Farewell

di Styna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I'm like a Rainbow in a Black and White World ***
Capitolo 2: *** And so lying underneath those stormy skies She'd say, "oh I know the sun must set to rise" ***
Capitolo 3: *** Tha Appaerance in not Everything ***
Capitolo 4: *** The ghosts of the past will chase me until I get the courage to tell the truth ***
Capitolo 5: *** Kiss me like you wanna be loved ***



Capitolo 1
*** I'm like a Rainbow in a Black and White World ***


Scritto da Luri07: 18 Aprile
 
Un leggero vento scompigliava i miei lunghi capelli troppo “strani” per non essere notati e sotto la luce di quel sole che si accingeva a tramontare la tinta verde acqua era accentuata, le vecchie signore che sedevano sulle panchine di quel parco mi guardavano come fossi una pazza, il mio abbigliamento troppo strano per la loro mentalità chiusa le metteva a disagio e per questo mi lanciavano occhiate di disprezzo.
Continuavo a camminare incurante dell'odio e del disappunto che mi circondava, l'unica cosa bella che in quei momenti mi risollevava era la fotografia.
Dalla lunga borsa a tracolla rigorosamente nera, tirai fuori la mia adorata Canon EOS700. 
Quella non era solo una macchina fotografica, era la mia migliore amica, la compagna di mille avventure vissute e di altre ancora da vivere, ogni scatto era un pezzo della mia anima che si fondeva con l'armonia del soggetto.
Un gruppo di bambini stava giocando a nascondino, cominciai a scattare senza neanche rendermene conto tanto ormai era diventato normale quel gesto.
Ero così presa dallo scattare fotografie al paesaggio e agli ignari passanti che avevo perso la cognizione del tempo, il sole che ancora non era tramontato illuminava e scaldava tenuemente il parco. 
Stanca di camminare mi sedetti sull'unica panchina presente nei paraggi, mi accesi una sigaretta e attesi che si consumasse tra un tiro di fumo e una folata di vento.
Spenta la sigaretta ritornai a camminare verso l'uscita e ricominciai inconsciamente a scattare foto qua e là a coppie di giovani che si baciavano e a coppie che camminavano serene lungo quel percorso romantico delineato dai ciliegi in fiore e dal rosso del tramonto. 
Mi girai di 180° e fotografai la strada che avevo percorso, continuai a camminare all'indietro fino a quando non andai a sbattere contro qualcosa o meglio qualcuno.
L'uomo che mi trovavo "davanti" era tutto incappucciato, era più alto di me almeno di una ventina di centimetri, degli inutili occhiali facevano da scudo a quelli che dovevano essere i raggi solari attualmente inesistenti.
< < Scu-scusa, non avevo intenzione di finirti addosso. Sono così sbadata, stavo fotografando e non, non vedevo dove andavo... > > Sputai tutto d'unfiato e l'uomo misterioso mi sorrise quasi comprensivo. 
Quel sorriso, diamine, era semplicemente perfetto, potrei definirlo perfino abbagliante. 
Sentii le guance imporporarsi così, con un gesto quasi meccanico portai la fotocamera in posizione e scattai la foto. L'uomo parve confuso e leggermente innervosito dello scatto ma chi non lo sarebbe?
Ripensando al gesto appena compiuto mi nascosi dietro la macchinetta e sporsi solamente gli occhi diventando sempre più rossa.
< < Almeno fammi vedere come sono venuto! > > Disse il diretto interessato togliendosi gli occhiali da sole dopo che il flash lo aveva colpito. 
Due pozze azzurre mi guardavano con insistenza, stavo andando in tilt e la cosa non mi piaceva, solitamente ero molto spigliata con le persone che si dimostravano "moderne" ovvero non mi giudicavano per l'aspetto che avevo ma tentavano di andare oltre all'apparenza.
 Spesso la gente non si curava neanche di rivolgermi la parola in casi del genere.
Presi un po di coraggio, dopo tutto era una persona normale mica un Dio! 
< < Be' la sua mi sembra una proposta ragionevole! > > così andai nel menù e gli feci vedere la foto dove era ritratto.
< < Bella foto, mi piace. Posso vedere le altre? > > mi chiese con una scintilla quasi malefica negli occhi.
< < Ehm, non saprei. > > Dissi non del tutto convinta, ero una fotografa professionista, ancora alle prime armi certo ma pur sempre una professionista e quelle foto potevano entrare a far parte del mio Book.
< < Guarda che non te le rubo mica?! > > Disse con un tono che doveva essere convincente ma che in realtà era molto buffo. Sorrisi e gli feci un cenno di assenzo.
Prese a scorrere le foto molto lentamente come se volesse percepirne l'essenza. 
Mentre osservava la foto di una bambina che soffiava nel giochino per fare le bolle mi tese la mano ed alzando di poco il volto fece incontrare i nostri occhi.
< < Comunque piacere io sono Jared, - mi guardò come ad aspettarsi una reazione del tutto diversa da quella che stavo avendo - Jared Leto. > >
Io lo guardai quasi a chiedergli scusa per la mia "ignoranza" e alzai le spalle. 
< < Piacere io sono Hope Baker. > > Risposi stringendo la mano che gentilmente Jared mi aveva porto.
< < Questo lo fai per hobby oppure..? > > Mi chiese continuando a vedere delle foto più o meno recenti, lo guardai un'attimo confusa ma poi capii che si riferisse alla fotografia.
< < No, lo faccio per passione. Diciamo che mi procuro anche da vivere grazie ad essa. > > Ammisi con un mezzo sorriso.
 < < Hai da fare questa sera? > > Mi disse curioso riconsegnandomi la fotocamera.
Ero sorpresa dalla sua domanda e sinceramente non avevo molta voglia di rispondere, sicuramente la mia faccia pensierosa dovette aver assunto un'espressione piuttosto buffa perchè l'uomo davanti a me ridacchiò.
< < Tranquilla, non sono un maniaco! Vorrei solo parlare degli scatti, sai sono molto interessanti. > > Mi disse passando da un tono divertito ad uno pacato e con una nota di eccitazione indicando con il volto la macchinetta che avevo appesa al collo.
< < Be' se la mettiamo così, potremmo andare a prendere un caffè? > > Azzardai e lui mi fece cenno di seguirlo, nel suo volto si aprì un gran sorriso soddisfatto.
Uscimmo dal parco scambiandoci solo poche parole, Jared camminava a passo svelto come se stesse scappando da qualcosa, o forse qualcuno.
Più tempo passavo con lui, più non sapevo spiegarmi ne il suo comportamento ne il perchè il suo nome e il suo volto mi fossero stranamente familiari.
Poco distante dall'incrocio dove ci trovavamo, si erigevano due grandi edifici, uno era  Starbucks e l'altro era un agglomerato di negozietti. 
Feci per andare nella famosa caffetteria ma Jared non sembrava essere della mia stessa idea, infatti andò nella parte opposta e mi fece cenno, ancora una volta di seguirlo, annuii accondiscendente e confusa mentre lo raggiungevo ed entravamo nello stabile gli chiesi il perchè della sua decisione.
< < Sai, quando posso voglio evitare il contatto con troppa gente. Tengo alla mia privacy > > Mi disse in un tono leggermente scocciato.
Continuammo a camminare fin quando non entrammo in un piccolo bar dove ci salutarono cordialmente e ci sedemmo.
L'uomo si tolse occhiali e cappello un pò per galateo ed un po', a mio parere, per il caldo anche se non sembrava molto convinto delle sue azioni.
Dopo essersi passato una mano nei capelli, poggiò entrambi i gomiti sul tavolo e poggiò il mento sulle mani congiunte che facevano tamburellare le dita tra loro.
< < Allora, che ne dici di parlarmi un po' delle foto, cioè, cerchi qualcosa in particolare nei tuoi soggetti? > > Celiò con fare professionale, io sorridendo lievemente risposi
< < A dire il vero, ogni cosa che ho intorno a me può diventare il soggetto. L'importante è che mi trasmetta qualcosa, può essere rabbia o stupore, imbarazzo o anche ribrezzo.
La cosa più importante è che ci sia emozione. > > L'uomo sorrise soddisfatto e bevendo il thè che aveva ordinato mi fece cenno di continuare. 
Parlammo per un'altra ora circa del mio lavoro e stufa di essere al centro dell'attenzione sbuffai. 
< < Tu invece, cosa fai per vivere? > > Jared parve quasi sorpreso della mia domanda ma poi quasi arrendendosi alla mia ingenuità mi cominciò a raccontare.
< < Anch'io lavoro con la mia grande passione, la musica. Faccio parte di una Band, sono il cantante e mio fratello Shannon è il batterista. > > 
Ok anche il nome del fratello non mi era nuovo ma avevo un vuoto di memoria, gli chiesi ingenuamente di accennarmi un loro pezzo e lui sorridendo imbarazzato mi deliziò con il suono della sua voce.
   
I tried to be someone else
But nothing seemed to change
I know now, this is who I really am inside.   
 
Quelle parole, la sua voce, un turbinio di emozioni ora invadeva il mio cuore. Come potevo non averlo riconosciuto? Quella canzone che tanto mi rispecchiava e che accompagnava le mie tristi giornate. Sentirla finalmente dal vivo era WOW...
 
Finally found myself
Fighting for a chance.
I know now, this is who I really am. 
 
Hai presente quando ricevi una bella notizia? Che non ti puoi contenere dalla gioia? Bè, più o meno è così che mi sentivo. Felice, emozionata, mi venivano i brividi perchè la sua voce mi era entrata proprio dentro al cuore proprio come ogni fottuta volta.
Ero come quando vai sulle montagne russe, che ti senti tipo il vuoto alla pancia, solo che li succede perchè fai su e giù mentre quando ascolto quella canzone è per l'emozione e il significato così profondo che per me assumeva.
 
Mi asciugai una piccola lacrima che era uscita violentemente dalle miei iridi verde smeraldo che avevano iniziato quasi a luccicare. 
Mi schiarii la voce e asciugai prontamente le lacrime che volevano suicidarsi sulle mie gote arrossate. Presi il telefono e digitai dei tasti sotto lo sguardo curioso di Jay.
< < Ora ho capito chi sei - gli porsi il telefono ed arrossii violentemente - Sono proprio una sciocca. > > Jared prese il telefono e scorse i vari titoli delle canzoni che erano elencate.
 
...
"30 Seconds to Mars - The Fantasy
30 Seconds to Mars - Attack
30 Seconds to Mars -Capricorn
30 Seconds to Mars - ABL"
30 Seconds to Mars - The Kill
...
 
Ne avevo altre ma si era fermato a quelle, mi sorrise come a rassicurarmi.
< < Devo dire che ero quasi felice che tu non mi avessi riconosciuto. Be' ora che hai finalmente - accentuò la parola - capito con chi parli, che ne dici di darmi il tuo numero? Così possiamo tenerci in contatto, io tra una ventina di minuti ho un'impegno e vorrei poterti ricontattare in futuro, magari per un servizio fotografico. Che ne dici? > > 
Ero rimasta di sasso, voleva il mio numero e magari mi avrebbe ricontattato per un lavoro. Mi sembrava di vivere in un sogno, mi pizzicai un braccio come a verificare la mia ipotesi ma visto il dolore quasi lancinante che avevo provato mi convinsi che era la realtà. Sorrisi come un'ebete gli lasciai i miei recapiti.
Mi salutò come se fossimo vecchi amici con due baci sulle guance ed un abbraccio che mi tolse il fiato.

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Capitolo 2
*** And so lying underneath those stormy skies She'd say, "oh I know the sun must set to rise" ***


Scritto da Stivy Echelon

And so lying underneath those stormy skies She'd say, "oh I know the sun must set to rise"


Ormai controllare il cellulare era diventato un gesto automatico. Appena lo riponevo nella tasca lo ritiravo immediatamente fuori convinta di averlo sentito vibrare, stavo diventando paranoica. 
Era già passata una settimana da quell'incontro molto fortunato e mi aveva chiamata solamente una volta, mai per sentire come stavo, solo per ogranizzarci su quando e a che ora vederci.
Aspettavo ansiosamente quel "sabato pomeriggio alle 16:00 al parco del nostro incontro" come aveva detto lui, quel sabato che sembrava non arrivare mai. 
<< Meglio che prepari le cose >> dissi guardando la mia tartarughina Nina.
Erano appena le 15:00 ma non volevo essere in ritardo, come mio solito. Iniziai a pulire e mettere nella borsa con attenzione tutti i vari obiettivi poi scelsi accuratamente cosa indossare.Optai per un vestitino nero, il mio preferito. Aveva un corpetto con delle fibie fino alla vita e una gonna di tulle nera.
Lo avevo comprato a Londra qualche anno prima. Infilai i miei anfibi, mi truccai e sistemai al meglio i miei capelli verde acqua. Presi un bel respiro e uscii di casa.
Ero in perfetto orario calcolando che nel percorso casa-parco mi ero fermata più e più volte a fotografare tutto ciò che colpiva la mia attenzione. 
Mi fermai all'entrata del parco e mi misi ad aspettare insieme al mio ipod che riproduceva "So far Away" degli Avenged Sevenfold. Una macchina nera parcheggiò proprio di fronte a me. Il finestrino si abbassò e spuntò la testa di Jared.
<< Hope >> disse guardandosi intorno << dai entra >> mi disse in maniera sbrigativa aprendo poco lo sportello. Mi infilai nella macchina e mi misi seduta. 
<< Ciao >> dissi abbozzando un sorriso. Mi sentivo un tantino in imbarazzo.
<< Sono contento di vederti >> mi rispose lui continuando a pulire la sua macchinetta fotografica. Senza dare una risposta iniziai a giocherellare con un lembo della mia gonna. 
<< Non parli molto vero?! >> mi chiese Jared ad un tratto. Lo guardai e alzai le spalle.
<< Abbiamo la stessa macchinetta fotografica >> risposi tirando fuori la mia. 
<< Ah ma allora parli! >> rise lui. Volevo rispondere, dire qualcosa per non fare la figura della timida ma Jared aprì lo sportello e scese. 
<< Dove siamo? >> chiesi mentre attraversavamo un piccolo boschetto. 
<< Dietro casa mia, c'è un panorama meraviglioso >> mi rispose indicandomi tutto quello splendore che mi ritrovai davanti. Mi guardardai intorno. Afferrai la mia macchinetta fotografica e iniziai a scattare foto. Non avevo mai visto nulla di simile. Da un lato la città, caotica e tutta illuminata dall'altra parte la natura e gli animali. Non sembravano appartenere allo stesso mondo.
<< Ti piace? >> mi chiese. Mi voltai a guardarlo e sorrisi.
<< Non ho mai visto niente di così stupendo >> risposi euforica. Sembravo una bambina che aveva appena scartato il regalo dei suoi sogni. Il sole stava calando e quella luce regalava al paesaggio infiniti colori e sfumature del cielo. 
<< Vieni, scendiamo giù! >> mi disse afferrandomi per un braccio. 
<< Dovrei scendere giù per quella discesa ripidissima? >> chiesi sbarrando gli occhi. Strinsi forte il suo braccio e lo seguii. Da quella prospettiva si riusciva a vedere la luna cadere proprio sopra la linea che separava la città dalla natura. Uno spettacolo mai visto. Continuavo a scattare a ripetizione le foto finchè il mio stomaco brontolò talmente tanto forte che Jared scoppiò a ridere. 
<< Sembra che tu abbia fame >> mi disse. << Ti fermi da noi? Ormai è tardi >> continuò lui. 
<< Non vorrei disturbare >> risposi io abbassando lo sguardo intimidita e al contempo imbarazzata. 
<< Non dirlo neanche per scherzo! Sei mia ospite per questa sera. Cioè, nostra ospite. C'è anche mio fratello Shannon >> mi rispose aiutandomi a risalire. Attraversammo di nuovo il boschetto finchè, proseguendo oltre il punto dove ci aveva lasciati la macchina, comparve una casa gigantesca. 
<< Jared! La cena è arrivata >> urlava qualcuno dal giardino.
<< Ecco appunto, lui è Shannon >> mi disse presentandomelo.
<< Piacere, Hope >> risposi stringendogli la mano. 
Anche se non aveva gli occhi azzurri come quelli del fratello minore, Shannon aveva uno sguardo  profondo, in grado di farti rabbrividire.
<< Ma quanto è grande >> mi lasciai sfuggire un commento a voce alta mentre continuavo a guardarmi in torno. 
<< Molto grande! C'è anche una piscina dall'altro lato >> mi rispose lui. Sorrisi all'idea di un bel bagno in piscina, pensiero che scomparve subito appena entrata in casa. Era arredata con molto gusto e niente era lasciato al caso. Tutto era curato nei minimi dettagli. 
Iniziammo a mangiare. Ero in completo imbarazzo, non sapevo cosa dire. 
<< Allora Hope, che cosa fai nella vita? >> mi chiese Shan.
<< La fotografa >> risposi io prontamente. Lui sorrise. 
<< Allora Jay ti ha portata qui per questo! Il panorama lì dietro è sensazionale >> mi rispose lui.
<< Si, davvero bellissimo >> risposi io continuando a mangiare. 
<< Hope, ma cos'hai lì? >> mi chiese, indicandomi il polso, dopo qualche minuto di silenzio. 
<< Oh, ehm...è il simbolo dei Iron Maiden >> risposi mostrandogli il tatuaggio. 
<< Ne hai anche un sulla spalla >> mi disse Jared facendomi voltare. 
<< Fiore di loto. Simboleggia la vita >> risposi io. Loro sorrisero. 
Passai il resto della serata a rispondere alle loro domande cercando di sembrare il più locuace possibile. Ogni tanto mi incantavo su Shannon, aveva questo sguardo magnetico che ti incollava ai suoi occhi. Non riuscivo a farne a meno. Senza accorgermene sbadigliai. 
<< Sei stanca Hope?! >> mi chiese Jared. Io annuii. 
<< Forse è meglio che vada >> risposi alzandomi da tavola. << Vi ringrazio >> dissi un attimo prima di sentirmi afferrata per il polso. 
<< Ma dove vai? Ormai è tardi chi ti accompagna? >> mi chiese Shannon
<> risposi. Lui sorrise 
<< Potresti rimanere qui e domani mattina tornare a casa >> propose. 
<< No, no. Ho già disturbato abbastanza. Non mi sembra il caso >> mi giustificai io. 
<< Dai Hope! Insisto >> si intromise Jared. Guardai l'orologio. 00:17 forse avevano ragione. 
<< Va bene, ma domani mattina me ne vado via subito >> risposi. << Non ho niente con cui dormire però >> dissi poi. I fratelli si guardarono.
<< Al piano di sopra potrebbe esserci qualcosa della mamma. Forse ti andrà un pò lungo e non sarà all'ultima moda ma è comunque qualcosa >> mi rispose ridendo Shannon. Risi con lui. 
<< Mi basta anche una maglietta che non mettete più >> gli dissi. Ero abituata a dormire con maglie XXL. 
<< Vieni ti accompagno allora >> mi disse Shannon sorridente. Annuii e salutai Jared. Salimmo le scale, fino ad arrivare di fronte ad una stanza con una porta nera. 
<< Questa è camera mia >> mi disse abbassando la maniglia. Entrò per primo e accese le luci.
<< Ma qui è tutto gigantesco >> gli dissi guardandomi intorno mentre la mia bocca assumeva la forma perfetta di una "O". 
<< Jared ha manie di grandezza >> mi rispose lui ridendo. Poi aprì un armadio e iniziò a frugare. 
<< Può andare bene questa? >> mi chiese passandomi una canottiera grigia con della scritte blu. 
<< Sisi, va benissimo! Grazie >> risposi. << Ma dove dormo io? >> chiesi confusa. 
<< Ehm...qui accanto >> mi rispose indicandomi la porta di fianco alla sua. Sorrisi e uscii. 
Appena entrata mi chiusi la porta alle spalle e mi infilai la canottiera di Shan. Ero esausta. Mi lanciai sul letto e in un attimo ero già nel pieno del mio sonno. 
 
 
 
 
 
Sentii la sveglia del mio cellulare rimbombare nella stanza così mi svegliai di soprassalto. Avevo dimenticato di toglierla. Era ancora buio e si iniziavano a vedere i primi raggi del sole così afferrai la macchinetta fotografica e ancora scalza, corsi in giardino. Il vento mattutino mi faceva rabbrividire ogni volta che sfiorava la mia pelle di porcellana e i sottili fili d'erba mi solleticavano i piedi ma nonostante tutto non mi sarei persa quello spettacolo per nulla al mondo.
<< Ma non stai gelando? >> mi chiese Shannon con tono apprensivo arrivandomi alle spalle. Mi voltai a guardarlo.
<< Un pochino. Ma guarda che meraviglia! >> risposi indicando l'alba. Sorrise. 
<< Tieni, copriti o ti ammalerai >> mi disse coprendomi le spalle con una felpa nera. 
<< Grazie! >> risposi sorridendogli grata. Ricominciai a scattare foto. 
<< Dormito bene? >> mi chiese dopo un pò di silenzio ed io sussultai, mi ero quasi dimenticata di lui tanto ero concentrata su quello spettacolo che mi trovavo di fronte.
Nessuno, mai, sarebbe riuscito a riprodurre le sfumature rossastre del cielo che quasi prepotentemente si facevano largo nel blu intenso che la notte aveva portato e che ora insieme alle stelle e alla luna stavano lasciando il posto al sole.
<< Si grazie >> risposi io. << E grazie per la canottiera, e la felpa... >> 
<< Per così poco >> mi rispose lui sedendosi sul prato ancora umido di rugiada. Gli scattai una foto.
<< Guarda che bella! C'è una luce particolare >> risposi sedendomi accanto a lui e mostrandogli la foto che avevo appena scattato. Lui sorrise dolcemente.
<< Facciamone una insieme >> si sdraiò sul prato e mi tirò giù con lui << Sorridi >> dissi prima che la luce del flash immortalasse quel momento. 
<< Fammi vedere >> dissi tirandomi su. << Bella, mi piace >> risposi guardando la foto. 
<< Ma quando i soggetti sono così belli anche la foto lo è >> mi rispose lui ridendo e atteggiandosi leggermente. 
<< Mmm..modestia a parte eh >> risi. << Forse è meglio tornare dentro, sto congelando >> Dissi guardandomi i piedi e le gambe nude coperte fino a metà coscia solo dalla canotta.
Mi alzai e tornai dentro. << Ah Shan, tieni se rimani fuori serve a te >> risposi lanciandogli la felpa. 

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Capitolo 3
*** Tha Appaerance in not Everything ***


Scritto da Luri07
Ero rientrata nella casa arredata in stile minimal dove tre colori predominavano la scena: il bianco, il nero ed il rosso. La sera prima non si era curata di fare il giro della casa che apparentemente non si distingueva da un normale appartamento. Infatti ad una prima occhiata si notavano i mobili base come dei divani in pelle sintetica nera, un grande tavolo con almeno 10 sedie disposte intorno, un televisore 50 pollici. Erano i piccoli dettagli che la rendeva “loro”, su una delle pareti ad esempio, erano appesi dei piccoli souvenir di ogni paese che avevano visitato. Hope si  era incantata a fissare meravigliata quel punto, ne era affascinata e questo Shannon, che era rientrato pochi minuti prima, lo aveva notato.

< < Quello lo abbiamo preso quando siamo andati in Cina, subito prima di iniziare a girare “ From Yesterday” > > Disse osservando l’oggetto che aveva catturato più di tutti l’attenzione di Hope.

Era una spada originale con delle incisioni sulla lama che recitavano una preghiera per donare al guerriero forza e coraggio.

< < E’ meravigliosa davvero! > > Disse con un luccichio negli occhi la ragazza che con la mano sfiorava leggermente le incisioni della lama.

La luce del sole che era appena sorto filtrava dalle tapparelle semichiuse e illuminava tenuemente la stanza che pian piano si scaldava grazie a quei pochi raggi che prepotentemente si infrangevano sui volti dei due.

Dopo aver visto l’ora, Hope corse nella camera dove aveva dormito fino ad un’ora prima circa, si fece una brave doccia avvertendo prima il padrone di casa e facendosi dare dei teli per coprire poi il suo esile corpo.

Non fu una di quelle docce dove principalmente pensi, era più una di quelle docce che ci si fa per svegliarsi prima e meglio, l’acqua fredda le batteva sulla pelle candida che rabbrividiva per colpa di quel contatto violento ma al contempo piacevole.

Uscita dalla doccia avvolse il proprio corpo in uno dei teli datale e rientrò nella camera per vestirsi, i capelli ancora molto umidi dalla doccia erano racchiusi in uno chinion alto, due piccoli pallini che erano uniti da una stecca sottopelle, uscivano dalla parte inferiore della nuca più o meno verso l'atlante.

Si rivestì velocemente e corse in cucina per salutare Shannon e lasciare un bacio anche per Jared che stava ancora beatamente riposando.

< < Shannon, grazie dell'ospitalità e della compagnia ma ora devo proprio andare! > > Disse lei rammaricata

< < Vuoi un passaggio? > > Rispose lui non riuscendo a trattenere un vistoso sbadiglio, la ragazza rise e rifiutò la proposta asserendo che a suo parere aveva già disturbato abbastanza.

L'uomo che si trovava di fronte però scuotendo la testa aggiunse < < Quante volte dobbiamo dirtelo che non disturbi? E poi non vorrei che prendessi freddo dato che fuori la temperatura si è abbassata... > > Hope leggermente contrariata ma al contempo risollevata borbotto < < Be' se proprio vuoi e non disturbo > > Intanto Shan stava salendo a due a due gli scalini e le rispose che per lui non c'erano problemi < < Aspetta solo una decina di minuti che mi vesto! > > Finita la frase si chiuse la porta della camera alle spalle.

Hope intanto si sedette sul morbido divano e osservò le fotografie posate su un tavolino li vicino, raffiguravano due bambini sorridenti seduti sul pavimento, uno con in mano un piccolo coniglietto in peluches e l'altro con una spada giocattolo che teneva alzata con fierezza. Si ritrovò a sorridere di quanto in fondo i due personaggi anche con il passare del tempo non fossero cambiati.

Pochi minuti dopo Hope era seduta nel sedile della macchina di Shannon mentre armeggiava con la cintura che a parer suo era troppo scomoda. Shan aveva acceso il motore ed ingranato la marcia giusta, in meno di una mezz'oretta erano già arrivati davanti al portone del palazzo dove abitava la ventiduenne.

Questa scese dall'auto dopo che molto gentilmente l'”autista” le ebbe aperto lo sportello, lo salutò con due baci sulle guance e si allontanò di pochi passi. Dallo stomaco di Shannon si espanse un rumore simile ad un brontolio < < Scusa ma ho fame, non sono riuscito a fare colazione. > > Lui non diede troppo peso alle sue parole ma queste arrivarono alle orecchie di lei come una frecciatina, seppur involontaria, e questo le fece venire i sensi di colpa. Vedendo ce l'uomo si accingeva a ripartire si riscosse dai suoi pensieri e attirò la sua attenzione schiarendosi la voce < < Se vuoi su in casa ho dei plumcakes e una torta al cioccolato, devo in un modo pur sdebitarmi! > > Celiò lei facendogli cenno di seguirla.

Shan non se lo fece ripetere due volte così mise l'antifurto alla macchina e la seguì fino alla hall dove un' uomo sulla cinquantina era appolaiato dietro ad una vetrata e guardava male la ragazza che si era poggiata ad uno stipite. Il suddetto portiere vedendo poi l'accompagnatore della ragazza entrare alzò la voce con fare strafottente.

< < Baker è il quinto ragazzo che ti porti a casa in questa settimana, stai guadagnando abbastanza per riuscire   pagare l'affitto? Spero che per i servizietti che offri ti faccia almeno pagare bene! > > Rise poi sguaiatamente e con cattiveria alla fine mentre affossava maggiormente nella sedia che sotto al suo peso continuava ad abbassarsi. Hope lo guardò disgustata mentre faceva per salire le scale. Shannon invece aveva stretto i pugni cercando di mantenere la calma che pian piano stava lasciando il posto ad una rabbia folle che gli faceva ribollire il sangue nelle vene.

 Non avrebbe accettato che qualcuno parlasse di Hope in quel modo, in quelle poche ore che si erano conosciuti ed in cui avevano parlato,Shannon aveva capito che quella fosse una delle poche ragazze che a quel mondo ormai, mantenevano ancora dei sani principi, avrebbe messo le mani sul fuoco tanto era sicuro che Hope non fosse il tipo di ragazza che vende il suo corpo per soldi. Stava per ribattere non riuscendo più a mantenere ferma la lingua ma una carezza delicata sulla spalla ed un “andiamo, ti prego” sussurrato appena alle sue spalle lo avevano convinto a tranquillizzarsi e ad andarsene evitando uno spargimento di sangue. Più piani salivano più non riusciva a parlare, un silenzio quasi tombale era caduto tra i due e questo non aiutava il magone che aveva Shan in gola a sciogliersi.

 Vedeva quella ragazza camminare a testa alta infischiandosene delle parole di quel coglione, infischiandosene dei brusii che si lasciava dietro. Vedeva quella ragazza che era forte e che a quelle malelingue non si scomponeva, rimaneva fredda ed indifferente. Quante volte aveva già subito e quante volte avrebbe dovuto ingoiare quelle parole velenose, piene di odio e disprezzo che e venivano sputate a dosso, quante volte avrebbe resistito prima di crollare? Questo se lo chiedeva anche lei che a stento ancora una volta tratteneva le lacrime che violente e con riluttanza chiedevano di essere lasciate libere, libere di marcare la pelle della ragazza, libere di trasportare via il dolore, la componente fondamentale della sua vita. Libere di strappare via i sensi di colpa che opprimevano il cuore della ragazza a cui era stata strappata via la cosa più importante.

Dopo l'ennesima rampa di scale, finalmente Hope infilò le chiavi nella serratura che dopo un paio di scatti si aprì. La casa era molto piccola, una cucina, un bagno e la camera da letto. < < Fai come se fossi a casa tua – disse lei sorridendogli teneramente – be' casa tua è leggermente più spaziosa ma almeno qui non rischi di perderti! > > Rise mentre molto gentilmente posava i loro due giacchetti in un' appendi abiti. Shannon continuava a non proferir parola e Hope intuendo che qualcosa lo turbava sospirò.

< < Tanto per rassicurarti non sei nella casa di una puttana e puoi stare tranquillo che non voglio abusare di te ne voglio dei soldi da te. > > Lei lo prese per mano e lo trascinò davanti alla parete che si stagliava di fronte al letto e che separava il bagno con il resto della sala.

< < Tutti i ragazzi a cui si riferiva Joe, sono loro – disse indicando le centinaia di foto che occupavano l'intera parete e dove erano raffiguranti in pose sempre varie una decina circa di ragazzi- li ho portati qui solo per fotografarli. > >

Shannon sputò via tutto il fiato che il “magone” aveva trattenuto, mentre lei andava in cucina lui rimaneva  a guardarsi intorno, le mura tutte scritte e piene di foto e poster, uno dei quali li raffigura in uno dei servizi che avevano avuto con …

Andava avanti con lo sguardo quasi  in cerca di una cosa precisa che dopo pochi minuti sembrò trovare.

Una foto estremamente bella e ben modificata, raffigurava una ragazza piangente con il trucco colato ed il corpo pieno di lividi e tagli. Era in bianco e nero ma solo in punti scelti come i capelli di lei e alcuni rivoli di sangue l'effetto era stato tolto. Shannon non era affascinato solo dal macabro che la foto proiettava, no lui era affascinato dal dolore che gli occhi del soggetto trasmettevano. Gli occhi non trasmettevano il dolore fisico che la ragazza provava bensì quello psicologico, quello profondo che solo dopo aver scavato strati e strati di maschere potevi trovare.

Hope tornò con due tazze di cappuccino in un vassoio e vicino un plumcake ed una fetta abbondante di torta.

< < Questa, questa sei tu non è vero? > > Chiese lui più per dare conferma alla sua ipotesi che per altro.

Lei annuì osservando attentamente la foto e massaggiandosi i polsi coperti da due bracciali spessi.

 Gli occhi felini di Shannon saettavano dai polsi di lei alla foto, dalla foto ai suoi occhi lucidi e abbassati poi nuovamente ai polsi e alla foto. Hope si voltò velocemente sentendo gli sguardi indagatori del suo ospite e si diresse verso un piccolo scaffale dove erano esposte le sue macchine fotografiche, vi si fermò a pochi centimetri di distanza e le passò in rassegna con lo sguardo una ad una per poi sporgersi e prendere una polaroid, voltarsi nuovamente e fotografare Shannon che aveva un braccio sotto il petto che faceva da appoggio all'altro che sorreggeva a sua volta il mento dove la barba incolta di un paio di giorni,veniva massaggiata dalle dita arcuate dell'uomo che osservava nuovamente la foto.

Prese la foto che era stata stampata immediatamente e la osservò un paio di minuti. Il silenzio che era calato, non era uno di quelli imbarazzati, era uno di quei silenzi che parlavano. Parlavano di stupore, di idee, di avventura.

< < Ti andrebbe di farmi da modello? Anche ora se vuoi... > > Disse labile continuando a guardare l'uomo attraverso l'obbiettivo.

< < Come scusa? > > Le chiese colto alla sprovvista. < < Ti ho chiesto... -aggiunse dapprima sicura per poi abbassare nuovamente il tono della voce – Se volevi farmi da modello > > Ridisse la frase.

< < Ah, ce-certo! Insomma perché no, magari puoi usare le foto per il tuo book e ti possiamo pubblicizzare! > > Lei sorrise ed istintivamente non riuscendo a trattenere la gioia lo abbracciò di slancio saltellando emozionata. < < Grazie, grazie, grazie! > > Disse come se fosse tornata bambina e lui iniziò a ridere contagiandola.

Solo il suono dell'orologio che segnava le 11, ridestò i due dalle risa e dalle occhiate che si mandavano.

< < Oh merda! Cazzo quant'è tardi! > > Imprecò più volte il batterista alzandosi e andando verso la porta. Hope scossa da quell'improvviso cambio d'umore del quarantenne gli chiese curiosa e preoccupata cosa stesse succedendo.

< < Sono in ritardo clamoroso! Scusa, scusami tanto Hope ma devo assolutamente andare da mio fratello... E' un' impegno improrogabile! Dammi il tuo numero così poi ci mettiamo d'accordo per le foto. > > Lei fece in tempo a dire le ultime due cifre che lui le stampò un bacio sulla guancia e fuggì via senza averle dato il numero.

Sbuffò leggermente infastidita dal comportamento dell'uomo ma subito un calore intenso le mandava a fuoco e fiamme le guance. Portò la mano nel punto esatto da dove quel calore confortante veniva emanato, era lo stesso punto dove pochi minuti prima Shannon aveva poggiato le labbra. Sorrise come un'ebete pur non capendo il perché della reazione avuta e si buttò a peso morto sul letto con tutta l'intenzione di recuperare le ore di sonno che aveva perduto la notte stessa.

Voltò la testa al lato destro dove un piccolo terrario,occupava la gran parte del tavolino in cui vi era del mangime per tartaruga ed un paio di spartiti.

< < Ei Nina, piccolina hai fame? Sai, ieri è andata bene -disse alla tartarughina che la guardava mentre le dava delle foglie di insalata- io e Jared abbiamo fatto delle foto splendide... Ah, hai visto il ragazzo che era qui con me? Be' lui è Shannon, il fratello maggiore di Jay. > >

La testuggine come se avesse capito si avvicinò per quanto possibile al lato dove un poster dei “ 3o Seconds to Mars” faceva capolino.

< < Sai, sono molto gentili e premurosi, ieri mi hanno fatto rimanere da loro perché erano in pensiero che mi potesse accadere qualcosa... Capisci? Qualcuno che si preoccupa di me! Da quanto tempo non succedeva... Ah si. > > Disse lasciando cadere la frase e delle lacrime che non era riuscita a trattenere.

< < Oh be', sono meravigliosi, avresti dovuto vederli ieri poco prima di cenare mentre battibeccavano come due bambini e si rincorrevano a vicenda. Io sto bene con loro, mi sento viva come tanto tempo fa quando ancora tutto andava bene...>> Concluse affievolendo man mano sempre più la voce fin quando non uscì come un sibilo, Morfeo l'aveva accolta fra le sue braccia e ora la cullava serenamente.

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Capitolo 4
*** The ghosts of the past will chase me until I get the courage to tell the truth ***


Stivy Echelon;

Erano passate da poco le cinque del pomeriggio, quando il cellulare di Hope squillò rompendo il silenzio che si era creato. Si strofinò gli occhi e mentre cercava con la mano il telefono abbandonato sotto al divano sbadigliò sonoramente.

 -Pronto?- chiese non riconoscendo il numero apparso sullo schermo del suo Black Berry

-Hope, sono Shannon- al suono di quel nome si alzò dritta sul divano e si schiarì la voce.

-Ciao Shannon, che è successo?- senza accorgersene aveva iniziato a muovere la gamba velocemente, su e giù. Gli capitava sempre quando era eccessivamente agitata.

-No, niente! Solo che mi è dispiaciuto per prima..insomma, ti ho lasciata li, senza darti spiegazioni- Hope iniziò a giocherellare con una ciocca dei suoi capelli e sorrise pur sapendo che lui non poteva vederla.

-Non preoccuparti, dovevi andare da tuo fratello!- Non sapeva cosa aggiungere, non gli capitava da parecchio che qualcuno si preoccupasse così per lei. Era una sensazione ormai dimenticata.

-Si  e tra l’altro credo che questa cosa ci occuperà parecchi giorni- rispose lui. Hope si prese un momento di pausa prima di rispondere

-Allora, per farti perdonare potresti venire qui a cena e a fare le foto, quando ti liberi-  la ragazza non si rendeva conto di come avesse fatto a far uscire quella frase dalle sue labbra. Non era riuscita a controllare il suo cuore che per un momento si era alleato con il cervello  senza che lei se ne accorgesse. Chiuse gli occhi e fu tentata dal terminare la chiamata ma la voce di Shannon interruppe i suoi pensieri.

-Certo! Dammi il tempo finire qui con Jay. Mi faccio sentire io. Baci Hope!- fu lui ha chiudere la conversazione lasciando la ragazza basita e pietrificata sul divano. Lasciò scivolare il cellulare facendolo cadere con un tonfo sul divano. Nascose il viso tra le mani e sorrise di nuovo.  Iniziò a vagare per casa sua, avanti e indietro. Più il tempo passava più la sua sicurezza andava a diminuire, aveva reagito come non si sarebbe mai aspettata. Aveva reagito come la nuova Hope che sentiva crescere e farsi spazio dentro di lei, passando sopra le macerie di quello che restava della vecchia e ormai distrutta Hope.

<> disse poi appoggiandosi con la fronte sul vetro del suo acquario in segno di disperazione.  Sentì il suo stomaco brontolare e massaggiandoselo entrò in cucina.

-Forse è il caso che faccia la spesa altrimenti moriremo di fame- disse lei rivolta a Nina.  Entrò in camera e afferrò dal suo armadio qualche vestito e molto velocemente si lanciò sotto il getto tiepido della doccia. Legò i capelli bagnati in uno chignon, mettendo così in mostra il suo Nape, si infilò i suoi pantaloncini, la sua canottiera e lanciò alla rinfusa nella borsa tutte le cose di cui aveva bisogno poi afferrando le chiavi uscì di casa.

Dopo qualche minuto di cammino arrivò al supermarket. Appena entrata l’aria condizionata a contatto con i suoi capelli bagnati le fece salire un brivido lungo la schiena che lei respinse scrollando le spalle e emettendo un lieve –Brrr-

-Hope da quanto tempo!- il tono amichevole di Brian la accolse appena arrivò alla cassa. Lei abbozzò un sorriso e estrasse il portafogli mentre il sonoro “bip” risuonava nelle casse.  -Allora? Come stai?- le chiese il ragazzo.

-Si va avanti Brian- rispose lei cercando di liquidarlo con una risposta del genere

-Fai ancora fotografie? Mi ricordo di averne viste alcune, e erano davvero meravigliose- il cassiere continuava a sorridere.

-Si, credo che non smetterò mai di fare foto- rispose ancora lei, impaziente di sapere quanto fosse il totale per poter finalmente uscire di lì.

-Se è una tua passione fai bene a coltivarla insomma se…- la ragazza lo interruppe

-Brian, scusami non è che non voglia parlare con te ma se non mi sbrigo farò tardi a un appuntamento- nel dirlo cercò di essere il più gentile possibile.

-Oh si, scusami! Sono 27 dollari- disse lui prendendo le banconote che Hope gli stava porgendo.

-Scusa ancora eh Brian! Un giorno vieni da me e ci facciamo una chiacchierata- disse prima di sparire dietro le porte scorrevoli. Finalmente era tornata sotto il calore del sole. Entrare in un supermarket era come andare dal parrucchiere, ci si impiegava sempre il doppio del dovuto. 

Con le buste pesanti salì a fatica tutte le scale che la separavano da casa. Quando finalmente arrivò al piano giusto aprì la porta e lasciò le buste sul tavolo della cucina. Le mani erano diventate rosse a causa del peso della sua sostanziosa spesa e le braccia facevano fatica anche solo a accennare un movimento. Sopra le sue forze ordinò la spesa e si preparò un insalatina leggera che finì in un batter d’occhio.

Si incamminò verso il salotto e si avvicinò alle sue macchinette fotografiche. Accanto alla polaroid era rimasta la foto di Shannon. Delicatamente la afferrò per un lato e la osservò. Improvvisamente un sorriso apparve sul suo volto, illuminandole i grandi occhi verdi. Più guardava la foto più si rendeva conto che trovare un difetto fisico in lui era come trovare un ago in un pagliaio. Si  sdraiò sul letto con la foto di Shannon appoggiata sul comodino e con la musica nella orecchie si addormentò.

 

Nei giorni seguenti uscì solo ed esclusivamente per scattare foto. Odiava stare rinchiusa in casa a domandarsi se e quando Shannon avrebbe chiamato.  La mattina dell’ultimo giorno della settimana accese il cellulare senza alcuna speranza di trovare un sms. “Bip Bip”  il black berry, che stava per abbandonare sul tavolo vibrò nelle sue mani cadendo rovinosamente sul pavimento. Hope si apprestò a rimontare tutti i pezzi  e ansiosamente aspettò che si riaccendesse.

-Hope! Abbiamo finalmente finito tutto, quando posso venire per quella famosa cena e le foto? Spero tu non te ne sia dimenticata!-

-E chi se ne dimentica- si lasciò sfuggire un commento a voce alta. Rise da sola e tornò a guardare il cellulare.

-Quando vuoi Shannon. Tanto sai dov’è casa mia!-

Dopo qualche minuto arrivò la risposta e Hope parve più felice che mai

-Perfetto! Allora facciamo domani? Devo portare qualcosa da mangiare?-

-Se vuoi porta il gelato, credo siano anni che non mangio!-

-Mi piace il gelato! Baci Hope, a domani!-

Non poteva crederci, quando ormai aveva abbandonato tutte le speranze Shannon le aveva scritto e il giorno seguente si sarebbero visti.  

Il mattino seguente fu svegliata dal suo stomaco che affamato la richiamava. Sbadigliò e trascinando i piedi si incamminò verso la cucina. Passando davanti allo specchio si guardò di sfuggita e rimase sconvolta. Aveva i capelli più ricci che mai e i suoi occhi erano contornati da un piccolo velo grigio. Era in uno stato pietoso così appena finita la sua colazione entrò in bagno e si lavò accuratamente i capelli rendendo quell’ammasso informe dei bellissimi boccoli. Passò poi al problema delle occhiaie, frugò nella scatola dei trucchi e ne estrasse un correttore. Lo applicò per bene e molto soddisfatta passò al resto del viso, truccandosi accuratamente. Aveva deciso di indossare dei Jeans grigi con dei strappi abbinati ad una canottiera nera degli Iron Maiden, poi passò in rassegna tutte le sue scarpe e alla fine optò per le sue amate vans nere. Legò al braccio una bandana arrotolata e si mise davanti alla tv a sgranocchiare patatine per non pensare a quanto tempo dovesse ancora aspettare. Finite la patatine iniziò a pulire tutti gli obiettivi di tutte le macchinette in modo quasi maniacale. Nel frattempo un fortissimo temporale si abbatteva sulla città e Hope sentiva che da un momento all’altro Shannon avrebbe chiamato per disdire l’appuntamento.  

“I don’t remember the moment i try to forget..”  il suo telefono  iniziò a squillare e lei già rassegnata rispose.

-Hope, credo di essermi perso- la voce di Shannon si sentiva a malapena sotto quel rumore assordante della pioggia.

-Ok, dimmi cosa vedi intorno a te- chiese lei per capire dove fosse

-A parte tanta pioggia?- i due risero insieme –Dunque ho trovato parcheggio davanti ad una specie di supermarket- disse poi lui. Hope si rincuorò capendo dove fosse andato a finire il suo ospite

-Aspettami lì arrivo a prenderti- senza aspettare risposta riagganciò e uscì di casa coprendosi solo con una felpa. Indossò il cappuccio un attimo prima di uscire dal portone del palazzo. Malediceva la pioggia, che in realtà amava tanto, mentre senza ombrello correva per le strade deserte.

-Hope!- disse il ragazzo vedendola arrivare. Si avvicinò a lei e la strinse in un forte abbraccio.  Hope arrossì e lo salutò con un semplice sorriso. Con la testa gli fece cenno di seguirla e lui silenziosamente lo fece. Hope continuava a tirare le maniche della felpa per coprire le mani che diventavano sempre più rosse dal freddo.  Si sentì avvolgere da un braccio, per un attimo le balenò l’idea di respingere quel contatto troppo forte per lei. Non amava particolarmente il contatto fisico, da parecchi anni ma alla fine, ancora una volta, il cuore ebbe la meglio e con un gesto automatico e incontrollato si accucciò a lui in cerca di calore. Finalmente arrivati all’ingresso del palazzo entrarono e sciolsero l’abbraccio.

-Eccone un altro che arriva eh Baker?- disse provocatorio il portiere

-Taci- rispose semplicemente Shannon facendo smettere di sghignazzare l’anziano signore che lo guardò torvo. Hope non ringraziò il ragazzo che l’aveva protetta ma iniziò a salire le scale. Non riusciva a muovere le labbra che erano rimaste incollate l’una con l’altra nel momento in cui Shannon l’aveva stretta a se.

-Vieni entra- gli disse aprendo la porta. Il ragazzo sorridendo le passò davanti dirigendosi in salotto.  Hope chiuse la porta appoggiandocisi con le spalle, prese un respiro e si diresse anche lei in salotto. Si fermò all’entrata vedendolo davanti alla finestra, intento a guardare la pioggia che bagnava il vetro. Si asciugò le mani nella parte della maglietta che era rimasta quasi asciutta e il più silenziosamente possibile afferrò la macchinetta fotografica e scattò la foto. La prima di una lunga serie.

-Hope! Avvertimi mi che mi fai le foto, avrei fatto una faccia più sexy- disse Shannon ridendo. Hope scosse la testa e riposò delicatamente la macchinetta fotografica sulla mensola.

-Vado a cambiarmi, ci metto un attimo- avvertì la ragazza sparendo nella sua stanza. Chiuse la porta e aprì l’armadio in preda al panico. Non sapeva cosa indossare così sfilò i Jeans ormai zuppi e li rimpiazzò con un paio di pantaloncini di Jeans altrettanto grigi con delle borchie applicate ai lati, sfilò le scarpe e scelse un paio di converse nere abbastanza vecchie, ma con il loro fascino poi si assicurò che la canottiera fosse abbastanza asciutta  e legando i capelli come aveva fatto per andare a fare la spesa giorni prima uscì dalla stanza. Shannon era rimasto in piedi, nella stessa posizione in cui lo aveva lasciato qualche minuto prima.

-Tieni, questo è il gelato- disse passandole una busta. Lei lo afferrò e lo mise in congelatore.

-Grazie- abbassò lo sguardo verso il pavimento -per il gelato- continuò lei immobile. Lui sorrise

-Senti non è che hai qualcosa da prestarmi? Sono davvero troppo bagnato- le chiese non appena Hope distolse lo sguardo da terra per posizionarlo su di lui.

-Credo di si, alcuni modelli lasciano le loro cose qui sapendo di dover tornare- disse accompagnandolo fino in camera sua. Aprì lo sportello dell’armadio e accanto ai suoi vestiti c’erano magliette e Jeans da uomo.

-Non credo di avere il fisico da modello, spero che mi entri qualcosa- commentò lui frugando nei vestiti. Hope rise e scosse la testa, attirando l’attenzione di Shannon  -Perché ridi?-

-Tu non hai il fisico da modello? Credo che loro impazzirebbero per essere muscolosi come te- più la frase andava avanti più la voce di Hope andava a diminuire. Poi si alzò e senza aspettare risposta lasciò Shannon libero di cambiarsi. Dopo pochi minuti uscì dalla stanza con dei Jeans neri e una maglietta altrettanto nera con delle scritte sovrapposte.

-Non è il mio genere ma può andare- disse lui appena lo sguardo di Hope si posò su i suoi vestiti.

-Stai benissimo- sussurrò lei con lo sguardo basso. Poi tossì e tornò a guardarlo. Si era creato di nuovo silenzio, come se tutti e due volessero dire qualcosa ma avessero paura ad aprire bocca.

-Posso..posso chiederti una cosa?- Shannon frantumò il silenzio e Hope ne fu sollevata. Il ragazzo senza aspettare risposta indicò la foto che tempo prima aveva attirato la sua attenzione.  -Quella foto..mi hai detto che sei tu giusto?- la ragazza annuì. -Sei piena di tagli e lividi e dal giorno in cui l’ho vista non ho mai smesso di tormentarmi sul perché ti fossi raffigurata così. Ho pensato a milioni di ipotesi, per un attimo ho anche pensato che..- rise a quel pensiero come se potesse essere impossibile. Hope avevo lo sguardo già colmo di lacrime.

-Cosa hai pensato Shannon?- chiese lei iniziando a sciogliere i bracciali che aveva sui magri polsi. Lui non capiva il perché di quel gesto così scrollando le spalle rispose

-Ho anche pensato che tutti quei tagli e lividi fossero veri, che qualcuno ti avesse davvero ridotta così. Ma mi sbagliavo vero?- il ragazzo guardò i bracciali poggiati sul tavolino di fronte a loro e aspettò la risposta della ragazza che continuava a tenere i polsi nascosti. Fu difficile per Hope trattenere quel fiume di lacrime che già avevano iniziato ad infrangersi sul pavimento attirando l’attenzione del ragazzo che rimase comunque in silenzio.

-Non ti sembra possibile vero? Eppure è proprio così- la ragazza mostrava i polsi pieni di piccoli tagli. Poi delicatamente si alzò la maglietta e mostrò la pancia, anch’essa piena di tagli e cicatrici. -Questo è l’unico brutto ricordo che mi ha lasciato mio padre- Hope iniziò a infilare di nuovo i bracciali, odiava vedere cosa l’uomo più importante della sua vita fosse stato in grado di fare a sua figlia. Si asciugò le lacrime e alzò lo sguardo incrociandolo con quello di Shannon.

-Perché?-  chiese lui quasi in un sussurro. Quasi a non voler conoscere la verità.

-Hai tempo per una lunga storia?- chiese Hope giocherellando con un ciondolo che portava al collo.

-Tutto il tempo che vuoi- rispose lui accarezzandole la mano. Hope prese un respiro e iniziò a raccontare.

-Quando avevo 10 anni mia mamma morì all’improvviso lasciando in me e mio padre un vuoto incolmabile. Ricordo poco di lei, ero piccola ma papà mi raccontava sempre che era una donna bellissima e dal cuore grande, mi diceva che avevo i suoi stessi occhi e il suo stesso sorriso- disse lei sfiorandosi le labbra inumidite dalle lacrime -Quando mio padre si rese conto di essere solo e di avere tantissime responsabilità cercò di farsi forza, per me. Avevamo un rapporto bellissimo, sembravamo amici non genitore e figlia. Lui mi ha insegnato a suonare il basso, lui mi ha fatto prendere per la prima volta la macchinetta fotografica in mano e mi ha sempre spinta a coltivare i miei sogni e le mie passioni. Dopo due anni la fabbrica in cui lavorava chiuse e lui rimase senza lavoro, per un po’ andammo avanti con i soldi che mamma ci aveva lasciato ma ricordo che fu un periodo triste quando quei soldi finirono perchè non poteva pagare l’affitto, le bollette, non poteva neanche permettersi la scuola per me così per un po’ una maestra che aveva preso a cuore la nostra situazione venne a casa a farmi lezioni gratuite ma questo non durò per sempre. La maestra venne trasferita e tutto tornò come prima. Odiavo non poter andare a scuola come tutti i bambini, odiavo non avere una mamma con cui stare. Mi sentivo diversa- Hope continuava a singhiozzare così Shannon la strinse in un abbraccio cercando di farla calmare. -Non avevamo soldi per fare niente ma quei pochi spiccioli che avevamo lui li sprecava per comprare alcolici. Tornava a casa tutte le sere ubriaco e l’unica cosa che era in grado di fare era picchiarmi. Vedeva la mamma in me e urlava che non avrei dovuto abbandonarli ma io non ero lei, ero solo una bambina che non aveva colpa. All’inizio cercavo di ribellarmi, di spingerlo via ma lui diventava solo più aggressivo così lo lasciavo fare, avevo perso la voglia di vivere proprio come lui- poi indicò la foto -Quella foto l’ho scattata la notte in cui..- respirò a pieni polmoni per trovare il coraggio di pronunciare quelle parole -la notte in cui ha rotto una bottiglia di vetro e..ha fatto quello che vedi-

Shannon la strinse ancora più forte e lei lasciò che il silenzio accompagnasse le sue lacrime. -Poi papà ha conosciuto una donna molto ricca e ha pensato bene di sposarla. Lei mi odiava, avevo quattordici anni quando ci trasferimmo a casa sua e già ero così come mi vedi, troppo diversa per la classe sociale a cui lei apparteneva. Litigavamo di continuo ma mio padre aveva smesso di bere e non volevo che ricominciasse a distruggere la sua vita, comunque lui non era più quello di un tempo. Il dolore per la morte della mamma lo logorava ancora e si sentiva in colpa per avermi tratta così. Non aveva neanche più il coraggio di guardarmi in faccia, non mi chiamava neanche per nome era come se fossi sparita dal mondo. A diciotto anni feci le valigie e me ne andai via, non sopportavo più quella donna e per mio padre non esistevo più.  Due mesi dopo lui si uccise, lasciando una lettera- poi si alzò e estrasse da un cassetto un foglio di carta bianco scritto a mano. Quando si rimise seduta Shannon notò che c’erano poche righe scritte e Hope iniziò a leggere cercando di trattenere i singhiozzi.

Hope, quando leggerai questa lettera io avrò già raggiunto tua madre. Voglio solo chiederti scusa per non essere stato il padre perfetto come tu mi descrivevi, per non averti permesso di vivere al meglio la tua infanzia ma soprattutto per aver lasciato quegli orribili segni sul tuo corpo, quei segni che alimentano la mia voglia di compiere questo gesto estremo. Una persona come me non merita di vivere ne tantomeno di ricevere tutto quell’affetto che solo tue tua madre mi sapevate dare. Rimarrai per sempre la mia piccola Hope e ricorda che anche da quassù ti guarderò e ti applaudirò mentre con le tue meravigliose foto o con il tuo basso diventerai famosa in tutto il mondo. Ti amo piccola mia.

Quando finì di leggere la lettera la posò delicatamente sul tavolino e continuando a tenere gli occhi chiusi lasciò che nella sua mente scorressero tutte le immagini della sua vita. Fino a quel momento Shannon era rimasto in un silenzio surreale riuscendo solo a stringerla in un abbraccio.

-Hope io..- la ragazza cercò i suoi occhi con lo sguardo e abbozzò un sorriso. -un mio “mi dispiace” non cancellerà tutto il dolore che hai dentro e non farà neanche tornare indietro i tuoi genitori. C’è una cosa che posso fare per te però- la ragazza lo guardò perplessa. -Sarò il tuo modello e farò in modo che le tue meravigliose fotografie vengano esposte così che tu possa rendere fiero di te tuo papà- Hope non riuscì a trattenersi e strinse in un forte abbraccio Shannon, lasciando che il suo corpo aderisse completamente a quello del ragazzo.

-Iniziamo?- sussurrò lui. Hope annuì e si alzò dirigendosi verso le sue macchinette mentre Shannon aspettava che Hope gli desse indicazioni. Prendendolo per mano lo fece avvicinare alla finestra da cui entrava una luce soffusa che lo faceva sembrare una statua greca.

-Puoi mettere il corpo come preferisci, basta che non copri completamente la finestra, devi sempre rimanere nella parte sinistra altrimenti non entra la luce- gli spiegò lei. Poi si allontanò e appena vide Shannon prendere posizione iniziò a scattare foto. Il vetro bagnato e il timido tramonto che si mostravano alle sue spalle rendevano la foto malinconica ma allo stesso tempo carica di emozioni. Shannon sapeva giocare bene con le espressioni del viso, non c’era una foto uguale ad un'altra.  Hope  si avvicinò a lui e delicatamente posò le dita sul suo volto spostandolo un po’ di più verso la luce. Scattò un'altra foto, da più vicino questa volta. Aveva in mente una posizione del viso che lo avrebbe fatto sembrare un dipinto così posò la macchinetta fotografica sul tavolino accanto a loro per spiegare a Shannon come posizionarsi. Questa volta si perse nei suoi occhi un po’ troppo a lungo perché si sentì tirata a lui come da una gigantesca calamita. I suoi fianchi ormai erano intrappolati nelle forti braccia di Shannon, come d’altronde le braccia di Hope avevano circondato il collo del ragazzo. La distanza diminuiva sempre di più e ormai, anche volendo, Hope non sarebbe più riuscita a tirarsi indietro. Shannon le sfiorò con il naso il contorno dell’orecchio, coperto per la metà da orecchini, lasciando che il suo respiro si scontrasse con la pelle candida di lei, si spostò poi repentinamente verso le labbra della ragazza che improvvisamente avevano voglia solo di lui. Quel contatto fece accelerare il battito del suo cuore che pareva voler uscire fuori e godersi la scena. Ormai Hope si era persa nel calore delle labbra di Shannon che piano piano facevano spazio ad una lingua pronta e decisa a scontrarsi con quella di Hope. La mente della ragazza era vuota, non riusciva a pensare, non in quella situazione. Le mani di Shannon si facevano spazio sotto la canottiera della ragazza e iniziavano a accarezzare dolcemente ogni pezzo di pelle fino ad arrivare all’allacciatura del reggiseno e da lì tornavano giù. Hope nel frattempo aveva spostato le mani sul petto del ragazzo accarezzandolo con la punta delle dita. La ragazza si staccò dalle sue labbra rimanendo però vicinissima a lui, continuando a farsi accarezzare dal suo respiro. Aveva iniziato a camminare a ritroso trascinando per la maglia Shannon che sorrideva beffardo. Lei lo portò fino in camera e si lasciò travolgere di nuovo dalla frenesia di quei baci. Le mani di Shannon avevano ricominciato a esplorare il suo corpo e lei gli aveva delicatamente sfilato la maglia, abbandonandola sul pavimento, dove poco dopo venne raggiunta dalla canottiera di Hope. Shannon iniziò ad avvicinarsi al letto, costringendola  a camminare all’indietro, come era accaduto poco prima a lui. Quando la ragazza trovò il letto senza esitazioni e spinta dai baci di Shannon si sdraiò lasciando che il corpo massiccio del ragazzo rimanesse al di sopra di lei.

-Devi allontanarti se vuoi che la smetta- disse lui avvicinandosi ai suoi pantaloncini. La ragazza rise provocatoria.

-Ma io non voglio che tu smetta-

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Capitolo 5
*** Kiss me like you wanna be loved ***


Ina/Stivy Echelon

Erano distesi nel grande letto a due piazze, le coperte erano leggere e fresche, un lenzuolo di cotone blu copriva leggermente il letto dove si stavano scoprendo pian piano.
La schiena nuda di Shannon si alzava e si abbassava contemporaneamente con il petto di Hope, con dei baci leggeri percorreva un tracciato sul corpo della ragazza che fremeva sotto quel tocco e al respiro caldo che le scaldava sempre più la pelle.
La ragazza era coperta ancora da una lingerie in pizzo nero con dei fiocchi rossi. Le grandi mani di Shannon vagavano liberamente, prima le accarezzava i capelli mentre le baciava dolcemente il naso facendo sorridere la ragazza, poi la baciava con passione mentre disegnava piccoli ghirigori sulla pelle candida che sembrava avvampare ad ogni tocco.
Le mordeva il lobo dell’orecchio mentre dolcemente le sussurrava un  < < Sei bellissima quando arrossisci sai? > > E lei prontamente imporporava le gote, le baciava il collo avido alla ricerca del punto debole della ragazza. Lei intanto si lasciava scoprire succube di quelle attenzioni che mai nessuno le aveva riservato.
Nei punti a lei più sensibili il bel batterista dedicava maggiore cura, gli piaceva il fatto che la ragazza gemesse sotto il suo tocco, gli piaceva che di tanto in tanto il suo nome uscisse strozzato da quelle labbra così morbide da baciare, gli piaceva il fatto di poter assaporare il profumo di cioccolato della pelle candida come la luna.
Lei amava poter baciare quelle labbra dal sapore di tabacco e liquirizia. Lentamente anche lei aveva iniziato a scoprire il corpo dell’uomo che l’aveva fatta impazzire grazie ai baci languidi.
Aveva iniziato a baciargli la Triad tatuata dietro l’orecchio per poi scendere fino all’incavo del collo e tornare a stuzzicargli le labbra con piccoli baci alternati ad altri più passionali e vogliosi, gli mozzicava il labbro per poi tirarlo leggermente e concentrarsi su un’altra parte del muscoloso corpo.
Si era messa più comoda poggiandosi a cavalcioni su di lui, con le mani che viaggiavano libere sulla schiena leggermente imperlata di sudore sentiva i muscoli irrigidirsi sempre di più, il respiro farsi più pesante e la voglia di lui aumentare. Lui la stuzzicava lei sussurrava il suo nome tirandogli i capelli, lei lo stuzzicava e lui la stringeva più stretta sui fianchi ed immergeva la faccia tra i suoi capelli per imprimere nella memoria l’odore di lavanda e fiori di ciliegio, era un’ odore particolare proprio come lei.
Perché nonostante avesse sofferto le pene dell’inferno aveva ripreso in mano la sua vita e ne aveva ricostruito accuratamente ogni singolo tassello. Aveva perdonato cose per cui molti avrebbero ucciso, aveva perdonato perché lei era un’ essere speciale che aveva preso la parte peggiore della sua vita ed era riuscita a vincere la tristezza ed il dolore per crearne qualcosa di bello.
Lui la guardava in quei occhi color smeraldo che lasciavano trasparire un silenzioso grido di aiuto, un bisogno puro d’amore, perché per quanto lei volesse apparire forte le ferite erano ancora aperte e sanguinavano giorno dopo giorno sempre di più. Voleva qualcosa che potesse lenire il dolore e Shannon era sicuro di poterla aiutare.
Lei lo guardava, sembrava essersi incantato ad osservarla.
< < C’è, c’è qualcosa che non va? > > Gli chiese scostandosi leggermente, un velo di delusione era calato sul suo volto.
< < Nu-nulla, ti osservavo … > > Le disse spostandole una ciocca di capelli che le era ricaduta sul volto < > Lui la guardava tentando di trasmetterle il dispiacere che in quel momento provava.
A quelle parole la ragazza si spostò definitivamente e si sedette al lato del letto. Una piccola lacrima solitaria le rigò il viso ancora accaldato. Non volle neanche asciugarla, la lasciò scivolare lentamente e cadere giù fino a farla atterrare sulla coscia nuda.
Il ragazzo le si avvicinò, si sentiva in colpa. Aveva rovinato quel bellissimo momento, si stava leggermente avvicinando quando di scatto si ritrovò premute sulle labbra quelle di Hope. Era un bacio rabbioso e passionale, era salato e liberatorio. Le unghie della ragazza si conficcarono nella schiena dell’uomo e lui la caricò in braccio e contemporaneamente le gambe di lei gli circondarono la vita.
La scia di quei baci bollenti seguiva il ritmo delle mani di Shannon che slacciavano il reggiseno della ragazza un gancetto alla volta.
Lanciato via l’indumento inutile iniziò a stuzzicarle il seno, martoriando la ragazza che gemette. Il batterista seguendo le forme della ragazza con le mani arrivò alla stoffa in pizzo e proprio quando stava iniziando a sfilargliele un rumore lo interruppe.
Era un rumore deciso, un trillo prolungato appartenente alla porta d’ingresso.
< < Hope ci sei?! > > la voce era ovattata, la porta d’ingresso divideva ancora quel momento perfetto dal mondo reale.
< < Non mi importa, farò finta che non ci sono … > > Disse prima che la voce maschile parlò di nuovo. Il suono non era più distante e ovattato, era così chiaro che sembrava provenire proprio dal salotto. I due si immobilizzarono, e il cuore tamburellava un ritmo veloce proprio nella testa di Hope impedendogli di pensare. Improvvisamente la ragazza ricordò tutto. Si ricordò dell’estate passata quando aveva dato una copia della chiave del suo appartamento a Brian per controllare la posta e pagare l’affitto, si ricordò anche di non averle mai riprese e ora quel ragazzo era in casa sua. Si alzò di scatto da letto prese la maglietta che giaceva sulla sedia, ormai si era completamente asciugata. Era lunga abbastanza per coprirle metà coscia ed era evidentemente maschile. Era viola ed aveva stampato avanti Brooke, il teschio di One Piece, e dietro una frase.
Si legò in una cipolla i capelli e lanciò i vestiti a Shannon che stava imprecando mentalmente per l’interruzione. Non capiva perché Hope era scattata in piedi, non si era accorto della voce fin troppo vicina.
La ragazza aprì la porta di scatto e si ritrovò Brian intento a posizionare accuratamente dei dischi in vinile su una mensola. Quando il ragazzo sentì la porta aprirsi sorrise e si avvicinò a Hope per salutarla con un affettuoso bacio che la ragazza respinse.
< < Ma cosa ci fai in casa mia? > > urlò al ragazzo. Il sorriso radioso scomparve per far spazio a un espressione di completo imbarazzo.
< < Non rispondevi alle chiamate, non mi hai aperto la porta...e allora sono entrato > > rispose come per scusarsi. Nel frattempo Shannon aveva fatto capolino alle spalle di Hope accarezzandole il braccio. Brian sbarrò gli occhi e puntò il suo sguardo dritto sul ragazzo.
< < E tu chi sei?! > > Chiese Shannon. Era ovviamente molto arrabbiato. Brian non rispose, lo fissava e basta.
< < Non capisco come ti sia venuto in mente di entrare in casa mia > > Era molto arrabbiata, odiava quando qualcuno si prendeva libertà non concesse.
< < Volevo solo farti una sorpresa, ti ho trovato dei dischi in vinile. Li stavi cercando> > parlava lentamente e con voce bassa continuando a fissare Shannon. Hope scosse la testa.
< < Brian, dammi li chiavi e esci da casa mia > > disse la ragazza fredda. Allungò la mano con il palmo aperto e Brian poggiò li le chiavi.
< < Voi...cioè lui...come vi conoscete?! Perché è..anzi siete mezzi nudi?! > > chiese quando riuscì a staccare lo sguardo da Shannon,  che iniziava a infastidirsi, per spostarlo su Hope.
< < Credo non sia affar tuo > > rispose Shannon < < Mi pare che Hope ti abbia chiesto di uscire, perché sei ancora qui? Fuori > > disse poi con tono imperativo. Brian guardò Hope sperando in una sua protezione ma la ragazza indicò la porta. Con lo sguardo basso il cassiere si diresse verso la porta e uscì.
Hope sbuffò sonoramente e si mise seduta sul divano. Non c’era verso, qualcosa doveva sempre andarle storto. Shannon tornò in camera da letto e raccolse i suoi vestiti asciutti.
< < Io...vado > > disse avvicinandosi a Hope. La ragazza di alzò in piedi 
< < Aspetta, ti ridò la maglietta, quella non è la tua > > Shannon aveva indossato di nuovo la maglietta di qualche modello. Proprio mentre stava per sfilarsela il ragazzo lo bloccò
< < Tienila Hope, non preoccuparti > > Le rispose. Seguì un momento di completo silenzio. Shannon si avvicinò e le donò un dolce bacio sulla fronte. Hope voleva stringerlo in un forte abbraccio, voleva scusarsi con lui, dirgli di tornare anzi, di non andare neanche via ma rimase immobile, impotente sotto quell’innocente bacio.
Lo accompagnò alla porta e trattenendo tutta la rabbia che aveva dentro chiuse la porta mentre il ragazzo scompariva per le scale. 

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Angolo delle autrici
Ciao *w*
Grazie mille a tutte le persone che ci recensiscono e che continuano a seguire la nostra storia. Volevamo avvertirvi che questo capitolo è stato scritto per la prima parte da Ina e l'altra metà da Stivy Echelon;

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