Inopportuno mondo per i sayan

di Moira__03
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Interessanti proposte ***
Capitolo 2: *** Preparativi ***
Capitolo 3: *** Inizio Sgradevole ***
Capitolo 4: *** Silenziose Delusioni ***
Capitolo 5: *** Incredibili doti di un mezzosangue ***
Capitolo 6: *** Agognate Speranze ***
Capitolo 7: *** Bleeding Training ***
Capitolo 8: *** Terrestri paure di un saiyan ***



Capitolo 1
*** Interessanti proposte ***


Era già stato tutto deciso.
Nonostante i due coniugi avessero abbondantemente distrutto la tranquillità che vigeva nella loro casa, a causa delle profonde controversie da parte di entrambi, erano riusciti a giungere un accordo.
Bulma, tanto tempo addietro, si era ostinata nel voler tentare di portare avanti una vita quanto più possibile tranquilla con quel sayan burbero, che nonostante la sua crudeltà e la sua prepotenza, si ritrovava ad amare pericolosamente.
Si era programmata la sua vita sin dai tempi della sua giovinezza ingenua, tanto che, spinta dalla bramosia di avere una vita perfetta, che seguisse più le vie dettate dalla sua mente anziché del suo cuore, aveva deciso di concretizzare quel suo pensiero caparbio grazie al suo ingegno. Così, dopo essersi faticosamente adoperata per costruire un marchingegno incredibile, iniziò la ricerca delle sfere del drago al quale avrebbe chiesto uno stupendo fidanzato, degno di lei.
Aveva sempre desiderato sposare un uomo tanto ricco quanto bello, dopotutto, il suo giustificato narcisismo, non poteva far altro che indurla a desiderare il meglio esistente su quel pianeta.
La sua innata determinazione era divenuta talmente abissale e cocciuta tanto che era riuscita ad ottemperare a molto di più di quella richiesta instaurata nella sua indole.
La conquista di un principe andava ben oltre ogni sua aspettativa, e questo bastava a gratificarla.
Il curriculum di Vegeta era noto in quasi tutte le galassie presenti nell’universo, ma Bulma era riuscita a scavare ed addentrarsi nel più profondo del suo animo nero per scorgere un minimo barlume di bontà; e ci era riuscita.
Ma così come non era stato facile instradare quel sayan verso la strada quanto più possibile vicino alle prospettive di sensibilità limitate dal suo orgoglio bruciante, così non era stato facile condurre insieme a lui una vita da normale terrestre.
Ed ora, chi ne risentiva, era proprio Trunks.
Le tenebre più oscure e paurose concretizzati in quegli occhi così accigliati, sarebbero state davvero tremendamente uguali a quelle di suo padre se non ci fosse stato lo zampino dell’azzurro a spezzare quell’armonia buia.
E così come erano i suoi occhi, era il suo animo: era un bambino ingegnoso e abbastanza pacato, ma aveva un incredibile forza fisica e morale, e a contornare il tutto c’era quell’atmosfera tetra insidiata nei suoi occhi.
E forse era per questo che, quando i suoi genitori gli avevano proposto di scegliere tra l’alternativa di condurre una vita da normale terrestre, quindi andando a scuola come tutti gli altri bambini della sua età, oppure di imparare e migliorare l’arte del combattimento, affinché divenisse un degno erede, lui non aveva saputo scegliere. Non voleva deludere nessuno dei due cari.
Quindi, faticosamente, avevano deciso loro per lui: sarebbe andato a scuola, ma il pomeriggio avrebbe dedicato il suo tempo a combattere e migliorarsi.
«Inizierà gli allenamenti solo dopo che avrà almeno svolto i compiti più importanti» si impuntò Bulma, tentando di sopraffare la convinzione del suo principe.
«Non se ne parla donna! Ho già acconsentito a far sprecare il tempo di Trunks, facendolo andare in quell’inutile posto terrestre per tutta la mattinata! Il pomeriggio è mio!» ringhiò Vegeta, immobile nelle sue idee. Per quanto poteva parir strano, Vegeta credeva molto nelle capacità del figlio, e avrebbe voluto davvero che diventasse un erede degno di portare il titolo di principe. Dopotutto aveva già constatato l’incredibile potenza di quel suo primogenito, su quel ragazzo venuto dal futuro; ma non gli era bastato: lui doveva divenire ancor più forte.
«Vegeta non servirebbe a niente andare a scuola se Trunks non dedicasse almeno un’oretta allo studio! Non ti chiedo tanto, ma almeno un’oretta!» imprecò la donna, realizzando che le barriere difensive del principe, propense alla comprensione, erano del tutto inespugnabili.
«Bulma non voglio più discuterne. L’erede del principe non può permettersi certe distrazioni terrestri e insulse, chiaro?» inveì.
«Senti chi parla!» disse Bulma, assumendo la sua solita posizione sicura, portandosi le mani sui fianchi e corrucciando lo sguardo, tipico di quando sta per confermare la sua ragione circa qualcosa «Se non sbaglio, lo spietato principe Vegeta non ha esitato quando gli è stato proposto di vivere in una casa terrestre, e non ha affatto respinto una donna inerme e assolutamente debole quando questa ha tentato di sedurlo! Non si è fatto alcuno scrupolo quando ha deciso di sprecare parte del tempo dedicato agli allenamenti, per poter passare momenti indimenticabili con la propria donna! E non..»
«Dannazione donnaccia!» intervenne Vegeta, colpito nel più profondo del suo orgoglio data la maledetta ragione che aveva quella donna «Gli concederò mezz’ora. Non di più. Dopodiché dovrà allenarsi» concluse Vegeta al fine di zittirla una volta per tutte.
Come di rimando, Bulma gli si avvicinò e gli stampò un bacio sulla guancia, cingendogli il prosperoso e muscoloso collo con le sue esili braccia, facendolo arrossire visibilmente.
«Grazie! Sei davvero un tesoro!» esclamò la donna, soddisfatta della misera bontà che iniziava a scorgersi in quel principe spietato, nei suoi riguardi.
“Questa donna è davvero insopportabile” pensò l’uomo, tentando di convincere soprattutto se stesso che quell’ ”insopportabile” avesse un altro significato, e che si avvicinava brutalmente a sentimenti da sempre a lui ignari.
Bulma era rimasta abbracciata al suo uomo.
Quando raramente si lasciava andare a quelle piccole smancerie e il principe non si opponeva, ne approfittava per poter restare in quella condizione il più a lungo possibile. E sapeva che infondo anche Vegeta aveva bisogno di quei piccoli contatti.
Lui, più di tutti, aveva bisogno di amore.
Il principe, come quando avveniva di rado, accennò un abbraccio di ricambio, portando il suo possente braccio delicatamente sui fianchi della donna, senza mostrare all’esterno palesemente il significato del suo gesto. Questo era concesso solo alla sua donna.
A spezzare quel silenzio fu Bulma, destata da un pensiero che si era venuto a creare sin dall’inizio della loro discussione.
«Credi che Trunks risentirà di tutta questa oppressione che gli stiamo addossando?» disse la donna, seriamente preoccupata della salute psico-fisica del suo bambino.
«Tsk. Non dire stupidaggini» proferì Vegeta «è pur sempre mio figlio! Nel suo sangue, oltre a scorrere insulso sangue terrestre, scorre anche quello dei valorosi sayan, Bulma. Non dimenticarlo!» disse il principe elogiando impercettibilmente suo figlio, seppur con un tono d’ironia e accennando un sorrisetto divertito «L’allenamento mentale e fisico, non farà altro che giovarlo» concluse saggiamente l’uomo.
«Non credi che debba anche divertirsi un po’ ?»
«Gli allenamenti sono il suo divertimento» rispose con così tanta sicurezza.
Bulma, invece, preferì immergersi nei suoi problemi da madre, dopo aver sospirato ampiamente. Sapeva bene che suo figlio aveva ereditato una forza morale incredibile dal padre, ma non voleva assolutamente che riportasse in lui ricordi di un’infanzia dediti solo alla lotta.
Desiderava ardentemente che suo figlio vivesse anche come un normale terrestre. Dopotutto era solo un bambino di sette anni.
Però Bulma sapeva bene che era inevitabile notare l’incredibile stima che Trunks aveva nei confronti del padre, e non si poteva non scorgere quella luce nei suoi occhi, data dalla voglia di combattere che aveva, e di divenire forte come lui.
Dopotutto era vero: nel suo sangue scorreva il sangue di un sayan. Per la precisione, del principe dei sayan. E questo bastava a giustificare quella sua determinazione.
«Credo dovremmo parlarne meglio con lui, tesoro. D’altronde ha soltanto sette anni!» continuò la donna, sin troppo pensierosa.
«Accidenti, Bulma. Se la caverà! La sua vita non può essere più facile di come lo è già» disse il sayan, indirizzando la sua mente a vecchi ricordi riguardanti la sua infanzia, pensando e agendo tramite essi. Suo figlio aveva già tutto che lo rendesse felice e senza problemi, e quella donna non poteva viziarlo di quella maniera.
Bulma alzò il viso, tanto quanto bastava per raggiungere le sue tenebrose iridi che sempre aveva cercato e che da sempre aveva tentato di oltrepassare.
Vegeta, senza sforzarsi di muovere il capo verso quegli occhi, si limitò a direzionare verso di lei solo i suoi occhi.
Non era necessario alcun tipo di parola per capire i sentimenti celati dietro quell’oceano sconfinato che adornava il viso della sua terrestre.
«Uff… e va bene donna. Parlerò io con Trunks, a costo che la smetti di tormentarmi» aggiunse, per cercare inutilmente di non far trasparire quello sgomento che provava nel vederla così massacrata da pensieri torturanti.
«Sei davvero un amore, Vegeta» esclamò,facendo chiaramente arrossire il sayan dopo che si strinse ancor di più a lui, catapultandosi sulle sue labbra.
 
 
 
 
«Non voglio perdere così tanto tempo sui libri come faceva Gohan!» proferì Trunks, fermo nella sua posizione e fissando suo padre con occhi corrucciati, sin troppo simile ai suoi.
«Non sono affari che mi riguardano ciò che tu vuoi fare» disse il sayan, cercando di sopraffare il suo sguardo a quello indistruttibile di suo figlio. Era difficile sancire chi dei due incutesse più terrore. Forse Vegeta; ma solo per l’ostile colore scuro.
«Studierai per mezz’ora. Dopodiché potrai allenarti con me nella Gravity Room» propose l’uomo, sicuro che quella era la vera gioia di suo figlio.
Infatti Trunks non rinunciò a dar sfogo a quei suoi sentimenti. Aprì lo sguardo, bruciando completamente la tenebrosità dal suo viso, dimostrando, ora, un carattere che più si avvicinava al normale… al terrestre.
«Wow papà davvero?» enfatizzò «Non vedo l’ora di potermi confrontare con te! Sono già sicuro di riuscire a batterti!» sfidò il figlio, svelando quell’orgoglio che aveva riguardo le sue grandi potenzialità.
Vegeta non fece altro che chiudere gli occhi e disegnare sul suo volto un lieve sorriso, consapevole di quanto quel moccioso gli somigliasse.
«Possiamo iniziarli già oggi gli allenamenti, papà?» continuò imperterrito Trunks, sin troppo contento dell’idea di potersi finalmente allenare con lui, anziché con il fratello di Gohan; Goten.
«Sai Goten è ancora piccolo, e io devo sempre trattenermi ogni volta che combatto con lui»
«Oggi non ho tempo Trunks. Quando inizierai ad andare in quell’insulso luogo terrestre potrai allenarti con il sottoscritto» finì il principe, non nascondendo al figlio che per quanto riguardava la scuola, era stato definitivamente manipolato da sua madre, dati gli aggettivi con cui l’aveva descritta. Trunks, seppur con un velo di sconforto, serbava in se tanta felicità, data da quella semplice discussione intrattenuta con il suo intrattabile padre.
Così, dopo che Vegeta si congedò senza più dargli troppe attenzioni, Trunks corse verso sua madre, ad informarla che sarebbe andato da Goten per poter giocare un po’. E la madre non era proprio a conoscenza che i loro divertimenti consistevano nel proclamare il vincitore dopo duri combattimenti, svolti senza troppe premure. Era convinta che Chichi non avrebbe mai fatto intraprendere quella strada al suo secondogenito, specialmente ora che Goku non c’era più. Ma questa volta si sbagliava di grosso.
Dopotutto anche nel sangue di Goten scorreva sangue sayan, ed era incredibile di come lui potesse essere tanto diverso da Gohan: lui era la fotocopia del suo sconosciuto padre, sia fisicamente che caratterialmente. La sua semplicità e la sua ingenuità bastavano a far divenire di quel bimbo, il clone del sayan di pura razza.
Anche durante i combattimenti, nonostante fosse così piccolo, non si limitava ad usare parzialmente la sua potenza. Sprigionava, insieme a Trunks, un’aura incredibilmente potente, e i loro combattimenti avvenivano al 100% della loro forza, senza badare tanto al dolore che provavano ad ogni colpo subito.
 
In un batter di ciglia Trunks arrivò sul monte Paoz, laddove si poteva scorgere quella minuscola casetta inconfrontabile con la sua.
Goten, percependo l’aura conosciuta del suo più caro amico, uscì di casa prima ancora che Trunks atterrasse.
«Ciao Trunks!» esclamò Goten, sbracciandosi verso il suo compagno.
«Ehilà Goten!» ricambiò il piccolo principino, atterrando prontamente.
«Accidenti sei arrivato davvero in fretta» disse il piccolo, meravigliandosi della velocità di Trunks.
«Eh già, ero impaziente di darti una notizia eclatante!» disse, facendo una piccola pausa per aumentare la suspance.
Goten, imitando involontariamente gli atteggiamenti del padre, aprì gli occhi impaziente e strinse i pugni, piegando lievemente le braccia. Era protratto completamente in avanti, curioso della notizia.
«Sai, mia madre vuole che inizi la scuola» proferì, assumendo paurosamente gli atteggiamenti di Vegeta, dati gli occhi chiusi, le braccia incrociate e il sorrisetto malizioso stampato sul suo viso.
«Ma non è questa la bella notizia, per quanto mi riguarda, andare a scuola è una seccatura. Ciò che volevo dirti è che mi allenerò direttamente con mio padre! Il principe dei sayan!» enfatizzò Trunks, fiero del titolo attribuito a suo padre.
«Davvero Vegeta ha acconsentito a farti allenare con lui?» chiese incredulo Goten, conscio che non era facile poter interagire con quel sayan.
«Si si!» disse, annuendo anche con la testa al fine di marcare maggiormente quell’affermazione.
«Wow è fantasticooo!» gioì sinceramente il piccolo Goten «così diventerai molto più forte di me, non è valido» si accigliò lievemente «vorrà dire che mi farò allenare dal mio fratellone!» si indispettì, prendendo in esempio quella figura che lui considerava paterna, data l’assenza di quel genitore scomparso per salvare la vita a tutti loro.
«D’accordo! Poi così potremmo sfidarci ad armi pari» disse il figlio del principe, avvicinandosi al suo amico, ed entusiasta di poter finalmente diventare ancor più forte di quanto già lo fosse.
«Dimmi un po’ Trunks» parlò Goten, esitante e curioso «Sei davvero così sicuro di voler andare a scuola? Credi che ti troverai bene?»
«A dire la verità non ne ho idea. In quell’istituto sono tutti così deboli, credo non riuscirò a divertirmi con nessuno così come mi diverto con te»
«Già. Mi ha detto il mio fratellone che io e te siamo per metà sayan, per questo siamo così forti» disse senza dar molto peso a quelle parole, cose che già Trunks conosceva «per questo mi ha detto che se un giorno incontreremo un normale terrestre dobbiamo per forza nascondere i nostri poteri. Pensa che sono così deboli che si spaventerebbero anche di due bambini» rise fragorosamente, con una conseguente risata anche del suo caro amico.
«Eh già! Questi terrestri sono davvero di infimo livello» disse, imitando le parole pronunciate per anni dal padre «ehi mi è venuta un’idea!» disse Trunks entusiasmato, avvicinandosi a Goten.
«Che ne diresti se venissi anche tu a scuola con me? Potremmo divertirci se siamo insieme!» propose, aumentando maggiormente la sua felicità a quell’idea.
«Wow! Si mi piacerebbe venire a scuola se ci sei tu con me! Devo chiederlo a mamma!» disse, semplificando la situazione.
«Allora è fatta! Se tua madre acconsentirà potremmo andarci insieme! I due piccoli sayan all’avventura!» concluse Trunks, suscitando una spontanea ed ingenua risata in entrambi.
 
 
 
 
 
 
 
Salve a tutti :D eccomi nuovamente qui con questa nuova fic. Non so a cosa mi sono ispirata, mi è nata l’idea tutt’un tratto xD ma a dire il vero mi è sempre piaciuto riportare le figure dei sayan in scene e situazioni prettamente da terrestri. Amo fare questa distinzione e vorrei provare con i due piccoli sayan :D spero l’idea vi sia piaciuta. Accetto qualsiasi forma di consiglio, ad esempio anche il linguaggio dei due piccoli sayan: non sapevo se essere precisa nel parlare e non volevo essere troppo formale, proviamo così e vediamo come va :D un bacione a tutti ^^
 

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Capitolo 2
*** Preparativi ***


«Davvero un’ottima scelta Bulma! Sono sicura che Trunks rivelerà già da subito i segni di un’intelligenza straordinaria a scuola!»
Chichi, ascoltando le intenzioni della sua cara, nonché unica, amica, rispose sinceramente entusiasta della scelta da lei intrapresa.
«Ti ringrazio Chichi, ma sai, non vorrei che Trunks possa risentirne. Non sono così sicura che Trunks, figlio anche di quel pazzoide di un principe, riesca ad inserirsi bene in una scuola. Dopotutto ricordiamoci che c’è anche il sangue di Vegeta in lui. E poi ho paura che possa divenire troppo stressato tra scuola, studio e allenamenti» chiarì Bulma, esplicitando le sue sensazioni a quella sua cara amica e che nonostante fosse molto più giovane di lei, aveva più esperienza in quel campo. Aver avuto dei figli mezzosangue con un alieno proveniente da una stirpe assassina, anche se suo marito quei segni malvagi non li aveva né mai riportati, né mai apprezzati, non era stato facile nei primi momenti per Chichi: sin da piccoli, i suoi due figliuoli avevano dimostrato di avere una forza inaudita e incontrollabile. Era per questo che Chichi non aveva mai voluto mandare Gohan in una scuola pubblica, almeno finché non crescesse. Gli aveva sempre assegnato insegnanti privati, o anche fatto studiare come autodidatta.
E nonostante ora fosse cresciuto e fosse diventato davvero responsabile, temeva ancora che Gohan dimenticasse di essere un sayan quando seguiva i corsi in quella scuola a Satan City.
Però sapeva bene che il piccolo Trunks, avendo ereditato la genialità di Bulma, fosse già un ragazzino responsabile.
«Stai tranquilla cara. Credo che ciò di cui Trunks ha bisogno è anche di una buona sollecitazione mentale. Sai che bell’erede si ritroverebbe Vegeta se Trunks divenisse ingegnoso come te» ironizzò la donna, per sdrammatizzare e risollevare un po’ d’animo la preoccupata Bulma.
Entrambe scoppiarono in una fragorosa risata, pensando alle solite parole di Vegeta e all’ostinazione di riaffermare il suo titolo di principe.
«Ah Chichi, dimenticavo» proferì Bulma, spezzando quell’armonia divertente che si era venuta a creare «mio figlio è li da te?»
«Si si, è fuori a giocare con Goten. Non immagini quanto sia felice di potersi finalmente allenare con il padre»
«Già ti ha detto tutto? Accidenti. A quanto pare Vegeta non si rende conto che suo figlio lo stima più di ogni altra cosa. Quel dannato sayan lo evita sempre!» ringhiò Bulma, ammortita della tristezza che vedeva negli occhi cerulei di suo figlio, ogni qual volta suo padre lo evitava, dicendogli che era solo un impiccio nel corso dei suoi allenamenti.
«Eh già. Trunks è orgoglioso di suo padre in una maniera incredibile. Ed è anche incredibile quanto gli somigli»
«Eh già» sospirò Bulma, riportando la mente al giorno in cui Trunks venne al mondo. Ricordava perfettamente i battiti accelerati del suo cuore quando vide quell’assurda somiglianza con il padre. Era nato con lo sguardo di Vegeta stampato sul volto e non piangeva assolutamente, come se già sapesse che se lo avesse fatto, sarebbe stato disprezzato da quel perfido di un padre che si ritrovava.
«Ehi senti un po’ Chichi, perché non iscrivi anche Goten nella stessa scuola di Trunks?» disse Bulma illuminandosi. Se suo figlio avesse avuto un compagno non si sarebbe annoiato e le sue giornate sarebbero state decisamente meno pesanti.
«Goten ha una voglia immensa di frequentare la scuola insieme a Trunks, è venuto pocanzi a darmi questa notizia» dichiarò.
«Wow! Allora è fatta!»
«Adir la verità non so lo Bulma…» si accigliò Chichi «Goten è proprio come suo padre, e credo che per lui la scuola sia solo un gioco. Più che altro vorrei che si allenasse. Quando tornerà Goku vorrei che sia orgoglioso di suo figlio!»
Di fronte alle parole di Chichi, Bulma rimase del tutto sconcertata. Non si sarebbe mai aspettata una simile reazione e un simile cambiamento nella sua amica.
Dalla tragica scomparsa di Goku, Chichi si era fortemente imposta che suo figlio Goten dovesse somigliare in tutto e per tutto a suo marito. Dopotutto era già la sua fotocopia, sia fisicamente che caratterialmente, ma non le bastava.
Avrebbe voluto far vigere quell’aria ingenua e tenera in quel bambino per sempre, non avrebbe mai voluto che divenisse stressato a causa dello studio, a cui non era per niente propenso.
E inoltre aveva dimostrato già di avere una forza incredibile in quelle poche volte che Chichi si dedicava ad allenarlo.
Ma una cosa non accettava: non avrebbe mai permesso a suo figlio di trasformarsi in un teppista dai capelli biondi.
«Non credi che invece Goten, in compagnia di Trunks, possa essere più disponibile e propenso allo studio? Dopotutto, come hai detto tu, un allenamento anche mentale non fa altro che bene. E poi è stato lui stesso a chiedertelo, Chichi» Bulma, non solo per interesse personale, spronava Chichi ad accettare quel pensiero. D’altronde, con la scuola, Goten e Trunks avrebbero passato più tempo insieme, e avrebbero provato entrambi a confrontarsi con gli altri bambini della loro età.
«Non so che dire Bulma. Vorrei che Goten si allenasse»
«Può farlo anche dopo la scuola, così come farà Trunks»
A quanto pare i ruoli si erano invertiti. Come spesso accade, chi riesce a darti i consigli, è colui che non si trova a dover affrontare le stesse situazioni.
I consigli più razionali vengono dati solo se si guarda un avvenimento dall’esterno.
Ed ora, a quanto pare, Chichi iniziava a dare davvero peso alle parole di Bulma, realizzando che magari davvero Goten potesse risentirne mentalmente.
I suggerimenti dati recentemente a Bulma, erano divenuti privi di senso e inaccettabili.
Ma come poteva dire di no all’unica richiesta saggia del suo piccolo sayan?
«Ci penserò Bulma, ne parlerò anche con Gohan e decideremo»
«Io dovrei uscire tra un po’ per andare a comprare qualcosa per la scuola a Trunks, così passo anche ad iscriverlo» disse felicemente Bulma, finalmente tranquilla del fatto che suo figlio potesse frequentare anche ragazzini della sua età, soprattutto terrestri, e non solo quello scorbutico di suo padre.
«D’accordo Bulma! Ci sentiamo presto!»
«Ciao Chichi! Ti ringrazio di tutto!» disse la scienziata, prima di riagganciare il telefono e sospirare vistosamente.
Tentava di convincersi che Trunks potesse davvero trarre beneficio dallo studio. Dopotutto non gli sarebbe stato difficile affrontare la scuola con una madre così brillante e un caratterino forte come quello di suo padre.
Sarebbe stata solo una distrazione dal mondo del combattimento a cui era predisposto.
«Mamma io esco! Avvisa Vegeta, ciaooo»
Bulma, dopo essersi preparata frettolosamente, data l’agitazione e l’emozione che le incuteva la nuova e futura esperienza di suo figlio, uscì di corsa, prendendo distrattamente una borsa e i soldi necessari.
Tirò fuori dalla capsule n°3 una macchina rossa fiammante e schizzò a tutta velocità verso il centro della città.
 
Dopo esser arrivata, e dopo aver immesso nuovamente il suo veicolo nell’apposita capsula, si premurò prima di tutto di iscrivere Trunks nell’istituto imponente in periferia della città, poi, libera da quel pensiero, si diresse verso il centro commerciale.
Tra qualche giorno sarebbe iniziata la scuola per tutti, ed era sicura che in ogni negozio ci fosse almeno una minima cosa che la riguardasse.
Avvistò un negozietto adibito ai bambini e che vendeva tutto il materiale scolastico occorrente.
Immaginò improvvisamente Trunks vestito con abiti diversi dalla solita tuta grigio-verde che indossava sempre, abbinata con una cinta arancione.
Le scappò un sorrisetto malizioso pensando alla faccia che avrebbe fatto Trunks quando avrebbe visto quelle vesti che si addicevano più ad uno scolaretto perfetto.
Comprò una miriade di roba, tra cui la maggior parte era superflua, e non sfuggi anche qualche acquisto per lei.
Sfoggiava soddisfatta per le strade di quella città, in tutto il suo splendore, attirando, ogni tanto, l’attenzione di qualche passante.
Continuava a guardarsi intorno, alla ricerca di qualche altro negozio nel quale poter spendere cifre esorbitanti.
“Forse dovrei comprare qualcosa a Vegeta” pensò “non vorrei che ai colloqui con i genitori si presentasse in pantaloncini quel pazzoide” si accigliò, realizzando prontamente che Vegeta non avrebbe mai commesso atti tanto insulsi e terrestri.
Ma la voglia di spendere soldi, si era ormai impossessata di lei, distruggendo la sua razionalità.
Entrò in un negozio da uomo che non vendeva abiti troppo eleganti, e iniziò a frugare tra quelle mensole, alla ricerca di un qualcosa di discretamente adatto ai canoni di Vegeta.
Scorse dei pantaloni neri aderenti. Non erano di tuta, ma pensava potessero andar bene al suo principe. D’altronde non poteva girare sempre con gli stessi indumenti clonati. Doveva anche cambiare un po’.
Comprò un paio di pantaloni e qualche canotta un po’ sportiva.
Sperava ardentemente che Vegeta non inveisse contro di lei, definendo quegli indumenti terrestri sin troppo inadatti ad un principe.
Ma non aveva niente da perdere.
Ormai si doveva rassegnare del fatto che si trovasse sulla Terra, e anche se non voleva confondersi con i loro abitanti, non poteva rifiutare i prodotti di quel pianeta.
Senza che se ne fosse accorta, erano passate ore da quando era uscita, e constatò che se non avesse voluto scatenare l’ira del principe, destato dalla frivolezza e la seduzione della madre, sarebbe stato meglio che ritornasse a casa.
Non fece a tempo a prendere la capsula contente la sua auto, che una figura minacciosa le si materializzò davanti in un battito di ciglia.
Dopo un urlo intrattenibile, cadde rovinosamente a terra, lasciando spargere ovunque quelle buste, fortunatamente sigillate.
«Accidenti Vegeta!» urlò, ancora in preda allo spavento, richiamando a se lo sguardo dei presenti.
«Per poco non mi facevi venire un infarto! E’ necessario che tu debba sempre apparire così misteriosamente dal nulla?» disse la donna rialzandosi e raccogliendo gli acquisti sparsi sul marciapiede.
Vegeta, diritto davanti a lei con le braccia conserte e lo sguardo nervoso e accigliato, sia pur un po’ divertito, soffocò una risata per poter sembrare quanto più possibile inquietato.
Come sempre i suoi occhi erano travolti dall’odio, e magnetizzarono il suo sguardo; seppur quelle iridi incutevano un terrore inaudito in chiunque vi si immergesse, in Bulma quell’effetto era svanito, facendo spazio alla gioia che la invadeva ogni volta che si perdeva dentro.
«Ma dove ti eri cacciata!» sbraitò l’uomo, incurante di fronte alla caduta della donna e che ovviamente non mosse un dito per aiutarla. Specie ora che si ritrovava davanti a terrestri ficcanaso.
Represse l’impulso di far saltare in aria la città.
«Sei uno stupido scimmione senza cervello! Guarda che pasticcio!»
«Ti ho fatto una domanda»
«Non lo vedi? Sono andata a comprare qualcosa utile per la scuola a Trunks!»
«E tu per questa stupidaggine hai osato lasciarmi a casa senza cucinarmi qualcosa?»
Bulma, raddrizzandosi, spolverò il suo vestito con una mano e ritornò a guardare il suo uomo.
«Non c’è mia madre?»
«Quella gallina serve solo ad importunarmi. Quando serve seriamente non c’è mai!» disse il sayan, voltandosi di spalle e rimanendo con le braccia incrociate.
«Dev’essere uscita con papà. E meno male che le avevo detto che stasera sarei uscita!» proferì con un tono elevato Bulma, prendendo le difese del suo principe.
«Dai Vegeta, tanto io qui ho finito. Possiamo tornare a casa. Mi aiuteresti a portare le buste in macchina per favore?» chiese la donna, tentando di mantenere con una sola mano i suoi acquisti, per poter scapsulare la sua auto.
Vegeta si girò nuovamente, avanzando verso di lei, le strappo le buste dalle mani, impugnandole e reggendole senza alcun problema e senza accennare fatica, e le cinse i fianchi.
I cittadini che avevano accerchiato quella strana coppia, quando Bulma era caduta, rimasero ammutoliti e agghiacciati quando Vegeta, con uno scatto improvviso, schizzò verso il cielo ad una velocità disumana, portandosi con se quella graziosa donna, come se avesse lo stesso peso di una piuma.
Bulma, nonostante vivesse con quel sayan ormai da qualche anno, si stupiva ancora di come gli veniva facile quel gesto a lui così scontato.
Più ancora rimaneva sbalordita quando era lei stessa a provare quella sensazione, retta dalle braccia possenti del sayan.
Lei era solita utilizzare i suoi tecnologici e modernissimi mezzi per spostarsi, ma quando raramente Vegeta la prendeva improvvisamente, seccato dalla lentezza di quegli strumenti, lei non faceva altro che attorcigliare le braccia al suo collo e godersi quel piccolo momento insieme a lui tra le nuvole.
«Vegeta, quante volte ti ho ripetuto che davanti alla gente non devi volare! Non vorrai mica far scoprire a tutti la tua vera identità spero! Sai benissimo di quanto loro siano ancora spaventati da quei sayan che invasero la Terra, ovvero tu e il tuo amico pelato!» sbraitò la donna, non tanto però da rovinare quell’atmosfera intima e familiare.
«Tsk! Sai quanto mi importa. Anzi, tanto meglio!»
La donna, ammaliata dai raggi soffusi del sole del tramonto, e che illuminavano l’oscuro viso spigoloso del suo principe, non rispose e si godette quel raro momento per poterlo imprimere indelebilmente nella sua mente.
 
 
 
«Wow tesoro! Sei davvero un incanto!»
Bulma, con occhi lucenti, guardava suo figlio provarsi quegli indumenti che gli aveva comprato appositamente per poter fare una bella figura a scuola.
«Non metterò mai questi vestiti a scuola!» Trunks, guardando la madre con occhi corrucciati, si era ostinato nel mantenere ferma quella sua opinione.
«E perché no? Non avrai mica intenzione di indossare la solita tuta! Devi farti vedere da tuo padre! Sono sicura che anche lui apprezzerà» disse, con non molta sicurezza.
«Non pensarci proprio! E comunque io sto bene con la mia tuta» il piccolo sayan, temendo lo sguardo disgustato del padre, cercò in tutti i modi di evitare quell’incontro.
«Trunks, non potrai indossare sempre quella tuta! E poi devi capire che tu devi immischiarti con la gente comune quando sei li. Non potrai né usare i tuoi poteri, né essere troppo diverso dagli altri»
Gli disse premurosa la madre, temendo che se i suoi compagni avessero capito che in lui scorreva anche sangue alieno, lo avrebbero allontanato. C’erano già i suoi occhi a destare terrore, meglio nascondere il tutto grazie anche all’ausilio di indumenti comuni.
Il piccolo principino non seppe resistere allo sguardo dolce di sua madre, per cui cedette roteando la testa da un lato e guardando un punto indistinto della stanza.
«E va bene mamma. Farò come vuoi. Però ogni tanto potrò indossare anche la mia tuta?»
«E va bene amore. Una volta ogni tanto te la farò indossare» gli disse, stampandogli un tenero bacio su quella pelle nivea.
«E ora vai a nanna tesoro. Buonanotte» gli sussurrò, prima di congedarsi e raggiungere il suo uomo.
 
 
«Sai Vegeta, tuo figlio ti somiglia così tanto» disse la donna, mentre si apprestava a mettersi sotto le coperte, ove vi era già il suo principe.
Da quando Cell era stato sconfitto, e Vegeta era ritornato a casa con uno sconforto indescrivibile, si lasciava andare di più in certe situazioni con la sua donna.
E uno di questi era il condividere un letto con lei, richiesta bramata dalla sua Bulma, e finalmente aveva ceduto.
«Mh» si limitò a rumoreggiare il sayan, senza dar molto peso a quelle parole enfatizzate che uscivano dalla bocca della donna.
«E dai Vegeta! Devi ammettere che tuo figlio è un portento!» proferì, avvicinandosi al suo uomo.
Vegeta, come di rimando, restò impassibile con le braccia dietro la testa fissando il soffitto.
Conosceva benissimo le capacità di quel bambino, ne poteva percepire costantemente l’aura. Doveva ammettere anche che Trunks fosse già molto più forte di lui quando aveva la sua età. Ma questo poteva saperlo solo la sua mente. Si era già abbastanza abbassato ai livelli dei terrestri e non voleva ulteriormente bruciare la sua dignità dando soddisfazioni a quella donna dicendole di quanto lui fosse seriamente orgoglioso e fiero di avere un erede tanto forte quanto intelligente.
Bulma era arrivata a stendersi sul suo petto.
Vegeta, quando capitavano scene simili, si limitava a guardare la donna posizionarsi sul suo tronco possente con fare delicato, per poi ritornare a fissare il vuoto dinnanzi a se.
Bulma sapeva alla perfezione che la sua immobilità e il suo non opporsi a quelle effusioni, non erano altro che dimostrazioni di affetto nei suoi confronti, nonostante restasse così impassibile e freddo. E le stava bene così.
Dopotutto era quello l’uomo di cui si era innamorata. Era stata la sua indifferenza e la sua ostilità ad averla attirata a se come una calamita.
E per nessun motivo al mondo avrebbe voluto che cambiasse atteggiamenti.
«Sono davvero curiosa di sapere come sarà il primo giorno di scuola per Trunks. Spero che riesca a fare amicizia con tanti bambini» sussurrò dolcemente Bulma, sul petto del suo compagno, chiudendo gli occhi a quel pensiero, mentre si lasciava trasportare dalle braccia di Morfeo con un sorriso stampato sul volto.

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Capitolo 3
*** Inizio Sgradevole ***


«Buongiorno tesoro!» urlò Bulma, destando la tranquillità del piccolo Trunks assopito ancora in un sonno profondo nonostante fossero le 7:00 del mattino.
Aprì di scatto la tenda, affinché i raggi solari potessero illuminare la stanza del principino e aiutarlo ad aprire gli occhi.
«Mamma ma perché mi hai svegliato così presto» disse con voce roca il piccolo sayan, girandosi verso il muro, ricoprendosi totalmente con la leggera coperta, per dare le spalle a quel sole che gli bruciava gli occhi.
«Ma come Trunks! Devi alzarti! Non vorrai fare tardi a scuola già il primo giorno!» proferì la premurosa donna, adottando la sua posizione da impertinente e dittatrice, appoggiando le candide mani chiuse in pugni sui suoi fianchi sinuosi.
«Che cosa?! Non mi avevi affatto detto che la scuola iniziasse così presto al mattino. Altri dieci minuti»
«Per niente al mondo Trunks! Alzati immediatamente, devi fare colazione, lavarti e prepararti»
«Ma mamma io…»
«Vuoi costringermi a chiamare tuo padre per caso? Ti annuncio già che questa mattina non è di buon umore, e il tuo comportamento lo irriterebbe maggiormente, quindi…»
«E va bene! Mi alzo» Trunks, tentando di mascherare a sua madre la paura che aveva nei confronti di quello spietato di un genitore quando era alterato, balzò in piedi apparentemente seccato per nascondere i suoi reali sentimenti.
Bulma, con aria soddisfatta, chiuse gli occhi e alzò il mento, annunciando la sua vittoria contro quel principino scontroso.
«Fila a mangiare adesso e poi va’ a prepararti. Io ti preparo lo zaino e metterò in moto la macchina»
«Posso andarci anche da solo. So benissimo dov’è. Quell’aggeggio è di una lentezza unica, mamma, preferisco volare».
Bulma si aspettava una simile reazione, dopotutto Vegeta aveva influenzato parecchio suo figlio con quelle assurde e remote storie della superiorità dei sayan, tanto da indurlo a pensare che per fare una qualunque cosa, non aveva bisogno dell’ausilio di nessuno, altrimenti sarebbe stato definito un principino smidollato e senza dignità.
E sapeva perfettamente quanto Trunks voleva apparire l’erede migliore che potesse mai avere, agli occhi del padre. E di sicuro, l’essere accompagnato da lei ad un’insulsa scuola, non l’avrebbe aiutato a conquistare il suo inaccessibile orgoglio.
«Non se ne parla proprio principino. Hai già dimenticato cosa ti ho detto riguardo la scuola? Non devi assolutamente mostrare i tuoi poteri a nessuno, quindi andare in volo è escluso!»
«Risparmierei tanto tempo se andassi volando mamma! Potrei anche dormire un po’ di più la mattina. Non mi farò vedere te lo prometto»
Non fu neanche necessario che proferisse parola, che gli occhi di Bulma, divenute due fessure, stavano parlando per lei, trafiggendo quelli del suo bambino.
«E va bene» disse un Trunks rassegnato e desolato, facendo seguire la nascita di un luminoso sorriso dalle labbra di sua madre.
 
Mentre Trunks si apprestava a prepararsi, Bulma si stava truccando e aggiustando i lisci e corti capelli. Voleva fare bella figura, e voleva farla fare anche al suo piccolo principe.
Vegeta, appena uscito dal bagno e che, come di consueto, si stava dirigendo verso la camera gravitazionale, si ritrovò casualmente a vedere tutto il trambusto che quella donna stava provocando a prima mattina.
«Dove vai» disse, facendo sembrare quell’apparente domanda, un’affermazione colma di autorità.
«Hai già dimenticato cos’è oggi Vegeta? Trunks inizia la scuola, e io devo accompagnarlo» disse, senza far trapelare alcuna emozione e continuando ad abbellirsi.
Vegeta non rispose; rimase pieno di incomprensione davanti a quella donna che tentava di divenir sempre più bella davanti a quello specchio, solo per il motivo di accompagnare suo figlio a scuola. Era proprio una sciocca di una terrestre, ma rimase in silenzio, opprimendo quegli sciocchi pensieri.
«Per caso vuoi venire anche tu tesoro?» gli chiese, senza girarsi a guardarlo a causa del suo troppo impegno a tener quanto più possibile ferma la testa, per poter passare una linea di eye-liner.
Vegeta, dopo un sonoro “Tsk”, lasciò quella stanza e quella donna  immersa nelle sue sciocche premure, e si diresse nell’unico luogo che lo allontanasse lievemente dal pensiero di essere sulla Terra.
“Che scorbutico!” Pensò irata Bulma, mentre finiva di tingere il suo viso già perfetto.
Nello stesso istante, sentì dei leggeri ed insicuri passi provenire dalle scale adiacenti a quel piano.
Trunks, vestito con un paio di pantaloni beige e una maglietta a maniche corte blu scuro, cercava di scrutare attentamente la zona, probabilmente per sfuggire agli occhi del padre.
«E’ già ad allenarsi. Avanti Trunks, scendi» intimò Bulma, prevedendo quali fossero i motivi dell’insicurezza del figlio.
Trunks, non sapendo a quale movente aggrapparsi per poter smentire quelle parole, scese sconsolato e lentamente, ormai esulo dal pericolo e dall’umiliazione che avrebbe arrecato la presenza di suo padre, e si diresse con grandi falcate verso l’auto.
 
 
Il rombo dei motori di quel bolide, fece si che tutti i presenti, all’unisono, girassero la testa per poter decretare quale fosse l’epicentro di quel rumore. Non rimasero molto impressionati di tutto quello sfarzo, dato che la proprietaria era la figlia del presidente della Capsule Corporation. Così, sancito ciò, tutti ritornarono con gli occhi ai propri figli, per riprendere le azioni momentaneamente cessate.
“Che branco di smidollati” pensò il principino, percependo involontariamente l’aura di tutti i terrestri li presenti. Gli sembrava strano come i bambini della sua età potessero essere tanto inermi quanto deboli. Non pensava invece all’alternativa di esser lui fuori dal normale. Ma non se ne premurò. Camminava al fianco della madre e imprimeva nella mente ognuno di loro.
Forse per la prima volta si sentiva davvero un alieno. Lui non aveva mai sconfinato la sua dimora, eccetto per andare a trovare il suo più caro amico, Goten. Ma nella cerchia dei suoi amici non vi era un essere che non fosse un po’ fuori dal comune, eccetto sua madre. Persino Chichi, nei suoi limiti, lo era. E non si era mai posto il problema di oltrepassare quei limiti, per poter avere una visuale più aperta e ampia di quel pianeta in cui viveva, per poter conoscere meglio i suoi abitanti. A lui stava bene così. Sapeva di avere un padre, reduce di anni di guerra e violenze, che era un puro principe alieno. E sapeva che anni addietro vi era un altro sayan di razza pura, padre di Goten e Gohan. Così come sapeva che lui era un mezzosangue dalla forza inumana, per niente confrontabile con gli abitanti della Terra. Lui aveva avuto la fortuna di essere nato in quel minuscolo angolo di Terra sconosciuto da quella popolazione infima e gracile. E aveva sempre pensato che loro non avevano niente di diverso dagli altri terrestri. Anche perché di quel gruppo facevano parte anche persone originari del medesimo pianeta, per cui ora trovava strano il fatto che le persone intorno a lui fossero tanto fiacche e deboli.
«Salve! Lei dev’essere la signora Brief!» salutò cordialmente il preside, ricordando che quella donna aveva iscritto suo figlio in quella scuola pochi giorni fa.
«Buongiorno signor Ahotzi» ricambio Bulma, accennando un sorriso.
«Lui deve essere tuo figlio» disse, con sin troppa ovvietà.
«Ha bisogno di una mano signora?»
«Sono un po’ disorientata. Non riesco a trovare la classe di Trunks»
«Non si preoccupi, posso accompagnare io suo figlio in classe»
«La ringrazio infinitamente» disse la donna, che gli augurò buona fortuna, stampando prontamente un bacio sulla guancia di Trunks, il quale, con quel gesto svolto davanti a tutti, si sentì subitamente sceso allo stesso livello di tutti quegli esseri li intorno.
Trunks, vedendo la madre allontanarsi, si sentì un po’ isolato e confuso, dato che non era mai stato affidato a persone estranee, quindi, con imbarazzo immenso, ma mascherato a dovere grazie ai suoi occhi affilati e scrutatori, seguì il suo nuovo preside, arrivando all’ingresso dell’aula assegnata.
Vi entrò, causando un istantaneo silenzio.
Il preside, con fare autoritario intervenne, spezzando quella tensione per poter presentare il nuovo compagno.
«Buongiorno a tutti ragazzi. Lui è Trunks, un nuovo studente. Non hai mai frequentato la scuola prima d’ora quindi vi prego di trattarlo bene, perché è un ragazzo molto riservato» proferì con una lieve falsità nell’ultima frase per poter sensibilizzare quei ragazzini, guadagnandosi un occhiataccia dal bambino, senza che se ne accorse.
Trunks si accomodò all’ultimo posto, da solo.
Non voleva avere nessuno di quei ragazzi accanto a lui. Per il momento preferiva rimanere isolato.
Durante la sua avanzata, degna da principe, attirò a se gli occhi di tutti. Aveva i pugni serrati, il mento leggermente abbassato, ma gli occhi che guardavano dritto davanti a se e che avrebbero perforato anche un muro se potessero.
Persino la maestra era rimasta incantata nel vedere i passi lenti e scanditi di  quel bambino, sin troppo composto nei movimenti.
“Ma guarda un po’ che mi tocca fare” pensò, scrutando quei volti curiosi ed impiccioni. L’idea di andare a scuola, a primo impatto, non gli era sembrata poi tanto male. Ma adesso era divenuta pessima, data la situazione creatasi.
Dopo un cordiale benvenuto, la maestra iniziò a spiegare, distratta ogni tanto dagli occhi azzurri e inquietanti di quel bambino.
Le prime ore passarono subito.
Nel momento riservato alla ricreazione, tutti i bambini uscirono fuori a giocare, fatta eccezione di Trunks. Li guardava con aria stufata, e non credeva possibile che quei suoi coetanei potessero divertirsi semplicemente scivolando giù da un aggeggio metallico, posto ad un’altezza irrilevante. O altri che ridevano spudoratamente, svelando apertamente i segni di un divertimento eclatante, dondolando su un sellino appeso con delle catene a dei tubi di ferro.
Spuntò l’ombra di un sorriso sul suo viso corrucciato, pensando a cosa avrebbero pensato quell’ammasso di inutili esseri se si fossero fatti un giro volando insieme a lui.
«Non esci fuori a giocare Trunks?» la maestra, attirando a se gli occhi di quel bambino, e rimasta ancora in classe per sbrigare gli ultimi impegni, notò il suo distacco, pensando che fosse dovuto alla timidezza dei primi giorni.
Trunks, come di rimando, non rispose, e ritornò a perlustrare il parco adiacente alla classe.
«Dai piccolo, vai a giocare fuori con gli altri, non aver paura» assicurò la donna, chiudendo gli occhi e sorridendo al piccolo principe.
Per non sorbire ulteriormente quella terrestre appiccicosa, decise di uscire a prendere una boccata d’aria. Si appoggiò al muro, con braccia e gambe incrociate, somigliando in maniera paurosa alla postura di suo padre.
Guardò il cielo.
Sentiva come se la sua libertà fosse stata limitata. Non poteva volare. Non poteva utilizzare i suoi poteri, o perlomeno accennarli. Non poteva giocare a lottare con qualcuno per paura di annientarlo e spedirlo dritto all’altro mondo. Non poteva mettere a dura prova i suoi muscoli, sottoponendoli a sforzi disumani. Tutto ciò non riusciva ad accettarlo, e sperava di non rammollirsi durante la sua permanenza in quell’istituto. Se solo avesse voluto, si sarebbe librato in cielo con un balzo scattante, per poter stare in compagnia di Goten, o anche di suo padre.
Lui non aveva mai avuto l’opportunità di scontrarsi con un potente avversario. Aveva sentito vagamente i suoi genitori parlare dell’ormai defunto Cell e dell’agonia che aveva arrecato in quegli ultimi anni, causa per cui il padre di Goten era scomparso, ma di certo avrebbe preferito combattere con qualche mostro, piuttosto che restare con quei rammolliti.
«Scusami nanetto, potresti passarmi la palla?» disse sfacciatamente un alunno del quinto anno, mostrando un sorriso maligno, insieme ad altri due bulletti.
Non aveva notato nulla, ma probabilmente gli era arrivata una pallonata, tirata con misera forza terrestre, ma che ad altri avrebbe arrecato sicuramente dolore, all’altezza delle sue gambe, e che aveva rotolato per qualche centimetro davanti a lui dopo l’impatto.
«Sei ad un metro circa da quell’aggeggio. Prenditela da solo» disse Trunks, contrastando e bruciando del tutto l’orgoglio e la sicurezza acquistata dal suo intercultore.
Non gli era di certo sfuggita la malizia e l’intenzione con cui quei bulletti si erano avvicinati, svelando chiaramente che il loro era stato un gesto di assoluta sfida e provocazione, nei confronti di quel nuovo ed emarginato arrivato.
Era palese la rabbia che man mano si impossessava di quel ragazzino, prendendo visibilmente forma nel suo viso arrossato dal sangue concentrato tutto nello stesso punto dallo sforzo che stava facendo per non reagire in malo modo. E per sua fortuna, represse quell’ira.
«Ehi moccioso ma come ti permetti!» minacciò vanamente il ragazzo.
Trunks, di tutta risposta, voltò il capo verso destra, continuando a fissare l’ingenuità di tutti quegli esseri da cui era circondato.
Il minaccioso ragazzo, irato ancor di più, si avvicinò al piccolo sayan, con i pugni serrati e la faccia colpa di irritazione, circondandolo senza lasciargli via d’uscita, insieme alla sua banda di piccoli teppisti.
«E adesso farai i conti con noi mocciosetto» disse il più grande dei tre.
Trunks, preoccupato per niente, rimase in quella posizione, distruggendo letteralmente la pazienza di quel bambino. Cercava con fatica di tenere a mente le parole della madre della mattina stessa, per poter reprimere la voglia che gli stava nascendo, di dare una lezione a quel infimo terrestre insulso.
Respirò profondamente e chiuse gli occhi rilassato; sembrava stesse dormendo.
Il ragazzino si preparò per scagliargli un pugno in pieno volto, ma la sua mano fu bloccata prima che questa arrivasse a destinazione.
«Khion! Che stavi cercando di fare!? Va’ subito in classe tua!»
La tenera maestra, si era accorta della tensione creata tra quegli alunni e arrivò tempestivamente per bloccare quella rissa, salvando, in questo modo, anche la vita di quel bambino sin troppo burbero.
«N-noi stavamo solo giocando maestra. Volevamo fare la sua conoscenza!» provò a convincere Khion.
Trunks, constatando e affermando le sue prevenute supposizioni su quell’essere fastidioso, accennò un sorrisetto sadico per evidenziare la vigliaccheria che rivestiva completamente il corpo di quel ragazzo. E se ne andò.
Entrò in classe e tornò con la testa sul banco; cercava di fare appello a tutto il suo autocontrollo, per non far esplodere quell’istituto seduta stante.
«Tutto apposto Trunks? Ti sei fatto male?» la sin troppo premurosa donna, con una lieve carezza, tentò inutilmente di far sentire al sicuro quel piccolo sayan, chiedendogli come stesse.
Trunks, roteò gli occhi in segno di seccatura prima di alzare la testa e trafiggere gli occhi della maestra con i suoi colmi di mistero.
Un lieve sussulto, impercettibile agli occhi umani, ma notevolissimo al principino, assalì la professoressa alla vista di quegli occhi penetranti, facendola indietreggiare in una mossa infinitesimale.
«Sto bene» proferì il ragazzo, per spezzare quella tensione. Dopotutto la sua maestra era una brava persona, e non meritava il peso dei suoi occhi minatori.
«S-sono contenta che q-quei ragazzi non ti abbiano fatto male, piccolo» disse con non molta sicurezza la donna; qualcosa le diceva che il suo intervento era servito più a tutelare il bene di quei ragazzi impertinenti più che di quel ragazzino così misterioso.
Trunks, dopo un sorrisetto forzato, poggiò la testa su una mano e iniziò a disegnare forme insensate.
Questo gesto bastava a far capire alla maestra che il bambino non aveva nessuna intenzione di continuare il discorso, ma soprattutto non aveva bisogno di inutili sostegni da parte sua.
Dedotto ciò, si congedò senza mollare lo sguardo da quel ragazzino, lasciando spazio al docente dell’ora successiva.
 
Le seguenti ore passarono con la stessa velocità delle prime. Trunks cercava un qualsiasi appiglio per evitare quelle lezioni così noiose ed elementari. Lui, essendo figlio di una grande scienziata, aveva imparato sin da subito i calcoli elementari e le teorie basilari di ogni cosa.
Le informazioni che involontariamente gli stavano entrando nel cervello, tramite la voce petulante dei maestri, erano cose ridondanti e assolutamente prive di utilità.
Fortunatamente, quando stava per cadere nella depressione più totale, suonò la campanella.
Tutti i bambini, di corsa, si buttavano nelle braccia dei propri genitori, facendo seguire a quel gesto, quello di un dolce bacio.
Trunks, nonostante era abituato a quelle attenzioni da parte di sua madre, giudicava questi atti troppo insulsi e terrestri; così come gli era stato indirettamente insegnato da suo padre.
Bulma ancora non era arrivata, ma questo per Trunks non era un problema.
Si sedette su una panchina e, appoggiando le braccia sullo schienale di questa, gettò la testa all’indietro, per poter svuotare un po’ la mente.
Era stato solo il suo primo giorno di scuola e aveva già rischiato di svelare la sua identità.
Non voleva immaginare cosa sarebbe successo fino alla fine di quell’anno.
«Eccoti qua!»
Le sue riflessioni, e la sua pace, vennero prontamente stroncati da quella voce fastidiosa, ormai nota alle sue orecchie.
«Cosa vuoi ancora da me?» disse il sayan, alzando lentamente il viso per poter guardare quel Khion in faccia.
Gli occhi di Trunks erano colmi di terrore, tanto da compromettere la sicurezza e la fierezza di quel debole bambino.
«Abbiamo un conto in sospeso noi due nanetto! Sappi che non te ne andrai di qua fino a quando non ti avrò dato una bella lezione»
Un sorrisetto ambiguo e maligno spunto sul volto di Trunks.
«Andatevene se non volete guai» disse, suscitando una risata generale.
«Un moccioso e inutile ragazzino come te non ha possibilità contro dei leoni come noi!»
«Davvero?» non ne poteva più.
Purtroppo, la sua pazienza, l’aveva ereditata da quel folle di suo padre, per cui, ogni minima provocazione, gli spezzettava e bruciava man mano il filo della sua lucidità. Avrebbe tanto voluto far abbassare la cresta a quei terrestri impertinenti, al fine di non avere più scocciatori intorno.
Si alzò dalla panchina e si mise in posizione d’attacco, come era solito fare quando giocava con Goten;  l’unica differenza era l’ostilità del suo sguardo terrorizzante.
I tre ragazzi indietreggiarono involontariamente, come se la propria coscienza stesse suggerendo loro i movimenti e gli atteggiamenti più consoni in quelle circostanze.
La cosa migliore era scappare, ma non volevano sembrare nuovamente dei codardi, nonostante la paura che man mano prendeva forma sui loro volti alla vista di quello sguardo infuocato.
Il volto di Trunks, era colmo di rabbia, e quella tensione venne leggermente spezzata da un sorrisetto sadico, che spuntava ogniqualvolta si stesse preparando all’attacco.
Direzionando il suo corpo verso quello di quei tre ragazzini impertinenti e ormai spaventati, scattò repentinamente.
 
 
 
 
Ciao a tuttiii! Volevo scusarmi per il ritardo, anche e soprattutto per l’altra fic che piano piano sta prendendo una forma xD ma purtroppo è iniziato il secondo quadrimestre e i professori iniziano davvero a stressare. Ho scritto il capitolo con un po’ di fretta dato il ritardo nel postare, ma spero sia venuto ugualmente bene =) un bacione a tutti ^^

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Capitolo 4
*** Silenziose Delusioni ***


Direzionando il suo corpo verso quello di quei tre ragazzini impertinenti e ormai spaventati, scattò repentinamente.
 
«Trunks NO!»
Bulma, aveva appena assistito alle cause scatenanti di quella imminente rissa, ma guardando la scena da lontano aveva pensato che quelli fossero i primi amichetti con cui suo figlio aveva iniziato ad intraprendere un rapporto. Per questo, per un po’ di tempo, era rimasta lontana dalla visuale di Trunks per vedere come suo figlio se la cavava con i rapporti sociali tra terrestri.
Non aveva assolutamente previsto lo sbocciare di un odio già il primo giorno di scuola, e non credeva che Trunks fosse capace di molestare e destare l’animo altrui tanto da essere odiato da qualcuno. Nonostante fosse il figlio del principe dei sayan, sapeva che la sua inclinazione era esula dall’oscurità che invece governava quella di Vegeta. Aveva pur sempre parte del sangue terrestre.
Il figlio, ormai a metà aria tra i suoi avversarsi, si immobilizzò prontamente nell’udire la voce sin troppo acuta di sua madre, che rivelava una Bulma esasperata e spaventata.
Corse il più velocemente possibile per poter bloccare quelle azioni che avrebbero mandato in frantumi le sue buone intenzioni di far ricevere al figlio un’educazione non solo mentale, ma soprattutto civile.
«Fermoooo» urlò disperata.
Trunks, dopo un ultimo sguardo agli occhi quasi delusi della madre, direzionò nuovamente il viso verso quegli energumeni prepotenti, con aria di disprezzo e di vendetta.
“Sono loro la causa di tutto mamma, io non centro niente” pensò Trunks, digrignando i denti contro quegli stupidi terrestri. “Voi stavate per far saltare in aria la fiducia di mia madre nei miei confronti. Ve la farò pagare, in un modo o nell’altro”.
I tre ragazzi li presenti, avevano visto quel bambino dai capelli strani muoversi in direzione dei loro corpi, ma erano rimasti basiti nel constatare il tempo infinitesimale con cui Trunks era riuscito ad arrivare a due centimetri da loro, quasi smaterializzandosi per poi concretizzarsi nuovamente ed improvvisamente dopo il suono della voce di sua madre. Ma non diedero molto peso a ciò fortunatamente, dato che ora temevano più che altro la reazione di quel genitore adirato.
Bulma, in quel frangente di scambi di occhiate, arrivò esausta e spossata per la corsa. Dopo aver ripreso un po’ il fiato, guardò severa suo figlio, con aria di rimprovero.
«Cosa stavi cercando di fare Trunks?» disse rabbiosa, conscia che suo figlio sapeva a cosa lei volesse alludere.
«Niente, volevo giocare un po’» mentì.
Dopotutto non era così codardo da colpevolizzare quei tre piccoli e insulsi terrestri, come avrebbe fatto un qualsiasi bambino vigliacco. Specialmente per non apparire debole di fronte al nemico.
«Si gioca in maniera diversa Trunks»
Trunks non rispose. Non avrebbe mai abbassato la testa e rivelarsi inferiore. Continuava a guardare con sguardo ostile sua madre, reprimendo con una calma assurdamente forzata, l’ira che gli stava nascendo in corpo. Se avesse potuto, avrebbe fatto esplodere tutta la città circostante come sfogo della sua rabbia.
I tre ragazzini, dopo aver assistito a quel rimprovero, si congedarono delusi dal non aver visto frignare quel piccolo ragazzino di fronte alle urla di sua madre, ma un po’ rincuorati dal fatto che non avesse attribuito loro la colpa.
«Salve signora! Lei deve essere la figlia di questo bel giovanotto» la dolce maestrina, vedendo bisticciare quella coppietta da lontano, si avvicinò alquanto preoccupata. Aveva visto per tutto il tempo dell’orario scolastico l’odio instaurato saldamente nell’espressione di quel bambino, e aveva paura che ciò derivasse da eventuali problemi familiari.
«Si. Buongiorno signora…?!»
«Lhira» rispose sorridendo, per dare una risposta alla domanda introversa di Bulma.
«Piacere, io sono Bulma Brief» si presentò cordialmente.
«Ah ma lei è la proprietaria della Capsule Corporation?» chiese, sicura della risposta affermativa che avrebbe ricevuto. Non sapeva che quella signora avesse un figlio di quella giovane età. Non si era mai parlato in giro del matrimonio di quella famigerata donna.
Pensieri confusi invasero la mente della maestra Lhira, la quale pensava a quale alternativa potesse rinchiudere la motivazione dell’ostilità di quel grazioso bambino, dacché sapeva perfettamente che i Brief erano una famiglia cauta e perbene.
«Sono proprio io, spero che Trunks abbia fatto il bravo oggi a scuola» disse, sottintendendo la voglia di sapere se avesse causato qualche danno irreparabile e magari anche ricevere qualche segnalazione di sgradevoli comportamenti con i suoi compagni, cosa che sapeva essere improbabile.
«Certo signora. Suo figlio è davvero un ragazzo tranquillo e pacato. Sembra molto più maturo della sua età» disse, ripensando all’episodio sgradevole a cui aveva assistito nei giardini, e ricordando quali erano stati gli atteggiamenti di risposta di quel ragazzino a quella piccola aggressione.
«Sono contenta» proferì la donna, accarezzando i morbidi capelli inusuali di suo figlio.
«Bene, è ora di tornare a casa, tuo padre sicuramente avrà fame e non ho ancora preparato il pranzo» concluse, nascondendo il lieve timore. Sperava che Vegeta non la stesse cercando. In tal caso sarebbero stati guai seri per tutti i presenti.
«Buon pomeriggio signora Lhira!» salutò cortesemente, seguita da un lieve sorriso di suo figlio il quale voleva intendersi anch’esso un saluto.
«Arrivederci signora! Ciao Trunks».
 
«Ma cosa ti è saltato in mente Trunks? Non ti avevo detto di non fare risse con nessuno? Sai benissimo quanto i terresti siano più deboli di te, non vorrai per caso batterti contro chi hai vittoria assicurata spero» disse Bulma, durante il tragitto in macchina per tornare a casa.
Sapeva che, nonostante Vegeta avesse ripetuto al figlio che un ottimo guerriero non bada all’avversario che si trova di fronte, ciò che è importante è farlo fuori, Bulma aveva costantemente smentito le parole del suo folle marito, educando Trunks ad essere magnanimo contro i più deboli.
«Mi hanno provocato tutto il tempo mamma. E io non ne potevo più» disse furioso il piccolo sayan.
«Non è una scusa valida Trunks. Sai quello che penso. Che non si ripeta mai più»
«E va bene» disse imbronciato, voltando il capo verso il finestrino, per osservare la città sfrecciargli affianco ad una velocità ridicola.
«Potrò allenarmi oggi con papà, mamma?» disse il sayan, ricordandosi dell’accordo stipulato affinché lui andasse a scuola.
«Devi chiedere a lui tesoro» confermò, sperando che Vegeta aderisse a tale proposta.
Il veicolo, dopo vari ed estenuanti minuti, arrivò ai piedi della Capsule Corporation, ove venne arrestato e reinserito dentro l’apposita capsula.
Con passi lenti, e lievemente pensierosa, Bulma si diresse verso l’ingresso della casa, affiancata dal piccolo Trunks. Quando vi entrò, trovò la figura imponente e autoritaria di Vegeta di fronte a lei, come se la stesse aspettando. Aveva le braccia incrociate e il viso infuocato. Per un attimo temette per l’incolumità del pianeta intero.
«Dove sei stata donna?» ringhiò il principe.
Trunks intanto, per evitar di rimanere incastrato in situazioni che non lo riguardavano, sgaiattolò in camera sua per riporre i libri a posto e mettersi la sua cara tuta.
«Non lo vedi? Sono andata a prendere Trunks da scuola» disse una Bulma intimidita, cercando di mantenere dei toni fermi e sicuri.
«Ah si? E il mio pranzo? E’ già un’ora che aspetto di mangiare» proferì severo.
«Dai Vegeta, ho fatto il prima possibile! Io sono una soltanto cosa credi? La prossima volta vai tu a fare la spesa o a prendere tuo figlio»
«Mio figlio sa benissimo tornare a casa da solo. Le tue premure sono inutili e superflue» disse con toni rigidi.
«Sai benissimo cosa penso Vegeta! Se fossimo stati sul tuo pianeta avrei fatto volare Trunks da un punto all’altro del pianeta! Ma qui siamo sulla Terra. Le cose vanno diversamente» disse, per poi teatralmente raggiungere la cucina con il viso alzato e soddisfatto.
«Se succede un’altra volta faccio saltare in aria quell’infimo luogo terrestre che frequenta Trunks, è chiaro?» disse, dopo averla bloccata con la sola mano durante la sua avanzata, portandola violentemente verso di se per perforarle gli occhi con il suo sguardo famelico. Bulma, da quella vicinanza, non riuscii che a trarre magnetismo e fascino, per poi trasformarsi in quella sicurezza che provava dopo essersi immersa nel profondo buio, ormai sin troppo conosciuto, dei suoi occhi.
Sapeva che la minaccia poteva, senza alcun indugio, divenir concreta, ma Bulma, abituata a quei pericolosi avvertimenti, non fece altro che sorridere e dirgli che non sarebbe capitato più.
Continuava a guardare il suo uomo con sguardo seducente, così da indurlo ad alleggerire la presa sul suo polso ormai dolente, fino a liberarla del tutto cosicché potesse andare finalmente a cucinare qualcosa di sostanzioso che riuscisse a sfamare i due insaziabili sayan della sua vita.
 
Mangiavano in silenzio e, seppur i sayan erano noti per il loro essere famelici e sin troppo affamati,  loro riuscivano ad essere composti nel nutrirsi, con un fare alquanto regale.
Ingurgitavano qualsiasi cosa si trovavano davanti, senza badare a sciocchi abbinamenti di cibo.
Finito di mangiare, Vegeta si alzò, senza preoccuparsi minimamente di restare a tavola con la famiglia, per poter riprendere i suoi allenamenti. Trunks lo guardava con sguardo accigliato, bramando ardentemente la realizzazione di quell’accordo che lo aveva spinto ad iscriversi a quella dannata scuola.
Riportò lo sguardo sulla madre, come per chiedere una conferma di approvazione, per poter fare quella proposta al suo scontroso padre.
E Bulma non tardò a capire le sue intenzioni.
«Se non sbaglio l’accordo era che dovevi studiare Trunks» disse gentile ma incisiva.
«Ma mamma non abbiamo compiti per domani! Dopotutto oggi era solo il primo giorno di scuola!» replicò il sayan.
«Sei sicuro?» disse, scrutando quegli occhi imploranti, sino a caderci dentro e cedere alle sue richieste.
«E va bene. Va pure. Ma vedi di non farti male» avvertì, senza neanche essere degnata di una risposta dacché suo figlio si era volatilizzato già dopo la prima frase.
Corse ad una velocità incredibile, sino ad arrivare a qualche metro dalla porta che lo separava da suo padre, ove iniziò man mano a rallentare fino a camminare lentamente.
Prima di oltrepassare quella porta serrata, origliò, con l’intenzione di scorgere se suo padre avesse già dato inizio ai suoi ardui allenamenti.
Sentì qualche colpo buttato qua e la, senza ordine.
Doveva essere proprio furioso, probabilmente.
Bussò insicuro, e solo quando cessarono tutti i colpì capì che aveva il consenso di aprire la porta.
«Ciao papà» disse titubante.
«Cosa c’è Trunks» ringhiò irato Vegeta senza degnarlo di uno sguardo.
«Senti… io…»
«Beh cosa vuoi? Vedi di fare veloce perché non ho tempo da perdere» annunciò schietto.
«Niente, scusami… ho sbagliato stanza» disse sconsolato, conscio che suo padre non aveva alcuna intenzione quel giorno di stare a sentire le sue richieste per poter attuare un allenamento.
Vegeta, come di rimando, continuò imperterrito a colpire l’aria, facendo tremare quella stanza e destando il silenzio degli esterni corridoi a causa del rumore che provocavano.
Trunks, salì di corsa su per le scale, cercando di sfuggire agli occhi della madre, per poterle evitare la visione di quella tristezza insidiata ora nei suoi occhi delusi. Salì frettolosamente direzionandosi verso la sua camera per poi intraprendere la via che portava al terrazzo. Con un balzo esageratamente spinto, si librò in volo a tutta velocità, prendendo la strada che lo conducesse dall’unica persona con cui avrebbe potuto sfogarsi; Goten.
 
Era infuriata.
Per quel poco che era riuscita a visionare, non le era sfuggito il luccichio proveniente dagli occhi di Trunks, e la fretta che aveva avuto nell’allontanarsi il più possibile da quella casa era la conferma alle sue ipotesi.
“Adesso facciamo i conti!” pensò irata, dirigendosi nel luogo meno sicuro di quella casa, da dove provenivano rimbombi di colpi che sembravano terremoti.
Arrivata dinanzi alla porta, smanettò con i comandi del computer esterno per poter disattivare la super gravità, così da permetterle di entrare in quella camera, senza che venisse schiacciata a terra all’istante e senza vita.
«Sei solo un brutto scimmione!» urlò la donna.
Vegeta, sorpreso da quella inaspettata visita, si girò incuriosito e nervoso verso di lei.
«Ma che diavolo ti prende donna!»
«Non chiamarmi donna, sayan!»
«Sto per perdere la pazienza terrestre! Dimmi cosa vuoi e sparisci!» Vegeta era ormai su tutte le furie. Non era bastato che quella sciocca donna si era permessa di fare tardi all’ora di pranzo, ora osava anche inveire contro di lui per ignari motivi, perlopiù distraendolo dal suo fruttuoso allenamento.
«Se non sbaglio avevamo un accordo!» urlò Bulma.
«Non ricordo di aver indetto una conferenza per sancire tale patto»
«Oh ma smettila una buona volta Vegeta! Si tratta di tuo figlio!»
Vegeta rimase di sasso. Non ricordava esattamente di aver fatto del male a suo figlio, dunque non riusciva a spiegarsi il perché di quell’improvvisa visita senza un motivo plausibile. Trunks era ancora in vita. Questo doveva bastare a quella donna.
«Non parli più eh?»
«Si può sapere cosa centra Trunks?» proferì, stufato di tutta quella messa in scena.
«Se non sbaglio avevamo deciso che poteva allenarsi con te, a patto che frequentasse la scuola» enunciò.
«Non è nei miei interessi far andare quel moccioso lì»
«Vegeta non sfidarmi!» disse la donna minacciosa quanto più poteva, avvicinandosi al sayan pericolosamente. Per lei.
«Come osi dannata donna! Io ti faccio fuori!»
«Dai fallo allora!»
La prese per il colletto, incollando i suoi occhi terribili in quelli candidi della donna.
«Lo farò se non chiudi quella bocca, non temere!» ringhiò.
«Perché non hai allenato tuo figlio?»
«Oggi non avevo nessuna voglia di aver a che fare con quel mezzosangue»
«NON CHIAMARLO COSI’!»
Vegeta strinse la presa, alzando da terra Bulma affinché potesse sfiorare il pavimento con solo la punta dei piedi.
«Ne ho abbastanza di te terrestre! Smettila una buona volta e sparisci! Non devo dare a te le motivazioni di certi miei atteggiamenti chiaro?» disse determinato il principe.
Sapeva benissimo che se oggi avesse allenato Trunks, di lui sarebbe rimasto solo un mucchietto di ossa. Non era una buona cosa allenarsi con il principe dei sayan quando questo era irritato. Ma dimostrare tutta questa premura verso il suo erede, non era nelle sue intenzioni; perciò continuava ostinatamente a tenere in piedi quelle sue motivazioni.
«Sei davvero… spietato Vegeta!» disse, facendo cadere distrattamente una lacrima, che le rigò il cuore, oltre che il viso.
«Sapevi quale era il prezzo da pagare per poter stare con il principe dei sayan» disse più pacato, alleviando la presa.
«Tuo figlio non centra niente» soffiò, ormai piangente.
Vegeta non rispose. Continuava a guardarla immersa nella sua disperazione da donna, inondata ormai da quelle lacrime che segnavano il disprezzo che meritava di avere quel sayan, ma che purtroppo non riusciva a provare. Sapeva benissimo a cosa era andata incontro quando aveva deciso di divenire la compagna di Vegeta. E proprio perché conosceva tutto questo che aveva scelto di stare con lui.
Ma non voleva a tutti costi fargli credere questo. Lei doveva vincere.
«Sai a volte mi chiedo se ho fatto la scelta giusta!» sbraitò contro il suo sayan, lasciandolo di stucco.
Bulma uscì con grandi falcate da quella stanza, lasciando l’uomo impietrito sul posto. Sapeva bene che lui teneva tanto a lei, ma sapeva anche che non glie lo avrebbe mai dimostrato con gesti eclatanti. Dunque sapeva alla perfezione che quelle parole gli erano arrivate dritte in quel minuscolo spiraglio di luce che emergeva dal suo cuore di pietra. Così come sapeva che l’avrebbe pagata per quello che aveva appena detto.
Uscì fuori di casa, intenta a raggiungere la città per poter far divagare un po’ la sua mente.
Scapsulò un’autovettura, la prima a caso che trovò, ma non fece in tempo a veder materializzarsi quel suo mezzo li di fronte, dacché esplose in mille pezzi nello stesso istante.
«Dove credi di andare?» disse minacciosa la figura istantaneamente apparsa a due centimetri dal suo viso.
Bulma, disorientata e spaventata da quel gesto, cadde rovinosamente all’indietro.
«Vegeta ma sei impazzito! Guarda che disastro!» proferì.
Fortunatamente non aveva preso il mezzo più veloce e più moderno. Almeno quello fu una consolazione.
Il sayan si avvicinò spaventosamente alla donna, e con non curanza la prese nuovamente dal colletto e l’alzò all’altezza dei suoi occhi, facendole mancare il respiro.
«Ti ho fatto una domanda terrestre!» disse, totalmente fuori di senno.
«Volevo andare a farmi un giro in città! Non ti sta bene?» parlò a fatica Bulma.
«Non senza il mio permesso!»
«Lasciami Vegeta!» urlò.
«Sei proprio una sciocca donna, Bulma» disse il principe, cercando di non far trasparire la delusione che gli avevano arrecate quelle sue precedenti parole, pur sapendo che non era così.
«E tu sei uno stupido sayan!» disse, rispondendo indirettamente a quei pensieri che gli avevano destato l’animo, riuscendo a leggere benissimo nei suoi occhi l’angoscia che lo aveva assalito nell’udire quell’affermazione. Nessuna più di lei riusciva ad ispezionarlo così dall’interno, in modo da trarre qualunque suo pensiero e stato d’animo. Non era facile per lui occultare ciò che non avrebbe mai voluto che lei sapesse esplicitamente.
Vegeta, constatando che la donna aveva centrato in pieno la causa scatenante di quell’ira, la lasciò cadere a terra senza alcuna delicatezza, per poi sparire lentamente verso la porta dell’ingresso.
 
 
 
 
Cercò di allontanarsi più presto che poteva, sperando di non aver attirato l’attenzione dei due presunti coniugi. Prese la strada che conduceva verso il centro della città a tutta velocità, tentando di reprimere quelle ultime sgradevoli visioni a cui i suoi occhi, per puro caso, avevano assistito.
 
 
 
 
 
 
Ed eccomi qua con questo nuovo capitolo :D come vedete ho alzato un po’ il raiting della storia. Non ero del tutto certa che rientrasse ancora nel “verde”, anche perché dal prossimo capitolo, o dal successivo ancora, vi saranno scene che meritano di un raiting più elevato =) sperò di non aver deluso nessuno :D alla prossima :D

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Capitolo 5
*** Incredibili doti di un mezzosangue ***


E con un leggero ritardo sono riuscita a finire anche questo capitolo :D e questo lo devo specialmente a Proiezioni Ottiche che ieri sera mi ha sedotta, incitandomi a scrivere il capitolo xD ed ora eccomi qui, con un nuovo capitolo, finito in soli due giorni (cosa alquanto strana). Inoltre volevo ringraziare tutti coloro che puntualmente recensiscono e mi inducono a scrivere. Sono contenta che la storia, nonostante la sua banalità, sia piacevole, e spero che lo sarà anche nei prossimi capitoli ^^.
Per quanto riguarda il capitolo precedente, molti sono curiosi di sapere chi è la famigerata persona che ha spiato involontariamente Vegeta che quasi aveva fatto esplodere sua moglie xD beh, in questo capitolo non ho menzionato niente di niente e credo che sarà più evidente nel prossimo ^^ un bacione a tuttiiiii :D buona lettura :D
 
 
 
 
 
 
 
Dopo qualche ora, la tensione che si venne a creare pericolosamente nella faglia Brief, andava man mano degenerando. Bulma era in salotto e leggeva una rivista di moda, pensando alle eventuali future spese che avrebbe intrapreso, mentre nello stesso istante cercava di pensare ad un plausibile luogo in cui Trunks potesse essere andato. Non che si preoccupava delle sorti del figlio, sapeva benissimo che se lui era in pericolo allora l’intero pianeta era spacciato, ma era comunque un bambino di sette anni; nonostante fosse un sayan, era ancora troppo piccolo, e la sua sensibilità era un punto delicato, e che Bulma avrebbe voluto tutelare in tutti i modi, dato il padre con cui si ritrovava a che fare. I pensieri erano ormai totalmente divagati dall’apparente attrazione dalla sua rivista, portandola a sfogliare e guardare quelle immagini senza realmente osservarle. Le sue preoccupazioni vennero troncate istantaneamente quando udì il suono del campanello. Si alzò di scatto e corse velocemente ad aprire la porta, con estrema noncuranza che non le si addiceva.
«Che ci fai qui Goten?» disse realmente sorpresa, sino a quando questa sensazione iniziò a tramutarsi in ansia dacché alla porta non era suo figlio, al contrario di come credeva.
In una piccola parte di se stessa, e che solo ora iniziava a captare, aveva sperato e creduto che Trunks fosse volato dritto da Goten, unico luogo in cui avrebbe trovato tranquillità, oltre all’unica persona al mondo con cui poter sfogare la sua angoscia.
«Salve Bulma» disse lievemente timido «Trunks è in casa?» chiese ingenuamente nonostante pensava di ottenere una risposta positiva, senza sapere di aver creato un trambusto nell’anima della donna di fronte a lui.
«No Goten, ma come sei arrivato qui? Tua madre lo sa?» chiese, invitandolo con un gesto ad entrare in casa.
«Beh Gohan ha deciso di prestarmi la nuvola Speedy e dato che volevo dire a Trunks una cosa ho deciso di venire personalmente» disse d’un fiato, tralasciando l’ultima domanda.
«Se vuoi puoi dirla a me. Glie la riferirò non appena torna». Subito i suoi pensieri si direzionarono in modo repentino sulla domanda assillante che iniziava ad instaurarsi nella sua mente: “Quando sarebbe tornato?”.
«Ti ringrazio Bulma, ma preferisco dirgliela di persona»
«D’accordo, se ci tieni tanto» sorrise «ma allora Chichi ha acconsentito a farti venire qui?»
«Beh … lei non lo sa. Ma ti prego di non dire niente, giuro che tornerò subito a casa» disse, sporgendosi lievemente verso di lei, per interromperla con la sua spiegazione dacché Bulma stava già per inveire.
«E va bene Goten, ma torna subito a casa prima che faccia buio. Altrimenti chiamo Gohan»
«Ok, salutami Trunks non appena lo vedi» disse, mentre si incamminò verso la porta.
«Aspetta un attimo Goten» intervenne, avvicinandosi prontamente a lui, piegandosi sulle gambe per poterlo guardare negli occhi e porgendo le mani sulle piccole, ma già muscolose, braccia del sayan. «So che siete capaci di individuare la forza spirituale delle persone. Riesci a sentire quella di Trunks?» disse quasi in un sussurro, visibilmente preoccupata, destando lievi sospetti in Goten.
Si concentrò un attimo, cercando con tutte le forze di percepire un minimo movimento.
«Mi spiace Bulma, ma non sono ancora molto pratico nel sentire l’aura delle persone. Non riesco a percepire nulla. Ma perché? E’ successo qualcosa?» chiese, cambiando l’espressione del volto, più direzionata verso la curiosità.
«No figurati. E’ che pensavo fosse venuto da te. Ma tranquillo non è niente» rassicurò, più a sé stessa che al bambino, dacché egli non mostrava minimamente i segni di una preoccupazione, dato l’individuo di cui si parlava.
«Salve Vegeta!» salutò il bambino, con troppa enfasi, contrastando il viso severo del sayan senza premurarsi di nulla. La sua ingenuità era sin troppo simile a quella di Goku, e sia Bulma che Vegeta se ne accorsero.
La donna elargì un piccolo sorrisetto pensando al suo caro amico ormai defunto, e trattenne in un piccolo angolo del suo cuore, la nostalgia che provava.
«Bene io vado! Ci vediamo!» concluse, per poi schizzare fuori sulla sua nuvoletta e partire in cielo.
«Mi sembra di rivedere Goku da piccolo» disse, portando le mani al petto e seguendo la scia gialla tracciata in aria da quello che una volta era il mezzo di trasporto del suo amico sayan.
Vegeta si avvicinò silenzioso alla porta, volgendo gli occhi corrucciati nella stessa direzione intrapresa da quelli di Bulma, vedendo il piccolo mezzosangue volare con l’ausilio di un oggetto anziché utilizzare le proprie forze.
«Sta azzerando la sua aura» disse d’un tratto, senza far trasparire alcuna emozione.
Bulma si girò verso il marito, con aria di incomprensione.
«Cosa?!»
«Trunks» disse repentino «Goten non è riuscito a sentire la sua forza spirituale perché la tiene a zero volutamente» continuò, senza staccare gli occhi dal cielo, iniziando a pensare in quale luogo si fosse cacciato quel moccioso di suo figlio.
«E cosa vorrà dire?» disse, volgendogli lo sguardo più preoccupato che potesse improntarsi sul suo volto.
«Che quel moccioso ha voglia di stare da solo, e non vuole parlare con nessuno» disse, accigliandosi.
«Oh Vegeta, ti prego va a cercarlo» chiese disperata.
«Tsk! Non dire sciocchezze donna. Tuo figlio è abbastanza forte da potersela cavare da solo»
«Lo so. Ma è ancora così piccolo» proferì, rivolgendo lo sguardo nuovamente verso il cielo immacolato.
Vegeta come di rimando non aprì bocca, scrutando i lineamenti della donna visibilmente preoccupata.
«Promettimi che ti allenerai con lui. Tuo figlio prova una stima immensa per te, Vegeta. Non deluderlo così. Non riesci neanche a percepire come tuo figlio di guarda ogni volta che gli doni considerazione?» disse con occhi lucidi.
«Non può allenarsi nella camera gravitazionale. E’ ancora piccolo e da grande la sua struttura fisica risentirebbe di quegli sforzi» concluse.
«Portalo da qualche parte. In montagna, sulla neve, al mare, nel deserto … ma ti prego di allenarlo, almeno qualche volta a settimana» disse quasi in una supplica.
La guardò quasi con soddisfazione, orgoglioso di aver fatto piegare la terrestre a tanto, pur di far soddisfare le richieste e le voglie di suo figlio. Ma il sadismo nel provare quella sensazione vedendo la faccia sconvolta della sua donna, fu sovrastata da una sensazione di compassione che lo spinse a rispondere affermativamente a quell’imprecazione.
«Basta che la smetti di frignare» incitò, accettando implicitamente e facendo scaturire un sorriso raggiante sul viso della donna, che si buttò energicamente tra le sue braccia, conscia che nonostante il suo peso fosse sorretto totalmente dal collo dell’uomo, lui non risentiva del minimo sforzo.
Vegeta, per cercare di far trovare un equilibrio alla presa debole della donna, cinse i suoi fianchi con entrambe le braccia, abbracciandola e tenendola sospesa a mezz’aria mentre lei iniziava ad indugiare freneticamente sulle sue labbra.
Il sayan, abbandonando ogni suo razionale pensiero e rispondendo a quel bacio, si trascinò verso il divano e si sdraiò sovrastando il sinuoso corpo della donna che ancora non si era staccata dalla sua bocca. Iniziò ad accarezzarla con estrema cautela, portando le sue mani, reduci di anni di guerra, sotto la sua leggera maglietta.
«Forse non è il caso Vegeta, Trunks potrebbe arrivare da un momento all’altro» disse, non del tutto convinta che volesse abbandonare quella calda situazione.
«Tornerà qui volando. E se vola posso percepire la sua aura» rassicurò, estremamente contrario agli assurdi pensieri della sua donna, volti a smettere.
«S-sicuro Vegeta?» sussurrò ormai destata dagli ansimi provocati dal sayan.
«Taci una buona volta Bulma».
Le disse, zittendola del tutto e causandole un lieve sorrisetto che sbucò sotto quelle labbra intenti a torturare quelle del suo uomo.
Poi nessuno dei due parlò, e lasciarono entrambi che la passione avvolgesse l’atmosfera di quella stanza destata, ora, solo dagli ansimi di entrambi.
 
 
 
Era in cima ad un monte innevato, illuminato dal debole calore dei raggi del sole. Fissava un punto indefinito davanti a se collocando il suo sguardo verso l’orizzonte, immobile nella sua posizione con i pugni chiusi in una ferrea stretta ed uno sguardo glaciale.
Indifferente al gelido vento che soffiava prepotente sulla sua pelle bronzea, coperta solo da una leggera tuta che lasciava fuoriuscire le sue piccole ma possenti braccia, Trunks tentò in tutti i modi di attenuare la sua rabbia e l’odio che iniziava a prendere forma sul suo viso spigoloso.
Non riusciva a trovare una spiegazione logica ai comportamenti avversi che il padre aveva nei suoi confronti. Sapeva benissimo che lui era il principe dei sayan, e che da tale non poteva permettersi smancerie né in pubblico né in privato, ma lui non pretendeva ciò; lui voleva solo un minimo di considerazione.
Sapeva di avere una forza misera se confrontata con quella del padre, ma aveva sentito distintamente le sue parole in un dialogo con suo madre che affermavano la già elevata forza del piccolo sayan, data l’età che aveva.
Sapeva perfettamente che suo padre, quando aveva la sua età, non era così forte.
Sarebbe dovuto essere orgoglioso di tutta questa potenza che possedeva nonostante fosse in tenera età; ma al contrario, sembrava che lo odiasse.
Mostrava solo disprezzo nei confronti delle sue capacità; ma lui non sapeva che quando si allenava con Goten emanava una potenza inaudita. Non sapeva che lui era superiore al figlio del suo acerrimo nemico.
Lui era un buon erede, e invece lo evitava.
Forse non tollerava il fatto che dentro di lui scorresse anche infimo ed insulso sangue terrestre; ma d’altronde questa era stata una decisione sua.
«So che mi odi, papà. Ma non capisco il perché» proferì in un sussurro a denti stretti, continuando a restare immobile nella sua posizione.
«Voglio solo che tu combatta con me. Tu non conosci la mia forza».
«Non hai motivo di odiarmi. Ho sempre dimostrato di avere un carattere forte come il tuo. Ho sempre seguito i tuoi silenziosi consigli, imitandoti in tutto e per tutto. E a quanto pare continui ad ignorarmi. Continui ad essere ostile alle mie richieste. E questo non lo sopporto».
Il volto del ragazzo si incupì maggiormente, e sembrava volesse spegnere quella densa luce emanata dal sole che gli illuminava il volto, dacché i suoi occhi erano divenute due fessure temibili, sia pur colorate d’azzurro. Malediceva i suoi occhi, così simili alla forma di quelli di Vegeta, quanto distanti da loro a causa del candido colore che li caratterizzava e che sanciva l’impurità della sua razza.
«IO NON LO SOPPORTOOO!» urlò in preda all’ira, emanando un aura tremenda ed incontrollata.
La forza incrementò vertiginosamente e il paesaggio circostante sembrava tremare sotto i suoi piedi a causa dell’elettricità paurosa che emanava. Il monte su cui era situato andò in frantumi, e la valanga di neve, causata dal suo urlo liberatorio oltre che al boato fuoriuscente dal suo corpo, e che ora stava per sovrastarlo, venne sciolta immediatamente quando l’aura del bambino, che ora aveva lo stesso colore del sole, aveva raggiunto un’ampiezza spropositata sostituendo la luce dei raggi solari sino a circa un chilometro di distanza. Sembrava che in quel piccolo spazio il sole avesse amplificato l’illuminazione tanto da occultare completamente la visione del paesaggio, oramai completamente invasa dal colore dell’oro.
Trunks si ritrovò in aria, dacché il terreno montuoso che calpestava si era uniformato alla pianura. Era ancora invaso dalla rabbia, ma la forza disumana che aveva cambiato la forma naturale di quel paesaggio, facendola mutare del tutto, ora era totalmente concentrata in un bagliore più piccolo e che ora ricopriva il suo corpo, decretando la sua aura.
Continuava ad incrementare la sua forza, ma arrestò volontariamente il processo di quell’aumento di potenza quando venne catturato dal colore insolito che ora adornava il suo corpo. Riconosceva quell’oro che aveva avuto il piacere solo di vedere intorno al corpo del padre, e che i suoi duri contorni neri ma che aumentavano maggiormente la sua crudeltà e violenza.
Il super sayan era stata una piaga per Vegeta, tanto tempo addietro; e non credeva ancora che lui, in così poco tempo, era riuscito ad essere quel guerriero leggendario che il padre aveva sempre desiderato divenire, dopo lunghi ed estenuanti allenamenti.
Distratto da questi pensieri, Trunks non riuscì a tenere acceso a lungo quel processo di trasformazione, e divenne nuovamente normale.
Incredulo di ciò, raggiunse una qualsiasi distesa d’acqua per poter vedere la sua immagine riflessa. Provò nuovamente a trasformarsi, ma stavolta con risultanti meno eclatanti. Il suo corpo e i suoi capelli si tinsero d’oro per qualche istante, per poi sparire rapidamente.
Constatò che era stata la rabbia a decretare quel processo, e adesso che lo aveva raggiunto, doveva solo allenarsi per poter utilizzare quella forza quando voleva.
Un sorrisetto soddisfatto curvarono le sue labbra, improntando la solita espressione sadica sul suo volto. Non avrebbe rivelato subito quella sua forza a suo padre. Si sarebbe prima allenato a dovere con Goten per poter migliorare la sua prestazione.
Questo sarebbe stato l’utile movente per potersi avvicinare a lui.
E questa volta non poteva evitarlo.
Ora anche lui era diventato il leggendario super sayan.
 
 
 
Era steso sul divano, con l’esile donna appoggiata al suo petto e che ancora cercava di recuperare fiato. Come ogni volta, Vegeta non si affaticava mai, e prima di alzarsi e vestirsi, aspettava sempre che Bulma riprendesse un respiro normale.
D’un tratto fu destato dall’immensa forza che involontariamente percepì, facendogli voltare il capo verso la direzione di quell’aura.
«Che succede tesoro?» sussurrò la donna, vedendo il solito sguardo corrucciato del marito, divenire ancora più cupo.
«Niente» disse lui senza alcuna emozione sul viso, realizzando che l’aura era quella di Gohan, dacché si intuiva distintamente che proveniva da un super sayan.
«Non sarà per caso che Trunks sta tornando?» disse aumentando il tono di voce data la preoccupazione, alzandosi di scatto dal divano per poter recuperare i suoi vestiti.
«C’è ancora tempo. Sento la sua misera aura dall’altra parte della Terra. Ha iniziato adesso a volare e si dirige qui non molto velocemente. Abbiamo un’ora di tempo ancora» disse, prendendola dai fianchi e trattenendo il corpo della donna ancora per un po’ su quel divano, facendola accasciare nuovamente sul suo possente petto nudo.
«D’accordo caro. Tra una decina di minuti allora andrò a preparare la cena» proferì visibilmente sollevata da quella notizia, nonostante suo figlio fosse dall’altra punta nel pianeta; ma non era un motivo di preoccupazione.
Ormai libera da qualsiasi brutto pensiero che riguardava il figlio, Bulma iniziò a baciare il petto su cui era poggiata, assaporandone la consistenza. Amava quel sayan in una maniera paurosa, e a volte si dimenticava totalmente che il suo uomo fosse un alieno. Le uniche circostanze che gli riportavano questi pensieri era quando lo vedeva sottoporsi a sforzi disumani, e quando si concedeva piccoli angoli di fuoco con lui, dacché sentiva direttamente sul suo corpo la forza incredibilmente controllata sprigionata da ogni poro del sayan.
Vegeta assecondò le azioni della sua donna, portandogli una mano tra i capelli e seguendo i suoi movimenti con lo sguardo.
Dopo un po’ la prese nuovamente con energia e l’alzò sino a farla arrivare alle sue labbra.
«Sei davvero incredibile sayan» disse ironicamente staccandosi da quel bacio, guardandolo e donandogli un occhiolino, facendo arrossire visibilmente il suo viso corrucciato, dacché egli capì che si stava riferendo all’atto di poco prima.
Dopo avergli stampato un altro tenero bacio, Bulma si alzò e iniziò a vestirsi, per poi dirigersi verso la cucina e lasciare Vegeta ancora disteso sul divano coperto solo dagli abituali pantaloncini.
 
 
 
 
Si alzò dal letto prima ancora che la sveglia suonasse. Non vedeva l’ora che la giornata scolastica terminasse per poter andare a casa di Goten e mostrargli la sua nuova forza.
Scese velocemente le scale e si catapultò in cucina.
«Buongiorno mamma!» disse chiaramente contento e luminoso in volto.
«Buongiorno amore! Come mai già sveglio?» chiese Bulma, elargendo un sorriso sincero di fronte alla felicità visibile in suo figlio.
«Non avevo sonno, è già pronta la colazione?» disse, sviando il discorso.
«Tra un minuto tesoro, siediti intanto» incitò, ritornando con lo sguardo sui fornelli.
Non appena ingerì il primo boccone, sentì l’aura che si stava avvicinando, sino ad arrivare sulla soglia della porta.
«Buongiorno papà» proferì cauto, senza staccare gli occhi dal cibo.
Ovviamente non vi fu risposta.
Bulma si girò, per constatare, dalle parole del figlio, che Vegeta fosse in cucina.
Notando il silenzio dell’uomo, nonostante il Trunks lo avesse salutato, gli mostro un’occhiataccia volta a ricordargli il discorso del giorno successivo, e che vennero espresse in silenziose parole quando, con la scusa di andare a prepararsi per poter accompagnare Trunks a scuola, gli passò accanto.
«Ricordati ciò che devi fare oggi» disse a bassa voce, sapendo perfettamente che avrebbe capito a cosa si stesse riferendo.
Vegeta, come si rimando, mostrò un volto seccato e andò ad allenarsi. Avrebbe fatto colazione dopo che quei due fossero usciti di casa.
Intanto Bulma si affrettò a preparasi, pettinando i corti capelli e velando le sue labbra di un colore rosso acceso. Dopodiché prese la capsula che conteneva la sua auto e raggiunse suo figlio che era già fuori ad aspettarla.
Montarono entrambi in macchina, silenziosi, finché Bulma, dopo qualche minuto, spezzò quel silenzio insopportabile.
«Allora Trunks, dove sei stato ieri?»
«Da Goten» mentì.
«Mi spiace ma questa storia non regge. Goten è venuto a casa a cercarti» disse, ricollegando la mente sino a indirizzarla verso la richiesta del figlio di Goku, volta ad avvisare Trunks di un qualcosa che avrebbe voluto dirgli personalmente, e del quale si era completamente dimenticata.
«Accidenti! Non ti ho detto che Goten doveva parlarti. Mi è sfuggito tesoro scusami, ma oggi dopo la scuola potrai andare da lui. A quanto pare sembrava davvero importante» disse concretizzando i suoi pensieri, e sviando dal discorso che aveva inizialmente messo in crisi il piccolo sayan.
Per far si che sua madre non riprendesse l’argomento, non parlò più e rispose con un semplice “mh”, continuando a guardare davanti a se, sperando di raggiungere il più presto possibile la scuola per evitarsi un interrogatorio a cui non aveva nessuna voglia di rispondere.
A quanto pare la sua muta risposta aveva funzionato.
I due non avevano parlato più sino a quando Trunks non scorse la scuola, che man mano diveniva sempre più vicina. Così come il giorno prima, tutti i presenti, distratti dal rombo della moderna autovettura, si girarono all’unisono, per poi ritornare alle azioni precedenti realizzando chi fosse la proprietaria di quella lucente macchina appariscente.
«Mi raccomando Trunks. Che non si ripeta la situazione di ieri mattina» disse, ancora terrorizzata dalla visione del figlio che stava per fare a pezzi tre suoi coetanei «Evita chiunque ti disturba».
«D’accordo mamma» rassicurò, mentre riceveva un tenero bacio sulla guancia, prima di scendere dalla macchina e dirigersi verso quella struttura colma di esseri inferiori.
Dopo che Bulma sfrecciò e si allontanò da quel luogo, Trunks si ricompose e assunse nuovamente un’espressione di disprezzo e di distacco, camminando con passi decisi e regali verso l’ingresso della scuola.
Non aveva controllato l’orario, ma probabilmente era ancora molto presto dacché gli insulsi bambini erano ancora lì fuori a giocare e schiamazzare.
Così si andò a posizionarsi su una panchina poco distante da quell’ammasso di persone, accavallando le gambe, incrociando le braccia e chiudendo gli occhi per cercare di rilassare i nervi che venivano destati dai rumori insopportabili di  quei terrestri.
«Ecco chi si rivede. Il moccioso che corre tra le braccia della mammina».
Di sicuro avrebbe preferito mille volte le urla insopportabili di quei bambini, anziché la presenza di quei tre ragazzini del giorno prima, e che ora erano nuovamente di fronte a lui, con la solita aria da bulletti infimi.
«Sparite. Non voglio proprio aver a che fare con degli insulsi terrestri stamattina» disse, ricordandosi le parole della madre, involontariamente disprezzando la razza a cui apparteneva per metà, rivelando il suo essere mezzo alieno e che non venne recepito completamente dagli intercultori.
«Ahahah a quanto pare non ti va molto a genio essere un terrestre, moccioso. Ma sappi che lo sei anche tu, purtroppo per tutta la popolazione» disse deridendolo.
Trunks, come di rimando, rispose con un sorrisetto illusorio che celava dietro di sé l’assurda verità molto distante da quello che sapevano quei tre. Non voleva assolutamente deludere sua madre, sterminando quegli esseri che lo disturbavano completamente; così provò a rilassarsi e posizionarsi nuovamente nella precedente posizione, causando ira nei ragazzini di fronte a lui che ora fremevano dalla voglia di dargli una bella lezione.
Non appena il più spavaldo mosse dei passi sicuri verso di lui, Trunks alzò la testa e spalancò gli occhi, direzionandoli verso un punto che si trovava ad una certa distanza da loro, dietro i tre terrestri di fronte a lui, visibilmente catturato da qualcosa che risvegliò i suoi sensi.
Seriamente incuriositi, anche i suoi presunti tre compagni girarono la testa verso la direzione intrapresa da Trunks, cercando di individuare la causa di tanto stupore.
Non scorgendo niente all’orizzonte, riportarono lo sguardo sul piccolo sayan.
«Beh che ti prende? Hai per caso visto un fantasma?» disse irato uno.
«Non posso crederci. Non sarà per caso …» proferì, parlando con se stesso mentre interrogava al massimo il suo sesto senso volto alla percezione della forza spirituale, per essere sicuro di quello che aveva appena percepito, ed elargendo man mano un sincero sorriso di gioia quando constatò l’autenticità delle sue supposizioni.
 
 
 

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Capitolo 6
*** Agognate Speranze ***


Lo vide avvicinarsi correndo, con un ampio sorriso improntato sul volto, facendo quasi credere che non si vedessero da una vita. Trunks rimase stupido ed incredulo di fronte alla figura del suo più caro amico; l’unico con cui poteva essere sé stesso, nonché l’unico che portava dentro di sé il sangue di una razza quasi estinta, combinata con la presenza di cellule terrestri, dando vita ad un essere mezzo alieno dalla forza inaudita.
«Goten!» urlò entusiasmato il principino.
«Ciao Trunks!» salutò, mentre ancora si avvicinava, per poi arrestarsi davanti a lui con i pugni chiusi ed un’espressione visibilmente emozionata.
«Cosa ci fai qui?»
«Beh, mia madre ha deciso finalmente di farmi iscrivere» disse soddisfatto «Così  potremo vederci tutti i giorni!»
«Wow ma è fantastico! Almeno ora non sarò costretto a sorbirmi da solo la patetica presenza di tutti questi mocciosi» proferì allusivo, volgendo il capo verso i tre ragazzi presenti, mostrando loro un volto colmo di malizia e disprezzo.
«Che cosa vorresti insinuare marmocchio?» disse minatorio il più robusto, protraendo verso il sayan un pugno serrato, che confermava la voglia di dargli una lezione.
«Oh, sono tuoi amici questi?» chiese, percependo solo adesso la presenza di tre misere forze spirituali proveniente dai corpi accanto a loro «Piacere! Io sono Goten» disse allungando una mano ed elargendo un enorme sorriso ingenuo e all’apparenza sarcastico nei loro confronti.
«Cosa vuoi moccioso? Non ho alcuna intenzione di conoscere un bimbo così piccolo. E poi come vieni conciato a scuola? Ti sembrano dei vestiti adatti da sfoggiare in pubblico?» disse, notando la sua tuta arancione e la cinta nera attorno alla vita, mentre gonfiava la sua aria altezzosa e beffarda.
Il piccolo sayan in questione diede una rapida occhiata ai suoi vestiti, come per constatare le parole del ragazzo, e valutare se vi fosse un’eventuale stranezza in essi, per poi ritornare a guardarlo con un volto dubbioso e interrogatorio.
«Cosa c’è che non va nei miei vestiti?»
Prima ancora che l’ingenuità del sayan l’avrebbe spinto a dare motivazioni che, date le visioni dei terrestri, avrebbero toccato i confini dell’assurdo, Trunks si intromise e decise di tarpare quella pericolosa discussione.
«Lascia stare Goten! Sarà meglio che andiamo» proferì,  avviandosi nella direzione dell’ingresso della scuola.
Goten, per niente toccato dall’arroganza di quei tre ragazzini, seguì velocemente Trunks, affiancando il suo avanzamento.
«Come mai ti sei vestito in questo modo?» chiese il più piccolo, notando i vestiti formali del suo amico.
«Mia madre dice che a scuola non devo venire con la tuta da combattimento» rispose schietto, senza alcuna voglia di spiegare il perché; era sicuro che non ne avesse bisogno. Di sicuro Goten sapeva che non avrebbe dovuto accennare assolutamente in pubblico che loro non erano totalmente terrestri, conferma che poteva essere data solo dalla forza esplosiva insidiata in loro che li esulava dal contesto di “normale” avvicinandoli di più all’idea di discendenti di alieni reduci di guerre e violenze.
Iniziarono a percorrere i lunghi corridoi della scuola con lentezza estenuante, mentre Trunks faceva da guida al nuovo arrivato, come se frequentasse quell’istituto da anni.
«Eccoti finalmente, ma dov’eri sparito?»
Qualche metro più avanti, Chichi era intenta a dialogare con il preside, facendosi fornire alcune accortezze relative alla formazione e il metodo di insegnamento dei maestri, ma subito lasciò cadere quel discorso a mezz’aria quando vide il figlio che le era sfuggito di mano non appena erano arrivati, vedendolo correre verso destinazioni non più ignote.
«Scusami mamma. Avevo visto Trunks e non vedevo l’ora di fargli questa sorpresa» motivò, portandosi una mano dietro i capelli, imitando involontariamente e in una maniera incredibilmente uguale, gli atteggiamenti del padre.
«Piacere di conoscerti! Tu devi essere Goten ,giusto?» proferì il preside, portando le mani sulle ginocchia per potersi piegare a guardare il nuovo alunno.
«A quanto pare hai già fatto amicizia con Trunks!» asserì.
«Sono amici già da tempo. Si conoscono da ancor prima che nascessero» intervenne Chichi, di fronte alla palese difficoltà e timidezza del figlio.
«Perfetto! Così posso esser tranquillo che non sarà solo. E comunque la sua classe dovrebbe essere situata qualche metro più avanti di quella di Trunks» disse d’un fiato.
«Fantastico. Allora, tesoro, verrà a prenderti tuo fratello non appena uscirai da scuola»
«Ma mamma, posso tornare anche da solo» confermò, contrario al fatto che ci fosse bisogno dell’ausilio inutile di Gohan per tornare a casa dacché aveva la sua nuvola Speedy.
«Niente ma! Sei ancora troppo piccolo» si ostinò, mantenendo l’aria da mamma premurosa, occultando alla perfezione la verità esplicitata dal piccolo Goten «fai il bravo bambino, mi raccomando» concluse, prima salutare tutti i presenti cordialmente e congedarsi.
 
 
 
 
Assunse di nuovo la compostezza degna dell’erede di un principe quando fu di nuovo solo, senza la compagnia di Goten nella sua classe. La felicità nata nell’aver visto il suo caro amico assecondarlo e seguirlo in quella involontaria scelta di dover andare a scuola, sembrava essersi volatilizzata insieme al suo volto tranquillo ed emozionato, per ritornare ad assumere una posizione distaccata e quasi ostile.
La maestra fece il suo ingresso e tutti i compagni si alzarono. Subito gli occhi di lei si catapultarono nella sua direzione, attirata dal contrasto sin troppo evidente causato dal vuoto che Trunks aveva lasciato in mezzo a tutti gli alunni in piedi, dacché era ancora seduto.
Ma probabilmente non era questo il motivo per cui aveva deciso di volgere il suo sguardo verso di lui; e questo lo si comprendeva dal fatto che sul suo volto non vi era la minima traccia di rabbia o rimprovero, bensì era deformato in lineamenti volti a rivelare preoccupazione e quasi sgomento mentre lo guardava lì, fermo e assente, con la solita espressione rude e sprezzante.
Era rimasta ancora ferma sulla porta, senza badare al rispetto che le aveva donato il resto della classe, dacché i suoi pensieri erano divagati, ritornando indietro di qualche ora, pensando al probabile motivo di tanto rancore di quel bambino, ricordando quel triste avvenimento a cui aveva assistito,  quando aveva casualmente visto il padre di Trunks quasi uccidere sua madre.
Già dalla prima volta che i suoi occhi ricaddero in quelli di lui, così profondi quanto destati, che le sorse il dubbio che ci fosse qualcosa di tremendo occultato dietro quello sguardo sprezzante.
Credeva davvero all’ipotesi che lui serbasse tanta tristezza ed ostilità proprio per gli atteggiamenti prepotenti e spaventosi di suo padre.
Ma non volle darlo a vedere.
Non voleva ulteriormente aggravare la situazione, rivelandosi preoccupata e triste per lui.
Lei, da brava educatrice, avrebbe dovuto cercare in tutti i modi di suscitare tranquillità e felicità in tutti i suoi alunni, in particolar modo per coloro che apparentemente avevano problemi, manifestati sottoforma di atteggiamenti insoliti, proprio come Trunks dimostrava.
Ma non era del tutto sicura che adesso ci sarebbe riuscita. Non era stato facile ingoiare il groppone che quella scena aveva generato. Non era stata spettatrice di tutta la scena e fortunatamente non aveva visto il sayan far esplodere in mille pezzi una macchina con il solo movimento di due dita, tanto da divenir completamente pazza, ma non riusciva ancora a credere a quello che aveva visto. Un uomo dalla stazza irrilevante che alzava con estrema facilità sua moglie da terra, afferrandola dal collo con un solo braccio, solo per inculcarle terrore e minacce.
E non riusciva a togliersi dalla mente il pensiero che Trunks potesse subire violenze da parte di suo padre.
Ma ovviamente, non conosceva affondo la situazione.
«Sedetevi ragazzi» proferì quasi tremante, con un aria per niente determinata e tranquilla, al contrario di quello che avrebbe dovuto dimostrare.
Cominciò la sua solita e noiosa lezione, senza rivelar alcun entusiasmo in quello che faceva  perché continuamente destata dallo sguardo rigido e intimidatorio del bambino seduto infondo alla classe.
Le ore trascorsero lente e pesanti, e la sua concentrazione era minima.
Per la prima volta non vedeva l’ora di terminare la lezione, nonostante fosse una donna che amava ciò che faceva, dacché cercava sempre di inculcare ai propri alunni ad essere ambiziosi e non fermarsi alle prime difficoltà. La si poteva considerare quasi un’educatrice alla vita.
Ma questa volta, il suo ruolo era divenuto del tutto vano.
Non volle nemmeno minimamente immaginare come sarebbe stato essere la madre di Trunks, con un padre così minaccioso. Anche se aveva sempre notato nella signora Brief, una spensieratezza unica e una felicità inaudita.
E tutto ciò non fece altro che confonderla.
Tirò un sospiro di sollievo quando sentì la campanella suonare, quasi avesse trattenuto per tutto il tempo il respiro.
Tutti i ragazzi, senza nemmeno preoccuparsi se la maestra aveva finito la sua spiegazione, si catapultarono nello spiazzale fuori, formando dei gruppi di gioco, così come di consueto.
Trunks fu l’ultimo ad uscire e sulla soglia della porta si blocco un attimo, rivolgendo un’occhiata alla sua maestra, facendola sussultare visibilmente.
«Tutto bene Trunks?» chiese, con evidente preoccupazione, mentre la sua fronte si velava di un freddo sudore.
«Certo» rispose, sciogliendo lievemente la glacialità delle sue parole con un sorrisetto «piuttosto dovrei farle io questa domanda» disse sfacciato, voltando il capo verso quei terrestri schiamazzanti, lievemente innervosito da questi.
«Certo che va tutto bene caro, ma ora vai pure fuori a giocare» disse, quasi per scrollarsi di dosso la pesantezza del suo sguardo.
Dopo un cenno di assenso, varcò la soglia e si diresse con passi cadenzati e sicuri, portando le mani nelle tasche, verso quella figura che man mano di avvicinava a lui per niente composto, identificata nel suo amico Goten.
«Com’è andata la giornata Trunks?» chiese
«La solita noia» asserì seccato.
«E adesso che si fa?» si domandò, guardando l’ammasso di bambini che correvano da una parte all’altra del giardino.
«Non lo vedi? E’ un momento di svago, dove tutti si mettono a giocare e fare quello che vogliono»
«Wow allora vuol dire che anche noi possiamo metterci a giocare!» disse entusiasta.
Trunks lo guardò dubbioso e quasi preoccupato delle implicite intenzioni nascoste nella frase, pensando a ciò che significava per lui il termine “giocare”.
«Che intenzioni hai Goten?» proferì, mentre riconosceva la tipica postura dell’amico quando era pronto a sferrare un attacco.
«In guardia Trunks!»
«Ma tu sei impazzito!!!» disse, mentre indietreggiava, parando il pugno che già aveva tirato, bloccandogli entrambe le mani.
«Goten ma che ti salta in mente!» sussurrò, facendo roteare gli occhi a destra e a sinistra per assicurarsi che nessuno aveva visto niente «credi che potremmo metterci a combattere qui? Davanti a tutti? Non lo sai che dobbiamo nascondere la nostra forza? O vuoi che tutti scoprano che siamo per metà dei guerrieri sayan?» disse repentino, cercando di dare brevemente spiegazioni sul perché avesse reagito in questa maniera.
«E cosa c’è di male scusa?» proferì, mascherandosi di stupore.
«Lascia stare. Devi solo metterti in testa che qui nessuno conosce l’esistenza dei sayan, e nessuno conosce quanto siamo forti. Perciò dobbiamo fare di tutto per mascherarlo. Quindi bada a ciò che combini» disse silenzioso.
Goten, mentre dava il suo assenso, si sedette a terra sbuffando.
«Che noia. E allora cosa facciamo?»
«Non ne ho idea» fece una lunga pausa prima che un avvenimento non indifferente e che gli era sfuggito, gli ritornò in mente, distratto da quel luogo così noioso e pieno di gente normale.
Si avvicinò a lui, pieno di quell’entusiasmo che gli arrecava la notizia che stava per dare all’amico
«Goten, quasi dimenticavo! Devo darti una notizia eclatante! Non crederai alle tue orecchie!» disse, mentre assumeva una posizione sicura e fiera, mettendo le braccia conserte e lasciando un minimo spazio di silenzio dedicato alla suspance.
«Ti annuncio che sono in grado di trasformarmi in super sayan!» disse, senza smuoversi, sfoggiando un ghigno soddisfatto e aspettando la reazione dell’amico.
«Wow! Davvero? Non ci credo, fammi vedere!» si emozionò.
«Non appena verrò a trovarti per allenarci ti darò una piccola dimostrazione»
«Voglio provarci anche io!» proferì, alzandosi e mettendosi in una posa di concentrazione, piegando le braccia e stringendo i pugni.
Prima ancora che Trunks riuscisse a fermarlo, il piccolo Goten iniziò ad incrementare la sua aura, adesso ben visibile attorno al suo corpo, generando uno spostamento d’aria paragonabile ad un tornado. L’aumento della concentrazione, non fece altro che innalzare maggiormente il vento e la terra circostante, causando una pericolosa situazione per tutti i bambini terrestri lì presenti, e che quasi non riuscivano più ad appigliarsi a qualcosa di solido, rischiando di volar via.
«Dannazione! Smettila Goten!!!!»
Trunks, notando la situazione circostante, si catapultò sul corpo del sayan, buttandolo a terra.
Il vento cessò, e i piccoli ammassi di terra e pietre che si erano innalzate, restando sospese a mezz’aria, ritornarono ad essere attratte dalla gravità della Terra, che per un momento sembrava essere svanita.
Tutto tornò come prima, con la differenza che molti bambini,sparsi qua e la in giro per il giardino, cominciarono a piangere ed urlare di fronte a quel fenomeno disastroso, fortunatamente pensando che fosse un evento naturale, dacché non avevano avuto il tempo di vedere chi fosse la fonte di tanto pericolo.
«Che succede Trunks?» disse Goten, in tutta la sua ingenuità, vedendo che il sayan si era preoccupato di una situazione alquanto normale per persone come loro.
Aveva solamente provato a divenire super sayan incrementando la sua aura. Che male c’era?
«Quante volte ti devo ripetere che devi trattenere la tua forza!? Non vedi che sono rimasti tutti spaventati? E per poco non finivano schiacciati da qualche parte!» rimproverò, mentre constatava che nessuno si fosse fatto seriamente male.
«Scusami Trunks. Non credevo potesse essere così pericoloso» annunciò, alzandosi e spolverando i suoi vestiti pieni di terra.
«State bene bambini?»
La maestra, vedendo Trunks e Goten parecchio lontani dal resto degli altri ragazzi, si avvicinò preoccupata per constatare le condizioni della loro integrità.
Fortunatamente anche lei era stata coinvolta dalla bufera innalzata, tanto da non esser neanche riuscita a badare a tutti i suoi alunni, troppo occupata a ripararsi ed aggrapparsi ad un solido sostegno.
«Si signora Lhira, non si preoccupi» confermò, voltandosi verso il compagno per donargli un’occhiataccia.
«Meno male» chiuse gli occhi, buttando via aria dai polmoni, insieme alla preoccupazione, imitando un sospiro di sollievo.
Si ristabilì, mascherandosi nuovamente di quell’aria serena e quasi autoritaria mentre richiamava a se l’attenzione di tutti i bambini presenti, battendo le mani e suscitando il silenzio.
«Bene bambini! E’ meglio che rientriamo subito, prima che si manifesti di nuovo quel tremendo vento!» annunciò, mentre Goten si addossava silenziosamente la colpa.
«Bada a stare più attento la prossima volta» disse Trunks in un sussurro, rimproverandolo mentre entrambi presero la via per entrare in classe.
«D’accordo. Non succederà più» assicurò a testa bassa seguendo l’amico.
 
 
 
 
 
Entrò in casa con un lieve sorrisetto disegnato sul viso, immerso nei ricordi di quella mattina passata, proiettando la frivola e innocente mente da bambino verso il caro pensiero di non dover essere più solo nel nugolo di terrestri in quell’istituto scolastico.
Con la mente affastellata da tali immagini, non si accorse di esser salito autonomamente sul piano superiore dirigendosi verso la sua stanza.
Scrollò la testa per scacciare le sue fantasticherie quando la voce cristallina di sua madre lo stava chiaramente invitando a scendere per pranzare.
Spaventato dal fatto di essere ignaro di quanto tempo era rimasto a rimuginare su quelle idiozie riguardanti Goten e lui, sperò che sua madre non lo stesse chiamando già da molto tempo e volò giù ad una velocità che mai si era permesso di usare in casa per non destare e spaventare sua madre.
«Scusami mamma. Mi sono trattenuto in bagno» mentì, mentre le sue guance avvampate rinnegavano la sua sicurezza.
«Tranquillo tesoro. Sei in perfetto orario» rispose lei senza badare a quelle parole.
A spezzare l’aria tranquilla che aveva rallegrato l’atmosfera fumeggiante di quella cucina, fu l’ingresso elettrico e sprezzante del principe, con una visibile irritazione maggiormente alimentato dal cipiglio nervoso presente sul suo volto duro.
«Buongiorno amore!» disse Bulma con enfasi voltandosi per un secondo, mentre la sua mente prontamente viaggiò indietro di un giorno, catapultandosi sul divano che poteva intravedersi dietro la porta, su cui la sera prima avevano dato vita ad un piccolo oceano di emozioni intrecciate «Andato bene l’allenamento?» chiese vanamente, tornando con il volto sui fornelli ancora sorridente, ben sapendo che non avrebbe ricevuto alcuna risposta.
Si premurò di apparecchiare con foga, dando di tanto in tanto occhiate a suo marito, nel chiaro tentativo di rimembrargli qualcosa.
Vegeta, dal canto suo, non diede per niente conto a quella donna che fluttuava da una parte all’altra della cucina, per poter riempire la tavola di enormi piatti stracolmi di miriade varietà di cibo.
Finalmente si sedette, sospirando rumorosamente a causa dell’affanno esiguo, dando un caloroso “buon appetito” prima di iniziare a mangiare tranquillamente.
Come di consueto fu la prima a finire il suo processo di sazietà, appoggiandosi con noncuranza sullo schienale della sedia, portando una mano sullo stomaco mentre vedeva i suoi due sayan abbuffarsi, senza il minimo accenno di un rallentamento, di tutte quelle pietanze ancora numerose sul tavolo.
Questa volta fu Trunks a sconvolgere l’andamento abituale delle cose, alzandosi per primo da tavola, schizzando fuori dalla cucina. Era intenzionato ad andare da Goten il più presto possibile, così come gli aveva promesso a scuola, per potergli mostrare i suoi nuovi poteri.
Quasi si stupì quando, in procinto di aprire la porta d’ingresso e volare verso l’amico, fu bloccato da suo padre che istantaneamente si era materializzato al suo fianco.
«Dove credi di andare?» soffiò in un palese ringhio Vegeta.
«Beh, da Goten» rispose, senza tanti giri di parole, conscio che avrebbe solo aumentato la rabbia del padre.
«Tu oggi non vai da nessuna parte».
Il piccolo sayan non riuscì a comprendere a pieno il significato di quelle parole dacché non aveva nessun motivo per dover essere trattenuto in casa. Suo padre era stato sin da sempre ostile nel volere un suo acculturamento, facendolo stare ore ed ore sui libri, perciò scartò questo pensiero sul nascere; e di sicuro non lo aveva fatto perché si preoccupasse di lui.
Non proferì parola. Aspettò semplicemente che il padre gli desse una spiegazione valida.
Un battito visibilmente accelerato del suo cuore, tuonò anche nella sua testa tanto da tarpare subitamente il pensiero di dover affrettarsi per uscire di casa, eliminandolo del tutto. Si concentrò sulle poche parole incisive e autoritarie del padre, come per un ulteriore conferma della loro autenticità, mentre un sentimento di sfrenata felicità si stava man mano districando nelle viscere del suo organismo.
«Oggi ti alleni con me» proferì il principe, donando a suo figlio il più pauroso e minaccioso sorriso che avesse mai sfoggiato, sapendo perfettamente, e con un po’ di rammarico, di non essere riuscito ad intimorirlo bensì a spronarlo.
 
 
 
 
 
 
 
 
Finalmente il nuovo capitolo, sotto chiari incitamenti di Proiezioni Ottiche che mi ha indotto a finire stasera stessa la stesura della storia xD e dunque vorrei ringraziarla calorosamente per il sostegno. Inoltre ringrazio anche tutti coloro che sempre recensiscono e che continuano a seguire la storia esortandomi a continuarla, però purtroppo, come ho anche specificato dell’altra fiction, a causa della scuola dovrò un po’ rallentare i tempi di aggiornamento, sperando di non esagerare dacché purtroppo gli esami si avvicinano. Spero comunque che continuerete a seguire la storia ^^ un bacio a tutti :D e grazie in anticipo ^^.

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Capitolo 7
*** Bleeding Training ***


Rimase allibito per un po’, non tanto per la paura di confrontare le proprie doti con quelle rinchiuse nella più profonda inclinazione di un guerriero valoroso, principe di quella stirpe di cui aveva sentito raccontare solo una tremenda storiella, che includevano vicende atroci svolte nella galassia più remota dell’universo e delle quali era protagonista proprio suo padre.
Lui non aveva paura. Era semplicemente rimasto sconcertato dal suo repentino cambiamento che, fino al giorno prima, sembrava esser restio di fronte alle proposte insulse del figlio.
«D-dici sul serio?» sbatté gli occhi ripetutamente con velocità.
Vegeta si girò di spalle, senza fornirgli una risposta esaudiente, incamminandosi verso l’ampio giardino seguito a ruota dal figlio.
«Ti pare che stia scherzando moccioso? Se non vuoi che cambi idea datti una mossa e seguimi» enunciò spiccando il volo.
Dopo aver quasi urlato un “subito”, imitando un’obbedienza degna di chi è sottoposto al potere di un superiore, Trunks scattò con un salto, seguendo la scia bianca lasciata da suo padre.
 
Un sorriso ombroso – non perché fosse di carattere malizioso, bensì perché oscurato dall’ombra di una parete che nascondeva la sua figura – comparve sul volto candido della scienziata che cercava di seguire la scena, verificatasi di fronte a lei per caso, dal retro della casa senza esser vista.
 
 
***
 
 
Volava ad una velocità inaudita, oltre che per il suo già elevato nervosismo, voleva marcare l’abisso che era sempre presente a ricordare al piccolo Trunks quanto suo padre fosse più forte di lui, nonché evidenziare privilegi sociali che nessuno, su quel pianeta, aveva mai avuto l’onore di vantare.
Un lieve sorrisetto provocatorio apparve sui duri lineamenti del principe notando, con un briciolo d’orgoglio che non voleva riconoscere, che suo figlio riusciva a tenere il suo passo senza alcuna fatica. Voltò leggermente il capo per poter realizzare, non solo grazie alla percezione dell’aura, ma anche visivamente, quanto vicino fosse il figlio.
Ma ciò che lo colpì a primo impatto non fu la sorpresa di ritrovarselo sotto ai piedi, senza notare un minimo di sforzo nei lineamenti del suo viso: i suoi occhi vennero catturati da un particolare che tanto lo irritava, ma dove riuscì a scorgere qualcosa di strettamente familiare: gli occhi di suo figlio, sia pur caratterizzati da un colore azzurro – segno dell’impurità del suo sangue – erano due fessure irremovibili, che riuscivano a celare perfettamente un carattere emblematico; come se occultasse un passato saturo di odio che non aveva mai vissuto, ma che solo la presenza del sangue da guerriero che aveva riusciva a caratterizzare il taglio dei suoi occhi, tanto da farli apparire tenebrosi e terrificanti, come quelli del principe degli assassini.
Sembrò fiatare impercettibilmente un sorriso ritornando con il volto in avanti mentre, anche suo figlio, notando uno strano sprazzo di fierezza nel buio pauroso delle iridi del suo genitore, disegnò lo stesso sorriso che, a sua insaputa, ora poteva intravedersi anche sul volto del padre.
«Dove stiamo andando di preciso?» osò il piccolo sayan.
«Lontano» proferì istantaneamente «dove nessuno potrà disturbare il nostro allenamento»
«Non credi che qui vada bene?» disse, sporgendosi a guardare verso il basso, scrutando la zona nei minimi particolari, per constatare se ci fossero abitazioni o meno.
Vegeta non rispose. Odiava tremendamente quando gli venivano fatte delle proposte, contrapponendosi alle sue idee, e che oltretutto potevano esser accettabili.
Senza fiatare un’altra sola parola, si arrestò di colpo voltandosi verso il figlio il quale, distratto ancora dallo scrutare della zona, per poco non andò a sbattere alla figura immobile e composta dell’uomo di fronte a lui.
Guardava Trunks con un’aria disturbata e alquanto irritata, senza celare l’ombra di malizia ben delineata sui lineamenti tesi del suo viso curvato nel solito cipiglio.
Strano quanto suo figlio vedesse in lui un guerriero reduce di guerre e di esperienze a livello universale, un alieno approdato sulla Terra per puro caso, il principe di una stirpe estinta che una volta governava l’universo, anziché vederci un genitore.
Adorava suo padre, per il semplice motivo che era un sayan valoroso che, sia pur insensibile nei confronti di un bambino della sua età, riusciva a trasmettergli orgoglio e riusciva a differenziarlo tra tutti perché, dopotutto, lui era l’unico vero sayan di puro sangue rimasto in vita.
«Se proprio ci tieni ad essere tormentato sin da subito, ti accontento» ammiccò paurosamente.
La sfuggevole folata di una scossa serpeggiò lungo la schiena del piccolo sayan. Non aveva mai visto suo padre così tremendamente minaccioso e non voleva osare immaginare come potesse diventare quando aveva di fronte un vero nemico da trucidare – ammesso che non aveva deciso di rendere analoga la situazione nonostante di fronte a lui ci fosse suo figlio.
Non seppe spiegarsi come - o meglio provò ad intuirlo - ma si sentiva alquanto eccitato dalla situazione di assoluta tensione che venne a crearsi tra i due, sia pur un po’ spaventato.
La parte aliena del suo sangue cominciò a bollirgli nelle vene, quasi per spronarlo ad iniziare quella battaglia tremenda, così ché piegò le braccia parallelamente al suolo e strinse i pugni pronto ad incrementare la sua aura ed affrontare quella lotta.
Vegeta, rimasto ancora con le braccia conserte, scese lentamente, senza cancellare alcuna traccia di malizia dal suo viso, giù in quella distesa d’erba per poter combattere al meglio, iniziando con uno scontro terreno.
«Che aspetti ad attaccarmi Trunks!?» provocò.
Si armò di tutta la rabbia mai stata propria, ma che era segretamente riservata nei suoi angoli interni più bui, prima di catapultarsi a gran velocità verso suo padre, che ancora non si decideva a sciogliere la sua posizione rilassata per iniziare a combattere seriamente.
E ciò lo irritò.
Si fiondò con un pugno già proteso in avanti verso il suo volto, ma all’ultimo secondo capì di aver colpito solo il vuoto, cadendo rovinosamente a terra.
Non aspettò nemmeno un istante prima di scattare nuovamente verso il suo avversario, che si trovava ora a qualche metro d’altezza nella medesima posizione.
Stavolta provò ad assettargli un calcio ben mirato allo stomaco ma, come pocanzi, colpì nuovamente il vuoto; però non appena notò che suo padre si era abilmente scansato, direzionandosi verso il suolo, scagliò un onda micidiale nella sua direzione.
Aspettò che il fumo si fosse rarefatto prima di procedere con il prossimo attacco.
Lo aveva colpito. Ne era sicuro.
Poteva intravedere nelle nubi la sua sagoma e sorrise.
«Stai solo alzando un sacco di polvere» dichiarò gelido il principe esperto.
Trunks si accigliò, mentre man mano la sua ira incrementava. Strinse i pugni e con una lucidità che lo stava abbandonando, dando spazio invece all’irrazionalità, si spinse contro il padre ad una maggiore velocità.
Questa volta Vegeta non si scansò: si limitò a parare il misero pugno del figlio senza muovere un passo. Nella stessa posizione sospeso per aria, Trunks cercò di colpirlo affondandogli un calcio sul volto, ma questo venne parato prontamente e senza difficoltà dall’avambraccio che subitamente si spostò parallelamente al volto.
Con una serie di colpi, il piccolo sayan attaccò il padre, con un’abilità che lo stesso Vegeta riconosceva come ottima, ben sapendo che lui, alla sua stessa età, non era così agile nei movimenti; ma erano abbastanza lenti da non riuscire a fronteggiare il principe.
Un urlo liberatorio uscì quasi involontariamente dalla bocca di Trunks mentre tirava, con un affanno ora visibile, un pugno calibrato e potente dritto sul naso di Vegeta. Ma anche questo non raggiunse la sua destinazione.
«Non devi perdere il controllo quando combatti Trunks!» asserì Vegeta mentre abbassava il braccio del figlio per poterlo fissare negli occhi e facendo risaltare duri anni d’esperienza in quelle parole.
«Anche quando noti che il tuo avversario è più forte di te, non devi mai perdere il controllo. Devi concentrarti sull’aura del nemico e studiarne i movimenti» si accigliò.
«D’accordo» dichiarò lievemente deluso Trunks, mentre ritornava a toccare con i piedi per terra per ricominciare lo scontro compostamente.
Si mise nuovamente in guardia, fissando suo padre in pieno volto, come per aspettare il momento in cui si fosse distratto per poterlo attaccare e colpire.
Non appena vide suo padre distendere le braccia parallelamente al busto, imitando una scarsa posizione di attacco, scattò, stavolta determinato e concentrando la sua attenzione maggiormente sull’aura di suo padre.
Da qualche metro prima che arrivasse troppo vicino a suo padre, scagliò un’onda non molto potente verso la sua figura, sparendo nell’ombra della polvere creata e azzerando la sua aura.
Fu solo allora che Vegeta aumentò, di quel che bastava la sua concentrazione, assumendo una posizione visibilmente più attenta, guardando a destra e sinistra.
In un millesimo di secondo si accorse che Trunks stava per colpirlo dalle spalle, materializzandosi dietro di lui, sentendo l’aura man mano aumentare dallo sforzo del pugno che stava per tirare.
Gli sfiorò il volto e subito Vegeta, per puro istinto, gli tirò un pugno nello stomaco, facendogli sputare saliva rossastra, mentre si accasciava a terra con le mani nel punto preciso in cui sentiva nascere il dolore.
Per non sfigurare davanti a suo padre, si alzò, sia pur vacillando, mostrandosi pronto a riprendere la partita.
«Bella mossa moccioso. Ma non illuderti che potrai sconfiggere i tuoi avversari con questi insulsi trucchetti» asserì, riacquistando la compostezza.
Trunks si rimise in guardia, dopo essersi pulito con un braccio il rivolo di saliva che ancora usciva dalla sua bocca.
«Sei ancora poco robusto. Non credo sia una buona cosa allenarti già con me» sancì.
«Non è vero! Io sono forte! E posso farcela anche se sono piccolo!» urlò disperato il sayan, sentendosi colpito nel più profondo dell’orgoglio.
«Bada che non sto usando nemmeno l’1% della mia forza. Sicuro di voler fare sul serio?» sorrise malizioso.
«Certo che voglio fare sul serio! Se non inizio ad allenarmi seriamente non diventerò mai più forte di te» asserì, facendo scattare nel padre una valvola che sprigionava orgoglio e dignità ovunque nelle sue membra. Sapeva quanto Trunks fosse fiero della forza che lui possedeva, ma non pensava che fosse capace di palesare i suoi pensieri in un modo tanto spudorato.
Le sue labbra si curvarono, invisibili agli occhi del figlio, mentre si perdeva in ricordi tanto remoti, vedendo lui stesso comportarsi così al palazzo reale su Vegeta – sei quando veniva sottoposto ad ardui allenamenti.
Con l’unica differenza che lui non aveva mai combattuto con suo padre a causa dell’imminente sua concessione a Freezer.
«Mi spieghi perché ti ostini a voler combattere da subito con me? Goten non è alla tua altezza?» chiese, consapevole che mai il figlio di una terza classe avrebbe potuto competere con il figlio del principe dei sayan.
«Goten è abbastanza forte, ma il suo livello l’ho superato. Vorrei allenarmi anche con persone più forti per migliorarmi. Se combatto sempre con Goten il mio livello non potrà mai alzarsi» asserì Trunks, ripensando brevemente ai pochi allenamenti fatti con l’amico più piccolo.
«Se proprio ci tieni» esordì, prima di scattare all’attacco contro il figlio.
Vedendo suo padre avanzare verso di lui, un po’ spaesato non fece altro che portare le braccia incrociate di fronte al viso per proteggersi dal potente pugno che gli sferrò in pieno volto, per poi scattare più lontano, riacquistare la concentrazione e prendere stavolta l’iniziativa, gettandosi contro il principe.
Una serie di colpi si susseguirono senza sosta senza provocare la benché minima preoccupazione da parte del sayan di pura razza che ora ghignava di fronte a quella piccola furia che si era scatenata ma che non riusciva ancora a colpirlo decentemente.
Trunks continuava imperterrito, visibilmente irritato dacché digrignava i denti e sferrava colpi alla rinfusa.
Bastò un solo istante a fargli scemare tutta quella grinta e concentrazione: sentì distintamente il sapore del sangue invadergli le papille gustative e percorrergli lento la parte destra delle sue labbra sino ad arrivare alla gola, quasi solleticandolo.
Il dolore lancinante non gli permise nemmeno di rendersi conto che il padre gli aveva sferrato un pugno non dosato in pieno volto, facendolo scaraventare contro una roccia e che si frantumò nello stesso istante.
Non fece in tempo a provare l’ebbrezza provocata dal terreno soffice di quella vasta distesa d’erba, che sentì chiaramente un ginocchio entrargli nella bocca dello stomaco, tanto forte da credere quasi che avesse toccato direttamente i suoi organi interni.
Si schiantò contro un albero che venne brutalmente sradicato, attutendogli però l’impatto contro un altro monte che miracolosamente rimase intatto.
Scivolò lungo le pareti rocciose quasi privo di senso, con un dolore che non seppe definire da dove precisamente derivasse, prima di atterrare quasi dolcemente, come se si fosse tuffato da quella montagna di proposito, tra l’erbetta ai suoi piedi.
Era decisamente distrutto, e si accorse a stento che il sole che gli stava illuminando il volto, come per marcare volutamente i segni di dolore che modificarono i suoi lineamenti, era stato oscurato dall’avanzare lento di suo padre che, in un attimo, fu di nuovo di fronte a lui.
Vegeta lo squadrò senza smuoversi minimamente, e i suoi occhi assassini parevano essere ad un’altezza maggiore di quella che solitamente si vedeva, data la misera stazza di Vegeta, dacché ora Trunks si ritrovava ad osservare suo padre da una prospettiva diversa dal solito.
Lo spazio che divideva i loro volti pareva un abisso interminabile, e sembrava evidenziare quanto lunga e tortuosa sarebbe stata la sua strada, prima di arrivare al livello di suo padre.
Dopo quelle inopportune elucubrazioni, che non fecero altro che acuire i suoi già tumultuosi sentimenti di vergogna e delusione, si sentì improvvisamente invaso da un oblio troppo denso e concreto per dargli il tempo di alzarsi e riscattarsi di quell’umiliazione.
Quindi chiuse gli occhi, ormai totalmente inerme mentre gli parve di sentire flebilmente parole di rimprovero da parte del genitore, che includeva un “alzati” e “nemico”.
Poi il nulla.
 
 ***
 
Sbatté gli occhi più volte prima di mettere a fuoco il luogo decisamente troppo illuminato in cui si trovava. Sentiva indistintamente delle urla provenienti da non molto lontano dal soffice elemento – forse un divano - che lo stava ospitando.
Si alzò di scatto quando i ricordi di uno scontro in cui erano stati protagonisti suo padre, lui e il suo sangue, gli balenò in mente come un fulmine in un cielo limpido, colpendolo in pieno.
Ma forse non era la metafora di quel fulmine aveva sentito tangergli le membra. Erano altri dolori, oltre a quelli fisici, che lo stavano martoriando più di quanto suo padre avesse già fatto: capì che non ce l’aveva fatta. Aveva miseramente fallito e si era permesso di svenire proprio quando suo padre aveva iniziato a fare sul serio.
Un debole ed insulso moccioso mezzosangue. Così l’avrebbe definito Vegeta.
La frustrazione divenne l’unico concreto dolore che riuscì a percepire, molto più degli altri, e che gli serpeggiava senza pietà sulla pelle, lasciando una scia rovente.
Portò una mano sul capo, strizzando gli occhi e sperando di riprendersi mentre iniziava a riconoscere l’origine di quelle urla strazianti e di rimprovero.
Sua madre imprecava contro Vegeta sbracciandosi e dimenandosi, intenzionata a ricevere una buona motivazione sul perché suo figlio fosse ridotto in quella maniera.
«Perché diamine gli hai fatto così male Vegeta! Doveva essere un allenamento!» abbaiò la donna.
«Sei proprio irresponsabile! Maltrattare di questa maniera tuo figlio, ma non ti rendi conto di quello che fai? Sei uno scimmione senza scrupoli, maniaco della guerra e che osa coinvolgere anche suo …».
«Dannazione smettila una buona volta Bulma!» ringhiò il sayan, che ora aveva imprigionato la donna tra le sue braccia sbattendola contro il muro.
I loro volti erano ad un centimetro di distanza e tra il poco spazio che vi era tra i loro occhi sembravano esserci scosse di elettricità, seppur negli occhi di Bulma potevano intravedersi i segni di una lieve paura.
«Siete stati tu e quel dannato moccioso a chiedermi quell’allenamento e diversamente da come succede su questo insulso pianeta, io sono stato allenato in condizioni peggiori di quelle di Trunks. Mio padre non si fermava ogniqualvolta io cadevo per terra o vedesse del sangue uscire da qualche parte del mio corpo. Mio padre quando scorgeva alcune debolezze da parte mia, o semplicemente quando sanguinavo, ne approfittava per colpirmi ancora, fregandosene se sarei potuto soccombere. Se mi avesse ammazzato sarebbe significato che non ero all’altezza di essere il principe di quella stirpe. Quindi dovresti ringraziarmi che tuo figlio è ancora vivo. Avrei potuto fargli molto più male» inveì Vegeta in preda all’ira, lasciando scorrere del tempo prima di parlare di nuovo.
«Se vuol’essere allenato da me, deve accettare queste condizioni» fiatò.
«Nessuno ti ha detto di fermarti!!»
Una voce vibrante, che molto si avvicinava a quella di un bambino prossimo al pianto, si udì dal soggiorno.
All’unisono i due consorti si girarono, con la differenza che Vegeta lo perforò con lo sguardo, visibilmente destato, e Bulma si portò una mano sulle labbra constatando la gravità delle ferite e dei lividi comparsi sulla nivea pelle di suo figlio.
«Non dovevi fermarti papà! Avresti dovuto svegliarmi e continuare!» gli occhi erano ormai lucidi.
«Non dire assurdità Trunks, se solo avessi provato a colpirti di nuovo, ora saresti nell’aldilà in compagnia di quella dannata terza classe» proferì.
Pur non essendo sicuro di aver capito a pieno il significato delle sue parole, Trunks continuò quella sfida vocale: almeno quella avrebbe voluto vincerla.
«Non diventerò mai forte se tu non mi alleni seriamente papà» frignò nervoso, assumendo inconsapevolmente quel cipiglio accigliato che da sempre aveva caratterizzato i lineamenti di Vegeta, e che riuscivano a sancirlo come suo figlio.
«Tsk! Ti ci vuole un allenamento fisico, prima di poter essere all’altezza di confrontarti con me» ci fu solo un istante di silenzio. Trunks non aveva appreso a pieno a cosa alludesse suo padre, aveva solo concepito il fatto che avrebbe dovuto sottoporre ad un arduo allenamento i suoi muscoli.
«Da domani in poi ti allenerai nella camera gravitazionale insieme a me» esordì, vedendo distrattamente la scienziata farsi blu in volto.
«Wow sul serio papà?» urlò con troppa enfasi il piccolo sayan, dimenticandosi del dolore che gli invadeva l’intero corpo.
Vegeta come di consueto non rispose. Si limitò semplicemente a scomparire nel buio pesto della camera superiore chiudendosi in bagno.
L’eccitazione che quelle semplici dimostrazioni d’affetto che il padre gli provocava, non gli fece accorgere che sua madre si era avvicinata a lui preoccupata, mettendogli una mano sulla fronte e accarezzandogli poi le guance.
«Come stai tesoro?» disse, cercando di respingere le lacrime.
«Sto bene mamma non preoccuparti» sorrise ingenuamente «ho solo bisogno di un bagno caldo e di una buona dose di carne».
Bulma abbozzò un falso sorrisetto. L’angoscia di vedere suo figlio in quelle condizioni non riusciva ad eliminarla.
Sapeva che Vegeta sul suo pianeta era stato allenato in condizioni disastrose. Sapeva che i sayan avevano la pellaccia dura e che un solo pugno o calcio non sarebbe riuscito a far loro male più di tanto. Ma forse Vegeta si era dimenticato che nelle vene di Trunks scorreva anche il sangue di una gracile ed insulsa terrestre, e che non sarebbe mai stato un vero e proprio sayan.
Suo figlio avrebbe dovuto allenarsi gradualmente, cercando di avere tutta la comprensione possibile da parte di un padre, sia pur poteva essere un discorso paradossale per un sayan spietato che in passato aveva massacrato senza scrupoli milioni di galassie.
Trunks era stato in parte abituato alla pacifica vita della Terra, ed allenamenti così ardui erano pericolosi.
Almeno se visti da un punto di vista terrestre …
Oltretutto ora Trunks andava a scuola. Non poteva permettersi di svelare la propria mezza natura, presentandosi massacrato di ferite mortali e ancora vivo.
Durante queste destanti elucubrazioni, vide suo figlio dirigersi verso il frigo nelle sue piene facoltà fisiche.
Ma corrugò la fronte e assunse la sua solita posa da donna impertinente.
«Trunks!» chiamò, facendo arrestare la sua avanzata felina «Devi disinfettarti quelle brutte ferite! Poi devi lavarti e solo dopo potrai iniziare a mangiare» esordì autoritaria con un lieve sorriso stampato sulle labbra rossastre.
Obbediente come sempre, vide suo figlio tornare indietro un po’ accigliato.
«E va bene …» disse, vedendo poi di fronte a sé una Bulma autoritaria con le braccia sui fianchi e il mento alto, ma che poi improvvisamente sentì il rumore di un bacio schioccare sulla chioma folta di quei capelli viola.
Il giorno dopo avrebbe dovuto fare i conti con il suo corpo se si fosse ribellato anche questa volta. Non avrebbe deluso suo padre per niente al mondo. Dunque decise di andare a letto più presto del solito, cercando un modo per far passare velocemente la mattinata a scuola.
Avrebbe parlato con Goten, dicendogli tutto ciò che aveva fatto con il padre e quello che avrebbe fatto nel pomeriggio.
Una cosa era certa: fremeva come il giorno in cui suo padre aveva accettato di allenarlo, seppur quel pomeriggio lo aveva massacrato e aveva imposto la sua suprema autorità con la sua forza smisurata, marcando la differenza abissale che vi era tra lui e il suo moccioso mezzosangue.
 
 
 
 



 
 
 
E con un tremendo ritardo ecco qui il nuovo capitolo ^^’
L’ho scritto con parecchia fretta, quasi tutt’una volta dacché mi sono presa una settimana di pausa a causa della gita, oltre che allo studio per poter affrontare dignitosamente le simulazioni delle prove d’esame X°D
Spero di non tardare più di questa maniera (me si scusa miseramente). Spero che comunque sia il capitolo sia abbastanza discreto da scusarmi :D
Un bacio a tutti e grazie mille a chi segue costantemente questa fiction ^^

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Capitolo 8
*** Terrestri paure di un saiyan ***


Si svegliò con dolori ovunque, pulsanti e lancinanti ad ogni minimo movimento che osava fare.
Aveva sperato che la notte lo giovasse, ma a quanto pare la gravità delle ferite e delle probabili ossa lesionate iniziava a sentirle solo in quell’istante.
La notte era stata atroce, la peggiore che avesse mai passato nella sua breve vita.
Sentiva opprimente il male alle costole che non gli permettevano di respirare in maniera normale e sentiva tirare ogni muscolo del suo corpo accostandosi agli altri dolori che non riusciva ad identificare in un punto ben preciso.
Si mise in posizione seduta, muovendo il corpo come per cercare di scacciare quel male. O almeno per abituarsi ad esso.
Era forse quello il prezzo da pagare per allenarsi con suo padre?
Se ne fregava. Lui non doveva arrendersi proprio ora che Vegeta aveva deciso di fare sul serio. Non si sarebbe mai tirato indietro, arrecando una profonda delusione anche in suo padre.
Lui era il figlio del principe dei saiyan, se lo ripeteva sempre.
Avrebbe continuato a seguire quegli ardui e micidiali allenamenti anche a costo di perdere la vita.
Senza che nemmeno se ne fosse accorto, aveva accigliato lo sguardo, gli occhi curvati in un taglio sadico sin troppo conosciuto, e lo sguardo penetrante e serio.
Non poteva esserci male peggiore di un orgoglio che brucia dalla sconfitta. Solo il fatto che suo padre avesse acconsentito ad allenarlo, gli permetteva di restare lucido e di dimenticarsi di quelle pulsazioni dolorose e incessanti.
Con un colpo netto afferrò i lembi delle garze, con le quali la sera prima Bulma gli aveva accuratamente avvolto braccia, gambe e fronte, e li strappò, riducendoli a brandelli bianchi, chiazzati in parte dal suo sangue.
Nell’istante successivo sentì la porta aprirsi. Era sua madre.
«Cosa ci fai in piedi, Trunks?» parve più come un rimprovero.
«Non lo vedi? Mi preparo per andare a scuola» disse, mai stato così serio sino ad ora.
Era incazzato con se stesso, con la sua debolezza e con la parte terrestre che serpeggiava in lui servendosi delle sue vene.
«Non ci pensare proprio! Torna a letto. Non vedi come sei ridotto?» Bulma era diventata ormai isterica, pronunciando ogni parola con toni assurdamente squillanti.
Trunks si girò per guardarla in faccia e nello stesso istante Bulma portò il capo all’indietro, come per indietreggiare, sentendo un brivido non proprio sconosciuto.
Gli occhi di suo figlio sarebbero potuti essere la reincarnazione dell’inferno se solo non ci fosse quel tenue colore che allontanava di poco quel senso di sgomento e terrore che da anni aveva riscontrato nel padre di suo figlio.
«Io. Devo. Andare. A. Scuola» sentenziò fermo, continuando a squadrare sua madre.
Non poteva assolutamente permettersi di mancare a scuola. O meglio di restare a casa in stato di convalescenza sotto gli occhi del padre.
Non voleva dimostrarsi inadatto a quei tipi di allenamento, e il modo migliore per dimostrarlo in quel frangente era andare a quella dannata scuola.
«Amore è successo qualcosa? Perché sei così nervoso?» chiese Bulma, meno autoritaria perché probabilmente spaventata.
«No. Oggi a scuola è una giornata importante. Non posso perdermela» concluse prima di congedarsi e andare in bagno.
“Questa è opera di suo padre” pensò irata la donna.
Poi però le sfuggì un sorriso.
“Certo che Trunks somiglia giorno dopo giorno a Vegeta. Spero che non terrorizzi la gente con quello sguardo glaciale. Se non fosse per il colore dei suoi occhi, avrei potuto scambiarlo per suo padre” disse, con un pizzico di orgoglio.
“Spero solo che non si risvegli del tutto la sua metà da saiyan … ” sospirò.
 
 
«A dopo mamma» Trunks salutò, prima di scendere dalla macchina.
«Aspetta Trunks! Vedi che viene tuo padre a prenderti oggi, io non posso. Ho una riunione importante» annunciò Bulma.
«Non è necessario che venga. Torno a casa da solo» disse lui, conscio che il padre non avrebbe preso bene questa notizia. Lui sapeva badare a se stesso.
«Ricordati di quello che ti dissi Trunks. Ho già discusso ieri sera con tuo padre» disse ferma, dandogli un bacio sulla fronte per augurargli buona giornata.
«Come vuoi. Ma non c’era bisogno» ultimò, sorridendola forzatamente.
Sbatté lo sportello della macchina e questa poi sfrecciò, sparendo nell’orizzonte sotto gli occhi attenti di Trunks.
«Ciao Trunks!».
Una voce che il piccolo saiyan conosceva sin troppo bene – appartenente all’unico coetaneo con cui aveva a che fare – lo chiamò con foga, sentendo che si stava man mano avvicinando.
«Ciao Goten» si voltò sorridente.
L’altro divenne serio all’istante quando guardò l’amico in volto non appena si girò.
«Stai bene Trunks? Cosa ti è successo?» disse, senza rivelare molta preoccupazione.
Trunks all’inizio fu un po’ spaesato, ma ricordando poi il dolore che ora sentiva con molta meno evidenza, ricordò della sanguinosa lotta con il padre.
Dopotutto non si era ancora guardato perfettamente per constatare quanto gravi potessero apparire le ferite.
Si guardò distrattamente, celando quell’interesse che gli suscitò l’amico.
Per quel che vedeva aveva molteplici graffi sulle braccia, ormai chiuse dal sangue coagulato in croste più scure, oltre a qualche livido sparso qua e là.
Si toccò in volto, lì dove sentiva il dolore più forte.
Oltre agli svariati graffi che sentì ruvidi sotto le mani lisce, notò che aveva un labbro un po’ spaccato e una cicatrice vicino l’occhio destro. Poi probabilmente negli altri punti dolosi vi era qualche altro livido.
«Mi sono allenato con mio padre» sorrise orgoglioso «Da oggi in poi mi allenerò sempre con lui sai?».
«Wow ma è fantastico!» disse l’altro saiyan, senza pensare minimamente che sarebbe potuto essere un po’ azzardato.
«Io mi alleno solo con mamma. Gohan è molto occupato con la scuola» disse abbassando il capo, triste che lui non poteva seguire gli stessi allenamenti dell’amico «Continueremo a vederci, vero Trunks?» lo guardò speranzoso.
«Ma certo che sì! Così ti farò vedere come sono diventato forte» disse elettrizzato, suscitando la stessa reazione nell’amico.
«Evviva!» saltò.
Il suono della campanella richiamò la loro attenzione, così entrambi si voltarono per verificare che tutti entrassero, per poi prendere i rispettivi zaini e catapultarsi all’ingresso.
«Ci vediamo nell’intervallo Trunks!» salutò Goten, elargendo un ampio sorriso.
«Certo! A dopo!».
Trunks si avviò nella sua classe, riacquistando involontariamente quel solito cipiglio nervoso e quello sguardo perforante.
Fortunatamente la maestra ancora non c’era, così andò con calma a sedersi al suo posto.
Nonostante avesse appoggiato la testa sul banco, sentì distintamente gli occhi di tutti i suoi compagni su di sé, cominciando a divenire alquanto nervoso.
Prima di prender provvedimenti poco consoni e adatti alla situazione in cui era, percepì l’aura della maestra avvicinarsi, conscio che lei avrebbe attratto l’attenzione di tutti quanti su di sé.
Difatti dopo qualche secondo ella fece il suo ingresso all’interno della classe, con la solita aria apparentemente contenta e socievole.
«Buongiorno bambini» salutò cordialmente, guadagnandosi la loro attenzione, come previsto da Trunks.
«Buongiorno maestra» dissero in coro.
«Bene, preparatevi ragazzi perché oggi interroghiamo» disse senza lasciare un istante il suo sorriso, così da non indurre agitazione.
“Interrogazione?” pensò Trunks, sbirciando con indifferenza per sapere di cosa si trattasse.
«Vediamo … vorrei provare a sentire Trunks. Non ti metterò il voto tranquillo, vorrei solo che ti orientassi e capissi come vengono effettuate le verifiche» annunciò, invitandolo a raggiungerla.
Trunks alzò controvoglia la testa, continuando a guardare la donna dal sorrisetto facile che gli ripeteva di andare da lei.
“Ma cos’ha in mente questa qui?!” pensò mentre si alzava e si incamminava.
Poi tutto cambiò.
Un solo sguardo quella donna si era permessa di dedicargli - non avendolo notato all’entrata - ma che bastò a farle cambiare espressione in maniera radicale, come non era mai successo.
Trunks vi vide sgomento, preoccupazione, tristezza, tutti raccolti in un’unica espressione indecifrabile che mai aveva visto su quel volto sereno e gentile.
«Oh santo cielo Trunks! Ma che ti è successo figliolo? Sei caduto? Stai bene?» iniziarono raffiche di domande.
«Niente di tutto ciò» borbottò, evitando tutta quell’enfasi usata dalla maestra.
La donna gli si avvicinò quasi correndo, come per verificare l’autenticità delle ferite orride e fresche che vide sulle braccia e sul viso del bambino.
Gli afferrò un braccio con delicatezza e lo scrutò, accarezzandogli lievemente le ferite.
«Cos’è successo Trunks?» il tono dell’espressione cambiò.
Non sembrava più preoccupata. Sembrava piuttosto irata, sull’orlo della rabbia e dell’indignazione. La mente della donna saettò verso l’unico e plausibile movente di quella situazione.
La sua famiglia, o meglio, suo padre.
Ricordava perfettamente tutti i movimenti dell’uomo in questione quando lo scovò nel bel mezzo di una lite con sua moglie. Più che una lite, quella si avvicinava più ad una lotta violenta.
L’aveva scaraventata a terra e poi alzata dal collo, sputandole in faccia parole minacciose, acuite maggiormente dalla severità del suo sguardo penetrante.
Rabbrividì al solo pensiero di Trunks tra le mani di suo padre, mentre gli procurava tutte quelle ferite. Non ne era certa, ma non c’era nessun altra spiegazione.
Nessun incidente poteva esser così brutale da arrecare tutte quelle ferite.
«Devi andare in infermeria piccolo. Non puoi stare così» quasi ordinò, con voce tremante e squillante.
«Tsk! Non ci penso proprio. Ha già fatto tutto mia madre» annunciò.
Fu quell’indifferenza e quelle poche parole che le fecero comprendere tutto.
Il bambino aveva detto sua madre. Non i suoi genitori.
Era ovvio che il padre fosse rimasto indifferente di fronte a tutto ciò. E l’unico motivo era perché ne era il colpevole.
Aveva fatto bene a preoccuparsi di Trunks sin dall’inizio, e aveva fatto bene a dubitare della sua famiglia disastrata.
Trunks vide il volto della maestra assumere diverse espressione, fino a rendere i suoi lineamenti seri e imponenti.
«Bambini fate i bravi, esco un attimo qui fuori. Con Trunks» rivolse lo sguardo al bambino che teneva per mano, invitandolo ad uscire.
Non appena chiuse la porta della classe, ritornò a guardare il piccolo saiyan, cercando di mantenere un tono fermo ma che non lo destasse o preoccupasse.
«Trunks, se hai qualche problema, qualsiasi problema, ti prego di parlarmene. Qualcosa che non vorresti dire a nessuno per paura di essere giudicato, qualcosa che non puoi permetterti di dirti, sappi che non ne farò parola con nessuno, ma cercherò di aiutarti» dichiarò.
Trunks la guardò stranita, cercando di leggere in quelle parole, il significato nascosto e che smascherasse quel viso severo e autorevole.
Lui era un saiyan, un piccolo guerriero. Era normale che incidenti del genere accadessero.
Ma forse agli occhi degli umani, un bambino ferito e pieno di ematomi, non era un bello spettacolo.
Trunks era un bambino molto scaltro, voleva tutelare la sua famiglia cercando di mantenere il segreto sui saiyan e sul suo sangue metà alieno, ma non voleva destare dubbi a riguardo.
«Stavo giocando con un amico, vicino casa sua, tra le montagne. Mi sono sporto un po’ troppo e sono caduto. Niente di grave» disse con indifferenza teatrale.
La maestra lo guardò con un occhio sbieco, come volesse comprendere se quella fosse la verità o se il bambino stesse mentendo.
Di sicuro se lo stava facendo, era un buon attore.
Sembrava convincente, ma volle scavare più in fondo.
«Come ti viene in mente di andare a giocare tra le montagne Trunks? Non ti basta stare qui in città?»
Trunks la guardò inarcando le sopracciglia e diminuendo l’angolatura dei suoi occhi, divenuti tremendamente uguali a quelli di suo padre.
Era visibilmente nervoso, e voleva togliersi di torno quelle domande improprie a cui non poteva permettersi di rispondere, o perlomeno di sbagliare risposta.
«Vado a giocare sempre da Goten. E’ il mio migliore amico e lui abita sul monte Paoz» sbuffò.
Ora ciò che vide furono due occhi enormi, aperti al massimo, visibilmente sbalorditi.
«C-cosa? Go-Goten abita sui monti Paoz? Così lontano?» quasi urlò, avvicinandosi al viso del bambino.
«Si» rispose il saiyan, portando le braccia sui fianchi e rivolgendo lo sguardo altrove.
«E come fa a venire qui ogni mattina? E’ lontanissimo?»
«Hanno un mezzo molto veloce» ultimò lui, seccato.
«Ah … » si appoggiò al muro, la voce vibrante, calcolando velocemente quanto dovesse esser veloce quel mezzo per arrivare a scuola in un tempo accettabile.
Scrollò la testa, ricordando che il discorso doveva essere un altro, e invece stava prendendo pieghe inutili e superflue.
«D’accordo Trunks, voglio crederti. Ora non vorrei essere indiscreta con questa domanda, ma mi sento obbligata a fartela … » lo guardò, catturando il suo sguardo.
«E’ tutto a posto in famiglia?» disse cauta.
Il saiyan sussultò, conscio che il tarlo del dubbio si era già instaurato nella mente della terrestre.
«Perché mai dovrebbe andar male?»
«Hai dunque un buon rapporto con tua madre e … tuo padre?» continuò lei, ingoiando un grumo di saliva rumoroso dopo l’ultima parola.
«Sì. Non vedo cosa centri ora questo discorso. Le ho spiegato il motivo per cui mi sono fatto male, la mia famiglia non centra niente» disse, svelando lievemente la sua preoccupazione nei riguardi della tutela della famiglia. Non voleva assolutamente che uscisse fuori quel discorso, ma fu molto imprudente a dichiarare cose non espressamente dette dalla maestra.
E lei, che per parlargli si era lievemente chinata per guardarlo in volto, ora si alzò, conscia che era vicina alle risposte che cercava.
«Potresti cortesemente far venire a scuola i tuoi genitori? Tranquillo non ho nessuna notizia cattiva da dar loro, ma vorrei semplicemente conoscerli meglio» sorrise falsa.
«Mia madre verrà con grande piacere» quasi ghignò lui.
«E tuo padre?»
Ci fu un attimo di silenzio, spezzato solo dal battito del cuore incrementato della maestra quando Trunks gli rivolse il più minaccioso e spietato degli sguardi.
«Mio padre lavora. Lui non verrà. Ora la prego di smetterla con queste domande» continuava a fissarla, gli occhi ormai due buchi neri.
La donna sospirò, chiudendo lievemente gli occhi e portando le braccia sui fianchi, in segno di resa.
«D’accordo».
 
 
 
 
 
La giornata era stata alquanto faticosa, nonostante non avesse mosso un solo muscolo. Sentiva la pesantezza di quella situazione insolita per i terrestri, sopprimergli la testa come un macigno, come se qualcuno la stesse volutamente calpestandolo, costringendolo a mantenere la guancia sul banco a cui era rilassatamente appoggiato.
Aveva scavato nel profondo delle sue membra, quella maestra, penetrandogli l’interno del suo corpo direttamente dagli occhi, e man mano che scendeva alla ricerca di risposte, probabilmente aveva iniziato a sentire il retrogusto estraneo del suo sangue, un insolito sapore che l’avrebbe stordita sino a renderla irrazionale e farle credere che davvero quel bambino non era poi così tanto umano, non se riportasse tutte quelle ferite orride.
Non poteva essere normale, oppure era stato ben medicato.
Le preoccupazioni salivano e la maestra non riusciva a staccare gli occhi da Trunks nonostante questi non gli stesse rivolgendo nemmeno i più lontani pensieri, sommerso com’era nelle sue elucubrazioni, oltre che dai suoi capelli lilla che dolcemente sfioravano il banco.
Il macigno si disintegrò al suono della campanella e non gli diede nemmeno il tempo di dissolversi che già Trunks era arrivato a metà classe, pronto per tornare finalmente a casa.
Sentiva gli occhi curiosi di quella donna puntati su di lui mentre cercava di raggiungere l’uscita in maniera non esageratamente veloce, provando a mantenere ritmi nei limiti del terrestre.
Cercò di mimetizzarsi in mezzo a quella confusione, cercando di farla disorientare affinché lo perdesse di vista.
Ma dopotutto non era difficile riconoscerlo anche nella mischia, dati i suoi capelli insoliti.
Improvvisamente sussultò, destato da un particolare che aveva dimenticato e che sarebbe stato fatale per qualcuno se non avesse trovato una soluzione rapida.
Sentiva la misera aura della sua maestra avvicinarsi, quasi per seguirlo ansiosamente. Ma ciò che più gli premeva – specie per salvare vite innocenti - era che quell’aura smisuratamente grande non si avvicinasse più di tanto.
Con tutti quegli imprevisti e quelle domande indiscrete, aveva dimenticato che oggi all’uscita avrebbe trovato proprio il protagonista di quelle discussioni accese. E se non fosse riuscito a scappare senza né destare dubbi, né evitare di far riconoscere la sua parte aliena, quella donna impicciona avrebbe fatto una brutta fine, uccisa dallo stesso fuoco che aveva appiccato i suoi sospetti e le sue curiosità.
Sentì l’aura di suo padre ormai vicino e fermo fuori dalla scuola, troppo grande da fargli quasi pensare che fosse già accanto a lui.
Uscì con il collo già allungato per cercarlo, senza perdere tempo prezioso.
Guidato dall’istinto del suo sesto senso percettivo, saettò verso Vegeta, nella speranza che quell’incosciente della sua maestra non l’avesse seguito.
Come immaginava: gli occhi di tutti i presenti erano puntati sulla sagoma piccola ma troppo possente di suo padre.
Bulma gli aveva raccomandato di non venire in volo, ma, ovviamente, non le aveva dato ascolto.
“Non me ne frega di cosa pensano i terrestri”le aveva risposto.
“Vegeta non puoi far capire a tutti che sei un saiyan! Cosa penseranno? Vorrai forse scatenare il panico se mai sia dovessero ricordarsi che tu, tempo fa, avevi minacciato le loro vite annunciando che avresti fatto saltare in aria il pianeta?” aveva strillato lei, priva di lucidità e preoccupata della reputazione del figlio.
“Perché mai dovrei fingermi terrestre se non lo sono?”le si era avvicinato, senza permetterle di abbassare la vista“Io sono un saiyan, Bulma, è bene che tu non lo dimentichi. Mai. Non illuderti di cambiarmi o non illuderti che io possa fingere di essere un insulso umano solo per non scatenare i panico. Tu e la gente di questo pianeta dovreste ringraziarmi per essere ancora vivi. E ricorda che il terrore scorto negli occhi altrui, non è altro che la mia gloria; per cui, perché dovrei preoccuparmi di nascondere la mia identità?” curvò le labbra nel suo solito ghigno maligno, notando lo sconforto di lei.
“Non ho dimenticato chi sei Vegeta, anche perché se tu non fossi quello che sei, non ti amerei al punto da rovinarmi la vita”gli aveva sussurrato, approfittando del fatto che fossero soli in casa, in modo da poter acuire la dose di dolcezza delle sue parole“Puoi continuare a spargere sangue per tutte le galassie se vuoi, io non smetterò di amarti. Ma ti chiedo solo di non rovinare l’infanzia di tuo figlio” e se n’era andata, senza nemmeno dargli il tempo di controbattere. Ma sapeva che non l’avrebbe fatto.
La conclusione era stata quella di atterrare una dozzina di metri prima della scuola per non far sorgere dubbi, confermando a se stesso che l’aveva fatto solo perché non voleva più sentire lo starnazzo di quella donna.
Ma ovviamente, non era stato del tutto invisibile.
«Era ora che arrivassi Trunks. Già non ne potevo più di questi terrestri ammucchiati» proferì, a braccia conserte per non cedere alla voglia di mettere a tacere quelle bocche curiose, mentre guardava a destra e a sinistra.
«Dai papà presto andiamo» Trunks quasi non lo considerò, cercando di trascinarlo da un braccio ma senza irritarlo troppo. «Sarà meglio che non ci facciamo vedere che voliamo, andiamo a nasconderci da qualche parte prima di partire, altrimenti chi te la sente la mamma» continuò frettoloso, cercando di percepire se la maestra gli era alle calcagna.
Ignorando l’agitazione che aveva scorto nel figlio, Vegeta lo guardò con un occhio sinistro, comprendendo che c’era qualcosa che non andasse.
«Tsk! Me ne frego di questi terrestri» ringhiò, pronto a balzare in aria davanti a tutti, a dispetto della sua precedente premura nell’atterrare.
Ma come non si sarebbe mai aspettato, suo figlio l’aveva trattenuto a terra, utilizzando parte della sua piccola forza immensa, inavvertibile all’esterno.
«Come osi Trunks? Si può sapere che ti prende? Vedi se ti calmi se non vuoi che mi innervosisca, e sai bene che non ti conviene incorrere nella mia ira in un luogo così affollato» ribadì il saiyan, costruendo pezzo per pezzo la sua figura da sterminatore davanti al figlio, ogni minuto che passava della sua vita.
«Papà ti prego, non farti vedere» aveva quasi implorato Trunks.
Con un ringhio di disapprovazione, e aveva soppresso parte del suo istinto omicida, decise di assecondarlo, valutando che in fondo aveva ragione circa quanto era stato detto su sua madre.
Con un sospiro di sollievo, sentendo che l’aura di suo padre era diminuita in seguito alla sua decisione di non librarsi in aria, portò lo sguardo verso l’istituto, per vedere se in qualcuno era sorto qualche dubbio.
Ma l’unica cosa che vide fu la miscela di rabbia e indignazione, concreti e visibili nei lineamenti di quel viso che aveva assistito a tutta la scena. L’unico che Trunks aveva sperato che non li vedesse. Ma ciò che più preoccupò il saiyan non era la frustrazione e l’ira crescente nella donna: vi individuò qualcosa di molto più grande dello sdegno su quel volto niveo, tanto enorme da non riuscire a sopraffare la rabbia e non indurla ad intromettersi nella discussione; la stessa cosa che la stava tenendo pietrificata e congelata al pavimento, quasi tremante. La sua maestra era stata pervasa da un terrore immenso quando aveva avvistato la presenza di Vegeta, ma ancor di più vedendo i suoi comportamenti e la troppa vicinanza e arroganza nei confronti di suo figlio.
Ma forse era meglio così; agghiacciata com’era non avrebbe potuto muovere un solo passo nella loro direzione, salvando in questo modo la sua vita … e quella dei presenti.
 
 
 
 
 
Arrivò a casa esausto e spossato, come quando aveva appoggiato la testa sul banco, stanco di un’astratta fatica non compiuta.
Si gettò sul divano e ci ritornò anche dopo aver pranzato.
Quella giornata a scuola era stata la più infernale di tutte. Peggio di quando la maestra di matematica spiegava per ore, peggio delle pause passate nel giardino. Peggio del nugolo di bambini schiamazzanti riuniti davanti a scuola sia all’entrata che all’uscita.
Per la prima volta aveva sentito davvero il dovere di difendere la sua famiglia … sua madre.
Si era sentito responsabile di una colpa non propria, come volesse attribuirsi il male attuato da suo padre e il suo menefreghismo.
Aveva sentito una diversa adrenalina scorrergli nelle vene; non quella che si dilagava in lui quando combatteva. Aveva un’essenza strana, tendente più alla preoccupazione e per la prima volta aveva provato paura.
Nessun nemico sarebbe mai stato temibile, quanto una terrestre che cercava di smascherare verità paurose, mettendosi indirettamente contro l’unica persona in grado di far sparire per sempre la Via Lattea dall’universo. La sua maestra ostentava la voglia di rivalsa e la voglia di mettere le cose in chiaro. Ma davvero non sapeva quanto fosse rischioso solo azzardarsi a parlare con un uomo come Vegeta, un alieno, un saiyan … il principe dei saiyan.
Sapeva che un giorno o l’altro sarebbe successo, e ciò non faceva altro che spaventarlo.
Cosa ne sarebbe stato della famiglia Brief semmai suo padre avesse assassinato qualcuno anche sulla Terra?
Immerso nel suo continuo rimuginare, non si accorse di aver trascorso una buona mezz’oretta disteso sul divano, e non si accorse che suo padre si stava già dirigendo in giardino per i suoi assidui allenamenti.
Balzò in piedi dal divano, pronto a seguirlo. Si infilò le scarpe mentre suo padre aveva già aperto la porta pronto ad uscire, nonostante avesse capito che Trunks voleva andare con lui.
Ma non sentì suo padre varcare quell’uscio.
Alzò il capo e ciò che vide lo pietrificò, invaso da una sensazione molto peggiore di quella provata stamattina, molto più rovente e molto più dolorosa.
«S – salve signore, sua moglie è in casa per caso?»
La scintilla che sentì sfiorargli la miccia del cuore, prese improvvisamente fuoco, facendo scoppiare tutti i suoi organi interni, compresa la sua razionalità. Il sangue scaturito da quello scoppio sanguinoso si propagò in lui come una macchia d’olio nell’acqua, raggiungendo tempestivamente le sue guance e poi l’intero volto quando sentì la voce cristallina della sua maestra, tremante e a disagio, provenire proprio dalla soglia di casa sua, faccia a faccia con Vegeta.




 




Uuuh sono di nuovo in pauroso, tremendo, orribile ritardo X°D
Ma stavolta posso giustificarmi dicendo che sono nel bel mezzo degli esami XD :P
Il 29 finsicono e io non farò altro che dedicarmi alle mie storie :D e spero che questa notizia vi faccia piacere X°°°D
Comunque sia, fatti personali e pietose scuse a parte, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Mi è venuto un po più lungo del solito, forse sarà l ispirazione che si è ammucchiata in questi giorni XD. Spero sia così *_* pronta a scrivere, scrivere e scrivere :D
Grazie a tutti coloro che mi seguono =) siete fantastici. Un bacione particolare a Proiezioni Ottiche che continua a sostenermi nella scrittura oltre che nella vita.
Grazie davvero! I vostri meravigliosi commenti non fanno altro che spingermi a continuare a scrivere ^^ alla prossima :D

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