Capitoli di un libro senza un titolo

di A bit
(/viewuser.php?uid=209207)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** b. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


1.
Il fragrante odore del caffè,il buio interrotto dalle prime luci del giorno, il tepore del letto ed il caldo torrido di una mattina di fine Agosto.
Ashley si alzò ancora assonnata, con gli occhi gonfi dal pianto della sera prima, e si diresse subito in corridoio, verso la stanza della madre.
C'erano scatoloni ovunque, con sopra varie scritte: "libri mamma" ;"cambio invernale" ;"Ashley".
Sperava che non sarebbe toccato a lei sistemare tutto.
Fece lo slalom fra gli ultimi scatoloni e bussò con determinazione all'entrata della stanza.
Nessuno rispose.
Aprì con decisione la porta che scricchiolò lentamente. Fece un passo verso il letto
«Mamy!..oh god!» urlò inciampando in un paio di scarpe che, probabilmente, si erano divise dal resto del mucchio.
Non si rialzò subito, ma si soffermò sul letto, disfatto e vuoto. Alzando gli occhi al cielo si rimise in piedi e vide sopra al cuscino un biglietto.
"Work...see you at 1:00 pm
love, Mum."

Perfetto, si erano trasferite da soli 3 giorni da Londra in Italia per lavoro e lei era già sparita in ufficio. Ora doveva pure sistemare gli scatoloni.
Corse verso la cucina, così anonima, e vuota, e distante dalla sua quotidianità, si versò un pò del caffè rimasto e vi mise 2 cucchiaini di zucchero.
In quel momento si ricordò di quello che la zia Jenny le disse un anno fa, quando prese con lei il suo primo caffè
«La vita è amara, il caffè dolce. Tesoro hai già 16 anni, queste cose dovresti capirle. Ma dovresti essere felice fra un anno partirai per un posto stupendo! L'italia, la patria di tua nonna.»
AT ALL!.
Sarebbe stata la risposta che avrebbe voluto darle.
Fortunatamente la nonna di Ashley le insegnò a parlare ed a scrivere italiano fin da piccola, ma la ragazza aveva sempre pensato che non le sarebbe mai davvero servito, fino ad un anno fa, quando venne a conoscenza dell'imminente trasferimento.
Bevuto il caffè si mise subito a lavoro sistemando la cucina e tutte le cose a essa annesse. Poi prese tutti gli scatoloni con sopra scritto il suo nome e dedicò il resto della mattina alla sua stanza.
Alle 12 e 30 si mise all'entrata della sua camera, le tende lilla, le foto della cugina Kate (praticamente la sua unica amica), i poster delle sue band, il letto a una piazza e mezza, il simbolo di legno della pace ricoperto di luci bianche (simili a quelle di Natale), i suoi libri vecchi in inglese e quelli nuovi in italiano, tutte le sue cianfrusaglie, l'orologio-sveglia, e la bandiera dell'Inghilterra, TUTTO ESATTAMENTE COME NELLA SUA CAMERETTA A LONDRA, solo più spaziosa. Eccolo lì, il suo pezzo di Londra, solo lì si sentiva a casa, in un luogo dove nulla, a parte il viso della madre, le era familiare, in un posto dove non voleva trovarsi.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2. ***


2.
Le giornate passarono lentamente tra uno scatolone ed un nuovo mobile da spostare.
La mamma di Ashley utilizzò sua figlia a mò di operaio sottopagato.

La ragazza non aveva voglia di fare neanche un passo.Avrebbe preferito restarsene in camera sua, nel suo spazio, nel suo mondo, con la musica a tutto. Se ci pensava bene, in verità avrebbe preferito affacciarsi alla finestra e vedere il solito incrocio di sempre, con gente che guidava dal lato giusto della strada, non come questi italiani. Proprio ora le sarebbe piaciuto uscire con la cugina per un caffè allo Starbucks, ma tutto quello che le rimaneva di quel luogo era un bicchiere con su scritto " La prossima volta caffè qui. Amore, ricorda, casa tua sarà sempre dove è il tuo cuore. Che si trovi n qualcuno o in un luogo. xo Kate."
Già, ed il suo cuore è a Londra. Londra è casa sua!.
Finalmente dopo 10 giorni passati a casa Ashley si decise ad uscire. Prese la sua borsa che le regalò sua cugina, il suo libro, acqua, soldi e cartina della città e varcò la soglia di tutto ciò che le era familiare. Voleva arrivare alla piazza principale, così dopo 10 minuti di camminata decise di mettere alla prova una ragazza che passava di lì

«Sorry, how can I get to the square?. » chiese con aria di sfida.

«Che dice questa?!.» rispose acidamente la biondina.

«How-can-I-get-to-the-squa​re?.» ridomandò la ragazza infastidita.

«Bha, Sorry I speak Italian.»
Allora, presa dallo sconforto le mostrò la cartina, indicando la piazza, e continuando la scenetta "io non conosco la tua lingua" riformulò un' ultima volta la domanda.

«OK, strada giusta! go this direction!.» disse gesticolando notevolemnte la malcapitata.

«Ok thank you!.»

"Questi italiani non sanno l'inglese, IGNORANTI!" pensò Ashley continuando dritta per la sua strada come le era stato indicato dalla tizia di prima.
Arrivò in piazza sfiancata, dalle salite e dal caldo, ma non si fermò, e camminando tirò fuori la sua acqua e ne bevve un pò.
"Che odio questo paese, la piazza è vuota, non parlano l'inglese, mentre parlano potrebbero inavvertitamente tirarti un pugno con tutto quel gesticolare..e poi.." i suoi pensieri furono interrotti improvvisamente, sbatté contro qualcuno e il contenuto della bottiglia finì sulla maglietta di quello che si rivelò essere un ragazzo.

«Sorry, sorry!. I was erm.... sorry!.» si scusò con velocità Ashley, imbarazzatissima.

«Don't worry, it's ok, I needed a shower, so..».
Come sentì parlare la sua lingua in modo perfetto, alzò gli occhi e vide un ammasso di ricci marroni completamente bagnati, due stupendi un verdi, un naso all'insù, due labbra inarcate in un sorriso che nascondevano una dentatura perfetta.
A quel punto, si rese conto che lo stava fissando da circa cinque minuti senza spiccicare una parola.
Il ragazzo, di cui ignorava il nome, sorrise e disse con tono pacato.

«Right, sorry, but i'm late.. see you! What's your name?»

«Ashley»

«Harry, see you Ashley»

E se ne andò, lasciandola lì, l'unica persona che parlasse inglese in quel luogo sperduto e dimenticato da Dio.
Ashley rimase ferma e lo guardò andarsene nei suoi pantaloni blu.
Decise di proseguire per la sua strada, fino ad arrivare in un piccolo boschetto con qualche panchina sparsa qua e la'.
Si sedette, prese l'mp3 e iniziò ad ascoltare un po' di musica. Pianse. Pianse perché le mancava la sua vecchia, monotona, noiosa, vita a Londra.
Guardò l'orario, le 6.30 pm. Doveva tornare a casa.
Si incamminò ed i pensieri iniziarono a frullare nella sua testa.
''Forse non è per molto, forse tornerò a Londra, devo solo tenere duro, almeno credo... spero.''

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3. ***


3.
Agosto era finito ed Ashley incominciò a temere per la sua vita sociale.
Stava per iniziare la scuola.
Si era iscritta in una scuola le cui materie corrispondevano agli stessi corsi che seguiva a Londra: Psicologia, pedagogia, spagnolo, economia, diritto e sociologia. Il liceo si chiamava "Psico-pedagogico" e lei aveva preso l'opzione economico-sociale. Iniziò ad abituarsi a svegliarsi molto presto, così non avrebbe avuto problemi con il sonno .
Durante le giornate rimaste passò il tempo tra casa, il boschetto che aveva scoperto durante la sua prima uscita per la città, e la libreria.
Prese tutti i libri e l'occorrente per scrivere, cosa abbastanza insolita per lei dato che in inghilterra passava tutto la scuola gratuitamente. Un'altra cosa che la sconcertò fu l'assenza di divise e il ritorno a casa all' 1:00 pm.
I giorni passarono molto velocemente e la tortura per la ragazza era alle porte.
« Se c'è una cosa che non sopporto è la scuola!. IO NON CI VADO. » disse Ashley mentre metteva l'astuccio e 3 quaderni nella borsa di pelle.
« Oh poche storie darling!. Tu domani ci andrai e ti comporterai bene, ok?!. » rispose seccata la mamma.
Ashley non rispose.
« Ho detto, OK?!. » ridomandò
« Yes, ok mum. Ora puoi uscire dalla mia stanza, starò un pò al computer poi andrò a letto. »
« Si, ma non fare tardi come solito tuo eh!! Non siamo più in Inghilterra!. »
« Si, purtroppo lo so. Night. » replicò la ragazza a bassa voce.
" Il fatto è che io me la sto facendo sotto!. " pensò "Vorrei solo inserirmi dato che non ho altra scelta...".
Accese il computer sperando di trovare sua cugina ON, ma le sue speranza svanirono quando si ricordò che poco prima che partisse le aveva detto che il suo computer si era rotto e prima di 2 mesi non lo avrebbe rivisto.
Andò su twitter e scrisse ad una delle sue band preferite.
" In Italy unwillingly. I'm so sad. #helpme ♥"
Quando i pinguini voleranno le avrebbero risposto e questo era certo.
Era ora di scegliere cosa mettersi.
Prese un paio di jeans aderenti, le clarks, una canottiera marrone ed una camicia di jeans a maniche corte.
Ashley diede un'occhiata veloce all'orologio. Le 11:00 pm. Tardissimo.
Mise la sveglia alle 7:00am e si decise a chiudere gli occhi.
Ma non riusciva a prendere sonno, non riusciva a fermare i pensieri.
" Domani morirò, domani morirò.
Ashley, sta zitta.
Cosa ti importa di questa città? niente!.
Oramai non posso più tornare indietro. Allora forse dovrei farmi qualche amico e rendere la permanenza più piacevole. Forse riuscirò ad essere accettata. Nessuno mi conosce.
Alla peggio rimarrò sullo sfondo, invisibile.
Chissà se sono socievoli, questi italiani...dovrei....dovrei dormire.. dormire.."
Le palpebre si fecero pesanti. I pensieri iniziarono a rallentare fino a scomparire.
Ashley si addormentò.
Non sapeva proprio cosa aspettarsi.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4. ***


4.
Driin, driin.
La mano di Ashley si muoveva alla ceca tastando il comodino per trovare la sveglia.
Premette il bottone di spegnimento.
Girò la testa e tornò a dormire.
DRIIIIIN DRIIIIIN DRIIIIN
«Ahh shut up» bofonchiò la ragazza sbattendo violentemente la mano contro il pulsante. Niente, il suono insiteva. Le entrava nella testa insinuandosi nel cervello.
Ad un certo punto si rese conto: non era la sua sveglia!
Aprì gli occhi, ma il sole, accecandola, la costrinse a richiuderli.
Piano piano riuscì a vederci bene, così con atteggiamenti omicidi si concentrò per rintracciare la causa del traumatico risveglio.
Uscì dalla sua stanza continuando a seguire il suono. Le sue orecchie setacciavano la casa come due piccoli radar. Bersaglio individuato: la sveglia della madre.
La spense e iniziò a scuotere la mamma dicendo
«It's time to get up»
La donna spalancò gli enormi occhi, si sedette sul letto e con fare da zombie sussurrò:
«Coffe....» si alzò e si diresse in cucina.
Ashley si fece una doccia, si truccò e si rese conto che i vestiti che aveva scelto non le piacevano, così prese i suoi vecchi e cari pantaloni blu a pois, una maglietta bianca, e i suoi occhiali preferiti.
Corse poi in cucina fiutando l'odore di caffè che si era diffuso in casa.
Bevve gelosamente la bevanda ancora tiepida e si diresse con la madre in macchina, verso la scuola.
Durante il viaggio lasciò che l'aria frizzante della mattina le sfiorasse il viso svegliando a tratti ogni parte di esso.
Senza accorgersene erano già arrivate. L'edificio imponente ed austero le ricordò tutto: Italia, mattina, scuola, MORTE!.
Si bloccò, non riusciva a scendere, aveva paura.
La madre la spinse fuori dall' auto e mentre inseriva la marcia disse:
« I prof sono stati avvertiti, non potrò venirti a prendere per tornare da scuola, quindi torni a piedi, tanto la strada la sai no? Bye darling!.»
Prima che riuscisse a rispondere con un "no rimbecillita sono in questo posto di merda da meno di un mese!" la madre sparì lasciandola sola.
Entrò nella scuola, poi nella sua aula.
Vide i suoi nuovi compagni presi dalle chiacchiere fra loro girarsi, fissarla e dire «Ciao».
Se ne scappò con un "hi" molto nervoso e prese posto vicino alla finestra.
Più nulla, lei si mise a guardare fuori mentre gli altri la ignorarono quasi completamente.
Una donna, improvvisamente, rompendo il filo di tranquillità che predominava la stanza, entrò quasi gridando:
«Giorno guys!»
tutti presero velocemente posto mentre lei si sedeva alla cattedra.
«1° giorno com 3°C, abbiamo una new entry, Ashley Clears, vieni pure alla lavagna a presentarti ai tuoi nuovi compagni! Io sono la prof. Scaleni, insegno inglese, è quindi chiaro che tu ti presenterai in inglese.»
"what? what? what? ooooh shit! what am I going to do NOW??" pensò.
Si diresse verso il patibolo, o meglio, la lavagna, e si rivolse verso i compagni.
«Ehm» la voce di Ashley rimbalzava timidamente in quelle 4 mura, risvegliando l'attenzione e qualche risatina dei compagni, «I'm Ashley Clears, I'm from London, I'm 17 years old and I'm in Italy because of my mum's work. I hope we will become friends.» disse con un sol fiato, aspettando una risposta che si manifestò , come le volte seguenti, con un "interessante".
Ripetè quasi ogni ora le stesse cose per soddisfare la curiosità dei prof che le si presentavano.
I compagni invece continuavano a fissarla come fosse un'aliena.
A ricreazione uscì per vedere la scuola, ma la vista di tanto cibo e di studenti che lo sbranavano le fece brontolare lo stomaco.
Il filo di pensieri venne interrotto da una voce
« Hai fame?»
« Come?» rispose la ragazza intimidita da questo interessamento nei suoi confronti.
«Giusto, che maleducata! Io sono Melissa!» disse la scuonosciuta, afferrandole la mano.
«Ashley» rispose timidamente.
Senza accorgersene anche le altre compagne di classe si erano avvicinate, cercando, forse bruscamente, di farla inserire.
Quando tornò in classe vide un ragazzo di spalle con una familiare massa di ricci in testa che spariva dietro un corridoio.
«Chi era quello? » chiese a Francesca, una sua compagna.
«Ma chi? Harry?!. Il figo della scuola, un coglione, simpatico si, ha tanti amici palloni gonfiati come lui, è del 3°A, è stato bocciato, e sta con una del 4°C, Rebecca, una bionda, una stronza colossale, li odio entrambi!»
«Ah..» Ashley ripensò al ragazzo che aveva accidentalmente bagnato, che fosse lui? ora aveva troppo a cui pensare.
Passò le ultime due ore a pensare a Londra, e al fatto che le mancava, che odiava sentire parlare in italiano, che nessuno la capiva, che non sopportava nessuno e che doveva trovare la strada di casa.
Uscì dalla scuola con un'amarezza assurda, si mise con pazienza a cercare sulla cartina (benedetta cartina) la strada di casa.
Qualcuno, una bionda, la spinse andando a sedersi sulla sella di una moto che venne accesa da un ragazzo con un casco ed un giubbotto di pelle nero.
«ANCORA QUELLA SFIGATA MI DEVO TROVARE DAVANTI??»
Il ragazzo partì senza dire nulla ed Ashley si rese conto che la biondina era la ragazza a cui, tempo fa, aveva chiesto indicazioni.
«Che gente» sussurrò mentre con cautela prendeva la via dietro la scuola per tornare a casa.
I viali tipicamente italiani le faceva sembrare ti trovarsi in un film,e non poteva fare a meno di rimanerne sorpresa.
Passo dopo passo era tornata nel vialetto della sua dimora, cercò le chiavi di riserva sotto un vaso (dato che le sue le aveva perse) e buttò a terra scarpe e borsa. Corse in cucina rincorrendo il profumino di cucinato, e rimase quasi inorridita alla vista del tavolo apparecchiato per uno e del biglietto vicino al piatto con cu scritto:
"Son o a lavoro, non tornerò neanche per cena, ci sono uova e carne per la cena... scusa ma avrò una riunione con i colleghi.. bye, mum"
"Perfetto!" pensò "lei va a farsi le 'riunioni con i colleghi' e si nasconde dietro il lavoro.. scappa dalle sue responsabilità e come a Londra, vive come se io fossi l'imprevisto del momento.. speravo almeno in Italia sarebbe cambiato qualcosa..".

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5. ***


Ashley si girava e rigirava nel letto. Era l’una meno 10 e sua madre non era ancora tornata dalla riunione.
Sotto le coperte era troppo caldo, allora si scopriva, ma faceva freddo, teneva solo il piede fuori, ma le zanzare ancora vive ,
nonostante il freddo iniziasse a farsi sentire, le riducevano quest’ultimo un campo minato nutrendosi del suo sangue.
“Io le capisco le zanzare, il sapore del sangue è buono, e non piaccio a nessuno, nemmeno a me stessa. E forse in qualche modo anche io pungo la gente per sopravvivere, prendo un po’ di felicità, quella che basta per fingere che sia mia, fino a che la riserva non finiscee, allora torno affamata” pensava mentre si grattava le punture.
Continuò con questa specie di ballo fino a che, esasperata dalla situazione, non scese a prendere un po’ d’acqua fresca. Bevve gelosamente il liquido e ne riprese subito ancora trincando il bicchiere fino a rimanere senza fiato.
Era l’una e 15, e anche se era stanca, le condizioni non le conciliavano il sonno. Accese la TV.
“realizzate anche voi il make up che vi renderà più belle e sicure!” (pubblicità)
“Ah..this isn’t for me. Non credo che basti un po’ di trucco per rendermi decente. AHAHA.” Replicò dentro di se spegnendola quasi infastidita.
Come un’anima in pena salì in bagno e si specchiò cercando, come sempre, di immaginarsi diversa.
I suoi lunghi capelli mossi castano tendente al rosso divennero boccolosi e rosso intenso; i suoi occhi verdi divennero più grandi e più chiari, mentre la sua bocca carnosa e chiara, quasi pallida quanto il viso, divenne più scura, e le lentiggini piano piano sbiadirono fino a scomparire.
Sollevò la maglia del pigiama e si controllò quel filo di grasso sulla pancia, che si dissolse come se non fosse mai esistito.
Sorrise, e vide la fossetta sul lato destro della bocca formarsi, la stessa che aveva la madre sul lato sinistro. Ogni volta che si specchiava vedeva in lei la mamma; prima che si tingesse i capelli di nero anche Susan era come la figlia, ora condividevano solo la fossetta, la forma ovale del viso e il naso piccolo con la punta rivolta all’insù .
Perché non potevano essere due entità completamente diverse?
Ashley odiava quando la gente le diceva “sei proprio uguale a tua madre”. Lei non aveva mai condiviso alcuni suoi comportamenti come madre, e delle volte come persona. Spesso era ipocrita e superba, non ammetteva mai di sbagliare e riversava le sue frustrazioni e i suoi fallimenti sulla figlia, probabilmente inconsciamente, si, ma lo faceva!.
Ogni passo era un errore, ogni pensiero troppo superficiale o deludente, come se lei a 17 anni non ne avesse mai commessi.
Ashley voleva essere diversa, non sarebbe mai rimasta incinta per un incidente di percorso, e non si sarebbe mai innamorata di uno come suo padre. Lei suo padre non lo aveva mai conosciuto veramente, ma le bastava sapere che non sei era preso le sue responsabilità e che non aveva mai amato sua figlia.
Guardare l’immagine riflessa nello specchio stava diventando insopportabile, la lotta tra odio, disprezzo, rifiuto e tristezza le dava la nausea.
Sentì il bisogno di scappare, e si rifugiò in camera.
Il sangue pulsava nelle vene con un ritmo irregolare che le confondeva ogni pensiero, ogni ragionamento. Decise di provarci ancora, si alzò e prese uno specchietto grande circa come un libro, lo avvicinò al suo viso e lo guardò, si guardò.
Forse per lo stress, forse per il sonno, Ashley vide l’immagine riflessa quasi sorridere mentre piangeva. Dallo spavento scaraventò l’oggetto contro la porta urlando “I DON’T LIKE WHAT I SEE, I JUST HATE IT! And nobody is gonna love me for me..”.
Il rumore dello specchio che andava in frantumi la risvegliò dallo shock; si alzò frettolosamente e raccolse i pezzi.
Improvvisamente sentì qualcuno entrare, la madre era tornata a casa!
Si buttò nel letto ancora sconvolta e chiuse gli occhi.
“un’altra lunga notte, ecco cos’è questa.”

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6. ***


6.

Fu un mese di scuola monotono, all'apparenza privo di vita, come se seguisse un protocollo ben definito.
Qualcosa quella mattina, però, era differente.
Cosa ci facevano tutte quelle persone in cortile? Ashley cercò di capisci qualcosa, e sentì uscire dalla bocca di professori ed alunni la stessa parola: occupazione.
Ma lei entrò comunque in classe, doveva riprendere l'mp3 che aveva lasciato sotto il banco.
Quel piccolo oggetto che rappresentava una "via di fuga" per la ragazza non si trovava, però, dove lo aveva lasciato: era fra le mani di un ragazzo seduto al suo posto, con la testa appoggiata sul banco e le cuffie alle orecchie.
Era quell'Harry, lo riconosceva dai ricci; gli stessi che aveva bagnato accidentalmente tempo fa.
Gli si piantò di fronte con una smorfia tra il perplesso e l'arrabbiato.
Era talmente concentrato nell'ascoltare la musica che non si accorse della presenza di Ashley.
Indossava dei jeans semplici un pò calati, una camicia a scacchi aperta e una T-shirt sotto bianca. Dal collo pendeva una cordicella alla fine della quale pendeva un ciondolo metallico a forma di areoplanino di carta.
La testa riccioluta era spostata verso la finestra ed il sole leggero che smorzava il cielo greve di quell'indefinita giornata di ottobre illuminava il viso di entrambi.
Improvvisamente il ragazzo si accorse di Ashley ed aprì gli occhi esibendo due smeraldi di un verde intenso e seducente, ma nonostante fosse stupendo ed estremamente attraente con quell'aria da "bad boy", stava ascoltando la SUA musica dal SUO mp3 e la cosa la irritava notevolmente.
chiese il riccio squadrando la ragazza
rispose quest'ultima afferrando l'oggetto
Harry scrutò con maggior attenzione l'esile figura di fronte a lui ed alzò il ciglio







rispose Ashley sedendosi sul banco di fronte al suo.




disse Harry alzandosi e dirigendosi verso la porta replicò acidamente uscendo senza voltarsi, con la solita aria di sufficienza.
"MA CHI SI CREDE DI ESSERE?!" pensò innervosita Ashley "..non so.. forse ci vado.. ma chi li conosce? che ci vado a fare?. ODDIO CHE CONFUSIONE. Allora faccio così, ci vado, ma se vedo che non è aria scappo.. tanto cosa può andare storto?."

*

Spazio Ashley.
 Eccomi :D *saluta con la manina* ringrazio chi legge questa storia (ovvero NESSUNO) per la pazienza.. spero vi sia piaciuto questo capitolo. Accetto tutti i commenti e le critiche come solito..Molto presto verrà anche il prossimo, che è un pò lo sviluppo del colpo di scena.
LEGGETE E CONDIVIDETE SE VI è PIACIUTO! ♥
Love, Ashley.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7 ***


7.

Fissava quel pezzo di carta da tempo indefinito nella sua stanzetta. Ne conosceva ogni irregolarità, ogni macchia, ogni segno. L’inchiostro sbordava sulle ultime lettere, era stato scritto al computer con il classico inchiostro nero. Leggeva e rileggeva le parole.

‘Party alla Styles,
16 Ottobre alle 23.00 Centro Sociale “next”.
Mi raccomando, non mancare! Ci sarà da divertirsi!’

“Ma che razza di biglietto.. lo scrive come se fosse famoso per i suoi festini. A parte , non lo conosco per niente.” pensava la ragazza.
Susan era di sotto, non sapeva che tutti avevano partecipato all’occupazione, non sapeva che la figlia era rimasta in classe ma l’avevano segnata assente comunque poiché la scuola era interamente deserta, ed Ashley era sicura che si sarebbe arrabbiata.
“Non mi crederà…e non mi manderà da nessuna parte, ed ho tanta paura che perda il controllo e… AH tanto lo scoprirà comunque. E poi, voglio veramente andarci alla festa?”
Si stese sul letto, i capelli, finendo sul naso, le facevano un fastidioso solletico .Era un po’ come il pensiero della festa, provocava una sensazione ambivalente: di fastidio, ma nel contempo di piacere. L’unico problema era che non riusciva ad ignorarla!
“Devo dirglielo!” e con un balzo fu fuori dalla sua stanza, scese le scale e si catapultò in cucina.
La madre stava scrivendo al telefono.
Ingoiando il nodo di paura che le si era formato in gola si girò verso di essa e disse

La donna appoggiando il telefono sul tavolo alzò lo sguardo verso la ragazza spostando i suoi lunghi capelli corvini che agli occhi di Ashley avevano un colore innaturale.
Mentre sentiva le spiegazioni della figlia la sua espressione mutò velocemente assumendo quella strana smorfia dal labbro inferiore ricurvo in dentro, la lingua appoggiata sopra e la fronte aggrottata.
disse tutta d’un fiato la donna.
Ashley sentiva le unghie della mano destra farsi strada nel palmo trapassando la pelle, si morse le labbra fino a ferirle e prendendo tutto il coraggio che aveva rispose:

Susan sgranò gli occhi come se le fosse stata appena lanciato un insulto, il sangue le ribolliva dalla rabbia e si fondeva con lo stress del lavoro facendole andare in tilt i pensieri, ancora una volta. Quelle parole fecero traboccare il vaso del suo autocontrollo, e quando vide la figlia voltarsi per uscire dalla cucina con quell’aria che le sembrava tanto di sfida non ci vide più, prese il portamatite sul tavolo e lo scaraventò contro quest’ultima.
Ashley sentì un dolore lancinante partire dal centro della schiena diramarsi per tutto il corpo. Si accasciò a terra, senza emettere suoni, aveva paura che arrivasse il secondo colpo.
Succedeva quando la madre perdeva il controllo, aveva iniziato a farlo che aveva 5 anni, ma aveva promesso non sarebbe successo di nuovo.

lo squillo del telefono interruppe la madre che rispose immediatamente con un falso tono di allegria.

Chiuse la telefonata e rivolgendo un ultiimo sguardo di disprezzo nei confronti della figlia si diresse verso la porta.

Sbatté la porta ed Ashley si ritrovò come era sempre. Sola.
A questo punto sarebbe corsa verso casa della cugina e le sarebbe passato tutto. Ma ora non poteva. E non c'era pensiero più lacerante di quello.
Rimase lunga, sul tappeto della sala, senza pensieri, c'erano solo le lacrime a tenerle compagnia.
sussurrò.

*

Spazio Ashley.
 MACCIAO! questo capitolo si divide in due parte, entrambe estremamente importanti, ecco perchè NON POSSO accorciare le descrizioni ♥ spero vi sia piaciuto! :* VI PREGO, RECENSITE!!
love, Ashley.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** b. ***


8.

Il pavimento era gelido ed il tappeto le pizzicava il viso.
Con gli occhi rossi ed una agonizzante lentezza Ashley si alzò e si diresse in camera.
I pensieri si intrecciavano fra di loro nella sua testa; domande che non voleva davvero porsi, affermazioni, consapevolezze e teorie che si estendevano all'infinito, si diramavano per il corpo imbevute del dolore fisico che stazionava ancora al centro della sua schiena e non dava cenno di voler diminuire.
Indesiderata, ecco cos'era, un'incidente di percorso, uno scherzo della natura, un imprevisto, e più stava ferma più quei rovi di parole si avvolgevano intorno a lei straziandole il cuore e riducendole l'anima in brandelli.
La colpa era solo sua se la madre aveva sfiorato il limite reagendo così, si sarebbe meritata molto di più.
L'aria iniziò a mancare, i pensieri la stavano soffocando; doveva uscire dalla tana del lupo per un po'.
Prese cellulare, chiavi e mp3, si infilò il giubbetto e la sciarpa ed uscì di casa.
Seguì la strada per una decina di minuti camminando a passo lento, costante, quasi come un fantasma, ma fondamentalmente lo era, era il fantasma della ragazza che voleva diventare, un ricordo.
Ogni giorno che passava perdeva la voglia di vivere la vita e si lasciava trapassare da essa diventandone vittima, come se l'abbandono forzato della sua terra le avesse portato un lutto che non riusciva a rielaborare. Ecco com'era vivere per Ashley.
Il treno dei suoi pensieri fu interrotto dal tocco di una mano grassottella e sudata di un uomo che bloccandola gridò:
< Ciao splendore!>
Ashley si impietrì, terrorizzata da quella situazione e da come pensava sarebbe potuta finire, e cercando di reagire riuscì solo a voltarsi e camminare più velocemente.
disse l'uomo afferrandola per un braccio e scaraventandola a terra.
replicò avviandosi verso di lei barcollando.
La ragazza sbatté contro un bidone esattamente sullo stesso punto in cui era stata precedentemente colpita dalla madre e si graffiò un fianco. Il dolore fu tale da toglierle il respiro e da permetterle di tirar fuori un ultimo urlo nella vana speranza di essere salvata.
Un po' dal buio, un po' dallo spavento che confondeva la sfortunata, il volto dell'uomo rimase celato e l'unica cosa che vedeva bene era la mano sudicia, con una cicatrice sul dorso di quest'ultimo accarezzarle l'interno coscia.
Era finita, non sarebbe stata salvata.
Con quest'ultima consapevolezza in testa, Ashley, chiuse gli occhi ed iniziò a piangere silenziosamente; nonostante i tentativi di scappare, il terrore la teneva incollata a terra, pietrificata.
Riusciva a sentire l'odore di vodka proveniente dall'estraneo mentre avanzava sempre di più.

Una voce familiare bloccò l'uomo che si avvicinò al suo salvatore.

venne interrotto da un pugno in faccia dato da quello che si rivelò essere Harry,
esclamò il riccio.
Susseguì una lotta che durò ben poco, decretando vincitore il ragazzo.
Ashley rimase ferma, le parole dell'uomo l'avevano ferita, nonostante fosse ubriaco, e sentì il bisogno di coprirsi le gambe e di rannicchiarsi su se stessa mentre il ragazzo si avvicinava a lei.
Iniziò ad emettere dei piccoli urli e l'espressione del riccio passò da soddisfatto a preoccupato. Si fiondò sulla ragazza e d'istinto fece quello che nessuno dei due si sarebbe mai aspettato, si sedette vicino ad essa e la abbracciò sussurrandole:
<È tutto finito, forza, respira con me. Tranquilla, ci sono io>
A quelle parole Ashley sgranò gli occhi e si rese conto che per la prima volta non fu capace di mantenere le mura di cui si circondava solitamente per proteggersi dagli altri, era completamente nuda difronte a quel ragazzo che la avvolgeva con il suo prepotente profumo che si insinuava dentro di essa bruciandole dentro come un disinfettante sulle ferite.
Si irrigidì nuovamente e cercò di riprendere il controllo.
disse con un fil di voce evitando il contatto visivo.
Fece per alzarsi, ma i graffi sul fianco le bruciavano troppo e la obbligarono ad appoggiarsi con tutto il peso al ragazzo.
Harry cercando di aiutarla a camminare finì per prenderla in braccio per portarla in macchina, il tutto accompagnato da un'imbarazzante silenzio.
disse il riccio con un'aria apprensiva e contemporaneamente estremamente seria.
rispose timidamente lei
replicò guardandola dritta negli occhi.
“Ed eccolo nuovamente, lo sguardo perfetto, dio che occhi... io.. AHH STUPIDA torna in te, è inutile che pensi ad una cosa simile, rimane sempre il figo-coglione della scuola con la sua fidanzatina bionda.. certo però..devo sdebitarmi in qualche modo..oh, ma è ferito sulla mano destra..sono arrivata” pensò Ashley mentre con la mano faceva cenno di fermarsi.
Harry accostò e la aiutò a scendere con estrema delicatezza.

Ecco, lo aveva detto, aveva seguito l'impulso, e si sentiva una cogliona poiché non stava ricevendo nessuna risposta, solo uno sguardo fisso sui suoi occhi che la ipnotizzava in un modo talmente profondo che le sembrava di andare a fuoco dentro.

rispose sorridendo lui.
Ashley aprì la porta e si diresse in bagno per prendere l'occorrente, fece sedere Harry in salotto e iniziò a bendare quella morbida ed enorme mano in modo veloce ed ordinato.

La ragazza sgranò gli occhi quasi preoccupata.
“ oh no! Vedrà il mio oribile corpo, e, ma ch razza di richiesta è?”

Il riccio le chiuse la bocca con la mano e le fece cenno di girarsi mentre con la sua solita aria di superiorità sorrideva divertito.
Ashley si girò, ed alzò la felpa cercando non scoprire la pancia, ma Harry, goffamente spostò la maglia su fino a scorgere l'enorme livido sulla schiena.

Le prese un tuffo al cuore pensando alla madre e con molta fretta si abbassò la felpa e accompagnando il ragazzo, ancora sconcertato da ciò che aveva visto, alla porta farfugliò qualcosa:
< Sono scivolata sul vialetto, comunque mamma arriverà a momenti e se ti trova qui mi scrocia..Non nel vero senso della parola eh, lei non mi sfiora, cioè non è colpa sua se lo fa, ma in fin dei conti non lo fa, quindi...Okay, senti, ti ringrazio davvero tanto per tutto..e.. beh..io..>
Arrossì abbassando la testa che le sembrava stesse per esplodere

rispose frettolosamente lui mentre si avviava verso la macchina
rispose Ashley chiudendo la porta.
Andò in camera e si cambiò frettolosamente per poi infilarsi sotto le coperte.
“ ' ci vediamo a scuola dopodomani se sarà' MI HA LIQUIDATA COSì, ecco, la perfetta prova di quanto gli interessi se vivo o muoio, cancellatelo dalla testa bella, è solo un coglione e tu sei solo.. beh tu. Dio mio, si è liberata di me con un saluto, come se non fosse accaduto nulla..sono una stupida. Cretina. AAH meglio che dormo” pensava la ragazza mentre piano piano le palpebra calavano fino a serrarsi.
Ashley si abbandonò ad un sonno profondo come se fosse l'unica cosa che le rimaneva di fare, non avrebbe riferito parola dell'accaduto con la madre, e molto probabilmente lui e Harry avrebbero continuato a non parlarsi come se fossero sempre stati due estranei.


*
Spazio Ashley

Eccomi nuovamente con voi.. beh ottavo capitolo... ho impiegato una vita per scriverlo, ma eccolo! Spero vi piaccia, non è nulla di che.. commentate, mettete mi piace e condividete!. Bye. <3
Love, Ashley.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1146654