Le ferite di oggi, diventeranno le cicatrici di domani. di InsertACasualUsernameHere (/viewuser.php?uid=102073)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I'm Cook! ***
Capitolo 2: *** Come un fiore che muore, in un vaso già rotto. [Tutti] ***
Capitolo 3: *** Il valzer del destino. [JJ] ***
Capitolo 4: *** Collapse. [Karen] ***
Capitolo 5: *** Into the deep. [Cook] ***
Capitolo 6: *** My body is a cage. [Effy] ***
Capitolo 1 *** I'm Cook! ***
I'm Cook!
Giaceva a terra, esanime.
Aveva riportato gravi ferite durante la colluttazione con quell'uomo,
era in
bilico su di un filo posto tra la vita e la morte lo sapeva, aveva
esperienza
sul suolo di battaglia e sapeva riconoscere le ferite gravi; quelle che
non
guariscono con un po' d'acqua ossigenata.
Giaceva a terra, con gli
occhi socciusi, ma riusciva a vedere la schiena dell'uomo che l'aveva
ridotto
in fin di vita; lo stava trascinando dagli avanbracci e, lui
lo sapeva,
avrebbe esalato a breve l'ultimo respiro.
Si sentì sollevare con
fatica e poggiare su d'una seggiola, sollevò lentamente il
capo e sbatte più
volte le palpebre con prudenza inchiodando poi le sue pupille al volto
dell'uomo. Il suo orgoglio esultò, l'uomo aveva il volto
tinto di rosso sangue,
sangue d'un viscido psicopatico qual'era. -Presto raggiungerai il tuo
amico-
biascicò, sputando più volte sangue a terra, -ti
concedo un ultimo desiderio-
sghignazzò, provocandosi un acuto attacco di tosse.
-Io- fece una pausa, ma non
per riflettere, sapeva già cosa dire, doveva solo
razzionalizzare quel poco
fiato che gli era rimasto -sono il fottuto Cook!- sussurrò e
poi inspirò ed
espirò e lanciò la sua ultima minaccia -e ti
giuro sul mio nome, non riuscirai
mai a far del male ad Elisabeth Stonem!- urlò quel nome con
una forza nascosta,
l'ultimo briciolo di forza che gli restava.
Poi inspirò.
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Capitolo 2 *** Come un fiore che muore, in un vaso già rotto. [Tutti] ***
Come un
fiore che muore, in un vaso già rotto.
-Effy squilla?-
l'insistenza di
Noemi era comprensibile, infondo lei si era affezionata a quel Cook;
l'uno si
rivelava all'altro per ciò che erano.
Lei, lei non
rispondeva, restava lì
seduta su quella vecchia poltrona a osservare l'infinito di fronte a
sé; lo
spinello che aveva tra le mani tremava e s'era spento ormai da tempo.
-Allora Effy, squilla
sì o no?-
urlò la bionda ed Effy sembrò destarsi da un
incubo e candide lacrime
iniziarono a solcarle il volto.
-Noemi, l'ho chiamato
cinquanta
volte, ma non risponde- inspirò ed espirò con
eccessiva rapidità, era in
iperventilazione, era agitata -gli è successo qualcosa di
terribile, dobbiamo
andare da loro- si sollevò un po' barcollante e con passi
rapidi ma insicuri,
si diresse verso la porta e senza voltarsi se la richiuse alle spalle;
iniziando a corre con foga.
-'Fanculo, Freddie,
Cook, il
cavalier Athos sta arrivando- urlò JJ, correndo poi in
direzione di Effy.
Emily le vide,
quelle lacrime
nascoste che rigarono le guance di Noemi, perché lei le
sentiva le emozioni che
quell'orgogliosa si ostinava a nascondere.
Katie lo vide,
quell'amore speciale
che lei non aveva mai provato, ma che sua sorella aveva già
trovato e in
quell'istante non odiò più Noemi;
perché lei rendeva felice la sua sorellina.
JJ la vide,
Elisabeth Stonem
stava piangendo accasciata su se stessa sul ciglio di una strada.
Indicava
un'abitazione di fronte a lei e sussurrava parole incomprensibili. E JJ
capì,
perché lui non era stupido come tutti credevano, che in
quella casa si
trovavano gli altri due moschettieri.
-Effy,
resta qui- cercò di
sorridergli, d'essere gentile, ma la sua voce tremava e non riusciva a
nasconderlo; aveva paura e non riusciva a controllarsi.
Le sue gambe si
mossero
meccanicamente verso il portone e si stupì nel trovarlo
socchiuso; entrò
rivestendosi di coraggio.
Notò una
luce e la seguì, fu
condotto all'interno di un salotto e fu lì che li vide.
Cook, steso hai piedi
d'una seggiola ed il suo cuore perse una battito; c'era troppo sangue
sotto al
suo corpo.
I capelli di Freddie,
steso a terra
poco distante dall’amico, s'erano quasi tinti di rosso,
tant'era il sangue
sottostante a loro, il braccio destro aveva assunto una posa innaturale
e
quella mazza ricolma di sangue era troppo vicina al suo cranio.
La camicia bianca
dell'uomo seduto
sul divano di fronte a JJ aveva un cerchio rosso sullo stomaco, il
volto era
chiazzato di sangue scuro e le dita della mano sinistra erano troppo
fini per
potessero funzionare. Ed era l'unico che pareva respirare.
-Cos'ha fatto hai
miei amici?- sussurrò,
senza attendere la risposta proseguì -Sono Jonah Jeremiah
Jones, sono un
ritardato, un malato, uno di cui nessuno sentirà la
mancanza, non ho nulla da
perdere ora che ho già perso tutto. Loro, loro erano gli
unici amici che io
abbia mai avuto, gli unici a credere nelle mie potenzialità
ed ora te, te me li
porti via così. Bello psicologo del cazzo!- sputò
a terra, raccolse quella
mazza sporca del sangue del suo amico e si gettò con
violenza verso quell'uomo;
quest'ultimo non ebbe neppure le forze necessarie a schivare il colpo
prevedibile.
Tre, sei, dieci colpi
di mazza sul
cranio e poi il tonfo sonoro del cadavere dell'uomo al suolo.
Gettò la mazza,
corse verso Cook, lo schiaffeggiò, lo scosse, lo
risollevò dal terreno, nulla.
Corse, corse alla
disperata ricerca
della cucina, quando la trovò afferrò con foga
una bottiglietta d'acqua
naturale; tornò da Cook e sollevandolo leggermente gli
mollò il volto nella
speranza di rianimarlo. Poi lo scosse, lo schiaffeggiò e
infine lo lasciò
disteso.
Si pose al centro di
quella lugubre
scenetta, i suoi due amici, i due moschettieri, giacevano esanimi al
suolo e il
dottore, disteso al terreno, aveva esalato il suo ultimo respiro. C'era
solo
lui, che inspirava ed espirava e pensava, cosa avrebbe detto a Effy;
ora che i
pilastri che la sostenevano erano stati distrutti, lei come avrebbe
resistito.
Era debole, JJ l'aveva capito dal primo giorno, sapeva che dichiarargli
la
verità avrebbe significato ucciderla.
Con gli occhi gonfi e
lucidi, si
diresse insicuro verso Elisabeth.
-Piccolo Jay- un
sussurro poco più
che udibile, riconobbe la voce, seppe subito di chi si trattava. Si
voltò e lo
vide, vacillava, era debole, respirava a fatica, ma era ancora vivo.
-Cook!- corse verso
di lui, lo
cinse con il braccio destro e lo aiuto ad alzarsi.
-Freddie, prendi
Freddie!- urlava e
piangeva, il fottuto James Cook piangeva.
-Cook, non ce l'ha
fatta; Freddie
è..-non terminò quella frase, non riusciva a
dirla quella parola, ma Cook capì
e persino le lacrime gli si gelarono dentro.
-Cook!- un urlo, un
rumore di
stivaletti che battono a terra tra le pozzanghere, il tintinnio di
braccialetti, fili neri mossi dal vento -Freddie, dov'è
Freddie?- gli occhi
terrorizzati di Effy fissavano quell'abitazione, erano in mezzo alla
strada
eppure a nessuno dei tre interessava.
-Effy, vedi Freddie,
lui..- le
parole di JJ furono interrotte dal tossire di Cook, che
terminò poi la frase al
posto dell'amico -lui ti ama, Effy-.
Lacrime, candide
lacrime le
solcarono il volto per tutto il tragitto del ritorno. Effy stava
piangendo
ancora, Effy tremava, sentiva freddo ora, si sentiva sola, si sentiva
vuotata.
Noemi
sussultò, quando lo
vide tornare dopo ore che sembrarono durare anni, quando lo vide
strisciare,
quando lo vide in lacrime. Stentò persino a riconoscerlo,
quello che stava
sostenendo JJ non era Cook; ma solo uno che gli somigliava.
Sentì le
braccia di Emily
circondarle il ventre da dietro, poggio istintivamente le sue mani sue
quelle
della sua ragazza e lasciò che alcune piccole lacrime le
solcassero il volto.
Katie, corse ad
abbracciarla
anche se le aveva regalato una cicatrice lungo buona parte della testa,
corse
da lei ad abbracciarla prima che potesse crollare; schiacciata dal peso
di quel
dolore.
Effy
restò immobile, avrebbe voluto
abbracciarla a sua volta, ma le mancavano le forze; poggio il capo
sulla spalla
dell'amica e le lacrime aumentarono d'intensità.
Thomas
sentì Pandora
sussultare, la strinse a sé con forza e le baciò
la fronte. Non riusciva a
odiare Cook, non vedendolo in quelle condizioni, ora che era
così debole e
vulnerabile.
-Non ti preoccupare,
Panda, lo sai
Cook è forte; si riprenderà- le
sussurrò e la sentì, la tensione che la sua
dolce metà aveva, allentarsi lentamente.
Il braccio
di JJ si stava
addormentando, non riusciva più a sostenere quel peso.
Inoltre non riusciva a
ragionare, aveva troppa rabbia dentro, era confuso.
-Le chiavi della tua
macchina Effy-
urlò poi, quando riuscì a formulare il primo
pensiero utile.
-Tieni- fu Katie a
consegnargli le
chiavi, Effy era immobile, un manichino privo di vita, fissava
l'infinito nulla
che si estendeva davanti a sé.
-Noemi, vuoi venire?-
sussurro JJ,
la bionda annui lievemente, si staccò dalle braccia di Emily
e si congedò con
un lieve bacio a fior di labbra.
L'aiuto a poggiarlo
sul sedile
posteriore per poi sedersi di fianco a lui, JJ occupò il
posto alla guida.
Certo non era esperto, a dirla tutta non ne era proprio in grado, ma
dovevano
portare Cook in ospedale ed Effy ora non ne era in grado;
ingranò la
retromarcia e cercò di ricordarsi ciò che un
tempo aveva letto riguardo alla
guida di una vettura.
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Capitolo 3 *** Il valzer del destino. [JJ] ***
Il
valzer del destino.
L'ospedale era
lì, davanti ai loro
occhi, quando varcarono la soglia dell'edificio orde di infermieri e
dottori
s'agitavano avanti e indietro.
Uno di questi
lì vide e corse verso
di loro -Mi dica cos'ha- disse con voce fredda, quasi indifferente.
-E' stato gravemente
ferito durante
una collutazione, salvatelo- urlò tutto d'un fiato, gli
occhi gonfi che
facevano risaltare quell'azzurro cielo.
L'infermiere
chiamò due barellisti
e portarono Cook in un luogo che non era noto nè a Noemi,
nè a JJ.
Noemi non era
più in grado di
parlare, sussurrava parole incomprensibili affogate tra le lacrime, che
copiose
le rigavano il volto.
JJ fissà
l'enorme portone che Cook
e gli infermieri avevano da poco oltrepassato e pregava, sperava che il
suo
amico riuscisse anche a sconfiggere la morte.
Entrambi non avevano
il coraggio di
sedersi, di muoversi da quel posto, JJ poggiò una mano sulla
spalla della
bionda e le indicò il muro. Si avvicinarono e lentamente si
lasciarano
scivolare a terra, Noemi poggiò la testa sulla spalla destra
dell'amico e
immobili attesero che qualcuno interrompesse l'eternità che
stavano vivendo.
-Il vostro amico ha
riportato varie
fratture, ha una grave emorrargia interna e il bacino è
lievemente fratturato-
quel dottore in camice bianco e capelli mori riportò la
concezione del tempo
nella mente dei due, JJ l'osservò lui aveva letto molti
libri di medicina e
sapeva che significato avevano quelle parole.
-Dottore, non si
salverà?- chiese
con voce titubande, in cuor suo sperava che non confermasse le sue
teorie
-Stiamo facendo del
nostro meglio
per curarlo- la solita risposta vaga, quante volte nei film Noemi aveva
visto
la stessa scena; ma mai avrebbe pensato che l'avrebbe anche potuta
vivere.
Lo videro
allontanarsi senza
fornirgli alte informazioni, JJ cominciava a temere che la sua diagnosi
fosse
giusta, che non avrebbe mai più rivisto il sorriso da
bastardo convinto del suo
amico.
Noemi non disse
nulla, le sue
lacrime parlarono per lei.
Erano
esattamente quattro ore
che non ricevevano più nessuna notizia di Cook, JJ lo sapeva
aveva tenuto il
conto delle ore questa volta. Osservò Noemi, s'era
addormentata ma dai suoi
occhi candide lacrime continuavano a sgorgare; poi lo vide un dottore
diverso
da quello precedente dirigersi a passi svelti verso di loro.
-Il vostro amico
è fuori pericolo,
fortunatamente siete arrivati in tempo, qualche minuto più
tardi e non avrebbe
avuto speranze. Dovrà restare alcune settimane in ospedale-
sussurrò l'uomo in
camice bianco, massaggiandosi i corti capelli biondi, doveva essere
stanco lo
si notava dalle occhiaie.
JJ sorrise e vide
il dottore
dirigersi verso un'anziana signora, ringraziò i libri letti
sulla guida e la
sua mente che riusciva a memmorizzare velocemente ogni tipo
d'informazione,
ringraziò Effy per avergli indicato la casa e il suo
coraggio per aver
oltrepassato quel portone.
Si volto lievemente
verso Noemi e
le sussurò -E' salvò, è riuscito a
lottare contro la morte- la vide sorridere
ad occhi chiusi e asciugarsi le lacrime con il palmo delle mani.
Noemi si
sollevò con fatica,
osservò per un'ultima volta quell'immenso portone che un
Cook in fin di vita
aveva oltrepasato, osservò poi JJ e lo vide sorridere. Gli
porse la mano e
l'aiutò ad alzarsi, si diressero verso l'auto di Effy e nei
loro occhi comparvè
un'ombra ed il loro sorrisò appassì; ora
avrebbero dovuto dare la notizia della
morte di Freddie.
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Capitolo 4 *** Collapse. [Karen] ***
COLLAPSE
JJ neppure s'accorse
della strada
che stavano percorrendo durante il tragitto di ritorno; nella sua mente
stava
provando mille e più discorsi eppure sapeva che non sarebbe
stato in grado di
dirlo senza piangere.
Parcheggiò,
scese e titubante entrò
nel capannone, lì trovò seduti in cercio; nessuna
bottiglia d'alcool, nessuna
canna tra le mani, erano sobri e la loro mente non era intasata da
droghe e ciò
voleva dire che forse già sapevano.
Si voltarono tutti
verso JJ e
Noemi, i loro sguardi reclamavano risposte a domande mute,
così la bionda
degluitì; inspirò e pronuncio tutto
d’un fiato le due temute parole –E’
morto!-
Non ebbe il coraggio
di alzare lo
sguardo dal terreno sporco, che con isistenza stava fissando sin dal
suo
ritorno. Il senzio era così denso che avrebbe potuto ferire
qualcuno, sembrava
che nessuno stesse piangendo; che nessuno avesse compreso.
JJ però le
vide, mute lacrime
solcare il volto dei presenti. Vide Effy accasciarsi al suo e
raggomitolarsi su
se stessa, vide Karen stringere a se la maglietta preferita del
fratello.
Avevano il medesimo sguardo, lo sguardo di chi ora riesce a vedere
l’infinito
nulla dinnanzi a loro.
Karen, poggiata al
muro, piange, ma
non urla, non si dimea, è lì ad osservare Effy.
Le responsabilità che prima
Freddy s'assumeva ora sono improvvisamente ricadute su di lei, che
sembra
essere diventata matura in un secondo, che sembra rendersi conto di
quanti
errori abbia commesso in passato; stringe a sè con maggior
foga la maglietta
preferita del fratello.
Con passi
barcollanti, si dirige
verso Effy si siede accanto a lei e le poggia la maglietta sulla
schiena -Molto
probabilmente mio fratello te l'avrebbe regalata, un giorno-
sussurrò, come se
temesse che le sue parole non fossere credibili, Effy non
riuscì a voltarsi;
strinse a sè la maglia e la indossò. Candide
lacrime lacrime inziarono a
rigarle il volto, fino a procuare un pianto disperato ed in
quell'istante tutti
si resero conto che non avrebbero più avuto l'onore di
parlare con la Effy
cinica e sfacciata che conoscevano.
-Vado da mio padre,
portate a casa
Effy e prendetevi cura di lei- ordinò Karen con una
maturità che JJ non gli
aveva mai visto avere, in tutti queli anni in cui l'aveva vista
comportarsi
come una misera schiaqquetta. E penso che Freddie sarebbe stato fiero
di lei,
che ora forse si trovava in un posto migliore, magari ora stava
abbracciando
sua madre, con lo skatebord sotto braccio ed un canna nascosta in tasca.
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Capitolo 5 *** Into the deep. [Cook] ***
Into
the deep.
- -Apri gli
occhi- un sussurro di una voce che era certo appartenesse
a lei, non poteva
sbagliare, quella voce lo faceva eccitare.
- -Apri gli
occhi- un sussurro e un brivido gli percorreva la linea
del collo, si posava
sul suo pomo d’adamo e lo faceva impazzire.
- -Apri gli
occhi- un sussurro ed il ricordo di capelli corvini legati
in trecce mal fatte,
mascara colato e occhi zaffiro.
- Aprì gli
occhi, pareti candide lo circondavano, un’insolita vestaglia
panna lo copria e
tubi collegati ad una macchina erano conficcati nel suo braccio destro.
- Uno,
via i
tubi, loro per primi.
- Due,
via la
vestaglia, troppo ridicola.
- Tre,
indossare
i vecchi vestiti, molto meno ridicoli.
- Quattro,
fingere di non sentire il dolore e calarsi giù dalla
finestra; ringraziare il
cielo per essersi risvegliati al primo piano.
- Uno, due,
tre, quattro, Cook è tornato, Cook è vivo!
- -‘Fanculo-
ghignò cercando di non far rumore, sentiva il finaco
sinistro pulsargli e la
gamba destra reggersi con fatica, ma doveva andare avanti e fuggire via
da
Bristol, via da tutto.
- Un suono di
sirene destò la sua memoria, voltò lo sguardo ed
i suoi occhi incrociarono i
lampeggianti blu e rossi, le sue gambe allungarono il passo fino a
correre.
- Svolta a
sinistra, svolta a destra, dritto, corri e lascia perdere il cuore che
t’implora
di fermarti, corri e svolta a destra, ora sei salvo; entra.
- Un garage, i
suoi muscoli l’avevano condotto in un carage,
forzò la serratura della
macchina, una vecchia peugeot 106, utilizzò il vecchio
trucchetto dei cavi e
partì.
-
- Uno, due,
tre, quattro chilometro. Addio Bristol, benvenuto mondo.
- Si ricordò d’aver
nascosto dell’erba in una tasca interna dei pantaloni, la
tirò fuori e si rollò
una canna; fermo in una piazzola d’una strada poco
trafficata.
- Scese dalla
macchina, si poggiò sul cofano, accese la canna e
puntò il suo sguardo al
cielo; c’erano così tante stelle ma lui
riuscì a scorgere la più luminosa.
- -Amico, vuoi
fare un tiro?- sorrise osservandola, poi rise, poi pianse
ed infine rise mentre
piangeva.
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Capitolo 6 *** My body is a cage. [Effy] ***
My body is a cage.
- -Freddie!-
urlavo e correvo, lui era lì così vicino eppure
così lontano, lui era l'unica stella in un cielo nero.
- Lui mi sorrideva, immobile in quell'unico cono di luce
-Devo andare Effy, mi dispiace- la sua voce calda, mi faceva sentire al
sicuro anche avvolta dall'oscurità.
- -Avevi promesso che saresti rimasto con me-
urlaì, m'accasciai al terreno e cercaì di non
piangere
- -Io sarò sempre con te, Effy- mi sorrise per
l'ultima volta, prima che due mani nere lo afferrasse e lo
trascinassero nell'oscurità; lontano da me.
- Ora ero avvolta nel buio, dispersa in una valle infinita, e
mille risate che echeggiavano e ridevano di me; loro erano tornati per
distruggere la mia felicità.
- In iperventilazione e con gemme di sudore che mi
ricoprivano il volto, mi svegliai e cercai nel cassetto le pasticche
che il medico mi aveva prescritto "Sono
antidepressivi signorina, ne deve prendere uno ogni giorno"
al diavolo, ne ingogliavo circa tre o quattro al giorno e non mi
sentivo affatto meglio.
- Abbandonai il mio letto ed osservai quell'unica foto che mi
era rimasta, lui mi sorride, mi stringe a se, mi fa sentire al sicuro e
scaccia via i demoni intorno a me; demoni che ora sono tornati forse
più forti di prima che ridono di me.
- Sono pronti, le loro fauci reclamano la mia anima marcia,
loro hanno portato via mio fratello, hanno distrutto la mia famiglia,
hanno ucciso Freddie ed ora vogliono me; la mia intile vita.
- Ed ora che non ho più nulla per cui valga la
pena proseguire il cammino, ora che ho la conferma d'essere nata
sbagliata, posso concedergli ciò che vogliono; prendo un
foglio e scrivo.
- "Anthea,
a modo mio ti ho voluto bene e non voglio che tu ti senta in colpa per
la mia fine. E' stato bello crescere nella famiglia Stonem,
finché eravamo una famiglia, poi qualcosa è
cambiato e tutto il mio mondo lentamente ha iniziato a sgretolarsi
finendo con il rompersi.
- Vado a morire, ora che il mio mondo si è
guastato e non gira più, ora che tutto intorno a me
è fermo, ora che nulla ha più senso; vado a
consegnare la mia vita a chi da sempre l'ha reclamata.
- Volevo solo rassicurarti, dirti che non sei tu la causa
della mia morte, che a modo tuo anche te mi hai voluto bene e mi sei
stata vicina." piegai il foglio, lo poggiai sopra il tavolo della
cucina ed uscì di casa; poco importava che fossi in piagiama
o meno infondo dovevo solo porre fine ad una vita.
- Estrassi il cellulare dalla tasca del giacchetto, digitai
il numero di mio fratello ed attesi di sentire la sua voce.
- -Sono Tony,
se avete il mio numero siete ragazze fortunate, lasciatemi pure i
complimenti in segreteria- sorrisi, com'era vecchia questa
registrazione.
- -Ciao Tony, sono Effy, ti vorrò
per sempre bene- terminai la chiamata e mi sedetti al
posto di guida, acessi il motore e partì.
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