Aim for the Top! 1/2 - Star Driver

di KaienPhantomhive
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ≈ Capitolo 2: “Posso chiamarla ‘Signorina’?” “Non chiamarmi ‘Signorina’!”≈ ***
Capitolo 2: *** ≈ Capitolo 1: “Sarò un Topless!” ≈ ***
Capitolo 3: *** ≈ Capitolo 3: “Il mio ‘Seven Swell’!” ≈ ***
Capitolo 4: *** ≈ Capitolo 4: “Non voglio più essere un Topless!” ≈ ***



Capitolo 1
*** ≈ Capitolo 2: “Posso chiamarla ‘Signorina’?” “Non chiamarmi ‘Signorina’!”≈ ***


She’s a wave and she’s breaking,
She’s a problem to solve.

And in that circle she’s making…
…I will always revolve!

And on her sight,
These eyes depend.
Invisible and Indivisible…

That fire you ignited…
…good, bad and undecided…
…burns when I stand beside it!
Your light is ultraviolet!

Visions so insane!
Travel-unraveling through my brain!
Cold when I am denied it!
Your light is ultraviolet!
Ultraviolet…

 

  

Capitolo 2: “Posso chiamarla ‘Signorina’?” “Non chiamarmi ‘Signorina’!”

 
 
 
Tre giorni dopo.
 
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Silenziosamente, un lungo e sottile shuttle bianco sfrecciava nello Spazio curiosamente libero, da quando – nel 5.000 D.C. – la Terra aveva iniziato la colonizzazione del Sistema Solare, portando quel fastidioso traffico cittadino perfino tra le rotte avio-spaziali.
Il pianeta galleggiava muto come da milioni di anni, mentre il ciclopico anello orbitante dell’Equator Cancel ruotava lentamente su sé stesso, fissando il suo satellite lunare immacolato, dal cui Polo superiore svettavano le immense torri d’avamposto.
Il razzo nero/Dix-Neuf scortava l’aereo, precedendolo rapidamente a poche centinaia di metri.
 
L’innaturale silenzio venne bruscamente interrotto dalla vocetta acuta e petulante di un ragazzino, a bordo della navetta:
“Allora, siamo arrivati?!”
“No, Ryan.” – rispose l’uomo al suo fianco.
“Siamo arrivati?!”
“No…” – ripeté la madre.
“Siamo arrivati?!”
“NO!” – gridò lei, esasperata.
“E adesso?” – chiese nuovamente il bambino, con uno stupido e largo sorriso sornione stampato in faccia.
 
Sul sedile frontale, il giovane Sam Witwicky affondò la fronte nel palmo della mano:
“Continuo a non capire perché tu abbia concesso loro di venire con noi!”
Casio Takashiro, sul sedile di guida, gli sorrise sinceramente divertito, strizzandogli un occhio da sotto i sottili occhiali sportivi dalle lenti arancioni:
“Perché? Io li trovo simpatici!”
“Io li trovo inopportuni…” – bofonchiò il ragazzo; la guancia destra incollata contro il vetro della cabina.
“Oh, avanti! Cerca di capirli: per loro deve essere un grande onore avere per figlio un ‘paladino dell’umanità’, come continua ripetere tuo fratello da più di mezz’ora!”
“Beh, nessuno mi aveva mai detto che fare il Topless implica anche zero-privacy!”
Casio scosse la testa, bonariamente; poi cambiò discorso, rivolgendosi alla confusionaria famiglia alle sue spalle:
“Ehi, voi! Date un’occhiata di fuori!”
 
Ryan appicciò il naso all’oblò, esclamando:
“Guardate là! Cos’è?!”
 
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“Alla vostra destra…” – spiegò Casio, impettendosi come un Cicerone – “…potete ammirare il Vergil-Exelion! La più grande Nave Ammiraglia mai costruita dall’umanità: il suo scafo supera i trecentoventi kilometri! Date le dimensioni spropositate, sta venendo ultimata direttamente nella stratosfera; è talmente enorme che può essere avvistata perfino da terra! Ad ogni modo, dovrebbe essere pronta tra una decina di anni…”
“Dunque è quella!” – Ron Witwicky si compiacque di sé stesso, grattandosi il mento con una certa sentenziosità – “Ma certo, è quanto di più famoso ci sia al mondo! Sono quasi cento anni che è in costruzione; mio padre mi raccontava che era già lì, quando era bambino! Se non mi sbaglio, non è ancora in grado di muoversi per via degli ingenti costi di produzione per il suo Acceleratore Degenerativo: il ‘Progetto ALL-SPARK’!”
“Ah, vedo che lei è un intenditore, Signor Witwicky!” – si complimentò il Topless diciottenne – “E’ appassionato di Navi Spaziali, non è così?”
L’uomo sollevò la testa con orgoglio, iniziando a declamare con pompa magna i suoi titoli:
“Sai com’è, ragazzo mio: hai davanti a te il grande, celeberrimo, Ammiraglio della Terza Flotta Terrestre, Ronald…”
In pensione.” – preciso Sam, sorridendo di un’ironia sconsolata.
 
Infine Casio tagliò corto, iniziando la manovra di attracco:
“Siamo arrivati! Signori e signori…vi presento la Base Orbitale della Fondazione FRATERNITY! Benvenuti a Shiva!”
 
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Lo shuttle planò rapidamente sulle piste d’atterraggio laterali, estendendo sei blocchi d’ancoraggio, come un grande crostaceo meccanico.
Un pesante clangore metallico decretò l’approdo.
 
 
*   *   *
 
 
Venti minuti dopo. Gabbia Contenitiva n.13. Stazione Orbitale FRATERNITY.
 
“Che forza!” – il piccolo Ryan Witwicky si lasciò ondeggiare mollemente, incantato alla vista delle centinaia di sale, arredamenti ed aree della labirintica FRATERNITY – “Questo posto è incredibile! E’ talmente grande che potrei perdermi!”
“Tu ti perdi anche nel giardino di casa…” – Sam gli assestò un leggero scapaccione Lui si massaggiò la nuca, con un broncio poi non così offeso:
“Non sei divertente! Guarda che so benissimo dove vad-…oh!!”
Fu costretto ad interrompersi, nello sbattere contro una ringhiera metallica che gli fece perdere l’equilibrio e cascare all’indietro.
 
Si rialzò con un dolore alquanto spiacevole al fondoschiena, prima di sgranare gli occhi dalla sorpresa.
Si sporse eccitato dal parapetto della passerella in spesso acciaio bianco:
Un’enorme testa androide affiorava tra i morsetti di sicurezza; il resto del corpo immerso nel cilindro contenitivo.
Sotto i vetrini protettivi delle orbite, i due occhi bio-meccanici del robot ruotarono verso il basso, puntando minacciosi verso il drappello di persone.
 
Casio si appoggiò ad una parete, incrociando le braccia:
“E così avete appena fatto la conoscenza di LineBarrel…”
 
Suuuugoi!” – esclamò eccitato Ryan, in una delle poche espressioni giapponesi apprese a Neo-Okinawa – “Che figata di robot! La Buster Machine del fratellone è grandissima!”
Allungò una mano verso il volto artificiale, toccandolo.
 
“Ed e più delicato di quando sembri!” – tentò di frenarlo Sam, preoccupato – “Quindi evita di…”
 
Whaa!” – il bambino lanciò un urlo di spavento, quando la grande tesa della n.13 ondeggiò in avanti, scacciandolo via con un brontolio.
 
“E’ alquanto suscettibile.” – puntualizzò Casio.
 
Ron fissò il mecha con attenzione, esaminandone con minuzia ogni angolo:
“Davvero una gran bella BM, non c’è che dire! Deve essere anche molto antica, data la quantità di raffi che la ricopre! Sii orgoglioso di te, Sam!”
“S-stai dicendo che il mio piccolino è salito su un affare del genere?!” – la donna si portò una mano alla fronte, con troppa teatralità – “Oh, sapevo che sarebbe arrivato il momento: i videogiochi non bastano più e così i ragazzi d’oggi cercano sempre di cacciarsi in qualche guaio!”
“Mamma, ti prego, non ricominciare! Questo non è un giocattolo!” – sbuffò il figlio, rosso di vergogna.
La donna si lasciò cadere tra le braccia del marito, fingendo uno svenimento.
Lui sospirò rassegnato:
“Potevi avvertirla prima, Sam! Lo sai che tua madre è un po’ emotiva!”
“Questo perché voi avete insisto per venire!”
 
“Direi che la visita è terminata.” – tagliò corto Takashiro – “Credo che la Signora Witwicky non sia al ‘Top’, letteralmente; d’altro canto sono tenuto per legge a mostrarvi solo la Buster Machine, dato che è Sam è minorenne e per tanto non ha autorità decisionale al riguardo. Il resto della FRATERNITY è altamente classificato; temo che dovremmo lasciarci qui.”
 
“Oh, è già finito?” – piagnucolò il bambino – “Uffa, d’accordo…ma dimmi la prossima volta che Sali su LineBarrel!”
 
“Per il momento non lo farà per un bel po’.” – puntualizzò Casio – “Non hai ancora sufficiente esperienza per salire di nuovo a bordo, Sam. Aspetterai finché non avrai imparato a memoria almeno questo…”
E gli ammollò un pesante manuale in carta stampata di circa duemila pagine.
 
Il ragazzo lo guardò sconsolato:
“Sempre compiti…”
 
 
*   *   *
 
 
Poco dopo. Stanza insonorizzata. Stessa Stazione.
 
“E così saresti tu il nuovo Topless?”
Una giovane donna, alta e slanciata domandò con voce serpentina; i capelli bianchissimi ed ondulati facevano contrasto con gli occhi scurissimi, penetranti come lame sotto i fori di una piccola mascherina nera.
“Sei stato in grado di risvegliare la n.13 dal suo sonno secolare…” – parlò una ragazza del tutto identica alla prima, diffidente – “…qual è il tuo nome?”
 
“S-Sam…” – rispose in ragazzo, intimorito – “…Sam Witwicky.”
 
La voce della prima gemella risuonò ancora nell’immensa sala spoglia di qualsiasi decorazione:
“Dunque ora vorresti far parte della FRATERNITY? Suppongo tu sappia che implicherà un impegno considerevole…”
 
“Sì.” – annuì lui, azzardando una qualche parvenza di decisione.
 
“E dicci, Sam…perché hai deciso di salire a bordo di LineBarrel?” – sibilò ancora la prima delle Serpentyne – “Ognuno di noi ha uno scopo, nel proprio futuro…”
“..che ci spinge a compiere passi onerosi nel presente.” – concluse l’altra.
Qual è il tuo?” – chiese infine con un’unica voce.
 
“Io…” – deglutì e ponderò due volte ogni parola, prima di pronunciarsi – “…desidero essere un Topless. C’è qualcosa, nella mia  vita, nel mio esistere…che mi fa levare gli occhi al Cielo, ogni notte. Voglio essere sincero: non so essere un pilota spaziale possa portarmi qualche beneficio, però…raggiungendo quello Spazio a cui anelo, verso cui mi sento spingere da sempre…forse avrò le risposte che cerco. Non so nemmeno se è là fuori che si nasconde la felicità, ma voglio ugualmente sforzarmi di trovarla.”
 
Loro rimasero silenti per un breve attimo, poi un leggero sorriso tagliente si aprì sui loro volti, mentre si avvicinarono al ragazzo.
Con una movenza rettiliana, gli sfiorarono le tempie ed il torace, sussurrandogli alle orecchie:
“E noi riponiamo grandi speranze in te…”
Porsero in mano una piccola spilla dorata:
 
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“Questa è la ‘Glittering Crux Badge’: l’emblema della Fondazione ed il pegno della tua fedeltà.”
“Agisci secondo le regole…e troverai certamente la felicità, tra le Stelle.”
Infine lo spinsero poco più in là, quasi a volerlo liquidare in fretta:
“Benvenuto tra noi, Sam Witwicky, pilota della Buster Machine n.13…”
 
Lui Mise involontariamente un piede indietro ed una porta scorrevole blindata si richiuse davanti ai suoi occhi.
 
Le Gemelle Serpentyne si voltarono dal lato opposto, verso un giovane uomo in fondo alla sala, a braccia conserte:
“Che cosa ne dici, Casio? E’ lui lo ‘Star Driver’?”
 
“Ancora non lo so.” – ammise lui, torvo – “Non vorrei pronunciarmi sulla Fonte di Gravità Variabile. Tuttavia è lampante la sua ‘First Phase’: LineBarrel ha risposto di sua iniziativa all’Exotic Manoeuvre del ragazzo: per il momento mi accerterò che se ne tenga lontano, però…”
 
“Non dobbiamo preoccuparci nulla.” – lo interruppe la ragazza dalla divisa Topless viola – “L’allineamento dei Pianeti è propizio: tutto seguirà il giusto corso.”
“E poi…anche Ayingott ha previsto il suo arrivo.” – riflettè la sorella, ad alta voce.
Casio si calcò gli occhiali sul naso, in dubbio:
“Quelli di ‘Vanishing Age’ non sembrano molto d’accordo ad impiegare LineBarrel; ma d’altronde è l’unico modo per riesumare l’ALL-SPARK, no?”
 
“Non hai motivo di darti pena per quei miserabili voltafaccia; dobbiamo tenere a mente il nostro unico obiettivo. ‘Adult Bank’ si sta adoperando per i fondi necessari alla GOULD ENTERPRISE: gli scavi su Aegis-7 relativi al MARKER sono già terminati e tra non molto anche la Douze-Mille sarà operativa per la Degenerazione di Giove-3.”
 
Lui voltò lo sguardo altrove.
Compiacendosi di un pensiero univoco ed oscuro, le Serpentyne sussurrarono in un sibilo:
“Il nostro piano non fallirà…”
 
 
*   *   *
 
 
Un’ora dopo.
 
“Quindi, ricapitoliamo per l’ultima volta.” – Takashiro sospirò affaticato, scostandosi dalla lavagna luminosa al centro dell’ampia stanza – “Ogni Topless dispone di almeno due ‘Fasi’: una First Fase -che si instaura tra il pilota e la Machine stessa e ne stabilisce il tipo di legame- ed una Second Phase, che determina l’Exotic Manoeuvre. Oltre a queste due, un elevato tasso di Energia Topless può dar luogo ad una ‘Terza Fase’: la capacità di innescare il Motore a Degenerazione della BM, sbloccandone il potenziale segreto. Sfortunatamente, nessuno c’è mai riuscito, prima d’ora…”
 
“Non capisco perché dobbiamo sempre ripetere le stesse cose!” – si lamentò ad alta voce una ragazza bionda dal viso coperto da una maschera dorata e avvolta in uno sgargiante e complicato abito carnevalesco – “Come non ne sapessimo abbastanza!”
 
“Magari non tutti sono così informati; tu che dici, Madoka?” – la riprese Casio, stizzito, alludendo al nuovo arrivato.
 
Sam chinò la testa sul tavolino riservato, mentre sentì puntare su di sé tutti gli sguardi dei quindici ragazzi dalle divise improbabili, seduti scompostamente sui sedili imbottiti di quella che sembrava un aula-pub.
 
“Oh, certo! Il novellino!” – un ragazzo sui diciotto anni dal sorriso spavaldo gli spinse un piede sulla sedia – “Sempre ammesso che la n.13 non lo abbia aiutato per pietà!”
 
Un risolino di scherno serpeggiò tra i presenti.
 
“Almeno lui ha qualcuno che lo considera, George.” – una voce di ragazza arrivò da un lato del locale – “Tu sei così disperato da andare a dormire ancora con tua madre!”
“Non darti tante arie, Presidentessa!” – ringhiò lui, abbassando poi di colpo la testa – “In fondo, lo faccio solo una volta settimana…!”
 
I Topless sghignazzarono ancora; questa volta, anche Sam ebbe motivo di riderci su, con un inconscio senso di rivalsa.
Poi strizzò gli occhio, per mettere a fuoco la donna semi-nascosta nel buio:
Era perversamente bella, fasciata in quelle calze ed in quella giacca in latex nero; i lunghi capelli verdi gli suggerirono un volto, ma non poté constatarne i lineamenti, coperti dalla classica maschera dorata della Glittering Crux:
 
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“Ok, ok! Credo non si possa fare più di così, oggi!” – concluse Casio, passandosi una mano tra i capelli biondi – “Cerchiamo di evitare inutili polemiche: tornatevene tutti a casa, prima che mi facciate scoppiare la testa!”
 
La combriccola si alzò svogliatamente, in un chiacchiericcio confuso.
Prima di seguire il resto del gruppo, la ‘Presidentessa’ passò davanti al ragazzino appena arrivato, tirandogli con un gesto malizioso l’orecchio:
“Cerca di non farti strapazzare troppo dai quei piantagrane…cutie-honey.”
 
 
*   *   *
 
 
Poco dopo.
 
Sam si gettò pesantemente su una poltroncina sferica galleggiante, nella serra ricreativa della FRATERNITY:
“Non posso crederci! E’ solo il mio primo giorno alla Fondazione e già mi sono fatto i primi nemici tra gli altri piloti, mi sono beccato una spiegazione strizza-cervelli di un’ora ed in più c’è una sexy-pazza con la frusta che mi guarda come se volesse mangiarmi!”
 
“Non male, no?” – sorrise l’unico vero amico finora incontrato.
 
“Scusa, Casio, potresti passarmi gli ultimi dati su…” – una ragazza dai lunghissimi capelli neri entrò frettolosamente nella serra, per poi interrompersi bruscamente. Sgomenta e sbigottita, squadrò da capo a piedi il ragazzo gettato come uno straccio sul sofà:
“Che diavolo ci fa lui, qui?!”
 
Sam scattò in piedi, mentre la sua faccia divenne di un rosso quasi fosforescente:
“M-Mikaela Banes?! Ma allora…sei una Topless!”
 
Lei sembrò quasi infastidita:
“Certo che sì, mi pare ovvio! Ma tu…lui…insomma, Casio, perché questo tizio è davanti me?!”
 
“Per il motivo per cui ci siamo tutti.” – si limitò a rispondere il ragazzo giapponese.
 
“Non è vero! Non ci credo!” – protestò la ragazza – “Lui non è un Topless! Altrimenti…dovrei saperlo, no?!”
 
Senza nemmeno badare alla scarsa considerazione che quella donna provava nei suoi confronti, Sam chiese incantato:
“Se sei una Topless…vuol dire anche che hai una Buster Machine?”
 
“Direi che ti sei riposto da solo! Ma che…?!” – Mikaela si lasciò sfuggire un gridolino, mentre il ragazzino gli si gettò in ginocchio, con lo sguardo colmo di infantile ammirazione.
Ogni traccia di cinismo e riservatezza di Sam era svanita come il broncio di un bambino a cui si vuol concedere un capriccio:
“Che incontro meraviglioso! Allora lei è proprio come Kazumi Amano! Oh, per favore, posso chiamarla ‘Signorina’? Me lo permetta!”
“Certo che no!” – si stizzì lei, tentando di staccarselo dalle gambe – “Non sopporto questo genere di formalismi inutili! Il cognome va più che bene…ma non azzardarti a chiamarmi per nome!”
“Mi spiace di rendermi inopportuno, Signorina Banes…”
“Non chiamarmi ‘Signorina’!”
“Certo, scusi, Signorina…”
“Oh! Ma è deficiente o cosa?!”
 
Il pilota giapponese non trattenne una risata gustosa, che lo fece lacrimare:
“Ha-ha! Sembrate usciti da una tele-novella! Beh, dovreste abituarvi l’un l’altra se non volete litigare anche a letto!”
 
Entrambi si voltarono, arrossendo (lei per la rabbia e lui per il godimento):
“COSA?!?!”
 
Casio fece spallucce:
“Mi spiace non avervelo detto prima: gli appartamenti privati della FRATERNITY sono al completo; temo che dovrai ospitarlo per qualche tempo, Mikaela.”
 
“No…no!” – impose due mani avanti, quasi a voler frenare quella serie sconclusionata di eventi .- “Non ci penso nemmeno! Ma neanche sotto tortura!”
“Oh, Signorina, è fantastico! Non è incredibile: potrò condividere la mia stanza con la più grande paladina della giustizia al mondo!”
“Smettila di chiamarmi in quel modo!”
 
Il terzo rimase a guardare quella ridicola e paradossale scena:
“Tutto questo può finire solo in un modo: o a tragedia o a lieto fine! Dal canto mio…meglio che vada a farmi un panino!”
 
 
*   *   *
 
 
Giorno seguente. Ore 15:00. ST&RS
 
Sam infilò il portatile nella cartella, sistemando la tracolla; solo nell’aula scolastica.
Nel aggiustare la lunghezza della cinghia, si fermò a riflettere:
Che bello! Stasera dormirò con la Signorina! Speriamo che non la prenda male…forse le cose iniziano a migliorare, in questo posto! Che sia merito della Machine?
 
“Eh-ehm.” – un colpetto di tosse allusivo lo richiamò all’ordine.
 
“Cosa c’è, Capoclasse?” – chiese alla ragazza davanti a lui.
 
Laura Bodewig: la rappresentante della sezione; l’intransigente e riservata studentessa dalla Germania del Nord, ora era ritta innanzi a lui; l’occhio destro di un rosso porpora sempre rivolto altrove; quello sinistro coperto da una benda nera, per qualche drammatico ed intimo motivo.
 
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“In qualità di portavoce delle studentesse della nostra classe, sono venuta per riferirti un invito, Witwicky.”
“Perché mi chiami per cognome? Siamo compagni, giusto? Non c’è bisogno delle formalità, tra noi…”
Lei rimase un poco interdetta, mentre un leggerissimo rossore le colorì le guance diafane.
“N-non sono tenuta a darti confidenze!” – si schiarì la voce, in imbarazzo – “Dovevo solo comunicarti che Miss Spencer aveva piacere ad invitarti a pranzo, quest’oggi. L’appuntamento è tra mezz’ora, al ristorante italiano sul Lago Hanjuku.”
Lui rimase perplesso:
“U-un appuntamento? Dalla ragazza dietro il mio banco? Ecco…io…a dire il vero, non sapevo che oggi…”
“Fossi in te accetterei.” – continuò la Bodewig, chinando lo sguardo – “E’ la ragazza più popolare della scuola, dopotutto. E’ una donna di grande fascino e carattere, che riesce ad ottenere sempre ciò che vuole. Per un ragazzo come te, dovrebbe essere un onore…”
“Allora credo che sia costretto ad accettare.” – la interruppe lui, sorridendole accomodante – “Specie se me lo chiede una graziosa fanciulla come te, no?”
 
La studentessa tedesca s’irrigidì, voltandosi di spalle:
“Beh, buon per te, allora! Io non centro nulla, spero che ti divertirai!”
Ed uscì dall’aula, nascondendosi dietro la porta.
Per la prima volta in vita sua, Laura Bodewig provò una sensazione di calore bruciante in mezzo al petto.
Portò una mano al seno, tremante come foglia…ma sorridente:
Mi ha chiamata…‘fanciulla’…
 
 
*   *   *
 
 
Mezz’ora dopo.
 
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“Eccoci qui. Solo io e te.” –fu il saluto dell’avvenente ragazza Marziana, nel sedersi al tavolino del piccolo e luminoso locale italiano.
“Già…” – annuì lui, tentando ad ogni costo di distogliere lo sguardo da quella quarta misura piuttosto in mostra – “…allora, che volevi dirmi?”
“Oh, nulla in particolare!” – cinguettò lei, raggiante – “Sai com’è: sei l’unico ragazzo della classe e, beh…mi sembrava carino conoscerci un po’ meglio. Tu che ne dici…cutie-honey? So che mio fratello non è stato molto cortese con te…”
“Oh, non fa nulla! Cose che capitano, davvero.” – tentò di discolparsi lui, agitando una mano in aria come a voler scacciare un pensiero – “Piuttosto, dato il luogo, ti piace la cucina italiana?”
“In realtà non la conosco per nulla.” – ammise la ragazza – “Però è sempre bello provare cose nuove con una persona che ti piace, dico bene?”
U-una persona…che ti p-piace?” – balbettò lui, arrossendo.
“Ma sì! Sei simpatico, in fin dei conti. Comunque! Allora, vediamo il menù…che prendi?”
 
Puttanesca.”
 
Lei sollevò di scattò lo sguardo, inviperita:
“Come mi hai chiamata…?!”
 
“E’ pasta.” – Sam si affrettò a chiarire l’equivoco. – “Pasta alla Puttanesca. E’ buona!”
 
Un cameriere si avvicinò, incuriosito, parlando in un accento mediterraneo:
“Cosa prendete, ragazzi?”
“Due di quello che ha detto lui…” – ripose lei.
“Ah, la Puttanesca!
Lei squadrò il cameriere, arricciando la bocca in un gesto scocciato:
Esatto. Quella.”
 
Quando l’uomo si fu allontanato, Carly tornò alla sua ‘conversazione a senso unico’:
“Senti, mi piacerebbe avere un parere da un ragazzo…”
“Spara!”
“Ecco, vedi…” – iniziò a giocherellare con le unghie perfettamente smaltate, con falsa ingenuità – “…io ho una specie di ‘vizio’: mi piace baciare attraverso il vetro delle finestre. Non che questo significhi che io preferisca un bacio del genere ad uno vero, però…mi piace: c’è mistero, complicità, la voglia di rompere un tabù…secondo te è un gesto riprovevole?”
Lui sgranò gli occhi, grattandosi la tempia
 
Ma che cavolo di domande fa?! Oddio, non me ne capita una dritta! – pensò tra sé.
 
Poi rispose, insicuro:
“Beh, no…almeno credo. Voglio dire: se non c’è malizia non vedo il problema, infondo il contatto non c’è stato. Certo, se lo facessi con tutti allora si potrebbe pensare che non dai importanza al gesto, però…”
“Ho capito…” – sbuffò lei, imbronciata – “…tu sei un altro di quei ragazzi che guarda solo le mie tette e poi fa il santarellino!”
“Ma no, cosa dici!” – tentò di giustificarsi, paonazzo – “Insomma, non voglio dire che mi dispicciano…le tue…sì, insomma…quello che intendo è che bisogna dar peso a determinati gesti!”
 
Lei si tirò indietro, agitando con involontaria sensualità un indice nell’aranciata:
Mhmm…e va bene. Allora dammene uno vero. Ora. Qui.”
E si sporse leggermente sul tavolino, afferrandolo per il colletto della divisa.
“Nonononono!” – Sam iniziò a sudare freddo, con gli ormoni a mille e le idee in un guazzabuglio confuso – “Non credo che…!”
“Stavo scherzando!” – la ragazza si fermò a pochi millimetri dalle sua labbra – “Ed in ogni caso non avrei potuto…perché una donna orribile ci sta guardando!!”
 
Si voltarono verso la finestra laterale: la Banes aveva appiccicato il naso contro il vetro; il volto livido di rabbia.
Se non fosse stato fisicamente impossibile, si sarebbe detto che dalle sue narici uscisse un fumo di ciminiera.
 
Il ragazzo deglutì, alquanto preoccupato.
 
 
*   *   *
 
 
Sei ore dopo. Appartamento n.27. Stazione Orbitale FRATERNITY.
 
I due ragazzi rimasero schiena contro schiena, sulle lenzuola sfatte ed infreddite dall’aria notturna; indosso solo una canottiera nera e dei pantaloncini poco più corti delle ginocchia.
Un silenzio quasi assordante tra loro.
Poi, stringendo tra le dita un lembo di lenzuolo, lui sussurrò:
“Signorina…”
“Ti ho detto decine di volte di non chiamarmi ‘Signorina’.”
“D’accordo. Banes?”
“Che c’è?” – quel sospiro infastidito nascondeva dietro un desiderio di dialogo represso.
“Tu…sei una ragazza, giusto?”
“Però! Che occhio!” – esclamò Mikaela, con una punta di sarcasmo.
“Ecco…” – tentò di farsi coraggio per trovare le parole adatte – “…oggi, ho incontrato la Signorina Spencer.”
Mpf! Come se non me ne fossi accorta!”
Lui fece finta di niente e continuò:
“Volevo sapere, da una ragazza…secondo te è sbagliato baciare attraverso il vetro?”
“Cosa vuoi che ne sappia?! Non sono certo questi i miei problemi!”
“Però, in linea di massima, cos’è che rende davvero speciale un bacio?”
Lei soffiò scocciata…poi chiuse gli occhi e abbassò il tono di voce, cercando qualche ricordo piacevole nella sua mente:
“Credo dipenda…dalla persona. Non solo chi hai davanti ma come ti sta davanti: possono esserci persone insicure, che non riuscirebbero a baciarti nemmeno se fossi tu a porgere loro le labbra; altre egoiste e prepotenti, per quel tipo di persone un bacio non vuol dire assolutamente nulla. E poi ci sono…beh, quegli altri. Quelli in grado di accontentarsi di un bacio così come di uno sguardo: quelli che non ti stanno baciando ma offrendo la loro anima.”
Lui sorrise appena, nel buio:
“Davvero? Ne conosci qualcuno?”
“Non sono affari tuoi! Ed ora dormi!”
 
Si rincantucciò su una sponda del letto, allontanandosi da lui.
Il ragazzo strinse le ginocchia nude tra le braccia, per riscaldarsi; poi chiese ancora, a bassa voce:
“Senti…”
“Cosa?”
“…secondo te…cosa sono i Mostri Spaziali? Voglio dire: perché li combattiamo? Da dove vengono?”
“Ma che domande sono, in un momento simile?! Sono degli alieni brutti e schifosi che divorano le Stelle per nidificare e colonizzare i Pianeti; questa è la spiegazione scientifica. Delle odiose bestiacce che mi rompono le scatole, invece, è la definizione della sottoscritta!”
Lui rimase in silenzio ancora per un breve istante, prima di riprendere il discorso:
“Posso farti un’ultima domanda?”
“Cosa vuoi?! Che c’è ancora?!”
Lui mormorò quella frase come un segreto doloroso:
“Banes…tu perché piloti la Buster Machine?”
“Per dimostrare il mio valore al Mondo intero, mi pare ovvio!”
“Per dimostrare che esisti?”
Lei indugiò prima di rispondere, messa alle stretta da quella frase:
“Sì…credo si possa dire anche così. E tu, invece? Perché hai deciso di salire sulla n.13?”
“Credo per rendere orgogliosi coloro che mi circondano…”
Mpf! Orgogliosi?! Combattere solo per gli altri non ha alcun senso! Di’ piuttosto che vuoi fuggire dalle tue responsabilità…!”
“A dire il vero…” – il ragazzo chiuse le palpebre – “…non ho idea del perché.”
“Come sarebbe a dire ‘non ne ho idea’?! Ma dico: per caso sei stupido?!”
 
E gli allungò un calcio nel letto.
 
“Potrebbe anche essere…” – gemette lui.
Tsk! Sei proprio stupido…!”
 
 
*   *   *
 
 
Giorno seguente. Ore 16:45. Stessa Stazione.
 
Un allarme risuonò per i bianchi corridoi metallici della Shiva, mentre centinaia di schermi e finestre-digitalizzate si riempirono di segnali luminosi rossi.
 
Casio sorseggiò distrattamente l’Ubik dolciastro di Venere, ruotando gli occhi all’in su:
“Attività WARP-gravitazionali, eh? E’ già il secondo Mostro Spaziale nello spazio aereo civile in meno di una settimana…oh, beh: ci penserà lei. Io sono ancora in pausa!”
 
 
*   *   *
 
 
Contemporaneamente. ST&RS (esterno).
 
Mikaela Banes oltrepassò il grande cancello metallico dell’Accademia, dirigendosi verso destra.
Una Camaro gialla rallentò in corsa, fiancheggiandola.
Il finestrino oscurato si abbassò, ed il ragazzo all’interno fece capolino:
“Ehilà, come stai? Ti va un passaggio?”
“Oh, ma come siamo galanti!” – lo apostrofò cinicamente lei – “Ora Casio ti presta anche Bumblebee per andare a scuola?!”
“Pensavo che ti potesse essere comoda una macchina, per quanto vecchia! Vai a casa?”
Lei ripose con un secco: “No. Me ne torno alla FRATERNITY.”
“Lo Spazio-Porto più vicino dista almeno tre kilometri, da qui! Ti ci accompagno…”
 
Lei si fermò, visibilmente irritata:
“Ho detto di no. Smettila di rompere!”
“Ok…come vuoi…”
Poi la ragazza sollevò gli occhi al cielo, al debole squillo del suo cercapersone:
“Ah, ci risiamo! Ecco che ne arriva un altro!”
 
Oltre le nuvole immacolate, un gigantesco oggetto nero – simile ad un velivolo aero-spaziale – veleggiava pericolosamente, gettando ampie ombre sotto di sé:
 
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Sam inchiodò con la vettura:
“Un altro Mostro Spaziale! Non ne avevo mai visto uno così; se solo potessi materializzare LineBarrel…!”
“Tu non ne hai mai visti in assoluto, a parte gli ultimi due!” – fece notare Mikaela, con stizza – “Comunque sia non puoi restare qui! Cerca di dirigerti verso i rifugi della città, mentre io me la sbrigo con lui!”
“Non parlerai sul serio?!
“Certo! Oh, a proposito…abbiamo compagnia!”
 
Una sezione della cupola centrale dell’Accademia si dive in due, rientrando nella struttura.
Su una predella elevatrice, undici RX-17 dai colori sgargianti attendevano ordini informazione.
 
 
*   *   *
 
 
“Ragazzi!” – la voce del Coach Evans risuonò dal mecha prominente – “Il nemico avanza in coordinate 1:367:2! Velocità di crociera: 800 km/h! Altitudine a 5.000 metri e sta iniziando la discesa! Probabile capacità di aprire WARP!”
“Allora dobbiamo solo distruggerlo prima che possa fuggire!” – minimizzò galvanizzato Tenma, in un video laterale all’allenatore.
“Formazione ‘Victory’! Schema di gioco I-11!” – dispose il Coach – “Inazuma Eleven…decollo!”
 
I reattori dorsali della squadra androide si infiammarono contemporaneamente, mentre le Unità accelerarono ascensionalmente da 0 a 400 in meno di tre secondi.
 
Schizzarono come proiettili sulla limpida superficie del ciclopico lago Hanjuku, lasciando al loro passaggi lunghe scie bianche.
 
Salirono rapidamente di quota in una disposizione a ‘V’ rovesciata, intercettando il Mostro semi-meccanico.
 
“L’ho inquadrato!” – esultò un bambino dai capelli rasta, calandosi gli occhiali da aviatore sul naso – “Vi trasferisco i dati di previsione statistica!”
“DISPERSIONE!!” – ordinò il leader.
 
La formazione triangolare si infranse, mentre i mecha si divisero a coppie d’assalto, avvitandosi secondo schemi bellici barocchi eppure perfettamente logici.
Imbracciarono i mitragliatori, scaricandone il contenuto contro l’obiettivo, mentre la Machines planarono rapidamente lungo la fusoliera del Mostro, martoriandola di colpi.
Si gettarono nel vuoto, intrecciandosi in molteplici spirali di vapore condensato.
 
Il tipo corpulento alla guida dell’Inazuma-3 imbracciò un pesante lanciarazzi, espellendo sei enormi torpedini incendiarie verso il mostro.
Contemporaneamente, un RX-17 salì di quota, capovolgendosi totalmente e portando il puntatore dello Sniper Rifle al visore ottico; la ragazzina al comando premette il grilletto della leva di movimento.
Un proiettile elettrostatico venne scagliato verticalmente, in una coda di archi elettrici.
Infine, il piccolo ma tenace Tenma avvertì il superiore:
Coach! Ad ore 9:00! INAZUMA…
La Battlesuit scagliò con una mano una grande granata sferica al Californio.
 
L’uomo a bordo dell’RX-17 di comando la raggiunse a mezz’aria:
…KIIIIICK!!!”
La Machine sferrò un calcio alla bomba, come un pallone, propellendo a velocità sub-sonica.
 
In una sola, grande, esplosione coreografica, tutti i proiettili scagliati in precedenza detonarono contemporaneamente al contatto con il bersaglio.
Una nuvola di fumo oscurò la vista.
Poi, lentamente, un campo elettromagnetico di estensione sferica risaltò tra i vapori della battaglia:
La creatura aliena era ferma al suo posto, schermata da una gigantesca barriera.
 
“Non è possibile! Non siamo nemmeno riusciti a scalfirlo!” – gridò qualcuno.
“Si protegge sviluppando un campo anti-intrusione vettoriale!” – Mark Evans si morse un labbro – “Le armi convenzionali non sortiscono alcun effetto, contro una simile barriera!”
 
Improvvisamente, le due code inferiore del Mostro si scomposero in decine di esagoni regolari, spargendosi casualmente e riempendo lo spazio aereo di brevi emissioni laser scarlatte, in una ragnatela frammentata e disordinata.
 
“Alla fine ha deciso di passare all’attacco, eh?! Così facendo colpiranno i civili!”
 
Le Machines I-11 si gettarono in picchiata, nel tentativo di eliminare le sub-unità orbitanti.
 
 
*   *   *
 
 
La Camaro gialla e nera saettava sulle strade urbane, per quanto intasate di pedoni e rottami di autovetture a levitazione.
Una pioggia acida di raggi rossi ricadeva dal cielo, costringendo l’automobile senziente a sovrasterzi di potenza al limite della capacità meccanica.
Un mitragliatore si formò dalle lamiere del cofano, facendo fuoco verticalmente e disperdendo un piccolo gruppo di micro-creature cristalline.
I cubi scesero rapidamente, ostruendo la strada e riunendosi in una grande piastra esagonale, pronta a vomitare un intenso raggio ai tachioni.
Bumblebeefrenò con una derapata che lacerò i copertomi delle ruote.
 
Prima che il raggio fosse emesso, una scarica orizzontale di proiettili luminosi distrusse l’aggregato di Mostri, riducendoli in pezzi.
Comparendo praticamente dal nulla, una sorta di tank meccanico bipede atterrò davanti alla macchina.
Una ragazzina dai vestiti improbabilmente leggeri ed esotici si voltò indietro, raggiante:
 
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“Ehi, novellino, dovresti fare più attenzioni alle strade che percorri!” – lo redarguì lei, con una sorta di sorriso protettivo.
 
Sam boccheggiò sconcertato, appiattendosi contro i sedili dell’auto:
“Tu…tu sei un’altra Topless?!”
 
“Chi altro credi possa governare una Machine come il mio Hecatoncheir? Mi chiamo Oerba Dia Vanille; ma tu puoi chiamarmi anche solo ‘Vanille’.”
E, senza aggiungere altro, il piccolo mecha senza volto ritirò le gambe sottili, sollevandosi in volo.
 
Il ragazzo ansimò con affanno, volgendo istintivamente gli occhi al cielo:
“Se ci sono dei Topless, allora…lei deve essere sul punto di scendere in campo!”
 
 
*   *   *
 
 
Mikaela Banes raggiunse la sommità di un edificio, strappando il Sigillo Topless sulla fronte; un diagramma azzurro si allargò ai suoi piedi, mentre sollevò un palmo verso le nuvole:
Buster Machine Vingt-Sept; Alphonse…LANCIO!!!”
 
 
*   *   *
 
 
Contemporaneamente. Stazione Orbitale FRATERNITY (esterno).
 
Un cancello magnetico si sollevò, sullo scafo della Shiva.
Avvolto in un nugolo di scintillii azzurri, un robot antropomorfo dalle enormi ali bianche prese il volo, discendendo verso la Terra.
 
 
*   *   *
 
 
Poco dopo.
 
Un fulmine bianco squarciò una nuvola, planando a velocità sorprendente.
Il gigante alato allargò le braccia, mentre tutto il torace si aprì per accogliere al suo interno la ragazza, afferrandola in volata.
 
Con uno spostamento d’aria in grado di produrre un piccolo ciclone, risalì di quota, fendendo le nuvole come ovatta sulle punte delle ali.
Si tuffò nuovamente in picchiata, avvitandosi in una scia di luccichii e scintille azzurre, per poi stabilizzarsi a mezz’aria, a braccia conserte.
La ragazza strinse le leve di movimento:
Macchina Combattente n.27: attivazione! Soppressione Inerziale bilanciata! Exotic Manoeuvre!”
L’abitacolo si riempì della luminosa radianza turchese sulla fronte della Topless.
 
“Quella è la Buster Machine della Signorina?!” – a terra, Sam si sporse con tutto il torso fuori dalla vettura, a bocca aperta dallo stupore.
 
L’Hecatoncheir si sollevò in volo, raggiungendo la n.27.
Poi, una cascata di proiettili si riversò contro la barriera del Mostro Spaziale, mentre un gigante rosso discese verticalmente; attivò i repulsori sparsi sulla corazza, rallentando fino ad immobilizzarsi.
 
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La voce decisa di una ragazzina dall’accento nord-europeo risuonò dall’interno:
Sessantesima Macchina Bellica da Sfondamento Pesante costruita sotto il Governo Tedesco! Buster Machine Soixante: Alteisen!
“La silenziosa Weiss-Ritter ha deciso di fare compagnia al resto della squadra, per una volta?” – chiese Mikaela, sarcastica.
“Mi è stato impartito.” – rispose bruscamente la Topless dai capelli d’argento – “Piuttosto…preoccupatevi per lei.”
 
A poche decine di metri di distanza, un robot slanciato e longilineo, dalle finiture leonine, atterrò con grazia su un edificio; impose i palmi sui fianchi sottili, in un gesto di forzata sensualità.
“Ma guarda chi si vede!” – esclamò la Topless dai lunghi capelli verdi, rimuovendo la maschera dorata dal volto e rivelando due grandi occhi ametista – “Banes, Bodewig, Vanille…la squadra ‘Zuccherini’ al completo!”
 
“La MachineBetreida’?!” – la ragazzina esotica dai corti capelli rosati si portò una mano al collo, sorpresa.
“Che ci fai qui, Spencer?!” – Mikaela spostò lo sguardo altrove, infastidita – “Da quando una di ‘Adult Bank’ opera insieme a noi?!”
 
“In realtà non molto spesso…” – rispose la ragazza, puntando un indice sul labbro, in un gesto di falsa perplessità – “…ma volevo divertirmi in po’! E poi…non posso perdermi una simile occasione, sapendo che il mio cutie-honey mi sta guardando! Cosa c’è, Mikaela? Invidiosa?”
 
 
Da terra, Sam sgranò gli occhi, a bocca aperta:
“Carly e Laura?! Tutte le mie compagne di classe…sono delle Topless?!”
 
 
A bordo di Ving-Sept, la studentessa britannica strinse le leve di accensione:
Tsk! Concentrati sul nemico, piuttosto! Tre…”
“Due…” – la pilota della n.60 continuò il conto alla rovescia.
“Uno...!” – fremette eccitata Vanille.
“…PARTENZA!!” – gridò d’euforia la Marziana.
 
Le quattro Machines si disperso diametralmente, raggiungendo altezze impressionanti.
Il gigantesco essere alieno caricò il corpo di energia luminosa, vomitando una miriade di fasci scarlatti che riempirono il cielo:
 
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Volteggiarono agilmente nello sbarramento laser del Mostro, evitando i tentacoli di luce.
La n.27 sbatté un paio di volte le grandi ali meccaniche, sollevandosi oltre una fitta serie di raggi e spalancando due sezioni nascoste; sei grandi lenti ottiche si illuminarono sulle ali del mecha:
Buster Barrage!”
Altrettanti vettori di luce ultravioletta vennero proiettati nell’etere, intrecciandosi come dita agli ostili e neutralizzandone più della metà, in un ginepraio di luce sottile.
 
L’Alteisen si allontanò rapidamente, afferrandosi l’avambraccio destro.
La ragazza diafana calcò la presa sulla leva corrispondente:
Progressive Breaker!”
Con uno sbuffo di vapore, il rostro appuntito venne sparato come un proiettile, zigzagando istericamente fino ai limite dell’orizzonte, trattenuto da un’interminabile corda d’acciaio.
Si allontanò a perdita d’occhio, per poi virare bruscamente e tornare indietro.
Colpì la barriera elettromagnetica dell’obiettivo; la punta dello sperone si elettrificò, sfondando totalmente lo scudo.
“Registrato il collasso delle difese nemiche!” – assicurò la ragazza tedesca – “Iniziamo l’ultima fase! Burning Wall!”
I grandi sostegni sulle spalle della BM-60 si schiusero totalmente, mentre centinaia di razzi teleguidati sciamarono velocemente verso il Mostro.
 
L’Hecatoncheir saettò sotto la carena bio-meccanica del bersaglio, roteando su sé stesso in modo nauseante , spargendo convulsamente un fiume di munizioni luminose contro gli alettoni inferiori ed evitando miracolosamente le torpedini della n.60.
L’ala destra e le appendici ventrali esplosero assieme ai razzi ed alle pallottole.
Il Mostro Spaziale si piegò da un lato, sbilanciandosi.
 
“Lo abbiamo destabilizzato!” – esclamò Carly, spavalda – “Ora osservate: le battaglie contro i Mostri Spaziali devono sempre essere rapide ed eleganti! Buster…
La Buster Machine Trente-Huit/Betreida, si avvitò magistralmente tra i laser alieni, incrociando polsi e caviglie come un’impossibile piroetta d’étoile.
Infine strinse le ginocchia al torace:
…Punch…
Eseguì una quadrupla capriola a mezz’aria, discendendo rapidamente e sferrando un poderoso pugno contro la superficie dorsale della creatura.
…COLLIDER!!!”
L’onda d’urto generata si allargò in un immenso anello.
Una frazione di secondo in quiete.
Poi, una grande porzione di Mostro Spaziale s’incrinò e sollevò in decine di frammenti, disposti a petalo di ninfea.
 
La creatura lanciò un grido stridulo, generando una sorta di Buster Beam scarlatto di immense proporzioni.
 
Decisa e diritta, la n.27 accelerò fino a mach-10, puntando verso il fascio ai protoni.
Mikaela Banes sorrise sprezzante, mentre le radiazioni dell’Exotic Manoeuvre divennero accecanti:
BUSTEEEER…”
Vingt-Septsfoderò un’Avenger nascosta, portandola in posizione di parata.
“…SSSSLLLLIIIICE!!!”
Con un unico Arial Ace, la Machine alata divise in due il raggio incandescente del Mostro, attraversandolo da parte e parte.
La creatura si divise in due metà speculari; uno sprazzo di luce bianca lo separava.
 
La n.27 si voltò nuovamente, a grande distanza, spalancando le ali:
Una nuvola turbinante di piume meccaniche si allontanarono da esse, frusciando nel cielo.
Si spiralizzarono in molteplici scie, aggregandosi in una gigantesca sfera di metallo compatto, racchiudendo ciò che rimaneva del bersaglio.
 
Infine Vanille si gettò dalla Machine, incurante della spaventosa altezza che la distanziava dal suolo.
Ordinò sprizzante d’euforia:
Hecatoncheir: Exotic Manoeuvre! Final Flash!
Il tank snodò le canne da fuoco dei mitra più piccoli, dando forma a dodici braccia semi-organiche, che avvolsero la giovane domatrice in un gesto protettivo.
Una testa stilizzata si issò sul torso del robot, mentre le piccole gambe si estesero in una lunghezza antropomorfa.
I canoni più grandi si rovesciarono in avanti, caricando due sfere di Materia Oscura.
Con due piccoli bagliori crociformi, gli agglomerati si estesero in potenti getti d’anti-materia, penetrando in una ‘X’ perfetta la sfera di contenimento.
 
Tutta la struttura degenerò in punto, per poi esplodere una ciclopica deflagrazione sferica che dissipò via le nubi immacolate.
 
 
*   *   *
 
 
Poco dopo.
 
Spazzando il terreno con le bianche ali digitiformi, Vingt-Sept atterrò con quanta più delicatezza possibile.
Le altre tre Machines non furono altrettanto leggiadre, posando i piedi al suolo con un tremore che fece sobbalzare le auto circostanti ed incrinò i vetri dei grattacieli.
 
Sam rimase seduto al suolo, boccheggiante, alla vista dei quattro giganti meccanici.
Portarono una mano destra alla fronte, in un saluto marziale, ed il motto unisono delle giovani pilote risuonò agli altoparlanti:
“Situazione risolta con grazia e classe!”
 
 
*   *   *
 
 
Contemporaneamente. Luogo sconosciuto.
 
Il cordless sulla scrivania squillò piano, mentre l’uomo si affrettò a rispondere.
Si alzò in piedi, fissando il panorama dalla grande vetrata dello studio.
 
Iniziò a parlare lentamente, meditando ogni risposta e perdendosi nell’accarezzare la lunga sciarpa di cachemire:
“Sì…sì, ho capito.[…] No, certo. […] Direi che non vedere quell’esplosione era impossibile. Tuttavia sono soddisfatto del risultato: i soldi impiegati nella costruzione di quelle Machines sono stati ben spesi. […] Sì, anche la n.87 e la n.89 sono quasi ultimate. Il MARKER è al sicuro, ma le spese di costruzione per la Douze-Mille sono quasi più onerose di quelle del Vergil-Exelion. […]. Non preoccupatevi: tutto seguirà i nostri disegni…Gemelle Serpentyne.
 
 
*   *   *
 
 
Giorno seguente.
 
Il sole riscaldava appena quella fredda mattinata d’autunno, nonostante un profumo di pulito aleggiasse nell’aria ed una luce splendente brillasse nel cielo e tra le fronde degli alberi non ancora spogli, esaltandone i colori.
 
Sam addentò un panino, nel suo procedere lento e rilassato sulla via di casa.
Poi, l’acuto suono di un clacson lo costrinse a voltarsi:
Una limousine a levitazione magnetica si accostò al marciapiede, mentre il finestrino posteriore si abbassò quel tanto che bastava a far luccicare due occhi violetti, incorniciati da una lucida cascata di capelli verde brillante.
“Ciao, cutie-honey!” – lo salutò l’avvenente ragazza, strizzandogli un occhio.
“C-ciao, Carly…” – biascicò in imbarazzo.
“Ti sono piaciuta, ieri?” – chiese, piegando la testa da un lato.
“Direi proprio di sì…” – le sorrise stentatamente, grattandosi la nuca – “…non credevo fossi una Topless di alto livello!”
“Noi ragazze possiamo essere piene di sorprese!” – la ragazza si avvicinò di più allo spazio libero del finestrino – “Ti va di farmi un piacere, dato che ti abbiamo salvato la vita?”
Sam iniziò a preoccuparsi, data l’improbabilità delle richieste di quella ragazza indiscutibilmente prorompente:
“Credo di non poter rifiutare…”
“Allora facciamolo ora! Il bacio, intendo. Dammeno uno attraverso il finestrino!”
Lui arrossì di colpo, irrigidendosi:
“O-ok…spero solo di esserne in grado. Non sono un gran baciatore…”
“Tu fallo e basta…”
 
Si piegarono entrambi in avanti, in quel lungo secondo interminabile.
Sam chiuse gli occhi dalla vergogna, poggiando le labbra contro il freddo vetro della vettura.
Spinse un po’ di più…
Lei tirò di colpo giù il finestrino e le sue labbra incrociarono quelle del ragazzo.
Lui sgranò gli occhi, ritirandosi prima di poter iniziare a prenderci gusto…:
“Uhm...ecco…io…mi dispiace…”
“Sta’ tranquillo.” – Carly Spencer si risedette al suo posto, lanciandogli uno sguardo malizioso – “Te la cavi meglio del previsto…”
E l’auto ripartì…lasciando il sedicenne solo sul marciapiede, con un rivolo di sangue a sgorgargli dalla narice.
 
Dentro la lunga macchina di lusso, una ragazzina dai corti capelli biondi chiese alla Topless:
“Non concede le sue labbra a tutti, Signorina. E’ forse davvero innamorata di quel tipo?”
“Chissà, Simòne!” – ripose lei, fissando il cielo fuori dalla vettura, sognante.
Sorrise al Sole:

“Per il momento sto solo…cantando l’Inno alla mia Giovinezza!”

 

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Capitolo 2
*** ≈ Capitolo 1: “Sarò un Topless!” ≈ ***


Ed eccomi ancora in giro, a mettere alla prova me stesso e voialtri con nuove supercazzole prematurate fantascientifiche ed improbabili cross-overs XD
Come credo abbiate già capito dalla presentazione, questa fiction è una miniserie in 6 capitoli che vede come anime predominanti:
-DieBuster
-LineBarrels of Iron
-Infinite Stratos (ispirazione grafica :-P)
-Transfomers
-Inazuma Eleven
-Star Driver
 
Essendo un vero e proprio spin-off/prequel dei membri della FRATERNITY introdotti in un’altra mia fiction (Evangelion AFTERMATH), spero che i lettori neofiti trovino innovativa ed interessante questa nuova serie e che i mie poveri ‘martiri affezionati’ colgano le differenze caratteriali ed i rimandi con la sopracitata AFTERMATH.
 
Ciò detto non posso che augurarvi buona lettura!^^
<3

 
 
Il mio nome è Sam Witwicky e…no: non sono il classico ‘normale ragazzo di sedici anni con vita tranquilla’ che prima o poi si ritrova in qualche rocambolesca avventura a sua insaputa dove acquista ‘magici poteri’ o che so io.
 

No, io non sono mai stato ‘come gli altri’; anzi, diciamo che credevo di esserlo, fino a quando non ho scoperto di essere un ‘Topless’.
 

 
 

Vedete, sulla Terra ci sono più di sette miliardi di individui, se non contiamo le Colonie Spaziali di Marte, Plutone e Venere.
Ognuno di essi trascorre la propria vita investendo il suo tempo nello studio, poi nel lavoro e con la famiglia…ognuno di loro progetta il proprio futuro secondo le proprie aspettative e sogni, magari meglio se accompagnati da disponibilità di salute, economiche e – perché no? – anche un pizzico di fortuna.
Ecco, circa una persona ogni cinquanta milioni però ha la benedizione o la dannazione di nascere con qualcosa in più: una piccola malattia, un gene singolare nel lobo celebrale frontale che li distingue dal resto dell’umanità.
Queste persone sono dei ‘Topless’.
No, non quelli che si indossano al mare! Cerchiamo di restare seri…dicevo:
Queste persone riescono ad esercitare una Forza particolare, definita ‘Energia Topless’ che influisce più o meno consapevolmente sulla realtà che li circonda.
Un Topless è l’unico in grado di governare una ‘Buster Machine’: le gigantesche armi umanoidi protettrici dell’umanità dalla minaccia degli ‘Space Monsters’, da oltre dodicimila anni.
E’ per questo che certi individui hanno il destino segnato: per proteggere la vita di coloro che non hanno la forza per farlo da sé.
Beh, suppongo che vi starete chiedendo che centra tutto questo con la mia storia, vero?
Ok, vi accontento: vediamo se riesco a trovare il DVD giusto...no, non questo…e nemmeno il ‘Settantesimo Compleanno di Zia Mary’…ah, eccolo: ‘Vita, Morte, Miracoli, Cazzi e Mazzi del più sfigato della Terra’. Decisamente è lui.
Ok, allora…direi che sarebbe meglio cominciare…dall’inizio:
 
 
 

Capitolo 1: “Sarò un Topless!”

 
 
 
10 Ottobre. Anno 14.000 D.C.
 
L’odore di Zuppa al Granchio di Plutone si spandeva per la grande casa, mentre un tepore diffuso riscaldava il pavimento di parquet, impregnando i mobili dell’odore dolciastro di cera d’api (per quel poco che se ne servivano di quei tempi) e adagiandosi sulle fredde pareti di lucido acciaio laccato con vernice bianca.
 
Un bambino di poco più di sei anni sedeva a gambe incrociate sul tappetto del salotto, annoiato tra le forme digitali di cartoni animati ad ologrammi dal nuovo tele-proiettore, preferendo giocare in aria con un modellino di Astronave blu, simile ad un triangolo.
 
“Per te la zuppa va bene, Sam?” – chiese la voce cinguettante e cordiale di una donna, affaccendata ai fornelli ultra-piatti e affiancata da un piccolo droide bianco galleggiante.
 
“Uffi, sì!” – rispose il bambino, seccato – “Però ti avevo chiesto di prepararmi la torta!”
 
“Niente fretta, signorino!” – sorrise la madre – “Quella è l’ultima cosa che vedrai! E’ o non è una festa a semi-sorpresa?”
 
Lui sbuffa e si butta all’indietro, schiena al suolo:
“Spero solo che papà si sbrighi a tornare. Ha sempre trovato il modo di riatterrare ad ogni mio compleanno! Vorrei che…”
 
Ed ecco il grande ritorno, finalmente! La ‘MaxStone’, la grande Nave Colonizzatrice partita in missione sei mesi fa, sta finalmente per ammarare nell’Oceano americano! Siamo tutti trepidanti di sapere i dettagli del viaggio dall’Ammiraglio Ronald Lloyd Atwood Witwicky!
 
Una notizia flash riecheggiò all’holo-giornale, dall’eccitata voce del cronista.
 
“Eccolo, eccolo!” – il bambino si rialza con velocità sorprendente, correndo verso la porta – “E’ arrivato! Papà è arrivato!”
 
La spalanca con foga, mentre corre a perdifiato sulla collina lussureggiante che si affaccia a strapiombo sull’Oceano Pacifico.
 
La madre resta sull’uscio, a fissarlo sorridente.
 
In quella notte stellata, che riluce quasi di cobalto, l’enorme sagoma di una Colonizzatrice si adagia lentamente in mare.
 
Il bambino si ferma sull’orlo del precipizio, fissando il velivolo aerospaziale, mentre sogna già di vederne uscire l’uomo che attende con ansia.
 
Prende il modellino che ha in mano e lo affianca alla MaxStone: in prospettiva sembrano delle stesse dimensioni.
Lui fa una sbuffa smorfia scettica, nel contemplare il suo giocattolo:
Mhmm…non credo che siano uguali. Non potrei mai salirci su! Oh, beh…”
 
Alza lo sguardo al cielo puntellato di miliardi di stelle e galassie; i suoi occhi ingenui si spalancano di meraviglia:
“Non ha alcun’importanza! Perché, quando sarò grande, anch’io voglio diventare un pilota spaziale come papà! Anzi, no…”
 
Punta l’indice destro verso la Via Lattea, quasi a volerle lanciare una sfida:
“…voglio essere molto di più: voglio essere un paladino dell’umanità! Sì, è così! Io…sarò un ‘Topless’!”
 
 

*   *   *

 
 
Dieci anni dopo. Neo-Okinawa.
 
-TONF!-
 
Ahi.” – Sam si lasciò sfuggire un lamento piatto e sconsolato, rimanendo distesa a faccia in giù contro il praticello della casa, umido di rugiada.
 
“Figliolo, se continui ad inciampare ogni giorno nello stesso punto rischierai di non arrivare integro a scuola!” – suo padre gli passò accanto, più stupito che apprensivo – “Sono già tre mesi che ci siamo trasferiti: cerca di imparare!”
 
Lui sollevò appena il naso da terra, sbuffando:
“Questo se tu non lasciassi i tubi d’irrigazione sparsi per il giardino! Ti pesa tanto comprare un robot da giardinaggio come qualsiasi normale famiglia americana?!”
“Qui non siamo in America, Sam!” – rispose l’uomo, quasi soddisfatto, allungandogli una pacca sulla schiena – “E sbrigati a prepararti o farai tardi!”
 
Il ragazzo si rialzò, ciabattando svogliatamente fin dentro casa:
“Sì, sì…lo so benissimo!”
 
Rientrò, sorpassando la cucina; salutò distrattamente la donna ai fornelli:
“Ciao, ma’…”
“Forza, forza!” – esclamò lei, cinguettante – “Ho fatto le uova e bacon che ti piacciono tanto!”
“Non ho tempo!” – replicò, già sparito dietro la porta della camera.
 
“Ben tornato nel mondo di ‘quelli-che-di-solito-non-dormono-in-piedi’, fratellone!” – un ragazzino dai capelli nocciola gli saltellò intorno – “E’ il tuo primo giorno d’Accademia! Sbrigati! O deve essere io a ricordartelo?”
“Ehilà, campione…!” – gli concesse una rapido sorriso ed una carezza sulla testa.
 
Gli voleva bene, sebben non intercorressero legami di sangue.
Ryan e Sam; Sam e Ryan. Sempre insieme, come fratelli veri.
Da quel giorno, da quando l’allora dodicenne Sam aveva conosciuto quell’orfanello della metà degli anni nella casa-famiglia. L’amicizia era nata spontaneamente.
Già quattro anni. Si erano ripromessi di essere per sempre complici.
Ma se in un futuro non così lontano…?
 
Uff!” – Sam si lasciò cadere di schiena sul letto, portandosi le mani al viso – “Uno, due, tre…e in piedi!”
Si rialzò di scatto, provando a caricarsi per affrontare la mattinata che risplendeva oltre i vetri della sua camera da letto.
 
 
*   *   *
 
 
Dieci minuti dopo.
 
L’auto volante scivolava rapidamente sui cuscinetti ad aria, per le strade della città di Neo-Okinawa.
Al sedile di guida, Ron Witwicky rivolse uno sguardo divertito al figlio, seduto accanto a lui:
“Coraggio, non fare quella faccia! Sono sicuro che ti divertirai!”
“Oh, certo!” – protestò lui, affondando la bocca nella bianca manica della complicata divisa scolastica – “Andrò in una scuola giapponese, dove ci sono persone che parlano in una lingua incomprensibile e che sono tutti geni!”
“Ehi, che razza di storia è questa?! Innanzitutto è un Istituto internazionale e poi sei perfino uno dei cinque migliori studenti d’Oltreoceano; non mi pare che tu abbia nulla da invidiare agli altri! Non hai sempre voluto diventare un pilota spaziale? Ora ne hai la possibilità. E smettila di mordicchiarti le maniche: quella divisa costa quasi più della retta d’iscrizione!”
 
L’autovettura procedette veloce nel traffico, per poi arrestarsi ai cancelli di un impressionante complesso didattico, sul belvedere di un lago grande e azzurro quasi quanto il mare stesso:
 
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Una grande iscrizione campeggiava sull’androne d’ingresso, gremito di studenti e studentesse di ogni età.
 
“ST…&…RS?! Che roba è questo grumo di consonanti a caso?!”
“Vuoi scherzare?! La ‘Estenders’ è la più prestigiosa Accademia Avio-Spaziale del mondo! Su, fa’ vedere loro un vero Witwicky!”
 
Riluttante, scese dalla vettura ed alzò la vista oltre il pennone centrale, svettante nel cielo terso.
Si voltò per un ultimo saluto, ma la macchina era già sparita.
 
“Ehi, ci sei?!” – la voce squillante in un inglese passabile di un bambino lo ridestò – “Tu sei quello nuovo, vero? Sam Witwicky?”
Un piccoletto dai capelli rossicci saltellava davanti a lui, evidentemente eccitatissimo:
 
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“Ehm…sì…credo di essere io.”
“Ottimo! Io sono Tenma Matsukaze e sarò la tua guida alla ST&RS per i prossimi quindici minuti: le lezioni iniziano a breve e ritardare è assolutamente inqualificabile! Insomma, smettila di parlare e seguimi!”
“Ma ho detto qualco-…?”
“Zitto!”
 
 
*   *   *
 
 
“Per cominciare, ti mostrerò il cortile interno!” – lo introdusse Tenma, indicandogli un enorme piazzale antistante la spiaggia:
Circondate da decine di cheerleaders, una decine di ragazzini in divisa sportiva erano intenti in allenamenti sportivi evidentemente faticosi, ma ben affrontati da un ritmo cadenzato.
Inoltre, sei mecha alti più di otto metri si flettevano in acqua, quasi imitando i giocatori.
 
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“Quelli che vedi sono gli allenamenti della ‘Inazuma Eleven’: la squadra sportiva della ST&RS! Sai, anch’io ne faccio parte…ma purtroppo sto per la maggior parte del tempo in panchina! Ma non ha importanza! Ciò che conta è che il nome del club discende direttamente dall’Inazuma Kick: il più potente attacco del leggendario GunBuster che combatté per l’umanità più di dodicimila anni orsono! Il nostro Coach è il famoso Mark Evans, uno dei primi diplomati all’Accademia, dopo la fondazione della squadra! Ricorda che anche interrompere gli allenamenti è assolutamente inqualificabile!”
“Quelli sono dei veri RX-7?”
“No: RX-17, per la precisione: i modelli più sofisticati e dotati di un’interfaccia di guida diretta! Tutti i membri della I-11 sono piloti di Machine di questo tipo, anche se non Topless. Vieni, ti mostro il nostro Wall of Fame!”
 
Lo condusse di fronte ad una grande teca in vetro e acciaio, stracolma di trofei e fotografie di ogni sorta.
Le foto di tre avvenenti ragazze spiccavano sopra tutti gli altri attestati: una affascinante ragazza dai lunghi capelli biondi raccolti in una coda sfoggiava una bellezza fredda ma magnetica; dal lato opposto una giovane dai lunghi capelli verdi ammiccava all’osservatore, in una posa volutamente osé; al centro una terza studentessa dai lunghissimi capelli corvini puntava i suoi occhi scuri verso l’obiettivo, in un sorriso di spavalda sicurezza.
“Quelle che vedi sono rispettivamente: Ino Yamanaka, Carly Starr Spencer e Mikaela Banes. Yamanaka è l’attuale leader del Comitato Giovanile per il Mantenimento Scolastico, mentre la Signorina Spencer è il Presidente del Club Studentesco! Lei e suo fratello minore Ringo provengono dalle Colonie di Marte, lo sapevi? Per noi è un onore averli tra noi! Lui puoi vederlo lì in basso.”
Tenma indicò al nuovo arrivato la fotografia – incorniciata da una medaglia – di un ragazzino di circa quattordici anni dai folti ed ispidi capelli verdi e dagli occhi di un ametista intenso:
“E’ un esperto pilota di RX-17 ed è anche il miglior studente maschile della scuola! Dovrai farne di strada se vuoi ‘puntare al Top’ come lui…”
 
Più che su i tre appena descritti, Sam non poté non concentrare l’attenzione sul viso deciso eppure in qualche modo misterioso della ragazza al centro:
“E di questa Banes che mi dici?”
“Oh, lei è semplicemente il genio dell’Accademia! Miss-Punteggio-Massimo, la studentessa migliore che la ST&RS abbia da offrire! Purtroppo è molto riservata…non parla praticamente mai di sé stessa! Ah, come la invidio…ma questo non vuol dire che le abbia fai fatto delle avances, eh! Importunare ragazze come loro è…”
“Fammi indovinare.” – lo interruppe l’altro, sottilmente ironico – “Assolutamente inqualificabile?”
Il bambino serrò le palpebre e le labbra in un broncio offeso:
“Non mi piace lo ‘humor Yankee’. Ti tengo d’occhio!”
 
Il suono della campanella risuonò per tutto l’istituto.
 
Il piccolo anfitrione si voltò indignato, abbandonando il neofita:
“La tua classe è infondo al corridoio. Ci vediamo, novellino!”
 
M senti tu che tipi…!– pensò alquanto preoccupato Sam, mentre l’idea di non essere capitato nel posto giusto al momento giusto iniziava a farsi strada dentro di lui.
 
A testa bassa e per nulla invogliato, il ragazzo girò lentamente il pomello della porta della sua aula, muovendo un passo all’interno.
 
Con stupore a dir poco appropriato, arrossì improvvisamente, più imbarazzato che eccitato:
“Ma qui dentro…ci sono solo ragazze!!!””
 
 
*   *   *
 
 
Un mese dopo. Casa della Famiglia Witwicky. Neo-Okinawa.
 
“Buongiorno!” – fu il consueto saluto della madre, farcendo una frittella alla marmellata di fragole – “Programmi emozionanti per oggi?”
“Qualcosina. – ripose svogliatamente il figlio, inforcando tutta l’enorme brioche – “Probabilmente verrò pestato ancora dai bulli della scuola perché vado meglio di loro, non pranzerò nemmeno e quasi sicuramente mi prenderà un’emicrania dopo il test attitudinale di oggi. Visto? Un vero sballo.”
“Dovresti smetterla di farti trattare in quel modo: dovresti informare il Preside!”
“E passare per la femminuccia della scuola? Bella idea, mamma.”
“Nessuno tocchi il mio fratellone!” – esclamò il piccola Ryan, stentando un bicipite – “Altrimenti gli farò un occhio nero!”
“Vorrei proprio vederti…” – sbuffò lui, anche se divertito all’idea.
“A proposito di femminucce…” – il padre gli passò un braccio sulle spalle, con uno strano barlume sornione sul volto – “…già al tuo primo mese di scuola e nessuna pretendente? Se non sbaglio sei l’unico ragazzo nella tua classe! Non dirmi che con tutte quella mercanzia non ti sei nemmeno un po’…svegliato! Se non mostri carattere le donne non ti fileranno mai! Guarda me con tua madre!”
E strizzò un occhio alla donna, che ricambiò con una frecciatina sarcastica:
“Sì, prendi in esempio tuo padre: mi chiese di fidanzarsi costruendo un anello con un tappo di bottiglia.”
“Ehi, era originale, perlomeno!”
“Diciamo che per il momento mi accontento di strisciare nell’ombra e di sopravvivere alla giornata.” – dovette ammettere il figlio.
 
Poi, però, oltrepassò le finestre della sala da pranzo con lo sguardo, sperando di intravedere un qualche ignoto oggetto di desiderio:
“Anche se a dire la verità…una ci sarebbe…”
 
 
*   *   *
 
 
Cinque ore dopo. Classe IV-H. Sezione femminile.
 
Le dita della mano sinistra di Sam tamburellavano nervosamente sul banco, mentre con la destra scorreva rapidamente il questionario scolastico sul touchpad del banco computerizzato.
 
Allora, il ‘Principio di Indeterminazione di Heisenberg’ relativo all’individuazione elettronica afferma che…
Tentò con difficoltà di concentrarsi…mentre i suoi occhi non facevano a meno di cercare nella classe di studentesse concentrate un volto in particolare:
Alla sua estrema destra, la chioma lucida e liscia ondeggiava ad ogni movimento deciso della ragazza.
Con la sua fermezza e riservatezza, Mikaela Banes era la ragazza più desiderata della ST&RS, dopo la Spencer.
Si perse per un momento nel guardarla, mentre lei non faceva altro che proseguire nel suo test.
 
Il pungolo di una scarpetta sottile nel fondoschiena lo risvegliò dal torpore.
Si voltò con discrezione: l’avvenente Carly si sporse un po’ in avanti sul banco, mentre lunghi capelli smeraldini le ricaddero con involontaria malizia nel solco del seno.
Sbatté i meravigliosi occhi violetti:
“Ti dispiacerebbe suggerirmi la n.90…cutie-honey?”
Le guance del ragazzo bollirono di un rossore quasi incandescente, per quell’improbabile nomignolo:
Uhm…o-ok…”
 
 
*   *   *
 
 
Quarantacinque minuti dopo.
 
“Coooooosa?!”
“Ma è impossibile!”
“Mi state dicendo che quel morto di sonno…?!”
“Non è giusto! Che sfortuna!”
Un’accanita cala di studenti lottava si contendeva il proprio spazio davanti al grande tabellone generale dell’ingresso, osservando i risultatati della prova, elaborati in breve tempo.
 
“Chissà chi avrà ottenuto il punteggio più alto…” – si chiese Sam, strizzando la vista verso la sommità della lista digitale – “…un momento…è davvero impossibile!”
 
Seguito subito dopo dalla Banes e dal giovane Ringo Starr Spencer, quel nome era stampato a chiare lettere:
SAMUEL LLOYD IRVIN WITWICKY. PUNTEGGIO TOTALE: 130pt
 
“O-ok…calma, Sam. Non puoi essere tu: è matematicamente impossibile. Sarà un omonimo!”
Per un momento credette di aver letto male, ma quel nome continuava a restarsene fissò in cima all’elenco, con il suo bel punteggio a cifre tonde…fin quando non sentì l’invisibile pressione di centinaia di occhi puntati su di lui.
 
“Ehi, tu!” – una vocetta stridente arrivò da oltre la barriera umana, mentre un ragazzino dai capelli di un verde fosforescente sgomitava tra la folla – “Dico a te! Tu sei quello nuovo, vero?! Sì, dovevo aspettarmelo da uno Yankee Terrestre! Mi hai fatto arrivare terzo, capito?! Terzo!! Non sono mai stato terzo in tutta la mia vita e…”
“Ah, tu devi essere Ringo.” – gli sorrise il sedicenne – “Ho sentito parlare di te! Sei in gamba! Solo ti facevo…più alto?”
Il ragazzino rizzò la schiena come un felino, borbottando tra sé:
“Cosa…?! Ha detto ‘più alto?! Ha detto così, vero?! Certo che lo ha detto! Ehi, senti, non crederai mica che sia nato ieri, vero?! Solo perché sono del primo anno non vuol dire che sia un idiota, no?!”
“N-no…io non…”
“Ecco appunto, perché io non sono un idiota! Tu lo sei, ok?! Se ti credi tanto in gamba perché non facciamo una gara, eh? Tra cinque minuti, con gli RX-17! Li sai usare, no?! O da dove vieni usate solo i simulatori?! Sì, deve essere così: un buono-a-nulla-secchione come tanti! Voglio proprio vederti!”
 
Sam restò per un momento in silenzio, tentando di fare ordine in mente per qual mare confuso e urlante di parole messe a caso da un tipetto iperattivo che a mala pena conosceva di nome.
Tutto quello che riuscì a balbettare fu:
“Senti…io…non credo che sia una buona idea…”
“Invece lo è!” – protestò il giovane Spencer – “Io ho sempre buone idee! E non sentirti in diritto di giudicarmi solo perché sei in classe con mia sorella, eh?!”
“Ma io non ho detto proprio nulla!”
“Non mi interessa!” – lo studente dai capelli verdi iniziava già ad allontanarsi vero i campi sportivi – “Ti aspetto al cortile interno! Cinque minuti, non un secondo di più!”
 
Sam lasciò cadere mollemente le braccia lungo i fianchi, sconsolato:
“Perché tutte a me?!”
 
 
*   *   *
 
 
Cinque minuti dopo. Cortile della ST&RS.
 
Sam salì goffamente all’interno di un RX-17 rosso e giallo, mentre l’abitacolo di guida ventrale si richiuse.
 
A qualche decina di metri, l’esoscheletro personalizzato di Spencer lo attendeva a braccia conserte; due striature di due differenti tonalità di verde decoravano il torace bianco del robot, mentre un visore ottico simile ad una cometa spiccava sulla testa.
 
“Aspettate, voi due!” – Tenma, inciampando nella corsa, gridò a squarciagola verso i due ‘intrusi’ – “Quelli sono della Inazuma Eleven! Usare per scopi personali gli RX-17 è assolutamente inqualificabile!”
“Aspetta…” – un giovane uomo dal coprifronte sportivo arancione gli pose una mano sulla spalla – “…vediamo cosa hanno intenzione di fare.”
“Ma Coach Evans…!”
“La violenza non serve a nulla, nella vita. Ma alla loro età i ragazzi si parlano meglio con le mani. Siediti e goditi lo spettacolo.”
 
La Machine del Marziano puntò un dito verso l’avversario:
“Tu! Non avresti mai dovuto fare quella prova e sfidarmi! Se proprio sei il miglior studente dell’Accademia, dimostramelo! Arrivo, Figlio della Disfatta!”
 
“U-un attimo…!” – Sam tentò di mettere in moto la Battlesuit, mentre il nervosismo gli annebbiava tutti gli insegnamenti ai simulatori – “Prima devo disinnescare i pistoni d’equilibrio, poi devo premere questo, poi questo e…ahia!”
 
Con un poderoso pugno, il robot verde e bianco lo aveva steso al suolo.
Afferrò l’RX-17 per la testa, iniziando a tempestare di pugni la corazza, in corrispondenza dell’abitacolo.
“Che succede?!” – ghignò il ragazzino, divertito e galvanizzato – “Sei buono solo con i ‘compiti a casa’?! Così non sarai mai un pilota spaziale, imbranato come sei!”
Continuò a martoriare l’Unità rossa di ginocchiate e pugni, sibilando:
“Mostra…le tue…capacità…di fronte…a tutti…I PRESENTI!!!”
Gli assestò un calcio all’altezza del torace, spedendolo a venti metri di distanza.
 
Il robot del ragazzo barcollò all’indietro, cascando rovinosamente sulla schiena.
Sam rimase ad ansimare nella cabina, mentre le pareti-schermo iniziavano già ad incrinarsi.
Sentì la voce di qualche ragazza gridare spaventata:
Coach, lo fermi! Per quel tipo è troppo dura! Ringo lo spedirà all’ospedale!”
 
Prima che qualcuno potesse aggiungere altro, la sagoma al monitor del mecha verde e bianco sovrastò l’avversario al suolo.
Una finestra di dialogo si aprì alla destra di Sam, mentre l’espressione di feroce rivalità del ragazzino lo schernì:
“Ma che diavolo ti prende?! Le vere battaglie nello Spazio sono molto più dure!”
Ed iniziò a calpestarlo ripetutamente con veemenza sorprendente:
“Chiunque ti ammirerebbe per il tuo punteggio, novellino, ma io non ha assolutamente intenzione di farlo! Perché voglio dimostrare a tutti di essere io il ‘Top’!!”
 
Mentre la spia di danno assordava il ragazzo, Sam si artigliò istintivamente la testa per la paura:
“Non ce la faccio…! Non ce la faccio, così!”
…e ricorda quello che diceva Noriko Takaya: ciò che davvero conta sono la Volontà e gli Sforzi! Solo così puoi ‘Puntare al Top’!...
I racconti paterni intrisi d’eroismo e avventura, di amore e coraggio in quell’epopea del GunBuster che ormai appariva lontana nel tempo risuonarono nella sua testa.
Smise di piagnucolare, stringendo i pugni intorno le leve di accensione:
“E va bene…! Se voglio diventare un Topless…alziamoci!”
 
Il ragazzino si fermò a riprendere fiato:
“Che fai, non rispondi nemmeno?! Ti stai prendendo gioco di me!”
E caricò l’ennesimo pestone verso il visore del robot rosso…prima di venire bloccato da un paio di mani meccaniche.
Un’espressione di sconcerto si dipinse sul volto.
 
“Avete visto?!”
“Si è mosso!”
“Forse può farcela!”
 
“Ora è il momento!” – gridò il ragazzo straniero, mentre l’esoscheletro spinse all’indietro l’aggressore, facendolo caracollare.
Si rialzò a fatica.
 
“Finalmente ti sei deciso!” – ghignò Spencer – “Ma non ho intenzione di farti vincere!”
Sferrò un gancio destro, mentre una lama nascosta emerse dal polso.
 
Sam tirò indietro le leve di movimento, mentre l’RX-17 si scansò.
La lama sfiorò il torace, lanciando una piccola scintilla.
L’Unità rossa rotolò sul selciato, artigliando il suolo per frenarsi e causando una leggera combustione dell’asfalto, per l’attrito.
Il pilota spinse nuovamente in avanti la cloche:
 
L’RX-17 corse verso il robot personalizzato, saltandogli su una spalla e sospingendosi in alto.
“C-che cosa diavolo…?!” – boccheggiò stordito Ringo.
 
La Machine rossa piroettò contro il sole accecante, avvitandosi.
 
Un coro di stupore e meraviglia si levò dal pubblico.
“Ma quello è…!” – Tenma spalancò la bocca.
Il giovane Mark Evans non trattenne un moto di incredulità:
“…UN INAZUMA KICK!!!”
 
Il mecha rosso si raggomitolò a mezz’aria, per poi ridiscendere a gambe unite.
Colpì in pieno petto l’Unità verde, in una scia di scariche elettrostatiche.
 
Il vigoroso calcio sospinse l’avversario per oltre cinquanta metri, fin quando non si schiantò contro la parete di recinzione.
L’Unità precedentemente in svantaggio cadde sulla schiena, seppur integra.
La Battlesuit rivale, invece, si afflosciò al suolo, con un solco incandescente stampato sul petto.
 
Un applauso generale riempì il campo, mentre l’abitacolo dell’RX-17 si schiuse:
Sam ne riuscì ansimante, ma questa volta un barlume di soddisfazione gli illuminava gli occhi.
Tese una mano verso il ragazzino dai capelli verde smeraldo, provando ad azzardare una comunicazione verbale:
“Sei davvero bravo con le Machines! Mi hai dato una bella lezione!”
 
Ringo lo squadrò con i grandi occhi ametista, mordendosi un labbro e voltandosi altrove:
Tsk! Tieniti per te i falsi complimenti! Hai avuto solo fortuna…”
 
Lui retrasse la mano, confuso:
“Che ragazzino strambo…!”
 
Sotto il porticato perimetrale, l bella Carly Starr Spencer contemplò profondamente incuriosita il nuovo arrivato:
Alla sua prima uscita in campo è stato in grado di atterrare mio fratello. Che sia lui…lo ‘Star Driver’?
 
 
*   *   *
 
 
Venti minuti dopo.
 
“Ahh…che razza di giornata!” – sospirò Sam, posando la borsa ai piedi, alla fermata dal velo-bus – “Sono solo a metà mattinata e avrei già voglia di collassare sul letto! Certo che quel tipo di prima…”
S’interruppe:
Poco distante, su una panchina d’attesa, una ragazza dai lunghi capelli neri – scossi dal vento autunnale – attendeva il turno del veicolo.
 
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La riconobbe: Mikaela Banes, l’avvenente studentessa dell’Accademia, l’inarrivabile compagna di aula, ora lì a pochi metri e sola da folle idolatranti di sorta.
 
Le si avvicinò, con goffezza degna di un pinguino.
“Ciao…” – azzardò timidamente – “…anche tu aspetti il velo-bus?”
“Sì.” – rispose lei, con totale distacco – “Hai la divisa della ST&RS…ci conosciamo per caso?”
“Diciamo piuttosto che sono io conoscere te…”
“Ah.” – un’espressione di semplice stupore si dipinse per un breve istante sul volto della fanciulla – “Abbiamo fatto qualche corso assieme?”
Lui parve ravvivarsi di un sola spanna in più:
“Beh, sì: Astrofisica, Robotica, Mate, Chimica, Ingegneria…”
“Ok, ok: ho afferrato il concetto.” – lo bloccò; poi lo squadrò meglio – “Aspetta…tu sei per caso quello nuovo? Quello che preso il punteggio più alto dell’Istituto?”
“Ehm…sì…a quanto pare.”
“Ah, ho capito! Aspetta, com’è che ti chiami? Witlicky? Witchicky?”
Witwicky.” – la corresse, con un certo imbarazzo.
“Giusto.” – annuì lei, alzandosi alla vista del mezzo pubblica in imminente arrivo – “Beh, dovrei andare.”
 
Il bus a levitazione magnetica si arrestò, estendendo gli scalini.
Lei mise piede sul primo, poi si voltò:
“Tu non sali?”
“Io…oh…ehm…sì…cioè…” – Sam sentì la lingua intrecciarsi in gola, confuso – “…no, meglio di no.”
La ragazza lo guardò stupefatta ed infine lo salutò:
“Come vuoi. Ci vediamo. Oh, quasi dimenticavo: io sono Mikaela.”
 
Lui rimase a guardare il velo-bus allontanarsi, sospirando:
“Sì…lo so.”
 
 
*   *   *
 
 
Contemporaneamente. Luogo sconosciuto.
 
Dall’avvolgente poltrona nera, rivolta verso la gigantesca finestra d’ufficio, si allungò una mano maschile verso uno schermo digitale sulla sinistra: selezionò un’icona e la fotografia di un ragazzo sui sedici anni si allargò sul monitor:
“Così è questo il nostro piccolo ‘Star Driver’? Se così è…tanto vale metterlo alla prova, no?”
Si spostò su un computer dal lato opposto:
“Sembra che ci sia un Mostro Spaziale nell’orbita terrestre. Proviamo così: disattivazione di tutti i satelliti sorveglianti: apertura del ‘Warlock’. Buster Machine Quatre-Vingt-TroisSoundWave…lancio.”
 
 
*   *   *
 
 
Contemporaneamente. Orbita terrestre (distanza dal suolo: 10.000 km).
 
Un grande satellite meccanico sorvolò lo spazio aereo di Okinawa.
Le grandi parabole di trasmissione si illuminarono di un azzurro fosforescente, mentre un indistinto gorgogliò di suoni sintetici affiorò da una gola artificiale:
 
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*   *   *
 
Poco dopo.
 
Sam gettò la cartella sulla spalla, camminando sotto il Sole pomeridiani verso casa, stancamente:
“Tutti mi odiano perché sono stato il primo all’esame attitudinale, ho fatto a botte con un ragazzino più piccolo di me, mandando in rottami milioni di dollari e ora sono a piedi per colpa della ragazza che mi piace…potrebbe andare anche peggio di così?”
 
Un fragore esplosivo a qualche isolato di distanza ed un tremore per il suolo; un coro di grida terrorizzate si levò nella città, mentre il ragazzo cadde sulle ginocchia.
“Maledizione…ma perché non sto mai zitto?!” – imprecò nel mettersi a edere, dolorante.
Schiuse le palpebre serrate dallo spavento improvviso…e sul suo volto si deformò una manifestazione di sgomento ed orrore:
Un colossale essere semi-organico dalle forme aracnoidi si schiantò su un edificio, annaspando goffamente e causando ulteriori danni.
 
“Un Mostro Spaziale?! Qui?!” – boccheggiò mentre la creatura aliena si voltò nella sua direzione.
Spostò l’orribile e molle ventre verso di lui.
Un scintilla scarlatta sulla punta dell’addome; un raggio di luce incandescente venne vomitato da mostro.
 
Nella frazione di secondo che seguì il tempo parve rallentare:
Sam prese un profondo respiro, mentre i suoi occhi si riempirono di lacrime di disperazione miste ad irritazione da calore.
Il lampo rosso si fece più prossimo.
Come un fulmine a ciel sereno, un autovettura tagliò la strada, mentre qualcuno si gettò fuori, rotolando al suolo e rialzandosi magistralmente, frapponendosi tra il raggio ed il ragazzino al suolo.
Biascicò qualcosa come ‘Exotic Manoeuvre!’, rimuovendo dalla fronte un adesivo bianco, e l’ombra ai suoi piedi si estese autonomamente in avanti.
Un enorme braccio meccanico fuoriuscì da essa, come un varco verso l’ignoto, avvolgendo i due.
 
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Il laser si scontrò con il muro antropomorfo, espandendosi a raggiera.
 
Nel bagliore diffuso della resistenza, Sam notò con più attenzione il misterioso salvatore: un ragazzotto corpulento appena maggiorenne, dai corti ed ispidi biondo cenere e dai due piccoli occhiali da sole.
Sulla sua fronte baluginava una forte luminosità turchese.
“Questo tipo è…un Topless…?!” – mormorò a metà tra l’incantato e lo sbigottito.
 
Il raggio del Mostro si estinse, mentre il torso robotico emerso per metà si ritirò nel suolo.
L’ometto si voltò indietro, fischiando acutamente con due dita tra le labbra.
 
Un modello da corsa ormai antico di migliaia di anni di una Camaro gialla e nera derapò in curva, priva di conducente.
Il Topless ordinò a gran voce:
Bumblebee, Exotic Manoeuvre: Buster Mega-Tech Drive!”
L’autovettura accelerò pericolosamente, poi sembrò quasi rimbalzare sugli ammortizzatori.
Un lampo di luce azzurra fluì sulla carrozzeria, a mezz’aria.
L’automobile si aprì in un groviglio di lamiere e cavi elettrici, rotolando al suolo come un ammasso confuso di ferraglia.
Infine una sagoma umanoide si delineò dalla confusione, sollevandosi in piedi e puntando un grande cannone verso il Mostro Spaziale.
Il Topless senza nome ordinò ancora:
Buster Beam!”
Una croce di luce scintillò nella canna del fucile, allungandosi in un fascio di fotoni elettrificati che raggiunse e distrusse una della gambe della creatura.
 
Il Mostro Spaziale lanciò uno stridio acuto, balzando il lontananza.
 
Il ragazzo dal corpo robusto si voltò verso Sam, ansimante sull’asfalto:
“Tutto a posto?”
Tutto a posto?! Cavolo, ho appena rischiato la vita contro uno Schifo Spaziale, mentre tu tiravi fuori una mano grande quanto un camion da chissà dove e trasformavi una macchina in…in quel coso! Se andasse male che faccia dovrei, ora?!”
“Meglio vivo che morto, secondo me. A proposito, il mio nome è Casio Takashiro.” – ripose l’altro, noncurante, osservando con decisamente maggior interesse i dati in sovrimpressione un palmare.
Mormorò assorto nei suoi pensieri:
“Sembra che il Tasso di Variabilità Gravitazionale sia decisamente più alto qui...”
 
“Mi stai ascolt-…ahi! Ma sei matto?!” – Sam fece per protestare, ma Casio gli schiaffò sulla fronte un adesivo magnetico identico al suo – “E questo cos’è?!”
Il Topless studiò il viso di Sam fino ad appiccicargli il naso contro il suo:
Mhmm…il Sigillo Topless non si è spezzato! Allora era come supponevo…!”
“Ti dispiacerebbe dirmi di che parli?!”
“Quello che hai sulla fronte è un Sigillo Costrittivo: solitamente, se posto sull’emisfero frontale del cervello di un non-Topless si dovrebbe spezzare ma con te non è successo.”
“Stai dicendo che potrei essere come te?” – un brivido di eccitazione corse lungo la schiena del ragazzino.
“L’unico modo è scoprirlo! Ma intanto…Dix-Neuf!”
 
Sollevò una mano contro le nuvole.
Con un rombo stordente, un razzo stratosferico nero discese rapidamente dalle nubi, sgusciando tra i grattacieli: lo spostamento d’aria ed i potenti propulsori nucleari causarono l’esplosione delle facciate dei palazzi, in un’apoteosi di detriti.
 
Il razzo calò di quota, schiantandosi al suolo e sollevando grandi porzioni d’asfalto:
quella che pareva la fusoliera iniziò a mutare consistenza, di una sorta di ampio mantello nero.
La punta frontale si retrasse, mentre due braccia affiorarono da due fori nella veste.
Una testa meccanica fece capolino dal mantello, estendendo le gambe.
Il gigantesco automa, alto più di cinquanta metri, si inginocchiò, aprendo il palmo della mano verso il suo pilota.
 
“Ma questa…è un’autentica Buster Machine!” – esclamò Sam, estasiato – “Non ne avevo mai vista una dal vivo: è impressionante!”
“Ed è anche piuttosto pericolosa.” – lo ammonì Casio – “Inoltre sembra che abbiamo compagnia…”
Alzò lo sguardo al cielo: una sorta di grande spazio-velivolo orbitale iniziava a planare rapidamente.
“Cos’è?! Un satellite?!” – chiese il ragazzo.
“Sì…ma non uno normale: è una Buster Machine, proprio come il mio Dix-Neuf!”
“Quindi è dalla nostra parte!”
“Non credo: non sono al corrente di spostamenti di altre BM qui in zona; probabilmente è stata quella Machine a permettere che il Mostro Spaziale entrasse nell’atmosfera terrestre!”
“Che cosa facciamo, allora?!”
“Io non posso far altro che provare ad affrontarli! Tu sali su Bumblebee e cerca di metterti al riparo: se dovesse essere necessario, strappa via quel Sigillo dalla fonte ed usa l’Exotic Manoeuvre!”
“E come si fa?!”
 
“Basta gridarlo!” – ripose l’altro, mentre la mano della BM-19 lo conduceva all’abitacolo pettorale.
Lui obbedì, salendo sulla vettura.
Esitò per un momento:
“Ma se non so nemmeno guidare!”
La soluzione venne da sé:
La machina si mise in moto senza alcun ordine, accelerando rapidamente ed allontanandosi dal gigante meccanico.
 
Casio, all’interno dell’abitacolo a Zero-G, strinse le leve laterali di guida:
“Bene! Ora che sono fuori dal mio raggio d’azione…Buster Gater!”
Dix-Neufestrasse da sotto la cappa una maglio da mischia dotato di due seghe circolari.
I propulsori posti lungo il mantello si incendiarono, spingendolo in aria a velocità ultra-sonora, verso il Mostro Spaziale aracnoide.
 
La Camaro gialla zigzagò tra i detriti e le esplosioni circostanti, in un andamento di nauseante perdita di respiro.
Proseguì diritta su una della strade vitree sopraelevate dei grattacieli di Okinawa, mentre sotto di essa una mare di polvere e cemento si sollevava.
Sam si rese conto troppo tardi che il percorso terminava in un moncherino distrutto, a strapiombo nel vuoto:
Nononononono!” – iniziò a scalciare sul cruscotto – “Aspetta! Asp-…!”
L’auto si gettò a capofitto, assumendo la forma umanoide e scagliando in aria per una gamba il ragazzo.
 
Il fiato gli morì nei polmoni, mentre vide ogni singola goccia di sudore staccarsi dalla sua fronte, in assenza di gravità.
Strinse il cuore:
O la va o la spacca! Oh Dio, ti prego, aiutami…!
Tirò via il Sigillo dalla fronte con un unico strappo e grido con quanta più forza in gola:
EXOTIC MANOEUVRE!!!”
 
Una corona di raggi azzurri fuoriuscì dall’emisfero frontale del suo cervello.
Come per un teletrasporto, migliaia di ingranaggi e componenti meccaniche di materializzarono intorno a lui, disponendosi in una sorta di stretto sellino di guida.
Una serie di pareti a specchio si disposero sfericamente, chiudendolo.
Due braccia e due gambe iniziarono ad emergere dal nulla, mentre una matassa di cavi elettrici ed organici sintetici davano forma ad un busto ed una testa meccanica.
Il gigante bianco appena materializzato atterrò pesantemente,.
Si rialzò lentamente, sotto una pioggia di detriti e cascate di fuliggine, ergendosi al di sopra di un edificio di venti piani, in tutta la sua altezza spaventosa.
 
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“Q-questa è una Buster Machine! Ci sono sopra!” – ansimò il ragazzo, calcando le dita sulle leve d’accensione, a volersene sincerare della tangibilità.
L’abitacolo sferico offriva una visione giroscopica dello skyline giapponese.
“Quella che hai sotto di te è la Macchina Umanoide Multifunzione da Combattimento n.13…ma preferisce farsi chiamare ‘LineBarrel’.” – il volto di Casio comparve in una video circolare alla destra del pilota – “Dunque sei riuscito a sbloccarlo dopo oltre un secolo e mezzo di inattività…”
Oh-oh.” – Sam deglutì alla vista della BM/satellite di prima, ora in dirittura d’arrivo – “Si mette male…come faccio a muoverlo?”
“Basterà stringere il volante e…lasciarti andare!”
“Bel consiglio! Ma visto che non ho altra scelta…avanti, LineBarrel!”
 
Come mosso da volontà propria, l’automa si piego sulla gambe, mentre i repulsori sulla coda direzionale gli permisero di spiccare un salto ad un altezza di diverse centinaia di metri.
La compressione d’aria polverizzò l’isolato circostanti in un anello perfetto.
I reattori laterali sulle gambe e nei palmi si infiammarono nella fusione nucleare:
LineBarrelsfrecciò oltre la coltre di nembi immacolati, disegnando nel cielo due larghe sfrangiature di vapore condensato.
 
Sam sentì l’adrenalina pulsare nel corpo, alla vista surreale del panorama in costante rotazione, ripreso dalle pareti dell’abitacolo:
“Fantastico! Non avevo mia visto nulla da questa altezza!”
“Quello che puoi provare alla guida di una Machine non è paragonabile a nient’altro! Ma ora resta in guardia; a ore 6:00!” –lo avvertì Takashiro, all’interfono.
 
A trecento metri di distanza, dal basso, la n.83/SoundWave si configurò su una sembianza più vagamente antropomorfa; dal dorso dipartirono cinque torpedini incendiarie:
Saettarono confusamente nell’etere, tracciando lunghe scie di fumo bianco, come rigide pennellate di un pittore istrico su una tela azzurra.
 
Il robot materializzatosi dal nulla si strinse nelle spalle, volteggiando tra i razzi in un inebriante senso di capogiro.
Il pilota esultò galvanizzato:
“E’ una sensazione indescrivibile! Sto iniziando a prenderci la mano!”
“Non montarti troppo, ora!” – rise Casio – “Ricorda che per il momento è LineBarrel a fare la maggior parte del lavoro!”
“Ma non può certo fare tutto da solo, no? Dimmi un’arma che posso utilizzare!”
“Prova a colpire il nemico con il ‘Buster Slash’!”
“Ricevuto! BUSTER SLASH!!!”
 
La n.13 estrasse di lunghe spade dai foderi sugli avambracci, incrociandole.
Accelerò verso l’obiettivo, mentre quest’ultimo assunse nuovamente la forma orbitale, scansandosi a 25.000 km/h.
La Machine atterrò rovinosamente, sferzando a vuoto; lo spostamento d’aria divise in una croce regolare il grattacielo antistante.
Si voltò e decollò nuovamente.
 
I due automi si librarono sopra lo spazio urbano, in uno scambio di evoluzioni, senza colpo ferire.
Si separarono, planando sul gigantesco lago di acqua salata di Neo-Okinawa:
 
Le ali del satellite intelligente fendettero le onde, sibilando sulla superficie cristallina.
Parallelamente, la Buster Machine n.13 scivolò sull’aria, a pochi centimetri dallo specchio d’acqua.
“Muoviti, LineBarrel!” – lo incitò il ragazzo – “Trova un modo per colpire quell’affare!”
Una sezione di corazza sulla gamba destra del mecha si spalancò, rigettando una decina di granate termosensibili.
SoundWaveondeggiò rapidamente, lasciando che i proiettili lo superassero, esplodendo in acqua.
Si trasformò ancora, rallentando:
Dalle lenti ottiche azzurre partì uno sbarramento laser a capofitto verso il nemico.
Il LineBarrel dislocò lateralmente, mentre il Buster Barrage piegò ad angolo retto sulla superficie lacustre, continuando ad inseguirlo.
 
Sollevando una grande quantità d’acqua, l’Unità discese gradualmente in volata, fino ad inabissarsi, deviando i colpi.
 
“Quella Machine è troppo veloce per un combattimento a corto raggio: intercettala con l’Homing Laser e poi toglila di mezzo una buona volta! Io cerco di liberarmi di questo dannato Mostro Spaziale che mi blocca!” – gridò Casio, spazientito.
“Ci provo!”
 
LineBarrelriemerse con vigore dalle profondità, aprendosi un varco circolare tra i flutti, ed allargò i palmi delle mani:
Una miriade di sottili fasci luminosi si allungò da essi, intrecciandosi in aria.
 
Il satellite salì di quota, vorticando disordinatamente nel tentativo di schivare i vettori, prima che tre di essi gli trapassassero le parabole direzionali.
Fu costretto a portarsi nuovamente su due gambe, mantenendosi con difficoltà a mezz’aria.
 
“Coraggio, bello!” – Sam allungò una pacca alla cloche, mordendosi un labbro – “Vediamo se anche tu ne sei capace! BUSTER…
Il cella voltaica pettorale del robot convogliò energia luminosa.
…BEAM!!!”
La carica quantica esplose in un accecante raggio luminoso turchese, che trapassò in pieno il nucleo centrale della Buster Machine fuori controllo.
Il Buster Beam si estinse, lasciando un foro incandescente nel corpo della n.83, che esplose in una croce di luce bianca, i cui riflessi indorarono le acque del lago.
Sam deglutì, mentre lo stress iniziava ad abbandonarlo:
“Oh, è morto!”
 
Sulla terraferma, Dix-Neuf schivò un affondo della zampa acuminata del Mostro, diretto alla testa.
“Sembra che ci sia riuscito da solo…” – ansimò Casio – “…quel ragazzino è stato capace di muovere la n.13! Allora sarà meglio che mi sbrighi a chiudere la faccenda con questa bestiaccia!”
 
Scalciò via il ragno alieno gigante, che rotolò ad un kilometro di distanza.
 
“Il colpo di grazia: BUSTER HALBERD!!!!”
I segmenti del braccia sinistro della n.19 si allontanarono, rivelando una batteria di piccoli siluri.
I razzi si allontanarono verso il Mostro, radenti il suolo.
La creatura fece per sollevarsi dal suolo…ma il gruppo di mine a reazione esplosero tra gli arti e nel ventre, facendo esplodere in un mare di sangue violaceo.
 
Il Topless giapponese riprese fiato:
“Ecco fatto…sistemati.”
 
 
*   *   *
 
 
Poco dopo.
 
Le due Unità giganti atterrarono lentamente sulla riva del grande lago Hanjuku.
 
“Non posso crederci. Sei stato davvero sorprendente.” – Casio tese una mano all’improvvisato pilota della BM-13, aiutandolo a scendere dal cockpit toracico – “Erano più cento anni che LineBarrel si rifiutava di muoversi, ma sembra che abbia risposto alla tua Exotic Manoeuvre del tutto volontariamente.”
Sam respirò a fatica, faticando a credere a sé stesso:
“Dillo a me! Però…che giornata impegnativa! Ma è sempre così in Giappone?”
“Spero di sì!” – gli sorrise l’altro – “Altrimenti che divertimento c’è? Ad ogni modo…sembra proprio che tu sia un Topless, esattamente come me e molti altri. Immagino di non poterti obbligare a combattere ancora, ma…la FRATERNITY sarebbe orgogliosa di poter nuovamente vantare in campo la sua Buster Machine più potente.”
“In pratica mi stai chiedendo a far parte del Corpo d’Armata Topless?”
“In parole povere.”
Sam storse la bocca in una smorfia di finto dubbio:
“Beh…non saprei. Sarebbe un onore ma anche una gran brutta responsabilità…dovrei pensarci un po’ su.”
“Prenditi tutto il tempo che vuoi…”
“Ok…dammi una attimo per riflettere meglio, ok?” – il ragazzo si allontanò per un istante, sparendo dietro una siepe.
 
Si morse la lingua per non gridare d’euforia, ma l’emozione ebbe il sopravvento, mentre tirò un pugno in aria:
 

“Sì! Finalmente…SONO UN TOPLESS!”

 

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Capitolo 3
*** ≈ Capitolo 3: “Il mio ‘Seven Swell’!” ≈ ***


I could change the World,
I could make it better!
Kick it up and down;
Take a chance on me!
When you fake a smile
And you think you’re better,
Gonna put it down!
Rip it at your feet!

 We are the dream!
No other way
To be!

We are young!
We are strong!
We’re not looking for where we belong!
We’re not cool:
We are free!
And we’re running with blood on our knees! 
 
 

Capitolo 3: “Il mio ‘Seven Swell’!”

 
 
 
Un mese dopo. Ore 08:45. Sistema Solare.
 
Frusciando e fremendo come insetti, uno sciame di grandi Mostri Spaziali sfrecciò tra gli asteroidi dell’Area 120, adiacente al piccolo e scuro Plutone, disperdendosi confusamente.
 
Salendo rapidamente di quota, Dix-Neuf si strinse nel lungo mantello in gomma rinforzata, mentre le gambe ed i lembi del soprabito meccanico si confondevano nell’indistinto divampare dei reattori ad azoto liquido.
Distese in vanti le braccia, avvitandosi:
Centinaia di proiettili luminosi vennero scaricati dalle dita cave della Buster Machine, perdendosi in lontananza, tra i corpi amorfi ed iperattivi dei Mostri.
Una breve serie di piccole esplosioni sferiche si allargò orizzontalmente.
“E con questi fanno altri 110!” – esultò Casio Takashiro, tirando indietro le leve di movimento – “Certo che non sono proprio pochi, per essere solo un’operazione di routine! Ehi, Mikaela, come procede la pulizia?!”
 
La n.27 scagliò con un ampio gesto delle grandi ali digitiformi una manciata di piume metalliche, conficcandole nei corpi delle balene aliene.
Detonarono contemporaneamente, spargendo un mare di fiamme nel Vuoto e costringendo le creature restanti ad una brusca retromarcia.
Ansimando affaticata, la giovane Topless dai lunghi capelli corvini ripose:
“Quota 180! Non riesco a davvero a farne fuori più di così, oggi!”
“Il nostro amico, invece, sembra proprio che ci abbia preso gusto!” – rise Casio, nel collegamento video alla sua destra – “Ti conviene impegnarti ancora, o ti usurperà il titolo di ‘Top Buster’!”
Tsk!” – la ragazza accavallò una gamba sullo scomodo sellino di guida, incrociando le braccia in un gesto di infantile offesa – “Continuasse pure a stancarsi quanto vuole! Essere Topless non è un gara!”
Segretamente rapita da quel ragazzo, sbirciò con un solo occhio verso l’oggetto bianco in perpetuo andirivieni, tra la moltitudine di esseri alieni:
 
Attivando i repulsori laterali, la Buster Machine n.13 tentò malamente di arrestarsi, lasciando dietro di sé sei scie di fumo bianco, emesso dai piccoli razzi contenuti nelle robuste gambe.
With the kids sing out the Future…” - Fischiettando un motivetto vagamente rock, Sam Witwicky guardò orgoglioso i colpi della sua BM saettare a doppia elica nello Spazio e disintegrare una densa moltitudine di Mostri Spaziali.
LineBarrel ripartì nuovamente in una carica frontale, evitando in volata una scia orizzontale di Narvali dai corpi appuntiti.
“…maybe kids don’t need the masters…” - concentrando energia radiante nel torace, un fascio laser azzurro venne proiettato dalla Machine, tracciando un semiarco tra la scia di Mostri Spaziali, riducendoli solo ad una coda di esplosioni radianti.
“Ne ho fatti fuori già 200! Ne restano soli altri 130!” – esultò il pilota, rovesciando all’indietro il sedile giroscopico; i corti ed ispidi capelli castani galleggiarono per un breve momento a gravità-zero.
 
La possente ed antica Machine, si portò a testa in giù, allargando le braccia e spalancando i palmi:
…just waiting for the ‘Little Busters’! Oh, yeah!
I vettori dorati dell’Homing Laser si allungarono a distanza kilometrica, congiungendosi in un punto indefinito ed esplodendo a raggiera.
Trapassarono i corpi degli obiettivi restanti, producendo una coreografica di esplosioni rosse che attorniarono l’orbita di Plutone.
 
La n.13 si voltò verso le altre due Machines; nonostante l’aspetto minaccioso ed imponente, sollevò un pollice in un ridicolo e goffo gesto:
“Abbattuti Mostri Spaziali in numero di 330! Che ne dite: sto migliorando?”
 
 
*   *   *
 
 
Due giorni dopo. Ore 14:00. ST&RS. Neo-Okinawa.
 
La campanella elettronica risuonò dall’altoparlante incorporato nella cattedra dallo schermo tattile.
 
Mentre quasi meccanicamente la studentesse della Terza Sezione scattarono in piedi, spegnendo le postazioni digitali personalizzate, la voce di un attempato e tarchiato professore munito di lavagnetta olografica tentò di sovrastare il chiacchiericcio eccitato e distratto delle aspiranti pilote spaziali:
“Ok, per oggi è finita…ma domani compitoa sorpresa! O forse no? Dormite preoccupate…!”
 
Poi si avvicinò al banco dell’unico ragazzo nell’intera Sezione, squadrandolo con gli occhi sottili e penetranti, oltre le strette lenti da vista poggiate direttamente sul setto nasale:
“Signor Witwicky, voglio sperare che lei abbia finalmente deciso il soggetto per la sua ricerca!”
Il ragazzo si retrasse sulla sedia, balbettando una qualche scusa alla sua forse non ancora irreparabile mancanza:
“Oh…beh, certo. Ovviamente! Il fatto è che non ho ancora potuto stendere la mia tesina per via di…ehm…impegni personali piuttosto urgenti e non trascurabili. Ma ho tutto qui dentro…”
E si picchiettò la tempia con l’indice.
 
Il docente giapponese si voltò, storcendo il naso:
“Lo spero per lei…”
 
Sam si assicurò che l’uomo oltrepassasse la soglia dell’aula, prima di sprofondare sul banco, affondano la testa tra le mani:
“Come no! Non ho pronto nemmeno l’ombra di un soggetto, dannazione! ‘Ricerca su un uomo od una donna che ammirate e che hanno fatto la Storia dell’Aviazione Spaziale’…facile a dirsi! Ed io che speravo di farla su Neil Armstrong…lo portano praticamente tutti!”
 
“Tutto a posto, cutie-honey?” – senza troppi scrupoli, Carly Starr Spencer si sedette sul suo banco, accavallando una gamba davanti a lui – “Ti serve una mano?”
 
“Di mani ne ha già troppe e nei posti sbagliati!” – lo riprese con severità un’indignata Mikaela Banes, costringendolo a retrarre la destra…involontariamente troppo vicino al lembo della gonna della Marziana.
Poi gli si avvicinò, allungandogli una serie di holo-notes in formato synchro:
“E comunque il materiale ce lo ha già! Tieni: sono le fonti che mi avevi chiesto dagli archivi della FRATERNITY.”
 
“Scusa per il disturbo…” – la ringraziò lui a testa bassa, non accennando a diminuire la sua inquietudine.
 
“Oh, vuoi fare bella figura con così poco?” – Carly scese dal banco, aggiustandosi i lunghi capelli verdi con un colpo di mano e lanciando una provocatoria occhiata color ametista all’altra ragazza – “Credevo che puntassi a qualcosa di più…”
 
E a cosa...?!” – la voce sconsolata del ragazzo suonò insieme a quella indispettita della ‘Miss-Punteggio-Massimo’.
 
“Beh, dato che sono il leader di Adult Bank e che mi occupo anche dei fondi per le Machines…” – ripose lei, portando l’indice sottile e curato alla bocca, in un gesto di finta ingenuità – “…magari potrei rimediarti un appuntamento con il Presidente della Fondazione GOULD.”
 
“Dici sul serio?!” – Sam parve ravvivarsi – “Potresti farmi parlare con il Capo della ‘Commissione per la Costruzione delle Buster Machines’?!”
 
“Diciamo che non sarebbe impossibile…”
 
“Ma a lui non serve!” – protestò Mikaela, arrossendo di un geloso orgoglio – “Riuscirà sicuramente a fare una buona ricerca anche con questi appunti! E poi vive su Marte!”
 
“In effetti…” – il ragazzo si grattò la nuca con una mano – “…non avrebbe tutti i torti. Se porto una banale Tesi su Armstrong sarà solo l’ultima di una serie interminabile! In fondo, chi altro potrebbe la possibilità di parlare direttamente con uno dei più importanti finanziatori della Difesa della Razza Umana?”
 
“Allora è deciso!” – Carly batté cinguettante le mani – “Faccio un paio di telefonate, firmo qualche documento qua è là e da domani mattina potrai parlare con lui! D’altronde, la FRATERNITY non stava programmando una missione nell’orbita di quel Pianeta?”
 
Mikaela Banes si girò di spalle, trattenendo un moto di spirito:
Mpf! Fate che quello che vi pare…!”
 
 
*   *   *
 
 
Contemporaneamente. Stesso Istituto.
 
“Stupidi compagni di classe! Scansafatiche ed inutili!” – sbuffando poco meno di una ciminiera, Ringo Starr Spencer diede le spalle al gruppo di ragazzini chiassosi alle sue spalle, già fuori dalla classe, totalmente dimentichi di lui.
 
Abbandonando l’idea di tornarsene a casa in santa pace, iniziò a raccogliere le decine di fialette di delicato vetro e le teche cilindriche contenenti piante esotiche, residue dell’ora di Biologia.
Con quanta più attenzione possibile, iniziò a riordinarli sulle mensole più basse dell’aula; poi, si alzò sulle punte per raggiungere lo scaffale più alto, ma non vi arrivò per pochi millimetri.
Pestando un piede a terra, sbraitò innervosito:
“Ah, al diavolo! Se non fossi così basso ci arriverei, maledizione! Ma perché nessuno fa mai la sua parte, qui?!”
 
“Ti serve aiuto?” – chiese la delicata voce di una ragazza, dietro di lui.
 
Il ragazzino non la degnò nemmeno di uno sguardo, rispondendo seccato:
“No, non c’è bisogno! Ci posso riuscire anche da solo!”
 
“Però stai sbagliando a catalogare le piante. Se fai male il lavoro è come se non avessi concluso nulla!”
 
Ringo si decise a voltarsi, infastidito:
“Ok, sentiamo: come vorr-…?!”
S’interruppe, sbarrando i grandi occhi violetti mentre un rossore sulle guance si estese come un fuoco, facendo a pugni con il verde intenso dei folti capelli verdi:
 
Una bellissima ragazza di circa diciassette anni in divisa viola rimaneva timidamente in piedi; uno dei due meravigliosi occhi cianotici era coperto da una lunga frangia di un biondo platino, mentre una cascata composta di capelli lucenti le scendeva lungo la schiena.
Si presentò, sorridendogli lievemente:
“Sono la leader del Comitato Giovanile per il Mantenimento Scolastico: Ino Yamanaka; piacere.”
 
“P-piacere mio…” – balbettò, improvvisamente confuso.
 
“Dato che non sei molto esperto, è mio compito assicurarmi che non resti danneggiato nulla!” – si affrettò a dire la splendida giovane, mentre raccoglieva allegramente gli ultimi campioni – “Ecco, ti mostro come si fa: ci sono le Magnolòfite e le Graminacee qua a destra; poi subito sotto vanno le Monocotilèdoni…”
 
“Wow, sei davvero brava…! Lo fai spesso?” – notò lui, sbattendo le palpebre.
 
“E’ la mia passione!” – ripose lei, intenta nella catalogazione – “Molti studenti fanno confusione nel rimettere a posto i campioni di Biologia e così mi sono dovuta specializzare, volente o nolente. Però ammetto che sono fiera di questo compito: ho imparato così tanto da questi piccole creature! Mi dicono così tante cose!”
 
Ringo inarcò un sopracciglio, perplesso:
Creature che parlano? Guarda che sono solo piante!”
 
“E con questo?” – si rialzò, pulendosi la mani leggermente sporche di terriccio sintetico – “Non sai che anche i fiori sanno comunicare? E non solo tra loro! Ci parlano continuamente, in un linguaggio tutto loro! Basta guardarne uno a caso e possiamo capire molte cose di noi stessi; provare per credere! Datti un’occhiata intorno: ce ne è uno che ti piace particolarmente?”
 
“Mhmm...” – il bambino si guardò attorno, adocchiandone uno dai lunghi dai lunghi petali scarlatti ed appuntiti – “…quello, direi. Mi piace: è elegante, eppure sembra molto deciso.”
 
“E’ l’Amarillide Rosso.” – puntualizzò Ino – “Si dice rappresenti la fierezza ed è capace di spiccare in un prato anche se è l’unico. Hai avuto un’ottima osservazione: vedi che avevo ragione? Forse tu sei quel genere di persone il quale animo richiama con forza a sé la sua identità, per affermare la propria presenza in questo mondo. Ma la fierezza non deve offuscare l’umiltà, poiché e da essa che nasce il Desiderio di raggiungere la Felicità: ciò che noi chiamiamo ‘Scopo’ è in effetti il nostro animo che ammette di aver bisogno del prossimo.”
 
“Oh…” – Ringo abbassò lo sguardo, lievemente perplesso.
 
“A me invece piace questo.” – e mostrò una piccola Rosa violetta, in una teca di  vetro di monitoraggio– “E’ una Rosa molto rara, estinta da più di tremila anni ormai e quindi riproducibile solo in laboratorio: la Lavanda rappresenta l’Amore a Prima Vista.”
 
Mpf! Non fanno per me queste smancerie da femmine!” – sbuffò spocchiosamente il bambino, arrossendo.
 
Lei sorrise divertita; poi si fece più seria, stringendo un pugno:
“Ad ogni modo…credo che sia tu…il terzo.”
 
Lui fissò il cielo pomeridiano, perdendo lo sguardo verso il Sole d’Autunno:
“E così…si sono decisi, alla fine.”
 
 
*   *   *
 
 
Poco dopo. Settore sconosciuto. Stazione Orbitale ‘Shiva’(FRATERNITY).
 
Due giovani donne dai lineamenti identici e miracolosamente magre erano lascivamente adagiate su un grande letto circolare, ricoperto da raso viola.
Un fumo di incenso aleggiava nella stanza in penombra, avvolgendo in spirali serpentine le due Topless.
 
“Gemelle…” – parlò Casio Takashiro, alla fioca luce di una lampada a plasma rosato – “…credo sappiate già i miei sentimenti, al riguardo della vostra decisione.”
 
“Sì…lo immaginiamo.” – rispose la prima, afferrando tra due dita un tarocco nel mucchio scomposto, sparso sulle lenzuola – “Ma questa missione è di fondamentale importanza, per noi tutti. Il ritorno dell’USG ‘Ishimura’ dal Sistema Solare di Aegis-7 potrebbe rappresentare il punto di svolta dal quale dar via ufficialmente alla ricerca della Fonte di Gravità Variabile. Non vogliamo che incorrano ‘incidenti’ di sorta…”
“Neanche uno.” – ripeté la sorella.
 
“Vi riferite per caso ad i Mostri Spaziali?”
 
Esattamente.” – riposero in coro, prima che la donna dalla divisa Topless verde scuro tornasse a parlare:
“Sappiamo tutti che la proprietà gravitazionali del MARKER potrebbero attirare le attenzioni di quei Mostri. Dopotutto…gli Space Monsters non sono forse Buster Machines che hanno abbandonato la loro umanità? Senza contare che il N.E.S.T. vorrà sicuramente monitorare il rientro di quella Nave: se si dovesse appropriare del carico sarebbe una fallimento senza precedenti.”
“Lo studio di quel manufatto ci potrebbe condurre ad una prima chiave di apertura del Cancello di Tanhoizer.”
 
“Ma allora a cosa servirebbe la Scintilla, a quel punto?” – domandò il giovane uomo, arricciando il naso dal disgusto per quell’aroma dolciastro.
 
“Senza l’ALL-SPARK, la Navigazione C+ non potrebbe avvenire; ciò sarebbe di grave intralcio, considerate le Scritture del Mar Morto e la stessa fabbricazione del Vergil-Exelion risulterebbe vana.” – ripose una delle due.
“Ma è già stata appurata l’inefficacia dell’Ice Second: il MARKER ci servirà a ridestare infine il Grande Mostro Spaziale dal Pozzo Gravitazionale di Aegis-7…il ‘Topless Eterno’!”
“D’altronde il nostro novellino non ha forse già in programma di andare su Marte? Ci servirà per testare l’affidabilità di quell’ambiguo di Gould…”
 
Casio Takashiro distolse lo sguardo, mentre il lezzo nauseante degli incensi esotici gli si attaccava le narici:
“Suppongo di non potervi contraddire…”
 
Le sorelle sorrisero insieme in un taglio più rettile che umano:
Tutto seguirà il giusto corso…”
 
 
*   *   *
 
 
Giorno seguente. Ore 11:10. Orbita di Marte.
 
Con un leggero crepitìo nell’assenza d’aria, tre Buster Machines avanzano rapidamente in direzione di un grande Pianeta Rosso, la cui superficie è a tratti intervallata da colossali istallazioni metalliche e lunghi corsi d’acqua incidono sentieri scavati sulla crosta polverosa.
 
“Così sarebbero quelle le Colonie di Marte?” – chiese Sam, a bordo della n.13.
“Per l’appunto.” – ripose il pilota giapponese della BM-19 – “Da quando i Terrestri hanno iniziato a colonizzare il resto del Sistema Solare, sono state ideate nuove tecniche di Terraforming!”
“Di cosa si tratterebbe?”
“In pratica, se il Pianeta non consente temperature per la Vita al disopra dei -260 Kelvin, viene bombardato utilizzando potenti Testate Non-Nucleari.” – ripose la Banes, dal link dialogico – “Il calore sprigionato ha permesso la fusione dei ghiacciai polari di Marte, causando grandi inondazioni e fertilizzando il terreno.”
“Se non sbaglio ci sono voluti circa 2000 anni per arrivare a questo stadio…” – riflettè il ragazzo, accavallando una gamba sul sellino mentre LineBarrel procedeva in autonomia.
“Già. E quelle Cupole Geodetiche sono il risultato dei microclimi artificiali prodotti dall’Uomo.” – indicò nuovamente Casio – “Possono ospitare grandi città e perfino delle piccole Nazioni!”
 
In lontananza, immense cupole metalliche campeggiavano sparse sulla crosta marziana; ciclopici schermi riproducevano un cielo artificiale, sopra di esse; in prospettiva, grandi laghi, isole e pianure costellate di metropoli lanciavano i loro scintillii oltre le Coperture Geodetiche.
 
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“E’ quella Rapture? La Capitale di Marte?” – chiese ancora il pilota dell’antica Machine.
“Esattamente; è lì che a sede la GOULD ENTERPRISE. E’ ancora giorno: hai tutto il tempo per svolgere le tue interviste; l’Operazione ‘Ishimura’ è prevista per le 22:00 di stasera.” – lo tranquillizzò Takashiro – “Se non sbaglio, Rapture sarà anche tappa del tour della famosa Sheryl Nome! Se abbiamo fortuna, potremo assistervi oggi…”-
“Dici sul serio?!” – gli occhi di Sam si accesero di uno strano compiacimento – “Deve essere meraviglioso!”
 
Nel suo abitacolo, Mikaela Banes incrociò le braccia al petto, imbronciata:
“Un’altra sciacquetta tutte tette e niente sostanza…!”
 
 
*   *   *
 
 
Tre ore dopo. Ufficio Presidenziale. GOULD EN. Rapture. Marte.
 
Un piccolo led rosso squillò sull’ampia scrivania in acciaio lucido della grande stanza d’ufficio, inondata dalla luce mattutina che filtrava da un’intera parete a vetro.
Una mano si allungò verso un tasto interno al piano, premendolo.
“Cosa c’è, Kimiko?” – chiese l’uomo alla segretaria, dall’altra parte dell’altoparlante.
“Signor Gould, ci sarebbe un ragazzo che chiede con insistenza di lei: dice che Miss Spencer di Adult Bank aveva fissato un appuntamento per suo conto.” – ripose la donna, con un leggero accento asiatico nel suo Inglese quasi perfetto – “Risponde al nome di Witwicky’.”
“Fallo entrare.” – la accordò.
 
Pochi attimi dopo, la pesante porta in metallo smaltato della stanza si aprì lentamente, mentre un ragazzo dai corti capelli castani fece riservatamente capolino; in mano un blocco d’appunti ed una penna:
“B-Buongiorno…”
 
“Oh, finalmente! Entra pure!” – un giovane uomo si alzò immediatamente dalla sua avvolgente poltrona girevole, venendogli incontro.
 
Alto e slanciato, indossava un elegante completo blu dai risvolti neri; una lunga e ampia sciarpa di seta gialla risaltava vistosamente attorno al suo collo, scendendo alle sue spalle fin sotto la schiena; due occhi di una tonalità incredibilmente chiara di azzurro si aprivano taglienti e magnetici sul volto virile ma curato, incorniciato da capelli talmente scuri da risultare quasi blu, ripiegati e spartiti ai lati quasi come fossero ali di corvo.
Una luce di sonante cinismo aleggiava su quel viso spartito a metà da una ciocca di capelli diritta come un pugnale, addolcita solo da un sorriso contenuto ma accomodante.
 
Quello che doveva essere il proprietario di quel grattacielo alto più di trecento metri gli allungò una mano:
“Tu devi essere Sam, vero? Carly mi ha parlato molto bene di te! Dylan Grimsley Valentyne Gould III, Presidente della GOULD ENTERPRISE: lieto di conoscerti.”
“I-il piacere è mio…” – rispose imbarazzato lui, tentando di ricambiare quell’energico scuotimento di mano.
 
Poi lo lasciò andare, allontanandosi nuovamente verso la scrivania appoggiata alla grande finestra:
“Ma non perdiamoci in inutili chiacchiere: suppongo che sia venuto fin qui per qualche motivo preciso. Prego, accomodati.”
E gli indicò una sedia davanti a lui, mentre si lasciava cadere sulla poltrona d’ufficio, appoggiando i gomiti sui braccioli.
Sedendosi, Sam poggiò sulle gambe la tavoletta digitale, riorganizzando le idee:
“Beh, tanto per cominciare…suppongo che sei lei conosce la Signorina Spencer sarà al corrente del suo ruolo nella FRATERNITY, dico bene?”
E non solo del suo.” – annuì Gould, con un cenno del capo – “So che sei entrato da poco a far parte del Corpo d’Armata Topless, come pilota della n.13: si diceva che quella Buster Machine non si sarebbe mai più riattivata, dopo il precedente manovratore. Per quello che mi riguarda, meriti tutto il mio rispetto.”
“Ne sono onorato…” – il ragazzo abbassò lo sguardo, imbarazzato – “…ma è proprio di questo che volevo parlarle: ora che ne ho la possibilità, riesco a comprendere e a vivere la realtà della FRATERNITY dall’interno. La presenza del Topless è diventata di fondamentale importanza per l’intero Sistema Solare, di questi tempi…e tutto grazie a lei: se non fosse per le Imprese ‘GOULD’ le Buster Machines non esisterebbero, facendo scomparire anche l’unica fonte di salvezza per l’Umanità!”
“Dicendo così mi lusinghi.” – rispose l’uomo, sorridendo – “Non mi stai forse attribuendo troppa importanza?”
“Assolutamente no!” – replicò il ragazzo, totalmente rapito da quella figura elegante ed enigmatica – “Il suo contributo è essenziale! Ed è per questo che vorrei chiedere…come mai ha voluto diventare il Presidente dellaCommissione per le Difese Planetarie? Voglio dire: com’è nato, in lei, il desiderio di prender a due mani un progetto tanto impegnativo?”
 
Dylan Gould prese un profondo respiro, voltandosi verso la visuale panoramica della Capitale di Marte, oltre la parete vetrata:
“Vedi, Sam…la mia famiglia detiene il patrimonio della nostra Fondazione da tre generazioni, ormai. Mio nonno era un Generale di Flotta, affascinato dall’idea che l’Umanità potesse ritrovare nelle Machines la forma dei propri protettori. E’ stato quel sogno a far sì che il mio predecessore impegnasse i risparmi accumulati dal servizio militare in un investimento a lungo termine, acquistando le azioni necessarie a privatizzare la produzione delle Buster Machines, prima d’allora nelle mani del Governo Solare. Così, alla morte di mio nonno, l’Impresa passò nelle mani di mio padre, allora solo un Tenente del Quarto Regimento Terrestre.”
 
“Discende da una famiglia di Ufficiali militari!” – constatò Sam – “Per una volta, posso vantare lo stesso onore.”
 
“Esattamente.” – gli sorrise ancora il Presidente – “Sai, mio padre ha combattuto in Marina con tuo padre: devi essere molto fiero di avere l’Ammiraglio Ronald Witwicky come genitore.”
 
“Lo so.” – rispose semplicemente il ragazzo, abbassando di colpo la voce; poi provò a riprendere il filo del discorso – “In definitiva: lei, Signor Gould, ha deciso di continuare nella gestione della Fondazione per proseguire il sogno di suo nonno, o c’è qualcosa di più?”
 
Gould si alzò in piedi, dando le spalle al resto della stanza; mentre l’affascinante impertinenza del suo sguardo perse consistenza:
“Avevo una moglie, qualche anno fa: Diana. Hai mai sentito parlare del ‘Disastro della Queen Esmeralda’?”
 
“La Nave Colonizzatrice?”
 
“Sì.” – rispose, con un filo di angoscia nella voce – “Quella Nave trasportava un frammento di un artefatto alieno definito ‘MARKER’, oltre a tredicimila coloni verso le nuove città artificiali. Si dice che furono le proprietà gravitazionali di quel piccolo meteorite ad attirare i Mostri Spaziali nell’orbita satellitare di Deimos -la Luna di Marte- e a causare l’aggressione della Colonizzatrice. Mia moglie era a bordo; mio padre il Capitano in Seconda; gli armamenti insufficienti: nessun superstite.”
 
Sam rabbrividì al suono di quelle parole, deglutendo a fatica:
“I-io non volevo essere inopportuno…se solo avessi saputo, non…”
 
“Non ha importanza.” – lo interruppe Gould, nel tentativo di riprendersi da quel breve attimo di afflizione – “E’ una storia vecchia, ma è tutto ciò che mi resta di lei. Forse è per questo che ho deciso di intraprendere la battaglia contro i Mostri Spaziali a modo mio: prendendo in mano le redini della Fondazione e contribuendo alla creazione di nuove armi che avrebbero reso il nostro Mondo un posto migliore, dove vivere.”
 
Il ragazzo sembrava incantato, nonostante ora una strana sensazione di soffocamente lo attanagliasse.
“Lei…è davvero la persona che stimi di più al mondo.” – mormorò, distogliendo la sguardo.
 
Il Presidente gli si avvicinò poggiandoli una mano sulla spalla:
“Non rattristarti ulteriormente: sei venuto qui per una ricerca, dico bene? Seguimi, ti mostrerò qualcosa che ti piacerà…”
 
 
*   *   *
 
 
Settore 06. Piano -15. GOULD ENTERPRISE.
 
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“Incredibile, sono enormi!” – esclamò Sam, sporgendosi dal parapetto metallico a strapiombo su una sconfinata Sala Macchine sotterranea.
 
Decine di enormi manichini meccanici dalle dimensioni disparate affollavano come bambole dimenticate il laboratorio trafficato da ingegneri in camice bianco.
Talvolta, una maschera dorata applicata sulla testa dei giganti risplendeva abbagliante, stimolata dalla tensione elettrica indotta da un generatore centrale.
 
“Quelli che vedi davanti a se sono dei ‘Cybodies’…” – chiarì l’uomo al suo fianco, ammirandoli compiaciuto – “…i corpi di partenza di ogni Buster Machine, la materia prima da cui partire per ogni progettazione. Ne creiamo a decine in continuazione, poiché solo pochissimi saranno in grado di reagire alle Frequenze Topless.”
“Sarebbe questo ciò che si cela sotto una BM?” – chiese stupito il ragazzo.
“Per l’appunto. L’abitacolo va posto al centro del torace, poco sotto il Motore a Degenerazione; quindi vengono applicate le fibre muscolari sintetiche e si sceglie la quantità e la forma degli organi da integrare alle strutture cibernetiche. Infine si passa allo studio della corazzatura, studiata e personalizzata appositamente per ogni Machine. Anche il tuo LineBarrel, alla nascita, non era altro che uno di questi endoscheletri, privi di spoglie.”
“Ha parlato di un ‘Motore a Degenerazione’…” – Sam appuntò con diligenza tutti i dettagli nel notebook – “…ma Casio mi ha detto che ormai è una tecnologia in disuso, per noi: se non sbaglio LineBarrel è l’ultimo a possederne uno autentico, come il GunBuster della Leggenda. Perfino Dix-Neuf è stato parzialmente privato del suo ALL-SPARK!””
 
Per un momento, un brivido corse lungo la schiena del giovane Sam Witwicky, alla vista di un turpe lume negli occhi cianotici del suo interlocutore.
Dylan Gould lo fissò intensamente, mormorando a mezza voce:
L’ultimo autentico…”
Poi scosse la testa, quasi a voler scacciare un pensiero nauseante:
“Beh, vedi…la BM-13 è una Machine estremamente antica e pertanto legata ad una tecnologia differente: la Trazione Integrale basata sulla Fusione Gravitonica delle Scintille è tanto potente quanto instabile; per questo ora le nostre Machines vanno ad Ice Second: un derivato ionico dello stesso Reattore Degenerativo.”
“Ricevuto.” – confermò Sam, digitando gli ultimi appunti – “E da dove verrebbe estratto?”
 
“Lasci che te lo mostri.”
 
 
*   *   *
 
 
Settore 09. Stesso edificio.
 
Una piccola porte blindata si ritirò nella parete, permettendo loro di accedere ad una piccola sala a vetri; tre tecnici si affaccendavano su altrettanti monitor olografici, mentre dai vetri rinforzati della torretta si poteva ammirare una visione mozzafiato:
 
Due colossali acceleratori nucleari ruotavano lentamente, azionando molteplici proiettori e sintetizzatori molecolari: un’apoteosi di fasci al plasma ed archi elettrici bombardavano un minuscolo frammento di roccia rossa sospeso in assenza di Gravità, irradiandolo di una luminosità di color rubino.
 
“E quello cosa sarebbe?” – chiese nuovamente il Topless, aguzzando la vista.
“Quello che vedi è il frammento di meteorite alieno di cui ti parlavo, entrato in nostro possesso già da molto tempo. In tutti questi anni non è mai passato per una zona a Gravità Terrestre: pensa che le sue particolarità spazio-temporali sono pari a quelle del Bosone di Higgs! Se non si trovasse in una sala a Zero-Gravità potrebbe addirittura generare un Wormhole abbastanza potente da far implodere l’intero Pianeta…”
“Roba grossa…” – sorrise Sam, poco convinto.
“Direi di sì. Bombardandolo con un raggio catodico ed uno anodico, è possibile destabilizzarne la strutture atomica per creare Energia: un solo milligrammo di quel MARKER ionizzato è sufficiente ad azionare almeno due Machines.”
“E’ davvero stupefacente…” – mormorò Sam, a bocca aperta.
 
“Già…” – ancora una volta, un’espressione di intimo piacere si stagliò inquietante sul bel volto di Dylan Gould – “…ed è solo un piccolo frammento. Pensa se il Progetto ‘ALL-SPARK’ andasse a termine: l’intero Giove-3 degenerato di 30.000 unità, grazie all’energia della Douze-Mille”…un potenziale latente di indefinibile portata, capace anche di creare WARP intra-universali! Ma da solo non servirebbe a nulla…per questo, oggi, l’Ishimura…”
 
“E a cosa dovrebbe servire?” – lo interruppe il giovane ospite.
 
Lui si riprese bruscamente, tagliando corto:
“Per ora a nulla: io eseguo solo le commissioni imposte dal Governo. Andiamo, credo che per oggi possa bastare.”
 
 
*   *   *
 
 
Quindici minuti dopo. Esterno del GOULD Skyscraper.
 
Il Sole riflesso dai pannelli geodetici di Rapture inondava di luce la grande metropoli marziana.
 
Ai piedi dell’interminabile grattacielo di vetri a specchio della Fondazione GOULD, un uomo saluta un ragazzo:
“E così siamo giunti alla fine di questa visita, spero di esserti stato d’aiuto per il tuo progetto scolastico.”
“Non immagina quanto, Signor Gould!” – lo ringraziò Sam, accennando un inchino con la schiena – “Parlare con lei è stato illuminante!”
“Lieto di sentirtelo dire.” – gli sorrise – “Non se ne vedono molti di ragazzi tanto carichi di passione ed ideali come te, al giorno d’oggi: fare la tua conoscenza è stato un vero piacere, per me…Samuel Witwicky.”
E gli indicò con un braccio la portiera già aperta di una limousine a levitazione magnetica di servizio, alle sue spalle.
 
Il ragazzo ricambiò ancora la cortesia e salì sulla vettura.
Prima che potesse chiudere lo sportello, lo raggiunse la voce del Presidente Gould:
“Mi è giunta voce che potresti essere il nuovo ‘Top Buster’ della FRATERNITY; se così dovesse essere, sarai tu a tenere il discorso di fine anno dei Topless, tra due settimane. Ci sarò anch’io, per aggiornare la Commissione e l’Umanità intera dei progressi circa la Douze-Mille: mi piacerebbe che fossi tu, a parlare sul palco. Non deludermi.”
 
“Ci penserò…” – ripose Sam, mentre un piccolo moto di orgoglio gli fece pulsare il cuore e incurvare le labbra in un sorriso soddisfatto.
Infine chiuse la portiera e l’auto ripartì.
 
 
*   *   *
 
 
Ore 21:45. Rapture.
 
Un mare di lumicini colorati ondeggiava in trasparenza contro il manto uniformemente nero del cielo marziano, interrotto solo da deboli punti di gelida luce stellare:
Gli alti edifici metallici e le intricate vide della Capitale-Colonia risplendevano di insegne al neon ed ologrammi semi-mobili di propaganda, che scorrevano lentamente nell’etere.
Sotto l’ombra imponente di quattro enormi giganti meccanici, illuminati e colorati dalle vivaci tonalità della sera metropolitana, un gruppo di ragazzi attende silenziosamente sulla vetta di un palazzo.
 
Sam si appoggiò al parapetto del palazzo, sollevando lo sguardo alla sottile lamina di vetro che divideva l’ecosistema di Rapture dal meraviglioso Spazio senza confini:
“Che triste ironia: pensare che le Stelle possono essere così belle solo in assenza di luci artificiali!”
Casio Takashiro gli si affiancò, puntando i gomiti sul muretto e passando in rassegna con lo sguardo la moltitudine festosa di luci:
“Però, senza illuminazione, perfino una grande metropoli da’ l’idea di non essere abitata dall’Uomo! Guarda: così non è molto più rassicurante?”
Stringendosi nelle spalle, Laura Bodewig chinò lo sguardo, sussurrando:
“L’Uomo ha sempre temuto l’Oscurità…e per sopravvivere ha squarciato le Tenebre con il fuoco.”
“Ma che Filosofia!” – la apostrofò cinicamente Mikaela, incrociando le braccia al petto.
Sam aggrottò la fronte, puntando il volto della BM-13, i cui occhi verdi smeraldo rilucevano nelle tenebre:
“La capacità di trovare la Luce nel Buio…sarà questo a rendere gli esseri umani una forma di vita speciale? Sarà per questo che i Mostri Spaziali ci attaccano?”
“Ma che razza di domande fai?!” – sbuffò la Banes – “Come mai potremmo sapere una cosa del genere?!”
“Però ha ragione…” – sorrise Casio, scrutando la città che si perdeva ai loro occhi – “…osserva cosa siamo capaci di creare! Non è meraviglioso? Sembra di essere finiti dentro un immenso musical! E poi, oggi, ci sarà quella Sheryl Nome: dicono che sia stata scelta per rappresentare la voce dell’umanità stessa! E’ un’icona fondamentale per la speranza di molte persone!”
“Guardate!” – esclamò improvvisamente il ragazzo – “Le luci!”
 
In lontananza, il perimetro interno della Cupola Geodetica della città s’irradiò di una lenta serie di tonalità cangianti, spandendo la sua aura meravigliosa sulle acque nere e silenziose dell’oceano-lago di Rapture.
 
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“La luce: l’impronta indelebile dell’Uomo sul suo Pianeta.” – mormorò ancora la Topless tedesca – “Nonostante la Natura non sia di nostra proprietà…è con segni come questi che possiamo riaffermare il nostro diritto esclusivo di Vita e Morte su ciò che abbiamo imparato rispettare: un diritto che non potrà mai esserci usurpato da nessuno…nemmeno dai Mostri Spaziali.”
Per una delle rare volta in cui Mikaela Banes apriva il suo cuore, la ragazza si voltò verso il longilineo Vingt-Sept, in piedi alle spalle del grattacielo:
“E le nostre Machines: il simbolo del legame che lega due compagni; la Volontà di mantenere saldò quel desiderio dell’Umanità di continuare a sperare in un giorno migliore…”
 
Già… - pensò Casio dentro il suo animo, scrutando con apprensione il volto minaccioso eppure rassicurante della n.19 – …ma per quanto ancora…resterà il mio compagno?
Infine si scosse dal suo torpore, dando una rapida occhiata al suo orologio:
“E’ ora. Dovremmo andare.”
 
 
*   *   *
 
 
Ore 22:00. Nova Stadium. Stessa città.
 
Un coro di migliaia applausi e schiamazzi sfrusciò nel palazzetto ellittico, illuminato dai fari posizionali.
 
“Ed ora…” – la voce amplificata di un corner risuonò eccitata e vigorosa nel grande anfiteatro hi-tech – “…la Star della serata! Colei che tutto Marte ha atteso a lungo! La Voce dell’Umanità, la Scintilla nelle Tenebre! Signori e signori, con il suo nuovo singolo ‘Obelisk’, ecco a voi...SHERYYYYL NOOOOME!!!”
 
Quattro coni di luce si ammassarono al centro del palco, mentre una piattaforma automatica si sollevò dal centro.
Una piccola figura risaltava ammantata da abiti succinti e luccicanti.
Sollevò una mano in aria…e l’intero stadio si riempì di ologrammi stellari, mentre una musica sintetica aleggiò avvolgente:
Uuuhuuu…! ”
 
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*   *   *
 
 
Contemporaneamente. Orbita di Marte.
 
Dagli amplificatori della Cupola Geodetica, l’armoniosa voce di una ragazza raggiunse e pervase persino il Vuoto spaziale:
As if I spotted a bird in the light of dawn, I start to realize…
 
Una decina di Machines stazionavano mollemente in assenza di gravità.
“Squadra ‘Zuccherini’ a rapporto.” – confermò Casio, nel pluri-collegamento audio – “Divisione ‘Vanishing Age’, confermate la vostra presenza.”
“Confermiamo!” – rispose la voce di un ragazzo sui diciotto anni.
“Bene…” – mormorò il leader della Terza Divisione – “…ci siamo! Fluttuazioni gravitazionali a 0,3 parasec! WARP in distensione inerziale: prepararsi a ricevere l’onda d’urto!”
 
With these faint signs, my racing heart…
 
All’orizzonte, un varco plasmatico dal color ametista intenso si aprì come un anello.
Una confusa serie di scie luminose biancastre si allungarono da esso, disponendosi in ampia area e creando il perimetro di qualcosa di non definibile.
Poi, una rapida serie di milioni di ingranaggi e colori emersero dal WARP, disponendosi tra le linee perimetrali di quella che ora appariva come la carena deforme e scheletrica di una Planet Cracker.
 
…still didn’t know that the World yet sleeps.
 
Quando i colori stessi della grande Astronave si furono disposti in un senso compiuto, un vento spaziale di Distorsioni Lorentziane si sprigionò dalla carena, investendo le Machines circostanti.
 
“Dannazione, che razza di impatto!” – imprecò qualcuno di Vanishing Age.
“E’ davvero enorme!” – boccheggiò Sam – “Sarebbe questa la famosa Nave per le Escavazioni Gravitoniche?!”
La voce di Casio risuonò dalla gola della BM-19, sommandosi alle rime melodiose di Sheryl Nome:
“USG ‘Ishimura’ state entrando nell’orbita di Marte! Richiesta identificazione vocale!”
 
Nessuna risposta; solo la musica ancora lenta di quell’Obelisk emozionante:
I loved and thus I knew despair…
 
Ishimura, mi ricevete?” – ripeté ancora il Topless, mentre un oscuro presentimento iniziava a farsi strada in lui.
Una ragazza dell’altra squadra chiese stizzita:
“Ma diavolo succ-…?!”
 
Una rapida serie di esplosioni lungo la carena della grande Astronave:
Migliaia esseri alieni simili ad insetti sciamarono fuori, in lunghe code turbinanti e frementi di stridii confusi.
 
The power I still hold in these hands…
 
“Capisco…” – Casio si morse un labbro – “…dunque è così: quei Mostri Spaziali avevano aggredito l’Ishimura prima ancora di entrare nel nostro Sistema Solare! Se così è…significa che possono aprire dei WARP!”
 
Quasi in risposta, decine di migliaia di piccoli lampi luminosi saettarono all’orizzonte, mentre infintiti stormi di creature aliene amorfe dai colori vividi si riversarono nello Spazio.
 
Even if I lose it…even if I lose it!
 
“Di che classe sono quei Mostri?!” – gridò qualcuno.
“Il mio radar è pieno di punti rossi: ce ne sono un numero spropositato!” – esclamò Mikaela, tremante.
“Più di 50.000 ‘Scub Coral’…” – mormorò il pilota della n.19 – “…i Mostri Spaziali dell’orbita di Aegis-7 erano attratti dal MARKER quanto quelli del nostro Sistema Solare! Non c’è altro da fare! A tutte le Unita ‘Buster’: codice 66! L’operazione cambia obiettivo: annientiamo quei Coralian prima che distruggano la Nave e raggiungano Marte; priorità assoluto all’integrità della Planet Cracker! INIZIAMO!!!”
 
Promise over these tears, to grab hold of a miracle!
 
Mentre la voce sensuale della giovane Idol aumentò di intensità, le Machines si dispersero nel Vuoto, immergendosi nel caos rutilante.
 
Sollevandosi oltre una coltre di Mostri Spaziali simili a pesci semi-liquidi, Dix-Neuf divaricò le dita meccaniche delle mani, scaricando una pioggia verticale di proiettili in rotazione:
Buster Gatling!”
I bossoli luminosi tempestarono i corpi degli alieni, distruggendoli in un fiume di piccoli esplosioni circolari dai colori vivaci.
 
Flying over the rubble, in an ascending curve!
 
La n.27 gli passò accanto in una risalita aerea curvilinea, voltandosi dal lato opposto e sbattendo le ampie ali bianche.
Le piume meccanica si spandettero nello Spazio, detonando una dopo l’altra in fiamme dalle tinte azzurre.
 
Seek the beat in your heart, until you bring back this life…
 
A centinaia di metri di distanza, LineBarrel scattò in avanti, schivando il fuoco incrociato di decine di Mostri corazzati dall’aspetto insettoide.
Si allontanò a perdita d’occhio, volteggiando tra tra i proiettili organici delle creature ed evitando accuratamente la contro-offensiva dei restanti membri della FRATERNITY.
Poi, una croce di luce turchese si estese all’orizzonte, proiettando un potente Buster Beam dello stesso colore: tracciò un semicerchio tra gli stormi alieni, che si tramutò in una scia di veloci esplosioni sferiche.
 
Wonder if you’ll make it! I hope you make it!
 
Al centro di uno sciame circolare di creature, la n.60/Alteisen ruotò sul suo asse, spandendo razzi incendiare ovunque e mitragliando convulsamente dalle canne sull’avambraccio.
Un mare di vampe azzurre, rosse e verdi lo avvolse, circondandolo.
Poi, con sgomento della giovane Topless tedesca, un’orda di creature deformi iniziò la sua discesa perpendicolare, verso di lei.
 
Il ragazzo alla guida della n.13 ruotò il sellino giroscopico, gridando:
“LAURA!!!”
La possente Machine estrasse rapidamente una spada a vibrazione ultrasonica dal fodero posto sull’avambraccio scagliandola con forza.
Roteò vorticosamente, assumendo una luminosità biancastra.
Attraversò da parte a parte la fitta schiera nemica, mentre il robot i dislocò in uno spostamento sub-luminoso, per afferrarla al volo.
La reinserì nel fodero; alle sue spalle, baluginarono molteplici flash accecanti, vaporizzando il branco mostruoso.
Il pilota le sorrise in un video di collegamento:
“Tutto ok?”
 
La ragazza diafana arrossì improvvisamente, abbassando l’unico occhio sano di un rosso rubino:
“S-sì…ti ringrazio…”
 
The reason why you fly…the reason why you fly…
 
Il giovane capo di Vanishing Age ghignò nel suo abitacolo, mentre gli occhi coperti dalla maschera adorata della Glittering Crux si serrarono:
Southern Cross Sept!”
La sua Machine dal lungo e squadrato soprabito nero roteò su sé stessa, scagliando una manciata di scaglie luminose simili a stelle dorate.
Scollegò un sostegno sulla nuca simile ad un lungo cappello dalle falde taglienti, lanciandolo a caso come un boomerang.
 
Alle sue spalle, Madoka Koei tirò a sé le leve di movimento, mentre l’enorme robot simile ad un golem spalancò decine di lenti ottiche, sparse sul corpo:
Buster Barrage!”
Un impressionante sbarramento laser si estese orizzontalmente, perdendosi nei limiti siderali dello Spazio.
Vibrò per un momento, prima di estinguersi.
Un muro di fiamme, sangue e luce investì gli adiacenti venti kilometri.
Poi, le vampe dell’esplosione vennero dissipate da una nuova moltitudine rapida e feroce di Mostri Spaziali.
 
“Sono troppi!” – ansimò Sam – “Non riesco a coprirne più di così!”
“Lo scafo dell’Ishimura è integro per il 60!” – informò la Banes– “Stiamo
facendo il possibile, ma non potremmo mantenere le posizioni ancora per molto!”
 
“Tentate di resistere!” – ringhiò Casio, mentre Dix-Neuf emetteva l’ennesimo Buster Beam, al limite della tensione elettrica – “Se quella Nave dovesse perdere il suo carico sarebbe peggio che morire!”
 
 
*   *   *
 
 
Contemporaneamente. Luogo sconosciuto. Rapture. Marte.
 
La passionale ed accattivante melodia di Obelisk si udiva anche in quell’enorme hangar in penombra, sebbene affievolita de diversi metri di terra e cemento dalla superficie.
 
“E così sareste voi gli altri due?” – chiese un ragazzo sui diciassette anni, sollevando appena il bordo del berretto di lana dai grandi ed irriverenti occhi nocciola – “Non credevo che un nanetto ed una bel fiorellino come voi potessero essere Topless!”
 
Tsk! Non ti azzardare a chiamarmi ‘nanetto’!” – sbuffò imbronciato un ragazzino dai folti capelli verdi, effettivamente non molto importante per statura.
“Anche tu sei stato selezionato?” – chiese una ragazza dai lunghissimi capelli biondi, stringendosi nelle spalle per via del gelo sotterraneo.
“Pare di sì.” – ripose lo sconosciuto, strizzandole provocatoriamente un occhio – “Io sono Andy Hall: pilota della Buster Machine n.87. E voi?”
“Mi chiamo Ino. Ino Yamanaka.” – la ragazza ricambiò il sorriso.
“Io sono Ringo; smettila di straparlare!” – rispose bruscamente il ragazzino.
 
Poi, dei potenti fari illuminarono tre enormi veicoli meccanici, ancorati su altrettante rape di lancio.
 
“Quelle che avete davanti sono le vostre nuove armi.” – spiegò la voce impostata di un giovane uomo, avvolto in una lunga sciarpa di raso – “In merito alle vostre capacità, segnalateci dalla ST&RS, la GOULD ENTERPRISE ha deciso di investire nella costruzione di questi nuovi modelli: la n.87 e la n.89 sono le più recenti.”
 
Il giovane ragazzo americano vestito alla pop e la delicata Ino posarono lo sguardo rispettivamente su un enorme velivolo nero stilizzato e su un lungo e complicato razzo verde, dai grandi reattori nucleari.
 
“Quella al centro è la n.78: è stata ricostruita dopo centocinquant’e si stratta del primo modello di Buster Machine ad assetto variabile. E’ divenuta estremamente famosa grazie ai suoi precedenti piloti e all’uso esclusivo del Compac Feed Drive System.” – continuò il Presidente Gould, indicando un jet rosso e bianco, in posizione di uscita – “Spero che ne fari buon uso…Ringo.”
 
Nell’ombra, una splendida ragazza dai lunghi capelli verdi e dagli occhi d’ametista si domandò tra sé:
Avrà fatto la scelta giusta…?
 
Il ragazzino guardò la grande macchina richiusa, mentre il suo cuore si riempì d’orgoglio.
“Finalmente…la mia Buster Machine personale! Dopo tutto questo tempo, anch’io potrò salire alla guida del Nirvash, come i miei trisavoli! Perché i miei antenati erano…Renton Thurston ed Eureka!”
 
 
*   *   *
 
 
Dieci minuti dopo. Orbita di Marte.
 
Why am I so far from what I want to become?
 
Il canto continuo e melodico intonato dalla ‘Voce della Terra’ continuava ad aleggiare, oltre la copertura bio-tecnica di Marte.
 
Dix-Neufarretrò rapidamente, mentre le torpedini nascoste nel mantello si persero all’orizzonte, deviando i loro obiettivi.
“Maledizione…” – imprecò il pilota, tra i denti – “…ho le munizioni quasi completamente scariche!”
“Lo stesso vale per me!” – la voce affaticata di Sam tremò nell’interfono – “Non possiamo f-…”
 
Sibilando fulminei, sei piccoli punti luminosi rossi entrarono rapidamente nell’orbita planetaria, oltrepassando le Buster Machines danneggiate e scomparendo apparentemente in mezzo agli stormi alieni.
Un debole bagliore rosato: un centinaio di insetti ibridi bio-meccanici si tramutarono in semplici eruzioni di luce.
Stagliati contro l’immensa mole del Pianeta Rosso, ora quasi totalmente revitalizzato, tre velivoli aerospaziali erano disposti in formazione di decollo; i reattori divampanti.
 
The airplanes sully the sky…
 
“Q-quelle sono Buster Machines?!” – chiese il giovane pilota della n.13 – “Da dove cavolo saltano fuori?!”
 
“Spiacenti di avervi fatto attendere tanto…” – la voce sardonica di un ragazzo giunse dal jet nero dotato di un grande fucile inferiore.
“…ma ora ci divertiamo noi!” – terminò la voce acuta e galvanizzata di un bambino, all’interno di un bizzarro aliante rosso.
 
Mikaela sgranò gli occhi, esterrefatta:
“Quella voce! Un momento, non saranno mica…?!”
 
Il comando energico ed elettrizzante di Ino Yamanaka ruppe l’attesa:
“SQUADRA ‘GEKKO-STATE’: INIZIO OPERAZIONE!”
 
To live even for one more second, press against the back of your soul!
 
Accelerando improvvisamente, le Unità si ridussero a tracce di gas fosforescenti, sfrecciando ed intrecciandosi scambievolmente.
Eseguirono una virata ascendente, allontanandosi in direzioni opposte.
 
Seek the beat in your heart! Reel in the uncertainty!
 
Uno sciame di diverse centinaia di Mostri si ammassò in direzione della n.87, emettendo una serie infinita di proiettili semi-organici che si radunarono in un matassa distorta.
Avvitandosi in vertiginose ed impossibili manovre aeree, il caccia stilizzato si allontanò a perdita d’occhio, incessantemente inseguito dai missili alieni, in un interminabile arabesco di fiamme e luce.
Senza mai smettere di far fuoco con il mitragliatore laser inferiore, Andy Hall mimò un paio di pugni nell’abitacolo, stringendo le leve flessibili:
“Sì, ne farò fuori un casino! Go, go!”
La Machine volante si sollevò ulteriormente di quota, uscendo dal campo d’azione nemico: una manciata di batterie-lanciarazzi si spalancarono come porte sulla fusoliera del veicolo, vomitando una cascata di torpedini dalle lunghe scie posizionali.
 
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I missili termo-sensibili serpeggiarono nel Vuoto per interi kilometri, abbattendo ampi gruppi di Mostri insettoidi.
Infine il ragazzo tirò via dalla fronte il Sigillo Topless, gridando d’euforia:
Exotic Manoeuvre!”
Avvolgendosi in un turbinio di scintillii azzurri, la Macchina Combattente si sollevò verticalmente: le grandi ali si diviso in due, ripiegandosi all’indietro, mentre il possente fucile inferiore si divise in due sottili appendici umanoidi.
Un visore ottico si illuminò su una testa meccanica, mentre la corazza sul torace rivelò l’abitacolo di guida:
Buster Machine Quatre-Vingt-Sept: Qophlite!”
 
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Strinse le ginocchia al petto; le gambe innaturalmente esili sfrigolarono avvolte da archi elettrostatici rossastri:
Buster…
Infine si ridistese, emettendo due potenti raggi di energia dai cannoni mobili:
…BEEEAAAM!!!”
I due getti anionici si allungarono per l’intera area bellica, sfiorando di striscio l’USG e disintegrando nella luce abbagliante più della metà dei nemici.
 
Wonder if you’ll make it! I hope you make it!
 
Il pilota Americano gridò all’interfono, allarmato:
“Yamanaka, l’Ishimura!”
 
Il razzo verde smeraldo si tuffò in picchiata vero la Nave Escavatrice, deviando da un fiume di Scub Coral kamikaze:
Buster Flail!”
Le fruste collegate alla sommità schioccarono sonore, rilasciando una moltitudine di proiettili luminosi scarlatti che trafissero i corpi di poche decine di creature.
Disattivando i quattro lunghi reattori nucleari, la Machine si arrestò sulla prua della Nave, puntando verso lo stormo di alieni in avvicinamento.
Una testa vagamente femminile prese forma dalla fusoliera, mentre i post-bruciatori si aprirono lungo la circonferenza del fusto:
 
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La ragazza alla guida strinse con vigore la cloche, ordinando con fermezza:
Buster Machine Quatre-Vingt-Neuf: Buster Blossom!”
 
Come affilati petali d’Amarillide, i quattro razzi di movimento si distaccarono autonomamente, saettando nel Vuoto a grande distanza.
Tracciarono un’isterica serie di sferzate a vuoto, per poi ritornare alla posizione di partenza.
Si ricollegarono al corpo centrale.
Una moltitudine di migliaia di Scub Coral si immobilizzò a metà movimento.
Con un fragore non abbastanza potente da superare la meravigliosa voce di Sheryl Nome, un terzo delle creature rimanenti esplose in una schermaglia orizzontale di vampe violette e turchesi.
 
Poi, il muro di fuoco si squarciò al centro, mentre un jet rosso e bianco si avvicinò a velocità ultra-sonora, inseguito da più trecento creature amorfe.
 
Promise over these tears, to grab hold of a miracle!
 
Sorridendo spavaldo, Ringo Starr tirò via l’adesivo di contenimento celebrale, spandendo i raggi dell’Exotic Manoeuvre nell’abitacolo a Gravità-0, privo di qualsiasi sedile:
“Non provatemi a rubare la scena! Buster Machine Soixante-Dix-Huit: Dazzling the Stage!”
Una sfera di luce multicolore avvolse la Machine, in un’apoteosi di croci luminose.
La tavola centrale dell’aeromobile si staccò, mentre due gambe robuste si snodarono lateralmente, appoggiandosi ad essa.
Un paio di braccia meccaniche si spalancarono ed una testa dagli inquietanti occhi organici si issò sull’ampio torso:
Galactic Pretty Boy…‘Nirvash’!”
 
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Un gigante meccanico sfrecciò a velocità sovrumana nello Spazio, fino ad incidere una lunga scia di Energia Gravitonica tra i cumulonembi dell’orbita marziana.
 
“Ora sta a guardare, Witwicky!” – lo incitò spavaldamente il ragazzino dai capelli verdi – “L’ultima volta mi hai battuto, ma ora cambia tutto! Qui lo ‘Star Driver’ sono io!”
 
Il Nirvash si piegò sulle gambe, accelerando.
Un torrente feroce di Scub Coral si gettò al suo inseguimento, radunandosi lungo l’interminabile carena dell’Ishimura.
 
Flying over the rubble in an ascending curve!
 
Dividendo l’orizzonte con la lunga coda di luce smeraldina, la n.78 si lasciò trasportare dalla tavola meccanica, reffando sulle fluttuazioni gravitazionali in un zig-zag inebriante tra le strutture tortili ed i supporti meccanici sparsi per la carena della Planet Cracker.
Evitò tre torrette in superficie, quasi scivolando nel Nulla, per poi chinarsi il più possibile, oltrepassando un ponte metallico di collegamento tra due Settori.
Cinque creature più grandi dei movimenti meno elastici si scontrarono contro gli ostacoli, esplodendo in un getto di sangue e organi alieni.
 
Accelerò in un anello di plasma verde, distanziandosi abbastanza da potersi voltare del tutto.
Ringo strinse le palpebre e tese ogni muscolo del corpo, raggomitolandosi:
ITANO’S CIRCUS!!!”
 
Quattro sezioni sull’armatura del Nirvash si sollevarono, rivelando centinaia di proiettori ottici: un ginepraio di raggi luminosi dai colori vivaci s’irradiò in ogni direzione, intersecandosi ed insinuandosi tra le file nemiche ed avvitando accuratemene le Buster Machine d’intralcio:
 
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Nel pandemonio di esplosioni psichedeliche, solo un migliaio di Mostri Spaziali si salvò all’assalto rutilante:
Caricarono una miriadi di laser fosforescenti, scagliandoli verso l’Unità ad assetto variabile.
 
Seek the beat in your heart, until you bring back this life!
 
Quest’ultima si sollevò verticalmente in volo, poco prima che i vettori nemici potessero raggiugerlo, annaspando a lungo neo Vuoto come dita perverse e nevrotiche.
Si congiunsero in un unico punto, mentre l’antico robot si avvitò su sé stesso, con un complicato flying-drop-kick:
BUSTER SHIELD!!!”
Si difese con l’ampia tavola a Trazione Gravitonica; le scie di luce incandescente si scontrarono contro lo scudo e si ridistesero a raggiera, perdendosi all’orizzonte.
Si estinsero.
“Ora!” – gridò il ragazzino, mentre ogni filo dei suoi fluenti capelli verdi si divise in assenza di gravità – “Spazziamoli via! Compac Feed Drive System: attivazione!”
 
In riposta all’incitazione, Ino Yamanaka spalancò le braccia, sorridendo:
Exotic Manoeuvre: BLOSSOM STORM!!!”
I reattori orbitanti della n.89 si allontanarono nuovamente, mentre dal corpo della Machine si riversarono miliardi di petali coloro ametista, di natura sconosciuta.
 
Vorticando come un tifone nel pieno della veemenza, travolgendo i rimanenti Mostri Spaziali in un ciclone scintillante di croci luminose.
 
Il Nirvash si stinse nelle ginocchia, gettando da parte il Trapar Reflector:
INAZUMA…
Un accecante bagliore iridescente lo avvolse:
…SEVEN SWELL…”
Infine si ridistese, discendendo verticalmente al centro del ciclone di proporzioni continentali, illuminando le tenebre del Cosmo con una cascata di meravigliosa di luce risplendente di sette colori:
…KIIIIIIIIIIICK!!!”
 
Ridotto ora solo ad una piccola croce di luce abbagliante, trapassò da parte a parte il caos turbiniate di petali, alieni e scintille, dividendolo in due.
Tutto l’anti-ciclone di plasma si restrinse al centro, implodendo infine in una deflagrazione di luce cangiante che investì il Sistema Solare in una sconfinata Aurora.
 
The reason why you fly….the reason why you fly…
Le ultime strofe della coinvolgente Obelisk si spensero assieme all’orda aliena.
 
 
*   *   *
 
 
Rapture.
 
Un’Aurora Boreale si allargò nel cielo notturno, suscitando il fragore frusciante di applausi di gioia e meraviglia del pubblico di uno stadio incredibilmente gremito.
 
La giovane donna sul palco sollevò al cielo tempestato di luce spaziale i grandi occhi azzurri:
“Un arcobaleno nello Spazio? Capisco. Dunque, dopo tanti anni…è questo il secondo ‘Seven Swell’?”
 
In un angolo in penombra, una ragazza dai lunghi capelli smeraldini si stringe nelle spalle:
“E cos’ la Machine dei nostri antenati è stata infine riesumata? Il ‘Vascello per il Great Wall’ affidato nelle mani di un bambino…sarà capace di controllarlo?”
“Ormai non puoi fare più nulla, per lui.” – ripose la voce elegante di un uomo, alle sue spalle – “La Volontà di tuo fratello si nutre delle speranze affidate al Passato: non riuscirai a fargli cambiare idea.”
Con i lucidi capelli scomposti da un lento vento d’inverno, Carly Spencer lasciò sprofondare il suo sguardo in quell’onda lucente e cangiante di colore:
Se questo deve essere il nostro destino, allora pregate dall’alto per i nostri mali terreni!
 
*   *   *
 
 
Spazio.
 
Nel fioco splendore di un arcobaleno in assenza d’aria, decine di grandi Macchine Umanoidi galleggiano in silenzio, sferzate delicatamente da pulviscoli luccicanti.
 
Mentre le luci dell’abitacolo si estinguono lentamente e gli schermi sferici sfrigolano lievemente…l’immagine di un orizzonte puntellato di malinconiche stelle fisse s’imprime per sempre nella mente di un ragazzino, sospeso a mezz’aria nella cabina
Stringe delicatamente un fiore di Amarillide Scarlatto, sorridendo spossatamente verso una costellazione nota soltanto a lui:
Finalmente…anch’io ho ricreato il mio Seven Swell! Puntando al mio Sogno, non ho solo vissuto all’ombra di un Passato glorioso, ma ho dato forma ai miei Sforzi!
 
Guardò ancora una volta fuori dai monitor, posando l’attenzione sulla grande n.89:
Chissà, forse è vero che l’Amore permette di creare un arcobaleno di speranza!Magari…non è proprio tutta un smanceria da femminucce. No, deve esserci sicuramente qualcos’altro: ancora non lo so…ma voglio impegnarmi per scoprirlo!
 
                                                                                                                                     Per questo, oggi, grazie…Eureka e Renton!

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Capitolo 4
*** ≈ Capitolo 4: “Non voglio più essere un Topless!” ≈ ***


 I hang my head to the night wind,
after my dream I know would never happen.
The moonlight trickles my tears down from my hands…
My lips uttered in the darkness:
“What is that you want?”

The smile that pierced my Heart when we met:
I want to protect it so much!
I’m holding onto our fleeting promise,
even if I writhe in Agony.

Just being able to be close to you!
Just being able to spend the same time with you!
Would bring up distant memories, even if you can cure my sadness from it.
As my thoughts keep on revolving,
wondering if we will ever come to a peaceful End!
This frequently-asked question dances up the Heavens
and in the dawn sky it changes into light… 
 
 

Capitolo 4:
≈Non voglio più essere Topless!≈

 

 
 
 
Un cielo nero come l’inchiostro, puntellato di Stelle.
Una distesa erbosa nera, sotto di esso.
Una lenta pioggia di piume bianche.
Tra di esse, la sagoma di un gigante blu scuro spiega un paio di immense ali meccaniche.
Ai suoi piedi, un uomo dal viso sottile ed oscurato sorride finemente ed i boccioli di rose nere che reca tra le braccia esplodono in un turbine di petali scuri.
Viaggiano nel vento che li agita e scuote, sorvolando una serie di longilinee lapidi nere stilizzate.
Oltre la distesa di semplice e lucido acciaio funebre, la piccola figura di un giovane senza volto si volta di tre quarti.
Delle normi mani robotiche dalle lunghe dita affilate lo coprono rapidamente, gettandolo nell’Oscurità, mentre due sottili occhi verdi scintillano lugubri e minacciosi nel Vuoto.
 
Poi tutta la scena si contorce e restringe, dando forma ad una torre di un rosso rubino, la cui sommità è divisa in una spirale.
Una luce abbagliante si propaga dalle due punte, investendo tutto…
 
 
*   *   *
 
 
Luogo sconosciuto. Ora ignota.
 
“Ah!” – ansimando febbrilmente in preda all’ansia, la giovane Vanille si svegliò di soprassalto; la fronte imperlata di sudore.
Rimase seduta su quello che appariva come un complicato trono metallico circondato di monitor ed ologrammi, da cui dipartivano come tentacoli decine di grossi tubi.
Portò una mano alla gola, tentando di riprendere fiato:
“Io…l’ho visto…ho visto qualcosa…!”
 
“Qualcosa ti turba…Oerba?” – la voce fredda e lenta di una donna giunge da un angolo in ombra.
Al suo fianco, una Topless gemella si stringe nelle spalle:
“La tua First Phase della Visione ha forse riconosciuto l’identità del ‘Topless Eterno’?”
 
“No…” – mormora la ragazza esotica – “…è stato…diverso. Una Visione orribile! C’era così tanto buio, Morte e…quegli occhi! Io…credo di aver capito cosa succederà a lui. E poi ho visto anche quell’uomo…e il Marchio Rosso.”
 
“Il Destino a cui andrà incontro quel ragazzo sarà una rivelazione scioccante, per la sua giovane mente.” – riprese la prima delle Gemelle Serpentyne – “Dopotutto l’accettazione sarà fondamentale per la scelta che compirà alla fine.”
“E quanto all’altro eravamo certe fin dall’inizio che avrebbe scoperto le carte in tavola…il suo tradimento, seppur previsto, non rimarrà impunito.”
 
“Io…ho paura. Non voglio che accada ciò che ho visto…” – Vanille si strinse nelle braccia scoperte, gemendo.
 
“Sai che questo è impossibile.” – la remunera una delle due sorelle.
“Lo aveva previsto anche Ayingott…”
E si volta alla sua destra:
 
Un baratro sconfinato si apre nella sala misteriosa, avvolta da scintillii di Galassie soprannaturali e fumi cosmici alieni.
Un enorme gigante dalla lugubre presenza ruotò i suoi tre inquietanti occhi rossi verso il gruppo sulla predella metallica.
 
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“Sta’ tranquilla, piccola sirena…” – la rincuorò la Serpentyne, rivolgendosi alla giovane dai capelli di un rosso cangiante… - “…tutto andrà grandiosamente bene.”
 
Un debole brontolio sgorgò dalla gola artificiale della spettrale Machine, risuonando per le oscure stanze del Settore…
 
 
*   *   *
 
 
31 Gennaio 14.010 D.C.
Ore 03:00. A.M. Sistema Solare H-43.
Spazio aereo di sorveglianza di Aegis-7.
 
Il grande shuttle intra-galattico di osservazione sorvolò un’immensa voragine circolare, scavata nella superficie del Pianeta; sulla carena del velivolo la dicitura ‘GOULD CORP.’.:
 
L’uomo seduto accanto all’oblò osservò con attenzione le decine di laboratori di ricerca dalla luccicante copertura metallica, sparsi scompostamente sulla terra rossa di Aegis-7.
Concentrò la sua attenzione verso il ciclopico cratere, sul cui fondo sembrava agitarsi lentamente qualcosa sonnolento ed enorme:
“Eccolo lì: il Grande Mostro Spaziale, la Fonte di Gravità Variabile. Ibernato in un Permagelo di oltre 10.000 anni, sta finalmente iniziando a produrre i primi vagiti; ma per quanto ancora potremo controllarlo? Uno, cinque…forse altri dieci anni al massimo?”
 
“Per ora le sue attività sono tenute sotto stretta osservazione.” – puntualizzò un tecnico, seduto al suo fianco – “Ci vorrà del tempo prima che il suo corpo possa riabituarsi alle pressioni extra-crostali ed all’assenza di Ossigeno. Certamente, sarebbe tutto più rassicurante se il Marchio Rosso potesse rimanere al suo posto, su Aegis-7…”
 
“Ormai quel manufatto non ha pressoché alcun valore contenitivo.” – riflettè Dylan Gould, ad alta voce – “Il processo di ingegneria-inversa utilizzato per la Degenerazione del ‘Black MARKER’ è stato fallimentare e questo né il risultato: il codice ricombinante impresso sì è trasformato in un segnale riunificante per gli altri Mostri. Continuando a trattenerlo in questo luogo, non faremo altro che accelerare il risveglio di quella creatura…”
 
“E’ per questo che ha fatto trasportare dall’Ishimura solo parte di quel oggetto? Per poterne sfruttare appieno il potere, senza le limitazioni imposte dal Governo Solare? Ma a quale scopo?”
 
Il Presidente della Fondazione GOULD non rispose subito, ma si perse nel contemplare gli immensi altopiani del Pianeta alieno, mormorando:
E’ tutto come una grande bolla. Si dice che la madre di tutte le bolle sia stata l’Esplosione Cambriana. E’ successo per caso, più di sei milioni di anni fa. Gli scienziati tuttora non si spiegano come accadde…sanno solo che fu un attimo e da quel momento, all’improvviso, apparvero milioni di nuove specie. E poi siamo arrivati noi: la Razza Umana. Con la nostra crescita incontrollata abbiamo fatto scoppiare quella bolla, arrestando il processo evolutivo di ogni altra specie vivente. Poi, però…sono comparsi i Mostri Spaziali: esseri spaventosi il cui unico obiettivo è riprodursi all’infinito, divorando le Stelle. Annullano le altre vite per la loro sopravvivenza…esattamente come noi. A differenza degli Umani, i Mostri Spaziali sono in grado di viaggiare a velocità-luce senza apporti meccanici e possono resistere al Vuoto Cosmico…siamo dunque ancora noi, la Razza evoluta? No…siamo solo coloro che hanno spinto altre forme di vita a svilupparsi ulteriormente, a scapito dell’Universo, per contrastarci e ristabilire l’Ordine Naturale. Guerre, carestie e perfino gli Alieni…tutto merito nostro: degli Uomini.”
 
L’uomo al suo fianco lo fissò diffidente:
“Credevo lei fosse un fedele della Chiesa di Unitology, ma dalle sue parole si direbbe che non approvi i loro fini…”
 
Poi, Gould lo squadrò con la coda dell’occhio:
“La religione non ha mai creato alcun Essere Umano, tuttavia la Fede condiziona le nostre scelte; nonostante questo, ognuno di noi è libero di vedere nella propria vita quel Bene che per noi è necessario. Adesso le chiedo, Professore: come sarebbero andate le cose, se la Razza Umana non si fosse evoluta? Non ho una risposta certa…ed è per questo che ho bisogno del Marchio Rosso: per ottenere le risposte che desidero.”
 
Infine si voltò verso il suo interlocutore:
“Devo rientrare nel nostro Sistema Solare per la Conferenza Annuale: torniamo indietro. Ah, a proposito...preparate il mio ‘Vardant’ a reagire con il MARKER.”
 
 
*   *   *
 
 
Stesso giorno. Ore 9:00 A.M.
Casa della famiglia ‘Witwicky’. Neo-Okinawa. Terra.
 
La luce biancastra di quel gelido mattino d’inverno filtrava dalla saracinesca posta sulla finestra, accanto al letto.
Una sveglia gettata per terra ticchettò lievemente, per poi spegnersi.
 
Il ragazzo steso sul letto allungò una mano verso il soffitto, tentando di afferrare i raggi di debole Sole.
Osservò le dita della sua mano piegarsi nella luce fredda, creando rifrazioni insolite e misteriose.
Poi chiuse lentamente il pugno.
Afferrò una spilla dorata poggiata sulle lenzuola e la sollevò nuovamente verso la luce:
La piccola stella alata dell’effige luccicò appena, quasi il suo fulgore fosse intristito da un presagio doloroso.
 
Quel giorno Sam non aveva affatto voglia di alzarsi.
Imbarcarsi al primo Spazio-Porto e raggiungere la stazione di comunicazione satellitare orbitante, per sostenere il discorso di fine anno della FRATERNITY:
Dopo pochi mesi di servizio in quell’enorme ed affascinante Organizzazione, era stato già incaricato di portare avanti l’impegno morale della prima fonte di difesa dell’Umanità.
Avrebbe dovuto farlo tra poco meno di un’ora e mezza.
 
Davvero ne ho il coraggio? Sto davvero credendo alle parole di quel discorso che dovrò ripetere a memoria? – domandò a sé stesso, continuando a rigirare tra le dita la spilla della Fondazione – E se fosse tutto falso? Se tutto quello per cui ho sperato si rivelasse un sogno? Dopotutto, non si tratta proprio di questo: di un sogno? Il mio Sogno: diventare il ‘Topless’ che avrebbe condotto alla Felicità tutti coloro che mi circondavano…dovevo essere proprio un bambino, quando l’ho immaginato.
 
Si voltò di lato.
Sulla parete della camera aveva appeso una fotografia scattata con una delle rare macchine fotografiche manuali che il padre collezionava:
Rappresentava un gruppetto di cinque adolescenti:
Un ragazzo al centro era stretto da due avvenenti ragazze, che sembravano non fare altro che lanciarsi occhiatacce, mentre lui sorrideva stentatamente verso l’obiettivo.
Alle sue spalle, un giovane uomo biondo dalla bizzarra acconciatura e dagli occhiali sportivi sfoggiava un ampio sorriso; una bambina dai lunghi capelli argentati e dai tristi occhi rossi cercava di rimanere in disparte, arrossendo.
 
Più che provarne piacere, Sam corrugò la fronte:
Però, la promessa che ho fatto loro…almeno quella promessa, devo mantenerla. E poi per mamma e papà…sì, per loro io continuerò ad essere uno dei ‘Paladini dell’Umanità’!
 
Si mise a sedere sul letto e sospirò:
“Ok, basta cazzeggiare: in marcia!”
 
 
*   *   *
 
 
Poco dopo.
 
“Sì…direi proprio che ti sta a pennello.” – sorrise la madre, aggiustando l’ultimo bottone della divisa da rappresentanza della FRATERNITY. – “Sarai un figurino!”
 
“Sì, come no…!” – borbottò il ragazzo, nel rigirarsi davanti allo specchio, tutto agghindato come un Ufficiale per l’occasione – “Ma guardami: sembro vestito per un funerale! Mi mette a disagio…”
 
Un brivido impercettibile corse lungo la schiena della donna al suono di quella parola; azzardando un sorriso, provò a rincuorarlo:
“Oh, sciocchezze! Vedrai che sarai fantastico! E poi, non vorrai mica sfigurare in mondo-visone?”
 
Il figlio la guardò nel riflesso, inarcando con disappunto un sopracciglio:
“Grazie per farmi sentire ancora di più il peso del mio ruolo…”
 
Poi entrò nella stanza un uomo robusto, accompagnato da un ragazzino esuberante.
Appariva più pallido del solito, ma faceva del tutto per sembrare raggiante.
Lo salutò con ironia:
“Ehilà, campione! Tutto in tiro, eh? Oh, sta’ attento a non respirare troppo, Signor Punteggio Massimo, o finirai per sgualcire l’abito!”
 
“Spiritoso. Molto spiritoso.” – lo apostrofò il figlio, senza troppe cortesie.
 
Poi, Ryan si avvicinò esultante al fratello adottivo, squadrandolo da capo a piedi:
“Che forza, non avevo mai visto il fratellone vestito così! Certo che alla FRATERNITY siete proprio complicati, eh!”
Poi gli allungò un colpetto con il gomito:
“Ehi, fratellone, perché non chiedi a quella ragazza di cui parli se le piaci, vestito così…
 
Lui divenne livido in volto, sbuffando perfino dalle orecchie e assentandogli una dolorosa pedata nel fondoschiena:
“Tu fatti gli affari tuoi, nanetto!”
 
Invece di prendersela, il bambino si mise a ridere soddisfatto.
 
Poi, il suono stridulo di una sirena di clacson risuonò fuori dalla finestra.
Sam si affacciò:
Una limousine nera a levitazione magnetica galleggiava sul viale di casa; un finestrino si abbassò, mentre la testa di Casio Takashiro fece capolino.
Fischiò un paio di volte, come un richiamo, ed agitò un braccio in aria.
 
Il giovane pilota si voltò dall’altra parte, verso i familiari:
“Beh, direi che è ora. Voi non venite, allora?”
 
“No, meglio di no.” – disse il padre – “Ryan è troppo piccolo per essere portato fin là ed io e tua madre non vorremmo rovinarti i tuoi quindici minuti di gloria. Dopotutto, sarei sempre ripreso dalle telecamere, no? Ti vedremo in tele-…cough!”
Un colpo di tosse secca interruppe la frase a metà.
Ne se seguirono altri due più violenti, che costrinsero il Signor Witwicky a piegarsi in due.
La moglie gli poggiò una mano sula schiena, senza però tentar di aiutarlo, quasi rassegnata.
 
Sam chiese preoccupato:
“Papà! Sei sicuro che sia tutto ok?”
 
Lui si riprese a fatica, ansimando:
“Sì…sì, tranquillo. Ehi, non sono più il grande, famoso, pluri-premiato Ammiraglio Ronald Witwicky di un tempo, sai? Eh, il Tempo passa!”
Poi lo fissò con affetto:
“Adesso è il tuo…va’ e farti onore.”
 
Sam indugiò sull’uscio, poi sorrise apparente ingenuità:
“Grazie…lo farò di certo!”
 
 
*   *   *
 
 
Orbita Lunare. Ore 13.00 P.M.
Spazio aereo civile della Stazione d’Avamposto Satellitare ‘Imperial Tokyo.’
 
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“Sarebbe quella la Stazione Orbitale dell’Impero Solare?” – domandò Sam, avvicinandosi all’oblò del grande ed elegante shuttle di rappresentanza.”
“Esatto.” – rispose Casio, intento ad aggiustarsi al collo il nodo della cravatta rossa – “E’ stata inaugurata circa duecento anni orsono. Il microclima terrestre è garantito dalla Copertura Geodetica, sorretta da quelle che, si dice, siano le carene di antichi Exelion ritirati dal servizio militare…”
“E’ bellissima.” – commentò semplicemente.
“Se quella ti piace, allora dovresti vedere la Douze-Mille. Dicono sia abbastanza grande da oscurare totalmente la Terra. Dopotutto, deve pur sempre contenere Giove-3, no?”
“Dici sul serio?! Sarà davvero tanto immensa?! E chi sarà il suo pilota?”
Casio fece spallucce, pulendo distrattamente le lenti degli occhiali con un fazzoletto:
“E chi lo sa! Se avremo fortuna lo sapremo oggi…”
 
Sam annuì in silenzio e tornò a fissare la pista d’atterraggio che si faceva sempre più prossima:
“A pensare che dovrò tenere un discorso su una di quelle torri mi manca il fiato! Anche se si tratta solo di un testo prescritto, l’idea che dovrò parlare davanti a tutti mi inibisce…”
 
Casio sospirò con un’espressione di nostalgica soddisfazione:
“Ah, il ‘Discorso di Fine Anno’…ci siamo passati tutti! In realtà è meno spaventoso di quanto sembri: pendono tutti dalle tue labbra! L’anno scorso è toccato a Mikaela, sai?
Poi rovistò con una mano nel taschino della giacca:
“Oh, a proposito…tieni, questo è per te. E’ da parte sua.”
 
“Un regalo della Signorina?” – chiese stupito il ragazzo, prendendo in mano quello che sembrava un portachiavi con la testa di un gatto bianco stilizzato, con un buffo sorriso stampato in faccia.
 
“Proprio così.” – rispose l’amico, sorridendo maliziosamente – “E’ il suo portafortuna, dice che le da’ sempre una mano nei comizi pubblici; voleva che lo tenessi tu, per oggi. Ehi, se la scontrosa Miss Punteggio Massimo regala qualcosa al timido Mister Punteggio Massimo vuol dire che c’è un certo ‘feeling’. Secondo me le piaci…”
 
“Magari fosse così…!” – mormorò l’altro, un po’ imbronciato – “Ma sono certo che alla Signorina non piacciono i tipi come me. Si arrabbia sempre, quando mi avvicino…”
 
“Sai come si dice in questi casi, no?” – Casio allungò le gambe sulla poltroncina davanti ed incrociò le braccai dietro alla testa – “L’irritazione nasce dall’ammissione di un bisogno. Una dimostrazione rabbia non è altro che il grido dell’Anima che richiama a sé quella di cui ha più bisogno…
Poi aprì un solo occhio, sorridendo ironico:
“Ah, tanto per informazione, allacciati le cinture: balleremo un po’ nell’atterraggio.”
 
 
*   *   *
 
 
Poco dopo. Sala congressi. Imperial Tokyo.
 
Con un vociare diffuso, tutti i duecento partecipanti ospiti del Discorso presero posto nella grande aula ricoperta d’acciaio bianco.
Sul palco, oltre la grande scrivania delle guest star, una gigantesca vetrata rinforzata si affacciava sulla splendida Via Lattea.
 
Sparsi nelle prime due file della platea, la squadra Topless al completo attendeva il suo personale encomio; alle loro spalle, una marea di uomini e donne dell’alta società politica chiacchieravano eccitati, così a lor agio in quegli abiti scuri e seriosi.
 
Casio prese posto in seconda fila, mentre Sam notò una poltroncina casualmente libera, a fianco ad una Mikaela Banes troppo presa nell’osservare la situazione.
Era pericolosamente bella:
I lunghi e lucidi capelli scuri le scivolavano sulle spalle e sul seno, stretti sulla nuca da un fiocco della più tenue tonalità di lilla.
L’abitino nero ed aderente si allargava sulle maniche e nell’ampia gonna; con tutti quei merletti e finiture in pizzo bianco la sua persona perdeva l’abituale prorompenza e assumeva un dolce e malinconico tono indiscutibilmente Gothic Lolita.
“Ehi, ciao…” – iniziò lui, a bassa voce – “…oggi siamo proprio tirate a lucido, eh?”
“Perché non pensi per te, invece?!” – rispose spocchiosamente lei – “Sembri un pinguino.”
Lui si congelò. Letteralmente.
 
Ho appena risposto a Ryan: non le piaccio vestito così. Ok, Sam, pessima prima mossa. Vediamo se riesco a recuperare con i ‘supplementari’…
 
“Un ‘ciao anche a te, come stai’ sarebbe stato più che sufficiente. Ad ogni modo! Casio mi ha dato il tuo portachiavi: è davvero carino. Sei stata gentile a regalarmelo…”
Lei si voltò dall’altra parte, gonfiando un po’ le guance:
“Non te l’ho regalato: è un prestito a fondo perduto.”
Lui la guardò e sorrise; fece per dire qualcosa, ma…
 
“Ciao cutie-honey!” – una vocetta squillante lo fece sobbalzare.
 
“Ah, sei tu, Carly…” – balbettò in imbarazzo.
 
L’avvenente Marziana era ritta alla sua destra, sfoggiando le forme perfette fasciate dalla divisa in latex di ‘Adult Bank’; aveva decolorati i caratteristici capelli verdi di Marte fino ad un biondo chiarissimo, eccezion fatta per un un'unica ciocca laterale.
 
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La conturbante pilota spaziale gli strinse un braccio, con un occhiolino che preannunciava tutto un programma:
“E così sarai tu tenere il Discorso, quest’anno? Ah, sei così pieno di sorprese!”
“Già…” – biascicò il ragazzo, per nulla convinto e con una sudorazione improvvisa che gli mandò a fuoco il viso.
“E tu, Mikaela?” – la donna dai capelli verde chiaro si voltò verso l’eterna rivale – “Non fai anche tu i complimenti al mio cutie-honey? Non pensi che se lo sia meritato questo ruolo?”
“Sì, fantastico.” – si limitò a borbottare la Banes, zittendola subito – “Ed ora piantala di fare la gatta morta! Stanno per cominciare...”
 
Le luci calarono nella sala, mentre i riflettori si accesero sul palco.
Decine di deboli lumi di telecamere e schermi televisivi affollavano la platea.
Oltre le finestre dell’auditorium, le Stelle del Cosmo rilucevano sempre più splendenti.
 
Avanzando al centro della piattaforma sopraelevata, una donna di mezza età dai corti capelli blu scuro e dal lungo abito bianco prese in mano il microfono.
Parlò lentamente e con solennità:
“Salve a tutti. Mi presento: sono il Capo di Stato Maggiore, Rebecca Basile…ma questo lo sapete già. Come ormai da tradizione, siamo riuniti in quest’Aula per ribadire il nostro impegno nella salvaguardia dell’Umanità intera ed il nostro dovere nei confronti di essa. Anche quest’anno, la grande organizzazione dell’Impero Solare ha permesso a tutti gli Umani, Terrestri e Coloni, di poter dormire sonni tranquilli…e di poter celebrare il Dono della Vita in tutte le sue forme. Affiancati dall’efficienza della nostra Flotta e del N.E.S.T. abbiamo potuto far fronte alle minacce cosmiche conosciute da secoli immemori con il nome di ‘Space Monsters’. Inoltre, le giovani promesse dell’Umanità -i Topless- hanno riprova della loro forza ed importanza nella difesa dei nostri Pianeti natali.”
 
Si voltò verso un anziano uomo alle sue spalle, dalla divisa militare splendente di onorevoli medagli d’onore:
“Ringrazio innanzitutto l’Ammiraglio di Flotta Vancouver Dhorasoo; la sua decennale esperienza ha potuto rendere le nostre Stelle più pacifiche e silenti.”
 
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Un applauso fragoroso sciamò tra i presenti.
L’uomo si levò in piedi -gli occhi saggi e scuri fissi sul pubblico- proferendo con la risolutezza acquisita dagli anni:
“Oggi posso rallegrarmi di essere tra voi…poiché sono vivo. Questo è il motto della nostra Flotta: la Forza della Vita aprirà i Cancelli dell’Orizzonte! Il Navy Envirorment and Space Technologies sta come sempre studiando nuove forme di difesa e sicurezza per il nostro Sistema Solare. La nostra Scienza ed i nostri Sforzi si unirà alla Volontà dei giovani che combattono per noi tutti…per questo dobbiamo tener Fede alla nostra promessa! Quest’anno posso vantare felicemente il nostro record personale: neanche un solo soldato è perito in guerra, tutto grazie all’efficienza del nostro personale bellico!”
 
Un secondo applauso risuonò nell’Aula, mentre l’uomo si risedette al suo posto.
 
Sam si voltò di tre quarti, verso Casio, sussurrando:
“L’Ammiraglio Dhorasoo è un uomo molto rispettato in Marina. Mio padre è stato al suo servizio per molto tempo: non fa altro che parlarne!”
 
La donna sorrise compiaciuta, mentre prese ancora la parola:
“La ringrazio a nome di tutti. Ed ora passiamo alla novità di questo Congresso: gli attuali avanzamenti astrofisici e la rinnovata conoscenza del nostro meraviglioso ed infinito Cosmo ha recentemente portato alla luce gli scavi gravitazionali di Aegis-7, un grande Pianeta nel Sistema ‘Cygnus’. I nostri scienziati hanno appurato l’esistenza di incredibili fonti d’Energia rinnovabile, che potrebbero essere utilizzate per scopi incredibili: a tale scopo è stata ideata la più grande Macchina che l’Umanità abbia mai concepita…ma per questo vorrei lasciare la parola ad uno dei Membri della Commissione per le Difese Interplanetarie: il Presidente delle Imprese GOULD, Dylan Grimsley Valentyne III!”
 
Un terzo applauso accompagno un uomo alto e longilineo alzarsi in piedi, oltrepassando il tavolo da congressi.
 
Carly Starr Spencer fremette d’impazienza:
“Oh, eccolo! Che personalità, che eleganza! Quell’uomo sprizza magnetismo da tutti i pori! Fa impazzire praticamente a tutte le ragazze che conosco!” – poi portò un indice alle labbra, confusa – “A dire la verità…anche qualche ragazzo.”
Casio Takashiro borbottò offeso:
Tsk! Chissà cosa avrà di tanto speciale! Se gli togli tutta quei vestiti firmati e quella brillantina dai capelli, che cosa rimane?”
La ragazza marziana sorrise divertita, lanciandogli una frecciatina:
“Solo un…genio-miliardario-playboy-filantropo?”
 
Il suddetto ‘playboy’ in questione si schiarì la voce, iniziando il suo discorso, tenendo comodamente una mano nella tasca di pantaloni dalla piega impeccabile:
“Buon pomeriggio. Vorrei ringraziare preliminarmente Miss Basile per avermi introdotto. Se così non fosse stato…quanti, tra voi, sono venuti qui solo perché mi conoscono come lo ‘Scapolo d’Oro dell’Anno’?”
 
Diverse decine di donne sollevarono una mano in alto, insieme ad una risata generale, ma contenuta.
 
Il giovane Presidente continuò il suo monologo.
“Cercherò di essere piuttosto conciso, dato che solitamente non vi riesco. E’ con mio immenso onore che vi comunico che, da oggi, l’Umanità intera entra in uno dei periodi più importanti e significativi della sua Storia: i fondi concessi dalla mia Società hanno permesso di portare a termine la progettazione della più potente Nave Spaziale mai realizzata: il Vergil-Exelion; con i suoi trecentoventi chilometri di lunghezza ed i suoi Propulsori Iperspaziali a Compressione Inerziale è attualmente l’oggetto più veloce attualmente esistente in tutto l’Universo. Ma per muovere grandi masse sono necessari grandi sforzi…ed è nel momento del bisogno, che l’ingegno dell’Uomo da’ i suoi frutti maggiori: la Buster Machine n.12.000, la Douze-Mille.”
 
Una diapositiva raffigurante quello che sembrava un immenso esoscheletro metallico, abbastanza grande da stagliarsi contro la mole lunare, venne proiettata alle sue spalle.
Un mormorio di stupore si levò dagli ospiti.
 
“La fonte principale di Energia della Grande Ammiraglia è stata identificata nella Scintilla dell’Acceleratore Lineare a fase trasformata di Lorentz, il Nucleo Degenerato dello stesso Giove-3: l’ALL-SPARK. Un oggetto dalla massa talmente enorme da poter ricreare un Buco Nero controllato, in grado di spingere un’Astronave delle dimensioni dell’Exelion nel Sub-Spazio. Tutti noi sappiamo che in tanti milioni di storia umana, mai nessun entità è riuscita a violare il Limite della luce, nonostante le nostre tecnologie ci permettano di viaggiare a velocità molto prossime ad essa. Ebbene oggi potremo oltrepassare questa barriera innalzata dalla Natura! Potremmo raggiungere i confini dell’Iper-Luce, osservando i fenomeni altrimenti a noi preclusi! Viaggiare a velocità superiori a quelle della luce vale a dire ripercorrere il Paradosso del Tempo: Passato, Presente e Futuro si fondono e si sciolgono al nostro volere, mentre perfino le Porte dell’Universo divengono trascurabili!”
 
Il vociare si fece sempre più intenso: le eleganti parole di quell’uomo affascinante si inasprivano via via di una vena di onnipotenza.
 
“Ma per far questo abbiamo bisogno dei giusti mezzi…” – tentò di riprendere fiato, moderando il tono della discussione – “…e per questo è stato realizzato qualcosa di perfino più grande del Vergil-Exelion: la Douze-Mille rappresenta il Degeneratore Planetario più grande al Mondo: si tratta del macchinario più immenso che sia mai stato costruito dall’Uomo! Un cyber-Pianeta: ecco cosa siamo in grado di fare, al giorno d’oggi. Da quando mio padre morì, affidandomi le sorti della GOULD COR., la mia Impresa ha prodotto più di venti preziose Buster Machines che ora combattono per la salvezza della Razza Umana…ed ora siamo pronti a compiere il Grande Salto: la scoperta scientifica che ci permetterà di gettare uno sguardo aldilà dei Mondi noti, imparando a conoscere anche le Realtà a noi parallele. Questo è il mio impegno: le Industrie GOULD porteranno l’Umanità ad un nuovo livello!”
 
Ci fu un breve momento di attonito silenzio, quasi scioccato da certe pretese.
Poi, l’affascinante Presidente dalla lunga sciarpa di seta si strinse nelle spalle, sorridendo ingenuamente:
“Beh, sembra proprio che anche oggi mi sia prolungato più del dovuto!”
Improvvisamente, un fragoroso applauso scoppiò nella Sala Congressi, accogliendo l’incredibile genio di quel giovane uomo.
Poi sorrise al pubblico, puntando verso al squadra Topless:
“Ma tutto questo non sarebbe possibile senza i nostri giovani eroi, dico bene? Non voglio rubare altro tempo a questi ragazzi. C’è una persona in particolare che vorrei ringraziare: sali pure sul palco…figlio dell’Ammiraglio Witwicky.”
 
Seduto al suo posto, il ragazzo sentì puntare su dì sé tutti gli sguardi degli invitati.
Casio gli diede un colpetto alla schiena:
“Coraggio, su! Non farci fare brutte figure!”
Lui si guardò intorno, levandosi lentamente.
Guardò per un attimo il gattino portafortuna, sorridendo.
Fugacemente, avvicinò le sue labbra all’orecchio destro della ragazza seduta al suo fianco e sussurrò:
“Sono contento che sia stata tu a darmelo…”
Lei non rispose…ma arrossì segretamente: così in fretta, quella frase suonò quasi come un bacio sul collo.
 
Poi salì sul palco illuminato; Dylan Gould si fece garbatamente da parte.
Il ragazzo afferrò il microfono e deglutì ansioso:
Era avvolto dalla luce accecante dei riflettori; ai suoi piedi, nella semi-oscurità della platea, tutti i più importanti Capi di Stato del Sistema Solare attendevano il suo encomio; decine di telecamere lo fissavano e riprendevano come cinici sguardi accusatori.
Sentì la pulsazione delle tempie aumentare all’improvviso, mentre il sudore iniziava già ad imperlargli la fronte.
 
Fantastico…- si disse - …ho totalmente scordato il discorso.
 
Era già qualche interminabile secondo che se ne stava lì senza spiccicare una sola parola; poteva sentire la tensione e le occhiatacce del pubblico infilarsi sulla sua pelle come aghi.
Era inutile: non avrebbe mai ricordato a memoria quello stupido discorsetto scritto da chissàchi.
 
Strinse il più forte possibile il portachiavi regalatogli e azzardò con voce tremante:
“S-salve a tutti…”
Non era così difficile, in fondo. Aveva iniziato, ora doveva solo continuare:
“Il mio nome è Samuel Lloyd Irvin Witwicky…ok, non che sia un nome facile da pronunciare; diciamo solo ‘Sam’, ok?”
Gli sguardi poco convinti della platea gli suggerirono che non era ‘ok’, ma a lui non importava:
“Sono entrato solo da pochi mesi alla FRATERNITY, però…l’ho sempre conosciuta, in un certo senso: i ‘Paladini dell’Umanità’, così li chiamano tutti, no? Beh…oggi sono qui perché, in teoria, dovrei tenere un discorso in loro vece. Ad essere sincero, però…non ne ricordo neanche una riga.”
 
Una grassa risata riempì le bocche dell’uditorio; perfino Rebecca Basile sorrise sommessamente.
Non erano risate di scherno; piuttosto di leggerezza e tenerezza verso quello che doveva essere il rappresentante della Difesa Umana, ma che si presentava per quello che in realtà era: un ragazzino, come tutti gli altri, dopotutto.
 
Sam si sentì solo un po’ più sollevato, riprendendo il discorso:
“Però non credo che importi molto a nessuno di un monologo trito e ritrito. Quindi ho deciso di raccontarvelo a modo mio: vi parlerò di un Desiderio, il Desiderio di un bambino. Questo bambino aveva promesso alle Stelle che un giorno sarebbe stato tra loro…che avrebbe potuto osservare la Terra in tutta la sua piccolezza, dall’alto, ma che avrebbe anche potuto stringerlo tra le mani e proteggerlo, per quanto possibile. Forse oggi quel bambino c’è riuscito. Certo, le guerre nel Mondo non finiranno su due piedi, né le malattie cesseranno di esistere, però…tutto questo è diventato un po’ meno drammatico, da qualche tempo. E tutto ciò grazie ad un Sogno; un Sogno non solo di un individuo, ma di tanti altri…di tutti coloro che hanno deciso di anteporre le vite altrui alle proprie –cioè i militari della Flotta di Difesa Terrestre- e tutti quelli che hanno il dovere civile di sfruttare un loro ‘dono’ per il Bene di tutti…cioè noi Topless. Ogni giorno combattiamo contro quei Mostri che tentano di privaci del nostro diritto di vita, per poter abbracciare coloro che amiamo all’alba del giorno dopo…
 
Però…!– pensò Mikaela Banes, sorridendo lievemente – Non è poi così male, a parlare…
 
 
*   *   *
 
 
Contemporaneamente.
Casa della famiglia ‘Witwicky’. Neo-Okinawa. Terra.
 
Il tele-proiettore della sala da pranzo continuava a riprodurre l’immagine di quel ragazzo sui sedici anni intento in discorso di commiato, la cui immagine talvolta tremolava come una fiammella, a causa delle interferenze di trasmissione inter-planetaria.
 
“…il nostro impegno non verrà mai meno!” – affermò con sicurezza il giovane oratore – “I ‘Topless’ renderanno tutti felici!”
 
“Sentilo, come parla, il giovanotto…!” – Ronald Witwicky tentò di sorridere debolmente, seduto stancamente sul divano, affiancato dalla moglie – “Sono proprio felice di vederlo così: è cresciuto bene…”
La donna fissò ancora il video, mormorando:
“Già…”
Il padre chiuse gli occhi, sconsolato:
“Spero solo che possa davvero essere felice…nonostante quello che accadrà.”
Infine si rasserenò:
Sento che il momento sta per arrivare…
 
La donna trattenne una lacrima, stringendo con vigora la mano del marito.
 
 
*   *   *
 
 
Poco dopo. Sala congressi. Imperial Tokyo.
 
Quando le luci principali si riaccesero ed i cameramen staccarono le loro apparecchiature, il pubblico di rappresentanza si sollevò rumorosamente in piedi, iniziando a defluire verso l’uscita della stazione lunare.
 
Lasciandosi andare ad un lungo sospiro di sollievo, Sam si sedette sulle scale adiacenti a palco:
“E anche questa è andata…”
 
“Però, che oratore!” – Casio gli si avvicinò, con una pacca amichevole sulla spalla – “E bravo il nostro Mister Punteggio Massimo! Forse un po’ troppo personale…ma d’effetto.”
“Ah, sei stato così…carismatico!” – Carly batté le mani con entusiasmo, volteggiando allegramente – “Fantastico!”
 
Ma lui sembrò quasi totalmente indifferente a quei complimenti; piuttosto cercava con lo sguardo la bella ragazza dai lunghi capelli corvini che indugiava alle loro spalle:
“Devo proprio ringraziarla, Signorina: il suo portafortuna mi ha ispirato! Di quel discorso non ricordavo nemmeno l’inizio! Se non fosse stato per lei…”
 
“Sì, ho capito. Dacci un taglio.” – lo interruppe lei, bruscamente, seppur segretamente lieta – “Non te la sei cavata malaccio…per un novellino.”
Poi, cercò il modo più delicato e meno evidente per far ammettere a sé stessa quel sentimento di gioia e tensione che il riconoscimento di quel ragazzo le aveva suscitato:
“Forse per un novellino come te potrebbe essere utile tenere quel portachiavi ancora per un po’…puoi tenerlo. Ma ricorda che è solo un prestito!”
 
Lui recepì l’antifona e sorrise di rimando:
“Grazie.”
 
Ehi, Sam!” – una voce d’uomo lo richiamò.
Dylan Gould gli venne in contro, allungando una mano in segno di apprezzamento:
“Devo farti i miei complimenti: un vero discorso di fine anno! Uno dei più sentiti della FRATERNITY, fino ad ora!”
“La ringrazio, Signor Gould…ma mai come lei! Riesce sempre a catturare l’attenzione di tutti! Mi chiedo come faccia ad essere sempre così a suo agio…”
“Oh, solo esperienza.” – banalizzò l’uomo, mentre con un braccio già lo spingeva un po’ più in disparte – “Ad ogni modo, ti dispiacerebbe se ti parlassi per un momento. Da soli.”
Il ragazzo si voltò per un momento verso i compagni, poi annuì:
“Nessun problema.”
 
I giovani Topless lo fissarono allontanarsi a pochi metri, diffidenti.
 
“Vedi, Sam…” – cominciò Gould, meditando ogni parola – “…è un po’ che ci penso su: mi sono reso conto che in tutto il tempo che ho vissuto nel Mondo non ho mai avuto la possibilità di incontrare qualcuno di cui mi fidassi ciecamente…a parte la mia amata Diana.”
“Oh…beh, mi spiace.” – ammise l’altro.
“Il punto è che quando frequenti gli ambienti a cui sono abituato, ti rendi conto di quanta ipocrita umanità e superficialità aleggi intorno a noi: si ha sempre la sensazione di essere sul punto di venire pugnalati alle spalle. E così diventa impossibile fidarsi del Prossimo…e di conseguenza anche affidare la propria vita ed i propri Sogni a qualcuno. Dimmi, tu hai fiducia nel Prossimo?”
“Io? Direi di sì…”
“Lo stesso vale per me: ho bisogno di qualcuno di cui potermi fidare, per potervi affidare le mie speranze. La Douze-Mille: l’emblema della ricerca umana di nuovi orizzonti e realtà da affrontare, il bisogno di contatto con Mondi fuori dal nostro; questo è ciò che voglio affidarti. Vorrei che fossi tu il Topless selezionato per pilotare la n.12.000.”
“Cosa?! Sta parlando sul serio?!” – Sam sgranò gli occhi, incredulo – “Io…non credo di avere sufficiente esperienza…”
“Hai una First Phase abbastanza ampia da poter riattivare LineBarrel; non sarà un problema muovere quella strutture, con la Guida Vettoriale. Ma non devi prenderlo come un obbligo: pensaci su…ma ricorda che hai meno di una settimana per decidere.”
“Io…non saprei davvero.”
“Non ha importanza. Pensavo solo che con un impresa simile avresti certamente reso tutti orgogliosi. Il tuo nome verrebbe scolpito nei libri di storia.”
 
Il ragazzo chinò lo sguardo.
Suppose che non sarebbe stata l’impresa in sé a renderlo felice di sé stesso, né le parole di quell’uomo, sempre così elogiative.
Piuttosto l’immagine dei suoi familiari ad attenderlo al ritorno da quella missione, con gli sguardi colmi d’ammirazione ed affetto, gli strappò un sospiro.
E poi gli occhi di lei; i suoi lunghi capelli scuri ondeggianti nel Sole accecante d’estata, con un vestito leggero.
Nel suo sorriso la promessa di una gioia ormai dichiarata.
 
Strinse un pugno, certo ormai della sua decisione, e strinse inaspettatamente le spalle dell’uomo:
“Sarebbe fantastico! La ringrazio, Signor Gould; lei è come un padre, per me!”
Poi lo lasciò andare, mentre già si allontanava verso l’uscita.
 
Il giovane impresario rimase per un momento attonito da tanta euforia.
Poi sorrise tra sé, infilandosi le mani nelle tasche dai pantaloni dal costo inarrivabile.
 
 
*   *   *
 
 
Un’ora dopo.
Neo-Okinawa. Terra.
 
La limousine nera di rappresentanza si fermò lungo la strada ampia e levigata d’asfalto, disattivando i repulsori ed adagiandosi delicatamente al suolo, a poche decine di metri da una delle tante rigide villette stilizzate a schiera di Neo-Okinawa.
 
Posteggiata all’angolo, la mole cubica dagli angoli smussati di un’ambulanza-droide attendeva il suo paziente con i lampeggianti disattivati.
 
La portiera posteriore si spalancò all’improvviso, mentre un ragazzo corse rapidamente fuori.
“Sam, non correre tanto!” – Mikaela si sporse fuori dalla vettura, allungando un braccio a vuoto.
 
Il giovane discendente dell’Ammiraglio Ronald Witwicky risalì rapidamente il vialetto senza nemmeno accorgersi del veicolo medico.
Sorrideva e respirava profondamente ad ogni passo:
Finalmente! Finalmente l’occasione che cercavo! Un ‘Paladino dell’Umanità’, una missione da svolgere che tutti apprezzeranno!
Corse su per il prato della casa, infischiandosene di come i suoi genitori non sopportassero l’idea di camminare su quell’erba perfettamente tagliata:
Corse contro la pungente aria pomeridiana di un denso inverno senza neve, che minacciava dal cielo:
Ti renderò orgoglioso, papà! Io…io…
Con una mano colpì la liscia porta automatica dell’abitazione; non incontrò alcuna resistenza e l’uscio si spalancò alla leggera pressione.
La voce e lo spirito gli sfuggirono dalle labbra, in un impeto di entusiasmo:
“PAPA’!!!”
 
-tu-tum…tu-tum-
 
Per un momento, tutto il mondo circostante parve diventare silente, mentre solo il battito del suo stesso cuore gli rimbombava nei timpani.
Le gambe gli si paralizzarono e un’ondata di sudore freddo gli raggelò le vene.
Un brivido scorse lungo la schiena, lasciando il posto ad una muta e spiacevole sorpresa:
 
Un piccolo drappello di personale in tenuta medica era radunato nel grande ingresso-salone, circondando una donna e quello che appariva come il corpo steso sul divano di un uomo di mezza età.
Tutti si voltarono improvvisamente verso il nuovo arrivato; lo sguardo della madre era stravolto e vacuo, seppur rassegnato, mentre stringeva un ragazzino poco più che dodicenne, in lacrime.
I medici sembrarono quasi rilassarsi.
Quel Ron Witwicky che giaceva disteso non accennò muoversi.
 
Indietreggiò di un passo, boccheggiante.
 
“Ma insomma, Sam, che hai da corr-…oh, no!” – Mikaela Banes oltrepassò la soglia della porta, quasi infastidita, prima che la scena gli strappasse un gridolino acuto.
Atterriti e confusi, Casio e Carly si avvicinarono in silenzio, spostando lo sguardo dal mesto spettacolo al giovane a pochi metri da loro.
 
Sam portò istintivamente una mano alla fonte, reggendo la testa avvertita improvvisamente molto più pesante.
I polmoni erano quasi inesistenti: non respirava nemmeno, oppure quell’azione era divenuta tanto meccanica da non avvertirne nemmeno le contrazioni.
Una seconda scarica di freddo gli vibrò nelle ossa, fino a stringergli la gola.
Nel singolo istante nel quale una goccia di sudore abbandonò la sua fronte e scivolò lungo la tempia, per poi infrangersi al suolo, un fiume indistinto di voce e ricordi gli trapassò il cervello come una lama affilata:
 
Quei bisbigli segreti e carichi d’angoscia che risuonavano nella stanza dei genitori, accennando a vite spezzate e malattie incurabili…
La rivelazione, il giorno del suo tredicesimo compleanno, della mostruosità naturale contenuta nel suo genoma degli individui maschili della sua famiglia, conosciuta come ‘Sindrome di Archibald Witwicky’…
Le inutili cure mediche e soldi buttati al vento dai suoi familiari per trovare un rimedio efficiente che non distruggesse quella giovane vita troppo presto…
La fatica impiegata per prendere coscienza della propria situazione ed il dolore costretto a forza nel fondo del suo animo, per guardare con forza ad un nuovo giorno…
Le notti passate in lamenti e pianti sommessi, simili più ad uggiolii, che spesso si ritrovava a trascorrere raggomitolato sotto il calore delle coperte…
 
Un mare di ricordi dolorosi lo assalì, mentre la verità iniziava a strappare via frammenti di Spirito, tornando a galla.
Immaginò il resto della sua vita senza più un padre e nella consapevolezza che la Fine si avvicinava anche per lui, ad ogni minuto.
Il dispiacere per non poter avere dei figli, per paura del medesimo destino.
Poi il rimorso per non aver nemmeno prestato attenzione a quell’uomo tanto benevolo quanto saggio negli ultimi anni la consapevolezza che aveva preso  il Biglietto di Sola Andata dal Mondo senza nemmeno il suo unico vero figlio l suo fianco.
Infine nella sua mente l’immagine della bella Mikaela Banes affondò nelle Tenebre, ormai irraggiungibile e distante dalle sconfinate catene spinate del Nero Destino.
Gli veniva da vomitare.
 
“Mi spiace, ragazzo…” – un infermiere gli si avvicinò, tendendogli una mano sulla spalla, ma il giovane Topless la scostò bruscamente, quasi ustionato dal contatto.
 
Indietreggiò ancora, tremante.
“Mi dispiace così tanto, Sam…” – la ragazza dai lunghi capelli scuri cercò la sua mano, ma lui la represse.
“Io…io vorrei solo…” – Carly Spencer non trovò nemmeno la forza per sollevare un muscolo, irrigidita dalla scena.
Novellino…se solo avessi saputo…io…mi spiace.” – balbettò confusamente Casio, frastornato e avvilito dalla dolorosa vista dell’amico.
 
“No…no…” – mormorò tra sé il giovane – “…no…”
Continuò a camminare di spalle, con le dita ad artigliarsi la nuca, fino all’eterno dell’abitazione.
 
“…no…NO!!!” – gridò improvvisamente, mentre una croce di luce azzurra esplose dalla sua fronte, distruggendo il Sigillo di Contenimento Topless.
Con un fragore stordente, accompagnato da un’onda sismica devastante, il terreno si gonfiò ed esplose in centinaia di frammenti; lo spostamento d’aria fu abbastanza potente da annullare la Gravità per un breve attimo.
Un’enorme sagoma bianca si issò dal sottosuolo, divaricandosi in una foresta aggrovigliata di ferraglia e cavi elettrici.
Un busto umanoide si modellò dalla confusione, inghiottendo il giovane, mentre due grandi mani meccaniche artigliarono il suolo, permettendo ad un colosso metallico di oltre sessanta metri di ergersi in tutta la sua impressionante altezza.
 
Casio inciampò e cadde al suolo, bocconi:
L-LineBarrel…!”
 
La Machine sfoderò gli artigli affilati, ringhiando verso il cielo ottenebrato di nuvole dense come matasse di ferro.
La polvere ed i detriti d’asfalto si solverono a mezz’aria, vorticando attratti dalla forza dei propulsori inferiori.
Poi il suolo si appiattì in una conca circolare di asfalto disintegrato, mentre una colonna di fiamme azzurre sospinse in alto LineBarrel.
Un’interminabile scia di fumo si allungò verso la volta celeste, perforando in un anelo di Vuoto un cumulonembo e perdendosi alla vista.
 
I presenti rimasero quasi del tutto immobili, trattenendo il respiro e tremando.
Lo sguardo stravolto della madre e del piccolo Ryan ancora fiso verso il cielo, in cerca del gigante d’acciaio.
Il giardino ora era praticamente ridotto solo ad una zolla smossa di terra e catrame indurito, ma c’erano cose notevolmente più importanti a cui pensare.
Portando una mano alla gola, quasi soffocata, Mikaela Banes riuscì solo a mormorare:
“Se ne è andato…”
 
 
*   *   *
 
 
Ascendendo con una velocità nauseante, la BM-13 puntava verso una meta ignota, trapassando nubi e rombando agni accelerazione.
L’orizzonte non appariva più grigio e malinconico, come dalla Terra, ma iniziava a tingersi di una tenue sfumatura rosata, oltre le nuvole oramai distanti dal robot.
 
Il pilota stingeva le leve – gli occhi serrati – e digrignava i denti, in una smorfia di rabbia, nervosismo ed auto-commiserazione.
Una piccola perla luccicante bagnava gli angli delle sue palpebre, senza nemmeno essere in grado di distaccarsi e tramutarsi in una delle tante lacrime versiate anni prima.
Il ragazzo ringhiò tra sé, spingendo la Machine al limite delle prestazioni; serrò le dita sulla cloche fin quando le unghie non si piantarono nel suo steso palmo.
Sugli schermi giroscopici dell’abitacolo scorrevano un indistinta varietà di dati, grafici atmosferici e segnali di cedimento barometrico.
Il cielo circostante era ridotto solo ad una cascata di macchie bianche, rossastre e blu intenso.
Poi tutta la cabina venne avvolta da un manto nero, puntellato di lumicini bianchi.
 
LineBarrelaveva ormai raggiunto la Stratosfera, continuando ad allontanarsi da quel immenso e meraviglioso Pianeta che ora appariva in tutta la sua maestosa grandezza, distante migliaia di chilometri.
Poi, senza preavviso, i reattori si spensero del tutto e la Machine si arrestò bruscamente, rimanendo a galleggiare nell’immensità della Gravità-0.
 
Per inerzia, Sam perse l’equilibrio, venendo sbalzato giù dal sedile di guida e cadendo di viso sul fondo della cabina.
Portò una mano l naso sanguinante, gemendo:
“Dannazione…”
Poi si inginocchiò lentamente e, guardando sotto di sé, spalancò gli occhi affaticati al dolore in un moto di intensa meraviglia:
 
L’immenso Spazio sconfinato di estendeva in ogni direzione, riflesso dai proiettori dell’abitacolo.
Un’infinta pennellata di plasma e colore si allungava all’orizzonte, brillando come un luogo segreto a cui fare ritorno: la Via Lattea.
Milioni di Stelle pulsanti luccicavano come diamanti nella tela di raso nero del Cosmo, memori di dimenticati eoni passati e ciclopici eventi naturali.
 
Seduto direttamente sui monitor sferici, Sam ebbe quasi l’impressione di poter galleggiare in quello Spazio, dal quale era invece schermato da più di 12.000 piastre corazzate della sua Machine.
Sotto i palmi delle sua mani, la grande e luminosa Terra appariva abbastanza vicina da poterla addirittura sfiorare.
Il ragazzo smise di piangere per un momento, fermandosi a contemplare quello scenario soprannaturale, compiangendo sé stesso e l’Umanità per la proprio piccolezza:
Così attratto da quella vita così eccitante e pericolosa da Topless, così fuori dall’ordinario, aveva totalmente perso di vista il suo Sogno primigenio, il suo Desiderio di scoperta e libertà che lo accompagnava fin da bambino:
Lo Spazio, la sorgente di Vita e scoperte senza fine, l’immensità della Natura in grado di riprodursi a velocità irraggiungibile, che cela segreti e fenomeni grandi oltre ogni immaginazione.
Pianeti lontani, Stelle remote e lucenti, Galassie sconosciute in armoniosa rotazione sul proprio asse…Corpi Celesti dai colori e dalle forme paradisiache e dalla logica commovente.
Essere lì in quel momento – così distante dall’Umanità e dai suoi piccoli problemi, perso nella silenziosa ed elegante fissità anti-gravitazionale del Vuoto – era come essersi avvicinati un po’ più a Dio…se mai ad un dio si doveva la creazione di tutta quella paradisiaca e perfetta grandezza.
 
Perdendosi nei suoi pensieri, prese atto di come la morte di suo padre, la sua e di tutti gli esseri viventi che seguono la stesa sorte all’insaputa del Mondo, non era altro che una riconferma dell’infinita esiguità umana.
Ancora una volta, gli venne da piangere, piegandosi su sé stesso.
Le lacrime questa volta sgorgavano copiose, scivolando lungo le guance e precipitando sui monitor.
Poi il dolore fece spazio ad una rabbia immotivata:
Strinse un pugno e si levò in piedi, battendo un colpo contro le pareti della cabina:
“Perché?! LineBarrel, perché siamo qui?! Perché diavolo ti sei fermato?! Anche tu vuoi darmi contro, ora?!”
E assestò un calcio contro i vetri.
“Perché, dannazione?! Io volevo solo fuggire via! Non voglio più mettere piede sulla Terra! E tu devi obbedirmi! Quindi perché ti sei fermato…perché?!”
Continuava ad allungare poderosi calci contro l’abitacolo, mentre gli schemi sfrigolavano ad ogni colpo.
Serrava le palpebre e si mordeva le labbra, mentre martoriava il cockpit di pugni:
RISPONDIMI, LINEBARREL!!!”
 
Con un brontolìo infastidito, l’intero corpo della n.13 si scosse con vigore, mentre decine di segnali digitali indicavano l’inserimento del pilota automatico.
 
“Cosa…?” – boccheggiò attonito Sam.
 
Improvvisamente, la Buster Machine si inclinò all’indietro, attivando i motori a combustione.
Iniziò a discendere rapidamente verso la Terra, accelerando spaventosamente.
 
Sam si tentò di allungare una mano verso le leve di movimento, senza però essere in grado di afferrale.
L’abitacolo tremava e cigolava al cambio di pressione, mentre gli schermi parevano avvolti da fiamme intense: l’Unità stava entrando nell’Atmosfera, precipitando in caduta libera.
Il ragazzo strinse una mano al cuore, pregando solamente di morire rapidamente, prima che le fiamme potessero divorare il suo corpo esausto.
 
Non accadde:
La corazzatura del mecha resistette grandiosamente alle temperature atmosferiche, continuando a cadere in picchiata.
Perforò una fitta serie di nubi, che si incastonarono alla sua armatura come ovatta, per poi evaporare.
L’indistinto mare di luci che ricoprivano le Nazioni si fece sempre più fitto, mentre i tetti degli avveniristici grattacieli iniziavano a prendere forma.
Sempre più giù: la città di Neo-Okinawa fu presto visibile, ricoperta da un manto lattescente di quella che appariva essere neve.
 
Infine l’ampio spazio immacolato di un parco ghiacciato si allargò alla vista del pilota.
Sentì mancarsi l’appoggio sotto i piedi:
In una pulsazione cardiaca, l’intera struttura bio-meccanica del LineBarrel si separò e disintegrò e anche le pareti della cabina smisero di circondare l’atterrito ragazzo:
La sua Machine lo aveva abbandonato; aveva volontariamente invertito l’Exotic Manoeuvre, smaterializzandosi e scomparendo nel nulla.
 
Fu un attimo:
Sam avvertì il suo corpo diventare estremamente massiccio e cadde a peso morto per almeno una quindicina di metri.
L’ultima sensazione cosciente che provò fu quella di un sordo impatto nella soffice neve ed il gelo del ghiaccio che si infilava sotto le sue vesti, intorpidendogli i sensi.
Forse per l’urto, forse per il freddo o anche solo per lo spavento, Sam chiuse gli occhi, con il corpo ormai affondato nella neve…e perse la percezione del Mondo circostante.
 
 
*   *   *
 
 
Contemporaneamente.
Casa della famiglia ‘Witwicky’.
 
Un bambino ed una donna sedevano stretti sul divano.
“Mamma…” – Ryan si strinse in lacrime alla madre adottiva, che amava però più della naturale – “…papà non c’è più, vero? E il fratellone? Non tornerà più da noi?”
“Non fare così…papà non ci ha abbandonato.” – lei glia accarezzò la testa; lo sguardo perso – “E nemmeno tuo fratello.”
“Coraggio, signora!” – Casio le strinse vigorosamente il dorso della mano – “Deve farsi forza! Per sé stessa e per i suoi figli!”
 
La casa era ormai vuota, il personale medico aveva portato via la salma del fu Ammiraglio Ronald Witwicky, in attesa per l’obitorio ed il funerale.
Il giardino, ora ricoperto da uno strato di neve sottile, era devastato; la porta d’ingresso spalancata e le finestre incrinate dal decollo dell’enorme n.13.
Carly Spencer era ritta sull’uscio, fissando l’esterno e rabbrividendo del gelo invernale di quel cielo che piangeva silenziosamente lenti fiocchi di cristallo.
Mikaela si strinse nelle braccia, con gli occhi fissi su una delle venature della finestra del salone, confusa e stordita.
 
Poi, d’un tratto, la bella Marziana si voltò verso di lei, inveendo:
“E’ tutta colpa tua!”
La ragazza si voltò, interdetta:
“Che cosa…?”
“Mi hai sentito!” – continuò Carly, lasciando tutti ammutoliti – “Se Sam ora è scappato via, se ora soffre, se non è qui…è solo tutta colpa tua!”
Quell’accusa fu peggiore di una gomitata nello stomaco; Mikaela strinse i pugni:
“Ma come puoi dire una cosa simile?!”
“Se non fosse stato per te, ora lui avrebbe accettato di rimanere almeno qui! Sei stata tu a farlo fuggire! E’ tutta colpa del tuo atteggiamento!”
La rabbia crebbe più forte in Miss Punteggio Massimo:
Del mio atteggiamento?! Ma…come fai ad accusarmi di una cosa simile?! Come puoi pretendere di giudicarmi tanto aspramente?!”
“Perché sei sempre la solita!” – rispose la Spencer, su tutte le furie – “Perché non fai altro che voltarti dall’altra parte ogni volta che qualcuno ti si avvicina! Vuoi sempre sembrare la vittima della situazione, per evitare il contatto con gli altri e giustificare il tuo odio verso il Mondo! Sei stata solo crudele con lui, così come con tutti gli altri!”
 
Il suo odio verso il Mondo.
Quella ragazza la stava incolpando di un genocidio interiore; stava rapidamente e dolorosamente scavando nella sua coscienza, come una lama che si rivolta nella piaga.
 
“Tu…come osi parlare così a me?!” – ringhiò la pilota della n.27 – “Pensi di essere migliore?! Credi di sapere abbastanza di me?! Come può mai una come te anche solo sperare di avvinarsi ai miei sentimenti?!”
 
Carly ingioiò un groppo amaro, tentennando.
 
“Dici che sono crudele? E tu, allora?! Sempre a scodinzolare in giro per farti notare! Non fai altro che atteggiarti a gran donna, ad ostentare il tuo lusso e la tua bellezza…a vendere la tua persona!”
 
Questa fu una valida e pungente risposta alla provocazione della Marziana.
 
“Tu hai sempre avuto tutto dalla vita: i tuoi vestiti alla moda, i tuoi soldi, la tua bellezza…non sei altro che apparenza! Come puoi capirmi, tu?! Ti diverti ad ammiccare a tutti i ragazzi e non ti concedi mai, per il semplice gusto di vederli strisciare nella tua ombra! Tu passi la tua vita nell’infelicità altrui! A te non importa nulla di uno come Sam; vuoi solo un ragazzo abbastanza gentile da farti da schiavetto senza fiatare e soffrire in silenzio! Sei solo un’infida vipera!”
 
“Io sarò anche una vipera ma tu sei una Vedova Nera.” – replicò freddamente l’altra – “Non pensare di essere migliore solo perché provi vanto nella tua disgrazia. Sempre a rimuginare sugli errori di tuo padre, a pensare a quante difficoltà hai dovuto affrontare: la verità è che tu godi della tua miseria!”
 
Mikaela ebbe un sussulto, portando una mano al seno, tremante:
“Cosa…? Tu…ti sbagli!”
 
“Per favore, smettetela!” – gemette la donna, inascoltata – “Tutte e due!”
 
“No che non mi sbaglio!” – protestò Carly, alzando il tono di voce – “Sei fuggita di casa per non affrontare quel delinquente di tuo padre, hai accettato di diventare una Topless per dimostrare al Mondo la tua forza: sei sempre stata in cerca del riscatto e dell’auto-affermazione della tua Anima, ma in realtà stai solo cercando un pretesto per rifuggire le tue paure più intime! La verità è che tu temi te stessa! Sei talmente preoccupata dal difendere i tuoi sentimenti, per paura di venir ancora una volta tradita, che innalzi un muro intorno al tuo Cuore! Speri di difenderti dal Mondo e di difendere gli altri da te, ma finisci solo per far del male a coloro che ti circondano!”
 
“No…” – la bella Topless cadde in ginocchio – “…non è vero…”
 
Incurante di tutto, Carly gridò sempre con maggior forza:
“E INVECE SI’!!! Come una Vedova Nera hai fatto terra bruciata di tutti coloro che ti volevano bene e questo è il risultato! Hai perso la tua famiglia e ora perderai anche lui! Affronta la verità, Mikaela: perderai l’unico ragazzo che ti abbia davvero voluto bene per ciò che sei, che sia riuscito a guardare oltre le Mura del tuo Animo! E ora, per il tuo comportamento, rimarrai completamente sola!”
Infine urlò con quanto più fiato in gola, stringendo i pugni e pestando un piede a terra:
E FATTENE UNA RAGIONE!!!”
 
-CIAFF!!!-
 
“SMETTILA!!!” – Mikaela Banes era scattata in piedi ed aveva assestato un violento schiaffo alla ragazza dagli occhi d’ametista.
Con al voce spezzata e gli occhi umidi di lacrime amare, continuò a parlare:
“Smettila di dire certe cose…! Io…io non sono come dici tu! Io gli voglio bene! Io non voglio che soffra!”
Distolse lo sguardo e serrò i denti:
“Io non voglio che soffra nessuno! Perché io…io…”
 
C’era una parola che gli pendeva dalle labbra; una parola carica di un sentimento molto più forte del semplice affetto.
Abbastanza più forte da non riuscire ad essere espresso.
 
Con la testa ancora voltata di tre quarti, Carly Spencer la squadrò con la coda dell’occhio:
“Allora se dici di tenere a lui come affermi, se sei certa dei tuoi sentimenti…provamelo! Va’ da lui! Dimostrami che la tua non è solo paura! Dimostragli di avere qualcuna su cui poter contare ciecamente!”
 
Mikaela sollevò di scatto il bel viso dagli occhi addolorati, trafitta da quelle parole.
Riuscì solo a stringere ancora più forte i suoi pugni e a sibilare:
“Sì…!”
 
 
*   *   *
 
 
Con un rumore continuo e ovattato, i polpacci di Sam procedevano nella densa e fredda neve, scavando con difficoltà lunghi solchi.
Arrancava nel grigiore tardo pomeridiano d’inverno, con i piccoli fiocchi bianchi a discendere dall’alto in totale silenzio.
Il ghiaccio gli aveva inzuppato i pantaloni e le scarpe, mentre la schiena e le spalle iniziavano già ad inumidirsi del gelo disciolto con il calore del corpo.
La testa girava e la pelle tirava come cuoio; il fisico quasi non avvertiva più la distinzione tra ‘freddo’ e ‘caldo’: tutti suoi muscoli erano intorpiditi, i riflessi rallentati.
 
Si portò una mano alla fronte, tanto gelida da risultare quasi incandescente; non sapeva quanto tempo fosse rimasto privo di sensi, ma sapeva di essersi risvegliato quando un singolo cristallo immacolato era piovuto dal cielo ed era precipitato sul suo viso.
Ormai non pensava nemmeno più: non gli importava di sé stesso, né dei suoi amici…probabilmente non gli importava neanche più della morte del padre, che preannunciava la sua.
Era troppo esausto e confuso anche solo per soffrire nell’animo.
 
Nascosto dalla neve, un sasso gli intralciò il passo, facendolo inciampare.
Affondò nel biancore fino ai polsi.
Un secondo conato di vomito gli strinse la gola; dovette mettersi in bocca un pugno di neve per contrastarlo.
La sua stessa Machine lo aveva scaricato nel primo parco della città ed ora se ne stava lì a non fare nulla se non a sentirsi male in continuazione e piangersi addosso: provava quasi pietà di sé stesso.
 
Poi una voce lo richiamò:
“Tutto bene, figliolo?”
Sam si voltò appena: un vecchietto dall’aria bonaria e dal pesante cappotto di lana grigia gli aveva posato una mano sulla spalla ed ora lo guardava preoccupato:
“Sono certo che rotolarti nella neve con degli abiti così leggeri non faccia molto bene alla tua salute. Vieni qui…”
 
Lo aiutò ad alzarsi e lo accompagnò fino ad un’anonima panchina, sotto un albero dalle fronde imbiancate.
Si sedette al suo fianco, offrendogli una barretta di cioccolato compresso che aveva tirato fuori dalla tasca:
“Mangia. Ci vogliono calorie d’inverno! Quando ti sentirai meglio potrai raccontarmi cosa ti è successo…”
Lui addentò senza troppa voglia il dolcetto, per quanto dovette riconoscere che il sapore dolce e caldo di quel piccolo regalo fosse la cosa più rincuorante delle ultime ore; nella desolazione di quel momento era quasi commovente.
Poi il cortese nonnino chiese ancora:
“E così sei un Topless, giusto?”
Sam rimase sorpreso da quella considerazione:
“E lei come farebbe a saperlo?”
L’uomo sorrise allegramente:
“Beh, non si vede tutti i giorni una Buster Machine della FRATERNITY planare a venti metri da terra e scaraventare fuori un adolescente, non ti pare?”
“Oh…quindi è stato così evidente?”
“Sarei più stupito se qualcuno non lo avesse notato. E poi…” – l’uomo lo squadrò meglio – “…un momento: non sei tu il ragazzo che ha palato alla televisione un paio d’ore fa?”
Sam chinò la testa e annuì, fissando il terreno tra i piedi immersi nella neve:
“Comunque sia ormai non ha più importanza…non sono più un Topless. Ho perso qualsiasi controllo sul mio compagno e questo è ciò che mi merito. Ma in fondo è meglio così: non voglio più essere un Topless.”
L’anziano interlocutore si rabbuiò:
“Per quale motivo parli così? Dov’è finita tutta la dedizione del tuo discorso? I ‘Paladini dell’Umanità’…dunque non vuoi più portare la Felicità nel Mondo?”
Il ragazzo strinse i denti, mentre le lacrime iniziavano nuovamente a lumeggiare nei suoi occhi:
“Ma quale Felicità…?! Io…io ero così convinto di ciò che dicevo! E poi…poi...poi è successo quello che continuavo a mentire a me stesso: la ‘Sindrome di Archibald Witwicky’, l’unica malattia incurabile contratta dal mio trisavolo…ha infine ucciso mio padre. E lo stesso toccherà a me…è solo una questione di tempo. E quindi, se non posso sperare di vivere di più di così…che motivo c’è di lottare ancora?”
 
Lo sguardo del vecchino dal viso asciutto si adombrò di tristezza e compassione, mormorando:
“Capisco…devi sentirti davvero inerme, in confronto al dispotismo del Tempo.”
Poi sollevò lo sguardo al cielo, sorridendo solo lievemente:
“Però non sono d’accordo. Trovo inutile tutta questa auto-commiserazione e sottovalutazione. Dopotutto: non c’è molto da fare, quindi perché sentirsi incapaci di fare? Credo piuttosto che dovresti imparare la differenza tra ciò che ti piacerebbe fare e ciò che è giusto fare.”
 
“Cosa…?”
 
“La nostra vita ci mette davanti ad innumerevoli strade, tra le quali dobbiamo scegliere la più giusta da seguire.” – continuò l’ometto – “Spesso ci sentiamo insicuri e spaventati da ciò che deve essere intrapreso, perché temiamo di non poterlo potare a termine. Tuttavia, nel momento in cui decidiamo di fuggire non facciamo altro che chiudere gli occhi davanti al pericolo imminente, aspettando in silenzio la Fine. E’ questo che vuoi?”
 
“Io…no, però…non so cosa fare!” – Sam si prese la testa tra le mani – “Dannazione, ho solo sedici anni! Come posso accollarmi il peso di tante vite?!”
 
L’uomo sorrise ancora e chiese:
“Dimmi, conosci la Leggenda del GunBuster?”
 
“La grande Machine che combatté più di 12.000 anni fa?”
 
“Esatto. Si dice che le sue pilote fossero Noriko Takaya e Kazumi Amano, venivano proprio da Okinawa. E non erano affatto delle Topless! Erano delle ragazze normali, con i loro piccoli piaceri e dissapori. Il tempo provò a dividerle con i propri Paradossi, ma la loro forza vitale permise loro di rimanere unite e salvare questo nostro Universo. Per questo noi le attendiamo ancora…fin quando non torneranno. Ed è tutto merito degli Sforzi e della Volontà umana: ciò che davvero ci permette di compiere grandi cose…per preservare la nostra memoria ed essere come immortali.”
 
“Immortali…?”
 
“Già. Per noi esseri umani è un concetto così complicato da comprendere! Sai, io sono un ricercatore: cinque anni fa mi trovavo nella fascia di asteroidi di Saturno; era il giorno del passaggio di Halley.”
La sua voce si tinse di passione ed estasi:
“Quale altro uomo si sarebbe potuto interessare di una Cometa tanto antica e ormai dimenticata, se non un vecchio scienziato brontolone come me? Beh, in quel giorno io la vidi…vidi la Cometa di Halley e vidi lei: incastonata nella pietra bianca spaziale, priva di vestiti. La chiamai ‘Nono’…era la Buster Machine n.7.”
 
Sam mormorò incredulo:
“Lei ha rinvenuto una Machine?”
 
“Sì. Non so da quanto tempo fosse lì, probabilmente millenni interi. Noi Uomini non possiamo avere idea di cosa sia trascorrere un tempo tanto immenso nel buio e nella solitudine, poiché non appartiene alla nostra vita, però quella Machine conservava un solo ricordo: colei che chiamava ‘Nonoriri’.”
 
Nonoriri…” – ripeté tra sé il giovane.
 
“A parte certe eccezioni…” – riflettè lo scienziato – “…tutti al Mondo, persone ed animali, lavorano strenuamente per continuare ad esistere…anche se non vale assolutamente la pena tentare di vivere di più, poiché tutto prima o poi ha fine, anche la Vita. Però, con i nostri gesti possiamo imprimere il nostro ricordo per l’Eternità. Spesso ci diciamo che sarebbe meglio avere una Macchina del Tempo, per tornare indietro o avanti nella nostra esistenza, ma tutti noi abbiamo la nostra Macchina del Tempo: quella che ci porta indietro – il Ricordo – e quella che ci porta avanti, la Volontà. Per questo, pur comprendendo la tua sofferenza, non posso far altro che spronarti a combattere per te stesso e per coloro che ami: la giovinezza si impara a conoscere solo da vecchi, te lo dice che uno che va per i ‘settanta’.”
Si voltò verso Sam, sorridendogli.
“Tieniti stretta quella Machine, perché insieme nascondete un grande potenziale. Per rimuginare sul Passato c’è sempre tempo, ma per vivere il Presente, per commettere tutti quei meravigliosi errori…abbiamo solo una Vita.”
Infine guardò l’antiquato orologio da polso:
“Che sbadato! Sono proprio un vecchio nonno brontolone: sé già fatto tardi! Spero di non aver annoiato un bel giovanotto come te…”
 
Il ragazzo strinse una mano al cuore:
“No…mi ha fatto piacere. Però, se posso permettermi…qual è il suo nome?”
 
Appoggiandosi al suo bastone, l’ometto già era quasi scomparso nella neve cadente, come uno spettro…ma la sua voce aleggiò comunque:
“Io sono, anzi ero…Takuto Tsunashi, pilota della Buster Machine n.13 e del TauBurn.”
 
 
*   *   *
 
 
Poco dopo.
 
Sam si strinse nelle spalle, avanzando ancor un po’ nella neve fresca.
Non aveva più freddo, né voglia di piangere.
Ora era solo in cerca di sé stesso.
 
Poi, come una fragile figura di carte che ondeggia nella nebbia, la sagoma di una ragazza dai lunghi capelli neri s’intravide nel nebbioso candore di quella sera.
Alle sue spalle, un giovane uomo in divisa Topless era appoggiato alla gamba meccanica di un gigante nero inginocchiato, il cui mantello sfiorava il suolo.
Così muto ed immobile – enorme sagoma nera nella lucente chiarezza della neve – Dix-Neuf sembrava più una piccola montagna assopita sotto un cielo nero ed innevato.
 
Quasi involontariamente, Sam Witwicky cadde nuovamente al suolo; le gambe molli e pesanti.
Infilò le mani già rosse dal freddo nella neve, domandando:
“Perché siete venuti fin qui?”
 
“Perché tu sei nostro amico, giusto?” – rispose Mikaela Banes – “E’ così che si fa con una persona a cui si tiene, o forse sto sbagliando ancora?”
 
Lui chinò il capo, come sconfitto, mormorando:
Amici, già…dei Topless, come tanti altri, come me. Ma a che cosa serviamo, davvero? Che senso ha questa parola?”
 
“Io…” – rispose incerta la ragazza – “…credo che voglia indicare…qualcuno di cui puoi fidarti.”
“Non puoi rinnegare la tua persona, Sam.” – irruppe la voce severe ed impostata di Casio Takashiro – “Puoi anche fingere di non sentire, puoi anche scappare il più lontano possibile da questa Terra…ma alla fine non farai alto che tornare sui tuoi passi. Perché è questo ciò che sei: un Topless. Tu sei te stesso: sei Samuel Witwicky, il figlio di quello che un tempo fu noto come l’Ammiraglio Ronald Witwicky.”
 
“Io…” – strinse un pugno nella neve – “…io non posso cambiarmi, però…però voglio smettere di essere un Topless! Forse quell’uomo ha ragione, forse posso davvero aiutare qualcuno, ma…io non credo di esserne capace! In tuto questo tempo ho sempre sperato di reprimere le mie paure e alla fine cosa ho ottenuto?!”
Corrugò la fronte e gridò, carico di ira:
“Nulla! Solo altro dolore! Ma non capite?! Non abbiamo alcun potere! L’Energia Topless…quale assurda idiozia! Essere un Topless non alcun senso! Le guerre non cesseranno, il Male non abbandonerà mai gli Uomini ed io…io mi sento così inutile! Se non posso nemmeno salvare me stesso, come posso sperare di salvare qualcun altro?! TUTTO QUESTO E’ RIDICOLO!!! So già che sarò costretto ad affrontare la mia prossima missione, ma giuro che non avrò più intenzione di mettere piede a bordo di una Machine!”
Sibilò venefico:
“Niente più poteri speciali, niente più Discorsi di Fine Anno, niente più Squadra ‘Zuccherini’…niente di niente! Sono tutte cavolate…!”
 
In preda ad un moto dell’Anima che sfuggì alla sua stessa comprensione, Mikaela Banes corse nella neve bianca e soffice, gettandosi innanzi a lui, con le ginocchia nude nel gelido biancore.
Lo abbracciò, stringendogli il collo e gemette in preda a deboli lacrime ghiacciate:
“Mi dispiace…mi dispiace così tanto! Io…io…io ti…”
Ma quella parola proprio non voleva saperne di uscire dalle sue labbra, troppo orgogliose per poter ammettere il suo dolore.
 
Tuttavia, il ragazzo agì con una freddezza più glaciale di quella giornata, che il suo stesso Cuore stentò a riconoscere:
Non ricambiò l’amplesso, né se ne curò; semplicemente si scostò un po’, mormorando tra sé:
“La ringrazio, Signorina….ma oramai ‘Topless’ non sono più i difensori dell’Umanità.”
 
Come una melanconica melodia invernale, quelle parole sfumarono nell’aria fredda notturna.
 
Senza aggiungere altro, Casio Takashiro scrutò con compassione e rimorso quei due giovani adolescenti dal Cuore annerito per il troppo dolore.
Tenendo loro una mano oltre la cascata soave di neve candida, riuscì solo a pronunciare una frase:
 
 

 

“Torniamo a casa…”

 
 
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