And if you die, I wanna die with you.

di thankyousheeran
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** la storia comincia dalla fine. ***
Capitolo 2: *** Take my hands and walk away. ***
Capitolo 3: *** There's a lonely day... ***
Capitolo 4: *** As long as you love me? ***
Capitolo 5: *** so lets free fall and see where we land. ***



Capitolo 1
*** la storia comincia dalla fine. ***


"-Non puoi lasciarmi adesso…- mormora nei singhiozzi.
Alzo il braccio tremante, ormai non ho davvero più forze, gli passo una mano nei capelli rossi. Sono bagnati di sudore.
La faccio scorrere sulla punta del suo orecchio, sulla sua guancia ed infine vado a sfiorare le labbra.
Lui solleva la sua mano e la posa sulla mia, premendola contro la sua bocca per baciarla. Piange, non posso vederlo così.
-Non ti dimenticherai di me, Edward?- Chiedo, sforzandomi di respirare ancora, un’ultima volta.
Lui non parla, si copre gli occhi con la mia mano e annuisce fino a piegarsi ancora di più sul lettino.
-È una promessa?- Quella parola era diventata importante.
Ancora non parla, annuisce di nuovo, io gli accarezzo i capelli e lui mi stringe una gamba con la mano.
Sorrido, non posso farne a meno, lui è meraviglioso anche quando cerca di nascondersi, gli è inevitabile.
-Non è un addio… sarò sempre qui.- Sussurro.
Lui alza lo sguardo e finalmente incontro i suoi occhi blu, ornati da una cornice rossa e dalle lacrime.
Tira su con il naso e mormora:-Ti amo…- non me l’aveva mai detto, me l’aveva sempre fatto capire.
Chiudo gli occhi e per qualche secondo,
sento ancora il suo respiro affannoso e il suo profumo inconfondibile.
-Anche io…- quello era il mio ultimo respiro."


'Non c'é una sola storia che non cominci dalla fine,
e sappiamo tutti cosa significa la parola "fine".
Può essere anche la morte.
Non ho mai amato una persona così tanto da morire per essa.
-Sue.'

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Capitolo 2
*** Take my hands and walk away. ***


-Non posso venire, mi dispiace, ma è lo stesso giorno in cui ho l’ultimo esame prima di concludere il secondo ciclo… però fammi fare un autografo!- Sospiro.
Il tubo della flebo mi infastidisce mentre sono al telefono, non riesco a piegare il braccio ed è una brutta sensazione.
-Vorrei poter fare qualcosa di più, magari poi ti passiamo a trovare?- Mi risponde, poco convinta.
-Mi farebbe piacere…
E questo è quello che ho detto a Chelsea la settimana scorsa.
Lei e le mie amiche sarebbero andate a vedere Ed Sheeran, e come al solito io dovevo stare chiusa in ospedale.
Quel pomeriggio avrei avuto gli ultimi esami, poi mi avrebbero dimessa il giorno dopo.
Mi svegliai in ospedale, e farlo ogni mattina per due settimane, ogni mese, è davvero una tortura.
Le pareti sono infinitamente bianche, anzi, tutto è infinitamente bianco in un ospedale.
Mi metto le cuffiette e mi chiudo nel mio mondo.
Mamma continua a sorridermi, io ricambio fingendo di non sapere che sto per morire di cancro.
Tutta la mia famiglia finge che io non lo sappia e io li assecondo,
solo le mie amiche sono completamente aperte alla situazione, e sono contenta di poter parlare con qualcuno di questa storia a volte.
L’unico problema è che la persona con cui vorrei parlare davvero di questo non sa che io esista,
non sa che mi sta aiutando a sopravvivere,
non si immagina nemmeno quanto sia importante per me e probabilmente non lo saprà mai perché morirò prima di averlo incontrato.

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Capitolo 3
*** There's a lonely day... ***


Londra vista da una finestra era incredibile, una delle città più belle che io avessi mai visto.
Per quanta ne avessi vista però.
Ero stata ricoverata lì perché gli ospedali, a parere dei miei genitori, sono migliori.
Le mie amiche studiano qui, le uniche che ho e quindi posso stare vicina anche a loro.
È quasi un anno che io e la mia famiglia viviamo qui e non ho visto praticamente niente,
passo le mie giornate chiusa in ospedale a fare i cicli della chemio o chiusa in casa perché potrei stare male ogni momento.
A diciannove anni è davvero una tortura tutto ciò, tutti mi dicono che dovrò morire ma non mi pare che io stia vivendo.
Il mio dottore è un tipo gentile, sempre aperto e sorridente, è anche un bell’uomo e quindi sto bene con lui dato che non vedo molto ragazzi.
Con lui mi apro facilmente, gli parlo di tutto, sa quanto sia importante per me la musica e per il mio compleanno mi ha regalato una chitarra, la sua vecchia chitarra.
Non ho mai imparato a suonarla, ma un giorno lo farò.
Ricordo la prima volta che ho sentito una canzone di Ed Sheeran, stavo per fare i primi esami e avevo paura.
Il dottore mi ha prestato il suo ipod e mi ha permesso di tenerlo mentre ero addormentata,
diceva che anche sotto anestesia io sarei riuscita a sentire la musica, ed era così.
La prima canzone era ‘Small Bump’ e fu così che m’innamorai di quel cantante con i capelli rossi.
Quando rientrai nella mia stanza, avevo finito la risonanza, entrai in bagno e mi cambiai con i miei vestiti.
Mi legai i capelli in una coda disordinata,
il solo pensiero che sarebbero andati via tra non molto mi uccideva e così fingevo che legandoli li avrei tenuti incollati,
mi infilai una felpa e un paio di jeans.
-Mamma, io scendo al bar.- Dissi a mia madre, che stava per prendere l’ascensore per andare a casa.
-D’accordo, ma non stare troppo fuori okay?- era troppo preoccupata per me e mi dava fastidio doverla prendere in giro e fingere che io stessi bene.
-Tra poco vengono Chelsea e le altre a farmi compagnia, mi prendo un succo di frutta e torno in camera, tranquilla.
-Non fate casino, ricorda che siete in un ospedale!- Mi stampa un bacio sulla fronte e io arriccio il naso uscendo dall’ascensore.
Anche stare in un bar mi infastidisce, non c’è nessuno che ti sorrida, nessuno che ti conforti.
La ragazza che lavora dietro il bancone mi fissa per qualche secondo e poi mi passa un succo di frutta alla pera, quello che prendo di solito.
Ritorno verso l’uscita e decido di salire in camera a piedi.
Quando giro per i corridoi mi rendo conto che ci sono persone che soffrono più di me,
che hanno malattie più gravi e poi ci sono quelli che si fanno un taglio al dito e credono di essere ‘malati terminali’ o ‘reduci di guerra’.
Passo davanti alla “scuola” per i bambini e lì una tristezza infinita mi invade. Mi fermo davanti alla porta.
I bambini ridono, giocano e scherzano, è l’unica parte colorata dell’ospedale, ma è quella che infonde più tristezza di tutte.
Sapere che quei bambini sono incurabili mi uccide.
Con grande stupore vedo che le mie amiche sono davanti alla porta della mia stanza, che è socchiusa.
Chelsea mi abbraccia, e di seguito anche le altre.
-Dovresti entrare, c’è qualcuno che vuole… parlarti.-
Non mi convince.
Tutti quelli che vogliono parlarmi sono gli infermieri, i dottori e la vecchietta della stanza accanto che mi chiede di portarle l’acqua.
“Sei sicura di stare male?” mi chiede ogni tanto. “Perché sei sempre così allegra e sorridente.”
“Ho il cancro signora, ma si nasce per morire non è così?”
comunque non vedevo proprio chi potesse essere.
Quando entro in camera il mio dottore è lì, sta parlando con due persone, una è seduta e non riesco a scorgerla, vedo solo i suoi pantaloni e il braccio tatuato.
Nell’altra riconosco Stuart Camp, il menager di Ed Sheeran.
Mi copro la bocca con una mano e con l’altro braccio mi stringo i fianchi, non respiro, non è vero.

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Capitolo 4
*** As long as you love me? ***


-Hey, io sono Ed!- il ragazzo si alza dalla sedia e mi saluta dondolandosi un po’ per avvicinarsi a me.
Io lo scruto con attenzione, finora l’ho visto solo in foto o nei video su YouTube o in televisione.
Era molto più bello di quanto sembrasse.
Poco più alto di me, aveva le spalle larghe e la schiena un po’ piegata, doveva essere piuttosto timido.
Si passò la lingua sul labbro superiore e poi, velocemente, tornò a sorridere.
Aveva un viso rotondo, che infondeva tanta tenerezza,
e una cornice di capelli rossi che facevano risaltare in una maniera assurda quegli occhi azzurri cristallini.
Non avevo mai visto occhi più belli, mai in vita mia.
Sono in difficoltà, non riesco a parlare perché so che ogni cosa che direi risulterebbe imbarazzante.
Ed ritira la mano, perché vede che sono a disagio.
Subito Joe, il mio dottore, interviene nella discussione.
Quando c’è qualcosa che non va mi capisce, avvolge le spalle di Ed con una delle sue braccia muscolose e, sorridente, mi porge una cartellina.
-Ed ha chiesto di poter seguire tutte le cure mediche che riceverai…io, Stuart e lui abbiamo già firmato… ma ci serve la tua firma o quella di un genitore.-
io fisso la cartellina in silenzio per qualche secondo, dopodichè alzo lo sguardo e incrocio gli occhi del ragazzo.
Si passa una mano dietro la nuca, per l’imbarazzo e cerca di sorridere davanti al mio sguardo.
In pochi secondi cingo il suo collo con le mie braccia e affondo la testa nei suoi meravigliosi capelli.
Hanno un odore buonissimo, menta direi.
Sento che ricambia l’abbraccio quando mi stringe insicuro sui fianchi, non capisco se ha paura di farmi male o è davvero timido.
-Perché lo fai?- Gli chiedo, ingoiando la saliva e cercando di trattenere i singhiozzi tiro su col naso.
-Perché so che ci tieni, e l’unica cosa che voglio è stare vicino ai miei fans quando ne hanno bisogno…
-Sei davvero la persona più bella del mondo, sei come dicono…
-E come dicono?
Mi scappa un sorriso, quando lo lascio andare prendo la penna dal comodino.
Sto per firmare quando mi fermo per pensare alle conseguenze.
Abbasso lo sguardo e poi lo riporto su quello sorridente de ragazzo, che lo distoglie per guardare il foglio.
-Non voglio che tu mi stia vicino per compassione.
-Non lo faccio per compassione.- Alza di nuovo lo sguardo e ci fissiamo, in silenzio per qualche secondo.
-Non è bello veder morire una persona.- io stavo morendo dentro il suo sguardo lucido. –Non voglio la compassione di nessun personaggio famoso, che questo sia tu o anche John Lennon, non ne ho bisogno. Voglio un amico.
-Allora sarò tuo amico.- Sfila la penna dalla mia mano e la posa di nuovo sul comodino. Mi stringe in un abbraccio affettuoso e riconosco che dice il vero. –Farai tutte le cose che non hai mai fatto in vita tua, voglio la lista.
Ci sediamo sul lettino e rimaniamo a parlare per un paio d’ore, scriviamo tutto quello che dobbiamo fare.
-Okay..- sospira prendendo la lista e schiarendosi la voce, anche questo mi fa ridere. Gli piace scherzare, e credo di non aver mai riso così tanto in vita mia. –La prima cosa sulla lista è… vedere Londra? Scherzi?
-Non l’ho mai vista al di fuori di queste mura…
Lui fa un’espressione strana, un misto di tristezza e dispiacere,
ma io continuo a sorridere e dopo lui, cancellando la prima frase dalla lista, ritorna a guardare me.
-Ti va di andare al London Eye stasera?
Nei miei pensieri fingo che mi abbia chiesto d’uscire, mentre davvero so che vuole farmi felice.
E poi chissà.

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Capitolo 5
*** so lets free fall and see where we land. ***


-Sono troppo stanca, e poi mia madre non vuole che io esca la sera…- Sospiro rassegnata.
Ed mi fissa per qualche secondo e poi volge lo sguardo sulla porta della stanza,
nel corridoio hanno appena spento le luci e mezzo ospedale sta già dormendo.
-Tua madre non saprà niente, promesso.- Dice, infine, voltandosi verso di me.
-Resta il fatto che sono stanca, e se mi stanco troppo rischio di passare davvero i guai…
-Ti porto sulle spalle!- Mi passa la sua felpa.
Io non posso dire niente, perché so che ogni cosa che dirò lui ribatterà e sarà più forte di me.
Mi infilo la sua felpa e nelle mie narici si insinua un fortissimo profumo di menta, il suo.
Si volta e piega un po’ la schiena facendomi salire, mi stringo a lui come fanno i Koala con gli alberi.
È una visione che m’ha sempre affascinato, strano, parecchio.
Chiudo gli occhi e sorrido, lui mi tiene stretta sotto alle cosce per evitare che io cada mentre camminiamo.
Mi guardo intorno.
Le strade sono bagnate, il clima è umidiccio, le luci là fuori sono forti, molto più di quanto già lo siano di giorno.
La maggior parte delle persone sono turisti o ragazzi del posto, che hanno più o meno la mia età, che escono nei locali ad ubriacarsi.
Giriamo per Londra per almeno due ore, quando guardo l’orologio è l’una di notte.
Si sentono ancora i clacson o la puzza di smog dalle auto.
Ora capisco cosa intende Ed quando parla di Londra in ‘The City’.
Si ferma un secondo e sfila la lista dalla tasca dei Jeans e comincia a leggere il secondo punto,
più in fretta continuiamo a completare la lista e prima sarebbe TUTTO finito:-Passare una serata romantica- mormora. –Questa vale oppure domani andiamo a cena fuori?- chiede insicuro.
-Vale, vale!- Soffoco una risata.
Lui cancella anche il secondo punto soddisfatto e passa a quello successivo.
-Vedere il mare…- sospira, poi mi guarda come se avessi scritto una bestemmia.
Probabilmente se l’avessi scritta davvero non mi avrebbe guardata in quel modo. –Mai visto?
-Mai. Sai, mia madre ha sempre avuto paura dell’acqua e così non ci sono mai stata…- abbassai lo sguardo d’un tratto intimidita dal suo largo sorriso.
Lui mi alzò il viso tenendo una mano sotto il mio mento, i nostri nasi quasi si sfioravano.
Mi persi qualche secondo nei suoi occhi e nel suo viso perfetto poi lui mormorò ancora:-Ti ci porto io. Domani mattina però, ora è tardi e devi riposare…
Ero davvero triste di dover tornare in ospedale, e ancora più triste quando lui se ne andò pensando che io dormissi.

Il sole già filtrava attraverso le persiane, mi alzavo spesso presto perché la mattina l’emicrania mi uccideva.
La signora signora della stanza accanto aveva cominciato a chiamare il mio nome, insistente, ricordate quella che mi chiede l’acqua? Si, lei.
Mi infilai le ciabatte e sistemai l’ago della flebo nel mio braccio, poi cominciai a camminare verso la sua stanza tirandomi dietro la sacca.
Il mio dottore mi aveva insegnato come farlo, e siccome lui abitava lontano e spesso era in ritardo io sapevo come mettermi la flebo quando non stavo bene.
-Ha sete?- Stiracchiai il primo sorriso della mattina.
Lei mi guardò per qualche secondo e mi fece cenno di avvicinarmi.
Io mi piegai per poterla sentire e lei strinse la mia mano, c’era qualcosa, un foglio che mi divideva dal contatto con la sua pelle ruvida e rugosa.
-Sei sempre bellissima… e lo sarai anche dopo.- mi sussurrò. Mi spinse via lasciando il biglietto tra le mie dita e continuando a sorridere mi fece cenno di uscire.
Ma prima che potessi chiudere la porta mi bloccò, chiamando di nuovo il mio nome.
-Si?- mi voltai a guardarla.
-È davvero un bel ragazzo!- alludeva a Ed, sicuramente, anche se spesso parlavamo di quanto fosse carino il nostro dottore, lei alludeva sicuramente a Ed.
Io mi lasciai scappare una lieve risata mentre tornavo nella mia stanza, mi stesi sul letto e staccai la flebo.
Osservai con attenzione quello strano foglietto arancione, di chi poteva essere se non Suo.
Lo aprii in fretta e lessi velocemente le parole che riportava

Chiamami ogni volta che ne avrai bisogno, ti prego

e il suo numero era scritto poche righe sotto.
Assaporai di nuovo quelle parole come se fossero le parole più romantiche della terra.
Mi allungai a prendere il telefono e composi velocemente il numero, ero un po’ insicura di premere il ‘verde’ a dire il vero ma quando sentii la sua voce stanca e assonnata mi resi conto che ne era valsa la pena.
-Pronto?- cercai di assorbire quel bassissimo tono che usava per parlare, ma lo faceva con una voce così incredibilmente calda che potevo stare lì ad ascoltarlo parlare di ogni cosa per ore e ore.
-Buongiorno, ti ho svegliato?
-Alle sei di mattina?- aspettò qualche secondo e si schiarì la gola. –Sì.
-Mi dispiace… non riuscivo a dormire.
-Passo a prenderti, il tempo di vestirmi e aspettare la metro e sono da te!- ora ricordo che lui non sa guidare.
-D’accordo, a dopo.- Faccio per attaccare e lui chiama il mio nome, per invitarmi a non farlo.
-Ho letto la tua lista ieri notte…- sospira, io aspetto che continui per dire qualcosa. –Dopodomani ti porto a cena a Parigi va bene?
Non mi immaginavo l’avrebbe fatto davvero e mia madre non mi avrebbe mai permesso di andare così lontano.
-Veramente…
-Tua madre non saprà niente.
-Ma è lontanissimo!
-Ti ho promesso che avresti fatto tutto! Andremo anche a vedere il Colosseo e la Walk Of Fame, e conoscerai Ozzy Osbourne! Farò di tutto…
io rimango in silenzio per qualche istante, è pazzo, completamente ma mi scappa un sorriso.
Avrebbe fatto tutte quelle cose per me?
E io che avrei fatto per lui?
-E darai il tuo primo bacio… promesso…
il cuore comincia a battere forte, come se picchiasse sulle pareti interne per poter uscire e saltare fuori dalla finestra.
Il respiro mi si ferma in gola e non riesco a dire niente, se non un secco ‘grazie’ di fine chiamata.
Corsi in bagno e mi sciacquai il viso, le mani mi tremavano e qualcosa mi formicolava nello stomaco.
Era una sensazione che non avevo mai provato prima, ma mamma me l’aveva raccontato.
Lei la chiamava ‘amore’.



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occhi a me, prego c:
vi avevo promesso che sarei tornata con qualcosa di più figo del solito.
o almeno un po' più lungo(lol.)
diciamo che il prossimo capitolo sarà ancora meglio, ma, mi spiace per voi..
temo di dovermi prendere più tempo per scriverlo.
attenderete for me??

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