Se solo fosse vero

di SellyLuna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lei e lui ***
Capitolo 2: *** Sei un fantasma! ***
Capitolo 3: *** Confidenza e richiesta. ***



Capitolo 1
*** Lei e lui ***



 
Se solo fosse vero
 

Capitolo 1.
Lei e lui.

 
 
 
Tirava una brezza leggera che le scompigliava in modo gentile i capelli, immaginava che il vento avesse preso sembianze umane e la stesse accarezzando con affetto.
Si sentiva davvero bene, in pace con se stessa e con gli altri. Aveva l’impressione che le venisse sottratto un enorme fardello, quasi che il vento, arrivando a lei e toccandola, si fosse preso carico di tutte le sue fatiche e, andando oltre, le avesse portate via con sé. Era libera, finalmente libera; le sembrava di sentirsi più leggera. Era una sensazione molto piacevole, quasi irreale, dato che nella sua vita non l’aveva mai provata, soprattutto di recente. Si lasciò cullare ancora un po’ dalla ritrovata tranquillità. Decise di aprire gli occhi e davanti a sé si palesò uno spettacolo di colori. Si trovava in un maestoso giardino, ben curato e ricco di fiori e piante.
Non solo la vista era rimasta deliziata dalla visione, ma anche gli altri sensi potevano godersi la loro parte. Nell’aria fluttuavano molti profumi diversi che, nonostante a quanto si potrebbe immaginare, erano gradevoli nell’insieme.
Inoltre questo sperduto paradiso di verde rappresentava un rifugio per molte specie di uccelli, era un pullulare di canti e di tonalità differenti.
Le si riempiva il cuore di gioia. Non sapeva spiegarselo, era felice, estremamente felice e soddisfatta.
Ad un tratto, però, vide l’immagine di quel fantastico giardino farsi sempre più fioca, fin quasi a scomparire. Si sentiva come risucchiare da un vortice e con un tuffo sordo al cuore aprì nuovamente gli occhi per ritrovarsi davanti il solito rincorrersi di colori opachi, quasi nauseanti per una persona che li vedeva tutti i giorni, mentre per chi veniva da fuori dovevano rappresentare igiene e salute.
Era il luogo dove ormai aveva messo radici, diventando così la sua vera casa, soppiantando quella reale ed effettiva: l’ospedale.
<< Quanto sono rimasta ad occhi chiusi? >> chiese alla sua collega, che era seduta vicino a lei al banco, attendendo nuovi ordini.
<< Solo sei minuti. >> le rispose Karin, mentre si guardava le unghie annoiata.
La guardò allarmata. Perché non l’aveva scossa per farla ritornare alla realtà? Non si era mai persa nelle sue fantasticherie per così tanto tempo. Era anche vero che fino a sei minuti prima era stata in continuo movimento a controllare ogni paziente; era stata disponibile per ogni eventualità e, quando aveva visto che la situazione si era calmata, si era seduta e aveva chiuso gli occhi per racimolare nuove energie. I caffè aiutavano molto, ma non erano sufficienti.
Si alzò decisa a rimettersi al lavoro quando passò un dottore, suo collega, che le si affiancò.
Era un ragazzo giovane, di qualche anno più grande di lei, e portava degli occhiali tondi. Sul suo viso vi era sempre un espressione di celata strafottenza, che le urtava visibilmente i nervi, accompagnata da un’aria da saputello: il dottor Kabuto Yakushi.
<< Mentre tu dormivi, io ho salvato una vita. >> le disse con un lieve ghigno di superiorità.
<< Io non stavo dormendo! >> si difese Sakura, ma Kabuto aveva accelerato il passo ed era già dietro l’angolo.
Come si permetteva? Era indignata. Solo perché si era fermata per qualche minuto, non significava che non facesse niente. Anzi. Metteva anima e corpo nel suo lavoro; era la sua unica soddisfazione. Nessuno poteva permettersi di sminuire quello che faceva!
Scacciò questi pensieri, poco costruttivi e salutari, e si diresse verso la stanza 302 a controllare un paziente.
Quando arrivò, trovò il paziente sdraiato sul suo lettino e appena la vide gli si illuminarono gli occhi.
<< Ah dottoressa Haruno, è lei. >> disse con voce sognante e allegra.
<< Sì, signor Rock Lee. Sono venuta a controllare come sta. >> lo informò gentilmente. Intanto giunse Karin, che doveva assistere la dottoressa.
Sakura si meravigliò nel trovarsi Karin al suo fianco, spuntata da chissà dove, ma subito si riprese e si concentrò sul controllo giornaliero.
<< Sono lieta d’informarla che è tutto regolare. >> sentenziò con un sorriso alla fine della visita. Rock Lee rimase imbambolato, non sapeva se per fissarla o solo perché era senza parole per la notizia. Non aveva tempo per scoprire la vera causa, così si voltò e raggiunse la porta.
Aveva appena posato la mano sulla maniglia quando si sentì chiamare dal paziente.
<< Dottoressa, un’ ultima cosa: vorrebbe sposarmi?>> le chiese con tutto lo charme che riuscì a trovare, accentuando la proposta con un sorriso smagliante.
Non sapeva se ridere o piangere. Da una parte si sentiva lusingata, fino a quel momento nessuno aveva avuto l’ardire di chiedere la sua mano. Dall’altra ammetteva che ricevere una proposta di tale importanza in ospedale da parte di un paziente, che aveva visto a malapena quattro o forse cinque giorni, non era normale. E se aggiungessimo che tale individuo non era proprio il suo tipo?
Era giovane, questo sì, probabilmente aveva la sua età o qualche anno in più, ma aveva delle sopracciglia enormi, che erano davvero raccapriccianti. Le trovava così orribili che ogni volta che entravano nel suo campo visivo la facevano stare male, sentiva salire dallo stomaco una sensazione di nausea, tentava di volgere lo sguardo altrove ma non ci riusciva.
Si sorprese di tali pensieri e se ne rammaricò. Non credeva di essere una donna così superficiale. Come scusa poteva addurre che non lo conosceva molto e quel tempo risultante dalla somma dei dieci minuti al giorno per cinque giorni non bastava per decidersi di sposarsi.
Come unica risposta gli regalò un sorriso tirato, dopodiché uscì.
Ancora scossa dai suoi pensieri si diresse al controllo successivo.
 
Era ormai sera quando Sakura poté tirare un sospiro di sollievo e immaginare che da lì a poco sarebbe stata a casa, dove si sarebbe distesa sul letto e avrebbe fatto una lunga e bella dormita.
Le ci voleva proprio; la giornata era stata lunga e faticosa. In quel momento non invidiava per nulla le sue colleghe che, tornando a casa, avevano molte altre cose di cui preoccuparsi. Lei, l’unica cosa a cui avrebbe dovuto pensare era quella di mettere qualcosa sotto i denti e poi andare a dormire, aspettando un altro giorno lavorativo.
A volte si chiedeva come sarebbe stata una vita in cui avrebbe avuto qualcuno che l’aspettava a casa, qualcuno di cui prendersi cura, qualcuno d’amare…  Probabilmente non l’avrebbe saputo mai. Che tristezza.
<< C’è un emergenza! Cerco un dottore libero! >> urlò una voce che sovrastava un rumore assordante di una barella in corsa.
Si precipitò in quella direzione. Un altro dottore era disoccupato come lei e si stava dirigendo nello stesso luogo.
La corsa di entrambi fu fermata dall’apparire davanti a loro della figura di una donna austera e autoritaria. La dottoressa Tsunade Senju era il primario, conosciuta per la sua bravura in campo medico e per i suoi metodi rigidi necessari per fare rispettare le regole. Era una donna molto carismatica, adatta al ruolo che si era conquistata dopo anni di duro lavoro.
Sakura provava sempre soggezione in sua presenza e anche quell’occasione non fu da meno.
Dopo aver scrutato sia Sakura sia Kabuto, rivolse la sua attenzione sulla dottoressa Haruno e le domandò quante ore avesse lavorato.
<< Dodici ore. >> disse cercando di risultare convincente. In realtà aveva lavorato più di dodici ore, per l’esattezza erano ventisei ore che si trovava in quel edificio, ma sapeva che il limite massimo acconsentito erano dodici ore.
Tsunade la esaminò con cipiglio severo. Sotto il suo sguardo indagatore si sentiva piccola piccola e stava per rimpiangere di aver detto una bugia. Era talmente sottopressione che le sue mani iniziavano a sudare e ci mancava poco che le tremassero le gambe.
La dottoressa Senju passò oltre, posando il suo sguardo su Kabuto, il quale prontamente rispose che aveva lavorato meno di dodici ore. L’incarico fu assegnato al dottor Yakushi, che corse verso la sala operatoria.
Sakura era ancora immobile, attendeva un segno che le indicasse che fosse libera di andare.
<< So perfettamente che hai lavorato più di dodici ore.>> le disse Tsunade sorprendendola. Ora come poteva sfuggire alla sua ramanzina?
Si sentiva davvero desolata, perché ora Tsunade si sarebbe fatta un’idea sbagliata di lei. Le aveva mentito, perché avrebbe davvero voluto poter aiutare quella persona, perché le piaceva il suo lavoro nonostante talvolta fosse estenuante, ma alla fine di ogni giornata, ripercorrendola con la mente, poteva trovarvi un sacco di soddisfazioni, che alimentavano il suo animo, la sua felicità. Come poteva rivelarle tutto ciò?
Anche se avesse dato voce ai suoi pensieri più profondi non sarebbe scampata al suo licenziamento, nelle peggiori delle ipotesi. Si era ormai rassegnata a sentire le fatidiche parole. Tuttavia Tsunade la sorprese di nuovo. Al posto della solita espressione dura, vide nascere sul suo viso un lieve sorriso. Era raro che Tsunade Senju concedesse ai suoi sottoposti sorrisi d’incoraggiamento o d’approvazione, per questo avevano un valore immenso e Sakura sapeva riconoscerlo.
<< So quanto impegno ci metti nel tuo lavoro >> continuò con più dolcezza << ma ora ti consiglio, anzi ti ordino, di andare a casa a riposare. Te lo meriti. >>
Sakura la guardò con riconoscenza e si congedò. Stava per voltarsi quando fu richiamata dal suo superiore.
<< Sakura, dimenticavo. Ti ho promossa a responsabile reparto. >>
La guardò stupita e poi un grande sorriso le illuminò il viso e senza pensarci troppo abbracciò con foga Tsunade. Da parte sua, Tsunade fu in un primo momento contrariata dall’esagerato trasporto della ragazza, ma poi ne rimase contagiata dalla genuina felicità.
Quando si staccò da Tsunade, Sakura fece un inchino di scuse e, ancora con il sorriso sulle labbra, se ne andò.
Non poteva crederci. Dopo tanta fatica, finalmente venivano riconosciuti i suoi meriti. Sapeva che, salendo di grado, avrebbe avuto più responsabilità e non doveva vantarsi del risultato ottenuto, ma rimanere sempre la stessa con i piedi ben ancorati a terra.
Ma al momento non poteva frenare la felicità che le riempiva il cuore, facendolo traboccare fino quasi a scoppiare.  
Non vedeva l’ora di raccontare la bella notizia a Ino, la sua migliore amica.
Ora che ricordava, si vedevano quella stessa sera. Ino l’aveva invitata a cena e le aveva raccomandato di venire, perché aveva invitato anche un ragazzo. Ino era sempre la solita. Secondo lei non riusciva, da sola, a trovarsi un uomo. Quante volte doveva ripeterglielo che, invece, ne era in grado? Ma no, con una scusa del tipo “Fidati di Ino!” si chiudeva la discussione; le sue lamentele le entravano da un orecchio e le uscivano dall’altro.
A grandi passi attraversò il parcheggio e raggiunse la sua vettura. Salì e mise in moto.
Mentre era alla guida, squillò il cellulare. Dopo una breve ricerca, prese l’apparecchio e se lo accostò all’ orecchio.
<< Sì, pronto? >>
<< Ciao Sakura, sono Ino. Dove sei? >>
<< Sono in viaggio. Tra poco arrivo. >> la rassicurò. << E ho una bella notizia da darti >> continuò, euforica.
<< Ah sì? Sono proprio curiosa. >>
<< A proposito: lui è già arrivato? >> chiese Sakura preoccupata. Che razza di figura ci faceva se arrivava in ritardo e faceva aspettare tutti?
<< No, stai tranquilla. >> le disse l’amica. Si era  rasserenata, stava per aggiungere altro quando, nella sua visuale, comparvero due grandi fanali, che a grande velocità si dirigevano verso di lei.
Sbarrò gli occhi e spalancò la bocca, ma non ne uscì nessun suono. Era accaduto tutto così in fretta. Ino, dall’altro capo della cornetta, sentendo silenzio iniziò a preoccuparsi e chiamò più e più volte l’amica.
<< Sakura? Sei ancora lì? >> urlò Ino, ormai in panico. << Sakura? >>
Non ottenne nessuna risposta.
 
 
 
 
 
 
<< Allora, che ne dici di questo? >>
Jugo era in piedi in mezzo al salotto che voltava lo sguardo a destra e a manca osservando lo spazio intorno a sé per poi posarlo su di lui, attendendo il verdetto.
La sua voce era risultata un po’ stanca, dopotutto lo era anche lui. Quella ricerca stava andando avanti da troppo tempo. Com’era possibile che non ci fosse un appartamento che rispondesse alle sue esigenze?
Jugo, ragazzo armato di tanta pazienza, aveva sempre messo in luce, in tutti quei sopraluoghi, i pregi che riusciva a scovare per convincere il suo giovane amico a prendere sistemazione.
Ma non c’era stato verso; aveva sempre rifiutato perché, diceva, non facevano al caso suo.
Anche in quel momento, sprofondato in quel divano davvero scomodo, Sasuke guardò desolato Jugo e rifiutò l’ennesima offerta.
Jugo non parve sorpreso, anzi se l’aspettava. Non sapeva più come fare, cosa poter offrirgli: quella era stata la sua ultima carta.
Non riusciva a capire cosa non gli andasse a genio: forse non gli piaceva lo stile e il design moderno? Doveva ammettere che, chi aveva scelto il mobilio, non aveva buon gusto, ma con una ritoccatina sarebbe risultato più apprezzabile.
Sasuke si alzò dal divano, che fino un attimo prima lo aveva intrappolato nelle sue grinfie, e si diresse verso l’uscita.
Jugo capì che quella era stata la scelta definitiva, così seguì l’amico.
Una volta fuori dall’edificio, senza risultare troppo indiscreto, gli domandò cosa non avesse trovato di suo gradimento.
<< Il divano era troppo scomodo.>> se ne uscì l’altro come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Giusto, il divano. Come poteva essersene dimenticato? Infatti, ora che ci pensava, la prima e l’unica cosa che Sasuke aveva cuore di esaminare era il sofà.
Tralasciando la sua affermazione, gli disse che si sarebbero sentiti più avanti e magari avrebbe avuto altre offerte.
Sasuke lo ringraziò e accettò la sua soluzione, anche se intimamente non ne era convinto. Era nello sconforto più totale; non l’avrebbe mai trovato. Ci teneva a trovare un appartamento, non voleva più vivere nella sua vecchia casa, troppo ingombrante di ricordi dolorosi.
Al solo pensarci, sentiva una stretta al cuore.
Per questo aveva deciso di cambiare aria, forse gli avrebbe fatto bene e l’avrebbe aiutato a ridimensionare il suo passato, a fare in modo che non lo perseguitasse.
Stava per allontanarsi da Jugo, quando un colpo d’aria più forte gli parò davanti agli occhi un bigliettino.
Questo innocuo piccolo pezzo di carta sospinto dal vento portava belle notizie. Sopra di esso, c’era scritto l’indirizzo di un appartamento che era stato messo in affitto.
Non era lontano; si trovava dall’altra parte della strada.
Decise di darci un’occhiata, così attraversò la strada. Jugo lo seguì per cercare di convincerlo che sarebbe stato meglio aspettare; prima dovevano procurarsi tutte le informazioni in merito.
Sasuke non l’ascoltò e, arrivato davanti al condominio si fermò, alzò lo sguardo per ammirarlo in tutta la sua maestosità.
Ne era rimasto piacevolmente sorpreso e pensò che non gli sarebbe dispiaciuto abitarvi.
Rilesse il bigliettino: la sua futura dimora era all’ultimo piano. Così, camminando con una nuova speranza, varcò il portone.
Dopo aver contrattato con il portiere per aprire loro la porta dell’appartamento e aver salito molte rampe di scale, finalmente vide ciò che sapeva sarebbe diventata la sua nuova casa.
Era molto spazioso, forse troppo per una persona sola come lui. Aveva una grande sala, luminosa e accogliente. Anche il divano non sembrava male, vi si accomodò e rimase estasiato. Quello era un signor divano, era davvero confortevole, proprio quello che stava cercando.
Diede una rapida occhiata anche alle altre stanze e il suo giudizio era positivo.
Una particolarità che lo aveva colpito era stata la zona a forma di semicerchio, percorsa da una panca rivestita con cuscini, davanti alla quale si trovava un basso tavolino. Era una zona di relax, resa ancora più originale dalle enormi vetrate da cui era costituita, dalle quali si intravedeva tutta la città.
“ Chissà che spettacolo la sera” pensò Sasuke.
Inoltre scoprì che annesso all’appartamento c’era uno spazio molto ampio sul tetto.
<< Potrebbe diventare un bel giardino. >> considerò Jugo a voce alta.
Forse aveva ragione, ma quello che si presentava davanti a loro era una distesa di grigio e asfalto con due o tre piante in vaso, ormai rinsecchite.
Se il proprietario non aveva voluto abbellire e sfruttare al meglio quello spazio, di certo non ci si metteva lui. Dopotutto gli bastava solamente avere un tetto sopra la testa.
<< Aggiudicato. >> dichiarò Sasuke finita l’ispezione, lasciando il doveroso compito a Jugo d’informarsi con i proprietari.
 
Scoprì che era un locale in subaffitto e che poteva restare per un tempo indeterminato, con la sola clausola che, se si fosse ripresentato il precedente affittuario, sarebbe dovuto andarsene. Quest’ultimo vincolo lo aveva lasciato perplesso e un po’ scombussolato, ma Jugo lo tranquillizzò dicendogli che non ci sarebbero stati problemi.
Si distese e si lasciò accogliere dalle morbidi e cullanti braccia del divano.
Aprì l’ennesima birra e la sorseggiò mentre guardava la televisione.
 
<< Otuoto, cosa stai facendo? >>
La telecamera si focalizzò sull’immagine di un bambino in mezzo alla sabbia, intento a scavare. Al suono della voce alzò il viso, sporco di sabbia, e disse: << Un castello.>>
L’obiettivo si avvicinò all’opera del bambino, rivelando un ammasso di sabbia indistinta intorno alla quale c’era un piccolo fossato, senza acqua.
<< Non vorresti una mano? >> gli chiese gentilmente la voce.
<< No. Ci riesco anche da solo. >> disse il bambino risentito, mettendo il broncio. Avrebbe tanto voluto che suo fratello lo elogiasse, ma evidentemente non gli piaceva il suo castello.
A vederlo, effettivamente non sembrava un castello, ma piuttosto una montagna dalla quale presto si sarebbe staccata una parte, provocando una valanga, che avrebbe ostruito il fossato. Avrebbe dovuto accettare l’offerta di Itachi e non farsi comandare dall’orgoglio, e ora come poteva chiedere il suo aiuto? Quanto si vergognava.
Osservò nuovamente il suo obbrobrio.
<< Bambini, venite! È ora di mangiare! >> si aggiunse una seconda voce, più dolce e melliflua.
La telecamera, solo per un attimo, riprese la donna che si sbracciava per richiamare la loro attenzione.
<< Su otouto, andiamo. >>
Click.
 
Erano seduti sugli sdrai al riparo dal sole sotto l’ombrellone.
Mikoto, la loro madre, stava ministrando il loro pranzo. << Ecco, tieni tesoro. >>  disse, porgendo un piattino al figlio più piccolo.
<< Grazie mamma! >> la ringraziò Sasuke, mentre Mikoto stava già preparando un altro piatto.
<< Per l’amor del cielo Itachi! Puoi spegnere quell’affare mentre mangiamo? >> lo rimproverò bonariamente ma con tono fermo sua madre mentre consegnava il pranzo a Fugaku.
Itachi riprese suo padre mentre prendeva il suo primo boccone, alzò il viso e guardò contrariato suo figlio maggiore. Sapeva che odiava essere immortalato su pellicola, poteva acconsentire, raramente, a farsi fotografare.
L’immagine di Fugaku fu oscurata dal viso di sua madre. << Su, Itachi. Per favore spegnila. È ora di mangiare, continuerai dopo. >> gli sorrise, ora.
Click.
 
Si portò alle labbra la lattina. Era vuota.
Si alzò e andò in cucina a prendersene un’altra. Aveva bisogno di dimenticare, di non pensare.
Gli stavano tornando alla mente tutti i bei momenti passati con la sua famiglia. In particolare sentiva la mancanza di Itachi. Come avrebbe fatto senza di lui? Gli era sempre stato vicino, soprattutto nei momenti più duri. Ed era stato il suo unico appiglio dopo la morte dei loro genitori.
Con questi pensieri, ritornò in salotto quando vide una ragazza che, appena lo vide, urlò.
Sasuke sobbalzò lievemente. Era interdetto. Cosa diavolo ci faceva una ragazza in casa sua?
<< Cosa ci fai tu qui? >> gli disse la ragazza, dopo essersi ripresa, con tono vagamente minaccioso.
<< Ci abito. >>
La ragazza parve sorpresa. Come biasimarla? Lo era, leggermente, anche lui.
Non gli avevano detto che non ci sarebbero stati problemi?
<< Impossibile. Qui vivo io. >> disse la ragazza con convinzione.
<< Senti, ci deve essere un errore. Io ho preso quest’appartamento in affitto. >> le disse con calma, scandendo le parole come se stesse parlando ad una pazza. Non aveva voglia di litigare con una sconosciuta.
La ragazza lo guardò incredula.
<< Non è possibile. >> sussurrò più a se stessa. Sasuke scrollò le spalle e tornò a comodarsi alla sua postazione preferita.
<< Chiamerò la polizia. >> disse lei, risoluta.
Sasuke alzò un sopracciglio.  << Fa’ come credi. >> liquidò la sua affermazione.
Con la coda dell’occhio vide la ragazza davanti al mobile del telefono, cercando di afferrarlo. Non ce la faceva, era come se le sue mani trapassassero la materia, gli oggetti.
<< Cosa hai fatto al mio telefono? >> Nel suo tono c’era una nota acuta, di panico.
<< Fa niente. Provo con l’altro. >>  La ragazza s’incamminò e vide la sua figura sparire un po’ alla volta.
Rimase a fissare il punto dove era scomparsa ancora per un po’, attendendo il suo ritorno. Ma la ragazza non tornò.
Forse aveva bevuto un po’ troppo quella sera. Non era ubriaco, era ancora sobrio e lucido, ma non riusciva a trovare una soluzione logica se non che quella ragazza fosse frutto della sua immaginazione. Sì, doveva essere proprio così.
Decise comunque che era ora di andare a dormire. Forse così si sarebbe ripreso e la sua mente non gli avrebbe fatto più scherzi del genere.  
 
 
 
 
 
 
 
 
Ed eccomi qui! Che dire?
Innanzitutto, questa è la mia prima long, che non sarà molto lunga, pensavo di scrivere tre o quattro capitoli. E vorrei avvisarvi, appunto perché è la mia prima long, che non so se riuscirò ad essere puntualissima, per questo metto già le mani in avanti e vi chiedo scusa! :D 
Da come avrete notato dal titolo si ispira all’omonimo film, anche se alcune cose le cambierò per renderle più congeniali ai personaggi di Naruto. Spero possiate gradire la storia, anche se i personaggi non risultano perfettamente IC. Comunque io cercherò di fare del mio meglio! ^^
Ah un’altra cosa: non ho mai letto il libro da cui è tratto il film, anche se mi piacerebbe moltissimo, spero prima o poi di avere l’opportunità! ;)
Grazie infinitamente a Hikari che ha trovato del tempo per betarmi questo capitolo! ;) Grazie di cuore! <3
Ringrazio vivamente chi ha letto e chi lascerà un commento, che mi farebbe davvero molto piacere!
Questo è tutto! Grazie per chi è arrivato fin qui. :)
A presto! ;)
Selly
 
 
 
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 2
*** Sei un fantasma! ***


 


Capitolo 2
Sei un fantasma!

 
 
La luce giocosa del sole, che filtrava dalla finestra, gli solleticò le palpebre invitandolo ad aprire gli occhi. Con lentezza e malavoglia sollevò le palpebre per scoprire di essere investito da una forte luce, quasi accecante. Un po’ alla volta, abituandosi all’atmosfera luminosa, riuscì a distinguere gli oggetti intorno a sé e realizzò di trovarsi in una camera da letto un po’ troppo raffinata per i suoi gusti. Era perplesso. Ancora assonnato, si tirò su a sedere per osservarsi meglio intorno. Quella stanza non gli era affatto familiare; iniziava a domandarsi cosa ci faceva e, soprattutto, cosa era successo la sera prima?
Aveva un vuoto. Cercò di mettere meglio a fuoco la camera, ma tutto ciò su cui il suo sguardo si posava non lo aiutava a ricordare.
Si stava insinuando dentro di sé il dubbio che forse avesse accettato le avances di qualche ragazza e quest’ultima, anche grazie al suo stato catatonico causato dal troppo bere, fosse riuscita a portarlo via con sé. In che guaio si era cacciato? Normalmente non era tipo da andare con la prima ragazza che incontrava, ma c’era da dire che l’essere ubriaco portava, molto spesso, a fare cose di cui il giorno successivo, ci si sarebbe pentiti. E lui iniziava a desiderare di non essere così incline a lasciarsi andare troppo facilmente ad alzare il gomito. Cavolo, quando aveva pensato che sarebbe stata una buona soluzione per dimenticare i suoi problemi – e in quel lasso di tempo in cui era sotto l’effetto dell’alcool ricordava a malapena il proprio nome – non aveva minimamente preso in considerazione l’eventualità di potersi trovare in una situazione simile, addossandosi altri problemi!
Assottigliò meglio gli occhi, ma non rintracciò segni di presenza umana all’infuori di sé.
Sospirò di sollievo, almeno aveva ancora salva la sua dignità.
Si alzò dal letto e si diresse verso il bagno; era il caso di farsi una bella doccia per svegliarsi del tutto.
Sotto il getto fresco dell’acqua, ricordò di aver fatto un sogno molto strano: gli era apparsa una ragazza che era rimasta indignata e sorpresa dalla notizia che lui abitasse in quell’appartamento. Per di più, la ragazza aveva sottointeso che lui fosse un bugiardo, sostenendo, al contrario, che era lei la vera inquilina.
Si sorprese di quanto la sua mente potesse formulare sogni così particolari e stravaganti: chissà da quali pensieri avessero preso linfa vitale!
Uscì dalla doccia e si avvolse intorno alla vita l’asciugamano. Si avvicinò al lavandino e si guardò allo specchio. Gli rivolse lo sguardo un ragazzo un po’ sbattuto, nei suoi occhi si intravedeva la tristezza e la svogliatezza. Era, ormai, da ben due lunghi anni che, ogni volta che si guardava allo specchio, vedeva le solite cose.
Gli avevano assicurato che con il tempo la situazione sarebbe migliorata, un po’ alla volta certo, ma lui non ne aveva visti di cambiamenti. Anzi, gli pareva che tutto fosse rimasto com’era; la sua espressione era sempre la solita: seria, triste e cupa. Da quanto tempo le sue labbra non s’increspavano per sorridere? Troppo tempo, ma tanto non avrebbe mai avuto l’occasione per poterlo fare di nuovo; non valeva la pena vivere. Non sapeva nemmeno lui come avesse fatto a sopravvivere fino a quel momento. Perché non aveva cercato un modo per raggiungere i suoi cari? Che senso aveva restare, ancora, sulla terra? Chi, mai, poteva avere bisogno di lui? Se mai era lui che aveva bisogno di qualcuno che non c’era più e mai sarebbe tornato.
Scosse la testa per scacciare questi cupi pensieri.
Ritornò a guardarsi allo specchio. Questa volta vide non solo la sua immagine riflessa, ma anche quella di una ragazza dagli occhi verdi che aveva un’ espressione dura.
Si girò indietro di scatto, ma non vide nessuno. Ora rammentava: non l’aveva sognata, quella ragazza aveva avuto il disturbo di apparirgli per davvero.
 
Era da qualche giorno che, quando meno se l’aspettava, si ritrovava vicino o davanti agli occhi quella strana ragazza, sempre con un espressione contrariata. Non lo voleva in casa sua. Ma lui cosa ci poteva fare? Come poteva convincerla che aveva tutte le carte in regola? Che non era, almeno legalmente, un intruso? E poi, perché quello spirito – perché in fondo quello era e all’inizio era stato riluttante a dover ammettere una cosa del genere – non riusciva a staccarsi da quella casa? Perché non riusciva a trovare la strada per andare nel luogo dove non si ritorna, là dove si trovavano anche sua madre, suo padre e il suo nii-san?
Stava impazzendo: non riusciva più a distinguere la realtà dalla finzione. Aveva bisogno di parlarne con qualcuno.
Come un lampo si affacciò alla sua mente l’immagine di un volto sorridente incorniciato da capelli biondi lucenti accoppiati a due grandi occhi blu come il mare, nel profondo dei quali si poteva scorgere la sua anima.
Era il suo esatto opposto e forse proprio per questo – come sosteneva lo stesso Naruto – erano diventati grandi amici. Rappresentavano lo ying e lo yang, il giorno e la notte, così diversi e così dissonanti, ma in qualche modo così complementari.
Si conoscevano da una vita, solo che le loro strade si erano divise e per un po’ di tempo non si erano frequentati più così assiduamente come in precedenza. Questa situazione, tuttavia, non aveva scoraggiato Naruto per informarsi sulla sua salute, su come se la stesse passando, infatti il suo telefono era stato - e lo era tutt’ora - pieno delle sue chiamate, molte delle quali cui non aveva risposto.
Anche in quelle ultime settimane la sua voce chiassosa era stata impressa nel suo piccolo apparecchio telefonico. Si era chiesto più volte come mai Naruto non gli scrivesse semplicemente un messaggio, invece di intasargli la segreteria e, quando ascoltava i suoi messaggi, gli sembrava che il suo cellulare stesse di lì a poco per frantumarsi in mille pezzi, non riuscendo a sopportare tutti i decibel della sua voce.
Decise che avrebbe accettato il suo ultimo invito, convincendosi che lo avrebbe fatto solo per il semplice motivo che non avrebbe più dovuto sorbirsi la sua lagna – anche se sapeva che Naruto lo avrebbe chiamato lo stesso – invece di ammettere che aveva bisogno di un suo parere, di parlare con lui.
In fondo era un esperto nell’ascoltare i problemi altrui; questo era il suo mestiere, per il quale aveva proseguito gli studi. Ma sapeva che, aldilà della laurea che attestava la sua bravura in questo campo, Naruto era portato in modo particolare a relazionarsi con gli altri, a far emergere il problema, arrivando addirittura a mettersi nei panni del suo paziente e dialogando riusciva a convincerlo a non considerarlo più come tale.
Così quella stessa sera si ritrovò a camminare per le vie stranamente calme e deserte per raggiungere il luogo d’incontro. Si stupì di non vedere molta gente in giro, ma poi rifletté che chiunque avrebbe avuto meglio da fare che vagabondare per le strade della città in una serata fresca e umida come quella.
I suoi pensieri vennero interrotti dalla vista, in lontananza, della sua meta che raggiunse poco dopo accelerando il passo.
Era un semplice e piccolo bar che dava sull’angolo, non particolarmente appariscente e neppure accogliente, da quello che poteva constatare dall’esterno.  Ma in quell’occasione non avrebbe potuto considerare le condizioni che vantava al suo interno, perché il suo amico lo attendeva, comodamente seduto, ad uno dei tavolini del bar che erano situati ai margini del marciapiede.
Naruto aveva scelto quello in prossimità dell’entrata, e aveva davanti a sé una tazza che posò non appena lo vide arrivare.
Sasuke riuscì a formulare un pensiero confuso su quanto trovasse poco carino e irritante che Naruto avesse già ordinato da bere, prima di concentrarsi sulle sue parole.
<< Ciao Tem- Sasuke >> si corresse subito Naruto vedendo lo sguardo di ammonimento che gli aveva rivolto Sasuke, sapeva che non sopportava essere chiamato con quel ridicolo nomignolo, e non riusciva a spiegarsi perché Naruto si ostinasse ad appellarsi a lui in tale maniera.
Rispose al saluto con un minimo cenno del capo mentre trascinava indietro la sedia per sedersi.
<< Finalmente sei uscito dalla tana! >> continuò Naruto ilare.
Sasuke gli rivolse un’occhiataccia. Aveva compreso cosa volesse dire in realtà il suo amico; lui non si stava nascondendo e non stava fuggendo, solo non aveva voglia di buttarsi nella mischia. Era un tipo tranquillo che desiderava vivere a lungo senza trovarsi invischiato in risse o loschi affari. Non che Naruto fosse una persona appartenente a quel rango sociale, però conduceva una vita molto, ma molto più movimentata della sua. Era, in sostanza, un’anima festaiola.
<< È da tanto tempo che non ci vediamo. >>  riprese ora più serio. << È successo qualcosa? >>
Ecco, era il momento giusto per accennare al suo problema, anche se non sapeva da che parte iniziare. Non poteva farsi perdere l’occasione, doveva provarci.
<< Vedo una ragazza. >>
Naruto lo guardò stupito per un breve istante per poi distendere le sue labbra in un sorriso sincero.
<< Non è come sembra. >> intervenne Sasuke smorzando, sul nascere, l’entusiasmo dell’altro.
Naruto corrugò la fronte, rivolgendogli uno sguardo interrogativo. Che cosa intendeva Sasuke con quella frase?
Visto che Naruto non sembrava intenzionato a esprimere a voce i suoi dubbi, Sasuke riprese parola cercando di spiegarsi. << È come se vedessi una ragazza che non è lì. >>
Aveva percepito una nota di incredulità mentre pronunciava quelle parole, come se cercasse di convincersi egli stesso della loro veridicità.
Probabilmente Naruto non lo aveva notato, perché infatti subito dopo  gli chiese: << È sentimentalmente indisponibile? >>
Al suo cenno di diniego, Naruto capì che era una questione seria. Frugò nelle tasche della giacca, finché non trovò il suo piccolo, un po’ logoro e fedele taccuino insieme ad una penna.
Lo posò sul tavolo, lo aprì e con la penna in mano, pronta per lambire la carta, gli domandò:
<< Quanto bevi, ultimamente? >>
Sasuke, che lo aveva osservato attentamente durante le operazioni, rimase interdetto quando capì che Naruto aveva indossato la veste professionale dello specialista qual era. Non fu tanto questo che lo turbò – non era certamente la prima volta che lo ascoltava fuori dagli orari di lavoro senza chiedergli di pagarlo – quanto piuttosto il considerarlo un caso clinico, perso, come se fosse pazzo. Non lo era affatto; era sicuro di quello che aveva visto, e non rientrava minimamente nelle consuete allucinazioni dovute dalla troppa assunzione di alcool.
<< Allora? >> lo richiamò Naruto. Poteva comprendere le sue reticenze, ma lo sapeva che non era lì per giudicarlo, d’altronde anche lui spesso si faceva compagnia con un buon bicchiere. Ma se non gli rispondeva con sincerità, non poteva aiutarlo.
<< Beh… abbastanza, direi. >> si convinse a rispondergli.
<< Ecco la soluzione al tuo problema: diminuisci le lattine di birra al giorno e questa fantomatica ragazza non disturberà più la tua quiete! >> sentenziò Naruto con un sorriso sornione mentre riponeva i suoi strumenti di lavoro al loro posto, pronti per la prossima evenienza.
Dopo averne parlato con qualcuno si sentiva libero, svuotato ed era pronto per ricominciare con la nuova consapevolezza che tutto, da lì in avanti, sarebbe andato per il meglio e, se avesse incontrato degli ostacoli, ora aveva la forza per superarli. Era talmente semplice; se ne era convinto ascoltando le parole di Naruto.
Visto che quella ragazza era opera della sua mente, sarebbe stato in grado di farla scomparire, di farla ritornare nei meandri più profondi della sua fervida immaginazione, dove sarebbe rimasta per sempre.
Sollevato ringraziò il suo amico, che lo congedò con un sorriso dietro al quale si celava la promessa che ci sarebbe sempre stato per lui; sapeva dove trovarlo, dopotutto.
Si sentiva quasi felice e avrebbe potuto esternare questo suo stato d’animo canticchiando. Si astenne dal farlo, perché quella era una modalità che si addiceva a Naruto, non a un tipo come lui. Nonostante tutto, la sensazione di contentezza non lo lasciò nemmeno quando rientrò a casa, il luogo del delitto.
Si diresse in camera e si sdraiò sul letto. Lasciò vagare la sua mente, mentre i suoi occhi sondavano, senza vederlo in realtà, il soffitto monocromo.
Considerò com’era la sua vita, niente di speciale, di come si sentisse insoddisfatto, incompleto e solo. Tremendamente solo. Non aveva uno scopo che lo animasse, che gli facesse sentire, ogni mattina appena sveglio, scorrere nelle vene l’energia e l’adrenalina, la volontà di fare e migliorare.
Erano sensazioni ormai lontane, che appartenevano ad un’altra vita, al passato. Adesso, tutti i giorni gli sembravano uguali, inspiegabilmente monotoni e tutto ciò che si trovava a fare, lo faceva perché doveva non perché se lo sentisse.
Era un fallito, un misero fallito. Quante volte aveva pensato di poter cambiare, di riuscire a risalire dal baratro in cui era sprofondato? Ogni volta che si lasciava convincere dalla ritrovata speranza, doveva rimanere deluso subito dopo perché ricadeva a molti più metri di profondità rispetto a prima. Aveva deciso che non serviva a niente tentare, anche perché era convinto di aver toccato il fondo ed era impossibile vedere la luce.
Sbuffò sconsolato e infastidito da questi pensieri più taglienti di mille lame. Con queste considerazioni aveva fatto sparire la felicità provata fino ad un attimo prima, lasciando il posto alla rabbia verso se stesso.
<< Che cosa ci fai, ancora qui? >> chiese una voce familiare , nel cui tono era mal celata l’ira.
Si voltò stizzito per ritrovarsi davanti lo sguardo corrucciato della ragazza che negli ultimi tempi lo stava perseguitando.
La sua espressione non doveva essere molto amichevole, poiché vide quella di lei indurirsi ulteriormente.
Non sapeva se essere adirato con se stesso, perché aveva lasciato alla mente di prendere il soppravvento sulla ragione oppure sentirsi solamente rassegnato.
<< Tu non esisti. >> disse Sasuke, esasperato,mentre si copriva il viso con il cuscino, schiacciandoselo addosso, come a voler sottolineare il senso delle parole appena pronunciate.
Da quella posizione Sasuke non poté vedere la sorpresa sul viso della ragazza, che per un secondo la fece vacillare un po’, facendole perdere tutta la sua sicurezza. Ma poi le balenò negli occhi un bagliore di comprensione ed assunse un’espressione saputa e risoluta, come se solo lei avesse nelle proprie mani la soluzione ad un enigma impossibile ai più.
<< Ti faccio delle domande, cui spero risponderai con sincerità. >> gli disse la ragazza, ora con voce convinta. Quella era la serata degli interrogatori? Forse quella ragazza non rappresentava altro che la sua coscienza, comparsa per farlo sentire in colpa per come stava vivendo la sua vita. Non capiva perché avesse preso tali sembianze, avrebbe potuto apparirgli con le fattezze di Itachi, tanto per dargli il colpo di grazia.
<< Il tuo consumo di alcool è aumentato di recente? >> gli chiese la ragazza con tono professionale.
Accidenti, ma quella sera ce l’avevano tutti con le sue pessime – lo ammetteva – abitudini? Per diana, un po’ di privacy.
Osservò la giovane donna che stava attendendo in trepidante attesa la sua risposta, solo per avere conferma di qualcosa che lei già supponeva.
Era una ragazza piuttosto carina, si ritrovò a considerare e si domandò come mai non se ne fosse accorto prima. Non era di una bellezza mozzafiato, ma aveva delle peculiarità che avrebbero incantato e colpito l’attenzione di un uomo attento. Doveva ammettere che tutto sommato aveva fascino, probabilmente ne possedeva molto di più di quelle donne che mostravano, senza pudore, le doti di cui erano state munite da Madre Natura. Era sicuro che la ragazza non conoscesse ancora le sue reali potenzialità e che non avesse avuto l’occasione di metterle alla prova.
In particolare era stato affascinato dai suoi occhi, verdi come una distesa d’erba, capaci di catapultarti direttamente in un’altra dimensione, in quel luogo astratto dove si stagliavano limpidi i suoi sentimenti. Nei suoi occhi si riusciva a cogliere sempre ciò che provava, dalla collera all’indignazione, e ciò che pensava; erano davvero lo specchio della sua anima. Fino ad allora non aveva mai incontrato nessuno che mostrasse in modo così lampante le proprie emozioni e ne era rimasto davvero spiazzato. Di solito le persone con cui era abituato a trattare – fatta eccezione per Naruto – nascondevano sempre una parte di sé dietro a barriere invalicabili, che si costruivano per difendersi, per non essere raggiunti nel profondo. Anche lui non era da meno e, in tutti quegli anni, si era barricato dietro infiniti muri che continuamente erigeva intorno a sé per allontanare la sofferenza.
Distrattamente si domandò come sarebbe apparso il suo viso, se si fosse lasciato modellare da un semplice sorriso, anche solo accennato. Era convinto che avrebbe risaltato di più la sua bellezza rispetto all’espressione ostile che abitualmente ospitava in viso quando si rivolgeva a lui.
Ma che accidenti andava a pensare? Si riscosse e decise di rispondere al quesito, che gli era stato posto.
<< Sì >> Tanto ormai lo sapevano anche i muri che aveva qualche problema con l’alcool.
<< E vedi cose che non ti sembrano reali? >> continuò, imperterrita, la ragazza.
Come poteva confessarle che lei faceva esattamente parte di quelle cose? Preferì non farne cenno e rispose con un ostico << Sì >>.
<< Bene. Recentemente hai chiesto aiuto ad un terapeuta professionista? >>
<< Cosa? >> esclamò indignato. Dove voleva andare a parare? Anche lei credeva che fosse folle? Se mai era lei che aveva bisogno d’aiuto per capire che quello non era più il suo posto, perché doveva andare oltre, doveva farsene una ragione.
<< Ti senti paranoico, come se la gente ce l’avesse con te? >>
La guardò allibito, ma non le rispose. La donna non rimase scoraggiata e commentò che la sua assenza di risposta la interpretava come un cenno affermativo.
<< Vedi, tu credi che questa sia casa tua, ma ti sbagli. >> si rivolse a Sasuke ora con un tono più dolce e comprensivo << Questo è il mio appartamento; il letto dove tu ora sei sdraiato è il mio letto, ricordo ancora dove ho comprato le lenzuola… >>
Sasuke la stava guardando ancora stupito, ogni volta che gli appariva lo lasciava spiazzato, non si era ancora abituato. Quando sarebbe scomparsa, era sicuro che gli sarebbe occorso un sacco di tempo per elaborare la faccenda ,e nel mentre, – ci avrebbe scommesso tutto l’oro del mondo! – lei sarebbe ritornata e gli avrebbe scombussolato – nuovamente – tutte le fragili certezze e conclusioni  cui era giunto con fatica, trovandosi punto a capo!
<< Prendi il cuscino! >> gli stava intanto ordinando. Sasuke le lanciò uno sguardo ostile, non amava che gli si dicesse cosa fare.
Vedendo che Sasuke non dava segnali di volersi muovere, la ragazza lo incitò di nuovo ad afferrare quel cuscino, ora con un tono che non ammetteva repliche.
A malincuore, Sasuke eseguì l’ordine e voltando il cuscino che aveva tra le mani, come gli aveva suggerito il fantasma, scoprì che verso il basso della federa spiccava una piccola macchia rossastra, causata dallo sciroppo che la ragazza aveva dovuto prendere per la tosse.
<< Secondo te, come avrei potuto saperlo? >> commentò la ragazza con uno sguardo di vittoria, sostenendo che quella fosse una prova più che sufficiente per affermare le sue priorità sull’appartamento. 
In effetti, al momento, Sasuke non avrebbe saputo come controbattere, mentre i suoi occhi erano ancora puntati su quella piccola macchia, confusi. Non sapeva più cosa pensare: era assurdo. Non voleva crederci, ma come, altrimenti, avrebbe potuto spiegarsi tutto ciò?
<< Anche il comodino è mio, sul quale si trova una foto che ritrae me e la mia migliore amica. >>
Lo sguardo della ragazza seguiva le sue parole e cercava con i suoi occhi gli oggetti menzionati. Così rivide il suo adorato comodino, dove ricordava di aver messo quella foto cui teneva molto. Guardandolo ora, notò che la sua foto non faceva più bella mostra di sé al centro del mobile.
<< La mia foto. Dov’è? >> si allarmò, alzando di un tono la sua voce.
Sasuke seguì con lo sguardo i movimenti della ragazza, che si era precipitata di fianco al comodino e lo stava esaminando basita, per poi posare a sua volta l’attenzione sul mobile. Lì non c’erano mai state foto, ne era certo, quindi qualcuno doveva averla spostata molto tempo prima che lui venisse ad abitarci. Non c’erano altre spiegazioni. Quando lo fece presente alla ragazza fantasma, ricevette solo uno sguardo di sufficienza e successivamente la ragazza sparì, così com’era apparsa.
Sasuke, come la volta precedente, rimase incantato ad ammirare il punto esatto in cui le fattezze della ragazza si erano fatte del tutto invisibili.
 
Il giorno seguente, dopo un sonno conciliante e ristoratore, telefonò a Jugo per avere ulteriori informazioni riguardanti la precedente affittuaria. Jugo non seppe dirgli molto, quello che lui stesso era riuscito a carpire alla donna con la quale aveva contrattato al telefono era stato un semplice “problemi famigliari”, con cui aveva intuito che la donna non volesse sbilanciarsi oltre, dandogli ulteriori spiegazioni.
Agganciata la chiamata, continuava nella sua testa a farsi strada quell’unica spiegazione, e voleva, una volta per tutte, renderla cristallina anche al “suo” spirito.
Uscì a fare due passi. E intanto pensava a come poter trattare un argomento così delicato con un fantasma. Sarebbe stato più semplice, se l’esemplare con cui avesse dovuto trattare non fosse stato così irascibile e isterico. Forse, o molto probabilmente sarebbe stata un’impresa anche nei migliori dei casi, perché era una situazione assurda, stentava ancora a crederci.
Concentrato nei suoi contorti e stravaganti pensieri, non si accorse di essere giunto davanti ad una libreria. Quando lesse l’insegna, decise di entrare. Chissà, magari, avrebbe potuto trovare alcune risposte alle sue tante domande.
Si diresse allo scompartimento “fantasmi” e, dubbioso, scrutò i numerosi libri posti sugli scaffali. Leggeva titoli su titoli, ma nessuno gli sembrava adatto alla causa, sebbene nemmeno lui sapesse esattamente cosa stesse cercando; non era certamente afferrato in materia.
<< Ti serve una mano? >>
Una voce bassa e calma giunse, all’improvviso, alle sue orecchie.
Si voltò e si ritrovò vicino il tizio più strano che avesse mai visto. Aveva dei capelli grigi argentei sparati per aria in tutte le direzioni, il suo occhio sinistro era coperto da una fascia nera che obliquamente gli circondava la testa e infine portava una maschera blu che lo ricopriva dal naso fino al collo. L’unica parte ben visibile del suo viso era l’occhio destro, l’unica spia che potesse rivelare le emozioni provate dallo stravagante individuo. Alla sua apparizione, così d’impatto, Sasuke era rimasto shoccato.
Il proprietario della libreria, come aveva intuito essere in seguito, presumibilmente ormai abituato all’effetto e alle reazioni che la sua prima comparsa scaturiva negli altri, non parve preoccuparsi del disagio di Sasuke e buttò un occhio al libro che aveva in mano, per farsi un’idea di cosa avesse bisogno.
<< Che genere di incontro hai avuto? >> indagò, mentre volgeva il suo sguardo agli scaffali pieni di libri.
<< Incontro? >> gli fece eco Sasuke, sorpreso e ancora scosso.
Intanto l’altro era ancora nel bel mezzo della ricerca perciò non fece caso alla titubanza del suo cliente, mentre sproloquiava a bassa voce accarezzando con il proprio dito il dorso di ogni libro, come se quel gesto gli fosse d’aiuto nella lettura dei titoli.
Prese un libro e lo mise nelle mani di Sasuke, sostituendolo con quello che aveva preso precedentemente assicurandogli che non si sarebbe pentito dell’acquisto: era il migliore in assoluto in quel campo!
Gli disse anche, a titolo informativo, che lo scrittore, un certo Jiraiya, era reperibile, poiché si trovava in città a pubblicizzare il volume. Se poi leggendolo  fosse rimasto colpito dal suo stile, avrebbe potuto consigliargli altri suoi libri che però, lo ammonì, erano di tutt’altro genere. Questo consiglio fu accompagnato da un’ espressione  che nel suo insieme risultò davvero inquietante con il solo risultato di fare desistere Sasuke nello scoprire di cos’altro si appassionava questo Jiraiya.  A lui bastava avere quel libro che trattava di fantasmi e affini.
Così pagò, dopo aver ringraziato il proprietario promettendogli che avrebbe pensato alla sua offerta, e sollevato uscì da quella libreria.
Voleva mettere più distanza possibile da quello squinternato, così a spasso spedito si incamminò. 
 
Era tutto pronto; aveva piazzato per tutta la stanza un numero esorbitante di candele, chiedendosi più di una volta se ne valesse davvero la pena e se avessero una reale efficacia o se inondavano solamente la stanza di quel profumo che sapeva di troppo pulito e di purezza, così acuto da diventare quasi nauseante: non credeva che gli spiriti venissero attratti da una fragranza simile!
Si stava ripetendo per l’ennesima volta che non era pazzo – sebbene Naruto o chicchessia avrebbe potuto confermare l’esatto contrario – e, per trovare coraggio, si convinse che non l’avrebbe visto nessuno.
Così, dopo innumerevoli interruzioni e ripensamenti, seduto davanti al basso tavolino con una candela in mano che agitava formando cerchi immaginari in aria, invocava lo spirito.
Ma dopo diverse frasi che gentilmente auspicavano il suo ritorno, Sasuke oltre a sentirsi molto imbarazzato era anche scoraggiato. La ragazza non si era fatta viva e lui non sapeva come fare per mettersi di nuovo in comunicazione con lei. Si era anche sforzato di apparire più gentile del solito, ricordandosi che Naruto lo riprendeva sempre perché era troppo scontroso e scorbutico e gli consigliava di pensare un po’ di più alla persona che si trovava di fronte prima di agire; forse aveva peccato nella convinzione, ma in compenso aveva seguito alla lettera tutte le indicazioni fornitegli dal manuale, anche se con qualche titubanza e riserva.
Alzò lo sguardo dal libro e non vide niente di strano o anormale rispetto a prima: tutto era in ordine e nella stessa posizione di un attimo prima, e della ragazza fantasma non c’era nemmeno l’ombra.
Stava per abbandonare quella buffonata, che gli stava per altro solo facendo perdere tempo, quando i suoi occhi si posarono sulla tazza che aveva posato sul tavolino. Gli venne un’ improvvisa illuminazione, sovvenendogli il ricordo di quando lei si fosse alterata perché aveva posato il bicchiere sul tavolo in legno senza il suo sottobicchiere, prese la tazza e la sollevò in aria.
<< Ho qui una tazza, la sto per appoggiare sul tavolo. Non c’è nessun centrino. >>
Con lentezza, quasi teatralmente, avvicinò sempre più la tazza alla superficie liscia del tavolo e, quando mancava un soffio dal toccarla, sentì la voce della ragazza intimargli di non concludere l’azione.
Nonostante attendesse il momento della sua apparizione, fu preso comunque alla sprovvista, ma cercò di smascherare la sua sorpresa. Infine posò la tazza sopra una pagina di giornale, accontentando la ragazza, dopo averle lanciato uno sguardo risentito al quale lei prontamente gli rispose con uno altrettanto scocciato.
Non si sorprese affatto della sua reazione, ormai la conosceva abbastanza bene, ma non poteva essere già così contrariata ancora prima del dialogo, non osava immaginare che espressione avrebbe fatto quando le avrebbe esposto la sua tesi. Doveva cercare di tenerla più serena possibile.
<< Forse non abbiamo iniziato con il piede giusto. >> disse mentre si alzava. << Sono Sasuke Uchiha. >> e nel presentarsi le porse la propria mano. La ragazza notò dal suo tono di voce, che gli era costata fatica presentarsi, forse perché non lo riteneva indispensabile.  
A rigor di logica ora era lei a dover rivelare il proprio nome: << Io sono…>> iniziò ma si interruppe, poiché non sapeva come continuare; non aveva la minima idea di come si chiamasse. Sasuke la vide spostare lo sguardo da lui a un qualsiasi oggetto nella stanza che potesse fornirle un indizio della sua identità, era simile ad un annegato che cerca con tutti gli sforzi un qualsiasi appiglio per salvarsi. I suoi splendidi occhi verdi venivano guastati da un pizzico di disperazione, che faceva perdere la loro naturale lucentezza.
<< Sakura>> disse convinta. << Mi chiamo Sakura. >>
Aveva letto quel nome sulla tazza che Sasuke aveva posato sul tavolo. D’altronde cosa ci rimetteva? Lei non era sicura che fosse il suo nome e allo stesso tempo Sasuke non poteva contraddirla, dopotutto nemmeno lui conosceva la sua identità.
<< Sakura, mh?>> le rispose scettico. Seguendo la traiettoria dello sguardo della ragazza notò anche lui il nome che spiccava a caratteri cubitali sulla tazza.
<< Tu non sapevi il tuo nome, hai dovuto leggerlo sulla tazza. >> l’accusò.
Colpita nel segno, Sakura gli rispose per le rime . << Saprò come mi chiamo, ti pare?>>
Constatando che l’atmosfera si faceva sempre più elettrica e tesa, decise di lasciare correre sulla questione, preferendo voler toccare l’argomento che gli stava a cuore.
<< Certo. E senti ti ricordi cosa fai nel resto della giornata? >> riuscì a domandarle. Di solito non si faceva mai i fatti degli altri, non gli era mai importato nulla di ciò che potevano pensare e provare le persone attorno a lui; era Naruto che per cortesia o per reale curiosità s’interessava della sfera privata e personale degli altri e così anche lui veniva a conoscenza di queste piccole e inutili informazioni.
<< Insomma ti ricordi quando hai parlato con qualcuno l’ultima volta, oltre a me? >>
<< Certo. L’altro giorno. >> gli rispose sicura. Non riusciva a capire dove volesse andare a parare; perché le faceva tutte quelle domande? A che gioco stava giocando?
<< Non ti sembra che sia capitato qualcosa di strano nella tua vita? >> continuò a domandare Sasuke, cercando questa volta di essere più gentile e delicato.
<< Tipo?>> volle sapere Sakura, sempre più confusa.
<< Ma non so, tipo morire! >> le scaraventò quasi in faccia queste ultime parole, perdendo ormai la poca pazienza di cui disponeva.
Sakura era indignata, come poteva dirle una cosa del genere?
<< Non è per niente carino quello che hai detto, lo sai?>> commentò ancora offesa.
Aveva ragione, non era certamente una cosa molto raffinata da poter dire ad una ragazza, ma non sapeva più come rivelarle le sue supposizioni, e poi lei non lo aveva certamente aiutato. Perciò a mali estremi, estremi rimedi; era stato costretto dalle circostanze e, lo doveva ammettere, non ne andava certamente fiero.
<< Sakura, la vedi la luce? Camminaci dentro e poi tutto finirà. >> cercò di convincerla e rassicurarla.
<< Che luce? Non c’è nessuna luce! Cosa stai dicendo?>> esclamò lei, perdendo le staffe. << Io non sono morta, lo vuoi capire? >>
Era assurdo: come poteva dirle una cosa del genere questo tizio? Era vero, al momento non ricordava chi era, ma questo non lo autorizzava a trarre delle conclusioni così negative. E poi, non andava certamente dimenticato che lei sapeva esattamente che quello era il suo appartamento, la sua tana in cui, dopo lunghe giornate di lavoro, vi trovava rifugio e conforto, convincendosi – o almeno tentandoci – che lì tutti i suoi problemi non l’avrebbero raggiunta, ne sarebbero rimasti in qualche modo preclusi. Poteva finalmente permettersi del tempo per respirare e sentire il rumore dei propri respiri.
Riconosceva ogni cosa e di ognuna di esse avrebbe potuto rivelare il giorno d’acquisto, la scelta della locazione e l’eventuale spostamento, con tutte le motivazioni del caso.
Durante il loro scambio di battute, Sasuke era avanzato verso di lei e Sakura, muovendosi di riflesso rispetto a lui, era indietreggiata fino a rendersi conto, dopo un’occhiata di evidente meraviglia da parte di Sasuke, di trovarsi nel bel mezzo del tavolo al centro del salotto.
Allibita e confusa, la ragazza si domandò cosa le stesse capitando.
Allora Sasuke, per l’ennesima volta, le espose la sua tesi, risultando più diretto e meno riguardoso nei confronti della sensibilità di Sakura.
<< Sei morta! >>
Queste semplici parole scatenarono un moto di rabbia nella ragazza che, con slancio, si spinse in avanti. Ora era il momento di Sasuke di indietreggiare, anche perché la ragazza aveva trovato un modo alquanto fastidioso per esprimere il suo disappunto. Aveva alzato un braccio all’altezza del suo viso e lo aveva letteralmente trapassato; nello spazio che occupava la sua testa continuava a muovere il suo braccio causandogli un senso di nausea non indifferente. Aveva cercato più d’una volta di convincere la ragazza di smettere, ma lei sembrava trovarci gusto e, con più vigore, riprendeva a infastidirlo. Così l’unica possibilità rimastagli era quella di schivare i suoi colpi allontanandosi dalla sua traiettoria, mentre camminava all’indietro.
Ma lo spazio a sua disposizione non era infinito e ben presto si ritrovò con le spalle alla finestra. Anche la ragazza si bloccò, rivolgendogli uno sguardo di sfida a cui Sasuke replicò prontamente:
<< Ora, vattene da qui! Non hai nessun motivo per restare! >>
Sakura gli rispose con uno sguardo astioso prima di avventarsi contro di lui protendendo entrambe le braccia come per spingerlo via, con il solo risultato di passargli oltre e di ritrovarsi a precipitare nel vuoto.
La sua caduta era stata accompagnata da un urlo acuto e questo bastò per tranquillizzare Sasuke e convincerlo che Sakura non avrebbe più tentato di importunarlo.
Così, rivolse nuovamente la sua attenzione all’interno dell’appartamento sicuro di poter spaziare il proprio sguardo senza incontrare figure indesiderate, ma dovette ricredersi poiché la silhouette di Sakura si stagliava di fronte a lui, più agguerrita che mai.
Con le mani ai fianchi e uno sguardo deciso, Sakura aveva appena palesato le sue intenzioni, dando inizio ad una “guerra”, di cui Sasuke si sarebbe pentito molto presto.
Sasuke intuì che la loro convivenza, da lì in avanti, non sarebbe stata per niente facile, anzi, era consapevole che da quella ragazza poteva aspettarsi di tutto, gliene aveva giusto dato conferma; quando si metteva in testa qualcosa faceva qualsiasi cosa per ottenerla.
Non poteva negare che la profonda decisione, che rasentava la cocciutaggine infantile da parte della ragazza, non l’avesse colpito, stuzzicandolo ulteriormente nella sfida muta che gli aveva lanciato; d’altra parte non conosceva nessuno più testardo di se stesso ed era sicuro di riuscire a spuntarla su una ragazzina isterica che, fra l’altro, apparteneva di più al mondo dell’aldilà che a quello dell’aldiquà.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Hola gente!
Dopo diverse intemperie, sono riuscita ad aggiornare.^^ Insomma, lo so che per quei pochi e carissimi lettori – che non smetterò mai di ringraziare! – che seguivano la storia vedere un aggiornamento dopo così tanto tempo è davvero scoraggiante (ecco, me lo dico da sola, sono davvero brava!), ma spero che, in un prossimo futuro, possiate perdonarmi. Please *Selly fa gli occhioni dolci*
Immagino che spiegare i motivi per cui ci ho messo così tanto – studio, università, poca fiducia in se stessa, poca ispirazione – non servano a granché, però credo sia corretto, no?
Tornando a noi. Cosa dire di questo capitolo? Beh, ad esempio che vediamo entrare in scena Naruto ( vi mancava, vero? :D) e Kakashi ( anche lui non poteva non mancare, dopotutto. ^^)
Mi sono divertita a scrivere la scena di Sasuke e Kakashi, non so perché, ma se ci penso, mi nasce spontaneo un sorriso! Spero che possa piacere anche a voi! ;)
Ringrazio infinitamente Hikari, che anche questa volta ha ritagliato un po’ del suo tempo per betarmi il capitolo. Grazie di cuore! <3
Grazie anche a voi, carissimi lettori, che siete arrivati fin qui! E, se qualcuno, volesse lasciare un piccolo commento, critica o altro, è sempre ben accetta. ^^
Au revoir!
Selly

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Capitolo 3
*** Confidenza e richiesta. ***


 


Capitolo 3
Confidenza e richiesta.

 

 
La ragazza aveva mantenuto la promessa: non se ne era mai andata, nemmeno per un nanosecondo. Era sempre presente, doveva stare all’erta ogni istante, perché poteva trovarla nascosta nei posti più impensabili, ad esempio nel frigorifero dove controllava e contava tutte le birre che beveva. Ovviamente non si teneva i propri commenti per sé, ma glieli rivelava sempre quasi con disprezzo e delusione.
Non era mai solo; non aveva nemmeno la possibilità di farsi una doccia in tutta tranquillità, visto che lei decideva di fargli compagnia pure in quel frangente. Così si era ritrovato a doversi lavare con il costume addosso, perché non aveva un po’ di privacy in casa sua! Robe da non crederci!
Altre volte non poteva seguire i programmi televisivi, perché lei iniziava a parlare ininterrottamente, proprio come una radio gracchiante e fastidiosa, e lui capiva la metà – se andava bene – di quello che dicevano in tv. La ragazza arrivava addirittura a cantare, quando si sentiva generosa e propensa a rompergli l’anima, e Sasuke, dopo aver fatto finta di niente, doveva alzare il volume dell’apparecchio. Tuttavia questo gesto non fermava la ragazza, che a sua volta cantava con toni più alti. Finché esasperato, Sasuke spegneva il televisore e se ne andava in camera sbattendo la porta.
Non ne poteva veramente più. Aveva capito che da solo non ce l’avrebbe fatta, così si fece aiutare.
Chiamò il parroco della città che, armato di acqua benedetta, cercava di colpire il fantasma infestante sotto le indicazioni di Sasuke. La ragazza, però, si spostava appena il prete alzava il braccio per lanciare la sua “arma” nella direzione indicatagli. Sasuke, che per sfortuna aveva il dono di vedere lo spirito, doveva richiedere all’uomo di Dio di immergere nuovamente l’aspersorio nell’acqua santa e di benedire ancora una volta la casa, così da allontanare definitivamente il maligno.
Sakura aveva continuato a spostarsi di lato, quel poco che bastava per non farsi raggiungere dall’acqua, finché scocciata di stare al gioco si rivolse a Sasuke chiedendogli in tono fermo di ripulire il lago che si sarebbe formato, alla fine della visita del sacerdote. Con queste poche parole sparì dalla sua vista.
Non andò per niente bene nemmeno il tentativo che fece affidandosi alla cultura cinese. Non sapeva perché si era rivolto a dei cinesi, ma credeva – almeno fino a qualche tempo prima – che con la loro conoscenza del soprannaturale, che si tramandavano nei miti di generazione in generazione, avessero un metodo per scongiurare la presenza innaturale degli spiriti.
Ora sapeva – dopo che avevano fatto attivare l’allarme anti-incendio durante il loro originalissimo rito che prevedeva l’uso del fuoco – che non era saggio dare fiducia a dei cinesi per risolvere una questione simile; ne avrebbe tenuto conto per il futuro, nel caso avesse avuto di nuovo bisogno di una consulenza speciale.
Chiese consiglio anche ad una ditta di disinfestatori che, una volta venuti a conoscenza della presenza in quell’appartamento di un fantasma, non ne rimasero meravigliati, abituati a sentire le cose più improbabili da dover eliminare dalle case dei loro clienti. Assomigliavano molto ai Ghostbusters con l’unica differenza che non riuscirono a catturare lo spirito, sebbene loro ne fossero pienamente convinti e Sasuke non volle infrangere la loro soddisfazione, rivelando che il suddetto spirito si trovava proprio di fianco a lui mentre si divertiva un mondo a vederli così affaccendati e a tratti si faceva pure beffe di loro, certa della loro inutilità.
Una sera fece venire anche Kakashi, lo squinternato proprietario della libreria, era la sua unica – e ultima – speranza. Non sapeva a chi altri rivolgersi per trovare aiuto. Non era ancora pienamente convinto della sua scelta, ma dopotutto, riflettendoci, Kakashi doveva pure saperne qualcosa al riguardo, no? Altrimenti non si spiegava come avesse fatto a consigliargli, con così tanto ardore, il libro di Jiraiya oppure era soltanto una tattica per vendere e lui, da povero fesso e disperato, era cascato così ingenuamente nella trappola?
Un’altra considerazione che si ritrovò a fare suo malgrado, mentre faceva accomodare il suo ospite, riguardava le sue amicizie. In passato non si sarebbe certo trovato intorno persone come Sakura o Kakashi, riguardo al quale tuttavia non sapeva molto ed era perciò abbastanza scettico. Credeva che Naruto sarebbe bastato come personalità stravagante rientrante nelle sue conoscenze!
Intanto Kakashi aveva trovato la sua sistemazione al centro dell’amato divano di Sasuke e, con noncuranza, tirò fuori dalla sua borsa un piccolo libro che aprì alla pagina in cui aveva interrotto la sua precedente lettura e, come se niente fosse, vi si immerse nuovamente.
Nello stesso tempo anche Sakura li raggiunse in salotto e si posizionò proprio di fronte al nuovo arrivato, scrutandolo con occhio critico. Dopo il suo attento e minuzioso esame, sentenziò:
<< Nemmeno lui mi vedrà. >>
Sasuke non le rispose, preferendo concentrare tutta la sua attenzione sul libraio. Questi, da parte sua, di punto in bianco abbassò il libro e disse: << Sento una presenza. >> 
<< Davvero molto originale. >> commentò Sakura sarcasticamente.
<< Ed è una presenza ostile. >>
Quest’affermazione fece tacere la ragazza, che non trovò nulla da controbattere.
<< Vuole che tu lasci l’appartamento. >>
Quest’ultima frase era piaciuta particolarmente alla ragazza, perché Sasuke vide nascere sul suo viso un sorriso compiaciuto.
<< Questo tipo mi piace. Ci sa fare. >>
Ma che ragazza mutevole! Proprio come una banderuola sospinta dal vento ora in una direzione, ora nell’altra. Era shoccato. Ma si ridestò subito quando Kakashi rivelò che l’unica soluzione era quella di assecondare il volere dello spirito e cioè di lasciare l’appartamento. E aggiunse: << Non so cosa ci sia di interessante in questo appartamento per essere così conteso. Bah… >>
I due ragazzi lessero in quell’affermazione una velata accusa contro la loro persona e ribatterono con veemenza, dando valore a ciò che a ognuno aveva colpito e secondo cui contraddistingueva quel locale.
Sasuke difese il mobilio, nel quale rientrava a pieno diritto il vellutato e comodo divano, mentre la ragazza mise in rilievo, nonostante il suo interlocutore non la potesse sentire, la vista di cui potevano godere i sensi affacciandosi alla vetrata. Come poteva non essersene innamorato appena l’aveva scorta, come era accaduto a lei la prima volta?
Dopo il loro appassionato elogio all’appartamento in cui vivevano, i loro sguardi si incontrarono, timidi e sorpresi; il nero si affogò in un immenso verde smeraldo, che al contempo fu catturato da quel pozzo profondo e magnetico dell’oscurità.
Era la prima volta che si trovavano sulla stessa lunghezza d’onda; non erano pienamente d’accordo, ma entrambi potevano sostenere senza problemi che lì si viveva bene, vi era un’incantevole e rilassante atmosfera, intrusi a parte.
Kakashi si alzò e silenziosamente, dopo aver lanciato a Sasuke una breve occhiata come saluto, si diresse verso la porta d’entrata.
<< Aspetta! >> lo fermò la voce del ragazzo. << Io non intendo, minimamente, lasciare questa casa. Sarà lei a farlo. >> disse con tono superiore e vagamente minaccioso.
Era davvero un testardo! Che rabbia! Le faceva saltare i nervi come niente, non sapeva che poteri avesse per diventare così scorbutico e odioso. E pensare che un attimo prima, quando era persa nell’immensità dei suoi occhi, aveva accarezzato l’idea che in fondo, molto in fondo, il ragazzo non era male e che lei avrebbe potuto essere più gentile con lui, così da cercare di migliorare il loro rapporto. Ma dopo un’affermazione simile, aveva mandato tutti i suoi buoni propositi alle ortiche, senza tanti ripensamenti, pronta a urlargli contro per l’ennesima volta la sua contrarietà. 
Iniziarono a litigare furiosamente; lei continuava a sostenere le sue posizioni, e lui controbatteva con la ferma convinzione che lei fosse morta e di conseguenza non aveva nessun diritto di restare.
Kakashi intuì per istinto che Sasuke era nel corso di una accesa discussione con il suo spirito e, mano a mano che i toni si facevano più vivi, iniziava ad accusare un lieve mal di testa. Che tipetto vivace, il suo fantasma!
<< Ehi, calma! Calma! >>
Il suono, quasi estraneo, della sua voce riuscì a intromettersi nella loro discussione e ad affievolirla. I due si zittirono e puntarono i loro occhi sulla sua figura, in attesa.
<< Che personalità vivace! >> commentò divertito Kakashi. Sasuke, tuttavia, non ci trovava nulla di divertente; era certo che se fosse stato lui, quel povero disgraziato, che doveva conviverci sforzatamente, non lo avrebbe detto.
Questi pensieri non vennero alle labbra di Sasuke, che li tenne segretamente circoscritti alla propria mente, sapendo, per esperienza, che sarebbero potuti essere un pretesto per un’ ennesima lite. E, francamente, era stufo di dover trovarsi in contrasto con qualcuno, ma c’era qualcosa in Sakura che lo spingeva inevitabilmente a risponderle a tono. Era un comportamento inusuale per uno come lui, che cercava sempre di schivare qualsiasi tipo di discussione.
<< Però dovresti concentrarti su un altro spirito. >> riprese Kakashi, dopo averlo squadrato a lungo. << Quello che vive proprio qui. >> gli si avvicinò e indicò il suo cuore.
Sakura, indisturbata, aveva seguito con interesse quest’ultima rivelazione, cercando di capirne il senso celato.
Giunta ad una propria conclusione, si rivolse a Sasuke con poco tatto: << Ma sei stato lasciato dalla tua ragazza!>>
Sasuke girò di scatto la testa in sua direzione e le scoccò un’occhiata truce accompagnata dal consiglio di tacere.
<< Allora è vero! Oh ma povero! >> continuò a schernirlo lei.
<< Taci! Non sai di cosa parli! >> sputò con cattiveria, prima di abbandonare la stanza di pessimo umore.
Sakura rimase perplessa. Non era una reazione un po’ troppo spropositata per l’abbandono da parte della propria ragazza? Certo, poteva capire che le era molto legato. Forse aveva esagerato un po’, non era stata molto rispettosa nei suoi confronti, ma non credeva che fosse così permaloso. E poi, non era giusto che solo lui potesse essere sgarbato e offensivo verso di lei, mentre a lei non era acconsentito comportarsi alla stessa maniera.
<< Ragazza, dovresti portare più rispetto per i defunti. >> le consigliò Kakashi, rivolgendosi all’aria della stanza prima di andarsene.
Era davvero mortificata e molto dispiaciuta. Non aveva capito che si trattava di una cosa così delicata e intima. Perdere una persona cara è un dolore indicibile e, nonostante gli anni, non passa mai, è sempre presente e plasma la persona, il suo essere.
Poteva comprendere ciò che stava provando e voleva scusarsi, fargli capire che non era un mostro come, molto probabilmente, era apparsa ai suoi occhi.
Lo cercò e infine lo trovò sul tetto intento ad ammirare la città sprofondata nell’oscurità da cui spiccavano piccoli punti luminosi.
La brezza serale soffiava leggera e lei, sentendola spirare vicino, rabbrividì istintivamente, sebbene non sentisse affatto freddo.
A piccoli passi timidi lo raggiunse e gli si mise di fianco per osservare lo stesso spettacolo.
Quando Sasuke sentì la sua presenza, fece una smorfia di disappunto ma non se ne andò e non chiese nemmeno a lei di farlo. Finché se ne stava lì, in silenzio, con gli occhi puntati sulla città dormiente e non lo infastidiva, non gli creava nessun problema. Non era un mistero che lui amasse e cercasse il silenzio.
<< Senti, io… >> iniziò titubante Sakura. << Io volevo scusarmi con te per quello che ho detto poco fa. >> abbandonò la vista del panorama per cercare i suoi occhi, che rimasero a fissare ostinatamente dritti davanti a sé. << Mi dispiace davvero. >>
Era sincera, lo sentiva dal tono della sua voce. La sua reazione era stata alquanto esagerata, ma era ancora un tasto dolente, una ferita aperta da rimarginare.
Era stato ingiusto con lei, come poteva saperlo o solo immaginarlo?
<< Fa niente. Sta’ tranquilla. >> le disse, sbrigativo, Sasuke.
Calò di nuovo il silenzio, rotto ogni tanto dai suoni, lontani e sordi, delle macchine che si arrischiavano ancora a girare a quell’ora.
Dopo minuti che le parvero ore, Sakura decise di riprendere parola: << E lei, come si chiamava? >>
Il suono, basso e delicato, della voce della ragazza lo ridestò dai suoi pensieri e dai suoi ricordi, ricordandogli che lei era ancora lì, vicino a lui.
La domanda aveva sortito il giusto effetto, Sasuke si girò verso di lei e la guardò per la prima volta quella sera. Nei suoi occhi la ragazza lesse un sentimento di sbigottimento e spaesamento. Era confuso, sembrava non aver compreso la domanda. Allora Sakura, preso il coraggio a piene mani, precisò: << Non era riferito ad una ragazza? >>
Sasuke si rilassò. Ora aveva intuito; si stava riferendo all’enigmatico consiglio di Kakashi.
Era rimasto sorpreso che Kakashi fosse riuscito, non conoscendolo nemmeno, a svelare i suoi sentimenti più segreti, aveva letto la sua anima come si fa con un libro.
Si prese del tempo per trovare le giuste parole e le rispose:
<< No, era riferito a mio fratello Itachi. >>
La ragazza lo guardò stupita e imbarazzata, probabilmente sentendosi ancora in colpa per le sue parole. Sasuke ritornò ad osservare dinnanzi a sé.
<< Non ne vuoi parlare un po’? >> gli chiese, con discrezione, lei.
Se doveva essere sincero, non aveva nessunissima voglia, anche perché sapeva cosa gli avrebbe detto: le solite frasi di circostanza per dimostrare la propria vicinanza, che gli sembravano solo finte. Poi, con garbo, gli avrebbe consigliato di riprendersi in mano la sua vita e di viverla appieno, perché così avrebbero voluto suo fratello e i suoi genitori, invece che rimpiangersi addosso. Forse avevano ragione, ma lui, sebbene ci avesse messo tutta la buona volontà, non ci riusciva. Era più forte di lui. Sentiva di fare un torto, a loro.
D’altro canto, vedendo Sakura con i suoi grandi occhi verdi che lo scrutavano un po’ apprensivi e confortevoli, considerò di accontentarla. In fondo, parlarne con qualcuno gli avrebbe fatto bene e, ricordando i suoi cari, li avrebbe sentiti più vicini, così come da tanto tempo desiderava.
<< Itachi era il mio nii-san >> iniziò a raccontare con una nota d’affetto nella voce. << Era il fratello maggiore migliore che si potesse desiderare. C’era sempre, quando avevo bisogno. Nonostante avessimo cinque anni di differenza, da piccoli giocava sempre con me quando glielo chiedevo. Non so come facesse, ma trovava un po’ di tempo per me. Sempre. >>
I suoi lineamenti si erano addolciti e Sakura poté giurare di aver intravisto in quel cambiamento un Sasuke più giovane, più felice e spensierato, più innocente e pieno di gioia e speranza.
<< Poi, quando i nostri genitori morirono in un incidente d’auto, fu Itachi a prendersi cura di me. Io avevo otto anni e lui tredici. Era ancora un ragazzino, che dovette crescere in fretta per prendersi una responsabilità tale da stare dietro al suo fratellino. E lui lo fece. Da allora in poi, siamo andati avanti noi due da soli. Itachi mi fece un po’ anche da madre e padre, quella madre e quel padre che avevamo perso. Fece di tutto per me, per rendermi felice. Era la mia àncora di salvezza, il mio punto fermo. Eravamo molto legati, però la sorte o il destino si è preso anche lui. >>
Chiuse il suo resoconto con un piccolo singhiozzo camuffato da un colpo di tosse.
Sakura era molto dispiaciuta. Quanti dolori aveva passato in vita sua, ora intuiva certi suoi comportamenti, doveva sentirsi molto solo. Pensò che avrebbe potuto fare qualcosa per aiutarlo.
Si accorse, nel mentre, che Sasuke era rincasato e decise di seguire il suo esempio. Una volta al sicuro nel suo amato appartamento, scoprì Sasuke agguantare la sua giacca e uscire. Lo seguì per capire questo suo improvviso bisogno di fare due passi, a quell’ora. Dove pensava di andare, poi? Era ormai tardi, ma aveva l’impressione che avesse una meta ben precisa in mente, i suoi passi erano sicuri, nonostante il suo animo fosse un po’ turbato e lei non condivideva affatto questa sua scelta. Non era proprio nello stato di incontrare gente, anche solo per caso, figurarsi se intenzionalmente.
Lo raggiunse davanti all’entrata di un bar e subito gli confessò che non era una buona idea.
Lui non parve badare alla sua affermazione e con tono saccente le chiese se fosse mai stata in un locale, spingendo la porta ed entrandovi.
Sakura entrò a sua volta e, per la prima volta, vide la vita notturna cittadina, tutta riversata in quel piccolo e confortante pub. Vide gente incontrarsi, salutarsi affettuosamente – non negò che le era sorto il dubbio se tutta quella espansività fosse dettata da un buon bicchierino – parlare, ridere e divertirsi.
L’incessante chiacchiericcio faceva da sfondo alla musica che un gruppo suonava dal vivo, rendendo l’atmosfera più suggestiva.
Era sbalordita, non aveva mai visto scorrerle davanti agli occhi così tanta vita e invidiò, per un momento, tutta quella gente così allegra. Ma poi, considerò che non era tutto così salutare, sapeva bene che molti non riuscivano ad uscire dal giro, diventandone la loro rovina. Iniziava come un semplice ritrovo tra amici, per finire come l’unica possibilità per risolvere, dimenticandoli, i propri problemi.
Sasuke si era diretto al banco, dove trovò il suo migliore amico in dolce compagnia.
<< Ehilà Sasuke! Qual buon vento! >> la sua voce sbarazzina si levò limpida tra il cicaleccio indistinto.
<< Naruto. >> lo salutò con un cenno del capo.
<< Ti presento Hinata, la mia ragazza. >> disse, tutto contento, indicando la ragazza che aveva al suo fianco. Era una bella ragazza, dal viso dolce e delicato da cui spuntavano due grandi occhi chiari ed espressivi, contornato da lunghi e setosi capelli corvini che le ricadevano soffici sulle spalle. Gli sorrise con dolcezza mista a timidezza, con le guance lievemente imporporate.
Pensò che Naruto avesse trovato la ragazza adatta a lui, una donna che sapeva amarlo, sopportarlo – per esperienza sapeva che non era per niente facile – e spronarlo quando serviva, ma allo stesso tempo frenarlo quando esagerava.
<< Questa, invece, è Tenten, un’amica di Hinata. >>
L’altra ragazza era molto diversa dalla dolce metà di Naruto, sia per quanto riguardava l’aspetto fisico sia per il carattere. Aveva dei lineamenti decisi e un fisico snello e asciutto dal quale ipotizzò che la ragazza amasse fare costantemente sport e che non la spaventasse minimamente la fatica, dava l’aria di essere una tosta.
Portava i capelli legati in due semplici chignon cinesi, un’ acconciatura che probabilmente trovava estremamente utile in quanto le evitava intralci durante gli allenamenti e che, per abitudine, vi ricorreva anche in altre occasioni.
I suoi occhi marroni lo osservavano con sana curiosità.
<< Ragazze, questo è Sasuke, il mio migliore amico! >> disse, rivolto alle due ragazze, sorridendo.
Sasuke si girò verso il barista e ordinò da bere.
Sakura si avvicinò al gruppetto formato da Sasuke, Naruto, Hinata e Tenten, nel momento in cui Sasuke stava riferendo la sua ordinazione.
Subito gli gridò il suo dissenso e Sasuke commentò acidamente in sua direzione: << Non sei mia madre! >>
Queste parole colpirono Naruto, che abbandonò la quieta conversazione con le due donne, e si voltò verso di lui e, dopo un’occhiata visibilmente preoccupata, gli chiese: << Ti senti bene, amico?>>
<< Sì! >> rispose sicuro Sasuke, prima di raddoppiare il suo ordine, alzando il tono della sua voce, come se volesse farsi sentire da qualcuno.
A Naruto non era sfuggito il suo ammiccamento in una precisa direzione e, seguendo il suo sguardo, si ritrovò a imbattersi nel nulla, lì non c’era nessuno.
Sasuke non si sentiva molto bene, si comportava come se ci fosse veramente qualcuno e arrivò alla conclusione che fosse in balia di una sua personalissima allucinazione, sebbene non gli fosse apparso già così sbronzo.
Lo aveva visto abbastanza bene, fisicamente parlando, nonostante non era passata inosservata ai suoi occhi attenti una velata tristezza o malinconia, che Sasuke non era riuscito a mascherare del tutto. Non gli aveva dato il giusto peso, a prova del fatto che Sasuke si trovava lì, insieme a loro, era un grande passo in avanti.
Sakura non poteva permettergli di commettere un tale errore, se non iniziava ora a smettere, non ci sarebbe mai riuscito. Purtroppo non le dava ascolto, così doveva architettare qualcosa in fretta.
All’ennesimo rifiuto, Sakura si era così indignata che con un << L’hai voluto tu! >> entrò letteralmente nel corpo di Sasuke per controllare i suoi movimenti.
Intanto Sasuke stava avvicinando il bicchiere alle labbra e Sakura creò una tensione in senso opposto.
Per un attimo la meraviglia si era affacciata negli occhi scuri di Sasuke, subito soppiantata dalla determinazione. Lui voleva bere e ce l’avrebbe fatta.
Afferrò nuovamente il bicchiere, lo alzò, ma invece di indirizzarlo al suo viso, lo spostò, sbattendolo, poco più in là. Questa operazione si ripeté più volte. Tentò anche di fermare il suo braccio “malsano” con l’altro, senza risultati.
Infine riuscì a sollevarlo – mentalmente ringraziò il cielo – per poi svuotarne il contenuto addosso a Tenten. La ragazza gli lanciò uno sguardo sorpreso e indignato al tempo stesso. Tutti lo stavano osservando straniti, anche Naruto era incredulo.
<< Se lo viene a sapere Neji… >> commentò Naruto, ancora scosso.
Non voleva aspettare di incontrare questo Neji, anche perché immaginava che il loro primo incontro non sarebbe stato dei migliori; aveva intuito che si trattava del ragazzo di Tenten e probabilmente lo avrebbe conciato per le feste.
Si alzò e a passi malfermi raggiunse l’uscita.
Una volta all’aria aperta, sentiva ancora la spiacevole sensazione di tutti quegli occhi puntati addosso. Era stato umiliante! Ed era tutta colpa di Sakura, lo sapeva che c’era il suo zampino!
Nel frattempo, Sakura uscì, con nonchalance, dal corpo di Sasuke e si spolverò gli abiti, mentre commentava incredula ciò che aveva appena compiuto con una nota di fierezza nella voce, che urtò ulteriormente Sasuke.
<< Tu mi hai quasi stuprato! >> disse Sasuke, shoccato e adirato insieme.
<< Non credere che ci abbia trovato gusto! >> si difese lei.
<< E come se non bastasse, mi hai reso ridicolo davanti a quelle persone. Perché?>>
Era fuori di sé, e questo suo aspetto aveva intimidito Sakura, che non era riuscita a formulare nemmeno una parola di risposta.
Allora Sasuke, molto stanco di tutta la faccenda, si era voltato e se ne era andato, lasciandosela alle spalle.
Passeggiò per le strade deserte, finché non trovò una panchina, su cui si accomodò.
Si osservò intorno e vide desolazione, lo stesso sentimento che provava dentro di sé. Era tutto troppo tranquillo, immobile, quasi irreale, non vi era anima viva. Quella calma risultava quasi pressante.
Alzò gli occhi al cielo per specchiarsi e perdersi nell’immensità del firmamento.
Quante stelle c’erano in cielo? E quanto distavano?
Si ritrovò ad ammirare la loro bellezza, mentre punteggiavano la distesa celeste come tanti piccoli lumi per indicare e illuminare il cammino ai poveri e stanchi viandanti che sostavano ancora sulla terra, era un dono e un segnale di una forza divina.
Riabbassò lo sguardo sulla dimensione terrena e incontrò due occhi smeraldini che lo osservavano, muti e in attesa.
Con un gesto di stizza e un piccolo sbuffo, voltò la testa dall’altra parte. Era davvero testarda, quella ragazza! Non gli aveva rovinato la vita abbastanza, cosa accidenti voleva ancora?
<< Lo so che sei ancora arrabbiato con me. >> spezzò il silenzio lei  << E non potrei biasimarti. Ma io cercavo di aiutarti, ero in buona fede. >>
La guardò di traverso, sospettoso.
<< Comunque volevo chiederti di aiutarmi. >> disse, infine, con sicurezza.
Alzò un sopracciglio indispettito e interrogativo. Perché mai avrebbe dovuto fare una cosa simile?
Come se la ragazza avesse intuito i suoi pensieri, gli ricordò che era l’unico a vederla e gli promise che poi, ottenuto ciò che voleva, sarebbe uscita definitivamente dalla sua vita.
Era ancora scettico al riguardo, non voleva imbarcarsi in una situazione così complessa e intricata.
La ragazza aspettava, seduta composta, una sua conferma, che tardava ad arrivare.
Sakura si lasciò scappare un sospiro, desolata. Prese un attimo di respiro e gli disse:
<< Lo so che non è facile. Prova a pensare cosa potrebbero vedere gli altri. Nella prima ipotesi, tu sei seduto su questa panchina che conversi da solo e la gente, vedendoti, ti prende per pazzo. >>
Si formò nella sua testa l’immagine di se stesso, seduto sulla panchina, parlare all’aria vicino a sé. Rabbrividì.
<< Nella seconda ipotesi >> continuò << seduta vicino a te c’è una ragazza che ti sta chiedendo aiuto. >>
Non era molto difficile scegliere tra le due situazioni.
<< Preferisco la seconda. >> disse Sasuke in un sussurro.
<< Allora mi aiuterai a indagare sul mio passato? >> chiese, speranzosa, Sakura.
<< Mh >> acconsentì Sasuke e, per la prima volta, vide nascere un sorriso luminoso sul viso di lei. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccomi qui. ^^
Cosa posso dire? Lo so, è davvero strabiliante che io abbia potuto aggiornare in tempi umani e vivibili, ma un motivo c’è. Inizialmente questa parte faceva tutta parte del secondo capitolo, però poi mi hanno consigliato a ragione di tagliare, altrimenti sarebbe stato troppo lungo e noioso. E io non volevo annoiarvi troppo, miei cari lettori!  ^_^
Se devo essere sincera, questo capitolo non mi convince del tutto, cioè delle parti non mi sembrano corrette. Ad esempio il racconto di Sasuke; le sue parole e il suo comportamento mi sembrano troppo OCC anche per un personaggio che un po’ – o tanto – OCC è. Cosa ne dite?
Bene, ringrazio Hikari per i suoi consigli e per avermi fatto notare gli errori. ^^
Devo ringraziare le persone che hanno messo la storia tra i preferiti (1) e tra le seguite (7). Grazie di cuore. <3
Ovviamente ringrazio tantissimo anche chi ha trovato e troverà un po’ di tempo per lasciare un piccolo commento. ;) E ringrazio, anche voi, lettori silenziosi. ;)
Con questo penso sia tutto. :)
Devo avvisarvi che non so quando mi farò viva con il nuovo capitolo, che fra l’altro devo ancora iniziare. Credo che ci metterò un po’ di tempo, perché ora come ora ho un po’ di confusione in testa per il seguito e mi servono i dialoghi. Trovare il film è davvero un’impresa. O.o Mi scuso di già. E poi da lunedì iniziano le lezioni all’università del secondo semestre, con orari davvero improponibili. -.-“
A presto! ;)
Selly
 
 

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