Le ferite di oggi, diventeranno le cicatrici di domani.

di InsertACasualUsernameHere
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I'm Cook! ***
Capitolo 2: *** Come un fiore che muore, in un vaso già rotto. [Tutti] ***
Capitolo 3: *** Il valzer del destino. [JJ] ***
Capitolo 4: *** Collapse. [Karen] ***
Capitolo 5: *** Into the deep. [Cook] ***
Capitolo 6: *** My body is a cage. [Effy] ***



Capitolo 1
*** I'm Cook! ***


I'm Cook!
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Giaceva a terra, esanime. Aveva riportato gravi ferite durante la colluttazione con quell'uomo, era in bilico su di un filo posto tra la vita e la morte lo sapeva, aveva esperienza sul suolo di battaglia e sapeva riconoscere le ferite gravi; quelle che non guariscono con un po' d'acqua ossigenata.

Giaceva a terra, con gli occhi socciusi, ma riusciva a vedere la schiena dell'uomo che l'aveva ridotto in  fin di vita; lo stava trascinando dagli avanbracci e, lui lo sapeva, avrebbe esalato a breve l'ultimo respiro.

Si sentì sollevare con fatica e poggiare su d'una seggiola, sollevò lentamente il capo e sbatte più volte le palpebre con prudenza inchiodando poi le sue pupille al volto dell'uomo. Il suo orgoglio esultò, l'uomo aveva il volto tinto di rosso sangue, sangue d'un viscido psicopatico qual'era. -Presto raggiungerai il tuo amico- biascicò, sputando più volte sangue a terra, -ti concedo un ultimo desiderio- sghignazzò, provocandosi un acuto attacco di tosse.

-Io- fece una pausa, ma non per riflettere, sapeva già cosa dire, doveva solo razzionalizzare quel poco fiato che gli era rimasto -sono il fottuto Cook!- sussurrò e poi inspirò ed espirò e lanciò la sua ultima minaccia -e ti giuro sul mio nome, non riuscirai mai a far del male ad Elisabeth Stonem!- urlò quel nome con una forza nascosta, l'ultimo briciolo di forza che gli restava.

Poi inspirò.

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Capitolo 2
*** Come un fiore che muore, in un vaso già rotto. [Tutti] ***


Come un fiore che muore, in un vaso già rotto.
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-Effy squilla?- l'insistenza di Noemi era comprensibile, infondo lei si era affezionata a quel Cook; l'uno si rivelava all'altro per ciò che erano.

Lei, lei non rispondeva, restava lì seduta su quella vecchia poltrona a osservare l'infinito di fronte a sé; lo spinello che aveva tra le mani tremava e s'era spento ormai da tempo.

-Allora Effy, squilla sì o no?- urlò la bionda ed Effy sembrò destarsi da un incubo e candide lacrime iniziarono a solcarle il volto.

-Noemi, l'ho chiamato cinquanta volte, ma non risponde- inspirò ed espirò con eccessiva rapidità, era in iperventilazione, era agitata -gli è successo qualcosa di terribile, dobbiamo andare da loro- si sollevò un po' barcollante e con passi rapidi ma insicuri, si diresse verso la porta e senza voltarsi se la richiuse alle spalle; iniziando a corre con foga.

-'Fanculo, Freddie, Cook, il cavalier Athos sta arrivando- urlò JJ, correndo poi in direzione di Effy.

 Emily le vide, quelle lacrime nascoste che rigarono le guance di Noemi, perché lei le sentiva le emozioni che quell'orgogliosa si ostinava a nascondere.

Katie lo vide, quell'amore speciale che lei non aveva mai provato, ma che sua sorella aveva già trovato e in quell'istante non odiò più Noemi; perché lei rendeva felice la sua sorellina.

 JJ la vide, Elisabeth Stonem stava piangendo accasciata su se stessa sul ciglio di una strada. Indicava un'abitazione di fronte a lei e sussurrava parole incomprensibili. E JJ capì, perché lui non era stupido come tutti credevano, che in quella casa si trovavano gli altri due moschettieri.

 -Effy, resta qui- cercò di sorridergli, d'essere gentile, ma la sua voce tremava e non riusciva a nasconderlo; aveva paura e non riusciva a controllarsi.

Le sue gambe si mossero meccanicamente verso il portone e si stupì nel trovarlo socchiuso; entrò rivestendosi di coraggio.

Notò una luce e la seguì, fu condotto all'interno di un salotto e fu lì che li vide. Cook, steso hai piedi d'una seggiola ed il suo cuore perse una battito; c'era troppo sangue sotto al suo corpo.

I capelli di Freddie, steso a terra poco distante dall’amico, s'erano quasi tinti di rosso, tant'era il sangue sottostante a loro, il braccio destro aveva assunto una posa innaturale e quella mazza ricolma di sangue era troppo vicina al suo cranio.

La camicia bianca dell'uomo seduto sul divano di fronte a JJ aveva un cerchio rosso sullo stomaco, il volto era chiazzato di sangue scuro e le dita della mano sinistra erano troppo fini per potessero funzionare. Ed era l'unico che pareva respirare. 

-Cos'ha fatto hai miei amici?- sussurrò, senza attendere la risposta proseguì -Sono Jonah Jeremiah Jones, sono un ritardato, un malato, uno di cui nessuno sentirà la mancanza, non ho nulla da perdere ora che ho già perso tutto. Loro, loro erano gli unici amici che io abbia mai avuto, gli unici a credere nelle mie potenzialità ed ora te, te me li porti via così. Bello psicologo del cazzo!- sputò a terra, raccolse quella mazza sporca del sangue del suo amico e si gettò con violenza verso quell'uomo; quest'ultimo non ebbe neppure le forze necessarie a schivare il colpo prevedibile. 

Tre, sei, dieci colpi di mazza sul cranio e poi il tonfo sonoro del cadavere dell'uomo al suolo. Gettò la mazza, corse verso Cook, lo schiaffeggiò, lo scosse, lo risollevò dal terreno, nulla.

Corse, corse alla disperata ricerca della cucina, quando la trovò afferrò con foga una bottiglietta d'acqua naturale; tornò da Cook e sollevandolo leggermente gli mollò il volto nella speranza di rianimarlo. Poi lo scosse, lo schiaffeggiò e infine lo lasciò disteso.

Si pose al centro di quella lugubre scenetta, i suoi due amici, i due moschettieri, giacevano esanimi al suolo e il dottore, disteso al terreno, aveva esalato il suo ultimo respiro. C'era solo lui, che inspirava ed espirava e pensava, cosa avrebbe detto a Effy; ora che i pilastri che la sostenevano erano stati distrutti, lei come avrebbe resistito. Era debole, JJ l'aveva capito dal primo giorno, sapeva che dichiarargli la verità avrebbe significato ucciderla.

Con gli occhi gonfi e lucidi, si diresse insicuro verso Elisabeth.

-Piccolo Jay- un sussurro poco più che udibile, riconobbe la voce, seppe subito di chi si trattava. Si voltò e lo vide, vacillava, era debole, respirava a fatica, ma era ancora vivo.

-Cook!- corse verso di lui, lo cinse con il braccio destro e lo aiuto ad alzarsi.

-Freddie, prendi Freddie!- urlava e piangeva, il fottuto James Cook piangeva.

-Cook, non ce l'ha fatta; Freddie è..-non terminò quella frase, non riusciva a dirla quella parola, ma Cook capì e persino le lacrime gli si gelarono dentro.

 

-Cook!- un urlo, un rumore di stivaletti che battono a terra tra le pozzanghere, il tintinnio di braccialetti, fili neri mossi dal vento -Freddie, dov'è Freddie?- gli occhi terrorizzati di Effy fissavano quell'abitazione, erano in mezzo alla strada eppure a nessuno dei tre interessava.

-Effy, vedi Freddie, lui..- le parole di JJ furono interrotte dal tossire di Cook, che terminò poi la frase al posto dell'amico -lui ti ama, Effy-.

Lacrime, candide lacrime le solcarono il volto per tutto il tragitto del ritorno. Effy stava piangendo ancora, Effy tremava, sentiva freddo ora, si sentiva sola, si sentiva vuotata.

Noemi sussultò, quando lo vide tornare dopo ore che sembrarono durare anni, quando lo vide strisciare, quando lo vide in lacrime. Stentò persino a riconoscerlo, quello che stava sostenendo JJ non era Cook; ma solo uno che gli somigliava.

Sentì le braccia di Emily circondarle il ventre da dietro, poggio istintivamente le sue mani sue quelle della sua ragazza e lasciò che alcune piccole lacrime le solcassero il volto.

Katie, corse ad abbracciarla anche se le aveva regalato una cicatrice lungo buona parte della testa, corse da lei ad abbracciarla prima che potesse crollare; schiacciata dal peso di quel dolore.

Effy restò immobile, avrebbe voluto abbracciarla a sua volta, ma le mancavano le forze; poggio il capo sulla spalla dell'amica e le lacrime aumentarono d'intensità.

Thomas sentì Pandora sussultare, la strinse a sé con forza e le baciò la fronte. Non riusciva a odiare Cook, non vedendolo in quelle condizioni, ora che era così debole e vulnerabile.

-Non ti preoccupare, Panda, lo sai Cook è forte; si riprenderà- le sussurrò e la sentì, la tensione che la sua dolce metà aveva, allentarsi lentamente.

 Il braccio di JJ si stava addormentando, non riusciva più a sostenere quel peso. Inoltre non riusciva a ragionare, aveva troppa rabbia dentro, era confuso.

-Le chiavi della tua macchina Effy- urlò poi, quando riuscì a formulare il primo pensiero utile.

-Tieni- fu Katie a consegnargli le chiavi, Effy era immobile, un manichino privo di vita, fissava l'infinito nulla che si estendeva davanti a sé.

-Noemi, vuoi venire?- sussurro JJ, la bionda annui lievemente, si staccò dalle braccia di Emily e si congedò con un lieve bacio a fior di labbra.

 

 

L'aiuto a poggiarlo sul sedile posteriore per poi sedersi di fianco a lui, JJ occupò il posto alla guida. Certo non era esperto, a dirla tutta non ne era proprio in grado, ma dovevano portare Cook in ospedale ed Effy ora non ne era in grado; ingranò la retromarcia e cercò di ricordarsi ciò che un tempo aveva letto riguardo alla guida di una vettura.

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Capitolo 3
*** Il valzer del destino. [JJ] ***


Il valzer del destino.
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L'ospedale era lì, davanti ai loro occhi, quando varcarono la soglia dell'edificio orde di infermieri e dottori s'agitavano avanti e indietro.

Uno di questi lì vide e corse verso di loro -Mi dica cos'ha- disse con voce fredda, quasi indifferente.

-E' stato gravemente ferito durante una collutazione, salvatelo- urlò tutto d'un fiato, gli occhi gonfi che facevano risaltare quell'azzurro cielo.

L'infermiere chiamò due barellisti e portarono Cook in un luogo che non era noto nè a Noemi, nè a JJ.

 

Noemi non era più in grado di parlare, sussurrava parole incomprensibili affogate tra le lacrime, che copiose le rigavano il volto.

JJ fissà l'enorme portone che Cook e gli infermieri avevano da poco oltrepassato e pregava, sperava che il suo amico riuscisse anche a sconfiggere la morte.

 

Entrambi non avevano il coraggio di sedersi, di muoversi da quel posto, JJ poggiò una mano sulla spalla della bionda e le indicò il muro. Si avvicinarono e lentamente si lasciarano scivolare a terra, Noemi poggiò la testa sulla spalla destra dell'amico e immobili attesero che qualcuno interrompesse l'eternità che stavano vivendo.

-Il vostro amico ha riportato varie fratture, ha una grave emorrargia interna e il bacino è lievemente fratturato- quel dottore in camice bianco e capelli mori riportò la concezione del tempo nella mente dei due, JJ l'osservò lui aveva letto molti libri di medicina e sapeva che significato avevano quelle parole.

-Dottore, non si salverà?- chiese con voce titubande, in cuor suo sperava che non confermasse le sue teorie

-Stiamo facendo del nostro meglio per curarlo- la solita risposta vaga, quante volte nei film Noemi aveva visto la stessa scena; ma mai avrebbe pensato che l'avrebbe anche potuta vivere.

Lo videro allontanarsi senza fornirgli alte informazioni, JJ cominciava a temere che la sua diagnosi fosse giusta, che non avrebbe mai più rivisto il sorriso da bastardo convinto del suo amico.

Noemi non disse nulla, le sue lacrime parlarono per lei.

 

 Erano esattamente quattro ore che non ricevevano più nessuna notizia di Cook, JJ lo sapeva aveva tenuto il conto delle ore questa volta. Osservò Noemi, s'era addormentata ma dai suoi occhi candide lacrime continuavano a sgorgare; poi lo vide un dottore diverso da quello precedente dirigersi a passi svelti verso di loro.

-Il vostro amico è fuori pericolo, fortunatamente siete arrivati in tempo, qualche minuto più tardi e non avrebbe avuto speranze. Dovrà restare alcune settimane in ospedale- sussurrò l'uomo in camice bianco, massaggiandosi i corti capelli biondi, doveva essere stanco lo si notava dalle occhiaie.

JJ sorrise e vide il dottore dirigersi verso un'anziana signora, ringraziò i libri letti sulla guida e la sua mente che riusciva a memmorizzare velocemente ogni tipo d'informazione, ringraziò Effy per avergli indicato la casa e il suo coraggio per aver oltrepassato quel portone.

Si volto lievemente verso Noemi e le sussurò -E' salvò, è riuscito a lottare contro la morte- la vide sorridere ad occhi chiusi e asciugarsi le lacrime con il palmo delle mani.

 

Noemi si sollevò con fatica, osservò per un'ultima volta quell'immenso portone che un Cook in fin di vita aveva oltrepasato, osservò poi JJ e lo vide sorridere. Gli porse la mano e l'aiutò ad alzarsi, si diressero verso l'auto di Effy e nei loro occhi comparvè un'ombra ed il loro sorrisò appassì; ora avrebbero dovuto dare la notizia della morte di Freddie.

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Capitolo 4
*** Collapse. [Karen] ***


COLLAPSE

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JJ neppure s'accorse della strada che stavano percorrendo durante il tragitto di ritorno; nella sua mente stava provando mille e più discorsi eppure sapeva che non sarebbe stato in grado di dirlo senza piangere.

Parcheggiò, scese e titubante entrò nel capannone, lì trovò seduti in cercio; nessuna bottiglia d'alcool, nessuna canna tra le mani, erano sobri e la loro mente non era intasata da droghe e ciò voleva dire che forse già sapevano.

Si voltarono tutti verso JJ e Noemi, i loro sguardi reclamavano risposte a domande mute, così la bionda degluitì; inspirò e pronuncio tutto d’un fiato le due temute parole –E’ morto!-

Non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo dal terreno sporco, che con isistenza stava fissando sin dal suo ritorno. Il senzio era così denso che avrebbe potuto ferire qualcuno, sembrava che nessuno stesse piangendo; che nessuno avesse compreso.

JJ però le vide, mute lacrime solcare il volto dei presenti. Vide Effy accasciarsi al suo e raggomitolarsi su se stessa, vide Karen stringere a se la maglietta preferita del fratello. Avevano il medesimo sguardo, lo sguardo di chi ora riesce a vedere l’infinito nulla dinnanzi a loro.

 

Karen, poggiata al muro, piange, ma non urla, non si dimea, è lì ad osservare Effy. Le responsabilità che prima Freddy s'assumeva ora sono improvvisamente ricadute su di lei, che sembra essere diventata matura in un secondo, che sembra rendersi conto di quanti errori abbia commesso in passato; stringe a sè con maggior foga la maglietta preferita del fratello.

Con passi barcollanti, si dirige verso Effy si siede accanto a lei e le poggia la maglietta sulla schiena -Molto probabilmente mio fratello te l'avrebbe regalata, un giorno- sussurrò, come se temesse che le sue parole non fossere credibili, Effy non riuscì a voltarsi; strinse a sè la maglia e la indossò. Candide lacrime lacrime inziarono a rigarle il volto, fino a procuare un pianto disperato ed in quell'istante tutti si resero conto che non avrebbero più avuto l'onore di parlare con la Effy cinica e sfacciata che conoscevano.

 

-Vado da mio padre, portate a casa Effy e prendetevi cura di lei- ordinò Karen con una maturità che JJ non gli aveva mai visto avere, in tutti queli anni in cui l'aveva vista comportarsi come una misera schiaqquetta. E penso che Freddie sarebbe stato fiero di lei, che ora forse si trovava in un posto migliore, magari ora stava abbracciando sua madre, con lo skatebord sotto braccio ed un canna nascosta in tasca.

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Capitolo 5
*** Into the deep. [Cook] ***


Into the deep.
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-Apri gli occhi- un sussurro di una voce che era certo appartenesse a lei, non poteva sbagliare, quella voce lo faceva eccitare.
-Apri gli occhi- un sussurro e un brivido gli percorreva la linea del collo, si posava sul suo pomo d’adamo e lo faceva impazzire.
-Apri gli occhi- un sussurro ed il ricordo di capelli corvini legati in trecce mal fatte, mascara colato e occhi zaffiro.

 

Aprì gli occhi, pareti candide lo circondavano, un’insolita vestaglia panna lo copria e tubi collegati ad una macchina erano conficcati nel suo braccio destro.
Uno, via i tubi, loro per primi.
Due, via la vestaglia, troppo ridicola.
Tre, indossare i vecchi vestiti, molto meno ridicoli.
Quattro, fingere di non sentire il dolore e calarsi giù dalla finestra; ringraziare il cielo per essersi risvegliati al primo piano.
Uno, due, tre, quattro, Cook è tornato, Cook è vivo!

 

-‘Fanculo- ghignò cercando di non far rumore, sentiva il finaco sinistro pulsargli e la gamba destra reggersi con fatica, ma doveva andare avanti e fuggire via da Bristol, via da tutto.
Un suono di sirene destò la sua memoria, voltò lo sguardo ed i suoi occhi incrociarono i lampeggianti blu e rossi, le sue gambe allungarono il passo fino a correre.
Svolta a sinistra, svolta a destra, dritto, corri e lascia perdere il cuore che t’implora di fermarti, corri e svolta a destra, ora sei salvo; entra.
Un garage, i suoi muscoli l’avevano condotto in un carage, forzò la serratura della macchina, una vecchia peugeot 106, utilizzò il vecchio trucchetto dei cavi e partì.
 
Uno, due, tre, quattro chilometro. Addio Bristol, benvenuto mondo.
Si ricordò d’aver nascosto dell’erba in una tasca interna dei pantaloni, la tirò fuori e si rollò una canna; fermo in una piazzola d’una strada poco trafficata.
Scese dalla macchina, si poggiò sul cofano, accese la canna e puntò il suo sguardo al cielo; c’erano così tante stelle ma lui riuscì a scorgere la più luminosa.
-Amico, vuoi fare un tiro?- sorrise osservandola, poi rise, poi pianse ed infine rise mentre piangeva.

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Capitolo 6
*** My body is a cage. [Effy] ***


My body is a cage.
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-Freddie!- urlavo e correvo, lui era lì così vicino eppure così lontano, lui era l'unica stella in un cielo nero.
Lui mi sorrideva, immobile in quell'unico cono di luce -Devo andare Effy, mi dispiace- la sua voce calda, mi faceva sentire al sicuro anche avvolta dall'oscurità.
-Avevi promesso che saresti rimasto con me- urlaì, m'accasciai al terreno e cercaì di non piangere
-Io sarò sempre con te, Effy- mi sorrise per l'ultima volta, prima che due mani nere lo afferrasse e lo trascinassero nell'oscurità; lontano da me.
Ora ero avvolta nel buio, dispersa in una valle infinita, e mille risate che echeggiavano e ridevano di me; loro erano tornati per distruggere la mia felicità.

 

In iperventilazione e con gemme di sudore che mi ricoprivano il volto, mi svegliai e cercai nel cassetto le pasticche che il medico mi aveva prescritto "Sono antidepressivi signorina, ne deve prendere uno ogni giorno" al diavolo, ne ingogliavo circa tre o quattro al giorno e non mi sentivo affatto meglio.
Abbandonai il mio letto ed osservai quell'unica foto che mi era rimasta, lui mi sorride, mi stringe a se, mi fa sentire al sicuro e scaccia via i demoni intorno a me; demoni che ora sono tornati forse più forti di prima che ridono di me.
Sono pronti, le loro fauci reclamano la mia anima marcia, loro hanno portato via mio fratello, hanno distrutto la mia famiglia, hanno ucciso Freddie ed ora vogliono me; la mia intile vita.
Ed ora che non ho più nulla per cui valga la pena proseguire il cammino, ora che ho la conferma d'essere nata sbagliata, posso concedergli ciò che vogliono; prendo un foglio e scrivo.
"Anthea, a modo mio ti ho voluto bene e non voglio che tu ti senta in colpa per la mia fine. E' stato bello crescere nella famiglia Stonem, finché eravamo una famiglia, poi qualcosa è cambiato e tutto il mio mondo lentamente ha iniziato a sgretolarsi finendo con il rompersi.
Vado a morire, ora che il mio mondo si è guastato e non gira più, ora che tutto intorno a me è fermo, ora che nulla ha più senso; vado a consegnare la mia vita a chi da sempre l'ha reclamata.
Volevo solo rassicurarti, dirti che non sei tu la causa della mia morte, che a modo tuo anche te mi hai voluto bene e mi sei stata vicina." piegai il foglio, lo poggiai sopra il tavolo della cucina ed uscì di casa; poco importava che fossi in piagiama o meno infondo dovevo solo porre fine ad una vita.
Estrassi il cellulare dalla tasca del giacchetto, digitai il numero di mio fratello ed attesi di sentire la sua voce.
-Sono Tony, se avete il mio numero siete ragazze fortunate, lasciatemi pure i complimenti in segreteria- sorrisi, com'era vecchia questa registrazione.
-Ciao Tony, sono Effy, ti vorrò per sempre bene- terminai la chiamata e mi sedetti al posto di guida, acessi il motore e partì.

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