Stivy Echelon;
Erano passate da poco le cinque del pomeriggio, quando il cellulare di Hope squillò rompendo il silenzio che si era creato. Si strofinò gli occhi e mentre cercava con la mano il telefono abbandonato sotto al divano sbadigliò sonoramente.
-Pronto?- chiese non riconoscendo il numero apparso sullo schermo del suo Black Berry
-Hope, sono Shannon- al suono di quel nome si alzò dritta sul divano e si schiarì la voce.
-Ciao Shannon, che è successo?- senza accorgersene aveva iniziato a muovere la gamba velocemente, su e giù. Gli capitava sempre quando era eccessivamente agitata.
-No, niente! Solo che mi è dispiaciuto per prima..insomma, ti ho lasciata li, senza darti spiegazioni- Hope iniziò a giocherellare con una ciocca dei suoi capelli e sorrise pur sapendo che lui non poteva vederla.
-Non preoccuparti, dovevi andare da tuo fratello!- Non sapeva cosa aggiungere, non gli capitava da parecchio che qualcuno si preoccupasse così per lei. Era una sensazione ormai dimenticata.
-Si e tra l’altro credo che questa cosa ci occuperà parecchi giorni- rispose lui. Hope si prese un momento di pausa prima di rispondere
-Allora, per farti perdonare potresti venire qui a cena e a fare le foto, quando ti liberi- la ragazza non si rendeva conto di come avesse fatto a far uscire quella frase dalle sue labbra. Non era riuscita a controllare il suo cuore che per un momento si era alleato con il cervello senza che lei se ne accorgesse. Chiuse gli occhi e fu tentata dal terminare la chiamata ma la voce di Shannon interruppe i suoi pensieri.
-Certo! Dammi il tempo finire qui con Jay. Mi faccio sentire io. Baci Hope!- fu lui ha chiudere la conversazione lasciando la ragazza basita e pietrificata sul divano. Lasciò scivolare il cellulare facendolo cadere con un tonfo sul divano. Nascose il viso tra le mani e sorrise di nuovo. Iniziò a vagare per casa sua, avanti e indietro. Più il tempo passava più la sua sicurezza andava a diminuire, aveva reagito come non si sarebbe mai aspettata. Aveva reagito come la nuova Hope che sentiva crescere e farsi spazio dentro di lei, passando sopra le macerie di quello che restava della vecchia e ormai distrutta Hope.
<> disse poi appoggiandosi con la fronte sul vetro del suo acquario in segno di disperazione. Sentì il suo stomaco brontolare e massaggiandoselo entrò in cucina.
-Forse è il caso che faccia la spesa altrimenti moriremo di fame- disse lei rivolta a Nina. Entrò in camera e afferrò dal suo armadio qualche vestito e molto velocemente si lanciò sotto il getto tiepido della doccia. Legò i capelli bagnati in uno chignon, mettendo così in mostra il suo Nape, si infilò i suoi pantaloncini, la sua canottiera e lanciò alla rinfusa nella borsa tutte le cose di cui aveva bisogno poi afferrando le chiavi uscì di casa.
Dopo qualche minuto di cammino arrivò al supermarket. Appena entrata l’aria condizionata a contatto con i suoi capelli bagnati le fece salire un brivido lungo la schiena che lei respinse scrollando le spalle e emettendo un lieve –Brrr-
-Hope da quanto tempo!- il tono amichevole di Brian la accolse appena arrivò alla cassa. Lei abbozzò un sorriso e estrasse il portafogli mentre il sonoro “bip” risuonava nelle casse. -Allora? Come stai?- le chiese il ragazzo.
-Si va avanti Brian- rispose lei cercando di liquidarlo con una risposta del genere
-Fai ancora fotografie? Mi ricordo di averne viste alcune, e erano davvero meravigliose- il cassiere continuava a sorridere.
-Si, credo che non smetterò mai di fare foto- rispose ancora lei, impaziente di sapere quanto fosse il totale per poter finalmente uscire di lì.
-Se è una tua passione fai bene a coltivarla insomma se…- la ragazza lo interruppe
-Brian, scusami non è che non voglia parlare con te ma se non mi sbrigo farò tardi a un appuntamento- nel dirlo cercò di essere il più gentile possibile.
-Oh si, scusami! Sono 27 dollari- disse lui prendendo le banconote che Hope gli stava porgendo.
-Scusa ancora eh Brian! Un giorno vieni da me e ci facciamo una chiacchierata- disse prima di sparire dietro le porte scorrevoli. Finalmente era tornata sotto il calore del sole. Entrare in un supermarket era come andare dal parrucchiere, ci si impiegava sempre il doppio del dovuto.
Con le buste pesanti salì a fatica tutte le scale che la separavano da casa. Quando finalmente arrivò al piano giusto aprì la porta e lasciò le buste sul tavolo della cucina. Le mani erano diventate rosse a causa del peso della sua sostanziosa spesa e le braccia facevano fatica anche solo a accennare un movimento. Sopra le sue forze ordinò la spesa e si preparò un insalatina leggera che finì in un batter d’occhio.
Si incamminò verso il salotto e si avvicinò alle sue macchinette fotografiche. Accanto alla polaroid era rimasta la foto di Shannon. Delicatamente la afferrò per un lato e la osservò. Improvvisamente un sorriso apparve sul suo volto, illuminandole i grandi occhi verdi. Più guardava la foto più si rendeva conto che trovare un difetto fisico in lui era come trovare un ago in un pagliaio. Si sdraiò sul letto con la foto di Shannon appoggiata sul comodino e con la musica nella orecchie si addormentò.
Nei giorni seguenti uscì solo ed esclusivamente per scattare foto. Odiava stare rinchiusa in casa a domandarsi se e quando Shannon avrebbe chiamato. La mattina dell’ultimo giorno della settimana accese il cellulare senza alcuna speranza di trovare un sms. “Bip Bip” il black berry, che stava per abbandonare sul tavolo vibrò nelle sue mani cadendo rovinosamente sul pavimento. Hope si apprestò a rimontare tutti i pezzi e ansiosamente aspettò che si riaccendesse.
-Hope! Abbiamo finalmente finito tutto, quando posso venire per quella famosa cena e le foto? Spero tu non te ne sia dimenticata!-
-E chi se ne dimentica- si lasciò sfuggire un commento a voce alta. Rise da sola e tornò a guardare il cellulare.
-Quando vuoi Shannon. Tanto sai dov’è casa mia!-
Dopo qualche minuto arrivò la risposta e Hope parve più felice che mai
-Perfetto! Allora facciamo domani? Devo portare qualcosa da mangiare?-
-Se vuoi porta il gelato, credo siano anni che non mangio!-
-Mi piace il gelato! Baci Hope, a domani!-
Non poteva crederci, quando ormai aveva abbandonato tutte le speranze Shannon le aveva scritto e il giorno seguente si sarebbero visti.
Il mattino seguente fu svegliata dal suo stomaco che affamato la richiamava. Sbadigliò e trascinando i piedi si incamminò verso la cucina. Passando davanti allo specchio si guardò di sfuggita e rimase sconvolta. Aveva i capelli più ricci che mai e i suoi occhi erano contornati da un piccolo velo grigio. Era in uno stato pietoso così appena finita la sua colazione entrò in bagno e si lavò accuratamente i capelli rendendo quell’ammasso informe dei bellissimi boccoli. Passò poi al problema delle occhiaie, frugò nella scatola dei trucchi e ne estrasse un correttore. Lo applicò per bene e molto soddisfatta passò al resto del viso, truccandosi accuratamente. Aveva deciso di indossare dei Jeans grigi con dei strappi abbinati ad una canottiera nera degli Iron Maiden, poi passò in rassegna tutte le sue scarpe e alla fine optò per le sue amate vans nere. Legò al braccio una bandana arrotolata e si mise davanti alla tv a sgranocchiare patatine per non pensare a quanto tempo dovesse ancora aspettare. Finite la patatine iniziò a pulire tutti gli obiettivi di tutte le macchinette in modo quasi maniacale. Nel frattempo un fortissimo temporale si abbatteva sulla città e Hope sentiva che da un momento all’altro Shannon avrebbe chiamato per disdire l’appuntamento.
“I don’t remember the moment i try to forget..” il suo telefono iniziò a squillare e lei già rassegnata rispose.
-Hope, credo di essermi perso- la voce di Shannon si sentiva a malapena sotto quel rumore assordante della pioggia.
-Ok, dimmi cosa vedi intorno a te- chiese lei per capire dove fosse
-A parte tanta pioggia?- i due risero insieme –Dunque ho trovato parcheggio davanti ad una specie di supermarket- disse poi lui. Hope si rincuorò capendo dove fosse andato a finire il suo ospite
-Aspettami lì arrivo a prenderti- senza aspettare risposta riagganciò e uscì di casa coprendosi solo con una felpa. Indossò il cappuccio un attimo prima di uscire dal portone del palazzo. Malediceva la pioggia, che in realtà amava tanto, mentre senza ombrello correva per le strade deserte.
-Hope!- disse il ragazzo vedendola arrivare. Si avvicinò a lei e la strinse in un forte abbraccio. Hope arrossì e lo salutò con un semplice sorriso. Con la testa gli fece cenno di seguirla e lui silenziosamente lo fece. Hope continuava a tirare le maniche della felpa per coprire le mani che diventavano sempre più rosse dal freddo. Si sentì avvolgere da un braccio, per un attimo le balenò l’idea di respingere quel contatto troppo forte per lei. Non amava particolarmente il contatto fisico, da parecchi anni ma alla fine, ancora una volta, il cuore ebbe la meglio e con un gesto automatico e incontrollato si accucciò a lui in cerca di calore. Finalmente arrivati all’ingresso del palazzo entrarono e sciolsero l’abbraccio.
-Eccone un altro che arriva eh Baker?- disse provocatorio il portiere
-Taci- rispose semplicemente Shannon facendo smettere di sghignazzare l’anziano signore che lo guardò torvo. Hope non ringraziò il ragazzo che l’aveva protetta ma iniziò a salire le scale. Non riusciva a muovere le labbra che erano rimaste incollate l’una con l’altra nel momento in cui Shannon l’aveva stretta a se.
-Vieni entra- gli disse aprendo la porta. Il ragazzo sorridendo le passò davanti dirigendosi in salotto. Hope chiuse la porta appoggiandocisi con le spalle, prese un respiro e si diresse anche lei in salotto. Si fermò all’entrata vedendolo davanti alla finestra, intento a guardare la pioggia che bagnava il vetro. Si asciugò le mani nella parte della maglietta che era rimasta quasi asciutta e il più silenziosamente possibile afferrò la macchinetta fotografica e scattò la foto. La prima di una lunga serie.
-Hope! Avvertimi mi che mi fai le foto, avrei fatto una faccia più sexy- disse Shannon ridendo. Hope scosse la testa e riposò delicatamente la macchinetta fotografica sulla mensola.
-Vado a cambiarmi, ci metto un attimo- avvertì la ragazza sparendo nella sua stanza. Chiuse la porta e aprì l’armadio in preda al panico. Non sapeva cosa indossare così sfilò i Jeans ormai zuppi e li rimpiazzò con un paio di pantaloncini di Jeans altrettanto grigi con delle borchie applicate ai lati, sfilò le scarpe e scelse un paio di converse nere abbastanza vecchie, ma con il loro fascino poi si assicurò che la canottiera fosse abbastanza asciutta e legando i capelli come aveva fatto per andare a fare la spesa giorni prima uscì dalla stanza. Shannon era rimasto in piedi, nella stessa posizione in cui lo aveva lasciato qualche minuto prima.
-Tieni, questo è il gelato- disse passandole una busta. Lei lo afferrò e lo mise in congelatore.
-Grazie- abbassò lo sguardo verso il pavimento -per il gelato- continuò lei immobile. Lui sorrise
-Senti non è che hai qualcosa da prestarmi? Sono davvero troppo bagnato- le chiese non appena Hope distolse lo sguardo da terra per posizionarlo su di lui.
-Credo di si, alcuni modelli lasciano le loro cose qui sapendo di dover tornare- disse accompagnandolo fino in camera sua. Aprì lo sportello dell’armadio e accanto ai suoi vestiti c’erano magliette e Jeans da uomo.
-Non credo di avere il fisico da modello, spero che mi entri qualcosa- commentò lui frugando nei vestiti. Hope rise e scosse la testa, attirando l’attenzione di Shannon -Perché ridi?-
-Tu non hai il fisico da modello? Credo che loro impazzirebbero per essere muscolosi come te- più la frase andava avanti più la voce di Hope andava a diminuire. Poi si alzò e senza aspettare risposta lasciò Shannon libero di cambiarsi. Dopo pochi minuti uscì dalla stanza con dei Jeans neri e una maglietta altrettanto nera con delle scritte sovrapposte.
-Non è il mio genere ma può andare- disse lui appena lo sguardo di Hope si posò su i suoi vestiti.
-Stai benissimo- sussurrò lei con lo sguardo basso. Poi tossì e tornò a guardarlo. Si era creato di nuovo silenzio, come se tutti e due volessero dire qualcosa ma avessero paura ad aprire bocca.
-Posso..posso chiederti una cosa?- Shannon frantumò il silenzio e Hope ne fu sollevata. Il ragazzo senza aspettare risposta indicò la foto che tempo prima aveva attirato la sua attenzione. -Quella foto..mi hai detto che sei tu giusto?- la ragazza annuì. -Sei piena di tagli e lividi e dal giorno in cui l’ho vista non ho mai smesso di tormentarmi sul perché ti fossi raffigurata così. Ho pensato a milioni di ipotesi, per un attimo ho anche pensato che..- rise a quel pensiero come se potesse essere impossibile. Hope avevo lo sguardo già colmo di lacrime.
-Cosa hai pensato Shannon?- chiese lei iniziando a sciogliere i bracciali che aveva sui magri polsi. Lui non capiva il perché di quel gesto così scrollando le spalle rispose
-Ho anche pensato che tutti quei tagli e lividi fossero veri, che qualcuno ti avesse davvero ridotta così. Ma mi sbagliavo vero?- il ragazzo guardò i bracciali poggiati sul tavolino di fronte a loro e aspettò la risposta della ragazza che continuava a tenere i polsi nascosti. Fu difficile per Hope trattenere quel fiume di lacrime che già avevano iniziato ad infrangersi sul pavimento attirando l’attenzione del ragazzo che rimase comunque in silenzio.
-Non ti sembra possibile vero? Eppure è proprio così- la ragazza mostrava i polsi pieni di piccoli tagli. Poi delicatamente si alzò la maglietta e mostrò la pancia, anch’essa piena di tagli e cicatrici. -Questo è l’unico brutto ricordo che mi ha lasciato mio padre- Hope iniziò a infilare di nuovo i bracciali, odiava vedere cosa l’uomo più importante della sua vita fosse stato in grado di fare a sua figlia. Si asciugò le lacrime e alzò lo sguardo incrociandolo con quello di Shannon.
-Perché?- chiese lui quasi in un sussurro. Quasi a non voler conoscere la verità.
-Hai tempo per una lunga storia?- chiese Hope giocherellando con un ciondolo che portava al collo.
-Tutto il tempo che vuoi- rispose lui accarezzandole la mano. Hope prese un respiro e iniziò a raccontare.
-Quando avevo 10 anni mia mamma morì all’improvviso lasciando in me e mio padre un vuoto incolmabile. Ricordo poco di lei, ero piccola ma papà mi raccontava sempre che era una donna bellissima e dal cuore grande, mi diceva che avevo i suoi stessi occhi e il suo stesso sorriso- disse lei sfiorandosi le labbra inumidite dalle lacrime -Quando mio padre si rese conto di essere solo e di avere tantissime responsabilità cercò di farsi forza, per me. Avevamo un rapporto bellissimo, sembravamo amici non genitore e figlia. Lui mi ha insegnato a suonare il basso, lui mi ha fatto prendere per la prima volta la macchinetta fotografica in mano e mi ha sempre spinta a coltivare i miei sogni e le mie passioni. Dopo due anni la fabbrica in cui lavorava chiuse e lui rimase senza lavoro, per un po’ andammo avanti con i soldi che mamma ci aveva lasciato ma ricordo che fu un periodo triste quando quei soldi finirono perchè non poteva pagare l’affitto, le bollette, non poteva neanche permettersi la scuola per me così per un po’ una maestra che aveva preso a cuore la nostra situazione venne a casa a farmi lezioni gratuite ma questo non durò per sempre. La maestra venne trasferita e tutto tornò come prima. Odiavo non poter andare a scuola come tutti i bambini, odiavo non avere una mamma con cui stare. Mi sentivo diversa- Hope continuava a singhiozzare così Shannon la strinse in un abbraccio cercando di farla calmare. -Non avevamo soldi per fare niente ma quei pochi spiccioli che avevamo lui li sprecava per comprare alcolici. Tornava a casa tutte le sere ubriaco e l’unica cosa che era in grado di fare era picchiarmi. Vedeva la mamma in me e urlava che non avrei dovuto abbandonarli ma io non ero lei, ero solo una bambina che non aveva colpa. All’inizio cercavo di ribellarmi, di spingerlo via ma lui diventava solo più aggressivo così lo lasciavo fare, avevo perso la voglia di vivere proprio come lui- poi indicò la foto -Quella foto l’ho scattata la notte in cui..- respirò a pieni polmoni per trovare il coraggio di pronunciare quelle parole -la notte in cui ha rotto una bottiglia di vetro e..ha fatto quello che vedi-
Shannon la strinse ancora più forte e lei lasciò che il silenzio accompagnasse le sue lacrime. -Poi papà ha conosciuto una donna molto ricca e ha pensato bene di sposarla. Lei mi odiava, avevo quattordici anni quando ci trasferimmo a casa sua e già ero così come mi vedi, troppo diversa per la classe sociale a cui lei apparteneva. Litigavamo di continuo ma mio padre aveva smesso di bere e non volevo che ricominciasse a distruggere la sua vita, comunque lui non era più quello di un tempo. Il dolore per la morte della mamma lo logorava ancora e si sentiva in colpa per avermi tratta così. Non aveva neanche più il coraggio di guardarmi in faccia, non mi chiamava neanche per nome era come se fossi sparita dal mondo. A diciotto anni feci le valigie e me ne andai via, non sopportavo più quella donna e per mio padre non esistevo più. Due mesi dopo lui si uccise, lasciando una lettera- poi si alzò e estrasse da un cassetto un foglio di carta bianco scritto a mano. Quando si rimise seduta Shannon notò che c’erano poche righe scritte e Hope iniziò a leggere cercando di trattenere i singhiozzi.
Hope, quando leggerai questa lettera io avrò già raggiunto tua madre. Voglio solo chiederti scusa per non essere stato il padre perfetto come tu mi descrivevi, per non averti permesso di vivere al meglio la tua infanzia ma soprattutto per aver lasciato quegli orribili segni sul tuo corpo, quei segni che alimentano la mia voglia di compiere questo gesto estremo. Una persona come me non merita di vivere ne tantomeno di ricevere tutto quell’affetto che solo tue tua madre mi sapevate dare. Rimarrai per sempre la mia piccola Hope e ricorda che anche da quassù ti guarderò e ti applaudirò mentre con le tue meravigliose foto o con il tuo basso diventerai famosa in tutto il mondo. Ti amo piccola mia.
Quando finì di leggere la lettera la posò delicatamente sul tavolino e continuando a tenere gli occhi chiusi lasciò che nella sua mente scorressero tutte le immagini della sua vita. Fino a quel momento Shannon era rimasto in un silenzio surreale riuscendo solo a stringerla in un abbraccio.
-Hope io..- la ragazza cercò i suoi occhi con lo sguardo e abbozzò un sorriso. -un mio “mi dispiace” non cancellerà tutto il dolore che hai dentro e non farà neanche tornare indietro i tuoi genitori. C’è una cosa che posso fare per te però- la ragazza lo guardò perplessa. -Sarò il tuo modello e farò in modo che le tue meravigliose fotografie vengano esposte così che tu possa rendere fiero di te tuo papà- Hope non riuscì a trattenersi e strinse in un forte abbraccio Shannon, lasciando che il suo corpo aderisse completamente a quello del ragazzo.
-Iniziamo?- sussurrò lui. Hope annuì e si alzò dirigendosi verso le sue macchinette mentre Shannon aspettava che Hope gli desse indicazioni. Prendendolo per mano lo fece avvicinare alla finestra da cui entrava una luce soffusa che lo faceva sembrare una statua greca.
-Puoi mettere il corpo come preferisci, basta che non copri completamente la finestra, devi sempre rimanere nella parte sinistra altrimenti non entra la luce- gli spiegò lei. Poi si allontanò e appena vide Shannon prendere posizione iniziò a scattare foto. Il vetro bagnato e il timido tramonto che si mostravano alle sue spalle rendevano la foto malinconica ma allo stesso tempo carica di emozioni. Shannon sapeva giocare bene con le espressioni del viso, non c’era una foto uguale ad un'altra. Hope si avvicinò a lui e delicatamente posò le dita sul suo volto spostandolo un po’ di più verso la luce. Scattò un'altra foto, da più vicino questa volta. Aveva in mente una posizione del viso che lo avrebbe fatto sembrare un dipinto così posò la macchinetta fotografica sul tavolino accanto a loro per spiegare a Shannon come posizionarsi. Questa volta si perse nei suoi occhi un po’ troppo a lungo perché si sentì tirata a lui come da una gigantesca calamita. I suoi fianchi ormai erano intrappolati nelle forti braccia di Shannon, come d’altronde le braccia di Hope avevano circondato il collo del ragazzo. La distanza diminuiva sempre di più e ormai, anche volendo, Hope non sarebbe più riuscita a tirarsi indietro. Shannon le sfiorò con il naso il contorno dell’orecchio, coperto per la metà da orecchini, lasciando che il suo respiro si scontrasse con la pelle candida di lei, si spostò poi repentinamente verso le labbra della ragazza che improvvisamente avevano voglia solo di lui. Quel contatto fece accelerare il battito del suo cuore che pareva voler uscire fuori e godersi la scena. Ormai Hope si era persa nel calore delle labbra di Shannon che piano piano facevano spazio ad una lingua pronta e decisa a scontrarsi con quella di Hope. La mente della ragazza era vuota, non riusciva a pensare, non in quella situazione. Le mani di Shannon si facevano spazio sotto la canottiera della ragazza e iniziavano a accarezzare dolcemente ogni pezzo di pelle fino ad arrivare all’allacciatura del reggiseno e da lì tornavano giù. Hope nel frattempo aveva spostato le mani sul petto del ragazzo accarezzandolo con la punta delle dita. La ragazza si staccò dalle sue labbra rimanendo però vicinissima a lui, continuando a farsi accarezzare dal suo respiro. Aveva iniziato a camminare a ritroso trascinando per la maglia Shannon che sorrideva beffardo. Lei lo portò fino in camera e si lasciò travolgere di nuovo dalla frenesia di quei baci. Le mani di Shannon avevano ricominciato a esplorare il suo corpo e lei gli aveva delicatamente sfilato la maglia, abbandonandola sul pavimento, dove poco dopo venne raggiunta dalla canottiera di Hope. Shannon iniziò ad avvicinarsi al letto, costringendola a camminare all’indietro, come era accaduto poco prima a lui. Quando la ragazza trovò il letto senza esitazioni e spinta dai baci di Shannon si sdraiò lasciando che il corpo massiccio del ragazzo rimanesse al di sopra di lei.
-Devi allontanarti se vuoi che la smetta- disse lui avvicinandosi ai suoi pantaloncini. La ragazza rise provocatoria.
-Ma io non voglio che tu smetta-
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