Please tell me what we have is real.

di BJ foREVer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** So try again. ***
Capitolo 2: *** Let's dance. ***
Capitolo 3: *** Take the shot! ***
Capitolo 4: *** Hey, girls! ***
Capitolo 5: *** Ready to go. ***
Capitolo 6: *** Such a quality smoke. ***
Capitolo 7: *** It's time to play. ***
Capitolo 8: *** Rage and love, story of my life. ***
Capitolo 9: *** This is WAR. ***
Capitolo 10: *** Ghosts from the past. ***
Capitolo 11: *** Fucking asshole. ***
Capitolo 12: *** Think 'bout it. ***



Capitolo 1
*** So try again. ***


“Accomodati pure, come ti chiami?”
“Juls, ho vent’anni e sono di Phoneix” mi sedetti davanti al tavolo dove si trovavano quei cinque ragazzi, tutti sulla trentina.
“Bene, Juls, qui leggo che hai un figlio” il più grosso di loro mi guardò, o almeno penso che lo stesse facendo da dietro le lenti scure degli occhiali da sole.
“Esatto, ha due anni. Si chiama Mike” sorrisi dolcemente al solo nominare il mio mostriciattolo, e il ragazzo mi sorrise di rimando, annuendo. Dopodiché passò il foglio che aveva tra le mani al tizio di fianco a lui, che fino a qualche istante prima mi stava deliberatamente fissando la scollatura. Mi alzai quel tanto che bastava da nasconderla e solo allora lo guardai davvero in viso. Era bello da mozzare il fiato: occhi color nocciola profondissimi, nasino all’insù, labbra sottili piegate in un sorrisetto e zigomi marcati.
“Mh..” lo vidi analizzare quel pezzo di carta che doveva essere il mio curriculum.
“Be’” s’intromise il piccoletto di fianco a lui, con una cresta che lo alzava di minimo venti centimetri “Vuoi farci vedere qualcosa?”
Io annuii alzandomi mentre tutti e cinque ridacchiavano, anche i due che fino a quel momento non avevano parlato.
Mi spostai al centro della stanza e fecero partire la canzone che avevo sentito costantemente nell’ultima settimana. Avevo un po’ d’ansia, era la prima volta che ballavo su un base di questo genere musicale, e non sapevo bene cosa cercassero, quindi improvvisai un poco in mezzo a ciò che avevo preparato.
Quando smisi di ballare crollai di nuovo sulla sedia, e li analizzai uno a uno. Il primo ragazzo che aveva parlato, che ora aveva tolto gli occhiali, mi guardava raggiante. Il tipo dagli occhi nocciola era sconvolto, il bassetto con la cresta sorrideva borbottando con il grassottello accanto a sé, mentre l’ultimo, il più alto, con due occhi azzurro ghiaccio, se la rideva per qualcosa che non capivo.
“Be’ insomma la prendiamo no?!” sbottò infine il secondo che aveva parlato, facendo ridere tutti, che annuirono convinti.
“Bene, Juls, domani alle nove sul molo di Huntington Beach” mi disse il ragazzo degli occhiali da sole.
“Perfetto, grazie mille!” li ringraziai uscendo, raggiante. Finalmente un ingaggio, non mi succedeva da settimane, e mi servivano un po’ di soldi a essere sincera. Mi sembrò di sentire un “A te, dolcezza” provenire da mister occhi nocciola, ma ero troppo lontana per essere sicura.
Appena uscita telefonai al mio agente, che era più che altro la mia migliore amica.
“Hey, ti hanno preso allora?” mi chiese senza neanche il bisogno di sentirmi dire A.
“Sì, grazie al cielo!” risi avviandomi al parcheggio.
“Oddio.. oddio.. oddio.. ODDIO!” risi ancora alla sua reazione. La band per cui avevo appena fatto l’audizione come ballerina, gli Avenged Sevenfold, era la preferita di Allison, la mia migliore amica.
“Al, calmati! Domani ti porto con me in qualità di manager!” la sentii saltare per i pavimenti di parquet di casa nostra e risi salendo in macchina.
“Senti, passo a prendere Mike all’asilo e sono a casa, serve qualcosa?” mi rilassai qualche secondo sul sedile mentre accendevo l’aria condizionata. Era giugno e faceva un caldo infernale.
“Mh no, ho abbastanza roba per cena, a dopo!” prima che potessi aggiungere altro aveva già interrotto la comunicazione, così mi limitai a mettere in moto l’auto e andare a recuperare mio figlio a scuola. Era un gran chiacchierone, il mio piccolo, anche se non articolava ancora molto bene le parole e aveva un vocabolario molto limitato, e per tutto il viaggio mi raccontò cosa aveva fatto quel giorno con i compagni. Quando arrivammo a casa Allison ci accolse con un abbraccio soffocante.
“E questo per…?” risi io.
“PERCHE’.DOMANI.VEDRO’.LORO” gridò lei eccitata, spaventando Mikey che mi si accoccolò in braccio.
“Sì, ma ora tranquillizzati! E’ pronta la cena? Ho una faaaame!” mi fiondai in cucina sistemando mio figlio al suo posto.
“E’ già in tavola” disse Al arrivando tranquillamente e prendendo posto accanto a me.
“WOHOOOOOO!” la mia amica era una cuoca a dir poco fantastica, e per l’occasione aveva preparato tutti i nostri piatti preferiti, che spazzolammo via in men che non si dica.

“Allora.. Com’erano?” mi chiese dopo che avemmo messo a letto Mike.
“I ragazzi? Be’, molto semplici a dire il vero” lei mi sorrise come per farmi continuare e allora dissi “Come si chiama quello con gli occhi nocciola?” la guardai incuriosita, anche se mi parlava spesso di loro non avevo mai prestato davvero attenzione ai nomi.
“Occhi nocciola? Brian” mi guardò sospettosa.
“Gran bel figo” la guardai negli occhi e scoppiammo a ridere.
Io e Allison eravamo così, unite da un’amicizia secolare riuscivamo a capirci al volo, e non avrei potuto chiedere un’amica migliore.


Nota dell'autrice: nuovo tentativo di long-fic:3 reeeecensite:D 
_BJ foREVer_

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Capitolo 2
*** Let's dance. ***


“Portiamo Mike con noi?” Al mi parlava dalla porta, mentre io mi preparavo per il mio primo giorno di lavoro con gli Avenged Sevenfold.
“Per forza, oggi l’asilo è chiuso, non saprei a chi lasciarlo” sospirai infilando un paio di shorts e una canottiera larga, poi mi chinai per infilare gli stivaletti.
“Mh, lo terrò io mentre lavori” la mia migliore amica, già pronta, si allontanò per vestire il mio bimbo mentre io mi truccavo e sistemavo i capelli in una coda di cavallo.
“Pronta!” esclamai entrando nel salotto dove mi aspettavano Allison e Mike “Andiamo, per arrivare a Huntington Beach ci vuole una mezz’oretta” presi la borsa e li aspettai vicino alla macchina. Io, Al e il piccolo avevamo una piccola casetta a Orange, che era a circa 30 chilometri da HB.
Come avevo previsto, dopo più o meno mezz’ora eravamo a Huntington. Erano le otto e mezza, quindi eravamo un po’ in anticipo e decidemmo di trovare uno Starbucks per fare colazione.
Alle nove meno dieci iniziammo a dirigerci verso il molo, dove i ragazzi della band ci stavano già aspettando.
Allison si bloccò improvvisamente alla vista dei cinque uomini.
“J-juls! Dimmi che non sto sognando!” risi.
“Non stai sognando, ora comportati da manager!” presi in braccio Mike e mi avvicinai a loro.
“Juls!” riconobbi Matt, il ragazzo degli occhiali da sole. La sera prima Al mi aveva fatto una lezione completa su di loro per non fare figuracce.
“Salve!” li salutai sorridendo, e arrossii nel notare che Brian mi fissava esattamente come il giorno prima.
“Questa è Allison, la mia manager” la presentai spingendola un po’ in avanti, e lei strinse la mano a ognuno di loro.
“E’ una vostra fan” sorrisi quando le presentazioni furono fatte.
“E questo dev’essere tuo figlio, dico bene?” Zacky, il più in carne di loro, si avvicinò a me per guardare Mike, che fissava tutti timidamente.
“Esatto, lui è Michael” sorrisi posandolo a terra per lasciarlo camminare. Il piccolo barcollò verso Baker, che gli sorrise incoraggiante prima di accarezzargli la testa.
“Be’, gli piaci, di solito non è così spavaldo” risi e Matt mi fece cenno di avvicinarmi.
“Allora, tra poco arriveranno le altre ballerine e andremo alla sala prove per farvi imparare le mosse, anche se per lo più dovrete improvvisare” annuii alla spiegazione di quel gigante tatuato. Intanto vedevo la mia migliore amica parlottare con Johnny, che a quanto avevo capito doveva essere il suo preferito. Be, non si poteva certo dire che non si sciogliesse velocemente. Sorrisi al pensiero, e vidi che Brian mi si stava avvicinando.
“Ciao, dolcezza” aveva un sorriso sghembo dipinto sulle labbra.
“Ciao” arrossii di colpo senza guardarlo.
“Senti, ti va…” tossicchiò, sembrava agitato “Ti va un cocktail o che so io dopo il lavoro?” mi guardò, speranzoso.
“Oh… Ehm” guardai Al, che aveva sentito la richiesta e annuì sorridente “Be, perché no?” sorrisi a Brian, che sorrise di rimando.

“Ragazzi, andiamo!” annunciò Matt, che aveva accolto altre tre ragazze bellissime.
Mentre lo seguivamo per le strade di Huntington verso la sala prove, guardai le altre giovani. Erano stupende, e mi sentii un po’ inferiore. Pur essendo molto giovane ero già mamma ed ero molto più matura, o almeno mi sembrava di esserlo.
Arrivate lì incontrammo Jane, la coreografa, che ci mostrò un paio di passi, mentre la band, Allison e Mike stavano a guardare.
Ogni volta che guardavo il gruppetto seduto in disparte, mi sembrava che fossero molto divertiti da qualcosa. Forse eravamo ridicole, e in effetti un po’ mi ci sentivo.
Finite le prove Matt ci disse di tornare il giorno dopo alla stessa ora, questa volta direttamente alla sala ora che sapevamo dov’era.
Mi avvicinai a Brian e mi schiarii la voce, aspettando che mi notasse.
“Ehi, Juls! Siete state molto brave” sorrise incoraggiante e io deglutii.
“Be, grazie. Senti, a che ora facciamo?”
“Ti va bene per le nove? Ho un po’ di cose da sbrigare” diede un’occhiata all’orologio e annuì confermando quanto appena detto.
“Perfetto, allora ci vediamo alle nove al molo” sorrisi e mi allontanai con Al e Mike.

Appena tornata a casa mi feci una doccia. Erano solo le quattro del pomeriggio e Al mi propose di fare un po’ di shopping.
“Allora, come pensi di vestirti stasera?”
“Mh? Come dovrei vestirmi?” guardai Allison incuriosita.
“Oh Juls, avanti! Hai un appuntamento!” roteai gli occhi.
“Non è un appuntamento è solo…” non trovai la parola adatta.
“Un appuntamento” concluse Al ridendo, e contagiando anche me.



Ecco il secondo capitolo, non mi soddisfa molto ma vabbè. Una recensioncina farebbe piacere c.c
Ah, dimenticavo ALLISON, QUESTA E' PER TE. TUA, JULS.

_BJ foREVer_

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Capitolo 3
*** Take the shot! ***


#Brian’s P.O.V.
Avete presente la canzone ‘Sei un mito’ degli 883? Stessa situazione.
L’appuntamento era alle nove, ma alle 8 e mezza ero già sotto casa di Juls. Avevo chiesto a Val di aiutarmi con i vestiti, sembravo proprio un damerino tirato a lucido.
La vidi scendere e uscii dalla macchina per raggiungerla. Era bellissima: non aveva molto trucco, solo un po’ sugli occhi, e portava un vestito corto, senza spalline, blu elettrico.
“Buonasera, dolcezza” sorrisi porgendole la mano.
“Ciao Brian” rise lei, stringendo la mia mano nella sua.
Stavo sudando, brutto segno. Era solo un cocktail tutto sommato.
“Andiamo a piedi?” mi guardò incuriosita.
“Sì, conosco un bar qui vicino” per il resto del percorso parlammo di lavoro, e di molte altre cose.
Quando arrivammo sembrava un po’ sorpresa dal posto, in effetti non era esattamente il mio genere, ma volevo sembrare meno idiota del solito. Ci accomodammo al bancone e lei ordinò un semplicissimo Martini, mentre io il mio classico Jack Daniel’s.
“Allora, dimmi” cercai di cominciare un discorso decente “Come hai trovato la nostra audizione? Cioè, non mi sembra il tuo tipo di musica, senza offesa”
“Oh be, in effetti hai ragione. Mi servivano soldi e mi andava bene qualunque cosa, e siccome Allison mi aveva parlato di voi ho deciso di provare” sorrise gentilmente.
“Capisco. Be, spero che la nostra musica non ti dispiaccia”
“Per il momento no” sorrise ancora, cavolo se era bella. Mi stava prendendo, forse troppo. Non riconoscevo me stesso, quasi.
“Chi scrive i testi?” mi chiese dopo aver pensato per un minuto.
“Mh, di solito Shads e Rev, ma su alcuni collaboriamo tutti, poi io e Zach componiamo” bevvi un sorso di Jack per calmarmi, ero davvero agitatissimo. Lei annuì soltanto, così quando vidi che aveva finito il suo bicchiere mi alzai.
“Aspettami qui, torno tra cinque minuti” dissi semplicemente.
“Ma dove vai?”
“Fidati di me” le feci l’occhiolino e corsi fuori, per recuperare la macchina, e in men che non si dica ero di nuovo da lei.
“Sali, ti porto in un bel posto” le aprii gentilmente la portiera e lei salì, incuriosita ma con un po’ di timore evidente negli occhi.
Per tutto il tragitto non disse una parola, guardò solo fuori dal finestrino. Temevo di averla spaventata con il mio comportamento, anche se era l’ultima cosa che volevo.
Appena vidi il molo di Huntington parcheggiai e la lasciai scendere, seguendola a poca distanza, poi le mostrai la strada.
Sbucammo nella piccola insenatura che avevo scoperto in uno dei miei vagabondaggi, da ragazzino.
“Eccoci” sorrisi sedendomi sulla sabbia in riva all’oceano.
“Brian… wow” mi sorrise sedendosi accanto a me.
“Lo so… E’ il mio rifugio, non lo conosce nessun altro.. A parte Jim”
“E me” sorrise, mi sembrava che gli occhi le brillassero di gioia, ma forse erano solo le stelle. Ammicca appena e la vidi alzarsi.
“Dove vai?” chiesi allarmato, stava tirando fuori il cellulare, ma subito dopo sentii una musica lenta e dolce provenire dall’apparecchio.
“Balliamo?” mi guardò sorridendo dopo essersi tolta le scarpe.
“Io.. Non sono molto.. Ehm, bravo” arrossii sperando che nel buio lei non riuscisse a notarlo.
“Non importa, ti insegno! Non è difficile” continuava a sorridere, e mi lasciai convincere accettando la sua mano.
Prese le mie mani portandole a circondare i suoi fianchi, dopo di che cinse il mio collo con le sue braccia, e iniziammo a girare lentamente con il sottofondo musicale.
“Dove hai imparato?” sussurrai stringendola delicatamente a me.
“Mi ha insegnato mia nonna, quand’ero piccola, poi dopo le superiori mi sono trasferita a Los Angeles per frequentare una scuola di ballo, ma quando sono rimasta incinta ho dovuto lasciarla” sospirò posando la testa sul mio petto.
Ero sorpreso, mi sembrava così fragile, tra le mie braccia, ma non avevo il coraggio di parlare perché avevo paura di rovinare tutto.
“Sai, il padre di Mike non era esattamente ciò che si può definire un uomo maturo” continuò mormorando.
“Che intendi? Non.. State insieme? Perché ‘era’?” tutte le domande mi vennero spontanee e non riuscii a bloccarle.
“No, assolutamente. Mi ha lasciata quando ha scoperto della gravidanza” mi bloccai e la fissai, sconvolto.
“Come?”
“Sì… Non ha mai chiesto niente di Michael” sussurrò, evidentemente spaventata dalla mia reazione. Istintivamente la strinsi di più a me e la sentii sospirare.
“Dimmi di lui” sussurrai a denti stretti. Non so perché mi stessi comportando così, dopotutto l’avevo appena conosciuta.
“Preferirei di no, perdonami Brian” si scostò da me gentilmente e recuperò le sue scarpe.
“Aspetta… No, hey, scusami dai.. Resta” la seguii lungo la strada per tornare al parcheggio.
“Almeno lascia che ti porti a casa” la fermai e riuscii a convincerla, ma di nuovo, per tutto il tragitto, non proferì parola, e appena mi fermai davanti al suo palazzo scese, girandosi appena dopo.
“Grazie per la serata, Brian. Ci vediamo domani” sussurrò, per poi salire velocemente i pochi gradini e scomparire dietro la porta a vetri.
E io rimasi lì, come un coglione, a ripetermi all’infinito che ero un completo idiota.


Chiedo perdono per lo schifo e per il tempo che ci ho messo ad aggiornare c.c comunque, so che probabilmente non conoscete la canzone, quindi qui c'è il link. http://www.youtube.com/watch?v=a1SDoK92FwM&feature=player_detailpage  inoltre, faccio gli auguri al nostro Matthew che oggi compie 31 anni:3

-Mich.

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Capitolo 4
*** Hey, girls! ***


#Juls’ P.O.V.
Mi sentivo una completa idiota.
Da almeno mezz’ora stavo piangendo sulla spalla di Allison senza riuscire a spiegarle cos’era successo. Ero semplicemente entrata in casa a tutta velocità e scoppiata in lacrime nell’abbraccio della mia migliore amica.
“Juls.. Che ti ha fatto? Ha provato a toccarti? Ha detto qualcosa?” chiese preoccupata Al.
“N-no” mi schiarii la voce “Assolutamente no. Stavamo.. Ballando. E non mi ricordo come è saltato in mezzo Dave” ripresi a piangere a più non posso.
“Dave? Ancora? E Brian che c’entra?” chiese lei confusa.
“Niente, gli stavo raccontando della mia, diciamo, carriera, e ovviamente in mezzo c’era la gravidanza, e lui voleva sapere se stavo con qualcuno, e io gli ho detto di no, che il padre di Mike non c’era mai stato e.. e…” dissi la frase tutta d’un fiato, ma non riuscii a continuare.
“E cosa? Juls?”
“Lui voleva sapere di Dave… E allora sono, mh, scappata” Al sospirò stringendomi.
“Quell’essere ti sta ancora rovinando la vita” mormorò.
“Lo so. Mi sa che c’è rimasto male, non volevo” sospirai, probabilmente mi avrebbe evitata per i giorni a venire.
“Be, domani vai da lui e ti scusi, giusto?” Allison mi guardò negli occhi, decisa.
“Giusto” annuii “E se mi chiedesse spiegazioni?”
“Se è intelligente, non lo farà. Ora andiamo a dormire, su” sorrise e mi strinse un’ultima volta, poi entrambe andammo nelle nostre stanze.
 
-il giorno dopo, alle prove-
Com’era? Se è intelligente non chiederà spiegazioni? Peccato che Synyster Gates non si possa definire esattamente intelligente.
Mi avvicinai a lui per scusarmi, ma prese la parola prima di me.
“Juls… Ehm, per ieri, senti, mi dispiace, non volevo…”
“Ehi ehi ehi, Brian, è tutto ok, volevo chiederti scusa per come ti ho trattato” sorrisi, prima di sentire le altre ballerine chiamarmi.
“Ci.. Ci vediamo dopo, eh?” sorrisi ancora e mi allontanai per provare il ‘balletto’, che in realtà consisteva nello sculettare a ritmo.
Dopo aver provato un paio di volte le mosse, Jane ci disse che non c’era altro di prefissato, e potevamo improvvisare, poi prese la parola Matt.
“Allora ragazze, visto che i passi li avete imparati, è giusto che sappiate un paio di cose. Il tour comincia tra tre giorni, ci muoveremo in bus, o in aereo se sarà necessario per le trasferte più lunghe. Ci hanno messo a disposizione un bus in più, per voi, così non ci saranno imbarazzi o situazioni spiacevoli” ci guardò una a una mentre annuivamo e poi guardò i membri della propria band “E vi prometto che terrò buoni questi quattro maniaci” ridemmo tutti mentre i ragazzi rispondevano qualcosa come ‘Senti chi parla’.
“Ora pensava…Pensavo, che potremmo andare tutti a pranzo insieme, così, per conoscerci meglio, che dite?” continuò Matt “Ovviamente potete portare amiche ed eventuali fidanzati” sorrise mentre tutti annuivano contenti.
“Perfetto, allora diciamo tra un’ora al ristorante di fronte al molo?” il cantante ci guardò di nuovo e tutti concordammo.
Poco più di mezz’ora dopo, stabilito che non avevamo tempo di tornare a casa, io e Al stavamo sedute in spiaggia a guardare Mike che inseguiva i gabbiani, rincorso a sua volta da Zacky che ormai stava finendo il fiato.
La sua ragazza, Gena, era seduta vicino a noi e stavamo chiacchierando tranquillamente. Era una ragazza dolce e simpatica, con molto carattere.
“Come pensi di fare con il piccolo, Juls? Insomma un tour non è esattamente il posto per un bimbo così piccino” mi disse gentilmente Gena.
“No, lo so. Pensavo di portarlo dai miei, a Phoneix” sorrisi “gli farà bene stare un po’ con i nonni, e poi loro si lamentano sempre che non li vado mai a trovare” risi mentre Zachary si avvicinava.
“Ti ho preso mostriciattolo!” rise il ragazzo dagli occhi verdi tenendo in braccio Mike “Certo che non esaurisce mai le forze” ci guardò lasciandosi cadere accanto alla fidanzata.
Poco dopo ci raggiunsero Brian, Johnny e la sua ragazza Lacey, Matt e la ‘storica’ fidanzata Val, e Jimmy con Leana. I componenti del gruppo ci salutarono e ci presentarono le ragazze.
Sembravano tutte simpatiche, e sapevano tenere testa a quei ragazzoni!
Tutti insieme ci avviamo verso il ristorante dove le altre tre ragazze, una delle quali con il fidanzato di nome Phil, ci aspettavano.


nota: scusate per lo schifo di capitolo, prometto che il prossimo sarà meglio c.c un bacio e grazie per le nuove recensioni!

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Capitolo 5
*** Ready to go. ***


Eravamo ancora tutti a tavola, poco dopo aver finito di pranzare. C’era una divisione abbastanza netta tra gli uomini e le donne della comitiva: Phil e tutti quelli della band erano seduti alla parte destra del tavolo, a conversare di ‘cose da uomini’ (o almeno così dicevano loro). Io, Allison, le ballerine e le fidanzate dei ragazzi eravamo sulla sinistra a chiacchierare come delle vecchiette pettegole.
Mike passava di braccia in braccia, e al momento era in braccio a Zacky. Avevano davvero legato, anche se si conoscevano da pochissimo, ed era strano perché mio figlio era sempre stato molto riservato con gli estranei.
Gena, Val, Lacey e Leana ci avevano raccontato come avevano conosciuto i ragazzi e poco prima del dolce ci aveva raggiunto Michelle, la sorella gemella di Valary.
“Scusate il ritardo, sapete, il lavoro!” aveva detto prima di crollare sulla sedia accanto a quella della sorella.
Poi si era presentata con un sorrisone identico a quello di Val e aveva salutato la band con la mano.
“Lei è l’ex di Brian” mi aveva sussurrato Allison, che ovviamente era ancor su di giri per tutta questa storia.
Io avevo annuito senza aggiungere nulla.
Era da quella mattina che non parlavo con Brian e avevo tentato di mantenere un po’ le distanze, imbarazzata com’ero per quello che era successo la sera prima.
Ogni tanto lo guardavo, era dalla parte opposta del tavolo rispetto a me, e un paio di volte distolsi lo sguardo appena in tempo per non farmi beccare.

Al momento del conto, partì una specie di rivolta: gli uomini volevano pagare il tutto, e sia noi ballerine che le fidanzate non volevamo permetterglielo.
Alla fine ci accordammo sulla divisione delle parti e uscimmo dal ristorante.
“Allora” annunciò Matt “Ora voi ragazze avete tre giorni liberi, ma mi raccomando, siate puntuali: partiamo lunedì mattina alle 8. Il bus ci aspetterà davanti alla sala prove, così nessuno si perderà. Spero” rise guardando i componenti della propria band.
Ridendo ci salutammo tutti e ognuno tornò alla propria abitazione.

Io e Al iniziammo subito a preparare i bagagli, dato che avremmo dovuto portare Michael dai miei. Avevo deciso di andarci in macchina e restare la un giorno, per poi tornare a casa in tempo per partire per il tour.
Ci sarebbero volute come minimo sei ore, ma ne sarebbe valsa la pena. Erano due anni che non vedevo i miei genitori, e mi mancavano molto.
Dopo aver preparato tutte le valige cenammo velocemente per andare a letto presto.
“Su, su, a nanna!” disse Allison a Mike “Domani ci svegliamo presto per andare dai nonni!” il piccolo corse nella sua cameretta e io crollai stravolta sul mio letto.
Il mattino dopo partimmo dopo una piccola colazione, ci alternammo alla guida io e Al così non arrivammo nemmeno troppo stanche.
“Juls, Allison!” ci accolse mia madre “Oh, finalmente vi vedo! E guarda quant’è diventato grande il mio nipotino!” mi guardò con aria di rimprovero stringendo a se Mike. In effetti l’aveva visto solo quando era nato, e poi in alcune foto che le avevo mandato. Non aveva neanche tutti i torti ad avercela con me.
“Entrate, su, ci pensiamo noi ai bagagli! Quanto restate?” senza dar retta a mia madre trascinai dentro le valige e diedi un’occhiata alla casa. Non era cambiato niente da quando me n’ero andata, e mi venne un po’ di nostalgia.
“Io e Al solo fino a dopo domani, poi dobbiamo partire. Il tuo nipotino invece rimarrà qui con voi!” mi avviai verso la mia vecchia camera da letto. I miei mi avevano fatto il gentile favore di tenerla esattamente come l’avevo lasciata, e sorrisi al ricordo di tutte le giornate passate lì dentro.
Allison mi raggiunse e posò il suo borsone vicino al secondo letto che c’era nella stanza: il SUO letto. Ci aveva dormito così tante volte prima che partissimo per Los Angeles che ormai c’era il suo nome stampato sulla testata di legno.
Anche io posai le valige di Mike vicino al letto, e la mia borsa sopra di esso. Poi uscimmo insieme dalla stanza e raggiungemmo i miei in salotto. Finalmente potei guardarli bene e abbracciarli.
“Ci sei mancata! Testolina disabitata che non sei altro!” mio padre, dolce come al solito, ci fece ridere tutti.
“Anche voi mi siete mancati, ma sai com’è, il lavoro!” provai a scusarmi.
“Sì, certo. Ti sei trovata qualcuno almeno?” la mamma è sempre la mamma, no? Sempre a cacciare il naso, insomma.
“Sì mamma, ho Allison” risi io stringendo la mia migliore amica.
“Aaaaah, parole sprecate con te! Dai, venite, stavo giusto preparando la cena!” mia madre si avviò verso la cucina, con tutti noi al seguito, Mike ancora in braccio a lei.
Aiutammo mia madre a preparare la cena, e per tutta la serata parlammo di quello che era successo durante il periodo in cui non ci eravamo visti: mio fratello, quel nerd, di tre anni più grande di me, aveva trovato finalmente lavoro in un negozio di videogiochi. Entrambi i miei genitori erano adesso in pensione e si dedicavano alle loro passioni.
Ovviamente mi chiesero per quale lavoro sarei dovuta partire stavolta, e prima di poter dire una sola parola Allison spiegò loro che andavamo in tour con gli Avenged Sevenfold.
Dopo cena eravamo così stanche che crollammo sui nostri letti e ci addormentammo subito.
Ero contenta di essere tornata a casa, anche se solo per un giorno.
Un giorno, che passammo a girovagare per la città con mia mamma che voleva farci andare a trovare tutto il vicinato, tanto per dire “La mia bambina è tornata a casa”.
Incontrammo le nostre vecchie compagne di scuola e passammo con loro il pomeriggio, tra i ricordi dei vecchi tempi e i racconti dei nuovi.
Purtroppo, il giorno della partenza, cioè domenica, arrivò troppo velocemente, e io e Allison fummo costrette a salutare i miei genitori, e soprattutto Michael.
“Mamma, qua dentro ci sono tutte le cose che gli servono. Ok?” mia madre annuì e io mi rivolsi al mio piccolo “Mamma torna presto, va bene? Fai il bravo con i nonni e non farli impazzire, fai quello che ti dicono, mh? Ti voglio tantissimo bene” lo abbracciai forte e poi lasciai che Al facesse lo stesso, mentre io stringevo i miei genitori.
“Grazie di tutto. Vi chiamo dopo il concerto, va bene?” sorrisi e li strinsi un’ultima volta, poi, dopo che Allison li ebbe salutati a sua volta, partimmo alla volta di Orange.
“Perché non gli hai detto di Brian?” mi chiese improvvisamente Al.
“Perché la conosci mia madre, è capace di parlare di matrimonio anche dopo un pomeriggio tra amici” sospirai mentre lei scoppiava a ridere.
“Sì, hai ragione. Però ti piace, no?” mi guardò incuriosita.
“Be, sì, ma non affrettiamo le cose, mh?” lei annuì e lasciò cadere il discorso, mettendo su un cd che aveva preso dalla propria borsa.
Arrivammo a casa verso sera e, visto che avevamo svuotato il frigo in previsione della partenza, decidemmo di andare a mangiare fuori. Come sempre finimmo alla pizzeria che c’era all’angolo della via, troppo pigre per cercare qualsiasi altro posto. Dopotutto, ci conoscevano bene, ci facevano gli sconti, e la pizza non era male.
Passammo una bella serata, come al solito, ma dovevamo andare a letto presto, come mi ricordò Allison.
“Dai, su, muoviti!”
“Ma mi fai finire di mangiare, almeno?” la guardai esasperata.
“Sì, scusa. Intanto pago” risi annuendo e le porsi i soldi, ma li ignorò tranquillamente, andando a pagare.
Tornammo a casa parlottando, era decisamente troppo agitata.
“Ma… Cioè ti rendi conto con chi stiamo per andare in tour?” sorrise saltellandomi di fianco.
“Sì, Al, ma se non ti calmi avrai un esaurimento nervoso” risi.
“Okay, okay, ma tu non sei emozionata?” mi guardò, i suoi occhi erano quasi a cuoricino, come nei cartoni animati.
“Molto” annuii aprendo la porta di casa “Ora vedi di dormire, che non voglio portarti in spalla domani!” risi e le diedi un bacio sulla fronte, poi entrambe ci ritirammo nelle nostre camere.

#Allison’s P.O.V.
Okay. Lunedì mattina. Alle otto spaccate eravamo davanti alla sala prove e stavamo caricando i bagagli sul tour bus.
Ero a dir poco esaltata. Sarei partita per un tour degli States con gli Avenged Sevenfold. Mentre aiutavo Juls a sistemare la sua roba nel bus mi guardavo intorno. C’era un piccolo cucinino con affianco un tavolo e dei divanetti. Entrando di più nel bus c’erano sei cuccette, tre per lato. E alla fine c’era una porta, presumo quella del bagno, e uno specchio.
Tornammo in strada dove ci aspettavano i ragazzi della band, che stavano salutando le fidanzate.
“Certo che ti chiamo, Val, per chi mi prendi?” Matt abbracciò la biondina.
Ehi, non stavo mica origliando, parlavano ad alta voce.
“Me lo prometti?” oddio, il diabete. Sentivo che dopo quel tour mi sarebbe servita una visita dal medico.
“Sì. Te lo prometto” eeeeeeeee bacio. Ovvio.
Distolsi lo sguardo, come fecero tutti quelli che erano abbastanza vicini da averli sotto il naso.
“Matt, okay dai, ma si sente il risucchio, che schifo!” Brian ti amo ufficialmente. I due si separarono ridendo.
“Va bene, ehm, possiamo andare. Il primo spettacolo è domani sera, quindi oggi solo viaggio! Ci vediamo alla prima pausa” il cantante sorrise –facendomi sciogliere, vabbè- e salutò tutti quelli che sarebbero rimasti ad Huntington per l’ultima volta. Poi salimmo sui rispettivi bus.
Io, Juls e le ballerine ci sedemmo sui divanetti mentre l’autista si presentava.
“Ciao ragazze, io sono Andy!” era una donnona dal viso simpatico.
“Ciao Andy!” la salutammo in coro. Dopo le presentazioni partimmo definitivamente.
Tirai fuori il quadernetto che mi ero portata dietro e scrissi in grande sulla prima pagina:
Tour. Primo giorno.


Nota: scusate il ritardo, spero che questo capitolo vi piaccia:3 un bacio e grazie per le recensioni, grazie a chi ha messo questa FF nelle preferite, nelle seguite o l'ha anche solo letta:3

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Capitolo 6
*** Such a quality smoke. ***


#Brian’s P.O.V.
Eravamo in viaggio da circa due ore e mi stavo annoiando da morire. Matt dormiva tranquillo con la testa appoggiata alle mie gambe e non me la sentivo di svegliarlo, quindi ero praticamente in stato comatoso sul divanetto, ad accarezzargli i capelli.
“Fate così tanto gay, voi due”
“Sta zitto, Christ” mugugnai chiudendo gli occhi. Che poi io e Shadows eravamo sempre stati così.. Da quando.. Da quando.. Non me lo ricordo nemmeno io da quando.
Evitando di fare gesti bruschi tirai a me il computer e lo accesi, tanto per fare qualcosa. Misi le cuffiette per non disturbare e mi sparai i Metallica, tenendo gli occhi chiusi.
Poco tempo prima avevamo suonato con loro ed era stato a dir poco pazzesco.
Per circa un’ora stetti lì a cazzeggiare con il computer, girovagando per vari siti, poi Zacky e Johnny si sistemarono di fronte a me sul divanetto.
“Sveglia il bell’addormentato, facciamo una pausa” sorrise Vee.
Prima che potessi spostarmi di un millimetro Jimmy irruppe dalle cuccette.
“PAUSA? ERA ORA! Dobbiamo avvertire le ragazze!” e aprì il finestrino, sporgendo fuori la testa verso il bus che era dietro al nostro. Subito, Johnny cercò di tirarlo dentro, ma data la loro differenza d’altezza lo teneva più o meno per le gambe.
“Jimbo, dai, le chiamiamo al cellulare, no?” disse il piccoletto per farlo ragionare.
“Oh… Giusto” Rev tornò dentro chiudendo il finestrino, mentre Matt si tirava su dalle mie gambe stropicciandosi gli occhi come un bimbo.
“Oh, ma ben svegliato” sorrisi guardandolo.
“Mhh” annuì lui, ancora rincoglionito, guardando confuso Jimmy e Johnny che armeggiavano con un telefonino.
“Che mi sono perso?” si voltò verso di me, e io sollevai le spalle.
“Facciamo una pausa, Jim voleva avvertire le ragazze”
“Ah, e allora?” Shadows mi guardò ancora più confuso.
“Le voleva avvertire dal finestrino” concluse Zacky, ridendo.
Quando finalmente riuscimmo ad avvertire le ballerine, ci fermammo nella prima area di sosta disponibile.
Scendemmo tutti il più velocemente possibile, in modo da poterci sgranchire le gambe.
Zacky si fiondò verso i distributori, come al solito.
“Guarda che ingrassi, Vengeance!” gli urlai ridendo.
“Coglione, prendo le sigarette!” mi urlò di rimando.
“Sigarette? ARRIVO, AMORI MIEI” corsi dietro di lui saltandogli sulle spalle.
“Oh ma che cazzo, Gates, pesi!” borbottò Zack, scrollandomi di dosso.
“Ci sono le Marlboro? Ci sono? Ci sono?” guardai ansioso il distributore, come se ne andasse della mia vita.
“OVVIO che ci sono, idiota” Zacky mi spinse e armeggiò con la macchinetta, riuscendo a prendere tre pacchetti.
“Perché tre?” lo guardai stupito.
“Io, te e Christ” mi diede il mio pacchetto come se fosse una cosa tremendamente ovvia.
“Ooooh il nano, giusto” annuii tornando con lui dagli altri.
Intanto erano scese anche le ragazze dal loro bus, alcune erano andate a fare rifornimenti di roba da bere, altre stavano chiacchierando con Matt e Jimmy. O meglio, le ‘altre’ erano Allison e Juls. Era un dalla mattina dopo l’appuntamento che non parlavamo…
“Hey, ragazze, come va?” Zacky sorrise radioso alle due.
“Tutto bene, a parte il culo quadro!” risposero ridendo.
Dio mio, se erano belle entrambe.
Scossi la testa cercando di non pensarci.
“Syn, amico, a che pensi?” Matt mi circondò le spalle con un braccio enorme e mi tirò in mezzo al gruppo.
“Oh, niente, la solita, ehm, ansia da inizio tour” mi grattai la nuca tentando un sorriso, e Jimmy mi affiancò subito.
“Vieni con me, Brian?”
“Dove, Jimbo?” lo guardai tentando di capire.
“A.. Uhm, prendere una bottiglia d’acqua” lo seguii al distributore senza dire niente, ma appena fummo lì Jim si voltò a guardarmi.
“Uhhh io lo so cos’hai!” oddio, vi prego, no.
“Jim, di che parli?” tentai di sviare il discorso, fissando con finto interesse le bibite disponibili.
“Juls. Ti piace. Ammettilo!” mi puntò un dito contro, un sorriso stampato in faccia.
“Ma… Sì” mi arresi. Con lui non potevo mentire, mi conosceva meglio di qualsiasi altra persona. Meglio di quanto io conoscessi me stesso, probabilmente.
“Ah-ah!” esclamò soddisfatto, prendendosi la sua bottiglia d’acqua.
“Be, e allora?” feci io, quasi offeso.
“E allora, perché non ci parli?” mi guardò lui.
“Perché… Be perché no” sospirai, prendendo una sigaretta dal nuovo pacchetto e accendendola.
“Perché sei un idiota, ecco perché!” mi tirò un pugno amichevole sulla spalla mentre tornavamo verso il bus, io che mi fumavo tranquillamente la mia Marlboro.
“Voglio andarci piano, tutto qui” lo guardai concludendo il discorso. Lui cercò di aprire la bocca, ma non avendo nient’altro da dire la richiuse con una scrollata di spalle.
“Siamo pronti ad andare?” Matt doveva sempre arrivare quando io cominciavo a fumare, e che palle.
“Dammi due minuti” gli dissi, buttandogli poi il fumo in faccia, sapendo che l’odiava. Infatti mi guardò male, ma si limitò a spostarsi annuendo.
A quel punto, visto che nessuno mi cagava più, spostai lo sguardo su Juls, osservandola. Era vestita molto semplicemente, una canotta azzurra e degli shorts di jeans, e poi delle converse nere.
I capelli erano raccolti in una treccia, posata sulla spalla destra, mentre un ciuffo le copriva parzialmente un occhio.
Era stupenda, in sintesi.
“Be, Brian la finisci quella sigaretta?” Matt mi spinse, con la sua delicatezza da bisonte, facendomi cadere il mozzicone.
“Ora è finita, contento?” sbuffai, tornando dentro al bus in tutta fretta. Gli altri mi seguirono senza dire nulla, mentre io mi avviavo verso il fondo del veicolo, alle cuccette.
“Ma si può sapere che ho fatto?” Matt m’aveva seguito, certo.
“Niente, Sanders, non hai fatto niente, come al solito” sbuffai sdraiandomi nella mia cuccetta, la seconda a destra.
“Brian…” sospirò lui, sedendosi di fianco a me.
“Ma che vuoi, oh?” lo guardai spazientito.
“Ma che palle, ma manco avessi il ciclo, che cazzo ho detto!” si alzò e tornò al divanetto, sedendosi e non scollandosi più da lì.
Okay, ero stato un tantino stronzo, e non sapevo cosa m’avesse preso, ma Shadows aveva la qualità innata di farmi girare i coglioni semplicemente dicendo ciao, oppure di farmi sciogliere con una parola soltanto. Ma che cazzo sto dicendo?
Chiusi gli occhi rimuginando su queste cose e mi addormentai.


nota: scusate, lo so che fa schifo *si ripara dai pomodori* il prossimo avrà il live e ci saranno novità, lo prometto ç.ç

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Capitolo 7
*** It's time to play. ***


#Juls’ P.O.V.

Ce l’avevamo fatta, eravamo in hotel finalmente.
Quella sera ci sarebbe stato il concerto, e c’eravamo tutti riposati a dovere.
Ora eravamo al tavolo della colazione: la band parlava degli orari in cui fare il sound-check e altre cose riguardanti il concerto, mentre tutte noi eravamo emozionatissime; nessuna di noi aveva mai fatto un’esibizione davanti a tanta gente.
Improvvisamente Brian saltò su quasi gridando “Io vado in piscina!” e nello stesso istante Matt si spiaccicò una mano in faccia.
“Okay, però ricordati….” cominciò Zacky.
“Sì, alle quattro per il sound-check!” lo interruppe Gates, saltellando via contento.
“Che droga gli avete dato?” chiese Allison ridendo.
Matt si grattò la nuca ridacchiando e poi si alzò borbottando qualcosa come “Lo raggiungo prima che si affoghi” e sparì dietro alla porta dalla quale era appena uscito il chitarrista.
Strano, la sera prima sembrava che quei due avessero litigato, e si guardavano in cagnesco… Mha, uomini.
Zacky e Johnny si guardarono ridendo, mentre Jimmy si rivolse a noi.
“Voi che volete fare?”
“Io pensavo di fare un giro” disse una delle ballerine, subito accompagnata dai cenni di assenso delle altre due. Il batterista annuì pensieroso, poi Zacky interruppe i suoi pensieri.
“Vi accompagniamo, Las Vegas non è una città raccomandabile per delle signorine” sorrise appoggiato dagli altri due.
“Io penso che andrò in piscina” Al si alzò con un sorriso da orecchio a orecchio, e io mi affrettai a seguirla.

“Che intendi fare?” le chiesi appena fummo nella nostra camera per cambiarci.
“Juls, non me li perdo Gates e Shadows in costume” sorrise infilandosi il bikini nero, identico al mio. Indossammo sopra dei vestitini leggeri, il mio blu e il suo rosso, poi uscimmo dirette a una delle tre enormi piscine dell’Hard Rock Hotel.
Arrivate lì ci guardammo intorno e lei si avvicinò a passo svelto ai due ragazzoni tatuati.
“Al, non so se è una buona idea…” sussurrai tirandola per un braccio.
“Oh, avanti, sei bellissima, ti sbaverà dietro” bisbigliò lei ridendo.
“Stronza” riuscii a sillabare prima di stamparmi un sorriso in faccia e salutare i ragazzi.
“Ragazze, ciao!” Matt si voltò sorridendo, facendo arrossire vistosamente Allison, mentre Brian ci fece un cenno con la mano, sdraiato con il cappello calato sul viso.
Ci sistemammo nelle sdraio accanto alle loro e iniziammo a parlare, o meglio Allison e Matt parlavano e io guardavo Brian.
Era davvero bello, con il costume a bermuda nero e bianco che gli stava largo sulle gambe magre, aveva un braccio dietro la testa e mi fermai a osservare i suoi tatuaggi.
Mi resi conto che qualcuno ci stava parlando solo perché lui si tolse il cappello dal viso e si sedette. Mi affrettai a distogliere lo sguardo, rivolgendolo a Allison, che mi fissava divertita.
“Vieni in acqua?” notai che si era tolta il vestito e aveva legato i capelli. Annuii eseguendo le stesse azioni e la seguii verso l’acqua.
Matt e Brian erano dietro di noi a bisbigliare e io mi sedetti sul bordo della vasca, mentre Al si tuffò, schizzando acqua ovunque.
Mi alzai come se bastasse per ripararmi dagli spruzzi, ma sentii due braccia avvolgermi i fianchi, e subito dopo mi ritrovai dentro la piscina.
Mi dimenai per tornare in superficie, sputacchiando come un’ossessa mentre cercavo di capire chi sarebbe stata la vittima della mia vendetta. Non che avessi molte scelte e infatti…
“Gates!” gli tirai un pugno sul petto, arrampicandomi subito dopo sulle sue spalle per cercare di spingerlo sott’acqua, ma non lo mossi di un millimetro.
“Oh, una scimmietta” rise lui, muovendosi poi velocemente e facendomi finire di nuovo sott’acqua.
Sorpresa dal gesto inaspettato mi aggrappai all’unica cosa che avevo intorno: le sue gambe, trascinandolo sotto con me. Tornammo in superficie ridendo come bambini, poi ci scambiammo un’occhiata complice e iniziammo ad avvicinarci furtivamente a Matt e Allison, che nuotavano tranquillamente.
Arrivammo alle loro spalle nel silenzio più assoluto e poi iniziò la guerra di spruzzi.
Non facemmo in tempo a decretare il vincitore perché un tizio della security ci invitò (molto gentilmente, eh) ad uscire, per disturbo della quiete.
Trascorremmo un altro paio d’ore tra bagni “in incognito” e rotolate nella sabbia (sì, all’Hard Rock c’era pure la sabbia).
“Mh, è mezzogiorno, che ne dite di mangiare?” sorrise Matt passandosi una mano sullo stomaco, per rendere l’idea.
Concordammo tutti, Allison un po’ sbavante, e andammo a pranzare. Ci mettemmo un’infinità di tempo, tanto che quando tornammo in camera facemmo appena in tempo a farci una doccia e prendere le nostre cose.
Certo, noi ballerine non avevamo nessun sound-check, ma tra prove, vestiti, trucco, fa questo, vai in bagno, fai quello… Era meglio essere in anticipo.
Appena arrivate allo stadio* ci diedero le posizioni per l’esibizione, provammo i passi, e luci e tutto il resto e poi ci lasciarono girovagare nel backstage.
Il concerto sarebbe iniziato alle nove, ed erano a malapena le sei, in più la canzone su cui avremmo dovuto ballare era la quinta nella scaletta.
Decisi di prendermi un caffè e andare a cercare Allison, che si era dileguata tempo prima.


#Matt’s P.O.V.
-Ore 9: inizio concerto-
Pochi secondi ancora e saremmo saliti sul palco, mi voltai per augurare a tutti un buon spettacolo e incrociai lo sguardo di Allison. Sorrisi, mi veniva naturale, anche troppo.
‘Matt, devi cantare, concentrati’ pensai, per poi fare la mia entrata sul palco, posizionandomi all’organo.
Prima canzone: Critical Acclaim.
C’eravamo.
I fan urlavano.
Prima nota.
Staccai i pensieri.
 
#Brian’s P.O.V.
Eravamo stati a dir poco magnifici, i fan ci adoravano e Matt non la finiva più di dire grazie.
Lanciai gli ultimi plettri alle prime file e tornai nel backstage.
Ci abbracciammo tutti, come facevamo sempre alla fine di ogni concerto, ancora tutti euforici e con l’adrenalina a mille.
“Ragazzi, sento che questo tour spaccherà il mondo!” urlò Jimmy tutto contento.
“Per ora solo l’America, Jimbo”
“Oh, Zack, devi sempre rovinare tutto” risi insieme agli altri per poi notare una ragazza che, di spalle, stava parlando con Matt.
Ma era..? No, dai, non poteva essere…
“Juls!” esclamai avvicinandomi ai due. Shadows mi sorrise e si allontanò con un occhiolino. Sempre a fare occhiolini e sorridere, quello. Mai una volta che si facesse i cazzi suoi. Comunque.
“Brian! Siete stati… Stupendi!” mi sorrise la ragazza.
“Io.. ehm, grazie, ti sei divertita?” ma che domanda cogliona.
“Moltissimo!” annuì vigorosamente, poi mi chiese scusa e partì a cercare Allison.
“Ti piaaaaace!” sussultai.
“Jimbo! Piantala di arrivarmi alle spalle!” lui si appoggiò con un braccio alla mia spalla, sorseggiando birra da un bicchiere di carta rosso, che gli fregai allungando la mano.
“Ti piace” ripetè sorridendo.
“Sì, te l’ho già detto” lo guardai con un sopracciglio alzato, ma lui si limito a sorridere allontanandosi per cercare il nano.
Quasi mi spaventava a volte, lo conoscevo così bene da non poter far altro che pensare al peggio quando faceva così. Ma dopotutto era il mio migliore amico, e mi fidavo ciecamente di lui.


*non sono sicura che a Las Vegas ci sia uno stadio, ma dovevo metterli a suonare da qualche parte, no?
Nota: scusate, imploro perdono, so che sono in ritardissimo, ma con il concerto del due settembre saltato e varie gare non sono riuscita a scrivere c.c spero vi piaccia, e niente, recensite! Un bacio!

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Capitolo 8
*** Rage and love, story of my life. ***


#Jimmy’s P.O.V.
“No, no, no e poi no! Io non lo faccio!”
“Matt, sei l’unico che può aiutarci!” lo guardai con gli occhi da cucciolo bastonato, la mia specialità.
“Ma perché non potete farlo fare a Christ?” tutti lo guardarono tipo are you fucking kidding me?
“Ma l’hai vista? Ti sbava dietro! Avanti, non devi fare niente, solo aiutare Brian”
Silenzio.
“Mh… E va bene!” ci fu un coro di SI! sollevato da me, Christ e Baker.
“Grazie, grazie, grazie!” saltai al collo di Matt iniziando a baciargli le guance, o qualsiasi cosa potessi raggiungere.
“Okay Jimbo, ora basta però” rise lui.

Il mio piano consisteva praticamente nel lasciare Brian in camera con Juls, in modo da farli parlare. Per questo mi serviva che Allison andasse in camera con Matt, senza dire nulla all’amica.
Mi avvicinai di soppiatto a Allison e le picchiettai un dito sulla spalla.
“Oh, Jimmy, ciao!” sorrise voltandosi “Posso aiutarti?”
“In effetti sì. Senti, ho notato una qualche, come dire, alchimia tra Syn e Juls, e vorrei che riuscissero a parlarsi, quindi… Ti dispiacerebbe stare un po’ nella camera di Matt?” la vidi arrossire e annuire lentamente. Bingo.
“Perfetto, grazie mille! Appena torniamo segui pure Matt” sorrisi e me ne tornai alla mia birra. Ero. Un. Fottuto. Genio.
 
#Brian’s P.O.V.
“Matt ma potevi aspet… Oh, scusate” mi bloccai sulla porta vedendo Matt e Allison seduti sul letto.
“Brian, mh, ci lasceresti soli per un po’?” il mio cantante mi guardò con quello sguardo, non so se ci siamo capiti.
“Oh, ehm, certo, ma…” balbettai preso in contropiede.
“Camera mia è libera” mi sorrise Allison porgendomi la chiave. Merda.
“Okay, grazie, ehm divertitevi. Ciao” e corsi fuori.

Va bene, allora. Esaminai le opzioni che mi trovavo di fronte:
·        Dormire nella hall da solo.
·        Andare nella camera di Juls e sperare di non combinare casini.
Decisi per la seconda e mi avvicinai titubante alla stanza. Per sicurezza misi via la chiave e bussai un paio di volte, aspettando poi una risposta.
“Oh. Brian. Che ci fai qui?” mi aprì con un sorriso sorpreso.
“Be’, camera mia è occupata da Allison e Matt, perciò mi hanno spedito qui” strabuzzò gli occhi e mi fece entrare in silenzio.
Mi indicò il letto e mi sedetti titubante, guardandola.
Aveva dei pantaloncini corti e una canottiera, i capelli raccolti in una coda di cavallo.
“Che stanno facendo?” mormorò dopo qualche minuto, sedendosi sull’altro letto.
“Quando sono arrivato parlavano e basta, ma mi hanno cacciato, quindi..” sospirai e lei annuì preoccupata. Si spostò di fianco a me e posò la mano sul mio ginocchio, facendomi sussultare impercettibilmente.
Mi sorrise e io ricambiai, guardando la sua mano. Notai dei segni sulle sue braccia. Erano come delle piccole macchioline, di un colore leggermente più scuro della sua pelle, e le sfiorai con la punta delle dita, timidamente.
Fu il suo turno di sussultare, e mi guardò come se m’implorasse di non fare domande.
Dopo pochi secondi, con il mio sguardo puntato addosso, annuì e prese a parlare lentamente, soppesando le parole.
Io e Dave ci siamo conosciuti a Los Angeles, quando mi sono trasferita là per frequentare la scuola di ballo. Avevo diciassette anni, ero giovane e spensierata, e lui era il classico ‘bello e impossibile’. Era più grande, era ricco, era bello e aveva talento. Agli occhi dell’ultima arrivata era il ragazzo perfetto” s’interruppe un attimo e poi continuò, sempre con la stessa lentezza.
Quando mi chiese di uscire accettai all’istante, convinta di essere la più fortunata della scuola. Insomma, l’anno mi stava andando bene, avevo fatto amicizia e uscivo con il ragazzo dei miei sogni. Che altro potevo chiedere?” sospirò leggermente e accennò un sorriso sarcastico nella mia direzione.
Ci mettemmo insieme quasi subito, e per i primi due mesi filò tutto liscio. Eravamo la classica coppia che tutti nella scuola invidiavano. I problemi arrivarono quando giunse il momento nella nostra relazione di passare alle cose… pratiche. La prima volta fu tutto rose e fiori, non l’avevo mai fatto e lui fu dolce e delicato, e anche molto paziente. Tuttavia, dopo quella volta, tutto nel nostro rapporto cambiò. La voce che ‘gliel’avevo data’ si sparse a scuola, e iniziarono le critiche. Da quel giorno Dave fu più duro con me, quasi mi ignorava, e iniziò a picchiarmi” mi guardò, interrompendo il discorso per qualche secondo. Mi strinse appena la mano e riprese a parlare.
Non gli importava più di ciò che provavo, non gli importava di ciò che mi aveva detto, o promesso. Per lui ero solamente un giocattolo sessuale, a quel punto. A volte si rendeva improvvisamente conto di ciò che faceva, e allora mi chiedeva scusa, ma il giorno dopo tornava tutto come prima. Finché non rimasi incinta. Glielo dissi subito, sperando in qualche piccolo recesso del mio cervello che gli sarebbe importato. Non era così. A Dave non importava, non gl’importava di nulla. Mi lasciò il giorno stesso, e io mi trasferii a Orange dalla mia migliore amica, Allison, senza finire gli studi. Provai a rifarmi una vita, e nel momento in cui pensavo di esserci riuscita, Dave ricompariva con la scusa di vedere suo figlio, solitamente chiedendomi dei soldi. Per il bene di Micheal, l’ho tenuto il più possibile lontano da lui. Non sa come si chiama, né quando è nato. Non vedo più Dave da sei mesi, ormai” concluse incrociando le braccia sul petto, quasi dovesse proteggersi. Notai solo allora che aveva gli occhi lucidi, e tremava.
Ero sconvolto. Mai avrei pensato che ad una ragazza così giovane si potesse fare così tanto del male.
Senza parlare o chiederle altro, la strinsi a me. Non sapevo cosa avrei potuto dirle, così stetti in silenzio, mentre lei si rifugiava tra le mie braccia.
Non so dire per quanto tempo rimanemmo immobili in quella posizione. So solo che dopo svariati minuti, o forse ore, sollevò la testa e mi sorrise, asciugandosi gli occhi.
Mi accarezzò il viso e io chiusi gli occhi, lasciando che le sensazioni prendessero il sopravvento.
Pochi istanti dopo, ci ritrovammo di nuovo stretti l’uno all’altra, questa volta stesi sotto le coperte, ancora completamente in silenzio.
E sempre in quel silenzio, che non era per niente pesante o imbarazzante, entrambi scivolammo nel sonno.
 
Ci svegliammo alle nove, per dei colpi alla porta e delle voci in corridoio. Per la precisione due voci, una femminile e l’altra maschile.
Mi alzai dal letto mentre Juls si stropicciava gli occhi, e aprii la porta, trovandomi di fronte Matt e Allison. Quest’ultima irruppe nella camera urlando cose non meglio definite.
Sorrisi a Matt e lo spinsi indietro, uscendo dalla stanza e richiudendomi la porta alle spalle.
“Allora?” esordì lui con un sorriso.
“Allora cosa? Allora tu, piuttosto!” ricambiai il sorriso, ma lui scosse la testa.
“No, no, no. Tocca prima a te” disse mentre rientravamo nella nostra camera.
“Abbiamo solo parlato. E dormito abbracciati” ammisi entrando nel bagno e iniziando a spogliarmi per entrare nella doccia.
“Solo parlato? Sicuro sicuro? Al 100%?” Matt mi fissò, appoggiato allo stipite della porta. Faceva leggermente impressione, ma ero abituato al suo modo di fare.
“Sì, Shadows, solo parlato. Voi?” entrai nel box e lasciai che l’acqua calda mi risvegliasse, incurante del fatto che Matt era lì a guardarmi. Eravamo stati nella stessa camera così tante volte, ormai, che non mi vergognavo di nulla.
“Solo parlato” statuì appoggiandosi al lavandino.
“Sicuro al 100%?” lo rimbeccai ridendo.
“Al 100 per mille. Sicurissimo” annuì, sorridente, per poi continuare “Ripartiamo tra un’ora, ce la fai a essere pronto?” aspettò una risposta sulla porta del bagno, una mano posata alla maniglia.
“Affermativo, capo” ridacchiò scuotendo la testa per poi uscire chiudendo la porta, lasciandomi così alla mia doccia rilassante.
 
Nota dell’autrice: lo so, lo so, faccio schifo ç.ç non ho scuse, a parte la scuola etc etc. Mi è costato molto scrivere questo capitolo, e so che probabilmente fa schifo e abbandonerete tutti la FF, se non l’avete già fatto. UNA RECENSIONE? PICCOLA? PLEASE? Okay, scusate c.c
IMPORTANTE: la violenza sulle donne non è uno scherzo. Se siete vittime, o conoscete persone che lo sono, per favore non tenetelo per voi.
Ci tengo a dirlo. Non siete sole, e chi commette questi atti non deve nemmeno ritenersi un uomo.

Peace&Love, Mich.

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Capitolo 9
*** This is WAR. ***


#Juls’ P.O.V.
Eravamo di nuovo sul tour bus, diretti a Phoneix. Matt mi aveva avvertito poco prima, dandomi tre biglietti attaccati ad altrettanti pass per il backstage, spiegandomi che avrei potuto invitare i miei genitori al concerto.
In quel momento stavo appunto parlando con mia madre per cercare di convincerla.
“Che genere hai detto che fanno?” mi chiese, forse per la centocinquantacinquesima volta.
“Metal leggero, mà, te l’ho detto” risposi pazientemente “Dai, venite. Ti porti i tappi per le orecchie” proposi, sapendo che non le piaceva il genere. A mio padre semplicemente non importava.
“Uhm, va bene. Ti passo il piccolo, vuole parlarti” detto questo sentii una risatina e qualche rumore, prima che la voce squillante di mio figlio raggiungesse il mio orecchio.
“Tao mamma!” risi sedendomi a gambe incrociate su uno dei divanetti.
“Ciao amore mio! Come stai? Ti piace stare dai nonni?” domandai prendendo una delle riviste impilate sul tavolino.
“Bene, mami. Nonno dice ciao!” risi, sfogliando flebilmente il giornale. Doveva essere di una delle altra ballerine, dato che era uno di quei giornali di gossip.
Salutalo amore. Mi manchi tanto. Ora mamma deve andare, ma ci vediamo domani sera”
“Shi mami. Ti vojo bene!” sorrisi biascicando un ‘anche io’ prima di chiudere la chiamata.
“Come sta Mickey?” sussultai, non avendo sentito arrivare Allison. Le sorrisi ricambiando il bacio che mi aveva posato sulla guancia.
“Sta bene. Non vedo l’ora di domani” le porsi una tazza che avevo riempito di caffè e la osservai meglio.
Da un paio di giorni era più solare, più attiva del solito. Al contrario della maggior parte di noi, non aveva le classiche borse sotto gli occhi provocate dalle poche ore di sonno. Anzi, sembrava rilassata e riposata. Non potei fare a meno di notare, nella mia testa, che erano passati per l’appunto due giorni da quando aveva dormito nella camera di Matt. Chissà cosa si erano detti, quei due.
“Manca pure a me, quel diavoletto” disse riconquistandosi la mia attenzione. Ridemmo insieme, perdendoci nel ricordare i vari guai combinati da Mickey.
“E ti ricordi quella volta che la maestra dell’asilo ti a chiamata per andarlo a prendere?” mi guardò tenendosi la mano sulla pancia.
“Sì! Oddio, le aveva rovesciato addosso tutti gli acrilici. Mi ricordo che ha dovuto buttare via tutti i vestiti e farsi la tinta” risi ancora asciugandomi gli occhi.
Proprio in quel momento avvertimmo il bus fare una curva abbastanza brusca, tanto che dovemmo tenerci al tavolino per non cadere.
“Scusate, ragazze” borbottò Andy, la nostra autista “Si sono dimenticati di nuovo di avvertire”
Entrambe guardammo fuori dal finestrino, notando che eravamo in un parcheggio.
Era completamente deserto, se non per i nostri due bus. Sotto qualche albero c’erano delle panchine e dei tavoli da picnic. Una serie di casette piuttosto squallide portava dei cartelli segnalanti le toilette, e poco lontano da queste c’erano varie macchinette di bibite, merendine e una di sigarette.
La porta del nostro mezzo si spalancò, rivelando il viso sorridente di Sullivan.
“Buongiorno, belle signore! Forza, forza, scendete a muovere i vostri bei culetti!” delicato, come sempre.
Dietro di lui, gli altri quattro ridevano come bambini. Stranamente erano tutti senza maglia, come mi fece notare Allison con dei potenti schiaffi sul braccio.
“Al, basta, ho capito” sibilai, riducendo gli occhi a due fessure, insospettita dal loro comportamento.
“Come mai tutta questa gioia, Jimmy?” chiesi al batterista, che teneva le mani dietro la schiena, come tutti gli altri.
“Odio stare fermo, il bus è una tortura” sorrise restando vago, per poi indietreggiare vicino agli amici, che si spostarono un po’ all’indietro per farci scendere.
Spinsi in avanti Allison, restando dietro di lei mentre scendevamo dal bus, ancora sospettose.
E facevamo bene a esserlo, visto che appena mettemmo piede fuori dal bus ci ritrovammo al centro di una guerra di gavettoni.
“Stronzi!” corremmo a ripararci dietro le casette-bagni, ridendo come delle matte anche se eravamo bagnate dalla testa ai piedi. Allison mi puntò con un dito e scoppiò nuovamente a ridere.
“Che c’è?” sbuffai, anche se divertita e contagiata dalla sua risata.
“Sembri… uno zombie!” disse fra le lacrime.
“Tu non sei meglio!” la spinsi, fingendomi offesa. Lei perse l’equilibrio e cadde, con le gambe all’aria, rimanendo lì a ridere senza forze per alzarsi.
Mi lasciai cadere vicino a lei in preda a un attacco di risatine convulse, sparando frasi senza senso. Sembravamo davvero degli zombie: il trucco sbavato e colante dagli occhi, i capelli spettinati, sparsi e incollati al viso, le infradito sporche di terra e i vestiti attaccati al corpo.
Riuscimmo a smettere di ridere solo quando i ragazzi ci trovarono, e dovemmo ricominciare a correre, inseguite da Matt e Brian con dei secchi pieni d’acqua in mano.
“No! No, dai, ragazzi, no!” cominciammo a gridare quando ci presero con le spalle bloccate contro il tour bus. Loro s’avvicinavano ridendo, e ci rovesciarono i secchi addosso senza pietà.
Appena videro le nostre facce, però, si scambiarono uno sguardo a dir poco terrorizzato, dandosela a gambe con noi al seguito che urlavamo come delle pazze, manco fossimo delle serial killer.
“AAAAH! SEI FREDDA, NO, NO!” l’urlo di Brian fece scoppiare a ridere tutti. L’avevo raggiunto e stretto da dietro, bagnandogli completamente la schiena, e lui aveva tirato uno strillo da checca isterica per il quale avrebbe anche potuto meritare un Oscar.
Solo allora notai che anche le altre ragazze erano finite nella battaglia, e adesso stavano inseguendo Jimmy, Johnny e Zacky per vendicarsi.
Mi scostai lentamente da Brian e aggirai il suo corpo, piantandomi davanti a lui per vedere la sua espressione. Era immobile, o meglio lo sarebbe stato se non fosse che stava tremando come un cucciolo,un ciuffo di capelli gli copriva gli occhi, dal quale colava la matita nera. Stringeva ancora tra le mani il secchio che mi aveva rovesciato addosso. Sorrisi soddisfatta e solo allora sembrò riscuotersi, mollando a terra il secchio che fece un tonfo sordo, e avvicinandosi rapidamente.
Mi ritrovai tra le sue braccia mentre entrambi ridevamo, guardandoci come dei bambini.
Il mio sguardo correva veloce dai suoi occhi alle sue labbra, a poco distanza dalle mie, e il mio respiro era accelerato. Il cuore mi batteva così forte che avrebbe potuto uscirmi dal petto e fare la conga per il parcheggio.
Lentamente, Brian avvicinò il viso al mio, fino ad essere a pochi millimetri dalle mie labbra. Chiusi gli occhi, stringendogli le braccia attorno al collo, in attesa.

 
Nota: DAWWWW. Ok, scusate, fa schifo, però mi sono divertita a scriverlo. Ho provato, dico PROVATO, a scrivere meglio le scene descrittive, spero di esserci riuscita ç.ç
I genitori non sono così a caso, ma sono molto ispirati ai miei (SI, MIA MADRE SI E’ PORTATA I TAPPI PER LE ORECCHIE A UN CONCERTO, E MIO PADRE HA DORMITO TUTTO IL TEMPO). Valli a capire sti vecchi u.ù
Ringrazio LA dreamer e _MD per aver recensito il capitolo precedente. MUCH LOVE per voi belle ragazze.
Spero vi sia piaciuto anche questo, il prossimo sarà moooolto movimentato eheheh.
Besos c:

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Capitolo 10
*** Ghosts from the past. ***


#Brian’s P.O.V.
“Bri-beaaaaaaaaaaar!” sussultai scostandomi da Juls, appena in tempo per vedere arrivare Jimmy.
“Oh, ecco dov’eravate” sorrise innocentemente, un paio di asciugamani gli pendevano dal braccio, mentre uno gli circondava le spalle.
“Ripartiamo tra quindici minuti, hop hop!” ci lanciò gli asciugamani e se ne tornò saltellando al bus.
Mi schiarii la voce imbarazzato, mentre Juls si avvolgeva nell’asciugamano.
“Ehm, allora.. Ci vediamo dopo, eh!” la vidi annuire e corsi dietro a Jimmy, infilandomi nel bus e sbattendomi la porta alle spalle.
“Gates, fanculo!” sentii un urlo e riaprii inorridito la porta, rivelando Matt che si massaggiava il naso con un’espressione di dolore misto a rabbia.
“Ommerda, scusa!” borbottai, prendendolo poi per un braccio e facendolo entrare. Lo feci sistemare sul divano e presi del ghiaccio. Dovetti pregarlo per un po’ di togliersi le mani dal naso, già gonfio, per poterci mettere sopra la pezza con i cubetti all’interno.
“Come mai tutta quella fretta?” mi guardò, ora più curioso che altro, mentre gli tamponavo il naso.
Alzai le spalle lasciando a lui la pezza, indifferente, e mi alzai intenzionato ad andare in bagno, solo per essere riportato vicino a lui da una delle sue manone.
“Bri” lo sentii mormorare vicino al mio orecchio, provocandomi dei brividi giù per la schiena.
“M-mh?” mi voltai a fronteggiare i suoi occhi, che scorsero velocemente il mio viso, fissandosi sulle labbra per poi spostarsi sul mio sguardo. La sua mano scivolò dal mio braccio alla mia gamba e il suo corpo fu sul mio in un secondo.
Voltai la testa di lato per evitare le sue labbra e riuscii a sgusciare dalla sua presa, imprecando a voce alta.
“Perché ora? Cos’hai, sei geloso?” lo guardai esasperato, mentre sollevava le spalle.
“Mi manchi, Brian, mi manca quello che eravamo” sospirò e io risi.
Una risata amara che gli fece abbassare lo sguardo.
“Hai detto bene, Matt. Eravamo. Hai Val, lo sai perfettamente che non sono la seconda scelta di nessuno” e detto questo lo lasciai lì a pensare, allontanandomi verso il retro del bus.
#Juls’ P.O.V.
Eravamo a Phoneix, tra pochi minuti avremmo raggiunto l’hotel.
Guardavo le case scorrere dal finestrino, un sorriso raggiante sulle labbra: ero contenta che gli Avenged Sevenfold avessero incluso la mia città natale nel loro tour.
Allison, vicino a me, indicava ogni tanto i luoghi della nostra infanzia, lasciando che i ricordi aleggiassero nell’aria.
Scese dal bus, entrambe ci guardammo intorno come per orientarci.
“Okay, Al vieni con me?” la vidi annuire e mi rivolsi alla band.
“Noi pensavamo di andare a cena dai miei, volete venire?” si scambiarono un paio di sguardi tesi, poi Zacky e Johnny scossero la testa con un sorriso.
“Resto anche io” affermò Jimmy sbadigliando, poi entrarono con le ballerine in hotel.
“Restiamo noi quattro” Al indicò Matt e Brian, e io sorrisi.
“Non vorremmo disturbare” dissero subito entrambi, in coro.
“Figuratevi, è un piacere. Andiamo?”
Ci incamminammo lentamente, mostrando di tanto in tanto ai due dei luoghi importanti della città, o semplicemente i posti che conoscevamo meglio.
Non ci mettemmo molto, l’hotel era a circa cinque isolati dalla casa dei miei genitori.
Ero felice di tornarci così presto, dopotutto per due anni non li avevo visti, e poi mio figlio mi mancava tremendamente.
Appena ci avvicinammo alla villetta, dopo circa venti minuti di camminata, mia madre uscì con Mikey in braccio e ci raggiunse di corsa, quasi come se ci avesse aspettato guardando dalla finestra.
Il sorriso sulle sue labbra era tirato, sembrava che fosse stata obbligata a mettercelo.
“Ciao mamma!” sorrisi e presi mio figlio tra le braccia, stringendolo delicatamente, ma più che potevo.
“Questi sono Matt e Brian, fanno parte della band” si stinsero la mano mormorando un ‘piacere’. I due ragazzi s’erano infilati delle felpe per coprire i tatuaggi, e sorrisi al pensiero.
Mikey li guardò da sopra la mia spalla e accennò un movimento della mano, facendoli sorridere.
Allison abbracciò mia madre, e poi lasciò che lo facessi io mentre lei salutava il piccolo.
Sentii mia madre tesa, nervosa, e la guardai negli occhi chiedendole silenziosamente cosa fosse successo.
Lei sospirò e scosse la testa, facendoci cenno di seguirla in casa. Quando fummo tutti all’interno chiuse la porta e indicò il salotto con un movimento vago della mano.
Sentivo la voce furiosa di mio padre che lanciava accuse confuse, e un’altra che non conoscevo che rispondeva per le rime.
Lasciai Mike tra le braccia di Allison ed entrai nella stanza, seguita dagli altri.
Vidi con chi ce l’aveva mio padre e il sangue mi si gelò nelle vene. Rimasi senza fiato alla vista di una persona che conoscevo troppo bene.
Dave
 
 
Nota:lo so, è corto, perdonatemi c.c’ il prossimo spero verrà un po’ più lungo, e ci sarà un flashback. Grazie a tutti quelli che continuano a seguire, mettere tra i preferiti e recensire questa storia. Vi adoro, non me lo merito!

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Capitolo 11
*** Fucking asshole. ***


Fui svegliata da qualcuno che bussava alla porta insistentemente. Corsi ad aprire e me lo ritrovai davanti. Avevo il cuore in gola, erano tre mesi che non lo vedevo, speravo di essermene liberata.
“Dave, cosa ci fai qui?”
“Anche io sono contento di vederti. Sto bene, grazie per averlo chiesto” sbuffai. Puzzava di fumo e alcool, probabilmente stava ancora smaltendo la sbronza della sera prima.
“Dimmi cosa vuoi e vattene” vidi che cercava di entrare e chiusi prontamente la porta alle mie spalle.
“Voglio vederlo, Juls, ne ho il diritto”
“No, non ce l’hai. E’ mio figlio, e sono l’unico genitore che ha” sibilai guardandolo, fredda.
“Ti porterò in tribunale e vedremo, puoi giurarci”
“Fallo. Non ho paura di te” detto questo tornai dentro e gli chiusi la porta in faccia. Lo sentii blaterare qualcosa, poi silenzio.
Sapevo che avrebbe chiamato l’avvocato di famiglia.
Ero nella merda.

 
Ero pietrificata, avevo dimenticato come respirare. Lui stava lì, con un sorriso trionfante in faccia.
Provai ad aprire la bocca un paio di volte, ma era completamente impastata.
“Oh, bene, sei arrivata!” disse, tutto allegro. Cos’aveva da essere così felice?
“Dave” provai, incerta, per poi ripetere più sicura quelle due sillabe “Dave, cosa diavolo ci fai qui?” sentii Allison mormorare qualcosa dietro di me, poi dei passi.
Brian e Matt mi si avvicinarono, mentre mia madre e Al, con Mike, indietreggiarono fino a sparire nella camera del bimbo.
“Gentile come al solito, Juls” quel bastardo continuava a sorridere indifferente. Mio padre, accanto a lui, sembrava star guardando una partita di tennis da quando velocemente muoveva la testa da me a Dave.
“Non vedo per quale motivo dovrei essere gentile con te” sbuffai, incrociando le braccia sul petto.
“Perché” fece una pausa a effetto, sfilando un foglio dalla tasca “Stavo giusto dicendo a tuo padre” altra pausa mentre apriva il foglio e me lo piazzava sotto il naso “Che il bambino starà con me mentre tu sei a fare la puttanella con… questi” e indicò vagamente i due uomini alle mie spalle. La mascella di Brian scricchiolò paurosamente, mentre esalavo un breve respiro afferrando il foglio.
In grandi lettere eleganti era scritta la delibera del tribunale.
“Non è possibile” mormorai, quasi a me stessa “Non è possibile” ripetei più forte.
“Oh, invece lo è. Leggi in fondo: ha il diritto di vedere il figlio due settimane al mese” recitò con quella sua voce odiosa, mentre leggevo le parole scritte pari pari sulla delibera.
Con un gesto della mano aggiunse “Così tu puoi continuare a fare la groupie quanto ti pare”
Non feci neanche caso all’ultima frase, se non che sentii un braccio attorno ai miei fianchi, e poco dopo ero tra le braccia di Brian.
“Non è una groupie” esclamò convinto “Lei sta con me”
Sia io che Dave eravamo leggermente spiazzati, ma lui si riprese dopo un attimo. Dopodiché si voltò verso mio padre e inforcò gli occhiali da sole “Potete far le valigie. Domani vengo a prenderlo” e detto questo uscì dalla casa dei miei genitori senza aggiungere altro.
Lo guardai mentre saliva sulla sua Lamborghini e metteva in moto. Solo quando l’auto svoltò rombando alla fine del viale, mi voltai verso le persone presenti nella stanza.
Brian teneva ancora il braccio attorno alla mia vita, mio padre si era seduto sul divano e aveva preso a consultare l’elenco telefonico, probabilmente in cerca del numero dell’avvocato.
“Papà” mormorai “Papà.. Non importa” mi sedetti vicino a lui e gli presi il volume dalle mani “E’ finita, ha vinto”
“Non lascerò mio nipote con quell’idiota!” sbuffò mio padre.
Mia madre e Allison tornarono nella stanza, avvicinandosi a me.
“Come ha fatto? Insomma, non ti ha neanche chiamato in tribunale e..” mia mamma cominciò a parlare a raffica.
“Con quell’avvocato può fare di tutto” sospirai. Non avevo nemmeno la forza di parlare. Ero emotivamente distrutta e demotivata. Quell’uomo era un perfetto, completo e assoluto stronzo.
“Ma magari con…” provò Allison.
“Cosa, Al? Un avvocato? E dove li trovo i soldi? Comunque vincerebbe lui” strinsi le spalle e sentii qualcuno schiarirsi la voce: mi ero completamente dimenticata di Matt e Brian, ma ora tutta l’attenzione era concentrata su di loro.
“Be, noi conosciamo un paio di avvocati..” iniziò Brian, mentre Matt annuiva “So che noi non c’entriamo niente in questa storia, però se vuoi..” lo zittii, praticamente volandogli tra le braccia.
“Lo fareste davvero?” lo guardai, quasi con le lacrime agli occhi.-
“Certo che sì!” s’inserì Matthew, beccandosi anche lui un abbraccio spezza-ossa.
In quel momento entrò nella stanza Mikey stropicciandosi gli occhi e lo presi in braccio, stringendolo a me il più possibile.
“Non voglio andare c-con quello” mormorò con voce assonnata, il labbro inferiore che cominciava a tremargli.
“Non ci andrai, amore mio, non lo permetteremo” dissi stringendolo, se possibile, ancora di più.
Mi strinse il braccio con la manina, e lo misi a terra. Barcollò verso Brian e lo guardò dal basso, tirandogli i pantaloni all’altezza del ginocchio.
Il chitarrista si affrettò ad abbassarsi, divertito ma anche intenerito.
“Tu aiuti mamma?” domandò il bambino, serissimo, guardandolo come per sfidarlo.
“Certo” rispose Brian alzando il mento, come per rispondere alla ‘sfida’.
“Stai con lei?” chiese Mikey, inclinando lateralmente la testa. Era una domanda semplice, innocente, ma Brian sembrò pensarci un attimo, sollevando lo sguardo verso di me, che arrossii subito. Il moro sorrise, tornando a rivolgersi a mio figlio.
“Facciamo così” sussurrò, abbastanza forte da farsi comunque sentire da tutti noi “Ora io glielo chiedo e, se dice di si, vuol dire che stiamo insieme. Per te va bene?”
Mikey ci pensò su un attimo, poi mi guardò e tornò con lo sguardo a Brian, stringendo le spalle e annuendo. Il moro si alzò e si avvicinò a me, che mi stavo mordendo nervosamente l’unghia del pollice.
“Juls?”
“M-mh?” lo guardai, tossicchiando quando mi prese la mano.
“Vuoi..” Mike gli tirò i pantaloni, e Brian lo guardò sorpreso, tornando ad abbassarsi. Sussurrarono tra loro per un momento, poi Gates tornò a rivolgersi a me.
“Mike vuole che io ti chieda” e guardò il bimbo, che annuì “Se ti va di essere la mia ragazza” concluse, finalmente, mordendosi il labbro inferiore.
Sentii Allison e mia madre trattenere il respiro, Matt ridacchiare e mio figlio battere le manine.
“Devi dire sì!” esclamò Mikey impaziente, facendoci ridere tutti.
“Sì.. Sì, voglio essere la tua ragazza, Brian” sorrisi e lo abbracciai, sentendolo ridere. Appena sollevai il volto, me lo prese tra le mani e posò un bacio leggero sulle mie labbra, strappandomi un nuovo sorriso.
Ci scostammo sorridenti: Mikey corse ad abbracciarci le gambe per quanto potesse, mentre mio padre stringeva la mano a Brian, già pronto a fargli il terzo grado. Matt si limitò a tirargli una pacca sulla spalla e a dire “Complimenti amico”.
Quando riuscii a liberarmi dalla stretta combinata di Allison e mia mamma, ques’ultima sorrise apertamente e ci informò che andava a preparare la cena.
Dopotutto quella serata non era poi così brutta.

 
 
Sclero: ok ok ok lo so, scusate, sono in ritardassimo c.c ho provato a non deludervi, mi perdonate? *occhioni da cucciolo bastonato* dopo aver mosso un po’ le acque mi dileguo, vi chiedo tanto con una piccola recensioncina? c.c
Grazie a tutti quelli che continuano a leggere nel buio(?) vi amo tutti! 

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Capitolo 12
*** Think 'bout it. ***


Il concerto di Phoenix andò benissimo, e i ragazzi si impegnarono davvero tanto visto che erano anni che non facevano un concerto in quella zona. 
Finito lo show, i miei genitori mi raggiunsero nel backstage per prendermi da parte.
“Juls, eri bellissima” mi sorrise mia mare “Senti, tesoro, abbiamo preso una decisione: veniamo con te, vi seguiamo nel tour” aggiunse velocemente, lasciandomi a bocca aperta. Mio padre annuì per sostenerla.
“Non possiamo permettere che Dave prenda Mickey. Lo porteremo con noi e ci occuperemo di lui” sorrise e io lasciai correre lo sguardo su mio figlio, sorridente e circondato dai ragazzi della band.
“Ma.. ma, la casa… E, insomma.. è costoso e..” balbettai, ancora stupita dalla decisione.
“Tesoro, sono anni che non ci concediamo una vacanza. E poi lo sai che a tuo padre piace viaggiare, e io ho sempre voluto andare sulla Costa Est. Sarà divertente” esclamò mia madre, convinta di ciò che diceva.
“Esatto, e poi non è per così tanto, no? Hai paura che ti stiamo tra i piedi?” mio padre esplose in una fragorosa risata, che portò un sorriso anche sulle mie labbra.
“No.. no. Stavo pensando a Dave. Ho paura che questo possa portare problemi con lui” ammisi lentamente.
“Se quello ti da un qualsiasi problema, ci sono io” sussultai, non avendo notato che Brian si era avvicinato a noi con Mickey, posandomi un bacio sulla guancia e lasciando che mio figlio si tuffasse tra le mie braccia. Il chitarrista rivolse poi lo sguardo a Matt, poco dietro di lui, come per fargli dire qualcosa. Era evidente che avevano seguito la nostra conversazione. Il cantante preso un sorso dalla sua bottiglietta d’acqua prima di parlare.
“Per noi non c’è problema se ci seguite, ma nei bus ci sono solo due posti, uno in ognuno” spiegò con calma.
“Mickey può dormire con me” sopraggiunsi subito, stringendo istintivamente tra le braccia il bambino.
“Allora siamo d’accordo. Dovete essere veloci a prepararvi, però, perché  partiamo domani prima di mezzogiorno”
“Non c’è problema” sorrisero i miei, quasi come se avessero già tutto pronto “A domani, e grazie”.
 
Da quando i miei si erano aggregati alla ‘comitiva’ andava tutto un po’ meglio. Avevo mio figlio con me e i miei genitori mi aiutavano molto. I concerti erano fantastici e, anche se erano stanchi, tutti i membri della band si stavo impegnando per trovare i migliori avvocati per la causa. Brian e Matt passavano ore al telefono per capire cosa si potesse fare, e il cantante cominciò a parlare in continuazione con Allison. A quanto diceva lui era perché, essendo la mia migliore amica e agente, poteva essere la testimone più attendibile.
Ma osservando attentamente entrambi, li vedevo meno tesi e più sorridenti quando erano vicini, e gli sguardi che si scambiavano erano facilmente comprensibili.
Brian diceva che Matt aveva semplicemente bisogno di qualcuno che non si stancasse di sentirlo parlare sempre delle stesse cose, ed era plausibile visto che, essendo amici da una vita, ormai i ragazzi sapevano tutto a memoria e anche al contrario.
“Prova a parlare con Matt” supplicai Brian, una sera che eravamo da soli in camera. Ormai tutte le sere riuscivamo a trovare un hotel, essendoci spostati verso la Costa Est dove c’erano più alberghi in cui potersi riposare.
“Io non vedo niente di diverso in lui” tentò il chitarrista, alzando le mani in segno di resa quando lo guardai scettica.
“Oh, avanti Juls! Matt non è un tipo da tradimento. Sta con Val da una vita, e non ho mai visto uno più perso di così!” sospirò, stringendo le spalle “Te l’ho detto, Allison non si è ancora stancata dei suoi monologhi su Call Of Duty. Ecco tutto” annuì come se per lui il discorso fosse chiuso.
Lo guardai mentre incrociavo le braccia sotto il seno, un sopracciglio che mi si inarcava lentamente.
“Cosa?” Brian ricambiò lo sguardo, leggermente intimorito.
“Dormono nella stessa stanza da un mese!” esclamai indicando con l’indice destro la porta della camera.
“Quindi? Anche Johnny e Jimmy dormono nella stessa camera… Anche io e te dormiamo nella stessa camera” affermò mentre le sue sopracciglio si inarcavano in un’espressione perplessa. Arrossii alla sua affermazione, capendo subito cosa intendeva.
“Tesoro” l’uomo davanti a me sospirò e mi prese per mano, per poi condurmi verso il letto e sedersi insieme a me su di esso “Non dico che tu non abbia ragione ad avere i tuoi sospetti, ma conosco Matt. Mi rendo conto che può sembrare il tipo che si scopa ogni cosa che respira –accennò una leggera risata- ma non è così. Fidati di me”
Sorrisi e, intrecciando una mano con la sua, mi strinsi a lui.
“Va bene, ti credo”
 
Alla fine Brian con Matt ci parlò comunque. Buttò lì l’argomento una sera che stavano controllando certe carte per gli avvocati, dopo cena.
“Allora… tu e Allison passate molto tempo insieme” disse tranquillamente il chitarrista.
“Uh? Sì, è molto simpatica” annuì Matt vagamente, girando la pagina di un fascicolo.
“E con Val come va? Non ho potuto fare a meno di notare che la chiami poco” continuò Brian, sempre con quell’aria poco interessata, come se stesse parlando del tempo.
“In effetti hai ragione. La sento distante e non nego che anche io mi sono un po’ allontanato..” sospirò il cantante, lasciando finalmente perdere i fogli per rivolgersi direttamente all’amico. Brian sapeva che si stava per sfogare, quindi rimase in silenzio, aspettando.
“E’ cambiata. Capisco che stiamo insieme da tanto, di certo siamo cambiati come coppia però.. E’ come se non le importasse più di tanto. Anche prima dell’inizio del tour avevo qualche dubbio sulla nostra relazione, non sapevo se sarebbe potuta resistere alla distanza. Sai… ci penso spesso e sto davvero cercando una soluzione, ma credo che ora dipenda anche da lei” Matt concluse il discorso con un profondo sospiro sconsolato. Il chitarrista, accanto a lui, non fece altro che annuire e posargli una mano sulla spalla. Per un po’ rimasero entrambi in silenzio.
“Sai, Matt..” disse infine Brian “Ho sempre pensato che voi due foste lo stereotipo di coppia perfetta. Ogni volta che siete insieme sale il diabete a tutti. Insomma, sono dieci anni che state insieme, e ogni anno mi stupisco di quanto tu sia ancora innamorato di quella donna, e lei di te. Pensaci solo un attimo: è stata il tuo primo tutto. Non credi che valga la pena provarci davvero?” detto questo Brian si alzò, recuperò i fogli sparsi per il tavolo e si allontanò sorridendo. Sapeva già di aver smosso qualcosa dentro Matt, e quel qualcosa si sarebbe manifestato in fretta.
 
Noticina: SONO ANCORA VIVA. Vi sono mancata, eh? No? Okay. 
Lo so che vi avevo promesso di metterci poco, mi sono mangiata le mani per due mesi perché avevo un vero e proprio blocco dello scrittore. Inoltre non ero per niente convinta del capitolo che avevo scritto, ma alla fine me ne sono sbattuta allegramente ed eccomi qua.
A questo punto mancherebbero solo un paio di capitoli, che all’incirca ho in testa, ma niente di veramente chiaro. Ringrazio già chi non ha abbandonato questa storia, chi ce l’ha tra preferite\seguite e chi recensisce. Vi adoro, davvero.
Un ultima cosa: avevo in mente, e in realtà ho già scritto qualche pezzo, di una storia che riguarda le coppie (Matt\Val, Brian\Michelle, eccetera) e che parta all’incirca dall’adolescenza fino ad arrivare al 2012, più o meno. Che ve ne pare?
Se avete domande ho qualsiasi cosa, potete aggiungermi su face book: Miki Dirnt.
E ora mi esclisso, adieu!

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