiata su un prato verde, anzichè su una trave impolverata a 6 metri d'altezza. Nella vecchia biblioteca non entrava mai nessuno, men che meno i bambini, per cui era un posto insospettabile...o almeno lo era per l'ingenua Sorella Kate. Una suora con più esperienza in materia "Eva" l'avrebbe quasi sicuramente scoperta, dopo un paio d'ore: quel tanto che bastava per sfuggire al vespro. Le sembrava quasi di galleggiare, e immaginò di trovarsi su un vascello d'aria, invincibile contro le tempeste, i pirati, e le monache imbronciate.

I rintocchi del vecchio campanile gotico le rimbombarono nello stomaco. Le campane erano una delle grandi passioni di Eva, era andata spesso a trovarle durante le sue scorrerie da monella irrecuperabile. Le davano un senso di libertà intrinseca, in quella grande e austera prigione, come fluttuanti per magia lassù, in cima alla grande torre campanaria che guardava il paesaggio al di là delle tristi cancellate di S. Lucia. Solo lì si poteva respirare davvero. I rintocchi rimbombavano ancora, sempre più forti, quasi a distesa. Eppure non era la festa patronale. Che sensazione strana. Era come se un lento brulichio di termiti risalisse l'edificio, dalle fondamenta alla cima, annegandolo di zampette e mandibole invisibili. Un rombo basso e cupo cresceva salendo piano a riempire l'aria, fino ai soffitti. La trave impolverata tremò impercettibilmente, il brivido di qualcun altro sulla pelle della bambina.

Il fumo denso rendeva l'aria irrespirabile. Zaffate di carne bruciata e schegge di vetro, le campane disperate. Eva correva e correva tra i corridoi, tra le urla strazianti e il panico che si incarnava in ogni colonna di fumo, in ogni fantasma incendiato, in ogni grido strozzato.

Correva e correva, e correva ancora. Correva sul selciato di S. Lucia, verso i cancelli sgangherati e pendenti, anneriti di tristezza e ora di cenere. Qualcosa di scuro a terra la ostacolò nella corsa. Cadde, trovandosi davanti agli occhi sbarrati e ciechi di Sorella Kate, una massa sanguinolenta e bruciaticcia. Il cuore le pompava con forza nelle orecchie -rialzati!- le batteva contro i timpani per ricordarle la sua presenza. Il muro di fuoco emanava un bagliore accecante, contro cui si agitavano sagome nere piccole e patetiche come insetti impazziti. Pochi passi al di fuori del cancello, stava immobile ad osservare: con un rantolo e uno scricchiolio tremendo, il vecchio campanile gotico ripegò su se stesso, affondando nelle fiamme infernali con un ultimo, sonoro rintocco stonato, un ultimo sospiro disperato.

Odiava il vespro. Il vespro aveva portato a S. Lucia il fuoco.

E il fuoco aveva liberato Eva.

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Capitolo 2
*** Gli stracci e la Seta ***


Capitolo 2. Gli stracci e la Seta

 

La voce della donna lo riportò al presente. Era stridula, sguaiata, e ammantata di affettazione mentre lo incitava a seguirla con un frivolo gesto della mano. Come si sarebbe fatto con un gatto. Insopportabile.

«Alrean, caro, vi prenderete un malanno sotto questo acquazzone! Entriamo, ve ne prego!»
«Premurosa come sempre, Lady Darleen. Non merito tanta gentilezza da parte di un simile angelo del paradiso...»
«Alrean, siete sleale!» proruppe il giovane che si affannava a riparare se stesso e la donna dalla pioggia battente con scarsi risultati. «Se continuerete ad adulare in questo modo la nostra graziosa compagna, non avrò più speranze di conquistarne il cuore!» concluse, sfoderando il suo migliore sorriso finto che ben si sposava agli acuti risolini di compiacimento di lei.
Alrean replicò con un altrettanto finto sorriso. Entrambi sapevano molto bene che il premio in palio non era certo il cuore della signora, già svenduto a cinque precedenti mariti, quanto il cospicuo patrimonio di cui ella poteva disporre. Il damerino che ora le stava prendendo la mano con fare languido per accostarla alle labbra di certo era ben calato nella parte: taglio curato, abiti costosi, profumo alla malva rosa, come imponeva rigorosamente la moda del momento.
Ma Alrean aveva notato già al primo sguardo il segno giallastro ai polsini della camicia e le cuciture un po' troppo strette della giacca, il fondo sdrucito dei pantaloni, il vago odore di stantio e alcolici a buon mercato malcelati dal profumo. Tutte cose che la giunonica Lady Darleen pareva non notare, o non voler notare, mentre scossa da continue risatine ammiccava al giovanotto in modo lascivo, sbattendo le palpebre appesantite dal trucco. La cipria che avrebbe dovuto ammorbidire i suoi lineamenti, già sgraziati per natura, si era accumulata nelle rughe ai lati degli occhi e della bocca facendo somigliare il suo viso a un calco di gesso crepato, mentre l'acconciatura, un groviglio di riccioli fitti domati senza una logica grazie a una moltitudine di pettini e pettinini, minacciava di crollare da un momento all'altro sotto il peso del grande cappello piumato.
Osservare la coppia gli provocava un vago senso di nausea. Il denaro doveva davvero costituire una forte motivazione per far sì che un uomo, almeno di vent'anni più giovane, accettasse di accompagnarsi a un simile relitto. In quanto alle sue motivazioni...non aveva certo ripensamenti.

«Sta lontana da me, sudicia pezzente!». Uno strillo e uno schiocco nel buio.

A pochi passi dall'ingresso del Cafè Chantant, una Lady Darleen paonazza e furiosa imprecava contro una figura incappucciata, sporca e smunta. Si premeva una mano al petto, come se fosse appena stata minacciata di morte, mentre il damerino, a metà tra lo stupito e l'imbarazzato, cercava di contenere la sua ira sospingendola all'interno del locale.
Alrean osservò la scena con distacco, un acquerello stinto disegnato dalla luce caliginosa di una lanterna sotto all'insegna. Era l'ennesima riprova del fatto che poteva solo provare ribrezzo verso una donna tanto disgustosa. Picchiare una mendicante affamata non era certo un gesto decoroso per una nobildonna, anche se non era purtroppo una scena infrequente: il numero di mendicanti e di accattoni si era almeno triplicato nell'arco di pochi anni, lo scoppiare della guerra non aveva fatto altro che accentuare il fenomeno, e la reazione dei più era quantomeno insofferente, se non violenta.

«Il Mozzatoio è l'unico posto per te, vattene via!».

Alrean sentì l'uscio del caffè aprirsi e richiudersi assorbendo finalmente la mole e l'indignazione di Lady Darleen, mentre fissava lo sguardo sulla persona cenciosa che ancora stava dritta in mezzo al vicolo, sotto la pioggia. Non si era sottratta allo schiaffo, né aveva emesso un suono o un lamento, non una lacrima solcava il suo viso ossuto o spuntava agli angoli degli occhi infossati. Materia inerte. Non si scostò quando lui si avvicinò, aprendo appena il soprabito. L'unica cosa che fece fu di allungare una mano scheletrica, quasi nemmeno umana, per raccogliere le tre monete che stavano per cadere sul suo palmo.

Occhi dorati immersi in due pozzi blu, sguardi che si trafiggono nella notte.
Odio, orgoglio, spirito di vendetta. Non disperazione, né debolezza, né sconforto.
Guardarla negli occhi era vedere sé stesso allo specchio.
L'intensità di quello sguardo spiazzò il gentiluomo. Non si era aspettato un simile guizzo di vita, bensì un guscio vuoto, che viveva se non per abitudine all'esercizio del respiro, come se ne vedevano tanti. Quella ragazza mordeva la sua disgraziata vita ogni santo giorno.

«Qual è il tuo nome?»
Il vicolo buio e sgocciolante fece rimbalzare la domanda nella notte.

«Eva.»

Alrean allungò la mano sul capo della ragazza, che ancora una volta non si ritrasse. Non c'era posto per la paura in lei? Fece scivolare in basso il cappuccio inzuppato di pioggia e le afferrò con delicatezza il mento, scrutando di nuovo in quel blu intenso.
Odio, orgoglio, spirito di vendetta.

«Verrai con me.»

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