Warlord.

di BellatrixWolf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dolore ***
Capitolo 2: *** Pena ***
Capitolo 3: *** Sollievo ***
Capitolo 4: *** Tormento ***



Capitolo 1
*** Dolore ***


Ebbene, rieccomi. Wow, due storie di seguito. E forse ancora qualcosa, chissà?
Comunque sia, questa è una fic che ho iniziato a scrivere da mia nonna qualche tempo fa, e non ero sicurissima sul pubblicarla. Ma devo dire che ora ho compreso che direzione dare alla storia, quindi va bene. Sto lavorando, con questa, a ben quattro long, di cui due su Xena, una su Lucy e Renèe (e quindi, Xena) ed un'originale in cui un personaggio è ispirato a Lucy Lawless. Sarò fissata? Oh, well. Enjoy!
P.S.: Una recensione, ogni tanto, non farebbe male <3




Nella stanza del warlord le finestre sono coperte da veli che fanno trasparire solo pochi, deboli raggi di sole.

Nella stanza del warlord l'aria è pesante di fumo e tormento.

Nella stanza del warlord risuonano grida di dolore.

La fioca luce ne illumina solo il profilo, le labbra carnose, gli zigomi alti, l'occhio ceruleo, i capelli corvini. Siede su di un letto regale, ai cui piedi c'è una giovane donna. Gli occhi verdi sono lucidi di lacrime, il volto da bimba cresciuta troppo in fretta è pieno di ferite e cicatrici, così come il resto del suo corpo, coperto solo dai lunghi capelli biondi e da un collare che le cinge il collo come una lugubre collana metallica e nera.

“Ti ho detto ALZATI!” il warlord grida furente, strattonando la catena collegata al collare e facendo nuovamente gemere la ragazza. Una lacrima. Un gemito. Un tremito.

Il warlord è furente, si alza di scatto e tira la catena, costringendo la ragazza a salire e a mettersi in piedi. Lei si erge sulle gambe malferme, doloranti, trattenendo a stento un singhiozzo.

“Brava ragazza.” Con un ghigno ed un ennesimo strattone avvicina il volto della bionda e la bacia. Un bacio possessivo, un bacio amaro, un bacio penoso, un bacio senza alcun sentimento ma solo desiderio.

“Ti.. prego...” è l'unica cosa che riesce a dire la giovane donna, pochi secondi dopo.

Il warlord la guarda, sollevando un sopracciglio.

“Ti prego?” ripete piano, poi prende la frusta. “Quante...” frustata, gemito “...volte...” frustata, gemito “...te lo devo dire, Gabrielle?”

Incapace di resistere oltre, Gabrielle scoppia in lacrime.

“SII FORTE!” Urla il warlord. Frustata. Strattone. “SMETTILA DI PIANGERE!”

“Xe...na...”

“Non...” Frustata, gemito “OSARE!” Xena la colpisce con l'impugnatura della frusta nello stomaco, facendola tossire forte. “Vattene. Torna nelle tue stanze.” Xena lancia la frusta sul letto e libera Gabrielle, spingendola verso la porta. A fatica, la ragazza esce e viene scortata nella sua stanza dalle guardie.

Xena, rimasta sola, grida furente. Perché quella ragazza continua ad essere così impertinente? Forse non è poi così debole. Ma piange, chiede pietà, grida. La sua carne si taglia facilmente, la sua testa si china facilmente, la sua volontà continua ad emergere.

Chissà come mai Xena non l'ha ancora uccisa per la sua impertinenza. Se lo chiede spesso, dopotutto si tratta solo di una schiava, una delle tante, conquistata a Potidaea. L'ha presa come un trofeo, la donna più bella del piccolo paesino, la ragazza più tenace che avesse mai incontrato.

Si era sacrificata. Si era sacrificata per le altre. Aveva implorato il warlord di risparmiare le sue compagne in cambio della sua fedeltà.

Xena aveva stranamente accettato ed aveva mantenuto la sua parola, e così anche Gabrielle; la ragazza era fedele al warlord, forse la più fedele: non aveva mai cercato di scappare, non aveva mai chiesto nulla. Ma non si era mai piegata del tutto: nonostante avesse perso l'innocenza, la libertà, l'onore, ha sempre mantenuto quella forza, quella luce interiore che la rende unica.

“Signora.” Un soldato apre la porta, petto gonfio, testa china.

“Dimmi Meconius.” la donna si alza, guardandolo, intimidendolo, così come in un branco di lupi il maschio alfa intimidisce gli altri per confermare la sua supremazia. Meconius è il soldato più vicino a Xena, quasi un amico. Quasi.

“Un mercante. Chiede di voi.”

“Fallo entrare.”

Il soldato si congeda con un inchino ed esce. Poco dopo, alla porta compare un omino dai capelli bianchi ed i vestiti preziosi.

“Grande Xena.” anche il piccolo uomo si inchina, ossequioso. “Sono qui per conto di Dedalo.”

“Cosa vuole?” il warlord non ha tempo da perdere.

“Ha sentito che voi avete le migliori schiave... e sarebbe interessato a comprarne alcune.”

Xena annuisce e fa un gesto con la mano. “Bene. Vieni con me.”

Un altro inchino, poi l'uomo fa passare il warlord, che lo conduce per un corridoio illuminato da alcune torce.

Alla fine del corridoio, una grande stanza con svariati cuscini, tende, una vasca fumante e svariate donne vestite riccamente, intente a parlare, riposarsi, lavarsi.

Con un ampio gesto del braccio, Xena indica le schiave. “Scegli.”

Il mercante si guarda attorno stupito e compiaciuto, iniziando a girare tra le ragazze.

“Lei è Lyn, viene dal Celeste Impero.” il warlord inizia a presentare la merce, prendendo per i capelli una delle schiave. “Una ragazza giovane e forte.”

L'uomo scuote la testa, non è soddisfatto.

Xena lascia i capelli di Lyn con un colpo e si avvicina ad una mora dagli occhi scuri. “Shana, viene da oltremare, merce rara.”

L'uomo scuote la testa, non è ancora soddisfatto.

Xena inizia a spazientirsi. Afferra il braccio di una ragazza giovane e bella, tirandola su con la forza. “Un'amazzone, selvaggia come un cavallo, ma facile da addomesticare se sai come farlo.”

L'uomo scuote la testa, nuovamente non è soddisfatto.

“E allora chi?” sbuffa il warlord, infastidita.

Il mercante si volta e nota una biondina seduta in un angolo, solitaria, vestita d'oro e argento. “Cosa mi dice di... lei?” la indica con un cenno.

Xena guarda nella direzione indicatele e sgrana gli occhi. “No.” risponde seccamente.

“Sarei pronto ad offrire molto. Oro, argento, armi...”

“Ho detto di no.”
“Ma...”

“NO. Lei è mia.” ringhia voltandosi verso l'omino che mai si era sentito così piccolo.

“Capisco... Opterò per l'amazzone, allora.”

I due contrattano sul prezzo, poi Xena viene pagata e la merce venduta.

L'omino se ne va soddisfatto, la nuova schiava a seguito, e Xena fa per andarsene quando

“Signora...” la bionda si era avvicinata, le altre la guardavano stupefatte.

“Come osi rivolgermi la parola, Gabrielle?” il warlord si volta di scatto tirandole una sberla. “Cosa vuoi?”

“Perché non mi ha voluta vendere?” Gabrielle china la testa, coprendosi la guancia dolorante con la mano.

“I miei affari non sono cosa che ti riguarda.” sbraita Xena, furente. “Ora torna al tuo posto, e fai che non te lo debba ripetere.”

Gabrielle fa un piccolo inchino e, senza rialzare lo sguardo, torna nell'angolo, con una lacrima che le riga il volto.

 

Giorni sono passati da quando il mercante di schiavi si è presentato, e la povera Gabrielle ancora non è riuscita a capire il comportamento della sua padrona. Ma questo non le deve interessare, gli affari del warlord non sono cose che la riguardano si ripete, ma non fa che ripensare alle fiamme in quegli occhi di ghiaccio quando il malcapitato omino aveva osato chiedere la sua Gabrielle. La giovane spesso si chiedeva come mai fosse ancora viva. Se lo chiede ancora una volta. Certo, è fedele, però è anche una ribelle, nel suo piccolo. Tuttavia, nonostante i maltrattamenti da parte della padrona, Gabrielle non ha mai cercato... desiderato di scappare. Certo, forse è la paura a trattenerla, sa bene cosa succede a chi cerca di fuggire dalla padrona. Voci dicono che la Morte stessa sia più desiderabile, e persino l'animo forte di Gabrielle non ha il coraggio di tentare. Ma lei sa che c'è qualcos'altro che la lega a quel luogo. Qualcosa che lei ancora non comprende, vero, ma qualcosa è.

Dalla sua stanza, forse una delle più belle del palazzo tra quelle riservate alla schiavitù, persino la più bella, ode dei passi. E' notte, ed è raro sentire passi nella notte, a meno che non stiano arrivando guai. Nel suo giaciglio, la ragazza si volta verso il muro dando le spalle alla porta, nascondendo gli occhi di prato aperti e ansiosi, sperando di non essere presa violentemente nel cuore della notte. Nella sua veglia allerta sente delle voci, voci di uomini che bisbigliano.

“Domani sarà la notte della svolta. Xena perirà per mano nostra, gente! E finalmente saremo noi a comandare. La mia prima schiava sarà la sua amata Gabrielle, ahah! La farò mia, dato che non potrà certo essere la schiava personale di un warlord morto!” esclama un uomo dalla voce roca. Gabrielle trasale. E' vero, la sua padrona è un crudele tiranno, ma nella sua crudeltà ha una morale. Ed è gentile con lei, anche se in maniera molto velata. Effettivamente, più che gentile, è meno brutale. I suoi soldati, invece, sono bestie. Gabrielle li conosce, sono cani che senza Xena sarebbero capaci delle peggio cose. Gabrielle comprende che Xena è il male minore.

“Sì! Sì! Io voglio il suo chakram!”

“Ma se nemmeno lo sai usare?”
“Lo venderò, allora. Chissà quanto denaro frutterà!”

“Ahah lasciatemi il suo corpo, che voglio divertirmi”.

Contando le voci, dovrebbero essere cinque o sei uomini. Una voce, in particolare, le è familiare, ma non riesce ad identificarla.

Gli uomini lentamente si allontanano, continuando il discorso ed arricchendolo con versi bestiali.

Gabrielle non riesce a dormire, e si alza. La porta è chiusa, come sempre, anche se lei sa come aprirla. Si dirige però verso la finestra, guardando la luna nel cielo stellato.

“Cosa fare?” si chiede. “Dovrei avvisarla, forse. Dopotutto, Xena è mille volte meglio di quei cani.” scuote la testa, abbassando lo sguardo. “Mi ha permesso di imparare a leggere e a scrivere. Mi incoraggia ad essere forte. Certo, i suoi modi sono brutali e feroci, ma saranno sempre migliori dei loro.” torna a guardare la luna e sospira. “Devo dirglielo.”

Si chiede se sia saggio uscire ed andare dalla padrona durante la notte, e conclude che equivarrebbe al suicidio. Attenderà il mattino, sì. Avrà occasione di parlarle. Dovrà usare umiltà e sottomissione, altrimenti l'unico risultato sarebbe il linciaggio.

Guarda il giaciglio, poi la porta. Torna a sdraiarsi, cercando di prendere sonno, e dopo minuti che paiono ore si addormenta.

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Capitolo 2
*** Pena ***


Ebbene, ce l'abbiamo ho fatta! Ora pubblico Pena (che bel titolo <3), poi pubblico il nuovo capitolo di QPC e siamo tutti felici. Tranne i lettori di Alex e di FF, che dovranno aspettare a lungo ancora un po'. Specialmente per FF (E subito noto la felicità di Oneesama, eh?)
Bene. Ecco qui il secondo capitolo. Enjoy. (E recensisci <3)




Alba. Una luce appena percepibile penetra dalla finestra velata da teli dorati fino a posarsi sulle ciglia chiuse della donna dai capelli neri.
Alba. Il sole manda un leggero raggio attraverso la finestra chiusa, sfiorando con dita impalpabili un letto vuoto.
Alba. Forti rumori di uomini addormentati provengono da stanze e tende.
Gabrielle si guarda intorno, nella stanza vagamente illuminata. Sa che Xena sta dormendo, ed è sicura che anche i soldati siano nel mondo di Morfeo. Sarebbe folle svegliare il warlord: non esiterebbe ad ucciderla. Ma deve assolutamente fare qualcosa prima che quelle... quelle bestie agiscano.
La ragazza si siede pesantemente sul letto. Ha dormito poco, ma non è stanca: è troppo preoccupata per esserlo. Attende con impazienza un segnale, magari dei passi, che annuncino una guardia e quindi un colloquio con il warlord. La sola idea di quella stanza la fa rabbrividire, ma non è il momento di pensarci.
I primi raggi del sole le carezzarono la schiena, illuminando cicatrici che non dovrebbero mai trovarsi sul corpo di una ragazza.
Gabrielle si guarda attorno e si alza nuovamente, inquieta, incapace di restare ferma per più di qualche minuto. Deve pensare ad un modo per avvisare Xena, per bloccare quegli animali... ma come? La voce. La voce che ha sentito le era familiare, ma nonostante gli sforzi protratti durante tutta la notte non è riuscita a capire di chi sia, dove l'abbia già sentita.
Misura a grandi passi la stanza, un uccello cinguetta fuori dalla finestra e lei sobbalza, poi riprende a camminare scuotendo la testa. Si avvicina alla finestra e vi si appoggia a contemplare l'ambiente circostante. Solitamente si calma molto in quel modo, osservando il paesaggio, ma persino il cielo è cupo e lascia filtrare solo pochi, deboli raggi.
Scuote la testa e torna a sedersi. Prova l'irrefrenabile voglia di correre nelle stanze del warlord e di avvisarla, incurante della punizione, ma il suo buonsenso la blocca. E' conscia del fatto che a chiunque disturbi Xena tocca un destino peggiore della morte, e questo certamente non gioverebbe alla sua causa. Tanto più che, probabilmente, non l'ascolterebbe nemmeno.
Sospirando, inizia a chiedersi quando Xena si sveglierà e nel frattempo vaglia le alternative. Non può parlare a nessuno di ciò che ha sentito perché chiunque potrebbe essere una spia. Non può uscire dalla sua cella per andare da lei e dirle del complotto alle sue spalle perché potrebbe essere rischioso e inutile. Può solo aspettare.
L'ansia cresce col passare dei minuti, e Gabrielle non può fare a meno di chiedersi perché si dia tanta pena. "Perché quei soldati sono delle bestie" si risponde. "Certo, Xena è il male minore." Continua a ripetersi, ma in qualche modo non è convinta.
I suoi pensieri sono spezzati da un rumore di passi in avvicinamento, ed una guardia sbircia attraverso una fessura a gabbia della pesante porta. "La nostra signora ti desidera." grugnisce, chiaramente annoiato, poi apre la porta e avanza verso la schiava. Lei trattiene un sorriso ed un moto di gioia si impadrona di lei, i muscoli si rilassano e lei si lascia scortare senza una parola fino alla troppo nota stanza di Xena, scordando per un attimo tutto il dolore provato in quel luogo.
Entra nella stanza fumosa e scura, rabbrividendo quando nota in un'ombra dorata due occhi di ghiaccio che la scrutano, possessivi. La guerriera la squadra da capo a piedi mentre il soldato s'inchina e chiude la porta. Tutto come al solito. La fissa intensamente, quasi orgogliosa di possedere un tale tesoro.
"Mia signora." dice la schiava, inchinandosi. Xena sembra compiaciuta dal gesto solitamente scansato dalla ragazza, riconoscendovi una richiesta, e le fa cenno di avvicinarsi. Gabrielle decide di tentare, nonostante le sue mani tremino ed il suo sguardo tradisca timore. "Mia signora, vorrei parlarvi un attimo, dirvi poche parole di grande importanza, vi prego." La schiava è a ormai pochi passi dal warlord, le sue mani stropicciano la sottoveste scura.
Xena inarca un sopracciglio ed espira rumorosamente, valutando la richiesta. Fa un cenno con la mano. "E sia, parla." Decide di concederle un favore, come un biscotto al cane che esegue un ordine, per premiarla del saluto e del tono.
Gabrielle fa un altro inchino ed avanza timorosa un altro passo. "Mia signora, l'altra notte, dalla mia stanza, ho sentito parlare alcune voci. Erano voci di soldati, di vostri soldati. Dicevano... Dicevano di volervi uccidere. Questa notte."
A quelle parole, così dirette ed inaspettate, il warlord rimane attonito. Quella che sembra una catena scivola dalle sue mani ed i suoi occhi non si staccano da quelli di Gabrielle.
"Chi? Chi osa tramare contro di me?" chiede furente, con voce bassa ed un tono talmente tagliente da far rizzare i capelli sulla nuca della schiava e farle credere che le sue sole parole l'avrebbero tagliata a pezzi. "Non lo so. Forse se sentissi di nuovo quelle voci... Ma non so rispondervi. Mi spiace." Abbassa lo sguardo, incapace di reggere quello gelido e furente del warlord.
Xena si alza e si avvicina alla schiava, portandole un dito sotto al mento ed alzandole la testa, costringendola a guardarla. "Devo ringraziarti, Gabrielle. Quest'informazione, probabilmente, mi ha salvata." dice, notevolmente più calda e suadente. Un brivido percorre la schiena della schiava, che non sa cosa aspettarsi. Xena sembra essere totalmente dimentica del motivo originale per cui la ragazza si trova lì, e rimane semplicemente a fissarla.
"Tu, questa notte, resterai con me. Anzi, mi seguirai per tutto il giorno. Appena sentirai una voce che riconoscerai come una di quelle degli attentatori, avvertimi."
"Sì, mia signora, sarà fatto."
"Bene. Ma ora toglimi una curiosità." I suoi occhi sono fissi in quelli di Gabrielle, che a sua volta non riesce a distogliere lo sguardo, mentre quella voce la fa impazzire. E' una voce che non ha mai sentito prima, dal warlord. "Perché mi hai avvisata?"
La domanda lascia Gabrielle spiazzata. "Mia signora?" chiede, in cerca di spiegazioni. Xena sembra divertita dalla sua confusione. "Perché mi hai avvertita? Sarebbe stato più facile lasciarmi morire, e scappare nella calca. Allora, perché mi hai avvertita? Hai corso un grande rischio."
Gabrielle si sente arrossire, ma spera che il buio della stanza basti a mascherarla. Abbassa lo sguardo, ma una leggera pressione sotto al mento la costringe a guardare nuovamente in alto. "Io... suppongo di preferire voi a loro." risponde, appena udibile. Il warlord decide di non insistere oltre, quindi indietreggia di un passo.
"Va'."
"Prego?"
"Vai, torna alla tua stanza e vestiti bene. Poi, torna da me." Xena la congeda con un gesto della mano, tornando a sedere sul proprio trono e voltando la testa, come se non fosse successo nulla.
Gabrielle annuisce. "Sì." Si volta ed imbocca la porta. Nessuno la scorta alla sua camera, ed una volta lì la ragazza sospira di frustrazione, il cuore che batte all'impazzata nel petto. Si spoglia della leggera sottoveste che porta per dormire e prende un vestito argenteo, decorato riccamente, indossandolo con attenzione. Lancia un ultimo sguardo alla finestra, preoccupata, come in cerca di aiuto, poi si volta ed esce, tornando dal warlord. Il corridoio è vuoto e freddo, e per la prima volta, stringendosi nella veste, non vede l'ora di arrivare nella stanza calda del warlord, sperando che Xena sia ancora poco in vena di giochi.

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Capitolo 3
*** Sollievo ***


Olè, aggiunto anche Warlord. Poco più lungo, toni più leggeri. Anche perché nell'ultimo capitolo ancora un po' e a Gabby pigliava un infarto, piccinina :'3


Gabrielle è ormai abituata all'aria pesante della stanza del warlord.
L'odore pungente dell'incenso le fa venire in mente la prima volta in cui vi era entrata: le finestre erano oscurate da veli neri di finissima seta orientale, la luce traspirava appena, si sentiva il profumo di incenso nell'etere. Il giorno dopo essere stata catturata era stata portata da Xena perché decidesse della sua sorte, anche se si sentiva vagamente rassicurata dal patto stretto con la condottiera, perché voleva dire che le piaceva; tuttavia niente era certo, il warlord avrebbe potuto semplicemente ricredersi ed ucciderla, per poi prendere in ostaggio le altre donne di Potidaea. Nella semioscurità della camera si era sentita osservata, ma in un primo momento non aveva visto nessuno. Guardandosi intorno, poi, aveva notato una figura slanciata nella penombra, con due occhi gelidi che la fissavano. Gabrielle non si era mossa, si era limitata a lanciarle uno sguardo spaventato e ansioso. Il warlord le si era avvicinato con lenti passi decisi, senza toglierle gli occhi di dosso. Arrivata infine di fronte a lei, le aveva preso il mento e alzato il viso, squadrandola dall'alto. Quando l'aveva considerata degna, si era piegata su di lei in un bacio possessivo, reclamandola come sua.
Un rumore la riscuote dai suoi pensieri. Un leggero bussare. Gabrielle, seduta a terra con le spalle appoggiate al lato del trono e le ginocchia al petto, si volta di scatto verso la porta, un brivido che le attraversa la schiena. Che sia uno di loro? Xena le lancia un'occhiata e lei annuisce, le orecchie tese.
"Chi è?" chiede brusca la condottiera, seduta sul suo trono con una gamba sul bracciolo, il gomito sulla coscia e il mento appoggiato al pugno chiuso.
"Mia signora, un guerriero ateniese vi richiede udienza." Un soldato, una guardia delle camere di Xena, apre la porta chinando la testa. Xena, mentre l'uomo fissa il terreno, guarda Gabrielle, che fa cenno di no con la testa.
Il warlord rotea gli occhi. "Fallo entrare." Il soldato annuisce, poi nota Gabrielle e guarda interrogativo Xena. Lei alza un sopracciglio. Lui sgrana gli occhi e gli si drizzano i peli sulla nuca "L-lei, m-mia si-signora?" chiede, guardando nuovamente Gabrielle. La bionda guarda a sua volta il warlord, poi il soldato, ed è quasi divertita.
"Lei" ringhia il warlord "è con me. Fallo. Entrare. ORA!"
Il poveruomo s'inchina ed esce terrorizzato. Pochi attimi ed un guerriero, alto, moro, vestito di una cotta di maglia ed una divisa ateniese ed equipaggiato di una spada corta legata alla cintura apre la porta, si porta una mano al petto e s'inchina. Chiude la porta e si raddrizza come un soldato di fronte al generale.
Lui guarda Xena con timore reverenziale, non ha paura, ma non è certo tanto sciocco da farle uno sgarbo, quindi attende che sia lei a dargli la parola.
"Hai chiesto udienza, quindi ora parla." dice la condottiera, assottigliando gli occhi, dopo una pausa ragionevole atta a minare la sicurezza del suo interlocutore.
"Stiamo venendo attaccati, signora, da un esercito di barbari." Inizia l'uomo "Non sappiamo da dove vengano, né cosa vogliano. Non parlano greco né romano né gallico. Stiamo combattendo duramente ma..." esita, sotto il peso delle proprie parole e di tutte le implicazioni ad esse collegate. Nota Gabrielle, che accanto a Xena sembra poco interessata, poi torna a guardare il warlord. "Ma stiamo venendo sconfitti." sospira infine, portandosi la mano alla cintura per la frustrazione.
Lei comprende dove vuole arrivare l'ateniese, ma lascia comunque che sia lui a dirlo, perché le lascia la libertà di negoziare. "Va' avanti."
"Credo abbiate capito, signora, cosa voglio dire. Voci dicono che il vostro esercito sia il migliore, che voi siate la migliore. Necessitiamo del vostro aiuto, e siamo pronti a tutto pur di averlo." Raddrizza la schiena, gonfiando il petto.
"E' rischioso chiedermi un favore, soldato. I miei prezzi..." si mette a sedere, togliendo la gamba dal bracciolo, e si sporge in avanti, strusciando tre dita di una mano. "Possono essere molto alti."
"Le ricchezze di Atene sono note in tutta la Magna Grecia."
"L'oro m'interessa poco, di quello ne ho molto."
“Armi, allora?”
“No.”
Il soldato inizia a sembrare spaesato. "E... e allora cosa potrà mai volere la più rinomata signora della guerra?"
Xena fa una smorfia. "Finiscila con le lusinghe, non ne ho bisogno." si alza e prende Gabrielle per un braccio. "Io voglio schiavi, schiave e guerrieri. Voglio ateniesi."
L'uomo impallidisce. "M..ma.."
"Niente contrattazioni. Il mio prezzo sono vite. E poi, non è detto che si trovino male qui. Vero Gabrielle?" una risata roca risuona nella stanza, e la schiava rabbrividisce. Guarda il guerriero con uno sguardo indecifrabile. "Allora, cos'hai da dire?"
"Le schiave sono vestite d'oro, i servi sono ben nutriti e i soldati ben allenati." risponde lei, piatta.
Il guerriero non sembra convinto, fa per parlare ma chiude la bocca. "E' l'unico modo, non è così?"
"Esatto."
China la testa, sconfitto. "E sia, avrai ciò che chiedi dopo la battaglia, se di noi sarà rimasto qualcosa."
Xena lo congeda senza una parola, con un gesto della mano, e l'uomo esce.
Gabrielle torna a sedere a terra, Xena torna sul trono.
"Mia signora."
"Dimmi, Gabrielle."
"A cosa vi servono altri schiavi?"
Il warlord si volta verso di lei, e la schiava teme di aver parlato troppo, teme di essere punita duramente. Invece la condottiera si limita a guardarla gelida, con indifferenza, poi si volta nuovamente. Per lunghi momenti Gabrielle pensa che se la caverà senza dolore né risposte, poi lei inizia a parlare.
"Le persone muoiono, Gabrielle. Di fatica, di fame, di malattia, per le ferite riportate in guerra. Non si possono guarire sempre, e a volte l'unico modo è sostituirle." La sua voce è priva della durezza di cui solitamente è satura. "L'oro è facile da trovare, il mio esercito può razziarlo o posso vendere qualcuno o qualcosa per guadagnarlo. I sottoposti, invece, sono più rari e preziosi."
Gabrielle è rapita dalla voce con cui parla la donna: non l'ha mai sentita così. Si chiede perché non l'abbia punita o zittita, perché non le abbia ricordato che i suoi affari non la riguardano, ma decide che chiedere sarebbe stupidamente rischioso, oltre che inutile, quindi suppone che sia perché sono sole e lei non ha motivo di picchiarla per la sua curiosità. Annuisce e poggia il mento sulle ginocchia.
Per la prima volta da quando è arrivata, Gabrielle non ha paura della stanza del warlord, che fino ad allora ha significato solo sofferenza per lei. Ogni volta che veniva convocata nelle stanze di Xena, la guerriera si divertiva a scapito della schiava che non poteva fare altro se non obbedire e subire. Ma l'aria è meno pesante ora che non deve ansimare, che non deve piangere, che non deve sopportare. Persino Xena sembra più rilassata, priva della sua bestialità.
Sospirando, dopo aver fissato il vuoto immersa nei suoi pensieri per qualche minuto, Xena si alza e si dirige verso alcuni scaffali accanto al letto. Prende due pergamene, storie epiche narrate dai bardi, e torna a sedersi. Ne posa una sulla coscia e osserva l'altra, mentre Gabrielle guarda la scena incuriosita, poi la chiude e prende l'altra. Ci pensa un attimo e decide di leggere la seconda, mentre passa la prima alla schiava.
"Appena senti una voce, ascolta con attenzione. Ma nel frattempo, puoi leggere." dice il warlord, tornando con la gamba sul bracciolo e srotolando la pergamena.
Gabrielle guarda il voluminoso tomo che tiene in mano, stupita e quasi commossa. E' da tanto che non legge. E' stata Xena a darle il permesso e i mezzi per imparare a farlo. Lancia un'occhiata di somma riconoscenza al warlord, ma lei la ignora. Allora, Gabrielle apre piano e incomincia a leggere.
Per qualche attimo rimane in silenzio a fissare i caratteri, ancora stupefatta, poi non riesce a trattenersi. "Grazie, mia signora." dice, alzando lo sguardo con un sorriso. Si stupisce da sola, pensava di aver dimenticato come sorridere. Xena la guarda ed il suo volto è una maschera di cera, ma tutto l'odio nei suoi occhi sembra improvvisamente svanito, e quel gelo delle iridi cerulee diventa quasi calore.
"Leggi." si limita a rispondere. Persino la sua voce è più calda, piacevole, senza la tipica brutalità che il warlord infonde in ogni parola. Gabrielle annuisce e, senza smettere di sorridere, abbassa lo sguardo sulla pergamena.
Xena la osserva per qualche secondo, la sua espressione ancora indecifrabile, poi torna a leggere.

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Capitolo 4
*** Tormento ***


Ed ecco anche il quarto capitolo di Warlord. Xena ha un bel caratterino, eh c:? Enjoy.


Nella stanza di Xena c'è silenzio. Non è il silenzio penoso, doloroso che solitamente aleggia, è una pace rilassata. Il cielo si è schiarito e i veli scuri alle finestre sono scostati, permettendo alla luce di entrare.

Gabrielle legge con impegno ed interesse la pergamena datale da Xena e, più il tempo passa, più si sente di nuovo viva. Ogni carattere, ogni parola, ogni verso le fa battere il cuore. Inizia a comprendere perché ha voluto salvare Xena, non è solo il male minore. Se ci pensa, alla fine Xena non è così malvagia come può o vuole sembrare. Forse è solo un'illusione, ma Gabrielle è convinta di vedere persino del buono in lei.

Xena alza occasionalmente lo sguardo, guardando ogni tanto la schiava pacifica o la porta chiusa, poi torna a leggere. Quando si è stancata di leggere, si alza e ripone la pergamena, poi torna a sedersi, portando un braccio oltre lo schienale, la gamba sul bracciolo e poggiando il mento sul pugno, iniziando a fissare il vuoto con aria pensosa.

La bionda alza lo sguardo dalla pergamena e lo posa su Xena. Vorrebbe parlare, incredibilmente. Sente il forte desiderio di iniziare una conversazione con la condottiera, ma ha paura di disturbarla.

Alla fine, però, l'istinto prevale sul raziocinio.

"Mia signora." mugugna mettendosi in ginocchio e guardando il warlord nella sua strana posizione.

"Mh."

"A cosa state pensando, se posso chiedere?"

Lei si volta, lanciando un'occhiata alla schiava da oltre la spalla. Non sembra arrabbiata, né infastidita. Semmai, moderatamente divertita.

"Sto pensando agli Ateniesi, a questa notte e a questioni riguardanti l'esercito." risponde con calma.

"Capisco. Aiuterete Atene contro i barbari?"

"Forse. Se troverò merce che valga la pena di avere, sì. Altrimenti potrei decidere di schierarmi contro, o di non schierarmi affatto. Dipende da qual'è l'alternativa più vantaggiosa."

"Ma... è crudele." commenta la schiava, smettendo di pensare per un istante. Se ne pente subito, spera solamente che il warlord non dia peso alle sue parole. O che la rimproveri senza punirla fisicamente.

"Può darsi." risponde lei piatta "Ma la guerra è crudele." aggiunge gelida, poi guarda Gabrielle, che la fissa preoccupata. Grugnisce. "Non ti ci abituare. Prova ad essere così irrispettosa fuori di qui e giuro che ti appendo a testa in giù io stessa."

La frase, il tono del warlord strappano un involontario sorriso a Gabrielle. "Sì, mia signora."

Una piccola pausa, in cui Xena torna a fissare il vuoto, poi "Hai detto di preferire me a loro, giusto?"

Gabrielle la guarda un attimo e la condottiera ricambia il suo sguardo con indifferenza. "S.. sì."

"Perché?" inarca il sopracciglio, senza staccare gli occhi cerulei da quelli verdi. Lei rabbrividisce.

"Non... non saprei. Forse perché voi... voi siete più gentile con me." L'ha detto. Ha usato la parola "gentile" riferendosi a Xena, la brutale principessa guerriera, il warlord temuto in tutta la Magna Grecia, la donna il cui nome fa tremare Cesare in persona.

"Gentile?" Tra tutte le risposte possibili, quella è l'ultima che sarebbe aspettata. "Mi trovi gentile, Gabrielle? Tutte le frustate, i colpi..." si alza e la prende per il braccio, portandola in piedi, poi le posa un dito sul volto. "le cicatrici. Mi reputi gentile?"

Gabrielle abbassa lo sguardo. Ha quasi paura di rispondere, teme che la sua risposta possa indispettire il warlord. "Allora?" la incalza lei.

"Mi... avete insegnato a leggere. Mi avete protetta in più di un'occasione. Oggi mi avete persino prestato una vostra pergamena, ed avete risposto alle mie domande, come se per un attimo non fossi una stupida schiava, ma una persona libera. Per questo vi preferisco a quegli animali dei vostri guerrieri." Alza lo sguardo, fissandolo in quello di Xena.

Lei inarca le sopracciglia ed abbassa la mano, non certa su cosa dire. Da un lato punirebbe volentieri quella che le sembra una mancanza di rispetto degna della pena di morte, ma alla fine comprende che per Gabrielle è un complimento e che la schiava non è certamente così stupida da divulgare in giro "le gentilezze di Xena", quindi la perdona. Non risponde, annuisce e torna a sedersi, Gabrielle che la segue con lo sguardo, ancora incerta se rallegrarsi o meno. E' con sommo sollievo della ragazza che Xena conclude con un "Capisco."

La bionda sospira.

"Ascoltami. Non mi ripeterò. Se osi solamente accennare a qualcuno di tutto ciò, se provi a dire in giro che sono gentile mi assicurerò che tu ti ricreda. Nel peggiore dei modi." Scandisce ogni parola, lo sguardo fisso nel nulla. Lei la guarda e rabbrividisce per il tono gelido.

"Sì, mia signora. Ne sono consapevole, mia signora."

Il warlord fa un cenno di assenso con il capo.

Passa qualche minuto di silenzio, Gabrielle assorta nei propri pensieri quanto il warlord, poi qualcuno bussa alla porta. Un cenno d'intesa tra le due donne, e Xena dice, brusca

"Avanti."

Un uomo entra, chiude la porta e s'inchina, portando una mano al petto. Porta lo stemma di Xena sul busto, una maglia nera con il chakram ed una spada incrociati.

"Meconius. Cosa ti porta qui?" Xena alza il mento. L'uomo guarda Gabrielle, imperturbabile, poi torna a guardare Xena. "Lei" il warlord indica la schiava "ha il compito di restare con me, oggi. E le ragioni non ti riguardano. Parla, quindi."

L'uomo annuisce, poco convinto. "Un uomo ha cercato di attaccarci, l'abbiamo catturato, è nelle prigioni."

Gabrielle rabbrividisce. Lui! Era la sua voce! Come ha fatto a non riconoscerla, con tutte le volte in cui l'ha sentita? Si sente una sciocca.

Xena annuisce e lo congeda. Appena l'uomo esce, Gabrielle scatta in ginocchio e tocca la gamba del warlord.

"Lui?" la guarda sbigottita. "Ma... è il mio uomo più fedele! Ne sei certa, Gabrielle?" l'idea che la schiava menta la sfiora per un istante, ma lei la scarta immediatamente. E' più probabile che Meconius tenti di ucciderla, che Gabrielle provi ad ingannarla.

"Sì. E' una delle voci che ho sentito. Mi sembrava familiare, ma non ero riuscita ad identificarla."

Xena annuisce gravemente. "Certo, essendo il mio secondo in comando il mio esercito andrebbe a lui. Maledetto." Si alza di scatto, furibonda, e si porta la mano alla cintura, estraendo un pugnale. Prova la forte voglia di uccidere quel bastardo, subito, sgozzandolo come il maiale che è. Ma si rende conto che sarebbe inutile, perché l'uomo ha dei complici, e si limita a scagliare il pugnale verso la porta. La lama si conficca per diversi pollici nel legno, dove oscilla per un istante. Gabrielle si ritrae, spaventata dalla reazione del warlord. "Credimi, Gabrielle. Moriranno tutti di una morte orribile, e tu ne sarai testimone."

La schiava impallidisce, consapevole che se Xena l'ha detto, Xena lo farà. "Come farà a trovare gli altri entro stasera?"

Il warlord ghigna, un ghigno talmente malefico da sembrare quasi folle, con una scintilla negli occhi. "Me lo dirà lui. Ma non prima di aver sofferto come merita." Avanza con passo deciso verso la porta e ne estrae il coltello con uno schiocco, voltandosi poi a guardare Gabrielle tenendo la punta della lama premuta all'indice.

La schiava indietreggia. Quello sguardo così feroce negli occhi di Xena è qualcosa di nuovo per lei. Per un momento prova quasi pena per Meconius, che sta per incontrare una fine orribile, così come i suoi compagni.

"E non è possibile trovare un altro modo? Non è una sofferenza inutile?" chiede piano, ritratta accanto al trono.

"No." La risposta è secca e gelida, non permette repliche, mentre la schiava la guarda preoccupata. La condottiera ringhia ed alza un braccio, così come il volume della voce. "Devo essere spietata, Gabrielle! Non posso permettere che la compassione mi condizioni, ne va della mia vita, del mio esercito! E non sentirti in colpa, non credere di aver fatto soffrire inutilmente quei bastardi, perché non è così, non è colpa tua, sono loro che si sono scavati la fossa, e meritano di soffrire per questo."

Quel tono ricorda a Gabrielle tutte le volte in cui Xena le ha ordinato di essere forte, di smettere di piangere. Non si è mai accorta di quanto il warlord la inciti e la sproni ad abbandonare le debolezze. Ancora una volta, le parla come il maestro al gladiatore.

"Io non sono una guerriera! Io sono una poetessa! O meglio, lo ero..." Gabrielle piega il capo di lato, distogliendo lo sguardo.

Xena la guarda alzando il mento, e per un attimo sembra voglia parlare, ma tace. Serra il pugno sul coltello tanto che le nocche le diventano bianche e con un colpo secco conficca nuovamente la lama nella porta di legno alle sue spalle, senza degnarla di uno sguardo. Gabrielle trasale.

"Infatti. Non lo sei. Né sai cosa voglia dire esserlo. Ma io non mi arrendo, poetessa." sputa l'ultima parola come fosse veleno di vipera. "Il mondo è guerra. I bardi sono coloro che non vivono realmente. Tu, invece, sei qui, nel mondo. Assieme a me, la guerra. Tu non sei più una poetessa, per quanto tu sia brava con le parole. Ti ho permesso di imparare a leggere, ogni tanto lascio che tu racconti qualche storia, ma quello è un passatempo, Gabrielle. Questa" fa un ampio gesto con il braccio "è la vita vera. Non quella dei poemi, questa dannazione!"

La schiava resta muta, incapace di parlare. Forse Xena ha ragione, forse è tempo che anche lei inizi a comprendere come va il mondo. Abbassa il capo.

"Sostieni il mio sguardo. Combatti per le tue idee!" sbraita il warlord, avvicinandosi a lei e tirandola su. "Se sei una poetessa, combatti con le parole. Altrimenti ti farò diventare un soldato."

Gabrielle sgrana gli occhi. La prospettiva di divenire un guerriero la terrorizza. "Io sono una poetessa. Io sono un bardo. L'arte è l'unica vera forma di immortalità, e le mie parole diventano arte. Nessun mortale vive in eterno, solo gli eroi hanno il diritto di essere ricordati e sono i bardi a decidere chi ha il diritto di essere considerato tale. Le ricchezze sono inutili, da morto."

Xena la guarda, soppesando le sue parole. Decide che sono soddisfacenti. "E sia, poetessa. Ma non osare mai più contestarmi."

La bionda annuisce, poi cambia discorso. "Non avete più bisogno di me?"

La condottiera la guarda. "Certo che sì. Continuerai a stare con me, non si sa mai. Inoltre, come ti ho già detto, tu sarai testimone. E come bardo di Xena, dovrai raccontare cosa succede a chi osa sfidarmi."

Gabrielle deglutisce. "Sì, signora."

Il warlord prende un respiro profondo e si volta, liberando il pugnale da legno e riponendolo nella cintura, poi torna a sedere. "Tra poco sarà ora di pranzo, quindi andremo in mensa. Mangerai con me." Parla come se non fosse successo nulla, come prima che Meconius comparisse. Gabrielle s'illumina; mangiare al tavolo di Xena significa mangiare il meglio reperibile e senza dover stare costantemente allerta per non essere derubata dei cibo.

"Sì, mia signora." torna a sedere accanto al trono e si stringe le ginocchia al petto, prendendo fiato dopo il terrore di pochi attimi prima.

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