As If You Have a Choice

di Tinotina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sesto ***
Capitolo 8: *** Capitolo Settimo ***
Capitolo 9: *** Capitolo Ottavo ***
Capitolo 10: *** Capitolo Nono ***
Capitolo 11: *** Capitolo Decimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo Undicesimo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***





Prologo

 

<< Non si è ancora svegliato? >>

Katara, con gli occhi stanti e appesantiti dal troppo vegliare, si voltò verso la voce gentile di Aang, appena entrato nella stanza per poi ritornare a guardare il volto pallido del ragazzo ai suoi piedi.

Zuko.

Gli occhi chiusi e il respiro lieve.

Sembrava dormire, ma non tutto è come sembra.

<< No >>

Voleva piangere. Sfogare le sue lacrime una volta per sempre, e invece rimaneva lì, al suo capezzale con la speranza di rivedere i suoi occhi aprirsi di nuovo, e presto.

E fintanto che non ne era a conoscenza non si sarebbe mossa di lì.

<< Katara hai bisogno di dormire >> le sussurrò.

La ragazza abbozzò un sorriso.

Aang.

Il suo dolce amico Aang, sempre preoccupato per lei.

<< Sto bene, tranquillo. Non ne ho bisogno. >>

<< E invece si. Io e Sokka abbiamo visto che non chiudi occhio. >>

<< Aang, non insistere. Non ho bisogno di dormire >> ripeté.

<< D'accordo, come vuoi. Vieni almeno a cena con noi?>>

<< Non ho fame >>

Fece per andarsene – ormai erano più di due settimane che Katara era rinchiusa in quella stanza – quando la dominatrice lo richiamò.

<< Aang >> disse << Come... come vanno le cose? Cioè … cosa … cosa è successo? Dopo la battaglia, intendo. >>

Katara infatti era rimasta all'oscuro di tutto. Dopo che lei e Zuko avevano affrontato Azula e dopo che lui era rimasto gravemente ferito nel tentativo di difenderla dal fulmine scagliato dalla sorella, non aveva voluto sapere niente, se non della salute del suo salvatore.

<< Sokka, Toph, Suki e io stiamo benissimo, così come Appa e Momo, anche se non al momento non sono molto vivaci. Poi ti ricordi di Ty Lee, l'amica di Azula? Beh, adesso è diventata una Guerriera Kyoshi, sotto la saggia guida di Suki, ovviamente >>

<< Deve essere stato un grande cambiamento per lei. E Mai? Come mai non è qui? >>

Qui, dal suo ragazzo morente – pensò con amarezza.

<< Katara … Mai … è morta. >>

Katara spalancò gli occhi.

Non era possibile.

Mai era riuscita a sopravvivere ad Azula...non poteva...non poteva essere morta. Era una delle combattenti più potenti che conosceva … era impensabile la sua morte...

<< E' così >> continuò tenendo gli occhi bassi << Non so bene com'è successo … so solo che l'hanno attaccata alle spalle, mentre stava combattendo. Mi dispiace tanto Katara >>

Ma Katara non lo stava ascoltando.

Pensava a Mai, e pensava a Zuko. Come avrebbe fatto senza di lei?

Lei stava desiderando che lui continuasse a vivere, ma quando lui avrebbe scoperto la verità... avrebbe desiderato la morte.

E lei non avrebbe potuto nemmeno ringraziarlo.

E abbracciarlo per averle salvato la vita.

Non avrebbe potuto fare niente.

Era diventata inutile.

Aang non era a conoscenza dei pensieri dell'amica capì dal suo sguardo vuoto che non poteva fare nulla per lei e se ne andò, dopo un ultimo sguardo.

Katara riportò il suo sguardo sul corpo del giovane dominatore del fuoco … sul futuro Signore del fuoco.

Vide la cicatrice sul volto e provò rabbia, poi vide la cicatrice sul suo petto – la cicatrice destinata a lei – e provò dolore.

È tutta colpa mia... è solo colpa mia.

Si chinò su di lui e pianse.

<< Non provare a morire, mi hai capita? >> singhiozzò << Ti ricordi cosa hai detto? Hai giurato che sconfiggendo Azula nessun altro si sarebbe fatto male … quindi ritorna … ritorna, ti prego >>

Non morire...

Non lasciarmi...

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Capitolo 2
*** Capitolo Primo ***


 

Capitolo Primo

 

Katara aveva perso ogni energia quella notte. Si era addormentata con la testa sul letto di Zuko sfinita.

Toph la vide ancora bloccata in quel sonno rigido e stancante quando entrò con un vassoio in mano.

Sentiva il cuore di Katara battere furiosamente mentre quello del ragazzo al suo fianco stava rafforzandosi.

Entrò senza paura, appoggiò il vassoio su un tavolo lì vicino e scuoté l'amica.

<< Katara … Katara svegliati >>

La ragazza non diede segno di averla sentita.

<< Katara, ti ho portato la colazione >> disse più forte.

<< Porta … portala via … >> sbuffò.

<< Eh no, mia cara! Oggi devi mangiare! Io non sono Aang, ricorrerò perfino al dominio se opponi resistenza! >>

<< Toph, vattene >>

La voce di Katara era rude e dura. Pochissime volte aveva sentito l'amica parlarle a quel modo. Ma lei non si sarebbe fatta piegare. Lei era una roccia.

<< Non ci penso nemmeno >>

Katara alzò la testa e ripeté: << Vattene >>

<< E tu mangia >>

<< Non ho fame >>

<< Bugia! Lo sai che riesco a percepire quando qualcuno mente >>

<< Toph, per favore... >>

<< No. >> disse << Non ho alcuna intenzione di farti un favore. Pensi che mettendoti alla fame Zuko guarirà prima? Io ne dubito >>

<< Sta zitta... >> sussurrò

<< E ti dirò di più. Non c'è niente che tu possa fare per lui al momento. Sei inutile quanto me, o Aang, o Sokka.. Il suo organismo deve riprendersi dal fulmine autonomamente. Deve farcela da solo; deve salvarsi da solo. >>

<< Non è vero, io posso … >>

<< Tu non puoi niente! Zuko deve riposare in una zona tranquilla e sono sicura che sentendo la tua ansia questa non sia più una zona tranquilla. Come pensi che reagirà quando saprà della morte di Mai, ci hai pensato? No, vero? A te non importa >>

<< Certo che mi importa! >> esclamò lei offesa.

Era questo che pensava? Era questo che pensavano tutti? Che a lei non importava niente?

<< Ah, davvero? Questo cambia tutto. Quindi vuoi che si svegli ora per lanciargli addosso un fardello? In questo modo affronterà due cose insieme. La sua guarigione fisica e la sua guarigione psicologica. Ottimo piano Katara, non c'è che dire >>

<< Non pretendo che tu possa capire >> mormorò.

<< Cosa? La logica in questa situazione. Hai fatto centro Katara, perché non la capisco. >>

<< E' colpa mia, Toph! >> esclamò arrabbiata. << E' solo colpa mia se lui sta per morire. Non posso far finta di nulla... non riesco a lasciarlo qui da solo >>

Perché nessuno si prendeva la briga di mettersi nei suoi panni? Era un desiderio così difficile da comprendere?

<< Katara … >>

<< Quindi rimango con lui >> continuò imperterrita << Devo saperlo in salvo. Deve guarire. Non può morire per me, non posso permettere che accada. Se resto qui almeno ho qualche possibilità di aiutarlo con il mio dominio se le cose si mettono male. Così io... così io non … io … >>

<< Katara, calmati >>

<< Toph, io non posso andare avanti sapendo che lui è morto per me. Per me, che non valgo niente per lui >>

<< Katara, il suo cuore si sta riprendendo. Pompa sangue via via sempre più velocemente. Guarirà, fidati di me. Lo sento. >>

Ma per Katara quelle parole di conforto avevano senso. Cosa significava per lei sapere che il suo cuore batteva più veloce di ieri? Tutto sarebbe stato inutile fino a che non lo avesse visto nuovamente in piedi a lanciare il suo dominio.

<< Katara? Hai capito quello che ho detto? >>

<< Certo, ho capito >>

Ritornò a guardare il volto di Zuko.

Sembrava sereno racchiuso dentro il suo mondo perfetto. Magari un mondo senza guerre, senza problemi, senza responsabilità e senza dubbio un mondo per lui e Mai.

Ed è solo per questo che si chiama immaginazione... perché è qualcosa che si può vivere solo nei sogni.

Lui non avrebbe potuto più avere un mondo insieme a Mai nella loro realtà.

<< Posso... posso rimanere sola con lui? >>

Toph la guardò scettica.

<< Prometto che mangio >> le disse e, per dimostrarsi ancor più convincente addentò una fetta di pane tostato.

<< D'accordo. Ma vedi di svuotarlo quel vassoio, intesi? >>

 

***

 

Katara era rimasta con Zuko tutto il giorno, come aveva detto a Toph, e così anche tutto il giorno successivo, ma nonostante la sua assidua presenza, non c'erano stati che lievi miglioramenti.

Il ragazzo aveva ripreso parte del suo colorito e sembrava più sano, anche se non apriva ancora gli occhi. Si poteva dire che stava meglio... molto meglio dei giorni passati, per lo meno.

Forse fu per questa pallida ripresa di colore, o forse perché ne aveva abbastanza di stare in quella stanza che, dopo aver medicato nuovamente la ferita sul petto, se ne andò via.

Corse fuori, nel giardino del palazzo reale della nazione del fuoco e si fermò solamente di fronte al laghetto privato della casa.

Aprì le braccia ed iniziò a muoverle secondo specifici movimenti. I movimenti del dominio. Secondo i suoi comandi l'acqua iniziò a muoversi, dapprima con movimenti flebili, poi sempre più

veloci e tormentati.

L'acqua schizzava via sotto i movimenti frenetici di Katara, bagnandola da cima a fondo.

Le gocce picchiavano forte, ma Katara non ci fece caso.

L'unica cosa importante era sentire il potere sotto le sue mani. Sentire che era ancora capace di fare qualcosa, qualunque cosa, e l'acqua sotto di sé le dava quel potere.

<< Katara! >>

Aveva iniziato a piovere.

Meglio. Più acqua.

Iniziò a governare anche la pioggia, e in quel momento si sentì bene. Come se tutti i suoi problemi iniziassero a scorrere via e la lasciassero in pace.

<< Katara! >>

Perché non poteva restare così per sempre? Continuare a rimanere sotto la protezione dell'acqua e dimenticarsi di tutto il resto. Perché non poteva?

Sarebbe stato bello, bellissimo...

<< KATARA! >>

… ma non sarebbe mai successo. I problemi non si possono ignorare, e se si vogliono dimenticare, c'è sempre qualcuno sempre pronto a ricordarteli.

<< Katara... >>

Velocemente l'acqua si condensò, formando tanti aghi acuminati sospesi in aria.

Affilati e pericolosi.

<< Cosa vuoi, Aang? >>

<< Volevo solo … senti non puoi abbassarle quelle lame di ghiaccio? >>

Bastò un semplice colpo della mano e gli aghi caddero a terra con un tonfo sordo, uno dopo l'altro, all'infinito.

<< Gra … grazie >>

<< Allora? >> chiese glaciale, ignorando la gratitudine.

<< Zuko si sta svegliando. Credevo lo volessi sapere >>

 

***

 

Katara non si fermò ad ascoltare ulteriori dettagli.

Zuko si stava svegliando.

Dopo tutto questo tempo, dopo tutte le settimane in cui lo aveva vegliato, si stava finalmente riprendendo.

Non appena la notizia entrò in circolo dentro di sé, ritornò di corsa all'interno del palazzo.

Impressionante come i corridoi, le statue, perfino le scale, sembrano moltiplicarsi quando esiste qualcosa ad aspettarti alla fine del percorso … una fine che sembra non arrivare mai.

Perfino ora, davanti alla sua porta, aveva delle esitazioni.

Lui non la stava aspettando; altrimenti perché si sarebbe risvegliato proprio mentre lei era lontano da lui?

Doveva entrare?

La voglia era tanta … ma doveva?

La porta della camera si aprì e uscì Sokka.

<< Katara, che ci fai qui? >>

<< Io... Aang mi ha chiamata >> disse come se dovesse scusandosi.

<< Oh, allora hai portato gli asciugamani? >>

<< Asciugamani? >>

<< Si, asciugamani! Glieli ho chiesti dieci minuti fa, ma sembra scomparso! Lui e Momo! >>

<< Se devi asciugare qualcosa ci penso io >> propose.

Sokka la guardò.

<< Tu? La zuppa umana? >>

<< Cosa? >>

<< Senza offesa, ma hai bisogno più tu di un asciugamano che lui >>

Solo in quel momento Katara si ricordò di essere rimasta sotto l'acqua corrente e di essere fradicia.

Scosse le spalle e con un leggero movimento evaporò le ultime gocce.

<< Ora non mi serve più; invece a te...per cosa serviva? >>

<< Oh, giusto >> disse, scioccato dalla dimostrazione del dominio della sorella. Molte volte l'aveva vista all'opera, dimostrando una capacità fuori dal comune. Non aveva mai dato per scontato il suo dominio, ma quella volta aveva negli occhi un'espressione fredda e indifferente. Qualcosa l'aveva cambiata. << Zuko è in preda alla febbre. Mi servivano per asciugargli il sudore >>

<< Va a prenderli tu. Io sto con Zuko. >>

 

***

 

Katara si avvicinò al letto di Zuko. Il ragazzo era colpito da violenti spasmi ed era in un bagno di sudore.

Come avevano potuto dirle che si stava svegliando?

Gli accarezzò la fronte e, prima di iniziare ad occuparsi di lui, gli sussurrò << Ora ci penso io a te >>.

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Capitolo 3
*** Capitolo Secondo ***


 

Capitolo Secondo

 

Katara aveva lavorato tutto il pomeriggio per riuscire ad abbassare la febbre a Zuko, sia con il dominio dell'acqua sia con gli asciugamani puliti che Sokka continuamente le portava.

Si era calmato solamente a notte inoltrata.

<< Bravo >> mormorò sentendo il respiro normalizzarsi << Molto bravo >>

Katara era così sfinita che per poco non cadde a terra, se non fosse stato per l'intervento tempestivo di Aang che in quel momento stava passando davanti alla camera da letto.

Il ragazzo era riuscito a prenderla poco prima che toccasse il suolo ed ora, tenendola faticosamente tra le braccia, la stava portando nella sua stanza.

La adagiò sul letto caldo e la coprì.

I lineamenti del volto parvero rilassarsi a quel contatto confortevole; il primo dopo giorni.

Se mai l'aveva vista più bella di così, Aang non lo ricordava.

Sembrava l'avessero scolpita i più grandi maestri delle quattro nazioni.

Quando fu sicuro del suo sonno tranquillo, Aang lasciò la stanza.

 

***

 

La mattina che seguì quella terribile notte iniziò nel modo più splendido.

Il sole risvegliava piano la natura ancora dormiente, mentre gli animali iniziavano a lasciare il loro sonno non appena i caldi raggi solari bagnavano le loro pellicce.

Solamente i fiori restarono a coccolarsi ancora nella fresca rugiada mattutina che presto li avrebbe abbandonati.

Katara non si godé lo spettacolare risveglio.

Infatti, non appena aprì gli occhi e comprese di trovarsi nella sua stanza, balzò fuori dal letto e indossò velocemente la vestaglia.

Uscì in tutta fretta dalla camera da letto per raggiungere quella di Zuko.

Quello che vide in seguito la riempì di gioia.

Il ragazzo stava seguito sul letto con gli occhi completamente aperti e mangiava una zuppa bollente.

Appena la vide entrare, con il rossore della fatica ancora sul volto, adagiò la ciotola sul comodino al suo fianco e la guardò.

Non fece in tempo a formulare una frase che in un lampo le braccia di Katara gli cinsero il corpo e le calde lacrime della ragazza iniziarono a bagnargli i vestiti.

<< Stai bene! Stai bene! >> continuava a ripetere, mentre con le mani si accertava che fosse realmente così.

<< Ka ... Katara … >>

<< Stai davvero bene.>> disse nuovamente << Tu stai bene. Sei qui ... sei sveglio … stai bene. >>

<< Si Katara, io sto bene >> Zuko le prese le mani e le allontanò dal suo volto.

Katara non provò nemmeno a protestare. Avrebbe voluto tenere ancora i suoi palmi sopra la fronte e le guance di Zuko, ma si allontanò senza un fiato.

<< Scusa … scusa non volevo … non volevo … aggredirti o cose simili. >>

Zuko la guardò, per poi volgere lo sguardo verso l'esterno.

<< E' una bella mattinata fuori. Sokka è uscito subito dopo avermi portato quella zuppa schifosa. Non ho fatto neanche in tempo a chiedergli in che giorno siamo o l'ora di oggi. >>

<< Oh … è il diciannove di Agosto >>

<< E' passato così tanto tempo? >> chiese più a se stesso che a lei, che non rispose.

<< Beh … >> continuò << Come mai tu stai qui a parlare con me invece di giocare insieme a Sokka o a Aang? >>

<< Io volevo...volevo solo vedere come stavi... >>

<< L'hai detto tu stessa; sto bene. >>

Seguì un momento in cui nessuno dei due parlò.

Uno di quei pesanti silenzi in cui i passi sbagliati si susseguono senza sosta e dove le parole fuggono ad ogni controllo …

<< Ora perché non esci in giardino? Vorrei restare solo se non ti spiace >>

e che feriscono più di una lama scagliata erroneamente.

<< Oh, certo. Allora tu riposa e se hai bisogno di qualunque cosa facci chiamare >>

Katara si avvicinò alla porta, quando la voce di Zuko la richiamò per l'ultima volta.

<< Ehi... se vedi Mai, le puoi dire che la sto aspettando? >>

La ragazza, già con la mano destra sulla maniglia, si paralizzò. Sentire nuovamente quel nome che era ormai diventato un tabù all'interno del loro gruppo, le aveva rigettato addosso tutta la rabbia, la distruzione e il dolore delle perdite che quella guerra aveva portato.

Non se la sentì di riversare addosso a Zuko quella verità che l'avrebbe distrutto...

<< Sicuro. Non appena la vedo >>

e lei preferì mentire.

 

***

 

Katara non raggiunse i compagni nel giardino della dimora.

Scappare. Scappare via. Solo questo aveva importanza.

Fuggire dal palazzo, andare via. Non importava il luogo, non importava niente.

Aveva vissuto gli ultimi venti giorni circa sommersa dall'ansia, dalla paura, preda del terrore di veder morire Zuko sotto i suoi occhi senza aver la capacità di poterlo salvare, vivere continuamente con quella dannata sensazione di impotenza che le impediva di vivere serenamente.

Dopo tutto quel tempo, solo un breve respiro soffocato le era stato concesso.

Veloce quanto lo sbattere delle ciglia.

Aveva affrontato tante avventure da quando aveva iniziato a viaggiare con Aang; combattuto mille battaglie e soprattutto aveva sfidato i suoi demoni.

Era andata a scovare l'assassino di sua madre e aveva fronteggiato per l'ultima volta il dolore della sua scomparsa.

Non l'aveva perdonato, questo era più che certo – non poteva perdonarlo – ma quella volta aveva potuto iniziare a smettere di tormentarsi e iniziare a ricordare con la pace nella mente.

Finalmente poteva pensare a sua madre senza l'odio e il rancore sullo sfondo.

E doveva tutto a Zuko.

Se non fosse stato per lui, la sua mente sarebbe ancora invasa da spettri.

Ed ora lei doveva infestare la sua, di mente? Coprirla d'odio e d'ira? Sapeva bene quanto potesse essere velenoso l'accoppiamento dei due sentimenti, specie se combinati al pensiero di essere stati inutili.

Lei, perché era stata solo una bambina. Lui, perché non era stato abbastanza forte.

Non voleva essere lei.

Non voleva essere lei a svegliarlo dal sonno della malattia.

Non voleva essere lei a disintegrarlo; non dopo tutto il tempo in cui aveva cercato di salvarlo.

Era poco lontano dai contini del palazzo reale, quando si fermò.

Katara non aveva più fiato in corpo e le gambe le dolevano paurosamente.

Doveva riprendersi.

Doveva riposare, almeno per un po'.

Si, le avrebbe fatto bene...

E lentamente chiuse gli occhi, per rispondere a quel desiderio soltanto sussurrato dentro di sé.

 

***

 

Si svegliò di soprassalto.

Non ricordava nemmeno di essersi addormentata, ma di certo quella sveglia non le attutì il colpo.

Uno stormo di uccelli aveva preso a svolazzare e a gracidare in simultanea, senza nessun motivo apparente, gli animali d'allevamento avevano iniziato a muggire e a nitrire, scalciando senza posa.

Gli allevatori cercavano di calmarli, ma senza risultati.

Qualcosa li aveva scossi, e sembrava che fosse solamente l'inizio.

Le persone correvano da tutte le parti. Chi per tentare un qualche rimedio, chi per mettere in salvo bambini e anziani.

Anche un giovane stava correndo, ma non aveva l'aria di voler salvare qualcuno. Sembrava che fosse più che altro alla ricerca di qualcuno, e quando i loro sguardi si incontrarono, capì che era lei la persona che stava cercando.

In un attimo Aang le fu accanto e con la voce piena d'orrore e impastata dai respiri pesanti le disse serio: << Katara, abbiamo bisogno di te. Zuko ha scoperto cosa è successo a Mai. È fuori di sé … non riusciamo a calmarlo … ti prego … aiutaci >>



 

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Capitolo 4
*** Capitolo Terzo ***


 

Capitolo Terzo

 

Aang non le aveva raccontato nei dettagli cosa era successo, per la seconda volta, ma a quello che le aveva riferito la situazione era più grave del previsto.

Quando erano andati a far compagnia a Zuko per il pranzo avevano scoperto la camera completamente deserta, con i mobili devastati e parecchi incendiati. Ma il forte odore di bruciato non proveniva dalla stanza – o almeno, non solo – bensì dall'esterno.

La finestra dava infatti spettacolo di fiamme divoratrici e fumi neri come il carbone.

Avevano capito immediatamente che era colpa di Zuko e avevano deciso di dividersi: Sokka e Toph avrebbero raggiunto Zuko mentre Aang sarebbe andato a chiamare Katara.

L'aveva cercata in ogni angolo del castello, quando gli venne in mente che poteva essere anche uscita.

<< Penso che sia impazzito del tutto >> le gridò per farsi sentire meglio sopra tutto il vociare degli abitanti.

<< Ha appiccato fuoco a tutto? >> chiese Katara, come se non avesse affatto preso in considerazione l'idea della pazzia di Zuko.

E come poteva chiamarla pazzia?

Era solo il dolore infinito dietro il sentimento che provava per Mai.

<< Penso di si. >> Aang non era certo di quello che diceva. Poteva solo fare congetture. << Le fiamme erano altissime, Katara. Non l'ho mai visto generare fiamme così alte >>

Era sconvolto, non era pazzo.

E come poteva aiutarlo adesso?

<< Aang >> lo chiamò << Suki e Ty Lee sono già partite per Kyoshi? >>

<< Che io sappia no. Perchè? >>

<< Quando arriviamo a palazzo, valle a chiamare. Io raggiungerò Sokka e Toph. Portale da Zuko >>

<< Non sono al palazzo >>

Katara si fermò.

<< Che cosa? >> sibilò << E dove accidenti sono? >>

<< Credo che siano andate a vedere una palestra... >>

<< Fantastico! >> commentò acida. << Trovale, e sii veloce! Io vado da sola >>

Aang assentì e svoltò l'angolo mentre Katara proseguiva dritta verso le fiamme che l'avrebbero inghiottita.

 

***

 

Il parco del palazzo era peggio di come se l'era immaginato.

L'erba era scomparsa, così come i cespugli e i fiori che quella mattina avevano respirato la loro ultima rugiada senza saperlo.

Non era rimasto nulla. Tutto si era trasformato in una distesa di terra morta.

Da dove si trovava, Katara poté vedere solamente i suoi amici riparati dietro un muro di roccia – probabilmente eretto da Toph – e sentire l'ira di Zuko che non accennava a diminuire.

Il fuoco che lo stava divorando dall'interno, si stava rigettando senza freni su tutto ciò che lo circondava.

Katara si avvicinò lentamente e tentando di fare il minimo rumore possibile, raggiunse gli altri.

<< Ehi >> li salutò << Com'è la situazione? >> chiese immediatamente.

<< Sai com'è... >> le disse Sokka << … la solita routine. Zuko ha iniziato ad appiccare fuoco ad ogni cosa, tentando di ammazzarci tutti; il che, ovviamente, coincide perfettamente con la sua indole distruttiva. >>

Katara lo guardò male e si chiese se suo fratello connettesse mai il cervello prima di aprir bocca.

Tutt'altra risposta le diede Toph.

<< La terra geme. Non ho mai sentito la sua sofferenza … è una cosa terribile >>

<< Chi è stato quell'incosciente che gli ha detto di Mai? >> disse pungente, rivolgendo uno sguardo di ghiaccio a suo fratello.

<< No! No! Non guardarmi così, non sono stato io! >>

Sbalordita da quelle parole si voltò verso l'amica, sbalordita da quello che la sua mente era riuscita a pensare.

Dopo tutto quello che mi ha detto, guarda come si comporta!

Ma non fece in tempo a formulare la domanda che Toph subito la contraddì.

<< Non chiedermelo neanche. Sai bene quello che penso >>

<< Perché? Che cosa pensi? >> s'intromise Sokka.

<< Non è la cosa più importante al momento>> le rispose Katara << Quel che dobbiamo sapere è come aiutare Zuko. Avete qualche idea? >>

<< Abbiamo provato di tutto, ma nulla sembra raggiungerlo. Le pietre di Toph non lo hanno nemmeno sfiorato prima di disintegrarsi in mille pezzi, dico sul serio! Se speri di attaccarlo alle spalle, è fatica sprecata >>

<< In questo caso... forse dovremo pensare a un modo per metterlo fuori gioco da lontano >>

<< E sentiamo, come pensi di fare? >> chiese pungente Toph.

<< Intanto proviamo a calmarlo... almeno fino a che non arriva Aang con Suki e Ty Lee >>

<< Cosa?! >> esclamò Sokka fuori di sé << Hai detto a Aang di portare Suki qui? Qui, nel bel mezzo dell'inferno? Ma sei completamente fuori di testa? Non voglio Suki qui; lei non>>

<< Lei non ...cosa, Sokka? >>

<< Suki! >> e insieme a lei, erano arrivati anche Aang e Ty Lee.

<< Finisci la frase, Sokka. Io non sarei che cosa? Non sono capace di cavarmela da sola? >>

<< No … no, certo che no! So che sei una grande guerriera, ma... ecco io... >>

Suki incrociò le braccia al petto e scuoté la testa.

Sokka non sarebbe mai cambiato. Lui avrebbe continuato a pensarla indifesa e bisognosa di attenzioni, anche quando non era così.

Oh, il suo Sokka.

<< Non c'è tempo per questo! >> esplose Toph << Non possiamo stare qui ad ascoltare i vostri bisticci da innamorati. Dobbiamo aiutare Zuko! >>

<< Toph ha ragione. Sokka smettila >>

<< Io? Katara, io non ho fatto proprio nulla! >>

<< Se, come no... >>

<< Suki! Non ti ci mettere anche tu! >>

<< Scusa Aang >>

<< Non fa niente, tranquilla >> poi si rivolse a Katara << Adesso cosa facciamo? >>

Un esplosione enorme fece zittire tutti i presenti.

Zuko aveva scagliato una palla infuocata che è atterrata poco lontano dal loro nascondiglio.

<< Katara, non puoi spegnere il fuoco con il dominio dell'acqua? >> domandò Ty Lee, avvicinandosi alla roccia.

<< Non posso. Non c'è acqua in quest'aria, e non ho la mia borraccia >>

<< Non c'è altra scelta … se lo attacchiamo tutti insieme dovremmo essere abbastanza da sopraffarlo >>

<< Fantastico, Sokka! >> lo schernì Toph << In questo modo diventiamo tutti cenere! Piano grandioso >>

<< Katara, penso che tu abbia avuto un'idea diversa, altrimenti non ci avresti fatto chiamare, no? >> disse Ty Lee.

<< In effetti un piano ce l'avrei. >> mormorò la dominatrice.

Tutti stettero in silenzio, ad aspettare.

<< Okay … Bene. Aang, sai quando soffi nel tuo fischietto per richiamare Appa? Lanci una frequenza che solo lui può sentire. >> Aang annuii << Ebbene io credo che quella è un'estensione del dominio dell'aria; come se fosse un dominio dell'aria di livello superiore. Se tu riuscissi a creare la giusta frequenza per entrare a contatto con la mente di Zuko, questa potrebbe creare un'interferenza ed in quel momento Ty Lee dovrebbe riuscire a bloccare il Chi di Zuko >>

<< Katara, ma è fantastico! >> disse Sokka pieno di gioia << Si vede che sei mia sorella! Un piano tanto geniale poteva essere prodotto solo dai geni che abbiamo in comune! >>

<< Tu non vantarti tanto >> lo bloccò Toph << Il merito è di Katara >>

La ragazza guardò prima Aang e poi Ty Lee.

<< Ve la sentite di farlo? >> chiese unicamente.

Entrambi annuirono.

 

***

 

<< Toph, sei pronta? >> chiese Aang.

<< Pronta e in posizione. Quando sei pronto, fa il fischio e concentrati solo sulle frequenze. Io penserò a crearti lo scudo di roccia >>

<< Ty Lee >> chiamò Katara << Sei sicura di riuscire a bloccare tutto il fuoco di Zuko. Non ne ho mai visto così tanto >>

<< Katara, non preoccuparti. Il corpo umano è uguale per tutti, e i punti in cui colpirò sono presenti su tutti. Non fallirò. Tu preoccupati solo di darmi la giusta copertura. >>

<< D'accordo ragazzi. Pronti a intervenire >>

Katara annuì a Ty Lee, Sokka strinse a sé Suki e Aang prese un grosso respiro.

Ad un cenno silenzioso di Ty Lee, Aang iniziò a fischiare.

Il suono muto iniziò la sua corsa fendendo l'aria e schivando il fuoco fino a raggiungere Zuko.

Quando l'interferenza lo colpì, lo si vide portare le mani alla testa e accasciarsi al suolo.

Il fuoco che aveva generato su di sé, era scomparso.

Fu in quel momento che Ty Lee attaccò.

Agile come un felino, si mosse così velocemente che nessuno la vide arrivare.

Colpì Zuko nei punti destinati a bloccare il Chi così rapidamente, che il dominatore non riuscì nemmeno a capirlo.

Se ne accorse solamente quando provò a colpirla, inutilmente.

Quando si rese conto di che cosa era stato privato, urlò.

 

 

Tutti rimasero atterriti difronte a quel grido disumano. Ty Lee arrivò perfino a retrocedere, per ritornare al sicuro dietro i muri eretti da Toph.

Non avevano mai visto l'amico in quel modo.

La camicia non esisteva più e i pantaloni erano stati ridotti ad un essere nulla più che stoffa carbonizzata. Sul petto di Zuko risplendeva la ferita causata dal fulmine di Azula, ma la vera ferita – la più profonda e letale – non era che nel cuore.

Tutte le forze che aveva recuperato nelle settimane di riposo sembravano scomparse e il corpo era coperto di nuovi tagli e sfregi.

<< Ragazzi, andate dentro. Ci penso io a lui >> sussurrò Katara.

Ty Lee, Toph e Suki iniziarono ad andare, ma Aang e Sokka non vollero muoversi.

<< Ragazzi...? >> chiamò Suki.

Ma, mentre Sokka iniziò a raggiungere la sua ragazza, Aang non diede segno di averla ascoltata e rimase fermo al suo posto. Guardò Katara e disse << Non voglio abbandonarlo >>

<< Non lo farai. Sta tranquillo Aang. >>

<< Posso fidarmi? >>

Katara lo fisso scura in volto, poi annuii.

 

***

 

Rimasti soli, Katara si avvicinò al corpo martoriato di Zuko.

Allungò una mano per poterlo toccare senza fargli del male. Doveva cercare la posizione migliore per caricarlo su di sé e portarlo all'interno del palazzo.

Avrebbe fatto tutto da sola, ma non le importava. Non voleva che gli altri vedessero Zuko in questo stato, sarebbe stato troppo umiliante per lui, un ragazzo fin troppo orgoglioso.

Non riuscì neanche a sfiorarlo che la voce roca di Zuko la fermò.

<< Non provarci >>

Quell'unico ordine, era equivalente per Katara ad una pugnalata diretta al suo punto più fragile.

Fortunatamente non lo diede a vedere.

<< Zuko, devi farti aiutare >>

<< Non ho bisogno del tuo aiuto. Non ho bisogno di nessuno, io >>

<< Sai che non è vero. Forza, appoggiati a me >>

Il ragazzo si voltò a guardarla.

I suoi occhi erano freddi - come se fossero diventati una lamina di ghiaccio - e duri, come la pietra più resistente.

Era di nuovo quello sguardo. Lo sguardo che aveva quando tentava a tutti i costi di catturarli.

Era lo sguardo che le metteva i brividi, quando aveva gli incubi.

<< Vattene via >> disse scacciando la mano di Katara da sé.

<< No >>

<< Ti ho detto di andartene, Katara. >>

<< E io ti ho detto che te lo puoi scordare. O andiamo insieme, o non va nessuno dei due. >>

<< Non ho mai detto di volere il tuo aiuto, mi pare. Posso tornare a casa da solo. >>

Katara lo guardò da capo a piedi.

<< Non mi sembra che tu ne sia in grado. Non stai nemmeno in piedi >> considerò.

Zuko non si lasciò intimidire da quell'accusa. Per dar prova della sua forza, si girò e, facendo pressione sui palmi delle mani, si alzò.

<< Dicevi? >>

<< Sei ancora traballante >> gli fece notare Katara << e con tutta probabilità ti è salita di nuovo la febbre. Vieni dentro con me. Posso curartela. >>

<< Io non vado da nessuna parte con te >>

Poteva una parola distruggere in un momento tutto quello che avevano creato insieme? A Katara sembrava di si.

Era come se l'intera battaglia, il loro fidarsi reciproco, non ci fosse fai stato. Come se le settimane spese a curarlo e a vegliarlo fino a portarla allo stremo fossero state completamente inutili.

Erano ritornati ad essere dei nemici, anzi peggio, perché ormai sapevano a che cosa avrebbero rinunciato.

E tutto per una parola.

<< Molto bene. Allora resta pure qui a marcire, per quel che mi importa. >> gli disse voltandogli le spalle. << Quando hai voglia di lasciarti curare mi trovi dentro, sempre che tu riesca ad arrivarci da solo >>

 

***

 

Katara rientrò a palazzo sola e senza Zuko, cosa che i suoi amici notarono non appena ebbe messo piede all'interno.

<< Che cosa è successo? >> la aggredì Aang. << Perché Zuko non è con te? >>

<< Io … Beh, ecco... diciamo che ci sono state delle complicazioni >>

<< Complicazioni? Katara! L'hai lasciato da solo? >>

<< Era lui che voleva rimanere da solo. Quando si deciderà che avrà bisogno di cure, verrà dentro. Tanto, per il momento, non può esercitare il suo dominio. >>

<< Non può bloccarlo per sempre >> le disse Ty Lee << Il dominio del fuoco ritornerà, prima o poi >>

<< Questo lo so >>

<< E hai ben pensato di lasciarlo da solo? >> insistette Sokka

<< Io non volevo lasciarlo da solo! >> si difese Katara.

<< Ciò non toglie che l'hai fatto. >> puntualizzò Aang << Vieni Sokka, andiamo noi a prendere Zuko >>

Uscirono senza voltarsi indietro.

 

***

 

Katara rimase con Suki, Ty Lee e Toph. Quest'ultima aveva notato delle vibrazioni diverse provenienti dalla vecchia amica, per questo fu la prima a parlare.

<< E' successo qualcosa, non è vero Katara? >>

La dominatrice, abbassando lo sguardo a terra, non rispose.

<< Che cosa è successo? >> chiese allora Suki.

Katara non disse ancora nulla.

<< Ehi, Momo ti ha mangiato la lingua? >> disse Ty Lee per sdrammatizzare.

Ma quando fissò le amiche negli occhi, queste capirono che non c'era nulla da ridere.

<< Mi odia. >> sussurrò senza più voce. << Zuko mi odia di nuovo >>








 

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Capitolo 5
*** Capitolo Quarto ***


 

Capitolo Quarto

 

<< Aspetta, fammi capire bene >> chiese Toph dopo aver ascoltato – tra singhiozzi e sospiri – il resoconto di Katara << Tu credi che Zuko ti odi improvvisamente solamente perché non ha deciso di seguirti da bravo cagnolino dentro casa? Sei assurda! >>

Katara non rispose. Come poteva farle capire che aveva visto il suo disgusto per lei all'interno dei suoi occhi?

<< Non ce l'aveva con te, era semplicemente sconvolto. Te la prendi troppo >> concluse semplicemente.

Ma purtroppo per lei, non c'era più niente di semplice nella sua vita. Niente da quando aveva deciso di imbarcarsi in quell'avventura che le aveva cambiato la vita.

<< Già, Toph ha ragione! >> commentò Suki << Vedrai che hai solo frainteso il suo comportamento. E in fondo non puoi pretendere che abbia avuto un atteggiamento normale, dopotutto >>

Ty Lee non disse nulla.

Tutti erano sconvolti per l'accaduto, ma tra Suki, Toph e Ty Lee era quest'ultima a soffrire maggiormente. Lei aveva combattuto con Mai per tutta la vita; erano rimaste dalla stessa parte a lungo e insieme avevano voltato le spalle ad Azula e avevano lottato per la loro stessa sopravvivenza. Non era facile rendersi conto che non sarebbe mai più accaduto.

Dopotutto.

Dopo tutto quello che avevano affrontato, non ci sarebbe più stato un dopo; né per Ty Lee, né per Zuko.

<< Si, forse avete ragione voi >> mormorò Katara sconfitta nell'animo. Sapeva di non sbagliarsi – si sbagliava di rado – ma non poteva rivelare tutto quello che nascondeva gelosamente dentro di sé. Non poteva parlare dell'errore che aveva portato al formarsi di quell'avversione, l'avrebbero sicuramente giudicata ed oltre ad aver perso la sua, avrebbe perso anche la loro, di amicizia.

<< Diamogli un po' di tempo per rimettersi in sella >> suggerì Toph << E vedrete che alla fine tutto si risolverà e tornerà lui da noi >>.

 

***

 

Ma Toph si sbagliò.

Erano passate più di due settimane - settembre aveva ormai fatto il suo ingresso – e fino a quel momento l'unica cosa che avevano visto di Zuko erano i vassoi che venivano lasciati davanti alla sua porta la mattina e che venivano ripresi la sera, svuotati. Se poi mangiasse o gettasse via il cibo, nessuno avrebbe potuto dirlo con certezza.

Tutti loro avevano provato e riprovato a farsi aprire la porta da Zuko, ma l'unica cosa che erano riusciti ad ottenere erano mugolii e rumori di oggetti infranti.

<< Basta! Sono stufa! >> irruppe Toph all'improvviso, sbattendo i piedi a terra.

Katara e Aang la fissarono sbalorditi. Non era da lei perdere la calma in questa maniera.

<< Tutta questa immobilità mi innervosisce! Guardiamo in faccia la realtà: Ty Lee è ridotta a uno straccio tormentandosi con gli allenamenti delle guerriere Kyoshi pur di non pensare a Mai, Suki sta cercando di istruirla e coordinare il lavoro con le altre ragazze del loro gruppo e per tenere le comunicazioni non dorme quasi più, e con lei Sokka che non riesce a lasciarla da sola! E' un miracolo che adesso siano in camera a dormire, visto che non ci entrano da giorni! E tu, Aang! >> lo chiamò << Tu dovresti pensare ad allenarti come Avatar, non stare qui a fare da baby-sitter al nuovo signore della nazione del fuoco! L'equilibrio che abbiamo creato con l'annientamento del Signore del Fuoco Ozai è ancora precario e per me non dobbiamo fare finta che vada tutto bene, quando è evidente che non è così! Zuko deve uscire da quella maledetta camera e affrontare la morte di Mai >>.

<< Toph! Come puoi dire questo! Lo sai che adesso sta attraversando un momento difficile. Dobbiamo dargli tempo. >>

<< Non abbiamo altro tempo da sprecare, Katara! Abbiamo bisogno che Zuko venga incoronato ufficialmente e che prenda in mano le redini del suo regno! >>

<< Questo lo so anch'io, ma non possiamo nemmeno costringerlo a uscire. Sta affrontando la morte di Mai dentro quella camera; magari non nel modo che desideri tu, ma la sta affrontando con le sue forze. E se ha bisogno di altro tempo, dobbiamo concederglielo >>

<< E per cosa, dimmi? >> insisté Toph << Per continuare a fissare il muro o la porta nell'illusione di vederla nuovamente? Ti svelo una cosa: Mai è morta, non potrà tornare; né da lui, né da noi! E prima se ne renderà conto, meglio sarà per tutti >>

<< Non dovresti dire queste cose. Siamo una squadra, dobbiamo rimanere uniti e sostenerci, non attaccarci a vicenda >>

<< Davvero? Siamo una squadra? Questa sì, che è una notizia sconvolgente! >> disse Toph severa << Quand'è l'ultima volta che abbiamo realizzato qualcosa o abbiamo pensato insieme la prossima mossa, come una squadra? Quando ci siamo riuniti per parlare di come far uscire Zuko dal suo buco? Mi dispiace, non mi basta più >>.

<< Toph! >> esclamò Aang, parlando per la prima volta da quando era iniziata la discussione.

<< Mi dispiace veramente Aang. >> ripeté la dominatrice << Quando mi sono unità a voi avevo sentito profumo di avventura, odore che non potevo assaporare chiusa dentro le mura di casa mia … ma non avevo immaginato che una volta concluso la vostra missione, la fine per me sarebbe essere stata solamente spostata da un palazzo ad un altro. >>

<< Vuoi... vuoi andartene? >> domandò Katara, spaventata dalla sola idea.

Toph abbassò lo sguardo, prima così duro e forte. << Non lo so >> ammise << Non voglio separami da voi ma, d'altra parte, non voglio restare qui ad assistere impotente fino a che Zuko non si decide di prendere in mano la sua vita … deve combattere e non lo sta facendo. Quanto ancora dobbiamo aspettare prima che si decida a dare una svolta a questo regno in decadenza? Senza una guida sicura, qualcuno, all'interno delle nazione del fuoco, potrebbe prendere in mano il comando, radunare gli scontenti e dare vita a una nuova battaglia. Preferisco tornarmene nella mia terra, riabbracciare i miei genitori... cose così, insomma >>

Katara e Aang non risposero.

Rimasero muti di fronte alle ragioni dell'amica. In fondo che diritto avevano di impedirgli di ritornare dalla sua famiglia – lei, che una famiglia da cui tornare l'aveva?

Le avevano chiesto di insegnare all'Avatar il dominio della terra, di cui lei era maestra, e Toph aveva svolto il suo compito egregiamente. Potevano ora costringerla a rimanere insieme?

<< Hai ragione >> disse Aang, con la tristezza nel cuore. << Parti pure, se è questo che vuoi. >>

<< Non farete nulla per fermarmi? >> chiese sorpresa.

<< Perché dovremmo? >> ribatté Katara << Hai fatto la tua scelta. Ora, se volete scusarmi, vado a trovare Zuko. Non ho intenzione di abbandonarlo al suo destino, senza aver fatto tutto quanto in mio potere per poterlo aiutare >>

E, alzandosi in piedi, si diresse verso la porta e uscì, senza mai voltarsi indietro.

 

***

 

Katara si diresse verso le stanze padronali, dove si trovava anche la stanza del principe, pensando e ripensando al discorso di Toph.

In parte Toph aveva ragione. Non avevano altro tempo da sprecare, ma in cuor suo sentiva che c'era qualcosa di sbagliato nelle sue parole.

Aveva sbagliato. Aveva sbagliato a voltare le spalle a Zuko.

Tutto quello che aveva detto, con quelle parole velenose e amare, sapeva di sbaglio.

Voleva lasciarli tutti quanti? Non poteva impedirlo; ma nessuno poteva costringerla a fare altrettanto.

Lei non avrebbe mai abbandonato nessuno. Non era quel tipo di ragazza. Non era la ragazza dura e resistente che era capace di tenere le proprie emozioni sotto controllo; il suo stesso dominio combatteva contro questa eventualità.

L'acqua scorre, ma nel suo correre trasporta con sé tutti gli oggetti più o meno importanti fino a giungere nel mare. Non può decidere cosa interrompere a metà strada solo per pigrizia o perché troppo pesante da portare con sé.

Così continuò a camminare, lentamente, mettendo un piede davanti all'altro, fino a fermarsi davanti alla porta di Zuko.

Fissò l'intaglio per qualche secondo, poi prese un grosso respiro ed entrò.

La stanza di Zuko non assomigliava per nulla a quel rifugio sicuro che era stato quando Zuko era ancora incosciente e lei tormentata da un sonno che non voleva abbandonarla mai ma che non la catturava mai abbastanza a lungo.

Riusciva a scorgere i mobili distrutti dalla furia cieca di Zuko; le tende e i quadri bruciati - uno spettacolo di devastazione che non si era mai visto all'interno della reggia – grazie ad una fioca luce intermittente. La luce di un fuoco debole, quasi invisibile.

Zuko stava seduto ai piedi del letto e, rannicchiato su se stesso, giocava con la fiamma scaturita dalle sue mani.

Sembrava non avesse mai fatto nient'altro che starsene lì ad osservare la magnificenza del fuoco.

Pura illusione.

<< Vattene >>.

Non aveva potuto nemmeno avvicinarsi che già la cacciava fuori dal suo universo, con voce stanca.

Katara non si mosse; non era entrata per poi defilarsi alla prima difficoltà e quel rifiuto non l'avrebbe scoraggiata.

<< No, non me ne vado >>

Appena pronunciate quelle parole, appena fu eretto quel muro – invisibile eppure così solido - tra loro, la fiamma si spense; portando la camera ad una nuova oscurità.

<< Non hai nessun diritto per restare qui, quindi vattene. Non voglio vederti >>

<< No >> ribadì.

<< Perché? Che cosa vuoi, Katara? Vuoi che vi raggiunga di sotto per poter cenare tutti insieme, come se nulla fosse? Oppure desideri che ti sorrida e che parta subito a governare il disastro che mi ha lasciato mio padre in eredità? No, tu sei più nobile di così. Sicuramente vuoi che ritorni felice come prima, non è vero? >> sputò senza vergogna << Avanti, perché sei qui? Dimmi cosa vuoi che faccia.>>

<< E' una colpa così grave voler smettere di vederti in questo stato? >> ribatté lei.

<< Non puoi capire quanto mi costa quello che mi stai chiedendo. Non puoi nemmeno immaginare il male che mi fa. Vattene via. Non te lo ripeterò ancora >>

<< E io non ti ripeterò più che non lascerò questa stanza. Non senza di te >>, precisò.

<< Benissimo. Non so se c'è una sedia ancora intatta, ma se la trovi sei liberissima di sederti >>

E, senza degnarla di altro tempo, riaccese il fuoco e ritornò a guardarlo, assorto.

Con quella flebile luce, Katara cercò una sedia o uno sgabello per potersi accomodare.

Alla fine si accontentò di un tavolo, meno malridotto degli altri, bruciato ma all'apparenza robusto abbastanza da sorreggere il suo peso.

<< Non hai voglia di aprire le tende e guardare qualcosa di diverso da questa camera? >>

La fiamma si intensificò.

<< Oppure potremmo andare a passeggiare lungo la città. Andare fuori dalle mura, distrarsi … cose così. >>

Nessuno rispose.

<< Oh, insomma! E' così sbagliato desiderare che tu stia bene? >>

Zuko si voltò verso di lei, furioso. Il fuoco si era trasferito dentro i suoi stessi occhi.

<< Che io stia bene? Lascia che ti dica una cosa, Katara: io non sto bene. Non starò mai bene!

Non posso fare a meno di vedere il volto di Mai ogni volta che chiudo gli occhi, sentire la sua voce ogni volta che il vento sbatte contro quelle maledettissime finestre! Tu questo me lo chiami stare bene? Sono impazzito. Impazzito perché mi sembra di vedere i suoi capelli muoversi liberi attraverso il buio e so... so che questo non è possibile. Non posso vederla, non posso sentirla, non posso toccarla. Non più >>. Respirò a fondo, per regolare il battito furioso del cuore. << E voi venite a bussare alla mia porta con la voglia di vedermi lieto e sorridente il più presto possibile. Che illusi >>

<< Illusi? >> ripeté, più a se stessa che a lui. << Si, forse siamo noi gli illusi dato che sogniamo qualcosa che non vorrai mai darci. Mai è morta, Zuko, e lei non vorrebbe che anche tu morissi dentro questa prigionia che ti sei auto inflitto >>

<< Non nominarla nemmeno. Non osare. >> sibilò. << Sei stata tu la prima ad illudermi. Mi hai fatto credere che fosse ancora viva. Sei solo una bugiarda >>

<< E' vero, ti ho mentito. Ma non avevo altra scelta. Ti eri appena svegliato, eri debole... non potevo gettarti addosso altri pesi >> ammise.

<< Non ne avevi alcun diritto. Come non hai diritto a rimanere qui >>

<< Ti ripeto che non avevo altra scelta! Come avrei potuto dirtelo quando stavi a malapena in piedi! >>

<< Non ti doveva interessare. Avevo tutto il diritto di sapere la verità e tu me l'hai negato >>

Katara abbassò gli occhi, colpevole. << Ammettilo >> disse << Se ti fossi trovato nella mia stessa situazione, avresti fatto anche tu la stessa cosa >>

<< Vattene, Katara. Non ho più voglia di discutere con te. E' solo un consumo di energie >>

<< D'accordo, Zuko. Come vuoi >>; si alzò dal tavolo e si diresse verso la porta << Quando ti sarai deciso che ci sono delle persone al di fuori di questa stanza che hanno bisogno ti te – un bisogno quasi disperato – e avrai smesso a fare l'unica vittima di questa situazione, alzati e vieni giù. Veni a combattere per la vita, come tutti noi. Io ho lottato per te quando non c'era nessuna speranza che ti risvegliassi, eppure ora sei qui. Ora tocca a te lottare per il tuo paese e per il tuo popolo. Non possono più aspettare che tu ti riprenda dalla morte di Mai >>; fece scattare la maniglia e aprì leggermente la porta << Ti aspettiamo di sotto. E credimi se ti dico che non ci saremo per sempre >>. Lo scatto che la chiuse fece spegnere l'ultima, indistruttibile, fiamma di Zuko.

 

***

 

<< Allora, com'è andata con il principino? >>

Così l'accolse Toph, non appena si accomodò sul morbido divano della sala.

Non aveva bisogno di risponderle. La sua sola faccia era una risposta più che sufficiente alla domanda.

<< Non bene, eh. Chissà com'è, me lo sentivo che sarebbe finita male. Avresti dovuto portargli del thé! Questo l'avrebbe tirato su di morale. >>

<< Diamogli tempo, Toph. Sono sicuro che Katara ha fatto tutto quello che ha potuto per farlo ragionare. Ora deve solo assimilare il suo discorso e quando capirà che c'è del giusto nelle sue parole, rientrerà. Concediamogli un giorno o due. >>

<< Non servono Aang. Sono già qui >>.

Tutti e tre i dominatori si volsero verso la porta, dove Zuko era appoggiato.

Katara sorrise immediatamente, e così anche Aang. Toph si limitò a un delicato: << Ti avevo già sentito arrivare; questa entrata ad effetto non ti è riuscita per nulla >>

Zuko sorrise a sua volta. Non era arrivato troppo tardi.

<< Katara >> le disse << Va a chiamare i consiglieri e mio zio. Sono dell'idea che la nazione del fuoco abbia bisogno di un nuovo signore, il più presto possibile >>.















 

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Capitolo 6
*** Capitolo Quinto ***


 

Capitolo Quinto

 

La cerimonia dell'incoronazione del nuovo Signore del Fuoco era stata piuttosto veloce.

Zuko aveva deciso di diventare il nuovo sovrano della Nazione del Fuoco alla sola presenza dei suoi amici e dei membri del consiglio necessari affinché l'incoronazione risultasse valida.

L'intera funzione non era durata più di mezz'ora e in così poco tempo il governo della Nazione aveva trovato in Zuko il suo nuovo pilastro e la sua nuova forza.

La Nazione del Fuoco potrà rinascere dalle proprie ceneri, come quell'uccello mitico, immortale.

Zuko non perse altro tempo.

Esattamente tre giorni dopo - il tempo per ufficializzare i documenti e il nuovo sigillo reale – Zuko prese possesso di tutti i poteri della corona e, chiuso nel suo nuovo ufficio, iniziò a rivoluzionare ogni cosa.

Tutti gli abitanti del palazzo avevano l'ordine di non disturbarlo, per nessun motivo; così Aang, Toph e Katara avevano condotto quel tempo in una routine che si potrebbe definire normale.

Aang aveva ripreso ad allenarsi, volando con il suo aliante verso il luogo più alto dell'intera capitale , sia per sentirsi più a contatto con il suo dominio ma soprattutto per evitare di ascoltare l'ennesima discussione tra Toph e Katara.

Le aveva lasciate così prima di andarsene, a urlarsi contro.

<< Perché vuoi ancora andartene? >>

<< Katara non abbiamo già fatto questa conversazione? Tipo due minuti fa? >> disse Toph, apparentemente più interessata a pulirsi i piedi dal fango che ascoltare le lamentele dell'amica.

<< E' solo che non riesco a capire >>

<< Non ci riesci perché non c'è niente da capire. Parto fra due giorni al massimo. >>

<< Non vedo perché non puoi restare qui, con noi. Infondo Zuko si è ripreso e sta tentando di rimettere in piedi tutto il casino del suo popolo, non è questo che volevi? >>

<< Fare la balia a Zuko vita natural durante? No, grazie. Mi sa che passo >>

<< Sei assurda, Toph. Prima vuoi che reagisca ed ora che lo sta facendo te n vuoi andare? >>

<< Sì, io sono assurda; non tu che lo vuoi seguire passo passo neanche fossi sua madre! >> obbiettò Toph << Non vedi che in questo modo non crescerà mai. Alla prossima caduta penserà di poter contare ancora su di te, su di noi. Rimanendo qui non posso aiutarlo. E poi dicono che sia io la ragazza cieca bisognosa di cure. >>

<< Siamo amici, Toph. E' questo il compito degli amici: aiutarsi l'un l'altro. Non abbiamo aiutato Aang a sconfiggere il Signore del Fuoco Ozai? Perché ora non possiamo aiutare anche Zuko? >>

<< La situazione di Aang era diversa. Lui aveva bisogno di maestri per imparare i domini, ma ha deciso da solo come finire la sua battaglia. Se ti ricordi noi volevamo che l'uccidesse, cosa che non è successa. E ti ricordi perché? È stata una scelta di Aang. >> Toph si alzò. Ne aveva abbastanza di ripetere le stesse cose come una macchinetta. Katara non le avrebbe mai capite. Ci doveva passare. << Zuko non ha bisogno di niente, apparte una spintarella che gli abbiamo già dato. >> Sospirò << Vado di sopra a finire di fare la valigia >>

<< Ma come fai se ... >>.

Inutile, Toph era già sparita.

 

***

 

Aang sentiva il vento smuovergli i vestiti e la tela dell'aliante.

Si sentiva in pace, finalmente. Quando volava così, volteggiando tra le nuvole, ritornava con la mente a cento anni addietro, quando giocava insieme ai monaci.

A volte, mentre ricordava la sua vecchia vita, sentiva salirgli in corpo moltissima rabbia e tanta tristezza; ma sentire il vento sulla pelle era come sentirli nuovamente dentro di lui, come se diventassero una sua parte di lui, così da riscaldarlo dall'interno.

Ancora si sentiva in colpa, a pensarci. Se lui non se ne fosse andato, quella notte... , ma poi vedeva Katara e Sokka, Suki e Toph, Ty Lee e Zuko e nei loro occhi ritrovava il calore dell'affetto dei monaci.

Stava volando da qualche minuto quando intravide la sua montagna. Atterrò dolcemente, chiuse l'aliante e appoggiò il bastone su di una roccia. Poi si posizionò ai suoi piedi, chiuse gli occhi ed iniziò a meditare, su una questione che già da troppi giorni le entrava in mente, forzando tutte le sue difese.

 

***

 

Zuko, seduto alla sua scrivania e guardando quei fogli scritti fitti, pieni di schemi e cancellature di ogni sorta, sorrise.

Aveva finito.

Finalmente, dopo una settimana intera di lavoro, aveva finito.

Aveva strutturato le sue nuove idee in maniera impeccabile, e aveva potuto occupare la sua mente con nuovi pensieri.

La Nazione del Fuoco sarebbe rinata, sotto la sua giuda. Non era sicuro di esserne all'altezza, ma una cosa se l'era ripromessa: lui non sarebbe stato uguale a suo padre. Non avrebbe fondato un regno sull'odio, sul terrore e sulla guerra, no. Sarebbe stato diverso, migliore.

Se non per lui, almeno per il suo popolo.

Doveva assolutamente correre a dirlo agli altri – a dirlo a Katara – che era riuscito a trovare una soluzione per riportare stabilità ai cittadini della Nazione del Fuoco – quello stesso equilibrio che non riusciva a trovare in se stesso.

Aveva ancora molto senso di colpa, molta rabbia dentro di sé, ma sembrava che lavorare assiduamente ai suo doveri assopisse il suo senso di vuoto.

Zuko stava velocemente scendendo le scale che portavano al piano di sotto, dopodiché svoltò a destra, verso il salone riservato ai membri della famiglia.

Sapeva di certo che le persone che stava cercando si trovavano lì: le grida erano inconfondibili; tuttavia non riuscì a capire una parola del loro discorso. Quello che vide fu solo Toph sbattere la porta e andarsene.

La solita fine che vedeva ogni volta che scendeva per la cena. O se ne andava Toph, o se ne andava Katara. Non riuscivano a mescolare le loro idee. Ogni volta che tentavano ottenevano solo fango.

Puzzolente, sporco, inutile fango.

Zuko entrò nella stanza e si sorprese di trovare Katara con le guance bagnate e gli occhi serrati. I pugni stretti in una morsa da sbiancare le nocche.

<< Ehi … >> disse.

Katara di riscosse immediatamente, graffiandosi la pelle bagnata con i polsi. << Ehi, ciao. >> rispose << Hai già finito, oggi? La cena non è ancora pronta. Aang si sta ancora allenando, mentre fra un po' dovrebbero tornare Sokka, Suki e Ty Lee. Temo che dovrai aspettare insieme a me. >>

<< Oh, non ho tutta questa fretta. Ormai ho finito. >>

<< Davvero?! >> esclamò sorpresa << Pensavo ti ci volesse più tempo. >>

<< In realtà avevo finito un paio di giorni fa, ma dovevo ricontrollare gli ultimi dettagli. Se riuscirò a farcela, fa una settimana potrò avviarlo >>

<< E dimmi, è un bel progetto? >>

<< Ti posso dire che è diverso dal solito. In ogni caso avrò bisogno del vostro aiuto >>

<< Certo, sicuro. Non vedo l'ora di uscire per fare qualcosa. Sono così stanca di restare qui dentro a... a leggere - si, a leggere - tutto il giorno >>

<< Leggevi a Toph? >>

Katara si rabbuiò << Lo sai che non ama rimanere seduta ad ascoltare. Fa solo di testa sua >>

<< Avete litigato di nuovo, vero? >>

<< Si vede così tanto, eh >> sospirò << E' solo che non riesco a capire come può essere così insensibili su certi argomenti. A volte mi sembra che le importi solo di se stessa >>

Zuko rimase in silenzio.

Aveva imparato a conoscere il carattere di Toph. Anzi, poteva dire che, insieme a Aang, Toph era l'unica persona all'interno di quello strambo gruppo che era diventata facile da prevedere.

Toph era cocciuta; cocciuta come il marmo. Quando decideva qualcosa, era impossibile pensare di farle cambiare idea. Esempio lampante fu quando decise di unirsi al gruppo dell'Avatar. Aang, Katara, Sokka... nessuno si fidava di lui, ma Toph voleva parlargli e venne a trovarlo lo stesso, di nascosto. Che poi gli avrebbe bruciato i piedi per errore, quello era un altro discorso.

<< Io dico solamente che potrebbe rimanere qui con noi invece di andarsene per conto suo >>

<< Non credi di volerle imporre le tue idee? >> obbiettò Zuko << La stai solo trattenendo qui >>

<< Cosa?! No! Non è vero, io .. >>

<< Katara, è tutta la settimana che le parli della sua partenza. È un miracolo che non ti abbia già dato fuoco! >> sghignazzò << Io l'avrei fatto >>

Mormorando tra sé e sé qualcosa che Zuko non capì, Katara si alzò e si diresse verso la porta.

Senza farsi sentire da Zuko, stappò la sua borraccia, si voltò e indirizzò il getto verso il ragazzo, che si bagnò da capo a piedi, insieme a buona parte del divano dove era seduto.

Prima di uscire disse: << Toph non ha il dominio del fuoco >>

 

***

 

Pazza. È completamente pazza. Non si può neanche rivolgerle la parola che dopo tre secondi ti ritrovi bagnato come un pulcino. E per cosa poi? Per aver provato a darle un consiglio! Parola mia: la prossima volta le accendo una fiamma sotto la sedia! Così impara a...”

Una risata dietro di lui, lo fece voltare.

Sokka e Aang, accasciati contro la porta, stavano ridendo come non mai, mentre Suki cercava di calmarli anche se, sotto la maschera, rideva anche lei.

Solo Ty Lee era rimasta immobile davanti all'ingresso. << Che diamine ti è successo? >>

<< Chiedilo alla sorella di quella specie di macaco troppo cresciuto. >> rispose mentre strizzava la maglietta.

<< Scusa, ma se fai un po' di calore con la mano non ti si dovrebbe asciugare? >> suggerì.

<< Come se non ci avessi già provato. >> disse indicando i buchi dai lembi bruciacchiati sulla manica.

<< Indossane una asciutta, e mettiti anche un altro paio di pantaloni, fidati. Se vuoi posso aiutarti io! >> Si offrì, con gli occhi che le brillavano per l'eccitazione << Sono bravissima in queste cose, vedrai! Ho visto un paio di pantaloni in un negozietto qui fuori che sono una meraviglia! >>

<< No, grazie Ty Lee. Preferisco fare da solo >> disse tremando al solo pensiero di essere aiutato da quella pazza di un'acrobata.

<< Sicuro? Perché se vuoi... >>

<< Sicurissimo >>

<< Allora corri di sopra, Zuko >> gli disse Suki << La cena è pronta e non ho intenzione di mangiarmela fredda per colpa tua >>

 

***

 

<< Allora Zuko >> iniziò Sokka << Come va il tuo progetto super-segreto? Sai, non ho voluto dirlo a nessuno per non turbarti ma io so di cosa si tratta >>

<< Ma, davvero? >> disse ironico Zuko

<< Ovviamente! E' qualcosa di rosso e di molto piccolo, non è vero? Proprio come pensavo... è un cesto pieno di mele! >>

Tutti i presenti si voltarono verso di lui, prima di scoppiare a ridere.

<< Un cesto di mele? >> ripeté Aang con le lacrime agli occhi << E cosa ci dovrebbe fare Zuko con un cesto di mele? Tirarle a tutti coloro che si ribellano ai suoi ordini? >>

<< Anche! >> concesse Sokka << Ma io pensavo più a una grande spremuta di succo di mela per tutti coloro che si arrendono al grande potere di Zuko! Non lo trovate grandioso! >>

<< Onestamente lo trovo molto stupido >> disse Katara. << Oltre il fatto che sicuramente non è questo il progetto di Zuko. >>

<< Trovo veramente confortante che non mi paragoni a tuo fratello, Katara >>

Lei si limitò ad una scrollata di spalle mentre Sokka si voltò verso Suki, in cerca di appoggio.

<< Allora il tuo piano non prevede mele? >> chiese Aang.

<< Ovviamente no. >> disse Zuko scocciato per il fatto che qualcuno avesse potuto davvero pensare che lui avrebbe fatto una cosa del genere. << Se avete finito con queste domande, posso dirvi in che cosa consiste realmente. >>

<< Avevi detto che avevi bisogno di noi, perché? >> domandò Katara.

<< Questa è una domanda sensata. Allora, come sapete la mia famiglia, a partire da Sozin, ha distrutto o imprigionato le altre popolazioni delle quattro nazioni, così ho optato per un cambiamento radicale. >>

<< Che cosa vuoi dire? >>

<< Quando abbiamo girato tutte le nostre nazioni mi sono reso conto di come la Tribù dell'Acqua del Sud e il Regno della Terra non avessero più delle scuole per poter istruire le loro nuove generazioni. Non posso ignorare il fatto che questo è per colpa della guerra indetta dalla Nazione del Fuoco, dalla mia famiglia, così ho deciso che sarà la suola della Nazione del Fuoco ad accogliere i ragazzi di tutte le nazioni che lo vorranno. >>

<< Non riesco a capire il nostro ruolo in tutto questo >>

<< Beh, ecco... i genitori di quei ragazzi non accetteranno mai di farli venire nella nostra scuola. Temeranno una trappola. A meno che non vedano che ci siano già altre persone di altre nazioni si siano integrate nella scuola >>

<< E tu vuoi che siamo noi queste persone? >>

<< Si >>










 

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Capitolo 7
*** Capitolo Sesto ***


 

Capitolo Sesto

 

<< Sta scherzando? Ditemi che sta scherzando! Stai scherzando, vero? >>

Sokka aveva impiegato cinque minuti buoni per interiorizzare la richiesta di Zuko e altrettanti per comprenderla.

Dieci minuti dopo aveva iniziato a strillare a proposito che tutti cercavano di intrappolarlo e che la sua permanenza lì era stato tutto un imbroglio per tendergli quella trappola.

<< Non sto scherzando >> sbuffò Zuko, stanco di ripetere le stesse identiche cose all'infinito – o così gli sembrava - << E come ti ha già detto, non sei obbligato ad aiutarmi >>

<< Perfetto, non vado! >>

<< Sokka! >> esclamò Katara << Come puoi dire questo! >>

<< Cosa?! Sarebbe colpa mia, adesso? >>

<< Già! Sokka ha ragione, Katara. Non ho molta voglia di tornare in quella scuola >> disse Aang << Anche se devo ammettere che la mia festa danzante è stata un vero successo, fuga a parte. E poi ho da continuare l'addestramento per l'Avatar. Non voglio ritrovarmi in un altra guerra >>

<< Nemmeno io ho voglia di andare a scuola, ma Zuko ci ha chiesto aiuto. È nostro dovere fare tutto il possibile e se questo significa andare in contro a compiti e professori, ebbene lo farò. >>

<< Ciò non toglie che dobbiamo farlo anche noi >>

<< Mi dispiace ammetterlo, ma sono d'accordo con Sokka, Katara >>

<< Suki! Anche tu! >>

<< Devo ritornare dalle mie guerriere, ed è ora che Ty Lee sia integrata con le altre ragazze del gruppo >> Poi si rivolse a Zuko << Mi dispiace tantissimo non poterti aiutare >>

<< Sei sicura che devi partire? Non è che … >>

<< Katara! >> la riprese immediatamente Zuko << Suki è liberissima di fare quello che meglio crede; e se in questo momento ha bisogno di ritornare dalle sue guerriere non posso negarglielo. E neanche tu. >>

Katara aprì la bocca, come per replicare, ma non proferì parola.

Cosa poteva mai ribattere? Suki doveva insegnare la sua arte alle guerriere - presenti e future – di Kyoshi.

Era giusto che andasse.

Ma era altrettanto giusto che restasse.

<< Io vado con lei >> disse Sokka << Non la lascio partire da sola >>

<< Non ho bisogno della balia, Sokka >> protestò Suki.

<< Non è per questo che voglio partire. E lo sai bene. >>

Piena di commozione, per quella confessione d'amore, Suki si avvicinò a lui e lo abbracciò; sussurrandogli parole che solo il suo ragazzo era in grado di udire.

Sokka poteva risultare un po' sciocco a volte, ma in fondo era solamente un ragazzo con un gran cuore; un guerriero che combatteva per difendere coloro che amava.

Ed ora era lei, Suki, la persona che più voleva difendere.

<< A conti fatti >> iniziò Toph << Tu sei l'unica che rimane, Katara >>

<< Toph ha ragione. Sei sicura che vuoi restare? Posso capire se non te la senti di rimanere da sola >>

<< Cosa? Pensi che mi tirerei indietro alla prima difficoltà? Non credo proprio! Ho promesso che ti avrei aiutato e lo farò >>

<< Zuko ha ragione, Katara. Non preferiresti venire con me e Suki all'isola di Kyoshi? >>

Katara neanche rispose a suo fratello.

Ma l'aveva sentita – e l'aveva capita – quando aveva detto che detto che non aveva nessuna intenzione di andarsene e infrangere la sua promessa, o aveva semplicemente deciso di ignorarla e foderarsi pesantemente le orecchie?

<< Sokka, credo che Katara si annoierebbe soltanto insieme a noi a Kyoshi. Io e Ty Lee saremo sempre impegnate con gli allenamenti, e tu ci aiuterai. Cosa potrebbe mai fare durante il giorno? Ragiona, almeno qui farebbe qualcosa che la soddisfa, che la tiene occupata. >>

<< Bene >> disse Toph alzandosi dal divano << Se nessun altro ha bisogno di informazioni necessarie per vivere, io me ne vado a letto >>

 

***

 

La mattina seguente tutti si alzarono di buon ora. Tutti tranne Katara.

Non era riuscita a prendere sonno facilmente avendo avuto la mente talmente occupata da pensieri che non riusciva a scacciare.

Stava per rimanere da sola. L'avevano lasciata da sola ad affrontare un mondo nuovo.

Aveva paura di andare a scuola. Non ce ne erano mai state nel suo villaggio; tutto quello che sapeva lo aveva imparato dalla nonna e dagli anziani.

E non poteva nemmeno contare su suo fratello.

Sarebbe stata la prima volta nella sua vita.

Non era preparata.

 

 

<< Katara non si è ancora svegliata? >> disse Toph sbadigliando << Non la sento ancora lamentarsi >>

<< Penso di no. Burro? >>

<< Si >>

Sokka glielo passò, borbottando: << Un grazie... non è che chiedo tanto … >>

<< Oh, ma io sto già ringraziando >> lo riprese la piccola bandita << Sto ringraziando ogni piccolo granello di terra per il fatto che tua sorella non sia ancora qui con noi, così posso godermi in pace la mia colazione a base di burro e marmellata. A proposito, qualcuno mi può passare il barattolo? >>

<< Tieni, io ho finito >> disse Suki passandoglielo.

Toph stava per afferrarlo – già pregustava il fresco succo della frutta sulla lingua – quando Aang glielo soffiò dalle mani.

<< Ehi! >> protestò << Quella era la mia marmellata! >>

<< Oh, scusa Toph. Ne era rimasto solo un goccio. E' finita. >>

<< Tu... tu hai finito la mia marmellata? >>

<< No! No, no. Non hai capito. La marmellata era già finita! >>

<< Vi prego ditemi che ce n'è un altro vasetto oppure non ci sarà più un Avatar in questo mondo! >>

<< Qualcuno ha chiesto un vasetto di marmellata? >> chiese Zuko entrando nella stanza, con un barattolino in mano.

<< Io! E ti prego dimmi che ce l'hai! >>

<< Si, si. Ce l'ho. Gustatela! >>

<< Ah, finalmente! >> esclamò svitando il coperchio e annusando l'odore dolce << Lo sapevo che saresti stato utile! >>

<< Nessuno vuole un toast? >> domandò Ty Lee, con un vassoio pieno di caldo e fumante pane tostato.

Addentando un toast, le disse: << Grazie, Ty >>

<< Chiudi quella bocca, Signore del Fuoco. Fa schifo vedere le tue regali tonsille mentre mangi >>

<< Scusa >>

<< L'hai rifatto! >>

<< Ma io... >>

<< No, no. Non dire niente. Stiamo ancora mangiando, noi >>

<< Ragazzi >> iniziò Sokka << Non per smorzare quest'aria di euforia generale, ma noi partiamo tra due ore al massimo e dobbiamo finire a fare le valigie. >>

<< Già, per una volta sono d'accordo con il babbuino >> concordò Toph << Senza contare che la carrozza dei miei, con annessi e connessi, dovrebbero arrivare a minuti >>

E così le nostre strade si separano

Lo leggevano nei loro occhi, ma nessuno lo disse.

Sentire quelle parole avrebbe auto un effetto devastante. Avrebbe messo una chiara linea tra di loro; eretto un muro difficile da scalare.

<< D'accordo allora >> disse Zuko << Voi andate a finire di preparare le vostre cose. Io sveglio Katara. Sicuramente vi vorrà salutare >>

 

 

Ma perché mi riduco perfino a portarle la colazione a letto?

Tutta colpa di quel macaco troppo cresciuto.

Com'è che aveva detto? “Portale qualcosa da mangiare. Di solito aiuta quando è di cattivo umore. Ha sempre fame”

Se di prima mattina è così affamata perché non gliela porta Sokka, la colazione? Diventava pericolosa? Doveva forse aspettarsi una tigre o una qualche altra specie di animale selvaggio?

Bussò.

Non ebbe risposta.

Tentò ancora, ma con il medesimo risultato.

Dopo il terzo silenzio – non sapeva dire se voluto o casuale – entrò.

La stanza di Katara era in penombra a causa della luce che cercava di entrare facendosi largo in quei pochi spazi concessi dalla tenda pesante.

Si intravedeva un mobilio elegante ed ordinato, non sembrava nemmeno la camera di una ragazza tanto era rimasta asettica.

Zuko non credeva possibile una simile mancanza, anzi. Credeva che da quando i suoi amici dimoravano nel suo palazzo, le varie camere avevano assunto i vari aspetti delle loro personalità.

Dopo aver lasciato il vassoio su un tavolino da caffè, raggiunse il letto dove la dominatrice riposava ancora.

Dal suo viso traspariva un sonno irrequieto che durava ormai da tempo. La fronte madida di sudore freddo.

<< Katara >> provò a scuoterla. << Katara, svegliati >>

Inutile, la ragazza non sembrava aver intenzione di ascoltare quella voce lontana che l'intimava di aprire gli occhi e vedere.

Ma Katara non aveva alcuna intenzione. Come poteva vedere il suo mondo sgretolarsi pezzo per pezzo. Sarebbe crollata insieme ad esso.

Meglio rifugiarsi nei sogni e dimenticare la realtà solo per un attimo.

<< Katara devi svegliarti. >>

Katara, Katara, Katara …

<< Maledizione, Katara! Tu fratello ed Aang stanno per partire! >>

Svegliati...

<< Non vuoi andare a salutali? Katara! >>

Dovrai farlo.

<< Senti, ti anche portato la colazione. Vuoi deciderti o no? >>

Dovrai guardare prima o poi...

Katara iniziò a scuotersi, nel vano tentativo di rimanere aggrappato a quel sogno che stava svanendo sempre più velocemente.

Renderti conto finalmente che non puoi far altro …

Quando oramai capì di non poter più restare intrappolata nel suo mondo, aprì gli occhi.

che svegliarti.

 

 

<< Finalmente! >> esclamò Zuko non appena vide gli occhi blu << Forza, non abbiamo molto tempo. Ora mangi, ti lavi, ti vesti. Fai tutto quello che devi per renderti presentabile. Dopodiché tu ed io andremo di corsa di sotto dove ti stanno aspettando tutti. >>

Katara sbatté le palpebre più e più volte.

<< Aspetta...cosa? >>

<< Come cosa! Non hai sentito nulla di quello che ho detto? >>

<< Zuko, non urlare per piacere >> biascicò rigirandosi nel letto.

Il ragazzo soffiò, esasperato. Quella ragazza non aveva nessuna intenzione di ascoltarlo!

Si sedette accanto a lei, con pazienza. << Katara, ascoltami. Dobbiamo uscire di qui. In fretta. >>

<< Esci tu se proprio lo desideri. Io resto qua, a dormire ancora un po' >>

<< Il tempo di dormire è finito. >> sbraitò tirandole via le coperte << Il sole è alto e dobbiamo, devi correre >>

<< Zuko, vattene >>

<< “Zuko, vattene”, ma ti senti? E' l'effetto del sonno oppure è perché sei diventata un'odiosa egoista? >>

<< Scusa? Come ti permetti! >> strillò alzandosi dal letto, pronta a fronteggiarlo.

<< Certo, ormai non fai altro che pensare a te stessa; come ora, dato che non hai alcuna intenzione di salutare coloro che – guarda un po' – ho sempre pensato che consideravi come la tua famiglia - senza contare Sokka, che è veramente la tua famiglia - o come quando mi hai detto, o meglio, quando non mi hai detto di Mai, perché secondo un tuo pensiero io non ero pronto per sapere. Perché Katara sa qual è il meglio per ognuno di noi, sa prendere decisioni per noi e pensa per noi. Dovremmo esserne onorati. Ma soprattutto quello che Katara sa fare meglio è … >>

<< Basta! >> urlò. << Basta... >>

<< Cosa c'è, la verità fa male? >>

<< Vattene, Zuko. Non ti ho eletto a mia coscienza personale. Non ti ho eletto a mio album di ricordi di tutti gli sbagli che posso aver fatto e quindi no, non ti permetto di farmi la predica. Non dopo che sono l'unica rimasta ad aiutarti per questo tuo progetto. >> disse << Ma tu ti ricordi solo di Mai. Ancora non mi perdoni quella bugia. Non ci riesci. E nonostante io cerchi in tutti i modi di sostenerti, di aiutarti a riprenderti... ma tu non consideri minimamente la cosa. No! Io posso anche tentare di fare del mio meglio, ma nel profondo per te sono solo la stronza che ti ha mentito sulla morte della tua ragazza. >>

Zuko non emise un solo fiato.

<< Esattamente come pensavo >> sospirò. << Sei venuto qui per giudicarmi? Per sbattermi in faccia il tuo disprezzo? Se sei qui per questo, puoi anche andartene. Ora. >>

<< Ero solo venuto a dirti che loro si aspettano che tu vada >> Zuko si incamminò, aprendo la porta. << Ti ricordi che mi dissi che non mi avreste aspettato per sempre. Bene, ora sono loro che non possono aspettare te. >> e sparì.




 

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Capitolo 8
*** Capitolo Settimo ***


Capitolo Settimo
 

Zuko stava ancora scendendo le scale quando dieci paia di occhi si inchiodarono alla sua figura.

<< Allora? >> chiesero tutti in contemporanea << Com'è andata? Scende? >>

Il ragazzo sospirò, prima di rispondere. << Mi dispiace un sacco, ragazzi. So quanto ci tenevate, ma lei non si degna di venire giù. Figuratevi che quando sono entrato stava ancora dormendo >>

<< Come, davvero? >>

<< Di che ti stupisci, Ty Lee. Ci sono giorni in cui Katara crolla. Ma davvero, dico. Come la frana di una montagna >> spiegò pratico Sokka.

<< Per me, tutto questo significa una sola cosa: posso anche andarmene >>

<< Dai Toph, aspetta! Magari fra poco scende >> suggerii Ty Lee.

Suki iniziò a ridere. << Ma certo! Aspettava solo che Zuko se ne uscisse dalla camera per vestirsi! >>

Lo disse senza malizia, come sono quei pensieri passeggeri che volano veloci dalla mente alla bocca, impossibili da trattenere.

Sfortunatamente, sono quei tipi di pensiero che causano sempre qualche imbarazzo momentaneo.

Come ora.

Le guance di Zuko si erano tinte di un bel rosso acceso – non tanto per il commento – ma perché Katara non aveva avuto bisogno di nascondersi davanti a lui.

La loro discussione – l'ultima di una fila che non vedeva fine – l'aveva portata a esporsi per ciò che dimostrava di essere. Fiera e potente come un'autentica dominatrice lo aveva fronteggiato, dimenticandosi di esser ancora in vestaglia, con la pelle in mostra. Quel sottile strato di tessuto così fragile in bella vista. Se avesse voluto, le avrebbe potuto fare davvero molto male.

E lei neanche ne n'era accorta, di tutto ciò che gli aveva mostrato.

<< Non è questo il punto >> sbottò Aang, leggermente infastidito.

<< Hai ragione. Volete scommette che se vado io su, riesco a farla scendere? >> disse Sokka,
gonfiando il petto.

<< Si, perché tu hai le carte magiche, non è vero? >> sibilò Zuko, offeso.

Non gli andava di essere messo in secondo piano. Specialmente da Sokka.

<< Mio caro Zuko, tu sarai anche il potente Signore del Fuoco, ma io sono suo fratello. Lascia fare a me >>

Zuko alzò gli occhi verso il soffitto.

Se quello pensava di riuscirci... avrebbe perso una grossa batosta.

 

***


<< Che vi avevo detto? Eccola qui! >>

La voce di Sokka, all'ingresso della sala, annunciò sia lui che Katara. Zuko per poco non si soffocò con il thè caldo che stava sorseggiando. Come diavolo aveva fatto a convincerla a scendere? Non poteva credere a ciò che vedeva. Imbarazzata come una bambina, stava entrando in punta di piedi e con un sorriso innocente sulle labbra.

<< Katara! >> esclamò Aang, correndo ad abbracciarla << Sono contento che tu sia venuta a salutarci >>

Già, chissà com'è che hai cambiato idea – pensò malignamente Zuko.

Katara rispose solamente con un ampio sorriso e una scrollata di spalle.

Non parlava. O non ci riusciva.

<< Già, Katara. Pensavamo ti fossi addormentata nella vasca >>  disse Toph, nascondendo la contentezza di poter rivedere l'amica un'ultima volta.

Lei accenno un riso con le labbra, fugace.

<< Ragazzi, per favore! >> li riprese Suki, prima di rivolgersi a Katara << Sono davvero molto contenta che tu sia venuta a salutarci >> e l'abbracciò stretta.

Zuko, intanto, non credeva a ciò che vedeva.

Aveva ricevuto una palla di fuoco in testa e non se lo ricordava?

Si portò una mano alla testa. No, i capelli c'erano tutti.

<< Scusate, >> disse Ty Lee, entrando in sala < < Non per fare la guasta feste, ma Appa è pronto per partire e sono arrivati i maggiordomi di Toph. Possiamo andare >>

Tutti si volsero verso la ginnasta.

E così era davvero giunto il momento. Si sarebbero divisi.

Un sospiro unico si levò alto.

<< Beh, andiamo. Suki, sei pronta? >> disse Sokka, prendendo la sua borsa e quella della ragazza.

<< Si, eccomi Sokka. >> rispose lei allontanandosi a Katara per raggiungere il suo ragazzo.

La giovane dominatrice dell'acqua, che a quel contatto aveva ritrovato un pizzico di serenità, non appena sentì le braccia di Suki lasciare il suo corpo si ritrovò persa, come avviene durante un black-out e tutto cala nel buio.

Rimase ferma mentre vedeva sotto i suoi occhi gli amici indaffarati ad raccogliere tutti i bagagli e le   valigie.

<< Beh, arrivederci Katara. Zuko >> salutò Aang.

<< Ci vedremo presto, Katara. Te lo prometto >> disse Sokka. << Zuko, mi raccomando: tienila d'occhio a posto mio, ora è sotto la tua responsabilità >>

Era stato poco più di un sussurro appena accennato, ma Zuko comprese ugualmente il messaggio e  rispose con un leggero cenno del capo.

<< Prometto che ti scriverò una lettera, Katara. >> assicurò Toph << Così ti sentirai meno sola >>

<< Mi scriverai una lettera? >> chiese dubbiosa Katara << E come farai? >>

<< Oh, non c'è problema >> rispose lei pratica << Le farò scrivere a loro >> ed indicò fuori, sottintendendo i suoi fidi maggiordomi.

E, con quelle ultime parole, lasciarono tutti la stanza, con l'intenzione di non ritornare per un bel po' di tempo.

Katara li osservò mentre se ne andarono e anche quando la porta fu definitivamente chiusa, lei rimase ferma davanti a quelle ante, immobile.

<< Katara >> la chiamò Zuko << Katara, che fai lì? Muoviti, vieni via! >>

Lei si voltò verso la voce di lui, con uno sguardo glaciale.

<< Devi dirmi qualcosa riguardo al tuo progetto? >>  chiese, dura.

<< Beh…no. >> rispose lui, preso il contro piede. << Volevo soltanto che... >>

Lei alzò una mano, come per zittirlo. << Se non riguarda il progetto, ti prego di non rivolgermi la parola. Almeno, non adesso >>

Zuko non capì quella reazione. Certo, c'erano state delle incomprensioni tra loro, ma mai l'aveva vista così, come se fosse spenta.

Ed ora poteva soltanto rimanere a guardarla sparire sulle scale, verso la sua camera.

Quella sera, Katara non scese per la cena.

***


Per il resto della settimana, Zuko e Katara non si rivolsero una sola parola; nemmeno uno sguardo.
Soprattutto perché il loro vedersi si limitava alle ore dei pasti e alle volte nemmeno a quelle.

Katara evitava accuratamente di rivolgergli domande, anche quelle necessarie per evitare di perdersi all'interno del palazzo, e Zuko faceva finta che ciò non gli desse fastidio.

Trattato da estraneo in casa sua, anzi. Forse un estraneo sarebbe stato trattato meglio sa Katara. No, lui era diventato l'uomo invisibile. Perfino i suo domestici avevano con Katara un rapporto migliore di quello che intercorreva tra loro.

Domenica 23 settembre Zuko entrò nella sua stanza, di primo pomeriggio, con una busta di panni in macchina.

<< Ti ho portato questi >> le disse.

Lei li guardò, con superficialità << Che cosa sono? >>

<< Questa >> indicò << è la tua nuova uniforme scolastica. Inizi domani alle otto in punto >>

<< Cosa? >> esclamò.

<< Si, ma non ti preoccupare. Domani andiamo insieme. >>

<< Scusami?  E perché mai? >>

<< Per la scolaresca la scuola è già iniziate e ho la necessità di presentarti come il primo elemento di questo nuovo progetto. >>

<< Cioè, innanzitutto tu me lo dici il giorno prima che il tuo “progetto” inizia domani – cosa di per sé già gravissima – e oltre a questo hai intenzione di presentarmi con un discorsi davanti a tutti gli studenti? Non se ne parla proprio >>

<< Mi dispiace per te, ma su questo non si discute >>

<< Come non si discute? Invece discutiamo eccome! Non ho intenzione di essere presentata in questo modo, come se fossi un animale da macello >>

<< Ma chi ha detto che sei un animale da macello, scusa? >> protestò lui

Lei non rispose, offesa e irritata dal fatto che lui non capisse come lei si sentisse.

<< E poi >> continuò << non capisco con che coraggio avanzi proposte su questo mio progetto – al quale ho rivolto tutte le mie energie e risorse – se per tutti questi giorni non ti sei degnata neanche di parlarmi! Cosa credevi, che saresti andata a scuola a inizio primavera? O direttamente alla fine dell'anno? E oltre tutto non capisco questa tua presa di posizione. È perfettamente normale che io debba tenere un discorso. È la prima volta in assoluto, fin dalla fondazione della Nazione del Fuoco, che la nostra scuola accoglie studenti di altre terre. È un momento storico e come tale deve essere celebrato. >>

<< Ha proprio ragione >> disse avvicinandosi alla porta. << Non riesci proprio a capire come mi sento. Grazie di avermi avvisato, puoi andartene ora >>

Zuko l'oltrepassò, rassegnato. Non sarebbero mai riusciti ad andare d'accordo.

<< Vedi di essere puntuale >> le ricordò mentre usciva << Non ho intenzione di venire a prenderti per i capelli, domani mattina >>



Quella stessa sera, a cena, i due mantennero un tono così freddo e distaccato che perfino i maggiordomi si erano accorti della tensione che scorreva tra i due. C'era addirittura chi aveva scommesso che il loro Signore avrebbe preso un grande abbaglio se pensava davvero che la sua deliziosa ospite si sarebbe presentata davanti a lui in orario.

E purtroppo per loro, la scommessa l'avrebbero persa.

L'indomani mattina, infatti, Katara era scesa a far colazione vestita di tutto punto con la sua nuova divisa, senza sollevare nessuna protesta.

Alle sette e mezza precise, uscirono dal palazzo.

<< Wow >> sospirò Katara.

<< Cosa c'è? >>

<< Quando hai fatto rimettere a posto il giardino? E' spettacolare. >>

<< Da quant'è che non esci dalla tua camera? >> chiese lui, per ripicca.

Lei sbuffò.

<< Ho chiamato dei dominatori della terra >> continuò, più calmo << Sono ottimi in questi lavori, converrai. Forza, sali >>

Catturata dalla beltà del giardino, Katara non aveva notato la maestosa carrozza che li attendeva al cancello.

<< Dovrei andare a scuola con questa? >> domandò sorpresa.

<< Non ti piace? >>

<< Non ho detto questo >>

<< E allora, qual è il problema? >>

<< Niente... è che mi sembra un'esagerazione andare a scuola in carrozza >>

Zuko sorrise. << Katara, sei con me ed io faccio parte della famiglia reale. È normale che mi sposti in carrozza. >>

<< Beh... io non lo definirei tanto normale... >>  commentò lei, salendo sul calesse seguita da Zuko.

<< Toglimi una curiosità >> disse Katara dopo cinque minuti di viaggio in completo silenzio.

Zuko la guardò, aspettando che continuasse.

<< Io abito a casa tua perché sono una tua amica, ma dove andranno a vivere gli altri studenti partecipanti al progetto? >>

<< Che domanda sciocca, questa. >>  disse ridendo << E' ovvio che ho predisposto un alloggio in cui abiteranno con una minima spesa ed è situato vicinissimo alla scuola. In questo modo non dovrò preoccuparmi di un trasporto-navetta >>

<< E' davvero un bel progetto >>

La carrozza si fermò.

<< Beh, siamo arrivati. >> La guardò negli occhi, e le disse con impero << Resta dietro di me. Sicuramente ci sarà una gran folla e non ho intenzione di perderti >>

Aprì la portiera e l'aiutò a scendere.

Katara si immaginò una massa chiassosa di studenti riuniti per osservare più da vicino il loro nuovo sovrano, invece si ritrovò davanti due file ordinate di ragazzi che si inchinarono con riverenza al loro passaggio.

Non aveva mai visto una cosa del genere in vita sua. Era rispetto quello che mostravano, o erano i resti dell'impero di terrore del padre di Zuko?

Zuko avanzò normalmente, quasi indifferente a quegli ossequi, mentre lei lo seguiva, incapace di fare altro, sotto lo sguardo curioso dei futuri compagni.

Zuko la portò in un auditorium dove li attendevano, dietro il leggio dotato di amplificazione, l'intero corpo docente.

All'ingresso del Signore del Fuoco, questi si alzarono e si inchinarono profondamente, come avevano fatto gli allievi in precedenza.

<< Mio Signore, che onore! Nella mia scuola, che onore! >> salutò il preside.

<< Prego, sono molto contento si essere qui. Aspettiamo che la scolaresca finisca a posizionarsi. Ho un grande discorso per voi. >> poi si rivolse a Katara << Puoi metterti seduta, qui ci penso io >>

Il preside riportò l'attenzione del sovrano su di lui.

<< Lo credo, mio Signore. La notizia della sua visita ha lasciato tutti quanti stupiti >>

<< Oh, ma io non ho ancora finito di farlo >> sghignazzò.

Katara non aveva mai visto Zuko così affabile. Non c'era che dire: in quegli affari diplomatici riusciva veramente bene.

<< Oh, bene! >> esclamò quando le porte furono definitivamente chiuse << Possiamo iniziare >> e si avvicinò al microfono.

<< Buon giorno, cari studenti della Scuola della Nazione del Fuoco >> iniziò.

<< Buon giorno, Signore del Fuoco Zuko! >> risposero i ragazzi in coro.

<< Sono molto contento della vostra viva partecipazione e vi ringrazio molto per essere qui oggi. Molti di voi si staranno chiedendo il motivo della mia visita e ho intenzione di dirvelo senza giri di parole, anche perché altrimenti i vostri insegnanti mi richiameranno all'ordine. Quest'oggi sono qui perché ho intenzione di dare vita  ad un nuovo, grandioso, progetto. >> prese fiato, come se avesse timore di condividere con quegli adolescenti in subbuglio la sua idea << Con la fine della guerra tutte le nazioni hanno subito gravi danni e hanno bisogno di un aiuto per risollevarsi, così ho deciso di dare loro questa opportunità. Da oggi, infatti, questa scuola aprirà le sue porte a ragazzi provenienti dalle altre nazioni; gli argomenti di studio verranno leggermente modificati, inserendo anche le conoscenze provenienti dalle Tribù dell'Acqua e dal Regno della Terra. In questo modo vi potremmo offrire una conoscenza più approfondita e profonda del nostro mondo. >> Poi fece cenno a Katara di alzarsi, << Per questa occasione, ho intenzione di presentarvi Katara, della Tribù dell'Acqua del Sud. >>

Lei fece un breve cenno col capo, e si rimise seduta.

<< Katara >> continuò << è la prima ragazza di un nuovo gruppo di studenti che presto arriveranno in questa scuola. Vi prego di accoglierla con entusiasmo, soprattutto gli allievi della 5° classe, dato che presto sarà vostra compagna. Ora, avete qualche domanda da pormi? >>

***


Quando Zuko ebbe finito di rispondere a tutti i dubbi, gli studenti ebbero il permesso di ritornare nelle loro classi mentre Katara rimase insieme a Zuko a parlare con il preside della sua ammissione.

<< Avete avuto una grande idea, Mio Signore. Veramente spettacolare. >>

<< Grazie, Preside. Sono contento che lei l'abbia presa con così tanta... calma >>

<< Mi fido del vostro giudizio >> disse.

<< Oh, che maleducato. Non le ho ancora presentato Katara. O almeno, non ufficialmente >>

<< Katara, che piacere incontrarla. Ha un viso familiare, sa >>

<< Me lo dicono spesso >> rispose lei scrollando le spalle, sperando che in questo modo il preside passasse sopra il fatto del suo “viso familiare”. Non si era ancora dimenticata di quando si era presentata davanti a lui come la signora “Infuocata Fuoco”.

<< Parlando di cose più serie >> disse Zuko riprendendo il discorso << Devo dirle che Katara, oltre ad essere la prima di questo nuovo disegno, è anche una mia cara amica. Ha il mio pieno appoggio, oltre ad essere sotto la mia tutela, quindi se avrà qualche comunicazione dovrà chiamare me. >>

<< Mi scusi, ma se avrò da dare qualche comunicazione chiamerò la famiglia della ragazza. È la politica della scuola. >>

<< Forse non sono stato chiaro. La famiglia della ragazza mi ha affidato la sua tutela, quindi è me che dovrà chiamare. Questo, ovviamente, non significa mi debba chiamare per ogni futuro studente partecipante a questo nuovo piano educativo. È … diciamo, un “privilegio” riservato unicamente a Katara. Mi sono spiegato? >>

<< Si...si,si certo, mio Signore. È stato chiarissimo >>

Congedati dallo studio del preside, Katara e Zuko iniziarono a camminare lungo il corridoio.

<< Così, dovrei considerarmi una ragazza privilegiata? >> iniziò.

<< Perché, non ti sta bene? >>

<< Non sono superiore ai quei ragazzi che verranno qui per studiare. Per avere un'opportunità. Anzi, loro sono superiori a me in quanto loro vengono qui per studiare davvero. Io non ne avevo l'intenzione; l'ho fatto solo per te! >> sbraitò << Oltretutto dopo giorni che non mi parli sono diventata la ragazza d'oro della casa reale? Non mi piace che mi tratti in questo modo >>

<< Come prego? >>

<< Ah, lascia perdere! Parlare con te è inutile >>

<< Ehi, non mi piace che si tiri fuori un argomento e non lo si continui >> la bloccò lui.

<< Dà fastidio, non è vero? >> lo fronteggiò Katara.

<< Non mi hai dato una risposta >> enfatizzò Zuko.

<< Se è per questo, tu non mi hai fatto una domanda >> replicò.

<< Puoi, per piacere, continuare il discorso? >>.

<< Mmm... >> rifletté << No, non era esattamente questa la domanda che mi aspettavo >>

<< Beh, è quella che ho posto >>

<< Mi dispiace >> disse, bussando ad una porta che aveva esposto sull'anta: “5°classe”. Sentì una “Avanti” proveniente dall'interno.

Fece per entrare, quando si voltò un ultima volta verso Zuko. << Non è abbastanza >> sussurrò, prima di sparire.



 

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Capitolo 9
*** Capitolo Ottavo ***


Capitolo Ottavo

<< Ah, benvenuta nella 5° Classe, signorina Katara >> l'accolse l'insegnante dell'ora. << Io sono Ms. Kwan e sono l'insegnante di storia di questa scuola. Puoi sederti nel banco dietro al signor Kenji, sicuramente saprà aiutarti. È il capoclasse della 5°Classe. >>

Katara lo osservò agitare una mano per indicare la sua posizione in mezzo al gruppo. Sembrava un ragazzo simpatico, dal viso ancora infantile, nascosto dietro quei suoi grandi occhiali, il tutto incorniciato da arruffati capelli color mogano e un grande sorriso.
Katara andò verso di lui, rassicurata.
Si, probabilmente non sarebbe stata tanto male in quel nuovo gruppo.

<< Molto bene >> iniziò Ms. Kwan << Visto che oggi è stato un giorno veramente speciale, ritengo che sia giusto dedicarlo alla conoscenza della nostra nuova compagna. Katara, vuoi raccontarci qualcosa di te? >>

<< Oh, beh... non c'è molto da dire. Vengo dalla tribù dell'Acqua del Sud; dove abita mia nonna Kanna e mio padre Hakoda e ho un fratello, Sokka >>.

<< Tutto qui? Dicci, che cosa fai di solito? >> insistette la docente.

<< Vuol dire oltre le corse coi pinguini? >> ribatté Katara, sotto lo sguardo divertito dei compagni.

<< Senz'altro >> disse con cipiglio autorevole << Ad esempio, come è riuscita ad entrare nella nuova riforma scolastica del Signore del Fuoco, se posso permettermi? >>

<< Vuole dire nel progetto di Zuko? >>

La classe intera ammutolì.

<< Hem, hem! >> grachiò Ms. Kwan << Signorina Katara, non conosco i suoi rapporti con il nostro sovrano ma le illustrerò brevemente qual è il comportamento che la nostra scuola richiede ai suoi studenti. Per prima cosa noi non chiamiamo mai il nostro Signore del Fuoco con il solo nome di battesimo. È una forma di  mancanza di rispetto verso il sovrano. Solitamente si viene puniti gravemente per una colpa del genere, ma dato che per lei è la primissima volta nelle nostre Terre – presumo – questo le servirà solo da monito. >>

Katara non era riuscita a rispondere nulla. Non credeva che sbagliare sarebbe stato così facile e senza dubbio non aveva idea che per un errore, che tra l'alto lei riteneva poco più che un'incomprensione, sarebbe stata ripresa in maniera così severa.

Dato che non aveva intenzione di continuare a parlare con lei, Ms. Kwan iniziò definitivamente la lezione iniziando con un ripasso della storia passata della Nazione del Fuoco.

Katara prestava attenzione distrattamente alle notizie che quella... quella iena le proponeva.
Come riusciva a parlare in modo così stridulo e senza nemmeno dover riprendere fiato?

E soprattutto come erano riusciti quei ragazzi a sopravvivere in un ambiente del genere? Stando lì rimpiangeva di non essere andata con Aang e suo fratello in missione.

Non erano passate neanche 48 ore da che se ne erano andati e già sentiva la loro assenza.

Dio, quanto gli mancavano.

Gli sembrava di essere tornata bambina, quando aveva assistito impotente alla partenza del padre.

Aveva pianto tantissimo quella notte e quando si era risvegliata si era ritrovata stretta tra le braccia di suo fratello.

Quanto avrebbe dato per poterlo abbracciare ancora.

<< Oh, bene >> strillò Ms. Kwan << E' suonata la campanella, siete liberi di andare. Il Signor Preside ha dato il permesso per un uscita anticipata per permettere alla vostra nuova compagna di adeguarsi a questi nuovi ritmi. Speriamo che ciò avvenga presto. Buona giornata >>

Quando uscì dall'aula, sentì che nuova aria le era entrata in corpo.

Beh, almeno quel primo giorno era finito: poteva tornare a palazzo.

Si incamminò quando sentì da una voce che la rincorreva dicendo: << Ehi! Ehi, tu! Aspettami >>

All'inizio non credeva che stessero parlando con lei ma quando sentì urlare il suo nome si fermò.
Una ragazzina le si avvicinò, con il fiato grosso, ansimando: << Oh, finalmente! Ti ho raggiunta! >>

<< Scusa >> disse Katara << Ci conosciamo? >>

<< Ma sì! Tu sei l'amica di Kuzon! >>

<< Kuzon? >> chiese Katara, non capendo a chi si riferisse quella strana ragazza. Lei non conosceva nessun Kuzon!

<< Non ti ricordi? Alla festa danzante! Sei quella che ha ballato con lui tutto il tempo. >> Quest'ultimo frase la disse con una nota di risentimento incisa nella voce.

<< Ah, si! Mi ricordo! >> esclamò. Ricordava benissimo la festa danzante organizzata da Aang – o, come lo conosceva quella ragazza: Kuzon – quando erano entrati in incognito nella Nazione del Fuoco.

<< Ne ero sicura! >> trillò << A proposito, io sono On Ji, 3° Classe >>

<< Katara >>

<< Oh si, lo so. So perfettamente chi sei. E' un tale piacere conoscere un'amica di Kuzon. Sai, mi è mancato tantissimo quando se ne è andato. Non è riuscito nemmeno a salutare. Come sta adesso? >>

<< Beh... lui... lui sta bene. È partito di recente, ma quando ha saputo che venivo a studiare qui mi ha chiesto di salutarti >>

<< Davvero? >> chiese con gli occhi che brillavano.

<< Oh, sicuro >> mentì.

<< Sono davvero contenta! Sai da quando lo conosco ho cambiato tantissime cose nella mia vita. Per prima cosa ho rotto con il mio ragazzo, Hide, e poi mi sono presa del tempo per me stessa, e tutto grazie a Kuzon. >>

Katara sorrise. Ecco, Aang l'aveva fatto di nuovo: era riuscito a compiere un altro miracolo, oltre ad aver salvato tutti dal tiranno Ozai. Le dispiaceva soltanto che aveva dovuto mentire quella ragazza, nascondendole la sua vera identità.

<< Sono felice per te. È un ragazzo speciale >>

<< Oh, si. Lo è davvero >> confermò On Ji. << Beh, io devo lasciarti, i miei mi aspettano, ma se domani hai voglia di chiacchierare vienimi a cercare! Ci vediamo! >>

Katara la guardò allontanarsi, veloce come era venuta. Non sapeva perché, ma le sembrava di aver davanti Aang. Per quel poco tempo che avevano passato insieme, le sembrava di avere davanti nuovamente il suo amico.

<< Una ragazza strana, On Ji, non è vero? >>

Katara sobbalzò. Non si aspettava che un'altra persona le comparisse alle spalle.

<< Suvvia, così tanto movimento per una singola affermazione! >> lo sentì esclamare << A proposito, io sono Ren, 7° Classe. >> si presentò << Sai, potresti anche voltarti verso di me. Ti assicuro, non mordo, nemmeno con te. >>

<< Ah si? >>  domandò velenosa << Mi chiedo cosa voglia dire “nemmeno con te”. Vuoi forse dire che, dato che vengo dalla Tribù dell'Acqua del Sud, meriterei di essere presa a morsi? Non sei molto gentile con i nuovi arrivati, vedo >>

<< Come tu non sei molto gentile con i vecchi >> sghignazzò.

<< Beh, Ren, non ho intenzione di essere presa a morsi da nessuno. Ti saluto >>

Se ne stava già andando quando si sentì afferrare.

<< Okay >> ammise << forse ho cominciato con il piede sbagliato >>

<< Forse? >>

<< Beh, diciamo anche che tu non sei stata molto accogliente con me… >>

<< Io? >>

<< … ma per questa volta chiuderò un occhio >> continuò come se non l'avesse sentita.

<< Che magnanimo! >> disse sarcastica.

<< Oh, lo sapevo che ti stavo simpatico! >>

Le labbra di Katara si volsero in un sorriso spontaneo. Non era riuscito ad impedirselo. Quel ragazzo, con i capelli neri come l'inchiostro e gli occhi color del mare, era riuscito, dopotutto, a farla sorridere.

<< Guarda che ti ho visto, è inutile che ti nascondi >> disse indicando il suo viso. << Bene, visto che ormai hai ammesso che... >>

<< Io non ho ammesso un bel niente! >> sbraitò.

<< Una risposta affermativa involontaria >> concesse Ren << Ma non per questo meno valida. >>

<< Se lo dici tu >>

<< Lo dico io. E sai cos'altro dico: che sei proprio maleducata. Non ti sei neanche presentata >>

<< Oh, penso che sappiano tutti come mi chiamo >> disse accennando ai ragazzi che l'osservavano da
quando era uscita dall'aula. << In ogni caso, mi chiamo Katara >>

<< Molto piacere! >> disse allungando una mano.

Katara la guardò, decidendo se stringerla o meno. << Devo ancora decidere >>

<< Katara! >>

La ragazza si voltò verso la voce irata che l'aveva chiamata.

Era Zuko.

Avanzava verso di lei come fuoco pronto a distruggere ogni cosa. Anche Ren, dietro di lei, si era irrigidito.

Quando le fu davanti, Katara tremò. Aveva di nuovo quello sguardo... come se fosse ritornato il ragazzo che cercava di catturare l'Avatar.

<< Che cosa ci fai ancora qui? >>. Parlava con lei, ma guardava lui.

E fu lui a rispondere. << Calmati Zuzu. Stavamo solo parlando. >>

Katara si voltò verso di lui sbalordita, chiedendosi quale fosse il loro livello d'intimità. Fino ad ora l'unica persona che aveva sentito chiamarlo “Zuzu” era stata Azula, sua sorella, e sempre per sminuirlo.

<< Questo lo vedo da me, Ren. E ti sarei grato se mi chiamassi Signore del Fuoco Zuko. Ormai direi che è ora. >>

<< Come volete, Signore del Fuoco Zuko. >> ringhiò tra i denti.

Zuko lo squadrò. << Katara, sei pronta ad andare? >>

Lei balbettò un “si” poco convinto, mentre si sentiva trascinare via.

 
***

<< Si può sapere che cosa ti è preso? >> gli disse quando furono dentro le mura del palazzo.

<< Scusami? >>

<< Si, mi pare di non aver fatto nient'altro da quando sono arrivata. >> borbottò << Ti ho chiesto che cosa ti è preso. Perché mi hai portata via, neanche fossi una bambina. >>

Zuko si gettò sul divano. << Non ho voglia di parlarne >>

<< Ti comporti come un bambino, Zuko >>

Il ragazzo si alzò, rosso in viso, urlando << Ah, io sarei il bambino? Chi è che mi ha piantato fuori dall'aula con un “Non è abbastanza”, io? >>

Katara si sentì punta sul vivo.

Come aveva fatto a non capire cosa lei intendesse dire?

Semplicemente non le bastava. Non le bastava essere considerata solo una pedina in un progetto. Non le bastava che le fossero rivolte domande unicamente sulla “questione scolastica”. Non le bastava; non lo voleva.

Desiderava che Zuko si rendesse conto di ciò che lei provava; di non trattarla come un'estranea dentro casa e in modo completamente opposto fuori: come se fosse un oggetto di sua proprietà da mostrare agli altri, ma da trascurare quando non lo utilizzava.

<< Perché dovrei spiegartelo, quando è evidente che l'unico motivo per cui lo chiedi è perché non vuoi che io abbia un pensiero che ti è oscuro? >>

<< Questa cosa così evidente, è chiara solo a te >>

Katara incrociò le braccia al petto. Se davvero pensava che lei avesse parlato per prima si sbagliava di
grosso!

<< Va bene >> sospirò, passandosi una mano sugli occhi << Tu mi spieghi questa cosa, e io risponderò a una tua domanda. Mi sembra equo >>

<< A me invece sembra una furbata! >>

<< Ti prego, Katara! Non ho più idee: dammi una mano. >>

<< Va bene, d'accordo >> Andò a sedersi di fronte a Zuko. Il tavolino da caffè tra di loro. << Dovrei iniziare io? >>

<< Se vuoi >> concesse.

<< Okay, okay. Ma non mi devi interrompere >> precisò.

Zuko fece un segno d'assenso, così iniziò << Non mi basta, Zuko. Questo tuo comportamento mi sfianca: sono stanca. Mi sembra di essere una bella bambolina con cui puoi fare quello che ti pare. Quando siamo qui mi distruggi e poi davanti al preside fai quella sceneggiata. Non voglio che mi consideri solo una pedina di questo tuo piano. Non riesci nemmeno a guardarmi, Zuko. >> sussurrò, notando lo sguardo basso del ragazzo. << So che ogni volta che mi vedi ti viene in mente solo il fatto che io, per te, sia solo una bugiarda e nient'altro, ma io speravo che tu riuscissi a darmi una mano in tutto questo. Tu sei nella tua terra, hai i tuoi impegni, non hai tempo per me, ma io... io qui sono sola. >>

Con la mano cancellò quella lacrima che le era nata in un unico gesto rabbioso.

<< Katara … Katara mi dispiace >> mormorò Zuko << Forse sono stato troppo duro con te, ma devi capire che non … non lo facevo di proposito. Sono … beh, ero arrabbiato con te. >>

<< Perché sei stato così aggressivo con Ren, prima? >>

<< E' solo un ragazzo che conosco e che avrei preferito che tu non conoscessi >>

<< Non mi basta come risposta >>

<< Katara … >>

<< Eh, no! Non dirmi che è solo quello che puoi dirmi. Ho il diritto di sapere: mi devi ancora una risposta >>

<< Katara, ti prego... >>

<< Bene, perfetto. Ho capito. >> Katara si alzò e uscì in giardino, senza mai guardarsi indietro.

 
***

Stupida! Katara, sei proprio una stupida!

Non aveva perso tempo, Katara, a maledirsi e a maledire la sua stupida lingua per aver parlato troppo mentre correva a tutta velocità verso lo stagno del giardino del Palazzo.
Non un gran posto per nascondersi, ne era ben conscia, ma non aveva voglia di scappare: aveva bisogno di acqua.

Entrò in quell'acqua senza pensarci due volte e iniziò a muovere le mani freneticamente. Non fu una reazione immediata, ma dopo un po' ecco che sotto i suoi movimenti l'acqua iniziò ad alzarsi e a prendere forma.

Le ci volle del tempo, ma quando finì ecco che, davanti a lei, erano comparsi suo fratello Sokka ed Aang.

La loro immagine acquatica era così verosimile che a Katara le si inumidirono gli occhi.

Oh, se solo li avesse potuti avere lì davvero.

E invece l'avevano abbandonata anche loro. Le era rimasto solo il suo dominio.

<< Katara >> si sentì chiamare. Immediatamente le immagini degli amici si sgretolarono, ritornando ad essere soltanto acqua. Fluida, calda, potente... ma pur sempre acqua.

La dominatrice non si voltò nemmeno. Non aveva la minima intenzione di mostrargli quanto gli avesse fatto del male.

Non si era fidato di lei. L'unico a cui lei poteva riporre la sua fiducia, non si era fidato di lei.

Lo sentì sospirare, dietro le sue spalle, prima di avvertire l'agitazione del fondo e dell'acqua attorno a lei: Zuko era entrato nel laghetto.

<< Quando avevo tredici anni >> iniziò << l'anno in cui fui esiliato e ustionato da mio padre – ero ancora troppo giovane per ammettere che ero innamorato di Mai mentre Ren... beh, lui non lo era. Sapeva esattamente cosa voleva e tutto quello che voleva era quello che avevo io. Non fu una sorpresa per me scoprire che il mio esilio non lo aveva nemmeno scalfito, anzi. In questo modo aveva campo aperto per provarci – e forse riuscirci – con Mai. Non ho mai saputo se ce l'avesse fatta a conquistarla. So soltanto che lui ha potuto passare del tempo con lei, tempo che era mio! >> esclamò << Ed ora voglio solamente che non arrivi a te. Ho fatto una promessa e farò di tutto per mantenere fede alla mia parola >>

<< Zuko, tutto questo non ha importanza >> mormorò Katara << Mai aveva scelto te e questo non potrà mai cambiare. Se anche loro avessero avuto un passato in comune, tu sei stato il futuro che Mai aveva scelto per lei. >> Lo guardò con fare incoraggiante e, poggiandogli una mano sul volto gli disse: << Non serve a nulla tormentarsi adesso. >>

Uscì dallo stagno, asciugandosi i vestiti con il dominio. << Serve una mano anche a te? >>
<< No, grazie. Preferisco farmi un bagno con l'acqua bollente >>

Katara rimase ferma sotto l'albero a fianco del laghetto.

Ora bisogna solo che tu capisca che Mai fa parte del tuo passato e che non potrai continuare a immaginarla come il tuo futuro – pensò mentre lo guardava ritornarsene in casa, bagnato come un pulcino - Ma non preoccuparti di farlo subito, hai tempo per cucire quelle ferite che ti porti dentro. Io, al contrario, non riesco a far smettere di sanguinare cicatrici che avevo considerato chiuse da tempo.

 
***

La cena di quella sera era stata all'insegna della spensieratezza. Katara gli aveva rivelato di essere stata ripresa per aver avuto l'ardire di chiamarlo per nome e lui si era messo così a ridere che per poco non si strozzò con quello che stava mangiando.
<< Ehi, stai attento! Non vorrei mai che mi accusassero di aver ammazzato il grande Signore del Fuoco Zuko con un osso di pollo! >>
<< Ehi, signorina Katara, mostri un po' di rispetto per il sovrano di questa Nazione! >>
<< La prego di perdonarmi! >> ironizzò improvvisando una sonora riverenza.
Quella leggerezza aveva portato all'interno del palazzo del Signore del Fuoco nuova serenità. Tutti sembravano rinvigoriti da quella felicità che scoppiava nuovamente in quella che, dopotutto, poteva essere finalmente chiamata “casa”.
L'atmosfera si era così calmata che fu possibile perfino augurarsi una dolce notte, prima che ognuno dei suoi abitanti ritornasse nella propria camera.
Non ci volle poi molto prima che il silenzio calasse sull'intero palazzo, che ogni agitazione si acquietasse e che ogni mente si calmasse.
Il buio era comparso e non aveva intensione di andarsene tanto presto.
Zuko guardò un'ultima volta il corridoio – ormai vuoto – che portava alle stanze di Katara, dopodiché entrò nella sua.
Una volta chiusa la porta, fu come se si fosse chiusa una parte di lui.
Sospirò osservando tutto quello che lo circondava. Il letto era, probabilmente, l'unico mobile ancora integro. Tutto il resto portava ancora il marchio del suo dolore.
Ogni volta che entrava si sentiva soffocato dal ricordo di Mai – come se non riuscisse più a respirare – ma non aveva desiderio di cambiare stanza.
Si tuffò nelle coperte, senza pensare e in men che non si dica s'addormentò.

 
***

<< Zuko. >>
Una figura era entrata nella sua camera, chiamandolo.
<< Zuko, questa stanza è orribile. >> sentenziò senza la minima esitazione << È così che tratti le tue cose? Mi meraviglio di te >>
<< Lo vedo da me >> rispose Zuko, non alzandosi dal letto.
La ragazza – perché era una ragazza – si avvicinò << La odio >>
<< Tu odi tutto >> sussurrò.
<< No, non proprio tutto.
Non odio te, per esempio >>
Non odio te...
Non odio te...
<< Sai... >> continuò << Io non ti odio, ma – osservandoti – non posso neanche dire che sono molto fiera di te. Sento che c'è qualcosa di sbagliato, in quello che fai >>
<< Di sbagliato? Intendi che devo forse fare di più per migliorare il mio regno?>>
Ridendo, la ragazza si sdraiò sul letto, al suo fianco, e guardandolo in quegli occhi tristi gli disse: << Zuko non sto parlando di politica. Tu stai facendo tantissimo per la Nazione, credimi. >> assicurò << Devi solo capire che non tutto può essere risolto con un buon piano amministrativo >>
<< Non capisco >> ammise.
<< Sto parlando di quella ragazza, Zuko.
Della dominatrice dell'acqua >>
<< Come puoi! >> esclamò, pieno d'ira.
Lei lo zittì, accarezzandolo in volto << Sono un'egoista, Zuko. Ti ho voluto tutto per me quando è quella ragazza ad avere più bisogno di te, al momento. Prometti che l'aiuterai. >>
<< Non dire così, ti prego. Io ... >>
<< Io non verrò più a trovarti >> lo interruppe. << Non posso più farlo... Ho finito il tempo a mia disposizione. Ora dovrai reggerti sulle tue gambe. Sei forte, Zuko. Sono sicura che ci riuscirai >>
<< Ma... >>
Lei lo baciò dolcemente, prima di mormorare: << Ti amo, mio Signore del Fuoco >>
Lui stava per dirle che l'amava, che l'aveva sempre amata e che l'avrebbe amata sempre, ma la sua figura stava ormai sbiadendo.
<< Mai! >> si ritrovò ad urlare.
<< Ricorda la nostra promessa. Devi prenderti cura di lei. Ora è lei ad avere in mano il tuo futuro... trattala come deve >> e sparì.


Zuko si svegliò di soprassalto, imbrattato di sudore.
L'aveva sognata, di nuovo. Ne era praticamente certo. Ogni volta che succedeva sentiva al risveglio una nota amara, come punge il fastidio di un desiderio irrisolto, che puntualmente arrivava – puntuale come la morte.
Quella volta però c'era qualcosa di strano. Come un ticchettio che continuava, anche ora che era completamente sveglio e vigile.
Fu solo quando si alzò che vide un falco messaggero alla sua finestra beccare convulsamente sul vetro.
Gli aprì e, evitando il becco aguzzo, prese il messaggio.
Immediatamente il falco volò alto, senza attendere risposta.
Zuko osservò il foglio che teneva in mano.
Recitava solo poche parole.
“ Verrò a prendermi il regno. E tu cadrai”



 

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Capitolo 10
*** Capitolo Nono ***


Capitolo Nono


Ciao Katara,
Sorpresa di questa lettera? Beh, anch'io.
Non avevo intenzione di scriverti tanto presto, ma non ho trovato niente di meglio da fare.
Sai, pensavo di riprendere i contatti con la mia famiglia, ma sono partiti per una vacanza e i maggiordomi non hanno idea di quando torneranno a casa.
Conoscendo mio padre, non credo che avverrà tanto presto.
In ogni caso, per ammazzare il tempo, ho già preso un incontro di lotta per domani – per scaricare la rabbia, sai.
Mi farebbe molto piacere sapere come te la cavi tra i banchi di scuola!
E il piccolo piromane si sta divertendo nei panni del gran re?
Fammi sapere presto.


In fondo, sotto alla calligrafia ordinata del maggiordomo di casa Bei Fong, c'era uno scarabocchio indecifrabile – come una piccola macchia scura che, dedusse Katara, doveva essere la firma autentica di Toph.
Quando scese per fare colazione, stringeva ancora saldamente la lettera tra le mani, e un gran sorriso le abbelliva il volto.

<< Mmm >> mugugnò Zuko << Come mai così allegra? >>

<< Ho ricevuto una lettera >> spiegò.

Per poco Zuko non si strozzò con il biscotto che stava mangiucchiando.

<< Una … una lettera? >> balbettò.

<< Si, da parte di Toph >> disse calma << Che ti prende? >> chiese, sospettosa.

<< Niente. >> rispose << È che non mi aspettavo che Toph ti scrivesse così presto >>

<< Su questo neanch'io.>> ammise << Però non sei contento? Almeno abbiamo qualche notizia. Leggi tu stesso. >> disse passandogli la lettera.

<< Piccolo piromane? >> esclamò quando ebbe finito di scorrere le poche parole di Toph << Piccolo piromane? >> ripeté << Io non sono un piccolo piromane! >>

<< Oddio, Zuko! Non dirmi che te la sei presa! >>

<< Certo che no! >> commentò, offeso.

<< A me sembra il contrario >> lo punzecchiò.

<< Beh, allora non stai vedendo bene >>

Lei gli si avvicinò, con una fetta di pane e marmellata in mano << Si, certo … piccolo piromane >>
Lui gli incendiò il panino.

<< Ehi! >> obiettò facendo cadere il pane sul tavolo << Quella era la mia colazione! >>

<< Fattene un altro >> consigliò.

<< Sei tu che me l'hai bruciato. >> ribatté irritata. << Preparamene uno tu >>

<< No, non penso che lo farò. A me piace il pane abbrustolito. >>

<< Dovresti provare quello annacquato. Non sai che meraviglia! >> disse inzuppandogli il suo.

<< KATARA! >> urlò alzandosi di scatto. << Si può sapere che stai facendo! >>

<< Pensavo che avresti voluto assaggiare questa specialità >>

<< Katara! >> scandì.

<< Okay, scusa. Probabilmente mi sono lasciata un po' andare … anche se sei stato tu a iniziare >> gli ricordò.

Zuko fece come se non avesse nemmeno aperto bocca e si limitò a storcere la bocca, riprendendo a mangiare, in silenzio.
Katara lo seguì poco dopo, imburrandosi un toast.

<< Sai... >> iniziò Zuko << Forse dovresti iniziare a prepararti. Oggi non posso accompagnarti a scuola >>

<< Mmm... Non c'è problema >> disse Katara ingoiando un gran pezzo di pane e burro << Davvero, prendo la carrozza >>

<< Beh.. in realtà la carrozza non è disponibile >>

<< Cosa? >> esclamò << Come mai? >>

<< Devo andare in un posto, oggi. Ho bisogno della carrozza >>

<< Sei molto vago, Zuko. >> gli fece notare << Devo preoccuparmi? >>

Lui fece un gesto svogliato con la mano, come a voler sottolineare l'assurdità della domanda.

<< Molto bene. Io vado, prima che arrivi in ritardo. >> Acciuffò la sua borsa e corse verso la porta d'ingresso, quando d'improvviso si fermò, voltandosi verso di Zuko. L'espressione di chi si era appena rammentato qualcosa. Qualcosa d'importante. << Ah, un'ultima cosa >> disse << Tornerai per pranzo? >>

Zuko non rispose.

 

***


Katara aveva lasciato il palazzo reale da quindici minuti, all'incirca. Secondo i suoi calcoli, doveva già essere arrivata a scuola.

Non c'era pericolo che lo potesse scoprire.

Non che ci fosse poi molto da scoprire, in realtà. Non sapeva come mai, ma non aveva intenzione di farsi smascherare da Katara. Non lo voleva. Si sarebbe preoccupata inutilmente e avere a che fare con una Katara irata e spaventata non era esattamente il suo obiettivo nella vita.

Fece preparare la carrozza.

Non era un lungo viaggio, ma non aveva intenzione di far vedere al suo popolo che c'era qualcosa che era in grado di turbarlo.

Come Signore del Fuoco non poteva permettersi di essere spaventato da una sciocca minaccia, tuttavia Zuko ne era rimasto alterato.

Un falco messaggero era riuscito ad entrare nella sua camera dal letto. Gli aveva portato la promessa di distruggerlo e non aveva fatto in tempo a capire da quale parte del mondo venisse che già era volato via, lasciandosi dietro quella minaccia che non l'aveva fatto dormire per tutta la notte.

<< Signore, il cocchiere attende >> disse il primo maggiordomo entrando nel salotto.

<< Grazie >> rispose Zuko alzandosi. << Arrivo subito. >>

Prese con sé una valigia, al cui interno c'era – insieme ad altri documenti – la lettera. La prova che esisteva ancora qualcuno che minacciava le fondamenta del suo regno.

S'incamminò, con passo deciso. Non rallentò nemmeno quando vide l'anziano cocchiere scendere velocemente per aprirgli la porta.

Salì, ordinando all'uomo di sbrigarsi.

Non avevano tempo da perdere.
Non ne avevano mai avuto.




Zuko sapeva il contenuto di quei fogli a memoria e non era stato piacevole per lui aspettare che i dieci membri del consiglio leggessero, comprendessero e mettessero a punto una soluzione.

<< Sicuramente è una burla, mio Signore. Non c'è da preoccuparsi >>

Soprattutto quando se ne uscivano con assurdità del genere.

<< Se pensassi che fosse una burla, non vi avrei convocati con cotanta urgenza, non credete? >> ribatté aspro Zuko.

<< Il Signore del Fuoco ha ragione. Non è una minaccia da sottovalutare >>

<< Per questo vi ho radunato qui. Ho bisogno di consigli >>

<< E' molto umile da parte vostra, signore >> disse il più anziano tra tutti.

<< Cosa? Ammettere di non essere in grado di proteggere il mio regno è umile, per voi? >> strepitò irato Zuko.

Era già difficile mandare avanti un regno in crisi senza doversi preoccupare anche di una rivolta in atto. Non aveva proprio bisogno di sentirsi dire di essere pieno di zuccheroso affetto per aver radunato quel gruppo di vecchi strampalati.

Non l'avrebbe mai fatto, se fosse riuscito a venirne a capo da solo.

Ammettere di aver bisogno delle loro conoscenze storiche del regno – per tentare di comprendere da chi potesse venire l'oscuro messaggio – era di per sé una debolezza.

E lui non voleva averne, di punti deboli.

Fastidiosi, ecco cos'erano.

Fastidiose irritazioni che gli ricordavano quanto lui potesse sbagliare. Quanto lui potesse perdere.

E Zuko – si disse – aveva perso fin troppo.


Aveva perso sua madre, Ursa.
Ne era uscito distrutto e mutilato.

Aveva perso la sua ragazza, Mai.
Il dolore lo aveva devastato.

Ed ora, stava per perdere il suo regno.
Era entrato in un girone infernale, circondato dai demoni del suo passato.

Non era sicuro che ne sarebbe uscito illeso.


<< Certo che no >> rispose quest'ultimo << Ma dimostrare di aver bisogno di aiuto, di essere – in qualche modo – umani e fallibili, è una grande qualità per un sovrano. Dovreste esserne fiero >>

<< Si, certo. >> Accennò un gesto di superiorità con il capo << Tuttavia non sono qui per sentire elogi, ma per trovare, insieme a voi – rispettabili membri del consiglio – una soluzione a questo problema >>

<< E' curioso … >> sussurrò un uomo sulla sinistra di Zuko, quasi sdraiato sulla sua sedia, mentre giocherellava  con una ciocca dei suoi lunghi capelli neri.

<< Cos'è curioso, Lord Hakoto? >> domandò un altro membro del consiglio. Uno nuovo, a giudicare dal viso giovane e dal modo irriverente di porsi.

<< Mi sembra sospetto che queste lettere minatorie arrivino dopo neanche ventiquattr'ore dall'entrata in scena della tua protetta, Signore del Fuoco >>

<< State insinuando che la colpa è sua? >> sibilò Zuko.

<< Nient' affatto >> rispose pacatamente Lord Hakoto << Sto soltanto facendo notare al consiglio queste ... coincidenze >>

<< Coincidenze, appunto! Non esiste nessuna prova che colleghi la protetta del Signore del Fuoco Zuko al messaggio! >> esclamò il giovane, oltraggiato, spostando furiosamente lo sguardo da Zuko ad Hakoto.

<< Forse Lord Hakoto ha ragione >> s'inserì a quel punto un nuovo consigliere. << Alcune famiglie di antichi dominatori non avranno avuto piacere di vedere inserita una straniera nella nostra scuola. Soprattutto un ragazza che ha contribuito al declino del precedente Signore del Fuoco. >>

Zuko si schiarì la gola, con un leggero colpo di tosse.

<< Senza nulla togliere al vostro regno, ovviamente >> s'affrettò ad aggiungere.

<< Non intendo cambiare il mio modo di governare solo perché un branco di stupidi non si è ancora reso conto che la guerra di Ozai è perduta >>

Calò il silenzio.

Nessuno voleva ricordare di essere stati parte di quella follia, eppure avevano paura di mettergli fine completamente.

Il sapore del potere è così inebriante che una volta provato, è difficile farne a meno.
Diventa come una droga.
Più ne hai e più ne desideri.
E la Nazione del fuoco era stata potente. Molto potente.


Il più anziano tra loro parlò. << Mio Signore, forse sembrerò uno sciocco. Perdonatemi saranno gli sproloqui di un povero vecchio, ma non credo che parlare di questo gioverà a qualcuno e sicuramente non gioverà al regno >>

<< Che cosa intendete? >>

<< Che cercare di addossare la colpa a qualcuno non è producente, tutt'altro. Io credo che bisogna ridare basi forti alla Nazione. Valori ed ideali su cui possa erigersi. E soprattutto non dobbiamo far trapelare la notizia che qualcuno voglia la vostra … dipartita, mio Signore >>

 

***


Era suonata la campana della ricreazione, finalmente.
Potevano rilassarsi per quindici minuti.
Troppo poco, quindici minuti, per liberare la mente e svagarsi un po'.
Katara uscì dall'aula con ancora quelle noiose lezioni che le rimbombavano in testa.
Stava cercando un corso d'acqua, una fontana, quando si sentì chiamare.

<< Ehi, ragazza nuova! >> sentì gridare << Non startene tutta sola! Vieni con noi! >>

Si voltò. Un gruppo di ragazzi la stava osservando con vivo interesse. Katara riconobbe Kenji, il ragazzo che Ms. Kwan le aveva affiancato la prima lezione.

Insieme a lui stavano una ragazza minuta con corti e arruffati capelli castani, che la facevano assomigliare ad uno spirito dei boschi e un giovane alto, dal fisico asciutto con corte e sbarazzine ciocche biondo cenere.

Li aveva già visti. Stavano tutti con lei, nella 5° Classe.

Katara si avvicinò, salutando con un timido segno della mano.

<< Allora, ragazza, come ti trovi nella Nazione del Fuoco? >> domandò il biondo.

Era lo stesso ragazzo che prima aveva urlato per attirare la sua attenzione.

<< Trovo che il clima si un po'... secco >> rispose lei.

<< Ovviamente! Rispetto al grande freddo in cui vivete nella vostra tribù a sud, qui ti sembrerà di stare in una sauna >> commentò.

<< Scusalo, Katara >> lo interruppe Kenji << Non è abituato alla buona educazione. Il mio nome già lo conosci, loro sono Hiroto >> disse indicando il ragazzo biondo alle sue spalle << e Miku >>. La ragazza fece un grande sorriso, mostrando i piccoli denti bianchi che la facevano sembrare ancor più bambina di quanto non fosse in realtà.

<< Piacere di conoscervi >>

<< Il piacere è nostro, Katara >> disse Miku << Non capita molto spesso di incontrare facce nuove da queste parti. >>

<< Sarei la vostra nuova distrazione? >> chiese lei ridendo.

<< Oh, una distrazione lo sei sicuramente >> considerò Hiroto.

Katara sentì il sangue inondarle le guance.

Kenji balbettò delle scuse poco convincenti << E' un idiota, Katara. Lascialo perdere >>

La dominatrice, sistemandosi i capelli, stava per dire che non aveva importanza. Non se l'era mica presa per una simile sciocchezza.

Era arrossita solamente perché non aveva dimestichezza a vivere fianco a fianco con un gruppo di suoi coetanei.
Era stata solo con Sokka per la maggior parte della sua vita, l'ultimo anno l'aveva trascorso tra un viaggio e l'altro con persone che non aveva mai incontrato prima, di cui con due non aveva stretto un grande rapporto. Con

Toph si comportava come una mamma apprensiva, mentre con Zuko non riusciva ad avere un rapporto normale.

Un giorno si lanciavano dietro fuoco e fiamme – letteralmente – e il giorno dopo – proprio come quella mattina – ridevano e scherzavano insieme.

Scuoté la testa, mortificata.

No, loro non avrebbero mai avuto un rapporto normale.

<< Hai ragione, capoclasse. Hiroto è veramente un idiota >>

Calò il gelo.

Katara si girò di scatto.

Chi aveva parlato era un ragazzo alto e slanciato. All'apparenza più grande di Hiroto.

Ma non era la sua prestanza fisica ad aver colpito Katara. Era più che altro la compagnia con cui si affiancava.
Ren.

<< Shou >> salutò Hiroto, apparentemente più interessato a dar fuoco a un mucchietto d'erba che altro.

<< Lo sai che è proibito utilizzare il dominio a scuola >> lo riprese Ren. << Quante volte dovremo dirtelo? >>

Hiroto mugugnò qualcosa di incomprensibile.

Shou appiccò più potenza al fuoco che Hiroto teneva tra le mani, il quale – per evitare una brutta bruciatura – lo lasciò immediatamente.

<< La regola vale anche per voi, sapete >> disse Hiroto, con voce svogliata.

Quante volte aveva dovuto subire cose del genere?

<< Se non sai controllare il tuo fuoco, non incolpare noi >>
Ren sghignazzò, sotto lo sguardo stupefatto di Katara. Sembrava che davanti a lei, in quel momento, non ci fosse più il ragazzo con cui aveva parlato il primo giorno, ma un altro, con il suo stesso aspetto e la stessa voce.

<< Anzi, dovresti ringraziarci. >> disse Ren, spegnendo definitivamente la fiamma.

<< Ricordatelo, la prossima volta >>

Shou se ne andò, rapido così com'era venuto.

Ren, invece, era rimasto immobile. Gli occhi incatenati a quelli di Katara.

<< E così... hai superato un'intera giornata in compagnia del nostro Signore >> iniziò << Sei più dura di quello che credevo >>

Katara incrociò le braccia al petto e distolse lo sguardo << Non so di che cosa tu stia parlando. Non ho bisogno di forza per stare con Zu... con il vostro Signore del Fuoco >>

Ren rise. << Non sei abituata, vero? Beh.. con il tempo >>

Allungò una mano, come per raggiungere i morbidi ricci di Katara, ma quest'ultima la schiaffeggiò senza pentimento alcuno.

<< Non osare >> sibilò.

<< Oh, pazienza. >> sbuffò lui << Ci vediamo dentro, Katara >>

In lontananza, il suono di una campana stava facendo rientrare tutti gli studenti nelle rispettive aule.

 

***


Zuko era tornato a palazzo pieno d'ira.
Non appena entrò in casa, chiamò i cuochi ed Ordinò ad esse un buon pranzo abbondante.
Era affamato.
Dopodiché si sedette nel salone d'ingresso, in attesa.
Nella sua mente riecheggiavano le parole amare del consiglio, a cui lui si era opposto con tutte le sue energie.

<< Forse sarebbe meglio, in via del tutto precauzionale, rimandare la ragazza nel suo paese d'origine. >>

<< Non dovevate farla entrare nella Nazione del Fuoco senza la totale approvazione di questo consiglio >>

<< La ragazza non è una minaccia! >> sbraitò.

<< Questo non lo potete sapere per certo. Suppongo che sia un dubbio legittimo >>

<< Dobbiamo pensare a salvaguardare la solidità del regno. E questa viene rappresentata da voi, Maestà >>

<< Sono in grado di badare a me stesso. Non è di me che dobbiamo preoccuparci >>

<< Se quella minaccia è vera, il regno è in pericolo! Dobbiamo occuparci di questo! >>

<< Il regno è saldo. >>

<< Signore, dobbiamo mettervi al sicuro. In questo modo almeno uno dei nostri problemi sarà risolto. Con voi al riparo, lo sarà anche la famiglia reale. >>

<< Io sono la famiglia reale! >>

<< So che è prematuro parlarne, Signore... specie nella vostra situazione… ma non credete che sia il caso di produrre un erede? Se non ora, almeno nei prossimi anni... sapete, per preservare la casata. Altrimenti... beh, altrimenti il trono andrà a vostra sorella Azula. >>

<<
Azula non otterrà un bel niente. >> ribatté << Tanto meno il regno. E non credo che la nascita di un erede possa risolvere i nostri problemi, anzi. >>

Parlava con controllata freddezza, mentre dentro si sentiva esplodere.

Come poteva il consiglio parlare di eredi?

<< Mio Signore >> parlò il più anziano << Non capisco perché ci avete convocato se non intendete seguire i nostri consigli >>

<< Semplicemente mi aspettavo che avreste avuto delle idee più produttive. >> disse acido <<
Nascondermi o rispedire la ragazza a casa, non sono scelte possibili >>

I suoi consiglieri non solo avevano supposto che Katara fosse la causa per cui quel messaggio non solo era giunto a palazzo, ma era anche stato scritto.

Katara, la causa...

Ma per piacere!

Una ragazza da sola non è in grado di scatenare una guerra civile.

<< Signore >>

Come se avesse appena ricevuto una scossa elettrica, Zuko riemerse dai suoi tumulti.

<< Dobbiamo aspettare la signorina Katara per iniziare a servire il pranzo? >>

<< Le lezioni dovrebbero essere già terminate. Datele il tempo della strada. >>

<< Ne è certo? Possiamo sempre preparare un altro pasto per la signorina, se voi volete già pranzare...  >>

<< Grazie, ma preferisco attendere un altro po'. Ho bisogno di compagnia >>

Ho bisogno di parlare con lei.
Ho bisogno di vedere che sta bene.
Ho bisogno...
Ho solo bisogno di lei...

 

***


<< Ehi, Katara! Aspettami! >>

<< Miku! >>

<< Dove vai? >> chiese la ragazza, allegra.

<< Me ne sto tornando a casa... >>

<< Da sola? Dai, vieni a pranzo con noi! >> la invitò, accennando a Kenji e Hiroto che – dietro di lei – la stavano aspettando.

Katara ci pensò su, prima di sorridere e partire, insieme alla sua nuova – possibile – amica, alla ricerca di qualcosa di buono da mangiucchiare.





 

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Capitolo 11
*** Capitolo Decimo ***


Al mio adorato computer,

che ha deciso di formattare l'intero sistema,

cancellando tutto quello che ho scritto finora.
 


 

 

 

Capitolo Decimo

 
Katara aprì la porta di casa cercando di fare il meno rumore possibile. Era tardi per tornare a casa, lo sapeva bene, ma non si era resa conto del tempo che passava fino a che non era già troppo tardi. Camminò in punta di piedi, slittando con abilità tra le ombre che la luce delle candele del palazzo avevano creato. Ma purtroppo per lei in un palazzo come quello c'era sempre qualcuno che non riusciva a dormire e che vagava senza meta all'interno dei suoi lunghi corridoi.

Lei se ne rese conto quando un leggero colpo di tosse proveniente dalle sue spalle la gelò sul posto.

<< Miss Katara >> disse la voce accogliente del primo maggiordomo di Zuko. Un uomo anziano dai capelli brizzolati e le rughe attorno agli occhi che accendevano il suo sguardo. Un uomo che riusciva a infondere pace e tranquillità con la sua sola presenza. << La stavo aspettando. >>

In quel momento Katara si fece piccola piccola. << Stavate aspettando me? >>

<< Ovviamente, signorina. Venga da questa parte, fra qualche minuto potrà cenare in tutta tranquillità. >> disse, invitandola a seguirlo verso la sala da pranzo.

<< Ce.. cenare?! >> chiese lei, sorpresa. << No, non ce n'è alcun bisogno! Ho già mangiato con alcuni amici. >>

<< Signorina, non sarò tranquillo fino a che non vedrò con questi miei occhi che lei avrà mangiato qualcosa. Mi faccia questo piacere. >>

<< Non sono affamata, davvero. Non dovete darvi tutta questa pena. >>

Lui le sorrise. << In verità, Miss Katara, mia moglie non mi lascerebbe in pace sapendo che non vi ho fatto assaggiare nulla di ciò che ha preparato. >>

Un lieve rossore dipinse le gote di Katara, mentre si accingeva a seguire quel bizzarro maggiordomo, ma con la ferma convinzione di non andarsene a dormire vinta.
 

 

***

 
Katara si sedette sullo sgabello che affacciava al bancone della cucina, aspettando paziente che il signor Mogi, il maggiordomo, le preparasse una bella tazza di tè.

Il buon uomo aveva insistito lungamente affinché potesse prepararle la cena che la sua signora aveva cucinato quel giorno, ma Katara era stata ben ferma nella sua posizione: avrebbe accettato una tazza di tè, ma non avrebbe mangiato nulla fuorché un paio di biscotti.

<< Se mi permette, signorina Katara... >> iniziò il signor Mogi.

<< Oh, la prego! >> disse Katara << mi dia del tu. Non sopporto tutto questo formalismo. >>

Il vecchio signore rise. << Non mi fraintenda, ma con tutti i miei anni di servizio qui a palazzo, non mi riesce facile utilizzare un tono più colloquiale di questo. Con chiunque tranne che con mia moglie. È lei, la mia eccezione.>>

Katara arrossì. Non immaginava che quel signore così avanti con l'età potesse parlare con un tono così fermo e con occhi così decisi della propria moglie.

Katara ricordava ancora di quando era piccola e dell'espressione che il volto di sua nonna assumeva ogni volta la pregava di raccontarle di suo nonno; di come si erano conosciuti e, col tempo, innamorati. I suoi occhi si riempivano di una tristezza tale che Katara aveva preso l'abitudine di identificare quel gesto rivelatore come “la visita del nonno”.

Non aveva nulla a che fare con lo sguardo che correva nel volto del signor Mogi in quel momento. Gli occhi di quell'uomo ardevano ancora della prima fiamma; di un amore vivo, un amore che non aveva intenzione di perire con l'avanzare dei giorni e dall'aumentare delle lacrime.

<< Come stavo dicendole... >> disse il signor Mogi riprendendo il discorso, mentre posava aggraziatamente davanti a lei una tazza laccata con righe rosse e oro, dalla quale fuoriusciva un vapore caldo ai frutti di bosco. Katara ringraziò e, prendendo per sé lo zucchero e il barattolo dei biscotti, lo invitò a continuare con un gesto del capo.

<< Anche se non vorrei sembrare invadente, mi creda, la curiosità mia e – soprattutto – di mia moglie non mi lascia altra scelta che andare diretto alla fonte. >> lo sguardo dubbioso di Katara lo costrinse a fermarsi per rivolgerle un sorriso d'incoraggiamento. << Veda, signorina, anche se non faccio parte della casata reale per linea di sangue, sono stato domestico qui da così tanto tempo che ormai capire i Reali è come un gioco per bambini, per me. Il signorino Zuko poi, è talmente facile da comprendere che, ero sicuro, vi sarebbe riuscita anche lei. Purtroppo, dopo quello che è accaduto questa mattina, debbo ricredermi. Il comportamento che ha tenuto il signorino Zuko mi ha rammentato in maniera ben viva perché non è consigliabile cercare un posto di lavoro in casa di dominatori così … irascibili. >>

<< Zuko è intrattabile, molte volte. >>

<< Inizio a credere che questa sia una caratteristica che affiori solamente quando c'è lei di mezzo. Per il resto, il signorino Zuko è facilmente trattabile. >>

Katara scrollò le spalle in segno di dissenso.

<< Non pretendo che lei possa capire. Dopotutto ha a che fare con lui da poco più di un anno; che, secondo la mia opinione, non è un tempo sufficiente per conoscere una persona. Non se entro questo anno non si è scoperto che cos'è che la fa arrabbiare davvero.

<< La rabbia di Zuko deriva dal rapporto che ha avuto con il padre. >> disse Katara risoluta.

Il signor Mogi emise un lieve sospiro. << Ritengo che l'ira del signorino Zuko provenga da qualcosa di diverso. Qualcosa che non comprende a pieno neanche lui. >>

<< E voi lo comprendete? >>

<< Oh si. Penso che sia colui che ho meglio compreso, oltre sua madre, la regina Ursa. >>

Katara, che stava bevendo un sorso di tè caldo, per poco non si strozzò lei stessa. Non era preparata a sentir parlare della madre di Zuko. Ne aveva sentito parlare molto poco in generale; e mai a lei direttamente. << La.. la regina era.. si, insomma... era come lui? >>

Il signor Mogi sembrò riflettere un secondo prima di rispondere. << Per un periodo sono stati molto simili; questo è indubbio. Anzi, sembravano quasi la stessa persona. Tuttavia la loro natura resta profondamente diversa. La regina era una grande donna, piena di coraggio e con un intelletto vispo. Nonostante ciò rimaneva troppo umana perché il suo spirito accettasse di restare sopito mentre Ozai si proponeva di distruggere le varie nazioni; e quando se ne andò quel seme di se stessa che aveva piantato dentro il figlio e che aveva curato negli anni sparì. Forse nel nulla.
Quello che posso raccontarti e che, dopo la perdita che ancora viveva in lui, il principe Zuko perse la sua identità; bruciata come metà del suo viso.
Sono persuaso a credere che il Signore del fuoco Ozai possedeva il desiderio di sopprimere la moglie in tutte le sue forme. E il principe Zuko non era forse l'ultima immagine, seppur sbiadita, della regina?
Probabilmente non sapremo mai la realtà dei fatti ma quello che so, signorina Katara, è che Ozai non poteva sopportare di venire ostacolato. Agognava il potere e l'indole troppo misericordiosa di Zuko, di fatto così simile a quella della madre, rendeva quel povero ragazzo l'ultimo filo da sforbiciare. >>

<< Ma Zuko ha sconfitto suo padre! >> obiettò Katara con fervore, sconvolta da tante rivelazioni. << E' un uomo migliore di lui! Ha combattuto per questo! Ha combattuto contro di lui! Ha combattuto con noi! >>

<< Indubbiamente, signorina. >> s'affrettò a placarla << Ma non può negare che Ozai abbia tentato di vincer sul suo stesso figlio. L'esilio aveva lo scopo di sopprimere la natura materna del principe – natura del tutto assente nella sorella, per esempio. >>

<< Trovo improbabile che il Ozai abbia immaginato questa fine quando assegnò il compito di ritrovare l'Avatar a Zuko. >>

<< Sicuramente, ma il signore del fuoco Ozai ha sottovalutato a lungo la forza di Zuko. Lo riteneva inadeguato al compito di sovrano. Troppo debole. E vedere come anche ora che è sovrano venga continuamente attaccato, mi fa comprendere come la Nazione del Fuoco sia rimasta con Ozai e non abbia capito di trovarsi di fronte ad una diversa guida. >>

<< No, no... aspetti... >> lo interruppe << chi è che sta attaccando Zuko? Che sta succedendo? >>

Il signor Mogi, che nel frattempo si era seduto di fronte alla ragazza, si alzò con controllata naturalezza; prese la tazza, ormai vuota, di Katara e andò verso il lavabo. Aprì l'acqua e la sciacquò con accuratezza.

Quando parlò, le sue parole risuonarono tetre. << Mia moglie mi rimprovererà per bene. Lasciarla alzata fino a quest'ora quando dovrebbe essere già a letto. >>

Katara alzò lo sguardo verso l'orologio appeso sulla parte. Effettivamente era tardi, ma... << Cosa? Non andrò a dormire adesso! >> strillò << Voglio sapere che sta succedendo! >>

<< Signorina, mi creda, è proprio il momento adatto, invece. >>

<< Ma che sta dicendo! Sta cercando di confondermi? >>

<< Non mi permetterei mai, signorina. Nella maniera più assoluta. >>

<< Allora mi risponda! Cos'è che sa? >> insistette lei.

<< Non so niente. Lei crede che il Signore del Fuoco venga da me per chiedere consigli? Ha un Consiglio Maggiore per questo. >>

<< Zuko ha chiesto consigli a qualcuno? >> “A qualcuno che non sono io?”

<< Non lo so, signorina. Ho solamente detto che esiste un organo con questa funzione. >>

<< Lei non mi sta dicendo la verità, non è così? >> mormorò Katara.

<< Signorina, deve proprio andare >> disse, congedandola con lo sguardo.

Indignata, Katara s'indirizzò verso la sua camera.

Quella notte, gli incubi la visitarono, impedendole di scappare.
 

 

***

 
Quando scese per andare a far colazione, la mente di Katara ragionava ancora su quanto le aveva rivelato il signor Mogi la sera prima. Il sonno non era stato capace di placarla, tutt’altro.

Quella notte aveva rivisto il fulmine che aveva investito Zuko. Solamente che questa volta lei non era riuscita a battere Azula e quindi, di conseguenza, non era riuscita a raggiungere in tempo per salvarlo. E salvarsi anch’essa.

Era stata una notte sfiancante.

Il suo sonno era stato così agitato che si stupì di non aver svegliato gli altri abitanti del palazzo.

Il suo ingresso nella sala da pranzo portò con sé una ventata di gelo.

Appena aprì la porta, si ritrovò immersa in un’aria così fredda da congelare i polmoni. Zuko, davanti a lei, non alzò nemmeno la testa e non accennò il minimo gesto di saluto.

Katara rimase interdetta. Non si era mai trovata di fronte ad un’indifferenza simile. Anche nei momenti di litigio, tra lei e Zuko non erano mai mancate le parole, anzi. Esse fluivano senza ostacoli, come un fiume in piena.

Ora, invece, sembrava che Zuko avesse costruito una diga, un muro di spesso cemento intorno ai suoi pensieri.

Si sedette a tavola e cominciò ad imburrarsi una fetta di pane tostato, cercando di passare per un essere invisibile.

Invisibile. Era il modo in cui la vedeva, e invisibile sarebbe dovuta diventare.

Ma perché poi? Che aveva fatto di male? Nulla. Lei era state sempre coerente con se stessa, nelle sue scelte. Se qualcosa aveva fatto che non rispondeva alla sua morale, probabilmente era stato fatto per costrizione delle regole che regolavano quel mondo fatto di inchini e riverenze.

Lei non apparteneva a quel mondo. Era una dominatrice dell’acqua, più precisamente della tribù dell’acqua del Sud e tutto quello le mancava.

Le mancava il non poter uscire fuori dalla sua tenda e ritrovarsi circondata dal ghiaccio.

Le mancava correre con i pinguini.

Le mancava suo fratello.

Le mancava la sua terra.

Non era il suo posto quello.

Se ne era accorta soltanto in quel momento, che non c’entrava nulla. Sicuramente ci sarà stato qualcuno che l’aveva notato prima di lei.

“E vedere come anche ora che è sovrano venga continuamente attaccato, mi fa comprendere come la Nazione del Fuoco sia rimasta con Ozai” questo le aveva detto il signor Mogi meno di ventiquattr’ore prima.

E lei ci era arrivata soltanto in quel momento.

Che stupida.

La nazione del fuoco era rimasta con Ozai. La vedevano come una nemica, una straniera che invadeva il loro territorio. Nulla sarebbero servite le parole di difesa di Zuko. Loro si sarebbero rivoltati contro il loro sovrano.

Sbattè le posate sul tavolo con veemenza.

Non poteva rimanere lì.

Velocemente com’era arrivata scompare, lasciando dietro di sé l’immagine sbiadita di una ragazza che correva al piano di sopra.

Zuko, pieno d’ira, s’alzò a sua volta e le andò dietro.

Entrò senza annunciarsi in camera di Katara e la trovò intenta a raccogliere i suoi panni.

Le sue parole fremevano d’indignazione. << Si può sapere che diamine stai facendo? >>

<< Non lo vedi? >> disse Katara senza fermarsi << Me ne sto andando. >> 







 

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Capitolo 12
*** Capitolo Undicesimo ***


 

Capitolo Undicesimo

 

<< Che cosa vorrebbe dire? >>

<< Beh, è semplice in effetti. Non ho alcuna utilità restando qui, anzi sono solo d’intralcio. È meglio per tutti se me ne vado >>

<< E’ meglio per tutti… cosa? >> sbraitò << Non starai mica parlando sul serio? >>

<< È ovvio che parlo sul serio, Zuko. Mi metterei a porre sotto sopra la mia camera se non lo fossi? >>

<< No. >> disse Zuko fermo << Non se ne parla. Non pensarci nemmeno. Preparati per andare a scuola, piuttosto. >>

<< Non tornerò a scuola, Zuko. >> sospirò, affranta.

<< Allora è di questo che si tratta. >> disse << C’è qualcuno che ti ha dato fastidio. Chi è? È stato Ren, non è vero? >>

Katara s’immobilizzò e, in seguito, sbuffò, ritornando a concentrarsi sui suoi abiti. << Ma si può sapere che avete, voi ragazzi? Perché pensate sempre che una ragazza non sia in grado di difendersi da sola? Ti ricordo che sono una dominatrice, Zuko. E anche piuttosto potente. Una vera maestra. >> disse, gonfiando il petto << So sistemare coloro che mi danno noie, non temere. Non è per questo che ho deciso di andarmene. >>

<< E allora perché? >> domandò, confuso.

<< Semplicemente perché non hai bisogno di me qui. >>

A quelle parole, la rabbia crebbe dentro di Zuko. Che ne sapeva, quella stupida, se lui aveva o meno bisogno di lei? Come poteva permettersi di decidere di lasciarlo, quando le aveva spiegato chiaramente di come avesse bisogno di lei per il suo progetto.

L’ira stava aumentando così rapidamente che dovette trovare una valvola di sfogo.

Bastò un attimo, e i vestiti che teneva in mano andarono bruciati.

In questo modo almeno, non avrebbe rischiato di incendiare anche lei.

Katara, scioccata da quel gesto improvviso, lasciò cadere i panni sul pavimento della camera, abbandonandoli al proprio destino.

Mentre la stoffa, sotto ai suoi piedi, si consumava, lei rivolse lo sguardo a Zuko, come disgustata.

<< Si può sapere che diavolo ti è preso? >> sibilò, fremendo. In quel momento Katara si stava aggrappando a tutto l’autocontrollo che possedeva. Se avesse dato retta ai suoi istinti, probabilmente in quel momento Zuko si sarebbe trovato con i piedi attaccati a un fondale marino, ricoperto da tonnellate d’acqua.

<< Che cosa è preso a me? >> ribatté lui. << Tu chiedi… ma sei completamente impazzita? >>

<< Potrei chiederti la stessa cosa! >> disse la ragazza.

<< Katara, attenta. Stai giocando col fuoco. >> l’avvisò Zuko. << Se continui non risponderò di me. >>

<< Ah, quindi tutto quello che hai fatto fin’ora era nel pieno consenso delle tue facoltà mentali? Mi sorprendo di non essere arrivata prima a capire che razza di babbuino primordiale sei! >> gli urlò dietro, lanciandogli, insieme alle parole acuminate, un potente getto d’acqua gelata, che aveva preso dalla sua borraccia.

Zuko si ritrovò completamente bagnato e decisamente infuriato, ma rimase fermo davanti a lei.

<< Sei soddisfatta, ora? >>

<< E tu? Sei soddisfatto? >> rispose lei, indicando quel mucchio di cenere che racchiudeva quelli che, una volta, erano stati i suoi abiti più belli.

Zuko le si avvicinò, gocciolando. Katara intanto arretrava.

<< Come potrei? >> disse. Il suo tono ora sembrava più calmo. Quasi sofferente. << Come potrei essere soddisfatto di questo? Come potrei essere felice nel vedere come indietreggi davanti a me? Siamo arrivati a questo punto. Sembra quasi che tu pensi di riavere di fronte lo Zuko di prima. Lo Zuko che non aveva altro scopo nella vita se non quello di catturarvi. >>

<< Cosa dovrei pensare? Arrivi in camera mia, mi aggredisci, mi bruci i vestiti… non riesco a spiegarmelo… >>

<< Sono io che non mi spiego, Katara. Non mi spiego perché tu te ne voglia andar via così, quando all’inizio di questa storia sembravi così entusiasta. Non capisco perché non vuoi parlare con me. Non vuoi confidarti. >> sospirò << Ti ho aspettato ieri sera a cena. Volevo sapere com’era andata la tua giornata e tu non ti sei presentata. Non sei venuta da me, quasi che io fossi così… rimpiazzabile, per te. E questa mattina ero così arrabbiato con te che non riuscivo nemmeno a guardarti e tu… tu mi dici che vuoi andartene… e io… davvero, io non capisco… >>

<< Aspetta. >> lo interruppe Katara, che nel frattempo si era avvicinata a lui << Tu eri solamente arrabbiato con me? >>

<< Io sono ancora arrabbiato con te, Katara! >> precisò.

<< Perché? >>

Gli occhi di Zuko si spalancarono, per quanto possibile. << E te lo chiedi pure?! Come credi che dovrei sentirmi quando è così evidente che non ti importa niente di me! Che non vedi l'ora di andartene anche tu, come tutti gli altri! >>

Katara incassò il colpo infertole, chiedendosi chi fossero gli altri di cui parlava Zuko. << No, >> precisò << non intendevo perché sei arrabbiato in questo momento. Mi riferisco a prima... >>

<< A prima... >> ripeté. << Ti riferisci a questa mattina? >>

L'espressione di colpevolezza che si disegnò sul volto di Katara non lasciò dubbio alcuno.

<< Non posso crederci. >> mormorò, allontanandosi con uno scatto improvviso. << Non posso crederci! >> ribadì; come se nella ripetizione il senso quella frase potesse, ad un tratto, diventare più chiara all'interno della sua mente. << Tu... tu hai fatto tutto questo... solamente perché stamattina non ti ho rivolto... dannazione... tu hai davvero pensato che io... >>

Zuko non riuscì a concludere il suo discorso, se mai ve ne fosse una, giacché fu interrotto da un continuo bussare alla porta della camera della ragazza. Dato che sembrava che Zuko, tranne per l'improvviso mutismo, non se ne fosse affatto accorto, fu Katara a prendere la parola e a chiedere a chiunque fosse di entrare.

<< Signor Mogi. >> constatò poi, quando l'elegante figura del primo maggiordomo entrò senza fretta all'interno della stanza. << A cosa dobbiamo la visita? >>

Zuko non parlò, ma salutò il maggiordomo con un semplice sguardo. L'uomo, dopo aver accennato un leggero inchino a Katara, si rivolse al suo padrone. << Signore, c'è una visita per lei. Mi è stato detto che è veramente urgente. >>

Istintivamente Zuko si protese in avanti, coprendo il corpo di Katara con il suo.

<< Sono occupato in questo momento, Signor Mogi. Anche la mia è una questione piuttosto urgente, quindi la prego di riferire al nostro ospite di ripassare più tardi a fare la sua visita. >>

<< Con tutto il rispetto, Signore, ma il vostro ospite mi avvertì della possibilità di udire codeste parole e mi ha chiesto di comunicarle, nel caso fosse successo, che le vostre urla risuonano lungo tutto il palazzo e che sarebbe molto onorato di offrire a voi e alla vostra signorina Katara una bella tazza di tè fumante, in modo tale da farvi riposare le vostre, troppo utilizzate, corde vocali. >>

Zuko spalancò gli occhi. Non ci volle che un secondo per comprendere chi fosse l'ospite che attendeva al pian terreno.

<< Mio zio Iroh è qui. >> mormorò.

Il Signor Mogi abbassò lo sguardo. << Si, signore. >>

<< Capisco... Grazie, Mogi. >> disse << Avvisa mio zio che siamo in arrivo. >>

Il maggiordomo annuì rispettosamente prima di sparire dalla stanza.

Il silenzio che rimase pesava come piombo sulle spalle rigide dei due dominatori. Non uno voleva parlare, tanta l'irritazione che scorreva sotto la pelle; lei per quel profondo senso di inadeguatezza che lui non riusciva a comprendere, l'altro per la rabbia cieca scaturita dal terrore di un nuovo abbandono che non voleva accettare.

I battiti cardiaci scorrevano frenetici, pompando il sangue ad una velocità inaudita.

Katara riusciva a sentire quel fluire di vita come se fosse stato un rimbombo dentro la sua testa, in un perfetto ondeggiare ritmico che le feriva lo spirito.

Si immaginava giù sotto la lingua la dolce sensazione di poter decidere il suo scorrere. Quella suadente emozione di sconfinato potere che la avvolgeva come un velo. Il potere di dominare il sangue.

Essere una dominatrice del sangue.

L'ammaliante potere che benediva i dominatori dell'acqua. Un potere che faceva sentire vivi come non mai... ma che Katara sentiva in cuor suo come una maledizione.

<< La nostra conversazione non finisce qui, Katara. >> esordì Zuko. << Non permetterò che tu parta. Ho promesso a tuo fratello che ti avrei protetta, che ti avrei aiutata, ma tu continui con la tua mania di voler cambiare il mondo, e sapere in ogni momento cosa è giusto per gli altri, senza prenderti la briga di consultare minimamente le altre persone. >>

<< Non è assolutamente vero! >>

Zuko sospirò. << Basta così, Katara. Ho ascoltato fin troppe sciocchezze. Non voglio sentire una parola di questo discorso quando saremo davanti a mio zio. >>

Katara spalancò gli occhi, in un'espressione di pura sorpresa.

Zuko ridacchiò. << Non avrai mica creduto che ti avrei lasciato qui da sola, spero! Non sono un idiota. >>

 

***

 

L'ex-generale Iroh - ora felice proprietario della più prestigiosa sala da tè dell'intero Regno della Terra – stava seduto sul divano della sala ricevimenti sorseggiando una fumante tazza del migliore tè al gelsomino che fosse riuscito a reperire.

<< Zio. >> salutò Zuko.

<< Oh, principe Zuko! >> rispose Iroh alzandosi e allargando le braccia, in attesa che il nipote vi si tuffasse dentro. << Katara! Che gioia vederti! Come stai, mia cara? >>

<< Oh.. io... io sto bene. Molto bene, in verità. >>

<< Come sono contento di sentirlo! E dimmi, come ti trovi nella Nazione del Fuoco? >>

Katara sorrise. << Diciamo che il clima è più caldo di casa mia. >>

<< Beh, questo è vero. Mi ricordo l'ultima volta che sono stato nella Tribù dell'Acqua e... >>

<< ZIO! >> interruppe Zuko.

L'ex-generale si volse verso il nipote. << Zuko! Scusaci per non averti inserito nella conversazione, ma sai com'è, i ricordi vanno e il tempo passa e... vuoi del tè, principe Zuko? >>

<< No, zio. Non ho molta voglia di tè. Voglio sapere che cosa ci fai qui. >>

<< Come? Uno zio non può avere voglia di visitare il suo adorato nipote e la sua deliziosa ospite? >>

<< Zio... per favore. >> implorò Zuko, indicando il divano sul quale era posizionato inizialmente.

Iroh si rimise seduto, invitando i due giovani a fare altrettanto.

<< Miei cari ragazzi, sono venuto a dirvi che nel Regno della Terra ci sono dei problemi. Grosse problematiche e mi chiedevo se voi avreste intenzione di intervenire in qualche modo. >>

<< Zio, non ho la minima intenzione di immischiarmi negli affari del Regno della Terra. Ho già troppe grane per conto mio. >>

Katara si voltò di scatto verso Zuko e chiese pungente: << Che grane? Perché io non ne ero a conoscenza? >>

<< Beh, io... io volevo... io non volevo... >> balbettò Zuko, incerto.

<< Oh, grazie! Ora è molto più chiaro! Maledizione, Zuko! Sei tu che ti sei lamentato perché io non parlavo con te, perché avevo intenzione di andarmene, e per altri diecimila motivi che non sto qui ad elencarti e ora scopro che tu... tu fai esattamente la stessa cosa! Anche tu mi nascondi delle cose, menti ma odi quando queste stesse cose vengono fatte a te! E non avevi neanche l'intenzione di dirmi che cosa ti preoccupa, dei tuoi problemi! Devo scoprire tutto da sola! >>

<< Katara, calamti! >> disse Zuko.

<< No, che non mi calmo! Quando pensavi di dirmelo? >>

<< Dirti cosa, Katara! Cosa avrei dovuto dirti?! Che il mio popolo mi odia? Che non mi ritengono all'altezza di mio padre? Che il mio Consiglio Maggiore pensa che dovrei rimandarti al tuo villaggio senza guardarmi indietro perché ritiene che tu sia una minaccia e che, in contemporanea, vuole che mi dia da fare a procurare alla casa reale un nuovo erede senza curarsi minimamente che la mia ragazza è morta da poco più di un mese e che non ho avuto nemmeno la possibilità di dirle addio? >> sbraitò << O forse vuoi sentire che ho ricevuto una lettera che, in pratica, mi minacciava di morte? È questo che vuoi sentire? Allora? >>

<< Zuko... >>

<< No, Katara! >> la interruppe << Ora sei tu che devi decidere cosa vuoi sentire, cosa vuoi sapere, che cosa vuoi da me! >>

<< Io voglio solo che tu faccia affidamento su di me, Zuko! Non puoi rifiutarti di parlarmi o perché sei arrabbiato con me, o perché sei preoccupato per me o per una tua infinita lista di ragioni che, evidentemente, non vuoi comunicarmi! >>

<< Ragazzi! >> gridò a quel punto lo zio Iroh << Basta così. Avete gridato l'uno contro l'altra abbastanza per oggi! >>

<< Scusa, zio. >>

<< Zuko, sono venuto qui in cerca di aiuto... ho bisogno del tuo aiuto. >>

<< Zio, non invaderò il Regno della Terra. Si sta appena riprendendo dall'invasione di mio padre. >>

<< Principe Zuko, non si tratta di questo. >>

<< Sono il Signore del Fuoco adesso, zio. E non posso permettermi di andare a risolvere altri problemi che non siano quelli della mia Nazione. >>

<< Zuko, io ho una sala da tè. >>

<< Questo lo so, zio. E ti prometto che un giorno di questi verrò a prendere il tè da te. >>

<< No, Zuko. Non intendevo questo. >> disse << Anche se confesso che mi farebbe molto piacere, ho dei nuovi tipi di tè che sono veramente afrodisiaci. >> mormorò tra sé e sé.

<< Zio >> lo richiamò Zuko << ma stiamo parlando di tè? >>

Iroh si sistemò meglio sulla sedia. << No, no. Certo che no. >>

<< Allora zio, perché sei venuto? Non potevi andare dal nuovo re della Terra? Sono sicuro che ti avrebbe accolto più che felicemente! >>

<< No, non posso andare dal Re. >> confessò. << Dovete capire che quello che so l'ho scoperto tramite la mia sala da te. Sono voci di corridoio, per niente affidabili. >>

<< Zio... >> sussurrò Zuko.

<< Quello che voglio farvi capire è che ho fatto delle ricerche, per scoprire se quello che ho sentito fosse la verità e... presumo che lo sia. >>

<< Generale Iroh, cos'è successo? >> disse Katara, prendendo la parola per la prima volta.

<< Ragazzi, si dice che la casa Bei Fong sia disabitata. Che tutti i loro abitanti siano... siano morti. >>

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