All These Things

di Electra_Gaunt
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** - Prologo & Primo Capitolo ***
Capitolo 2: *** - Secondo Capitolo ***
Capitolo 3: *** - Terzo Capitolo ***
Capitolo 4: *** - Quarto Capitolo ***
Capitolo 5: *** - Quinto Capitolo ***
Capitolo 6: *** - Sesto Capitolo ***
Capitolo 7: *** - Settimo Capitolo ***



Capitolo 1
*** - Prologo & Primo Capitolo ***


 


 

All These Things 

 


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PROLOGO

 

Once more I say goodbye, to you
Things happen but we don’t really know why
If it’s supposed to be like this,
why do most of us ignore the chance to miss?
All these Things I Hate – Bullet For My Valentine

 
 
Lui è tutto ciò che vuoi.
Tutto ciò che hai sempre desiderato.
Quindi corri.
Corri veloce.
Raggiungilo e stringilo tra le braccia.
Prima che fugga, ancora.
Non lasciarlo più andare.
Dimostra il tuo amore.
Dimostragli che non erano unicamente parole.
I suoi occhi stanno ancora aspettando tuoi.
Come sempre.
Come sempre.
 
 
 

PRIMO CAPITOLO

 

Brian continuò a fissare il fuoco, assorto nei suoi pensieri. Tentò di rimanere sveglio e lucido ma il Jack che aveva bevuto poco prima lo rendeva confuso ed intimamente euforico. Non sapeva che ore fossero ma era certo di trovarsi in una delle camere della casa di Matt. Sentiva il rumore costante della festa che, nel mentre, si stava consumando al piano di sotto.
Si stese sul letto morbido, dove molte volte aveva dormito insieme all’amico, ed alzò lo sguardo al soffitto. La brace scoppiettava poco lontano da lui, mandando bagliori rossastri sulle pareti piene di poster.
Non aveva voglia di alzarsi da quel giaciglio, non aveva voglia di fare baldoria assieme agli altri, non aveva voglia di alzare neppure un dito per abbassare le tapparelle delle finestre (sapeva benissimo che, presto o tardi, il sole l’avrebbe accecato con i suoi raggi).
Godette della quiete irreale e del silenzio della stanza, percependo l’alcol scorrergli nelle vene ed inebriargli il cervello.
E, lentamente, cadde nell’oblio di Morfeo.
 
Quando si svegliò non era ancora mezzogiorno. Non ci fece molto caso, in effetti, ma percepì chiaramente il pavimento ghiacciato sotto i piedi. Nel giro di un minuto si ritrovò in bagno a vomitare anche l’anima.
Inginocchiato a terra, abbracciato alla tazza del water come un naufrago con un salvagente, ritornò con la mente alla sera precedente ( le bottiglie di birra strette in mano, le risate, la dormiveglia seguente). Allungò le orecchie per captare qualche suono proveniente dal salotto ma non sentì niente: chissà come stavano messi Jimmy e Johnny, per non parlare di Matt.
Lo stomaco brontolò leggermente, avvertendolo di aver concluso lo sporco lavoro di pulizia. Brian si rimise in piedi e ritornò in macera per recuperare una maglia pulita dall’armadio di Sanders. Poi, tentando di camminare in linea retta, scese le scale che portavano direttamente all’ingresso della villetta. Fortunatamente i genitori dell’amico erano partiti per un paio di giorni (destinazione sconosciuta), per festeggiare i 19 anni di matrimonio: Matt si sarebbe dovuto impegnare per riuscire a risistemare casa, prima del loro rientro.
Si guardò attorno, notando immediatamente Jimmy e Johnny accoccolati sul divano (la vodka lasciata sul tappeto, completamente vuota).
“Fortuna che ti sei svegliato.. devi aiutarmi: qui è tutto un bordello!” La voce di Matt lo riscosse e lo fece sorridere al contempo.
“Te lo scordi, Shadows. Io non aiuto proprio nessuno: è casa tua…”
“M- ma io ti ho aiutato quando abbiamo festeggiato a casa tua … - disse con occhi da cucciolo - ..e ti ho coperto con i vicini.” Concluse con un sorriso furbo sulle labbra.
Brian alzò gli occhi al cielo, in segno di disperazione ed armandosi di un sacco nero di plastica (accompagnato da tanta buona volontà) si decise ad aiutare l’amico.
“Oh, avanti. Non fare quella faccia affranta.” Il tono di voce che aveva usato Matt era differente, ora: più soffuso, basso. Intrigante.
Voltato di spalle, Syn percepì chiaramente i passi dell’amico farsi vicini e delle braccia avvolgergli il busto.
“Non qui: potrebbero vederci.”
“Chi? Jimmy e Johnny? Quei due che si corrono dietro da una vita ma che non hanno il coraggio di dirsi in faccia che, sempre reciprocamente, vorrebbero scopare come ricci?” Concluse Matt, ridendo sommessamente. Brian non poté far altro se non annuire e unirsi alla risata.
In fondo, non c’era nulla di male.
“Dovevi vederli, ieri sera: le occhiate che si lanciavano erano inequivocabili.. ”
Brian si odiò mentalmente per essersi ritirato in camera, prima della conclusione della festa.
“Davvero?”
“Già. Jimmy s’è incazzato non poco quando Craig ha incominciato a fare il filo al piccoletto. È diventato una furia silenziosa!”
Brian s’immaginò la scena: Sullivan seduto in un angoletto con la birra in mano e lo sguardo puntato insistentemente sul più giovane del gruppo (per non dire il più basso), che, nel mentre, parlava allegramente con quel tizio.
Erano solo due imbecilli, in effetti. Johnny si comportava proprio come Jimmy, in fondo, solamente in modo più discreto.
Se non altro loro si amavano davvero.
Un paio di labbra ruvide si strofinarono sul collo del moro, facendolo sussultare. La schiena fu scossa da un brivido bollente come lava. I pensieri persero di consistenza e, quasi fosse ancora sotto l’influsso dell’alcol, la mente si fece leggera.
“Il nostro è solo divertimento, Brian. Nulla di più: lo sai.”
“Sì, lo so.” Disse, annuendo con la testa “L’ho sempre saputo.”
Matt sorrise, prima di dedicarsi al collo ambrato dell’amico.
 
 
Zacky era quantomeno intimidito da quell’enorme struttura che era la sua nuova scuola.  Seguì la corrente di studenti che, nel mentre, si stava disperdendo dal cortile interno, piccolo ma accogliente.
Sperava vivamente di non perdersi in quell’insieme di corridoi intricati e caotici.
Con la piantina della struttura nella mano sinistra, lo zaino in spalla e l’elenco delle materie nella destra, il ragazzo si fermò innanzi ad una porta da cui proveniva il basso borbottio del professore di Letteratura Straniera.
Con leggero timore, Zacky bussò con enfasi sul legno bianco per poi entrare nell’aula, dove cadde un silenzio generale. I compagni lo fissarono straniti, scrutandolo con occhi dubbiosi e curiosi, senza pudore alcuno.
“ Salve, sono Zackary Baker ..ehm.. sono il nuovo alun- ”
“Ma certo, certo! – disse l’uomo di mezza età e dal forte accento inglese, interrompendolo prima che potesse finire la frase – Mi avevano avvertito del suo arrivo. Prego, sieda accanto a Sullivan .. – indicò un banco sul fondo dell’aula - .. magari, con la sua presenza, riuscirà a svegliare il suo compagno.”
Una risata generale si levò dagli altri ragazzi mentre Jimmy, destato improvvisamente dalla dolce dormiveglia, arrossiva pietosamente.
Zacky annuì lievemente, andando ad occupare il posto designatoli.
La lezione riprese senza nuove interruzioni, tra le occhiate sprezzanti dei maschi e le risatine isteriche delle ragazze.
Abbassò lo sguardo verde acqua sul libro che aveva tirato fuori dalla cartella e, benché non avesse la minima intenzione di seguire la spiegazione dell’Amleto, si decise a tirare fuori dall’astuccio una penna ed a scribacchiare frasi a caso dei Misfits sui bordi delle pagine.
Almeno avrebbe fatto qualcosa di utile per la società.
“Ciao.. – sussurrò Sullivan, d’improvviso, tentando di rompere il ghiaccio e non addormentarsi definitivamente sul banco vuoto ed invitante – io sono Jimmy, ma chiamami pure Rev.”
Baker rimase stupito dalla spavalderia velata del ragazzo: quasi non gl’importava di fare brutta figura davanti ad altre persone (lo invidiò un po’, in effetti, dato che lui non sapeva mai come rapportarsi). Guardandolo meglio, notò i capelli neri e corti ma dalla frangia lunga a coprirgli un occhio, la pelle candida e gli occhi chiarissimi, contornati da un paio di occhiali improbabili (addosso a lui, quantomeno).
Lo superava in altezza di parecchio ed era magrissimo (Zacky storse la bocca, pensando alla propria ciccia in eccesso).
“Perché ‘Rev’?”
‘Domanda stupida, Zacky, ritenta più tardi’ si disse tra sé.
Jimmy non parve turbato ed, al contrario, si mise a ridere sonoramente, tanto che dovette tapparsi la bocca quando notò lo sguardo di fuoco del professore.
“E’ una lunga storia, credimi.”
“Capisco.. – continuò a sussurrare il nuovo - ..beh, io sono Zackary. Ma tutti mi chiamano Zacky.”
“Non ti ho mai visto da queste parti, quindi presumo tu sia nuovo. A meno che tu, sino ad ora, non abbia frequentato scuole private e ti sia rintanato in casa per la restante giornata.”
Zacky rise del suo sproloquiare.
“No, no. Sono solo nuovo. Vengo da Seattle e mi sono trasferito da pochissimo. Quindi..” 
La voce del professore giungeva ovattata, in fondo all’aula, ma dubitava che quelli in prima fila stessero seguendo il discorso del docente.
Zacky, riportando lo sguardo a Jimmy, notò una cosa di cui prima non s’era accorto.
“Bella maglia”.
Il moro abbassò gli occhi a fissare l’indumento incriminato, scuotendo il capo.
“Sì, sono forti loro. Ma non è mia, questa. Sai.. – disse abbassando ancora di più la voce, ed accostando il viso a quello di Baker, quasi volesse confidargli un segreto – stanotte c’è stata una festa a casa di un mio amico. E, beh.. gliel’ho fregata dall’armadio.”
Risero leggermente.
“Si chiama Matt, lo conosci?”
“No, mi spiace.”
“Beh, vorrà dire che te lo presenterò presto. Anzi, ti va di unirti a noi all’ora di pranzo?”
Zacky rimase interdetto per un momento per poi aprirsi in un sorriso.
“Certo.. in fondo, non conosco nessuno e.. ”
“Perfetto, allora. Ci vediamo qua davanti, verso mezzogiorno.”
Il nuovo arrivato sperò sentitamente che gli amici di Jimmy fossero altrettanto simpatici.
 
Non poteva neanche immaginarsi quanto.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - -
 
L’ora di matematica era stata pesante. Stressante. Asfissiante.
Sinceramente era una delle materie che più odiava, tra tutte. E ne odiava tante, Zacky.
Non era mai andato bene, a scuola. Sua madre si era lamentata per anni per il suo scarso rendimento ma si era rassegnata col tempo, notando la smodata passione del figlio verso la musica. Era qualcosa che a parole non poteva essere descritto. Un sentimento che veniva da dentro, come fosse un’energia in dissolvibile e palpabile. Zacky  non conosceva il futuro, non sapeva ciò che avrebbe fatto nella vita. Ma era certo che la sua chitarra non l’avrebbe mai abbandonato. Fino a quel momento, era stata l’unica vera amante della sua esistenza.
Per questo spesso si perdeva nei suoi pensieri, a lezione. Scriveva frasi di band conosciute e tentava di produrre testi nuovi, personali. Arrangiava, in una qualche (vaga) maniera, gli spartiti per chitarre, agognando che un giorno diventassero importanti per qualcuno.
Famosi, in un certo senso.
Quando era suonata la campanella della pausa pranzo, Zacky si era sentito come strappato dal proprio mondo e catapultato in una realtà del tutto differente da quella che s’immaginava. Era rimasto seduto per un paio di minuti, immobile, riacquistando gradualmente la cognizione del tempo e dello spazio. Poi, ricordandosi dell’impegno che aveva preso con Jimmy, aveva buttato scompostamente nella cartella i quaderni e, mettendoselo in spalla, era schizzato fuori dall’auletta claustrofobica.
Giungendo davanti al luogo d’incontro, si guardò attorno, cercando di individuare nella massa di ragazzi in piena crisi ormonale un chioma conosciuta.
Sperava davvero che andasse tutto bene.
 
“Oh, avanti.. non farti pregare Bri. Di solito sei tu quello che non aspetta altro.”
Matt leccò con maggior enfasi il collo di Syn, facendolo sospirare di beatitudine. Benché si opponesse, il ragazzo non poteva evitare di percepire un brivido su per la schiena tatuata.
“L’hai detto: lo sai che non mi tiro mai indietro .. – Brian gli concesse un bacio infuocato - ..ma siamo nel bagno dei ragazzi e, davvero, non voglio romperti il c-”
“oh, oh! Come siamo scurrili, Haner. Non me lo sarei aspettato da lei..” lo interruppe con tono ironico, Sanders.
Brian rise di gusto, mordendogli le labbra secche e bollenti.
“Ragazzi? Siete qui dentro?”
La voce annoiata di Johnny arrivò forte e distinta, interrompendo il momento. Matt strinse gli occhi, frustato, mentre Syn si staccò immediatamente.
“Oh, avanti. Non sono così stupido, lo so che state limonando in uno di questi cubicoli. Ma Jimmy ci aspetta per presentarci una persona. Quindi rivestitevi e portate quelle chiappe fuori di qui.”
I due sussultarono a quelle parole: immaginavano che gli altri del gruppo si fossero accorti di ciò che stava loro accadendo, ma non sospettavano minimamente che il piccoletto avesse il coraggio di dirlo a voce alta.
“E per inciso, lo sa anche Jimmy.” Concluse Seward, aprendosi in un sorriso ironico e chiudendosi la porta dei bagni maschili alle spalle.
“Credo sia meglio andare.”
“Già.” Concordò Shadows, stizzito dalla figura di merda appena fatta.
Usciti in corridoio, videro Johnny aspettarli con le braccia incrociate affianco agl’armadietti adiacenti. Non proferì altre parole sull’argomento, certo del fatto che i due fossero leggermente imbarazzati della situazione.
Percorsero i corridoi, gremiti di studenti, in silenzio sino a quando Brian non tentò di smorzare la tensione creatasi.
“Chi è questo tizio che ci deve presentare Rev?”
“Non lo so, non l’ho mai visto. Ha detto che si è appena trasferito qui. l’ha incontrato a Letteratura straniera.” rispose Johnny, alzando le spalle come se nulla fosse.
Matt sbuffò scocciato.
“Sinceramente ce la poteva risparmiare.. non è il momento di fare nuove conoscenze.”
“E per quale motivo, scusa?” chiese Brian.
“Dobbiamo provare le nuove canzoni, ricordi? Aggiustare quelle vecchie, esibirci nei locali, farci conoscere come band. E, nel mentre, tentare di non farci bocciare. Non abbiamo tempo per aiutare questo tizio ad ambientarsi.” Proruppe Shadows, incrociando le braccia al petto.
“Oh, avanti! Non ti capisco quando fai così, davvero. Magari è simpatico..” rispose il più piccolo del gruppo.
“Secondo me dovremmo almeno capire che tipo è. Quantomeno guardarlo in faccia e poi, eventualmente, mandarlo a cagare.. no?”
Brian era sempre quello più diretto, in assoluto. Lo era sempre stato, sin da bambino quando rubava le bambole alle bambine dell’asilo e staccava loro la testa. Era l’unico ad ammettere candidamente una cosa del genere.
Crescendo, questa qualità non era svanita. Per niente.
Matt rimase interdetto a fissarlo negli occhi per un paio di istanti, senza sapere cosa dire.
In effetti, non aveva avuto motivi per essere così categorico nei confronti di quel tizio che Jimmy voleva presentargli. Eppure sentiva che qualcosa non sarebbe andato nel verso giusto.
E Matt odiava non avere il controllo delle situazioni.
 
Jimmy rise di gusto quando vide Zacky seduto a terra, vicino la porta dell’aula di letteratura, con la testa china sulle ginocchia. Mezzo addormentato.
Lo scosse leggermente per la spalla per poi sederglisi accanto.
“Scusa se ho fatto tardi.. ma quel coglione di algebra voleva esortarmi a ‘prendere più seriamente la materia’ o una cosa del genere.”
Sullivan rise di gusto, ripensandoci. Zacky sbatté le palpebre per riacquistare lucidità.
“Cosa? Chi?”
Jimmy rise più forte. “Niente. Lascia stare. Pensa a riprenderti dal rincoglionimento.”
Il moro, annuendo silenziosamente e strofinandosi gli occhi con enfasi, non si accorse neppure che, nel mentre, qualcuno si era accostato a loro.
Qualcuno che, ben presto, avrebbe saputo riconoscere ovunque.
“Jimmy!”
Zacky, allora, alzò lo sguardo, puntandolo innanzi a sé.
Ammutolì.
 
 
Syn notò unicamente gli occhi cristallini.
Il viso ovale ma squadrato.
La carnagione pallida.
I capelli corti a coprire, in parte, il volto.
 
Bastò quel poco, in effetti.
 
E tutto ciò che aveva sempre ritenuto importante, d’improvviso, perse di significato.
 
 



Note dell'autrice: Allora, questa è la mia prima Synacky, che sto "progettando" da un po'. Non so se potrà piacere o meno, ma vale comunque tentare, no? Quindi eccola qui xD Ringrazio in anticipo chiunque lascerà un commentino-ino-ino-ino (?) o vorrà seguirmi in silenzio in questo lungo e tortuoso cammino u.u

Anyway :D
Ringrazio Vava_95 per avermi aiutato ed aver sclerato con me, durante la stesura.
Spero vi piaccia e fatemi sapere cosa ne pensate!
Saluti

_Electra_

PS: su twitter sono @ElectraGaunt, in caso qualcuno volesse chiedermi qualcosa (inerente alla ff o meno xD) ;)

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Capitolo 2
*** - Secondo Capitolo ***





SECONDO CAPITOLO
 

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Syn non era pronto psicologicamente per affrontare un’altra giornata come quelle precedenti. Era troppo stravolto, intontito, rincoglionito e perso per potersi anche solo lontanamente immaginare di riuscire a resistere senza impazzire. Avrebbe voluto rimanere a letto fino a tardi, aspettare che sua madre uscisse di casa e sbronzarsi per bene.
Ma si ritrovò, ad occhi chiusi, le mani avanti a pararsi da qualsiasi ostacolo ed il respiro ancora pesante, nel bagno attiguo alla camera da letto, esausto davanti allo specchio. Si sciacquò il viso lentamente, aggiustò i capelli neri ed indomabili ed infine indossò i soliti jeans strappati e la maglia nera degli HIM.
Si mosse per la casa senza prestar attenzione a nulla. La forza dell’abitudine aveva preso il sopravvento anche sulle sue azioni.
Eppure, nonostante si potesse considerare una mattinata di merda come tutte le altre, Brian percepì una lieve diversità. Quasi ogni gesto compiuto avesse uno scopo ben preciso.
‘Quante stronzate’ disse tra sé, prima di uscire di casa.
Jimmy lo stava aspettando come al solito e, di certo, non lo avrebbe fatto attendere oltre.
 
“Signor Haner! Vedo che la lezione non le interessa particolarmente. Forse dovrebbe uscire a prendere una boccata d’aria … e magari non rientrare. Lei che dice?” esclamò la Signorina Vandergrass, lasciando cadere gli occhiali spessi sul naso.
Brian si alzò, scocciato, prendendo lo zaino con sé e sbattendo la porta subito dopo averla varcata.
Percorse lentamente i corridoi desolati mentre l’irritazione di poco prima svaniva pian piano, lasciando spazio allo smarrimento che, quella stessa mattina, lo aveva turbato.
Non sapeva né da dove provenisse né il perché lo sentisse così immensamente, dentro di sé. In effetti, non gli era mai successa una cosa del genere. Tentò di non pensarci e, con passi affrettati, si diresse verso i bagni in fondo al corridoio.
Spalancò la porta arrugginita, raggiungendo i rubinetti sporchi di sapone rappreso. Fece scorrere l’acqua tiepida sulle mani, a rinfrescarle per poi passarsele sulla faccia. La sfregò con forza ed energia, cercando di riprendersi definitivamente dallo stordimento.
Peccato che non servì a nulla. Fece alcuni respiri profondi, poggiando le mani ai bordi del lavandino, chiudendo gli occhi solitamente ipnotici.
Un conato di vomito alla bocca dello stomaco e la sensazione che mancasse qualcosa.
 

 
Zacky non capita il motivo di tanto odio nei suoi riguardi. Malgrado ne avesse discusso più volte con Jimmy e per quanto anch’egli lo avesse rassicurato al riguardo, non riusciva a credere davvero che Brian non lo detestasse. Il suo comportamento lo rendeva inquieto, benché la compagnia dei nuovi amici e compagni di scuola lo alleggerissero di quello strano senso d’inadeguatezza.
Eppure tutto rimaneva lì, sospeso in aria senza una motivazione.
A volte, sentiva i suoi occhi profondi perforargli la schiena, le spalle, il collo, come fossero due raggi a infrarossi: non poteva evitare di chiudere gli occhi e sospirare, mentre uno strano brivido gli percorreva la colonna vertebrale.
Nonostante tutto, però, non poteva lamentarsi di come stessero andando le cose nella nuova scuola. Davvero non poteva. Si aspettava un’accoglienza ben peggiore.
Era stato fortunato sotto molti aspetti. In primis, aveva trovato Jimmy.
Jimmy era un tipo particolare, quel genere di persona con la quale non ci si annoia mai ma che, al momento opportuno, sa darti consigli sensati da persona matura. Era quello che, prima di tutti gli altri ragazzi della banda, si metteva in discussione. Il ragazzo su cui tutti facevano affidamento.
Che, molto spesso, fa di testa sua e si gode la vita al meglio.
Non segue le regole, non le rispetta e se ne fotte. Ha una sua etica, i suoi ideali, i suoi idoli, il suo Dio.
Probabilmente era per questo che rimaneva un punto fisso, da non perdere mai di vista: era come un profeta che porta la buona novella.
Si conoscevano da un paio di settimane ma Il Reverendo era già entrato nella sua quotidianità, portando con sé quell’energia che altrimenti sarebbe mancata alle sue tediose giornate.
Un altro aspetto positivo era quello che vedeva come protagonisti gli altri componenti del gruppo. Perché, sì, lo erano. Un vero e proprio gruppo che faceva musica.
E che musica.
Zacky, la prima volta che ne aveva ascoltato le melodie serrate e devastanti, ne era rimasto incantato. Trovava i riff di chitarra elettrica meravigliosi.
Johnny, poi, aveva quella destrezza che raramente si trova in chi suona il basso.
E poi c’era Matt.
Matt. La forza della natura, il ragazzaccio buono ma dal viso restio alla conversazione. Quello che non ti aspetteresti mai ti dia una mano nelle vicissitudini ma che, alla fine, è quello che risolve i problemi.
Forse sarebbero diventati amici, un giorno. Già, forse.
Ed, intanto, con la sua voce distruggeva i muri invisibili e invalicabili della mente, entrandoti dentro senza chiedere.
 
No, non poteva lamentarsi di aver incontrato persone tanto fantastiche.
 

Wait, wait, wait, let me set the record straight.
I was never really yours in the first place
Now oh look at this web I wove
I told you I would break your heart
Framing Hanley – Photographs & Gasoline

 
 
“Ei, Zacky! Come va?”
Johnny aveva quell’espressione da perenne bambino, dipinta sul viso. Era un tipo di poche parole, all’inizio. Ma poi si rivelò tutto il contrario: energico, vivace, fuori dagli schemi ma allo stesso tempo dolce.
Zacky stravedeva per il più piccolo.
Prima che se ne rendesse conto, avevano incominciato a passare i pomeriggi tutti assieme. Il giovane Baker era stato travolto da quella novità: Jimmy che lo chiamava, Johnny che lo cercava per i corridoi della scuola superiore, Matt che lo invitava a sedersi con loro al tavolo della mensa. Brian che, nonostante tutto, lo ignorava spudoratamente.
Scosse la testa, sviando i pensieri verso qualcosa di più piacevole e meno deprimente.
Johnny era capitato al momento giusto.
“Tutto bene, Johnny.. che mi racconti? Ci vediamo oggi pomeriggio?” domandò interessato il moro.
“Oh, certo! Devo solo avvisare Jimmy. Mi aiuterete a preparare la festa!”
Zacky si bloccò un attimo, inebetito.
“Ehm.. di cosa stai parlando?” disse, interrompendolo “Quale festa?”
“Oh, cazzo.. non te l’ho detto! Sabato voglio dare una festa a casa mia! Sono certo che sarà meglio di quella di Matt! E poi è l’unico giorno in cui i miei sono davvero off-limits.. quindi…”
Baker annuì, sorridendo. “Sono certo che riuscirai nell’intento!”
Johnny ghignò contento.
 
 
Synyster Gates era sempre stato l’ultimo a sapere le cose.
Era stato l’ultimo a capire che Johnny e Jimmy avessero un rapporto particolare, ad esempio; era stato l’ultimo a comprendere il fatto che Matt lo volesse in una maniera certamente non casta. Era stato l’ultimo a lasciarsi andare, tra i due, ignorando il fatto che sino ad allora si fosse ritenuto etero fino al midollo. Era la sua condanna, non sapere ciò che lo aspettasse.
Brian non sapeva che Zacky sarebbe venuto alla festa di Johnny, quel sabato sera. O, quantomeno, Jimmy non l’aveva avvertito (o se l’aveva fatto allora Syn non era stato capace d’intendere e di volere).
Perciò si ritrovò ad aprire la porta di casa di Seward totalmente impreparato a quella visione.
Non che Zacky Baker non si facesse notare normalmente (quegli occhi erano assolutamente incredibili e, probabilmente, buona parte della fauna femminile della scuola se lo sarebbe scopato volentieri) ma quella sera era.. incredibile.
Portava una camicia a mezze maniche, bianca e nera, con dei jeans scuri e le scarpe – distrutte – da ginnastica: i piercing al labbro perfettamente lucidi, i capelli aggiustati con un po’ di gel.
I tatuaggi in bella vista sul corpo ancora esile.
Non era davvero fattibile, una cosa del genere, per la psiche di Brian. Se non lo avesse conosciuto, se lo sarebbe fatto molto volentieri. Molto più che volentieri.
Quelle labbra avevano una forma particolare e moriva dalla voglia di sapere di cosa sapessero. Il faccino d’angelo pareva indurlo in tentazione, ma nessuno l’avrebbe liberato dal male.
Pregustava sulla punta della lingua la consistenza della pelle del collo, immaginandolo gemere spudoratamente.
Mio dio, cosa gli aveva fatto quel ragazzo?
Zacky non si mosse per minuti interminabili, arrossendo gradatamente sotto quello sguardo bruciante. A Brian gli si strinse il petto, vedendolo arrossire.
Poi, come scosso da una volontà superiore, lasciò libero il passaggio e lo fece entrare nell’appartamento.
Quella sera iniziò senza neppure un cenno di capo, tra i due.
 
“Che ci fai qui, eh? Cos’è ti fanno schifo le feste, ora?”
Brian aprì gli occhi, osservando il viso ironico di Matt che, senza farsi notare, l’aveva raggiunto in bagno. Johnny non aveva una casa grande e spaziosa come quella di Sanders: l’unico posto in cui sarebbe potuto rimanere da solo era quello.
“Non sono in vena di battute, Matt. Davvero, lasciami stare.”
“Che caratterino, questa sera!”
Haner sbuffò, infastidito, abbassando lo sguardo assente.
Matt si preoccupò. Rimasero in silenzio per un po’, fino a quando il biondo non perse la pazienza.
“C’è qualcosa che non va? È tutta la sera che fuggi da tutti. Se hai bisogno di parlarne.. forse..”
“Ho un problema.” Lo interruppe repentinamente Brian.
L’amico aspettò pazientemente che continuasse.
Quanta pazienza.
“E’ qualcosa che non mi sarei mai aspettato, eppure.. non ne sono certo, ecco. Non ne ho la certezza ma non mi era mai successo prima. Ed ho pensato che, probabilmente, in questo caso fosse diverso. Neanche con Michelle …”
“Ah, ah! Allora si tratta di una ragazza! Spara!” lo interruppe ridendo.
Brian s’innervosì.
“la finisci di fare lo stronzo?! È una cosa sera, cazzo!”
Matt tentò di ritornare serio.
“ Dicevi?”
Un rumore di passi che salivano le scale in fretta li fece voltare entrambi verso la porta che, ben presto, si spalancò, rivelando la figura turbata di Zacky.
Baker si bloccò d’improvviso, notando i due ragazzi seduti sul pavimento freddo, vicino al lavandino.
Vicini, appiccicati.
“S-scusate, io sto cercando.. ecco, la cassetta del pronto soccorso.”
“Cos’è successo?” chiese curioso Matt, mentre Syn osservava assorto il viso arrossato di Zacky.
“Jimmy ha tirato un pugno al muro...”
“E per quale motivo?”
“Johnny stava parlando con Carl e lui, non so … sembrava lievemente alterato. E dopo ha tirato un pugno al muro.”
Matt scosse la testa, sussurrando qualcosa come ‘sono sempre i soliti’, ma Zacky era concentrato a fissarsi le mani.
“Se stai cercando la cassetta dei medicinali è lì – continuò Sanders, indicando un cassetto tra la vasca da bagno ed il muro - ..e dì a Rev di non fare cazzate.”
Zacky sorrise, prendendo il necessario e voltandosi verso la porta del bagno.
“Riferirò” disse e scomparve proprio come era apparso. Cioè, rumorosamente.
Matt sospirò, portando l’attenzione al viso dell’amico.
“Cosa stavamo dicen-”
S’interruppe nuovamente, osservandolo negli occhi.
Oh, Christ.
“Non ci posso credere … oh, cazzo … ”
Syn abbassò gli occhi.
“Ti piace Baker.”
Syn non poté fare altro se non sotterrarsi. Per non riemergere.
Matt tacque alla sua non risposta.
 
 
“Jimmy, sta calmo!” urlò Zacky, sospirando stancamente.
“Non ce la faccio, lo capisci? Cazzo, guardalo! Quel tipo lo sta toccando!”
“Gli ha solo dato una pacca sulla spalla, dai!”
La situazione stava lentamente degenerando. Ormai non riusciva a tenerlo fermo e zitto. Rev sembrava voler uccidere con lo sguardo il ragazzo che, amabilmente, stava conversando con Johnny. In effetti, non piaceva neppure a Zacky ma questo evitò di riferirlo all’amico.
L’avrebbe solo scatenato di più.
“Ti va se usciamo un po’ fuori? Prendiamo una boccata d’aria e tu ti bevi una bir-”
Baker si bloccò a metà affermazione, notando come Jimmy fosse scattato in piedi all’improvviso. Voltò lo sguardo verso Johnny che pareva infastidito da come l’altro ragazzo lo stesse toccando. Nessuno stava prestando attenzione a quei due.
La gente, in sala, pareva più ubriaca che lucida.
Eccetto loro.
“Ehi, tu, cazzone!” 
Zacky balzò in avanti, a pararsi tra Sullivan e Carl: ora che lo fissava bene, si rendeva conto di quanto fosse imponente di stazza. Jimmy non era così forzuto, benché la sua massa muscolare non fosse tanto scarsa.
“Dici a me?” rispose l’altro, con sguardo truce.
Jimmy ghignò leggermente.
“Oltre ad essere un cazzone, sei anche stupido.” Esclamò senza paura.
Johnny lo fissava con pupille sgranate, mentre il panico gli invadeva il corpo.
Non voleva che la serata finisse in una rissa. Non desiderava che in quella rissa fosse coinvolto anche Jimmy.
No, non lo voleva.
“Ok, ora basta. Non è necessario che scaldiamo gli animi più di quanto non lo siamo già” intervenne, con tono pacato e fermo.
Zacky annuì, appoggiandolo.
“Come puoi dire questo? Dopo quello che stava facendo, prima. Secondo te non l’abbiamo visto? Secondo te non l’ho notato?!” esclamò ancora Jimmy, fissando negli occhi il suo avversario.
E quest’ultimo perse la pazienza.
S’avvicinò con passo fermo e inesorabile a Jimmy, sferrando un pugno diretto in pieno volto. Il ragazzo non seppe come difendersi, non ne ebbe neppure il tempo.
Zacky si lanciò nella mischia, placcandolo alle spalle per limitarne i movimenti: non ne sapeva molto di lotta libera ma, sicuramente, quella era un’abile mossa.
E così fu.
Per poco tempo, ovviamente.
Ben presto, il moro si ritrovò scaraventato a terra e la testa prese a vorticargli senza sosta. Riuscì a rimettersi in piedi per tirargli un pugno nello stomaco e venir ricambiato con un altro colpo alla spalla.
Le persone presenti (tra cui ragazze) incominciarono a urlare chiassosamente. Alcuni accorsero a placare la rissa, altri a fomentarla.
Zacky non sapeva precisamente cosa stesse accadendo interno.
Vedeva sfocato. La testa gli pulsava senza sosta.
Prima di perdere conoscenza, vide due figure arrivare velocemente.
E se la prima scomparve improvvisamente (era Matt, vero? Era l’unico che potesse fermare tutto quel casino!), la seconda si fermò accanto a lui.
Gli strinse la mano.
Gli occhi apprensivi.
L’odore mascolino di Synyster Gates lo avvolse completamente.





Note dell'autrice: Avrei dovuto aggiornare Domenica, ma non  vedevo l'ora...quindi eccomi qui ancora a rompere le scatole *evita i pomodori* Ringrazio tutti colo hanno recensito il precedente capitolo o chi ha inserito la storia tra le seguite, preferite e/o ricordate. 
Davvero...mi avete fatto felice :') *saltella*
Anyway..Ringrazio come sempre Vava_95 e..basta.
Credo di aver detto tutto!
Se qualcuno volesse seguirmi su Twitter, io sono @ElectraGaunt ;)
Bene!
Ora ho concluso,
A presto

_Electra_

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Capitolo 3
*** - Terzo Capitolo ***




TERZO CAPITOLO

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Quando riaprì gli occhi si ritrovò a fissare il soffitto di una camera. Non era in ospedale, questo era certo. Girando un poco il capo, vide le pareti sommerse dai poster di band che lui, intontito com’era, non riusciva a riconoscere.
La testa pulsava ancora, ma meno fastidiosamente di come ricordava.
Il problema era la spalla: il dolore acuto gli entrava sotto pelle, come fosse dovuto a mille aghi conficcati nella parte già lesa.
Ci vollero un paio di minuti prima che riacquistasse la lucidità necessaria per chiedersi dove si trovasse. Tentò di capirlo perlustrando la stanza che lo ospitava: probabilmente apparteneva ad uno dei ragazzi.
Forse quella di Jimmy?
O quella di Johnny, visto che la festa era stata organizzata a casa sua.
In un lampo le immagini di quel sabato sera gli tornarono in mente, una dietro l’altra.
Syn che lo guardava sulla porta, con il suo sguardo profondo; le ore trascorse con Jimmy; la cassetta del pronto soccorso; il pugno in faccia; l’energumeno che importunava Johnny.
Una mano che stringeva la sua.
L’odore di Brian.
I suoi occhi.
Sospirò, accomodandosi meglio sui cuscini morbidi. Circondato da quelle sensazioni, avvolto da quelle immagini, preda dei suoi sentimenti (perché non poteva negarlo, non poteva affatto), si sentiva stranamente bene.
Ed il dolore fisico svaniva.
 
Brian si passò una mano sul viso, stancamente. Non aveva mai passato una notte così, davvero, mai nella vita.
Si appoggiò al tavolo della cucina, sospirando piano, sentendo la spossatezza passare gradatamente per venire sostituita dal sonno. Alzando lo sguardo, osservò l’orologio segnare le 8 e mezza del mattino.
Fuori il sole era coperto dalle nuvole scure, cosa che molto raramente accadeva ad Huntington Beach. La finestra aperta lasciava passare un leggero venticello che andava a rinfrescare la sua pelle accaldata. L’odore di pioggia imminente gli arrivava alle narici, come un monito.
Non sarebbe riuscito a resistere dall’appisolarsi, lo sapeva.
Con riluttanza, si avvicinò al lavello e sciacquò rapidamente le tre tazze di caffè forte che aveva servito a Jimmy, Johnny e Matt.
Alla fine, Matt era riuscito a placare gli animi alla festa (fortunatamente). Jimmy ne era uscito con un occhio nero mentre il più piccolo con un labbro sanguinante.
Sullivan e Seward non si erano rivolti parola per tutto il tempo, anche se sinceramente a Brian non importava.
Non in quel momento, perlomeno.
Ciò che lo impensieriva, era Zacky. Quello stesso Zacky che si era messo in mezzo ad una rissa per poter coprire le spalle a Jimmy e che l’aveva salvato dall’essere pestato a sangue.
Sinceramente, non ci aveva neppure pensato a portarlo in ospedale. Quando si era accertato che la rissa fosse terminata, aveva preso tra le braccia Baker ed era uscito fuori, in strada, aspettando che Matt lo aiutasse ad aprire la macchina (lui aveva un dolce peso, da sostenere). A quel punto, l’aveva fatto stendere sui sedili posteriori mentre il biondo prendeva posto affianco al guidatore.
La mente ripercorse freneticamente i momenti in macchina, come fossero superflui ma al contempo indispensabili. Si rivedeva a guardare lo specchietto retrovisore, per controllare che Zacky stesse bene e non assumesse un colorito cinereo. O, meglio, troppo cinereo.
Matt lo fissava, lo sapeva. Continuava a scrutarlo da parecchio, ormai. Più o meno da quando gli aveva fatto intendere che provava qualcosa per il ragazzo dagli occhi cielo.
Non vi prestò attenzione e proseguì spedito verso casa.
Johnny e Jimmy si fecero vivi dopo un paio d’ore, saranno state le 4 del mattino.
Sullivan si era scusato un po’ con tutti in effetti, ma l’unico che rimase in silenzio davanti alle sue suppliche di perdono fu Johnny.
Probabilmente, ci sarebbe voluto un po’ di tempo prima che i due si chiarissero.
Ed ora che tutti se n’erano andati a riposare, lui non sapeva cosa fare. Come comportarsi.
 
Aspettò pazientemente che qualcuno scendesse le scale, aspettò di sentire un rumore provenire dal piano di sopra. Ma nulla.
E la preoccupazione crebbe.
Forse avremmo fatto meglio a portarlo in ospedale, pensò.
Brian non era un tipo paziente. Non sapeva resistere così a lungo. Non riusciva ad attendere il compiersi degli eventi: lui agiva, anche prima di pensare.
Perciò non si stupì quando si vide salire le scale, quasi fosse spinto da una forza più grande di lui. Arrivato in cima, attese un attimo davanti la porta della sua camera, chiudendo gli occhi e prendendo un respiro profondo. Poi, cautamente, aprì l’uscio e ne varcò la soglia, con fare circospetto.
Zacky era ancora lì, nella stessa posizione in cui l’avevano lasciato ore prima. Forse, non poteva muoversi per via della spalla dolorante. Lui e Matt l’avevano controllata, in effetti, e fasciata: erano certi non vi fosse nulla di rotto (ne avevano viste troppe, di fratture, per non riconoscerne una).
Probabilmente era una semplice slogatura che, col tempo, si sarebbe riassorbita.
Brian si ripropose di cambiargli la fasciatura, appena si fosse svegliato.
Dopo aver constatato di come il viso avesse ripreso colore, si soffermò a fissarlo: la pelle candida, in netto contrasto con i capelli color pece, assorbiva la luce biancastra che proveniva dalle finestre semi aperte, riflettendola.
S’inginocchiò accanto al letto, in contemplazione, senza poterne fare a meno. Gli scostò una ciocca scusa dalla fronte, mentre il cuore batteva insistentemente nel petto.
Cosa gli stava succedendo?
Perché doveva capitare proprio a lui, una cosa del genere?
Zacky sospirò nel sonno e Brian fu scosso da un brivido. Il fiato caldo del ragazzo gli arrivò alle gote, infiammandole. Quelle labbra lo invitavano a cibarsi di loro, senza pietà.
E Syn era davvero troppo debole per resistervi.
Così, accostandosi maggiormente al moro, poggiò la bocca su quella dell’altro, sospirando forte: il loro odore fruttato e il sapore avvolgente lo stordirono totalmente.
Sconvolto, si scostò.
Si trovò spiazzato, ancora. Ormai quel senso di impotenza pareva pervaderlo costantemente.
Ormai non aveva più certezze, di nulla. Di nessuno.
 
 
 

And then I’d say to you we could take to the highway
With this trunk of ammunition too
I’d end my days with you in a hail of bullets

I’m trying, I’m trying
To let you know just how much you meanto me
And after all the things we put each other through

And I would drive on to the endwith you
My Chemical Romance – Demolition Lovers

 
 
Johnny aveva continuato a tacere anche quando Jimmy, con tutta la buona volontà, aveva riaccompagnato a casa Matt per poi fare rotta verso casa del più piccolo. Non aveva proferito nemmeno un sibilo e quando erano giunti nel noto vialetto era sceso, sbattendo la portiera con enfasi.
Sullivan non aveva esitato a seguirlo.
Seward si era rinchiuso nella propria camera, lasciando all’altro la facoltà di occuparsi di chiudere la porta di casa, salire le scale ed incominciare a bussare insistentemente alla sua stanza da letto.
Per dieci minuti buoni lo implorò di aprire, di farlo entrare (Jimmy non credeva di avere così tanta pazienza); ma, com’era ovvio, non riuscì a trattenersi dall’alterarsi.
“Johnny sii ragionevole ed apri questa cazzo di porta. Ora! – disse convinto, con tono che rasentava l’urlo – Ti giuro che la sfondo. Mi hai sentito? La sfondo! E non sono certo ti convenga!”
Sbraitò.
Rimase un paio di minuti, in totale silenzio interrotto unicamente dal respiro accelerato di Rev.
Poi la porta si aprì, lentamente, svelando la figura distrutta di Johnny (gli occhi arrossati di pianto e le mani tremanti). La spavalderia di Jimmy scemò in un fiotto di fumo, bloccandolo d’improvviso.
“Dimmi quel che devi e poi vattene. Voglio stare da solo” pronunciò il più giovane, trattenendo i singhiozzi imbarazzanti che, nel mentre, non riusciva a fermare.
“Io.. io… - balbettò Rev, senza sapere cosa dire né come scusarsi – non volevo finisse così, la serata. Mi dispiace davvero ma quel tipo ti …”
“Stavamo parlando, già. Stranamente riesco a fare amicizie anch’io, senza che ci sia tu di mezzo. Il povero e piccolo Johnny è dotato dell’uso della parole, grazie tante!” proruppe Seward, interrompendolo.
“N-non volevo dire questo… I- io…”
“Tu cosa?!” ripeté “tu cosa?! Volevi che qualcuno si facesse male, eh? Ammettilo! Volevi vedere Zacky ridotto in quello stato. Volevi aizzare una rissa fin da subito, solo perché … non so neanche perché! Poteva finire molto peggio di come si è conclusa, lo capisci? Se solo non fosse arrivato Matt a tener testa a Carl! Io ne sarei uscito distrutto e tu ancora peggio!”
“Mi sono scusato! Che altro vuoi che faccia?! Che mi inginocchi per implorarti? O che vada, strisciando come un verme, a porgere le mie più sentite scuse a quell’energumeno senza cervello che ti stava importunando?! Perché è per questo che sono intervenuto!” ribatté Jimmy, gli occhi infiammati di rabbia e la voce altalenante.
Johnny non sapeva cosa pensare.
“Non mi stava importunando.. ed anche se fosse sono capace di difendermi! Ma non sarebbe sicuramente stato necessario, cazzo!”
“ Non ho mai pensato questo! Ma non ne ho potuto fare a meno! Non ci ho pensato, non ho riflettuto. E ho detto che mi dispiace, per questo.” Rispose, calmandosi.
Johnny, che fino a quel momento l’aveva osservato in viso, si voltò di spalle, sfregandosi gli occhi con la manica della felpa, facendoli diventare ancora più rossi.
Jimmy sentì un peso all’altezza del cuore farsi più pesante. Non sopportava il vederlo così.
“Johnny ti preg-”
“Dimmi perché.”
Le parole morirono in gola, assieme ai respiri. Le pupille si sgranarono leggermente, mentre la possibilità che la verità potesse essere svelata lo destabilizzò.
Il più piccolo gli si fece vicino, ormai stanco di quella farsa.
“Sai perché ho reagito così? Sai perché sto reagendo così, proprio adesso?”
L’altro fece segno di no, osservandolo appoggiare le mani sul proprio petto.
“P- perché ho avuto paura, come mai prima di ora. Forse perché è successo troppo in fretta, probabilmente perché mi fidavo eccessivamente del tuo buon senso – rise ironico – ma, comunque, ho avuto paura. Una paura sciocca e folle che magari, quella cazzo di rissa, potesse finire di merda, come tutte quelle a cui ho avuto la sfortuna di assistere.”
Johnny s’interruppe, abbassando lo sguardo: Jimmy gli aveva stretto gli avambracci in una presa leggera come l’aria. Ma piacevole.
“Ma, ho pensato, questa volta sarà diverso: saranno coinvolte le persone che amo con tutto il cuore. D- da … sempre. Matt, Syn, anche Zacky.” Sospirò.
Te.”
Jimmy sgranò gli occhi.
“Proprio tu che riesci a farmi ridere anche nelle situazioni del cazzo, che mi ha sempre aiutato e sostenuto. A cui rompo le scatole, continuamente, ma che non me lo fa mai pesare. E non potevo immaginare che.. beh, ti facesse del male. Che ti facessi del male. I- io.. non l’avrei sopportato.”
“Ehi – Rev prese il volto del ragazzo tra le mani, premendo la fronte sulla sua – come hai potuto constatare, sono ancora qui. Vedi? Sano e testa di cazzo. Insomma.. come sempre.”
Johnny rise per un momento, prima di rendersi conto di quanto fossero vicini. Tornò serio lentamente, guardandolo negli occhi e sentendo le guance scottare come tizzoni arderti.
Fanculo.
“F- forse è meglio che.. beh, tu vada. Sono certo che dormire farà bene ad entrambi.. e..”
“Non vuoi sapere perché, quindi?”
“C- come?”
Jimmy prese un respiro profondo.
“Tu mi hai chiesto il perché del mio comportamento: mi hai detto il tuo, benché non te lo avessi domandato. Ma, a quanto pare, non ti interessa più di tanto il mio.”
Johnny non voleva realmente saperlo. Non perché non gli interessasse, ma era certo che il non avrebbe retto alla verità.
Perché, lo sapeva bene, ormai non poteva più negare a se stesso che l’attaccamento morboso che aveva per il moro fosse dovuto a qualcosa di più forte, di una semplice amicizia.
E sapere di non essere ricambiato avrebbe significato distruggerlo e demoralizzarlo più di quanto già non fosse.
Tornò in sé solo quanto si sentì cingere la vita da due braccia forti. Jimmy non si era mai comportato così. Il suo sguardo non era mai stato tanto penetrante come in quel momento.
Johnny ne era del tutto rapito. E perduto.
Follemente.
“Ci sono delle cose che tu non sai, Johnny… davvero. E sono arrivato ad un punto in cui non riesco più a tenerle per me.”
Il ragazzo seguiva a stento il discorso dell’altro giovane, completamente stordito dal suo respiro.
Dal suo odore di birra mischiato a qualcos’altro che non riusciva a decifrare.
Cuoio, forse. O menta fresca.
Seward non seppe cosa pensare, nuovamente.
“E’ tutto qui. Tutti i segreti, le bugie ed i comportamenti strani sono riconducibili a questo.”
“A.. c-cosa?” balbettò il più piccolo.
Sembrava una ragazzina alla sua prima cotta, cazzo. Doveva tentare di controllare il tono di voce, di tanto in tanto. Ma pareva impossibile.
“Scusami.”
“S- scusarti? Per cosa? Non capisc-”
Jimmy sorrise appena, teso come mai.
S’avvicinò lentamente, per non spaventarlo, e poggiò le proprie labbra su quelle dell’altro.
Johnny rimase impietrito sul posto, troppo sconvolto per reagire, troppo assuefatto dalla bocca morbida di Jimmy, dolce ma allo stesso tempo resa rude dal piercing al mento.
Non lo fermò e non pensò di farlo neppure per un secondo.
Ma, d’altra parte, non si mosse, rimanendo a fissare The Rev che era perso nel suo mondo fantastico.
Jimmy, destato dal suo sguardo insistente, si scostò dal viso del più piccolo, divenuto rosso peperone.
“Per questo. M- mi devi scusare per questo.”
Gli sguardi dei due s’intrecciarono ancora.
“Se puoi.”
Il bacio era ancora lì.
Indelebile.
Bruciante.





Note dell'autrice:
Allora..avevo promesso che avrei aggiornato il prima possibile, tentando di mantenere un minimo di tempo tra un capitolo e l'altro. Quindi, eccomi qui! Spero che questo capitoletto non vi abbia deluso *evita come sempre i pomodori maturi* *li raccoglie per fare la salsa* 
Ringrazio chiunque abbia avuto la buona volontà di recensire fino ad adesso e chi, invece, ha letto soltanto o ha aggiunto la fic tra le Seguite/preferite/da ricordare.
Non sapete quanto mi abbia fatto piacere.
Ringrazio Vava_95 per la pazienza nel sopportarmi ;)
Per chiunque volesse seguirmi su twitter, io sono @ElectraGaunt :)
A presto,

_Electra_

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Capitolo 4
*** - Quarto Capitolo ***


QUARTO CAPITOLO

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You could be my someone
you could be my scene
you know that i will save you
from all of the unclean
I wonder what you're doing
I wonder where you are
There's oceans in between us
but that's not very far

Blurry –Puddle Of Mudd

 

 
Zacky tremò nel buio.
Non riusciva a focalizzare neppure una zona di luce attorno a sé, come fosse stato inghiottito dal nulla.
Forse era per questo che si ostinava a tenere le palpebre abbassate, gli occhi ben serrati.
Aveva paura.
Paura di ciò che non conosceva, paura del buio proprio come i bambini. Di quello che non vedeva.
E, benché non ve ne fosse motivo, non riusciva ad aprire lo sguardo.
Non aveva voglia di affrontare la realtà, non era pronto.
Ben presto, l’opprimente sensazione di smarrimento divenne mero terrore.
Poi, cadde.
 
Zacky si destò dal sonno, accompagnato dal respiro accelerato, da forti tremori e con il sudore che fastidiosamente faceva attaccare le lenzuola alla pelle nuda delle braccia.
Era stato un incubo bruttissimo (sentiva ancora le sensazioni destabilizzanti di perdizione e paura sconvolgerlo, dentro). Chiuse ancora gli occhi, tentando vanamente di far calmare i battiti del cuore. Eppure ne aveva fatti di ben peggiori.
Aveva sognato di morti ammazzati, sangue, guerre e sparatorie.
Aveva davvero sognato cose indicibili (erano i film horror a ispirarlo, doveva ammetterlo: ne vedeva a quantità industriale).
Eppure quello lo aveva lasciato con l’amaro in bocca, quasi presagisse qualcosa di peggiore. Quasi avesse qualche connessione con la realtà.
E lui non voleva, assolutamente.
Riemerse dai propri pensieri, guardandosi per la prima volta attorno: non conosceva quella stanza. Non vi era mai entrato ed era un po’ – tanto – disordinata. Esageratamente disordinata, anche per lui.
Poi, d’improvviso, le immagini del giorno prima tornarono a galla, come un uragano.
Si era anche destato un’altra volta, nel mentre, ma probabilmente si era di nuovo riaddormentato per colpa del troppo stordimento che aveva subito.
Sorrise tra sé, pensando a quanto fosse stato fortunato: non aveva mai partecipato attivamente ad una rissa. Si guardò le braccia, notando come la spalla fosse ben stretta con garze e bende: la luce della luna si rifletteva nello scotch trasparente che teneva legato il tessuto della fasciatura.
Se non ci fossero stati Jimmy e Matt, probabilmente avrebbe ricevuto più di una semplice  lussazione. 
Se non ci fosse stato Brian…
A quel pensiero sgranò gli occhi limpidi.
Doveva smetterla di illudersi a quel modo. Doveva assolutamente piantarla di pensare al ragazzo in quel modo davvero inappropriato.
Aveva tentato d’imporselo sin da quando lo aveva conosciuto, ma gli occhi di Zacky tradivano i suoi reali sentimenti. E non era mai capitato, mai prima d’allora.
Ma con Brian Haner Jr. era inevitabile. Inevitabile sentirsi a disagio sotto i suoi sguardi, inevitabile arrossire, inevitabile voler rimanere solo con lui (stando anche in silenzio, al moro non importava). Quando era in sua compagnia, gli pareva non avere altri pensieri altri problemi.
Ed era strano, perché loro due non si erano scambiati più di qualche parola. Non erano mai stati amici intimi, non si erano scambiati numeri di telefono e oltre quella festa non erano usciti insieme, neppure in comitiva.
Eppure quando era svenuto, nei miseri istanti di breve lucidità, la sua presenza era stata massiccia: Brian si era accovacciato accanto lui, questo lo rammentava chiaramente, gli occhi colmi di ansia, con lievi accenni di rabbia.
Quel suo comportamento lo aveva scosso profondamente dal torpore imminente. Come una scossa elettrica che passa sotto pelle, qualcosa d’impercettibile ma vivo. Così vivo da non farti respirare bene, a fondo.
Zacky strinse le gambe al petto.
“Va tutto bene?”
Qualcuno sussurrò nell’ombra della stanza piccola e disordinata.
La riconobbe. Quella voce profonda e delicata, sensuale. Non poteva essere di nessun altro se non sua.
Baker saltò ugualmente per aria, non aspettandosi che Brian interrompesse i suoi pensieri proprio in quel momento di autoanalisi.
Non sapeva neppure fosse accanto a lui.
“C-cosa ci fai qui?” domandò tremante.
Haner rise piano: sembrava cauto anche nell’avvicinarsi a lui.
“Ti ricordo che sei a casa mia, nella mia stanza e steso nel mio letto. Credo di avere qualche diritto di essere qui, non credi?”
Zacky arrossì, puntando lo sguardo davanti a sé, a fissare il vuoto.
Brian si sedette a fianco all’altro ragazzo, impacciato. Non si era mai esposto così tanto come in quel momento, con Zackary.
“Ricordi qualcosa della festa?” chiese per rompere il ghiaccio il moro.
“Sì – accennò l’altro – vagamente. Ho ricordi molto.. sfocati. Ma ricordo della rissa.” Proseguì, prendendo sicurezza ad ogni parola. “Come stanno gli altri?”
“Tutti bene. Jimmy ha qualche ammaccatura, ma niente di importante. Tranquillo.” Rispose Brian, sorridendo un po’. “Quello che ci ha fatti preoccupare, beh.. sei stato tu. Quando ti ho visto svenuto non avevi una cera bellissima.”
“Peggio del mio solito immondo pallore?” Sdrammatizzò Zacky, facendo ridere il più grande.
“Sì, credimi.”
Haner annuì, con il sorriso sulle labbra rosee.
Brian non riusciva a smettere di fissarlo, completamente assorto. “E comunque il tuo pallore non è immondo.” Sussurrò, prima di rendersi conto realmente di ciò che stava dicendo.
Le guance del più piccolo si tinsero ancora.
Il padrone di casa si schiarì la voce, per mimetizzare l’imbarazzo.
“V- vuoi qualcosa da mangiare? È tutto il giorno che dormi.”
“Sei stato tu a farmi la fasciatura?”
Brian abbassò lo sguardo. “Sì. Scusa se non è perfetta ma… se vuoi andare a farti vedere al pronto soccorso ti ci porto. Non credevo fosse necessario. Di solito, quando Jimmy si sloga la spalla gliela riaggiusto io. Odia i dottori.”
“Non ti preoccupare. Anch’io odio i dottori – rise – grazie davvero.” Ora anche lui sembrava più rilassato e lo fissava con sguardo contento.
“Forza! Andiamo a mangiare qualcosa … anche se, ti avverto, non sono un grande cuoco.”
“Credo che un panino andrà bene”
Brian si alzò immediatamente dal letto, dirigendosi verso la porta, mentre Zacky fece con calma per non sforzare ulteriormente l’arto fasciato. Le gambe erano deboli e dovette aggrapparsi al materasso per non cadere seduto. Uno strano mugolio di dolore uscì dalle sue labbra.
Il più grande tornò sui suoi passi, stringendolo a sé per la vita. L’odore di Zacky gli entrò nelle narici, molto più intenso di quanto si era immaginato. Era contaminato dall’odore di birra e crema lenitiva al cortisone, ma esso rimaneva comunque presente.
E Brian ne era già succube.
“Tieniti a me, Zack” .
Sembrava una richiesta ma nascondeva molto di più, qualcosa a cui nessuno dei due, però, prestò attenzione in quel momento. Il ragazzo sano lo accompagnò fino in cucina, dove si adoperò nel preparare un panino al prosciutto.
“Spero vada bene.. non c’è nient’altro in frigo.”
“Va benissimo, tranquillo. Anzi, grazie davvero. Per tutto quello che hai fatto per me” ribadì nuovamente Zacky.
“Vorrà dire che mi accompagnerai a fare la spesa, domani.”
Zacky sorrise sereno “Ma certo!”
“Ed anche al negozio di musica..” continuò Brian, con tono fintamente lamentoso.
“Come vuoi tu.”
“Bene!” esclamò con enfasi il maggiore, scoppiando a ridere un secondo dopo assieme all’altro ragazzo.
Erano quei momenti a renderlo attratto veramente da Zacky. Con lui non era solo una cosa prettamente fisica, come fosse solo una questione di tentazioni e piacere, ma in sua compagnia ogni piccolo attimo condiviso diveniva qualcosa di molto più coinvolgente.
Brian ritrovava, negli occhi chiari dell’amico, ciò che lo completava. Ed era strano.
Tutta quella faccenda era totalmente assurda. Ingestibile.
Quantomeno, per lui che non aveva mai provato un tale trasporto per nessuno, prima di allora.
“ Se non ci fosse stato Matt.. – riprese Baker – sono certo che Jimmy, per quanto imponente, non sarebbe riuscito ad abbattere quell’armadio”.
Haner esitò un poco, nel rispondere.
Nonostante tutto, tralasciando i suoi sentimenti, la posizione che occupava non era tra le più semplici da gestire. Totalmente diviso tra Matt e Zacky.
Il primo rappresentava lo sfogo per eccellenza, l’amico fidato con cui condivideva tutto (anche il sesso, che normalmente dovrebbe distare dall’amicizia); e poi c’era Baker, il ragazzo nuovo con gli occhi più belli che avesse mai visto, la persona che rappresentava tutto ciò che non aveva mai avuto, che aveva atteso di ricevere per tutta una vita.
No.
Non era affatto semplice.
Per questo non era facile parlare a Zacky di Matt.
“C- credo di sì.” Minimizzò Brian, smorzando l’atmosfera ironica che aleggiava fino a poco prima in quella cucina.
“A proposito, ecco.. mi dispiace di avervi interrotto, nel bagno di Johnny.. non volevo davvero rompere i coglioni. Ma Jimmy ..”
“Tranquillo, non preoccuparti.”
“E’ che.. appena sono entrato mi hai guardato in un modo.. e.. ho pensato..”
Brian era voltato di spalle, fortunatamente. Quindi poté strizzare gli occhi, stringere i pugni e serrare la mascella senza essere visto dall’amico.
“Ero incazzato per i fatti miei.” Rispose freddo.
Zacky tacque a quell’affermazione, abbassando lo sguardo, senza aggiungere alcunché.
 

I followed, so taken
so conditioned I could never let go
Then sorrow, then sickness
then the shock when you flip it on me
So hollow, so vicious
so afraid I couldn’t let myself see
That I could never be held
Back up, no, I’ll hold myself.

[…]
And these promises broken
deep, feeble
Each word gets lost in the echo
So one last lie I can see through
This time I finally let you
Go, go, go.
Lost in the Echo – Linkin Park

 

“Il tuo messaggio mi ha spaventato..”
Jimmy era sempre stato un terremoto: entrava nella tua vita e la sconvolgeva. Matt l’aveva sempre considerato tale.
E, in verità, non aveva affatto torto.
“Si può sapere per quale cazzo di motivo mi hai fatto piombare qui?!” sbraitò Sullivan, spalancando definitivamente la porta della villetta di Sanders, senza curarsi di bussare.
Matt sorrise ironico.
“Se non vuoi restare puoi anche andare.”
“Ormai sono qui, quindi parla o sarò costretto a cavarti un occhio con due dita.” Continuò scocciato l’amico, mentre il tono di voce andava calmandosi. Ad occhio critico, ora, Jimmy poteva anche passare per preoccupato.
“Cos’è.. avevi impegni?”
“Esatto.. quindi muovi quella fottuta lingua e smettila di sparare stronzate.”
“Devi andare da Johnny?”
“Matt!”
“Devi andare da Johnny.”
Jimmy si passò la mano sul volto, esasperato.
‘Impaziente’ constatò Matt, ghignando un poco ‘chissà cos’è successo con il piccoletto’.
“Devi dirmi qualcosa Jimmy?” chiese maliziosamente.
Il più alto sbuffò infastidito, andando a prendere una birra dal frigo e sedendosi successivamente sul divanetto, nel grazioso salotto di casa Sanders.
“Pensavo di essere venuto per te e non per essere psicanalizzato.. – borbottò – ..ma comunque ti racconterò quello che è successo, a patto che anche tu faccia lo stesso.”
Matt annuì, curioso di sentire le parole uscire dalla bocca di Jimmy.
Quest’ultimo prese un respiro profondo, quasi stesse cercando dentro sé la forza ed il coraggio per ammettere apertamente quanto fosse legato a Johnny.
Guardò negl’occhi l’altro che, nel mentre, non si era mosso di un millimetro, attendendo pazientemente la rivelazione.
Non era certo che Matt avesse intuito di cosa si trattasse ma non lo fermò.
Affatto.
“L’ho baciato, Matt.” Parlò con tono calmo e calibrato, a brucia pelo e senza compiere giri di parole inutili. “L’ho fottutamente baciato.”
Matt non immaginava fossero arrivati già a quel punto.
“C- cosa? Tu l’hai … ?” sussurrò inebetito.
“Esatto, cazzone! Ed è stato fantastico, ok?! Cos’è.. ti stupisce?” borbottò diventando rosso.
E Jimmy che arrossisce è cosa rara.
Rarissima.
“No, in effetti non mi stupisce.. dopo anni che..”
Ora era Sullivan quello sconvolto.
“Anni?! Cioè … tu lo sapevi?”
“Solo un cieco non lo capirebbe …”
Jimmy si aprì in una risata forte e rumorosa.
Liberatoria.
“Credo di essermi innamorato … è grave, Matt. Presto potrei diventare melenso, pensare di regalargli fiori e cioccolatini al posto di pizza e birra” continuò il più alto, rabbrividendo comicamente. Matt gli diede una spallata (che lasciò l’altro mezzo dolorante, ma ovviamente non glielo fece notare), finendo per ridere anch’egli.
“Ma piantala! Che cazzo dici! Rimarrete sempre i soliti, il gigante e il nanerottolo, pronti a difendersi a vicenda. Avete sempre avuto questo rapporto così.. beh, unico. Di certo non andrà affievolendosi”.
Jimmy si appoggiò comodamente allo schienale del divano, spaparanzandosi per bene e puntando lo sguardo al soffitto.
Lo sguardo serio non ammetteva repliche.
“Spero sia come dici tu. Lo spero davvero.”
“Ci devi credere, Jimmy..”
“Secondo te, se non credessi in tutto questo, l’avrei baciato, rischiando di rovinare la nostra amicizia?” rispose.
“Ovviamente no.” Si ritrovò a constatare Matt.
Lo invidiava un po’. Jimmy era un tipo platealmente fuori da ogni schema (cosa che li accomunava, certamente) ma a differenza sua, lui sapeva ciò che voleva.
Lo sapeva, cazzo.
Non era indeciso o pieno di paure, non aveva fatto passi falsi per ottenere quello che desiderava. Aveva rispettato i tempi di Johnny, non sempre con pazienza ma l’aveva fatto.
“Di certo non hai fatto errori.” Sussurrò dopo minuti di silenzio.
Jimmy si ritrovò a fissare l’amico in volto, senza saper spiccicare parola.
In fondo, sapeva qual’era il problema in lui. Conosceva perfettamente la natura del suo turbamento.
E poteva avere solo un nome.
Brian.
“Il gioco è andato troppo oltre, vero?”
La domanda aleggiò nell’aria come una bestemmia, mentre l’orologio appeso al muro ticchettava lo scorrere del tempo.
Matt abbassò il capo, sentendosi scovato del suo più grave reato.
“Credi si possa tornare indietro?” chiese “Credi si possano cancellare i sentimenti?”
Jimmy ci rifletté con calma, senza fretta.
“Certo che si può.. ma a quale prezzo?”
Shadows scosse la testa, senza potersi dare una risposta. Ormai era troppo assuefatto all’idea che, forse, un giorno, Brian sarebbe potuto essere suo.
Non era ancora totalmente coinvolto, ma sentiva crescere quel qualcosa dentro di sé. E ne era certo, avrebbe dovuto ucciderlo presto. Prima che prendesse il sopravvento.
“Sai cos’hai sbagliato, Matt?”
Il ragazzo scosse la testa, troppo teso per rispondere sensatamente.
“Sei stato così superficiale da pensare che il sesso non abbia niente a che fare con l’amore.”
Sanders alzò lo sguardo sbarrato nella sua direzione.
“Hai davvero creduto possibile che fare sesso con uno dei tuoi più cari amici non avrebbe portato complicazioni. Ma c’è solo una cosa che ho imparato, stando con Johnny: che l’amicizia è una tipologia di amore e non è molto differente da esso. Basta dargli una piccola spinta e arrivi a non distinguere più questi due sentimenti.”




Note dell'Autrice:
Spero che il capitolo vi piaccia. Vi avviso già da ora che, per il prossimo mese, gli aggiornamenti saranno meno frequenti (causa vacanze ;)) ma mi vedrete ancora, quindi portate pazienza. Sto già scrivendo il quinto capitolo (quasi in conclusione) e sicuramente prima di domenica aggiornerò.
Se volete seguirmi su twitter, anche per sapere le date effettive degli aggiornamenti e/o trucidarmi dopo questo finale *evita i pomodori*, io sono @ElectraGaunt :)
Ringrazio le persone che hanno recensito i precedenti capitoli, quelle che hanno semplicemente letto e i santi che hanno aggiunto la ff alle Seguite/Da Ricordare/Preferite ;)
A presto,

_Electra_

 

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Capitolo 5
*** - Quinto Capitolo ***



QUINTO CAPITOLO

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And the sun will set for you
The sun will set for you
And the shadow of the day
Will embrace the world in grey
And the sun will set for you

In cards and flowers on your window
Your friends all plead for you to stay
Sometimes beginnings aren’t so simple

Shadows of the Day - Linkin Park

 

 
 
Non vi era nulla d’importante, niente di rilevante oltre loro. I respiri si rincorrevano, si perseguitavano come non avessero un domani.
Le mani volavano a stringere fianchi e braccia, il collo di Jimmy, la schiena di Johnny.
Due affamati.
Sembravano due perfetti affamati che per tutta la vita avevano aspettato il momento opportuno per divorarsi reciprocamente. Continuarono così fino a quando il fiato non mancò loro nel petto e furono costretti a separarsi.
Johnny, quasi immediatamente, abbassò lo sguardo per colpa del troppo imbarazzo; Jimmy, di riflesso, non aveva smesso di fissarlo negli occhi, neppure per un secondo.
“Perché non me l’hai mai detto?” chiese il più grande, ridendo leggermente.
“Ti immagini la scena? Io che vengo lì e ti dico che ti amo … magari davanti a Matt o Brian! Che cazzo di domande fai?” borbottò Johnny, rabbrividendo al pensiero è stringendosi di più all’altro ragazzo, nascondendosi nel suo petto ampio.
Jimmy non poté non aprirsi nell’ennesima risata.
“Ma che cavolo ci parlo a fare con te …” sussurrò tra sé e sé Seward.
“Non te la prendere, dai …” continuò il moro al suo orecchio, con tono lascivo al quale il minore chiuse gli occhi, sospirando.
Tutta quella tensione nascosta e quei brividi che correvano per la schiena non erano di certo un bene. Avevano atteso troppo a lungo, per troppi anni, per resistere ancora a quell’eccitazione crescente.
Johnny non riusciva a muovere un muscolo, completamente assorto e ammaliato dal respiro dell’altro.
Dovevano fermarsi, forse?
“Forse è meglio che vada a riposare. Ti chiamo stasera.”
Johnny annuì silenziosamente benché quella non fosse una domanda.
Sullivan si staccò definitivamente da lui, lasciando un lieve calore sulla pelle di Christ, che dovette appoggiarsi con le mani al muro dietro di sé per non cadere a terra.
Già ne sentiva la mancanza.
“Un’ultima cosa … !” esclamò il più grande, voltandosi nuovamente verso di lui.
“Hai detto che mi ami, poco fa. – Johnny sgranò gli occhi, sbalordito per non essersene accorto prima - .. beh, sappi che ti amo anch’io, nano!”
La sua risata riecheggiò per alcuni minuti. Johnny sentì la porta di casa sbattere e l’auto nel vialetto allontanarsi.  
Jimmy sparì nella luce del tardo mattino.
 
 
Johnny si era svegliato con quel ricordo nella mente. Non aveva potuto evitarlo in alcun modo, proprio come non aveva potuto sviare il pensiero degli occhi azzurro mare di Jimmy.
Di quello che, sino a pochi giorni prima (dio, sembrava passata un’eternità), era uno tra i suoi migliori amici. Dubitava lo fossero ancora.
I migliori amici non si baciano come avevano fatto loro, non con la stessa intensità e con la stessa passione. Se chiudeva gli occhi, poteva ancora percepirne la solennità.
Baciare Jimmy era come suonare la chitarra o il basso. Solo gli accordi succulenti potevano equiparare quello sfioramento di labbra. Johnny non poté fare a meno di rabbrividire, ancora, prima di scuotere la testa.
Doveva distogliere il pensiero, svagarsi e fare altro. Qualunque cosa pur di non pensare.
Perciò si alzò dal letto, con un obiettivo preciso in mente, e rassettò con malavoglia la piccola stanzetta; poi si mise a suonare il suo strumento, tentando di comporre un nuovo arrangiamento per la propria canzone. In ben che non si dica, la mattinata passò rapidamente senza che se ne accorgesse.
Andò a prepararsi qualcosa da sgranocchiare davanti alla televisione e, con aria esausta, si spaparanzò sul divano.
Peccato che non servì a nulla, in verità.
Ogni gesto che compieva lo riconduceva al principio.
Il suo personale principio.
Chissà cosa starà facendo, ora..’ pensò ‘..e vorrei sapere davvero per quale motivo non mi ha chiamato, ieri sera! Ma questa me la paga!
S’imbronciò un po’ di più, incrociando le braccia al petto e rendendosi conto, improvvisamente, a quanto dovesse assomigliare ad una ragazzina mestruata, proprio in quel momento.
Era strano, in effetti. Quella sensazione lieve di incompiutezza riecheggiava nell’aria e nella sua mente, facendolo sentire davvero solo.
Non aveva mai provato una cosa del genere, anche perché prima di ieri non era mai stato fidanzato ufficialmente.
O, quantomeno, non con il proprio migliore amico.
Scosse la testa con enfasi chiudendo gli occhi stanchi.
Da quando era diventato uno strizza cervelli?
Oh, ‘fanculo!
Un frenetico bussare alla porta lo ridestò dalle proprie elucubrazioni mentali, facendolo saltare dallo spavento.
Con aria stravolta si alzò dal divano e percorse il corridoio che portava all’ingresso di casa che, ben presto, fu aperto per rivelare una figura alta e ben piazzata. Gli occhi blu mare in tempesta lasciarono Johnny senza parole.
Le capacità di parlare completamente azzerate.
Non ci fu bisogno, comunque, di riavviarle perché Jimmy entrò rapidamente in casa Seward e, chiudendosi la porta alle spalle, sbatté il piccoletto alla parete, tuffandosi sulle labbra di lui.
Sembrò sbranarle, completamente affamato ed assuefatto dall’odore di pulito di Johnny: come era arrivato a quel punto?
La dipendenza era già tanto grave?
Sospirò di piacere quando le mani vennero a contatto con la pelle al di sotto della maglietta del compagno, così liscia e pallida, e questo provocò un tremito all’altro ragazzo. Una scossa elettrica che risalì la colonna vertebrale di Johnny, stordendolo maggiormente.
Le lingue continuarono a scontrarsi in una lotta silenziosa – o, quasi – e che continuò per parecchi minuti, sfiancandoli per il mancato ossigeno.
Quando si staccarono – i polmoni di entrambi parvero urlare un finalmente, cazzo! – non poterono fare altro se non appoggiare le fronti l’una contro l’altra e sorridersi, in cerca di qualcosa di sensato da pronunciare in quella strana e piacevole situazione.
“Ciao, Johnny bello..”
Come era ovvio, il primo a spiccicare parola era stato Sullivan, accompagnato dal perenne sorriso malizioso che gli illuminava il volto e lo sguardo.
Il più piccolo lo osservò estasiato, sentendo l’irrefrenabile impulso di tornare a occupare il tempo con il nuovo passatempo appena concluso.
Oh, sì. Con piacere. Si sentì sussurrare dalle sue labbra frementi e gonfie.
“Ciao – sussurrò - ...perché non mi hai chiamato, ieri sera?” chiese, tanto per dire qualcosa di logico.
“Ero stravolto e sono crollato. Mentre stamattina sono passato da Matt per poi correre qui..” rispose “..non vedevo l’ora” riprese a sussurrare, sfiorandogli il collo con la bocca e facendolo sospirare piacevolmente.
“P- pensavo.. che, ecco.. forse..” proseguì Johnny, balbettando come non aveva mai fatto prima.
Jimmy si staccò da lui, posando le mani contro il muro ed intrappolandolo nella sua gabbia. L’altro ragazzo si sentì perso, circondato dall’odore di Sullivan, dai suoi occhi, semplicemente da lui.
Sono fottuto.
Jimmy lo guardò intensamente, respirando affannosamente quasi stesse contenendo la rabbia.
“Pensavi seriamente che avessi potuto cambiare idea su di noi? Eh?”
“Beh, io..”
“Johnny Christ guardami negli occhi: il pavimento non è più importante di me. – il ragazzo alzò il viso di scatto – Bene. Ed ora dimmi: l’hai pensato seriamente?”
Il più piccolo poggiò una mano tra i capelli scompigliati dell’altro, osservandole i lineamenti del viso, ammaliato da ciò che scorgeva e tracciando spirali contorte sulle guance di Jimmy.
“Credevo non potesse essere vero.. di, ecco.. di essere diventato più di un amico per te.” Buttò fuori tutto d’un fiato.
“E per quale cazzo di motivo, nanerottolo?” sbottò il ragazzo dagli occhi blu.
Johnny faticò a sostenere quello sguardo. Non rispose alla domanda diretta, imbronciandosi appena sentendo l’appellativo con il quale l’aveva chiamato.
“Ora mi ascolti, chiaro? Perché non mi ripeterò una seconda volta, ok? – incominciò Jimmy, quando comprese che non avrebbe ricevuto alcuna risposta – Se ti può far sentire meglio, sappi che non ho mai desiderato così ardentemente una persona, come con te. Neppure una donna. Capisci bene quanto questa mia ossessione nei tuoi confronti fosse stata deleteria, dato che eravamo ancora migliori amici fino a pochi giorni fa. Quindi se stai cercando di dirmi qualcosa, sappi che non sono disposto a retrocedere al primo step, ok? Ormai sei fottutamente mio, Johnny bello.” Concluse sorridendo maliziosamente.
Johnny non esitò un solo istante: afferrò la maglietta di Sullivan e lo attirò maggiormente a sé.
“E chi ha detto che voglio... retrocedere?
Una risata riecheggiò tra le pareti di casa Seward, che un momento dopo tornò ad essere tranquilla.
Il silenzio interrotto solamente da piacevoli sospiri.
 
 

Everybody
Put up your hands Say:
”I don’t wanna be in love, I don’t wanna be in love”
Feel the beat now
If you’ve got nothing left say:
”I don’t wanna be in love, I don’t wanna be in love”
Back it up now
You’ve got a reason to live say:
”I don’t wanna be in love, I don’t wanna be in love”
Feelin’ good now
Don’t be afraid to get down say:
”I don’t wanna be in love, I don’t wanna be in love”

Feel the beat
Feel the beat
Feel the beat

You got nothing to loose,
Don’t be afraid to get down

 
Good Charlotte - I don’t wanna be in love

 
 
“A proposito, ecco.. mi dispiace di avervi interrotto, nel bagno di Johnny.. non volevo davvero rompere i coglioni. Ma Jimmy ..”
“Tranquillo, non preoccuparti.”
“E’ che.. appena sono entrato mi hai guardato in un modo.. e.. ho pensato..”
Brian era voltato di spalle, fortunatamente. Quindi poté strizzare gli occhi, stringere i pugni e serrare la mascella senza essere visto dall’amico.
“Ero incazzato per i fatti miei.” Rispose freddo.
Baker tacque a quell’affermazione, abbassando lo sguardo, senza aggiungere alcunché.
 
 
Zacky non aveva proposto nessun discorso, non aveva intavolato alcun dibattito. La risposta di Brian riecheggiava ancora nella sua mente: fredda e distaccata.
Erano passate ore, parecchie ore ed il sole era spuntato, nuovamente.  Per la maggior parte del tempo, erano stati in silenzio a vedere la replica di una qualche partita di basket che nessuno dei due seguì minimamente.
Entrambi persi nei propri pensieri.
Poi verso le sette e mezza decisero di prepararsi un caffè forte, lasciando da parte latte e biscotti, ordinatamente riposti sul piano cottura di casa Haner.
Brian lo osservò bere dalla sua tazza a sguardo basso, sentendosi in colpa del modo in cui l’aveva trattato quella notte. Avrebbe voluto scusarsi con tutto il cuore, davvero. Ma come avrebbe spiegato quella reazione anomala?
Oh, ‘fanculo.
“Zacky ascolta.. io non volevo offenderti prima: ero solo nervoso di mio. Me la sarei presa anche con Jimmy, in quel momento. E sai che Jimmy è il mio migliore amico.” Attaccò a dire Haner, senza respirare neppure.
“Quindi.. scusami.”
“N- non devi scusarti e,beh.. non devi neppure darmi spiegazioni. In fondo ci conosciamo poco.”
Brian sorrise del suo velato imbarazzo.
“Ma che cazzo dici? E’ vero non abbiamo parlato tanto fino a ieri sera ma, ehi! Ascolto le conversazioni in mensa, non sono sordo!”
Zackary si aprì in una risata liberatoria, che alleggerì l’aria attorno a loro come un balsamo fresco.
“Forse è meglio prepararci: dobbiamo fare un giro lungo!”
“Ma sono a mala pena le otto..” ribatté il moro, fissando lo sguardo acqua marina sull’orologio appeso al muro.
“Oh, avanti! – esclamò Brian – Non sei stanco di poltrire? Andiamo a farci una doccia e usciamo, su!”
Zacky si aprì nell’ennesimo sorriso.
 
 
Uscirono di casa per le nove, sì e no. Avevano avuto il tempo di lavarsi e sistemarsi, tentando di evitare scene imbarazzanti del tipo ‘ho dimenticato l’asciugamano e mi tocca uscire dal bagno come mamma mi ha fatto’.
Ovviamente tentarono in vano poiché, per quanto Zacky si fosse accertato di avere tutto l’occorrente nella toilette per farsi una doccia in santa pace (e grazie tante), non aveva con sé un cambio. Racimolando il coraggio, e sorvolando sulle proprie condizioni – precarie – mentali, si prodigò a implorare in ginocchio Brian di prestargli un paio di mutande ed una tuta.
Fortunatamente, nonostante la massa muscolare di Haner ( ed a quel pensiero Zackary si ritrovò a sospirare, chiudendo gli occhi istintivamente), la felpa e i pantaloni gli calzarono perfettamente.
Quando era ritornato in stanza, bello pulito e fresco, Brian si era ritrovato a posare lo sguardo su quel corpo fasciato dai propri vestiti. Come fosse flash di un’altra vita, il ragazzo immaginò Zacky indossare una di quelle camicie che Syn si ostinava a tenere nell’armadio (chissà poi per quale arcano motivo), e  fantasticò sul vederlo uscire dal suo letto dopo una notte di fuoco.
Con solo quella addosso.
Brian, riemergendo dai propri filmini mentali, corse in bagno e ci rimase per un tempo considerevolmente lungo.
Quando uscì aveva un sorriso soddisfatto sul volto, l’espressione del viso totalmente appagata.
 
Percorsero la Main street chiacchierando del più e del meno, come non avevano mai fatto prima. Brian gli raccontò del viaggio che il resto dei componenti della sua famiglia stavano facendo in Europa e della band che avevano fondato lui e i ragazzi. Risero e spettegolarono su Jimmy e Johnny, perché davvero era incredibile che non si fossero accorti prima del legame che li univa.
Zacky, incuriosito, chiese a Brian di raccontargli come lui e Jimmy si fossero conosciuti e costui gli rispose che tutti loro si conoscevano da sempre.
“Siamo cresciuti assieme, capisci? Vedo quelle brutte facce – disse, ironicamente – da quando ero un bambinetto che giocava a pallone davanti a casa! Non posso fare a meno di considerarli miei fratelli.” Concluse con un tono di voce spensierato e leggero come l’aria.
Zacky annuì con dolcezza, felice di aver conosciuto persone tanto fantastiche.
Svoltando sulla 14th, si fermarono a comprare qualcosa dall’alimentari e fecero una piccola tappa nel negozio di musica.
Si persero nel reparto Rock/heavy Metal per più di mezzora, passata più che altro ad ascoltare il sound delle nuove band emergenti.
“Un giorno sarete qui, lo sai?” esclamò Zacky “Ne sono certo…”
“Lo spero tanto, davvero. E poi tu come fai a esserne certo? Non ci hai mai ascoltato!”
“Ah! Errore! Johnny mi ha fatto sentire alcune vostre registrazioni.. e posso affermare con certezza che siete bravi!”
Brian rise, osservando quel viso divenire serio e altezzoso.
“Andiamo, critico musicale! Dobbiamo fare un’altra cosa, prima di tornare a casa..”
Uscendo dal negozio, salutarono Jeff, il proprietario, e senza parlare tornarono a percorrere la strada poco affollata.
Non c’era bisogno di scambiarsi parole di troppo, si stava bene anche in silenzio. La presenza l’uno dell’altro era confortante, positiva.
Come fosse un gesto automatico, Brian gli strinse il polso e facendolo arrossire pietosamente. Zacky allungò un po’ di più le dita, intrecciandole con quelle del moro accanto a sé.
Si sorrisero per un momento per poi tornare a guardare dritto davanti a loro.
Da lontano, intravidero la spiaggia bianca e deserta e con un sorriso si accinsero a raggiungerla.
 
Attraversarono il molo lentamente: il rumore dei loro passi, provocato dalle suole delle scarpe sul assi umide di salsedine, era l’unico che si potesse percepire, in quel piccolo anfratto di mondo.
Fatta eccezione per i gabbiani e lo sciabordio delle onde.
Zacky rimase senza fiato quando si affacciò a contemplare il mare, dopo aver appoggiato i gomiti al parapetto in legno.
“Ci eri mai venuto qua?” chiese dopo un po’ Brian, beandosi dell’espressione estasiata sul volto del compagno.
“No, mai..” rispose prontamente “Grazie, davvero. È meraviglioso..”
“Già, lo è. Meraviglioso.” Sussurrò Haner, non riferendosi propriamente al paesaggio.
Ed in qualche modo, Zackary percepì il cambio di tono nella sua voce. Arrossì visibilmente quando Brian circondò la sua vita con il braccio, creando un’intimità che il ragazzo dagli occhi smeraldini non aveva mai provato.
Si fissarono per un attimo che parve loro eterno, come un assolo di chitarra.
Vibrante ed unico.
C’era qualcosa d’indescrivibile nel modo in cui Brian muoveva lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra, indeciso sul da farsi. Zacky respirò il fiato caldo dell’altro, con il cuore in subbuglio, fissandogli le pupille dorate.
Le folte ciglia nere quasi sfioravano gli zigomi alti di lui, mentre la sua carnagione caramellata (così in contrasto con la sua, pallida e smorta) lo faceva rabbrividire.
Non aveva mai visto un ragazzo tanto bello, in vita sua.
“Vorrei baciarti, Zacky.” Si ritrovò a sussurrare Brian.
“Non te lo sto impedendo, Bri.” Sorrise.
 
Brian non esitò neppure per un istante: strinse più forte la schiena di Zackary e spinse contro il parapetto, imprigionandolo.
Zacky appoggiò i palmi delle proprie mani ai lati del suo viso, spingendolo con foga verso il proprio.
Niente avrebbe potuto rovinare quel momento.



Note dell'autrice:
...E dopo un casino di tempo, torno ad aggiornare *schiva i pomodori marci* Lo so, lo so...purtroppo ho scelto il momento sbagliato per incominciare questa fanfiction: quando si è a ridosso delle vacanze è così.
Vogliate perdonarmi ç___ç
Anyway! Che ve ne pare del nuovo capitolo? Ho desiderato da morire scrivere l'ultima parte e mi sembrava giusto dare a Zacky e Brian un po' di pace (pace prima della tempesta....ehm....).
Ok! 
Ora mi metterò a rispondere alle recensioni lasciate indietro (mi scuso con chi mi ha scritto...davvero) e iniziare il nuovo capitolo :D
Ringrazio chi ha letto e seguito/preferito/ricordato e recensito questo obrobrio fino ad ora :D
Dedico il capitolo a tutti voi<3

Un saluto,

_Electra_

PS: per chi volesse insultarmi su twitter, io sono @ElectraGaunt ;)
PPS: UNA COSA IMPORTANTE: per la descrizione del molo mi sono ispirata a questa foto :D
Baci!

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Capitolo 6
*** - Sesto Capitolo ***




SESTO CAPITOLO


This relationship 
I want out today 
this is over 

line for line 
rhyme for rhyme 
sometimes we be fightin' all the goddamn time
-it's making me sick 
relationship is getting ill 
piss drunk stupid 
mad 
on the real 
could you feel what I feel 

 
She loves me not – Papa Roach

 


Zacky si buttò sul letto, facendo cigolare le molle del materasso.
Gli occhi sgranati ed il respiro accelerato, quasi avesse corso fino a casa sua invece di camminare con Brian accanto che lo teneva per mano.
Con uno scatto fulmineo, si rialzò velocemente dal proprio giaciglio, affacciandosi alla finestra che dava sulla strada. Brian Haner Jr stava percorrendo il marciapiede, in direzione della Main street, diretto verso l’appartamento di sua madre.
Zacky rivisse con la mente quella fantastica giornata, illuminandosi maggiormente (sempre che fosse possibile esserlo di più).
Sentiva ancora sulle labbra il sapore del bacio appassionato che si erano dati, prima di dividersi definitivamente, sulla porta di casa.
Brian gli aveva stretto la vita, con le sue braccia muscolose, per non lasciarlo scappare, mentre Zacky si era aggrappato con tutte le sue forze alle spalle ed al collo dell’altro.
Dio, non si era mai sentito tanto in estasi come in quel momento.
Le lingue si erano scontrate così avidamente da farlo rabbrividire, mentre le mani erano corse ad accarezzare la pelle nuda.
Con quale forza d’animo s’era staccato da lui?
Perché aveva interrotto il bacio?
Scrollò le spalle, compiacendosi – e pentendosi, al contempo – di quella rara azione giudiziosa compiuta.
Fosse stato possibile, Zacky sarebbe voluto tornare indietro nel tempo e far procedere il bacio verso qualcos’altro.
Gemette frustrato.
Riacquistata la lucidità, scese le scale di casa propria e preparò da mangiare (non che fosse bravo, sapeva arrangiarsi giusto un po’) per tutti.
Da quando si erano trasferiti ad Huntington Beach, Maria Baker aveva lasciato spazio ai figli, dedicandosi completamente al lavoro. Matt, il suo fratellino, sarebbe rincasato a momenti dagli allenamenti (chissà come mai in quella famiglia tutti amavano il baseball) mentre suo padre sarebbe tornato tra circa 5 giorni.
Viaggiava spesso, il caro James. Per lavoro, s’intende.
Programmò anche di chiamare sua sorella Zina, dopo cena. Era sempre stata la sua confidente, sin da quando era un frugoletto che studiava chitarra a testa in giù. Gli aveva narrato delle prese in giro, all’inizio del liceo, delle risse fuori da scuola. L’aveva assillata con il suo amore per i Misfits e per la musica punk.
Le aveva fatto ascoltare i demo degli ex MPA, lasciandola sconvolta e stupefatta dalla sua bravura alla chitarra.
A volte le mancava, anzi, sempre. La sua presenza sapeva essere di conforto, per lui. Una specie di migliore amica, come solo i fratelli/sorelle maggiori potevano essere.
Ed ora era a New York, presa dai suoi studi al college e la vita piena di nuove persone.
Quando era partita, un anno prima, l’aveva invidiata davvero. Sarebbe voluto scappare anche lui da quella casa, da quella monotonia accecante. Eppure adesso non riusciva più a pensare negativamente.
Non riusciva a vedere l’alone malinconico che, tempo prima, aveva avvolto la sua esistenza.
Ed uno dei motivi più influenti portava il nome di Brian Haner jr.
 
 
Quel martedì mattina svegliarsi per andare a scuola era stato quasi liberatorio.
Zacky non stava nella pelle e la sua coscienza (stranamente aveva la voce di Zina) gli mormorava di mantenere la calma, di stare tranquillo ad aspettare il momento giusto prima di ancorarsi a Brian come una cozza.
Ovviamente, tutte le raccomandazioni svanirono nel nulla quando lo intravide all’entrata, affianco al muretto laterale, circondato da Jimmy e Johnny. Sorrise d’istinto, vedendolo fumare una Malboro Light (Light, seriamente?), scompostamente seduto sul muricciolo a gambe aperte.
Fece un respiro profondo prima di avvicinarsi ulteriormente, controllando che le pulsazioni non divenissero troppo sballate.
“B- buongiorno” sussurrò a mezza voce, arrossendo come uno scemo. Neanche fosse una ragazzina alla prima cotta.
E, Dio! La sua carnagione color mozzarella non aiutava a dissimulare l’imbarazzo crescente.
Quanto odio.
“Ehilà, Romeo! Qui la tua Giulietta incominciava ad irritarsi, non vedendoti arrivare!” Esclamò Jimmy, maliziosamente. Lo scappellotto che ricevette da Johnny era molto più che meritato.
“Lascia stare questo stronzo, Zacky.. ha molta voglia di scherzare.” Disse il più basso, fulminando con lo sguardo il compagno.
Brian nel mentre spense la sigaretta per terra poi, con scatto repentino, afferrò la mano del compagno, posizionandoselo in mezzo alle gambe.
Zacky era completamente preso ad osservarsi le scarpe.
“Non mi hai ancora salutato, Zackary James Backer.” Pronunciò con voce melliflua.
“V- veramente ho detto ‘Buongiorno’.. e, sai, era rivolto a tutti. Quindi sei stato tu a non salutarmi.”
Brian si alzò improvvisamente.
“Ah! E’ così?”
Zacky sorrise, poggiando le mani sul suo petto: “Direi di sì. Sì.”
Non fece in tempo neppure a prendere fiato che già le sue labbra erano impegnate in tutt’altro.
Era come tornare a respirare dopo essere stati in apnea sottacqua.
Si strinse un po’ di più a Brian, facendolo arretrare fino a farlo sedere di nuovo sul muretto.
Quando sentì le risatine di Jimmy e Johnny, decise di staccarsi.
“Buongiorno.”
“Finalmente hai capito” sbuffò Haner, fissando gli occhi luminosi del compagno.
Era davvero il più bel buongiorno di sempre.
 
Matt non si era avvicinato, benché avesse intuito che Jimmy l’aveva visto. Era dall’altra parte della strada, seduto a un tavolino del bar semideserto.
Spesso andavano lì, dopo scuola, lui e gli altri. Ormai Connor, il proprietario, li conosceva bene.
Ma quella mattina c’era andato da solo, perso nei suoi pensieri. Non aveva neppure voglia di entrare in classe, quindi decise che la sua prossima meta sarebbe stato il mare.
Non ci era andato spesso, da quando erano iniziate le lezioni, quell’anno, troppo preso dalla band e dal non farsi bocciare. Non aveva voglia di rimanere indietro.
Affondò lo sguardo sul suo caffè lungo corretto con un goccio di latte, rimanendo a fissarlo per un buon quarto d’ora. Quando rialzò il viso, e puntò gli occhi chiari fuori dalla vetrata del locale, in direzione del muretto dove erano seduti i suoi amici, s’accorse che tutti erano già entrati nell’edificio color panna.
Strinse le palpebre d’istinto, ripercorrendo le immagini di Brian con Zacky.
Cazzo, non l’aveva mai visto così preso. Neppure da una ragazza (e ne aveva avute di ragazze, prima di allora). Il modo in cui l’aveva guardato arrivare, il modo passionale in cui l’aveva stresso a sé.
La casualità con la quale aveva fatto congiungere le loro labbra, quasi non esistesse nient’altro se non quello.
Solo loro due e l’aria nei polmoni.
Brian gli aveva afferrato i fianchi, marchiandoli a fuoco, segnando il territorio proibito. Lasciando trasparire il suo attaccamento verso Zacky.
Come in una di quelle pellicole sdolcinate, da ragazze mestruate e sentimentali.
Non che lui si sentisse meno sentimentale, in quel momento.
“Uno zellino per i tuoi pensieri”.
Matt sobbalzò, facendo quasi cadere la tazza che aveva in mano, per poi voltarsi ad insultare chiunque l’avesse disturbato in quel momento.
Dovette lasciar perdere gli insulti e, piuttosto, riprendere a respirare decentemente.
La ragazza che gli stava di fronte era una delle più belle che avesse mai visto, sul serio.
I lunghi capelli biondi legati in una coda alta, che le metteva in risalto il viso ovale e gli occhi di un ipnotico color nocciola dalle sfumature verdi.
“C- cosa?”
Lei rise divertita dalla sua faccia spiazzata.
“Ho visto che eri assorto nei tuoi pensieri .. – incominciò, sedendosi sulla sedia di fronte a lui, scostandosi una ciocca dal viso fine – e, beh.. sai come si dice: meglio mantenere i piedi per terra, no?”
“Già. Ti avrò dato l’impressione di essere un asociale.”
Lei rise di nuovo, invadendo lo spazio di Matt e facendogli tornare d’improvviso il buonumore.
“Un po’, sì. Ma ti capisco.. capita anche a me, a volte.” Rispose bonariamente “Comunque io mi chiamo Valary DiBenedetto, ma chiamami pure Val.” continuò, allungando la mano verso di lui.
Matt non esitò a stringerla.
“Io sono Matt... Sanders, piacere.”
“Piacere mio.”
Matt non sapeva come intavolare un discorso decente, spiazzato da quell’incontro.
“Sai? Connor ha una foto, sul retro, dove ci siete tu e i tuoi amici. La tiene come una reliquia! Va dicendo in giro che voi ragazzacci farete strada, perché siete bravi. Devi sentirlo come tira le vostre lodi. Allora io, un giorno, mi sono incavolata e gli ho chiesto per quale motivo blaterava così!”
Matt sorrise sinceramente a quelle parole, l’osservò gesticolare con le mani sottili e femminili e rimase incantato a guardare le spirali che facevano nell’aria.
Era fantastico.
“Mi ha detto che avete fondato un gruppo. Lavoro qui da poco, certo, ma non ho mai sentito una vostra esibizione.”
“Qui il karaoke fa schifo – ironizzò Matt, bonariamente – e poi, beh. Diciamo che il nostro non è un genere di musica ‘facile’ ”.
“In che senso? Ora sono curiosa! Cosa suonate?”
“Non credo ti piacerà.”
“Mettimi alla prova!” disse Val “Potresti sorprenderti.” Ghignò la ragazza.
Matt rise di gusto come non aveva mai fatto prima.
 
 
“Quindi quello è il tuo ragazzo?”
La domanda lo sconvolse. Rimase fermo in mezzo al marciapiede che costeggiava il lungomare e la fissò sconvolto.
“Mia sorella gemella, Michelle, dice che sono un’ottima osservatrice. Tu che dici? Lo sono?”
Matt boccheggiò un paio di volte prima di risponderle: “Credi sia gay?”
Lei alzò le spalle, aspettando che lui continuasse a parlare. S’infilò le mani nelle tasche dei jeans stretti che indossava, mantenendo lo stesso sorriso che da ore si intravedeva sul suo viso.
Aveva staccato dal suo turno mattutino ore prima, verso le 11. Matt l’aveva aspettata per tutto il tempo, sedendosi al bancone, così da poter continuare a parlare con la bionda. L’aveva osservata, analizzando i movimenti sensuali e la delicatezza insita nei suoi gesti, quasi stesse preparando una pozione magica al posto di un semplice caffè macchiato.
Aveva scoperto che Valary stava frequentando una scuola particolare, che formava manager. Il lavoro le serviva per non gravare troppo sulle finanze della sua famiglia, cosicché i suoi genitori potessero limitarsi a pagare la retta della scuola e basta.
La sua gemella, invece, era una stilista che per il momento faceva la parrucchiera. Valary era assolutamente convinta che, prima o poi, avrebbe fatto strada anche lei.
E tutto quel chiacchiericcio era continuato per ore, quasi non riuscissero a smetterla di parlare. Era rilassante avere qualcuno del sesso opposto che ti capisse realmente. Con Brian o Jimmy non era mai così. Erano degli imbecilli quando si trattava di essere seri per più di 10 minuti.
Beh, forse Jimmy non era così imbecille ma … ehi! Era pur sempre un maschio che adorava scopare (preferibilmente con Johnny) e sbronzarsi per bene.
Un po’ come tutti.
Un po’ come lui.
“Non sono.. io non sono gay e basta.”
“Diciamo che non ti fai problemi, mi pare giusto.” Disse “Neanche io me ne faccio, se lo vuoi sapere.”
Matt annuì: “Credo non sia giusto, ehm.. beh, porsi questi paletti, no? Sono tutte stronzate, io penso..”
“Lo penso anch’io.” Concordò Valary, sedendosi sopra il muretto alto che dava sul mare. L’osservò un po’, in silenzio. Matt fece lo stesso.
Erano così vicini.
“L’Amore è l’Amore.”

Matt si sentì nel posto giusto al momento giusto.





Note dell'autrice:
Questo capitolo è uscito da solo, non si sa come e non si sa perché. Oggi ho sentito il bisogno di scrivere, un bisogno così intenso da lasciarmi sconvolta. Non è mai facile scrivere, non è mai facile immedesimarsi nei personaggi per farli parlare...quindi spero di esserci riuscita.
Almeno un po'.
Ringrazio Vava_95 e Lia, loro sanno perché. E ringrazio tutti voi, che ancora leggete questa storia, illudendomi che sia davvero bella...cosa che non è.
Ringrazio chi ha recensito e/o inserito la storia nelle seguite/preferite/da ricordare. Non sapete quanto tutto questo mi sollevi il morale, nonostante tutto.
Se volete seguirmi su twitter, io continuo a essere (?) @ElectraGaunt :)
A presto con il prossimo capitolo..fatemi sapere cosa ne pensate;
A presto,

_Electra_


PS: vi piace l'immagine che ho modificato, all'inizio del capitolo? lol

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Capitolo 7
*** - Settimo Capitolo ***


 

SETTIMO CAPITOLO



Keep on running farther, faster
Keep on searching for this haunting has an answer
And I know you will find me in orbit
For I am breathing only for this
For you only. For you only. For you only.
For you Only – Trading Yesterday

 
 
 
 
Nuovo SMS
A: Johnny
Ci vediamo oggi pomeriggio?
 
Johnny rise tra sé, leggendo il messaggio appena ricevuto. Jimmy se n’era andato da casa sua appena 10 minuti prima e già aveva voglia di rivederlo.
Il più piccolo rise di gusto, amandolo un po’ di più.
Come aveva potuto resistere senza quel benessere interiore per tutto quel tempo? Gli sembrava una follia, adesso.
Stare senza Jimmy Sullivan era impossibile, adesso. Lui creava dipendenza.
 
Rispondi.
A Jimmy:
Già ti manco?
 
Non dovette aspettare molto per la risposta.
 
Nuovo SMS
A: Johnny
Certo che sì! A che ora?
 
Johnny sorrise tra sé, arrossendo lievemente. Non era ancora abituato a tutto quello, era passato ancora troppo poco tempo.
Eppure non si sarebbe dovuto sentire così, a rigor di logica: in fondo, lui e Jimmy si conoscevano da una vita, passata tra le risate, pacche sulla schiena, sguardi languidi e sorrisi ammiccanti.
Ma c’era una grande, enorme (devastante), differenza tra provare qualcosa per il tuo migliore amico e fidanzarsi con il sopracitato.
Johnny sentiva su di sé l’insicurezza, come mai.
Aveva paura, più precisamente. Forse era quello il vero problema.
La paura.
Paura si sbagliare, di rovinare tutto, di distruggere quel legame con Jimmy che lo faceva sentire amato e vivo.
Strinse i pugni, ficcandosi le unghia corte e mangiucchiate nei palmi delle mani candide. Osservò il messaggio appena ricevuto con un misto tra frustrazione e gioia.
Come poteva essere Jimmy impaziente di vederlo? Perché lui?
La discussione che aveva avuto con Sullivan, giorni addietro, sembrava essersi dissolta nell’aria assieme alle motivazioni che lo avevano convinto, quel loro primo pomeriggio trascorso da fidanzati ufficiali.
Con uno scatto, abbandonò il cellulare sulla credenza e il rumore parve riecheggiare nella modesta cucina. Lo schermo si accese ancora, vibrando stancamente, ma Johnny era già in camera sua.
Solo con i suoi pensieri.
 
 
Brian camminò lentamente lungo il vialetto di casa Baker, sentendo lo sguardo di Zacky sulla schiena: era appoggiato allo stipite di casa sua, rosso in viso e con le labbra ancora gonfie di baci (sarebbe rimasto un segno indelebile, Haner ne era convinto).
Brian sarebbe voluto tornare indietro, prenderlo tra le braccia e farsi inondare dal suo odore penetrante. Percepiva ancora dentro di sé l’irruenza con la quale si erano scambiati effusioni sul letto della camera da letto di Zacky, lava nel sangue.
La tentazione era lì, aveva un paio di occhi verde smeraldo,  la pelle pallida e candida (per nulla abbronzata) e una bocca da considerarsi illegale.
Syn sentiva il suo sapore e il suo odore ancora nelle narici. Lieve, inebriante.
Eppure non tornò sui suoi passi, per quanto resistere fosse difficoltoso. Si volse solo a sorridere al ragazzo, gli occhi lucidi e brillanti.
Zacky arrossì per poi rientrare dentro casa, di corsa.
Brian rise di gusto, dirigendosi verso Main Street, svoltando successivamente in una delle sue traverse laterali. Gli alberi posti ai lati della strada ombreggiavano discretamente i marciapiedi sgombri di persone: sicuramente molti ragazzi e adulti erano al mare, a quell’ora (era una bella giornata, in fondo, un bel sabato di autunno).
Forse non era la cosa giusta da fare (affrontare tutto, rimettere in discussione quell’amicizia che lo aveva cambiato col tempo, così profonda). Ma casa Sanders era lì, ormai, gli si stagliava davanti con i suoi colori tenui e dal giardino curato.
Non poteva tirarsi indietro.
Il garage era aperto e la voce potente di Matt gli arrivò all’orecchio, forte e rabbiosa.
Brian rabbrividì, istintivamente.
Con passo cadenzato, camminò sul vialetto ghiaioso, calpestando di tanto in tanto il selciato: poteva sentire nella testa la voce di Mrs Sanders imprecare. Rise tra sé, accostandosi maggiormente all’entrata del box.
“Cosa fai qui? E’ da tanto che non vieni.” Esclamò Matt, vedendolo, con tono ironico.
Non lo guardò neppure negli occhi.
Brian esitò, abbassando il proprio sguardo. I sensi di colpa tornarono a colpirgli lo stomaco.
“I- io..”
“Non c’è bisogno che mi spieghi. Non m’interessa.” Lo interruppe immediatamente. “Stavo provando, non so se hai notato. Voglio rimanere solo.”
Brian non rispose, troppo ferito nell’orgoglio.
Orgoglio. Ce l’aveva ancora quindi.
“Puoi anche provare quanto cazzo ti pare. Ma io non me ne vado, sono venuto per parl-”
Matt si alzò dalla sedia sgangherata posta accanto alla batteria di Jimmy, con aria non rassicurante sul viso mascolino. Gli occhi infuocati.
Si avvicinò a Brian, sovrastandolo di poco in altezza. I nasi si sfiorarono per un attimo, come due pugili sul ring. Pronti a rompersi tutte le ossa del corpo.
Non che loro due fossero differenti.
Haner strinse i pugni, il respiro accelerato lievemente.
“Vattene.”
“No.”
Il ragazzo più alto serrò le palpebre per un attimo, tentando di trovare la calma dentro di sé.
“Ho detto vattene. Quale cazzo di parte di quella parola non ti è chiara?”
“Potrei farti la stessa domanda.”
“Non voglio romperti il culo, Brian.”
“Ma davvero?”
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Il primo round risuonò nell’aria, mentre Matt alzava il pugno per tirarlo direttamente al setto nasale dell’amico.
Brian non poté evitarlo, vicino com’era. Ricambiò con un destro ben piazzato per poi evitare un diritto allo stomaco.
Usò tutte le strategie di Judo che conosceva per evitare che si facessero davvero male, ma Matt non era dello stesso avviso.
Pareva stesse aspettando proprio quel momento da parecchio tempo.
Sfogarsi davvero, con l’unica persona che lo facesse sentire male come mai.
Non tutto il male è fisico.
Il cantante non era ancora stanco e con un scatto improvviso si scaglio sull’altro ragazzo, scaraventandolo sul pavimento.
Matt sopra. Brian sotto.
Faccia a faccia.
L’elettricità era palpabile, tagliente. Passionale.
Non c’era modo alcuno per smorzarla se non con la violenza.
Quel tipo di violenza che soleva esserci tra ragazzo e ragazzo. Tra maschi.
L’eccitazione era rimasta in disparte fino a quel momento, un serpente invisibile che strisciava sotto le pelli. Lontana dall’essere razionalizzata.
Ma ora era impossibile evitarla.
Sentirla davvero.
Distruttiva.
Deleteria.
Matt non pensò, non rifletté, reagì secondo i propri impulsi egoistici.
Lo baciò, infilando a forza la lingua in gola a Brian che, impreparato, si ritrovò a dischiuderle immediatamente. Gli afferrò i fianchi saldamente, limitandogli i movimenti e si posizionò in mezzo alle gambe di Haner.
Come poteva essere un bacio tanto estremo? Non lo sapeva.
Non poteva neppure immaginarlo, Brian.
Quest’ultimo tentò di scostarsi in tutti i modi ma non poté nulla contro la massa muscolare dell’amico. Così abbandonò l’impresa e attese che questi finisse.
Un paio di minuti dopo l’ossigeno si fece troppo poco e rarefatto che Sanders fu costretto dai propri polmoni ad abbandonare le labbra carnose di Syn.
“Zacky bacia così?”
“Dovresti chiederti se io bacio Zacky come tu hai fatto con me.”
“Lo fai?”
“No, non contro il suo volere.”
Matt rise.
“Non lo volevi?”
“Non ho detto questo.”
“Quello che stai dicendo non ha senso, te ne rendi conto?”
“Ha mai senso quello che dico?”
“Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda!”
“Io faccio quello che cazzo mi pare!”
Matt rise di gusto, dopo molto tempo.
“Già. Spari sempre minchiate come questa, dovrei esserci abituato!”
Brian si offese un po’, per poi aprirsi anch’egli in una risata liberatoria. Era da tempo che non si divertivano insieme, in quel modo.
Troppo tempo.
Matt si alzò da sopra l’amico. Gli tese la mano che venne afferrata istantaneamente.
Si sorrisero.
“Vieni, stronzo. Andiamo a tamponarci questi tagli. Dovrei avere del disinfettante in bagno.”
“Non mi dire che è quella roba rossastra che brucia fottutamente!”
“Ok, non te lo dico.”
“ ‘Fanculo.”
Matt rise ancora.

Tell me all of your doubts
Everybody bleeds this way
Just the same
Breathe in
Breathe out
Move on and break down
If everyone goes away
I will stay

Breathe In Breathe Out - Mat Kearney

 
 
Jimmy bussò ancora, più forte. Sembrava davvero che casa Seward fosse vuota, ma il ragazzo era certo di no. Conosceva a memoria la routine quotidiana della famiglia di Johnny (in fondo, ci passava i pomeriggi interi, lì dentro!).
Rimase immobile davanti alla porta in legno massiccio, continuando a suonare al campanello, ricevendo come unica risposta il silenzio.
Forse.. forse Johnny era uscito a comprare qualcosa da mangiare (era un senza fondo, quel nano, quando si parlava di cibo!). Oppure era andato a farsi un giro al porto. Solitamente andava lì, quando aveva voglia di pensare e stare solo.
Jimmy tornò sui propri passi, in direzione della spiaggia: aveva voglia di vederlo, davvero.
Ed era strano, o quantomeno ambiguo (mai provato nulla di simile, prima).
Ma ora che entrambi erano sicuri di cosa provassero l’uno per l’altro, il rapporto era divenuto più assoluto. Sullivan era entusiasta di questo, totalmente.
Si stupì, quindi, quando arrivando verso il molo di Huntington Beach non vide nemmeno l’ombra di Johnny. Storse le labbra in una smorfia, poi prese il cellulare premendo il tasto 2 per la chiamata rapida (il numero 1 era già stato occupato da Brian).
Squillò a vuoto, come un urlo in un pozzo d’acqua.
Sbuffò ancora, dirigendosi verso Main street. Tanto valeva andare dal suo migliore amico, sperando fosse in casa.
Lo trovò seduto sui gradini della veranda, con la chitarra in mano. Strimpellava.
Problemi in vista, pensò Sullivan.
Quando Brian strimpellava, i guai parevano sorgere come funghi nel bosco. Lo osservò per un attimo, notando gli occhi (solitamente luminosi) stranamente scuri. Profondi.
Troppo.
“Qual è il problema?”
Brian sobbalzò, impreparato. L’accordo riecheggiò nell’aria, distorto.
“Jimmy! Cazzo! Perché l’hai fatto? Ho perso dieci anni di vita, porca puttana!” sbraitò, gesticolando.
“Mi pare ovvio: volevo coglierti nel momento catartico, bro!” esclamò il più alto dei due, senza evitare di farsi una bella risata.
L’espressione facciale di Haner era indescrivibile.
“Spiritoso, davvero. Esilarante.” Rispose, storcendo ironicamente le labbra.
Sullivan scosse la testa, preparandosi psicologicamente alla discussione. Percorse con occhio critico i capelli scuri dell’amico ricadere sul viso in ciocche scomposte, la carnagione naturalmente abbronzata, così in contrasto con gli occhi brillanti.
Il tramonto era vicino. Il calore stava svanendo rapidamente, Jimmy ne percepiva qualche rimasuglio sulla pelle, tracce indistinte. Delicate.
“Sto aspettando.”
“Cosa?”
“Che tu mi dica cos’è successo.”
“Deve essere per forza successo qualcosa?”
“Sì: sei seduto per terra e stai strimpellando la chitarra acustica. Quindi … parla. Ora.”
Il silenzio cadde di nuovo. Nonostante tutto, era rilassante. Brian si sentì bene, dopo aver passato un pomeriggio perso nei propri casini: Jimmy gli faceva bene, lo faceva stare bene.
Come sempre d’altronde.
Non c’era nulla da fare, nulla da dire. Le parole sapevano essere superflue, a volte. E James Sullivan sapeva essere un ottimo osservatore. Era certo che il problema che assillava il proprio amico avesse un nome.
Matt.
“Lo sai.. puoi dirmi tutto, fratello.”
Brian lo sapeva. Lo sentiva.
Il sangue che scorreva loro nelle vene, benché diverso, aveva la medesima energia. Quell’energia che in pochi potevano vantare di avere.
Sospirò, arrendendosi. Posò il plettro affianco alla chitarra nera, poi strofinò i palmi delle mani sulla faccia lievemente stravolta.
Osservò il cielo rossastro.
“Sono appena tornato da casa di Matt. Cioè.. sono tornato da un paio di ore, circa.”
Jimmy attese che continuasse. Pazientemente.
“Ero andato lì per c-chiarire, in sostanza. Ma..”
“Ma?”
Sussurro.
“Abbiamo finito per alzare le mani. E poi.. mi ha baciato. Non ho avuto neppure il tempo né il modo di scostarmi.”
“Volevi scostarti?”
Brian ci rifletté su, lentamente. I fatti tornarono a riproporsi nella propria mente, ordinatamente. Cercando la risposta, in quel caos schematico che era la sua memoria, si pararono innanzi a sé gli occhi di Zacky.
Vivi. Brillanti.
Meravigliosi.
“Sì. Avrei voluto.. anche se da una parte è stato come ricordare quello che è stato, prima dell’arrivo di Zacky. Ma ora è tutto diverso.”
“Capisco.”
“Già.”
Jimmy poggiò i gomiti al gradito dietro di sé, allungando le gambe intorpidite.
Il sole segnava una riga invisibile, vicino all’orizzonte inafferrabile.
Amava Huntington Beach, anche per quei momenti sporadici.
“Glielo dirai mai?”
“Cosa?”
“Quello che c’è stato tra te e Matt... a Zacky, intendo.”
Haner sgranò gli occhi, spaventato.
“No! Non lo farò... non voglio che.. non.. ti prego Jim..”
“Ehi! Calmati! Non ho intenzione di dirglielo. Ma... sarà peggio, lo sai? Se lo verrà a scoprire da solo.”
“Ma non lo farà. Non voglio perderlo. Non posso, capisci?”
Sullivan annuì, lentamente.
“Ti sei proprio innamorato, eh?”
Brian evitò di guardarlo, imbarazzato.
Jimmy sorrise, tra sé e sé.
Dovrebbero farmi Reverendo di questa parrocchia di matti. Pensò.
 
Il sole sparì, lasciando il posto ad una fresca serata autunnale. 




Note dell'autrice: *evita i coltelli* Lo so... *schiva un pomodoro marcio* ehm, posso spiegare....lo giuro! *viene rincorsa dai lupi*
Purtroppo è così, quando si ricomincia e mi dispiace davvero non poter fare di più. Di non poter aggiornare più rapidamente. Ringrazio coloro che hanno/stanno ancora segiuto la fanfic (e/o l'hanno aggiunta alle seguite/preferite/da ricordare) fino ad adesso e che continueranno a farlo, nonostante il mio ritmo molto rallentato.
Perdonatemi, non è intenzionale la cosa ç_______ç
Spero di riuscire a postare settimana prossima il capitolo che, spoilerando, sarà di svolta sostanziale.
A presto :)
_Electra_

PS: per chi mi volesse bellamente insultare su twitter sono @ElectraGaunt XD Baci!
PPS: Ascoltate le canzoni che ho citato...fatemi sapere che ne pensate. Io le adoro entrambe ;)

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