Les Mèmoires Perdues

di Angel TR
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Ravissement ***
Capitolo 3: *** Angeli in cielo, umani in terra ***
Capitolo 4: *** Il Re dei Pazzi ***
Capitolo 5: *** Biancaneve ***
Capitolo 6: *** Ad un passo dal baratro ***
Capitolo 7: *** Turchese ***
Capitolo 8: *** Fuoco in Paradiso ***
Capitolo 9: *** I confini sono fatti per essere oltrepassati ***
Capitolo 10: *** Angel al bivio ***
Capitolo 11: *** L'inizio ***
Capitolo 12: *** Sur le pont d'Avignon ***
Capitolo 13: *** Stelle che bruciano ***
Capitolo 14: *** Il Libro dei Veglianti ***
Capitolo 15: *** Giorni di pioggia ***
Capitolo 16: *** La scelta ***
Capitolo 17: *** Corsa contro il tempo ***
Capitolo 18: *** Anime gemelle ***
Capitolo 19: *** Schieramenti ***
Capitolo 20: *** Gli ultimi gesti ***
Capitolo 21: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Les Memoires Perdues

(Il nostro amore) esso non ha né ieri né domani,
pur correndo, da noi mai s'allontana
ma fedelmente serba il suo primo, il suo ultimo,
il suo perpetuo giorno

John Donne, L’Anniversario

You make me feel like I've been locked out of heaven
For too long, for too long.
Bruno Mars - Locked Out of Heaven

[…]La peonia, nel linguaggio dei fiori, simbolizza la timidezza.





Note dell'autrice
Salve gente!=D Non mi dite niente...non potevo non scrivere qualcosa su Rapture, o meglio, sul suo continuo. Cercherò di aggiornare il più spesso è possibile!
Beijinhos, Angel

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Capitolo 2
*** Ravissement ***


Chapter 1- Ravissement


Se un uomo non ha scoperto nulla per cui vorrebbe morire, non è adatto a vivere.
Martin Luther King


Daniel scosse la testa, come se stesse pensando a qualcosa che non voleva esprimere ad alta voce. «È solo che…hai un viso familiare. Avrei giurato di averti già conosciuta da qualche parte.»
Luce l’osservò e, per qualche buffa ragione, gli angoli della sua bocca si piegarono in un sorriso. Era una cosa totalmente assurda ma anche lei aveva quell’impressione.
Forse era perché Luce si trovava in una scuola totalmente nuova –l’Emerald College- in un posto totalmente nuovo –il Connecticut- insieme gente totalmente nuova la cui occupazione principale sembravano essere le feste con i calciatori.
Il ragazzo la stava ancora fissando e Luce arrossì; probabilmente pensava di aver fatto la figura dello stupido e magari se ne sarebbe andato…e Luce non poteva assolutamente permetterlo.
Così si drizzò e raccolse un’altra peonia, tenendola per la corolla, come se fosse una coppa di champagne. La luce soffusa della luna faceva sembrare le sue dite ancora più bianche, come se fossero un prolungamento del candido fiore. Si concentrò sul suo respiro calmo e sul suo fiore preferito.
Quando pensò di essersi calmata abbastanza –e di poter eludere il fascino di quegli occhi viola- alzò lo sguardo su Daniel.
«Sai…ho anch’io questa sensazione. Forse ad una partita dei Dodgers.».
Il ragazzo sorrise, sinceramente divertito. Luce arrossì per il compiacimento; oddio, scoppiava dalla gioia per aver fatto sorridere un ragazzo appena conosciuto con una stupida battuta? Era davvero fuori, allora.
«Luce!» Chiamò una voce familiare.
Luce si voltò. Era Nora, ad un paio di passi dalla panchina dov’erano seduti Luce e Daniel, con indosso solo i pantaloncini e la canotta, sul viso un’espressione sorpresa.
Aveva forse capito…? Capito cosa? Lei e Daniel si erano appena incontrati: non c’era nulla da capire.
«Luce?» Chiamò ancora Nora, come a sincerarsi che la sua timida, dolce compagna di stanza stesse davvero chiacchierando con un ragazzo al chiar di luna che, nel suo vocabolario di esperta flirtatrice, significava “tenero amore”.
Luce si alzò dalla panchina, lasciando cadere la peonia, e rispose «Sì! Nora, sto arrivando…»
Ma il suo polso fragile venne stretto da una mano forte e tiepida; a quel tocco, Luce si sentì percorrere da forte scariche .
«Scusa. Non mi hai ancora detto ...». Luce si voltò e quando il suo sguardo si allacciò con quello di Daniel, pensò che c’erano tantissime cose che si erano detti. Oddio, sto impazzendo.
«Sì?» lo esortò Luce con una vocetta un po’ stridula. Non sapeva nemmeno da dove le era uscita la forza per parlare. Credeva di svenire da un momento all’altro.
«Non mi hai ancora detto che corsi seguirai.» La sua voce suonava sicura, eppure Luce fu sicura di sentire una nota di tremore e insicurezza.
«Seguirò indubbiamente il corso di matematica…». Fece un debole sorriso; di solito, quando diceva ad un ragazzo che adorava la matematica, questi la guardava come se le fossero spuntate le antennine: era assodato che la materia più odiata dagli studenti era la matematica.
Invece quello strano ragazzo ricambiò il suo sorriso. «Ne ero certo. Anch’io seguirò matematica. Ci vediamo lì, allora.»
La presa sul suo polso si allentò e Luce quasi boccheggiò: la sua pelle era in fiamme, anelava per un contatto. Si sorprese di se stessa.
Cosa diavolo le stava venendo? Era davvero la prima volta che si sentiva così.
Con un filo di voce riuscì a salutarlo e poi si voltò verso Nora.
«Chi era quello splendido bocconcino, mia piccola, innocente Luce?» chiese Nora.
Non le diede neppure il tempo di aprire bocca, la prese sottobraccio e la trascinò verso il college.
«Non lo so,» rispose Luce, voltandosi ancora un’ultima volta verso la panchina di pietra «si chiama Daniel…lo conosci?»
Nora scosse la testa, sconcertata «Non posso credere di non conoscere quella bellezza! Me lo presenti?»
«Io…»
Ma Nora non le diede il tempo di continuare. «Daniel…» ripeté, assaporando come suonavano le sillabe. Poi la osservò meglio. «Ma direi che è già occupato, non è vero?»
Luce ansimò. Avrebbe voluto dire che no, lo conosceva appena, invece dalla bocca le uscirono tutt’altre parole.
«Lo è da sempre.»



Angolo Autrice
Puff...il capitolo riparte dall'ultima frase di "Perfetti sconosciuti" (il primo capitolo di Fallen anche si chiamava così, ricordate?<3)
Spero vi piaccia *-*
Beijinhos

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Capitolo 3
*** Angeli in cielo, umani in terra ***


Chapter 2- Angeli in cielo, umani in terra


La vita è un sogno dal quale ci si sveglia morendo.
Virginia Wool



Quella notte, Luce fece un sogno strano.
Sognò quell’orribile istituto, quello che lei e i suoi genitori avevano visto di sfuggita durante il tragitto per il college. Nel sogno, lei era davanti all’ingresso della scuola e alzava lo sguardo verso l’insegna.
Sull’insegna campeggiava la scritta “Sword&Cross”. Le sue mani stringevano forte una sacca rossa –Luce conosceva quella sacca: l’aveva portata con lei al college- mentre varcava il recinto e s’incamminava lungo lo squallido prato incolto . Sembrava proprio un cimitero; era un posto macabro, un posto che non poteva essere una scuola. Poi vide la sé del sogno correre non appena si era resa conto di essere in ritardo.
La Luce del sogno si fermò davanti ad una persona, il cui sesso era davvero difficile da indovinare ,nell’atrio della scuola –il che era assurdo, perché lei non conosceva affatto quel posto, non sapeva com’era fatto-, che sembrava essere di guardia e stava discutendo con tre ragazzi…a Luce riuscì difficile concentrarsi sul primo perché gli ultimi due erano di una bellezza sfolgorante.
Un lampo di verde smeraldo.
La Luce del sogno si girò verso quel lampo. Due occhi; erano due occhi verde smeraldo ad aver mandato quel bagliore, due occhi che appartenevano ad un ragazzo incredibilmente bello.
E lei conosceva il suo nome, lo aveva proprio sulla punta della lingua…
Luce si svegliò di soprassalto, sudata e stravolta.
Si passò una mano affusolata tra i lunghi capelli neri, poi sul volto. Si rese conto di star ansimando. Fissò il quadrante della sveglia: erano le 4.25 di notte. Luce riportò lo sguardo davanti a sé, con il respiro ancora affannoso; cercò di convincersi che era solo un sogno.
Lo ripeté ad alta voce.
«È solo un sogno…»
Ma niente, quelle parole erano vuote, prive di senso, e non riuscivano a calmare la sua fantasia che aveva incominciato a lavorare sfrenata. Sul cuscino bianco c’era una macchia di saliva e Luce rabbrividì: aveva forse parlato nel sonno? Eppure nel sogno lei non diceva proprio nulla: era solo nell’occhio di un ciclone di emozioni.
Si guardò intorno, aspettandosi davvero qualcosa, magari di essere nella sua stanza che dava sul prato e, se spostava lo sguardo oltre, sul cimitero…che cosa? !
Sul cimitero?
Si voltò verso la finestra, trattenendo il respiro –per un attimo il suo cervello davvero si aspettava di vedere un cimitero oltre il prato pieno di cespugli di peonie- e…no, c’era solo il prato. E altro prato. E altro prato ancora.
Nonostante Luce si fosse aggrappata al davanzale della finestra –eppure, con suo grande orrore, le sue mani erano corse a delle sbarre inesistenti- per vedere meglio, non scorgeva altro che erba e fiori.
E non sapeva dire se l’emozione che provava era sollievo oppure delusione.
In quel momento la luce della luna, che di solito Luce trovava confortante e romantica, gettava su ogni cosa un’ombra sinistra. Sembrava che volesse farsi beffe di lei. Sollevò i capelli in una coda di cavallo perché stava sudando dietro la nuca (Luce sudava spesso dietro la nuca) ma poi la rilasciò cadere. Le ciocche di capelli si sparsero sulle spalle e sulla schiena, come una frustra gentile.
63. Il numero della sua vecchia camera era 63. Le era tornato in mente come un razzo, un fuoco d’artificio che esplode nel buio più totale. Ripescò nel sogno, ma non c’era nessuna camera, nessun 63.
«Era solo un sogno…» mormorò di nuovo.
Sentì un fruscio di lenzuola dietro di sé, e si diede della stupida: era riuscita nell’arduo compito di svegliare la sua compagna di stanza.
«Luce? Sei sveglia?» chiese Nora, la voce impastata dal sonno. Luce si girò e trasse un sospiro di sollievo: Nora aveva la testa leggermente sollevata ma gli occhi chiusi e una mano stretta su un lembo di lenzuolo.
«No.» rispose sottovoce. Osservò la testa della sua amica crollare sul cuscino con un leggero tonfo.
Luce ritornò a perlustrare il campo, le dita che stringevano forte il davanzale blu, la mente che vagava. Si rassegnò: non avrebbe dormito più quella notte.

()

Luce pagò caro il prezzo di quel suo “party notturno”.
Al mattino, sotto le piccole, impietose luci dello specchio del bagno della sua stanza, girò il viso in ogni angolazione per osservare meglio le due incredibili, grosse borse sotto gli occhi. Se fossero state davvero borse, sarebbero state due gigantesche valigie.
E, con la pelle chiara che aveva, si notavano ancora di più. E non era solo quello il regalino della nottata passata a pensare alla Sword&Cross: aveva anche due occhioni gonfi, come se avesse pianto.
Si passò una mano sul viso pallido.
Con che diavolo di faccia tosta si sarebbe presentata a lezione? E vogliamo mettere se avesse incontrato Daniel? Il solo pensiero la fece arrossire fino alle punte dei capelli. Con studiata lentezza si legò i capelli, pronta al restauro. Lanciò uno sguardo di sfida allo specchio e, fissandosi, chiese ad alta voce «Nora? Posso prendere in prestito quel tuo detergente per il viso? Il mio è finito.»
«Ma certo, Luce! Prendi quello che vuoi.» le gridò di rimando la voce di Nora, sempre così disponibile.
Mentre si stava lavando, il viso della sua amica fece capolino dalla porta socchiusa del bagno «Ehi, ma che sono quegli occhi gonfi?» la scrutò con gli occhi ridotti a due fessure «Guarda che Daniel non scompare mica. Lo rivedrai oggi.»
«Lo so…è che non ho dormito.» rispose Luce, con la faccia ancora bagnata.
Prendendola per i gomiti, Nora la fece girare verso di lei «Mmh…credo di poter fare qualcosa per queste occhiaie.»
Scavò nel cassetto del bagno e tirò fuori dei prodotti non identificati dalla mente non-esattamente-esperta-in-cosmetici di Luce; poi cominciò a picchiettarli sul contorno occhi «Ti servirà anche un po’di ghiaccio, così si sgonfieranno.»
Luce sospirò. Sentiva che quelle occhiaie le avrebbero tenuto compagnia per tutto il giorno.
Un’ora e tre quarti dopo, Luce e Nora stavano scendendo le scale del dormitorio, dirette all’edificio dove si svolgevano le lezioni. Alla fine, Nora aveva domato, seppur in parte, le sgradevoli borse che campeggiavano sotto gli occhi gonfi di Luce, usando le sue armi preferite: trucco, creme e ghiaccio. Luce le aveva fatto promettere di non truccarla troppo e Nora, in effetti, aveva mantenuto la promessa: le aveva messo solo un filo di matita azzurro chiaro sulla rima palpebrale interna.
Eppure Luce continuava a sentirsi un clown.
«Vedrai che tutti penseranno che mi sono messa in ghingheri per…» borbottava Luce, lasciando intendere il soggetto e lanciando sguardi preoccupati intorno a sé.
«Maddai!» la rassicurò Nora «e poi era peggio se scendevi in quel modo!»
L’aria calda di fine agosto convinse Luce a non vederla in modo tragico: in fondo, la giornata era appena cominciata e poteva ancora raddrizzarsi. Luce inspirò a fondo la dolce brezza mattutina, così diversa dall’afa che avvolgeva il Texas come una cappa, e si sentì decisamente meglio.
Al suo fianco, Nora agitò vigorosamente un braccio per chiamare il gruppo di ragazzi della sera prima «Ehi!» gridò, attirando la loro attenzione.
Luce si sentì un po’a disagio: alla festa non era stata realmente presente…era stata distratta da ben altre feste, pensò; e solo il pensare a certi capelli biondi e certi occhi viola sentì il sangue affluire alle guance in modo così violento che si dovette portare le mani fresche alle gote per alleviare il bruciore. Nora la tirò a sé.
La ragazza si guardò intorno: stranamente, nessun viso le era nemmeno un po’ familiare
E, improvvisamente, la scena mutò: il coloratissimo campo pieno di cespugli di peonie dell’Emerald College nel Connecticut diventò grigio e nero, cupo come…la Sword&Cross. I ragazzi fighetti che sedevano con la schiena curva e le gambe penzoloni sui muretti diventarono i punk imbronciati e vestiti di nero che, in gruppetto, cercavano di farsi forza in tutto quel grigiore. Solo Luce rimase la stessa in tutto quello scenario e conosceva solo la ragazza al suo fianco…ma quella ragazza non era Nora. Era…
Luce si voltò alla sua destra e si scontrò con lo sguardo eccitato di Nora.
Confusa e stordita, si guardò intorno: in un attimo fuggente come un battito di ciglia era tornato tutto come prima. Batté di nuovo le palpebre. Nora le stringeva ancora un braccio, come se avesse paura di vederla scappare. Luce le rivolse un sorriso che non arrivò fino agli occhi.
Cosa le stava succedendo? Era troppo stanca, ecco tutto. La notte scorsa non aveva dormito affatto ed ora si ritrovava a sognare ad occhi aperti.
Fortunatamente le lezioni stavano per iniziare, pensò la ragazza mentre alzava gli occhi verso la torretta dov’era montato il grande orologio. Mente i suoi occhi percorrevano veloci gli ormai familiari mattoni della torretta, una sciarpa rossa attirò l’attenzione di Luce.
Eccolo. Luce si schermò gli occhi con le mani per poter guardare meglio: sì, era proprio lui. Era Daniel.
Il vento lieve come una carezza gli scompigliava ancor di più i capelli biondi e gli appiattiva la T-shirt leggera al torace, evidenziandone i muscoli definiti. Le estremità della sciarpa rossa ondeggiavano nell’aria dietro di lui come la coda di una cometa ed erano come un faro in una notte tempestosa: inevitabilmente, lo sguardo di Luce non poteva che cadere su di lui –ne era ovviamente attratto. A quel punto, Luce avrebbe dovuto augurarsi che per caso la guardasse e lei si sarebbe dovuta limitare a salutare da lontano, magari con un lieve sorriso speranzoso.
Quello era ciò che desiderava, non ciò che sarebbe accaduto, si disse Luce, mordendosi il labbro.
Eppure, Daniel si sistemò la sciarpa e, nel farlo, i suoi occhi incontrarono quelli di lei. Le sue guance di porcellana si colorarono di un rosa pallido e le rivolse un sorriso talmente radioso che Luce si aspettò di imbarazzarsi –no, non s’imbarazzò. Le sembrava così naturale…
«Qualcuno sembra proprio interessato…» scherzò Nora, sussurrandole all’orecchio.
Luce sobbalzò. Non si era proprio resa conto che tutti si erano accorti del gioco di sguardi tra lei e Daniel.
«Ops!» aggiunse l’amica, dandole però un’affettuosa strizzata alla mano. «Girati verso di me, non dargli troppa corda! Si vede da cento metri che gli muori dietro, tesoro. I maschi vanno stuzzicati.» e la visuale paradisiaca di Daniel venne sostituita dal viso divertito di Nora.
Luce sospirò. La campanella suonò, e uno sciame di ragazzi si precipitò nell’edificio. «Andiamo, dái» disse Nora, trascinando la ragazza per un braccio bianchissimo. Luce ebbe appena il tempo di girarsi per vedere un guizzo azzurro tra la folla.


Angolo Autrice
Rieccomi!=D
Incominciamo col dire...ma Lauren Kate...non vi sembra che per il Trono si sia ispirata alla camorra?O_o
Come diciamo a Napoli...è proprij kazzimmus!!!!ò.ò LOL
Quindi. Ovviamente io non scrivo come la Kate e non penso proprio di poterla sostituire, diciamo, ma spero che questa fic farà continuare a sognare chi, come me, non è ancora pronto a lasciare andare Luce&Daniel (e compagnia bella ;D) al loro destino mortale.
Beijinhos, Angel.
P.S. grazie a chi mi ha recensita....davvero mi ha fatto molto piacere sapere che non sono l'unica ad aver pianto e a non aver proprio amato il finale <3

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Capitolo 4
*** Il Re dei Pazzi ***


Chapter 3- Il Re dei Pazzi


Quando odiamo qualcuno, odiamo nella sua immagine qualcosa che è dentro di noi.
Hermann Hesse



Quando Luce entrò nell’aula insieme ad un gruppo di studenti, non si aspettava certo che quello che era seduto gambe penzoloni sulla scrivania fosse il professore.
Aveva capelli sale e pepe, il viso scarno e degli occhiali davvero chic. Per essere maturo, era sicuramente di bell’aspetto. Lui alzò lo sguardo e gli studenti ,come se ne fossero soggiogati, si sedettero tutti allo stesso momento sulle sedie, continuando a fissarlo a bocca aperta.
L’uomo sorrise :-Prima che voi iniziate a bombardarmi di domande…- (e si udì una ragazza esclamare :-Oh sì, e la prima è “Sei sposato?”-. Risata generale) :-volevo precisare che sono il vostro supplente. Il vostro professore è dovuto andare dal dottore per un’urgente visita medica.-
Dagli studenti si levò un “Ooh” di delusione.
Un’impercettibile sorriso gl’increspò la bocca :-Il mio nome è…-
La porta dell’aula si aprì. Il professore si voltò e la classe si ammutolì come se fosse entrato il preside in persona; qualche studentessa si lasciò andare ad un “oh” romantico. Luce lo riconobbe subito: era il ragazzo della monetina. Capiva perché le ragazze avessero sospirato: aveva folti capelli ondulati biondo rame, occhi azzurro ghiaccio, lineamenti divini e un corpo da urlo. Era troppo bello per essere anche un bravo ragazzo.
:-Mi scusi, professore.- disse, con la voce musicale leggermente affannata per la corsa. Sembrava che più che parlare, cantasse.
:-Ma certo, ragazzo. Ti consiglio, però, di essere puntuale con il tuo vero professore.- Luce si sbagliava, oppure negli occhi dell’uomo era passato un lampo di puro o dio?
Il ragazzo s’incamminò nel corridoio formato dai banchi, lanciando occhiate a destra e a sinistra per avvistare un posto dove avrebbe potuto sedersi. Le ragazze rispondevano alle sue sbirciate con occhiate talmente intense che Luce arrossì per loro; i ragazzi battevano la mano sulla sedia per invitarlo a sedersi. Evidentemente era famoso anche tra i maschi, rifletté Luce, visto i gesti di genuino apprezzamento che si scambiavano. Lui si fermò davanti al suo banco. Luce aveva davanti la fibbia elegante della sua cintura.
Fu allora che accadde di nuovo.
L’aula vorticò: Luce era seduta ad un banchetto simile, in una classe però infinitamente più sporca. E davanti a lei c’era una fibbia di una cintura che doveva appartenere a…chi? Luce alzò lo sguardo per trovare la risposta alla sua domanda ma, quando i suoi occhi si sollevarono, incontrarono quelli azzurro ghiaccio del tizio che ora la stava guardando con un sorriso gentile. Luce batté le palpebre. Era tornata all’Emerald College.
Gli ricambio in fretta il sorriso, profondamente turbata. Stava diventando pazza? Da dove uscivano fuori quelle visioni? Stava accadendo sempre più spesso.
Intanto, il ragazzo si era seduto accanto a lei e Luce si sentiva la schiena trafitta dalle occhiatacce arrabbiate delle altre studentesse. Si passò una mano tra i capelli neri; erano un sollievo, poteva nascondersi dietro le lunghe ciocche scure. E fu quello che fece in quel momento: nascondersi dagli sguardi altrui.
:-Tutto ok?- le chiese il tizio. Luce, suo malgrado, fu conquistata dalla soavità della sua voce. Era così bella…
:-Sì, sì. Grazie.- rispose lei, dandogli una sbirciata. Aveva gli zigomi alti e il naso dritto; si sorprese a pensare che era bello quasi quanto Daniel (o forse più…). In lui c’era qualcosa che l’attraeva, che le diceva di avvicinarsi. Luce ne fu spaventata: quel qualcosa non era niente di buono.
Daniel…le aveva promesso che avrebbe seguito matematica; che fine aveva fatto? :-Ci siamo già incontrati giù in lavanderia. Mi chiamo William. William Nick Old*: lo so, il mio nome intero è orribile, perciò chiamami Bill.- aggiunse, con una risatina.
:-Sì, mi ricordo di te. Mi hai fatto il gioco della monetina e ho vinto due volte. A proposito di vincite, cos’ho vinto poi?- chiese Luce, e si stupì per la propria sfacciataggine.
Bill sfoderò un sorriso smagliante :-Il posto vicino a me.- poi i suoi occhi si adombrarono di nuovo di quell’assurda tristezza :-Ma, ad essere sincero, così sono io ad aver vinto.-
Luce si sentì a disagio. Perché era così malinconico quel ragazzo? :-Io sono Lucinda, piacere.- gli tese la mano, che lui subito afferrò. Il tempo attorno a lei parve rallentare. I grandi occhi azzurri di lui la stavano ipnotizzando…si ritrovò a pensare che aveva bisogno di…di…
:-Allora, chi vuole iniziare? Lucinda, forse?-
Luce sobbalzò, colpevole come se fosse stata pescata a rubare qualcosa. :-Oh…-
:-Presentati. Ci dobbiamo presentare.- Luce si girò verso Bill. Come diamine faceva a sapere di cosa stava parlando il professore se non aveva ascoltato una parola? Il suo sguardo malinconico indusse Luce a fidarsi di lui, così si alzò e si presentò alla classe. Con suo enorme sollievo, il professore annuiva in segno di incoraggiamento e si guadagnò persino diversi punti agli occhi delle studentesse che l’avevano odiata dopo che Bill si era seduto vicino a lei (erano del Texas, come lei).
Uno dopo l’altro, gli studenti si presentarono: alcuni venivano dalla Georgia, altri dalla California –la California, che sogno per Luce-, e altri erano del posto. Poi, venne il turno del professore.
:-Direi che è anche mio dovere presentarmi…- ma proprio quando l’uomo stava per dichiarare finalmente il suo nome, la porta si aprì di nuovo ,e un vecchietto dall’aria simpatica e la pancia tonda come se avesse ingoiato un cocomero intero salutò la classe.
:-Salve! Oh…lei è stato il mio sostituto per…- controllò l’orologio :-…trentacinque minuti! Vi siete presentati tutti, vero?- Al segno di assenso della classe, il vecchietto ridacchiò :-Vi dispiacerebbe ri-presentarvi d’accapo?
:-A proposito, professore…molto gentile da parte sua...venire da San Francisco al Connecticut…- Si lanciarono uno sguardo carico di stima e d’intesa.
:-Mi trovavo nelle vicinanze. Ma ora tornerò alla mia scuola.- E con un occhiolino diretto alla classe, si congedò.
A Luce rimase solo la vaga sensazione di aver già visto quel viso spigoloso da qualche parte.

() Alla stessa ora venti minuti più tardi e parecchi giorni dopo, Luce usciva dall’aula contenta solo a metà. Daniel non era venuto neppure quel giorno e il posto che avrebbe dovuto essere occupato da lui era diventato di Bill.
E poi…c’era quella sensazione…il supplente della loro prima lezione…
Luce scosse la testa. Doveva smetterla con quelle assurdità. Lo aveva sicuramente visto da qualche parte…dove? L’uomo era di San Francisco, in California, un posto che Luce non aveva mai visto ma che spesso sognava di visitare. Il fatto è che lei era certa di averlo già visto, eppure non riusciva a ricollocare quel viso in uno spazio e in un tempo determinato. Ogni volta che cercava di ricordare, quella certezza spariva, come il la nebbia che si dissolve prima di riuscire a fotografarla.
Luce cercò di pensare a cose positive, come il fatto che il professore che teneva il corso di matematica era davvero simpatico e ,quando consegnava i compiti ,faceva pensare un po’a Babbo Natale quando porta i doni. Finora, Luce aveva avuto sempre ottimi voti e questo la rallegrava un po’.
:-Luce…- una voce le sussurrò all’orecchio; lei la riconobbe subito.
:-Ehi, Bill. Ho preso io il tuo libro…te lo eri dimenticato sul banco; ecco, tieni.- Lui lo accettò, tenendo sempre i suoi occhi tristi fissi in quelli di Luce. Eccola di nuovo, quella sensazione di disagio –o paura?- che le faceva venire le fitte alla testa. Eppure, nonostante una vocina nella sua testa le dicesse di scappare, Luce a volte si sentiva in dovere di aiutare quel povero ragazzo come se la causa della sua tristezza fosse proprio lei, il che era assurdo perché Luce non lo aveva mai conosciuto prima.
:-Luce.-, ripeté lui.
Luce inspirò profondamente per calmarsi: quella era una di quelle volte in cui sarebbe voluta fuggire via. Non lo fece. Insomma, cosa poteva farle quel tizio in un corridoio pieno zeppo di studenti? Appunto. Erano tutte paure infondate: doveva ricordarsi di fare un gavettone a Nora per averla costretta a subirsi quel film di terrore la scorsa notte.
:-Testa o croce?-
:-Cosa?-, fece Luce, stranita, fingendo di non aver capito bene. Il gioco della monetina, di nuovo. Scioccamente, Luce era convinta che avrebbe vinto di nuovo.
:-Testa o croce?-, chiese di nuovo Bill.
E Luce scelse ancora una volta testa.
La monetina volteggiò nell’aria, croce, testa, testa, croce…Bill fissava lei e non la monetina…testa, croce, testa, croce…Luce s’impose di osservare attentamente il volteggio dell’oggetto, in modo da capire come diavolo facesse quel tizio a far uscire sempre la stessa faccia…croce, testa, croce...
Bill afferrò la monetina tra due mani. Sollevò una mano, rivelando la monetina. :-Testa.- dichiarò. Luce sospirò: lo sapeva.:-Hai di nuovo vinto tu.- La ragazza cercò di sorridergli ma era leggermente scossa. Perché le proponeva sempre quel gioco? E com’è che Bill aveva sempre la stessa monetina a portata di mano? Era un mago o cosa?
Luce deglutì :-Facciamo che io punto sulla croce.-, fece, con il mento sollevato a sfidarlo. Voleva proprio vedere se era un trucco.
Bill annuì e lanciò la monetina in aria; l’afferrò dopo un paio di giri. :-Croce.- le disse, mostrandole la faccia con la croce impressa sopra. Luce sbuffò :-Ok, come fai?-
Lui fece spallucce :-Io non faccio nulla. Il fatto è tu hai già vinto.-
Ok, era troppo. I modi misteriosi da figo non facevano colpo su Luce, anzi, la innervosivano. :-E, sentiamo, cos’avrei vinto di tanto importante?- Se quel ragazzo aveva un minimo d’intelligenza, avrebbe capito che era letteralmente furiosa con lui e avrebbe smesso di fare lo stupido.
Invece, Bill aggrottò la fronte :-Questo non lo so. E’come se ci fosse qualcosa nella mia testa che mi dice che tu hai vinto ma prima che possa afferrarla per vedere cosa hai vinto, be’…scappa. Scompare. Ma sono sicuro che tu hai vinto qualcosa.-
Era la sua identica sensazione; e fu proprio per questo che Luce ne ebbe ancora più paura e si sa che dalla paura nasce la rabbia e l’odio. Quindi lei gli rivolse un’occhiata sbigottita :-Tu sei completamente pazzo!- esclamò e corse via.
Quando fu abbastanza lontana, nonostante il cuore martellante nel petto, Luce si voltò.
Immobile come una statua in mezzo alla folla, Bill la stava fissando con i suoi enormi occhi tristi e Luce sentì un’antica fitta colpevole al petto.


Angolo Autrice
Rieccomi =D
Eh, cosa credevate, che Lucifero se ne sarebbe stato buono buono? ;)
Vi voglio spiegare il suo nome: Nick Old. (William è il nome intero di "Bill" che Lucifero usò in Passion) The Old Nick, in inglese, è un modo creepy e un po'familiare di chiamare il diavolo. L'ho trovato su wordreference (grandissimo dizionario =ç=) perchè stavo cercando un modo di chiamare Lucifero...insomma, non potevo di certo farlo presentare :-Lucifero, piacere.- LOL
Quando ho visto tra le voci riguardanti il diavolo "The Old Nick" è stato come un segno del destino. Solo dopo ho deciso di usare anche William.
Vi ringrazio tutte (vi ho risposte personalmente v.v) per le recensioni così belle. Mi fanno molto piacere perchè anch'io sono una di voi lettrici di questa saga: insomma, una storia scritta dalle lettrici per le lettrici xD
Il chap è interamente incentrato su Lucifero, anche se dal POV di Luce. Ma non sarà sempre così u.u (sarebbe noioso altrimenti xD)
Beijinhooooosss, Angel <3
P.S. come vedete, ho modificato il font. Quello di prima era troppo grande xD e in dimensione "2" era davvero minuscolo o.o"
P.P.S. il titolo della fic è provvisorio...è che non rende l'idea della fic che vorrei dare a voi xD

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Capitolo 5
*** Biancaneve ***


Chapter 4- Biancaneve


Il tuo cuore si trova là dove si trova il tuo tesoro.
Ed è necessario che il tuo tesoro sia ritrovato affinché tutto ciò che hai scoperto durante il cammino possa avere un significato.

Paulo Coelho


Un rumore alla finestra.
Alzò lo sguardo e, dopo aver controllato per bene che nessuna colomba si fosse schiantata contro le vetrate limpide coperte dalle tendine azzurre, tornò ad osservare il suo disegno.
Non era tanto bello come il soggetto, pensò inclinando il capo per osservare meglio il ritratto. I capelli non erano altrettanto fluenti, la pelle non era altrettanto translucida e gli occhi non erano altrettanto espressivi. E poi lui non aveva nessun pastello del colore degli occhi di lei.
Daniel sospirò. Negli ultimi giorni c’erano stati troppi imprevisti e lui non era riuscito ad andare al corso di matematica. Chissà se qualcun altro aveva preso il posto accanto a Luce…si passò una mano tra i folti capelli biondi scompigliati. Poi decise che era inutile restare chiuso nella sua camera a fare il depresso, soprattutto quando fuori c’era la ragazza dei suoi sogni.
Daniel aprì l’anta dell’armadio per prendere i vestiti; si guardò allo specchio per un attimo, giusto il tempo di notare lo scintillio negli occhi grigi, leggermente coperti dal ciuffo biondo, all’idea di incontrare Luce di nuovo.
Afferrò i jeans e una maglietta, si vestì e uscì dalla stanza. Nel corridoio c’erano parecchi studenti: chi studiava, chi chiacchierava, chi si dava appuntamento. Daniel sentì un vuoto nello stomaco: dov’erano i suoi –pochi- amici? E, soprattutto, dov’era Luce? Nella sua camera a studiare matematica? Oppure aveva conosciuto un altro ragazzo e ora stava preparandosi per uscire con lui?
Daniel doveva trovarla ma non sapeva il numero della sua camera, così vagò a lungo per i corridoi del dormitorio senza incontrarla. Ogni volta che vedeva una cascata nera, il suo cuore accelerava il battito, però poi la cascata nera si spostava e il viso che Daniel vedeva non era quello che stava cercando.
Pensò quindi che doveva essere fuori, magari seduta sulla panchina dove si erano incontrati la prima volta. Appena l’aveva vista, aveva avuto una strana sensazione…la sensazione che Luce era stata vicino a lui da sempre. Era una cosa stranissima. Daniel si era convinto che voleva conoscerla di più perché all’Emerald College non si era, come dire, integrato molto bene. Non aveva trovato molti amici ed era per questo che non dormiva la notte e, se dormiva, sognava.
Sognava posti mai visti prima, sognava amici che non aveva, ma, più di tutti, sognava Luce. In ogni suo sogno, lei era sempre presente.
Forse la sognava perché non aveva mai avuto una ragazza e, allora, dato che aveva avuto quel fantomatico “colpo di fulmine” di cui parlavano tutti, era ansioso di passare le sue giornate con lei. Si erano visti l’ultima volta prima di entrare a lezione, ma Daniel era arrivato poi in ritardo, talmente in ritardo che sarebbe stato inutile seguire il corso. Quindi, si era iscritto a biologia; Luce non seguiva biologia. Daniel si era seduto vicino ad un ragazzo simpatico che aveva subito capito che i suoi pensieri erano tutt’altro che per le cellule e il loro metabolismo.
:-Attento!-
Boom.
Daniel cadde a terra tra i libri che appartenevano alla persona con cui si era scontrato. :-Oh.- disse :-Scusa…non ti ho proprio visto…- Fece per raccogliere i quaderni un po’bagnati dall’erba innaffiata la mattina stessa, ma una mano candida ed affusolata lo precedette e quella di Daniel finì per afferrare la mano della ragazza –perché quella doveva essere la mano di una ragazza, pensò lui con il cuore che iniziava a battere forte-, piuttosto che i suoi libri. Sentendosi uno stupido, il ragazzo sollevò lo sguardo, i ciuffetti biondi che gli sfioravano gli occhi.
Poi, inevitabilmente, sorrise. Destino aveva voluto che trovasse la ragazza che stava cercando, sì, ma che si rendesse uno sciocco ai suoi occhi. :-Ciao.-, mormorò. Ebbe l’emozione di vedere le guance di Luce colorarsi di un fucsia acceso.
:-Ciao.- rispose lei, abbassando lo sguardo timidamente e prendendo il libri. Daniel l’aiutò, sentendosi incredibilmente felice anche se si stava sporcando i pantaloni e aveva le guance chiazzate di rosso.
Erano caduti vicino ad un cespuglio di peonie –guarda caso, capitano proprio a fagiolo, pensò Daniel. Colto da un’ispirazione improvvisa, ne prese una e, porgendola a Luce, disse :-Questa è per averti buttata all’aria.- ridere gli venne molto facile :-Sono molto distratto in questi giorni.-
La ragazza accettò la peonia con mani tremanti e ,quando le loro dita si sfiorarono, –la loro pelle era sorprendentemente simile- Daniel sentì una scossa, come una scarica elettrica ma infinitamente più piacevole, percorrergli tutto il corpo. Una sensazione che lo lasciò stordito. Ma cosa gli passava? Era sempre stato un ragazzo molto calmo, adesso, invece, gli bastavano due occhi nocciola a fargli perdere il lume della ragione.
S’impose di darsi un tono e si alzò, poi tese una mano a Luce che l’afferrò, non prima di essersi infilata la peonia tra i capelli. Daniel non poté trattenere un sorriso: le dava un’aria esotica.
:-Ehm…-, incominciò Luce :-come mai non sei venuto al corso?- Ecco, pensò Daniel, sarei dovuto andare lo stesso, anche se ero in immenso ritardo.
:-Sono arrivato tardi. Ho trovato tutto chiuso e mi sono dovuto iscrivere a biologia. Che noia bestiale; però il ragazzo seduto affianco a me è simpatico. Tu, invece? Compagno di banco accettabile?-, chiese lui, innervosendosi sull’ultima domanda. Era talmente teso che serrò la mascella. Si passò una mano fra i capelli per prendere tempo. Luce lo stava osservando come certi persone esperte in arte osservano dei dipinti meravigliosi. Sorrise: ne era contento. Magari non c’era proprio nessuno seduto di fianco a Luce, se non una ragazza.
:-Il mio compagno di banco si chiama Bill. E’il ragazzo giù in lavanderia.-
Ragazzo giù in lavanderia? Doveva andare a controllare. Un momento; che cosa voleva dire “andare a controllare”? Lei non era la sua ragazza e…
:-Mi dispiace che non sei venuto.-, aggiunse lei tutto d’un fiato e poi abbassò lo sguardo, come se temesse di aver detto qualcosa di sciocco.
:-Dispiace anche a me…potrei sempre dis-iscrivermi dal corso e provare a infiltrarmi nel tuo.- disse lui, con una strizzatina d’occhio. Vicino a lei, si sentiva ancora più sicuro di sé.
:-Oh, sì, sarebbe fantastico! Sai, il primo giorno c’era un altro professore, ma quello che tiene il nostro corso è molto divertente e disponibile; sembra Babbo Natale. Magari ti accetta anche se ti iscrivi molto dopo.- suggerì Luce, pensosa.
:-Può darsi. Oh,- fece Daniel, alzando la testa verso il cielo. Luce lo imitò. Entrambi fecero una smorfia: il tempo non era perfetto quando erano usciti, ma nemmeno così a lutto. I nuvoloni carichi di pioggia che viaggiavano minacciosi verso il college promettevano pioggia a volontà. Parecchi studenti, affacciati alla finestra, lanciarono un “No” di protesta in coro, come una sola voce.
:-Direi che è ora della ritirata.- dichiarò Luce con lo sguardo ancora verso il cielo, indietreggiando di un passo.
:-Puoi scommetterci…-, asserì lui, girandosi verso la scuola. :-Vieni, facciamo presto o saremo investiti dalla pioggia.-
Si avviarono verso la scuola, cercando di non correre per non sembrare dei deficienti agli occhi dei già arrabbiati studenti che guardavano il cielo indispettiti: avevano l’aria di star solo aspettando qualcuno per potergli rovesciare addosso la loro irritazione.
Però, camminarono abbastanza velocemente d’arrivare dentro la scuola prima che scoppiasse il temporale. Così, tanto per unirsi alla mandria furiosa di scolari, si misero pure loro a lanciare occhiatacce fuori dalla finestra. Malgrado contagiati dall’umore cupo come il cielo degli studenti, a Luce e Daniel risultò difficile intristirsi sul serio solo perché non potevano uscire con quel tempaccio. Erano raggianti, così raggianti che Nora, quando li incontrò nell’ampio corridoio, inarcò un sopracciglio alla vista di quel sorrisone da ebeti.
:-Cos’avete voi due da ridere? Dovreste essere a lutto! Cioè, abbiamo già quel nostro bel compagnone lì che si è vestito di nero.¬- fece, puntando il dito accusatore contro la finestra :-Che dite, dovremmo ricordargli che Halloween è ancora lontana?-
:-Non faceva bel tempo già da un po’…in fondo, siamo in autunno.- disse Daniel, senza dare l’impressione, però, di voler contraddire Nora. Come se si fosse accorta solo ora della sua presenza, lei lo guardò dalla testa ai piedi, inclinando il capo ad ogni parte del corpo che osservava.
:-Tu devi essere Daniel.- dedusse alla fine Nora, abbassando di un tono la voce. Apprezzò con un’occhiata i lineamenti perfetti del ragazzo.
:-Già. Daniel Grigori, piacere.- annuì lui tendendo la mano formalmente, per nulla colpito o soddisfatto dell’evidente ammirazione della ragazza. Non era neppure imbarazzato: quella era l’amica di Luce ed era normale che lo metteva sott’esame. Di solito, le ragazze avevano un codice tra amiche: se il ragazzo di una non piace all’altra, il rapporto tra le due s’incrina e Daniel non voleva essere la causa della rottura tra due amiche.
:-Nora.- L’amica di Luce non fu altrettanto formale: gli strinse la mano e poi gli fece l’occhiolino. :-Sei l’amico di Luce, vero?- aggiunse, tanto per farlo arrossire. Bhe, evidentemente aveva superato l’esame a pieni voti.
:-Sì. Stavamo giusto pensando ad un modo per farmi iscrivere al corso di matematica.-
:-Mmh…penso che sia molto semplice togliersi da un corso per iscriversi all’altro. Finché sei al primo semestre, mi pare che lo puoi fare.- assicurò Nora, con un dito sulle labbra. :-A quale corso ti eri iscritto?-
:-Biologia.- rispose Daniel.
:-Mortalmente noioso, incredibilmente inutile a meno che tu non voglia fare il biologo.- poi lo scrutò con gli occhi ridotti a due fessure :-Non vuoi fare il biologo, vero?-
:-No. Veramente la mia passione è dipingere…ma non credo sia una professione stabile.- aggiunse, sospirando mestamente. Nora annuì, soddisfatta da quella riflessione: ne intuiva la maturità e il senso di responsabilità. Daniel si voltò verso Luce: anche lei sembrava colpita. Incontrò il suo sguardo e gli sorrise.
In quel momento, le nuvole decisero che avevano parlato abbastanza: con un rombo di tuoni, scatenarono il temporale. Luce sobbalzò per l’intensità di quel rumore e Daniel, istintivamente, la tirò a sé.
A quel gesto, Nora sorrise sotto i baffi :-Oh, mi sono dimenticata di aver un appuntamento con il mio fidanzato! Con questo tempaccio, avrà pensato che sono morta affogata dalla pioggia. Corro!- Scoccò un bacio a Luce, un occhiolino compiaciuto a Daniel e corse –se quello si poteva chiamare “correre”- verso il suo fidanzato, scomparendo dopo l’angolo.
Luce lo guardò di sottecchi, tesa. Erano rimasti soli nel corridoio. Il cielo era tanto scuro che sembrava notte. O forse lo era veramente? Daniel doveva darsi una mossa. Controllò l’orologio e i suoi dubbi vennero confermati: le otto di sera. Ecco dov’erano finiti tutti!, a mangiare.
:-Sono le otto. Che ne dici di una pizza e di un film?- propose.
:-In effetti c’ho una fame!-
Mentre si dirigevano verso la mensa, si raccontarono le esperienze più stravaganti della loro vita: però, inspiegabilmente, a ogni frase di uno, l’altro la concludeva traballante come se già l’avesse sentita tempo fa e non ricordasse bene l’episodio. Le loro chiacchiere erano accompagnate dal boato assordante dei tuoni e il suono che produceva la pioggia scontrandosi con il tetto della scuola era ben altro che un debole ticchettio.
Arrivarono che tutti stavano già riponendo i vassoi in un contenitore in legno a ripiani (rinominato “RV” ,Raccoglitore dei Vassoi, proprio perché gli studenti v’infilavano i vassoi sui ripiani, una volta finito di mangiare ). Luce e Daniel si scambiarono un’occhiata preoccupata: se l’RV era quasi pieno, significava che era rimasto ben poco da mangiare. Si precipitarono nella sala. :-Questo doveva essere il buffet delle insalate.- dedusse mestamente Luce dalla foglia solitaria nel recipiente.
:-E questo quello della quiche e della pizza.- aggiunse Daniel, dall’altro lato del tavolo dei buffet. I tavoli e i banconi dov’erano esposte le “pietanze” da mangiare erano disposti a ferro di cavallo, in modo che gli studenti iniziassero a riempire i vassoi con le bevande e finissero con i dessert.
:-Per lo meno l’acqua c’è ancora. E anche la Coca.- Luce riempì i bicchieri per lei e Daniel, sentendosi suo malgrado immensamente serena. :-Oh, guarda! Ci sono ancora i frappè. Ne sono rimasti proprio giusto due. Che fortuna!- Li prese con le mani, ignorando bellamente la pinza: per come le tremavano, li avrebbe fatti certamente cascare dalla pinza.
:-I frappé? Me ne prendi uno al caramello, se è rimasto?- chiese Daniel, buttando sul suo vassoio tutto ciò che restava del buffet (poco o niente).
Gli studenti dovevano essere stati veramente affamati quella sera. Daniel, poi, dopo aver costatato che quel che aveva accuratamente disposto sul vassoio non bastava a sfamare un uccellino, lanciò uno sguardo disperato da sotto i ciuffetti biondi a Luce che scoppiò a ridere.

()

Dieci minuti più tardi, Luce componeva il numero di una pizzeria preso dalla bacheca del college :-Che dici, ce le portano?- chiese, ansiosa.
:-E che siamo, fuori dal mondo?- ridacchiò Daniel. :-Meglio Coca o frappé sulla pizza?-
:-Coca, ovviamente!-
:-Mmh, hai ragione.- Daniel riempì altri due bicchieri di coca-cola, per farne scorta, e si diressero in camera sua per vedere il film (non avevano ancora deciso quale).
La pizzeria era proprio vicina al college e le pizze arrivarono quasi subito. I due ragazzi, dopo aver scelto un film che piaceva ad entrambi (incredibilmente lo trovarono subito: avevano molto in comune), si accoccolarono sul letto con i cartoni aperti in modo da formare un unico grande cartone. Daniel assicurò che il suo compagno di stanza era dalla fidanzata –al che Luce arrossì.
Ma Daniel non fece proprio nulla di tutto quello che Luce un po’temeva e un po’voleva.
Ridevano delle stesse scene, e dopo qualche minuto dall’inizio del film, Luce si rilassò. Durante le scene salienti, gli lanciava qualche occhiata per osservare le sue reazioni e la smise solo quando lui se ne accorse.
Per guardare la scena in cui Anthony Edwards/Nick Goose perde la vita sbattendo la testa sulla calotta dell’aereo, Luce afferrò una fetta della pizza di Daniel, proprio quando lui fece lo stesso. Erano così impegnati a guardare la scena (insomma, le avevano sempre parlato bene di “Top Gun” ed il film era all’altezza delle sue aspettative, non poteva perdersi nemmeno una scena) che finirono per scontrarsi proprio quando anche il povero Goose batté la testa. :-Scusa!- esclamarono entrambi.
:-Assaggia, dài, scommetto che la mia è più buona.- fece poi Daniel, passandole la fetta di pizza.
Luce l’accettò con lo sguardo basso.
Quando poi Tom Cruise/Maverick baciò Kelly McGillis/Charlie, Luce si finse più impegnata che mai a mangiare la pizza di Daniel. Forse perché s’immaginava di mangiare lui…ma di baci, ovviamente.
Il film finì verso le undici passate, e Luce, stranamente sveglia per l’oraro, piegò accuratamente, fin troppo accuratamente, i cartoni sporchi di salsa di pomodoro e patatine, cercando di rimandare il momento in cui sarebbe dovuta sloggiare il più tardi possibile.
Daniel spense la TV, tirò fuori il DVD dal lettore e lo ripose nella custodia. Luce alzò lo sguardo dalla patatina che –lei ne era sicura- la stava chiamando per nome (“Luce, Luce, mangiami!”) e rimase a fissarlo.
Si muoveva con una morbida grazia che a lei parve incantevole. Quante ore l’aveva tenuto per sé quella giornata? Luce sospirò romanticamente e Daniel la guardò; ecco, l’aveva scoperta. Ora doveva inventarsi una scusa per non fare la figura della malata pervertita.
:-Questa patatina mi sta guardando così…come posso rifiutarmi di mangiarla?- intonò teatralmente. Daniel le sorrise, poi le si avvicinò lentamente, s’inginocchiò di fronte a lei (Luce non riusciva a togliergli gli occhi di dosso) e disse in modo altrettanto teatrale :-Io direi che a un’occhiata del genere non si può resistere.-
Eccome se non si poteva resistere: Daniel aveva gli occhi viola più belli del mondo. Ma da chi li aveva presi quegli occhi di quel colore così insolito?, si chiese una Luce non propriamente lucida. A dir il vero, si sentiva come quella volta che si era scolata una bottiglia intera di Vodka (o era Martini?) solo perché era sola a casa e aveva voglia di trasgredire.
:-Poverina.- concordò Luce, riuscendo finalmente ad abbassare lo sguardo sulla patatina. Oddio, era solo una patata e guarda cosa le aveva combinato.
:-Non più.- La mano pallida di Daniel agguantò la patatina prima che lo potesse fare lei :-Ora è nel mio stomaco.- Luce ridacchiò.
:-Ma era fredda!-
:-Fa niente.-, poi, malgrado Luce volesse trattenerlo, Daniel si alzò, raccolse i cartoni piegati e li buttò nel cestino. Tremando, Luce si accorse che il momento di lasciarlo era arrivato. Imitando il suo gesto, Luce afferrò poi il cellulare dal letto, giusto per ritardare di un altro paio di secondi.
:-Qualcuno ha pensato che fossi scomparsa?- scherzò lui.
:-Ah, no. Giusto la polizia, i miei, Nora…Ma davvero! Non mi ha chiamata nessuno. Nemmeno Nora.- esclamò Luce, un po’sorpresa. Nora, di solito, era un po’assillante con le chiamate, soprattutto se di mezzo c’era un ragazzo: anche nel bel mezzo di un incontro romantico, era solita chiamarla per raccontarle come stavano andando le cose. E questo, normalmente, faceva leggermente innervosire il tizio a cui Nora era toccato uscire. Quindi, Luce si aspettava di essere bombardata di chiamate e, per prevenire un eventuale irritabilità di Daniel, aveva impostato il silenzioso; inutilmente, a quanto pareva. :-Wow. Evidentemente crede che io sia proprio al sicuro con te.- aggiunse Luce sovrappensiero.
Un rumore alla finestra. Daniel si voltò, giusto in tempo per vedere una piuma bianca cadere sul davanzale grigio scrostato della sua camera. Aprì la finestra e la prese :-Di nuovo la colomba! Chissà il perché, tendono a schiantarsi contro la mia finestra.-
:-Si schiantano tutte colombe così belle alla tua finestra?- cercò di scherzare Luce, ma era davvero sorpresa. Quella piuma era splendida, enorme, argentea come…non seppe trovare paragoni.
Luce l’accostò alla luce lunare e sussultò per lo sorpresa: se la girava, brillava di mille riflessi.


Angolo Autrice
Ooooh e di chi sarà mai quella piuma? Davvero di una bellissima e grandissima colomba spuntata dal cappello del Mago Forrest? XD
Ok, basta. xD
Uhm, vorrei meglio chiarirvi le idee del contenitore: siete mai andate all'Old Wild West? Proprio il contenitore dove infilano i vassoi. E'la mia idea di contenitore perfetto xD Mi sono ispirata all'ostello dove andai l'anno scorso per la disposizione del buffet **
E Top Gun...=çççççç= No, non l'ho mai visto. Ma ho intenzione di vederlo xD
La prima parte del capitolo è dal POV di Daniel *-* spremevo per scrivere su di lui xD La seconda parte è più dal POV di Luce.
Oooooh come sono contenta delle recensioni *__________* mi lasciate sempre tutte davvero felice. E'soprattutto per voi che leggete (e per chi leggerà LOL se leggerà LOL).
Vi ho risposte già tutte (personalmente ze **) e spero che anche questo capitolo vi piacerà come tutti gli altri *_*
Beijinhos, Angel <3

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Capitolo 6
*** Ad un passo dal baratro ***


Capitolo 5- Ad un passo dal baratro


Il male più autentico espone il bene ad un controverso giudizio.
Emmanuele Marchese


Quel giorno, il ragazzo dai capelli biondo rame non c’era, così il posto accanto alla ragazza pallida –Lucinda? Luce? Sì, si chiamava Luce- era libero. Luce stava prendendo i libri di matematica dalla cartella, i lunghi capelli neri che le coprivano il viso come una tendina, quando lei si avvicinò.
Accorgendosi di lei, Luce alzò la testa e la guardò con i suoi occhi nocciola un po’socchiusi, come se stesse cercando di ricordarsi il suo nome.
:-Ciao.-, disse.
:-Ciao.-, rispose lei :-Posso sedermi?-
:-Sì, direi di sì…credo che Bill oggi non verrà.- fece Luce, sistemando i libri dalla copertina un po’rovinata sul banco. Ne aprì uno, sulla prima pagina c’era scritto “Luce”. La ragazza sospirò: aveva ricordato il suo nome, incredibilmente.
:-Sei del Texas, vero?- le chiese.
:-Già. E tu?-
:-Vengo dall’Oklahoma.- Purtroppo per lei, non sapeva proprio cos’altro aggiungere sul suo Stato, a parte che c’erano dei tornado bestiali d’estate e che, no, non allevava caprette ma adorava il latte e le fragole (due simboli del suo Stato) e sua nonna aveva origini Cherokee (ecco spiegata la pelle dorata) e proprio per questo partecipava al festival etnico nazionale.
C’era anche da dire che ,ogni anno ad Ottobre, prendeva il treno per andare all’Oktoberfest di Tulsa.
:-Ehm, tu ti chiami…?- chiese Luce imbarazzata.
:-Lilith, mi chiamo Lilith.-
:-Figo. E come ti fai chiamare di solito? Lil? Lily?- Ah, giusto. Dato che il vero nome di Luce era Lucinda, si aspettava che anche lei avesse un soprannome.
:-Lilith. Tutti mi hanno sempre chiamata Lilith.-
Luce la fissò stranita. Lilith si ravviò i folti capelli ricci, per spezzare il silenzio. Non stava andando bene; com’era questa cosa che riusciva a farsi guardare strana da una sconosciuta in meno di cinque minuti? Una vocina le sibilò cattiva nella testa che forse era semplicemente perché era lei, Lilith.
Così, decise che era meglio salvare il salvabile :-Ma tu puoi chiamarmi Lil.- fece, e tanto per sembrare più amichevole, cercò di sfoderare il suo sorriso migliore. Peccato che lei non sorridesse quasi mai; di solito, era piuttosto taciturna.
Ed, infatti, Luce doveva aver capito che la sua bocca non era molto allenata a sorridere perché ricambiò il sorriso, sì, però continuava ad avere quell’espressione diffidente.
Lilith pensò che probabilmente non sarebbero diventate amiche. Eppure aveva avuto quell’impressione…una cosa da pazzi –Lilith iniziava a dubitare della propria sanità mentale- ma, quando aveva visto per la prima volta Luce, nella sua mente era scattata una lampadina geniale, una luce nel buio in cui si stava cacciando.
Quella ragazza l’avrebbe salvata dalla solitudine.
Lilith doveva diventare sua amica, la sua migliore amica, o …non sapeva cosa sarebbe successo, ma sicuramente qualcosa di molto brutto. Continuava a sentire quella voce –la sua stessa voce ma distorta, incattivita, che ridacchiava e sussurrava malignamente nella sua testa- e non sapeva proprio cosa le stava succedendo: fino a qualche tempo fa, era una ragazza…abbastanza normale.
Adesso, l’unica certezza che le rimaneva era che sentire voci era il primo segno dell’isteria. Ecco, l’aveva ammesso: stava diventando isterica.
:-Potresti darmi una mano con la matematica? Tu hai buoni voti, io…- Luce si sistemò una ciocca scura dietro l’orecchio. Lilith si morse il labbro: magari l’avrebbe sgamata…Lilith non aveva assolutamente problemi con la matematica, anzi, aveva voti migliori di quelli di Luce, ma non sapeva proprio dove andare a parare per creare un contatto tra lei e Luce.
:-Oh, certo.- disse la ragazza, e sfogliò il libro finchè non trovo la pagina che le interessava. Lilith finse di essere molto attenta e si preoccupò di annuire al momento giusto, di fare tante domande e di ascoltare con gli occhi sbarrati la risposta.
Prese persino degli appunti. Il miracolo tanto sperato avvenne: Luce sembrava meno sospettosa e più contenta. A fine lezione, Lilith raggiunse Luce nel corridoio e la fermò.
:-Il tuo ripasso mi è stato molto utile!-, la ringraziò stampandosi in faccia un’aria entusiasta. Luce, con una mano sulla tracolla, sorrise.
:-Ne sono felice! Se vuoi, potrò darti una mano ogni volta che ne avrai bisogno.- Lilith aprì bocca per dire che sì, sì che ne aveva bisogno, ma una voce dolce, maschile, chiamò il nome della sua nuova amica che si girò con un’espressione talmente luminosa che Lilith si sentì di troppo. Un ragazzo biondo si avvicinò e salutò Luce.
Quello non poteva essere un ragazzo normale, pensò Lilith.
La vocina cattiva le riprese a dire che poteva rubarglielo, quel ragazzo. In fondo, lei poteva assolutamente competere con quella sciacquetta, non era vero?
Lilith scacciò la voce dalla testa, e sorrise al biondo, tendendogli una mano per presentarsi :-Piacere, Lilith.-
:-Daniel. Voi due vi conoscete?- fece lui, guardandola con quei meravigliosi occhi …oddio, di che colore erano gli occhi? Ecco, sono completamente andata, pensò Lilith, ora vedo occhi viola. Lanciò un’occhiata a Luce, poi di nuovo a Daniel.
:-Sì, ci siamo conosciute proprio oggi. Luce è forte in matematica e mi ha aiutata: io sono una schiappa.- rise Lilith, cercando di utilizzare un linguaggio giovanile e colorito.
Daniel la stava fissando, con l’aria di chi cerca di ricordare un volto conosciuto. Poi, sfoderò un sorriso accecante :-Sì, Luce è proprio brava in matematica. Forse ti raggiungerò anch’io tra un po’e ti farò compagnia tra gli allievi della magnifica Lucinda.- La ragazza mora s’illuminò :-Davvero verrai in classe con noi?!-
Lilith non sapeva che sperare: se fosse venuto, il suo posto vicino a Luce sarebbe stato automaticamente suo: sapeva di non poter competere.
Una “guerra” per conquistare l’affetto di Luce non era da prendere in considerazione; ad ogni buon conto, Lilith valutò una possibile situazione da cui lei avrebbe potuto trarre vantaggio: Daniel sembrava simpatico ed amichevole. Se fosse diventata anche sua amica, sicuramente poteva diventare anche l’amica di Luce.
Qualcosa le diceva che quel biondo da sballo aveva qualcuno da presentarle.
Qualcuno chi? :-Sì, direi proprio di sì.- stava dicendo Daniel a Luce, i quali occhi brillavano come due stelle. A Lilith venne da ridere, anche se aveva un mal di testa da paura.
La voce nella sua testa ci stava andando giù pesante e Lilith aveva bisogno di riposare.
:-Sarebbe bello.- fece lei, tanto per partecipare alla conversazione e ricordare ai due di essere tra di loro. Non era da lei immischiarsi, ma doveva farlo: doveva mettere da parte quella timidezza che lentamente si stava trasformando in freddezza –Lilith ormai aveva la sicurezza di morire zitella, circondata da gatti puzzolenti- e tuffarsi nella vita del college, o meglio, nella vita di Luce.
Loro si girarono e le sorrisero: era evidente che lo stare insieme li rendeva talmente spensierati e felici che avrebbero accettato di pranzare con Crudelia DeMon, pensò Lilith, suo malgrado sollevata. :-Allora andiamo a mangiare tutti insieme?- fece Daniel. Davvero coraggioso, il ragazzo.
:-Sì!- Luce era raggiante e prese Lilith sotto il braccio, come se fossero due vecchie amiche che vanno in giro a pettegolare della propria meravigliosa vita.
Peccato che Lilith non avesse una vita propriamente meravigliosa: iniziava ad avere anche vuoti di memoria. Ad esempio, non ricordava di che colore era l’intonaco delle pareti della sua cameretta in Oklahoma, o la voce della nonna che canticchiava per calmare le sue lacrime quando le pettinava i capelli sommersi da strati di balsamo. Non ricordava neppure come si chiamava, la nonna.
Era una cosa da brividi.
Incredibilmente, però, lo stare vicino a quei due ragazzi così vitali la tranquillizzava, la faceva sentire parte del mondo dei vivi più che quello dei morti.

()

C’era qualcosa che non andava nella porta della sua camera.
Lilith continuava a spingere, con la mano stretta talmente forte attorno alla maniglia che le nocche erano sbiancate, eppure la porta di legno d’acero non voleva proprio aprirsi. Rimaneva lì, fissa, dritta, a bloccare Lilith dal riposo tanto agognato. La ragazza sospirò, e si accasciò con la schiena contro la porta.
Mentre scivolava lungo il legno, ebbe l’impressione di udire una risatina malevola riecheggiare nel corridoio.
:-Chi va là?- fece Lilith, improvvisamente sveglia.
Si tirò su e guardò nel buio del corridoio; ma era talmente scuro che non riusciva a vedere niente.
Così pensò di andare a dare un’occhiata più da vicino e si avviò verso il corridoio, con il sottofondo prima del morbido calpestio delle Superga sulla moquette del tappetino sull’uscio della porta e poi del cigolare sul parquet appena lucidato del corridoio.
Molto lentamente, mentre l’aria intorno a lei pareva raffreddarsi inspiegabilmente, e il suo fiato si condensava nel buio del corridoio, Lilith si fermò proprio in mezzo alle tenebre.
Si diede della sciocca per la paura che provava, allora sussultò: di nuovo la risatina. La ragazza iniziò a tremare e pensò che era meglio tornare indietro, magari bussare alla porta di Luce…ma qual era la porta di Luce?
Lilith girò su sé stessa, diretta verso la camera, e anche le tenebre, per quanto poteva sembrare strano, vorticarono insieme a lei.
Lilith quasi urlò dallo spavento: davanti a lei, c’era una chiesa antichissima, candida, che combaciava benissimo in quello sfondo di sabbia e sole. I raggi le scaldavano la pelle e Lilith iniziò a sudare: aveva addosso la felpa e i jeans.
Poi, proprio quando pensò di chiedere aiuto, intravide una coppia incamminarsi verso la chiesa. Lilith strizzò gli occhi per vedere meglio e sorrise. Erano una coppia bellissima.
Lo sposo aveva capelli corvini e occhi verde smeraldo –Lilith ebbe l’impressione di conoscerlo, perché persino la vocina nella sua testa si era ammutolita, sorpresa ed affascinata da quello sposo stupendo- e la sposa…
Lilith svenne sotto il sole cocente di Gerusalemme e, da giallo come un tuorlo d'uovo, il mondo diventò blu notte.
La sposa era lei.

Mise una mano davanti a sé come a proteggersi da quella rivelazione, ma quando aprì gli occhi, era accasciata vicino alla sua porta e gli occhi nocciola di Lucinda la scrutavano preoccupati
:-Hai la febbre?-, chiese, portandole una mano alla fronte calda. :-Mmmh, direi di sì.- mormorò poi.
:-Ho visto…ho visto una cosa.-, provò a spiegare Lilith :-Un minuto prima faceva freddissimo e poi…- ma ci rinunciò, notando lo sguardo di Luce.
:-Hai la febbre talmente alta che hai avuto un’allucinazione.- fece, aiutandola ad alzarsi. Lilith non rispose: era troppo stanca.
Eppure, la vocina nella sua testa non aveva ancora detto una parola.



Angolo Autrice
Ta-dààààà! XD
Che pensavate, che Luce e Daniel erano gli unici protagonisti di questa storia???Ma no, assolutamente no xD
Ringrazio le mie incredibili lettrici *___* mi fate sempre commuovere xD
Sapete la storia di Lilith? Era la prima moglie di Adamo e venne maledetta da lui per essersi rifiutata di sottomettersi. Cioè, io la trovo in realtà una gran donna .-. Nei secoli successivi è sempre stata dipinta come la madre di tutti i demoni...solo per essersi rifiutata di sottomettersi al marito.
Ma dai! Maschilismo puro...allora io riprendo questo bellissimo personaggio e ci scrivo sopra, tiè u.u xD
Beijinhos, Angel <3

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Capitolo 7
*** Turchese ***


Capitolo 6- Turchese


L'amicizia e l'unico legame che porta difficoltà anche per un Angelo.
Susan Randall


A fine ottobre, tutto il college era certo che Luce e Daniel stessero insieme; solo i due diretti interessati continuavano a comportarsi come due buoni amici, ignorando le occhiate d’apprezzamento di Nora&Compagnia bella.
Luce, ad esempio, continuava a sedersi accanto a Lilith –cercando di ignorare gli sguardi di pura tristezza che le lanciava Bill- e Daniel continuava a sedersi affianco a Bill –cercando di ignorare anche lui le occhiate strambe del ragazzo. Nella pausa pranzo, andavano a mensa insieme ,ma seguiti a ruota da Lilith, e parlavano di tutto tranne che delle “imminenti” vacanze di Natale, sospirate e desiderate da tutti gli studenti del college.
Lo stress del primo anno, difficile da sopportare per le matricole, era alle stelle: solamente Luce, Daniel e Lilith ne sembravano immuni. Per i corridoi, non si faceva altro che parlare della località vacanziera scelta dai genitori degli studenti dove trascorrere il Natale e anche Capodanno (alcuni, persino l’Epifania) e, quando Luce passava davanti a un gruppetto dagli occhi sognanti che descriveva animatamente le fantastiche piste sciistiche di Aspen , lei sbuffava sotto voce e affrettava il passo.
Non le piaceva sapere che il momento di separarsi da Daniel (…e ovviamente dai suoi amici) era così vicino, nonostante mancasse un altro mese e mezzo. Sapeva che avrebbe odiato quelle settimane con tutta sé stessa. Probabilmente i suoi amabili genitori le avrebbero chiesto cosa non andava e lei non poteva raccontar loro di Daniel! Insomma, raccontare poi cosa? Luce preferiva rimanere al sicuro dalle occhiate speranzose di sua madre (“La mia piccolina finalmente è innamorata!") e da quelle preoccupate e gelose di suo padre (“Se questo giovanotto non tratta bene mia figlia, gli spezzo le gambe!”), rintanata sotto le calde coperte del suo letto.
Come quella mattina: il vento gelido soffiava dallo spiraglio della finestra socchiusa, agitandone le tendine e annunciando un tempo in perfetto stile Halloween. Luce si schiacciò il cuscino sulla testa, mugolando ancor di più quando Nora glielo sfilò di mano.
:-Alzati, poltrona! Il meteo preannuncia un vento fortissimo dal Nord che porterà una festa fighissima all’Emerald College…e arriverà una nevicata d’amore per la nostra carissima Lucinda.- A questo punto, Luce sapeva che Nora la stava guardando male con le mani piazzate sui fianchi e sapeva anche che avrebbe dovuto alzarsi o sarebbero arrivate fortissime cuscinate dall’alto, altro che nevicate e venti gelidi.
:-Luce,- cantilenò Nora, allungando le vocali. Luuuceee. :-Svegliati! C’è Daniel che ti aspetta di sotto. Vuoi far aspettare quel bel bocconcino?-
Luce balzò dal letto in modo davvero comico, e ci sarebbe stato anche da ridere se non fosse stato per i soffi di vento che arrivavano dalla finestra. Le due ragazze lanciarono un’occhiataccia alla finestra: come faceva quella corrente malvagia a passare per quello spiraglio di un millimetro?
:-Chi ha lasciato aperta la finestra?- chiese Luce, ancora mezza addormentata.
:-Non è aperta, tesoruccio! Guarda…- Nora si diresse saltellando –cioè, proprio saltellando allegramente- verso la finestra e scostò le tendine. Luce inarcò un sopracciglio e, troppo stanca per discutere, fece spallucce.
:-Scendiamo a fare colazione che è meglio.- borbottò, ma le labbra erano curvate in un sorriso. Nora, che cercava di rimediare al suo errore chiudendo la finestra, si voltò a guardarla.
:-Vorresti scendere con il pigiamone della nonna? Guarda che Dany se ne fugge!- fece, accennando una risatina. Poi le indicò l’armadio. :-So già cosa ci sarà quando lo aprirai: vaste distese di jeans e maglioni, montagne altissime di felponi in pelliccia che potrebbero gareggiare con l’Everest in metri d’altezza, tristissime lande di lupetti e dolcevita, e, dulcis in fundo, tre paia di squallide imitazioni di Ugg alti fino al ginocchio e un paio di Converse che sorridono, sul serio, a questa splendida giornata di nuvole.- cantilenò, con falso tono adorante, agitando le braccia per accompagnare la descrizione come se fosse stata una guida turistica di fronte all’Himalaya.
Per tutta risposta, Luce le lanciò uno sguardo disinteressato. Aveva i capelli sparati in tutte le direzioni e, rabbrividendo nel “pigiamone della nonna” (non era della nonna: era della zia.), aprì le ante del suo armadio, indietreggiando alla vista dell’effettivamente triste massa di vestiti. Sospirò e si voltò verso Nora.
:-Puoi prendere qualche vestito mio.- le suggerì, con un cenno verso l’altro armadio. Riuscendo pienamente ad entrare nel clima di Halloween, Luce si avviò in stile zombie verso l’armadio di Nora. I vestiti però erano troppo appariscenti per Luce, che chiuse le ante e ritornò al suo familiare e rassicurante accatasto di jeans e pullover.
Ovviamente sconsolata, Nora scosse la testa :-Almeno metti un accessorio appariscente! E’Halloween oggi, baby.-
:-Dany…- continuava a bofonchiare Luce sottovoce, mentre frugava nell’armadio alla ricerca di qualcosa di “streghesco”. Alla fine tirò fuori un paio di jeans grigi attillati –Nora annuì caldamente quando lei glieli mostrò- e un pullover nero che, in termini di lunghezza, per Nora corrispondeva ad un vestitino.
:-Almeno le scarpe!- implorò Nora, in un ultimo tentativo. :-Mettiti le mie scarpe con il tacco! Dài, dài!-
:-Non li voglio i tacchi.- biascicò Luce, strascicando le sillabe. :-Oggi non sono in vena di libri, di vestiti e di scarpe alte. Voglio i miei Ugg falsi.-
Filò in bagno e si chiuse dentro per una mezz’ora buona. Ne uscì fuori con un aspetto decisamente migliore. Afferrò al volo un cinturone che Nora le aveva lanciato e lo sistemò scivolato sui fianchi. :-Basta con la moda, per oggi.- Però sorrise quando si guardò un’ultima volta allo specchio intero (istallato da Nora in un raptus di “non so come sto perché non c’è un diavolo di specchio in questa stanza”) e s’infilò un basco.
Che bello riavere i capelli lunghi. Mi mancavano tantissimo.
Luce spalancò gli occhi. Per quanto ricordasse, lei li aveva sempre portati lunghi. Le piacevano tantissimo, diceva sempre che erano la sua unica vera bellezza: folti, lucidissimi, neri, ondulati, corposi e in salute, le lambivano metà schiena in una soffice carezza. Scosse la testa per quell’improvviso ed assurdo pensiero, e aprì la porta, aspettando che Nora le passasse sotto il braccio teso. Sentendosi improvvisamente euforica per la presenza di Daniel nelle vicinanze, affrettò il passo.
:-Luce! Ehi…- Una voce femminile e abbastanza profonda la stava chiamando. Luce si voltò ma non vide nessuno, quindi si rigirò.
:-Oh!- fece, dopo essere quasi sussultata. :-Lil…ciao! Da dove sbuchi?- Nelle ultime settimane, Lilith era diventata una presenza importante per Luce. Non era affettuosa o frivola come Nora, e non aveva la stessa risata contagiosa; era, piuttosto, calma e controllata, saggia per la sua età; però Luce doveva ammettere che l’inquietudine che a volte le balenava negli occhi le metteva un po’ paura. Forse aveva qualche problema in famiglia…fatto sta che le dava ottimi consigli e sapeva ascoltarla molto meglio di Nora.
Lilith restò immobile, altra cosa strana. :-Dalla mia camera. È davanti la tua.- disse, con quel suo tono pacato. I leggings le fasciavano le gambe esili e la semplice felpa viola non le sembrava molto calda. Luce si chiese se avesse una compagna di stanza che le consigliasse cosa mettersi addosso.
:-Non senti freddo?- le chiese.
La ragazza fece spallucce, però poi portò i foltissimi capelli rossi sulle spalle come a scaldarsi. Quando diede loro le spalle, dirigendosi verso la mensa, Nora lanciò un’occhiata a Luce. Lilith non le piaceva molto e non era contenta di fare colazione con lei.
Gli studenti iniziavano a svegliarsi e i corridoio si stavano popolando. Le tre ragazze raggiunsero per prime la mensa e si affrettarono a prendere le cose più buone prima dell’arrivo degli altri ragazzi affamati. Luce scandagliò la sala ma non c’era ombra di Daniel. Dov’era finito? Si era alzata solo per lui!
Lilith posò il vassoio su un tavolo e fece cenno alle altre due di sedersi. La posizione del tavolo era strategica: tutt’e tre vedevano la gente entrare nella sala. Luce le fu grata per la pensata geniale. Appena sarebbe entrato Daniel, l’avrebbe vista subito. S’impose di rilassarsi e diede un morso alla cialda. Quel giorno era martedì: il giorno delle cialde per la famiglia di Luce. Piano piano, bevve un sorso di caffellatte. Faceva tutto a rallentatore, un po’per il freddo, un po’ perché voleva aspettare Daniel.
Nora invece mangiava tutto di fretta, agitando le gambe sotto la sedia. Sul vassoio di Lilith non c’era molta roba, però, rispetto agli altri giorni, andava meglio. Sembrava che la ragazza fosse meno inquieta e più raggiante quando era con le amiche; ma forse, era una regola che valeva per tutte le persone.
Poi Nora le diede una gomitata e il cuore di Luce prese il volo. Batteva tanto forte nel petto che le faceva male. Si portò una mano al cuore, e alzò lo sguardo molto lentamente, in modo da vedere prima gli stivali bassi da motociclista, poi i jeans blu scuro, la cintura, il maglione nero, la sciarpa rossa, ed infine il meraviglioso viso di Daniel illuminato da quel sorriso dolcissimo che rivolgeva solo a lei, caldo come il fuoco del caminetto.
Nel vederla, alzò una mano in segno di saluto. Nora trasformò la sua risatina in tosse, Lilith fece finta di non averlo visto. Purtroppo per Luce, le sue reazioni alla vista di Daniel davano molto nell’occhio. Qualcuno le passò un bicchiere d’acqua e lei lo bevve in un sorso solo.
:-Ciao.- fece lui. Perché la sua voce era così flautata? Le metteva i brividi. Lei dovette deglutire più volte prima di riuscire a rispondergli senza che le uscisse un suono strano vagamente somigliante ad un “ciao”.
:-Ciao, Daniel…fai colazione con noi?- chiese Luce, cercando di sembrare disinvolta. La sua voce non era assolutamente melodiosa ma forte come quella di Daniel. Oh, diamine.
:-Certo. Vado a scegliere cosa mangiare, sono davvero affamato!- rise lui, indicando il buffet dietro di lui su cui si avventavano diversi studenti. Una volta che si fu allontanato e il cuore di Luce fosse tornato ad un battito normale, Nora le rifilò un’altra gomitata.
:-È davvero affamato…capito, Luce?- ridacchiò maliziosamente.
Lucinda arrossì violentemente, cogliendo suo malgrado il doppio senso. Sfortunatamente per lei, Daniel tornò proprio in quel momento –come diavolo aveva fatto? Chi era, Flash degli Incredibles?- e la trovò così rossa in viso che le chiese se si sentisse bene. Luce non sapeva cosa dire ma Lilith intervenne coraggiosamente in suo aiuto.
:-L’aria qui è troppo calda…e Luce soffre di couperose.-

()

:-Come vorresti festeggiare Halloween?- le chiese Daniel, la sciarpa rossa mollemente drappeggiata sul braccio. Luce lo guardò, poi si portò una mano al collo. Ottenne l’effetto desiderato: lui le avvolse la sciarpa attorno al collo, con un sorriso sulle labbra. Le sue guance erano rese ancor più pallide dal freddo pungente del trentun ottobre e sembrava che gli avessero sbriciolato degli ametista negli occhi per quanto splendevano, due fari nel buio della serata.
Com’era questa cosa che ogni luogo esaltava la sua bellezza? Luce sospirò. Cosa doveva fare con lui? Era evidente che le voleva bene ma fino a che punto? Era meglio non fare figuracce da suicidio, non avrebbe voluto ricevere un due di picche che le distruggesse la vita.
:-Tu come festeggi di solito?- domandò Luce, cercando di distogliere lo sguardo da lui e di puntarlo nel panorama notturno fuori la finestra. Gli studenti avevano dato il loro meglio: le zucche addobbavano l’entrata e campeggiavano su ogni finestra; dei pipistrelli in cartoncino pendevano dal soffitto e gli ambienti erano illuminati dalla luce soffusa delle candele.
C’erano streghe, vampiri, lupi mannari, persino i professori sfoggiavano maschere terrificanti, e tutto era nei colori del nero e dell’arancione. Il tocco finale erano gli alberi spogli, i rami scheletrici che si protendevano nel buio, quasi come se volessero raggiungere il cielo
La camera di Daniel, invece, era un quadrato di normalità. Nessuna decorazione, niente di niente. L’unica cosa splendente era lui, pensò Luce. L’unica concessione alla festività era la bandana arancione che aveva legato al collo; il resto dell’abbigliamento era nero, semplice. Luce non si sarebbe mai stancata di osservarlo, il che era patetico: quel povero ragazzo doveva sentirsi in imbarazzo ogni volta che la incontrava.
:-Di solito mangiavamo qualsiasi cosa avesse dentro un grammo di zucca; e quand’ero più piccolo, andavo in giro a chiedere dolci. Poi ritornavo con un sacchetto pieno zeppo di roba, e allora s’iniziava a mangiare. Il nostro quartiere era bellissimo quando veniva Halloween.- iniziò a raccontare lui :-Dovresti vederlo, adesso: era da film, in pieno stile americano.-
:-Allora andiamo a bussare a tutte le porte!- propose ridendo Luce. Le piaceva sapere di più sulla vita di Daniel, specie se a raccontarglielo era il diretto interessato. E anche se le avesse spiegato la lezione di matematica, a lei sarebbe andato benissimo: l’importante era ascoltare la sua voce.
:-Massì. Al massimo ci chiuderanno la porta in faccia.-

Poco distante dal college, c’era un quartiere che Luce non aveva mai visto. Un sacco di bambini erano in giro con indosso lenzuola bianche fresche di bucato a bussare alle porte, in mano una lanterna a forma di zucca intagliata. E da come sorridevano, Luce ipotizzò che avevano ricevuto parecchi dolcetti.
Era bello osservare quella scenetta familiare con Daniel. Le sembrava di averlo sempre fatto.
:-Dai, andiamo.- fece Daniel, tirandola per un braccio. Quando si voltò per sorriderle, la luce di tutte quelle lanterne creava ghirigori di bagliori aranciati sul suo viso, e gli occhi violetti brillavano.
Ridendo, si diressero verso il centro del quartiere in festa. S’inginocchiarano davanti ai bimbi, donando loro qualche manicaretto cucinato dagli studenti dell’Emerald College e augurando loro un felice Halloween. Parteciparono alla parata del rione, ballando e cantando le canzoni di Nightmare Before Christmas, insieme alle famiglie. Erano gli unici giovani del gruppo, e, chissà perché, si sentirono molto più a loro agio che se fossero stati circondati da ragazzi urlanti.
La luce di una lanterna illuminò una coppia; la donna stringeva le maniglie di una carrozzina e rideva. Sembravano felici e Luce si augurò che anche lei e Daniel fossero così felici un giorno. Arrossì e, evitando di fissare il ragazzo al suo fianco, continuò a guardare la famigliola.
:-Credo che ci meritiamo anche noi qualche dolce. Come premio, che ne dici?- chiese Daniel, mettendole un braccio attorno alla vita. Luce si passò una mano tra i capelli ed annuì. Si diressero verso le bancarelle, dove una donna pienotta distribuiva torroni e pancake alla zucca appena sfornati. Ne presero due, lasciando una mancia alla signora.
Poi Luce inciampò.
:-Mi scusi!- esclamò, alzando gli occhi.
Le luci ballavano sul volto della donna, illuminandone gli occhi nocciola screziati di verde e facendo risaltare ancor di più l’espressione stupita. Attorno a loro, vampiri e streghe camminavano tranquillamente dopo essersi sfrenati nei balli. L’uomo accanto alla donna spalancò gli occhi. Erano di un colore magnifico, turchese cielo. Lei portava i capelli mossi sciolti ed era vestita normalmente; lui aveva una felpa dei Dodgers e dei jeans.
Ed, all’improvviso, la parata, le luci, le zucche intagliate e le persone travestite da scheletri scomparvero, ruotarono e si dissolsero in un vortice di colori.
Luce si ritrovò nel bel mezzo di un terrazzo che dava sul mare. Un mare stupendo, che Luce aveva visto solo sulle cartoline. San Francisco. Di fronte a lei, l’uomo e la donna di prima ma parecchio più giovani, più giovani di lei adesso. Parlavano ma le loro parole giungevano ovattate alle orecchie di Luce; erano amici, forse?
:-Lucinda?-
Fu come essere tirata fuori da un sogno, la voce di Daniel che penetrava nella sua mente come il coltello nel burro morbido. E Luce si risvegliò, passando dalla coppia a Daniel con lo sguardo, ancora mezza intontita.
Le sembrava che Daniel avesse urlato eppure era stato solo un sussurro. I due con la carrozzina continuavano a fissarla, sconvolti come lei.
:-Mi scusi…- ripeté Luce, in un vano tentativo di collocare quei volti nello spazio e nel tempo e di non far vedere quanto fosse turbata. La donna borbottò qualcosa, poi spinse in avanti la carrozzina rosa. Daniel tirò Luce in avanti e le chiese se avesse un calo di zuccheri; per rassicurarlo, Luce diede un morso al suo pancake alla zucca.
Sentiva gli occhi turchesi dell’uomo perforarle la schiena e, allora, seguendo l’istinto, si voltò. Sì, la stava ancora osservando, con un sorriso sulle labbra. Aveva un che di familiare. Con le labbra formulò una sola parola.
Luce”.


Angolo Autrice
Ta-daaaaa! XD
Rieccomi. Mi sono divertita troppo a scrivere questo capitolo, fondato molto sull'amicizia xD Non vedevo l'ora di mettere un altro po'di anormalità u.u
Non credevate che Luce e Daniel si meritassero un altro scontro con il passato? Halloweeeeeeen **
Io adoro Halloween.
Ringrazio tutte per le recensioni così entusiaste, mi fate arrossire *//////* Evvai, la storia di Luce&Daniel continua u.u
P.S. uah uah, il triste guardaroba di Lucinda ricorda molto il mio =D Davvero, è orrendo, ma in fondo è comodo u.u
W il casual u.u
Besitos, Angel <3

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Capitolo 8
*** Fuoco in Paradiso ***


Capitolo 7- Fuoco in Paradiso


Se gli angeli pensano soltanto a se stessi ad assicurarsi il posto in Paradiso, sono più egoisti degli Dei stessi.
Arjan Kallc


Camriel rimase seduto con le ali ,tornate bianche e pure come le nuvole che lo circondavano, piegate compostamente sulla schiena.
A testa china, finse di ascoltare il chiacchiericcio degli altri angeli attorno a lui tenendo le labbra strette, come se veramente gl’importasse del parere di quegli sciocchi pennuti che, come burattini soldato, seguivano solo e soltanto il Trono.
Bhe, per Camriel ciò che diceva il Trono entrava da un orecchio ed usciva dall’altro. Per lui, Arriane e Roland avevano torto marcio: il Trono non era stato affatto clemente con Luce e Daniel.
Certo, una vita non condizionata dalla natura angelica che spingeva ad amare e venerare il Trono poteva essere un vero dono; ma non quando si aveva lottato per così tanti anni. Camriel sarebbe stato bene felice di fare a cambio con Luce e Daniel, comunque: lui non aveva nulla da perdere. A lui non importava nulla né di essere tornato in Paradiso, né se fosse rimasto all’Inferno.
La situazione lassù, tra le candide nuvole e i Giardini, non era effettivamente tranquilla. Camriel lo avvertiva fino alla punta delle ali: gli angeli erano in subbuglio. Parlottavano con le loro voci melodiose, aprendo e chiudendo nervosamente le grandi ali, passandosi le mani candide tra i capelli luminosi, e serrando le mascelle per la tensione.
E lui credeva anche di sapere quale fosse il motivo per il quale in Paradiso le nuvolette si stavano riempiendo di pioggia. Era lo stesso motivo di settemila e passa anni fa.
Luce e Daniel.
Uno sbuffo talmente grazioso da parere un sospiro d’amore uscì dalla bocca di Camriel. Era tanto difficile lasciare in pace quei due? Insomma, ormai la “punizione” era decisa, no? E allora? Cosa volevano ancora?
Il cielo rosa quarzo e oro era infinito davanti agli occhi dell’angelo e, se avesse chiuso gli occhi, sapeva che dietro le palpebre sarebbero apparsi milioni di ghirigori luminosi e dall’effetto più calmante di uno di quei tranquillanti sulla Terra.
Il Paradiso si plasmava sotto il volere del Trono; pur essendo un luogo di pura luce, era concreto e si poteva vedere e toccare. I cancelli che delimitavano i Giardini, ad esempio, erano di ferro battuto e se Camriel premeva il dito con forza sulla punta acuminata del cancello, ne usciva una goccia di sangue. Lo aveva fatto una volta, giusto per vedere quanto fosse reale il posto dove viveva; quando aveva visto il sangue scorrere placido lungo il dito, era rimasto contento.
Improvvisamente, in un battito di ciglia, il cielo cambiò colore: il rosa era diventato nero e l’oro grigio, come se si stesse preparando una tempesta. Gli occhi verde smeraldo di Camriel brillarono di rabbia al pensiero di essere di nuovo convocato dal Trono. Preferiva starsene tranquillo, da solo.
Una voce proveniente da ogni dove, come se ci fosse stato un altoparlante a diffonderla, parlò in tono calmo ma deciso e l’animo di Camriel, suo malgrado, si acquietò. Odiava quella sensazione, l’essere controllato come una marionetta quand’era in Paradiso, eppure, al contempo, ne era davvero felice, e non perché fosse il Trono stesso ad averlo previsto: Camriel aveva bisogno di sentirsi calmo. La sua vita, da parecchi anni, aveva preso una brutta piega e ormai non c’era più nulla che desse uno scopo consistente all’essere diventato un angelo.
:-Messaggeri miei, vi convoco ai Giardini per un’assemblea molto importante.- disse la Voce. Guidato da una forza che non gli apparteneva, Camriel si alzò e volò dritto dritto verso i Giardini, felice di aver un compito. Una parte della sua mente gli diceva di svegliarsi.
Davanti a lui, altre tantissime paia di ali fibrillavano per l’emozione di rivedere il Trono…nel profondo, Camriel sapeva che sarebbero stati presto delusi.
Il Trono non aveva intenzione di mostrarsi; sarebbe rimasto una voce che parlava e di colpo sarebbe scomparsa. Nonostante tutto, gli angeli sarebbero rimasti euforici e lieti dell’evento e Camriel li avrebbe guardati con disgusto; lo stesso disgusto che avrebbe riservato a sé stesso, dopo essersi comportato come tutti gli altri, ubriaco della Voce.
:-Come già sapete, Lucinda e Daniel Grigori si sono rincontrati nella loro ultima vita mortale. Il Trono aveva fatto in modo che nessuno dei due si sarebbe ricordato dell’altro…tuttavia, il Trono è a conoscenza dei flashback, seppur sbiaditi e poco concreti, che qualvolta assaliscono la mente sia di Lucinda che di Daniel Grigori.
Tutto ciò è pericoloso.
Fino a quando non ricorderanno le loro reincarnazioni, non saranno un problema e ciò non riguarderà il Paradiso.
Ma se mai le loro memorie passate dovessero presentarsi alle loro menti, mettendoli dunque a conoscenze del Paradiso e di tutto ciò che è avvenuto in questi settemilacinquecento anni, allora sarebbe inaccettabile e il Trono si vedrà costretto ad intervenire.
Il compito di voi Messaggeri di Pace è semplicemente quello di sorvegliare Lucinda e Daniel Grigori, affinché possiate riferirmi le loro rievocazioni.-
La Voce si spense ed il cielo tornò rosa quarzo e oro. Tutto ciò che rimase dentro Camriel, mentre osservava gli angeli andarsene dai Giardini, incamminandosi lungo i sentieri in gruppi di due o tre, fu un senso di panico.
Si guardò intorno, scrutando l’erba ben curata e le peonie bianche che sbocciavano qua e là circondati dai Cancelli. Dov’era Arriane?
Poi, lei gli fu addosso, i riccioli neri screziati di rosso di nuovo lunghi, che le davano un aspetto più angelico facendola quasi apparire meno folle, gli sferzarono il viso. Si girò a guardarla, incontrando i suoi occhi velati dello stesso sentimento di Camriel. Panico puro.
:-Hai sentito, Cam?- gli chiese lei, spalancando ancora di più gli occhi. Sembrava quasi che le stessero per uscire fuori dalle orbite.
:-Sì.- poi sghignazzò :-Evidentemente, nemmeno Dio può far dimenticare anni di amore vero.-
Arriane lo guardò di sbieco, attorcigliandosi un ricciolo attorno al dito; Camriel sapeva che stava soppesando le sue parole. Pensava ancora a Lilith?, si stava chiedendo. Lui poteva quasi vedere una nuvoletta formarsi sopra la testa circondata di luce di Arriane.
Le sue ali argentee scintillanti di milioni di riflessi fremettero. :-Evidentemente no. Anch’io lo sapevo. Senti, ultimamente sono andata a “trovarli”, diciamo così…- lo disse con tono innocente, sussurando, come una bambina che aveva rubato un documento al papà qualche giorno prima e ora lo stava rivelando al fratello.
Camriel sbarrò gli occhi, sorpreso. :-Squilibrata,- iniziò :-Ripetimi cos’hai fatto.-
Una luce dura scintillò negli occhi dell’angelo :-Ho avuto molto più coraggio di te, ecco cos’ho fatto. Ora vieni, andiamo in un posto più isolato.-
Lo prese per un braccio e spalancò le ali, invitandolo a fare lo stesso. Lo condusse oltre le nuvole, giù, sempre più giù, a Camriel mancava il respiro, si sentiva girare la testa, l’ossigeno era come veleno per lui, dov’erano i Giardini?, ne aveva dannatamente bisogno, perché si era lasciato trascinare da quella pazza?, l’avrebbe ucciso!, be’, non era tanto importante, tanto valeva morire ma doveva aiutare Luce e Daniel e…
E, poi, finì tutto.
Camriel e Arriane atterrarono sul suolo, infinitamente più duro rispetto al Paradiso ,della Terra.
Boccheggiando, Camriel tese le mani davanti a sé appena si rese conto che stava cadendo. La sua visuale si abbassò di tre quarti, improvvisamente il terreno era più vicino al suo viso che ai suoi piedi. E poi cadde, riverso al suolo, in debito di quell’aria pura e misteriosa che si suoi polmoni bevevano in Paradiso.
:-Oh, andiamo!- sbottò Arriane. Accorgendosi poi che lui non si rialzava, ma rimaneva a terra ansimante, fece roteare gli occhi. Addolcendo il tono, aggiunse :- Scusami, Cam. Non mi ricordavo che fosse così difficile la prima volta.- Arriane s’inginocchiò di fronte a lui, poggiando i palmi per terra. :- Non preoccuparti, tra poco ti riprenderai, mollaccione.-
Aspetta che mi riprenda, Arriane! Ti farò sentire!, pensò Camriel. L’occasione si presentò dopo tre quarti d’ora. :-Sei una folle…una squilibrata..- ingiuriò l’angelo, mentre si rialzava tremando.
:-Intanto, io ho visto Luce e Daniel e tu no. Ora, faresti meglio a seguirmi o resterai lì per sempre.- Poi si fermò. Gli occhi le si velarono mentre si perdeva nei meandri delle memoria :-Ricorda tanto la Caduta, eh?- fece lei, sussurrando. Dopodiché gli diede le spalle ed iniziò a camminare. Camriel non aveva altra scelta che seguirla. :-Dove siamo?- chiese, con la voce flebilissima.
:-Nel Connecticut, dove se no?- replicò lei, allargando le braccia come se quella fosse una domanda ovvissima.
:-Oh, bene. Siamo vicino all’Emerald College?- strascicò le parole; poi si sorresse ad un braccio di Arriane, la mente troppo annebbiata persino per pensare.
:-Sì. Ovviamente dovremmo nasconderci. Né Luce né Daniel dovranno vederci…si ricorderebbero tutto, ne sono certa.- canticchiò lei; Camriel era certo che, nell’eventualità che Daniel e Luce li avessero visti, Arriane avrebbe ballato la macarena dalla felicità. Andare contro il Trono, però, era troppo pericoloso; non si sarebbe permessa.
Trovarono il rifugio ideale dietro un muretto; come le geishe che chiudono i ventagli, loro chiusero le loro ali in modo che, se mai qualche studente li avesse visti, avrebbe pensato che erano due ragazzi della scuola che cercavano un po’di tranquillità.
Attesero…fino a quando Luce e Daniel non uscirono dal college nella fredda aria di novembre. I due stavano chiacchierando spensierati: Luce si sistemava una ciocca scura dietro l’orecchio ogni tanto, Daniel le circondava la vita con un braccio. Arriane gongolava dalla felicità.
Quando lei si girò a guardare l’espressione di Camriel, aveva la scintilla folle che la caratterizzava. Un fuoco d’artificio esplose nella mente dell’angelo: lei voleva che Luce e Daniel li vedessero.
:-Non vorrai mica…-
:-Oh, sì.- lo contraddisse lei, lentamente, tenendo gli occhi fissi sulla coppia.
Un brivido corse lungo la spina dorsale dell’angelo. Arriane stava rischiando grosso. :-Il Trono te la farà pagare.- l’avvertì ma lei scoppiò in una risata.
:-Il Trono voleva che noi li controllassimo. Ed è quello che stiamo facendo, no?- Camriel scosse la testa.
Poi il portone del college si aprì.
Il cuore di Camriel mancò un battito; credette di morire. Afferrò forte un braccio di Arriane, la prima cosa che gli capitò davanti. Era lei. Era proprio davanti a lui, ad un passo. L’angelo sentì le proprie ali aprirsi di scatto, come se la girandola di sentimenti che stava provando potesse estendersi fino a loro, come se in qualche modo potesse controllarsi meglio. Stava per scoppiare.
La ragazza dai capelli rossi attraversò il prato, rivolse ai due ragazzi un saluto al tempo stesso diffidente e dolce –al che Camriel spalancò gli occhi: da quando Luce e Daniel erano suoi amici?- e poi si andò a sedere su una delle panchine circondate dai cespugli di peonie, e sprofondò nella lettura di un libro di cui Camriel non riusciva a vedere la copertina.
:-Non può essere.- sussurrò. Al ricordo di Gerusalemme, l’angelo si sentì ancora più debole. Affianco a lui, persino Arriane aveva trattenuto il fiato.
:-E’proprio lei, Cam. La stessa.- sussurrò con un filo di voce. Lo abbracciò forte a sé, come a impedirgli di compiere qualche sciocchezza o di tenere insieme i pezzi.
Perché un antico dolore era riaffiorato in tutta la sua potenza nell’animo di Camriel.


Angolo Autrice
Soooorpreseeee ,eh????XD
Zeeeeee Cam is back!!! E ovviamente, doveva vedere Lilith!*_*
Non vedevo l'ora di scrivere questo capitolo *____* Avete visto quant'è tosta Arriane? ù.ù Se lo mangia il Trono lei muahahahah
Aspetto vostre amorevoli recensioni **
Besos, Angel <3

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Capitolo 9
*** I confini sono fatti per essere oltrepassati ***


Capitolo 8- I confini sono fatti per essere sorpassati


Ma i sensi di colpa non si possono lavare via, quelli ti seguono ovunque.
Ti dormono accanto, in qualunque luogo tu sia.
È un po' come quando si ha paura del buio, non importa dove ti trovi, il buio è tutto uguale.

Sara Rattaro


Quel giorno, Daniel e Luce avevano avuto molto da fare.
Il college stava diventando serio e molti studenti si lasciavano cadere sulle sedie e, con un gran tonfo, poggiavano i grossi libri sul tavolo, totalmente distratti e inconsapevoli del barattolino con la maionese, facendola schizzare dappertutto.
Ma nemmeno questo riesce a farli deprimere, pensò Lilith alzando lo sguardo dal suo enorme libro di matematica. Ormai i numeri si confondevano tra di loro; il segnale che la mente di Lilith non poteva sopportare altro.
Con un gran botto, lo chiuse seccamente, si alzò dalla sedia e si diresse oltre la mensa, uscendo in giardino. Si sedette alla stessa panchina, come faceva da giorni, rabbrividendo nel freddo di novembre.
Stringendosi più forte nella giacca rosso granato con la pelliccia, si guardò intorno come se potesse scorgere qualcuno nascosto dietro un cespuglio di peonie.
Scosse la testa, eppure ne era sicura. L’altra volta, quando aveva letto un libro su quella panchina –che poi era diventato il suo posto abituale- aveva avuto la netta impressione di qualcuno che la stesse osservando. Aveva sentito degli occhi bucarle la schiena. Non si può negare una sensazione del genere, pensò. Guardò intensamente il cespuglio, quasi come se, con la forza della mente, potesse costringerlo a dichiarare la verità.
Ovviamente, non accadde nulla e Lilith sbuffò.
Cercava solo un po’di calma da tutti quegli esami, ecco tutto. Non poté negare a sé stessa, però, che la verità era tutt’altra: stava cercando qualcosa, qualcuno. La peonia davanti a lei si duplicò e danzò in cerchio. Lilith si stropicciò gli occhi: la notte scorsa non aveva dormito, in preda com’era a strani sogni che si trasformavano velocemente in incubi. Lei sapeva che c’era qualcosa di strano, qualcosa nella sua anima che aveva voglia di esplodere, qualcosa di cattivo e non del genere dei film.
Qualcosa di demoniaco.
Si alzò dalla panchina, prima che quegli sciocchi pensieri potessero avere la meglio sul tempo e girò in tondo, con passi annoiati, il giardino del college.
Con un sorriso, richiamò alla mente ricordi più piacevoli di stupidi incubi; come due sere fa. Era uscita con Luce, Daniel e Nora, sebbene quest’ultima non la vedesse di buon’occhio. Contro ogni aspettativa, la serata era andata davvero bene: e pensare che all’ultimo a tutto, Lilith avrebbe voluto disdire l’appuntamento! La campanella suonò; Lilith alzò lo sguardo verso il college e, malgrado fosse triste, rientrò, gettando occhiate a destra e a sinistra per controllare.
Ancora. Sono ancora convinta che ci sia qualcuno, lì fuori.
Si gettò i ricci dietro le spalle, aprì un po’la giacca e cercò di togliersi quel pensiero dalla testa. Non sapeva quanto avesse ragione in quel momento.

()

Arriane diede un buffo piuttosto forte sulla schiena di Camriel :-E smettila, dài. Ha capito che ci sei. Perché non ti fai vedere?-
Camriel sbuffò.
A volte Arriane sapeva essere davvero sciocca. Era tutto così semplice per lei? La osservò. E Roland? Soffriva per lui? :-Dimmi la verità, Arriane. Cosa fai adesso, adesso che non puoi vederlo più?- chiese in un sussurro.
Se ne pentì perché lei si adombrò, perdendo improvvisamente tutta la folle allegria che la contraddistingueva. Si torturò un ricciolo; poi si alzò e gli sorrise –un sorriso che non arrivava fino agli occhi. Scrollando le spalle, disse :-Nulla. Non ci rimugino su. Tornerà prima o poi. Si aggiusterà tutto.- Sembrava che lo stesse dicendo più a lei che a lui.
:-Già.- fece Cameriel, deciso a lasciar cadere l’argomento. Di amori falliti ce ne erano troppi in giro, per i suoi gusti. Se avesse messo a posto il guaio con Lilith, il Trono lo avrebbe maledetto?
Finalmente, il giardino era sgombro e lui poté uscire allo scoperto, raccomandandosi di avere le ali nascoste. Era così strano per lui che fossero tornate bianche; a volte si girava a guardarle per vedere se erano ancora del colore della neve o fossero diventate dorate come l’oro.
Arriane si muoveva con grazia accanto a lui ma la testa bassa suggeriva che fosse ancora in pensiero per Roland. Camriel si diede dello sciocco: perché glielo aveva ricordato?
Perché non si stava zitto quand’era nervoso?
E perché non aveva fatto nulla a Gerusalemme? Perché non aveva detto a Lilith la verità, allora? Aveva taciuto; ed era caduto in disgrazia. Invidiava così tanto Daniel all’epoca; ora provava compassione per lui.
:-Direi che è ora d’iscriverci.-
Arriane lo guardò stupita :-Credevo di dover aspettare altri secoli per sentirtelo dire!- esclamò, battendo le mani. :-Con una generosa mancia ci lasceranno entrare… e credo che il Trono ne sarà molto felice.- Con un occhiolino, spalancò le immense ali argentee e si sollevò da terra.

()

Luce osservava Daniel di sottecchi. Portava una felpa pesantissima e poteva sentire il suo odore pulito, l’odore di chi non si spruzza quantità ingenti di profumi costosi.
Le piaceva il suo odore ma, al momento, era troppo occupata a battere i denti e a cercare di concentrarsi sul tema da svolgere. Sdraiata sul morbido tappeto nella stanza di Daniel –senza il suo compagno di stanza, chissà come mai- mordicchiava il cappuccio della penna a biro, con la testa totalmente altrove. Cercava di concentrarsi…le risultava così difficile, soprattutto con Daniel affianco che leggeva piano il brano di un libro, la sua voce melodiosa trasformata in un sinuoso sussurro dolce.
Luce si lasciò trasportare dal suono della sua voce, perdendosi in mille pensieri. Solo quando si accorse di aver poggiato la testa sulla spalla di lui, si ridestò e si allontanò con un goffo “scusa”. Stargli vicino le faceva perdere il segno di ciò che stava facendo.
A proposito, che stava facendo?
Ah, sì, stava scrivendo un tema. :-Come va il tema?- domandò Daniel, con una tale innocenza che Luce si chiese se non l’avesse fatto apposta.
:-Bene. Ehm…bene, sì.- stava tentando di convincere sé stessa più che lui.
:-Fa freddo qui.- fece lui. La distraeva ancor di più.
:-Già.- concordò Luce, preoccupandosi di avere un tono il più distratto possibile. Lui non si lasciò incantare: si tolse la felpa, rimanendo con una maglietta leggera, e la posò morbidamente sulle spalle di Luce; le sfilò persino i capelli dalla felpa, allargandoli a cortina sul tessuto caldo. Aveva una tale cura di lei che a Luce vennero le lacrime agli occhi.
Il college sarebbe stato palloso; ma che diceva?, la sua vita sarebbe stata davvero pallosa senza di lui. Non che fosse brutta…il fatto era che le sembrava talmente buia e mediocre, quando si guardava indietro, senza quegli occhi pervinca ad illuminare ogni cosa.
Daniel le sorrise e lei non poté che rispondere al suo sorriso. :-Ora va meglio?-
:-Sì.- annuì Luce; poi si avvicinò, riducendo le distanze tra loro lei e Daniel. Le faceva bene averlo vicino. Era semplice stare con lui; non aveva mai il timore di sbagliare, di muoversi su gusci d’uovo o di dire sciocchezze. Avrebbe potuto affermare che la Terra era quadrata e Daniel avrebbe annuito, salvo spiegarle con molta calma, dopo, che non era così.
Forse era solo l’inizio. Forse dopo qualche mesetto, lui si sarebbe scocciato e non le avrebbe rivolto più le stesse attenzioni. Sistemò una lunga ciocca dietro le orecchie, lanciando un’occhiata al ragazzo biondo di fianco a lei. Ma no, sciocca. Non potrebbe mai lasciarti sola. Vive per te.
Aveva amiche si sarebbero tagliate un braccio per avere un quasi-fidanzato del genere. Non solo era simpatico, intelligente, con tutte le premure possibili ma si preoccupava anche di non superare mai i confini, di non farle mai pressione. Luce non si era azzardata a fargli capire che desiderava più di un’amicizia, e lui non aveva mosso un dito. Eppure ogni suo gesto, ogni sua parola, traboccava di amore e devozione. Com’era possibile un tale trasporto? Si conoscevano da pochissimo.
Ci conosciamo da sempre.
Luce inspirò a fondo prima di riportare con calma gli occhi sul foglio bianco sotto di sé. Le facevano male i gomiti tanto era stata sdraiata sul tappeto. Si sollevò a sedere sui talloni. :-Devo prendermi una pausa. Non riesco a scrivere nulla…- mormorò, un po’irritata da quel blocco di memoria.
Daniel la seguì con lo sguardo. :-Vuoi un’aranciata?- si alzò. Aveva i capelli scompigliati e si passò una mano per ordinarli un po’; aveva la maglietta un po’sollevata e gli s’intravedevano gli addominali scolpiti, lievemente abbronzati. Guardandolo, Luce si chiese come le fosse potuta capitare una fortuna del genere. Oltre ad un carattere che poche avrebbero mal sopportato, Daniel era anche di una bellezza stordente, a dir poco angelica. Quando si accorse del suo sguardo che lo percorreva dalla testa ai piedi, nei suoi occhi scintillò una luce viola.
Sa di piacermi, pensò Luce, abbassando gli occhi, in preda all’imbarazzo. L’aveva beccata più di una volta a fissarlo come una pervertita. Dio, che mancanza di professionalità: non aveva proprio stile nella seduzione. Le parve quasi di sentire la vocina di Nora che le faceva una ramanzina da manuale.
:-E tu non senti freddo?- riuscì a chiedere Luce in un filo di voce, indicando la T-shirt grigio scuro di cotone. Daniel fece spallucce.
:-Mmh…- Ok. Non era riuscita a cambiare argomento. Le parole non dette nel frangente di prima alleggiavano tra di loro come fantasmi. Doveva darsi da fare.
:-Okay. Ti prendo un maglione.- propose Luce, girandosi velocemente verso l’armadio, grosso e sicuro. Afferrò la prima cosa morbida e lanosa che sentì sotto le mani e gliela lanciò, accennando ad una goffa V con le dita quando lui la prese al volo.
:-Luce.- Lei s’irrigidì. Detto in quel modo, il suo nome trasudava passione e dolcezza. Nessuno l’aveva mai pronunciato in quel modo e fu forse per quello che le mani le iniziarono a tremare. Voleva che lei e Daniel fossero qualcosa di più? Sì, certo. Eppure aveva una tale paura…
Paura che lui la lasciasse.
Paura di non essere all’altezza.
Paura di fallire miseramente il tentativo di dimostrare quanto le stesse a cuore malgrado la fievole conoscenza.
:-Sì?- si maledisse per quella vocetta stridula che le uscì.
Lui sospirò. Lasciò andare, per l’ennesima volta. Il confine non era stato oltrepassato semplicemente perché Luce non era pronta. Adesso si era aggiunta un’altra paura alla sua lista già bella folta.
Paura che lui si stancasse di giocare.
:-Daniel!- esclamò lei, girandosi di scatto. I capelli le colpirono la schiena come mille fruste. Me lo merito, pensò. Vorrei davvero frustarmi. :-Ehm…-
Lui era fermo, in attesa. :-E’tutto apposto.- la rassicurò.
Superò la distanza che li separava in quattro lunghi passi e la strinse a sé, accarezzandole i capelli. Così facile stare con lui.

Migliaia di metri sopra di loro, due angeli tentavano di convincere Dio a concedere loro un’iscrizione.




Angolo Autrice
Arrieccomeeee!*_*
Questo capitolo tratta un sacco di personaggi!XD E'di transizione...si va piano alla volte y.y
Chi va piano va sano e va lontano LOL
Spero solo che vi piaccia u.u Il titolo è una figata, eh? xD E quando lo sorpassano il confine, Luce e Daniel?
Ringrazio ancora una volta le mie splendide lettrici e recensitrici *_*
Beijinhos, Angel <3

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Capitolo 10
*** Angel al bivio ***


Capitolo 9- Angeli al bivio


Ci sono legami che affrontano qualsiasi ostacolo; Sono i legami del cuore.
Luna Del Grande


Non aveva un posto in cui andare.
Era la cosa più brutta ma anche la più bella.
L’Inferno non era un bel posto dove andare ora –non che lo fosse mai stato- e aveva rifilato il secondo due di picche (di fila, per di più) al Paradiso. Roland Sparks era sicuro di essere malvoluto da ambe parti.
Controllò per l’ennesima volta le sue ali, come se fissarle intensamente potrebbe cambiare il loro colore. Ma Roland non voleva di nuovo il Paradiso, vero? Gli sarebbe andato bene essere alla fine un angelo vagabondo.
Angelo vagabondo. Che senso di libertà.
Non gli piaceva neppure il bianco…se per questo, neppure l’oro. L’indecisione e la confusione che provava non erano così pressanti come Roland a volte credeva. In realtà, la sua scelta era stata unica: non voleva né il Paradiso e né l’Inferno. Cosa voleva, allora?
La risposta arrivò, immediata come una freccia scoccata da un arco. Sapeva cosa voleva. Arriane.
Si passò una mano tra i dread. La sua mancanza lo colpiva più di quanto volesse ammettere, eppure riusciva ad andare avanti senza di lei, no? Erano passati anni. Anni in cui aveva solo scorto i riccioli neri screziati di rosso dell’angelo. Anni in cui non aveva udito la sua risata cristallina e un po’folle. Era una squilibrata dal cuore d’oro, oro come le ali di Roland.
Erano cambiate molto le cose da quando Luce e Daniel erano riusciti a far modificare la loro maledizione. Angeli da una parte, demoni dall’altra, ad esempio: com’era stato un tempo. Luce e Daniel giù sulla Terra a vivere la loro vita da umani –una vita vuota fino ad allora, fino al giorno in cui si erano incontrati. Roland, in tutto l’arco di tempo vissuto, aveva visto morire tantissimi umani e ancora si stupiva per quanto fossero poco longevi e fragili. Il Trono li avrebbe protetti agli ex angeli?
Un brivido corse lungo la schiena dorsale del demone. Inutile, disse, cercando di calmarsi. E’tutto pacificamente pacifico, umani giù, demoni ancor più giù, angeli su. Punto, basta. Perché diamine doveva sempre arrovellarsi le cervella su problemi inesistenti? Il Monte Sinai era rovente, Roland sentiva il sole cuocergli la pelle scura. Si librò in volo, un volo senza meta.
Solo quando si trovò davanti l’insegna dell’Emerald College si ridestò. Cosa ci stava facendo lì? Lui non aveva nessun diritto di “vegliare” su Luce e Daniel. E Lucifero non c’era all’Inferno, essendo stato punito lui più di tutti, quindi Roland non aveva ordini da seguire per gettare scompiglio tra gli angeli –di conseguenza, non doveva immischiarsi nella vita dei suoi ex amici.
Poi la porta si aprì e una ragazza rossa s’incamminò verso una panchina. Roland inclinò il capo da una parte. Interessante. Quella sembrava essere la reincarnazione di Lilith. Chissà se…
Il mondo vorticò intorno a lui. La sua mente, colta di sorpresa, riuscì a realizzare di essere stato colpito solo dopo qualche minuto, il tempo che Roland cadesse giù. Le ali si spalancarono e la corrente lo riportò a dov’era prima. :-Ma che diavolo…?!-
:-Lasciala stare!- urlò qualcuno, in un tono rabbioso che conosceva fin troppo bene. I dread gli coprivano gli occhi, così non riusciva a vedere bene il viso del suo avversario. Allora se li buttò indietro.
Come aveva immaginato, il viso pallido e furente di Cam gli stava davanti, i brillanti occhi verdi fiammanti, i pugni stretti e le nuove, gloriose ali frastagliate di un bianco purissimo spalancate al massimo della loro estensione, come a volergli coprire la visuale del college e, soprattutto, della rossa seduta sulla panchina. Come al solito, Cam era fin troppo prevedibile.
:-Cam, Cam, Cam, non impari mai.- scosse la testa Roland. Perché mai lo aveva spinto? A Roland non poteva fregare di meno di quella tizia.
:-La devi lasciar stare!- tuonò di nuovo Cam, spintonandolo di nuovo. Cam aveva il brutto vizio di infiammarsi appena qualcuno si avvicinava anche un pelo alle cose care –mmh…anzi, anche se non ti avvicinavi ed eri semplicemente di passaggio. Il fatto era che l’angelo aveva pochissime cose care e per questo le difendeva con le unghie e con i denti. Questo, però, non giustificava per niente le spintonate che gli stava dando e anche gli urli che gli stavano stonando le orecchie.
Roland bloccò l’ennesima spinta e, battendo furiosamente le ali dorate, sferrò un pugno all’angelo inferocito. :-Datti una calmata, Camriel! Non so neppure di cosa tu stia parlando! Cosa diavolo ti prende, eh?! Vuoi litigare?!- il tono calmo avrebbe fatto presuppore che i due stavano amabilmente discutendo su quale gelato scegliere.
Cam si scagliò contro di lui e poi qualcuno urlò :-Fermi, pazzi! Fermi!-
Roland si fermò.
Cam no. Con un pugno, gli fece sanguinare il naso. Il demone sbarrò gli occhi; ma cosa diamine prendeva a quel tipo? Sembrava impazzito. Qualcuno –lo stesso qualcuno che aveva gridato loro di fermarsi- afferrò Camriel per le spalle e lo scosse. :-Ma cosa diavolo ti salta in mente?! Sei per caso uscito fuori con la testa o cosa?! Se ti permetti di nuovo, ti spezzo quelle belle cosce che hai, capito cretino?-
Nonostante il naso sanguinante, il cuore di Roland si riempì fino a che non gli fece male. Conosceva bene quella voce. Era la voce di Arriane. Stava sgridando Cam bene bene, facendo una scenata di quelle che sapeva fare solo lei. Se fossero stati in Paradiso, avrebbero già avuto una decina di angeli a cercare di calmarla. Cam e Arriane: due teste calde. Tra i due, in ogni caso, Cam era quello che più perdeva la calma e, a quanto pareva, il Paradiso non lo aveva di certo rabbonito.
Si passò un dito sotto il naso ferito. Si conservò lo spettacolo di Arriane per ultimo: piano piano alzò la testa, eppure non si trovò preparato davanti al viso corrucciato dell’angelo che stava ancora puntando il dito contro Camriel, battendoglielo sul petto, un pugno piazzato sui fianchi, i riccioli al vento.
Sembrò che anche lei stesse allungando la scenata solo per non doversi confrontare con lui. Parlare faccia a faccia, come non facevano da tempo. Angeli da una parte, demoni dall’altra. Roland sospirò profondamente e lentamente per calmare i battiti impazziti del suo cuore.
:-Arriane, basta. Direi che Camriel ha capito. E se non ha capito, non sarai di certo tu a farglielo entrare in testa. Prenditi una camomilla, Cam.- Era sempre stato il più calmo del gruppo (all’epoca in cui c’era un gruppo) e si sentiva in dovere (no, gli veniva naturale) continuare a fare quel ruolo. Il grande della situazione, come se gli altri fossero bambini e non angeli secolari.
Arriane trasalì. :-Certo, Ro.- annuì con un filo di voce. Ro. Ro, Ro, Ro. Lo chiamava così prima che il mondo ritornasse al suo ordine d’origine. Sia Cam che Arriane si erano immobilizzati, entrambi con la testa bassa, lo sguardo rivolto alla terra. Dispiaciuti e anche imbarazzati. Bene: non ci si azzuffa per nulla. Avevano combattuto per troppi anni.
:-Allora, Cam. Si può sapere perché mi hai aggredito in quel modo?- chiese Roland, in tono cortese. Cam alzò la testa di scatto.
:-Quella è la reincarnazione di Lilith. Credo che sospetti qualcosa, sai, che qualcosa in lei si stia risvegliando e ne sembra consapevole e impaurita. Vorrei aiutarla.- la voce dell’angelo si spezzò e, anche se gli aveva fatto sanguinare il naso, Roland provò pietà per lui e persino tenerezza. Povero, piccolo, pallido Camriel. Non aveva dimenticato Lilith neppure dopo tutti quegli anni.
:-L’avevo capito. Che ci fai anche tu qui, Arriane?- Lei tenne lo sguardo basso: lo stava evitando. Eppure non ci aveva pensato un attimo a difenderlo.
:-Voglio che…- una gomitata da parte di Cam e Arriane apparve imbarazzata :-il Trono ci ha ordinato di sorvegliare Luce e Daniel.-
:-Ma davvero?- fece Roland, scettico, inarcando un sopracciglio. Sapeva fin troppo bene di cos’era capace Arriane; e Cam era ancora peggio adesso che c’era Lilith in mezzo.
:-Davvero!- ribatté Arriane col tono di una bimba, incrociando le braccia al petto. La fredda aria di novembre li colpì entrambi, facendoli sobbalzare. Nessuno dei tre era più abituato ai bruschi cambiamenti climatici sulla Terra.
:-Va bene, va bene, ti credo. E perché vuole sorvegliarli, il Trono? Non gli ha già tolto abbastanza?- Roland iniziava ad arrabbiarsi. La sua scelta dell’Inferno gli sembrava più sensata, adesso.
:-Era l’unico modo…- iniziò poco sicura Arriane. Al suo fianco, Camriel sbuffò. Per una volta, Roland e Cam erano d’accordo.
:-Qui c’è sotto qualcosa. Raccontatemi tutto.-
E gli angeli raccontarono.
:-Ma è ridicolo.- sbottò Roland quando i due ebbero terminato. Cam ed Arriane parvero imbarazzati, manco fossero loro colpevoli di quella brutta decisione. :-Va bene. E voi cos’avete fatto, quindi?-
:-Stiamo tentando di convincere il Trono a lasciarci iscrivere…- confessò Arriane, con una luce di gioia negli occhi. Gongolava all’idea: proprio come i bei vecchi tempi. Tutti assieme in una scuola, a comportarsi come tutti i liceali di questo mondo: indagare sui ragazzi, ridacchiare nei corridoi, studiare per superare gli esami eccetera. Il problema era uno: loro non erano liceali. Erano angeli.
:-Davvero una bella idea, Arriane. Pensato per un attimo a cosa il Trono potrebbe fare se Luce e Daniel dovessero ricordarsi tutto?- fece Roland, sarcastico. Camriel girò la faccia, come se volesse ignorare l’idea. Suo malgrado, Roland sorrise: erano secoli che non vedeva Cam così vivo. Era bello rivedere un amico felice (sì, ora era arrabbiato ma in fondo era felice).
:-Io mi iscrivo.- affermò lui.
:-Sì, sì, anch’io!- concordò Arriane, battendo le mani. :-Perché non t’iscrivi pure tu, Ro? Potresti sempre tenere d’occhio il nostro vecchio amico Lucifero!- Quando Arriane si lasciava prendere la mano, diventava insopportabilmente gioiosa e vivace. A Roland faceva male il cuore doverla deludere. Gli toccava essere ferreo con quei due: Uhmpf, angeli! Pennuti con la testa letteralmente tra le nuvole.
:-Dacci un taglio, Arriane. Ti sei dimenticata della Nuova Tregua? Angeli e demoni devono restare divisi. La sorte di Luce e Daniel è data solo a loro, dipenderà dalle loro scelte e non dalla nostra invasione di campo.- Fece scorrere lo sguardo dal viso di Arriane (come gli dispiaceva farle male: vedeva i suoi occhi brillare di dolore all’idea di lasciare i due amici da soli a fronteggiare il Trono) a quello di Camriel per sottolineare il concetto e far vedere che stava facendo suo serio. :-Intesi?- domandò; più che una domanda, si sarebbe detto un ordine.
I due non risposero.
:-Siete al bivio.- Esattamente come me. Al bivio tra Paradiso e Inferno, tra Dovere e Volere, tra il Passato ed il Presente.
Allargò le braccia. :-Non credete che mi faccia piacere.-
:-Va bene, Roland Sparks. Hai vinto tu. Ma nessuno –né Trono, né tu, né chiunque altro- m’impedirà di venire qui. Ho qualcosa in sospeso da secoli, capito?- Roland annuì lentamente col capo. Tanto era inutile discutere con Camriel: era come parlare al muro (forse il muro lo avrebbe ascoltato, però).
:-E ora, dividiamoci. Voi andate da quella parte, io da quest’altra. Ricordate? Rispettare la Nuova Tregua. Al Trono darà un certo fastidio che voi mi abbiate incontrato. O vi dirà di convincermi a tornare.- Vide Arriane illuminarsi all’idea. Doveva deluderla anche adesso. Quante cocenti ferite avrebbe potuto contare sul suo cuore? Si erano separati. Ma Roland sapeva di dover mettere i paletti: per quella sciocchezzuola dei trentacinque minuti in classe con Luce e Lucifero, Steven aveva pagato amaro, non quanto avrebbe pagato un angelo però... La Nuova Tregua.
Quindi si rivolse ad Arriane. Incatenò lo sguardo al suo, rabbrividendo insieme a quel rinnovato contatto. :-Non tornerò, Arriane.- scandì bene le parole. :-Non tornerò in Paradiso. Non mi piace neppure l’Inferno. Ma è meglio essere liberi di scegliere, soprattutto ora che Lucifero non può comandare nessuno. Sai bene com’era alle origini. E sai bene che adesso stiamo cercando di riportare l’ordine. La riforma della Nuova Tregua. C’eri anche tu quando l’hanno letta davanti a tutti.-
Poi, fecero proprio come scritto sul documento angelico-demoniaco: si divisero senza degnarsi di uno sguardo. Sapevano bene che avrebbero pagato per quella chiacchierata. Nessuna punizione, però, avrebbe potuto far più male a Roland di quella dello sguardo che Arriane gli lanciò, infrangendo il Codice.
Era uno sguardo di chi ha visto i propri sogni sbriciolarsi in un sol momento, come un biscottino stretto troppo a lungo nella mano: se lo lasci cadere, dopo restano solo frammenti da dare in pasto al vento.

()

Daniel incontrò Bill quel pomeriggio freddo di novembre in lavanderia.
Era appena rientrato nel college e aveva il viso livido per il gelo e tagliuzzato per il vento impetuoso. L’unica cosa che avrebbe voluto fare era rintanarsi nella sua camera, lavarsi e cambiarsi, mettersi qualcosa sulla faccia (non poteva proprio incontrare Luce in quello stato: si sarebbe preoccupata) e coricarsi per una buona mezz’oretta. Al risveglio, avrebbe avuto tutta la forza di incontrarsi con Luce e organizzare una bella serata.
Mentre pregustava quella giornata perfetta (d’altronde, tutte le sue giornate da quando aveva incontrato Luce erano perfette), si era ricordato dei pantaloni lasciati in lavanderia qualche giorno fa: avrebbe dovuto ritirarli proprio quel pomeriggio stesso. Fischiettando, si era avviato alla lavanderia.
Era rimasto un secondo a guardarsi intorno, nel tentativo di individuare i propri pantaloni sistemati su una gruccia, quando i suoi occhi si erano scontrati con quelli enormi e pieni di tristezza di Bill. Sembrava che fossero stati fatti apposta così grandi: per contenere una gigantesca quantità di tristezza, impossibile da esprimere con degli occhi di dimensioni normali.
:-Ciao, Bill.- lo salutò amichevolmente :-Hai per caso visto i miei pantaloni da qualche parte? Non riesco proprio a trovarli.-
Senza dire una parola, il ragazzo si diresse nella parte più nascosta della lavanderia. Poco distante, una ragazza trasandata stava insaponando una moto e gli aveva lanciato un occhiata distratta. “Chi sei tu?, non me ne può fregare di meno.”, gli sembrava avesse detto.
Bill gli porse i pantaloni, tenendo l’indice infilato nel manico ricurvo della gruccia. :-Grazie.- disse Daniel, prendendoli. Fece per andarsene ma le parole di Bill lo fermarono.
:-Testa o croce, Daniel Grigori?- Chi diamine chiamava ancora i compagni di banco per nome e cognome?
:-Testa, dài.- Daniel si girò e fu allora che Bill lanciò la monetina.
L’afferrò quando questa ricadde. :-Hai vinto.- affermò lui. :-Anche Luce sceglie sempre testa.-
Daniel si chiese quante volte avesse fatto con Luce quel giochino e se la guardava allo stesso modo in cui aveva guardato lui: triste, malinconico, sconsolato, come se avesse vissuto troppi anni perdendo sempre il grande gioco che era la vita e allora si era avvizzito e tutto ciò che rimaneva di quella vitalità era solo l’aspetto fisico. Quegli occhi stupendi non brillavano mai.
:-Rifacciamo, magari vinci tu questa volta.- propose Daniel. La ragazza che stava lavando la moto aveva alzato gli occhi al cielo e aveva sbuffato. Chissà quante volte aveva assistito a quella scena. Probabilmente conosceva il trucco.
:-Sempre testa?- ,chiese Bill.
:-Sempre testa.- affermò Daniel. La monetina girò di nuovo. Gli occhi grigi di Daniel e quelli azzurro ghiaccio di Bill ne seguirono la traiettoria. :-Ho già perso.- mormorò il secondo ragazzo e afferrò la monetina.
:-Come fai a sapere se hai già perso?- esclamò Daniel, avvicinandosi.
:-Non lo so. Però so che ho già perso. E tu hai vinto. Tu e Lucinda avete vinto.-
Daniel pensò che quel ragazzo non aveva amici e una pena profonda s’impadronì del suo cuore. Si avvicinò e circondò le spalle possenti del ragazzo. :-Non è ancora detto cos’hai perso. Magari è poco o nulla. Ma hai ancora molto da giocare, quindi gioca. Alla fine tireremo le somme e vedremo se davvero hai perso. Insieme. D’accordo?-
Gli occhi tristi di Bill si riempirono di incredulità e gratitudine. Gli era stata data la seconda possibilità. Fece sì con la testa.
Non sentì più lo strofinio della pezza sulla moto: la ragazza lo stava guardando sconvolta. Sfacciatamente, lo esaminava da capo a piede, come se il suo aspetto fisico potesse in qualche modo chiarire il motivo per il quale avesse compiuto quel gesto.
Bill rimase immobile come una marionetta a cui erano stati tagliati i fili quando Daniel lo lasciò. :-Stasera fatti trovare libero, ok?- Gli sorrise sinceramente. Voleva aiutarlo in qualche modo. Poi lo salutò con la mano e gli voltò le spalle, dirigendosi verso le scale. Passò vicino alla ragazza –che ora stava accarezzando la cromatura lucente della motocicletta. :-Ehi, tu, biondino.- , lo chiamò. Lui si girò. :-Sei un angelo. Grazie.- Fece un cenno con la testa verso Bill. :-E’sempre triste. Mi chiedo cosa gli sia successo. Non ha nessuno e nessuno gli rivolge uno straccio di parola.- mormorò per non farsi sentire dal soggetto della conversazione. :-Sei il primo che lo fa…oltre a me, beh.- fece spallucce :-Grazie davvero.-
:-Di niente. Sai per caso come diamine fa a far uscire sempre la faccia che l’altro punta?- Lei scosse il capo. Daniel sorrise :-Okay. Come ti chiami?-
:-Aimee.- rispose lei. :-E tu, angelo salvatore del mio amico, sei Daniel Grigori.- disse, in tono ironico.
:-Già. Se sei la sua unica amica, credo che gli farebbe piacere stare anche con te stasera…non vorrei rimanesse zitto e a disagio.- spiegò lui.
Aimee sembrò contenta. :-Sì, dài. Non aspettarti chissà che parlantina, però, eh!-
Daniel fece un cenno con la mano, come a scacciare il pensiero. :-Grazie per l’aiuto. Ciao, Aimee.-
:-Grazie a te. Ciao, Daniel.- poi guardò Bill. E Bill salutò :-Ciao, Daniel Grigori.- Aveva dovuto scegliere tra lasciarlo lì a tormentarsi con il giochino della monetina o invitarlo ad uscire; sperava di vederlo sorridere. Quegli occhi si erano illuminati e commossi così tanto quando lo aveva abbracciato (come si abbracciano i maschi) che si era sentito il cuore felice. Sperò solo che a Luce non dispiacesse. Mentre Daniel saliva le scale che portavano al piano di sopra, sentiva lo sguardo di Bill forargli la schiena.


Angolo Autrice
I'M BAAAACKKKK LOL XD
Sì sì mi sono divertita a scocciare tedeschi, francesi e qualche spagnolo (ze Arrinne, abbiamo fatto le stesse cose u.u xD) .
Durante le vacanze ho scritto comunque! U_u E al ritorno, sono stata felicissima di vedere altre persone che mi hanno recensito!!!!!=DDDDDDDDD
Risponderò a tutti, datemi solo il tempo LOL XD
Come avete notato, questo chap è incentrato su Roland e Daniel e Bill. Volevo riscrivere su Lucifero; è un personaggio complesso....
Ora vado a rispondervi LOL
Besitos, Angel <3

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Capitolo 11
*** L'inizio ***


Capitolo 10- L'inizio



Non esiste cosa peggiore nel sapere che un dolce viso nasconde un animo diabolico.
Michele Moschella




Quando Luce aprì la porta, spalancò la bocca per la sorpresa.
Appena aveva sentito bussare, il suo cuore aveva preso il volo e lei era balzata dal letto per andare ad aprire e vedere finalmente il viso di Daniel.
Purtroppo, però, lui non era solo.
Non che quella sera dovesse essere una serata romantica (anche Luce aveva portato Nora e Lilith a tenerla compagnia) ma proprio non si aspettava di vedere…William Nick Old.
Tentò di atteggiare la bocca in un sorriso, inutilmente: era più una smorfia quella che aveva stampata in faccia. Bill era consapevole di non essere beneaccetto e sorrise mestamente. Si fece da parte per lasciarlo entrare –beh, Daniel lo aveva invitato, no? E lei non poteva rifiutare.
Daniel fece un passo verso di lei e le diede un leggero bacio sulla guancia che suonava molto come una scusa. Luce gli sorrise come a rassicurarlo. Magari lui e Bill erano diventati amici, che ne sapeva lei? E chi era lei per dirgli chi invitare e chi no? Appunto.
Bill salutò con la mano Nora e Lilith, che risposero con un cenno del capo. Lilith sembrava stordita; Luce le si avvicinò per chiederle se stava bene.
:-Solo un po’di mal di testa…- rispose lei. Bill le lanciò un’occhiata sbieca. Anche lui sembrava piuttosto stranito quando aveva visto Lilith. Che i due fossero ex? Luce non ci stava capendo più niente. Sperava solo che non ci fosse nessun litigio quella sera: sentiva l’elettricità nell’aria. Nora si sedette vicino a Bill. Era l’unica ad essere entusiasta del nuovo arrivato.
Beh, il ragazzo era indiscutibilmente bellissimo. Forse neppure Daniel poteva batterlo…ma Daniel era infinitamente meno inquietante, pensò Luce, guardando di sottecchi il ragazzo seduto accanto a lei. Si sforzò di pensare a qualcosa di bello, tipo le pizze che avevano preparato insieme quel pomeriggio dopo le lezioni.
Luce aveva ancora i vestiti sporchi di farina e aveva dovuto buttarli subito nel cestino dei panni sporchi. Ora indossava i morbidi pantaloni del college e la felpa viola comprata in un negozio di articolo sportivi; le sembrava l’abbigliamento giusto per una semplice e tranquilla serata tra amici.
Nora l’aveva approvata ma ora aveva le labbra atteggiate in una smorfia di disappunto: se avesse saputo che c’era anche Bill, si sarebbe messa in tiro. Luce trattenne una risatina.
Daniel aveva le guance arrossate per il silenzio di Bill. In fondo lo aveva invitato lui…Luce si sentì dispiaciuta per il ragazzo e subito partì all’attacco. :-Bill, la pizza la preferisci quattro stagioni o patatine e wurstel?- chiese, sollevando prima un vassoio e poi l’altro per mostrare le due pizze.
Si sentì immediatamente a disagio e si pentì di averglielo chiesto perché Bill guardava lei, e solo lei, e non le pizze. Sperò che Daniel non gli badasse troppo.
:-Quattro stagioni, grazie.- rispose lui dopo un po’. Notò che nessun’altro si era accorto dello scambio di sguardi tra loro due.
:-Lilith?- passò a chiedere Luce. Servì le pizze, badando bene a non fissare troppo Daniel. Quella sera i suoi occhi splendevano ancor di più e lei non riusciva proprio a togliergli gli occhi di dosso. Ripensò alla seconda volta che lo aveva visto. Inevitabilmente attratta da lui. Inevitabilmente. Ecco come si era sentita.
Com’era inevitabile che dovesse sopportarsi le occhiate brucianti di Bill per tutta la serata. Tirò un grosso sospiro e si armò di tutta la pazienza necessaria per tenere duro.

()

Arriane era triste.
Si sentiva così perché il suo amico Roland aveva scelto di non aiutarli. Lo aveva perso, come aveva perso Daniel e Luce. Solo Cam e Annabelle le rimanevano. Li guardò parlottare, come se fossero due ragazzi che si scambiassero un segreto d’importanza vitale. Con le dita, tracciò il contorno delle loro ali gloriose, della loro aura luminosa e splendente, dei loro capelli morbidi.
Erano tornati in Paradiso.
Arriane si trastullò oziosamente, chiedendosi quante probabilità avesse di farla franca.
Le mancava Roland, le mancava come si sente la mancanza di un pezzo d’anima. Avevano affrontato tanti problemi insieme, tante tragedie. Perché dovevano lasciarsi proprio ora? Le mancava Tess. Le mancava la risposta pronta di Molly, la dolcezza di Gabbe. Dio, quante cose le mancavano.
Era davvero una frana, pensò con un sorriso. Una piccola debole sciocchina dotata di ali.
Ripensò all’espressione di Luce quando aveva visto Daniel nella scorsa vita, quella speciale. Ripensò a quando le aveva chiesto “Non lo daresti un morso a quella carne?”, facendola girare verso lui.
Luce aveva tremato sotto le sue mani. Avevano vissuto per settemila anni ad amarsi. E ora li aspettavano solo ottant’anni –anno più, anno meno- di vita. Cos’erano, in confronto all’eternità?
Ci teneva davvero tanto alla loro storia –forse perché lei non ne aveva avuto più una. E solo Roland poteva capirla. Roland così lontano.
Qualcuno le si sedette accanto. :-Arriane, Arriane…un pezzo di nuvola per i tuoi pensieri.-
Sorrise debolmente. :-Sapevo un dollaro.-
Annabelle le accarezzò i capelli. :-Ti ricordi quando Luce te li tagliò?- le chiese, ridacchiando.
:-Già…mi manca davvero tanto. Adesso sono una povera piagnucolona, Ann. Fammi piangere sulla tua spalla!- scherzò, facendo finta di piangere come una fontana.
:-Sembro una vecchia.- fece, disprezzandosi.
:-Lo sei.- concordò Annabelle. :-Ma sei una vecchia particolarmente giovane pronta a menare la borsetta.- la consolò ridendo.
Ed Arriane seppe che ,sotto sotto, Annabelle le stava consigliando di prepararsi alla rivolta.

()

AhLuciferooracapisco…bene bene…
Lilith spalancò gli occhi. La voce era tornata. Ma che andava dicendo? Poi incontrò lo sguardo di Bill. Quegli occhi azzurro ghiaccio così tristi.
Non ricorda nulla neppure lui. Bene, molto bene. Prestocisaràunarivolta… Perché diamine parlava così veloce?
Non capiva nulla.
Chiuse gli occhi, cercò di contrastarla. Si sentiva arrabbiata, ma era come una rabbia riflessa, come la luna brilla della luce del sole. Era una rabbia di un’altra persona che si irradiava nell’anima di Lilith.
Bill le lanciò una monetina. Erano rimasti soli. Daniel e Luce stavano lavando i piatti e Nora era andata in bagno –probabilmente per rifarsi il trucco. Lilith si agitò sulla sedia, irrequieta e spaventata.
Quel tipo non le piaceva. :-Bella.- fece lei, prendendo la monetina. Era ridicolo. Perché aveva paura di prendere quella stupida moneta? Bill non rispose. La guardò attentamente. :-Lanciala. Credo che tu possa dirmi se perderò anche stavolta.- Era pazzo. Lilith, tremando, gli chiese quale faccia sceglieva. Lui rispose “Testa”. E lei lanciò.
:-Testa! Hai vinto.- sorrise lei. Incredibilmente, anche Bill sorrise. Ed era un sorriso che alla voce nella sua testa non piacque affatto.




Angolo Autrice
Innanzitutto, devo assolutamente chiedervi scusa per un'imperdonabile errore.
Non avendo letto "Fallen in Love" se non di sfuggita in libreria, non sapevo che Arriane fosse lesbica. Quindi, ho continuato a credere che fosse innamorata di Roland e ricambiata. Fortunatamente non ho messo nulla d'esplicito nella storia, ma dovete perdonare i miei accenni di "amore per la coppia RolandxArriane" nei miei angolo autrice. Non era mia intenzione cambiare orientamento sessuale ad un personaggio. Ringrazio con tutto il cuore Arinne96 che me lo ha detto e mi scuso con i lettori per avervi confusi.
Spero di aver rimediato.
Scusatemi ancora.
Tornando al capitolo...Bill in azioneeee xD Sì, anche lui ha qualche ricordino di Lilith. E le chiede di fare il giochino...e vince! Ma vince cosa? ;D
Spero vi piaccia u.u non ero particolarmente ispirata ma vaaa beeeh xD E'un chap di transizione.
Besitos, Angel <3

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Capitolo 12
*** Sur le pont d'Avignon ***


Capitolo 11- Sur le pont d’Avignon



Sur le pont d’Avignon,
L’on y danse, l’on y danse,
Sur le pont d’Avignon
L’on y danse tout en rond.
Les beaux messieurs font comme ça
Et puis encore comme ça.
Sur le pont d’Avignon
L’on y danse tout en rond.





Ad Avignone tirava vento. Il cielo era nuvoloso e le persone indossavano sciarpe e cappelli per scaldarsi; faceva freddo. Annabelle rimase seduta ancora un po’sull’arcata del ponte, con le folate che le facevano ondeggiare i capelli intorno al viso. Le ali sembravano meno gloriose, come se la tristezza di Annabelle fluisse fin lì e si riflettesse attraverso esse.
Lo specchio dell’anima di un angelo, più che gli occhi, sono le ali. E Annabelle lo sapeva bene.
Per questo si era nascosta da Arriane, da Cam e da chiunque altro angelo potesse vederla. Di certo al Trono non sarebbe andata bene quella sua scampagnata, soprattutto per le ali così bene in vista: qualsiasi umano avrebbe potuto vederla, da lassù. Eppure Annabelle se ne infischiava altamente.
Voleva piangere. Voleva commemorare le memorie di Bénézet. Povero, caro Bénézet.
Che vita dura. Che vita ingiusta.
E d’allora, Annabelle non era mai tornata sul ponte d’Avignone. Perché ballare se la persona amata era ormai morta? Ma Annabelle non si sarebbe mai dimenticata i pomeriggi passati a diffondere la gioia nella gente, perché si sa: quando un angelo è felice, contagia tutti. Quando ballavano tutti –lei e Bénézet insieme al centro del cerchio di persone- il ponte d’Avignone diventava un posto magico, e nessun abitante poteva resistere a quel richiamo divino colmo di felicità.
Questo è il passato.
Annabelle sospirò, si strinse tra le braccia e sollevò il viso verso il cielo, quasi volesse sfidarlo. In risposta –o forse fu solo suggestione- iniziò a piovere. Quei pochi turisti che stavano passeggiando sul ponte guardandosi intorno –quasi avessero paura che cadesse sotto i loro piedi- sparirono, e la gente aprì gli ombrelli cosicché, agli occhi di Annabelle, dall’alto sembravano delle macchie di colore sulla tavolozza di un pittore.
Ovunque lei andasse, non poteva evitare di meravigliarsi del mondo. Amava la bellezza e la vedeva in ogni cosa. Eppure, da quando era morto Bénézet, nella sua anima era morto qualcosa insieme a lui. I colori si erano spenti, la vita era diventata più smorta.
E il Paradiso era l’unico posto dove Annabelle si sentiva intoccabile da ogni emozione, fluttuava in uno stato di insensibilità, quasi non si rendesse conto di cosa le accadeva attorno e dentro. Si sentiva come drogata. Era il Trono che operava quella magia: e Annabelle, suo malgrado, era grata. Peccato che sarebbe durato poco: la rivoluzione era vicina, molto più vicina di quanto gli altri angeli volessero credere.
S’innalzò, senza rendersi invisibile agli occhi umani, e volò in alto, lasciando che la pioggia le inzuppasse le ali e i vestiti leggeri.


()

Quando anche Daniel ebbe salutato, e la porta della stanza fu chiusa, Luce tirò un sospiro di sollievo.
:-Che serata magnifica!- trillò Nora, portandosi le mani al viso. :-Oh mio Dio, William…io sono fidanzata ma…- spostò le mani dal viso al petto, come se facesse fatica a respirare, e si poggiò al muro. :-quel ragazzo è un tale splendore!- disse, con enfasi, gli occhi semichiusi.
:-L’estasi di Santa Nora.- borbottò Luce, divertita, e iniziò a riassettare la camera. :-Dài, che anche il tuo fidanzato non è male.- Sentì le pantofole di Nora che ciabattavano sul pavimento.
:-Sì, ma…non è assolutamente all’altezza di Bill! Perché non sono iscritta al tuo corso?!Oh! Ma certo, potrei iscrivermi ora!- Luce alzò gli occhi verso l’amica. Sapeva essere davvero comica.
:-Nora, ascolta.- Poggiò le mani sulle sue spalle. :-Bill sarà pure bello ma ti fa ridere? E’davvero una palla, non credi?- Nora parve rifletterci.
:-In effetti…hai ragione, il mio ragazzo è molto meglio! E a chi serve uno così? Passerei il tempo con un fucile in mano per stanare le rivali!- così dicendo, se ne andò in bagno canticchiando.
Luce scosse la testa. Qualcosa, quella sera, non l’aveva convinta. Lilith, ad esempio. Era scossa, aveva gli occhi sbarrati e tremava, più pallida del solito, come se fosse sfuggita ad un incidente mortale. Bill, dal canto suo, era decisamente più felice del solito, più amichevole e non aveva riproposto quel fastidioso giochetto della monetina. Mai possibile che i due si fossero detti qualcosa? Luce si fermò a riflettere, con un cuscino stretto al petto.
No. Anche se Lilith e Bill erano entrambi taciturni ed inquietanti, non avrebbero potuto essere più diversi. E Daniel aveva preso Bill sotto la sua ala protettrice, quindi Luce doveva stare tranquilla.
Eppure la sua mente non ne voleva sapere di stare calma: le idee le ribollivano come patate in una pentola, e ne esplosero fuori, come se lei avesse tentato di chiudere le ante di un armadio troppo riempito e queste si fossero aperte di scatto, riversando tutto il contenuto per terra.
Per prima cosa, Bill aveva una faccia conosciuta. Luce sapeva -come lo sapeva per Daniel- che lo aveva visto da qualche parte. Seconda cosa, le occhiate che le lanciava le suggerivano che anche lui aveva la stessa impressione.
Purtroppo, lei non gli aveva più dato l’occasione di spiegarsi da quel pomeriggio dopo le lezioni; lui si limitava a tenerla d’occhio dal banco vicino al suo. Ma un’idea la fulminò: e se non guardava lei, bensì Lilith? La rossa era seduta affianco a lei. Luce si sedette di colpo sul letto. Maddai, perché faceva tanto la fissata? Magari Bill si era preso una cotta per Lilith, tutto qua! Perché doveva essere così complicato? Luce scosse la testa, si rialzò, e continuò a ordinare la stanza. Tenere occupati i suoi pensieri impazziti era la priorità in quel momento.


()

Lilith fu raggiunta da Bill vicino alla sua camera.
:-Allora? Tu…anche tu hai quelle strane visioni?- chiese Lilith, un po’imbarazzata. Ma lei non poteva essere più pazza di lui, no? Un tipo che se ne andava in giro lanciando monetine per aria e chiedendo a lei o a Luce di partecipare (anche a Daniel l’aveva chiesto?)
Lui si passò una mano tra quei raggi di sole che aveva per capelli. Improvvisamente apparve esausto. :-Oh, sì. Quando ho visto Lucinda per la prima volta, lei mi è apparsa con due enormi ali.- confessò lui. Non sembrava divertito da quella cosa; anzi, era terrorizzato e i suoi occhi erano più grandi del solito. Due pozzi di acqua del nord ghiacciata.
A quel punto, anche Lilith vuotò il sacco :-Io ho visto che mi sposavo con un tipo a Gerusalemme tantissimi anni fa. Un’epoca lontanissima, davvero.- Bill si diresse nel cortile, malgrado l’aria gelida. Magari il tipo fumava sigarette, e ne voleva una in quel momento.
:-Sai chi era?- chiese lui, senza gesticolare, senza strofinarsi le mani per scaldarsi un po’. Come immune al tempo. Lilith si riprese giusto in tempo per rispondere.
:-No. Un tipo con gli occhi verdi e i capelli neri. Non so nient’altro, nemmeno il nome.- sospirò. Quella cosa la buttava giù, davvero. Era immensamente folle, ma Lilith si sentiva come se una parte di sé fosse stata bruciata viva, mangiata, immersa nell’acido, o tutte queste cose assieme. Totalmente persa.
E la voce nella testa continuava a guadagnare terreno sul suo cervello. La sua sanità mentale stava veramente andando a quel paese se adesso si confidava con William Nick Old, ragazzo all’inizio agognato dall’intero istituto e ora guardato con occhi strani, come se si chiedessero cosa diavolo avesse. Certo, era ancora bramato dalle ragazze e applaudito dai ragazzi, ma nessuna più tentava l’approccio diretto: erano spaventate e abbattute dai suoi modi schivi e tristi.
:-Occhi verdi e capelli neri? Uhm…e tu ti stavi sposando? In chiesa?-
:-No.- Lilith sbarrò gli occhi. :-Ora che mi ci fai pensare, no. So che mi stavo sposando per via degli abiti e delle persone al seguito; insomma, c’era un’aria da matrimonio ,non so se mi spiego.-
Rimasero a confessarsi le proprie visioni per tutta la notte, senza pensare chi dei due fosse più pazzo.


()

Camriel si nascose dietro la parete dell’Emerald College, con il respiro ansante e gli occhi brillanti, schiena al muro, poco distante dai due ragazzi. Lei ricordava! Cioè, non proprio, però sapeva che si erano quasi sposati. Poi però si ricordò che c’era anche qualcun altro lì fuori ed era proprio l’ultima persona con la quale Lilith doveva parlare: Lucifero.
Bastardo. Non me la porterai via di nuovo.
Arriane non c’era. Neppure Annabelle. Probabilmente era ad Avignone e una parte di Cam si vergognò di non essere lì a consolarla (lui odiava quella parte: era la sua nuova-ma-non-proprio natura d’angelo). Il vero Camriel sapeva che Annabelle non voleva essere affatto consolata.
In ogni caso, loro non erano lì a guardarlo. Lanciò un’occhiata di sottecchi al cielo notturno, come se si aspettasse di vedere il Trono lì a osservarlo, con gli occhi di solito misericordiosi accesi di delusione e di avvertimento.
Oh, sì, sì che lo farò. Non sono mai stato un bravo angioletto.
Lilith e Lucifero stavano ancora parlando. Camriel si guardò attorno: c’erano solo loro tre. Era il momento giusto.
:-Salve, ragazzi.- esordì, con la voce più sexy che possedeva, voltando tutto il corpo verso di loro e uscendo così allo scoperto. Un’entrata da vero macho, si complimentò con sé stesso.
Alla luce del buio, Lilith non poteva riconoscerlo, allora si azzardò a chiedere un’informazione. :-Sapete, sono nuovo e mi sono perso. La mia camera è la numero 40.- Sperò ardentemente che nessuno dei due sapesse chi occupasse la camera 40.
:-Uhm, è vicino la mia. Ti riaccompagniamo noi, se vuoi.- propose Lilith. Camriel annuì e lasciò che i due si mettessero davanti a lui per guidarlo. Quando entrarono nell’atrio, la luce era spenta ma Lucifero non si fece problemi ad accendere l’interruttore. Camriel si trovava tra l’uscio e il giardino. Fu allora che Lilith si voltò.
La sua espressione fu motivo di gioia per l’angelo: sbarrò gli occhi, divenne pallida, si portò le mani alla bocca, poi divenne scarlatta, ed infine si aggrappò al braccio di Lucifero (questo irritò Camriel) per non cadere, seppur le gambe le si fossero piegate per lo shock.
:-Tu…tu…- biascicò, guardando Camriel. Lui non sapeva proprio come reagire. E se le fosse venuto qualcosa?
:-Lilith.- la voce che ne uscì era talmente dolce che Camriel si sentì disgustato. Si stava proprio rammollendo.
:-Oh mio Dio. Conosci il mio nome?- Lucifero aveva compreso tutto, notò Camriel con grande disappunto.
:-Oh, sì. Ti ricordi di me, vero? Mi hai rifiutato proprio a pochi metri dall’altare.-


Angolo Autrice
io AMO Cam u.u davvero. Non lo trovate così...pronto al rischio? Insomma! XD
Scusatemi il tempo impiegato per scrivere questo capitolo, ma ero a zero ispirazione. Però pensavo che era il momento di una svolta decisa. Ed eccola qua!
Come vedete, tutti iniziano a capire un po'di cose...i tasselli del puzzle vanno in ordine poco alla volta...
Ringrazio TUTTE per avermi recensita così entusiaste!!!!Fate felice anche me xD
Mi dispiace per la coppia ArrianexRoland...ma farla significherebbe cambiare orientamento al personaggio. Vero che nei libri non c'era nessun indizio che suggerisse che Arriane fosse lesbica, ma neppure il contrario. ...Nello spin-off, questo viene rivelato ed è un dato troppo importante per poterlo sorvolare....
Baci, Angel <3

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Capitolo 13
*** Stelle che bruciano ***


Capitolo 12- Stelle che bruciano




C'è sempre più amore in chi rimane che in chi se ne va.
Massimo Gramellini





Lilith vedeva la stanza vorticarle attorno, inclinarsi in un angolo impossibile. Si portò una mano alla fronte incandescente. Il sangue le era defluito dal viso. Non era possibile. Tutto ciò era decisamente sovrannaturale, assurdo, pazzesco.
Quel ragazzo era venuto solo nei suoi sogni.
E, per di più, sempre nello stesso. E non le diceva niente, le sorrideva solamente, di quei sorrisi genuini, spontanei, che tu non puoi non ricambiare.
Eppure lei lo aveva fatto.
La sé del sogno non era felice. La sé del sogno era furiosa; una sposa nera. La chiesa era a pochi metri da loro, e il ragazzo si girava e scuoteva il capo: non voleva entrare in chiesa. Il suo viso bellissimo era acceso di terrore e Lilith si sentiva prendere dal panico: perchè era cosi terrorizzato?
Mentre la sposa che era stata allora si gonfiava di rabbia e iniziava –non a strillare, non era da lei- ma a sibilare, con gli occhi ridotti a due fessure, talmente simile ad un serpente da non poterla distinguere da quelli striscianti sulla sabbia attorno ai suoi sandali eleganti.
Serpenti…lei li aveva sempre adorati.
Il suo preferito era il Daboia palaestinae, una vipera velenosa che popolava soprattutto la Palestina. Un flash nella mente: sua madre che sollevava un sopracciglio alla sua richiesta di comprare proprio quella vipera.
Tutta la sua vita era il riflesso di quella della sposa furente.
Fu colta da quella verità come da un fulmine: e seppe anche che la voce che sentiva nella testa non era altro che quella della sposa. La testa le martellava, nonostante la voce non stesse parlando. Poi la vide: lì, davanti a lei, trasparente come se fosse solo una proiezione della sua mente, evanescente, impalpabile.
Marcia, come una mela un tempo succosa lasciata alle intemperie per troppo tempo.
Era forse in preda alle allucinazioni?
Il ragazzo moro si sporse in avanti, come a volerla prendere, e Bill (da dov’era spuntato Bill? Avevano davvero parlato pochi minuti prima nel giardinetto?) la nascose, lanciandogli un’occhiataccia.
:-Ehi, amico. Fammela prendere, su.- lo incitò il moro, gli occhi verde che mandavano lampi. Lilith non avrebbe mai voluto sapere cosa pensava Bill: a guardare i suoi occhi azzurro ghiaccio, sembrava star pensando qualcosa di molto cattivo.
:-No. Tu sei pazzo. Da dove spunti? Il sistema di sicurezza qui è davvero pessimo.- fece Bill, spingendo più indietro Lilith.
Un’espressione di sorpresa apparve sul volto meraviglioso del ragazzo dei suoi sogni (letteralmente parlando). :-Cosa?-
:-Già. Non sei uno studente. Li conosco tutti.- Lilith maledisse le sue gambe molli, la gola secca e il cervello momentaneamente assente. Avrebbe voluto urlare: “No! No! Lasciami, Bill, per l’amor del Cielo! Lo conosco, lo conosco…” invece dalla sua bocca uscì un lamento che sortì il contrario dell’effetto desiderato.
Bill la trasse a sé e disse :-E’ la mia fidanzata. Lasciala in pace.- Lilith ebbe un conato. Che cliché orribile. Il ragazzo dagli occhi verdi sbarrò gli occhi, poi si rilassò: aveva forse capito la verità?
:-Maddai. Non dire stronzate. Senti, apprezzo la tua apprensione: ma ora non è proprio il caso. Non vedi che si sta sentendo male? Se me la fai prendere, si sentirà meglio.- tese la mano, un invito che Lilith avrebbe accettato volentieri.
Fu in quel momento che la sposa iniziò a urlare.
Schiumante di rabbia, si lanciò su di lei, le mani ad artiglio, il viso deformato dalla rabbia. Quella non sono io, pensò Lilith nella foga, spalancando gli occhi. Si staccò da Bill, attirando l’attenzione di entrambi i ragazzi.
Aprì la bocca per urlare quando la sposa la raggiunse. Non la toccò mai. Svanì dentro il corpo di Lilith non appena si avventò su di lei. Troppo scioccata per dire qualsiasi cosa, Lilith si limitò ad osservare il punto dove la sposa era scomparsa.
:-Cosa succede, Lil?- le domandò il ragazzo. Lei sollevò la testa.
:-Lei…lei…- l’avrebbe presa per pazza. Non lo aveva detto nemmeno a Bill. Quest’ultimo le lanciò un’occhiata incuriosita. :-La…la…sposa…- riuscì a balbettare. Un macigno scomparve dal suo corpo: si sentì crollare, con un sorriso soddisfatto. L’aveva detto, oh sì, eccome. E quel tizio l’aveva capita.
:-Lilith. La sposa sei tu. Lo sei stata, voglio dire. Non ci siamo mai sposati.- le disse, con voce lenta, modulata, come se stesse spiegando qualcosa ad una pazza, o stesse tentando di convincere un tizio sul bordo del tetto a non buttarsi.
:-E’nella mia testa! Mi parla! Mi sta facendo impazzire!- si ritrovò letteralmente ad urlare.
Non l’aveva mai fatto.
Ma c’è sempre una prima volta, per tutti e per tutto. Lilith lo scoprì in quel momento, mentre sbraitava contro Bill e contro quel tizio, esattamente come aveva fatto la proiezione di sé stessa poco prima.
Solo quando il moretto l’abbracciò, riuscì a riprendere il controllo del proprio corpo e della propria mente. Ansimando contro la spalla di lui, sfogò tutta la rabbia e la preoccupazione che l’avevano riempita come un sacco, fino a che non era finalmente esplosa.
Ma c’era lui, e andava tutto bene.
Tutto bene.


()

Quando lei fu tra le sue braccia, Camriel trovò il suo posto nel mondo.
Niente, niente poteva essere paragonato alla sensazione di averla ritrovata, di poterla di nuovo guardare negli occhi.
Eppure c’era qualcosa che si contorceva in quella felicità, che voleva uscirne…cos’aveva detto Lilith? La sposa? Allora era vero: era proprio la reincarnazione della Lilith di secoli fa.
Ma era diversa: aveva lo stesso carattere e lo stesso modo di fare di quella Lilith all’inizio del loro amore.
Lasciò che le ali si spalancassero, mostrandosi in tutto il loro splendore.
Il respiro di Lilith si mozzò; bastò quello per farlo sentire tranquillo di nuovo.


()

Ali bianche come la neve fresca si riflessero negli occhi azzurro ghiaccio di Bill.
Qualcosa esplose nella sua testa.
Cosa mi succede? La testa, Dio…
Un dolore fortissimo…martellante…come quando un adulto mette il piede nella scarpina di un bimbo e spinge, e spinge fin quando la scarpina non scoppia…si sentiva così…prima o poi la testa gli sarebbe esplosa…
Frenò l’urlo prima che gli sfuggisse dalla bocca.
Crollò a terra, svenuto.
L’ultima cosa che udì fu una risata agghiacciante.




Angolo Autrice
Ohhhhh!!!!*_*
*esulta da sola come una deficiente* nono, io adoro la coppia LilithxCam u.u e Bill mi piace: gli ho voluto dare una seconda opportunità. Davvero non ricorda nulla. Sa che c'è qualcosa, ma non sa cosa.
Mentre Lilith ricorda ,eccome!
Come potete vedere, a parecchi di loro fa male la testa LOL un Aulin, prego u.u LOL
Ho lasciato un po'da parte Luce e Daniel ma li riprenderò nel prossimo capitolo ;D
Sono felice che il ritorno di Annabelle sia stato gradito ^^
Petò molt grand (un bacio molto grande in catalàààà <3), Angel <3

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Capitolo 14
*** Il Libro dei Veglianti ***


Capitolo 13- Il Libro dei Veglianti





[...] - "Secondo te le stelle sanno di pan di zucchero o di sale?"
- "Non lo so, non le ho mai assaggiate."
- "Io sì, sono rimasta molte notti sul balcone della casa dei bambini chiusi. Le stelle in estate perdono briciole che arrivano in bocca."
- "e come sono?"
- "Salate, a gusto di mandorla amara."
- "Le preferivo dolci."
- "Ma no, guasterebbero la terra per quante ne arrivano. Certe notti c'è tempesta di stelle sbriciolate. La terra è seminata da loro, riceve senza poter restituire. Allora dal basso si alzano le preghiere a sdebitarsi, di alberi e di bestie che ringraziano"
[...].

-- Erri De Luca (Enrico De Luca)
dal libro "Il giorno prima della felicità" di Erri De Luca (Enrico De Luca)




Quel mattino, Lucinda Price si svegliò con un gran mal di testa. Affondò la testa nel morbido cotone del cuscino, le ciocche ondulate di capelli neri sparse un po’ovunque (qualcuna le finì in bocca).
Purtroppo doveva svegliarsi, anche se non ne aveva voglia.
Lilith la stava evitando, benché Luce non avesse fatto nulla di strano nei sui riguardi. Bill era scomparso dalla circolazione; in compenso, Luce si era guadagnata una nuova amica: Aimee, la ragazza che lavava la moto in continuazione, decisamente preoccupata un pochino di meno rispetto a lei per Bill.
L’altra sera erano andate a mangiare una pizza insieme, dato che lo stress da studio era diminuito con l’avvicinarsi delle vacanze natalizie.
Nonostante la grinta e la praticità della tosta Aimee, l’unico su cui Luce si sentiva di poter contare ancora era Daniel.
:-Luce, avanti, sveglia o faremo tardi.- sbottò Nora, in tono sbrigativo. Nel sentire quelle parole, la ragazza alzò la testa: non era da Nora parlare in quel modo. :-Quella tua amica è venuta qui mentre tu ancora ti crogiolavi tra le braccia di Morfeo.- disse e a Luce fu chiaro il motivo del suo nervosismo.
Lilith non le piaceva proprio, adesso ancor di più; se prima lo nascondeva per non far prendere collere a Luce, ora che non ci uscivano più insieme, si sentiva libera di dimostrare quanto le stesse antipatica.
:-Cosa voleva?- chiese Luce, incuriosita. Si sollevò sulle mani, come se stesse facendo le flessioni, poi si sedette sui talloni, osservando la faccia di Nora cambiare da rossa a verde.
:-Non lo so. Non me l’ha voluto dire. “Devo assolutamente riferire la questione a Lucinda; sono affranta, Nora. Non prenderla a male.” Sue testuali parole. Tsk! Prenderla a male! Sarà Bill che le ha dato buca, dicendole di preferire me.- Nora sistemò un cuscino con troppa foga.
Luce decise che era ora di cambiare argomento. :-Che freddo fa oggi.- commentò, strofinandosi le braccia con le mani. Nora le scoccò un’occhiata di sbieco.
:-Cos’è, Dany ha origini inglesi, per caso?, no, perché, sai, gli inglesi sanno solo parlare di tempo. Che freddo, che pioggia, e bla bla bla.- Luce si coprì la bocca con la mano per nascondere una risatina. Quando Nora era nervosa, era ancora più spassosa del solito.
:-Sei uscita con qualche inglese?- la punzecchiò Luce; sapeva per esperienza che il miglior modo per distogliere Nora da qualcosa/qualcuno era parlare dei suoi flirt.
Ed, infatti, la ragazza iniziò a chiacchierare di un certo Richard e non si fermò più, fin quando arrivarono in mensa e Lilith venne verso di loro, i rigogliosi ricci rossi che ballonzolavano elegantemente ad ogni sua falcata.
Attirava l’attenzione; prima, nessuno la guardava se non per una rapida occhiata del tipo “che strana ragazza”. C’era qualcosa di diverso in lei, e finché non fu vicina, Luce non se ne rese conto.
:-Ciao Nora.- salutò prima di rivolgersi a Luce. :-Luce, un amico –non so se ti ricordi di lui- mi ha prestato questo libro. L’ho letto e l’ho trovato molto interessante. Secondo me lo amerai anche tu: guarda il nome dell’autore…- e girò il libro di lato, in modo che Luce potesse leggere chi l’avesse scritto.
Il cuore le si fermò in gola.
Il manoscritto era firmato Daniel Grigori.
:-Che coincidenza, non trovi?- continuò Lilith, imperterrita. :-Sarà molto utile per quel seminario sugli angeli a cui hai preso parte.-
Le posò il libro sulle mani in maniera molto delicata, come se temesse potesse sfasciarsi all’istante, dopodiché girò i tacchi e si diresse fuori dalla mensa.
Nora la seguì con gli occhi sbarrati per tutto il tempo :-Che ragazza strana.- commentò. Scosse la testa. :-Hai davvero preso parte a quel seminario? Si dice che lo tenga un professore molto sexy. Portami con te, ti prego!- allungò le vocali come suo solito. Tiii preeegooo.
Luce non poté resistere. :-Ma certo. In effetti il prof è molto affascinante. Si chiama Steven.- Era lo stesso supplente che era venuto a sostituire il professor MacKenzie (il Babbo Natale di matematica) il primo giorno di college.
Luce si sentiva tenuta d’occhio dal professore Steven.
Si era presentato proprio così, chiedendo espressamente agli alunni di non chiamarlo per cognome. Le ragazze ne erano state entusiaste; parecchie di loro venivano solo per ridacchiare e lanciare occhiate infuocate al prof.
Una voce maschile la fece sobbalzare. :-Ehi, Lucy.- sussurrò Daniel al suo orecchio. Lei si voltò e gli sorrise.
:-Guarda un po’questo libro.- disse, tendendoglielo. Non appena Daniel lesse l’autore, sul suo viso si dipinse un’espressione di sorpresa.
:-L’avrà scritto un mio antenato.- disse lui, ridendo.
:-O magari la tua reincarnazione del passato.- propose Luce in tono spiritoso. Gli occhi viola di Daniel brillarono :-Davvero?- chiese a bassa voce.
La tensione era palpabile. Luce voleva solo scherzare eppure le pareva di aver detto una verità inconfutabile. Daniel era più scioccato di lei.
:-Oh sì. E dovevi essere vestito tremendamente male.- fece lei, per spezzare la tensione. Daniel rise e l’attirò a sé.
Luce arrossì e nascose il viso dietro i capelli, contemporaneamente abbassò lo sguardo come se avesse paura che qualcuno la vedesse. Insomma, perché Daniel aveva scelto lei?
Non aveva niente di speciale.
Anzi, era una pazza visionaria. Da quando Lilith le aveva dato il libro, aveva forti mal di testa come se qualcosa ne volesse uscire fuori.
:-Com’è il titolo?- la voce di Daniel irruppe nei suoi pensieri.
:-Eh?-
:-Il titolo del libro.- Presero due piatti di pasta e si andarono a sedere ad un tavolino un po’più isolato. Parecchi ragazzi li seguirono con lo sguardo, un sorrisetto malizioso sulle labbra. Ormai erano abituati; alle persone piace sempre spiare un po’le coppiette. Le sedie stridettero quando le trascinarono al tavolo.
Luce controllò il titolo. :-Si chiama…Il Libro dei Veglianti.- citò. Alzò lo sguardo. :-Tutto bene, Daniel?- Il ragazzo era sbiancato.
:-Sì, sì. Solo un calo di zuccheri. Ho fame, sai.- minimizzò con un sorriso da 1000 watt. No, da 999. Sembrava decisamente colpito. E’il libro, pensò Luce, osservandolo mentre infilzava la forchetta con troppo vigore nei maccheroni al sugo.
:-Vai ancora al seminario?- chiese Daniel ad un certo punto. Luce alzò lo sguardo dall’ultimo maccherone.
:-Sì, perché?-
:-Mi piacerebbe partecipare, oltretutto ci sei pure tu, quindi…- spiegò lui. Gli occhi viola sembravano distanti quel giorno, non la fissavano come se non vedessero altro al mondo.
:-Okay, perché no…- acconsentì Luce. Dopo avrebbe controllato il libro, giusto per vedere cosa ci fosse scritto di così tanto interessante da indurre Lilith a donarglielo.




()

:-“I Grigori (dal Greco "oi gregoroi", "custodi" o "guardiani") costituiscono, in una versione popolare, un gruppo di angeli caduti citati negli Apocrifi dell'Antico Testamento che si sarebbero accoppiati con donne mortali, dando origine a una razza di ibridi nota come Nephilim, descritti come "giganti", in Genesi 6:4 o "eroi caduti da secoli"- lesse Luce. :-Quest’è l’introduzione al libro…anzi, “Introduzione ai Vigilanti”.- rimase a fissare le parole, come se queste dovessero assumere un nuovo significato da un momento all’altro.
Quando comprese che non si sarebbero scambiate di posto e che il significato quello sarebbe rimasto, alzò la testa verso Nora come a chiedere spiegazioni.
:-Il tuo Dany è un angelo e ha scelto te come sua compagna eterna.- Nora annuì, facendo sembrare il tutto una cosa molto normale, come se stessero parlando di un semplice fidanzamento. Diede un morso alla mela che aveva in mano. :-Avanti, Luce. Grigori è un cognome fighissimo: ha per caso origini italiane?-
:-In effetti sembra italiano. Comunque questo libro mi sarà utile per il seminario, come ha detto Lilith.- concluse Luce, chiudendo di scatto il libro con un rumore secco.
:-Non crederai a queste sciocchezze! Oh, Daniel è andato con un sacco di donne mortali!- gesticolò con le mani e sbarrò gli occhi, come se stesse raccontando una storia dell’orrore. :-Ora ci sono tanti piccoli Dany sparsi per il mondo!- scoppiò a ridere. :-Quel seminario ti sta riempiendo la testa di stronzate. Non è che mi diventi una di quelle fanatiche religiose che vanno predicando la fine del mondo?-
:-Maddài.- tagliò corto Luce. Diede un’occhiata all’orologio. :-Oddio, è tardissimo! Daniel mi sta aspettando giù.- saltò dal letto e infilò il cappotto mentre apriva la porta.
:-Uscite?- chiese Nora per formalità e lei si limitò ad annuire. :-Dove andate? Al cinema?-
:-No, al seminario.- la contraddisse Luce.
Nora alzò gli occhi al cielo ma, prima che potesse aggiungere qualsiasi cosa, Luce chiuse la porta.




()

Il professor Steven era amato da tutte le studentesse.
Aveva capelli sale e pepe, il viso scarno e degli occhiali davvero chic. Per essere maturo, era sicuramente di bell'aspetto.
Guardava sempre negli occhi dei suoi alunni, mettendoli all'inizio in soggezione; poi, con le ore passate insieme, arrivava anche la confidenza e gli alunni impararono ad apprezzare le doti del professor Steven.
Quando Luce e Daniel entrarono nell'aula, situata in un edificio adiacente a quello dove si svolgevano le lezioni e dove erano alloggiati gli studenti, il professore rivolse loro un gran sorriso e i suoi occhi, le cui rughette erano accentuate dall'espressione felice del suo volto, brillarono come mille stelle.
Guardava Daniel, si rese conto Luce. Chissà se anche lui vedeva qualcosa di speciale in quel ragazzo dai magnifici occhi viola.
:-Salve, Lucinda. E tu sei…?- il modo in cui pose la domanda fece supporre che già conoscesse la risposta.
:-Daniel Grigori, professore.- rispose Daniel, per nulla intimorito. Poi porse all’uomo il libro. :-Ce l’ha prestato una nostra compagna, dicendo che sarebbe stato utile.-
Sul viso di Steven si dipinse un’espressione sorpresa, quasi scioccata. E’la reazione che stiamo avendo tutti. Cos’ha quel libro che non va?, si chiese Lucinda, scostandosi i capelli dal viso.
:-Sì…mi sembra molto…molto ultile…Come si chiama questa vostra compagna?-Era troppo preso dal libro e Luce si chiese se fosse una buona cosa fare il nome della sua amica.
Evidentemente, Daniel pensava di sì.
:-Lilith Morgan.- rivelò. Il professore parve non sentirlo. Continuava a girare il libro, come se non credesse di averlo sotto gli occhi, tra le mani.
:-Ah. La conosco?- No, li stava sentendo.
:-Sì, professore. Si è presentata quando lei ha sostituito il professor MacKenzie. E’la ragazza con i capelli rossi e ricci.- Steven alzò la testa di scatto.
:-Lilith, hai detto si chiama?-
Luce e Daniel annuirono contemporaneamente. L’aula iniziò a riempirsi di persone e il professore dovette pensare che era ora di concludere quella discussione, perché consegnò il libro ai due e salutò gli studenti. :-Buongiorno, ragazzi. Mi fa piacere rivedervi.-
I due ragazzi andarono a sedersi ad un banco in seconda fila.
Daniel controllò l’ora sul suo cellulare e lo sguardo di Luce cadde sullo sfondo. Lui ed un amico, la luce del sole che li illuminava di giallo canarino e rendeva tutto più netto e visibile. Quei capelli biondi, quel sorriso caldo, quella pelle dorata, quegli occhi…la bocca di Luce si spalancò. Che…? Con la coda dell’occhio, guardò Daniel, furtiva; poi riguardò la foto sul display.
:-Daniel…indossi le lenti a contatto?- le uscì spontaneo. Aveva ancora lo sguardo fisso sul display.
:-No, perché?- fece lui, sbalordito.
Lei gl’indicò l’immagine felice. :-Perché in questa foto hai gli occhi grigi.-



Angolo Autrice
Ben ritrovati *____*
Come vedete, questo capitolo è tutto per Luce e Daniel. Decisi sin dall'inizio che Steven doveva avere un ruolo in questa faccenda. E Nora è assolutamente da sballo, non trovate? xD
Ovviamente, la citazione sui Grigori è tratta da Wikipedia.
Non ci posso credere!!!!!!!60 recensioni!!!!!!!!Siete MERAVIGLIOSE!!!!!!!!*QQQQ* Tutte tutte!!!
Spero questo capitolo vi piaccia <3
P.S. A breve cambierò il titolo della storia ^ò^
Besitos, Angel <3

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Capitolo 15
*** Giorni di pioggia ***


Capitolo 14- Giorni di pioggia




Basta un piccolissimo particolare
a far crescere in noi la voglia di esistere.
Un pettazzurro su di un albero spoglio,
una dolce melodia proveniente da chissà quale dimora,
la maestosità del mare nel silenzio assoluto,
l'attesa di un qualcosa che potrebbe cambiarci la vita.
Tutto della durata di un solo istante,
basterebbe catturarlo.
Giovanni Di Blasi

:-Annabelle.-
:-Dimmi.-
:-Come hai fatto a sopportare la morte di Bènèzet?- chiese Arriane, guardandola intensamente
Annabelle tirò un profondo respiro :-Non l’ho sopportata.-
:-Allora perché sei ancora qui?-
Annabelle scosse la testa :-Non lo so.-

()

Camriel spalancò le ali per planare dolcemente accanto a Lilith. :-Questo è per te.- le disse, infilandole un girasole tra i capelli. :-Ti dona molto.-
Lilith rise. Da quando aveva conosciuto Cam, le sembrava di avere sempre un motivo per ridere; una risata spontanea, fragorosa, la classica risata dove devi prendere aria (producendo quell’orribile rumore di risucchio) per poter ricominciare.
:-Come hai scoperto che ero qui? E perché tu sei ancora così giovane? Gli angeli non invecchiano?- Lilith era solita bombardarlo di domande. Erano secoli che non lo vedeva e aveva talmente tante cose da sapere…tipo se avesse avuto una ragazza dopo di lei. Ovviamente non era la cosa che le interessava di più, chiaro.
:-Per caso. L’ho scoperto per caso. Io ed Arriane eravamo venuti per controllare Daniel e Luce…poi sei uscita tu…ti ho subito riconosciuta.- aveva un tono talmente dolce che Lilith arrossì e provò l’impulso irresistibile di stringerlo a sé. A Gerusalemme aveva davvero avuto il coraggio di mandarlo all’Inferno? E Cam era stato davvero tanto pazzo di lei da seguire quel suo orribile consiglio?
L’aveva maledetto; e, maledicendo lui, aveva maledetto sé stessa.
Ecco perché si era reincarnata. Il Trono aveva dato un’opportunità persino a lei.
Lilith rimase in silenzio a riflettere. Cam giocherellò con un ricciolo.
:-Ti piacciono i girasoli?- le chiese.
:-Sì…direi di sì.- rispose lei incerta.
:-Simboleggiano felicità, devozione assoluta in amore. Purtroppo per noi hanno anche un altro significato. Diciamo che sono dei voltafaccia.- ridacchiò per la battuta. Lilith evitò d’incontrare il suo sguardo. Lei stessa era una voltafaccia.
:-Ma davvero?-
:-Sì. Simboleggiano anche gli amori infelici. I girasoli mi piacciono molto. Rispecchiano quel che ho provato –e che provo- per te. Ti sono devoto fino all’ossessione, cara Lil. Dovresti spaventarti.- Con delicatezza, eppure con estrema facilità, la buttò a terra e la torturò con il solletico fino a farla lacrimare. Cam sapeva come toccare le corde del suo cuore ma anche come creare dei momenti di frivolezza come quello.
Passare dalla serietà assoluta (con quel discorso sui girasoli voleva farle capire quanto aveva sofferto per lei) al gioco (la stava davvero facendo mancare il respiro) da un secondo all’altro era una dote speciale di cui Lilith aveva molto bisogno.
Per lei era difficile concedere alla sua mente di essere libera dalle preoccupazioni, di ridere senza un motivo come una sciocca; forse era un’autopunizione che si era inflitta per come aveva spezzato il cuore di Cam. O, forse, era semplicemente il suo carattere.
Ovviamente, quel lato del suo carattere la portava a disprezzare chi fosse troppo puerile; Cam era la fusione perfetta tra leggerezza e serietà, tra maturità e infantilità. Era quel tipo di ragazzo che usa sale all’in piedi sulle sedie nel bus e si mette a cantare l’inno della nazionale, facendo roteare lo zaino sopra la testa; era quel tipo di ragazzo che ti ascolta anche quando il tuo sfogo riguarda il criceto evaso dalla gabbietta regalatagli con tanto amore.
Era quel tipo di ragazzo che ti venerava come una dea.
Lilith gl’infilò le mani tra i folti capelli neri, fissandolo negli occhi verde smeraldo. :-Grazie.- sussurrò. Lo sguardo di lui si addolcì.
:-Non c’è di che.-
:-Sai…volevo chiederti una cosa.- fece lei. Era stupido rinvangare il passato ma ormai…Cam la spronò a parlare. :-C’è stata qualcun’altra dopo di me?- La sua faccia sbiancò. Visto, stupida? Non ti merita! Non ci merita! Lilith fece una smorfia. :-Ops.- le sfuggì.
Ma Cam non era tipo da nascondere le cose o da evitare i discorsi utilizzando dei giri di parole più dispersivi di quelli dell’Inferno dantesco. Quindi tirò un profondo respiro e rivelò: :-Ho baciato Lucinda. Una vita fa.-

()

Il telefono suonò alle 19.45 del giorno 25 Novembre, proprio come stabilito. Steven, con il completo comodo di tweed, sollevò la cornetta e rispose :-Francesca.-
:-Steven.- rispose lei. :-Allora? Novità?-
Lui si sedette sul letto e si permise di far vagare la sua mente per un secondo, di lasciarsi ispirare dal panorama che vedeva dalla sua finestra enorme che occupava una bella fetta della parete del suo appartamento al settimo piano.
Ma il Connecticut, per quanto meraviglioso, non poteva competere con San Francisco, che era la città nella quale Steven aveva lasciato il suo cuore. Lì, con Francesca.
:-Steven? Sei ancora lì?- la voce di lei spezzò il filo dei suoi pensieri.
:-Sì. Daniel inizia…- lo avrebbe rivelato? Lui non era dalla loro parte? E Francesca? Cosa ne poteva sapere lui? E se avesse fatto la spia? Non era il caso di rischiare. Non poteva confidare ad anima viva che Daniel e Lucinda iniziavano ad avere flashback delle proprie vite passate, neppure alla persona che più amava. Deglutì :-Daniel inizia a fare progressi con il seminario. Ma non ha ricordi. Niente. E’una tabula rasa.-
La sua voce non lo tradì. Sentì Francesca annuire soddisfatta dall’altra parte degli Stati Uniti. :-Perfetto. Meglio così. Quando torni?-
Steven si distese sul letto, ancora scosso. :-Non lo so. Penso verso fine anno. Il professor MacKenzie è molto contento che resto.- Era una notizia leggera e felice. Il vecchietto era un anziano angelo molto amico di lui e Francesca.
:-Quel vecchio birbante!- Francesca rise di gusto :-Mi manca tantissimo. Spero di rivederlo a San Francisco. Ti richiamerò, Steven. Non farmi aspettare così tanto al telefono.- lo avvisò :-Un bacio.-
Un attimo dopo, a tenergli compagnia al telefono non c’era che il suono costante dell’assenza.

()

:-Annabelle.-
:-Dimmi.-
:-Cam ha ritrovato Lilith.- la informò Arriane, inclinando la testa per valutare la sua reazione.
:-Bene.-
:-Cosa ne pensi?-
:-Penso che sia una cosa fantastica. Cam se lo merita.-
:-Qui si sono già accorti che Cam manca. Individueranno presto Lilith e capiranno che anche Lucinda e Daniel vengono assaliti dalle vecchie memorie.-
Annabelle si rialzò, animandosi da chissà quando. Ogni volta che tornava da Avignone, portava con sé la morte del ragazzo e non riusciva a muoversi per giorni. :-Non glielo permetteremo.-
Arriane annuì soddisfatta e sul suo viso si formò un ghigno, come una ferita nella pelle.

()

Era un sogno, ne era certo. Il cielo era grigio e fumoso, il mare sembrava di ferro. Il vento e la salsedine erano fin troppo reali, però. Daniel abbassò lo sguardo e sobbalzò. C’era un ragazzo dai capelli neri e gli occhi verdi al suo fianco che legava un uomo morto.
Oddio.
Un omicidio.
Il respiro gli si mozzò e si voltò per correre quando la voce del ragazzo lo fermò. :-E un altro è andato.-
Daniel si voltò, il viso bianco dal terrore. :-Cosa vuoi dire?- gli uscì una voce roca e il ragazzo sollevò la testa.
:-Sei per caso diventato scemo tutto d’un botto, Daniel? E’la Tregua. Diciotto giorni. Ricordi?- gli sventolò una mano davanti al viso ,poi scosse il capo, strinse bene il nodo e si sollevò trascinando il corpo con sé. Come un tiratore di giavellotto, vorticò su sé stesso, il cadavere che lo seguiva come la lancetta di un’orologio.
Daniel inorridì; sia per la forza dell’uomo, sia per l’orribile gesto.
Il vecchio volò per parecchi metri e poi crollò in mare. Il ragazzo si ripulì le mani :-Ecco fatto.- disse, come se si fosse tolto un peso di dosso. :-Ora puoi tornare dalla tua cara, piccola Lucinda.-
Daniel ansimava ancora. Chi era quello? E cosa voleva? Come faceva a conoscere Lucinda? Avrebbe voluto chiederglielo; il suo istinto di sopravvivenza lo spinse a fingere che fosse tutto normale.
Solo allora che liberò la mente si accorse che c’era qualcosa di pesante; aveva qualcosa di pesante addosso…dietro, precisamente…si voltò e quasi svenne. Due enormi ali piumate bianche più della luce stessa, morbidissime, bellissime. Continuò ad osservarle, con il petto che si sollevava ed abbassava di scatto.
:-Oh, su, Daniel ,non essere vanaglorioso. Una volta le mie erano meglio delle tue.- disse il ragazzo e Daniel riportò lo sguardo su di lui, ricordandosi del suo piano di fingere. Ma il piano non andò a buon fine. Il ragazzo aveva spalancato un paio di ali dorate meravigliose; la flebile luce non poteva eclissare i riflessi neri che le percorrevano. :-Ero anch’io come te. Anch’io avevo una ragazza che faceva apparire ai miei occhi il Paradiso.- I suoi occhi del colore del più bel smeraldo si rabbuiarono.
E poi tutto sbiadì.



Angolo Autrice
Gente!!!=D Scusate se vi dedicherò pochissimo tempo: ho solo mezz'ora per prepararmi, scender eil cane, mangiare ed andare in palestra!!!°_°
Ho passato il tempo ad aggiornare la fic!!!
66!!!!Oddei. Non pensavo che questa fic avesse avuto un tale successo. Vi adoro tutte <3
Spero che questo capitolo vi piaccia *Q* Cam è finalmente presente e c'è anche Francesca! *_*
Petò molt grand, Angel <3

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Capitolo 16
*** La scelta ***


Capitolo 15- La scelta




Capita di incontrare persone che non dovrebbero mai finire insieme, in nessun caso,
neanche fossero l'ultimo uomo e l'ultima donna rimasti sulla faccia della terra,
per il dolore e la sofferenza
che inevitabilmente si procureranno l'un altra.
-- Meenakshi Reddy Madhavan
dal libro "Diario segreto di una ragazza indiana" di Meenakshi R. Madhaven

Il tempo è una cosa volubile.
Quando non dovrebbe scorrere, e vorresti con tutte le nostre forze che le lancette dell’orologio si fermassero, quello inizia a volare e tu non riesci ad afferrarlo, per quanto ci provi.
E quando vorresti che corresse il più veloce è possibile, il tempo decide che è ora di bloccarsi. In fondo, quale altro potere ha il tempo se non quello di controllare sé stesso?
E per quanto tu voglia spostare le lancette dell’orologio, il lasso di tempo che il tempo stesso decide di percorrere rimane un mistero. Anche per gli angeli…e anche per i demoni.
Roland si dimenò sulla sedia, a disagio. La riunione durava da più di tre ore; i demoni non erano capaci di decidere se intervenire nella disputa che stava dividendo il Paradiso in due fazioni. L’idea di portare ancora più scompiglio tra le nuvole era troppo allettante perché i demoni se la lasciassero sfuggire.
Roland era abbastanza accorto da non aprire bocca: era meglio non ricordare agli altri presenti quanto fosse stato in buoni rapporti con gli angeli. Così, si limitò ad osservare. Che peccato, quanta bellezza sprecata, pensò.
C’era un demone un po’più simpatico rispetto agli altri, Haziel, che aveva gli occhi celeste-grigio, come il mare in una giornata nuvolosa, e i capelli di un biondo scuro che potevano sembrare quasi neri in assenza di luce. Roland continuava a pensare che sarebbe stato meglio tra le file angeliche. Haziel, sentendosi osservato, si girò a guardarlo e gli sorrise. I denti candidi scintillarono.
Peccato, pensò di nuovo Roland.
Ai suoi nuovi coinquilini non stava tanto simpatico.
A malapena sopportavano i suoi interventi e le sue constatazioni: nessuno poteva negare la sua leadership innata; in più aveva molta pazienza, cosa che gli altri demoni non sapevano nemmeno dove stesse di casa.
Oltre a queste sue doti che lo rendevano popolare dovunque andasse, Roland era disprezzato per il suo legame con Arriane e con Daniel. Per metterlo alla prova, i primi giorni, avevano parlato malissimo dei due. Roland aveva resistito stoicamente, sebbene avrebbe voluto pestarli a sangue.
Non aveva più rivisto Arriane da quel giorno, quando lei gli aveva dichiarato che si sarebbe iscritta all’Emerald College. Quell’incantevole pazza.
:-Ti stai scocciando?- chiese Haziel. Aveva una voce pacata. Roland però restava sempre un po’sulle sue; non si fidava dei demoni. In realtà, non sapeva nemmeno lui di chi si fidava (a parte Daniel ed Arriane)
:-Bhe, chi non si annoia a stare seduto per ben tre ore?- fece finta di concentrarsi sui riflessi che il fuoco produceva sulle sua pelle scura, sperando che Haziel lo lasciasse in pace.
:-Roland…credi che io non ricordi chi fossero i tuoi amici?-Roland sollevò la testa di scatto, in modo da poter fissare Haziel negli occhi; aveva un sopracciglio inarcato, come a esortarlo a parlare o forse, vedendola in maniera pessimistica, ad avvisarlo di non prenderlo in giro.
:-E con ciò?- si curò di avere un tono fermo ma calmo. Non voleva dare l’impressione di avere paura di essere scoperto. Scoperto? E cos’aveva mai da nascondere? Ripensò agli occhi disperati di Arriane e si morse un labbro.
:-Nulla. Semplicemente so che non sei d’accordo con loro…- fece un cenno con la testa verso i demoni intenti a discutere di come e quando e se agire. Roland sciolse la coda e lasciò che i rasta ricadessero sulle spalle; tutta una manovra per prendere tempo. Haziel era acuto, molto acuto. Poteva essere un alleato…o un nemico.
:-Okay, Haziel. Hai ragione. Non sono d’accordo con loro: immischiarsi nelle questioni che riguardano il Trono non è consigliabile. Anzi, è proprio da stupidi.- Credette che fosse una buona risposta. Haziel parve convinto in un primo momento, poi, però, la scintilla del dubbio balenò nei suoi stupendi occhi.
Si voltò e disse :-Non mi fai stupido, Roland. Sai bene che non sono contro di te: sei molto più intelligente degli altri. Mi piaci. Se quegli angeli sono tuoi amici, non devono essere tanto male. Quindi, spara.-
Le fiamme nel camino sembravano incendiare l’espressione dei due demoni. Roland stesso si sentì bruciare alle parole di Haziel. L’aveva messo davanti ad un bivio: avrebbe dovuto scegliere se fidarsi di lui o no. Non lo conosceva molto, e, nonostante fosse un ottimo osservatore, poche cose avrebbe saputo dire di lui.
Non era molto certo dell’alleanza, ma Haziel era l’unico “compagno” che aveva in quella gilda di diavoli tutti contro di lui.
Quindi…gli conveniva accettare. In caso Haziel si fosse rivelato una spia, allora lo avrebbe ucciso. Rabbrividì all’idea della stellasaetta nel petto di quel demone dal viso d’angelo.
:-Va bene. Una cosa voglio precisarti: o sei con me, o sei contro di me.- Haziel gli sorrise e i due demoni si strinsero la mano.

()
Oh, che schifo. Il compito era andato malissimo. Daniel s’infilò la mano tra i capelli. :-Che diamine.-
Affianco a lui, Luce sventolò il suo risultato fin quando non si accorse di quello pessimo di Daniel. :-Come mai? Di solito mi fai concorrenza.-
Daniel sospirò. :-Non lo so…è che ultimamente non riesco a concentrarmi.- sbuffò. :-Sai…è come se…non riesco a riposarmi, anche se dormo.-
Il fatto era che la notte, più che dormire, sognava. Il che potrebbe sembrare un’attività non esattamente stancante, eppure…lo era. Parecchio.
Daniel si svegliava pieno di lividi, la testa che pulsava, con gli occhi gonfi e i capelli arruffati e pieni di foglie. Come se fosse andato a fare una bella passeggiata nel bosco, invece di dormire. E appena si alzava dal letto, il mal di testa si faceva ancora più forte e lui ricadeva di botto sulle morbide coperte.
Non era il solito risveglio da sbornia (non che lui avesse molte esperienze al riguardo) ; era molto, molto peggio.
E poi c’erano i sogni. Sognava una specie di prigione, una chiesa sconsacrata attrezzata come palestra, e Luce, c’era sempre Luce nei suoi sogni. Aveva i capelli corti e sembrava molto spaesata.
Nella realtà, non era così. Ormai si era ritagliata un suo posto nel college ed era molto più sicura di sé.
:-Ehi? Provato con la camomilla?- Luce sembrava preoccupata. Gli posò una mano fresca sulla fronte. :-Scotti. Hai la febbre, forse.- Arrossì, e scostò la mano. Ecco un’altra cosa che lo abbatteva. La continua indecisione di Luce. Insomma, era chiaro come il sole che erano fusi l’uno per l’altra, quindi dov’era il problema? Daniel decise di passare all’azione: afferrò la mano di Luce prima che lei potesse spostare la sedia, allontanandosi da lui.
:-Cosa c’è che non va?- Per tutta risposta, lei arrossì.
:-Nulla! Tu stai un po’male…-
Il mal di testa aumentò e Daniel lasciò perdere. Le fitte lo stavano letteralmente abbattendo. :-Penso che prenderò qualcosa; se mi sentirò meglio, verrò anche alle prossime lezioni.- Si chinò per dare un bacio sulla fronte a Luce e, dopo aver spiegato la situazione al professore MacKenzie, uscì velocemente dall’aula.
Daniel non era tipo da sospendere le lezioni per un mal di testa. Salì le scale che conducevano ai dormitori, dritto verso la sua camera. Infilò la mano nella tasca dei jeans per prendere le chiavi e quando alzò lo sguardo, sussultò nel vedere una figura davanti alla porta della sua camera.
Era Bill.
:-Ciao, Bill.- fece lui, incerto. Non lo vedeva da giorni; e ora compariva dal nulla.
:-Daniel. Lilith ti ha dato il libro?-
:-Quello per il seminario? Sì, sì. E’stato davvero utile. Gliel’hai prestato tu? Grazie.- Ma Bill non sembrava volersene andare. Il fatto era che quel ragazzo lo inquietava un po’. Ciondolava avanti ed indietro, come se volesse dirgli qualcosa d’importante ma non ne avesse il coraggio.
:-Di nulla. Comunque… ti capita di sognare?- Quella domanda lo spiazzò.
:-Certo…- annuì. Non sapeva come comportarsi con Bill, mai.
:-Sogni strani. Di vite passate.- Daniel indietreggiò di un passo. Come faceva Bill a sapere dei suoi sogni? Oppure apparteneva ad una di quella sette di fanatici? Per un attimo, sperò ardentemente nella seconda.
:-Ehm, faccio sogni come tutti gli altri.- rispose cautamente.
Bill scosse la testa, convinto della sua teoria. :-No, Daniel. Io lo so tu cosa sogni. Sogni esattamente quello che sogno anch’io. Sogni di quand’eri un angelo caduto, prima che il Trono ti portasse via l’immortalità per farti vivere una normalissima esistenza con la tua Lucinda. Anche lei è –mi correggo, era- un angelo.- i suoi occhi azzurro ghiaccio dardeggiarono.
Appena il ragazzo finì di parlare, Daniel non seppe se ridere per l’assurdità di quel discorso o scappare via. Era pericoloso, si rese conto.
Forse voleva farlo unire alla setta e, sapendo del seminario, aveva pensato che fosse una buona idea provare a farlo abboccare usando la scusa degli angeli. Maddai. Daniel non ci credeva proprio.
:-Non mi credi, Daniel? O hai paura? Si ha paura di chi è come te. Il tuo stesso nome è il nome di un Vigilante.- Bill avanzò. Non aveva l’aria di chi si è drogato o di chi ha bevuto un bel po’, ma Daniel non si fidava.
Aveva sbagliato a riporre la sua fiducia in lui, mentre Luce aveva avuto ragione. E che aveva detto a proposito di lei? Un angelo? Beh, per Daniel lo era, ma sicuramente non nel vero senso della parola.
:-Ci sono milioni di Daniel al mondo. Non credo di essere proprio io l’angelo che stai cercando.-
:-Hai sognato Camriel, vero?- Bill continuava ad insistere. Il ragazzo pensò che fosse meglio assecondarlo e giocare al suo gioco: magari la finiva.
:-Chi è?-
:-Un angelo caduto con gli occhi verdi e i capelli neri, le ali dorate striate di nero.- Daniel dovette fare un’espressione sconvolta perché Bill annuì. :-Lo sapevo. Camriel è venuto da me e da Lilith. Ci ha spiegato che ci è stata data una seconda opportunità. Abbiamo l’occasione di essere esseri migliori di quelli che eravamo prima. Io e Lilith abbiamo sbagliato molto. Ma tu…tu no, Daniel. Ti hanno condannato perché tu e Luce vi amavate e avete scelto il vostro amore. Quindi siete stati puniti.
Dopo settemila anni, nel momento in cui si siamo scontrati, il Trono vi ha richiamati. E ci ha mandati sulla Terra come normalissimi mortali. Ma senza memorie. Almeno, così credevano. Daniel, dimmi la verità…hai mai sognato le tue ali?-
Ora Daniel era veramente sconvolto. Non credeva che una persona potesse essere così convinta delle sue fantasie. Va bene che c’erano i fanatici in giro, ma fino a questo punto…
:-Ascolta, Bill…i sogni sono sogni…-
:-I tuoi sono flashback.- lo interruppe Bill, senza scomporsi. Daniel prese un profondo respiro prima di rispondergli.
Ma una voce arrivò prima di lui :-Ehi, Bill!- Il ragazzo sentì un brivido lungo la schiena. Luce non ci voleva proprio. :-Bill! Che piacere rivederti.- affiancò Daniel e gli posò una mano sulla schiena. :-Stai meglio?- gli sussurrò.
:-Bill sta fuori. Continua a blaterare di angeli…- Luce sollevò un sopracciglio.
:-Bah. A stento parlava prima.- commentò, calmissima. Non sembrava aver capito che Bill faceva sul serio.
:-Lucinda. Anche a me fa piacere rivederti. Stavo spiegando a Daniel del vostro passato di angeli.- A Daniel venne da dargli un pugno ma si trattenne per amore di Luce.
:-Davvero? Interessante. Purtroppo Daniel non si sente molto bene…forse è meglio parlargli domani, che ne dici? Puoi sempre raccontare a me il nostro passato, mh?- Mentre parlava, non si mosse. Forse sapeva comportarsi meglio di lui con i folli, pensò Daniel.
:-Con piacere.- acconsentì Bill, senza togliere gli occhi di dosso ai due. Luce si rivolse verso Daniel e lo guidò verso la stanza. :-Me la vedo io con lui.- gli disse.
:-Ma cosa dici? Non ti lascio sola con quello. È impazzito!- scosse la testa. :-Bill. Luce dev’avere un po’di febbre.- La spinse nella stanza, chiuse la porta prima che lei potesse dire nulla, senza staccare gli occhi da Bill.
:-Per quanto scapperete, non potrete sfuggire al vostro destino. Il Trono sta per dichiarare guerra. Non so cosa vi farà, ma interverrà. E per quanto ne so, anche l’Inferno non starà a guardare.-
L’Inferno? Da dove sbucava fuori? :-Ne sono certo, Bill.-
:-Non parlarmi come se fossi pazzo. Purtroppo non posso dimostrartelo con i fatti, non adesso, ma verrà il momento, Daniel. E allora, non potrai più cavartela con le parole da psicologo. Arrivederci.- girò sui tacchi, il capotto si aprì come una tenda gonfiata dal vento, e se ne andò, così com’era venuto, come se nulla fosse.
:-Daniel! Aprimi! Oh, era ora. Cos’è successo?- Nel vedere Luce, il ragazzo si sentì meglio.
:-Ha detto che tornerà con le prove. Non voglio sapere cosa siano queste prove…resti da me?- Luce arrossì violentemente.
:-Nora mi sta aspettando. Facciamo un’altra volta, va bene?- si alzò dal letto, gli strinse un braccio e scappò via dalla stanza.
Daniel scosse la testa :-Che giornata!- esclamò, prima di lasciarsi cadere sul letto, nello stesso punto dove prima era stesa Luce.

()
Cam vide Lucifero –no, Bill- arrivare da lontano. Planò verso di lui. :-Allora?- gli chiese, senza dargli il tempo di alzare lo sguardo per vedere chi fosse.
:-Allora niente. Pensava fossi pazzo. Ha pensato a chiudere Lucinda nella stanza.- Cam ridacchiò. Tipico di Daniel.
:-Bene. Non abbiamo più molto tempo. La prossima volta verrò io con te.-



Angolo Autrice
71 O_O Sono sempre più sconvolta xDDDD
GRAZIE!!!!!!!!!*_________*
Ritornando al capitolo...
Bill ha deciso di venire a spiattellare tutto ai due piccioncini!!!O.o
Bhe, ci voleva il colpo di scena xD
Cam verrà con lui la prossima volta e allora sia Daniel che Luce non potranno che accettare la realtà dei fatti.
Ma sapete che il ragazzo che lavorava al bar giù da me (purtroppo l'hanno licenziato dato che non poteva lavorare sempre, in quanto frequenta l'università -.-""""") si chiama Daniele e ha gli occhi grigio celeste e i capelli biondo scuro che in assenza di luce sembrano neri? Ehm...xDDD no, non è che per il nuovo personaggio, Haziel, mi sono ispirata a lui!!!! XDDDD
Quasi quasi gli facevo leggere Fallen AHAHAH XD
Haziel avrà un bel ruolo, in ogni caso (non sto pensando al cameriere, no no u.u") e bhe, Roland...anche lui interverrà.
Spero vi piaccia anche questo capitolo
Petò molt grand,
Angel <3<3

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Capitolo 17
*** Corsa contro il tempo ***


Capitolo 16- Corsa contro il tempo






Solo il ricordo unisce ciò che la realtà separa.
Fabio Giannandrea



Roland seppe che era cominciata nel momento in cui il rombo del tuono si espanse nell’aria.
Chiuse gli occhi e trasse un lungo sospiro. Si alzò in volo e si girò ad osservare il Monte Sinai per quella che sperava fosse l’ultima volta. Tornare lì era come un balsamo per il suo cuore nostalgico.
Ma non c’era più spazio per la nostalgia. Era successo qualcosa, qualcosa che aveva fatto muovere il Trono. Qualcosa che aveva scosso la tranquilla esistenza degli angeli in Paradiso.
Daniel e Lucinda avevano ricordato ogni cosa.

()
Due mesi prima
Qualcuno bussò alla porta. Lucinda chiuse il libro di matematica con uno schiocco secco e, seccata, si alzò dal letto, camminò velocemente fino alla porta –aveva solo i calzini e sentiva freddo ai piedi- e controllò dallo spioncino.
Da quando Bill aveva raccontato quella storia terrificante, Luce non se la sentiva più di spalancare la porta della sua camera a chiunque e farsi trovare inerme ed indifesa.
La persona alla porta non era Bill; era Lilith. Luce esitò. Ricordava bene la tensione che sembrava esserci tra Bill e Lilith. Magari i due stavano insieme o erano amici…magari Bill aveva mandato Lilith a cercarla…
Scuotendo la testa e rimproverandosi per essere così paranoica, Luce aprì la porta.
:-Ehi, Lil…- iniziò a dire; s’interruppe subito. Non sapeva proprio cos’aggiungere. Erano secoli che non si vedevano. Lilith non si era proprio fatta sentire.
:-Ciao, Luce. Posso entrare?- chiese.
:-Ma certo.- Luce vide chiaramente un lampo di contentezza felina balenare negli occhi di Lilith quando vide Daniel seduto su una sedia.
:-Ciao, Daniel. Non sapevo fossi qui.- disse. La sua voce era impassibile, eppure nei suoi occhi c’era qualcosa di strano che a Luce non piacque molto. Sì, pensò, Bill e Lilith starebbero benissimo insieme: sono entrambi un po’fusi. :-Mi dispiace di avervi disturbati.- aggiunse Lilith.
:-Nessun problema.- rispose Daniel. :-Stavamo solo studiando.- Lilith annuì, come se fosse del tutto normale che due fidanzati stessero soli in camera a studiare. Bhe, riflettè Luce con una punta di amarezza, in fondo non mi ha mai neppure baciata.
:-Oggi è il 12 dicembre.- annunciò Lilith. Era ancora in piedi, immobile davanti alla porta, e sembrava in procinto di fare un discorso solenne. A Luce metteva ansia: cosa diamine voleva?
:-Visto che tra poco torneremo dalle nostre famiglie, mi chiedevo…sarebbe bello uscire tutti insieme.- Sembrava essere tornata la ragazza chiusa e timidissima di un tempo e Luce si sciolse in un gran sorriso.
:-Sarebbe bellissimo, Lil.- rivolse un rapido sguardo a Daniel per controllare se anche lui era d’accordo.
:-Porterò un amico…cioè…non proprio un amico…- Lilith cincischiava e si torturava le mani. Solo allora Luce capì.
:-Oh mio Dio. Ti sei fidanzata! Ecco perché eri così…oh! Fatti abbracciare!- si gettò tra le braccia dell’amica, festante. Era così orgogliosa di lei! Tutta l’inquietudine e l’esitazione erano scomparse. Ovvio che non si fosse fatta sentire! Era troppo occupata con altro :-Come si chiama?- chiese, staccandosi dall’abbraccio stritolante e tenendola per la vita. Lilith sembrava sul punto di piangere dalla gioia.

()

:-Si chiama Cam.- disse Lilith.
Daniel sentì una fitta acuta alla testa. Una serie di immagini si susseguirono nella sua mente: occhi verdi bellissimi…capelli spettinati neri come la pece…uno splendido paio di ali dorate inondate da riflessi neri…un mare grigio come il ferro…La Tregua, diciotto giorni…un angelo dal sorriso magnetico…
Cam.
L’angelo del suo sogno si chiamava Cam. Era come se qualcuno gli avesse messo davanti gli appunti prima di un’interrogazione e lui si fosse ricordato tutto. O forse come se gli avessero dato una botta in testa rimettendogli a posto i pensieri.
Ma il Cam di Lilith non poteva essere il Cam del suo sogno, vero? Eppure, aveva come l’impressione che lo fosse, eccome.

()

Un lampo di verde smeraldo.
La Luce del sogno si girò verso quel lampo. Due occhi; erano due occhi verde smeraldo ad aver mandato quel bagliore, due occhi che appartenevano ad un ragazzo incredibilmente bello.
E lei conosceva il suo nome, lo aveva proprio sulla punta della lingua…
:-E’ il diminutivo di Cameron: Cam.-
Il ragazzo si chiamava Cam.
Luce sbatté le palpebre più volte, per svegliarsi dal sogno, per scacciare quell’immagine. :-Bel…bel nome.- riuscì a dire. Cercò di evitare d’incrociare lo sguardo di Lilith perchè era sicura che stesse pensando che era impazzita. Quando poi sbirciò per controllare, notò che Lilith sembrava stranamente soddisfatta.
:-Ha dei bellissimi occhi verde smeraldo.- aggiunse Lilith, torcendosi un ricciolo. Luce si sforzò di sorridere, ma fallì miseramente: la sua mente la bombardava di immagini del ragazzo del sogno. Anche lui aveva gli occhi verde smeraldo. Ma non poteva essere il fidanzato di Lilith, no?
L’istinto le suggeriva di sì.

()

Lilith se ne andò quasi subito. Li salutò velocemente, come se avesse una gran fretta di scappare via. Daniel e Luce restarono soli. Lei si sedette sul pavimento, facendo finta di nulla. Come se non avesse avuto quella stramba visione. Come se non avesse ancora il cuore che batteva a mille.
:-Sai…- iniziò Daniel. :-…conoscevo un ragazzo…che si chiamava Cam.-
Luce alzò lo sguardo. Daniel ciondolava, come se le stesse per fare una grande rivelazione o come se volesse valutare la sua reazione. :-Anch’io. Aveva gli occhi verdi e i capelli neri.-
Gli occhi del ragazzo si sbarrarono. :-E la pelle pallida. E l’aria di uno che avrebbe proprio bisogno di andare al riformatorio.-
:-Non è che conoscevamo lo stesso tizio?- Luce sorrise nervosamente. Iniziava a tremare. Brutto, brutto segno.
:-Può darsi.- le concesse il beneficio del dubbio. Luce decise di confessare: aveva un macigno nel petto che la stava uccidendo.
:-Credo che sia il fidanzato di Lilith.-
:-Lo credo anch’io.-
Rimasero zitti a lungo. Il silenzio era assordante. Entrambi erano persi nelle loro riflessioni, chiedendosi se l’uno avrebbe considerato pazzo l’altra se avessero raccontato dei loro sogni.
:-Ultimamente sto sognando molto.- iniziò Daniel con la voce roca.
:-Anch’io…- continuò Luce. :-Ti ricordi della coppia che incontrammo ad Halloween? Io li conoscevo.-
:-Anch’io li conoscevo.-
Luce alzò lo sguardo. :-Ricordo anche i loro nomi.-
Daniel sembrava teso :-Miles e Shelby.-

()

BOOM!
:-Ehi, tu! Sta’più attento!- ringhiò Arriane, massaggiandosi la testa. Quando individuò chi l’aveva colpita, sbarrò gli occhi.
:-Guarda che anche tu mi hai fatto piuttosto male!- si lamentò il demone. Aveva due occhi celeste-grigio, il colore del mare quando il cielo azzurro si copre di nuvole.
Notevole, pensò Arriane. Non sapevo che li facessero così all’Inferno. Si girò verso Annabelle e le scappò da ridere. Era da un po’che non si vedevano facce nuove in giro. Peccato che non fosse proprio il caso di prendersi una cotta per un demone, soprattutto perché stava per scoppiare una rivolta.

Oh, al diavolo! Chi se ne fregava della rivolta! Arriane sperava ogni giorno che Annabelle s’innamorasse di qualcuno e ritrovasse un po’della sua vecchia felicità ed allegria.
Sperava che si prendesse una bella cotta per chiunque…tranne un umano. Non avrebbe sopportato un altro Bénézet.
Stava correndo troppo, ovviamente. Ma l’espressione di Annabelle era già molto.
:-Non volevo, carino!- scimmiottò Arriane per provocare il demone.
:-Calmi, calmi!- intervenne Annabelle, avanzando. :-Va tutto bene! Non litighiamo, su.- Il demone la squadrò dalla testa ai piedi, un sopracciglio inarcato.
:- E tu chi saresti? Perché diamine voi angeli vi tingete i capelli di questi colori buffi? Volete essere più visibili per eventuali demoni?- i suoi denti aguzzi luccicarono al sole. Arriane alzò gli occhi al cielo: che sbruffone.
:-Mi chiamo Annabelle. E il rosa non è un colore buffo. E’un colore romantico.- disse con la sua voce pacata e dolce. Povera, ingenua Annabelle, pensò Arriane.
Il demone rimase zitto. :-Sono Haziel.- sembrava star pensando ad una cosa che gli sfuggiva di mente… :-Annabelle…tu conosci Roland!- esclamò alla fine. Si girò verso Arriane e aggiunse :-E tu sei Arriane.-
Arriane si gettò su di lui. :-Dimmi subito come sta Roland! Subito!- gli scosse il braccio, gli occhi spalancati e supplicanti.
Haziel si guardò intorno. :-Non qui. Non posso farmi vedere con voi. Ma se mi seguirete, vi racconterò tutto.-
Arriane si voltò per Annabelle. Volle credere che un fiore stesse sbocciando nei suoi dolcissimi occhi.



Angolo Autrice
Rieccomi!!!=DDD
Come potete vedere, ho spaziato un bel po'xD
Si avvicina il momento!!!!=DDDDD
Non era esattamente questo il ruolo che volevo dare ad Haziel , mi è venuto solamente quando l'ho scritto °_°
Bhe...quale modo migliore di risolvere i problemi alla povera Annabelle? =D
Ho deciso di partire dal momento in cui la rivolta sta per cominciare ma tornare indietro nel tempo fino agli eventi che hanno riportato a galla tutti i ricordi di Daniel e Luce.
Manca poco =DDDD
Beijinhos !!!
P.S 74 *_* Grazie tantissime ç_ç
Angel <3

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Capitolo 18
*** Anime gemelle ***


Capitolo 17- Anime gemelle

Succede spesso;
sapere che c'è la sagoma perfetta che s'incastra a noi,
immersa in un'alchimia che ha quasi del mistico.
Il paradosso?
Non ci siede quasi mai a fianco: è destinata a rimanere aleatoria,
fugace, effimera forma verso la quale rivolgere il nostro anelito
che rimarrà tale
proprio in virtù dell'impossibilità a
compiersi e tradursi in materia vissuta.
-- Mariella Buscemi


Due settimane e mezzo prima

Luce e Daniel erano terrorizzati.
Quel giorno avrebbero incontrato il fidanzato di Lilith, Cam. E sinceramente, nessuno dei due sapeva come comportarsi. Insomma, era da pazzi quel che avevano pensato? Che loro avessero già conosciuto Cam e, in più, quel Cam –proprio quello di Lilith- fosse stato loro intimo amico?
Luce guardò di sottecchi Daniel, intento a sistemarsi ossessivamente il cappuccio della felpa. Faceva un freddo pazzesco ma non c’era da stupirsene: nel Connecticut, a dicembre, le persone giravano incappucciate, con la sciarpa che copriva collo, bocca e naso ed il cappello calato fino sopra le sopracciglia, cosicché si vedessero solo gli occhi.
A Luce era piaciuto quello stile ed una volta aveva ripassato il contorno degli occhi nocciola con la matita blu scuro e l’effetto “misterioso” –almeno come lo aveva definito Daniel- aveva avuto gran successo.
Il freddo faceva sembrare la loro pelle ancora più bianca . Come aveva detto Bill? Due angeli. Luce sbuffava sempre se pensava a quelle parole; eppure, guardando Daniel, non poteva non pensare che nel discorso di Bill ci fosse qualcosa di vero. Cioè, guardate Daniel!, pensava Luce, ammirando la lucentezza dei biondi capelli del ragazzo. Come si fa a dire che non è un angelo?
Lui si voltò in quel momento e le sorrise, scoprendo la chiostra di denti bianchissimi e regolari. Denti da spot pubblicitario per dentifricio. :-Questo tizio deve avere qualcosa di speciale per aver conquistato Lilith.- commentò. Luce si morse un labbro.
:-Già.- Voleva intavolare un’altra discussione sulla loro possibile amicizia passata con quel Cam? Bhe, facesse pure: Luce era lì, pronta. Le sarebbe piaciuto che Daniel capisse che lei sarebbe sempre stata al suo fianco. Lilith subito aveva fatto; lei era ancora a zero. Forse il suo mistero le erano serviti a qualcosa, forse lei non si era prostrata ai piedi del suo Cam come Luce aveva fatto per Daniel. Però poi Luce si pentì di aver pensato male dell’amica e scosse la testa.
Quando Daniel ebbe infilato il giubbotto, Luce si permise di lanciare un’ultima occhiata al suo riflesso allo specchio. I suoi occhi spaventati da cerbiatta scattavano qua e là, guardando ora le onde nere che fuoriuscivano dal cappello di lana floscio, ora la stanza in ordine, ora gli occhi viola di Daniel. Luce si ritrasse da quell’immagine di sé.
Non voleva apparire terrorizzata.
Stava solo andando a conoscere il fidanzato della sua amica. Come avrebbe voluto avere affianco Nora! Ma lei non era stata invitata e Luce non poteva prendersi quel diritto.

()
Un bagliore verde sfavillò nel bicchiere. Lilith sorrise e si voltò.
:-Ehilà, bellezza. Come butta la vita?- la salutò Cam, chinandosi su di lei per baciarla. Lei rispose con gioia al bacio. Non poteva ancora credere a quella fortuna così inaspettata.
Solo un evento, così poco distante da parere quasi un tornado in avvicinamento che spazzava via ogni cosa, distruggeva la sua altrimenti perfetta vita: lo scontro.
Cam adorava proteggerla ma su questo non transigeva: aveva preso da parte Lilith e le aveva spiegato quel che stava per accadere. Il Trono era venuto a conoscenza delle memorie che tornavano in superficie. Il suo caso, quello di Lilith, aveva semplicemente ghiacciato la tranquilla vita angelica tra le nuvole (Cam aveva raccontato questa storiella con particolare allegria).
E ora si era deciso a svegliare anche Luce e Daniel.
Cam si sedette di fronte a lei e le sorrise rassicurante. I minuti passavano…dovevano solo attendere i due.

()
Era una pizzeria.
Una semplice, innocua pizzeria.
Daniel le aprì la porta e aspettò che lei fosse entrata prima di richiuderla, da perfetto gentleman. Il calore li investì e sciolse i nervi ed i muscoli intirizziti dal freddo dei due ragazzi. La pizzeria era molto alla mano; molti studenti come loro stavano cenando. L’odore era buonissimo e a Luce venne l’acquolina. Poi però si ricordo di Cam; e una fitta le attraversò brusca lo stomaco.
Si guardarono intorno alla ricerca di Lilith. Una mano bianca attirò la loro attenzione; Luce e Daniel si scambiarono uno sguardo inquieto e si diressero verso quella bandiera candida.
:-Ehi!- li salutò Lilith, più radiosa di come Luce l’avesse mai vista. Sembrava felicissima; l’ombra della vecchia e triste Lilith definitivamente scacciata via. Abbracciò sia Luce che Daniel, poi mise la mano sulla spalla rivestita da un giubbotto in pelle (come diavolo faceva a non sentir freddo quello lì!?) del suo fidanzato.
:-Ciao.- disse lui, la voce profonda amichevole e spensierata. Si alzò –era alto e atletico- e catturò lo sguardo di Luce con i suoi infiammati occhi verdi. Tese la mano.
Qualcosa colpì forte Luce alla testa, la stramazzò, la torturò. Una fitta acutissima allo stomaco che la fece piegare in due.
Voleva alzarsi, pregò che nessuno le prestasse attenzione; eppure non riusciva a smettere. Le pareva che il suo cervello volesse uscire dalla testa, volesse scoppiare. C’era un enorme contenuto di materia che nessuna testa avrebbe mai potuto contenere.
(Voleva che Daniel non si preoccupasse)…basta, era troppo. Voci, ali, ali che la seguivano dappertutto, e quella spaventosa scuola, la Sword&Cross e San Francisco…e Miles e Shelby…
Occhi viola (Daniel aveva gli occhi grigi; allora perché diventavano viola quand’era con lei?) che la seguivano distanti, e lei che avvertiva in sé un sentimento di tristezza perché il ragazzo al quale appartenevano quegli occhi la odiava. Ma Daniel era lì, con lei (Luce sapeva che quelli erano gli occhi di Daniel) e mica la odiava, no, lui la adorava, sì, lei lo sapeva, era semplicemente che aveva paura e…
Dolore. Un dolore fortissimo.
Bill che le rideva in faccia malignamente.
La Redenzione. Il Perdono. La Scelta. La Caduta.
Tutte queste cose si susseguirono nella mente di Lucinda e anche in quella di Daniel, fino a quando il fiammeggiare dei loro ricordi non si spense. E rimase solo l’impronta dell’incendio, quando i pompieri hanno finito il loro lavoraccio e sono sudati e sfiniti come stracci, ma felici, felicissimi per il miracolo compiuto.

()

Arriane alzò gli occhi di scatto. :-Io adoro Camriel, lo giuro!- urlò. Si buttò tra le braccia di Annabelle. :-Hai sentito? Hai sentito? Lo senti? Sono svegli. E tutto grazie a quella stupida lucertolina di Cam!-
Annabelle aveva sentito. Continuava a sorridere, ma in fondo aveva paura. Mancavano solo pochi attimi prima che il Trono le chiamasse.
Luce, Daniel e Cam avevano fatto la loro scelta.
E lei ed Arriane? Cos’avrebbero scelto? Sarebbero state abbastanza coraggiose? Annabelle non lo sapeva.



Angolo Autrice
*spunta da un'angolino* Ehilàààà c'è nessuno? ç_ç
Lo so, lo so: questo capitolo è pietoso, dal titolo alla conclusione. Purtroppo questo periodo, vuoi il freddo, vuoi la palestra, vuoi la scuola, vuoi l'ispirazione che s'è perza p'a vìj, non sono proprio riuscita a cavare di meglio.
Bhe: siamo davanti allo scontro finale.
Ormai i due ricordano tutto; Grazie alla lucertolina (LOL) Cam ;D
80!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!Madò xD
Ma siete meravillose!!!=DD ç_ç
Grazie, grazie per avermi seguita in questa storia a tratti bella a tratti orrenda xD
Beijinhos, Angel <3

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Capitolo 19
*** Schieramenti ***


Capitolo 18- Schieramenti


Nessun uomo è un perdente se ha degli amici.
-- Anonimo

Una settimana prima
Accadde in un istante.
Quando Luce e Daniel riaprirono gli occhi e videro, seppur molto sfocato, il sorriso di Cam, capirono che la loro pace sulla Terra era terminata. Mentre la lotta per riaverla era appena cominciata.

()

Il primo a riprendersi fu Daniel. Forse perché era abituato a combattere per restare con Luce. O forse perché voleva mostrarsi forte davanti a lei per non farla crollare. La quarta volta che incontrarono Cam, fu il primo dei due ad agire :-E allora il Trono cosa farà?- chiese.
Cam sbuffò sprezzante :-Quello che ha sempre fatto. Rompere i coglioni. No, davvero, Daniel, vorrebbe intervenire ancora. Magari resettarvi la mente e spedirvi in uno di quei bei manicomi in Purgatorio…-
Luce tremò come una foglia; istintivamente si aggrappò a Daniel. :-Come faremo? Non possiamo nulla contro il Trono, vero?- non si riconobbe in quella vocina stentata, in quel suo modo di agire da coniglio braccato dal cacciatore. Aveva paura. Era stanca. Lei e Daniel avevano vissuto così a lungo lontani aspettando il momento in cui il Trono avrebbe permesso loro di buttarsi uno nelle braccia dell’altro. Ci erano riusciti…
e per mezza dei loro stupidi ricordi tutto era finito.
Era arrabbiata con sé stessa.
Anche se ricordare tutto, tornare alla vita per così dire, era stato come riabbracciare tutta la sua identità, la vera Luce che riuniva in sé tante Luce. Non voleva ridare tutto quel bagaglio di emozioni ed esperienze, ma se ciò voleva dire stare con Daniel…perché no? Perché non darla vinta al Trono? In fondo, quando mai aveva perso?
Ma si stava solo cullando in un’illusione.
Avevano infranto l’accordo, ora dovevano pagare.

()

Haziel spalancò le ali dorate. I raggi del sole le colpirono, irradiandole di riflessi neri. :-A quanto pare il Trono non ha intenzione di stare fermo.- osservò, la testa sollevata per poter guardare meglio il cielo. Poteva scorgere l’andirivieni di angeli affannati, intristiti loro malgrado dal brutto compito che li aspettava.
:-No.- concordò Roland, attorcigliando un dread attorno al dito. :-Purtroppo non li lasceranno in pace. Vedi, era un’accordo ma qualcosa è andato storto. Non so come eppure sia Daniel che Luce hanno assunto il pieno controllo delle loro memorie. Non so la loro reazione e credo che al Trono interessi ben poco. Io…- un rumore lo bloccò. Qualcuno era atterrato alle sue spalle. Si voltò e riconobbe il viso di uno dei demoni dell’Inferno.
:-L’Inferno ha deciso di intervenire. Non accetta per niente la decisione del Trono. Siete chiamati a schierarvi, voi due.-
Che sciocchezza. Ai demoni interessava solo scocciare un po’gli angeli e rovinare i piani del Trono. Roland scosse la testa. :-Con chi dovremmo schierarci secondo l’Inferno?-
:-Con noi, mio caro.- sogghignò il demone. :-Ma tu hai ragione, in fondo alcuni di quei pennuti erano tuoi amichetti una volta. Magari vorresti andare con loro.-ghignò ancora.
Roland ripensò alla faccia di Arriane quando lui era volato via, dopo averla sgridata per essersi intromessa negli affari di Daniel e Luce. Perché sapeva quant’era fragile il loro equilibrio…
D’altra parte, mica aveva torto quel brutto ceffo. A lui non piaceva dover fronteggiare i suoi amici.
:-In effetti hai ragione. Non mi schiererò col Paradiso. Ma nemmeno con l’Inferno. Quindi, au revoir, mon chér.- spalancò le ali, voltando le spalle al demone per incontrare lo sguardo di ghiaccio di Haziel. Il suo bel viso era sconvolto dal dispiacere. :-Non posso, Haziel. Non posso abbandonare i miei amici. Ma se tu vuoi…puoi venire con me.-
Vide lo struggimento attraversargli il viso; era combattuto, Roland lo sapeva. Gli eventi accaduti in quelle settimane li avevano resi molti più uniti. Forse Haziel era il primo amico di Roland dai tempi di Arriane&co. Eppure non era sicuro che l’avrebbe scelto. Era comunque un demone.
:-Dammi tempo.- bisbigliò. Poi, il suo sguardo di zaffiro s’indurì :-E tu che ridi, eh? Non ho ancora scelto.-
Roland lo ringraziò con un sorriso. Prima di volare via, gli scompigliò i capelli come se gli avesse promesso più di quanto avesse detto.

()

Era come ai tempi di Lucifero. Tutti gli angeli correvano avanti e indietro, stanchi, affannati, tristi, paurosi e tutti in trepidante attesa per la Chiamata.
Annabelle ed Arriane osservarono quel trambusto sconvolte. Cam aveva già scelto. Era dalla parte di Luce e Daniel.
Si distaccarono dalla folla, aspettando che tutto fosse pronto. Aspettando che il Trono apparisse. E così fu. Dopo qualche istante che il mormorio della folla fu terminato, dopo che tutti gli angeli si sistemarono l’uno di fianco all’altro, compatti, ordinati, le bianche ali tremanti per l’ansia, il Trono apparve.
Li chiamò ad uno ad uno, e tutti scelsero di nuovo quello che avevano scelto secoli addietro, con una piccola differenza. Sapevano lo sbaglio. E piangevano. Ma Arriane non aveva pietà. Ad ogni angelo che diceva sì al Trono con le lacrime agli occhi, ella lo fulminava con lo sguardo e lo seguiva fino a quando non le passasse vicino per sussurrargli una sola parola. “Vigliacco”.
Anche gli angeli a volte sono vigliacchi, già.
E quando arrivò il suo turno, Arriane sentì tutti gli occhi degli angeli puntati su di lei, in una pietosa copia della sceneggiata precedente.
Ma lei non fu vigliacca.
:- Non posso scegliere di combattere questa causa, che non è una causa. Io non scelgo la guerra, né il divieto del ricordo delle proprie memorie. Non starò con voi. Non mi unirò con voi in questa causa poiché essa non è giusta. E…se state pensando che aggiungerò che mi dispiace beh, vi sbagliate. Non mi dispiace per nulla. Addio.- E, tra i pianti dei suoi fratelli, spalancò le ali e uscì dalle porte del Paradiso.
:-Quel che è fatto, è fatto.- annunciò il Trono. :-Anche tu farai come lei, Annabelle?-
Sentendosi chiamata, Annabelle sussultò. Avanzò :-S…sì.- disse, con la voce tremula.
:-Forse non ne sei poi così sicura?-
Gli angeli si voltarono verso di lei. Tutti. Ma proprio tutti. Annabelle deglutì. :-Sì. Ne sono sicura.- affermò. E prima di potersene pentire, spalancò le ali e seguì Arriane.
Nessun angelo dopo di lei la seguì.
Lo schieramento era stato fatto.
Erano tutti pronti a combattere.



Angolo Autrice
Amisciiiiiii xD
Dopo venti giorni esatti eccomi qui.
In questo capitolo Roland, Arriane, Annabelle e gli altri sono costretti a decidere ufficialmente da che parte stare. (ma va? ndlettori)
Oh, bhe.
Direi che hanno scelto quello che ci aspettavamo LOL
Manca poco alla fine; sapete, credo che le Long siano piuttosto difficili nel momento in cui ti rendi conto che devi aggiornare spesso e la scadenza pesa sul tuo collo come la falce LOL
Che esagerazione.
Però è così. Io stessa da lettrice mi annoiavo a vedere che dopo settimane la storia ancora non era stata aggiornata e posso capirvi. x.x soprattutto se v ritrovate con dei capitoli così -.-"""""""
Grazie ancora per seguirmi ç_______ç
Siete meravigliose ç_________________________ç 85 ç_______________________________________ç
Beijinhos. Angel <3

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Capitolo 20
*** Gli ultimi gesti ***


Capitolo 19- Gli ultimi gesti


Per stare insieme una vita intera non basta l’amore: ci vuole la follia.
Anonimo


Furono ben pochi gli angeli che si schierarono dalla parte di Luce e Daniel.
Tutt’altra situazione all’Inferno, dove i demoni avevano subito deciso di attaccare gli angeli nel momento in cui fossero scesi sulla Terra. In quell’atmosfera piena di eccitazione e subbuglio, solo un demone rimase in disparte.
Haziel si guardava intorno smarrito. Roland era stato come un uragano nella sua vita. Prima di lui, era come tutti gli altri: arrogante (bhe, lo era ancora…), convinto che gli angeli fossero stupidi esseri pennuti e che il Trono fosse una figura evanescente pronta a punire i trasgressori, che sottomettesse gli angeli facendoli diventare privi di volontà.
Poi aveva scoperto gli amici di Roland. Annabelle…
Si passò una mano tra i capelli biondicci, furioso per quella debolezza che stava provando.
Lucifero era stato vittima del Trono.
Eppure era sicuro che stesse meglio prima? Che quella scelta non fosse stata la migliore per tutti? L’ingiustizia era riservata a Daniel e Luce. Loro ora si sarebbero divisi per sempre? Cosa sarebbe successo?
Haziel si alzò e dichiarò che avrebbe abbandonato la causa dell’Inferno. Allo stupore sui visi dei demoni, rispose dicendo che non avrebbe nemmeno sposato la causa del Paradiso.
Detto ciò, volò via per andare a cercare Roland.

()

Furono i giorni più difficili per Luce e Daniel.
Entrambi avevano paura del futuro. Entrambi vissero quei giorni pienamente, sfruttandoli al massimo, impegnandosi negli studi come mai prima, uscendo, e soprattutto stando insieme.
Le feste di Natale sarebbero state un lontano sogno per loro.
Lilith e Cam li lasciarono soli quella sera. Il tempo faceva letteralmente schifo: pioveva, si gelava, l’umidità appianò le meravigliose onde dei capelli di Luce e lei si vedeva bruttissima. Sarebbe dovuta morire ricordandosi brutta?
Nei momenti peggiori, pensi alle cose più stupide.
Come che sarebbe morta senza aver baciato Daniel. Senza sposarsi con lui. Senza fare niente di niente.
Cos’avrebbe pensato lui se lei gli avesse chiesto di sposarla ora? Erano maggiorenni infondo. Fare un matrimonio senza sapere quanto tempo si ha a disposizione. Semplicemente una follia. Eppure il cuore di Luce iniziò a ballare contento nel suo petto, e lei avvertì un brivido dietro la schiena.
Sollevò lo sguardo, come se Daniel potesse aver capito qualcosa. :-Ehi.- disse lui, sorridendole. Negli ultimi giorni era diventato ancora più dolce e le si strinse il cuore nel pensare che quella era la fine.
:-Daniel…- iniziò Luce. :-Sai…stavo considerando l’idea di…-
:-Abbandonare tutto.- concluse lui per lei. Luce lo vide mordersi il labbro, lo sguardo puntato coraggiosamente avanti a sé, come se fosse pronto a tutto, come se non avesse paura. Ma mordersi il labbro lo tradì: in fondo aveva una vita davanti. Recuperare le memorie non avrebbe fatto recuperare il tempo che avrebbero perso.
:-No.- Luce scosse piano la testa. Le venne da ridere al pensiero della faccia che Daniel avrebbe fatto nel sentire la sua proposta. :-Perché non …- iniziò spavalda, poi le mancarono le parole e si zittì. Si fermò, sbarrando la strada al ragazzo. Prese le mani calde –nonostante il tempo- tra le sue, sollevò gli occhi per incontrare i suoi. Lo sguardo violetto di Daniel fu attraversato da un lampo di inquietudine di una velocità tale che, se Luce avesse battuto le palpebre, se lo sarebbe perso.
Okay. Calma e sangue freddo. Rabbrividì nel cappotto blu del suo ragazzo.
Chiuse gli occhi e pensò all’anno scorso. Non sapeva di essere un angelo. Non sapeva che esisteva l’anima gemella. Non aveva Daniel. Non per questo la sua vita era stata insulsa o vuota, semplicemente mancava la metà di sé stessa. Era comunque felice.
Eppure non sarebbe mai tornata indietro.
Strinse forte le mani di Daniel. :-Senti…- tentennò, torturò qualche ciocca di capelli. :-Abbiamo pochissimo tempo. Quello che faranno gli altri…- mosse una mano per enfatizzare :-…noi ce lo scordiamo. Insomma, questi pochi giorni che abbiamo, voglio…anticipare tutto, ecco. Voglio fare quello che avremmo dovuto fare molto, molto dopo.- ecco, le era finita l’ispirazione. Si guardò intorno, cercandola tra gli alberi del giardino del college, come se quella potesse spuntare da un momento all’altro. Due dita si posarono sotto il suo mento, riportando con delicatezza il suo viso verso Daniel.
Quando i loro occhi s’incontrarono, lui le sorrise. Un sorriso serio, ma contento dopotutto.
:-Direi che ora spetta a me continuare.- iniziò lui. E poi, come Luce aveva sempre sognato (magari non in quelle circostanze, ma si poteva tralasciare), Daniel si mise in ginocchio e, tenendole entrambe le mani, incatenando gli occhi di Luce ai suoi, chiese :-Lucinda Price, vuoi sposarmi?-

()

Fecero tutto di nascosto, coinvolgendo solo gli amici più intimi. Luce fu accompagnata da Nora, Arriane, Annabelle e Lilith a scegliere l’abito. Andarono nell’atelier più costoso di tutto il Connecticut. Luce chiuse gli occhi quando iniziò a gettare nero su bianco tutto quello che voleva per la cerimonia. Per lei era difficile non pensare alla cifra esorbitante che richiedeva un matrimonio del genere, com’era difficile non pensare all’anello di fidanzamento che adesso aveva all’anulare.
Nora si era messa a strillare quando l’aveva visto. Ecco, quella era stata l’unica cosa che non aveva potuto nascondere all’intero corpo studentesco dell’Emerald College.
L’assistente le continuava a dire che, appena indossato l’abito giusto, se lo sarebbe sentito nel cuore. Il problema era che Luce era troppo nervosa, troppo preoccupata. Avrebbe voluto staccare il cervello per dimenticarsi dell’imminente guerra e credere alle dicerie dei ragazzi della scuola.
A) era incinta
B) erano semplicemente pazzi.
La prima –purtroppo?- non era giusta. Allora Luce si convinse della seconda.
E solo quando i suoi occhi iniziarono a vedere un’eccitatissima (nel bene e nel male) ragazza giovane con indosso un meraviglioso abito da sposa, si dimenticò del Trono.
Nora le consigliava un abito principesco, Lilith uno semplice, Annabelle uno romantico ma meno appariscente di quello scelto da Nora, Arriane uno rosso con il corpetto in cristalli. A Luce venne da piangere al pensiero che non avrebbe visto nessuna di loro sposarsi. Era solo un’ufficialità, eppure la tradizione era così carina: perché non seguirla? Giusto per diventare Lucinda Grigori. Essere Lucinda Grigori almeno per qualche giorno.
Allora portò le amiche in camerino e le convinse a provare gli abiti.
Risero parecchio, piansero pure un po’. Poi si ripresero, soprattutto quando Luce scelse un abito che mise d’accordo tutte loro.
Taglio classico, con corpetto stretto e gonna larga. Semplice ma non scontato, visto le decorazioni di Swarovski lungo la scollatura a cuore del corpetto.
Uscirono dall’atelier con un bustone enorme e rigido, e nemmeno tornarono al college a piedi: presero un taxi.
Organizzarono tutto così velocemente che nemmeno loro avrebbero, in seguito, ricordato dove e con chi erano stati.
Un ristorante caldo ed accogliente per la cerimonia.
Fecero avanti e indietro dal Texas alla California, dalla California al Connecticut (tutto pagato da Cam) per portare i documenti per la chiesa e per il comune. La parte ufficiosa era davvero complicata.
Luce e Daniel avevano i mal di testa a fine giornata.
Si addormentavano sui libri.
Non studiavano più. Eppure nessuno di loro riusciva a lamentarsi. Si sa, niente sarebbe stato organizzato perfettamente se fossero stati soli e fu solo grazie a Cam e agli altri angeli se il loro matrimonio, alla fine, riuscì bene.

()

La mattina del gran giorno, Nora acconciò i capelli di Luce in uno chignon fermato da vari fermaglini a forma di rosa. Arriane ed Annabelle le portarono la colazione e la obbligarono a mangiare, comunque a Luce si era chiuso lo stomaco. Fino a ieri le era sembrato tutto evanescente, una cosa molto lontana, fuori dalla realtà. Ma adesso si era svegliata ed era tutto vero.
La aiutarono ad infilarsi l’abito.
In quel momento, mentre infilava le gambe nella gonna, con una mano poggiata sul muro per tenersi in equilibrio, che sentì terribilmente la mancanza dei genitori. Si sforzò di ricacciare indietro le lacrime. Quel gesto le sembrò un addio.
Erano le otto e cinquanta quando uscirono dal college nell’aria gelida invernale. Era il 20 Dicembre. Qualche studente era rimasto ed ora era affacciato a guardarla.
Luce si guardava attorno cercando di memorizzare ogni particolare: il grande orologio, la struttura accogliente del college, il giardino pieno di cespugli di peonie, il recinto. Il Connecticut.
Inghiottì ogni cosa con tutti e cinque i sensi. Quando la Mercedes di Cam (Arriane aveva minacciato di ucciderlo se si fosse presentato con una pacchianissima limousine bianca) si fermò davanti al recinto del college, Arriane ed Annabelle sollevarono lo strascico e le fecero segno di andare avanti. La porta si aprì e una lunga gamba muscolosa infilata in pantaloni blu ne uscì.
Non era Cam.
Arriane lanciò un urletto, lasciò lo strascico di Luce al terriccio e corse ad abbracciare un bellissimo ragazzo di colore. Lì lì lei non lo riconobbe, poi quando lui le fece l’occhiolino, l’immagine di un servo dell’ottocento le tornò in testa prepotentemente.
Roland Sparks.
:-E non sono solo. Abbiamo un invitato in più…c’è posto?- disse lui, indicando un altro ragazzo che però Luce non aveva mai visto.
Girò la testa verso Annabelle per chiedere spiegazioni ma lei sembrava sconvolta, con le guance rossissime.
:-Allora si parte o no?!- urlò Cam dalla macchina, suonando il clacson ripetutamente. :-Lo sposo già è in municipio!* Va bene che deve aspettare…ma, fossi in lui, sarei già andato a bere due, tre fiaschetti di liquorino…-

()

I due testimoni erano in due stati completamente diversi. Nora piangeva a dirotto; Roland era calmissimo, ma non per questo meno felice ed emozionato.
Cam –sì, lui aveva insistito per celebrare il matrimonio…- guardò una volta le formule da recitare e subito alzò lo sguardo verso gli sposi.
Lilith gli fece l’occhiolino e lui batté il dito sul microfono per richiamare l’attenzione generale; poi ricambiò l’occhiolino. :- Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri.
Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.
I coniugi concordano tra loro l'indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa.
A ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare l'indirizzo concordato.
Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.-
Alzò gli occhi al cielo nel vedere le lacrimucce di Luce e di Daniel. Però poi sorrise anche lui. :- Daniel Grigori, intende prendere in moglie la qui presente Lucinda Price?-
Daniel annuì e, senza staccare gli occhi da quelli di Luce, disse :-Sì, lo voglio.-
:- Lucinda Price intende prendere in marito il qui presente Daniel Grigori?-
Luce si morse un labbro per calmare la voce, respirò e poi disse in un sussurro :-Sì, lo voglio.-
Cam strizzò l’occhio ad entrambi prima di continuare :- A seguito della vostra risposta affermativa io, Ufficiale dello Stato Civile del Comune, dichiaro in nome della Legge che siete uniti in matrimonio. Potete scambiarvi le fedi.-
Annabelle, le mani tremanti e gli occhi velati di lacrime, ma con un sorriso splendente, porse il cuscinetto con le fedi a Luce e a Daniel.
:-Ehi. Ci credi?- mormorò lui, mentre infilava l’anello all’anulare di Luce. Le sorrise; aveva gli occhi più viola del solito.
:-No.- rispose lei, gli occhi che lo percorrevano da capo a piede. Era suo. Nel loro caso, potevano veramente affermare di appartenersi.
:-Bando alle ciance!- disse Cam. Si schiarì la voce e batté di nuovo il dito sul microfono. Gli applausi lo stonavano un po’. :- "... Avanti a me Ufficiale dello Stato Civile, vestito in forma ufficiale, sono personalmente comparsi:
1) Daniel Grigori
2) Lucinda Price I quali mi hanno richiesto di unirli in matrimonio a questo effetto mi hanno presentato il documento sottodescritto e dall' esame di questo nonché di quelli già prodotti all' atto della richiesta delle pubblicazioni i quali tutti muniti del mio visto inserisco nel volume degli allegati a questo registro risultandomi nulla ostare alla celebrazione del loro matrimonio.
Ho letto agli sposi gli articoli 143, 144, 147 del Codice Civile e quindi ho domandato allo sposo se intende prendere in moglie la quì presente Lucinda Price e a questa se intende prendere in marito il qui presente Daniel Grigori ed avendomi ciascuno risposto affermativamente a piena intelligenza anche dei testimoni sotto indicati, ho pronunziato in nome della legge che i medesimi sono uniti in matrimonio...
Daniel, ti ordino di baciare la sposa.-




Angolo Autrice
E ci siamo! E'il penultimo capitolo...
sì, lo so.
E'passato un mese dal mio ultimo aggiornamento, e sono sicura vorrete uccidermi. Insomma, non ho descritto molto la cerimonia e il seguito e vi dirò anche il perchè: volevo lo immaginaste voi!!
Che ognuna di voi creasse in mente la propria cerimonia, con i propri vestiti (quello di Luce è a stento delineato), con i propri invitati e con il proprio ristorante.
Ci sono riuscita? Spero di sì.
*Ho scelto il matrimonio civile perchè gli angeli caduti non possono entrare in chiesa.
Dato che si avvicina sia il Carnevale e sia San Valentino, volevo farvi i miei migliori auguri <3<3 Siete fantastiche!!! 91!!!!!!*_________________________________*
Bacioni enormi
Angel <3

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Capitolo 21
*** Epilogo ***


Epilogo


Dedicata alle mie lettrici<3 Grazie <3

La fine di una cosa è solo l'inizio di un'altra

Anonimo


Annabelle, Haziel, Cam, Lilith, Arriane e Roland restarono vicini in quei giorni. Trascorsero quanto più tempo fu possibile insieme.
Era la fine di tutto.
Arriane era felice per Annabelle ma al tempo stesso tristissima. Proprio ora che aveva trovato un amichetto (amichetto alquanto...ehm...poco convenzionale, diciamo), il Trono aveva deciso di intervenire?
Intervenire per cosa, poi?
Daniel e Luce avevano ricordato ma non per questo erano intenzionati a rinunciare alla loro vita da mortali...anche se, bisogna ammetterlo, una vita eterna fa sempre un po'gola a tutti, persino a degli ex angeli che hanno patito secoli di sofferenze.
Arriane era molto triste anche per Lilith e Cam. Lilith era terrorizzata dalla possibilità che il Trono potesse maledire la sua anima, ovvero allontanarla da Cam.
E Roland? Il povero vecchio Rolando forever alone? Corse da lui per abbracciarlo. Stare insieme era il regalo più grande che potessero farsi l'un l'altra, il modo migliore per essere più forti.
Che dire poi di Lucifero? Bhe, Arriane non aveva pietà: per lei non meritava nulla, e il fatto che a lui fosse stata concessa la stessa possibilità che era stata data a Daniel e Luce...puah! Ingiustizia.
Ma tutto ciò non contava.
Ciò che contava sul serio era che il Trono aveva dato il segnale. Gli angeli e i mortali alzarono gli occhi al cielo: era di un azzurro troppo intenso e le nuvole lasciavano intravedere l'ascesa degli angeli rimasti dalla parte del Trono e quest'ultimo stesso.
Era l'inizio della fine.

()

Daniel guidava una vecchia Ford Fiesta, regalo dei suoi diciotto anni da parte dei genitori. Luce, al posto del passeggero, era tesissima. Si stavano recando in una foresta sperduta della quale lei non sapeva neppure l'esistenza.
Non gliene fregava nulla.
Osservò il ragazzo. Daniel le sembrava ancora più teso di prima. Ecco, questo sì che le fregava.
Cercò di non pensarci e scavò nelle sua testa alla ricerca di qualche motivetto orecchiabile. Qualcosa che le occupasse la mente e impedisse ad un altro ricordo di riaffiorarle alla mente. Tipo, cos'era successo l'ultima volta che avevano incontrato il Trono.
Li aveva spediti sulla Terra.
Una donna bellissima, un potere immenso, gli angeli che pendevano dalle sue labbra, incantati, estasiati. Sarebbe stato così anche sta volta? Avrebbero dimenticato il loro intento di difenderli?
Luce chiuse gli occhi.
Accadde una cosa stranissima: un lampo di luce bianca le investì le palpebre, una luce accogliente. Quando riaprì gli occhi, era in un ambiente che aveva visto solo nella sua testa e poco tempo fa. Tese la mano a cercare Daniel.
:-Dove siamo?- chiese.
:-Credo di saperlo.- rispose lui :-In Paradiso.-
Luce si girò verso di lui di scatto e le sue onde gli frustarono il viso. Si pentì di aver agito così e gli posò una mano sul braccio. :-Come hai detto?- cercò di calmarsi.
:-In Paradiso. Ma non è come lo ricordavo.- Daniel aveva la fronte corrucciata, come se si stesse sforzando di capire ma senza riuscirci.
Luce registrò l'informazione. Bene, il Trono non li aveva fatti attendere; era così che chiamava chi voleva. Non si spostava troppo. Tutto l'antecedente era solo una messinscena.
Fu allora che comparvero gli amici di Daniel e Luce. Sembravano affranti. :-Ci dispiace, ragazzi.- mormorò Annabelle. Haziel non era con lei: ai demoni era vietato l'ingresso al Paradiso.
Cam non fu magnanimo come lei. :-Daniel, dannazione! Guidi uno schifo!-
Daniel parve perplesso. :-Cosa c'entra la mia guida? E poi io guido bene...- ma poi sbarrò i meravigliosi occhi viola. Luce non capiva. Cos'era successo mentre lei teneva gli occhi chiusi, in macchina? Stavano recandosi nella foresta...c'erano mai arrivati?
:-Facciamola finita.- ruppe Cam il silenzio, spazientito. :-Avete avuto un incidente. Siete morti sul colpo.-

()
Prima che i due potessero riprendersi dallo shock, una donna bellissima apparve di fronte a loro. :-Daniel...Lucinda. Benvenuti di nuovo.- le sue labbra si distesero in un sorriso mozzafiato.
Luce si sentì in pace con il mondo. Offuscava persino la bellezza del suo amato; la sua passione diminuì un po'.
:-Non abbiate paura. Il Trono aveva preso la sua decisione eppure il destino è intervenuto ancora una volta. In questo caso...non possiamo rimandarvi sulla Terra. Ormai siete morti e la legge vieta resuscitare i morti.
Dunque...siete ex angeli...e da ex angeli, il Paradiso vi riammette nelle sue schiere.-
Fu come un'esplosione: Arriane lanciò un urlo e corse ad abbracciare Daniel e Luce, seguita a ruota da Cam ed Annabelle. C'era anche Roland con loro, le magnifiche ali bianche sembravano doverlo reggere.
La donna sorrise indulgente, come una maestra che ha appena detto agli studenti che c'è un'ora di buco ma che in quell'ora vuota verrà a sostituire lei. :-Ma... c'è un ma. Non sarete riammessi come angeli, solo come anime mortali. Non avete commesso gravi reati...in verità, il Trono era indeciso se fosse più opportuno un breve soggiorno al Purgatorio...la fine del mondo ancora non è arrivata.- Luce e Daniel sbiancarono; l'euforia si spense.
:-Quindi il Purgatorio sarà per breve periodo la vostra casa...dopodiché sarete riammessi in Paradiso. C'è chi laggiù pregherà per la vostra anima, non vi angustiate. Arrivederci.-
Un lampo bianco, le facce dispiaciute ma speranzose dei loro amici: le facce di un arrivederci e non di un addio.

()

La testa gli girava: tornare sulla Terra così in fretta era da pazzi, per niente salutare. Cadde a terra, le ali bianche spalancate furono graffiate dalla ghiaia del giardino disabitato dell'Emerald College. Ciuffi neri gli coprirono gli occhi verdi; Cam li scostò soffiando.
Una figura snella veniva verso di lui correndo a perdifiato. :-Cam! Cam!- urlava a squarciagola.
Nonostante tutto, Cam sorrise. Nonostante Daniel e Luce fossero stati condannati cent'anni al Purgatorio, Cam sorrise.
Ebbe appena il tempo di rialzarsi che Lilith gli fu addosso, facendogli perdere di nuovo l'equilibrio. Rimasero così. Lilith singhiozzava e il sussulto del suo corpo provocò in Cam una reazione diversa da quella che la ragazza si aspettava.
:-Dovrebbero sbattermi all'Inferno per quello che ti farò, Lilith.- sussurrò lui, ridendo.
Lei sorrise, ma aveva ancora il viso rigato di lacrime. Gli accarezzò una guancia e lasciò che le facesse dimenticare la paura provata.

()

Il Purgatorio non era così male. Luce e Daniel potevano stare insieme tutto il tempo. Risero a lungo della scelta del Trono.
:-Sai cosa ti dico?- disse a Daniel :-Che Dante non aveva torto: per noi il girone dei lussuriosi sarebbe la sistemazione ideale.-
Lo baciò a lungo, poi alzò lo sguardo ed incontrò un paio di stupendi occhi azzurro nel grigio che la osservavano, meno tristi di quanto li ricordasse. Sorrise. :-Ciao, Bill.-





Angolo Autrice
Salve, gente!!!!!!!!!!!!!!!!!!*__________________* Finalmente...è finita!!!!!! Mamma mia xD
E'stato un lavoraccio. Una faticata.
Ci sono stati momenti dove ho pensato di abbandonare tutto, momenti dove ho scritto una schifezza, altri dove ho scritto meglio.
Questo capitolo lo dedico a voi...e credo che abbiate perfettamente capito che mi sono ispirata a Narnia: alla fine i protagonisti muoiono ma tornano al Paradiso di Narnia.
Bhe, qua succede una cosa simile xD
Ho cercato di appaiare i personaggi rimasti: Arriane alla fine l'ho messa con Roland, può essere interpretata come volete voi questa scelta, sia da un punto di vista d'amicizia sia d'amore. Non avendo letto lo spin-off, mi ecclisso.
Annabelle ...per lei ho inventato un personaggio a parte xD Magari scriverò qualcosa su di loro, bho, chissà.
Cam e Lilith xD A loro non è successo proprio nulla, anzi xD Lasciamoli ai fatti loro, su su u.u
Daniel e Luce...non odiatemi. Non potevo farla finire tra figli e biberon e libri e...uff! Loro sono ex angeli! xD
Cent'anni al Purgatorio...passeranno, passeranno.
Intanto voi scrivete, e fate qualche preghierina per loro. Il Trono accetta offerte U_U"

Un ultimo GRAZIE a tutti voi che mi avete seguita fino all'ultimo. Siete meravigliose. <3<3
Vi abbraccio,
la vostra Angel <3

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