The Life And Times

di Jewels5
(/viewuser.php?uid=209861)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Le brave ragazze dicono ti amo ***
Capitolo 3: *** Per iniziare l'anno ***
Capitolo 4: *** Snaps e la Seconda Settimana ***
Capitolo 5: *** Nuove Prospettive ***
Capitolo 6: *** Conversazioni ***
Capitolo 7: *** Errori di Coraggio ***
Capitolo 8: *** Appuntamenti con i Corvonero ***
Capitolo 9: *** L'arte del camminare ***
Capitolo 10: *** Il Collegamento ***
Capitolo 11: *** Guai con gli angeli ***
Capitolo 12: *** Merrily, Merrily, Merrily... ***
Capitolo 13: *** Realizzazioni ***
Capitolo 14: *** Due Passi Avanti ***
Capitolo 15: *** Cosa ha fatto Piton ***
Capitolo 16: *** Anatomia di una Rosa Rossa ***
Capitolo 17: *** Gli Harper ***
Capitolo 18: *** Marzo ***
Capitolo 19: *** La Pluffa e il Boccino ***
Capitolo 20: *** Momenti ***
Capitolo 21: *** Life is but a dream ***
Capitolo 22: *** Fuori ***
Capitolo 23: *** Per concludere l'anno ***
Capitolo 24: *** Contra Mundum ***
Capitolo 25: *** La Settimana delle Pretese ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


La storia che segue, di cui potete trovare l'originale qui, è forse una tra le fan fiction più note ambientate nell'epoca dei Malandrini. La traduzione potrebbe impiegare molto tempo non solo a causa della notevole lunghezza di ognuno dei 34 capitoli finora pubblicati (eccezion fatta per questo), ma anche perché la stessa Jules non aggiorna di frequente. Mi auguro che la storia sia di vostro gradimento, se rilevate qualche errore comunicatemelo con un PM o in una recensione.
Grazie mille.
WaitForIt (traduttrice)

*Edit del 13/05/2013: creato il gruppo su Facebook per avvisi, spoiler, grafica ecc:  She was dramatic  He was dynamic | The Life and Times EFP*

 

 

Prologo

 

"Nessuno ride di Dio quando sta fissando la punta di una bacchetta."

Le sue parole, pronunciate da quella piccola bocca perfetta, chiare come se fossero state dette un momento prima, risuonarono nella testa di James: ancora ed ancora come il battito di un tamburo. Nella sua mente lei era bellissima, sedicenne e seduta in quel corridoio con la luce delle torce che tremolava contro la pelle pallida, senza difetti, ed i brillanti occhi verdi. Era accaduto quasi due anni fa, e le cose erano cambiate. Lei era ancora bellissima, ovviamente, forse anche di più, ma c'è sempre una differenza nel modo in cui ognuno coglie la bellezza che possiede e quella che brama da lontano.

"Nessuno ride di Dio quando sta fissando la punta di una bacchetta"; ricordò le sue parole ancora una volta e sorrise leggermente, perché, ovviamente, Lily aveva ragione. Di solito Lily aveva sempre ragione. Con la punta della bacchetta del nemico puntata nello spazio tra i suoi occhi, mentre la sua stessa bacchetta giaceva fuori dalla sua portata, c'era un Dio. C'era senso e significato, e c'era una ragione per sopravvivere, perché c'era ordine, verità, importanza e qualcosa oltre la punta di quella bacchetta. Il ragazzo si appuntò mentalmente di dire più tardi a Lily che aveva ragione: che quella minaccia rendeva codardi di scetticismo intellettuale. Era irrazionale, suppose lui, ma non importava. Il tardo riconoscimento di un essere trascendente può essere un atto di codardia intellettuale, ma in quel momento, lo rendeva coraggioso. Di solito Lily aveva sempre ragione.

Sentì accennare un sorriso ed attese la maledizione–la maledizione che avrebbe deciso la sua fine, o almeno che avrebbe portato un significativo dolore o l'incoscienza. Ma non arrivò. Alla fine, il nemico aprì la bocca, ma nessuna maledizione ne venne fuori.

"Lei non ti ama," abbaiò disperatamente. "Non ti ama."

Apparentemente nessuno rideva di Dio neanche quando aveva perso qualcuno che amava.

James lasciò che le parole lo pugnalassero, sapendo che dovevano essere vere. Lasciò che il dolore lo riempisse, ma non che lo soggiogasse. Annuì. "Forse," replicò dopo qualche secondo. "Ma è una cosa sulla quale dovrò lavorare da solo."

Spezzato dall'apatia di James, il mago più grande socchiuse gli occhi marroni e tirò la bocca in una smorfia stretta. La bellezza giovanile che aveva posseduto solo un anno prima era sparita. "Presto sarai morto," disse.

James sbatté le palpebre. Quello era uno strano pensiero: morto presto. Poi annuì ancora una volta. "Vai avanti," rispose, con qualcosa di simile ad un tono di sfida. "Ho trovato la pace."

Perché, finalmente, aveva capito cosa significasse quella frase.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Le brave ragazze dicono ti amo ***


Note della (pseudo)traduttrice

All'inizio avevo optato per mettere queste note a fine capitolo, ma capisco che potrebbero anche passare svariati anni prima di arrivare all'ultima frase, perciò vi saluto qui! A parlare oggi è Giuls aka themarchare, che non può andare al mare perciò è qui a postare! Spero che il capitolo sia di vostro gradimento, io sinceramente credo che questa fanfiction sia la migliore in assoluto su Lily e James (anche se non è ancora conclusa), ed è per questo che ho offerto il mio aiuto -tutt'altro che indispensabile- per tradurla e diffonderla anche a chi non piace l'inglese xD Qualche nota tecnica: troverete alcune volte frasi non tradotte (in questo caso c'è Like a Rolling Stone), beh, sono titoli di canzoni, non ci sembrava il caso di tradurre anche quelli xD Basta ora la pianto, c'è già tanto da leggere! Fateci sapere cosa ne pensate e/o se avete trovato errori, io già mi scuso in anticipo, ma non sono perfetta e non sono di certo una traduttrice di mestiere xD
Buona lettura!
themarchare 

 

Capitolo 2- "Le brave ragazze dicono ti amo"

o

"Like a Rolling Stone"
 

Talvolta, lei pensava che se avesse fatto un passo fuori dalla Torre di Astronomia sarebbe semplicemente volata via.

Lui non riusciva a ricordare l'ultima volta che aveva guardato prima di saltare.

Lei credeva in Dio.

Lui fumava troppo.

Lei aveva dato il suo primo bacio in un soleggiato giardino all'età di quindici anni.

Lui aveva perso la verginità con una ragazza di nome Sarah, all'età di quindici anni.

Lei voleva scrivere.

Lui voleva giocare a Quidditch.

Lei pensava di essere innamorata e questo non le piaceva.

Lui sapeva di essere innamorato e odiava decisamente il fatto.

Lei sorrideva e rideva molto.

Anche lui.

Lei era drammatica.

Lui era dinamico.

Lei era precisa.

Lui era impulsivo.

Lei eccelleva nella diplomazia.

Lui eccelleva nella diplomazia, ma spesso ricorreva alle mani.

Lei aveva avuto sette punizioni in altrettanti anni.

Lui settantaquattro.

Lei pensava che lui fosse completamente fuori di testa.

Lui pensava che lei fosse assolutamente folle.

Qualunque cosa potrebbe diventare, questa è prima di tutto una storia d'amore. Questa è la storia di come un ragazzo ed una ragazza si–e realizzarono poi di esserlo già in precedenza– innamorarono. Vedete, probabilmente innamorarsi è stata la cosa più importante che i due abbiano mai realizzato, e conclusero molte cose piuttosto importanti. Lui era James e lei era Lily, ed un giorno condivisero un bacio, ma prima condivisero numerose discussioni, perchè lui era presuntuoso e lei era dolce, e le questioni di cuore possono richiedere tempo.

Cominciò–avrebbe più tardi detto lui guardando la punta di una bacchetta che avrebbe potuto facilmente ucciderlo–con un pugno. Un semplice movimento del braccio che portò il suo pugno a contatto con la mascella di Nicolai Mulciber, mandando quest'ultimo a terra e creando un certo trambusto.

Cominciò–avrebbe più tardi detto lei restando sulla soglia di una stanza e chiedendosi se quel piano avesse potuto mai funzionare–con un bacio: il semplice salire sulle punte ed abbracciare Luke Harper sulla piattaforma della stazione ferroviaria del villaggio di Hogsmeade.

Non sta a noi discernere chi dei due avesse effettivamente ragione, ma ad ogni modo, entrambi concordarono che "tutto" cominciò il 1° Settembre, 1975: il primo giorno del loro sesto anno alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. E, giusto per amore della cronologia, questa storia inizia con l'evento che lei dice abbia iniziato tutto. La ragazza stava sulla piattaforma di Hogsmeade intorno alle sette e mezza di sera il Primo di Settembre, incontrando il suo ragazzo da due mesi per la prima volta dopo due giorni di lontananza, ed i due si stavano baciando.
 
 

(Ti amo)

Le labbra di Luke Harper erano calde. Era delicato, senza pretese ed accorto, si muoveva lentamente ed aspettava il via libera da lei. Non c'era musica, ma il bacio sembrò peccare di romanticismo. Ed era una fortuna –pensò la ragazza– perchè il suo animo era decisamente romantico. Guardava spesso film in bianco e nero e le piaceva l'aspetto della neve tra i suoi capelli, per l'amor di Dio; ovviamente il romanticismo era una buona cosa. Ovviamente voleva… perché diavolo la sua mente stava vagabondando in quel modo? Avrebbe dovuto pomiciare con il suo ragazzo, non… Buon Dio.

Si separarono, e lui allargò il suo bellissimo, classico, smagliante sorriso. Era probabilmente la sua migliore caratteristica, e rese i circa quindici secondi di silenzio seguenti piuttosto gradevoli. Lily Evans aveva speso gran parte della sua estate con Luke Harper, quindi un bacio sulla piattaforma del treno non era magari un gesto appassionante come avrebbe potuto essere, ma i due erano stati effettivamente separati per i due giorni precedenti, quindi c'era un certo senso di atteso ricongiungimento.

Il cielo aveva iniziato a scurirsi, e le torce della stazione di Hogsmeade erano state accese quando l'Espresso per Hogwarts era arrivato alla stazione dieci minuti prima; ora, quasi tutti i circa duecentocinquanta passeggeri erano sbarcati e si preparavano a dirigersi verso il castello che era la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. La luce soffusa della luna illuminava appena il lungo percorso che portava ai cancelli della scuola. Gli studenti del primo anno di Hogwarts erano stati scortati dal guardiacaccia, Hagrid, alle barche che li avrebbero portati attraverso il lago ed poi al sentiero, mentre gli studenti più anziani si dirigevano verso le carrozze senza cavalli che prendevano il sentiero alternativo attraverso il villaggio di Hogsmeade.

Nella scarsa illuminazione, Luke non appariva al meglio, ma ciò non significava che non fosse assolutamente splendido, con lisci capelli castani, affettuosi occhi marroni, e, naturalmente, quel sorriso. Anche quando Lily si trovava irritata con Luke –una rara occasione in sé per sé– quel sorriso portava il suo stomaco a compiere un salto mortale. In quel momento, mentre le sue mani restavano sul petto di lui–una mano che stringeva gentilmente la cravatta argento e blu dell'uniforme perfettamente stirata–la ragazza realizzò che gli ultimi due mesi (la durata della sua relazione con Luke) erano stati abbastanza gradevoli.

Luke era un ragazzo rispettabile: non si preoccupava molto di politica e di cose serie, ma era romantico e impersonava tutto ciò che il fidanzato diciassettenne di una ragazza sedicenne dovrebbe essere. Viveva ad Hogsmeade, perché la sua famiglia vi possedeva un negozio, e questo era il motivo per cui non viaggiava sull'Espresso per Hogwarts come tutti gli altri studenti; ad ogni modo, era venuto a prendere Lily alla piattaforma, il chè era un gesto incantevole… qualcosa di piuttosto simile ad un film in bianco e nero, pensò Lily.

In un momento, comunque, i felici ricordi della vacanza di Lily furono accuratamente distrutti.

"Ti amo," disse Luke.

Come il suo bacio, il suo tono era delicato e senza pretese; dall'altra parte però, il gesto di professare il proprio amore dopo due miseri mesi era tutto fuorché accorto. Il tempo si fermò all'affermazione di quelle due parole, e il cuore di Lily batté molto velocemente… non in modo positivo. La ragazza soppesò le sue opzioni.

Lui la amava. La amava. L'amore era grande. L'amore era epico. L'amore era… Certamente, Luke le piaceva molto. Le piaceva il modo in cui le sue mani si appoggiavano sui suoi fianchi e che imbastisse una manifestazione di apprezzamento quasi convincente quando ascoltavano le canzoni dei Led Zeppelin. Le piaceva che fosse stato timido in maniera ridicola davanti a sua madre e che non le avesse chiesto della sua amicizia con Piton nemmeno una volta. Le piaceva il suo sorriso e che non provasse sempre ad indovinare ciò a cui stava pensando. Le piaceva che non sembrasse importargli di "andarci piano" e che dicesse quelle sciocche frasi romantiche proprio come un eroe di un poema medievale.

Mi piace Luke, pensò.

Amo qualcun altro.

E questo pensiero prevalse sugli altri.

"Non posso dirti lo stesso," mormorò dopo quella che le sembrò un eternità, ma che fu in realtà solo una manciata di secondi. Comunque, la confusione negli occhi di Lily era stata un indizio abbastanza evidente per Luke, che capì quale non sarebbe stata la risposta di lei. Lui annuì abbattuto. "Luke, ascolta, non è che io non–che non mi importi tanto di te, perché mi importa." La piattaforma stava diventando sempre più deserta dal momento che gli altri studenti stavano riempiendo le carrozze. Lily non sfiorò nemmeno l'idea di dire a Luke la vera ragione per la quale non poteva dirgli quelle dannate tre parole… Non avrebbe capito.

"Intendo," insisté lei nervosamente, "tu sai come sono. Ho idee davvero precise sull'amore ed il resto, e potrei teoricamente dirti lo stesso ora, ma–ma non significherebbe abbastanza per me. Non posso risponderti a meno che non lo intenda veramente, completamente e sfrenatamente. Siamo stati insieme solo per due mesi…"

"Dieci settimane," corresse Luke.

"Ma quando lo dici così, suona solo più breve," obiettò Lily, aggrottando le sopracciglia. L'altro annuì arrendendosi e lei sospirò. "Sei arrabbiato?"

"No." La risposta arrivò immediatamente e senza esitazione, segnata dalla sincerità e dal desiderio di rassicurarla. "No, non sono arrabbiato. E ti capisco–sei… sei un anno più piccola di me e può essere più difficile per te intraprendere questo tipo di impegno…"
Lily pensò che la frase di lui contenesse più boria di quanto permettesse un solo anno di divario, ma non discusse il punto, perchè l'avrebbe salvata da un litigio. Comunque, il ragazzo aveva il morale basso: lei avrebbe dovuto essere in grado di dire "Ti amo anche io."

La ragazza spostò le mani dal suo petto, e tra i due ragazzi si aprì dello spazio. "Faremmo bene a prendere una carrozza," disse Luke, spazzando via la delusione piuttosto velocemente. Lily aggiunse mentalmente questo dettaglio al conto delle ammirabili qualità che il ragazzo possedeva: non portava rancore.

Severus porta rancore, pensò.

Quello era un dato di fatto. Infatti, in quello stesso momento, Severus Piton stava guardando la scena in corso dalla sua carrozza poco lontano, ed era risentito. Lily stava ancora vedendo Luke Harper a quanto pareva, e dato che non poteva conoscere il contenuto della conversazione, il giovane Serpeverde –pallido, insignificante, ed in ogni modo l'opposto di Luke Harper– sentì il risentimento bollirgli dentro. Poi la sua carrozza cominciò ad allontanarsi, e il ragazzo distolse astiosamente lo sguardo cosicché gli altri Serpeverde che viaggiavano con lui non si accorgessero dove stava guardando.

"Mi dispiace," ripeté Lily, mentre la coppia si dirigeva verso le quattro carrozze rimanenti.

"Non ci pensare," comandò Luke affettuosamente. "Non mi crea alcun problema–Volevo solo dirti come mi sentivo io."

Lily annuì, poi, con un po' di riserbo aggiunse: "Grazie." Lui sorrise, la baciò sulla testa–cosa che faceva abbastanza spesso–e la coppia entrò in una carrozza. Sembrava che il ragazzo avesse davvero lasciato correre, ma Lily continuò a pensarci.

La carrozza era vuota quando si sedettero. "Spero che non entri nessun altro," cominciò a dire Luke, ma le parole avevano appena lasciato la sua bocca prima che qualcun altro introducesse la sua testa attraverso le porte aperte della carrozza. Era bello, con i capelli neri e occhi grigio-blu.

"Oh, salve, Lily," disse il ragazzo. "Salute… altra persona." Lanciò un'occhiata a Luke come se il Corvonero non avesse davvero nessun altro ruolo nel suo obiettivo lì.

"Questo è Luke, Sirius," disse Lily al nuovo arrivato. "Luke Harper… è a Corvonero."

"Buon per lui," rimarcò il ragazzo chiamato Sirius. Diresse l'intera conversazione verso Lily: "Hai visto James?"

"No…"

"Ne sei sicura? È scomparso quando siamo scesi dal treno."

"Ne sono sicura."

"Invece tu, Lucas?"

"È Luke."

"Lo so. Hai visto James Potter?"

"No."

"Perfetto. Fate un buon giro in carrozza. Rimanete casti."

"Sirius, vai," ordinò Lily.

Sirius ammiccò. "Addio, Lily. Addio… altra persona."

Un secondo dopo non fu più in vista, e Luke scosse la testa. "Che problema ha, comunque? È così…" Luke, ad ogni modo, non ebbe l'opportunità di terminare il pensiero, poiché una ragazza alta, dai capelli biondi, irruppe nella cabina e vi prese posto. Lily inarcò le sopracciglia per la sorpresa.

"Ciao, Mar, pensavo che fossi andata al castello con Miles."

"Miles Stimpson," cominciò Marlene Price, il fuoco nei suoi occhi azzurri, "è il più grande, intollerabile idiota che io abbia mai incontrato."

"Ci sei uscita per almeno due anni," Lily ricordò a Marlene.

"È un cafone," cominciò la bionda. "Lui e la sua intera stupida, malvagia, irritante casa di Corvonero!" Come se avesse notato Luke per la prima volta, Marlene aggiunse: "Senza offesa, Harper."

"Nessun problema," rispose Luke.

"Cos'è successo?" chiese accorta Lily.

"È un idiota!" Marlene emise quasi un suono acuto. "Mi ha lasciata sola per la maggior parte del viaggio in treno, come tu ben sai Lily, perché eri con me, e poi quando stavamo uscendo dal treno mi ha chiesto di aspettarlo sulla piattaforma mentre tornava indietro nel suo scompartimento per prendere qualcosa. Quindi l'ho aspettato, e poi non più di due minuti dopo l'ho visto salire in una carrozza con quella puttanella di Alexa Kyle."

"Alexa Kyle è una puttanella?" chiese scettica Lily.

"Non lo so," ammise Marlene. "Ma è probabile. E lo sai cos'altro ha fatto? Ha…"

Prima che Lily avesse una remota possibilità di apprendere gli ulteriori sforzi di Miles Stimpson come schifoso fidanzato, comunque, una quarta viaggiatrice entrò nella carrozza. La porta si chiuse alle sue spalle, e quasi istantaneamente la carrozza –avendo ottenuto la sua quota di quattro persone– si avviò al castello.

"Donna," notò Lily sorpresa. Un'alta, atletica strega nera, con scuri capelli ricci e occhi del colore dell'ambra crollò nel sedile di fronte a Luke. "Pensavo di averti vista salire in una carrozza con Mary."

"Sono sorpresa che riuscissi vedere qualcosa," e mentre Donna replicava bruscamente la ragazza si girò verso di lei , "Avevi le labbra incollate a questo essere spregevole." Mosse la testa verso Luke. Lily posò una mano tranquillizzante sul braccio del suo ragazzo.

"Donna Shacklebolt," disse la rossa fermamente, "Cosa ti avevo detto sull'essere una stronza con la gente che non capisce che sei sempre una stronza?"

Donna si accigliò. "Ok. Mi dispiace, Harper," chiese scusa la ragazza, senza suonare per niente dispiaciuta. "Non sono davvero arrabbiata con te, dopotutto. È solo che odio tutti i ragazzi."

"Anche io!" urlò Marlene immediatamente.

"Qualcosa su cui voi due concordate," si stupì Lily. "Forse c'è un lato positivo nel fatto che Marlene stia uscendo con un cretino e Donna… odi chiunque."

"Io non odio tutti," argomentò Donna, ma la sua affermazione fu accolta con sguardi dubbiosi da tutti i tre compagni. "Non tutti."

"Odi la maggior parte delle persone," le disse Marlene, e quando Donna aprì la bocca per protestare, la bionda insistè: "Quale percentuale di persone presenti adesso in questa carrozza non odi?"

Donna si guardò attorno. "Il venticinque percento, ma è una statistica deviata. Ovviamente odio me stessa, ovviamente odio Harper, in quanto ragazzo, e ovviamente odio te, Marlene, in quanto soggetto psicotico ed emotivo."

"Come sei dolce," disse Marlene ironicamente. "Quindi odi gli uomini, che rappresentano il cinquanta percento della popolazione, e odi le persone emotive. Don, affrontalo, odi la maggior parte delle persone. Infatti, odi tutti tranne Lily e forse tua sorella di dieci anni."

"Chiudi il becco, Price." Marlene incrociò le braccia, un'espressione risaputa sul bel volto. Donna alzò gli occhi. "Nuovo argomento," propose lei.

"Accordato," concordò Lily. Lanciò un'occhiata fuori dalla finestra e vide la sommità delle torri del castello che cominciavano a comparire appena al di sopra della collina. "Guardate," disse, "avremo la prima vista di Hogwarts a momenti." E la ebbero un minuto più tardi, quando il castello apparve loro, blu sfolgorante alla luce della luna e tanto surrealmente maestoso in ogni sua parte quanto Lily lo ricordava. Hogwarts era forse l'unica cosa al mondo che non aveva mai fallito nel ravvivare le aspettative romantiche di Lily. Lo disse agli altri, e mentre Luke sorrise dolcemente alla sua bella ragazza rossa, le due amiche di Lily si scambiarono uno sguardo.

"Cosa?" chiese Lily, notandole.

"La Lily Estiva se n'è andata," sospirò Marlene, fingendo un nostalgico dolore. "La Lily Hogwartiana è tornata. Mi piace molto la Lily Hogwartiana, ovviamente, ma è sempre triste vedere le Lily Estiva andar via."

"La Lily Estiva?" ripeté Luke. "C'è più di un tipo di Lily?"

"Ci sono più di sessanta tipi di Lily," gli disse Donna, mentre pensava che fosse molto stupido a non saperlo già.

"La Lily Estiva," chiarificò Marlene, "resta fuori tardi per vedere le lucciole. La Lily Hogwartiana è malinconica."

"C'è stato un anno in cui la Lily Estiva è rimasta," proseguì Donna. "Dovemmo sopportare le citazioni di Percy Bysshe Shelley nel mezzo dell'ora di Trasfigurazione e osservazioni sulla straordinaria bellezza della luce delle candele a Pozioni. Ma poi…" E qui, Donna esitò per il più breve dei secondi, e poi continuò, "poi, la piccola Lily è cresciuta, ed ora dobbiamo sopportare la Lily Estiva solo alla fine dell'anno e durante le vacanze."

Luke mise il braccio sulle spalle di Lily, ignorando sia la pausa nella spiegazione di Donna che l'occhiata grata che la sua ragazza le aveva lanciato subito dopo. "E mi piacerà la Lily Hogwartiana?"

"A tutti piace ogni tipo di Lily," gli disse Marlene, piuttosto sulla difensiva. Guardò oltre la sua spalla fuori dal finestrino. "Saremo presto al castello." Aveva ragione.

 

(Lui ha detto)
 

"Ha detto ti amo?" ripeté scettica Donna. Scese dalle carrozze senza cavalli, le ragazze –e la maggior parte degli altri studenti di Hogwarts– cominciarono il lungo cammino verso le porte del castello. Luke si era allontanato con i suoi amici Corvonero, con i quali avrebbe cenato, e Lily aveva appena finito di riportare la sua imbarazzante novità. "Così su due piedi? Dopo due mesi di relazione estiva? Non lo sa che queste cose non durano mai?"

"Io e Miles siamo usciti per più di un anno prima che lui mi dicesse 'ti amo'," notò Marlene amaramente; "E sono piuttosto sicura che me l'abbia detto solo per distrarmi dal fatto che stava scrivendo lettere a Sandy Pitterton."

"Prima di tutto," disse Donna, "Marlene, il tuo fidanzato è un cafone; noi lo sappiamo; tu lo sai; a nessuno importa più a questo punto. Seconda cosa, cosa diavolo hai risposto a Luke? Non sembrava arrabbiato… Non glielo avrai detto anche tu, vero?"

"Ovviamente no," scattò Marlene. "Lily non mentirebbe su qualcosa del genere… vero?"

"No, ovviamente no," sospirò Lily. "Gli ho solo detto che non potevo ricambiare, è tutto. Ho detto che potrò dire una cosa come quella solo quando ne sarò assolutamente sicura."

"E lui non ha rotto immediatamente con te?" si meravigliò Marlene. Lily scosse la testa. "Certe ragazze hanno tutte le fortune."

"Come chi?" chiese una nuova voce, aggiungendosi al gruppo. Una minuta brunetta, con larghi orecchini a cerchi d'oro e con un po' di trucco sugli occhi era arrivata accanto a Marlene. La bionda fasciò con un braccio le spalle della nuova arrivata.

"Ciao, Mary," disse Lily, "stavano giusto parlando di…"

"Come Luke Harper sia un idiota ed abbia detto 'ti amo' a Lily."

"Dopo solo due mesi di avventura estiva?" la ragazza chiamata Mary chiese incredula. "Questa me la segno!" Poi, più seriamente: "Non hai mentito e ricambiato, vero?"

"Gli ha detto di non essere pronta," disse Donna.

"E lui non ha immediatamente rotto con te?"

"No," le disse Marlene. "Al contrario, era decisamente allegro."

"Certe ragazze hanno davvero tutte le fortune."

"Dov'eri comunque?" chiese Lily. "Intendo, durante il viaggio in carrozza…"

"Intendi dopo che tutte voi mi avete abbandonata?" chiese Mary sfrontatamente. "No, non chiedete scusa… Ho trovato uno scompartimento pieno di ragazzi, che è molto meglio di voi tre comunque. Adam McKinnon si è seduto accanto a me e, mio Dio, è cresciuto quest'estate? Dev'essere alto più di un metro ed ottanta…"

"Mary, ti vieto di andare a letto con Adam McKinnon," ordinò ferma Marlene. "È uno dei miei migliori amici, e tutte le tue relazioni finiscono… be', in genere finiscono in un incendio doloso."

"Divertente," disse sardonica Mary. "Sì, sono certa che la tua amicizia con Adam sia la ragione per cui non vuoi che vada a letto con lui…"

"Cosa vorrebbe…?"

"Qualcuno ha visto James?"

La figura esausta e senza fiato di Peter Minus le interruppe, appena raggiunse la cima del pendio e si avvicinò alle ragazze. "È qui intorno da qualche parte, James, ma nessuno riesce a trovarlo."

"Io non l'ho visto," disse Donna, e Marlene si mostrò d'accordo.

"Sai, credo di averlo visto salire in una delle prime carrozze," meditò Mary incerta. "Non posso esserne sicura… ma mi pare di averlo visto."

Peter le ringraziò e si allontanò.

"Perché lui è così nervoso?" si chiese Lily.

Ma quasi nessuno ascoltò l'ultimo commento, dato che in quel momento entrarono nel castello. Attraverso le alte porte di legno, la processione di studenti arrivò nella Sala d'Ingresso–larga e debolmente illuminata, con una grande scalinata di marmo sulla sinistra e alte porte di fronte che portavano direttamente nella Sala Grande. Queste porte, ad ogni modo, erano stranamente chiuse, e divenne chiaro il perché un momento dopo. La professoressa McGrannitt, la severa ed imponente insegnante di Trasfigurazione, sembrò materializzarsi dal nulla e chiese il silenzio non appena gli studenti si raccolsero nella Sala d'Ingresso.

"Sembra," disse la professoressa McGrannitt, la cui bocca sottile formava un cipiglio di disapprovazione, "che Pix il Poltergeist abbia creato disordine nella Sala Grande per vendicarsi contro Mastro Gazza. La maggior parte dei danni è stata riparata, ma vi devo chiedere di aspettare una manciata di minuti mentre Mastro Gazza ed il professor Dawton finiscono di sistemare."

Pix il Poltergeist–solo uno dei tanti fantasmi di Hogwarts–era sempre stato una specie di tormento da quanto Lily potesse ricordare, ma possedeva certamente una cosa in comune con gli studenti di Hogwarts: un profondo disprezzo per Gazza, il custode della scuola. Una manciata di studenti nel largo gruppo di ragazzi rise apprezzando lo scherzo di Pix, mentre uno o due prefetti mormorarono qualcosa su "l'intollerabile mancanza di rispetto per le autorità" del fantasma. A Lily non dispiaceva affatto aspettare pochi minuti prima di iniziare la serata (cioè lo Smistamento ed il Banchetto di Benvenuto), se era a discapito di Gazza.

Stava ascoltando con blando interesse come Marlene e Mary si aggiornavano sugli ultimi gossip, quando un colpetto sulla spalla la distrasse. Remus Lupin–migliore amico di Sirius Black, Peter Minus e James Potter, nonché compagno di Lily come prefetto di Grifondoro–stava al suo fianco con un'espressione irritata sul suo magro, pallido viso.

"Lily hai visto…?"

"Potter?" finì Lily per lui. L'altro annuì speranzoso, ma lei scosse la testa. "No, mi dispiace, ma se sei interessato a trovare Sirius Black o Peter Minus, potrei darti una mano."

"No, loro li ho trovati," brontolò Remus. "È a James che stiamo dietro. Be', grazie comunque…"

"Di nulla," disse Lily; Remus le piaceva. "Ci vediamo dopo." Cominciò ad allontanarsi, e Lily riportò la sua attenzione sulle amiche, finché non fu nuovamente distratta da un colpetto sulla spalla. "Non l'ho ancora visto, Re…" Non era Remus Lupin questa volta. "Sev," sottolineò Lily sorpresa. Ora c'era Severus Piton dietro di lei. Lily cercò di ricordare l'ultima volta in cui il ragazzo era sembrato così teso nel conversare con lei e stimò che ciò era accaduto la prima volta che si erano incontrati, più di sette anni prima.

"Ciao, Lily," cominciò Severus nel suo tono meno rilassato; "Speravo che avremmo potuto parlare per un minuto."

Lily si guardò attorno nella sala alla ricerca degli amici Serpeverde di Severus. Alla fine li trovò in un posto piuttosto lontano e circa un centinaio di studenti più in là, non sapendo evidentemente che Severus non era più tra loro. "Vedo," disse amaramente Lily al Serpeverde, "che è piuttosto sicuro parlare con me adesso. Non corri il rischio che Mulciber o Avery ti becchino a conversare con una Nata Babbana." Fece per dargli di nuovo le spalle.

"Non è così," protestò Severus, e la ragazza si fermò. Mary, Marlene e Donna avevano smesso di parlare per osservare la scena.

"E allora com'è?" domandò lei. Quando l'altro non rispose, Lily continuò: "Severus, pensavo che fosse abbastanza chiaro alla fine dello scorso anno che non avremmo fatto più tentativi. È troppo doloroso per entrambi."

"Lily…" Severus lanciò uno sguardo cauto alle tre amiche della ragazza. "Non possiamo parlare da un'altra parte?"

"Perché? Le mie amiche non hanno problemi sul mio parlare con te."

Donna fece per controbattere, ma Marlene la colpì.

"Lily," sospirò Severus, stancamente. "Quando mi perdonerai?"

"Ti ho perdonato, Sev," sbottò la Grifondoro. "Semplicemente non credo che possiamo tornare amici."

"Ma io non intendevo…"

"Sì, lo intendevi, ed è inutile litigare su questo punto. Continuiamo solo a girare in tondo finché non siamo entrambi troppo arrabbiati per parlare ragionevolmente."

"Siamo stati amici per sette anni…" disse Severus a bassa voce (ma di nuovo, lui parlava sempre così piano). "E questo non può sparire da un giorno all'altro per un piccolo errore."

"Però è stato un grave errore di vocabolario," replicò cauta Lily , "Sev, per favore vai."

"No." disse ostinatamente il ragazzo. "Non finché non mi dirai che possiamo essere di nuovo amici. Non hai risposto a nessuno dei miei gufi quest'estate, e sei praticamente volata via dopo l'incontro dei prefetti di questa mattina."

Lily non poté evitare di sentirsi impressionata. Severus non era mai così diretto sulle faccende personali davanti agli altri… tanto meno davanti agli amici di lei. Infatti, in sette anni di amicizia, Lily non poté ricordare una singola occasione in cui lui avesse davvero parlato del loro essere amici in pubblico. Magari il suo rimorso era sincero…

La ragazza provò a debellare immediatamente le sue emozioni. Non importava che fosse dispiaciuto adesso… era stato troppo difficile essere sua amica. Era stato troppo difficile dedicarsi alla loro amicizia quando tutto quello che lui era parso fare era allargare la distanza tra loro.

"Per favore vai, Sev," ripeté Lily. Lui la guardò come se stesse per cedere, quando due fattori attenuanti arrivarono sotto la forma di Nicolai Mulciber e Samuel Avery.

Il fato opera in modo curioso a volte.

Cominciò tutto durante il loro quarto anno.

Sirius Orion Black–noto combinaguai della scuola–era andato a cercare il suo migliore amico, James Potter. James Potter era stato in punizione per la maggior parte di quella giornata (un sabato di Marzo) per aver dato fuoco al mantello di Lily Evans, per due principali ragioni: primo, James era profondamente infatuato di Lily all'epoca, e secondo, Lily aveva detto a James che non era tanto bravo a Quidditch quanto il Tassorosso Liam Lyle (un'affermazione decisamente falsa che aveva detto solo per irritarlo). Come conseguenza per il prima menzionato incidente del mantello, la professoressa McGrannitt aveva condannato James ad una settimana di punizione, e Sirius Black–avendolo dimenticato–si era messo alla ricerca del suo amico quel sabato mattina di Marzo 1974.

Ad un certo punto, durante la ricerca, Sirius aveva origliato una manciata di Serpeverde che si vantavano ad alta voce di qualcosa, mentre camminavano lungo il corridoio parallelo. Sirius decise istantaneamente di provare il nuovo incantesimo che aveva imparato la sera prima, e lanciò uno sguardo lungo il corridoio per trovare un posto in cui nascondersi. Sfortunatamente, il corridoio del secondo piano dell'ala ovest di Hogwarts è eccezionalmente spoglio, e c'era solo un arazzo lungo tutto il corridoio. Sirius si lanciò dietro l'arazzo chiedendosi se fosse possibile che i Serpeverde non lo vedessero, e quando lo fece, il giovane Signor Black scoprì qualcosa di strano. Una porta.

Era probabilmente solo un ripostiglio delle scope dimenticato, quella piccola stanza situata dietro la porta nascosta dietro l'arazzo nel corridoio del secondo piano, nell'ala ovest del castello di Hogwarts; ma a Sirius piacevano i segreti e–di conseguenza–si innamorò subito della stanza segreta. Ne rimase innamorato finché non rivelò accidentalmente a Pix il Poltergeist la sua locazione durante una punizione particolarmente noiosa (avrebbe dovuto pulire dei trofei, ma si era fermato per parlare con il pestifero fantasma) circa un anno dopo. Poi, Sirius capì che la natura segreta dell'ubicazione di quel ripostiglio era perduta, e non poté più considerarlo suo. Comunque, scoprì un nuovo ripostiglio delle scope la settimana successiva, e non fu più terribilmente affranto.

Anche a Pix, come si scoprì, piacevano le cose segrete. Fu la sua conoscenza del ripostiglio delle scope che lo condusse a fare uno scherzo al suo nemico giurato, il custode Argus Gazza, il 27 agosto, 1975. Aveva rimosso ogni oggetto che non fosse parte del mobilio dall'ufficio del custode e l'aveva portata in quel ripostiglio delle scope di cui Sirius Black gli aveva parlato una volta. Gazza fu, prevedibilmente, furioso. Gli ci vollero due giorni per trovare le sue cose.

Questo fu il motivo che spinse Gazza a chiedere a Silente di bandire il fantasma dal Banchetto di Benvenuto e, Silente, essendo un preside comprensivo, aveva accettato la richiesta. E, quando Gazza informò Pix che Silente lo aveva bandito dal partecipare al Banchetto di Benvenuto quell'anno, Pix decise di creare scompiglio nella Sala Grande, così da ritardare la festa e, principalmente, irritare Gazza. Riuscì in entrambi.

Così, la cerimonia dello Smistamento non avvenne in orario, e gli studenti furono costretti ad attendere nella Sala d'Ingresso mentre gli ultimi pezzi di spazzatura venivano puliti dal professor Dawton e Mastro Gazza. Per questo motivo, Severus Piton aveva avuto la possibilità di allontanarsi di nascosto dai suoi amici Serpeverde e confrontarsi con la sua ex-migliore amica, Lily Evans, mentre la ragazza stava ascoltando le sue amiche condividere pettegolezzi di blando interesse. Di conseguenza, i due–Lily e Severus–cominciarono a litigare e, persi nel momento, non si accorsero che Nicolai Mulciber e Samuel Avery avevano notato la loro conversazione e si erano avvicinati.

Se Mulciber e Avery non fossero arrivati in quel particolare momento nella storia, il resto degli eventi sarebbe potuto andare molto, molto diversamente. Ad ogni modo, i due arrivarono, e la storia non cambiò, e fu perché Lily Evans aveva mentito dicendo a James Potter che non era tanto bravo a Quidditch quanto il Tassorosso Liam Lyle.

Il fato opera in modo curioso a volte.

"Severus," disse Mulciber, un alto, magro ragazzo dagli occhi piccoli. "Che cosa abbiamo qui?" indicò la piccola scena tra il suo compagno di casa e Lily. Apparvero in scena altri Serpeverde, inclusa una ragazza carina dai capelli neri ed un ragazzo di discreta bellezza.

"Severus," disse la ragazza, "Cosa stai facendo?"

"Oh, Colista, non preoccuparti dei tuoi modi verso di me," intervenne Lily sardonica. Non si era accorta che Donna aveva estratto di nascosto la sua bacchetta prevedendo una lite.

"Dovrai perdonarci," intervenì Mulciber, che ostentava un sorriso falso; "Vedi, Severus qui aveva detto che la vostra…relazione…era finita."

Severus aprì la sua bocca per parlare, ma Lily non era interessata alle sue scuse. "Ha detto la verità," disse lei, non mostrando accuratamente quanto le facesse male sentire questa notizia. "Non siamo più amici. Avete vinto." Pensò che l'ultima frase avrebbe confortato il loro onore e messo fine ad ogni battaglia che stava per prepararsi.

"Bada a come parli, Evans," rimbeccò la ragazza, Colista.

"Andiamo," mormorò Severus, ma gli altri Serpeverde lo ignorarono. Remus Lupin, notando che Lily sembrava essere in mezzo ad specie di disputa, era tornato al suo fianco.

"C'è qualcosa che non va, Lily?" chiese, gli occhi freddamente puntati su Severus.

"No," disse Lily velocemente. "Non c'è niente che non vada. Va tutto bene. Questi bravi studenti se ne stavano giusto andando."

"Decideremo noi quando andarcene," precisò il tarchiato e testardo Samuel Avery. Lily alzò gli occhi e cominciò, ancora una volta, a voltarsi. Si accorse che altre persone avevano smesso di parlare per guardare la scena, probabilmente sperando che sarebbe successo qualcosa di plateale, come accadeva spesso quando i Serpeverde e i Grifondoro discutevano.

"Non state per duellare, vero?" chiese un'ingenua ragazzina del secondo anno, dopo un breve silenzio.

"No," disse Lily. Anche Remus aveva tirato fuori la bacchetta di nascosto, solo per prevenzione.

"Qual è il problema?" chiese Colista. "Non penserete certo che voi due possiate batterci?"

"Voi cinque," corresse Mary, facendo dei passi avanti, anche la sua bacchetta sfoderata. Lily notò immediatamente che lei era una dei pochi a non aver tirato fuori la bacchetta al momento.

"Oh, sono spaventata a morte," la derise Colista. "Cosa ne dici, sanguesporco Macdonald? Ti piacerebbe che Avery ti desse un altro assaggio di alcuni dei suoi incantesimi più creativi?"

Marlene e Donna fecero entrambe un passo avanti. Lily le trattenne. "Stai zitta, Black," sbottò verso Colista. "Dico sul serio–se vuoi mantenere quell'adorabile e magicamente procurato naso, non parlerai mai più in questo modo." C'era fuoco nella sua voce, e la confidenza di Colista vacillò un poco. Il ragazzo biondo accanto a lei le mise una mano sulla spalla.

"Cosa succede qui?" Sirius Black era arrivato, portando con lui Peter Minus e la sensazione che tutta quella situazione si stesse inasprendo.

"Niente," disse Lily velocemente, lanciando uno sguardo a Sirius che gli ordinava di stare indietro.

"Se non è il mio cugino traditore del suo sangue," commentò Colista. "Come ci si sente a vivere per le strade alle quali appartieni?"

"Stai zitta, Black," sbottò Sirius.

"Tu, stai zitto, Black," rimbeccò Colista. Sirius fece un passo avanti, ma Lily lo trattenne con un braccio.

"Forse dovresti andartene," mormorò il biondo nell'orecchio di Colista.

"Smettila, Zabini," sbottò lei. "Non sono di tua proprietà."

"Però ha ragione," disse Sirius, con finto interesse. "Potresti voler uscire da questa situazione, cara Colista. Potrebbe essere sconveniente per qualcuno dalla natura delicata come te. Avery potrebbe portarti da qualche parte…" disse come se stesse offrendo un consiglio amichevole ad una vecchia compagna. "So che muore dalla voglia di stare solo con te da anni."

Zabini alzò la bacchetta e Lily lottò per trattenere Sirius. "Volete calmarvi tutti?" sbottò. "Anche se duellare su chi vorrebbe scoparsi Avery fosse una decisione intelligente, la professoressa McGrannitt è qui attorno e finiremmo tutti nei guai per questo. Ora volete tornare tutti ai vostri affari? Tutti!" aggiunse rivolgendosi significativamente agli spettatori. Nessuno si mosse, per un po' gli spettatori rispettarono la decisione di Lily, ma non avrebbero certo perso l'opportunità di assistere a quella che prometteva di essere una straordinaria battaglia.

"Andiamocene e basta," Severus ribadì la sua richiesta. Non fece contatto visivo con nessuno.

"Aspetta solo un secondo," disse Mulciber, viscido come sempre. "Severus, Colista qui ha sollevato una questione interessante…"

"Davvero?" si inserì una Lily disperata. "Non ero terribilmente interessata."

Come se non avesse sentito, Mulciber continuò: "Ci avevi detto che la tua amicizia con la Evans era finita, eppure qui ti troviamo in una profonda conversazione con lei. Ora, io non ho dubbi sulla tua lealtà, ma penso che Avery ne abbia. Non è vero, Sam?"

Samuel Avery, un ragazzo un po' tardo, si guardò attorno perplesso, improvvisamente consapevole di esser stato chiamato in causa ma non sicuro del perché. "Di' solo 'sì'," sbottò Colista, roteando gli occhi grigi.

"Oh, giusto. Certo. Certo."

"Penso che tu debba provargliela, Severus," continuò Mulciber

"Nick, andiamo," disse il ragazzo biondo, Zabini. "Non qui… Sarà beccato di sicuro." Lily fu sollevata nel vedere che almeno uno dei cosiddetti "amici" di Piton aveva i suoi interessi a mente. Colista disse a Zabini di star zitto e, prevedibilmente, lui obbedì.

"Non voglio che tu le faccia male o altro," continuò Mulciber. "Non mi sognerei nemmeno di chiedertelo. Severus, tutto quello che devi fare è provare ad Avery che la tua lealtà è completamente per i tuoi veri amici… a Serpeverde; tutto quello che devi fare è darmi la bacchetta di Lily Evans."

Apparentemente una richiesta semplice, era di certo una dichiarazione piena di significato. Per ottenere la bacchetta di Lily, Severus avrebbe dovuto–presumibilmente–disarmarla utilizzando la sua.

"Non prenderai la mia bacchetta," disse ferma Lily, mentre si assicurava di mantenere la presa sul braccio di Sirius, per impedirgli di attaccare. "Infatti, questa intera conversazione è ufficialmente terminata." Ma nessuno la stava ascoltando.

"Fallo, Severus," disse Colista. "Fallo, o non sei nostro amico."

"Piton, se alzi la bacchetta su Lily," parlò Donna, sempre l'esecutiva, "Violerai le regole di Hogwarts e sarai soggetto ad una punizione."

Avery sbuffò. Evidentemente, se Piton non avesse alzato la bacchetta su Lily in quel momento, sarebbe stato soggetto a qualcosa di molto peggiore di una punizione.

"Sai cosa," cominciò irritata la rossa; "è così stupido. Se vuoi la mia bacchetta, prendila e basta. Ne avrò bisogno per le lezioni domani, però." Tirò fuori la sua bacchetta e la porse a Severus. Mulciber alzò la sua bacchetta in avvertimento.

"Prendila da solo, Severus," disse; persino tutte le tracce del suo finto sorriso erano scomparse. Lily guardò Mulciber dritto negli occhi e rimise di nuovo la bacchetta a posto. Severus non l'avrebbe attaccata. Non poteva.

"Severus," mormorò Colista. "Fallo adesso."

"Ora," concordò Avery.

La maggior parte degli studenti attorno a loro si fermarono per osservare la scena. Lily lasciò inconsciamente andare il polso di Sirius. Guardò Severus con molta calma; il ragazzo alzò la bacchetta.

"Severus, per favore," Lily praticamente mormorò. Non era terribilmente spaventata dall'essere attaccata, ma la prospettiva di perdere ogni speranza sull'amicizia di Severus era un'agonia.

"Severus."

La mano del Serpeverde si contrasse. Il ragazzo alzò leggermente il braccio. Donna, Mary, Marlene, Sirius e persino Peter prepararono le bacchette. Molti dei Serpeverde fecero lo stesso. Lily vedeva solo Piton. La sua mano si contrasse di nuovo.

Poi, più cose successero contemporaneamente.

Come il braccio di Severus si mosse un po' più in alto, Colista alzò la sua bacchetta e la puntò a Mary Macdonald. Anche Sirius alzò la sua bacchetta, e nella sua mente, cominciò a formulare le parole per uno Schiantesimo. Remus cominciò a camminare in avanti, pronto a spingere Lily da parte se necessario, e Zabini, il biondo, afferrò Colista, forzando il suo piccolo corpo dietro il suo, considerabilmente più largo.

Ad ogni modo, un gesto particolare superò tutti gli altri per importanza e spettacolarità. Apparentemente dal nulla, un alto ragazzo dai disordinati capelli neri apparve da qualche parte dietro Marlene. James Potter–era lui–passò spingendo tutti gli altri e con un semplice, aggraziato, ed assolutamente sconvolgente movimento, diede un pugno a Nicolai Mulciber dritto sulla mascella. Lily rimase a bocca aperta, e Severus lasciò quasi cadere la sua bacchetta; Mulciber fu per terra un momento dopo, mantenendosi mascella e gemendo dal dolore.

La Sala sembrò silenziosa per numerosi secondi. Alla fine Sirius Black commentò: "Be', almeno abbiamo trovato James."

Poi Avery e Zabini alzarono le bacchette, e–perdonate il cliché–si scatenò l'inferno.

 

(Giovanna d'Arco)

Minerva McGranitt era nata per essere un'insegnante. Possedeva la corporatura alta e minacciosa, il tono di voce severo ed elegante, le labbra così disinvoltamente serrate in una linea sottile praticamente invisibile, e gli occhi duri come la pietra che avrebbero potuto ottenere una risposta onesta anche da una roccia. La contrazione di un solo sopracciglio perfettamente arcuato era sufficiente a convincere anche il più grande scettico della sua esperienza su qualsiasi argomento proposto, e la maggior parte delle volte non le era nemmeno necessario alzare la voce per ricevere l'attenzione di una classe. Tutto quello che concerneva il suo aspetto, come i capelli scuri tirati accuratamente via dal viso sottile o le lunghe e ampie vesti che indossava, denotavano una persona che non ammetteva sciocchezze: il tipo di persona che impone disciplina ed esige rispetto con facilità. Minerva McGranitt era senza dubbio nata per essere un'insegnante, ma in quel momento desiderava tanto non esserlo.

"Nessuno di voi," iniziò la strega più anziana, mentre passeggiava da un capo all'altro del suo ufficio, "lascerà questa stanza fino a che non risponderete alla mia domanda."

I tacchi dei suoi stivaletti -pelle di drago verde bosco- premevano minacciosamente contro il pavimento duro, la sua bocca era al limite della sottigliezza, e persino l'aria nell'ufficio buio sembrava tremare, ma i nove Grifondoro che stavano in fila davanti a lei erano rimasti perfettamente in silenzio. Ognuno fissava la porzione di parete direttamente davanti a lui o lei, sapendo che se avessero stabilito un contatto visivo con la Direttrice della loro Casa ed insegnante di Trasfigurazione, ne sarebbe certamente seguita una confessione. La McGranitt attese qualche istante, e poi, girandosi quando aveva raggiunto il muro, si diresse verso uno degli studenti vicino all'estremità opposta della fila.

"Signor Minus". Lo sfortunato Peter Minus sembrava sul punto di rimettere. Ogni centimetro del suo metro e settanta tremava, dai capelli biondi come la sabbia ai piedi rivestiti di cuoio.

"Sì...professoressa?"

"Forse lei può rispondere alla mia domanda", disse la professoressa McGranitt, socchiudendo gli occhi.

Un agitatissimo Peter raccolse tutto il suo coraggio. "Io-ehm...io non...qual era la domanda?"

Seccata ma imperterrita, la McGranitt ribadì la sua precedente richiesta: "Ho chiesto chi di voi ha iniziato la rissa nella Sala d'Ingresso. La colluttazione che-mi permetto di aggiungere-ha coinvolto più di cinquanta studenti e ha riportato qualche decina di feriti."

"Oh. Oh, ehm...non so...non ho visto, esattamente. Era...era molto affollato."

McGranitt arcuò quelle infaticabili sopracciglia. "Davvero?" Peter annuì. "È sicuro che non stia proteggendo nessuno, signor Minus?"

"No! Certo che non sto...assolutamente no!"

"Non il signor Black?"

"No."

"O la signorina Shacklebolt?"

"No."

"Il signor McKinnon?"

"No!"

"Il signor Potter, allora?"

"No! P-Professoressa, giuro che non so chi ..."

Ma la McGranitt aveva apparentemente già perso interesse. Si era già mossa verso l'altra estremità della linea, dove Donna Shacklebolt stava in piedi, a testa alta. Come la McGranitt si avvicinava, tuttavia, la determinazione negli occhi color ambra di Donna cominciò a vacillare. I suoi boccoli neri e fitti erano completamente fuori posto, e un taglio marcava la fronte della giovane strega. Quando la McGranitt si avvicinò, Donna sembrò un po' meno fiera delle sue cicatrici di battaglia. Donna Christine Shacklebolt giocava secondo le regole, e le stava per essere richiesto di mentire ad un'insegnante.

"Signorina Shacklebolt," disse la professoressa McGranitt nella sua voce più setosa: "Forse lei può dirmi cosa è successo? Forse può dirmi chi ha iniziato la rissa ..."

"'Chi' sarebbero i Serpeverde, professoressa",affermò in fretta Donna. "Sono sicuramente stati loro ad iniziare."

"Capisco," disse amaramente l'insegnante. "Nonostante le decine di maledizioni Confundus opportunamente lanciate..." McGranitt inviò un'occhiata significativa a Sirius Black, indietro verso l'altra estremità della fila, "l'opinione generale sembra essere che sì, una manciata di Serpeverde del sesto anno ha spinto tutti voi nella colluttazione, ma che uno di voi -uno dei Grifondoro del sesto anno- ha effettivamente avviato la parte fisica della rissa. E dato che Carlotta Meloni e Michelle Mumps non erano nemmeno nella Sala in quel momento, non ho ritenuto necessario convocarle qui. Ora, signorina Shacklebolt, forse lei mi può dire chi di voi ha davvero iniziato la rissa? Chi di voi ha dato quel pugno al Signor Mulciber? "

Donna esitò. Aprì e chiuse la bocca due volte, prima di trovare finalmente la forza di dire: "Non lo so, Professoressa. Io-Io non ho visto chi ha tirato il primo pugno."

L'espressione della professoressa McGranitt diventò, se possibile, ancora più fredda. Si portò in fretta lontana da Donna, verso Marlene Price. Marlene aveva un livido sullo zigomo e uno strappo sul maglione della sua divisa, ma aveva tenuto la testa alta, mentre la professoressa si avvicinava.

"Signorina Price? È stata lei?"

"No, professoressa", rispose Marlene.

"Chi è stato allora?"

"Non lo so, professoressa."

"E lei, signor Lupin?" McGranitt si rivolse al prefetto, che scosse la testa.

"Credo che una delle Maledizioni Confundus da lei citate mi abbia colpito ..." rispose in modo alquanto inefficace. "È tutto ancora un po' confuso, se lei ..."

"Signor McKinnon?"

Il ragazzo dai capelli castani a sinistra di Marlene scosse la testa. "Ero con alcuni Tassorosso. Non ho visto niente".

La professoressa McGranitt annuì, permettendo all'intero ufficio a stare in silenzio per un momento. "Ho ragione nel supporre che nessuno di voi confesserà?" Chiese infine andando prevedibilmente in contro ad un ulteriore silenzio. "Molto bene. Il professor Lumacorno si sta attualmente occupando dei cosiddetti 'avversari'. Io non posso metter bocca sulla loro punizione. Posso solo dire che tutti voi andrete incontro a punizioni e, per ogni ora che passerà fino a quando qualcuno qui non avrà confessato, ciascuno di voi nove perderà una ventina di punti a testa per Grifondoro. "

Ci fu un sussulto collettivo, e la McGranitt andò avanti.

"Questa sarà la situazione fino a quando sarà necessario", continuò. "Non vi è alcun modo possibile con cui possa enfatizzare la delusione nei confronti di tutti voi, prima di tutto per la vostra evidente partecipazione ad un'imbarazzante manifestazione della barbarie..." Si stava senza dubbio riferendo ai loro diversi stati di degrado, a seguito della rissa, "e poi per l'irrispettoso, stupido rifiuto di collaborare con me adesso. Ora, le detrazione dei punti inizierà con lo scattare di quest'ora." Sembrava delusa esattamente come affermava di essere. "Non ho nient'altro..."

"Sono stata io"

La McGranitt, così come tutti gli altri, compreso James, si voltò a guardare lo studente del sesto anno che aveva appena confessato.

"Lei, signorina Evans?"

Lily sbatté le palpebre rapidamente, raccogliendo tutto il suo coraggio, e poi annuì. "Sì, professoressa, io-Io ho iniziato la rissa."

La professoressa McGranitt incrociò le braccia al petto, avvicinandosi alla rossa con l'incredulità sul viso invecchiato. "Ha colpito lei Mulciber? Ha dislocato lei la sua mascella?" domandò.

Lily si morse le labbra, consapevole delle sue braccia sottili e della sua corporatura esile. "Io-ehm...mi sono allenata".

"Signorina Evans ..."

"È vero, professoressa," incalzò Lily. "Onestamente, io-ero arrabbiata e le cose sono successe molto velocemente, ed avrei dovuto dirglielo prima, ma ero... Credo di aver avuto paura."

Per un lungo minuto, l'anziana strega guardò intensamente la ragazza. "Tutti gli altri possono andare," disse alla fine l'insegnante. Senza dire una parola, gli altri otto uscirono in fila fuori dall'ufficio. Lily espirò, nervosamente in attesa della punizione che le sarebbe sicuramente toccata nel momento in cui la McGranitt sarebbe rimasta sola con lei.

"Signorina Evans," ripetè la McGranitt, ancora scettica. "È sicura di volersi prendersi la responsabilità dell'accaduto?"

"Io-Io non mi sto prendendo la colpa", disse Lily seriamente. "Me lo merito, è stata colpa mia."

"Quindi non sta coprendo nessuno?" chiese la McGranitt.

Lily ci mise un po' per rispondere "Professoressa," disse alla fine: "Se non sono stata io a farlo, allora chi? Conoscendo la nostra classe, dove ci sono Black o Potter, giusto?" La McGranitt non le contestò questo punto. "Secondo lei li avrei mai coperti?"

L'insegnante di Trasfigurazione guardò Lily con molta attenzione. "Molto bene, allora." E sembrava così sinceramente delusa che Lily avrebbe quasi voluto redigere la sua ammissione: il pensiero che la sua Direttrice di Casa -una strega che lei stessa ammirava tanto- l'avrebbe disdegnata d'ora in avanti le era praticamente insopportabile. "L'intera faccenda è un grande imbarazzo per me e tutto il corpo insegnanti. Sarà inviata una lettera a sua madre e be', per quanto riguarda il resto dei suoi compagni di classe ..."

"Ma non lo sapevano," interruppe Lily alzando la voce. "Cioè, voglio dire, erano nella Sala con tutti gli altri, naturalmente, ma tutti gli altri sono stati Confusi, perciò non è... possibile che stessero dicendo la verità quando hanno affermato di non sapere chi aveva colpito Mulciber? "

"È possibile," acconsentì a malincuore la McGranitt. "Ma per quanto riguarda lei, signorina Evans...Ho paura che non ci sia da girarci intorno."

"No," convenne la rossa.

"Cinquanta punti saranno sottratti a Grifondoro. E lei passerà ogni Venerdì sera in punizione per il resto del mese."

Lily chinò la testa. "Sì, professoresa."

"Devi imparare, Lily, che essere un vero e coraggioso Grifondoro non sempre significa adottare l'approccio di James Potter per ogni situazione... che comporta in genere colpire o maledire qualcuno."

Lily annuì trattenendo un sorriso. "Sì, professoressa," ribadì gravemente. "Mi dispiace molto per l'accaduto."

McGranitt annuì, il suo volto impassibile. "Può andare ora".

"Sì, signora." Ed uscì.

Una volta rimasta sola, la professoressa McGranitt si sedette alla sua scrivania, scuotendo la testa. Così Lily Evans aveva avviato una gigantesca rissa nella Sala d'Ingresso... anche se non era vero, tutta la faccenda aveva un che di divertente. Si lasciò scappare un piccolo sorriso.

"Buon per lei."

 

(Un po' di James)

James Potter era alto. Aveva i capelli neri, che -come James stesso d'altronde- non sembravano mai disposti a collaborare. Era bello, con gli occhiali, una mascella volitiva, ed un lungo, naso dritto. Aveva una bella pelle, denti perfetti ed un sorriso malandrino. Giocava a Quidditch meglio di quasi tutti quelli che aveva mai incontrato, e aveva un'andatura molto particolare: una camminata sicura di sé, pigra ma allo stesso tempo pragmatica, la quale sembrava suggerire che, dovunque egli fosse, sarebbe stato altrettanto a suo agio da qualche altra parte, e chiunque avesse dovuto incontrare doveva in realtà ritenersi fortunato della sua comparsa.

James Potter fumava troppo.

Aveva trascorso gran parte del 1° settembre 1975 non pensando a Lily Evans, e con questo intendo che aveva speso gran parte del 1° settembre 1975 deciso a non pensare a Lily Evans. Dopo esser sceso dall'Espresso per Hogwarts, aveva deciso di raggiungere a piedi la scuola, e quando tutte le carrozze erano partite, aveva infilato una sigaretta in bocca, l'aveva accesa, e si era goduto il viaggio solitario fino al castello.

E in realtà era riuscito a non pensare a Lily Evans per quei venti minuti o giù di lì.

Poi, era arrivato nella Sala d'Ingresso. Aveva visto il successivo piccolo dramma tra Lily ed alcuni Serpeverde, ma non era intervenuto perché aveva deciso che non gliene voleva più importare di quello che combinava quel particolare prefetto dai capelli rossi. Eppure, aveva ascoltato tutto, finché non aveva visto esattamente quello che stava per accadere. Poi, senza pensare, senza nemmeno considerare le conseguenze (e avrebbero potuto esserci un gran numero di conseguenze per James, ma ne riparleremo più avanti), si era fatto avanti e aveva steso Nicolai Mulciber al pavimento con un pugno.

Aveva dislocato la mascella a Mulciber, ma questo non lo aveva scoperto che più tardi nell'ufficio della McGranitt subito dopo la confessione di Lily Evans, in modo che tutti loro non avrebbero perso un sacco di punti per Grifondoro. Sarebbe stato molto orgoglioso di aver slogato la mascella a quel tipo, se non si fosse sentito così male per tutto il resto.

Eppure, James era uscito dall'ufficio con gli altri e aveva tenuto la bocca chiusa. Mantenere la bocca chiusa non era mai stata la più grande abilità di James, ma ci aveva lavorato sopra
ultimamente.

 

(Ancora su Giovanna d'Arco)

La cerimonia dello Smistamento, che, con gli sforzi combinati dei danni procurati da Pix e la rissa nella Sala d'Ingresso, era stata ritardata di quasi un'ora intera, era più rumorosa di quanto Lily avesse mai ricordato. La ragazza era arrivata in ritardo a causa della ramanzina della professoressa McGranitt insieme agli altri Grifondoro del sesto anno, e i loro avversari Serpeverde erano entrati furtivamente nella Sala pochi minuti più tardi, evidentemente scontenti per il fatto che il professor Lumacorno avesse osato punirli tutti. Severus evitava continuamente il contatto visivo con tutti.

Il banchetto iniziò pochi minuti dopo, ma non prima che il preside dai capelli argentati, il professor Silente, si fosse alzato in piedi al tavolo degli insegnanti nella parte anteriore della Sala Grande, e avesse tenuto un breve discorso.

"Mi rendo conto", iniziò, lo scintillio di divertimento sempre presente nei suoi occhi azzurri un po' meno visibile quella sera, "che questa è stata una serata piuttosto movimentata, perciò posso solo sperare che il resto dell'anno passi in modo molto più noioso". Quello di Silente suonò come un ordine. Proseguì, più gravemente: "Questo genere di scontri non devono avere seguito, specialmente quest'anno. Quando il mondo esterno è in crisi, il dovere di Hogwarts è di rimanere unita. Ora, buon appetito."

E i piatti sui tavoli delle quattro Case si riempirono immediatamente.

"Già, unita" commentò Donna, un quarto d'ora più tardi, mentre si serviva una seconda porzione di patate. "Quando mai è stata unita Hogwarts? Quando i Grifondoro non sono stati in lotta con i Serpeverde?"

"Quando i Serpeverde non sono stati un mucchio di perfidi?" aggiunse Marlene cupamente. "Senza offesa, Lily. Sappiamo che Piton era un tipo a posto prima ..."

"Parla per te,” mormorò Donna. Mary rimase insolitamente tranquilla per la maggior parte della cena.

"Stai bene, Mare?" chiese Lily. "Non hai una bella cera. Hai bisogno di passare in infermeria?"

"Sto bene", sospirò Mary. La sua sicurezza e la sua vitalità sembravano in qualche modo appassite, un evento raro, quasi inesistente. "Stavo solo pensando a cosa ha detto Colista ... e all'anno scorso, quando Avery mi ha affatturata nell'aula di Trasfigurazione". La sua onestà su tutta la faccenda fu per Lily alquanto sorprendente. Marlene cinse le spalle della bruna con un braccio.

"Sei stata vittima di un agguato, Mary," disse disinvoltamente la bionda. "Sono stati solo degli schifosi vigliacchi, tutti loro, che si sono così infuriati per il fatto che una ragazza come te non sarebbe mai uscita con loro." Mary sorrise rincuorata, poi alzò gli occhi su Lily.

"Quindi Rossa, perchè lo hai fatto?"

Lily, sorseggiando il suo succo di zucca, sollevò un sopracciglio. "Fatto cosa?"

"Prenderti la colpa," Spiegò Mary sottovoce. “Perché hai detto di essere stata te a prendere a pugni Mulciber?”

"Qualcuno doveva pur farlo", disse Lily, ritendendo la cosa piuttosto ovvia. "Non volevo che Grifondoro perdesse tutti quei punti, ed era evidente che Potter non aveva intenzione di parlare."

"Non ne vedo il senso," ammise Donna: "Voglio dire, naturalmente sono contenta che tu lo abbia fatto, perché Grifondoro non perderà così tanti punti ed io non dovrò andare in punizione, ma, Lily, ora tutti incolperanno te per averci fatto perdere una cinquantina di punti prima ancora dell'inizio dell'anno scolastico. Potrà anche esser stato un gesto nobile, ma non è stata una mossa così intelligente, no?"

"Grazie per il sostegno, Donna," rispose Lily. "Sentite, non mi interessa, davvero. Ho solo quattro punizioni e una cinquantina di punti di meno...se fosse stato Potter a prendersi la colpa, probabilmente avrebbe perso un centinaio di punti, e solo perché è sempre lui a fare bravate come queste."

"Lo penso anch'io", convenne Marlene. "Be', io ho finito, penso che comincerò ad andare in dormitorio. Hai già la parola d'ordine, Lily?"

Ed in qualità di prefetto, Lily l'aveva. "Fagioli salterini", rispose. "Hai già finito? Hai mangiato pochissimo."

"Sono a dieta," le informò Marlene, guardando con insoddisfazione la sua figura allampanata. "Fagioli salterini, hai detto?"

"A dieta?" la canzonò Mary. "Piantala, Marlene, ti comporti da stupida quando si tratta di cibo."

"Disse il fuscello. Fagioli salterini?"

Lily annuì. "Sei bellissima, Mar."

"Mmm, dovrei diventarlo", disse Marlene con leggerezza. "Ho mangiato pochissimo nelle ultime due settimane."

"Hai finito anche tu Mar?" chiese un ragazzo seduto con loro al tavolo dei Grifondoro. Aveva capelli castano chiaro, occhi azzurri, un'espressione bonaria sul volto, ed un piatto vuoto davanti. "Se vai in Sala Comune, mi aggrego a te".

"Certo, Adam", disse Marlene, sorridendo mentre Adam McKinnon si alzava dal tavolo. Aveva accumulato anche lui dei souvenirs dalla rissa, che comprendevano un maglione strappato ed un livido viola sulla sua fronte. "Ci vediamo più tardi gente", soggiunse verso le ragazze, mentre se ne andava.

"Non fate niente che non io farei!" li redarguì Mary.

"Che comprende cosa esattamente?" chiese Donna. "Sei una specie di sgualdrina, Mary".

"Non essere cattiva," la interruppe Lily.

Mary sospirò. "Sarà sempre un mistero per me il perché Marlene continua ad uscire con quell'idiota di Miles Stimpson quando ha a disposizione un ragazzo assolutamente meraviglioso come Adam McKinnon".

"Cosa vuoi dire con 'ha a disposizione?'" Chiese Donna, sorpresa. "Non penserai mica che a McKinnon piaccia Marlene, vero?"

Sia Mary sia Lily sbuffarono. "Penso che tu sia cieca, ecco quello che penso, tesoro," Maria rispose. Donna si accigliò.

Quando sparirono i piatti della cena, arrivò il dolce. Quando sparirono anche i piatti del dessert, arrivò il momento di andare a dormire.

"I Grifondoro da questa parte," chiamò Lily al suo tavolo; in realtà non erano tenuti a seguirla, ma in quanto prefetto, era suo dovere mostrare agli studenti del primo anno dove andare, e, naturalmente, fornire la parola d'ordine. Così, Lily aprì coscienziosamente la strada fino alle scale e nei corridoi in direzione del settimo piano e della torre dei Grifondoro.

Lungo la strada, un certo numero di studenti la fermò per congratularsi con lei o per ringraziarla per aver dato un pugno a Mulciber -come si diffondono in fretta le notizie. Al quarto piano, però, Lily venne fermata da qualcuno che non era molto contenta di vedere.

"Evans, possiamo parlare un attimo?" chiese James, con un tono che non accettava molte repliche.

"Devo portare quelli del primo anno in Sala Comune e dare loro la parola d'ordine," replicò freddamente Lily. "Forse più tardi".

"Può occuparsene Remus", disse James. Remus era, in effetti, disponibile e qualificato per farlo, ma Lily rimase incerta.

"Va bene," decise qualche momento dopo. Non poteva certo farle male. Remus prese il suo posto nella guida, e Lily rimase indietro con James Potter. Aspettò che fossero soli nel corridoio per parlare.

Anni dopo, Lily non riuscì a ricordare esattamente quello che si aspettava le dicesse James in quel momento, ma qualunque cosa fosse stato, certamente non era ciò che le avrebbe detto James.

"A che cazzo stavi pensando?"

Colpita, e affondata.

"Co-cosa?" riuscì ad articolare la rossa.

"Che cosa stavi pensando di fare?"

"Io..." ma nessuna risposta le sembrò adeguata. "Di che cosa stai parlando, Potter?"

"Sto parlando della tua piccola prodezza idiota con la professoressa McGranitt," rispose di scatto James. "Sto parlando di come ti stupidamente presa...presa il merito per aver colpito Mulciber, quando nessuno..."

"Presa il merito?" gli face eco un'incredula Lily, la sua rabbia in aumento. "Scusa, 'presa il merito?' Tu sei fuori di testa! "

"Perché diavolo hai detto alla McGranitt che hai iniziato tu la rissa?"

Gli occhi verdi di Lily si ridussero a due fessure. "Perché diavolo non hai detto alla McGranitt che l'hai iniziata tu la rissa?"

"Io non ho iniziato la rissa”, sbottò James. "Ho solo steso Mulciber. Non ero neanche coinvolto nel tuo piccolo festival dell'amore con i Serpeverde. Ma non avevi motivo di prenderti la colpa per aver dato quel pugno a Mulciber, come hai detto alla McGranitt!"

Lily non si preoccupò di spiegargli che, tecnicamente, non aveva mai veramente detto di aver colpito Mulciber. L'aveva pesantemente sottinteso, sì, ma mai esplicitamente confessato. Piuttosto, si mise le mani sui fianchi e scosse la testa incredula. "Wow, Potter, neanche io mi sarei aspettata che mi avresti davvero dato la colpa per aver preso la tua punizione!"

"Nessuno ti ha chiesto di prenderti la colpa!" disse il mago alzando la voce.

"E nessuno ha chiesto a te di stendere Mulciber!" si oppose Lily. "E ,per la cronaca, non mi sono presa la colpa per aiutare te! Solamente non volevo che Grifondoro perdesse tutti quei punti!"

"Ne abbiamo comunque persi cinquanta-Lumacorno ne ha sottratti solo venticinque ai Serpeverde!"

"Be', e questo che c'entra con me? Perché non te la prendi con lui?"

"Perché non sopporto il fatto che tu ti stia comportando come una martire", disse James. "Sei stata tu ad iniziare tutta la discussione con Piton e Mulciber e Colista Black e il resto, perché non dovresti essere messa in punizione per questo?"

"Di che cosa stai parlando?" Lily quasi urlò, incapace di credere alle sue orecchie. "Chi si sta comportando da martire? Non ti ho detto una sola parola!"

"Proverai a rinfacciarmelo per il resto dell'anno invece", rispose il capitano della squadra di Quidditch. "E ti sto solo informando che non ci riuscirai. Se hai intenzione di giocare a fare Giovanna d'Arco, non arrabbiarti quando sarai messa al rogo. Chiaro? Perché io non ho intenzione di sentirmi in colpa, e sono sicuro al cento per cento che non sarai in grado di farmi scusare per averti lasciato prendere le conseguenze di quello che ho fatto. In realtà, dovresti ringraziarmi per aver dislocato la mascella a quell'idiota. "

Lily lo fissò senza dire nulla. Sbatté le palpebre più volte. Ritrovata la calma, si passò una mano tra i suoi capelli lunghi e disse: "Dovrei ringraziarti? E questa da dove l'hai tirata fuori?"

"Beh, intanto", rispose, "Ti ho salvato da un bel po' di dramma". Lily fece per rispondere, ma James continuò: “Avevi bisogno di qualcuno per porre fine a quella discussione, perché non saresti stata in grado di gestirne l'esito"

"Che sarebbe cosa esattamente?"

"Che Piton ti avrebbe disarmata". Per un attimo, i due ragazzi del sesto anno si fissarono in un restio cessate il fuoco; James permise alle sue parole di penetrare, e Lily cercò invano una risposta. "Ti avrebbe disarmata e avrebbe deciso una volta per tutte di stare contro di te, e a di dire la verità, Evans, non credo che lo avresti sopportato."

Lily espirò. "Ed è per questo che hai picchiato Mulciber, vero?" domandò lei. "Per salvarmi da una verità insopportabile?"

James scosse la testa. "Ho steso Mulciber perché è un imbecille che mi sta sulle palle. Ma nel frattempo ho anche aiutato un bel po' te e il caro Mocciosus. Ora non deve schierarsi. Non ti è sembrato stramaledettamente utile?"

"Non puoi essere certo di quello che avrebbe fatto", disse Lily con tono di sfida. "E non so come tu possa giustificare quello che hai fatto come un modo per salvare la situazione, quando picchiandolo hai causato una rissa gigantesca nella Sala d'Ingresso!"

"E allora? Sono contento di aver colpito quel coglione...e se ne avessi avuto il fegato, l'avresti fatto tu!"

"Ma che stai...?"

"Non puoi solo girarti e lasciare che la gente dica qualsiasi dannatissima cosa gli passi per la testa, Evans."

"In realtà, è esattamente così che funziona, Potter. Non hai mai sentito parlare di 'le parole feriscono ma non uccidono?'"

"Si chiama difendere i propri ideali, Evans!"

"Ma devi scegliere le tue battaglie prima!" esclamò Lily con rabbia. "E quello non era un buon momento per iniziare uno scontro con i Serpeverde. Eravamo in una sala affollata con decine di altre persone intorno che potevano essere -e aggiungerei, sono state- interessate."

"Non fingere che sia questo per cui hai fatto marcia indietro”, la schernì James. "Hai fatto marcia indietro perché Piton era lì."

Lily rispose ancora più freddamente. "Scusa?" disse con calma, e James avrebbe dovuto arretrare in presenza di quel tipo di rabbia. Ma di nuovo, James Potter raramente faceva quello che doveva fare.

"Hai fatto marcia indietro perché Piton era lì", ripetè lui. "Ogni volta che c'è qualche altro tipo di ingiustizia in corso, salti fuori e metti fine a tutto veloce come sempre. Ma ogni volta che c'è Piton coinvolto, improvvisamente diventi l'ambasciatrice della diplomazia, e noi altri dovremmo solo 'scegliere le nostre battaglie'. Alla fine dovrai accettare il fatto che anche se non ti ha disarmato oggi, ha già scelto da che parte stare, e ... "

Ciaff!

L'impronta della sua piccola mano bruciò sul suo viso arrossato. Lo strofinò con cautela, e anche se James non sembrava sorpreso, rimase senza parole.

"Tu non sai di cosa diavolo stai parlando," gli disse Lily velenosamente. "E se onestamente credi ad una qualsiasi di queste cavolate, sei più idiota di quanto avessi mai pensato."

Con questo, girò i tacchi e si avviò per il corridoio. Si fermò a qualche passo di distanza. "E come diavolo fai a sapere chi è Giovanna d'Arco?" gridò, ma quando James tentò di rispondere, lei scosse la testa, aggiungendo: "Non importa. Non lo voglio sapere". Poi Lily si allontanò in fretta, perché non pensava di potergli stare vicina un momento di più.


(Drammi)

"Quindi non hai intenzione di dirci cosa ti ha detto James?" chiese Mary, mentre Lily si lavava il viso nel lavandino del bagno delle Grifondoro del sesto anno.

"Cosa te lo fa pensare?"

"Be', non hai detto una parola da quando sei arrivata qui dieci minuti fa," disse la mora. "Tranne, e cito, 'Odio quel cretino!' Che possiamo solo presumere fosse un riferimento a James. "

"Lo era," ammise Lily, mentre si asciugava, prima che le due ragazze rientrassero nell'adiacente dormitorio femminile. "Mi ha accusata di 'aver preso il merito' della rissa."

"Stai scherzando," si meravigliò Marlene, che stava spazzolando i suoi lunghi capelli biondi allo specchio. "Non può averlo fatto! Non ne avrebbe il diritto!"

"A quanto pare sì" rispose Lily. "Ha detto che stavo giocando a fare 'Giovanna d'Arco'."

"Come faceva a sapere chi era Giovanna d'Arco?" volle sapere Mary. Lily scosse la testa per indicare la sua ignoranza in materia.

"Chi è Giovanna d'Arco?" chiese incuriosita Donna, l'unica purosangue del gruppo.

"Una martire babbana," rispose Marlene. "Comunque è strano. Perché mai dovrebbe essere arrabbiato con te per averlo tirato fuori dai guai?"

La questione rimase nel silenzio del dormitorio per quasi un minuto, prima che entrasse Michelle Mumps -la quinta compagna di stanza. "È stato un banchetto delizioso", disse. "Mi è piaciuta da morire la crostata di fragole! A voi no?"

Michelle -o Shelley- Mumps era una ragazza semplice, con una figura paffuta ed un carattere lunatico. Non particolarmente in confidenza con le altre quattro, la migliore amica di Shelley era la loro ultima compagna di stanza, l'attualmente assente Carlotta Meloni.

Shelley notò che le altre quattro apparivano particolarmente pensierose e chiese: "Cosa c'è che non va? È successo qualcosa?"

Donna alzò gli occhi al cielo. "Solo un po' di drammi, Shelley. Solamente montagne e montagne di drammi"

"Oh, va bene!" trillò Shelley. "Vado a cambiarmi e lavarmi i denti, poi mi dovrete raccontare tutto." Raccolse alcuni capi dal suo baule e corse in bagno. Marlene finì di spazzolarsi i capelli e andò a sedersi sul letto a baldacchino che aveva scelto.

"Tu sai su cosa non riesco proprio a lasciar perdere", osservò la bionda dopo un po'. "Non riesco a credere che Luke Harper ti abbia già detto 'Ti amo'."

Lily si mise a ridere. "Mar, dopo tutto quello che è successo oggi, è questo che ancora ti preoccupa?"

Marlene annuì. "È solo che è così comico! E non ha nemmeno rotto con te quando non hai ricambiato".

"Quando non sono riuscita a ricambiare" la corresse Lily.

"Ciò nonostante", convenne Mary. "Temo che tu sia entrata nelle file delle 'cattive ragazze' con noi altre, Rossa".

"Che intendi dire?" chiese il prefetto.

"Le brave ragazze dicono 'ti amo'", rispose Mary con tono pratico, prima di salire sul letto. Lily sospirò, mentre anche lei si infilava sotto le coperte.

"Sono solo contenta che questa giornata sia finita. Sono con Silente su questo -Speriamo che tutto si calmerà d'ora in avanti".

"Mi chiedo dove sia la nostra sesta compagna di stanza ," rifletté distrattamente Mary.

Donna sbuffò. "Davvero? Carlotta ha occupato più letti in questa scuola di qualsiasi altra persona nella storia di Hogwarts". Carlotta Meloni aveva una certa reputazione. "Probabilmente sarà con qualcuno." In realtà non lo era, ma ne riparleremo più avanti.

"Buonanotte a tutte", disse Lily alle altre. "Dormite bene, e possa domani fare meno schifo di oggi".

"Grazie", dissero in coro Mary e Marlene. Tutte e quattro erano addormentate quando Shelley fece ritorno dal bagno.

Il destino opera in modo curioso a volte.

La mattina seguente vennero svegliate presto da un urlo lancinante.



 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Per iniziare l'anno ***


*Angolo di WaitForIt*
Salve a tutti, sono una delle ormai tre traduttrici di questa bellissima Fan Fiction. Anche stavolta io e le mie adorabili colleghe ci siamo impegnate per fornire la miglior traduzione possibile di questo capitolo piuttosto lunghetto. 
Spero, come al solito, che sia di vostro gradimento e che continuerete a seguirci. 
Abbracci,
WaitForIt


 

Capitolo 3-"Per iniziare l'anno"

"Three Little Birds"

Ci fu un resoconto ufficiale, ovviamente. C'è sempre per questo tipo di cose, e sembra sempre essere strutturato allo stesso modo. C'è il momento, il luogo, la natura dell'incidente,le implicazioni esterne, e poi–se c'è un modo per valutare la situazione–una specie di conclusione. La conclusione in questo particolare resoconto fu breve ed incompleta, perché cosa era successo esattamente quella mattina era sconosciuto al momento della diffusione del rapporto. In quei giorni, dozzine di verbali dello stesso tipo furono diffusi con allarmante regolarità, ed un fattore su tutti fece risaltare questo accadimento: il luogo. Cose del genere non accadono di solito ad Hogwarts.

Ma prima, una parola su Carlotta Meloni:

Se si comprende come una persona può rimanere colpita dopo aver visto un film di Audrey Hepburn, si può capire un po' di più Carlotta Meloni. Lei era bellissima. Aveva quel tipo di bellezza che si intravede una volta alla fermata dell'autobus o nel parco e si ricorda per il resto della propria vita. Carlotta Meloni era assolutamente amabile.

Anche lei lo sapeva.

Come avrebbe potuto, dopotutto, non saperlo? Carlotta aveva lunghi, luminosi capelli color noce e occhi della stessa tonalità. La sua carnagione era olivastra e perfettamente liscia, un fatto che lei attribuiva al tè verde ed alla meditazione ma che era, in realtà, probabilmente più collegato alla buona fortuna nella lotteria genetica.

Una Grifondoro del sesto anno con moderato talento e voti nella media, Carlotta Meloni proiettava tuttavia un'aria di perfezione. Aveva mani delicate, ciglia folte e nere, un piccolo, elegante naso, e un corpo –seppur basso– slanciato. La voce di Carlotta era soffice e melodiosa. Poteva rendere la più noiosa informazione assolutamente elettrizzante… specialmente se il suo pubblico era maschile.

Carlotta viveva in una vita relativamente non-complessa. Meditava per mezz'ora ogni mattina ed era vegana. Credeva in qualcosa chiamato "amore libero", che poteva essere la ragione primaria per cui gran parte dei suoi amici erano del sesso opposto. Probabilmente per la sua reputazione, comunque, Carlotta era rimasta un'amica fidata di Shelley Mumps–una ragazza che sembrava diventare più insignificante con l'età, mentre Carlotta diventava più bella.

Carlotta sembrava sempre soddisfatta della vita. Lei era felice, una facile conversatrice che non si estraniava mai (eccetto per quella mezz'ora la mattina). Era sicura, calma e camminava con la testa alta (aveva un'impeccabile postura, davvero). Carlotta non aveva alcun motivo per rimpiangere qualcosa, per quanto tutti potevano vedere.

Ad ogni modo, questo è ciò che dichiararono i suoi compagni di classe secondo il resoconto ufficiale.

Carlotta Meloni era felice.

Era felice giusto fino a quel momento del 2 Settembre–intorno alle 6:10–quando guardò nel fuoco della Sala Comune di Grifondoro e tentò di tagliarsi i polsi.

Il fato opera in modo curioso a volte, perché James Potter fumava troppo, ma se lui non avesse mai cominciato (come Remus gli aveva consigliato l'anno precedente), o se avesse abbandonato l'abitudine (come sua madre gli aveva consigliato durante le vacanze estive), Carlotta Meloni sarebbe riuscita a togliersi la vita. Ad ogni modo, dato che James non ascoltava mai nessuno, era ancora piuttosto dipendente quella mattina del 2 Settembre, e se fosse stato diversamente, non sarebbe uscito per una sigaretta veloce alle 6 meno 10 quella mattina. Così non sarebbe ritornato alla Sala Comune di Grifondoro alle 6:10 e 15 secondi, giusto in tempo per alzare la bacchetta e impedire a Carlotta Meloni di fare qualcosa a cui non sarebbe sopravvissuta per rimpiangere.

Carlotta urlò. La lama tra le sue mani fu costretta nell'altro lato della sala a causa dell'incantesimo che James aveva automaticamente pronunciato. La ragazza urlò di nuovo, un grido ultraterreno che non sembrava potesse esser stato prodotto dalla sua gola. 

Questo svegliò gran parte dei Grifondoro addormentati nei dormitori.

Gli occhi di Lily Evans si spalancarono. Scese dal letto e si guardò intorno.

"Nessun altro ha sentito...?"

"Cos'era?" interruppe Donna Shacklebolt, lanciando di lato le tende del suo baldacchino. "L'hai sentito anche tu?"

"Io sì!" disse Marlene Price, cominciando anch'ella a scendere dal letto.

Mary Macdonald emerse dalle coperte. "Anch'io!"

"Penso sia venuto dal dormitorio dei ragazzi," disse Shelley Mumps, strofinandosi gli occhi per il sonno.

"Penso sia venuto dalla Sala Comune," disse Lily in disaccordo. Afferrò la vestaglia ed uscì dalla porta un momento dopo, con Donna, Mary e Marlene alle sue spalle.

Gran parte della luce nella Sala Comune era procurata dalla tenue fiamma nel camino, quando Lily arrivò sullo scalino più basso, appena sopra la stanza stessa. Erano arrivati già numerosi studenti, ed altri ancora si affrettavano giù ogni secondo che passava. La scena, scura com'era, era più o meno questa: la bacchetta di James Potter era tenuta alta, mentre lui cercava di mantenere un legame magico che sembrava costringere Carlotta contro il muro. Lei urlò ancora una volta, e poi si fermò. La sua testa ciondolava sul collo come se non fosse in grado di reggerla correttamente, emettendo contemporaneamente una specie di gemito ultraterreno.

"Lasciala andare, Potter!" urlò qualcuno dalla folla che si stava formando.

"Non le sto facendo male!" protestò James arrabbiato. La ragazza lottò contro la sua presa e lui lottò per mantenerla. "Sono arrivato qui e lei–lei stava provando a suicidarsi. Ho lanciato via il coltello e lei mi ha attaccato–Non so cosa le sia preso."

"James, falla scendere!" ordinò una scettica ragazza del settimo anno, ma James la ignorò.

"Non le sto facendo del male… è un semplice incantesimo bloccante. C'è qualcosa che non va in lei…"

Sirius Black comparve. Si affrettò giù per le scale arrivando accanto a James. "Amico, forse dovresti lasciarla andare," mormorò lui. "La porteremo in infermeria o…"

"Vado a chiamare la professoressa McGrannitt," disse Donna, anche lei correndo giù per le scale e fuori dalla Sala Comune attraverso il buco nel ritratto.

Recalcitrante, James abbassò la bacchetta. Carlotta rimase ferma per un momento, poi il suo corpo cominciò a scuotersi.

"Sta avendo le convulsioni," mormorò Marlene. Lily spinse attraverso la folla e scese.

"Qualcuno trovi Frank Paciock," ordinò la rossa. "Lui è Caposcuola, dovrebbe essere…"

"Sono qui," disse il Caposcuola, Frank, comparendo. Seguì la scia di persone verso la ragazza del sesto anno ora in preda alle convulsioni. La sua faccia era di un bianco mortale, e le sue mani tremavano.

"Carlotta?" cominciò Lily incerta. Carlotta non rispose; i suoi occhi erano chiusi. Lily guardò James, che scrollò semplicemente le spalle, spaventato.

"Carlotta, stai bene?" chiese Frank Paciock, avvicinandosi.

"Frank, aspetta," disse Lily. "Stai…stai indietro."

Carlotta crollò un secondo dopo. Lui corse al suo fianco. "Respira." Una dozzina di altri si avvicinarono, sciamando attorno alla giovane strega svenuta. Lily si avvicinò a James.

"Cosa è successo?" chiese lei con voce tremante. Lui non trovò una risposta, apparentemente privo di parole. Sirius batté sulla spalla del suo amico.

"Che bel modo per iniziare l'anno," notò seccamente. Non sapevano quanto quell'intera faccenda fosse lontana dalla fine.
 

(Il resoconto)

Ora: il resoconto ufficiale del Ministero della Magia elencava il quando, il dove ed il come, provando a supporre anche il perché. Non riuscì, comunque, a catturare il vero stato d'animo di quella mattina: la paura che ristagnava immobile nell'aria mentre venivano registrati interrogatori dopo interrogatori e dichiarazioni dopo dichiarazioni.

James Potter fu interrogato, ovviamente, poiché era uno dei suoi compagni di casa. Fu lui la fonte delle informazioni sulle voci "quando, dove, come", e fu anche il mezzo attraverso il quale il resto della scuola scoprì più tardi cosa era successo alle 6:10 del 2 Settembre nella Sala Comune di Grifondoro, nella scuola di Hogwarts. Fu anche il mezzo attraverso cui Lily scoprì i particolari di cosa era accaduto prima del suo arrivo.

Aveva appena scoperto questi dettagli, origliando la testimonianza di James all'investigatore del ministero, quando la professoressa McGrannitt esortò tutti gli studenti a prepararsi per la giornata scolastica (comunque necessaria) e ad andare a colazione–tutti gli studenti tranne quelli che non avevano ancora finito con i loro interrogatori. Carlotta era stata portata in Infermeria, cosicchè il guaritore Holloway avrebbe potuto esaminarla. Il resto non lo sapeva nessuno.

"Riesci a crederci?" mormorò Mary Macdonald alle sue amiche, quando si sedettero al tavolo di Grifondoro, tutte che consumavano silenziosamente la colazione nella rumorosa Sala Grande. "Ho appena sentito Denise Davies che prendeva in giro Carlotta… è orribile. Sono cose come queste a farti desiderare che le notizie non girino così velocemente a scuola."

"Penso che Carlotta sia andata a letto con il fidanzato di Denise Davies una volta," rimuginò infelicemente Marlene. "Non posso credere che Car abbia fatto una cosa del genere."

"Il tentato suicidio o andare al letto con il fidanzato di Denise?"

"Il suicidio. Lei sembrava sempre felice."

Lily era in un pensieroso silenzio. Donna si sporse, e con un tono basso affinché gli altri non potessero sentire, chiese: "Non penserai sul serio che Carlotta volesse davvero farlo, vero?"

"Sembrava sotto incantesimo," concordò piano Lily. Questo fu tutto ciò che disse; il suo stomaco si agitò, e lei non volle pensarci più–non che il resto del corpo studentesco le facilitasse questo capriccio. Il tentato suicidio di Carlotta Meloni era l'unico argomento di interesse nella Sala Grande quella mattina.

Luke apparve secondi dopo: "È vero quello che dicono?" le chiese il suo fidanzato, baciandola in cima alla testa. Lily annuì. "Strano." Continuò , come se si stesse riferendo ad un po' di pioggia inaspettata. "Come ti senti, Lily? Ho sentito che sei stata coinvolta in un po' di azione ieri sera…"

"Sto bene," replicò Lily. "Non sono stata colpita. È stata solo…una stupidaggine."

Luke si accigliò, ma uno sguardo al suo tavolo gli disse che il piccolo professor Vitious stava distribuendo gli orari ai Corvonero. "Dovrei andare," disse, baciando di nuovo Lily in cima alla testa. "Ci vediamo all'intervallo?"

"Va bene."

Se ne andò.

"Chi è quello al tavolo degli insegnanti?" chiese poco dopo Mary Macdonald. "Quel tizio di bell'aspetto accanto a Lumacorno?"

Lily guardò. "Il nuovo insegnante di Difesa, suppongo, visto che Callaghan ha abbandonato," mormorò lei. "Silente deve aver dimenticato di presentarlo, con tutto quel disordine ieri sera. Mi chiedo chi sia…"

"Alphard Black," le comunicò Donna ben informata. "L'ho visto una volta. È lo zio di Sirius Black. Non gli assomiglia molto, vero?"

"Non lo so," rimuginò Lily. "Io vedo qualche somiglianza." Il Black più vecchio aveva gli stessi tempestosi occhi grigio-blu che possedeva Sirius; aveva anche un naso simile, e mentre il professore parlava con il professor Lumacorno, Lily riconobbe che i due Black condividevano diversi gesti. Con i lunghi capelli brizzolati e i tratti decisi Black sembrava potesse essere stato molto bello durante i suoi tempi d'oro–venticinque anni prima–e persino adesso manteneva alcune tracce del suo antico bell'aspetto.

"Mi meraviglia che Silente lo abbia assunto," disse Marlene. "La maggior parte dei Black non sono in qualche modo… radicali?"

"Non so molto di lui," ammise Donna. "Ma mi sembra di ricordare che Black avesse uno o due parenti affidabili… forse lui fa parte di questa categoria. Certamente, 'affidabile' è un termine relativo… Sirius stesso è un po' cafone, ma è affidabile comparato a com'era Bellatrix Black… o quel moccioso di suo fratello."

"Hai mai parlato con Regulus Black per dire questo?" chiese Mary scettica. "Certo, non possiamo ancora chiedere a Sirius dello zio… quei quattro non si sono ancora presentati a colazione."

"Quei quattro" era riferito ai Malandrini, un nome collettivo che si riferiva ad una sola entità, ma che individualmente comprendeva James Potter, Sirius Black, Remus Lupin e Peter Minus. L'origine precisa del nome era sconosciuta, sebbene fosse largamente creduto che il soprannome nascesse da un episodio in cui la professoressa McGrannit li aveva apostrofati in modo tagliente come un gruppo di "Malandrini" qualche anno prima.

"Immagino che quella strega del Ministero stia ancora interrogando James," suppose Marlene. "Mi sorprenderei se si presentasse alla prima ora."

La congettura fu, tuttavia, messa in attesa a causa dell'arrivo della professoressa McGrannitt al loro posto lungo il tavolo di Grifondoro. Aveva gli orari.

 

(Cognomi)

"Sei assolutamente sicuro che non lei ti abbia detto nulla, James?" chiese la strega del Ministero per quella che, probabilmente, doveva essere la sedicesima volta. La donna -un tipo professionale, con corti capelli color paglia e poco trucco- sembrava già avere una risposta precisa nella sua mente ogni volta che poneva una domanda, e quando James o chiunque altro rispondeva contrariamente a questa presupposta risposta, si irritava. Aveva speso l'ultima manciata di minuti provando a convincere James che Carlotta Meloni avesse intrapreso una qualche sorta di conversazione con lui durante il corso del dramma di quella mattina.

"L'intera faccenda si è svolta in circa quindici secondi," ripeté James. "Non ha avuto il tempo di dire nulla. E le ho già detto, non sembrava in sè… i suoi occhi sembravano assenti e lei era...dissennata"

"Beh è ovvio che sembrasse poco in sè," disse la strega del Ministero–che aveva detto al Capitano della squadra di Quidditch di "chiamarla semplicemente Drake." "Suppongo che fosse scioccata per essere stata fermata nel bel mezzo della sua…ehm…azione infelice e, presa alla sprovvista, ha agito di conseguenza. Certamente, alcune ragazzine sciocche possono diventare emotive, e ciò spiegherebbe come sembrava–come la metti tu–non in grado di riconoscere i suoi compagni di casa. Alla fine, penso che sia un caso facile da risolvere."

Apparentemente, il tentato suicidio di una "sciocca ragazzina" era nulla se comparato agli altri problemi al Ministero, se questa Drake era il meglio che potevano mandare. O almeno, così la pensava James.

Drake si sedette sulla sedia della professoressa McGrannitt–la professoressa di Trasfigurazione era andata a distribuire gli orari cosicchè il resto della scuola non fosse lasciato a sè stesso sulla scia dell'incidente. Il professor Silente aveva finito la sua serie di domande molto più dirette ed intelligenti un quarto d'ora prima, così James e Drake erano rimasti soli nell'ufficio della McGrannitt.

"Il Guaritore Holloway non ha nemmeno finito il suo esame," fece notare un incredulo James. "Non sappiamo se era maledetta, o sotto Imperius…"

"Sciocchezze," lo interruppe Drake, sfogliando disinteressatamente una pila di scartoffie; "gli studenti di Hogwarts non sanno come eseguire una Maledizione Imperius." Si fermò improvvisamente. "A meno che tu mi stia dicendo che insegnano quel tipo di magia qui. È questo che mi stai dicendo, James?" Senza dubbio, immagini di titoli di giornali le stavano danzando in mente. Titoli come "L'Investigatrice del Ministero Drake Scopre Magia Oscura ad Hogwarts; Silente Incolpato" e simili.

"Ovviamente no," disse James impaziente. "Ma la magia che i professori ci insegnano non è tutto quello che sappiamo, Signora Drake…" usò intenzionalmente il titolo ed attese la sua reazione; "Se fosse così, non ci sarebbero persone come…" e tirò fuori il coraggio… "come i Mangiamorte in giro, no?"

"È solo Drake,'" corresse freddamente la strega. "Quelle che mi stai dicendo sono idee politiche, James. Mera politica. Hai idea di quanto sarebbe complessa un'investigazione come quella? È precisamente la ragione per cui non sono interessata a questi piccoli ed insignificanti movimenti sociali. Hanno poca attinenza con il mio compito qui."

James non era d'accordo. "Poca attinenza? I Mangiamorte non sono solo una moda politica. Sono parte di una falla profonda seminata nel…" Si fermò, accorgendosi di star cominciando a suonare come il padre durante la colazione. "Senta," cominciò ancora una volta James, "lei non sa cosa ha portato Carlotta a fare quello che ha fatto. Perché non è tornata nel suo dormitorio la sera prima? Poteva essere magia oscura, o…"

"Stai suggerendo," sospirò Drake, "che i cosiddetti Mangiamorte siano entrati nel castello, abbiano maledetto una sedicenne, e l'abbiano manipolata affinché andasse nella sua Sala Comune e si tagliasse i polsi?"

Beh, così suonava leggermente poco plausibile.

"Comunque, non sa ancora perchè…"

"Queste giovani e popolari streghe vanno sempre in cerca di nuovi modi per attirare l'attenzione," lo interruppe Drake. "È stato semplicemente un tentativo di fare un po' di scena."

James si accigliò. "Però, Carlotta Meloni non è così. Lei non farebbe mai qualcosa del genere per attirare l'attenzione…Non ne avrebbe bisogno. Ma dico, l'ha vista?"

"Certo, James." Alla fine Drake trovò la pergamena che stava cercando e la mise in cima alla pila. "Ora, come hai detto che era il tuo nome completo?" chiese lei, intingendo la piuma nel calamaio sulla scrivania della McGrannit.

"James Potter," le disse James pigramente. Drake si fermò, ed il capitano della squadra di Quidditch capì immediatamente il perché. Era successo troppo spesso alla pronuncia del suo cognome.

"Sei imparentato con…?"

"Sì," replicò freddamente James.

"Davvero?" con una pessima finta disinvoltura, Drake aggiunse: "E come sei imparentato? Uno zio, o…?"

"È il caro vecchio papà," disse l'altro. "Senta, ha finito con me o c'è altro?"

"Beh, Signor Potter…" la sua voce raggiunse una tonalità più alta. "Sai, sarei molto interessata ad ascoltare le tue teorie sulla signorina Meloni…"

"Perché sono un testimone oculare o perché mio padre è il capo del suo dipartimento, Signora Drake?" la interruppe James. Lei rimase a bocca aperta per un po', e lui si alzò.

"Come pensavo. Ho lezione fra poco–se ha una vera domanda da pormi, può trattenermi qui."

Si diresse alla porta. "Un momento, adesso, Signor Potter," riuscì a balbettare Drake, provando simultaneamente a mostrare severità e gentilezza. "Non ho ancora finito. Ci sono ancora alcune cose ufficiali che devo sistemare prima di…"

Mentre usciva dall'ufficio, James pensò a quanto raramente facesse quello che gli altri gli dicevano di fare.

 

(Puttana)

“Ho gli orari,” annunciò Remus, entrando nel dormitorio maschile del sesto anno e mettendo sul mobile i sopracitati orari.

“Che puttana” sospirò Sirius, accendendo una delle sigarette di James e facendo quello che avrebbe doveva essere il tiro più lungo della sua vita.

“Che cosa?” domandò Remus, piuttosto sulla difensiva. “Sono appena andato giù fino alla Sala Grande per prendere i vostri orari! Avete una vaga idea di quanto sia stato difficile cercare di spiegare alla Professoressa McGrannitt che entrambi volevate continuare Cura delle Creature Magiche, a meno che Peter non riesca a prendere il M.A.G.O. in quella materia, e che in quel caso avrebbe fatto meglio a mettervi in Babbanologia e se non ci fosse stato abbastanza spazio per tutti e quattro, allora avreste preso solo le cinque lezioni standard?”

“Non stavo dando a te della puttana, Moony,” gli disse Sirius. “James stava giusto finendo la storia del famigerato -e terribile- interrogatorio della Donzella del Ministero.” Rivolgendosi a James, Sirius aggiunse: “Mi spiace che l’abbia dovuta sopportare tutto quel tempo, compare, ma guarda il lato positivo, salterai di sicuro la prima ora. Ti hanno trattenuto oltre la colazione.”

“Perché stai fumando le mie sigarette?” chiese James afferrando il pacchetto quasi vuoto dal davanzale della finestra, dov’era poggiato.

“Una domanda migliore sarebbe: perché stai fumando le sue sigarette in un piccolo spazio chiuso?” Chiese Remus irritato mentre cominciava a preparare la sua borsa da scuola.

“Ho aperto la finestra.” Sirius indicò come dimostrazione la finestra leggermente socchiusa dalla sua parte, come se con ciò giustificasse il tutto. “Perciò che ne dici Prongs? Gradisci un viaggetto nelle cucine al posto della prima ora?”

James si accigliò “Stai ancora fumando la mia sigaretta.”

“E tu hai la mente che viaggia su un solo binario” ribattè Sirius “Qual è il tuo problema, comunque? Con il mondo che sta crollando in migliaia di piccoli pezzi merdosi, ti da fastidio il fatto che il tuo impoverito, diseredato migliore amico abbia preso in prestito una sigaretta?”

“Avresti potuto chiedere.”

Remus alzò i suoi occhi grigi al cielo: “Hai davvero conosciuto Sirius fino ad ora, James?”

“Giusta osservazione.”

“D’accordo” continuò il Signor Moony, mettendosi a tracolla la sua borsa dei libri. “Me ne vado a mangiare un boccone prima della prima lezione… a meno che non ci sia nient’altro che vogliate che prenda per voi, Vostre Altezze Reali.”

“È tutto, Lupin” Sirius fece ondeggiare la sua mano come se stesse parlando ad un maggiordomo. “Porta i miei ossequi a Wormtail.”

“Bene,” disse Remus “Non vi ammazzate l’un l’altro mentre sono via.”

“Sta parlando con te, Prongs.”

“Sta parlando con entrambi, Padfoot.”

Remus se ne andò e James si sedette alla scrivania.

“Non hai proprio fame?” chiese Sirius “Io sono stato due volte a colazione mentre facevi l’interrogatorio con quella strega Drake.”

“No, non ho fame,” replicò seccamente James.

“Mmm, vedo che hai già avuto una sana fetta di comportamento da idiota.” Sirius fece un lungo tiro dalla controversa sigaretta “Amico, dovresti mangiare qualcosa. È stata una mattinata strana…strana e terribile e da dimenticare alla svelta.”

James si accorse di essere quasi divertito da questo consiglio. “E una bella tazza di porridge è ciò che può ripulire la mia memoria dal fatto che questa mattina Carlotta ha quasi smesso di respirare proprio davanti ai miei occhi?”

Sirius scosse la testa. “No. Hai decisamente bisogno di un toast”. Avvicinò una sedia vicino al suo migliore amico.

“L’umorismo è un tantino fuori luogo in questo momento, Sirius,” fece notare James.

“Hai ragione. Hai davvero ragione. Dovrei adottare l’approccio alla vita alla Severus Piton–star lì seduto, lagnandomi del mio dolore interiore e odiare il mondo intero per questo.” Sirius roteò gli occhi. “Andiamo Prongs, l’intera faccenda di Carlotta è–terribile, certamente, ma hai qualcosa che non va da giorni. Ieri–cominciare la rissa e poi non prendersi il merito…oh non ti arrabbiare, non ti sto incolpando. Sto solo dicendo che non è da te non prenderti il credito per ogni cosa illegale che fai. In più sei spilorcio con le sigarette…fumandotele tutte da solo, immagino. Non credere che non mi sia accorto che ti sei fumato due pacchetti interi negli ultimi quattro giorni”

“Stalker”

“Seriamente, Prongs”

James sospirò “Può darsi che tu abbia ragione”

“Ho ragione”

Roteò i suoi occhi di rimando e prese la sigaretta dove Sirius la teneva, tra l’indice e il medio. Fece un tiro e prese uno degli orari che Padfoot aveva preso durante la sua prima colazione. 

“Alla fine mi dovrai dire perché ti stai comportando da ragazzina, Prongs” disse saggiamente l’altro Malandrino. “Potresti anche tirare fuori il rospo adesso.”

James non mosse gli occhi dall’orario “Nella mia lettera di Hogwarts di quest’anno, ho ricevuto un appunto dalla Professoressa McGrannitt” disse con un po’ di preoccupazione nella voce.

“Bene. Che cosa diceva allora?”

Il capitano della squadra di Quidditch prese tempo prima di rispondere e, quando lo fece, il suo sforzo di tenere gli occhi incollati all’orario divenne molto più pronunciato “Io…ehm…Ho preso settantaquattro punizioni”

“Grande. Ma questo che…?” Sirius si interruppe, la comprensione dipinta sul viso. “Merda, Prongs”.

“Già”

Un altro tiro, più lungo.

Cazzo.” Continuò Sirius analizzando la notizia. “Tua madre e tuo padre lo sanno? Sanno del…della regola del settantacinque?”

“Non ho mostrato la lettera a mia madre.” Fu tutto quello che James disse.

Sirius lo guardò con attenzione. Il fumo di sigaretta riempì il silenzio che ristagnava da svariati minuti. “Smetterò di rubarti le sigarette.” Disse Black allora. James non poté reprimere il più piccolo dei sorrisetto.

“Sei un idiota, Padfoot”.

Sirius non si preoccupò di reprimere il suo largo sorriso “Quindi, cosa ne dici – salti la prima ora con me?”

“No, andrò in classe” replicò James

Perché? Questa è l’unica volta in cui non finiresti nei guai per questo!”

“Tu, Sirius, chiaramente non hai dato un’occhiata più da vicino al tuo orario delle lezioni” disse James nella sua voce più simile a quella di Remus. Prese la pergamena. “Prima ora di Difesa contro le Arti Oscure con il professor Tuo Zio”. 

“Cazzo. Sai, probabilmente è l’unico obbligo familiare che mi sia rimasto, andare a quella lezione”

“Dovresti esserne riconoscente”.
 

(In breve, professor 'Zio di Sirius')

"Mi domando come stia Carlotta," si chiese Lily, mentre prendeva posto nell'aula mezza vuota di Difesa contro le Arti Oscure.

"Lo sappiamo," rispose Donna. "Te lo sei chiesto ad alta voce ad intervalli regolari di quindici minuti da questa mattina a colazione".

"Oh, bene," cinguettò Marlene, che era con loro: "Ti sei ricordata di prendere le pillole da stronza questa mattina, Don."

"E tu ti sei ricordata di prendere il tuo siero della bruttezza questa mattina, Marlene".

"Donna," la riprese Lily.

"Scusa, Price". Troppo poco convincente. Marlene alzò gli occhi.

"A quanto pare", disse la bionda, "Mary è stata trattenuta dalla sua ultima ... distrazione..." Le tre ragazze stettero un attimo in silenzio a guardare l'attraente e un po' pallido Tassorosso,  attualmente occupato nel compito estremamente appassionante di flirtare con Mary Macdonald. "...Allora io mi vado a sedere con Adam, nel caso in cui il professor Black si metta a farci lavorare in coppia." La collaborazione di Donna e Lily era, a questo punto, un dato di fatto.

"Ciao," disse Lily, e Marlene salutò a sua volta mentre attraversava la stanza per sedersi con il ragazzo di Grifondoro.

"Sai," riflettè Donna, "Credo che tu possa avere ragione sulla cotta di Adam per Marlene. Deve essere molto recente, però, perché ..."

"Don, tutti sanno che ad Adam piace Marlene dal terzo anno."

"Sul serio?"

Lily annuì. "Mi chiedo come..." Si fermò.

"Stavi per chiederti ancora come sta Carlotta, non è vero?"

"No. Mi stavo domandando come...come...ok, non riesco a pensare a nient'altro. Sì, mi chiedevo come sta Carlotta."

Donna scosse la testa. "Se ti importa così tanto, possiamo fermarci in infermeria dopo Difesa".

Lily sembrò calmarsi un po'. L'aula cominciò a riempirsi, ed anche i Malandrini arrivarono prima del suono della campanella. I quattro solevano sedersi nella parte posteriore della classe- quei posti erano ufficiosamente, ma senza dubbio, riservati a loro.

"Potter ce l'ha fatta a venire," si meravigliò Donna. "Pensavo che Lupin avesse detto che era stato trattenuto per gran parte della colazione in Sala Grande."

"Deve aver voluto dare un'occhiata anche lui alla lezione del Professor Black," suppose Lily. "È lo zio di Sirius, dopo tutto ..." Lily scoprì che parlare di James Potter poneva eccessivo stress sui suoi nervi, ed i sentimenti contraddittori che attualmente ruotavano attorno a quel ragazzo- con il suo essere un completo idiota la sera prima per poi salvare Carlotta quella mattina- le facevano di nuovo rivoltare sgradevolmente lo stomaco. Non aggiunse più nulla sull'argomento, e Donna fu ostacolata dal farlo lei stessa dall'arrivo del professor Black.

Da vicino, Alphard Black sembrava più vecchio di quello che appariva dalla distanza della Sala Grande, ma aumentava tuttavia la sua grande somiglianza con Sirius. Mentre l'anziano mago si dirigeva verso la parte anteriore della classe, una borsa di cuoio in mano, Lily si chiese come avesse fatto a non capire immediatamente che il nuovo insegnante di Difesa aveva qualche legame di parentela col suo compagno di casa.

"Buon giorno", disse il professor Black, posando la borsa sulla sua scrivania.

"Buongiorno, Professor Black," risposero pochi rispettosi studenti del sesto anno.

"Questo è l'entusiasmo che mi piace vedere," l'uomo rispose con ironia, ma non v'erano tracce di risentimento nel suo tono. "Va bene, allora. Io sono il vostro nuovo insegnante di Difesa. Il mio nome è Alphard Black, voi mi chiamerete professor Black, eccetera, eccetera, eccetera. Qualche domanda?" Ovviamente non ce n'erano. "Eccellente. Potreste alzarvi tutti per favore?"

La richiesta, strana com'era, richiese a tutti un momento per essere adempiuta. Lily e Donna si scambiarono un'occhiata, e la prima si oppose alla tentazione di gettare uno sguardo attraverso la stanza per vedere la reazione di Severus Piton. Ciò non significa che non era estremamente consapevole della sua esatta posizione nell'aula. Rimasero in piedi, mentre tutti gli altri facevano lo stesso con uguale perplessità sul volto.

"Eccellente", disse di nuovo il professor Black. "Va bene, allora." Prelevò la bacchetta dalla cartella e la scosse una volta in aria. Tutti i banchi volarono verso la parte opposta della classe. "Allora, mettetevi in fila! Dunque, l'inizio va in questo punto, non mi importa in che ordine vi mettiate. Dovreste essere tutti abbastanza maturi da farlo voi stessi. Eccellente."

La classe obbedì, ed Adam McKinnon si ritrovò all'inizio della fila, che- secondo le istruzioni di Black – si trovava immediatamente di fronte alla porta chiusa nel suo ufficio. "Allora", disse il professore, disinvoltamente appoggiato contro la sua scrivania, anche se il suo fiato era irregolare e un po' corto, come potrebbe essere quello di uno scienziato pazzo. "Adesso ci riscalderemo con un po' di ... magia pratica. Bacchette fuori, tutti quanti. Eccellente." Aveva già trovato il suo  tormentone. "Dunque, quello che dovrete fare è andare nel mio ufficio dietro quella porta e ... beh ... combattere. Nemmeno io sono sicuro di quello che ciascuno di voi si troverà ad affrontare, ma richiederà sicuramente la vostra bacchetta e qualche conoscenza elementare di ... magia. Che, sapete, spero tanto abbiate acquisito. In caso contrario..." lasciò la frase in sospeso, e sarebbe anche potuto risultare intimidatorio se non avesse sogghignato così apertamente. Lily e Donna si scambiarono un altro sguardo perplesso.

"Allora, signor McKinnon – è pronto?"

"Ehm..."

"Eccellente".
 

(Orari di Visita)

"Eccellente", concordò Donna, con uno dei suoi rari sguardi luminosi che mostravano sincera felicità (un evento rarissimo). "Fottutamente fantastico. Il professor Black potrebbe essere il miglior insegnante di Difesa che abbiamo mai avuto fino ad oggi."

Il viso di Lily era rosso dall'eccitazione. "Remus ha dovuto combattere gli Inferi ... non so cosa avrei fatto se avessi dovuto affrontarne uno. Probabilmente mi sarei andata a ranicchiare da qualche parte e avrei atteso che il professor Black avesse interrotto la simulazione."

"Quasi non sembrava una simulazione", osservò Donna. "Deve aver usato lo stesso tipo di magia che utilizza il dipartimento degli Auror." Stava praticamente saltellando mentre camminava. "E' stato terrificante, però- quando il lupo mannaro stava venendo verso di me giuro-su-Dio sembrava fottutamente reale. Un'incredibile scarica di adrenalina certo, ma mi sono quasi gelata sul posto."

"Smettila di vantarti, Miss-Terza-Più-Veloce-A-Finire-In-Una-Classe-Di-Più-Di-Trenta-Studenti".

“Non mi sto vantando," replicò l'altra. “E contesto il fatto che Black mi abbia effettivamente battuta. Penso di aver avuto una maggiore distanza di ..."

"Ti ha battuta di due minuti," Lily intervenne. "Ti ha battuta, Shack".

"Wow, Evans, ti sta bene il colore del tradimento!".

Carlotta era sparita. Metaforicamente, per lo meno. Gli alunni del sesto anno erano usciti dall'aula del professor Black estremamente preoccupati per la classe di Difesa e per il docente stesso. Lily e Donna avrebbero potuto spendere diverse ore in più di delirante beatitudine, se non avessero superato l'Infermeria sulla strada per andare a Incantesimi nella seconda ora. In quel momento, la memoria tornò di colpo, insieme al senso di colpa che non avevano mai veramente dimenticato. Le porte dell'Infermeria erano chiuse.

"Stiamo entrando?" chiese incerta Donna. Lily inarcò un sopracciglio, e la ragazza dai capelli scuri si affrettò ad aggiungere: "Non che io voglia o altro"

"Mi chiedo se il guaritore Holloway ci permetterà di vederla," mormorò il prefetto. "Dovremmo provare?"

"No."

"Per favore?"

"Carlotta ed io non siamo nemmeno amiche. Sarebbe imbarazzante".

Lily aggrottò la fronte. "Ma neanche io e Carlotta siamo particolarmente vicine, e non mi sentirò a disagio. Andrà tutto bene ..."

"A te piace la gente, Evans. E cosa molto più importante,tu piaci alla gente."

"Donna Christine..."

"Non usare il mio secondo nome!"

"Per favore?"

"Va bene."

Accigliata, Donna seguì Lily fino alle porte, che quest'ultima aveva leggermente spinto in avanti. Inizialmente, il guaritore Holloway non era in vista, ma come entrarono più all'interno, apparve con un taccuino e una bottiglia di liquido giallo-verdastro.

"Signorina Evans," salutò l'anziano mago. Guardò Donna, come se stesse decidendo se voleva prendere o no il rischio di pronunciare il suo nome; evidentemente, decise per il no e si limitò ad annuire al suo indirizzo. "Se nessuna di voi ragazze è effettivamente malata o ferita, temo di dovervi chiedere di andarvene."

Non sembrava veramente dispiaciuto nel dirlo, così Lily chiese aiuto alla sua migliore faccia da “allieva modello” e disse: "Ma, guaritore Holloway, speravamo di poter vedere Carlotta Meloni"

"E pensate di essere le prime?" brontolò il Guaritore. "I ragazzini più piccoli hanno fatto avanti e indietro tutta la mattina qui cercando di intravederla. Io non ho ancora finito con la mia visita, quindi ora non la si può vedere."

"Può almeno dirci qualcosa su come sta?"

"No."

"Ma lei dovrà pur sapere qualcosa."

"Non ho detto che non so nulla. Solo che posso dirvelo."

"Ma guaritore Holloway ..."

"Carlotta Meloni è stabile. Questo è tutto ciò che posso dire."

Lily spostò il suo peso sull'altra gamba e incrociò le braccia. "Per favore?"

Holloway sospirò. "Tutto quello che posso dirvi ..." A Donna sembrò incredibile che un semplice 'per favore' di Lily avesse funzionato, "... è che la signorina Meloni non è stato maledetta... non è stata colpita con una maledizione, ad ogni modo. Questo tipo di magia lascia qualche segno visibile, e non c'è alcun segno sulla signorina Meloni. "

"Così ... così sta dicendo che sicuramente ha agito di sua spontanea volontà?" chiese Lily, il suo cuore che affondava. Era un'eventualità agghiacciante.

"No, non sia ridicola", sbottò il Guaritore. "Non sto dicendo che non sia stata influenzata dalla magia...solo che non è stata colpita da un incantesimo, come accade di solito."

"Potrebbe essere stata una pozione," suggerì Donna. "O forse è stata esposta ad oggetti di magia Nera. O forse ..."

"O forse stava solo attirando l'attenzione", concluse il guaritore Holloway. "Secondo tutto ciò che sappiamo, questo è quello che è successo, quindi non voglio che si diffonda in giro ciò che vi ho detto."

"Mute come una tomba", giurò Lily. Donna annuì.

 

(Cena)

L'ora di cena ad Hogwarts era quasi sempre fantastica. Quando il sole stava tramontando, gettava l'intera sala sotto una luce rosa ed arancione, dato che il soffitto incantato imitava l'immagine reale quasi alla perfezione. Il 2 settembre a cena, James era stato per lo più solo a guardare il soffitto. Aveva mangiato il suo pasto, aveva guardato il tramonto e aveva desiderato che tutti fossero stati zitti, anche se la probabilità di quest'ultimo desiderio di avverarsi era prossima allo zero. Tra il tentato suicidio Carlotta Meloni, la rissa nella Sala d'Ingresso, ed il nuovo Professor Black (la cui popolarità era già diffusa in altre classi), c'era semplicemente troppo su cui discutere.

Tuttavia, James avrebbe preferito ascoltare la meno intelligente, più insulsa delle pettegole divagare su quanto avesse trovato seducente il professor Black, che essere interrotto in quel modo nella cena, solo pochi minuti dopo aver iniziato a mangiare.

"Signor Potter", disse la voce di quella strega del Ministero, Drake, mentre si avvicinava al suo posto sul lungo tavolo dei Grifondoro.

"Sì, Signorina Drake?" rispose lui, volutamente gelido.

"Signor Potter, ho bisogno della sua firma sulla dichiarazione che ha deposto." Il suo tono era ugualmente freddo, senza dubbio a causa dei modi bruschi usati da James quella mattina.

"Gliela darò quando avrò finito di cenare."

"Non sarò qui quando lei avrà finito di cenare." James girò la testa, quanto bastava per vederla in faccia.

"Se ne sta già andando?"

Lei annuì, poi disse con aria di sufficienza: "E ho pensato che potrebbe essere interessato a sentire che il guaritore Holloway mi ha riferito di non aver trovato alcun segno di attacco sul corpo di Carlotta -oltre ai segni che ha lasciato il suo incantesimo- o di qualche maledizione. "

"Quindi se ne va e basta?" chiese James con insistenza. "Abbandona semplicemente il tutto e se ne va senza nemmeno aver chiesto a Carlotta o ..."

"Io ho chiesto alla signorina Meloni," interruppe Drake. "Il suo ricordo della vicenda è un po' vago, ma lei ha affermato definitivamente di non essere stata attaccata. È riuscita a descrivere ogni suo movimento fino al momento in cui lei l'ha avvicinata nella vostra Sala Comune."

"E le ha detto che voleva farsi, vero?" chiese James.

Drake esitò nella sua risposta. "Tali questioni sono troppo complicate da spiegare, e non ho alcun obbligo di rendere conto a lei, signor Potter. Ora, la sua firma." Spinse il pezzo di carta davanti a lui. James la ignorò.

"Se è stata solo una stupida giovane strega emotiva che cercava di attirare l'attenzione, e nessuno sta perorando la causa", disse, "Non capisco perché debba firmare alcunchè. Se vuole una firma,se la falsifichi".

Furiosa, la signorina Drake marciò fuori dalla sala un minuto dopo, l'indignazione che squillava ad ogni colpo delle sue scarpe dalla suola in gomma sul pavimento.

"Che puttana”, rifletté Sirius, che sedeva accanto al suo amico. "Anche se, non vedo perché non ti sei limitato a firmare, Prongs".

"In linea di principio per farla arrabbiare," ammise James. "Ehi, io ho finito. Esco un po' fuori per una... ehm...passeggiata". Lanciò uno sguardo al ragazzino del quarto anno che stava evidentemente origliando la conversazione.

"Che fantasia," fu tutto che disse Sirius.

"Ci vediamo tra poco."

James camminò velocemente fuori dalla sala, tracciando con le dita il contorno del nuovo pacchetto di sigarette che aveva in tasca. Raggiunge la Sala d'Ingresso per lo più deserta e, stranamente, si trovò esitante prima di andare all'aperto. Improvvisamente, non aveva più molta voglia di fumare. Aveva solo voglia di...beh...sentiva che non era il momento.

"Potter?"

James alzò lo sguardo, e il suo stomaco sobbalzò. Dio, quanto odiava quella sensazione. James decise immediatamente che doveva essere a causa della cena consumata in fretta e che non aveva assolutamente nulla a che fare con la bella rossa in piedi davanti a lui. Donna, Marlene, e Mary, che era entrate nella sala con Lily, erano entrate in fretta nella Sala Grande, ma il prefetto era rimasto indietro.

"Sì?" chiese James, chiedendosi se una ragazza poteva sentire quando lo stomaco di un ragazzo era all'altezza della sua gola.

"Io-ehm-mi dispiace."

Si stava scusando. Si stava fottutamente scusando. Lui era stato nient'altro che odioso con lei, e lei si stava fottutamente scusando.

"Di cosa ... di cosa stai parlando?"

Lily non incontrò il suo sguardo, ed lui ne fu grato. "Sono solo...scusa. Non abbiamo iniziato col piede giusto quest'anno, e...beh, hai sbagliato ieri sera, con quello che hai detto, ma io... Io credo di poter capire perché avresti potuto eventualmente pensare quello...quello che hai pensato. Ingiustamente".

James la fissò. "Si tratta di Carlotta, non è vero?"

"Ehm ... non proprio, no."

"È così invece. Ti senti in colpa".

"Perché mi dovrei sentire in colpa?"

Era come guardare da terra un paio di manici di scopa che si scontravano in volo. James sapeva già cosa stava per accadere; sapeva quello che stava per succedere, ma non era in grado di fermarlo.

"Tutte le ragazze hanno sempre detto scemenze su Carlotta per gelosia...chiamandola puttanella o peggio...suppongo che sei solo a disagio perché eri solita dire quel tipo di cose, e poiché non puoi chiedere scusa a lei stai alleviando il senso di colpa su di me. "

Collisione.

"Io non ho mai detto una parola su Carlotta Meloni!" rispose Lily, visibilmente scioccata. James si chiese come potesse essere così costantemente odioso, eppure rimaneva sempre sorpreso da se stesso. "Non ho mai...e tu...tu non puoi..." Lily si morse le labbra (ed era bellissima). "Sei un idiota." (Come se lo avesse appena scoperto). Entrò a passo di marcia nella Sala Grande.

James la guardò andarsene, e tutto il rancore del mondo non era riuscito ad eliminare quello stupido nodo nel suo stomaco. Si ricordò improvvisamente perché aveva bisogno di fumare.

Le guance di Lily bruciarono mentre si allontanava in fretta da James Potter e dalla Sala d'Ingresso. L'ironia del luogo non le sfuggì. Come poteva essere che il suo essere costantemente orribile ancora la coglieva di sorpresa? Accigliata, Lily si sedette accanto a Donna e di fronte a Marlene.

"Allora," cominciò quest'ultima cautamente, "Come è and...?"

"Non voglio parlarne".

"Fantastico".

Donna alzò gli occhi al cielo. "Rossa, com'è possibile che nonostante Potter sia sempre stato terribile con te, ogni volta sei..."

"Lo so, Don. Grazie".

"Va tutto bene, Lily," disse Mary confortandola. "Capisco. James sa essere assultamente fantastico a volte."

"Negli anni bisestili," suggerì Marlene.

"Ogni quattordicesima luna blu", disse Donna.

Lily sospirò. "Grazie. Davvero, ma non voglio parlarne".

Le altre recepirono silenziosamente il messaggio, mentre la cena offriva un'ampia distrazione. "Hey," cominciò in quel momento Marlene, "Statemi a sentire, siete sicure che non avete visto Adam dopo pranzo? Avrei potuto giurare che aveva detto di aver preso Cura delle Creature Magiche, ma non l'ho visto lì, non lo vedo da un po'. Non era ad Antiche Rune, vero? "

"McKinnon non segue Antiche Rune," intervenne Donna. "Dio, sei così appiccicosa."

"Attenta, Don," mormorò Lily. Marlene non sentì la rossa, ma fece una smorfia a Donna.

"L'ho solo trovato strano, tutto qui. E lui non manca mai a cena."

Questo era il pensiero prevalente tra le quattro, quando Alice Griffiths sedette al tavolo di Grifondoro, direttamente accanto a Lily.

Capelli ricci, viso rotondo, e un dolce temperamento, Alice era una ragazza del settimo anno, ma anche un membro della Casa di Grifondoro e, pertanto, legata da una sincera amicizia con Lily. Tuttavia, in più di cinque anni di conoscenza, Lily non aveva mai visto Alice così sconvolta.

"Cosa c'è che non va?" chiese la rossa, mentre Alice buttava un bicchiere freddo di succo di zucca giù per la gola come se si trattasse di alcool. "Alice, sei pallidissima. Cosa è successo?"

"Avete sentito?" mormorò la ragazza più grande. "Il mio fratello minore mi ha appena informata...è stato uno dei suoi amici che ha visto il tutto e ... beh, lo ha fermato."

"Fermato cosa?" chiese Marlene, chinandosi sul tavolo. "Cos'è successo?"

"Una ragazza del quarto anno ... una Tassorosso penso, stava annegando nel lago. Uno dei suoi compagni l'ha tirata fuori, ma ... voglio dire, non avrei mai pensato che qualcuno potesse decidere di annegarsi nel lago. È orribile, e. .. "

"Questa è la seconda persona che è riuscita quasi a morire nelle ultime ventiquattro ore," sottolineò Lily.

"Non credi che la ragazzina stava cercando di suicidarsi, vero Lily?" chiese Mary, praticamente senza parole. "Che motivo avrebbe avuto una quattordicenne per uccidersi?"

"Non tutti vivono nel mondo delle fiabe, Macdonald" disse Donna seccamente.

"Qualcuno ha informato Silente?" chiese Marlene.

Alice si strinse nelle spalle. "Non ne sono sicura. La McGranitt se ne sta occupando in questo momento..." Alzò lo sguardo al tavolo degli insegnanti. "Silente è ancora qui, però." L'anziano Preside, infatti, era al suo solito posto nella sala.

"Strano che resti qui", osservò Mary, e con lei, le altre streghe notarono un nuovo arrivo nella Sala. Frank Paciock–Caposcuola e, allo stesso tempo, il fidanzato di Alice, si affrettò verso il tavolo degli insegnanti, un'espressione seria sul viso.

"Mi chiedo che cosa…" cominciò Alice, ma si fermò mentre guardavano Frank arrivare al posto di Silente e mormorare qualcosa al Preside. Silente guardò il Caposcuola e ne seguì una breve risposta. Poi, il vecchio mago si alzò dalla sedia.

"Gradirei la vostra attenzione", disse a gran voce, portando tutta la scuola al silenzio. "Grazie. I prefetti sono pregati di portare le loro case nelle Sale Comuni immediatamente". Ci fu un generale, confuso clamore, e Silente ancora una volta chiese il silenzio. "Per favore", continuò. "Per favore, eseguite il vostro compito con la massima efficienza e cura. Grazie."

Senza osservazioni irriverenti o saluti eccentrici, Silente uscì dalla Sala e, prima che la Sala Grande cadesse nel caos, il professor Lumacorno, l'insegnante di Pozioni, si alzò dalla sedia. "Per favore mantenete la calma! Ora, avete sentito Silente. Prefetti, conducete tutti nelle Sale Comuni. Tutti rimarranno lì fino a nuovo ordine!" Ma era chiaro dalla confusione sul volto di Lumacorno che egli non era a conoscenza della situazione più di chiunque altro.

"Pensate che sia per via della ragazzina del quarto anno?" chiese Mary, la voce che cercava di sopraffare il frastuono del brusio preoccupato. Lily non ebbe il tempo di fare congetture, trovò  Remus e chiese ai suoi compagni di casa di seguirla alla Torre di Grifondoro. Frank Paciock apparve al suo fianco un attimo dopo.

"Frank!" chiamò Alice, raggiungendolo. "Frank, che succede?"

Il Caposcuola sembrava visibilmente scosso. "È...è successo qualcosa."

"Cosa?" chiesero Lily e Remus insieme.

"È per la studentessa del quarto anno?" chiese Donna.

Frank scosse la testa a disagio. Non sembrava sapere se la divulgazione di ciò che era successo era consentita o meno. Con grande esitazione (ed uno sguardo prudente in direzione di Marlene Price) mormorò in modo che solo quelli più vicini poterono sentirlo:"Adam McKinnon ha...ha appena cercato di saltare giù dalla Torre di Astronomia."

Che bel modo per iniziare l'anno scolastico.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Snaps e la Seconda Settimana ***


Note di traduzione

Qui vi parla themarchare, dopo la quinta revisione del capitolo, perchè ogni volta mi sembrava di aver dimenticato di limare qualcosa. Straordinariamente siamo riuscite a farvi aspettare di più in tre che in due (ad aiutarci ora c'è anche Red_Ice), ma è stata colpa mia, questa settimana non sono stata molto presente cause forza maggiore. Ma prometto che il prossimo aggiornamento arriverà prima! All'interno di questo capitolo troverete degli asterischi (*) accanto ad alcuni nomi in inglese: abbiamo preferito lasciare le versioni originali perchè ci sembravano più efficaci, ma a fine pagina troverete delle note esplicative dei significati delle parole! Un'ultima cosa prima di lasciarvi al capitolo: mi piacerebbe davvero tanto -e credo anche alle altre mie colleghe- ricevere qualche parere sulla storia e/o sulla resa in italiano in forma di recensione: non è farina del nostro sacco è vero, ma i modi per girare le vostre recensioni a Jules, l'autrice originale, li ho, e penso che le farebbe piacere avere qualche opinione internazionale :3

Credo che sia tutto, buona lettura!

Giuls

Capitolo 4- "Snaps e la Seconda Settimana"

o

"Won't Get Fooled Again"

 

Apparentemente, tre tentati suicidi in un giorno erano troppi perché il Ministero li accettasse come mere coincidenze. Drake se n'era andata, e qualcun altro era stato mandato–un alto mago con capelli chiari ed un atteggiamento che non avrebbe potuto essere meno da Ministero-come se al suo posto ci fosse stato Sirius Black in persona. Il suo nome era Lathe, e James era appeso sottosopra a tre metri di altezza quando i due si incontrarono per la prima volta.

Cominciò tutto con un gatto ed una tradizione.

Mrs. Purr –il fastidioso animaletto di Gazza– era il gatto, e la tradizione –istituita dai Malandrini– era piuttosto semplice: creare problemi a Mrs. Purr ogni qualvolta lei apparisse.

James era occupato in questo senso, tra l'ora di Difesa e quella di Erbologia il lunedì mattina, ed al giovane mago venne in mente che Erbologia stava per cominciare solo dopo aver finito di appendere Mrs. Purr ad un lampadario al quarto piano.

"Merda," imprecò, raccogliendo il suo zaino e girandosi immediatamente verso le scale.

"Che cosa intendi con 'merda?'" chiese Remus, che era con lui, proteso per raggiungerlo. "James, qual è il problema?"

"N-niente."

Remus diede un'occhiata al suo orologio. "Dannazione–siamo in ritardo, non è vero?" James non ebbe bisogno di rispondere. La campanella suonò. "Dannazione! Sì che siamo in ritardo!" Entrambi i ragazzi incrementarono il passo per poi iniziare correre.

"Questa è tutta colpa tua, Prongs," lo informò Remus, mentre raggiungevano la Sala d'Ingresso. "Perché hai dovuto appendere Mrs. Purr ad un lampadario, comunque?"

"È una tradizione, ecco perché," disse James. Corsero attraverso le porte del castello, gli zaini che sbattevano dietro di loro. "Dio, fa freddo fuori. Quand'è successo? Era caldo stamattina!"

"Non parlare del tempo con me, Prongs. Sono arrabbiato con te."

"Ti passerà."

"Non se prenderemo una punizione!"

I due Grifondoro erano così impegnati a discutere e correre che, quando girarono l'angolo della Serra 1 in ricerca della Serra 2, non si accorsero che qualcuno stava proprio dietro la curva. Di conseguenza, James corse a capofitto contro questo qualcuno, e Remus corse a capofitto contro James. I tre caddero a terra.

"Stai bene, Lupin?" chiese James, alzandosi e offrendo la mano a Remus. Spazzolando l'uniforme, Remus mormorò qualcosa come "Sto bene," e afferrò la mano di James. Solo quando i due Grifondoro furono in piedi si accorsero della terza vittima.

Nicolai Mulciber li guardava. Già in piedi, Nicolai stringeva un fiasco in una mano e la sua bacchetta nell'altra. James ignorò completamente la bacchetta.

"Sul serio? Stai bevendo dietro le Serre? Da solo, pure? Sei un tale cliché."

"Non ti conviene fare il cazzone con me, Potter," grugnì Mulciber, brandendo la bacchetta. "Dopo quel gesto che hai fatto…dovresti essere prudente."

James ruotò gli occhi. "Guarda, Mulciber." Lui puntò se stesso e contò: "Uno." Poi puntò Remus: "Due. Noi siamo in due, tu sei uno, ed anche se ci fosse stato solo mezzo Lupin qui, avrei scommesso comunque su di lui in un duello. Quindi, magari dovresti essere tu quello prudente, Bricks1."

Mulciber sembrava confuso. "Bricks?"

"Mmm, è così che ho deciso di chiamarti, tenendo conto di tutte le caratteristiche che condividi con un mattone. Vediamo un po': sei inarticolato, non-senziente, ed facilmente associabile ad un'essere molto pesante."

"Prongs," sospirò Remus, ma era troppo tardi.

Mulciber alzò la bacchetta, e James sfoderò la sua.

"Pordiporsus!" urlò Mulciber, mentre James pensava: "Levicorpus!"

Il Grifondoro volò all'indietro, il suo corpo sbattè rudemente contro un albero, mentre il Serpeverde fu trascinato in aria e rimase appeso lì, tenuto su da una caviglia. James recuperò per primo, e si accorse che Mulciber aveva lasciato cadere la sua bacchetta. Ghignò.

"Prongs," disse Remus, comunicando un pletora di altre idee con la singola parola. Aveva potenzialmente ricordato a James che non valeva la pena di finire nei guai per questo, o che erano in ritardo per Erbologia, o che era un prefetto ed era quindi obbligato a fermarli. James annuì. Scosse la bacchetta, e Mulciber cominciò a cadere. Prima che il Serpeverde colpisse terra, James mosse ancora la sua bacchetta, e lui si fermo, circa all'altezza di un metro. Un'ultima volta, James si mosse, e Mulciber cadde a terra.

Mentre recuperava, James raccolse lo zaino che aveva fatto cadere e, seguito da Remus, si avviò nuovamente alla Serra 2.

"Ehi, Potter!" lo chiamò Mulciber.

"Per favore, James," lo implorò debolmente Remus.

"Va bene, Moony, non mi volterò…"

Per come finì, lui non ebbe scelta. "Ehi, Potter," ripeté Mulciber–molto più vicino questa volta–e James sentì una mano stringere la sua spalla. Lo fece voltare, e prima che James avesse un'idea chiara di ciò che stava succedendo, sentì un acuto, pulsante dolore alla guancia. Mulciber gli aveva dato un pugno, e il ragazzo venne sbalzato indietro.

"Cosa si prova?" sputò Mulciber. James lo guardò in cagnesco, barcollando per mantenersi in equilibrio. Mentre soppesava le sue opzioni, osservò Mulciber, compiaciuto e soddisfatto dell'apparente vittoria. C'era decisamente una strada giusta che poteva –e per definizione, sarebbe dovuta– esser presa in quel momento. Sarebbe dovuto andare via…si sarebbe dovuto voltare, andare ad Erbologia e lasciar cadere la faccenda. Quella era l'opzione sana, responsabile, matura, da-possessore-di-settantaquattro-punizioni.

James scattò in avanti, colpendo Mulciber alla cintola e mandandolo a terra.

Apparentemente, il Serpeverde aveva pensato che James fosse più il tipo da strada giusta. Tuttavia, rispose rapidamente con un altro colpo al viso di James, anche se non aveva né la forza né la mira del primo, e James recuperò rapidamente. Colpì la bacchetta che Mulciber aveva tentato di puntare e tirò fuori la sua, lottando per mantenere il dominio sullo scontro. Remus stava lì fermo–aveva sfoderato la bacchetta ma non era disposto ad attaccare il suo amico. Eppure, quando–apparentemente dal nulla–James sentì il suo intero corpo preso e tirato via, dondolando in aria proprio come aveva fatto Mulciber un attimo prima, era certo che Remus avesse lanciato l'incantesimo. Mulciber era appeso non molto lontano, ma non era Remus che puntava la bacchetta su entrambi, bensì Donna Shacklebolt.

"Andiamo, voi due," disse lei con un'espressione grave. "Non avevamo già visto questa scena?"

"Perché non sei ad Erbologia, Shack?"

"Perché non la sto seguendo più," ribatté Donna. "Perché tu non sei ad Erbologia?"

"Perché ero impegnato a duellare con Mulciber," replicò James. "Ora fammi scendere."

"Facci scendere," urlò Mulciber.

"Non finché non giurerete di smetterla di duellare," gli disse la strega ostinatamente. "Stai solo facendo perdere altri punti a Grifondoro!"

"Donna!" piagnucolò James. "Smetti di fare la leccapiedi!"

"Io non sono una…"

"Cosa succede qui?" Un mago dai capelli chiari sulla trentina apparve quasi improvvisamente, e James si domandò come avesse fatto a non vederlo arrivare.

Donna cominciò. "Oh, è solo… guardi…"

Il mago più grande le lanciò uno sguardo interrogativo, e la giovane strega lasciò immediatamente i suoi compagni in conflitto.

Thump.

Entrambi gemettero. "Grazie," disse l'altro. James inciampò per rimettersi in piedi, ed iniziò un esame più approfondito sul nuovo arrivato. Un distintivo da Auror era appuntato al colletto del suo abito marrone, ed il capitano di Quidditch indovinò immediatamente la sua identità. "Questo é esattamente il motivo per cui non volevo questo lavoro," sospirò il mago. "Bene…um–io non sono il tuo insegnante, quindi non ti punirò o altro, ma…fermatevi ora. Tu…ragazza…" A Donna, "Non affatturare le persone. Non è il modo per ottenere l'attenzione di un ragazzo."

"Oh, io non li ho affatturati," rispose immediatamente Donna. "Guardi, quei due stavano duellando, quindi ho provato a separarli."

"Affatturandoli," concluse l'altro, seccamente.

"Era solo il Levicorpus,'" ribatté Donna. "Cercavo di aiutare."

"Beh, non farlo," sospirò lui, "E non…lo sai, non importa. Non so nemmeno perché sto cominciando questo dibattito. Perché non andate tutti in classe?"

"Io non ho…" cominciò di nuovo Donna, ma James la interruppe.

"Shack, puoi stare zitta? Nessuno è nei guai."

"Grazie. Esattamente!" disse il mago più anziano. "Solo…andate a lezione." Cominciarono ad eseguire l'ordine. "Aspettate, molto velocemente…" I ragazzi si fermarono. "Qualcuno di voi sa dove posso trovare James Potter?"

L'espressione di Donna era completamente indignata, e lei non disse nulla. James e Remus si scambiarono un occhiata, e Mulciber immediatamente puntò il Grifondoro in questione. "È questo."

"'È lui' sarebbe grammaticalmente più corretto," lo informò James. Si voltò all'altro mago. "Sono nei guai?"

"No."

"Salterò la prossima ora?"

"Probabilmente."

"Oh. Okay. Di cosa ha bisogno?"

"Il…il resto di voi può andare," disse il mago, e loro ubbidirono. Quando furono soli, il mago continuò: "Il mio nome è Lathe. Lavoro per il Ministero, e ho bisogno di farti alcune domande."

"Avete già il mio ricordo di quella notte," disse sospettoso James. "L'ho dato alla McGrannitt per l'esame del Pensatoio."

"Sì," disse Lathe, "E l'ho guardato. Ma non conosco bene né te né la signorina Meloni o nessun altro degli studenti coinvolti. Per capire cosa è successo, ho bisogno della vostra impressione…cosa avete ritenuto insolito su certi comportamenti o reazioni: tutto ciò che sembrerebbe strano a qualcuno familiare con coloro che sono coinvolti."

James lo fissò. "Sei più intelligente di quella Drake."

Lathe annuì. "Il tuo zaino è probabilmente più intelligente di quella Drake."

 

(L'unico problema)

"Non lo so," sospirò tristemente Marlene Price, "Credo che dovresti restare un giorno in più."

"Marlene," cominciò Adam, "Per la sedicesima volta: non ho un graffio, e sono stato in Infermeria per quasi sei giorni. Penso sia il caso di uscire da qui adesso."

La sua amica sembrò insoddisfatta da questa risposta, mentre si sedeva in un angolo del suo letto il martedì pomeriggio. "Ma il guaritore Holloway non sa nemmeno cosa ti è successo…"

"Te l'ho detto; lo sa." Adam cercò di sembrare stanco, ma in realtà lo infastidiva molto, molto poco che Marlene aveva fatto avanti e indietro dall'Infermeria ad intervalli di due ore, da quando il guaritore Holloway aveva autorizzato i pazienti a ricevere visitatori. "Ha detto che la ragione per cui Carlotta, la Tassorosso ed io abbiamo tutti provato a… fare qualcosa di drastico è stata quasi certamente causata da…"

"Esposizione accidentale ad oggetti magici oscuri," finì Marlene per lui, "Me lo hai detto un centinaio di volte."

"Lo hai chiesto un centinaio di volte."

"Non cambiare argomento."

"Questo era completamente pertinente."

Marlene gli lanciò un'occhiataccia. Il ragazzo si zittì. "Quello che sto dicendo," continuò la bionda, "è che finché qualcuno non scopre quale 'oggetto magico oscuro' vi ha spinti tutti all'inarrestabile urgenza di tagliarvi i polsi, saltare in un lago, e lanciarsi dalla torre di Astronomia–differenti metodi di suicidio, un fatto che io, per esempio, trovo strano–non dovreste essere autorizzati a vagare per i corridoi."

"Il guaritore Holloway dice che qualunque cosa sia passata per i nostri sistemi è andata," disse Adam, e quando Marlene sembrò insoddisfatta, aggiunse: "Ti prometto che non andrò alla torre di Astronomia, se ti fa stare meglio. Osservazione interessante, sui metodi differenti, però. È strano."

"Lily me lo ha fatto notare," ammise Marlene. "Ma io sono stata abbastanza intelligente da concordare con lei." Controllò l'orologio sul muro. "Ho Trasfigurazione tra pochi minuti…" (chiaramente delusa). "Ci vediamo dopo, okay?"

"Sono qui fino alle sei stasera," la rassicurò Adam.

"Ok, tornerò verso cena." Marlene esitò. "No, non importa. Devo incontrarmi con Miles per cena. Continua a dire che non mangio con lui da secoli. È divertente come il secondo in cui divento leggermente interessata in qualcos'altro…oppure occupata a fare altre cose, lui diventa di nuovo completamente innamorato di me." Adam non era terribilmente divertito, ma le concesse un tiepido tentativo di sorriso. "Ci vediamo stasera in Sala Comune allora, va bene?"

"A meno che non mi lanci dalla torre di Astronomia nel frattempo."

"Non è divertente, McKinnon. Ciao." Lui ricambiò con un cenno. "Ciao, Carlotta!" aggiunse Marlene, facendo un cenno alla bellissima bruna che occupava un letto nell'Infermeria. Anche lei fece un cenno, sebbene fosse un po' preoccupata mentre scribacchiava su di un pezzo di pergamena. "Ti porterò i compiti di Trasfigurazione," aggiunse Marlene ad Adam. Lui aggrottò la fronte.

"A dir la verità, preferirei lanciarmi dalla torre di Astronomia."

"Non è ancora divertente."

"Ci vediamo presto."

"Ciao." E nonostante affermasse il contrario, Marlene lasciò l'Infermeria con un lieve sorriso.

 

(Amici, Ex e James)

Quando Donna le aveva annunciato che stava andando ad Aritmanzia il mercoledì pomeriggio, Lily non poté ritenersi terribilmente triste. E quando, una manciata di minuti dopo, Luke l'aveva baciata in cima ai capelli rossi e le aveva detto che avrebbe fatto meglio ad andare a prepararsi per il M.A.G.O. di Antiche Rune, Lily non versò nessuna lacrima. Finalmente sola al suo tavolo nella biblioteca, Lily aprì il suo libro preferito di Jane Austen e si preparò a due ore piene di solitudine. Amava i suoi amici, ovviamente, e le piaceva moltissimo Luke, ma la solitudine… la solitudine era piacevole.

Cominciando a leggere dall'entrata di Mr. Knightely presso Hartfield, Lily riuscì persino a mettere da parte il gentile martellare del suo subconscio, che le ricordava le precedenti ore di buco passate con Severus.

La solitudine era piacevole.

"Lily, ho bisogno del tuo aiuto."

Ma gli amici, purtroppo, erano più importanti.

"Alice, cosa c'è che non va?"

La rossa posò il libro, mentre Alice Griffiths crollava sulla sedia di fronte a Lily, uno sguardo di sconforto sul dolce viso.

"Frank."

"Frank?"

"Il mio fidanzato."

"So chi è Frank, cara."

"Beh, ho bisogno di aiuto."

"Giriamo in tondo, cara. Ci stiamo girando in tondo."

Alice raccolse i suoi pensieri prima di parlare di nuovo. "C'è qualcosa che non va con Frank. Si sta comportando in maniera così strana ultimamente, che lo riconosco a malapena."

Lily diede una pacca confortante sulla mano della sua amica. "Al, sono sicura che sono solo queste cose strane che stanno succedendo adesso… le investigazioni del Ministero, quello che è successo ad Adam e Carlotta… poi lo stress aggiuntivo di essere Caposcuola…"

"È cominciato prima di questo," sostenne Alice. "C'è qualcosa di decisamente diverso in lui da quando è tornato dalle vacanze in Agosto. Prima fa il lunatico ed l'asociale…e poi diventa appiccicoso ed insiste nel fare cose con me, e poi però quando siamo insieme comincia litigi senza ragioni. La metà del tempo, semplicemente scompare nel suo dormitorio o in giro, ed è andato assolutamente fuori di testa per ciò che è successo a Carlotta e Adam."

Dopo un momento di riflessione, Lily sospirò: "Beh, Al, non so come dirtelo, ma credo che Frank potrebbe essere incinto."

La ragazza del settimo anno cercò di non ridere "È una cosa seria, Lily."

"Va bene, sul serio. Come sta la sua famiglia?"

"Ci ho pensato," replicò Alice, "Ma suo fratello ha detto che va tutto bene a casa. Frank ha passato una buona vacanza sulla costa, e nessuno ha notato nulla, ma da allora, ogni volta che siamo insieme, è completamente imprevedibile."

"Non avete avuto nessun litigio vero, allora? Intendo, uno grande che potrebbe aver dato inizio a questa intera faccenda?" Alice scosse la sua testa dai capelli ricci. "Sei sicura? Allora… allora devi guardare i sintomi."

"Cosa vuoi dire?"

"Beh, se qualcuno è malato, si guardano i sintomi per capire cosa c'è che non va. Quindi guarda al suo comportamento e vedi quale tipo di problema ti indica. È lunatico, dici, e polemico."

"Hmm, sì, comincia a litigare per cose stupide."

"È alternativamente appiccicoso ed asociale?"

"Passa più tempo a 'camminare' di quanto abbia fatto negli ultimi quattro anni della nostra relazione."

Lily annuì. "Ed è decisamente non incinto?"

"Lily."

"Va bene, beh, lasciami pensare per un minuto." Lei pensò per un minuto. Poi le venne in mente tutto ciò a cui i segnali stavano indicando.

Merda.

Ma, no, questo era Frank. Frank Paciock. Non era un idiota; questo era Frank.

"A cosa stai pensando, Lily?" supplicò Alice dopo un po'. Una sicura, pratica ragazza, Alice non era mai sembrata così disperata in tutti gli anni di conoscenza con Lily. La rossa pensò velocemente–ci sono momenti in cui è più adatta l'onestà e momenti in cui è più adatta l'accondiscendenza. Lo sguardo negli occhi castani di Alice le disse che questo era il momento per la seconda.

"Non lo so, Al. Potrebbe… Potrebbe essere qualsiasi cosa. Intendo, Frank… lui ti ama, e…"

"Non lo dice più."

Lily sbatté le palpebre. "Cosa?"

"Non mi dice più 'ti amo'. Non lo ha detto per settimane." Disse a bassa voce la ragazza del settimo anno, non incontrando gli occhi di Lily.

Merda.

"Alice, Frank ti ama. Lo so, va bene? Fidati di me, voi due siete circa il trenta per cento della ragione per cui io credo nell'amore. Jane Austen è l'altro settanta per cento". Alice sorrise. "Qualunque cosa stia passando, non puoi darti la colpa per questo."

"Ma io non so cosa fare!"

"Parla con lui."

"Ci ho provato...non mi ascolta."

"Allora sii paziente," insisté Lily. "Senti, siete stati insieme per tanto tempo...quattro anni è un rapporto lungo per qualsiasi standard, non solo per la norma adolescenziale. E con tutto così confuso a scuola e nel mondo, Frank sta probabilmente solo provando ad...aggiustare le cose. Questo è il vostro ultimo anno qui, dopo tutto. "

Tristemente, Alice annuì.

"Se ti può aiutare",  continuò la ragazza del sesto anno, "la professoressa McGrannitt mi ha detto che Frank è stato assegnato per monitorare la mia punizione di venerdì, dato che è Caposcuola. Parlerò con lui, va bene?"

"Lo faresti?"

"Assolutamente".

"Ma non dire che ti ho detto qualcosa."

"Certo che no."

"Non ci pensare nemmeno. E se indovina, mentigli."

"A cosa servono gli amici se non per raccontare balle l'uno per l'altro?"

"Ti voglio bene".

"Lo so."

Alzandosi, Alice abbracciò Lily brevemente, e poi–con un finale sorriso riconoscente–uscì dalla biblioteca. Lily aggrottò la fronte giù al suo romanzo. Era Frank. Frank non poteva...

Spinse anche il pensiero fuori dalla sua mente. La biblioteca era quasi deserta (solo la bibliotecaria, la signora Sevoy, rimaneva visibile), e Lily dovete approfittare di questa rara solitudine prima che qualcos'altro la disturbasse.

"Lily, dobbiamo parlare."

Gli amici erano più importanti della solitudine, ma gli ex-amici non lo erano.

Senza alzare gli occhi, Lily riconobbe il suo nuovo compagno. Non disse nulla; il suo respiro si bloccò in gola.

"Lily, per favore." Si sporse in avanti sulla tavola. "Lo so che non stai leggendo quel libro...dobbiamo parlare, lo sai..."

"Sev, smettila." Lily chiuse il libro ancora una volta. "Severus, basta, dico sul serio, va bene?" La signora Sevoy lanciò un'occhiata, e Lily inviò uno sguardo di scuse nella sua direzione. Severus non prestò attenzione.

"Lily, per favore," sussurrò. "Mi hai evitato per tutta la settimana, e..."

"Ti sto evitando," rispose Lily, "perché l'ultima volta che abbiamo parlato, delle persone sono finite in Infermeria. Questo ti dà un suggerimento su quanto bene ci possiamo intendere a questo punto, no?"

"Non posso credere che tu abbia preso la colpa per quella faccenda," mormorò Severus, al che Lily ruotò gli occhi.

"Non mi pare che tu abbia lanciato la prima pietra".

"Io-io sono stato confuso...non riuscivo a ricordare chi di voi lo avesse fatto. Era tutto...sfocato. Ma è stato Potter–hai preso la colpa per Potter, non è vero?"

"Siamo saltati a questa conclusione piuttosto velocemente, non è vero?" fu tutto ciò che Lily disse.

"Sarebbe abbastanza cafone da permetterti di farlo," le disse Severus. "Lily, non potresti possibilmente pensare che..."

"Arriva al punto, Sev. Sto cercando di leggere." Si odiava...odiava Sev e la sua maledetta sincerità...odiava la biblioteca semplicemente perché aveva sempre avuto la funzione di cornice per questa stupida scena.

"Io–Lily, voglio che ricominci a parlarmi. Voglio che torniamo ad essere amici. Voglio..."

"No."

"Lily..."

"No."

"Ma..."

"Severus, so che mi hai sempre fatta cedere...mi hai fatto perdonare tutto, chiudere un occhio su tutto, ma ora no. Non più."

Il Serpeverde rimase seduto in silenzio per un po'. Lily finse di leggere. "Per favore, Lily..."

"Vattene, Sev". (Suonò più debole ora... non era sicura di volerlo davvero).

Lui rispettò la sua richiesta. Lily chiuse gli occhi e aspettò di sentirsi di nuovo sola. Quando ancora una volta si guardò intorno nella biblioteca, le gesta di Emma Woodhouse non apparivano più come un sufficiente diversivo. Lily chiuse il libro e appoggiò il mento fra le mani, i gomiti appoggiati sul romanzo chiuso.

Severus.

Il suo stomaco si contorse in nodi–nodi tanto intricati che sembravano quelli dei lacci delle sue scarpe; avrebbe probabilmente dovuto prendere un paio di forbici resistenti per romperli, e poi avrebbe dovuto comprare nuovi lacci.

"Non posso comprare un nuovo stomaco," notò inconsciamente ad alta voce Lily.

"Parole più vere non furono mai pronunciate."

La rossa saltò tre o quattro centimetri dalla sedia. Si guardò intorno freneticamente. James Potter era appoggiato ad una mensola vicina, un sorriso storto posto sulla sua ("Stupida", pensò Lily) faccia.

"Stavi origliando?" lei chiese a bassa voce, in modo che la signora Sevoy non li avrebbe sgridati.

"Stavi parlando da sola?" rispose a tono James. Mani in tasca, non fece alcuno sforzo per abbassare il suo volume mentre camminava verso il tavolo.

Lily aggrottò la fronte. "Non hai nessun cucciolo da annegare o qualcosa del genere?"

"Stai sostenendo la violenza sugli animali?" ribatté l'altro. La solitudine era molto, molto più importante dei nemici.

"Ho mai sostenuto le tue attività extracurriculari?" disse Lily. "E per favore non s..." James prese posto sull'altra sedia presso il tavolo: "... ederti," concluse la rossa con un sospiro. "Per favore, Potter, non hai niente di meglio da fare?"

"Non proprio. Ho già finito tutti i miei compiti. Così tu e Mocciosus siete di nuovo amici, vedo."

"Davvero?" fu la sua unica risposta. Quasi le piacque il fatto che quella possibilità lo irritasse così chiaramente.

"Beh, non lo siete?" Cercò di apparire apatico, ma non gli riuscì tanto bene come in altre occasioni. Lily riaprì il suo libro.

"Ma hai già tratto le tue conclusioni, e tu non sbagli mai, James."

"Non mi interesserebbe, comunque".

"È evidente".

"Ero semplicemente annoiato, e tu non hai potuto fare a meno di diffondere la tua vita personale in tutta la biblioteca, ecco tutto."

"Beh, non avrei mai sospettato che saresti stato in biblioteca per sentirmi. Dimmi, quando hai imparato a leggere?"

"Questa è un po' cattiva" le disse noncurante James.

Lily sbatté le palpebre. Lo era? "Mi dispiace", si scusò in fretta. Il suo compagno le lanciò uno sguardo strano che non poté interpretare. Alla fine, la sua bocca tornò nel suo sorriso semi-arrogante, e lui alzò le sopracciglia.

"Rilassati, Snaps2. Non è che me ne freghi qualcosa."

"No, naturalmente no. Perché il grande James Potter dovrebbe curarsi di... come mi hai chiamata?"

Il sorriso di James si allargò in un enorme ghigno mentre si alzava dal tavolo. Senza rispondere alla domanda, si limitò a farle un cenno e dire: "Ci vediamo in giro, Snaps." C'era una nota di trionfo nei suoi passi mentre si allontanava.

Snaps.

Snaps?

...

Cosa?

 

(I capelli di Kevin Sherbatsky)

"Mi annoio," annunciò James giovedì a cena.

I tre Malandrini che erano con lui al suddetto pasto lanciarono al Capitano della squadra di Quidditch, nonché loro leader de facto, sguardi confusi. "Come puoi essere annoiato?" chiese Peter, incredulo. "Non siamo neanche a due settimane di scuola, e abbiamo già avuto una rissa enorme, tre tentati suicidi, due investigatori del ministero, uno sciame di altri Auror che interrogano tutto ciò che si muove, e -nel tuo caso- almeno due grossi litigi con Lily Evans e due duelli con Nicolai Mulciber".

"La maggior parte di questa roba è successa la settimana scorsa," rispose James. "Il piccolo scontro con Mulciber dell'altro giorno raggiungeva a malapena il grado di pericoloso, e non c'è niente di terribilmente affascinante in una manciata di mastini del Ministero. Che cosa è successo oggi? Nulla. Kevin Sherbatsky si è tagliato i capelli, forse, ma in realtà, penso che sia tutto qui".

Sirius posò la forchetta. "L'hai notato anche tu? Merlino ti ringrazio, ho pensato di essere totalmente impazzito per aver notato una cosa del genere”

"Ti prego, non scartare ancora la teoria della pazzia," lo rimbeccò Remus.

"Deve accadere qualcosa," continuò James. "Qualcosa di fico. Questo sconfortante scenario...i voti mediocri a Pozioni, i ragazzi che all'improvviso decidono di suicidarsi, le risse di massa nell'Ingresso- è veramente deprimente...".

"Questo significa che stai per interrompere il tuo travagliato comportamento alla Bob Dylan?" chiese Remus speranzoso. Peter fece per informarsi sul riferimento, ma ci ripensò e tenne la bocca chiusa.

"Se stai cercando di insultarmi, probabilmente non dovresti paragonarmi ad uno tosto come Bob Dylan, Moony," disse Prongs freddamente. "E no. Qualcos'altro..." Masticando una patata, James gettò lo sguardo sulla Sala in cerca di ispirazione. E la trovò mentre guardava il tavolo dei Tassorosso. "Sapete cosa odio?" chiese.

"Le domande retoriche?" tentò Sirius.

"I capelli di Kevin Sherbatsky", rispose James. Gli altri Malandrini rimasero in silenzio, insicuri sulla piega che stava prendendo la conversazione. Fu Padfoot che ci arrivò per primo. Sorrise al suo migliore amico.

"Prongs, amico, non sono in punizione da.. anni, a quanto pare."


"Punizione, signor Black, questo Venerdì," La professoressa McGranitt rimproverò il giovane mago, mentre se ne stava nel suo ufficio con un'espressione che imitava vagamente il rimorso. "E sarà sicuramente felice di sapere che sono stati riprestinati quasi tutti i capelli del signor Sherbatsky."

"Sono migliorati almeno un po'?"

"Black".

"Mi dispiace, professoressa," sospirò Sirius. "Stavo solo cercando di aiutarlo. Chi non avrebbe avuto tutto da guadagnare nel far sparire i capelli di quel cret...Voglio dire, nel dare a quel caro e dolce ragazzo, una nuova possibilità di...capigliatura. Il suo primo tentativo era ovviamente fallito."

"Se non ricordo male aveva detto che era stato un incidente."

"Lo è stato. Una fortunata combinazione. Il destino opera in modo curioso a volte, professoressa."

"Punizione venerdì, Black."

"Giusto, professoressa. A proposito, è semplicemente incantevole stasera"

"Fuori dal mio ufficio, Black".

"Se proprio insiste."

James lo stava aspettando fuori dalla porta. Sirius sorrise. "Punizione domani", lo informò, prima che l'amico avesse cominciato a formulare la domanda.

"E ne è valsa la pena?" chiese il Capitano della squadra di Quidditch, mentre cominciavano a camminare verso la Torre di Grifondoro.

"Oh, al centodieci per cento," lo rassicurò Sirius. "Non posso credere che gli ci siano voluti dieci minuti per rendersi conto che tutti quegli abominevoli capelli sulla sua testa a pera erano spariti."

James sorrise. "Perché non abbiamo fatto niente del genere in così tanto tempo?"

"Perché eravamo in vacanza e i capelli di Kevin Sherbatsky non erano in giro," disse Sirius. "Oh, e perché eri di pessimo umore."

"Avevo le mie buone ragioni."

Sirius lo guardò. "Quale delle tante -il salvataggio di Carlotta Meloni, Lily Evans che si comporta...da Lily Evans, o il tuo vecchio?"

James si fermò di botto, mentre Sirius continuava a camminare. "Tu lo sapevi? Di papà ..."

"Prongs, la sottigliezza non funziona così bene nella tua famiglia, e ho vissuto con te per due mesi. Era ovvio che lo sapessi". James lo raggiunse, mentre Sirius cominciava a spiegare: "Voglio dire, sul serio, volevi davvero farmi credere alla favoletta che tua madre era riuscita a stento ad imbastire a tavola a colazione, su di lui che era dovuto partire per un viaggio di lavoro, che sarebbe durato fino -guarda un po'- al momento del nostro rientro a scuola? E, c'è da non dimenticare il fatto che le sue uniche foto rimaste in casa a fine giornata erano quelle in cui ci sei anche tu".

"Perché non mi hai detto che lo sapevi?" chiese bruscamente James.

"Perché non ti sei confidato con me?"

"Perché non sono una ragazza. E poi ho chiesto prima io. Perché non mi hai detto che lo sapevi?"

"Perché tu sei...tu", disse Sirius. "E comunque, odio le discussioni serie. E se ti azzardi a fare un gioco di parole, ti assassinerò mentre dormi stanotte."

"Me lo ricorderò. Non posso credere che lo sapevi e hai continuato a farmi mentire per coprirlo".

"In realtà è stato quasi comico."

"Cretino". James cambiò tattica. "Comunque, sei totalmente fuori strada."

"A proposito di cosa?"

"A proposito di ciò che mi ha messo di cattivo umore."

"Non era Carlotta,la Evans, o il tuo vecchio?"

"No".

"E cosa, allora?"

Era il fatto che tu sia venuto a vivere da noi".

"Cretino". Raggiunsero la Sala Comune di Grifondoro. "Sai," continuò Sirius, prima di dire la parola d'ordine per entrare, "Mi sento quasi...abbattuto".

"Che intendi dire?"

"Ho avuto solo una punizione, e ho comunque ancora bisogno di altre dieci per essere in pericolo per regola del 75. Come è possibile questa cosa?"

"Ci ho pensato anche io," rispose James, "e credo di aver capito perchè. Ricordi quel...piccolo incidente alcuni anni fa...la torta, gli elfi domestici, il prezioso cactus del Professor Stottlemeyer..."

Sirius sorrise nostalgico. "Quella fu una bella giornata."

"Beh, mi presi tutta la colpa e mi diedero due mesi di punizione ogni fine settimana. E fanno sedici in totale."

"Questo spiegherebbe tutto," concordo l'altro. "Mi sento ancora sconfitto, però."

James inarcò un sopracciglio. "Vuoi tornare indietro e chiedere alla McGranitt un'altra punizione?"

"No,ma...ehm...ho saputo che hanno rimesso più o meno tutti i capelli di Kevin Sherbatsky al loro posto."

Cominciando a capire, Prongs cominciò a sorridere malandrinamente. "Davvero? Dio, mi sembra un peccato, dopo tutta la fatica per farli sparire."

"È esattamente quello che penso anch'io, Prongs".

"Credo che sia ancora giù, a finire la cena che abbiamo interrotto, Padfoot".

"Ed era anche la mia ipotesi, Prongs".

James fece un inchino. “Mi permette di accompagnarla, Padfoot?"

"Sarebbe un piacere, Prongs".

(Il Resto della Giornata)

"Ha fatto sparire i capelli di Kevin Sherbatsky due volte?" ripetè Lily, ridacchiando. Si trattenne. "E' perfido. Davvero perfido. Divertente, sì, ma perfido."

Frank Paciock annuì. "Comunque, questo è il motivo per cui Sirius Black è in punizione, che tu ci creda o no. Sembra essere in ritardo, però."

Era vero. Alle otto meno un quarto, Sirius era una quindicina di minuti in ritardo per la sua punizione nella Sala Trofei. Lily era arrivata in orario, naturalmente (due minuti di anticipo, in realtà), e Frank la stava aspettando, straccio per la polvere in mano, perché doveva lucidare i trofei senza magia. "Naturalmente," aveva aggiunto Frank, "Io non sono una persona terribilmente attenta, quindi sono sicuro che non mi accorgerei se tu stregassi uno straccio o quattro per pulire l'altra estremità della stanza."

Quindici minuti più tardi, c'erano state decisamente più chiacchere che pulizie. Quando il tema della detenzione Sirius si esaurì, Lily si voltò e fece finta di spolverare un trofeo di Quidditch dal 1952. "Senti, Frank," cominciò lentamente, "Ti volevo chiedere una cosa..."

"Spara", rispose il Caposcuola, che stava facendo uno spuntino con una mela, mentre sedeva su una panca vicino ai riconoscimenti dei Prefetti.

"Beh, si tratta di Alice." Lui non disse nulla, così lei continuò: "C'è...c'è qualcosa di strano in lei recentemente, lo avrai notato, no?"

"Io—ehm...a dire la verità, no."

"Beh, è solo che ... è che sembra sempre così pallida, e mi è sembrata anche stanca, sai? In ogni caso, mi ha parlato l'altro giorno e ha detto che tra voi due ci sono stati litigi... Dio, spero di non essere indiscreta, volevo solo chiedere per assicurarmi che vada tutto bene con te." Si guardò da sopra la spalla per guardare il Caposcuola, ma lui evitò il contatto visivo, concentrandosi invece sulla mela che aveva in mano.

"Tutti litigano", rispose lui con distacco e dopo alcuni secondi. "E Alice e io siamo stati insieme per tanto tempo. E' ovvio che vada così..."

Lily sentì un peso sollevarsi dalle sue spalle, accorgendosi per la prima volta della sua presenza. "Sai, è esattamente quello che ho detto ad Alice. Voglio dire, lei non ha nulla di cui preoccuparsi... voi due siete sempre stati così uniti e... voglio dire, Dio, siete la mia prova che i rapporti durano. Su cosa litigherei con Donna, se due di voi vi lasciaste?" Sorrise, fino a quando non si accorse che Frank non la stava imitando.

"Solo... solo perché una coppia ha una storia alle spalle non vuol dire che starà insieme per sempre."

Il cuore di Lily affondò. Voleva urlare che lui e Alice dovevano stare insieme per sempre... che era destino e che era fato e tutti quegli altri bei, ma decisamente vaghi concetti. Invece, il prefetto si morse le labbra e la lingua.

"Alice ed io," continuò Frank, "siamo stati bene insieme per molto tempo, ma questo è il nostro ultimo anno a Hogwarts e...beh, io diventerò probabilmente un Auror, e Alice ..."

"Ma io pensavo che anche Alice volesse andare nel dipartimento Auror" lo interruppe Lily. "Ha seguito quello stage durante le vacanze, e so che si è trovata veramente bene."

Frank esitò. "Beh...non è...non è niente di certo", rispose incespicando alla fine. "Ci sono così tante cose...tante cose che stanno cambiando...non c'è più nessuna sicurezza. Giusto? E' solo che..."

"Beh, sono qui." Sirius Black annunciò la sua presenza mentre entrava nella sala dei trofei. "Non c'è di che."

"Sei..." Frank si schiarì la gola a disagio, "Sei in ritardo, Sirius."

"E lo andrai a raccontare alla professoressa McGranitt?" volle sapere il Malandrino.

"No."

"Frank, amico, tu sei il più grande Caposcuola che abbiamo mai avuto e che avremo mai." Sirius afferrò uno straccio per la polvere. "E tu come stai, Lily?"

Il prefetto, che era ancora sconvolto dalle parole di Frank, cercò di pensare a qualcosa per fare conversazione con il nuovo arrivato. "Sto bene. Hei, Black, mi puoi dire che cosa in nome di Dio vuol dire il nuovo soprannome che mi ha dato Potter? Perché continua a chiamarmi 'Snaps?'"

Sirius sorrise. "Non ne ho la più pallida idea, cara”, rispose lui. "Dio solo sa ciò che cosa vogliono dire i nomignoli di James. Sarò però entusiasta di inoltrare il messaggio che sei curiosa. E' stato leggermente petulante ultimamente, da quando sei così ostinatamente indifferente ai suoi giochetti."

"Non glielo dire," lo supplicò Lily. "Sarà così compiaciuto. Non lo farai, vero?"

"Ci penserò sopra". Il suo bel sorriso rimase malizioso, e nella stanza calò il silenzio. "Allora ... di cosa stavate parlando prima del mio arrivo?" Chiese il Malandrino, con aria del tutto innocente. Lily guardò Frank.

"Ehm... ho sentito che hai fatto sparire i capelli di Sherbatsky", riuscì a rispondere.

Sirius annuì solennemente. "Due volte".

(Qualcuno con cui Comunicare)

L'ufficio di Lathe era piccolo e stretto, una stanzetta che gli era stata consegnata fretta in modo che potesse iniziare le sue indagini il più rapidamente possibile. Aggiungendo la grande, semplice scrivania, due sedie, quattro Auror vestiti di nero, e Lathe stesso -che elencava ordini ad altri quattro uomini- la stanza sembrava ancora più piccola. Piccola e trafficata. Anche le pareti trasudavano la stessa preoccupazione ed agitazione delle persone al loro interno, tanto che Lily -seduta sulla sedia che le era stata offerta- sentiva di essere l'unico elemento fisso nell'ufficio. Attese in silenzio che Lathe spostasse l'attenzione su di lei per farle spiegare quale potesse essere il suo ruolo in questo dramma.

Alla fine, gli altri Auror lasciarono la stanza per adempiere alle richieste di Lathe, ed il mago si sedette al suo lato della scrivania.

"Lily Evans, vero?" chiese, guardando un pezzo di pergamena. Lily annuì. "Mi spiace mi ci sia voluto tutto questo tempo per richiedere il tuo colloquio".

"Si tratta di Carlotta, vero?" chiese Lily.

"Mmm, già." Sfogliò alcuni rapporti. "Hai già inviato il tuo ricordo del mattino del due settembre per la revisione nel Pensatoio, suppongo."

"Proprio così".

"Bene, allora ho solo qualche domanda in più." Mise da parte le sue carte. "Dimmi ogni singolo dettaglio che sai su Carlotta Meloni."

Lily sbatté le palpebre. "Ogni dettaglio? Senza offesa, signor Lathe, ma, conosco Carlotta quasi come qualsiasi altra ragazza o...ragazzo. Shelley Mumps ..."

"Michelle Mumps ha già consegnato la sua testimonianza," le disse Lathe. "Purtroppo, era isterica. Volevo parlare con qualcuno che ho pensato sarebbe stato in grado di collegare le parole tra di loro... tu sei un prefetto ed eri direttamente coinvolta nell'incidente; e per di più condividi il dormitorio con la signorina Meloni. Eri la scelta più logica ".

"Oh."

"Inoltre", continuò lui, mantenendo il suo tono eternamente professionale ma con un tocco di inspiegabile ironia, "Ho letto la relazione della punizione sul tuo alterco con un ragazzo di nome ... Mulciber". Lily distolse lo sguardo. "Gli hai davvero dato un pugno?"

"Questo è...questo è quello che si dice."

"Hmm...Beh, ho incontrato Mulciber. Due volte, in realtà. Una volta involontariamente ed una volta per interrogarlo. Era un testimone della ragazza che è saltata nel lago." Lily attese il verdetto. Con voce calma, non indulgente e non divertita, disse: "Gli avrei dato un pugno anch'io."

Lily cercò di non sorridere; non era del tutto certa di dover temere Lathe o meno. "Ora", continuò l'Auror, "ho bisogno di dettagli. Tutto quello che ti viene in mente...qualcosa di strano che si è verificato quella mattina o la sera prima...qualsiasi strana conversazione con la signorina Meloni ..."

"Beh", cominciò Lily, "Carlotta non è tornata al dormitorio, quella notte...o almeno per quello che possiamo dire noi, in ogni caso. Non era lì quando il resto di noi è andato a dormire, e Shelley ha detto che si era svegliata nel bel mezzo della notte, e il letto di Carlotta era intatto. Ma...probabilmente questo lo sapeva già...?" Lathe annuì. "E...ehm...per quanto riguarda Carlotta, lei...lei è apposto, immagino. Non siamo grandi amiche, ma siamo sempre andate d'accorso. Lei è...come posso dire...ehm...moderna? Sa...è per questo che non eravamo così scioccate quando non è tornata al dormitorio, quella notte. Riesce a capire cosa...? "

"Ho capito, sì."

"E...lei è...lei..." Lily cercò nel suo cervello alcune informazioni su Carlotta, ma le sembravano venire in mente solo cose banali. "Medita ogni mattina. Le piace dormire durante il fine settimana. Lei...beve il tè verde. È vegetariana. Lei..."

"Vegetariana?" Lathe la interruppe improvvisamente.

"Non mangia carne."

"Sono consapevole del significato della parola," rispose l'altro. "È solo che ho condotto cinque colloqui sul carattere della signorina Meloni, e nessuno degli altri ha mai menzionato che lei fosse vegetariana." Scarabocchiò qualcosa su un foglietto di pergamena.

"È importante?" chiese Lily.

"Oh, non ne ho idea." Si strinse nelle spalle. "C'è qualcos'altro?"

Lily scosse la testa. "Non proprio. Ho parlato brevemente con lei sul treno quel giorno. Stava...bene. Normale. Solo...Carlotta".

Lathe rimase in silenzio per un po', prima di chiedere: "Cosa mi puoi raccontare di Adam McKinnon?"

"È Portiere nella nostra squadra di Quidditch", replicò Lily. "E lui...ehm...beh, non riesco davvero a pensare a qualcosa di rilevante".

"Avresti mai detto che il vegetarianismo di Carlotta fosse rilevante?" Lily ammise che non ci avrebbe dato peso. "Beh, allora...?"

"Si tratta della ragazza che gli piace," elaborò la rossa. "Sono abbastanza sicura che non sia rilevante".

Lathe scosse la testa. "No, non è rilevante", concordò. "Nient'altro?"

Lily pensò attentamente. "Beh, Adam è scomparso poche ore prima...beh, prima di provare a buttarsi giù dalla Torre di Astronomia. So questo particolare, perché la mia amica Marlene ha detto che non si è fatto vedere a Cura delle Creature Magica dopo pranzo." Lathe scarabocchiò qualcosa su un altro pezzo di pergamena. "Oltre a questo, non riesco davvero pensare a nient'altro."

"Va bene. Grazie. Suppongo tu possa andare ora...non voglio farti sprecare altro tempo del tuo sabato sera". Si strofinò pensieroso il mento con un dito, mentre fissava la pagina davanti a lui. "Se ti viene in mente altro, scrivilo su un foglietto ed attaccalo alla mia porta."

"Certo, naturalmente." Lily si alzò dalla sedia.

"E se tu potessi mandare dentro il prossimo studente..." aggiunse Lathe, con un cenno verso la porta, dall'altro lato della quale un certo numero di potenziali testimoni attendevano il loro interrogatorio.

"Assolutamente".

La ragazza uscì. All'inizio della corta fila, un esile ragazzo di Tassorosso, con i capelli castano chiaro ed occhi grandi, stava nervosamente in piedi, scrocchiando nervosamente le nocche mentre aspettava per quella che sembrava credere fosse una condanna a morte.

"Penso che tu sia il prossimo," gli disse Lily incoraggiante. "Non preoccuparti. Lui è a posto."

"Davvero?" chiese il Tassorosso. "Perchè ho sentito Donna Shacklebolt parlare di lui in Biblioteca ieri, e ha detto delle cose terribili."

"Donna Shacklebolt avrebbe da dire cose terribili anche su Babbo Natale," osservò Lily, battendogli una mano sulla spalla. Il ragazzo sorrise debolmente. "Vai dentro adesso. Andrà tutto bene". Lui obbedì, e Lily cominciò a tornare alla Sala Comune.
 

(L'Altro Problema)

Ridendo, Marlene si tirò indietro giusto il tempo di chiedere: "Miles, che ora è?"

Era sabato sera, e la coppia stava nel corridoio al quarto piano, Marlene contro il muro e Miles che ricopriva la sua ragazza di baci. "Non lo so-è importarte?"

"Miles, per favore", si lamentò l'altra, continuando tuttavia a sorridere. "Devo andare, alle sette. Che ora è?" Tuttavia lui era troppo occupato per rispondere,e Marlene gli afferrò il polso per controllare l'ora da sé.

"Merda", imprecò, tirandosi di nuovo indietro. "Miles, sono le otto meno un quarto."

"Eddai Marly", sospirò il Corvonero, accarezzandole il braccio. "Puoi anche fare un po' tardi per il tuo...incontro di studio." Concluse la frase con grande ripugnanza.

"Non posso", protestò Marlene. "Ho dato buca alle mie amiche già troppe volte questa settimana. Sei stato così appiccicoso ultimamente ..."

"Non sono stato appiccicoso," rispose Miles irritato. "Sono stato perfettamente normale, no? Ho detto qualche cattiveria, o...?"

"Non appiccicoso in quel senso”, lo interruppe la Grifondoro. "Appiccicoso con le mani." Avvolgendo le braccia intorno al suo collo, Marlene gli diede quello che secondo lei doveva essere un bacio di commiato. "Va bene, ora fai il bravo, e ci vedremo domani."

Miles fece scivolare le braccia attorno alla sua schiena. "Ma, Marly, puoi studiare con me. Dai, andremo in Biblioteca e tutto il resto."

"Giusto, perché è sicuramente lo studio che hai in mente, non è vero?" Marlene sorrise, spingendo una ciocca ribelle di capelli dietro un orecchio. "Miles, per favore, devo..."

"Ma, Marly, il coprifuoco scatterà presto comunque. Dovrai andare in Sala Comune allora, ed io non potrò stare con te fino a domani. Allora potrai studiare con le tue amiche ..."

"Ma ..."

"E poi, io sono il tuo ragazzo...il tuo fidanzato da due lunghi anni..."

Mise su l'espressione più supplichevole che Marlene pensò di avergli visto in volto prima d'ora, e la ragazza cedette. "Solo mezz'ora in più, va bene?"

Sorridendo da un orecchio all'altro, Miles la baciò di nuovo.

 

(Nella Sala Comune)

La Sala Comune di Grifondoro era affollata quella sera. Il fuoco ardeva e, con sia Carlotta che Adam tornati nei loro dormitori, sembrava persino possibile ridere ad alta voce. Così, la maggior parte della casa Grifondoro si era radunata nella sala comune e tutto, sembrava, era tornato alla normalità.

Tornei di scacchi, tornei di Gobbiglie, ed intensi round di Spara Schiocco abbondavano per tutta la stanza, tutti chiacchieravano ad alta voce –per una volta occupati con normali faccende da adolescenti. Fu nel mezzo di questa scena che arrivò James, dal dormitorio dove Remus stava riposando, dal momento che era malato. Il Capitano diede un’occhiata al dormitorio alla ricerca di qualche persona interessante. Sirius, Peter e Lily erano assenti, ma Adam McKinnon sedeva su una sedia vicino al fuoco con un rotolo di pergamena ed il suo libro di pozioni.

James prese posto lì vicino “Lavori su un saggio di sabato sera, McKinnon?” gli chiese, passandosi una mano tra gli scompigliati capelli neri “Sta attendo, troppo divertimento non è salutare.”

Divertente” replicò Adam. “Non ti vedo appeso a nessun lampadario”

I miei compagni mi hanno abbandonato” gli disse James. “Quindi, sei…insomma…stai bene? Non hai più nessuna urgenza suicida?” Adam gli lanciò un’occhiata “Il tatto non è il tuo forte, eh?”

Temo di no.”

L’altro si strinse nelle spalle. “Bè, Sto bene. Sai, mi sto abituando al fatto che i ragazzini del secondo anno mi indichino quando passo nei corridoi.”

Mmm, la gente indica anche me” sospirò James “Ma per ragioni completamente diverse. Un piccolo Levicorpus ben piazzato dovrebbe mettere fine alla questione.”

Si” disse Adam asciutto “Perché ha funzionato molto bene per te.”

Cosa dovrebbe voler dire?”

Dovrebbe voler dire? Oh, niente.”

James alzò le sopracciglia. “E che cosa mi dici di te, McKinnon? Studi da solo? Marlene Prince non è la tua compagna di studi di solito? Mi chiedo dove sia andata…” Si guardò attorno come se la cercasse.

Non ho idea di dove sia Marlene” rispose deciso Adam.

Davvero?” mormorò James

Cosa?”

Cosa?”

Adam aggrottò la fronte. “E questo cosa dovrebbe voler dire?”

Dovrebbe voler dire? Oh, niente.” I due ragazzi si guardarono per un momento. “Ti lascio tornare al tuo saggio,” disse James infine, alzandosi.

 

Buona fortuna nel trovare i tuoi compagni.” Disse Adam.

Con un cenno d’assenso, James lasciò il divano.

Subito dopo, il buco del ritratto si aprì e Marlene Price si sedette sul posto occupato fino a qualche momento prima. Si stava scusando all’infinito per qualcosa, ma Adam non mostrava tracce di risentimento. James scosse la testa con fare consapevole; stava giusto cominciando a considerare l’idea di truffare qualche galeone a qualcuno del quinto anno giocando a Spara Schiocco, quando qualcuno gli picchiò sulla spalla.

Ciao, Alice”

Ciao, James,” replicò Alice Griffiths, guardandolo in un qualche modo esausta. “Hai per caso visto Frank da qualche parte?” Il capitano di Quidditch gli disse di no. “Accidenti. Bè, grazie comunque. Magari aveva un incontro con i prefetti o qualcosa del genere…” James avrebbe voluto dirle che non c’era alcun incontro per prefetti quella sera (Remus non mancava mai ad un incontro tra prefetti, non importava quanto stesse male), ma non ebbe il tempo di farlo, tanto si allontanò velocemente. Scomparve dal buco del ritratto, e la porta non si era ancora chiusa dietro di lei, che Sirius si infilò nella Sala Comune.

Era ora” disse James, andando verso il suo amico. “In nome di Dio, dove ti eri cacciato?”

Tè” replicò Sirius.

“È un po’ tardi, no?”

Con lo zio A.”

Con lo zio A.?” Gli fece eco James “Questa era penosa” Poi, l’atmosfera della situazione lo bloccò. "Hai realizzato che hai appena preso il tè con un professore? Sei praticamente un osservato speciale dei prefetti adesso. Potrebbero farti diventare Caposcuola l’anno prossimo!”

Non rompere le palle, Potter. Non è un vero insegnante, è mio zio.” Si sedettero nella cosa più simile ad un angolo che quella sala circolare possedeva. “È praticamente il mio unico parente sano, lo sai. Dovrei farmi vedere una volta ogni tanto.”

James sorrise, cosa che Sirius interpretò come una presa in giro e a cui rispose con uno schiaffo sulla nuca.

Stettero seduti, chiaccherano per un po' di questo e quello, prima che Peter Minus arrivasse – dopo esser passato per le cucine – e si mettesse a sedere con loro. “Allora, come stavano gli elfi domestici?” chiese Sirius. “E che cosa ci hai portato?” Peter passò un vassoio di dolci rimasti. “Non avevano nulla avanzato dal Banchetto di Benvenuto,” informò. “Anche se non capisco perché vorresti del cibo vecchio di undici giorni.”

Il cibo del Banchetto di Benvenuto è superiore, ecco perché.” Replicò il Signor Padfoot. “Ordinano metà delle porzioni appositamente da Hogsmade, sapete.”

No, non lo sapevamo” disse James. “E siamo un po’ spaventati dal fatto che tu lo sappia.”

Presto attenzione a ciò che mangio.” Rispose Sirius indignato “Non odiatemi per la mia elevata conoscenza.”


Lily ritornò nella Sala Comune all’incirca alle otto e mezza dopo una passeggiata serale con Mary e Donna. Tuttavia l'aveva resa più agitata che altro, dato che la maggior parte della camminata era stata una discussione tra Lily e Donna sull’Auror Lathe.

Non è male!” protestò Lily. “Campo di papaveri” aggiunse alla Signora Grassa che scivolò in avanti dal suo ritratto in risposta alla corretta parola d’ordine, permettendo l’entrata alle tre streghe nella torre Grifondoro. “È intelligente ed espansivo. Mi è piaciuto.”

“È stato maleducato” replicò Donna “Continuava a dire che io…”

Tu non sai semplicemente accettare le critiche.” Intervenne Mary. “È vero, Don, perché di solito fai tutto perfettamente, perciò se qualcuno osa farti un rimprovero, ti risenti. Probabilmente è il motivo per cui non ti piace il Professor Lumacorno.”

Io so accettare i rimproveri” scattò l’altra “In che altro modo tollererei l’andare in giro con te tutto il tempo, Macdonald? Te la prendi sempre con me.”

Per favore,” la derise Mary. “Negli ultimi dieci minuti, mi hai detto che i miei trucchi mi fanno sembrare una prostituta di professione, che il mio gusto per gli uomini incoraggia questa teoria e che queste scarpe non donano alle mie gambe. E sarei io che me la prendo sempre con te?”

Ho detto che il tuo trucco ti fa sembrare una prostituta professionista” disse Donna “Non che tu lo sia davvero. Ha pochissimo significato.”

Lily le stava guidando tutte verso un posto dal camino, ma il numero di studenti nella Sala Comune al momento rendeva quei posti non disponibili. “Vedi Donna” disse la rossa “questo è quello che cercavo di dirti l’altra mattina. Non devi vincere ogni singola conversazione.”

Mi sto semplicemente difendendo.”

No, la stai trasformano in una discussione. Come fa sempre Potter, no? Prende le cose semplici come i saluti e le trasforma in una competizione… dando stupidi soprannomi che lui sa che tu non sarai in grado di capire, ma non sarai capace di chiederglielo perché questo significherebbe farlo vincere… perché lui l’ha trasformata in una competizione.”

Non stiamo parlando più di me, vero?” chiese Donna.

Qualche volta” continuò Lily “devi lasciar perdere.”

Donna si accigliò “Ma vincere è così…bello.”

Lily annuì e le diede dei colpetti sulla spalla con comprensione.

Ehi Snaps” disse una nuova voce, e Potter apparve con essa. Le sorrise allegramente, come se fossero migliori amici. “Hai passato una buona giornata, vero?”

Non te lo chiederò.” Disse Lily freddamente. “Mi dispiace Potter, hai perso, perché a me non importa che cosa significhi il tuo stupido, insignificante, soprannome.” Tentò davvero di fare in modo che non le importasse.

Ne sei sicura Snaps?”

Sì”

Perché hai appena detto che ho perso, ma sembra che abbia vinto io in realtà. Soprattutto dal momento che hai chiesto a Sirius di dirti cosa voleva dire.”

Lily lanciò a Black uno sguardo minaccioso. “Hai detto che non glielo avresti riferito.”

Ho detto che ci avrei pensato” replicò Sirius sulla difensiva. “Ed è un'abitudine dire tutto a James, è come se mi fosse sfuggito. Era così felice quando gliel’ho detto…come un bambino a Natale.”

James gli diede un pugno sulla spalla.

Vado a letto,” annunciò Lily, ignorando il fatto che non erano neanche le nove. “Buonanotte a tutti.”

“È un po’ maleducato da parte tua” osservò James.

Bè, dal momento che tutte le volte che provo ad essere educata con te, tu sei un completo cretino,” ribattè la rossa “Mi sono decisa a non essere presa in giro dalla speranza che forse, questa volta, dimostrerai davvero un barlume di umanità.”

Imperterrito, James annuì con aria saggia: “Buona idea, Snaps.”

Sirius sospirò e si voltò verso Peter: “Questa cosa può andare avanti in eterno – ti va di unirti a me truffando qualche galeone a quelli del quinto anno?”

Spara Schiocco?” chiese Peter, illuminandosi.

Ovviamente.”

Sai come barare a Spara Schiocco?” chiese Donna, chiaramente impressionata. Sirius annuì.

Possiamo unirci?” chiese Mary.

Se pensate di potervi sottrarre a questa affascinante discussione.” Sirius indicò con la testa James e Lily che stavano ancora battibeccando.

Ce la caveremo.”

I quattro si allontanarono, ma né James né Lily sembrarono accorgersene. “Oh per favore” si fece beffe l’altra “Puoi semplicemente… per il più breve dei secondi, far finta che il tuo ego  incredibilmente smisurato possa permettere all’infinitamente piccola porzione di cervello che hai di raccapezzarsi attorno al concetto che la vastità dell’universo non ruota, contrariamente alla tua detestabile evidente convinzione, intorno a te?”

Dio, Snaps, non ho bisogno di sapere la storia della tua vita! Cos’è che si dice su brevità e saggezza?”

Non citare Shakespeare a me.” (Era come se avesse bestemmiato) “Non hai il premesso di citare Shakespeare a me. Io conosco alla perfezione Shakespeare…tu sei solo un miserabile imitatore.”

Non so neanche che cosa sia Shakespeare. Si può sapere qual è il tuo problema?”

Principalmente? Principalmente sei semplicemente tu, Potter!”

La vastità della tua ipocrisia non smette mai di stupirmi e sconcertarmi, Snaps.”

L’ABC non smette mai di stupirti e sconcertarti.”

Oh, scusami…quanto hai preso ai tuoi G.U.F.O.? Erano…sette 'Eccezionale'? Aspetta. No. Quello ero io.”

Merlino mio, davvero? Credo che tu non l’abbia ancora detto a nessuno, a parte ogni persona ad intervalli di dieci minuti, da quando hai messo piede sul binario!”

Divertente” disse lui con un sorrisetto. “Almeno io ho qualcosa di cui vantarmi.”

Lily espirò pesantemente. “Tutto ciò è molto stupido” disse infine. “E non ci sto più. Non litigherò più con te. Non parlerò più con te. Ti ignorerò. Staremo tutti molto meglio se semplicemente non interagiremo.”

Per me va bene, Snaps.”

Con un’occhiata finale, Lily girò sui tacchi e si avviò verso il suo dormitorio. Si fermò prima di raggiungere le scale.

Snaps.

Si girò un’altra volta verso Potter, Lily ora sorrideva. James non sapeva perché, ma era un po’ intimidatoria (ed in qualche modo, anche fantastica). Tornò indietro verso di lui. “Gingersnaps3,” disse. Lui sbattè gli occhi. “Gingersnaps...i biscotti allo zenzero...il dolce” indicò i propri capelli. “Ginger. Snaps.” Sarcastica: “Astuto.”

James cominciò a sogghignare “Brava.”

"Indagare i recessi del tuo cervello è davvero semplice,” notò Lily con finta dolcezza. “Dovevo immaginare che riguardasse il cibo.” Si voltò di nuovo ed un’altra volta percorse la strada verso i dormitori, tenendo a mente che più tardi avrebbe dovuto dire a Donna che aveva ragione.

Vincere era bello.


 

(*)Note di traduzione - aka Capitan Ovvio.

  1. Bricks” in inglese vuol dire letteralmente “mattone”

  2. Snaps” è un termine onomatopeico per indicare uno schiocco, e per estensione viene usato come verbo con il significato di “rispondere seccamente”, “scattare”, “perdere il controllo”.

  3. I “Gingersnaps” sono biscotti dal colore rosso mattone fatti con lo zenzero, in inglese “ginger”: la parola “ginger” viene per questo usata anche per descrivere i capelli rossi. Lily pensa che James abbia scomposto il termine e usato per il suo soprannome l'ultima parte del nome, “Snaps”.



    [Potete leggere la vera origine del soprannome "Snaps" in questa one-shot]


 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Nuove Prospettive ***


Note di traduzione

Buongiorno a tutti, è Red_Ice che scrive, l'ultima (pseudo)traduttrice arrivata! Qualche nota di servizio: anche in questo capitolo troverete delle appendici per spiegare alcune traduzioni e, anche in questo capitolo, i titoli dei paragrafi sono in lingua originale perchè sono tutti titoli di canzoni dei Beatles.
Non mi resta che augurarvi buona lettura e ricordarvi che per suggerimenti, critiche e opinioni potete lasciare una recensione!
A presto!

 


Capitolo 5- "Nuove Prospettive"1
O
"Revolution"

 
Il cielo notturno era teso, un maestoso quadro di velluto nero tempestato di diamanti. Oltre la foresta, si stagliavano poche nuvole lattiginose, ed un vento gelido percorreva quelle lande: ogni filo d'erba fremeva, ogni foglia frusciava al suo passaggio. Lily chiuse gli occhi, respirando profondamente e inclinandosi ancora un po' oltre il telaio della finestra. Il freddo, il buio, le stelle, le macchie di luce nel lago vitreo erano bellissime. Erano tra le cose più belle che Lily potesse immaginare. Era innamorata di quello scenario, ma l'atmosfera doveva in qualche modo finire.
"Lily, sei sveglia?" la voce di Marlene arrivò dal suo letto, e Lily si voltò per vedere la sua amica, che la stava scrutando attraverso le cortine del letto. Era ancora in dormiveglia. "Questa è la quarta notte di fila."
Era la terza, ma Lily non ribattè. "Torna a dormire, Mar."
"Lily ..." Ma la bionda stava già obbediendo, chiudendo le tende e crollando sul suo cuscino, in modo che Lily potè sentire il debole tonfo. Sorrise debolmente.
La terza notte di fila.
La terza insonne, bellissima, insopportabile notte di fila.
La settima, quel mese.
Due settimane prima, Lily aveva visto arrivare ottobre da quella stessa finestra nel dormitorio delle ragazze, e in altre due settimane lo avrebbe -senza dubbio- osservato svanire per lasciar posto a novembre. Sospirando, Lily appoggiò il mento fra le mani e chiuse gli occhi, pregando per un po' di sonno...solo cinque o sei ore...
"Lily!" gridò una voce dall'abisso, e Lily girò la testa dall'altra parte. Non voleva ascoltarla. Non voleva essere chiamata da dov'era..."Lily, sono le otto e mezza!"
Merda.
Lily spalancò gli occhi, e Carlotta Meloni era in piedi che la sovrastava, le mani sui fianchi perfettamente sottili, mentre un sopracciglio marrone era arcuato. "Hai dormito di nuovo sul davanzale della finestra, Lily", disse Carlotta, mentre Lily inciampava per rimettersi in piedi.
"Accidenti. Le otto e mezza hai detto?"
Carlotta annuì.
"Dove sono le altre?"
"Sono andate a fare colazione tre quarti d'ora fa. Mi hanno detto di svegliarti alle otto, ma ero sotto la doccia e ..."
"No, è tutto ok."
Lily si guardò intorno nel dormitorio, cercando di trovare la divisa scolastica. Carlotta, con un lieve sorriso sulle labbra rosee, indicò il baule di Lily. "Grazie", disse il prefetto, afferrando i vestiti e dirigendosi verso la toletta. Iniziò a truccarsi.
"Sai," iniziò Carlotta, seduta su un letto: "Io starei attenta, se fossi in te."
"Che cosa vuoi dire?" chiese Lily, ponendole attenzione solo a metà. Fece passare velocemente il pennello del mascara sulle ciglia folte e nere.
"Beh, ho letto questo libro una volta, e diceva che se si sta perdendo il sonno per nessun motivo, è perché il tuo spirito sa che qualcosa sta per accadere."
Lily guardò Carlotta nel suo riflesso specchio. "Qualcosa di brutto?"
"Probabilmente", disse la bruna. "Qualcosa di grosso, questo è sicuro."
"Oh. Beh, il mio caso probabilmente non ha nulla a che fare con questo...Voglio dire, la scuola è stata davvero stressante ultimamente e tutto il resto".
"Giusto". Carlotta annuì, passandosi una mano sui lisci capelli scuri. "Sono sicura che il tuo caso non sia niente del genere." Rimase in silenzio per qualche tempo.
Lily si morse le labbra. "E tu, Carlotta? Fai...fatica a dormire?"
"Oh, no, sto bene." Ma la voce di Carlotta sembrava di un'ottava più alta del solito. "Niente di grave, considerando...sai, quello che è successo a Settembre."
Sapendo che era in ritardo, ma sapendo anche di avere qualche obbligo nei confronti della ragazza che l'aveva svegliata questa mattina, Lily incalzò: "Qual è il problema, Carlotta? C'è qualcosa che non va con la scuola?"
"No, no...è solo...una cosa stupida. Sai, problemi con un ragazzo."
"Problemi con un ragazzo? Tu? Carlotta...cara...chi ti ha mai rifiutata?"
La bruna si mise a ridere (anche in questo era perfetta). "Ho trascorso del tempo con un ragazzo durante le vacanze", iniziò, illumindandosi completamente. "È...dolce e fantastico... ma...io non sono il suo tipo".
“È gay?"
"No."
"Allora sei il suo tipo, Carlotta".
"Quindi pensi che dovrei...provarci?"
"Se ti piace, e se pensi che potresti piacergli, perché no?"
Carlotta sorrise radiosamente. "Grazie, Lily. Non posso parlare con Shelley di questo genere di cose...lei non capisce come ad una persona possa piacere qualcuno che non sia James Potter."
"Quell'ossessione non è ancora finita?" sospirò Lily. Carlotta scosse la testa.
"Ci vediamo in classe, Lily."
"Certo. Ci vediamo".
"E...Lily...Sono sicura che non accadrà niente di brutto."
Uscì a passo leggero fuori dalla stanza, e Lily la guardò allontanarsi. Una volta da sola, la rossa si guardò allo specchio e fissò il suo riflesso privato del sonno. Carlotta aveva un sacco di idee strane...questa dell'insonnia era probabilmente solo una di quelle. Era probabilmente...
Le otto e trentaquattro.
"Merda," imprecò Lily , finendo di mettersi il mascara sull'altro occhio. Se non si fosse sbrigata, qualcosa di brutto sarebbe sicuramente accaduto, nessun dubbio al riguardo...


(Something)
 

"È in ritardo", disse la McGranitt, mentre Lily si sedeva al suo banco.
"Solo di qualche minuto", implorò la Grifondoro. La McGranitt le inviò uno sguardo di avvertimento, ma non aggiunse nient'altro sulla questione.
"Come dicevo prima l'interruzione", continuò la strega più anziana, "le trasformazioni non-verbali sono particolarmente difficili. Tuttavia, mentre è più facile verbalizzare le parole, c'è meno spazio per gli errori quando si utilizza un incantesimo non-verbale. Così, tentare trasformazioni umane con le magie vocali può essere più difficile, ma non sarà mai più pericoloso. Ecco perché ho deciso che inizierete gli esercizi preliminari sulla trasformazione umana questa settimana e poi proseguirete con le trasformazioni umane non-verbali mercoledì prossimo. Ora, so che molti di voi preferiscono ancora appoggiarsi sul sostegno di dire ad alta voce l'incantesimo, ma come studenti del sesto anno, non è più funzionale che questo sia il vostro unico modo per lanciare un incantesimo. Tutti gli insegnanti implementeranno l'uso degli incantesimi non-verbali nelle loro lezioni, quando sarà possibile applicarli... " Qui, la maggior parte della classe gemette, "...e saranno richiesti nei vostri M.A.G.O. il prossimo anno. Fuori i quaderni..."
Estrasse la bacchetta e la fece scattare una volta -apparve pezzetto di gesso, e cominciò a scarabocchiare sulla lavagna. Lily tirò fuori il suo quaderno e si rivolse a Mary, con la quale condivideva il banco.
"Grandioso-Sono negata negli incantesimi non-verbali e ora li useremo in tutte le nostre classi".
"Mhm ..." Ma Mary non sembrava essere in ascolto. "Lily, chi è quel tizio che è stato così tanto in giro con Adam McKinnon ultimamente?"
Lily guardò verso l'area di interesse di Mary e notò il magro Tassorosso dagli occhi grandi che aveva trovato fuori dall'ufficio di Lathe settimane fa. "Non so il suo nome," ammise Lily. "Ma penso che lui sia il ragazzo che ha trovato Adam mentre cercava di saltare giù dal Torre di Astronomia. Ho parlato con lui solo due o tre volte. Perché me lo chiedi?" Quando Mary non rispose immediatamente, Lily aggiunse: "Non è esattamente il tuo tipo, vero?"
"No. Oh, Dio, no." Mary fece una smorfia. "Non è quello...ma mi ha mandato uno sguardo stranissimo quando stavo entrando in aula questa mattina."
"Silenzio, prego," disse la McGranitt irritata, e ogni studente che stava chiacchierando nella classe fu messo a tacere. "Grazie."
Quando suonò la campanella ad indicare la fine della lezione, Lily si alzò con gli altri e-sempre con gli altri-si accapigliò verso la porta. Il corridoio era prevedibile pieno, ma Lily non era di fretta: aveva un'ora libera e programmava di spenderla in un pisolino in Sala Comune. Si lasciò sfuggire un ampio sbadiglio e attese che il traffico si dissipasse. Aveva appena raggiunto il sesto piano, quando notò un folto gruppo di studenti raccolti attorno alla bacheca.
"Finalmente hanno pubblicato i provini per il Quidditch?" chiese ad alta voce Donna, che camminava accanto a Lily. Mary era scomparsa per andare a trovare un Corvonero con cui si vedeva, e Marlene era introvabile. "Potter ci ha fatti allenare per una settimana senza cercatore. Forza, diamo un'occhiata."
Le due ragazze si fecero strada verso la bacheca.
"Qualcuno dovrebbe staccarli via!" disse una ragazza, a bassa voce. "Se Silente li vede..."
"Sciocchezze, Silente lo saprà sicuramente," rispose un ragazzo più grande. "Non succede mai niente senza che Silente lo sappia..."
"Non essere ingenuo, Bertie”, scattò qualcun altro. "Dobbiamo staccarli via!"
"Non vedo cosa ci sia di male, comunque. È solo parere di qualcuno, tutto qua".
"Stai zitta tu, Kelly. Staccali via, Bertie. Sei un prefetto!"
"Staccare via cosa?" chiese a voce alta Lily , ma la sua domanda ricevette una risposta quando raggiunse la bacheca. Una dozzina di fogli di pergamena erano appesi, coprendo l'intera superficie, con la scritta in grassetto nero che diceva:

L'OSCURO SIGNORE AL POTERE.


Il cuore di Lily perse un battito. Poi, respirando profondamente, staccò uno dei fogli. Strappò poi un altro ed un altro, e con l'aiuto di Donna, furono tutti giù in pochi secondi. Girandosi verso gli altri, Lily disse freddamente: "Se vedete un altro di questi in giro, riferite immediatamente ad un insegnante, è chiaro?"
Tutti erano in silenzio. Alla fine, un prefetto del quinto anno chiamato Bertram Aubrey tossì forte, e disse: "Lily, stai...stai scherzando?"
"Che cosa vuoi dire?"
"Non hai visto ...?"
"Visto cosa?" chiese Lily con impazienza.
"Le...Le scritte". Indicò alla fine del corridoio. Il muro perpendicolare al corridoio in cui si trovavano era coperto, dal pavimento al soffitto, con delle scritte. Il Signore Oscuro al potere.
"Sono anche nella nostra Sala Comune" si fece avanti uno studente del secondo anno.
"Perché gli insegnanti non li hanno visti?" chiese Lily
"Non erano qui questa mattina," disse loro qualcuno. "Li ho notati solo dopo la prima ora."
"Anch'io".
"Sì, lo stesso vale per me."
"Qualcuno dovrebbe dirlo agli insegnanti", disse Donna.
"Saranno in classe", rispose Bertram. "La campana suonerà da un momento all'altro."
"Non credi che potrebbero pensare che vale la pena perdere un po' di lezione per questo?" chiese Lily seccamente. Bertram arrossì. “Va bene, gente-andate alla vostra prossima lezione. Noi abbiamo un'ora libera ora; lo diciamo noi agli insegnanti."
La folla si disperse lentamente. Lily si rivolse a Donna. "Ho un lavoro per te, e non ti piacerà, ma se ti può consolare, non mi godrò il mio lavoro più di te."
Donna aggrottò la fronte. "Quest'antifona non mi piace per niente".
Toc, toc.
Il pugno di Donna toccò in fretta la porta dell'ufficio, e un attimo dopo, una voce stanca da dentro chiese: "Sì?"
Aprì la porta ed entrò. Jack Lathe era seduto alla sua scrivania, una mano nei capelli e l'altra a sfogliare una grande pila di carte.
"Posso aiutarti?" chiese, senza alzare lo sguardo dal suo lavoro.
"C'è qualcosa che...ehm...che sta accadendo a scuola, qualcosa che ho pensato fosse necessario farle presente".
"Ha a che fare con l'inchiesta sulla signorina Meloni, il signor McKinnon, e ..."
"No."
"Allora perché dovrei saperlo?" chiese, alzando gli occhi e alzando le sopracciglia. Donna tirò fuori un foglio piegato dalla tasca e, aprendolo, lo pose sulla sua scrivania. Le quattro parole nere guardarono dal basso Lathe, e lui fissò loro. Poi incontrò gli occhi di Donna e chiese, molto serio: "Dove?"
"Ovunque".
Lathe si alzò in piedi, afferrando un mantello e gettandolo sulle spalle. "Qualcuno ha già informato Silente? Il corpo insegnanti?"
"Qualcuno ... qualcuno sta informando Silente in questo momento."

(Don't Let Me Down)

Era la più tranquilla passeggiata che James aveva mai fatto, quel viaggio verso l'ufficio di Silente. Il passo di Lily era a ritmo sostenuto, senza dubbio con il duplice scopo di raggiungere rapidamente l'ufficio del Preside e mantenendosi a distanza della sua compagnia. Il silenzio tra loro era troppo spesso e scomodo per essere anche imbarazzante. Era solo silenzio. Raggiunsero la statua del grifone, che ogni studente sapeva essere l'ingresso dell'ufficio di Silente.
"Va bene, allora," chiese Lily, dopo un momento. "Stai per...sai...?"
"Oh, giusto." James pensò brevemente. "Rospi alla Menta", disse alla fine. Aspettarono. Il grifone rimase fermo.
Le mani di Lily trovarono la strada per i suoi fianchi. "Pensavo che avessi detto di poter entrare"
"Era la parola d'ordine della scorsa settimana!" rispose James sulla difensiva. "E non parlarmi in questo modo. Sei spuntata fuori e mi hai trascinato fuori da una perfetta partita a scacchi ..."
"Remus ti stava stracciando, e questa cosa è più importante. Inoltre, mi hai mentito..."
"Non ti ho mentito, Snaps. Mi hai chiesto se sapevo come entrare nell'ufficio di Silente -cosa che so- e se sapevo la parola d'ordine -cosa che pensavo di sapere."
Lily scosse la testa. "Bene. Ok, torna ai tuoi preziosi scacchi, io andrò a cercare la McGranitt."
James incrociò le braccia. "Ti stai già arrendendo? Patetica".
"Cosa?"
"Così non so la password! E allora?"
"E allora non possiamo entrare"
James inclinò la testa. "Oh, donna di poca fede". Si voltò verso il grifone. “Lumache Gelatinose.” Non successe nulla. "Bacchette alla liquirizia. Piperille. Cioccocalderoni...Calderoni alla Vaniglia. Ehm.."
"Davvero, Potter? Sarebbe questo il tuo piano?"
"Smettila di rompere e aiutami."
Lily si accigliò. "Topoghiacci," disse. Non successe nulla."Che cosa stupida. Vado dalla McGranitt."
"Dopo aver provato così tanto ad indovinare la parola d'ordine?" chiese James con sarcasmo. "Scarafaggi a Grappolo? Davvero, Snaps, almeno provaci."
"Va bene. Fatine Zuccherose".
"Non male. Pluffe Caramellate".
"Fildimenta Interdentali".
"Volgare. Pallini Acidi".
"Draghi al Cioccolato Nero."
"SuperPallaGomma di Drooble."
"Gelatine Tuttigusti +1."
"Piume di Zucchero."
"Mosche al Caramello."
Il grifone scricchiolò. Lentamente, cominciò a girare, aprendosi e rivelando una scala. James fece un inchino. "Congratulazioni, Snaps".
Lily sorrise. Poi si fermò. "Smettila," ordinò. Lui alzò le sopracciglia.
"Smettila di fare cosa?"
"Di fare il simpatico."
"Vuoi che sia odioso?"
"Voglio che tu sia coerente".
"Quando sono odioso?"
"Non ho intenzione di degnare questa domanda con una risposta."
James si strinse nelle spalle. "Ok. Come ti pare”. E così, tornò il James lunatico. "Ci si vede in giro, Snaps". Con le mani in tasca, cominciò ad andarsene.
"Non-Non vieni da Silente?" lo richiamò Lily.
Lui si fermò, guardandola apatico. “Che me ne importa se qualche idiota Serpeverde sta mettendo su una propaganda per Voldemort? Le parole feriscono ma non uccidono, no?" C'era traccia di quel sorriso storto sul suo volto mentre iniziava ad andarsene.
"Pensavo si chiamasse 'difendere i propri ideali'" discusse Lily. James scosse la testa.
"No. Hai fatto confusione... si chiama 'scegliere le proprie battaglie.'"
"Credo che non finiremo mai per scegliere le stesse battaglie, io e te", disse Lily.
"Io non credo."
 

(A Day in the Life)

“Hai dormito bene Lily-Flower2?”
Fu così che esordì Luke, mentre la coppia sedeva assieme in biblioteca il venerdì sera. Lily alzò lo sguardo verso il suo ragazzo, mordicchiandosi il labbro. “Perché me lo chiedi?”
“Marlene mi ha detto che sei stata sveglia a lungo,” rispose prendendogli la mano.
“Oh. Oh, giusto, sì, ho sofferto un po’ di insonnia, tutto qui.”
“C’è qualcosa che non va?”
Lily capì che Luke voleva parlare, perciò non avrebbe avuto alcuna possibilità di finire il suo saggio di Trasfigurazione in quel momento. Mise da parte il libro e affondò il mento tra le mani, i gomiti appoggiati sul tavolo che la coppia condivideva. “Penso che sia un po’ di stress scolastico. E con questi messaggi che sono apparsi per tutta la scuola, è un po’ spaventoso, sai?”
“Non dovresti lasciarti coinvolgere” disse Luke “Davvero, Flower, è una cosa senza senso, per un paio di tipi troppo entusiastici e vecchio stile che vanno in giro.” Capendo che il problema era di così scarsa importanza, Luke tornò a fare i suoi compiti. Lily però non era per niente soddisfatta.
“Luke” cominciò lentamente “Il movimento dei Mangiamorte è qualcosa di più di pochi tipi troppo entusiasti e vecchio stile che se ne vanno in giro attaccando pezzi di carta sulle bacheche…lo sai questo, vero?”
“Mmm…certo. Dimmi, sai quale delle tre pozioni può essere usata per calmare i sintomi della varicella di drago?”
“Luke,” insistè la sua ragazza scaldandosi “Questo mago, Voldemort…è serio. E ha abbastanza supporto per poter rappresentare una seria minaccia alla…”
“Lily, i suoi sostenitori sono una manciata di vecchi maghi ricchi ed alcuni adolescenti dalla testa calda. Non hai niente di cui preoccuparti.”
“Ho tutto di cui preoccuparmi.” Protestò Lily. “Luke, queste persone hanno un serio supporto. Lo sapevi che prima che queste uccisioni cominciassero, il quarantadue percento della popolazione magica, ha detto di pensare che Voldemort avesse le idee giuste?”
“Sono solo statistiche, Flower.” Accarezzandole la mano con fare rassicurante “Davvero, devi capire che molti maghi pensano che il nostro mondo sarebbe migliore se tutti fossero uguali, non puoi esattamente biasimarli per questo…”
“Uguali,” gli fece eco Lily freddamente. “Purosangue, vuoi dire? Non siamo tutti uguali, Luke. È la vita. Cosa dovremmo fare – uccidere i nati babbani?”
“No, Lily certo che no, no!”
“Silenzio in biblioteca!” sbottò la bibliotecaria, La signora Sevoy, passeggiando tra i loro tavoli, Abbassarono i toni, e Luke continuò:
“Ovviamente è impossibile rendere tutti uguali,” sussurrò “ma sarebbe tutto più semplice se ci fosse qualche modo…” Lily aprì la bocca per protestare, ma lui continuò “se ci fosse un modo per rendere tutti purosangue…o fare in modo che nessun babbano erediti tratti magici, non ci sarebbero più preoccupazioni nel nostro mondo. Devi capire come sia attraente per certe persone, Flower.”
Lily si prese un momento per ritrovare la voce. “Luke” disse, lentamente, perché non sentiva così tanta rabbia dentro di lei da molto tempo, “Se nessun babbano, come la metti tu, potesse ereditare tratti magici, io non sarei seduta qui in questo momento.”
“Bè, ma è tutto ipotetico, perciò che importa? Tu sei seduta qui ora…questa è la cosa importante.” Le sorrise benevolo.
Non è ipotetico –scusi, signora Sevoy- non è ipotetico, non capisci? Si sta mettendo in pratica…Voldemort…i Mangiamorte…questa è la manifestazione di queste idee. E non puoi rendere tutti uguali…le persone hanno sempre delle differenze…d’intelligenza, di talenti, di opinioni. Questo è ciò che significa essere umani…sfumature, imperfezioni…”
“Ma Lily” disse Luke, come se parlasse a una bambina, “noi non siamo semplicemente umani. Siamo magici. Siamo maghi e streghe…è qualcosa di diverso dall’essere semplicemente umani.”
“Siamo comunque imperfetti” disse Lily, il suo tono di voce era completamente glaciale, questa volta. Si alzò dal tavolo.
“Dove stai andando Lily-Flower?” chiese il Corvonero, sinceramente confuso.
“Mi è...mi è venuta improvvisamente fame. Vado a cena.”
“Ma non sono neanche le cinque e mezza!”
Ma Lily cacciò le sue cose scolastiche nella borsa dei libri e corse via dalla biblioteca. Camminava a passo svelto per i corridoi, non era neanche molto sicura di dove fosse diretta. Come poteva una persona essere così ottusa? Come poteva fraintendere completamente il mondo? Come poteva davvero credere che la magia avesse dissolto le colpe delle specie? Come poteva essere così inconsapevole di tutto? Stava quasi correndo quando raggiunse il terzo piano, e fu lì che notò un vasto gruppo di studenti del quarto anno che stavano chiacchierando ad alta voce. Il prefetto rallentò in un tentativo di riacquistare compostezza, e quando passo dal gruppo, sentì il suo nome.
“Lily!” un ragazzo con i capelli ricci che Lily riconobbe come il fratello più piccolo di Alice Griffiths, corse verso di lei “Lily, ce ne sono altri…”
Indicò la bacheca, che era stata fino a quel momento oscurata dagli studenti del quarto anno. Con la stessa pergamena bianca e inchiostro nero, un nuovo messaggio recitava a chiare lettere:

IL SIGNORE OSCURO STA ARRIVANDO A HOGWARTS.

Quando Lily trovò la McGranitt cinque minuti dopo, al piano terra, la professoressa già sapeva. “Ce ne sono per tutto il castello” sospirò la professoressa stanca. “Li stiamo togliendo, ora. Se qualcuno va nel panico, provate a calmarlo o mandatelo dal guaritore Holloway per una pozione. Mi dispiace molto, Lily, ma devo andare…”
La McGranitt, scivolò via, verso le scale di marmo. Lily non l’aveva mai vista tanto pallida.
Ora, da sola con un gruppo di altri studenti, la rossa cercava qualcuno dei suoi amici. Localizzò Alice Griffithe e Frank Paciock vicino alla Sala Grande e si fece strada verso di loro.
“Frank ed io li abbiamo visti per primi” spiegò Alice “Stavamo tornando dall’infermeria – Frank aveva mal di testa- e li abbiamo visti su tutto il muro fuori. Lo abbiamo detto noi alla McGranitt…”
“Come sono potuti apparire per tutto il castello in pieno giorno?” Si chiese Lily. Alice tacque e Frank scosse la testa. Sospirando, Lily seguì la coppia nella Sala Grande. Sapeva già che quella sera il sonno non sarebbe arrivato.


(It won’t be long)

PRESTO, LA PUREZZA DI SANGUE

“Bè devi ammettere,” sottolineò James Potter, leggendo l’ultimo messaggio, apparso a pranzo di Lunedì “che non è minaccioso come gli altri.”
Lily guardò alle sue spalle, dove stava James, abbandonato casualmente al muro e accartocciò il foglio che aveva tirato giù. Lo staff stava già rimuovendo tutti gli altri con la magia.
“Infatti” continuò 
lui, quando lei si allontarnò lungo il corridoio, e la seguì un passo dietro, “Se la togli completamente dal contesto, potrebbe essere un piccolo simpatico riferimento al curare malattie o qualcosa del genere: presto, il nostro sangue sarà senza malattie…”
“Cosa vuoi, Potter?” chiese Lily con un sospiro.
“Principalmente, mi diverto a tormentarti,” ammise. Lily non disse niente, “Dimmi, Snaps, cosa c’è che non va?”
Lily si fermò. Distese la pergamena e lesse ad alta voce “Presto, la purezza di sangue. Merlino, Potter, cosa pensi che ci sia che non va?”
“Non sto parlando di questo…sembra che tu non dorma da un anno.”
“Hai parlato anche tu con Marlene, quindi? Vorrei che la smettesse di dire a tutti quelli che vede che…”
“Marlene non mi ha detto una parola. Hai solo un aspetto schifoso, tutto qua.”
“Che dolce.”
“Lo dicevo per te.”
Svoltarono l’angolo, dall’altra parte del quale c’erano la Professoressa McGranitt e Jack Lathe – l’Auror-  in piedi a discutere a bassa voce. Lily li aveva adocchiati prima che loro avessero avuto  l’opportunità di vederla e la giovane strega immediatamente  tornò sui suoi passi e trascinò James con sé.
“Dio, Evans, non mi offri neanche una cena prima di saltarmi addosso?”
“Shhh!” lo zittì, sbirciando oltre l’angolo.
“Che cosa stai facendo?” sussurrò James.
“Origlio”
“Mmm…di classe”
“Shhh!”
Lily si avvicinò un po’ di più all’angolo. “Minerva, capisco la sua posizione” stava dicendo Lathe “Ma davvero non credo che rientri nel campo delle mie indagini. Questi messaggi sono scherzi di ragazzini…malati e distorti, sì, ma sono quasi certo che non siano pertinenti alla mia indagine.”
“Quasi, signor Lathe.” Disse la McGranitt
Non posso. Non ho neanche un indizio sulla prima indagine…”
“Forse questo potrebbe essere un indizio.”
No.”
“Signor Lathe…”
“Senta, Professoressa McGranitt, se dovessi ritenere di avere tempo per dare un’occhiata alla faccenda, io…”
“Grazie”
Si sentì il ticchettio delle scarpe della McGranitt sul pavimento di pietra affievolirsi sempre di più. Lily sbirciò oltre l’angolo, appena in tempo per vedere Lathe venire nella loro direzione. Si girò indietro di scatto oltre l’angolo, ma Lathe continuò passando oltre, senza degnarli di uno sguardo.
James la guardò. “Di solito, Snaps, quando si origlia, si cerca sempre di scovare informazioni che non siano completamente stupide ed inutili.”
“È per questo che tutto quello che dici è stupido e inutile?” chiese Lily dolcemente. “Per evitare chi origlia?”
Sicura che né la McGranitt, né Lathe erano nei paraggi, Lily si incamminò ancora una volta nel corridoio. James la seguì.
“Sai che cosa mi sembra strano?” rifletté con le mani in tasca ed un’espressione pensierosa, ma di momentaneo interesse. “Il fatto che questi messaggi appaiano in pieno giorno, ad orari completamente casuali, e nessuno li ha ancora visti mentre li mettevano. Non sono stati beccati ad affiggerli neanche una volta, infatti.”
Lily era in silenzio, perciò lui continuò, con lo stesso tono apatico e pratico. “Questo mi fa pensare che li mettano durante la notte, sai? Sì, chiunque lo stia facendo, esce furtivamente nel cuore della notte – evadendo il personale ed i pattugliamenti del ministero, -anche perché sono complessi quanto il regime di igiene dei capelli di Mocciosus- e li fanno sparire…in modo programmato, così possono riapparire nell’esatto momento in cui lui, lei o loro vogliono.” James lanciò un’occhiata a Lily con la coda dell’occhio, sapendo che adesso aveva la sua completa attenzione.
“Ci hai pensato.” Lo accusò. “Pensavo che avessi detto che non ti importava di un po’ di stupidi fogli di propaganda.”
“Non mi importa” disse subito. “Neanche un po’. Naturalmente, a qualcuno a cui importi, anche solo un pochino, probabilmente vorrebbe dare un’occhiata in giro dopo il coprifuoco.”
“Quella persona,” rispose Lily, smettendo di camminare e girandosi per guardare in faccia Potter, “dovrebbe possedere un’approfondita conoscenza del castello e delle ronde a quanto pare poco complesse, così non verrebbe beccata in giro.”
“Questi lui o lei dovrebbero, sì” ne convenne James,
“Mi chiedo dove si potrebbe trovare una persona simile…una persona con sia la motivazione che l’esperienza, ecco.”
“Certamente, è una rarità.”
“Ma non è impossibile.”
“No, non è impossibile.”
Stettero in piedi, in un temporaneo cessate il fuoco. Alla fine Lily continuò: “Perciò, io continuo a credere che se qualcuno possedesse già l’esperienza, la motivazione sarebbe facilmente...istigata...in questa persona”
“Mi permetto di dissentire. Credo che se qualcuno avesse le giuste motivazioni, tutto quello dovrebbe fare è chiedere a qualcuno con l’esperienza per un piccolo instradamento.”
James fece una specie di mezzo sorriso e scosse la testa. “Non mi sembra così.”
Lily annuì. “Me l'aspettavo.”
“Davvero?”
"Già…certe persone tendono a scegliere battaglie differenti.”
 

(Hello, Goodbye)

Lily prese il suo posto alla lezione di pozioni del martedì, impreparata per qualsiasi dramma potesse verificarsi in classe. Era, comunque, sufficientemente sorpresa, quando a prendere l’altra metà del banco non fu Mary MacDonald, ma Severus Piton. Lily alzò lo sguardo in tempo per vedere Mary che stava cercando di svignarsela.
“Mary.”
“Lily,” disse la bruna, voltandosi lentamente, “Ho pensato che potesse essere una bella cosa per te e il tuo…amico…” riuscì a stento a dire quella parola “risolvere la faccenda una volta per tutte.”
Lily si acciglio. “Quanto ti ha dato per farsi dare il tuo posto?”
Lily, io…”
“Mary.”
“Cinque-galeoni-non-mi-odiare-ho-davvero-bisogno-di-un-paio-di-scarpe-nuove.” Sorridendo speranzosa, Mary scappò alla ricerca di un altro posto a sedere e Lily evitò il contatto visivo con il suo nuovo compagno di banco. Cominciò a disfare le sue attrezzature di pozioni, la sua espressione era cupa.
“Lily, devi parlarmi.”
“Bè è lusinghiero sapere di valere dieci galeoni, comunque”
“Così, questo è tutto – non…non mi perdonerai mai?”
“Ti ho perdonato. Sei perdonato. Va avanti.”
“Questa non sei tu.”
“Bè, ho sentito che i sanguesporco possono essere assolutamente imprevedibili a volte, Sev.”
“Non dire così. Sembri…una di loro.”
Lily lo guardò. “Una di chi? Che cosa vorresti dire?”
“Non lo so…è che…sembravi…suonava come qualcosa che avrebbe detto uno...dei Malandrini.” Lily notò che il suo amico di vecchia data gettava un’occhiata poco amichevole verso i quattro Malandrini, che sedevano dall'altra parte della classe. La strega Grifondoro alzò gli occhi.
“Che cosa stupida.” Insisté. Severus non disse niente, e con l’arrivo del professor Lumacorno, la lezione proseguì per qualche tempo senza la necessità o la possibilità di fare conversazione.
Alla fine della lezione teorica il professore di Pozioni diede istruzioni agli studenti per cominciare a preparare il loro Decotto Tiramisù.
“Ascolta Lily,” disse Piton, appena la ragazza cominciò ad organizzare i suoi ingredienti (facendola sentire come se fossero tornati ai vecchi tempi), “Sono solo preoccupato per te, tutto qua”
“È facile essere preoccupato per me il giorno in cui Mulciber è in infermeria per un raffreddore.”
“Non è questo” sbottò Severus. “Sono i messaggi che sono stati appesi in tutta la scuola…dovresti stare attenta, con le cose che stanno succedendo. Stai...solo attenta.” Lily rimase in silenzio per un po'.
“Sai niente di quei messaggi?” chiese infine. “Voglio dire, hai idea di chi sia il responsabile?”
“Sembra che tu sia convinta che io lo sappia.” Rimarcò l’altro, in qualche modo risentito.
“Non sarei sorpresa se
 il responsabile fosse qualche membro della tua casa, tutto qua.” Replicò Lily. “Quindi…ne sai qualcosa?”
L’espressione di Severus era molto amara. “Non siamo amici, Lily. Continui a ripeterlo. Ed ora...ora che vuoi qualcosa, mi parli. Ti sembra giusto?”
“Non avevo realizzato che per te fare la cosa giusta è qualcosa di condizionato alla nostra amicizia,” replicò la Grifondoro. “Dimenticalo e basta, Severus. Non c’è niente da aggiungere.”
Il professor Lumacorno si fece lentamente strada tra i banchi, la sua faccia matura quasi si illuminò con anticipo non appena sbirciò nei calderoni. “Eccellente, eccellente.” Mormorò con orgoglio. “È così bello rivedervi di nuovo assieme a fare pozioni. Il dream team riunito, finalmente. Continuate il vostro eccellente lavoro.” Sorridendo, si mosse verso il prossimo banco. (Sul serio, Signor Cattermole, deve imparare ad aggiungere i suoi ingredienti nella giusta sequenza!).
Lily nel frattempo prese un contenitore di foglie verdi sbriciolate e cominciò ad aggiungere una piccola porzione degli ingredienti nel suo calderone.
“Stai aggiungendo la radice di luna troppo presto,” la informò Severus.
Lily scosse la testa. “Non importa se la lasci in infusione dieci minuti o se aggiungi la radice di luna immediatamente,” disse. “Non nel Decotto Tiramisù.”
“Gli altri ingredienti non stuferanno nel modo giusto.” Argomentò il Serpeverde.
“Lo faranno, invece. L’ho provato.”
Lui la guardò, sorpreso. “Hai già fatto il Decotto Tiramisù prima d’ora?”
Annuendo: “Diverse volte. È utile. Quando sta arrivando la stagione fredda, non devi correre in Infermeria tutto il tempo.”
Anche Severus annuì. Rimase in silenzio per il resto della lezione, e benché, al suono della campanella, Lily lo notò cercare gli occhi di lei mentre radunava i suoi ingredienti, la Grifondoro non fece nessun altro tentativo per iniziare una conversazione con lui.
 
 

(Act Naturally)

 
"E ancora una volta, se qualcuno ritiene di avere informazioni su questi terribili, terribili messaggi," gracchiò la professoressa Babble, la strega di mezz'età che insegnava Antiche Rune, "Spero che si faccia avanti."
L'ultima minaccia era apparsa il martedì pomeriggio.
 

LA PENITENZA SI AVVICINA PER I SANGUESPORCO E I TRADITORI DEL PROPRIO SANGUE.

 
La campanella suonò indicando la fine dell'ora, e Lily e Donna cominciarono a raccogliere i loro libri ed appunti. "Com'è possibile che qualcuno in questa classe abbia informazioni sui messaggi?" beffeggiò Donna, lanciando il suo zaino sulla spalla. "A parte noi, ci sono solo Corvonero bacchettoni e Tassorosso sfigati. E Lupin, ovviamente."
Lily sorrise debolmente. "Vorrei che qualcuno sapesse qualcosa, però. Lo so che è stupido, ma non riesco a smettere di essere un po' preoccupata per tutta questa faccenda."
"Hai ragione," concordò Donna, "è stupido." Cominciarono a scendere le scale. "Beh, perché non lo chiedi a Piton? Lui potrebbe sapere qualcosa."
"Credici o no, in un certo senso gliel'ho chiesto. L'ha tirato fuori lui l'argomento," aggiunse in fretta, "Ma ho insinuato in modo non-tanto-sottile che pensavo che lui potesse sapere qualcosa."
"Cosa ha detto?"
"Che lo stavo usando," replicò il prefetto.
Donna alzò gli occhi al cielo. "Come se a lui importasse."
"Odio gli uomini, in questo momento," concluse Lily, incrociando le braccia. "Sai, credo di essere in conflitto con ogni maschio nella mia vita adesso."
"È per questo che sei stata così fredda nei confronti del Principe Scintillante?" le chiese la sua amica.
"Credo che tu voglia dire Luke?"
"Sì."
Lily annuì. "Mi piaceva di più quando non parlava di politica. Poi, con Sev che si comporta meschinamente durante Pozioni, e James Potter che si comporta da… James Potter. Detesto davvero gli uomini."
"Benvenuta nel club, genio," replicò Donna. "Cosa mi dici di Adam McKinnon? Frank Paciock? Non puoi odiarli tutti."
"Non posso," ammise Lily. "D'altra parte, non sono tanto contenta di Frank al momento. Si sta comportano in maniera strana. Prima, pensavo che avesse problemi con Alice, ma poi all'incontro dei prefetti l'altro giorno era così… teso."
"Non avevo notato nulla."
"Scioccante."
Donna colse il sarcasmo e mise su il muso. "Oh, a proposito, stai andando nella Sala Comune?"
"Muoio di fame," disse Lily, "Penso che andrò direttamente in Sala Grande… porterò i miei libri su al dormitorio più tardi."
"Per me va bene." Continuarono la discesa, incontrando Marlene, Miles, e Mary nella Sala d'Ingresso, poiché il gruppo era appena tornato da Cura delle Creature Magiche.
"Grazie a Dio," sospirò Mary, avvistando Donna e Lily. "Sanità mentale in arrivo!" Lily le lanciò uno sguardo inquisitorio, e Mary mosse la testa verso i suoi due compagni.
"Per la sedicesima volta," stava dicendo Marlene al suo ragazzo, "mi dispiace. Non sapevo che lo avessi già nutrito, altrimenti non lo avrei fatto!"
"Beh avresti dovuto chiedere!" ribatté Miles. "Ha vomitato su tutte le mie scarpe!"
"Beh mi dispiace! È stato un incidente!"
"Dire 'è stato un incidente' non risolve nulla," replicò. "Cristo, Marly, c'è una ragione per cui non sei a Corvonero. Ci vediamo dopo." Miles entrò amaramente nella Sala Grande.
Gli altri furono silenziosi per un minuto. "Marlene," cominciò Mary con calma, ma la bionda non voleva sentirla.
"Non…non dirlo per favore. Io…Non sono affamata. Ci vediamo nella Sala Comune." Con ciò, Marlene si affrettò sulla scalinata di marmo.
Quando fu andata, Donna sembrava confusa. "Siamo autorizzati a dire queste cose a Marlene adesso? Perché ogni volta che io dico qualcosa del genere, Lily mi dice di stare zitta…"
"È folle," grugnì Mary, mentre le ragazze si dirigevano al tavolo di Grifondoro. "Qualcuno deve dire qualcosa a Marlene. Non può semplicemente tollerare quest'assurdità."
"Glielo diciamo in continuazione," le ricordò Lily. "Beh… Donna lo fa, comunque. Non è stupida. Deve capire che Miles è un cretino…"
"Onestamente," sospirò Donna. "È come se il femminismo non fosse mai successo. Non vedo perché le adolescenti sentano il bisogno di gettarsi completamente in queste stupide, immature relazioni."
"Sesso, principalmente," le disse Mary.
"Non hai bisogno di avere una relazione per fare sesso," replicò Donna.
"E tu chiami me puttanella."
"Io non sono una…"
"Smettetela di litigare," disse Lily. "Comincio a pensare che tu abbia ragione, Mary."
"Sul fatto che Donna sia una puttanella?"
"Io non sono una…"
"No, su Marlene," la interruppe Lily. "Forse dovremmo dirle qualcosa su… oh, ciao, Adam." Arrossendo leggermente, Lily sorrise ad Adam McKinnon, mentre si sedeva di fronte alle tre ragazze.
"Ciao," replicò lui. "Questo…questo posto non è riservato per nessuno, vero?"
"No," disse Mary.
"No, non lo è," concordò Donna. "Infatti, potrebbe essere un bene che tu ti sieda qui, perché stavamo proprio dicendo come…"
"Come non abbiamo parlato con te da un po'," si inserì Lily. "Intendo…come stai? Come va…la vita?"
Mary soffocò un attacco di risate; Donna sembrava sconcertata.
"Oh, sto bene. Tutto è tornato alla normalità, più o meno." Si servì delle patate. "Allora… ehm… dov'è Marlene? Non sta saltando 
di nuovo la cena per quella stupida dieta, vero?"
"Sì," disse Mary, mentre Donna provava a dire 'No'. "Sì, Marlene e la sua… stupida dieta. Stavamo… pensando di portarle la cena più tardi, in realtà. Costringerla a nutrirsi… potrebbero esserci degli aghi coinvolti."
"Davvero?"
"Quelle buone tra noi sì."
Adam ghignò. "Beh, posso farlo io. È su nella Sala Comune, dite?"
"Probabilmente," disse Lily. Lui afferrò un piatto.
"Pensate che vorrà del pane?"
"No, non mangia pane," gli disse Mary.
"Cosa ne dite del dessert?"
"Non mangia i dessert," disse Lily.
"Verdure?"
"Se sono crude."
"Quella ragazza è fuori," notò Adam, ma 'fuori' non suonò come la parola che voleva utilizzare. Quando finì di comporre un pasto, Adam salutò e si diresse fuori dalla Sala Grande.
"Perché gli hai mentito?" chiese Donna. "Sono così confusa da questo 'linguaggio da ragazze' che usate."
"Non potevamo dire ad Adam che Miles si è comportato da cafone con Marlene," disse Lily. "La umilierebbe."
Mary sospirò, appoggiando il mento sulla sua mano. "Credo che quel ragazzo non abbia un solo difetto. Penso che lui sia assolutamente perfetto. Giuro, se Mar non ci va a letto presto, lo farò io."
"Puttanella," disse Donna.
"Stai zitta."
 

(With a Little Help From My Friends)

 
"Ci sto," disse Sirius.
"Anche io," disse velocemente Peter. 
"Beh, ovviamente ci sto," disse Remus. "Stiamo per fare qualcosa di utile per una volta. Come potrei starne fuori?"
"Ignorando la considerazione di Moony..." disse James, tirando fuori il suo mantello e mettendo le sigarette sulla scrivania del dormitorio, "Bene. L'unico problema è che non sono sicuro che entreremo tutti sotto il Mantello dell'Invisibilità. Siamo cresciuti un po' dal primo anno."
"Ha ragione," disse Sirius. "Dovremmo dividerci."
"Il castello sarà buio," la buttò lì Peter. "Pensi che un incantesimo di disillusione ci nasconderebbe?"
Remus disse che pensava di sì. "Poi, se c'è più di una persona da seguire, Wormtail ed io potremmo seguirne una, mentre Prongs e Padfoot prendono l'altra."
"Eccellente," disse Sirius. "Tra quanto tempo dovremmo andare?"
"Aspetta un secondo," si intromise Peter, "come facciamo a sapere che questa è la notte da controllare? Dico, è stato tutto piuttosto casuale, fino ad ora."
James scosse la testa, indifferente. "È stasera, fidati." Si sedette sul suo letto, appoggiato sul bordo e scavando nel suo baule in cerca di qualcosa. Dopo un po', il Malandrino localizzò l'oggetto della sua ricerca. Tirò fuori un pezzo di pergamena piegato. "Tanto per iniziare–non sappiamo quando succederà. Dovremmo usare la mappa." Scosse la pergamena in dimostrazione.
"Come un pedinamento," disse Sirius, eccitato. Strappò la mappa dalle mani del suo amico. "Sembra divertente. Quando cominciamo?"
_____________________________________________________
_____________________________________________________________________________________________________

"Questa cosa non è divertente," sospirò Remus, massaggiando il suo collo irritato. "Prongs, non avevi menzionato di aspettare nella classe di Storia della Magia. Puzza come una casa di riposo qui dentro."
"L'obitorio di una casa di riposo, in realtà," si inserì Sirius, mentre stava sdraiato sulla scrivania del professor Binns.
"È il posto ideale," replicò James. "È il quarto piano–proprio vicino alle scale. Se qualcosa compare sulla mappa, saremo in grado di arrivare velocemente."
Peter sbadigliò. "Sono le due e mezza di mattina," disse. "Sei sicuro che sia stasera, Prongs?"
"Sì." Ma la sua confidenza in quell'affermazione cominciava a vacillare. James abbassò lo sguardo sulla mappa sulla scrivania davanti a lui. L'immagine rappresentata su di essa era perlopiù immobile, con poche eccezioni. I punti che rappresentavano Argus Gazza e Rubeus Hagrid continuavano a vagare per i corridoi (lontani dalla classe di Storia della Magia).
"Nessuno di nuovo ha lasciato la sua Sala Comune?" chiese Sirius, disegnando immagini nell'aria con la sua bacchetta. 
"No," disse James. "Missy Lewis e Daniel Strout hanno appena lasciato il loro ripostiglio sul secondo piano e tornano a Tassorosso."
"Già?" rise Sirius. "Ci sono entrati solo due minuti fa. Ricordami di prendere in giro Strout più tardi."
Persino a Remus venne da ridere all'affermazione. "Ascolta, Prongs. Magari dovremmo stabilire una scadenza. Se non succede nulla per le tre…"
"Lo vedo."
"Cosa?"
Sirius rotolò giù dalla scrivania, e gli altri due Malandrini si alzarono per raggiungere James vicino alla mappa. "Dove?" chiese Peter. James indicò.
"Roland Urquhart?" chiese Remus. "Qualcuno di noi lo conosce?"
"È del settimo anno," riferì Sirius. "Ha fatto il provino per la squadra di Quidditch di Serpeverde nel nostro… cos'era? Quarto anno? Quello è stato l'anno in cui abbiamo spiato i loro provini, che, come risultò, è una dannata perdita di tempo, perché 
 non accade nulla di interessante. Questo tizio, Urquhart, non è entrato in squadra. Era negatissimo nel volo. Ha anche chiesto di uscire a mia cugina Narcissa una volta, ma lei lo ha rifiutato."
"Sai qualcosa in cui lui non ha fallito?" chiese Remus, divertito.
"Beh, fino ad ora ha confuso giusto un po' il corpo insegnati," disse James.
"Non sappiamo se sta facendo qualcosa di male," disse lentamente Moony, "Voglio dire, magari è solo uscito per una passeggiata, e…"
"Lo seguo," lo interruppe James, raccogliendo il suo argentato Mantello dell'Invisibilità.
"Colpevole fino a prova contraria, Prongs?"
"Giusto, Moony."
Remus cominciò a protestare, ma Sirius indicò la mappa. "Guarda come si muove, Lupin… si sta fermando al secondo piano…" il punto etichettato Roland Urquhart infatti si fermò per circa trenta secondi, prima di muoversi per il corridoio in gran fretta.
"Hai ragione… dovreste seguirlo," cedette Lupin. "Hai lasciato l'inchiostro e la pergamena per la lettera?"
James indicò un banco dove i suddetti oggetti erano poggiati. "Cominciatela voi. E tenete uno degli specchi a due vie, così possiamo dirvi esattamente dove scrivere, ok?"
"Va bene," disse Peter.
Sirius aiutò James a sistemare il Mantello dell'Invisibilità. "Voi due siete in grado di lanciare correttamente l'incantesimo di disillusione? Volete che lo facciamo noi, così potete usare il mantello?"
"Non siamo bambini," ribatté Remus. "Andate. E portate la mappa."
"Portatela voi," replicò James, spingendo la Mappa del Malandrino nelle mani di Moony. "Sono stato a fissarla per ore. Ho memorizzato le ronde di guardia. Ne avrete più bisogno di quanto ne avremo noi."
"Ma voi avrete bisogno di rintracciare Urquhart. Cosa succede se lo perdete?" James si accigliò, realizzando che Remus aveva ragione. "Non ti preoccupare, anche io sono stato attento. Penso di aver imparato le ronde."
"Muovetevi," disse Sirius. James prese un angolo del Mantello dell'Invisibilità e lo gettò attorno a se ed al suo migliore amico. Scomparvero. Dopo pochi secondi, la porta della classe si aprì e si chiuse.
Remus si voltò verso la pergamena, l'inchiostro, e la piuma che lo aspettavano. "Vuoi scriverla tu, Peter, o dovrei farlo io?"
"Fallo tu," rispose l'altro. "In caso controllino la scrittura."
Remus alzò gli occhi al cielo, ma stava sorridendo mentre prendeva la piuma e cominciava a scrivere.
Sirius e James, nel frattempo, camminavano insieme lungo la scalinata, attenti a rimanere bassi in modo che l'orlo del mantello fosse tenuto basso lungo il pavimento. Sirius teneva gli occhi sulla mappa. "Ha fatto un'ultima fermata al secondo piano... se non mi sbaglio, salirà al terzo piano dopo."
"Se non mi sbaglio c'è un scalino truccato su quella scala," sussurrò James, sorridendo.
Spostandosi il più rapidamente possibile, i due raggiunsero il pianerottolo del secondo piano. Un ragazzo magro con gli occhi infossati e la pelle pallida stava non molto lontano, agitando la bacchetta come se stesse dirigendo un'orchestra. In risposta alla sua bacchetta, una dozzina di fogli di pergamena danzavano attraverso l'aria, atterrando alla fine contro il muro in una formazione di grandi dimensioni. Urquhart si fermò, incrociando le braccia e osservando il suo lavoro con soddisfazione per un attimo, prima di sollevare di nuovo la bacchetta e colpire una volta il muro. La parte di bianco sul muro improvvisamente scomparve, lasciando 
alle spalle nulla eccetto la nuda pietra .
"Mi piace avere ragione," sospirò James. Sirius alzò gli occhi.
"Non gasarti troppo. Non abbiamo ancora risolto niente. Andiamo".
Mentre Urquhart levitava un grande sacco stile Babbo Natale (che James sospettava non fosse stato riempito di regali) e iniziava a percorrere il corridoio, i due Malandrini si voltarono e si salirono su per le scale, attenti a saltare lo scalino truccato che conoscevano fin troppo bene. Raggiunsero il pianerottolo del piano successivo, chinandosi dietro l'angolo, proprio mentre Roland Urquhart raggiungeva il primo scalino.
"Pronto?" chiese Sirius. In risposta, James spostò il mantello, quanto bastava per permettergli di puntare la sua bacchetta. Poi, sempre leggermente appoggiato dietro l'angolo, James attese.
Urquhart–con un'espressione pragmatica sul suo volto pallido–salì la scalinata inconsapevolmente. Al quinto scalino, il Serpeverde si fermò, pronto a saltare sopra il sesto gradino truccato, ma prima che potesse, James agitò la sua bacchetta, e Urquhart cadde in avanti. Lasciò cadere il sacco, ed una dozzina di fogli bianchi volarono fuori. Urquhart si lasciò sfuggire un grido, ma si scansò, prima che la sua gamba toccasse lo scalino truccato. Sirius imprecò, ma James non si perse d'animo. Il Grifondoro agitò di nuovo la bacchetta, e gli occhi di Urquhart cominciarono a calare. Un attimo dopo, dormiva.
"Geniale, amico," mormorò Sirius, togliendosi il mantello. "Avverto Moony." Afferrò uno specchio d'argento dalla tasca posteriore e guardò dentro, dicendo: "Remus Lupin."
Il viso di Remus apparve un attimo dopo, e mentre James correva giù per le scale verso Urquhart, Sirius disse al suo amico più lontano: "Lo abbiamo preso. Sarà bloccato nello scalino truccato tra il secondo e il terzo piano"
"Bene," disse Remus. "Ci vediamo nella Sala Comune tra dieci minuti."
"Buona fortuna".
Sirius posò lo specchio e seguì il movimento di James verso il basso. Il capobanda dei Malandrini manovrava la gamba del inconscio Urquhart nello scalino truccato.
"Hai bisogno di aiuto?" chiese Padfoot.
"Metteresti la sua mano intorno alla balaustra, in modo che non cada attraverso, per piacere?"
Sirius lo fece, forzando il braccio Urquhart attraverso la ringhiera. "Sarà sveglio in tempo?"
"Per poco," rispose l'altro. "Penserà di essere svenuto quando è inciampato, ma non avrà tempo per capire una via di fuga prima di essere catturato."
"Eccellente."
I due ragazzi si raddrizzarono, osservando il loro lavoro per un momento. Sirius raccolse una delle pergamene cadute, leggendo ad alta voce: "Tourjous Pur." Guardò James. "Questo è il mantra della mia famiglia. Il motto della casata dei Black, voglio dire." Accigliato, Sirius aggiunse: "Non pensi che...?"
"No."
"Come puoi esserne sicuro?"
"Perché Regulus non è un idiota, ecco perchè. Non è il ragazzo più gentile del mondo, ma non è un eremita stramboide che pensa di poter spaventare la gente con minacce mal formulate. Inoltre, lui non avrebbe lasciato il mantra della sua famiglia sulla pergamena a meno che non volesse essere scoperto. Sarebbe come firmare le sue iniziali. "
"Hai ragione", concordò Sirius. "Reg è un cafone, ma non è così stupido."
"Dovremmo andare."
"Giusto."
Sirius posò la pergamena. "Ci vediamo presto, Roland, amico."
Corsero su per le scale, e si coprirono 
ancora una volta con il Mantello dell'Invisibilità, prima di iniziare il viaggio di ritorno alla Sala Comune.
"La metterò io sulla porta," disse Peter. Remus alzò un sopracciglio (non che il suo compagno avesse davvero potuto vederlo, poiché erano entrambi trasparenti).
"Sei sicuro?"
"Beh, tu hai scritto. Dovrei correre qualche rischio, no?"
"Va bene, procedi."
Peter corse in avanti, un pezzo di pergamena ripiegato in mano e, sfoderando la bacchetta, mise la pergamena contro la porta di legno davanti a loro. Poi, puntando la bacchetta direttamente contro la pergamena, Peter mormorò un incantesimo. Quando si allontanò, la carta era incollata alla porta.
"Pronto a correre?" chiese Peter.
"Sì."
"Grande." L'emozione era evidente nella sua voce. Si voltò di nuovo verso la porta e batté contro di essa con il suo pugno. "EHI, TU! CONTROLLA LA POSTA!" urlò Wormtail ai vertici assoluti dei suoi polmoni. Ci fu il rumore di qualcuno che si agitava all'interno, e Remus e Peter, trattenendo a malapena una risata, corsero giù per il corridoio e dietro l'angolo il più velocemente possibile.
Ci fu silenzio nel corridoio per un attimo, e poi la porta a cui i Malandrini avevano incollato la loro lettera si aprì. Lathe apparve, ovviamente, appena sveglio. Si guardò intorno, e poi vide la nota. Aprendola, avvicinò una torcia in modo che potesse leggere la scritta.
 
CARO SIGNOR LATHE,
SE SEI CURIOSO DI SAPERE CHI HA LASCIATO I MESSAGGI MINACCIOSI IN GIRO PER LA SCUOLA, È BLOCCATO E CADUTO NELLO SCALINO TRUCCATO TRA IL SECONDO E IL TERZO PIANO. PENSAVO CHE TI FACESSE PIACERE SAPERLO.
 
CORDIALI SALUTI,
QUELLO CHE LO HA CATTURATO.

 
Lathe si precipitò nella sua stanza, tornando pochi secondi più tardi con la sua vestaglia e la bacchetta.
 

(Girl)

 
Roland Urquhart fu sospeso per il resto della sessione autunnale.
"Io l'avrei espulso", dichiarò Marlene con indifferenza, mentre la notizia veniva discussa da un folto gruppo nella Sala d'Ingresso la mattina seguente (giovedì).
"Anch'io," disse Donna.
Per una volta, le due concordarono su qualcosa.
"È stato terribilmente stupido da parte sua rimanere intrappolato in uno scalino truccato," disse Mary. "Persino io non mi lascio più confondere da quelli."
Donna scoppiò a ridere. "Tranne che lo scorso Natale."
"Avevamo deciso di non parlarne mai più!" Ma persino Mary stava reprimendo le risate.
Lily si mise a ridere con gli altri, fino a quando notò Severus Piton attraverso la Sala. Era solo, ed un improvviso moto di pietà fece si che Lily si muovesse verso di lui.
"Roland Urquhart," cominciò goffamente, mentre si avvicinava. "Chi lo avrebbe mai pensato, vero?" Severus non disse nulla. "Non era uno dei tuoi amici." Anche in questo caso, nessuna risposta. "Perché non mi hai semplicemente detto che non sapevi nulla?"
"Perché tu pensavi che sapessi, ed ero arrabbiato," rispose Piton. "E volevi essere mia amica 
solo a condizione che potessi aiutarti in questa faccenda."
Lily scosse la testa. "Non è vero. Io non volevo proprio essere tua amica."
Severus si accigliò.
"Stavo scherzando," lo informò. Poi più seriamente, continuò: "Credo che tu abbia ragione su una cosa, però. Devo perdonarti. E…voglio farlo…" Attese. "Adesso, preferibilmente."
Lui la guardò, perplesso. "Cosa stai dicendo?"
"Sto dicendo che... forse..." Stava commettendo il più grande errore di sempre? "Forse potremmo essere di nuovo amici."
Lo shock si dipinse sul suo viso. "Davvero?"
Lei annuì.
"Oh. Beh... va bene."
"Okay."
"Okay."
"Giusto."
"Allora..."
"Allora, ci vediamo in giro."
"Esatto. Okay."
Lily si girò e tornò verso le ragazze. La folla nella Sala d'Ingresso cominciò a muoversi verso la Sala Grande, in modo da iniziare la colazione, e anche Lily stava per andare dentro, quando notò i Malandrini chiacchierare vicino alla scala di marmo. Un'idea colpì il prefetto, e iniziò a muoversi in quella direzione, creando un contatto visivo con James poco distante. Aveva attraversato la metà dello spazio tra loro, quando qualcuno la prese per un braccio.
"Luke!"
"Lily," disse disperato il suo ragazzo, e sembrava davvero dolce. "Lily, io sono tanto, tanto dispiaciuto. Ascolta, ho parlato con Marlene ieri sera, e mi ha spiegato perché sei stata così arrabbiata, e... mi dispiace. Sono solo... ovviamente avevi ragione su tutto. Non so cosa stavo pensando. Ero solo..."
"Va bene, Luke."
Sorrise (un sorriso stupendo). "Davvero?"
"Davvero."
La ragazza non riusciva proprio ad essere realmente in collera con lui. Semplicemente, non c'era abbastanza energia in lei per dedicarsi alla rabbia verso quel ragazzo. La baciò dolcemente sulle labbra.
"Ci vediamo dopo la colazione, Flower."
"Ci vediamo, Luke."
Lily gli sorrise raggiante mentre lui si dirigeva nella Sala Grande. Quando se ne fu andato, guardò verso il punto dove erano i Malandrini. Tre erano andati, ma James indugiava lì.
"Ciao, Flower," esordì lui, imitando Luke con voce bassa e grave.
"Taci. Luke Harper è il ragazzo più dolce del mondo, e tu non puoi capire."
"Bacia bene?"
"Stai zitto." Rimasero in silenzio per un po', poi Lily cominciò: "Allora..." Lei incrociò le braccia sul petto.
"Hai dormito bene, Snaps?" chiese James allegramente.
"Tu?"
"Ottimamente, grazie."
"Curioso, Potter, sembri esausto."
"Oh, beh, avevo un appuntamento."
"Capisco."
"Davvero?"
Breve silenzio, poi Lily continuò: "Allora, ho una domanda per te."
"Spara."
"Se qualcuno con le competenze necessarie per cogliere in fallo Roland Urquhart possedesse anche la motivazione per trovarlo, esattamente come farebbe a sapere quale notte avrebbe scelto per mettere quei manifesti orribili?"
"Beh, è semplice," rispose James. "Una tale persona, inesistente ovviamente, avrebbe solo dovuto guardare lo schema in cui sono stati messi i manifesti. Erano apparsi solo nei giorni dopo le notti in cui le ronde erano state assegnate a Gazza ed Hagrid, in contrapposizione ai ben più esperti investigatori del Ministero. Una discussione rapida con Hagrid avrebbe detto a questa mitica persona competente e motivata che la sua ronda successiva sarebbe stata Mercoledì sera e poi... il resto sarebbe storia ".
Lily annuì, mordendosi le labbra per reprimere il sorriso. "Sai cosa ho sentito?"
"No."
"Ho sentito che Lathe sta dicendo che qualcuno gli ha dato una soffiata su dove avrebbe potuto trovare Urquhart. Uno studente ha lasciato un messaggio per lui, a quanto pare. Anonimo".
James sembrò sorpreso. "Davvero? Wow. Strano. Chi pensi che potrebbe essere?"
"Non lo so," ammise Lily con un sospiro. "Senza dubbio qualcuno con..."
"Motivazione e competenze?" la aiutò James.
"Una persona coerente e qualcosa da dimostrare," aggiunse la rossa.
"Beh, io non conosco nessuno così."
"Già... nemmeno io."
"Sono un po' di geloso di questa persona, però," continuò James pensieroso. "Lui o lei dev'essere stato molto intelligente."
"Bene," disse Lily, "Non ti preoccupare. Forse sceglierai la prossima battaglia, giusto?"
"Improbabile."
"Ma non impossibile."
"No, credo di no."
"Io...ci vediamo in classe, Potter."


________

Note:

1.Nuove prospettive
Il titolo originale del capitolo,"The Shape of Things to Come", è il titolo di un omonimo libro di H.G Wells che in italiano è stato tradotto con "Nuove Prospettive".

2.Flower
La traduzione (Capitan Ovvio) è "fiore", Luke chiama la nostra rossa "Lily-Flower", ovvero, letteralmente, "Lily-fiore" o "fiore-lily". In realtà, però, sotto c'è un altro gioco di parole, intraducibile in italiano, infatti in inglese "Lily" significa anche "giglio", quindi in qualche modo questo soprannome "fiore" fa anche riferimento al doppio significato del nome della ragazza.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Conversazioni ***


N.d.t. del 23/12/2012
Buonsalve a tutti! Sarò spiccia perchè si è fatta una certa: mi si è cancellato il capitolo mentre lo revisionavo; mi sono presa un colpo, e l'ho fatto prendere anche ad Arianna. Grazie al cielo ho trovato il file sul pc in un tempo quasi umano, perciò direi che a parte i miei dieci anni di vita andati in fumo in un secondo, non c'è molto altro da dire xD 
Come al solito, vi segnalo che i numeri ad apice di alcune parole si ricollegano alle note di traduzione a fine pagina ;)
Buona lettura a tutti!
March_Hare


Capitolo 6- Conversazioni

O

"Shake, Rattle, and Roll"

 

Le relazioni interpersonali sono costituite principalmente da momenti e da conversazioni. I momenti sono tranquille, indescrivibili piccole cose che hanno un significato che va oltre la loro sostanza apparente. Le conversazioni sono la sostanza: costituiscono la maggior parte della giornata...il modo in cui uno inganna l'altro, o il modo in cui si mette qualcuno al corrente di qualcosa (perché i momenti non mentono, ma possono essere difficili da leggere).

Le conversazioni sono il metodo mediante il quale l'informazione tra le parti viene trasmessa. Le conversazioni sono fonti di voci e di fatti, di bugie e di verità, di buone e cattive notizie. Le conversazioni possono allontanare i pericoli degli errori di comunicazione e dei fraintendimenti. Le conversazioni possono risolvere i problemi che la semplice azione non può sperare di districare. Le conversazioni possono salvare le relazioni, dare un taglio ai litigi, ed -o almeno così si dice- imbrigliare la violenza.

Ci sono, tuttavia, conversazioni che una persona -maschio o femmina che sia- spera di non avere mai.

 

(La Menzogna)

La discrezione non era una delle caratteristiche peculiari di Carlotta Meloni. Ella cercava di mantenere una personalità molto aperta, non soffrendo di alcun imbarazzo nei dibattiti che invece facevano arrossire le altre ragazze. Carlotta non credeva nella disonestà e le menzogne non erano nel suo stile; così quando si trovò a raccontare una scusa decisamente falsa alla sua migliore amica Shelley, un sabato mattina di fine ottobre, il senso di colpa cominciò ad affliggere la bella bruna.

"Bene, sto andando in biblioteca," disse Carlotta alla sua amica, raccogliendo le sue cose. "Devo solo finire il saggio di Pozioni, e poi ti raggiungo per pranzo."

"Sei sicura di non voler aiuto con il saggio?" chiese Shelley, mentre applicava accuratamente il mascara guardandosi allo specchio del dormitorio delle ragazze.

Ma Carlotta aveva già pensato a quest'eventualità. Aveva scelto specificatamente i compiti di Pozioni come alibi, perché era un fatto ben noto a tutti che Shelley avesse poco fiuto per le pozioni. "Davvero, Shelley, e come mi aiuteresti?"

"Giusta osservazione," concordò la strega più ordinaria. "Ci vediamo a mezzogiorno, allora?"

"Perfetto".

Sorridendo, ma sentendosi sempre più colpevole ogni secondo che passava, Carlotta prese la borsa dei libri e, girandosi, lasciò il dormitorio. Oltrepassò la Sala Comune, attraversò i corridoi e scese giù per le scale, ma non si fermò al quarto piano, come avrebbe richiesto il viaggio verso la biblioteca. Invece, continuò fino al secondo piano, dove v'era una bella classe inutilizzata quasi sempre vuota. Carlotta entrò ed aspettò.

Aspettò ed aspettò per più di un'ora, controllando il suo orologio a brevissimi intervalli. Aveva detto alle dieci in punto. Aveva detto alle dieci, o no?

Aspettò fino alle undici e ventiquattro minuti. Lui non si era presentato.
 

(Il Disaccordo)

"Dobbiamo farlo, Prongs". Sirius battè una mano sulla spalla dell'amico, assumendo un'espressione coraggiosa. "Fallo e basta, va bene? Vai...Vai a farlo, ora."

James aggrottò la fronte. "Non posso, Padfoot. Non possono davvero costringerci, no?"

"No," cominciò Sirius lentamente. "Ma se non lo facciamo, ti rendi conto che poi non avremo una squadra di Quidditch, vero?"

"Tecnicamente, forse no. Ma sai, penso che abbiamo un grande gruppo quest'anno. Forse, dal momento che i Cacciatori sono così fantastici, non avremo nemmeno bisogno di un Portiere quest'anno, quindi McKinnon potrebbe semplicemente cambiare ruolo e fare il Cercatore."

"Abbiamo bisogno di sette giocatori, Prongs. Sei in fase di negazione."

"I provini sono una cosa terribile."

"Lo so, ma dobbiamo farlo."

"Ma io non voglio."

"Vuoi che ti citi i Rolling Stones, o hai intenzione di pubblicare l'avviso una buona volta?"

James sospirò. Tirando via una puntina dalla bacheca nella Sala Comune dei Grifondoro, il Capitano della squadra di Quidditch posò una striscia di pergamena esattamente al centro della bacheca e spinse la puntina attraverso la parte superiore della carta.

PROVINI DI QUIDDITCH

QUESTA DOMENICA, ORE 9 A.M.

GRIFONDORO, SOLO STUDENTI DAL 2° AL 7° ANNO

"Quanti Tassorosso del primo anno pensi che si prensenteranno?" chiese Sirius.

"Oh, almeno sei," sospirò James stancamente. "Forza. Andiamo a fare colazione. Vederlo mi deprime e basta."

Sirius lasciò la Sala Comune con lui, ma mentre si avviavano per il corridoio disse: "Veramente non posso fare colazione con te, Prongs. Mio zio vuole che mangi con lui questa mattina"

"Perché?"

"Non lo so. Se dovessi proprio provare ad indovinare, direi che ha qualcosa a che fare con il mio essere suo nipote."

"Quindi niente di specifico? Non sei nei guai o qualcosa del genere?"

Sirius scosse la testa "No, sono perfettamente innocente in questo momento. Devo dirlo, il tuo essere tutto seguo-la-retta-via ha messo un freno alla mia vita. Sono praticamente un puritano ora. Non mi ubriaco da settimane. "

"Tre giorni, Padfoot".

"Ero appena appena brillo. Quello non conta."

"Va bene, cinque giorni allora."

Sirius ci pensò su. "Giusto". Avevano raggiunto il sesto piano. "Qui è dove ti lascio. Abbi una buona colazione. Non colpire nessuno".

"Molto divertente".


"No, sono completamente serio, ha mandato sedici elfi domestici in quella stanza, cercando di pulirla del tutto. Niente. Tre giorni, sono stati lì, e i poster non riuscivano a staccarsi".

Sirius rise, dopo che suo zio terminò di raccontare il suo aneddoto. "Be'", cominciò il Black più giovane, finendo il suo tè con un sorrisetto: "Sono felice di aver lasciato qualcosa che ricordasse di me".

"Ci sei riuscito eccome," rispose il professore. "Ti è piaciuta la colazione?"

"Sì, era buona."

"Ne sono lieto". Ci fu un breve silenzio, mentre il professor Black cominciava a ripulire. "Senti, Sirius”, cominciò questo dopo un po', "sai, probabilmente hai fatto la cosa giusta, scappando via quando l'hai fatto. Sai...andartene semplicemente via da quella casa."

Sirius annuì. "Me ne sono dovuto andare. Dopo quell'ultima...quell'ultima sera, non avrei potuto stare lì un minuto di più. Non era rimasto più alcun motivo per restare."

"Sei stato previdente", lo lodò Black, sedendosi di nuovo, più vicino al fuoco e più lontano dal nipote. "Sei stato previdente riguardo tutta la faccenda...svuotare il caveau in banca prima che Walburga potesse portarti via i tuoi risparmi...andare a vivere dai Potter...è stato un bel piano."

"A dire il vero, James è stato quello che ha pensato a svuotare il mio caveau in banca. Fosse stato per me, avrei lasciato tutto lì, e la mamma si sarebbe presentata alla Gringott, irradiando il suo solito fascino, ed avrebbe fatto in modo che l'aprissero per lei con la sua chiave di riserva.” sorrise Sirius. "Sì, sono stato fortunato ad avere i Potter". Rimasero in silenzio per un tempo, prima che il giovane continuasse: "Senti, ehm...posso chiederti una cosa?"

Alphard Black annuì.

"Come mai non te ne sei mai andato? Voglio dire, come mai non sei mai scappato dalla famiglia?"

"Beh...è stato diverso per me. Non è mai stato così difficile come lo è stato per te. Sono sempre stato più passivo, credo. Ovviamente non sono d'accordo con la mia cara e dolce sorella, e tutta la famiglia è dannatamente fuori di testa, ma devi capire, Sirius, che per la maggior parte della mia vita, la propaganda dei Black 'tourjous pur' era solo...una chiacchera da salotto. Non c'era alcuna azione dietro di essa. "

"Ma c'è un'azione ora," lo interruppe Sirius "I Mangiamorte e Voldemort...la gente dice che c'è una guerra in arrivo, e sto iniziando a pensare che abbiano ragione."

"La gente? Vuoi dire Alex Potter."

"Tra gli altri".

Il Professor Black annuì. "Hanno probabilmente ragione, Sirius. A volte vorrei aver avuto il tuo coraggio. Ma non sono mai stato un Grifondoro. Come tutti i Black ubbidienti, io sono stato smistato a Serpeverde."

"Così come Andromeda," rispose Sirius con un'alzata di spalle. "Non mi interessa. Ed io non ti chiamerei facilmente un Black ubbidiente. Hai risposto in pubblico al nonno a quella festa di Capodanno pochi anni fa. La mamma era furiosa".

"Beh, non ha importanza". Sirius non seppe come rispondere alla frase, quindi fece semplicemente finta di guardare attentamente la sua tazza di tè. "Senti, Sirius," continuò lo zio dopo qualche momento, "So cosa è successo quella notte e...mi dispiace per l'elfo domestico."

"'L'elfo domestico' aveva un nome," disse Sirius seccamente. "Sai, Daisy era l'unica creatura in tutta la casa che era sempre gentile con me."

"E Regulus?"

Sirius alzò gli occhi. "I bambini non contano".

"È solo pochi anni più giovane di te."

"Ma non è stato gentile con me fin da quando non è più un bambino."

"Sia come sia," disse Black, e sembrò improvvisamente stanco, "Lui ti ammira."

Sirius scosse la testa. "Regulus è un idiota. È proprio come mamma e papà e Bella."

"No, non è esattamente come loro. È giovane, impressionabile e confuso. Non ha mai avuto l'opportunità che hai avuto tu..."

"Quale opportunità?"

"Essere in Grifondoro, ovviamente. Lontano da tutte le sciocchezze di sangue in Serpeverde."

"Reg sarebbe potuto andare in Grifondoro, se avesse voluto. Aveva una scelta, come chiunque. È così che funziona lo smistamento."

"Sirius", iniziò lo zio lentamente. "Regulus ha avuto un bel po' da...affrontare, dopo il tuo smistamento a Grifondoro. Si è reso conto che avrebbe spezzato il cuore di mia sorella, se non fosse stato smistato a Serpeverde."

Impossibile. La mamma non ha un cuore da rompere."

"Sirius..."

"Non posso credere che tu la stia difendendo," replicò il mago più giovane, rivolgendosi aggressivamente all'altro. "Tu non c'eri quella notte. Tu non l'hai vista...ha semplicemente ucciso quell'elfa domestica come se fosse stata...un'erbaccia... o qualcosa del genere. Ha montato la sua testa sul muro, tutto perché sapeva che io provavo affetto per quell'elfa...che era la mia unica amica in tutta la stupida casa. "

"Non sto difendendo Walburga. Sto difendendo Regulus."

"È stata colpa di Regulus!" gridò Sirius, alzandosi. "È stato Regulus a dire alla mamma che Daisy sapeva che ero uscito di nascosto la sera prima. Se non l'avesse detto, la mamma non l'avrebbe mai saputo, e non avrebbe ucciso l'elfa domestica!"

"Non lo sapeva, Sirius. Regulus è così giovane, e ..."

"Allora, adesso è 'così giovane'. Pensavo fosse 'solo pochi anni più giovane di me.'"

"Senti, Sirius, c'è ancora speranza per tuo fratello, se ..."

"Sai," Sirius parlò ad alta voce su quella di suo zio: "Se avessi saputo che il motivo per cui eri così gentile con me era solo per organizzare una sorta di ricongiungimento familiare strappalacrime, non sarei venuto affatto. E vedi, ho pensato che fosse perché, non so, ho pensato che forse in realtà volevi farmi vedere che avevo un parente decente...che si interessava veramente di me come individuo, non solo come l'erede del nome di famiglia".

"Sirius, lo sai che..."

Il giovane Black non l'ascoltò. Si precipitò fuori dall'ufficio, sbattendo la porta dietro di sè.
 

(Il Confronto)

Lily aveva trascorso il sabato in biblioteca con Severus: certo, non era la cosa più mondana da fare a metà weekend, ma Lily lo considerò un investimento. L'intera giornata era stata imbarazzante, naturalmente, dato che nessuno dei due sapeva bene come comportarsi con l'altro, ma, motivò Lily, alla fine sarebbe rimasto solo quel pomeriggio di disagio. Alla fine, avrebbero fatto fruttare tutte le loro ore imbarazzanti, e le cose allora si sarebbero...perlomeno aggiustate, dato che Lily non osava pensare a qualcosa di più. Le cose sarebbero tornate alla normalità?

Perché la prospettiva non le sembrava plausibile?

La rossa stava riflettendo in particolare su quest'ipotesi, quando si unì a Marlene per la cena quella sera. Marlene, naturalmente, non stava mangiando da sola, ma con Adam McKinnon. La coppia stava ridendo di qualcosa, mentre Lily si sedeva.

"Dove sei stata tutto il giorno?" volle sapere Marlene. Lily sbatté le palpebre.

"Io? Biblioteca. Con Sev".

La bionda aggrottò la fronte. "Speravo che avessi scherzato quando hai detto di aver sistemato le cose con lui."

"Perché avrei dovuto scherzarci sopra?"

"La domanda migliore è 'perché non assecondi la mia richiesta?'"

"Babbo Natale non esiste."

"Cattiva".

Lily afferrò una forchetta da portata e selezionò qualche fetta di prosciutto. "Allora, di cosa stavate parlando prima del mio arrivo? In caso ve lo stiate chiedendo, questo è il mio sottinteso tentativo di cambiare argomento."

"Furba", disse Adam.

Moltissimo” concordò Marlene. "Stavamo parlando dei provini di Quidditch".

"Oh, l'avviso è stato pubblicato, non è vero?" osservò distrattamente Lily . "Buona cosa, aggiungerei, dal momento che Donna si sta lamentando da morire sull'allenarsi con sei giocatori".

"Non capisco perché”, aggiunse Adam. "Abbiamo appena toccato la parte tattica. Potter è in modalità 'allenamento muscolare'. Comunque, quello che stavo dicendo io è che Marlene dovrebbe provare ad entrare in squadra."

"Ed io stavo rispondendo è che lui è fuori di testa," concluse Marlene "Non gioco a Quidditch da mesi...e non ho mai nemmeno provato ad entrare in squadra prima. Sarei terribile."

"No, dovresti provarci," concordò Lily . "Ricordi quando abbiamo preso lezioni di volo? Eri la migliore ragazza nel nostro anno...anche meglio di Donna all'epoca, e lei è nella squadra. Non dirle che ho detto questo."

"Lily, lezioni di volo?" chiese Marlene, cercando di trovare la situazione più ridicola di quanto non la ritenesse in realtà. "Quello era il primo anno."

"Ma la posizione vacante è quella del Cercatore", intervenne Adam. "È ottanta per cento bravura in ogni caso. O ce l'hai o non ce l'hai. E poi, qual è la cosa peggiore che potrebbe accadere?"

"Beh", cominciò Marlene, sempre ottimista, "potrei umiliarmi davanti a quasi tutti gli studenti, e poi cadere e morire per la rottura di tutte le ossa, in modo così raccapricciante che tutto ciò che riuscirebbero a raccogliere di me sarebbe poltiglia e qualche dente, e poi mia madre deciderebbe che non mi ha mai veramente amata e avrei un funerale con la bara aperta. "

Gli altri due ci pensarono su. "Va bene, quello sarebbe brutto," ammise Lily. "Ma quali sono le probabilità che tutto ciò accada davvero? Soprattutto la parte di tua madre."

"Non posso fare il provino", continuò la bionda, frugando a disagio nel suo piatto scarsamente pieno. "James non mi sceglierebbe mai e...e comunque, dovrei giocare contro Miles, dato che è un Cacciatore di Corvonero."

Avevano raggiunto il cuore della questione, e lo sguardo tra Adam e Lily disse loro che lo sapevano entrambi. E, sebbene i due ritenessero giusto rimproverare la loro amica in comune, Adam sapeva che non spettava a lui, e Lily sapeva che era inopportuno farlo davanti ad Adam. Senza alcuna ragione ufficiale o perlomeno razionale, ma era, in ogni caso, la verità.

Perché questo silenzio?" chiese Marlene. "Continuate a parlare, o sono sicura che mangerò una fetta di quel pane." Guardò con rammarico verso la tavola.

"Mangia, Karen Carpenter," ordinò Lily. "Sei alta quasi tre metri. Nessuno si accorgerà se prendi quattro kili, ancora meno se ne prendi mezzo".

"Pensi che prenderò quattro kili?" Marlene guardò il piatto con paura. "Sapevo che non avrei dovuto mangiare il dolce giovedi scorso..."

"Patetica", sospirò Lily, mentre Adam tentava di mettere una fetta di pane nel piatto di Marlene.

Si unì a loro Donna. "Dove sei stata tutto il giorno?" chiese a Lily, sedendosi accanto all'amica.

"Te l'ho detto prima di andarmene questa mattina," si difese il prefetto.

Donna aggrottò la fronte. "Potrei avere qualche ricordo vago e sfumato di te che mi picchiavi con un cuscino dicendomi qualcosa in una lingua che suonava come un incrocio tra il goblin e il norvegese, ma sono abbastanza sicura che sia successo verso le otto di questa mattina, e saresti potuta essere un folletto norvegese per tutto quello che ero in grado di capire. "

"Biblioteca", disse Lily. "Con Severus. E non mi urlare contro. Dove sei stata tu?"

"Quidditch, docce, cucine, Sala Comune con un libro." Donna spuntò le posizioni sulle punte delle dita. "Mi rendo conto che quando non sei in giro, Evans, ho pochissimi amici."

"Quello avrei potuto dirtelo anche io," offrì gentilmente Marlene.

"Allora, Shack," intervenne Adam, in modo da evitare un litigio, "Marlene sta pensando di provare ad entrare nella squadra di Quidditch. Stiamo cercando di convincerla."

"Voi due stavate pensando di farmi provare ad entrare nella squadra di Quidditch," corresse Marlene. "Non io."

Bene”, disse Donna. "Perchè sarebbe un disastro".

Lily le diede un calcio da sotto il tavolo. "Ti ho parlato di questo attegiamento."

"Voglio dire..." continuò Donna, volutamente poco convincente, "Dovresti fare quello che...vuoi ".

"È stato un coraggioso tentativo di gentilezza," riconobbe Adam. "Comunque, ho dei compiti di Pozioni da fare. Ci vediamo più tardi gente. Pensaci, Marlene".

"Oppure no," suggerì Donna, mentre il ragazzo se ne andava. "Sai...qualunque cosa tu voglia..."

Marlene alzò gli occhi, sorridendo un po'. Spinse via il piatto, e quando tornò a guardare le sue amiche, loro la stavano guardando speranzose, Lily con un piccolo sorriso in volto.

"Cosa?" chiese la bionda.

Lily scosse la testa, sempre sorridendo, e masticato con aria saputa una fetta di pane. "Niente."

"Cosa?"

Donna non rispose e si servì qualche fetta di prosciutto.

"Smettila di sorridere, Lily," comandò Marlene. "Dico sul serio, piantala."

"Non sto sorridendo!"

"Invece sì! Smettila!" Ma questo fece solo sorridere di più Lily. "Basta!" piagnucolò Marlene. "Lily. È stupido. Sei..." Si rivolse a Donna. "Lily ha detto che ero migliore di te a volare al primo anno."

"Stronza."

(La Divulgazione)

Esausto, infastidito, e rammaricato di non essere rimasto a letto quella mattina, James Potter si chinò dietro un angolo del castello, e tirò fuori le sue sigarette. Non era del tutto sicuro della politica della scuola sul fumo, ma avrebbe scommesso che non favoriva il vizio. In ogni caso, non voleva che alcun fastidioso ragazzino del terzo anno lo vedesse e lo imitasse. Poi avrebbe dovuto smettere per principio.

Il Capitano della squadra di Quidditch accese la sigaretta, guardando il fumo mentre espirava contro il pallido cielo azzurro della Domenica mattina.

"Allora è per questo che hai chiesto una pausa di dieci minuti ai provini", osservò una voce, e James quasi saltò. Sirius era apparso dal nulla, appoggiato al muro con un sorrisetto sul volto.

"Per questo e per la mia sanità mentale," rispose James, offrendo una sigaretta a Sirius.

Padfoot scosse la testa. "Non è il momento".

"Hai più di un momento?"

Ne ho molti. È una delle pecche dell'essere umani. Tu non ne capiresti niente, Prongs".

"Divertente".

Sirius si avvicinò, e poi si appoggiò al muro, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni da Quidditch. Entrambi i ragazzi erano attrezzati con le divise della loro casa per i provini, che erano in corso ormai da più di un'ora. Oltre ai pantaloni bianchi (con una striscia rossa e oro all'esterno della gamba), indossavano vesti scarlatte ed oro, magliette a maniche lunghe (rosse anche quelle), e ginocchiere, gomitiere, guanti e stivali tutti della stessa pelle marrone. L'insieme avrebbe potuto essere oppressivo, non essendo l'aria della mattina d'Ottobre così fredda. Per questo, James era grato per la sua sigaretta.

Per un po', stettero in silenzio. Nessuna conversazione era necessaria per sapere ciò che l'altro stava pensando, quando si trattava di provini. Stavano andando terribilmente. Venti studenti avevano fatto un test di volo per la squadra, e venti studenti si erano dimostrati inadeguati per la posizione vacante nella squadra (Cercatore). In ogni caso, questa era l'opinione di James: Sirius aveva pensato che uno o due di loro avrebbero potuto (con un sacco di allenamento) farcela, ma James era rimasto fermamente convinto che "non andavano bene." Il suo migliore amico non l'aveva ben capito, a dire il vero, ma non lo mise nemmeno in discussione. C'era un motivo per cui James era diventato Capitano già dal suo quinto anno.

In realtà, mentre stavano lì -James con la sua sigaretta e Sirius con i suoi pensieri- quest'ultimo stava riflettendo molto poco sui provini. La sua mente era altrove.

James aveva appena fatto un tiro, e Sirius disse: "Ho avuto una discussione con mio zio"

Senza voltarsi, l'altro annuì. "Okay..." Aspetto per il resto della storia.

"Vuole che faccia pace con Regulus."

"Oh". Stette in silenzio, e poi "Hai intenzione di farlo?"

Sirius ponderò la domanda, e quindi con una certezza insoddisfacente rispose: "No."

James annuì di nuovo. "Okay".

E tacquero ancora una volta.
 

(La Richiesta)

“È terribile, Marlene,” sospirò Adam, collassando in modo drammatico sul tavolo dei Grifondoro, cosa che la fece ridere. “Terrificante. Orribile. Orrendo.”

Va bene, mi sono fatta un’idea, Adam,” replicò la bionda. “Allora, i provini non stanno andando bene?”

In una scala da uno a dieci, sono un treno che si sfracella contro dei draghi.”

Mi dispiace.” Lo guardò con sincerità, mettendo da parte il suo libro e appoggiando la testa su una mano. “Come mai sei dentro? Pensavo che James volesse lì tutta la squadra.”

Solo i titolari, ma ci ha dato dieci minuti di pausa…” Le disse Adam. “Credo per puntare il suo orologio da suicidio. L'avresti dovuto vedere quando una del quarto anno ha provato a far volare una scopa all’indietro.”

Accidenti.”

Sì.” Stettero in silenzio per un minuto. “Quindi,” continuò Adam poco dopo “Vedo che stai…leggendo.”

Sì”

Facendo così ti perdi il grande spettacolo dei provini.”

Vero.”

Silenzio, poi: “Per favore, Marlene, devi…”

No! Adam, non posso! Sarei terribile!”

Non lo sarai” protestò Adam, “Ti ho vista giocare l’estate scorsa e sei brava!”

La mia avversaria era tua sorella di quattordici anni!”

Marlene, ti prego, almeno provaci! Abbiamo bisogno di un cercatore e tu sai volare. Hai una buona vista, sei magra, cosa che ti rende una volatrice veloce e…”

Non sono magra.”

Le ringhiere sono gelose di te.”

Si guardarono l’un l’altra per un minuto. C’era del verde negli occhi di lui.

Va bene.”

Davvero?”

Davvero. Proverò. Ma se fallirò in modo abominevole, non saremo più amici.”

Non ne sono spaventato neanche un po’.”

Marlene si alzò dal tavolo. “Dovrei andare…sai, a mettermi qualcosa di più…atletico.”

Ed io dovrei tornare ai provini” ne convenne Adam.

Torno giù tra poco. Se va tutto bene avrete già trovato qualcun altro prima di allora.”

Non metterci troppo o James potrebbe scegliere quella del quarto anno.”

Sorridendo, presero due strade separate.

 

(Le Scuse)

Lily,” disse il Caposcuola, ed il prefetto Grifondoro si fermò e si girò. “Mi stavo chiedendo  -posso parlarti di una cosa?”

Mentre la riunione dei prefetti veniva sciolta e gli altri prefetti, e con loro anche la Caposcuola, uscivano in fila, Lily annuì, “Certamente.” Frank sembrava serio. “C’è qualcosa che non va?”

Quando furono da soli Frank sospirò. “Io- Io non lo so. Solo…volevo solo scusarmi.”

Scusarti?” ripetè Lily incerta. “Per cosa?”

Be', quando mi hai chiesto di Alice…il mese scorso, in punizione…sono stato…” Frank lottò per articolare la frase: “Sono stato vago…immagino che ‘vago’ non sia il termine esatto.”

“È uno di quelli.” Ne convenne Lily.

Stavo solo passando una fase,” continuò Frank. “Io…Io non te lo so spiegare meglio. Ma volevo che sapessi che non sono…Voglio dire, avevi ragione su di noi. Stiamo bene assieme, e io non dovrei incasinare le cose. Sono stato davvero stupido per…tutto e…mi dispiace.”

Non hai motivo di scusarti con me,” disse Lily, sorridendo e sentendo un fiotto di calore verso quel povero, terribile, goffo mago. “I problemi sono normali, e non mi devi spiegare nulla. Hai solo cercato di essere onesto con me e io lo apprezzo. Comunque, dal momento che stai affrontando i tuoi problemi, penso che Alice sarebbe felice di un bel sentito ‘Scusami.’ ”

“È la prossima della lista,” le assicurò Frank. “È solo che tu e Alice siete amiche e io e te siamo amici…almeno, credo.”

Sì che siamo amici, Frank.”

Giusto. Be'…Non volevo pensassi che sono uno cretino.”

Mai.”

Bene.” Si guardò i piedi e poi di nuovo lei. “Si, ho deciso che questa fase è senza dubbio…finita. Sarò completamente sincero.”

Ho sentito che conta molto nell'intera gerarchia delle abitudini.”

Giusto.” (Sorridendo). “Bene, probabilmente hai dei programmi per il resto della tua domenica. Ti lascio andare.”

Ok. Stammi bene, Frank.”
 

(La Persuasione)

Marlene!” Miles Stimson chiamò la sua ragazza, accelerando per raggiungere la strega che stava scendendo in fretta le scale del secondo piano. “Marly! Hey, Marly!”

Finalmente lei lo sentì e si voltò. “Oh, ciao, Miles.” Si fermò e lo aspettò, quindi lo baciò sulla guancia.

Miles sembrava scontento. “Pensavo che dovessimo vederci sta mattina. Ci eravamo messi d’accordo ieri sera.”

Hai detto che ci saremmo visti alle nove per la colazione,” disse Marlene.”Sono le dieci e mezza.”

Scusami,” sospirò il suo ragazzo. “Sono rimasto bloccato con i miei amici e…”

Non è un grosso problema.” Le sorrise dall’alto in basso, dal momento che era sopra di lui sulla scala. “Bè, devo andare, quindi…”

Aspetta, pensavo potessimo stare un po’ assieme adesso.” Alzò le sopracciglia con fare ovvio.

Non posso. Ho i provini.”

Provini? Per cosa?”

Quidditch.”

Miles sbattè gli occhi. “Nella squadra di Grifondoro, Marly?”

No, nella nazionale irlandese.” Incrociò le braccia. “Per che altro?”

Elaborò l’informazione e Marlene, benché tentasse di nasconderlo, era abbastanza ansiosa di valutare la sua reazione. Dopo un momento, il Corvonero la guardò con il dubbio negli occhi. “Marlene, non capisco. Pensavo fossi d’accordo con me, quando ho detto che non pensavo fosse una buona idea per te provare a entrare nella squadra…al quarto anno.”

Quello era il quarto anno,” replicò Marlene. “Stiamo parlando di adesso. Siamo una coppia diversa ora. Non credo che sarebbe un problema per te giocare nella squadra di Corvonero e mentre io gioco in quella di Grifondoro…”

Lo sarebbe, invece. Saresti contro di me. Applaudiresti contro di me, faresti il tifo contro di me!”

Applaudirei per Grifondoro contro di te, comunque, Miles.”

Ma se fosse nel tuo interesse, per dire, che Tassorosso ci battesse, tiferesti Tassorosso, se fossi nella squadra.”

Miles, voglio davvero provarci, credo che sarebbe divertente.”

Non lo sarebbe! Voli bene, Marly?”

Io-Io non lo so. Forse. Ero brava, ho giocato d’estate e dicevano che ero abbastanza brava a…”

Marly, James Potter è il tuo Capitano,” le ricordò Miles, come se stesse informando una bambina che la fatina dei denti è una favoletta. “Se ti alleni con James Potter, non puoi essere ‘abbastanza brava’. Devi essere eccellente. È un capitano davvero tosto!”

Questo lo so, voglio solo provarci…”

Si fermò. Miles le stava di fronte. “Sai, Marly, sei un po’ insensibile. Io non voglio tifare contro di te, anche se a te non importa di mettere un ostacolo tra noi.”

Io non voglio mettere un ostacolo tra noi, Miles, ma…”

“È quello che stai facendo! E questo urta i miei sentimenti, lo sai?” disse bruscamente, incrociando le braccia ed aggrottando le sopracciglia. “Ma se la squadra di Quidditch è più importante della nostra relazione, allora dovresti fare quello che vuoi.”

Marlene lo guardò attentamente. I suoi occhi erano di una sfumatura perfettamente uniforme di marrone.

Non…davvero, non vuoi davvero che lo faccia?”

Davvero,  non voglio davvero che tu lo faccia,” replicò piano, quasi dolcemente.

Marlene sospirò. “Allora…non lo farò.”

Si illuminò e la baciò. “Bene. Sei grande, Marlene. Lo sai questo?” La baciò ancora, questa volta sulla guancia. “Andiamo. Usciamo ora, va bene?”

Oh, dovrei davvero andare a dire..”

Mi stavi dando buca, Marly,” le ricordò Miles, sorridendo. “Me lo devi.”

 

(La Consolazione)

D’accordo,” disse James, esaminando i suoi cinque compagni di casa vestiti con l’attrezzatura da Quidditch, mentre stavano in cerchio vicino al limite del campo di Quidditch. Si strofinò con forza la fronte, “sono le cinque del pomeriggio. Sono le fottutissime cinque di sera. Siamo qua dalle nove di mattina. Sono otto ore. Otto fottute ore.”

Abbiamo fatto una pausa di dieci minuti,” gli ricordò Sirius.

Sette ore e cinquanta minuti.” Si corresse James. “Sta notte ricordami di ucciderti nel sonno, Black.”

Lo farò.”

“…quindi quello che spero,” continuò il Capitano con una voce così pesante che sicuramente la proverbiale goccia avrebbe fatto traboccare il vaso, “è che si raggiunga un accordo prima che io scali la cima del castello e mi butti di sotto.” Si chinò verso Adam. “Senza offesa, McKinnon. Ora. Per l’ultima volta prima che muoia, ho bisogno che votiate tutti. Okay? Perché siamo una squadra ed io davvero non ho la stramaledetta idea di chi scegliere, perciò se non votate tutti, prenderò la Corvonero che si è offerta di farmi la lap dance. Chiaro?”

Ci fu un mormorio di assenso generale.

Ora, benché abbiate tutti ufficialmente fallito alla prova del voto,” continuò James, “sto parlando con te, Shack…”

Perché?”

Hai scritto nella tua scheda ‘E chi cazzo se ne frega?’”

Una valida domanda,” disse Michael Mitchum, un ragazzo del terzo anno che giocava come battitore.

Zitto, Short-Round1,” ordinò James, che si schiarì la voce. “Come stavo dicendo, anche se tutti avete sbagliato a votare, ho–con un vago aiuto dei vostri voti–ristretto la scelta a tre candidati per il ruolo di Cercatore. Non ho intenzione di invischiarmi di nuovo in quella faccenda del voto segreto…”

Hai appena detto a tutti come ho votato io,” fece notare Donna.

Tu hai votato ‘E chi cazzo se ne frega?’ e hai perso i tuoi diritti,” ribattè James. “Ora, facciamo solo per alzata di mano. Ho Marcus McLeod, Shannon Mayhew e Ricki Nivens. Chi in favore di Marcus?”

Michael Mitchum alzò la mano.

Quanti in favore di Shannon Mayhew?”

Tutti rimasero fermi.

E Ricki Nivens?” finì James. Sirius, Donna e l’altro battitore, Damacus Weasley, alzarono le mani senza entusiasmo.

Il Capitano lanciò un’occhiata ad Adam. “McKinnon, devi votare.”

Il portiere alzò con riluttanza la mano. “Ricki è stato il migliore,” ammise.

Concordo.” Disse James. “E Ricki sia. Terremo Marcus come riserva. Siete tutti d’accordo? Short-round?”

Per me va bene,” disse Michael. “Voglio solo andare a cena.”

Fantastico. Le matricole mettano a posto. Lo vado a dire a Ricki e a Marcus.” Con ciò James si voltò e partì verso la generica direzione della sua borsa e del castello. Sirius scosse la testa con aria consapevole e cominciò a raccogliere la sua roba. Mentre Marcus e Damacus – le “matricole” – prendevano le Pluffe sparse, Adam cominciò a mettere a posto la sua roba impilandola da solo.

Tutto ok, McKinnon?” chiese Sirius, slacciando i suoi paragomiti. “Non sembri molto entusiasta di Ricki Nivens.”

Non è male,” concesse Adam, senza enfasi. “Potter probabilmente sarà in grado di farne un Cercatore decente.”

Sono d’accordo,” disse Sirius. “Ma…” (senza incontrare il suo sguardo e riponendo le sue ginocchiere nella sua borsa di lana) “…speravi che Marlene Price si sarebbe fatta viva, vero?”

Adam lo guardò. “Mi ha detto che sarebbe venuta. Tutto qui. Vola bene. Sarebbe stata una bella cosa per la squadra, sai, se fosse venuta…” fece una pausa “…a giocare.”

Giusto, sono d’accordo.” Annuì Sirius con aria comprensiva. “Sarebbe stata una bella cosa. Mi chiedo come mai non sia venuta ai provini…ho sentito che dicevi a James che aveva promesso che sarebbe venuta.”

Sì, è strano.” Ma Adam sembrava più scontento che confuso, come se sapesse esattamente cos’era successo.

Ma –ehm- non è un grosso problema,” continuò precipitosamente rivolto al Malandrino. “Voglio dire, sarebbe stato fico. Tutto qua. È più facile avere a che fare con qualcuno che conosci. Come…sai, è più facile per te con le lezioni quando c’è tuo zio che insegna, no?”

Sirius fece un mezzo sorriso amaro. “Così...sembrerebbe, a quanto pare. Ma a volte ciò che sembra una buona idea in realtà non lo è. A volte, complica semplicemente le cose.”

Adam annuì. “Già.” Si buttò la tracolla della borsa sulla spalla. “Ci vediamo in giro, Black.”

A più tardi, McKinnon.”

Il portiere se ne andò e Sirius si sedette sull’erba. “Sbrigatevi con quella roba!” gridò a Weasley e a Mitchum.

Attorcigliandosi un filo d’erba attorno alle dita, Sirius sospirò rumorosamente. Gli avrebbe fatto comodo una sigaretta in quel momento.

 

(La Discussione)

Severus chiuse il libro di Pozioni. Sbirciò Lily, seduta di fronte a lui, mentra lavorava intensamente al suo saggio. Notando che il suo amico si era fermato, la rossa incontrò il suo sguardo.

Hai già finito?” si meravigliò. “Io sono appena a metà!”

Sei silenziosa,” disse Piton, come se lei non potesse sentirlo. “Non parli mai, e la cosa mi sta facendo innervosire.”

Be', tu non sei esattamente Caterina Chiacchierina2” replicò Lily, rabbuiandosi.

Ma non sono io quello loquace tra noi due. Sei sempre stata tu ad iniziare la conversazione. Io di solito...ti ascolto.” 'Ti fisso' renderebbe meglio, pensò lui.

Va bene.” Lily chiuse la sua copia di Pozioni Avanzate. “Parliamo allora. Ehm...com'è andato questo pomeriggio?”

È stato...okay.”

Lily annuì. “Ora si suppone che tu mi chieda come sia andato il mio pomeriggio.”

Com'è andato?” chiese Severus goffamente.

Bene,” rispose Lily. “Dopo la riunione dei prefetti, io e Mary abbiamo provato a dipingere.”

Dipingere?”

Sì, sono stata colta da un'ispirazione artistica e ho voluto dipingere qualcosa. Mary ha chiesto ad un Corvonero che...conosce...di farci apparire delle tele bianche e tutto l'occorrente, ed abbiamo dipinto in dormitorio. È stato incantevole. Io ho dipinto un fiore. Mary ha dipinto me.”

Posso vedere?”

Non il ritratto di Mary, quello no,” replicò Lily. “Si è resa conto che il suo quadro somigliava ad un fiore molto più del mio, così l'abbiamo schizzato con tutti i colori che avevamo, il che ti potrebbe far presumere che sia venuto fuori carino alla fine, ma in realtà è diventato un'orribile macchia grigia e gialla. Comunque, l'abbiamo messo in bagno, quindi fortunatamente gli elfi domestici lo troveranno e lo faranno sparire facendo un favore al resto del mondo.”

Severus annuì e guardò in basso, verso il suo libro chiuso, gesto che Lily sapeva voler dire che stava sorridendo a modo suo. Lei sorrise a sua volta. “Diventerà più facile, col tempo,” gli disse, e lui annuì di nuovo.

Io dovrei andare ora,” esordì il ragazzo a bassa voce (naturalmente, lui diceva tutto a bassa voce). I due si alzarono, raccogliendo i loro libri e le loro piume.

Stai andando giù in Sala Grande?” chiese Lily, mentre uscivano dalla biblioteca. “Ti accompagno, se sei diretto lì.”

No, vado in Sala Comune,” rispose il Serpeverde. “Quindi...ci vediamo dopo.”

Già,” concordò Lily. “Ciao Sev.”

Ciao, Lily.”

Il ragazzo si girò e se ne andò, lasciando Lily temporaneamente sola in corridoio. La ragazza sospirò. Ed a proposito di dèjà vu...

Che cos'era quello, Snaps?”

Lily si girò e vide James -in tenuta da Quidditch da capo a piedi- raggiungerla, la confusione e la curiosità unite nella sua espressione.

Che cos'era quello cosa?"

Tu e Piton,” disse il Capitano della squadra di Quidditch, facendo un cenno verso il Serpeverde ormai distante. “Stavate studiando insieme o sbaglio?”

Be'...sì.” La ragazza si chiese perchè confessare questa cosa a James la fecesse sentire così a disagio.

Una pletora di emozioni (o duplicati di emozioni) passarono sul volto di James nel giro di un secondo. Poi, assumendo un'espressione altamente ironica, ghignò. “Romeo e Giulietta3 sono tornati insieme?” chiese.

Sev ed io...siamo di nuovo amici, più o meno.” tentò di spiegare Lily. “È davvero dispiaciuto per quello che ha fatto, e ho deciso che non posso avercela per sempre con lui. Così...stiamo tentando di sistemare le cose.”

Sistemare le cose,” ripetè James.

Senti Potter...”

Sei un'idiota, Evans.”

Lily trasalì. “È complicato.”

Ti ha insultata nel peggior modo possibile di fronte a tutti,” continuò rudemente James. “Come fa ad essere complicato? È molto, molto semplice in realtà.”

Be',” iniziò Lily, il calore che saliva sulle guance, “Non lo chiamerei il 'peggior modo possibile'. Penso che forse, e dico forse, sia molto peggio far levitare qualcuno a sei metri da terra e minacciarlo di togliergli le mutande di fronte a tutti.”

Non ho intenzione di scusarmi.”

Non m'importa.”

Si squadrarono per un momento. “Devo riportare un libro in biblioteca,” disse James alla fine, e mentre superava Lily, ripetè: “Sei un'idiota, Snaps.”

Potter, tu hai problemi,” replicò la rossa. A quel punto lui se ne andò, ed ora, oltre che sola, la ragazza era anche innervosita.
 

(La soluzione)

Dopo essersi lavato, cambiato, e sentendosi semplicemente meglio, Adam si sedette al tavolo dei Grifondoro quella sera. Stava indirizzando completamente i suoi pensieri verso la bistecca di fronte a lui e non verso i provini di Quidditich di quella giornata, quando qualcuno prese posto vicino a lui. Senza voltarsi, Adam seppe instintivamente chi doveva essere.

Sei arrabbiato con me?” chiese Marlene a bassa voce (in modo dolce, perfetto).

Adam ci pensò su, e scosse la testa. “No.”

No?” La ragazza sembrò dubbiosa. “Per niente?”

"No."

Io...penso che sia meglio concentrarmi sulla scuola ora,” spiegò Marlene, quasi credendo a quello che diceva. “E poi, non ho bisogno di altri drammi con Miles, no?”

Giusto. I drammi...fanno male.”

Molto male,” concordò Marlene. Stette un po' in silenzio, mentre prendeva una fetta di pane e vi spalmava sopra del burro. “Sei sicuro di non essere arrabbiato?”

Affermativo,” disse Adam. “Devi fare quello che vuoi, Mar. È questo quello che conta. È questo quello a cui devi pensare.”

Marlene si morse il labbro. “E non ti ho nemmeno deluso?”

Il ragazzo la guardò finalmente negli occhi (erano un misto di blu, verde e grigio). “Tu non mi deludi mai,” la rassicurò. La ragazza sorrise raggiante. “Tranne” continuò lui serio, “se non mangi quella fetta di pane, allora potresti deludermi.”

Marlene diede un morso e chiuse gli occhi. “Carboidrati, come mi siete mancati.” Adam sorrise.

 

(La confessione)

Quando Lily uscì dalla doccia quella sera, il dormitorio era quasi completamente vuoto al suo ingresso. Donna era scesa di sotto ad affrontare il problematico saggio di Pozioni, mentre Mary e Marlene erano andate a fare una capatina in Guferia per mandare delle lettere ai loro genitori. Anche Shelley non era in vista, quindi, quando Lily entrò in dormitorio asciugandosi i lunghi capelli ondulati con un asciugamano, era rimasta solo Carlotta Meloni, seduta alla toletta con un'espressione totalmente sognante sul suo bel visto.

Ciao, Lily,” la accolse la compagna di stanza, il suo sorriso che si faceva più largo. “Come va?”

Bene,” rispose Lily. “Come mai così felice? C'entra qualche droga di mezzo?”

Carlotta scosse la testa. “È successo qualcosa di bello oggi.”

È successo qualcosa di bello oggi.” ripetè Lily. “Ne sono felice.” Si sedette su un letto. “Va bene, allora. Spara.”

Be',” iniziò Carlotta, “non so se ti ricordi di quel ragazzo di cui ti avevo parlato...”

Quando hai detto di avere 'problemi di cuore' la scorsa settimana?”

Carlotta annuì.

Sì, mi ricordo.” ci pensò su Lily. “Hai detto di averlo conosciuto quest'estate, ma che ora lui sembrava restio ad avere una relazione. Qualcosa sul tuo non essere il 'suo tipo'.”

Carlotta annuì di nuovo. “C'era...a dire il vero, c'era dell'altro. Lui pensava di avere un certo...non so come spiegarlo. Semplicemente...non pensava di poter far funzionare una relazione con me, capisci?”

Okay,” disse lentamente Lily, sorridendo semplicemente perchè la felicità di Carlotta risultava contagiosa. “A giudicare dalla tua attuale impersonificazione di Sandra Dee, immagino che lui abbia cambiato idea oggi?”

Be',” continuò Carlotta, “gli ho chiesto di incontrarci questa mattina in un'aula vuota, e aveva detto che sarebbe venuto, ma alla fine non si è presentato, così ho pensato 'va bene, non gliene importa veramente niente. Me ne dovrei fare una ragione'.”

Non fa molto Cenerentola fino ad ora...”

Cenerentola?”

Lascia stare. Vai avanti.”

Be',” continuò la bruna, “Ho deciso di andare a parlare con lui in ogni caso, il che è molto strano da parte mia. Di solito, se un ragazzo non è interessato a me...” Fece una pausa. “Ma chi prendo in giro? I ragazzi sono sempre interessati a me. Questa è stata una nuova esperienza.” Lily rise calorosamente. “Comunque, avevo deciso di parlare con lui. Non potevo proprio lasciar perdere...non dopo quel bacio.” La ragazza andò in delirio, e Lily alzò le sopracciglia alla vista del teatrino della sua compagna di stanza.

Solo un bacio?” chiese. “Dev'essere stato molto bello.”

Da far tremare la terra,” disse Carlotta. “Eravamo in villeggiatura nello stesso villaggio, io e questo ragazzo...è successo sulla spiaggia a mezzanotte. Io avevo bevuto un po' ma ero -sai- sobria, e così anche lui...più o meno, hai capito no?”

"Certo."

Era buio, e c'erano le stelle, e così ci siamo... baciati. È stato perfetto. Io non sono abituata alla perfezione Lily in amore, è una così estranea per me. Ma è stato così romantico e giusto. Certo, lui poi ha detto di aver commesso un errore e che non avremmo dovuto vederci più, perchè si sentiva in colpa”

In colpa?”

È complicato,” disse Carlotta, scacciando via la domanda con una delicata mano olivastra. “Comunque, quel bacio-è successo più o meno alla fine delle vacanze. Ci siamo scritti un paio di volte dopo, ma lui era sempre...strano, dopo quella notte. Così, quando siamo tornati a scuola, ho provato a parlargli, ma si è comportato comunque in maniera...strana. Ed a quel punto...all'inizio dell'anno, con il mio...ehm...incidente nella Sala Comune...beh, quello ha creato ancora più confusione. Poi, la settimana scorsa ci siamo parlati per qualche minuto, e lui mi ha detto di non avere modo di capire i miei sentimenti, il che mi ha sconvolta, dato che mi era sembrato di essere stata abbastanza chiara.”

"Naturalmente."

Così, era di questo che volevo parlare con lui questa mattina. Volevo dirgli che volevo qualcosa di serio con lui. So che suona strano detto da me, ma Lily” e qui, fu molto sincera, “c'era della magia vera quest'estate. Fantastica, vera magia.”

In qualche modo, Lily non potè non invidiare Carlotta. Dopo tutti gli anni di quelle che Carlotta chiamava “notti brave,” aveva finalmente trovato qualcuno con cui vivere...per sempre felice e contenta. Forse Cenerentola non era proprio da buttar via...

Tra parentesi, Lily, grazie mille per avermi ascoltata. Shelley...è la mia migliore amica, ma sa essere veramente ottusa certe volte. Comunque, dov'ero rimasta?”

Alla buca che ti ha dato questa mattina,” le venne in aiuto la rossa.

Già, quello. Ero distrutta. Poi, dopo cena, lo sono andato a cercare, e gli ho detto che dovevamo parlare...abbastanza duramente, devo ammettere. Lui ha detto di dovermi dire qualcosa anche lui. Quindi, una volta rimasti soli, ha confessato di tenere a me, ma che non avrebbe funzionato. Che non avrebbe funzionato; che non avremmo dovuto baciarci quest'estate; che era stato uno sbaglio, eccetera, eccetera, eccetera. E poi è successo.”

Cosa è successo?”

L'esperienza più spirituale che abbia mai...sperimentato. Ci siamo baciati di nuovo. Va bene, l'ho baciato io, ma lui mi ha risposto. È stato bellissimo. Fantastico. Perfetto.”

Quindi...” Lily era confusa. “Ora uscite insieme?

Be'...” Per la prima volta, Carlotta sembrò un po' insoddisfatta. “A dire il vero, dopo il bacio, lui se n'è andato...stordito, un po' confuso, ma anche...sai, affascinato, credo.” Carlotta scosse via i suoi dubbi e sorrise. “Non ha importanza, comunque. Non ne abbiamo parlato, lo so, cosa che avrei preferito, ma allo stesso tempo, la voce della coscienza non ha rovinato nulla.”

Carlotta, la voce della coscienza può essere molto d'aiuto,” disse Lily cautamente. “La voce della coscienza è il modo in cui capisci se è destinato a stare con te oppure no.”

La bruna scosse la testa. “Avrebbe potuto urlare di non volermi vedere mai più dopo quel bacio, ed avrei saputo comunque che è destinato a stare con me. L'ho...sentito.”

Carlotta aveva un sacco di idee strane, ma il modo in cui sembrava inusualmente speranzosa fece sorridere un po' Lily. “Spero che si risolva tutto per il meglio, Carlotta.”

Sarà così.” Affermò l'altra, molto sicura di sé.

Bene,” iniziò la rossa, sporgendosi un po' ed arcuando un malizioso sopracciglio, “ora che mi hai raccontato tutto, devi dirmi chi è questo ragazzo.”

Il labbro di Carlotta si contrasse. “Oh, mi piacerebbe, ma...non so se sia una buona idea.”

"Carlotta..."

Va bene.” Si avvicinò con fare cospiratorio. “E non lo dirai a nessuno?”

Certo che no.”

Va bene,” disse di nuovo Carlotta. Fece una pausa, permettendo all'anticipazione di crescere. Poi, alla fine, risplendendo di quella che lei stessa avrebbe definito come un'estasi trascendente, Carlotta sussurrò: “È Frank Paciock”.

Ci sono conversazioni che uno spera di non avere mai.





Note di traduzione

  1. Short-round: può essere riferito ad un tipo di sparo in cui il proiettile non raggiunge la distanza prevista, e può essere riconducibile alle doti di Battitore di Mitchum. 
  2. Caterina Chiacchierina: nella versione originale "Chatty Cathy"; è una bambola messa in commercio tra il 1956 ed il 1965 dalla Mattell, famosa per essere una delle prime bambole a poter riprodurre frasi ed ad apparire nei primi spot televisivi negli anni Sessanta
  3. Romeo e Giulietta: nella versione originale James usa l'espressione "Star-crossed lovers": è ovviamente una citazione tratta dall'Atto I di Romeo e Giulietta, versi 5-6, divenuto poi modo di dire, nella cultura inglese, per descrivere una coppia di amanti divisi dalle avversità.

"From forth the fatal loins of these two foes, 
A pair of star-cross'd lovers take their life" 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Errori di Coraggio ***


Angolo della vergogna della traduttrice n°2

E' acceso? Sa. Sa. Prova. Si sente? Bene u.u

Popolo di Efp!

Pensavate di esservi liberati di noi? Mi spiace, non ci siete riusciti! Forse avrete più fortuna la prossima volta u.u Le traduttrici più disperate del web sono tornate con un nuovo capitolo della fantastica The Life And Times! Ci abbiamo messo un bel po', ci spiace, ma credo proprio che ne varrà la pena, questo capitolo è bello importante!

Vorrei approfittare delle note di oggi per ringraziare le persone che ci stanno seguendo in questo viaggio: le 12 recensioni, le 19 preferite,le 27 seguite e tutti quelli che si sono presi un momento per leggere questa bellissima storia. G-R-A-Z-I-E. Aggiornerò presto Jules -l'autrice- al riguardo. Grazie ancora e buona lettura!

XX

themarchare


 

Capitolo 7- Errori di Coraggio

O

"Smoke Gets In Your Eyes"


 

"Ho deciso," Disse Severus Piton a Nicolai Mulciber, nella tarda serata di Venerdì.

Mulciber alzò lo sguardo dal suo compito di Trasfigurazione. "Davvero?" chiese, mascherando nella sua voce l'emozione e forse anche un po' di preoccupazione.

"Sì," disse Piton. "Ho deciso di venire con voi."

Mulciber annuì. “Ne sono lieto. Sei un tipo intelligente, sai."

Severus lo sapeva. Guardò nel fuoco morente nella buia Sala Comune dei Serpeverde. "A che ora si parte?"

"Presentati qui alle undici e mezza, domani sera," rispose l'altro.

Annuendo lentamente e avendo l'impressione di stare facendo qualcosa di molto importante, Piton assicurò: "Ci sarò."
 

(La Prima Conversazione)

Sommariamente, quello era stato solo un Venerdì. Era coinciso con il giorno di Halloween, aveva piovuto, e l'allenamento di Quidditch di Grifondoro era stato cancellato. Ma per il resto, era stato davvero un Halloween incredibilmente nella media (sommariamente). Nessuno ad Hogwarts era finito in infermeria, nessuna ragazza era rimasta incinta, nessuno aveva abbandonato la scuola, e nessuno era stato espulso. Le lezioni erano iniziate come solevano fare, e la vita era andata avanti come al solito. Sommariamente.

In quel Venerdì, Severus Piton condusse due brevi conversazioni con Nicolai Mulciber, Lily Evans fu in coppia con James Potter nella classe di Difesa contro le Arti Oscure, Mary Macdonald incontrò un Tassorosso, il Capitano della squadra di Quidditch lesse una lettera di sua madre all'ora di pranzo, Erbologia passò come al solito (con Mary Macdonald che respinge un Corvonero), Lily Evans ebbe un colloquio con il Caposcuola, ed apprese che James Potter fumava troppo. Passò, sommariamente, come un giorno normale.

In un disegno universale più grande tuttavia, quel venerdì di Halloween si rivelò piuttosto importante. Lily non se ne rese conto in quel momento, e nemmeno James, ma Severus Piton sì. In realtà, se ne rese conto nel momento in cui mise piede nella Sala Comune dei Serpeverde quella mattina.

"Piton," disse la voce di Nicolai Mulciber, mentre il ragazzo gli si avvicinava. Gli si accostò ed in modo riservato bisbigliò: "Avery, Hester, ed io usciamo domani sera"

"Uscite?" fece eco Piton seccamente. "Che cosa romantica."

"Ci incontriamo con Malfoy," elaborò Mulciber freddamente, e prima che il suo compagno di casa potesse inutilmente indagare sul motivo, aggiunse: "È quello che stavamo aspettando. Non devo spiegarmi, vero, Severus?"

Piton scosse la testa. Il suo stomaco si attorcigliò per il disagio.

"Vieni anche tu?" chiese Mulciber. Severus non voleva andare, o meglio, lui voleva andare, ma avrebbe voluto non avere questo desiderio.

"Ci penserò," disse Piton, ed andò a fare colazione.
 

(Lily è in coppia con James nell'ora di Difesa)

La prima ora di Difesa Contro le Arti Oscure classe iniziò con non poche difficoltà. Lily aveva avuto il sentore che sarebbe stato così nel momento stesso in cui aveva messo piede in classe, e sentì la prospettiva di stare seduta ancora per ottanta minuti soffocarla. Si sedette accanto a Donna ed attese, battendo il piede con ansia contro il pavimento. Donna provò a chiederle cosa la turbasse tanto, ma Lily insistè che "non poteva parlarne."

In verità, la sua mente non era stata ai suoi comandi per giorni ormai. Il tormento e l'indecisione l'avevano afflitta come una nube densa di pioggia: una grigia, infinita domanda, appesa sopra la sua testa. Dirlo o non dirlo...

Tap. Tap. Tap.

"Potresti smetterla?" chiese bruscamente James Potter.

Data la piega che stava prendendo la giornata, Lily si rese conto che non avrebbe dovuto essere sorpresa quando, dopo il suo ingresso, il professor Black aveva annunciato che avrebbero lavorato in coppia, e “potrebbero tutti gli studenti il cui cognome inizia con le lettere dalla A alla L venire ad estrarre un nome”? Non avrebbe dovuto essere sorpresa che, sebbene fosse stato statisticamente più probabile scegliere un amico (Shacklebolt, Piton, Macdonald, Price, McKinnon...) che un nemico (Potter, ad esempio), il pezzo di pergamena estratto avrebbe contenuto il nome di qualcuno che apparteva all'ultima categoria.

Questo, tuttavia, fu il caso e la ragione per cui, a quindici minuti dall'inizio della lezione, era James Potter a condividere il banco con lei invece di Donna, ed era sempre James Potter che si stava lagnando del suo battere il piede per terra.

Tap. Tap. Tap.

"Potresti smetterla?"

"No," ribatté lei, stranamente infastidita. Dopotutto, lui non aveva fatto nulla stavolta.

"Be', hai almeno finito la tua parte di saggio?"

"Mi ci sono messa solo da dieci minuti," si difese Lily.

"Lo prendo come un 'no'?" James guardò la pergamena prima che lei potesse coprirla. "Hai scritto appena un paragrafo. Guarda, io ho quasi finito.” Le mostrò la sua pergamena coperta da una scrittura disordinata per quasi trenta centrimetri.

"Hai la parte più facile," rispose il prefetto. "Chiunque potrebbe scrivere molto sugli effetti della maledizione Imperius. La storia invece richiede ricerca."

"Ricerca che avresti dovuto già avere, se avessi svolto la lettura assegnata."

"Chi sei tu? La professoressa McGranitt? Ho svolto la lettura assegnata, Potter. Solo che non riesco a ricordare ogni singolo dettaglio a memoria."

"Be', forse..."

"Be', forse," interruppe Lily, "dobbiamo smetterla di parlare, e dovresti farmi tornare al lavoro."

James scrollò le spalle e tornò alla propria metà del compito, dando gli ultimi ritocchi al saggio. Lily, nel frattempo, mordicchiava la punta della piuma, mentre cercava di concentrarsi.

Il primo incidente in cui la Maledizione Imperius venne ufficialmente citata come direttamente collegata ad una fatalità si verificò a San Pietroburgo nel 1908, e... e... e... e...

E?

Sarebbe dovuta andare in qualche direzione con quella frase, ma dove? Forse Frank era sotto Imperius...

Tap. Tap. Tap.

James posò la piuma, rivolgendosi ancora una volta alla sua compagna di banco. "Evans."

"Cosa?" Notò il suo piede nervoso. "Oh."

"Cosa c'è che non va?" chiese, passandosi una mano sottile tra i capelli neri. "Dico sul serio: prima sputi il rospo, prima non dovrò più combattere l'istinto di strangolarti." (Non che lui avesse tali voglie al momento, ma questo -come si dice- era un altro paio di maniche)

"Io non...non riesco a concentrarmi," rispose Lily, sospirando. "Mi dispiace, cercherò di..."

"Cosa c'è che non va?" James ripetè. "Andiamo, Snaps, dimmelo e basta."

Anche Lily posò la piuma e appoggiò il mento sul palmo di una mano. "Io...non posso."

"Evans..."

"Dico sul serio, non posso. Non posso. Non posso. Io...So una cosa." Sussurrò l'ultima frase, e James inarcò un sopracciglio.

"Perché stai bisbigliando?" chiese (a bassa voce). "Non c'è nessuno intorno a noi, e nessuno ci sta prestando attenzione in ogni caso." Era vero; con il lavoro di gruppo messo in atto da Black, tutta la stanza era in fermento con discussioni collaborative, ed i banchi direttamente intorno a Lily e James erano liberi. La loro conversazione sembra essere privata.

"Perché mi va," rispose Lily banalmente. La ragazza si accigliò.

"Allora, cos'è?"

"Che cosa?”

"Cos'è che sai?"

"Te l'ho detto: non posso dirtelo. Ma mi ascolti almeno quando parlo?"

"Be'," disse James, "hai evidentemente bisogno di parlarne con qualcuno... ti consiglio un buon psico-guaritore. Questa cosa ti sta mangiando viva. E mi sta procurando un gran mal di testa." Indicò il suo piede che si muoveva.

"Certo che mi sta mangiando viva," sospirò Lily, massaggiandosi miseramente le tempie. "Non so cosa fare."

"Be', io ti direi cosa fare," rispose il suo compagno, "se mi dicessi cos'è che sai."

Lily scosse la testa. "Non è così semplice."

"Allora... è un segreto?"

"Più o meno. Non lo so. È solo che... qualcuno mi ha detto una cosa... ed era in confidenza, ma la cosa che questa persona mi ha detto coinvolge qualcun altro, ed io non so se dirlo o meno ad un'altra persona coinvolta."

"Se ti è stato detto qualcosa in confidenza, non dovresti dirlo," disse James. "Non è poi così difficile."

"Ma non è così..."

"Semplice," concluse lui consapevolmente.

"Giusto." Lily si morse il labbro, considerando l'argomento per un momento. "Va bene, quindi, supponiamo che tu abbia una ragazza..."

"Perché?"

"Tu fallo e basta. Supponiamo che tu abbia una ragazza..."

"Una ragazza molto attraente."

"Sì, una ragazza molto attraente che ti piace molto."

"Va bene. Ho supposto."

"Quindi, supponi che questa ragazza, ha tipo... baciato qualcun altro, mentre stava con te..."

"Improbabile. Praticamente impossibile, a dire la verità."

"Sì, ma questa tua ragazza, è... un po' brilla e sta passando una sorta di crisi esistenziale, quindi bacia quest'altro tizio mentre è in vacanza... È una di quelle cose che accade e basta, e poi si pente subito il tutto. Non è un qualche tipo di relazione sordida ed ancora in corso... solo uno scivolone. Tu vorresti saperlo?"

James rigirò la domanda nella sua testa diverse volte, e poi chiese: "È stata davvero solo una volta? E non ci sono... sentimenti complicati o qualsiasi altra schifezza di quel genere?"

"Be'..." Lily si morse il labbro. "Forse, solo forse, il tizio ha baciato di nuovo la tua ragazza, e lei non si è tirata indietro, ma poi è scappata ed è tornata perfettamente seria con te."

"Due baci ed alcune emozioni in conflitto?" chiese James. "Vorrei sicuramente saperlo. In primo luogo, in modo da poter dare un destro al tizio, ed in secondo luogo per poter rompere con quella sgualdrina della mia ragazza."

"Ma lei non è una sgualdrina! Lei è un angelo! Lei è meravigliosa e dolce e sensibile e sei stato con lei per molto, molto tempo!"

James alzò le sopracciglia, avvicinandosi con un sorrisetto incuriosito. "Hai tradito Harper, Snaps?"

Lei lo schiaffeggiò leggermente. "No. Non si tratta di me. Smettila di ridere, Potter. Non si tratta di me. Non era nemmeno una ragazza che ha tradito–è stato un ragazzo, se proprio vuoi saperlo."

"Capisco," disse il Capitano della squadra Quidditch, annuendo lentamente. "Dì un po', non è il ragazzo di Marlene Price, vero? Ce lo vedo a provarci con qualche puttanella..."

"No. Ora piantala di provare a indovinare! Devo finire questo saggio..." Cercò di tornare al compito, ma James le afferrò il braccio.

"Aspetta, no, farò il serio. Quindi questa coppia misteriosa–il ragazzo, se n'è andato in vacanza e... si è imbattuto semplicemente in quest'altra ragazza per caso, giusto? Non era previsto?"

"Certo che no."

"E lui è un bravo ragazzo?"

"Sì, sicuramente."

"Allora accidentalmente bacia la ragazza e si pente, ma poi lei lo bacia di nuovo e lui... forse ricambia un po'?"

"Sì," disse Lily. "E poi, la strega che sta baciando, lei... mi ha detto di avere sentimenti seri per questo ragazzo, e lei pensa che possa succedere qualcosa. Tuttavia, da quello che posso osservare personalmente della situazione, sembra che lui voglia andare avanti e dimenticare il tutto."

James annuì lentamente. "Non puoi tenere questo segreto, Evans. Devi dirlo."

"Ma se lui è veramente, veramente pentito, potrei rompere una grande coppia senza alcun motivo reale!"

"C'è una ragione reale," protestò l'altro. "Ha baciato un'altra ragazza... due volte."

"Ma se è nel passato..."

"Non è nel passato se la sua ragazza non sa che lui è capace di fare una cosa del genere, no? Si tratta di una questione irrisolta che richiede una risoluzione."

Lily masticò la punta della piuma. "Forse hai ragione," ammise alla fine. "Ma io non voglio davvero, davvero dirle la verità... voglio dire, lei lo ama tantissimo, e lui non è una cattiva persona, ma…"

"Snaps," interruppe James, "non dovresti dirlo alla ragazza."

"Non dovrei? Ma tu hai detto..."

"Questo tizio–è un tuo amico?"

Lily annuì.

"Allora dovresti parlare con lui. Non vuoi confondere i fatti o iniziare una lite enorme per qualcosa che hai sentito da una seconda voce, giusto? Ma al tempo stesso, è ovviamente abbastanza importante da non essere preso sottogamba. Quindi ti servono i fatti–parla con lui, senti quello che dice, e poi fatti un'idea. Digli che sai tutto e vedi quello che ha da dire in proposito. Se è davvero così onesto, allora confesserà. Ma diciamoci la verità, non dovresti essere tu a dire alla ragazza che il suo ragazzo ha baciato un'altra... non se sono davvero così pazzi l'una dell'altro come stai implicando. Quindi non fare nulla drastico. Solo... Parlane con lui.”

James finì di parlare e aspettò speranzoso la sua risposta, ma la pura sorpresa di Lily ritardò qualsiasi articolazione per un momento. Alla fine, spostò una ciocca ribelle di ondulati capelli rossi dagli occhi ed annuì. "Hai ragione. È... un buon consiglio. Grazie."

Lui le fece un mezzo inchino con la testa e tornò al suo saggio. Lily fece lo stesso.

Per decenni, l'inizio della maledizione Imperius è stato attribuito agli sforzi del governo tedesco, che sperava di eliminare la variabile della volontà umana nelle imprese militari nel tardo XIX secolo. Tuttavia, rapporti ancora precedenti...

...Il consiglio che le aveva dato Potter era valido... sorprendentemente valido. Perché poteva essere così gentile, e poi pochi secondi dopo dimostrarsi un dannatissimo idiota? Perché mai...

...rapporti ancora precedenti di incantesimi di “controllo”, che manipolavano e in casi estremi disarmavano il libero arbitrio della vittima, sono stati scoperti in Cina, India, e parti del...

... Cosa più strana di tutte, c'era così poca differenza percettibile tra il Potter lunatico e cattivo ed il Potter disponibile ed onesto. L'inflessione della sua voce si spostava appena, eppure le due personalità avevano incidenze così diverse...

...parti del Sud Africa. L'incantesimo "Imperio" non apparve ufficialmente fino al 1902, pubblicato in un giornale americano come scoperta di...

...Ma non era possibile che il vero Potter fosse quello genuino, carismatico, e divertente, e l'altro fosse solo...

... un immigrato tedesco, che fu poi accusato di aver rubato le informazioni dal progetto del governo a cui aveva contribuito. L'incantesimo "Imperio", ha dimostrato di essere molto più potente dei suoi predecessori, come ad esempio "Untersuchen!" e "Atakku!" Tuttavia, al momento della sua scoperta, l'incantesimo "Imperio" era stato anche, erroneamente, ritenuto invincibile: ovvero, nessuna persona sottoposta a questa magia avrebbe potuto superarne gli effetti...

... un rivestimento di immaturità?

"Finito," annunciò James, facendo sobbalzare Lily. Lanciò uno sguardo alla sua pergamena. "Beh, almeno hai fatto progressi."

"Posso chiederti una cosa?" disse Lily, posando la piuma. Lui alzò le sopracciglia, e lei lo interpretò come un'affermazione. "Non prenderla male...Non sto cercando di incolparti o qualcos'altro, va bene? Sono solo... Voglio solo sapere perché non hai confessato alla McGranitt sulla rissa nella Sala d'Ingresso."

Dopo un po', James–con un sorriso amaro–rispose: "Vuoi una scusa, non è vero? Io non ce l'ho, però. Non ho un buon motivo che giustifichi tutto. È stato solo... Stavo solo facendo l'idiota. Tutto qua."

"Non ci credo," gli disse, prima che potesse lui allontanarsi. "Penso che ci sia una ragione. Ci deve essere un motivo."

"Perché ci deve essere un motivo?" chiese, frustrato. Lily sospirò.

"Perché, tu... l'hai colpito. Hai colpito Mulciber. Sei semplicemente apparso dal nulla e gli hai slogato la mascella, e non è una cosa coerente per qualcuno che si preoccupa delle conseguenze. Non...c'entra niente."

James respirò pesantemente. Sembrò elaborare qualcosa nella sua mente per quasi un minuto prima di scegliere finalmente di parlare. "Hai mai sentito parlare del regola del settantacinque, Snaps?" chiese. Lei scosse la testa. "È una vecchia regola di Hogwarts. Davvero vecchia, e non viene applicata da un sacco di tempo. Il... ehm... il fatto è che, questa regola–la regola del settantacinque–dice che se uno studente riceve settantacinque detenzioni, lui o lei dovrà essere giudicato dalla commissione... che voterà se lo studente dovrà essere espulso o meno."

"Quindi, stai dicendo che..."

"Ho avuto settantaquattro punizioni," la interruppe. Gli occhi di Lily si spalancarono.

"Settantaquattro? Sono... un sacco. Io ne ho avute cinque."

James non era sorpreso. Accennando un sorriso amaro, aggiunse: "In ogni caso, questa è la verità. Se avessi confessato il pugno a Mulciber sarei stato in pericolo, e...ho avuto paura di ricevere una punizione.” Pronunciò la frase con una pungente ironia, e la guardò aspettando una reazione. "Non è esattamente eroico, vero?"

"La commissione ti ama, Potter," disse Lily, ignorando le sue ultime parole. "Anche Lumacorno ti ama, e tu non sei nemmeno così brillante a Pozioni. Poi c'è Vitious, la McGranitt, per non parlare di Silente, e Puttman e anche probabilmente Black...hai alcuni dei migliori voti della classe. Sono sicura che voterebbero tutti a tuo favore."

"Snaps... le uniche altre due persone che hanno raggiunto 75 punizioni sono state espulse. È solo... una prassi. Non importa se piaccio a tutti loro. Il corpo docenti si sentirebbe obbligato a..."

"Perché non me l'hai detto? O a Black, o a Remus, o a chiunque altro?"

James aggrottò le sopracciglia, perplesso. "Perché avrei dovuto?"

Lily lo guardò come se la risposta fosse stata spaventosamente evidente. "Perché ognuno di noi avrebbe volentieri preso la colpa! Voglio dire, io l'ho fatto solo perchè così Grifondoro non avrebbe perso punti–ovviamente l'avrei fatto per impedirti di essere cacciato."

"Ma...aspetta...che cosa?"

"Beh, non mi credi?"

"Perché impediresti la mia espulsione? Io non ti piaccio nemmeno. A dire il vero, non dovresti tipo odiarmi? Io sono il 'bullo arrogante e prepotente' che ha sempre infastidito il tuo migliore amico!"

"Hai infastidito un bel po' anche me, se permetti" gli ricordò Lily."E forse ci sono momenti in cui non mi dispiacerebbe vederti espulso, ma tu...tu hai steso Mulciber. E se lo meritava. Forse hai scelto un pessimo momento per farlo ed il piano era mal congegnato, ma...non meriti di essere espulso per questo."

Il capitano della squadra di Quidditch sbatté le palpebre. "Io non...voglio dire, io veramente non ti capisco. Ma...grazie. Credo."

"Non c'è di che." La ragazza guardò il suo saggio.

"Hai bisogno di aiuto per finire?" chiese.

"No, ho solo uno o due paragrafi da scrivere, penso. Non dovrebbero richiedere molto tempo." James si limitò ad annuire in risposta, prima di tornare con gli occhi alla propria metà del saggio, che cominciò a rileggere. Con gli occhi sulla sua pergamena, Lily aggiunse piano: "Ed io non ti odio."

...

"Oh. Okay."
 

(Mary Macdonald Incontra un Tassorosso)

Mary Macdonald stava avendo una brutta giornata. Aveva indossato una sciarpa arancione per celebrare Halloween, e l'accessorio era quasi caduto già due volte nella sua pozione. Era inciampata mentre andava a colazione, ed ora una delle sue ginocchia aveva un taglio. Si sentiva come se pesasse centocinquanta chili senza alcuna ragione apparente, e la gonna della divisa sembrava starle un po' più stretta ed un po' più corta, quella mattina. Inoltre, avrebbe voluto essere accoppiata con Sirius Black o Donovan Atwater, ed aveva, invece, aveva finito per condividere il calderone con un mediocre Tassorosso.

Senza alcuna voglia di essere gentile, Mary decise di dover essere esplicita con il suo compagno, il ragazzo dagli occhi grandi che fissava troppo e visto in giro con Adam McKinnon di tanto in tanto, e quindi, mentre ritirava le sue scorte per le pozioni, Mary si girò verso di lui e disse: "Io volevo essere messa in coppia con Donovan Atwater."

Il Tassorosso sbatté le palpebre. "Oh."

"Ho pensato che lo dovessi sapere."

"Oh."

"Perché Donovan Atwater è bravissimo in Pozioni, ed io sono una frana, e non abbiamo parlato tutta la settimana, io e Donovan."

"Oh."

Mary mise le labbra perfettamente lucide di gloss in un cipiglio. "È tutto quello che hai da dire?" chiese (era una giornata molto brutta). "'Oh?'"

Gli occhi del Tassorosso divennero, se possibile, più grandi. "Mi...spiace?"

Mary sospirò. Non era un ragazzo orribile, anche se non di bellissimo aspetto. Aveva il mento stretto ed un sacco di indescrivibili capelli castani, tagliati (o meglio non tagliati) come uno dei Monkees, in modo da coprire in gran parte le orecchie e da accarezzare lievemente il colletto della camicia. Aveva le lentiggini e dei denti decenti, ed un lungo naso sottile. Sembrava assolutamente terrorizzato dall'eccezionalmente bella Mary Macdonald.

La ragazza ebbe pietà di lui. "Non è colpa tua", concesse, un po' colpevole. "Ho appena... Ho appena avuto una giornata schifosa, suppongo. Volevo davvero essere in coppia con Donovan Atwater... e ora sta in coppia con quella puttanella di Alexa Kyle."

"Alexa Kyle non è una puttanella!" disse il ragazzo, raggiungendo quello che doveva essere il suo volume di voce più alto. "È davvero carina, in realtà, mi ha dato ripetizioni di Trasfigurazione al quarto anno!"

Fu il turno di Mary di sbattere le palpebre confusamente. "Bene," disse, "ma in questo momento sta in coppia con Donovan Atwater, e lui non sembra terribilmente infelice di questo, quindi dev'essere una puttanella!"

"Ma non lo è." Evidentemente il ragazzo non aveva capito la situazione. Stettero entrambi in silenzio per un attimo, prima che il Tassorosso continuasse: "Così Donovan Atwater è il tuo... il tuo fidanzato o qualcosa del genere."

"Non lo so," ammise Mary. "Voglio dire, no, non credo. Siamo usciti insieme questo weekend, e... beh... diciamo solo che non si è fatto più sentire da allora."

"Siete usciti insieme? E come avreste fatto? Non c'era in programma una gita ad Hogsmeade o una partita di Quidditch..." Si aspettava una spiegazione, e Mary si sentì arrossire sotto il suo sguardo innocente. Mary non arrossiva mai.

"Tu non esci molto, vero?" chiese. Il Tassorosso non capiva a cosa si riferisse, di conseguenza fece finta di preparare i suoi ingredienti di pozioni. "Siamo...siamo rimasti nel castello," tentò di spiegare Mary. E l'ho data via come una specie di puttana per un ragazzo che non è neanche il mio ragazzo... "Siamo stati molto bene insieme, e... non so, non ho sentito Donovan ultimamente, quindi speravo che se fossi stata in coppia con lui oggi, avremmo avuto l'opportunità di parlare. Invece, sono con te, e lui è con quella puttanella di Alexa Kyle, e credo che a lui vada bene così."

Il Tassorosso annuì. "Beh," cominciò lentamente, non incontrando lo sguardo di lei, "se lui è quello che sembra felice di essere in coppia con Alexa Kyle, non sarebbe lui la puttanella? Perché conosco Alexa Kyle, ed è molto gentile. Mi ha dato ripetizioni di Trasfigurazione al quarto anno."

"Me l'avevi già menzionato," disse Mary. "I ragazzi non possono essere puttane, però."

"Io scommetto che possono,” rispose sottovoce, il che fece ridere Mary.

Con un ultimo sguardo a Donovan Atwater, la bruna restituì la sua attenzione a quel suo strano compagno di calderone Tassorosso. "Qual è il tuo nome, comunque?"

"Reginald." Il ragazzo non sembrava affatto sorpreso che lei non sapesse il suo nome, anche se erano nello stesso anno.

"Reginald?" ripetè Mary. Forse poteva chiamarlo con il suo cognome. "Reginald come?"

"Cattermole. Reginald Cattermole."

Oppure no.

"Allora... come ti chiamano i tuoi amici, Reginald Cattermole?"

"Beh.." ci pensò su, e c'era quasi qualcosa di tenero nella sua espressione mentre rifletteva. "Beh... la maggior parte delle volte mi chiamano semplicemente 'Reginald.'"

"Va bene allora, Reg," disse Mary. "Dovremo trovarti un soprannome."
 

(Il Capitano della Squadra di Quidditch Riceve Una Lettera)

"L'allenamento di Quidditch è stato annullato," informò a pranzo Adam McKinnon, rivolgendosi a Donna Shacklebolt. La Sala Grande era grigia quel pomeriggio. Nonostante le lanterne a forma di zucca arancio brillante che levitavano in tutta la sala, il cielo nuvoloso sembrava racchiudere tutta la sala in una sorta di nebbia, mentre le gocce di pioggia cadevano dal cielo senza bagnare nulla. Alla notizia che il suo compagno di squadra aveva appena fornito, Donna posò la forchetta e aggrottò la fronte.

"Dove l'hai sentito? E perché è cancellata? Abbiamo la prima partita tra due settimane."

"Black mi ha detto di diffondere la notizia a tutta la squadra," rispose Adam, mentre si sedeva accanto a Donna. Alzò le spalle. "Ha solo detto che Potter ha cancellato l'allenamento. Non so altro."

"Potter non annulla gli allenamenti", osservò Donna. "Semmai fissa allenamenti in più. È la sua peculiarità. È per questo che è il Capitano. Fanatismo."

Marlene Price, Mary Macdonald, e Lily Evans arrivarono al tavolo. "Ta ta ta-ta,ta ta ta-ta, Donna e Adam si vanno a sposar." cantò Mary, beccandosi l'occhiataccia di Donna.

"Cresci, e poi sparisci," disse, anche se Mary non accontentò nessuna delle due richieste, sedendosi di fronte alla coppia. Lily e Marlene la imitarono.

"Di cosa stavate parlando voi due?" chiese Marlene in quello che doveva essere un tono casuale, mentre si prendeva una mela per non incontrare lo sguardo di nessuno.

"Potter ha annullato l'allenamento di Quidditch," le informò Donna. "McKinnon stava diffondendo la notizia. E da quando è diventato un crimine per me parlare con lui, comunque?"

"Non è un reato", disse Marlene, un po' più sollevata. "Ho solo pensato che era strano, tutto qua, visto che non parli mai con i ragazzi, Don, o con... insomma... con la gente in generale."

"Io parlo con la gente!"

"La gente di nome Lily Evans," continuò Mary.

"Mi chiedo perché Potter abbia annullato l'allenamento di Quidditch," intervenne Lily, che era rimasta a quella notizia, anche se non sapeva spiegarsi il perché. "Non è per il tempo, vero?"

"Potter ci farebbe allenare anche nel bel mezzo di un uragano," disse Adam seccamente, e Donna annuì.

"È probabilmente di cattivo umore," disse. "Ora che ci penso, l'ho visto uscire quando sono arrivata pochi minuti fa, e sembrava un po' incazzato. Ovviamente, è difficile da dire con certezza. E Mary, parlo con un sacco di persone che non sono Lily."

"A esempio chi?"

"Beh... gli insegnanti, quando fanno domande in classe, e..."

Le sue compagne continuavano a litigare, ma Lily si ritrovò disinteressata. Come Donna aveva suggerito, il Capitano era, difatti, assente dal tavolo dei Grifondoro, e–dopo un attimo di dibattito interiore–anche Lily si alzò. Dopo aver imbastito qualche scusa ai suoi amici distratti, il prefetto uscì in fretta dalla sala.

In realtà non sapeva perché si sentisse in dovere di inseguire James Potter... era qualcosa che si farebbe per un amico, e James non era esattamente il suo migliore amico. Allo stesso tempo però, lui era stato addirittura carino con lei durante la lezione di Difesa...e disponibile, anche.

Quando la rossa arrivò nella Sala d'Ingresso, stava cercando così intensamente James che non si accorse di Frank Longbottom, ed andò a sbattere contro di lui.

"Oh, mi dispiace!" gridò il Caposcuola, afferrandole il braccio in modo che Lily non cadesse a terra. "Stai bene?"

"Bene? Oh, sì, sono...ascolta, Frank, devo..." Lily fu indecisa per un momento, poi continuò: "Devo parlarti. Più tardi... è molto importante.”.

"Ehm... sì, va bene, ora sono libero se vuoi parl..."

"Non posso adesso. Ci vediamo dopo".

Detto questo, Lily se ne andò, muovendosi in fretta attraverso la sala affollata. Avendo la sensazione che James fosse andato nella Sala Comune di Grifondoro, si avviò verso la scala ascendente. Mentre saliva più in alto per i corridoi del castello, Lily incontrò sempre meno studenti. Quasi tutti erano andati a pranzo quando raggiunse il sesto piano.

Un rapido sguardo lungo il corridoio le disse che il passaggio era deserto. Un secondo sguardo le disse però, che un po' più in là, stava una persona, appoggiata al muro con le mani in tasca. Ed era James.

"Potter, stai bene?" Chiese Lily, avvicinandosi. Lui la guardò, ma non sembrava essersi veramente accorto di lei, e Lily si rese conto che non aveva mai visto quell'espressione sul suo volto prima: una combinazione terribile di rabbia, di angoscia e di confusione.

"Lui... sta tornando a casa," disse James, come se non riuscisse ad afferrare le parole pronunciate da lui stesso. "Sta semplicemente... sta tornando". Poi, il Capitano della squadra di Quidditch stette in silenzio, e Lily non sappe cosa dire. Tutto quello che aveva veramente capito era che l'espressione sul viso di quel ragazzo l'aveva colpita nel profondo, e che non avrebbe mai voluto vederla. Improvvisamente, James sembrò realizzare che non era solo. Sobbalzò, raddrizzandosi e passandosi una mano tra i capelli. Nell'altra mano, Lily notò un pezzo di pergamena spiegazzato. "Mi dispiace," disse James. "Mi dispiace...non volevo...devo andare".

E lo fece molto in fretta.
 

(Erbologia Passa Più o Meno Come Al Solito)

(Con Mary Che Respinge Un Corvonero)

James era tornato alla normalità per la lezione di Erbologia di quel pomeriggio. O in ogni caso, così sembrava. Se n'era stato con gli altri Malandrini e, ad un certo punto, aveva infilato una caccabomba nella cartella di Samuel Avery. Aveva terminato il suo compito di de-semina della Begonia Sparatrice con almeno due tentativi piuttosto sporchi, ed aveva abilmente calmato le acque quando il professor Puttman volle sapere perché alcuni Serpeverde sembravano emanare un odore terribile.

Era tutto abbastanza nella norma, almeno per quanto poteva osservare Lily, che non era molto. Aveva scelto un posto accanto a Marlene, e Marlene era particolarmente brava in Erbologia, il che significava che non avrebbe avuto problemi a notare se Lily si fosse distratta o se fosse stata occupata a dedicare più attenzione del solito a James Potter.

Cosa che non accadde, poichè anche Marlene era occupata ad osservare la classe. La bionda aveva notato che Mary Macdonald stava aiutando un ragazzo di Tassorosso con il sua pianta di Begonia Sparatrice.

"Quel ragazzo con Mary," cominciò Marlene, mentre lei e Lily iniziavano a ripulire, dopo aver terminato la raccolta dei semi necessari..."È il tizio che era con Adam quella notte, vero?"

"Quale notte?" chiese Lily, e poi, comprendendo, continuò: "Oh, vuoi dire il tizio che lo ha visto quasi... saltare?" Facendo una smorfia, Marlene annuì. "Sì, è lui. Si chiama Reginald."

"È stato in coppia con Mary oggi in Pozioni, giusto?"

"Giusto". Lily guardò la coppia. "Non credi che ci sia qualcosa tra loro...?"

Marlene scosse la testa. "Mi piacerebbe dire che Mary ne ha avuti di peggio," disse, "ma quel ragazzo non è per niente...abbastanza da Mary".

Lily alzò le spalle. "Dalle un po' di tempo. Ha solo sedici anni, ed è..."

"Bella," finì Marlene. "Lo so."

Dall'altra parte della serra, i Malandrini si stavano pulendo in un altro lavandino. "Sapete cosa penso," cominciò Sirius meditativo, "credo che Merlino non sia mai esistito realmente. Scommetto che è stato inventato...come un mito."

"Che cavolata," disse Remus, alzando gli occhi grigi. "Certo che era una persona reale."

"Allora perché in ogni suo ritratto ha un aspetto diverso?" volle sapere Sirius . "E le voci hanno sempre un suono diverso."

"Questo non prova nulla", affermò il Signor Moony. "Era un tizio vecchio con la barba bianca... nessuno presta attenzione a come sono in realtà le cose. I ritratti sono stati probabilmente dipinti a memoria."

"Oppure dall'immaginazione," suggerì Sirius con aria saputa. "E poi c'è un'altra cosa–come mai non ci sono ritratti di Merlino giovane? Nessuno pensa a lui come un ragazzo giovane."

"Perché non ha fatto nulla di significativo da ragazzo," disse Remus.

"Oppure perché non è esistito fino a quando qualcuno non lo ha inventato come un vecchio mago," concluse con soddisfazione Sirius. Ancora una volta Remus alzò gli occhi, una pratica che era diventata una sorta di abitudine negli ultimi anni. Continuando a discutere con Sirius, finì di lavarsi le mani e cominciò a tornare verso il loro tavolo, mentre Padfoot lo seguiva, sogghignando soddisfatto. Peter rimase indietro mentre James strofinava via gli ultimi residui di sporco dalle unghie.

"Va tutto bene, Prongs?" chiese Wormtail. "Sei sparito per un po' prima a pranzo. Stai bene?"

James finì di lavarsi le mani. Le tamponò con un asciugamano. "Va tutto bene, Wormtail," disse, tradendo nella voce per la prima volta dall'inizio della lezione un'emozione assai lontana dall'allegria. "Sto bene. Forza–Ho ancora una caccabomba con il nome di Mulciber sopra."

Peter non lo contraddì su questo punto.

Quando finì la lezione, stava piovendo ancora, e ci fu una sorta di corsa per gli ombrelli. Sirius Black ne appellò uno dal castello, espandendolo per far entrare tutti e quattro i Malandrini. Alcuni studenti più furbi lanciarono incantesimi di impermeabilità, e per quanto riguarda Lily, la ragazza aveva portato giù il suo ombrello all'inizio della lezione. C'era spazio per tenere due studenti asciutti.

"Io dico di lasciare che Mary provveda a se stessa," disse Marlene. "I suoi capelli sono perfetti sia bagnati che asciutti... beata ragazza."

"Voglio solo controllare se ne ha bisogno," rispose Lily, in attesa che Mary finisse di mettere via le sue dispense.

Sempre più impaziente, Marlene notò Miles dall'altra parte della serra e si diresse verso di lui.

"Hai un ombrello?" chiese la bionda al suo ragazzo. Scosse la testa, indicando la sua bacchetta.

"Ho la magia, Marly," disse con sarcasmo. "Dovresti provare qualche volta." Miles agitò la bacchetta una volta, mormorando un incantesimo. "È un incantesimo Impervius," la informò. "Adesso non ti bagnerai se andrai sotto la pioggia. Ci vediamo al banchetto questa sera." Detto questo, Miles se ne andò.

Abbattuta, Marlene tornò da Lily, che era ancora in attesa di Mary. "Vado al castello", disse la bionda. "Incantesimo Impervius", aggiunse a mo' di risposta allo sguardo curioso di Lily. "Ci vediamo tra un po'." Nonostante l'incantesimo, Marlene non aveva fatto neanche tre passi fuori, quando sentì gocce di pioggia sui capelli.

"Maledizione," imprecò la bionda, e aveva appena tirato fuori la bacchetta per eseguire lei stessa l'incantesimo Impervius quando smise di piovere. Su di lei, per lo meno.

"Sfidi le forze della natura?" chiese Adam McKinnon, apparendo dal nulla. Le teneva un ombrello sopra la testa. "Roba pericolosa quella, Price".

"Avevo addosso un Incantesimo Impervius, ma non doveva essere uno molto buono," rispose Marlene, avvicinandosi con gratitudine.

"A volte una goccia di pioggia o due possono penetrare anche nei migliori incantesimi Impervius," la consolò disinvoltamente Adam.

"Beh, non mi importa. È stato Miles a lanciare l'incantesimo."

"Hmm... Immagino che non fosse molto efficace, vero?"

Marlene si mise a ridere. "No, credo di no."

Nel frattempo, il Tassorosso con cui Mary aveva trascorso la lezione se ne stava andando con uno dei suoi compagni di Casa, e Mary stessa stava per raggiungere una Lily molto paziente quando qualcosa–piuttosto, qualcuno–la disturbò.

"Ehi, ciao, Mary," disse Donovan Atwater. Era un bel Corvonero dalle spalle larghe, e si avvicinò alla Grifondoro con un sorriso. "Mi spiace di essere stato distante questa settimana... Sono stato un po' occupato ultimamente. I giorni feriali sono sempre così frenetici."

"Nessun problema, Donovan," rispose Mary, e la sua voce aveva quel suono dolce e stuzzicante che spesso assumeva quando parlava ai ragazzi. "Felice Halloween."

"Felice Halloween," rispose il Corvonero. "Mi piace la tua... la tua sciarpa, lì." Indicò il suo accessorio di un arancione vivace, e lei lo ringraziò timidamente. "Allora, mi chiedevo se volevi andare al banchetto di Halloween con me stasera... intendo come un appuntamento. Sono stato benissimo sabato."

Mary ci pensò su. Donovan aveva un sorriso bellissimo. Gli sorrise. "È molto carino da parte tua, Donovan, ma ho altri piani."

Preso alla sprovvista: "Oh. Davvero? Un-uh-un appuntamento?"

"No. Ci vado solo con Marlene, Lily e Donna," gli disse sinceramente Mary. Perché tutto questo era così... soddisfacente?

"Be'," cominciò Donovan, tornando a sorridere, "Sono le tue compagne di dormitorio. Scommetto che a loro non dispiacerebbe se passassi la serata con me."

"Sono certa che a loro non dispiacerebbe," disse Mary. "Ma io non sono particolarmente interessata a rientrare nei tuoi piani per il weekend." Con questo, la strega si voltò e si unì Lily, che aveva una strana espressione in volto.

"Che cos'era quello?" chiese, mentre tornavano a castello. "Donovan Atwater ti ha chiesto di nuovo di uscire?"

Mary annuì. "Gli ho detto di 'no'."

"Ma davvero?"

"Sì."

"Pensavo che ti piacesse."

"Infatti."

"Allora perché gli hai detto di 'no?'"

Mary ponderò la questione, e poi sorrise. “Perché è una puttana."

Lily rise. "Una puttana?" ripeté. "Hai sempre detto che i ragazzi non possono essere chiamati 'puttane.'" La bruna alzò semplicemente le spalle. "Mary Macdonald, penso che tu stia crescendo."

"Forse hai ragione, Lily. Doveva succedere prima o poi."
 

(Due Parole con il Caposcuola)

Forse nel tentativo di distrarre gli studenti di Hogwarts dalle drammatiche notizie dal mondo esterno, o forse per distrarre gli studenti di Hogwarts dalle situazioni disastrose della scuola stessa (l'indagine di Lathe si era dimostrata, fino ad allora, meno che feconda), la Festa di Halloween fu particolarmente magnifica quell'anno. C'erano più pietanze, cibo di migliore qualità, decorazioni più elaborate, ed i fantasmi eseguirono quella che doveva essere una versione molto drammatica della fiaba della Bacchetta di Sambuco, ma che–a causa dell'intervento di Pix–si rivelò più che altro comica.
Quando tutti si furono seduti per iniziare a mangiare il cibo delizioso che era stato preparato per loro, Lily notò che Luke Harper si era seduto alla sua destra. La baciò sulla guancia, e Lily si rese conto che non aveva effettivamente parlato con il suo fidanzato per gli ultimi due giorni. Ella si chinò e lo baciò, molto più appassionatamente, sulle labbra.

Il ragazzo sorrise quando si separarono (Donna–che era nelle vicinanze–alzò gli occhi al cielo) e chiese: "Quello per che cos'era?"

Senso di colpa, per lo più. "Sei un buon fidanzato, ecco perché," rispose Lily. Luke le versò un bicchiere di succo di zucca: un gesto inutile, ma non del tutto fastidioso. "Perché sei a questo tavolo?"

"Nessuno presta attenzione alle formalità delle case durante le feste," le disse allegramente. "Non ti dispiace, vero?"

"No, certo che no."

"Bene. Certo, il cibo non sarà abbastanza buono come lo è di solito a queste feste." Luke selezionò una fetta consistente di prosciutto. "Hanno ordinato da qualche negozio a Londra, invece che dall'attività della mia famiglia a Hogsmeade."

Lily domandò cortesemente perché ciò era accaduto, e mentre Luke iniziava a spiegare, Lily gettò uno sguardo attraverso la sala al tavolo dei Serpeverde. Piton non la stava guardando, ma era seduto da solo. Poi, senza una valida ragione, Lily si ritrovò a cercare i Malandrini. James, accompagnato dai soliti altri tre, sembrava di essere di umore assolutamente ottimo. Non aveva avuto alcun contatto con lui dopo il suo strano sfogo a pranzo.

"...Ad ogni modo, questo è quello che mia sorella ha detto nella sua lettera," Luke stava finendo la sua storia, e Lily annuì.

"È..." Un vero peccato? Una cosa buona? Che cosa aveva detto? "...interessante."

"È il business," rispose Luke con una scrollata di spalle. In quel momento, Lily osservò Frank Paciock che entrava nella Sala, con Alice al suo fianco. Un'ondata di apprensione la inghiottì, mentre si ricordò che doveva confrontarsi con lui stasera. Luke non poté fare a meno di notare il disagio improvviso della sua ragazza. "Va tutto bene, Lily?"

"Cosa? Sì, sto bene. C'è solo una cosa... che devo fare. È un compito... da prefetto. La temo un po', ecco tutto."

"C'è qualcosa che posso fare per aiutarti?" si offrì volontario il Corvonero. Lily staccò gli occhi da Frank, fissando invece lo sguardo su Luke Harper.

No. In realtà non c'era niente che potesse fare, giusto? La ragazza considerò la condivisione di qualche versione della storia... chiedere il suo parere sulla situazione, ma poi di nuovo, sembrò solo inutile. Sapeva già esattamente quello che doveva fare, e poteva trattenersi dallo sfogarsi col suo ragazzo, perché, a dire il vero, aveva già discusso la questione.

Con James Potter.

________________________________________________________________________________________________________________________ 

"Frank!"

Lily raggiunse il Caposcuola dopo la festa, mentre gli studenti salivano nelle loro Sale Comuni pieni fino a scoppiare per il cibo (cibo piuttosto eccellente, non importa cosa avesse da dire Luke Harper). Lui sorrise benignamente verso di lei, mentre aspettava che gli altri studenti vicini li superassero sulla scala. 

"Ciao, Lily," salutò. "Volevi parlare con me, vero? Oh, e dato che sei qui, mi chiedevo–e non te lo chiederei normalmente–ma mi chiedevo se potessi scambiare i turni di pattuglia con Bertram Aubrey, a causa di..."

"Lo so, Frank."

"Lo sai...?"

Nella più breve frazione di secondo, Lily considerò tutto. Considerò Alice, e considerò il sorriso di Carlotta mentre erano sedute sul letto nel dormitorio discutendo del suo nuovo amore, e considerò per quanto tempo aveva conosciuto Frank, e considerò come–tanti anni prima–Frank aveva trascorso settimane, lavorando sul coraggio solo per parlare con Alice, e considerò che potrebbe non averlo più come amico.

"So di Carlotta," Lily lo interruppe. L'espressione di Frank si modificò radicalmente, cambiando dalla solita cordialità allo shock completo in pochi secondi. "So quello che è successo in vacanza e quello che è successo domenica, e non riesco più a tenermelo dentro."

"Lily," cominciò Frank con voce tremante, "è stato un erro..."

"Per favore, no," Lily continuò ad alta voce. "Per favore, non ne posso più. Se è finita… se è davvero finita con Carlotta, allora devi parlare con Alice. Se non lo è, allora io parlerò ad Alice, perché non è giusto nei suoi confronti."

"Lo so, e..."

"Non è giusto, perché lei ti ama, e tu le hai nascosto questo, e non c'è mai…e dico mai una scusa per il tradimento." Frank stette in silenzio. "Devi dirglielo, Frank. Stasera. Adesso."

Lui non disse niente, e poi alzò lo sguardo per incontrare quello di lei. "Lo farò."
 

(Lily Evans Apprende Che James Potter Fuma Troppo)

In realtà, in un certo senso era uno spettacolo divertente. James Potter stava lì, disteso lungo la parte superiore del tavolo di Grifondoro con una sigaretta tra due dita mentre la portava alle sue labbra ed aspirava. I suoi occhi nocciola erano fissati sul cielo mutevole–una massa nera di niente, puntellata dalla bianca luce delle stelle, e nuvole pesanti, che sembravano muoversi al di fuori del soffitto. Era tardi, e le sue possibilità di essere scoperto erano scarse, ma avrebbe dovuto essere più coscienzioso, pensò Lily, perché non la sentì nemmeno entrare nella Sala Grande. Non la sentì affatto fino a quando lei parlò.

"Tu fumi."

Il ragazzo saltò e si guardò intorno. Poi–notando che era solo Lily–appoggiò la testa indietro sulla mano senza sigaretta. "Devo escogitare un modo davvero spiritoso di dirti come hai espresso in modo efficiente l'affermazione più ovvia del mondo, o un semplice 'be', ovviamente' è sufficiente?"

"Posso capire perché fumi," disse Lily seccamente, "ti mette in uno stato d'animo così allegro."

James aspettò mentre lei si avvicinava al tavolo: aspettò l'affermazione che quasi ogni essere umano faceva dopo aver appreso del suo vizio. Attese l'osservazione cliché e abbondantemente ovvia, che di solito era qualcosa di simile a: "Queste cose ti uccidono, sai." Non arrivò. Lily raggiunse il tavolo dei Grifondoro e si sedette sulla panchina, completamente incurante del fatto che lui fosse sdraiato sul tavolo (o, in ogni caso, non dicendo nulla al riguardo). In realtà, rimasero in quel modo per qualche tempo, entrambi in silenzio, fino a che James non si sentì in dovere di parlare.

"Senti, per prima..." cominciò, sperando che lei lo fermasse, ma non lo fece. "Nel corridoio a pranzo, io… non era niente. Ho solo avuto un momentaccio, e... non era niente..."

"Cos'è successo?" chiese piano Lily.

"Mia madre mi ha scritto," James le disse, incerto sul perché. "Lei era solo...ha detto che mio padre torna a casa...lui e mamma si sono separati durante l'estate, e ora immagino che lui sia… tornato."

Lily ebbe la sensazione di star ascoltando qualcosa pronunciata ad alta voce per la prima volta. Annuì lentamente, cercando di non apparire troppo scioccata, perché in realtà, le uniche parole che le venivano in mente sarebbero state del tutto inappropriate in quel momento. Tuttavia, queste quattro parole si ripeterono più e più volte nella sua testa come un disco rotto, superando la sua esitazione a crederle.

James Potter è umano.

"Mi dispiace se è qualcosa che ti rende infelice," disse alla fine. "Davvero."

James non rispose. Invece, chiese bruscamente: "Allora, come hai fatto a trovarmi? O è stato il fato?"

"Sirius Black, in realtà," gli disse Lily. "Ha detto che ti avrei trovato qui."

"Perché mi cercavi?" pressò l'altro, con un pizzico di divertimento che fece sentire Lily a disagio.

"Per ringraziarti," disse velocemente. "Sei stato molto gentile nell'ora di Difesa, e ho pensato che avrei dovuto dirti grazie per questo–e per il consiglio. Consideralo un incoraggiamento." Questo fece ridere James, e fece sorridere Lily, anche se lui non la vide, perché era ancora disteso sul piano del tavolo con gli occhi al soffitto-somigliava-al-cielo, mentre lei rimaneva, correttamente seduta, sulla panchina. James rimediò a questa situazione un attimo dopo sedendosi, e Lily, a sua volta, si tirò a sedere sul tavolo accanto a lui.

"Posso chiederti una cosa?" chiese lei, mentre lui prendeva una lunga boccata dalla sigaretta. James le rispose di sì. "Perché non vuoi che tuo padre torni a casa tua? Voglio dire, io non pretendo di sapere molto su di te, ma…dalla mia limitata esperienza e conoscenza di te e Sirius e quant'altro…mi è sempre sembrato che tu e la tua famiglia andiate piuttosto d'accordo. La prima volta che ti ho incontrato... sul treno al primo anno... hai detto che il motivo per cui volevi essere Grifondoro era per tuo padre."

James espirò. Il fumo di sigaretta roteò verso il cielo nero. "Ho speso gran parte della mia vita idolatrando papà," cominciò pensieroso il mago. "Volevo essere come lui quando sarei cresciuto. Volevo avere la sua posizione al Ministero, ed ero orgoglioso perché mamma diceva che gli somigliavo. Non so quando ho capito esattamente che lui rendeva infelice la mamma, ma… semplicemente non sono giusti l'uno per l'altra. Non sto dicendo che è colpa di lui o di lei. Ma, non so, alla fine un bambino guarda i suoi genitori come una coppia vera... non solo come la sua mamma e il suo papà, ma come persone, e... come persone, non sono giusti l'uno per l'altra. Sono solo... sono sbagliati. Litigano, e so che sarebbero più felici separati: papà con tutto il suo tempo per sé e la mamma, senza... senza la necessità di chiedersi se dovrebbe tenere in caldo la cena." Un'altra lunga boccata.

Lily cercò di pensare una cosa del genere sui suoi genitori. "Mio padre è morto," disse alla fine. James la guardò. "Potresti averlo già saputo–ho perso delle lezioni al quarto anno, e le notizie si diffondono sempre così velocemente."

"Avevo dimenticato," ammise James.

"Giusto, be'... non era perfetto o speciale, mio padre, lui… era semplicemente normale." Lily cercò di esprimere tutto con le parole giuste. "Lui e mia madre litigavano qualche volta. Ha avuto anche un problema di scommesse... non uno vero e proprio, come perdere tutti i nostri soldi o altro, ma il gioco d'azzardo è sempre stata una tentazione per lui, quindi non poteva andare alle corse o altro. Beveva anche un bel po'. Per di più poteva gestire la cosa, ma quella volta, quando avevo probabilmente circa... non lo so, sette anni, forse, perse il lavoro, uscì e si ubriacò completamente. Certo, non voglio farti pensare che i miei genitori erano infelici, perché non lo erano... per niente. Erano una di quelle coppie destinate a stare insieme che chiunque spera che i suoi genitori siano, ma...sai, le cose non vanno sempre perfettamente. Litigavano per le cose più ridicole, anche, sai, come...Papà che fumava in casa, o mamma che lavorava troppo. Una volta, hanno avuto una discussione su –non lo so– i soldi o qualcosa del genere, e la mamma era così sconvolta che andò nella loro stanza a piangere, ed io ero così... arrabbiata con mio padre, e pensai: 'quando farò i miei disegni a scuola, e l'insegnante ci dirà di portarli a casa per i nostri padri, non ho intenzione di darglielo'. Avevo sei anni, sfidare l'ordine sacro dell'insegnante era la cosa più dolorosa che immaginavo di fare ad un padre. E naturalmente, come ho detto, avevo sei anni, quindi quando lui portò a casa il gelato per Petunia e per me, e i fiori per mia mamma, tutto era stato perdonato, ma... penso che fu probabilmente l'unica volta in tutta la mia vita in cui io abbia usato ogni briciola di rabbia dentro di me e l'abbia diretta verso un unico oggetto. Volevo davvero fargli del male. È stato…spaventoso. " Lily prese fiato.

James aspettò molto tempo per parlare. "Davvero riesco a capire dove vuoi arrivare, Snaps," disse infine.

"Voglio arrivare," continuo Lily, imperterrita, "al fatto che mio padre non era perfetto...non completamente, ma ora è morto, e darei qualsiasi cosa per riaverlo."

Incapace di pensare ad una risposta adeguata, James fissò la sigaretta che diminuiva lentamente. "È fantastico e tutto, Evans," cominciò bruscamente, "ma non è per niente la stessa situazione, lo sai, e..."

"Oh, lo so," lo interruppe subito Lily. "No, stavo solo... Volevo solo dirti una cosa, perché tu me ne hai detta un'altra."

"Non so perché te l'ho detto."

"Perché sono qui con te, e sono una bella ragazza," disse Lily, facendo sorridere James. "Perché fumi?" chiese casualmente.

Lui considerò la domanda. "Mi piace come appare."

"Dio, questa è la ragione più stupida che abbia mai sentito."

"No, non è quello che intendevo," modificò James in fretta. "Guarda." Prese una boccata ed espirò. Una colonna di fumo d'argento scivolò in avanti, torcendosi e vorticando contro le pareti della sala buia, come se spinta da una forza invisibile. "Vedi?" disse James, piano. "Devi ammetterlo, c'è qualcosa di impressionante nel fumo."

Gli occhi di Lily si spostarono dalla foschia a James. "È ancora un motivo abbastanza stupido," disse con franchezza. "Ma almeno è interessante." E forse aveva ragione.

"Grazie." Fece progressi nella sigaretta, e Lily osservò il fumo. "Suppongo che tu abbia ascoltato quello che ti ho detto in classe Difesa, allora?" James chiese dopo un po'. "Hai parlato con questo tizio con la fidanzata?"

"Sì. Suppongo che tutti sapranno tutto sulla questione fra poco tempo... non voglio rovinarti la sorpresa."

"Non preoccuparti troppo di questo," le consigliò l'altro. "Voglio dire, se questi due sono destinati a stare insieme come sembri affermare, sopravviveranno."

"Non posso credere di essermi comportata da codarda su tutta questa faccenda," si lamentò Lily. "Avrei dovuto parlargli subito. Mi stavo solo illudendo: non c'è mai una scusa per il tradimento."

"Suppongo di no," disse James.

"Non lo sai?"

"Non lo so… la vita è complicata. Credo che non ci siano scuse, ma... le cose non sempre hanno senso. Forse la solidarietà sarebbe la scelta migliore."

Lily non era d'accordo, ma stare seduta lì con James era stranamente confortante, e non voleva rovinare tutto con un litigio. Guardò la brace arancione alla fine della sua sigaretta e aspettò che lui parlasse di nuovo. La sigaretta era già quasi completamente quando lo sentì di nuovo parlare, e fu su un nuovo argomento: "Lui se n'è semplicemente andato, sai..."

Colta di sorpresa, Lily chiese: "Tuo padre?"

James annuì. "Voglio dire, lo ha detto a mia madre e tutto il resto, ma non si è preso la briga di fermarsi alla mia stanza per dire 'ciao'. La mattina dopo...non c'era e basta."

"Forse ha pensato che sarebbe stato troppo difficile andarsene se ti avesse visto," suggerì Lily. James scosse la testa, beffardamente divertito.

"È più probabile che sapesse che non volevo vederlo. Papà ed io non siamo andati d'accordo per la maggior parte dell'estate...era tipo fissato con la 'disciplina'. Ha cercato di darmi per la prima volta un coprifuoco e quant'altro. Deve aver letto un libro per genitori...finalmente. "

"Disciplina? Non ci credo."

"Lo so, assurdo vero?"

Ridendo, Lily disse: "Allora, mi sembra di capire che non ci sono mai state delle grandi restrizioni per te..."

James sospirò. "Non voglio darti l'impressione che sia stato una specie di 'povero piccolo bambino ricco', sai. I miei genitori mi amavano... l'infanzia è stata relativamente priva di drammi. Non hanno mai cercato di controllarmi o di dirmi cosa fare–ho avuto tutti i migliori manici di scopa, animali domestici e cimeli di famiglia. E per la maggior parte del tempo, i miei genitori erano soddisfatti così… i tempi erano diventati... folli, e mio padre è nella DALM... è il Dipartimento per l'Applicazione della Legge Magica, il che significa che lavorava quasi tutto il tempo. Mamma non è tornata a lavorare finché non ho iniziato Hogwarts, ed arrivata a quel punto aveva comunque cresciuto un figlio ed era maturata. Papà...portava i soldi a casa. Non che ne avessimo bisogno, tra l'altro, dato che ne siamo dannatamente pieni."

"Elegante."

"Non ho intenzione di mentire," disse James. "Potrei spendere un centinaio di galeoni ogni giorno senza guadagnare uno zellino, e non dovrei preoccuparmi per anni."

"È folle. Allora cosa hai intenzione di fare una volta che avrai finito Hogwarts? Non ti dovrai esattamente preoccupare di pagare l'affitto... te ne starai sdraiato con riviste e Gelatine Tuttigusti+1?"

"Quidditch," rispose l'altro. "Mi piacerebbe giocare a Quidditch." Ma si accorse di non volerne parlare, così reindirizzò: "E tu?"

"Voglio scrivere," disse Lily.

"Nobile," osservò James. "Una professione più nobile di quella da me prescelta, suppongo. Allora, cosa, la Gazzetta del Profeta? Oppure sei più un tipo da romanzi?"

"Be', purtroppo io dovrò preoccuparmi di pagare l'affitto," spiegò Lily, "ed i romanzi non sono affatto un modo pratico per iniziare da quel punto di vista."

"La praticità è noiosa."

"La praticità è necessaria."

James si strinse nelle spalle. "Beh, sono felice di non vivere secondo ciò che è 'pratico' per tutto il tempo. Ne sarei estremamente annoiato. Non so come tu faccia, Snaps".

"Probabilmente non avresti settantaquattro punizioni se avessi avuto un po' più di praticità, Potter."

"Quindi? Ho immensamente apprezzato quasi ogni singola cosa che mi ha condotto in punizione. Non le rimangerei."

Lily lo guardò, e gli parve un po' delusa. "Non lo faresti? Nemmeno qualcosa?"

E lui sarebbe stato un bugiardo se, in quel momento, avesse detto che non si era rammaricato assolutamente di nulla. "Forse un paio di cose," confessò il Capitano. "Credo di non essere sempre stato un esempio di gentilezza, e c'è un Tassorosso o due che... non so...non affatturerei, forse, se dovessi fare tutto da capo." Un pensiero gli venne in mente: "Ehi, forse dovrei avere un'altra punizione. Suppongo che farmi espellere li farebbe incazzare parecchio, no?"

Lily alzò gli occhi al cielo. "Ti proibisco di farti cacciare per far incazzare i tuoi genitori," disse.

"Me lo proibisci? Su quali basi?"

"Non lo so... la sanità mentale, per esempio. E chi terrebbe il guinzaglio a Sirius?" James sorrise. Lily arrossì debolmente. "Senti, Potter," cominciò poco dopo, "cosa–che cosa ci facciamo qui, esattamente?"

"Io sto fumando. Tu mi stai pedinando-barra-giudicando."

Incrociando le braccia, Lily inarcò le sopracciglia. "Primo: non è così. Secondo: non è quello che intendevo dire. Cioè… oggi, siamo stati… bene. Tu mi hai dato un buon consiglio, ed io ho seguito quel consiglio, ed ora siamo seduti qui, a parlare come se fossimo... " Ma lei non riuscì a pronunciare la parola esatta: "... non nemici."

"Hai bisogno di una definizione per tutto, Evans?" chiese James con un sospiro. Lily scosse la testa con forza.

"Non sto dicendo che dovremmo essere migliori amici," sostenne. "Sono solo...voglio solo coerenza. Se hai intenzione di essere gentile con me qualche volta, voglio un avvertimento. Se hai intenzione di dirmi che sono un'idiota e di umiliarmi senza motivo, voglio un avvertimento, in modo che io possa tenere sassi di dimensioni adeguate nel mio zaino per lanciarle contro la tua testa quando ce n'è bisogno. In breve...tu mi confondi, e lo odio, e mi fa non piacerti persino... soprattutto quando ti comporti da persona decente. Il che... " aggiunse in fretta, "è molto raro, ma capita."

James la guardò con attenzione. Nel calante ed artificiale chiaro di luna, Lily Evans gli sembrava quasi perfetta, e James sapeva quello che voleva, ma sapeva anche che se le avesse detto immediatamente la verità, questa sarebbe stata l'ultima volta in un lasso di tempo molto esteso in cui lei si sarebbe seduta così vicino a lui. Invece, le disse piuttosto spavaldo: "Beh, cosa vuoi che ti dica?" E forse gli venne fuori un po' più rude di quanto aveva previsto, ma giusto...leggermente.

Lily notò che il suo tono possedeva l'inconfondibile sfumatura arrogante, ma per qualche motivo, scoprì che non le importava molto. Pensò che forse avrebbe potuto abituarsi alla sua asprezza. "Non mi interessa quello che pensi," lo informò freddamente. "Ma voglio diventare tua amica, in qualche modo."

(Qui, anche Lily fu sorpresa da Lily.)

"Oh." Per una volta, James non ebbe nulla da dire.

"A me sta bene comunque, però" continuò lei. "Se vuoi comportarti da idiota con me e tutti gli altri, questa è la tua prerogativa, ma... beh... penso che potresti essere a posto se solo... ti sgonfiassi. E se ti concedessi un po' di credito. E potrebbero sembrarti idee contrastanti, ma non lo sono. Quindi... " Lily scivolò dal piano del tavolo e, aggiustandosi la gonna, si preparò a lasciare la Sala. "...così è come mi sento io. Ma dipende interamente da te."

La rossa iniziò ad andarsene. Aveva percorso circa un quarto della lunghezza della Sala prima che James dicesse: "Snaps." Lily si voltò, le mani nelle tasche della sua veste. "Come–come è morto tuo padre?"

(Incerta) "Perché me lo chiedi?"

"Perché... ti ho detto qualcos'altro su di me, e tu dovresti dirmi qualcos'altro su di te." La strega non sembrò convinta. "E perché è una cosa che uno dovrebbe sapere sulla propria… potenziale amica." James portò la sigaretta alle labbra al fine di riempire il silenzio. "Come è morto?"

Lily si morse il labbro per un momento. Senza traccia di risentimento, giudizio, o qualsiasi altra cosa, se non ironia, rispose: "Cancro ai polmoni." Poi se ne andò.
 

(La Seconda Conversazione)

Severus aveva deciso. Sapeva che l'avrebbe fatto. Forse lo aveva sempre saputo, o forse la scena in cui si era sfortunatamente imbattuto nella Sala Grande era stata semplicemente la manifestazione di uno dei suoi incubi più terrificanti. In entrambi i casi, Severus Piton non si era mai sentito tanto male quanto quando era entrato nella Sala Comune di Serpeverde sul tardo Venerdì sera.

Aveva deciso... ma forse aveva già deciso. Forse la vista di Lily Evans e James Potter che chiacchieravano come i migliori degli amici nella Sala Grande era semplicemente stata una piccola spinta verso il percorso che aveva già scelto da tempo. Forse era una scusa, o forse era semplicemente un impellente bisogno di coraggio. In entrambi i casi, quando gli occhi di Severus caddero su Nicolai Mulciber, seduto accanto al fuoco che finiva i compiti di Trasfigurazione, ogni dubbio era stato sradicato.

"Ho deciso," disse Piton a Mulciber.

Quest'ultimo alzò gli occhi dal suo lavoro. "Davvero?"

"Sì," disse Piton. "Ho deciso di venire con voi."

"Ne sono lieto. Sei un tipo intelligente, sai."

"A che ora si parte?"

"Presentati qui alle undici e mezza, domani sera,"

Annuendo lentamente e avendo l'impressione di stare facendo qualcosa di molto importante, Piton disse: "Ci sarò."


 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Appuntamenti con i Corvonero ***


Note di traduzione: Salve, dopo due settimane siamo tornate con questo bel capitolo corposo, spero tanto che sia di vostro gradimento e che apprezziate il nostro lavoro.
Beh, che dire, tradurre questa fanfiction è sempre una gioia e volevo approfittare di queste note per chiedervi una cosa: Jules, a suo tempo, scrisse e postò una OS chiamata "Snaps", che personalmente io adoro, vi piacerebbe che la traducessi? Per favore, fatemelo sapere nelle recensioni o anche nei messaggi privati; dato che siete in tanti a seguirci, mi aspetto almeno 5 risposte affermative prima di cominciare.
Ora vi lascio al capitolo, spero tanto che mi facciate sapere se siete interessati.
Abbracci,
WaitForIt


Recap: Luke Harper ha detto “ti amo” a Lily, ma lei gli ha risposto di non essere pronta a ricambiare il sentimento. James e Lily hanno deciso di provare una sorta di tentativo di amicizia. Frank ha accettato di dire ad Alice la verità su “ciò che è successo” con la quasi-suicida Carlotta Meloni.

 

Capitolo 8 – "Appuntamenti con i Corvonero"

O

"The Way We Were"

 

“Lo sai già, vero Lily?” disse Alice. Prima che la porta del dormitorio si fosse chiusa dietro di lei, la studentessa del settimo anno era entrata nella stanza, aveva guardato Lily, riconosciuto l’espressione sul volto della ragazza del sesto anno e l’aveva interpretata. Lily annuì lentamente.

“Mi dispiace tanto.”

Alice cominciò a piangere e Lily colmò la distanza tra di loro, circondando con le braccia le spalle di Alice, scosse dai singhiozzi.
 

(Una settimana dopo)

“Buongiorno,” salutò Lily, strattonando via le coperte dal letto di Alice. La studentessa del settimo anno grugnì e si girò, tentando di seppellire la sua chioma riccia sotto un cuscino.

“Vai via!” alla strega più grande uscì un grido soffocato.

“No.”

Lily.” Hestia Clearwater, amica e compagna di dormitorio di Alice, apparve dal bagno e la raggiunse in tutta fretta. Osservando la situazione, Hestia aggrottò le sopracciglia: “Sei coraggiosa Evans.”

Lily sorrise per un istante, quindi ritornò a concentrarsi sulla ragazza a letto. “Alzati, Alice.” Annunciò. “Il periodo di lutto è finito.”

Ebbafadsholoudasemminana!"

“Cosa?”

“Ho detto” cominciò Alice, girandosi di nuovo sulla schiena “che è passata solo una settimana!”

“Hai a malapena lasciato il dormitorio,” disse Lily, incrociando le braccia. “Quando non sei in classe, sei qui a letto.”

“Ha mangiato un’intera confezione di panna montata l’altra notte” Hestia informò la ragazza del sesto anno e Alice scrollò le spalle.

“Traditrice.”

“Al” disse Lily, sedendosi sul bordo del letto dell’amica, “oggi c'è la prima gita a Hogsmeade dell’anno…la tua ultima prima gita a Hogsmeade. Se non ci vai, finirai col rimpiangerlo, e se non ci vai a causa sua, finirai per rimpiangerlo anche di più.”

“Ha ragione,” ne convenne Hestia. Si sedette dall’altra parte del letto. “Alice, starò con te per tutto il tempo, non dovrai vedere nessuno che tu non voglia vedere.”

La ragazza del settimo anno si mise a sedere, togliendosi dal viso i capelli disordinati. “Non posso” gemette “Non posso affrontare il fatto che tutti quanti mi guarderanno, bisbiglieranno e si sentiranno dispiaciuti per me…discutendo se ho fatto o no la cosa giusta, o se è stata colpa mia, o se è vero che ho provato a cavare gli occhi a Carlotta Meloni.”

“Nessuna persona sana di mente crederebbe a quella storia,” le assicurò Lily, battendole affettuosamente una mano sulla spalla. “E non credi che parleranno ancora di più se non ti farai vedere? Non vuoi che pensino che tu ti stia nascondendo, no?”

“A dire la verità” confessò piano Alice “Non m’importa davvero ciò che pensano tutti. Semplicemente…non posso affrontarli. E sicuramente non posso affrontare lei.” 

“Non devi!” intervenne Hestia, “Mi assicurerò che nessuno incroci la tua strada senza che io gli abbia dato un esplicito permesso scritto per farlo.”

“Puoi andare alla Testa di Porco anziché ai Tre Manici di Scopa,” suggerì Lily. “Gli studenti difficilmente vanno là, quindi non dovrai vedere nessuno che non vuoi.”

“Manderemo un ragazzino del terzo anno a prendere tutto quello che vuoi da Zonko,” aggiunse Hestia. “Non dovremo neanche entrarci!”

“Potresti andare all’Ufficio Postale,” continuò Lily. “Gli unici che vanno lì sono i novellini…O alla Stamberga Strillante”

“Non ho intenzione di andare alla Stamberga Strillante.” Disse Hestia

“Codarda.”

Alice sospirò. “Voi due siete molto carine,” disse, “ma non voglio rovinare la gita di Hestia…passeresti l’intera giornata cercando di tirarmi su il morale…evitando le persone che non voglio vedere…e andando all’Ufficio Postale. Non posso costringerti a fare una cosa del genere.”

“Tesoro.”disse Hestia, prendendo la mano della sua amica. “Quello che voglio – quello che io e Lily vogliamo- è che tu esca da questo letto. Se te ne sarai qui, infelice, mentre io sono al villaggio, non mi divertirò comunque. Niente mi farebbe più piacere di vederti laggiù...bella e sorridente.”

“Bella e sorridente?” le fece eco Alice, andando nel panico. “No, no, non se ne parla, troppa pressione. Non posso.”

“Be', allora solo bella,” disse Lily. “O almeno pulita.” Afferrò la mano di Alice e la tirò fuori dal letto.

“Ma ho mangiato tutta quella panna montata!” si lamentò Alice. “Non entrerò dentro nessun vestito!” In quel momento indossava dei consumati pantaloni del pigiama a righe ed una maglietta delle Holyhead Harpies che doveva essere quattro taglie troppo larga.

“Siamo streghe,” le ricordò Lily. “Sono sicura che riusciremo a inventarci qualcosa.”

(Geraldine: Ottobre 1972)

Alice Geraldine Griffiths non era semplicemente una normale strega di tredici anni. Il fermaglio color bronzo che le incorniciava il bel viso allegro non apparteneva ad una ragazza nella media. I suoi occhi rotondi non guardavano semplicemente il mondo attorno a lei e quando parlava, quelle che articolava non erano mere parole.

Alice Griffiths era un angelo.

Questo almeno era quello che pensava Frank Paciock.

Ora, se il mago del terzo anno avesse almeno trovato un modo per parlarle di nuovo, avrebbe fatto qualche passo avanti.

Era stato molto più semplice innamorarsi della strega quando erano solo al primo o al secondo anno, rimuginò Frank (mentre mangiava tetro il suo porridge una mattina di ottobre), perché nessuno si aspetta che un ragazzino di undici o dodici anni parli alle ragazze. Ma la loro prima gita a Hogsmeade si stava avvicinando, ed almeno altri due compagni di corso avevano chiesto a delle ragazze un “appuntamento”. Quando Gideon Prewett –un ragazzo del quarto anno, ma anche amico di Frank- gli aveva chiesto se c’era qualcuna che gli sarebbe piaciuto portare, gli era venuta in mente solo una ragazza che aveva riccioli bruno-dorati ed il sorriso di un angelo.

Alice Geraldine Griffiths.

La perfezione.

Ma dal momento in cui Frank aveva pensato a lei in quel modo, si era accorto che il meccanismo che di solito gli permetteva di parlare aveva un malfunzionamento ogni volta che la ragazza in questione occupava uno spazio circolare di sei metri di raggio attorno a lui…un certo inconveniente, considerando che aveva in programma di chiederle di uscire, diventare il suo ragazzo, sposarla, vivere felici, fare qualsiasi altra cosa con lei eccetera eccetera.

Sì, avrebbe dovuto certamente sistemare l’intera faccenda “del parlare”…ed alla svelta. Gideon aveva detto che anche un ragazzo del quinto anno che si chiamava Logan ci avrebbe provato con Alice Griffiths. Frank avrebbe scommesso che quest’imbecille di Logan non sapeva il suo secondo nome. Frank, comunque, lo sapeva. Alice Geraldine Griffiths era davvero un bellissimo nome.

“Tesoro,” stava dicendo Hestia Clearwater, mentre Alice era in piedi non distante da lei, sorridendo come una pazza. “Non ti capisco a volte. È assolutamente stupendo.

“È un Serpeverde,” replicò Alice incerta e Frank (che stava origliando vergognosamente) si sentì contorcere le viscere nel sapere che stavano sicuramente parlando di quell'idiota di Logan. “È molto carino,” aggiunse, “ma lo conosco a malapena. Se dovessi andare a Hogsmeade con un ragazzo per la primissima volta, voglio che sia qualcuno con cui sono a mio agio…”

“Se vuoi andarci con qualcuno con cui ti senti a tuo agio, dovresti uscire con me,” argomentò Hestia. “Io credo che tu debba accettare il suo invito. Non è una cosa da tutti i giorni che un ragazzo del quinto anno chieda di uscire ad una due anni più piccola.”

“Be',” rispose Alice con orgoglio, uno scintillio nei suoi occhi nocciola. “Io sono molto matura.” Entrambe le ragazze ridacchiarono.

“Comunque,” continuò Hestia di lì a poco “Devo finire Antiche Rune. Ci vediamo alla seconda ora, va bene?”

“Va bene, a dopo!” disse Alice, mentre la sua amica si allontanava in tutta fretta.

Dopo una breve occhiata pensierosa, la giovane strega prese posto al tavolo di Grifondoro. Si versò un bicchiere di succo di zucca e, alzando lo sguardo da sopra il bicchiere, disse: “Buongiorno, Frank.”

Frank fece finta di non averla fissata per tutto quel tempo. Un soffice boccolo rimbalzò davanti agli occhi di lei. “Buongior…ciao, Alice!” Trasalì lui.

“Come stai?” gli chiese lei, sorridendo. “Non parliamo da secoli…”

(Tredici giorni, contando la volta in cui Frank aveva provato a parlare con lei dopo Trasfigurazione, ma era andato nel pallone ed aveva fatto finta di tossire).

“I-immagino di no.” Be', almeno quella era tecnicamente una frase completa.

“Stavo cominciando a pensare che fossi arrabbiato con me,” continuò timidamente Alice, guardandolo con la coda dell'occhio.

“Voglio dire, martedì scorso eravamo in coppia a Pozioni e non mi hai detto una parola.”

“Io ero…ehm…avevo mal di gola.”

“Oh. Mi dispiace! Spero di non essere stata scortese.”

“No…no, sei stata…” (Perfetta) “carina a chiedere.”

“Bene sono…contenta.” Alice finì il suo succo di zucca. “Farei meglio a prepararmi per Babbanologia…” disse, ma rimase seduta.

“A-ah. Non fai colazione?”

“Ho già mangiato.”

“Davvero?” chiese troppo entusiasticamente. “Voglio dire – questo...è un bene. È, salutare, sai, mangiare…presto.” Frank si annotò mentalmente di non riportare niente di questa conversazione a Gideon o…a chiunque altro. Mai.

Alice annuì, chiaramente sconcertata. Si alzò dal tavolo. “Bene. Immagino che ci vedremo a…”

“Aspetta,” la interruppe Frank, alzandosi anche lui. Lei aspettò. “Andrai a Hogsmeade con quel cret…ragazzo…Logan?”

Alice arrossì. “Non ho ancora deciso. Perché…?”

“Te l’ho chiesto perché, nel caso non ci andassi, forse vorresti venire con me?” disse Frank, molto, molto velocemente. Alice si illuminò considerevolmente, il che fece venire i brividi lungo la schiena al ragazzo.

“Come…come amici, intendi?” chiese, mordicchiandosi le labbra.

Il suo cuore affondò. “Sì. Sì, certo, come…come amici.”

Le labbra rosee di Alice si accigliarono un pochino. “Be'…penso che sarebbe molto carino.” Disse. “Mi piacerebbe andarci con te come…amici.” Quindi cominciò ad allontanarsi.

Frank si schiaffeggiò – letteralmente e fisicamente, perché non era possibile che potesse essere un simile, stupido codardo. Era un Grifondoro, per l’amor del cielo. “Aspetta, Alice!” Disse di nuovo, precipitandosi per raggiungere la strega in ritirata. “Non intendevo dire questo. Voglio dire…quello che intendevo era: non voglio andare con te a Hogsmeade come amici, voglio andarci come…come…”

“Un appuntamento?” finì Alice, illuminandosi. Lui annuì. “Okay.”

“Okay?”

“Okay, verrò con te ad un appuntamento a Hogsmeade.”

“Davvero?”

“Sì!” Alice era senza dubbio raggiante, non appena lo raggiunse, prese la mano di Frank, e – piegandosi in avanti- lo baciò sulla guancia. “Ci vediamo qui verso le nove?”

“Cosa? Sì. Sì, va bene. Nove.”

“Okay.”

“Okay.”

La ragazza se ne andò praticamente saltellando. Perfetta.

(Giorno d'oggi: Kathy Pritchard)

“Kathy Pritchard è molto carina,” osservò Sirius Black, seduto di fronte ad un’infelice Marlene Price. La bionda era seduta –precedentemente da sola – ad un tavolo del locale Tre Manici di Scopa a Hogsmeade sorseggiando burrobirra, e aveva l’aspetto di una a cui era appena morto il gatto. 

“Che intendi dire?”chiese Marlene, alzando lo sguardo, colta di sorpresa. Sirius fece un largo sorriso alla sua compagna del sesto anno, mentre anche Remus Lupin e Peter Minus si univano ai due al bancone.

“Che Kathy Pritchard è molto carina,” ripetè Sirius innocentemente. “Quella laggiù è Kathy Pritchard, giusto? La ragazza asiatica con la sciarpa blu ed un accompagnatore?”

Marlene lanciò uno sguardo dall'altra parte del locale, schiarendosi la gola. “Sì, è Kathy Pritchard. Ma non so di cosa tu stia parlando.”

“Scommetto che lo sai” disse Sirius. “Non lo pensi anche tu, Lupin?”

“Non mi coinvolgere nei tuoi provocatori metodi di auto-elevazione,” replicò Remus. Sirius corrugò la fronte.

“Che ne sai tu di auto-elevazione, Moony?”

“Che schifo! Possiamo chiudere qui questa conversazione?”

“Non sapevo che Kathy Pritchard uscisse con Adam McKinnon,” osservò Peter con naturalezza, guardando verso il tavolo dove sedeva la coppia che rideva sopra i boccali di Burrobirra e focaccine. 

“Neanche io lo sapevo,” disse Sirius con una significativa occhiata a Marlene. “E tu, deliziosa signorina Price?”

“Forse mi ha accennato qualcosa riguardo all’averle chiesto di uscire,” rispose Marlene semplicemente. “E credo che siano…una bella coppia, sai. Kathy Prichard è molto carina.”

“Mmm, abbastanza,” disse Sirius asciutto. “E tu? Dov’è il tuo ragazzo? Non riesco a pensare ad sola una ragione al mondo per cui una ragazza come te venga lasciata sola ai Tre Manici di Scopa proprio ora.”

“Mi vedo con Miles più tardi,” gli rispose Marlene dignitosamente. “E perché voi non avete un appuntamento? E dov’è James?”

“Be',” cominciò Padfoot, “Peter non ha un appuntamento perché non ha il fegato di chiedere ad una ragazza di uscire, Remus è gay ed io ritengo che stare con una sola ragazza sarebbe limitante ed una grande privazione per l’intero mondo femminile.”

“Io ce l'ho il fegato!”

“Ed io non sono gay.” Remus lanciò un’occhiataccia al suo amico. “Ignora tutto ciò che dice, Marlene. Probabilmente ha fumato qualche sostanza illecita. James aveva un appuntamento con una  Corvonero…perciò non c’è.”

Marlene annuì. Si ritrovò a far vagare il suo sguardo verso il tavolo di Adam e Kathy. “Sono…sono davvero una bella coppia.” Disse in modo forzato. I tre Malandrini annuirono, senza incrociare il suo sguardo. “Cosa? Perché siete così strani?”

“Non lo siamo” squittì Peter.

“Seriamente, ragazzi,” disse Marlene, “Sto bene. Miles sarà qui…presto.”

“Quanto presto?” chiese Remus.

“Alle due.”

“Erano le due tre ore fa.” Osservò Peter.

“So aspettare.” Si difese la bionda. “Miles ed io non siamo una di quelle coppie che devono passare ogni secondo assieme o che…”

“Si piacciono a vicenda?” finì Sirius. “Davvero, Marlene, puoi avere di meglio.” 

Per favore. Miles è davvero intelligente. In più è carino e piuttosto atletico.” E sentì un moto di orgoglio, sapendo che stava dicendo il vero. I Malandrini sembravano meno impressionati. 

“È anche decisamente assente, Marlene” sottolineò Sirius. “Va bene…” prima che potesse rispondere. “Non ho mai.” Alzò entrambe le mani. E Marlene gli lanciò uno sguardo interrogativo.

“Non ho mai?”

“Sì. Non ho mai. Il gioco.” Marlene continuava a non capire, ed il Malandrino sospirò. “Buon Dio, ma che fanno le donne quando bevono?” Non conosci il gioco del non ho mai?” Scosse la testa. “Abbiamo bisogno di alcolici. Passami la tua borsa, Moony.”

“Non ho dei liquori qui dentro.” Disse Remus passandogli comunque la borsa.

“Sì che ce l'hai. Ce l’ho messi io prima di venire qui.” Remus non protestò nemmeno. Sirius afferrò il boccale vuoto della Burrobirra di Marlene e prendendo dalla borsa una bottiglia di vetro scuro, ne versò il contenuto nel boccale. Il liquido ambrato raggiunse l’orlo del bicchiere e quando Sirius mise giù la bottiglia, tirò di nuovo su entrambe le mani.

“Mani in su, tutti. Anche tu, Wormtail.” Remus, Peter e Marlene lo imitarono tutti con riluttanza. “Ora, la maggior parte di voi sa come si gioca, ma per quelli che non lo sanno…” (sguardo significativo verso Marlene) “…Andrò io per primo. Non ho mai avuto i capelli biondi.”

“Be', ovviamente” disse Marlene. Peter, comunque, sospirò pesantemente e prese un sorso dal boccale. Sussultò al bruciore dell’alcolico e quindi fece scivolare il bicchiere lungo il tavolo verso Marlene.

“Devi bere,” le disse Remus, lanciando un’occhiata a Sirius. “Hai i capelli biondi.” Marlene si strinse nelle spalle.

“Che gioco stupido.”

“Non ti preoccupare,” la rassicurò Peter, “Il prossimo è il tuo turno.” Prese un sorso di whiskey incendiario, lasciandosi scappare anche lei una smorfia.

“Ora tu e Peter avete nove dita,” la informò Sirius. “Chi raggiunge zero dita è il più grande cretino di sempre. È il tuo turno, Price.”

Marlene ci pensò su un momento. “Io non ho mai pomiciato con una ragazza.”

Sirius bevve un sorso con orgoglio, cercando di impedire ai suoi amici di fare lo stesso, cosa che fece protestare Peter, alzare gli occhi al cielo a Remus e ridere Marlene. Adam McKinnon le lanciò un’occhiata da sopra il suo tavolo, ma lei non se ne accorse.

 

(Primo Appuntamento: Novembre, 1973)

"Mi sono innamorata," annunciò la quattordicenne Marlene Price, lasciandosi cadere nell'unico posto vacante accanto a Mary Macdonald al tavolo dei Tre Manici di Scopa. Mary rise, e gli altri occupanti -che erano molto meno abituati alla migliore amica di Mary- si scambiarono sguardi sconcertati.

"Gente," iniziò Mary, indicando l'amica, "Questa è Marlene. Marlene, questa è... la gente."

Non era proprio tutta gente a caso, come osservò Marlene un minuto più tardi. C'era Ule Kellis (uno del quinto anno che aveva una cotta per Mary), Milton Shutterby (un Tassorosso che aveva una cotta per Mary), Derrix Chips (un terzo anno di Corvonero che aveva una cotta per Mary), ed Adam McKinnon. Solo l'ultimo sapeva chi era Marlene, anche se la loro conoscenza era limitata al vedersi in giro. Tuttavia, Marlene fece un cenno a tutti loro, arrossendo leggermente, perché si era resa conto che aveva appena dichiarato il suo amore ad un tavolo pieno di sconosciuti.

"Allora," disse Mary, quando la tavolata finì di salutare. "Se ho ben capito il primo appuntamento con Miles Stimpson è andato bene?"

"Molto bene," confermò Marlene. "Miles è fantastico. Sa così tanto di tanti argomenti, e..." ma quella conversazione sarebbe avvenuta meglio nella privacy del dormitorio femminile del quarto anno di Grifondoro; "...Tutto qua. Cosa state combinato voi altri, allora?"

"Mary ci stava solo raccontando dei suoi genitori," disse Derrix, inviando uno sguardo luminoso verso la strega in questione. "Ora Mary, potresti spiegarci di nuovo quello che fa esattamente un fruttivendolo?"

Marlene era fin troppo abituata a quel tipo di comportamento quando si trattava della sua migliore amica. I ragazzi si accalcavano in massa attorno a lei. Forse era per questo che Marlene aveva accettato con così tanto entusiasmo l'invito Miles Stimpson ad accompagnarlo a Hogsmeade quel fine settimana. Gli appuntamenti erano qualcosa per cui Mary riceveva inviti di continuo, ma questo era il primo in assoluto per Marlene, e Miles, il più giovane membro della squadra di Quidditch di Corvonero, aveva superato tutte le aspettative. Aveva un bel sorriso.

"Te l'ho spiegato almeno una dozzina di volte," replicò Mary stancamente. "Ho sete. Penso che andrò a prendermi un'altra burrobirra."

Fece per alzarsi, e Ule, Milton, e Derrix la imitarono. "Vado io a prendertela," si offrì Ule.

"No, lascia fare a me!" disse Derrix.

"Per favore, sarei onorato..." si aggiunse Milton. I tre ragazzi si affrettarono verso il bar e Mary, che non aveva nemmeno preso la borsa, strizzò l'occhio a Marlene, per poi seguirli. Marlene fu lasciata sola con Adam McKinnon- un altro quarto anno di Grifondoro e assolutamente fuori luogo in quella coalizione di ammiratori di Mary Macdonald.

"Ciao," disse Marlene, mentre aspettavano che Mary—e il suo fan club—tornassero.

"Ciao," rispose Adam.

"Come sei finito in mezzo a tutto questo?" chiese la bionda. Adam sogghignò.

"Il mio migliore amico ha un appuntamento con una ragazza," le spiegò. "E Mary era da sola quando sono arrivato... stavamo parlando quando sono spuntati gli altri tre."

"Questa storia mi è familiare," sospirò Marlene, ma lo disse ridendo, perchè quel giorno...quel giorno niente poteva andare storto.

"Eri ad un appuntamente, ho capito bene?" chiese Adam. Marlene annuì.

"Miles Stimpson. È portiere nella squadra di Corvonero."

"Giusto... è una riserva, non è vero?"

Marlene, non meno colpita, confermò l'informazione. "Mi ha chiesto di essere la sua ragazza," aggiunse, perchè quella notizia era troppo bella per aspettare a dirla.

"Capisco. Be'... congratulazioni."

"Grazie."

Un silenzio imbarazzante si inserì per un momento tra i due. Marlene batté il piede a terra, sperando che Mary si sbrigasse. Non era stata per niente a disagio con Miles, pensò. Lui aveva sempre così tanto da raccontare.

"I la-la-la-love the way you've cursed my name..." cantò RSN in sottofondo. In onda c'era la nuova canzone dei Cockatrice ed una delle preferite di Marlene.

"Adoro questa canzone," disse lei, più a se stessa che al suo compagno.

Adam alzò gli occhi dalla sua burrobirra, chiaramente sorpreso. "Anche io," disse. "Non sapevo ti piacessero i Cockatrice."

"Oh, sì, sono fantastici. Hai sentito 'Spells and Spills?'"

"Certo! L'intero album è favoloso!"

"Lo pensi anche tu? Mary dice che è noioso, ma l'assolo di chitarra alla fine della quarta traccia mi piace un sacco..."

"'Round and Round?' Oh, sì, é geniale. Sai, probabilmente sei l'unica ragazza che conosco a cui piacciono i Cockatrice".

"Lily Evans mi ha fatto conoscere la maggior parte della musica non-babbana",ammise Marlene. "Ha così tanti dischi; cercare sotto il suo letto è come andare in un negozio di musica. Ti piace la musica babbana?"

"Non conosco nessuna canzone."

"Ti dovrò prestare qualcosa dei Pink Floyd. Hanno più o meno la stessa atmosfera dei Cockatrice, addirittura più particolare."

Adam inarcò le sopracciglia. "Quello non è possibile."

"Lo è. Ti piacciono gli Hate Potion?"

"A chi non piacciono? Il loro primo album è il primo che abbia mai comprato."

"Davvero?" chiese Marlene, entusiasta. "Che buffo—è stato il primo album di musica magica che abbia mai comprato! Certo, il loro secondo disco non era al livello del primo..."

"No, ma un paio di canzoni erano assolutamente splendide. Ad esempio..."

"'Unlucky Thirteen?'"

"Sì—è la mia canzone preferita."

Marlene sorrise radiosamente. "Te ne intendi di musica."

"Anche tu," concesse Adam, accennando un inchino con il capo. Marlene rise, mentre Mary tornava al tavolo (con gli altri tre, portando due calici di Burrobirra ciascuno).

Più tardi quella sera, Mary e Marlene entrarono nel negozio di caramelle di Mielandia, dopo essere riuscite a seminare il seguito della prima. "Allora, di cosa stavate parlato tu e Adam McKinnon?" chiese Mary casualmente, esaminando un muro di cioccolato.

"Musica," le rispose Marlene. "Se ne intende. Mi sorprende non averci parlato prima d'ora. Come siete diventati amici voi due?"

"Non lo siamo, in realtà," disse Mary con un'alzata di spalle. "Lo conosco poco. Siamo stati compagni di calderone a Pozione un paio di volte l'anno scorso."

"Sembra uno a posto."

"Già," convenne Mary. "Certamente," continuò maliziosamente, "non è Miles Stimpson."

"No," disse Marlene, guardando distrattamente una scatola di Piume di zucchero filato. "In the eleventh hour, I'm the unlucky thirteenth..." cantò una voce gutturale sulla radio RSN. Marlene sentì un sorriso sorgerle spontaneo. "No, non è Miles Stimpson."

Adam McKinnon era qualcosa di completamente diverso.

(Giorno Corrente: Recitazione)

Non c'era niente che non andava in Daniela Prentiss. Era carina, in un modo un po' ordinario. Era intelligente, nell'archetipo modo delle Corvonero del quinto anno. Era divertente, in un modo bizzarramente prevedibile. Era piacevole, in un modo abituale e convenzionale. Non c'era nulla di intrinsecamente sbagliato in Daniela Prentiss, ma la porta sul retro non era mai stata così attraente, da quello che poteva osservare James Potter.

Non gli aveva ispirato una risata genuina neanche una volta, ed erano passate tre ore da quando l'appuntamento era iniziato. Anche Zonko sembrava più opaco del solito.

"Hai mai provato queste?" chiese Daniela, sorridendo in un modo che James sospettava dovesse risultare stravagante. Teneva in mano una scatola di bacchette finte.

"Sono un po' prosaiche," ammise James. "Divertenti una volta ogni tanto, ma stancanti a lungo andare".

Daniela ripose la scatola sullo scaffale. "Sono d'accordo", disse. "Oh, guarda, Boomerang Rimbalzatutto". Affrettandosi verso gli oggetti in questione, James vide la sua occasione.

"Senti, Daniela, ho bisogno di usare il gabinetto dall'altra parte della strada. Torno subito, ok?"

"Va bene", disse Daniela, e James uscì dalla porta principale. Una volta fuori, fece il giro  dell'edificio entrando in un vicolo e mise la mano in tasca, tirandone fuori uno specchio.

"Sirius Black," chiamò James. Attese, e ripeté: "Sirius Black." Un minuto dopo, il viso di Sirius  apparve nel vetro. "Devi tirarmi fuori di qui."

Sirius socchiuse gli occhi, come se cercasse di capire il messaggio che il suo amico aveva appena trasmesso. "Okay?"

"Cos'hai che non va? Perché sembri...strano?"

Sirius aggrottò la fronte. "Io," cominciò, molto seriamente, "sono vicino alla parte ubriaca dello spettro. Se sai cosa intendo."

"Siamo a metà pomeriggio, Padfoot."

"Moontail, Wormy ed io abbiamo giocato “Non ho mai” con Marlene Price."

James alzò le sopracciglia. "E che ci giochi a fare, Padfoot? Perdi sempre. Non c'è niente che tu non abbia mai hai fatto, fenomeno da baraccone."

Sirius ghignò. "Marlene è sorprendentemente innocente."

Scuotendo la testa, James chiese: "Dove sei, Padfoot?"

"Bagno. Tre Manici di Scopa."

“Be', ho bisogno che tu venga a prendermi...inventati che Moony sta male ed hai bisogno di me o qualcosa del genere."

“Non lo so”, sospirò Sirius. "Mi gira la testa...un po'."

"Padfoot."

"Mi restano solo quattro dita," replicò l'altro, disse alzando le dita a mo' di dimostrazione. "È un testa a testa con Marlene. Verrò...quando perderò. O vincerò. Oppure...perderò." Si accigliò. "Giusto. Questo è quello che volevo dire. Ciao".

Il viso di Sirius scomparve dallo specchio, e James, sospirando, ripose l'oggetto nella tasca. Rassegnato all'affrontare almeno un'altra mezz'ora con Daniela Prentiss, James stava iniziando a tornare sulla strada principale, e fu lì che vide un'altra potenziale scappatoia.

Lily Evans stava camminando per strada. Indossava una gonna scozzese, un maglione color crema, calze di lana nere, scarpe basse, e un'espressione pensierosa. James ebbe un'ispirazione improvvisa.

"Ehi, Snaps!"

La ragazza si guardò intorno, e, notando James, sollevò un sopracciglio. "Ciao, Potter. Cosa...?"

Lui le afferrò il polso e la tirò con lui di nuovo nel vicolo. "Ho bisogno del tuo aiuto," le disse, in risposta all'espressione confusa sul volto di Lily.

"Va...bene?"

"Sono ad un appuntamento..."

"Congratulazioni."

"E sono ad un passo dal suicidarmi."

Lily incrociò le braccia. "Non può essere così male. Chi è la ragazza?"

"Daniela Prentiss."

"È una brava ragazza."

"E bella ed intelligente e divertente", concordò James. "E dannatamente noiosa. Sai che alcune ragazze cercano di fare la parte di quella 'interessante' no? Ecco, questa la sta provando da settimane... Ne ho avuto già per tre ore, e non ne posso più. Devi aiutami. "

"Come?" chiese Lily sospettosamente.

"Entra semplicemente da Zonko e di' qualcosa tipo...che Remus è caduto, e che ha bisogno di me."

"James ..."

"Ho già detto come mi si stia avvicinando alla perdita di ogni volontà di vivere?"

"È disonesto così!"

"Snaps, quella non crede nelle borse! Quale tipo di persona ha un'opposizione morale verso le borse?"

"Non ho intenzione di aiutarti a mentire ad una ragazza," disse Lily con fermezza. "È ingeneroso, e mostrerebbe una netta mancanza di solidarietà verso la mia parte. Se hai accettato di andare ad un appuntamento con una ragazza, è giusto che tu vada fino in fondo."

James alzò gli occhi. "I tuoi genitori sapevano come sarebbe andata a finire quando ti hanno chiamata 'Lily la-Scocciatrice Evans'?"

"Mi dispiace," disse, e lo sembrava veramente. "Davvero, ma non potrei mai fare una cosa del genere." Lily ritirò il braccio (lui lo aveva tenuto per tutto il tempo) dalla sua presa e gli mandò un sorriso incoraggiante. "Basta che tu tenga duro un altro paio d'ore...poi puoi dirle che vuoi tornare al castello per la cena o qualcosa del genere."

"Se non ce la faccio, assicurati che Sirius sappia che è il mio migliore amico, e di' a Remus che sono stato io a prendergli le Cioccorane."

"Smettila di essere così drammatico," lo rimproverò Lily, divertita. Cominciò a tornare alla strada principale: "E...buona fortuna."

Stancamente, James tornò da Zonko. Daniela sorrise in modo sciocco al suo arrivo. "Ho deciso per un Frisbee Zannuto e un po' di sorprese singhiozzanti", annunciò, dirigendosi verso la cassa.

"Molto saggio", disse James. Tirò fuori il portafogli, e Daniela alzò le sopracciglia. Spinse via il suo braccio.

"Per favore. Non insultarmi!" Ridendo allegramente, prese qualche moneta dalla tasca ("Le borse sono strumenti per le ragazze misogine e stupide!" lo aveva informato in precedenza). "Io non credo nella cavalleria", continuò Daniela . "Al contrario, trovo che il galateo di qualunque tipo sia obsoleto."

James non poteva dirsi completamente in disaccordo circa la questione della cavalleria, ma -per lo più per dispetto- non resistette alla tentazione di chiedere: "Se il galateo è obsoleto, allora come potresti essere stata insultata quando ho tentato di pagare? Voglio dire, se non esiste alcuna norma sociale per l'oltraggio, come puoi avere qualsiasi criterio con il quale decidere se qualcosa è  offensivo o meno? "

Daniela sbatté le palpebre. "Cosa?"

"Io..." ma ci ripensò: "Niente. Non importa."

Dopo aver raggiunto l'inizio della fila per pagare, Daniela si rivolse al commesso, e James cercò di immaginare una via d'uscita da quella situazione. Poche ore... solo un altro paio...

"Potter!"

Sia il Capitano sia la sua accompagnatrice si voltarono al suono del suo nome. La porta Zonko si chiuse oscillando dietro un'ansante, affannata Lily Evans. James sentì il suo stomaco sobbalzare in risposta alla espressione timorosa sul viso arrossato di lei.

"Remus ha avuto un incidente!" Disse Lily, facendo filtrare dalle sue parole una certa urgenza. "Sirius mi ha mandato a prenderti subito! Non so sicura di cosa sia successo, ma ..."

James ebbe voglia di baciarla proprio lì. Invece: "No, certo, arrivo subito. Daniela, non ti dispiace se vado, non è vero?"

Daniela, che era a metà del pagamento dei suoi acquisti, sembrava estremamente confusa. "Aspetta un attimo, vengo anche ..."

"Faresti meglio a sbrigarti!" disse in fretta Lily.

"Non voglio rovinarti il pomeriggio, Daniela," aggiunse James. "Davvero, mi spiace molto...ma non so per quanto ne avrò con questo problema...magari ci vediamo direttamente a cena?"

"Oh...va bene."

"Mi dispiace così tanto", continuò il Capitano della squadra di Quidditch. "Spero che questa cosa non rovini troppo la tua uscita."

"No, capisco."

E con ciò -ed un educato bacio sulla guancia di Daniela- James seguì Lily fuori dal negozio, camminando molto rapidamente. Fuori, nella fredda aria autunnale, James aspettò fino a quando non oltrapassarono Mielandia prima di cominciare a ridere. Era una risata contagiosa, anche se Lily fece chiaramente del suo meglio per trattenere la propria ilarità.

"Per la cronaca," disse, cercando di aggrottare le sopracciglia: "Sono molto delusa da me stessa."

"Oh, ovviamente", rispose l'altro con sarcasmo. "Chi l'avrebbe mai detto che fossi un'attrice così brava, Snaps? Sono impressionato, davvero."

"Non mettere il dito nella piaga! Mi sento già abbastanza in colpa!" ridacchiò Lily, coprendosi il viso con una mano. Il suo compagno le sorrise.

"Mi dispiace, Snaps, è ufficiale: aiutarmi in una situazione difficile, mentire ad un'altra ragazza, inventare un incidente...sei praticamente Sirius Black!"

"Non prendermi in giro", avvertì Lily. "O torno indietro e dico a Daniela Prentiss dove può trovarti."

"Be', non sarebbe un gesto molto amichevole."

"Noi non siamo amici," gli ricordò Lily “Tranne che, se ricordo bene, in modo potenziale."

"Va bene," commentò James. "Ma, se non è stata questa la ragione per cui mi hai salvato, qual è?"

Lily si morse il labbro. "Non l'avrei fatto," disse, "Solo che...credo...credo solo che mi piacciano  le borse, ecco tutto."

"Be'...grazie," disse James. "Ti devo un favore, non è vero? Dai, ti offro una burrobirra..."

"Mi dispiace," disse Lily, scuotendo la testa, "dovrei tornare da Luke, in realtà. Me ne sono andata solo per pochi minuti per controllare Alice all'ufficio postale, così- sai, mi starà aspettando. "

"Oh, giusto. In questo caso..."

"Grazie però, per il pensiero."

"Sì, certo. E...grazie anche a te."

"Di niente."

(Veramente, Veramente: Giugno, 1975)

"Per favore, Lily..."

"Per l'ultima volta, Piton, NO!"

Lily Evans sbatté la porta del bagno dei Tre Manici di Scopa dietro di lei, lasciando il suo ex-migliore amico Serpeverde devastato dall'altra parte. La lacrimante studentessa del quinto anno si spostò in fretta verso il lavandino, aprendo il rubinetto e passando le mani sotto l'acqua fredda senza un vero motivo.

Non piangere, si ordinò. Non piangere. Non qui. Non in pubblico.

Ma fu inutile. Incapace di trattenere le lacrime, Lily si affrettò in una cabina (erano tutte misericordiosamente vuote) e cominciò a singhiozzare. Perché la faceva sentire così? Perché doveva rendere tutto più difficile? Perché i due giorni successivi alla dissoluzione della loro amicizia erano stati due dei peggiori di tutta la sua vita?

Sapeva la risposta a tutte e tre, ma la fece solo piangere ancora di più.

"Controllati, Evans," sussurrò (singhiozzando) a se stessa. "Datti una calmata. È una stupidaggine. Devi superarla. Non puoi scoppiare in lacrime ogni volta che ti parla!"

Lentamente, Lily iniziò a seguire il suo stesso consiglio. Le sue lacrime si placarono, ed il suo respiro tornò regolare. Sapendo di dover essere un disastro, Lily uscì dalla cabina e si diresse verso lo specchio. Un po' di trucco nascose la pelle a chiazze e il naso rosso, ma non c'era niente che potesse fare per i suoi occhi iniettati di sangue se non attendere. Purtroppo, la strega aveva poco tempo. Luke Harper la stava aspettando.

Questo doveva essere stato il suo peggior primo appuntamento della storia, e Lily sarebbe stata scioccata se le avrebbe chiesto un secondo. Certo, Luke era abbastanza simpatico, ma Lily aveva lasciato il loro tavolo dieci minuti fa per usare il gabinetto, e lui doveva esser stato sempre più sospettoso. Ma di nuovo, non era stata colpa di Lily. Come poteva sapere che Piton l'avrebbe accostata nel corridoio posteriore, ripetendo le sue richieste di perdono che avevano portato allo stato attuale di Lily?

"Sopravviverò," annunciò Lily al suo riflesso. "Luke Harper è un bel ragazzo, ma se non vorrà uscire con me, io sopravviverò."

Tenendo la testa alta, Lily uscì dal bagno. Piton se n'era andato, per fortuna, e Lily fu in grado di tornare al suo tavolo senza interruzioni. Luke Harper, il bel Corvonero del sesto anno che aveva chiesto a Lily di accompagnarlo al villaggio solo la sera prima, l'aspettava con due burrobirre piene. Aveva aspettato che lei tornasse per bere la sua, e Lily lo notò.

Sorrise sinceramente al mago del sesto anno. "Grazie."

"Pensavo che ti fossi persa," Luke tentò di prenderla in giro, anche se scherzare non era esattamente il suo talento. Si era alzato dal suo posto quando lei era arrivata al tavolo e era seduto solo dopo di lei.

"No," disse Lily. "Mi sono imbattuta in una persona, che voleva parlare in quel preciso istante. Mi dispiace, è stato veramente maleducato da parte mia..."

"Oh, per niente. Capisco." Luke bevve tranquillamente un sorso di burrobirra per un momento, prima di aggiungere: "Era quel Piton?"

Sorpresa, Lily annuì. Così fece anche lui, e furono di nuovo in silenzio, fin quando Lily si sentì obbligata a dire: "Senti, non credo di averti mai ringraziato adeguatamente per l'altra sera... ero sconvolta, come avrai senza dubbio capito, e solo il fatto che tu fossi lì... solo il fatto che tu mi abbia ascoltata per venti minuti è stato… molto più che notevole. Quindi... grazie."

"Lily, sono stato felice di ascoltarti blaterare per venti minuti," disse Luke. "So cosa vuol dire perdere una persona così... voglio dire, non del tutto, ma–ho un fratello, e dal momento che ha finito la scuola, ci siamo persi di vista. È difficile, mi rendo conto, quindi se mai volessi parlarne, sarò qui per te." (Aveva degli occhi così incredibilmente malinconici). "Ma," continuò il Corvonero, "non voglio che tu ti senta in dovere di uscire con me, perché sono stato una spalla su cui piangere, l'altro giorno. Mi piaci davvero... mi piaci da un bel po', e più tempo passo con te, più mi piaci. Ma se sei con me oggi solo perché ti senti obbligata a causa dell'altra sera... allora non devi restare. Davvero, capisco."

Lily bevve un sorso di burrobirra per guadagnare tempo. Era possibile che questo Luke Harper potesse essere tanto romantico quanto sembrava? Era possibile che potesse essere tanto dolce quanto le aveva dimostrato? Era possibile che, non più di due ore fa, Lily avesse pensato di annullare l'appuntamento?

Piton non era scomparso dai pensieri di Lily, ma la sua presenza divenne, forse, un po' meno invadente. Non era una ragazza che illudeva le persone o dava false speranze, ma, in quel momento, Lily Evans aveva preso una decisione. Era impossibile per lei innamorarsi, lo sapeva, perché una parte troppo grande del suo cuore era devota altrove. C'era, dopotutto, una ragione per la quale non aveva mai avuto un vero fidanzato in precedenza. Tuttavia, tutto questo non voleva dire che non le potesse piacere molto qualcuno, e nessuno al mondo sembrava più degno di Luke Harper. Gli sorrise.

"Voglio veramente, veramente essere qui," disse lei. E lo pensava sul serio.

(Presente: Ingannato dall'Opposto dell'Amore)

"Marlene, dove diavolo sei stata?" volle sapere Miles Stimpson, affrontando la sua ragazza quando la coppia si incontrò vicino alle carrozze. Marlene ci pensò su, con la mente un po' offuscata dalla bevanda alcolica e la testa che sentiva la giusta quantità di ebrietà.

"Miles, sono solo un po' ubriaca," lo informò. "Solo un po'. E tu eri molto, molto in ritardo. Siamo andati alla Stamberga Strillante." In piedi sulle punte dei piedi, Marlene strinse le braccia attorno al collo del Corvonero e lo baciò (con una passione inspirata dall'ebbrezza), che fece temporaneamente dimenticare a Miles di essere un po' irritato con la ragazza. Alla fine, lei si staccò e accusò: "Fai schifo in quanto a puntualità."

--

In una carrozza vicina, James Potter era nascosto con i suoi fidati Malandrini. "Sono confuso," disse Remus, tanto ubriaco da essere confuso, ma abbastanza sobrio da non biascicare mentre lo diceva: "Cos'è successo con la ragazza con cui eri uscito?"

Peter, quello che aveva bevuto di meno, lo trovò divertente e si mise a ridere. Sirius roteò gli occhi e mormorò: "Principiante."

"La–la–la r–r–r–ragazza con cui lui er–era uscito!" rise Peter.

"Allora, cosa le è successo?" volle sapere Remus.

"È ancora viva, per quanto ne so," disse James. "Ma se ti dovesse capitare di vedere Daniela Prentiss in giro, Moony, sarebbe opportuno che menzionassi qualcosa sull'ammalarsi a Hogsmeade."

--

"Mi sono divertita," disse Kathy Pritchard, mentre Adam McKinnon aiutava la sua accompagnatrice a salire in una carrozza.

"Sì, anche io."

"Forse potremmo rifarlo qualche volta?" suggerì lei.

"Um, sì, forse," disse Adam, annuendo. Non era stato esattamente un brutto appuntamento. Non si era verificato nulla di eccezionalmente imbarazzante, e la conversazione era stata mantenuta facilmente. Kathy Pritchard era certamente molto bella, e forse c'era qualcosa che assomigliava vagamente alla chimica tra di loro, ma...

Poteva esserci o non esserci, e...

(la band preferita di Kathy Pritchard era Wizards Without Wands, e non sapeva nulla di musica babbana. Non le importava nemmeno del Quidditch professionale.)

...non c'era.

"Guarda, Kathy, sei davvero carina," cominciò Adam. "E ho passato un pomeriggio piacevole."

"Ma non succederà nulla, vero?" concluse la ragazza Corvonero per lui. Adam sembrò confuso. "Per favore, Adam, hai utilizzato il termine 'piacevole' per descrivere un pomeriggio. Dovrei essere completamente tonta per non sapere dove stavi andando a parare."

"Mi...mi dispiace"

"Non dispiacerti." Lei lo baciò sulla guancia. "Ho speso anche io un pomeriggio piacevole oggi."

"Bene. Sono contento."

"Ma," Kathy continuò: "dovrai trovarti un'altra carrozza."

"Va bene."

--

"Allora, ascolta," stava dicendo Lily Evans, allacciando un braccio attorno alla vita di Luke Harper mentre entrambi si facevano strada lungo la High Street, "Stavo pensando a quanto sono stata in un certo senso...distratta, ultimamente."

"Oh."

"E c'è una ragione per questo," Lily continuò, "non voglio che tu pensi che sia in qualche modo colpa tua. Con la scuola, e tutto il… dramma… Credo di essere stata…"

"Distratta?" Luke finì per lei, sorridendo. Lily annuì, rispecchiando la sua espressione.

"Mi dispiace," ribadì.

"Be'," disse Luke, "Sono stato probabilmente allo stesso modo." A dire il vero, Lily non se n'era accorta. "Non sono preoccupato. In realtà, però, ehm–il modo in cui hai iniziato, io… pensavo che la conversazione stesse andando in una direzione diversa."

"Quale direzione?" chiese Lily, innocentemente. Un'idea le venne in mente: "Oh, non avrai pensato che stavo per rompere, vero?" chiese, quasi ridendo.

"No, no, io…" Luke distolse lo sguardo. "Non importa."

"Che cosa è stato?" Chiese Lily, la sua curiosità crescente. "Dimmi!"

"No, è solo che… Non è importante."

"E allora perché non me lo vuoi dire?" Si appese al suo braccio, sorridendo perché lui stava arrossendo. "Dai, Luke, sono curiosa!"

"Non è importante," insistette, ed il suo tono era serio. Lily stava per riformulare la sua richiesta, quando le venne in mente che cosa doveva significare.

"Io ti amo."

"Non posso dirti lo stesso... non è che non mi importi tanto di te... Io non posso dirtelo a meno che lo intenda veramente, completamente, sfrenatamente..."

Severus porta rancore.

"Temo che tu sia entrata nelle file delle 'cattive ragazze' con noi altre, Rossa… Le brave ragazze dicono 'ti amo…'"

"Luke," disse Lily, tenendo la mano del suo ragazzo saldamente nella propria. "Sono molto, molto contenta di essere qui con te." E lo pensava–quasi completamente– sul serio.

--

"Sei sopravvissuta," osservò Hestia Clearwater mettendo un braccio intorno alle spalle curve di Alice Griffith. "Nessun disagio... nessun imbarazzo... solo una bella giornata di relax a Hogsmeade."

Alice non poté far a meno di ridere, mentre le due ragazze si dirigevano verso le carrozze. "Ci siamo sedute in un angolo dell'ufficio postale a giocare a Sparaschiocco e Gobbiglie per tre quarti della giornata fino a quando quella strega ci ha buttate fuori," sottolineò lei. "Hai intenzione di far finta di non esserti annoiata tutto il tempo?"

"Non mi sono annoiata!" insistette Hestia. "Davvero, è stato bello stare con te... Non ho visto molto più della parte superiore della tua testa per una settimana. Comunque, scommetto che siamo le prime nella storia ad essere state cacciate dall'ufficio postale."

Alice sorrise con gratitudine, ma rimase in silenzio per qualche tempo. "Senti, Hestia," cominciò. "Ho fatto la cosa giusta?"

"Che cosa vuoi dire?"

"Voglio dire…avrei dovuto… rompere con lui e basta? Proprio lì, sul posto, senza… senza nemmeno…?" Improvvisamente, Alice si fermò: smise di camminare, smise di parlare, e–per un attimo–smise di respirare.

"Alice, che cos…?" Ma poi, Hestia vide ciò che Alice aveva già notato. A breve distanza in fondo alla strada stava Frank Paciock. Era appoggiato contro il muro di un negozio (Mielandia) e non era solo. Il Caposcuola sembrava nel mezzo di una seria conversazione con Carlotta Meloni. Hestia afferrò il braccio della sua amica, cercando di tirarla via. "Alice, andiamo, an…"

"Ha detto che non l'amava," mormorò Alice, senza fiato. "Ha detto che non le piaceva. Ha detto che non avrebbe parlato con lei di nuovo se mi fossi limitata a..." Chiuse gli occhi. "Devo andare."

Girandosi, Alice si affrettò nella direzione opposta.

 

(11 novembre 1972)

 

"Ti fidi di me?" chiese il quattordicenne Frank, e anche se i suoi occhi erano chiusi, Alice poteva sentire che stava sorridendo.

"Sì," disse. "Anche se non so perché… se inciampo, giuro su Merlino, io…"

"Non inciamperai," le promise Frank, guidandola con la mano. "Aspetta, arriveremo presto."

"E perché c'è bisogno di tutta questa segretezza?" chiese la sua ragazza. Nonostante le sue proteste, però, Alice sentì un brivido di trepidazione correrle lungo la schiena. Non riusciva a contenere il sorriso sulle sue labbra.

"Non è necessaria," disse Frank. "É solo che mi piace l'idea. Attenta, qui…"

Alice cautamente fece un passo avanti e scoprì che la terra sotto i suoi piedi non era più di pietra, ma morbida come l'erba. "Hai intenzione di uccidermi, non è vero?" lo prese in giro.

"No. Non intenzionalmente, comunque."

Lei cercò di schiaffeggiarlo, ma sbagliò mira perché… aveva gli occhi chiusi.

"Va bene, eccoci," annunciò alla fine. "Puoi guardare ora."

Alice aprì gli occhi e prese visione della scena attorno a lei. La coppia era sulla cima di una bassa collina, appena fuori da Hogsmeade. Un campo di alta erba verde si distendeva davanti a loro, e fiori di campo crescevano tutto intorno. Alice guardò il suo ragazzo.

"È carina," disse. "Ma non sono sicura che sia valsa tutta l'attesa, Frank."

Frank alzò gli occhi azzurri al cielo. Posò le mani sui fianchi di lei, e questa strinse le braccia intorno al collo di lui. "Ti amo," disse. Alice si fermò: smise di sorridere e, per un attimo–smise di respirare.

"Davvero?" chiese.

Frank annuì. La sua incertezza circa la risposta di lei si mostrava chiaramente sul suo volto, ma Alice era troppo agitata per distruggere i suoi dubbi immediatamente. Alla fine, si accorse che stava sorridendo di nuovo. La strega quattordicenne si alzò sulle punte dei piedi e lo baciò.

"Ti amo anch'io," gli disse.

"Davvero?"

"Sì."

"Ed è valsa tutta l'attesa?"

Alice sorrise raggiante. "Senza dubbio."

 

(Tre Anni E Quattro Giorni Dopo)

 

Prima che la porta del dormitorio si chiudesse dietro Lily, la rossa era al fianco di Alice. La studentessa del settimo anno giaceva nel suo letto, coperta fino alla clavicola dalle coperte. Aveva gli occhi rossi dalle lacrime.

"Hestia ha detto che eri…" cominciò Lily, ma si fermò. La studentessa del sesto anno prese la mano della sua amica. "Mi dispiace–non avrei dovuto farti… Alice, mi dispiace tanto."

"Non è colpa tua," tossì Alice, sedendosi. "Hai fatto la cosa giusta, davvero, ma io… io… non posso vederlo così… e io…"

"Ho sentito," la interruppe una voce nuova. Marlene comparve sulla porta, con un sacchetto in mano e un'espressione determinata sul viso. Teneva la borsa in alto. "Cioccolato," disse. "E Whisky Incendiario."

Alice fece un debole sorriso lacrimoso. Anche Marlene preso posto sul letto. "Starai bene," le disse la bionda.

"Starai bene," convenne Lily.

E ancora una volta, Alice si mise a piangere.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** L'arte del camminare ***


*angolo della traduttrice più disperata del solito*

E dopo una revisione durata tutto il pomeriggio, eccoci qui a postare. A parlarvi oggi è Giuls (themarchare); questo capitolo è, beh, uno dei più importanti a mio avviso: non sarete felici al termine della lettura, lo so, ma certe cose bisogna vederle, come si dice, in prospettiva (?)...Insomma, abbiate fede xD Dato che è un capitolo importante vi consiglio, sotto suggerimento anche dell'autrice originale, di spendere qualche momento a rileggere il prologo e la prima parte di “Le brave ragazze dicono 'Ti amo'” (cap.1); alcune frasi vi suoneranno familiari in questo capitolo. Ringrazio di cuore le 18 recensioni, le 30 preferite, le 29 seguite ed ovviamente i numerossisimi lettori. Grazie, davvero!

Buona lettura!

themarchare


 

Recap: James e Lily accettano un tentativo di amicizia "potenziale". Sirius litiga con suo zio, l'insegnante di Difesa Alphard Black, su Regulus, il quale Alphard suggerisce che Sirius perdoni per gli errori del passato. Frank e Alice rompono a causa di Carlotta Meloni.

 

Capitolo 9 - L'arte del camminare

O

"All My Friends Are Gonna Be Strangers"

 

"La odio."

Peter sospirò. "Prongs, tu…"

"No. È matta. Completamente pazza. Dannatamente fuori di testa."

"Forse lei…"

"La stai difendendo!" disse James pericolosamente, voltandosi verso il suo amico.

"No," Peter protestò immediatamente. "No, non lo sto facendo. Hai ragione. Hai completamente, assolutamente ragione."

"Dannazione se ho ragione," rispose l'altro, riprendendo il suo ritmo da un capo del dormitorio all'altro. "Quale diavolo è il suo problema comunque? Perché è così... Perché non può solo...?" Si fermò a respirare. "Lily Evans sarà la mia fine."


"Dovremmo suggellare con un bacio?" chiese Carlotta seccamente. I suoi occhi marroni a mandorla brillarono di divertimento e vittoria. La soddisfazione di aver vinto dopo una battaglia lunga e difficile era forse ancora più gratificante del facile trionfo che di solito otteneva.

"Che ne dici se ci stringiamo la mano e basta?" rispose Frank tranquillamente, tendendo la mano. Carlotta fece scivolare la proprio mano più piccola e morbida nella sua presa, sporgendosi ancora in avanti, in modo che i loro nasi quasi si toccassero.

"Ci vediamo Venerdì," disse lei, prima di tirarsi indietro e sorpassarlo. Si allontanò, le labbra perfettamente lucide curvate in un sorriso.


"Sirius, mi dispiace! Sirius, ascoltami!"

Sirius si voltò per affrontare il mago più giovane che lo inseguiva. "E perché diavolo dovrei, Regulus?"

Regulus Black sembrò ferito. "Perché sono tuo fratello."

"Questa," disse Sirius, la rabbia che caricava le sue parole come elettricità, "è la seconda bugia che mi hai detto oggi." Si voltò e si allontanò.


"Sono così stupida!" Lily singhiozzò, nascondendo il viso nel fazzoletto che il ragazzo le aveva offerto momenti prima. "Io sono così... così stupida!"

Remus Lupin, suo compagno sul pavimento del corridoio, la accarezzò goffamente sulla spalla. Dire che era assolutamente inesperto con il gentil sesso sarebbe inesatto, ma non aveva mai trovato il modo di fermare una ragazza dal piangere quando questa si metteva in testa di farlo.

"Lily, non sei stupida."

"Non è vero!" lo contraddisse Lily, emergendo dal fazzoletto. "Io sono l'essere umano più stupido... la creatura vivente più stupida che abbia mai camminato sulla Terra! E sono una stronza totale, come se non bastasse!" Scomparve ancora una volta.

"Non sei così tanto male," cercò di consolarla Remus. "Andiamo... cosa è successo? Non può essere così terribile..."

Singhiozzo. "Lo è, invece," sussurrò disperatamente. "Sai, in tutti le mie liti nel corso degli anni... con Potter, con Severus... Sono così abituata al fatto che sia colpa loro. Ma questa… questa è del tutto mia."

Remus aggrottò la fronte. "Non capisco, Lily," disse, "Puoi spiegare?"

"N-n-no," gracchiò la rossa. "Tu non puoi capire. Nessuno può capire... io non capisco, per l'amor di Merlino!"

"Lily..."

"Ma, Remus, mi odierai per questo."

Lui avvolse un braccio intorno alle sue spalle tremanti. "Io non ti odio," la rassicurò con calore. "Davvero, Lily."

Lei cominciò a ricomporsi e soffiò con il fazzoletto. "Mi odierai. Io mi odio".

Remus sospirò. "Andiamo, Lily. Qualunque cosa sia, sono sicuro che possiamo trovare un modo per risolvere il problema."

"Non possiamo, invece; è solo che…"

"Perché non cominci dall'inizio?" la interruppe il Malandrino. "Comincia... semplicemente dall'inizio e dimmi cosa è successo."

Lily espirò in modo drammatico. "Be'... credo... credo sia iniziato tutto questa mattina."
 

(Quella Mattina)

"Scrivono canzoni su mattine come queste," osservò Lily, mentre superava una finestra, attraverso la quale filtrava la luce dorata del sole. Donna alzò gli occhi al cielo.

"È troppo presto per questo tipo di stupidaggini," disse. "Giuro, alla prossima cosa felice che dici, non mi siedo con te a colazione."

"Come farò?" chiese Lily ironica, voltandosi a camminare all'indietro accanto alla sua amica. "Non che io abbia qualcun altro nella vastità dell'universo con cui sedermi a colazione."

Donna incrociò le braccia. "Potresti sederti con Potter," disse. "Ho notato che voi due siete stati terribilmente amichevoli ultimamente."

Lily rise. "Gelosa?"

"Curiosa," corresse Donna, piuttosto seriamente. "Voi due siete...?"

"Stiamo solo cercando di andare d'accordo," la interruppe Lily con leggerezza. "Non c'è niente tra noi... non siamo neanche esattamente amici. Stiamo solo... cercando di andare d'accordo."

"Con grande successo a quanto pare."

"Il successo è paragonabile solo allo sforzo che facciamo," la informò Lily . "Per il bene della scuola e della mascella Nicolai Mulciber." Ma questa era una bugia, pensò Lily, mentre raggiungevano la Sala Grande: un atto di menzogna di cui lei stessa non capì lo scopo. Naturalmente, avevano litigato un paio di volte, ma nel complesso, andare d'accordo con James Potter era quasi spaventosamente semplice.

"Buongiorno, Lily... Donna..." disse Adam McKinnon, mentre le due ragazze si sedevano accanto a lui. Adam–come Donna–era vestito con la divisa da Quidditch di Grifondoro. "Verrai alla partita di oggi, Lily?"

"Non le perdo mai," rispose lei. "E da ciò il mio attuale patriottismo..." indicò la sciarpa rossa e oro appesa al collo.

"Lily, la indossi ogni giorno," sottolineò Donna. "Lo chiamerei a malapena orgoglio per la propria Casa."

"Solo quando fa freddo e solo con la mia uniforme," sostenne Lily. "Non l'ho mai indossata con abiti normali. È decisamente orgoglio per la propria Casa."

"I giocatori di Tassorosso sembrano più entusiasti per Grifondoro di te," disse Donna freddamente.

"Non è vero. Non è vero, vero, Adam?" Si voltò verso il mago per supporto, ma lui si accigliò.

"Non lo so, Lily, credo che alcuni di loro stiano probabilmente indossando più rosso e oro di te, in questo momento. In realtà..." Osservò i suoi vestiti. "Considerando che la tua maglia è di una specie di giallognolo, e la gonna è nera... suppongo che tu stia indossando più i colori di Tassorosso."

"È un maglione color crema per Merlino!" protestò Lily, mentre Donna rideva. "Voi due siete ridicoli."

"'Giorno, Shack," disse la voce di James Potter, quando lui apparve, sedendosi di fronte a loro. "'Giorno, McKinnon... Snaps." Era di buon umore. Era in modalità partita-di-Quidditch, e lo sembrava davvero, pensò Lily, dal modo in cui i suoi capelli sembrava ancora più disordinati e dal sorriso storto fissato sul suo volto.

Versando un bicchiere di succo di zucca, James guardò Lily. "Accidenti, Snaps, hai davvero tirato fuori tutto il tuo spirito Grifondoro, non è vero?"

"Zitto, tu."


 

(Un' Indecisione)

"Caro Sirius," cominciava prevedibilmente la lettera di Andromeda Tonks.

"Ti prego di accettare le mie più sincere scuse per averci messo così tanto tempo a rispondere alla tua ultima lettera. Come potrai immaginare, la vita è stata frenetica per la mia famiglia nel corso delle ultime settimane. Per inciso, com'è strano che usi il termine 'la mia famiglia' con un tono diverso dal senso di colpa, dalla vergogna, dalla paura, o dal falso orgoglio? Questa faccenda di certo ha preso una strana piega nel corso degli ultimi anni... ancora di più nelle ultime due settimane.

Come ti avevo detto nella mia ultima lettera, ero un po' preoccupata per Ninfadora, a causa del suo maggiore utilizzo della magia involontaria rispetto a quello che potrebbe sicuramente essere normale per un bambino della sua età. Be', ha avuto una visita con un Guaritore, l'altro giorno, e–a quanto pare– la mia bambina di tre anni è un metamorfomagus. Il Guaritore mi ha dato una pozione cosìcchè non si faccia del male (credo che sia comune nei metamorfomaghi della sua età, no?), ma per il resto, a quanto pare Ninfadora starà perfettamente bene... anche se sarà un po' eccentrica. Questo fattore dovrebbe essere interessante quando verrà l'adolescenza.

Ted sta bene. È rimasto sconvolto quanto me da quello che il Guaritore Clancey ha decretato il mese scorso sul mio avere più figli, ma stiamo entrambi (lentamente) recuperando. Forse è meglio così: questa vita pseudo-recondita che stiamo conducendo in questo momento è abbastanza pericolosa già con la sola Ninfadora. Naturalmente, Ninfadora è in ogni aspetto più turbolenta rispetto alle normali bambine di tre anni (mi ricorda te... e Ted... ma di nuovo, Ted mi ha sempre ricordato te).

Mi sono imbattuta in Narcissa l'altro giorno. Mi ha detto di aver rotto il fidanzamento con quel ragazzo con il quale era solita vedersi, e ho il sospetto di sapere esattamente a chi si è votata da allora. Merlino, posso solo sperare che le voci in tal senso siano false; Narcissa non ha né confermato né smentito ed è stata decisamente fredda, ma almeno non era Bella, o probabilmente non sarei stata in grado di scrivere questa missiva. Spero che tu mi scriva se senti qualcosa su Cissy. Penso che tu sappia la mia opinione su Lucius Malfoy, ormai,mio cugino prediletto.

Ho raccolto tutto il mio coraggio per parlarti di una cosa: per favore non arrabbiarti. Zio Alphard mi ha scritto del vostro piccolo alterco. Non ho intenzione di raccomandarti di fare ammenda con Regulus–sarebbe ipocrita–ma non credo che lo zio meriti di affrontare la tua ira, Sirius. Ha fatto tanto per noi (tu ed io), e vuole instaurare un rapporto di qualche tipo con te, prima che sia troppo tardi. Ti prego di non interpretare tutto questo come un giudizio sulla tua decisione di fuggire, sulla tua faida con Regulus, o anche sul tuo disaccordo con lo zio Alphard: voglio davvero solo il meglio per te, e non riesco a pensare a qualcosa che sia meglio per te se non un rapporto felice con qualcuno in questa famiglia (con ironia, questa volta) che ti ha veramente a cuore. Oltre me, naturalmente.

È strano che ora ti dia consigli, Sirius, quando solo pochi anni fa la mia vita era un disastro ricco di decisioni sbagliate e di principi incerti. Le cose sono cambiate molto: non sei più un ragazzino, ed io non sono più una Black. Forse sono la persona meno degna in tutto il mondo per dare consigli, ma lo faccio solo per amore.

A proposito, Regulus mi ha scritto l'altro giorno–strano, no?

Stai vicino alle persone che ami, e ricorda che–ovunque io sia, qualunque cosa tu faccia–ti voglio bene. Anche Ted e Dora ti salutano.

Sempre tua,

Andromeda"

Sirius piegò la lettera e la mise in tasca: i bordi erano già morbidi dal piegare e spiegare, anche se l'aveva ricevuta solo un'ora fa. Sospirò.

"Sei pronto, amico?" Era James. Apparve da un angolo degli spogliatoi, tenendo il suo manico di scopa ultimo modello con entrambe le mani ed indossando un'espressione sia di attesa (per la partita) sia di preoccupazione (per il suo migliore amico). Sirius, a sua volta, fece del suo meglio per scrollarsi di dosso l'indecisione che pesava su di lui.

"Sono pronto," rispose. Non poteva pensare ad Andromeda in questo momento. Non poteva pensare al suo consiglio, o allo zio, o a Regulus, o a niente di tutto ciò. In questo momento, ci doveva essere solo il Quidditch: la Pluffa e gli anelli e la sua capacità di collegare i due. Quidditch.

"Sei sicuro?"

Sirius prese il suo manico di scopa (un regalo per il suo quindicesimo compleanno... da suo zio Alphard). "Assolutamente."

 

(Inseguimento)

"Siamo un po' di fretta" disse una voce, mentre Frank raggiungeva il buco del ritratto. Quasi saltò quando vide Carlotta, che si alzava dal divano vicino al camino. La strega indossava una gonna che faceva sembrare le sue sottili e toniche gambe olivastre lunghe almeno diverse miglia, ed un maglione rosso che aderiva suggestivamente al suo corpo esile.

"Carlotta, ti ho già detto al villaggio che avevo bisogno di tempo lontano da... tutto. Per pensare." Il Caposcuola impallidì mentre lei si avvicinava.

"Ed impedisco il processo in qualche modo, Frank?" chiese con calma.

"No, ma proverai a convincermi a..."

"Rilassati," lo interruppe lei. "Non stavo aspettando che tu scendessi per la partita. Stavo evitando Connor Plex... sta cercando strapparmi un appuntamento con lui da anni." Spostò i suoi lunghi capelli castani dal viso, in attesa di una reazione da parte del suo compagno. Lui non incontrò i suoi occhi.

"Forse è una buona idea," disse alla fine. "Connor Plex è un tipo abbastanza a posto..." Carlotta sorrise un po'.

"Ma io non voglio Connor Plex."

Frank decise che quello era il momento buono per fare la sua dipartita da lì. Lei continuò. "Ti stai comportando da ottuso, sai," disse, mentre la coppia si avviava per il corridoio, lui ad un ritmo leggermente più veloce. "Non ti vedi più con nessuno, e ti stai ancora comportando come se il fatto che tu mi voglia sia qualcosa per cui sentirsi in colpa."

"Questo," disse Frank, fermandosi all'improvviso, "è perché io mi stavo vedendo con qualcuno quando noi... quando noi…"

"Ci siamo baciati," finì per lui. Frank non si fermò. Lei continuò.

"Non voglio parlarne adesso," le disse. "Voglio solo andare alla partita di Quidditch e dimenticare..."

"Dimenticare cosa?" chiese Carlotta. "Dimenticare Alice?" Un po' freddamente aggiunse: "Perché lei si è di certo dimenticata di te. O è me che vuoi dimenticare, Frank? Onestamente, sei così ottuso. Sei il Caposcuola... intelligente, talentuoso, divertente, e ti stai ancora comportando come un piccolo cucciolo sperduto solo perché…"

"Carlotta, quello che abbiamo fatto è stato uno sbaglio! Quello che io ho fatto!"

"Ma perché?" chiese la bruna, quando raggiunsero la scalinata di marmo. "Perché lo dice qualche stupida convenzione? Perché è importante? Perché non puoi solo seguire quello che provi?"

"Carlotta, per favore. Solo... lascia... stare," la pregò, un po' disperato. Carlotta sospirò. Lo seguì in silenzio per un po', fino a quando non si ritrovarono a camminare lungo il prato. Il campo di Quidditch era già in vista prima che lei parlasse di nuovo.

"Non lo hai negato, sai."

"Non ho negato cosa?" chiese il Caposcuola.

"Ho detto che ti sentivi ancora in colpa per il fatto che io ti piaccio," gli ricordò Carlotta, gli occhi fissi sul cielo blu. Era una mattina fredda, ed aveva dimenticato il suo mantello. "E non hai negato che ti piaccio."

Frank si fermò. "Senti, Carlotta..."

"Guarda... la partita dev'essere finita" lo interruppe lei, dato che, in effetti, un gran numero di studenti potevano essere visti uscire dal campo e dirigersi, attraverso il verde prato, verso il castello.

"Di già? Non sono nemmeno passati venti minuti..."

"Credo di sì," disse Carlotta, alzando le sopracciglia in modo significativo, "tutto quel correre per nulla" Poi si voltò di nuovo verso la scuola. Lui la seguì.

 

(Amici)

"Niente festa?" chiese James, e la sua osservazione improvvisa fece sì che Lily–che evidentemente pensava di essere sola– sobbalzasse.

Infilando una ciocca di sfuggenti capelli rossi dietro l'orecchio, il prefetto scosse la testa. "No–Mi vedo con Luke per un pranzo pomeridiano."

"Un pranzo pomeridiano?" ripeté James. Si avvicinò al suo trespolo in cima ad un basso davanzale in uno dei corridoi esterni della scuola. "Non è ancora la mezza."

"Be'," confessò Lily, "non lo vedrò fino alle due. Ha dei compiti da finire."

"Capisco. Quindi, la domanda rimane: perché disertare la festa per la vittoria della tua Casa? Sapevo che non avevi alcun orgoglio Grifondoro"

"La festa sta durando da più di due ore e lo farà sicuramente per molte altre," disse Lily. "Mi sto solo prendendo una pausa. È una bella giornata."

James si strinse nelle spalle, appoggiandosi al muro e facendo scivolare le mani nelle tasche dei suoi abiti da Quidditch. "Suppongo. Se sei in quel genere di cose."

Lily lo fissò. "Smettila di comportarti da duro. È bellissima, e tu lo sai." Sospirò, e James seguì il suo sguardo attraverso il prato, gli alberi spogli ed il grigio-blu del cielo. "Amo Novembre," osservò lei.

"Ami Novembre? Chi ama Novembre?"

"Che cosa vuoi dire?"

"È… è così nella media. Novembre. Gli alberi non sono più tutti arancioni e rossi, e non c'è neve. È così... morto."

"È tranquillo," lo corresse Lily. "È… contemplativo."

"Il mese? Il mese è contemplativo?"

"," insistette la rossa. "Mi piace. Penso che sia un mese molto trascurato, nel complesso. La gente ama giugno, perché è caldo e luminoso, ama Dicembre a causa del Natale, ed ama Ottobre e Aprile, perché tutto sta appena iniziando a cambiare... ma Novembre è eccessivamente trascurato."

James scosse la testa. Si stava quasi per passare una mano tra i capelli, ma si fermò poco prima, e cominciò invece a giocherellare con la montatura degli occhiali. "A me piace Marzo," disse lui dopo un po'. "Penso che Marzo sia un mese trascurato."

"Marzo merita di essere trascurato," giudicò Lily. "Non vedo perché ne abbiamo bisogno. È la parte dell'anno che di dilunga di più… tutta la luce di Natale è scomparsa, e non c'è nessuno divertimento da fine-dell'-anno, e le attività primaverili sono ancora lontane. Sta... lì e basta." Realizzò di essere stata dura. "Senza offesa."

"Nessuna offesa. Probabilmente Marzo non piacerebbe nemmeno a me, ma il mio compleanno è a Marzo."

Lily si mise a ridere, coprendosi la bocca con una mano. "Mi dispiace," si scusò. "Non volevo maltrattare il tuo mese di compleanno. Tutti devono amare il loro mese di compleanno–anche se è ad Agosto, devono farlo."

"Io odio Agosto," replicò James.

"Siamo d'accordo su qualcosa, allora."

"Meno male, allora. Stavamo per venire alle mani."

Lily sorrise. "Senti," cominciò, "non devo incontrare Luke fino alle due... vuoi andare a fare una passeggiata? Non sono ancora pronta per tornare alla festa. Naturalmente, se vuoi tornare dentro, sei più che libero di dire 'no,' io…"

"No, certo, vengo con te."

Lei saltò dal muro, ma mentre lui si dirigeva fuori, Lily scosse la testa. "No, non lì. Voglio camminare per il castello... è sempre così tranquillo il sabato dopo le partite di Quidditch."

Scrollando le spalle, James la seguì. Con sua sorpresa, non lo condusse alla Torre di Astronomia, o al terzo piano dove c'era una vista eccellente sul lago, o ad uno dei corridoi più ornati, o in qualsiasi luogo remotamente attraente a tutti. Si diresse verso i sotterranei .

"Per qualcuno che è sempre tutto 'sole, lecca-lecca ed arcobaleni,' i sotterranei sono una destinazione terribilmente lugubre," sottolineò lui, al chè Lily si strinse nelle spalle.

"Mi ispira la luce delle torce in questo momento." Si sedettero in un corridoio scelto a caso, abbastanza buio in modo che le torce bruciassero anche quando il resto del castello era imbevuto di luce del giorno. "Allora," iniziò Lily dopo un breve silenzio, appoggiando la testa contro il muro di pietra dietro di lei. "Di che cosa vogliamo parlare?"


"La prima volta che hai fatto una magia," disse James, e Lily aggrottò la fronte pensierosa.

"Per caso o di proposito?" chiarì lei.

"Accidentalmente, suppongo."

"Ok, va bene". Ci pensò su, poi disse: "Avrò avuto cinque o sei anni... ho fatto volare via dai cardini un'anta dell'armadio".

"Wow," disse James, colpito. "Perché?"

"Com'era abbastanza prevedibile, ero arrabbiata," spiegò Lily. "Petunia–mia sorella–aveva nascosto qualcosa di mio nell'armadio e l'aveva chiuso a chiave. Non avevo la chiave, e l'anta... è semplicemente volata via."

"Sì, suona molto come una cosa che faresti."

Lily fece una smorfia. "È il mio turno", disse. "Primo... primo libro che hai letto."

"Col cavolo che lo ricordo. Te?"

"'Scarpe da Ballo'. Mi fece venire voglia di diventare attrice. Ne ho una buona per te, ora: prima volta in cui hai infranto la legge "

"Facile," disse James. "Avevo sei anni. Avevo preso di nascosto la bacchetta di mio padre e ho dato fuoco ai cespugli del vicino... anche al loro gatto, penso. È il mio turno: il tuo primo drink alcolico."

"Vodka. Nuovo argomento. Uhm... Primo... primo amore."

Lei sorrise, ma James alzò gli occhi. "Passo".

"Passi? Non è possibile passare in questo gioco."

"Be', e se non credessi nell'amore?" chiese, un po' per scherzare, un po' per vedere la sua reazione, che non lo deluse. In primo luogo, i suoi occhi verdi si spalancarono. Poi fece una smorfia.

"Non puoi non credere nell'amore. È ridicolo. Sei troppo giovane per essere così cinico."

"Sono un ragazzo, Evans. Non sono mai troppo giovane per essere cinico."

“Be', è stupido lo stesso."

"Suppongo che tu creda nell'amore? Fiabe e tutto il resto, anche?"

"I miei genitori erano innamorati," gli disse Lily. "Non posso confermare le favole."

“Be', anche i miei genitori erano innamorati. E poi non lo erano più."

"E poi si sono innamorati di nuovo."

"Questo resta da vedere."

"Ma un sacco di matrimoni sono..."

"Be', è questo il problema, non è vero? Non credo neanche nel vincolo del matrimonio."

"Sei impossibile," la rossa informò il suo compagno. "Va bene. Ho un altro turno allora."

"No, non è vero," protestò l'altro. "Avresti dovuto scegliere meglio. È il mio turno."

"Va bene."

"Va bene, che ne dici la tua prima... uhm... oh, ho capito. La tua prima... hai capito..."

Lily aggrottò la fronte. "La prima cosa?"

"Hai capito".

"Oh." Lily scosse in fretta la testa. "No. Io non... ehm... faccio... quello."

"Oh." James annuì. "Be', è meglio così. L'intera cosa è sopravvalutata." La frase fece ridere Lily, e lui ne fu sollevato.

"Stai dicendo così solo per non farmi sentire in imbarazzo," l'accusò lei.

Lui annuì di nuovo. "Più o meno, sì, ma fa lo stesso..."

"Non sono in imbarazzo," lo informò Lily. "Solo che non credo che... voglio dire, le relazioni che si hanno a scuola sono così superficiali. La maggior parte delle ragazze esce solo con i ragazzi con cui pensa che si debba uscire, sai... quelli che le amiche approvano quando si sta insieme tra ragazze. E non sto dicendo che quelle relazioni siano senza valore, perché sono importanti in un sacco di modi, ma... non so... io ho intenzione di andare a letto con un ragazzo che mi piace e basta. Voglio essere innamorata. Profondamente e seriamente e... sai, il tipo di amore nella-buona-e-nella-cattiva-sorte."

"Vuoi dire la favola del per-sempre-felici-e-contenti," disse James.

Lily alzò gli occhi. "Sei libero di essere in disaccordo", concesse. "Anche se io ho ragione e tu sei un cinico per partito preso." Lei lo guardò. "E tu?"

James inarcò le sopracciglia. "Sento questa vocina nella testa... dire qualcosa in merito al 'vantarsi delle proprie imprese' e... di non farlo."

Tu mi hai chiesto di vantarmi delle mie imprese poco fa."

"È completamente diverso per una ragazza," disse James. "Ai ragazzi non mi interessano queste cose."

"Ma tu hai... hai capito...?"

"Evans..."

"Non sto chiedendo i nomi! Sono solo curiosa!"

Fu il suo turno di alzare gli occhi. "Va bene. Sì, l'ho fatto. Felice?"

Ma lei non sembrava felice. "Sì". Un momento di silenzio, poi: "Va bene, è il mio turno. Che ne dici del-ehm... primo bacio?"

"Questo te lo dico" concesse l'altro. "Carlotta Meloni, curiosamente."

"Carlotta Meloni?" Lily sembrò ancora più infelice.

"Suppongo che lei non sia la tua persona preferita al momento," ammise James. "So quello che stanno dicento tutti su Frank Longbottom e cose di questo genere... ma non è così male alla fine, sai."

"Lo pensavo anch'io", disse Lily scettica. "Non sapevo che foste usciti insieme,” aggiunse con aria interrogativa un momento dopo. James scosse la testa.

"Non siamo mai usciti insieme. È... successo e basta. Alla fine del quarto anno. Tu che mi dici? Primo bacio."

"Robbie Castle."

"Robbie Castle? Quell' imbecille?"

"Non era un imbecille! Be'..." La ragazza ci pensò su, "era un po' una testa di cazzo, ma al tempo pensavo fosse divino."

Ma non avrebbe dovuto essere Robbie Castle. "Se lo dici tu."

"Lo dico, lo dico. E ti informo anche che quel bacio è stato perfetto. Eravamo in un giardino e..."

"Un giardino?"

"Sì. Era soleggiato e colorato e perfetto, e ..."

"Che giardino? Qui a Hogwarts?"

"Hogsmeade. Era il mio primo vero appuntamento, e c'era questo spiazzo in fondo alla strada, dove il commesso di Mielandia aveva piantato un giardino. Oh smettila di ridere, è stato romantico. È stato perfetto, il che scommetto è più di quanto tu possa dire. Tu e Carlotta Meloni.. "

"Sì", accettò lui. "Carlotta ed io abbiamo pomiciato perché ci annoiavamo. Ma è stata una bella pomiciata."

"Ma non perfetta," rispose trionfante Lily. "E la mia lo è stata. Dio stesso ha sorriso."

James rise, e lei lo lasciò fare. “Be', io non..." cominciò.

"Tu non credi in Dio," finì per lui. Lui annuì. "Merlino, ma tu credi in qualche cosa?"

Con una scrollata di spalle: "Vedremo."

Lily scosse la testa. "Ci credi, però," disse. "Credi in Dio, intendo. Tu credi in Dio. Solo che pensi di non farlo."

"Sono abbastanza sicuro di non crederci, Snaps," dichiarò l'altro. "Lo trovo un po' ridicolo. Perchè, tu no?"

Lily non rispose alla sua domanda, invece spiegò: "...È troppo facile sedersi qui e ridere di un Dio. Nessuno ride di Dio quando sta fissando la punta di una bacchetta" James la guardò attentamente, cementando la sua immagine nel cervello. Lily scosse i capelli dagli occhi, poi soprese James a fissarla. "Smettila di guardarmi così, James Potter," ordinò, divertita.

"Così come?" Sperava di sembrare innocente.

"Come...come se sapessi qualcosa di me."

"Ma io so qualcosa di te." (Sollevato.) "Conosco un sacco di cose di te. Abbiamo giocato a dirci qualcosa di noi per quasi un'ora e mezza."

La rossa si irrigidì. "Un'ora e mezza? Che ora è?"

"Quasi le due meno dieci..." Fu allora che si ricordò dell'appuntamento della ragazza con Luke, e James desiderò non aver detto niente. Lily si alzò in piedi.

“È meglio che vada", disse. "Luke è sempre in anticipo per ogni cosa."

Io sono sempre in ritardo per ogni cosa, pensò James, alzandosi anche lui in piedi. Lily esitò per un momento. "Grazie per aver passeggiato con me. Non... non è stato troppo terribile. Considerando che, sai... c'eri tu con me ."

"Sono stato bene anche io", concordò James. "Soprattutto perchè mi sono drogato così tanto che anche tu sei sembrata interessante, ma..."

"Oh, sta' zitto." Ma la ragazza stava sorridendo. "Ci vediamo più tardi." E con questo, la strega se ne andò. James si sedette di nuovo. Non dovrebbe essere Luke Harper...
 

(Festa a Tre)

Frank non se la stava passando molto bene. Doveva essere una festa, ma si trovava stranamente apatico al fatto che la sua squadra avesse appena sconfitto Tassorosso in una delle partite più brevi della storia recente. Solo che non gli importava. Alice era introvabile nell'affollata e rumorosa Sala Comune, e Carlotta stava dall'altra parte della stanza con Connor Plex, ridendo e flirtando ad alta voce.

Accigliandosi miseramente, il Caposcuola si alzò dal suo posto all'angolo della stanza e si diresse verso il tavolo delle bevande. Aveva appena preso una burrobirra quando vide Hestia Clearwater parlare casualmente con Remus Lupin poco lontano. Mentre la osservava, però, Remus cominciò ad allontanarsi, e mentre Hestia era momentaneamente sola, Frank le si avvicinò in fretta.

Il sorriso sul volto della strega svanì nel momento in cui vide il Caposcuola. "Che cosa vuoi?" sbottò lei, al suo arrivo.

"Solo..."

“Be', allora ti dico ciò che voglio io," lo interruppe Hestia. "Voglio darti un ceffone. Voglio versare tutta questa burrobirra sui tuoi stupidi... capelli. Ma non lo farò, perché non ho le palle per farlo. Tuttavia, ti sarei molto grata se, mentre te ne vai via, facessi finta di essere bagnato fradicio di burrobirra e di sentirti molto a disagio. "

Frank non aveva mai visto Hestia così arrabbiata, e di certo non aveva mai ricevuto una tale rabbia diretta verso se stesso. "Hestia, voglio solo sapere come sta."

"Sta bene."

"Dov'è? Non l'ho vista per tutto il giorno... Non la vedo mai, se non in classe."

"È occupata. E ti odia."

Frank annuì. "Non la biasimo", disse sconsolato. "Ma..."

"Frank, dovresti andare," tagliò corto Hestia.

"Io, solo... dille solo che manca a tutti."

"Lo sa," disse l'altra. "È fantastica. Chiunque non sentisse la sua mancanza sarebbe un completo idiota. Ma al momento, credo proprio che la sua mancanza è tutto ciò che alcune persone riusciranno ad ottenere... anche quando lei ricomincerà a venire alle partite di Quidditch." Il Caposcuola cominciò ad andarsene. "Perché l'hai fatto?" Hestia chiese improvvisamente.

Frank sospirò. "Non lo so," ammise. Senza aggiungere altro, ma sembrando molto insoddisfatta, Hestia sparì tra la folla. Frank non rimase solo a lungo.

"Te l'avevo detto," cominciò Carlotta Meloni. "Te l'avevo detto che è andata avanti."

"Carlotta, per favore..."

Frank passò attraverso il buco del ritratto, e lei lo seguì. In mezzo al corridoio, Carlotta chiese: "Io non ti capisco. So che mi guardi in un certo modo, e che provi qualcosa per me... so che quel bacio ha significato qualcosa”.

“Ma non è vero," insistè Frank, come se la stesse implorando di credergli. "Non ha significato niente... Ho solo... è stato solo uno..."

"Non dire 'sbaglio.'"

"Carlotta..."

"Frank, sii onesto con me: provi qualcosa per me? Qui, in questo momento, puoi onestamente dirmi che non provi niente?"

Il ragazzo prese molto tempo per rispondere, il colore che saliva sulle guance. "Io-io non lo so."

"Sì che lo sai," disse l'altra. "Io ti piaccio. E tu piaci a me. E quel bacio voleva dire qualcosa... non solo che eri annoiato dalla relazione che avevi, anche se era chiaramente così..."

"Non è vero!"

"Sì che è vero!"

"Alice e io eravamo perfettamente..."

"Perfetti," finì Carlotta. "Frank, solo perché tutti pensavano che voi due foste completamente perfetti e destinati-a-durare, non vuol dire che lo eravate per davvero. Eri annoiato. Alice è una bella ragazza, ma lei non è come te. Lei è... lei è ragazza-della-porta-accanto, e, talvolta, la ragazza-della-porta-accanto non è sufficiente!"

"Non dire così. Carlotta, sul serio, smettila, non ho intenzione di farti dire..."

"La verità?"

"No." Il ragazzo sospirò. "Senti, ho davvero bisogno che tu mi dia spazio. Devo pensare a tutto questo, e non posso, se..."

"Ti darò spazio se uscirai con me," interruppe la ragazza del sesto anno. "Se accetti di venire ad un appuntamento con me... per convincerti di quello che già so su di noi, poi non ti disturberò più... a meno che tu non voglia che lo faccia. Se usciamo insieme, e dopo vuoi ancora il tuo 'spazio,' non ti darò fastidio, non ti parlerò, o seguirò o niente. "

"Carlotta..."

"Non devi rispondere ora," disse in fretta. "Smettila di pensare con quel tuo cervello confuso e fai solo... fai solo ciò che ritieni giusto per te. Quando ci hai pensato su, dimmi cosa hai deciso."

La ragazza si allontanò. Frank chiuse gli occhi, grato per la solitudine. Aveva bisogno di schiarirsi le idee. Aveva bisogno di pensare.

"Lei ti ha visto, sai." Frank spalancò gli occhi. Marlene Price stava davanti a lui, con le mani sui fianchi e il rossa in viso per la rabbia. "Alice ti ha vista giù al villaggio al tuo bell'appuntamento con Carlotta Meloni."

Frank sbatté le palpebre. "Io non ero con al villaggio con Carlotta Meloni..." Poi si ricordò. "Oh, no, non era un appuntamento. Mi stava solo seguendo... tutto qui, ci siamo solo incontrati per qualche minuto alla fine, e..."

"Non mi interessa", disse Marlene, scacciando la sua risposta via con una mano. "Ho solo pensato che dovessi sapere che Alice vi ha visti e che pensa che tu sia un idiota ad andare in giro in pubblico con lei solo una settimana dopo aver spezzato il cuore della tua dolce, perfetta e meravigliosa ragazza. E vorrei dire la stessa cosa a Carlotta... solo che... " aggiunse frettolosamente a bassavoce: "...Lei-è-la-mia-compagna-di-stanza-così-devo-mantenere-buoni-rapporti-con-lei, ma guardati le spalle, Frank"

Con alterigia, la bionda se ne andò.

No, Frank non se la stava definitivamente passando bene.
 

(Tè)

Toc, Toc.

Il pugno di Sirius batté ancora una volta contro la porta di legno e, questa volta, ebbe una risposta. La porta si aprì, e suo ziò apparve davanti a lui, con un'espressione ragionevolmente confusa.

"Sirius", osservò il professor Black con sorpresa. "Salve. Pensavo che fossi a festeggiare in Sala Comune con il resto della squadra... complimenti per la partita, comunque."

Sirius annuì lentamente. "Senti, zio Alphard... cioè... Professor Black, mi chiedevo se potessi parlarti un attimo."

"Oh. Certo. Vieni dentro"

Il giovane Black entrò nell'ufficio di suo zio, imbarazzato dato che indossava ancora la sua attrezzatura di Quidditch e dato che nel suo respiro si poteva sentire–riteneva lui–un po' di Whisky Incendiario. Tuttavia, prese sia il posto sia tazza di tè offertagli, e aspettò che suo zio lo imitasse prima di parlare di nuovo.

"Ho ricevuto una lettera da Andromeda," gli disse Sirius. "Hai avuto notizie... su sua figlia? Ninfadora?"

Il Professor Black disse di no, e Sirius raccontò le novità che la lettera gli aveva fornito. Il Black più anziano ne fu sufficientemente stupito, e i due discussero la notizia per qualche minuto. Poi, Sirius continuò: "Non è il motivo per cui sono venuto qui, però."

"Non pensavo che lo fosse," disse Black a bassa voce.

"Andromeda pensa che tu abbia ragione su mio fratello." Sirius fissò la sua tazza. "Non l'ha detto esplicitamente, ma l'ha sottinteso. L'ho capito. Vuole che perdoni Regulus."

"Sirius ..."

"E," proseguì lui, parlando sopra suo zio, "Tu e Andromeda siete gli unici parenti di sangue che ho, quindi... quindi penso che forse dovrei ascoltarvi."

"Sirius..."

"... Perché se voi due pensate che ci sia una possibilità che non si trasformi nel Serpeverde modello, mi fido di voi, e... e dovrei ascoltare il vostro consiglio." Non ebbe risposta se non il silenzio, che lo spinse ad aggiungere: "Allora... che ne pensi?"

Alphard Black rimase in silenzio per qualche tempo. "Sirius," iniziò alla fine. "Questo è ciò che avete sempre desiderato, non lo nego. Ma tu non sei più un bambino, e... e per quanto mi piacerebbe nasconderti le verità scomode, 'per il tuo bene' come si dice... io credo che meriti la verità."

"Di cosa stai parlando?"

"Voglio dire che... che hai preso una decisione difficile, e penso–continuo a pensare che sia quella giusta. Tuttavia, non credo che dovresti decidere nulla prima di avere tutte le informazioni. "

"Quali... Quali informazioni?" Chiese Sirius teso.

"A proposito di tuo fratello," disse il professor Black. "Ho appena dovuto dare una punizione a Regulus... ed ad alcuni dei suoi amici. Stavano... stavano scagliando maledizioni su un giovane nato babbano. Era un piano complicato... più di un semplice scherzo innocuo, e... be', non è stato ferito gravemente, questo ragazzo, ma..." Sirius si alzò di scatto. "Sirius, per favore, sii paziente. Non fare nulla di..."

"Non ci posso credere. Chi era? Chi era il ragazzo?"

Sembrando dubbioso, come se non fosse sicuro di dover rispondere alla domanda, Black replicò: "David Michaels. È del...".

"Secondo anno".

"Sì. Ora, Sirius..."

Si diresse verso la porta, fermandosi poco dopo e rivolgendosi a suo zio. "Grazie,” disse Sirius. Black chiaramente non capì. "Grazie per avermelo detto," continuò Sirius. "So che non volevi. Grazie per non avermi protetto."

Il Professor Black annuì. Sirius lasciò l'ufficio, il suo tè non ancora finito.


 

(L’ Ultimatum)

Luke la baciò delicatamente sulle labbra e poi fece un passo indietro. “Ci vediamo domani, ok?” sussurrò. Lily annuì, sorridendo.

“Va bene.” Il ragazzo si voltò dirigendosi verso la Sala Grande e si fermò sulla porta per salutarla con la mano. Quando se ne andò Lily si sedette ancora una volta al tavolo di Grifondoro–lei e Luke erano stati da soli nella Sala, ed era stato un diversivo piacevole. Stava pensando alla loro conversazione, giocando con un tovagliolo, quando il suono del suo nome la richiamò dalle sue fantasticherie.

“Lily.”

Severus Piton si avvicinò al tavolo.

“Ciao, Sev. Che c’è che non va?” il Serpeverde era pallido e agitato. Era anche, Lily lo notò un momento dopo, scontento.

“Non posso lasciartelo fare, Lily,” disse. Il suo cuore batteva molto veloce, e qualcosa nel tono della voce di lui le fece salire colore al viso.

“Di che cosa stai parlando?”

“Devi scegliere, ok? Devi scegliere tra noi due… tra lui e me.”

Lily lo fissò, boccheggiando come un pesce per un attimo. “Tra… tra te e Luke? Sev, non capisco.” E tuttavia il suo cuore, battendo come un matto alle mille e una implicazioni (che la spaventavano più che farle piacere), stava dicendo la verità: l’argomento del ragazzo di Lily non era mai stato discusso con Severus. Sembrava stranamente sbagliato discutere di Luke con lui.

“No,” disse Severus, i suoi occhi neri più freddi che mai. “Devi scegliere tra me e James Potter.” Qui, Lily credette che il suo cuore avesse smesso improvvisamente di battere.

“Sev… questo è…”

“Cosa?” la interruppe, cosa che lasciò Lily sbigottita, perché Severus non la interrompeva mai. “Farai finta che sia ingiusto che io te lo chieda? Non lo è. Io e te ci siamo conosciuti prima… siamo amici da molto prima che tu anche solo conoscessi quel cretino di Potter e non dovresti diventare amica con persone che maltrattano i tuoi amici.”

“Sev, lui e i Malandrini non ti hanno fatto nulla da secoli…”

“E tu come faresti a saperlo? Non me l’hai mai chiesto, non è vero?”

“Perché,” ribatté Lily con veemenza, “tu non me l’hai detto, e ci metti sempre poco a dirmi ogni volta che James Potter calpesta una mosca, e ancora meno per le cose peggiori…”

“Perciò sarei ingiusto nei confronti di Potter, adesso? Tutto quello che ha fatto è stato calpestare mosche adesso? Tutti quegli anni di inferno non contano niente perché…”

“Questo non è ciò che ho detto e non era ciò che intendevo,” scattò Lily, alzandosi in piedi. “Ma James Potter ed io siamo compagni di Casa, ed… è più semplice per tutti se andiamo d’accordo.”

Andare d’accordo? Lily, vi ho visti assieme… lui sta lì e ti fissa e tu…”

“Sev, stai fraintendendo completamente questa cosa.”

“Vuole essere tuo amico, Lily.”

Lei esitò, e poi chiese: “E quindi? È sbagliato per me essere amica con qualcuno della mia stessa casa? Dovrò spenderci i prossimi due anni in ogni caso, e se lui ha smesso di prendersela con te..”

“È questo il punto? Sei d'accordo nel diventare ‘amici’ se lui smette ti attaccar briga con me? Stai cercando di proteggermi, giusto?” Con l’orgoglio sul piede di guerra, il tono di Piton divenne più freddo, più tremante.

“Non è così,” insistette Lily. “Ma ci sta provando… sta davvero provando a non essere un ragazzo completamente immaturo e io non credo che spetti a me giudicarlo per quello che è stato il suo passato.”

Severus la guardò attentamente. “È questa la tua risposta, quindi?”

“Sev...” Lui cominciò ad andarsene. “Sev, per favore!” perché Severus Piton era la sua infanzia; era prima che Petunia odiasse Lily e Petunia quando la odiava più di ogni altra cosa. Era la prima volta che aveva fatto magia di proposito, ed il tempo in cui suo padre c’era ancora, e un milione di altre cose che Lily non aveva ancora lasciato andare. “Sev, aspetta!”

E lui lo fece.

“Sei il mio migliore amico,” disse, fermandosi di fronte a lui. Era la prima volta che lo ammetteva da quelli che parevano secoli… da prima che litigassero lo scorso anno. “Sei stato il mio migliore amico per così tanto… Devo scegliere te. Sai che lo farò.”

Lily Evans pensava di essere innamorata e la cosa non le piaceva.

“Lily…”

“Ma ti odio per ciò che mi stai facendo fare”.

 

(Fratellanza ed altre bugie)

Regulus Black era sulla strada per andare a cena quando Sirius, ora cambiato in abiti normali, lo trovò. Il ragazzo più grande chiamò il nome del suo fratello minore e Regulus smise di avanzare lungo il corridoio.

“Una parola” disse Sirius, e Regulus annuì perché i suoi compagni del quarto anno andassero senza di lui. Lanciando sguardi torvi a Sirius, obbedirono.

“Non posso credere che tu mi stia parlando,” si meravigliò Regulus, un bellissimo giovane mago, che avrebbe potuto essere il gemello di Sirius qualche anno prima. Aveva raggiunto il suo picco di crescita, comunque, ed era quasi alto quanto suo fratello. I capelli di Regulus erano tagliati corti e il suo sorriso non era così accattivante, ma a parte questo i due sembravano molto simili. Eccetto, ovviamente, per il fatto che Regulus indossava i colori di Serpreverde. “Pensavo che…”

“Sta zitto,” lo interruppe Sirius. Regulus sbattè le palpebre. “Lily Evans,” cominciò il più grande, “è sedici volte la persona che tu non sarai mai.”

“C-cosa?”

“Marlene Price, Mary Macdonald–entrambe chilometri superiori a te.”

“Sirius, io…”

Remus Lupin.” interruppe il maggiore, “è centinaia di volte il mago, la persona e il fratello che tu non puoi neanche sperare di essere. Perciò la prossima volta che vuoi deridere qualche nato babbano o mezzosangue perché tu sei così superiore, pensaci, d’accordo?”

“Sirius, io non…”

“Davey Michaels racconta una storia diversa, spregevole volta-faccia.”

“Davey Michaels sta mentendo,” disse Regulus. “Devi credermi. Non ho fatto niente.”

Sirius incrociò le braccia. “Non ho sentito questa storia da Davey Michaels, Regulus.” Disse. “L’ho sentita da nostro zio.”

Regulus non ebbe parole per qualche istante. “Mi… mi dispiace, Sirius. Avanti, non crederai che…”

“Stai lontano da me, dannazione.” Sbottò Sirius. Diede una spinta a Regulus per passare, allontanandosi velocemente. L'altro lo seguì.

“Sirius, Mi dispiace! Sirius, ascoltami!”

Sirius ruotò su se stesso ritrovandosi faccia a faccia con il suo inseguitore. “E perché diavolo dovrei farlo, Regulus?”

Regulus sembrava ferito e Sirius lo sapeva. Lo sapeva e non gliene importava davvero niente. “Perché sono tuo fratello.”

“Questa” disse l’altro, la rabbia caricava le sue parole di elettricità, “è la seconda bugia che mi hai detto oggi.” Si voltò e se ne andò furioso.

 

 

(Sconfitta)

Carlotta era da sola nella Sala Comune all’ora di cena. I resti della festa giacevano attorno a lei, dato che tutti erano andati a cenare o semplicemente in giro per il castello. Frank la trovò, seduta vicino al fuoco, i suoi occhi che riflettevano le fiamme e la sua espressione in qualche modo distratta.

“Carlotta?”

La ragazza si risvegliò come da uno stato di trance. “Frank.”

“Volevo farti sapere,” cominciò il Caposcuola, mentre Carlotta si alzava ed attraversava la stanza andandogli incontro; “Ho deciso. Ho deciso che verrò ad un appuntamento con te.”

Lei sbattè le palpebre. “Davvero?”

“Sì. Usciremo insieme, ma dopo mi darai spazio. Abbiamo un accordo?”

Carlotta annuì. “A meno che tu non voglia che io non ti dia spazio.” Disse, piano e dolcemente. “Abbiamo un accordo.”

“Venerdì allora?”

“Venerdì allora.” Lei gli si avvicinò e aggiunse asciutta: “Dovremo suggellare con un bacio?”

Frank vide un lampo di trionfo nei suoi occhi. Nonostante tutto c’era qualcosa di fantastico in lei. “Che ne dici se ci stringiamo la mano e basta?” replicò piano, stendendo la mano. Carlotta fece scivolare la proprio mano più piccola e morbida nella sua presa, sporgendosi ancora in avanti, in modo che i loro nasi si sfiorassero.

“Ci vediamo venerdì.” Disse prima di tirarsi indietro e sorpassarlo. Se ne andò, con fruscio sui suoi fianchi magri ed un sorriso sulle sue labbra perfettamente lucide.

La vittoria era così tremendamente dolce.

 

(Come se me ne fregasse qualcosa)

Le nuvole grigio fumo si muovevano sulla sua testa e Lily le fissava. L’erba sotto di lei era fredda, nel modo tipico di Novembre, ma il suo interesse si era dissipato mezz’ora prima. Era stesa vicino al lago, con le mani dietro la testa e i suoi occhi fissi sull’infelice, cielo cangiante.

“Un po’ presto per osservare le stelle, no Evans?”

La sua vista del cielo fu bruscamente interrotta. James Potter la guardava dall'alto e Lily si mise a sedere. “Stavo solo… guardando le nuvole,” disse in modo strano, spazzolandosi via l’erba dai capelli. “Non c’è niente di terribilmente interessante qui, stavo solo…” si fermò. “Stai andando… Stai andando verso il castello, vero?”

“No. Perché?”

Mere illusioni. “Non lo so, stavo solo tirando ad indovinare. Sembra… sembra che stia per piovere.”

“Be', ho pensato di dare a Novembre una chance,” annunciò.

“In questo caso,” disse l’altra con astio, “non vorrai bagnarti. Potrebbe rovinare la tua seconda prima impressione.”

“Che cos’hai?”

“Oh, in ogni caso io rientrerò dentro fra poco comunque…”

James incrociò le braccia e inclinò la testa da un lato. “Stai cercando di sbarazzarti di me, vero?” neppure minimamente disturbato da ciò.

“No, stavo solo…”

“No, stai senza dubbio tentando di sbarazzarti di me. Non mi vuoi qui.” Perciò, naturalmente, si sedette. “Perché no?” (Con quello stupido mezzo sorriso). “Sono curioso ora…”

“Non è che sto cercando di liberarmi di te,” balbettò Lily, incapace di incontrare i suoi occhi. “Solo non voglio che tu rimanga qui sotto la pioggia, ecco tutto. Io sono completamente fuori di testa, perciò a me non importerebbe, ma, sai, tu sei più… normale e ho pensato…”

“A volte sei una pessima, pessima bugiarda.”

Lily sospirò ed annuì. “Ma… ma forse è meglio che tu vada.”

Perché?”

“Voglio stare da sola, tutto qua.”

James annuì con aria annoiata. “Sembra noioso.” Disse, imperturbabile. Lily alzò gli occhi al cielo e provò a non ridere.

“Davvero, Potter, io…”

“Siamo ritornata a ‘Potter’, vero? Non è molto amichevole. Neanche potenzialmente.”

Lily stette in silenzio. “Ascolta, James,” disse dopo un po’, parlando con voce bassa, nell’impossibile speranza che forse avrebbe potuto non sentirsi. “Forse noi dovremmo solo… solo cercare di prendere le cose… ecco, forse dovremmo solo cercare di andare d’accordo.”

“Andare d’accordo?” ripetè James. “Esclusa quella discussione appena accesa sulle restrizioni legali sulla trasformazione in Animagi a Trasfigurazione, non abbiamo avuto altre discussioni che assomigliano ad un litigio per giorni. Questo non è… andare d’accordo?”

“Be',” disse Lily raccogliendo il suo coraggio, “forse è proprio questo. Voglio dire, noi… noi abbiamo trovato un modo per litigare sulle restrizioni sugli Animagi per l’amor del cielo, e questo neanche ci riguarda. Immagina se fosse stato davvero qualcosa che avesse interessato uno di noi! E ‘giorni’ non è un lasso di tempo molto lungo per registrare il fatto di non aver litigato, James. Tu mi dai sempre sui nervi e io do sempre sui nervi a te, e forse è semplicemente meglio se non passiamo molto tempo assieme, così non litigheremo.”

L’espressione di James era illeggibile. “Ho fatto qualcosa di sbagliato?” chiese,

“No, non è così. Credimi; non è così.”

“E allora com’è? Perché mi stai mentendo?”

“Io…” non lo potè negare, comunque. “Io... mi dispiace.”

“Va bene.” Aveva la mano tra i capelli. “Bene. Non… non m’importa. Pensavo che fosse ciò che volevi. Personalmente, Evans…” alzandosi in piedi, “…Non me ne potrebbe importare di meno.” Cominciò ad andarsene.

“Sev è mio amico da prima,” Lily gli gridò dietro. James si fermò e si voltò indietro a guardarla, la comprensione cominciava a balenare sul suo volto. “È sempre stato qui. Rischia la sua reputazione nella sua Casa per essere mio amico, ed io devo sceglierlo. Se c’è da compiere una scelta, sceglierò sempre lui, anche se io…non importa tutto il resto. Non è giusto e mi dispiace, ma è semplicemente così.”

Una serie di emozioni attraversarono il viso di James troppo velocemente per essere lette, e poi divenne completamente glaciale. “Come se me ne fregasse qualcosa, Evans.” disse, e se ne andò.

 

 

(Pazzia)

“La odio.”

Peter sospirò. “Prongs, amico…”

“No. È matta. Completamente pazza. Dannatamente fuori di testa.”

“Forse sta solo…”

"La stai difendendo!" disse James pericolosamente, voltandosi verso il suo amico.

“No” protestò Peter subito. “No, no lo sto facendo. Hai ragione. Hai completamente, assolutamente ragione.”

“Dannazione se che ho ragione!” rispose l'altro, riprendendo il suo ritmo da un capo del dormitorio all'altro. Dove fossero dovuti andare i suoi compagni di dormitorio, James non lo sapeva né gli interessava (anche se avrebbe preferito che Padfoot si facesse vedere per prendere il posto di Peter. Sirius era eccellente nell’essere d’accordo con il suo odio, non importa quanto questo fosse artificiale). “Quale diavolo è il suo problema comunque? Perché è così…? Perché non può semplicemente…” Smise di respirare. “Lily Evans sarà la mia fine. Quella dannata ragazza non cambierà idea… ed io ho chiuso. Ho finito di cercare di capire di che diavolo sta parlando, perché è… pazza.”

Peter annuì concordando con il suo amico che setacciava la stanza in cerca di una sigaretta.

James Potter sapeva di essere innamorato ed odiava decisamente il fatto.

 

(Quella notte)

“Questo è tutto.” Finì Lily e Remus stette in silenzio. “Scriveranno canzoni su questi tipi di giornate” continuò lei, asciugandosi gli occhi con il fazzoletto umido. “Tristi, depresse, canzoni da tagliarsi le vene.” Ma il suo compagno rimase zitto, cosa che la preoccupò. “Mi odi, vero? Lo so e lo capisco. È stato stupido pensare di poter essere amica di entrambi… È stato stupido pensare che Piton avrebbe accettato che diventassi amica del suo peggior nemico…”

“Non è stato stupido, Lily,” intervenne Remus. “Solo ottimista.”

“È stato sbagliato da parte mia,” incalzò l’altra. “È stato sconsiderato… Non ho preso in considerazione tutti dall’inizio. Ora James mi odia, io mi odio, tu probabilmente mi odi…”

Remus scosse la testa. “Io non ti odio, Lily,” disse. “Sei troppo dannatamente triste per essere odiata. Ma,” continuò, con tono più basso e più serio: “dovresti sapere… che lui potrebbe non essere in grado di perdonartelo. Prongs è… James è… complicato e io credo che… che tutta la faccenda del convivere civilmente tra voi sia bella che finita.”

Lily si spinse via i capelli dagli occhi. Lo aveva intuito, ma non realizzato davvero. “Giusto."

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Il Collegamento ***


*Angolo delle traduttrici*

Ed eccoci qua! Siamo state precise questa volta, siamo riuscite a finire tutto entro le due settimane che ci prendiamo per tradurre! Per i fan che seguono The Life and Times anche in inglese questa settimana è stata ricca di sorprese: è stato postato il 35° capitolo! Più lavoro per noi, yay. Anche se non vedo l'ora di tradurlo e piangere mentre lo rileggo in italiano. Perchè sì, ci sarà da piangere. Che altro aggiungere? Ah sì: GRAZIE a tutti quelli che seguono, recensiscono o semplicemente leggono. Cerchiamo sempre di avvisare tutti che la storia è stata aggiornata e di rispondere alle recensioni, perchè veramente, ci fa tanto tanto piacere ricevere i vostri pareri. Ancora una volta quindi, vi invito a lasciare un commento! Buona lettura e alla prossima!

The March Hare
 

Recap: Carlotta Meloni, Adam McKinnon e un'altra studentessa tentano il suicidio, e l'investigatore ministeriale, Lathe, deve scoprire il perchè. Carlotta confida a Lily di aver baciato Frank Longbottom durante l'estate appena passata, e come risultato Frank ed Alice si lasciano. La famiglia di Luke Harper (il ragazzo di Lily) gestisce un negozio ad Hogsmeade. Piton chiede a Lily di scegliere tra lui e James e lei sceglie Piton per un sentimento di attaccamento. Carlotta convince Frank ad andare ad un appuntamento condizionale con lei.

Capitolo 10- Il Collegamento

O

"With a Little Help from My Friends"

 

In nome di Agrippa, dov'è la mia spazzola?” sembrò domandare all'universo Carlotta Meloni, e -sospettando che il loro contributo non fosse necessario- le sue compagne di stanza non dissero nulla, continuando la loro routine per il giorno senza considerare il momento di difficoltà della signorina Meloni. “Tu l'hai vista, Shelley?” chiese lei, girandosi verso la sua amica, che stava infelicemente contemplando il riflesso dei suoi banalissimi capelli biondi nello specchio.

No, mi spiace” rispose Shelley. “Puoi prendere la mia se...”

Carlotta guardò con aria vagamente disgustata l'oggetto che Shelley Mumps le stava offrendo e scosse la testa, cercando di nascondere la sua diffidenza verso la spazzola in questione e le ciocche di capelli incastrate tra le sue setole. "No, grazie lo stesso, Shelley. Stavo cercando..."

Lily Evans emerse dal bagno, mentre indossava dei piccoli orecchini argentati a cerchio. “Lily!” disse Carlotta, affrettandosi verso di lei. “Hai visto la mia spazzola?” Ma Lily non l'aveva vista.

"Vado giù a fare colazione", annunciò Shelley, mentre Carlotta cercava nell'armadio l'oggetto smarrito. "Ti aspetto, Car?"

No, vai pure avanti” replicò distrattamente l'altra. “Ti raggiungo tra un momento.” E quando Shelley se ne fu andata, Carlotta si rivolse a Mary, che stava seduta alla toletta ritoccando il suo eye-liner. “Mary, posso usare la tua spazzola?”

Scusa” disse Mary con dolcezza, alzandosi velocemente. Spinse frettolosamente il resto dei suoi cosmetici in una trousse blu oceano, insieme alla sua spazzola, la spazzola di riserva, quella per districare i capelli, e diversi pettini. “Ma preferisco sempre portarle con me, e sto andando a colazione ora”. Con ciò, Mary se la filò dal dormitorio.

Confusa, Carlotta si rivolse a Marlene. “Mar, potrei...?”

Non è igienico” la interruppe la bionda zuccherosamente. “Ci vediamo in classe.” E, anche lei, se ne andò. Carlotta si sedette sul letto.

Sono solo io,” cominciò lei, parlando alle ultime due ragazze rimaste nella stanza con lei -Lily e Donna- “O Mary e Marlene si stanno comportando in modo strano nei miei confronti da qualche settimana a questa parte?”

“È solo una tua impressione” replicò Lily un po' troppo velocemente. “Cioè...Non credo che Mary e Marlene si stiano comportando in modo strano apposta...probabilmente è solo...sai...la salute. Problemi. Di questo tipo.”

Mmm” convenne Donna, infilandosi le scarpe. “Oppure pensano che tu sia una puttana per aver rubato Frank ad Alice”

Lily alzò gli occhi al cielo. “Donna. Tatto. Ne abbiamo parlato. So che ne abbiamo...”

Loro...cosa?” E Carlotta sembrava genuinamente sorpresa. “Ma...non hanno detto nulla, e...erano normali fino a poco tempo fa...”

Be'” cominciò lentamente Lily, “Penso che, forse, è un po' difficile per loro accettare che, nonostante quello che è successo durante l'estate...”

Pensano che tu sia un po' una stronza perchè non solo hai fatto lasciare Frank ed Alice, ma stai anche per uscire con lui dopo appena qualche giorno dalla loro rottura,” disse Donna.

Carlotta sussultò. “Quindi...quindi lo sanno tutti, allora?”

Non tutti,” si affrettò Lily; mandò a Donna uno sguardo ammonitore. “Cioè...Marlene lo ha scoperto, e lo ha detto a Mary...quindi...be'...a dire il vero, sì, probabilmente lo sanno tutti a quest'ora.”

Già,” disse Carlotta. “È...fantastico. E...Anche tu pensi che sia una stronza?

Sì,” rispose Donna.

Lo stavo chiedendo a Lily

Donna fece spallucce. “Vado a colazione,” annunciò, mentre se ne andava. Lily cercò di sembrare impegnata nel riempire la sua borsa dei libri.

Lily” ripetè Carlotaa “Pensi anche tu che io sia una stronza?”

Era risoluta. La rossa sospirò. “Io...non...Carlotta, non sono proprio affari miei”

Ma li ho fatti diventare affari tuoi. Ti ho confidato tutto. Ti ho chiesto dei consigli...e sei stata tu a dirmi che avrei dovuto insistere con Frank...”

Carlotta,” interloquì severamente Lily, “Ti sei dimenticata di menzionarmi che il ragazzo che avevi puntato aveva una ragazza, e che la ragazza era una delle mie amiche.”

E...io non sono una delle tue amiche, vero?” chiese la bruna, freddamente.

Lo sei, ma Alice non ha provato a rubarti il ragazzo.”

Sospirando, Carlotta alzò gli occhi “È una cosa stupida, sai. Tutte queste convenzioni e abitudini...chi può dire se non è stata Alice a rubarmi Frank? Se io e Frank fossimo destinati a...”

Carlotta,” insistè Lily “vi siete ubriacati in spiaggia e avete pomiciato. Non è Romeo e Giulietta, ok? Il fatto che voi possiate formare una 'bella coppia' o meno è fuori dalla discussione qui. Se avessi voluto provare ad avere una relazione con lui, avresti dovuto parlargliene. E quando lui ti ha detto di lasciarlo perdere, avresti dovuto ascoltarlo. È solo che è così che vanno le cose.”

Il modo in chi vanno le cose è sbagliato” rispose a tono Carlotta. Si alzò dal letto. “Ma mi fa piacere” continuò, il gelo nella sua voce, “che finalmente sei stata onesta con me.”

"Carlotta..."

Non provare ad analizzarmi, Lily...come se tu fossi una specie di piccola santa, che cerca di mantenere la pace. Non voglio che tu sia carina con me a meno che tu non lo intenda sul serio, e non ho bisogno che tu mi protegga dalle tue stupide amiche. Dio mio, sei come tutti gli altri...così dannatamente artificiale, mi fa venire il voltastomaco.” E con ciò, Carlotta se ne andò infuriata.

Lo shock di Lily era passato quando l'altra ragazza aveva raggiunto la porta; la rossa stava lì in piedi, la rabbia che cresceva dentro di lei...ah, come le sarebbe piaciuto avere il tempo di rispondere a tono. Come le sarebbe piaciuto...e quello cos'era?

A terra vicino al cassettone vi era una spazzola dal manico di legno. Lily la guardò, e le diede un calcio, facendola finire sotto il cassettone.

(Ask Me Why)

"Te l'avevo detto," sussurrò Donna a Lily, mentre le due ragazze si sedevano nella classe di Difesa contro le Arti Oscure. Mary e Marlene avevano occupato il banco accanto al loro. "Voglio dire, non esattamente, ma ho sempre detto che essere gentile con gli altri...essere così ottimista non ti avrebbe portata da nessuna parte."

Il problema non è stato il mio essere gentile,” ribattè Lily. “È stata Carlotta e il suo essere un mostro.”

"Non è solo con Carlotta," continuò Donna. "E Potter, allora? Non ti degna di uno sguardo, e ogni volta che dici qualcosa in classe cerca di farti sembrare ridicola."

Be', questa è colpa mia", disse Lily. "Non sono stata esattamento corretta nei suoi confronti, no? Ci ho fatto pace, ho provato ad esserci amica, e poi l'ho liquidato..."

Marlene si chinò. "Quando hai intenzione di smettere di inventare scuse per il comportamente idiota di Potter, Lily?" chiese. "È ridicolo".

"Senti chi parla," Sussurrò Mary con una voce cantilenante. Marlene non la sentì.

"Gli sto dando un mese per essere in collera con me," disse Lily. "Dopo di che, immagino che non debba essere per forza gentile con me, ma non sarà più giustificato per il suo essere idiota."

Un mese” chiese Donna.

"Sì. Penso che sia una giusta quantità di tempo: abbastanza lungo per essere veramente incazzato e passare allo stadio dell'apatia, ma non così lungo per abituarsi a comportarsi da imbecille nei miei confronti"

Be', il mese è quasi passato, vero?” riflettè Mary.

E' un mese Sabato prossimo,” disse Lily. Le altre tre la fissarono. “Cosa? Ho una buona memoria.”

Ci hai pensato parecchio a questa storia,” notò Marlene, le sopracciglia inarcate.

"Che altro dovrei fare ad Antiche Rune? Piantatela di alzare le sopracciglia. Non è così strano."

E' un po' strano,” disse Mary.

Tu sei un po' strana” ribattè Lily.

Be', tu sei...

Buongiorno, classe,” annunciò il Professor Black, entrando velocemente nella stanza con un sorriso sul suo viso stanco. “È nevicato questa mattina. Prima neve dell'anno...tenetela a mente. Storicamente, la comunità magina ha sempre dato importanza ad eventi climatici come questi.”

Che tipo di importanza?” volle sapere un Corvonero.

Il Professor Black sorrise e basta. "Tenete solo gli occhi aperti. Ora, mettere via i vostri libri. Oggi ci esercitiamo in previsione degli esami di fine trimestre con una lezione pratica. Mettetevi in coppia per duellare... oh, ma prima ..." Tirò fuori una pergamena dalla sua borsa, "La professoressa McGranitt mi ha chiesto di far firmare questa lista a tutti che intendono tornare a casa per le vacanze. Fatelo circolare, e poi iniziamo."

Tu torni a casa?” chiese Lily a Donna, che annuì.

Mio fratello si aspetta che torni” replicò lei cupamente. “E la tata se n'è andata e ci ha mollati un'altra volta, il che vuol dire che lui dovrà fare meno turni a lavoro...sono disperati senza di me”

"Tu sei disperata senza di loro," osservò Lily, divertito. "Ammettilo, Don, almeno ti farà un po' piacere vedere i tuoi fratelli e sorelle".

"Non sono contraria nel vedere Bridget", disse Donna. "Ma questo è quanto. Isaiah è un incubo, e Brice combina sempre un casino per casa."

"Sai," disse Lily, "non c'è bisogno che fai finta di odiare tutto. Le emozioni possono essere tue amiche."

No, non possono. Nemmeno gli amici possono essere tuoi amici.”

Lily alzò gli occhi. “Perchè ti tieni sempre ad una distanza di sicurezza da tutto?”

Io non mi tengo ad una distanza di sicurezza”

E allora perchè hai rifiutato l'invito da quel Corvonero carino che ti ha chiesto di andare ad Hogsmeade?”

Donna alzò le spalle. “Non avrebbe funzionato. Cosa? Sai che è così.”

Distanza di sicurezza.”

Io non mi tengo a distanza di sicurezza!”

"E' vero," soppesò Marlene "E' molto più chiusa di quella. Emotivamente parlando, tra lei e il resto del mondo potrebbero entrare una dozzina di braccia."

Io non sono chiusa,” disse Donna. “Sono solo sveglia. Pratica.”

Emotivamente inetta,” disse Mary.

Tu stanne fuori.”

Va bene,” interruppe Lily, “se tirassi fuori un oggetto scintillante, vi distrarreste dal continuare questa discussione?”

Quanto scintillante?” chiese Mary. La lista arrivò alle ragazze: Lily, Donna e Mary firmarono; Marlene no.

Se vado a casa,” spiegò la bionda, “Mamma mi comprerà un sacco di regali. Se rimango qui, me ne manda solo uno...è più economico.”

"Stare a casa non sarà divertente senza di te," sottolineò Mary. "Piaci a mamma e papà più di quanto gli piaccia io, credo, e non è rimasto più nessuno di interessante nel nostro edificio...solo una vecchia coppia di delinquenti che sono stati investigati per il racket degli stupefacenti."

Sarà per l'anno prossimo,” replicò Marlene, cercando di suonare indifferente. “Allora, chi vuole duellare contro di me oggi?”

Non io,” disse Mary. “Mi batti sempre, Mar. Vado a cercarmi una docile Tassorosso.”

Duello io con te,” offrì audacemente Donna. “Dovrebbe essere divertente,”

Marlene si oppose, ma Lily non pose loro molta attenzione. I Malandrini sedevano lì accanto, e quando la pergamena con la lista arrivò ai ragazzi, Lily origliò una parte della loro conversazione.

...ne dici, Prongs?” chiese Sirius. “Torni a casa o rimani ad Hogwarts?”

Ma fammi il piacere,” replicò James. “Non voglio vedere mio padre. Rimango qui.”

Meglio così,” commentò il suo migliore amico. “Stavo pensando di rimanere, in ogni caso...considerando che mio zio è qui e tutto il resto. Penso che mia madre potrebbe inferocirsi un bel po' se suo fratello non mi considera il flagello dei Black.”

Sirius Black: Flagello dei Black” disse Remus pensieroso. “Ha un certo fascino, sai”

Sirius rise. “Immagino che stia rimanendo anche tu, Moony.” Era così. “E tu Wormtail?”

Se rimanete tutti qui, resto anche io,” disse Peter. “Sarà meglio della torta ripiena ed il vil brulè della mamma.”

Fantastico,” disse soddisfatto James. “Sarà divertente. Forse riusciamo ad imbucarci alla festa di Natale di Lumacorno...”

Peter sbuffò. “Tu e Sirius non avete bisogno di imbucarvi, Prongs. Siete sempre invitati.” James alzò semplicemente le spalle.

“È più fico imbucarsi, però.”

(Because)

La neve non era ancora molto spessa quella mattina: era bagnata e fangosa, in parte traslucida, ma nel complesso molto, molto fredda. Tuttavia, il cambiamento climatico aveva certamente reso l'avvento del Natale abbastanza imminente, e Lily notò che la sua attenzione era vagante durante la lezione di Pozioni, qualche ora dopo quella mattina.

Tuttavia, quando il professor Lumacorno era venuto al suo banco per raccogliere un campione della sua Pozione per l'Invecchiamento, era apparso non meno soddisfatto del solito.

"Un lavoro eccellente, Lily." Mentre metteva un po' di pozione in una piccola fiala, Lumacorno continuò: "Ti vedrò alla festa della Vigilia di Natale quest'anno?"

Temo di no,” replicò la strega. “Vado a casa quest'anno.”

Che peccato,” si lamentò Lumacorno con un sospiro. “Deindre Shakenurt era rimasta molto colpita da te lo scorso Natale, sai.”

Anche per me è stato fantastico incontrarla” disse Lily con sincerità. “Ma alterno gli anni di solito, e mia madre mi vorrà a casa questo Natale.”

E chi può biasimarla? Molto bene, signorina Evans. Oh, e tra parentesi -non ha visto il signor Piton oggi, vero?”

Non l'aveva visto. Infatti, si chiedeva anche lei il perchè della sua assenza. “No” ammise. “Penso che sia malato o altro. Non era nemmeno alla classe di Difesa.”

Lumacorno annuì lentamente. “Molto bene. Eccellente lavoro, come sempre, Lily.”

Quando alla fine la campanella mise fine la lezione, Lily fu la prima ad arrivare alla porta, fermandosi solo per aspettare le sue amiche alla fine del corridoio. Donna, Mary e Marlene la raggiunsero dopo un po'.

"Ero seduta davanti a Chipper Plex1 oggi,” le informò Donna, mentre camminavano verso la Sala Grande per andare a pranzo. “Stava parlando con la sua ragazza, e ho sentito tutto.”

Perversa,” disse Mary.

Non in quel senso. I genitori di Chipper lavorano per il Ministero...Charlie dice che stanno per richiamare Lathe.”

Richiamare Lathe? A Londra?” chiese Lily. Donna annuì.

"A quanto pare, gli stanno dando fino a Natale, e se per allora non ci sono svolte significative nell'indagine, chiuderanno il fascicolo del caso."

Intendi dire, non stanno mandando nessun altro?” chiese Marlene, sconvolta. “Stanno semplicemente...lasciando perdere? Ma se qualcuno provasse a...buttarsi dalla Torre di Astronomia, o nel lago?”

"Sono passati mesi," sottolineò Donna. "E Lathe-purtroppo-è uno dei migliori investigatori del Ministero. Se non ci riesce lui, suppongo che al Ministero pensino che stanno solo sprecando risorse. Hanno fatto così tanti tagli ai finanziamenti del dipartimento auror negli anni, e ora sono molto pochi. "

Non possono semplicemente chiudere il caso,” protestò Marlene, come se fosse colpa di Donna. “Potrebbe accadere di nuovo!”

"Il Guaritore Holloway ha detto che è probabilmente un caso che quei tre siano stati gli unici colpiti", disse Lily, mettendo un braccio intorno alle spalle di Marlene. "Se stesse per succedere di nuovo-il che sembra improbabile dopo più di tre mesi-le possibilità che possa accadere ad una delle stesse persone sono scarsissime."

Adam McKinnon non era lontano dai pensieri di nessuna di loro.

"È pericoloso anche in questo caso," mormorò Marlene, anche se sembrava aver ricevuto un po' di conforto da quelle parole. Raggiunsero la Sala e presero posto al tavolo dei Grifondoro. Adam McKinnon in persona arrivò poco dopo, ma al contrario delle ragazze che si stavano servendo, lui prese solo poche cibarie.

Ho un compito di Incantesimi da finire,” spiegò lui. “A dopo.” Con un sorriso, fece per andarsene.

Prendi almeno un panino, allora,” disse Marlene. “Morirai di fame se mangi solo quello che hai preso.”

Senti chi parla,” dissero insieme Mary e Adam. “E non ho intenzione di mangiare carne oggi,” aggiunse Adam. “Ci vediamo in classe.” Se ne andò, e Marlene scrollò le spalla, prendendo un po' di frutta.

Che intendeva dire?” chiese Lily. “'Non ho intenzione di mangiare carne oggi'?”

Oh, è solo Adam che si comporta da Adam,” disse distrattamente Marlene. “Ha questi momenti di vegetarianismo ogni tanto. Non è una cosa fissa o altro...è solo una delle sue fisse. Quando si sente in colpa a mangiare carne, non la mangia. Non mandare in giro questa voce -la ritiene top secret, perchè pensa sia una cosa stupida. Io gli ho detto che è semplicemente un atto di sensibilità, ma...Merlino, Lily, cosa c'è che non va? Sembra che tu abbia appena visto un fantasma!” La ragazza, infatti, era diventata improvvisamente pallida.

E quindi?” chiese Donna. “È probabile. Nick-quasi-senza-testa dovrebbe essere qui da qualche parte.”

“È una modo di dire; vuol dire...”

Adam è vegetariano?” la interruppe Lily. “Adam è vegetariano?”

Solo in certi momenti,” rispose Marlene, confusa. “Te l'ho detto: lui...”

Ho capito,” disse Lily. “Chi altro lo sa?”

Be'...Non so. Lo so io...e non tante altre persone. Come ho spiegato, non è molto preciso al riguardo o...”

Lathe lo sa?”

Marlene sbattè più volte gli occhi, soppesando la sanità mentale di Lily mentre la fissava. “Lathe? L'investigatore del Ministero? Come avrebbe fatto a saperlo? Non penso lo sappia, ma..."

Lily si alzò improvvisamente. "Adam è vegetariano," si stupì la ragazza. "Non posso credere che non l'hai mai menzionato...Merlino, devo andare. Io...torno subito." E corse fuori dalla sala, mille pensieri le martellavano la testa. Adam McKinnon era vegetariano. Come aveva fatto a non saperlo? Che cosa voleva dire? Come potrebbe fare la differenza? Ma tutto questo aveva poca importanza: ora, doveva trovare Lathe.

Merda, Evans, stai bene?”

Lily stava correndo così tanto che non aveva rallentato una volta raggiunto l'angolo del corridoio, e-di conseguenza-andò a sbattere dritta contro Sirius Black. Non era solo (le era mai?), ma accompagnato da James Potter. Lily inciampò all'indietro, cercando un appiglio sul il muro mentre iniziava a cadere, ma sia James sia Sirius le afferrarono un braccio per tirarla su.

"Sto bene", assicurò Lily, troppo distratta per essere agitata anche dalla presenza di James. "Devo...devo andare...è successa una cosa."

"Che cosa è successo?" chiese Sirius, prima che lei potesse sottrarsi. "Andiamo, Evans, respira. Cosa c'è che non va?"

Lily non sapeva come dirlo meglio. “Adam McKinnon è vegetariano.”

Sirius la fissò (non aveva idea di quello che aveva fatto James; aveva cercato di non guardare). "Buon per lui. Non avevo capito che era un'evidente avvisaglia dell'apocalisse, però."

"Non lo vedi?" rimarcò la rossa, desiderosa di essere compresa da qualcuno. "È vegetariano. Lui non mangia carne. Adam McKinnon non mangia carne.”

"Va bene. Ho capito quella parte." Sirius alzò il sopracciglio, sconcertato. "Ma qual è il problema?"

"Carlotta Meloni è vegetariana." Ma fu James a rispondere. Lily finalmente fece contatto visivo con il capitano della squadra di Quidditch.

Esattamente,” disse lei sollevata.

Sirius piegò la testa da un lato. "Ancora non riesco a cogliere il collegamento. Così Adam e Carlotta sono vegetar..." Si fermò, evidentemente capire il filo del discorso. "Adam e Carlotta?"

"Adam e Carlotta", ha confermato Lily. "Due delle tre persone che hanno cercato di uccidersi subito dopo una pasto in questa scuola sono vegetariani."

I tre rimasero in silenzio. "Dovremmo trovare Lathe", suggerì Sirius.

"Giusto."

E se ne andarono.

Ma Lathe non era nella stanza adibita a suo ufficio. "Dovremmo trovare la McGranitt," disse Lily, ma James scosse la testa.

"Dovremmo trovare Lathe", disse.

"Come facciamo?" volle sapere la strega. "Potrebbe essere ovunque. Sono già stata in Sala Grande, e non c'era lì. Non so nemmeno da dove cominciare."

I due Malandrini si scambiarono un'occhiata. Senza dire una parola, tra i due sembrarono passare alcune informazioni. "Giusto," disse Sirius, cominciando a risalire il corridoio. "Vado."

Aspetta”. James fece un passo avanti. "Vado io. Tu..."

"Aspetta qui con Evans," disse Sirius, correndo sempre più lontano. "Torno tra cinque minuti!"

"Dove sta andando?" Chiese Lily, assolutamente smarrita, mentre Sirius scompariva sulla tromba delle scale.

James distolse lo sguardo, appoggiandosi al muro. "Sta andando a cercare un modo per trovare Lathe. È...complicato".

"Oh." Lily annuì. "Va bene. C'è...Voglio dire, ha un piano preciso, o...?"

"Sta prendendo la mappa", disse James. "Abbiamo una mappa...della scuola. Sirius la sta andando a prendere, ci aiuterà a scoprire dov'è Lathe".

"Ma...come?"

Il capitano della squadra di Quidditch si accigliò. "È...complicato."

"L'hai già detto," mormorò Lily sospettosamente. Incrociando le braccia, si appoggiò al muro anche lei , ed i due aspettarono. Sirius non ritornò dopo cinque minuti, però. Non fece ritorno nemmeno dopo dieci minuti, e quasi un quarto d'ora era passato prima che i due ricominciassero a parlare.

"Forse dovremmo andare a cercarlo," disse James a disagio.

Sì”, convenne Lily. "Dov'era diretto?"

"Il dormitorio, suppongo."

Con molto imbarazzo, Lily e James si avviarono verso quella direzione. Dopo un po', il silenzio da tollerare divenne troppo per Lily. "Allora, ti ho visto duellare con Sirius nella lezione di Difesa," iniziò colloquiale. "Siete davvero bravi. Avete utilizzato un sacco di magia molto complessa; devo ammetterlo, ero..." James la guardò. "Sto solo cercando di fare conversazione", si difese lei.

"Non è necessario. Inoltre, non credo che Severus approverebbe."

Non sono una sua proprietà, James

"Ma a chi vuoi darla a bere?."

Senti, non è come pensi.”

E allora com'è?”

“È...è complicato.”

Questa non è una scusa.”

L'hai appena usata meno di venti minuti fa, Potter!”

Be', quella faccenda è diversa.”

"Ma è complicato. Senti, Sev mi ha dato un ultimatum, e mi ha detto che dovevo scegliere. Se fosse stato chiunque altro a parte te, gli avrei detto di andare a farsi un giro, ma..."

"Wow, Evans, sono lusingato. Avresti difeso per principio chiunque a parte me, ma dato che ero io..."

"Voi due siete nemici da sempre", spiegò Lily. "Immagina se Sirius tutto un tratto diventasse amico...di Nicolai Mulciber. Non solleveresti qualche obiezione?"

"Sì. Dislocherei la mascella a Sirius, e affatturerei Mulciber. Ma non comincerei ad andare in giro a dare ultimatum come una ragazzina di sette anni che ha bisogno di avere le cose come dice lei." James la guardò male. "In ogni caso, non importa ora."

"No, credo di no," disse Lily con calma. "Se ti fa sentire meglio, mi...mi dispiace."

Come ti pare.”

Ne seguì ancora il silenzio. "Ho sentito che rimani al castello per Natale quest'anno," disse Lily dopo qualche minuto. "Dovrebbe essere divertente."

James si strinse nelle spalle. "Semplicemente non ho particolarmente voglia di vedere papà, questo è quanto. L'ultima volta che ci siamo visti, aveva una fissa per la disciplina, e se pensa che la cosa durerà, si sbaglia di grosso."

Lily annuì. "Sì, che potrebbe essere spiacevole."

Che intendi dire?”

"Io-solo che, sai...non lo vedi da mesi. Se n'era andato e poi è semplicemente tornato...potresti sentirti a disagio con lui."

Non è vero,” disse James, determinato. “Lui magari, ma non io.”

"Okay." Silenzio.

Pensi che dovrei tornare, vero?” chiese bruscamente il Capitano.

Cosa? Non ho detto niente del genere.”

Ma lo stavi pensando.”

Quindi ora leggi nella mente?” chiese scetticamente Lily.

Non lo stai negando. Ho ragione, vero? Pensi che dovrei tornare a casa per Natale!”

Non sono affari miei.”

Questa non è una risposta!”

Lily aggrottò la fronte. "Forse sarebbe un bene per te e tuo padre per risolvere le questioni in sospeso...tutto qua. Non sto dicendo quello che penso dovresti fare, o giudicare la tua decisione: ti sto solo dando la mia opinione, che tra l'altro mi hai chiesto. Quindi non mi attaccare in questo modo, va bene? "

Non stavo pensando di farlo.”

Bene”

E non tornerò a casa per Natale.”

“È solamente una tua scelta.”

Giusto.”

Eccellente.”

Fantastico.”

Raggiunsero il buco del ritratto, ma prima che uno dei sue avesse dato la parola d'ordine alla Signora Grassa, apparve Sirius, uscendo dalla Sala Comune. "Oh, siete qui," disse allegramente. "Mi spiace averci messo così tanto tempo. Mrs Purr, sapete..." Lily non capì, ma James sì. "Ad ogni modo, ho una buona notizia ed una cattiva. Quale volete per prima?"

Padfoot,” disse James, e Sirius si schiarì la gola.

"Va bene. Ve le dico e basta. La buona notizia è che Kelly Hacker e Jake Preston si sono lasciati -Mi sono appena imbattuto in loro al quarto piano, dove Mrs Purr è attualmente intrappolata in un'armatura...è stato molto drammatica, ve l'assicuro: la rottura tra i due, intendo...non Mrs Purr nell'armatura. Quello è stata relativamente privo di drammi."

"Padfoot."

Giusto. Allora, la cattiva notizia è che Lathe non è nel castello.”

E tu-tu l'hai scoperto da una mappa?” chiese Lily, incredula.

Gliel'hai detto?” Sirius interrogò James.

"A mala pena."

"Veramente, non capisco," sospirò Lily.

Abbiamo una mappa che mostra l'esatta posizione di chiunque nella scuola,” disse Sirius. Lily lo fissò. “No, non sto scherzando. Ce l'abbiamo. È vero. Aiuta un sacco. Non puoi dirlo a nessuno.”

...

No, certo che no. È...dove l'avete presa?”

Ok, basta così,” intervenne James, mentre Sirius apriva la bocca per spiegare. “Zitto, o le dico il tuo secondo nome, Black.”

Come ti pare, James Alexander.”

James alzò gli occhi. “Dov'è Lathe se non è qui?”

A colazione c'era,” disse Lily. “L'ho visto...forse è andato giù ad Hogsmeade, o si è smaterializzato a Londra.”

“È probabile,” convenne Sirius. “Ma non c'è molto che possiamo fare fino a che non torna, no?”

Penso che andrò dalla McGrannitt,” disse Lily. “Dovrebbe sapere che...”

Che cosa?” si intromise James. “Che Adam McKinnon è vegetariano? Lily, non credo che tu ti renda conto di quanto sembri esaurita, uscendotene così. Non puoi semplicemente andare dalla McGrannitt così -è diverso con Lathe...lui vuole ogni piccola informazione, mentre la McGrannitt...”

E allora cosa suggerisci, Prongs?” chiese Sirius. “Sedersi e aspettare? Non è proprio il tuo stile, no?”

No” disse James. “Ma vi state dimenticando di qualcuno. Carlotta e Adam sono vegetariani. Però anche qualcun altro ha provato a suidarsi.”

Ha ragione,” concordò l'altro Malandrino. “Cosa sappiamo della Tassorosso che ha provato a saltare nel lago?”
 

(Not guilty)

Il suo nome era Linda Maxon, e – come qualsiasi normale ragazza del quarto anno- fu ragionevolmente confusa quando Lily Evans la avvicinò tra la quarta e la quinta ora. La misteriosa “mappa” dei Malandrini (che James si rifiutò di portare giù dal dormitorio e che rimase perciò fuori dalla vista di Lily) le aveva indicato che era nella Sala Grande all’ora di pranzo, ma nel tempo che aveva impiegato a rintracciarla, l’ora di pranzo era quasi finita. Come risultato Lily aspettò impaziente durante i novanta minuti di Incantesimi, prima di scappare per rintracciare Linda Maxson.

Ciao, Linda,” cominciò la ragazza del sesto anno, in quello che sperava fosse un modo amichevole e invitante.

Ciao,” disse Linda, perplessa.

Sono Lily Evans.”

Lo so. È…un piacere…conoscerti?”

Anche te,” disse Lily, sorridendo. “Linda, Ho una domanda per te.”

Okay?”

Questo potrebbe suonarti davvero strano, ma – sei per caso vegetariana?”

Confusa, ma accondiscendente, la ragazza del quarto anno scosse la testa. “No. No, non sono vegetariana.”

Lily rimase a fissarla, incerta su cosa pensare. Ne era così sicura: era così convinta che la risposta sarebbe stata affermativa, che questa fosse la risposta a ciò che stavano cercando, che questo fosse quello che Lathe si era perso. Come potrebbe essere altrimenti? Perciò, era completamente impreparata a qualsiasi altro tipo di risposta.

Non..non lo sei?”

Linda scosse la testa. “No.”

E – e non sei mai stata vegetariana?

No.”

Mai?”

Mai.” Lily stette in silenzio per un pezzo. “È strano che tu me lo chieda comunque.”

Davvero?” chiese la rossa. Linda annuì.

Sì- quel tipo, il signor Lathe, l’investigatore del Ministero: mi ha fatto la stessa domanda all’inizio dell’anno…dopo che ho fatto la mia deposizione iniziale, mi ha fatto alcune domande successive circa una settimana dopo e mi ha chiesto se ero vegetariana. Gli ho detto che non lo ero ed è finita lì…perché, è importante?”

Immagino di no,” disse Lily, “no se non sei vegetariana. Linda c’è qualcosa di inusuale nel modo in cui mangi…in ciò che mangi, quando…specialmente il due settembre?”

Non ho nessun tipo di disordine, se è questo che stai insinuando,” replicò Linda indignata. “No, non c’è niente di inusuale. Mangio semplicemente come tutti gli altri, e così ho fatto anche il due Settembre. Ora se non c’è nient’altro…Ho Erbologia.”

Lily sospirò. “No. Grazie davvero per il tuo tempo.”

Annuendo Linda se ne andò. Lily si voltò e salì la scala di marmo, in cima alla quale James Potter e Sirius Black stavano aspettando il suo arrivo, chiacchierando per passare il tempo.

Quindi?” chiese Sirius, quando lei arrivò.

Lily scosse la testa. “Non è vegetariana, e non lo è mai stata. Apparentemente Lathe le ha fatto la stessa domanda a Settembre, cosa che spiegherebbe perché non ha investigato su Adam, perché se lei non lo è, l’intero collegamento è finito.”

Scommetto che Lathe ha chiesto anche ad Adam, comunque,” disse Sirius. Controllò l’orologio. “Hai lezione tra cinque minuti, cara Lily, ed anche James ed io.”

Era vero-Antiche Rune sarebbe cominciata da lì a poco, e l’aula era dall’altra parte del castello. “Voi avete Cura delle Creature Magiche, giusto?” chiese Lily, alla quale i due Malandrini annuirono. “Adam McKinnon è a quella lezione-non chiedetegli nulla senza di me, va bene?”

Va bene,” disse Sirius.

Va bene,” disse James.

Lily incrociò le braccia. “Seriamente, non fatelo.”

Sirius le piazzò una pacca rassicurante sulle spalle. “Seriamente, Lily, non lo faremo.”

 

(No Reply)

Dunque, Adam, ho sentito che sei vegetariano,” disse Sirius. James alzò gli occhi al cielo. “Non rompere, Prongs. Non sono un santo.” Adam guardò i due - l’uno al fianco dell’altro, tremanti, insieme al resto della classe, nella fredda aria di Dicembre. “Maledizione, voi due mi prenderete in giro a vita per questo, vero? E quindi mi piacciono gli animali-davvero prenderete in giro un vostro compagno per questo?”

Al contrario,” disse James, “lo rispettiamo.”

Si da il caso che anche io ami gli animali,” concordò Sirius.

Nessuno vuole sapere della tua vita personale, Padfoot.”

Non è quello che intendo, Potter. Che palle.”

E ancora una volta, amico, nessuno vuole sapere della tua vita personale…”

Adam scosse la testa “Dovete parlarmi solo di questo? Il fatto che ogni tanto mi senta colpevole nel macellare animali?”

No,” disse Sirius. “A dire il vero siamo un po’ curiosi di – quanto spesso ti senti in colpa?”

E,” lo incalzò James, “ti sei sentito particolarmente colpevole più o meno all’ora di pranzo del due settembre?”

Adam alzò le sopracciglia sospettosamente. “Voi due sembrate quel tipo del Ministero, Lathe…ma so dove volete arrivare. Mi ha fatto la stessa domanda a settembre e gli ho detto che non ho nemmeno mangiato quel giorno, me lo ricordo perché ero in Sala Grande con Marlene Price, ma lei stava…si stava comportando da Marlene, il che significa che ogni tanto decide di non mangiare, cosa che naturalmente è ridicola, perché le ho detto che non è…be', il punto è: non ho mangiato niente quel giorno.”

I due Maladrini lo fissarono. “Niente?” chiese James.

Niente di niente?” chiese Sirius.

Adam scosse la testa.

Neanche – neanche un sorso di succo di zucca?”

Il portiere ponderò la domanda. “È possibile che abbia bevuto del succo di zucca,” concesse. “Non mi ricordo di aver bevuto niente, ma c’è una sottile possibilità che io abbia bevuto del succo.”

E questo è tutto?” domandò Sirius. “Niente cibo?”

Niente di niente?” chiarì James.

Niente di niente,” rispose Adam.


Niente di niente?” chiese Lily. Sirius scosse la testa.

Niente cibo. Forse del succo di zucca, ma niente cibo.”

Sapevo che glielo avreste chiesto mentre non c’ero,” aggiunse la rossa con risentimento. I due Malandrini a malapena scrollarono le spalle, quando i tre fecero la loro entrata nella Sala Grande per cena. “Perciò…perciò questo significa che è solo una coincidenza – il fatto che Adam e Carlotta siano entrambi vegetariani?”

Forse è qualcosa nel succo di zucca,” suggerì Sirius.

Ma questo…” cominciò Lily, solo per essere interrotta da James:

Questo non spiegherebbe come mai solo queste tre persone a caso sono state influenzate,” disse. “Sembra una coincidenza.”

Lily sospirò. Non ne era così sicura. Raggiunsero il tavolo di Grifondoro, James e Sirius adocchiarono Remus e Peter, mentre Lily sbirciava i suoi amici un po’ più in giù. “Be'…” cominciò imbarazzata, “grazie per il vostro aiuto di oggi.”

Sciocchezze. Eravamo annoiati comunque,” disse Sirius. James non disse niente. “Ci vediamo in giro, Evans.” I due ragazzi si unirono ai loro amici e Lily si unì ai suoi. Prese posto vicino a Donna, passò in rassegna il tavolo dei Serpeverde per cercare Severus, ma ancora non c’era. Lily sospirò, servendosi una salsiccia nel piatto e cercando di unirsi alla conversazione delle altre ragazze.

Per chi è tutto questo cibo in più, Mar?” chiese, notando che Marlene stava riempendo di agnello e patate un piatto aggiuntivo.

Be',” replicò la bionda, “è venuto fuori che qualche idiota Tassorosso ha chiesto ad Alice Griffith come stava gestendo il fatto che Carlotta e Frank si sono visti per due interi appuntamenti…non se la sentiva troppo di scendere a mangiare dopo questa cosa, perciò Hestia Clearwater mi ha chiesto di portargli su qualcosa da mangiare.”

Fantastico,” mormorò il prefetto. “Semplicemente fantastico.”

Mentre la ragazza mangiava, si trovò a far vagare lo sguardo sul tavolo di Tassorosso. Linda Maxon era seduta con alcuni dei suoi amici del quarto anno. Un piatto intonso giaceva di fronte a lei, mentre la strega chiacchierava e rideva con le sue amiche come se niente al mondo potesse preoccuparla.

Era così certa che ci fosse quella connessione. Tutto s’incastrava così…

“È stato abbastanza pietoso, Mary,” Marlene, nel frattempo, stava dicendo alla sua amica. “Ti ho detto di mangiare qualcosa…ma no, tu puoi gestirla.”

Non ero così ubriaca.” Argomentò Mary, ridendo. “Non lo ero!

Stavi facendo la tua migliore interpretazione di ‘Joy of the World,’” sottolineò Donna. “A pieni polmoni, mentre indossavi l’accappatoio.”

Questo,” argomentò Mary, “non è successo finchè non sono tornata su nel dormitorio: c’eravate solo voi tre a guardarmi comunque. E non è colpa mia, sono una nanerottola incapace di reggere l’alcool!”

Avresti dovuto mangiare qualcosa,” intervenì di nuovo Marlene.

E poi, la rivelazione. Lily guardò le sue amiche, sbalordita, ma loro continuarono la loro conversazione completamente ignare dell’improvvisa ispirazione che aveva colpito il prefetto, o ad ogni modo che loro vi avessero giocato un qualsiasi ruolo. Perché Linda Maxon non mangiava nulla?

Merda.” Lily si alzò in piedi. Le sue amiche la guardarono.

Stai per rifare la cosa ‘sono pazza’ di nuovo, quando te ne vai con un’espressione da maniaca e nessuna spiegazione?” chiese Donna stancamente.

“È come l’alcool!” gridò. Donna sospirò. “E…e lei ha un disordine alimentare! È andata sulla difensiva quando le ho chiesto del cibo, e – e ha un disordine alimentare!”

Io no,” disse Marlene.

Non sto parlando di te.” Lily si morse le labbra. “Devo andare in biblioteca. Ci…ci vediamo dopo.”

Lo sapevo,” mormorò Donna, quando Lily, un’altra volta, scappò via.

 

(Nowhere Man)

Lily spiò Sirius, insolitamente solo nella Sala Comune quella sera, sul tardi. Portandosi dietro un grosso libro che aveva preso in prestito dalla biblioteca, la strega si affrettò per arrivare di fronte a lui.

Black,” annunciò la sua presenza, e lui alzò lo sguardo.

Evans. Accidenti, potresti uccidere qualcuno con quel libro -e probabilmente sembrerebbe anche un incidente.”

A dire il vero,” disse Lily, sedendosi accanto al Malandrino, “è esattamente quello che si potrebbe fare con questo libro.” Aprì la copertina. “È sui veleni e gli oggetti maledetti. Dov’è Potter?”

Ad un appuntamento,” le disse Sirius bruscamente. “Che cos’ha il libro assassino, allora?”
Lily si scrollò di dosso la notizia che James fosse ad un appuntamento; inspiegabilmente la cosa l'irritava -era necessario che fosse qua in giro per sentire, anche se lei non capiva perché la sua presenza sembrasse necessaria. “Credo di aver trovato il collegamento tra Carlotta, Adam e Linda Maxon.”

Davvero? Qual è?” si raddrizzò, il suo interesse in aumento.

Carlotta ed Adam sono vegetariani: non mangiano carne, cosa che può portare alla mancanza di elementi chiamati proteine. Si trovano nella carne –Non sono sicura di quanto la comunità magica sia avanti sulle scienze mediche, ma…”

Non divagare, Evans.”

Giusto. Carlotta e Adam hanno mangiato qualcosa –a dire il vero probabilmente hanno bevuto qualcosa (del succo di zucca) che ha provocato loro una reazione negativa, perché è stato esposto alla magia nera. Il guaritore Holloway ha detto che la ragione per cui loro tre hanno cercato di suicidarsi è stato i risultato dell’ ‘esposizione accidentale a oggetti intrisi di magia nera.’ Non erano loro ad essere stati esposti…il cibo lo era.”

Allora perché non hanno tentato tutti di farsi fuori? Abbiamo bevuto tutti il succo di zucca.”

No, non lo abbiamo fatto.” Lo corresse Lily. “Pensaci: era il banchetto di inizio anno…c’era la burrobirra quest’anno. Questo spiega perché qualsiasi altro vegetariano della scuola non è stato colpito come Carlotta e Adam. Loro hanno bevuto la burrobirra anziché il succo di zucca. Carlotta deve aver bevuto succo di zucca al banchetto…lo verificherò, ma al momento credo mi odi…è una lunga storia.”

E per quanto riguarda la Tassorosso del quarto anno? Lei non è vegetariana.”

No” concordò Lily. “Ma ha un disturbo alimentare. Perciò non mangia molto. Non ha mangiato carne – probabilmente non ha mangiato nulla, se non del succo. La mia teoria è che se avessero mangiato abbastanza durante i pasti –o se avessero mangiato carne- quello che non andava con il succo non avrebbe avuto nessun effetto. Come, quando bevi alcool ma non hai mangiato prima, diventi ubriaco più velocemente.”

Perciò…perciò qualcuno ha fatto il malocchio al succo di zucca?”

No.” Lily scosse la testa. “Voglio dire non ne ho idea, ma …probabilmente no. È tutto troppo casuale per essere intenzionale. Ne stavo leggendo in questo…” mostrò il libro. “’Esposizione accidentale a oggetti intrisi di magia nera’ ha detto il guaritore Holloway. Il cibo è stato esposto a qualcosa…forse in magazzino o prima che sia arrivato a scuola. I particolari effetti…far perdere a tre studenti il loro istinto di autodifesa, probabilmente sono solo il risultato di una perfetta manifestazione di coincidenze imprevedibili: il succo di zucca è stato messo in magazzino impropriamente, loro non mangiano carne, eccetera. L’unica parte che non ha senso è che Adam e la Tassorosso non sono stati colpiti fino al giorno dopo, ed il cibo che mangiamo al Banchetto è diverso da quello che mangiamo nel resto dell’anno.”

No,” disse Sirius con aria pensosa. “No, ha senso. Quando gli elfi domestici ordinano più cibo per il banchetto, conservano il cibo e lo preparano per il giorno dopo. C’è stato del cibo avanzato per giorni quest’anno…lo so. Vado nelle cucine quasi ogni giorno. Ci dev’essere stato anche del succo di zucca in più avanzato dal banchetto.”

E questo ha scatenato tutto.”

Chiunque sia responsabile dell’immagazzinamento del cibo sarà in guai molto seri.”

Lily annuì. “Dobbiamo trovare Lathe.”

Sirius scosse la testa. “Non tornerà fino alle dieci di sta sera…Ho sentito la McGranitt dirlo a Lumacorno dopo la cena. Una lunga storia: stavamo cambiando tutti i trofei della Sala Trofei per fare in modo che si ci leggesse: “Pix il Poltergeist, per Servizi Resi alla Scuola.”

Perché mai lo avete fatto?” chiese Lily.

Principalmente per infastidire Gazza.” Si alzò dal divano. “Allora, vieni?”

Dove?”

Ad aspettare Lathe, naturalmente.”


Sai,” rimarcò Lily, mentre i due stavano seduti sui gradini fuori dall’ufficio di Lathe qualche tempo dopo, “avremmo potuto aspettare nella Sala Comune.”

Non parlare nemmeno della Sala Comune,” replicò Sirius, canzonandola seccamente. “Ancora non capisco perché non mi lasci fare irruzione nell’ufficio. Sarebbe un gioco da ragazzi.”

Finiremmo nei guai!”

Prima o dopo aver dato a Lathe le linee guida di cui ha bisogno per continuare la sua indagine a scuola?” Sirius le lanciò un’occhiata. Lily non incontrò il suo sguardo. “Sei semplicemente paranoica, Evans.”

Be', è vero. Come hai saputo che Lathe se ne stava per andare?”

Me l’ha detto mio zio,” disse Sirius con aria casuale. “Ma non lo dire in giro…il nepotismo e tutto il resto.”

Per favore,” Lily si fece beffe di lui “Non sapevo che il nepotismo fosse disapprovato nella società magica. Ho sempre avuto l'impressione che fosse incoraggiato più che altro.”

Già,” le concesse l’altro. “Ma non è qualcosa di cui tutti siamo fieri. Credimi, se potesse essere a modo mio, sarei un nato babbano senza albero genealogico.”

Lily annuì imbarazzata. “Ma…ma tuo zio..è a posto, non è vero? Intendo, è davvero un buon insegnante e sembra affidabile, dopotutto.”

Sì.” Annuì Sirius, fissando un po’ di polvere del gradino di sotto. “Sì, è a posto. Voglio dire, non lo conosco troppo bene…prima di questo semestre, ci vedevamo solo una, due volte all’anno.”

Come mai? Pensavo che le antiche famiglie magiche fossero più…a stretto contatto.”

“Generalmente lo siamo. Sono cresciuto con i miei cugini come se fossero fratelli, e qualsiasi altro zio o zia cenavano a casa con noi una volta a settimana. Ma lo zio Alphard è più…sai...sano di mente. Ha viaggiato, non è stato in Inghilterra troppo a lungo, perciò non ha dovuto confrontarsi con sua sorella –ovvero mia madre- su tutte le cose su cui non vanno d’accordo. Questo è il motivo per cui non è stato diseredato. Ha tenuto la bocca chiusa. Come puoi vedere…” questo lo aggiunse con un sorriso ironico, “…noi due non abbiamo tutto in comune.”

Lily sorrise genuinamente. “Gli assomigli.”

Be', sono quasi ottant’anni più giovane,” le disse Sirius e quindi – in risposta allo sguardo interrogativo che gli lanciò lei– spiegò: “Sì, il professor Black ha quasi cento anni. Non sembra, vero? Ma questo è il bello di essere magici, no? Non cominci a sembrare vecchio fino a centocinque, forse centodieci. Ovviamente, io non intendo superare i quaranta.”

No,” disse Lily, “Non sarebbe da te, non è vero?”

Avete bisogno di qualcosa?” disse una voce nuova. Lathe apparve sul pianerottolo dietro di loro, confuso dalla presenza di due studenti che impedivano il passaggio verso il suo ufficio. Era tornato presto.

Sì,” disse Lily, alzandosi.

Sì” concordò Sirius, “E dopo che ci avrà dato tutti i soldi che ha con lei, le diremo qualcosa di molto interessante.” Lily gli diede una gomitata. “Era uno scherzo.”

Abbiamo qualcosa da dirle,” disse la rossa ad alta voce, nella speranza di evitare altre battute. Sirius annuì. Lathe li guardò. “È davvero importante.”

 

(Do You Want To Know a Secret?)

Minerva McGranitt stava lasciando la sala professori quando James Potter la raggiunse quella sera. Sapeva esattamente dove si trovava (per gentile concessione della Mappa del Malandrino), ma fu comunque grato di averla incrociata prima della sua uscita dalla sala, poichè la professoressa lo avrebbe più probabilmente messo in punizione se avesse fatto irruzione nella professori ventitrè minuti dopo il coprifuoco che se l'avesse semplicemente incontrata nel corridoio a quell'ora.

"Professoressa McGranitt!" chiamò il capitano della squadra di Quidditch, e lei si fermò, confusa, mentre lui la raggiungeva. "Professoressa, io…"

"Il coprifuoco è passato, Potter," disse la McGranitt con freddezza. "Spero che sia importante."

"Sono venuto a cercarla, Professoressa, glielo prometto..." Tecnicamente, quella era una bugia, perché era stato ad un appuntamento nelle ultime ore. Tuttavia, la maggior parte dell'appuntamento si era svolto prima del coprifuoco, quindi James si sentì più nel vero del solito. "Volevo solo parlarle prima di domani, perché so che è lei la responsabile della comunicazione di chi soggiorna al castello e chi va a casa... e volevo darle il maggior preavviso possibile. So che non ho firmato l'elenco, ma avrei deciso di tornare a casa per le vacanze."

La McGranitt esaminò il giovane mago, piuttosto confusa. "Questo avrebbe potuto aspettare fino a domani," disse lei, ovviamente, non cogliendo l'importanza della decisione, anche se James la sentiva acutamente.

"Mi dispiace. Come ho detto–volevo dirglielo."

Lei rimase silenziosa, e poi annuì. "Molto bene. Farebbe meglio a tornare al dormitorio, ora..."

"Sì, professoressa." Iniziò ad allontanarsi.

"E, Potter," aggiunse l'insegnante di Trasfigurazione, "se non vuoi una punizione, farai meglio a stare attento che il signor Gazza non si accorga che tu sia in giro."

Il mago annuì, sorridendo un po'. "Sì, professoressa." Si voltò e se ne andò.

James era a metà della strada per la Sala Comune, quando si scontrò con Sirius. "Prongs, amico," disse questi allegramente, "Buone notizie: abbiamo visto Lathe."

"Avrò bisogno di più dettagli, Padfoot."

"Giusto. Certo. Lily ha capito tutto, e noi due siamo andati a cercare Lathe... gli abbiamo detto tutto, il che è molto complesso, e non mi sento di spiegarti...c'entra qualcosa con l'alcool, i materiali oscuri, il succo di zucca...ho prestato molta poca attenzione," aggiunse con leggerezza. James alzò le sopracciglia. "Il punto è, Lathe sarà molto presto a Hogsmeade per indagare sul perché degli oggetti profondamente maledetti siano stati tenuti accanto al cibo...o sul perchè siano posseduti in generale, tra l'altro, e così il mondo verrà salvato, per gentile concessione di Sirius Black."

"Perché ne dubito fortemente?"

"Hai ragione. Lily ha fatto la maggior parte o tutto il lavoro... è anche andata in biblioteca per questo, Prongs... non credo di essere stato in biblioteca da quando stavamo risolvendo il problema di...problema di salute di Moony. Ciò dimostra una certa dedizione da parte della bella signorina Evans, non credi?"

"Sirius, non mi hai nemmeno detto di che cosa stai parlando. Perché tutti e tre hanno tentato di uccidersi? Che cosa ha a che fare con l'alcool?"

"Più tardi," disse Sirius risolutamente. "Ancora più importante, com'è andato il tuo appuntamento?"

James alzò gli occhi al cielo. "Bene. È andato bene. Larisa Montanez è rimasta molto colpita dal più semplice incantesimo che ho eseguito e ha riso a tutte le mie battute… anche quelle che non ha capito. È andato tutto bene."

"Te la sei fatta?

"No. Noi…abbiamo pomiciato per un po'."

"Che gentiluomo."

"Stai zitto." James ricordò qualcosa: "Dove stavi andando, a quest'ora?"

"Ti cercavo, naturalmente."

"Sarebbe stato inutile, dato che tu non avevi alcuna idea di dove fossi."

"Non lo sapevo?" chiese Sirius enigmaticamente.

"Be', io ho la mappa, quindi non potevi saperlo."

Padfoot annuì. "Allora, vuol dire che non stavi parlando con la professoressa McGranitt fuori dalla sala professori?"

James guardò l'amico, perplesso. "Come fai a saperlo?"

"Io ti conosco," rispose Sirius. "Prongs, siamo amici da sempre. Siamo amici da prima di sapere cos'era una maledizione Confundus...da quando eravamo così ignari da desiderare che Hogwarts non fosse aperta alle ragazze. Siamo stati insieme in quasi ogni singola esperienza importante nella nostra vita…tranne la nascita. Voglio dire, quando stavi prendendo la tua prima punizione in assoluto, al posto di chi stavi prendendo la colpa? Me. E quando ho avuto la mia prima punizione, chi cercavo di far evadere dalla sua prima punizione? Te. Abbiamo sentito il White Album insieme. Abbiamo trovato il modo di entrare nei dormitori delle ragazze insieme. Abbiamo convinto Marvin Eggers che era una ragazza per un giorno intero insieme. Ero persino nella stessa stanza durante il tuo primo bacio,il che è stato imbarazzante, lascia che te lo dica, e sono dannatamente contento che Carlotta non abbia mai scoperto che ero nell'armadio. Il punto è, abbiamo segnali e codici segreti per qualsiasi cosa potremmo aver bisogno di dire ma che vogliamo nascondere...Sei sempre stato il mio migliore amico, Prongs, e ti conosco."

Sirius diede una pacca sulla spalla di James. James annuì lentamente. "Ma, in realtà, come lo sai?

"'Ho incontrato Larisa Montanez al mio ritorno dall'ufficio di Lathe… mi ha detto che eri andato a trovare la McGranitt nella sala professori."

"Giusto." In quello che sperava fosse un tono casuale, James aggiunse: "Pensavo che tu e la Evans foste andati da Lathe insieme. Lei dov'è andata?"

E perché–nonostante tutto–Padfoot conosceva Prongs molto bene sul serio, Sirius represse l'osservazione pungente che gli era salita alla punta della lingua, represse lo sguardo risaputo che voleva mandare al suo amico, e mostrò solo un sorriso molto piccolo mentre rispondeva: "Ha dovuto fermarsi in infermeria per qualcosa. Penso che volesse andare a trovare qualcuno."

James annuì. "E sai che devi dirmi che cosa significa tutto questa storia… su Lathe e i suicidi…"

"Oh, lo so. Spiegherò tutto quando anche Moony e Wormtail saranno nei paraggi."



Inspiegabilmente, Lily esitò prima di entrare in Infermeria. Era venuta a vedere se Severus–che non si era visto né a lezione né ai pasti per tutto il giorno, si era sentito male e quindi era lì. Quando spinse la porta e la attraversò, il prefetto stava mentalmente formulando una scusa da dare al Guaritore Holloway, perché il coprifuoco era passato e la ragazza non era molto in vena di ricevere una punizione.

In un primo momento, l'infermeria sembrava vuota: il Guaritore Holloway non si vedeva e tutti i lettini erano vuoti. "Holloway deve essere nel suo ufficio," pensò la rossa. Stava per dirigersi in quella direzione, quando vide un letto nascosto da una tenda in un angolo. Holloway era appena fuori la tenda, e parlava a chi risiedeva dietro di essa.

"Come guaritore, devo consigliarti di lasciare la scuola," disse Holloway con voce molto grave. Lily ebbe la sensazione che questo era il tipo di conversazione che lei non avrebbe mai dovuto origliare. Anche se la curiosità bruciava dentro di lei, fece per andarsene, quando una voce maschile –familiare, ma momentaneamente non identificabile– rispose al consiglio del guaritore.

"Non posso andarmene. Ho presso impegni: con Silente e… be', ho preso l'impegno di stare qui. Non posso andarmene ora. Ho solo bisogno di pozioni per il dolore per aiutarmi a superare il resto dell'anno…"

"Tu potresti non vivere per il resto dell'anno," rispose Holloway burbero. "Non potresti vivere fino a Natale. Per l'amor di Merlino, non vorrai trascorrere i tuoi ultimi giorni qui, vero?"

Ci fu un breve momento di silenzio, poi: "Dove altro dovrei essere, Holloway? Ho passato alcuni dei miei migliori giorni qui, dopo tutto."

"Ma la tua famiglia…"

"Ho famiglia qui."

"Ci potrebbe essere qualcosa che possono fare al San Mungo. Stanno conducendo esperimenti mentre parliamo…"

"Non c'è una cura," lo interruppe l'uomo dietro la tenda. "Holloway, morirò. Morirò molto presto, e molto probabilmente, morirò qui. Non cercare di indorare la pillola."

"Non cercavo di farlo," grugnì il guaritore.

"Eccellente. Siamo sulla stessa lunghezza d'onda, allora. Eccellente."

E Lily capì chi c'era dietro la tenda. Il Professor Black.

Doveva uscire di lì prima che qualcuno notasse che lei aveva origliato la conversazione, ma come Lily si voltò per andarsene, Guaritore Holloway notò il movimento.

"Aspetta, laggiù!" gridò, e Lily si fermò. Pugni chiusi per puro nervosismo, Lily aspettò che lui cominciasse a rimproverarla, a toglierle punti, e tirasse fuori un paio di punizioni. "Che diavolo ci fai qui?" abbaiò, chiaramente più arrabbiato di essere stato così sbadato che per la sua effettiva presenza. "È passato il coprifuoco!"

"Mi–mi dispiace, professore, io… Sono venuta a prendere u-una medicina per il mal di testa. Ho un mal di testa terribile e non riesco a dormire."

"Be'," ringhiò Holloway, "avresti solamente…"

"Aspetta," disse dolcemente la voce incorporea del Professor Black, "portale la pozione, Holloway. Va tutto bene." Brontolando, il Guaritore partì alla volta dei suoi archivi privati. Lily aspettò goffamente per alcuni secondi, prima che il Professor Black si rivolgesse a lei. Spinse via la tenda in modo che potesse vedere la studentessa e chiese gentilmente: "Non potrebbe avvicinarsi, signorina Evans? Temo di aver appena preso un medicinale che può indurre vertigini, e…" Ma Lily era già al suo fianco.

Tatto, pensò. Fai finta di non aver sentito nulla. Ovviamente lui non vorrà che questo si venga a sapere in giro, e forse non saprà che hai sentito…

Ma Lily non riusciva a trattenersi. "Sirius non lo sa, vero?" chiese spaventata. Black, sorpreso, alzò le sopracciglia.

Infine, rispose: "No, Sirius non lo sa. E ti chiederei che questo rimanga tra noi due. Non dirglielo…"

Ventiquattro ore fa, Lily avrebbe annuito e accettato la richiesta. Era una scelta di Black: lui era quello che sarebbe morto e lui era quello che doveva scegliere a chi raccontarlo. Ma l'immagine di Sirius, seduto accanto a lei per le scale, facendo battute e cercando di apparire come se non gli importasse di suo zio (anche se ovviamente gliene importava) era impressa nella sua mente. "Io non glielo dirò, ma lei deve," disse. "Professore Black, mi dispiace tanto di aver sentito… Darei qualsiasi cosa per togliermelo dalla mente, e se volesse utilizzare l'incantesimo della memoria su di me, per va bene, ma… ma a Sirius importa di lei… lui fa affidamento su di lei e ha fiducia in lei, e se non glielo dirà, lui… lui…"

"Lui cosa, signorina Evans?"

"Lui perderà la speranza," disse Lily sottovoce. "Mi dispiace. Questo non…questo non è affar mio. Non dovrei nemmeno essere qui." Iniziò ad andarsene.

"La pozione, signorina Evans," Black le ricordò calmo.

"Non ho un mal di testa," ammise Lily. "Sono venuto perché Severus Piton ha saltato tutte le sue lezioni, e volevo vedere se era venuto in Infermeria."

Prima che il Professore potesse rispondere, però, il Guaritore Holloway tornò. Portava con sé una piccola fiala di liquido trasparente viola. "Prendi questo," ordinò Holloway, più calmo ora, "nessun altro cibo o bevanda per mezz'ora prima e mezz'ora dopo. Capito?"

Lily annuì. Prese il flaconcino e ancora una volta fece per andarsene. Aveva fatto pochi passi, però, prima che il professor Black parlasse, rivolgendosi al guaritore. "Holloway," disse, "Severus Piton è passato di qui oggi?"

"Mmm…aveva un po' di influenza…gli ho dato una pozione e gli ho detto di restare qui, ma lui ha insistito per riposare nel suo dormitorio."

"Capisco."

Lily si fermò vicino alla porta e sorrise con gratitudine, ma debolmente, al Professor Black. Lui annuì di nascosto, e Lily lasciò l'Infermeria.

La Torre di Grifondoro era ancora affollata quando la studentessa del sesto anno tornò, ma Sirius Black era, per fortuna, assente. Non poteva affrontarlo ora… aveva bisogno di tempo per interiorizzare tutto quello che aveva sentito. Il Professor Black stava morendo…poteva non essere vivo per Natale, e lei lo sapeva. Da quanto sembrava, era una dei pochi a sapere.

Muovendosi velocemente attraverso la Sala Comune, Lily non si fermò neppure a chiacchierare con i suoi amici, ma si diresse direttamente al dormitorio, che pregava fosse vuoto. Aveva bisogno di solitudine: aveva bisogno di sedersi sul suo letto e ascoltare qualcosa di allegro, forse Help! o Please, Please Me–-e svuotare la testa da tutto ciò che la riempiva.

E il dormitorio sembrava vuoto, quando era entrata, ma mentre Lily stava afferrando la camicia da notte da un cassetto, Carlotta Meloni uscì dal bagno. In un primo momento, la bella bruna sembrò solo sorpresa, ma la sua espressione si spostò rapidamente ad una fredda, superiore indignazione. "Se non è Santa Lily," mormorò, depositando alcuni oggetti personali sul suo letto.

Ma era tardi, e lei ne aveva abbastanza.

"Calmati, Carlotta," sbottò.

Carlotta la guardò, inarcando un sopracciglio perfetto. "Perché dovrei?" sfidò. Lily incrociò le braccia.

"Tu sei una stronza," disse. "E tutti la pensano così. Lo dovresti sapere che ogni singola persona in questa scuola sta dalla parte di Alice… anche i ragazzi, il cui unico interesse sulla materia è 'Frank Paciock se l'è fatta?', non sono colpiti da te, perché in ultima analisi, sei una stronza."

La bocca di Carlotta si aprì, per protestare o semplicemente per aprirla, ma Lily non aveva finito.

"Sei una facile e tutti lo sanno, e hai ragione–io non proverò più ad essere gentile con te. Quindi se pensi che tenere la bocca chiusa sul fatto che hai ferito uno dei miei amici più stretti è 'artificiale,' non lo farò. Non ho intenzione di sforzarmi a pensare, 'forse Carlotta è solo fraintesa,' perché il fatto è che, non lo sei. Non sei complicata, Carlotta; sei solo cattiva ed egoista, e se proprio vogliamo dirla tutta, sei anche un po' una puttana. E il fatto meno importante, ma che nella tua mente deve essere mille volte peggio, è sei perfettamente normale. Ti piace Frank Paciock, perché è qualcosa che non potrai mai avere davvero, perché a lui non sei mai piaciuta davvero. Non ti dispiace far male ad Alice, perché lei è una persona che non puoi nemmeno capire. Lei non è andata a letto con mezza scuola, e scommetto che non si sveglia ogni mattina sembrando come se fosse uscita da una rivista di moda, ma è dolce e la gente la ammira. Nessuno ti ammira, Carlotta. Quindi, alla fine, l'unica ragione per cui hai fatto quello che hai fatto non è un grande piano del destino superiore o qualcosa di simile… è la dolorosamente tipica ed estremamente banale gelosia. Tu non ti comporti da stronza con me quando cerco di essere onesta con te, Carlotta; l'ho capito. Il fatto è che hai fatto qualcosa di sbagliato e nessuna razionalizzazione lo aggiusterà nella tua testa. Ti senti in colpa. " Carlotta la fissò. "Non biasimarti, Car," aggiunse Lily, velenosa e dolce, "è perfettamente normale sentirsi in colpa. E se cerchi la tua spazzola, è sotto l'armadio."

Per una volta, Lily aveva detto la cosa perfetta al momento perfetto. Si girò sui tacchi e si diresse in bagno, orgoglio e senso di colpa che sorgevano contemporaneamente dentro di lei.



Il Professor Black stava morendo. Carlotta era una stronza. Sirius Black era un tipo a posto. I tentativi di suicidio erano stati tutti incidenti. Lathe stava per indagare a Hogsmeade. Il professor Black stava morendo.

Lily aveva difficoltà ad addormentarsi quella notte, e non solo perché una piccola parte di lei credeva che Carlotta potrebbe star aspettando che si addormentasse per affatturarla nel sonno. Gli eventi della giornata giocavano nella sua testa come le immagini su una bobina di un film in ripetizione.

Il Professor Black stava morendo. Carlotta era una stronza. Sirius Black era un tipo a posto. I tentativi di suicidio erano stati tutti incidenti. Lathe stava per indagare a Hogsmeade...

Poi, quasi improvvisamente, fece due più due.

Lathe stava per indagare a Hogsmeade.

Poi, fu la voce di Luke Harper che Lily sentì nella sua testa. "Certo…" e l'immagine di lui, seduto accanto a lei durante la festa di Halloween, era chiara come se l'incidente fosse avvenuto solo il giorno prima "…il cibo non sarà abbastanza buono come lo è di solito a queste feste. Lo hanno ordinato da qualche negozio a Londra, invece che dall'attività della mia famiglia a Hogsmeade."

Perché era il negozio degli Harper che di solito forniva il cibo per le feste della scuola.

Lily si sedette sul letto.

Gli Harper erano quelli che possedevano oggetti di magia oscura.






N.d.t.
*Chipper: letteralmente vuol dire "allegro" e "vispo", ed è probabilmente riferito al fatto che Charlie Plex non sembra quasi mai arrabbiato o triste o quant'altro xD

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Guai con gli angeli ***


*Angolo di una delle traduttrici che è molto, ma molto assonnata*
Salve a tutti!
Spero che perdonerete le mie poche parole dato che sto crollando dal sonno. Beh, dopo un altro paio di settimane siamo tornate! Personalmente adoro questo capitolo (ma io li adoro tutti, alla fine) e spero tanto che piacerà anche a voi. GRAZIE a chiunque legga, recensisca, segua, preferisca e ci sopporti/supporti, siete mitici.
Lasciateci una recensione se vi va, è sempre bello sapere i vostri pensieri sulla nostra sudata traduzione.
Abbracci,
WaitForIt


EDIT: Ho appena postato la OS alla quale avevo accennato qualche settimana fa: "Snaps," fatemi sapere cosa ne pensate!


Recap: Lily accetta di non frequentare più James per Piton. Ad Adam McKinnon piace Marlene Price, ma Marlene ha un fidanzato impegnativo, Miles. Carlotta Meloni fa lasciare Frank e Alice, ma Frank esprime sentimenti contrastanti sull'avere una relazione con Carlotta. Shelley Mumps, l'"altra" Grifondoro del sesto anno, è la migliore amica di Carlotta.

 

Capitolo 11- Guai con gli angeli

O

"You Can't Hurry Love"


Lily Evans non era innamorata.

Marlene Price era innamorata.

Donna Shacklebolt aveva sempre pronunciato la parola "amore" solo in tono di scherno.

Mary Macdonald aveva sperimentato solo un tipo superficiale di amore.

Carlotta Meloni riusciva a capire molto, molto poco il concetto di amore.

Shelley Mumps era “innamorata” come lo può essere una qualsiasi sedicenne.

Alice Griffiths aveva passato troppo tempo cercando di non amare qualcuno.

La situazione era questa, mentre si stava avvicinando Natale.

"Ci vediamo presto, allora," disse Lily con un sorriso. Severus annuì. I due si trovavano nella Sala d'Ingresso, dove gli studenti si stavano radunando in vista del ritorno a casa per le vacanze di Natale.

"Sarebbe stato meglio se fossi rimasta," le disse. "Devi proprio tornare a casa? Chi si siederà con te sul treno?"

"Anche Donna e Mary stanno tornando a casa," disse la rossa. "Non ti preoccupare. Tieniti occupato. Buona fortuna con i compiti di Trasfigurazione."

"Anche a te."

In quel momento Gazza cominciò ad ordinare a tutti di salire sulle carrozze, dato che era ora di andare. Lily scese alla piattaforma con Donna, Mary, ed un ragazzo di Serpeverde che aveva un qualche tipo di interesse in quest'ultima. Quando raggiunsero la stazione di Hogsmeade, Donna andò avanti per trovare il suo bagaglio, che era stato portato su un'altra carrozza, e Lily si spostò verso la parte anteriore del treno, depositando i suoi bagagli con Hagrid, fatta eccezione per la gabbia contenente il suo gatto.

"Lily!"

"Ci eravamo già salutati," sottolineò Lily, sorridendo. Lui annuì: un cenno più sobrio, meno gioviale del solito.

"Ho solo... l'ultima volta che abbiamo parlato...sono stato davvero..."

"Non è colpa tua, Luke," l'interruppe Lily. "È mia. Sono stata io a..."

"No, Lily, aspetta”, la fermò lui. "Hai fatto quello che ritenevi giusto, e anche se ci sono state alcune... conseguenze inaspettate... posso accettarlo. Perché ti amo."

Lei lo baciò dolcemente sulle labbra. "Mi dispiace, Luke," sussurrò di nuovo.

"Non ti preoccupare. Si aggiusterà tutto fra poco... la mia famiglia non ha fatto niente di male, e sono sicuro che quell'idiota di Lathe se ne accorgerà non appena avrà finito di frugare e interrogare dappertutto...c'è stato un errore. Ne sono sicuro."

Lily annuì, desiderando ardentemente di credergli. "Vorrei che tu potessi venire a trovarmi," aggiunse in tono più leggero.

"Dovrei rimanere dalle parti del castello," rispose il suo ragazzo. "La mia famiglia potrebbe aver bisogno di me. È un momento un po' difficile... il Ministero non ha trovato alcuna prova che tutto sia accaduto nel nostro deposito, ma... sai... essere sotto inchiesta non è facile per nessuno."

"Già, suppongo di no." Il primo fischiò risuonò nell'aria, e Lily sospirò. "Devo andare."

"Giusto. Va bene." Si baciarono ancora una volta. "Ciao, Flower."

"Ciao, Luke."

La ragazza salì sul treno, sorridendo tristemente.

"Hai informato il tuo ragazzo che sei tu la responsabile dell'investigazione sulla sua famiglia?" chiese una voce beffarda. Lily alzò gli occhi e si voltò per vedere James Potter salire dietro di lei.

"Sì, gliel'ho detto," rispose piccatamente lei. "Perché abbiamo un solido e sano rapporto, basato sull'onestà e sull'affidabilità. Non sentiamo il bisogno di mentire o giocare sporco o manipolarci l'uno con l'altra. Da favola, lo so..."

"Solido e sano," le fece eco James, sorridendo. "Il vostro entusiasmo è così stimolante, Flower."

Lily si girò per affrontarlo a viso aperto, e avrebbe anche messo le mani sui fianchi, se la gabbia del gatto non le avesse impedito di farlo. "Luke ed io abbiamo un rapporto molto interessante se è lì dove vuoi andare a parare," lo informò. "Luke è dolce e premuroso e divertente e..."

"E," interruppe James, "scommetto che è diventato molto più interessante nelle ultime settimane, con tutta questa storia della sua famiglia che forse maneggia manufatti magici oscuri."

"Non tutti hanno un senso così contorto di ciò che rende una persona interessante, Potter," rispose lei. James alzò semplicemente nelle spalle.

"Disse la ragazza il cui migliore amico è Severus Piton." Con questo, le passò vicino per andarsene, facendole l'occhiolino mentre la sorpassava. Quando se ne fu andato, Lily entrò nel vagone più vicino e si sedette. Si appoggiò con la fronte alla finestra e guardò fuori, la sua mente che vagava da Luke, a Severus ed infine a James Potter.

Lily Evans non era innamorata in questo momento della storia. In realtà, per una ragazza così sorprendentemente saggia per quanto riguarda le questioni di cuore, Lily Evans non riusciva proprio a capire il nocciolo di tutta la faccenda quando si trattava degli uomini della sua vita.

Era abbastanza pragmatica per realizzare di non aver capito ancora l'amore, ma abbastanza ingenua da credere che l'affetto che provava per quel pallido ragazzo dagli occhi neri era responsabile per il suo cuore dolorante. Era abbastanza ingenua da non riconoscere che il dolore nel suo cuore era dovuto al fatto che questo ragazzo non sembrava scalfito dal suo affetto innocente e genuino. Era abbastanza ingenua da credere che quello fosse, invece, un sintomo d' amore: l'amore come quello di Anna Karenina, o di Romeo e Giulietta.

Ma non lo era.

Perché Lily Evans non era innamorata. (Non ancora.)
 

(I Hear a Symphony)
 

"Sono felice che tu sia rimasto, Adam," ammise Marlene, mentre la coppia tornava alla Torre di Grifondoro dopo i vari saluti nella Sala d'Ingresso. Il castello sembrava così deserto, ora che la maggior parte degli studenti si era messa in viaggio sull'Espresso di Hogwarts.

"Be'," rispose l'altro, "Mamma e papà pensavano di riuscire a tornare dal loro piccolo tour mondiale, ma a quanto pare sono rimasti bloccati in Cina... qualcosa sui draghi che papà voleva assolutamente vedere... più o meno come accade tutti gli anni. In ogni caso, sarà bello non stare rinchiuso in casa con altre otto persone."

"Sei fortunato ad avere sei fratelli e sorelle," lo informò Marlene. "A casa, siamo solo io e la mamma, e lei non è esattamente una compagnia emozionante."

"E una sorella dodicenne so-tutto-io sarebbe una compagna emozionante? Faccio volentieri a cambio."

Marlene rise. "Allora... ad eccezione di tre Malandrini ed una manciata di studenti più piccoli, abbiamo il castello più o meno tutto per noi. Che cosa ne facciamo di tutta questa solitudine, McKinnon?"

"Mangiamo fino a svenire, ci svegliamo, e ricominciamo."

"Ed io che non vedevo l'ora di finire il tema di Trasfigurazione."

Adam sorrise. "Sei stata troppo a contatto con i Corvonero: ti sto per disconoscere. Nessun Grifondoro per te fino a dopo Natale. Hai del Whisky Incendiario per caso?"

"Sono minorenne io, McKinnon."

"Non ha risposto alla domanda, Price."

"Be', sì, ne ho un po', ma è per Capodanno. Sirius Black mi ha fatto promettere di conservarlo per la festa che darà quella sera. Ho già dovuto mentire a Miles al riguardo."

I due si stavano rapidamente avvicinando al ritratto della Signora Grassa. "Senti, Marlene," cominciò Adam dopo qualche secondo di silenzio.

"Mhm?"

"Io ero-in realtà c'è qualcosa di cui volevo parlarti... da un po' di tempo."

"Parola d'ordine, cari?" chiese la Signora Grassa.

"Un momento," disse Marlene educatamente. "Che c'è, Adam?" Lei lo guardò in attesa, e lui ebbe qualche difficoltà a mantenere il contatto visivo.

"Il fatto è che..."

"Porca puttana." Sirius Black era appena passato attraverso il buco del ritratto. "Marlene! McKinnon! Accidenti, non credo che nessuno di voi saprebbe cosa fare se qualcuno avesse, per caso, accidentalmente fatto saltare i dormitori del secondo anno?"

"...Ehm..."

I due si scambiarono un'occhiata. "Stiamo andando a vedere, vero?" disse Adam. Marlene annuì con entusiasmo, ed i due corsero dietro Sirius nella Sala Comune.

Marlene Price era, piuttosto inconsapevolmente, innamorata. Andava a dormire ogni sera pensando ad un certo ragazzo, e desiderando ogni volta qualcosa che non riusciva ad esprimere a parole. Si svegliava e sapeva che lo avrebbe visto a colazione, che gli avrebbe sorriso con il tipo di sorriso che si indossa quando si ha una canzone particolarmente allegra in testa. C'era un ragazzo le cui battute la facevano ridere, che riusciva sempre a risollevarle il morale, per il quale voleva solo il meglio, e con cui era sempre a suo agio. In un modo molto, molto confuso, Marlene Price si faceva largo nel campo dell'amore con gli occhi non chiusi, ma sulla mappa completamente sbagliata.

Perché lei era –in ogni caso– innamorata. Ma non lo sapeva. (Non ancora.)


(Run, Run, Run)

 

“Buon compleanno!” trillò una ragazzina di dieci anni, avvolgendo le sue braccia magre attorno ai fianchi di Donna Shackebolt e facendo così irrigidire un po’ la sorella maggiore. Il Binario 9 e ¾ era una massa di studenti e di partenti, e Donna non avrebbe voluto essere vista così; aveva una reputazione da mantenere. Ad ogni modo, davvero non approvava “l’abbracciare”.

“Ciao, Bridget,” replicò comunque Donna, non troppo caldamente (ma abbastanza). “Come stai?”

“Benissimo,” disse la giovane ragazza chiamata Bridget, lasciando andare sua sorella e facendo un passo indietro. “Kinglsey è andato in giro a comprare un giornale babbano. Dice che è importante stare al passo con ‘quello che pensano loro’, perciò ci vedremo con lui vicino all'entrata.”

“Dove sono Brice e Isaiah?” chiese Donna, in modo quasi professionale, mentre Bridget –una ragazzina con una cornice di capelli ispidi come quelli di Donna– si era fatta avanti per sollevare il baule della sorella. Donna le andò in aiuto.

“Zia Dolinda è rimasta a casa con loro,” replicò Bridget, alzando al cielo i suoi occhi color ambra. “Non ti preoccupare–se ne andrà prima del tuo arrivo a casa. Ci sta tenendo  durante le sere, quando non siamo a scuola e Kingsley dev’essere in ufficio. Quella donna è veramente irritante. Io e te dobbiamo scegliere una nuova governante.”

Donna nascose un piccolo sorriso al tono sofisticato della ragazzina di dieci anni. “Sono sorpresa che tu ti sia ricordata il mio compleanno… nessuno se ne ricorda, è così vicino a Natale.”

Le due Shackebolt si fecero strada lungo il binario nove e tre quarti. “Me ne ricordo sempre,” la corresse Bridget. “Non ti comportare come se fossi proseguitata.”

Perseguitata, Bridge.”

“È quello che ho detto.”

Il mago che stava vicino alla barriera tra il mondo babbano e magico della Stazione di King’s Cross annuì alle streghe ed entrambe le ragazze camminarono dritte attraverso il muro di pietra, nella Londra babbana.

“Sai, Donna,” cominciò Bridget, mentre camminavano insieme–la più giovane facendo ondeggiare le braccia e guardando i babbani che passavano con grande interesse. “Penso che sia molto interessante avere diciassette anni. Puoi fare un gran numero di cose, ora, come smaterializzarsi, o bere Whisky Incendiario…”

“E tu cosa ne sai del Whisky Incendiario, Bridget Shacklebolt?” domandò Donna, Bridget si strinse nelle spalle, continuando a far ondeggiare le braccia.

“La signora Allock dice…” (in un tono acuto e risoluto) “… è il liquido che scorre sulla strada dell’iniquità.” Bridget ghignò. “Immagino che sia molto divertente, perché tutto quello che la signora Allock bolla come sbagliato è sempre molto divertente…far levitare i piatti, giocare a rincorrersi in casa, le Gobbiglie…”

“Chi diavolo è la signora Allock?” chiese Donna. “ E come diavolo ha giustificato il divieto delle Gobbliglie?”

“Era la governante che se n’è appena andata.”

Donna alzò gli occhi al cielo. “Avrei dovuto immaginarlo. Kingsley l’ha assunta alla fine. Perché se n’è andata? Hai espresso il desiderio di diventare qualcos’altro che non sia una governante?”

Non capendo davvero l’osservazione, Bridget scosse la testa. “No, è stato Isaiah. Le ha dato fuoco ai capelli.”

“Ovviamente,” sospirò la strega più grande. “Ovviamente è stato Isaiah.” Era sempre Isaiah. “Non ci denuncerà, vero?”
“Kingsley ed io abbiamo parlato con lei,” replicò Bridget con dignità. “Sono contenta che tu sia a casa, Donna.” Fece scivolare un braccio attorno al fianco della sorella. “Anche Isaiah si comporta meglio quando ci sei tu in giro.”

“Isaiah è sempre un bambino terribile,” la corresse Donna.

“Non può farci niente. La signora Allock dice che 'la sua mancanza di veri genitori gli ha reso impossibile diventare un bravo bambino, e che dovrebbe essere'…”

“Ne ho abbastanza della signora Allock,” la interruppe Donna. “Avremo una nuova governate…e con un po' di fortuna sarà una sana di mente che sappia tenere in riga Isaiah.”

Briget sorrise. “Dovrai assumere un drago, Donna, cara.”

Donna Shacklebolt aveva detto la parola “amore” solo in un tono di derisione. Aveva giurato di non crederci–che il concetto di amore e matrimonio era stato inventato in una qualche era passata per tenere in riga le donne. Al giorno d’oggi queste idee erano ancora diffuse per tenere gli sciocchi al loro posto: per dar loro qualcosa per cui avrebbero potuto battersi. Ma lei non aveva intenzione di lottare per amore di natura romantica (o di qualsiasi altra a dire il vero). Rifiutava persino l’idea che esistesse. O comunque lo rifiutava intellettualmente.

Perché suo padre e sua madre erano stati “innamorati” ed erano morti comunque. E Kingsley li amava tutti, ma doveva comunque lavorare ore assurde al Dipartimento Auror. E Severus Piton amava molto chiaramente Lily Evans, ma la feriva sempre. E Adam McKinnon amava evidentemente Marlene Price, ma a Marlene non sembrava fregargliene nulla, perché stava sempre con Miles Stimpson (al quale, a sua volta, non fregava niente di lei).

A dire la verità Donna Shacklebolt credeva nell’amore, ma lo derideva perché odiava l’idea nel suo complesso: la vulnerabilità e l’incapacità e il fidarsi del fatto che qualcuno non ti farà mai del male. Donna credeva nell’amore, ma non ne approvava nessuna forma e certamente non lo voleva. (Non ancora).

 

(I Want a Guy)
 

“Dell’altro tè Mary, cara?” chiese la signora Macdonald, tenendo la teira in alto affinchè sua figlia la potesse vedere. Mary scosse la testa, divertita dalla profonda, intensa felicità dei suoi genitori babbani al suo arrivo.

“Quindi le lezioni vanno bene, allora?” Chiese il signor Macdonald, offrendo a sua figlia un’altra focaccina. “Voglio dire, gli insegnanti ti trattano bene? E i tuoi voti sono sempre buoni?”

“Ragionevolmente buoni,” rispose Mary “Sì, va tutto bene. Hai visto la pagella del trimestre, no?”

“Sì,” disse la signora Macdonald, “ma è difficile fidarsi di quelli. I tuoi voti sono sempre buoni, ovviamente, ma non so quanto siano equi i tuoi insegnanti. Forse ne meriti di più alti…”

“Ho i voti che mi merito.” Mary rassicurò i suoi genitori. Aveva già mangiato una pila di focaccine,di fragole e bevuto mezza teiera di tè. “Sono davvero piena adesso” insistette. “Niente più focaccine o esploderò sicuramente.”

La Signora Macdonald cominciò a sparecchiare, entrando nella piccola cucina immediatamente adiacente. Assomigliava a Mary in qualche modo, aveva la stessa ricca chioma castana e grandi occhi nocciola. A differenza di Mary, comunque, la Signora Macdonald era una donna alta e allampanata, con mani ruvide e braccia forti: aveva lavorato sodo nella sua vita.

“Ci manteniamo magre, eh?” Chiese la signora Macdonald, con le sopracciglia alzate in modo suggestivo. “C’è un ragazzo, Mary?”

“Mmm,” grugnì il Signor Macdonald, che possedeva la corporatura bassa che Mary aveva ereditato ma che –molto più simile a sua moglie– ritraeva una persona ordinaria. “Farà meglio a trattarti bene, questo fidanzato.”

“Chi ha mai parlato di un ‘fidanzato’?” chiese Mary andando sulla difensiva: la sua mente era ancora sul compartimento del treno di quella mattina… con Martin, di Serpeverde… il modo in cui le aveva sfiorato la gamba e come l’aveva baciata… come se baciarla non fosse l’unica cosa che aveva in mente. Era stato carino… era stato fantastico, per la maggior parte, ma… no, no Martin non era il suo fidanzato.

“Oh, Mary, non intendevamo forzarti,” disse una pacificante la signora Macdonald. “Se tu non vuoi avere appuntamenti, noi ti supportiamo in questo. Ti incoraggiamo sicuramente.”

Certo che ti incoraggiamo!”

“Abbiamo semplicemente supposto che avessi qualcuno cara… scrivi di ragazzi di tanto in tanto e sei così carina…”

“Mamma, per favore.” Mary scoprì che arrossiva solo a casa. “Davvero, non è un grosso problema. Ho degli appuntamenti ogni tanto, ma non ho nessun ragazzo serio.”

“E questa è una saggia decisione.” Disse il signor Macdonald. “Sei una giovane donna intelligente.”

“Una giovane strega intelligente.” Concordò la signora Macdonald.

“Sì, esatto…” il signor Macdonald continuò. “E non vuoi impantanarti, no? Hai solo sedici anni…non ha senso non tenersi delle opzioni aperte.”

“Finché non trovi qualcuno che ami veramente,” disse la signora Macdonald. “Mary, mia cara, è meglio che tu non te ne preoccupi affatto.”

Mary annuì. “Giusto, mamma, lo so. Sai, io–io mi sono resa conto di essere un po’ stanca. È stata una lunga giornata e con il viaggio in treno…” il punto all’esterno della sua coscia dove la mano di Martin si era posata sembrava bruciare, e Mary si sentì improvvisamente in colpa per il fatto che i suoi genitori ne erano del tutto all'oscuro. “Credo che andrò a letto.”

“Ti porto una tazza di latte,” disse la signora Macdonald con calore. “Dormi bene, Mary. È bello averti di nuovo qui.”

“È bello essere di nuovo qui,” concordò la figlia.

“Ti voglio bene, Mare,” disse suo padre.

“Ti voglio bene anch’io, papà.”

Mary Macdonald aveva sperimentato solo un tipo superficiale di amore romantico, ed era molto romantico e molto superficiale. Mary sapeva perfettamente che tutto quello che avrebbe dovuto fare sarebbe stato schioccare le dita e Martin-di-Serpeverde (qual era il suo cognome poi?) sarebbe diventato il suo ragazzo… la ragazza non aveva fatto la sua solita buona azione sul treno e lui era… be', ancora interessato. Mary era sempre in grado di dire quando erano abbastanza interessati da essere “fidanzati”.

Ma Mary non era interessata.

Martin era un baciatore favoloso. Molti di loro erano baciatori favolosi (molti non lo erano e non avevano neanche una chance), ma la maggior parte semplicemente non accendeva il suo interesse dopo la prima pomiciata oppure… i loro dialoghi erano tutti così tragicamente banali. La guardavano tutti allo stesso modo: con adorazione, che Mary pensava dovesse essere qualcosa tipo lussuria più amore. Comunque, mentre l’adorazione diventa noiosa, era sempre meglio del rifiuto.

Conosceva anche il rifiuto. Lo riconosceva negli occhi del ragazzo, quando la stava mentalmente spogliando e già stava pianificando come fuggire dopo. Il rifiuto faceva male, ma era molto più affascinante dell’adorazione: più affascinante, ma più pericoloso. Ultimamente l’adorazione aveva solo finito con fare male all’adoratore: non alla ragazza che lui aveva messo su di un piedistallo.

A Mary Macdonald era noto solo un tipo di amore romantico molto superficiale, e non ne conosceva di altro tipo. (Non ancora).


(He's Seventeen)

"Caro Frank," tentò Carlotta ancora una volta. Guardò la pergamena, che non produsse alcuna ulteriore ispirazione, e posò la piuma. La stanza di Carlotta a casa era bella, ben arredata e non doveva condividerla con nessuno, che era l'interesse primario di Carlotta. Era stata seduta alla scrivania senza interruzione per le ultime due ore, comunque, e non aveva ancora capito cosa avrebbe dovuto dire nella sua lettera a Frank Paciock.

"Sono arrivata a casa sana e salva. Sembravi un po' esitante a parlare dopo l'ultimo appuntamento, e ti ho dato il tuo spazio, anche se non mi ha dato alcun verdetto circa la tua decisione. Posso solo sperare che il tuo silenzio sul problema significhi che non hai rinunciato a me su due piedi."

Carlotta rilesse quello che aveva scritto, poi accartocciò la pergamena e la fece lievitare nel cestino dei rifiuti. Iniziò di nuovo.

"Caro Frank…"

Ma nemmeno quello era ciò che lei voleva.

"Frank," cominciò. No, era troppo brusco.

"Caro Frank." Una breve pausa, poi: "Mi sei mancato dal nostro ultimo appuntamento. Sei stato silenzioso, e posso capire che tu abbia bisogno di spazio. Non sto scrivendo per farti preoccupare di quello. Voglio solo che ci teniamo in contatto."

Carlotta sbuffò e aggiunse ad alta voce: "Perché non mi fido del fatto che tu non corra di nuovo dalla tua stupida ex-fidanzata… lei sarebbe proprio abbastanza tonta da riprenderti…"

"Il viaggio in treno è andato bene… Shelley è rimasta a scuola quest'anno, quindi mi sono seduta con alcuni Corvonero del quinto anno. Quando siamo arrivati ​​a casa, prima ancora che avessi raggiunto la porta d'ingresso, Mike Sanderville–l'idiota educato a casa che vive alla porta accanto–si è avvicinato e mi ha chiesto di accompagnarlo ad un ballo a cui andrà la vigilia di Natale a Londra. Stavo per dire 'sì', solo per tirarlo fuori dalla sua miseria, ma mia sorella Eileen è pazza di lui da quando anche lei ha iniziato a studiare a casa, e non sarebbe proprio giusto nei suoi confronti. Eileen non ha fiducia in se stessa, e…"

Carlotta si fermò e prese la bacchetta, fece magicamente sparire tutto dopo "teniamo in contatto." Non aveva mai funzionato quando aveva provato a rendere Frank geloso… non come aveva fatto con altri ragazzi, in ogni caso. Lui non sembrava mai obiettare: era più come una soluzione al suo problema.

"Il problema Carlotta," lo intitolò lei pensierosa. Aggrottò la fronte, la sua mente derivò di nuovo verso Alice Griffiths, che era senza dubbio seduta nel suo dormitorio a pensare cose orribili su Carlotta in quel momento. Quel pensiero allo stesso tempo confortava e infastidiva Carlotta. Non le piaceva che Alice credesse di essere in qualche modo migliore di lei, ma si gonfiò di orgoglio nel sapere che per lei–per lei, Carlotta Meloni–era valsa la pena di perdere Alice. Frank l'aveva baciata, sapendo che avrebbe potuto rovinare il suo rapporto con la perfetta-ragazza-della-porta-accanto-Alice-Griffiths e che quello voleva dire qualcosa. Ciò significava che Carlotta non era semplicemente la ragazza hippie dall'amore-libero; lei ne valeva realmente e veramente la pena.

Ma Carlotta non poteva scrivere tutto questo.

"Buon Natale, Frank. Spero che tu stai pensando a me, perché io ho pensato a te."

Carlotta esitò sulla firma, e poi, sapendo che era esattamente quello che Alice Griffiths avrebbe fatto, finì in bellezza:

"Con amore, Carlotta."

Ma naturalmente, Carlotta Meloni aveva capito molto, molto poco il concetto di amore. L'amore era sesso; l'amore era vittoria ed una sensazione calda, piccola e felice che riusciva a sentire di tanto in tanto. L'amore aveva qualcosa a che fare con nessuna guerra…era quello sul quale hanno scritto canzoni e per il quale maghi avevano duellato per streghe.

L'amore non era quella melensa spazzatura che Alice Griffiths indubbiamente credeva: non che Carlotta avesse davvero idea di cosa credesse Alice Griffiths… e lei riconobbe questo fatto. Era troppo facile essere avversaria di Alice, più evidentemente a causa di Frank, ma anche perché loro erano così…agli opposti. Ed a Carlotta piaceva l'idea di essere l'avversaria di Alice Griffiths. C'era qualcosa di elettrizzante, di giusto nell'essere l'avversaria di Alice e, per tutto il tempo, cercare di ottenere ciò che Alice aveva già (Rubare ciò che Alice aveva già, disse una voce–rapidamente messa a tacere–nella sua mente).

Carlotta aveva capito molto, molto poco il concetto di amore , e lei lo sapeva. Non le importava. (Non ancora).

 

(Baby Love)

Il dormitorio delle ragazze di Grifondoro del sesto anno era un luogo solitario in quel momento, osservò Shelley Mumps mentre pettinava i suoi capelli biondo sporco la seconda mattina di vacanza. Marlene Price era l'unica altra ragazza, ed era sempre fuori con Adam McKinnon o con i tre Malandrini.

Shelley sospirò. Tre Malandrini. Solo Tre.

Aveva firmato per rimanere al castello solo perché aveva sentito che tutti e quattro i Malandrini si sarebbero fermati. Ma poi James Potter si era alzato la mattina e aveva deciso che stava tornando a casa, tutto d'un tratto, e Shelley lo aveva saputo troppo tardi. Avrebbe dovuto pubblicizzare l'informazione un po' di più.

Riposando il mento sul palmo della mano, Shelley guardò allo specchio, ma pensò a James, piuttosto che alla propria immagine riflessa. Il ragazzo aveva le detto forse cinquanta parole in quasi sei anni, ma c'era qualcosa di magnetico in lui. Tutti lo vedevano (quasi tutti, comunque), ed era palpabile, perché tutti lo amavano (quasi tutti, comunque).

Shelley Mumps lo faceva certamente, comunque.

"Ciao, Shelley," disse Marlene, l'immagine dello spirito vacanziero quella mattina, mentre la strega svolazzava nel dormitorio dal bagno, dove era andata a mettersi il trucco.

"Ciao, Marlene," rispose Shelley. Marlene Price: ora sì che si parlava di una ragazza interessante. Era carina: molto carina davvero, se non assolutamente incredibile come Carlotta o Lily. Era alta e ben proporzionata (anche se non lo pensava), e i capelli le cadevano fino a metà schiena in fili d'oro. Improvvisamente, Shelley si sentì invidiosa, e Shelley si sentiva raramente invidiosa. L'invidia era semplicemente qualcosa che non poteva permettersi mentre era migliore amica di Carlotta. "Dove stai andando questa mattina?"

Shelley notò i jeans alla moda, il maglione e gli stivali al ginocchio che la sua compagna di stanza aveva indossato. "Battaglia a palle di neve con alcuni dei ragazzi," rispose Marlene con disinvoltura, tirando la sua sciarpa e il cappotto fuori dal suo baule. "Dovresti venire con noi. Sarà un sacco divertente. I Malandrini esagerano sempre… è destinata a essere più una Guerra Mondiale a palle di neve."

Se solo James Potter fosse stato lì.

Shelley lo considerò. Poi, guardò giù la gonna che aveva già indossato per la giornata. "Non sono vestita per una battaglia a palle di neve," disse a Marlene. "Meglio di no."

Marlene mise alcuni orecchini. "Ti aspetteremo se ti va, Shelley. A nessuno importa."

No, pensò Shelley. No, diventerebbero irritabili ed io sarei la ragazza che li ha fatti aspettare, e poi Sirius Black penserebbe che sono un fastidio, e direbbe a James Potter che sono un fastidio, e…

"Penso che sia meglio trovare un inizio a quel saggio di Trasfigurazione, in realtà," disse Shelley. "Ma grazie per l'invito."

"Vieni giù, se cambi idea," disse Marlene. "Odio pensare a te tutta sola nel dormitorio a fare i compiti." Con un sorriso, la bionda partì, lasciando Shelley con il suo riflesso nello specchio.

Shelley Mumps era "innamorata" quanto una qualsiasi ragazza di sedici anni. Shelley era "innamorata" del capitano della squadra di Quidditch della sua Casa: era innamorata dei suoi capelli disordinati, del fatto che lui sorridesse storto, e di quel suo fantastico modo di fare. Ma, naturalmente, Shelley Mumps non era veramente innamorata di lui. Era infatuata di lui, e forse era peggio, perché Shelley non era vanitosa o invidiosa o imbarazzata per natura, ma quando pensava a James Potter, diventava tutte e tre.

Non importava che James la conoscesse appena, che lei facesse scena muta quando lui era in giro, o che non avessero mai tenuto una conversazione reale di qualsiasi importanza. Shelley era infatuata, e non aveva nessuna intenzione di rinunciare a tale infatuazione. (Non ancora).

 

(The Happening)


"Buongiorno, Alice," dichiarò Marlene allegramente, entrando nel dormitorio delle ragazze del settimo anno con un sorriso e quattro ragazzi al seguito.

"Che diavolo state facendo qui?" chiese Alice, posando il libro che stava leggendo seduta vicino alla finestra. "E come hai fatto a far entrare i ragazzi qui dentro?"

"Prima di tutto," Sirius Black–uno del gruppo–cominciò, "non sapevo che tu imprecassi, dolce Alice. Penso che sia molto carino. In secondo luogo, siamo riusciti a entrare nel dormitorio delle ragazze con…"

"Andiamo, Sirius," interruppe Remus, "non hai raccontato abbastanza segreti di recente? Questo idiota…" Remus aggiunse rivolgendosi agli altri presenti nella stanza: "ha detto alla ragazza con cui è uscito tre diversi passaggi segreti attorno al castello solo perchè lei lo baciasse."

"Ha funzionato?" volle sapere Marlene.

Sirius scrollò le spalle. "Diciamo solo che Shannon Prewett può fare cose meravigliose con la sua lingua."

Marlene e Alice rabbrividirono. "Per favore qualcuno può farmi dimenticare di aver mai sentito questa cosa?" piagnucolò la prima. Sirius fece per prendere la sua bacchetta, ma Remus lo fissò.

"Stiamo andando fuori tema," sottolineò Peter, e Adam annuì.

"Sì," disse. "Gli strani e meravigliosi affari di Sirius con la lingua di Shannon Prewett non hanno nulla a che fare con la nostra missione qui, oggi."

Alice alzò gli occhi al cielo. "Se questo è uno schema folle per farmi venire al piano di sotto e… fare una battaglia a palle di neve o qualcosa di altrettanto cliché con tutti voi, non lo farò. Sto leggendo."

"Oh, no," disse Sirius, "Non vogliamo che tu venga al piano di sotto."

"Al contrario," concordò Adam.

"Vogliamo che tu rimanga qui," disse Remus.

"Per tutte le vacanze di Natale," contribuì Peter.

"Marlene ti porterà i pasti", aggiunse Sirius.

Alice li fissò. "È per questo che siete venuti qui? Per dirmi di restare?"

"Inoltre," disse Marlene, "per chiederti quale evento della tua infanzia ti ha lasciato un segno che ti ha reso così tanto masochista da farti rimanere a Hogwarts quest'anno?"

"È il mio ultimo anno," rispose la ragazza del settimo anno sulla difensiva; "Mi piace il Natale a Hogwarts, e ho pensato che mi sarebbe piaciuto…"

"Anche Frank è rimasto," interruppe Marlene. Alice la guardò.

"Sul serio?"

"Sì, cara."

Si alzò dalla sedia vicino alla finestra. "M-m-ma lui non resta mai. Va sempre a casa dalla madre, perché… accidenti. Dannazione. Non può essere possibile!"

"E continua ad imprecare," osservò Sirius. "È davvero adorabile."

"È possibile e vero," Remus disse ad Alice con simpatia. "Marlene ti ha voluta mettere in guardia, e ci ha portato con sé. Spero che non ti abbiamo spaventata o qualsiasi…"

"Va tutto bene, Remus," Alice interruppe dolcemente, chiaramente persa nei suoi pensieri. "Ma–come potrebbe essere successo? Buon Dio, ho pensato di essere finalmente in grado di andare in giro per il castello, senza alcun pericolo di imbattermi in lui! Perché lo avrebbe fatto…? Oh!" La comprensione si dipinse sul viso tondo di Alice; "anche Carlotta è rimasta, non è vero? È così, non è vero? È per questo che Frank è rimasto?"

"No, Carlotta è andata a casa," disse Adam.

"Davvero?"

"Davvero."

"Ma allora, perché…?" Alice si interruppe. "Marlene, perché mi stai guardando in quel modo?"

Infatti, Marlene guardava la ragazza del settimo anno con un'espressione di stupore dagli occhi spalancati. "Perché… p-p-perché… perché hai detto il nome!" balbettò Marlene. "Hai detto il nome!"

"Ha detto quale nome?" chiesero in coro i quattro ragazzi, perplessi.

"Ha detto il nome di Carlotta!" gridò Marlene, battendo le mani eccitata. "Alice, non hai detto il nome di Carlotta una volta da quando tutto è iniziato… non hai detto il suo nome nemmeno una volta, e ora lo hai appena detto, e… e non ti sei nemmeno accorta di averlo fatto! Tu stai bene!"

Alice sbatté le palpebre. "Io sto bene."

"Sono d'accordo," disse Sirius. Remus gli diede una gomitata.

"Non ho sentito niente," continuò Alice. "Ho detto il nome di Carlotta e non ho sentito niente… non preoccupazione o rabbia o tristezza o…" Guardò i cinque davanti a lei. "L'ho superata," annunciò la strega, ammirando le sue stesse parole.

Marlene si avvicinò. "L'hai superata?"

"L'ho superata."

"L'hai completamente superata?"

"L'ho completamente superata."

Marlene cominciò ad applaudire, e gli altri seguirono l'esempio. Alice si sedette, con i suoi pensieri confusi. "Sentite, grazie ragazzi per essere venuti qui, ma… potreste darmi un minuto? Ho bisogno di digerire."

Con una battuta sulla digestione da Sirius ed un sorriso incoraggiante da Marlene, i cinque ragazzi del sesto anno uscirono. Alice respirò profondamente. Questo non sembrava possibile: dopo tutto questo tempo, improvvisamente non le importava più… non voleva più restare in questo stupido dormitorio… voleva essere fuori.

Alice Griffiths aveva passato troppo tempo cercando di non amare qualcuno. Perché, in fondo, aveva sempre amato Frank, anche quando lo aveva affrontato e gli aveva detto che era finita, e anche quando lo aveva visto ad Hogsmeade con Carlotta, e anche quando aveva saputo che era andato ad un appuntamento con Carlotta: Alice non poteva fare a meno di amare Frank.

Ma ora, quello non aveva importanza. Tutto aveva un senso. Amare Frank e andare avanti non erano filosofie in contraddizione. Alice-e-Frank non sarebbe mai accaduto di nuovo: era inutile rimuginare. Rimuginare l'aveva resa infelice. Rimuginare era leggere quel noiosissimo libro nel dormitorio quando una spessa coltre di neve meravigliosa l'attendeva fuori. Alice si alzò in piedi.

Aveva passato troppo tempo cercando di non amare qualcuno, ed ora realizzava che niente di tutto ciò contava più niente, perché lei era andata avanti. Lei non aveva proprio smesso di amarlo (non ancora), ma aveva smesso di curarsi di ciò che era già accaduto. Aveva smesso ed era pronta ad uscire fuori da questo stupido umore stile colonna–sonora-di-Carole-King che aveva afflitto il dormitorio per mesi.

Era pronta ad essere carina e ridere; a frequentare le feste post-Quidditch e ad avere una cotta per un tizio carino. Era pronta ad andare a Hogsmeade per puro divertimento, e non perché i suoi amici l'avevano trascinata lì. Il sole splendeva, la neve luccicava mentre Alice voltava pagina quella mattina, ed era quasi Natale.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Merrily, Merrily, Merrily... ***


A.d.T
Qui parla Giulia!
Con un mostruoso ritardo -sebbene il nostro gruppo di traduttrici abbia un nuovo membro, Daughter of the Lake- vi presentiamo il capitolo natalizio di The Life and Times! Come al solito ringraziamo tutti coloro che stanno lasciando commenti (li adoriamo, sul serio *-*) o che seguono la storia silenziosamente. Speriamo che il capitolo vi piaccia, io nel mentre sto mandando periodicamente dei messaggi a Jewels5 (l'autrice) su Tumblr, tenendola informata su ciò che pensate della storia ;)
Alla prossima!
The March Hare



Recap: il padre e la madre di James hanno avuto un disaccordo durante l'estate, con conseguente trasferimento del papà; Potter Senior torna a casa mentre James è a scuola, notizia che Potter Junior prende piuttosto male. La famiglia di Luke Harper (fidanzato di Lily) si rivela essere incaricata di fornire il cibo per il Banchetto di Benvenuto, al quale ora sono stati legati i tentativi di suicidio. Donna Shacklebolt torna a casa per Natale dai suoi quattro fratelli. Alice si rende conto che ha del tutto superato il tradimento da parte di Frank.

Capitolo 12 - Merrily, Merrily, Merrily...

O

"Grandma Got Run Over by a Reindeer"

"I MANGIAMORTE CHE HANNO TRASPORTATO POZIONI ILLEGALI IN INGHILTERRA SOSPETTATI PER L'AGGRESSIONE DI TRE AUROR"

Così recitava l'allegrissimo sottotitolo sulla prima pagina della Gazzetta del Profeta la mattina di Natale. James Potter scorse il resto della prima pagina: i profitti delle spese natalizie erano al minimo da cinque anni, e due funzionari nati babbani del Ministero erano scomparsi. "Sospettato Coinvolgimento dei Mangiamorte:" sembrava essere il mantra del Profeta in questi giorni.

"Ti sei svegliato presto," osservò una voce dall'altra parte della stanza da pranzo. James non alzò gli occhi dal suo giornale ma bevve un sorso di tè.

"Sì," fu la sua unica risposta. Il suono di una sedia che scorreva sul pavimento di mogano scuro disse a James che una persona si stava sedendo all'altra estremità del tavolo.

"Non stai scartando i regali come fai di solito…hai almeno guardato l'albero?"

"Non ho più sei anni," disse James semplicemente. Si costrinse a continuare a leggere il giornale. "Alastor Moody, capo del dipartimento Auror, non ha voluto commentare gli attacchi, ma le voci che circolano dalla Stampa Egiziana suggeriscono che potrebbero essere legati ai manufatti rubati dal Museo del Cairo la scorsa estate…"

"Tua madre è in cucina… uscirà da un momento all'altro, ma voleva sapere che cosa pensavi di…"

James posò il giornale e incontrò gli occhi con il mago molto più vecchio di lui seduto all'altro capo del tavolo; "Qualunque cosa mangeremo, sono sicuro che andrà bene."

Il signor Potter esaminò il figlio sedicenne per un minuto; i capelli di James erano bagnati dalla doccia, e non era ancora vestito per il giorno. L'espressione nei suoi occhi nocciola non avrebbe potuto essere più fredda neanche se avesse avuto davanti Voldemort in persona, e la sua bocca era arcuata nella più secca delle smorfie.

"Non puoi odiarmi per sempre," disse il signor Potter, sorprendendosi lui stesso.

James, a sua volta, esaminò suo padre. Alexander Potter era quasi ottantenne, anche se–grazie alla natura magica–non aveva l'aria di esserlo. Sul suo viso era rimasta qualche traccia della gioventù, e anche se i suoi capelli erano diventati bianchi alcuni anni prima, erano stati elegantemente pettinati di lato come era in voga negli anni Trenta. Aveva una mascella dura ed un naso dritto–come quello di James–ma i suoi occhi erano più scuri, marroni, e calmi. Il signor Potter non portava gli occhiali, tranne che durante la lettura, ed aveva una postura migliore di quella del figlio, ma James si era accorto tempo prima che condivideva con lui molti manierismi (il sorriso storto e una serie di gesti delle mani, per esempio), dei quali il sedicenne non era mai riuscito a liberarsi.

"Io non ti odio, papà," disse James con noncuranza, alzandosi dal tavolo e lasciando alle spalle il giornale mentre si dirigeva verso la porta della cucina; "Sono completamente apatico. Buon Natale."

La sala della colazione–che era illuminata quasi interamente da luce naturale–portava direttamente in cucina, un netto contrasto con la sua magica bianca illuminazione e i suoi ripiani in marmo.

"'Giorno, James," disse la signora Potter, dopo aver visto il figlio entrare attraverso le doppie porte. Era ferma sopra una pentola, agitando la bacchetta su di essa come se stesse mescolando, anche se la bacchetta non toccava mai realmente il liquido all'interno. Madre e figlio non erano soli in cucina: tre o quattro elfi domestici si davano da fare, preparando vari piatti di cui James non era a conoscenza. "Hai visto tuo padre?"

James scosse la testa. "Che cosa stai facendo?"

"Sciroppo," rispose la signora Potter allegramente. "E se è terribile, sarai costretto a sorridere e far finta che sia la miscela più deliziosa che tu abbia mai assaggiato."

"Quanti piatti della colazione stai preparando?" Chiese James, osservando divertito gli elfi domestici.

"Due o tre," disse la signora Potter. "Ho pochissime occasioni per mettere alla prova la mia vita domestica, James; potresti anche farmela godere."

"È la tua mattinata che vai sprecando."

La signora Potter sorrise, spostando una ciocca di capelli ramato scuro dai suoi occhi mentre guardava lo sciroppo nella pentola. "Ti sei svegliato presto, vedo," sottolineò la strega più vecchia, non incontrando gli occhi di suo figlio.

"Sono andato a correre e ho fatto una doccia."

"Hai già visto l'albero?"

"No." Era una bugia; ma non aveva aperto alcun regalo, per cui non era necessario che loro conoscessero la verità. "Vado giù dopo colazione."

"Non saresti così disinvolto se sapessi cosa c'è sotto l'albero quest'anno," la signora Potter prese in giro, togliendo lo sciroppo dal fuoco. "Tuo padre è andato a Diagon Alley da solo, quindi non ero lì a frenarlo dalle spese…"

"Con ciò vuoi dire, papà vuole comprare il mio perdono."

"James…"

"No, quello che mi chiedo," disse James leggero, appoggiandosi al muro, "è cosa diavolo ha potuto dare a te per comprare il tuo perdono".

"Sei ingiusto, James, ."

"Deve essere stato molto costoso."

"James, non adesso. Gli elfi…"

"Come se non lo sapessero già."

"James." Disse la signora Potter con fermezza, ma i suoi occhi erano più addolorati che arrabbiati. "È Natale," aggiunse a bassa voce.

"Giusto." Lui incrociò le braccia. "Credo che andrò a dare un'occhiata all'albero, allora." La baciò sulla guancia. "Buon Natale."

"Buon Natale, James."


(Gli Evans)

"È Natale," annunciò Lily tranquillamente con un sorriso luminoso. Sbirciò nella sua tazza di porcellana bianca lo schiumoso caffè marrone all'interno e non poté fare a meno di sentirsi benissimo.

Petunia Evans ruotò gli occhi grigi, ma sorridendo comunque un po'. "Sì, Lily," disse la ragazza più grande–la sola altra occupante della cucina al momento–"Sono ben consapevole della data."

"È nevicato la scorsa notte," Lily continuò. Indossava un corta camicia da notte rosa pallido, una vestaglia dello stesso colore e materiale, e luminose pantofole verdi; al contrario, Petunia le indossava blu. Lily era sveglia da quasi mezz'ora e sedeva al bancone della cucina con La Gazzetta del Profeta (aperto agli annunci di nozze, perché non era in grado di leggere i titoli deprimenti della prima pagina o i necrologi o qualcosa di simile il giorno di Natale).

"Sono consapevole anche di questo," disse Petunia, versandosi una tazza di tè. Era appena emersa dalla sua camera da letto–una camera per gli ospiti, tecnicamente, perché Petunia si era trasferita l'anno prima. "Perché diventi sempre così a Natale?"

"Perché è Natale," rispose Lily, stupita. "È così che si dovrebbe diventare a Natale."

Petunia alzò le sopracciglia alla sua tazza di tè, ma non disse nulla. Quella era la sua tipica reazione alle opinioni di Lily: quella, o la derisione.

"A che ora arriva Vernon?" chiese la rossa, attenta a scegliere un argomento che potesse interessare la sorella maggiore.

"Sarà qui per cena." Petunia sembrava compiaciuta mentre spingeva una ciocca di capelli biondo cenere ("alla Candice Bergen" come li definirebbe Lily) lontano dalla fronte. "Trascorrerà il pomeriggio con la sua famiglia."

Vernon Dursley era il fidanzato di Petunia. Pochi anni più grande della diciannovevve-quasi-ventenne Petunia, era ciò che Jane Austen avrebbe –cinicamente– chiamato "un buon partito." Gli Evans non erano mai stati ricchi, ma erano riusciti a far frequentare la scuola a Petunia, anche se lei aveva lavorato durante il suo ultimo anno all'università, e avevano fatto frequentare Hogwarts a Lily senza aiuti. Vernon Dursley, d'altra parte, veniva da quella classe che uno non avrebbe mai chiamato "alta borghesia", ma non era nemmeno adatta al semplice termine "classe media". Ad ogni modo, aveva un lavoro. Si sarebbero sposati in estate.

Ci fu un momento di silenzio imbarazzante tra le due sorelle, prima che Lily cominciasse: "Quindi, la mamma non si è ancora alzata?"

Petunia scosse la testa.

Sorprendente, pensò Lily. La sorella maggiore indossava la sua migliore espressione civile, e l'aveva sempre e solo indossata per il bene della loro madre.

"Dobbiamo iniziare a preparare la colazione, allora?" propose la ragazza più giovane.

"Vado a prendere le uova," fu tutto ciò che Petunia rispose.
 

(Gli Shacklebolt)

"Be', è troppo," sbottò Donna, mescolando pastella in una grande pentola di legno. "Te l'ho detto, Kingsley, noi…"

"Non siamo bisognosi, Don," la interruppe il suo fratello maggiore, scuotendo la testa mentre disponeva i piatti sul tavolo con un colpo della sua bacchetta. "L'unica volta che abbiamo toccato quella valuta è stata per le tue tasse scolastiche, e sono riuscito a prendere qualche ora in più al lavoro…"

Donna si voltò verso suo fratello, brandendo una spatola come una bacchetta. "Tu hai detto che stavi prendendo meno ore," sottolineò minacciosamente.

"Sto prendendo meno ore diurne," spiegò Kingsley, sempre calmo e assolutamente non sconcertato dalla spatola, "Mentre la zia Dolinda era qui ed ora che ci sei tu ho fatto il turno di notte…"

"Sei uscito furtivamente di notte per andare a lavorare?" chiese Donna.

"Non sono uscito furtivamente. Stavate solo… dormendo. Non avevo intenzione di svegliarti per dirti che andavo a lavoro. Ti ho vista se non hai le otto ore di sonno prescritte, e non è carino per niente."

"E se fosse successo qualcosa?" Aveva le mani sui fianchi. "Se fosse successo qualcosa nel bel mezzo della notte, ed io non avessi saputo che non c'eri più, e…"

"Saresti stata perfettamente in grado di gestire tutto quello che sarebbe successo," finì Kingsley. "Donna, hai bisogno di rilassarti. La casa è al sicuro. Brice, Bridge, e Isaiah sono al sicuro."

"Sì, e anche mamma e papà erano al sicuro, suppongo, non è vero?"

"Questo non ha niente a che fare con mamma e papà."

"Questo ha tutto a che fare con mamma e papà."

"Nessuno avrebbe potuto prevederlo. La gente non sapeva nemmeno il suo nome allora… è successo anni fa. Non ci aspettavamo… nessuno si aspettava una cosa del genere. Ci sono misure di sicurezza ora, e…"

"Non mi piace che tu mi abbia lasciata sola in casa con una bambina di dieci anni, uno di otto anni, ed uno di cinque anni, Kingsley."

"Non siete a rischio, qui. Fidati di me, va bene? E non vedo in quale altro modo possiamo far andare Bridget a…" si fermò. Donna lo guardò con sospetto.

"Che cosa vuoi dire, Kingsley?"

"Non-non è niente."

"Kingsley, di che cosa stai parlando? È per far andare Bridget a Hogwarts l'anno prossimo?"

"No. No, andrà tutto bene. Ho tutto sotto controllo."

"Tu hai tutto sotto controllo?" gli fece l'eco Donna. "Che diavolo significa? Solo un attimo fa hai detto che i soldi che mamma e papà hanno lasciato sarebbero bastati per Hogwarts."

"Basteranno." Donna si accigliò. "Basteranno. Sono…non sono preoccupato per Bridget. Saranno abbastanza per lei…forse anche per la maggior parte della scuola di Isaiah. Per lo più sto risparmiando per Brice e…forse un po' per Isaiah. Questo è tutto. Stiamo bene."

"Noi non stiamo bene. Dipendiamo dai risparmi dei nostri genitori morti e dal tuo misero reddito da Auror per sostenere cinque persone…tre delle quali sono bambini. Questo non è 'bene,' Kingsley. È fottutamente terribile. Se succede qualcosa a te? Che cosa succede se muori? Noi altri saremo fottuti allora, no?"

"Be', mi fa piacere che tu sia preoccupata per la mia sicurezza," disse Kingsley, dolcemente ironico.

"Sono seria."

"Non mi succederà nulla. Lo so. Sono stato da un veggente."

Donna incrociò le braccia. "Spero che tu stia scherzando."

"Infatti."

"Bene."

"Ho protetto la casa in ogni modo possibile. Ci sono incantesimi di sicurezza lungo tutta la via dei bambini alle elementari. Sei al sicuro qui senza di me come lo sei con me, lo giuro."

Donna alzò gli occhi al cielo. "Leggi il giornale, Kingsley." Lei si voltò di nuovo. "Nessuno è al sicuro. Svegliati, per l'amor di Dio".

Kingsley non disse niente, e lei non riuscì a vedere il suo volto (un dettaglio per cui fu grata). "Tu leggi ciò che accade nel giornale, Don," disse suo fratello lentamente. "Io lo vedo". Donna si morse il labbro, sapendo che aveva ragione. Kingsley Shacklebolt attraversò la cucina e mise un piatto accanto a lei. "Metti un piatto in più, sorellina. Assicurati di non parlare in questo modo con i bambini in giro, d'accordo?"

Uscì dalla cucina, e lei potè sentirlo–in una tonante, allegra, voce natalizia– chiedere fratello di cinque anni, Brice, se gli piaceva il suo regalo.
 

(I Black)

Porca puttana!” mezzo rise e mezzo tossì Remus Lupin, inciampando nell’angolo del corridoio del terzo piano seguito da vicino da due dei suoi compagni Malandrini.

Modera il linguaggio, Moony,” rise Sirius, simulando disapprovazione; “E se un primino ti sentisse parlare in questo modo?”

E se un primino ti avesse visto far saltare in aria un armadio delle scope?” ribattè Remus, spazzolandosi via la polvere dai vestiti.

Non un armadio delle scope qualunque!” si difese solennemente Sirius. “L’armadio proprio accanto all’ufficio di Gazza…l’armadio che crede che sia un gran segreto, nel quale tiene da parte tutti i suoi amati strumenti di tortura.”

A proposito di questo," si inserì Peter “dovremmo mettere un po’ più di spazio tra noi ed i resti dell’armadio…” Controllò dietro le sue spalle. “Gazza sarà qui intorno a minuti…”

Ha ragione,” disse Remus. “Andiamo.”

Ridendo ancora, Sirius seguì i suoi amici nella corsa verso il piano superiore. I tre avevano appena raggiunto il pianerottolo quando l’urlo furioso di Argus Gazza risuonò nel castello. I tre risero di nuovo a crepapelle.

Tu sei fuori di testa, Sirius,” disse Remus con voce strozzata, asciugandosi il sudore dalla fronte. “Avanti, dividiamoci. Vieni con me, Pete. Questo matto probabilmente sta per far saltare in aria qualcos’altro.”

Ci vediamo a cena,” disse Sirius ed i ragazzi andarono in direzioni diverse.

Sirius camminava con calma, le mani in tasca come se non fosse assolutamente toccato dal fatto che la sua divisa nera fosse grigia di polvere e calcinacci. Ad ogni modo, aveva un sacco di tempo per cambiarsi prima che Gazza li raggiungesse, e non c’era nessun'altra prova…

Prenderò quel demonio! SO CHI È STATO, E LO PRENDERÒ!”

Il Malandrino si immobilizzò: quella era la voce di Gazza e suonava troppo vicina.

Merda.” Sirius controllò i dintorni e fece una rapida scansione alla ricerca di un posto dove nascondersi. Erano appena le quattro…questo significava che il Guaritore Holloway era di sotto a cena; cenava sempre presto. L’Infermeria sarebbe stata vuota.

Mentre i passi pesanti e arrabbiati di Gazza diventavano a portata di orecchi, tuonando su per le scale, Sirius si infilò attraverso le porte dell’Infermeria, chiudendola a chiave dietro di sé. Respirò profondamente…Gazza non avrebbe rischiato una fuga del colpevole nei dormitori controllando ogni stanza lungo la strada. Sirius aveva molto tempo.

Le sue mani ritornarono nelle tasche, ed avanzò a grandi passi nella stanza, che sembrava vuota. Ma non lo era, e se ne accorse dopo pochi attimi.

Professor Black,” disse Sirius, sorpreso dalla vista di suo zio. Alphard Black, solo in fondo alla stanza, non sembrava comunque meno sorpreso .

Sirius! Cosa…Che cosa ci fai qui? Cos’è successo alla tua divisa?”

Sono inciampato,” disse Sirius, guardando con sospetto suo zio. “Che cosa ci fai qui? Sei malato o qualcosa del genere?”

No,” disse subito Black. “No, io…io sto abbastanza bene. Ho avuto mal di testa e sono venuto a prendere una pozione.”
“Oh.” Sirius si sedette su un letto. “Dov’è il guaritore Holloway allora?”

A prendere la pozione dalla sua dispensa privata.” Black non incontrò gli occhi di suo nipote e cominciò a misurare la stanza a grandi passi.

Sai, la maggior parte degli insegnanti va da Lumacorno quando vuole una pozione,” disse Sirius a suo zio. “È molto più efficiente…non fa riferimento a quel registro come il Guaritore Holloway, così la scuola non deve sempre annoiarti riguardo alle spese.”

Come sai così tanto a riguardo?” chiese Black, meravigliato.

Be', anche io vado da Lumacorno,” replicò Sirius, alzando le spalle. Avrebbe anche aggiunto che era facile sgraffignare cose dalla dispensa privata dell’Insegnante di Pozioni, ma il fatto che quello non fosse solo suo zio, ma anche un insegnante, era un dettaglio che non aveva completamente perso di vista.

Black annuì. Controllò il suo orologio e quindi lanciò un’occhiata in direzione dell’ufficio di Holloway.

Tenti di sbarazzarti di me, Zio?” chiese Sirius pigramente. “Non è molto natalizio da parte tua, no? Sono tuo nipote.”

Come se non avessi ricevuto un regalo questa mattina,” disse Black.

Grazie per quello, comunque. Lupin ha mangiato la maggior parte della cioccolata, ma il libro di Quidditch era interessante.”

L’hai cominciato?”

L’ho finito, veramente.”

Finito?” chiese Black incredulo. “Notevole.”

Avevo qualche ora a disposizione questa mattina,” disse Sirius scrollando ancora una volta le spalle. “Il tuo regalo arriva sta sera. Te l’avrei dato a colazione, ma credo che qualche suscettibile membro del corpo insegnate avrebbe potuto denunciarti per ‘nepotismo’. Il che è ridicolo, naturalmente; faccio un regalo alla McGrannitt ogni Natale e nessuno ha mai detto nulla.”

Be'” cominciò il più vecchio, “È diverso. Devi…”

Black comunque fu interrotto da un colpo alla porta. “Perché la porta è chiusa a chiave?” gridò la voce di Gazza. Gli occhi si Sirius si spalancarono; questa era la seconda volta che si sbagliava riguardo le faccende di Hogwarts e stava diventando frustrante. “Chi c’è lì dentro?” continuò Gazza. “Apri queste porte! Holloway! Ehi Holloway!”

Come hanno fatto le porte a chiudersi a chiave?” domandò Black, guardando in modo significativo suo nipote.

Sirius s’infilò dietro delle tende inutilizzate di un letto. “Per favore non mi tradisca, Professore. È Gazza. Pensa che io abbia fatto saltare in aria qualcosa e vuole scuoiarmi vivo. Davvero, lui…pensa che la tortura sia un metodo di insegnamento adeguato.”

Il professor Black scosse la testa mentre si dirigeva verso la porta e la apriva con un colpo di bacchetta.

SE QUALCUNO NON APRE QUESTE MALEDETTE PORTE…Oh, professor Black!” Cominciò Gazza alla vista dell’insegnante. Be'…mi scusi…ma le porte…vede…non sono chiuse a chiave durante il giorno e…”

Avevo un incontro importante con il Guaritore Holloway e non volevo essere disturbato,” disse Black in modo calmo.

Sì, certamente.”

Un silenzio scomodo e poi: “Voleva qualcosa, Signor Gazza?”

Sì. A dire il vero, c’è, sì. Mi stavo chiedendo se avesse visto qualcuno di sospetto venire qua dentro?”

Qualcuno di sospetto?” gli fece eco l’insegnante di Difesa. “Temo che dovrà essere più specifico. Di chi è che ha bisogno?”

Be…Potter, Lupin, Minus, o…o quel suo nipote, Black.”

Il signor Potter è a casa per le vacanze. Immagino che uno degli altri tre sia malato, quindi?”

Ehm…no.” Gazza grattandosi la testa arruffata. “No, non malato.”

E allora perché dovrebbero essere in Infermeria, Signor Gazza?”

Beh…Io-per dire la verità- sospetto che si stiano nascondendo.”

Nascondendo, Signor Gazza? Hanno fatto qualcosa di male?”

Credo di sì, Black.” Gazza gonfiò il petto con dignità. Mrs Purr, che stava ai suoi piedi, fece delle forti fusa. “Credo che siano responsabili per…per aver distrutto proprietà scolastiche.”

Proprietà scolastiche? È una cosa molto seria.”

Un armadio per essere esatti.”

Un armadio. Molto serio davvero. Li ha visti, vero?”

Be', no..”

Qualcun altro l’ha fatto allora?”

Non precisamente…”

Per ciò lo sta presumendo…”

Be', sì, ma…”

Signor Gazza, queste sono accuse molto serie che sta muovendo senza prove. Che cosa le fa pensare che siano stati Black, Lupin e Minus? Forse c’era qualche sostanza esplosiva nell’ armadio…”

Non è stato un incidente,” disse subito Gazza. “La polvere sul muro…diceva…diceva…be'…non è importante. Se non ha visto nessuno dei ragazzi…”

Black lanciò un’occhiata alla stanza alle sue spalle. “Non ho visto nessuno dei ragazzi,”

Allora andrò avanti.” Disse l'altro, e così fece.

Il mago più anziano tornò al suo posto vicino all’ufficio di Holloway. Sirius riemerse. “Grazie Professor Zio, signore,” disse, un po’ sorpreso.

Black inarcò le sopracciglia. “Hai fatto saltare in aria un armadio?”

Non c’è nessuna prova che io abbia fatto saltare in aria niente,” disse Sirius. “Ma…Dovrei probabilmente cambiarmi i vestiti, vero?”

A meno che tu non abbia intenzione di ‘inciampare’ ancora, direi di sì”

Sirius sogghignò. “Grazie.”

Per curiosità,” cominciò Black, mentre Sirius cominciava ad andarsene. “Perché qualcuno farebbe saltare in aria un armadio?”

Per Natale, naturalmente.”

Non capisco come far saltare in aria un armadietto possa essere in qualsiasi modo nel particolare spirito natalizio, veramente.”

Be'…” disse Sirius, “non lo è di per sé, ma se puoi prendere tutti i calcinacci che cadono e far scrivere al fumo ‘Buon Natale, Gazza’ sul muro, allora direi che è molto nello spirito natalizio.”

Sì Sirius, faresti meglio a cambiarti i vestiti immediatamente.

Buon Natale, Zio Professore, signore.”

Buon Natale, Signor Black.”
 

(Il Perchè)

Talkin' about my generation...

Gli Who, che risuonavano dal giradischi incantato di James, riuscivano a soffocare la maggior parte del rumore generato dal grande ricevimento al piano di sotto. Eppure le burocratiche chiacchere occasionali riuscivano comunque a filtrare all'interno della stanza, ogni qual volta gli amici del Ministero dei suoi genitori, moderatamente allegri, passavano oltre la sua porta, solitamente durante il tour per la casa o la ricerca della toilette. James agitò la bacchetta, e la musica si fece più forte ancora.

I'm not trying to cause a big sensation; I'm just talkin' about my generation...

"Seriamente, mamma?" chiese James ad alta voce, nonostante fosse solo nella camera da letto, "Non sei riuscita ad invitare nemmeno una persona nata in questo secolo?" Girò la pagina del libro che aveva cercato di leggere nell'ultima mezz'ora (da quando era finita la cena ed era riuscito a squagliarsela).

Qualcuno bussò alla porta.

"Questa stanza non fa parte del tour!" urlò James oltre frastuono della sua musica.

Toc, toc.

James gemette e rotolò giù dal suo letto. "Ho detto, questo NON FA PARTE DEL..." disse mentre apriva la porta. "Oh, ciao, Twitch". Twitchet l'elfo domestico sorrise, gli occhi spalancati con ammirazione mentre James lo ammise nella stanza. Il giovane mago tornò al suo posto sul letto. "Ti stavi annoiando anche tu con gli amici mamma e papà, vero?"

"Oh, no, Signorino James. Mi ha mandato su la Signora Potter."

James alzò un sopracciglio. "Ah sì?"

"La Signora Potter ha detto che deve venire al piano di sotto e salutare, Signorino Potter. La Signora Potter era più che irremovibile."

"Ci credo. Sai, Twitch, tu probabilmente hai il miglior vocabolario di qualsiasi altro elfo domestico che abbia mai incontrato. Come mai?"

"Twitchet è andato a scuola, signore."

"Dove? Ad Hogwarts?" chiese James, sorpreso.

"Oh, no, Signorino James. Ma, per favore, la Signora Potter mi ha chiesto di non lasciarmi distrarre da lei. La Signora Potter conosce suo figlio molto bene, Signorino James."

James fece finta di niente, ispezionando pigramente un callo causato dal Quidditch sulla sua mano. "Perché sei rimasto qui, comunque, Twitch? Mamma ti ha liberato secoli fa, no? Se fossi stato io, sarei uscito fuori di qui prima ancora di sentire le parole 'servitù a contratto.'"

"Twitchet deve avere un lavoro, Signorino James," disse l'elfo. "Padre e Madre vivevano con i Potter; Twitchet è orgoglioso di portare avanti l'attività della famiglia Twitchet."

"Molto nobile da parte tua”, osservò l'altro seccamente. "Io non diventerei un Auror come mio padre neanche se fosse l'ultimo lavoro del mondo."

"Il Signorino James non dovrebbe diventare un Auror," sospirò Twitchet. "Padron James dovrebbe giocare a Quidditch, come desidera fare."

James sorrise. "Cosa mi ha tradito?" Ma era pienamente consapevole del fatto che per la stanza era appesa ogni targa di ogni Coppa del Quidditch degli ultimi dodici anni, e due poster: uno della nazionale e uno del Puddlemore Uniti (entrambi firmati con dedica a James da ciascun membro di entrambe le squadre). Twitchet colse subito il sarcasmo di James e strisciò un po' i suoi grandi piedi scoloriti.

La Signora Potter mi ha chiesto di rimanere fino a che non sarebbe sceso di sotto”

Vagamente, sopra la sua musica (People tryin' to put us down, just because we get around... Talkin' about my generation...) e le chiacchiere leggere della festa, James riusciva a sentire la musica dalla sala da ballo al piano di sotto. "Per me va bene, Twitch. Mi piacerebbe un po' di compagnia." Twitchet rimase goffamente dov'era. "Vieni a sederti, allora."

Forse”, cominciò l'elfo, "forse se il Signorino James scendesse alla festa per pochi minuti, forse potrebbe subito tornare nella sua stanza, e Twitchet potrebbe svolgere le sue mansioni."

James sospirò. Non c'era più via di scampo. "Va bene, allora." Rotolò, ancora una volta giù dal letto e, con un gesto della sua bacchetta, fece tacere il suo giradischi. Il ragazzo seguì l'elfo domestico al piano di sotto. Il piano terra era affollato e rumoroso, in quanto molte voci chiacchieravano e ridevano all'unisono, e i tacchi dei molti stivali presenti ticchettavano sul pavimento di marmo. James aveva risposto gentilmente a tutti quelli che lo avevano notato, pur tenendo gli occhi aperti in cerca della madre, in modo che riuscisse notarlo, permettendogli così di tornare alla sua musica, camera da letto, e libro.

"James Potter", disse una donna, una strega alta e magra che James riconobbe come Augusta Paciock. "Sei decisamente cresciuto."

Con una nuova scintilla speranza dentro di lui, James usò il tono più educato ed artificiale che aveva, "Grazie, signora Paciock. Sta molto bene stasera. Frank è qui?" Sperò di non aver affrettato troppo l'ultima domanda, ma era l'unica parte che lo interessava lontanamente.

"Frank è rimasto a scuola quest'anno," rispose la signora Paciock, evidentemente irritata da questo fatto (o da qualcos'altro... James non riuscì a capirlo; la Signora Paciock sembrava sempre irritata da qualcosa). "Senza dubbio a causa di quella strega che ha per la testa." Fece uno strano rumore con il naso. "Alice".

James non si è preoccupò di spiegare la situazione alla madre di Frank, in parte perché non era convinto che la rottura di Frank-e-Alice avesse così importanza come ritenevano i due interessati, ed in parte perché l'assenza di Frank fece risultare la conversazione con quel particolare adulto solo un altro ostacolo sulla sua strada per il ritorno al piano di sopra. Scusandosi gentilmente, James partì, ancora una volta, alla ricerca di sua madre.

Tuttavia, una occhiata rapida ma accurata in giro gli mostrò che la padrona di casa non era in nessun posto nell'affollata sala principale, o nella sala da ballo, o in biblioteca, o in una qualunque delle grandi stanze del piano terra, dove stazionavano gli ospiti. Irritato anche lui ora, James entrò in un lungo corridoio ben nascosto, verso il retro della casa. Era diretto alla camera verde: la sua stanza preferita, oltre alla cucina, nel quarto inferiore della grande casa. Avrebbe partecipato alla festa da lì per un po'; con un po' di fortuna, la madre avrebbe visto che la sua stanza era deserta e avrebbe pensato che il figlio era di sotto a comportarsi da persona sociale.

James raggiunse l'ingresso della camera verde. Aveva appena aperto la porta quando sentì una voce dall'interno: quella di sua madre.

"Sono preoccupata", stava dicendo a bassa voce; James decise che quella era una conversazione che voleva sentire. "Ma andrà tutto bene. Lo so."

"È facile dirlo per te," disse un'altra voce. Il Signor Potter parlò ironicamente, ma senza amarezza nella voce. "Non sei tu quella che odia in questo momento, cara."

"Lui non ti odia."

Vuoi scommettere? pensò James.

"Questo è quello che dice lui", disse il signor Potter a bassa voce. James aprì ancora un po' la porta per avere una visione dei suoi genitori. Erano vicino al camino: la madre nel suo sontuoso abito scarlatto e suo padre in una veste nero lucido. "Non lo trovo più plausibile detto da te, Grace."

La Signora Potter sorrise. “Tutti i ragazzi odiano il proprio padre ad un certo punto, Alex. È la natura. Ricordi quando ci eravamo appena sposati, e tu hai avuto quella discussione con tuo padre?”

Grace, voleva che sposassi Hildebrand Shakeworth. Si era quasi rifiutato di venire al matrimonio.”

Ma alla fine è venuto, e tu continuasti ad essere furioso con lui.”

Ha cominciato il suo brindisi con, 'Nonostante tu abbia sposato la Signorina Dearborn...'”

La Signora Potter lo interruppe con la sua risata, e anche suo marito sorrise un po'. “Be', ha imparato ad apprezzarmi, non è vero?"

"E poi l'ho perdonato."

"Beh', ci sei arrivato."

"Secondo questa logica, il modo per guadagnare il perdono di James doveva essere tornare di nuovo a casa, cosa che credo di aver già fatto. È possibile che mi sbagli, ma sono abbastanza certo di questo."

Grace Potter sospirò. "Sei una persona molto intelligente, Alex, ma sei un po' ottuso a volte." Lei lo baciò. "E", aggiunse la strega un attimo dopo, "James ti vuole molto bene. Davvero."

Con sarcasmo: "Romantico"

La signora Potter rise di nuovo. "Ed io ti amo."

Lui mormorò qualcosa in risposta, che James poteva solo supporre fosse "Ti amo anch'io."

"E", continuò la madre di James, "Mi dispiace di averti gridato contro quella notte."

"Sai non c'è bisogno di chiedere scusa per questo, Grace."

"Lo so."

Lei lo baciò di nuovo.

James chiuse la porta. Improvvisamente, non voleva stare più solo...la rabbia di mesi e mesi di relativo silenzio gorgogliava dentro di lui, e ora non sapeva dove andare. Non c'era nessuna uscita, nessun oggetto che potesse odiare, perché in ultima analisi, la domanda che lo aveva afflitto da quando sua madre gli aveva scritto e informato che lui stava tornando a casa...la risposta era arrivata. Come poteva lei permettere tutto ciò? Come poteva perdonarlo?

Sapeva il perchè, ma voleva comunque essere arrabbiato.

James tornò alla festa.
 

(Il Mondo Reale)

La sera di Natale arrivò una lettera da parte di Luke per Lily. La rossa riuscì ad allontanarsi dalla conversazione che la sua famiglia stava tenendo nel salotto giusto il tempo di leggerla.

23 Dicembre, 1975

Cara Lily,

Il mio gufo è fuori al momento e non sono sicuro di quando riuscirò a mandarti questa lettera, quindi: Buon Natale! Da quando abbiamo parlato l'ultima volta, ci sono stati alcuni sviluppi riguardo la situazione della mia famiglia; la maggior parte di questa faccenda non è stata riportata sui giornali, ma so che vorresti rimanere informata, quindi ho pensato di scriverti per aggiornarti.

Prima di tutto, Lathe se n'è andato. È successo proprio questa mattina. Non aveva fatto che entrare e uscire dal negozio, ed in più un bel numero di maghi del Ministero si erano messi a svuotare la dispensa in cerca di prove della presenza di magia Nera, ma – secondo il loro ultimo rapporto – non sono riusciti a trovare nulla di concreto. E senza dare ulteriori spiegazioni alla mia famiglia (il negozio è stato chiuso, ma noi stiamo alloggiando nelle stanze superiori), gli Auror e gli specialisti si sono esclissati. Hanno ripulito le stanze, preso qualche campione delle cose che i miei genitori vi immagazzinavano, ma alla fin fine se ne sono semplicemente andati.

Sono stato al castello questo pomeriggio e ho scoperto grazie a Gazza che Lathe ha anche liberato il suo ufficio. Non sono sicuro di cosa significhi veramente tutto questo. Anche gli Auror che erano stati inviati per la sicurezza della scuola se ne sono andati, sebbene abbiano lasciato indietro alcuni maghi di gradi inferiori, per avere un po' di muscoli in caso di necessità.

Ad ogni modo, devo finire qui, per oggi. Mia madre è nel panico mentre cerca di preparare la casa, perchè mio fratello Logan ha scritto dicendo che avrebbe fatto un salto la vigilia di Natale. Ti scriverò ancora se spunta fuori qualcosa di nuovo, e spero tu ti stia godendo le vacanze.

Con amore,

Luke Harper

"Che cos'hai lì?" chiese una voce, e Lily alzò lo sguardo dalla lettera che aveva appena finito di leggere. Petunia entrò in cucina, con un vassoio da tè pieno di piatti sporchi tra le mani e un'espressione mista tra la curiosità ed il sospetto sul volto pallido e stretto.

"Una lettera," replicò Lily vagamente; la ripiegò, poi infilò la pergamena nella tasca della sua gonna di velluto. "Da parte del mio ragazzo, Luke." Petunia annuì. Posò il bollitore sul fornello.

"Quindi..." cominciò la sorella minore, impacciata, "Vernon è di là con la mamma e i parenti? Come credi che si stiano trovando?"

Lily, ovviamente, era stata nella stanza solo qualche minuto prima e conosceva molto bene la risposta: sua madre aveva da lungo tempo accettato Vernon, sebbene non le piacesse nel vero senso della parola, mentre per quanto riguardava la famiglia allargata (la zia della signora Evans, Sara, lo zio Eugene e il cugino Will), loro sembravano tutti approvare la scelta di Petunia. Tuttavia, Lily era interessata a sentire il punto di vista di Petunia sulla serata.

"Molto bene," rispose la sorella maggiore. "Vernon è accettato ovunque egli vada."

Lily pensava di aver capito il genere di persona di cui si parlava: era la stessa cosa con Luke, eppure Luke e Vernon avevano molto poco in comune, secondo Lily.

Petunia stava aspettando che l'acqua bollisse. "Non ti piace, non è vero?" chiese ad un tratto.

Lily sbattè le palpebre. "Cosa? Chi? Vernon?"

"Certo, ovviamente."

"Che cosa intendi? Io – come ti è venuta un'idea del genere?"

"Ma è la verità, non è così?"

"No." Lily sperava che non fosse così evidente che stesse mentendo, quindi si allontanò da sua sorella, dirigendosi verso il frigorifero, come se per prendere qualcosa da bere. "Voi due sembrate molto felici insieme." Questo, almeno, si avvicinava alla verità. Petunia sembrava assolutamente entusiasta dell'anello considerevolmente grande sulla sua mano sinistra.

"Ma non ti piace." Petunia si stava comportando in modo incredibilmente distaccato, nei confronti della faccenda. Lily lo negò ancora, nel mentre che sua sorella riempiva la teiera. "Non gli piaci neanche tu." Be', quello era stato evidente. "E potrebbe essere per colpa mia."

"Hai...?" cominciò Lily a disagio, "Voglio dire, gli hai detto come...come sono?"

"Non ne vedo il motivo."

"Beh..." Lily si versò dello champagne dalla bottiglia che avevano aperto a cena. "Diventeremo più o meno parenti. Potrebbe divenire curioso del fatto che...sai...non porto la macchina."

Petunia rimase in silenzio per alcuni minuti. "Lily," cominciò alla fine; "È da un pò che ci penso. Hai quasi diciassette anni...non sei più una bambina."

"Hai solo tre anni più di me, Tunia," si sentì di ricordare Lily a sua sorella. Petunia ignorò questo commento come se non l'avesse affatto sentito.

"Quando hai intenzione di lasciar perdere tutte queste sciocchezze?"

Lily si accigliò. "Non è una sciocchezza il fatto che io rilegga Il Grande Gatsby ogni Luglio, Tunia. E certamente spero che tu non ti stia riferendo al fatto che preferirei Oscar Wilde a Shaw ogni giorno della settimana."

Torva, Petunia smise temporaneamente di occuparsi del tè e incrociò le braccia. "Sai che non è ciò di cui sto parlando, Lily. Sto parlando di...di quella scuola e di...di quella roba che fai."

"Magia?" chiarì Lily arditamente. Petunia le intimò di tacere.

"."

"Che cosa intendi con "lasciarla perdere"? Te l'ho detto...non è un raffreddore. Non va via se mangi brodo di pollo o prendi delle vitamine."

"Intendo," insistette la ragazza più grande (il bollitore cominciò a fischiare) "quando hai intenzione di cercarti un lavoro vero? Di vivere nel mondo reale? Di andare all'Università?" Versò l'acqua nella teiera di porcellana.

"Non potrei andare all'Università, Tunia," disse Lily. "Non sono andata in una scuola secondaria riconosciuta...e questo è il mondo reale. Ci sono migliaia di lavori che potrei fare...opportunità che potrei avere, luoghi in cui potrei vivere...la magia non è solo Hogwarts...è..." Lily cercò le parole per spiegare: "È un intero mondo. Non finirà quando otterrò il mio diploma, proprio come il tuo mondo non finirà una volta che avrai terminato l'Università." Se finirai l'Università, aggiunse Lily nella sua mente, perchè aveva la subdola impressione che una volta arrivato il matrimonio, per sua sorella l'istruzione sarebbe terminata.

"E preferiresti vivere in quel tuo mondo, piuttosto che stare con la tua famiglia?" chiese Petunia, la sua voce gelida.

"Resterei sempre in Inghilterra, Tunia – se mai, saremmo in grado di vederci più spesso. Sai, maghi e streghe...possono andare da una parte o l'altra del paese in pochi secondi."

Per un istante infinitesimale, qualcosa simile all'interesse scintillò negli occhi inflessibili di Petunia. E sembrò come quella ragazza molto più giovane che era stata la migliore amica di Lily...prima di Hogwarts, prima di Piton, prima che accadesse ogni cosa. La scintilla, tuttavia, scomparì così velocemente come era apparsa. "Sciocchezze," disse lei, posando di nuovo la teiera sul vassoio.

"Non sono sciocchezze."

"Lo sono!" ribattè Petunia, molto più ad alta voce di quanto aveva voluto. Entrambe le ragazze si zittirono, sperando che nessuno nell'altra stanza avesse sentito. Le risate, il chiacchiericcio e il suono del disco di Ella Fitzgerald della madre continuarono indisturbati, tuttavia, e Petunia si ricompose, lisciandosi la gonna verde limone e i capelli biondi. "Lo sono," disse, calma. "Quindi, hai intenzione di lasciarle perdere o no?"

"No," replicò Lily, allibita.

Petunia aggrottò le sopracciglia. "Che cosa ti è successo, Lily? Eri la mia migliore amica. Facevamo tutto insieme."

"Questo non doveva per forza cambiare, Tunia."

"Certo che doveva. Tu sei cambiata."

"Oh, davvero?" scattò Lily sarcasticamente. "Quindi, sono stata io ad iniziare a chiamare te 'mostro'? Io derido tutto ciò che fai e tutto ciò in cui credi? Io ho preso in giro i tuoi amici? E, ogni volta che realizzavi qualcosa, sono stata io quella che l'ha banalizzata e ti ha fatta sentire uno schifo per questo?"

Petunia prese il vassoio tra le mani. "Tu sei quella che se n'è andata, Lily," disse lei freddamente. Si diresse verso la porta, fermandosi prima di rientrare nel salotto. "Aggiustati i capelli prima di tornare dentro...la mamma vuole che tu sia una damigella, ma Vernon non vorrà mai un piccolo mostro pezzente al matrimonio."

La sorella maggiore fece per aprire la porta scorrevole, ma la giovane strega non si sarebbe lasciata sconfiggere così.

"Sono così contenta di non essere io quella troppo spaventata per dire al suo fidanzato che sua sorella è una strega," disse Lily con naturalezza, poi uscì dalla cucina attraverso l'altra porta.
 

(Invece No, Invece Sì )

"Mi dispiace di averti risposto male prima" disse Kingsley Shacklebolt, sedendosi di fronte a sua sorella in salotto. Bridget, Isaiah e Brice erano stati messo a letto, e Donna sedeva accanto al fuoco, revisionando delle lettere di raccomandazione per la nuova governante.

"Non devi scusarti," disse la strega, sospirando. "È stata colpa mia. Avevi ragione. Mi sono comportata da idiota."

Kingsley rimase in silenzio per un po'. "Se vuoi, smetterò di prendere turni notturni, va bene?"

"Non lo so..." rispose Donna fissando le lettere. "Se riesco a trovare qualcuno bravo abbastanza da badare a quei tre, dovrebbe essere tutto a posto. Solo...sai...assicurati di essere a casa quando Brice si sveglia."

"Lo so, Don." Dopo una breve pausa, continuò: "Allora, che stai facendo con quelle? Pensavo avessi già letto tutte le raccomandazioni."

"Sì, le ho lette. Ora le sto organizzando. Questa pila è per le candidate in possesso di formazione da guaritore ma non di competenze specifiche per la difesa. Queste sono quelle che hanno una formazione in difesa, ma nessuna esperienza da guaritore. Due le hanno entrambe, ma una è Antoinette Rosier, e a me i Rosier non piacciono."

"Come sei progressista."

"Non ho mai detto che avrei usato un parametro equo.”

"Forse dovresti prenderti una pausa”, suggerì Kingsley. "Sei qui da sei giorni e tutto quello che hai fatto è stato badare alla casa, contattare le aspiranti governanti, leggere le raccomandazioni e controllare il giornale per gli annunci."

"Se può farti sentire meglio," rispose l'altra, "non ho più alcuna intenzione di mantenere la casa. I miei lavori domestici si sono conclusi stasera-Bridge è al comando da domani. Odio gli incantesimi domestici."

"Hai bisogno di prendersi una pausa."

Non posso. Devo trovare una nuova governante.”

"E devi concentrarti sulla media scolastica in modo da trovare un lavoro che paghi bene... quindi hai bisogno di una pausa."

"Io non mi prendo pause. Non è nel il mio stile. È un segno di debolezza."

“È un segno di umanità."

"Non mi insultare".

Kingsley la guardò gravemente con i suoi occhi neri. Un mago dalla figura così imponente e dalla voce quasi spaventosamente calma, riusciva ad intimidire molto bene gli altri; Donna, tuttavia, era cresciuta con lui e ne era raramente influenzata. "Donna".

Raramente.

"Va bene, mi prenderò una pausa. Domani. Dormirò fino alle undici e mi farò portare la colazione da Isaiah. Va bene?"

Perchè non vai ad una festa?”

Donna inarcò le sopracciglia. "Andare una festa?" gli fece eco lei. "A quale festa dovrei andare? Non sono stata invitata a nessuna festa."

"I fratelli Plex ti ha invitato ad una festa..." disse Kingsley. "Ho visto la lettera."

"Hai letto la mia posta?" sbottò sua sorella.

"Hai lasciato la busta aperta!"

"Nel mio bidone della spazzatura!"

"Io sono un Auror, Donna. Noto le cose. Dovresti saperlo".

"Perché eri nella mia stanza?"

"Perché mi hai mentito sull'invito alla festa?"

Donna si accigliò. "Non ho alcun interesse a partecipare all'ubriaco e patetico tentativo di festa dei fratelli Plex, dove un sacco di adolescenti idioti vomiteranno sui loro vicini cercando di ballare ritmicamente su una specie di musica primitiva."

L'espressione di Kingsley si fece piuttosto solenne mentre si alzava in piedi. "Deve essere difficile essere così superiore, Donna." Iniziò ad uscire dalla stanza. "Andrai a quella festa."

"Faranno bere i minorenni!"

"Mi fido di te".

"I ragazzi cercheranno di approfittare di me!"

"Non glielo permetterai."

"Sei un fratello terribile!"

"Andrai a quella festa!" Con questo, Kingsley passò attraverso la porta entrando nell'altra stanza.

"Invece no!" protestatò Donna. La ragazza sorrise quando non sentì nessuna risposta, felic di avere avuto l'ultima parola.

"E invece sì!"

Cretino.

Accigliata, la strega prese ancora una volta la pila di lettere e ricominciò ad analizzarle. Ah-questa strega aveva una formazione difensiva, da guaritrice, ed un'esperienza con i draghi. Questa dovrebbe essere perfetta per il temperamento di Isaiah...

Che cosa mi metto?
 

(Due Regali)

"Non hai ancora aperto i tuoi regali?" chiese Shelley Mumps a Marlene Price ,notando la pila di pacchi ai piedi del letto di Marlene la sera di Natale.

Marlene era appena tornata dalla festa, mentre Shelley era salita in dormitorio venti minuti prima ed era quasi pronta per andare a letto.

"Suppongo di no," rispose la bionda, togliendosi gli stivali bianchi go-go e scavalcandoli per salire sul letto. "È stato tutto così assurdo oggi, ho dormito fino a tardi e me ne sono completamente dimenticata dopo colazione."

Shelley aveva cominciato ad intrecciare i capelli lunghi fino alle spalle. "Come si fa a dimenticare i regali?"

"Buona osservazione," concesse Marlene. Si sedette sul letto, togliendosi lo sciarpa, cappotto, cappello e guanti e raccogliendo il primo pacco. "E tu? Grande bottino quest'anno?"

"Abbastanza. Ho otto fratelli e sorelle, e tutti nella mia famiglia fanno sempre regali a tutti gli altri, quindi sono fortunata. Mio fratello mi ha inviato un sacco di Cioccolato Belga, se sei interessata."

Marlene scartò il pacco contenente una bottiglia di (costoso) profumo da sua madre. "Non dire nemmeno la parola 'cioccolato,' Shelley. Non la mangerò mai più." Si passò una mano sulla pancia a confermare l'affermazione. "Scherzi a parte, se vedi che mi avvicino al dolce domani, sei autorizzata ad affatturarmi."

"Non ho intenzione di affatturarti," disse Shelley.

"Lo so." Marlene si accigliò mentre slegò il nastro intorno il suo regalo di Lily. "Peccato che Donna non sia qui...lei mi affatturerebbe se le chiedessi di farlo. Diamine, credo che lo farebbe anche se non glielo chiedessi. Oh, Lily è così dolce...sapeva che mi piaceva questa camicetta..." Shelley sorrise mentre Marlene apriva regalo dopo regalo dai suoi amici. Alla fine, raggiunse l'ultimo, dal suo fidanzato, Miles.

"Carino da parte sua", notò Marlene, osservando la scatola di cioccolatini graziosamente confezionata a forma di cuore. Controllò per terra del suo letto per essere assolutamente certa non c'era nient'altro, poi si alzò e cominciò a prendere i vestiti per la notte.

Shelley si accigliò. "Niente più regali?"

No. Non ne vedo altri.”

Entrambe le ragazze rimasero in silenzio; Marlene provò con tutte le sue forze a non chiedersi perché Adam non le avesse mandato un regalo. Erano solo amici, dopo tutto, e ai maschi non importava di queste cose come alle femmine. In ogni caso, quando aveva dato ad Adamo il suo regalo (una t-shirt dei Dark Dragons), non aveva pensato al ricevere qualcosa a sua volta. Le piaceva semplicemente fare regali, tutto qui. Non c'era motivo di sentirsi delusa. I ragazzi sono ragazzi e...

Shelley era disteso sul suo letto con l'ultimo numero di Teen Witch quando Marlene tornò al dormitorio, pronta per andare a letto. "Ti dispiace se ascolto un po' di musica prima di addormentarmi, Shell?" chiese Marlene.

"No, per niente."

La bionda si mosse verso il giradischi incantato e iniziò a sfogliare una cassa di LP -una collezione di tutti i dischi delle sei compagne di stanza- alla ricerca di qualcosa che catturasse il suo orecchio. Nulla suscitò il suo interesse; controllò il giradischi per vedere che cosa era stato lasciato sopra. Non era uno dei suoi dischi.

"Hai ascoltato qualcosa oggi, Shelley?" chiese Marlene. Shelley rispose di no. "È strano...avrei giurato di aver lasciato l'album dei Cockatrice qui questa mat..." Si interruppe e rimosse il disco sconosciuto. "Ehi, questo è il nuovo album dei Hate Potion...è uscito solo ieri, come... Shell, è tuo?"

"Hate Potion? Io non ascolto gli Hate Potion".

"No, la maggior parte delle ragazze non.." Marlene tacque, mentre la copertina del disco appoggiato contro la parete dietro il tavolo attirava la sua attenzione. Sopra alla copertina dell'album, vagamente psichedelica, era stata incollato un pezzo di pergamena.

"Buon Natale, da Adam."

Raggiante, Marlene mise l'album sul lettore.



(Ciò che resta)

Era innamorata di lui.

Era così orribilmente ovvio, che James non riuscì a concentrarsi sulle parole crociate, la mattina del ventisei. Il suo piede batteva furiosamente contro il pavimento di legno della sala della colazione, mentre cercava di ricordarsi i nomi delle specie di drago della Norvegia. La sua attenzione era rivolta ad altro.

Era innamorata di lui. Era stato tutto perdonato, a suo padre era consentito rientrare nelle loro vite come se niente fosse, ed a lui – James – veniva chiesto di perdonare e dimenticare, tutto a causa del supremamente irritante, assolutamente indifendibile e spaventosamente incontrovertibile fatto che sua madre era ancora innamorata di suo padre. Dopo tutto quello che le aveva fatto passare, dopo tutto quello che aveva fatto passare ad entrambi, Grace Potter amava ancora suo marito.

Dannazione.

James scribacchiò "Dorsorugoso" negli appositi quadratini e continuò a battere il piede. Erano solo le sette e qualche minuto: i suoi genitori erano rimasti alzati fino a tardi insieme agli ospiti, e James non si aspettava, quindi, che si sarebbero fatti vivi fino ad almeno le nove passate.

Rimase, per cui, sorpreso, quando il signor Potter entrò nella sala della colazione qualche minuto prima delle sette e trenta. Il signor Potter non sembrò meno sorpreso.

"Ti sei svegliato presto," osservò lui. James trattenne un sarcastico: "Deja vù," e non disse nulla; non sapeva cosa dire. Il signor Potter annuì, posando una tazza di tè sul tavolo e sedendosi. "Dovevo aspettarmelo," mormorò.

Il piede di James continuava a battere leggermente.

Era innamorata di lui. Come diavolo poteva essere ancora innamorata di lui? O forse non importava?

Tap, tap, tap, tap, tap, tap, tap...faceva il suo piede.*

"C'è qualcosa che non va, James?" chiese il signor Potter, riuscendo abbastanza bene a suonare paziente.

James alzò lo sguardo dalle parole crociate e smise di battere il piede. "No. È solo che...voglio dire...io..." abbassò lo sguardo sul giornale. "Sapresti dirmi quale potrebbe essere una specie di draghi della Norvegia? Undici lettere?"

"Oh..." (Sopreso.) "Dorsorugoso, forse?"

James annuì. Fece finta di scrivere la parola, anche se già occupava i riquadri giusti. "Si, penso che sia giusta." Incontrò lo sguardo di suo padre. "Grazie."

"Prego."

Entrambi i Potter ritornarono alle loro rispettive copie della Gazzetta del Profeta.

James sospirò, ma non si sentiva proprio malissimo. Questioni di famiglia: possono richiedere tempo. E cos'è che dicono sempre le persone, riguardo chi va piano?

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Realizzazioni ***


*Angolino della vergogna di una delle traduttrici*
Sono consapevole di quanto sia tardi e di quanto i miei occhi si stiano chiudendo, spero solo che tutto abbia un senso. Questo è uno dei capitoli migliori, preparatevi. Lasciateci qualche recensione, se vi va, perché ci fa sempre piacere sapere cosa pensate della storia (e magari spoilerare in allegria).

Passate da Snaps (traduzione di una OS sul soprannome dato a Lily da James).
Notte,
WaitForIt


Recap: Lily viene a sapere che il Professor Black sta morendo, e anche se promette di non dirlo a Sirius, consiglia al Professore di farlo. Donna promette a suo fratello, Kingsley, di andare ad una festa per socializzare. Lily va a casa per Natale e incontra il “dramma Petunia”. James va a casa per natale e incontra “l’angoscia genitori”. Frank e Carlotta sono in una strana fase, poiché lei vuole andare oltre il loro discutibile inizio, ma lui rimane indeciso. Alice supera la faccenda di Frank.

Capitolo 13- "Realizzazioni"
O
“One Night Stand”

Nel 1976, Marlene Price ruppe con lo stesso ragazzo per due volte.

Nel 1976, Adam McKinnon disse “ti amo”. Due volte.

Nel 1976, Alice Griffiths si fidanzò, Carlotta Meloni ebbe un ragazzo, Sirius fece un grosso errore e Severus Piton ne commise almeno due. Nel 1976, Donna Shacklebolt si innamorò. Quasi.

Nel 1976, Petunia Evans si sposò, Remus Lupin per poco uccise qualcuno, Alphard Black lasciò Hogwarts, Frank Paciock ebbe una rivelazione, Mary Macdonald no, Peter Minus diede un consiglio davvero, davvero buono.

Nel 1976, James Potter smise di fumare.

Nel 1976, Lily Evans si innamorò.

Ma di questo ne riparleremo più avanti.
 

(Una Donna Lasciata Sola)

Cazzo.

Cazzo, cazzo, cazzo.

Questo era ciò che aveva ripetuto Donna Shacklebolt–ad alta voce e nella sua testa–per i primi minuti del 12 gennaio. Scendendo dal letto, era inciampata sulle scarpe che era riuscita in qualche modo a togliersi la notte prima (“Accidenti cazzo! Il mio dito!”), aveva controllato la sveglia dell’orologio ("Cazzo–Sono in ritardo! Devo tornare a scuola oggi! Ho fatto le valigie? Cazzo!”), aveva preso dei vestiti dal pavimento (“Dove cazzo è la mia fottuta camicia?”) e si era precipitata nel bagno adiacente (“Che cazzo, c’è luce qui!”).

Ogni parte del suo corpo le faceva male mentre barcollava fino al lavandino e girava il rubinetto. Mise le mani sotto l’acqua fredda, curvandosi sopra la mensola nel tentativo di riprendersi.

“Non berrò mai più.” Gracchiò la strega al suo riflesso mezzo morto. “Non guarderò mai più la vodka, non penserò neanche più alla… alla… alla…” decise di non finire la frase per precipitarsi verso il gabinetto, alzare il coperchio e svuotare il contenuto del suo stomaco nella tazza.

“Oh-Dio-ucciderò-Kingsley,” mormorò qualche minuto dopo, cercando di rialzarsi. Aveva lasciato il rubinetto aperto ed ancora una volta mise le mani sotto l’acqua. “Perché ho accettato di andare a quella stupida festa? Perché diavolo ho accettato di prendere sei bicchieri di vodka liscia?” Immerse la faccia dell’acqua. “Perché diavolo ho…?”

Donna incontrò i suoi occhi con il riflesso bagnato nello specchio. Lentamente, i colori offuscati che costituivano i suoi ricordi della sera prima cominciarono a prendere forma. Lentamente, cominciò a ricordare. Ed a quel punto di rese conto di una cosa.

“Oh, cazzo.”

 

(Ritorno e Rimpianto)


L’Espresso per Hogwarts arrivò alla stazione di Hogsmeade verso le sette, come al solito. Lily aveva fatto tutta la strada con Mary Macdonald ed una manciata di ammiratori di Mary, dal momento che Donna era stata misteriosamente assente per l’intera giornata.

“Forse ha perso il treno,” suggerì Mary, mentre le due ragazze scendevano sul binario, tremando nell’aria di Gennaio.

“Spero di no,” disse Lily. “Anche se immagino che possa sempre usare la metropolvere per Hogsmeade. Ma ancora…”

“C’è Marlene,” osservò Mary, notando la sua amica dall’altra parte del binario. “Ehi, Mar! Marlene!”

La bionda si precipitò in avanti e abbracciò una per una le sue amiche. “Mi siete mancate!” disse battendo i denti. “Buon anno!”

“Buon anno,” disse Mary. “Sei venuta a prenderci? Che dolce.”

“Sono venuta a prendere Miles.”

“Mmm, che amica.”

“P-p-possiamo per favore andarcene da questo freddo?” balbettò Lily, sfregando assieme le mani coperte da guanti a manopola.

“Concordo.” Approvò Mary. “Andiamo, Mar…”

“Aspetto Miles,” le ricordò con voce melodiosa. “Dov’è Donna?”

“Bella domanda.” Disse Lily. “Non l’abbiamo vista sul binario e non è venuta nel solito scompartimento. Abbiamo controllato la maggior parte della carrozza, ma non siamo riuscite a trovarla.”

“Ci stavamo chiedendo se non avesse perso il treno,” Mary informò la loro amica.

“Be', se è così,” disse Marlene “non ha usato la metropolvere.”

“Strano,” mormorò Lily “Mi chiedo se…” ma fu catturata dalla vista di qualcosa che la fece nuovamente respirare liberamente.

“Oh, eccola là! Donna! Ehi, Donna!”

Donna stava, infatti, scendendo dal treno, un’espressione tetra sul volto. Annuì verso Lily e si diresse in direzione del gruppo.

“Dove sei stata oggi?” chiese Mary. “Ti abbiamo cercata.”

“Non stavo bene,” replicò Donna. “Ho dormito in uno scompartimento vuoto alla fine del treno.”

“Stai bene?” Chiese Lily preoccupata. “Non hai un bell’aspetto. Dovresti stare a letto…”

“Sto bene,” disse Donna subito. Mary cominciò a ridere.

Io so cosa c’è che non va–sei andata alla festa di fine vacanze di Charlie Plex, non è vero? Quelle feste sono sempre fradice di alcool! Ti sei presa una sbronza.”

“Oh Don, non sarai andata alla festa di Chalie Plex, vero?” chiese Lily, mezzo ridendo. “Fanno così… quinto anno.”

“Davvero?” disse Marlene. “Penso che fossimo troppo fiche per quelle durante al quinto anno. Probabilmente eravamo troppo fighe per quelle feste anche al terzo anno.”

“Fanculo,” scattò Donna, incrociando le braccia–più che altro per il freddo–senza incrociare gli occhi di nessuno. “Kingsley mi ha costretto ad andarci. E c’erano molti del sesto anno… Charlie Plex incluso…”

“D’accordo,” la consolò Mary. “Io sono andata ad una festa dei Plex una volta. È stata la prima volta in cui ho assaggiato Whiskey Incendiario. Oh–guardate c’è Martin. Mi ha mandato un bellissimo regalo di Natale… dovrei davvero andare a ringraziarlo. Ci vediamo in dormitorio. E Don, voglio i dettagli.” Mary se ne andò e non appena lo fece Miles si avvicinò al gruppo .

“Ciao, Marlene,” disse, facendo scivolare le braccia attorno alle sue spalle.

“Ciao, Miles. Buon anno!” Si baciarono–più a lungo del solito, sembrava, e Lily si spostò a disagio, aspettando che finissero. Quando si separarono, Marlene sembrava vagamente sorpresa ma sorrise comunque. “Cosa c’è che non va?”

“Non c'è niente che non va,” disse Miles. “Sono solo felice di vedere la mia ragazza.”

“Be', sono felice di vederti anch’io,” disse Marlene, accoccolandosi vicino a lui. “Oi, indovina: Donna è andata ad una festa di fine vacanze dei Plex.”

Miles guardò Donna, con le sopracciglia inarcate. “Davvero? Questo sì che è interessante… spero che tu non abbia fatto nulla di cui potresti pentirti… quelle feste hanno una certa fama.” Fece l’occhiolino. “Su Marly, si gela–andiamo verso il castello.”

La coppia se ne andò; quando si furono allontanati, Lily diede una pacca amichevole sulla spalla dell’amica. “Non ti preoccupare , Donna. Dovremmo prendere le tue cose così puoi andare a letto, eh?” Appena Lily cominciò a prendere i bagagli, comunque, Donna si immobilizzò. “Don, cosa c’è che non va? Stai bene?” Donna guardò la sua amica, come risvegliandosi da uno stato di trance. “Lily io-io non posso esserne certa, ma... credo di essere andata a letto con Miles.”
 

(Ventitré ore prima)

Donna era andata alla festa. Era arrivata in ritardo, come sapeva di dover fare, e la ragazza che aprì la porta della casa dei Plex sembrò abbastanza sorpresa di vederla. Fin qui le aspettative della serata erano state rispettate.

La stanza più grande era affollata, rumorosa a causa degli studenti che chiacchieravano e densa di una varietà di aromi non-complementari. Un’ora: sarebbe rimasta un’ora e poi avrebbe preso la metropolvere prima che si riuscisse a dire “Perdita di tempo.”

“Donna Shacklebolt?” si meravigliò una voce, mentre la strega cercava un tavolo in un angolo. Il tavolo aveva attirato la sua attenzione, per lo più per la grande ciotola di punch, che–se le storie riguardo alle feste dei ragazzi Plex erano vere–portava con sé la promessa di condimento alcolico. Donna si voltò per vedere chi si era rivolta a lei e scoprì essere niente meno che il padrone di casa in persona–un Corvonero del suo anno con capelli castano ramati e lentiggini che rispondeva al nome di Charlie Plex.

“Sì” ne convenne, irritata e stranamente gratificata dalla sua stupida espressione.

“Non mi aspettavo di vederti qui,” replicò il padrone di casa, ma non sembrava dispiaciuto.

“Mi hai invitato e ti ho risposto via gufo che sarei venuta,” rispose, confusa.

“Ho pensato fosse uno scherzo.”

“Perché dovrei fare uno scherzo del genere?” Senza aspettare la risposta, aggiunse subito: “Vuoi che me ne vada? Ne sarei più che felice credimi.” Non voleva confessare di essere lì perché suo fratello maggiore pensava che lei non avesse una vita sociale, ma se avesse dovuto, sarebbe arrivata a tanto.

“No,” disse Charlie, “resta, assolutamente. Serviti pure con del,” diede un’occhiata al tavolo alle sue spalle “punch.”

“Ho tutte le intenzioni di farlo.”

E Donna lo fece. Si servì da bere tre volte di fila in immediata successione, cosa che lasciò un po’ a bocca aperta il Corvonero. “Hai intenzione di rallentare con quello?” chiese. Lanciandogli un’occhiataccia, Donna scosse la testa. “In quel caso, ti verrò a cercare tra circa un’ora.” Cominciò ad andarsene.

“Buona fortuna.” Mormorò Donna, alzando gli occhi al cielo e buttando giù un altro “Punch”.

Solo un’ora… doveva rimanere solo un’ora.
 

(Presente: Problemi di Famiglia)


“Il traditore ritorna,” notò Sirius, mentre James collassava sul letto.

“Non sei davvero arrabbiato perché ho deciso di tornare a casa per Natale, vero?” chiese James alzando gli occhi al cielo. “Lo so che avevamo detto che saremo rimasti tutti, ma…”

“Nah, siamo stati meglio senza di te,” gli assicurò Sirius. “Metti sempre Peter di pessimo umore. Mi ha detto che di essere lieto che tu non sia rimasto.”

“Non mentire, Padfoot,” disse Peter sulla difensiva. “Non l’ho detto.”

Lo ha detto.”, mimò con le labbra Sirius.

“Parlando d’altro,” disse Remus, che era seduto alla scrivania, sfogliando il giornale; “Sirius ha fatto saltare in aria tre stanze diverse ed almeno due sedie.”

“È un incantesimo fantastico che ho appena trovato, Prongs,” approfondì con entusiasmo Sirius. “E tecnicamente, Moony, erano solo due stanze. Due stanze e un armadio.”

“L’armadio di Gazza,” disse Peter a James, che sembrava impressionato a dovere.

“Il soffitto ha ancora il segno,” disse Sirius con orgoglio. “Ti ci porto più tardi… Sto pensando di fare un giro dalla sua scrivania.”

“Be', avete fatto cose molto più interessanti di me,” constatò James. “Una volta che tu hai vissuto a casa di qualcuno, Padfoot, ci si abitua al fatto che le cose esplodano o spariscano di tanto in tanto…Avevo dimenticato quanto fossero noiosi i miei genitori.”

“Già,” disse Sirius. “Ma scommetto che è stato un bel bottino quest’anno.”

“Eccellente. Papà sta cercando di fare ammenda. Indovina chi ha l’ultimo modello della Nimbus…”

“Non prendermi per il culo,” si meravigliò Sirius, tirandosi su. “Sul serio?”

James annuì. “Puoi farci un giro se mi prometti di non provarla al Platano Picchiatore… voglio essere io il primo a farlo con quella scopa.”

“D’accordo” convenne Sirius. Tirò fuori un pacchetto di sigarette dalla tasca dei suoi vestiti. “Siga?”

James scosse la testa, gesto per il quale Sirius scrollò le spalle e se ne accese una per lui.

“Preferirei che non la fumassi qua dentro,” borbottò Remus, e mentre Sirius si preparava a difendere il suo atto, James rotolò giù dal letto e prese l’ora dimenticato giornale.

“Avete sentito di quei contrabbandieri?” chiese James, anche se nessuno gli stava prestando attenzione. “Sembra anche che un altro Auror sia stato attaccato. Sapete, penso che sia strano che non siano stati uccisi…”

“Be', forse, Moony, se non fossi uno maniaco ossessionato dall'ordine…”

“Non volere cenere su tutto il pavimento non mi rende ossessionato dalla pulizia.”

“Ma ti rende maniacale. In più ci sono gli elfi domestici.”

“Padfoot, questo è proprio da te… abbiamo l’obbligo di tenere questa stanza pulita.”

“Be' abbiamo fatto sempre fatto dannatamente schifo in quello…”

“Forse voi tre lo avete fatto, ma io... e non sono un maniaco!”

“Oh, mi siete mancati idioti,” disse James sarcasticamente. Peter sogghignò, attraversando la stanza per sedersi vicino a James. “È uscita la nuova lista dei Mangiamorte conosciuti,” osservò il capo dei Malandrini, scansionando la pagina. “'Sardocious Rosies annuncia ufficialmente il suo supporto a Voldemort’ nessuna sorpresa fin qua… ‘Vlad Ivonovna è collegata all’omicidio dei Meadowes…’ Sai, Pete, se io fossi nel Ministero…” Si fermò.

“Cosa?” Chiese Peter, guardando l’articolo di giornale da sopra della spalla di James. “Qual è il problema, Prongs?”

“Logan Harper,” disse James lentamente. “Conosciamo un Logan Harper, vero?”

“Sì… era qualche hanno più vecchio di noi. Logan Harper è il…”

“È il fratello più grande di Luke Harper, giusto. Capelli chiari, giocava a Quidditch, è uscito con Narcissa Black per un po’?”

“Chi è uscito con Narcissa?” chiese Sirius, interessandosi alla conversazione.

“Logan Harper?”

“Oh.” Sirius annuì. “Sì, è vero. È finita da un pezzo comunque. Aspetta–perché ne stiamo discutendo?”

James gli passò il giornale. “Indovina chi è appena entrato nella lista dei ‘sospetti Mangiamorte.’”
 

(Una lunga cena)


“Cosa diavolo significa che sei andata a letto con Miles?” sbottò Lily a Donna, quasi due ore dopo, quando le ragazze furono finalmente di nuovo da sole. A Lily la cena non era mai sembrata così lunga. Ora, le due ragazze del sesto anno occupavano un corridoio deserto fuori dalla strada per il dormitorio; Lily aveva preso Donna da parte per ottenere una spiegazione lontano dagli altri.

“Non sono sicura,” disse Donna, andando nel panico. “Ero davvero, davvero ubriaca la scorsa notte… Non riesco a ricordarmi niente, a parte smozzichi e bocconi… e sono abbastanza sicura che ci fosse una capra a quella festa. Perché mai dovrebbe esserci una capra a…”

“Donna, non è il momento per fare la simpatica,” la interruppe Lily. “Dimmi tutto quello che ricordi. Adesso.”

Riprendendosi, Donna setacciò i propri ricordi alla ricerca di qualcosa di concreto. Ricordava di essere stata in una stanza–una grande, affollata stanza rumorosa… e l’alcol era sicuramente coinvolto. “Miles era alla festa,” cominciò lentamente. “Era lì… gli ho parlato un po’… eravamo seduti in un angolo… c’era un canadese e poi non c’era… ed io stavo... stavo dicendo qualcosa su Antiche Rune.”

“Parli di Antiche Rune quando sei ubriaca?”

“A quanto pare. Sì, stavo… stavo sicuramente parlando di Antiche Rune.”

Lily incrociò le braccia. “E questo ti ha portato a scoparti il fidanzato della tua amica, come?”

“Come diavolo faccio a saperlo?” mormorò Donna. “Io solo… so solo che ho fatto sesso. Ho sicuramente fatto sesso. Lo so. Non ricordo chi fosse… Sono sicura al novantanove per cento che fosse maschio…”

“Be' non può essere stato così bello.”

“Ancora una volta: come diavolo faccio a saperlo? Ma… hai visto il modo in cui si è comportato Miles sul binario? Come… come se sapesse qualcosa… ed è stato così affettuoso con Marlene, e…”

“Si stava comportando come un coglione,” concordò Lily. “Ma si comporta sempre come un coglione. Merda, non posso credere che tu sia andata a letto con lui… e non solo perché è il ragazzo della tua amica; è una tale nullità.”

“Prima di tutto,” disse Donna, “Marlene è la mia compagna di stanza… non è mia amica. Non ci facciamo le trecce ai capelli l’un l’altra e non chiacchieriamo dei bei ragazzi che ci piacciono e…”

“Donna,” la interruppe Lily impaziente. “Comportarti come se non ti importasse di Marlene non cancellerà questa cosa, va bene? La devi sistemare.” Girò sui tacchi e si diresse verso il dormitorio.

Sistemarla.

Come diavolo avrebbe dovuto sistemarla?
 

(Ventisei Ore Prima)


"Shacklebolt?" chiese una voce, ma c'erano molte voci a quel punto, e lei non era del tutto certa di sapere da dove provenisse questa in particolare. Donna si guardò intorno, ignorando il mago dall'accento canadese al suo fianco; era rimasto lì per quella che sembrava un'eternità e stava cominciando a diventare pesante.

"Miles Stimpson," Donna riconobbe il ragazzo della sua compagna di stanza. "Che cosa ci fai qui?"

Il Corvonero si fece strada oltre il gruppo di ragazzi che stavano circondando Donna in quel momento.

"Che ci fai tu qui?" ribattè lui, divertito dagli occhi rossi di lei (i suoi erano tutt'altro che sobri) e dalla sua posa rilassata su un divano al centro dell'attenzione. Era molto non-Donna.

"Bevo," rispose lei semplicemente. Mandò giù un sorso dimostrativo da un calice discutibile. Alcuni dei suoi compagni lo trovarono divertente–ma anche i loro occhi tendevano pericolosamente al rosso. "Un sacco."

"Lo vedo," disse Miles. Si sedette sul divano anche lui.

"Tu sei un coglione, lo sai," lo informò Donna.

"E tu sei una stronza terrificante," replicò Miles. "Anche se..." e si fece più vicino, "non sei così terrificante in questo momento…e i tuoi amici sembrano essersene accorti."

"Sono ubriaca," lo informò Donna, fissando il suo calice quasi vuoto. "Le mie labbra sono intorpidite. Sarei comunque in grado di ucciderli tutti." Con un sorriso gelido al suo canadese: "Non è vero?" Ma prima che lui potesse rispondere, lei chiuse gli occhi ed esalò: era ubriaca... circondata da stupidi ragazzi pronti ad approfittarsene... quello era un buon momento per andarsene. "Molto bene. Andatevene tutti. Ora." Ci volle un altro minuto prima che capissero che stava facendo sul serio, ma quando lei estrasse la bacchetta e bruciò una parte del tappeto di fronte a lei, si convinsero molto più facilmente.

Di nuovo sola, Donna chiuse gli occhi. Finì il suo drink. Devo andarmene prima che faccia qualcosa di stupido.

Aprendo gli occhi, tuttavia, Donna si rese conto di non essere, in effetti, sola. Miles, la cui testa ciondolava sul collo al vago ritmo della canzone che suonava in sottofondo, era ancora sul divano.

"Ho detto 'vattene'," insistette lei. Lui la guardò, ma non si mosse–e possibilmente perchè era di molto troppo andato per riuscire a capirla davvero. "Sei un tale coglione," ripetè lei, ritornando al suo calice vuoto.

"Perchè?" domandò lui, imbronciato.

"Sei tutto quello che odio in un ragazzo... un pallone gonfiato, uno stronzo con la sua ragazza..."

"Non sono uno stronzo con Marlene."

"Lo sei, invece."

"Non lo sono–e poi a te che importa?"

Questo colpì Donna in un modo strano e indescrivibile. "Non m'importa," sostenne lei, a disagio. "È solo che odio i ragazzi che credono di essere così magnifici, che pensano di avere il diritto di dominare le loro ragazze. Non si tratta di Marlene in particolare, è solo... è solo che il tuo modo di comportarti è disgustoso."

Miles si accigliò. "Ma-che-dici?" farfugliò lui. "Non si tratta di Marlene? È amica tua, non è così?" Lui ridacchiò. "Ho fatto la rima..."

"Marlene non è mia amica," scattò Donna, sentendosi d'un tratto spaventosamente sobria. Afferrò il calice più vicino e lo vuotò. "Marlene è la mia compagna di stanza."

"Marlene non è tua amica?" ripetè il Corvonero, un pò incredulo. "E allora chi è tua amica?"

Donna ce l'aveva una risposta. "Lily."

"Solo Lily?"

"Solo Lily."

"Che stupida."

"Non sono stupida. Io non voglio amici."

"Oh." Dopo un lungo silenzio imbevuto d'alcool, Miles continuò: "E così Marly no-non è tua amica?"

"No," disse Donna seccamente. Afferrò e vuotò un altro calice preso dal tavolo.
 

(Presente: Un Piccolo Passo)


"Ce la puoi fare."

Alice Griffiths stava lottando con il peggiore dei sentimenti alla bocca dello stomaco: come se stesse per rendersi terribilmente ridicola. Stava per umiliarsi completamente ed a breve avrebbe passato altri due mesi rinchiusa nel suo dormitorio, cercando di superare la vergogna. A questo, pensava indiscutibilmente lei, avrebbe portato tutto ciò.

"Ce la puoi fare," sussurrò a se stessa ancora una volta. Ma la diciassettenne non lo credette, e questo non fece che frustrarla ancora di più. "Tu vuoi diventare un'Auror, per l'amor di Dio. Puoi farcela, Alice Griffiths."

E con questo, lo fece.

Fece un passo–un passo di lunghezza insignificante, giusto lo spazio tra l'ultimo gradino della scalinata di marmo e il pavimento di pietra della Sala d'Ingresso. Ma lei discese l'ultimo gradino e non si fermò. A testa alta, attraversò in linea retta tutta la stanza ed entrò nella Sala Grande.

La fece sentire bene.

"Porca miseria!" si meravigliò Donna Shacklebolt, come Alice si sedette di fronte a lei. "Alice, sembri... completamente diversa."

Ed anche Alice lo sapeva. I suoi capelli, solitamente di un biondo sporco, terminanti all'altezza delle spalle in folti ricci, erano ora dritti come un fuso, con liscie ciocche biondo chiaro lunghe fin ben oltre le spalle. La strega si era messa il trucco per la prima volta da quella che sembrava un'eternità, e le stava proprio bene: il mascara, l'ombretto, il lucidalabbra e il fard. Il colorito pallido e i capelli indomati non erano che un mero ricordo, ora.

"Sei splendida," corresse Lily Evans, presente anche lei, lanciando un'occhiataccia a Donna. "Che è successo? Ehm... non che tu non sia sempre stata bellissima, perchè lo eri, è solo che..."

"Lo so," intervenne Alice. "So cosa intendi." Quando sorrise, sembrò–solo per un attimo–quasi come la vecchia Alice... la Alice prima della rottura. "Sto iniziando una nuova fase," annunciò lei orgogliosamente.

Donna aggrottò la fronte. "E questa fase avrà luogo fuori dal tuo dormitorio, quindi?" Lily le lanciò un'occhiataccia. Alice ebbe una nuova sensazione–come se avesse appena interrotto qualcosa.
 

(Due Minuti Prima: Il Braccialetto dell'Amicizia di Marlene)


"Non gliel'hai ancora detto?" domandò Lily, sedendosi dal lato opposto a Donna al tavolo della colazione.

Gli occhi di Donna si allargarono a dismisura."Se l'ho detto a Marlene?" chiese lei in un sussurro. "Certo che non l'ho detto a Marlene. Sei fuori di testa? Perchè diavolo dovrei dirlo a Marlene?"

"Pensavo avessi detto che avresti risolto la situazione!"

"E questo come potrebbe risolvere la situazione? Come potrebbe portare a qualcos'altro oltre che al mio smembramento?"

"Be', forze ti meriti di essere smembrata." Lily si versò del succo di zucca. "Non posso credere..."

"Buongiorno," disse una voce. Una strega si trovava alla sinistra di Lily, e, quando la ragazza si sedette al tavolo dei Grifondoro, Lily fu momentaneamente convinta che fosse qualcuno che non avesse mai incontrato. In realtà, era Alice Griffiths, ma era una Alice Griffths come Lily non l'aveva mai vista.

"Porca miseria," si meravigliò Donna. "Alice, sembri... completamente diversa."

"Sei splendida," disse Lily. "Che è successo?" Rendendosi conto di come poteva suonare: "Ehm... non che tu non sia sempre stata bellissima, perchè lo eri, è solo che..."

"Lo so. Lo capisco. Sto iniziando una nuova fase," le informò la ragazza del settimo anno, servendosi delle aringhe affumicate.

Donna aggrottò la fronte. "E questa fase avrà luogo fuori dal tuo dormitorio, quindi?" Lily le lanciò un'occhiataccia.

"Non ti è permesso fare la stronza, oggi, Donna. Anzi, non sono neanche sicura che ti sia permesso parlare finchè tu non abbia confessato."

"Confessato cosa?" chiese Alice. Lily si spostò a disagio sulla sedia.

"Confessato di... aver rubato... il mio... il mio... braccialetto dell'amicizia."

"Il tuo braccialetto dell'amicizia?"

"Il mio braccialetto dell'amicizia."

"Donna ti ha rubato il braccialetto dell'amicizia?"

"E ci è andata a letto."

"Cosa?"

"Si è addomentata indossandolo durante le vacanze e... l'ha perso. Il mio braccialetto dell'amicizia."

"Oh." Alice aggrottò la fronte. "Da chi l'avevi avuto? Il braccialetto..."

"Sai, i dettagli non sono importanti," disse Lily alle sue uova strapazzate. "La cosa importante è che Donna ha fatto qualcosa di sbagliato e che deve confessare. Deve farsi avanti ed ammettere a chiunque sia coinvolto di aver fatto qualcosa di sbagliato e che spenderà il resto della sua carriera ad Hogwarts cercando di essere un'amica migliore."

"Sai, Lily," cominciò Donna a denti stretti, "sono venuta da te per quanto riguarda... il braccialetto dell'amicizia, perchè pensavo saresti stata comprensiva. Pensavo non mi avresti giudicato per il mio errore e che avresti cercato di confortarmi in questi tempi difficili."

"Stronzate. Certo che ti sto giudicando."

Alice sembrò sorpresa. "Sei un po' dura, Lily. Lei sembra dispiaciuta..."

"Ti ringrazio, Alice."

"Era il braccialetto dell'amicizia di qualcun'altro," scattò Lily.

Perplessa, la diciassettenne alternò lo sguardo da una ragazza all'altra. "Sono confusa. 'Braccialetto dell'amicizia' è un eufemismo per qualcosa?"

Prima che una delle due potesse rispondere, tuttavia, apparvero Mary e Marlene, che si sedettero opposte ad Alice. "Buongiorno," disse Marlene allegramente. Lily e Donna si alzarono contemporaneamente.

"Devo fare i compiti," disse Donna.

"Anch'io," disse Lily.

Se ne andarono velocemente mentre Mary cominciava a fare i complimenti ad Alice per il suo aspetto.

"Braccialetto dell'amicizia, Lily? Davvero?"

"Miles Stimpson, Donna. Davvero?"
 

(La Nuova Alice)


Frank Paciock aveva un appuntamento in biblioteca; un appuntamento con settantadue pagine di una lettura che doveva completare per la successiva lezione di Erbologia. La bibliotecaria lo direzionò a malincuore verso la corretta sezione, e, mentre cercava il libro necessario tra gli scaffali, il Caposcuola fu raggiunto da qualcun altro.

"Accidenti... Alice?"

Alice non sembrava avesse notato Frank quando era arrivata nel corridoio, alzandosi in punta di piedi per leggere i titoli lungo uno scaffale più in alto, eppure, quando lui le rivolse la parola, non sembrò sorpresa.

"Ciao, Frank," replicò lei, abbastanza allegra.

Sembrava... più alta.

Se quella era la parola giusta.

Frank non ne era sicuro. Anzi, non era del tutto sicuro neanche che quello non fosse un sogno; Alice si trovava a fianco a lui–non la normale, ex-ragazza Alice, con i ricci capelli biondo scuro, la pelle pallida e l'abitudine di nascondersi dietro gli scaffali ogni volta che lo vedeva, ma qualcuno di completamente diverso: una Alice con lunghi e setosi capelli lisci biondo chiaro, con le guance rosate, e un'aria che faceva intendere che fosse così interessata dalla presenza di Frank nello stesso corridoio della biblioteca quanto avrebbe potuto esserlo da quella di una mosca.

Battendo pigramente sul dorso di alcuni libri diversi, Alice individuò finalmente quello che stava cercando; Frank era troppo impegnato ad essere confuso.

"Che sfortuna per tutte le letture assegnate, eh?" disse lei loquacemente. "Be', allora ciao."

E così insaspettatamente come era arrivata, la signorina Griffiths se ne andò. Frank rimase a fissare il punto in cui un attimo prima c'era lei. Poi ebbe una realizzazione. "Aspetta. Ha appena preso il mio libro!"
 

(Quarantasei Ore Prima)


"Neanche morta," scattò Donna; la sua bacchetta era levata di nuovo, questa volta puntata sullo spazio tra gli occhi di Miles Stimpson.

"Calmati, Shack," borbottò lui, ritirando la mano.

"Io non..." Mormorando di "fottuti bastardi" e "insopportabile idiozia," Donna si alzò in piedi. Oh, aspetta soltanto che Marlene lo venga a sapere...

Attraversò vacillando la stanza affollata, probabilmente urtando delle persone, ma non ne poteva essere sicura. La sua testa girava, così che per il momento in cui Donna raggiunse la porta, era consapevole soltanto di due pensieri: Vai a casa, e vai a letto.

"Te ne vai già?"

La voce raggiunse Donna proprio mentre lei raggiungeva la porta, ed apparteneva–come scoprì un momento dopo–al padrone di casa, Charlie Plex. "Sì," dichiarò lei con certezza, chiedendosi come mai lui stesse ruotando in quel modo.

"Come?"

"Attraverso la porta."

"Come farai ad arrivare a casa?" chiarì lui, leggermente seccato.

"Mi smaterializzerò."

"È legale?"

Gli occhi di Donna si restrinsero. "Io ho diciassette anni," lo informò.

"Anch'io, ma non so come smaterializzarmi. Non abbiamo nemmeno preso lezioni a scuola, ancora."

"Io so smaterializzarmi." E così fece per andarsene.

"Ti spaccherai," le disse Charlie. "Andiamo–puoi usare il camino in biblioteca."

Ed il lato sobrio e pratico di Donna–il cui controllo stava insolitamente sfuggendo–le disse che questa era un'idea molto migliore. "Va bene." Ed iniziò a seguire il suo ospite attraverso la stanza, barcollando ma rimanendo a galla. I suoi occhi si posarono di sfuggita su Miles Stimpson, che stava ancora bevendo.

"Marlene non è tua amica? E allora chi è tua amica?" il suo tono incredulo risuonò nella mente di lei. Una strana sensazione di disagio sommerse anche l'alcool nell'organismo di Donna. Se Marlene non era sua amica, allora perchè si sentiva così in colpa per il fatto che il suo ragazzo ci avesse provato con lei? Se Marlene non era sua amica, che importava? Che importava se Miles ci provava con lei?

...o forse era l'alcool a parlare?
 

(Presente: Segreti, Segreti)


Lily aveva due motivi principali per andare a fare una passeggiata nel castello quella sera: Donna Shacklebolt e Marlene Price. Nel tentativo di evitare tutto il potenziale imbarazzo, Lily si era tenuta completamente alla larga dal dormitorio, ed una volta finiti i compiti, era uscita di soppiatto dalla Sala Comune e si era avviata verso gli uffici dei Capiscuola. Dovevano essere deserti quella notte, suppose lei, e se fosse stata beccata da Gazza o da chiunque altro (il coprifuoco non era ancora passato, ma era questione di minuti, e quei fannulloni mandati dal Ministero non se n'erano ancora andati), avrebbe potuto inventarsi che stava svolgendo un compito in qualità di prefetto. Almeno i tizi del Ministero se la sarebbero bevuta.

Quello che Lily non si aspettava era, quando arrivò all'ufficio dei Capiscuola, che l'avrebbe trovato già occupato. Fortunatamente, realizzò il concetto prima ancora di spalancare la porta, quando sentì delle voci provenire dall'interno. Una era quella di Carlotta Meloni.

"Senti, Frank," disse lei, "Non ho intenzione di essere ancora presa in giro, va bene?"

"Carlotta, io non ti ho mai presa in giro," rispose l'altra voce–quella di Frank, che suonava stanca. "Sono sempre stato onesto su quello che volevo, e..."

"Ma fammi il piacere," lo schernì la strega. "Come puoi anche solo avvicinarti all'essere onesto su ciò che vuoi con me? Non sai nemmeno quello che vuoi tu."

"Be', questo non lo nego."

"Così, per tutto questo tempo, ci stavi solo... pensando?" chiese Carlotta con tono derisorio.

"Car, te l'ho detto prima, io..."

"Andiamo, Frank," lo interruppe lei con aria stanca. "Non mi va proprio ora. Sono stanca e devo andare a meditare... anche se calmarmi ora va oltre le mie possibilità. Ne riparliamo domani."

Quelle erano le parole di commiato, realizzò Lily un secondo dopo. La ragazza si voltò e cominciò a correre nella direzione opposta. Questo era esattamente il tipo di conversazione che lei non voleva esser sorpresa ad origliare... specialmente da Carlotta Meloni.

Lily si abbassò dietro l'angolo più vicino, e mentre lo faceva, il prefetto si girò per controllare al di là della sua spalla, ed in questo modo non vide Sirius Black, che era in procinto di girare l'angolo dalla direzione opposta. "Merda," imprecò lui, mentre i due andavano a sbattere, fronte contro fronte.

"Porca..." Lily si strofinò la fronte, facendo una smorfia. "Mi dispiace. Non ti ho visto." Si rese conto di chi aveva colpito. "Oh... Sirius. Come stai?" Il Professor Black non era lontano dalla sua mente, ed era intensamente curiosa di sapere se il loro insegnante di Difesa avesse detto a suo nipote la verità sulla sua salute in peggioramento.

"Sto bene." Anche lui fece una smorfia. "Dov'è l'uomo nero, comunque?"

Lily fece qualche passo indietro e controllò il corridoio. "Credo che sia andato nella direzione opposta," pensò, aggrottando la fronte. "Mi dispiace, avrei dovuto stare più attenta."

"Niente di grave," mormorò il Malandrino.

"Dove stai andando?" Chiese Lily, rendendosi conto che l'ora era un po' sospetta per Sirius: troppo tardi per qualsiasi affare ortodosso e troppo presto per fare danni in giro.

“Mi crederesti se ti dicessi che era diretto in biblioteca?" chiese, sogghignando un po'.

"No," rispose Lily come se fosse una cosa ovvia.

"Be', è così." Si ritirò un piccolo libro tascabile dalla tasca della sua veste. "Prima che cominci a farti strane idee su di me, dovresti sapere che questo è il libro di James... ho perso tre turni consecutivi di lancio-della-pergamena-nella-spazzatura, ed il suo premio consiste nel farmi fare questo lungo viaggio fino in fondo quel luogo oscuro chiamato biblioteca. "

"Lanciavate pergamene nella spazzatura?"

"È esattamente quello che sembra."

"Ah."

"Se non mi credi... riguardo il viaggio in libreria," continuò Sirius, rimettendo il libro in tasca; "potresti venire con me. La signora Sevoy potrebbe realmente credere che non sono lì per compiere qualche atto vandalico se ci sei anche tu. "

Lily non aveva niente di meglio da fare, e certamente l'offerta batteva le prospettive di sommo imbarazzo con Donna e Marlene. In più, avrebbe avuto l'opportunità di scoprire se Sirius sapeva già la verità su suo zio. Dunque accettò, ed i due partirono.

"Le vacanze sono andate bene?" chiese Sirius. "Hai passato un buon Natale?"

"Sì," disse Lily. "Un po' strano in certi aspetti, ma tutto sommato... non terribile."

"Entusiasmante", sottolineò ironicamente Sirius.

"Be'...è mia sorella," tentò di spiegare la rossa. "È babbana. Lei non approva il mio essere... il mio essere ciò che sono".

"Oh. Sì, ho capito."

"Credo che tu ne sappia qualcosa, non è vero? Più di quanto creda."

"Più di quanto credi, sì", concordò Sirius.

"E tu?" Chiese Lily. "Hai passato delle buone vacanze?"

"Mm, sì, sono andate bene. Certamente battono il Natale-con-i-Black a casa."

"Non sei un fan delle riunioni di famiglia, suppongo."

"Guardala in questo modo: la cena di Natale è un po' come ci si potrebbe immaginare la veglia di un serial killer."

"Oscura."

"Con ottimo cibo."

Lily sorrise. "Quindi... uhm... hai passato del tempo con tuo zio, allora?"

"Sì, un po'." Non sembrava per nulla preoccupato dalla domanda.

"E-e se la passa bene?"

"Sì. Mi ha persino aiutato in Infermeria..."

Lily tossì e chiese in quello che sperava fosse un tono casuale: "Ah sì? Eravate in Infermeria? Tutti e due?"

"Era lì per prendere qualcosa per il mal di testa o qualcosa del genere," rispose Sirius con una scrollata di spalle. "Io mi stavo nascondendo da Gazza. Quel seccatore diventa irritabile quando gli si fa saltare in aria l'armadio, a quanto pare."

"Ne ho sentito parlare," disse Lily. "Perché non mi sorprende che sia tu il responsabile?"

Sirius sorrise semplicemente mentre raggiungevano la biblioteca. Restituì il libro alla signora Sevoy, la bibliotecaria, e Lily concluse che lui ancora non sapeva. Si sentì molto a disagio quando il ragazzo tornò da lei.

"Torni in Sala Comune?" si informò, mentre arrivavano alle scale.

"No," disse Lily. "No, c'è ancora mezz'ora fino al coprifuoco. Credo che mi limiterò a fare un giro per il quarto piano."

Sirius aggrottò la fronte. "Vengo con te, non è sicuro andare in giro da soli a quest'ora della notte."

"No," rispose Lily velocemente. "Non preoccuparti per me. Ho la mia bacchetta e... probabilmente devi tornare alla tua gara di lancio della pergamena nella spazzatura."

"Sei sicura?"

"Certo."

"Stai attenta."

"La tua preoccupazione è toccante, ma non necessaria."

"Credimi, Lily," disse il Malandrino, incrociando le braccia, "La sicurezza tra le mura di questo castello non è una cosa da prendere alla leggera. Non è per niente divertente imbattersi in un gruppo di Serpeverde rampanti a quest'ora."

"Sono una tosta io," gli disse Lily. "Ma grazie per il pensiero."

Sirius annuì e si avviò verso la Sala Comune. Lily sospirò. Si sedette sul primo scalino e si appoggiò alla ringhiera. Era stata una giornata lunga, ed odiava ufficialmente mantenere i segreti. Perché le persone non potevano essere oneste tra di loro? E se avevano intenzione di mentire, perché doveva essere sempre lei quella a sapere? Con un altro stanco e lungo sospiro, Lily chiuse gli occhi.

Quando li riaprì, le torce nel corridoio e lungo la scala si erano spente.

"Snaps?"

James si rese conto che Lily stava dormendo dopo che il soprannome gli era sfuggito dalle labbra. I suoi occhi verdi, appena visibili nella luce fioca di una sola torcia all'altra estremità del corridoio, si erano spalancati di colpo, e la ragazza sembrava spaventata.

"Per Agrippa... dove sono?" chiese la rossa, impaurita dall'ambiente estraneo che la circondava; James non era sicuro che l'avesse visto o che avesse riconosciuto la sua voce.

"Al quarto piano," le disse.

"Oh." Lily lo ispezionò un attimo. "Potter. Che ci fai qui?"

"Cucine," mentì parzialmente James, facendo scivolare furtivamente la Mappa del Malandrino nella tasca. "Che cosa ci fai tu qui?"

"Devo... Devo essermi appisolata." Lily si strofinò gli occhi, ancora disorientata. "Che ore sono?"

"È quasi mezzanotte."

"Quasi mezzanotte?" Si alzò in piedi, barcollando in un primo momento in modo spingendo James a fare un passo avanti, per ogni evenienza. Non fu necessario, lei si era retta alla ringhiera e non aveva notato il suo movimento. "Devo andare. Il coprifuoco è passato. Devi andare anche tu..." Sembrò a realizzare qualcosa. "Ehi, il coprifuoco è passato da un pezzo per te. Io sono un prefetto. Dovrei..."

"Essere a letto," finì per lei James. Lily si accigliò.

"Mi sembra giusto. Inoltre, non mi va proprio di compilare il rapporto ufficiale e tutto il resto. Credo che tu l'abbia scampata questa volta." La sua espressione era un misto tra un tentativo di disapprovazione ed un divertimento genuino. "Comunque, io vado in dormitorio."

James, che stava accanto a lei sul pianerottolo, si mosse, per bloccare un po' la strada verso il piano di sopra. "Non puoi andartene semplicemente in giro adesso... è il cuore della notte."

"Sì, ho sentito che le armature possono essere abbastanza aggressive a quest'ora”, disse lei seccamente, la sua voce, notò lui, era un po' roca per il sonno. "Grazie per l'interessamento, ho la mia bacchetta, andrà tutto bene."

E con questo cominciò a salire le scale. James soppesò le sue opzioni, e decise che non era così affamato da non seguire Lily Evans.

"Pensavo fossi diretto alle Cucine."

"Chiamami pure Principe Azzurro," disse casualmente lui.

"Suona meglio Conte Dracula," rispose Lily, non perdendo un colpo. James sorrise e fu lieto che gli occhi della sua compagna non erano su di lui.

Rimasero in silenzio per qualche secondo, mentre James si chiese quanti danni avrebbe fatto dire quello che aveva in mente. "Quindi Lathe è andato via,” cominciò con cautela.

Lily annuì. "Già... Luke mi ha scritto al riguardo. Strano, vero?"

"Sì. È strano. Senti, Snaps..." Ma perché tutti dicevano sempre che lui ci sapeva fare con le parole? Si chiese James. Certo, era vero, e lo sapeva anche lui, ma in questo momento, le parole non sembravano proprio voler uscire. "Devi fare attenzione."

"Fare attenzione? Con un grande e grosso te a proteggermi?" Gli indirizzò un sorriso un po' sarcastico.

"Non mi riferisco ad ora." Avevano raggiunto il piano successivo, e la scala era all'altra estremità del corridoio. "Voglio dire... è solo che... hai letto il giornale di ieri?"

L'espressione di Lily si fece glaciale (ora illuminata dalla poca luce che filtrava dalle finestre; le conferiva un'aura bluastra). "So di cosa stai parlando," disse con calma. “E vorrei che non lo facessi."

“Il fratello di Luke Harper è un Mangiamorte," insistè James. "E gran parte di quella famiglia ha avuto a che fare con..."

"Questo non ha niente a che spartire con me."

“Davvero” chiese lui sarcastico. “Quindi Luke Harper non è il tuo ragazzo?”

“Non c'è niente che non vada in Luke.”

“Oh, andiamo Snaps, non puoi semplicemente supporre che lui non sia...”

“Non sto supponendo nulla.” Lei smise di camminare e così fece lui. “Conosco Luke. So che tipo è. Sei tu a supporre che, dati i trascorsi della sua famiglia, lui sia un Mangiamorte."

“Non sto dicendo che lui sia un Mangiamorte.”

“Allora cosa stai dicendo?”

“Sto dicendo che...” Be', va bene, era quello che aveva detto, più o meno. “Sto dicendo che dovresti stare attenta.”

Lily sospirò. "Il tuo migliore amico viene da una famiglia dai trascorsi ben peggiori di quelli degli Harper” disse. “Tu più di ogni altro dovresti capire la sua situazione.”

Qualcosa nel suo sguardo si era ammorbito, come a dirgli di non voler litigare con lui in quel momento. Questo lo fece replicare onestamente. “Non mi fido di lui,” ammise James.

Lily sollevò le sopracciglia. “Allora credo che sia un bene che non sia tu ad uscirci.” Ci pensò su. “Anche per altre ragioni.” Con questo, Lily si girò e ricominciò a camminare. James la seguì. Girarono un angolo nel corridoio, in tempo per scoprire di non essere da soli.

Un gruppo di studenti era seduto sul pavimento ad una cinquantina di metri di distanza, ridendo e scherzando ad alta voce. Le loro bacchette erano alzate mentre si esibivano in vari spettacolari ma semplici incantesimi -scintille, fuochi d'artificio silenziosi... James riconobbe una voce che ridacchiava: "Avery vi ha raccontato cosa è successo con quella puttanella di Tassorosso?"

Mulciber.

Il resto del gruppo fu piuttosto facile da dedurre a quel punto: Avery sedeva accanto a lui, ed il ragazzo biondo che James riusciva solo a scorgere doveva essere l'amico di Zabini. La ragazza era Colista Black–James riusciva a vederla masticare una gomma e attorcigliando una ciocca di capelli scuri intorno alla bacchetta, come se la scena dinnanzi a lei la stesse annoiando terribilmente–ed il ragazzo che si stava divertendo a produrre scintille verdi era un ragazzo chiamato Hester. Piton era visibilmente assente.

James socchiuse gli occhi, ed inconsciamente si mosse in avanti. La fredda mano di Lily artigliò il suo polso, ricordandogli della sua presenza. “No,” sussurrò lei. "Non li attaccherai." E James si rese conto che sebbene non avesse specificamente progettato di attaccare, aveva tutte le intenzioni di farlo.

“Perchè no?”

“Siamo in inferiorità numerica”

“Potrei farcela contro di loro.”

“Non stanno facendo niente di male.”

“Sono fuori dai dormitori dopo l'ora del coprifuoco.”

“E così anche noi.”

James sospirò. “Va bene.” Le permise di riportarlo indietro, ma come fecero per voltarsi, udirono Mulciber zittire i suoi compagni.

“È Gazza?” disse Colista Black tentando di mantenere un tono basso.

Lily strattonò ancora una volta il polso di James, e lui non la contrastò. Poi, all'improvviso, una luce bianca riempì il corridoio.

“Non è Gazza,” disse Mulciber. “È Evans e Potter.”

Mezzo accecato dalla luce prodotta dalla bacchetta di Mulciber, la mano di James si mosse impercettibilmente verso la tasca dove era riposta la bacchetta. Poi, la luce bianca svanì, e le torce nel corridoio vennero accese.

“Evans e Potter,” ripetè Mulciber, venendo loro incotro. Gli altri Serpeverde lo seguirono. “O la Bella e la Bestia, se preferite.”

“Suvvia” disse James; “Io non darei ad Evans della bestia.”

Lily guardò male il suo compagno. “Potter, sono l'unica alleata che hai, in questo momento,” gli ricordò lei seccamente, a ragione.

“Andiamo ragazzi,” disse un'irritata Colista Black. “Non fate gli stupidi. Andiamo, prima che Gazza arrivi e dia a tutti un mese di punizione."

“Ha ragione,” convenne Lily. Poi, bisbigliando a James, la rossa aggiunse: “il numero settantacinque dovrebbe dirti qualcosa, Potter.”

“Ci metto due secondi,” l'implorò lui. “Eddai.”

"James."

Mulciber si avvicinò ancora, la sua bacchetta che si muoveva in preparazione. “Siete in inferiorità numerica, Grifondoro,” disse.

“Io non direi,” disse James con leggerezza.

“Nick, andiamocene,” riprovò Colista, ma di nuovo, venne ignorata.

“Andiamo, Black” rispose bruscamente Hester. “Ecco perchè non dovremmo portarci dietro le ragazze. Sono buone solo per una cosa...”

“Oh, ma levati dalle palle,” ribattè Colista. “Nick.”

Ma Mulciber si stava godendo la situazione. Avery e Hester stavano alla sua destra ed alla sua sinistra, e persino Zabini sembrava pronto a combattere. Le dita di James tamburellavano sulla sua bacchetta.

“Sai,” cominciò Hester, un pallido studente del sesto anno dal viso sottile, “Sono incline a concordare con il compagno James, qui. Sulla sanguesporco, intendo...”

BANG!

Ora, James Potter era certo di essere decisamente più veloce di Nicolai Mulciber nel gettare incantesimi. Sapeva di essere due o tre volte più veloce di quella zucca vuota di Avery, e che, nel momento del bisogno, le capacità di Hester erano improntate più sull'astuzia più che sul combattimento magico. Colista Black non avrebbe mai attaccato, ne era certo, e così Zabini–non per primi, almeno. Pertanto, il Grifondoro rimase profondamente sorpreso quando, mentre la sua bacchetta era quasi del tutto fuori dalla tasca, un altissimo boato colpì il corridoio.

Un'accecante luce gialla disorientò anche lui per qualche momento, e quando svanì, una pesante coltre di fumo prese il suo posto. Un momento dopo, la nube si innalzò. Con il cuore in gola, James cercò con lo sguardo Lily; lui non era stato colpito, il chè voleva dire che doveva essere stata attaccata lei.

Ma non era così. Il fumo svanì, ed il minuto (rispetto a lui) prefetto stava pochi passi avanti, la bacchetta alzata ed una solida espressione di determinazione sul suo viso. I cinque Serpeverde erano riversi a terra, svenuti. James la fissò, conscio del fatto che la sua espressione stava lasciando trasparire un totale sbalordimento.

“Lily?” riuscì a tirar fuori lui.

Lily sospirò, rimettendo a posto la bacchetta. “Si sveglieranno tra un minuto,” disse lei pragmaticamente. “Non sono ancora riuscita a padroneggiare questo incantesimo...” e sembrava un po' delusa da se stessa. “Dobbiamo andare, prima che Gazza arrivi qui.”

Mentre scavalcava Mulciber, James la seguì. “Aspetta, Snaps. Vieni qui.” E dalla tasca davanti della sua veste, James tirò fuori il suo possedimento più prezioso.

“Cos'è quello?” chiese la rossa, mentre lui apriva un pezzo di stoffa argentea.

“Un mantello dell'invisibilità,” rispose lui.

“Hai un mantello dell'invisibilità?”

“Già.”

Gli occhi verdi di Lily si spalancarono. “Non credo che riuscirò a dormire bene stanotte, sapendolo,” disse.

“Andiamo.”

Il ragazzo coprì entrambi, e il silenzio calò su di loro fino a che non ebbero dato la parola d'ordine alla Signora Grassa ed entrarono nella Sala Comune. James non potè fare a meno di sentirsi sollevato.

“Grazie per il mantello,” disse Lily, avviandosi verso le scale del suo dormitorio.

James la guardò, confuso. “Senti, Snaps, come hai...?”

“Il problema con i Serpeverde,” lo interruppe lei, “È che passano troppo tempo a deridere la gente e ad elencare cosa faranno loro, quando pensano di essere in vantaggio. Tutto quello che devi fare è interromperli.”

“Ma quell'incantesimo...”

“Sono buona,” disse lei calma. “Sono buona, e fiduciosa. Non sono debole, James.”

Il suo nome rimase nell'aria come vapore mentre lei cominciava a salire le scale.

Lily.” Lei si fermò sullo scalino, e lui pensò che, insieme ad un'espressione piena di attesa, fosse un po' sorpresa–probabilmente dall'uso del suo nome di battesimo. In quel momento, in un modo quasi disperato–con la luce fioca del camino che gettava strane ombre sul suo viso, e i suoi capelli in uno stato disastroso–James avrebbe voluto semplicemente dirlo.

Ma non lo fece.

“So che non sei debole.”

Colta un po' di sorpresa, Lily fu sul punto di sorridergli.

Ma non lo fece.

“Buona notte, Potter.”

“'Notte, Snaps.”

(Così Dispiaciuto)


Donna era in difficoltà, e lei non era spesso in difficoltà.

Stava seduta ad Aritmanzia, a rimuginare su questo fatto senza alcun progresso verso una soluzione. Per una volta, era contenta che Lily avesse scelto di non prendere questa classe: in questo momento, del tempo da sola era proprio quello di cui Donna Shacklebolt aveva bisogno.

Aveva avuto una botta e via. Una botta e via. Sembrava così... trash. Comune.

Certo, lei era solita darsi delle arie, e non era agnello innocente prima di questo incidente, ma c'era qualcosa di intrinsecamente diverso nel fare sesso con un ragazzo, brilla di un solo bicchiere di Whisky Incendiario in combinazione con l'adrenalina di una partita di Quidditch appena vinta, e dal fare sesso con il ragazzo della tua –ehm– compagna di stanza, quando sei così sballata da non riuscire a ricordare il tuo secondo nome. Il primo caso potrebbe essere razionalizzato: era una sana e normale ragazza adolescente; era naturale che effettuasse una sorta di liberazione. Per il secondo caso, non vi era alcuna scusa che potesse sedare la sua coscienza.

Fanculo.

Donna era divisa tra l'incredulità verso lei stessa e la malata, masochista soddisfazione che avesse fatto una cazzata tanto grande che nemmeno Lily avrebbe potuto perdonarla. E quello era deprimente.

Il Professor Kelley terminò la lezione con dieci minuti di anticipo, e Donna uscì dalla classe con gratitudine. Si diresse al piano di sotto da sola, decisa a schiarirsi le idee prima di cena–cena significava potenzialmente affrontare Marlene e Miles, una situazione che aveva evitato negli ultimi due giorni.

Domenica sera si stava lentamente mettendo a fuoco. C'erano pezzi –non pezzi importanti, ma comunque pezzi– che ricordava quasi completamente. Chiacchierare con una ragazza di nome Lynda, accettare un altro bicchiere di Whisky-Incendiario-con-tanti-grazie, Rowan Lewis che le diceva che era molto meno spaventosa da ubriaca, e lei che lo abbracciava, che lo informava che non voleva essere spaventosa. Quel tizio canadese...

Donna rabbrividì. Questo faceva schifo.

Miles Stimpson e l'atto in sè rimaneva molto debole: erano in una stanza a parlare, proprio come aveva detto a Lily. Avevano parlato–lui aveva menzionato a Marlene. Lei aveva detto qualcosa su Antiche Rune...aveva balbettato in realtà. E ricordava questo molto chiaramente:

"Non dirlo a Marlene, va bene?"

Fanculo.

Era andata a letto con Miles Stimpson.

E non appena una nuova ondata di disgusto la invase, Donna entrò nel gabinetto delle ragazze. La maggior parte degli altri studenti erano ancora in classe, così si ritrovò misericordiosamente sola. Almeno, lo era in un primo momento.

"Che cosa stai facendo?" arrivò una voce–irritante, acuta, e purtroppo familiare.

"Vattene, Mirtilla," ordinò Donna freddamente. Un attimo dopo, Mirtilla Malcontenta–una ragazza dai capelli scuri, occhialuta di circa quattordici anni, che si dava il caso fosse anche abbastanza morta–emerse da–o meglio, attraverso–una cabina.

"Perché dovrei?" sbottò il fantasma, che non era mai andato molto d'accordo con Donna. "È il mio bagno. Io ho solo una stanza nell'intera scuola, e tu vorresti farmi uscire."

Donna guardò accigliata il riflesso di Mirtilla nello specchio. "Se tu avessi un po' di buon senso, infesteresti il gabinetto dei ragazzi."

"Dovrai sapere che lo faccio," ribatté l'altra. Ripensò all'affermazione un secondo più tardi ed aggrottò la fronte. Donna guadagnò una certa cupa soddisfazione dalla sua confessione.

"Mostro."

"Non sono un mostro!" strillò Mirtilla. "Cosa ci fai qui, comunque? A guardarti solo nello specchio in quel modo. È strano, sai."

"Dice il fantasma che infesta un bagno."

Il labbro di Mirtilla tremò, ma più per la rabbia che per il dolore. "Sei cattiva," accusò con odio.

Donna incrociò le braccia, sapendo che era vero ma desiderando negarlo. "Hai cominciato tu."

"No. Io ho chiesto cosa stessi facendo, e poi tu mi hai chiamata 'mostro'. Per nessun motivo–p-p-per nessun motivo al mondo!" Ora sembrava sul punto di piangere, e Donna non pensò di poterlo sopportare.

"Per favore non farlo," la supplicò. "Mi dispiace. Lo rimangio. Tu non sei un mostro. Mi dispiace. Non...non piangere però. Per favore."

"Lo stai rimangiando solo per fare in modo che io non pianga," singhiozzò Mirtilla Malcontenta. "Sei cattiva."

Donna gemette. "Mi dispiace. Dio. È solo che... sto avendo una brutta giornata, va bene? Io… ho fatto un casino."

Mirtilla smise di piangere. "Quale?"

"Be'," cominciò l'altra, fronteggiando la sua compagna spettrale con un'espressione seria, "Io sono una specie di... andata a letto con qualcuno con il quale non avrei dovuto."

Gli occhi di Mirtilla strabuzzarono. "Tu cosa?"

"La tua emotività del 1940 è molto tenera," disse Donna, non suonando minimamente dolce. "Ma siamo nel 1976. Le cose sono cambiate." Mirtilla farfugliò qualcosa di indistinto, e Donna continuò. "In ogni caso, questo è il succo del discorso."

"Questo è–questo è… è... da puttana."

"Io non sono una puttana," sbottò Donna. "Dio, avrei potuto confidarmi con qualcosa di meglio di un maledetto fantasma."

Mirtilla cominciò a piangere. Si tuffò di nuovo nella sua cabina preferita, provocando un potentissimo spruzzo che fece alzare a Donna gli occhi al cielo. Uscì in fretta dal bagno, non più rilassata o meno disgustata da lei stessa di quando era entrata.

"Donna!"

Ed eccola lì–l'ultimissima persona che Donna avrebbe voluto vedere in quel momento. Si voltò e corse nella direzione opposta.

"Donna! Ehi, Shacklebolt!" (Come se pensasse che lei semplicemente non lo avesse visto). Miles Stimpson la raggiunse. "Ti stavo cercando."

"Non hai lezione?" scattò la strega, decisa a non incontrare il suo sguardo.

"Siamo usciti presto," rispose il Corvonero. "Ehi, volevo parlare con te. A proposito della festa di Charlie Plex..."

"Non voglio parlarne."

"Bene. Bene, ma... ascolta, non so se te l'ho detto quella sera... voglio dire, ero abbastanza ubriaco e non ne ricordo gran parte, ma..."

"Chiudi il becco, Miles." (Lei non poteva sopportare di sentirlo).

"Per favore, solo non dire a Marlene che ero lì."

Donna si fermò sui suoi passi. "Non dire a Marlene che eri lì? Sei fottutamente fuori di testa?"

"Io... be'... senti," cominciò Miles, "Io so che tu e lei non siete davvero amiche…"

"Cosa te lo fa pensare?" interruppe Donna, alzandosi alla sua piena–abbastanza alta–altezza.

"Tu... tu... Shack, questo è quello che mi stavi dicendo."

"Cosa?"

"... E tu sei sempre una specie di stronza con lei, così..."

"Scusami?"

"Volevo solo dire–ascolta, non è questo il punto. Il punto è," Miles si spinse in avanti a disagio, "per favore basta che tu non le dica di me e Carlotta."

Donna sbatté le palpebre.

"Te e Carlotta?"

"Che–che abbiamo pomiciato."

Donna sbatté le palpebre di nuovo–diverse volte in successione. "Tu e Carlotta? Tu e Carlotta avete pomiciato?"

"Giusto... sai... dopo la cosa."

"La cosa?"

"La cosa."

"Quale cosa?"

"Lo sai. La cosa."

"Stimpson..." avvertì Donna.

"Lo sai," continuò a mezza voce. "Non sono orgoglioso di questo–Io ero ubriaco e Io–lo sai... ti ho toccato un po' la gamba. E poi hai minacciato di affatturarmi e mi hai detto 'neanche morta,' e poi c'era... non ti ricordi?"

Donna si mordicchiò il labbro. "Tu hai pomiciato con Carlotta."

"Sì."

"Ed io non ti ho permesso di toccarmi?"

"Non te lo ricordi. Cazzo."

"Mi ricordo troppo," disse la Grifondoro freddamente, riprendendo se stessa. "Mi ricordo anche che tu eri alla festa e che hai raccontato a Marlene che non c'eri, quindi se non marci fino a Marlene e le dici quello che hai fatto, lo farò io."

Donna non era mai stata così orgogliosa di se stessa, ma non sapeva perché.

"Tu sei una stronza," mormorò Miles, allontanandosi dinoccolatamente.

Per un momento–solo un breve momento–Donna permise a se stessa di sentirsi sollevata. Ma poi si rese conto di qualcosa d'altro–lei non aveva sbagliato. Aveva fatto sesso. Del sesso era sicuramente stato fatto. Ed ora non aveva idea di chi fosse il ragazzo… potrebbe essere stato chiunque. Lei avrebbe potuto non saperlo mai, e mentre ciò poteva essere una cosa buona, era un po'... disgustosa, anche. Avrebbe potuto non saperlo mai

"Shacklebolt."

Donna si voltò al suono del suo cognome. Un alto mago di Corvonero con rossastri capelli castani, occhi marroni, e una leggera spolverata di lentiggini stava lì, con indosso un sorriso complice.

"Charlie Plex," disse.

"Ti ricordi di me." Sembrava contento.

"Frequentiamo ​​la stessa scuola," gli ricordò Donna freddamente. Le chiacchiere non la interessavano in questo momento.

"È così che lo chiamano in questi giorni?" chiese. Donna spostò la sua borsa dei libri più in alto sulla spalla, la confusione sul suo viso. "Cosa?" Charlie Plex si chinò vicino e sussurrò: "Non ti ricordi di me, Shacklebolt?"

E poi lei lo fece.
 

(Settanta-quattro ore prima)

"Non dirlo a Marlene" disse Miles, avvicinandosi.

"Non dire cosa a Marlene?"

E poi Donna notò la mano sulla sua gamba. "Neanche morta, coglione!"

"Calmati, Shack…"

"Non lo farò... maledetto idiota... insopportabile idiozia... cretino… che avrebbe... dannato stronzo!"

Lei raggiunse la porta.

"Te ne vai già?"

"Sì..."

"Mi smaterializzerò."

"Ti spaccherai," le disse Charlie. "Andiamo–puoi usare il camino in biblioteca."

"Va bene."

"Va bene, eccola qui..." La coppia raggiunse quella che era, a quanto pare, la biblioteca. "Hai bisogno di aiuto?" chiesto l'irritante sobrio Charlie.

"No." Pausa. "Forse."

"Andiamo." Si mossero nella direzione generale del camino. "Sei così incazzata," osservò Charlie, evidentemente divertito da questo dettaglio. Donna, nel frattempo, stava osservando la polvere volante, come se non avesse mai visto niente di simile.

"'Fanculo," scattò lei. Lei alzò lo sguardo verso di lui. "Sai cosa odio?"

"I Tassorosso?" suggerì Charlie.

"No. Sì. Ma anche altre cose."

"Come cosa?"

"Come..." Ma erano in piedi molto vicino, e tutto divenne sempre più confusa mentre i secondi passavano veementemente, rumorosamente. "Come..." Donna provò un'altra volta, ma non con maggiore successo.

"Come cosa?"

"Come..." Afferrò la parte anteriore della sua veste e lo baciò, ruvidamente sulla bocca. Era...

Confuso.

Quando si separarono, c'era un formicolio appena sotto le scapole di Donna, che avrebbe potuto essere dolore se non fosse stata del tutto insensibile. La sua schiena era premuta duramente contro il mantello; entrambi respiravano pesantemente.

"Ho una ragazza," mormorò Charlie, e nei prossimi mesi, a Donna non sarebbe mai stato del tutto chiaro se o meno quelle parole avessero significato qualcosa per la sua mente intossicata.

Lei roteò gli occhi ambrati: "Vaffanculo." E afferrò la camicia.
 

(Presente)


"Eri tu," si meravigliò Donna. "Tu eri il ragazzo!"

"Non... non ti ricordi?" E la fiducia di Charlie Plex vacillò per un momento. Donna si mise a ridere.

"Sì, mi ricordo," disse. "Oh mio Dio, non hai idea di quanto sia felice che sia stato tu, Plex."

"... O-k?"

"Voglio dire tu," Donna continuò. "Se sei tu, era solo una botta e via. Era... non era niente. Posso letteralmente dimenticare che questo sia mai successo. Grazie a Dio."

Il viso di Charlie si contorse in una sorta di smorfia sardonica. "Elegante, Shacklebolt."

Donna lo fulminò: "Disse il ragazzo che ha una ragazza ed è comunque andato a letto con una completamente ubriaca."

Il Corvonero fece un passo avanti, e per il più breve di secondi, Donna si sentì come se fosse di nuovo in quella riscaldata, roteante, sfocata, silenziosa biblioteca. Un sorso o due in lei ed avrebbe potuto baciarlo di nuovo. "Non sei esattamente innocente in questo," sussurrò Charlie. Lui fece un occhiolino, un passo indietro, e si ritirò. Donna trattenne il respiro.
 

(Voglio)


Sepolto sotto una pila di libri paragonabili o meno alla Grande Muraglia Cinese e con la consapevolezza che non c'era fine a quella pandemia di compiti in vista, Frank Paciock esalò un pesante sospiro stanco. I dolori di uno studente del settimo anno erano veramente grandi. A completare l'elenco al momento, si rese conto Frank mentre cercava e non riusciva ancora una volta a concentrarsi sul rotolo vuoto davanti a lui, v'era il fatto che anche la biblioteca non sembrava esente da distrazioni per un sfortunato studente pieno di compiti.

Era quella stupida ragazzina del primo anno.

Lei non stava cercando di essere un fastidio, Frank lo sapeva, ma la pietosa ragazza di undici anni aveva trascorso l'ultima mezz'ora inciampando attraverso i corridoi di libri, rovesciando oggetti di altri studenti, e facendo rumore in generale. La signora Sevoy le aveva già dato i suoi due avvertimenti, ma mentre la bibliotecaria era scivolata via verso la parte posteriore, la strega del primo anno aveva versato con gran fracasso il contenuto della sua borsa dei libri nell'area principale, prima di chiedere senza speranze a tutti quelli che stavano studiando lì la posizione della sezione di Pozioni.

"Diventerei una persona cattiva se l'affatturassi?" mormorò Adam McKinnon, che condivideva il tavolo con Frank.

"Non se lo faccio prima io," rispose Frank, mentre la studentessa del primo anno–dopo aver ricevuto indicazioni da un irritabile Tassorosso–fuggì verso la sezione di Pozioni. "Sei così fortunato a non essere al settimo anno, McKinnon."

"Non proprio", si lamentò Adam. "Voglio dire, ho tutto questo lavoro, più tutto il lavoro che dovrò fare l'anno prossimo davanti a me."

"Giusta osservazione." La studentessa stava ora svolgendo il rumoroso atto di prendere un libro da uno scaffale alto. "Buon Merlino, deve essere uno scherzo."

"Cerca–cerca solo di ignorarla," consigliò Adam inutilmente. Lo studente del sesto anno aprì il suo libro di testo e cominciò, con grande sforzo, a leggere le pagine assegnate. Frank prese la penna ancora una volta e iniziò così a scrivere l'apertura del suo saggio. Mentre l'inchiostro colava giù sulla bianca derisoria pergamena, non si era mai sentito così banale.

Il rumore assordante che fece saltare tutti nella libreria non aiutò la sua musa ispiratrice.

"Per l'amor di Merlino!" gridò qualcuno, mentre la problematica strega in questione emergeva dal corridoio, chiedendo rumorosamente scusa.

"Mi dispiace!" insistette la giovane strega, ed una spruzzata di libri sul pavimento rivelò loro che aveva apparentemente tirato giù uno scaffale intero. "Veramente–mi sono solo sporta un po', e..."

"Nessuno se ne frega!" gridò una ragazza del settimo anno di Corvonero, Marissa, che era anche la Caposcuola. Marissa si era alzata dal suo tavolo ed era rossa di rabbia. "Per l'amor di Agrippa, non hai fatto nulla fuorché fare rumore e infastidire tutti qui da quando sei entrata! Questo è l'unico posto in cui chiunque può realmente studiare in questa scuola, e tu lo hai fottutamente rovinato, stupida, inutile, marmocchia rumorosa! "

Raccogliendo le sue cose, Marissa si precipitò fuori della biblioteca, seguita da molti dei suoi amici, e poi da diversi altri ragazzi dall'aria imbarazzata. Adam guardò Frank. "Per essere onesti," disse il secondo, "Marissa ha avuto una settimana davvero brutta."

"Ha ragione," mormorò qualcuno ad un tavolo vicino. "Dannati primini."

"Non puoi semplicemente prendere i libri e andartene?" chiese una ragazza del quarto anno a quella del primo, che era ancora pallida per le grida della Caposcuola. "C'è gente sta cercando di lavorare qui."

"Ma non ho trovato..."

"Hai idea di quanta Trasfigurazione abbia assegnato la McGranitt questa settimana?" domandò un altro ragazzo. "E la mia Sala Comune è così rumorosa, non riesco a finire nulla lì..."

"Sì, anche io."

"Anch'io!"

Improvvisamente, tutti sembravano guardare la studentessa del primo anno con aspettativa. Lei arrossì e si mordicchiò il labbro, distogliendo gli occhi dai libri che si trovavano sparsi sul pavimento. "Io–Io credo di sì," cominciò a biascicare: "T-t-t-tornerò più tardi, e..."

"Tornate a lavoro, gente" disse una voce nuova. "Ci penso io, va bene? Dico sul serio." Alice Griffiths emerse da una pila di libri in un angolo–aveva tanti compiti quanti ne aveva Frank; lo sapeva per certo, dato che avevano preso quasi tutte le stesse materie. "Come ti chiami, comunque?" continuò Alice a voce bassa alla studentessa del primo anno.

Ma la giovane strega era sull'orlo di una crisi isterica. "Io-io-io sono c-così dispiaciuta… Io non–non… Di solito non v-v-vengo in b-biblioteca, e..."

Alcune persone gemettero.

"Tornate al lavoro!" ripeté Alice. Le tremavano le mani (lo facevano sempre quando era furiosa), ma il suo tono era stabile quando sussurrò (Frank era teso e poteva appena udire): "Piccola, come ti chiami?"

"Caydence."

"Caydence, di quali libri hai bisogno?"

"Io-io ho una lista," mormorò Caydence, con le lacrime agli occhi. Porse un foglio di pergamena ad Alice, che lo lesse, si mordicchiò il labbro, e poi–alzando la bacchetta, mormorò qualche parola. Subito, quattro o cinque libri volarono da vari ripiani in tutta la biblioteca, atterrando in una accurata levitante pila accanto ad Alice. La studentessa del settimo anno ne prese possesso e li porse a Caydence, prima di agitare ancora una volta la sua bacchetta. I libri sul pavimento volarono fino al loro corretto scaffale.

Alice ripose la bacchetta nella tasca dei suoi abiti, spingendo una ciocca di capelli biondi dietro le orecchie. "Grazie," sussurrò Caydence. "Mi limiterò a... andare."

"Aspetta," disse Alice. Lei esitò, poi disse: "Tu non sai come utilizzare quei libri, non è vero?"

"Be', lo s-s-scoprir..."

"C'è posto al mio tavolo," la interruppe Alice, sospirando. "Dai–Ti aiuterò. Ma devi sussurrare, e... forse non dovresti andare troppo in giro, va bene?"

La studentessa del primo anno fece un sorriso acquoso. "Sì, va bene," gracchiò, seguendo Alice al suo tavolo.

"Frank?" chiese Adam, quasi un minuto più tardi, mentre lo studente del sesto anno alzava gli occhi dalla sua lettura per notare che il suo amico sembrava aver  appena visto un lupo mannaro.

"C-cosa?" Frank sembrava uscire fuori da qualcosa. "Io–um–hai detto qualcosa?"

"Io non ho detto niente," disse Adam, sconcertato. "Tutto bene, amico?"

No, Frank non stava bene. Non era mai stato così confuso nella sua vita, così diviso tra la calma e l'orrore che la conoscenza di sé può portare. Dannazione.

"No," disse Frank, guardando Adam, con gli occhi spalancati. Scosse la testa. "Io non sto bene."

"C-c-cosa è successo?" chiese Adam. "Sono i compiti?"

Non erano i compiti. Non era stata una settimana di mansioni stressanti da Caposcuola, o il fatto che sua madre gli avesse scritto che suo fratello era di nuovo al San Mungo. Non era nemmeno la piega nel suo intestino che sentiva ogni volta che qualcuno pronunciava il nome di Carlotta Meloni, o che lei gli aveva così timidamente informato di aver "incontrato" qualcuno alla festa di Natale di Charlie Plex. Non erano i compiti.

Era che Alice Geraldine Griffiths era completamente perfetta.

Era che Alice Geraldine Griffiths era completamente perfetta, e per la prima volta in mesi, lui ne aveva certezza. Se Carlotta fosse stata lì proprio adesso, Frank sarebbe stato in grado di rispondere a tutte le sue domande, sarebbe stato in grado di dirle tutto quello che lei aveva voluto sapere da quando tutta quella faccenda era iniziata. Per la prima volta in un lasso di tempo molto, molto lungo, Frank Paciock sapeva esattamente quello che voleva.

Alice Griffiths Geraldine era completamente perfetta.

E lui non aveva alcuna possibilità.
 

(Lezioni)

"Lily!" Donna praticamente gridò, irrompendo nel dormitorio con niente di meno che gioia sul suo viso. Lily, che era anche lei appena arrivata con l'intento di posare i libri prima di scendere a cena, si voltò confusa.

"Donna! C'è qualcosa che non va?" chiese la rossa, preoccupata per la natura maniacale del saluto della sua amica.

"Non sono andata a letto con lui," disse Donna, molto velocemente.

"Cosa?"

"Non sono andata a letto con Miles–pensavo soltanto di averlo fatto. Mi ha palpeggiato–sono abbastanza sicura di avergli detto di no. Ha pomiciato con..." Donna si rese improvvisamennte conto dell'ironia; "Ha pomiciato con Carlotta Meloni, apparentemente, ma... non so niente su questo. Non dirlo a Marlene. Il punto è, mi ero sbagliata. Non ho scopato Miles. Era Charlie Plex. Io..."

La storia degli intrighi amorosi post-natalizi di Donna conteneva molte lezioni. Negli anni a venire, lei avrebbe potuto molto consapevolmente mettere in guardia gli altri dal bere troppo. Avrebbe potuto avvertire dei rischi in cui si potrebbe incorrere partecipando a delle feste dalla dubbia reputazione, specialmente se da soli, ed avrebbe potuto avvertire dei molti disastri che potrebbero derivare dall'andare a letto con qualcuno senza nome e senza volto. Avrebbe anche potuto mettere in guardia dagli stereotipi che certi comportamenti incoraggiano, o dai rischi alla propria vita che essi possono causare. C'erano molte lezioni da imparare dalle disavventure di Donna, ed in quel momento–due giorni dopo il suo ragionevolmente promiscuo incontro con Charlie Plex, Donna Shacklebolt imparò ancora una nuova lezione.

Si deve sempre controllare il bagno.

"Non dirlo a Marlene?" citò una calma, in un certo qual modo roca e completamente incredula voce, proveniente proprio da quella stanza. Marlene apparve sulla soglia tra il bagno e il dormitorio, e l'espressione sul suo viso–come se fosse stata appena colpita allo stomaco–fece capire sia a Lily che a Donna che lei aveva sentito ogni singola parola.

"Marlene..." cominciò quest'ultima, senza la più pallida idea di che cosa avrebbe dovuto dire. Senza guardarla, Marlene la spinse oltre, uscendo dal dormitorio e sbattendo la porta dietro di lei. Donna guardò Lily impotente.

Cazzo.
 

(Buon Anno)


Nel 1976, Marlene avrebbe perdonato e dimenticato. O quasi.

Nel 1976, Adam si sarebbe arreso. O quasi.

Nel 1976, Alice avrebbe fatto qualcosa di impulsivo, Carlotta avrebbe perso la sua migliore amica, Sirius avrebbe imparato a volare da capo, e Severus avrebbe perso l'unica cosa che avesse mai desiderato vincere. Nel 1976, Donna avrebbe preso una decisione sbagliata. Ripetutamente.

Nel 1976, Remus Lupin si sarebbe svegliato da solo, Frank Paciock avrebbe comprato un libro, Mary Macdonald avrebbe colpito qualcuno1, e Peter Minus avrebbe perso la fede.

Nel 1976, Lily Evans avrebbe baciato James Potter. O forse il contrario?

Ma di questo ne riparleremo (molto, molto) più avanti.






N.d.t

  1. Mi sento in dovere di spiegare che Mary non colpirà fisicamente qualcuno, il senso che è farà una buona impressione su qualcuno xD

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Due Passi Avanti ***


*Angolo della traduttrice disperata in hangover aka Giuls*
Non disperate, nonostante il mio stato di ieri notte, ero abbastanza lucida per tradurre oggi xD Efipiani! Quale modo migliore per dare il benvenuto al 2013 se non leggendo il nuovo capitolo di The Life and Times? Sappiamo di essere un po' in ritardo, ma suvvia, eravamo in vacanza anche noi u.u Mi approfitto un attimo di questo angolino per ringraziare ed augurare un felicissimo anno nuovo alle mie colleghe traduttrici disperate, per essersi imbarcate con me in quest'avventura oramai l'anno scorso, ed ovviamente a tutti voi che ci seguite, leggete e recensite. State cominciando a diventare tantini ragazzi, sono contenta (E così anche Jules, che è lusingata e felice di sapere che la sua storia è addirittura tradotta in altre lingue-di recente sono stati postati i primi capitoli in francese!). Spero che il capitolo sia di vostro gradimento, come al solito, i commenti sono sempre ben accetti u.u 
Ancora buon anno a tutti!
xx
March_Hare





Capitolo 14- Due Passi Avanti

o

"Faith in Something Bigger"


 

Il momento era arrivato.

"Ci siamo, Prongs," mormorò Remus gravemente, dando una pacca sulla spalla all'amico.

James annuì, teso. "Lo so, Moony," disse lui bruscamente in tono sommesso. "Lo so, va bene? Dammi...dammi solo un minuto, okay?"

"Un minuto," disse Sirius a voce bassissima. "Certo. Ce l'hai. Tutto quello che vuoi. Prenditi il tempo che ti serve, Prongs. Lascialo in pace, Moony."

"Stavo solo..."

"Shhhh!" zittì Peter. "O ci sentiranno." I Malandrini – tranne James – lanciarono sguardi sospettosi oltre le loro spalle, verso il gruppo di Grifondoro che guardava ed aspettava dall'altro lato della Sala Comune.

James si trovava a qualche passo dagli altri tre, dando contemporaneamente le spalle al gruppo di studenti, una mano allungata fino alle sue tempie. Strizzò gli occhi chiusi, mordendosi le labbra e concentrandosi a fondo. Poteva sentire Sirius, Remus e Peter litigare in toni che volevano essere smorzati, ma poi forzò la sua mente a tornare sulla questione di cui si doveva occupare. Il momento era arrivato.

E poi ebbe l'illuminazione.

Il corpo di James si rilassò visibilmente; le sue spalle si abbassarono ad un livello più naturale e la sua schiena si raddrizzò. Il ragazzo esalò profondamente, ed un leggero sorrisetto di compiacimento cominciò ad allargarsi sul suo viso. Gli altri tre Malandrini, allungando il collo per avere una visuale migliore, lo notarono.

"Oh, grazie a Merlino," disse Sirius, inudibile per tutti tranne che per loro quattro. James non gli prestò attenzione. Si voltò teatralmente per fronteggiare non solo i Malandrini, ma anche l'altro paio di dozzine di Grifondoro, alcuni dei quali guardavano James con scetticismo, altri con entusiasmo, ma tutti con una certa anticipazione.

Il Capitano della squadra di Quidditch si passò una mano tra i capelli già terribilmente disordinati. Notando i volti in attesa dei suoi compagni di Casa, James si fece avanti, passando tra i Malandrini ed arrivando di fronte alla piccola folla riunitasi nella stanza. Fermò la sua avanzata quando fu a pochi passi dai primi membri del gruppo, poi cominciò a misurare a grandi passi la prima fila di persone, flettendo le dita pensierosamente.

Il momento era arrivato.

James si arrestò piuttosto all'improvviso, all'incirca a metà della fila. Si voltò di nuovo e camminò direttamente verso una ragazza del quinto anno – una bionda carina dagli occhi rotondi ed un nasino all'insù.

"Elaine Pleasance," disse James seriamente, ed alcune persone – compresa la bionda, Elaine – rimasero a bocca aperta. "Elaine Pleasance, sei tu."

"I-io..."

James alzò una mano, richiamando il silenzio tra la folla. "Sei tu," ripetè lui. "E..." Si toccò di nuovo la tempia con una mano, come se fosse stato appena colto da un improvviso mal di testa. Sussultò, si morse un labbro, inclinò la testa, e continuò a fare una serie di gesti strani che nessuno intorno a lui sembrava davvero capire, finchè alla fine il volto di James si fece di nuovo solenne. "Dodici."

Elaine lo fissò immobile, sbattendo le palpebre per lo sbalordimento. "C-c-come hai...?" La ragazza si bloccò a mezza frase e cominciò a sorridere. Scuotendo la sua testa ricciuta, Elaine iniziò ad applaudire. Dopo qualche secondo, non fu più da sola, quando anche il resto della Sala Comune scoppiò in un applauso. James sorrise, inchinandosi leggermente a tutti loro. Fece per voltarsi e ritornare dai Malandrini, ma una voce lo fermò.

"Questo non prova nulla," protestò Bertram Aubrey, un prefetto del quinto anno, indignato. "Niente di tutto questo. Forse è stata Occlumanzia...se stava pensando a..." Bertram aveva tenuto la sua testa piuttosto alta, finchè James non aveva cominciato ad attraversare la stanza fino a lui. Il mago più giovane (e più basso) s'interruppe, e sembrò farsi più piccolo quando James fu vicino. James, frattanto, gli lanciò uno sguardo davvero molto, molto pungente, non dicendo nulla per quasi un minuto. Poi –

"Daisy Hookum."

Bertram cercò di mantenere una certa compostezza mentre chiedeva debolmente: "C-cosa?"

"Daisy Hookum," ripetè James, con tono casuale. "Le hai chiesto di uscire per il prossimo weekend ad Hogsmeade, non è vero?"

"I-io...ma...come fai a saperlo...?" farfugliò Bertram. "T-t-t-tu non potresti...nessuno lo...eravamo soli, e..."

James diede una pacca sulla spalla dello studente del quinto anno. "Coraggio, Aubrey. Voglio dire, per come la vedo..." Lui si fermò per toccarsi la fronte con l'indice e il medio, permettendo alle sue parole di risuonare per alcuni secondi, "...ha detto di sì. E, a dire il vero, amico, dovresti sentirti onorato. D'accordo, ha accettato probabilmente solo per pietà, ma, diciamo la verità..." James si inclinò in avanti confidenzialmente; "Daisy Hookum è molto fuori dalla tua portata. In realtà...non sono neanche del tutto sicuro che giochi nella squadra giusta..."

Questo provocò risate di approvazione – e poi applausi – da parte del gruppo; Bertram Aubrey diventò rosso, ma non fece più alcuna rimostranza. James, d'altro canto, fece l'occhiolino a Elaine, poi si voltò per fronteggiare gli altri tre Malandrini. Peter applaudì entusiasticamente come gli altri; Remus tentò di apparire disapprovante, ma sorrise – in parte divertito, in parte incredulo, in parte sollevato – e scosse la testa. Sirius, invece, sorrise in modo assolutamente abbagliante, andando incontro al suo migliore amico. Quando i due furono uno di fronte all'altro, Sirius fece finta di stringergli la mano, mentre si inclinava in avanti e mormorava: "Sei proprio un fortunato bastardo, James Potter."

James ghignò. "Non fortunato, Padfoot. Non fortunato."

Sirius si limitò a scuotere la testa, superando James fino ad arrivare al gruppo di studenti schiamazzanti. "Signore e signori, grazie, grazie, grazie. Grazie per il vostro tempo, grazie per il vostro rifiuto nel credere negli straordinari talenti del mio amico, e, soprattutto, grazie per i vostro soldi ed oggetti di valore." Si voltò giovialmente verso un tavolo al suo fianco, sopra il quale era ammucchiato un bell'ammontare di denaro – zellini, falci, galeoni, e perfino un orologio da polso.

Peter si unì a Sirius nel vaglio della nuova fortuna appena conquistata, mentre Remus si unì a James sul divano. La folla schiamazzante si disperse, e Remus ridacchiò, suo malgrado.

"Cosa?" chiese James, divertito. "Non pensavi che avrei potuto farcela?"

"No, proprio non riesco a credere che tu abbia appena convinto l'intera Casa di Grifondoro di saper leggere nella mente" disse Remus sommessamente così che i loro compagni di Casa non potessero sentire. "Non avrei mai pensato di dirlo, ma, diavolo, sono contento che Padfoot abbia insistito nello sgattaiolare fino alle cucine l'altra notte...se non avessimo sentito Bertram da sotto il mantello..."

"Eri molto preso dalla cosa," osservò James, divertito. "Non volevi vedere il tuo migliore amico fare una brutta figura, non è vero?"

Remus alzò le sopracciglia. "Sirius mi ha estorto cinque galeoni e li ha scommessi," fece notare lui seccamente. "A proposito...ehi, Black!" Remus si alzò dal divano e si fece strada fino al bottino per reclamare quel che era indubbiamente suo. James rimase solo, ma soltanto per qualche istante.

Lily Evans entrò nel suo campo visivo. Agitata e preoccupata, non sembrava affatto aver notato James. Si mise in ginocchio e cominciò a guardare sotto il divano, intorno al tavolo e sotto i cuscini. James alzò un sopracciglio, ma le lasciò continuare la sua ricerca senza fare commenti. Alla fine, Lily si rimise in piedi e guardò James.

"Hai visto un libro?" chiese lei.

"Ne ho visti molti durante il corso della mia vita, effettivamente."

"Carina questa," disse Lily impassibile, incrociando le braccia. "È un libro di Erbologia...l'ho cercato dappertutto, ma non riesco a trovarlo."

"Hai provato con 'Accio'?"

"Sì," disse il prefetto. "Ma non riesco a ricordare il titolo...è qualcosa di molto lungo...Tredici Tipi di Vegetazione ed altro...non lo so, qualcosa del genere. Ha una copertina verde, e la foto dell'autore è sul retro...un mago agitato con i baffi...?" S'interruppe speranzosa.

"Sembra noioso," osservò James.

"È noio..." cominciò a dire Lily, ma si fermò. "È educativo."

"Come ho detto...sembra noioso. Perchè ti serve, comunque? Il nostro compito di Erbologia era disegnare un albero. Ho già menzionato quanto adoro quella materia?"

"L'ho...l'ho preso in prestito." mormorò Lily, spingendosi quello che credeva fosse una svolazzante ciocca riccia dietro l'orecchio. "Ecco, mi è stato prestato, ed avevo detto a Luke che gliel'avrei restituito oggi, ma sono in ritardo e per Merlino, l'hai visto?"

James annuì solennemente, e Lily si illuminò visibilmente.

"Quando? Dove?"

"Proprio ora," disse James. Si diede misteriosamente dei colpetti sul lato delle fronte. "Proprio qui."

Lily alzò gli occhi al cielo. "Potresti anche riuscire a convincere tutti gli altri che sei un veggente, che leggi la mente, che sei paranormale o quello che ti pare, James ma io ho seguito per due anni Divinazione insieme a te; ero lì quando il Professor Seastone ha detto che eri la persona meno spiritualmente conoscitiva che avesse mai incontrato. Dov'è il libro?"

"Sto percependo," persistette James cocciutamente, "che è da qualche parte da quel lato della Sala Comune." Indicò l'altro quarto della stanza, e Lily si affrettò in quella direzione. James si alzò in piedi e la seguì. "Il Professor Seastone la persona più equivoca di questo pianeta; se può vedere il futuro, com'è che non ha visto quella pallina puzzolente non-così-misteriosa finirgli addosso al terzo anno?"

Lily fece una breve pausa dalla sua ricerca del libro. "Hai lanciato tu la pallina puzzolente al Professor Seastone? Avrà all'incirca ottantasei anni!"

"Aveva detto che ero la persona meno spiritualmente conoscitiva che avesse mai incontrato!" protestò James sulla difensiva. "Tutte balle. Io sono parecchio spiritualmente conoscitivo."

Lily alzò un sopracciglio scettico. "Davvero?"

"Non mi hai visto vincere tutti quei soldi un minuto fa?"

"Vuoi dire," disse la strega, riprendendo l'esaminazione di una catasta di libri sul tavolo all'angolo, "se ti ho visto umiliare Bertram Aubrey?"

"È tutto quello che hai notato della dimostrazione?"

"Per favore," derise Lily. "Ho visto il mantello – non è così irragionevole supporre che tu abbia sentito Aubrey chiedere di uscire a Daisy Hookum durante una tua...corbelleria notturna...e ," lo interruppe lei, "ho detto 'corbelleria'."

James sorrise. "E per quanto riguarda tutte le altre cose 'spiritualmente conoscitive' che ho fatto oggi?"

"Sei una persona infida," disse Lily con naturalezza. "Non troverei ridicolo il fatto che tu e i tuoi amici conosciate i segreti di metà scuola."

"Va bene," concesse il Capitano, incrociando le braccia. "Ma come avrei fatto a sapere che era Elaine Pleasance quella che avevano selezionato per scegliere un numero?"

"Be'..." Lily finì di cercare in una pila di libri e si spostò ad un altro tavolo. "sarebbe stato abbastanza facile per Sirius, Remus o Peter lanciare un rapido 'Protego' così da non essere colpiti dal 'Muffliato' di Adam McKinnon; poi avrebbero potuto aver sentito Elaine venire scelta e...beh, viste le strane cose che ho visto fare a voi quattro, non mi stupirei che avessero trovato un modo per segnalarti la cosa." Lily fece una pausa. "In effetti, l'unica cosa che non ho proprio capito è come facevi a sapere che Elaine Pleasance avesse scelto il numero dodici." Gli lanciò uno sguardo leggermente curioso.

"Vuoi saperlo?" chiese James cospiratorio, ed in risposta lei fece per metà spallucce, per metà annuì. Lui si fece più vicino e mormorò: "Posso leggere la mente."

Lily inclinò la testa. "A che cosa sto pensando adesso?"

James fece finta di concentrarsi, poi guardò Lily come se scandalizzato. "A cose troppo sporche da dire ad alta voce!"

Lei represse un sorriso. "Scemo. Stavo pensando: dimmi dov'è il mio fottuto libro."

"Intendi forse dire il fottuto libro del Principe Azzurro?"

"Potter."

"Di là da qualche parte." Lui indicò un altro tavolo nella zona, e Lily si affrettò da quella parte. Lui la seguì ancora una volta.

"Che fretta hai, comunque, Snaps? Temi che il Principe Azzurro trovi qualcun'altro a cui prestare libri noiosi?"

"Sono in ritardo, ecco tutto," replicò Lily con leggerezza. "Avevo detto a Luke che ci saremmo incontrati alle sei."

James lanciò uno sguardo all'orologio a pendolo dall'altro lato della stanza. "Hai un minuto e mezzo prima di essere una bugiarda"

"E ci vogliono cinque minuti per arrivare in biblioteca," concluse Lily, controllando i titoli di un' altra pila di libri. "Non voglio far aspettare ancora Luke. Agrippa solo sa se ha già abbastanza cose di cui preoccuparsi oltre a questo...e poi lui è sempre puntualissimo."

"Che cosa eccitante," mormorò James sardonicamente, e Lily gli lanciò uno sguardo di avvertimento. "Credo," riprese lui dopo qualche istante, "credo che la vera domanda sia: perchè sei in ritardo questa sera? Ti ha forse distratto qualcosa?" Il ragazzo si appoggiò al muro, mani in tasca ed un sorriso vagamente provocante in volto.

"Sì." Lei cominciò a guardare tra i vari libri sfusi. "Ma non tu e la tua piccola dimostrazione da 'veggente'. Donna e Marlene stavano litigando...indovina chi ha dovuta fare da arbitro."

James annuì. "Pensavo di aver notato un aumento del traffico di sguardi gelidi ultimamente."

"È ridicolo," sospirò Lily. "Al momento stanno litigando tutti nel mio dormitorio. Marlene è arrabbiata con Donna perchè Donna le ha mentito riguardo all'aver pomiciato con Miles...o al non aver pomiciato con Miles, e Marlene è arrabbiata con Carlotta per aver effettivamente pomiciato con Miles, e Mary è arrabbiata con Carlotta per essersi comportata da puttana, e Carlotta è arrabbiata con Mary perchè la ritiene una puttana, e Donna...beh, Donna è sempre arrabbiata." La rossa si fermò all'improvviso, incerta sul perchè stesse dicendo tutto questo a James.

"Questo non potrebbe mai succedere in un dormitorio maschile," commentò lui. "Abbiamo metodi molto più sani per risolvere i nostri problemi."

"Violenza fisica?"

"Assolutamente."

"Potter."

"Sì?"

"Dov'è il mio libro?"

James sorrise. "E cosa vuoi che ne sappia io? Mica sono un veggente." Il ragazzo si voltò e cominciò a dirigersi verso gli altri Malandrini.

"James Potter, sei un coglione."

(Degente)

Un venerdì pomeriggio di metà gennaio, Peter estrasse il metaforico bastoncino più corto e fu quindi designato per andare a portare i libri di Erbologia ed il materiale scolastico dei suoi tre amici in dormitorio, mentre James e Sirius scortavano un Remus molto pallido in Infermeria.

"Se qualcuno lo chiede," cominciò Remus, che era accasciato come se non fosse in grado di sorreggersi, "sto andando a casa per il week-end, perchè..."

"Tua madre è malata," finì James. "Sì, lo sappiamo. È di nuovo malata, e i Guaritori pensano che sia una cosa più seria questa volta. Sappiamo la storia."

"Non elaborate troppo," istruì Remus di malumore (era sempre di umore pessimo prima delle sue "sparizioni"), "sennò è evidente."

"Moony," rimproverò uno stanco Sirius, "non è come se io e James fossimo gli unici responsabili della diffusione del tuo alibi. Gli insegnanti dicono la stessa cosa se qualcuno lo chiede. Non devi preoccuparti così tanto."

"Facile per te dirlo," brontolò Remus. Raggiunsero la porta dell'Infermeria e lui controllò per essere sicuro che fossero effettivamente soli. Non aveva nulla di cui preoccuparsi. Alle cinque meno qualche minuto, la maggior parte degli studenti era ancora in classe. In verità, anche i quattro Malandrini avrebbero avuto lezione, se avessero deciso di andarci. "Siate prudenti, stanotte, ok? Gennaio è tosto."

"Ogni mese è tosto," gli ricordò James. "Saremo lì subito dopo che s'è fatto buio, ok?"

Remus annuì. "E visto che non potrò alzarmi domani, buona fortuna per la partita contro Corvonero."

"La partita non inizia fino alle dieci," disse James.

"Verremo a trovarti prima, se sei sveglio," concluse Sirius.

"Ma dovreste dormire," protestò Remus in un sussurro cauto. "Mi sento già abbastanza uno schifo con voi che rimarrete alzati tutta la notte prima di una partita...dovreste poter dormire almeno un paio d'ore."

"Stronzate," disse James. "Abbiamo dormito durante Trasfigurazione tutta la settimana in preparazione. Smettila di preoccuparti, e di fare la ragazzina."

"Holloway sta aspettando," concordò Sirius. "Vai, Lupin."

"Siete due idioti" informò Remus brontolando. "E così Peter, anche se non è qui."

"Sì, lo sappiamo." disse Sirius. "Vai."

Il loro amico li accontentò a malincuore, trascinandosi in Infermeria come un cane ferito. Quando se ne fu andato, Padfoot si voltò verso Prongs.

"Che facciamo ora? La cena non è che tra almeno venti minuti..."

"Non lo so," ammise James. "Potremmo inondare la Sala Comune Serpeverde. Lo voglio fare da settimane."

Sirius ghignò. "Lo vedi, questo è il motivo per cui siamo amici."

I ragazzi si allontanarono dall'Infermeria, e James estrasse dalla tasca la pergamena ripiegata che era in realtà la Mappa del Malandrino. "Giuro solennemente di non avere buone intenzioni," proclamò il mago, dando un colpetto sulla mappa con la sua bacchetta, e subito, l'inchiostro si diffuse per la pagina. "Quarto piano, quarto piano," mormorò James, trovando facilmente il luogo. Quando si comincia qualcosa di elaborato come inondare la Sala Comune Serpeverde, si deve sempre sapere chi è nei paraggi e dove si può trovare un alibi credibile. "Strano," osservò James, guardandosi nei dintorni, come rappresentati nella mappa.

"Cosa?" chiese Sirius.

"Non siamo gli unici ad aver saltato Erbologia," gli disse James. "Dai un'occhiata, qui." Sirius obbedì.

"Che cosa ci fa Mocciosus solo un piano sotto di noi?" chiese lui sospettoso. "Non credi che abbia sentito...?"

"Non era al nostro piano," interruppe James sicuro di sè, scuotendo la testa. "Non avrebbe potuto sentire. Ma non scarterei l'ipotesi che il verme ci stesse seguendo."

Sirius esitò. "Sai, sarebbe molto scortese, saperlo così vicino ma non andarlo a trovare."

"Dove sono le nostre buone maniere?" concordò James gravemente.

"Hai il mantello?" chiese Padfoot, facendo indignare l'altro.

"Che domanda."

Qualche minuto dopo, James stava di nuovo infilando il suo argenteo Mantello dell'Invisibilità nella tasca interna della sua veste, mentre Sirius sbirciava oltre l'angolo per vedere Piton, che sembrava immerso nei propri pensieri su un banco preso in prestito sul lato del corridoio del terzo piano.

"Che cosa sta facendo?" domandò il Malandrino, sconcertato.

"Non ne ho idea," disse James, conformandosi al tono dell'amico mentre esaminava la scena. "Starà pianificando le nostre morti, forse?"

"Mi chiedo perchè se la sia svignata da Erbologia," borbottò Sirius.

Erbologia," fece notare James. "Deve esserci per forza un motivo?"

"Mi sembra giusto." Sirius estrasse la sua bacchetta. "Che cosa ne dici, allora? Letto di qualche nuova fattura ultimamente?"

"No," disse James, e Sirius si accigliò.

"Prongs," disse lui, "qual è il dannatissimo scopo di te che leggi tutto il fottuto tempo, se poi non hai niente da mostrare quando ce n'è bisogno?"

"Mi stavo preparando per la partita di Quidditch," si difese James. "Non ho avuto tanto tempo di leggere. Usa una delle tue preferite e basta."

Sirius fece una smorfia. Preparò la sua bacchetta e fece per agire, ma esitò.

"Che cosa stai aspettando?" chiese James, e Sirius guardò il suo amico ansiosamente.

"C'è qualcosa che non va," disse. "Non funziona."

"La tua bacchetta?"

"No...questo. Non funziona."

James alzò un sopracciglio. "Di che cosa stai parlando, Padfoot?"

"Non me la sento," disse Sirius. "Non voglio affatturare Piton. Ecco...fallo tu."

Tristemente, James scosse la testa. "Neanch'io voglio farlo," confessò. "È strano. Qual è il nostro problema?"

"Stiamo invecchiando?"

"Abbiamo solo sedici anni."

"Andiamo per i diciassette."

"La differenza è minima."

"Lo è? Lo è, Prongs? E allora perchè non abbiamo l'energia di fare quello che facciamo meglio, per Silente?"

"E quando abbiamo iniziato a imprecare nel nome di 'Silente'?

"Esattamente! Per Dio, Prongs, che cosa ci è successo?"

James incrociò le braccia. "Beh, io so cosa è successo a te," disse, guadagnandosi uno sguardo curioso da parte di Sirius. "Supervisione genitoriale."

Sirius aggrottò la fronte. "Sarebbe un visione molto super, visto che i miei genitori vivono a Londra, Prongs."

"Be', non è strettamente 'genitoriale'," ammise James. "Supervisione di un adulto, suppongo. È il Professor Black che ti ha all'amo. Non vai più in cerca di guai come una volta."

"Stronzate," contestò Sirius petulante. "Se è qualcosa, sei tu...tu e le tue settantaquattro punizioni. Non vuoi finire nei guai, ed io mi sto astenendo per gentilezza."

"Stronzate," fece l'eco James. I due ragazzi rimasero temporaneamente in stallo per diversi secondi, semplicemente fissandosi con sospetto.

"Forse stiamo maturando," suggerì Sirius alla fine." Forse questa è quella cosa chiamata 'autocontrollo'."

"Non fare lo stupido. È 'autocontrollo' solo se vuoi fare una cosa, ma non la fai. Non siamo maturi...siamo solo vecchi."

Il bel viso di Sirius si contorse in una smorfia in un certo senso infantile. "Che cosa triste," osservò. James annuì.

"Cucine?"

"Sì, dai."

Stavano per incamminarsi in quella direzione, quando diventò evidente come nessuno dei due aveva prestato molta attenzione a Piton sul suo banco. Il ragazzo aveva abbandonato il suo posto e si era avvicinato ai due Malandrini prima che entrambi potessero notarlo.

"Che cosa state facendo voi qui?" domandò il Serpeverde velenosamente.

Reprimendo la sorpresa, Sirius tenne la testa alta e replicò: "Potremmo farti la stessa domanda, Mocciosus."

"Ho un messaggio per il Guaritore Holloway," disse Piton freddamente. Poi, qualcosa simile alla gioia si diffuse lungo le sue labbra ed i suoi occhi. "Sono un prefetto. Potrei togliervi punti."

"E questo ti farà sentire importante?" chiese James. I suoi occhi nocciola scavarono in quelli neri di Piton, sfidandolo a tener fede alla sua minaccia. Piton distolse lo sguardo per primo.

"Non vali il mio tempo," sputò lui.

James ghignò. "Certo. Ovviamente." Il Capitano avrebbe potuto giurare, istintivamente, che la mano del suo amico si stava contraendo intorno alla sua bacchetta, così James diede una gomitata al braccio di Sirius. "Andiamocene, ok?"

"Come vuoi, vecchio mio," replicò Sirius con noncuranza. Con qualcosa tra un ghigno e un'occhiataccia, oltrepassò Piton, seguito a breve distanza da James. "È questo quello che chiamano 'autocontrollo'?" chiese Padfoot casualmente, mentre camminavano.

"Non saprei. Dipende. Quanto lo volevi?"

Sirius non rispose mai alla domanda. Il suono come di una fiamma in accensione arrivò da dietro di loro, ma come James si voltò per vedere quello che era successo, Sirius volò in avanti, colpendo il pavimento ad una certa distanza e scivolando sul pavimento. Prima che James potesse estrarre la bacchetta, sentì il corpo bloccarsi, tirato da una qualche forza invisibile che lo fece finire in aria. Il Levicorpus gli era troppo familiare per rimanere confuso quando si ritrovò a testa in giù, appeso per una caviglia.

La bacchetta di Piton era puntata direttamente contro di lui, dopo aver orchestrato l'attacco, ma – per quanto fosse veloce il Serpeverde – non reagì abbastanza in fretta quando James estrasse la sua bacchetta. Sempre a testa in giù, lanciò una fattura a Piton, che fu colpito al braccio dal fascio di luce blu. James cadde a terra di colpo, e sentì qualcosa fare crac, mentre un dolore acuto si diffondeva lungo la gamba. Tuttavia, Piton si stava riprendendo velocemente, non lasciando al Grifondoro il tempo di curarsi. Prima che Piton fosse di nuovo in piedi, James lanciò un incantesimo non verbale di disarmo al suo avversario, riabbattendo di nuovo Piton e facendogli saltare la bacchetta dalla mano.

James gemette per il dolore, cercando di raddrizzare la sua gamba dolorante. Si afferrò lo stinco, localizzando la fonte del dolore, e lo puntò con la bacchetta. Un altro crac e il pulsare si placò senza svanire del tutto. James respirò di nuovo; stava cominciando a rialzarsi, quando una forza invisibile lo spinse all'indietro e gli tolse la bacchetta di mano.

Piton si era ripreso più velocemente di quanto aveva previsto.

Il Serpeverde era in piedi con la bacchetta alzata, ed avanzava verso James. Il Grifondoro aspettò il suo destino con il volto determinato e la mascella serrata. Piton venne molto vicino, e sebbene i suoi occhi fossero fissi su James, non disse nulla. Già così risultò insolito – nessuna provocazione, o presa in giro, o dichiarazione di vittoria. Neanche un insulto?

Piton continuò ad avanzare verso James (che era immobile, ma appoggiato ai suoi gomiti ora), e più vicino era, più nitida si faceva la visuale di James. L'espressione di Piton era illegibile. I suoi occhi non era maligni o compiaciuti o niente di come avrebbero dovuto essere..fissava James ma non sembrava affatto vederlo. E quando fu molto vicino, la bacchetta ancora puntata contro il cuore di James, Severus esitò.

James non perse tempo a chiedersi il perchè. Indirizzò un calcio al ginocchio di Piton, facendo inciampare all'indietro il Serpeverde. James ebbe giusto il tempo di rimettersi in piedi (la sua gamba ferita che pulsava) ed afferrare il braccio di Piton che reggeva la bacchetta. Prese il polso del Serpeverde, strappandogli l'arma un momento dopo. Essa cadde al suolo, ticchettando e rotolando verso il muro, ma James non lo notò. Improvvisamente, il mondo si era fatto molto silenzioso, e James non notava nient'altro.

Era vagamente consapevole del fatto che la sua gamba gli faceva male, che Piton aveva attaccato lui, e che Srius era steso incosciente da qualche parte nei dintorni. Poi fu consapevole di un nuovo dolore, alle sue nocche, e poi per il resto della sua mano destra. Si rese conto del perchè, mentre focalizzava l'immagine di fronte a lui, quando il corpo di Piton si contrasse, reagendo al contatto del pungo di James sulla sua guancia. Cadde all'indietro, scivolando sul pavimento di pietra.

James afferrò la bacchetta del suo avversario e la sua, e le puntò entrambe contro Piton prima che il Serpeverde potesse riprendersi dal colpo.

"Quale diavolo è il tuo problema?" gridò James. Riverse nel suo sangue v'erano la rabbia e l'adrenalina, e perchè Sirius non si svegliava?

Piton non disse nulla. Trasalì un po' per il dolore al viso, ma per il resto rimase impassibile. I suoi occhi erano vacui, quasi apatici, cosa che fece arrabbiare James ancora di più. Non voleva fare altro che bombardare Piton con tutte le fatture che conosceva, lanciarlo lungo il corridoio così da farlo sbattere contro il pavimento come una bambola – come aveva fatto con Sirius.

Eppure...

Il braccio di James si piegò all'indietro e, con tutto la forza che aveva, lanciò la bacchetta di Piton più lontano che poteva. Essa colpì il muro e rimbalzò all'indietro, rotolando lungo il pavimento finchè non colpì un altro muro. Senza degnare Piton di uno sguardo, James girò sui tacchi e si avviò prima lentamente, poi correndo, verso Sirius. L'altro Malandrino si stava giusto riprendendo.

"Sto bene," mormorò Padfoot prima che James potesse chiedere. Si massaggiò il retro della testa.

"Infermeria?"

Sirius scosse la testa. "Ho avuto di peggio. Ho aggiustato di peggio. Fammi solo mettere a posto la gamba, poi posso fare il resto in dormitorio. Dov'è Piton?"

"Non te ne curare," disse James velocemente. Sirius si aggiustò la gamba contusa all'incirca in dieci secondi, ed a quel punto James aiutò l'amico a rimettersi in piedi. Cominciarono a incamminarsi verso la Torre Grifondoro, e James lanciò uno sguardo oltre la sua spalla verso il punto in cui era caduto Piton, ma lui se n'era andato.

"Ma perchè mai Piton avrebbe esitato?" si chiese ad alta voce Sirius, quasi mezz'ora dopo, quando James ebbe riferito i dettagli dello scontro a lui ed a Peter nel dormitorio maschile. Erano seduti sul letto di Remus, la Mappa del Malandrino stesa fra i tre.

"Non ne ho idea," ammise James.

"Forse stava cercando di uscirsene con qualcosa di davvero doloroso," suggerì Peter.

"Forse tutto quell'unto ha finalmente cominciato a danneggiargli il cervello," suggerì Sirius. James scosse la testa.

"No, è stato...bizzarro," disse pensieroso. "Stava decisamente esitando...come se non fosse del tutto certo di voler davvero fare quello che stava per fare. È diventato improvvisamente...assente...non credo mi stesse neanche prestando attenzione."

"Mocciosus ti presta sempre attenzione," fece notare Sirius. "In modo inquietante, anche. È qualcosa di simile all'ossessione, se dovessi spiegarlo. L'unica persona con cui è più fissato è..."

"So quello che ho visto," interruppe James. "Non riesco a spiegarlo, ma so quello che ho visto." Un momento di silenzio si posò sui tre ragazzi, ma poi James parlò di nuovo. "Ad ogni modo, è meglio se torniamo alla mappa. Quest'ala si comporta stranamente, non è vero?" Indicò un segmento della mappa.

"Sì, Peter ci ha fatto cadere del succo di zucca, e ora le persone cominciano a sparire se si muovono da quella parte del castello."

"Mi dispiace."

"Non ti preoccupare, Wormtail," disse James. Estrasse la sua bacchetta. "Dovevamo aggiungere il nuovo passaggio comunque. Allora...pronti?"

(I Postumi)

Battuto.

Battuto.

Battuto.

Non aprì subito gli occhi, ma decise di rimanere immobile, le palpebre ancora calate mentre respirava ed ascoltava il battito del proprio cuore. Lentamente, la realtà ricominciò a tornare a fuoco nella sua mente—divenne conscio delle lenzuola pulite e fresche e del soffice letto in cui stava sprofondato. Era in Infermeria.

Era vivo.

Niente era andato storto.

Sarebbe andato tutto bene.

I primi momenti del risveglio erano sempre stati i peggiori—i primi secondi dopo una notte come quella, della quale non riusciva a ricordare molto...non riuscendo ad essere sicuro riguardo a nulla...non sapendo cosa avrebbe visto una volta aperti gli occhi. Una breve sensazione di terrore gli attanagliò lo stomaco mentre cercava di rimettere insieme i pezzi...

Aprì gli occhi.

"Eeeeeed è sveglio," annunciò la voce di Sirius Black. Remus racimolò l'energia necessaria per guardarsi intorno e trovare la fonte della voce, Sirius in persona, seduto su uno sgabello vicino al suo letto. James era seduto di fronte a Sirius—alla destra di Remus— e Peter era ai piedi del materasso. Le tende chiuse li circondavano, senza dubbio grazie alla discrezione del Guaritore Holloway. L'esclamazione di Sirius fece girare gli altri due Malandrini, a verificare l'annunciò del terzo.

"Buon giorno, Moony" disse allegramente James. "Dormito bene?"

Remus si schiarì la gola. "Divertente," gracchiò sarcasticamente. "Che ore sono?"

"Oh, circa le dieci e un quarto," stimò Sirius. "Pensavamo avresti continuato a dormire per almeno un'altra mezzoretta.."

"Be'," iniziò Remus, "Io-I-Io..." Ma si fermò. Qualcosa gli tornò in gola, ed automaticamente afferrò il secchio che il Guaritore Holloway aveva lasciato sul comodino, vomitandoci dentro.

Un minuto dopo, una volta finito finito, e—tossendo e asciugandosi lo strato di sudore freddo dalla fronte pallida— Remus si lasciò ricadere sul letto. Sirius fece evanescere il contenuto del secchio con la bacchetta.

"Quello doveva essere ciò che rimane del ratto," riflettè con noncuranza, facendo spalancare gli occhi grigi di Remus.

"Mi avete lasciato mangiare un ratto?" domandò.

"Ad essere onesti," si intromise James, "pensavamo fosse Wormtail."

"Be', grazie," disse Peter sarcastico.

"Be', lo hai ingoiato tutto intero, Moony," continuò rassicurante Sirius. "Questo è l'importante. Sono sicuro che non ti prenderai nessuna malattia ora. Quindi..." guardò il gruppo con aria d'attesa; "a chi va di fare colazione?"

"Non lo dire nemmeno," gemmette Remus. James porse al degente una bottiglietta verde dal tavolo più vicino.

"Holloway ti ha lasciato questo. Dovrebbe far passare la nausea."

Remus bevve la pozione indicata, e quando ebbe finito, facendo una smorfia al sapore acido che aveva in bocca, aggiunse: "Holloway sa che siete qui?"

"Certo," disse Peter. "È nel suo ufficio, ora." Remus non ne sembrò felice. "Non riesco a capire il problema se dovesse sapere se noi sappiamo di te...a patto che non scopra cosa abbiamo fatto."

"Concordo," si aggregò Sirius. "Ora...la colazione."

"Pazienta un attimo," ordinò James. "Moony ha bisogno di un minuto per sentire l'effetto della pozione." Nonostante fosse restio ad ammetterlo, Remus notò che la medicina di Holloway stava facendo effetto. Si mise a sedere sul materasso.

"Allora...la scorsa notte," iniziò.

"È stata emozionante, per me," disse James. "È stata bella anche per te?"

"Ah, ah," rispose impassibile Remus. "Ma...è andato tutto bene, vero? C'è ancora qualcosa di confuso."

"Ratto a parte," disse Sirius. "Non ti preoccupare, Moony. A dire il vero è andato tutto...più che bene.

"Ne riparliamo dopo," continuò James velocemente. "Holloway potrebbe arrivare da un momento all'altro."

"Sì, mamma," lo prese in giro Sirius, dandogli comunque retta. "Allora—il tuo stomaco sta bene, Moony? Bene." Sorrise e tirò su un sacchetto di carta dal pavimento, posandolo sul bordo del letto di Remys. "È il momento della colazione."

"Non penso proprio sia una buona idea..." borbottò Remus, massaggiandosi lo stomaco.

"La pozione," gli ricordò James, tirando su anche lui un sacchetto di carta. "E comunque, non vuoi che quel ratto sia l'ultima cosa che hai mangiato, vero?"

Sirius stava cercando nel suo sacchetto. "Allora, io ho...uova, pancetta, salsicce, e pancakes..."

"Mie" dichiarò Peter, e Sirius passò al suo amico quello che sembrava essere un piatto avvolto in un tovagliolo.

"Questo," si inserì James, tirando fuori un piatto similmente impacchettato e sbirciando attraverso un'apertura vicina al nodo del tovagliolo, "ha crepes, wurstel, aringhe affumicate, white pudding1, uova, pancetta...troppo, troppo, troppo cibo. Questo dev'essere tuo, Black."

"Non si sono dimenticati il mio saccottino al cioccolato, vero?" chiese ansiosamente Sirius.

James gli passò il piatto. "No, c'è anche quello, cretino." Il Capitano prese un altro piatto dal sacchetto e ne controllò il contenuto. "Toast, un uovo, frutta, salsiccia...Questo è di Moony, credo." Lo posò sul comodino. "Ce l'hai tu il mio, Sirius?"

"È proprio qui, Prongs" replicò Sirius, passandogli un quarto piatto coperto. "E hai le patate in più"

"E hai il sale, il pepe e il burro?"

"Già."

"Chi ha la marmellata?" volle sapere Peter.

"È qui."

Sirius tirò fuori la bacchetta e la mosse un paio di volte. La saliera e la pepiera, insieme al burro ed a un barattolo di marmellata volarono fuori dal sacchetto e levitarono a mezzaria nello spazio sopra il letto, tra i quattro ragazzi. Rimasero lì anche dopo che Sirius ebbe rimesso la bacchetta nella tasca della veste.

"Ohi," disse James, tirando fuori due lunghi contenitori cilindrici dal sacchetto. "Ultima cosa. Caffè o tè, Moony?"

Remus passò in rassegna i suoi amici. "Siete degli idioti, sapete," li informò. "Portando tutto questo cibo qui-Holloway ha già la colazione per me. Salutare, essenziale...quello che dovrei..."

"Non c'è di che, Moony," lo interruppe James. "Ora, caffè o tè?

"Ed io ho della burrobirra per dopo," aggiunse Peter.

"Ohi," disse Sirius, "stavo quasi per dimenticare-la cioccolata." Posò una stecca sul comodino. Remus li osservò tutti e poi sospirò.

"Sapete, non siete così terribili come amici."

"Lo sappiamo" disse Sirius.

Remus annuì. "Tè, Prongs."

"Arriva subito, Moony."

I momenti del risveglio dopo la luna piena erano, per Remus J. Lupin, i peggiori. La verità era che era un lupo mannaro...lo era da più di dieci anni ormai, e da più di dieci anni aveva avuto temuto, più di ogni altra cosa, quei primi momenti dopo tutta la faccenda. L'incertezza, il dolore...

E nei precedenti dieci anni, Remus J. Lupin aveva affrontato tutto da solo.

Ora, faceva colazione.

(Lucky2)

Mentre Remus schiacciava un pisolino, Sirius si andava a preparare per la partita di Quidditch con Peter che lo idolatrava, James raggiunse il campo di Quidditch. In anticipo di più di un'ora, arrivò anche prima del Capitano dei Corvonero, e si trovò a godere della solitudine del campo silenzioso. Se avessero vinto la partita del pomeriggio, sarebbe stato circondato da gente per tutta la notte—una prospettiva piacevole, ma anche una che James sentiva di dover compensare con un po' di salutare solitudine. Se avessero perso...be', a dire la verità, lui non pensava mai alla prospettiva del "se avessero perso" prima di una partita. Portava male, e lo indepressiva.

Il campo era stato sgomberato dalla neve, ma il vento gelido persisteva, e James non avrebbe cambiato le condizioni se avesse potuto. Il Quidditch a gennaio era particolarmente perfetto—dava un certo grado di esaltazione. Si sedette sull'erba bagnata. Tirando fuori il pacchetto delle solite Lucky Strike dalla tasca e la bacchetta dalla cintura, si accese una sigaretta e si sdraiò. I suoi capelli si bagnarono, ma mentre faceva il primo vero tiro, notò a malapena ciò che lo circondava.

Con il vento che sferzava tra gli spalti di legno, il cielo argenteo sopra di lui, e l'inconfondibile profumo di Quidditch, era come fumare per la prima volta una sigaretta. Quandò buttò fuori il fumo, si sentì stordito. L'intricato fumo bianco vorticante che aveva respirato venne assimilato nel cielo nuvoloso, e James si sentì calmo. Mentre la sigaretta tornava alle sue labbra, sembrò che l'unico colore-a parte il grigio-al mondo fosse l'arancione bruciante della fine della sigaretta; divenne nero mentre esalava di nuovo. Poi-

"Potter?" gridò una voce lontana, eccheggiango attraverso il campo e facendo scattare a sedere James. Si guardò attorno cercando il suo compagno, localizzandolo un minuto dopo, seduto sui lontani spalti dei Grifondoro. James strizzò gli occhi per riuscire ad avere un'immagine più chiara-la vista non era mai stato uno dei suoi sensi più sviluppati.

"Marlene?" gridò in risposta lui, riconoscendo la figura bionda.

"Che ci fai qui?" chiese urlando Marlane, e anche da quella distanza James riusciva a vederla tremare per il freddo.

"Sto fumando! Che cosa ci fai tu qui?"

Lei non rispose subito, e James pensò che non l'avesse sentito, finchè non rispose in qualche modo meno sicura di prima: "Veramente non lo so!"

James pensò un momento. Gli tornò subito in mente Lily. "Be' vieni giù allora...ti congelerai lì sopra! Fa molto meno freddo qui giù!"

Ed era vero, come notò Marlene quando arrivò, sedendosi sul prato vicino a lui. "I miei jeans si bagneranno," aggiunse lei, leggermente preoccupata.

"Sei una strega," gli ricordò James. "Sono sicuro che troverai una soluzione."

Marlene rise. "Giusto" Una pausa imbarazzante, poi..."Allora...hai sentito di Alexa Kyle? Triste, non è vero?"

"Sì," convenne James, annuendo mentre faceva un altro tiro. "I suoi genitori non sono stati i primi però...non saranno neanche gli ultimi, credo..."

"Come siamo positivi..."

"Hai iniziato tu."

"Giusta osservazione." Gli occhi di Marlene vagarono verso la sigaretta.

"Ohi, scusa." James tirò fuori il pacchetto e glielo offrì. "Vuoi...?"

"Oh, no," disse in fretta Marlene. "No, non fumo. Stavo solo...Intendo dire, non sapevo che fumassi. Pensavo che tutti i fumatori avessero i denti gialli e la pelle rovinata."

"Un altro vantaggio della magia," minimizzò James. Il pacchetto di sigarette tornò nella sua tasca. "Allora, perchè sei qui così presto? Starai gelando."

"Donna stava prendendo possesso del dormitorio con la sua preparazione pre-partita," spiegò Marlene, tirando con forza la sciarpa un po' più vicina al viso. "Ne ho leggermente abbastanza di lei al momento."

James annuì, girando la testa per buttare di nuovo fuori il fumo. "Sì, l'ho sentito in giro." Incerto sul voler veramente iniziare una discussione come quella, aggiunse comunque: "Allora, come te la stai passando dopo quello che è successo?"

"Sul serio?" chiese Marlene, sorpresa. "Non vuoi sentire sul serio i miei problemi amorosi adolescenziali, vero?"

"No," acconsentì l'altro. "Ma, sai...ho pensato che sarebbe stato cortese chiedere."

"Be', non ti annoierò con quella conversazione," lo rassicurò Marlene.

Cinque minuti dopo, la sigaretta di James era finita, ma Marlene no. "...E la cosa peggiore è," stava singhiozzando sulla sua spalla rigida, "che mi manca. Mi manca quel bastardo idiota traditore, e non posso farci niente!"

"Ehm..."

"So le regole!" continuò piangendo la bionda. "È così stupido! Mi ha tradita! Ci ha provato con la mia compagna di stanza, e poi ha pomiciato con...un'altra mia compagna di stanza! Una ragazza dovrebbe rompere con i ragazzi che fanno queste cose! Ma...non ci riesco. Miles ed io siamo stati insieme per tre anni, e anche se qualche volta si è comportato da imbecille, per la maggior parte del tempo, è stato veramente dolce. Lo amavo sul serio. Mi faceva ridere, e c'era sempre...be', non sempre sempre, ma...quando c'era bisogno. Sapeva cose di me che nessun altro sa. Abbiamo affrontato un bel po' di cose insieme, ed ora è semplicemente...finita. Non ho nessuno." Finì tirando su col naso, e James le diede delle imbarazzanti pacche sulla spalla.

"E dai, Marlene," cercò di consolarla lui, "Non sei sola. Che mi dici di Evans? E Mary Macdonald?"

"Sì, loro sono carinissime," biascicò lei seccamente. "Ma a loro non è mai importato molto di Miles. Forse avevano ragione, ma non è esattamente d'aiuto quando voglio qualcuno che riesca a vederla dal mio punto di vista. Ad ogni modo, tutte le mie amiche sono per l'auto-determinazione, rompere con il ragazzo, ed andare avanti...Io non voglio ancora andare avanti. Voglio crogiolarmi nel mio dolore."

James ridacchiò un po' all'affermazione, e Marlene lo seguì. "Sono patetica, non è vero?"

"Sì, ma...chi se ne frega. Tutti sono patetici."

Con qualcosa tra una risata ed un colpo di tosse, Marlene disse: "Non è esattamente incoraggiante, no?"

"Penso di no. Che mi dici di McKinnon? Hai anche lui, no?"

Marlene alzò le spalle. "Non posso...non posso parlarne con lui."

"Perchè no? Non siete amici?"

"È un ragazzo." James le lanciò un'occhiata. "È diverso con Adam," tentò di spiegare la strega distrutta. "Non so; è Adam. Gli ho sempre parlato di queste cose in precedenza, ed è sempre stato meraviglioso al riguardo."

"E allora qual è il problema?"

Non lo so. È che...lui è Adam, tutto qua."

"Marlene," iniziò inflessibile James. "Stai evitando la domanda."

"Davvero?"

"Sì"

"Davvero?"

"Sì"

"Davvero davvero?"

""

Fissando lo sguardo sul campo vuoto, Marlene sospirò. Riusciva a vedere il suo fiato ghiacciato. "Se ne parlassi con Adam," iniziò incerta, "mi sentirei come se stessa pensando 'te l'avevo detto'. Non voglio che veda che...che ho completamente fallito come fidanzata...che Miles ha trovato qualcosa di meglio." Rivolse di nuovo i seri occhi blu su James. "Perchè è così?"

James alzò le spalle. "Come diavolo dovrei fare a saperlo?"

"Giusta osservazione." Marlene si accigliò. "Scusa per averti parlato in questo modo. So che non volevi sentire nessuna di queste cavolate."

"Non volevo, ma...Eccoti qui." Le sorrise in qualche modo.

Marlene si alzò. "Ti lascio preparare per la partita, allora. Buona fortuna." Fece per andarsene, ma James la fermò.

"Non hai completamente fallito come fidanzata."

La bionda incrociò le braccia. "Non ho nemmeno avuto successo però, no?"

"Non so, ma...dovresti saperlo: ho parlato con il Capitano della quadra dei Corvonero un po' di giorni fa...credo che useranno il loro secondo Portiere per la partita di oggi. Di solito gioca Stimpson, e lui...ehm...è stato un po' distratto in allenamento. Il Capitano ritiene che non riesca a concentrarsi abbastanza da giocare."

Marlene guardò James un po' incuriosita. "Sul serio?"

"Sul serio."

La ragazza sorrise. "Grazie."

"Non c'è di che"

Marlene ritornò al castello, e James tornò a sdraiarsi, tirando fuori le Lucky Strike ed accendendo un'altra sigaretta, e sebbene l'avrebbe negato anche davanti ad un tribunale, si sentiva meglio già prima di inspirare il fumo.

(Dramma Donna)

"Si gela oggi," fece notare inutilmente il Tassorosso Liam Lyle dalla cabina dell'annunciatore sul Campo di Quidditch, un po' di tempo dopo. Le tribune, tuttavia, erano piene. "Vedremo le squadre di Grifondoro e Corvonero in pochi minuti, grazie al cielo, e si spera che la faranno breve. Se Corvonero perde, sono fuori dalla corsa alla Coppa–hanno perso contro Serpeverde a Novembre, se ricordate. Grifondoro è imbattuto, dato che il cercatore Ricki Nivens ha preso il boccino contro Tassorosso in cinque minuti in una partita senza precedenti, il chè, possiamo ammettere tutti, è stato più una questione di fortuna che…comunque, il Capitano e cacciatore di Corvonero Malcom Davies ha effettuato alcuni cambi alla formazione…"

Lo spogliatoio di Grifondoro era teso come al solito. James stava vicino al cancello, guardando fuori allo stadio affollato e abbracciando la sensazione di nervosismo nel suo stomaco. Era strano pensare che una volta lo preoccupava…era eccitante ora, l'attesa, l'ansia, la sensazione che molto presto sarebbe stato in volo…

Sirius era steso su una delle panchine, lanciando una pluffa in aria e riprendendola ripetutamente, per diminuire lo stress o la noia. Adam McKinnon guidava i due battitori, Michael Mitchum e Damacus Weasley nello stretching, e Ricki Nivens sedeva vicino a Sirius, guardando ansiosamente la pluffa salire e scendere. Donna, nel frattempo, stava in un angolo, accigliandosi mentre mormorava schemi a se stessa.

"Figlio di puttana!" imprecò quasi improvvisamente, facendo cadere Damacus nel mezzo di un esercizio.

"Merda, Shacklebolt," disse Sirius.

"Merlino, Shack!" disse Ricki.

"Ahia," disse Damacus.

"Scusate," mormorò Donna laconicamente. "Non riesco a ricordare il nuovo schema."

"Be', non finisce con te che uccidi Weasley," sbottò Sirius. "Sinceramente, Shack, se hai qualche problema da donna, forse dovresti startene in panchina…"

"Oh, stai zitto, grandissimo coglione, io…"

"Shack," interruppe James e lei si fermò. Il Capitano lanciò a Sirius uno sguardo di avvertimento. Il suo amico si strinse nelle spalle e riprese a lanciare la pluffa. "Shack, possiamo parlare?"

Donna alzò gli occhi al cielo. "Sinceramente, Potter, è…"

"Shack." Svogliatamente, lei lo seguì fuori dallo spogliatoio. "Per Merlino, stai facendo una gran questione per nulla."

"Non è per l'imprecazione," disse James, quando furono soli. "Voglio accertarmi che il tuo gioco non sia fuori." Fu sorpreso nel vedere che Donna sembrava un po' ferita.

"Che vuoi dire?"

"Voglio dire," insistè lui, "che so che sei nel mezzo di una specie di complesso, strano e vagamente irrilevante dramma nel dormitorio al momento, e ho notato che sei stata un po' fuori fase durante gli allenamenti… di solito sei la prima a memorizzare uno schema, e hai dimenticato i nuovi per settimane."

"Perché non hai detto niente prima?" domandò Donna, la sofferenza nei suoi occhi ambrati mischiata ora con una più normale irritazione.

"Perché di solito vai meglio se non ti critico," disse James. "Di solito ti accorgi se il tuo lavoro non è sufficiente e lavori più duramente per riparare. È differente questa volta?"

Donna si accigliò. "Ti comporti così solo perché sono una ragazza."

"Ma per favore," schernì l'altro. "Ho visto ogni ragazzo qui dentro…" Mosse il suo pollice in direzione dello spogliatoio, "comportarsi più da ragazza di te. Non ha niente a che fare con questo. Ha a che fare con il fatto che ho già dovuto assistere a due conversazioni sentimentali riguardanti le ragazze del sesto anno di Grifondoro, ed io non perderò una partita di Quidditch per questo motivo."

"Non ho intenzione di avere una conversazione a cuore aperto con te," lo informò freddamente Donna.

"Miseriaccia, lo spero proprio." James incrociò le braccia. "Quello che sto cercando di dire è che hai bisogno di trovare una soluzione a tutto questo folle melodramma…di solito suggerirei il Quidditch, ma non sta chiaramente funzionando. Ora, capisco che tu sia–almeno teoricamente–una persona, e che probabilmente–beh, forse–hai…" praticamente rabbrividì: "dei sentimenti…" Donna si accigliò… "ma sul campo, i tuoi sentimenti non importano. Sai cosa importa? Vincere. È la cosa più importante."

"Non dovresti dire che non è la cosa più importante?"

Quel concetto per James non esisteva nemmeno. "E perché diavolo dovrei dirlo? È un gioco. Il punto è vincere…" Sinceramente, ora si stava cominciando a preoccupare per la salute mentale della ragazza…

"Questo lo so," insisté Donna. "Sto bene, Potter."

"Bene. E, Shack…in breve...trova semplicemente un modo per sollevarti da tutte le stronzate che ti stanno buttando giù. Non è salutare portarsele in giro, sai? Trova una soluzione. Non… non ingoiare i tuoi sentimenti e basta, perché mi servi in forma."

"Be', ovviamente." Lo guardò con curiosità. "Aspetta un attimo…non mi stai urlando contro. Mi stai dando un consiglio."

"Be', ovviamente."

Lei si accigliò. James sospirò.

"Hai bisogno che ti urli contro?"

"Potrebbe aiutare."

"Shack, se non ti concentri nel fottutissimo gioco, ti caccio dalla squadra più velocemente di quanto ci metti a dire 'fallo!' È chiaro? Perché ho due cacciatori di riserva che probabilmente farebbero il tuo lavoro meglio di te, e non dovrei curarmi dei loro stupidi incontri tra gatte! Va bene?"

"Va bene, Potter."

In quel momento, la testa di Adam McKinnon apparve attraverso la porta. "Stanno chiamando Corvonero, e dopo tocca a noi," disse. James e Donna lo seguirono dentro, raccogliendo le loro scope mentre si mettevano in fila. Donna sembrava determinata, e James represse un ghigno.

"E Chaudry!" finì di annunciare Liam Lyle. "Ed ora, per la squadra di Grifondoro: "McKinnon!" Adam volò fuori dal cancello. "Mitchum! Weasley!" I due battitori scomparvero. "Shacklebolt!" Donna era andata. "Black!" poi Sirius.

James si voltò verso Ricki. "Prendimi un boccino, eh, Nivens?"

"Potter!"

Partì fra le grida del pubblico.

"E Nivens!"

Finendo il suo giro iniziale, James atterrò al centro del campo, mentre il resto della squadra si assemblava in aria. Il Capitano di Corvonero, Malcom Davies, aveva già fatto lo stesso, e Madama Bumb si avvicinava ai due.

La Bumb ripeté le solite istruzioni–un gioco onesto e pulito, niente falli, la giusta sportività… Poi, ai due Capitani fu detto di stringersi le mano.

"Pronto a perdere, Potter?" chiese Malcom, ghignando.

James inarcò le sopracciglia, e mentre stringeva la mano di Malcom, replicò come se fosse stato in qualche modo confuso dalla domanda: "Io non sono mai pronto a perdere, Davies."

"Bene!" arrivò la voce magicamente amplificata di Liam Lyle, "questa dovrebbe essere una partita interessante!"


 

(L'Occhio Interiore)

"Per quelli di voi che sono ancora qui," annunciò svogliatamente Liam Lyle, desiderando chiaramente di non far parte di questo gruppo di persone, "il punteggio è trecentoventi a duecentonovanta per Grifondoro...ora sono le cinque e trentasette minuti, ed odio ufficialmente questi cercatori."

James chiamò stancamente un time-out, e le due squadre volarono verso le separare estremità del campo. Quando furono a terra, quasi tutta la squadra fissò Ricki Nivens.

"Amico," disse Sirius a James, anche se stava guardando Ricki, "Abbiamo scelto un cercatore cieco, per caso?"

"Concentrati sulla tua parte del gioco", rispose James. "Ho segnato il doppio dei tuoi punti. Vale anche tu, Shack. McKinnon, il fatto che hanno segnato ventinove tiri dovrebbe essere imbarazzante per te."

"Che importanza ha?" brontolò Adam. "Sta tutto al boccino, a questo punto. Non riusciremo a prendere un vantaggio di centocinquanta punti, e per l'amor di Merlino, sono passate più di cinque ore."

"McKinnon, se segnano di nuovo ti faccio fare il campo di corsa in allenamento," sbottò James . "Damacus, bei lanci... Mitchum, occhio ai falli. Ne hai altri tre prima che dell'espulsione".

"Sì, Potter."

"Dieci secondi," Madama Bumb ricordò loro.

James si rivolse a Ricki. "Trova quel maledetto boccino."

"Ci provo".

Tutta la squadra gemette, sapendo cosa stava per succedere. "Scusami?" chiese James, la sua voce pericolosamente bassa.

"Voglio dire..." gracchiò Ricki, palizzato, "Voglio dire...sì, Potter."

"Meglio". James si rivolse a tutta la squadra. "Non sta mai solo al boccino. Capito?"

"Sì, Potter," dissero in coro.

La squadra ricominciò a salire in aria. "Sai, Prongs," disse Sirius, "è stato quasi sexy."

"Non sono in vena, Sirius."

E decollarono di nuovo.

Un cacciatore di Corvonero era in possesso della pluffa, ma un bolide veloce da Damacus Weasley la liberò a vantaggio di James un attimo dopo. Un battitore Corvonero, però, aveva preso il controllo del bolide molto rapidamente e lo fece girare verso James. Lo schivò, e l'altro battitore riscagliò bolide verso di lui. I bolidi danzavano tra i due battitori, con James in mezzo, per cui liberò in fretta della pluffa passandola a Donna.

Donna schizzò verso gli anelli dei Corvonero, passò a Sirius, che ripassò indietro e accelerò in avanti, liberandosi per un passaggio. Donna gli lanciò la pluffa, e lui tentò un colpo nell'anello a sinistra; il portiere dei Corvonero, tuttavia, intercettò e passò la pluffa ad uno dei suoi. James imprecò e tornò indietro per difendere.

Si stava facendo piuttosto buio. Mentre i minuti scivolavano via, la professoressa McGranitt venne vista levitare sfere d'oro in aria, proiettando sul campo intero una calda luce arancione. Fu così che appena James ebbe finito di segnare il suo diciottesimo goal della serata, qualcosa di luccicante, alla luce delle sfere, attirò la sua attenzione. Ed attirò anche l'attenzione di uno dei cercatori-quello di Corvonero.

Anna Cho accelerò verso il boccino, che svolazzava vicino gli spalti dei Tassorosso, e James gettò cercò freneticamente il suo cercatore. Anche Ricki l'aveva appena avvistato, e si era lanciato all'inseguimento pochi secondi dopo, ma era dall'altra parte del campo. Anna Cho era piuttosto in vantaggio.

Corvonero era in possesso della pluffa.

Ricki stava guadagnando terreno su Anna, ma non abbastanza velocemente. Era ancora ad una distanza di diverse scope da lei, e lei stessa era ad una distanza di diverse scope dal boccino. Michael Mitchum scagliò un bolide al cercatore di Corvonero, ma colpì quasi Ricki, e James subito disse ai suoi battitori di stare fuori dall'inseguimento.

Gettò lo sguardo sulla stadio per qualcosa che avrebbe salvato... qualcosa che avrebbe aiutato Ricki a recuperare... qualcosa che lo avrebbe aiutato a raggiungere il boccino in tempo...

Malcolm Davies di Corvonero aveva la Pluffa all'estremità della sua squadra: non stava facendo progressi verso il lato dei Grifondoro, dato che Sirius e Donna lo marcavano stretto. Gli altri due cacciatori di Corvonero avevano quasi abbandonato il gioco, prestando particolare attenzione all'inseguimento di Anna e di Ricki verso il boccino.

James si voltò a guardare il proprio portiere; Adam sembrava pronto per qualsiasi cosa. Il Capitano aggrottò la fronte, cercando freneticamente di mettere insieme i pezzi nella sua testa...

E poi ebbe l'illuminazione.

James volò in fretta verso Damacus Weasley, il suo battitore più vicino.

"Non posso colpirla," disse Damacus, quando James arrivò da lui. "Sono troppo vicini!"

"Lo so," disse James velocemente, sospeso in aria vicino al ragazzo del terzo anno. "Lo so, ascoltami. Voglio che tu e Mitchum puntiate ogni bolide su cui riuscite a mettere le mani su Malcolm Davies."

"Il...cacciatore?" chiese incredulo Damacus.

"Sì".

"Shack e Sirius lo marcano stretto."

"Li farò togliere di lì. Non... sai...fare male a Davies, ma non lasciare che segni, e...fallo sembrare un gioco pulito. Capito?"

Sconcertato, Damacus annuì.

"Bene. Vai a dirlo a Mitchum."

Il battitore obbedì in fretta. James accelerò di nuovo verso l'estremità dei Corvonero. Ricki ora era addirittura alla coda della scopa Anna, mentre facevano per la seconda volta il giro dello stadio. La ragazza di avvicinava sempre di più al boccino. Il pubblico, incluso il commentatore Lyle Liam, era concentrato sui due cercatori.

A portata di voce con Sirius e Donna-che stavano deviando con successo i tentativi di Malcolm Davies di attraversare il campo-James fermò il suo manico di scopa, mettendosi le mani a coppa sulla bocca ed urlando: "Vipertooth Sette!"

Entrambi i cacciatori lo sentirono, ed entrambi gli lanciarono sguardi confusi.

"Iniziate!" gridò James significativamente. Sirius si interruppe per primo e Donna lo seguì, tornando con risentimento indietro verso gli anelli dei Grifondoro. Tuttavia, Donna, insoddisfatta nel fare semplicemente come le era stato detto, volì direttamente verso James.

"Perché stiamo facendo il Vipertooth Sette?" domandò lei, mentre Malcolm piombava tra gli spalti dei Serpeverde e iniziava a scendere verso gli anelli dei Grifondoro. "Sirius ed io lo stavamo contenendo perfettamente e ..."

"Fallo e basta, Shack", sbottò James. Prima che lei potesse rispondere, si girò ad affrontare lui stesso Malcolm Davies. Donna seguì le sue istruzioni e tornò giù con Sirius, assumendo la sua posizione per lo schema in questione.

James volò a tutta velocità verso Davies, ma prima che i due fossero in reale pericolo di collisione, il secondo sterzò per evitare un bolide. Michael Mitchum ne aveva puntato uno vicino-o quasi- a lui, e Davies cambiò subito direzione per evitare la palla ed il Capitano dei Grifondoro. James lo inseguì, mentre Damacus recuperava il bolide dopo un secondo e lo faceva tornare verso Davies, per poi arrestare il bolide precedente prima che si schiantasse su Donna e deviando, anche quello, verso il Corvonero.

"I battitori Grifondoro," Liam Lyle annunciò agli spettatori ora interessati, "stanno mirando molto duramente al cacciatore Davies ... non sono molto sicuro del motivo... Cho e Nivens sono ancora all'inseguimento del boccino, Cho ha un vantaggio ragionevole, lì...Merlino buono, quel bolide ha quasi colpito Davies! Davies fa quasi cadere la pluffa..."

James e Malcolm volavano parallelamente verso gli anelli di Grifondoro, i bolidi che volavano ancora dai battitori di Grifondoro verso di loro.

"Fermare me non impedirà ad Annie di prendere il boccino!" urlò Malcolm, sorridendo.

Davies sembrò un po' confuso, ma ha continuò a procedere, la pluffa sotto il braccio con poca opposizione da parte di James. I bolidi erano una storia diversa: li evitò abilmente, ma la sua espressione mostrava che gli ci voleva una gran quantità di concentrazione per schivare il bombardamento che i suoi stessi battitori stavano rendeno difficile da eludere.

Poi, accadde qualcosa. Volando sempre testa a testa con Davies, il Grifondoro arrivò fisicamente molto vicino al Corvonero, forse anche pericolosamente. Mentre Malcolm controllava sopra la sua spalla la posizione del suo rivale, James alzò gli occhi e vide un altro bolide diretto verso Malcolm. In meno di un secondo, James osservò sia la traiettoria e l'impreparazione di Malcolm della palla in arrivo, e-come al solito-James agì senza pensare. Abbassò la Nimbus, passò sotto Davies e riemerse verticalmente parallelo al Corvonero, ma accanto alla sua spalla opposta.

Ed a quel punto—

"Porca miseria!" imprecò Liam, e ci fu un sussulto collettivo appena tutti videro il motivo. "Potter è stato colpito da un bolide -dal suo stesso compagno di squadra, se non mi sbaglio, e- accidenti, sembra che sia stato colpito al braccio...diavolo, dev'essere rotto... e...buon Dio, che cosa è preso ai battitori Grifondoro? Un altro bolide! Ha colpito Davies...no...no...solo la sua scopa Davies ha perso il controllo lì, e...ancora un bolide! Un altro come di questo, e Davies è in guai seri...Non sono sicuro a che gioco stiano giocando i battitori Grifondoro, ma...ma...aspettate... cosa...cosa è successo? Credo..."

James afferrò il braccio dolorante, senza fiato e riuscendo a malapena a rimanere in piedi sulla sua scopa, che era ormai rimbalzata notevolmente fuori rotta; nonostante ciò, riuscì ad individuare i due cercatori, e si sentì sorridere suo malgrado.

"Io davvero non so cosa sia successo," Liam ha continuato, "Anna Cho...ha perso il vantaggio e...Nivens, lui... che cosa?"

Quello che successo era questo: la cercatrice Corvonero Anna Cho, la cui mano era stata a pochi centimetri dal boccino, aveva sfidato la regola fondamentale di tutti giocatori che cercano la pallina dorata: aveva ascoltato il commentatore. Per il più breve secondi, mentre era così vicina al boccino che poteva quasi sentirne le ali piumate, Anna si permise un breve momento di indulgenza, in cui aveva sbloccato le orecchie ed ascoltato il commento di Liam Lyle...per sentire la sua voce proclamare che lei, Anna Cho, aveva preso il boccino. Ciò che aveva udito, invece, era stato: "Davies è nei guai!"

Poi, il suo singolo momento di indulgenza si era trasformato in diversi frenetici secondi, facendo allontarare i suoi occhi dal boccino e spostando la sua attenzione dal gioco, per posare entrambi sullo sfortunato Malcolm Davies, che si era appena stabilizzato sulla scopa dopo il suo contatto con un bolide.

Ricki Nivens, nel frattempo, aveva notato la disattenzione della rivale e si era sporto in avanti con tutta la sua forza sulla scopa, spingendola per farla andare solo un po' più velocemente, stendendo la mano fino a quando le piccole ali piumate sfiorarono le sue dita, poi il palmo, ed infine aveva chiuso la sua mano intorno al boccino d'oro.

"Anna Cho ha...perso il vantaggio, e...Nivens, lui...che cosa? Nivens ha preso il boccino!" gridò Liam Lyle, confuso da morire. "Ricki Nivens ha preso il boccino! Grifondoro ha vinto la partita!"

 

(Dopo)

"Ed infine," annunciò un Sirius Black piuttosto ubriaco ad un folto gruppo di spettatori nella Sala Comune, alcune ore più tardi, "penso che dovremmo solo inchinarci ed adorare il Capitano, mio migliore amico, e uomo stabilmente matto, James Potter…"

La folla–in vari stati di intossicazione e sobrietà–rise e applaudì in segno di apprezzamento.

"Allora fammi capire bene," farfugliò Peter al suo amico, "hai capito che, dato che Anna Cho e Malcolm Davies stanno uscendo insieme, lei si sarebbe distratta dal boccino se avesse sentito che Davies era nei guai?"

"E avevo ragione, no? In ogni caso, Davies aveva la Pluffa," disse un leggermente ubriaco James, buttando giù un liquido sospetto color ambra da un calice che il ragazzo era stato troppo intelligente da mettere in discussione, quando Sirius glielo aveva messo in mano dieci minuti prima, "era perfettamente legittimo."

Peter rise, non perché lo trovasse divertente, ma perché il Whisky Incendiario che aveva consumato sembrava pensare che fosse una cosa divertente. James si allontanò, scomparendo tra la folla che partecipava alla festa, alla ricerca di un altro drink. Una canzone di un gruppo magico–I Fletchers–riempì la Torre Grifondoro, con un riff di chitarra e delle voci profonde, che erano stato poi sottomesse di fronte al rumoroso cantare, chiacchierare, e dai Grifondoro che celebravano la loro vittoria in generale.

La testa di James girò mentre raggiungeva un tavolo carico di bottiglie di Burrobirra ed un assortimento di altre bevande senza etichetta.

"Tecnicamente, non dovrei permetterti di avere qualcosa che non sia Burrobirra," disse Frank Paciock, che sembrava essere il barista svogliato. "Ma visto che hai appena sfidato ogni logica per vincere questa partita, chiuderò un occhio per qualche minuto."

James sorrise, riempiendo il calice con una sostanza chiara che sospettava essere vodka. "T'è piaciuta la partita, Frank?" chiese dopo un sorso di grandi dimensioni. Le sue labbra erano quasi intorpidite.

"Molto," rispose il Caposcuola. "Come va il braccio?"

"Holl'way l'ha aggiustato in 'n minuto," rispose il Capitano con una scrollata di spalle.

Frank sorrise, chiaramente divertito dalla stato incerto del suo compagno. James lo notò. "Sei sobrio," accusò. "Perfettamente sobrio, a dirla tutta."

"Già."

"Perché?"

"Non lo so. Non me la sento molto di bere da..." Il Caposcuola si interruppe. "Non mi va e basta." James seguì lo sguardo errante di Frank attraverso la Sala Comune; la traiettoria si concluse su Alice Griffiths, che, Burrobirra in mano, stava ridendo e scherzando con Sirius. James si voltò verso Frank.

"A Sirius piace," disse senza mezzi termini.

"Quanto?" chiese Frank.

James si strinse nelle spalle. "Più dell'ultima con cui è uscito."

"Quanto piace a lei?" chiese Frank debolmente. James alzò le spalle di nuovo.

"Che ne so. Era la tua ragazza. Non dovresti dirmelo tu?" Il ragazzo buttò giù un altro drink.

"Ehi, James," disse una voce nuova, quella di Remus Lupin, quando il ragazzo stesso apparve, stanco ma relativamente ristabilito.

"Lupin!" lo accolse James, avvolgendo il suo amico in un abbraccio con un braccio solo. "Sei tornato! Come…come sta tua madre?"

"Mamma sta bene," disse Remus. "Occhio a cosa bevi, Potter, okay?"

"Sicuro."

Remus guardò l'atmosfera allegra intorno a lui. "Immagino che abbiamo vinto?"

"Mi sono rotto il braccio," disse James orgoglio. Remus guardò Frank, che annuì.

"Congratulazioni."

"In quattro punti."

"Cosa?"

"Mi s'è rotto in quattro punti, il mio braccio," elaborò James, raggiante. "M'ha fatto male da morire"

"Congratulazioni," ripeté Remus. "Senti, io vado a letto. È stato abbastanza frenetico… a casa. Non ho dormito molto."

"Sicuro."

"Assicurati che Sirius non porti nessuno su, ok?"

Frank si mosse a disagio. James batté il suo compagno Malandrino sulla spalla. "Non avresti dovuto dirlo, amico. Hai reso la situazione molto imbarazzante per Frank. Non è vero, Frank?"

"Oh, be'…"

"Non ho idea di cosa tu stia parlando, James," sospirò Remus, rimuovendo la mano di James dal suo braccio. "Ma buonanotte."

"'Notte."

Remus scomparve sulle scale del dormitorio dei ragazzi, e James riportò la sua attenzione al cupo Caposcuola. La sobrietà del momento fece aggrottare le sopracciglia a James. "Tu hai bisogno di bere, Frank Paciock."

Frank sbuffò. "Non so se sia una buona…"

"Hai bisogno di bere!" ribadì James ad alta voce. Afferrò una bottiglia quasi piena di Whishy Incendiario e poi si sporse sul tavolo per afferrare il braccio di Frank. "Dai."

Il Caposcuola l'accontentò a malincuore, seguendo James attraverso un gruppo di ridacchianti studenti del quinto anno. "Dove stiamo andando?"

"Da qualche parte dove ci sia aria."

E fu così che, circa quarantacinque minuti dopo, i due ragazzi erano seduti sulla Torre di Astronomia, appoggiati con la schiena contro il davanzale e con la bottiglia ormai mezza vuota di Whisky Incendiario tra loro.

James si era goduto solo un sorso o due, Frank invece sentiva i notevoli effetti di tre bottiglie di whisky o giù di lì. I due sedevano, ridendo, parlando, e di tanto in tando fissando senza meta il cielo notturno, entrambi resistenti all'aria fredda di gennaio.

"La cosa che mi piace di te, Frank Paciock," disse James con voce strascicata, dopo qualche tempo, "è che sei così onesto. Io...io mi fido di te. C'è qualcosa di te…" James ci pensò su. "Forse perché ti chiami 'Frank.'" Si mise a ridere, e tra i singhiozzi ribadì: "Mi fido di te!"

Frank si accigliò. "Carlotta Meloni mi ha baciato ed io ho ricambiato," disse alla fine, la testa abbandonata in direzione di James per valutare la sua reazione.

James aggrottò la fronte pensieroso e poi scosse la testa. "Nah3. Mi fido ancora di te."

Il Caposcuola fissò tristemente il parco. "Alice no."

James alzò gli occhi al cielo. "Hai intenzione di stare qui a parlare di Alice? Non voglio sentir parlare di Alice. Mi piace Alice. Davvero. Ma ho ascoltato troppi problemi della gente oggi, e sono ubriaco, e non ho intenzione di sprecare questo Whisky Incendiario per dare altri consigli alla gente." James prese un lungo sorso dalla sua bottiglia. "Non parleremo di Alice."

"Perché diavolo ho baciato Carlotta Meloni?"

"Porca puttana, stavamo parlando di Alice."

"Ero innamorato di Alice, dannazione."

"Prendi un altro sorso."

"No."

"Sì."

"No. Be'…va bene." Frank prese un altro sorso. "Il fatto è che…" continuò, una volta che il Whisky Incendiario gli bruciò sufficientemente la gola. "Io amavoAlice."

"L'hai già detto."

"… E non amavo Carlotta!" Riflettè prima di continuare: "Carlotta non mi piaceva neanche così tanto. Carlotta è…"

"Bella."

"Esattamente! È bella, non è vero? È davvero, davvero, davvero, davvero, davvero…"

"Frank."

"… Davvero carina! Ed ero appena diventato Caposcuola, e…non so…eravamo lì, a bere, ed io… io le piacevo. A Carlotta Meloni piacevo io… è stato…"

"Impossibile?"

"Lusinghiero. E disorientante. Ed ero un po' ubriaco." Bevve un altro sorso. "Vorrei che quella notte non fosse mai successa."

"Anch'io," borbottò James. "Se non fosse successo, io non starei qui a sprecare una sbronza perfetta per la tua ex-ragazza."

"Sono ancora innamorato di lei," disse Frank in tono piatto, ignorando James, che fece una smorfia.

"Allora perché diavolo sei qui con me, mentre il mio migliore amico la abborda in Sala Comune?"

"Ovvio, no? Ho perso la mia occasione".

James sfilò la bottiglia a Frank, prendendo lui stesso un sorso. "Penso che scoprirai," disse, "che, dando loro tempo ed un folle numero di manifestazioni di devozione, le ragazze possono perdonare."

"Io non merito di essere perdonato."

"No," convenne James. "Ma chi cazzo se lo merita?" Frank rise ed appoggiò la testa all'indietro. I due Grifondoro sedettero in silenzio per un po', fino a quando James ricominciò: "Sai cosa penso io?" Andò incontro, tuttavia, ad un ulteriore silenzio, ed una rapida occhiata verso il Caposcuola gli svelò che Frank si era addormentato. James alzò gli occhi, mormorando, "Novellino."

Il Capitano della squadra di Quidditch stava giusto tirando fuori una sigaretta dalla tasca chiedendosi come potesse far ritornare Frank cosciente, quando un suono sospettosamente simile ad un cigolio richiamò la sua attenzione verso la parte opposta della torre, in direzione della porta oscurata da un'ombra. "Chi va là?" chiese James con autorità. Un timido Tassorosso di cui non riusciva a ricordare il nome apparve davanti a lui, con gli occhi spalancati e l'aria un po' nervosa.

"Mi dispiace," esordì il Tassorosso (James sapeva anche quello solo grazie alla sua divisa), "Me ne vado subito…"

Mentre il ragazzo–del quinto o sesto anno, da quel che sembrava–si voltava per andarsene, James lo richiamò. "Non devi andartene," disse seccamente. "Non ho intenzione di affatturarti." L'altro mago sembrava dubbioso, quindi per rassicurarlo, James si alzò in piedi, si avvicinò al mago, e tese la mano: "Sono James… James Potter. Non credo che ci siamo incontrati."

"Reginald Cattermole," rispose l'altro, prendendo la sua mano tesa. "E ci siamo incontrati. Eri solito affatturarmi."

"Ah." James si morse il labbro imbarazzato. "Ironico. Scusa." Reginald sembrava pronto ad andarsene di nuovo. "Senti, mi dispiace," aggiunse James sinceramente. "Diciamo che stavo passando questa fase al quarto anno…"

"Era il quinto."

"È stata una lunga fase." Reginald rimase in silenzio. "Senti," James iniziò ancora una volta. "Davvero–non ho una scusa. Sono un po' un idiota e basta. È il mio problema. Vieni… mi farò perdonare. Sigaretta?"

Reginald guardò la sigaretta offerta e scosse la testa.

"Che cosa ci fai qui su, comunque, Reginald Cattermole?"

"La Sala Comune era rumorosa. Volevo esercitarmi sui compiti di Incantesimi."

James annuì disinteressatamente. "Sicuro di non volere una sigaretta?" Reginald era sicuro. "Un sorso, allora?" James porse la bottiglia, e Reginald la guardò con diffidenza. "No, è buona," garantì James. "Guarda, vedi, lo berrò anch'io." E prese un sorso.

"Cos'è?" chiese Reginald, mentre James sentiva il liquido bruciargli la gola.

"Whisky Incendiario."

Gli occhi del Tassorosso si spalancarono. "E cosa è successo a lui?" Indicò i resti di Frank Paciock.

"Oh, non preoccuparti per lui; è morto," disse James con leggerezza. "Un sorso, allora? Lo sai che lo vuoi, Cat."

"Reginald."

"Sì, non ti chiamerò così." James, ancora una volta, tese la bottiglia.

"Ma non avrai abbastanza da bere se io ne prendo un po'…"

"C'è ancora mezza bottiglia, e ne ho già avuto più che a sufficienza."

Reginald aggrottò la fronte, ansioso di dire ciò che realmente lo turbava sull'offerta. "Non ho diciassette anni," confessò.

James sorrise in modo un po' più ampio. "Nemmeno io," rispose in modo confidenziale. Sollevò il fiasco un po' più vicino al suo compagno. "Allora, cosa ne dici? Mi lasci espiare le colpe del passato? Rimani obbidiente alla linea del pudore o prendi una piega un po' meno tranquilla?"


"Tu sei fantastico," dichiarò James con entusiasmo, sporgendosi dal muro di pietra che dava sul parco e scuotendo la testa incredulo. "Non fai per niente schifo, Reg Cattermole, soprattutto se si considera che sei un Tassorosso!"

Reginald, che era più piccolo e meno esperto negli effetti dell'alcool del suo tutore, trovò questa frase straordinariamente divertente. Si piegò in due dalle risate. "Io–sono–fantastico!" sogghignò. "È vero! E io sono–sono–io sono…"

"Che cosa sei, Cat?" interruppe un farfugliante James.

"Un Tassorosso!"

E risero entrambi all'affermazione.

"Non posso credere," continuò poi James, "di non averti mai parlato fino ad oggi. È veramente… veramente… veramente incredibile. Perché tu sei fantastico."

Reginald sbuffò. "T-t-t-t-tu ed io non esistiamo neppure sullo…sullo stesso…" (Cercando di ricordare la parola): "pianeta."

James fasciò le spalle del suo nuovo amico con un braccio. "Suvvia, questo non è vero, Cat. Ovviamente esistiamo sullo stesso…lo stesso quello-che-è. Prendi un altro sorso." Prendendo la bottiglia dal Grifondoro, Reginald obbedì. James armeggiò con la sigaretta spenta tra le dita.

"Hai intenzione di fumarla o no?" chiese il Tassorosso, una volta ripreso dall'ultimo sorso. "Ce l'hai in mano da a-a-anni." Mandò a James uno sguardo tagliente. James si strinse semplicemente nelle spalle.

"Non ho deciso."

"Il fatto è che," continuò il Tassorosso, "quando sei s-sobrio–non sarò più fantastico. T-t-t-tornerai a… lo sai… ign-ign-ignorarmi." Ridacchiò al pensiero. James scosse la testa, ancora considerando la sigaretta.

"Stronzate, Cat, io non sono così."

"No?"

"No. Preferisco avere altri problemi. In realtà non mi frega niente di quello che la gente pensa di me".

"Nessuno?" Reginald prese un altro sorso dal fisco. "Non ti interessa di quello che chiunque pensa di te?"

James iniziò a scuotere la testa, ma si fermò. Non lo avrebbe mai detto da sobrio, ma: "Forse una persona. Una o due persone…"

"Be', eccoti qui. O eccomi lì. O siamo entrambi lì?"

"Non sei ancora arrivato."

"Oh. Forse ancora no." Seguì un altro sorso. James aggrottò la fronte.

"Non è così, sai. Due persone in tutto il mondo…sono le uniche che contano. E sai…non fa–non fa differenza per loro chi penso sia fantastico."

"E perché?" biascicò Reginald, fissando il cielo notturno con gli occhi iniettati di sangue. James sentì un brivido di sobrietà correre attraverso di lui mentre realizzava la risposta.

"Perché ad una di loro piacerò in ogni caso, mentre l'altra mi detesterà nonostante tutto." Reg aveva un'espressione molto austera incrociata con un broncio alticcio. James continuò a osservare la sigaretta in mano. "Tu credi nell'onestà, Cat?"

"Sì."

"Davvero? Perché?"

Reginald si accigliò, corrugando la fronte. "Qual era la domanda? Sono confuso."

James scosse la testa. "Non importa. Bevi, Cat. Domani moriremo."

Reginald eseguì prontamente, prendendo un lungo sorso dalla bottiglia. Era quasi vuota ormai, come lamentò il Tassorosso ad alta voce un attimo dopo.

"Va beene," disse James. "Sei abbastanza ubriaco da quel che vedo." Reginald annuì, sapendo che era vero. "Allora… Cat… tu non mi… sai, odi, perché sono stato un po' uno stronzo con te?"

Reginald si strinse nelle spalle. "Non proprio. Non ci ho mai d-d-d-davvero pensato su. Tu mi odi? Voglio dire–tu? Voglio dire… tu odi te?" Si accigliò. "Non ha senso, vero?"

"Non lo so," ammise James, fissando il parco; cominciava a sentire il vento freddo mordergli la faccia e si chiese se quello fosse un segno che la sbronza stava finendo. "Non sto dicendo di essere orgoglioso di ogni cosa che ho fatto, ma se non l'avessi fatto, non sarei chi sono, e non mi dispiace chi sono… il più delle volte, sono abbastanza fantastico. E, sai, certo, sono successe un sacco di stronzate, ma anche un sacco di cose buone, e non so se avrei avuto le cose buone, senza le stronzate… ma allo stesso tempo, non sarò mai in grado di superare le stronzate che ho fatto… come la tua. Tu potresti essere segnato a vita da quello che ti ho fatto, Reginald Come-cavolo-ti-chiami, ed io non lo saprei mai… voglio dire, potrei saperlo ora, ma altrimenti non lo saprei. E che mi dici di Peter? Sono una cattiva influenza su Peter? Peter è così innocente… ma senza Sirius e me, suppongo che sarebbe il sacco da boxe di qualche Serpeverde. Quindi forse è una cosa buona che Pete stia con noi… ma forse è un errore. Forse non stiamo per niente aiutando Moony… forse è egoistico. Forse abbiamo fatto tutto questo per noi, non per Moony… e come potremmo saperlo? Voglio dire, la ragione per cui ci abbiamo pensato era lui, ma avevamo tredici anni, e Merlino solo sa cosa volevamo allora, no? Non credo che nemmeno noi lo sapessimo per certo. Non lo so–talvolta penso che Evans abbia ragione… è tutto un errore, e dovrei tornare indietro… tu e Piton e tutti quegli stupidi del quarto anno, ma… non lo so, credo che Piton lo meriti. È un coglione. Non mi fido di lui. Non mi fido per niente di lui e qualcuno deve pur fare qualcosa, o finisce male. E sarà tutta colpa mia." James si voltò verso Reginald. "Hai capito cosa sto dicendo, Cat?

 

Reg sbatté le palpebre. "Cos'è un Moony?"

James sospirò. "Non importa."

Accigliato, Reginald continuò: "Riguarda una ragazza, non è vero?"

"Cosa?"

"Una ragazza. Riguarda sempre una ragazza, no? Riguarda sempre una ragazza."

"Cosa riguarda sempre una ragazza?"

"Idd-d-discorsi drammatici che non hanno s-s-senso." Guardò la bottiglia. "Ti spiace se la finisco?"

James era molto silenzioso. "Hai ragione," disse alla fine. "Riguarda una ragazza."

"Lo sapevo. Ti spiace se la finisco?"

"Ma cosa significa?"

"Significa," brontolò Reginald, "che tu ora le vai a dire cosa pensi e ti spiace se la finisco?"

"No," disse James, distratto e sentendosi piuttosto sobrio ora. "No, vai avanti; è tua. Assicurati di bere dell'acqua prima di andare a letto. Penso che tu abbia ragione. Penso che… penso di dover andare."

"Ma io non voglio andare a caaaasa," mormorò Frank Paciock nel sonno, ancora steso contro il muro.

James guardò con pietà il Caposcuola. "Ma prima porterò lui in dormitorio…"

Reginald rise.

Il Grifondoro diede un'ultima occhiata alla sigaretta spenta nella sua mano. Poi, aprì le sue dita e la guardò cadere in basso, scomparendo nell'oscuro mantello di neve sottostante.


 

(Momenti di Veglia)

Con Frank al sicuro nel suo letto, James tornò alla festa, un calice di acqua in mano mentre vagava in mezzo alla folla. Sirius ed Alice sedevano vicino al fuoco, ancora nel pieno di una discussione, e Peter chiacchierava con una del quinto anno di nome Pennie. La singola persona con cui voleva parlare, comunque, non era in vista.

James realizzò che doveva essere andata a letto, e stava quasi per salire anche lui in dormitorio, dato che la serata si era rivelata un fallimento. Nonostante ciò, il ragazzo decise invece -quasi inspiegabilmente- di fare un giro nel castello...forse prendere qualcosa di un po' meno dolce dalle cucine. Scivolò via inosservato e uscì dal buco del ritratto.

Ed eccola lì.

James avrebbe giurato di non credere nel fato, ma lei era lì, ed l'esistenza destino sembrò, in quel momento, un po' difficile da negare. Lily Evans stava in piedi fuori dalla Sala Comune, a breve distanza dal ritratto della Signora Grassa, con un bicchiere in mano ed uno sguardo perso sul viso mozzafiato. Aveva un lenzuolo scarlatto sulle spalle -per proteggerla dai corridoi pieni di spifferi- che ogni tanto tirava a sè, come un tic involontario. La luce delle torce conferiva alla sua pelle candida un'aura dorata, le faceva brillare gli occhi ed illuminava ogni ciocca di capelli rossi. Mentre la ragazza si mordeva incosciamente il labbro, James dimentò e ricordò nello stesso momento perchè era lì. Non credeva nel fato, ma che coincidenza.

"Ciao." La sua stessa voce gli suonò estranea, ma quando Lily fece cadere il suo sguardo tranquillo su di lui, non notò nulla.

"Salve," replicò lei, mentre James si avvicinava, le mani in tasca. "Cosa ti porta fuori dal grande party?"

"Mi sto solo-prendendo una pausa," rispose lui, imitando la posa della ragazza. Stava per farle la stessa domanda, quando la voce di lei lo interruppe.

"È stato un bel trucchetto," disse lei. "Durante la partita...usare il fatto che Malcom Davies ed Anna Cho stanno insieme per distrarla dal boccino...fare in modo che Liam Lyle parlasse di Malcom mandandogli addosso tutti quei bolidi..."

"Aveva la pluffa," le ricordò James, piuttosto sulla difensiva. "E non l'hanno neanche colpito, in realtà."

"No," concesse Lily, gettando uno sguardo sul suo braccio guarito. "Non l'hanno colpito, non è vero?"

Dopo un breve momento di silenzio, James chiese: "Allora, hai più trovato il libro del Principe Azzurro?"

Lily alzò gli occhi. ". Non grazie a te."

"L'occhio interiore era offuscato."

"Davvero?"

"Già"

"Be', allora..." Sorrise, un po' diabolicamente. "Potresti essere interessato a sapere che ti ho scoperto, grandissimo imbroglione." James alzò le sopracciglia. "So come hai capito il numero di Elaine Pleasance...e non sei un veggente. È stata la partita di Quidditch ad ispirarmi," continuò Lily, evidentemente molto soddisfatta di se stessa. "Sapevi che Malcolm Davies e Anna Cho si stanno frequentando, così hai manipolato il gioco in modo che Liam Lyle avesse portato l'attenzione Malcolm, permettendo al nostro cercatore di prendere il boccino, giusto? Be', non indovinerai mai quello che ho sentito questa mattina... Elaine Pleasance si stava vedendo di nascosto con Kellen Burgess da settimane, il Cercatore di Serpeverde. "

James, cominciando a sorridere, cercò di sembrare innocente. "E allora?"

"Allora," premette Lily, "il numero di maglia Kellen Burgess è il dodici." Incrociò le braccia e si appoggiò con una spalla contro il muro, in modo che il suo mento fosse quasi parallelo alla spalla di James. "Scommetto che li intravisti mentre si baciavano in un ripostiglio o qualcosa del genere grazie a quella tua mappa, ed è così che hai indovinato che aveva scelto quel numero..." Lily sorrise. "Mi sbaglio?"

"Certo che ti sbagli," rispose James, emulando la sua postura. "Io sono un veggente." Lily scoppiò a ridere, e lui la imitò. "Cosa ci fai qui fuori, comunque?" chiese, quando si furono calmati.

"Sto aspettando Luke", rispose lei con noncuranza. "È in ritardo, in realtà...è strano. Lui non è mai in ritardo."

"Così mi hanno detto," borbottò il Capitano.

"Ha molto a cui pensare, in questo momento," Lily difese il suo fidanzato con voce bassa e seria. "La sua famiglia...suo fratello..è tutto così assurdo. Mi sento male per lui...vorrei sapere cosa dire...è così imbarazzante, ed io...io non so come mettermi nei suoi panni in questo momento, capisci?" La ragazza sospirò. "Non lo so...mi sento come...come se fossi una cattiva fidanzata...ed è tutto così complicato. Non so come risolvere le cose, ed è...frustrante. Frustrante e complicato, ed a dire la verità, io stessa sono un po' spaventata e confusa." Si fermò di colpo e guardò James. "Per quale motivo mi hai detto di essere qui?"

Non era cambiato niente. Lei era sempre troppo bella per essere vera, e lui era ancora troppo poco per lei. Aveva sempre saputo di non avere nessuna possibilità, e che la situazione non era cambiata. Aveva sempre saputo che c'era un Luke, ed aveva sempre saputo che lei sarebbe solo confusa da quello che voleva dire. Non era cambiato niente, tranne un fattore.

"James?"

"Scusa," disse James in fretta. "Mi sono...abbioccato un po'.

"Oddio, grazie."

"No, non-non per te, stavo solo...mi sono un attimo perso nei miei pensieri."

Lily rise. "C'è qualcosa che non va?"

Non doveva essere Luke. Doveva essere James, non Luke. Era sbagliato, e lei non riusciva a capirlo, e quella situazione faceva veramente, veramente, schifo. Ma lei era spaventata e confusa, e forse quello aveva la precedenza su ciò che voleva James, non importa quanto disperatamente lo desiderasse. Quindi, ancora una volta, James ebbe un'opportunità-un'opportunità di mentire- e la raccolse al volo.

"No," disse lui. "Va tutto...va tutto bene." E poichè lei non sembrò credergli: "Urrah, la coppa ai leoni."

"Questo è lo spirito giusto," osservò lei sarcasticamente. "Sei sicuro?"

"Sicurissimo"

"Va bene." Lei alzò scetticamente le sopracciglia, ma non domandò altro. "Non credo tu abbia tempo." Lo aveva. "Luke è molto in ritardo...forse farò un salto alla Sala Comune dei Corvonero..." la rossa si fermò. "A meno che, naturalmente, tu non abbia quella tua la mappa con te?"

James sentì la Mappa del Malandrino bruciare nella tasca della sua veste da Quidditch. "Oh, mi dispiace, no..."

Perché, dopo tutto, non era un santo.

"Certo, va bene." Fece per andarsene, ma si fermò a breve distanza e si voltò verso James. "Quello che hai fatto oggi," cominciò incerta, "è stato un po' stupido...non sono neanche sicura che sia del tutto corretto, tra l'altro ..."

"Per l'amor di Merlino, aveva la pluf..."

"Ma," gli parlò sopra Lily, "Penso che l'altra cosa che hai fatto sia stata molto...bella."

"Ehm...quale altra cosa?"

"Quel bolide hai preso", spiegò lei. "Stava per colpire Malcolm molto violentemente, e se l'avesse fatto, Liam Lyle l'avrebbe sicuramente urlato, Anna Cho ne sarebbe stata molto distratta, e Nivens Ricki avrebbe preso il boccino. Ma tu eri quello che ha detto ai battitori di mirare a Malcolm, e ti sei sentito in colpa, per cui hai preso il bolide per lui." I suoi occhi erano fissi su di lui ora. "Mi sbaglio?"

James prese molto tempo per rispondere; alla fine, interruppe il contatto visivo e borbottò a bassa voce; "Certo che ti sbagli. Non l'avevo nemmeno visto il bolide. Sul serio. È stata solo la fortuna sfacciata di Malcolm Davies, tutto qua. " Quando alzò di nuovo lo sguardo, Lily stava sorridendo leggermente.

"Sapevo di avere ragione", disse, prima di girarsi e cominciare a percorrere il corridoio ancora una volta. "Buonanotte, Potter."

Notte, Snaps.

"Ciao, Evans."

(Sveglio)

Era buio quando Remus Lupin venne sotratto al suo riposo. Qualcuno stava frugando nel dormitorio, ed uno sguardo alla sveglia accanto al suo letto rivelò al Malandrino che erano passati pochi minuti dalla mezzanotte. Aprendo le cortine del letto, Remus si guardò intorno nel dormitorio buio in cerca della persona che lo aveva svegliato. Vide James in piedi accanto alla scrivania.

"Prongs?" gracchiò Remus. "Cosa sta succedendo? Stai cercando qualcosa?"

"Ehm-no," disse James. "Voglio dire...l'ho trovata. Torna a dormire."

Abbastanza misteriosamente, James gettò qualcosa nel secchio della spazzatura mezzo pieno e si voltò, avvicinandosi alla porta. "Mi spiace di averti svegliato. Notte, Moony."

"Notte, Prongs," rispose Remus, perplesso. La porta si chiuse dietro il suo amico, ma Remus era troppo curioso per lasciar perdere. Scese dal letto ed attraversò il dormitorio. Il bagliore della luna calante attraverso la finestra abbastanza da illuminare il contenuto del cestino della spazzatura.

Nonostante fosse stato svegliato così bruscamente, nonostante la settimana infernale, e nonostante la nausea di quella mattina, Remus sorrise. Nel bidone, sopra pergamene, torsoli di mela e calamai vuoti, vi era un pacchetto mezzo pieno di sigarette.





Note di traduzione:


  1. Il white pudding non è stato tradotto poichè non c'è un vero corrispettivo in italiano; nella pagina di Wikipedia italiana del pudding, viene citato in lingua originale, perciò abbiamo preferito lasciarlo così; consiste, comunque, di una massa solida ottenuta dalla miscelazione di carne varia e cereali.

  2. Lucky: come leggerete, nel capitolo è spesso citata la marca di sigarette Lucky Strikes. Per rendere più marcato il nesso tra questo nome ed il titolo del paragrafo, quest'ultimo è stato lasciato in lingua originale.

  3. Nah: in originale "Nope". Dato che in italiano ci sono veramente pochi diminutivi della parola "No", questo è sembrato quello più comprensibile da tutti.

     

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Cosa ha fatto Piton ***


*Angolo della traduttrice*

Toc toc...si può? Nessuno in attesa di linciare quattro traduttrici in mostruoso ritardo? No? Bene, allora possiamo procedere! Qui è Claudia-l'ultima-arrivata che parla, e mi scuso a nome di tutte per il più di un mese di attesa, ma siamo state un pochino impegnate tra scuola-università-esami ecc. Ringrazio poi sempre tutti quelli che seguono/preferiscono/recensiscono la storia, siete meravigliosi :*

Capitolo su Piton! Vi eravate chiesti che cosa aveva combinato in questi ultimi “mesi”? Se sì, o anche se no, ecco comunque la risposta. Vi avverto come ha avverito l'autrice che in alcuni punti le cose si fanno un po' angosciose e dark, specie intorno al paragrafo '21 gennaio' dove lei dice di essersi sentite un po' male. Quindi ecco l'avvertimento...temi per adulti presenti...

Ma godetevi il capitolo!

Alla prossima,

Daughter of the Lake


 

Capitolo 15- "Cosa ha fatto Piton"

O

"A Day in the Life"


 

(2 Novembre 1975)

Gli occhi freddi e chiari di Lucius Malfoy passarono in rassegna i quattro adolescenti seduti davanti a lui al tavolo appartato dei Tre Manici di Scopa. Si appoggiò allo schienale della sedia, mentre tre di loro si sporgevano nervosamente in avanti. Il quarto imitò la postura di Lucius, i capelli scuri che cadevano davanti agli occhi scuri con una certa quantità di discreta apatia. Personalmente, Lucius ne era rimasto colpito.

"Quello che voglio farvi capire," disse il mago più grande, dopo un lungo silenzio, "è che sarete tenuti a dare prova di voi stessi."

"Certo", disse ansiosamente Mulciber. La vista di Nicolai Mulciber così serio divertì notevolmente Severus Piton, dato che Mulciber di solito proiettata un'aria così calma ed altezzosa. Ora, sedeva come un bambino timoroso, implorando quasi l'approvazione di Lucius Malfoy, e ciò portò un leggero sorriso sulle labbra sottili di Severus.

"Il Padrone" continuò Lucius, "è interessato a sostenere un seguito a Hogwarts. So che alcuni di voi hanno familiari che si sono dimostrati...simpatizzanti, verso il nostro punto di vista... Mulciber, Avery..." Entrambi annuirono con entusiasmo. "...Quindi posso supporre che voi due..." qui, Lucius volse i suoi occhi di ghiaccio su Hester e Piton, "siate altrettanto incoraggianti?"

Assolutamente,” disse Hester con fare untuoso.

Quando Severus rimase in silenzio, Mulciber intervenne subito: "Non hai niente di cui preoccuparti con Piton. Ne sa di più di tutti sulle Arti Oscure a scuola.”

"Ma davvero?" chiese Lucius, interessato. Piton si strinse nelle spalle, ma non modestamente. "Molto bene..." Si alzò dal tavolo. "Segnalerò tutto quello che ho sentito qui stasera e...mi manterrò in contatto con voi."

Appena Malfoy fece la sua uscita, Mulciber si rivolse subito ad Avery. "Siamo dentro”, annunciò allegramente. "L'hai sentito? Siamo dentro."

"È stato piuttosto vago", sottolineò Severus. "Si manterrà 'in contatto'? Ma insomma. "

"Saresti potuto essere più entusiasta, Piton," mormorò Hester. "Mi sorprende che non ti abbia buttato fuori in partenza."

Piton alzò gli occhi. "Più entusiasta? E passare per un cucciolo disperato come voi tre?"

"Calmati, Severus," disse Mulciber, ora nel suo più tipico attegiamento imperturbabile. "Dobbiamo tornare al castello."

E lo fecero, ovviamente, ma mentre Mulciber, Avery, e Hester attraversarono il villaggio borbottando eccitati sull'opportunità che si era aperta loro, Piton rimase silenzioso. Gli altri tre, forse, non l'avevano capito, ma lui non restò in silenzio per mancanza di entusiasmo. In realtà, Lucius Malfoy aveva, nelle ultime ore, aperto più porte di quante Severus Piton avesse mai potuto prevedere.

(13 Novembre 1975)

Per quasi tutti i presenti, la lezione di Pozioni del sesto anno sembrava prolungarsi senza motivo quella mattina. L' Amortentia sembrava richiedere un'eternità per fermentarsi, e per la maggior parte di loro era comunque di gran lunga troppo complessa per avere una vaga idea di quello che stavano facendo. Severus Piton non aveva quel particolare problema.

Era seduto accanto a Lily, che era ugualmente abile nell'esecuzione della pozione... non le sembravano pesare i tredici passi necessari per preparare un solo ingrediente. Infatti, Severus notò come i suoi occhi si erano fatti un po' più luminosi, come sorrideva ad una delle istruzioni della sua copia di Pozioni Avanzate ed andava avanti ignorandola, come si mordeva il labbro inferiore per la concentrazione... si stava divertendo. Lily si era sempre divertita a Pozioni, e -forse a causa di ciò- la stessa cosa valeva per Severus.

"Va bene," sospirò la rossa Grifondoro a circa metà dell'ora. Mise il suo calderone sul fuoco e si sedette al suo banco. "Quello dovrà essere mescolato tra.." controllò l'orologio, "...dieci minuti. Non farmelo dimenticare, Sev."

"Certo," rispose a bassa voce. La sua stessa pozione si stava avvicinando alla stessa fase, e lavorò in fretta per recuperare. "Hai finito Trasfigurazione?" chiese, una volta che anche la sua pozione era stata messa a scaldare sul fuoco lento.

"Quasi", rispose Lily, lo sguardo fisso sulla lavagna. "Non ho ancora assimilato la parte pratica...Trasfigurazione non è mai stata il mio forte."

"Cavolate", disse Piton. "Sei più brava della maggior parte della classe." Lily sorrise con gratitudine, ma alzò le spalle. "In ogni caso, Trasfigurazione non è così tremendamente importante."

Questa volta, Lily sorprendentemente rise. "Come ti è venuta questa?"

"Potter è bravo in Trasfigurazione; non può essere terribilmente difficile, no?" borbottò il Serpeverde. Guardò dall'altra parte della stanza dove sedevano i quattro Malandrini -Remus che divideva la sua attenzione tra la sua pozione ed i suoi amici, Peter che si dedicava quasi esclusivamente a quest'ultimi, e James e Sirius che erano impegnati in quello che sembrava essere un duello di spade con le bacchette, mentre le loro pozioni stavano a scaldare sul fuoco. "Idioti... se le scintille cadono nel calderone, le pozioni saranno rovinate."

Lily seguì lo sguardo di Severus. "Io non mi preoccuperei di loro", osservò con indifferenza. "Se la cavano bene in classe."

"Sono appena nella media in Pozioni," fece notare rapidamente Severus. "Lupin è scarsissimo, lo sai." Lily non rispose, e Severus riconobbe quel tipo di silenzio. Non voleva discutere con lui e, di conseguenza, si stava mordendo con forza la lingua. Qualcosa dentro di lui, qualcosa di masochista, senza dubbio, lo spinse a provocare: "Oh, dimenticavo. Lupin è tuo amico".

"Sev..."

"Non capisco come tu possa tollerarlo. C'è qualcosa di strano in lui..."

Lily fece mulinare ostinatamente i capelli. "C'è qualcosa di strano anche in me. Perché l'essere 'strano' dev'essere negativo? Ora datti una calmata, va bene?"

"Datti una calmata" era il modo preferito di Lily per cambiare argomento, e a volte Piton l'assecondava, a volte no. Oggi lo fece, ed il resto della lezione trascorse con una sola conversazione superficiale tra di loro... niente in confronto alle lezioni di Pozioni degli anni passati, quando si sedevano, solo loro due, e parlavano di ogni genere di argomento... questioni grandi, importanti, che Severus non era mai stato in grado di discutere con nessun altro. Ma non oggi.

"Non male, Potter," Lumacorno poteva essere sentito lodare il giovane capitano della squadra di Quidditch, mentre serpeggiava attraverso la stanza, ispezionando i calderoni quasi pronti. “Oserei dire che ti sei applicato per migliorare le tue pozioni..."

"Oh, no," disse James piuttosto seriamente. "Ho solo fatto un sacco di pratica con l'Amortentia." Per un momento Lumacorno sembrò preoccupato, poi si ammorbidì quando colse la battuta.

"Ma certo," ridacchiò l'Insegnante di Pozioni. "Certo, stai scherzando."

No che non sta scherzando" ironizzò Sirius. "Come pensa che l'abbia conquistate tutte le sue fidanzate?"

James gli diede un pugno sul braccio ed i due cominciarono a battibeccare. Severus alzò gli occhi al cielo, anche se il resto della classe sembrava divertito.

"Bene, allora, Potter," continuò benignamente Lumacorno una volta attenuata la discussione tra i due Malandrini. "Che cosa riesci a sentire tu?"

James sorrise. "Professor Lumacorno, non mi chiederà mica di divulgare una cosa così personale come quella, no?"

Lumacorno ridacchiò ancora una volta, e Severus alzò di nuovo gli occhi al cielo. "Che pallone gonfiato," mormorò, guardando di sbieco Lily per valutare la sua reazione.

"Oh, certamente", convenne lei, ma c'era una leggera curva sulle sue labbra che tradiva divertimento. Severus fissò il liquido perlaceo del proprio calderone e si chiese vagamente se Lily fosse curiosa di sapere ciò che riusciva a sentire nella sua fragranza.
 

(5 Dicembre 1975)

"Piton, una parola," chiamò Lucius, ed il mago più giovane si voltò prima di uscire dalla stanzetta silenziosa alla Testa di Porco. Avery, Mulciber, e Hester si scambiarono sguardi curiosi, fermandosi anche loro, ma Lucius annuì al loro indirizzo per congedarli, e loro obbedirono – anche se un po' risentiti. "È stata una dimostrazione impressionante," continuò Malfoy, una volta rimasti soli. "Hai fatto i compiti, a quanto pare."

"Anche questi incantesimi funzionano" disse Piton in fretta. "C'è molto di più contenuto nelle Arti Oscure di quello che dicono i libri. Se avessi avuto accesso alle risorse..."

"Potresti benissimo averlo," l'interruppe Malfoy. "Il Signore Oscuro sarà molto interessato a quello che segnalerò sul tuo conto... Mulciber, Hester... sono abbastanza svegli, ma... be', diciamo solo che hai dimostrato di avere il maggior potenziale negli ultimi incontri."

Il colorito di Severus si accese di orgoglio. "Ti ringrazio", gli rispose, attento a non apparire troppo entusiasta per il complimento.

"C'è una cosa che mi preoccupa sul tuo conto," continuò Malfoy. "Mi ricordo di te quando ero a scuola... eri strano... non andavi d'accordo con svariati studenti della tua Casa..."

"Hai conosciuto Hester," disse Piton seccamente. "Ne sei sorpreso?"

Lucius sorrise. "No. No, non è questo. Ciò che mi preoccupa, Piton, è quella tua amica... la signorina... Evans?"

Piton mise a tacere il panico che minacciava di comparire sul suo volto. "Mulciber ha spiegato tutto al riguardo".

"Sì," disse Lucius, pragmatico. "Voglio semplicemente essere certo che il tuo interesse nel portarti a letto la Sanguesporco... non influenzerà la tua dedizione al tuo futuro con il Signore Oscuro."

"Certo che no," disse Severus velocemente. "Certo che no."

Nelle prime ore del mattino che seguì, Piton rimase sveglio a letto, con un misto di emozioni contrastanti. Era orgoglioso: gli era stata data la possibilità di dimostrare il suo valore, cosa che non era mai realmente accaduta ad Hogwarts, non con gente come James Potter che scorrazzava in giro con la scuola ai suoi piedi. Era perfetto... alla fine, l'avrebbe dimostrato a tutti...

Eppure, le cose che era stato costretto ad ammettere su Lily quella notte... lo fecero rabbrividire.

Questi pensieri lo tennero sveglio per qualche tempo, fino a che, come si fece giorno, Severus scivolò nel sonno con un pensiero confortante: quando sarebbe stato al potere, l'avrebbe dimostrato a tutti... Lily l'avrebbe visto in modo diverso allora...Lily avrebbe capito che in verità era Piton quello importante. Il Serpeverde riusciva già a vedere quel bellissimo sorriso orgoglioso crescere a poco a poco sulle sue labbra rosa...

E quando avrebbe tremato, implorando per la sua vita, James Potter non sarebbe sembrato più così grandioso...
 

(12 Dicembre 1975)

Gli occhi piccoli e penetranti di Saul Hester si socchiusero, e –notò Severus– la già forte somiglianza del ragazzo con un topo non fece che aumentare.

"Dove sei stato oggi, Piton?" chiese con veemenza l'altro ragazzo del sesto anno, mentre entrava nel dormitorio dei ragazzi del sesto anno Serpeverde, chiudendo la porta dietro di sé; "e non dire che eri qui con l'influenza...non eri malato, e non eri qui quando sono passato all'ora di pranzo. "

"Perché pensi che fossi malato, Hester?" replicò Severus, godendosi il segreto che frustrava così tanto il suo compagno di Casa.

"Il Guaritore Holloway ha detto che avevi chiesto un medicinale per l'influenza e che eri venuto qui a dormire", disse Hester. "Ma questo non è vero, o sbaglio?”

"Be'," rispose Piton, aprendo la Gazzetta del Profeta e appoggiandosi pigramente sul letto, "non è che potevo dire al Guaritore Holloway di aver programmato di saltare le lezioni perché Lucius Malfoy voleva incontrarsi con me a Hogsmeade."

L'unica cosa migliore di tenere quel segreto a Hester – realizzò allegramente Severus – era svelarglielo. Il viso dell'altro ragazzo si contorse con irritazione mal contenuta ed incredulità. "Perché non l'hai detto a noi altri?" chiese.

"Mulciber lo sa," disse Severus con leggerezza. "Presumo che l'abbia detto ad Avery. Ma io sono stato l'unico a scendere al villaggio... Malfoy voleva incontrarsi solo con me."

"Cavolate", sbottò Hester. "Non ci credo. Perché mai Malfoy vorrebbe incontrarsi con un mezzosangue come t...?"

Prima che potesse completare il pensiero, però, si sentì un botto, e Hester venne appeso a testa in giù, sospeso a mezz'aria dietro l'ordine della bacchetta di Piton. "Dev'essere umiliante essere battuto così facilmente da un mezzosangue come me," disse freddamente. Un tocco di bacchetta, e Hester cadde a terra. "Malfoy aveva un paio di cose che voleva discutere con me riguardo lo stato di Hogwarts. Non so perché abbia scelto me tra noi quattro, ma lo ha fatto..." Severus fece una pausa, e poi aggiunse: "Anche se posso certamente capire perché non abbia scelto te."

Piton, che si era alzato nell'attacco, tornò poi al suo posto sul letto. Ciò che aveva rivelato ad Hester era parzialmente vero, anche se non era sceso nei dettagli. Malfoy si era informato delle indagini di Lathe e di quanto -se non altro- l'Auror aveva scoperto. A quanto pare, i verbali di Lathe al Ministero erano divenuti superficiali e poco frequenti.

Hester si alzò in piedi. "Tutto qui?" mormorò. "Non ha discusso della...della prova di cui ha parlato l'ultima volta? La prova per noi...?"

"Non essere sciocco, Hester."

L'altro mago si raddrizzò, fissando Severus dall'altra parte del dormitorio. "Guardati le spalle, Piton," mormorò ed uscì silenziosamente dalla stanza.

(19 Dicembre 1975)

"Domani me ne vado," osservò Lily al di sopra di un libro della biblioteca, a cui stava prestando ben poca attenzione. Piton alzò lo sguardo dal libro di Pozioni che stava pigramente annotando. La coppia era seduta al loro solito tavolo in biblioteca. "Torno a casa da Petunia, le auto, la tv e le persone che portano la posta."

Severus inarcò un sopracciglio. "Non devi andarci per forza."

"Lo so," rispose lei. "Ma è quello che voglio. Voglio rivedere la mamma e Tunia. E il postino, ovviamente…"

"Lasciando me da solo con gente del calibro di Black e Minus," mormorò il Serpeverde seccamente, e Lily non riuscì a reprimere un sorriso.

"Sono sicura che troverai qualcos'altro da fare oltre che andare in giro con un paio di Grifondoro, Sev. Alcuni dei tuoi compagni di Casa resteranno, non è vero?"

"Nessuno del mio anno…tranne Hester." Lily annuì, comprendendo chiaramente il disgusto nel tono del suo amico. "Comunque, è sempre meglio di Spinner's End."

"Lo so," ammise l'altra. "Vorrei quasi che venissi lo stesso, però… almeno così avrei qualcosa da fare dopo che la novità di essere a casa sarà finita. Mi sentirò un po' patetica a stare seduta al parco da sola."

Severus fece finta di leggere il suo libro, aggiungendo: "Quindi quel Harper non passerà a trovarti?"

Lily sembrò solo leggermente sorpresa dal fatto che la domanda fosse stata posta. "No," rispose lei, rimediando in fretta. "No, non credo che lo farà. Resterà al castello."

"A causa di questa storia con la sua famiglia?"

"Proprio così."

Severus annuì. "Quindi voi due state ancora…?"

Sospirando, anche Lily annuì. "Per quanto ne sappia. In ogni caso: nuovo argomento." Si illuminò considerevolmente mentre prendeva il suo zaino e lo lasciava cadere sul tavolo. "Ho il tuo regalo di Natale."

Avvolto dentro strati ordinati di carta oro e verde c'era un set di bilance nuovo e splendente. "Sono quelle più sensibili," spiegò Lily con orgoglio. "Ricordo che le avevi guardate nel catalogo, e…" Continuò la sua spiegazione felice, mentre Severus si chiedeva quante paghette avesse dovuto mettere da parte per un regalo come quello.

Quando ebbe finito, il ragazzo la ringraziò sinceramente. "Mi dispiace di non averti preso niente quest'anno…" aggiunse tristemente.

"Oh, va bene, Sev, io…" Si fermò, avendo riconosciuto la sua espressione. "Lo hai preso, cretino. Dammelo."

Lui sorrise e tirò un pacchetto dalla sua borsa. La rossa scartò il suo regalo con entusiasmo, fasciando il fiocco blu che lo legava attorno al suo polso. "È adorabile," disse, vedendo il quaderno di pelle color verde foresta. "Grazie, Sev, è davvero c…"

"C'è di più," spiegò Severus. "L'ho stregato…Io ho un altro quaderno… puoi scrivere nel tuo e apparirà nel mio."

"Wow, grazie, Sev!" si meravigliò, giustamente impressionata, mentre esaminava il quaderno in modo più approfondito. "Buon Natale.”

"Buon Natale, Lily." 

(1° Gennaio 1976)

Severus Piton sedeva da solo nella Sala Comune Serpeverde la mattina di Capodanno. 1976. Non suonava come un anno molto importante per lui.

"Sev?" era la parola scritta in grafia ordinata e sinuosa sulla prima pagina del quaderno in pelle. Apparteneva a Lily ovviamente… Severus aveva aperto il quaderno mezz'ora prima per vedere se lei avesse scritto qualcosa, e lo aveva fatto. Dopo la prima parola, ne seguirono di più, sempre nella stessa bellissima grafia.

"Sev?

Per favore?

No?

Va bene. Non ci sei. Posso accettarlo. Davvero.

...

Che ne dici di adesso?

No?

Va bene.

Formato lettera sia… anche se è meglio che tu non apra a metà…

Ehm, pardon, le formalità:

Caro Sev,

Casa non è casa senza di te. Spero che tu abbia passato un felice Natale. Petunia è qui, in completo stile Petunia. Si è trovata un fidanzato, come sai, e vorrei che potessi incontrarlo. Ti divertiresti con lui…Ripensandoci, forse non sarebbe esattamente una buona idea.

Nevica sempre più forte, proprio come dovrebbe. Tutti i bambini del vicinato stanno giocando fuori, e sono eccezionalmente gelosa. Ho sedici anni, e non ho scuse per giocare nella neve: chi dice che l'età non sia una tragedia? Tuttavia, il semplice fatto che ci siano bambini nel vicinato rende tutto più natalizio. Per un po', sembrava che tutti i bambini nel vicinato fossero cresciuti, ma alla fine, è saltata fuori una nuova generazione, portando con sè battaglie a palle di neve, un gran chiasso e la prospettiva di una cioccolata calda.

Non posso scrivere molto –Mamma ha bisogno del mio aiuto in cucina– ma speravo che potessi darmi qualche dettaglio su ciò che sta succedendo a scuola. Ho sentito che Lathe se ne sta andando, ma i dettagli erano vaghi… se sai qualcosa, qui io muoio di curiosità.

Comunque, buon anno! Salutami la biblioteca – Mi sento come se avessi improvvisamente letto tutti i libri in questa casa, e sto soffrendo da privazione letteraria.

Sempre con amore,

Lily

P. S. Ricordi quando eravamo piccoli e scrivevamo lettere e le portavamo nelle cassette della posta l'uno dell'altra? Alla fine scrivevo sempre: "Per favore rispondi" come se non lo sapessi già! Comunque, mi è appena venuto in mente…

-L.E. "

Questo era ciò che Lily Evans aveva da dire – questo era ciò che divideva il cervello di Severus (la sua coscienza, in realtà, anche se sarebbe morto prima di ammetterlo) e questo era ciò che aveva tenuto il Serpeverde sveglio per la maggior parte della notte, pieno di dubbi. Be', questo e un'altra cosa.

"Piton,

Ho appena sentito Lucius. Vuole incontrarci il prossimo 15 gennaio. Credo che questo potrebbe essere ciò di cui stava parlando l'ultima volta: la "prova speciale" che ha menzionato. Passa parola a Hester.

-N. Mulciber "

E qui stava il dilemma.

(15 Gennaio 1976)

"Tutto qui?" chiese Severus, sorpreso. "Questo è tutto quello che dobbiamo fare?"

"Questo," disse Lucius Malfoy, "è quello che dovete fare per cominciare con il Signore Oscuro, sì, Severus. Suppongo che non ci saranno difficoltà per voi quattro."

"No, certamente no," rispose Mulciber, e gli altri due scossero la testa in assenso. Piton quasi non poteva crederci… un incantesimo, e si sarebbe dimostrato in grado di unirsi al mago più potente della storia recente… un solo incantesimo, e, be', non ci sarebbe stata difficoltà lì. Non aveva già utilizzato quel tipo di magia una mezza dozzina di volte? Certo, gli oggetti non erano stati esattamente umani, ma comunque…

"E tu, signor Piton?" chiese Lucius. "Sei preparato a farlo?"

Gli sembrava strano… la semplicità… la mancanza di grandiosità in quel momento: una lercia stanza affittata con un letto e un rubinetto alla Testa di Porco… quattro Serpeverde e Lucius Malfoy… il ragazzo aveva pensato… aveva pensato che quel passo avrebbe previsto almeno un momento epico, e tuttavia Severus Piton era lì ad accettare un compito estremamente semplice. Gli sembrava così strano.

"Assolutamente," replicò facilmente il Serpeverde.

"Non mi importa quale Maledizione Senza Perdono scegliate," continuò Lucius, ora pragmatico. "Ma farete meglio a stare lontani dall'Avada Kedavra..." (Ne parlava così casualmente… era la cosa più semplice del mondo…) "Non vorremmo creare il panico a scuola. Capite. E fate in modo di avere un testimone… uno degli altri tre. Chiaro?"

"Certo," disse Hester avidamente.

"Sì," concordò Mulciber, e Avery annuì. Malfoy si voltò nuovamente verso Piton.

"Certamente," disse Severus. "So già il mio obiettivo."

(16 Gennaio 1976)

"Dannato James Potter," stava borbottando Lily quando si era quasi scontrata con Severus sulle scale tra il quinto e il sesto piano. Non lo aveva visto, dato che stava cercando con concentrazione qualcosa nella sua borsa, e nella collisione, gli occhi verdi della Grifondoro strabuzzarono. "Sev! Agrippa, mi dispiace. Stai bene?"

"Sto bene," disse Piton velocemente. "Dannato James Potter?"

"Sì…" Lily scosse la mano vagamente. "Stava facendo il cretino… Cercavo un libro e… non importa. Cosa ci fai in questa parte del castello?"

"Devo consegnare il mio compito di Trasfigurazione," rispose, alzando indicativamente un rotolo di pergamena.

"Giusto… hai perso la lezione stamattina. Perché? Non ti senti bene?"

"Ho dormito troppo," replicò, ed era vero. Non si era sentito di alzarsi dal letto con solo poche ore di sonno sulle spalle. Dopo il loro incontro con Lucius Malfoy, i quattro Serpeverde non erano riusciti a tornare al castello fino a un'ora piuttosto tarda. "Dove stai andando?"

"Biblioteca. Luke."

"Ah." Non si preoccupò di trattenere il sarcasmo dal suo tono, e Lily lo notò. La ragazza inclinò la sua testa da un lato ma non disse nulla. "Vuoi compagnia?" Severus fece velocemente ammenda.

"Se non hai l'impellente bisogno di vedere la McGrannitt…"

"Per favore."

Lui cambiò direzione, camminando ora fianco a fianco con Lily giù per le scale. "Quindi," cominciò ora Lily, "hai già comprato il mio regalo di compleanno?"

"Non siamo già troppo vecchi per i compleanni?"

"Dovrei sperare di no. Sto per compiere solo diciassette anni."

"Forse comprerò un guinzaglio al tuo gatto."

Lily incrociò le braccia. "Ira è molto sensibile, Sev. Non gli metterei mai un guinzaglio. Si offenderebbe." Sorrise. "Comunque, Donna me ne ha dato uno lo scorso Natale."

"Quell'animale è una piaga, Lily."

"Ira non è una piaga. Sa semplicemente cosa vuole."

"Stavo parlando di Donna, in realtà…"

Lily tentò di sembrare in disaccordo. "Cretino." Continuarono a discutere allo stesso modo finché non raggiunsero il quarto piano. "Eccomi," disse Lily con leggerezza. "Grazie per avermi scortato."

"Non è che fosse completamente fuori dalla mia strada… anche se lo era."

Lily fece un sorrisetto. "Non sarebbe stato molto cavalleresco se non fosse stato completamente fuori dalla tua strada, Severus. Ora, sono in ritardo." Guardò oltre la sua spalla verso la biblioteca. Scherzando, aggiunse: "Fai il bravo," prima di voltarsi e allontanarsi rapidamente. Severus non sapeva il perché sentisse l'espressione contenta scivolargli dal viso, o cosa potesse essere quello strano, scomodo sentimento alla bocca dello stomaco.
 

(17 Gennaio 1976)

Severus Piton non conosceva per niente bene Alexa Kyle. Non si erano mai parlati, per quanto poteva ricordare, ed avevano condiviso soltanto una o due classi. Lei era una Corvonero –una Corvonero piuttosto classica, con i lunghi capelli castani, il naso all'insù e gli occhiali dalla cornice sottile. Era abbastanza carina, e faceva da tutor a qualche studente più giovane di volta in volta. Severus sapeva tutto questo soltanto perchè una volta il Professor Lumacorno aveva chiesto a lui di aiutare uno studente del terzo anno con difficoltà in Pozioni, e quando Severus si era rifiutato piuttosto seccamente, Lumacorno aveva menzionato che avrebbe potuto farlo Alexa Kyle.

Oh, ed era una mezzosangue.

Quelle informazioni costituivano tutto ciò che Severus Piton sapeva su Alexa Kyle, eppure Severus si era ritrovato da solo in un corridoio pieno di spifferi con una singhiozzante Alexa Kyle, e il ragazzo registrò il fatto come strano. Quella, si rese conto, doveva essere la prima volta che si trovava solo con una ragazza in lacrime (eccetto che con Lily –ed anche in quel caso, era successo solo una volta tanto tempo prima). Era esattamente tanto imbarazzante quanto si potrebbe immaginare.

Non c'era stato nessuno invito a sedersi a fianco a lui su quella panchina al terzo piano, per la Corvonero. Lui stava semplicemente sedendo lì, leggendo un libro sulla teoria magica che non si sarebbe potuto trovare neanche nel reparto proibito della biblioteca della scuola, quando lei era arrivata, aveva marciato lungo il corridoio con un'espressione di pietra sul suo pallido volto e si era seduta accanto a lui. Appallottolato ma visibile, c'era un pezzo di pergamena nel suo pungo. Un minuto dopo, lei stava singhiozzando.

Parole confortanti non attraversarono neanche la mente di Severus. "Posso aiutarti?" chiese. Lei continuò a piangere, apparentemente indifferente alla presenza di lui tanto quanto lui era irritato da quella di lei. Dopo un po', i singhiozzi di Alexa Kyle si placarono e Severus ripetè la domanda. Lei lo guardò curiosamente, cercando nei suoi occhi neri qualcosa che non trovò.

"I miei genitori sono morti," disse in tono soffocato.

Oh.

Lui avrebbe voluto dire: "E questa è l'unica panchina che hai potuto trovare?" ma invece la fissò inespressivo.

"I miei genitori sono stati assassinati." Niente tristezza, nessuna richiesta di pietà: una semplice, tetra spiegazione fu tutto quello che lei fornì. "Non ho mai detto loro addio."

Severus continuò a fissarla.

Alexa Kyle lo fissò di rimando, gli occhi marroni vitrei e increduli. "Tu ce li hai i genitori?" sussurrò la Corvonero un momento dopo.

"Sì." E non gli sarebbe esattamente dispiaciuto se suo padre fosse morto.

Alexa distolse lo sguardo, posandolo sulla pergamena tra le sue mani. Poi (e forse si era improvvisamente resa conto di quanto tutto questo fosse terribilmente imbarazzante, o forse non aveva una chiara idea della realtà al momento), la strega si alzò, andandosene tanto inaspettatamente come era arrivata.

Severus venne lasciato di nuovo da solo.

Non conosceva Alexa Kyle... non le aveva mai parlato prima. Doveva avere degli amici e una vita, preferenze e abitudini, talenti e stranezze. Doveva significare qualcosa per qualcuno, ma per lui non significava nulla. Che cosa paradossale...

I suoi genitori erano stati assassinati... la pergamena appallottolata nella sua mano... Severus non aveva dubbi che fosse una di quelle lettere nere sigillate del Ministero...che annunciavano la causa della morte...e che i cosiddetti Mangiamorte erano implicati.

Severus rimase da solo per diversi minuti, prima di ritrovarsi troppo a disagio con i suoi pensieri solitari. Il Serpeverde si alzò in piedi senza avere una chiara idea di dove si sarebbe diretto. Si incamminò lungo il corridoio deserto, gli occhi e la concentrazione puntati sul pavimento di pietra, così che solo quando svoltò l'angolo si accorse delle altre due persone presenti nell'ala.

Potter e Black.

"Che cosa state facendo voi qui?" chiese Piton, nella sua voce una più rabbia del solito, semplicemente per il fatto che era stato colto di sorpresa.

"Potremmo farti la stessa domanda, Mocciosus," ribattè Black.

"Ho un messaggio per il Guaritore Holloway," mentì facilmente Severus. Gli venne in mente un'idea. "Sono un prefetto. Potrei togliervi punti." Incontrò lo sguardo di James Potter, sperando di cogliervi un barlume di preoccupazione. Il Serpeverde rimase purtroppo deluso.

"E questo ti farà sentire importante?"

Poche parole avrebbero potuto essere più provocatorie per Piton in quel momento...che cosa aveva quell'idiota di James Potter? Come faceva a deviare ogni situazione così da far sembrare che ogni opzione gli avrebbe dato esattamente quello che voleva?

"Non vali il mio tempo" replicò Severus.

"Certo. Ovviamente." Come da copione, Potter esibì un leggero ghigno, come se avesse vinto. Piton aspettò il prossimo assalto verbale, l'assalto verbale che avrebbe fatto precipitare l'incontro. Venne in mente a Severus che quella era l'occasione che stava aspettando...Potter e Black. Ovviamente, non c'era nessun testimone –avrebbe dovuto portare uno degli altri come testimone...ma non importava: avrebbero potuto controllare i suoi ricordi più tardi, se avessero avuto dei dubbi. A quel punto, Potter disse a Black: "Andiamocene, ok?"

"Come vuoi, vecchio mio," rispose Sirius Black con noncuranza.

Severus li guardò voltarsi per andarsene, confuso sebbene non lo mostrasse. I due si stavano allontanando –pavoneggiandosi, più che altro. Sembrava che nessuno dei due idioti stesse pensando che Piton avrebbe potuto ancora agire, e come se ne rese conto, Severus capì che avrebbe anche potuto non farlo. La sua mano toccò la bacchetta nella sua tasca, chiedendosi brevemente se avrebbe attaccato.

I due Grifondoro stavano chiacchierando allegramente.

Il volto di Hester apparve nella mente di Piton –beffardo e diffidente. Poi ci fu Lily –Lily seduta accanto a Potter nella Sala Grande tutti quei mesi prima, Lily che malediceva con veemenza il nome di lui...poi, Lily che guardava Severus con scintillanti occhi verdi, pieni di ammirazione e soggezione, mentre lui le mostrava quanto fosse superiore a quel gigantesco buffone di James Potter... come tutti a scuola si accorgevano di aver sbagliato a venerare il Grifondoro, scioccati nell'apprendere che lui, quel Severus Piton, possedeva davvero il potere.

La sua bacchetta fu fuori in mezzo secondo. "Pulsevette1!" pronunciò Severus nella sua mente, la bacchetta puntata su Sirius Black...odiava Black, ovviamente, ma in quel momento era Potter che voleva.

Black volò in avanti, sbattendo contro un muro e cadendo a terra come un manichino. A quel punto, prima che Potter potesse anche solo avere il tempo di accorgersi che era successo qualcosa al suo amico, Piton mormorò: "Levicorpus!"

James si capovolse, andando a levitare in aria a testa in giù.

Con la Maledizione Senza Perdono che attraversava freneticamente la sua mente, Piton si ritrovò ad essere per breve tempo distratto. Si dimenticò di disarmare Potter.

Piton sentì ribaltarsi le gambe sotto di lui, e poi venne un dolore al braccio; volò all'indietro per la forza della fattura di Potter e perse il controllo del suo stesso incantesimo. Il Grifondoro si schiantò a terra, proprio mentre Piton toccava il suolo ad una certa distanza da lì. Atterrò in modo fortunato, tuttavia, e si stava già rimettendo in piedi pochi secondi dopo.

Tuttavia, Potter si riprese più velocemente. Un incantesimo disarmante non solo strappò la bacchetta dalle mani di Severus, ma lo fece anche cadere all'indietro.

Severus gemette –cosa c'era che non andava in lui? Questa era la seconda volta che veniva colto di sorpresa. Potter si stava curando la gamba, e questa volta fu Piton a riprendersi più rapidamente.

Si alzò in piedi, zoppicò fino alla sua bacchetta e disarmò Potter –che aveva appena finito di aggiustarsi la gamba ed era rimasto a terra.

Il Grifondoro aveva un'espressione di sfida mentre il suo avversario si avvicinava, la bacchetta puntata sul suo cuore. Severus a malapena si accorse del fatto. Ad un tratto si ritrovò pienamente consapevole di quello che stava per accadere...

Era il momento.

Era la sua occasione per provare se stesso... per provare se stesso a Potter e a Lucius Malfoy e a Hester e a tutti quanti. Un'unica parola, Crucio, e tutto sarebbe iniziato. Merlino sapeva che aveva abbastanza odio nei confronti di James Potter dentro di lui...sarebbe stato così facile...così splendidamente semplice (e gratificante) lanciare una Maledizione Senza Perdono.

Senza Perdono.

Queste parole portarono di nuovo Lily nella sua mente, ma non stava brillando di ammirazione per lui questa volta... era semplicemente Lily... "Fai il bravo," aveva detto...

Senza Perdono.

Severus esitò.

Esitò un momento di troppo –il dolore alle gambe, l'instabilità e poi il suo corpo che cadeva all'indietro... si era avvicinato troppo a Potter, e il Grifondoro l'aveva colpito al ginocchio. Piton sarebbe finito a terra, ma James si era rimesso in piedi in un secondo, afferrandogli il polso, cosa che  -mentre lo disarmava– diede al Serpeverde un momento per ristabilizzarsi...ma solo un momento.

L'ira ardeva negli occhi di Potter. Nessuno sembrava avere il controllo della situazione –James impotente contro la sua rabbia e Piton impotente senza la sua bacchetta. Potter scagliò un pugno. Severus colpì il terreno.

Dolore.

Severus aveva sperimentato più pugni dell'altro ragazzo –questo non era il più doloroso, ma rientrava nella classifica. Ad ogni modo, mentre si raddrizzava, sanguinando ma cercando di ignorare il dolore, Severus cambiò la sua espressione in una apatica. Vide che la violenza non aveva per nulla fatto scemare la rabbia di James Potter. Quello era il tipo di collera che non prometteva niente di buono per Piton.

Con due bacchette puntate sul Serpeverde, Potter lo fissava pieno di odio. Da un momento all'altro, ora, una fattura, un incantesimo...qualcosa. Tuttavia...

"Quale diavolo è il tuo problema?" chiese Potter. Severus si assicurò di non mostrare la confusione che la domanda gli aveva suscitato... il suo problema? C'era mai stato bisogno di un problema prima? Era semplicemente come erano le cose –era quello che facevano di solito. Perchè Potter sembrava esser stato colto di sorpresa?

Severus stava aspettando la fattura che l'avrebbe ripagato per il suo silenzio e incoperabilità, così il suo sconcerto non fece che intensificarsi quando James non alzò nessuna delle bacchette (la sua e quella di Piton) per attaccarlo. Piuttosto, alzò un braccio sopra la sua testa e lanciò la bacchetta di Piton più lontano che poteva. James non guardò Piton, ma la rabbia non esercitata rimase sul suo viso. In ogni caso, il Grifondoro girò sui tacchi mentre la bacchetta ticchettava rumorosamente al suolo molto alle spalle di Piton. Si avviò verso il luogo dove Black stava cominciando a riprendersi.

Piton non perse tempo e si alzò in piedi. Praticamente scattò fino a dove la sua bacchetta era caduta (ignorando il dolore pulsante sulla sua guancia destra) e aveva abbandonato la scena prima ancora che entrambi i Grifondoro si accorgessero che se ne era andato.

(18 Gennaio 1976)

"Non ne ho avuto occasione," mentì facilmente Piton. Tra gli altri cinque, solo Hester sembrava diffidente.

"Eravamo da soli nel corridoio con Mary Macdonald l'altra settimana," osservò Hester freddamente –era insolitamente loquace quella sera, notò Severus. Solitamente Hester evitava di parlare (a meno che interpellato) quando Lucius Malfoy si incontrava con loro.

"Ho un bersaglio specifico in mente," disse Severus, chiedendosi perchè -oh, perchè- non aveva scagliato la Maledizione Senza Perdono su Potter quando ne aveva avuto l'occasione. "Non ho intenzione di sprecare l'opportunità."

"C'è una certa eleganza nell'avere un bersaglio pianificato," concordò Malfoy. Per una volta, non era venuto alla Testa di Porco da solo quella sera. Un uomo alto e slanciato con una barba sale-e-pepe e un volto stretto e ossuto sedeva accanto a Malfoy. Era molto più vecchio del suo compagno, e rimase come silenzioso osservatore per tutto il tempo. Il mago non era stato presentato o, in verità, affatto menzionato dal loro arrivo all'incirca una ventina di minuti prima. Alle parole di Lucius, il mago inclinò leggermente la testa, come se concordasse.

"Sono d'accordo," disse alla svelta Hester. "Temo soltanto che Piton stia avendo dei ripensamenti." Lanciò uno sguardo malevolo nella direzione di Piton. Avery sembrava a disagio, mentre Mulciber guardava furioso Hester. Severus si ritrovò ad essere inaspettatamente grato per questo.

"Che dolce," disse lui inespressivo, "Ma se abbiamo intenzione di lavorare ad Hogwarts, come vuole Lucius, sarebbe meglio che non ci facessimo buttare fuori prima del settimo anno."

Malfoy si schiarì la gola. "Questo mi riporta a qualcos'altro," disse mellifluamente. "Come alcuni di voi sanno, questo è Alec Rosier." Il Mangiamorte indicò il suo compagno. "Il...Padrone..." (in un tono più sommesso) "ha richiesto che Rosier mi faccia d'assistente nelle mie comunicazioni con il gruppo di Hogwarts." Questo voleva dire loro quattro –Mulciber, Avery, Hester e Piton–, come ne erano perfettamente consapevoli.

"Assistente?" chiese Piton seccamente. "Per noi quattro?"

Rosier sorrise leggermente a Malfoy. "È svelto," mormorò il primo, prima di continuare, questa volta rivolto a Piton, "Voi quattro siete l'inizio. Ci auguriamo di poter estendere le simpatie per la causa all'interno di Hogwarts. Una volta che voi abbiate dimostrato la vostra lealtà, questo sarà il vostro compito."

"Reclutamento?" chiarì Mulciber. Rosier annuì.

"Ci sono molti altri che vorrebbero unirsi," disse Hester alla svelta. "So che ci sono."

"Non hai parlato loro di questi incontri, non è vero?" scattò Malfoy. Hester scosse velocemente la testa, e Severus fu compiaciuto di vedere la paura nei suoi occhietti.

"Certo che no, no!"

Malfoy sembrava ancora diffidente, mentre Rosier continuava: "Nel corso delle prossime settimane, voi quattro compilerete una lista di nomi di quelli che voi pensate potrebbero essere compatibili con questo tipo di lavoro. Non dovrete parlare direttamente della reale possibilità di unirsi a noi, tuttavia. Se una pista si rivela inconcludente, la negherete. Avrete bisogno di negarla."

I quattro studenti annuirono.

"Ci rincontreremo il trentuno," disse Malfoy freddamente. "Ti manderò un gufo con i dettagli, Mulciber." Mulciber annuì. "Fino ad allora, Severus, mi aspetto che tu lavori a ciò che ti è...stato assegnato."

"Naturalmente."

"E," continuò Malfoy, "sebbene apprezzi la necessità di prudenza, dobbiamo procedere con il piano. Hester, puoi anche tu cominciare con la tua assegnazione. È tutto chiaro?" Lo era. "Dovrai essere saggio e prendere come esempio il signor Piton e la sua cautela, Hester. Non farti scoprire."

(21 Gennaio 1976)

Era una ragazza Tassorosso –una del quinto anno, con capelli biondo chiaro, occhi blu e una figura soffice e procace. Era un prefetto e il fatto che fosse abbastanza carina aveva garantito alla ragazza la sua quota di fidanzati per tutto l’anno. Eppure, nonostante la lista piuttosto lunga di ragazzi che potevano dire di aver portato questa ragazza a Hogsmeade, non possedeva quella che si dice una “cattiva reputazione”. Era una “brava ragazza”. Eccetto che, adesso, questo non aveva più importanza, perché si dava il caso che Saul Hester non era stato parte di quella lista di ragazzi…e non perché aveva mancato di offrirsi.

La ragazza –il suo nome era Maggie– era ancora sotto l’effetto dell’incantesimo quando scivolò fuori dalla Sala Comune Serpeverde un’ora dopo. L’espressione sul suo viso adorabile era vuota quanto prima, cosa per la quale Severus fu grato. La sua consapevolezza di quello che era successo lo faceva stare abbastanza male, senza doverlo vedere dipinto sul suo volto… quanto era sembrata spaventata quando Hester l’aveva disarmata in corridoio… com’era stato strano vedere tutte le facoltà di essere senziente sparire con un cenno di bacchetta, il mormorio di una semplice parola…

Imperio.

Hester non si fece vedere per un po’ di tempo: Muciber, Avery e Piton erano tutti quanti seduti nella Sala Comune, nella tacita attesa che il quarto membro di quel gruppo, formatosi stranamente, ritornasse presto dal dormitorio. Mulciber e Avery giocavano a scacchi vicino al fuoco – un tentativo relativamente inutile, dato che per Avery non c'erano possibilità di vincere. Severus leggeva un libro.

Abbastanza furbo da parte sua, no?” riflettè Avery mentre Mulciber stava momentaneamente decidendo la mossa. Con sorpresa di Severus, Mulciber fece una specie di verso di disgusto.

Patetico è il termire più esatto,” lo corresse freddamente. Mulciber non suonava né contrito né preoccupato –semplicemente infastidito, come se i vizi di Hester fossero una sconsiderata perdita di tempo.

Almeno lui ha fatto una Maledizione Senza Perdono,” mormorò Avery, con una sospettosa occhiata di sbieco a Piton. Mulciber prese il suo cavallo.

Attento, Avery.”

Severus, nel frattempo, ignorò l’esplicita insinuazione di Avery e fece finta di concentrarsi sul suo libro finché Hester, pochi minuti dopo, non arrivò dal dormitorio maschile.

Buonasera,” disse, chiaramente compiaciuto di sé stesso. Piton alzò gli occhi al cielo. “C’è qualcosa che non va, Severus?”

Niente che non va, in me,” replicò l’altro.

Hester si strinse nelle spalle, ma non si mise a discutere sull’argomento. “È un tale sollievo,” continuò invece, “sapere che ho quello che ci vuole.”

A quanto pare,” disse Severus a Mulciber, “ ‘quello che ci vuole’ a Saul per andare a letto con una ragazza è l'Imperius.” Mulciber sogghignò.

Ciò che intendevo dire,” sbottò Hester, “è che ho quello che ci vuole per unirmi alla causa. Io non ho avuto difficoltà a seguire gli ordini di Malfoy.”

Severus fece finta di sorprendersi. “Non sapevi di avere ‘quello che ci vuole’ prima? È strano…hai passato tutto il tempo a fare il leccapiedi con Malfoy e non sapevi nemmeno se avresti potuto farcela fino ad adesso…”

Niente sembrava aver dato sui nervi a Hester fino ad adesso. “Mi stupisco, Severus, che tu non abbia provato l’Imperius fino ad ora. Il mio approccio a dire il vero avrebbe potuto farti fare qualche progresso con quella tua Sanguesporco.”

A Severus ci volle tutta la sua forza di volontà per non uccidere Hester sul momento. Sentì le mani tremare, sperando che Piton avrebbe desistito all’urgenza di tirar fuori la bacchetta e praticare su Saul Hester una Maledizione Senza Perdono del tutto diversa. E ancora, il pensiero di tutto quello che una simile azione gli sarebbe costata, diede a Piton abbastanza esitazione per resistere.

Severus ha un obiettivo più nobile in mente,” disse Mulciber, mettendo pigramente in scacco il re di Avery. “E una magia più potente, non è corretto, Piton?” Severus piegò la testa. “La maledizione Cruciatus su James Potter…” continuò Mulciber, toccandosi mascella con attenzione, senza dubbio ricordando lo scherzetto che Grifondoro che gli aveva giocato a settembre. “Spero di essere lì a vederlo. Sarà estremamente gratificante.”

Mulciber ghignò mentre faceva scacco matto ad Avery; Severus lanciò un’occhiata a Hester, che, inspiegabilmente, rimaneva ancora soddisfatto di sé. La certezza dell’espressione di Hester non mise certo Piton a suo agio in nessun modo.

(30 Gennaio 1976)

Molto dopo l’ora di cena, fuori dalla biblioteca, Severus lottava per respirare normalmente, dato che il ricordo di Hester si era infiltrato nella sua mente, facendovi la tana. Il Serpeverde deviò la sua mente verso altri pensieri –un talento che aveva sviluppato bene durante gli anni. Quindi, sistemando un’espressione casuale sul suo viso, Piton entrò in biblioteca, ritornando al tavolo che aveva abbandonato quindici minuti prima.

Scusami,” disse velocemente alla rossa che sedeva lì, “Mulciber aveva bisogno di parlarmi. Non era importante –è solo robaccia per i compiti… quell'incapace del terzo anno non aveva bisogno di essere così agitato.” Piton si sedette: la sua storia era solo leggermente vera. Mulciber aveva voluto parlare con lui, ma l’argomento di discussione non erano stati i compiti. Mulciber aveva inviato “l'incapace del terzo anno” per mandare Piton in Sala Comune cosicché potesse dirgli l’ora in cui Malfoy aveva fissato il loro incontro la sera successiva. Mulciber aveva anche, esplicitamente, alluso alla Maledizione Senza Perdono che Piton doveva ancora compiere. “Allora, sei riuscita a capire la risposta della numero quattro? Credo che possa avere a che fare con…” Piton si interruppe, notando l’espressione sul viso di Lily. I suoi occhi erano spalancati, lo fissavano con spavontosa incredulità. “Cosa c’è che non va?” Lily, comunque, aveva perso la parola. Indicò qualcosa sul loro tavolo, mentre Severus tornava al suo posto. Un ragno morto giaceva vicino all’angolo del libro di pozioni di Severus.

“È solo un ragno,” sottolineò Piton, sbalordito. Lily alzò lo sguardo su di lui.

“È morto?” bisbigliò. “Credevo che lo fosse.”

Sì, è morto,” disse Piton, ancora confuso. “Qual è il problema, Lily?”

Io non volevo,” continuò Lily, “Io stavo solo…non lo sapevo…”

Lily, in nome di Dio cosa c’è che non va in te?” domandò Piton impaziente. “È un ragno! Che cosa ti è preso?”

L’espressione spaventata di Lily cambiò presto: guardò dal ragno a Piton, con l’ira nei suoi occhi verdi. “Quale diavolo è il tuo problema?” chiese, forse a voce un po’ troppo alta, dato che la bibliotecaria, la signorina Sevoy, guardò nella loro direzione. “Come hai potuto, Sev?” Incalzò Lily, con tono appena più basso.

Non ho fatto niente!” insisté Severus. “Di che cosa stai parlando?”

Lily afferrò la copia di Pozioni Avanzate che Severus aveva lasciato sul tavolo. Lily glielo spinse in faccia, e Severus vide la pagina che Lily doveva aver letto mentre lui era andato da Mulciber. In un angolo, scribacchiato nell’inconfondibile grafia di Severus, c’erano le parole: “Sectusempra – per i nemici.”

Stavi guardando tra le mie cose?” chiese Severus, nella speranza di distrarre Lily abbastanza da riuscire ad inventarsi una qualche specie di scusa.

Tu hai inventato un incantesimo orribile,” lo rimbeccò Lily con rabbia. “E non negare che sia uno dei tuoi – scrivi sempre gli incantesimi che inventi ai margini dei tuoi libri…Te l’ho visto fare dozzine di volte! Io non sapevo – non sapevo che cosa l’incantesimo… ho pensato di provarlo e... il ragno, si... si è squarciato… strappato come seta!” Era, rifletté Severus, il modo più poetico con cui una cosa del genere avrebbe potuto essere parafrasata. “Che cosa significa ‘per i nemici’? domandò Lily, ora con gli occhi piuttosto socchiusi.

Era… era uno scherzo,” mentì Severus, pigramente sulla difensiva. “Non l’ho inventato, lo giuro. Stavo leggendo ed è venuto fuori – non avevo un pezzo di pergamena e così l’ho scribacchiato sul libro… Volevo cercarlo e quando l’ho fatto, la descrizione era…be', sai come sono quei vecchi libri… linguaggio grandioso e drammatico, anche quando stanno parlando di qualcosa di un po’ malato…era quasi comico, così ho scritto ‘per i nemici’ un po’ per…”

“È divertente per te?” sbottò Lily

Certo che no,” disse Severus. “Ma gli effetti sono molto più drammatici su un piccolo ragno come quello…sono sicuro che se venisse usato su una persona, non… sai…”

Morirebbe?”

Sì.”

Lily non sembrava soddisfatta.

Ascolta Lily, mi dispiace. Ma, andiamo, non dovresti semplicemente usare incantesimi quando non sai che cosa fanno. E perché stavi guardando nel mio libro di Pozioni?”

L’espressione di Lily si ammorbidì considerevolmente, e arrossì impercettibilmente. “Stavo – stavo vedendo se avessi disegnato ai margini…i fumetti, come facevi una volta.”

Al terzo anno?”

Lily si strinse nelle spalle. “Mi piacevano.” Stettero un po’ in silenzio, prima che Lily si raddrizzasse sulla sedia, schiarendosi la voce. “Va bene. Nuovo argomento.”

Sollevato, Severus setacciò la mente alla ricerca di un argomento più allegro. “Stai passando un buon compleanno?”

Lily sorrise. “Sì, davvero. Voglio dire, quella cosa a colazione è stata un po’ strana…”

Non avevo idea che Cam Bukhart fosse innamorato di te,” concordò Severus, chiedendosi se suonasse geloso. Lily sembro non notarlo.

E ora tutta la scuola è a conoscenza del fatto," disse corrucciandosi. “Ma dopotutto, è stato carino, Mary e Marlene si sono sentite così male per esserselo dimenticate che hanno giurato di trascinarmi in una festa di metà compleanno d’estate…”

Pensavo che passassi con tua madre il tuo mezzo compleanno tutti gli anni” sottolineò Severus. Era un dettaglio facile da ricordare: ogni 30 luglio, Lily si isolava da tutto e tutti e festeggiava il suo compleanno con sei mesi di ritardo, solo lei e la sua mamma. Era il “loro giorno” come diceva Lily.

Giusto,” disse la rossa. “Allora le mie amiche dovranno trascinarmi in una festa di mezzo-compleanno-e-un-giorno. Se se lo ricorderanno, questa volta…” Sembrava sufficientemente distratta, quando ritornò ai suoi compiti di pozioni. Severus fece lo stesso. Alla fine, comunque, la Grifondoro alzò lo sguardo dal suo libro, prendendosi il mento tra le mani. “Ehi, Sev?”

Mhm?”

Hai visto Maggie Snow all’incontro dei prefetti?”

Piton avrebbe potuto giurato che il suo cuore avesse smesso di battere per un momento, ma non mostrò alcuno shock. Maggie Snow –l’amica Tassorosso di Hester.

Ehm…sì. Era lì. Paciock ha messo lei e Lupin a fare la ronda la prossima settimana, giusto?”

Lily annuì. “Sembrava malata, non pensi? Pallida, vero? E come se stesse per mettersi a piangere…”

Non ho notato nulla,” mentì Piton con naturalezza.

Le ho parlato dopo l’incontro,” continuò Lily. Piton sentì improvvisamente freddo, non perché pensava che Maggie Snow avesse divulgato ciò che aveva fatto (ciò che le era accaduto) e non perché aveva paura di alcun genere di scoperta -anche se Hester era abbastanza ottuso da permettere a Maggie di conservare il ricordo del lancio della maledizione senza perdono, se avesse anche solo catturato l’immagine della vista di Hester… Piton non sarebbe stato implicato in nessun modo. Era la semplice associazione di Lily con Maggie –Lily con ciò che era capitato a Maggie e con che cosa Hester aveva sottinteso dovesse essere fatto anche con la stessa Lily… Piton quasi rabbrividì.

Ha detto niente?” Mantenne l’apprensione fuori dal suo tono di voce.

Lily scosse la testa. “Era evasiva… non manteneva un contatto visivo. Sono preoccupata per lei.”

Perché? Siete amiche?” Era una domanda stupida. Lily si preoccupava per tutti. Fin troppo, per quello che riteneva Piton…

Non particolarmente… La aiutavo a Pozioni… è solo che normalmente è una persona così allegra, e… è strano. Magari ha avuto qualche problema in famiglia… come Alexa Kyle.”

Quello era un altro argomento che Severus non voleva esplorare. “Senti, Lily, devo davvero finire questi compiti…”

Oh, va bene.” Come risvegliata da un momento di trance, Lily intinse la piuma nel calamaio e si concentrò sui suoi compiti. Severus respirò profondamente, ma non liberamente, nel tentativo di fare lo stesso.

(31 Gennaio 1976)

“È tutto?” domandò Alec Rosier, guardando la corta lista di nomi che Mulciber gli aveva passato. Persino all’illuminazione tenue della testa di Porco, Severus poté vedere l’irritazione impressa in ogni linea del vecchio volto di Rosier. “Cinque nomi? E tutti da Serpeverde? Sono le uniche persone che pensi potrebbero essere interessate a unirsi?”

Non vorresti nessun altro, no?” chiese Hester, sorpreso. “Voglio dire –al di fuori di Serpeverde?”

Potrebbe essere utile,” notò Malfoy, più calmo di Rosier fin’ora. “Non ti preoccupare, Alec. Avranno più nomi la prossima volta che ci incontreremo. Vero, Severus?”

Piton annuì. Hester scrollò la testa. Era chiaro che non poteva sopportare tutta l'attenzione che Piton sembrava ricevere a questi incontri. Mulciber era già stato riconosciuto come “leader” dei quattro, e Avery saggiamente non si era mai aspettato di essere niente più che di un po’ di muscoli, e quindi Hester si trovava a scomparire nello sfondo, un'idea che non lo attraeva particolarmente.

Ho eseguito la mia Maledizione Imperius,” disse, quasi compiaciuto. “Gli altri lo testimonieranno.” Mulciber annuì.

Molto bene, “ disse Malfoy, compiaciuto. “È andato tutto liscio? Non sono state fatte domande?”

No,” disse Hester.

Non è del tutto vero” interloquì Piton, ad un tratto ispirato. “Le domande sono state fatte. La ragazza non sembra soffrire in silenzio e le persone lo hanno notato.”

Che cosa vuoi dire?” chiese Mulciber in fretta. “La Tassorosso ha parlato?”

No..”

E non lo farà,” Hester si difese subito. “Mi sono assicurato di questo.”

Le persone hanno cominciato a notare che la ragazza sembra… malata,” disse Severus. “Era tesa e schiva all’incontro dei prefetti, e qualcuno degli altri le ha fatto delle domande….”

Qualcuno degli altri?” domandò Hester. “So che cosa intendi, Piton. Lily Evans le ha fatto delle domande, giusto?”

Piton si scrollò le spalle. “Non ricordo chi l’ha detto, ad essere onesto.”

Hester si voltò furioso verso Malfoy. Era come la scena di un sogno, realizzò Piton. Sapeva che cosa stava per accadere –poteva sentirlo, e comunque non aveva il potere di fermarlo. “Piton non ha ancora eseguito la sua Maledizione Senza Perdono,” disse Hester a voce alta. “Non credo che sia sincero. Non mi fido che lui venga qui… non con tutto il tempo che spende con quella Sanguesporco della Evans…”

Calmati, Hester,” ordinò Malfoy freddamente. “È un’accusa seria.”

Allora perché non ha ancora fatto quello che gli hai chiesto?” Hester stava praticamente gridando. “Perché continua a rimandare la Maledizione Senza Perdono?” Neanche Piton aveva una risposta a quella domanda.

Malfoy guardò Severus. “Ebbene?”

Non c’è stata opportunità,” fu tutto quello che Piton disse.

Cazzate,” ruggì Hester. “Se avesse voluto…

Silenzio ragazzo,” lo interruppe Rosier. Hester stette in silenzio. “Ci incontriamo di nuovo tra due settimane, è corretto?” Malfoy annuì.

Perché non diamo tempo al signor Piton fino ad allora…il quattordici Febbraio…di tempo per passare il suo test? Se fallisce, potremmo riconsiderare se è pronto o meno a continuare con noi.” C’era una minaccia nel tono di Rosier –se Severus avesse fallito, non gli avrebbero semplicemente permesso di tirarsi indietro. Ci sarebbero state conseguenze…piuttosto fatali.

Concordo,” disse Malfoy. Piton respirò. Due settimane – un sacco di tempo. Poteva farlo proprio la mattina dopo –tutto quello che doveva fare era ignorare quella strana sensazione nello stomaco e quella voce irritante nella testa…una voce che suonava come quella di Lily…Poteva farlo. Lo aveva già fatto prima, dopotutto. “Ma temo che una Maledizione Senza Perdono non sia più abbastanza.”

Piton divenne freddo.

Severus,” continuò Malfoy, come un insegnante che parla al suo allievo preferito. “Hester non si fida più di te. Io sì, ma…non possiamo avere domande persistenti sulla tua lealtà.”

Certo che no,” provò ad interrompere Piton, ma Malfoy non gli permise di continuare.

Il tuo test non è più semplicemente il giudicare se sei in grado di eseguire una simile magia,” continuò il mago più anziano. “Ora la tua vera devozione alla causa dev’essere provata. Hai capito?” Severus annuì. “Motivo per il quale penso che sia prudente che tu sciolga i dubbi dei tuoi amici riguardo alla tua relazione con Lily Evans.”

Non sono sicuro di capire,” disse Severus, l’apatia nella sua voce in completa opposizione con il panico che provava.

La tua Maledizione Senza Perdono,” disse Malfoy, “dovrai eseguirla su Lily Evans.”


 


 


 

N.d.t

  1. Incantesimo inventato dall'autrice. Indica un 'impulso'.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Anatomia di una Rosa Rossa ***


*Angolo della traduttrice-maratoneta Giuls*
Già, perchè sento vagamente di aver tagliato un traguardo xD Ce l'abbiamo fatta gente!! Spero che qualcuno si ricordi cos'era successo negli scorsi capitoli -ma tranquille, c'è il recap per rinfrescarvi la memoria :) Come al solito ci scusiamo per il ritardo, ma abbiamo una vita anche noi, capiteci, e comunque dato che la fanfiction originale ha dei tempi di aggiornamento mooolto lunghi, sarebbe inutile postarvi in fretta e furia 35 capitoli per poi farvi aspettare sei mesi per il 36 -che stiamo aspettando anche noi da ottobre xD. Detto ciò, ringraziamo, come al solito, chi ci legge silenziosamente, chi recensisce, e chi ci segue. Grazie, veramente, apprezziamo tantissimo il vostro sostegno! Che altro aggiungere? Speriamo che il capitolo sia di vostro gradimento!
Buona lettura a tutti :D
xx
March_Hare




Recap: Dopo i tentati suicidi di Carlotta, Adam ed un altro studente, l’Auror Lathe è incaricato di investigare ad Hogwarts. Sospettando della famiglia del ragazzo di Lily, indaga al negozio degli Harper, ma lascia la scuola poco dopo senza molte spiegazioni. Logan, il fratello maggiore di Luke Harper, è sospettato di essere un Mangiamorte. Alla festa di Natale Donna beve troppo e crede di essere andata a letto con Miles, il ragazzo di Marlene, e anche se viene fuori che in realtà Donna è andata a letto con un Corvonero, Charlie Plex, Marlene è furiosa con Donna per aver provato a tenerla all'oscuro (così come lo è con Carlotta che ha davvero pomiciato con Miles). Marlene e Miles si lasciano. Sirius comincia a flirtare con la nuovamente single Alice. Come test di fedeltà al Signore Oscuro, a Piton sono state date due settimane per eseguire una Maledizione Senza Perdono su Lily.

 

Capitolo 16

Anatomia di una Rosa Rossa

o

Love is All Around”

 

Il quattordici febbraio, Shelley Mumps si svegliò starnutendo, e non aveva la più pallida idea del perché.

Il gatto non aveva mai infastidito più di tanto le sue allergie, e anche se la finestra era stata lasciata aperta la notte prima, era la metà di Febbraio. La sfortunata strega trattenne il respiro nel tentativo di trattenere un altro rumoroso “Etciù” e scalciò via le coperte. Spinse da parte le tende del letto, proprio mentre non riusciva più a trattenere un altro starnuto.

Etciù!

Chi, in nome di tutto ciò che è ragionevole, sta starnutendo a quest’ora?” la voce roca, appena sveglia di Donna Shacklebolt si lamentò da dietro le sue tende. Shelley, comunque, non rispose; era troppo occupata a stare a bocca aperta davanti all'ambiente circostante del suo dormitorio.

Che cosa diavolo…?” si chiese meravigliata, alzandosi (Etciù!).

La stanza l’intero dormitorio era tappezzato di rose rosse.

Ehi etciù! gente!” disse Shelley a voce alta. “Avanti ragazze svegliatevi! Dovete vederla questa…è …è una cosa è da pazzi!”

Lily comparve per prima. Infilandosi dei vestiti, fissò la stanza, ad occhi spalancati. “Chi potrebbe…?” Una realizzazione venne in mente alla rossa. “È San Valentino, certo,” disse, incrociando le braccia. “Va bene, quale dei vostri dannati fidanzati ha fatto questo?”

Marlene apparve e dopo aver aggiunto le sue esclamazioni di stupore fece notare: “Tu sei l’unica che ha un fidanzato in questo dormitorio, Lily. Dev’essere stato Luke.”

Lily si rese conto che Marlene aveva, ovviamente, ragione…e sembrava il genere di cose che Luke avrebbe fatto. “Cerchiamo un biglietto. Scommetto che ce n’è uno da qualche parte…”

Mary, Donna e Carlotta si alzarono una alla volta, confuse e un po’ impressionate – o, nel caso di Donna, irritate – dallo spettacolo di fronte a loro. Mentre le sei ragazze cercavano, Shelley rimarcò “Potrebbe essere un ammiratore segreto, sapete.”

Mmm,” concordò Mary. “Questa cosa urla decisamente ‘ammiratore segreto’. Probabilmente è stato James Potter.”

Che cosa te lo fa dire?” chiese Shelley velocemente, alzandosi. Donna la guardò freddamente.

Perché Lily è in questo dormitorio.”

Giusto. Oh. Giusto.”

È ridicolo,” negò Lily, controllando i vasi sul mobile della toletta per una qualche indizio sulla provenienza dei fiori. “Prima di tutto, James non mi considera da secoli…e anche all’apice del suo insano esibizionismo, non avrebbe fatto qualcosa di così…banale.”

Luke lo avrebbe fatto,” commentò Donna, guadagnandosi un’occhiata –ma non una smentita- da Lily.

Se è un ammiratore segreto,” continuò Lily, “è probabilmente uno di Mary o di Carlotta.”

Spero che sia per me,” disse Mary francamente. “Ma non sono così fortunata.”

Sì, sono probabilmente per Carlotta,” disse Marlene. “Chissà dal ragazzo di chi vengono.”

Probabilmente dai tuoi,” replicò Carlotta, falsamente dolce. “Oh…aspetta…”

Oh, e dai,” intervenne Lily ad alta voce prima che Marlene potesse fare un altro affondo. “Stavamo facendo un ottimo lavoro a non battibeccare per una volta!”

Con risentimento, Marlene e Carlotta tornarono entrambe alla ricerca del biglietto, con Shelley che starnutì tutto il tempo. Dopo qualche minuto, Donna parlò. “Trovato il biglietto!” dichiarò, alzando trionfalmente un pezzo di pergamena che aveva trovato in un mazzo di fiori vicino ai letti. La strega lo lesse silenziosamente e quindi sospirò. “Sono per Marlene,” annunciò, e, passando il biglietto ad un'impaziente Malrene, partì verso il bagno.

La bionda lesse il biglietto ed il suo sorriso svanì.

Per Marlene Price,

--Mi dispiace e ti amo—

Tuo,

Miles

Sono di Miles,” disse con tono irritato la bionda alle sue compagne. “Quell'imbecille sconsiderato del cazzo.” Marciò verso il bagno.

Etciù!

Lily evocò un fazzoletto e l'offrì a Shelley, che accettò grata, asciugandosi infelicemente il

naso rosso. “Odio Miles Stimpson.”

 

(They Can't Take That Away From Me)

 

La prima differenza tra le adolescenti di sesso femminile e gli adolescenti di sesso maschile sul giorno di San Valentino era che le prima spesso nutriva una serie di desideri romantici e qualche volta irrealistici per il quattrodici di Febbraio, e la seconda tipicamente voleva solo uscirne viva. Adam McKinnon di solito si trovava saldamente piazzato nell’ultima categoria.

Ma non quest’anno. Quest’anno, qualcosa era diverso.

Si era svegliato presto, e non c’erano rose, ma c’era una strana sensazione alla fine dello stomaco, come se oggi… oggi stesse per accadere qualcosa di importante. Sapeva esattamente che cos’era.

Oggi era il giorno.

Oggi, avrebbe detto a Marlene Price la verità.

 

(Unchained Melody)

 

Severus Piton aveva sempre odiato quella sottospecie di festa e oggi più che mai mai. Non aveva dormito tutta la notte. Era semplicemente rimasto sdraiato silenziosamente nel dormitorio, fissando in alto e senza vedere niente. Oggi era il giorno.

Perché non diamo al Signor Piton fino a…fino al quattordici febbraio…?...La tua maledizione senza perdono…lo eseguirai su Lily Evans…”

Vogliamo essere sicuri che tu stia prendendo questa cosa seriamente, Severus,” aveva continuato Malfoy, in replica alle lamentela di Piton sull’ingerenza.

Ma la stava prendendo seriamente. Severus sfiorò con le dita la bacchetta distesa accanto a lui sul letto. La stava prendendo molto più seriamente di qualsiasi cosa prima d'ora. Aveva bisogno di farlo non c’era più scelta ormai: una sola strada si spianava di fronte a lui e non importava come guardasse le cose, quella era la sua direzione.

Oggi era il giorno.

(I Only Have Eyes For You)

 

Odio Miles Stimpson.”

Lily mise un confortante braccio sulle spalle di Marlene mentre la coppia si faceva strada per andare a colazione quella mattina (un sabato). “Lo so, cara.”

Voglio dire, come ha potuto farlo? Dopo tutto, come, in nome di Dio, ha potuto sentirsi giustificato a ….bah. Come ha fatto poi ad entrare nel dormitorio? È così frustrante!”

Ignoralo e basta,” le consigliò Lily. “Alla fine ti lascerà stare.”

Ma non riesco semplicemente ad ignorarlo,” argomentò l’altra. “Non so perché, ma per qualche ragione, io… non ci riesco e basta.”

Lily lanciò a Marlene uno sguardo significativo. “Stai considerando l’idea di riprendertelo, Mar?”

Cosa? No. No, certo che no. Cosa te lo fa pensare?”

Qualcosa riguardo al modo in cui sei ossessiva,” replicò seccamente Lily. “E il modo in cui sei stata ossessiva per settimane…e non depressa, cioè ossessiva-in-stile-Alice: nervosa, un’ossessiva del tipo ‘sto-facendo-la-cosa-giusta?’.”

Non è vero.” Fece una pausa. “O sì?”

Lily annuì.

Be',e che mi dici di te?” Ribatté Marlene, incrociando le braccia. “Ti sei ripresa Piton, no?”

È completamente diverso.”

È completamente, esattamente, la stessa cosa.”

No.”

Sì.”

No.”

Sì”

Marlene,” sospirò Lily; “È completamente diverso. Sev era mio amico…c’è una dinamica completamente diversa…un rapporto diverso, di quello che avevate te e Miles.” Quasi ci credette. “E mi ci è voluto un bel po’ per accettare di nuovo Sev…molto dopo averlo perdonato.”

Cosa vuoi dire?”

Be' –sono andata avanti, più o meno. È arrivato un momento in cui non ero più arrabbiata con Sev, ma non volevo ancora averlo indietro come amico. Quello è venuto dopo.”

Perciò pensi che dovrei perdonare Miles?”

Lily ponderò attentamente la domanda. “Dovresti perdonarlo quando sarai pronta, ma questo non significa che deve piacerti e sicuramente non significa che devi uscirci di nuovo…o che dovresti uscirci di nuovo…non-che-io-stia-tentando-di-metterti-pressione-in-un-senso-o-nell’altro,-perché-è-una-decisione-completamente-tua,-e-la-mia-opinione-non-ha-alcun-peso-su-questo-argomento.” Marlene sorrise. “Ma sta attenta.”

Lo sarò.” Assicurò la bionda. “E poi, non voglio neanche uscirci di nuovo con Miles. Sul serio. Quella trovata delle rose è stata semplicemente…stupida.”

Giusto.” Concordò Lily.

Shelley sta ancora starnutendo.”

Vero.”

E’ stata sconsiderata.”

Certo.”

Banale.”

Già.”

Marlene esitò. “Decisamente non romantico?”

Marlene.”

No, no, lo so. Ha pomiciato con un’altra ragazza. Basta. Giusto.” Anche lei ne sembrò quasi convinta. “Ma riguardo a Piton? Voglio dire sei felice di averlo perdonato e tutto il resto, Lily?”

Onestamente? Sì.” Lily aggrottò la fronte con aria pensosa. “Tieni a mente che il caso di Sev e il caso di Miles sono completamente diversi, sono contenta che Sev e io siamo di nuovo amici. Non è facile…” (Pensò a James) “…ma sento che, quando è con me, è diverso rispetto a quando è con le altre presone…specialmente con i suoi amici Serpeverde. È quasi come il vecchio Sev, qualche volta, e penso…Credo che se non fosse qui, a Hogwarts con me, sarebbe completamente perso. Sento che posso aiutarlo, capisci?”

Marlene stette in silenzio per un momento, guardando molto attentamente la sua amica. Poi, timidamente, disse: “Lily, tu stai cercando di salvare Piton, non è vero?”

Cosa?”

È per questo che sei sua amica? Per salvarlo?”

Cosa? No. È un'assurdità. Certo che no. Sev e io abbiamo così tanto alle spalle, questa domanda non ha senso.”

Ha perfettamente senso…Lily, questa cosa non è normale per niente.”

Disse la ragazza che sta pensando di rimettersi assieme con il ragazzo che ha cercato di andare a letto con la sua amica e che c’è riuscito con la sua compagna di stanza!”

Marlene scosse la testa. Avevano raggiunto la Sala Grande: grandi cuori scarlatti che sembravano bolle andavano su e giù vicino alle solite candele. Le due ragazze stettero in silenzio. “Cambiamo discorso,” suggerì la bionda.

Concordo.”

(P.S. I Love you)

Una sigaretta.

James Potter aveva bisogno di una sigaretta.

Era già di cattivo umore, e gli stupidi cuori rossi che ammorbavano la Sala Grande come moscerini non aiutavano molto. Una sigaretta —aveva un disperato bisogno di una sigaretta. L’idea di smettere non era mai sembrata così incredibilmente futile come in quel momento.

Buongiorno” cinguettò Sirius, scivolando al suo solito posto vicino a James. Notò l’espressione del suo migliore amico e cambiò tono: “Oppure…no.”

Credi che potrei denunciare la scuola per costringermi a celebrare una festività senza senso?” chiese James, masticando irritato la sua pancetta.

Celebrare?” gli fece eco Sirius. “Difficilmente chiamerei quello che tu stai facendo celebrare, Prongs, amico mio. In ogni caso, non capisco che cosa ti sconvolga tanto. San Valentino è il giorno più bello dell’anno”.

Non sono d’accordo”.

Sirius si accigliò. “Nominami un giorno più bello.”

Ok, mmm… Che ne dici di uno qualunque degli altri trecentosessantaquattro-giorni-più-sei-ore?”

Sirius scosse la testa. “Il 14 febbraio, Prongs, è il giorno in cui le ragazze sono più disponibili.”

E il 15 febbraio, Padfoot, è il giorno in cui le ragazze sono più appiccicose.”

Remus e Peter arrivarono proprio in quel momento. “Siamo alle solite” disse scherzando il primo, “Voi due mi disgustate. Passatemi il succo di zucca.”

Quindi è questo il tuo piano, no?” chiese James a Sirius con noncuranza. “Con Alice Griffiths. È questo il tuo piano? Un flirt di San Valentino?”

Anche Remus e Peter si bloccarono, aspettando la risposta di Sirius. Lui lanciò loro un’occhiataccia. “Non essere ottuso, Prongs. Alice Griffiths è una ragazza adorabile. Non puoi essere insensibile con ragazze adorabili come Alice Griffiths.”

Peter sembrava scettico. “Quindi non stai pensando di chiederle di uscire?”

Questo non l’ho mai detto questo” protestò Sirius. “Ho solo detto che non si può essere insensibili… Sai, comportarsi da stronzo…”

Il che, per te, è sinonimo di ‘uscire insieme’” borbottò Remus, facendo sorridere James e aggrottare le sopracciglia a Sirius.

Sei così divertente, Moony” disse lentamente Sirius con sarcasmo. “Io non vedo te uscire con qualcuno.”

E non accadrà molto presto” disse Remus con calma.

Non c’è divertimento se non ti offendi” fece notare Sirius. Remus fece un sorrisetto. Sirius si rivolse a Peter. “E che mi dici di te, Wormy?”

Devi proprio chiamarmi Wormy?”

Sì.”

Va bene. Ho chiesto di uscire a Prudence Daly.”

E Prudence Daly ti ha detto di sì?”

Peter sospirò. “No. Ma Sabrina Barbery sì.”

Sabrina Barbery non è poi così male” lo consolò Sirius. “Comunque, probabilmente a Prudence Daly l’aveva già chiesto qualcun altro.” James, tra sé, rimase impressionato dalla generosità del suo amico, ed il suo umore si stava lentamente risollevando, finché non gettò un’occhiata lungo il tavolo e notò Luke Harper avvicinarsi al posto di Lily Evans al tavolo dei Grifondoro. Il Corvonero lasciò una piccola scatola dorata a forma di cuore al posto di Lily, e lei sorrise raggiante, alzandosi per dare un bacio sulla guancia al suo ragazzo. Un istante dopo aprì il regalo, e Harper allacciò allegramente il contenuto –quello che sembrava essere un ciondolo a forma di cuore– attorno al collo di Lily. Lei lo baciò ancora, questa volta sulle labbra, e non appena Harper prese posto al tavolo dei Grifondoro il morale di James precipitò. Si riscosse velocemente per distrarsi.

La posta…grazie a Dio.”

Sirius guardò James confuso. “Aspetti una lettera da qualcuno, Prongs?”

No, ehm…solo il giornale.”

La Gazzetta del Profeta cadde davanti a lui un attimo dopo, e James la srotolò in fretta per evitare altre domande. La prima pagina recava un titolo terribile: tre Auror erano stati uccisi.

Per Agrippa” mormorò Sirius, leggendo da sopra la spalla di James. “Ci sarà l’inferno per fargliela pagare. Tre morti…di sicuro hanno messo fine a qualsiasi simpatia verso i Mangiamorte da parte del Ministero…” Continuò a leggere, elencando nel mentre i fatti a voce alta.

Tre Auror morti, due feriti…i Mangiamorte sospettati sono fuggiti…erano in quattro, con le maschere, proprio come negli attacchi nel Kent e nel Somerset…gli Auror hanno ricevuto una soffiata anonima secondo la quale altri oggetti di magia oscura illegali stavano per essere trasportati all’interno del Paese…hanno tentato di fermare il contrabbando… uccisi durante il processo…e poi ci sono i nomi dei deceduti.” Sirius sospirò. “Che ne pensi, Prongs?”

L’attenzione di James, però, era rivolta altrove. “Guarda questo” disse, indicando un titolo più piccolo nella colonna laterale che aveva catturato il suo sguardo”.

Prima sospetto Mangiamorte, ora ‘Richiesto per interrogatorio’” lesse Sirius ad alta voce. “Quindi?”

Continua a leggere,” suggerì James e Sirius lo fece.

Logan Harper?” chiese Sirius, quando finì. “Qual è il nome di suo fratello? Perciò…sono confuso…non è un Mangiamorte?”

Questo è ciò che dice,” mormorò James, aggrottando la fronte incerto. “Il Ministero non lo sta accusando…vogliono solo che lui risponda a delle domande. Non è in arresto.”

Magari stanno solo cercando di farlo costituire,” suggerì Remus pigramente. “Ancora non si presenta, vero?” Sirius annuì. James riprese il giornale, mentre Sirius tornava alla sua colazione. “Sembra plausibile comunque” rifletté James, rileggendo l’articolo. “Non avendo abbastanza prove, potrebbero voler provare e fargli fare dei nomi. E comunque, una messinscena non sembra nello stile di Lathe.”

Remus alzò improvvisamente lo sguardo. “Lathe? L’Auror? Cosa c’entra?”

È l’Auror che segue il caso,” spiegò Sirius.

Pensavo seguisse il caso di Hogwarts.” Protestò Remus. Sirius scosse la testa.

Sembra che quello sia chiuso,” disse cupamente. “Il Ministero è un po’ un pesce rosso quanto al livello d’attenzione.”

L’ultimo gruppo di Auror a guardia del castello se n’è andato la settimana scorsa” continuò Peter. “È compito di Silente adesso proteggere la scuola.”

L’ha sempre fatto, no?” commentò James sulla difensiva. Gli altri tre annuirono all’unisono, e Prongs si tranquillizzò. “In ogni caso…” espirò e prese un’altra fetta di pancetta. “Questo spiega perché Harper è così di buon umore.”

Anche gli altri tornarono alla loro colazione. “È lui, ora?” mormorò Sirius, prima di aggiungere sottovoce qualcosa che James non riuscì a sentire. Il Capitano decise di non insistere ancora sull’argomento, e, reggendosi il mento con il palmo della mano, lesse il resto dell’articolo sui tre Auror morti. Sì, avrebbe fumato proprio volentieri una sigaretta.

 

(Rescue Me)

 

Donna si era abbottonata male la camicia.

Non se ne accorse finché non raggiunse l’ultimo bottone alla fine della sua camicia, dove scoprì un foro in più e i lembi della sua camicetta verde foresta.

Sei pronta per un altro giro, vero?” chiese una voce sfacciata da qualche parte dietro di lei, e Donna roteò gli occhi, rifiutandosi di girarsi. Fissò con ostinazione in basso, verso i bottoni perlati della sua camicia, senza alzare lo sguardo per timore di cogliere un riflesso nello specchio di fronte a lei.

Non si parla,” ordinò. “È la regola.”

Autoritaria. Mi piace,” replicò la voce. Un Charlie Plex parecchio svestito fece un passo avanti, appoggiando il mento sulla spalla di Donna e tentando di far scivolare le sue braccia attorno alla sua vita. Lei si divincolò subito.

Non si tocca nemmeno”, ordinò la Grifondoro, incrociando le braccia. “Non sono la tua ragazza. Io non coccolo.”

Charlie sembrò ricordare qualcosa all’improvviso. I suoi occhi guizzarono attraverso il suo dormitorio fino alla toletta, dove aveva lasciato il suo orologio mezz’ora prima. “A proposito di questo”, borbottò, fissando l’oggetto al polso, “Dovrei incontrare la suddetta ragazza al villaggio alle undici. Dovrei scendere.”

Donna alzò le spalle. “Potresti volerti mettere addosso una camicia prima, Plex. Aspetta un secondo. Non voglio camminare per la tua Sala Comune da sola. Qualcuno potrebbe…”

È il fine settimana di Hogsmeade” le ricordò Charlie, infilandosi, facendola passare dalla testa, una maglia a maniche lunghe, seguita da un maglione di lana verde. “Non ci sarà nessuno qui intorno a vedere la tua passeggiata della vergogna.”

Donna alzò ancora gli occhi, senza curarsi di ricordargli che “vergogna” era il risultato senza senso di un’insensata concezione sociale che non trovava posto nel suo vocabolario. “Quelli del primo e del secondo anno non hanno il permesso di andare a Hogsmeade, idiota,” gli fece notare.

Andrò avanti per primo per assicurarmi che sia vuoto” replicò Charlie, mentre Donna scivolava nei suoi stivali di cuoio marrone. “E lo sarà… sono tutti al villaggio…” A quel punto, fece un largo sorriso in direzione di Donna. “…Come avrei dovuto esserci io, se non ti fossi messa in mezzo. Credevo avessimo un programma, Shacklebolt.”

Vaffanculo”, borbottò lei, allacciando il secondo stivale. Però era vero. Non aveva in programma di incontrare Charlie quella mattina… in effetti, dopo mercoledì sera, non aveva in programma di “incontrarsi con” Charlie mai più. Non aveva programmato di incontrarsi con Charlie dopo lunedì pomeriggio, o domenica, o il giovedì precedente, o l’altra mezza dozzina di volte. Era semplicemente successo. James Potter aveva detto “trova una via di fuga”, e lei ne aveva trovata una... e quindi, anche se fosse stato un completo idiota? E anche se avesse avuto una ragazza di nome Cassidy? Lei non riusciva nemmeno a distinguere Cassidy da Eve non faceva alcuna differenza per Donna.

Davvero.

Non si sentiva in colpa… quella sarebbe stata soltanto un’altra emozione irrazionale che lei aveva eliminato così abilmente da sé stessa.

Non si sentiva colpevole.

Davvero.

Allora perché hai deciso di venire a farmi visita?” continuò Charlie, tentando di non guardarla o di darle l’impressione di essere interessato, mentre si metteva il mantello. “Non riuscivi a resistermi?”

Mai in un milione di anni Donna avrebbe confessato a Charlie la vera ragione per cui ci era andata… non gli avrebbe mai detto che si era arrabbiata così tanto per uno stupido litigio con Marlene a colazione (a proposito di Miles e di quello che era successo o non era successo a Natale… come sempre), che aveva bisogno di fare qualcosa… qualsiasi cosa, pur di far tacere quella voce nella sua testa che le diceva che avrebbe già dovuto scusarsi e basta… fare pace con Marlene, perché avrebbe dovuto dirle di Miles… che lei aveva torto.

Ma parlare di queste cose non era lo scopo delle sue visite a Charlie Plex.

Te l’ho detto,” disse Donna, alzandosi in piedi e afferrando il mantello e la sciarpa. “Non si parla.”

Charlie alzo semplicemente le spalle. “Tornerò qui, se il campo è libero” e, con un ultimo, compiaciuto sguardo, si girò e uscì dal dormitorio dei ragazzi Corvonero del sesto anno. Donna si legò la sciarpa e si avvicinò allo specchio. Il suo riflesso serio la fissò di rimando. Passò una mano tra i suoi riccioli neri, sistemò il mantello, e fece un respiro profondo.

No, non si sentiva assolutamente in colpa.

 

 

(Love Will Keep Us Together)

 

La neve aveva quasi cominciato a sciogliersi, anche se una densa fanghiglia bianca era rimasta ai lati della strada e sulla cima delle case di Hogsmeade. Le strade erano affollate, piene di persone che compravano e vendevano, tutti imbacuccati contro il freddo tagliente di febbraio. Nastri rosa e rose rosse adornavano i negozi, ed un suono che assomigliava vagamente allo stile musicale di Celestina Warbeck si diffondeva ovunque da una porta aperta in fondo alla strada.

Lily prese la mano inguantata di Luke nella sua, standogli vicina mentre camminavano lungo la strada principale. “Non mi importa se San Valentino è una scusa ridicola per un giorno di vacanza, nato per diffondere gli stereotipi femminili e per fare sentire in colpa i maschi e a spingerli a comprare di tutto,” disse, raggiante. “A me piace.”

Luke guardò sopra la sua spalla verso la ragazza con le guance arrossate al suo fianco. La stava valutando, lei se ne accorgeva, e improvvisamente si sentì a disagio: non si era vestita bene, proprio per niente. Un cappotto grigio nascondeva la parte più colorata del suo vestiario (un maglione rosato). In più, indossava guanti lavorati a maglia, una sciarpa color giada, e una gonna di velluto nero abbinata con calze nere di lana e stivali neri. Non molto Sanvalentinesco, e Lily attese con curiosità la conclusione di Luke. Lui fece un sorriso largo e sincero. “Sei incantevole, sai, Flower.”

Oh, grazie” tubò Lily, sorridendogli di rimando. “Anche se non è assolutamente vero. I miei capelli probabilmente stanno cominciando a seccarsi, il che significa caos in quel reparto, e i miei guanti non sono appaiati.” Sollevò le mani, una delle quali era ancora intrecciata a quella di Luke, per mostrare due guanti diversi, dello stesso tipo, ma con diversi colori (verde foresta e viola scuro, rispettivamente). Luke inarcò un sopracciglio, inquisitorio. “Non sono riuscita a trovare l’altro guanto verde” spiegò Lily. “E il pollice sull’altro guanto viola ha un buco. Quindi…problema risolto.” Sorrise con soddisfazione della sua decisione, e Luke la baciò sulla guancia.

Sei adorabile”, fece notare di nuovo.

Mmm, però non dovresti dirlo” insistette l’altra con tono petulante. “Definisce uno standard, e a quel punto sento di dover essere sempre carina tutto il tempo.”

Ma tu sei semp…” Luke si fermò all’improvviso, e Lily notò che non incrociava più il suo sguardo…qualcosa sopra la sua spalla aveva catturato la sua attenzione. La Grifondoro si guardò intorno rapidamente, ma non vide nulla tranne una tipica, affollata vetrina.

Che c’è che non va, Luke?” chiese Lily, rivolgendo nuovamente lo sguardo verso il suo ragazzo. Lui sbatté gli occhi alcune volte, poi scosse bruscamente la testa.

Niente. Credevo di aver visto qual…qualcosa di strano…. non… non importa.”

Lily non si convinse affatto, ma l’umore di Luke – che era stato assolutamente tetro negli ultimi due mesi –continuò a mostrare uno spiccato miglioramento nel corso della mattinata (senza dubbio grazie all’articolo sul giornale di quella mattina che parlava di suo fratello). La coppia fece una sosta in diversi negozi, facendo una serie di acquisti insignificanti, e flirtando nel modo dolce e romantico che Luke ispirava di continuo.

In sintesi, Lily sperava che sarebbe stato sempre così tra loro… mai una cosa seria o carica di tensione: solo… rassicurante. Felice. Quasi immediatamente, comunque, Lily si sentì in colpa per la slealtà di simili pensieri, e li scacciò dalla propria mente. Era appena prima di mezzogiorno, quando Luke le chiese dolcemente se le sarebbe piaciuto fare un salto ai Tre Manici di Scopa per una burrobirra calda, e Lily accettò volentieri.

 

(Teenager in Love)

Alice Griffiths, stai bevendo da sola?”

Alice sollevò lo sguardo dal proprio bicchiere e sorrise alla sua nuova –lo stranamente solitario Sirius Black. Be' –solitario nel senso più ampio del termine: gli onnipresenti altri tre occupavano varie aree lungo tutto l’affollato bar dei Tre Manici di Scopa, dove James, senza pudore, stava tentando di abbordare Madama Rosmerta. E, naturalmente, l’intero pub era animato da studenti, ma anche da non-studenti. Sirius, nel frattempo, si era appoggiato al tavolo con la sua consueta grazia sbadata.

È solo burrobirra”, lo rassicurò Alice, in risposta al tono in qualche modo allusivo che aveva usato; “quindi non farti strane idee”.

Non mi faccio nessuna idea”, le disse Sirius; si invitò da solo a sedere di fronte a lei. “È questo a rendermi così sorprendentemente unico.”

Come fai a immaginarlo?”

Be', tutti hanno idee, no? Piani, pensieri, considerazioni –io no. Le cose, semplicemente, succedono, e io semplicemente le lascio succedere…facendo qualcosa di tanto in tanto, ma sempre in un modo che non ho pianificato.”

Niente è mai totalmente non pianificato”.

Tutto quello che io faccio lo è.”

Alice alzò gli occhi al cielo, ma sorrise. “Posso farti una domanda, Sirius?” gli chiese, in modo più serio.

Lasciando stare l’ovvia risposta ‘me l’hai già fatta’: sì.” Le fece un grande, affascinante sorriso.

Perché sei così buono con me?” gli chiese.

Oh, questa è un luogo comune alquanto sbagliato nei miei confronti – io sono buono con tutti.” Alice gli lanciò uno sguardo tagliente. Sirius tentò di nuovo di rispondere, più sinceramente, ma ancora immerso nella sua leggerezza: “Mi piaci, Alice Griffiths.”

Ti piaccio” gli fece eco lei. “Ti piaccio come?”

Sirius analizzò la domanda. “Nel solito modo, immagino.”

Sirius”.

Mi piaci…” cominciò lui, iniziando ad alzarsi dal tavolo, “abbastanza da prenderti una burrobirra in questo momento.”

Ho già una burrobirra.”

Ah, ma è quasi finita.”

Alice non se n’era accorta, ma un’occhiata al suo bicchiere le disse che il Malandrino aveva ragione. “Oh. Be', in questo caso…”

Mi segua, signorina Griffiths.”

Lo seguì fino al bancone, dove due dozzine o quasi di altri studenti attendevano di essere degnati di qualche attenzione dai baristi infastiditi.

Ci vorrà un po'”, osservò Alice. Sirius le sorrise e scosse la testa.

No, non ci vorrà molto. Vieni, ti mostro una scorciatoia.”

(Some Kind Of Wonderful)

Ti ho già detto 'grazie'?” chiese Marlene, fermandosi di fronte ad un negozio di abbigliamento per esaminare la vetrina. Adam, che era al suo fianco sul viale ricoperto di neve, sorrise.

Almeno sedici volte, ma chi le conta?”

Marlene rise. “Mi dispiace! Sono solo molto grata – non penso che avrei potuto sopportare di rimanere da sola e imbattermi in Carlotta Meloni” – pronunciò il nome con eccezionale disgusto–“e il suo magnifico ragazzo del settimo anno.”

Alcuni ragazzi non sono schizzinosi,” disse Adam con una scrollata di spalla. C'era uno scintillio di divertimento nei suoi occhi, tuttavia, e Marlene incrociò le braccia – sorridendo comunque un po'.

La tua disonesta lealtà è molto apprezzata,” disse. “Che ne pensi di queste scarpe? Quelle blu?” La bionda indicò un paio di scarpe con il tacco in vetrina.

Spero che tu non stia chiedendo la mia opinione su dei capi di abbigliamento, Price,” replicò Adam. “Perché nel caso potrei dovermi impiccare.”

Marlene rise di nuovo. “Non me lo sognerei mai,” disse. “Come se non fosse già abbastanza brutto che ti abbia chiesto di passare la giornata con me quando avresti potuto uscire con una ragazza...intendo un'altra ragazza: non mi sognerei mai di chiedere la tua opinione sull'abbigliamento!” Posò di nuovo lo sguardo sulle scarpe. “Ma penso che in fin dei conti entrerò a vedere il prezzo...mi ci vorrà solo un minuto – vuoi venire o aspetti qui?”

Adam inarcò le sopracciglia. “È una scelta difficile,” disse sarcasticamente, “ma penso che aspetterò fuori.”

Mi sembra giusto. Torno tra un minuto.” Marlene scomparve all'interno del negozio, e Adam vagò nella direzione della vetrina accanto. Alcuni secondi passarono, poi una voce chiamò il nome del Grifondoro, strappandolo alle sue distratte riflessioni.

McKinnon!”

Lui alzò lo sguardo. Miles Stimpson era appena dietro la sua spalla sinistra. “Ehm...invasione dello spazio personale?” borbottò Adam, spostandosi verso destra. “Come posso aiutarti, Stimpson?”

Stai con Marlene?” sbottò Miles. Non aveva un bell'aspetto, notò Adam – i suoi capelli castani erano spettinati e la sua pelle sembrava un po' pallida, considerando il freddo. Per il più breve degli istanti, Adam ebbe compassione per il mago...chiaramente, il Corvonero non stava prendendo la rottura bene come Marlene. Niente di tutto ciò, tuttavia, cambiava le ragioni della rottura, tanto per cominciare, e la compassione di Adam venne, di conseguenza, fortemente limitata.

Non al momento –è dentro,” replicò il Grifondoro.

Non giocare con me,” scattò Miles. “Rispondi alla dannata domanda. Tu e Marlene state insieme?”

E tu e Carlotta?”

Miles mostrò i denti. “Bastardo,” abbaiò, avvicinandosi minacciosamente, “mi sono sempre fidato di te anche se eri un così 'grande amico' di Marlene...passavi tutto quel tempo con lei, ma non ho mai detto una parola...ho pensato fosse solo giusto che lei avesse un amico della sua stessa casa, ma per tutto il tempo, tu stavi solo aspettando di farti avanti e...”

Incredibile, detto da te,” interruppe Adam. “In effetti, trovo piuttosto soddisfacente il fatto che abbia l'aspetto di un relitto... sei finalmente rinsavito, non è vero? Ti sei reso conto che Marlene o qualunque ragazza che abbia rispetto per se stessa è diecimila volte superiore a te?”

Tu non dire una parola su Marlene.” Estrasse la bacchetta. Adam non se ne preoccupò.

Hai intenzione di affatturarmi, Miles?” chiese, quasi pigramente. “Proprio qui –nel bel mezzo della strada? Giusto –è un modo fottutamente brillante per perdere il privilegio di visitare Hogsmeade per tutto il resto dell'anno.”

Miles si accigliò, ma fece tornare la bacchetta nella sua tasca. “Marlene Price non ti vedrà mai come qualcos'altro che una spalla su cui piangere, McKinnon,” sputò.

Che motivo dovrebbe avere per piangere, ora che tra voi due è finita?” ribatté Adam calmo.

Guardati le spalle.” Miles scivolò via nel trambusto del villaggio appena pochi secondi prima che Marlene uscisse dal negozio.

Be', mi sento ufficialmente povera,” annunciò lei allegramente. “Cinquantadue galeoni, per Agrippa! Immagina avere quella somma di soldi per... qualcosa non va, Adam?” Notò l'espressione di lui, e Adam si affrettò a cambiarla. Lui sorrise e scosse la testa.

No, no, non c'è niente che non va,” le disse. “Che ne dici? Negozio di dischi? C'è questo nuovo gruppo che dovrebbe essere geniale. I Fresh Bloods, mi sembra...”

Marlene annuì. “In effetti sono geniali. Lily ha ricevuto il disco per il suo compleanno.”

Mi tieni nascoste le cose ora, Price?”

Le mie più sincere scuse. Mi farò perdonare però –flirterò con il venditore. Abbassa sempre i prezzi per me.”

Adam inarcò le sopracciglia. “Dovrei accompagnarti a fare shopping più spesso.”


 

(Hold Me, Thrill Me, Kiss Me)

Sirius Black utilizzava il termine 'scorciatoia' piuttosto liberamente, come si rese presto conto Alice Griffiths, quando lui la trascinò verso il retro del pub, dietro al bancone, fino ad uno stretto arco che conduceva in un lungo corridoio scarsamente illuminato.

Che cos'è questo posto?” chiese Alice alquanto nervosamente. Non aveva nessun motivo di essere in ansia, tuttavia. Il pub era affollato e rumoroso; nessuno aveva prestato loro alcuna attenzione.

Be', tutte quelle sale lì –zone private,” replicò Sirius, accennando agli archi celati da tendine che punteggiavano il corridoio; “E infine laggiù...” Indicò una porta di legno alla fine della parete... “Conserve giornaliere.”

Alice incrociò le braccia. “Non ho intenzione di rubare della burrobirra.”

Bene, nemmeno io,” rispose Sirius allegramente. “Pagherò Rosie quando si sgombra la zona.” Poi, allo sguardo scettico di lei, aggiunse: “Promesso. Forza.” E ancora una volta le prese – gentilmente – il polso e la guidò, questa volta fino alla fine del corridoio. La porta era chiusa a chiave, ma Sirius se ne occupò velocemente con un coltellino da tasca di un tipo che Alice non aveva mai visto prima. Non poté fare a meno di rimanere un po' colpita quando il lucchetto scattò e la porta si spalancò per rivelare una camera illuminata da torce piena di scaffali e scaffali di casse di Burrobirra e vari altri articoli che Alice riconobbe come parte del menu usuale dei Tre Manici di Scopa.

C'è una cantina per le conserve più a lungo termine,” spiegò Sirius, afferrando due bottiglie di Burrobirra da uno scaffale. “Questo è solo ciò che ci si aspetta di servire per un giorno o due.”

Come l'hai scoperto?” chiese Alice, meravigliata. Prese la bottiglia offertale, e Sirius chiuse la porta alle loro spalle.

La maggior parte dei negozi a Hogsmeade hanno disposizione simile,” replicò lui con una scrollata di spalle. “Pr–James e io stavamo ficcanasando in giro per Chortle's Chocolate1 al quarto anno e l'abbiamo capita...l'impostazione non è molto diversa qui. Ehi, aspetta un attimo.” Lei si fermò mentre era in procinto di lasciare il corridoio e rientrare nella sala principale. C'era un luccichio malizioso negli occhi grigi di Sirius. “Ti va di origliare?” sussurrò.

Cosa?”

Nelle sale private,” elaborò lui. “Ho scoperto di un test a sorpresa che la Professoressa McGranitt stava pianificando di farci fare, una volta.”

Sirius.”

Vivi un po', Alice,” la prese in giro il Malandrino, facendole l'occhiolino. “Qui...” Si avvicinò ad un muro, sporgendosi così che il suo orecchiò andò a toccare la tendina di una delle sale private. “Mmm... due uomini d'affari a quanto sembra... apparentemente, Bartley sta per essere licenziato.”

Chi nel nome di Agrippa è 'Bartley'?”

Non ne ho la più pallida idea...” Sirius si spostò verso un altro separé. “Oi, ci sono degli insegnanti qui,” sussurrò eccitato. Alice si avvicinò di più per sentire. “Quella che sta parlando deve essere la McGranitt...” rifletté il giovane mago. “E... quello è l'insegnante di Rune Antiche...sta parlando con...'Kelley'. Chi è 'Kelley'? Oh, l'insegnante di Aritmanzia, giusto?”

Shh,” lo zittì Alice. “Sto cercando di sentire!”

Che ribelle.”

Chiudi il becco.” Ma stava sorridendo.

Qualcuno dovrebbe parlare con Silente,” stava dicendo il Professor Babble, l'insegnante di Rune Antiche, suonando preoccupato, “non credo che abbia ancora fissato alcun colloquio.”

Ora, Angus,” venne la voce della McGranitt, “non siamo ancora neanche certi che sia necessario. Potremmo non aver bisogno di nessuno fino all'anno prossimo...

Lo stesso, avremo bisogno di qualcuno l'anno prossimo,” una nuova voce – il Professor Vitious, a giudicare dal tono acuto – osservò tristemente. “E potrebbe servirci qualcuno anche prima, dato quello che ha detto il Guaritore Holloway. Potrebbe accadere da un giorno all'altro, ormai.

Potrebbe anche essere tra un anno, però,” disse il Professor Kelley. “Silente non vuole che Alphard si senta come se lo si stia forzando a lasciare il posto.

È stato da irresponsabili assumere Black in primo luogo,” disse il Professor Babble. “Ed è ancora più da irresponsabili nasconderlo agli studenti.

Nessuno aveva idea che le condizioni di Black fossero così serie in Settembre,” ribatté freddamente la McGranitt. “Perfino lui non ne era a conoscenza, e lo stesso, ha fatto cose molto positive quest'anno.”

Ti riferisci ai suoi nipoti,” disse Kelley, nessun dubbio nel suo tono. La risposta della McGranitt –se effettivamente rispose– fu inudibile. “Forse ne ha beneficiato uno di loro, ma temo non l'altro. Regulus, credo, è finito in un gruppo insalubre.

Qualcuno sbuffò –probabilmente Babble, visto che fu lui il prossimo a parlare. “E che tipo di bene farà Black ad entrambi se sarà morto prima di Pasqua?”

Alice trattenne il fiato, toccando inconsciamente il braccio del compagno. “Oh, Sirius,” mormorò. Era diventato molto pallido. “Sirius...”

Ma prima che potesse dire anche solo una singola parola di condoglianza, Sirius liberò il braccio dalla sua stretta, camminando a passo svelto verso l'uscita. Alice si sforzò di tenere il passo, ma le sue gambe corte non potevano competere con le lunghe falcate di Sirius. Lui si spinse a forza attraverso il pub affollato, ignorando le suppliche di Alice di aspettarla un momento, finché non raggiunse la porta. Fuori in strada, il Malandrino si mise a correre.

Sirius! Dove stai andando?” gli urlò dietro Alice. Lui rallentò per poi fermarsi diversi negozi dopo, dando il tempo ad Alice di raggiungerlo. Quando lei lo fece, l'espressione di lui era irriconoscibile. Non c'era nessuna malizia né umorismo nei suoi occhi, nessun fantasma di un sorriso sul suo bel volto. C'era solo vuoto. “Sirius, aspetta, devi pensare...”

Sirius spinse la bottiglia di Burrobirra che aveva sgraffignato nella mano libera di Alice. “Devo andare,” disse, quasi calmo, cosa che la spaventò.

Be', veng...”

No, Alice, resta qui,” la interruppe Sirius. “Per favore, non...resta qui e basta, e...qualunque cosa tu faccia, non...non dire a nessuno...non dire con nessuno quello che hai sentito.”

Sirius...”

Ma se n'era già andato, dirigendosi verso il castello lasciando Alice da sola nel bel mezzo della strada affollata e nevosa.

(Sea of Love)

Flower,” mormorò Luke, premendo le labbra sui capelli di Lily, “Sei bellissima.” Sedevano fianco a fianco ad un tavolo dei Tre Manici di Scopa, entrambi sorseggiando Burrobirra.

Anche tu,” deviò facilmente Lily. “Hai degli occhi marroni così fantastici. Sai, gli occhi marroni possono essere davvero banali e piatti, ma io sono piuttosto invidiosa dei tuoi. E il blu è un colore che ti dona davvero molto. Ti ho mai visto indossare questo maglione prima?”

Non penso. È un regalo di Natale da parte di mia madre. Ti piace?”

Molto.”

La conversazione fu interrotta da uno scoppio di risate provenienti dalla zona del bancone, dove James Potter e un gruppo di studenti stavano causando un certo trambusto. Lily si chiese che cosa stessero combinando (frattanto riflettendo che anche James stava bene nel suo maglione con la zip di cashmere blu). Luke, d'altronde un maturo studente del settimo anno, alzò gli occhi al cielo.

Gentaglia,” mormorò. “Non mi piace quel James Potter.”

È a posto,” replicò Lily vagamente. “Immaturo e detestabile, certo, ma non completamente pessimo.” Il mago in questione procedette a fare dei giochi di prestigio con i sottobicchieri. “Sì...decisamente immaturo.”

Luke annuì concordando. “Hai fame? Non abbiamo ancora mangiato – potrei andare ad ordinare del cibo, se tu...”

In effetti,” ammise Lily. “Sono piuttosto affamata.”

Luke si allontanò, alzandosi in piedi. “Che cosa vuoi, allora?”

Non vuoi che venga con te?”

Ci sarà un bel po' d'aspettare,” replicò Luke, sempre galante. “Non c'è bisogno che ci scomodiamo entrambi.”

Ma...”

Sciocchezze, Lily. Qualcuno deve restare a occupare il tavolo. Che cosa vuoi da mangiare?”

Lily cedette. “Non saprei – ehm, fish and chips2, suppongo.”

Perfetto.” Luke si allontanò. Lily studiò l'interno del suo bicchiere pieno per tre quarti di Burrobirra, canticchiando la canzone che suonava in sottofondo. Rimase da sola per quasi cinque minuti, prima che una voce distogliesse la sua attenzione.

Belle gambe, Snaps.”

Poteva essere solo James Potter.

Lily alzò gli occhi al cielo –improvvisamente consapevole delle sue gambe coperte da calze e stivali accavallate sotto il tavolo– mentre il mago stesso appariva, sedendosi a metà sul tavolo.

Ciao, James,” disse lei, un po' stancamente.

James non sembrò curarsene. Allungò un braccio e sgraffignò il suo bicchiere di Burrobirra, prendendo un sorso del liquido color rame.

Lily lo guardò irritata. “Mi hai rubato la bevanda.”

Non è vero, invece.” James la mise giù di fronte a lei, sorridendo. “Allora, dov'è il Principe Azzurro?”

Luke sta ordinando da mangiare.” Lily fece cenno verso il bancone, dove Luke stava aspettando in una fila piuttosto lunga e disordinata.

Gli ci vorrà un bel po',” osservò James. Scivolò giù dal tavolo sulla sedia di fronte a lei.

Che ci fai qui?” gli chiese Lily sospettosamente.

Che ci faccio qui? Che ci faccio qui?”

Sì, che ci fai qui?”

Che domanda.”

È abbastanza semplice, credo.”

Lo crederesti, non è così?”

James.”

Sì?”

Stai facendo l'evasivo.”

E come starei facendo l'evasivo, Snaps? Non so neanche che cosa vuol dire quella parola.”

James.”

Un secondo, Snaps, sto cercando di rispondere alla tua domanda.” Lily alzò gli occhi al cielo. James si sporse in avanti, incrociando le mani sul tavolo. “Sono qui con i miei amici... a bere Burrobirra... a farmi una risata... a godermi la mia gioventù. Passa così velocemente.”

Lily inarcò un sopracciglio. “Nessun appuntamento?”

Nessun appuntamento.”

La mancanza di una spiegazione –o scusa– spinse Lily a continuare: “Perché no?”

Perché non ho invitato nessuna.”

E perché non hai invitato nessuna?”

James si limitò a sorridere enigmaticamente e ad allungare un braccio, afferrando la sua Burrobirra e facendo un altro sorso.

Potresti smetterla?” chiese Lily, riprendendosela. “Seriamente. Dovresti andare. Luke sarà qui tra...”

Circa un secolo,” concluse James per lei, “a giudicare dalla lunghezza di quella fila e dalla sua reticenza ad ingannare le persone affinché lo lascino passare avanti.”

Luke è un uomo d'onore; non imbroglia le persone,” difese Lily freddamente. “E non apprezzo il fatto che tu insulti il mio ragazzo. È davvero molto scortese.”

Davvero-molto-scortese,” canticchiò James. “E sul serio, Snaps? Un uomo d'onore? Se questo tipo diventa ancora un po' più eccitante, dovrei proprio uscirci io! Uomo d'onore, di buone maniere...davvero. Entusiasmante. Gli viene tutto naturale, o si regolarizza con una buona dose di Distillato della Tediosità?”

Lily gli lanciò un'occhiataccia. “Ma vuoi proprio che ti butti fuori dalla finestra, Potter?”

James ignorò la domanda. “Ti ha regalato lui quella collana, vero?” chiese. La rossa lanciò automaticamente uno sguardo al gioiello, visibile ora che si era tolta il cappotto e la sciarpa al tepore dei Tre Manici di Scopa. Consisteva in un pendente di cristallo a forma di cuore appeso ad una catenina dorata, calato di qualche pollice sotto la sua clavicola. Era davvero molto carina, sebbene non si abbinasse con gli orecchini che aveva indossato quel giorno (cerchietti bianchi).

Sì, è così,” rispose lei, momentaneamente distratta nel suo proposito di districarsi dall'avere altre conversazioni con il mago. “Carina, non è vero?”

Sicuro.” James si strinse nelle spalle, rubando un altro sorso di Burrobirra. “Se ti piacciono le cose prive di gusto.”

Lily si riprese indietro la sua burrobirra ancora una volta, fumando. “James.”

Oui?”

Lei rifletté brevemente su quello che avrebbe dovuto dire ora che aveva la sua limitata e vagante attenzione. “Che cosa ci fai qui?”

Ho già risposto a questa domanda.”

No,” disse il prefetto fermamente. “Voglio dire, che cosa ci fai qui? Al mio tavolo. Facendomi venire il desiderio di suicidarmi.”

Scommetto che non è l'unica cosa di cui ti sto facendo venire voglia.”

Be', anche l'omicidio è sul piatto.”

Non ti stai godendo lo scherzoso battibecco, Snaps?”

Rispondi alla domanda, James. E smettila di chiamarmi così.”

Non ti ho mai chiamato 'Così'.” Piuttosto impersonale e vago... nessuno capirebbe mai di chi sto parlando.”

James.”

Sì, Così?”

Se non fosse stata così furiosa, Lily avrebbe anche potuto ridere. “Sei irritante,” sbottò invece. “Per favore vattene.”

Ma non ho ancora risposto alla tua domanda!”

E di chi è la colpa?”

Tua.” James cercò di rubare un altro sorso di Burrobirra, ma Lily gli schiaffeggiò la mano. Strofinandosi afflitto la mano ferita, lui elaborò: “Sei tu quella che continua a distrarmi con soprannomi immaginari e con le tue fantasie su di me. Sto cercando di dirti che cosa ci faccio qui, ma tu non me lo lasci fare. Non ti mentirò: è un po' frustrante, in effetti.”

Lily si morse il labbro per impedirsi di imprecare. Divenne furiosa nel vedere che il rossore di rabbia che si era diffuso sulle sue guance faceva sorridere James.

Ad ogni modo,” continuò lui colloquialmente, “ho qualcosa di piuttosto serio da discutere con te, in realtà.”

Perché ne dubito?”

Non saprei; perché?”

Vai avanti, James.”

Il Capitano fece spallucce. “Hai letto il giornale?” chiese.

Lily alzò gli occhi al cielo. “James, questo che cosa c'entra con...” Poi s'interruppe, rendendosi conto di quello che l'altro stava cercando di dire. “Intendi il pezzo su Logan Harper?” James annuì, legittimamente serio ora. “Non è un Mangiamorte. Lo vogliono solo in veste di testimone o qualcosa del genere.”

Be', questo è quello che dice il giornale,” rispose James, appoggiandosi allo schienale della sedia e incrociando le braccia. “Se ci credi o no, è un'altra storia, ma non è questo quello di cui sto parlando.”

Ma pensavo...”

Hai letto l'articolo, o hai solo ascoltando il resoconto del Principe Azzurro?” la interruppe James.

Io l'ho letto,” ribatté Lily.

E hai afferrato la parte su Lathe?”

Sul fatto che è stato lui ad emettere la dichiarazione secondo cui Logan non è un Mangiamorte?” chiarì lei, sconcertata.

Esatto.”

Esatto cosa?”

Esatto questo. Non capisci che cosa significa? Se Lathe sta seguendo il caso su Logan...”

Non è più sul caso di Hogwarts!” concluse Lily, sorpresa che non avesse considerato prima questa implicazione.

James, tuttavia, scosse la testa impaziente. “No, no. Questo è quello che ho pensato anch'io all'inizio. Ma, e se fossero lo stesso caso? E se Lathe ha lasciato Hogwarts per andare a cercare Harper, perché è lui il responsabile dei quasi non-suicidi?”

Ma Logan Harper non è un Mangiamorte.”

Il Capitano di Quidditch agitò una mano sprezzante. “Quel che sia. Anche lavorando sotto il sospetto di questa premessa...” (Lily si accigliò) “...magari ha nascosto quella robaccia senza sapere che cosa fosse, o...”

Nascosto quale robaccia?” interruppe Lily.

La robaccia che ha fatto venire desideri di morte a Carlotta, Adam e a quella Tassorosso,” spiegò James, come se fosse piuttosto ovvio. “'Oggetti magici Oscuri' o come cavolo li ha chiamati il Guaritore Holloway. Ricordi?”

Certo che me lo ricordo.”

Si credeva fossero nel magazzino degli Harper, no?”

Sì...”

Ed io ho incontrato i signori Harper... hanno la stessa probabilità di essere dei Mangiamorte di Frank Paciock.”

Lily aggrottò la fronte. “Hai incontrato i signori Harper?”

Io ho incontrato tutti,” spiegò James, indifferente. “Il punto è, qualcuno ha dovuto metterceli, e chi avrebbe potuto accedervi se non Logan Harper...?” Lily aprì la bocca per ribattere, ma James aggiunse: “Anche se è stato un incidente. Anche se non sapeva cosa stesse nascondendo, o per chi la stesse nascondendo. Magari ha pensato...” James si fermò di colpo.

Che c'è?” chiese l'altra, confusa.

Mi è appena venuta un'idea,” disse lui.

Considerami sorpresa.”

Divertente. No seriamente, è buona.” Lily aspettò, le sopracciglia inarcate. “E se,” continuò James, “gli oggetti magici nella cantina degli Harper sono quelle stesse cose apparse sui giornali? Sai, le 'sostanze illegali' riportate sulla Gazzetta... i contrabbandieri che si pensa siano Mangiamorte ma che non si riesce a catturare...”

I contrabbandieri che hanno ucciso tre Auror ieri,” aggiunse Lily cupamente.

James annuì. “C'era un carico enorme di oggetti,” continuò poi, cercando di ricordare quello che aveva letto; “pozioni, alcuni artefatti maledetti di cui i maghi hanno dovuto sbarazzarsi secoli fa, per impedire che i Babbani finissero affatturati quando profanavano e razziavano le piramidi...”

Ed alcuni degli oggetti pericolosi sono stati rubati l'estate scorsa,” concluse Lily. “Il Ministero pensava fossero una parte di ciò che i Mangiamorte stavano portando nel Paese, giusto?”

Perché preoccuparsene?” si chiese James pigramente.

Gli antichi avevano maghi e streghe molto potenti,” replicò Lily. “Avevano molti incantesimi potenti, insieme a parecchia magia oscura potente, che scommetto...” esitò, “...su cui scommetto a Voldemort non dispiacerebbe metter mano.” Rimasero entrambi in silenzio, poi Lily alzò lo sguardo sul suo compagno di classe dall'altro lato del tavolo, mordendosi un labbro, ma questa volta per concentrarsi mentre cercava di decifrarlo. “James, perché sei...?”

Ehilà, Harper,” interruppe improvvisamente e vivacemente James. Lily alzò lo sguardo e vide il suo ragazzo avvicinarsi al tavolo.

Potter,” replicò Harper con molto meno calore. “Credo che quello sia il mio posto.”

James scosse la testa. “No. Eri seduto vicino a Snaps, se non ricordo male.”

Luke guardò interrogativamente Lily. “Snaps?”

È il modo speciale di James per farmi venir voglia di ucciderlo,” disse Lily, sorridendo in modo falsamente gentile al Capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro. Lui sorrise di rimando, prima di esaudire il desiderio di Luke alzandosi dal tavolo. “Ad ogni modo, è stato bello parlare con te, Snaps. E mi dispiace di aver rifiutato la tua offerta, ma non mi apparto con ragazze che hanno il fidanzato.”

Luke divenne molto rosso in viso a questa affermazione, sembrando pronto a dare un destro a James, così Lily afferrò velocemente la sua mano. “Certo che no, James,” scherzò lei. “Tu limoni solo con i fidanzati.” Un sorriso sghembo cominciò a formarsi sulle labbra di James, e avrebbe risposto, quando lei lo interruppe: “Per favore va via.” C'era un accenno di supplica nel suo tono, e James annuì.

Mi sembra giusto,” disse. Luke scivolo di nuovo nella sedia accanto a Lily, e James cominciò ad andare via.

Aspetta,” disse Lily all'improvviso, causando gli sguardi sorpresi di James e Luke su di lei. “James,” cominciò, fissandolo intensamente senza osare lanciare uno sguardo con la coda dell'occhio a Luke. “Perché sei venuto a... perché mi hai detto quelle cose che... mi stavi dicendo?”

James ponderò la domanda. “Consideralo un avvertimento,” disse alla fine. “Stammi bene, Harper.” Facendo un cenno di saluto con la mano, ritornò dai suoi amici lungo il bancone. Luke si voltò verso Lily.

Che cosa intendevi dire ora? Di che cosa stavate parlando?”

Lily sospirò e scosse la testa. “Non era...niente. Solo qualcosa di stupido su...sul volo. E...il Quidditch.” La rossa si lamentò delle sue scarse capacità nel mentire e si risolse baciando dolcemente Luke sulle labbra. Lui fu sufficientemente distratto.

Nel ritornare dai suoi compagni di classe, intanto, James si diresse direttamente verso Remus e Peter, che stavano ridendo per una barzelletta che il Tassorosso Liam Lyle aveva appena raccontato. Sirius era sparito qualcosa come una ventina di minuti prima, sebbene non sapessero dove era andato. James trascinò i due Malandrini presenti via dalla folla.

Qualcuno di voi due ha portato il Mantello?” chiese in un tono sommesso.

Remus scosse la testa. “Wormtail ce l'aveva per ultimo.”

James guardò Peter, il quale scosse la testa anche lui. “Scusa, Prongs, è su in dormitorio. Perché ti serve?”

Ho un'idea,” mormorò l'altro, distrattamente. “Penso che andrò un po' a curiosare in giro nel negozio abbandonato degli Harper.”

Remus sembrò scettico. “Non penso che sia una buona idea, Prongs,” disse, scuotendo la testa. “Un'intera squadra di Auror non è riuscita a trovare nulla –dubito che tu possa avere più fortuna di loro. Ad ogni modo, è pericoloso.”

Io vado,” disse James fermamente. “Voi due venite o no?”

Remus e Peter si scambiarono un'occhiata. “E va bene,” disse Remus alla fine. “Tu vai al castello a prendere il Mantello; non aspettiamo qui.”

James annuì. Prese mantello e sciarpa, e con un'ultima occhiata a Lily e Luke, il Malandrino si fece strada fuori dal pub.


 

(Sweet Caroline)

"Oh mio Merlino."

"Lo so, vero?"

"Oh, mio Merlino."

"Lo so."

"Oh, mio Merlino."

"Ho capito!"

"Oh, mio ..."

"Adam. Piantala."

Adam obbedì con riluttanza all'ordine di Marlene, facendo invece scorrere gli occhi sul disco che aveva appena acquistato appena i due uscirono dal negozio. Teneva l'articolo come un oggetto sacro in pericolo di rottura.

"Questo è il più grande album del decennio," disse lui. "No, questo è il più grande album del secolo. Anzi no, questo è il più grande album del..."

"Adam". Ma c'era giocosità sul suo viso. "È un bel disco, non è vero?"

"Mi ha cambiato la vita!"

Marlene rise. "Ne hai sentito solo la metà. Vuoi andare su al castello e ascoltare il resto?"

Adam ci pensò su. “No” rispose alla fine. "Penso che avrò bisogno di tempo per questo... sai, diverse ore, notte fonda, cibo... erudizione."

Marlene scosse la testa. "Tu sei pazzo, ma sta a te decidere. Cosa vuoi fare adesso? Siamo già stati da Zonko e ai Tre Manici di Scopa ..."

"Che cosa vuoi fare tu?" chiese Adam, infilando il nuovo disco sotto il braccio con cautela.

"Non so. Sono aperta a qualsiasi proposta, davvero."

"Che noia", affermò il mago, guadagnandosi una pacca giocosa sul braccio dalla sua compagna. "Scherzi a parte, Marlene. Se potessi fare qualsiasi cosa in tutto il mondo in questo momento, che cosa sarebbe?"

Marlene sospirò. "Coca Cola. Mi piacerebbe da morire bere una Coca Cola in questo momento."

"Una bevanda babbana?" chiese Adam, e lei annuì. "Mmm...bene. Mi pare giusto. Che altro?"

Marlene sembrava scettica. "Che cosa vuoi dire?"

"Che altro vuoi fare? Qualsiasi cosa, andiamo."

Pensierosa, la bionda si prese un po' di tempo per rispondere. Alla fine, disse: "Mi piacerebbe volare. Il cielo oggi sembra bello. Ma ovviamente..”

"Facciamolo".

"Cosa?"

"Volare. Il campo sarà vuoto tutto il pomeriggio.”

"Ma il villaggio..."

"... Sarà qui tra due mesi, quando avremo la nostra prossima visita. Se vuoi volare, questo è quello che faremo."

"Non voglio farti sprecare il tuo fine settimana a Hogsmeade, però," protestò debolmente Marlene. "Solo perché lo voglio io, non significa ..."

"Io ho il mio disco. Sto bene così. Sul serio". Adam sollevò l'album per convincerla, e la sua espressione fece ridere Marlene. "E dai —così puoi allenarti per quando giocherai nella squadra l'anno prossimo."

"Non ci sarà nessun posto vacante della squadra del prossimo anno," gli fece notare Marlene, ma col sorriso sulle labbra. "Sei—sei sicuro?"

Adam si accigliò. "No."

"Cosa?"

"Sto scherzando, certo che sono sicuro. Ora andiamo, prenderemo la prossima carrozza per il castello."

"Mi devo cambiare", disse Marlene, lanciando uno sguardo alla sua gonna e alle sue calze, un vestiario non molto pratico per il volo. "Ed io non ho una scopa."

"Useremo una delle scope del capannone. Tutti i membri delle squadre delle Case hanno la parola d'ordine per entrare. Andiamo." La guidò su per la strada verso le carrozze per il castello.

"Ma sei...?"

"Se mi chiedi ancora una volta se sono sicuro o no, Marlene Price, non ti lascerò prendere in prestito questo disco letteralmente mai." Raggiunsero la carrozza più vicina e lui l'aiutò a salire, prima di prendere posto a sedere di fronte a lei.

"Salgo al castello a cambiarmi, allora” disse Marlene, "e tu nel mentre puoi prendere un paio di scope dal capannone. D'accordo?"

"D'accordo."

Lei tese la mano, e lui la prese, sorridendo. Si strinsero le mani, come a suggellare un accordo importante, ma, come lui la liberò dalla sua presa, Marlene sentì qualcosa di strano alla bocca dello stomaco... una sensazione di agitazione e turbolenza che somigliava stranamente a farfalle.

Ma...no. Quello...è solo... no. Questo era Adam. Certo, si era un po' abituata al fatto che il suo stomaco facesse salti mortali quando se ne usciva con i suoi modi di farla ridere, o quando aveva quel sorriso “solo per lei”, o quando indossava la divisa da Quidditch, o...be'... o la maggior parte delle volte in cui avevano qualsiasi tipo di contatto... ma era perché lei era felice di vederlo... perché lui la rendeva felice... perché erano amici... perché... perché...

L'attenzione di Adam si spostò verso il finestrino, da cui stava guardando pigramente il cielo pomeridiano, ma Marlene era nel bel mezzo di una rivelazione e non poteva prendersi anche la briga di distogliere lo sguardo dal suo compagno. Avrebbe dovuto essere scioccata —spazzata via dall'improvviso attacco di quell'emozione precedentemente non categorizzata, ma niente di tutto ciò sembrava molto sorprendente a dire il vero. Sembrava naturale. Sembrava avere un senso. Sembrava starci bene. Sembrava giusto.

Quando la carrozza raggiunse la scuola, i due si separarono—Adam verso il campo di Quidditch e Marlene, portando con sé il disco di Adam, verso il castello.


Era quasi divertente, pensò Severus Piton, come quei pezzi dalla forma strana andavano facilmente a posto. Era quasi divertente come l'idea relativamente vaga nella sua mente era stata modellata in qualcosa di solido—qualcosa di concreto, che ora poteva manipolare per funzionare correttamente.

Era stato come risolvere un puzzle, quando aveva visto il suo bersaglio uscire da un negozio di Hogsmeade, avvolta nei suoi abiti invernali e accompagnata dal suo ragazzo, entrambi sorridenti ed allegri, niente di più che oggetti per lui. Piton non riuscì a capirlo col senno di poi, perché era sempre stato così per lui. Oggetti.

"Aspetta un attimo," ordinò il Serpeverde al suo compagno, Hester, che aveva insistito nel seguire Severus per tutto il giorno, pronto a gongolare se avesse portato a termine la prova, e di riportare agli altri se avesse fallito. Hester fermò la sua pigra camminata per la strada principale e lanciò uno sguardo curioso in direzione di Piton.

"Cosa? L'hai vista?"

"Ho un'idea," fu tutto ciò che disse Piton. Mosse il capo in direzione del vicolo più vicino, una indicazione ad Hester a seguirlo, e —con gli occhi discretamente puntati sulla ragazza di Grifondoro, che chiacchierava e rideva con il suo compagno— Piton lo condusse lì. Nel vicolo, Hester incrociò le braccia.

Che cosa c'è, Piton? Non ho visto la mezzosangue..."

Ma prima che un'altra parola potesse essere pronunciata, Piton tirò fuori la bacchetta e, con un semplice gesto, inchiodò Hester contro il muro di mattoni. Quest'ultimo venne disarmato prima ancora che pensasse di raggiungere la sua bacchetta, e Piton si avvicinò, puntando la bacchetta alla gola di Hester.

"Che diavolo pensi di fare, Piton?" abbaiò l'altro, ma si bloccò, non per sua scelta, ma per la forza di un altro incantesimo di Severus. Ansimante e con il fiato corto, Hester socchiuse gli occhi.

"Vado a fare quello che devo fare, sai," disse Piton freddamente. "Ma non credere che abbia dimenticato il tuo ruolo in questa faccenda, Hester. Voglio che tu lo sappia: ho intenzione di vendicarmi. E potrebbe potrebbe volermici molto tempo per avere questa opportunità, e potresti anche pensare che me lo sarò dimenticato per allora, ma non lo farò. È chiaro? "

"P-P-Piton..."

Piton spostò la sua bacchetta dal collo di Hester alla sua fronte. "Confundo," mormorò, e subito, i tratti dell'altro mago si rilassarono. I suoi occhi si spensero, e Piton si avvicinò ancora, sussurrandogli in un orecchio.

Entrambi i Serpeverde emersero dopo pochi minuti, camminando fianco a fianco, come se nulla fosse accaduto. Il viso di Hester non era ancora tornato alla normalità però: la sua espressione era troppo tranquilla per essere del tutto naturale. Erano in strada solo da pochi secondi, comunque, ed il suo volto cambiò di nuovo, gli occhi scuri illuminati per l'eccitazione. Vide la strega, il bersaglio, proprio come Piton aveva fatto prima, anche se era ora qualcuno la stava aiutando a salire su una carrozza per tornare a scuola.

"Lì, Piton," disse Hester allegramente; "Sta tornando al castello... la metà del personale e la maggior parte degli studenti è qui... è perfetto. Questo è il momento."

Piton annuì. "Va bene," disse con calma. "Prendiamo una carrozza."

E così fecero. Il loro mezzo di trasporto arrivò pochi secondi dopo la prima carrozza; camminando sull'umido sentiero sterrato fuori dal castello, Piton ripassò il piano nella sua testa.

Avrebbe usato la Cruciatus. Sembrava giusto, e avrebbe decisamente convinto gli altri della sua lealtà. Hester avrebbe guardato, lui sarebbe stato il testimone perfetto, perché non avrebbe mai voluto ammettere che Piton aveva fatto il suo lavoro. Poi, avrebbe cancellato la memoria della ragazza... un colpo di spugna, in modo che non avrebbe mai saputo chi l'aveva attaccata o che lo stesso attacco aveva avuto luogo... Lily non avrebbe mai dovuto sapere.

C'era anche uno scopo pratico per questo. Se uno studente avesse dichiarato di essere attaccato con la Cruciatus, anche se non fosse stato in grado di identificare l'aggressore—le cose avrebbero potuto complicarsi, e Malfoy aveva dato ordini contro le complicazioni. Almeno per ora.

Hester, nel frattempo, si impegnava nel suo compito di guardia. Vide, chiaramente, Lily Evans allontanarsi dalla carrozza di fronte a loro, separandosi dal suo compagno da qualche parte nel viaggio verso il castello. Mentre i due Serpeverde la seguivano a breve distanza, Hester vide camminare la bella rossa— che saltellava leggermente—attraverso la Sala d'Ingresso vuota e la scalinata di marmo. La vide salire diverse rampe di scale, finché alla fine, giunse in un corridoio deserto che aveva bisogno di attraversare per raggiungere la sua destinazione— qualsiasi essa fosse.

"Non ci sono ritratti qui; dovremmo essere al sicuro," sussurrò Hester a Piton, che annuì.

Hester sentì un brivido, come sentì Piton gridare: "Lily!" E poi, quando ella si voltò, la sua gioia non ebbe il tempo di svanire dai suoi occhi prima che Piton continuasse a parlarle mormorando un: "Crucio!"

Hester vide—e lo avrebbe giurato in un secondo momento—cle gambe di Lily Evans piegarsi sotto di lei, mentre la ragazza cadeva a terra per l'insopportabile dolore.

Tuttavia, ciò che vide Hester, e quello che vide Piton (che era, in verità, la realtà) erano molto diversi. Hester non riuscì a comprendere la strana sensazione di stordimento che aveva avuto in quel momento, e non vi prestò ulteriore attenzione. Non ricordava niente del vicolo, e mentre lui vide Lily Evans cadere in agonia, Severus Piton vide Marlene Price.


La porta dell'ufficio del professor Black era aperta, e Sirius non bussò. La aprì, e subito notò suo zio vicino al fuoco levitare con la bacchetta un bollitore fumante verso una tazza di porcellana.

"Sirius," salutò il mago più anziano, sorpreso ma non dispiaciuto dalla comparsa improvvisa del nipote. "Non vai al villaggio oggi? Ti andrebbe una tazza di tè, for...?" Si interruppe, notando per la prima volta l'espressione sul volto di Sirius. "C'è qualcosa che no...?"

"Stai morendo," lo interruppe bruscamente Sirius. Black lo fissò per qualche istante, scioccato, prima di riprendersi, posare il bollitore e sedersi lui stesso.

"Perchè non ti siedi, Sirius?"

"No, no che non mi siedo!" gridò l'altro. "Potresti essere morto da un giorno all'altro, e non me l'hai mai detto? Me l'avresti mai detto, o avrei dovuto capirlo quando avrebbero mandato un sostituto per la classe di Difesa?!"

"Sirius..."

"No! Smettila! Smettila di parlarmi come se avessi sei anni, va bene? Smettila di trattarmi come se fossi un bambino!"

"Non è mai stata mia intenzione," cominciò seriamente Black. "E non so dove hai ottenuto queste informazioni ..."

"Lo stai negando, allora?" sbottò Sirius.

Black si prese un po' di tempo per rispondere. "È un po' più complicato di così, Sirius. Sono malato. A parte questo, i Guaritori non sono d'accordo su quando precisamente..."

"Ma morirai?"

"Be'," rispose il professore con un sospiro, "sappiamo tutti che moriremo un giorno."

"Sì, ma la maggior parte della gente non sa cosa la spedirà nella fossa."

"Sirius, potrei avere fino a sei mesi ..."

"Sei mesi?" gridò Sirius, la rabbia di nuovo in aumento. "Io ho sentito un anno... cosa diavolo vuol dire 'sei mesi?'"

"Il Guaritore Holloway ha effettuato un altro esame di tre giorni fa,” disse Black con calma. "Sei mesi è l'ultima stima. Sono nuove informazioni. Non l'ho ancora detto al personale..."

"Chi se ne frega del personale!" urlò Sirius. "Non l'hai detto a me! Lo sapevi da tre giorni! L'altro giorno abbiamo parlato per venti minuti dopo le lezioni a proposito della lettera di Andromeda, e non hai detto una parola! Di' la verità: me l'avresti mai detto? "

"Volevo farlo," rispose Black. "È vero, lo volevo fare. Sono stato vigliacco, e ..."

"Oh, stai zitto!" lo interruppe il mago più giovane. Non gli importava di avere un suo professore, suo zio, o una persona più anziana davanti. Era stato preso in giro... era stato ingannato facendogli credere che suo zio sarebbe stato lì per lui... "Mi hai mentito! Mi hai lasciato credere di avere veramente una persona fidata che non era stata fatta saltare dal dannatissimo arazzo di famiglia! Hai provato a farmi fare pace con Regulus —per quale cavolo di motivo? Così avresti avuto la coscienza pulita quando saresti crepato la settimana prossima? E non hai avuto nemmeno il coraggio di dirmelo! Che cosa? Credevi che non sarei stato in grado di sopportare la notizia? "

"No, Sirius, certo che no..."

"E allora perché?"

"Perché," cominciò il professor Black, "Non volevo che mi ritenessi un'altra persona che ti aveva abbandonato."

Sirius occhi grigi si scurirono. "Oh, capisco", mormorò, "eri preoccupato per i miei problemi. Come sei stato premuroso. Dannatamente cortese." Scosse la testa, ridendo amaramente. "Be', non stare a disturbarti, zio. Non sarai più obbligato a coccolare il povero piccolo Sirius con la sua sindrome da abbandono. Me ne vado ora." Sirius si avviò verso la porta. "E stai alla larga da me." Sbatté la porta dell'ufficio alle sue spalle.


 

(Blue Moon)

James si affrettava lungo il corridoio del secondo piano, maledicendo la sua scarsa lungimiranza nel dimenticare il Mantello dell'Invisibilità. La carrozza lo aveva riportato al castello decisamente più velocemente di qualsiasi passaggio segreto, ma—ugualmente— i quindici minuti necessari gli erano sembrati un'eternità. Era ardentemente desideroso di tornare giù al villaggio e dare un'occhiata al negozio abbandonato degli Harper.

James accelerò il passo. Tuttavia, forse sarebbe stato più saggio se non l'avesse fatto, dato che nel girare l'angolo, voltandosi troppo bruscamente, andò a sbattere contro un'armatura.

Figlio di puttana!” imprecò ad alta voce James, tenendosi il polso, che aveva sbattuto contro l'armatura in un angolo infelice. Con una smorfia, James indietreggiò per darsi una sistemata. “Per Agrippa” mormorò, “Avrei giurato che questo stupido coso non c'era prima!”

Aveva ragione, in realtà. L'armatura, insieme ad altre sparse nel castello, era stata incantata il giorno in modo da seguire gli studenti del primo anno, come parte di un elaborato scherzo. L'incantesimo si era esaurito proprio in quel punto del secondo piano, e Gazza, notando la grande armatura in mezzo al corridoio, l'aveva spinta lungo il muro, forse un po' troppo vicina all'angolo.

E chi erano i responsabili per lo scherzo agli studenti del primo anno?

James Potter e Sirius Black.

Quindi, guardando le cose da un punto di vista etico, si potrebbe dire che James se l'era meritato.

Avrei giurato che questo stupido coso non c'era prima!” stava dicendo James, sfregandosi il polso dolorante e zoppicando un po' più lentamente lungo il corridoio. Aveva ricominciato a camminare normalmente in prossimità dell'altro angolo, che girò decisamente con più attenzione.

Tuttavia, ciò che vide una volta girato l'angolo liberò la mente di James dal Mantello dell'Invisibilità, dal negozio degli Harper, dall'armatura, e da qualsiasi sensazione simile al dolore che provava ancora. A poca distanza da lui, la figura di una persona —una strega dall'aspetto— giaceva raggomitolata per terra. Stava singhiozzando.

James accelerò di corsa verso la ragazza, e dovette arrivare circa a metà strada prima di rendersi conto di chi fosse.

Marlene!” gridò quasi lui, sbandando un po' nella frenata una volta raggiunta la ragazza. Gli occhi di Marlene erano ben chiusi, le guance pallide rigate dalle lacrime e i capelli color caramello sparsi a ventaglio sul pavimento. James si inginocchiò in un secondo, alzandole la testa dal suolo per guidarla in una posizione seduta. Il viso di Marlene era bianco come la morte, le pupille stranamente dilatate, il respiro corto, rapido e irregolare. “Marlene, stai bene?” insistette James, cercando di controllare se stesse sanguinando. Ma sembrava integra —i suoi abiti, almeno in apparenza, erano intatti, e non riusciva a vedere tagli o lividi su di lei.

Eppure, la sua espressione era distrutta. Mentre James le teneva la testa, i suoi occhi azzurri si richiusero, il suo respiro si fece più irregolare, e la ragazza ricominciò a piangere.

"Marlene, stai bene?" James continuò. "Cosa è successo? Chi ti ha fatto questo?"

Marlene si aggrappò al davanti delle vesti di James, tirandosi su. Lui l'aiutò, facendo scivolare una gamba dietro la sua schiena per farla sedere. Marlene tentò di ricomporsi.

"Cruciatus," riuscì a mormorare lei. James sentì improvvisamente molto freddo.

Qualcuno ha usato una Maledizione Senza Perdono?” urlò quasi. “Chi...? Marlene, chi ti ha fatto questo?”

La strega si prese un momento per ricomporsi. Si asciugò via le lacrime con il dorso della mano e ponderò attentamente la domanda. “Non lo so,” disse alla fine. “Io non—non penso di averlo riconosciuto.”

Era un ragazzo, però? Sei sicura?”

Non —non del tutto... Non sono molto sicura di niente.” Il viso della ragazza si contorse mentre si sforzava di trattenere altre lacrime, e James realizzò che doveva essere ancora molto sofferente.

Ti porto in Infermeria,” affermò lui risoluto.

"No, James, star..."

"Quanto tempo?"

Quanto tempo cosa”? Alzò rapida una mano sul viso, asciugandosi il sudore freddo e le lacrime.

Quanto tempo sei stata sotto maledizione?” insistette James.

Non —non saprei dire,” rispose alla fine lei. “È stato tutto... ma se dovessi... Cioè, penso, forse... forse cinque o... forse dieci minuti?” Subito, James passò un braccio sotto la piega delle sue ginocchia, attirandola tra le sue braccia e —con qualche difficoltà— si alzò barcollando in piedi. “James, per favore, io...”

Devi andare in Infermeria” disse lui con decisione. “Ora. E io devo trovare Silente... qualcuno ha usato una Maledizione Senza Perdono... è una cosa importante. Questo non è...”

Per favore,” lo interruppe Marlene, inaspettatamente lucida. “Ti prego non dirlo a nessuno...”

Il Guaritore Holloway dovrà denunciare comunque l'accaduto,” fece notare James.

No”, disse Marlene, tirando su col naso. “Lo so questo. Ma... nessun altro... gli insegnanti sicuramente, ma... nessun altro. Ti prego.”

Marlene, stai vaneggiando.” James sospirò. “Calmati ora. Andrà tutto bene, siamo quasi arrivati.”

James...” Ma raggiunsero le porte dell'Infermeria proprio in quel momento.

Era troppo confuso. Scuotendo la testa, James acconsentì: “Va bene. Okay, va bene. Aspetterò che tu dica loro tutto quanto. Forza.” Spinse le porte dell'Infermeria e le aprì, sostenendo Marlene mentre zoppicava all'interno.

Che sta succedendo qui?” chiese il Guaritore Holloway, che stava accanto ad una fila di letti, cambiando le lenzuola con la magia.

È stata maledetta,” rispose subito James. Marlene gli artigliò con forza il braccio, mentre Holloway si avvicinava.

Maledetta come?” borbottò lui. James esitò, guardando Marlene. La ragazza rimase in silenzio per un momento, e Holloway li fissò entrambi. “Allora?”

Cruciatus,” sussurrò Marlene alla fine. Holloway trasalì. James non aveva mai visto il vecchio

mago esprimere così tante emozioni. Afferrò Marlene e la guidò su un letto.

Tu, Potter,” abbaiò Holloway, “Trova la Professoressa McGrannitt. Ora.”

James annuì, affrettandosi fuori Infermeria per assecondare l'ordine. Al di fuori, si fermò, tirando fuori dalla tasca del mantello la Mappa del Malandrino. "Giuro solennemente di non avere buone intenzioni." Scrutò la mappa cercando nelle vicinanze qualcuno che potesse essere il responsabile, ma la zona era pulita. Imprecando sottovoce, James cercò la McGranitt, e la trovò nella sala professori... quest'informazione gli avrebbe fatto risparmiare tempo nella sua ricerca. Ma prima...

James ripiegò la mappa e la infilò di nuovo nella tasca delle sua vesti, prima di tirare fuori dall'altra tasca un piccolo specchio rotondo. Fissò la superficie e disse: "Sirius Black". Non accadde nulla. "Sirius Black," ripetè James. Anche in questo caso, non ci fu risposta. Ripeté la richiesta più e più volte, ma con gli stessi insoddisfacenti risultati. James imprecò e rimise lo specchio in tasca. Si fermò per qualche istante a pensare fino a quando gli venne in mente un'idea.

Istintivamente, James analizzò nella sua mente l'immagine della struttura del castello. Se avesse preso il passaggio segreto dietro l'angolo (quello dietro l'arazzo di Boris il Basito), sarebbe arrivato in Guferia in meno di tre minuti e giù in sala professori in cinque. James partì in direzione dell'arazzo di Boris il Basito. Come previsto, raggiunse la Guferia in pochi minuti.

Senza perdere tempo, James si diresse verso il tavolo sospeso lungo la parete est della stanza, dove v'erano penne, inchiostro e pergamene per gli studenti. Scarabocchiò una nota, chiamò a sé il gufo più vicino, e legò il suo messaggio alla zampa dell'animale.

Sapeva quello che aveva detto a Marlene, ma veramente—lei avrebbe voluto che i suoi amici lo sapessero. "Remus Lupin ai Tre Manici di Scopa", il capitano della squadra di Quidditch diede così disposizioni al gufo, un volatile bianco neve. James uscì dalla stanza prima di lui.


"Esattamente dove prova dolore?"

"Ed è sicura di non averlo visto in faccia?"

"Sta provando intorpidimento?"

"Ma è sicura che fosse un maschio?"

"Quanto è durata la maledizione?"

"Quanto è durata la maledizione?"

Nè il Guaritore Holloway né la Professoressa McGrannitt sembravano mostrare molta compassione per il dolore di Marlene alla testa, che pulsava terribilmente mentre i due adulti la bombardavano di domande. Già in uno stato mentale parecchio confusionale, Marlene scosse la testa, massaggiandosi la fronte con aria stanca.

"Per favore," supplicò la bionda, chiudendo gli occhi per la concentrazione. "Per favore, datemi solo un attimo. Risponderò alle vostre domande, solo... solo una alla volta. Per favore."

La McGranitt capì subito le ragioni della richiesta. Guardò il Guaritore Holloway e annuì, indicando che avrebbe potuto interrogare la malcapitata strega per primo. Holloway si fece avanti. "Esattamente dove sente ancora dolore, Signorina Price?"

Marlene, che era seduta su un letto dell'Infermeria con Frank Paciock e James Potter in piedi non molto lontano, così come l'insegnante di Trasfigurazione e il Guaritore della scuola, ponderò la domanda. "Qui, per lo più." Si strofinò il petto—appena sotto la clavicola— con cautela, prima di aggiungere: "E alla testa, e un po' alle gambe."

Holloway annuì, esaminando ogni punto da lei indicato. "E sta provando intorpidimento?" Marlene rispose negativamente, prima di aggiungere che era stata sotto la maledizione per un lasso di tempo tra i cinque e i dieci minuti, se si poteva far affidamento alla sua memoria.

Poi la McGranitt si fece avanti e cominciò lei ad interrogare Marlene. Dall'altra parte della stanza, James e Frank erano seduti a colloquio. Il primo aveva incontrato il Caposcuola sulla strada per andare a prendere la McGranitt, e quest'ultimo aveva poi insistito per seguirlo in Infermeria.

"E tu non hai visto proprio nessuno?" chiese Frank in tono sommesso; James scosse la testa.

"Chiunque sia stato era già andato via quando sono arrivato," rispose l'altro. "Ho anche setacciato la..." si trattenne, "l'area... nessuno era in quel piano."

"Ma saranno in grado di dire chi era rimasto al castello", insistette il Caposcuola. "Voglio dire, la maggior parte delle persone erano scese giù al villaggio in quel momento. Oltre quelli del primo e secondo anno, non potevano esserci stati molti studenti a scuola".

"Tu c'eri", fece notare James. Frank arrossì.

"Non mi sentivo molto di fare festa a Hogsmeade," mormorò. Ciò fece venire in mente un'idea a James.

"Senti, torno subito." Frank annuì, mentre James usciva di soppiatto dall'Infermeria, chiudendosi la porta alle spalle. Non c'era nessuno nei paraggi, e ancora una volta tirò fuori la Mappa del Malandrino, appellandone il contenuto con la solita formula. C'erano ancora meno puntini che vagavano per i corridoi oggi—la maggior parte degli studenti più giovani erano fuori, in biblioteca o nelle Sale Comuni. Sirius Black era in riva al lago (Solo Godric sapeva il perché, e non rispondeva nemmeno allo specchio ...), mentre Lily Evans, Remus Lupin, Donna Shacklebolt, Mary Macdonald, e Alice Griffiths stavano avanzando rapidamente verso l'Infermeria —a quanto pare Moony aveva ricevuto la sua lettera e aveva seguito le istruzioni. Ma non c'erano molti altri studenti più grandi lì intorno.

Quasi istintivamente, gli occhi di James si spostarono sulla Sala Comune dei Serpeverde, e poi verso i loro dormitori. Due puntini sedevano in uno di essi: Saul Hester e Severus Piton.

Passi e forti voci precedettero l'imminente arrivo dei compagni Grifondoro di James, e il Malandrino immediatamente cancellò e nascose la mappa, proprio mentre Lupin e le ragazze giravano l'angolo.

È...?” iniziò Mary timorosamente.

"È con la McGranitt e Holloway ora," disse James. "Cosciente e tutto, non ti preoccupare. Ti spiegherà lei." Mary, Donna, Lily e Alice entrarono tutte in Infermeria immediatamente, ma James fermò Remus con uno sguardo. "Posso parlarti un attimo?" Remus annuì, e James chiuse ancora una volta la porta dietro di lui. "Marlene è stata attaccata con la Cruciatus," disse con urgenza; gli occhi di Remus si spalancarono. “Non ha visto chi l'ha attaccata, ma ho cercato sulla mappa qualcuno nel castello che avrebbe potuto farlo... è successo quasi un'ora fa, ma indovina chi è seduto nei dormitori maschili Serpeverde in questo momento."

Remus inarcò un sopracciglio. "Piton?" tentò. James annuì. "Non so, Prongs... se attaccassi qualcuno, non rimarrei in giro in attesa che qualcuno mi venga a prendere. Andrei in qualche posto affollato—mi creerei un alibi, sai..."

"Non è da solo," disse James rapidamente. "Quell'idiota di Hester è con lui. E nessun altro è in giro."

"Ma come hai detto tu, è stato quasi un'ora fa. È un tempo più che sufficiente per uscire dal castello... magari tornare giù al Villaggio." James gli lanciò un'occhiataccia. "Non sto dicendo che ti sbagli, ma non abbiamo alcuna prova."

"Hmpf.. Si tratta di Piton. Di che prove hai bisogno?"

"Non vorrai mica schierarti dalla parte della legge, Prongs?"

"Molto divertente."

"Andiamo." Remus mosse la testa verso la porta dell'Infermeria. "Andiamo a dare un'occhiata a Marlene."

Rientrando nella stanza, fu subito chiaro che Mary aveva già cacciato le ragazze dal capezzale di Marlene, dato che si erano spostate in un angolo della stanza e stavano parlando a bassa voce. James e Remus, nel frattempo, si avvicinarono a Frank.

Che ci fa Alice qui?” chiese subito il Caposcuola.

"Stava parlando con Lily quando l'ho trovata", spiegò Remus. "È voluta venire con noi."

"Con Lily? Pensavo che sarebbe stata con Sirius." Era stata la nota più vicina al disprezzo che James avesse mai sentito nella voce di Frank Paciock. Avrebbe anche potuto offendersi, se non fosse stato irritato anche lui con il suo migliore amico, in quel momento.

"Ho provato a mettermi in contatto con Sirius," disse James a Remus in modo criptico, e Frank seppe di non dover mettere in discussione il linguaggio vagamente enigmatico che usavano i Malandrini. "Nessuna risposta."

"Dov'è?" chiese Remus.

"In riva al lago, l'ultima volta che ho controllato."

"Ha..." Remus fece una pausa, cercando di capire come formulare la domanda. "Ha preso tutto quello di cui aveva bisogno questa mattina?" James sapeva che si riferiva allo specchio, e annuì.

"L'ho visto prendere tutto io stesso."

"Credi che stia bene?"

James sospirò. "Stava bene poche ore fa. Probabilmente è solo in modalità di 'angoscia esistenziale'." In quel momento aveva molta poca comprensione nei suoi confronti. "Dov'è Pete?"

"Non c'era abbastanza spazio in carrozza" disse Remus. "Così ha deciso di aspettare la prossima. Dovrebbe essere qui a momenti."

"Attenzione a tutti", disse improvvisamente la Professoressa McGranitt a gran voce, richiamando gli studenti al silenzio, "La signorina Price dormirà per un po'. Non c'è motivo per il resto di voi di rimanere mentre..."

"Ma non ci è stato ancora permesso di parlare con lei!" protestò Mary. La Professoressa McGranitt guardò in modo accorato il Guaritore Holloway, che si limitò a stringere le spalle.

"Possono stare, se vogliono..." bofonchiò. "Ma sarà una lunga attesa. La farò dormire per qualche ora; questo dovrebbe diminuire gli effetti permanenti."

"Molto bene," sospirò la McGranitt. "Potete aspettare che la signorina Price si svegli, o potete tornare ai dormitori." Lanciò a tutti loro uno sguardo significativo, prima uscire fuori dalla stanza.

"Credete che il Ministero verrà ad indagare?" si chiese Remus ad alta voce. Frank scosse il capo.

"Qualcosa di simile è accaduto durante il mio primo anno", disse loro. "Nessuno ha usato una Maledizione Senza Perdono, ma qualcuno ha utilizzato un grosso incantesimo di magia oscura... è saltato in aria un pezzo enorme del corridoio del terzo piano. Nessuno ha scoperto chi è stato, però, così il Ministero ha inviato qualche esperto, e tutta la scuola si è dovuta sedere a sentire un seminario abbastanza disinformativo sul perché non dovremmo usare la magia nera. "

"Tutto qui?" chiese James. Frank annuì.

"Che altro potevano fare?"

Il Guaritore Holloway, che se era andato nel suo ufficio in cerca di un sonnifero, tornò. Le ragazze si erano riunite tutte intorno al letto di Marlene e furono di nuovo costrette a spostarsi fuori. Prima di prendere la sua pozione, Marlene si rivolse a James.

"Avevi promesso che non l'avresti detto", l'accusò lei.

"Ho pensato che avresti voluto che i tuoi amici lo sapessero," rispose James onestamente. Lei sospirò, ma il suo cipiglio si spianò un po', mentre svuotava la fiala che le aveva fornito il Guaritore Holloway. Si distese di nuovo sul suo cuscino, e si addormentò in una questione di minuti.

"Non svegliatela," avvertì Holloway, prima di tornare nel suo ufficio. James sospirò pesantemente e si sedette su un letto libero. Con sua grande sorpresa, però, Lily si sedette accanto a lui.

"Puoi dirci cosa è successo?" chiese piano il prefetto . Era seduta molto vicino, ma i suoi occhi erano fissi su Marlene.

"L'ho vista solo dopo che era finita," ammise James. "Ma ho sentito qualcosa di quello che ha detto a Holloway e alla McGranitt. È stato attaccata da qualcuno —lei pensa che sia stato un ragazzo, e poi è stata sotto maledizione per... per un po'."

"Quella può fare cose pericolose alla testa" mormorò Remus cupamente.

"Sembrava stare bene," intervenì subito Mary. "Voglio dire, non sembrava... impazzita."

Starà bene," affermò Lily. "Deve stare bene. Ma chi avrebbe potuto farlo? Perché qualcuno dovrebbe attaccare Marlene? Lei è... lei non ha mai fatto del male a nessuno."

James la guardò, desiderando molto dirle quello che sapeva e credeva su Piton. Ma non avrebbe dovuto parlarne ora... non con tutti i presenti. Avrebbe dovuto aspettare. Lily si morse il labbro mentre guardava la figura dormiente della sua amica. Mary andò a sedersi accanto a Alice su un altro letto libero sull'altro lato del letto di Marlene, mentre Donna stava in piedi, appoggiata al muro con le braccia conserte, insolitamente silenziosa.


Era ora di cena quando Sirius arrivò in Infermeria. La disposizione dei posti era cambiata in modo significativo. Mary e Alice erano sedute in un angolo, dove avevano mormorato ininterrottamente per ore. Lily adesso era sul pavimento, la schiena contro il muro, ma si era addormentata sulla spalla di un Remus altrettanto dormiente. Peter, che era arrivato ore prima, sedeva con Frank, e giocavano a carte su uno dei letti. Donna ora sedeva dove era prima, ma la sua fredda, illeggibile espressione rimaneva invariata.

Quando Sirius entrò, la confusione sul suo viso, James attraversò la strada per andargli incontro. "Dove sei stato?" chiese James con la voce sommessa. "Ho provato a chiamarti con lo specchio, ma non hai risposto."

"Sono andato a fare una passeggiata," rispose Sirius sgarbatamente, ignorando la domanda. "Cosa stanno facendo tutti qui, comunque?"

"Non lo sai?"

Padfoot scosse la testa. "Ho pensato che avrei dovuto controllare… tu e Moony e Wormtail non vi siete presentati a cena… il dormitorio era vuoto, e ho pensato che uno di voi potesse essersi fatto male o qualcosa del genere… che sta succedendo?"

"Qualcuno ho usato la Cruciatus su Marlene Price."

Le sopracciglia di Sirius scattarono in alto. "Davvero? Come sta?"

"Dorme."

"Quindi cosa state facendo tutti qui?"

James alzò gli occhi al cielo. "Le persone si preoccupano, Padfoot. Comunque, c'è qualcosa che voglio chiederle quando si sveglia. Penso di poter avere un idea su chi l'abbia attaccata, e voglio vedere se lei pensa che la voce possa…" Notò l'espressione scettica del suo amico. "Che c'é?"

"Niente," disse Sirius. "Assolutamente niente. Che ci fa Alice qui?"

James si stava irritando. "Era con Lily ed ha voluto accompagnarla."

"Oh. Lei ha… ehm… ha detto qualcosa?"

James incrociò le braccia. "Mi ha chiesto se ti avevo visto," ribatté. "Per Agrippa, mi stai davvero chiedendo questo ora? Sirius, Marlene è in un sonno indotto perché ha passato diversi minuti sotto la Maledizione Cruciatus. Holloway spera che non ci sia un danno permanente. Uno studente è –con tutte le probabilità– il responsabile. E tu te ne stai lì, a chiederti se la tua ragazza pensa a te?"

Sirius rimase in un silenzio ammutinato, accrescendo l'irritazione di James.

"Per una volta, non si tratta di te, Sirius," continuò animatamente. "Sei hai intenzione di essere egocentrico, puoi anche andartene."

"Va bene," ribatté l'altro. "Non voglio rovinare la tua piccola eroica parata un momento di più." Si voltò e lasciò l'Infermeria. James tornò al suo posto con Frank e Peter, riprendendo la mano di carte che aveva tenuto in precedenza. Alice si unì a loro pochi secondi dopo.

"Sta bene?" chiese.

James si accigliò. "Egocentrico e idiota come al solito," mormorò il Malandrino, non nell'umore per romantici discorsi a cuore aperto. "Perché non dovrebbe stare bene?"

"Lui–lui non ti ha… detto niente su qualcosa… che lo preoccupa?" continuò Alice.

"No. Di che stai parlando?"

"Bene," si stizzì la studentessa del settimo anno. "Benissimo. Sul serio… maschi." Con ciò, anche lei lasciò l'Infermeria. James si strinse nelle spalle.

"Be', io ho finito," annunciò Frank, posando la sua ultima coppia di carte.

"Alcuni ragazzi hanno tutte le fortune," grugnì Peter, che stringeva ancora circa una dozzina di carte in mano.

Il Caposcuola scosse la testa. "Non esattamente."

--

"Sirius, per favore, aspetta!" Gridò Alice al Malandrino per la terza volta, e alla fine il ragazzo si fermò mentre attraversava il corridoio. Lei lo rincorse, tirandogli braccio e costringendolo ad affrontarla. Sirius aspettò che lei parlasse, mentre lei studiava il suo viso con cautela. "Hai parlato con tuo zio?"

Lui annuì silenziosamente.

"E?"

"Ha sei mesi nella migliore delle ipotesi," rispose con un sorriso mesto. Gli occhi di Alice si illuminarono di compassione.

"Oh, Sirius, mi dispiace così tanto."

Lui scosse la testa. "Non importa."

"Certo che importa!"

"No, invece." Non continuò. "Dovresti tornare dagli altri."

"Perché non lo hai detto a James?" chiese Alice, ignorandolo. Sirius guardò in direzione dell'Infermeria. "È il tuo migliore amico."

"Era troppo occupato a giocare al detective. Comunque, non voglio parlarne."

"Ma Sirius…"

"Alice, smettila, ok?" La sua mano era rimasta sul suo braccio, e lui si scansò improvvisamente. "Smettila, ok? Mi dispiace per… be', mi dispiace, va bene? Sei una ragazza carina; lo sei davvero. E io sono… io sono troppo complicato."

"Ma…"

"Non vado bene per te… e c'è un ragazzo che è… che è pazzo di te, e di cui tu sei pazza, e tutto il resto… tutto il resto è solo te che prendi in giro te stessa. Quindi vai, per favore–non hai alcun dovere verso di me, e…"

"Sirius Black," sbottò Alice. "Mentre sono grata per il tuo modo più che leggermente gentile per piantarmi, non sono qui per te perché sto cercando una relazione, ok? Sono qui perché hai appena scoperto che tuo zio ha sei mesi di vita, e credo che tu abbia bisogno di qualcuno."

"Oh."

"E so di non essere la tua migliore amica o altro, ma parlando da persona che ha a cuore i tuoi migliori interessi, per favore parla a James. È il tuo migliore amico, e non puoi –non dovresti permettere che la tua tristezza ti renda arrabbiato, o che ti faccia allontanare dai tuoi amici."

"Non sono triste," disse Sirius. "Non lo sono. Non mi piace che mi si menta… non da tutti, e…" Si fermò. "Non voglio parlarne. Per favore lasciami solo."

Alice sospirò pesantemente. "Va bene," disse. "Ma non fare nulla di stupido.”

Sirius non rispose. Invece, si voltò e continuò ad arrancare lungo il corridoio. Alice tornò all'Infermeria; alla porta, i suoi occhi volarono verso Frank, che sembrava essere fuori dal gioco, ma era occupato in una conversazione con i suoi compagni Malandrini. Scuotendo la testa, Alice si sedette accanto a Donna.

"Cosa succede a Black?" chiese la studentessa del sesto anno in maniera apatica.

"Una brutta giornata credo," rispose Alice. "Come stai? Sei orribilmente silenziosa."

"Sto bene."

"Non sembri star bene."

"Be', sto bene."

"Sei sicura?"

"Sei sicura di voler continuare a fare domande stupide?"

"Sì."

"Be'…" tagliò corto Donna. "Mi sento in colpa," disse inaspettatamente. "Non è colpa mia. Razionalmente, lo so. Non avevo niente a che fare con questo. Non avevo letteralmente niente a che fare con questa cosa. Ma Marlene ed io abbiamo litigato –più del solito –e non ho chiesto scusa, e avrei dovuto scusarmi e basta, e ora lei è in Infermeria, e non è nemmeno che stia morendo, perciò è molto stupido, ma per qualche ragione, mi sento in colpa." Terminò e guardò ad Alice. "Non dirlo a Lily. Gongolerà."

Alice diede delle pacche sulla spalla di Donna goffamente. "Lei non sta morendo, Donna. Puoi ancora chiedere scusa."

"Lo so… ma probabilmente non lo farò."

Alice annuì. "Sì, credo che andrà così."


Che cosa li stava trattenendo così a lungo?

Piton percorreva il suo dormitorio nervosamente, la bacchetta stretta forte fra le sue dita, nell'eventualità che qualcuno decidesse di aggirare Silente e visitare il dormitorio di Serpeverde per conto proprio. Anche se quello non era ancora successo, il ragazzo si aspettava qualcosa. Tre ore e nessuno aveva nemmeno bussato sulla porta del dormitorio dei Serpeverde del sesto anno. Era possibile che il suo Incanto Confundus applicato frettolosamente avesse davvero funzionato su Marlene Price? Non sembrava probabile –aveva provato a cancellare il suo viso dalla sua memoria, ma Hester era andato in un panico tale dopo aver sentito qualcuno nel corridoio accanto, e ne era stato distratto… certamente lei ricordava l'attacco stesso… il dolore della Cruciatus (era stato tanto elettrizzante esattamente quanto il libro aveva promesso) era ancora scritto nella sua mente quando i due Serpeverde si erano allontanati. Certamente avrebbe detto a Silente o alla McGrannitt o a qualcuno che era stata affatturata per dimenticarsene, e non avrebbe richiesto molto lavoro da parte dello staff per ricostruire la sua memoria.

Eppure, erano passate tre ore, e Piton era ancora solo… be', non proprio. Severus lanciò un occhiata irritata oltre la sua spalla dove Hester giaceva addormentato su un letto. Era tutta colpa sua, davvero… era impazzito al rumore –aveva cominciato a correre via e aveva provato a trascinare Severus con lui. Severus aveva avuto bisogno di concludere velocemente con tutto quel subbuglio che il suo stupido compagno stava facendo, e aveva reso l'esecurzione approssimativa.

Nella loro ritirata al dormitorio, Piton non aveva saputo cos'altro fare con Hester. Un secondo incanto Confundus era servito ad assicurarsi che l'altro non avrebbe ricordato nulla del suo assalto e quanto bastava dell'attacco di Piton a Marlene (che lui credeva ancora essere Lily) così che sarebbe stato in grado di testimoniare per Malfoy. Poi, poiché si era stancato del chiacchiericcio innaturale di Hester, Piton gli aveva lanciato un veloce incantesimo del sonno e lo aveva levitato fino al letto più vicino. Hester si sarebbe svegliato ignaro in poche ore, ma Piton non aveva dubbi che per allora, il suo soggiorno ad Hogwarts sarebbe terminato.

Non aveva diciassette anni, ancora, e non aveva ucciso nessuno. Non potevano mandarlo ad Azkaban, ma sarebbe stato espulso per certo.

Finché non fosse diventato di dominio pubblico che Marlene Price–non Lily Evans–era stata attaccata, a Severus non importava così tanto… Non sarebbe tornato a casa. Si sarebbe unito ai Mangiamorte, a tempo pieno. Avrebbe servito il Signore Oscuro… avrebbe avuto ore illimitate per studiare le Arti Oscure, risorse illimitate per espandere il suo valore… sarebbe andato tutto secondo il suo piano preesistente, escluso che avrebbe avuto tutto prima.

Solo una cosa tratteneva Sev nei dormitori di Serpeverde allora. Era la sola ragione per la quale non era già fuggito ad Hogsmeade per evitare le formalità dell'inevitabile visita di Silente (della sua inevitabile espulsione). Era la sola ragione che gli provocava esitazione sul lasciare Hogwarts–l'unica cosa a cui si aggrappava ancora.

Lily.

Ed era irrazionale, lo sapeva, perché dopo questo, sarebbe passato lungo, lungo tempo prima che Lily avrebbe accettato di rivederlo. Lui non sapeva quanto a lungo–quanto potente avrebbe dovuto essere per riconquistarla–ma sapeva che sarebbe stata una questione di anni, non mesi. Quindi, anche se Piton sapeva che poteva andarsene–quella sarebbe stato l'ultima occasione per vedere Lily molto prima che lei avrebbe visto lui–il ragazzo riconobbe similmente che sarebbe stato difficile, arduo, e che aveva davvero bisogno di vederla un'ultima volta.

Pregò che lei non avrebbe avuto alcuna opportunità per lanciargli un triste, sguardo deluso. Odiava quello sguardo.

Piton si agitò a disagio al pensiero. Costruì una scena nella sua immaginazione… il suo essere condotto fuori da Hogwarts, il rimprovero negli occhi della maggior parte degli idioti lì… lo sguardo furioso, bellissimo di Lily… la sua rabbia, ma non il suo odio (no, mai il suo odio). Il vero odio poteva essere stato il frequente compagno di Sev, ma era un compagno improbabile per Lily Evans. Di quello, Piton era certo.

Si fermò, pensando di aver sentito passi sulle scale fuori, ma dopo un minuto di silenzio realizzò che anche questo doveva essere stato un prodotto della sua immaginazione. Piton ricominciò a camminare.

Poteva sostenere la situazione. Poteva sostenere l'espulsione ed il rischio… era l'attesa che lo uccideva.

Che cosa lo stava trattenendo così a lungo?


Gli occhi di Marlene si aprirono interno alle sette. Donna se ne accorse per prima. "È sveglia," disse ad alta voce, alzandosi e attraversando la stanza fino al lato del letto di Marlene. Gli altri seguirono immediatamente.

"Come stai?" chiese Lily per prima; "ti fa ancora male qualcosa ? Perché ho letto molto sull'argomento, e se non smette, potrebbe significare…" Si fermò. "Scusa. Continua."

Marlene si sedette nel letto. "Mi sento meglio," disse. "Intorpidita, ma… non mi fa male niente. Sto bene."

"Cosa è successo?" chiese Remus. "Voglio dire, James ci ha detto qualcosa, ma… non hai davvero nessuna idea di chi abbia potuto farlo? Non hai ricevuto minacce di morte che hai solo –non so– dimenticato di menzionare?"

Marlene scosse la testa. "E qualcuno di voi ha saputo nulla? Dalla Professoressa McGranitt o qualcuno?" Non avevano sentito nulla. "Spero che non l'annuncino… Preferirei che il minor numero di persone possibili sapesse che sono stata attaccata."

"Perché?" volle sapere James.

"È imbarazzante, tutto qua. Gli sguardi, le domande… non voglio essere 'la ragazza che è stata attaccata.'"

"Be', noi non lo diremo," le assicurò Alice. "Qualcuno dovrebbe andare a chiamare il Guaritore Holloway." Donna si allontanò per farlo, e Marlene cominciò a spiegare cosa era successo.

"Non c'è molto da dire," confessò. "Stavo camminando e poi qualcuno… qualcuno mi ha chiamata–era una voce maschile. Mi sono girata, ma… prima che dessi una buona occhiata, sono stata colpita con la prima… la prima Maledizione Cruciatus. È durata per un po', e poi si è fermato, e poi è cominciato di nuovo… e poi si è fermato, ma potevo ancora sentirlo, sapete? Poi la persona se n'è andata, e… poi ho sentito la voce di James che chiamava il mio nome. Non posso nemmeno essere sicura di quanto tempo sia passato, solo… Mary, stai piangendo?"

"Sì!" singhiozzò miseramente Mary. "Non posso farne a meno! Sei la mia migliore amica, e non te lo dico abbastanza, e…!"

"Mary, non sto morendo," Fece notare Marlene.

"Lo so, ma… ma…" Lei non finì, lanciando invece le braccia al collo di Marlene in un umido abbraccio. Marlene sorrise mentre dava delle pacche sulla schiena di Mary, e gli altri guardarono, divertiti malgrado tutto. In quel, il Guaritore Holloway arrivò con Donna.

"Spostatevi un po'," grugnì lui, e loro liberarono il passaggio affinché lui potesse esaminare Marlene. "Senti ancora dolore? Qualsiasi tipo di dolore?"

"No."

"Hmpf. Torpore? Mancanza di respiro?"

"No."

"Disorientamento?"

"No."

"Vertigini?"

"No."

"Qualcosa di inusuale?" Marlene scosse la testa. "Molto bene," disse Holloway. "Ti farò alcune semplici domande, giusto per essere certo della tua sanità. Qual è il tuo nome completo?"

"Marlene Katharine Price."

"Compleanno?"

"Dodici luglio."

"Casa scolastica e colori."

"Grifondoro, rosso e oro."

Holloway continuò in questo modo per diversi minuti, chiedendo tutto dal dolce preferito agli animali d'infanzia. Lei rispose a tutte abbastanza chiaramente e senza esitazione, finché alla fine Holloway sembrò soddisfatto. "Va bene, allora," disse, incrociando le braccia, come se preferisse non ammetterlo: "Sembri essere ristabilita. Ma devi venire immediatamente, se dovessi sentire qualcosa di strano nel prossimo paio di giorni, capito?"

"Sì."

"Dovrò compilare un resoconto," continuò il Guaritore, "E ti porterò una pozione per dormire, o sarai sveglia metà della notte dopo quel pisolino. Aspetta qui."

Lui si allontanò, e mentre lo faceva, Remus fece un passo avanti. "È bello vedere che stai bene, Marlene. Sto andando giù alle cucine adesso–vuoi che ti prenda qualcosa?"

"No, grazie lo stesso."

"Vengo anch'io," disse Peter.

"Anche io," disse Frank.

"Vieni, James?" chiese Remus, avviandosi alla porta.

"No, ci vediamo in dormitorio," disse James. "C'è qualcosa di cui voglio parlare con Marlene prima."

Remus annuì e se ne andò con gli altri. "Dovrei andare anche io," disse tristemente Alice. Abbracciò Marlene con un solo braccio. "Chiedi se c'è qualcosa di cui hai bisogno, ok?"

"Grazie," disse di nuovo Marlene, e anche Alice se ne andò.

"Sai," disse Mary, sedendosi sul bordo del lettino di Marlene. "C'è una sola cosa che non capisco. Perché non eri al villaggio? Cosa stavi facendo nel castello tanto per cominciare?"

Improvvisamente, la bionda strabuzzò gli occhi. "Merda," imprecò. "Adam! Me ne sono completamente dimenticata. Deve…"

Proprio in quel momento, la porta dell'Infermeria si aprì, e –come se chiamato dal suono del suo nome– apparve Adam McKinnon.

"Mi dispiace così tanto…!" cominciò a dire Marlene, ma Adam la interruppe.

"Stai bene? Sirius non mi ha detto molto, eccetto che eri qui, e…"

A quel punto, James smise di ascoltare. Entrando proprio dietro Adam, apparve Sirius. Inizialmente, il Malandrino mantenne lo sguardo sul pavimento, ma guardò dopo poco in alto, incrociando lo sguardo con James. Non dissero nulla, ma James annuì leggermente, e Sirius inclinò la testa, ed entrambi capirono.

"Marlene!" urlò una nuova voce improvvisamente.

"Miseriaccia, è come la stazione di Kings' Cross qui dentro, con tutti che vanno e vengono!" borbottò Donna, incrociando le braccia irritata. L'ultimo arrivo, comunque, era considerevolmente meno benvenuto. Miles Stimpson corse al capezzale di Marlene, e piantò le sue labbra fermamente su quelle di lei, facendo sentire tutti gli altri presenti come se non dovessero essere lì.

"Miles!" urlò Marlene, spingendolo via. "Cosa stai facendo? Come hai scoperto che ero qui?!"

"Girava voce che qualcuno era incosciente nell'Infermeria," spiegò il Corvonero frettolosamente. "E tu non eri a cena, quindi ho pensato che magari… Marlene, sono così dispiaciuto! Avrei dovuto essere stato lì per te! Questa cosa è così stupida, e mi dispiace, e io ti…"

"Miles!" Lo interruppe Marlene bruscamente. "Possiamo parlarne dopo? Sto bene. Non sono morta… non ci sono nemmeno vicina. Parlerò con te dopo!"

"No, Marly, non vedi? Quando ho pensato che tu potessi essere ferita gravemente, ho realizzato qualcosa–sono stato molto stupido, lo so, e non posso chiedere scusa abbastanza, davvero! Ma prima–non ero davvero pronto! Non ero pronto per stare completamente con te, e quindi mi sono comportato da coglione! Ma ora sono pronto! E sarà diverso! Davvero, Marly, ti amo, e voglio essere il tuo ragazzo."

Tutti rimasero scomodamente silenziosi. Marlene sbatté le palpebre due volte. "Scusami?" disse lei alla fine. "Sei pronto adesso? Cosa diavolo hai fatto negli ultimi due anni e mezzo? Se non eri 'pronto' per avere una relazione con me, perché la avevamo?"

"Ma, Marly…"

"No!" Marlene era molto vicina all'urlare. "Tu hai detto che volevi parlarne adesso–parliamone adesso! Sei un coglione, e un traditore, e un bugiardo, e non mi hai mai ascoltato! Come quando ti ho detto che odio il soprannome 'Marly.' Sì, l'ho detto! Un centinaio di volte! Eri un ragazzo terribile, e indipendentemente dal fatto che tu sia 'pronto' adesso, Miles Stimpson, tra te e me è ora e sarà sempre finita!"

"Mar–Marlene…!"

"Ho già rotto con te una volta, Miles! Devo farlo di nuovo?"

"Marlene, sei stanca, e…"

Incapace di contenersi, la bionda prese la scatola di fazzoletti dal comodino e la lanciò a Miles, che la scanso facilmente, ma riemerse con un triste espressione fra l'imbarazzato e il furioso. Senza dire una parola, si voltò e uscì dall'Infermeria.

Un lungo, imbarazzante silenzio, seguì.

"Mi chiedo," cominciò Sirius alla fine, "come pensava che quella conversazione sarebbe finita. Immagino che non includesse i fazzoletti."

"No, decisamente senza i fazzoletti," concordò James.

Lily, Mary, Donna, e Adam lo trovarono divertente, ma soffocarono inefficacemente le risate mentre Marlene nascondeva la faccia tra le mani. "Buon Dio, fai che questo giorno finisca," pregò lei, ma anche lei stava sorridendo–seppur debolmente–quando allontanò le mani dalla faccia per spingere indietro i capelli. "Ho una tale emicrania…"

E questo, sfortunatamente per Marlene, fu il preciso momento in cui il Guaritore Holloway decise di riapparire. "Un'emicrania?" chiese, affrettandosi al suo fianco. "Quanto severa? Quanto a lungo l'hai avuta?"

"No, no, no," protestò Marlene velocemente. "Non è così! È solo che, il mio ex era qui, e ho dovuto rompere con lui di nuovo, e…"

Ma Holloway non le avrebbe creduto. Insistette affinché Marlene restasse per la notte per un ulteriore controllo, e, dopo grandi proteste, lei si arrese. "Tutti fuori," ordinò Holloway bruscamente; "Farò portare la cena su alla signorina Price, ed il resto di voi può tornare ai propri dormitori adesso. Ha avuto abbastanza compagnia."

Le loro proteste furono ugualmente ignorate, e mentre Holloway arrancava al suo ufficio per compilare i moduli di Marlene, gli altri furono lasciati a salutarsi.

"Marlene," cominciò Donna un po' insicura, "Ascolta, solo… volevo dirti che io…" Non incontrò gli occhi di nessuno. "Solo… sai, ehm… è che, io…"

"Già," interruppe Marlene. "Anche io."

Donna annuì, sorridendo flebilmente. "Ci vediamo domani."

"Ciao, tesoro," disse Lily, sorridendo caldamente a Marlene. "Sono orgogliosa di te, sai."

"Per essere stata attaccata?" domandò la bionda, confusa.

Lily sorrise e scosse la testa. "Per aver lanciato una scatola di fazzoletti in testa a Miles."

"Ti voglio bene, cara," disse Mary, abbracciando la sua amica. "Non morire inaspettatamente durante la notte, se puoi."

"Farò del mio meglio."

Le tre ragazze se ne andarono stancamente via, e James si avvicinò al letto. Non gli importava se Adam e Sirius–gli unici rimasti lì adesso–origliassero cosa doveva dire a Marlene. "Senti, so che sei stanca, ma c'è qualcosa che devo dirti." Lei annuì. "Con il finesettimana a Hogsmeade, non c'erano molte persone nel castello quando sei stata attaccata."

"Giusto…"

"Una delle poche persone che era al castello… che è… be', non importa come lo so, ma… solo… c'era solo uno studente più grande. Pensi che la voce che hai sentito… che ti chiamava, prima che fossi attaccata… pensi che potesse essere Severus Piton?"

La faccia di Marlene sbiancò. Lei non rispose per diversi secondi, e guardò nel vuoto, mentre pensava molto profondamente sulla sua risposta. "No," disse lei alla fine. "Penso di no."

James aggrottò la fronte. "Ma non puoi esserne sicura?"

"Non penso che fosse lui, James."

"Ma non lo sai, e…"

"James, lascia perdere. Non era Piton."

"Come lo sai, se…?"

"So solo che non era lui," insisté la strega. "La voce non è giusta."

James si addolcì un po'. "Sei sicura?"

"Non lo direi se non ne fossi sicura," replicò Marlene.

"Va bene allora." James annuì lentamente. "Spero che tu ti senta meglio."

Lui cominciò ad andarsene, ma Marlene lo richiamò. "Grazie," disse lei. "Per esserti preso cura di me, e per avermi portato qui e… per averlo detto a tutti i miei amici, anche se ti avevo chiesto di non farlo."

James ghignò leggermente. "Di niente." Se ne andò con Sirius, e Marlene e Adam erano soli.

"Mi dispiace così tanto," ripeté lei seriamente. "E sai, penso di aver fatto cadere il tuo disco nel corridoio."

Adam sorrise. "Non sono molto facile da convincere, Mar, ma quando la tua scusa per avermi dato buca è che sei stata attaccata con una Maledizione Senza Perdono… anche io ti darò tregua, a questo punto." Marlene provò a sorridergli, ma invece, la sua faccia si distorse stranamente, come se stesse per piangere. Adam si avvicinò a lei. "Cosa c'é?"

"Ho fatto qualcosa di terribile," mormorò Marlene, tirando su col naso. "Non penso neanche di poter riparare."

"Di cosa stai parlando? Non hai fatto niente di sbagliato! Certamente non Miles…"

"No." Lei scosse la testa velocemente. "No, non Miles. È qualcos'altro… Non posso spiegarlo." La strega guardò in alto e incrociò lo sguardo di Adam. "Sai che significhi molto per me, vero? E–prima oggi, pensavo… ma… adesso… adesso ho solo bisogno di un amico. Ho solo–solo bisogno di qualcuno che mi dica che andrà tutto bene."

Adam rimase in silenzio per un po'. "Andrà tutto bene," disse alla fine, ma la sua voce si incrinò un po'. Si sedette sul bordo del suo letto, e fece scivolare un braccio attorno a lei. Lei poggiò la testa sulla sua spalla.

"Grazie." Marlene chiuse gli occhi, permettendo alle lacrime trattenute a lungo di scorrere lungo le sue guance. Adam non disse nulla, ma l'attirò più a sè, così che lui riuscisse a poggiarsi al muro, le lacrime di lei che cadevano sul davanti della sua maglia. Lei cominciò a piangere veramente, le spalle che tremavano mentre singhiozzava, ma lui non disse nulla, e– dopo un po'– quando il Guaritore Holloway passò e vide i due ragazzi addormentati, anche lui non disse nulla.

 

(Some Enchanted Evening)

 

Remus e Peter sapevano sempre cosa prendere dalle cucine, rifletté James, mentre i Malandrini banchettavano nel loro dormitorio quella sera. Senza nemmeno chiedere, i due avevano portato su quello che poteva essere solo descritto come il pasto perfetto, e così, con prosciutto e patate e crostata e torta di melassa e un'ampia varietà di pane, pudding e bevande, i ragazzi si sedettero sul pavimento, parlando di cose che non importavano.

Avevano appena finito di ridere ad una storia che Sirius aveva raccontato loro, calmandosi un po' e prendendo dell'altra Burrobirra, quando Peter parlò: "Qualcosa sembra diverso, non è vero?"

James alzò le sopracciglia. "Diverso come?"

"Non lo so," disse l'altro. "Solo… diverso. Maledizioni Senza Perdono ad Hogwarts… non era che l'unica cosa di cui dovevamo aver paura erano… 'Levicorpus' e fatture gambemolli?"

Gli altri rimasero in silenzio, prima che Sirius dicesse allegramente: "Non ti preoccupare, Wormy. Se sei spaventato  dai grandi e grossi Serpeverde, assumeremo delle ragazze di Tassorosso per proteggerti!"

Peter arrossì, gli altri risero, e nulla di più fu aggiunto sull'argomento. Più tardi, mentre Remus puliva i resti della cena, Sirius e James si mossero all'angolo del dormitorio.

"È stata una cosa davvero buona quella che hai fatto," disse James, "trovare Adam McKinnon, intendo."

"È un po' più difficile trovare qualcuno senza la mappa," concordò Sirius, ghignando.

"Mi dispiace di aver detto che eri egocentrico."

"Mi dispiace di essermi comportato da coglione con te."

Entrambi annuirono.

"Allora me lo dirai?" chiese James, e sotto lo sguardo curioso di Sirius, continuò. "Mi dirai cosa è successo? Cos'è che Alice sa su di te che io non so? Me lo dirai?"

Sirius esitò. "Lo farò," replicò. "Ma… non ancora. Non… non voglio parlarne adesso."

James annuì. "Be'… sarò nelle vicinanze."

"Sì. Grazie."

--

Era come una brutta battuta.

Stancamente, Lily entrò nel dormitorio quella notte, e la stanza si illuminò per rivelare centinaia di rose rosse. Lily aveva dimenticato completamente i fiori, ed eccoli lì, una ridicola presa in giro di qualunque cosa avevano dovuto rappresentare all'inizio di quella lunga e stancante giornata. Stavano su quasi ogni superficie disponibile del dormitorio, esattamente come quella mattina, eppure sembravano diversi.

In un primo momento, le rose erano sembrate così romantiche, poi un po' tristi, poi irritanti, e ora erano qualcosa di oscuramente ironico.

Lily stette in piedi circondata dai fiori, troppo stanca per reagire, con il mantello e la sciarpa ancora in mano per diversi minuti, prima che la porta si aprisse alle sue spalle, ammettendo un egualmente esausta Mary.

"Miseriaccia, avevo dimenticato," mormorò la bruna, lanciando il suo mantello su una sedia mentre cercava di farsi strada verso il bagno. "Oh, e, Lily, Luke è fuori la Sala Comune che ti cerca."

Questo riportò Lily alla realtà immediatamente. "Merda," imprecò, "avevo completamente dimenticato. Grazie, Mare…"

Mary annuì vagamente in risposta, mentre Lily sfrecciava fuori dalla porta, giù per le scale, e attraverso la Sala Comune. Fuori nel corridoio, Luke stava camminando avanti e indietro lungo un piccolo percorso davanti al ritratto della Signora Grassa.

"Per Agrippa, mi dispiace," disse Lily, affrettandosi verso il suo ragazzo. "Non avevo intenzione di scappare in quel modo, ma Marlene era in Infermeria, e tu eri fuori, e non ho nemmeno pensato con…"

"Non importa," interruppe Luke; era molto pallido, e Lily dubitò che avesse sentito una parola delle sue scuse. "Ho bisogno del tuo aiuto, Lily. Non posso rispondere alle tue domande, e non posso spiegare, ma ho bisogno che ti fidi di me e vieni con me. È molto importante."

Per la prima volta, Lily notò la borsa appesa sulla spalla del suo ragazzo. Notò l'urgenza nei suoi occhi marroni e l'intensità della sua voce.

"Luke, devi dirmi qualcosa di più di quello."

Il Corvonero annuì lentamente. "Tutto quello che posso dire è… è… una questione di vita o di morte. Ti prego, Lily."

Negli anni a venire, Lily non avrebbe mai distintamente ricordato di aver detto 'sì', tuttavia suppose di aver concordato in qualche maniera. Non avrebbe neanche mai ricordato il viaggio attraverso i corridoi del castello, giù per la scala di marmo, attraverso la Sala d'Ingresso, e fuori. Non avrebbe mai ricordato come Luke riuscì a convincere Gazza a fargli prendere un'ultima carrozza per il Villaggio, o cosa fosse stato detto durante quel viaggio.

Avrebbe, comunque, ricordato di essere scesa dalla carrozza e nella strada principale, affollata con coppie di San Valentino, approfittando dell'atmosfera per una serata romantica. Avrebbe ricordato il silenzio di Luke mentre lo seguiva ad un altamente familiare edificio di legno chiuso–il vecchio negozio degli Harper–e come il trambusto del mondo esterno era evaporato mentre Luke chiudeva la porta alle loro spalle. Avrebbe ricordato com'era tranquillo in casa–tranquillo, ma non proprio silenzioso.

Molto consapevole dell'esatta posizione della sua bacchetta (nella tasca della sua giacca), Lily seguì Luke su per le scale della casa chiaramente abbandonata. A metà strada lungo le scale, Lily divenne consapevole del fatto che la casa non era completamente deserta–c'era il suono di un fuoco scoppiettante, e brevemente, lei poté vedere una leggera luce arancione riflettersi su di un muro.

Gran parte del corridoio del secondo piano era buio quando la coppia raggiunse il pianerottolo; tutte le porte erano chiuse, ma mentre molte erano completamente nere, la fessura sul pavimento di una rivelava una striscia di luce arancione del fuoco. Lily guardò il suo ragazzo, la sua mano chiusa attorno alla bacchetta nella sua tasca.

"Non devi aver paura," mormorò Luke, come se avesse sentito i suoi pensieri. Egli condusse la strada lungo il corridoio verso la stanza illuminata. I due raggiunsero la porta, e Luke fece per afferrare la maniglia, ma non l'aprì immediatamente. "Fidati di me: non hai niente di cui aver paura," ripeté lui. "Ho bisogno del tuo aiuto. Se non puoi aiutarmi, non so proprio cosa fare."

Lentamente, Lily annuì.

Luke aprì la porta.




Note di traduzione

  1. "Chortle's Chocolates" è un negozio inventato dall'autrice, ecco perchè non è tradotto.
  2. "Fish and chips" non è tradotto perchè il nome del piatto è stato importato in lingua originale nella cultura italiana.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Gli Harper ***


 

 Pubblicità! Unitevi al nuovo gruppo facebook di news, spoiler. aggiornamenti, grafica e quant'altro gestito da noi! Cliccate qui!

*Angolo della traduttric che ha davvero bisogno di dormire*
Benvenuti adorabili lettori ad un altro capitolo di questa meravigliosa storia. Dopo una serie di micro (e macro) disastri, siamo riuscite a confezionare ancora una volta il seguente capitolo. Spero che la mia tontaggine non abbia confuso le parti e tutto. A presto! 
WaitForIt


Recap
: il fratello di Luke Harper, Logan, potrebbe essere un Mangiamorte. Sirius scopre che suo zio sta morendo ed è arrabbiato perchè Alphard non lo aveva informato prima. Piton attacca Marlene, perché gli viene ordinato di attaccare Lily, ma riesce a convincere (con la magia) il suo co-pre-magiamorte Hester che quella sotto Cruciatus è Lily, non Marlene. James sospetta che ci sia Piton dietro l'attacco, anche se la Confusa Marlene non è d'accordo. Sul giornale c'è un articolo su tre Auror uccisi in un alterco con dei Mangiamorte. Dopo la visita ad Hogsmeade, Luke va da Lily e le chiede di seguirlo al villaggio senza fare domande—è una questione di vita o di morte. Lei lo segue al negozio abbandonato degli Harper.

Capitolo 17- Gli Harper

O

"Wake Up, Little Susie"
 

Lily aveva già visto il suo volto prima. Erano stati a scuola insieme dopotutto, nonostante fossero in Case diverse e i vari anni di differenza avessero impedito qualsiasi tipo di rapporto. Inoltre, Luke aveva delle foto, e una era apparsa sul giornale qualche mese prima. Aveva la mascella come quella di Luke, ma i suoi occhi erano più scuriquasi neri. Aveva un naso un po' curvo, il viso non rasato e i capelli castano chiaro. Lily aveva già visto il volto di Logan Harper prima, ma le risultò in qualche modo diverso ora—forse per colpa del sangue e della sporcizia.

Logan sedeva sul pavimento della stanza, appoggiato contro il divano vicino al fuoco.

E questa chi è?” chiese Logan, e anche se alcuni suoi tratti potevano somigliare a quelli del fratello, la voce non era uno di questi. Era graffiante e ruvida, come quella di Luke non era mai stata.

Può aiutarti,” fu la vaga risposta di Luke, e Lily a queste parole si rivolse al suo ragazzo.

Che cosa ha fatto, cosa ci fa qui, e a cosa ti servo io?” chiese lei, velocemente e piuttosto bruscamente.

Puoi fidarti di lei?” volle sapere Logan.

Certo che posso fidarmi di lei,” disse Luke; esitò prima di rispondere alla domanda di Lily. “Lily—questo... questo è mio fratello Logan. È stato... ferito. Sta sanguinando... Credo sia una ferita maledetta...”

Certo che è una ferita maledetta,” scattò Logan.

Taci” ordinò Luke a Logan. Rivolgendosi a Lily, continuò urgentemente: “Mi serve che tu prepari una pozione per aiutarlo a far coagulare il sangue. Sei mille volte meglio di me a Pozioni, e...”

Luke, dovrebbe andare al San Mungo,” interruppe Lily. Logan tossì.

Lo sai che non può,” la pregò Luke.

Il Ministero ha detto che non è sotto arresto. Lo vogliono solo per interrogarlo. Dovrebbe andare al San Mungo... sarà molto più sicuro così.”

Non posso, Lily,” disse Luke. “Non ci vuole andare, e se non smette di sanguinare, morirà.” Uno sguardo all'accigliato ma debole Logan confermò a Lily che almeno questo era vero. Qualunque cosa sarebbe accaduta, doveva accadere in fretta. Non c'era tempo per pensarci sopra, per soppesare le opzioni, per rischiare, e la ragazza non avrebbe potuto semplicemente lasciarlo morire così.

Non ho niente con cui lavorare,” mormorò Lily, passandosi una mano fra i capelli. “Mi servirebbero istruzioni, un calderone, un fuoco ardente, e gli ingredienti, e...”

Ho tutto io,” disse subito Luke. Indicò la borsa che Lily aveva notato prima; “Ho comprato mezza farmacia, e c'è una stanza che puoi usare.” disse indicando le scale; stava per mostrarle la strada, quando Lily lo fermò.

Devo dare un'occhiata alla ferita,” disse.

Oh. Ma certo.”

Lily si accostò al mago ferito, che sobbalzò quando la ragazza si inginocchiò accanto a lui sul pavimento di legno. “Qual è il tuo nome, comunque?” chiese Logan, mentre Lily rimuoveva delicatamente la benda.

Lily” replicò lei distrattamente. La ferita era piccola—a malapena della lunghezza del suo anulare, ed ad ogni modo sanguinava copiosamente. “Quando è iniziato il sanguinamento? Come te la sei procurata?”

Logan non rispose, quindi si inserì Luke: “Se l'è fatta... quasi ventiquattro ore fa. Non ha cominciato a sanguinare fino a questa mattina, però. Se l'è procurata quando...”

Luke,” censurò il fratello maggiore.

Deve saperlo, Logan,” sbottò Luke.

No, non deve.”

Invece sì,” si inserì Lily. Quando nessuno dei due parlò, aggiunse impaziente: “Puoi almeno dirmi se è stato un incantesimo, o ti sei tagliato con qualcosa, o...?

Una fattura” borbottò Logan.

Ha trovato un incantesimo che ha fermato il sanguinamento per quasi tutto il pomeriggio,” aggiunse Luke. “Ma ha ricominciato di nuovo circa un'ora fa, e da allora non ha funzionato niente.”

Lily come?” disse Logan, mentre Lily puliva la benda con un semplice incantesimo.

Mmm?”

Hai detto di chiamarti 'Lily'. Lily come?”

La ragazza incontrò il suo sguardo. “Evans.”

Evans? Chi è la tua famiglia?”

Nessuna che conosci.”

Una sanguesporco?” chiese Logan bruscamente.

"Logan!"

Io non insulterei il mio sangue se fossi in te,” replicò seccamente Lily, continuando ad esaminare il taglio. Logan guardò Luke.

Lascia perdere. Non voglio che lavori alla pozione. Non mi fido di lei.”

Per me va bene,” scattò Lily. Si rimise in piedi e si avviò verso la porta, ma Luke le bloccò il passaggio, guardando supplichevolmente sia il fratello sia la sua ragazza.

Logan, non posso fidarmi di nessun altro, e se non ti lasci portare al San Mungo, non c'è un'altra soluzione.”

Potresti prepararla tu la pozione...” cominciò Logan, ma Luke lo interruppe.

Sono negato a Pozioni—lo sono sempre stato. So che non ti fidi di Lily, ma non la conosci. È bravissima in Pozioni, e non farebbe del male a nessuno. Men che meno ad una persona a me cara.” Qui, guardò significativamente Lily. Logan continuò ad essere accigliato, ma non mosse più altre rimostranze. Lily sospirò pesantemente.

Dammi il libro, allora.”

Luke tirò fuori dalla borsa un tomo voluminoso, porgendoglielo e conducendola fuori dalla stanza. Chiuse la porta dietro di loro e si avviò verso le scale per il pianterreno. “Lì ci sono due pozioni per il coagulamento del sangue; non so sicuro su quale...”

Ti servirà quella di Haveshamp” mormorò Lily, sia a se stessa sia a Luke. “Quella di Warlock Bace è più veloce da preparare, ma non è così efficiente sulle ferite da maledizione.” Seguì Luke giù per il piano terra, attraverso quella che era stata una volta l'area principale del negozio, e in una stanza secondaria. Un fuoco era stato acceso, ed era stata disposta una tavola con sopra una dozzina di ingredienti per pozioni. Inoltre, c'era una sedia vicino al fuoco ed al calderone. “Mi servirà un altro calderone,” disse lei.

Perchè?”

Due parti della pozione dovranno essere preparate separatamente e poi combinate alla fine,” spiegò lei. Luke esitò. “Vuoi che lo faccia o no?” insisté la rossa, e l'altro annuì rapidamente.

Va bene. Vedrò di trovarne uno.”

Grazie.”

La ragazza aprì il libro e scorse i titoli all'indice. Localizzata la pagina giusta, diede una letta alla lista di ingredienti e si diresse verso il tavolo. Luke la osservò apprensivo mentre spostava vari ingredienti su parti differenti del tavolo, borbottando tra sé e sé e contando le parti sulle dita. Dopo pochi minuti, la ragazza finì, sospirò, e si girò verso Luke.

Tutti gli ingredienti sono qui,” disse lei. “Posso farla. Dovrebbe volerci un'ora. Tuo fratello ha usato un incantesimo per rallentare il sanguinamento, quindi non credo che si dissanguerà per allora, ma... fai in modo che non se ne vada troppo in giro, d'accordo?” Afferrò il tavolo e lo spinse un po' più vicino al calderone ed al fuoco.

Va bene.” Luke si avvicinò alla porta, ma si fermò alla soglia. “Lily...”

Il calderone,” lo interruppe freddamente.

Giusto... giusto.” Se ne andò, e Lily si sedette sulla sedia che le era stata preparata. Chiuse gli occhi e si passò una mano fra i capelli, respirando profondamente per un po'. Poi, aprendo gli occhi, si mise al lavoro.


Era una pozione noiosa da preparare. Le istruzioni includevano molti dettagli, non solo relativi agli ingredienti da aggiungere, ma anche sull'intensità del fuoco e sulla temperatura della stanza. Di conseguenza, Lily impiegò tanto tempo ad usare la bacchetta per regolare le condizioni ambientali quanto ne passò a lavorare direttamente sulla pozione.

Anche quella le prese più tempo del previsto—la linfa di pino era lenta da estrarre, e il pelo di kneazle non aveva cambiato il liquido nella giusta sfumatura di marrone, il ché voleva dire che doveva bilanciarla con un po' di artigli di drago in polvere. Lily tuttavia si prese tutto il tempo necessario; andare di fretta era il più grande sbaglio che si potesse commettere nella preparazione di pozioni, e una sola goccia sbagliata avrebbe potuto facilmente uccidere Logan così come salvarlo. Quindi passò quasi un'ora e mezza prima che Lily mise il più grande dei due calderoni sul fuoco, mescolò due volte in senso orario, per uscire poi dalla stanza.

Le gambe e la schiena erano entrambe un po' intirizzite per la posizione scomoda che aveva mantenuto durante i precedenti novanta minuti, e i suoi occhi erano provati dalla scarsa illuminazione. Si stiracchiò e sbadigliò mentre usciva dalla sua stanzetta, attraverso il corridoio principale, e in un'altra stanza secondaria, nella quale sapeva si era rintanato Luke.

Lily bussò due volte sullo stipite della porta di legno. Luke si era appisolato su una sedia, ma il Corvonero si ridestò al suono del pugno di lei sulla porta. I suoi occhi offuscati si aprirono, posandosi su Lily e facendolo raddrizzare sulla sedia.

Lily...” Si schiarì la voce. “Va tutto bene?”

Lily annuì e entrò nella stanza. “La pozione è sul fuoco; ci vorranno altri dieci minuti.”

Oh. Okay.”

La rossa si sedette su una sedia e guardò attentamente il suo ragazzo.

Come sta?” chiese lei, il tono molto più morbido dell'ultima volta in cui si erano parlati. “Qualche miglioramento?”

Luke scosse la testa. “Si è sdraiato ora. Credo stia provando molto dolore.”

Quando lo hai trovato?” domandò Lily. “O è stato lui a trovarti?”

Mi ha trovato lui,” spiegò Luke. “È stato subito dopo che te ne sei andata... ha attirato la mia attenzione fuori dalla strada principale-ha detto che stava andando al negozio, e che avrei dovuto incontrarlo là. Aveva un altro paio di ferite... niente di grave, e sono riuscito a medicarlo. È stato quello che abbiamo fatto per la maggior parte del pomeriggio. Poi ha ricominciato a sanguinare, e non smetteva più. Mi sono ricordato una pozione che avrebbe potuto funzionare, ma sapevo che non sarei mai stato in grado di prepararla... Sono negato in pozioni. Sei l'unica di cui mi sarei potuto fidare... che non sarebbe corsa via urlando o che avrebbe provato a consegnarlo.”

Se è innocente, non dovrebbe avere nulla di cui preoccuparsi,” mormorò Lily risentita.

Questo gliel'ho detto anch'io” insisté Luke. “Ma lui non la vede in questo modo, no? Pensa sempre che siano tutti fuori a cercarlo.”

Perché è venuto da te? Perché non da un altro membro della famiglia o uno dei... uno dei suoi amici.” L'implicazione dell'ultima parola non venne colta da Luke.

Non vuole far arrabbiare la mamma. Non ti so dire perché non sia andato dai suoi amici—non aveva nemmeno intenzione di farsi vedere da me. Stava andando a stare al negozio per una paio di giorni, ma quando ha visto tutti gli studenti di Hogwarts in giro per le strade, ha pensato a me.”

E cosa hai intenzione di fare?” chiese Lily.

Non so... deve prendere una decisione da solo. Non posso forzarlo a consegnarsi, no? Non ha commesso un reato—lo vogliono solo per testimoniare o qualcosa del genere. Una volta che sarà guarito, probabilmente starà qui per un paio di giorni, e poi non so dove si dirigerà. Dubito che me lo dirà.” Lily stette seduta in silenzio per un po', finché Luke chiese: “A cosa stai pensando?”

Stava pensando alla Gazzetta del Profeta di quella mattina, al luogo in cui Logan si era potuto procurare quelle ferite, a tutto quello che James Potter le aveva detto ai Tre Manici di Scopa, ai tre Auror morti i cui assassini erano in libertà. Era un bel po' di roba a cui pensare. “Ti ha detto come si procurato quelle ferite?”

Luke esitò, poi scosse la testa. “È la mia famiglia, Lily. È mio fratello. Non potevo semplicemente lasciarlo da solo, no?”

No,” convenne Lily. “Certo che no.”

Senti, sono veramente grato per tutto quello che stai facendo,” continuò a quel punto il suo ragazzo. “Sapevo che mi avresti aiutato, e non posso davvero ringraziarti abbastanza.”

Be', non avrei potuto... non avrei potuto lasciarlo morire per dissanguamento e basta...” (Anche se è un Mangiamorte...) Luke sembrava voler aggiungere qualcosa, ma Lily si alzò di nuovo e disse: “Sarà meglio che vada a andare controllare la pozione.”

Vengo con te,” promise Luke, seguendola.

Il liquido denso e corposo nel calderone stava giusto diventando della giusta sfumatura di rosso scarlatto quando Lily arrivò. Lo mescolò ancora una volta e osservò la pozione bollire. “È pronta,” disse a Luke, prendendo una fiala dal tavolo e versando poche mestolate di pozione al suo interno.

Forse,” cominciò nel frattempo Luke, “sarebbe meglio se gliela dessi io.” All'espressione infelice di Lily, si sbrigò ad aggiungere: “Mi dispiace, Lily, ma lui si fida di me, e ho bisogno che la prenda! Sarebbe meglio se non gli si ricordasse ancora di più che è stata...”

Preparata da una sanguesporco,” finì Lily arrabbiata.

Per favore, Lily, non dire cose del genere,” la pregò Luke. “Non... Non parliamo di queste cose, d'accordo? Non pensiamoci! È mio fratello. Non è perfetto, ma è mio fratello, e non puoi affrontarlo su queste cose. Lasciami... lasciami solo somministrargli la pozione. Sarà più semplice così.”

Non pensiamoci e basta?” scattò Lily bruscamente, passando la fiala al suo compagno. “Luke, non so nemmeno da dove cominciare.”

Di che diavolo stai parlando?”

Era assolutamente pronta a litigare con lui sulla questione... a urlargli e a provare ad alzare il velo persistente che sembrava oscurare la vista del suo ragazzo, e invece—in un momento di straordinario autocontrollo—Lily si limitò ad espirare pesantemente, a chiudere gli occhi, e a posare le mani sui fianchi, sforzandosi di calmarsi. “Niente,” soffiò. “Non sto parlando di niente. Faresti meglio a dare quella a Logan. Sarò su in un minuto... voglio solo pulire un po' qui.”

Grazie,” ripeté Luke quando fu alla porta. Lily annuì brevemente.

Quando raggiunse la stanza al piano superiore una manciata di minuti più tardi, Luke stava ancora cercando di convincere Logan che la pozione lo avrebbe aiutato. Lily rimase sull'uscio, le braccia conserte mentre osservava il piccolo battibecco. Luke aveva avuto ragione su una cosa—le condizioni di suo fratello andavano certamente deteriorando. Il mago più grande era ora paurosamente pallido, e nonostante avesse mantenuto la sua posizione sul pavimento, era completamente appoggiato al divano, come se dovesse impiegare tutta la sua energia per tenere su la testa.

Logan, ti prego,” implorò Luke. L'attenzione di Logan, comunque, era ora tornata su Lily; la squadrò con la simile—seppur vacillante—forte avversione di prima.

Non mi fido di te,” disse con calma: le somiglianze familiari diventavano sempre meno apparenti.

Se avessi voluto ucciderti, l'avrei lasciata preparare a Luke,” replicò Lily.

Logan sbuffò derisorio. “Va bene.” E con questo, prese la fiala dalle mani di Luke, la stappò, e ne assaggiò un gocciò. Sobbalzò. “È disgustosa.”

Non sapevo che facesse differenza,” disse Lily.

Faccio un po' di tè,” si inserì ansiosamente Luke, ma come fece per andare alla porta, Logan lo richiamò.

Lascialo fare a lei.” Ghignò provocatorio a Lily, la fiala ancora posata sulle labbra.

"Logan..."

No, va bene,” interruppe Lily. “Faccio io. Dove devo andare?”

La cucina è alla porta accanto.” Luke indicò verso uno dei muri, e Lily se ne andò. Quando fece ritorno, Logan aveva vuotato il contenuto della fiala e si era messo sul divano. La sua espressione facciale era quella di dolore trattenuto.

Non sta funzionando; sto ancora sanguinando,” abbaiò a Lily. La ragazza stava facendo levitare tre tazze di tè con la bacchetta e si limitò ad alzare gli occhi.

Dagli ancora un minuto o due.”

Aveva ragione; passarono pochi minuti, e la ferita aveva smesso completamente di sanguinare. Poco dopo, aveva iniziato a rimarginarsi, e un po' di colore tornò sul viso del mago. Tuttavia Logan sembrava ancora straordinariamente malandato; Luke consigliò al fratello di dormire, e l'Harper maggiore scosse la testa all'indirizzo del fratello e insisté di stare bene. Lily fece levitare la tazza di tè in modo che si posasse, a mezz'aria, vicino a Logan. “Puoi berne quanto vuoi. Non dovrebbe interferire con la pozione... se non altro, ti aiuterà ad avere qualcosa nel tuo corpo.”

Logan prese a malincuore il tè che aveva richiesto lui stesso e lo sorseggiò. Luke prese posto vicino al fuoco e lo imitò, ma Lily rimase in piedi a bere il suo tè vicino alla porta. Logan finì in fretta la sua tazza e, con grande sorpresa di suo fratello, crollò sul cuscino del divano e si addormentò.

È normale?” chiese Luke bisbigliando a Lily, per paura di svegliare l'altro.

È normale quando hai appena ingerito una tazza di tè alterata con pozione soporifera,” disse Lily in modo piuttosto calmo. Luke si alzò in piedi.

Che cosa hai fatto?” scattò, attraversando la stanza. “Lo hai drogato?”

Non c'è bisogno di tenere la voce bassa,” continuò Lily, con lo stesso tono piatto. “Non si sveglierà”.

Lily,” abbaiò Luke. “Chi ti credi di essere? Non puoi semplicemente... ecco a che serviva l'altro calderone, vero? Circe, ho già avuto abbastanza problemi a convincerlo a fidarsi di te! Cosa penserà ora che lo hai...”

Per quanto mi piacerebbe sentire questa storia,” interruppe Lily, posando il suo tè, “non c'è tempo. Rimarrà addormentato per circa quindici minuti. Se ti senti troppo sleale a portarlo al Ministero, dovresti lasciarlo al San Mungo. Si assicureranno che tutte le sue ferite sono guarite, e a quel punto sapranno cosa fare di lui.”

Di cosa stai parlando?”

Sto parlando del fatto che hai qualcuno addormentato su quel divano che è ricercato dal Ministero della Magia, e hai il dovere di fare quello che è meglio per tutti... compreso lui. Io ho sbrigato la parte fredda e senza cuore della pozione sonnifera e del mentire... puoi dirgli che sono stata io a smaterializzarsi con lui al San Mungo se ti fa sentire meglio, ma...”

Non ho intenzione di consegnarlo!” urlò quasi Luke. La ragazza non aveva mai sentito la sua voce così alta, ma Lily rimase risoluta.

Luke, so che è tuo fratello, e so che ti senti sleale, ma qui si tratta di cosa è giusto e di cosa è sbagliato. Se è coinvolto con...”

Non ha fatto niente di male!”

Rimasero in silenzio per un momento, prima che Lily aggiungesse piano: “Stai mentendo.”

Luke la fissò. “Cosa?”

All'inizio ho pensato che eri stato ingannato,” continuò la rossa, un po' sorpresa dall'improvvisa affluenza di rivelazioni mentre le arrivavano. “Ma non è così, vero? Mi stai mentendo. Sai dove si procurato quelle ferite esattamente come me.”

Non so di cosa tu stia...”

So di cosa sto parlando, Luke Harper. Non sono stupida, sai, anche se io sono solo un'umile sanguesporco. Si è procurato quelle ferite ventiquattro ore fa, hai detto. Dev'essere stato un alterco piuttosto pericoloso quello in cui è finito... Non credo abbia niente a che fare con i tre Auror morti sul giornale... quelli uccisi da Mangiamorte nello stesso arco di tempo in cui tuo fratello è stato ferito. Ma che coincidenza!”

Non è vero!” disse Luke. Le diede le spalle e si diresse verso il camino. “E non ho intenzione di tradire mio fratello e darlo al Ministero!

Anche se è un assassino?”

Non è un assassino! Non si è procurato quelle ferite in uno scontro con gli Auror... non è un Mangiamorte! È stato... è stata solo una... una stupida rissa con degli idioti in un pub. Non ha niente a che fare con...”

Stai mentendo!” ripeté incredula Lily. “Perché mi stai mentendo? Luke! Per Agrippa, vuoi guardarmi?”

Luke si girò di nuovo verso di lei. “È stata solo una rissa con degli imbecilli fuori da un pub.”

Lily studiò il suo volto per qualche momento. Poi, si riavviò i capelli da davanti il viso e disse: “D'accordo. Va bene. Io torno al castello; puoi fare come ti pare...”

Aspetta.”

L'altra si fermò sull'uscio. “Cosa?

Non puoi tornare al castello,” disse Luke. “Sono le nove passate... le difese attorno al castello sono alzate. Nessuno può entrare o uscire.”

Be', allora picchierò sui cancelli finché non mi lasciano entrare.”

Finirai in punizione!”

Penso che sopravviverò.”

Lily, aspetta...”

La ragazza aspettò impazientemente alla porta, e lui si avvicinò. “Ho bisogno che tu resti qui,” disse. “Io... Non posso restare da solo con Logan. Che faccio se inizia a sanguinare di nuovo, o succede qualcos'altro? Non so se posso farcela—Ho bisogno di te.”

Le mie amiche saranno preoccupate, e Gazza sa che abbiamo preso la carrozza,” replicò Lily, anche se la sua risoluzione stava svanendo. “Saprà che non siamo tornati.”

No, non lo saprà.”

Cosa?”

Io—l'ho Confuso. Mi dispiace Lily, ma non ero sicuro di quanto ci sarebbe voluto...” La sua voce si era fatta di nuovo più morbida, più da Luke, ma il cambiamento che lo aveva attraversato negli ultimi minuti aveva irreversibilmente modificato la visione che Lily aveva di lui nella sua mente. Non aveva mai esattamente ritenuto il suo ragazzo stupido, ma forse non aveva considerato il suo essere acuto in tutto tranne i libri. Doveva esserci, realizzò lei, un'altra ragione nel suo essere a Corvonero rispetto a quella che aveva considerato, ma non era sicura che la cosa le piacesse. “Per favore, Flower, possiamo spiegare tutto ai tuoi amici la mattina, ma io—io ho bisogno di te ora.”

Il ragazzo si sporse per prenderle la mano; l'altra la tirò indietro e incrociò le braccia. Senza un'altra parola, la ragazza attraversò la stanza in direzione di una sedia di legno e si sedette. Luke tornò verso il camino.

(Interludio)

Oh. Ciao. Alice.”

Il suono del suo nome fece alzare alla strega lo sguardo dal muro di libro che la affiancava nella Sala Comune. Era men che lieta di vedere chi l'aveva richiamata dai suoi febbrili studi notturni.

Ciao, Frank,” replicò lei, imbarazzata almeno quanto il Caposcuola. Era appena entrato in Sala Comune dai dormitori, ed era sembrato sorpreso di trovare la sua ex-ragazza lì.

Non era la prima volta che la coppia era rimasta sola dalla famigerata rottura di tutti quei mesi fa, ma era la prima volta che vi era qualche possibilità che l'incontro avesse una durata superiore alla manciata di secondi. Il fatto stesso che Frank avesse parlato indicava che non avesse semplicemente intenzione di girare i tacchi e andarsene. Forse avrebbe dovuto aspettarsi qualche tipo di conversazione. Alice temeva questa possibilità.

Cosa—ehm... cosa ci fai qui sotto?” chiese lui, facendosi leggermente più vicino.

Solo i compiti,” replicò Alice a voce bassa. “Non riuscivo a dormire.”

Oh. Già. Nemmeno io.”

Mentre Alice indossava ancora i jeans e il maglione che aveva messo per l'uscita ad Hogsmeade dodici lunghissime ore prima, Frank aveva il pigiama—pantaloni quadrettati e una maglietta grigia. Alice si costrinse a sopprimere i vaghi ricordi delle conversazioni che avevano avuto nel corso degli anni in cui lui aveva indossato quella maglietta, o quella volta in cui lei aveva rovesciato del Succo di zucca su quei pantaloni, o le ore che avevano trascorso a “studiare” per i G.U.F.O. in pigiama. La nostalgia non l'avrebbe portata da nessuna parte.

Senti, Alice...” iniziò Frank, e continuò ad avvicinarsi. “Posso—ehm—posso parlarti un minuto?”

No, infatti, la nostalgia non l'avrebbe portata da nessuna parte.

Non penso proprio,” rispose lei, il tono appena sopra un sussurro.

Oh.” Ne era rimasto sorpreso. “Va bene, allora.” Frank si girò e salì le scale diretto nuovamente al suo dormitorio, ma non prima di aggiungere: “Buona notte, Alice.”


Con immenso sollievo di suo fratello, Logan non si accorse che i suoi venti minuti di sonno profondo erano stati indotti in modo non naturale. Svegliandosi, il fratello maggiore si guardò in giro nella stanza, vedendo Lily seduta nell'angolo, in silenzio, e Luke che si occupava del fuoco.

Dovevo essere più stanco di quanto pensassi,” grugnì Logan; tirò fuori la bacchetta dalla tasca della sua tunica, e la impugnò stringendola, raddrizzandosi sul divano, ma senza alzarsi.

Tu...dovresti davvero dormire un po',” tentava di persuaderlo Luke (ripetutamente, più o meno ogni dieci minuti), ma Logan era risoluto nel restare sveglio. Accettò comunque un po' di cibo, che Luke appellò da un luogo sconosciuto. Quando il Corvonero ne offrì un po' a Lily, comunque, lei scosse la testa, e appellò il libro di Pozioni che aveva lasciato di sotto. Per un po', la strega sedette nell'angolo, leggendo il suo libro e senza degnare Luke di un secondo sguardo, sebbene lui lanciasse occhiate ansiose in direzione di lei almeno tanto spesso quanto ripeteva a Logan il suo incoraggiamento a dormire. Alla fine, fu un grande sollievo sia per Logan che per Lily, quando il ragazzo di lei e fratello di lui finalmente si appisolò, più o meno a mezzanotte e un quarto.

Fu allora che finalmente Logan si alzò dal divano, e camminò in equilibrio precario attraverso la stanza in direzione di Lily, tirando la sua tunica per nascondere ciò che restava della sua ferita.

Tu sei la sua ragazza, giusto?” chiese seccamente il mago. Lily alzò lo sguardo dal suo libro e annuì. Improvvisamente si accorse di non essere completamente al sicuro. La bacchetta di Logan, nonostante pendesse inerte dal suo fianco, era nella sua mano, e la sua era infilata in uno dei suoi stivali. Non lasciò trasparire la sua paura sul volto, comunque-mantenne la sua espressione del tutto indifferente.

Me l'aveva detto che c'era una ragazza, l'ultima volta che abbiamo parlato”, continuò Logan. “Non mi ha detto che era una sanguesporco...non me l'ha proprio detto. Avrei dovuto saperlo, direi...è sempre stato abbastanza stupido quando si si tratta di arrivare alla prova dei fatti.” Lily non era sicura di che tipo di risposta si aspettasse Logan, così non ne diede affatto. “Non hai paura di me?” chiese lui scandendo le parole.

No,” mentì Lily, ma non appena rispose, la sua sicurezza aumentò.

Ma non sai chi sono?”. Un ghigno sprezzante si formò sulle sue labbra.

Lily annuì. “Direi che sono troppo stanca per essere completamente spaventata. In ogni caso, pensavo che a voi vecchie famiglie purosangue importasse solo dell'onore.”

Quindi?”

Quindi, ti ho appena salvato la vita.”

Il ghigno di Logan si trasformò in un'espressione torva. “Però hai ragione,” disse dopo un minuto. “Non ho intenzione di ucciderti...tu hai preparato la pozione, e questo ti ha fatto guadagnare qualcosa stavolta.”

Come sei generoso.”

Buon Godric, Lily, provocalo, già che ci sei! Non sapeva minimamente da dove venisse quel coraggio insolito e sprezzante- o forse era stupidità?-, e non trovava una risposta. Nonostante questo, dovette essere fortunata o qualcosa del genere, perché Logan non commentò. Invece, agitò una volta la sua bacchetta e appellò una sedia dall'altra parte della stanza verso di loro, sedendovi.

So di non essere la prima a dirtelo,” fece notare Lily seccamente, “ma avresti davvero bisogno di dormire.” Logan grugnì, Lily alzò gli occhi e ritornò al suo libro.

Com'è successo?” la interruppe il mago improvvisamente; “Tra te e mio fratello- com'è successo?”

Mi ha chiesto di uscire, e ho detto di sì. Stiamo insieme da Giugno.”

Hmph. Luke si merita di meglio. Idiota. Sapeva che sei una sanguesporco?”

Sì.” Avrebbe dovuto sentirsi offesa, naturalmente, ma il fatto che il suo interlocutore fosse un probabile assassino la preoccupava più di un nomignolo denigratorio. “Vedi, io non lo manipolo e non lo sfrutto.”

Non lo sto manipolando,” scattò Logan. “E' mio fratello. E' un Harper. Esiste qualcosa come il dovere, sai. L'onore.”

Tuo fratello li conosce di sicuro,” si lamentò Lily. “Anche se ha completamente frainteso il loro significato.”

Di cosa stai parlando?”

Lily affronto una breve, ma intensa battaglia interiore, e poi gli rispose: “Ti ho drogato. Il tè. Ecco perché hai dormito.”

Dovrei ucciderti, lo sai,” biascicò Logan.

Ma non lo farai.”

No?”

No.”

Perché no?”

Ora, Lily sentiva che stava ghignando. “Perché non sei sicuro di quanto siano profondi i sentimenti di tuo fratello per me.”

Logan la squadrò per alcuni istanti, e poi rise sprezzante. “Non mettermi in croce, ragazza. Il fascino e una bella faccia non riscattano il sangue sporco.”

Il buon sangue non riscatta l'assassinio”, replicò l'altra.

Non sono un assassino,” disse Logan. “Non ho mai ucciso un vero mago, tranne che per auto-difesa.”

Un vero mago? Un purosangue, intendi dire.”

Logan annuì. “E anche loro erano traditori. Traditori del loro sangue -di sicuro il peggior tipo di tradimento. Non c'è rispetto per la magia...non c'è amore per ciò che ci rende la specie più evoluta. Inquinerebbero il mondo magico...si rifiuterebbero di governare, cosa che siamo destinati a fare.”

Cos'è esattamente che tu odi dei nati babbani?” chiese Lily, più con curiosità che con rabbia. “Perché ti senti così minacciato da noi?”

Voi costituite una minaccia per il nostro vero stile di vita”, replicò Logan, come fosse stato ovvio. “Costituite una minaccia per la magia! Portate avanti la possibilità che nascano babbani da sangue magico... la vostra magia è più debole di quella dei purosangue, il che minaccia ancora di più il nostro mondo. Continuare a mescolarsi con la vostra razza causerà l'estinzione della magia nel giro di dieci generazioni.”

Lily aveva già sentito cose del genere -per lo più da articoli di propaganda dei purosangue, da libri, o dal Serpeverde di turno.

Ci sono almeno un centinaio di studi che hanno smentito questo dato statistico,” rispose. “È molto più probabile che genitori maghi -o persino nati babbani- abbiano figli maghi che magonò.”

Questa è propaganda da difensore dei mezzosangue,” la ignorò Logan.

Come fai a sapere che le tue informazioni non sono propaganda dei maniaci puristi?”

Il mago la fulminò con lo sguardo. “Attenta, sanguesporco.”

Entrambi rimasero in silenzio per alcuni minuti, prima che Lily chiudesse il suo libro e chiedesse: “Cosa hai intenzione di fare con Luke?”

Logan inarcò le sopracciglia. “Potrei farti la stessa domanda.”

Voglio dire, cosa vuoi da lui?” continuò Lily. “Perché sei venuto da lui? Hai intenzione di lasciarlo in pace o di tentare di convincerlo a...a unirsi a te?”

Non lo dirò certo a te” fu tutto quello che disse Logan. Lily serrò la mandibola con forza.

Non lo farà,” disse. “Non lo farà.”

Logan non rispose. Proprio in quel momento, un improvviso grugnito segnalò che Luke si stava svegliando, e sollevò a fatica la testa dal cuscino del divano su cui l'aveva poggiata. Logan, cerimonioso, si alzò dalla sedia e si spostò di nuovo verso il divano, quando Luke chiese, sospettoso, cosa stavano facendo laggiù nell'angolo.

Stavamo soltanto parlando, fratellino,” rispose Logan dolcemente.


Lily si sentiva a disagio.

Non ricordava di essersi addormentata, ma appena prima dell'alba, Lily aprì gli occhi e si rese conto che doveva aver dormito. Si stiracchiò tirandosi a sedere sulla scomoda sedia di legno e tentò di ricordare quando si era arresa alla stanchezza; ricordava di aver controllato l'orologio subito dopo le quattro e mezza...doveva essere stato verso le cinque, allora...

Luke e Logan erano svegli, e parlavano a bassa voce vicino al fuoco spento. Una finestra aperta lasciava intravedere un cielo pallido, e l'orologio da polso di Lily le disse che era passato esattamente un minuto dalle sette. Prendendosi un momento per fare mente locale, per richiamare alla mente gli strani e confusi eventi della notte precedente, Lily scacciò il sonno dai suoi occhi, stirò la sua gonna, e tirò indietro i capelli disordinati, raccogliendoli in una crocchia. Soltanto quando tossì, abbastanza forte, i due fratelli Harper si accorsero che non stava più dormendo.

Lily!” disse Luke, come se non si fosse ricordato che la ragazza era ancora con loro. Si schiarì la voce e si alzò (Lily vide Logan alzare gli occhi), attraversando la stanza. “Ti -ehm- ti sei addormentata. Sono quasi le sette. Ti porto qualcosa per colazione, e poi puoi andare su...”

Sono le sette passate,” lo corresse Lily. Il suo collo era indolenzito-tutto il corpo era dolorante per il sonnellino di due ore su quella sedia scomoda.
“Farò colazione al castello.”

Oh.” Anche Luke era molto pallido, e si potevano vedere le occhiaie scure allargate sotto i suoi occhi castani, a causa della notte passata quasi in bianco.

D'accordo. Se è questo che vuoi.”

Vieni anche tu?” chiese Lily subito. Luke lanciò un'occhiata a suo fratello.

Arriverò presto,” promise solennemente. Il ragazzo del settimo anno allungò le braccia e prese la mano di Lily: la sua era tiepida, quella della ragazza gelida, e il gesto stupì Lily, forse soprattutto per gli eventi delle ultime dodici ore, ma anche soltanto perché Luke non era mai stato molto fisico... non proprio un tipo che prende la mano, a meno che non fosse Lily a prendere l'iniziativa. “Ce la fai ad arrivare al castello da sola?”

Ce la farò in qualche modo,” rispose lei in fretta.

Vorrai dormire un po', penso,” continuò Luke parlando piano, probabilmente in modo che Luke non li ascoltasse. “Ma posso vederti all'ora di pranzo? Vorrei parlarti di...di ieri notte.” Lily annuì. Si avviò alla porta, ma Luke la seguì nel corridoio. “Ascolta, Lily,” disse, chiudendo la porta dietro di loro, “Io -questo è...tu non...non ne parlerai, vero? Con nessuno?”

Si trattava di una decisione che Lily non aveva ancora preso, e di sicuro era troppo stanca per prenderla ora. “Non dirò nulla prima di vederti per parlare,” gli rispose, evasiva. Senza dire altro, Lily si diresse verso le scale, e Luke rientrò nella stanza dov'era suo fratello.

La ragazza del sesto anno aveva percorso la metà delle scale per scendere, quando un pensiero la colpì. Si bloccò di colpo, e tirò fuori la bacchetta, puntandola alle sue scarpe, e roteandola una volta. Quando risalì le scale, i suoi passi non facevano alcun rumore sul pavimento di legno. La rossa avanzò lentamente verso la stanza e, provando soltanto una sottile fitta di senso di colpa, appoggiò l'orecchio alla porta chiusa della stanza da cui era appena uscita. Per prima distinse la voce roca di Logan.

...Spazzatura totale, Luke, e tu lo sai.”

Non ne voglio più parlare,” lo respinse la voce arrabbiata di Luke. “È la mia ragazza-non ha niente a che fare con te. Mamma e Papà non sembrano opporsi...”

Mamma e Papà sono degli idioti ignoranti,” scattò Logan. “Pieni di buone intenzioni, forse, ma disinformati.”

Te l'ho detto, non voglio parlare di Lily,” insisté il fratello più giovane, e poi rimasero in silenzio per quasi un minuto. Poi, la voce di Logan ruppe il silenzio.

Hai pensato alla mia offerta?” chiese, con un tono sorprendentemente seducente.

No,” disse Luke. “Non ci ho pensato.”

Hai avuto mesi,” continuò Logan. “Non hai bisogno di decidere nulla adesso. Ma è una buona opportunità, e noi avremo bisogno di un'altra bacchetta.”

Luke non disse nulla per un po'; quando parlò, parlava d'altro. “Credo che preparerò del tè -tu vuoi qualcosa?”

Lily non attese di sentire la risposta di Logan. Si stava precipitando giù per il corridoio un secondo dopo, raggiungendo le scale appena prima che Luke aprisse la porta. La strega non si fermò finché non si trovò fuori sulla strada fangosa, e anche allora, continuò a camminare con passo svelto. L'aria fresca del mattino le pungeva la pelle esposta, e si allacciò il cappotto un po' più stretto mentre camminava.

 

(II Interludio)

Sono affamato.

Fu il primo pensiero razionale che Severus Piton concepì svegliandosi Domenica mattina. I suoi occhi neri si aprirono sul dormitorio dei Serpeverde del sesto anno- Mulciber, Avery e Piper dormivano ancora, ma Hester non si vedeva da nessuna parte.

Hester.

In un istante, tutto gli tornò in mente -l'attacco a Marlene Price, l'occultamento disordinato e approssimativo, l'alta onorificenza che gli aveva donato Hester quando aveva raccontato la storia a Mulciber e Avery, e poi la decisione di Severus di saltare la cena e di restare nel dormitorio...bene, questo spiegava perchè fosse così dannatamente affamato. Ma dov'era Hester?

Era a colazione, come Severus apprese pochi minuti dopo. A quel punto si era vestito e lavato, e stava per andare nella Sala Grande, quando Hester entrò nel dormitorio. Ghignò quando notò Piton, e gli fece segno di seguirlo fuori dal dormitorio. Piton eseguì, ancora timoroso.

Be', l'hai fatto,” gli disse Hester, una volta che furono fuori sulle scale. “Silente ha fatto un annuncio a colazione. Sembra che il Ministero voglia mandare qualche miserabile a fare la predica stasera-presenza obbligatoria, naturalmente-e farneticheranno sui pericoli della magia oscura o qualcos'altro, ma il punto è che...” E il sorriso compiaciuto sul volto di Hester si trasformò in un ghigno subdolo. “Sei al sicuro.”

Non capisco perché tu dica questo.”

Nessuno sa che sei stato tu,” disse Hester. “So che stavi pensando che qualcuno potrebbe saperlo, ma questo- questo dimostra che quel vecchio idiota di Silente sa tutto dell'attacco, e non è venuto per sbatterti fuori, giusto? Comunque, nessuno ha idea di cosa stia succedendo. Ho sentito che gira la voce che sia quella Price ad essere stata attaccata.” Rise; Piton non tentò nemmeno un sorriso debole.

Mi aspetto che tu scriva a Lucius Malfoy, allora,” disse soltanto.

L'ho già fatto.”

Piton non lasciò che apparissero sul suo volto la confusione o il sollievo per la sua fuga per il rotto della cuffia. Invece, annuì brevemente a Hester e disse: “Allora non abbiamo nient’altro da dirci ora,” prima di passare al suo fianco, andando verso le scale.



 

"Dove sei stata?" chiese l'ultima voce al mondo che Lily avrebbe voluto sentire in quel momento. Il tono accusatorio di James Potter la colse con la guardia abbassata, e la ragazza aprì gli occhi che aveva inconsciamente chiuso per vedere il mago in questione avvicinarsi attraverso la Sala d'Ingresso. Le ampie porte si chiusero alle sue spalle, e Lily cercò nel suo cervello stanco e carente di sonno una buona scusa. Sfortunatamente, tutto quello che riuscì ad inventare fu: "Sono andata a fare una passeggiata."
"Dove? In Brasile?"
Anche questo colse Lily con la guardia abbassata. "Cosa?"
"Sei stata via tutta la mattina, e non eri entro confini della scuola," disse James, e sembrava arrabbiato.
"Sì, io…" cominciò a mentire, ma si fermò quando James tirò fuori un pezzo di pergamena piegato dalla sua tasca. Lily inarcò le sopracciglia con aria di sfida.
"La 
mappa," chiarificò James, anche se tutto ciò che Lily poteva vedere era una pergamena pulita. Soffiò via una ciocca di capelli dagli occhi.
"Sì. Brasile. Ero in Brasile. È tutto, o c'è una ragione per cui mi stavi controllando?"
"Sei rimasta ad Hogsmeade la notte scorsa, non è vero?" Chiese James. "Non hai idea di quanto sia 
pericoloso in questi giorni? E dopo quello che è successo a Marlene! Non puoi…"
"Davvero, Potter?" gli parlò sopra lei, mentre l'altro continuava a sbraitare. "
Tu mi stai facendo la paternale sulla mia sicurezza? Qual è stata l'ultima notte in cui non sei sgattaiolato fuori dopo il coprifuoco?"
Il Capitano della squadra di Quidditch la ignorò. "…E quel tuo fidanzato idiota avrebbe potuto essere più responsabile, considerando…"
"Luke? Cosa c'entra Luke?"
James alzò gli occhi al cielo. "Devo tirare di nuovo fuori la mappa e spiegarti come funziona, Snaps?"
"
Perché," sbottò Lily, "spii me e il mio ragazzo?"
"
Perché," ribatté James, "tu e il tuo ragazzo siete dei completi idioti? Agrippa! Se volete passare una notte insieme, potreste almeno farlo nel castello! O Sua Maestà è troppo schizzinosa per un ripostiglio delle scope?"
Lily rise incredula. "Primo: 
, sono troppo schizzinosa per un ripostiglio delle scope! Ugh! Secondo: sua maestà sta andando a dormire, se vuoi scusarmi…"
La ragazza provò a sorpassarlo, ma James si spostò per impedirle il passaggio. "No, sai cosa trovo 
davvero interessante?" continuò freddamente; "il fatto che tu non abbia avuto scrupoli nel lasciare il castello per scoparti il tuo ragazzo, solo poche ore dopo che una delle tue presunte migliori amiche è finita in infermeria!"
Lily si guardò attorno velocemente per assicurarsi che nessuno stesse sentendo, ma non erano ancora le otto, e molti studenti restavano a letto la domenica mattina. Erano gli unici nella Sala d'Ingresso. "Buon Dio, Potter, tutto quello che dici ti riguarda sempre meno! Ora 
spostati!"
"No!" Le bloccò la strada, e Lily non poté farne a meno. Tirò fuori la sua bacchetta e la affondò contro la sua gola.
"Spostati!"
"Oh, davvero?" la derise il mago. "Hai intenzione di maledirmi? Perché fatico a crederci?"
"AH!" Lily scosse la bacchetta: "Silencio!"
James Potter si ritrovò inusualmente–sebbene magicamente–senza parole, il chè lo distrasse abbastanza per permettere a Lily di superarlo. Aveva raggiunto la scalinata di marmo ed aveva salito diversi scalini prima che l'altro ebbe recuperato la sua voce e riuscisse a raggiungerla, saltando davanti a lei e facendola gridare per l'irritazione.
"Ho bisogno di parlare con te," disse James. "Non ti stavo 
controllando–devo davvero parlarti di qualcosa, e ti stavo cercando, ma non ti ho vista sulla mappa, e poi ho pensato che forse Harper sapeva dov'eri, e ho guardato in giro, e non ho visto nemmeno lui. È così che ho saputo. Non passo tutte le mattine a fissare un puntino etichettato 'Lily Evans' sai."
Lily respirò profondamente. "Va bene. Di cosa vuoi parlarmi tanto disperatamente?"
"Riguarda Marlene."
"Sta bene?"
"Sì, è stata dimessa dall'Infermeria."
"Be'…?"
"Penso di sapere chi l'ha assalita," continuò James, e c'era un tremore nella sua voce che–sorprendentemente–suggeriva apprensione. "Avevo 
la mappa. Era circa un'ora dopo che è stata attaccata, ma… ho una buona ipotesi."
"Allora perché non lo dici alla McGrannitt o a Silente?" chiese Lily.
"Be'…" (James si accigliò) "Non ho esattamente delle 
prove. Non sono neanche completamente certo di aver ragione, però non vedo come chiunque altro avrebbe potuto… be', non sembra possibile che qualcun altro avrebbe potuto o voluto, e…"
"Chi è?" Lo interruppe Lily.
Il momento della verità: "Piton."
L'interesse scivolò immediatamente via dal volto di Lily; le sue sopracciglia praticamente sparirono tra i suoi capelli scarmigliati, mentre stringeva le labbra insieme molto strette. "Certo," disse ora. "Ma certo, dannazione. Perché–chi prendevo in giro? Chi altro avresti potuto 
mai sospettare di aver fatto qualcosa di sbagliato in questo castello, a parte Severus Piton?!"
"Mi ascolti, Evans? Sono serio–non lo sto inventando! Era nel suo dormitorio con…"
Lily continuò come se non avesse parlando: "Un Tassorosso del quarto anno ha un raffreddore? Deve essere colpa di Piton! Mrs. Purr perde i peli? Scommetto che è stato Piton! Lumacorno ha assegnato un sacco di compiti? Indovina di chi è la colpa! Oh, piove fuori; scommetto…"
"…Non ho visto nessuno degli studenti più grandi a scuola–tranne Frank, e persino 
tu sai che non sarebbe abbastanza tonto da pensare…"
"…Tutto con te–Piton, Piton, Piton! E la parte peggiore è che, lui è dannatamente uguale! Potter, Potter, Potter! 
Sempre Potter! Non posso nemmeno menzionare la parola 'Quidditch,' senza sentire qualcosa sul dannato James Potter! E per di più…"
"…E perché non era al villaggio con tutti gli altri? Perché era al castello? E…"
"…Perché 
Dio ci scampi l'esistenza di un'altra cosa al mondo che sia colpevole di qualunque malattia dell'universo…"
"…È un Serpeverde. Ha delle maledizioni su nati babbani alle spalle. Sarebbe abbastanza intelligente da attaccare alle spalle, così che…"
"…Giuro, è come se voi due foste dannatamente innamorati o che so io! Se questo è il caso, per amor di Dio, per favore liberateci dalla miseria e trovate un cazzo di ripostiglio delle scope!"
Raggiunsero la cima della scalinata, fumanti. "Non hai sentito nulla di quello che ho detto, vero?" chiese James.
"Ho sentito 
tutto quello che hai detto," ribatté Lily. "E tu ti rendi conto che la tua prova per sospettare di Piton è il fatto che lui era 'nel castello' entro un'ora di distanza dall'attacco, giusto? Pensaci: lui era nel posto in cui passa l'ottanta percento del suo tempo annuale. Brillante teoria, Potter–davvero, veramente stimolante."
Ancora una volta si spinse oltre, affrettandosi lungo il corridoio. James la seguì. "Sei di parte," accusò.
"Anche 
tu!"
"Ma 
io ho una prova."
"No, tu hai un'ipotesi. Un'
ipotesi non è una prova. Ho l'ipotesi che forse sei uscito temporaneamente fuori di senno, hai attaccato Marlene, e poi ti sei colpito sulla testa o qualcosa del genere e hai dimenticato tutto." James aprì la bocca per protestare. "Vedi… solo perché puoi immaginare uno scenario entro il vasto regno della possibilità, assemblare le parole in una frase semi-coerente, e urlarla abbastanza forte, non significa che tu abbia una prova."
"Be' allora 
cosa stava facendo nel castello?"
"Cosa stavi facendo 
tu nel castello?"
"Stavo prendendo il mio mantello."
"Forse stava prendendo un mantello! Forse aveva mal di testa e stava riposando! Forse non se la sentiva di uscire al freddo! Ad ogni modo, quale possibile motivo avrebbe Severus per attaccare Marlene?"
James alzò gli occhi al cielo.
"Oh," realizzò Lily; "volevo dire a parte il fatto che lui va apparentemente in giro per il castello a fare opere efferate per divertimento."
"Pensi di scherzare."
Lily si fermò, le mani sui fianchi. "Ascolta, Potter, se sei tanto convinto che Sev abbia fatto questo, perché non vai dalla McGrannitt o da Silente? Perché stai tormentando 
me con questa storia?"
James si accigliò. "Che te lo dico a fare? Crederai sempre che Severus è il santo, e io sono solo uno che delira."
"Severus non è un santo, ma tu sei di certo uno che delira. Ora accettalo, o farai meglio a lasciarmi in pace, per favore."
"Qualcuno è di cattivo umore," osservò l'altro.
"Be' non ho dormito molto la notte scorsa," rispose Lily, e solo dopo che le parole lasciarono la sua bocca le venne in mente come suonassero. Per una qualunque ragione, James sembrava furioso, e anche se la ragazza di solito provava una sorta di piacere segreto nell'andargli sui nervi come lui faceva con lei, Lily si ritrovò anche ad avere il più strano desiderio di chiarire. "Ascolta, non è quello che pensi," disse, spostando via i capelli dalla faccia. "È… è complicato. Ma non ho… voglio dire, non sono sgattagliolata via dal castello per vedere il mio fidanzato. 
Sul serio."
"Cosa me ne importa?" ribatté James freddamente. Ma i suoi tratti erano più dolci adesso. "Ok, l'unica ragione per cui ti volevo parlare di Piton era perché mi chiedevo se lo avessi notato… agire diversamente."
L'aveva fatto. Era stato distante e cupo tutta la settimana… anche la settimana precedente, ma Severus era sempre stato piuttosto lunatico, e quindi "diversamente" era una cosa soggettiva. "Non lo so. Non molto… un po' suscettibile, forse, ma non molto. Perché? Cosa dovrebbe provare?"
"Non mi ha maledetto," disse James. Lily inarcò le sopracciglia, e lui spiegò: "è stato qualche settimana fa… Piton e io abbiamo avuto una sorta di corpo a corpo…"
"Con cui vuoi dire che lo hai attaccato."
James non la corresse. "Credi quello che vuoi, ma… aveva l'opportunità di maledirmi, e non l'ha colta. Sembrava… strano. Diverso. Non posso spiegarlo, ma gli stava succedendo 
qualcosa."
"James," cominciò Lily, parlando lentamente, come se il suo compagno fosse un bambino un po' tardo di sei anni , "ho ragione nel pensare che tu credi che Piton abbia attaccato Marlene perché 
non ha attaccato te?"
"Sto solo dicendo che forse il suo comportamento 
strano è correlato in qualche modo con Marlene."
Lily si accigliò. "Sì, Potter, stai 
decisamente delirando." Cominciò ad andarsene.
"Puoi almeno 
parlargli?" Le urlò dietro James. Lily si fermò.
"Come ti aspetti che vada la conversazione, 
esattamente? 'Dimmi, Sev, non è che per caso hai attaccato Marlene Price–una delle mie migliori amiche al mondo?'"
"Chiedigli solo perché era nel castello," disse il mago. "Se lo conosci bene come credi, sarai in grado di dire se sta mentendo. Giusto?" Si ritirò di nuovo verso la scalinata di marmo e Lily sospirò.


Oh, grazie a Merlino, non sei morta!”

Mary strinse Lily in un abbraccio sorprendentemente forte (considerando che la mora pesava più o meno quarantatré chili), a cui il prefetto replicò con una pacca sulla spalla e un tentativo di districarsi. “No, non sono ancora morta,” assentì Lily. “Quasi, ma non del tutto.”

Dove sei stata?” chiese Donna, con le mani sui fianchi e gli occhi ambrati che brillavano. “Non sei tornata al dormitorio...non c'eri stamattina...non sei andata a fare colazione! E dopo quello che è successo con Marlene... avresti potuto trovarti stesa in un angolo della scuola da qualche parte con le braccia tagliate, e noi non ne avremmo avuto la minima idea!”

Oh, Donna, ci tieni a me”, tubò Lily, sedendosi sul suo letto.

No che non ci tengo! È solo che sarebbe stato gentile da parte tua farci sapere...”

Ti stava cercando ovunque,” intervenne Mary sorridendo.

Ha minacciato uno del secondo anno” continuò Shelley Mumps, che si trovava con loro nel dormitorio in quel momento. “Bene, ora che ti abbiamo trovata, Lily, me ne vado in Sala Grande. Ciao a tutti,” lanciò loro un sorriso con i suoi denti storti e scappò in fretta dal dormitorio, mentre Lily si girava verso le sue due amiche.

Come sta Marlene? E' uscita dall'Infermeria?”

Mmm, doveva incontrare Silente,” disse Mary. “Non le abbiamo detto che eri scomparsa, perchè abbiamo pensato che avesse già abbastanza preoccupazioni per la testa, ma santo Dio, Rossa, dov'eri?”

Be'...” cominciò Lily con la voce che tremava. “Ero...con Luke.”

Oh-mio-Dio-avete-fatto-sesso!” rantolò Mary in un unico respiro.

Non c'è da meravigliarsi che tu sia un po' verde,” disse Donna.

Non abbiamo fatto sesso,” le corresse Lily con calma. “Sul serio, non l'abbiamo fatto.”

E perché no, maledizione?” chiese Mary. “Sono sicura che se fossi uscita con un tipo carino come Harper tanto a lungo quanto ci sei uscita tu, gli sarei saltata addosso secoli fa.”

Se tu fossi uscita con un tipo bello la metà di Harper gli saresti saltata addosso dopo trenta secondi,” commentò Donna.

Mary sorrise. “Attenzione, all'asino non piace essere dato del cornuto dal bue“ cinguettò, e le due si scambiarono uno sguardo che Lily non capì, ma era troppo stanca per indagare.

Bene,” cominciò Donna, costringendosi a non guardare Mary. “Se non lo stavi facendo con Harper, dov'eri, e cosa stavi facendo?”

Era qualcosa di sconcio?” chiese Mary.

Neanche per idea” replicò Lily. “Era... voglio dire, non posso parlarne in realtà. Luke mi ha chiesto di non parlarne, e io gliel'ho promesso. C'è stata una specie di crisi -una crisi emotiva, direi- e Luke aveva bisogno del mio aiuto.”

Questo suona sconcio.”

Donna aggrottò le sopracciglia. “Solo tu, Macdonald, sei capace di sentire qualcosa di ordinario come 'crisi emotiva' e interpretarlo come qualcosa di sconcio.”

Non era la parte della 'crisi emotiva'” la corresse Mary, ghignando. “Era la parte di 'Luke aveva bisogno del mio aiuto', dolcezza.”

D'accordo” le interruppe Lily. “Direi che è abbastanza. Sono viva. Mi dispiace di non avervi detto dove mi ero cacciata, ma sono davvero stanca e vorrei stendermi per un paio d'ore prima di pranzo, quindi se poteste abbassare il volume...”

Tra pochi minuti abbiamo lezione di materializzazione, Rossa,” fece notare Mary. “Vuoi che dica che sei malata?”

Ti dispiace?” chiese Lily, e Mary fece di no con la testa. Quest'ultima uscì, ma Donna rimase, voltandosi verso l'amica, che nel frattempo stava decidendo se cambiarsi o meno. “Sei sicura che vada tutto bene, Evans?”

Lily annuì. “Sto bene, Donna” le rispose. “Davvero -ho solo bisogno di dormire.”

D'accordo, se hai bisogno di qualcosa...”

...Troverò Alice” terminò Lily, sorridendo.

Sapevo che c'era una ragione per cui eravamo amiche.”

Donna uscì, e Lily si coricò sul letto. Aveva bisogno di una doccia, e sebbene il pensiero dell'acqua calda suonasse simile a quello del Paradiso per lei in quel momento, il prefetto non era disposto a tutto quel movimento. Invece, Lily si tolse gli stivali, afferrò una coperta e se la mise addosso. Ripulendo la sua testa da Luke Harper e da ogni altro pensiero, Lily chiuse gli occhi, e le dolci fusa del gatto furono l'ultimo suono che sentì prima di addormentarsi.

(Interludio III)

Ehm...ciao,” disse Adam con voce incerta. “Hai fatto tutto con Silente? Che cos'ha detto?”

Marlene alzò le spalle, appoggiandosi contro la porta d'ingresso del dormitorio dei maschi di Grifondoro, con le mani dietro la schiena e un'espressione indecifrabile.

Non lo sai?” la incalzò l'altro, che sedeva vicino alla finestra, con in mano una rivista che era stata lasciata lì da qualcuno. “Non c'eri anche tu?”

Non lo so,” sospirò Marlene; “Silente mi ha chiesto di tutto quello che è successo ieri, poi ha detto che doveva scrivere a mia madre, anche se io gli ho chiesto di non farlo, e poi ha chiesto come mi sentivo in merito a tutta quella faccenda, e ho risposto che non troppo entusiasta, ma che non doveva preoccuparsi che mi buttassi dalla Torre di Astronomia... senza offesa.”

Nessuna offesa.”

Poi è entrato James Potter, e Silente gli ha assegnato dieci punti, e ognuno è andato per la propria strada.” Alzò di nuovo le spalle, “Nulla di interessante. Cosa stai facendo?”

Leggo,” disse Adam, accennando vagamente alla rivista. “Hai fatto colazione? O pranzato? Penso sia quasi ora di pranzo.”

Marlene scosse la testa. “Non ho fame.”

Vuoi parlare un po'?”

No, in realtà ho un'idea migliore.”

Okay...” (come se non fosse stato sicuro di come sarebbe andata a finire.)

Divenne chiaro il motivo per cui Marlene aveva tenuto le mani dietro la schiena fino a quel momento; le tirò fuori mostrando una busta di carta marrone. Adam inarcò un sopracciglio con aria interrogativa, e Marlene sorrise. Attraversò la stanza e tirò fuori dalla busta due bottiglie di vetro.

Che cos'è?” chiese lui, e Marlene gliene passò una.

Coca-Cola,” gli disse; Adam scrutò il liquido scuro, sospettoso. “Chi avrebbe mai detto che James Potter fosse così pieno di risorse?”

Il ché spiega cosa stava così segretamente raccogliendo dal suo baule mezz'ora fa,” disse Adam lentamente. “D'accordo- cos'altro c'è nella busta?”

Il sorriso di Marlene si allargò. Tirò fuori la grossa custodia quadrata di un disco e glielo passò. Il titolo – scritto in svolazzanti lettere scarlatte – recava le parole “The Fresh Bloods”, e alcune paurose creature, che sembravano folletti, che saltellavano tutto intorno alla copertina animata.

Hai trovato il mio disco,” disse Adam, prendendolo e facendo un gran sorriso.

Pensavi me lo fossi dimenticato, vero?” lo sfidò la bionda.

Be', non è che non avessi avuto nient'altro a cui pensare.”

Non me lo sono dimenticato. Mi hai chiesto di prenderlo, e ti ho detto che l'avrei fatto. Non avrei potuto infrangere una promessa in questo modo, no? Fatti più in là.”

Sedette vicino a lui sul cornicione della finestra. “Penso di averlo fatto cadere quando... sai... sono stata attaccata, e poi qualcuno deve averlo raccolto e portato agli oggetti-smarriti nell'ufficio di Gazza, perché ho cercato di appellarlo, ma...per farla breve, potrei o non potrei aver flirtato con il più che raccapricciante custode della nostra scuola per riportartelo, quindi faresti meglio a fartelo piacere.”

Adam rise. “Oh Merlino, questa è un'immagine che non avrei mai voluto vedere. Aspetta, tieni questa...” Marlene prese la Coca-Cola. Adam attraversò la stanza e mise su il disco; suonarono le prime note, e lui ritornò al cornicione. “Grazie... per averlo trovato.”

Marlene gli restituì la Coca-Cola e la scontrò con la sua bottiglia. “Salute, McKinnon.”

Salute.”


Erano passati pochi minuti da mezzogiorno quando Lily si svegliò. I suoi muscoli erano più indolenziti di prima, ed era all'improvviso totalmente consapevole di quanto disperatamente necessitasse di lavarsi e sciacquarsi i denti e la bocca. La camicia rosa che aveva messo per la prima volta ventotto ore prima le provocava prurito, e la fibbia della gonna probabilmente le avrebbe lasciato un segno sull'addome. Aveva bisogno di lavarsi, cambiarsi, risciacquarsi e ripetere tutto da capo. Ora.

Sfortunatamente, non c'era il tempo per fare tutte quelle cose. Luke aveva promesso di incontrarla per pranzo, il chè poteva indicare un momento qualsiasi nella prossima ora o giù di lì. Lily aveva dormito profondamente, ma i suoi sogni erano stati fastidiosi, e voleva avere il prima possibile quella conversazione con Luke di cui aveva un disperato bisogno. Quindi, al posto di una principesca doccia calda seguita da una tazza di tè con pasticcini con la sua edizione ammaccata de 'Gli Idilli del Re', Lily si spruzzò la faccia con acqua fredda, si lavò i denti, e trovò in fretta un paio di jeans e una ruvida felpa rossa da indossare.

Non si rese conto di quanto fosse affamata finché non raggiunse la Sala Grande e gli odori attraenti che venivano da lì, e che si diffondevano dolcemente fino al suo naso. A quel punto era già mezzogiorno e venti -più o meno l'ora di punta per il pranzo- ma l'unica delle sue amiche strette al tavolo di Grifondoro in quel momento era Mary. Luke Harper non si vedeva da nessuna parte, così Lily si sedette di fianco a Mary, attenta a tenere un occhio puntato sia sul tavolo dei Corvonero, che sull'entrata della Sala.

Passò altro tempo, e quando Lily finì di mangiare più o meno sei porzioni di tutto (ricevendo nel frattempo un interrogatorio da Mary: “Sei sicura di non aver fatto sesso la notte scorsa?”) era l'una, e Luke non si era ancora fatto vedere.

Resti qui?” chiese Mary, alzandosi dal tavolo.

Lily annuì tetra. “Ci vediamo nella Sala Comune. Hai ancora bisogno di aiuto con i compiti di Pozioni?”

Oh, sempre.”

Sarò in giro oggi pomeriggio sul tardi, allora.”

Perfetto. A dopo, cara.”

All'una e mezza la Sala Grande era completamente deserta, e Luke non era ancora comparso. Lily aveva persino chiesto ai suoi amici Corvonero se avessero sue notizie, ma nessuno l'aveva visto. Tutti promisero di mandarlo in biblioteca se avessero visto Luke, e Lily si diresse lì, ma non senza prima aver recuperato Mary e qualche libro di Pozioni dalla Torre di Grifondoro. Dopo un'ora di compiti, Luke non si era fatto vivo, e la frustrazione di Lily aumentava.

Mary se ne andò, ma Lily si mise a girovagare in biblioteca, chiedendo in prestito un giornale da un Tassorosso suo amico e setacciando ogni singola pagina alla ricerca di notizie su Logan Harper. Un Ministro ufficiale nato babbano era scomparso, ma il fratello del ragazzo di Lily non compariva sul Profeta quel giorno. Questa notizia la rabbuiò ancora di più: si era resa conto, nelle ultime dodici ore, di quanto poco sapesse davvero della famiglia di Luke, e si era ritrovata a desiderare disperatamente qualsiasi informazione sugli Harper.

Poi, un pensiero le piombò addosso. La maggior parte delle famiglie purosangue sapeva qualcosa di tutte le altre, giusto? James Potter non aveva detto di aver incontrato il Signore e la Signora Harper? Svariati cognomi famosi, come Bones, o Potter, o Prewett erano spuntati fuori nelle conversazioni con Donna, in rare occasioni la giovane Shacklebolt aveva anche menzionato i vecchi amici dei suoi genitori morti. Non era possibile che la sua amica avesse qualche informazione sull'albero genealogico degli Harper? Lily si mosse subito per trovarla. Sfortunatamente, Donna non si trovava da nessuna parte. Lily aveva perlustrato tutti i soliti luoghi di ritrovo delle sue amiche, senza risultati, tanto che era quasi decisa ad arrendersi, quando notò Sirius Black che sedeva da solo vicino al lago ghiacciato. Aveva una sigaretta in mano, e stava scribacchiando su un pezzo di pergamena; Lily ebbe un'idea. S'incamminò velocemente verso di lui.

Ciao, Sirius.”

Sirius sollevò lo sguardo dal suo foglio -parole crociate, ora Lily lo vedeva- e apparve sinceramente sorpreso della sua presenza e della sua gentilezza. “Ehi, Evans.” Il suo tono era privo del tipico spirito alla Sirius Black. Tuttavia, non sembrava completamente ostile alla conversazione, perchè la incalzò: “Sei ricomparsa, alla fine. Come stai?”

Sono stata meglio,” confessò Lily. “Ti spiace se mi unisco a te per un po'?”

D'accordo,” replicò Sirius. “Ma dovrai unirti a me anche in altri aspetti...” (Indicò la sigaretta stretta tra le dita), “Non mi piace fumare in compagnia di persone che non fumano.”

Lily lasciò cadere le braccia. “Sul serio, Black?”

Mmm-mm.”

Va bene.” Si sedette su un'altra radice del grande albero senza foglie che faceva ombra a tutti e due, e accettò la sigaretta che il Malandrino le porse. La accese con la bacchetta, e inspirò una volta.

Non è la tua prima sigaretta,” osservò Sirius con noncuranza.

Che cosa te lo fa dire?”

Non hai tossito. Tutti tossiscono la prima volta che fumano.”

Lily fu sollevata di vedere qualcosa simile ad un sorrisetto allargarsi sulle labbra del suo compagno; semplicemente, quel ragazzo non sembrava a posto senza. “Ho avuto una fase,” rispose con noncuranza.

Una fase? Oh, mi piaci già di più. Quand'è stato?”

Che cosa? La fase? Un paio di estati fa.” Lily sorrise a quel ricordo. “Sì, sono stata una ribelle per un mese intero, e poi ho scoperto che non mi s'addiceva per niente.”

Ti sei fatta qualche tatuaggio?”

Sfortunatamente no.”

Ah. Non sto indebolendo la tua resistenza con questa sigaretta, vero?”

Non sono mai stata dipendente.” gli fece notare Lily discretamente. “È stato solo un mese.” Sirius ritornò al suo cruciverba, ma il prefetto non si sentiva trascurato. “Non hai freddo, seduto qui fuori così?”

Lui alzò le spalle. “Mi sono fatto due bicchierini.”

Lily non era sicura se Sirius stesse scherzando o no, ma preferì pensare di no, e qualcosa del suo atteggiamento cominciò a preoccuparla. “Va tutto bene, Sirius?”

A me? Oh, sì, mai stato meglio.” Lily non gli credette. “C'era qualcosa di cui volevi parlarmi, oppure semplicemente non riuscivi a starmi lontano?”

C'era qualcosa, in effetti,” disse la rossa, ricordando il suo obiettivo. “Volevo chiederti se sapevi qualcosa sugli Harper.”

Gli Harper? Il tuo Harper?”

Esatto. La famiglia di Luke Harper.”

Oh...” Sirius soppesò la domanda per un minuto. “Be', ammetto di saperne qualcosa. La maggior parte delle famiglie purosangue sa qualcosa a proposito delle altre...non so-che cosa vuoi sapere?”

Solo...tutto quello che puoi dirmi.” Lily fece un altro tiro.

Sirius scrollò le spalle. “Non sono poi così amici con la mia cara famiglia, se questo può dirti qualcosa. Il Signore e la Signora Harper sono tipi alquanto noiosi...lui è alto, lei è bassa, ed entrambi sono grassi. Politicamente, sono abbastanza qualunquisti, direi. Sono il tipo di famiglia che rinuncia a prendere posizione nella battaglia del sangue dicendo che loro sono 'leali verso la loro famiglia', penso. Ha funzionato per un po', ma ultimamente, i puristi hanno iniziato a interpretarla come una scusa, sai? Cioè, se una famiglia è composta di veri, leali 'purosanguisti', dovrebbero farsi avanti e dirlo.”

Quindi tu non diresti che gli Harper sono...estremi come...la tua famiglia?” Lily sperava di non suonare insensibile, ma Sirius semplicemente scrollò di nuovo le spalle.

Direi di no. È difficile da dire- nella maggior parte delle famiglie, ci sono gruppi estremisti, gruppi moderati, e anche gruppi che sono 'fanatici amanti dei babbani'...” A questo punto sorrise leggermente. “I Black sono una delle poche eccezioni, dovrei aggiungere - nella mia linea di sangue tousjours pur ci sono alcuni che non sono pazzi, ma nulla di così degno di nota da essere chiamato 'gruppo' o 'fazione'. Inoltre, gli Harper non risalgono indietro nel tempo quanto famiglie come i Black, o i Potter o i Malfoy. Non sono molto più vecchi di un secolo, se non ricordo male. Ma come ho detto, è difficile generalizzare a proposito della maggioranza delle famiglie. Ora, prendi quel tizio, Logan Harper...potrebbe essere un Mangiamorte, potrebbe non esserlo, dipende da cosa ne pensa La Gazzetta del Profeta di giorno in giorno...anche se mi aspetto che tu sappia tutto di quella storia.”

Mmm” fu la risposta vaga di Lily.

Perchè lo vuoi sapere, comunque?” la interrogò Sirius, soffiando il fumo verso l'alto. “Stai prendendo in considerazione l'idea di unirti alla famiglia, eh?”

Hmph. Non direi.”

Bene.”

Lily inarcò le sopracciglia. “Bene?”

Certo. Che cosa ci vedrai mai in quel tizio? Harper. Mi sembra un po'...ingessato.”

Sirius,” lo rimproverò la strega scherzosamente, “ci stai provando con me?”

Lui sorrise. “Per interposta persona, forse.”

Non penso che tu sappia il significato di quella parola, Sirius.” Lily scosse la testa, e il sorriso di Sirius si allargò -sembrava anche più sincero, ora, e questo incoraggiò Lily.

Che cosa stai facendo qui fuori tutto solo comunque?” chiese.

Le parole crociate” rispose Sirius, anche se ormai era evidente. “I cruciverba e i necrologi sono le uniche parti del Profeta che meritano di essere lette in questi giorni.”

Non è vero,” si difese Lily. “Leggi la colonna di Dorthea Grey? Fa certi commenti fantastici...” Si interruppe. “Mi stavi prendendo in giro, vero?”

Oh, mai.”

Dove sono gli altri?” lo incalzò la rossa, al che Sirius alzò le spalle. “È inconcepibile vederti senza di loro... come vedere un braccio amputato. Se è offensivo, scusami.”

Offensivo, ma tristemente corretto.”

Perchè non sei con loro, allora?”

Ma Sirius non rispose. Tornò semplicemente al suo cruciverba. Lily sospirò; stava per dirgli che lo avrebbe lasciato alle proprie faccende, quando il Malandrino, inaspettatamente, le si rivolse di nuovo. “Tuo padre è morto, giusto?”

Um...già.” Sirius continuò a inserire lettere nei piccoli quadrati del cruciverba, e lasciò cadere l'argomento, così Lily, facendo cadere la cenere dalla sigaretta, lo imbeccò: “C'è un motivo per cui me lo hai chiesto?”

Non so...” Aveva smesso di scrivere, e ora si stava sforzando di mantenere i suoi occhi fissi sulla pergamena. “Deve essere strano, giusto? Perdere qualcuno di così importante? Voglio dire-sapevi che sarebbe successo molto tempo prima?”

In realtà no,” disse piano Lily. Non ne aveva parlato molto. L'ultima volta che aveva discusso di quell'argomento era stato con James, mesi prima. Era buffo-anche lui aveva fumato per tutto il tempo. Le venne in mente che non aveva più visto James fumare da un po'... “Voglio dire, hanno scoperto che era malato quando io ero qui. I dottori-sono i guaritori dei babbani, sai-hanno detto che gli restavano...sei mesi, o giù di lì, ma mia madre non me l'ha detto. È stato...terribile.” Ricordò di quando aveva scoperto tutto -lo sguardo sul viso di sua sorella, come se fosse colpa sua, di Lily, se non aveva mai saputo quanto poco tempo gli restasse. “Ma sono tornata a casa a Natale, ed era abbastanza evidente che papà stava peggiorando più velocemente delle aspettative; Mamma mi ha detto quanto poco tempo pensavano che avessimo. Ho passato con lui solo poche settimane prima che...be', voglio dire- è morto la prima settimana di Gennaio.”

Vedi, io non lo capisco,” scoppiò Sirius con rabbia. “Perchè non te l'hanno detto? Hanno pensato che sarebbe stato meglio se semplicemente -bum, fossero morti tutto a un tratto?”

Lily lo guardò con attenzione, e lui incontrò per un attimo i suoi occhi. Si scambiarono uno sguardo che diceva tutto: Lily sapeva che Sirius sapeva di suo zio, e Sirius sapeva che Lily...Be', che Lily non stava più parlato di suo padre.

Penso,” cominciò Lily, “che non volessero che portassi sulle spalle anch'io il peso del fatto che lui stava morendo. Volevano dirmelo...volevano darmi abbastanza tempo per piangere prima che succedesse, ma non... non volevano che ne rimanessi schiacciata... specialmente perché non c'era nulla che potessi fare per evitarlo.”

Sirius restò in silenzio per un po', guardando il suo giornale con quella che Lily pensò essere falsa concentrazione, finché non parlò:

Fanno inciampare, fanno allungare, rendono molli. Sette lettere."

Le ci volle un momento per realizzare che stava parlando del cruciverba. Lily ci pensò su. “"Fatture. Gambemolli, d’inciampo, e allungante." Si alzò in piedi. “Devo andare, ma grazie per le informazioni sugli Harper.”

Nessun problema.” Sirius esitò. “E...grazie per la risposta del cruciverba.”

Già. Nessun problema.”


Alle quattro in punto, Lily era più preoccupata che seccata. Doveva esserci una ragione se Luke era così in ritardo... il suo migliore amico in Corvonero aveva insistito che non aveva visto Luke per tutto il giorno (ma aveva incolpato incurante l'accaduto ai percorsi diversi all'interno del castello) e rinnovò la promessa, qualora avesse visto il mago scomparso, di mandarlo in biblioteca. Quindi, Lily tornò in biblioteca e provò a svolgere i suoi compiti (ne aveva veramente parecchi) per circa mezz'ora, prima che Severus Piton si facesse vivo.

Sev!” fece segno Lily, guadagnandosi un'occhiataccia della bibliotecaria, la signorina Sevoy. Ad ogni modo, raggiunse l'obiettivo di farsi notare dall'amico Serpeverde, che si diresse verso il tavolo in cui era seduta.

Stai lavorando a quel tema sulle Arti Oscure?” chiese.

Lily scosse la testa. “Sto solo facendo finta. Non riesco a concentrarmi. Ti siedi con me?”

Piton si guardò attorno nella biblioteca, ma solo pochi studiosi Corvonero stavano passando la domenica pomeriggio lì, e si sedette. Lily notò ma non fece commenti; ricordò, comunque, la richiesta che le aveva fatto James Potter quella mattina.

Hai sentito di quella conferenza di stasera?” chiese lei in quello che sperava risultasse come un tono casuale. “Un tipo del Ministero verrà qui a parlare delle insidie della magia oscura.”

Sì, ho sentito,” replicò Piton in modo vago, prima di aggiungere sarcasticamente: “Ci sarà da divertirsi”

Lily fece un sorrisetto. “Potremmo sempre saltarla e andare su da quel ritratto brontolone della vecchia arpia al quarto piano, come facevamo una volta. Ti ricordi? Le lanciavamo addosso Zellini finchè non si arrabbiava così tanto che minacciava di maledire le nostre famiglie.”

Qualcosa di simile ad un sorriso attraversò velocemente le labbra di Severus. “Sì, mi ricordo.”

A meno che tu non voglia andare alla conferenza,” lo canzonò Lily. “Non so. Potrebbe essere educativo. Potresti pure imparare qualcosa.”

"Mhm."

Va bene, questo l'aveva fatto a posta. Piton era raramente prolisso, ma non aveva quasi mai opposto resistenza ad una conversazione in questo modo. A meno che...

Lily si guardò attorno nella biblioteca, ma no, non c'erano definitivamente Serpeverde nei paraggi. La ragazza si accigliò e sospirò pesantemente, mentre gli occhi si Piton rimanevano sulla pagina di un libro. “Allora, cosa hai fatto a Hogsmeade ieri?” chiese, tormentandosi la manica del maglione. “Niente di interessante?”

Piton alzò le spalle. “Veramente no. Ho comprato un libro nuovo e sono tornato prima per leggerlo.”

Lily avrebbe potuto abbracciarlo. Non era sicura di quando avesse iniziato, ma realizzò in quel momento che aveva cominciato a dare credito ad alcuni sospetti di Potter, e la presentazione di una spiegazione logica alternativa—pronunciata senza affettazione o falsità— la sollevò più di quanto ci tenesse ad ammettere.


Non lo andò a cercare al villaggio, anche se aveva deciso di farlo una dozzina di volte. Due volte, era arrivata a metà della Sala d'Ingresso prima di fermarsi e tornare indietro.

Lily cenò alle sei meno un quarto, e Luke Harper rimaneva assente. Si mordicchiò il labbro, guardò il tavolo dei Corvonero, batté il piede per terra, diede fastidio alle sue amiche con la sua incapacità di stare ferma e nel frattempo, niente Luke. Ma non lo andò a cercare al villaggio, perchè quale che sia la ragione, Lily non pensava—no, non sentiva—che il ragazzo fosse veramente in pericolo.

Tecnicamente, realizzò che avrebbe potuto esserlo, ma non credeva che lo fosse sul serio. C'era una ragione se non era tornato al castello, e la ragazza non sapeva quale fosse, ma la cosa non le piaceva affatto.

"Lily..."

Donna la ridestò dal suo infelice sogno ad occhi aperti.

Stai venendo anche tu?”

La rossa annuì e seguì la sua amica nella Sala Grande, da cui i tavoli erano stati rimossi per far spazio ad una dozzina di panche divise in due navate, che erano quasi per metà occupate da altri studenti. Sembrava una chiesa.

L'orologio da polso di Lily rese noto che erano le 6:52, e la strega o il mago dal Ministero—quello che avrebbe dovuto tenere la frettolosa conferenza scoraggiando l'uso della magia oscura o qualcosa del genere—avrebbe iniziato fra qualche minuto. Gli studenti entrarono in fila, irritati dalla prospettiva di passare le ormai poche ore libere del fine settimana in una conferenza obbligatoria. Lily aveva un'esperienza di prima mano al riguardo: non solo quello era l'ultimo posto in cui lei stessa avrebbe voluto essere in quel momento, ma la McGranitt l'aveva incaricata—in quanto prefetto—di assicurarsi che i Grifondoro nella Sala Comune e nei dormitori si recassero di sotto. Remus, l'altro prefetto, sarebbe dovuto essere lì ad aiutare, ma era di nuovo andato a visitare la madre a casa. Anche gli altri tre Malandrini, notò Lily, erano assenti, ma non si sentì in dovere di frugare il castello per loro; si sarebbero fatti vivi se avessero voluto, e in caso contrario, non era certo suo dovere fare loro da balia.

E quindi, Lily scivolò sulla panca con Mary e Donna, lasciando lo spazio giusto per una o due persone per sedere tra lei e la fine della fila. Si appoggiò indietro sullo schienale, incrociò le braccia, e aspettò che quella cosa cominciasse.

Alla fine, un mago grassottello con le gambe storte si avvicinò alla parte anteriore della sala, dove di solito vi era il tavolo degli insegnanti, ma che era stato rimpiazzato con un semplice podio. Si stava colpendo la gola con la bacchetta—senza dubbio per amplificare la sua voce—quando il posto libero alla destra di Lily divenne improvvisamente occupato.

Da Luke.

Dove cavolo sei stato?” chiese Lily, proprio mentre il mago più avanti iniziava a parlare.

Sono molto lieto di essere qui a parlare a tutti voi questa sera...”

Al villaggio,” mormorò Luke, così che solo Lily potesse sentirlo. Tenne gli occhi sul relatore, comunque, e questo frustrò ancora di più la strega.

Va tutto okay?”

È tutto a posto,” disse Luke.

Pensavo che forse avesse ricominciato a sanguinare o...”

No, sta bene.”

Lily aspettò ulteriori spiegazioni, ma quando non arrivarono, insisté: “Perché non sei tornato? Hai detto tu di incontrarci all'ora di pranzo. Sarebbe stato carino sapere che stavi bene...”

Mi dispiace, Lily,” interruppe bruscamente il mago. “Volevo spendere più tempo con...lui. Abbiamo passato il pomeriggio a parlare, tutto qua.”

Il temperamento di Lily a quel punto si incendiò. “Perché non hai mandato un gufo?”

Noi...Io... ero preso da altre cose. Scusa.” Parlò con tono più morbido ora, ma Lily non era facile da scoraggiare. Guardò attentamente il profilo di lui, cercando di leggerlo.

Sai che capisco che tu voglia parlare con lui,” iniziò lei. “Ma sono passate ore. Non è da te dimenticare di scrivere.” Luke non disse niente. Lily spostò di nuovo lo sguardo sul relatore.

...Le maledizioni dovrebbero essere usate solamente in una situazione difensiva, e mai fuori dal contesto della classe qui a Hogwarts...”

Noi due avremo una seria conversazione su questa storia,” continuò poi Lily, guardando ancora avanti. “Il fatto che conosca la posizione di un fuggitivo—della cui colpevolezza sono abbastanza convinta—non va molto d'accordo con la mia coscienza.”

Luke scosse la testa. “Non la sai.”

Cosa?” Lily si girò di nuovo verso di lui, ma l'altro continuò a fissare avanti.

Non sai la posizione di un fuggitivo. Se n'è andato quasi un'ora fa.”

Pensavo rimanesse per un paio di giorni.”

Luke si limitò ad alzare le spalle. Poi, all'improvviso, a Lily tutto divenne molto chiaro.

Non ha mai avuto intenzione di restare per un paio di giorni, non è vero?” chiese, un po' più ad alta voce. Luke le inviò una specie di sguardo da “Per favore fai piano!” e, anche se l'altra continuò a parlare con la voce più bassa di un decibel o due, nel suo tono c'era del fuoco: “Aveva intenzione di andarsene sin dall'inizio. Ecco perché mi hai fatta rimanere per la notte, ecco perché mi hai chiesto di non dire niente finché non saresti tornato... perché non saresti tornato finché lui non se ne sarebbe andato! Non è così?”

Lily,” iniziò Luke con voce tremante, “Devi capire—Io mi fidavo di te. Sul serio. Ma non era la mia sicurezza a rischio. Metterei la mia vita nelle tue mani, ma...”

Non quella di tuo fratello,” interruppe lei, incapace di guardare Luke un minuto di più. “Mi hai ingannata, e mi hai raggirata.”

Non ti ho raggirata,” si difese l'altro. “E parlando di “inganno,” come chiameresti quello scherzetto che hai tirato fuori con la pozione soporifera?” Ma Lily lo stava ignorando ora. “Lily, c'erano delle cose di cui dovevamo parlare... mio padre, è malato, e Lo—mio fratello ed io non avevamo nemmeno avuto l'occasione di...”

Non mi importa,” sbottò Lily. “Avrei ascoltato tutto ciò la scorsa notte, e avrei mantenuto il segreto fino a che non avremmo avuto l'opportunità di parlarne, se me l'avessi chiesto. Ma mi hai mentito. Mi hai mentito. La cosa che avevo sempre ammirato di te era che non c'era alcun... inganno. Eri diretto e sincero e dolce e leale...”

Sono la stessa persona,” la pregò Luke. “Ti sto dicendo tutto ora, no? Lily, io ti amo, e non farei mai niente per ferirti. Volevo risparmiarti l'esame di coscienza. Volevo proteggerti.”

No, non è vero.”

Se doveste vedere qualcuno maledire un altro studente, è veramente importante che voi lo diciate a qualcuno...”

Non hai pensato affatto alla mia sicurezza,” continuò Lily con un sibilo furioso. “Se avessi tenuto alla mia coscienza o alla mia sicurezza, non mi avresti chiesto di fare ciò che mi hai chiesto di fare, e non ti saresti addormentato, lasciando la tua ragazza nata babbana sola in una stanza con il tuo fratello Mangiamorte!” Qui, si girò per incontrare i suoi occhi marroni, che erano spalancati per la sorpresa e l'orrore, come se avesse appena realizzato che tutto di ciò che aveva detto non aveva avuto alcun effetto su Lily.

Flower, mi... Non intendevo... non posso...”

Posso badare a me stessa, Luke,” replicò lei glaciale. “Non ho bisogno che tu mi protegga. Ma sarebbe stato carino se avessi fatto uno sforzo.”

Luke rimase in silenzio.

Approssimativamente metà degli occupanti di Azkaban posseggono l'uso di una 'Maledizione Senza Perdono' nella loro documentazione...”

Io ti amo sul serio, Lily,” sussurrò lui alla fine, sporgendosi e toccandole l'avambraccio—l'unica parte immediatamente disponibile, dato che le sue braccia erano incrociate con determinazione. Lei non lo guardò. Mai, da quando l'altro le aveva detto quelle parole a settembre, Lily aveva dubitato—neanche messo in dubbio, o posto delle domande al riguardo—la sincerità con cui Luke le aveva pronunciate...Ora sì.

E non fu mai meno tentata di rispondere allo stesso modo.

(Exeunt1)

Marlene se ne stava in fondo alla sala. Non aveva affatto previsto di venire, ma non c'era nient'altro da fare nella Sala Comune deserta, e quindi era scivolata dentro quando il corpulento mago mandato a parlare agli studenti di Hogwarts aveva appena iniziato quella che fu sicuramente una conferenza illuminante, ma che Marlene ascoltò solo per metà.

Ma comunque, non fu l'ultima persona ad entrare. Alice Griffiths si mosse furtivamente attraverso le porte leggermente socchiuse della Sala Grande un minuto dopo che Marlene aveva fatto la sua discreta entrata; la strega più grande si unì subito a Marlene vicino al muro.

Mi sono persa qualcosa?” sussurrò la ragazza del settimo anno sardonicamente.

Sono appena arrivata anch'io. Penso stia parlando di quanto tutti noi non vogliamo finire ad Azkaban. A quanto pare non è il luogo di villeggiatura idilliaco che pensavamo tutti che fosse.”

Ed ecco che se ne vanno i miei piani per le vacanze,” replicò Alice, e Marlene represse una risatina.

Io mi stavo dibattendo sul saltare questa cosa o meno,” continuò la strega più giovane a bassa voce. “Qual è la tua scusa per essere in ritardo?”

Compiti,” sospirò Alice. “Sono i dannatissimi M.A.G.O. Sono sicura che li fallirò tutti, e non riesco ancora a concentrarmi. Mi ci sta volendo un'eternità per finire un solo tema... e tutte le letture! È esasperante.”

Be' è bello sapere che ho questo ad attendermi,” brontolò Marlene.

Alice annuì, ed entrambe le streghe stettero in silenzio per un po' di tempo.

Se vi state chiedendo se un incantesimo è opportuno da usare, pensate—danneggia qualcun altro? Metto in pericolo altre persone? Metto a rischio la mia persona?”

Allora, Frank ha provato a parlarmi ieri notte,” mormorò a quel punto Alice.

Davvero? Cosa è successo?”

Gli ho detto che non volevo parlargli.” La ragazza del settimo scrollò le spalle. “Che è piuttosto vero, credo. Non lo so.”

Non lo sai? Perché no?”

Alice ponderò la domanda. “Non sono sicura se mi manca esattamente lui o se mi manca l'idea di lui. Sembra tutto così insignificante, però, sai, e non voglio altri drammi nella mia vita. Voglio concentrarmi sulla scuola e sull'ammissione al programma degli Auror e sulle cose che contano.”

I ragazzi contano,” disse Marlene. “Non contano quanto pensano alcune persone, ma contano anche più di quanto ritengono altre persone.”

I ragazzi, sì,” borbottò Alice. “Frank, no.” Fece una pausa. “Pensi che dovrei parlarci se ci provasse di nuovo?”

Marlene si limitò ad un'alzata di spalle. “Non so—qual è la cosa peggiore che potrebbe accadere?”

Alice sorrise debolmente. “Immagino che tu abbia ragione. Penso che andrò a sedermi—vieni?”

Non penso proprio,” disse l'altra. “Sto ancora considerando l'idea di sgattaiolare via prima.”

I libri con temi di magia oscura dovrebbero essere utilizzati solo per scopi accademici. Piuma, non bacchetta...”

Marlene osservò Alice scivolare a sedere qualche fila più in là, e mentre la guardava, la ragazza del sesto individuò una testa con spettinati capelli neri che catturò la sua attenzione. Il mago sedeva nella penultima panca, ed era uno dei pochi ad occupare la fila, quindi vi era molto spazio sia alla sua destra sia alla sua sinistra. Marlene si fece subito avanti e prese posto tra il mago e la fine della fila.

Severus Piton alzò lo sguardo sorpreso. Comunque non disse niente, e fece tornare subito il suo sguardo vero il mago del Ministero.

Lo so che sei stato tu,” disse Marlene. Percepì Piton irrigidirsi vicino a lei. “Hai eliminato il tuo viso dalla mia memoria,” continuò lei a bassa voce, “ma ho riconosciuto la tua voce.”

Alla fine: “Allora cosa ci fai qui, esattamente?” L'altro parlò in modo piuttosto calmo.

Non ho intenzione di dirlo a Silente o agli insegnanti,” continuò Marlene, gli occhi fissi in avanti. “Ma volevo che sapessi... che io so.”

Piton la guardò. “Perchè non hai intenzione di raccontare tutto?”

Marlene alzò le sopracciglia, come se la risposta fosse del tutto evidente. “Non ti ricordi quello che mi hai detto?” La ragazza convenne, dallo scintillio di riconoscimento negli occhi neri di Piton, che lo ricordava.


"Lily!"

Marlene sentì chiamare il nome dell'amica nel corridoio silenzioso e istintivamente si girò.

All'inizio, pensò di esser stata colpita con un pugno allo stomaco, e senza nemmeno esser stata cosciente della caduta, si era ritrovata per terra. In un attimo, ad ogni modo, quasi ogni suo pensiero senziente era stato bloccato dal dolore che pulsava in ogni nervo del suo corpo. Sentiva un suono martellante nelle orecchie, e tutto sembrava così rumoroso, ma non era sicura se fosse lei a urlare, o se la sua voce non funzionasse più. Annaspò in cerca d'aria.

I suoi occhi erano ridotti a fessure, ma vide due maghi venire verso di lei—uno con il braccio della bacchetta steso, e l'altro che rideva sguaiatamente in modo maniacale. Era Severus Piton, e quel suo amico—Hester o qualcosa del genere. Piton era quello con la bacchetta.

Continuò ancora. Dolore, dolore, dolore, che le infiammava il sangue e che le premeva contro le ossa, fino a che furono sicuramente sul punto di andare in frantumi... e poi si fermò. Per qualche secondo, il suo intero corpo fu preso da spasmi, e la ragazza stava giusto ricordando come ci si sentisse a non provare quel dolore lancinante, quando udì un sibilo di “Crucio!” e tutto iniziò da capo.

Seppe di non aver urlato questa volta—le era stato tolto il fiato... soffocò e si contorse e Oh, Dio fallo smettere. Tutto pur di farlo smettere.

Poi, ancora una volta, il dolore si ritirò, questa volta più lentamente e in modo meno evidente, ma questa volta era preparata, e—con lacrime pungenti agli occhi—Marlene ansimò: “Perchè fai questo?”

Il ragazzo chiamato Hester rise. “Abbiamo fatto piangere la povera Evans!”

Marlene riuscì a malapena a registrare che Hester si era rivolto a lei usando il nome sbagliato. Piton, nel mentre, si avvicinò, si inginocchiò, e mormorò: “Sai, è per lei.” Poi, le colpì tempia con la bacchetta, e ricominciò di nuovo.


Marlene si toccò leggermente la fronte. Riusciva ancora a sentire il segno invisibile dove la sua bacchetta aveva colpitocome il dolore si era diffuso nel suo corpo da quel punto, come aveva voluto reagire e afferrarlo... spingerlo via, qualsiasi cosa, ma non era stata affatto in grado di controllare i suoi arti, la sua voce...

Si fermò. Piton la stava guardando, senza dubbio in un luogo simile nella sua mente (anche se al capo opposto), ma sembrava aspettare qualche sorta di spiegazione.

Hai detto di averlo fatto per lei,” bisbigliò Marlene. “Quel ragazzo che era con teHester, giusto? Mi ha chiamata 'Evans'. Tu mi hai chiamata 'Lily', quando mi hai...” Non concluse il pensiero, per paura che avrebbe portato un altro attacco violento di ricordi non desiderati. “Pensava che fossi Lily... Non so come o il perchè, e non mi importa, ma è così, vero?” Piton non confermò né negò, quindi l'altra ritenne di averci più o meno preso. “Non ha senso il tuo esser amico con Lily,” continuò con voce tremante Marlene; “Suppongo che i tuoi amici a Serpeverde non siano d'accordo su questa cosa, con lei che è una nata babbana e una Grifondoro e tutto il resto. Credo che abbiano voluto che tu provassi la tua lealtà.”

Niente di tutto ciò spiega come mai non testimonierai” fece notare glacialmente Piton. Certamente il suo svantaggio non gli piaceva.

Perchè...” e ora c'era una punta di superiorità nella sua voce, “se uscisse fuori che hai attaccato me, sarebbe lampante ai tuoi compari che Lily non è stata attaccata. Penso che, per una volta, vogliamo la stessa cosa. Tu vuoi proteggere Lily, e nemmeno io voglio che le succeda qualcosa. Ma non è al sicuro ad essere tua amica, non è vero? Quindi le cose stanno così—finchè non succede niente a Lily, non succede niente a te. Io non ricorderò mai chi mi ha attaccato, e la tutto si calmerà. Ma tu—tu e i tuoi amici—starete alla larga. Chiaro?”

Di nuovo, qualcosa lampeggiò negli occhi si Piton, come realizzò subito di cosa si trattava. Ricatto. “Cosa mi fermerà dal fare in modo che tu non testimoni? Cancellandoti la memoria, o...”

Non sai a chi altro l'ho detto,” disse Marlene. “Non l'ho detto alla McGrannitt o a Silente, ma questo non significa che non l'abbia detto ad un altro studente. Forse l'ho fatto, forse no. Forse ho tenuto tutta questa storia per me, o forse ho detto a qualcuno di tenere d'occhio le cose, dovessi avere dei vuoti di memoria, o dovessi cambiare idea su chi mi ha attaccata.” Indurì fermamente la mascella. “Non dovrebbe essere troppo difficile per te—è una cosa che vogliamo entrambi.”

Le Maledizioni Senza Perdono in particolare conducono a stili di vita autodistruttivi e infruttuosi...”

Lentamente, Piton annuì. “A Lily non accadrà niente,” convenne.

Bene.” La ragazza si alzò e si mosse per sedersi vicino ad Alice.

Quindi, in quanto giovani maghi e streghe di oggi,” continuò a parlare il mago, “dovete chiedervi, 'È davvero questa la decisione che volete prendere?'”




N.d.t.

 

  1. Exeunt: in linguaggio teatrale, indica l'uscita degli attori dalla scena e la chiusura del sipario.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Marzo ***


 

*Angolo della disperazione della traduttrice sempre più disperata*
Non so veramente come iniziare questo angolo, perciò bando alle ciance e ben tornati a tutti! Ancora una volta, scusate il solito ritardo ma, facendola breve, c'avemo na vita. Speriamo comunque di riuscire a sbrigarci ora che esami e scuole sono finite! Ora, prima di tutto, grazie a tutte le persone che si sono iscritte al gruppo della fanfiction su facebook 
She was dramatic ϟ He was dynamic | The Life and Times EFP : ovviamente estendo l'invito a tutti quelli che vogliono entrare, vengono postati spoiler, banner, tremila prestavolto diversi e le mie farneticazioni sul pairing Logan/LilyPoi, grazie al numero sempre crescente di persone che recensiscono e seguono la storia, il feedback ci fa sempre bene al morale xD
Mi pare che gli avvisi siano finiti qui, perciò passo alle note più tecniche: all'interno di questo capitolo, troverete vari passaggi del dialogo di Lathe che passano dal “lei”, al “tu”. Questa è una scelta propriamente stilistica, dato che il lei non è espresso in inglese se non per varie sfumature espressive. Abbiamo cercato di rendere il discorso a seconda del tono e dai termini usati nelle frasi di Lathe: quando era più distaccato e professionale abbiamo usato il “lei”, quando era più informale abbiamo usato il “tu”. Perciò ecco spiegati i vari cambiamenti di registro che troverete.
Per ulteriori note, troverete tutto spiegato a fine pagina ;)
Buona lettura a tutti e alla prossima!
March_Hare


Recap: Ad un Auror di nome Lathe è stato incaricato di investigare sui sospetti tentativi di “suicidio” a Hogwarts. Dopo aver abbandonato questo caso, è stato incaricato di cercare il potenziale Mangiamorte Logan Harper. Luke, il ragazzo di Lily, la porta al villaggio per aiutare il fratello Logan, che è statp ferito. Sirius scopre che suo zio, il Professor Alphard Black, sta morendo ed è furioso per il fatto che gli stia stata tenuta nascosta quest’informazione. La deliziosa Carlotta Meloni è responsabile per la rottura tra Frank e Alice. Donna ha una “relazione” costante con un Corvonero di nome Charlie, il quale avrebbe però una ragazza.

 

Capitolo 18 – “Marzo”

O

"You Can't Always Get What You Want"

 

Stava per farla finita.

Il giorno successivo alla partenza di Logan Harper, Lily era decisa a mettere fine alla relazione con suo fratello. Le aveva mentito, era stata manipolata, era stata usata, e cosa peggiore di tutte, non pensava che Luke avesse davvero capito di avere qualche colpa in tutto questo. Perciò dopo un’altra notte insonne (era troppo arrabbiata per calmarsi), Lily attraversò da sola la Sala Grande, preparata emotivamente e razionalmente a troncare ogni legame romantico con Luke Harper.

Quello a cui Lily non era preparata né emotivamente né razionalmente era ciò che incontrarono i suoi occhi al tavolo dei Corvonero. Luke fissava in basso, il suo viso era impossibile da vedere, e diversi suoi compagni erano affollati attorno a lui. Una ragazza stava ricacciando indietro le lacrime. Lily mandò un’occhiata interrogativa al migliore amico di Luke, un ragazzo riccio del settimo anno.

“Suo padre” mormorò il Corvonero. “Sai che era malato…?”

Lily capì il resto prima che le venisse detto.

Luke non andò al funerale. Sua madre non voleva che perdesse delle lezioni così a ridosso dei M.A.G.O. e aveva detto che non ci sarebbe stato questo gran raduno familiare, dato che già un fratello era assente per forza di cose. Luke voleva andarci, ma l’insistenza di sua madre lo tenne a distanza. Perciò rimase a scuola e Lily stette con lui durante alcune delle sue settimane più tristi.

Febbraio divenne Marzo, la neve era tutto tranne che sciolta e Corvonero aveva perso contro Serpeverde, indirizzando Grifondoro verso La finale di Quidditch contro Serpeverde. Il cielo era grigio e la pioggia teneva tutti, tranne gli infelici studenti di Erbologia, dentro il castello, ma la vita andava avanti come al suo solito.

 

(I Can't Get No Satisfaction)

“Signorina Sevoy,” cominciò Alice Griffiths, con voce tremante. “Lei è una donna ragionevole. Io sono una donna ragionevole. Tutto quello che le sto chiedendo, è che lei chieda a quelle odiose, rumorose, pettegole quindicenni di andarsene dalla biblioteca. Non stanno lavorando. Non stanno leggendo. Non sono neanche sicura che sappiano come si legge. Che cosa potrebbero star facendo in biblioteca che sia in qualche modo produttivo? Come stanno contribuendo alla società? Come?!”

“Signorina Griffith,” ribattè la paffuta bibliotecaria dai capelli grigi con voce velenosamente dolce. “Quelle ragazze non stanno facendo niente di male. Stanno bisbigliando e bisbigliare è perfettamente accettato in una biblioteca.” Sorrise dolcemente in direzione delle ragazze del quinto anno, e una di loro sorrise di rimando, aggiungendo un piccolo cenno.

Non stanno bisbigliando!” gridò Alice.

“Signorina Griffith! Il volume!”

“Quelle non stanno bisbigliando!” ripetè Alice in un forte, furioso sussurro. “Stanno cinguettando. Come gli uccellini. Malvagi e posseduti uccellini determinati a rovinare la mia vita.”

“Rovinare la sua vita?” ripetè scettica la Signorina Sevoy. Alice annuì vigorosamente. “Come?”

Alice si sporse verso la scrivania della bibliotecaria, posandovi il libro (“Uno Sguardo Approfondito Sulla Preparazione Delle Pozioni del Diciassettesimo Secolo”) che teneva stretto tra le mani. “Signorina Sevoy, io ho bisogno di studiare. Devo completare il progetto di Pozioni che mi varrà un quarto della mia votazione entro la fine del mese. Questo significa una ridicola quantità di ricerca, usando libri che coprono appena le informazioni di cui ho bisogno. E poi, Signorina Sevoy, tra novantasette giorni, dovrò dare gli esami M.A.G.O. Devo avere un punteggio… fenomenale, e se non ci riesco, non potrò fare i test per decidere se posso o meno essere adatta al programma per gli auror. Se non entro nel programma auror, i sogni che ho costruito con cura e precisione da quando avevo sette anni, saranno distrutti, gettandomi in una spirale di ansia che mi farà dubitare di me stessa e mi farà abusare di alcool, che dunque mi porterà ad una vita di prostituzione… dove, senza dubbio, sarò molto consapevole di quelle cinguettanti quindicenni che saranno, per allora, le mie compagne di marciapiede, e poiché saranno più giovani, più scheletriche e più stupide di me, ruberanno tutti i miei affari, e io sarò costretta a fare l’impensabile…. sposerò uno di quei ricchi purosangue senza cervello che piacciono ai miei genitori. Signorina Sevoy, mi salvi da questo destino! Mi salvi da una vita da moglie-trofeo! La supplico!”

La Signorina Sevoy, ad ogni modo, non sembrava né divertita né impressionata. “Signorina Griffith, quelle ragazze non stanno facendo niente di male.” Alice lasciò cadere la testa sulla scrivania. “E per di più, se vuole il mio consiglio…”

Non lo voglio,” ringhiò Alice contro il tavolo.

“…Farebbe meglio a dimenticare questa faccenda senza senso degli Auror e sposare uno di quei maghi che piacciono tanto ai suoi genitori, se la vorranno. Non è ancora single?”

“E lei non è ancora single?” ribattè Alice, guadagnandosi un’occhiata di puro odio da parte della bibliotecaria; la ragazza del settimo anno decise che era un segnale sufficiente per andarsene. Raccolse con astio i suoi libri e si mosse il più velocemente possibile verso il tavolo delle ridacchianti quindicenni. “Furbette, siete avvisate,” mormorò a nessuna in particolare. “Il nemico ha molte facce.”

Se quella Bernice Fletcher –“ risatine “-ingrassa ancora-“ risatine “-farà crollare il tavolo di Tassorosso!”

Alice sospirò , mentre le ragazzine esplosero in una nuova ondata di risatine acute alle spese di qualcun altro. Aprì uno dei più voluminosi tomi a sua disposizione (Progresso Nelle Pozioni, Volume 13”) passando in rassegna l’indice per trovare le informazioni che le servivano.

Le ci volle un momento per realizzare che quello era, in effetti, il libro sbagliato: il capitolo finale si intitolava: “Un ultimo sguardo: 1586-1599.” Ad Alice serviva il 1600.

Sospirando, la diciassettenne si alzò dalla sedia (qualcuna delle ragazze del quinto anno smise di ridacchiare abbastanza per guardarla attraversare gli scaffali) e si diresse verso la sezione di pozioni, cercando di ricordare da quale scaffale aveva preso Progresso Nelle Pozioni, Volume 13. Lo trovò in fretta, ma scoprì anche di non essere sola nel lungo corridoio. Anche due maghi scrutavano gli scaffali: uno era un brufoloso Corvonero del suo stesso anno, e l’altro era (“Dannatamente ovvio” pensò) il ben noto Caposcuola.

“C-c-ciao, Alice,” balbettò il Corvonero.

“Ciao, Terrence,” rispose Alice stancamente. Le sembrava di aver notato Frank sogghignare un pochino, ma era difficile da dire, dato che aveva sepolto il viso dentro un libro. Comunque era troppo stanca per preoccuparsene.

“S-s-stai cercando un l-libro, Alice?” Chiese il ragazzo di nome Terrence.

La ragazza si morse il labbro per mantenere la sua compostezza. “Certo,” rispose nel modo più dolce possibile. E dato che pensava che l'altro stesse per balbettare altre domande, aggiunse: “E tu?”

“Oh, sì! Sto facendo i compiti di P-Pozioni! S-s-sai il P-Professor Lumacorno ha detto che sono il terzo nel nostro anno di P-p-pozioni!”

“Congratulazioni.” Alice adesso era sicura che Frank stesse sogghignando. “Be', se vuoi scusarmi, devo…sai…il libro.” Indicò Progresso Nelle Pozioni, Volume 13 e fece un passo di lato al Corvonero per rimetterlo nello scaffale.

Ad ogni modo, quando fece scorrere il libro al suo posto accanto a “Progresso Nelle Pozioni, Volume 12” Alice notò che il suo successore, il Volume 14, mancava. “Dannatamente ovvio,” mormorò, afferrando il Volume 15 dallo scaffale e lanciandosi a capofitto sull’indice. Il primo capitolo si intitolava: “Il 1730: Leggi e Pozioni d’Amore.” Alice imprecò sottovoce e mise anche quel libro nello scaffale. Si voltò verso i suoi compagni nel corridoio.

“Suppongo che nessuno di voi due abbia Progresso nelle Pozioni, Volume 14, vero?”

Non ce l’avevano. Alice si sarebbe mentalmente congratulata con se stessa per come stava gestendo la vicinanza con il suo ex-fidanzato, se non fosse stata così concentrata sull’essere infuriata per il fatto che il libro di cui sicuramente aveva bisogno per finire la sua ricerca non si vedeva da nessuna parte.

“Dannatamente ovvio che non ci sia” disse di nuovo lasciando cadere le braccia. La strega strisciò lentamente verso la fine degli scaffali e sbirciò dietro l’angolo per guardare la Signorina Sevoy. Terrence la stava guardando divertito, ma ad Alice non importava affatto. Non osava nemmeno dare un’occhiata periferica per vedere che cosa Frank pensasse del suo strano comportamento…

“Che cosa sta facendo?” chiese lui all’improvviso, suonando un po’ divertito.

“Sto osservando il nemico,” replicò Alice con dignità. “La Signorina Sevoy,” chiarì di fronte alle espressioni stupite di Frank e Terrence. “Mi odia.”

“Hai appena suggerito che fosse una vecchia zitella,” sottolineò Frank. Alice si accigliò.

“Hai sentito?”

“Lo hai urlato.”

“Non l’ho urlato.”

“Non ha urlato,” la difese lealmente Terrence. Alice si illuminò. Frank scosse la testa e ritornò al suo libro. Il Corvonero guardò in mezzo a loro. “Uscite ancora insieme?”

Entrambi arrossirono.

“Vado a chiedere alla Signorina Sevoy del libro,” annunciò Alice, girando i tacchi diretta alla scrivania. Il fatto che preferisse un altro confronto con la bibliotecaria testimoniava quanto fosse imbarazzante quella situazione. Si avvicinò con cautela alla scrivania, e l’altra strega non alzò lo sguardo dalla pergamena dove stava scrivendo con una piuma. “Signorina Sevoy?” tentò di iniziare la ragazza del settimo anno.

“Mmm?” sbottò l’altra. Considerando che quello non era altro che un suono consonantico, era riuscita ad esprimere una grande quantità di astio.

“Ehm… avrebbe… c’è una copia di Progresso Nelle Pozioni, Volume 14 qui?”

Senza batter ciglio: “No.”

“No?”

“No.”

“Non c’è?”

“No.”

“Ma c’è il Volume 13.”

“Sì.”

“E il Volume 15…”

“Sì.”

“Ma non il Volume 14.”

“No.”

Alice aspettò una spiegazione. La Signorina Sevoy continuò a scrivere sulla sua pergamena. “Quindi…non abbiamo ordinato il Volume 14...e basta? Pensavo… saltare il 1600…. a nessuno interessa saperne… anche se ci furono diversi sviluppi molto importanti…come le Leggi di Golpalott, sulle quali sto facendo il mio compito… un compito che vale il venticinque per cento del mio vo- l’ho già detto?”

“Signorina Griffith, non abbiamo il Volume 14,” disse la Signorina Sevoy alzando lo sguardo con impazienza. “È stato rubato.”

“Rubato.”

“Sì.”

Alice si accigliò. “Chi diavolo ruba ‘Progresso nelle Pozioni?’ È letteralmente l’ultima cosa al mondo che ruberei mai!”

“Il volume, signorina Griffith!”

“Bene…” continuò Alice più calma, “Posso… ordinarlo o qualcosa di simile?”

La Signorina Sevoy annuì. Tirò fuori un pezzo di pergamena dalla scrivania e lo fece scivolare verso Alice. “Questo è il modulo per fare l'ordine. Ci vorranno tre settimane.”

“Tre settimane? Scusi– tre settimane? Potrei materializzarmi a Diagon Alley e averlo in circa due minuti!”

“C’è una procedura, signorina Griffths.”

Guardando la Signorina Sevoy che adesso sorrideva, Alice prese il modulo e tornò al suo tavolo, mormorando sgradevoli parole sottovoce. Si sedette al tavolo, e scrisse le rispose alle domande sulla pergamena. Sperava che la Signorina Sevoy avesse mentito sulla faccenda delle tre settimane… Il Professor Lumacorno aveva particolarmente raccomandato la serie di “Progresso nelle Pozioni” per l’argomento della loro relazione…

Una volta che la pergamena fu restituita alla Signorina Sevoy, Alice si sedette per fare il resto dei suoi compiti. O almeno ci provò.

Hai visto Sirius Black sabato scorso?” una delle ragazzine moleste del quinto anno fece una risatina ad un'altra; “Con la camicia grigia…Lo so, è un sogno, non credete?”

Io sono più una da Potter, ma prenderei un Black con panna montata1 ogni giorno…”

Mmm… Sheryll, tu sei veramente uscita con Black. È vero che è…?”

Alice si sforzò di metterle da parte, ma scoprì che la sua mente si ribellava. Certo, anche lei aveva voluto la classica conversazione “Potter o Black” con le sue amiche… ai dormitori quando avevano bevuto appena un po’ troppo, ma quella era la biblioteca nel bel mezzo di sabato pomeriggio e, dannazione, Alice aveva dei compiti da fare!

Comunque, Black e Potter erano persone, panna montata o no. Se un gruppo di ragazzi fosse stato ascoltato per sbaglio parlare di ragazze in quel modo, le cinguettanti ragazzine del quinto anno si sarebbero tutte sollevate con giusta –sebbene in qualche modo falsa– indignazione. Alice guardò la pagina stampata del libro davanti a lei, raccogliendo tutta la forza per ignorare i bisbiglii che fluttuavano attraverso la biblioteca silenziosa. Ci sarebbe anche potuta riuscire, forse, se non avesse all’improvviso captato il nome del suo ex-ragazzo.

Hai visto Frank Paciock passare di qui poco fa?”

Alice fece uno sforzo combinato per non alzare lo sguardo.

Mmm” replicò una delle altre ragazze. “È sempre stato un sogno… facile da mancare al primo sguardo, ma se si va a guardare bene…”

Oh, l’unica ragione per cui non veniva mai notato era Alice Griffiths,” disse l’altra. “Sono stati assieme così a lungo che ci è dimenticati che possono esistere separati.”

Si, ma sono stati separati per mesi, e lui non è uscito con nessun altra. Ho sentito che lei è stata a letto con Sirius Black…”

Alice arrossì. Maledetta Fabbrica di Pettegolezzi di Hogwarts.

Per favore, è solo una voce.” (“Grazie mille” pensò Alice.) “Come se Black potesse mai guardare una come Alice Griffiths…” (“Stronza.”)

Shh” zittì una di loro. “È proprio laggiù! E comunque è una cosa molto cattiva da dire… Alice è una ragazza carina.”

Non essere sciocca, Prudence. Sta leggendo. Non sta ascoltando. E non può sentirci laggiù a quella distanza…”

A proposito,” intervenì con fare furtivo, “Pensavo che tu avresti potuto avere qualcosina con Frank, Pru. Siete sembrati incredibilmente a vostro agio dopo l’incontro dei prefetti.”

Oh, taci. Siamo solo amici.” Ma Alice aveva sentito quel modo di dire “solo amici” molte altre volte prima. Sembrava sempre che ci fosse un implicito “per adesso” appeso sul finale.

Per adesso” disse una ragazza. Oh, meraviglioso, ora non era neanche più implicito. “Ad ogni modo staresti meglio tu con lui di Alice Griffiths. Che cosa ci vede comunque in una ragazza fanatica dei libri come lei?”

Lo so, non ti pare?”

Sul serio.”

Alice strinse i pugni, diventando molto rossa in faccia mentre tentava di reprimere alcune urgenze omicide che sembravano crescere dalle sue viscere.

Penso che voglia fare qualcosa nel Ministero dopo il diploma… è per questo che è così preoccupata per la scuola. Non so –tipo come Auror o qualcosa del genere.”

Per favore. Le streghe difficilmente riescono ad entrare nel programma per diventare Auror…”

Quella fu la goccia che fece traboccare la decisione di Alice. “Dannazione, sono proprio qui, sapete!”

--

“E questo è il motivo per cui sono stata bandita dalla biblioteca” Alice concluse cupamente il racconto della sua storia, un’ora e mezza dopo. Era sdraiata sul letto di Marlene Price, circondata da quattro delle ragazze del sesto anno e dalla sua amica del settimo, Hestia Clearwater. “Per tre intere settimane! Come cavolo riuscirò a fare i compiti adesso? E ho anche il progetto di Lumacorno da finire e…”

“Controlleremo noi ogni cosa di cui avrai bisogno,” promise Lily, dando con comprensione piccole pacche sulle spalle dell’amica. “La signorina Sevoy è una… orribile, orribile persona.”

Persino Donna fu d’accordo. “Viscida stronza,” mormorò. Bandire qualcuno dalla biblioteca era, ai suoi occhi, la più grande malvagità possibile. “Una volta ha detto che la ragione per cui non ho un ragazzo è perché passo troppo tempo a litigare. Che razza di banshee infernale è?”

Le altre ragazze mormorarono la loro approvazione, e Alice si mise a sedere con un espressione preoccupata. “Lily,” cominciò pensierosa, “tu sei un prefetto.”

“Vero.”

“Eri all’ultimo incontro dei prefetti, non è vero?”

“Sì.”

Alice si accigliò. “Frank si sta vedendo con Prudence Daly?”

“Ehi, questa la so io!” gridò Mary, saltellando da un piede all’altro e alzando la mano agitata, come se aspettasse di essere chiamata. “Io ho sentito che lei va matta per lui, ma non c’è alcuna notizia di reciprocità, eccetto per il fatto che hanno chiacchierato dopo due recenti incontri dei prefetti e che lui si è soffermato a parlare con lei dopo Erbologia.”

“Dovresti tenere una rubrica.” Disse Marlene pensosa. “Comunque” aggiunse, questa volta verso Alice, “Che cosa importa se Frank si vedesse Prudence Daly?”

Importa?!” gridò Alice, sconvolta. “Certo che importa! Non può uscire per primo con qualcuno! Se ha una ragazza prima che io abbia un ragazzo, vince!”

“E che cosa mi dici di Carlotta?” volle sapere Donna

“No,” si inserì Mary. “È uscito con lei solo una volta, tutto qui, ma non hanno mai avuto una relazione.”

“Questa non è una notizia.”

Tu non sei una notizia.”

“Molto maturo.”

“Smettetela,” Lily fece con calma da arbitro. “Comunque, Alice, che cosa mi dici di Sirius Black?”

“Io non sono uscita con Sirius Black,” sospirò la ragazza del settimo anno. “Abbiamo parlato alcune volte e flirtato. Non siamo neanche mai usciti. Madre di Merlino-!” Diventò molto pallida. “Che cosa succede se Frank pomicia prima di me? Oh se entra in azione prima che lo faccia io, ha sicuramente vinto!”

“Allora prenditi un ragazzo,” suggerì la pragmatica Hestia Clearwater.

“Ma io non voglio un ragazzo. Non ho tempo per un ragazzo.”

“Allora non prenderti un ragazzo,” disse Lily.

“Ma se pomicia prima di me?”

La maggior parte delle ragazze sospirarono, ma Donna si sedette sul letto. “Allora pomicia con qualcuno,” le consigliò, “Prendi un ragazzo, buttalo in un armadietto, e fatti togliere la maglietta.”

“Ti sentirai meglio” concordò Mary saggiamente.

Lily alzò gli occhi al cielo. “Gente, voi date dei pessimi consigli. Prendersi una malattia da un qualche equivoco giocatore di Quidditch in un armadietto delle scope non è un buon modo per ‘battere’ il tuo ex-ragazzo.”

“Non ho mai specificato che fosse un giocatore di Quidditch,” si difese Donna.

“No,” disse Mary. “Ma era implicito.”

“Sì” annuì Marlene. “Un giocatore di Quidditch sarebbe certamente meglio.”

“Sì,” asserì Hestia.

Lily sospirò. “Voi vaneggiate.”

 

(Torn and Frayed)

“Punizione, signor Black,” disse severamente la McGranitt, appena suonò la campanella che segnava la fine della lezione.

“Per me va bene,” sbottò Sirius. Prese la sua borsa dei libri e uscì dalla classe prima che il resto dei suoi compagni si fosse alzato dalle sedie. James, Remus e Peter si affrettarono a seguirlo.

“Padfoot!” ansimò Remus, quando lo raggiunsero. “Che cosa significava quello?”

“Che cosa significava quello, cosa?” rispose Sirius sgarbato.

“Fare l’imbecille con la McGranitt! Una cosa è prendersi una punizione perché si fa casino, ma tu stavi semplicemente facendo il saccente. E sei stato anche maledettamente irresponsabile –sei fortunato che tutto quello che ti ha fatto è stato darti una punizione dopo averla insultata come…”

“Hai finito, Mamma?” abbaiò Sirius. “Perché ho un'ora libera adesso e preferirei godermi una sigaretta.” Con questo andò giù per le scale. Gli altri tre Malandrini sarebbero rimasti attoniti, se quel comportamento sgarbato del loro quarto amico non fosse diventato un accadimento regolare nelle ultime tre settimane. Perciò, anziché proferire in esclamazioni di sorpresa, i tre maghi rimasero in silenzio per diversi secondi, finché James non mosse il dito indice verso la punta del naso e disse quello che tutti stavano pensando.

“Nose goes2

“Nose goes” Ripetè Remus imitando il gesto di James un secondo prima che potesse farlo Peter.

“Maledizione!” imprecò Wormtail. “Non è giusto. Rifacciamolo.”

“Non credo,” disse James, lasciando cadere le braccia. “Hai perso. Devi andare tu a parlargli.”

“Ma tu sei il suo migliore amico,” sottolineò Peter.

“Ma,” replicò James, “Io sono nel doloroso e complesso processo di smettere di fumare. Sarebbe dannoso per me unirmi a lui adesso… Potrei tornare sui miei passi.”

“Ma,” continuò Peter, “Moony è molto più bravo a parlare alle persone!”

“Questo non importa,” disse Remus indignato. “Le regole del Nose Goes sono semplici e precise. Hai perso. Devi andare tu.”

“Facciamo una votazione.” Insistè Peter

“D’accordo, “ disse James. “Io voto Wormtail.”

“Approvato” Disse Remus

“Maledizione,” disse Peter. “Va bene. Ma voi due portate i miei libri in Sala Comune.” Si tolse la borsa dei libri e attese con aspettativa che uno dei due l’afferrasse. I due Malandrini si guardarono stancamente. Poi…

“Nose goes” disse James.

Maledizione,” imprecò Remus.

 

(Silver Train)

“Sei distante stasera”, osservò Luke con leggerezza. Era seduto con la sua ragazza in biblioteca, sul tardi, una sera di metà marzo. Lily avrebbe potuto considerare un commento del genere particolarmente acuto, se non altro per il fatto che era stata “distante” almeno per una settimana, e quella era la prima volta in cui lui lo notava. Le pile di libri formavano una barriera tra il ragazzo del settimo anno e la ragazza del sesto, mentre i due erano quasi del tutto presi dai loro compiti. Per Luke, naturalmente, si stavano avvicinando i M.A.G.O., e i professori di Lily sembravano massacrare eccessivamente le loro classi del sesto anno, dato che per loro il fatto che non dovevano sottoporsi agli esami standard (G.U.F.O. o M.A.G.O.) significava dover svolgere cinque volte la quantità di lavoro regolare. Come conseguenza, Lily pensò che probabilmente si sarebbe sentita in qualche modo distante dal suo ragazzo quella sera, anche se le circostanze fossero state diverse (persino se lei non avesse avuto quella noiosa, fastidiosa sensazione alla bocca dello stomaco, a cui aveva un disperato bisogno di dare un nome).

“Ho solo tanto da fare”, mormorò, senza alzare lo sguardo dal suo manuale di Trasfigurazione. Luke si aprì un varco nella barriera di libri e le sfiorò la mano (lo faceva sempre più spesso ultimamente, e la ragazza non si era ancora abituata a questa fisicità improvvisa).

“Possiamo parlare un momento?” chiese gentilmente il Corvonero. Lily posò la sua piuma e annuì. Guardò Luke in attesa, aspettando il seguito della conversazione sul padre di Luke. Fu perciò ancora più sorpresa quando Luke strinse più forte la sua mano e disse, in tono sincero: “Grazie.”

“Prego. Ma per cosa?”

Luke esitò. “So che… ci sono delle cose che probabilmente vorresti dirmi, e che non mi hai detto. Mi sei stata vicina e io… ehm… te ne sono grato.”

“Oh.”

“E credo che a questo punto tu voglia parlarmi… e sono pronto per ascoltarti.”

Lily era di un’altra idea. Se Luke avesse saputo che tipo di conversazione avrebbe voluto iniziare lei, non l’avrebbe incoraggiata in quel modo. Quindi Lily credeva –e non aveva torto- che con “pronto per questo”, Luke intendesse tutta un’altra conversazione: un discorso su tutto quello che era successo tra Luke, Lily e Logan quel fine settimana di quattro settimane prima. Era abbastanza incoraggiante il fatto che Luke si fosse rifiutato di lasciar scomparire del tutto quelle cose, e così, piuttosto che dirgli cosa davvero aveva in mente, e piuttosto che mentire del tutto (protestando che non c’era davvero nulla che non andava), Lily gli disse schiettamente: “Ti ho sentito parlare con tuo fratello quella mattina.”

La faccia di Luke si fece pallida.

“Logan ha parlato di un’offerta che ti ha fatto”, proseguì lei con voce sicura. “E ti ha chiesto se ci avessi pensato. Hai detto di no, e lui ha detto di aver bisogno di un’altra bacchetta.” Lily attese un qualunque tipo di reazione, anche un rimprovero per aver origliato, ma non ne ottenne nessuna. “Che cosa significa tutto questo? Che cosa ti ha offerto Logan?”

Per un po’, il Corvonero rimase in silenzio. Poi rispose, con tono abbastanza calmo: “Logan voleva il mio aiuto per un qualche lavoro a Londra. Si è messo a lavorare per una qualche compagnia in città, e mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto fare un po’ di soldi, tutto qui.”

Anche lui ci credeva. Lily non si era mai accorta quanto fosse facile leggere Luke Harper, finchè non aveva iniziato a provarci. I suoi occhi rotondi e castani lo tradivano ogni volta, e ora stava dicendo la verità senza alcun dubbio – era così, stava riportando ciò che credeva. Quindi, anziché far notare in quanti modi diversi si potesse smontare la bugia di Logan Harper, Lily chiese con un filo di voce: “Hai intenzione di farlo?”

Luke non esitò a scuotere la testa questa volta. “Logan è mio fratello…e penso che -so che lui è immischiato in qualcosa. Non è colpa sua, ne sono sicuro, ma Logan… Logan è sempre stato un ribelle, ed io non voglio essere coinvolto in tutto questo.”

Lily annuì lentamente.

“Voglio” continuò Luke, “stare qui con te. Voglio che tu sappia che non sono una persona cattiva, Lily. Voglio che tu mi guardi come facevi una volta. So che mi sono comportato male…non sono stato gentile con te, e tu avevi ragione. Logan, lui mi influenza, perché è mio fratello. È molto facile credergli, ma so che non sono stato obiettivo, e che tu stavi solo cercando di fare ciò che era giusto.”

Fece una pausa e poi continuò: “In ogni momento da quando è morto mio padre, tu per me ci sei sempre stata, e io sono stato in grado di prendere in considerazione un paio di cose. Sono riuscito a vedere la realtà dalla tua prospettiva. Mi dispiace davvero per il modo in cui sono andate le cose, e ti sono veramente grato per il modo in cui mi sei stata vicina in queste ultime settimane.”

Le strinse la mano, e Lily ancora una volta rimase colpita da quell'insolito atteggiamento. Le sue mani erano calde e morbide, ma erano in qualche modo diverse. Non suscitavano alcun brivido lungo il braccio di Lily. Il battito del suo cuore rimaneva calmo. Il calore non si mostrò sul suo volto. Non sentiva niente. Mentre tutto questo le accadeva, Lily rimase in silenzio, facendo sì che Luke continuasse, con gentilezza e sincerità: “Puoi perdonarmi, Flower?”

Non poteva dire onestamente “no”. Non era arrabbiata. Non sentiva niente; solo apatia, con un impercettibile tocco di compassione. Lily incontrò il suo sguardo (niente), e poi tirò indietro la mano, prendendo la sua piuma per tornare ai suoi compiti.

“Certo”, disse rapidamente.

 

(Beast of Burden)

Una volta Mary le aveva detto che le prostitute non baciavano sulla bocca.

Quindi quella era una differenza, rifletté Donna con gratitudine, entrando in punta di piedi nel dormitorio femminile a tarda ora un sabato notte. E non si faceva pagare, e quella era un'altra.

Donna chiuse la porta del bagno e afferrò lo spazzolino, facendo scorrere l'acqua fredda sulle setole e sperando che nessuno si svegliasse.

Bacio o non bacio, si sentiva comunque una specie di prostituta, uscendo di soppiatto in quel modo. Charlie la stava usando per... qualcosa, e lei lo stava usando per... qualcos'altro. Certo, Donna immaginò che se fosse stata veramente una “professionista”, non avrebbe sentito quello strano nodo allo stomaco ogni qual volta le capitava di vedere Cassidy Gamp—la riccia e lentigginosa ragazza di Charlie.

Le ragazze come Cassidy frustravano Donna come non mai. Erano il tipo di ragazze a cui importava di più del lucidalabbra rispetto all'esercitarsi con la bacchetta e dei ragazzi rispetto al proprio futuro... un po' come Mary, eccetto che Mary riusciva più o meno a farsi apprezzare dalle persone, se si era costretti a condividere un dormitorio con lei per sei anni. Ad ogni modo, Mary dopotutto non era totalmente stupida come Cassidy. Mary si sarebbe accorta (o avrebbe immaginato) che il suo ragazzo si stava dando da fare con qualcun altro dopo più di un mese di scuse penose e alibi assolutamente patetici. Cassidy, invece, non ne aveva la più pallida idea.

Mentre finiva di lavarsi i denti, Donna realizzò che aveva appena difeso Mary Macdonald nella sua testa. Imperdonabile. Si stava decisamente rammollendo. Prese un asciugamano e cercò di scacciare dalla sua mente quelle assurdità.

Charlie Plex era solo un ragazzo, e Donna Shackebolt importava poco per lui come lui importava poco per lei.

Piuttosto, Cassidy doveva esserle grata. Il suo ragazzo era sicuramente di umore migliore ora che aveva un'occasionale (più che occasionale) scopata, e probabilmente era più semplice per lui quando lei voleva “parlare”, considerando che aveva un'altra che non solo preferiva una buona scopata a una conversazione sdolcinata sui sentimenti, ma anzi esigeva che la loro relazione includesse esclusivamente la prima attività citata.

Togliendosi i vestiti, Donna aprì il rubinetto e si portò sotto il getto d'acqua calda. Merlino, era una sensazione fantastica. Nel corso degli anni Donna aveva scoperto che non si riusciva proprio ad essere infelici riguardo qualcosa durante una doccia calda, e aveva concluso in questo modo ogni giorno per settimane.

Non che Donna fosse infelice. Semmai il contrario. Tutto lo stress—la pressione di essere la migliore di due materie così da avere un'occasione migliore per diventare Caposcuola, gli infiniti impegni del Quidditch, le lettere da casa che informavano che il suo fratello minore aveva quasi fatto scappare via un'altra governante, gli articoli sui quotidiani riguardo gli Auror morti e la consapevolezza che in qualsiasi giorno, Kingsley si sarebbe potuto unire a quel numero—tutto fuso insieme in un breve lasso di tempo. No, fuso non era la parola giusta. Più... divampato. I suoi piccoli drammi aveva preso fuoco e lei ora non sentiva niente, non sapeva niente, e Merlino, che liberazione. Come volare o correre, solo meglio...

Certamente valeva la pena soffrire un po' di stress nell'angolo più remoto della sua mente, pensò Donna, mentre l'acqua rendeva i suoi fitti ricci pesanti e lunghi. Certamente valeva la pena provare quella strana sensazione che la infastidiva ogni volta che si trovava di fronte Charlie e Cassidy (né gelosia né senso di colpa, giurò lei). Certamente si meritava tutto ciò.

Già.

Il profumo dello shampoo alla pesca e del sapone riempì la doccia invasa dal vapore. Per pochi interminabili momenti, il mondo intero sbiadì.

"Donna?"

Donna chiuse l'acqua. Era la voce di Lily, roca dal sonno.

“Ehm... sì?”

Donna afferrò l'asciugamano, se lo avvolse intorno al corpo e scostò la tenda che oscurava la doccia.

“Donna, tesoro, sono le tre del mattino,” gracchiò Lily, strizzando gli occhi alla luce fastidiosa del bagno. Aveva in mano un bicchiere d'acqua, senza dubbio il motivo della sua escursione. “Sei appena tornata?”

“Abbiamo fatto tardi a Quidditch,” disse fiaccamente Donna, e poi, realizzando quanto avesse poco senso quella scusa (dopo tutto, avrebbero potuto difficilmente fare le tre del mattino), aggiunse: “E poi ho fatto i compiti.”

E poi sono uscita di soppiatto per farmi un cretino chiamato Charlie.

Disse quasi anche questo.

“Oh. Va bene.” Lily mandò giù l'acqua. “Controlla che Ira non rimanga chiuso qui dentro.” E poi la rossa tornò faticosamente nel dormitorio. Donna si guardò intorno cercando il gatto di Lily, Ira, per poi trovarlo seduto in un angolo. Sospirando, la strega seguì i passi dell'amica verso il dormitorio, spegnendo la luce e lasciando la porta aperta dietro di lei.


(It's All Over Now)

Circa a metà della sua condanna all'esilio dalla biblioteca, Alice non aveva ancora ricevuto notizie sull'arrivo de Progesso nelle Pozioni, Volume 14, e la ragazza si stava impegnando per farsi bastare gli altri libri di Pozioni che riusciva a scroccare da Lily, Hestia o chiunque altro.

Una sera stava sedendo nella Sala Comune con una pila di libri che le erano stati consegnati da Marlene Price, cercando di trovare una data particolare e fallendo miseramente nel tentativo.

'Ventidue Cose Che Non Sapevi Sulle Pozioni,' di Robard Stirlop”, disse una voce all'improvviso, facendo saltare sul posto la strega. Quest'ultima sospirò, mentre Frank Paciock posava il libro con quel titolo in cima alla pila preesistente. Dato lo sguardo interrogativo di Alice, aggiunse: “È il libro che hai chiesto, no?”

“È il libro che ho chiesto a Remus Lupin, sì,” rispose lei.

“Lo so. Era impegnato con qualcosa e mi ha chiesto di portartelo. Scusa.” Alzò le spalle e fece per andarsene.

“Frank. Aspetta.”

Il Caposcuola si fermò. Alice mise da parte i suoi libri. “Vuoi—ehm—vuoi mica sederti per un minuto?”

“Ehm... okay.”

Prese posto su una sedia a distanza di sicurezza, vicino al fuoco.

“Senti,” iniziò Alice in modo incerto, “Sono stata sgarbata con te... quando mi hai chiesto di parlare.”

“È stato più di un mese fa, Al...”

“No, lo so, ma... in caso non l'avessi notato, non sempre agisco tempestivamente. Comunque, non c'è motivo per non... parlare di qualsiasi cosa tu debba dire. Ormai quello che ci è successo è vecchio di mesi, e penso che siamo entrambi andati avanti, e... cioè, non è più una cosa importante, no?”

Era una domanda retorica, questo lui l'aveva capito, con grande sollievo di Alice. “A dire il vero,” disse lui, “non riesco nemmeno a ricordare cosa volevo dirti a dirla tutta... era... cioè, era tardi, e... ad ogni modo, capisco che tu non abbia avuto voglia di parlare.”

“No, ma non avrei dovuto rispondere in quel modo,” replicò lei.

Stettero entrambi in silenzio. “Credo,” continuò finalmente Frank, “che se dovesse esserci qualcosa che vorrei dire, sarebbe probabilmente solo... sarebbe solo scusa.”

"Oh."

Non credo di averlo mai fatto... nel modo giusto. Cioè—la sera in cui ti ho raccontato tutto, credo di aver detto le parole 'Mi dispiace', ma... non ho considerato che in quel momento non volevi sentirmi, quindi...” Frank arrossì ed evitò gli occhi di lei. “Mi dispiace sul serio, Alice. Ho commesso, sai, degli errori, e non so se ti ho mai assicurato che niente di tutto ciò è stato a causa tua. Sono stati i miei sbagli, i m-miei difetti—non i tuoi.”

Alice annuì lentamente. “Questo è... grazie. Ma non potevo essere perfetta, Frank. Deve esserci stata un motivo...”

Certo che c'era un motivo! Il motivo era che sono stato un idiota. M-ma, Alice, non sei mai stata nient'altro che perfetta. Davvero.” Il ragazzo incontrò il suo sguardo. Il cuore di lei perse un battito, e il suo stomaco si rivoltò nervoso. “E anche se sono stato—confuso...per un momento lì... Ho sempre voluto solamente t-te.”

Alice questa volta evitò il contatto visivo. “Forse non sono pronta ad avere questa conversazione dopo tutto,” mormorò, sia a lei sia a Frank.

Oh, non sto cercando di—cioè, io volevo solo... volevo solo spiegarti un minimo che... che niente di tutto ciò è stata colpa tua. E che mi dispiace veramente, veramente, veramente tanto per quello che ti ho fatto passare. E se ti è di qualche conforto, ci sono passato anche io.”

“È... è di qualche conforto,” ammise lei. Frank sorrise.

“Alice,” continuò poi lui, “se tutto va bene entreremo entrambi nel programma per diventare Auror... e... io voglio provare ad essere amici. Ma se non puoi...”

“Non credo di riuscirci,” interruppe Alice. “Cioè, vorrei tanto... ma non posso.”

“No, certo.” L'altro si alzò. “Non si può sempre avere quello che si vuole, giusto?”

"Frank..."

Vedo che sei riuscita ad avere quel libro alla fine,” disse all'improvviso lui, guardando uno dei volumi sul tavolo. Alice spostò lo sguardo e vide un libro dalla copertina di pelle color castagno, con lettere dorate che ne attraversavano il dorso. Progresso nelle Pozioni, Volume 14. Gli occhi marroni di Alice si fecero molto grandi.

Progresso nelle... Da dove salta fuori? Non ho chiesto a nessuno di portarlo! Non è ancora arrivato in biblioteca... come è...?” Prese il volume. “No—non c'è l'etichetta dei libri della biblioteca di Hogwarts... e non c'è scritto a chi appartiene...” Alzò incredula lo sguardo verso Frank. “Era qui quando sono scesa un'ora fa... Non ho nemmeno fatto caso al titolo, perchè... ma... di chi pensi che sia?”

Frank scrollò le spalle (stava ancora sorridendo). “Ma chiunque lo abbia lasciato incustodito—dubito che se la prenderà se lo usi, no?”

“È nuovo di zecca,” sussurrò Alice, esaminando il libro adorante. “Non ci posso credere. E il Professor Lumacorno ha specificatamente raccomandato questa collana di libri per la mia ricerca, e... Agrippa... è semplicemente...” Forse era stato lo sfinimento di settimane cariche di compiti, le ore di studio, e lo stress generale della sua vita in quel momento, ma improvvisamente Alice si ritrovò sopraffatta dall'emozione alla vista di quel dannatissimo libro. Non pianse, ma ci andò molto vicina, mentre realizzava che anche se tutto girava nel verso sbagliato, questo piccolo pezzo del suo caotico puzzle si era sistemato al posto giusto. “...Perfetto.”

Ricordandosi di non essere sola, Alice alzò di nuovo lo sguardo verso Frank. Stava sorridendo leggermente. “Felice che tu abbia trovato quello di cui avevi bisogno,” disse lui. “Io—ci vediamo.”

 

(Gimme Shelter)

Alle sette in punto, Sirius era perfettamente consapevole di quanto era in ritardo.

Dopo aver saltato Erbologia, si era fermato alle cucine per una cena solitaria, a cui gli elfi domestici erano stati più che felici di provvedere; poco dopo, aveva incontrato Chelsea Burgought, una cosa tira l'altra e... be', ora era in ritardo. La luna si sarebbe alzata in meno di mezz'ora, e James gli aveva praticamente urlato attraverso lo specchio gemello al suo di sbrigarsi a tornare in Sala Comune.

Era in ritardo, e sapeva perfettamente che non aveva tempo per le deviazioni se voleva che il gruppo avesse fatto in tempo a scendere al Platano prima che Remus iniziasse la sua trasformazione mensile, ma Dio, col cavolo che avrebbe lasciato andare quello stupido di suo fratello dopo aver parlato in quel modo.

Regulus Black stava appeso sottosopra, per gentile concessione di un levicorpus ben piazzato, mostrando un broncio sul giovano viso. Non era niente a confronto con l'ira pura emanata dal fratello maggiore, comunque.

“Quale diavolo è il tuo problema?”

Il mio problema?” rimbeccò Sirius velenosamente; “Frequenti Thorfinn Rowle e Roland Urquhart ora? Se proprio sei alla ricerca di aspiranti Mangiamorte, non ce n'è in giro qualcuno capace di pensiero razionale?”

Fammi scendere, Sirius!”

Sirius lo accontentò; Regulus si schiantò al suolo atterrando malamente. Tirandosi su, volse con rimprovero i suoi occhi grigi sul fratello. “Non pensavo ti importasse, Sirius. Non sono tuo fratello, ricordi? L'hai detto molto chiaramente!” Sfoderò la bacchetta anticipando un ulteriore attacco. “Non vedo come dovrebbe interessarti, o perchè ti importi così tanto!”

Non mi importa di te,” rispose bruscamente Sirius. “Non me ne frega niente delle persone che hanno il mio stesso cognome che si comportano come se Hogwarts fosse loro perchè hanno un albero genealogico borioso e incestuoso.”

Regulus fece un sorrisetto. “Proprio non riesci a fartene una ragione, vero? Non riesci ad superare il senso di colpa che hai dall'essere un prodotto della mia stessa famiglia... hai lo stesso sangue, gli stessi genitori, la stessa cultura, la stessa storia... sei un purosangue esattamente quanto me, Sirius. Ci assomigliamo anche.” C'era un'aria vittoriosa sul suo viso. “La differenza è che io non sono un codardo o un traditore del mio sangue... oh... e non sono nemmeno praticamente al verde. Io non faccio affidamento sulla carità altrui.”

Sirius sferzò la bacchetta prima che Regulus avesse potuto difendersi; quest'ultimo cadde sul dorso, e anche se lo sguardo malevolo era rimasto sul suo viso, ora era unito all'evidente sofferenza nell'avere le mani legate dietro la schiena.

Io sono il codardo, Regulus? Almeno io non ho paura di rispondere alla mia mammina.”

Le hai spezzato il cuore.”

Sirius fece un verso derisorio. “Lei non ha un cuore da spezzare.”

Be', ora capisco da dove l'hai preso.”

“Bravo. È un bene che ci sia tu a raccogliere i pezzi del mondo infranto di mamma da quando sono andato via. Scommetto che ti comporti da lacchè proprio come un elfo domestico.”

“Di' quello che vuoi,” mormorò Regulus a denti stretti. “Sei nella fazione perdente, Sirius. Un giorno finirai ammazzato per questo.”

“È probabile,” convenne Sirius, beffardo. “Spero solo che muoia prima tu.” Mosse la bacchetta, e Regulus venne liberato dall'incantesimo. Il Serpeverde non si alzò subito, ma si sedette e lo gelò con lo sguardo.

“Non fa bene a nessuno essere un traditore del proprio sangue, Sirius,” disse, e suonò quasi come un avvertimento. “Guarda nostro zio, se vuoi le prove. Mamma ha sempre detto che era troppo debole per...”

Stai zitto,” interruppe Sirius, ritirando fuori la bacchetta. “Tieni quella sudicia e viscida bocca chiusa, o te la farò chiudere io.”

“Non ho più paura di te, Sirius.”

Sirius alzò gli occhi. “Non ho tempo per questo. Se ti sento ancora parlare in quel modo con Urquhart e Rowle, ne uscirai con qualcosa di più di una costola ammaccata.”

Io non ho una costola ammaccata.”

“Be', in quel caso...” Sirius tracciò un arco con la bacchetta, e Regulus volò con molta forza contro il muro del corridoio.

Un paio di minuti dopo, Sirius arrivò alla Sala Comune dei Grifondoro per incontrare—tra gli altri— un seccatissimo James e Peter.

“Finalmente,” disse il primo. “Dove sei...?” Notando l'espressione di Sirius, si interruppe e cambio sia la domanda sia il tono: “Cos'è successo?”

“Niente,” rispose con leggerezza Sirius. “A quanto pare sono un codardo e un traditore del mio sangue, ma... sai... ormai è la prassi.”

“Chi è stato?” chiese James.

"Regulus."

James annuì, corrucciandosi pensoso. “Sai,” iniziò, “penso che ne verrebbe fuori una bella maglietta: “Codardo e Traditore.” Accattivante, no? Con una bella scritta nera in grassetto, magari sopra uno sfondo grigio... e potremmo vendere dei cappellini coordinati. 'Codardo – Traditore e Fiero di esserlo.'”

In effetti suona bene, sì,” convenne Peter

Sirius sorrise debolmente. “Siete due idioti.”

Parli tu” James sorrise. “Pronti ad andare?”

“Sì.”

“Be', io ho bisogno di un mantello. Venite?”

I due lo seguirono su per le scale del dormitorio maschile.
 

(Little By Little)

Nel bene e nel male, i Malandrini avevano sempre sbalordito Lily.

Tanto per cominciare, come avevano fatto Sirius e James, al secondo anno, a convincere Clinton Bagworth di aver contratto una rara malattia e che era prossimo al letto di morte? Oppure, al quarto anno, come erano riusciti i quattro ragazzi a rimuovere ogni libro, scaffale e articolo di mobilia dalla biblioteca e trasferirlo nell'arco di una nottata—in una perfetta replica—nella stanza dall'altra parte del corridoio? E poi, come erano riusciti—nel bel mezzo della finale di Quidditch al quinto anno—a far tacere ogni tifoso della squadra avversaria con un incantesimo così complesso che ci era voluta quasi un'ora per annullarlo?

Questi erano certamente dei misteri, ma nessuno di essi reggeva il confronto con quello che avveniva il 27 marzo.

Il compleanno di James Potter.

Come era possibile che nonostante ogni singolo studente chiacchierasse al riguardo per settimane, gli insegnanti non sembravano mai avere il sentore di niente? Tra le lingue lunghe Tassorosso, gli infidi Serpeverde ed i prefetti spioni, come hanno fatto, per Merlino, a mantenere il segreto? Gli insegnanti sanno ma si vedono bene dall'interferire?

E come era possibile che nonostante l'evento fosse sempre elaborato e stravagante, i Malandrini non venivano mai visti organizzarlo? No, davvero, il 26 marzo sembrava essere un giorno qualunque per loro. I maghi poltrivano un po' in Sala Comune, ponevano poca attenzione alle lezioni, facevano uno spuntino a base di patatine e succo di zucca durante la giornata, andavano agli allenamenti di Quidditch la sera (quando erano previsti), e non lasciavano trapelare in nessun modo che la sera seguente ci sarebbe stata una caotica baldoria.

Un paio di giorni prima del grande giorno—che sarebbe caduto in un conveniente sabato—Lily si era ritrovata a riflettere silenziosamente al riguardo mentre andava a pranzo con Donna, Mary e Marlene. Avevano appena udito per caso due ragazze bisbigliare su quanto speravano di essere invitate, e Lily pensò che fosse strano che la gente si stesse preoccupando di quelle cose. Certamente questo suo dubbio poteva essere solo derivato dal fatto che l'inevitabile ubicazione della festa—la Sala Comune dei Grifondoro—le assicurava un invito, mentre ai pochi selezionati delle altre Case doveva essere furtivamente passata la parola d'ordine solo poche ore prima dell'evento. Tutta la faccenda era molto misteriosa.

Come fanno poi a sapere che ci sarà una festa?” riflettè Lily. “I Malandrini stessi non hanno fatto trapelare niente al riguardo—sono sempre così enigmatici riguardo tutta la faccenda.”

La festa ci sarà,” replicò sicura Mary. “C'è sempre una festa. Lily, cara, dov'è il ragazzo?”

L'assenza di Luke dal gruppo era un po' un'anomalia. Di recente, era stato costantemente al fianco di Lily—uno sforzo notevole, data la loro differenza di Casa e anno. Ma comunque, alla fine di ogni lezione, lui era fuori la porta della sua classe, aspettando di portare i libri di lei alla lezione o al pasto successivo. Aveva anche preso l'abitudine di sedersi ogni giorno al tavolo dei Grifondoro, e se Lily si trovava in un luogo del castello che non fosse la Torre dei Grifondoro o il bagno, lui era con lei.

“Non ne ho idea,” disse sinceramente Lily. “Non l'ho visto fuori Incantesimi. Forse è rimasto bloccato dopo la lezione.”

“Un po' ci si abitua ad averlo sempre in giro,” si inserì seccamente Donna. “È come un cagnolino.”

“Metafora appropriata,” convenne Marlene.

“Taci,” ordinò Lily. “Questa era cattiva.”

“Ma vera,” intervenne Mary.

Non mi state vedendo prendere in giro i vostri ragazzi,” disse seccamente Lily. “Oh... giusto... non esistono.”

“Ahi, qualcuno è di cattivo umore,” disse Donna. Lily si sentì subito in colpa.

“Scusa,” borbottò.

“Non ti scusare,” le disse Marlene. “Siamo state un po' cattive prima. Cinque Galeoni che Luke ti sta aspettando al tavolo dei Grifondoro.”

Fortunatamente per Marlene, nessuno raccolse la scommessa, perchè Luke Harper non era nella Sala Grande quando le ragazze arrivarono. Non si fece vedere per almeno venti minuti, a dire il vero, e quando—su richiesta di Lily—disse che non c'era niente che non andava, la ragazza capì che stava mentendo. “Ti spiego dopo,” mormorò lui, e Lily non insisté oltre.

Per come andarono le cose, comunque, Lily si informò da sola prima che Luke avesse opportunità di spiegarle alcunché. La ragazza stava uscendo dalla Sala Grande con le sue amiche e Luke, quando Mary li fermò con un'esclamazione: “Quello è l'Auror da sogno che era venuto qui a inizio anno?”

Era lui.

Gli inconfondibili occhi blu acceso dell'auror Lathe erano fissati sulla professoressa McGrannitt, mentre i due stavano all'angolo della Sala d'Ingresso, parlando in modo riservato. Lily guardò subito Luke, che borbottò: “Ti spiego dopo.”

“Pensate che abbia scoperto qualcosa su quello che è accaduto a settembre?” chiese ansiosamente Marlene.

“È probabile,” rispose frettolosamente Luke.

“Pensavo lo avessero rimosso da quel caso,” aggiunse vagamente Donna. Quest'ultima non sembrava molto preoccupata dall'accaduto, comunque, dato che aggiunse: “Io vado in biblioteca per la mia ora libera. Lily, vieni?”

“Ehm...” Lily incontrò lo sguardo di Luke. “Arrivo subito.”

Noi, nel frattempo, abbiamo Cura delle Creature Magice,” brontolò Marlene. “Forza Mary, tu non hai ancora risposto alle ultime tre domande del compito.”

“Oh—giusto! Grazie.”

Mary e Marlene si affrettarono fuori, e Lily si rivolse a Luke. “Non qui,” la pregò lui, prima di guidarla fuori dalla stipata Sala d'Ingresso e dentro una classe inutilizzata.

“È per questo che eri in ritardo?” chiese Lily una volta che furono da soli. “Lathe ha chiesto di parlarti?”

Luke annuì. “Mi voleva fare un paio di domande su Logan. Non era niente di ché—voleva solo sapere se avevo avuto notizie da Logan ultimamente.”

“E le hai avute?” chiese Lily, pronunciando ad alta voce un'altra domanda che la stava tormentando da un po' di tempo.

“Non da San Valentino, te lo giuro.”

Lily annuì.

“Penso che se ne andrà entro domani,” disse Luke, riferendosi di nuovo a Lathe. “Gli ho detto che non vedo Logan da un mese, e non ho idea di dove sia ora, e...”

Aspetta—hai raccontato tutto a Lathe?” lo interruppe Lily, sorpresa.

Certo. Lily, è del Ministero; non si può mentire ad un'autorità come quella.”

Era una cosa stranissima; se Luke le avesse detto di aver mentito a Lathe, si sarebbe arrabbiata, perchè il ragazzo avrebbe taciuto su informazioni vitali. E ad ogni modo, sentendo quella dichiarazione—che aveva raccontato tutto, perchè, insomma, Lathe era del Ministero—la ragazza sentì una strana sensazione scendere verso la bocca dello stomaco, che (e non ne era sicura) sembrava essere delusione.

Luke ignorò o interpretò male il suo silenzio, e continuò con un sospirò: “Presto sarà tutto finito. Posso andare avanti.” Incontrò lo sguardo di lei, ma non le prese la mano. “Possiamo entrambi, giusto?”

Lily non rispose, e invece chiese: “Lathe ha detto perchè è venuto qui? Cosa è venuto a cercare, a Hogwarts?”

“Me, a quanto pare,” replicò Luke. “Sono risaliti a Logan fino ad Hogsmeade e hanno pensato che mi avesse contattato.” Lily annuì. “Senti, Flower, devo andare. Ho Aritmanzia...”

“Giusto. Vai pure, allora.”

Luke lasciò la stanza, e Lily si prese qualche momento per riordinare i propri pensieri prima di seguirlo fuori. Lathe e la McGrannitt non erano più nella Sala d'Ingresso, ma non dovette interrogarsi a lungo su dov'erano. Mentre camminava verso la biblioteca qualche minuto dopo, un'esile Tassorosso si avvicinò al Prefetto richiedendo che si recasse subito all'ufficio della professoressa McGrannitt.

Un milione di scenari indesiderati si affrettarono nella sua mente, e Lily cambiò rotta verso l'ufficio della Direttrice della sua casa, solo per non trovarvi la professoressa McGrannitt, ma Lathe.

“Signorina Evans—ehm—salve,” disse a disagio l'Auror, posando una spessa pila di fogli sulla scrivania.

Era lei a volermi vedere allora?” chiese Lily, fermandosi alla porta. Lathe annuì, e la ragazza entrò nella stanza. L'Auror era appoggiato al davanti della scrivania e stava prendendo una tazza di quello che Lily intuì fosse caffè.

Sembra essere coinvolta in parecchie cose, vero Evans?” osservò Lathe, quasi colpito.

“È la mia maledizione” rispose Lily incerta. Che cosa intendeva dire con 'coinvolta'? Quanto sapeva del suo coinvolgimento con Logan Harper? “Ehm—c'era qualcosa... qualcosa in particolare che...?”

“Sì. Scusami.” Lathe si fece più pratico, posando il caffè sulla scrivania. “Non voglio tenerti sulle spine o spaventarti o che altro. Volevo solo scambiare due parole sul tuo...” cercò una parola adatta, e Lily suggerì:

"Luke?"

Lathe annuì.

“Ho sentito che lo ha già interrogato.”

“Sì, su suo fratello Logan,” disse Lathe; dopo una breve pausa, riprese: “Mi spiace, signorina Evans, si sieda.” Lily prese posto sulla sedia offertale. “Luke Harper,” continuò l'Auror in quel momento, “mi ha informato che avete visto suo fratello Logan lo scorso mese.”

Lily si sentì terribilmente in colpa per la prima ondata di panico che la raggiunse. Non aveva voluto che Luke avesse mentito (o omesso qualcosa), ma realizzò in quel momento che si era in qualche modo aspettata che lo avesse fatto—almeno riguardo il suo coinvolgimento—e si sentì molto codarda ad ammetterlo. E comunque, Luke avrebbe potuto almeno avvisarla. La ragazza del sesto anno annuì, e chiese—in quello che sperò risultare essere un tono casuale e quasi scherzoso: “Sono nei guai?”

Non proprio,” ammise Lathe, copiando il suo atteggiamento rilassato. “Il signor Harper ha detto che avete incontrato suo fratello il 14 febbraio, che avete conversato, e che poi siete tornati al castello.” Quindi Luke aveva omesso qualcosa. “È giusto?”

Lily esitò. “Ehm... in sostanza.”

“In sostanza?” L'altro alzò un sopracciglio, e la ragazza annuì. “Di cosa avete discusso voi e Logan Harper?” L'altra fece per rispondere, ma Lathe la interruppe subito: “Questo sembra un interrogatorio, scusa. Ma, signorina Evans, deve realizzare che quest'informazione è molto—importante, in mancanza di un termine migliore. Trovare Logan Harper è la priorità principale del mio dipartimento al momento, e se ha qualche informazione al riguardo, è di vitale importanza che me la dica.”

Non ho idea di dove sia,” gli disse Lily onestamente. “E pensavo che lo volevate solo per testimoniare riguardo qualcosa?”

Lathe sorrise all'espressione avveduta di Lily. “Quella non è stata una mia idea,” le disse, suonando un po' scocciato. “Il Ministero ha assunto un nuovo supervisore per il dipartimento auror. Questo supervisore—burocrate come non mai, ma questo è un altro paio di maniche—ha pensato che questo sistema avrebbe incoraggiato amici e parenti con informazioni sulle posizioni di Mangiamorte accertati a farsi avanti... se avessero pensato che non sarebbero stati arrestati, ma solo interrogati.

Quindi Logan Harper è un Mangiamorte accertato?” chiese Lily. Non che lei non lo sapesse (la sua visita aveva estirpato ogni speranzosa parvenza del contrario), ma era incoraggiante sapere che anche il Ministero avesse qualche cosa in mano. Lathe, comunque, non rispose subito. Invece, si girò verso la scrivania e prese la pila di fogli che aveva in mano prima. Era chiusa in una cartella che passò a Lily, e le suggerì di darle un'occhiata.

Lily aprì sulla prima pagina. Immediatamente, guardandola da una foto rettangolare, fissata su un pezzo di pergamena, c'erano gli occhi scuri di Logan Harper. Nella foto era più giovane di quando Lily l'aveva visto—probabilmente era stata scattata un po' di anni prima...forse subito dopo i suoi giorni ad Hogwarts—ma la sua espressione spavalda le era familiare.

Il nome di Logan e le informazioni su di lui occupavano gran parte della prima pagina. La seconda includeva l'inizio di una lista di crimini che vedevano Logan come “sospettato.” L'uso della Maledizione Imperius apriva la lista, seguito da furto, assalto a lavoratori del Ministero, trasporto e deposito di pericolosi manufatti di magia oscura. La pagina seguente era anche peggio.

Omicidio, tortura, persecuzione di babbani...

Era direttamente coinvolto nella morte di uno dei tre Auror che era stata riportata a Febbraio, ma era solo l'inizio della lista. Un nato-babbano trovato dopo un pestaggio a Diagon Alley, tortura e omicidio di due attivisti pro-babbani, una famiglia a Dublino la cui casa era stata completamente distrutta—sembrava tutta opera sua. Queste erano storie che la ragazza aveva letto sul Profeta, ma erano sempre state attribuite a Mangiamorte dall'identità molto vaga... che lei avesse salvato la vita al mago responsabile...

Dopo c'erano immagini, che Lily si trovò morbosamente indotta a guardare. Poi chiuse la cartella e la riconsegnò a Lathe, chiedendo: “Dice che non è ancora accusato di nulla. Non avete delle prove?” Non perchè ne dubitasse, era solo per chiedere...

Parte del piano della mia superiore,” spiegò Lathe, alzando gli occhi. “Non si può accusare qualcuno per un reato e poi dire che non la persona non è stata accusata, quindi anche se abbiamo tutte queste informazioni, rimangono sepolte finché non li troviamo.”

Come fate ad avere tutte queste informazioni? Questi Mangiamorte—portano maschere, e non lasciano molti testimoni, non è vero?”

Lathe considerò pensieroso la domanda, prima di rispondere: “Diciamo solo che c'è qualcuno con un lavoro molto pericoloso—e a causa di quella persona, noi sappiamo cose come queste.”

Lily si appoggiò allo schienale della sua sedia, incrociando le braccia. “Gli ho salvato la vita,” disse a bassa voce. “Luke mi ha portato da lui, e si stava dissanguando—Logan, intendo, perchè era stato colpito da una maledizione. Ho preparato una pozione per aiutare la coagulazione, e poi l'ho drogato così che Luke potesse consegnarlo...” Tutto l'incontro si svolse di nuovo nella mente e sulla lingua di Lily—ogni dettaglio della sua conversazione con Logan, le sue ferite, le scuse che aveva rifilato a Luke, e il suo diverbio con il suo ragazzo riguardo quelle giustificazioni. Lily concluse con la conversazione che aveva origliato la mattina seguente “...Logan ha detto che “gli sarebbe servita una bacchetta in più” nei prossimi mesi. Voleva che Luke lo aiutasse, ma Luke ha detto che non aveva intenzione di essere coinvolto. Poi Luke si è avvicinato alla porta, e me ne sono andata. Logan ha lasciato la casa durante quel pomeriggio, e non ho saputo più nulla da allora... Comunque, questo è tutto quello che so.” Concluse lei con un sospiro.

Lathe aveva ascoltato la sua storia in silenzio, e ora che era finita, era rimasto immerso nei suoi pensieri per vari minuti. Alla fine chiese: “Come sai che Harper era rimasto ferito nella colluttazione con i tre Auror?”

“Be'—aveva detto di essere rimasto ferito circa ventiquattro ore prima... e avevo letto il giornale. Ho fatto due più due, credo.” Lily alzò le spalle.

“Sei veramente sveglia,” osservò Lathe. “E grazie. Quello che mi hai detto è molto... prezioso.”

Lily annuì lentamente, alzandosi dalla sedia. Non fece tuttavia per andarsene. “Sa,” iniziò seria, “non doveva ingannarmi per farmi raccontare cosa era successo con Logan.”

L'interesse lampeggiò negli occhi di Lathe. “Che cosa intendi?”

“Le avrei raccontato tutto anche se non mi avesse fatto vedere la cartella,” spiegò lei, un po' risentita. “Le ho detto degli Harper qualche mese fa, no? Non sono una bugiarda, e non aveva bisogno di provare ad imbrogliarmi. Si sarebbe dovuto fidare di me.”

Lathe si accigliò. “Mi dispiace. Non pensavo fossi una bugiarda, ma so che alcune volte c'è qualche dubbio o senso di colpa in situazioni del genere, e—ho pensato dovessi sapere che tipo di persona è Logan Harper.”

Lily ci morse il labbro ed annuì; “C'è qualcos'altro?”

Puoi andare,” disse Lathe, ma quando l'altra fece per andarsene, aggiunse: “Un'ultima cosa...” La ragazza si fermò. “Quel tuo Luke... mi ha detto di aver visto il fratello, che hanno parlato della malattia di suo padre, che lo hai incontrato. Questo è tutto quello che mi ha detto.” Lily aspettò dove stesse andando a parare. “Ho mostrato anche a lui la cartella di suo fratello.”

La ragazza capì ed annuì. “Non è senza cuore,” provò a spiegare Lily, “È che... è facilmente influenzabile, e—l'influenza in questione è spesso il fratello. Penso che se Logan gli dicesse che è tutta una menzogna, lui si forzerebbe a crederci nonostante tutto.”

“Non sto dicendo che è senza cuore,” continuò Lathe. “Ti sto solo dicendo di stare attenta.”

“Luke è nei guai?” chiese Lily.

“Non proprio,” disse l'Auror. “Ma terremo gli occhi aperti.”

 

(Ruby Tuesday)

Alice era rimasta in piedi molto tardi mercoledì notte, sistemando le ultime cose del suo progetto di Pozioni. La scadenza era lunedì, ma avrebbe avuto molti compiti giovedì, il venerdì non era un giorno in cui chiunque dovrebbe fare compiti, e aveva tutte le intenzioni di partecipare alla festa di compleanno di James Potter sabato e curare un signor dopo sbornia domenica, quindi questa era la sua migliore possibilità di finire.

Sorridendo con sonnacchiosa soddisfazione, Alice scosse la bacchetta lungo il rotolo di pergamena, rimuovendo gocce e sbaffi, in modo che la sua scrittura rotondeggiante apparisse pulita e ordinata. Stava guardando le date sulla cronologia che aveva preparato, quando il buco del ritratto si aprì, ammettendo all'interno della stanza Carlotta Meloni.

Sole nella Sala Comune, le due ragazze si fissarono per un momento, come se ognuna avesse timore che l'altra la mangiasse. Carlotta parlò per prima.

"Ciao." (A disagio).

"Ciao."

Carlotta attraversò lentamente la stanza, non interrompendo il contatto visivo con la ragazza del settimo anno. "Sei sveglia tardi."

"Compiti," spiegò Alice. "Tu?"

"Prefetto di Corvonero."

"Ovviamente."

Rimasero entrambe in silenzio, e mentre Carlotta raggiungeva la scalinata per il dormitorio, Alice pensò che il momento assurdamente scomodo era passato. Ad ogni modo, Carlotta non salì le scale, ma invece si fermò e si voltò.

"Sai, io non… mi scuso di solito," cominciò lei.

"Perché sei una stronza senza cuore," concluse Alice.

"Per favore, lasciami finire," chiese sinceramente Carlotta. Alice sospirò e incrociò le braccia in attesa. "Non chiedo scusa, perché non ci credo. Non credo in rimpianti ed errori. Quello che succede, succede, e credo che l'inabilità delle altre persone di sopportarlo sia un loro problema, non mio."

"Ancora, stronza senza cuore."

"Per favore aspetta. La–la cosa è, non chiedo scusa per molte cose, perché credo che se non significa nulla per me, non dovrebbe significare nulla nemmeno per gli altri. E sono sempre stata, sai… contro la monogamia e le relazioni e tutto… cioè che stabilito, quindi colpire le relazioni non mi preoccupava perché… perché non ci credevo in prima persona." Sbuffò e spostò i perfetti capelli castano scuro dagli occhi. "Ma con Frank, io davvero– volevo davvero qualcosa con lui. Ed ero gelosa di te, e non ero stata gelosa di una ragazza da molto, molto tempo. E quello –quello significava qualcosa per me, Frank significava qualcosa per me. Mi faceva male quando lo vedevo con te, e mi faceva male quando ero abbastanza on–onesta con me stessa per realizzare che Frank non mi amava. Quindi, perché mi faceva male, posso capi–voglio dire, so che ha fatto male anche a te. E se ti sei sentita come me, allora –allora so che meriti le mie scuse. Quindi –eccole. Mi dispiace –mi dispiace di averti ferita, e di aver provato a rovinare la vostra relazione, e di aver provato a convincere un ragazzo che è innamorato di te di non esserlo."

Carlotta finì il suo discorso, e incrociò le mani dietro la schiena, come se aspettasse pazientemente la sua sentenza. Alice indossava un'espressione ricolma d'ironia.

"Non so se te ne sei accorta, ma hai avuto successo in tutto," disse la strega più grande freddamente. "Frank e io abbiamo rotto. Mesi fa. Le tue piccole scuse–per quanto lusinghiere–sono più che un po' in ritardo, e io sono così oltre il curarmi di qualunque cosa sia successa tra te e Frank o me e Frank o… qualunque cosa, che dire 'Ti perdono' sarebbe privo di senso. Non me ne importa più."

Le sopracciglia di Carlotta si inarcarono. "Non ti importa?" chiese con un sorriso sdegnoso. "Non ti importa di niente? Come può non importanti? Frank Paciock non mi guarda. Non mi parla, o riconosce la mia esistenza– e non che sia una cosa brutta, è che lui… lui non prova niente per me, e nonostante questo, a me –la stronza senza cuore– importa di lui. Eppure lui ti guarda tutto il tempo, farebbe qualsiasi cosa per renderti felice–incluso restare in disparte–e non potrebbe sembrare più platealmente innamorato di te neanche se ci provasse, e non ti importa?"

"I ragazzi innamorati non tradiscono," sbottò Alice.

Carlotta rise. "Parlando a nome della ragazza con cui i ragazzi tradiscono, posso dirti con certezza che non è vero. Voglio dire, a volte lo è –non è mai capitato nella mia esperienza, ma ho sentito storie a riguardo… ma la maggior parte dei ragazzi della nostra età non pensano con il loro cervello." Mise una mano sulla balaustra, come se si preparasse a salire, ma prima di andare, aggiunse: "Non devi perdonarmi, ma mi dispiace."

Poi se ne andò, e Alice sospirò pesantemente, sedendo sul divano. Prese il suo Progresso nelle Pozioni, Volume 14 non ancora reclamato, e passò la mano sulla liscia copertina di pelle. La soddisfazione di aver finito il suo progetto di pozioni era stata sostituita dalla consapevolezza che un altro compito era rimasto incompleto.

 

(All Down the Line)

"Dico solo," diceva Lily mentre camminava verso la Sala Grande per colazione la mattina dopo il suo incontro con Lathe, "che sarebbe stato carino essere avvisata. Sai–tra 'dovrebbe andarsene domani' e 'ho Aritmanzia', avrei davvero apprezzato se avessi infilato un: 'Lathe potrebbe farti chiamare nell'ufficio della McGrannitt per interrogarti su mio fratello, così–sai–sarei stata pronta!"

Luke sembrava terrorizzato. "Ti ha interrogata? Gli avevo detto di non coinvolgerti…"

"Sei uno studente diciassettenne di Hogwarts che ha nascosto un criminale–perché esattamente credevi di avere alcun potere su un Auror del Ministero?"

Era un fatto ben conosciuto che Lily non funzionava prima delle otto di mattina. Mancavano approssimativamente due minuti alle otto e la ragazza non era contenta.

"Non posso credere che ti abbia interrogata!" continuò Luke, indignato. "Non riesco a credere che ti abbia coinvolta!"

"Ero già coinvolta," gli fece notare Lily.

"Cosa ti ha chiesto? Cosa gli hai detto?"

"La verità," rispose. "Da non essere confusa con 'una abbozzata visione di insieme, lasciando fuori dettagli importanti', che è quello che gli hai detto tu."

"Ho tralasciato qualche commento offensivo e il fatto che era ferito," disse Luke. "Nessuna delle due intralcia seriamente il Ministero."

"Hai anche tralasciato il fatto che abbia un altro lavoro pianificato."

Luke smise di camminare. "Lily, non hai…?"

"Hai visto la sua cartella," disse Lily bruscamente, e anche un po' incerta. "Come hai potuto difenderlo?"

"Non è accusato di niente," replicò Luke. "È solo sospettato. Conosco mio fratello, e conosco il Ministero, e so di chi mi posso fidare."

Raggiunsero la Sala Grande. "Forse dovresti sederti al tavolo di Corvonero stamattina," disse Lily freddamente.

"Flower," pregò Luke, ma lei lo superò verso il suo tavolo senza una parola. Lui non la seguì, seguendo invece le sue istruzioni e lasciandosi cadere tra i suoi compagni all'altro tavolo. Non appena Lily si sedette, fu raggiunta da Carlotta Meloni, impeccabile e vivace come sempre.

"Buongiorno," cinguettò.

"'Giorno," replicò Lily.

"Niente Harper questa mattina? Ho notato che è stato in giro poco ultimamente."

"Niente Harper questa mattina," confermò apatica Lily.

"Avete litigato?"

Lily lanciò un'occhiata attraverso il tavolo a Carlotta, i cui occhi marroni strabuzzarono. "Ti giuro che non me lo sono fatto. È delizioso e tutto, ma ho chiuso con i fidanzati delle mie compagne di stanza. È folle, quanto vi arrabbiate… non so perché Marlene si sia così infastidita… Miles e io eravamo entrambi ubriachi fradici quella volta, e non abbiamo nemmeno scopato. Abbiamo solo pomiciato per un po'–al massimo mezzora… e comunque, ha quel figo di Adam McKinnon, che, se lo chiedi a me…"

"Carlotta, tesoro," la interruppe Lily, stancamente. "Nessuno è arrabbiato con te per aver pomiciato con Miles. Non sono necessarie altre giustificazioni. Possiamo andare avanti, e posso mangiare la mia colazione?"

Carlotta strinse appena le spalle.

 

(Need)

"I can't get no… Satisfaction…"

La voce di un babbano (di cui non riusciva a ricordare il nome) incontrò le orecchie di Alice quando entrò nella torre di Grifondoro qualche minuto dopo le cinque di sabato. La stanza era affollata e calda, con gente che ondeggiava a tempo di musica o socializzava in ogni centimetro della stanza. L'odore di Whiskey Incendiario, Burrobirra, e fumo prevalevano nell'aria, ma c'era anche una gran quantità di cibo a disposizione, e–lanciando la sua cartella vuota in un angolo–Alice si diresse al tavolo più vicino.

"Ehi, Alice!" chiamò una voce al di sopra del gran chiasso, e la ragazza si voltò per vedere Adam McKinnon avvicinarsi. Indossava una maglietta degli Hate Potion (ora, quella era una band che Alice conosceva per nome) e stringeva un bicchiere dal contenuto sospetto. "Io sto per ubriacarmi molto," annunciò allegramente, "quindi prima che me ne dimentichi, la signora Sevoy–la bibliotecaria dall'inferno–mi ha detto di dirti che è arrivato quel libro che hai ordinato, e anche se il tuo bando dura fino a domani, puoi andarlo a prendere quando vuoi."

Alice ghignò, alzando gli occhi al cielo. "Grazie, ma non mi serve più. Ne ho trovato una copia da un'altra parte. Dove hai preso quella bevanda?"

"Qui, te lo mostro."

Cominciò a condurla attraverso la folla, e Alice continuò: "A proposito di questo–non è che hai perso una copia di Progresso nelle Pozioni, Volume 14? L'ho trovato nella Sala Comune e ho chiesto praticamente a tutti se fosse loro, ma nessuno l'ha reclamato."

"Qual è il titolo?" chiese Adam, dividendo una coppia che ballava lungo il loro percorso attraverso la stanza.

"Progresso nelle Pozioni, Volume 14."

"È quello che pensavo… sì, credo sia di Frank."

"Di Frank? No, penso di no…"

"Forse no," disse Adam, scrollando le spalle. "Ma ne ha preso una copia la settimana scorsa… l'ha ordinato da qualche parte, credo. È arrivato con la posta–ero seduto con lui in quel momento. Mi ricordo il titolo, perché lo stavo prendendo in giro per aver ordinato probabilmente il libro più noioso della storia e…"

Alice aveva smesso di ascoltare.

--

Sirius era ben avviato sulla via dell'incoscienza ben prima che cominciassero i fuochi d'artificio.

Afferrando un altro bicchiere di Whiskey Incendiario corretto, svuotò il suo contenuto in qualche secondo e si mosse attraverso la stanza. Avvistò una bionda carina da qualche parte vicino al piatto del giradischi e si avviò in quella direzione, solo per essere intercettato da Remus, Peter e James.

"Prongs, amico," biascicò, battendo la mano sulla spalla di James. "Ti piasce la tua festa?"

"Be' a te chiaramente sì," replicò l'altro, che teneva anche lui un bicchiere in mano. "Dove stai andando?" Sirius indicò la bionda. "Ah… l'ironicamente chiamata Chastity Cristaline3."

Ghignando, Sirius prese il bicchiere semivuoto di Peter e svuotò anche quello. "Coraggio liquido," spiegò. "O-ora se mi 'cusate…"

"Il coraggio non è un problema per te," fece notare Remus. "Forse dovresti andarci piano."

"Se puoi ancora vedermi, chiaramente non sto andando 'bastanza veloce. Gentil-mini…" Annuì e sgattaiolò via. James buttò giù quello che rimaneva della sua bevanda, mentre gli altri si scambiavano sguardi. Remus si schiarì la gola e James li guardò.

"Cosa?"

Remus inarcò le sopracciglia.

"No," disse James. "È il mio compleanno. È una festa. Ha il permesso di ubriacarsi."

"Siamo qui da un'ora," disse Remus.

"Ma sta per fare centro! Non possiamo intervenire adesso."

"Prongs…"

"Io dico che votiamo," disse James. "Io voto di lasciarlo fare."

"Io voto di parlargli," disse Remus. Entrambi guardarono Peter.

"E io voto," cominciò. "che… dovremmo… certamente… senza alcun dubbio… prendere la linea d'azione che… significherebbe che potremmo… non… voler… fare nulla che non…"

"Peter."

"Sono con Prongs."

"Dannazione," imprecò Remus, mentre James scagliava un pugno in aria. "Va bene, ma gli parleremo domani." Si voltò e si allontanò.

James si voltò verso Peter. "Col cazzo che gli parliamo domani–con il dopo sbornia che avrà? Aspetteremo minimo fino a lunedì."

Peter rise. "Vado a fare rifornimento," disse, indicando il calice vuoto. "Torno tra un minuto. Vuoi qualcosa?"

"Sì, portamene un altro," disse James. Quando Peter se ne fu andato, l'altro Malandrino guardò attraverso la stanza verso dove Sirius rideva rumorosamente con la bionda. James sospirò pesantemente, passandosi una mano tra i capelli. Non lo avrebbe ammesso, ma Remus aveva ragione–ignorare questo problema non lo avrebbe fatto andare via.


"Pensavo che di trovarti qui," disse Lily piano, avvicinandosi al tavolo della biblioteca di Luke e sedendosi nel posto vuoto di fronte a lui. "Ti ho cercato nella Sala Comune. Ti ho dato la parola d'ordine…"

"Non me la sentivo di andare ad una festa," mormorò Luke.

Lily annuì. "Sì, so cosa vuoi dire." Sentendosi vuota e disonesta, si sporse e mise la mano su quella di Luke (niente), perché il dolore che era inciso sul suo bel volto era semplicemente troppo da ignorare. "Mi dispiace se sono stata… indifferente negli ultimi giorni. È stato davvero difficile da quando Lathe se n'è andato. Ho pensato molto e…" Si fermò improvvisamente, perché notò delle lacrime negli occhi di Luke. "Luke, cosa c'è che non va?"

Il Corvonero respirò profondamente e affannosamente. "Ho ricevuto una lettera da casa. Hanno–ehm–hanno letto il testamento di mio padre." Tirò via la mano da quella di Lily, aprendola per rivelare un largo anello, con inciso uno stemma che Lily suppose appartenesse alla famiglia degli Harper. "È previsto che vada al primogenito ma papà l'ha lasciato a me… non so perché… due fratelli maggiori, ma l'ha lasciato a me–perché… perché pensi che lo abbia fatto, Lily?"

Lily scosse la testa per dire che non lo sapeva.

"Non lo capisco," continuò con voce tremante. "Non–non riesco a…" crollò, le spalle cominciarono a tremare e le lacrime a scorrere; Lily prese ancora una volta la mano di Luke nella sua.


"BLACK! BLACK! BLACK!" ripetevano dozzine di persone, e anche i Corvonero presenti non sembravano fare il tifo per l'avversario di Sirius, il loro compagno di Casa Gregory Shale. Sirius era più ubriaco, ma sembrava riuscire a mandare più pugni a segno, mentre i due si azzuffavano nel mezzo di un circolo di spettatori che tifavano e incitavano lo spettacolo.

Proprio mentre Sirius guadagnava terreno e riusciva a colpire particolarmente bene il naso di Shale, il Corvonero lo spinse, Sirius cadde sulla schiena e il gomito di Shale colpì con forza l'occhio di Sirius.

Sirius si stava dibattendo contro la stretta di Shale, quando improvvisamente i due ragazzi furono separati, il Corvonero volò verso un gruppo di spettatori, mentre Sirius rotolò di lato solo una volta. James apparve, la bacchetta spiegata e un'espressione furiosa negli occhi. "Finitela!" si poteva sentire Remus gridare, e Peter andò a dire ad un gemente Gregory Shale di andarsene.

James, nel frattempo, aiutò Sirius ad alzarsi, si gettò una delle sue braccia attorno alle spalle e lo trascinò via dal gruppo. Mentre gli altri ospiti riprendevano a dilettarsi con gli altri intrattenimenti della festa (fuochi d'artificio, cibo, alcolici, e una quantità di prodotti di Zonko, per dirne alcuni), James trascinò Sirius su fino al loro dormitorio. Lanciandolo praticamente sul letto, James sfoderò la bacchetta e evocò una borsa del ghiaccio, che porse a Sirius senza parole.

Padfoot la posò sull'occhio gonfio; la sua espressione era amara.

"Questa storia deve finire," sbottò James, camminando avanti e indietro nella stanza. "Ho detto che ti avrei dato tempo prima di parlarmi di qualunque cosa ti stia preoccupando, ma tutto questo è ridicolo. Intendevo un paio di giorni, non un mese, ok? Tutto questo rimuginare finisce ora… stai bevendo troppo, inizi risse con Corvonero a caso al mio compleanno… fumi tutto il temo, vai con ogni strega che vedi, e sei un assoluto dito nel culo! Se non rallenti, avrai più punizioni di quante ne abbia io, e–notizia flash–se hai più punizioni di me, ti cacciano! Quindi qualsiasi fottuta cosa ti stia preoccupando, dovrai solo sputarla fuori, perché…"

"Il professor Black sta morendo," disse Sirius.

James si bloccò. "Cosa?"

"Mio zio sta morendo–ha un paio di mesi al massimo."

In quel momento, Remus e Peter entrarono nel dormitorio. Peter stava ridendo. "Avreste dovuto vederlo–Shale era furioso… non l'ho mai…" Remus–che aveva notato le espressioni dei loro due amici–gli diede una gomitata nelle costole e Peter si fermò improvvisamente. "Cosa c'è che non va?"


"Sei sicuro di no-n preferisci stare alla tua festa?" chiese Sirius, prendendo un altro sorso dalla larga bottiglia di Whisky Incendiario, prima di porgerla a James. Prongs fece lo stesso e scosse la testa.

"Troppo affollata e rumorosa–la torre di Astronomia è molto meglio." James passò la bottiglia a Remus.

"Sapete," osservò Moony–pensieroso persino nell'ubriachezza, "questo 'obabimente non è il 'iglior posto per bere… ci sono tipo… altezze… e torri… e cose-appuntite che su cui potremmo… tipo… sai… sbattere."

Passò la bottiglia a Peter, che rise.

"Io m-m-m-mi chiedo cosa Jregory… no… Gregory Sh-Sh-Shale stia facendo," biascicò, con una lunga tracannata di whiskey incendiario. "E-e-era incazzatissimo"

Wormtail porse di nuovo la bottiglia a Remus, che cominciò a ridere a sua volta. "È stato davvero divertente… la s-sua faccia era asso-lu-lutamente v-viola!" Buttò giù un altro sorso, e mentre il liquido bruciava la gola del giovane lupo mannaro, diede di nuovo la bottiglia a James.

"Perché avete cominciato a litigare?" chiese James, scuotendo la testa. "Idiota."

Bevve e diede la bottiglia a Sirius, che stava ridendo a sua volta. "I-io davvero non ne ho idea! Lo stronzo ha detto qualcosa… non ho idea di cosa fosse… mi ha fatto proprio partire, però!"

I quattro ragazzi–seduti e accasciati contro una parete della torre di Astronomia–risero, mentre Sirius beveva. Il cielo nero si stendeva senza nuvole sopra le loro teste e i Malandrini–non disturbati dall'aria fresca–lo guardarono per un po'.

"Quas' luna nuova," fece notare Remus. "È un buon periodo per me."

"Mmm," mormorò Sirius. "'Orrei che fosse così semplice… sapere come tu-tt-to sarà solo per la luna."

Remus grugnì. "Dà la bottiglia, idiota." Sirius eseguì. "Sì, dess-inato a una vita di pover-povertà e i-i-isolamento." Tracannò profondamente. "'Uello è facile per te."

"Ehi, anche io sono destinato alla povertà!" argomentò Sirius irritato. "Io sono–ero–stato ripudiato. Niente… più… eredità." Prese di nuovo la bottiglia e bevve.

"Be' io non ho ma-ma-mai avuto nessun galeone per cominciare," disse Peter, prendendo la bottiglia da Sirius. "Io sei–sono nato povero."

"Siete tutti dei dannati idioti," disse James irritato. "Sono fottutamente ricco–pensi che ti lascerei morire di fame, Moony? Lo stesso per voi altri due mezze seghe. Potete vivere in una-a delle mie sei milioni di case, 'purché io non vi debba vedere troppo."

"Oh, Prons," sospirò Sirius, posando la testa sulla spalla di James. "Ci tieni."

"Argh–levati!

Sirius rise, alzando la testa e poggiandola sul muro alle sue spalle.

"Comunque," continuò James alla fine; "sapete che non sarete poveri… ehm… in povertà. Perché sono ricco. E per il tuo 'is-o-lamento', Signor Moony… noi… siamo i Mal'ndrini. E anche se Padfoot è piuttosto fuori di testa, e Wormtail è una dannata mezzacalzetta, e tu diventi tutto sen-ti-men-tale per la luna, Moony, e io sono troppo per tutti voi–nessuno-i-noi… sarà-maaaiisolato. Ora dammi quella bottiglia, amico."

Peter gli diede la bottiglia. Sedettero in silenzio, finché, qualche tempo dopo, Wormtail cominciò a ridere sommessamente.

"Cosa?" chiese Remus.

"L'occhio di P-P-Padfoot," disse Peter. "È a-a-ancora viola!"

E per qualche ragione, risero tutti.


"Frank Paciock, fermati lì!"

Frank Paciock si fermò lì ("lì" era un posto indecifrato nel corridoio del settimo piano, non lontano dal ritratto della Signora Grassa). Si voltò e vide Alice Griffiths avvicinarsi, occhi lucidi e rossa in volto.

"Ho fatto qualcosa di male?" chiese Frank, che–anche se non era propriamente "ubriaco"–aveva consumato un bicchiere di Whisky Incendiario (o due), ed era quindi un po' più lento nel pensare del solito.

Alice, che era–alcolicamente parlando–in una situazione simile, si accigliò mentre raggiungeva il Caposcuola. Aveva un libro in mano (Progresso nelle Pozioni, Volume 14), che lanciò subito in faccia a Frank.

"Questo è tuo," dichiarò.

Frank si schiarì la gola. "N-no non lo è."

"Adam McKinnon mi ha detto che ne hai ordinato uno e lo hai ricevuto per posta," continuò Alice. "Hai ordinato questo libro, non è vero? Non mentire!"

"Non sto mentendo!"

"Sì invece!"

"No!"

"!"

Frank sospirò. "Va bene, l'ho comprato io, ma non lo voglio."

"Perché no?" chiese Alice.

"Non mi serve."

"Allora perché l'hai comprato?"

Frank la guardò semplicemente, come a dire "Penso che tu sappia la risposta a questa domanda." Alice si accigliò e voltandosi il Caposcuola continuò lungo il corridoio. Dopo una riflessione di un momento, Alice lo seguì.

"Dove stai andando?" chiese.

"Uffici dei Capiscuola."

"Perché?"

"Lavoro."

"Hai lasciato la festa di James Potter per lavorare?"

"Be', James Potter se n'è andato secoli fa, quindi suppongo che vada bene."

Alice soffiò offesa. "Perché hai comprato il libro?"

Non rispose, scendendo le scale.

"Frank."

Nessuna risposta.

"Perché hai comprato il libro?"

"Mi andava."

"Non è vero. Perché l'hai comprato?"

"Perché sì."

"Non è una risposta!"

"Lo è."

"Perché lo hai comprato?"

"Non sono affari tuoi."

"Sono anche affari miei! Ho usato il libro per tutta la settimana!"

"Be', non m'importa."

"Frank! Frank, perché hai comprato questo libro?"

"L'ho fatto e basta."

"No, non puoi comprare un libro e basta! Devi avere una ragione!"

"Be', ne avevo una."

"E qual era?"

Raggiunsero il piano degli uffici dei Capiscuola e Frank si diresse lungo il corridoio, seguito da un'irata Alice. Entrò nella stanza e lo fece anche lei. Una parete dell'ufficio era completamente ricoperta da mensole, divise in piccoli scomparti, etichettati come "Programma del Campo da Quidditch" o "Documentazione dei Punti Detratti." Frank prese una pila di pergamene dal tavolo, si diresse lungo la parete della piccola stanza e cominciò a infilare fogli nei diversi scomparti. Alice incrociò le braccia.

"Francis Algernon Paciock!" urlò. Lui si fermò, posò le pergamene, e si voltò ad affrontarla.

"Sì, Alice Geraldine Griffiths?"

Lei si addolcì. "Perché hai comprato quel libro?"

Franck sospirò. "Non avresti dovuto scoprirlo."

"Perché l'hai comprato?"

"Stupido Adam McKinnon."

"Perché l'hai comprato?"

"Non l'ho comprato per chiedere scusa."

"Ma perché l'hai comprato?"

"Per te, ovviamente," disse Frank, appoggiandosi sul tavolo. E, ovviamente, lei lo sapeva già.

"Perché l'hai fatto in quel modo? In segreto?" chiese. "Perché non me l'hai dato come una persona normale?"

"Lo avresti preso?" replicò, sorridendo debolmente.

"Non subito," ammise. "Ma ero piuttosto disperata. Lo avrei preso alla fine… specialmente se non mi avessi detto che lo avevi comprato specificamente per me."

Frank annuì. "Lo so, ma–non ne saresti stata felice."

"Cosa?"

"Io…" esitò, non incontrando il suo sguardo. "Volevo solo che avessi qualcosa che ti andasse bene–che ti rendesse felice. Ti stava andando tutto storto e non ti ho visto molto felice ultimamente, e i-io volevo solo che fossi felice per qualcosa. E non ti ho detto che ero io, perché ho pensato che non ti avrebbe reso ugualmente felice e i-io non volevo che tu pensassi che io stessi provando a… tipo… non so, riconquistarti o fare ammenda o qualcosa del genere. Perché non l'ho fatto per quello. Giuro."

Alice lo fissò. Si morse il labbro e lo fissò, e poi posò il libro e lo fissò un altro po'.

"Oh, andiamo, Al," la pregò Frank, "non sbarazzarti del libro solo perché l'ho comprato io. È solo un libro e so che ne avevi bisogno e…"

"Frank."

"… Guarda, se vuoi lanciarlo dalla torre di Astronomia quando hai finito, va bene, ma non ha senso per te non usarlo ora…"

"Frank."

"… E sì, hai tutto il diritto di odiarmi per sempre, ma tenere il libro non cambierà nulla. Non significherà che sei in debito con me e, se vuoi, posso farti un incantesimo di memoria così non dovrai nemmeno avere ricordo della mia esistenza…"

"Frank," sospirò Alice, facendo un passo verso di lui. Lui fu sorpreso dalla loro improvvisa vicinanza.

"Cosa?"

"Potresti stare zitto per favore?"

"Ehm–p-perché?"

"Perché," disse lei con impazienza, "stai rovinando la cosa più dolce che qualcuno mi abbia mai detto con un sacco di inutili chiacchiere."

Qualunque risposta lui avesse gli morì sulle labbra, dato che lei vi posò sopra le sue.



N.d.T.:

  1. Un "black" sarebbe un modo per indicare il caffè nero. 
  2. "Noes goes" è un metodo usato per decidere chi, tra varie persone, è assegnato ad un compito indesiderato.
  3. "Chastity" vuol dire "castità", "verginità", "purezza". Evidentemente, Chastity non è proprio casta e pura come il suo nome.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** La Pluffa e il Boccino ***


*Angolo della traduttrice un po' stanca*
Wow. Ce l'abbiamo fatta. Questo capitolo (o almeno la rivisitazione) mi ha lasciata molto svuotata, e spero che darà la stessa impressione anche a voi. Abbiamo (ufficialmente dal prossimo capitolo, ma ci ha dato una mano sin da qui) un nuovo acquisto, Viky , che saluto *agita la mano*.
Come al solito ci spiace per la lunga attesa, ma dato che la storia originale è ferma al capitolo 35 (l'ultimo aggiornamento risale a ottobre), mi sembra inutile sbrigarsi per poi farvi aspettare dieci mesi. Andando piano, dovremmo guadagnare un po' di capitoli in più qui! Ad ogni modo, ringraziamo sempre le persone che hanno recensito, preferito, seguito e letto il capitolo, e quelli che ci seguono anche nel gruppo di Facebook She was dramatic ϟ He was dynamic | The Life and Times EFP, dove vengono postati 200 prestavolto diversi, Sirius è shippato con Carlotta (ciao Stefà xD), e tante altre cose belle xD Ed io e Ari salutiamo sempre tutti u.u 
Okay, sono stanca e devo riposare, vi lascio qui insieme al capitolo!
Buona lettura da tutte noi, speriamo di leggere presto vostri commenti :D
xx
Giulia (March Hare)

Recap: Allora, Lily vuole mollare Luke, perchè il fratello di Luke è sospettato di essere un Mangiamorte, e Luke si è comportato in modo poco onesto riguardo tutta la faccenda. Ma poi suo padre è morto, e Lily ha realizzato che sarebbe stata una cafona totale se l'avesse mollato allora. Una stressata e un po' depressa Donna si sta frequentando con Charlie Plex, che ha una ragazza. In qualche modo, Mary lo viene a sapere. Frank si dimostra adorabile, e Alice lo bacia. Lo zio di Sirius—il professor Black—sta morendo, ma non lo dice a Sirius, il ché lo fa incazzare. Piton e i suoi compagni di Casa sono reclutati come Mangiamorte dall'ex studente Lucius Malfoy, che suggerisce di iniziare presto a reclutare a loro volta. Alla festa per la vittoria a Quiddith (Gennaio), James si ubriaca su alla Torre di Astronomia con Reg Cattermole—che in precedenza era stato una sua vittima—e i due legano.

 

 

Capitolo 19- "La Pluffa e il Boccino"

O

"Going, Going, Gone"

Venerdì 30 aprile, 1976

Caro diario,

Un articolo di giornale ha dichiarato una caccia all'uomo per Logan Harper ed un'altra mezza dozzina di persone.

Accidenti a Donna.

Mese, finisci.

-Lily

Insoddisfatta, Lily rilesse la sua ultima annotazione sul diario. L'inchiostro non si era ancora asciugato del tutto, e scintillava alla luce bianca della sua bacchetta. Sul serio? Era tutto qui? Questo era tutto quello che aveva da scrivere su quella giornata?

Il corto non-paragrafo somigliava ad una dozzina di altri non-paragrafi che coprivano le ultime quattro pagine del suo diario—un bel quaderno in pelle di drago che sua madre le aveva comprato per il suo mezzo-compleanno (passava sempre i mezzi-compleanni con i suoi genitori—be', con sua madre, ora—da quando era a scuola per la data reale). Tutte le recenti annotazioni erano similmente insoddisfacenti: brevi e banali aggiornamenti che fornivano pochi e vaghi fatti, ma che mancavano totalmente di anima.

Prendendo la piuma e intingendola nella boccetta sul davanzale accanto a lei, Lily ci riprovò.

Venerdì 30 aprile 1976 (continuo)

Poi la sua mano esitò sulla pagina, e quello fu tutto ciò che scrisse... nessuna ispirazione, nessun flusso di parole da mente a pagina... niente. Con un grande sospiro, Lily permise ai suoi occhi di allontanarsi dalla pagina quasi totalmente bianca del suo quaderno. Sbirciò fuori dalla finestra per osservare il cielo notturno, nuvoloso e senza luna. Era una notte silenziosa, ma di quelle che facevano sentire Lily molto piccola—come se lei fosse lì, alla finestra del dormitorio delle ragazze, ora addormentate, mentre le altre (grandi, importanti) cose accadevano altrove.

Un altro sospiro, e Lily fece tornare forzatamente la sua attenzione sulla pagina. Doveva esserci qualcos'altro da scrivere...

Ma non c'era.

In cerca di ispirazione, Lily girò alla pagina prima e lesse le ultime due annotazioni.

Venerdì 23 aprile 1976

Caro Diario,

Sono andata alla festa di Lumacorno. No comment.

-Lily

E poi:

Mercoledì 28 aprile 1976

Be', ho avuto indietro la mia copia di Storia di Hogwarts.

-Lily

La ragazza sbuffò. Molto lontane dall'ispirarla, quelle annotazioni l'avevano solo scoraggiata.

Invece, andò indietro di alcune pagine per trovare l'ultima vera annotazione che aveva... l'ultima dettagliata descrizione di quello che stava pensando, provando e sognando...

Le ci volle un momento per trovare quella esatta—era un giorno di marzo... il 26.

Venerdì 26 marzo 1976

Caro Diario,

domani si commemora il giorno in cui James Potter è entrato in questo mondo, e per celebrare il drammatico evento, si ubriacheranno tutti in Sala Comune con rock ritmato e Godric Grifondoro che piange dalla sua tomba come sottofondo musicale.

A dirla tutta, ci sarà da divertirsi per le persone normali... quelle i cui fidanzati non hanno fratelli pazzi psicopatici, le cui anime non stanno collassando su loro stesse come degli ippogrifi morenti, e le cui brevi e precedentemente accettabili vite non sono state devastate da drammi di natura per lo più imprescindibile.

Lily non lesse il resto della lunga annotazione. Il ricordo della serata che era stata descritta le tornò in mente; era stata seduta lì, sullo stesso posto alla finestra, con la bacchetta appoggiata sul davanzale come era anche ora, con un 'Lumos' molto forte per compensare la luna nuova. E, dopo aver finito il racconto della giornato (era lungo quasi quattro pagine), aveva messo via la piuma e l'inchiostro e si era sentita svuotata—in modo liberatorio. Era stata una bella sensazione... non si era sentita in quel modo per molto tempo. Non dal... be', non dal 26 marzo.

Aprile era quasi finito ora. In poche ore, sarebbe stato maggio, e sarebbero stati molto più vicini alle vacanze estive. Anche quell'eventualità le procurava emozioni contrastanti. Certamente, niente sembrava completamente piacevole in questi giorni; nessuna prospettiva di eventuali avvenimenti felici rimaneva totalmente intatta al passare degli spiacevoli rifrangimenti. Ecco, quell'espressione riassumeva molto bene l'ultimo mese: spiacevole rifrangimento.

Ancora un altro sospiro, e Lily quasi decise di mettere via la piuma e l'inchiostro (ci avrebbe riprovato domani) quando, scorrendo fra le pagine, i suoi occhi caddero sulla successiva annotazione nel suo diario. Primo aprile—il primo di un mese degno di pessimi esempi di annotazioni. Si ricordava anche di quando aveva scritto quell'appunto... come era stata scocciata perché per la prima volta da... be', da sempre... non aveva saputo cosa scrivere. Le notti successive erano state ugualmente pessime, se non peggio, fino a che Lily non aveva lasciato perdere cercando di non pensare più a cose da aggiungere, e si era arresa a frammenti forzati.

Giovedì 1° aprile 1976

Caro diario,

ho mangiato fette biscottate integrali e marmellata questa mattina. Insolitamente buonissime.

È piovuto. La neve si è tutta sciolta ora, e inizia veramente a sembrare primavera. Non è accaduto nulla di particolare oggi.

-Lily

E anche se la ragazza era sicura che fosse successo più di quanto avesse riportato quel giorno, quello era stato il limite della sua creatività. Fette biscottate e pioggia. Colazione e tempo.

Patetico.


(One too many mornings)


Giovedì 1° aprile 1976

Caro diario,

ho mangiato fette biscottate integrali e marmellata questa mattina. Insolitamente buonissime.

È piovuto. La neve si è tutta sciolta ora, e inizia veramente a sembrare primavera. Non è accaduto nulla di particolare oggi.

-Lily


Quasi correndo lungo il corridoio di Incantesimi, Donna Shacklebolt stilò una lista mentale.

Le liste –mentali o di altro tipo- erano senza dubbio la sua specialità: rendevano ordine il caos, chiarificavano ciò che era stato fatto e ciò che era ancora da fare, non facevano concessioni alla pigrizia o alla procrastinazione. Non c’era niente di male nel fare liste… anche quando la lista era qualcosa di questo tipo:

Due calzini, due scarpe, tutti i miei vestiti, tutti i colletti, borsa dei libri, libro di Incantesimi, piuma, inchiostro, pergamena per gli appunti, orologio da polso, orecchini, fermacapelli…nessun fermacapelli…è rimasto nel suo armadio…può sempre dire che è di una sua compagna di dormitorio…

Donna studiò il suo riflesso distorto fermandosi di fronte ad un'armatura, giusto per essere sicura che la sua mancanza del fermacapelli non fosse una lampante rivelazione del motivo per cui era in ritardo ad Incantesimi.

Merlino, era in ritardo per Incantesimi!

Praticamente volando verso la classe, Donna vi inciampò dentro, esattamente otto minuti dopo il suono della campanella, e tutti, nella classe del sesto anno, alzarono lo sguardo per vedere la ritardataria. Donna fissò sul suo volto l’espressione assolutamente più spaventosa che possedeva ed i suoi compagni stettero in silenzio. Anche il Professor Vitious era troppo sbalordito per fare un commento sarcastico sul suo ritardo.

Signorina Shacklebolt!” gracchiò incredulo. Quello che voleva dire era: “Sei in ritardo? Non è mai successo prima! È morto qualcuno?”

Mi dispiace, sono in ritardo,” disse Donna, in un tono che suggeriva: “Se mi togli anche solo un punto, ti affatturo via quelle orecchie a punta.”

Si sieda, allora,” disse Vitious, indicando una sedia vuota nella parte anteriore stanza. Donna eseguì senza dire nulla; il suo compagno di banco era un mediocre Tassorosso che non conosceva, ma che non le diede fastidio finché Vitious non annunciò che avrebbero lavorato in coppia su quello che era chiamato Inanimatus Conjuruspiù nello specifico, l'evocazione di funi.

Gli occhi di Donna saettarono nella stanza e localizzarono Lily verso il fondo; condivideva il banco con Mary. Piuttosto che essere costretta a lavorare (o peggio, parlare) con una persona nuova, Donna si alzò –mentre tutti gli altri iniziavano ad esercitarsi- e attraversò la stanza verso le sue compagne di Casa.

Cambia compagno con me, Mary,” un po' chiese e un po' ordinò Donna.

Mary fece un sorrisetto. “Come mai eri in ritardo, Donna cara?”

Il fatto che Mary MacDonald sapesse misteriosamente l'esatto motivo per cui era in ritardo irritava immensamente Donna, ma il fatto che lo sapesse da almeno un mese e non lo avesse detto ad anima viva la sorprendeva ancora di più. Mary non era conosciuta per essere affidabile quando si trattava di tenere per sé segretiinfatti era conosciuta per dire tutto quello che sapeva a tutti quelli che incontrava. Donna era abbastanza grata che la sua compagna di dormitorio sembrasse aver fatto quest’unica eccezione, se non fosse per il fatto che la minuscola brunetta continuava a lasciar scivolar fuori allusioni esplicite.

Seriamente, Don,” disse Lily, distratta mentre leggeva sull’incanto per la magia che avrebbero fatto. “Sei scappata via da pranzo prima e sei comparsa in ritardo per le lezioni… nessuna delle due è un’abitudine particolarmente Donnesca.”

Avevo dei compiti,” mentì Donna, liquidando la faccenda con un gesto della mano. “Mary, cambia compagno con me.”

Chi è il tuo compagno?” volle sapere Mary.

Non soun certo Tassorosso che sembra sia per metà un topo.”

Sei meschina,” rimproverò Lily in automatico. Mary si alzò in punta di piedi per vedere il compagno apparentemente con la faccia da topo di Donna.

Oh, quello è Reg Cattermole,” disse e si accigliò guardando Donna. “È un bravo ragazzo.”

Meraviglioso. Perciò non ti dispiacerà essere la sua compagna.” Donna sorrise in modo falsamente dolce. Mary alzò al cielo i suoi occhi pesantemente truccati.

Sai, non ti ucciderebbe parlare con altre persone oltre Lily, Donnaccia” disse, ma prese la sua borsa dei libri e andò comunque da Reg Cattermole.

Che fine hanno fatto l’asino e il bue?” le gridò dietro Donna, corrucciandosi. Lily finì di leggere e tirò fuori la bacchetta.

Stai bene, Don?” Chiese. “Hai qualche problema che non mi stai dicendo.”

Certo che sto bene.” Ma Donna non incontrò i suoi occhi.

Don…”

Ehi,” la interruppe la strega, “ricordi che la bellezza del nostro rapporto è che nessuna delle due infastidisce l’altra su cose di cui non si vuole discutere?”

Non è mai stato parte del nostro rapporto. Perché non me ne parli?” Volle sapere Lily. “Non è nel tuo stile fare la misteriosa.”

Non sto facendo la misteriosa. Non c’è niente di cui parlare… e comunque non sono affari tuoi.”

Sono affari miei quando questo ti rende insolitamente stronza.”

Donna si accigliò a malapena. “Vuoi legarmi i polsi per prima, o vuoi che lo faccia io?” chiese con tono pratico. Sirius Black, che era seduto vicino con gli altri Malandrini, fece un fischio.

Amo questa lezione.” Sospirò il Malandrino.

Va’ a quel paese, Black.”

Certamente, Shack, ma per favore dimmi che mi farai guardare.”

Lily guardò Donna prima di lanciare un'occhiataccia a James. “Non avete un guinzaglio o qualcosa del genere per lui?”

Tutti e quattro i Malandrini risero inspiegabilmente e Lily, invece che fare domande, approfittò della loro distrazione.

Porse i propri polsi e disse: “D’accordo, prima tu, Don.”

A Donna ci vollero quindici minuti per padroneggiare bene l’incantesimo, più tempo del solito, ma non così tanto perché Lily notasse qualcosa di strano in quel merito… o almeno se lo notò, non fece commenti. Con grande sollievo di Donna, nonostante un commento casuale del professor Vitious, nessuno notò che Charlie Plex non era affatto venuto a lezione.


(Hazel)


Venerdì 2 aprile 1976

Caro diario,

Alice pensa di essere una sgualdrina.

Luke mi ha raccontato una barzelletta mentre stavamo camminando lungo il lago. Sono quasi morta dallo spavento, ma è stata divertente e ho riso. Poi mi ha detto che era una barzelletta che raccontava suo padre…

Lo so, vero?

-Lily


Abbiamo bisogno di regole,” annunciò Alice infilando un ricciolo ribella dietro l’orecchio e mettendosi a sedere. “Un codice di comportamento.”

Frank rise.

Cosa c’è di così divertente?”

Niente, niente,” replicò l’altro. “Solo–di' di nuovo ‘codice di comportamento’.”

Codice di comp- perché stai ridendo, Francis?”

Perché è divertente sentirti dire ‘codice di comportamento’ quando sei…così.”

Alice si guardò. “Mezza svestita?” chiese seccamente e Frank annuì. La strega sospirò ripiegando le sue gambe sotto di lei, in modo che fosse inginocchiata sotto le lenzuola. Con ferma posatezza cominciò ad andare a tentoni alla ricerca del maglione che si era tolta in precedenza quel pomeriggio.

Ti stai vestendo?” chiese Frank infelice.

Sì”

Perché?”

Perché non mi ascolterai se non lo faccio.”

Non è vero.”

Codice di comportamento.” Disse semplicemente. Lui rise di nuovo. “Hai visto? Te l’ho detto. Ora dov’è quel cardigan?”

Solo perché rido non significa che non stia ascoltando,” disse Frank, prendendole la mano e riportandola sui cuscini. “Infatti posso dimostrare di star ascoltando.” Alice sospirò, rassegnata, e si tirò le coperte fino alla clavicola, nascondendo parzialmente il suo corpo coperto da una canottiera di raso e pantaloncini, e appoggiò la testa sulla spalla nuda di Frank.

Ora, cosa stavi dicendo?”

Non me lo ricordo,” ammise Alice. “Grazie.”

Regole. Codice di comportamento.”

Oh, giusto.” Provò a mettersi di nuovo seduta, ma Frank non glielo lasciò fare, così, invece, si mise su un fianco puntellandosi sul gomito anziché sulla spalla del ragazzo. “Regole.”

Pensavo avessimo già delle regole.” Sottolineò Frank. “Ricordi? Circa una settimana fa, mi hai detto che non eri in grado di gestire una relazione, perciò hai detto che avremmo dovuto smetterla, poi hai detto altre cose e poi mi sei saltata addosso.”

Quello non me lo ricordo.” Ignorò Alice. “Comunque, chiaramente quelle regole non hanno funzionato.”

Chiaramente,” ne convenne Frank.

Alice giocò con le lenzuola, senza incontrare i suoi occhi. Parlò molto in fretta: “penso che dovremmo essere razionali in questa situazione. La cosa è… prima, quello che io penso che sia andato storto è che eravamo molto… coinvolti in tutto. Siamo davvero giovani –non avrò diciotto anni fino a Maggio– ed essere così coinvolti è semplicemente… è solo… be'… è difficile. E pericoloso. Per entrambi…”

Stai lasciando che i tuoi capelli tornino ricci–mi piace. Non che non mi piacessero lisci, ma mi piacciono anche ricci…”

Frank.

Sto ascoltando! Pericoloso per entrambi. Ho capito.”

Alice sospirò e riguadagnò compostezza. “Perciò,” continuò, “penso che un modo che ci possa…allontanare… da una situazione simile ed evitare problemi che… hanno causato problemi prima…” (Frank mise su una faccia come se davvero non avesse capito dove volesse andare a parare con quel discorso), “è eliminare il fattore problema. E prima che tu lo dica, sì, lo so, ho detto ‘problema’ tre volte.”

Schiarendosi la voce, Alice continuò nervosamente: “Quel fattore, penso, è l’esclusività.”

Frank aggrottò le sopracciglia. “Sono abbastanza sicuro che il problema fosse la non esclusività dove si supponeva ci fosse esclusività, Ally.”

Esattamente! E se non ci fosse un problema di esclusività, non ci sarebbe nulla di cui preoccuparsi riguardo la non-esclusività.”

Sì. Ci sarebbe qualcosa di cui preoccuparsi. La non-esclusività.”

Alice si sedette. “Sto solo dicendo di prendere le cose con calma.”

Anche Frank si sedette. “C’è una differenza tra ‘prendere le cose con calma’ e la non-esclusività.”

Be', questo è quello che voglio,” continuò la strega con fermezza.

No.”

Frank!

Incrociò le braccia in modo irremovibile. “Non lo voglio fare.”

Bene,” s’irritò lei. “Ma è così o niente.”

Frank stette in silenzio qualche momento. “Bene,” disse alla fine.

Bene. Bene cosa?”

Bene…non esclusività.”

Davvero?”

Sì.” Ma non sembrava contento.

Okay…” lanciandosi un po' cadere, Alice si sdraiò di nuovo. Frank non lo fece. “Non pensi che staresti meglio senza… sai… pressione?” chiese lei, improvvisamente preoccupata.

No,” disse Frank. “Ma se è quello che vuoi.”

Alice sospirò pesantemente, sedendosi di nuovo. “Non sto dicendo che da qualche parte lungo la strada non potremmo… ma adesso, sento semplicemente, mi sento solo troppo vicina a dov’eravamo prima.” Guardò attentamente il suo compagno, e quando l'altro rimase in silenzio, lei proruppe: “Ha un po' senso?”

Frank incontrò il suo sguardo. “Sì, ce l’ha.” Sorrise debolmente, e lei rispose al sorriso più sicura. “Ma giusto per essere chiari,” continuò lui, “Non mi stai testando vero?”

Certo che no!”


Grande Agrippa, lo stai testando!” esclamò Lily molto tempo dopo, mentre era seduta con la sua amica del settimo anno nel dormitorio di quest’ultima. Un venerdì sera, le compagne di dormitorio di Alice erano uscite a socializzare, ma Lily e Alice erano rimaste al loro posto a sedere vicino alla finestra nel dormitorio del settimo anno, tra di loro stavano una bottiglia di Whisky Incendiario, molte patatine fritte e fragole.

Certo che no!” protestò Alice. “Vorrei che la gente smettesse di dirlo.”
“Non esclusività?” le fece eco Lily, con tono scettico. “Questo è il codice delle ‘ragazze pazze’ per dire: ‘questo è un test. Non fare lo stupido o ti castrerò.’”

Lily.”

Be', allora qual è il punto?” chiese Lily. “C’è qualcun altro a cui sei interessata?”

No,” ammise Alice. “Nessuno in particolare. Penso soltanto che sarebbe meglio se Frank e io, tutti e due, tenessimo aperte le nostre opzioni. In quel modo, nessuno dei due si farà male se lui comincia a rendersi conto che prova qualcosa per Carlotta Meloni o Prudence Daly…o se io voglio uscire con qualcun altro.”

Lily aggrottò le sopracciglia. “Stai pianificando–sai-di stare con altre persone?”

Ci volle un momento ad Alice per rendersi conto di quello che la sua amica stava implicando. “Oh! Oh, no,” disse rapidamente lanciandosi una patatina fritta in bocca. “Voglio dire–per prima cosa, sarebbe… voglio dire, sono stata con Frank per anni e non sarei a mio agio con…”

Oh, non ho bisogno dei dettagli!” rise Lily, scegliendo una fragola dalla ciotola.

Ma capisci il mio punto di vista?” chiese la strega più grande, una volta che ebbero finito di ridere. “È solo molto più logico tenere le cose… casuali.”

E fisiche,” scherzò Lily.

Be', certo.”

Entrambe risero ancora, prima che Lily aggiungesse: “Finché tu sai quello che stai facendo, tesoro. Mi sembra un invito a braccia aperte per i guai.”

Non penso,” disse Alice, prendendo un sorso dalla bottiglia che condividevano. “A mio personale avviso, questo è il modo per evitare i guai. Sento semplicemente di avere più il controllo di me stessa, così.”

Lily scrollò le spalle. “E sai che cosa dicevano i poeti–il controllo è amore.”

Detesto il sarcasmo.”

Non so. Solo… fai attenzione. Cioè, nessuno avrebbe potuto essere più felice di me quando mi hai detto che tu e Frank eravate… più o meno di nuovo assieme. Ma cose del genere possono diventare complicate, e qualcuno potrebbe farsi male.”

Fidati di me,” disse Alice sicura. “Non mi farò del male.”

Lily alzò le sopracciglia, prendendo anche un sorso. “Non stavo parlando solo di te.”

Alice si corrucciò con aria petulante. “Sono una sgualdrina?” gemette.

No” insistè Lily, tenendo la bottiglia. “Davvero, Al. Se tu sei felice, io sono felice. E tu sei felice-giusto?”

Molto.”

E Frank? Perché, sai, anche lui è mio amico… errori sfortunati a parte.”

Sì,” disse Alice lentamente. “Penso che sia felice. Relativamente.”

Lily annuì. “Bene allora –che cosa potresti chiedere di più?”

Che cosa, davvero.


(It Ain't Me Babe)


Mercoledì, 7 aprile, 1976

Caro Diario,

Piove di nuovo. È il compleanno di Sirius Black…

Luke mi ha baciato dopo Erbologia. Abbiamo pomiciato, più o meno–non dovrebbe essere strano, giusto?

-Lily


Tutti i suoi baci sembravano uguali adesso. Lievi, cauti (o se non cauti, controllati), senza pretese… da Luke. Il vecchio Luke, solo l’innocenza ora sembrava stranamente compromessa.

Lily riflettè cupamente a questo proposito mentre camminava col suo ragazzo nella Sala Grande per cena. Non si tenevano la mano, ma lui la seguì al tavolo dei Grifondoro e si sedettero insieme. All’improvviso una fetta di torta al cioccolato apparve nei loro piatti dorati precedentemente vuoti.

Per che cos’è questa?” Volle sapere Luke.

Lily sorrise alla torta –una fetta che sembrava davvero squisita, con caramelle nella glassa. “Il compleanno di Sirius,” spiegò. “È oggi… è probabilmente per questo. Mi chiedo come abbiano convinto gli Elfi Domestici a prepararla, comunque.” Il Prefetto prese una forchetta e ne assaggiò un morso. Era ancora più squisita di quanto sembrasse.

Salti la cena?” chiese Luke.

La vita è breve,” replicò Lily. Lanciò un’occhiata verso la parte di tavolo dove i Malandrini erano seduti, ridendo e scherzando tranquillamente. Catturando lo sguardo di James, Lily annuì in segno di approvazione, e James fece un sorriso in risposta. Lily immaginò di non dover essere sorpresa quando –nel mezzo del pasto– una dozzina di elfi entrò nella sala e annunciò che avrebbero recitato alcuni importanti eventi “dalla vita del Signor Black”, che includevano, tra le altre cose, la scoperta della Pozione Polisucco, l’uccisione di un drago e l’invenzione della magia.

--

È la cosa più bella che abbia mai visto,” si meravigliò Sirius.

James storse il naso. “Padfoot, ne hai già vista una prima. In realtà, hai già volato su una di queste… la mia. Sai –il manico di scopa che mi hai rubato almeno due volte a settimana… quello che hai quasi distrutto il mese scorso quando…”

Non fare il drammatico,” disse Sirius. “Sono riuscito a recuperarla prima che Gazza trovasse un capro espiatorio. E comunque, è diverso. Questa è la mia Nimbus 1500.”

James fece un largo sorriso, scambiandosi un’occhiata con Remus che Sirius non aveva visto entrare, indaffarato com’era ad esaminare la nuovissima scopa, appena scartata, che giaceva sul letto del suo dormitorio.

Era ora che ne avessi una,” fece notare Peter, sorridendo. “Guardarti gareggiare con Prongs con quella tua vecchia Nimbus 1001 stava diventando patetico.”

Sirius gli lanciò un’occhiataccia. “Stai attento, Scopalinda Cinque

Remus e James risero in segno di approvazione. Sirius prese la Nimbus e tutti e quattro i Malandrini si sedettero sul suo letto, esaminando il regalo con grandissimo interesse.

La cosa migliore di tutte,” osservò Sirius illuminandosi dopo un po’ di tempo, “è che non dovrò cavalcare la scopa che quella perfida sgualdrina di mia madre e quell’essere spregevole di mio padre mi hanno comprato al secondo anno. Questa è incontaminata.” All’improvviso sospirò. “Dovrei ringraziarlo, non è vero?” chiese.

Sì,” disse subito Remus. “Prima che tu lo chieda, no, un biglietto non va bene.”

Mi conoscete troppo bene,” borbottò Sirius. Stettero tutti in silenzio. “Non lo voglio affrontare,” continuò in modo vago. “In nessun modo.”

Ma,” disse James, “non pensi che forse sarebbe peggio se non lo facessi?”

Aveva ragione e Sirius lo sapeva perfettamente. Perciò, quindici minuti dopo, stava bussando alla porta dell’ufficio del Professor Black, un po' sperando che non ci fosse, un po' sperando che ci fosse.

C’era.

Hai ricevuto il tuo regalo, vero?” chiese Black quando aprì la porta. C’era un sottile sorriso sul suo viso stanco.

Scusami non è arrivato fino a stasera–la posta via gufo è dannatamente inaffidabile a volte.”

Grazie,” disse Sirius in modo solenne. “È davvero…ehm – grandiosa.”

Ho pensato che avresti voluto cavalcarla per la grande finale di Quidditch contro Serpeverde,” disse Black, con un barlume negli occhi grigi.

Anche se io stesso sono un Serpeverde nel cuore, la mia fedeltà potrebbe essere messa alla prova in quella particolare partita.”

Sirius sorrise. Stettero entrambi in silenzio, e poi disse serio: “Scusami se ti ho urlato contro. Non è stato giusto.”

Non avrei dovuto tenerti nascosta la mia condizione,” rispose Black.

Sirius annuì. “Avrei fatto la stessa cosa comunque.”

Black aprì di più la porta. “Vorresti una tazza di te? Immagino che tu e i tuoi amici abbiate pianificato qualcosa per il tuo compleanno, ma…”

Oh, ho un sacco di tempo prima del coprifuoco,” disse Sirius alzando le spalle. Il professor Black rise.

Chi pensi di star prendendo in giro, esattamente, Sirius? Coprifuoco, ma dai.” Anche Sirius rise, seguendo suo zio nell’ufficio. “Ottimo. Ora puoi raccontarmi di come hai inventato la pozione Polisucco…”

O ucciso un drago…”

Oh, sì, non bisogna dimenticarlo…”


(This Wheel's on Fire)


Lunedì, 12 Aprile, 1976

Caro Diario,

ho ascoltato il nuovo album degli Hobgoblins. Eh.

-Lily


Evan Rosier e Regulus Black avevano entrambi i capelli neri, erano tipi attraenti, rispettivamente del quinto e del quarto anno. Rosier era più alto e robusto, ma Regulus aveva un aspetto più scaltro di lui, perciò se avesse dovuto scegliere tra i due, Piton avrebbe scelto senza esitazione Black. Ovviamente c’erano anche altri motivi per questa scelta. Per prima cosa, il suo fratello maggiore si sarebbe infuriato

Non che importasse. Avevano entrambi il nome, e –a giudicare dal fatto che entrambi avevano risposto al gufo semi-enigmatico di Mulciber facendosi vivi– avevano entrambi anche la predisposizione. I due giovani studenti aspettavano che uno dei due più anziani (Piton e Mulciber) parlasse: Rosier sembrava nervoso; Black no, ma entrambi sembravano acutamente consapevoli del fatto che la loro presenza nel sotterraneo deserto aveva un importanza in termini di significato. A loro era stato chiesto di andare laggiù, mentre ad altri no.

Ci è stato chiesto di trovare alcuni maghi,” cominciò Mulciber, “che crediamo abbiano potenziale.”

Chiesto da chi?” Volle sapere Regulus Black all’improvviso. Mulciber sembrò arrabbiato per l’interruzione, ma Piton parlò. Dopotutto, era stato lui a suggerire Regulus all’inizio.

Penso che tu conosca la risposta, Black.” Disse calmo.

Tu,” domandò Rosier scettico, “sei in contatto con lui?” Non ci credo. Mio padre è uno di loro. Nick lo posso capire, ma se vi aspettate che creda che un mezzosangue come te…”

Adesso basta!” sbottò Mulciber, mentre Piton tirava fuori la bacchetta. Il primo fece un passo verso Rosier. “Piton ha dato prova di sé, che è più di quanto si possa dire di te… tutti sanno di te e di quella piccola Tassorosso traditrice del suo sangue…”
Rosier arrossì. “È stato secoli fa.”

Bene.” Un sorriso passò come un lampo sul viso del ragazzo del sesto anno. “Lucius Malfoy è stato in contatto con alcuni di noi per mesi… allenandoci, raccogliendo informazioni… vogliono organizzare un -ah, un gruppo, qui a Hogwarts. Anche tuo padre, Rosier, si è tenuto in contatto.”

Mio padre? Mi avrebbe detto qualcosa…”

No, non lo avrebbe fatto,” disse Piton. “Perché ci sono regole per questo genere di cose. Ci sono molte regole, e una di queste è che devi tenere la bocca chiusa. Non vogliamo una massa di bambini idioti che corrono in giro a vantarsi a chiunque li ascolti.”

Se entrerete in questa cosa,” continuò Mulciber, “avremo tutti la nostra possibilità di fama e gloria. Ma adesso non stiamo parlando di questo. Adesso, dobbiamo mantenere il silenzio. Discuterete di questa cosa unicamente con persone di cui sappiamo di poterci fidare, cioè –nel vostro caso- con nessuno. Nessun gufo al caro paparino, Rosier, perché chiunque lo potrebbe intercettare. Niente scherno nei confronti del tuo fratello traditore del suo sangue, Black. Niente.”

Sia Rosier che Regulus annuirono.

Bene. È tutto.”

È tutto?” gli fece eco Regulus.

Parleremo con voi quando sapremo di più,” disse Mulciber.

Voglio parlare io stesso con Malfoy,” gli disse il giovane Black. “Voglio sapere che questo è…reale. Perché voglio entrarci, e non voglio che tutto quello che faccio venga interpretato passando attraverso voi due. Non è che non mi fidi di voi, ma se verrò messo alla prova, voglio essere messo alla prova da qualcuno…”

Qualcuno che cosa?” Domandò Piton.

Qualcuno che abbia il marchio.” Concluse audacemente Regulus. Gli occhi di Mulciber si allargarono.

Sai del marchio?”

Regulus annuì.

Questa è un’altra delle cose di cui non dovresti parlare,” disse Piton. “Ma non appena sapremo che tu sei serio, parlerai anche con Malfoy.”

Nel frattempo,” continuò Mulciber, “Farete quello che vi diremo. Non dovrete farne parola con nessuno e vi comporterete come se nulla fosse cambiato.”

È cambiato qualcosa?”

Mulciber fece un sorrisetto. “Tutto è cambiato.”


(It Hurts Me Too)


Mercoledì, 14 Aprile, 1976

Caro Diario,

Ho saltato la colazione. Ho saltato il pranzo. La cena non era buona. Brutta giornata.

-Lily

P.S. Frank Paciok. Oh, che altro potrei dire?


"E, infine,” disse Frank ai prefetti (un misto di persone annoiate e assorte) riuniti nel piccolo ufficio dei Caposcuola, “se posso, ricorderei a tutti, per favore scrivete la natura dell’infrazione nella vostra documentazione sulla sottrazione dei punti. Altrimenti, dobbiamo aggiungere di nuovo i punti. Qualche doman- sì, Aubrey?”

Bertram Aubrey gonfiò il petto, con tutta l’auto-importanza di cui si fregia un prefetto del quinto anno, e chiese: “È vero che ci sarà una nuova regola che bandirà l’uso di ogni tipo di magia dai corridoi?”

Non c’è nessuna regola come questa adesso, che è ciò che importa a tutti noi,” si inserì come una scheggia Marissa Higgs, l’intimidatoria Caposcuola di un metro e ottanta e qualcosa. “Ci sono altre domande rilevanti?” Silenzio. “Ottimo. Ci vediamo la prossima settimana.”

La maggioranza dei Prefetti cominciò a uscire in fila, mentre Marissa Higgs toglieva un paio di rotoli di pergamena dalla scrivania prima di seguirli. Lily Evans, dopo aver fatto un cenno di saluto a Severus Piton alla porta, rimase indietro.

Tutto bene, Lily?” chiese Frank che stava archiviando alcune carte negli scaffali,

Oh sì,” replicò la rossa con tono assente, avvicinandosi. “Remus Lupin voleva che ti dicessi che gli dispiace di non essere riuscito a venire stasera. È a casa a trovare sua madre – è di nuovo malata.”

Frank annuì. “Lo supponevo. Sembra che abbia perso diversi incontri per questo… povera strega, sua madre. Spero che non stia troppo male.”

A Remus non piace parlarne,” disse Lily stringendosi nelle spalle. “Sarà difficile, comunque.”

Mmm, abbastanza.” Frank prese una pergamena di riserva dalla scrivania e un calamaio. “Non è che hai una piuma con te, Lily, vero? Dovrei rifornire questo posto, ma…”

Cosa? Oh, sì.” Lily rimestò nella sua borsa dei libri prima di trovare la sua lunga piuma d’aquila e passarla al Caposcuola. “Che cos’è?” chiese lei in modo vago.

Una lettera a Silente,” disse Frank, scribacchiando. “Speravo potesse spostare la prossima gita a Hogsmeade dal quindici maggio all’otto.”

Perché?”

Frank arrossì. “È prevista pioggia per il quattordici,” disse, non incontrando troppo il suo sguardo. “Gazza si lamenta sempre delle impronte di fango degli studenti dentro il castello.”

Lily inarcò le sopracciglia, scettica. “Diligente da parte tua,” notò lei. “Non sapevo che ti tenessi informato delle previsioni del tempo con un mese in anticipo.”

È scritto nel Profeta,” replicò Frank, un po’ troppo in fretta. “Fino a che il Ministero ha il tempo di rilasciarlo così in anticipo, qualcuno dovrebbe prestarci attenzione. E comunque, come Caposcuola, è proprio mia responsabilità prestare attenzione a questo genere di cose.”

Lily annuì. “Suppongo di sì.”

Frank finì in fretta il suo messaggio e restituì la piuma a Lily, che in risposta al “Grazie” del Caposcuola gli offrì un saluto e uscì dall’ufficio. Ritornò meno di un minuto dopo.

Va bene, stavo per lasciar perdere, ma ho deciso di no,” disse incrociando le braccia. “Qual è la vera ragione per cui vuoi cambiare la data?”

Questa è la vera ragione.” Ma arrossì di nuovo.

Sei un pessimo bugiardo, Frank Paciock.”

Frank si strinse nelle spalle, incapace di far svanire il rossore dalle guance, “È stupido,” mormorò. “Davvero, io…”

Be' ora sono curiosa,” si lamentò Lily. “Avanti, a me puoi dirlo.”

Davvero, non è niente.” Frank sembrava davvero poco intenzionato a parlare della questione, e perciò Lily si ammorbidì.

Bene. Ma investigherò.” Si voltò per andarsene di nuovo, ma si fermò sulla porta, la compressione le si affacciò alla mente.

Aspetta un attimo,” disse il Prefetto, girando i tacchi. “Il compleanno di Alice è l’otto maggio”

Frank sospirò. “Non glielo dire, per favore?”

Che il suo compleanno è l’otto maggio? Frank, caro, credo potrebbe accorgersene.”

Che ho cambiato la data del fine settimana a Hogsmeade,” chiarì Frank. “Penserà… be'…preferirei che non lo facessi. Per favore?”

Certo, se è quello che vuoi,” disse Lily stringendosi nelle spalle. “Comunque penso che sia un po’ tardi per essere schivi.”

Non faccio lo schivo…è solo –forse potrebbe offendersi. È incredibilmente sensibile su di me che faccio cose carine per lei, questi giorni.” Il Caposcuola sembrava teso, dato che non era esattamente sicuro di quanto Lily sapesse della sua relazione attuale con Alice.

Nel tentativo di farlo rilassare, Lily chiese: “Anche se siete più o meno di nuovo insieme?”

Più o meno insieme,” enfatizzò Frank. Lily annuì capendo.

In maniera non-esclusiva,” elaborò lei, e anche Frank annuì. “Be', bene. Ma penso che sia dolce che tu voglia portare Alice a Hogsmeade il giorno del suo compleanno.”

Frank sembrava dubbioso. “Be' chi lo sa?” disse. “Voglio dire, con questa… situazione casuale, si sta comportando in modo molto cauto –non che la biasimi- ma potrebbe anche semplicemente voler andare con qualcun altro. Tutta la storia della non-esclusività, sai. Anche così, vorrà stare tutto il giorno al Villaggio, non credi?” Lily era silenziosa; stava fissando Frank in modo molto strano. “Cosa? Pensi che non vorrà? Solo..”

No, non è quello,” disse Lily rapidamente. “Frank, è la cosa più dolce che abbia mai sentito.” Colmò la distanza tra loro e abbracciò uno sbalordito Caposcuola.

Io-ehm…” balbettò Frank, quando l'altra si stacco. Fu salvato dal dare una risposta, comunque, quando una voce nuova li interruppe.

Lily?”

La ragazza si voltò per vedere Luke che la aspettava alla porta; apparentemente, sembrava fosse venuto a prenderla dall’incontro dei prefetti. Era parte delle attenzioni estremamente diligenti che aveva mostrato nelle poche settimane passate.

Oh, ciao, Luke, arrivo subito,” disse Lily in modo spiccio. Si voltò di nuovo verso Frank. “Faccio assolutamente il tifo per te” gli assicurò. “Buona fortuna.”

Frank sorrise. “Ehm… grazie, Lily.”

Fuori in corridoio –una volta che Luke ebbe preso con insistenza la borsa dei libri di lei e fatta scivolare sulla sua spalla- il Corvonero chiese alla sua ragazza: “Per che cos’era tutto quello?”

Solo noiosi affari di coppia.” Disse Lily

Ehm-cosa intendi?”

Frank e Alice,” spiegò. Luke, con sua grande sorpresa, sembrò sollevato. “Eri geloso?” chiese lei, infastidita.

Un po’,” disse Luke; in apparenza lo trovava divertente. “Non lo so. È stato un riflesso, credo.”

Era Frank,” replicò Lily rigidamente. “Siamo amici da sempre.”

Mi dispiace. Non volevo offenderti.”

Va bene.”

Lei rimase silenziosa, mentre l'altro chiacchierava, fino a che raggiunsero la Torre di Grifondoro. “Non devi entrare,” disse Luke, quando furono davanti al ritratto della Signora Grassa. “Possiamo fare una passeggiata. È luna piena stanotte.”

È quasi il coprifuoco,” disse Lily a bassa voce. “Ci vediamo domani.”

Va bene.”

Si alzò in punta di piedi per baciarlo sulla guancia, ma Luke le voltò la testa e prese le labbra di lei con le proprie. Approfondì il bacio quasi allo stesso tempo, le sue labbra calde si muovevano con fervore su quelle di lei –che sembravano essere in pilota automatico. Presto, la ragazza si tirò indietro.

Buonanotte, Luke.”

Ti amo, Flower.”

Quindi se ne andò e Lily fu lasciata con la sensazione insopportabilmente familiare alla bocca dello stomaco. Per la prima volta, nella sua mente, riconobbe quello che già a livello inconscio sapeva da lungo tempo.

Non ti amo, pensò, e più importante: Non lo farò mai.

Un bello schianto, quello là.” Disse la Signora Grassa, quando si avvicinò al ritratto.

Runespoor”, disse Lily con tono spento. Il ritratto scivolò di lato e il Prefetto entrò nella Sala Comune. Naturalmente, non aveva modo di sapere del mago (in procinto di incontrare un cane e un ratto vicino al Platano Picchiatore), che aveva assistito alla scena da sotto il Mantello dell’Invisibilità. Inoltre, non poteva sapere in alcun modo dell’orrenda sensazione alla bocca dello stomaco che lui aveva provato mentre si allontanava a grandi passi.

 


(Dirge)


Giovedì, 15 Aprile, 1976

Caro Diario

Ancora pioggia. Oggi non è successo niente di più.

-Lily


A che cosa diavolo stavi pensando?” scattò Donna, allontanando rabbiosamente via con uno schiaffo la mano vagante di Charlie Plex. “La tua fottutissima ragazza era proprio lì!”

Charlie sorrise. “Perciò adesso quando mi spingi in una classe deserta, vuoi parlare?” la schernì. “Cos’è successo alle regole, Shacklebolt? Scopare, non parlare e tutto il resto?”

Parte delle regole,” gli ritorse contro Donna, furiosa, “è che tu tenga le tue dannate mani lontano da me fino a che io non dico altrimenti. E sono abbastanza sicura di non averti chiesto di palpeggiarmi nel bel mezzo del corridoio con la tua dannata fidanzata a tre metri di distanza!”

Oh, che cosa te ne importa se Cassidy era proprio lì?” sospirò Charlie, sedendosi su un banco. “Non fa nessuna differenza per noi se ho o non ho una ragazza.”

Prima di tutto, non dire mai più la parola ‘noi’ per riferirti a me e a te.” Ordinò Donna con veemenza. “Seconda cosa, nel caso in cui tu non l’abbia notato, la popolazione di Hogwarts nel complesso non è molto disposta a perdonare le ragazze che si scopano i fidanzati di altre ragazze e preferirei non essere il soggetto dei pettegolezzi di quelle del quinto anno.”

Bene.” Charlie fece un’alzata di spalle. “Meglio così –stavo pensando di farla finita presto qui, ad ogni modo.”

Donna storse il naso. “Un rifiuto umano come te? Andarsene senza scopare? Difficile.”

Già, ma penso che Cassidy cederà abbastanza presto sulla questione dello scopare,” disse il Corvonero con noncuranza. “E allora non avrò più bisogno di te, o no?” Sorrise crudelmente. Donna alzò gli occhi al cielo.

Oh no, l’assenza di Charlie Plex –come farò?” si lamentò sarcasticamente, andando verso la porta. “Sei un imbecille, sai.”

Charlie si alzò in fretta, attraversando la stanza e tenendo la porta chiusa prima che lei potesse aprirla. “Davvero?” chiese, inclinando la testa da un lato. “O in qualche modo ti piace che lo sia?”

Gli occhi color ambra di Donna si strinsero. “Mi piace letteralmente solo una cosa di te.” Erano in piedi molto vicini, le labbra di lui erano solo a pochi centimetri da quelle di lei.

E che cosa sarebbe?” chiese Charlie.

Che non me ne frega niente di te.”

Charlie ghignò. “La cosa che amo di te –la stronzaggine.” La baciò, facendola girare in modo che si trovasse con le spalle contro la porta, il corpo di lui saldamente pressato contro quello di lei. Quando si separarono, lui mormorò contro le sue labbra: “Sai, non l'avrei davvero fatta finita con te.”

Lo so.” Si mosse per baciarla ancora, ma Donna spinse indietro le spalle, per guadagnare un po’ di spazio. “No,” disse calma. “Non ti voglio adesso.” Voltandosi aprì la porta e scivolò fuori dall’aula vuota e mentre camminava via, si sentì di nuovo al comando.

Al comando… potente…

Terribile.

 


(Day of the Locust)


Venerdì, 16 Aprile 1976

Caro Diario,

Bé, vaffanculo.

-Lily


"Reg," salutò entusiasticamente James Potter, appoggiandosi al tavolo della biblioteca occupato dal Tassorosso Reginald Cattermole. "Posso unirmi a te?" Reginald annuì, spostando alcuni libri per fare spazio; James gettò la sua borsa sul tavolo e si sedette, incrociando le braccia sopra di essa e appoggiando il mento su queste ultime. "Che combini di bello, allora, Kitty Cat?"

"Erbologia," replicò il Tassorosso nel suo tono di voce basso e serio. "Sto iniziando il saggio sulle Anthocerotophyta." I suoi occhi blu si restrinsero sospettosamente. "Che cosa ci fai tu in biblioteca? Non ti ho mai visto qui prima d'ora."

"Non ci vengo spesso," ammise James. "Almeno –non durante il giorno. Perché stai facendo il saggio sulle Anthocerotophyta? La consegna è per il primo lunedì di maggio. Non dovresti aspettare la prima domenica di maggio?"

Reg sembrava confuso. "Ma quello è il giorno prima della consegna."

"Esatto."

"Sei davvero tra i primi del nostro anno, non è vero?"

"È quello che mi dicono," disse James con una scrollata di spalle. "Hanno del cibo qui?"

"In biblioteca?"

"Mmm."

"Non credo proprio."

"Sapevo che c'era una ragione per cui non vengo mai qui."

Scuotendo la testa divertito, Reg cercò di ritornare ai suoi compiti. James, d'altro canto, non si mosse. Sedette in silenzio per qualche istante, poi sospirò vistosamente. Reg alzò lo sguardo. "Non hai intenzione di fare i tuoi compiti?" chiese.

"Teoricamente, questo è il motivo per cui sono qui," borbottò James. "Ma, in pratica, sono solo annoiato."

"Dove sono gli altri Malandrini?"

"Mi hanno abbandonato." James si raddrizzò appena, ancora accasciato sul tavolo ma con il mento appoggiato sul palmo della mano, il gomito puntellato sul tavolo. "Remus è andato a casa a trovare sua madre, Sirius è a pranzo con suo zio e Peter è in punizione, perché qualcuno sostiene di averlo visto rendere Mrs Norris rosa, anche se io non credo ne abbiano molte prove. Quindi, ho pensato che avrei potuto dare un'occhiata alla biblioteca... vedere per che cos'è tutto il trambusto. Ci sono sempre così tanti libri?"

"Mm... di solito."

"Bizzarro." James prese in mano una piuma –una di quelle di Reginald– e cominciò a farla girare tra le dita. "Allora, Kitty Cat, ti vedi ancora con quella del quinto anno?”

Reginald emise un pesante, drammatico sospiro. “Io e Greta ci siamo lasciati.”

Ah, mi dispiace.” Sedendosi dritto, James aggiunse: “Se può essere di qualche conforto, ho sempre pensato che puzzasse di formaggio. Che ne è stato di lei, allora? Si è innamorata di un topo?”

L'ho lasciata io,” disse serio Reg. “Mi stava facendo pressione.”

James interruppe temporaneamente tutti i suoi movimenti. “Come scusa?”

Mi stava facendo pressione,” ripeté Reg.

Per entrare in intimità?” chiese James, imitando il tono solenne del suo compagno.

Peggio,” confessò Reginald, scuotendo la testa. “Voleva che seguissi Divinazione.”

Fu una fortuna che la bibliotecaria, la signorina Sevoy, fosse occupata dall'altra parte della biblioteca, perché avrebbe sicuramente rimproverato James per lo scoppio di risate che non era riuscito a contenere. Vari prefetti che stavano studiando ai tavoli vicini, tuttavia, si voltarono per lanciargli delle occhiatacce, e il Capitano della squadra di Quidditch fece loro una smorfia. “Mi dispiace,” disse a Reginald, passandosi una mano tra i capelli, il divertimento non ancora scomparso dal suo viso. “Non è proprio divertente. Voglio dire –lo è, ma non dovrei ridere. Ma sul serio, hai preso la decisione giusta, amico. Divinazione è un mucchio di stronzate. Ad ogni modo... non ti preoccupare riguardo alla ragazza: è come la mia cara vecchia mamma dice sempre: “non inseguire la Pluffa se vedi il Boccino”.”

Reg aggrottò la fronte. “Ma non ha senso.”

Certo che ce l'ha.”

Ma...un cacciatore insegue la Pluffa. Un cercatore insegue il Boccino... sono due ruoli differenti... a un cacciatore non è nemmeno consentito di catturare il Boccino. Sarebbe squalificato.”

James aprì la bocca per spiegare, ma poi ci ripensò. “Quello che dici è vero, Cat. Proprio vero. Dovrò dirlo a mia madre la prossima volta che la vedo.”

Sono sorpreso che tu non l'abbia colto –con tutto che sei Capitano.”

Non lo dirai a nessuno, vero?” Reginald promise che non l'avrebbe fatto. “Oh, c'è dell'altro. Senti...”

Ma James fu interrotto dal suono di risatine, che fece alzare lo sguardo a entrambi i maghi. Un Corvonero del settimo anno dalle spalle larghe, di nome Adrian Edgecombe, si trovava lì accanto con alcuni suoi amici.

Vaghi nei bassifondi, Potter?” disse Adrian derisorio.

Reginald si fece tutto rosso e distolse lo sguardo, ma James roteò gli occhi. “Solo da quando ho iniziato a parlare con te, Adriana.”

Alcuni degli amici di Adrian sembrarono indignati, ma Adrian sbuffò appena. “Non sapevo che ora frequentassi dei Tassorosso. In particolare dei roditori come Cattermole. Stai pensando di creare un nuovo Malandrino, non è così? O forse vorresti farlo entrare nella squadra di Quidditch? È così che scegli i cacciatori, non è vero? Tra i tuoi amici.”

In realta, mi limito ad estrarre i nomi da un cappello,” ribatté James. “E la cosa divertente è che siamo comunque migliori di Corvonero.”

Quello è stato uno sporco trucco, alla partita, e lo sai.”

I tuoi cacciatori sono mediocri e le tue parate sono uno scherzo, Andrea. Fattene una ragione.”

Il volto di Adrian si accese di rabbia, mentre James si voltava, appoggiandosi di nuovo al tavolo. “Goditi i tuoi quindici minuti, Cattermole. Per la prossima settimana ti starà appendendo al soffitto con un levicorpus.”

Andatevene,” ordinò James pericolosamente, ma Adrian aveva tre amici dalla sua e avvertiva chiaramente il vantaggio. Reginald si accese in viso ancora di più.

Davvero, Potter, per qualcuno appartenente ad una famiglia così antica, non hai proprio standard, non è vero? E non parlo solo di Cattermole... la gentaglia di cui ti circondi –Minus, Lupin...”

Con un tonfo, la borsa dei libri di James cadde a terra mentre il mago si alzava e voltava così in fretta da far rovesciare la sua sedia. La sedia, tuttavia, non aveva ancora toccato terra che la bacchetta del Malandrino era già estratta e puntata su Adrian Edgecombe, il quale, per la prima volta, sembrò legittimamente spaventato.

Non oseresti,” disse, non troppo sicuro si sé (perché James aveva la reputazione di fare cose che persone sane di mente non avrebbero fatto). “La signorina Savoy è proprio laggiù, e i miei amici ti affatturerebbero fino a...”

Non ho paura dei tuoi amici, Angelina,” replicò James, sogghignando. “E anche se riuscissero a farmi qualcosa, scommetto che riuscirei a tagliarti via le orecchie prima.” Adrian deglutì vistosamente.

Metti via la tua bacchetta, Potter,” gracchiò, “o loro ti malediranno di brutto.”

Prego,” invitò James.

I tre amici di Adrian sfoderarono le bacchette, ma esitarono. “Che cosa state aspettando?” chiese il loro capo compromesso.

La signorina Savoy è proprio da quella parte,” mormorò uno di loro.

Oh, per Merlino...”

Ma prima che potesse succedere qualcosa, una nuova voce – in un forte sussurro – si intromise. “James, Edgecombe, che cosa state facendo?”

James si voltò, sorridendo al nuovo arrivato. “Ciao, Caposcuola.”

Frank Paciock incrociò le braccia. “Che sta succedendo?”

Niente,” disse Adrian velocemente. “Potter mi stava semplicemente mostrando una nuova... tecnica con la bacchetta. Non è così, Potter?”

James scosse la testa. “No,” disse semplicemente. “Stavo per lanciarti una fattura, poi tu hai detto hai tuoi amici di maledire me. Maledirmi “di brutto”, credo siano state le tue esatte parole. Personalmente, non vedevo l'ora.”

Adrian lo folgorò con lo sguardo, ma James in risposta gli lanciò un sorriso abbagliante. Frank sospirò. “Abbassate le bacchette, tutti quanti,” istruì stancamente, e tutti i maghi lo assecondarono. “Sul serio, che cosa vi è saltato in mente? La signorina Savoy è proprio dall'altro lato degli scaffali.”

Ma, Caposcuola,” protestò James, riponendo la bacchetta nella tasca della sua veste, “non varrebbe la pena vedere Antonia qui senza orecchie?”

Sei solo fortunato che Paciock sia intervenuto, Potter” ringhiò Adrian.

Frank alzò gli occhi al cielo. “Non sono intervenuto per proteggere lui, Edgecombe. D'accordo, allontanatevi ora. Suppongo che abbiate altro da fare in biblioteca oltre che azzuffarvi con quelli di altre Case...” Disse lanciando un'occhiata particolare ai Corvonero, i quali, fulminando i due Grifondoro e il Tassorosso con lo sguardo, si spostarono risentiti da un'altra parte della biblioteca.

Grato come sono per il complimento, Caposcuola,” disse James, alzando la sedia, “avresti dovuto permettermi di affatturarlo. Se lo meritava.”

Prima di tutto, se tu l'avessi affatturato avrei dovuto toglierti dei punti,” fece notare Frank. “Poi, perché senti il bisogno di chiamarmi 'Caposcuola'?”

Perché suona fico, ed è quello che dice la tua spilla luccicante.”

Frank sospirò. “Spero che un giorno tu sia Caposcuola, così che la gente possa prendere in giro te per questo.” I due Grifondoro si guardarono, e poi scoppiarono a ridere.

D'accordo, va bene,” sogghignò James. “Quando succede, sentiti libero di prendermi in giro.” Raccolse la sua borsa da terra e guardò Reginald. “Tutto bene lì, Kitty Cat?”

Sì,” disse Reg. “Non posso credere che tu abbia quasi duellato in biblioteca!”

Abbassate la voce, voi due,” li ammonì Frank. “Quei prefetti al tavolo a fianco hanno l'aria di volervi saltare alla gola.”

Certamente, Caposcuola,” sussurrò James in risposta, salutando mentre parlava. “Ehi, ad ogni modo, Lumacorno darà una piccola festicciola il prossimo venerdì. Parteciperai, o ti vedrò ai Rospi?”

Devo andare alla festa di Lumacorno,” borbottò cupo Frank. “Non lo sai quante spudorate opportunità di fare il leccapiedi ci saranno? E con i M.A.G.O che si avvicinano, sono già abbastanza nervoso riguardo all'entrare nel programma Auror...”

D'accordo, d'accordo. Ruba un po' di cibo e fai un salto dopo, però, okay?”

Va bene.”

E porta i miei saluti ad Alice.” Frank arrossì un po' mentre salutava e tornava ai suoi affari tra gli scaffali. James si sedette e si rivolse di nuovo a Reg. “Ad ogni modo, dove eravamo?”

Che cos'ha contro di te Adrian Edgecombe, comunque?” chiese curioso il Tassorosso. James si strinse nelle spalle.

Be', chi lo sa? Sarà geloso della mia formidabile bellezza...oh, e la sua ragazza potrebbe averlo lasciato per me, ma... non guardarmi con quegli occhi da cerbiatto, Kitty Cat, non è stata colpa mia. Piacevo a Jacqueline, ma lei usciva con Edgecombe, e a me lei non è che piaceva tanto, così le ho detto che non avrei pomiciato con una ragazza impegnata, così lei l'ha lasciato.”

Jacqueline DuPont?”

Mm.”

Perché non ti piaceva Jacqueline DuPont?”

James esitò. “Come ho già detto –non inseguire la Pluffa se vedi il Boccino.”

Ma...”

Sì, lo so, i cacciatori inseguono la Pluffa; i cercatori inseguono il Boccino.” James sorrise. “Allora, che cos'ha Adriatico contro di te?

Reginald si accigliò. “Sono inciampato sulla sua scarpa al secondo anno. Si è esercitato su di me a fare le fatture che imparava a Difesa sin da allora.”

Che coglione!”

Lo hai fatto anche tu,” fece notare il Tassorosso.

Ahi, Cat.” James ci pensò su. “Va bene, hai ragione, ma io mi sono pentito. E come un gesto di buona fede, ti invito dai Rospi.”

“Dai cosa?”

James lo fissò incredulo. “Non hai mai sentito parlare dei Rospi?” Reginald scosse la testa. “Kitty Cat, sono ufficialmente innamorato di te. Difatti, potrei persino uscirmene con un nuovo soprannome per te, visto quanto ti amo. Be', probabilmente no, mi sono piuttosto affezionato a 'Kitty Cat', ma lo stesso...”

Che cosa sono i Rospi?”

Una festa,” spiegò James, “Ogni volta che Lumacorno dà una delle sue grandi feste elitarie alla 'guarda quanti amici ho', i Malandrini organizzano una festa antitetica in una delle aule in disuso.”

Reg sembrò confuso. “Perché?”

Perché è divertente, perché preferiamo ritrovarci con persone che non fanno parte del Lumaclub, e perché è una scusa per bere troppo. Non posso credere che tu non ne abbia mai sentito parlare...sono leggendari. Epici.”

Be', come avrei potuto? Non sono mai stato invitato.”

Giusto, ma... voglio dire, non ti sei mai chiesto com'è successo che Mundungus Fletcher si sia ubriacato così tanto da tentare di tuffarsi ad angelo dal campo di Quidditch?

Mundungus Fletcher ha cercato di tuffarsi ad angelo dal campo di Quidditch?”

Apparentemente no...be', non ti sei mai chiesto che cos'abbia mai potuto fare Stephanie Belby da iniziare quella grande faida tra Corvonero e Serpeverde al quarto anno?”

Quando mai Corvonero e Serpeverde hanno avuto una faida?”

Davvero, Reggie? Ma –andiamo, devi esserti fatto qualche domanda riguardo all'occhio nero di Liam Lyle che non voleva guarire? O all'inondazione di burrobirra nel corridoio del quinto piano? O riguardo a quel lunedì in cui metà del nostro anno non si è presentata a lezione perché aveva ancora i postumi della sbornia del sabato prima?”

L'espressione di Reginald rimase impassibile. James lo studiò pensosamente. “Ma tu vieni a questa scuola, vero?”

Non faccio molta vita sociale,” ammise Reg. “Ho bevuto Whisky Incendiario per la prima volta a gennaio, e apparentemente è circa un anno in ritardo rispetto a tutti gli altri.”

Un anno in ritardo rispetto ai tardivi,” modificò James. “Ma non ti preoccupare. Ti rimetteremo in pari.”

Non voglio essere in pari. Non voglio tuffarmi ad angelo dal campo di Quidditch, o avere un occhio nero che non vuole scomparire, o causare una faida tra Corvonero e Serpeverde.”

Be', non ti agitare troppo su quest'ultima cosa... ho grande considerazione di te, Reg, ma proprio non ti vedo a fare quello che ha fatto Stephanie Belby.” Rabbrividì. “Ad ogni modo, nessuno ti costringerà a ubriacarti, e ci sarà sicuramente qualcos'altro da fare oltre a bere... non sono sicuro di cosa, ma ci sarà.” Reginald sembrava ancora scettico, così James aggiunse: “Sul mio onore di Malandrino. Te lo prometto. In più, ci saranno delle ragazze... un sacco.”

Il Tassorosso esitò, poi chiese: “Lily Evans ci sarà?”

Le sopracciglia di James si sollevarono per la sorpresa. “Lily Evans? Per Merlino, che cos'ha quella ragazza? No, non credo. È una Lumaca. Ehi, pensavo ti piacesse Mary Macdonald...”

Reginald arrossì. “Mary è molto carina...mi piace, ma Lily è...”

Sì, so cosa intendi,” sospirò James, alzando gli occhi al cielo. “Tutti amano Evans. È tutta quella dannata faccenda del sole che sembra irradiarsi da lei e cose del genere. È sconcertante. Ha un ragazzo, però. Ad ogni modo, sei dentro per i Rospi?”

Suppongo di s...”

Fantastico.” James si accasciò sulla sua borsa per i libri ancora una volta. “Allora, Kitty Cat...dimmi, è consentito prendere in prestito questi libri...?”


Lo sbattere della porta del dormitorio delle ragazze fece sedere Lily di soprassalto, scostando le tende del suo letto a baldacchino. Donna fece irruzione nella stanza, in completa attrezzatura per l'allenamento di Quidditch. Gettò la sua scopa a terra ed entrò direttamente nel bagno.

Don?” chiese Lily, seguendo l'amica. Erano sole nel dormitorio, visto che era ancora relativamente presto e Lily si era rintanata lì solo per evitare Luke. “Qualcosa non va? È successo qualcosa agli allenamenti?”

Nel bagno, Donna si stava spruzzando dell'acqua sul viso chiazzato di fango. “No,” sbottò. “Non c'è niente che non vada. Sto fantasticamente! Non si vede?” Si strappò di dosso le gomitiere, gettandole in un angolo, prima di oltrepassare Lily per tornare in dormitorio.

Che è successo?” domandò Lily, seguendola ancora.

Non mi riusciva bene quello stramaledettissimo schema!” disse l'altra; si strappò l'elastico che le legava i capelli ricci e Dio solo sa dove andò a finire. I suoi stivali caddero con un tonfo violento vicino a un letto, e quando Donna aprì un cassetto del suo comò, lo tirò quasi tutto fuori. “L'abbiamo provato quindici volte, e l'ho sbagliato ogni singola volta! Poi Potter ha urlato, e io ho urlato, e stava piovendo, e abbiamo sprecato mezz'ora, e lo comunque ancora non mi veniva quel cazzo di schema!”

Don, tesoro, va tutto bene... ci riuscirai domani. Calmati.”

No che non mi calmo, cazzo!” gridò Donna. Chiuse la cassettiera con uno sbam e ne fece cadere da sopra diversi oggetti. “Non sono mai stata così lenta ad imparare uno schema! Ero come una dello stramaledetto secondo anno! Oh, già, per di più ho anche preso una A al tema di Antiche Rune. Una A! Come diavolo farò a diventare Caposcuola se prendo 'Accettabile' come voto?!”

Lily rimase in silenzio, mentre Donna rimetteva con rabbia le cose che aveva fatto cadere sulla cassettiera . “Andrai bene,” le disse in tono rassicurante. “Nessuno è più bravo di te ad Antiche Rune. E ti verrà anche lo schema di Quidditch. Hai solo bisogno di calmarti e respirare, okay? Ti conosco –se ti calmi un po', starai bene.”

Tu non capisci,” scattò Donna. “Non hai idea di che cosa tu stia parlando. Come potresti? Sei stata così presa dalla tua perfetta piccola storia con il tuo perfetto piccolo cagnolino di un ragazzo da non avere nessuna idea di che cosa mi stia succedendo!”

Lily vinse la sua sorpresa per il brusco cambio di argomento ribattendo: “Questo non è giusto, Donna, e lo sai! Ci ho provato! Sei tu che non vuoi dirmi che cosa ti sta succedendo!”

Be', scusa se non mi piace rivelarti ogni piccolo dettaglio della mia vita!”

Lily sapeva che non avrebbe dovuto irritare ulteriormente la sua amica, perché Donna non si tirava mai indietro da uno scontro, ma non poté farne a meno. “Bene, ma non incazzarti con me per non sapere!”

Bene!” Donna gettò via i vestiti che aveva appena raccolto dal pavimento e incrociò le braccia al petto. “Vuoi sapere che cosa mi sta succedendo?! Te lo dico! Vado a letto con Charlie Plex!”

Presa alla sprovvista, Lily cercò di dare un ordine ai suoi pensieri: “Charlie Pl –del...?”

Sì! Della festa di Natale! Charlie Plex di Corvonero! Charlie Plex con la ragazza!”

Donna, io...”

Zitta! Okay? Sta zitta! Non voglio sentirlo! Non voglio sentire come tu creda che sia sbagliato, perché tu sai quello che è meglio per tutti e sei così stramaledettamente perfetta da credere di potermi dire cosa fare!”

Donna, io non ho detto niente!”

Non ce n'è bisogno!” gridò l'altra. “So esattamente cosa diresti! Mi guarderesti tutta accomodante e comprensiva, e poi diresti qualcosa di solidale tipo – oh, mi dispiace, Don...” La sua voce era grondante di sarcasmo malcelato, “e ti sentiresti così male per me e le mie decisioni, e intanto penseresti: oh, se solo lei potesse essere perfetta come me! La perfetta, verginale Lily Evans che amano proprio tutti! E questo è il motivo per cui non te l'ho detto, Lily, perché so perfettamente bene come vedi il mondo, e se qualcuno non rientra in quella tua fiaba rivestita di zucchero, allora è proprio un dannato peccato!” Si fermò per riprendere fiato.

Da dove spunta fuori tutto questo?” chiese Lily.

È la verità, non è vero?” sputò Donna.

Tacquero, studiandosi a vicenda da una parte all'altra del dormitorio. Poi Lily scosse la testa. “Non sono costretta a sopportare tutto ciò,” disse freddamente.

No, certo che no! Come oso invadere i tuoi piccoli pensieri felici! Come oso metterti di fronte a tutto questo, quando potresti essere da qualche altra parte a coccolarti con il tuo dolce piccolo Principe Azzurro...”

Qualunque cosa sia che non va in te, smettila di prendertela con me!” sbottò Lily. “Non hai nessuna idea di che cosa tu stia parlando, Donna Shacklebolt! Non sai stramaledettamente niente su di me o Luke o di qualunque altra cosa, quindi smettila di fare finta che tu lo sappia!”

Oh... giusto... scusa.” Donna incrociò le braccia al petto, sfidando Lily con la sua postura. “Il paparino di Harper è morto. Che dannata tragedia. Sai, le persone muoiono. Si va avanti –io l'ho fatto. Ma scommetto che sarai proprio la fidanzata perfetta, tenendogli la mano e sentendoti così martirizzata e virtuosa per lui. Merlino, vorrei essere buona come te!”

Lily tacque, un milione di emozioni inesprimibili che le ribollivano il sangue. Donna sembrò rendersi improvvisamente conto di aver oltrepassato il limite, ma ciò svanì presto dalla sua espressione; s'incupì in un secondo, come se fosse determinata a non rimangiarsi le parole... per permettere a Lily di ribattere come voleva. Se ne pentì quando vide la rabbia balenare negli occhi dell'amica.

Bene,” disse Lily. “Sai una cosa, sei così infuriata con me per non sapere quello che sta succedendo nella tua vita... ma quando è stata l'ultima volta che hai chiesto a qualcuno come stava andando la loro, di vita? Perché, se ti fossi preoccupata di farlo, una volta ogni tanto, avresti potuto renderti conto di non essere l'unica a cui le cose vanno male. Quindi non startene lì tutta montata perché te ne vai in giro a scopare con qualche idiota, okay?”

Oh, mi dispiace!” abbaiò Donna, di nuovo irritata e ridendo aspramente. “Qualcosa non va nella tua vita? Ti è caduta una ciglia? Quel dannato di un Harper si è dimentico di accompagnarti a Incantesimi?”

Il colore affluì al viso di Lily, e i suoi occhi brillarono di nuovo pericolosamente. “Hai ragione,” disse, precariamente tranquilla. “Perché il tuo aver fatto schifo a Quidditch è molto più importante. Smetti di tirartela, Shacklebolt, e nel frattempo, sta lontana da me.”


(Mr. Tambourine Man)


Sabato, 17 Aprile 1976

Caro Diario,

Oggi è stato orribile, con qualche nota più accettabile.

Ha di nuovo piovuto tutto il giorno, tranne che per un po' di tempo la sera.

-Lily


Donna non stava più parlando con nessuno. Aveva trascorso il sabato ad esercitarsi a quello schema che aveva mancato di padroneggiare agli allenamenti di Quidditch del giorno prima, finché i Serpeverde non erano arrivati al campo intorno alle tre per il loro allenamenti. A quel punto, si era ritirata nel suo dormitorio e non aveva parlato con nessuno.

Divenne subito chiaro a Marlene che qualcosa non andava tra Lily e Donna, ma Lily non voleva parlarne e Donna non voleva parlare per niente, quindi poteva solo fare speculazioni.

Qualcosa non va, Flower?”

Perfino Luke aveva notato che qualcosa non andava con la sua ragazza. Erano andati a fare una passeggiata nei giardini appena dopo cena, e quando lui le aveva la mano, lei si rese di nuovo conto di non provare nulla.

No,” mentì. “Sono stanca, tutto qua.” Ma in realtà aveva voglia di piangere, un impulso che non fece che aumentare quando lui le diede il bacio della buonanotte e le disse di amarla di fronte al ritratto della Signora Grassa. Qualcosa sembrava ribollire dentro di lei, forse rabbia o paura o qualcosa di completamente diverso, e non si azzardò a parlarne troppo, per timore che la pressione diventasse troppa ed esplodesse. Luke era sparito alla vista prima che Lily si mosse.

Che gentiluomo,” sospirò la Signora Grassa. “Parola d'ordine, mia cara?”

Ma Lily non diede la parola d'ordine. “Non ancora,” disse. “Vado a fare un giro.” Sentì l'avvertimento della signora nel ritratto sull'imminenza del coprifuoco, ma non se ne curò. Ora non era il momento per pensare ai coprifuochi.

Camminando molto velocemente e senza nessuna idea di dove stesse andando, Lily sentì la pressione crescere dentro di lei, così che quando finalmente si fermò in cortile, le tremavano le mani in una strana collera. La fresca aria primaverile sul suo volto accaldato la rinfrescò, ma non la calmò. Un'ondata di stanchezza la travolse, e Lily si sedette sul cornicione circondante il giardino circolare sopraelevato al centro del cortile. A quel punto scoppiò a piangere.

A causa di Luke o Donna o entrambi, non sapeva, ma improvvisamente tutto era diventato troppo. Aveva voglia di alzarsi e mettersi a correre, eppure era consapevole della futilità della cosa. Semplicemente, non sapeva quello che doveva fare, e stava diventando troppo da sopportare. E così la trovò James Potter, piuttosto per caso, onestamente, quasi dieci minuti dopo.

Evans,” disse stupidamente, allarmato dalla rossa scompigliata e singhiozzante di fronte a lui. “Stai bene? Che è successo?” Automaticamente e senza nessuno scopo in mente, James le si avvicinò , ma Lily –inspirando bruscamente– tese una mano per fermarlo.

No, per favore,” disse –in un modo tra il singhiozzante e il brusco. “Per favore, non farlo. Non ce la faccio in questo momento. Non ce la faccio a gestire il tuo stuzzicare e pungolare... non ce la faccio ad affrontare una discussione, o una conversazione, o qualunque diavolo di cosa sembra sempre che finiamo per fare, quindi per favore, per favore, per favore lasciami in pace e basta!” Parlò con tale ardore e disperazione che qualsiasi persona di buon senso avrebbe subito lasciato la povera ragazza da sola.

James non era sempre una persona di buon senso.

Mentre Lily si scioglieva in un'altra ondata di lacrime, le si sedette a fianco. Qualunque persona di buon senso l'avrebbe lasciata sfogare... avrebbe silenziosamente atteso che dicesse qualunque cosa volesse, ma –bé, avete afferrato il concetto.

Cosa c'è che non va?” le chiese, senza neanche preoccuparsi di mantenere il tono di voce basso. Lui capiva la compassione e il dolore che provava, ma perché dovesse sentirsi improvvisamente così irrazionalmente furioso –perché dovesse improvvisamente sentire il forte desiderio di affatturare qualcosa o qualcuno (in particolare Luke Harper...aveva il presentimento che quell'idiota fosse responsabile in qualche modo) –andava oltre la sua comprensione. James non ci pensò troppo. Aspettò semplicemente che il respiro di Lily si stabilizzasse abbastanza da permetterle di parlare.

Non lo so che cosa c'è che non va in me,” ammise lei, tirando su con il naso e asciugandosi furiosamente le lacrime dal viso (era consapevole, se pur solo in parte, di sentirsi completamente in imbarazzo). “È solo che tutto sembra star andando così...” si coprì il viso con una mano, “a puttane.”

Che è successo?” chiese James, sconcertato.

Niente!” disse Lily stridula. “Non è successo niente, sono solo... be' voglio dire, sono nella peggiore e più disonesta relazione possibile, una delle mie migliori amiche mi odia inspiegabilmente, e c'è una cazzo di guerra là fuori riguardo alla quale nessuno sembra in grado di fare niente di significativo! Ma, davvero, va tutto bene! Perfettamente, in realtà, secondo Donna! La perfetta Lily Evans con la sua vita perfetta e il suo ragazzo perfetto –sai, quando io ho dei problemi, non mi sento in dovere di uccidere qualcuno, o di scopare con il primo ragazzo che si muove, quindi magari lei dovrebbe soltanto chiudere quella sua bocca, perché almeno io ho dei sani metodi per affrontare tutte le cose orribili che mi stanno succedendo!”

Come piangere da sola in un cortile?” chiese James.

Sei sul ciglio di un precipizio, Potter,” ringhiò Lily, sventolandogli minacciosamente un dito contro. James sospirò, stringendosi compulsivamente le mani giunte. Si sporse in avanti, appoggiandosi i gomiti sulle ginocchia, e chiese: “Allora, che cos'è questa storia su Donna?”

Non lo so,” sospirò Lily. “Mi si è rivoltata contro ieri in dormitorio... non so nemmeno perché fosse così arrabbiata. Continua a lanciarmi delle occhiatacce e non mi ha più detto una parola da allora.”

Probabilmente non riguarda te,” disse James. “È stata di pessimo umore, ultimamente.”

Oh, lo so,” disse Lily. “Ma non vuole dirmi cosa c'è che non va, e –oh, Merlino, questo suona da stupidi– ma mi ha davvero ferito con tutto quello che mi ha detto... non saprei. È stata probabilmente la goccia che ha fatto traboccare il calderone, suppongo, ma ho – ho bisogno della mia amica. Ho bisogno che lei sia qui per me, e voglio anch'io essere lì per lei, ma...Agrippa, è passato solo un giorno,” gemette. “Sono patetica.”

Evans.”

Rimasero seduti in silenzio per un po', prima che Lily stancamente continuasse: “Non so più che cosa fare.” La sua faccia si deformò in modo buffo, come se stesse trattenendo altre lacrime.

Che intendi?”

Mi sento così confusa,” mormorò. Si scostò i folti capelli rossi dal viso, posizionandoli umidi dietro un orecchio per rivelare meglio il volto più pallido del solido. Le sue guance erano chiazzate, gli stanchi occhi verdi che scintillavano alla luce tenue delle stelle e delle torce lontane, ma aveva smesso completamente di piangere. “...su tutto. E così impotente.” Tirò su con il naso. “È come se mi stessi guardando compiere tutte queste azioni –come se non fossi io. Mi sento così... finta, ma non ho il coraggio di essere autentica, perché a quel punto sarei egoista. E non sono sicura di cosa sia peggio –mentire o essere egoista.” Tossì. “Capisci cosa voglio dire?”

James decise di non rispondere a quella domanda. “Lily, da dove viene tutto questo?” le chiese. Lei lo guardò in modo strano. Non aveva mai sentito la sua voce in quel modo –così dolce– e si chiese se non c'era qualcosa che non andasse con il suo udito. “Lily.” Allora, senza saperne esattamente il motivo, Lily gli racconto da dove venisse tutto quello.

Cominciò dall'inizio, con Luke e Logan Harper il giorno di San Valentino, ripercorse a tentoni quella notte, la visita di Lathe, il file su Logan, la morte del padre di Luke, la dozzina di volte in cui aveva tentato di chiudere la loro storia solo per poi venire ostacolata da forze interiori o esterne, lo sfogo di Donna del giorno di prima e i baci della buonanotte di Luke, e finalmente la sua situazione attuale –confusa e bloccata. James ascoltò in silenzio; Lily non osò guardarlo, ma se l'avesse fatto, avrebbe visto una genuina varietà di emozioni passare sul suo viso, nessuna delle quali era riuscito a nascondere con successo.

Finalmente, lei finì il suo racconto; non sembrava più tentata di piangere. La sua voce era diventata dura, calma e quasi (era la cosa più strana) annoiata. “E questo è il motivo per cui sono qui,” concluse seccamente. “La fanciulla in pena di fronte a te.”

James non poté farne a meno; un lieve sorriso gli affiorò sul volto quando Lily lo guardò negli occhi per la prima volta da quando aveva iniziato il suo racconto.

Cosa?”

Evans,” disse James, scuotendo la testa divertito, “non c'è niente della fanciulla-in-pena in te. Hai drogato un Mangiamorte. Anzi, meglio, l'hai drogato, immediatamente dopo avergli impedito di morire dissanguato. Sei rimasta con un ragazzo perché suo padre è morto, anche se ha dei familiari che vorrebbero ucciderti, e sono abbastanza sicuro che hai fatto tutto questo senza mancare nessuna consegna scuolastica. Non c'è niente della fanciulla-in-pena in te...tranne il fatto che sei tecnicamente una fanciulla, e sei... tecnicamente... in pena.”

Lily rise malgrado se stessa. “Be', grazie comunque.”

Lui annuì, ed entrambi rimasero in silenzio, finché non continuò: “Allora che cosa farai adesso?”

Non lo so,” replicò Lily. “Non sono sicura di che cosa dovrei fare. Quel ch'è giusto è sbagliato, e vice versa.”

Che cosa ha da dire Harper su tutto questo?”

Lily sbuffò. “Lui dice 'Ti amo, Flower'.” James chiaramente non aveva capito la sua allusione, quindi gli spiegò: “Non ho nulla da guadagnare da Luke. Così suona terribile –quel che voglio dire è: io non voglio che lui mi conforti o mi aiuti o mi parli per farmi superare tutto questo. Sto con lui perché ha bisogno di me in questo momento, e non posso abbandonarlo e basta. Ma non voglio niente da lui. Vorrei volerlo! Lui è... è l'ideale, sai? Vorrei riuscire semplicemente... ma non ci riesco. Non provo nulla per lui, ed è... terribile.”

James suppose che avrebbe dovuto sentirsi in colpa per le capriole che il suo stomaco sembrava stesse compiendo, ma semplicemente non ci riuscì. Ciò nonostante, riuscì a cancellare dal suo tono di voce ogni indizio che questa notizia gli fosse in qualche modo gradita. Non fu difficile, perché onestamente odiava vedere Lily in quelle condizioni.

Snaps, devi anche pensare a te stessa.”

No, non devo,” disse Lily ostinatamente. “Mi sto solo comportando da stupida in questo momento. Tutte queste storie sono stupide. Posso farcela – o almeno... pensavo di potercela fare. James, hai mai dovuto rompere con qualcuno? Vedere quello sguardo nei loro occhi... come tu li abbia delusi e feriti... e tutti hanno deluso Luke. Io non posso farlo.”

Allora... cosa? Rimarrai con lui per sempre?” chiese James, in modo un po' più brusco di come avrebbe voluto.

Lily espirò pesantemente. “A dire la verità, speravo che in qualche modo ci saremmo allontanati verso la fine del semestre, quando la scuola sarebbe finita...” Ridacchiò amaramente. “Okay, lo so che è una cosa terribile da dire.”

James si scompigliò ancora di più i suoi capelli disordinati e si sedette più dritto. Lily imitò inconsciamente la sua postura. “Okay, sto per dirti cosa penso, Snaps, e non ti piacerà.”

Sputa il rospo.”

Non credo che tu stia con Luke per Luke. Credo che tu rimanga con Luke per te stessa.”

Oh già,” disse Lily sarcasticamente. “Perché sono una masochista che vive di relazioni senza amore. Hai fatto centro, Potter. Davvero.”

Quello che voglio dire,” insistette James, “è che hai paura di rompere le cose con lui, per come ti farà sentire.”

Capisco; quindi, sono fissata con l'altruismo virtuoso. Grazie mille. Adoro sempre i tuoi suggerimenti.”

Smettila di fraintendermi volontariamente,” replicò James burbero. “Non sto dicendo che lo fai perché ti piace l'idea di essere altruista o anche perché hai paura di essere egoista... sto dicendo che lo fai perché non vuoi sentirti come se avessi ferito qualcuno –anche se ferirlo sarebbe probabilmente la cosa migliore per entrambi, alla lunga.”

Lily aggrottò la fronte; non rispose all'inizio, ma quando lo fece, la sua risposta sorprese James considerabilmente: “Hai ragione.”

Ora, vedi, sapevo che avresti – aspetta... cosa?”

Hai ragione,” ripeté. “Per la maggior parte. Una parte di me pensa davvero che non potrebbe sopportarlo, ma...ogni giorno che passa lui diventa sempre più assorbito da me e sempre meno da suo padre o da suo fratello, e l'altra parte di me si rende conto che dovrei chiudere i ponti alla svelta. Ma ho paura di fargli ancora del male, e mi sento – responsabile per lui.”

Ma certamente ti renderai che conto che più la trascini per le lunghe...”

...e più si farà male, sì.” Ancora silenzio, poi: “Non posso credere di averti appena detto tutto questo.”

Io stesso sto ancora elaborando la cosa.”

Non avrei proprio dovuto farlo,” aggiunse Lily, cercando di provarne rimorso. “È solo che è stato così orribile, tenermelo tutto dentro in questo modo. Ma...” Tentò di essere pratica. “...dirtelo è stato da irresponsabili.”

Non ho intenzione di dirlo a nessuno,” sospirò James.

Neanche la parte su Logan Harper?”

Lui scosse la testa. “Hai già detto tutto a Lathe comunque, no? Quindi anche se... mi avesse dato fastidio, non avrei... in ogni caso, me l'hai detto in confidenza. Presumibilmente.”

Lily si sentì leggermente a disagio a sentire che aveva detto qualcosa a James Potter 'in confidenza' (anche se sapeva che aveva ragione). Non sapeva che rispondere, quindi invece disse: “Che cosa ci facevi qua fuori, comunque? Controllavi cosa stesse facendo un prefetto fuori dal castello dopo il coprifuoco con quella tua mappa, non è vero?”

“Il coprifuoco non è ancora passato,” disse James. “E non stavo nemmeno usando la mappa.”

Allora è stato semplicemente il destino,” osservò Lily senza allegria. “Ma tu non ci credi, giusto?”

No, suppongo di no.”

Lily aggrottò la fronte, persa nei suoi pensieri. James si chiese vagamente se stesse pensando a Luke o a Donna, se stesse valutando i pro e i contro del chiudere i ponti con Harper, o se stesse semplicemente ponderando le conseguenze potenzialmente negative di essersi confidata con James Potter. Come risultato, il Capitano della squadra di Quidditch rimase opportunamente perplesso quando lei resuscitò la conversazione con: “Ma, e per quanto riguarda i fantasmi?”

James sbatté le palpebre. “Come scusa?”

I fantasmi.”

No, ho sentito quella parte, ma non ho idea di che cosa tu stia parlando.”

Oh, giusto.” Lei si rese conto che lui non aveva avuto accesso all'interno della sua testa negli ultimi minuti e non poteva certo sapere qual era stato il corso dei suoi pensieri. “Se non credi nel destino o in poteri superiori o nelle anime o in qualunque altra cosa, come spieghi i fantasmi? I loro corpi sono morti e sepolti – ma devono essere qualcosa, no?”

James inarcò le sopracciglia. Stava davvero parlando di fantasmi? Ora? “Io –ehm– sì, sono qualcosa...” Riordinò i suoi pensieri. “Ma ho sempre pensato che fossero una specie di ritratto... un'impronta, mi capisci? Non realmente senzienti, ma –sai– ottime imitazioni.”

Lily si morse un labbro insoddisfatta. “Oh,” fu tutto quello che disse. “Ehm...” Si strofinò le guance asciutte ma chiazzate. “Suppongo che sarebbe meglio se rientrassi. Penso che stia per piovere di nuovo.” Ma James era già in piedi prima che lo fosse lei.

Forza...” fece cenno verso l'arco che li avrebbe ricondotti all'interno. “Ti accompagno.”

Non devi,” osservò Lily, iniziando comunque a camminargli a fianco. “Hai già –voglio dire, mi sei stato a sentire e tutto...”

Be' che cosa avrei dovuto fare?” quasi scherzò James; “Mi avevi chiesto di andarmene, e non potevo mica fare quello che volevi, giusto?”

Si sarebbe stabilito un pessimo precedente,” concordò Lily.

Esattamente.”

Nemmeno il vago e tetro rinfrangimento riusciva a sradicare la peculiarità della loro nuova scherzosa conversazione, rifletté James, mentre parlavano senza alcun disagio lungo la strada verso la Torre di Grifondoro. La Signora Grassa stava sonnecchiando quando la coppia arrivò al ritratto.

"Io vado giù alle cucine,” disse James. “Quindi ti lascio qui.”

Oh. Non dovevi...” Ma Lily si fermò in risposta allo sguardo lanciatole dal suo compagno di Casa. “Grazie,” rimediò invece. “Per tutto.”

James si strinse nelle spalle. “Be', sono decisamente fantastico,” ammise. Lily scosse la testa e roteò gli occhi, sorridendo comunque leggermente (ma genuinamente, pensò lui). “E, Lily, “ aggiunse prima che lei si voltasse per svegliare la Signora Grassa, “Shack si farà avanti. Sei l'unica amica che ha –non è così stupida da mandare tutto a monte solo perché è di pessimo umore.”

Alla luce calda delle torce, gli occhi di James sembravano dorati. Ciò gli dava un'aria molto sincera, pensò Lily... o almeno, è così che se lo spiegò nella sua mente. La rossa annuì in silenzio, e poi – ritenendo opportuno dire qualcosa –aggiunse: “Certo. Grazie.”

James, in risposta, annuì e si voltò per andarsene. Il battito del suo cuore gli sembrò più veloce del solito mentre camminava, fermandosi in un'aula vuota diversi piani più in basso. Lì, tirò fuori la Mappa del Malandrino e la sua bacchetta dalla tasca della sua veste.

Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.”

Il puntino segnato Lily Evans era nella Sala Comune con Marlene Price, Adam McKinnon e Mary MacDonald.

Ma tu non ci credi, giusto?” gli aveva chiesto riguardo al destino. Lui aveva concordato, ma ora non ne era più così sicuro. Credeva, per esperienza, nella fortuna – il destino era poi così diverso? In fin dei conti, se le cose fossero andate in modo leggermente diverso...se avesse tirato fuori la mappa un po' prima quella sera, avrebbe visto Lily Evans sulla mappa e avrebbe scelto l'altro cortile per i suoi...vagabondaggi. Cosa che gli ricordava...

James si rimise la mappa in tasca e in cambio ne tirò fuori un pacchetto intatto di sigarette –di Sirius, che aveva sgraffignato. Le buttò in un secchio della spazzatura lungo la strada verso le cucine.



(Odds and Ends)


Domenica, 8 aprile 1976 (Domenica di Pasqua)

Le vacanze di primavera iniziano domani. Quasi nessuno torna a casa per quelle, però, e Lumacorno terrà un ricevimento per Celestina Warbeck venerdì a cui probabilmente parteciperò. L'ho trascurato terribilmente di recente.

Buona (ehm) Pasqua.

-Lily


Mi dispiace così tanto, Luke.”

Lo sguardo nei suoi occhi scuri era parecchio peggiore di quello che Lily si era aspettata, mentre finiva il discorsetto sciattamente articolato e tratteneva le lacrime con tutta la forza che aveva.

Non c'è niente che possa dire per farti cambiare idea, vero?” chiese il ragazzo del settimo anno disperatamente. La ragazza quasi desiderò che ci avrebbe provato, ma scosse la testa, e l'altro annuì senza dire nulla. “Credo che forse non dovrei essere sorpreso.”

Io tengo molto a te,” continuò lei, “quindi mi piacerebbe esserci se dovessi aver bisogno... di qualsiasi cosa. Ma stare con te è—non è più giusto e basta.”

Per quello che è successo con Logan?” chiese Luke.

S-sì.” Questa non era tutta la verità; c'erano così tanti motivi per cui non era giusto, e Logan era uno del mucchio. Infatti, cercare di ricordare l'ultima volta in cui era stato veramente giusto tra di loro l'aveva portata così indietro nel tempo che aveva smesso di cercare. Ma era più semplice imputare tutto a Logan.

Luke annuì di nuovo. Si sporse in avanti e la baciò delicatamente sulla guancia, bisbigliandole nell'orecchio. “Ti amo sul serio, Flower.” Infine si allontanò in fretta e furia.

Lily lo guardò andare via e, al contrario del ragazzo, si prese del tempo per percorrere la breve distanza per la Torre di Grifondoro. La Signora Grassa la stava guardando accigliata e probabilmente stava borbottando qualche rimprovero che Lily non registrò.

Asfodelo.”

In risposta alla parola d'ordine, il ritratto di aprì, e Lily, un po' intontita, si infilò dentro.


P.S. Ho rotto con Luke


(The Wicked Messenger)


Martedì, 20 aprile 1976

Caro Diario,

ho veramente sperato di avere delle lezioni oggi. Avrebbe reso le cose più semplici avere quella distrazione, specialmente se l'assenza di qualcosa di utile da fare costringe i chiaccheroni della scuola a lavorare più duramente nel far circolare i pettegolezzi, ed io sono improvvisamente diventata un oggetto da tenere sotto osservazione.

Ho passato il pomeriggio in biblioteca con Sev. Non ho visto Luke.

-Lily


"Lupin è tornato, vedo", osservò Severus Piton, mentre sedeva con Lily Evans al suo tavolo appartato preferito nella Biblioteca di Hogwarts. Il Malandrino in questione aveva appena lasciato gli scaffali con molti libri sotto il braccio, e nonostante sembrasse pallido e stanco, il suo aspetto era migliorato marginalmente già rispetto al giorno prima.

"Mmmm," rispose Lily, forzatamente disinvolta. Anche quando le critiche verso i Malandrini con Piton non le erano risultate sgradevoli, Lily non aveva mai approvato l'intenso sospetto e diffidenza del suo amico Serpeverde nei confronti di Remus Lupin. Ora le urtava i nervi più che mai.

"Strano che vada a casa così spesso," continuò Piton scettico. Lily riusciva a percepire i suoi occhi neri su di lei.

"Sì, strano."

"E sembra sempre malato. Mi chiedo se si stia prendendo qualsiasi cosa abbia la madre".

"Forse".

"Non ti ha parlato di questa cosa, vero?"

"No."

"E quei suoi amici idioti sono sempre furtivi..."

"Sev," interruppe seccamente Lily, guardandolo finalmente al di sopra della pagina del suo libro. "Non sono in vena. Ho sentito le tue teorie, e non sono in vena."

Severus fu abbastanza saggio da lasciar cadere il discorso.


(4th Time Around)


Mercoledì, 21 aprile 1976

Caro Diario,

non sono sicura di cosa significhi questo calo nella mia scrittura, ma fa schifo.

Non riesco a pensare niente da scrivere.

Accidenti.

Buonanotte, allora.

-Lily


"Lily?"

Allontanando lo sguardo dal cielo scuro e stellato e dalla finestra attraverso cui lo stava osservando, la rossa vide Carlotta Meloni alzarsi dal suo letto, la confusione sul suo-anche ora, alle tre del mattino-viso impeccabile.

"Oh, ciao," sussurrò in risposta Lily, in modo da non svegliare le altre sue compagne di stanza, che dormivano.

"Sei ancora in piedi", osservò la bruna con voce rauca, attraversando il dormitorio. "Va tutto bene?"

"Oh... sì." Lily si strinse nelle spalle. "Sana come un pesce."

"Sei—sei semplicemente stata seduta lì da quando sono andate tutte a letto?"

"No..." Be', tecnicamente, sì. "Voglio dire, ho-ho letto un po'." Indicò Il Circolo Pickwick da tempo dimenticato ai suoi piedi sulla panca davanti la finestra. In risposta alle sopracciglia alzate di Carlotta, aggiunse: "Ho avuto un po' di difficoltà a dormire, tutto qua."

"Oh." Carlotta, lisciando la sua corta camicia da notte in raso, esitò prima di sedersi sulla parte vuota della panca. Lily—in una maglia troppo grande di Miles Davis e pantaloni del pigiama quadrettati—cercò di non sentirsi in imbarazzo. "Ho sentito, ho sentito che tu e Luke Harper vi siete lasciati."

"Già."

"Non sei una che piange molto allora, vero?"

Lily alzò di nuovo le spalle.

"Voglio dire," continuò Carlotta, "è che non ti ho vista abbuffarti di dolci o ascoltare canzoni tristi—non è forse questo che le ragazze fanno di solito?"

"Non saprei." Rimasero in silenzio, poi Lily continuò: "Puoi tornare a dormire, sai. Sto bene, davvero."

"Sei sicura?"

"".

Carlotta sospirò e si alzò di nuovo in piedi. Fece una pausa, però, prima di tornare a letto:"Senti, Lily," disse a bassa voce, "so che non siamo proprio migliori amiche, e che abbiamo... avuto le nostre divergenze quest'anno, ma se avessi bisogno di parlare con qualcuno... "

"Sto bene," ripeté Lily. "Ma grazie."

Annuendo, la bruna fece un salto in bagno per prendersi un bicchiere d'acqua. Quando tornò al suo letto, Lily aveva lasciato il posto vicino la finestra.


(A Hard Rain's A-Gonna Fall)


Venerdì 23 aprile 1976

Caro Diario,

Sono andata alla festa di Lumacorno. No comment.

-Lily


"Niente Piton stasera?" chiese Mary alla sua amica, mentre Lily la raggiungeva per una Burrobirra vicino al margine della sala decorata, già nota come lo studio di Lumacorno. Mary era un'ospite abituale delle feste di Lumacorno, non perché fosse in alcun modo membro del Lumaclub o perché avesse mai ottenuto un invito da parte dal Maestro di Pozioni, ma perché la specificazione “Più accompagnatore/accompagnatrice” sugli inviti dei vari maghi aveva sempre trovato un modo per riferirsi a lei. Questo particolare evento—un ricevimento per la cantante Celestina Warbeck—non aveva fatto eccezione.

"Ha l'influenza", spiegò in modo apatico Lily; Severus era, tradizionalmente, il suo compagno di Lumaclub. Donna aveva iniziato a ricevere inviti solo dal terzo anno, ed era sempre molto più interessata agli ospiti speciali di quanto lo fosse Lily. Quella sera, Donna doveva ancora fare la sua apparizione—cosa insolita e sconvolgente, perché in genere impiegava ogni occasione possibile per “farsi vedere” dagli insegnanti. Anche se non fosse stato così, Lily non era in rapporti fantastici con la signorina Shacklebolt, lasciandola straordinariamente felice che Mary, Frank e Alice avessero tutti accettato il loro invito.

"O forse Piton è andato dai Rospi," suggerì Maria ironicamente.

Lily sbuffò. "Giusto. Molto probabile. Sono sicura che è in giro con i suoi amiconi Potter e Black mentre parliamo."

I Malandrini—a volte con, a volte senza Remus—trovavano divertente organizzare un'anti-festa esattamente durante i ricevimenti di Lumacorno. L'avevano chiamato il "Club del Rospo" quando avevano iniziato al quarto anno, ma da allora era stato semplicemente abbreviato in "Rospi". Gli invitati erano principalmente i Mundungus Fletcher e i Devang Patil della scuola: gente poco ambiziosa e leggermente malfamata, di cui Lumacorno probabilmente non sapeva nemmeno il nome, e che tuttavia era parecchio più divertente da avere in una festa rispetto alle Anitole Gudgeons di Hogwarts, la cui percentuale di presenze al Lumaclub era pressoché impeccabile. Quanto a Lily, la ragazza partecipava alle sporadiche cene e alle feste più formali—come quella di stasera, perché, francamente, Lumacorno le piaceva. Certo, era un po' pieno di sé e un po' un elitario, ma aveva mostrato interesse per Lily prima di chiunque altro a Hogwarts. Aveva incoraggiato il suo talento in Pozioni e fatto tutto il possibile per aiutarla in ambito accademico; non poteva che essergli grata.

"A proposito dei Rospi," continuò Mary, sistemando la cucitura della sua veste magenta, che faceva un grande effetto su di lei. "Sto pensando di svignarmela presto da qui anche io."

"Ti prego, non farlo” supplicò Lily. "Devo rimanere almeno fino alle nove, e non credo di riuscirci da sola. Comunque, al tuo accompagnatore non importa se te ne vai via presto?"

"Chi, Gus? Nah, non penso." La ragazza scosse i lunghi e lucidi capelli castani con noncuranza. "Avresti dovuto portare un accompagnatore anche tu, sai."

"Cinque giorni dopo la rottura con Luke?" rispose Lily. "Sì, sarebbe stato meraviglioso."

"Mmm, potresti avere ragione. A proposito, come te la stai passando dopo quella cosa?"

"Bene, credo."

Mary non sembrava convinta.

"Sto bene, Mary. Davvero," promise Lily. "Certo, potrei dire altrimenti se così rimanessi a farmi compagnia..."

"Ma-Ma Frank e Alice sono qui!"

I due ragazzi del settimo anno erano, infatti, presenti, in piedi dall'altra parte della sala a conversare con un vecchio mago che portava un bastone. "Sono qui per attaccare bottone con gli Auror, quei lecchini," disse Lily. “E so per certo che se ne andranno dai Rospi prima dell'inizio del concerto."

"Va be', resto per una canzone o due," cedette Mary. "Ma ucciderei per un bella birra vecchio stile in questo momento, e non danno niente ai sedicenni qui, quindi ho intenzione di andare dai Rospi questa sera, e non mi fermerai."

"Non me lo sognerei nemmeno, cara. Sei un salvavita."

"Lo sai. Ehi—guarda, è arrivata Donna."

Lily guardò dove la sua amica aveva indicato e vide che Mary aveva ragione. In abito viola scuro, Donna sembrava davvero bella—e anche più grande— mentre parlava con un Corvonero che Lily conosceva da Antiche Rune. Be', "parlava" in senso lato: il Corvonero sembrava svolgere la maggior parte della conversazione.

"Che gioia", brontolò la rossa, incrociando le braccia. "Be', almeno non ha portato nessuno con lei." Mary colse il riferimento a Charlie Plex e alzò gli occhi.

"Rossa, perché non le parli e basta? Sì, lo so che è tutta colpa sua, ma è Donna, e, diciamocelo, sei praticamente l'unica amica che ha."

"Se è tutta colpa sua, perché non può venire lei a parlare con me?" volle sapere Lily. "E perché ti stai schierando dalla sua parte?"

"Non lo sto facendo," insisté Mary. "Ma se non siete più amiche, chi, esattamente, regnerà in quel torre piena di psicopatici?"

"Forse hai ragione," concesse il prefetto.

"Sì che ce l'ho. Ha cacciato via il tuo gatto dal suo letto a calci ieri."

"Caccia sempre via Ira dal suo letto a calci," sottolineò Lily.

"Sì," concesse Mary, "ma ieri lo ha letteralmente preso a calci."

"Povero Ira. Perché Donna deve scaricare i suoi problemi sulle creature innocenti?"

"Esatto. E poi, se potessi chiederle se lei è che sta usando la mia spazzola per capelli, te ne sarei grata, perché le setole si sono tutte piegate."

"Questo non c'entra niente, Mare."

"Parlale", cantilenò Mary.

"Bene."

Ma prima che Lily potesse onorare la sua promessa, il professor Lumacorno arrivò da loro, sembrando molto soddisfatto di sé. "Lily!" disse enfaticamente. "C'è qualcuno che mi piacerebbe molto farti conoscere."

"Oh," intervenne rapidamente Mary, "Può aspettare dieci minuti? C'era qualcosa di Lily stava per f..."

"Mary," la interruppe Lily, roteando gli occhi. "Quella cosa può aspettare."

"La mia spazzola!" rispose Mary a denti stretti. Lily le diede un calcio di nascosto, poi sorrise dolcemente al Maestro di Pozioni. "Mi dispiace, professore. Naturalmente sarei felice di incontrare chiunque volesse presentarmi..." Ma sarebbe stata una bugia per lei dire che parte della sua compiacenza in quella situazione non era collegata alla sua riluttanza nel parlare con Donna. Le cose cambiarono quando Lumacorno parlò di nuovo.

"Molto bene, molto bene. Vedi che strega laggiù?"

Indicò una donna alta e magra, con ispidi capelli neri ed un bizzarro cappello, che Lily suppose fosse uno di quelli che la gente definiva "chic". Tuttavia, c'era qualcosa in quella donna—le sue labbra sottili e dipinte di scuro e l'esile naso, i suoi grandi occhi viola e l'espressione che incuteva timore—che le era molto familiare. Prima di Lily potrebbe azzardare un nome, tuttavia, Lumacorno continuò: "Dorthea Grey..."

Lily si fermò sui suoi passi. "Quella è Dorthea Grey?" rimase a bocca aperta. "L'editorialista del Profeta? Quella donna—quella donna è geniale!"

"Sapevo che l'avresti pensato," gongolò Lumacorno. "Sì, è stata una mia studentessa qualche anno fa. Una Corvonero—la migliore del suo anno in Aritmanzia... ha ricevuto sette E nei suoi G.U.F.O. È una vecchia amica della cara Celestina..."

Lily ascoltò solo a metà il monologo di Lumacorno; era divenuta improvvisamente molto imbarazzata del proprio aspetto. Era venuta alla festa solo per cortesia nei confronti del suo professore di Pozioni e, di conseguenza, non aveva fatto nulla di speciale ai suoi capelli o al trucco. Il suo vestito era corto—per niente adatto ad una serata formale—ed aveva indossato le ballerine per comodità. E miseriaccia, stava per incontrare la fottutissima Dorthea Grey.


"La Stanza Portatile" come la chiamavano i Malandrini, era la più grande delle aule inutilizzate a Hogwarts. Dato che si spostava spesso all'interno del castello, non era pratica per ospitare lezioni al suo interno, ed era stato estremamente difficile inserirla sulla Mappa del Malandrino. Tuttavia, poiché i quattro maghi erano riusciti a tracciare la stanza (ovunque essa decidesse di spuntare), era diventata luogo preferito per le feste dei Malandrini, come le famigerate Serate dei Rospi. Quella sera, la Stanza Portatile era apparsa in una torre fuori dal sesto piano, e, con tanto di musica amplificata con la magia, incantesimi per celare i rumori, Whisky Intendiario e birra in abbondanza, più una settantina di persone, l'evento avrebbe dovuto essere tutto quello che James Potter poteva desiderare per un venerdì sera.

Tranne per il fatto che quello che desiderava a quanto pare non c'era.

Ehi, Prongs!" gridò Sirius, apparendo al fianco del suo migliore amico con due bottiglie scure in mano. Ne porse una a James e continuò: "Meghan McCormack ti sta cercando"

"Meghan McCormack?" chiese James. "L'abbiamo invitata?"

"E chi se ne frega? La ragazza è una favola," biascicò Sirius, che aveva evidentemente avuto già qualche drink. "Capelli biondo fragola, lentiggini... occhi verdi mooolto carini. Tassorosso. Gioca a Quidditch. Devo continuare?"

"Sì, sembra perfetta per te," rispose James, sorridendo.

"Nah, preferisco brune."

"Oh, come ti importasse."

Sirius ci pensò su. "Hai ragione. In realtà no. Però Sheila Vane è parecchio, e intendo parecchio, carina stasera, quindi andrò proprio a la-vo-lar-me-la."

Sirius se ne andò, presumibilmente per "lavorarsela" con Sheila Vane, e James si mise a ridere, mentre guardava il suo amico andare. Guardò dall'altra parte dalla stanza all'indirizzo della strega dall'aspetto un po' androgino ma piacevole vicino al tavolo delle bevande che ondeggiava in maniera vaga a ritmo di musica. La ragazza—Meghan McCormack—sorrise invitante quando notò James guardarla, e il Grifondoro attraversò la stanza verso di lei.

"Niente male per una festa che ha il nome di un rettile brutto e bitorzoluto," prese in giro la Tassorosso, sorridendo.

I rospi erano anfibi, ma James non la corresse.

Invece, disse con una scrollata di spalle fintamente modesta. "Facciamo del nostro meglio. Anche se credo sia successo qualcosa di grave, perché sei in piedi accanto ad un tavolo fornitissimo, e non hai niente in mano." Si girò e prese un bicchiere di liquido color fragola. "Penso che abbiano messo del punch nella vodka per il colore, ma non preoccuparti, non c'è quasi nessun retrogusto."

Meghan sorrise, ma scosse la testa. "Io non bevo”, lo informò allegramente.

"Astemia?" James fece finta di sembrarne deluso. "Dannazione. Adesso non riderai a nessuna della mie battute".

Al contrario, Meghan emise un dolce risatina trillante. "Dovrai solo provarci di più, credo." Ma James ebbe la sensazione che questo non sarebbe stato il caso. Anzi. Guardò dall'altra parte della stanza e notò Remus e Peter ridere su qualcosa tra di loro, e si rese conto che—anche con le buone possibilità che chiaramente aveva con Meghan McCormack—avrebbe preferito essere lì con i suoi amici.

"Be', Meghan," disse nel modo più accattivante possibile "Sono un po' il padrone di casa della piccola festa dei Rospi, quindi dovrei fare il giro. Ma è stato bello parlare con te—sai—goditi la musica. Non fare nulla che non farei io... "

Il sorriso di Meghan vacillò, mentre capiva di esser stata rifiutata. "Oh. Va bene. Grazie per avermi invitato."

"Certo, quando ti pare."

Mettendo giù l'intruglio con il punch sul tavolo, James si affrettò tra la folla verso i due Malandrini disponibili.

"Moony, Wormtail," salutò mentre prendeva un altro sorso del suo drink.

"Prongs", rispose Peter. "Ti abbiamo visto parlare con Meghan McCormack." Alzò le sopracciglia suggestivamente.

"Non succederà niente stasera in quel reparto," ha detto James evasivamente.

"Perché no?" volle sapere Remus.

James alzò spalle. "Non lo so", rispose onestamente: "È solo che... non è quello che sto cercando per stasera.”


"Allora, se dovessi fare una stima, quanti Auror diresti che ci siamo lisciati stasera?" chiese Alice, dondolando le braccia mentre passeggiava lungo il corridoio al settimo piano con Frank Paciock.

Il ragazzo le prese la mano—quella libera teneva un paio di eleganti scarpe nere con il cinturino —e rispose: "Più di una quindicina, se dovessi stimare."

"Direi che hai ragione," concordò la strega. "Ci sarebbe un po' da chiedersi chi sia esattamente di turno stasera, se tutte quegli Auror si sono potuti prendere il disturbo di venire ad un ricevimento per Celestina Warbeck."

"Be', ora non erano tutti Auror in attività... alcuni di loro sono passati all'apparato burocratico da quando sono in pensione."

"È bello sapere che abbiamo quello a cui aspirare," rise Alice. Più seriamente, aggiunse: "Non pensi che diventeremo mai in quel modo, vero?"

"Quale modo?"

"Come quei vecchi e retrogradi Auror—fuori dal mondo, fuori forma... incapaci di creare un contatto visivo con me perché la loro attenzione era troppo concentrata sulla mia scollatura..."

"Mi chiedevo se l'avessi notato... lo giuro su Merlino, ho quasi affatturato Appius Crouch... vecchio viscido verme."

"Be', probabilmente è meglio che tu non l'abbia fatto," sospirò Alice. “Non avrebbe portato a nulla di buono a nessuno dei due. Infatti, ci avrebbe procurato una grande quantità di guai."

E nonostante ciò..."

Alice sorrise e poi sospirò. "Odio pensare che tra quarant'anni potrei diventare maligna ed altezzosa."

"Ally", la prese in giro Frank. "Non diventerai così neanche tra duecento anni. Non hai un osso maligno o altezzoso nel tuo corpo."

"Oh, lo so," rispose Alice, enfaticamente leggera. "Sono gli organi principali che mi preoccupano. Comunque… so che non sono tutti così, gli Auror. Alastor Moody non è un ragazzino, ed è fantastico."

"Esatto. Sono quelli che si prendono il venerdì sera in tempi come questi per rivivere i giorni di gloria di Hogwarts che ti devono preoccupare."

"Giusto. Hai ragione. Lo so. Solo che... Credo solo di aver desiderato che ci fosse un altro modo per combattere a volte..."

Lui la guardò, confuso. "Che cosa vuoi dire?"

"Oh, non è che stia mettendo in discussione gli Auror. Voglio farne parte-lo voglio più di ogni altra cosa. Ma sembra che debba essere anche qualcos'altro da fare. Oltre al sistema... Capisci? "

Frank annuì. "Certo, sarà comunque meglio se catturano Voldemort in fretta e basta, prima che la situazione peggiori."

"E peggiorerà, non è vero?" chiese Alice a bassa voce. Frank le strinse un po' di più la mano, ma non rispose. Rimasero entrambi in silenzio per qualche momento. "Frank, posso chiederti una cosa?" continuò poi lei, fermandosi nel suoi passi e girandosi per guardare il mago accanto a lei.

"Sì, certo."

Alice giocò con la fibbia delle scarpe che aveva rimosso. "Perché—ehm—perché non mi hai chiesto di venire a questa festa con te? Come—sai, come un appuntamento, intendo." Frank aprì la bocca per rispondere, ma l'altra lo interruppe: “E non dire che è perché sapevi che Lumacorno mi avrebbe invitata comunque, perché non ti ha mai fermato prima."

"Al... l'hai detto tu stessa: non è come prima. Non siamo... voglio dire, siamo solo parzialmente insieme. Ho pensato che—avresti voluto tenere aperte le tue opzioni, tutto qua.”

"Stai cercando di usare le mie parole contro di me?" chiese Alice sospettosa. Frank scosse il capo. "Me lo prometti?" Lui annuì. "Ma andare alle feste di Lumacorno... non c'è niente di male in quello."

Frank aggrottò la fronte. "Credo solo di non essere sicuro di dove sia la linea di confine".

"E questo è giusto," concesse Alice, la fronte corrugata pensosamente. "Non sono stata molto chiara. È colpa mia. Ma mi, ehm... mi piace passare il tempo con te. Chiaramente. E anche... passare il tempo con te..." Si schiarì la gola, e Frank sorrise: "Allora... credo che, per quanto riguarda me, e... e non voglio che tu faccia qualcosa con cui non ti... senti a tuo agio, ma per quanto mi riguarda, voglio stare con te, ma non... non voglio che ci siano... definizioni restrittive. "

"Definizioni..." le fece eco Frank. "Va bene."

"Okay?"

"Mmm. Okay."

"Promesso?"

L'altro annuì.

Alice sorrise improvvisamente, avvicinandosi di un passo significativamente più vicino e giocherellando con il colletto della tunica del mago. "Quindi-Frank", continuò, "Vuoi andare, ehm, a passare un po' tempo insieme di sopra?”

Frank ridacchiò. "Penso di poter essere convinto..."

Ridendo, Alice aprì la strada verso il ritratto della Signora Grassa, ma si fermò prima che potesse dirle la parola d'ordine. Si voltò verso il suo compagno e chiese seriamente: "Tu sei felice, vero, Frank?"

Frank non rispose subito. Invece, si chinò e la baciò dolcemente sulle labbra. Quando si ritrasse, disse: "Quasi completamente." Poi, rivolgendosi alla Signora Grassa, aggiunse: “Elleboro," ed il ritratto si aprì.


"Oh, mio povero cuore, dov'è andato?

Per un incantesimo mi ha lasciato..."

Celestina Warbeck, una donna di colore molto bella in vesti dorate luccicanti, canticchiava il suo ultimo singolo ad un pubblico quasi completamente attento nell'ufficio di Lumacorno, mentre Lily, facendo del suo meglio per scrollarsi di dosso le delusioni della serata, si era mossa attraverso il sopracitato pubblico, fino a quando, alla fine, raggiunse la sua destinazione: un angolo lontano occupato da Donna Shacklebolt.

"Ciao," iniziò la rossa in tono imbarazzato.

Donna sembrò presa alla sprovvista da questo nuovo sviluppo—l'arrivo di Lily—e lo dimostrò nel suo tono di voce. "Ciao ..."

Ci fu un silenzio imbarazzante, e per riempirlo, Lily scherzò: "Mary vuole che mi assicuri che non sei tu quella ad usare la sua spazzola." Donna non sorrise per niente, così la rossa si schiarì la gola e riprese più seria: "Senti... Dovremmo parlare." Le venne in mente che aveva cominciato la sua rottura con Luke con parole quasi identiche. "A proposito dell'altro giorno..." Nessuna risposta... "Ho-Ho detto alcune cose che non volevo dire... ehm... e mi dispiace."

"Okay."

Lily aspettò qualcos'altro, ma non accadde nulla. "Donna..." sospirò.

"Cosa?" chiese Donna a voce più alta, in modo che alcuni maghi lì vicino lanciassero un'occhiataccia nella loro direzione. A voce più bassa, continuò: "So quello che stai facendo, Lily. Stai chiedendo scusa e stai sperando che tutto venga semplicemente dimenticato, anche se non credi di essere nel torto.”

"Be'...lo ero?" chiese Lily con impazienza. "Non ricordo di aver fatto nulla di particolarmente offensivo per giustificare quel tipo di... attacco, per mancanza di una parola migliore. Ho strozzato il tuo gufo nel sonno o qualcosa del genere? Merlino..."

Donna alzò gli occhi, incrociando le braccia. "No, Lily, non hai fatto niente di male. Ho cominciato ad urlare, e si dava il caso che tu fossi lì. Sei felice adesso?"

"No, non lo sono. Don, che cosa vuoi da me?"

"Niente!" rispose l'altra in un sussurro incandescente. "Io non voglio niente da te, per l'amor di Agrippa, va bene?"

"Dov'è andato?

Per un incantesimo mi ha lasciato..."

"Be', stai facendo impazzire tutti quanti per come ti stai comportando", mormorò Lily, “quindi di qualunque cosa si tratti veramente, è meglio che tu te la faccia uscire e che la dica ora. Dai, Donna, che cosa c'è che non va ? È il dannatissimo Charlie Plex, perché non mi importa di quello! Non sono tua madre; non ti dico cosa fare. E se senti che lo stia facendo, dimmelo. Parlami! Siamo amiche, no?" Donna rimase in silenzio, e Lily si rese conto che anche se l'aveva pensata come una domanda retorica, stava in realtà aspettando una risposta. "No?"

"Be', lo siamo?" replicò Donna. "Voglio dire, perché siamo diventate amiche tanto per cominciare? Riesci a ricordartelo?"

Lily non poteva onestamente dire di riuscirci in quel momento. Era semplicemente successo... "Non lo so. Siamo diventate amiche e basta... durante il secondo anno. Ma questo che c'entra con tutto il resto?"

"Lily, ammettilo, non abbiamo niente in comune", disse Donna imbronciata.

"Don, non c'è bisogno di essere gemelli siamesi per essere amici..."

"Non sto parlando di gemelli siamesi. Lily, non abbiamo niente in comune se non un dormitorio. Tu sei allegra ed ottimista, e piaci a tutti, ed io-io non ho nulla a che fare con questo. E se non fossimo state smistate nella stessa Casa, non saremmo amiche adesso. Non negarlo, Lily, non puoi dire onestamente dire che lo saremmo state. "

"Non lo so, ma non vedo che differenza fa. Ci divertiamo insieme. Questa è la cosa importante. Ci piace stare in compagnia l'una dell'altra, no? Donna."

Non ne vedo il punto," rispose evasiva Donna, gli occhi puntati su Celestina Warbeck e non su Lily. "L'anno prossimo finiremo Hogwarts, prenderemo strade separate, e, onestamente, probabilmente non ci rivedremo più."

"Oh, piantala, Donna," ordinò l'altra. "So anche io quello che stai facendo, sai. Fai sempre così... c'è qualcosa che ti turba, e tu l'affronti allontanando le persone della tua vita. Ma non puoi farlo con me-viviamo nello stesso dormitorio, per l'amor di Dio ".

Ecco! Lo ammetti anche tu. La ragione per cui siamo amiche è perché condividiamo un dormitorio!"

"Donna, ti stai comportando da stupida. Non è affatto quello che ho detto, e puoi per favore dirmi semplicemente cosa realmente ti preoccupa?"

Un mago anziano in tunica verde avocado si voltò a lanciò un'occhiataccia alla coppia. "Davvero, ragazze,” mormorò. "È piuttosto scortese."

Donna aprì la bocca per proferire delle scuse a brutto muso, ma prima che potesse farlo, Lily afferrò la manica del suo vestito viola e la trascinò fuori dalla sala, nel corridoio vuoto. Lì, Lily incrociò le braccia e attese stizzita una spiegazione. Donna alzò gli occhi.

"Non hai mai pensato, Lily, che forse non ne voglio parlare con te e basta? E no, non intendo dire che ne voglio segretamente parlare ma ho paura, e non intendo dire che non so come confidarmi: intendo dire che non voglio parlarne con te e basta. "

"Be', perché no?"

"Perché odio confidarti le cose, quando non dai nulla in cambio."

Lily la fissò.

"Aspetta, che cosa?"

"Tu pensi che io sia fredda," disse Donna, ora determinata a buttare tutto fuori ",ma tu sei così maledettamente insensibile a volte."

Lily avrebbe potuto ridere platealmente all'ironia di quella situazione. "Io? Stai scherzando?"

"Be' che cosa lasci intravedere alla gente esattamente, Lily?" continuò Donna con aria di sfida. "O sei allegra e felice, o sei arrabbiata. Ma hai rotto con il tuo ragazzo una settimana fa, e hai pianto almeno una volta? E perché hai rotto con lui? Perché nessuna delle tue presunte migliori amiche aveva alcuna idea che stavi pensando di farlo o che stavate avendo problemi! Li avevate? O non ti piaceva più e basta? In entrambi i casi, due mesi dopo che suo padre è morto, hai semplicemente deciso di farla finita! E quando tuo padre morto ... "

"Donna."

Ma l'altra ignorò l'avvertimento e continuò ad alta voce: "...tutto quello che sei riuscita a dire è stato 'sto bene.' Come se lui se ne fosse appena andato, e tu non avevi intenzione di lasciarti prendere dalla cosa! "

Senza pensare, Lily alzò il braccio e schiaffeggiò l'altra strega dritta in faccia. Ma né il clamoroso, appagante ciaff, né l'evidente disagio di Donna mentre si strofinava a denti stretti la guancia riuscirono a sedare la rabbia di Lily. Non le importava più cosa stava realmente preoccupando Donna, qual era era il significato sottinteso, o perché tutta questa stupida cosa era iniziata. Non le importava niente di tutto ciò; c'erano alcune cose che nessuno—amico o altro—era autorizzato a dire, e questa era una di quelle.

"Sei completamente senza cuore, Donna Shacklebolt. Non mi parlare."

Senza girarsi indietro una volta, Lily si diresse a passo svelto lungo il corridoio, sparendo sulla scalinata. Quando Donna tornò al dormitorio più tardi quella notte, Lily era già al sicuro nel suo letto, avvolta nelle sue coperte, fingendo di dormire.


(All I Really Want to Do)


Mercoledì, 28 Aprile 1976

Be', ho avuto indietro la mia copia di Storia di Hogwarts.

-Lily


"E qualcuno saprebbe dirmi chi è stato il primo ad ideare una teoria funzionante sulla connessione tra le forme corporali di Patronus e l'indole di colui che lo evoca?"

In risposta alle domande del Professor Black, una dozzina di mani entusiaste si sollevarono. Lui esitò, camminando di fronte alla classe, e poi chiamò Marlene.

"Titus Tigris!" disse lei molto velocemente. Black ghignò e annuì, tirando fuori dalla tasca un cioccolatino e lanciandolo alla bionda, che saltò in piedi per afferrare il dolcetto.

"E, Signorina Price, può dirmi da dove Titus ha ottenuto questo soprannome?"

"Uhm…" Marlene si accigliò. "Dal suo Patronus?"

"Eccellente." Black lanciò un altro cioccolatino nella sua direzione, e Marlene prese anche quello. "Ok, chi–vediamo–chi mi sa dire per quale altra scoperta sui Patronus il nostro amico Titus era famoso… Signorina Mumps?"

"Ehm…" cominciò Shelley, "non ha scoperto che le forme di Patronus possono cambiare col tempo?"

"Molto bene, molto bene." Le lanciò un cioccolatino dall'involucro rosso. "E–qualcuno sa in che anno quella teoria fu pubblicata…? Nessuno? Ok, datemi un secolo… Signor Atwater."

"Quattordicesimo?"

Un cioccolatino volò attraverso la classe verso il Corvonero del sesto anno. "È con le nocciole?"

"No."

"Ne ha qualcuno con le nocciole?"

"Oh, siediti, Atwater," disse Black, facendo ridere il resto della classe. Tirò fuori dalla tasca un altro cioccolatino, uno piccolo dall'involucro blu, e disse: "Ultima domanda–ok. Uhm, fatemi pensare, deve essere una buona. Oh, la so. Chi sa dirmi per cosa è utilizzato il Patronus oltre che come agente protettivo?"

La mano di Lily era una delle cinque che si alzarono–le altre erano di James, Remus, Sirius e di una ragazza di Corvonero–ma dato che Lily aveva già tre cioccolatini allineati sul suo banco e anche James, Remus e la Corvonero ne avevano un po', non fu sorpresa quando Black annuì a Sirius.

"Funzionano anche come messaggeri," disse Sirius, che era sbilanciato all'indietro sulla sua sedia. "Sono una forma di comunicazione."

Ma Black non lanciò immediatamente il dolcetto a suo nipote. "E qual è la differenza tra evocare un Patronus messaggero e un Patronus difensivo?"

Sirius fece un sorrisetto, come a dire 'facile.' "Un Patronus messaggero si evoca non verbalmente."

"Ok. E chi…?"

"Crispin Hobday, 1734."

Anche il Professor Black fece un sorrisetto. "Ok, sapientone." Lanciò a Sirius il suo cioccolatino, che il Malandrino afferrò con soddisfazione. Poi la campanella suonò e il professore dovette parlare al di sopra del chiasso. "Cominciate quei temi sui Patronus per lunedì! Non trascurateli! Vi aiuteranno con il voto finale…"

Mentre usciva dalla classe con Mary e Marlene, Lily notò che Donna si era allontanata alla svelta. Sospirando irritata, Lily si lanciò uno dei cioccolatini in bocca e si avviò verso Pozioni. Stava svoltando ad un angolo quando si scontrò quasi con qualcuno… quel qualcuno si rivelò essere Luke Harper. 

Lily arrossì un po', mormorando una scusa e calcolando quanti secondi le sarebbero serviti per raggiungere la scalinata, quando Luke disse: "Ehi, Lily. Stavo venendo da te. Ehm–potrei avere un momento?" Guardò significativamente a Marlene e Mary, che, in cambio, guardarono Lily. Lei annuì.

"Andate, vi raggiungo."

Un ulteriore esame del suo ex-fidanzato indicò che Luke sembrava almeno star bene. Era un po' pallido, ma altrimenti, non ci si poteva lamentare di nulla del suo infallibile bell'aspetto.

"Quindi–ehm–come stai?" chiese Lily, quando furono relativamente soli.

"Credo di essere stato meglio prima," replicò Luke. "Ma non preoccuparti, non ho intenzione di fare nulla di imbarazzante."

"Oh, non mi stavo preoccupando," mentì velocemente.

Luke annuì e mise la mano nella sua borsa, tirando fuori un libro di pelle marrone. "Volevo solo restituirti questo. Credo che sia tuo."

Lily prese il libro e lo riconobbe come quello che aveva prestato al Corvonero settimane e settimane prima. "Oh," disse, sorpresa. "Grazie. Me ne ero completamente dimenticata. Grazie."

"Di nulla. Mi dispiace solo che ci abbia messo tanto a restituirtelo." Sospirò. "Be', dovrei probabilmente… ho Trasfigurazione tra pochi minuti, quindi…" 

"Si certo. Ti intralcio la strada? Scusa."

"No, no, va bene. Va bene, davvero." Dopo un piccolo impacciato balletto, entrambi erano in una posizione che avrebbe permesso loro di arrivare dove dovevano andare. "Ciao, allora."

E velocemente quanto era apparso, Luke era andato di nuovo, lasciando Lily in un corridoio affollato, artigliando il suo libro e potenzialmente in ritardo per Pozioni.

Ricordandosi di questo particolare, Lily scrollò la sua sorpresa per essere stata accostata in questo modo e si girò, affrettandosi verso l'ala di Pozioni. Raggiunse la classe appena prima che la campanella suonasse e si infilò in uno dei posti vuoti accanto a Marlene (Mary si era seduta con un Tassorosso).

"Cosa voleva Luke?" chiese la bionda, curiosa.

"Niente–mi ha solo restituito un libro." Lily indicò il volume in questione, che realizzò in quel momento stava ancora serrando a dir poco strettamente. Lo fece scivolare nella sua borsa e si schiarì la gola, sperando che Marlene non avrebbe continuato l'interrogatorio. Non ebbe tale fortuna.

"Un momento strano per restituirti un libro, non è vero?"

Lily si strinse appena nelle spalle. "Credo di sì."

"Stava bene? Felice, in salute, tutto?"

"Um… sì. Sano come un pesce."

Marlene la guardò con attenzione. "Tu stai bene, Lily?"

Per quella che le sembrava la milionesima volta, Lily sospirò e disse: "Sto bene."

"Ma…"

"Davvero. Completamente. Assolutamente. Bene. Rompere con Luke è stata la decisione giusta, e sto bene. Non so perché tutti continuino a supporre che io non stia bene, perché lo sono. Bene." Marlene aprì la bocca per rispondere, ma, fortunatamente, il Professor Lumacorno arrivò in quel momento, e dovette far cadere l'argomento.


(Forever Young)


Venerdì, 30 Aprile 1976

Caro Diario,

Un articolo di giornale ha dichiarato una caccia all'uomo per Logan Harper e una mezza dozzina di altri.

Dannata Donna.

Finisci, mese.

-Lily


"Daresti un'occhiata a questo…" mormorò Sirius, guardando la prima pagina della Gazzetta del Profeta a colazione giovedì mattina. Fece scivolare il giornale davanti a James, che spostò la sua concentrazione dalla torta di mele e pancetta abbastanza da leggere il titolo che il suo migliore amico aveva specificato.

 

"Mandato di Arresto per Sei Presunti Mangiamorte"

 

"Apparentemente il Ministero ha qualcuno sotto copertura con i Mangiamorte," disse Sirius. "Non hanno detto chi, ma la persona ha garantito prove su altri. Ne hanno arrestati tre, ma altri tre sono latitanti. Leggi la lista."

E lì, al secondo posto, c'era un nome molto familiare.

James guardò lungo il tavolo in cerca di Lily Evans, ma i suoi occhi stavano già scorrendo lungo il tavolo di Corvonero, presumibilmente in cerca del suo ex ragazzo. James seguì il suo sguardo, individuando finalmente Luke Harper seduto tra i suoi amici e facendo colazione in silenzio. Non sembrava felice, ma non sembrava più stressato del giorno prima, o del giorno prima ancora, o prima ancora… No, il suo umore funereo era dovuto alla mancanza di Lily nella sua vita. Non poteva aver già letto il giornale…

Il Capitano della squadra di Quidditch guardò di nuovo Lily, che sembrava aver raggiunto la stessa conclusione. Posò il giornale–le sue labbra si piegarono in una smorfia addolorata–e continuò con la sua colazione di toast integrale e marmellata.


"Stai zitto."

"Cosa?"

"Ho detto stai zitto."

Afferrando un pezzo delle vesti di Charlie Plex, Donna lo trascinò dietro di lei nella classe inutilizzata del primo piano. Chiuse la porta con il suo corpo, poi scontrò le sue labbra violentemente contro le sue. Dopo un secondo, lui ricambiò, le sue mani che si attorcigliavano attorno alla sua vita e più in basso. Lei fece per sbottonare la sua camicia.

"Aspetta–io–abbiamo Incantesimi..."

Donna smise di baciarlo abbastanza a lungo da incontrare il suo sguardo, la sua espressione seccata. "Quindi mi stai dicendo che preferiresti fissare il professore Vitius più che restare qui con me?" chiese, sicura della risposta. E Charlie non la deluse.

Ghignò e sorrise. "Come dici tu."

"Giusto."

Lei fece scivolare le braccia sotto le sue vesti, sfilandole dalle spalle di Charlie e facendosi più vicina a lui nel processo. La sua bocca si mosse verso il suo collo. Il Corvonero emise un basso gemito, e Donna sorrise con soddisfazione contro la pelle della suo mento.

Proprio lì, proprio allora, lei era al comando.

Proprio.

Al comando.


"Ehm… Professore?"

Il Professor Black si voltò per vedere suo nipote entrare nella altrimenti vuota classe di Difesa. "'Sera, Sirius."

Il mago più giovane annuì in risposta. "Ho ricevuto una lettera da Andromeda," continuò. "Voleva che te ne dessi una parte–sono solo novità su sua figlia."

"Ah, Ninfadora," disse Black, annuendo e prendendo la pergamena dalle mani di Sirius. "Grazie."

"Di niente."

Black diede un'occhiata al foglio che gli era stato dato. "È una brava strega, tua cugina." Sirius, confuso, stava per concordare, quando suo zio continuò inaspettatamente: "Ha fatto la scelta difficile, sai."

"Uhm… Sì, lo so," disse Sirius, colpito dall'improvvisa e funerea svolta nella conversazione.

Black si sedette alla sua cattedra, girando pensieroso la lettera tra le mani ma non leggendola ancora.

"Ha rinunciato al suo nome e alla sua famiglia… proprio come hai fatto tu," continuò in una voce strana e lontana. "Io non–non penso che lei capisca quanto sia stata coraggiosa. Io non ci sono mai riuscito."

"Era diverso per te," lo consolò Sirius. "Andromeda… lei ha Ted, e…"

"Non era affatto diverso," interruppe Black. "Avevo qualcuno una volta, tanto tempo fa… Wally, i miei genitori–tutti si opposero, ovviamente. Dovetti fare una scelta e scelsi la famiglia. Ho preso l'altra decisione–la decisione sbagliata."

Sirius si avvicinò alla cattedra dello zio. "Ma non sei come loro," insisté. "Non lo sei. Non lo sei mai stato."

"No, ma questa non è una scusa." Sorrise amaramente l'altro. "Infatti, potrebbe rendere peggiore la situazione. Tutti questi anni, tutto quello che ho visto, tutto quello che ho vissuto e non sono mai stato abbastanza forte da fare quello che tu e tua cugina avete fatto prima di compiere diciotto anni. Non ho figli–l'unico modo in cui vivo è attraverso un nome sbiadito su di un arazzo. Presto sarò morto e…"

"Per favore non dirlo," lo interruppe Sirius. "È già abbastanza brutto senza parlarne."

Black sospirò. "Certo, hai ragione. Non ti avrei dovuto infastidire con questa cosa. Mi dispiace molto."

"Non sei come loro. Non potresti esserlo," disse Sirius fermamente. Black sorrise appena e annuì. "Non hai mollato la 'lega' dei Black, ma non ne sei nemmeno parte. E se tu l'avessi mollata, probabilmente non ti avrei mai conosciuto. E non parlare di morire in quel modo–le cose capitano. I Guaritori si sbagliano di continuo e la gente inventa nuove pozioni e…"

"Sirius…"

"Non puoi parlarne come se fosse una cosa certa! Niente è certo… non completamente."

"Non voglio che tu abbia una falsa speranza…"

"Non è falsa speranza. Sono ragionevole. Non sai cosa succederà. È possibile che tu non muoia… è possibile che accada qualcosa e… non sto dicendo che è definito, ma non puoi rassegnarti e basta."

"Sono rassegnato," disse Black piano. "Ma non sono pronto. Persino orapersino questo, sono un codardo."

"Non lo sei. Solo perché non vuoi mollare, non significa che tu sia un codardo."

"Penso che tu abbia più fede in me di quanta ne meriti." Black sospirò. "Vieni, non parliamo di queste cose."

"Ma…"

"No, Sirius." E c'era una gravità nella sua voce bassa che obbligò Sirius ad obbedire. "Ora," continuò Black, più l'allegro se stesso, "hai già cenato?"

"No…"

"Be', allora, vieni." Il professore prese la sua valigetta e sorpassò il nipote nella strada per la porta. "Puoi camminare con me–dimmi tutte le novità di Meda…"

Sirius esitò e poi costrinse il suo volto in un espressione più vivace. "Certo," disse, ancora un po' rigidamente e poi seguì suo zio fuori nel corridoio.


La sottile figura di Lily era rivolta verso il muro opposto alla porta attraverso cui James era appena entrato, e anche se non poteva vedere la sua faccia, era perfettamente chiaro che era furiosa. La rossa strappò un fascio di pergamena come se fosse colpevole di aver ucciso una persona amata, scelse il foglio necessario e spinse brutalmente gli altri nello spazio sulla mensola situata in alto, facendo cadere una bottiglia tappata d'inchiostro nel processo.

Si fermò, guardando la scrivania in cerca di qualcosa.

"Serve una piuma?" chiese James, facendo saltare Lily. La ragazza diede un'occhiata al di sopra della spalla al nuovo arrivato e si riposizionò angolata leggermente verso di lui.

"No," insisté con ostinazione, prima di continuare la ricerca sulla scrivania.

James non aveva passato molto tempo negli Uffici dei Capiscuola, tranne quando era venuto a prendere Remus o per rubare qualcosa. Di conseguenza non pensava di essere stato in questa stanza più di quattro o cinque volte negli ultimi sei anni. Era lunga e rettangolare, come la sala professori, solo considerevolmente più piccola. Lo stretto tavolo che correva lungo il muro di fronte a lui supportava la mensola ed era coperto per metà da pezzi di pergamena, bottigliette d'inchiostro, tazze che avrebbero dovuto contenere penne e libri dai titoli come Guida per i Prefetti di Hogwarts e La Completa Antologia delle Regole di Hogwarts. James pensò anche di aver visto il volume rilegato meno abilmente di Gazza degli "Oggetti Banditi" (circa due terzi dei quali potevano essere trovati solo nel baule di James). Accanto alla scrivania c'era un tavolo, abbastanza lungo da far sedere un paio di dozzine di persone–probabilmente per gli incontri dei prefetti. Le pareti erano "decorate" con un calendario, un orologio, un ritratto o due e orari per vari eventi. Nell'angolo più lontano da James c'era un divano gessato verde.

Il Capitano della squadra di Quidditch registrò l'ambiente intorno a lui, mentre Lily continuava la sua ricerca della piuma, che trovò alla fine sepolta dietro L'Autoritario Gentile: una Guida per Guadagnare Rispetto e Controllo. Infilando la piuma nella bottiglietta d'inchiostro con forza ingiustificata, l'inchiostro spruzzò in aria mentre la sua mano volava lungo la pagina.

"Qualcosa non va, Evans?" chiese James. Si sporse contro la cornice della porta, le mani in tasca.

"Cosa vuoi?" chiese Lily bruscamente. James si accigliò.

"Ehm… giocare come Cacciatore per la Nazionale."

"Lily gli lanciò un occhiata irritata. "Voglio dire," elaborò, continuando a scrivere sulla pergamena, "posso aiutarti?"

"Uhm… no a meno che tu non conosca qualcuno che abbia contatti con la Nazionale…"

"Potter…"

"Cosa stai facendo qui, Evans?" la interruppe James. "Sono le undici di sera. Coprifuoco, sai."

"Sto riempendo la documentazione per la sottrazione di punti," disse Lily; "Alcuni Corvonero stavano duellando questo pomeriggio."

"E non poteva aspettare fino a domani mattina?"

"Non riuscivo a dormire, e cosa ci fai tu qui esattamente?"

"Stavo tornando in Sala Comune e ti ho vista sulla mappa. È sempre una curiosità per me sapere quando un prefetto è fuori dal letto dopo il coprifuoco."

"Dovrei detrarti dei punti," gli ricordò Lily. "Quindi dovresti andartene." Fece tornare la sua totale attenzione verso il lavoro. James la ignorò ed entrò nella stanza.

"C'è una ragione per cui sei così allegra stasera?"

"C'è una ragione per cui sei ancora qui?" James inarcò le sopracciglia. "Mi sto comportando da stronza, non è vero?"

James annuì. "Abbastanza."

Lily posò la piuma e spinse il foglio di lato. "Mi dispiace," ammise. "Ho avuto una brutta giornata. No, una brutta settimana… cancella, brutto mese."

"Ne deduco che tu abbia letto l'articolo di giornale su Logan Harper," disse James, conoscendo la risposta, e Lily annuì.

"Ho parlato con uno degli amici di Luke a pranzo… Luke non si è presentato affatto. Non riesco a credere di aver rotto con lui–sono una tale stronza." Lily si spinse a sedere sul tavolo. James camminò e vi si appoggiò.

"Andiamo, non lo pensi davvero," la blandì. "Se fossi con Luke in questo momento, come faresti a migliorare le cose?"

Lily ci pensò. "Non lo farei," disse lei dopo un po'. "In realtà, probabilmente le peggiorerei. Luke è probabilmente seduto con i suoi amici, negando che suo fratello sia colpevole di qualsiasi cosa… Non penso di poterlo sopportare."

"Be', ecco qua."

"Certo, è stupido," concesse la strega. "So di aver fatto la scelta giusta. Rompere con Luke era la scelta giusta. Era la cosa giusta da fare."

"Quindi diresti che era la scelta giusta?" Lily lo guardò. James ghignò. "Ohh, andiamo, Snaps, rasserenati."

"È solo che… tutti continuano a chiedermi se sto bene e sto provando a convincerli che sto bene, ma nessuno sembra credermi. Ma è vero. Sto bene. Sto apposto. Davvero."

"Davvero?" chiese l'altro scettico.

"Sì! Davvero. Perché nessuno mi crede?"

"Be'… forse hanno ragione loro."

"Ma non ce l'hanno."

"Ma forse ce l'hanno."

"Ma non ce l'hanno."

"Ma forse ce l'hanno."

"Ma non ce l'hanno."

"Ma…"

"Potter."

James si strinse nelle spalle. "Ok. Hanno torto. Stai bene."

"Convincente," disse Lily impassibile.

"Quello che sto dicendo è che non sarebbe sbagliato se tu ti sentissi… arrabbiata."

"Io ho rotto con lui. Non mi è concesso essere arrabbiata."

"Ci è sempre concesso essere arrabbiati per le rotture. È per questo che le chiamano rotture invece di… non so–una pacifica divergenza di percorso."

"Una pacifica divergenza di percorso?"

"Ci sono i diritti d'autore sopra."

Lily rise e poi rimasero entrambi per un po' in silenzio, mentre lui guardava le dita di lei giocherellare senza scopo con la piuma, girandola, arrotolandola tra l'indice e il medio…

James scosse la testa e ricominciò con: "Quindi è quello che ti tiene sveglia, a riempire documentazione per la sottrazione di punti alle undici di sera? Il Mago Prima Conosciuto come 'Principe Azzurro'?"

"È una parte," Lily sospirò. Non elaborò per quasi un minuto, poi continuò: "Ho incontrato Dorthea Grey."

"Chi? Oh–l'editorialista del Profeta?"

Lily annuì. "Da Lumacorno venerdì scorso."

"O–kay…"

"Il Professor Lumacorno sapeva che ero una fan e che lei faceva corrispondenza all'estero, che è una delle cose a cui sono interessata, quindi… mi ha presentata."

James aspettò il punto.

"Ed è stata davvero d'aiuto e molto gentile e non sembrava per niente irritata dal dover parlare con una diciassettenne…"

"Quindi qual è il problema? Chiaramente, c'è stato un problema…"

Lily si accigliò guardandosi le mani, che erano ora incrociate sul suo grembo. "Era così… cinica. Voglio dire, ho concordato praticamente su tutto quello che quella donna ha scritto negli ultimi quattro anni e lei–lei ha ammesso, piuttosto direttamente, che tutto sta nel dire cose che nessun altro ha detto… perché sorprendendo le persone, vendi abbonamenti."

James sbatté le palpebre. "Oh."

"… ha detto che scrivere per Il Profeta si basava tutto sul rendere la gente a disagio con il mondo, ma tenendoli a proprio agio con se stessi. Il modo in cui l'ha detto, era così… così dannatamente poetico che avrei potuto piangere. È come scoprire che gli unicorni non esistono…"

"Gli unicorni esistono…"

"Non per i Babbani," disse Lily mestamente. "Ho sempre pensato che lei fosse così brillante, perché aveva dato prospettiva a storie che altra gente ignorava. Non aveva paura di parlare delle cose oscure; pensavo che dicesse sempre la verità. Ora pare che lei non stesse dicendo la verità, la stava… sfruttando." Grugnì amaramente. "Volevo essere lei da quando avevo tredici anni."

"Be'," disse James, "Non saresti mai diventata Dorthea Grey."

Lily aggrottò le sopracciglia. "Ehi, grazie."

"Non scrivi come lei," continuò. "Ho sentito i temi che leggi in classe… usi parole migliori. Parole più belle, sai? Dorthea Grey–lei scrive come un uomo… brusca, diretta. Non è peggio o meglio o niente… ma molto diverso." Lo disse con una tale cognizione di causa, che Lily lo fissò meravigliata per un buon minuto.

"Sei di nuovo gentile," lo accusò alla fine. "Coerenza, Potter."

James ghignò. "Cosa posso dire? Tiri fuori il peggio di me." Lily sorrise debolmente. Un breve silenzio, poi: "Sai–Bevin Birch tradisce la moglie."

"Chi è Bevin Birch?"

"Il Cacciatore principale del Puddlemore United," spiegò James. "È sposato con la Cercatrice di riserva delle Holyhead Harpies. Quando avevo quattordici anni, mio padre mi portò a conoscere alcuni giocatori dopo una partita, così che potessi avere la mia pluffa firmata. Ed ecco Bevin Birch che pomiciava con una strega bionda che non era la Cercatrice di riserva delle Holyhead Harpies." Lily sembrava ancora un po' confusa. "Il Puddlemore United è la mia squadra preferita. Bevin Birch gioca nel mio stesso ruolo…"

"Quindi lui era il tuo eroe," concluse Lily. "Ma hai scoperto che era un coglione."

James scosse la testa. "È ancora il mio eroe del Quidditch. È un brillante cacciatore; perché non dovrebbe esserlo? Non è un eroe nel personale, o un eroe nel matrimonio, ma il fatto che sia un coglione dietro le quinte non cambia il fatto che io l'ammiri in primo luogo, no?"

Lily si strinse nelle spalle. "Cambia per me."

James la guardò con attenzione. "Sì…" Anche lei aveva ragione. "Senti, Snaps, ho sentito–ho sentito che tu e Shack avete litigato…" Lily non confermò, ma non negò nemmeno. "Pensi che cambierà idea?"

Lily scosse la testa. "Ha detto che non ero triste per la morte di mio padre." Gli occhi di James strabuzzarono. "Sì, non c'è un molta possibilità di redenzione da lì, non è vero?

"No, suppongo di no. Mi dispiace."

"Non voglio parlarne," disse Lily con risolutezza. Prese ancora una volta la piuma e cominciò, di nuovo, ad arrotolarla tra le dita.

James si ricordò di qualcosa. Cercando nella tasca delle sue vesti, il Malandrino tirò fuori un fazzoletto di stoffa arrotolato, che aprì per rivelare tre biscotti.

"Biscotti?" offrì. "Cortesia dell'elfo domestico Libby. Mi adora." Lily guardò i biscotti con sospetto e poi prese un pezzo, aspettò che James ne mordesse un po' prima di seguirlo.

"Cosa? Pensavi che ti volessi avvelenare?" chiese, ridendo.

Lily masticando il biscotto, scrollò le spalle. "Ogni strega adolescente conosce due regole universali: mai accettare da bere da estranei alle feste, a meno che tu non abbia visto la bottiglia da cui proviene ciò che hai davanti, e mai accettare cibo da un Malandrino a meno che anche lui l'abbia assaggiato." Fece un sorrisetto. "Ci sono i diritti d'autore sopra."

"Touché."

Prendendo un secondo morso di biscotto. "A proposito di feste, come è andato il tuo falso Lumaclub?"

James la schernì. "I Rospi non sono il finto LumaClub. Sono una… parodia."

"Be' avreste dovuto chiamarli meglio. Le lumache e i rospi non sono imparentati–i rospi sono anfibi. Le lumache molluschi. Non hai prestato attenzione a Cura delle Creature Magiche?"

Il Malandrino non poté fare a meno di ridere, perché–ovviamente–aveva ragione lei. "Prestare attenzione alla lezione con tutti quegli animali zannuti intorno? Perché avrei dovuto?"

Mangiarono quello che rimaneva dei biscotti in un relativo silenzio. Quando rimase solo il pezzo più piccolo del suo biscotto, Lily parlò di nuovo. "Non hai ancora detto cosa stavi facendo esattamente. Fuori in cortile…"

James esitò. "Stavo uscendo per una sigaretta."

"Oh. Ma pensavo che tu…"

"L'ho fatto," disse, desiderando di non sentire questa irritante pulsione di chiarire: "Non l'ho fumata. Ma ne avevo intenzione. Ma non l'ho fatto. Sul serio."

"Va bene." Lei guardò interessata il suo biscotto. "Perché no?"

"Io–uhm– non lo so. Ho solo cambiato idea… non volevo interrompere l'astinenza di tre mesi, credo."

Lily annuì. "Be', buon per te. Peccato che tu non abbia lasciato l'abitudine dei biscotti, eh?"

"Un passo alla volta lì, Evans."

La strega sorrise e finì il suo biscotto. "Sai," disse, "ti puoi sedere se vuoi." Perché James stava in piedi appoggiato contro il banco.

"In realtà…" (Lui notò l'orario sull'orologio) "Probabilmente dovrei tornare in Sala Comune. Dovevo… be'è meglio che tu non lo sappia. Negazione plausibile, sai…"

"Giusto." Lily annuì bruscamente. "Ovviamente."

James non si mosse immediatamente, comunque. "Vieni?" chiese.

La strega considerò la proposta, e poi scosse la testa. "Penso di no. Dovrei finire qui–documentazione per la sottrazione di punti, sai…"

"Sono sicuro che i punti potranno essere ugualmente detraibili domani," replicò James. "Andiamo."

Ma Lily scosse la testa. "Verrò presto. Vai pure." Scivolò giù dal banco e si voltò ancora una volta verso la piuma e pergamena che aveva ignorato.

"Va bene." Più deluso di quanto lasciasse intendere, le mani di James trovarono le sue tasche e lui si diresse alla porta. Si fermò lì, però, e si voltò indietro. "Senti, Evans…"

"Mmm?" L'altra guardò il Malandrino da sopra alla spalla.

"Mi dispiace che–la gente ti deluda… ma è fatta così, sai."

Lily si morse il labbro. Non sembrava più molto arrabbiata. "Sì, lo fanno," concordò. "Ma talvolta ti sorprendono anche per il meglio."

"Giusto, ma quanto spesso succede?" chiese James seccamente. Lily sorrise enigmatica, facendo spallucce e tornando alle sue mansioni da prefetto.

"Non lo so," disse, tanto al documento avanti a lei quanto al Malandrino dietro. "Ma mi è successo due volte nelle ultime due settimane."

E quella fu la parte di conversazione che il cervello di James riascoltò più e più volte, più a lungo di quanto avrebbe ammesso a chiunque, persino a Sirius.


Lily si svegliò all'improvviso. Indolenzita per l'ora in cui aveva dormito sulla panca vicino alla finestra, lanciò uno sguardo all'orologio e vide che era quasi mezzanotte. Doveva essersi appisolata mentre rileggeva la sua agenda. 

Non riusciva a credere di aver pianto davanti a James Potter. 

Non riusciva a credere di non stare più con Luke.

Non riusciva a credere che Donna… no, non voleva pensarci.

Guardando il letto di Donna, Lily chiuse l'agenda e la fece levitare, con la sua piuma e l'inchiostro, alla scrivania. Guardò ancora una volta fuori dalla finestra al vasto cielo stellato, e poi ruotò i piedi così che toccassero il freddo pavimento di legno del dormitorio. Aprile era quasi finito. Per quanto riguardava il suo diario, avrebbe potuto riprovare il mese successivo.

Muovendosi il più silenziosamente possibile, Lily raggiunse il letto in punta di piedi e vi salì sopra, tirando su le coperte fino al mento. Lei credeva in quello che aveva detto a James… le persone la sorprendevano per il meglio alle volte; ma pensava che anche lui avesse ragione. Le persone erano delusioni. Pensò a Dorothea Grey e a Donna, e poi pensò a Petunia e a Sev. Poi, mentre i suoi occhi si appesantivano pensò a Luke, e ogni insistente "Sto bene," che aveva dichiarato quel giorno, ogni volta che aveva pensato a lui ma non aveva detto nulla, ogni emozione ancora cruda che lei aveva magistralmente nascosto la attraversò, e alcune lacrime scesero lungo le sue guance–proprio come avevano fatto regolarmente per le ultime undici notti.

Ma andava bene.

Avrebbe sempre potuto smettere di piangere domani.


Nelle prime ore del primo giorno di Maggio, prima dell'alba e quando il cielo era ancora molto scuro, un vento freddo frustò le poche foglie verdi che cominciavano a germogliare sul Platano Picchiatore. I prati color giada del parco di Hogwarts si sottomisero alla brezza con un suono frettoloso, e Thor–il cucciolo di danese del guardiacaccia Hagrid–emise un mugolio pietoso. 

Oltre al vagare di Gazza e Mrs Norris, i corridoi di Hogwarts erano silenziosi e immobili, e in questo momento, prima che la luce sorgesse, Alphard Black esalò il suo ultimo respiro e andò pacificamente alla morte.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Momenti ***


*Vedo una luce buiaaa*
Siamo tornate! So che molte persone che seguivano questa storia saranno laureate e/o sposate ora, ma se vi ricordate ancora di noi, siamo qui. Con il nuovo capitolo, e un macigno nel cuore, perchè Jules ha aggiornato a fine agosto e sono altre 100 pagine. Ma non ci lamentiamo, perchè poteva andarci peggio, poteva essere una fanfiction lungherrima piena di fesserie, e invece no. Qui la cosa si fa seria, preparatevi che con questo capitolo... Naaa non vi dico niente!
Un ringraziamento a chi ci legge, preferisce, segue e recensisce!
Buona lettura a tutti dalle traduttrici-molto-disperate!
Giuls :D


In precedenza: Allora, Piton attacca Marlene con la maledizione Cruciatus per diversi motivi contorti troppo complicati da spiegare qui, ma Marlene acconsente a non denunciare Piton (per diversi motivi contorti, troppo complicati da spiegare qui) a condizione che si assicuri che agli amici di Marlene non accada niente. Lily dà una mano a salvare il fratello Mangiamorte di Luke, Logan, e poi Logan scappa, ma non prima di offrire a Luke un certo lavoro (che Luke rifiuta). Frank e Alice continuano il loro tentativo di pseudo-relazione. Piton e Mulciber sono in cerca di studenti più giovani da reclutare per "la Causa," incluso Regulus Black. Una Donna consumata dallo stress e tormentata dai sensi di colpa ha un grosso litigio con Lily. Alphard Black muore.

 

Capitolo 20 - "Momenti"

o

"Helter Skelter"
 

Le relazioni interpersonali sono fondamentalmente composte da momenti e conversazioni.

I momenti sono le cose che ricordiamo: gli sguardi silenziosi da interpretare o fraintendere, i sorrisi da analizzare ripetutamente più tardi, le emozioni indescrivibili contenute in un tocco, o un gesto. I momenti sono le cose che ci perseguitano e persistono, perché anche se migliaia di parole vengono dedicate a spiegazioni discorsive, è dei momenti che ci fidiamo. Sono le cose che puoi rivedere nella tua mente tutti quegli anni dopo, quando le conversazioni sono ormai sbiadite in un oblio di milioni e milioni di parole.

(Blackbird)

Sirius aveva all’improvviso molto freddo.

Il sole splendeva e il cielo era di un’allegra sfumatura di azzurro, e gonfie nuvole bianche vi veleggiavano attraverso. L'ambiente intorno a lui dava tutta l’impressione di essere molto caldo, eppure Sirius aveva freddo.

Una brezza leggera mosse i fili d’ erba verde e lussureggiante sotto i suoi piedi, e si accorse di essere tutto solo sull’enorme prato. La brezza diventò più violenta, fino a diventare un venticello che picchiava contro il grande platano non molto lontano. I suoi rami fischiarono e scricchiolarono, piegandosi esageratamente avanti e indietro.

Con un’inspiegabile paura di quello che avrebbe potuto vedere, Sirius si voltò per guardare dietro di lui... nessuno. Niente. Era completamente solo.

L’erba si stendeva per breve distanza in quella direzione, e poi si fermava, bloccandosi alla sommità di un dirupo. Forse questo spiegava il freddo... era molto in alto. Senza avere più paura, Sirius si incamminò verso l’orlo del dirupo. Sbirciò giù dal pendio roccioso grigio e bianco, e riuscì a scorgerne la base molto più giù, in basso. Polvere: un mare sparso di polvere color sabbia… aveva sperato di trovarci l’ acqua, l’oceano, ma c’era solo la polvere.

Sirius si raddrizzò di nuovo, poi si guardò i piedi: indossava le sue semplici scarpe nere della divisa—infatti, indossava ancora l’uniforme scolastica, ma non aveva colori. Non c’era nessun simbolo delle Case sulla sua veste, e la sua cravatta era nera e basta.

Il fischiare del vento si fece più forte e violento, più minaccioso; comunque, Sirius notò che più fissava il fondo del precipizio, più si accorciava la distanza tra quest'ultimo e la cima dove lui si trovava, finchè alla fine, non sarebbero potuti essere più di quindici metri.

Era una cosa stranissima, ma fissando da lassù (e non gli girava per niente nemmeno la testa), sentiva uno strano impulso a... fare un semplice passo oltre l’orlo. Bastava così poco, realizzò: solo un passo. Un movimento insignificante—rapido, facile, fatto con soddisfazione, e sarebbe stato oltre il bordo. Come sarebbe stato semplice; come lo faceva sentire potente... quel controllo... era solo. Era l’unico che poteva farlo.

E così, senza pensarci, fece un passo avanti.

All’improvviso, il mondo si capovolse. Sirius si accorse di precipitare, precipitare, precipitare, il cuore che gli batteva nel petto. Si chiese cosa avrebbe provato a toccare il fondo, e mentre il vento gli riempiva le orecchie, realizzò che il pendio era molto più profondo di quanto avesse immaginato. Continuò a precipitare per quello che gli sembrò un tempo lunghissimo, l’ambiente circostante che scorreva in un vortice di suoni e colori davanti ai suoi occhi: nel vento, riusciva a sentire delle voci—sussurri e bisbigli che non riusciva a distinguere bene, finchè una voce—più secca e definita delle altre—urlò: "Sirius!" E colpì il suolo con un tonfo.

Era vivo, steso sulla schiena e col respiro affannato; la terra sotto di lui non era polvere ruvida, secca, come aveva pensato, ma erba fresca. La caduta doveva essere durata tanto tempo, perché ora era buio. Una grande luna bianca lo sovrastava minacciosa tra le vorticanti nuvole grigie ed un cielo nero senza stelle. Non avvertiva più dolore di quanto ne avesse potuto sentire se fosse semplicemente inciampato all’indietro al livello del terreno, tranne in un punto—l’occhio sinistro. Pulsava in una maniera terrificante, e Sirius non aveva idea del perché. Non gli faceva male nient’altro, sul ser­io: solo quel punto della faccia.

Rimase disteso per parecchi secondi, e—proprio quando decise che avrebbe dovuto muoversi—Sirius si accorse di qualcosa di bagnato alla base della nuca. Sangue, forse (era caduto, dopotutto). Ma lentamente il liquido iniziò a diffondersi, solleticandogli il collo, e si accorse che era acqua.

La pozzanghera, che si era formata dal punto in cui la sua testa toccava terra, continuava ad allargarsi. Aveva raggiunto i polpastrelli ancora prima che Sirius si rendesse conto che non si stava solo allargando—l’ acqua stava diventando anche più profonda. Se ne accorse, e l’avanzamento si fece più veloce; doveva muoversi, o il livello dell’acqua, che adesso era più alto del dorso delle mani, l’avrebbe sommerso del tutto. Cercò di tirarsi su a sedere, di spingersi fuori dall’erba, ma—e nel momento in cui se ne accorse, la paura lo attraversò come un fulmine—non ci riusciva. Era paralizzato, ed il livello dell’acqua aumentava.

In un momento, lo ingoiò. Il suolo sotto di lui era scomparso, e mentre galleggiava sotto la superficie, Sirius riusciva ancora a vedere la luna sfocata che lo gelava con la sua luce.

E poi, sentì una strana forza strattonargli la gamba, e poi il braccio, e poi risucchiarlo del tutto verso il basso. Non riusciva a respirare, e lo stava tirando giù, la luce in superficie che diminuiva sempre più. Tossì, ricacciò indietro le lacrime (Perché gli faceva così male l’occhio?), e si dimenò inutilmente nell’acqua sopra di lui.

Stava affondando. La pressione dell’acqua aumentava, comprimendolo dolorosamente. Aprì la bocca per urlare, e l’acqua gli inondò i polmoni. Le sue energie scemarono. Lo splendore della luna nel cielo quasi non si vedeva più, e si sentiva le braccia troppo pesanti per lottare contro la forza che lo trascinava giù.

Stava per morire. Sarebbe affogato in quell'immenso vuoto blu notte. L’acqua si fece più scura mentre lui veniva trascinato sempre più in profondità, sempre di più…, la pressione che incrementava su ogni centimetro del suo corpo. Nell’oscurità, affondò sempre di più...

Sirius Black si svegliò di soprassalto. Annaspò, e nonostante sapesse di essere al sicuro nei confini del dormitorio del sesto anno di Grifondoro, si tastò intorno per esserne sicuro. Le coperte tiepide lo avvolgevano ancora, la bacchetta rimaneva al sicuro sotto il cuscino, le tende erano tirate... era tutto normale.

Era la quarta notte di fila che aveva quell’incubo in cui affogava. Sirius si stropicciò gli occhi con i polpastrelli, gemendo di fastidio per essersi svegliato in maniera così brutta. Un’occhiata veloce alla sveglia sul comodino gli disse che erano appena passate le tre del mattino.

Sprofondò di nuovo nei cuscini.

Quattro notti di fila. Buon Dio. Tutto questo doveva finire.

(Yesterday)

Alphard Black era morto il primo di Maggio.

Se n'era andato durante la notte: una morte tranquilla, pacifica. L’aveva trovato il guaritore Holloway —si era preso il compito di controllare il Professore nei fine settimana. Black era steso a letto, immobile e tranquillo, come se stesse ancora dormendo. Le lezioni di Difesa quella settimana furono annullate.

"Vieni?" chiese James piano. Il Capitano della squadra di Quidditch esibiva vestiti completamente neri e un’espressione contrita, ma la schiena di Sirius era rivolta al suo migliore amico, e non vide niente di tutto ciò.

"No," rispose duramente.

Era il giovedì dopo (il sei), e i due ragazzi erano da soli nel dormitorio. "Padfoot," James tentò ancora una volta. "Avrebbe voluto che fossi lì."

Sirius roteò gli occhi. "E come diavolo faresti a saperlo, Prongs? Lo conoscevi a malapena. Per te era solo il Professor Black."

"E quindi quello che mi stai dicendo," rispose James, "è che tuo zio avrebbe preferito che non ci fossi alla sua veglia?"

Sirius si voltò. "Sì, James. È quello che ti sto dicendo."

James si sedette sul letto più vicino. "Rimango anch'io," annunciò. "Non ti lascio da solo nel castello."

"Non sono solo nel castello, e tu non rimarrai." Sirius sospirò. "Senti, James, vai. Voglio stare da solo... sono stanco della compassione e di tutte le persone che mi dicono quanto gli dispiaccia… come se potessero capire in qualche modo."

"Alcuni lo capiscono, Padfoot."

"No. Non è vero."

"Un sacco di gente ha perso la famiglia in questa guerra. Lo sai."

"Già, e quanti di loro hanno perso l’unica famiglia che avevano?"

"Sirius, tu hai una famiglia. Hai Andromeda, hai me, hai..."

"Non ho un cazzo, Potter," disse Sirius apatetico. "Ora fuori di qui. Vai a ‘portare i tuoi rispettosi saluti’ a Hogsmeade col resto della scuola, e lasciami in pace."

"Padfoot, potrebbe farti bene andare. Per dire addio."

"Dire addio a cosa? Ad un ammasso di carne fredda in una cassa di legno? Non ho bisogno di dire addio. E se hai proprio intenzione di fare il coglione, almeno chiudi la porta quando esci." Si accese una sigaretta.

James rimase a lungo in silenzio. "Ti lascio il mantello e la mappa, nel caso cambiassi idea," disse alla fine, alzandosi dal letto e dirigendosi verso l’uscita. "E più tardi, quando ti prenderai a pugni da solo per essere stato un tale idiota, datti un pugno anche da parte mia, eh?" E chiuse la porta dietro di sé.


Il memoriale a Hogsmeade non era, di per sè, il funerale di Black. Era solo una funzione, principalmente per gli studenti, anche se non furono solo loro a parteciparvi, affatto. Quando finì, gli studenti seguirono la bara nera e lucida del loro professore, mentre veniva levitata lungo la strada principale verso una scura carrozza funebre senza cavalli.

Lily camminò con Severus tenendo lo stesso passo strascicato, gli occhi verdi umidi, ma le guance secche. L’unico rumore, apparentemente in tutto il villaggio, era quello di tanti piedi che si spostavano sul suolo.

"Che fai quando torni al castello?" chiese Severus in un sussurro, mentre la bara di Black raggiungeva la sua destinazione. Lily guardò il Serpeverde, del tutto sorpresa dalle sue parole; le sembrava di non sentire una voce umana da una vita (anche se in realtà, erano stati venti minuti scarsi).

"Non lo so," rispose lei sincera. "Non ci ho pensato."

"Hai finito il tema di Incantesimi?" incalzò Severus. "L’ultima parte era un po’..." Notò l’espressione di Lily. "M-ma possiamo parlarne dopo."

"Sì," rispose lei secca. "Infatti."

Severus scivolò via quando raggiunsero la fine della processione, e Lily si diresse verso Marlene e Mary. Notò James, Remus e Peter che se ne stavano per conto loro a breve distanza, ma l’assenza di Sirius era vistosa .

"Stanno andando tutti ai Tre Manici di Scopa per una Burrobirra," disse Mary, quando Lily si avvicinò. "La McGranitt ha dato il permesso. Vieni?"

"Penso di si."

La folla iniziò a disperdersi, e la maggior parte degli studenti di Hogwarts si diresse ai Tre Manici di Scopa. Erano un gruppo silenzioso, una marea di mantelli neri che si sospingeva lungo la strada cupa. Il cielo grigio minacciava pioggia, e un vento mordente faceva stringere tutti un po’ di più nei loro mantelli. Anche il tempo sembrava piangere il defunto.

Lily fissò pigramente tra la folla le facce dei suoi compagni addolorati. Il Professor Black piaceva praticamente a tutti, e che se ne fosse dovuto andare così all’improvviso... non era proprio giusto. Non lo era. E povero Sirius...

I suoi occhi si soffermarono su Severus, che adesso si era unito ai suoi compagni. Borbottavano qualcosa tra loro—Sev, Mulciber, Avery, e Hester—e si chiese vagamente di cosa stessero parlando. Trovò Frank e Alice che camminavano con altri ragazzi del settimo anno e resisté all’urgenza di trovare Donna (l’avrebbe solo fatta arrabbiare, dopotutto). Osservò distratta la folla fuori dal pub (un paio del terzo anno col volto rigato di lacrime, parecchi funerei Corvonero) mentre lei, Mary, e Marlene seguivano il resto della scolaresca dentro il locale.

La campanella di bronzo sulla porta tintinnò quando Marlene aprì la porta che si stava chiudendo per lei e le amiche; il caldo e i colori del pub contrastavano molto col freddo della strada, e Lily si affrettò a chiudersela dietro. Si voltò, spingendola piano, e così proprio prima che si chiudesse, ebbe una breve visuale della la strada fuori.

I negozianti che erano usciti a guardare stavano tornando alle loro faccende; streghe e maghi che avevano partecipato al servizio funebre bighellonavano ai margini della strada, parlando composti o altrimenti stando in silenzio. La Professoressa McGranitt e Hagrid il Guardiacaccia si stavano consultando vicino alle carrozze che avrebbero riportato gli studenti a scuola, e un grosso gatto soriano passeggiava sul davanzale di una vetrina poco lontano.

E, per il più breve dei momenti, vicino ad una finestra aperta dall’altra parte della strada, Lily intravide un paio d’occhi scuri, giustapposti in una faccia familiare che Lily non riconobbe se non una frazione di secondo dopo, quando la porta si chiuse con uno scatto. Il battito cardiaco le accelerò—gli occhi si spalancati per la sorpresa—Lily all’improvviso la riaprì. "Dove vai?" chiese Marlene, ma Lily era già fuori in strada.


"Frank, mi precedi?" chiese Alice, lanciando un’occhiata ai tre Malandrini poco lontano. "Ci vediamo dentro..."

Il Caposcuola annuì, stringendola velocemente prima di entrare ai Tre Manici di Scopa senza di lei. Alice, nel frattempo, si strinse nel mantello, e allungò il passo per raggiungere James, Remus, e Peter, che si avviavano in direzione opposta. Fu quasi travolta da un’affrettata Lily Evans, ma raggiunse i tre maghi proprio mentre si separavano dalla parte più grossa della folla.

"James... Remus... Peter, aspettate un minuto..."

Lo fecero. Lei li guardò. "Come sta?" chiese piano la ragazza del settimo anno.

"Non benissimo," rispose Remus. "Stiamo tornando proprio ora al castello per vedere come sta. Si è rifiutato di scendere."

Alice annuì. "Sentite, lo so che siete i suoi migliori amici, ma se pensate che possa essere di qualche aiuto, venite da me, e proverò a parlargli anche io, ok?"

Remus sorrise debolmente. "Grazie, Alice. Lo faremo."

La ragazza del settimo anno si voltò e se ne andò via lentamente, scomparendo alla fine dentro i Tre Manici di Scopa. I Malandrini quindi continuarono ad andare verso le carrozze.

"Non so," Peter disse mentre camminavano. "Padfoot mi aveva chiesto di prendergli del Whiskey Incendiario... si irriterà da morire quando vedrà che non l’ho fatto."

"C’è una bottiglia nel mio baule che ancora non ha trovato," disse James. "E non dovresti farti comandare a bacchetta da Sirius, Wormtail." Remus roteò gli occhi. "Moony, tu che ne pensi? Quanto tempo gli dobbiamo dare prima di agire sul serio?"

Prima che Remus potesse rispondere, una nuova voce li interruppe. "James?"

I Malandrini si girarono e videro una bella strega bruna che si avvicinava. Aveva un viso lungo e sottile, familiari occhi grigi e una corporatura alta e flessuosa. Indossava un mantello nero con una fibbia d’argento, e un'espressione dolente sul volto color avorio. James espirò profondamente.

"Andromeda," rispose, in una sorta di saluto.

Sorrise triste. "Non è venuto?"

James scosse la testa. "Non la sta... prendendo bene."

La strega, Andromeda Tonks (nata Black), salutò gli altri due Malandrini per la prima volta. "Remus. Peter."

"Ehilà, Andromeda," disse Remus, e Peter annuì.

Di qualche anno più grande di loro, la conoscenza di Andromeda dei Malandrini si doveva soprattutto a suo cugino, il loro quarto compagno, piuttosto che a Hogwarts. Era al sesto anno quando i Malandrini avevano iniziato, e—in più—una Serpeverde, cosicché i loro contatti negli anni che avevano condiviso a Hogwarts erano stati minimi. Comunque, fin dal matrimonio di Andromeda con un mago nato babbano e il conseguente ripudio dalla famiglia Black, Sirius aveva fatto parecchie visite a casa della sua cugina preferita durante le vacanze estive, portando con sé James e ogni tanto Remus e Peter.

Adesso ventitreenne, Andromeda era ancora bella come lo era stata a Hogwarts, ma abbastanza diversa. La sua figura ancora slanciata era più rotonda, probabilmente il risultato di una gravidanza, e gli spigoli del suo viso sembravano meno accentuati, meno intimidatori. Gli occhi—quasi identici a quelli di Sirius—erano però ancora gli stessi. Qualunque potere avesse donato a Sirius e Regulus Black il loro bell’aspetto aveva fatto lo stesso regalo anche alla parte della famiglia da cui veniva Andromeda. Non solo era davvero carina, ma anche le sue due sorelle erano famose per la loro bellezza.

A proposito di loro...

"Sei sicura di essere al sicuro, qui?" chiese James, guardandosi intorno tra la folla in strada.

"La famiglia non c’è," Andromeda rispose triste. "Saranno al funerale ufficiale, quindi... cioè, non credo che a quello parteciperò."

"Ted è qui? E tua figlia?" Peter chiese, al chè Andromeda scosse la testa.

"Ted è rimasto a casa con Ninfadora. Ritenevo fosse troppo piccola per una cosa del genere, e a dire la verità, non ero certa che sarebbe stata del tutto al sicuro." L’espressione di Andromeda si fece ansiosa. "Ma... lui come sta?"

Non vi era alcun dubbio, si riferiva a Sirius. James si accigliò. "Arrabbiato, più che altro."

"Proprio da Sirius," sospirò la strega. "Potreste—potreste portarmi da lui?"

James guardò Remus, che sembrò ritenerla una buona idea. "Certo," disse il primo, facendo cenno ad una carrozza lì vicino. "Ti porteremo noi."

Andromeda salì nella carrozza, subito seguita dai tre Malandrini. Non appena la porta si chiuse per magia, e il loro mezzo tutto d’un tratto si incamminò verso il castello, Remus si sentì obbligato a rompere il silenzio. "Mi dispiace tanto per tuo zio, Andromeda. È stato il miglior insegnante di Difesa che abbiamo mai avuto."

"Tutti volevano bene a zio Alphard," concordò obiettivamente la strega. "Non potevano farne a meno, suppongo."

Il gruppetto raggiunse in breve il castello, e James la condusse attraverso la Sala d’Ingresso, diretto alla grande scalinata di marmo. Era strano portare un ex-studente —un’ ex Serpeverde per giunta—alla Sala Comune dei Grifondoro, eppure, quando Andromeda propose cortesemente di scostarsi un po’ mentre dava la parola d’ordine alla Signora Grassa, insisté che non era necessario, pensandolo sul serio.

"Ti lasceremo andare per prima da sola da lui," si offrì Peter quando raggiunsero le scale che portavano al dormitorio maschile.

"Ti accompagno alla porta," disse James. Fece strada su per la scalinata a spirale, fermandosi al penultimo piano in alto e bussando alla porta che si trovava lì una sola volta.

"Fuori dalle palle," fu la risposta aspra e soffocata di Sirus.

Andromeda si rivolse a James. "Grazie," bisbigliò, con più sentimento. Poi, aprendo la porta, entrò nel dormitorio.


Donna ricadde indietro tra le lenzuola blu, annaspando e godendosi la meravigliosa assenza di pensieri.

Ogni centimetro del suo corpo sembrava a fuoco, e si tirò attorno le lenzuola, in parte un gesto inconscio fatto per coprirsi, in parte perché il cotone ruvido era fresco rispetto a lei. Non riusciva a pensare—aveva il cervello in pappa, e il battito cardiaco ancora non era rallentato, e tutto quello che riusciva a sentire era un rassicurante, catartico niente. Se avesse potuto sempre sentirsi a quel modo. Se solo avesse potuto sempre sentirsi così...

"Cavolo," Charlie sospirò da un punto indistinto al suo fianco. All’improvviso tutto ritornò bruscamente al suo posto, e a Donna venne voglia di affatturare qualcosa.

Dandosi un secondo o due per ritornare a uno stato-più o meno-normale (in senso fisico), Donna si rizzò su a sedere—le lenzuola ancora strette appena sotto la clavicola—e si guardò attorno cercando i vestiti. Trovò gli slip ai piedi del letto, e poiché doveva per forza lasciar andare le lenzuola se voleva vestirsi, diede le spalle al suo partner prima di infilarsi velocemente la biancheria intima.

"Già te ne vai?" chiese Charlie. "Davvero, Shack, mi fai sentire uno facile." Donna roteò gli occhi, anche se il Corvonero, messi come stavano, non avrebbe potuto vederla. Stava ancora steso con le mani dietro la testa, accoccolato tra cuscini e coperte. "Sai, non devi per forza andartene," continuò . "Credo proprio che se ne staranno tutti al Villaggio per altre due ore, o giù di lì."

Donna ci pensò su, ma il fastidio che le dava Charlie superava il richiamo del sesso. "Non sono dell’umore adatto per un secondo giro," disse semplicemente, infilandosi la gonna.

"Non dobbiamo per forza," Charlie continuò, e Donna notò che il tono di voce mancava della solita nota divertita e presuntuosa. "Voglio dire—puoi anche dormire, se vuoi."

Donna trovò il reggiseno e lo sistemò al suo posto, ma litigò un po’ col gancetto. "Uhm... no."

"Okay," disse Charlie.

All’improvviso, Donna si sentì delle dita sulla schiena, e sobbalzò. "Smettila!" ordinò, sorpresa.

"Volevo solo aiutarti," brontolò il Corvonero, e adesso che il gancio era a posto, Donna si voltò verso il compagno, con un’occhiataccia.

"Non mi serve il tuo aiuto. Ma che hai oggi?"

"Non lo so!" Charlie scattò sulla difensiva. Donna afferrò la camicia e la indossò di malagrazia, allacciandosi in fretta i bottoni, aggressiva. "è che—Penso che tutta questa faccenda... il Professor Black morto e tutto..." il ragazzo evitò il suo sguardo. "...Mi ha fatto solo pensare, tutto qui..."

Donna aveva finito di abbottonare, ma non aveva proceduto oltre, perché era troppo impegnata a fissare il mago davanti a lei, incredula. "E questo cosa diavolo dovrebbe significare?"

"Non lo so," ripetè. "Avevo solamente dei pensieri."

Donna decise di non chiedere spiegazioni e ordinò: "Be', smettila."

Charlie la guardò male. "Bene."

Finì di vestirsi, fermandosi davanti allo specchio per controllare che il suo riflesso fosse impeccabile prima di lasciare il dormitorio. Charlie rimase a letto, mezzo coperto, e ora aveva le braccia incrociate al petto con aria irritata . Senza fare di più di un cenno con la testa, Donna uscì dal dormitorio e scese le scale due scalini alla volta. Quando si ritrovò ad attraversare la Sala Comune vuota di Corvonero, era già decisamente meno scossa.

Charlie Plex aveva la capacità emotiva e filosofica di un ditale. Per l’amor di Dio, non si sentiva proprio in colpa a tradire la sua fidanzata tre o quattro volte a settimana, anche durante la funzione del professore di Difesa morto. Il ragazzo (e i suoi "pensieri") era inoffensivo.

Donna si sentì un po’ meglio quando si lasciò del tutto la Sala comune alle spalle, giù per la scalinata che conduceva alla torre di Corvonero, che usciva al quinto piano. Si incamminò verso la propria Sala comune, ed era nel bel mezzo dell’inventarsi una storia sul perché avesse dato buca alla funzione del Professor Black, quando si ricordò della completa inutilità della cosa. Non le serviva una bugia da dire a Lily. Nessuno le avrebbe chiesto dov’era stata.

Ebbe un breve fremito di sollievo e libertà, seguita da una fitta deprimente di solitudine. Ma davvero, era una cosa positiva. Nessuno per cui inventarsi scuse, nessuno che pretendeva di sapere perché fosse di malumore, nessuno che l’avrebbe asfissiata con domande e discorsi quando tutto quello che voleva era essere lasciata in pace. In sostanza, niente Lily.

Il pensiero del Professor Black morto le attraversò il cervello. Il Professor Black, giù al Villaggio con poche centinaia di persone andate a dirgli addio. Il Professor Black, freddo e morto e andato via per sempre. Per quando Donna raggiunse la Sala Comune , qualunque eccitazione rimasta dal rendezvous con Charlie era svanita completamente.


Sirius sobbalzò alla vista della cugina. Si alzò dal letto a baldacchino immediatamente. "Andromeda! Ma che ci fai qui?"

Andromeda sollevò le sopracciglia. "È così che saluti la tua cugina preferita? E mi hai persino appena presa a parolacce..."

Sirius arrossì leggermente e attraversò la stanza in mezzo secondo, abbracciando in fretta la cugina. "Mi dispiace... non sapevo fossi..."

"Lo so."

Sirius tirò fuori la bacchetta e la puntò alla sedia della scrivania dall’altra parte del dormitorio. I vestiti, i libri, e le pergamene ammassati sopra caddero d’un tratto sul pavimento, prima che la sedia si trascinasse fino al suo letto. Fece cenno ad Adromeda di sedersi e si sedette di nuovo sul letto. "Perché non sei venuto alla funzione?" chiese la strega, una volta che si furono sistemati.

"È così che saluti il tuo cugino preferito?" controbatté Sirius secco. Andromeda roteò gli occhi.

"Sono seria, Sirius."

Il Malandrino esitò, e poi rispose piano: "Non ne vedevo l’utilità." Si aspettava che delle spiegazioni venissero pretese, ma Andromeda si limitò ad annuire. "Perché sei venuta? Non è sicuro... ci sarebbe potuto essere qualcuno della famiglia, e...."

"Saranno al funerale," rispose Andromeda. "Sabato. Ma sapevo che non si sarebbero mai degnati di mescolarsi ad una cosa così poco esclusiva a Hogsmeade." Le labbra si contrassero con sarcasmo. "Comunque," continuò lei, "Dovevo venire se c’era la possibilità. Almeno questo lo devo, a Zio Alphard."

Sirius sobbalzò sentendo il suo nome, come se fosse stato quello di Voldemort piuttosto che quello di un caro parente. "Non è giusto," borbottò. "Non se lo meritava."

"No," Andromeda concordò. "Ma è successo. E, se non altro, almeno sei riuscito a passare del tempo con lui quest’anno."

"Vorrei non averlo fatto."

"No, non è vero. Certo, se non vi foste avvicinati, farebbe meno male adesso, ma... sicuramente sai che ti saresti perso qualcosa che non avresti voluto perdere. Non è vero, Sirius?"

L'altro decise di non rispondere, e i due cugini stettero in silenzio per un po' di tempo. Pienamente consapevole del vero intento della visita di Andromeda, e scegliendo di ignorarlo, Sirius cambiò argomento. "E così Cissy si è fidanzata."

"Con Lucius Malfoy," confermò l'altra. "Piuttosto ironico."

Sirius sbuffò dal naso. "E pensare che, solo un paio di anni fa, pensavo che avrei dovuto prendere parte al tuo matrimonio purosangue da sogno."

"Ci pensi?" si schernì Andromeda. "Sai una cosa, non riesco a immaginare come sarebbe stata la mia vita se fossi andata fino in fondo in quel senso. Non credo che avrei mai potuto, anche se per un po' l'ho ritenuto possibile. Ma dopo aver incontrato Ted, che ne fossi consapevole o meno, era proprio impossibile. Eppure, è così strano far finta di aver avuto quella possibilità."

"E io sarei potuto essere a Serpeverde se non avessi incontrato James," disse Sirius cupo. "Hai ragione. Difficile da immaginare."

Ancora silenzio, e poi Andromeda continuò: "Mi ha dato dei soldi, sai. Quando sono fuggita con Ted, Zio Alphard mi ha dato dell'oro. Eravamo proprio al verde a quei tempi—Non lo so cosa avremmo fatto se non ci avesse aiutati."

Sirius all'improvviso si arrabbiò molto con sua cugina per aver riportato alla luce l'argomento che intendeva evitare. Voleva urlarle contro per questo, ma incrociò il suo sguardo e seppe che non avrebbe mai potuto. Erano gli occhi caratteristici della famiglia Black: grigi, nebulosi, contornati da folte ciglia nere, e caratterizzate da una certa durezza che non riusciva mai a sparire completamente. Eppure, quelli di Andromeda erano l'unica incarnazione dei tratti di famiglia (con poche eccezioni rilevanti e gravose) che gli avessero mai rivolto simpatia o compassione. Da sua madre, ogni tanto da suo padre, da Regulus, da Cissy e persino da Bella aveva ricevuto affetto, tanto tempo fa—anche se detestava ammetterlo—ma solo da Andromeda aveva ricevuto compassione, e non l'avrebbe mai tradita per questo, e così disse: "Già, ha dato dell'oro anche a me, quando sono scappato. Mamma non deve averlo mai scoperto, altrimenti di sicuro avrebbe cancellato il suo nome dall'arazzo di famiglia incenerendolo."

Andromeda concordò. "Non te lo dimenticherai, vero, Sirius?" chiese significativa. "Lui non si è mai dimenticato di noi. Era l'unico."

Sirius sapeva esattamente cosa volesse dire con "noi:" non solo loro due, ma tutti i nipoti di Alphard. Regulus, Narcissa, e Bellatrix erano tutti membri fedeli alla Casata dei Black, ma tutti e tre erano stati un po' trascurati—forse non maltrattati come Meda e Sirius, ma dimenticati lo stesso in qualche maniera.

"Non lo dimenticherò," Sirius promise.

Andromeda rimase con lui per un'altra mezz'ora, parlando di vari argomenti, che sembravano sempre riportarli ai Black o a loro zio. Poi, disse di dover proprio andare, perché aveva lasciato Ninfadora—la sua bambina di quattro anni— con Ted, e sicuramente lui era preoccupato per lei.

"Nemmeno lui voleva che venissi a Hogsmeade," notò lei. "Non me l'ha detto, certo, ma me ne sono accorta"

Sirius avvertì una fitta di gelosia. All'inizio, pensò fosse perché Ted e Dora avrebbero avuto Andromeda, ma dopo si rese conto che forse era geloso di Andromeda, perché lei avrebbe avuto Ted e Dora. C'era una parte di Andromeda e che sarebbe rimasta per sempre Black, ma la sua era più piccola. Aveva un marito; lei poteva prendere un altro nome e farsi una nuova famiglia. Sirius avrebbe dovuto portarsi addosso il proprio nome per sempre.

"Ti voglio bene, Sirius," disse Andromeda, fermandosi sulla porta. Sirius la abbracciò di nuovo, goffamente.

"'Ti voglio bene, Meda."

Si voltò, ma lei esitò con la mano sul pomello. "E non dimenticarti nemmeno dei tuoi amici," disse. "Io non ho mai avuto amici così. E non penso che li avrò mai. Non—non dimenticartelo."


Stava impazzendo. Era l'unica spiegazione plausibile. Era semplicemente impossibile. Non poteva essere.

Appoggiata al muro fuori da I Tre Manici Di Scopa, Lily si passò entrambe le mani nei capelli, chiudendo gli occhi e tentando di decidere se crederci davvero. Era stato solo un momento – meno di un secondo- in cui aveva pensato di aver visto quel volto... quel volto spaventosamente familiare, e forse si era semplicemente immaginata tutto. Un'allucinazione.

Forse stava pensando alla sua ultima visita ad Hogsmeade e, presa dal ricordo, aveva proiettato un'immagine che non era affatto presente.

Seriamente, cosa ci faceva li? Che cosa ci faceva nel villaggio nel mezzo di una strada dove chiunque avrebbe potuto riconoscerlo? Ed era sicura di averlo visto- o di aver avuto un'allucinazione- guardarla negli occhi. Cosa diavolo lo avrebbe portato a fare qualcosa di così stupido? Catturare l'attenzione di una persona che sapeva avrebbe potuto identificarlo senza ombra di dubbio?

Tuttavia, con gli occhi della mente, poteva vedere i suoi lineamenti , e una piccola parte di Lily era fermamente convinta di averlo visto.

Respirando profondamente, Lily aprì di nuovo gli occhi sulla strada trafficata. Una moltitudine di facce familiari e non le passava davanti, nessuna er quella che stava cercando.

Era una follia. Era tutto nella sua testa. Lo aveva immaginato. Era l'unica spiegazione plausibile. Cosa ci era venuto a fare Logan Harper a Hogsmeade?


Mary sedeva all'angolo di un tavolo ai Tre Manici di Scopa, con Marlene alla sua sinistra e Adam seduto direttamente di fronte a loro. Il loro era uno degli unici tavoli a non essere completamente pieni, e la maggior parte dei clienti erano studenti di Hogwarts. La radio era spenta, e il rumore del pub non era più alto di un sordo, cupo boato, fatto per lo più di tetre conversazioni riguardanti qualsiasi cosa- dall'argomento del giorno (il Professor Black) a insignificanti pettegolezzi riferiti svogliatamente.

Marlene e Adam stavano parlando di qualche questione filosofica che Mary stava ascoltando a malapena. La sua mente e i suoi occhi andarono alla deriva. Non voleva pensare al fatto che il Professor Black fosse morto, o a quanto fosse improvvisa la mortalità, o a qualsiasi altra cosa da cui gli altri sembravano ossessionati nell'ultima settimana. Non voleva pensare affatto.

I suoi amici lo sapevano, ma Mary sentiva che nessuno di loro capiva davvero il perchè. Supponevano che fosse perchè lei era Mary- Mary, quella divertente, quella felice, quella spensierata, occasionalmente capricciosa. E tutto ciò era vero, ovviamente. Non lo avrebbe negato. Ma quella non era la vera ragione che spingeva la sua mente su altri argomenti. Dopo tutto, tra le sue compagne di stanza, Mary era l'unica a vedere i Thestrals.

Al tavolo più vicino, un gruppo di studenti del settimo anno si chiedevano malinconicamente cosa aveva in mente di fare Silente riguardo al rimpiazzo. Qualche Corvonero al bar facevano osservazioni su come il Professor Black era stato il miglior insegnate di Difesa Contro le Arti Oscure che avessero mai avuto ad Hogwarts. Una del terzo anno vicino alla porta stava dicendo alle sue amiche che non aveva mai conosciuto qualcuno morto prima d'allora (raro, considerando lo stato corrente delle cose e Tu-Sai-Chi).

Gli occhi di Mary si spostarono su un tavolo vicino, occupato da alcuni Serpeverde del loro anno. Era una cosa stranissima: mentre li guardava, era sicura di aver visto alcuni di loro tramare improvvisamente, girando i visi dall'altra parte come se stessero guardando quel tavolo. Arrossì. Non era sicura di Avery e Piton, ma era abbastanza certa che Mulciber la stava guardando- o che stesse osservando il suo tavolo, in ogni caso.

Era strano.

Mary guardò Marlene e Adam, ma nessuno sembrò aver notato niente, e nessuno dei due sembrava fare nulla di talmente strano da necessitare il controllo di qualche Serpeverde. Neanche lei- la sua divisa non era particolarmente scollata, e non c'erano Malandrini in giro: i Malandrini (e Lily) erano gli unici Grifondoro del loro anno di cui i Serpeverde di solito si preoccupavano. Forse cercavano Lily. Ma perché si sarebbero voltati così velocemente?

Mary era abbastanza abituata a membri del sesso opposto che la guardavano: era la maledizione delle curve e di una buona struttura ossea. Non era neanche estranea al fatto che una serpe anti-Grifondoro come Mulciber dovesse guardarla. Ma c'era una differenza tra l'essere guardata e essere osservata, e percepì profondamente in quel momento, questo era il secondo caso. Questo la turbava.


Non fu fino all'ora di cena che Lily riuscì ad localizzare Luke, e anche allora fu costretta ad aspettare fino alla fine del pasto prima di poter parlare veramente con lui. Quando, finalmente, il Corvonero si alzò dal tavolo -fortunatamente solo- e si diresse all'ingresso, Lily lasciò immediatamente la sua forchetta e si alzò per seguirlo. Era a parecchi passi di distanza dal tavolo dei Grifondoro prima di realizzare che non aveva la più pallida idea di quello che doveva dire. “Ciao, Ex-Ragazzo. Penso di aver visto tuo fratello Mangiamorte in città oggi- hai qualche idea del perchè?”

Be', quello avrebbe comunicato i suoi pensieri, ma non avrebbe funzionato.

“Luke!” disse il nome del Corvonero, e lui si fermò sul primo gradino della scalinata di marmo nella Sala d'Ingresso. Sembrava nervoso e confuso mentre si avvicinava, ma Lily non ebbe il tempo di analizzarlo. Gettando occhiate intono al corridoio per assicurarsi di essere relativamente soli, Lily -in poche nervose parole- si spiegò. Alla fine del breve racconto, Luke sembrava abbastanza stupito, talmente tanto che Lily era abbastanza sicura di quale sarebbe stata la risposta alla sua prossima domanda.

“So che è ridicolo,” continuò, “ma-non l'hai... visto, vero?”

“Uhm...no.” Scosse la testa energicamente.”No. Logan non verrebbe da me ora, almeno... non di nuovo. Non è stupido.”

Lily esitò prima di fargli la prossima domanda. “Lui sa... sa che Lathe era qui per lui?” Ma quello che intendeva era: Glielo hai detto?

Luke aggrottò la fronte. “Probabilmente,” disse. “Non lo so. Sono sicuro che sta attento a questo genere di cose. In ogni caso, sto cercando di non pensarci il più possibile.”

“Giusto.” Lily annuì a disagio; non sapeva ancora cosa pensare. “Be', immagino... se non hai sentito nulla...”

“Giuro,” replicò Luke, “niente.”

Lei annuì di nuovo. “D'accordo. Stammi bene, Luke.”

“Anche tu.”


James, Remus, Peter e Adam avevano ceduto il dormitorio a Sirius per quella giornata e anche durante la sera. Erano tutti tornati da tempo dal Villaggio e avevano finito la cena prima che il quarto Malandrino facesse la sua comparsa nella Sala Comune, che era occupata in quel momento, in quanto gli studenti o si stavano godendo il tempo libero delle loro vacanze, o si stavano affrettando a finire i compiti che avevano rimandato alla luce di queste.

Avevano comunque lezione il giorno dopo, dopo tutto.

Sirius scese lentamente e svogliatamente le scale, buttandosi su una sedia vuota vicino ai suoi tre amici, che lo guardarono tutti sorpresi al suo arrivo.

“Mi dispiace di essere stato un cretino,” mormorò Sirius, le mani nelle tasche, evitando di incontrare i loro occhi.

“Mi dispiace di essere stato insistente,” rispose James al camino.

“Anche a me,” disse Remus.

“Mi dispiace di non averti portato il Whiskey Incendiario,” disse Peter.

Inaspettatamente, Sirius sorrise- sinceramente, se non completamente. C'era un po' di amarezza nei suoi occhi, ma era completamente assente nel suo tono. “Penso che starò bene,” disse, come se stesse confessando un peccato. “In ogni modo, ho chiuso con il broncio.”

Peter e Remus sembravano sollevati. James, comunque, esitò. “Nessuno ti sta chiedendo di essere allegro,” disse.

Sirius sbuffò. “Bene.”

Più tardi quella sera, mentre tornavano dalle Cucine- dove erano andati a recuperare la cena di Sirius- James rimase indietro con il suo migliore amico, mentre Remus e Peter, automaticamente e senza fare domande, andarono avanti. “So che pensi di aver perso la tua unica famiglia,” disse James, un po' imbarazzato. “Ma non è così. Non importa cosa succede, noi siamo i tuoi fratelli. In ogni caso.”

Sirius annuì lentamente. “Lo so,” disse. “Grazie.”

(Hey, Jude)

Sabato, il tempo era migliorato.

Dopo la richiesta alquanto riservata Frank Paciok, la gita ad Hogsmeade era stata spostata a quel giorno, e gli studenti più anziani di Hogwarts erano di nuovo in fila nella Sala d'Ingresso, che aspettavano le carrozze che li avrebbero trasportati giù al Villaggio. Lily era con Mary, che era molto silenziosa, forse per l'ora mattiniera forse per l'umore tetro.

“Lily,” le disse l'amica, rompendo il silenzio mentre la fila si avvicinava a Gazza.

“Mmm?”

“Hai notato niente di strano con i Serpeverde?”

Lily guardò un gruppo di membri della suddetta Casata, qualche metro di distanza nella fila. “Niente più strano del solito,” replicò il prefetto. “Perchè? Tu sì?”

Mary aggrottò la fronte. “Continuo ad avvertire la stranissima sensazione che mi osservino.”

“Probabilmente lo fanno,” disse Lily accigliata. “Immagina, Silente che lascia entrare feccia come te in questa scuola. Hogwarts sta andando a rotoli in questi giorni.”

“Forse è come al solito,” mormorò la brunetta, scuotendo la testa. “Forse mi sto immaginando tutto.”

“Deve essere contagioso,” borbottò Lily, ma Mary non lo sentì. La linea continuava a muoversi lentamente in avanti.

Mamma mia, questa fila è eterna,” si lamentò Mary dopo un paio di minuti. “Devo andare in bagno. Mi tieni il posto, per piacere?” Lily annuì, e Mary corse via. La rossa rimase sola un secondo prima che un'altra compagna di stanza si unisse a lei.

“Lily?” E con grande stupore del prefetto, era Donna. Lily non rispose, ma semplicemente sollevò le sopracciglia in attesa, aspettando il motivo della visita. “Ho bisogno di parlare con te,” continuò Donna. “Uhm... lontano da tutti.”

“Sono stata in fila per dieci minuti,” replicò Lily. “Non ho intenzione di perdere il posto. Se hai qualcosa da dire, dilla qui.”

Ma quella non sembrò essere un'opzione fattibile per Donna. “Ehi, tu,” abbaiò all'alto Tassorosso dietro di loro in fila.

“Sono Liam,” disse il ragazzo. “Liam Lyle.

“Sì, piacere...” cominciò Donna impaziente.

“Ci siamo già conosciuti,” continuò il Tassorosso. “Tipo duecento volte... abbiamo circa cinque classi insieme... siamo stati compagni per un progetto nel semestre del quarto anno... abbiamo giocato l'uno contro l'altra a Quidditch... una di queste cose ti fa accendere la lampadina?”

“Sì, sì.” Disse lei con un gesto disinteressato della mano. “Puoi tenere il posto a Lily per un minuto?”

“Liam, non sei costr...” Lily provò a dire, ma Liam scrollò le spalle e la interruppe.

“No, va bene.”

Così, sospirando, Lily seguì Donna fino ad un angolo della Sala d'Ingresso, a qualche metro dagli altri. “Allora, ascolta,” Donna riprese, una volta raggiunto un grado di privacy accettabile. “Sono stata di pessimo umore ultimamente, come hai senza dubbio notato, e... l'altro giorno quando abbiamo litigato, non ero davvero arrabbiata con te. Ero arrabbiata con me stessa, e con... qualcuna delle mie recenti decisioni... e me la sono presa con te. E ho sbagliato.” Sembrava quasi orgogliosa di se stessa e aspettava esitante la risposta di Lily.

Quando Lily capì che Donna aveva terminato il suo discorso, incrociò le braccia e sposto il peso. “Tutto qui?”

“Vuoi farmelo dire?” pregò l'altra. “D'accordo. Mi dispiace.”

Quello era tanto, ed entrambe lo sapevano. Chiedere scusa per Donna Shacklebolt era a dir poco raro. In circostanze diverse, Lily ne sarebbe stata colpita. Comunque,...

“Tutto qui?” ripetè Lily. Sbuffò incredula. “Davvero Donna?, questo... questo è... notevole. Davvero. Pensi di poter venire qui, dirmi cose che già so, e aspettarti che io dimentichi tutto quello che mi hai detto?”

“Ma...”

“Sì, eri di umore terribile. Sì, stavi passando un periodo difficile. Ma anche io, okay?” Più parlava, più pensava a quella sera, e più si arrabbiava. “Mi hai chiamata presuntuosa e fredda mentre affrontavo alcune delle esperienze più difficili della mia vita. Sei stata implacabile, crudele, e...”

“Ma...”

Lasciami finire.” Gli occhi di Lily lampeggiarono. “Mi hai preso in giro sulla morte di mio padre. E quello, Donna, non sparisce solo perchè chiedi 'scusa'. Forse ti interesserà sapere che il resto del mondo ha sviluppato l'abilità di chiedere scusa molto prima dei diciasette anni, quindi non comportarti come se ti fossi realizzata. Non sono uno zerbino che puoi calpestare. Non farò un semplice sorrisetto e non ti sopporterò ogni volta che sei di cattivo umore. Ho chiuso con questo. Ho finito di tollerare i tuoi sbalzi d'umore e la tua incapacità di anche simulare compassione o empatia o un qualsiasi tipo di emozione umana. Ho finito di provarci, ho chiuso con te. Ti ho detto 'non parlarmi', e dicevo sul serio, perchè francamente, sono ancora furiosa con te. E poi quando finirò di essere furiosa, varrà ancora, perchè avevi ragione. L'hai detto tu stessa: non siamo mai state amiche; nessuno che è mai stato mio amico avrebbe potuto trattarmi in quel modo, non importa che razza di 'pessimo umore' avevano. Quindi mentre apprezzo lo sforzo, puoi anche risparmiare il fiato. Non mi devi nessun'altra scusa. Ho chiuso. Sono andata avanti.”

Donna rimase in silenzio. Lily aspettò un momento in più e poi, visto che non c'era nient'altro da dire, ritornò al suo posto nella fila. Ancora in silenzio, Donna guardò anche Mary tornare; vide la piccola brunetta osservare la rabbia sulla faccia della sua amica e chiedere al riguardo, e Lily mormorò qualcosa in risposta. Mary sembrò comprensiva e si appoggiò alla spalla di Lily, battendo l'altra mano in modo consolatorio.

Per la prima volta da tanto tempo, Donna sentì gli occhi pizzicarle curiosamente. Sentì che il petto le faceva male e la pelle bruciare, e senza avere una chiara nozione di averlo fatto, si girò e si affretto su per la scalinata di marmo.


Pop.

“Molto bene, Signor Black,” disse il piccolo mago paffuto, il cui nome se lo erano già dimenticati tutti, e gli altri tre Malandrini applaudirono rumorosamente. Il mago ispezionò Sirius abbastanza attentamente, come ad assicurarsi che non ci fossero pezzi mancanti, e dopo scribacchiò qualcosa sugli appunti. “E come si sente?”

Sirius finse di pensarci su. “Non lo so. Penso di aver perso la milza.”

James e Peter ridacchiarono, e Remus provò a guardarlo con disapprovazione, mentre Sirius soffocava un sorriso. “Oh mamma! Chiamo subito il Guaritore!”

“No, sta scherzando,” disse Remus velocemente, facendo un passo. “Non credo neanche che sappia cosa sia una 'milza'.”

Il mago paffuto guardò interrogativamente Sirius, che annuì. “Sì, era solo una battuta, amico. Allora sono passato? L'Inghilterra Magica dice che ho il diritto di Materializzarmi?”

Ancora sospettoso, il mago guardò la sua cartella. “Sembrerebbe di sì...”

“Fantastico,” disse Sirius illuminandosi. “Quindi, vado al banco a riempire il modulo?”

“Be'...”

“Fantastico.”

Sirius praticamente saltellò fino alla scrivania dell'impiegato per ricevere la documentazione ufficiale del suo test di Materializzazione riuscito. “Ehm... molto bene...” ansimò l'istruttore, arrossendo. “Chi è il prossimo allora?” Guardo gli altri Malandrini con aspettativa, ma James scosse la testa.

“Sirius era l'ultimo,” disse. “Il piccolo Peter qui avrà sedici anni ancora per due settimane.”

“Devi chiamarmi proprio così?” sospirò Peter, e James rise semplicemente.

“Molto bene,” l'istruttore continuò. “Dirò alla signorina Peetre di far entrare il prossimo candidato.” La signorina Peetre – una delle due streghe sedute al tavolo dell'impiegato- andò nella sala d'attesa per far entrare il prossimo che faceva l'esame per la loro licenza di Materializzazione, mentre i Malandrini aspettavano che Sirius finisse con il suo modulo.

“Almeno si è rallegrato,” osservò silenziosamente Peter del loro amico. “È stato un bene portarlo da Andromeda.”

“Non so,” disse Remus incerto. “Credi che durerà?”

James si strinse nelle spalle. “Ha detto qualcosa questa mattina a proposito di 'vivere la vita al pieno'.” Sospirò. “Ma anche se Padfoot stesse fingendo, speriamo di riuscire a tenerlo distratto finché non si rallegrerà davvero.

“Non è un'idea orribile,” concesse Remus,

“E almeno ha passato l'esame,” mormorò Peter. “Non penso che avrebbe preso bene un fallimento.”

In quel momento, Sirius si voltò e, tenendo tra le mani un quadrato di pergamena identico a quelli che James e Remus avevano appena ricevuto, li raggiunse sorridendo. “Fantastico. Ora posso fare legalmente quello che facevo già da due anni.” Piegò la licenza e la mise in tasca come avevano fatto gli altri.

“Suona familiare,” osservò Peter, mentre i ragazzi andavano verso l'uscita dell'ufficio di Materializzazione. “Forse perché hai detto la stessa cosa il giorno del tuo compleanno, riguardo al bere...”

Mentre uscivano, Miss Peetre rientrò seguita da Marlene Price. “Buona fortuna, Price,” disse Sirius. “Non sbagliare!”

Marlene, che sembrava stesse per sentirsi male dall'ansia, fece una smorfia. “Dacci un taglio, Black.”

“Ignoralo,” disse Remus, “Andrai bene.”

Marlene sorrise debolmente, e la porta dell'ufficio si chiuse, separandoli. I Malandrini si diressero fuori sulla strada. Il villaggio non avrebbe potuto essere più diverso di com'era stato soltanto due giorni prima, quando i ragazzi (o, almeno, tre di loro) avevano percorso la stessa strada per la veglia del Professor Black. Adesso, il cielo era blu e il sole brillava. Maghi e streghe si muovevano rumorosamente per le strade, e gli studenti di Hogwarts avevano riacquistato interesse per le molte meraviglie di Hogsmeade.

“Dove si va?” chiese Peter. “Mielandia? I Tre Manici?”

“Io voto per Zonko,” disse James. “Dovrebbero avere questa nuova cosa chiamata 'tazza mordi-naso'.”

“Solo tu troveresti divertente una cosa del genere,” disse Remus, ruotando gli occhi. “Be', anche Padfoot.”

Cosa diavolo sta facendo?” abbaiò improvvisamente Sirius. Aveva smesso di camminare.

“Chi?” chiese Peter.

Mocciosus,” sputò Sirius. Gli altri seguirono la direzione del suo sguardo dall'altra parte della strada dove c'era Piton intento a mormorare qualcosa a bassa voce ad un Serpeverde più piccolo. Ma non era un qualsiasi Serpeverde più piccolo, come realizzò James un secondo dopo. Era Regulus Black.

“Come se quel cretino di mio fratello non fosse già abbastanza inutile,” Sirius sbuffò furiosamente (aveva tirato fuori la bacchetta), “adesso c'è Piton gli fa il lavaggio del cervello. Lo uccido.” E sembrava anche pronto a farlo.

Remus lo prese per il braccio. “Padfoot, no. Non qui, non ora. Ti toglieranno il permesso per Hogsmeade.”

“Moony ha ragione,” disse James. Piton e Regulus continuavano a mormorarsi cose a vicenda, lanciandosi continuamente attorno sguardi furtivi, come se temessero di essere ascoltati. “Non ne vale la pena, faremo i conti con Mocciosus dopo.”

Sirius sembrò pensarci su, e dopo rimise la bacchetta in tasca. “Hai ragione,” concordò, espirando profondamente. “Faremo i conti dopo.”

Remus guardò James con circospezione, ma quest'ultimo lo guardò appena scuotendo la testa impotente. “Andiamo,” disse, determinato a distrarre subito il loro amico. “Zonko.”

“Zonko,” acconsentì Sirius, ma ora il suo sorriso sembrava distintamente forzato.


“L'ho superato!” canticchiò Marlene, correndo verso il tavolo ai Tre Manici occupato da Adam McKinnon. Il mago sorrise.

Ti avevo detto che ce l'avresti fatta,” le fece notare. “Non era così difficile dopotutto, non è vero?” E guarda...” sollevò una delle bottiglie al tavolo, “ti avevo già comprato una Burrobirra per festeggiare.”

“Questo,” disse Marlene, prendendo posto, “è perchè tu sei il migliore.” Bevve una lunga sorsata della Burrobirra. “Allora, che fai oggi?”

“Sono quasi le due,” osservò Adam.

“Be', sì. Ma sono stata troppo distratta dall'esame stamattina per sentirmi eccitata per Hogsmeade. Ora che il Ministero Della Magia ha ufficialmente riconosciuto il mio talento sotto forma di licenza per la Materializzazione, il mondo sembra migliore.”

“Hai fame?”

“Da morire.”

“Be', perchè non mangiamo? E dopo possiamo andare a prendere in giro le persone in quell'orrendo negozio vicino a Stratchy & Sons.”

Marlene sospirò. “Mi conosci troppo bene, Adam McKinnon.”

Adam sorrise. “Andiamo. Nutriti. Non puoi prendere in giro a stomaco vuoto.”

“Questo, amico mio, è la pura verità.”

Quando finirono con il loro pranzo pomeridiano, Adam e Marlene rimasero ai Tre Manici per un po', sorseggiando burrobirre e discutendo i pro e i contro degli sport Babbani.

“Non mi sembra che abbia molto senso se nessuno vola,” sostenne Adam.

“Questo è ridicolo,” protestò Marlene. “Potrei benissimo dire anche io che non mi sembra che il Quidditch abbia molto senso perchè nessuno corre.”

“Ma correre è così banale! Non c'è sostanza in uno sport che non include il volo.”

“Certo che c'è! Pensa a tutte le abilità atletiche richieste! Lo sforzo fisico da parte degli atleti Babbani è piuttosto notevole.”

“Non so. Ma sono sicuro che sia uno sport con andatura terribilmente lenta, il 'calcio'.”

Marlene provò a spiegargli che era tutto tranne che lento, ma Adam non sembrava convinto. Alla fine cedette, “Be', immagino di doverti credere sulla parola, perchè non ho mai visto una partita. Comunque, le uniformi sono abbastanza ridicole.”

Marlene sbuffò. “Oh, ti prego. I maghi indossano vesti, per l'amor di Dio.”

Adam roteò gli occhi. “Non capirò mai la tua avversione per le vesti da mago, Price.”

“È una cosa Babbana,” ammise lei, alzando le spalle. “Ad ogni modo, sono d'accordo sul non essere d'accordo sul calcio, purchè tu sappia che io so di avere ragione.”

“Be', accidenti, non posso discutere su questo,” replicò sarcasticamente lui.

Marlene ghignò , rigirandosi una ciocca di capelli biondi attorno all'indice. Rimasero così, in silenzio per un momento, prima che lei osservasse: ”È tanto patetico il fatto che io adori questa canzone?” riferendosi alla canzone di Afrodite Belltone (“La Ballata dell'Incantesimo della Memoria”) che mandava la WWN in sottofondo.

“Un po'.”

“Oh, piantala,” replicò ridendo. “Le parole sono molto dolci, se le ascolti.”

“Fa fare rima ad 'incontrare' e 'cancellare'.”

“Si, ma è americana. Per cominciare, non sanno come parlare correttamente.” Marlene prese un lungo sorso della Burrobirra, e quando rimise la bottiglia sul tavolo, si accorse che Adam la stava fissando attentamente. “Oh, so che è la mia terza bottiglia; non prendermi in giro McKinnon- sono abbastanza sicura che quella è la quarta per te.”

“No, non è quello.” Il suo tono era cambiato; improvvisamente suonava più serio- anche un po' a disagio. “C'è- Marlene, c'è una cosa di cui voglio parlarti...”

“Mmh?”

“È solo...” (con gli occhi puntati sulla Burrobirra) “... voglio dire, è da un po' di tempo che...”

“Salve a tutti!” cinguettò Mary Macdonald, saltando fuori dal nulla (o da qualche parte) con il suo ragazzo di Tassorosso, Stebbins, al braccio.

“Ehi, Mare,” rispose Marlene.

“Vi dispiace se ci uniamo a voi?” chiese la brunetta, e prima che uno dei due potesse rispondere, scivolò sulla sedia accanto ad Adam, mentre Stebbins prendeva posto accanto a Marlene. “Io e Stebbins siamo appena tornati dalla Stramberga Strillante,” continuò, non notando l'espressione di disagio sul volto di Adam; “silenziosa come un cimitero. Penso che Madama Rosmerta si inventi il fatto che quel posto sia infestato.”

“Ho sentito dire che è infestato solo di notte,” disse Marlene. “E neanche tutte le notti.”

“I morti devono essere terribilmente lunatici,” sospirò Mary. “Comunque, Stebbins, saresti un tesoro e vai a prendere qualche Burrobirra?” Il Tassorosso saltò in piedi, ed era a metà strada, quando lo richiamò: “Anche per Adam e Marlene, per favore!” Sorridendo, si rivolse di nuovo ai suoi compagni di casa: “Quindi, che stavate facendo voi due?”

Marlene guardò Adam, come se si fosse appena ricordata che lui stava per dirle qualcosa. “Oh, Adam, stavi...”

“Non è importante,” insistette lui. “Possiamo parlarne dopo.”

“Non sto interrompendo niente, vero?” chiese Mary.

“No,” disse Adam. “Stavamo solo... parlando di calcio.”

“Mi sorprendo che non ti sia addormentato,” disse l'altra. “Così lenti, questi sport Babbani. Il Quidditch è molto meglio.”

Adam scoccò uno sguardo di vittoria in direzione di Marlene, e lei ruotò gli occhi. Comunque, quando Stebbins tornò con le burrobirre, e la conversazione tornò a calcio contro quidditch, Marlene non riuscì a non chiedersi vagamente cosa voleva dirle Adam.


“Buon compleanno,” disse Frank, tirando fuori da dietro la schiena una scatola quadrata, incartata con carta da pacchi dorata e consegnandola ad Alice. La strega sollevò le sopracciglia, ma sorrise comunque.

“Mi hai già fatto un regalo,” gli fece notare, ma cominciò a strappare comunque la carta dorata. La coppia stava nel negozio di Mielandia molto affollato alle tre appena passate del pomeriggio.

“Si,” concesse Frank. “Ma quello era il regalo parte uno. Questa è la parte due.”

“Quante parti ci sono?”

“Diciassette.”

“Attento, Paciock. Ci conto.” Alice finì di scartare e sollevò il coperchio. Subito, si aprì in un largo sorriso alla fila dei dolcetti rosa e bianchi nella scatola.

“Dolcetti alla fragola,” disse, raggiante. “Sono le mie preferite...” Ma ovviamente, capì, che era una cosa intenzionale. “Ehi, ricordi quando provammo a cercarle a Londra?”

Frank rise. “Intendi dire quando abbiamo percorso ogni centimetro della Londra Magica cercando di trovare un negozio di dolciumi che le vendesse, e alla fine ne trovammo uno...”

“In quel posto da brividi a Chelsea!” finì Alice entusiasta. “Erano buoni quei Dolcetti, comunque...”

“Ally,” disse Frank. “Ti sei sentita male. Hai vomitato per quasiun'ora.”

Alice rise. “Si, ma il sapore era buono. Oh, quello è stato il pomeriggio peggiore comunque. Stavo così male, e dovevo incontrare tua madre per la prima volta...”

“E hai vomitato sul portico d'ingresso.”

“E pensava che avessi bevuto! Che, a pensarci bene, sarebbe stata una buona idea.”

“Avrebbe di sicuro calmato i nervi,” concordò Frank. Alice sorrise, e, scegliendo un dolce alla fragola, se la mise in bocca.

“Ne vuoi una?”

“Nah, penso ce ne sia ancora un po' sul portico di casa...”

“Oh, zitto!” Rise e provò a spingerlo, ma lui deviò il colpo e le mise un braccio attorno alle spalle. Lei mise il suo nuovo regalo in borsa, e si incamminarono per un nuovo corridoio, ispezionando i vari prodotti sugli scaffali. “Frank?”

“Mmh?”

“Non usano sangue umano per i lecca-lecca, vero?”

“Non lo so.”

“Sarebbe disgustoso.”

“Decisamente.”

Avevano raggiunto la fine del corridoi, e Alice notò una piccola porta tra due scaffali. Una piccola placca d'oro su di essa diceva Riservato al personale. “Frank?”

“Mmh?” Stava osservando un gruppo di Topighiacci.

“Ti sei mai intrufolato nel magazzino di un negozio?”

“No. E neanche tu.

Alice fece un sorrisetto. “Vuoi farlo?”

“Seriamente?”

Lei annuì, indicando la porta. Prima che Frank potesse rispondere, Alice lo prese per mano e- con una veloce occhiata agli impiegati completamente occupati- lo spinse dentro dopo di lei. La porta- che fortunatamente non era chiusa a chiave- portava ad un piccolo, stretto corridoio, nel quale c'erano altre due porte (probabilmente uffici) entrambi chiusi.

Sorridendo maliziosamente, Alice si girò verso Frank e annullò la distanza tra loro, baciandolo lentamente mentre si avvicinavano al muro dietro di lui. Lei fece scivolare la borsa giù dalla spalla e poi per terra, prima di gettargli le braccia al collo. Lui strinse con la mano destra la maglietta sulla parte bassa delle sua schiena, quella sinistra sui suoi fianchi, e le loro labbra si muovevano ad un ritmo imparato così tanto tempo fa che nessuno dei due si ricordava quando esattamente.

Alla fine, si separarono in cerca d'aria, e Alice sorrise sulle sue labbra. “Sai di Burrobirra,” osservò senza motivo.

“Sai di dolci alla fragola,” rispose lui, provocandole una risata. Si guardarono negli occhi per diversi secondi, sordi al rumore del negozio al di fuori. Poi, senza pensarci, come se gli fosse appena venuta in mente un'idea, Frank ruppe il silenzio dicendo: “Ti amo.”

Alice, che si era sollevata sulle punte, ricadde sulle piante dei piedi. Frank sembrò capire il suo errore.

“Oh, Al, mi dispiace,” disse velocemente. “So che avevi detto che noi...”

“No, Frank, tranquillo,” disse lei, cercando di raccogliere i pensieri mentre il suo stomaco si rivoltava nervosamente. Si staccò, portandosi le mani tra i capelli lisci. “Va... va bene. Solo...”

“No, non dovrei metterti pressione. Mi è... sfuggito. Mi dispiace. Sul serio. Mi dispiace.”

“Smettila di chiedere scusa. Ti prego. Non è niente,”

Entrambi rimasero in silenzio per un minuto, e poi Frank disse: “Possiamo solo... dimenticare che sia successo? Potremmo- uhm- andare a prendere un'altra Burrobirra, o andare a vedere la Stramberga Strillante...”

Alice sospirò. “Si. Certo. Si, è una buona idea. Andiamo a... farlo.”

“Okay.”

Frank si diresse verso la porta che li avrebbe riportati nel negozio, e Alice chiuse gli occhi, sperando di riuscire a rallentare le palpitazioni frenetiche del suo cuore.


Quando si trattava di Quidditch, James Potter era un Capitano molto dedicato. A volte, a detta dei suoi compagni di squadra, era addirittura un po' troppo dedicato. In fin dei conti, alla fine di una lunga giornata passata a Hogsmeade, l'ultima cosa che la squadra di Grifondoro avrebbe voluto fare era indossare l'uniforme da Quidditch e affrontare un lungo allenamento potenzialmente straziante. Tuttavia, con la finale a poche settimane di distanza, James aveva fissato gli allenamenti per tutte le sere della settimana, insieme ad alcune mattine, in cui fosse riuscito a ottenere il campo.

Fu così che immediatamente dopo cena – intorno alle sei e venti - Adam McKinnon si ritrovò ad arrancare verso gli spogliatoi dei Grifondoro, con la sua scopa e borsa sportiva, sperando contro ogni aspettativa che Potter sarebbe stato di umore generoso e li avrebbe lasciati andare prima delle nove.

Raggiunti gli spogliatoi, Adam pensò - in un primo momento - di essere il primo ad arrivare. Tuttavia, un secondo sguardo gli disse di essersi sbagliato. In un angolo stava avvenendo, probabilmente, la scena più sconvolgente che avesse mai visto.

Ora, avendo giocato nella squadra di Quidditch con lei per i passati due anni, Adam aveva visto Donna Shacklebolt arrabbiata. L'aveva vista addirittura furiosa. L'aveva vista in azione, impetuosa, mentre lanciava la Pluffa, e minacciosa, mentre affatturava qualcuno. L'aveva vista di malumore dopo un lungo allenamento, depressa dopo una sconfitta, e l'aveva anche vista vomitare dopo una festa per una vittoria. Ma nei sei anni da che Adam McKinnon conosceva Donna, non l'aveva mai vista piangere.

Fino ad ora.

E la parte più strana era che a lei non sembrava importare. Non sembrava importarle che Adam la stesse fissando, congelato sul posto con le sopracciglia invisibili da sotto l'attaccatura dei capelli e la bocca spalancata, obiettivo molto ambito per le mosche. Le spalle di lei continuarono a scuotersi, le lacrime a scorrere giù lungo il suo volto bagnato, mentre i polpastrelli le massaggiavano inutilmente le tempie. Ma peggio delle lacrime era la sua espressione; sembrava così completamente persa. Fuori controllo e debole – il contrario di tutto ciò che Donna rappresentava.

Venne in mente ad Adam – mentre restava lì in piedi in un silenzio attonito – che Donna Shacklebolt era davvero molto bella.

Oh, non in quel modo. Lei non era il suo tipo (naturalmente, il tipo di Adam era piuttosto esclusivo, consistendo in realtà di un'unica persona). Ma aveva dei gran bei lineamenti – un viso che si sarebbe potuto scolpire nel marmo, con grandi e lucidi occhi ambrati. E i capelli le scendevano in un terribile scompiglio di riccioli nero carbone, già al di là del suo controllo in tempi migliori, tanto meno ora. Era alta, con spalle larghe e braccia magre e forti che la rendevano una Cacciatrice eccezionale. Ma poiché ogni parte di Donna sembrava fosse stata scolpita in pietra scura, Adam non aveva mai notato che la strega fosse piuttosto affascinante, se non fino a quel momento in cui era uno sgradevole disastro.

“Shack, cosa c'è che non va?” riuscì a tirar fuori alla fine.

“Fanculo,” gemette Donna, asciugandosi gli occhi con una mano. “Fanculo tutto.”

“Cosa c'è che non va?” chiese ancora Adam, avvicinandosi di un passo.

“Ho rovinato tutto,” sospirò lei amaramente. “Ho mandato tutto a puttane.” Tirò su con il naso e scosse la testa. “Avevo una sola amica – una sola persona al mondo che passasse del tempo con me perché lo voleva, non perché fosse imparentata con me o ne fosse costretta, e io, io l'ho allontanata...” (Incredula) “...mi sono liberata dell'unica amica che avevo. E il Professor Black è morto. È morto, e non sono nemmeno andata alla funzione. Non ho potuto fare neanche questo. Ha ragione. Sono senza cuore. Non sono nessuno. Tutti mi odiano o hanno paura di me e io...sono stufa. Sono così fottutamente stufa di me stessa.” Con i gomiti sulle ginocchia, le sue mani si andarono a intrecciare nei capelli arruffati, mentre lei chiudeva gli occhi, permettendo ad altre lacrime di cadervi.

Trattare con una ragazza sconvolta e singhiozzante non è il passatempo ideale per un ragazzo adolescente, e una Donna Shacklebolt sconvolta e singhiozzante poteva probabilmente diventare pericolosa per qualsivoglia testimone, quindi è una prova del carattere di Adam il fatto che non si voltò e corse via a gambe levate. Quando lo shock del momento diminuì leggermente, si avvicinò alla strega, sedendosi su una panchina vicina. Non era del tutto sicuro di cosa avrebbe dovuto dire – non ne aveva nessuna dannata idea, in realtà – quindi, per un po', non disse nulla. Lei continuò a piangere, singhiozzando irregolarmente ma non dicendo altro.

Alla fine, Donna si calmò. Il suo respiro si regolarizzò leggermente, e le lacrime cessarono di cadere. Si mise svogliatamente a fissare lo spazio di fronte a sé, come se non si rendesse per niente conto che Adam fosse lì. Lui si inclinò in avanti e incrociò le mani; non era ancora sicuro che quella fosse la cosa migliore da fare, ma si sentiva in dovere di dire qualcosa.

“Andrà tutto bene, vedrai,” disse con convinzione. Donna scosse testarda la testa, ma lui la interruppe fermamente: “Vedrai.”

A questo, lei non rispose. Invece, cercò di rimettersi in ordine, asciugandosi la faccia e lottando per domare i suoi capelli. Quando ebbe finito – i suoi occhi erano ancora rossi e gonfi, ma non poteva farci niente – incontrò lo sguardo di Adam e dichiarò: “Tu sei innamorato di Marlene.”

Questo lo prese completamente alla sprovvista: “Ehm...no, io...”

“Ma lo sei,” ripeté Donna, rispettando la sua precedente convinzione. Si tirò su, sospirando profondamente. “Devo darmi una sistemata prima che arrivino gli altri. Tu...dovresti dire a Marlene quello che provi.”

E con questo, si voltò e si diresse verso il bagno. Adam, senza parole e confuso, non si mosse finché James Potter e Sirius Black non arrivarono, e non fu ora di iniziare gli allenamenti.

(Let It Be)

Alice detestava Pozioni. Era una di quelle cose in cui, non importa quanto si impegnasse duramente, non avrebbe mai veramente eccelso. Non le sarebbe mai venuta naturale. Certamente, riusciva a rimediare dei buoni voti (e va bene, voti molto più alti della media), ma non riusciva mai a “prenderci la mano” come invece succedeva con Incantesimi e Trasfigurazione. Ogni pozione era una nuova battaglia.

La lezione di Pozioni del martedì fu particolarmente frustrante, visto che il Professor Lumacorno aveva deciso di mettere gli studenti del settimo anno di livello M.A.G.O in coppia, ognuna delle quali avrebbe lavorato ad un progetto diverso. Alice stava condividendo un banco con Frank e pensò che – visto che entrambi andavano a genio a Lumacorno – l'insegnante di pozioni li avrebbe messi in coppia. Tuttavia, quando lui chiamò il suo cognome, “Griffiths,” esso fu affiancato a “Skively,” ed Alice non avrebbe potuto dire di non esserne stata almeno un po' sollevata.

Avevano entrambi concordato di dimenticare la dichiarazione fatta da Frank da Mielandia, e Frank era più o meno tornato normale, ma Alice ci rimuginava ancora sopra. Non poteva cancellare il ricordo, né reprimere il disagio che provava ogni qual volta le tornava alla mente. Arrivati a quel punto, il ricordo riaffiorava ogni volta che vedeva il Caposcuola e, di conseguenza, si ritrovava a bramare un po' di spazio.

Jeffrey Skively, il partner di Alice, era un Tassorosso del settimo anno con nessun particolare talento in nessun campo, tranne per il fatto che era di bell'aspetto e aveva giocato come Battitore– con moderato successo – per due anni. Non era più nella squadra di Quidditch, ora, a causa di una caduta dalla sua scopa avvenuta la scorsa stagione che aveva spinto sua madre a proibirgli qualsiasi coinvolgimento futuro. O ad ogni modo, questo è quello che si diceva.

“Ci vediamo tra un'ora,” disse Alice a Frank, raccogliendo la sua borsa e facendosi strada a fatica attraverso l'aula. Malgrado il suo sollievo, Alice era un po' gelosa di Frank: amava Pozioni, tanto per cominciare, ed era stato messo in coppia con la sua amica Hestia (una delle migliori della classe).

“Ciao,” disse Jeffrey allegramente. Alice prese posto accanto a lui.

“Ciao,” replicò lei, più educatamente possibile. Era stato loro assegnato di preparare l'essenza di Purvincolo. Fortunatamente, l'essenza di Purvincolo non era di per sé una vera e propria pozione. Per la maggior parte, il loro lavoro di oggi consisteva nell'affrettare magicamente il processo di marinatura dei tentacoli di Purvincolo, ed Alice pensava che avrebbe potuto portarlo a termine abbastanza velocemente. Posizionò sul tavolo i suoi ingredienti di Pozioni. Jeffrey fece lo stesso.

“Detesto Pozioni, tu?” le chiese, scorrendo con gli occhi lungo la lista degli ingredienti.

“Oh, Merlino, sì,” replicò Alice, grata che anche lui provasse la stessa cosa. “Vado a prendere i tentacoli di Purvincolo al tavolo degli ingredienti...”

“Oh, no, lo faccio io,” disse Jeffrey, alzandosi velocemente in piedi. “Ci metto un attimo.” Tornò qualche minuto dopo con un piatto di qualcosa di cilindrico, giallo e viscido che fece storcere il naso ad Alice per il disgusto. “Ha un odore orribile, non è vero?”

“Schifoso,” concordò lei, annuendo.

Jeffrey sorrise benevolo, mettendo giù il piatto con i tentacoli di Purvincolo. “Allora...” Batté le mani insieme. “Che si fa adesso?”

Un quarto d'ora dopo, mentre il resto della classe si dava da fare con il loro lavoro, Alice non aveva niente da fare. La fermentazione richiedeva mezz'ora, quindi si sedette al suo banco, fissando il barattolo sigillato di fronte a lei pieno di tentacoli putridi di Purvincolo e aceto. Jeffrey finì di mettere via le sue cose e si sedette accanto a lei.

“Allora, Alice,” cominciò con disinvoltura, “odi Pozioni, questo è chiaro. Che cosa ti piace, invece?”

“Erbologia, Incantesimi, Trasfigurazione e Difesa,” replicò Alice pigramente, e in risposta allo sguardo divertito di lui, elaborò: “Mi piacciono le materie che richiedono un sacco di applicazione pratica. Diventerò un Auror.”

Diventerò un Auror. Le piaceva – come suonava. Non, vorrei diventare un Auror o mi piacerebbe diventare un Auror, ma lo diventerò. Con Frank, Lily o Hestia, Alice era obbligata ad essere più onesta e usare una di quelle frasi; ma non conosceva Jeffrey Skively, ed era molto più semplice (e piacevole) dire “diventerò.”

“Oh, davvero? Magnifico. Ci vuole un sacco di duro lavoro, però. Non so se potrei farcela.”

“Mm. Già, è difficile.”

“Io penso di dedicarmi al Quidditch – probabilmente non come giocatore. Devi essere eccezionale per giocare da professionista, ma ci sono tante cose da fare nel settore del Quidditch.”

“Sembra interessante,” disse Alice educatamente.

“Allora – perché vuoi diventare un Auror?” volle sapere Skively.

“Perchè è la professione più importante del nostro tempo,” replicò prontamente Alice. Skively sorrise. “Sul serio. Chi altro dovrebbe sbarazzarsi dei Mangiamorte?”

“Oh, no, non ero in disaccordo.” Le stava ancora sorridendo. Alice si sentì un po' a disagio e fece ritornare la sua attenzione sul barattolo in salamoia.

“Alice,” cominciò Skively dopo un breve silenzio, “tu e Frank Paciock state...?”

“Sì,” disse lei velocemente. “Voglio dire: no, non esattamente. Quel che intendo dire è...” (Che cosa intendeva dire? Merlino, nemmeno lei ne era così sicura...riguardo alle definizioni), “Più o meno,” concluse in modo poco convincente.

“Più o meno?” ripeté Skively. “È un 'sì' o un 'no'?”

“Nessuno dei due. È un 'più o meno'.”

“Quindi stai più o meno con Frank Paciock?”

“Esatto.”

“Okay.”

Tacquero entrambi, poi Skively continuò: “Quindi... se qualcun altro ti chiedesse di uscire, tu risponderesti...?” Lasciò la frase a metà.

Alice arrossì e sorrise educatamente. “Mi dispiace, Jeffrey. Sembri davvero simpatico, ma io – ehm – non credo sia una buona idea.”

Skively annuì. “Okay. Mi pare giusto.” Incrociò le braccia. “Quindi stai con Frank Paciock.”

Più o meno. Merlino, fai schifo a questo gioco.”

A questo lui rise. Venti minuti e un processo di filtraggio estremamente difficile dopo, l'essenza di Purvincolo era stata correttamente estratta, imbottigliata e consegnata al Professor Lumacorno, insieme alle altre pozioni degli studenti del settimo anno. “Bel lavoro oggi, ragazzi,” disse l'insegnante di pozioni, compiaciuto della collezione di barattoli sulla scrivania di fronte a lui. “Ora, il vostro lavoro non è finito. Vorrei che scriveste un tema di sessanta centimetri sulla pozione che avete appena consegnato. Per l'ennesima volta, questo non vuol dire che voglio che copiate il riassunto da Pozioni Avanzate. Voglio una descrizione della pozione, una breve storia, il riassunto del processo, e un'analisi individuale.”

Diversi studenti grugnirono.

“Aspettate a lamentarvi” continuò Lumacorno. “Così che non debba leggere due temi su ogni pozione, dovrete lavorare con il vostro partner e dividervi il lavoro di conseguenza. La consegna è per martedì. Molto bene, potete andare.”

Alice trattenne un verso di frustrazione, ma Skively le stava sorridendo imbarazzato. “Sarà imbarazzante perché ci ho provato con te, non è vero?” disse, mentre raccoglievano le loro cose. Alice sospirò.

“No,” disse. “Andrà bene. Hai del tempo libero domani così che possiamo lavorarci?”

Il Tassorosso ci pensò. “Non ho nessuna ora di buco, ma forse verso le cinque?”

“Alle cinque in biblioteca?” propose Alice, e lui annuì.

“Sembra perfetto.”

“Okay. Ci vediamo allora.”

“Ciao, Alice.”

Lei annuì, poi tornò da Frank e Hestia, che la stavano aspettando accanto alla porta. “Allora com'è stato lavorare con Skively?” chiese il primo.

“Non ha combinato un disastro come fanno di solito i Tassorosso, vero?” chiese Hestia.

“No... è andata bene” alzò le spalle Alice. “Nessun evento degno di nota”


Remus gemette e rotolò su un fianco. Le sue lenzuola erano una matassa aggrovigliata per via del suo girarsi e rigirarsi, e sebbene fossero le due del mattino passate, non riusciva ad addormentarsi. Non era neanche per mancanza di stanchezza; la luna crescente nel cielo presagiva che molto presto avrebbe dovuto affrontare quello che James chiamava il suo 'piccolo problema peloso', e spesso si sentiva in quel modo (nauseante, dolorante, febbricitante) quando la luna piena era vicina.

Capovolse il cuscino dal lato fresco e cercò di mettersi comodo – cercò di ignorare il fatto che ogni centimetro del corpo gli doleva.

“Moony,” sussurrò una voce, e Remus si guardò intorno per vedere Sirius scostare le tende del suo letto. “Forza, amico,” continuò Padfoot nel tono gracchiante di chi si è appena svegliato. “Devi andare in infermeria.”

“No,” mormorò Remus in risposta. “Va tutto bene. Sto solo...”

“Moony,” interruppe James, comparendo al fianco di Sirius. Si stava infilando una maglietta e sbadigliando. “Andiamo. Devi riuscire a riposare stanotte. Il Guaritore Holloway avrà qualche pozione.”

Comparve anche Peter e, vedendo che era in inferiorità numerica, Remus annuì debolmente. Si alzò con difficoltà in piedi e prese la vestaglia che Peter gli stava porgendo.

“Sta andando male questo mese,” disse loro Remus, mentre i quattro Malandrini scendevano assonnati fino alla Sala Comune. “Mi sento come se stessi per vomitare.”

“Presto sarà tutto finito,” disse James, dandogli una pacca sulla spalla. Remus si rimangiò la smentita che aveva sulla punta della lingua. Non sarebbe finito tutto presto. Certo, tra tre giorni si sarebbe sentito di nuovo se stesso, ma poi, tra un mese, sarebbe ricominciato tutto daccapo. E poi il mese dopo e il mese dopo ancora, e il mese dopo di quello, si sarebbe sempre ripetuto, per tutto il resto della sua vita. Non sarebbe mai 'finito tutto'.

Non si imbatterono in nessuno per i corridoi, ma James fece notare che non avrebbe importato se fosse successo. I Malandrini avevano una scusa legittima per vagare nei corridoi quella notte. Le porte dell'Infermeria erano chiuse a chiave quando arrivarono, e Sirius si fece arditamente avanti e vi bussò sopra.

“Il Guaritore Holloway avrà qualcosa che fa al caso tuo,” ripeté Peter assonnato, e Remus si limitò ad annuire, troppo esausto per rispondere verbalmente.

Tuttavia, quando finalmente le porte si aprirono, non c'era il Guaritore Holloway dall'altro lato. Invece, c'era una strega. Sembrava sulla trentina, e indossava la vestaglia da notte come se anche lei stesse dormendo.

“E lei chi è?” chiese Sirius.

“Poppy Chips,” replicò la strega severamente. “Chi siete voi?”

“Dov'è il Guaritore Holloway?” volle sapere Peter.

“È andato in pensione.”

“Nel bel mezzo della notte?”

Poppy Chips non sembrava divertita. “No. Se n'è andato questa mattina. Mi aspetto che il Professor Silente faccia l'annuncio domani mattina. Ora, signori, vi ho detto quello che io ci faccio qui, magari potreste spiegarmi cosa vi ha portati in Infermeria.”

I Malandrini si scambiarono degli sguardi incerti, poi James parlò: “Questo...questo è Remus Lupin...” cominciò, saggiando il terreno. La strega sembrò capire al volo.

“Sì, naturalmente,” disse con vivacità. “Portatelo dentro.”

Sollevato che questa signora Chips fosse a conoscenza della situazione, Remus – mezzo appoggiato a Sirius e James – barcollò verso l'interno. Collassò su un letto lontano dalla porta, mentre Chips si muoveva velocemente verso l'ufficio sul retro, presumibilmente per andare a prendere una pozione, anche se Remus non era sicuro di come facesse a sapere quale gli potesse servire.

Quando ritornò con due fiale, la strega sentì la fronte e prese il polso del giovane lupo mannaro. “Meno di ventiquattr'ore alla trasformazione,” mormorò. “Avverti nausea?” Remus annuì. “Potresti anche avere la febbre. Tieni...” Gli porse una delle due boccette. “Questa ti aiuterà a dormire.” Mentre Remus prendeva la pozione, Chips scomparve di nuovo nel suo ufficio, per poi ritornare con un foglietto di pergamena alcuni istanti dopo. Porse questo a James.

“Voi ragazzi dovreste ritornare al vostro dormitorio,” disse loro. “Se doveste incontrare qualcuno lungo la strada, potrete dargli questo biglietto.”

“Oh.” James sembrava un po' sorpreso dalla cortesia di quel gesto. “La ringrazio.”

Lei annuì.

James, Sirius e Peter guardarono Remus un'ultima volta. “Ci vediamo presto, amico,” disse Sirius, sorridendo incoraggiante. Remus si limitò ad annuire. “Buona notte, Poppy,” aggiunse Padfoot rivolto alla strega. Lei inarcò un sopracciglio.

Madama Chips potrebbe andare,” replicò.

“Sicuro, Poppy.”

E con questo, i tre Malandrini privati di sonno si fecero strada fuori dall'infermeria, con un'indignata Madame Pomfrey che li guardava accigliata.

(Strawberry Fields Forever)

“Oh, non saprei,” disse Mary, stingendosi nelle spalle, mentre il mercoledì percorreva la sezione di Incantesimi con il suo ragazzo, Umbert Stebbins. “Dearborn non sembra troppo male...Silente non ha avuto molto preavviso per cercare un nuovo insegnante di Difesa, dopo tutto.”

“Penso che favoreggi Potter, Dearborn, dico,” replicò Stebbins indignato. “Ho sentito che sono imparentati.”

“Tutti favoreggiano Potter,” fece notare Mary. “È assolutamente brillante. Ad ogni modo, abbiamo avuto solo due lezioni con Dearborn. È troppo presto per dirlo.”

“È così, però.” Raggiunsero le scale, e Stebbins si chinò per darle un bacio sulla guancia. “Faccio un salto nella mia Sala Comune prima di pranzo. Ci vediamo nella Sala Grande?”

Mary annuì allegramente. “A tra poco.”

Procedettero in direzioni separate, con Mary che scendeva e Stebbins che saliva le scale. Per essere un Tassorosso, pensò Mary mentre procedeva giù per le scale, Stebbins non era male. Non era un sempliciotto come alcuni suoi compagni di Casa, ed era terribilmente adorabile. Sorrise allegramente tra sé e sé e raggiunse il pianerottolo del piano inferiore. Una dozzina o più di studenti bighellonava lì intorno, compreso un gruppo di Serpeverde di cui Mary consapevolmente evitava il contatto visivo. Tuttavia, mentre camminava, sentì istintivamente che qualcuno la stava guardando, e una veloce occhiata nella direzione dei Serpeverde le disse che Mulciber era uno del numero. Affrettò il passo.

Quando era a qualche passo di distanza dalla successiva rampa di scale, Mary respirò più liberamente (incerta del perché si fosse poi sentita così nervosa) e si rimproverò per immaginare le cose. A quel punto, una strana sensazione la travolse.

All'inizio, si sentì stordita e poi le cominciò a girare la testa. Aveva bisogno di sedersi.

Eppure, quando Mary tentò di avvicinarsi al muro per supportarsi, scoprì che le gambe non le funzionavano correttamente. Non si muovevano. Era vagamente consapevole che questo avrebbe dovuto farla preoccupare, ma non lo fece. In realtà, non provava nulla. I suoi pensieri erano improvvisamente diventati confusi, e lei si sentiva come se fosse senza peso.

“Voltati,” disse una voce (l'unico suono distinto che riusciva a sentire), e senza metterla in discussione, Mary obbedì. Si voltò, e il corridoio che si estendeva di fronte a lei era una solo macchia informe. “Avvicinati,” disse la voce, e lei lo fece. Seguì la voce fino alla sua fonte, e si ritrovò di fronte a qualcuno – un mago, pensò – la cui bacchetta era puntata su di lei. “Dammi la tua bacchetta.”

Mary estrasse la bacchetta dalla tasca della borsa dove sempre la teneva e la mise su una mano protesa verso di lei.

“Cosa devo farle fare adesso?” chiese la voce ridendo. Apparteneva a Mulciber, pensò lei. Per un momento, la sua mente si schiarì abbastanza da rendersi conto che avrebbe dovuto avere paura.

Sono sotto la Maledizione Imperius, si rese conto, prima che la sua concentrazione fosse spezzata da un'altra voce distante.

“Ho in mente un paio di cosette...”

Ci furono risate, ma la volontà di lei era debole rispetto alla forza che così facilmente obbligò le sue gambe ad obbedire ai comandi, portandola piuttosto vicina al gruppo di Serpeverde. Altre risate. La sua vista divenne ancora più sfocata, e la sua mente sempre meno la sua. Mulciber diede un altro ordine, e lei non ebbe pensiero di rifiutare. L'avrebbe assecondato, quando una nuova voce (molto lontana e fievole, come le altre) intervenne.

“Che cosa succede qui?”

A quel punto, come una gettata d'acqua gelata, tornò in sé.


“Scusa per il ritardo,” disse Skively bonariamente, sedendosi dal lato opposto ad Alice al suo tavolo in biblioteca. Lei si limitò ad annuire, concentrata su diversi fogli di appunti di Pozioni che sembrava stesse mettendo in ordine.

“Bene, allora,” disse la strega un momento dopo. “Stavo pensando che potremmo dividere il lavoro in due parti: riassunto e storia della pozione e descrizione del processo con analisi personale. Questi sono i quattro punti che Lumacorno vuole che trattiamo. Preferisci fare il riassunto e la storia o la descrizione e l'analisi?”

Skively sembrò preso alla sprovvista. ”Sono in ritardo di soli tre minuti e hai già fatto tutto questo?”

“Ci ho lavorato su ieri sera,” gli disse Alice, pragmatica. “Va bene per te, o hai un'altra idea?”

“No, per me va bene,” disse il Tassorosso, stringendosi nelle spalle. “Quale metà preferisci?”

Alice avrebbe preferito fare il riassunto e la storia, visto che detestava scrivere pezzi sul suo punto di vista, ma sarebbe stata maleducata a chiederlo, quindi si limitò a scuotere la testa indifferente. “Scegli prima tu. A me vanno bene entrambe.”

“Certo che ti vanno bene.”

“E questo che significa?”

“Niente, niente.” Le sorrise. “È stato terribilmente carino da parte tua organizzare tutto in questo modo prima che iniziassimo, Alice. Anche se, se non ti conoscessi bene, direi che cercavi di evitare di lavorare effettivamente con me.”

Alice inarcò le sopracciglia. “E perché dovrei volerlo fare?”

“Non saprei...dimmelo tu.”

Lei alzò gli occhi al cielo. “Senti, Skively...”

“Jeffrey,” la corresse lui.

“Giusto. Jeffrey. Sono quasi tra i primi del nostro anno, e questo è perché lavoro duramente, non procrastino e faccio le cose in modo ordinato. Non c'è niente di personale...è solo il modo in cui opero.”

“Okay,” disse Skively, ancora sorridendo. “Allora prendo la parte sul riassunto e la storia.”

“Magnifico.” Alice cominciò a raccogliere le sue cose.

“Che stai facendo?”

“Sto andando a cena,” replicò lei, come se fosse ovvio. “Abbiamo i nostri compiti. Possiamo lavorarci separatamente e assemblarli domani prima della lezione.”

Skively incrociò le braccia sul tavolo. “Pensavo che ci avremmo lavorato ora.”

“L'abbiamo fatto. Ora siamo apposto.”

“Perchè sei così di fretta? Hai un appuntamento?”

No.”

Be', non proprio. Aveva detto a Frank che si sarebbero visti a cena se si fosse liberata dal suo incontro alla svelta, ma quello di per sé non era un appuntamento. Tuttavia, lui aveva degli impegni da Caposcuola, quindi non avrebbero avuto molto tempo dopo cena.

“Bene, allora perché non finiamo ora?” continuò Skively. “Dopo tutto, penso che sia meglio evitare di procrastinare.” Sogghignò.

Alice sospirò. “E va bene. Mezz'ora e poi vado a cena.”

“D'accordo,” canticchiò Skively, prelevando il suo materiale scolastico dalla borsa dei libri. Alice estrasse ancora una volta i suoi appunti e li posò sul tavolo, insieme a un foglio bianco di pergamena, una piuma e dell'inchiostro. Stava per mettersi a lavoro quando Skively aggiunse: “Presumo tu non abbia preso appunti la settimana scorsa, vero?”

“Certo che l'ho fatto,” replicò lei, scrivendo il suo nome e la data in cima al foglio. “Lumacorno aveva detto che ci sarebbero servite quelle informazioni per il compito di questa settimana.” Skively rimase in silenzio, ed Alice alzò lo sguardo. “Tu non hai preso appunti, è così?” chiese, conoscendo già la risposta. Skively si limitò a sorridere. Alice sospirò.

“E va bene. Tieni.” Gli porse i suoi appunti e tirò fuori Pozioni Avanzate. “Mi dedicherò prima alla parte sul processo...mi serve solo il libro per questo.”

“Ehm – grazie.”

“Mm.”

I due lavorarono in silenzio per alcuni minuti, prima che Skively parlasse di nuovo. “Allora, come vanno le cose tra te e il Caposcuola?”

Alice non alzò lo sguardo dal suo foglio. “Ventidue minuti e poi andrò a cena, portando i miei appunti con me,” gli ricordò in un tono cantilenante.

Per favore, sono già quasi a metà,” replicò Skively. Alice inarcò le sopracciglia. “Non ti preoccupare; non è terribile. Allora cosa c'è tra te e Paciock?”

“Perché t'importa?”

“Perché ti trovo carina.”

Alice sospirò e mise giù la piuma. “Ti ringrazio. Sei molto dolce. Ma – no. Quindi no...e basta. Grazie.”

“È a causa di Paciock?”

“No, perché no.”

“Bene.”

Alice incrociò le braccia. “Che cosa vuoi dire con 'bene'?” chiese.

“Non saprei. È solo che...lui è Frank Paciock.

“Astuta osservazione.”

“Oh, andiamo, Alice. Pensi davvero che non potresti fare di meglio di Frank Paciock?”

Alice a questo rise apertamente, causando un'altezzosa alzata di sopracciglia nella loro direzione da parte della signorina Savoy. Sembrava pronta a venire al loro tavolo a sgridarli, ma Skively le lanciò un'occhiata di scuse, e lei ritornò al suo lavoro. “Onestamente, Skively,” sussurrò Alice, sporgendosi in avanti sul tavolo. “Frank è Caposcuola. È quasi tra i primi del nostro anno. Difficilmente mi considererei di star puntando al ribasso.”

“Forse,” disse Skively con un'alzata di spalle. “Ma non è alla tua altezza.”

Alice alzò gli occhi al cielo. “E cose renderebbe te migliore di Frank?”

“Be',” cominciò il Tassorosso pensosamente. “Se tu fossi la mia ragazza, non vorrei che passassi delle ore in biblioteca con un bel Tassorosso che ci ha provato con te durante Pozioni.” Alice si accigliò. “A meno che...tu non abbia detto a Paciock che ci ho provato con te durante Pozioni...” Lasciò la frase sospesa, come se quello avesse dovuto significare qualcosa.

“No, non l'ho fatto,” replicò lei tranquillamente. “È stato di così poca importanza per me da dimenticarlo completamente. E poi, l'unico modo in cui quello che dici ha senso è se sostituisci 'delle ore' con 'esattamente mezz'ora'. Inoltre, non sono una proprietà a cui si deve dire con chi le è permesso passare il tempo – che sia tanto o no – in biblioteca o da qualunque altra parte. Quindi, suppongo sia una buona cosa che io non sia la tua ragazza.” Sorrise.

“Forse,” concordò lui. “Ma, sai, se lo fossi, io non me ne andrei in giro a pomiciare con Carlotta Meloni.”

Alice si congelò sul posto, il suo sorriso scomparso. Poi, molto tranquillamente, cominciò a raccogliere le sue cose.

“Dove stai andando?”

“Scherzi, vero?”

“Alice, non l'intendevo in quel modo,” disse Skively velocemente. “Mi dispiace. Ti prometto che farò il bravo.”

“Puoi tenerti gli appunti,” ribatté Alice freddamente. “Me ne vado.”

“No, Alice.” Le afferrò il braccio gentilmente. “Andiamo, non intendevo dire questo.”

Alice liberò il braccio. “Che cosa intendevi allora?”

“Be',” esitò Skively. “Quello che intendevo è – che cosa ci fa una ragazza carina come te, che potrebbe stare con qualunque ragazzo della scuola, con un ragazzo che è andato a letto con Carlotta Meloni dietro le sue spalle?”

“Frank non è andato a letto con Carlotta,” lo corresse Alice. “Non sto difendendo quello che ha fatto, ma non hai nessuna idea di quello di cui stai parlando.”

“E non voleva portarsela a letto?”

Lei alzò gli occhi al cielo. “Stiamo palando di Carlotta Meloni! Tutti vogliono portarsela a letto! Dio, se la stronza non avesse cercato di rubarmi il ragazzo, si potrebbe persuadere perfino me ad andare a letto con lei! E smettila di immaginartelo, Skively!”

E va bene.”

“Hai esattamente diciassette minuti prima che vada a cena,” continuò lei. “Quindi ti suggerisco di far buon uso di quegli appunti finché puoi.”

“Okay, okay.”

Skively obbedì per dieci minuti circa, prima di interrompere il silenzio ancora una volta. “Alice?”

“Per Merlino, che c'è?”

“Oh...scusa. Ho una domanda sui tuoi appunti.”

“Oh.” Alice si raddrizzò. “Cosa s'è, allora?”

Skively spostò la sedia lungo il tavolo, così che fosse dallo stesso lato di Alice. Le mostrò un pezzo di pergamena e chiese: “Questa parte qui...sulle normative per la caccia alle creature magiche...hai detto che iniziarono intono al 1850, ma penso intendevi il 1950...”

Alice aggrottò la fronte. “Il 1950? No, sono piuttosto sicura che fosse prima. Tieni...” Afferrò la sua borsa e ne tirò fuori un libro. “Controlla qui.”

“Ti porti dietro una copia di Animali Fantastici: Dove trovarli?”

“Lo faccio quando mi serve per fare i compiti,” replicò lei, passandogliela. Skively si mise a sfogliare le pagine alla ricerca della risposta, mentre Alice ritornava alla sua parte del tema. Lui trovò quello che stava cercando un momento dopo e ridiede il libro a Alice.

“1890,” le disse. “Avevamo entrambi torto.”

“Bene,” disse Alice. “Anche se tu avevi più torto.”

“Cosa te lo fa dire?”

“Hai sbagliato di sessant'anni, io di quaranta. In più, io ero nel secolo giusto.”

“Non penso che ci sia un 'più' torto, qui,” decise Skively. Alice alzò lo sguardo dal suo tema per lanciargli un'occhiataccia, e fu solo allora che si rese conto di quanto le fosse seduto vicino. Il suo naso era forse a dieci centimetri di distanza da lei, e i suoi occhi – che, notò, erano marroni – erano fissi intensamente nei suoi.

“Dovresti...ehm...” Si schiarì la gola. “Tornare... dal tuo lato del tavolo.”

Skively non si mosse. “Andiamo, Alice,” mormorò, e lei poté sentire il suo respiro sul viso quando parlò. “Non ti piaccio neanche un po'?”

“Ehm...” Ma i suoi ormoni avevano preso il sopravvento e avevano reso la sua lingua incapace di articolare le parole che voleva dire. “Be', io – ehm...”

Lui si stava chinando in avanti, lo spazio tra le loro labbra che si faceva sempre più insignificante. Alice non era sicura se fosse ferma o se si stesse chinando in una direzione o nell'altra. Non era sicura quasi più di nulla.

Sta per baciarmi.

Skively era a un soffio di distanza, quando – come per una secchiata di acqua fredda – Alice ritornò ai suoi sensi.

I suoi occhi – che non si era resa conto fossero chiusi – si aprirono di scatto, e lei si tirò immediatamente indietro. “Fermati.”

“Mi dispiace,” si scusò Skively imbarazzato, raddrizzandosi. “Non intendevo...”

“Devo andare,” disse Alice velocemente, afferrando i suoi libri e spingendoli con noncuranza nella sua borsa. “Puoi tenere gli appunti... ehm... ci vediamo in classe.”

“Aspetta, Alice...”

Ma lei si stava già gettando la borsa sulle spalle, affrettandosi fuori dalla biblioteca.


Desiderando sapere dove erano andate Mary e Marlene, Lily si sedette a cena al tavolo di Grifondoro da sola. Ovviamente, non era davvero sola; c'erano circa altri venti Grifondoro al tavolo. James, Sirius e Peter sedevano non troppo lontano e Frank Paciock era lontano solo poche sedie, con un libro appoggiato contro la brocca di succo di zucca mentre studiava attentamente. Eppure, a Lily sarebbe piaciuta della compagnia.

Quando ebbe servito il suo piatto, il prefetto tirò fuori la sua copia non letta de La Gazzetta del Profeta e diede un'occhiata ai titoli. Un attacco di Mangiamorte a Bristol–nessun morto, grazie a Merlino–e la scomparsa ufficiale di un Ministro nato babbano: in altre parole, più delle stesse cose.

C'era anche un'altra storia che catturò la sua attenzione. Un Auror era stato ucciso nel tentativo di impedire quello che era stata vagamente soprannominata "attività dei Mangiamorte" a Londra. Lily sospirò e si chiese mestamente se Logan Harper era coinvolto. Logan Harper: il mago che lei aveva incontrato tre mesi prima, sanguinante a morte sul divano.

Lily lanciò un'occhiata al tavolo di Corvonero e anche se vide alcuni amici di Luke, il mago stesso era assente. Lei piegò il foglio per leggere la pagina successiva, ma fu interrotta dall'arrivo di Shelley Mumps e Carlotta Meloni. Stavano battibeccando benevolmente.

"Onestamente, Shell," stava dicendo Carlotta, mentre scivolava nella sedia dall'altra parte del tavolo, "Non puoi negare che sia bello."

"Va bene," cedette Shelley, sedendosi accanto a Lily. "Ti concederò che ha dei bei occhi–molto blu. In cui ti ci potresti perdere dentro."

"Non mi dispiacerebbe perdermici," concordò Carlotta sospirando, facendo ridacchiare Shelley.

"Ma," continuò l'altra, "lui non è il mio tipo. Preferisco i ragazzi dai capelli scuri."

"Vuoi dire che preferisci i ragazzi che sono James Potter," la corresse Carlotta e Shelley arrossì.

"Silenzio! Ci sentirà!"

"È laggiù," disse la bruna, ondeggiando noncurante con la mano. "Davvero, Shell, non capirò mai questa ossessione che hai per James. Voglio dire, è dannatamente bello, ovviamente, ed è anche un ottimo baciatore. Ma, cara, non ci parli mai… e ci sono numerosi altri boccini da inseguire."

Shelley sembrò indignata. "Lily, aiutami," la implorò e Lily posò il giornale.

"Spero che tu non mi stia chiedendo di parlare per James Potter," scherzò Lily.

"Ma tu capisci perché sia così fantastico, non è vero?" Shelley quasi pregò.

Carlotta la derise prima che Lily potesse rispondere. "Ti piace solo perché è attraente, Shell."

"No. Non è per nulla così." Guardò Lily in cerca di supporto. "Non lo è. Tutti possono dire che James…" disse il suo nome quasi con reverenza, "sia di bell'aspetto. Ma mi piacciono le cose che nessun altro nota di lui–le piccole cose, sai?"

Lily inarcò le sopracciglia. "Tipo?"

"Be'… il modo in cui si scompiglia i capelli," disse Shelley, raggiante. "Il suo sorriso e la sua risata e il modo in cui si comporta con i suoi amici."

"Merlino hai bisogno di una scopata," mormorò Carlotta.

"Silenzio, tu," ribatté Shelley, arrotolando una ciocca di capelli biondo sporco attorno ad un dito. "Tu vedi quello che intendo, Lily?"

Lily scosse la testa. "Shelley, quelle non sono le piccole cose. Quelle sono le grandi cose. Quelle sono… la quintessenza delle cose di James Potter. Le piccole cose sono tipo–come si agita di continuo perché non può stare fermo per più di un secondo, o come si siede sopra i banchi come se fossero poltrone, o come tenga la stranamente bacchetta–con l'indice sopra, anche se sembra che non dia abbastanza supporto per un incantesimo potente. O come–come chiunque abbia visto i suoi appunti possa dirti che spenda il novanta percento delle lezioni a scarabocchiare ai bordi. O, sai, che canticchia di continuo, ma non ha probabilmente completamente alcun orecchio musicale perché suona terribile. Voglio dire, sì, si scompiglia i capelli–ma lo fa così che sembra che sia appena sceso da un manico di scopa. E sì, tutti sanno del suo sorriso e della sua risata e tutte quelle stronzate, ma la cosa veramente divertente è come ride alle battute più ridicole e non divertenti. E con i suoi amici… sai, come entra in una stanza e la passa in rassegna per vedere chi c'è, come se stesse soppesando le sue opzioni… O…" Lily si fermò, notando che sia Carlotta che Shelley la stavano fissando. "Sono un'osservatrice della condizione umana," disse loro con dignità.

Carlotta scosse la testa. "Avete entrambe bisogno di una scopata." Lei tornò alla sua cena e Shelley guardò lungo il tavolo verso James, come se lo vedesse in una nuova luce. "Ma davvero, Shell," la bruna riprese ora la conversazione, "non puoi dire che solo perché Lathe ha i capelli chiari, non sia dannatamente delizioso."

"Lathe?" interruppe Lily curiosa.

"Mhm, l'Auror," disse Carlotta. "Shelley pensa che sia solo carino, mentre io dico che lui è dannatamente scopabile."

"Come mai ne state parlando?" chiese la rossa.

"Oh, è tornato," disse vagamente Shelley. "Non lo sapevi? Ci sono circa una dozzina di Auror a scuola… apparentemente sono qui per sicurezza, con tutte quelle cose orribili con i Mangiamorte." Scosse via bruscamente la macabra notizia. "Avrei pensato che tu lo sapessi, Lily," continuò la bionda, "dato che è stato Lathe a salvare Mary."

Lily quasi si strozzò con una patata. "Salvare Mary? Mary MacDonald? Salvarla da cosa? Cos'è successo?"

"Mi chiedevo perché non eri nel dormitorio con lei e Marlene," disse Carlotta vagamente. "Non hai sentito?"

"Cos'è successo?" pressò Lily.

Carlotta si sporse in avanti con fare cospiratorio. "Apparentemente Mulciber l'ha affatturata. Ho sentito che ha usato l'Imperius."

"Lathe stave passando di lì e l'ha fermato–ha anche sgridato Mulciber, quello stronzo," aggiunse Shelley. "Mary è su nel dormitorio ora,"

Lily le ringraziò e, abbandonando la cena ed il giornale, si affrettò fuori dalla Sala Grande. Stava quasi correndo attraverso la Sala d'Ingresso quando una voce chiamò il suo nome. Si fermò abbastanza a lungo per vedere uno degli amici di Luke–uno massiccio, Corvonero del settimo anno–che avanzava verso di lei.

"Mi dispiace," chiese scusa velocemente, "non ho un minuto. La mia amica è appena stata…"

Ma il Corvonero non sembrava stesse ascoltando. "Lily, non hai visto Luke, vero?" chiese. "Ha saltato le lezioni, e non lo fa quasi mai, quindi pensavo…"

"Luke?" chiese Lily, confusa. "No. Abbiamo rotto, Gerry; non l'ho visto. Uhm… senti, devo andare…"

"Ma…"

Ma Lily stava già salendo la scalinata di marmo a due alla volta e non aveva l'energia interiore per preoccuparsi del perché Luke avesse saltato le lezioni. Raggiunse il dormitorio delle ragazze di Grifondoro in tempo record e trovò Mary seduta sul suo letto accanto a Marlene.

"Dio, l'ho appena saputo," ansimò Lily molto velocemente. "Stai bene? Come ti senti? Hai bisogno di andare in Infermeria? Hai bisogno…?"

"Lily, sto bene," la interruppe Mary. "Calmati, sto perfettamente bene. Sono stata maledetta solo per un paio di minuti…"

"L'Imperius?" chiese Lily, giusto per essere sicura, e Mary annuì.

"Lo stronzo mi ha attaccato mentre scendevo a cena."

"Non ti ha fatto fare niente di terribile, vero?" pressò la rossa ansiosamente.

"Non penso, no," replicò Mary. "Come ho detto–è stato solo per un paio di minuti e poi è arrivato Lathe. Davvero, Lily, non è una cosa grave…"

"Non è una cosa grave!" urlò Marlene indignata. "Mulciber merita molto peggio di una sgridata da Lathe. Dovrebbe essere buttato fuori."

"Ha ragione," concordò Lily. "È magia oscura."

Mary non incontrò gli occhi di nessuno e giocherellò con il bordo della gonna. "Va bene. Sto bene. Nessuno si è fatto male. Preferirei dimenticarmene."

"Ma sei sicura di stare meglio?" chiese Lily di nuovo. "Non hai alcun dolore? Forse dovresti andare in Infermeria nel caso…"

"Sto bene," insisté Mary, ma Lily rimase non convinta. Per circa dieci minuti, continuò ad elencare ogni possibile effetto collaterale dell'Imperius che avesse mai letto, finché Mary alla fine sospirò e si arrese.

"Be', in effetti ho un leggero mal di testa… anche se potrebbe non avere nulla a che fare con l'attacco…" aggiunse piano. Lily saltò in piedi immediatamente.

"Ti prendo una pozione in Infermeria," si offrì e Mary sorrise grata.

"Grazie, tesoro."

Lily le lanciò uno sguardo sincero e rassicurante prima di affrettarsi fuori dal dormitorio. Mary scosse la testa, poi la appoggiò sulla spalla di Marlene.

"Sono esausta," affermò.

"Sono solo le sette," le fece notare Marlene. "E non hai cenato."

"Non sono affamata."

"Mare, dovresti mangiare qualcosa…"

Mary si accigliò. "Be', quel Lathe mi ha raccomandato di mangiare un pezzo di cioccolato…"

"Ne ho un po' nel mio baule."

La bionda procurò una sottile barretta del miglior cioccolato di Mielandia e le due ragazze lo mangiarono silenziosamente. "Come va il tuo mal di testa?" chiese Marlene dopo un po'.

"Non ho mal di testa. Lily mi stava stressando."

Marlene sorrise e mise un braccio sulla spalla dell'amica. "Non stai bene però, vero?" mormorò consapevole. Mary sospirò.

"L'ho odiato," disse piano. "Ho odiato essere controllata in quel modo. Ho odiato sentirmi debole in quel modo. Ho odiato essere nelle mani di Mulciber–è stato…terribile. Non posso descriverlo."

Marlene rimase in silenzio a lungo. "Non succederà più," le promise alla fine. "Mai più, va bene?"

"Va bene." Ma non sembrava che ci credesse. "Credo che andrò a letto," dichiarò la bruna adesso, alzandosi dal letto e andando alla scrivania, dove aprì il cassetto in alto ed estrasse una piccola bottiglia. "Pozione soporifera," spiegò ad una curiosa Marlene. Prese i suoi abiti da notte e si spostò in bagno.

"Se non hai bisogno di altro," le disse Marlene attraverso la porta, "dovrei incontrare Adam per lavorare su Trasfigurazione."

"Vai," replicò Mary. "Buonanotte."

"Buonanotte, Mary."

Marlene uscì dal dormitorio e scese la scala fino alla Sala Comune. Non cercò Adam, però. Invece, si mosse velocemente fuori dalla torre di Grifondoro, mezzo correndo per corridoi e scalinate finché non giunse in biblioteca.

Non poteva essere sicura che lui sarebbe stato qui, ovviamente, ma sapeva che passava spesso le sere lì e anche se non c'era, avrebbe trovato qualcuno della sua casa disposto ad andare in Sala Comune a cercarlo per lei. Ad ogni modo, Marlene sembrò essere fortunata quella sera, dato che ad un tavolo vicino agli scaffali sedeva il mago che aveva bisogno di vedere.

"Piton," disse la bionda bruscamente, autoinvitandosi a sedere nella sedia vuota di fronte alla sua.

Il Serpeverde alzò lo sguardo dal suo libro. "Cosa vuoi tu?" sbottò.

Marlene si sporse lungo il tavolo e parlò piano. "Sai perfettamente perché sono qui," replicò lei furiosamente. "Mulciber ha attaccato Mary."

L'espressione di Piton era inscrutabile, ma qualcosa nel modo in cui i suoi occhi neri si illuminarono suggerì che forse lui non sapeva. "Non ero lì," fu tutto quello che disse.

"Avevamo un accordo," sbottò Marlene. "Tu avresti dovuto tenere i tuoi amici lontano dai miei…"

"Non ero lì," ripeté Piton. "Non posso controllare tutti quelli della mia casa tutto il tempo."

Ma a Marlene non importava. "Se succede un'altra cosa ad uno dei miei amici per mano di uno dei tuoi, vado da Silente."

Lei si alzò dal tavolo, ma Piton parlò in una voce bassa e pericolosa: "Non minacciarmi," avvertì.

Marlene lo fissò. "Non darmi una ragione per farlo," ribatté.


"Ehm–mi scusi…" iniziò Lily, entrando con cautela in Infermeria come se fosse un territorio sconosciuto. La strega che Silente aveva presentata quella mattina come la nuova guaritrice della scuola alzò lo sguardo dal lettino che stava facendo puntando la bacchetta.

"Sì, cara?"

"Mi chiedevo se potevo avere una pozione per il mal di testa."

"Sì, certo," disse la strega, che Lily credeva si chiamasse Madama Chips. "Ma dovrai prenderla in mia presenza. Regole della scuola, sai…"

"Oh." Lily si accigliò. "Ma il Guaritore Holloway non ce l'aveva mai imposto."

"Apparentemente no," concordò Madama Chips, "dal momento che sei la quarta persona che mette in dubbio questa norma oggi. Ma temo che sia una regola approvata dal consiglio, signorina…?"

"Evans. Lily Evans."

"Signorina Evans. Vedi, cara, è per impedire ad uno studente di mettere da parte pozioni che potrebbero essere pericolose in grosse quantità–o di portarle ad altri studenti, sai." Improvvisamente sembrò piuttosto severa. "Questa pozione per il mal di testa è per te, vero, signorina Evans?"

Lily si schiarì la gola nervosa. "C-certo."

"Molto bene." Madama Chips si rilassò. "Torno subito." Camminò bruscamente verso il suo ufficio, Lily sospirò.

"Tutta questa fatica per niente…" Incrociò le braccia e diede pigramente un'occhiata all'Infermeria. C'era una giovane strega in un lettino alla quale sembrava fosse capitato un brutto incidente a Incantesimi, e un mago più grande sedeva in un lettino in un angolo, che non palesava alcun segno di malattia. Passò un momento prima che Lily capisse chi fosse.

"Luke?" Si avvicinò velocemente dove sedeva il Corvonero. "Stai bene? Che è successo?"

"Lily," la salutò Luke, evidentemente un po' imbarazzato. "Uhm–sto bene. Mi sono fatto male al braccio."

"Cosa ti sei fatto?"

"Oh, niente di serio. L'ho solo–rotto un po'."

"Ti sei rotto un po' il braccio?" chiese Lily scettica. "La strega l'ha sistemato?"

"Sì, è guarito ora," disse Luke. "Madama Chips mi ha appena detto di sedere qui per qualche minuto per assicurarsi che non abbia alcun dolore… apparentemente, talvolta sistemare un osso rotto può provocarne o qualcosa del genere. Non lo so."

"Come l'hai rotto?" pressò la strega, sedendosi accanto a lui sul lettino.

"Io uh–sono solo caduto," replicò Luke, forzatamente disinvolto. "Niente di che."

Ma Lily non gli credette. "Il tuo amico Gerry ti stava cercando," gli disse. "Mi ha trovata dopo cena–dice che hai saltato le lezioni. Ha qualcosa a che fare con quello?"

Prima che Luke potesse rispondere, Madama Chips tornò con la pozione per Lily e una cartella. "Nessun dolore, signor Harper?" chiese, porgendo la bottiglia a Lily. Luke scosse la testa. "Molto bene, puoi andare…" Luke non se lo sentì dire una seconda volta. Scese dal lettino e si avviò velocemente alla porta. Lily ingoiò la pozione in un sorso e provò a seguirlo. "Signorina Evans, se puoi firmare questo…" disse Madama Chips. Le porse la cartella; "per confermare la pozione che hai appena consumato."

"Cosa? Oh… sicuro."

Lily afferrò la piuma e scribacchiò il suo nome sulla linea. Luke era già scomparso attraverso le porte dell'Infermeria, così–ringraziando frettolosamente Madama Chips–Lily lo seguì.


I tre Malandrini non-mannari sedevano sulle loro poltrone preferite davanti al fuoco nella Sala Comune di Grifondoro. Peter e James stavano giocando a carte, e Sirius stava sfogliando svogliatamente una delle riviste di Quidditch di James.

"Ho fame," si lamentò Padfoot in quel momento, e Peter grugnì.

"Abbiamo mangiato mezz'ora fa," gli fece notare sarcasticamente.

"Sì, ma voglio altra torta alla melassa," insisté Sirius. "Andiamo giù nelle cucine."

"Non voglio," si lamentò James. "Non puoi aspettare?"

"No," disse Sirius. Aggiunse in un tono più basso: "Usciamo stasera."

"Vai tu, allora," gli suggerì James. "Sto per uccidere Wormtail qui."

"No."

"Sì."

"Bene," disse Sirius, alzandosi. "Siete dei pessimi amici, però."

"Mmm," replicò vagamente James. "Non metterci troppo però," aggiunse con uno sguardo significativo. "Il sole tramonta tra un'ora."

"Sì, lo so." Sirius scrollò via l'avvertimento di James e scivolò fuori dal buco del ritratto.


Camminando avanti e indietro nella stanza del Caposcuola, Alice premette ansiosamente le mani l'una contro l'altra. Frank non si vedeva da nessuna parte, ma lei aveva deciso di aspettarlo lì. Sarebbe tornato prima o poi, dopotutto.

Oh, Dio, cosa avrebbe fatto? Tremava all'idea di dirglielo, a sapeva senza dubbio che l'avrebbe fatto.

Skively l'aveva quasi baciata.

Ma lei non aveva voluto che lui lo facesse.

Vero?

No, non l'aveva voluto. Di quello, Alice era piuttosto certa. Non voleva essere baciata. Quella era la parte più strana di tutte–non l'aveva voluto, ma aveva quasi lasciato che accadesse. Aveva quasi lasciato che un Tassorosso a caso la baciasse. E perché? Perché l'aveva lusingata. Perché lui era semplicemente .

Perché lui non era innamorato di lei.

Alice si sedette sul letto, chiudendo gli occhi e gemendo. Perché, oh perché, Frank l'aveva detto? Perché aveva verbalizzato quelle due temute parole? Non erano abbastanza felici senza tutto ciò? Non erano felici di essere solo Frank e Alice, senza essere tanto ufficiali? Tanto etichettati? Perché aveva rovinato tutto con ti amo?

Di nuovo nervosa, Alice si alzò dal letto e ricominciò a camminare. Lo fece per diversi minuti, prima di irritarsi con se stessa ancora una volta e sedersi alla scrivania. L'intero tavolo era coperto di carte, perlopiù in pile ordinate, ma alcuni pezzi erano disseminati in giro. Vide il suo compito di Incantesimi della settimana scorsa–aveva avuto una "O"–e i suoi appunti di Pozioni. In cima a quelli stava un più piccolo, più spesso e più costoso quadrato di pergamena; era piegato, ed Alice lo prese pigramente, aprendolo e leggendo le prime linee.

Era dalla Professoressa McGrannitt, con la data di qualche settimana prima. Alice lesse il resto.

Signor Paciock,

Ho ricevuto la tua lettera, e, avendo conferito con il resto del personale e con il Preside Silente, abbiamo deciso che è accettabile cambiare la data del fine settimana degli studenti ad Hogsmeade da Sabato 15 a Sabato 8. Grazie per la sua attenzione sulla questione.

Distinti saluti,

M. McGrannitt

Alice si accigliò. Frank non le aveva detto niente su questo… lei aveva particolarmente sottolineato il vantaggio del cambio di data (essendo il suo compleanno), e lui non aveva detto una parola. Era strano, perché…

E poi Alice capì quello che lei, magari, avrebbe dovuto capire immediatamente.


Lily raggiunse Luke alla fine del corridoio, e lui non ne sembrò molto contento. "Ascolta, Lily," cominciò, prendendo la scala discendente, "Sono molto stanco… sto andando a letto. Dormirci sopra…"

"Davvero?" replicò Lily, seguendolo da vicino. "È divertente, perché l'ultima volta che ho controllato, la tua Sala Comune era di sopra." Luke non rispose, e lei domandò. "Luke, che ti sta succedendo?"

"Non ti riguarda più," sbottò il Corvonero, inusualmente duro.

"Luke…" Lui scese dalla scala sul corridoio del secondo piano e Lily continuò a seguirlo. "Come ti sei rotto il braccio? Dove sei stato tutto il giorno? I tuoi compagni di stanza non ti hanno visto, e ora sei…" Lei si fermò, ricordando l'articolo della Gazzetta del Profeta. "Ha a che fare con Logan?"

"No," disse il Corvonero con voce ferma.

Lily rimase in silenzio per qualche secondo, cercando di mettere in ordine i pezzi della sua testa. Qualcosa non andava, e lei sentiva di dover sapere cosa, se solo si fosse concentrata abbastanza a lungo per ricordare.

"Hai pensato alla mia offerta?"

Gli occhi di Lily si spalancarono e il suo cuore batté più velocemente al ricordo di quelle parole. Erano state dette da Logan Harper, quasi tre mesi esatti prima ad Hogsmeade, quando Lily era rimasta ed aveva ascoltato alla porta.

Hai pensato alla mia offerta?”

No, non ci ho pensato.”

Hai avuto mesi… una buona opportunità… avremo bisogno di un'altra bacchetta...”

"Luke," cominciò lei, afferrando il suo braccio per fermarlo. Come si rivelò poi, questo non era necessario, dato che Luke si fermò all'angolo e si appoggiò alla parete, apparentemente per dare un'occhiata di quello che c'era nel corridoio successivo senza essere visto. Lily era troppo distratta per farsi delle domande su questo. "Ha a che fare con Logan, non è vero?" chiese, ma Luke la zittì. "Logan voleva il tuo aiuto per qualcosa," continuò in un sospiro; "con un lavoro."

Luke espirò profondamente. "Non ho fatto niente di male," disse semplicemente, ma con fermezza e poi tornò a spiare dietro l'angolo.

"Luke…"

"Per favore, Lily," la pregò. "Fai silenzio per un secondo."

"Cosa stai guardando?" voleva sapere Lily e si sporse oltre la spalla di Luke per vedere quello che stava guardando. Tre maghi–adulti, non studenti–stavano poco più in là, apparentemente oziando e non facendo nulla di particolarmente interessante. Dalle loro vesti nere e dai distintivi di bronzo, Lily riconobbe immediatamente chi dovevano essere: Auror, quelli di cui Shelley e Carlotta avevano parlato a cena… quelli che erano assegnati alla sicurezza del castello. Lathe non era con loro, ma stavano fuori alla stanza che era stata il suo ufficio quando era rimasto al castello per l'indagine all'inizio dell'anno. I maghi non stavano dicendo niente e Lily non vide alcuna ragione per il suo silenzio. "Luke," mormorò veemente, "ti sei rotto il braccio aiutando Logan con un lavoro?"

Luke sospirò di nuovo. "Se l'avessi fatto, credi davvero che sarei andato in Infermeria a farmelo sistemare, Lily?"

Be', aveva una sua logica.

"Allora come te lo sei rotto?"

"Sono caduto."

"Smetti di mentire."

"Non sto mentendo."

Lily afferrò il braccio di Luke e lo fece voltare così che la guardasse. "So di non essere più la tua ragazza, ma mi devi una spiegazione. Dimmi la verità–Logan era ad Hogsmeade durante la veglia di Black? Ha parlato con te?"

Per un momento, l'espressione prudente che Luke aveva mantenuto in maniera sconvolgente per tutta la conversazione parve scomparire. Allontanò gli occhi distrattamente, e Lily sapeva la risposta prima che lui rispose. Luke annuì piano.

"Ho anche ragione su tutto il resto, non è vero?" chiese a bassa voce.

"No," disse Luke piano. "Logan mi ha chiesto di essere una bacchetta in più sul lavoro, ma non l'ho fatto."

"Allora come ti sei rotto il braccio?"

"Casey… Saroyan…" interruppe una voce dal corridoio successivo e Lily e Logan guardarono dietro l'angolo per vedere nessun altro se non Lathe emergere dall'ufficio. Stava parlando con due dei quattro Auror lì. "Cosa hai sentito?"

"Il cancello è sicuro," disse uno dei maghi. "Benton e Towler hanno lasciato la sicurezza della stazione e stanno tornando al villaggio. Ma Shacklebolt è già lì." Lily sussultò al nome familiare–doveva essere il fratello Auror di Donna.

"Da solo?"

"Sta solo controllando il perimetro."

"Gli incantesimi anti-materializzazione sono in posizione e gli edifici vicini sono stati evacuati," aggiunse un altro dei maghi.

"Abbiamo la conferma che Harper sia dentro?" chiese Lathe. Lily sentì Luke inalare bruscamente.

"Con altri due, sì."

Lathe annuì. "Vieni. Andiamo ora."

I quattro maghi scomparvero ancora una volta nell'ufficio e Luke non perse tempo a voltarsi e a dirigersi nella direzione da cui lui e Lily erano appena venuti. Lily lo seguì, ma il Corvonero corse avanti.

"Luke, fermati…" Luke si fermò quando giunse alla scalinata, e Lily era ancora di poco dietro. "Sei stai andando dietro a tuo fratello…"

"Non posso parlare, Lily. Devo… devo andare." Poi, Luke si affrettò sopra e nel tempo che Lily impiegò a raggiungere le scale, lui aveva già raggiunto il pianerottolo di sopra e stava scomparendo nel corridoio. Lei lo seguì, facendo due scalini alla volta e arrivando al quarto piano un minuto dopo. Ad ogni modo, Luke non si vedeva da nessuna parte. Lei lo chiamò e non ottenne risposta.

"Luke?" chiese di nuovo all'aria sottile. Ma non c'era molto in quell'ala del quarto piano e Luke era scomparso.

Lily si fermò per un momento cercando di mettere insieme i suoi pensieri. Dove stava andando Luke? Di certo non sarebbe stato in grado di uscire dal castello quella sera. Specialmente con gli Auror di pattuglia… come aveva fatto a sapere dove erano prima? Come si era rotto il braccio? Logan era coinvolto nell'attacco menzionato nel giornale? E Luke?

E a scapito di queste domande irrisolte, Lily aveva la strana sensazione di sapere la risposta di una domanda pressante… pensava di sapere esattamente dove Luke era diretto ora. Ma come? Come poteva fermarlo?

A quella domanda, Lily aveva una risposta.

James.


Sigaretta accesa, Sirius proseguì fino al corridoio del secondo piano nell'ala est del castello. Camminava lentamente per ammazzare il tempo—mancavano ancora circa quarantacinque minuti fino al tramonto (quando il coprifuoco rendeva sicuro il trasferimento di Remus al Platano Picchiatore) e nel frattempo, Sirius desiderava qualcosa per occupare la mente. Era grato per la distrazione della luna piena, ma avrebbe voluto che fosse già arrivata.

La maggior parte degli studenti erano già su alle Sale Comuni a quell'ora, e i corridoi erano tranquilli. Gli piaceva camminare per i corridoi in questo modo. Era sempre stato molto più comodo andare in giro per gli androni senza nascondersi sotto il Mantello dell'Invisibilità (che era piegato nella tasca della sua veste per dopo).

Gli altri non capivano—pensò il ragazzo, fermandosi e appoggiandosi contro una delle pareti del corridoio. Fece un lungo tiro dalla sigaretta ed esalò. James, Remus, Pete— nessuno di loro capiva che non poteva semplicemente starsene buono e giocare a carte. Non voleva essere lasciato solo. Anche adesso, quando aveva deciso di starsene per conto suo, Sirius odiava quel silenzio assordante. Detestava la rara opportunità che esso presentava: la possibilità di sentirsi pensare.

Dei passi risuonarono dal corridoio successivo, e Sirius spense la sigaretta su un'armatura. Tirò fuori il Mantello dell'Invisibilità e se lo gettò addosso, dato che l'unica cosa peggiore della solitudine era la compagnia indesiderata.

Il nuovo arrivato apparve un attimo dopo, probabilmente di ritorno dalla biblioteca, a giudicare dalla traiettoria della sua direzione e dal grande tomo che portava sotto il braccio. Sirius sentì il sangue cominciare a ribollire. La sua mano volò subito alla tasca della sua veste e ne tirò fuori la sua bacchetta. Passò un momento prima che Sirius si ricordasse che l'altro mago non poteva vederlo e lo aveva perciò sorpassato, come se fosse stato da solo nel corridoio.

Sirius non aveva alcun piano o progetto a parte una punizione, e così, quando il mago si trovò ad una certa distanza da lui, il Malandrino si tolse il mantello. Agitò una volta la bacchetta, e la stoffa si ripiegò ordinatamente nella tasca della sua veste. E poi, con Regulus nella sua mente, Sirius chiamò il mago.

"Piton."


Lily irruppe nella Sala Comune trovandola affollata e rumorosa, occupata con le consuete attività che impegnavano i Grifondoro il mercoledì sera. Scrutò la stanza, individuando quasi subito il suo obiettivo in un posto vicino al fuoco.

"James," iniziò, correndo verso di lui. Il Malandrino era nel mezzo di una partita a carte con Peter Minus e alzò sorpreso lo sguardo su di lei. "Uhm... potrei prenderti in prestito per un attimo?"

"Ehm— va bene ..." Il Malandrino si alzò in piedi, dicendo: "Torno subito, Pete," prima di seguire Lily, che stava già correndo su per la scala del dormitorio. Prese quella che andava alle camere dei ragazzi, fermandosi quando raggiunse il dormitorio del sesto anno, facendosi strada al suo interno. "Che succede, Snaps?" chiese curiosamente James, sedendosi sulla scrivania, mentre Lily controllava che non ci fosse nessuno in giro. "Sono tutti via", aggiunse. "Cosa posso fare per te?"

Lily sospirò pesantemente. "Odio chiedere," disse. "Perché non ne ho davvero nessun diritto. Ma ho bisogno di prendere in prestito la tua mappa."

"La mia mappa?" James inarcò le sopracciglia. "Perché?"

"Io-non te lo posso dire esattamente." Si morse il labbro con ansia.

James sbuffò. "Hai davvero pensato che avrebbe funzionato?"

"Ci ho sperato un po'," Lily sospirò. "Senti, ho bisogno di trovare Luke. È-è scomparso al quarto piano. Non so dove sia andato, ma credo che sia in qualche guaio."

James scrutò Lily con attenzione, le braccia incrociate sul petto, poi, il Malandrino si alzò e si diresse verso il suo baule. Lo aprì e tirò fuori una pergamena ripiegata che Lily riconobbe come la Mappa del Malandrino. Eppure, James non gliela consegnò subito.

"Il quarto piano, dici?" chiese, e Lily annuì. James estrasse la bacchetta, batté la pergamena, e mormorò le parole d'ordine. Poi, dispiegò la mappa in un certo modo, presumibilmente per rivelare la parte corretta del castello, esaminandola con attenzione. "Sì, lo vedo."

"Davvero?" chiese Lily, sorpresa. "Dove?" James le porse la mappa per farle vedere. Il punto etichettato Luke Harper si muoveva rapidamente lungo una stretta scala che Lily non riconobbe. "Dov'è?" volle sapere.

"Corridoio segreto," rispose distrattamente James, e a causa dello sguardo scioccato di Lily, aggiunse:"È quello che mi aspettavo, quando hai detto che era scomparso al quarto piano. Quel passaggio va a Hogsmeade. Non è molto efficiente, aggiungerei. Ci sono percorsi migliori, ma credo che Harper non li conosca. Quello lì inizia al quarto piano, dietro la statua del troll di pietra, ma ci vuole un'eternità per arrivare fino al villaggio, e la Gazza lo conosce, quindi lui e Mrs. Norris ci danno sempre un'occhiata. È piuttosto semplice da trovare, però. Non mi sorprende che Harper lo conosca".

Ma Lily lo stava a malapena ascoltando. "Grazie mille, James. Devo andare..." Si avviò verso la porta.

"Aspetta. Aspetta un secondo." James si spostò di fronte a lei per bloccarle il passaggio. "Dove stai andando?"

"Devo raggiungere Luke", disse Lily. "Spostati per favore."

"No. No, non puoi andare stasera."

"Di che cosa stai parlando? Devo andare— Luke è... sta per commettere un grosso errore, e non posso lasciarglielo fare. James, spostati!"

"Non puoi andare," ripeté James, e sembrava veramente in preda al panico. "Sul serio, Snaps, non è sicuro."

"Esattamente," concordò Lily, anche se non aveva idea di cosa intendesse James per pericolo. "Devo arrivare da lui prima che arrivi a Hogsmeade"

"Non farai in tempo... non farai in tempo ad arrivare lì prima di lui."

"Be', devo almeno provarci." Lily cercò di eludere il Malandrino, ma si spostò ostacolandole ulteriormente il passaggio.

"Che cosa ci sta andando a fare Luke a Hogsmeade poi?" chiese, e quando lei non rispose, James aggiunse: "Ti ho permesso di utilizzare la mappa un momento fa, ricordi..."

Lily sospirò. "È... cioè ..." Naturalmente, non sapeva nulla di certo, ma aveva un'ipotesi plausibile. Era quasi certa che Luke stesse andando al villaggio per aiutare il fratello contro gli Auror, e se aveva indovinato, Lily non poteva dirlo a James. Aveva già sostenuto che era troppo pericoloso, e non sapeva nemmeno di Logan Harper. Quindi, non aveva scelta: doveva mentire. "Abbiamo litigato", disse vagamente. "Si è arrabbiato, e lui sta... sta scendendo a Hogsmeade per... passare la notte nella vecchia bottega di famiglia."

"Lasciaglielo fare allora," insistette James. "Domani si sarà calmato e tornerà indietro. E pensavo che vi foste lasciati."

"Ma— è più complicato di così," sostenne Lily, pensando rapidamente. "Gli... gli Auror sono tornati al castello e al villaggio per i pattugliamenti. Se prendono Luke, potrebbe essere espulso. James, per favore, devo andare adesso."

James la guardò con molta attenzione per un attimo. Poi, sospirando, cominciò a spostarsi dal passaggio. Lily fece per afferrare la maniglia della porta, ma James le prese la mano.

"Aspetta. Se vai— assicurati di tornare prima che il sole cali del tutto."

Lily guardò l'orologio. "Il tramonto sarà entro... quanto? Quarantacinque minuti? Dovrei scendere fino al villaggio, trovare Luke, convincerlo a tornare con me, e poi fare tutta la strada verso il castello in quarantacinque minuti? "

Il Malandrino aggrottò la fronte pensieroso e poi tirò di nuovo fuori la mappa. Sollevò una piega nella carta per rivelare un'altra porzione del castello. "Va bene, guarda qui", disse bruscamente. "È il quinto piano. Vedi questo, qui? È la statua di Gregorio il Viscido. C'è un passaggio per Hogsmeade che ti permetterà di arrivare in metà tempo rispetto a quello di Harper."

"Come?"

"Be'... una parte è scivolosa— è un po' buio, ma ti porterà a destinazione. Il passaggio conduce sotto una panchina nel giardino sul retro della farmacia, il che significa che dovrai saltare una recinzione, va bene? Ora, il percorso di Harper conduce sulla zona rocciosa in fondo alla strada principale... c'è una piccola grotta, alcuni alberi— sai di che punto sto parlando?" Lily annuì. "Se vai ora e ti sbrighi, dovresti essere in grado di arrivare lì prima di Harper. Per spostare la statua di Ser Gregory al quinto piano, bisogna toccare una volta la testa e dire 'Patefacio.' Stessa cosa dall'altra parte, per uscire dal passaggio a Hogsmeade. Capito? La ragazza annuì di nuovo. James si passò una mano tra i capelli e la guardò come si se stesse già pentendo della sua decisione.

"Grazie mille", premette Lily. Fece ancora una volta per raggiungere la porta, ma James la fermò di nuovo.

"Prendi Harper e torna nel corridoio il più rapidamente possibile", l'ammonì severamente. "Sono serio, Evans. Assicurati di essere tornata nel passaggio prima del tramonto. Va bene?"

"Va bene."

"Promesso?"

“Sì, promesso. Ma di che cosa hai paura?"

James non rispose. Invece, le porse Mappa del Malandrino. "Prendi questa. Ne avrai bisogno."

"Sei sicuro?"

"Affermativo".

Lily nascose la mappa in tasca. "Grazie, James."

Lui si limitò ad annuire e si allontanò dalla porta. "Dovresti affrettarsi. Ricorda: prima che il sole tramonti."


"Adam?" chiamò Marlene dall'altra metà del campo di Quidditch. Lui era seduto circa a metà campo, con le gambe incrociate mentre intrecciava un filo d'erba tra le dita. Alzò gli occhi al suono del suo nome.

"Marlene?" Adam si raddrizzò un po', e lei si diresse verso di lui.

"Reg Cattermole ha detto che ti avrei trovato qui", spiegò la bionda, sedendosi accanto al suo compagno. "Che ci fai qui fuori? Dovevamo lavorare su..."

"Trasfigurazione! Diavolo, mi dispiace, Mar, mi sono completamente dimenticato. Oh— come sta Mary?"

"Sta bene," rispose sbrigativa Marlene. "Ha preso un sonnifero; probabilmente perderà la colazione di domani." Il suo sorriso ironico fu rapidamente sostituito dalla preoccupazione: "Va tutto bene? Non è esattamente normale, stare seduti da soli in mezzo al campo di Quidditch, non trovi? E, tra parentesi, credo che stia per iniziare il coprifuoco".

Adam esitò. "Stavo solo... pensando ad una cosa."


Per un secondo, Piton sembrò semplicemente sorpreso. Che Sirius avesse innanzitutto pronunciato il suo nome—piuttosto che usare l'ignoranza del Serpeverde della sua posizione a suo vantaggio—aveva poco senso tattico. Sirius, tuttavia, non stava badando a tatticismi. Stava pensando a tutte le cose che voleva dire all'idiota che aveva visto a Hogsmeade con suo fratello...

Quasi immediatamente, l'espressione di Piton diventò di nuovo neutrale, e sogghignò al Grifondoro. "Tutto solo, Black? Hai litigato con i tuoi amici idioti?"

E più avanti, Sirius non avrebbe mai saputo quale forza ispirò il pensiero dentro di lui. Non seppe subito quale vantaggio gli avrebbe dato; non seppe nemmeno perché lo disse in primo luogo, ma lo fece. "E anche se fosse?" ribatté Padfoot. "Non sono affari tuoi."

Piton sorrise, la mano sulla tasca (sulla bacchetta). Si avvicinò a Sirius. "Saranno in grado di fare a meno di te, mentre sgattaiolano in giro come fate sempre? Riuscirà..." (e qui, il suo sorriso si fece maniacale) "Lupin a fare a meno di te?"

Sirius bruciava di rabbia, ma mantenne la sua espressione neutrale. Piton pensava solo di avere il coltello dalla parte del manico. Non aveva idea... nessuna idea...

"Non mi interessa", disse il Malandrino con calma.

"No?"

"No."

"O forse," continuò Piton, "non andranno fuori, dal momento che gli Auror si aggirano per il castello."

Era geniale. Giusto. Perfetto. Il piano si formò tra le nuvole nella mente di Sirius, e sentì di cominciare a ghignare.

"Usciranno," disse. Avrebbe dato a Piton esattamente quello che aveva sempre voluto. “E potrai farlo anche tu, se vuoi."

"Di che cosa stai parlando?"

"Oh, andiamo, Mocciosus. Non sei curioso?"

Piton lo guardò dubbioso. "Perché dovrei crederti?"

Sirius scrollò le spalle. "Nessuno ti costringe. Ma voglio farla pagare a Potter..." Geniale, giusto, perfetto. "...E sappiamo tutti che cosa hai voluto fin dal primo giorno."

"Che è cosa?" chiese Piton, ma l'anticipazione della sua voce era poco mascherata.

Sirius fece un passo avanti. "Sapere dove andiamo e come arrivarci."


Esausto da una lunga serata di lavoro, Frank Paciock arrancò su per le scale verso il dormitorio del Caposcuola. Aprì la porta e fu sorpreso di vedere la luce già accesa, fino a quando notò Alice seduta sulla sedia alla scrivania.

"Ehi," disse lui. "Come è stato il tuo incontro di Pozioni?" Poi, notò la sua espressione e cominciò a chiedere: "C'è qualcosa che non...?" Ma Alice lo interruppe.

"Aspetta, Frank, aspetta un attimo. Ti prego." Si alzò in piedi.

"Va bene..." Frank posò la borsa dei libri e le si avvicinò.

"Ho tre cose da dire," continuò Alice incerta, senza incontrare il suo sguardo. "Prima di tutto: mi dispiace."


Il sole era basso nel cielo—colorando il campo con una luce arancione e rosa. Marlene, con i suoi capelli biondi e la pelle pallida, sembrava fatta di una dozzina di sfumature di oro. Anche i suoi occhi riflettevano il sole ardente della sera.

"Be', che cosa stavi pensando?" chiese lei.

"Dovresti dire a Marlene cosa provi," il consiglio di Donna echeggiò nella testa di Adam. Non riusciva a pensare lucidamente—non riusciva mai a pensare lucidamente con Marlene. Lei lo guardava con i suoi occhi azzurri o rideva con quella facile e fanciullesca risata o l'abbagliava con il suo largo sorriso da maschiaccio, e la sua mente andava in confusione con un milione di sensazioni inespresse.

Rimase in silenzio, e Marlene alzò le sopracciglia. "Ehm... Adam?"


"...Prima di tutto," disse Alice, "Mi dispiace."

"Mi dispiace per co...?"

"Per favore, Frank, lasciami finire," lo interruppe di nuovo. Frank annuì, ma sembrava nervoso adesso. "Mi dispiace per come mi sono comportata in Hogsmeade l'altro giorno... quando hai detto che mi amavi. Sono andata nel panico. Non sapevo perché in quel momento—ho pensato che fosse perché le cose stavano improvvisamente tornando di nuovo serie, e non riuscivo a sopportarlo. Ma la verità è che le cose erano già serie... le cose diventeranno sempre serie tra di noi. È come siamo e basta. È il modo in cui siamo fatti, e non importa quanto abbia voluto negarlo, il nostro... rapporto non sarà mai casuale o insignificante o... facile. Mi dispiace di essermi comportata come se fosse stato possibile. Mi dispiace di averti mandato questi segnali contrastanti, e mi dispiace per come mi sono comportata a Hogsmeade. È stato... imperdonabile. "

"Alice, non hai niente di cui scusarti."

"No, Frank, ce l'ho. Ce l'ho davvero." Non le stava rendendo le cose facili. "Questa è la prima cosa. La seconda cosa è... è su Jeffrey Skively e... me. Ha provato a baciarmi oggi".


"Uhm... Adam?"

"Che cosa? Oh. Niente. Stavo solo, ehm... pensando a qualcosa che ho sentito prima."

Marlene lo guardò sospettoso. "Che cosa?"

"Oh... non è importante." Non poteva dirglielo.

"Adam..." blandì la strega seccamente. "Per l'amor di Agrippa, sono io. Andiamo. Puoi dirmi tutto. Lo sai."


"Alice ..."

"Per favore, lasciami tirare tutto fuori", lo pregò lei. "È già abbastanza difficile così com'è. Skively mi ha quasi baciato questo pomeriggio mentre stavamo lavorando a Pozioni, e ho quasi lasciato che accadesse. Lui non mi piace. Non volevo nemmeno che mi baciasse, ma avevo... paura, immagino, perché avevi detto che mi amavi. Ho pensato—ho pensato che se Skively mi avesse baciata, avrei avuto una via di fuga. Ma non è tutto. Ho pensato a Carlotta, e a come mi ha distrutto quando l'hai baciata. Non è che stessi cercando di pareggiare i conti o altro, ma sto solo realizzando per la prima volta quello che tu stavi attraversando la scorsa estate. Siamo stati insieme dal terzo anno, e siamo—siamo solo ragazzi, ed è... è naturale avere dei dubbi. "

"Non avevo dubbi, Alice. Sono solo stato uno stupido."

"No, hai avuto dei dubbi. A volte, è impossibile non avere dubbi. Merlino, sono stata piena zeppa di dubbi nell'ultimo mese. Ciò non significa che tu non mi amassi... Eri solo spaventato, come sono stata spaventata io oggi. E va bene essere spaventati; è così che si evita di fare grossi errori—di fare qualcosa di cui ci si pentirà più tardi. E questo mi porta all'ultima cosa che ho da dire... ".


"Andiamo", disse Marlene. "Puoi dirmi qualsiasi cosa. Lo sai."

Adam si chiese vagamente se faceva sul serio, o se lo avesse detto ugualmente se avesse avuto idea di cosa voleva dirle lui. O forse lei lo sapeva... forse si stava prendendo in giro pensando che Marlene non avesse colto ciò che era apparentemente così evidente che persino Donna Shacklebolt lo aveva capito senza insicurezze.

"Adam?", chiese di nuovo lei.


Geniale. Giusto. Perfetto.

"Tu me lo diresti?" Disse Piton diffidente. "Così su due piedi? Dopo tutto questo tempo, cederesti semplicemente il segreto? Qualsiasi cosa abbiano fatto, quei tuoi amici, devono averti fatto arrabbiare."

"È vero," mentì facilmente Sirius.

Geniale. Giusto. Perfetto.


"Ally, no..."

"Frank, per favore, ho quasi finito," sussurrò Alice. Estrasse dalla tasca il pezzo di pergamena che aveva letto sulla sua scrivania prima. "Ho trovato questo. La nota della McGranitt—di come hai spostato la data di Hogsmeade. Lo—lo hai fatto per me, non è vero?" Prese il suo silenzio come una conferma. "È così dolce, Frank. È così terribilmente carino da parte tua. Non cerchi di impressionarmi; provi solo a rendermi felice, e io davvero non lo merito... Sono stata pessima. Andando nel panico a Hogsmeade, quasi baciando Skively—sono stata... terrorizzata, mentre tu non hai fatto altro che dimostrare che posso fidarmi di te. E... questo è ciò che rende tutto così difficile ora... "


Marlene attese, guardandolo intensamente.

Il sangue gli martellava nelle orecchie. Non poteva. Avrebbe rovinato tutto.

Ma Adam sapeva che erano tutte cavolate, perché tutto era già rovinato. Era sempre stato rovinato, e, per l'amor di Merlino, non poteva non farlo. Si era morso la lingua per troppo tempo, e si stava finalmente ribellando al suo cervello, facendo esattamente come voleva.

Così, senza pensarci, lo disse.


"E... questo è ciò che rende tutto così difficile ora."

"Non dirlo," scoppiò Frank. "Non farlo, Alice, ti prego. Avrei dovuto dirti del cambiamento a Hogsmeade, lo so, ma ho pensato che avresti potuto pensare che stavo... be', non so quello che stavo pensato. È stato stupido, lo so. E a Mielandia—quello è stato... puoi dimenticartene completamente se vuoi, ma per favore, non ... "

Si chiese perché, tutto ad un tratto, stava sorridendo. Con le lacrime agli occhi, ma con calore. "Non hai capito, Frank," lo interruppe lei. "L'ultima cosa che devo dire è che... ti amo."


Così, senza pensarci, lo disse. "Marlene, io ti amo."


"Ti amo, Frank. Non posso farci niente. È una parte di me e basta. Ti ho sempre amato, e sono assolutamente sicura che lo farò sempre..."


"Adam, aspetta ..."

"No, non posso", disse lui molto in fretta. "Tu non capisci—Ho aspettato da sempre. Non posso più aspettare. Ti amo. E intendo che sono innamorato di te. Sono stato innamorato di te dal quarto anno, e... ed io so che siamo amici, ma, Marlene, è... impossibile per me continuare a comportarmi come se fosse solo quello che voglio. Non ci riesco più... io voglio stare con te.


"... Quindi, se riuscissi a perdonarmi per essere stata così dannatamente dura di comprendonio, mi piacerebbe davvero stare di nuovo con te, Frank. Nessun 'più o meno.' Nessun 'forse'. Solo... insieme... "


Era un po' come sedersi a una cena familiare. Era come essere terribilmente affamato e sedersi a tavola, dove il cibo era preparato lì, davanti a lui: un pasto che aveva mangiato cinquecento volte. E mentre si serviva il cibo nel piatto, riusciva già ad assaporarlo. Il primo boccone era nella sua bocca prima ancora di aver preso la forchetta.

Sapeva—in qualche livello subconscio—cosa sarebbe successo, eppure non riusciva a respirare per l'anticipazione.

Marlene era silenziosa. Lo stava solo fissando, e Adam non riusciva a leggere la sua espressione, ma era chiaramente stordita. Aveva immaginato quella scena nella sua testa mille volte, ma ora che stava accadendo, la realtà era terrificante. Era molto più imbarazzante nella vita reale. Il petto di Adamo si strinse, e chiese a bassa voce: "Marlene, ti prego di' qualcosa."


Frank non disse nulla per alcuni secondi. Alice alzò le sopracciglia. "Frank?" suggerì incerta.


Incapace di respirare per l'anticipazione, Lily estrasse la sua bacchetta. Guardò la mappa ancora una volta, solo per essere sicura di essere effettivamente da sola sul corridoio. Lo era.

Fissò lo sguardo sulla statua di Ser Gregory e batté una volta sulla sua testa con la bacchetta. "Patefacio”, mormorò, proprio come aveva spiegato James. Passò un momento e non successe niente. Poi, la statua cominciò a tremare, prima di scivolare lentamente verso destra. Quando smise di muoversi, da dietro la sua precedente posizione si stendeva una galleria scura come la pece.

Espirando pesantemente, Lily strinse la bacchetta e la mappa un po' più strette, ed entrò nel passaggio.


"Mi dispiace," iniziò lentamente Frank. "Io..." Poi sembrò cambiare idea, come se ora non fosse davvero il momento per le spiegazioni. Invece, camminò spedito verso di lei, la tirò a sé e la baciò.


"C'è un nodo," disse Sirius. La sua voce era vuota e fredda ora. Geniale. Giusto. Perfetto. "Alla base dell'albero, c'è un'apertura tra le radici, e c'è un grande nodo nel tronco... impossibile da non vedere."

Gli occhi neri di Piton bruciarono di meraviglia.

"Tocca il nodo sulla radice, e l'albero si bloccherà. Ecco come si riesce a passare. Ecco come si vede cosa c'è dentro."


Il petto di Adam si strinse, e chiese a bassa voce: "Marlene, ti prego di' qualcosa."

Lei esitò. “Mi—Mi dispiace, Io...”



 


 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Life is but a dream ***


*Capolino*
Buonasera a tutti, qui è rossanasmith che vi parla. Eccoci con un nuovo capitolo (stiamo entrando nel vivo, ragazzi! ), e la bella notizia: abbiamo un nuovo membro nello staff dei traduttori, Angela, che subito si è messa all’opera aiutandoci con questo capitolo. Ma poche chiacchiere, vi lascio alla lettura!

 

In precedenza: Sirius sogna spesso di annegare. L'ex di Lily, Luke Harper, ha un fratello Mangiamorte, Logan, che si nasconde nel negozio abbandonato degli Harper, dopo aver effettuato un lavoro; Lily e Luke sentono l'Auror Lathe discutere un viaggio giù al villaggio, e Luke si precipita lì. Lily convince James a darle la Mappa del Malandrino per seguirlo, ma non dà tutti i dettagli e promette di tornare al passaggio segreto prima del tramonto. È una luna piena, e Sirius rivela a Piton come entrare nel Platano Picchiatore perché vuole farla pagare a Piton, che ha "corrotto" il suo fratello minore, Regulus.

Capitolo 21- "...Life is But a Dream1"

O

"Brain Damage"

 

"Merda"

Lily mise le braccia in fuori per tenersi di nuovo in equilibrio mentre quasi cadeva sul freddo, umido pavimento. James non aveva accennato al fatto che il tunnel fosse praticamente attraversato da buche, e anche con la sua bacchetta illuminata, Lily si ritrovò ad inciampare un bel po' di volte. Di nuovo stabile, fece un altro incerto passo avanti e poi un altro e un altro ancora finché non si sentì abbastanza sicura da riprendere il suo ritmo veloce attraverso lo stretto e nero corridoio.

 

(Presto)


"Sarà meglio che vada," le consigliò debolmente Remus, seduto sulle assi di legno scheggiato del pavimento della sala comune della Stamberga Strillante. I mobili -messi lì solo per bellezza (o arredo), sei anni prima- erano tutti in pezzi e il pavimento era rimasto l'unico posto per sedere. "Il sole calerà tra qualche minuto, e poi non mancherà molto alla... Alla mia trasformazione"

Madama Chips guardò comprensiva il pallido giovane di fronte a lei. "Metto solo questi nell'armadietto," disse lei, indicando i vestiti ordinatamente piegati che aveva portato dall'Infermeria. Remus annuì grato e poggiò la testa contro il muro, mentre Madama Chips metteva i capi piegati ordinatamente nell'armadietto, che poi procedette a sigillare con la magia. "E- la tua bacchetta?" s'informò lei esitante.

"Sotto alcuni mattoni allentati sul focolare," rispose Remus. "È più facile da trovare se ho un posto sicuro dove metterla ogni volta"

"Vuoi che...?"

"Oh. Grazie, sì."

Remus diede alla strega la sua bacchetta e lei la mise nel posto indicatole. "La luna- tramonta... alle cinque, è corretto? Dovrei venire per quell'ora?"

"Dovrebbe aspettare fino alle sei... Sei e mezza," replicò l'altro. "Tanto per essere sicuri. Ed io- ehm- potrei non essere sveglio."

"Certo." Madama Chips si fermò accanto alla porta, come se fosse incerta se dire "Buonanotte" o qualcos'altro, ma ci ripensò e se ne andò velocemente. Remus respirò pesantemente, ignorando il mal di testa che infuriava e la sensazione di nausea che sentiva nello stomaco meglio che poteva. Non indossava mai un orologio durante le notti di luna piena (dopotutto, lo avrebbe semplicemente distrutto), ma sapeva che non mancava molto ormai. Doveva solo aspettare.

 

(Passaggio)

Lily attraversò il corridoio per poco più di venti minuti prima di arrivare ad un'uscita inaspettata. Aveva raggiunto un muro di pietra nera, e, in un primo momento, pensò di essere andata a sbattere contro un vicolo cieco. Tuttavia, un'ispezione dell'ambiente circostante mise in mostra una traballante scala di legno all'angolo del muro, e con l'aiuto di un potente lumos, Lily vide che la scala si saliva parecchio in alto verso un altro ballatoio. La ragazza pensò per un momento, e poi si mise la sua bacchetta tra i denti, cominciando a salire lungo la scala, che, oltre a scricchiolare in maniera inquietante, era piuttosto scivolosa.

E tuttavia, Lily raggiunse in modo sicuro il piano superiore, dove —alla luce della bacchetta— riuscì a distinguere solo quella che sembrava essere una botola nel soffitto non troppo distante. Non c'era nessuna scaletta qui, ma le pietre nel muro erano abbastanza irregolari da essere scalate facilmente. Ancora una volta con la bacchetta tra i denti, Lily afferrò un mattone sporgente e fece scivolare un piede tra altri due. Testò il suo peso, realizzò che il muro sarebbe riuscito a sostenerla e cominciò la breve salita verso l'alto.

Quando la sua testa fu a pochi centimetri dalla botola, Lily afferrò saldamente una pietra con una mano e, con l'altra, prese la sua bacchetta, toccando la porta di legno una volta e sussurrando "Patefacio." La porta non si aprì come si era aspettata, ma piuttosto sparì del tutto. Lily sentì il tocco dell'aria fredda, e riuscì a vedere uno spicchio di cielo brunito.

Non fu senza difficoltà che la strega riuscì a tirarsi su e fuori sul prato mal tenuto, che —se le informazioni di James erano corrette, e non aveva alcun motivo di dubitarne— era quello del giardino dietro la farmacia. I suoi calzini erano zuppi, e —nell'illuminazione migliore— si era accorta di essersi sporcata parecchio nel tunnel, ma Lily non aveva tempo di preoccuparsi di questo. La ragazza mosse le gambe lontano dal buco dal quale si era arrampicata, e quasi nello stesso momento, la terra che circondava l'apertura si chiuse ancora una volta, sigillando l'apertura in modo naturale.

Lily si guardò intorno cercando qualcosa con cui evidenziare quel punto, e selezionò una pietra bianca vicino al recinto che sembrava adatta allo scopo. Quando l'entrata del tunnel venne segnalata, la ragazza si prese un momento per orientarsi. C'erano voci provenienti dall'interno del negozio, e dal momento che riteneva che il farmacista sarebbe stato poco ospitale nei confronti di un'estranea sbucata fuori dal suo cortile, la strega si mosse dietro un cespuglio di grandi dimensioni prima di raggiungere la recinzione. Non era alta, e la saltò con poca fatica. A quel punto si ritrovò su una stradina polverosa (fortunatamente deserta) che correva parallela alla strada principale. Da lì, sarebbe riuscita a determinare che direzione prendere.

Stringendo la bacchetta, Lily corse a ovest verso l'area che James aveva accennato. Il sole continuava ad affondare nel cielo, e non aveva molto tempo.

Mentre di spostava, Lily si accorse di una commozione udibile in lontananza che si faceva sempre più rumorosa mentre procedeva lungo la strada. Le case e negozi impedivano la vista della strada principale, ma dalle grida, Lily riuscì ad indovinarne la causa, che la fece solo muovere con più urgenza.

Presto, la strada diventò un sentiero, e poi il percorso si congiunse con un altro, che si restringeva mentre il terreno diventava più verde e scosceso. In breve tempo Lily si ritrovò ad arrampicarsi attraverso gli arbusti e sulle rocce, fino a quando raggiunse il luogo di cui pensava James stesse parlando. C'era una piccola grotta, poco profonda, abbastanza bassa da far abbassare Lily per entrare. Anche nella penombra, il retro della grotta era abbastanza visibile dall'apertura. La strega si accigliò, facendo scorrere una mano lungo la parete della grotta di pietra grezza.

James non aveva menzionato una parola d'ordine per questo ingresso... e se Luke fosse già arrivato? Ma il ragazzo aveva detto che il passaggio che aveva preso lei l'avrebbe fatta arrivare molto tempo prima... avrebbe dovuto aspettare lì...?

Lily puntò la bacchetta contro la parete della grotta, colpendola una volta e sussurrando — come prima, "Patefacio". Non successe nulla. Imprecò sottovoce e fece un passo indietro, prima di farsi nuovamente avanti e ripetere il gesto, questa volta con la formula dell'incantesimo di divisione elementare: "Dissendium".

L'effetto fu immediato: non diversamente dall'ingresso di Diagon Alley a Londra, le pietre del muro della grotta cominciarono a riaggiustarsi, rotolando e scorrendo di lato per rivelare un tunnel lungo e buio. Lily fece un incerto passo avanti. "Luke?" domandò nell'oscurità, ma andò incontro solo a silenzio. Un po' più forte: "Luke"?

Di nuovo, nessuna risposta. Lily cominciò a riflettere, tirando fuori la Mappa del Malandrino dalla tasca, anche se sapeva che Luke era scomparso dalla pergamena qualche tempo prima. Forse James le aveva dato l'ingresso sbagliato del passaggio... era quasi impossibile capirlo dalla mappa...

"Luke!" gridò lei di nuovo, entrando nel corridoio. Ancora una volta non ricevette alcuna risposta e fu sul punto di scegliere tra andare a casa degli Harper ed esplorare il tunnel, quando una voce lontana le rispose.

"Chi va là?"

Riconoscendo la voce del suo ex, Lily tirò un sospiro di sollievo, ma non rispose subito alla domanda. Ascoltò invece con attenzione e —dopo pochi secondi di silenzio— riuscì a distinguere il suono di piedi in veloce movimento.

"Chi va là?" gridò nuovamente Luke, e stavolta sembrava più vicino. Di nuovo, Lily non rispose. I passi cessarono per alcuni secondi prima di ricominciare, suonando sempre più forti mentre Luke evidentemente si avvicinava.

Quando divennero abbastanza distinti, Lily azzardò una risposta: "Luke, sono io! Lily!"

Il ragazzo sarebbe venuto fuori per raggiungerla o avrebbe fatto dietrofront per scappare via... entrambe le opzioni erano accettabili, anche se Lily sperava parecchio che scegliesse la prima. Ancora una volta, lo scalpiccio dei piedi di Luke si fermò brevemente prima di riprendere, questa volta ad un ritmo molto più veloce. Fece capolino dalla bocca del tunnel un minuto più tardi, serio e senza fiato.

"Lily? Che cosa ci fai qui? Come hai fatto a...?"

Lily nascose la mappa in tasca prima il Corvonero potesse prenderne nota e si affrettò verso di lui. "Non importa, Luke. So quello che stai facendo qui, e non posso lasciartelo fare."

"Non ho tempo per queste cose," insisté Luke, cercando di sorpassarla. Lily si spostò rapidamente per ostacolargli il passaggio, e lui si accorse che aveva la bacchetta in mano. “Hai intenzione di colpirmi?"

"In questo momento, non ho intenzione di affatturarti," rispose tremante Lily. "Per favore, Luke," continuò. "Gli Auror sono giù al negozio —faranno meglio a prendere tuo fratello oppure... Cosa hai intenzione di fare poi? Combattere contro di loro? Finirai solo per farti ammazzare, o arrestare o... "

Luke sembrava desolato. "Sei sicura? Sugli Auror? Sono arrivato troppo tardi?"

"Troppo—troppo tardi per cosa?"

"Volevo solo avvertirli," mormorò Luke. Si sedette su una pietra vicino l'ingresso della grotta. Lily —cosciente di aver promesso a James che sarebbe stata nel tunnel prima di sera, ma incapace di fare niente sull'inevitabile scorrere del tempo—sedette con lui. "Dovevo provarci." I gomiti appoggiati sulle sue ginocchia, Luke poggiò la fronte tra le mani.

"Luke", iniziò la Grifondoro dolcemente, "per favore. Cosa sta succedendo?"

Luke la guardò con afflitti occhi marroni, le dita che premevano sulla testa attraverso i suoi ondulati capelli castani. Il sole si era tuffato aldilà dell'orizzonte. "Quanto tempo pensi che starà ad Azkaban?" chiese il mago, ignorando la sua domanda. "Molto a lungo"?

"Non lo so" rispose sinceramente l'altra. "Dipende, no? Se si dovesse arrende —se dovesse testimoniare... "

"Logan non è un vigliacco", sussurrò Luke. "Non è nemmeno un traditore."

Lily non ribatté a nessuna delle due affermazioni. "Come ti sei rotto il braccio, Luke?" chiese invece. Il viso di lui si irrigidì—ritroso e di pietra. "Luke, per favore. Devo sapere. Sai che non riuscirei mai a fare la spia".

Luke la guardò attentamente e poi sospirò. "Logan era qui il giorno del funerale di Black", iniziò con la voce e il viso colmi di rassegnazione. "Mi ha chiesto di seguirlo con il lavoro che aveva menzionato a febbraio."

"Lavoro?"

"Non so i dettagli," disse vagamente. "Il trasloco di alcuni oggetti— non molto legale, ovviamente. Non so se fosse per i Mangiamorte..."

Anche provando ardentemente, Lily non riuscì a determinare se Luke credesse sinceramente che non ci fosse alcuna possibilità del contrario. Lei sicuramente no.

"...Gli ho detto di no" continuò Luke. "Si è arrabbiato. Ha detto che avevano bisogno di un'altra bacchetta, e sarebbe stata una buona occasione per me. Sapevo che era illegale —l'ho pregato di costituirsi ma... non l'ha fatto, naturalmente. Temevo che si sarebbe fatto di nuovo ferire e questa volta non ci sarebbe stato nessuno a prendersi cura di lui. Ho incontrato alcuni dei suoi amici che avrebbero lavorato con lui, ma non mi sono fidato molto di entrambi, quindi..." lasciò cadere la frese.

"Così hai accettato di aiutare?" Finì Lily.

"No. Gli ho detto che avrei aspettato nel nostro vecchio negozio. Se ci fosse stato qualche problema, avrebbero potuto materializzarsi lì e li avrei rimessi in sesto, come l'ultima volta."

Lily non aveva l'energia per badare al tramonto. I suoi occhi erano fissi su Luke. "Che cosa è successo?" chiese, senza fiato.

Il Corvonero sorrise amaramente. "C'è stato un problema," disse. “Qualcuno è morto. Gli altri si sono smaterializzati al negozio. Ho fatto tutto il possibile per rimetterli in sesto e poi hanno— hanno avuto una discussione. Su di me. Uno di loro pensava che avessi detto qualcosa a qualcuno, a causa—a causa del problema. "

Perché erano arrivati gli Auror, Lily sostituì nella sua mente.

"Io non ho fatto niente," Giurò lui tristemente. "Non l'ho detto a nessuno. Hanno discusso a riguardo. Logan ha preso le mie difese. Non credeva che l'avessi detto a qualcuno. Sapeva che non ci sarei mai riuscito. Mi ha creduto. È riuscito a far cedere gli altri, fino a che non hanno ricevuto un messaggio in cui si diceva che gli Auror erano tornati a Hogwarts. È successo questa mattina. Poi c'è stata un'altra discussione."

"Ti hanno rotto il braccio?" chiese Lily. "I Mangia—ehm, gli amici di Logan?" Luca si fissò silenziosamente le mani, e improvvisamente, Lily capì. "Non sono stati gli amici di Logan, non è vero?" sospirò. "È stato Logan".

Luke trasalì. "L'ha dovuto fare, Lily," insisté il mago. "Doveva dimostrare agli altri di essere fedele—che ero degno di fiducia! Doveva assicurarsi che loro credessero in lui!"

E lo sguardo nei suoi occhi spezzò il cuore di Lily. Per la prima volta, capì, capì sul serio, Luke Harper. Vide le conseguenze degli ultimi mesi —le conseguenze della sua lealtà contrastante verso Logan, il dolore per suo padre, la paura per la sua famiglia, la delusione verso Lily. Era diviso a metà. La debolezza che lei aveva percepito a febbraio —la sua facile mutevolezza— lo aveva lasciato a brandelli e ora si stava aggrappando all'unica cosa a cui aveva sempre creduto, anche se il suo razionale cervello avrebbe dovuto mostrargli un po' di senno. Anche se gli aveva rotto il braccio e Merlino solo sapeva cos'altro, Luke credeva in Logan. Doveva credergli.

I suoi occhi marroni erano grandi e dilatati. Non—non sembrava per nulla in se stesso, e questo spezzò il cuore di Lily.

"Oh, Luke," mormorò, appena in grado di trattenere le lacrime.

"Logan ha dovuto farlo" ripeté Luke categorico. "Ha dovuto farlo. Non aveva scelta. Sto bene. Sto perfettamente bene."

“Okay,” mormorò lei. “Okay, ti credo.”

“Non tentare di calmarmi, Lily. Doveva farlo.”

“Okay,” ripetè Lily, più forte ma in una voce instabile. “Va bene, Luke.” La luce si ridusse. “Dobbiamo tornare al castello,” continuò lei, sporgendosi in avanti e prendendogli la mano. “Devi tornare nel tuo dormitorio. Se Lathe–se chiunque sospettasse che tu abbia qualcosa a che fare con tutto questo…”

Luke, ad ogni modo, non sembrava star ascoltando. Stava fissando un punto fuori dalla grotta, attraverso il villaggio come se stesse cercando qualcosa. “Avrei dovuto trovare un modo di arrivare lì giù,” borbottò, probabilmente tra sé e sé.

“Se l’avessi fatto, sarei stato in grado di avvertire Logan. Almeno Logan. Avrei potuto portarlo fuori dal negozio, quando gli Auror sono arrivati. Per quanto credi che starà ad Azkaban, Lily?”

“Non lo so,” disse di nuovo Lily. “Luke–dobbiamo tornare al castello. Non c’è niente che tu… niente che possiamo fare per Logan ora.”

Sorprendentemente, Luke annuì. Si avviò all’ora chiuso passaggio e poi si fermò. “Come sei arrivata qui, Lily?”

“C’è un altro passaggio,” replicò. “Sbocca nel giardino della farmacia.”

Luke fissò pensoso il pavimento di pietra, calcolando qualcosa, prima di alzare nuovamente lo sguardo su Lily. “Dovremmo prendere quello.”

“No,” disse Lily fermamente. “So cosa stai pensando. Non puoi aiutarli, Luke! È troppo tardi.”

“Staremo lontani dalla strada principale, lo giuro,” promise Luke. “Prenderemo una strada secondaria. Se potessi solo dare un'occhiata–solo per sapere se Luke sta bene.”

“Non puoi vedere nulla dalla strada,” replicò l’altra. “Non c’è alcuna possibilità, Luke.”

“Ma hai detto di aver visto gli auror…”

“Ho sentito gli auror.”

“Sarà abbastanza. Ti prego, Lily. Se ci fosse una minima possibilità…”

Dopo un momento, fu contrariamente ad ogni buonsenso di Lily che lei rispose: “Va bene.” Luke espirò, sollevato. “Ma ci sono delle condizioni. Se non sentiamo nulla, non torniamo indietro, e non ci fermiamo.”

“Bene.”

“E dammi la tua bacchetta.”

Luke la guardò stranamente. “Lily, non puoi…”

“Non voglio prenderla da sola,” lo interruppe, forzandosi a parlare con tono risoluto. “Ma, Luke, lo farò se devo.”

Il Corvonero esitò, poi estrasse la sua bacchetta e gliela porse. “Andiamo, allora,” disse, superandola nell’aria aperta. “Guidami.”

(Ritardo)

“Be' dove pensi che sia?” pressò Peter.

“Non lo so,” sbottò James, facendo avanti e indietro da un'estremità del dormitorio a un’altra. “Se lo sapessi, te lo direi–o, meglio ancora, lo andrei a prendere. Quindi chiaramente non lo so.”

Peter, che era seduto su uno dei letti, sospirò appena. “Be', perché non possiamo usare la mappa per trovarlo?”

James interruppe temporaneamente il suo camminare nervoso. “Noi–noi non possiamo. Non ce l'ho.”

Entrambi i Malandrini furono silenziosi per un po’, poi Peter parlò di nuovo. “L’hai data a Lily quando siete saliti qui su, vero?” chiese piano, e James annuì. “Perché ne aveva bisogno?”

“Lei… lei ne aveva bisogno, questo è tutto.”

“È–è nei guai?”

“Perché lo dici?”

Peter fece spallucce. “Sembri pensarla così.”

James non rispose immediatamente, ma si avvicinò al letto e si sedette accanto al suo amico. “Non lo so,” disse. “Ho la sensazione che potrebbe esserlo. Sarei dovuto andare con lei.”

“Perché non l’hai fatto?”

“È solo una sensazione,” sospirò Prongs. “Ha detto che sarebbe stata bene, e–non dovrebbe essere un problema. Comunque, Moony ha bisogno di noi stasera. Hai visto come diventa se non ci siamo quando si trasforma.” James si alzò di nuovo. “Il chè ci riporta al dannato Sirius…”

“Abbiamo ancora tempo,” disse Peter con calma. “Sarà lì. C’è sempre.”

 

(Strada)

Stava stringendo la mano di Luke mentre camminavano. Non era un gesto romantico, ma non era nemmeno dispotico. Lo stava leggermente strattonando–Luke stava mezzo passo dietro–verso la farmacia, e per una volta, tenergli la mano sembrava naturale.

Lily si irrigidì quando le voci dalla città divennero udibili. Le parole potevano essere capite man a mano che si avvicinavano al negozio degli Harper… non sentiva più gli auror: solo il chiacchiericcio degli spettatori. Degli abitanti del villaggio che si materializzavano o viaggiavano attraverso i camini. Sembrava che gli auror stessero per (o fossero già) entrare nel negozio… oltre ciò, potevano solo supporre.

“Luke,” lo implorò, mentre il Corvonero rallentava per ascoltare meglio. “Per favore, facciamo presto. Se qualcuno ti vedesse, saresti nei guai.”

“Anche tu,” le fece notare Luke, anche se eseguì con uno strattone della sua mano.

“Non mi riferisco all’essere fuori dal castello,” disse Lily. “Mi riferisco a cosa succederebbe se qualcuno sospettasse che tu fossi coinvolto in cosa è successo: nel lavoro di Logan.”

Luke rimase in silenzio finché non raggiunsero la farmacia. Scavalcarono la bassa recinzione nel giardino sul retro e si mossero furtivamente dietro un cespuglio per assicurarsi che non ci fosse nessuno. Certamente era così, Lily prese la bacchetta di Luke dalla sua tasca e la diede al mago.

Lui la guardò scettico.

“Mi fido di te,” disse. Luke prese la bacchetta e la coppia si mosse attorno al punto che Lily aveva segnato con la pietra bianca. Lei colpì la terra una volta con la bacchetta e disse: “Patefacio.”

Come in precedenza, lo sporco e le erbacce sembrarono dissolversi, rivelando il tunnel attraverso il quale Lily aveva viaggiato non molto prima. Luke sembrò incerto. “Come scendiamo?”

“Il muro. Ci sono delle pietre… è facile da scalare. Ecco–Lumos.” La sua bacchetta si accese e lei la puntò verso il tunnel, rivelando la parete e l’oscuro pianerottolo sottostante. “Fai attenzione quando atterri,” lo avvisò Lily, mentre Luke si posizionava per scendere. “C’è un altro livello sotto quello del tunnel, quindi non andare velocemente o cadrai.”

Luke annuì e cominciò a scendere. Lily continuò a illuminare, tenendo lo sguardo sul negozio mentre lo faceva. Luke era completamente sottoterra ma ancora scalando il muro quando lei pensò di aver sentito una voce molto più vicino del negozio degli Harper.

“Arriva qualcuno,” mormorò.

“Cosa?” chiese Luke. “Salterò in fondo.”

Non c’era tempo, però, e Lily lo sapeva. Poteva sentire la maniglia della porta sul retro del negozio… avrebbero avuto compagnia in un momento, e anche se fosse saltata nel tunnel adesso, il buco avrebbe potuto non chiudersi in tempo… il farmacista l’avrebbe visto… avrebbe anche potuto capire dove portava, e il passaggio dei Malandrini sarebbe stato rovinato. Inoltre, Luke rischiava di essere scoperto…

“Segui il tunnel fino al castello,” gli ordinò velocemente. “Prenderò il tuo passaggio.”

“Aspetta, Lily…”

Ma lei si stava già allontanando dal buco e il pavimento si chiuse ancora una volta. Lily si avvicinò ad un albero lì vicino, ma la porta si stava già aprendo ed un vecchio mago con un bastone apparve sulle scale. Lily gelò, e lui la vide.

Il mago tirò fuori la bacchetta immediatamente. “Tu, ragazza!” sbottò. “Cosa ci fai nel mio giardino?”

“Um… Io… ecco, io…”

“Non dovresti essere qui!” abbaiò il mago, ignorando il suo balbettare. “È buio fuori, ragazza! Non sai che ci sono i Mangiamorte in giro?”

“B-b-beh, io stavo solo…”

“Non importa! So esattamente cosa stavi facendo! Rubavi le mie foglie di dittamo, vero?

“Oh, no, io…”

“Sì, sì, invece! Ora vattene prima che chiami gli auror per occuparsi di te! Mi hai sentito, ragazza?”

Lei non aspettò di vederlo ondeggiare il bastone minacciosamente verso di lei. In poco più di un semplice movimento, Lily si voltò e saltò oltre la recinzione. Il mago le urlò dietro, ma la sua voce sparì presto nelle grida dalla strada. Il cielo era piuttosto scuro, ma i riflessi di dozzine di incantesimi potevano essere visti contro le nuvole.

La strada si stava facendo nuovamente stretta e polverosa prima che Lily rallentasse il passo leggermente. Il crepuscolo le punse la coscienza, a causa della sua promessa a James, ma non c’era niente da fare adesso. Aveva provato ad entrare nel passaggio, no? Ad ogni modo, sarebbe presto entrata nell’altro tunnel.

“Bode! Mandella!” una voce vicina squillò improvvisamente–da una strada perpendicolare, suppose Lily. Rallentò immediatamente, spostandosi dietro un albero lungo il bordo della strada. Secondi dopo, tre maghi e una strega apparirono sulla strada avanti a lei, camminando velocemente. Un mago, un uomo dai capelli argentei con il pizzetto, era colui che aveva parlato e abbaiò istruzioni agli altri tre. “Prendete queste strade. Robards, tu raggiungi Gibbon all’entrata ovest. Nessuno se ne va, chiaro?”

“Signore,” acconsentì uno dei maghi–presumibilmente Robards. Si avviò correndo lungo la strada in direzione di Lily. Gli incanti per la materializzazione dovevano avergli impedito di viaggiare magicamente verso la fine della strada e anche se l’oscurità e l’albero collaboravano a coprirla alla vista, mentre Robards passava e l’uomo dai capelli argentei continuava ad abbaiare ordini agli altri due, Lily si appoggiò al tronco e sospirò.

“Merda.”

(Silenzio)

Come diventa silenzioso il parco quando fa buio.

Venne in mente a Severus, mentre scivolava fuori dal suo nascondiglio in una fitta trama di alberi ad ovest del castello, che la scuola era un luogo di gran lunga più affascinante quando i suoi compagni di classe erano ritirati nei loro dormitori e Sale Comuni per la notte. Senza le chiacchiere noiose, stupide e futili dei suoi coetanei, Hogwarts era un’entità completamente diversa. Forse era per questo che preferiva i sotterranei alla Sala Grande e la biblioteca alla Sala Comune.

Il cielo si scuriva sempre di più. La luna sarebbe sorta a breve, e quello era il momento in cui, a detta di Black, sarebbe stato in grado di entrare nel Platano Picchiatore.

Severus lanciò un’occhiata al cielo visibile attraverso i rami più alti degli alberi e si aprì in un sorriso. C’era quasi. Dopo tutti quegli anni, mancavano solo pochi minuti...

Poteva già vedere l’espressione di James Potter quando l’avrebbe scoperto....quando avrebbe scoperto che lo sapeva...

 

(Idea)
 

“Merda.”

La voce dell’auror al comando diminuiva –sembrava si stesse dirigendo di nuovo verso la strada principale. L’altro mago e la strega, tuttavia, rimanevano al loro posto, e Robards era diretto verso l’altro lato della strada. Come diavolo avrebbe fatto Lily a ritornare al castello?

“Merda, merda, merda...” si disse sotto voce. “Okay. Okay, riprenditi, Lily. Calmati. Puoi farcela.”

Si guardò intorno e poi – individuando un passaggio tra due negozi – a Lily venne l’idea migliore a cui riuscì a pensare. Lanciò un’occhiata oltre il tronco dell’albero per assicurarsi che la strada fosse libera; poi, muovendosi velocemente, si lanciò tra i due negozi. C’era uno steccato di legno che si estendeva per la loro distanza, ma una scaletta apparì ad un movimento di bacchetta e Lily ci si arrampicò sopra, cadendo a terra dall’altro lato con uno spiacevole tonf.

Si rimise in piedi alla svelta, trasalendo come appoggiò il peso sulla caviglia ma allontanando da sè il pensiero del dolore. Non aveva molto tempo.

Lasciò il vicolo e imboccò la strada principale, ritrovandosi tra una casa residenziale e uno dei negozi di abiti di minore qualità. La strada era piena di spettatori, tutti con lo sguardo fisso verso la fine della strada sullo spettacolo che stava avvenendo nel negozio degli Harper. Nella folla che si spintonava a vicenda, tuttavia, Lily vedeva molto poco, e non poteva perdere tempo a cercare di dare un’occhiata migliore. Si infilò la bacchetta nella tasca della veste e cercò di farsi strada tra la massa di abitanti del villaggio, tutti che allungavano il collo per cercare di guardare meglio.

“Tutti quanti tornino nelle proprie case!” gridava un Auror mentre correva su e giù per la strada, ma nessuno gli prestò più attenzione di quanta ne prestarono a Lily, che si immerse tra la folla, muovendosi contro la direzione generale il più veloce che poteva. “Tornate dentro, tornate dentro!” gridò lo sfortunato Auror, sparando inutilmente scintille in aria. “Entrate in casa! Per la vostra sicurezza, per favore tornate nelle vostre case!”

Circa un terzo degli spettatori si trascinò svogliatamente nelle proprie case, ma la maggior parte non lo fece. Eppure, restando più vicina ai negozi, Lily riusciva a muoversi piuttosto velocemente – magari abbastanza da battere quel Robards...

Lily subì gomitate, calci e spinte prima che la folla cominciasse a diminuire e i negozi a farsi più rari. A quel punto, la strada si apriva su tre direzioni – una portava a sud (verso dove, Lily non lo sapeva), una verso il Platano Picchiatore, e l’ultima, il percorso che proseguiva di fronte a lei, verso la stazione di Hogsmeade. L’ Auror mandato a fare la guardia non era ancora arrivato, quindi Lily imboccò di corsa la strada di mezzo.

(Adesso)
 

Sarebbe successo presto.

Remus fece un respiro profondo, imponendosi di concentrarsi esclusivamente sulla sua imminente trasformazione. Forse la cosa più preoccupante era l’assenza degli altri Malandrini – di solito erano già arrivati per quell’ora, quindi doveva solo sperare che il fatto che non lo fossero non fosse un presagio di guai. Ad ogni modo, sebbene inconsueti, gli arrivi in ritardo non erano una novità; sarebbero stati lì a breve. Come sempre.

La polvere ricopriva l’intero pavimento di legno, quindi Remus cominciò a scarabocchiare con un dito. Draco dormiens nunquam titillandus, scrisse. Poi, sotto, aggiunse “Moony è stato qui”, e questo lo fece sorridere un po', perchè era quel genere di cosa da immaturi che Sirius avrebbe fatto. Cancellò le ultime tre parole e le sostituì con “Contra Mundum”. Sotto le parole, tracciò un cerchio nella polvere – la luna, ipotizzò, perchè era sempre in fondo ai suoi pensieri – e poi, per liberare la mente, disegnò due puntini per gli occhi e una linea curva per la bocca all’interno della figura. Era quasi un ovale, davvero, rifletté.

La Stamberga scricchiolò sotto la forza del vento, e Remus si chiese distrattamente se ci sarebbe di nuovo stata pioggia. La faccia che aveva disegnato lo fissava.

De nihilo nihil, scrisse – era qualcosa che aveva letto poco prima. Quando rialzò il dito, la polvere del pavimento gli era rimasta sopra, soffice come velluto. Se avesse guardato più da vicino, avrebbe potuto distinguere ogni singolo granello grigio. Perchè rimanevano attaccati in quel modo, comunque?

Remus aprì la mano e con il palmo cancellò il disegno e la maggior parte delle parole. Avrebbe desiderato avere il suo orologio con lui così che da poter conoscere l’ora esatta, ma perfino senza era ben consapevole che quello che doveva accadere sarebbe accaduto presto – era questione di minuti. Mancavano pochi minuti. Il suo stomaco si contrasse nella nefasta anticipazione, la testa cominciò a pulsargli, e se solo le finestre non fossero state sprangate, avrebbe potuto vedere il cielo.

Nihil, leggeva ora la sua inscrizione.

Una rapida ondata di dolore attraversò il suo stomaco, e Remus si afferrò ai lati, gemendo. Questa volta, l’agonia non si placò. Crebbe e si espanse, mentre lui, con i piedi, si spingeva contro una parete. Un dolore familiare invase le sue ossa, i suoi muscoli, la sua pelle. Boccheggiò in cerca di aria.

Stava iniziando adesso. 


Sirius entrò nel dormitorio maschile quando mancava poco alle nove.

“Dove diavolo sei stato?” chiese James, saltando immediatamente giù dal letto. Sirius stava sorridendo, tuttavia, e non sembrò disturbato dall’agitazione dell’amico. “Moony dovrebbe trasformarsi tra pochi minuti! Ce l’hai il mantello?”

“Ce l’ho,” confermò Sirius, tirando fuori il Mantello dell’Invisibilità e lasciandolo cadere su una sedia. La sua andatura era irregolare e all’apparenza troppo rilassata; James si rese conto del motivo in un attimo.

“Sei ubriaco?” chiese, sospirando.

“Appena un po'.”

“Non è sicuro se sei ubriaco,” disse Peter. Era sdraiato sul suo letto, ma appena Sirius era arrivato, si era messo seduto. “Ricordi cosa è successo l’ultima volta?”

“Sono solo un po' brillo, ecco tutto,” fece Sirius, roteando gli occhi. “Grazie per l’interesse, nonnina, ma...”

“Va bene,” lo interruppe James. “Ora ti congiuriamo un po' di caffè...” Lo fece in un movimento di bacchetta, poi attraversò la stanza per passargli il calice. “Bevi. Ci perderemo la trasformazione, ma non fa niente.”

Sirius si lasciò andare in una risata simile a un latrato. “Ci perderemo più di quello, stanotte, Prongs.”

“Che vuoi dire?” volle sapere Peter.

Il sorriso di Sirius si allargò ancora di più. “Sono un genio,” proclamò. James non poté fare a meno di sorridere un po' anche lui.

“Che cosa hai fatto, Genio?”

“Ho messo Piton nel sacco.” Sirius bevve un sorso di caffè. “Ho capito come vendicarmi.”

“Fantastico,” replicò il suo amico. “Ma questo può aspettare domani. Stanotte dobbiamo...”

“No, no.” Padfoot si sedette sulla sedia dove aveva appoggiato il mantello. “L’ho già fatto. Tutto è già fatto. Anzi...” guardò l’orologio, “La fase due inizierà a minuti.”

Voleva arrivare da Remus il più presto possibile, ma il fatto che Sirius stava finalmente trovando piacere in qualcosa (in qualunque cosa) era abbastanza da distrarre James, almeno per il momento. Sembrava passata un’eternità dall’ultima volta in cui Sirius era sembrato genuinamente felice. Copiò l’espressione dell’amico e si sedette anche lui. “Be', sentiamo, allora. Qual è questa brillante vendetta?”

Sirius bevve un altro sorso di caffè, probabilmente per prolungare la suspense. Quando ebbe posato il calice sulla scrivania e si fu aggiustato sulla sedia per fronteggiare meglio gli altri due, i suoi occhi brillavano di gioia. “L’ho detto a Piton.”

Gli altri aspettarono, ma quando non arrivò nessuna spiegazione, James insistette: “Gli hai detto... cosa?”

Sirius fece un respiro profondo, poi elaborò con soddisfazione insopprimibile: “Gli ho dato esattamente quello che ha sempre voluto. Gli ho detto come passare oltre il Platano Picchiatore.”

James non capiva; il suo sorriso non era ancora del tutto scomparso quando disse: “Non fare lo stupido, Sirius. Che cosa hai fatto veramente?” Ma quando ebbe pronunciato le parole, cominciò a leggere l’espressione sul volto di Sirius. Non era uno scherzo.

“Pensaci, Prongs!” disse Sirius entusiasticamente. “Andrà lì, passerà sotto il Platano Picchiatore, vedrà Moony e – riesci ad immaginartelo? Riesci ad immaginarti che faccia farà?” Così assorto nel suo divertimento, Sirius si perse completamente il cambiamento di espressione sul volto di James.

“Padfoot,” disse lui in un mezzo sussurro, alzandosi in piedi. “Stai...stai scherzando, vero? Questo è uno scherzo. Deve essere uno scherzo...”

Perchè non poteva essere vero...

“Che c’è che non va, Prongs?” sbuffò Sirius dopo un altro sorso di caffè. “Mocciosus...”

“Dimmi che stai scherzando,” ordinò James a denti stretti. Sirius incontrò il suo sguardo con sfida.

Non sto scherzando. Ho detto a Mocciosus come passare oltre il Platano Picchiatore.” Notò per la prima volta che Peter lo stava fissando – non con ammirazione o divertimento, ma scioccato...addirittura orripilato. “Che avete che non va, voi due?”

James ignorò del tutto la domanda. Si avvicinò velocemente alla finestra, scrutando il cielo scuro e nuvoloso. “Merda,” imprecò, afferrando il mantello sulla sedia di Sirius.

“Ehi!” protestò Padfoot. “Ehi, Prongs! Che stai facendo?”

James, che si trovava già a metà strada dalla porta, si voltò. “L’hai detto a Piton?” gridò. “Giuri su Dio che gli hai detto come arrivare da Moony?” L’espressione di Sirius fu una conferma. “Perchè? Per Merlino, che cosa potrebbe mai averti spinto a fare una cosa del genere?”

Sirius li stava fissando, confuso, bloccato tra la fredda rabbia di James e lo scioccato sgomento di Peter. “Che cosa vuoi dire con ‘Perchè’? Sai perchè...si tratta di Mocciosus. E lui...”

“Sta per essere morso da Remus, ecco cosa!” ruggì James, e il dormitorio sembrò farsi piccolo piccolo. L’atmosfera si gelò. A parte James, tutto il resto sembrava piccolo, modesto e nervoso, e mai – non una volta in sei anni – Sirius o Peter l’avevano visto così. “Hai idea di cosa...? Nessuna cazzo di idea di cosa questo significhi? Moony potrebbe finire in prigione...potrebbe essere ucciso – entrambi potrebbero...” Fece per infilarsi il mantello, ma Sirius lo fermò, afferrandogli un braccio.

“Dove stai andando, Prongs?”

“Dove diavolo credi? Sto andando a fermare tutto!”


  
Come diventa silenzioso il parco quando fa buio, Lily pensò.

Arrancò su per la salita verso il castello, stanca e accaldata, ma grata di essere stata tanto fortunata da rientrare nei cancelli prima che chiudessero.

Il cielo si era fatto scuro, e Lily non aveva abbastanza energie da preoccuparsi di come avrebbe fatto a rientrare nel castello. Aveva la Mappa del Malandrino, dopo tutto—sicuramente le avrebbe indicato qualche passaggio verso l’interno. Comunque, se ne sarebbe preoccupata una volta più vicina alla scuola. Si sarebbe preoccupata allora di cosa dire a James, anche, e che fare con Luke, e di cosa dire a Lathe nel caso l’avesse interrogata di nuovo. Dopo. Non ora. Ora, doveva solo godersi l’aria fredda sul viso e il silenzio del parco di Hogwarts.


 

Accadde proprio come Black aveva detto. Severus toccò il nodo tra le radici senza essere colpito a morte dal Platano, e immediatamente—come promesso—l’albero si immobilizzò. Il buco era lì, pronto ad aspettarlo, e, scuotendo via la polvere dalle ginocchia, Piton entrò lanciandosi.

L’atterraggio fu scomodo e doloroso, e si ferì le mani scivolando verso il basso. Quando arrivò al fondo incespicando, Piton emise un piccolo gemito, ma scosse via il dolore e si alzò in piedi un po’ malfermo. All’inizio dovette chinarsi per non sbattere la testa contro il soffitto basso e irregolare, ma un tunnel si allungava davanti al Serpeverde, e, percorrendolo in fretta, il cammino si fece più semplice.

Severus non aveva un’idea precisa di quanto tempo fosse rimasto nel passaggio; scivolò due volte ma lo avvertì a malapena e continuò ad avanzare senza battere ciglio. I piedi sembravano camminare di proprio accordo, le mani protese in avanti per essere più stabile, anche se non era sua intenzione precisa. Il cuore gli batteva pazzo d’eccitazione.

Il brivido dell’eccitazione, l’euforia—solo una volta in passato aveva sentito qualcosa di simile a questo, e poi si era innervosito troppo, infuriato troppo, da apprezzarlo. Adesso, c’era tempo, tutto il tempo che voleva, per assaporare la sensazione.

Il tunnel iniziò ad andare in salita, sempre più ripido; si stava quasi arrampicando. Aveva i calzini inzuppati e c’era del fango sotto le sue unghie. Sempre più ripido, verso l’alto. Aveva corso troppo—le sue mani erano piene di tagli. Era tutto nero. Aria fredda, nera, stantia.

Poi, il sentiero si fermò. Una botola bassa attirò la sua attenzione.

Eccitazione, paura, ansia—non riusciva a respirare.

Poi—

"Piton!"

Il suo cognome suonò forte, echeggiò, da una fonte lontana che Severus non dovette riconoscere per identificare. Piton tirò fuori la bacchetta (quando l’aveva messa via?), la accese, e si guardò attorno. Era ancora solo.

"Piton!"

Riusciva a sentire il rumore di passi affrettati. Doveva sbrigarsi.

Con la bacchetta, Severus aprì la botola, e aiutandosi con il muro di pietra, si spinse verso l’alto. La voce nel tunnel non si sentì più.

 

Il grande prato stava iniziando ad essere pianeggiante, mentre Lily si dirigeva a nord, oltre il lago. Hogwarts—appollaiata sul suo picco, come un piedistallo—brillava di blu alla luce della luna, di contrasto alle nubi scure che vorticavano attorno a esso. Al suo passo, era ancora in ritardo circa di dieci minuti, e forse avrebbe dovuto sbrigarsi un po’, ma Lily aborriva il pensiero di dover prendere le decisioni che si era prefissata di fare all’arrivo. Così, mani in tasca, si trascinò in avanti, con la grande luna bianca come unica lanterna 


 

Severus si ritrovò in piedi in una stanza—un largo, polveroso, derelitto spazio comune. Le finestre erano sigillate, ed era solo. Tranne che per lo scricchiolio delle assi del pavimento mentre le calpestava con cautela, la casa era silenziosa, completamente silenziosa, per parecchi secondi.

Poi, dal piano superiore (gli scalini erano scricchiolanti e per la maggior parte distrutti), ci fu uno schianto, e Severus sobbalzò.

La bacchetta pronta, sbirciò su per le scale, muovendosi lentamente in quella direzione.

Apparve in cima alle scale—grigio, enorme, e ringhiante. Un lupo mannaro.

La creatura lo vide, senza dubbio, e Severus sapeva perché non avesse attaccato subito—non ce n’era bisogno. Avrebbe potuto coprire la distanza tra di loro in una manciata di secondi... non c’era alcun modo che lui, Severus, potesse raggiungere la botola prima che il lupo (Remus Lupin!) lo prendesse.

Rimase immobile per parecchi secondi, senza badare a niente tranne che al lupo ringhiante in cima alle scale, che scoprì le zanne, deliziato. Poi, molte cose accaddero all’improvviso.

Nel preciso momento in cui il lupo iniziò a muoversi—con un balzo giù al primo piano—Severus alzò la bacchetta per attaccare, e, nello stesso istante, una mano afferrò il braccio di Piton, tirandolo con forza all’indietro.

Il lupo atterrò, dimenandosi, a pochi centimetri dal punto in cui poco prima c’era Sev. Il Serpeverde era caduto all’indietro a causa della forza con cui il suo difensore l’aveva tirato. Scivolò sul pavimento polveroso.

"La porta!" urlò la voce di James Potter.

Automaticamente, Piton abbozzò una protesta, ma si accorse in fretta che non era saggio litigare. Il lupo riacquistò l’equilibrio che aveva perso nel salto, e lanciò una delle sue zampe enormi in direzione dei due maghi. Potter tirò Piton indietro di nuovo, ma questa volta non riuscì a spostare Severus abbastanza in fretta. Gli artigli del mostro affondarono nel suo polpaccio come se fosse stato di seta.

Con un grande rumore, uno strappo, il lupo si ritrasse, tirando via con sé carne e sangue.

Severus urlò di dolore, ed ecco che James lo trascinò di nuovo, urlandogli qualcosa che lui non capì.

James aprì la botola con un calcio e praticamente lanciò il corpo agonizzante e floscio di Piton giù nel tunnel. Remus il lupo avanzò in fretta, e James gli lanciò uno schiantesimo.

Il lupo mannaro si fermò, confuso, e poi cadde a terra in un mucchio pesante e scomposto, sollevando la polvere. James saltò giù nel tunnel assieme a Piton, gemente.

Respirò profondamente, provando a considerare il da farsi. "Stai un po’ zitto?" il Grifondoro abbaiò a Piton. "Sto cercando di pensare."

Ma la gamba di Piton sanguinava copiosamente, e ignorò James. A quanto pare, non avrebbe avurto il tempo di pensare comunque. Un brontolio, seguito da un ringhio disse loro che Remus si stava risvegliando dallo schiantesimo, dati gli effetti minimizzati dalla mole e dalla potenza dell’obiettivo. Preso dal panico, James afferrò il lato del muro di pietra e cercò di chiudere la porta della botola. Era troppo tardi.

La zampa pesante di Remus trattenne la porta di legno aperta contro il pavimento della stamberga. Gli occhi gialli fissi su James, si preparò a balzare.

"Stupeficium!" James urlò di nuovo; non aspettò di vedere il risultato. Si lasciò cadere nel tunnel e puntò la bacchetta a Piton.

"Scusa, ma non ho scelta," borbottò, prima di aggiungere: "Stupeficium."

Piton finalmente smise di gemere, perdendo conoscenza. James si abbassò e, con una fretta aiutata dall’adrenalina, si gettò il Serpeverde in spalla. Chiuse gli occhi e, per un momento, permise al mondo attorno a lui di diventare silenzioso, mentre si concentrava.

Una sensazione familiare gli strinse i muscoli, facendoli contrarre e poi espandere, come se stesse facendo un difficile esercizio di stretching (dieci volte più forte). Sentì il pelo crescere, facendogli il solletico sulla nuca, e il battito cardiaco rallentò di pochissimo. La temperatura corporea salì, e per un momento, i pensieri fuorono privi di coerenza.

Poi, la sua mente divenne di nuovo lucida, e si lanciò di corsa giù per il tunnel, Piton ancora gettato sul dorso. Comunque, mentre correva, il suono dei passi sul pavimento di pietra non era quello di scarpe da tennis, ma di zoccoli.


Lily era vicina ora. Aveva tirato fuori la Mappa del Malandrino dalla tasca e stava cercando una via d’accesso al castello. C’era un punto lungo il muro di uno dei cortili che sembrava adatto, ma non poteva esserne certa finchè non avrebbe provato, e non c’era indicazione su come entrare. Nel peggiore dei casi, avrebbe potuto levitarsi fino a una finestra del dormitorio, forse ...

Lily rinfilò la mappa in tasca, e continuò attraverso il prato. Era in un punto in cui chiunque stesse guardando fuori dalla finestra avrebbe potuto facilmente vederla, e se fosse stato a uno dei piani bassi, probabilmente l’avrebbe anche riconosciuta (beh, i capelli rossi non aiutavano).

Davvero, Hogwarts era bellissima di notte—tutto l’insieme. Il castello scuro, il lago splendente, il Platano Picchiatore perfettamente immobile...

Aspetta...

Che?

Mai, in sei anni, Lily aveva visto il Platano Picchiatore perfettamente immobile. Relativamente calmo, sì, ma mai completamente fermo.

A circa cinquanta metri, Lily si fermò per essere certa di aver visto bene, ed era così. L’albero rimaneva fermo come una statua. Confusa, Lily si avvicinò lentamente. Poi—

"Ma che diavolo...?"

Qualcosa apparve alla base dell’albero, e anche con la luna piena, Lily non riusciva bene a distinguere di cosa si trattasse. Si avvicinò, e riuscì a intravedere una figura nell’ombra, che zoppicava emergendo dalle radici, come se la terra la stesse sputando fuori. Il platano rabbrividì, provocando a Lily un sobbalzo, ma prima di riprendere ad agitarsi di nuovo come al solito, i rami si immobilizzarono di nuovo.

La cosa—Oh, Dio, sembrava un corpo—venne espulsa completamente dalle radici, e Lily stava iniziando ad avvicinarsi, quando qualcos’altro apparve alla base dell’albero. Era—be', non aveva idea di cosa fosse, tranne che bianca. Molto, molto bianca.

Prima che la cosa (creatura?) bianca fosse emersa del tutto, comunque, il bagliore che la circondava sembrò sbiadirsi, e rimase solamente un’altra figura oscura. Questa si muoveva con più facilità della prima, comunque, tirandosi fuori di slancio sull’erba. Il Platano tremò di nuovo, ma la seconda figura sembrò colpirlo, e si bloccò ancora una volta.

La seconda figura (una persona, un ragazzo, uno studente, pensò di esserne sicura) si alzò in piedi barcollando e afferrò la prima persona per le braccia, trascinandola verso il castello. Le persone—chiunque fossero—non si accorsero affatto della presenza di Lily. Aprì la bocca, con tutta l’intenzione di rendersi nota, quando cambiò idea e si ricordò della mappa. Con le mani tremanti, Lily la estrasse di nuovo dalla tasca.

James Potter e Severus Piton.

Lily emise un rantolo.

Camminò in fretta, correva quasi, dietro di loro, e stava di nuovo per chiamarli ad alta voce quando rivolse per un attimo di nuovo lo sguardo alla mappa. Un terzo puntino (oltre il suo) era apparso, emergendo dal Platano Picchiatore.

Remus Lupin.

Lily si voltò. Il Platano iniziò di nuovo a scuotersi, e non era completamente certa di essere fuori dalla sua portata. Non si bloccò come aveva fatto prima, comunque, e per un secondo, Lily si preoccupò per Remus.

Aspetta—Remus? Non era tornato a casa per il resto del...?

"Lily!"

Sentì la voce di James gridare il suo nome, e girò su se stessa. "James, che diavolo...?"

"Lily," James la interruppe, panico, rabbia e paura evidenti nella sua voce, "Corri!"

"Che stai...?"

Ma si rese conto di ciò di cui stava parlando James senza che il mago stesso dicesse una parola. Un ululato forte, agghiacciante, risuonò per tutto il parco, e Lily si guardò alle spalle. Alla base del Platano Picchiatore c'era—c'era qualcosa... non riusciva a...

L'albero diede uno scossone violento, e Lily capì esattamente di cosa si trattava.

Tutti i pezzi andarono a posto. Lily afferrò la bacchetta e seguì le direttive di James, correndo verso di lui con uno scatto.

Remus. Lupo. Piton. James. Il Platano. Lupo mannaro. Remus.

Oh, Dio.

James aveva già lasciato a terra il corpo esanime di Piton da un po', e, con grande orrore di Lily, adesso stava correndo... non via dal lupo, ma proprio verso il lupo.

"James!"

"Porta Piton al castello e aspettami!" James le urlò, sorpassandola. Lily, ancora a cinque o sei passi da Piton, si fermò e si voltò a vedere che cosa James fosse convinto di poter ottenere in una lotta contro un lupo mannaro (persino quando c'era tutta la probabilità che questo fosse il suo migliore amico), ma James non c'era più. Al posto suo, al galoppo incontro al lupo mannaro, c'era l'enorme creatura bianca che Lily aveva intravisto prima.

Un cervo.

"Merda."

Lily barcollò in direzione di Piton. La gamba gli sanguinava, ed era pallido. Crollò sull'erba accanto a lui, tastando frenetica il suo viso, e mormorando, "Svegliati, svegliati, svegliati, Sev, ti prego..."

Se fosse stata più lucida, avrebbe usato la magia, ma l'attenzione di Lily era dolorosamente divisa tra il suo amico privo di sensi e il Lupo mannaro e il cervo, che sembravano impegnati in qualcosa a metà tra una lotta e un gioco, e nel frattempo evitavano gli attacchi dell'albero. Così, allora, Lily puntò la bacchetta verso Piton e disse, "Wingardium leviosa."

Il suo cuore mancò un battito quando si rese conto che sia James (da cervo) che Remus ( da lupo) erano scomparsi.

"Merda," imprecò di nuovo. Le mani andarono rapide alla fronte, e provò a calmare il respiro. E adesso? E adesso? Dov'era James? Come era riuscito a...? E Remus...? E...

E la mappa.

Lily la tirò fuori dalla tasca di nuovo e la scrutò in cerca di qualsiasi traccia di James o Remus. Comunque, nessuno dei due vi apparve. Lily diresse lo sguardo al vero Platano Picchiatore. Tremò tutto, e iniziò a dondolare.

Ma certo—dovevano essere ritornati sotto l'albero. James doveva aver messo in custodia Remus lì sotto... da animale, non poteva essere trasformato ... ma certo... ma Piton—che c'èntrava Piton in...?"

Lily si voltò e si incamminò in fretta su per il sentiero, più velocemente possibile. Piton giaceva sull'erba come se dormisse, e, inginocchiandosi accanto a lui, gli controllò la ferita sulla gamba, accorgendosi per la prima volta di quello che avrebbe potuto significare. Il sangue le pulsava nelle orecchie mentre tirava su per la gamba i brandelli che rimanevano dei suoi pantaloni, per esaminare il taglio.

Non erano morsi, però. Erano graffi.

Lily agitò la bacchetta due volte, materializzando due asciugamani bianchi che strinse in fretta attorno alla parte sanguinante della gamba. Gli controllò gli occhi, e scoprì che non sembrava esserci niente di insolito... non sembrava essere svenuto... sembrava più che fosse stato schiantato...

Il Serpeverde cominciò a stiracchiarsi, e Lily capì quello che doveva essere successo. Puntò la bacchetta verso di lui.

"Scusa," mormorò. "Ma credo proprio che tu debba rimanere addormentato."

Non lo schiantò, lanciò invece un veloce incantesimo soporifero. Sarebbe durato più a lungo e sarebbe stato un po' meno fastidioso per lui. Poi controllò ancora la mappa. Un sentiero si estendeva da sotto al Platano Picchiatore, ma si interrompeva prima di raggiungere qualsiasi destinazione intelligibile e qualora James, in effetti, avesse spinto Remus attraverso questo passaggio, non si vedevano più sulla mappa.

Lily si sedette, e si passò una mano tra i capelli, umidi di sudore e incollati alla fronte. Le nuvole oscure che la sovrastavano minacciavano pioggia imminente, ma la luna era ancora abbastanza visibile.

Non era sicura di quanto tempo fosse rimasta seduta lì—fissando il cielo—ma probabilmente non più di alcuni minuti. Poi, controllò ancora una volta la mappa, e, con suo grande sollievo, James era ricomparso. Si alzò in piedi e allungò il collo per vederlo uscire dal Platano Picchiatore, ma tutto era indistinto, e non lo scorse se non quando ebbe raggiunto la metà del prato. Era ancora un cervo, e questa volta, quando si trasformò, lei lo vide.

Il primo a sparire fu il biancore quasi iridescente, facendosi sempre più scuro, gli arti e i muscoli della creatura cambiarono forma; la testa si rimpicciolì, la lunga criniera bianca si ritrasse e diventò nera, e il galoppo diventò corsa. Una volta raggiunto il sentiero, c'era solo James Potter, nessun cervo... nessun (e il pensiero si affacciò alla mente di Lily per la prima volta) Prongs.

"James," rantolò quando li raggiunse; il sudore gli imperlava la faccia , e aveva i vestiti appiccicati addosso. "Stai bene? Che...?"

"ho lasciato la porta aperta," borbottò James distratto, inginocchiandosi accanto a Piton ed esaminabndogli la gamba. "Sono stato uno stupido, ma non ho pensato.. è stato solo... comunque, è scappato e ho dovuto... sei stata tu? Con la ferita?" Indicò il bendaggio che Lily aveva materializzato.

"Sì. Ma, James, n-n-non ha senso quello che dici. Che è successo? Quello—quello era... il lupo... era..." James guardò in alto verso di lei con aria d'attesa. "Era R-Remus, vero?"

Fece di sì con la testa, senza parlare. "Adesso è chiuso nella stamberga," spiegò il Malandrino vago. "Non uscirà più."

"Non capisco," Lily sussurrò, quando James tolse gli asciugamani e puntò la bacchetta contro la ferita. "Come ha fatto Severus a trovarlo?"

James non rispose. Invece, chiese: "Che ci fai qui fuori , Lily? Avevi promesso che saresti stata nel passaggio prima che facesse buio."

"Il passaggio era bloccato dagli auror," fece Lily impaziente. "Come ha fatto Sev...?"

"Gli auror?" scattò James, guardando in su verso di lei. "Quali auror?"

Lily si accorse dell'errore, ma era troppo tardi. "Gli... gli auror al villaggio." E, visto che ormai non aveva più senso continuare a negare, "...quelli mandati per la cattura di Logan Harper."

James la guardò fisso. "Ecco perchè... perchè dovevi raggiungere Harper..."

"Stava andando da Logan, dovevo..."

"Mi hai mentito..."

"Non è vero!"

"Beh, mi hai fuorviato..."

"James, non è proprio questo il momento," Lily gli ricordò. "E considerato il fatto che ti ho appena visto trasformarti in un cavallo bianco gigante..."

"Cervo."

"Quello che è—non credo che tu sia nella posizione di farmi la ramanzina sull'onestà!" James rimase in silenzio per alcuni istanti. Stava togliendo il sangue dalla gamba di Severus con gli asciugamani di Lily. "Deve andare in Infermeria," sottolineò. "i graffi di Lupo mannaro sono..."

"Lo so," la interruppe l'altro. "Ce lo porterò. Solo... Non voglio che sembri troppo grave quando Madama Chips lo vedrà. Io..."

"James, stai sanguinando!"

Lily notò il grosso strappo sul retro di una delle spalle di James—un chiaro segno di artigli.

"Ne ho avute di peggiori," fece James breve. "Ma ho bisogno che mi aiuti a sistemarla prima di portare Piton da Madam Chips. Okay?"

"Non so come si guariscono i graffi di Lupo Mannaro..."

"Allora immagino sia una cosa buona il fatto che io sì. Abbastanza bene, almeno. Guarda, va bene?"

Lily non l'aveva mai sentito parlare in maniera così brusca—e questo diceva già tutto. Guardò e ascoltò James chiudere gli squarci sulla gamba di Severus, nel frattempo cercando di ricostruire il puzzle nella sua mente.

"Okay," sussurrò, "quindi Remus è un... un... un..."

"Lupo mannaro."

"Quello."

James annuì lentamente.

"E tu sei un—un Animagus."

Annuì di nuovo, gli occhi fissi su Piton, l'espressione cupa.

"Prongs," precisò."Ma—ma ho letto il registro. Tu non ci sei. Quindi... quindi devi essere... non registrato." Lui non la contraddisse. Moony, Wormtail, Padfoot, e Prongspensò. Moony, Wormtail, Padfoot, e Prongs. "Moony—è ... è Remus? Per la luna. Perchè è un... ma allora... Wormtail e Padfoot... i soprannomi di Peter e Sirius. Che...?" Si fermò. "Anche loro si trasformano. Come te. E' così?"

James stette a lungo in silenzio prima di rispondere. "Peter è un ratto," disse alla fine. Lily aspettò per la spiegazione su Sirius.

"E... e 'Padfoot?'" lo sollecitò.

"Un cane," sussurrò quasi.

La pelle sulla gamba di Piton si era quasi rimarginata. Un brontolio cupo nel cielo presagì pioggia imminente. "D'accordo," disse Lily, "Penso di poterti sistemare la spalla... ma prometti che la farai guardare anche a Madama Chips?"

"No."

"Ma..."

"Hai la minima idea del numero di guai in cui potrebbe cacciarsi Remus per aver attaccato uno studente, figuriamoci due?" James abbaiò. Lily lo guardò fissa—sinceramente, non aveva considerato quell'aspetto.

"E allora perchè porti Piton da Madama Chips?" chiese. "Sai che dovrà fare rapporto a Silente."

James le fece segno di avvicinarsi e sistemargli la spalla, e lei obbedì. "Ci sono due motivi," fece cupo. "Uno, Piton ha visto Remus. Sa come superare il Platano e arrivare alla Stamberga. E' troppo tardi per farci qualcosa. Il secondo—beh, da un'occhiata alla sua gamba."

Lily distolse lo sguardo dal proprio lavoro per guardare brevemente quello di James. Il taglio di Piton si stava riaprendo piano piano, e alcune gocce di sangue cominciarono a uscire "Perchè fa così?" chiese, in preda al panico.

"Devi continuare a richiuderle per un po'," fece James, riprendendo il suo lavoro sulla gamba di Piton. "Sono ferite maledette."

Lily finì di rimarginare la spalla di James. Aggiunse delle bende per sicurezza, e gli ricucì la veste con la magia. "Devi farla vedere a Madama Chips," insistette, ma lui scosse la testa.

"Peter può sistemarmela," disse. "Fidati—abbiamo fatto un sacco di pratica." Il Malandrino si alzò in piedi. "Lily, non credo ci sia bisogno di dirlo, ma—quello che hai visto oggi, non puoi dirlo a nessuno."

Lily annuì. "E con Sev...?"

"Onestamente...?" James guardò il Serpeverde in basso e respirò. "Non ne ho idea."

Iniziò a piovere.

"Torna al dormitorio," James le ordinò quasi. "Lo porterò io in Infermeria."

"Non ti serve ...?"

"Puoi entrare nel cortile ovest abbastanza facilmente. La porta si apre con l'incanto aperio magnus."

"James..."

Ma prima che potesse finire qualunque cosa aveva intenzione di dire, furono interrotti.

"Eccoti qui, Prongs," disse Sirius Black, avvicinandosi. "Che sta... Evans, che ci ...?" Notò Piton e si fermò. Lily vide il viso di James farsi molto, molto pallido.

"Vai, Lily," fece, senza distogliere gli occhi da Sirius.

"James, che..."

"Lily."

I suoi occhi nocciola lampeggiarono pericolosamente, e Lily fu abbastanza saggia da non contraddirlo. Tirandosi su il cappuccio per proteggersi dalla pioggia, si voltò e se ne andò.

"Prongs..." iniziò Sirius quando rimasero soli; fece un passo avanti, ma James si allontanò.

"No," scattò. "No, cazzo, tu stai alla larga da me, Sirius!"

La pioggia si fece più fitta e forte, e James fissò freddamente il suo compagno Malandrino, che sembrava essere troppo scioccato per parlare.

"James..."

"Ma a che cazzo stavi pensando?" James lo interruppe. "A che cazzo stavi pensando? Uccidere Piton? Assassinare Piton? Mettere Remus in più guai di quanto riesca a dire... Evans era lì fuori—avrebbe potuto essere... Piton avrebbe potuto... Avresti... Cazzo, Sirius, a che stavi pensando?" E la sua voce alla fine si ammorbidì in maniera appena percepibile, tanto che Sirius ebbe il coraggio di fare un passo avanti.

"Non stavo... è che io... Non lo so, ero... Regulus, e..."

"E la parte peggiore," disse James amaramente, come se nona vesse sentito i tentativi ineffettivi di Sirius di dar voce ai suoi pensieri, "La parte peggiore è che io pensavo davvero che tu fossi diverso... diverso da Piton, dai Serpeverde, dalla tua famiglia di merda. Pensavo—pensavo che fossi uno di noi. Ma mi sbagliavo, non è così? Non sei diverso. Sei identico a loro."

"Zitto," Sirius ordinò. In futuro, non avrebbe mai saputo cosa l'aveva spinto a dire le parole che disse poi, tranne per il fatto che la rabbia e la paura gli ribollivano dentro da troppo tempo. Sentì una chiave che armeggiava alla serratura del suo cervello, e mentre le parole gli si formarono sulle labbra, lo scatto di una porta che si apriva. Era consapevole di quello che stava dicendo, e riuscì a scorgere la rabbia negli occhi di James prima che essa effettivamente vi apparisse, ma stava già oltrepassando la soglia e ancora oltre il punto di non ritorno. "Non hai il diritto di dire così, James. Non far finta che ti sarebbe interessato anche un minimo di Piton se non fosse stato per lei. E solo perchè hai paura di quello che lei possa pensare, non hai il diritto di..."

Un movimento semplice, davvero; il movimento semplice e fluido del suo braccio, che si piegava all'indietro e scattava in avanti carburato da un getto di adrenalina, finchè la sua mano stretta a pugno serrato non entrò in contatto con la faccia di Sirius.

Sirius barcollò, inciampando e scivolando sulla schiena—nell'erba bagnata. James non si voltò a guardare dove era caduto il suo migliore amico; Piton stava riprendendo i sensi. Il Malandrino si caricò in spalla il Serpeverde delirante.

"Cazzo, stai alla larga da me," si disse alle spalle, prima di incamminarsi in direzione del castello.

Acqua fredda nei capelli, e dolore all'occhio sinistro.

Le parole d'addio di James iniziarono a svanire dalla sua mente, e Sirius non sentì altro che un pulsare forte nelle orecchie: il battito del suo cuore. Acqua fredda nei capelli, e un dolore all'occhio sinistro. Lenta, l'acqua gli scivolò giù per il collo... anche le spalle si erano bagnate... il colletto della veste... la grande luna bianca lo sovrastava minacciosa, appesa tra nubi vorticanti e un cielo nero senza stelle.

Ci era già stato lì.

Cazzo, stai alla larga da me..

Era il sogno... il sogno in cui annegava.

Uccidere Piton? Assassinare Piton?

Sirius aspettò. Aspettò che l'acqua lo avvolgesse e lo sovrastasse.

Non sei diverso. Sei identico a loro.

Aspettò di scivolare sotto la superficie, affondare, annegare.

Geniale.Giusto. Perfetto.

Aspettò e aspettò. La pioggia gli scivolava sul viso.

Alla base dell'albero, c'è una fessura tra le radici...

Geniale. Giusto. Perfetto.

Cazzo, stai alla larga da me.

Aspettò che l'acqua lo sovrastasse. Aspettò che l'erba scomparisse, come era successo nel suo sogno, che l'acqua lo ingoiasse. L'occhio pulsava, la schiena gli faceva male. Aspettò di affondare e annegare. Aspettò che l'acqua lo ingoiasse, ma non lo fece.

Era solo la pioggia.


 
ndT 1:”...Life is but a dream” è il verso finale di una filastrocca inglese per bambini, che recita: “Row, row, row your boat, gently down the stream… merrily, merrily merrily merrily, life is but a dream”, che è una metafora per le scelte difficili della vita, stando a wikipedia. Si ricollega con il capitolo 12, intitolato, appunto, “Merrily Merrily Merrily…”
A.N. L'ultima interazione tra James and Sirius è stata scritta tanto, tanto tempo fa—penso ancora prima che pubblicassi persino il primo capitolo su questo sito. Ci ho messo un'ora per ritrovare il file in cui l'avevo salvata, lol.
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Fuori ***


Rieccoci qui, questa volta abbiamo fatto davvero presto. Senza ulteriori preamboli, a voi il capitolo 22. Buona lettura.;)
 


 
Disclaimer: Copyright Jo-Ro

In precedenza: James ha settantaquattro punizioni, e se ne prende un’altra, rischia di essere espulso. Il Serpeverde idiota in capo, Nicolai Mulciber, attacca Mary MacDonald con un Imperius, vagamente reminiscente dell’attacco, poi insabbiato, con la Cruciatus a Marlene tempo prima quell’anno. Frank e Alice sono innamorati, e Adam confessa alla sua solo-un’-amica Marlene che la ama, ma lei... beh, ne saprete di più in seguito. Donna se la fa con questo Corvonero, Charlie, che ha una ragazza, Cassidy, e il senso di colpa di Donna unito a problemi di rabbia più generale la portano a denigrare la morte del padre di Lily, cosa di cui Lily non è per niente felice. Si de-amicizzano. Sirius ce l’ha con Piton per aver corrotto, probabilmente, Regulus, e Piton per principio odia i Malandrini, quindi Sirius rivela a Piton come entrare sotto il Platano Picchiatore per vedere Remus lupo con la luna piena. Piton va laggiù, James lo scopre, James salva Piton, ma Piton vede Remus, e ce l’hanno tutti con Sirius. Sirius sogna di affogare. Lily chiede a James di poter usare la Mappa del Malandrino per seguire il suo ex-ragazzo, Luke, a Hogsmeade, poiché Luke era corso dietro al suo fratello mangiamorte, che sta per cadere in un’imboscata degli Auror (incluso Lathe, sempre presente ovunque). Lily ferma Luke, ma apprende che ha aiutato e assistito il suo fratello fuggitivo, il che potrebbe costituire un problema. Sgattaiolando di ritorno al castello, Lily si imbatte nel fiasco Lupo mannaro-Piton-Platano Picchiatore-James-da-cervo, e nessuno è per niente felice anche di questo.
 
Capitolo 22- "Fuori"
O
"Eclipse"

 
Lily non si ricordò il tragitto fino al suo dormitorio. Non si ricordò se avesse fatto attenzione ad evitare Gazza o meno, se per strada avesse incontrato qualcuno, o se ci fosse qualcuno in Sala Comune. Era caduta in una specie di trance, e all’improvviso si trovò ad entrare nel dormitorio femminile del sesto anno e si accorse che aveva ancora la Mappa del Malandrino in tasca.
Devo restituire la mappa a James, pensò, e letteralmente fu l’unica cosa di cui il suo cervello si era reso conto.
Era così dannatamente stanca. Aveva bisogno di una doccia—i capelli erano umidi per la pioggia e il sudore, e i suoi vestiti erano forse la cosa più scomoda del mondo, ma, per Agrippa, era esausta, e non aveva voglia nemmeno di lavarsi i denti.
Devo restituire la mappa a James.
Forse era un meccanismo di difesa, ma era fisicamente incapace di pensare ad altro mentre si sfilava la veste e la buttava sulla sedia. Non riusciva a pensare a Luke. Non riusciva a pensare a Severus. Non riusciva a pensare a niente. Solo—devo restituire la mappa a James, ancora e ancora come un disco rotto.
Lily si trascinò verso il suo letto, vagamente consapevole di riuscire a sentire il russare di Mary—che le tende attorno ai letti di Donna, Shelley, Carlotta, e Marlene erano chiuse, segnale che probabilmente stavano dormendo e che era, quindi, in tutto e per tutto sola, ma soprattutto solamente devo restituire la mappa a James.
Era sotto shock—sapeva anche questo.
Aprì le tende del letto, e, per un momento, pensò di essere tanto stanca da essere andata nel letto sbagliato, perché c’era già qualcun altro. Ma un’occhiata veloce ai suoi effetti personali le disse che era, in realtà, il suo letto, e si avvicinò per guardare.
"Marlene?" sussurrò.
Marlene era sveglia, distesa sul letto di Lily al di sopra delle coperte, ma stringendosi un cuscino contro il corpo coperto da una camicia da notte. Passarono un altro paio di secondi prima che Lily si accorgesse che Marlene stava piangendo. Poi, il suo cervello fece in qualche modo il collegamento. Con una forte spinta, metaforicamente, Lily spostò confusione, shock e stanchezza, e si arrampicò sul letto affianco all’amica.
"Marlene, tesoro, cosa c’è che non va?" bisbigliò.
Marlene tirò su col naso, asciugando le lacrime dagli occhi rossi. "Io-Io t-t-ti stavo aspettando," gracchiò cercando di sminuire. "Io-Io è che..." E poi si sciolse di nuovo in lacrime. Lily passò un braccio attorno alle spalle della bionda, attraendola a sé, tutte e due mezzo distese, mezzo sedute sul letto.
"Mar, è tutto okay. È tutto okay. Che è successo?"
Quasi un minuto trascorse, prima che Marlene fosse abbastanza padrona di sé da parlare. "A-Adam," balbettò. "Ha—ha detto che mi ama."
La presa di Lily si fece più stretta. "Che gli hai risposto?" disse piano, ma la risposta era ovvia. Marlene guardò in su e incrociò il suo sguardo, e Lily annuì. “Va bene," sussurrò di nuovo. "Andrà tutto bene."
Marlene voltò la testa e iniziò a piangere affondata nel maglione (ormai davvero disgustoso) di Lily, e nessuna delle due si mosse o disse molto finché Marlene si addormentò e poi— molto più tardi—anche Lily fece lo stesso.

L’ufficio del Preside non era mai completamente silenzioso. Oltre al lieve russare che proveniva dai ritratti dei Presidi passati, c’era sempre il ticchettio dei vari aggeggi del Professor Silente, e se Fanny—la fenice di Silente—per caso era presente, di solito faceva un qualche tipo di rumore. L’ufficio non era mai completamente silenzioso, ma mentre James e Sirius stavano in piedi davanti alla sua scrivania, era di certo la cosa più vicina al silenzio di cui James avesse mai provato esperienza.
Il Preside li osservò tutti e due con molta attenzione per un lunghissimo minuto; la Professoressa McGranitt e il Professor Lumacorno stavano in piedi ai suoi lati. James aveva detto la sua parte, e Sirius era rimasto in silenzio, e adesso tutti sembravano in attesa di qualcosa che nessuno desiderava arrivasse.
"Molto bene," disse Silente alla fine. Si appoggiò alla scrivania, l’allegria completamente assente dai suoi occhi azzurri, ancora fissi su James o Sirius o entrambi. "Professoressa McGranitt, Professor Lumacorno," il mago più anziano si rivolse agli altri due puntualmente. "Vi prego di portare il signor Potter fuori per un momento. Vorrei scambiare una parola col signor Black."
Sirius impallidì mentre James veniva scortato fuori dall’ufficio. I due capi delle case non dissero niente, ma lo condussero giù per la scalinata fino al corridoio. Continuarono a stare in silenzio durante l’attesa.
James, in quel momento, non era sicuro dei propri sentimenti. Aveva paura—Sirius sarebbe stato espulso di certo. Era inevitabile, e James sapeva di non volerlo, ma allo stesso tempo, non sapeva perché. Era anche furioso. La rabbia gli aveva fatto ribollire il sangue, e non era stato capace nemmeno di guardarlo, Sirius—e non voleva, mai più. Si sentiva ferito e tradito; era preoccupato per Remus, preoccupato per quello che Piton avrebbe detto o fatto quando Madama Chips avrebbe finito con lui. Era proprio un miscuglio di emozioni orribili, nessuna di loro abbastanza forte da prevalere sulle altre, e così si davano battaglia nelle sue budella mentre aspettava che Silente lo richiamasse nel suo ufficio.
Accadde parecchi minuti dopo, quando Sirius apparve sulle scale e, incrociando a stento lo sguardo di James, borbottò: "Vuole parlare con te." Sirius così aspettò con la McGranitt e Lumacorno, mentre James ritornò nell’ufficio del Preside.
Silente era ancora seduto. Era serio e stanco, James notò per la prima volta.
"Ciao, James," lo salutò piano.
"Professore."
Silente sospirò. "Credo che tu sia al corrente della gravità della situazione. Madama Chips dice che il signor Piton si riprenderà completamente..." James avrebbe potuto sentirsi sollevato (per il bene di Remus), se non lo avesse già saputo. "Ma dovrò prendere dei provvedimenti."
"Capisco," disse James. Ecco un’altra grossa questione—sarebbe stato lui espulso? Certo, aveva salvato Piton, ma era stato anche fuori dal castello dopo il coprifuoco... e in una notte, se ne stava rendendo conto ora, che era stata tutto fuorché tranquilla. C’erano Auror in fermento... era successo qualcosa al villaggio (non sapeva ancora cosa, esattamente), e c’era una generale sensazione di panico al castello. E inoltre, era a conoscenza del segreto di Remus, e anche se la parte della storia in cui James faceva la sua apparizione da Animagus illegale era stata saltata a convenienza, tutto l’accaduto comportava certe implicazioni... che conosceva la strada per la Stamberga Strillante, per esempio... e c’era anche stato, prima di allora. E, ciliegina sulla torta, c’era la minaccia incombente delle punizioni... una era tutto quello che serviva alla lista di James per raggiungere il minaccioso numero di settantacinque.
"James, quali pensi che fossero le intenzioni del signor Black?" chiese Silente piano, cogliendolo completamente di sorpresa.
"Non lo so," ammise, incerto se stesse proteggendo Sirius o no. "Lui—lui non pensa, un sacco di volte.  Ma non so dire se avesse intenzione di..." assassinare Piton. "Non lo so proprio, Professore."
Silente annuì. Fanny la Fenice gonfiò le penne. "Come hai fatto a scoprire il sentiero che porta alla Stamberga Strillante?"
Si chiese se fosse per caso un test—se Sirius aveva dato una versione, e adesso a lui, James, era chiesto di confermare. Ma non c’era modo di sapere quello che Sirius, potenzialmente, aveva detto, e quindi si limitò alla verità (o qualcosa di presumibilmente vicino). "L’abbiamo scoperto al secondo anno. Noi—Peter, Sirius, e io—ci siamo accorti che tutte le assenze di Remus coincidevano con la luna piena, e noi…"
"L’avete seguito?" sostituì Silente.
James annuì. Assomigliava alla realtà, comunque, e non era troppo a loro sfavore.
Anche Silente annuì. "E... prima di questa sera, hai visto il signor Lupin sotto la sua altra forma?"
Di nuovo un’esitazione, e poi—"Sì."
"Spesso?"
"No."
"E il signor Black e il signor Minus?"
"Sirius sì." Non voleva trascinare dentro Peter se poteva evitarlo. Silente sembrò capirlo. I suoi occhi restarono fissi su James per un po’, e poi cambiò posizione sulla sedia e osservò il piano della scrivania.
"James, quello che hai fatto stanotte è stato molto coraggioso."
Qualunque cosa James si aspettasse, non era questa.
"Hai affrontato un lupo mannaro per salvare qualcuno con cui hai una relazione... meno che affabile. L’hai portato in Infermeria per ricevere cure mediche, anche se sapevi che avrebbe significato una punizione per il tuo amico. In breve, hai agito nel miglior interesse del signor Piton nonostante grossi rischi personali." Guardò il giovane mago, aspettando evidentemente una risposta.
"Oh," fu tutto quello che James riuscì a dire.
"E quindi, considerato questo, ho deciso di assegnare cinquanta punti al Grifondoro."
Non se lo aspettava per niente.
"Che?" chiese James, prima di riuscirsi a trattenere.
"Ti assicuro," disse Silente, "considerati i punti che la tua casa ha appena perso, il numero non è così elevato."
Punti appena persi... ma questo significava...
"Quindi—Sirius non sarà espulso?" chiese James, scioccato.
Il Preside non rispose subito. "Il suo caso verrà sottoposto a ulteriori indagini, dopo che avrò parlato più a fondo con il signor Piton. Ma per adesso, non è stato espulso, no."
James non riuscì a capire se si sentisse arrabbiato o sollevato, quindi non si applicò più di tanto. "E Remus?" chiese.
"Il signor Lupin non è responsabile delle sue azioni di stanotte," disse Silente. "Non penso sarebbe giusto per lui soffrirne le conseguenze. Sfortunatamente, le regole del Ministero non sono sempre giuste..." James spalancò gli occhi, e aprì la bocca per protestare, "ragion per cui," continuò l’altro, "Aspetterò fin dopo aver parlato col signor Piton prima che venga presa alcuna decisione che riguardi anche il signor Lupin." James non capiva, ma c’era una nota di definitivo nel suo tono che gli disse che la conversazione era finita. "Ora dovresti andare a letto."
"Si, Professore." Si voltò per andarsene, ma si fermò alla porta. "Professore... so che probabilmente non può dirmelo, ma—cosa ha detto Sirius?"
Silente sospirò ancora una volta. "Molto poco, in realtà. Ha insistito soprattutto sul fatto che non eri assolutamente al corrente delle sue azioni."
"...Oh."
"Buonanotte, signor Potter."
"Buonanotte, Professore."
Sirius era ancora nel corridoio con la Professoressa McGranitt e il Professor Lumacorno quando James arrivò. All’inizio, pensò che il suo compagno Malandrino lo stesse aspettando, ma poi Sirius si incamminò dietro la McGranitt di nuovo verso l’ufficio di Silente, e James si accorse che il Preside doveva avergli chiesto di restare.
"Aspetti, Professore," disse James con urgenza, e entrambi gli insegnanti lo guardarono. "Non posso restare? Solo—devo accertarmi che Remus stia..."
"No, Potter," disse la McGranitt, più pallida e rigida del solito. "Devi andare a letto, adesso."
Ma era proprio ingiusto. Sirius l’avrebbe scoperto prima di lui... Sirius a cui non era importato un cazzo, abbastanza da...
"Per favore, Professoressa, non riuscirò a dormire comunque, e..."
"Hai lezione domani mattina, Potter," disse Lumacorno. "Devi andare a letto."
"Professoressa McGranitt," James la pregò, ma scosse la testa risoluta. Poi, per un millesimo di istante, la sua espressione si ammorbidì.
"Ti riferirò i dettagli domani mattina," promise. "Adesso devi ritornare al tuo dormitorio."
Insoddisfatto e sconfitto sapendo che questo sarebbe stato il massimo che avrebbe ottenuto, James annuì. Si voltò e si incamminò imbronciato di ritorno alla Sala Comune di Grifondoro.
Il ritratto della Signora Grassa era sullo stesso piano ma in un’altra ala del castello, e James decise di non affrettarsi. Per molto tempo, rimase da solo nei corridoi, a parte i ritratti addormentati e le armature splendenti, ma avvicinandosi al corridoio che portava all’entrata della torre di Grifondoro, James incontrò un’altra persona. Lathe.
L’Auror camminava nella direzione opposta, e si stringeva con la mano un braccio, che sanguinava.
"Sta bene?" chiese James mentre Lathe si avvicinava. L’ Auror annuì.
"Niente di grave," borbottò. "Metropolvere collegata alla stanza sbagliata, dannazione. Non dovresti essere a letto?"
"Sono stato da Silente," rispose James apatico. Poi si ricordò quello che Lily gli aveva detto. "L’avete preso? Avete preso Logan Harper?"
Lathe fece un respiro profondo. C’era dello sporco sul suo viso, e sembrava sfinito. Scosse la testa. "Non esattamente," fece Lathe cupo. "E’ morto."
 
(Al Mattino)
 
A sorpresa, fu Peter Minus che riempì molti spazi vuoti di Lily.
Si era svegliata molto presto, e si era cambiata e fatta la doccia prima che chiunque altro (anche la mattiniera Carlotta) si fosse alzato. Marlene era ancora nel letto di Lily quando la rossa scivolò fuori dal dormitorio senza sapere chiaramente dove andare. Scese in Sala Comune pochi minuti prima delle sei e mezza, ed era vuota, quindi rimase seduta per un po’ su un divano senza uno scopo preciso, finché Peter Minus apparve sulla scala del dormitorio maschile, con l’aspetto stanco e ansioso che anche Lily sentiva di avere.
"Oh—Buongiorno, Lily," la salutò il Malandrino, impacciato. Si avviò verso il buco del ritratto, evidentemente tentando una fuga veloce, ma Lily lo seguì.
In quanto a fuga, era tenace, e anche se la sua avversaria era un’inarrestabile Lily, fu solo dopo che gli aveva detto tutto quello che già sapeva o aveva dedotto della notte precedente, che decise di arrendersi.
"Sirius ha detto a Piton come arrivare a Remus," sospirò Peter, mentre lei lo seguiva nel corridoio del settimo piano. "James non è contento—sul serio, non so nient’altro."
"Qualcuno verrà espulso?" incalzò Lily, ma Peter si limitò a riasserire la propria ignoranza sull’argomento. "E tu dove vai?" gli chiese, quando si accorse che non aveva idea di dove fosse diretta.
"Devo prendere il mantello. James l’ha lasciato nel tunnel."
"E tu puoi prenderlo facilmente," Lily realizzò. "Grazie alla tua... sai, no... abilità."
"Già."
"Dov’è Remus ora?"
"Che ne so. Infermeria, probabilmente, o ci sta arrivando con il Guaritore—ehm—Madama Chips."
"James sta bene? La spalla, sta...?"
"Starà bene. Ne ha passate di molto peggiori."
Lily annuì. "Lo fate ogni mese, non è così?" chiese, ma era più un’affermazione. "Andate con Remus da animali, perché così non può ferirvi. Non è così?"
Peter annuì senza parlare, e Lily si sforzò di capire tutto.
"Ma perché Sirius l’ha detto Piton?"
Il Malandrino si fermò, erano arrivati alla scalinata. "Lily," fu tutto quello che disse, ma riuscì a trasmettere una dozzina di cose—del tipo, sapeva già la risposta a quella domanda, e per favore non chiedermi più niente, e sul serio, doveva sbrigarsi. Annuì brusca.
"Grazie, Peter."
E con un ultimo, infelice sorriso, Peter scese la scalinata, e Lily ritornò in Sala Comune.

Tutte le mattine dovrebbero essere così magnifiche. Stiracchiandosi e sbadigliando, Alice sentì il proprio volto contorcersi in un sorriso alla luce del sole che entrava dalla finestra del dormitorio del Caposcuola. Tutte le mattine dovrebbero essere così magnifiche, pensò di nuovo, al caldo sotto le coperte e alla luce del sole mentre si rigirava sul fianco.
Frank accanto a lei si mosse, e Alice sorrise.
Sbadigliò, stiracchiando le braccia e voltando la testa verso la ragazza sorridente accanto a lui. "Buongiorno," mormorò rauco attirandola a sé. Appoggiò la testa al suo petto, allungando le mani verso l’alto e passandogli le dita tra i capelli.
"Buongiorno," sussurrò. "Non muoviamoci mai più, okay?"
"Da qui?"
"Mhm."
Frank gemette. "Che ore sono?"
"Non importa—non ci muoveremo mai più."
"Mai, mai più?"
"Mai, mai più."
"Mmm-kay." Nonostante questo, il Caposcuola allungò il collo per guardare la sveglia sul comodino, prima di gettare di nuovo la testa sul cuscino. "Abbiamo tempo," annunciò assonnato.
"Tutto il tempo del mondo?"
"No—più o meno quindici minuti, però." Alice rimase immobile per un momento, e poi guardò in su Frank, con un sorrisetto. "Pensavo non volessi muoverti mai più," le ricordò, copiando la sua espressione.
"Potrei fare un’eccezione."
"Oh, davvero?"
"Sì."
"Beh, okay."
Alice si sollevò sulle mani e lo baciò piano e lentamente sulle labbra. Lui la tirò sopra di sé, facendola ridere contro le sue labbra mentre mormorava: "Sai, penso di essere ancora innamorata di te."
"Sul serio?"
"Mhm."
"E allora suppongo che siamo tutti e due condannati."
"Mi ami anche tu?" cinguettò Alice.
Frank annuì, serio. "Sempre."

Il sonno faceva strane cose al cervello, Donna. Per esempio, quella mattina, era distesa a letto, mezza addormentata, e mentre i suoi occhi si aprivano e chiudevano, poteva giurare che le tende del suo letto baldacchino fossero blu, invece che rosse. Ma ovviamente, non aveva senso. Le tende erano rosse—erano sempre rosse; era solo il suo cervello assonnato a colorarle di blu.
Stette un po’ con lo sguardo fisso verso l’alto, aspettando che le tende tornassero del loro normale scarlatto. Eppure, rimasero impassibili in quella sfumatura di scuro, regale, blu Corvonero.
...
Merda.
Donna si tirò su a sedere e si voltò verso Charlie Plex, steso accanto a lei. Sveglio.
"Sei un idiota," abbaiò, dandogli un calcio. "Perché non mi hai svegliata?"
"Sembravi così in pace," la prese in giro Charlie, e Donna gli diede un altro calcio. Cercò in fretta la bacchetta e lanciò un muffliato intorno al letto schermato.
"Come, esattamente, si presume che vada a lezione nell’ora più affollata del giorno senza che nessuno mi veda?" gli chiese, arrabbiata.
"Oh, chi se ne importa?" fece Charlie con voce monotona, annoiato. Donna roteò gli occhi.
"La tua fidanzata forse. E comunque, io."
Charlie si limitò a scrollare le spalle. "Suppongo che non sai fare un buon incantesimo di disillusione?" Iniziò ad aprire le tende, ma Donna gli afferrò il braccio.
"Come hai potuto far succedere una cosa del genere?"
"Sei tu quella che si è addormentata."
"Sei tu quello che mi ha fatta rimanere qui tutta la notte!"
"Beh, comunque, io voglio fare colazione, quindi o ti inventi qualcosa, o rassegnati al fatto che le persone scopriranno dove hai passato la notte." Detto questo, scivolò via dal letto, pur tenendo chiuse le tende dietro di sé. Donna esalò un respiro, arrabbiata, e si rimise distesa, passandosi le mani tra i folti capelli ricci, frustrata.
(Amore non corrisposto Livello Uno)
 
Lily aveva tutta l’intenzione di parlare a James, Sirius, Remus, Sev, e Luke (senza ordine particolare), per prima cosa quella mattina, ma la sua vita aveva altri piani. Appena finito con una colazione frettolosa, Marlene—pallida e con un sacco di sonno arretrato—apparve, and Lily si trovò a dover portare a termine altri compiti.
"Okay, tesoro," la blandì la rossa, mentre Marlene mutilava violentemente le proprie uova strapazzate. "Puoi almeno spiegarmi quello che è successo?"
Marlene sospirò. Visto che era presto, erano due dei pochi Grifondoro presenti a tavola, quindi sentì di poter condurre quella conversazione in maniera abbastanza privata. "Ecco, la notte scorsa," incominciò la strega con aria infelice, "Sono scesa al campo di Quidditch perché Reg Cattermole aveva detto che Adam sarebbe stato lì, e avremmo dovuto studiare Trasfigurazione assieme."
"Il campo di Quidditch?" chiese Lily. "Che ora era?"
"Uhm—non lo so... le sette o le otto forse? Non lo so. Perché?"
"Oh. Niente. Non importa. Continua..."
"Quindi sono scesa al campo di Quidditch, e Adam se ne stava seduto lì, e ha detto che stava pensando a qualcosa." Bevve un sorsetto di succo di zucca. "Quindi gli ho chiesto consa c’era che non andava, e..." fissando ottusamente  la propria colazione, "e  l’ha detto. Ha detto che era... lo sai..."
"Innamorato di te."
Marlene sobbalzò. "Già."
"E tu cosa hai risposto?"
La bionda non rispose subito, e mangiò invece una forchettata di uova.
"Marlene, cosa hai risposto?" Lily incalzò. "Devi dirmelo—deve essere stata una cosa abbastanza brutta se ti ha sconvolto tanto."
"Oh, Lily," gemette Marlene, appoggiando la testa sulla spalla di Lily. "Ho detto la peggiore cosa possibile."
"Cioè...?"
"Buongiorno!" canticchiò Mary, arrivando. "Vi siete svegliate presto. Io ho dormito benissimo. Che bella mattinata. Ha piovuto la scorsa notte? Oh, Maggio non è divino? Sto morendo di fame. Le pozioni soporifere sono fantastiche." Si sedette di fronte a loro e sorvegliò la scena. "Allora—cosa mi sono persa?"
Lily lanciò un’occhiata a Marlene, che annuì. "Adam ha detto a Mar che è innamorato di lei," fece la rossa. Mary quasi urlò e iniziò a battere le mani eccitata.
"Oh, uhuuu! Amo le nuove coppie! E posso dire che sapevo benissimo che voi due sareste stati perf..." Poi notò l’espressione di Marlene. "Aspetta—Adam ha detto a Mar che è innamorato di lei? E perché ha l’aspetto di qualcuno a cui hanno rubato un rene?" Finalmente la bruna capì e rimase a bocca spalancata. "L’hai respinto!?" l’accusò. "Marlene Price, sei pazza?"
Marlene seppellì il viso tra le braccia sul tavolo, e Lily con uno sguardo truce: "Non sei d’aiuto, Mary."
"Non è il momento della compassione!" protestò l’altra. "Adesso è il momento di colpa e sensi di colpa! Colpa e sensi di colpa!"
"Potresti evitare?" brontolò la voce soffocata di Marlene.
"Hai respinto Adam?" Mary chiese sussurrando furiosamente. "In nome di Merlino, perché hai fatto una cosa del genere? Perché? Chiaramente è innamorato di te, e cosa più importante, tu sei..."
"Mary, basta," insistette Marlene, tirandosi su a sedere. "Davvero, ti prego, non voglio più sentire niente."
Mary osservò attentamente la sua amica e sospirò. "Bene." Allungandosi sul tavolo, Mary diede dei colpetti alla mano di Marlene e le sorrise un po’ incoraggiante. "Non essere così triste, Price. Andrà tutto bene. So che adesso sembra la fine del mondo, ma alla fine..."
"Non mi perdonerà mai," interruppe Marlene disperata.
"Cosa te lo fa dire?" Lily chiese.
"Perché... perché sono stata orribile."
"Cosa hai fatto?" Mary incalzò. "Cosa hai detto?"
"La cosa peggiore," Marlene ripeté. Le altre due aspettarono che elaborasse. "Okay, immaginate che il vostro migliore amico in assoluto..."
"Scusami..."
"Okay, Mary, immagina che il tuo migliore amico maschio ti dica che gli piaci, e tu sei seduta lì, fuori di testa dalla paura, e gli rispondi... in modo molto, molto imbarazzante—qual è la peggiore cosa, la più orribile che tu possa fare?"
Lily e Mary rimasero in silenzio per un minuto, riflettendo. Poi, quasi nello stesso momento, la comprensione si rifletté sul loro viso. Lily gemette, e Mary sembrava scioccata. "Mar, no..." Marlene lasciò cadere di nuovo la testa sul tavolo. "Marlene..." Lily iniziò ancora una volta, "Solo per essere chiare, tu—hai incolpato lui di tutto, non è così?"
"Sì!" mormorò Marlene, ma suonò più come un "S-ih-uh-ì."
"Ma... ma Marlene, come hai potuto? è—questa è roba da Amore non Corrisposto livello Uno!"
"Ha ragione," Mary rincarò, orripilata. "Non conta quanto il ragazzo possa essere inquietante, o quanto non sia dipeso da te, se ti professa il suo amore, in quanto ragazza è tuo triste compito l’essere carina, e come minimo far finta che forse avrebbe potuto avere una possibilità."
"Stiamo parlando di Marlene, Mary," Lily le ricordò.
"Io sto parlando di Marlene! Come hai potuto incolpare il povero Adam? Come hai—cosa hai fatto esattamente, Marlene? Quanto è stato brutto?"
Marlene rialzò la testa, mettendo il broncio. "Non voglio parlarne più," insisté. "Non voglio pensarci. Voglio solo..."
"Obliviarti?" suggerì Mary. "Seppellirti in una bara riempita di gelato, forse? Sì, lo sappiamo... ma tesoro, non puoi lasciarci così!"
"Mary, sul serio," Marlene continuò, "Non posso parlarne adesso." Così, si alzò e andò via in fretta dalla sala. Lily sospirò.
"Vado ad assicurarmi che stia bene," disse la rossa, rassegnata, ma mentre si alzava dal tavolo, anche Mary saltò su.
"Vengo con te," si offrì volontaria.
"Ma non hai fatto ancora colazione..."
"E che cos’è il cibo nei confronti di cuori spazzati e drammi?" Ma il mezzo sorriso di Mary non era del tutto convincente, mentre seguiva Lily fuori dalla Sala Grande.
Quando, nella Sala d’Ingresso, incrociarono Donna—che stava scendendo a colazione—Lily sembrò proprio non notarla, e anche se Mary le fece un saluto stentato, la loro compagna di stanza non rispose, e né Lily né Mary la videro seguirle triste con lo sguardo.
 
(Risveglio, Di nuovo)

Tum.
Merda.
Tum.
No.
Tum.
Tum.
Tum.
Col cuore che batteva, gli occhi di Remus Lupin si spalancarono di scatto. Si mise a sedere sul letto—una brandina nell’infermeria—e urlò.
Tremava, coperto di sudore freddo, e James and Peter ce la misero tutta a impedirgli di lanciarsi fuori dal letto. Gli occhi erano grandi, rotondi, e rimasero dilatati per un paio di secondi—un lampo di giallo, e poi di nuovo del normale grigio, ma più terrorizzati di quanto James li avesse mai visti.
"Porca puttana," imprecò maniacale, annaspando in cerca d’aria come se avesse appena avuto un attacco di tosse. "Porca puttana," ripeté il lupo mannaro. "Ho—ho fatto qualcosa? Qualcosa è successo... Lily... era... e James—James, ti ho graffiato, Dio, non so... Merda, Prongs, qualcosa è andato storto... cos’è andato storto?" Era isterico: maniacale e brusco, come solo la luna piena poteva rendere Remus, di solito calmo e posato. James non guardò l’amico negli occhi, e Remus temette il peggio. "Ho morso qualcuno?" sussurrò. "James... ho morso...? Per l’amor di Dio, rispondimi!"
"Non hai morso nessuno," fece Peter inaspettatamente. "Sei a posto, ok?"
"Che è successo?" Remus continuò a interrogare James. Poi si accorse di qualcosa. "Dov’è Sirius?" Nemmeno Peter fu capace di rispondere a questo. "Dove cazzo è Sirius? Che gli è successo? Non mi ricordo... Non mi ricordo di averlo visto—gli è...? James—per Agrippa non startene lì in silenzio come un patetico..."
"Sirius l’ha detto a Piton," disse James.
Squillante, rimbombante, assordante silenzio.
"Gli ha detto come entrare nel Platano Picchiatore. Piton è sceso e ti ha visto."
"Mi ricordo," bisbigliò Remus debolmente. "Ricordo—ho attaccato Piton, e… tu. Tu l’hai salvato." Paura—freddo, maledetto terrore—lo invasero di nuovo. "Piton sa..." borbottò maniacale. " Piton sa—lo dirà—sono fuori. Sono fuori. Silente non può... Avrei potuto ucciderlo. Avrei potuto trasformarlo! È troppo—sono fuori." Si passò le mani tra i capelli marroni, tirandosi all’indietro la pelle pallida come un fantasma, lucida di sudore e lacrime febbrili. "Porca puttana, come è potuto... come è potuto accadere? Sono espulso... devo... avrei potuto uccidere..."
"Non sei espulso," disse James piano. "La McGranitt me l’ha detto stamattina. Silente ha risolto. Silente ha risolto tutto—con Piton, con tutti. Sei al sicuro. Piton è laggiù, privo di coscienza..." fece un cenno vago verso l’altra parte dell’infermeria, "...sotto pozione soporifera. Silente ha risolto tutto per te."
"Ma—ma come ha fatto Silente a risolvere?" E poi, Remus realizzò qualcos’altro. Lasciò cadere le mani. "Sirius l’ha detto? Perché l’ha fatto? Perché l’ha detto a Piton? James, perché avrebbe dovuto...?"
"Fai due più due, Remus," James interruppe aspro. Non riusciva a costringersi a dire quelle parole. Non riusciva a pensarci.
Il viso di Remus si fece di pietra. "Voleva che mordessi Piton. Voleva che... che... mi ha usato. Ha usato quella cosa in cui mi trasformo per..." Il corpo di Remus si contorse e incominciò ad essere scosso dai conati, e James afferrò una pozione dal comodino.
"Lupin—Remus, bevi. Ti aiuterà, dai..." James riuscì a spingere la maggior parte della pozione giù per la gola del suo amico, e un paio di minuti dopo, Remus aveva quasi smesso del tutto di tremare. Ricadde sulla brandina, spezzato ed esausto.
"Che—che succederà adesso?" riuscì a biascicare dopo un po’ di tempo.
"Silente ha risolto la tua situazione," fece Peter. "Starai bene, e... sembra sicuro del fatto che Piton non dirà niente a nessuno."
Remus emise un suono di scherno. "E Sirius?"
"Non è stato espulso," Peter continuò. "Ha perso un sacco di punti—Grifondoro non vincerà la coppa delle case—e non potrà mai più giocare a Quidditch finché è a scuola. E ci sono delle punizioni. Non conosco bene i dettagli, ma..."
"è fuori," interruppe James freddo. "Voglio dire—da noi. Questa volta ha esagerato, ed è—non possiamo perdonare e dimenticare." Gli altri erano silenziosi. "Ho chiuso con lui. Siamo tuti d’accordo? Che Sirius non è... che non è più uno di noi... che è fuori?"
Seguì un lungo silenzio, e poi Remus parlò. "Sono d’accordo," mormorò, la voce roca. "Sirius è fuori."
Guardarono Peter. "Siete sicuri?" chiese l’ultimo Malandrino. "è il tuo migliore amico."
"Non è il mio migliore amico," disse James. "E’ un possibile assassino."
"Mi ha usato," fece Remus.
Peter sembrava un po’ triste, ma annuì. "Avete ragione... Sirius è fuori."
"Bene," sussurrò James. "Definitivo."
 
(Come va con Sev)
 
Severus non l’avrebbe mai saputo. Questo, Lily decise durante il primo incontro con il suo amico Serpeverde—un evento che non si verificò fino all’ora di pranzo del primo giorno successivo alla luna piena.
A un certo punto tra colazione e pranzo, la notizia si seppe, e dopo, si diffuse come un incendio indomabile. Come, esattamente, si fosse venuto a sapere, Lily non lo sapeva chiaramente. C’era un po’ di questo e un po’ di quello che la folla in generale poteva confermare—che sembrava che la clessidra con i punti casa di Grifondoro nella Sala d’Ingresso avesse perso più o meno un terzo dei sui scintillanti rubini rossi, e che Severus Piton aveva passato la notte in Infermeria, per esempio. Comunque, Lily non scoprì mai chi fu a dire che Severus Piton aveva affrontato un mostro di qualche specie nella Stamberga Strillante la notte prima e che James Potter era stata la persona che l’aveva salvato.
Era eccezionalmente sollevata per il fatto che il coinvolgimento di Remus fosse rimasto segreto (anche se come Silente avesse fatto a convincere Severus di tenerselo per sé era un altro mistero), e allo stesso modo sorpresa di vedere che lo era stato anche il coinvolgimento di Sirius. Sebbene il centro pettegolezzi di Hogwarts riuscisse a raccogliere tutti i dettagli più minuti, sembra mancare la cosa più ovvia: che James and Sirius erano, abbastanza chiaramente, ai ferri corti. Avevano perso le lezioni del mattino, non si sedevano vicini, non si rivolgevano la parola, e tutti e due apparivano a intermittenza furiosi e afflitti.
Sev ancora non era stato dimesso dall’infermeria quando Lily arrivò a ora di pranzo con la lista dei compiti.
"In generale, date le circostanze, non permetterei a nessuno di fargli visita," Madama Chips informò la Grifondoro, "ma sei la prima persino a chiedere di vederlo, e—beh..."
Lily sentì lo sdegno ribollirle nello stomaco sapendo di essere la prima che era andata a far visita a Severus (perché quegli idioti di Serpeverde non erano venuti?), ma annuì soltanto quando Madama Chips la condusse alla branda schermata del suo amico. Si chiese di sfuggita se uno degli altri letti nascosti alla vista fosse quello di Remus.
Piton era sveglio quando Madama Chips fece entrare Lily, e sembrò sorpreso dalla sua visita improvvisa. Posava il libro che stava leggendo, spingendolo sotto le coperte, e aggiunse: "Che ci fai qui?"
"Sono venuta a trovarti," Lily rispose, decidendo di non chiedere del libro. "Per assicurarmi che tu stia bene." Madama Chips se ne andò nel suo ufficio.
"Perché? Che dice la gente?"
"Beh—uhm... non è molto chiaro. Dicono un sacco di cose diverse." Perché voleva sentire quello che Sev aveva da dire a riguardo.
"Oh."
Lily aspettò qualcos’ altro, e poi incalzò: "Allora che è successo?"
Severus esitò. "Niente. Non è stato niente. Non ti preoccupare."
Lily alzò le sopracciglia, sinceramente sorpresa dalla sua riluttanza a dirle qualsiasi cosa. Forse aveva promesso che non l’avrebbe detto a nessuno. "Sirius Black è in punizione per qualcosa..." disse tentativamente. "Ha a che fare con te?"
Severus si limitò a scrollare le spalle. "Chi lo sa? Black è un idiota. È sempre in punizione."
Lily era a momenti dal rivelare quanto effettivamente ne sapesse della situazione, quando notò qualcosa. Sev non la guardava negli occhi. Aveva un’aria strana, e le sue guance erano insolitamente colorate.
E quello fu il momento in cui Lily decise definitivamente che Severus non sapeva della sua presenza al Platano la notte prima. Non c’era bisogno che lo sapesse, e forse lo faceva anche un po’ per dispetto, e sicuramente sarebbe stato meglio per Black e Potter e Remus che meno persone possibili fossero a conoscenza del pericolo per uno studente causato da un altro studente, ma soprattutto, Lily notò qualcosa nell’espressione di Severus che era... imbarazzo, davvero. Già era abbastanza brutto che James Potter l’avesse visto quando era più vulnerabile, più debole—già era abbastanza brutto che i suoi –si suppone-amici di Serpeverde non si fossero nemmeno fatti vedere per essere sicuri che stesse bene… le dispiaceva per Sev, e sapeva che qualora lui avesse avuto la minima idea di questo fatto, si sarebbe sentito umiliato senza confini. E Lily aveva visto in prima persona cosa faceva l’umiliazione a Severus Piton. Quindi, non l’avrebbe mai saputo.
"Okay..." disse lei lentamente. "Ma non sei—ferito o cose del genere? Ti senti a posto, e tutto?"
"Lei..." Severus fece un cenno diretto all’ufficio di Madama Chips, "vuole che rimanga un’altra notte, ma non ce n’è bisogno. Sto bene."
"Va bene. Oh—ti ho portato i compiti..."
Lily rimase per un’altra mezz’ora, e in quell’arco di tempo tutti e due parlarono di argomenti casuali, per la maggior parte delle lezioni che Severus si era perso quella mattina. Distaccati non discussero niente di importante, e così non litigarono nemmeno una volta.
Aveva saltato il pranzo, quindi—quando lasciò l’Infermeria—Lily era praticamente da sola nei corridoi. Il suo primo istinto fu quello di scendere in Sala Grande e recuperare un po’ di necessarissimo sostentamento, ma lo stomaco si contorceva in maniera spiacevole, e non era sicura che sarebbe riuscita a tenere qualsiasi cosa giù. Era necessario che vedesse e parlasse anche a Luke, e nonostante ci fosse la possibilità che poteva essere in Sala Grande, non l’aveva visto a colazione, e si chiese se forse stesse saltando anche il secondo pasto della giornata. E poi, Lily si ricordò della Mappa del Malandrino, che era ancora in suo possesso (James non si era fatto vedere tutta la mattina e non aveva potuto restituirla), e decise di cercare, così, il suo ex di Corvonero.
Ci vollero parecchi minuti di ricerca tra i puntini etichettati affinché Lily individuasse il corrispettivo su pergamena di Luke Harper, e—come da aspettarsi—non era in Sala Grande. Con suo grande dispiacere, era nell’ufficio del Professor Silente.
 
(Cosiddetta Etica)

In un universo parallelo, Donna rifletté, sarebbe stata nel bel mezzo del suo pranzo con Lily. Avrebbero probabilmente discusso lo scandalo che vedeva protagonisti Severus Piton e James Potter, o forse Mary e Marlene avrebbero parlato di qualcosa mentre Donna avrebbe chiesto lagnandosi di stare zitte, per favore. Marlene si sarebbe lamentata del cibo, e Mary avrebbe smaniato per un nuovo ragazzo, e Lily avrebbe sorriso consapevole, o fatto commenti sarcastici. O forse Mary and Marlene se ne sarebbero rimaste per conto loro, e sarebbero state solo Lily e Donna, e avrebbero parlato delle lezioni, di libri, di Quidditch o qualcosa.
Almeno avrebbe parlato.
Donna si rese conto che le uniche due persone con cui avesse effettivamente parlato nell’arco delle ultime ventiquattr’ore erano Charlie e il Professor Vitious. Nessuno si era rivolto a lei per il Quidditch (in realtà, non aveva visto Potter tutta la mattina), e nessun altro si era rivolto a lei per qualunque cosa...
Nessun "Buongiorno." Nessun "Ehi, Shack, come va?" Nemmeno uno scortese "Ti sposti un poco, che dici?"
Niente.
A parte il rimbombo generale della Sala Grande attorno a lei, Il mondo di Donna adesso era silenzioso, ed era così da—da settimane. Non che nessuno fosse scortese, in effetti... era solo che nessuno aveva niente da dire a Donna Shacklebolt.
Tra un morso e l’altro del suo sandwich, Donna all’improvviso si sentì tanto, tanto sola. Si guardò attorno, presa dal panico, e notò Adam McKinnon non molto lontano.
"McKinnon!" disse, a voce piuttosto alta, disperata. Adam alzò lo sguardo dal suo pasto, interdetto. Sollevò le sopracciglia in sua direzione, and Donna si accorse che in realtà non aveva niente da dire. "Ciao," finì debolmente.
Inaspettatamente, Adam roteò gli occhi. Donna notò che non aveva una bella cera—sembrava che non dormisse da un anno, in realtà. "Risparmia il fiato, Shack. Non voglio sentire."
E, prima che Donna potesse chiedere cosa fosse che non voleva sentire, Adam si alzò, lasciò il suo pranzo a metà, e scappò via dalla Sala, brusco.
Porca miseria—anche ad Adam McKinnon non piaceva! E ad Adam McKinnon piacevano tutti!
Non ricordava di avergli detto nemmeno niente di orribile. Anzi non ricordava di avergli detto proprio niente, ma era facilmente possibile che fosse stata quella che Lily chiamava "priva di tatto" quando erano a lezione assieme, puramente per caso. Se Adam era arrabbiato con lei, quasi sicuramente era per un motivo (non pensò al fatto che il cattivo umore di Adam fosse in generale, non dovuto a una cosa in particolare). O, forse, era proprio che non voleva parlarle. Forse era che non aveva niente da dirle, come lei non aveva avuto niente da dire alla maggior parte delle persone per gli ultimi sei anni. Forse, dopo il suo umiliante crollo emotivo dell’altro giorno, immaginava che volesse solo urlargli contro o piangere sulla sua spalla, o... o forse non gli importava molto di lei.
Donna fissò arrabbiata il suo succo di zucca. Ma certo che Adam McKinnon non voleva parlare con lei, se era di cattivo umore—non era suo amico, dopo tutto. Nessuno—non una sola persona in tutta la dannata Sala Grande—era sua amica... era sempre stata abbastanza chiara su questo: Lily era sua amica, solo Lily. Non aveva bisogno di nessun altro.
E adesso aveva perso Lily, e non aveva nessuno.
Aveva perso Lily—e per cosa?
In quel momento, un rettangolo di pergamena ripiegato cadde sul suo piatto. Sorpresa, Donna si guardò intorno per capire da parte di chi potesse essere, ma un grosso gruppo di Corvonero stava passando in quel momento accanto al tavolo, e non riuscì a vedere.
Donna dispiegò il biglietto, e dentro c’erano scritte poche parole.

Shacklebolt,
6 p.m.—classe deserta al quarto piano, vicino all’arazzo di Ildebrando l’Indisposto
-Charlie


Una parte del suo cervello, che parlava con la voce di Lily, le disse di non andare, ma una ragione ancora più forte era a sostegno dell’opinione opposta. Non aveva nessuno, ma più o meno aveva Charlie, no?
Cassidy ha Charlie, disse la Lily nella sua testa.
Ma era proprio questo il punto. Ecco perché Donna non si sentiva in colpa (non troppo). Cassidy era la fidanzata di Charlie. Cassidy, non Donna, aveva Charlie. Alla fine, a Charlie importava di Cassidy. A Charlie piaceva Cassidy e voleva stare con Cassidy. Non voleva Donna, e stare con lei, se non altro, gli faceva trattare Cassidy meglio. Quindi, alla fine, la cosiddetta etica di Lily non significava niente.
Non c’erano sentimenti; non c’era infedeltà; era una relazione che non significava niente. Nessuno si faceva male, e Donna—ne aveva bisogno. Charlie non la amava; Charlie amava la sua Cassidy. Nessuno rimaneva ferito. Ci sarebbe andata, alle sei, e non si sarebbe sentita colpevole o traditrice. Non avrebbe pensato a Cassidy, perché voleva starci, e non significava niente per loro, e—non importa quello che Lily avrebbe potuto dire—nessuno rimaneva ferito.
 
(Come Va Con Luke)
 
"Luke!"
Luke Harper sembrò sinceramente sorpreso di trovare Lily che lo aspettava non lontano dall’ufficio del Professor Silente. Oltre questo, aveva anche un aspetto orribile. Era pallido, gli occhi cerchiati da occhiaie scure.
"Lily," rispose, monotono, a voce bassa, gracchiante.
Si avvicinò, la preoccupazione impressa sui suoi tratti e nel suo tono. "Che è successo? Perché eri da Silente? Ha scoperto che sei stato al Villaggio?"
Luke sembrò non capire. "Stai—stai scherzando?"
"Scherzando? No. Perché?"
Comprensione—"Non hai sentito, vero?"
Aveva quasi paura a chiedere. "Sentito cosa?"
"Non hai letto Il Profeta stamattina." Sorrise senza allegria. "Logan è morto, Lily."
"C-cosa?"
"Quell’Auror—Lathe. L’ha ucciso. Ha ucciso mio fratello."
"Luke..." Allungò la mano per toccargli una spalla, ma il Corvonero si allontanò. "Luke, ti prego..."
"Ti prego che?" urlò quasi. "Avrei potuto salvarlo, Lily, e tu mi hai fermato. Tu, e Lathe, e io e ora—e ora Logan è morto." C’erano delle lacrime nei suoi occhi castani. "Noi l’abbiamo ucciso. Io l’ho ucciso..."
"Luke, non è colpa tua!" disse Lily; sentiva anche le proprie lacrime. "Niente di tutto questo è colpa tua. Tu..."
Ma quando provò a toccarlo di nuovo, Luke la evitò di nuovo. "Stammi lontana, ti prego," mormorò, prima di voltarsi per andare via.
"Luke!"
Luke si fermò a parecchi passi di distanza. "Devo fare le valigie, Lily," scattò.
"Valigie? Perché le valigie?"
"Me ne vado," rispose il mago cupo. "Devo andare a Londa. Vogliono che mi presenti davanti al Wizengamot—per decidere se hanno o meno capi d’accusa contro di me."
Lily si sentì mancare il respiro. Fece un passo avanti per seguirlo—dire qualcosa, qualunque cosa... placare la rabbia, odio, paura, colpa, e il dolore negli occhi di Luke... a sistemare in qualche modo... se solo avesse potuto sistemare la situazione... sistemare lui...
"Lily, non..." Luke incominciò, ma fu interrotto. La professoressa McGranitt, il professor Vitious, e Lathe apparvero dalla statua del gargoyle che costituiva l’entrata all’ufficio di Silente.
"Signorina Evans," disse la professoressa McGranitt, "Credo proprio che tu abbia lezione, adesso."
"Ma, Professoressa..."
"Niente storie," la professoressa di Trasfigurazione la interruppe subito; "nonostante le apparenze degli ultimi giorni, questa è ancora una scuola, e ci sono ancora delle regole a cui obbedire. A lezione, Signorina Evans."
 Il professor Vitious si unì a Luke, presumibilmente diretti alla Sala Comune di Corvonero, e Lily fu lasciata lì con la McGranitt e Lathe. "Vuoi che ti scorti io?" chiese la prima, nitida. Lily guardò Luke e Vitious sparire dietro un angolo, poi sospirò e scosse la testa.
"No, Professoressa."
"Molto bene."
La professoressa e l’Auror fecero per andarsene. "Aspetti," Lily li richiamò. "Quanto starà via Luke?"
La McGranitt guardò Lathe, che scosse solamente la testa, indicando che non lo sapeva. Poi, si voltarono, e andarono via.

La rabbia aveva vinto. In quella battaglia furiosa di emozioni che era James, la rabbia aveva stracciato l’ansia, il dolore, il rimpianto e tutto il resto, e adesso era semplicemente furioso.
Le persone parlavano, ma James non le ascoltava. Non voleva ascoltarle. A cena, gli altri studenti lo guardavano e bisbigliavano, ma James non prestò loro alcuna attenzione, perché, nonostante la maggior parte di quelle parole fosse di ammirazione, non voleva sapere cosa pensassero, cosa dicessero. Non sapevano niente, non sul serio, e non voleva sapere cosa immaginavano in realtà di sapere.
Non aveva voglia di fare niente, in realtà. Voleva sedersi da qualche parte, da solo, e dimenticare tutto—passare un colpo di spugna... dimenticare che Sirius li aveva traditi (aveva tradito Remus), dimenticare che Piton sapeva, e dimenticare che lui si era sbagliato. Completamente, irrevocabilmente, imperdonabilmente sbagliato su Sirius, sui Malandrini, su tutto.
Remus non era ancora tornato dall’ Infermeria, e Peter stava seduto di fronte a lui al tavolo di Grifondoro, ma tutti e due mangiavano in silenzio. Peter sembrava totalmente infelice, e James aveva provato a preoccuparsene, ma non ci riusciva. Provò a ricordare a sé stesso che, alla fine, era tutto okay. Silente aveva sistemato le cose con Piton—aveva sistemato le cose per Remus. Aveva anche sistemato le cose per Sirius.
Ma in qualche modo, nessuna di queste cose aveva l’effetto desiderato su di lui. Ormai il danno era stato fatto. Sirius l’aveva detto... l’aveva detto a Severus Piton. Aveva cercato di uccidere qualcuno. Aveva messo tutto in secondo piano (i sentimenti di Remus, la sicurezza di Remus, tutto...) per una vendetta, e niente—mai—avrebbe potuto riportare le cose com’erano prima.
Sirius era fuori.
"Me ne vado di sopra," James disse a Peter, che annuì e rispose che l’avrebbe seguito poco dopo. Il  Malandrino uscì dalla Sala Grande camminando letargico, ignorando i sussurri e le occhiate che lo attaccavano da ogni dove. Aveva tutta l’intenzione di tornare al dormitorio maschile di Grifondoro—forse prendere la Nimbus e uscire per farsi un giro attorno al campo, ma una volta arrivato al quarto piano, a James venne un’altra idea. Scelse di incamminarsi in direzione dell’Infermeria, invece.
"Il Signor Lupin è stato appena dimesso," Madama Chips lo informò al suo arrivo. "Dovrebbe essere di ritorno al dormitorio."
James annuì e fece per andar via, quando individuò un altro letto circondato da tende alla fine dell’infermeria. Madama Chips ritornò nel suo ufficio, ma invece di andarsene, James si avvicinò al letto schermato. Dentro, Piton leggeva.
Shock, rabbia—una pletora di espressioni negative si alternò sul volto di Piton alla vista di James. "Che vuoi?" gli chiese con insistenza. "Fuori di qui, Potter." Il suo solito disprezzo per  James sembrava essersi decuplicato.
"Che ti ha detto Silente?" James chiese, la voce piatta e grave. Lo stomaco si contorse, la testa gli faceva male—vedere Piton convalescente gli faceva un effetto peggiore di quanto si aspettasse. Il solito disgusto ribollì nel sangue di James, reso più acuto dalla natura delle intenzioni cospiratorie del Serpeverde verso Moony la notte precedente, ma attutito e reso quasi nullo a paragone delle intenzioni ancora più brutte del proprio migliore amico. In tutti gli anni passati a Hogwarts, James non si era mai sentito in colpa per l’odio verso Piton, prima.
"Che t’importa?" scattò l’altro, un lampo negli occhi neri. "Non sono affari tuoi."
"Che ti ha detto?" James ripeté con rabbia, a voce più alta. "Come ti ha convinto a non dire di Remus?"
Severus posò il libro. Il suo viso pallido adesso era calmo. "Perché vuoi saperlo?" reiterò. "Che differenza può esserci per te?"
James non aveva una risposta. Gli serviva saperlo, solamente. Aveva bisogno di sapere che qualunque ragione Silente avesse dato a Piton per fargli tenere la bocca chiusa, avrebbe retto—che Remus era al sicuro. "C’è e basta. Cosa ti ha detto?"
Piton sorrise. "Spero che il pensiero ti tormenti stanotte, togliendoti il sonno."
James strinse i pugni, combattendo l’istinto doppio di sfoderare la bacchetta o colpire Piton con tutto quello che aveva. "Ti detesto," disse, piano, velenoso, sincero.
Piton annuì. "Lo so."

Più di    qualunque altra cosa, quello che Remus Lupin temeva era la possibilità che Sirius fosse nel dormitorio quando sarebbe tornato dall’ Infermeria. Ed era proprio lì.
Remus gettò la borsa con i suoi effetti personali sul pavimento, e Sirius—che se ne stava steso sul proprio letto—si tirò su a sedere immediatamente. I due maghi si fissarono per un lunghissimo momento; il viso di Remus era di pietra; quello di Sirius addolorato.
"Moony..." cominciò l’ultimo, ma Remus lo interruppe.
"Non mi chiamare così," scattò. "Non osare nemmeno—non farlo." Si mosse verso l’armadio, e Sirius si alzò.
"Remus, mi dispiace tanto," lo pregò.
"Non mi interessa."
"E hai tutto il diritto di essere furioso con me, ma..."
"Ma cosa?" strillò Remus, voltandosi verso di lui. "Cosa esattamente pensi di poter dire per migliorare la situazione? Come riesci persino a immaginarti che starei a sentire qualsiasi cosa tu abbia da dire?"
"Lo so questo," fece Sirius, soffocato. "Davvero, credimi. Solo—voglio parlarti. Voglio spiegare..."
"Non devi spiegare niente," Remus sputò. "Non c’è niente che tu possa dire a questo mondo che cambierebbe come mi sento adesso."
"Non volevo farti del male..."
"Certo che no." Remus rise amaro. "Perché non hai mai—non hai mai capito che la cosa in cui mi trasformo una volta al mese sono sempre io! E tutto quello che succede al lupo mannaro—a 'Moony...' succede a me. Se la cosa nella Stamberga Strillante avesse ucciso Piton, io avrei ucciso Piton. Io sarei andato in prigione, e io sarei dovuto essere quello che si sarebbe dovuto portare  addosso quel peso per il resto della mia dannatissima vita! Ma tu non hai pensato a questo—Ero solo il tuo passatempo, non è così? La luna piena era solo una cosa che ti faceva divertire quando eri annoiato!"
"Non è questo, Remus! Non è mai stato questo, e tu..."
"Per te era esattamente questo, Sirius!"
Sirius non riuscì a rispondere, perché la porta si aprì, e apparve James. Chiuse la porta dietro di sé e guardò Sirius e Remus, cercando di capire cosa stesse succedendo.
"Che succede?" Nessuno dei due rispose. "Che ci fai qui, Black?" James continuò.
"è—è il mio dormitorio..."
"Davvero?" chiese James freddo.
Rimasero tutti in silenzio, e poi Sirius disse: "Quindi è così? Come se niente fosse? Sono fuori."
"Sì," disse James. "Sei fuori."
"Dopo tutto quello che abbiamo passato?"
"Non c’è mai stato niente," Remus borbottò. "Non ci sono mai stati 'Malandrini.' Non siamo stati mai fratelli o amici o qualunque cosa pensavamo di essere. È stata tutta finzione, perché per te era solo un gioco, Sirius."
Sirius guardò James aspettando che lo smentisse, ma Prongs non parlò. "è stata tutta finzione,"  si disse d’accordo.
"Non è vero."
"Certo che è vero," Remus continuò. “Pensi che visto che sei a Grifondoro, tu non sia lo stesso come la tua famiglia di fanatici? La verità è che, sei esattamente come loro. Pensano che i babbani e i nati babbani siano loro inferiori, e qualunque cosa tu possa dire, non pensi che io sia una persona—che sia un essere umano, perché sono un lupo mannaro, ed è tuo diritto di nascita il pensare di essere migliore di me... che tu abbia il diritto di farmi ogni diavoleria tu voglia, perché sono inferiore. Tu sei un Black. Sei nato—sei fatto così. Un assassino crudele, senza cuore. E non sarai mai nient’altro ... perché non puoi cambiare. Siamo stati solo troppo stupidi noi, a pensare che potessi."
Sirius guardò fisso Remus con i suoi occhi grigi. "Non è vero," sussurrò. "Non ho mai pensato..."
"Lo è," disse James. "Sei fuori."
L’amarezza sul volto di Remus fu di conferma. Sirius fece un respiro incerto—non sapeva dove guardare, dove andare, sapeva solo che doveva uscire di lì. Si mosse verso la porta, quando questa si aprì, ed entrò Peter.
"Silente vuole vedervi, tutti e due," disse l’ultimo Malandrino, facendo cenno a James e Sirius.

Come predetto dalla Mappa del Malandrino (ancora in suo possesso—Agrippa, doveva davvero restituirla), Lathe era nel suo vecchio ufficio quando Lily arrivò. Sembrava che stesse sistemando dei fogli in delle cartelle, e Lily capì quasi subito il perché.
"Se ne va?" chiese.
Lathe annuì, agitando la bacchetta e sigillando alcune scatole. "Il corpo di sicurezza rimane, ma Belby sarà in carica. Ogni persona direttamente coinvolta nel raid della notte scorsa deve tornare al Ministero."
"Perché?" Avanzò un pochino nella stanza, appoggiandosi al muro accanto alla porta.
"Tre Auror e due sospetti morti," spiegò Lathe calmo. "Entrambi i sospetti erano membri di famiglie importanti. Ci sarà un’indagine per assicurarsi che le morti dei sospetti fossero inevitabili—che non fossero vendette."
"Non lo erano, vero?" chiese Lily a bassa voce. Lathe alzò gli occhi dai suoi preparativi.
"Non mi piace uccidere," disse. Rimasero entrambi in silenzio per un paio di  minuti, mentre Lathe continuò a sistemare pile di fogli di pergamena e altri oggetti nelle scatole. Poi, senza guardarla, l’Auror rispose alla domanda che Lily non aveva avuto il coraggio di chiedere. "Luke era coinvolto, Evans."
Lily non aveva tanta voglia di fare giochetti psicologici, e quindi semplicemente chiese: "Può provarlo?"
Il mago più anziano sembrò un po’ sorpreso dalla risposta. "Vedremo. È giovane, e non credo che fosse presente sulla scena del crimine. Il crimine più grave di cui può essere accusato è favoreggiamento, che—beh, dipende."
"Logan è morto," Lily sottolineò. "A che cosa vi serve adesso Luke, comunque?"
"Niente," ammise Lathe. "E so che non è un mangiamorte, ma non spetta a me decidere. Melencamp... Prewett... Diggory... tre Auror morti, Evans, e Melencamp era la compagna di Robards—non si darà pace finché tutti quelli coinvolti nella sua morte non saranno portati davanti al Wizengamot."
Lily annuì, sapendo che aveva ragione. "Pensa che Luke verrà portato in tribunale?" non poté far a meno di chiedere.
Lathe esitò. "Non lo so. Ma gli Harper hanno denaro e potere—non sarà solo. E sono sicuro che adesso ti sarà di poco conforto, ma per lui farò quel che posso. Non dico che mentirò, ma—credo che fosse consapevole solo in parte di quello che stesse facendo. Certo, sarà meglio per lui se collabora—suppongo che non glielo dirai, vero?"
"Dubito che farebbe differenza."
Lathe alzò un sopracciglio, curioso.
"Io—uhm—io l’ho convinto a non andare da Logan la scorsa notte," spiegò la strega. "Pensa che avrebbe potuto salvare suo fratello, se fosse stato lì."
"Forse," disse Lathe piano. "Forse avrebbe ucciso altri tre Auror." Finì con la sistemazione dei documenti e borbottò: "Odio la burocrazia. Non c’è niente che odi di più delle scartoffie."
Lily giocherellò con il bordo del maglione, non ancora sicura se ci fosse ancora qualcosa da dire a Lathe. "Mi dispiace," mormorò alla fine. "Per i suoi amici, i tre Auror. E mi dispiace che abbia dovuto uccidere qualcuno." Perché, stranamente, riusciva a capire che gli pesava.
"Mi dispiace per Harper," rispose.
"Logan era un mangiamorte."
"Non sto parlando di Logan."
Lily annuì ancora. "Giusto. Beh... è stato bello conoscerla, Signor Lathe."
Lathe chinò la testa, come per dire "Altrettanto," e poi Lily se ne andò.

Non furono la McGranitt e Lumacorno che raggiunsero il Preside nel suo ufficio questa volta, quando i due Malandrini arrivarono. Un’alta strega slanciata con corti, scuri capelli ramati e occhi nocciola sedeva su una delle tre sedie. Quando i ragazzi entrarono, si alzò, il viso preoccupato.
"Mamma?" fece James, confuso. "Che ci fai qui?"
"Albus—cioè, il Professor Silente mi ha mandato un gufo, "rispose, raggiungendo immediatamente i due maghi. Anche Silente si alzò dalla sedia, ma rimase dietro la scrivania. La signora Potter abbracciò sia James che Sirius, rivolgendo all’ultimo un’occhiatina triste e voltandosi di nuovo in direzione di Silente. "Posso avere un momento da sola coi ragazzi, Albus?"chiese, e il Preside annuì.
"Certamente."
Quando rimasero soli, la signora Potter li guardò con attenzione, come se non stesse controllando uno, ma tutti e due i suoi figli. "State bene?" chiese ansiosa. "Nessuno dei due è ferito?"
Entrambi scossero la testa. "Stiamo bene, Signora Potter," mormorò Sirius, incapace di guardarla negli occhi. Lei lo guardò compassionevole.
"Oh, Sirius, non darti così tanta pena. È stato uno sbaglio. Le persone commettono degli errori..."
"Mamma!" interruppe James arrabbiato.
"Tu hai fatto la tua bella parte di errori, James Potter," gli ricordò sua madre. "Tra cui l’evitare di menzionare a tua madre e tuo padre che uno dei tuoi migliori amici è un lupo mannaro non è di certo il meno grave."
"Hai ragione, mamma," James controbatté. "Perché l’omissione è decisamente tanto grave quanto il tentato omicidio."
"James..."
"Mamma, non lo difendere!"
"Mi sorprende che debba farlo. È il tuo migliore amico, James!"
"No, non lo è."
"James—no, Sirius, non devi andartene. James, quello che ha fatto Sirius è stato—orribile. È stato un terribile, spiacevole sbaglio. Ma è il tuo migliore amico fin da bambini... vive con noi, in nome di Merlino..."
"Ah, anche ora?" sputò James.
Sirius si contorse.
"Certo che sì," disse la signora Potter decisa. "James, capisco la tua rabbia, ma Sirius fa parte della famiglia."
"No, non lo è," James ripeté a denti stretti. "Non fa parte della mia famiglia." Guardò Sirius. "Non lo sei. Non sono io a decidere se darti o non darti il permesso di abitare nella casa della mia famiglia, ma posso dire che non ne fai parte."
"James..."
Ma James era già fuori dall’ ufficio.
La Signora Potter emise un lungo sospiro e si rivolse a Sirius. "Mi dispiace così tanto," mormorò. "Conosci James—è testardo, e..."
"Ha ragione," sussurrò Sirius. Gli tremavano le mani. "In quanto a me. Signora Potter, la ringrazio moltissimo per tutto quello che ha fatto per me... anche solo per il fatto che si è presentata qui oggi, ma—non posso tornare a casa con voi quest’estate."
"Sciocchezze. Certo che puoi. Solo perché James adesso è arrabbiato..."
"No, non posso. Non è perché non voglio, ma è che—non potrei farlo."
"Ma dove vai? Non hai soldi..."
"Mi inventerò qualcosa."
"Sirius, è una cosa stupida. Se è per James..."
"Lo è," disse Sirius.
La signora Potter lo guardò triste, poggiandogli una mano sulla spalla in segno di conforto. "Sei una brava persona, Sirius Black."
E gli spezzò il cuore sapere che lei si sbagliava.
 
(Come Va Con James)
 
Lily raggiunse James al terzo piano. Cancellò la mappa e chiamò a voce alta il Capitano di Quidditch. Si fermò al suono del proprio nome e voltandosi vide Lily camminare in fretta verso di lui, ma a malapena sentì le prime cose che stava dicendo.
"Ti rincorro da due piani," gli disse. "Volevo restituirti la mappa."
"Cosa?" chiese James, stropicciandosi la fronte e provando a ricacciare indietro il mal di testa.
"La Mappa," Lily ripetè, reggendo la pergamena indicativamente.
"Ce l’hai ancora," fece notare James. "Vero. Te l’ho prestata."
Lily lo guardò interrogativa. "Stai bene?" Ma non sembrò sentirla. "James? Stai bene?"
Il mago uscì dalla trance di scatto. "No, non sto bene. Perché diavolo dovrei stare bene?"
"Giusto. Scusa." Lily gli passò la mappa. "Come sta Remus?"
Ma ancora, James sembrava essere diventato temporaneamente sordo. "Carino da parte tua restituirla," borbottò sarcastico. "Non avevi ancora finito di sgattaiolare al villaggio, o avevi altri ex a cui andare dietro?"
"James," sospirò Lily, piegando le braccia.
"Mi hai mentito," scattò.
"Che?"
"Hai dimenticato di menzionare il fatto che correvi dietro a Harper per impedirgli di incontrare suo fratello il mangiamorte. Hai dimenticato anche di menzionare degli Auror a Hogsmeade!"
"Lo so," rispose. "Mi dispiace. Non avrei dovuto nasconderlo."
Sembrava davvero dispiaciuta, James pensò. Sembrava assolutamente dispiaciuta per la sua piccola bugia, e stava ammettendo di avere torto, il che era decente da parte sua, supponeva. Ma era furioso—furioso con Sirius e sua madre e forse un po’ con Lily, anche, e voleva essere furioso.
"Mi hai manipolato," James la accusò, "E non hai avuto nemmeno la decenza di accontentare l’unica richiesta che ho fatto! Che diavolo ci facevi fuori? Ti ho detto di prendere il passaggio—Ti ho detto di prendere il passaggio prima del tramonto! È stata l’unica condizione che ti ho dato, e non hai fatto nemmeno quello!"
"Ero bloccata! Cosa avrei dovuto fare? Rimanere al villaggio?"
"Beh non è che ti sarebbe cambiato molto, non è così? Voglio dire, le promesse chiaramente non significano niente per te."
"Non è giusto!" Lily controbatté, piccata. "Non sfogare la tua rabbia su di me... tutti e due sappiamo che non è il problema vero, qui." Provò a scansarlo di lato, ma James le afferrò il braccio. Lo guardò negli occhi, sorpresa e arrabbiata.
"Lasciami andare!"
"Mi hai manipolato," ripeté freddo. "mi hai manipolato perché volevi la mappa."
"Non è vero."
"Sì invece. Sei venuta fin lassù e mi hai manipolato per ottenere quello che volevi!"
"ti ho chiesto se potevo usare la mappa, James! Non è manipolare! Ti ho detto dove stavo andando—per l’amor di Agrippa, lasciami andare!" Liberò il braccio con uno strattone.
"Sei venuta da me perché sapevi che ti avrei accontentata!" protestò James in preda alla rabbia. "Saresti potuta andare da Sirius o Peter, ma sei venuta da me perché sapevi che saresti riuscita a convincermi a darti la mappa senza dirmi la verità!" Se ne sarebbe pentito, e lo sapeva. "E non ti importa nemmeno! Davvero non hai alcun rimorso per il fatto che mi hai usato per andare dal tuo ex ragazzo! E poi ti sei sentita in diritto di andartene in giro...!"
"Non ti ho usato per arrivare a Luke, Potter!" Lily urlò. "E in più, non ho idea di cosa tu stia parlando!"
"Sai esattamente di cosa sto parlando!" Equiparò il suo volume. "Odio chiedere, James. Davvero non ne ho alcun diritto.' Come se non avessi saputo che avresti ottenuto esattamente quello che volevi! Sapevi che avevi l’opportunità di venire da me disperata e bisognosa d’aiuto, e io non sarei stato capace di resistere all’impulso di aiutarti!"
"Io ero disperata, James! Ero abbastanza disperata da venire da te, no?"
"Non era disperazione! Era furbizia!"
"Cosa?"
Sapevi che non ti avrei detto no!"
"Ma di che cosa stai parlando?"
"Sto parlando di come non hai alcun rimorso a usare i miei sentimenti per te per ottenere quello che vuoi!"
E poi stettero tutti e due in silenzio per parecchi secondi. Il cuore di Lily batteva all’impazzata, e si fece rossa in viso, e si chiese perché all’improvviso si sentisse... terrificata. James, comunque, non sembrava avere rimpianti. Le guance erano rosse di rabbia, e il respiro pesante, ma quando Lily provò a parlare, la interruppe senza esitazione.
“Adesso non far finta di essere così dannatamente incredula."
"James," incominciò, più piano ora, "Non..."
"Davvero?" chiese sarcastico. "Tu non cosa, esattamente? Non lo sapevi? Certo che lo sapevi! Agrippa, Ti ho chiesto di uscire ogni settimana per anni!"
"è s-s-stato un a-anno fa!" Lily riuscì a balbettare.
"Lo sapevi perfettamente," sputò velenoso. "le ragazze lo sanno sempre."
"James, giuro su Dio, non volevo..."
"Certo che sì!" Di nuovo ad alta voce. "Lily, hai sempre usato le persone! Hai usato Harper per superare la perdita di Mocciosus! Hai usato il fatto che io ti chiedessi di uscire puramente per rifiutarmi... solo per dimostrare qualcosa a Piton..."
"Non riscrivere la storia, James," Lily si intromise, la sua voce di nuovo accalorata. "Il tuo ‘ chiedermi di uscire' era una tua trovata per attirare l’attenzione, e ti ho rifiutato perché non mi piacevi!"
"Mi hai rifiutato per non perdere Piton! E l’hai perso comunque!"
Lily scosse la testa, fissando il mago di fronte a lei incredula. "Non sei proprio cambiato, James Potter”, disse alla fine. "Sei davvero tanto arrogante. È questo quello che pensi? Che ti ho rifiutato per Piton? James, ti ho rifiutato per te. Perché eri un bullo e un idiota. E dall’anno scorso, pensavo che stessi davvero cambiando... crescendo, maturando, comportandoti un po’ come un essere umano! Ma adesso sei qui, a smentirmi, e io—io onestamente non riesco a credere di essere stata così stupida! Non ti ho manipolato, Potter, e l’unico motivo per cui tu lo pensi è perché è il genere di cose che faresti tu."
"Stronzate."
"Ma stai zitto."
Lo sorpassò con uno spintone, camminando in fretta con le braccia ripiegate e l’espressione furiosa. Eppure, la rabbia non era l’unico sentimento che l’accendeva, e non era l’unica ragione delle lacrime che le riempirono gli occhi nella sua corsa verso la scalinata. Si sentiva tradita.
James non la guardò andare via. Rimase immobile per parecchi secondi, livido—infuriato per tutto. L’ adrenalina gli pulsava dentro, e doveva fare qualcosa... doveva muoversi... correre, andare, fare qualcosa... Quando il suo pugno colpì il muro di pietra del corridoio, sentì le ossa rompersi e una fitta di dolore acuto nella mano.
 
(Una settimana Dopo)
 
Era la solita vecchia questione, e francamente, Lily ne era stufa. Sapeva lo schema a memoria—sapeva dove Sev l’avrebbe portata, come avrebbe cambiato argomento, come lei l’avrebbe contrastato, come alla fine non avrebbero concordato su niente, con uno di loro che ricordava all’altro che avrebbero dovuto essere amici.
Era la solita vecchia questione, ma sembrava una vita da quando non la riportavano alla luce, Sev e lei. Per così tanto tempo, le loro conversazioni erano state così... impersonali, che le discussioni (di ogni genere) erano stati più che rare. Fin da quando era stato dimesso dall’Infermeria, comunque, e alla luce delle voci che giravano riguardanti lui e James, era di umore più litigioso del solito.
La Grifondoro e il Serpeverde stavano attraversando il cortile diretti all’ora pomeridiana di Erbologia del venerdì.
Finora, la questione si era aggirata intorno alle solite cose: perché era sempre così negativo nei confronti della sua casa? Sev sarebbe dovuto essere suo amico, Mulciber e Avery erano idioti... si stavano avvicinando a un territorio pericoloso adesso che Lily aveva tirato in ballo l’attacco di Mulciber a Mary... La Magia Oscura era l’argomento che metteva sempre Sev a disagio più di tutti gli altri...
Era la solita vecchia questione, e francamente, Lily ne era stufa.
"Era Magia Oscura, e se pensi che sia uno scherzo—" Lily cominciò, gli occhi verdi ridotti a fessure mentre attraversava il cortile come una furia.
"E quello che fanno Potter e i suoi amichetti?" chiese con insistenza Piton, pieno di risentimento, che Lily supponeva aumentasse soltanto l’agitazione che cercava di reprimere al suono del nome di Potter.
"Cosa c’entra Potter?" chiese, roteando gli occhi.
"Escono di nascosto, di notte. Ha qualcosa di strano, quel Lupin. Dov’è che va sempre?"
Lily si ricordò la decisione che aveva preso di non rivelare a nessuno che sapeva del segreto di Lupin, e sapeva (o ipotizzava) che Piton avesse fatto qualche genere di promessa a Silente, che non l’avrebbe detto a nessuno. Così, il fatto che continuasse a dare a caso indizi, abbastanza ovvi, qua e là, era frustrante.
"è malato," insisté. "Dicono che è malato—"
"Tutti i mesi con la luna piena?"
"Conosco la tua teoria. Ma perché sei così fissato con loro? Che t’importa dove vanno di notte?" Territorio più familiare, e Lily pensava già di sapere dove si sarebbe andati a finire... Sev, non dandole soddisfazione, non rispose alla domanda.
"Sto solo cercando di farti capire che non sono meravigliosi come tutti pensano," disse, cogliendo Lily di sorpresa. La conversazione aveva preso una direzione spiacevole, e la stava fissando con i suoi occhi neri—la fissava in modo strano, come... come...
Ruppe il contatto visivo. "Ma non usano Magia Oscura. E tu sei un ingrato." Perché era proprio... arrabbiata... e perché, onestamente, Sev non poteva pensare che lei non avesse sentito i gossip: "Ho sentito cos’è successo l’altra notte. Ti sei infilato in quel tunnel vicino al Platano Picchiatore, e James Potter ti ha salvato da quello che c’è la sotto... qualunque cosa sia..."
Reagì proprio come si aspettava. "Salvato? Salvato?" Furioso. "Credi che abbia fatto l’eroe? Stava salvando se stesso e anche i suoi amici! Tu non…— io non ti permetterò..."
"Permettermi?" Lily urlò quasi. "Permettermi?"
Oh, ma che avevano in testa gli uomini? Potter che le afferrava il braccio... Sev che cercava di avere il controllo sulle sue amicizie mentre lei non poteva mettere lingua nelle sue...
"Non volevo dire…—è solo che non voglio che ti prendano in giro..." Lily stava per informarlo sul fatto che una cosa del genere non era umanamente possibile, e che era più che capace di prendersi cura di sé, quando inaspettatamente disse: "Gli piaci, tu piaci a James Potter!"
E non voleva dirlo.
"Sto parlando di come non hai alcun rimorso a usare i miei sentimenti per te per ottenere quello che vuoi!"
Il respiro di Lily si mozzò, e inarcò le sopracciglia.
"Hai usato Harper per superare la perdita di Mocciosus! Hai usato il fatto che io ti chiedessi di uscire puramente per rifiutarmi... solo per dimostrare qualcosa a Piton... mi hai rifiutato per non perdere Piton, e l’hai perso comunque!"
"So benissimo che James Potter è un arrogante. Non c’è bisogno che me lo dica tu."
Spostò la conversazione via dall’argomento James—di nuovo su territorio familiare, su Mulciber e Avery, e Dio, perché era amico loro?
Piton si era calmato, comunque. Il litigio era finito, e non sapeva perché, ma aveva preso le sue critiche verso i compagni di Serpeverde bene, cosa sorprendente. Lasciò perdere mentre scendevano la collina diretti alle serre, e la discussione terminò quando, in classe, si separarono.

Luke ritornò a Hogwarts sabato mattina. Lily avrebbe potuto non scoprirlo per un po’ di tempo, se non fosse stato per il fatto che era arrivato mentre lei scendeva le scale diretta a colazione. E non era nemmeno da solo, ma accompagnato da una donna bassina e più anziana. Lily la riconobbe immediatamente come la madre di Luke. Era grassottella, ma molto carina (o almeno portava le tracce di una passata bellezza) e indossava una bella veste cerulea. Aveva i capelli ricci, corti, e biondi, e le labbra tinte di un rossetto rosso acceso. Era elegante, vestita con stile, e—in quel momento—chiaramente addolorata. Madre e figlio erano immersi in una profonda conversazione nella Sala d’Ingresso. Il baule era posato accanto ai suoi piedi, e indossava una veste verde semplice, al posto dell’uniforme di Hogwarts.
Luke incrociò il suo sguardo mentre Lily scendeva la grande scalinata di marmo, e per un momento si chiese se parlargli o no. Alla fine, il bisogno di saperne di più sul suo destino vinse, e chiese a Mary e Marlene di andare avanti senza di lei.
Gli occhi della signora Harper si ridussero a fessure mentre guardava la rossa che si avvicinava, e Lily arrossì a disagio.
"Salve, Signora Harper," salutò a bassa voce. "Luke." Luke annuì, e Lily si accorse che non era sua intenzione parlare con lei. "Uhm—volevo solo... sei tornato? Per sempre?"
"Non ci sono capi d’accusa," rispose Luke freddo. "Non avevano vere prove."
"Quindi sei tornato?" chiese Lily, sollevata. "Bene. E hai perso solo una settimana, non dovresti avere problemi a recuperare."
"Non tornerò," disse Luke. "Non rimango qui. Sono venuto solo a prendere il resto della mia roba."
"Non sei... non sei stato espulso, vero?"
"Certo che no," Signora Harper interruppe. "Non potrebbero mai espellere mio figlio."
"Ma allora... non capisco..."
"Me ne vado," disse Luke. "Lascio la scuola."
"Luke..."Lanciò un’occhiata alla signora Harper in attesa di supporto, ma la strega più anziana aveva l’aria apatica. "Non puoi! Hai i M.A.G.O. tra un paio di settimane! Devi pensare al tuo futuro..."
"E il futuro di mio fratello?" il Corvonero scattò. "Cosa ne è stato del futuro di Logan? Lathe l’ha assassinato, Lily, e gli è stato concesso di rimanere qui... camminare lungo i corridoi, tenere un ufficio... se i simili di Lathe sono a protezione di Hogwarts, non voglio rimanere qui."
"ma Lathe se ne è andato!"
Luke sbuffò amaro. "Sai che non posso rimanere qui, Lily. Non un solo giorno di più."
"Luke..."
"Lily, ti prego di non fare più pressioni a mio figlio," la signora Harper si intromise velenosa. "Credo che abbia palesemente fatto capire che non ha più alcun interesse per te. Devi lasciarlo continuare con la sua vita. Adesso sta con la sua famiglia."
Luke non contraddisse l’apparente fraintendimento di sua madre sulla loro relazione, e Lily fissò prima uno e poi l’altra, scioccata. C’era una dozzina di cose che le sarebbe piaciuto urlare alla signora Harper, ma l’unica cosa che disse prima di voltarsi e incamminarsi in Sala Grande: "Sta lasciando che suo figlio rovini il proprio futuro, signora Harper. Spero che sia fiera di lei."

Con Marlene che passava la maggior parte del proprio tempo in modalità evasione nel dormitorio delle ragazze, Lily si trovò stupidamente a cercar di finire il grosso quantitativo di compiti in biblioteca il Sabato sera, in sola compagnia di Mary.
Comunque, il suo cervello era pieno di Luke e Piton e Potter, e non riusciva a focalizzare l’attenzione su niente, figuriamoci i compiti. Si accorse di star perdendo la concentrazione.
"Mi sorprende che tu ci sia proprio voluta venire ," fece notare il prefetto all’amica svogliatamente, rigirandosi la piuma tra le dita.
"Che vuoi dire?" chiese Mary.
"Odi la biblioteca," Lily le ricordò.
"Oh. Vero. Beh... la gente cambia, no?"
"Quindi—ti piace la biblioteca ora?"
"La adoro."
Lily sollevò le sopracciglia. "Bugiarda. Che succede?"
"Niente."
"Mary."
"Cosa? Niente che non va. Sto bene!"
"Mary."
"Sto bene, Lily."
"Mary."
Mary la guardò male. "Bene." Sembrava scontenta e si avvicinò per evitare eventuali spioni. "Non voglio—non voglio rimanere da sola."
"Che vuoi dire?" chiese Lily, confusa.
La bruna sembrava imbarazzata dalla confessione: "Da quando Mulciber mi ha attaccata, non voglio rimanere sola."
"Oh, Mary." Lily poggiò una mano sulla spalla dell’amica. "Scusa, ma certo, che stupida!"
"No, no... Non ne ho esattamente parlato. È più facile far finta che niente sia successo... i gossip sono già finiti. È che—odio sentirmi come se da un momento all’altro potessi..."
"Mary, niente ti accadrà," Lily promise. "Non lo permetterò, e Marlene nemmeno, e se qualcuno prova ad alzare bacchetta su di te di nuovo, ti prometto che sarò la prima a farli arrivare fino al campo di Quidditch a furia di maledizioni."
Mary sorrise debolmente. "Non mi piace avere paura," disse. "Ma ce l’ho. Alla faccia della Grifondoro, eh?"
Lily scosse subito la testa. "Mary, dal momento in cui ti ho incontrata, sono stata gelosa del tuo coraggio. Riesci a diventare amica di tutti... puoi parlare con tutti e sentirti a tuo agio—riesci ad andare da un completo estraneo e a iniziare una conversazione. È così che siamo diventate amiche, no?"
"Questo non significa essere coraggiosi..."
"Sei sempre pronta a provare nuove cose; dici quello che pensi; non ti interessa quello che gli altri pensano di te. Sei forte e coraggiosa, e Mulciber non può portartelo via. Non puoi permetterglielo."
Mary rimase in silenzio per un po’. Quando parlò di nuovo, era piano, ansiosamente: "Lily, quando Mulciber ha usato l’Imperius su di me, riuscivo—Ho sentito una voce che mi diceva cosa fare, e non riuscivo... Voglio dire, dovevo obbedire. Mi stava guidando, ma non avevo scelta." Lily si avvicinò, attendendo con ansia il succo di quello che la sua amica volesse dire. "Ma ho sentito anche un’altra voce. No, non proprio. Ho—ho sentito qualcos’altro. Ho sentito i pensieri di Mulciber, gli ordini che mi stava dando, ma ho sentito... penso di aver provato i suoi sentimenti."
"E—che cos’era?"
La bruna scosse la testa. "Non lo so—ma... mi ha spaventata."
"Mary..."
"Lily, penso che Mulciber sia un mangiamorte." Guardò Lily dritta negli occhi, la voce e l’espressione più lugubri di quanto quest’ultima le avesse mai viste.
"Ma è solo un ragazzo al sesto anno ad Hogwarts," Lily le fece notare. "Che cosa potrebbe volere Tu-sai-chi da lui?"
"Non lo so, ma ne sono convinta. Penso che sia un mangiamorte."
Mary ritornò in Sala Comune con Frank e Alice più o meno un’ora dopo, ma Lily rimase in biblioteca, non perché fosse particolarmente presa dai compiti, ma perché aveva un’altra missione da portare a termine. Dallo zaino, tirò fuori il quaderno che Severus le aveva regalato a Natale, e sulla prima pagina vuota che trovò, scrisse un biglietto.

"Ciao," iniziò Lily a disagio.
Piton sembrava un po’ confuso dalla loro attuale ubicazione—la classe vuota al secondo piano—e aspettò con aria d’attesa una spiegazione al perché Lily avesse richiesto la sua presenza lì.
"C’è qualcosa che non va?" he chiese.
"No," rispose. "Voglio parlarti in privato, però."
"O-okay."
"Riguarda Mulciber." L’ansia di Piton si dissolse come fumo, e aveva l’aria un po’ esausta, adesso. Prevedendo un litigio, Lily disse in fretta: "Non voglio litigare, Sev. Voglio solo chiederti una cosa." Lui alzò le sopracciglia. "È—pensi che Mulciber sia immischiato in qualcosa di... pericoloso?"
"Lily..."
"Ha usato una Maledizione Senza Perdono, Sev. Deve essere il segnale di qualcosa, no? Sembra un po’ che sia... forse sia un mangiamorte."
Piton emise uno sbuffo derisorio. "Lily, cosa potrebbe... cosa potrebbe volere lui da uno del sesto anno di Hogwarts? E Mulciber non è nemmeno un prefetto."
"Non sto scherzando, Sev."
"Nemmeno io. Stai esagerando per questa situazione con Mary MacDonald."
"Non sto esagerando! Ha usato la Magia Oscura!"
"Era l’Imperius—non è nemmeno tanto grave!"
"E Marlene? Qualcuno l’ha attaccata con qualcosa di molto peggiore di un Imperius!"
Severus arrossì un poco. "Nick Mulciber non è un mangiamorte," disse fermo. "Sul serio, Lily. Fidati di me."
Gli occhi verdi di Lily incontrarono quelli neri di Severus, e si accorse di qualcosa—qualcosa di spaventoso, di cui si era accorta prima, ma che aveva tentato di sopprimere per molto tempo. Non si fidava di lui.
 
(Ferito)
 
Donna arrivò nella classe deserta dietro la Sala d’Ingresso un paio di minuti dopo le nove il Sabato, e, come si aspettava, Charlie era in attesa. Quest’incontro l’aveva organizzato lui, poi—proprio come gli ultimi tre, e a Donna sembrava strano, perché era lei che di solito aveva l’incarico di programmare i cosiddetti "appuntamenti." Non che le dispiacesse non avere questa responsabilità.
Eppure, entrando in classe, avrebbe dovuto capire che c’era qualcosa che non andava. Charlie non sorrideva il suo sorrisetto tipico; non si era messo comodo su un banco; non le fece nessuna battutina una volta entrata. Anzi, sembrava stare un po’ male. Si appoggiò a disagio alla cattedra vuota, e sembrò sobbalzare al suono della porta che si apriva.
Donna alzò le sopracciglia. "C’è qualcosa che non va?" chiese, divertita.
Il viso di Charlie tornò un poco del suo colore normale. Fece un piccolo sorriso e scosse la testa. "No. Va tutto bene."
"Bene."
Chiuse la porta con la bacchetta, e iniziò a camminare verso Charlie. Si sporse avvicinandosi, strofinando le sue labbra con le proprie e giocando al gioco della seduzione per puro divertimento. Il suo respiro cambiò ritmo, e lei sorrise, passandogli un dito dall’orecchio alla clavicola, mentre con l’altro gli disegnava delle forme sulla gamba. Poi lo baciò, lenta e aggressiva, mordendogli il labbro inferiore mentre lui le afferrava la vita e la tirava a sé.
Non si rivolse subito alla camicetta come lei si aspettava, ma le mani si mossero verso i suoi capelli. Le sue labbra si spostarono sul collo di lei, e Donna chiuse gli occhi. "Preliminari? Sul serio, Plex?" scherzò e iniziò a sbottonargli il colletto. Charlie ritornò con le labbra sulle sue, e passò quasi un minuto prima che si tirasse indietro, presumibilmente per respirare. Sorrideva.
"Sapevo che quest’ultima cosa ti sarebbe piaciuta," Donna affermò sicura di sé.
Charlie rimase in silenzio per un paio di secondi. Poi—"Ho intenzione di rompere con Cassidy."
Donna lo fissò. "Okay. Congratulazioni. È solo questo, o c’è qualcos’altro che potrebbe destare in me anche il minimo interesse?"
Il Corvonero roteò gli occhi. "Voglio rompere con Cassidy," ripeté. "Voglio stare con te."
...
Merda.
"Cosa diavolo significa che ‘vuoi stare con me?'" domandò Donna, mettendo tra sé e Charlie tutta la distanza possibile. "Non è divertente, Charlie Plex!"
"Non è uno scherzo," insistette Charlie, raddrizzandosi. "Senti, Donna, tu mi piaci. Sei divertente, sei bellissima—sai baciare in maniera meravigliosa. E sei un po’ stronza, il che stranamente eccita. Mi piaci. Voglio stare con te. In maniera più... normale."
Chiuse la distanza tra di loro, e provò a baciarla, ma Donna lo fermò. E lo schiaffeggiò.
"Ma diavolo, sei fuori di testa?" gli chiese, facendo un passo indietro. "Per l’amore di Agrippa, hai perso quel cazzo di cervello?"
"No," Charlie insisté. "Sul serio, Shacklebolt, mi piace, e penso di piacerti anche io."
E in quel momento, Donna ebbe due rivelazioni. La prima era un po’ strana—il tipo in cui una persona si accorge di qualcosa che già credeva di sapere. A Donna non piaceva Charlie. In tutta onestà, per lui non sentiva niente di romantico, o cose del genere.
La seconda fu più inaspettata: non odiava Charlie. Non ce l’aveva con lui. Forse c’era la possibilità che gli volesse anche un po’ bene.
"Charlie..." iniziò incerta, "Non posso stare con te normalmente. Non è per me."
"Bene." Charlie fece spallucce, senza essere sinceramente sconvolto. "Non deve cambiare niente. Possiamo anche continuare così. Credimi, mi sta bene. Possiamo..." Continuò a parlare, ma Donna non prestò molta attenzione. Era troppo occupata con le proprie rivelazioni.
Aveva, varie volte durante questa "relazione," considerato la possibilità che potesse finire male. Aveva preso in considerazione la possibilità di rimanere col cuore spezzato... che potesse iniziare a essere gelosa di Cassidy... che Cassidy sarebbe stata distrutta se l’avesse mai scoperto… ma non era mai venuto in mente a Donna che—senza contare la possibile violenza fisica da parte della fidanzata—Charlie sarebbe potuto rimanerci ferito.
E adesso invece, sarebbe successo. E lei, Donna, sarebbe stata quella che l’avrebbe ferito. Perché alla fine, qualcuno restava sempre, sempre ferito.
"...non deve cambiare niente," Charlie stava dicendo. "Ma volevo solo che tu sapessi che io..."
"Charlie, basta," Donna lo fermò, con un respiro profondo. "Per favore, basta."
"Che c’è?"
Ecco la sua ultima occasione, Donna realizzò. Ecco la sua opportunità per scegliere la via più facile—lasciare che Charlie provasse qualcosa per lei mentre lei reciprocava con nulla. Adesso era il momento di approfittare di una fine pulita per un affare sporco. Farlo rompere con Cassidy; lasciare lui a sistemare le cose con lei; evitare i confronti; mettersi in una relazione che non avrebbe messo a rischio niente (per lei comunque), che sarebbe stata tanto decente da essere approvata persino da Lily. Era giunto il momento.
"Non ti voglio," disse, con la voce un po’ rotta. "Non provo niente per te. È stato—è stato solo uno sbaglio." L’entusiasmo non era ancora scivolato via del tutto dal viso di Charlie; la fissò non aspettandosi evidentemente questa risposta. "So che non è da me, ma io non—Non voglio farti del male, Charlie. Solo che—non provo niente per te."
Charlie rimase in silenzi mentre si organizzava i pensieri. Donna non era sicura se rimanere o correre via, e poi parlò: "Quindi tutto questo tempo—sei stata davvero solo... sei stata davvero tanto stronza quanto sembravi. Non ti ha importato mettere a rischio la mia relazione—giocare a fottere il mio cervello... e non ti piacevo nemmeno?"
"Charlie..."
"Dio, sei davvero una stronza senza cuore."
Con questo, Charlie se ne andò, sbattendo la porta dietro di sé.
 
(Come Va Con Sirius)
 
Lily ritornò in Sala Comune abbastanza dopo il coprifuoco. Fatta eccezione per il fuoco in procinto di spegnersi, la stanza era piuttosto buia quando arrivò, indicando presumibilmente il fatto che fosse vuota. Comunque, non appena fece un passo all’interno della stanza e le torce lungo il muro si accesero, Lily scoprì, in effetti, di non essere sola. Sirius Black era steso su uno dei divani con un cuscino dei dormitori sotto la testa e una coperta sottile stesa addosso. Indossava il pigiama e, nonostante fosse disteso e quasi immobile, era sveglio.
"Hai intenzione di dormire quaggiù?" Lily chiese, avvicinandosi al divano.
Sirius la guardò, sorpreso. Doveva proprio essere perso nei suoi pensieri, perché non si era nemmeno accorto che le luci si fossero accese. "Dormire?" le fece eco, raddrizzandosi un po’, con l’aria di essere leggermente imbarazzato. "Solo in senso molto lato. Sto... disteso e faccio finta nel caso qualcuno si trovi a passare."
Lily sollevò l’unica coperta e si sedette vicino al suo compagno di classe, accanto ai suoi piedi. "Vanno tanto male le cose nel dormitorio? Non vuoi nemmeno dormirci?"
"Oh, no," rispose Sirius, tirandosi su a sedere. "Non c’entra niente, quello che voglio io. Sono stato cacciato a votazione."
"Votazione?"
"Non ufficialmente, certo. Ma ecco, ti presento James... può riuscire a essere enigmatico quanto vuole, o può farti capire con uno sguardo esattamente quello che pensa. E Venerdì scorso era abbastanza ovvio che in quel dormitorio non fossi desiderato."
Lily annuì, comprensiva, dato il doloroso ricordo del suo incontro più recente con il mago in questione. "Non puoi... non puoi biasimarli però, eh?"
"Dio, no." Sirius la guardò negli occhi per la prima volta. "No, mai, io... cioè, non credere che me ne stia lagnando. È.. Avrei potuto causare la morte di James, ho quasi fatto espellere Remus, arrestare, e ferire... ovvio che non..." Si interruppe. "Senti, Lily, sei—sei una tappa del tour “Sirius Black porge le sue scuse”, quindi immagino che tanto valga dirtelo ora. Sono—sono così, così fottutamente dispiaciuto."
"So che lo sei," rispose Lily piano. "So che non volevi."
"Tu—tu sai che non volevo, vero? Come cazzo fai a saperlo? Nemmeno io lo so." Fece un mezzo tentativo di risata.
"Beh," iniziò Lily lentamente; "non vuoi che Remus vada in prigione. Non volevi che James venisse ferito, e sicuramente non vuoi dormire—o far finta di dormire—su questo divano, no?"
"Ma le altre cose... non sei sicura che non volessi nemmeno quelle, no?"
Lily ci mise un po’ di più a rispondere, questa volta. "Non vuoi essere un assassino," fece alla fine. "E se avessi usato quella ridicola testa che ti ritrovi per un minuto, penso che ti saresti accorto che in fondo non volevi Severus morto, alla fine... non per mano tua, comunque."
Sirius si appoggiò allo schienale del divano, con una smorfia amara; non sembrava riuscire a metter su un cipiglio vero e proprio. "Sei un’ottimista. Non so cosa avrei voluto se mi fossi fermato a pensare, ma mi sembra che il fatto stesso che io l’abbia fatto—abbia provato a farlo ammazzare senza pensarci due volte... questo è una dimostrazione di quello che volevo."
"è una dimostrazione," lo contraddisse Lily, "del fatto che non stavi pensando in nessun caso."
"Non lo so." Allungò la mano verso l’altro capo del tavolo, dove era posato un pacchetto di sigarette. "Ti dà fastidio?" le chiese, e lei scosse la testa. "Stavo—stavo camminando per i corridoi e... Avevo appena… lo zio—non che sia una scusa, sto solo... ho visto Piton a Hogsmeade con Regulus, e sapevo che aveva in mente qualcosa. E stava proprio facendo—proprio lo stronzetto... scusa... ma... Mocci—Piton sta col fiato sul collo di Moony—di Remus da anni e... era come se fosse—come qualsiasi altro scherzo per me, lo sai? Come, ogni volta che ne abbiamo fatto uno, erano cose che... che erano adatte. Come gonfiare la testa di Bertram Aubrey, perché è un idiota arrogante. O far diventare le orecchie di Melinda Kettlegrove giganti, perché origlia sempre. E Piton... cerca sempre di beccare Moony, e mi è venuto in mente. Gli avrei dato esattamente quello che voleva. Gli avrei detto come arrivare a Remus—" con maggiore ironia, "—sarebbe stato perfetto."
Ci fu un lungo silenzio; lui si accese la sigaretta. "Ti perdono," disse Lily dopo un po’. "Mi hai detto che ti dispiace, e io ti perdono."
"Per averti quasi fatta ammazzare?"
"Sì."
"E per avere quasi ucciso un tuo amico?"
"Sì."
"E per aver quasi fatto finire un altro dei tuoi amici in prigione?"
"Sì."
Sirius iniziò a ridere, una risata un po’ più sincera. "Proprio un sacco da perdonare, Evans. Pensi davvero che ognuno meriti una seconda occasione, non è così?"
"No." Lily scosse la testa. "Ma chi sono io per decidere chi la merita e chi no?"
Sirius esalò una boccata di fumo, un’espressione incredula, ma divertita, sul viso. "Sei fantastica, lo sai? Penso che tu sia l’unica persona al mondo che al momento non mi detesta."
"Ne hanno tutto il diritto," Lily acconsentì con un sospiro. "Ma in vita tua tornerai a dormire in un letto vero. Ti perdoneranno alla fine."
Dopo un lungo tiro: "Cosa ti fa essere così sicura?"
"Sono tuoi amici," disse, come se fosse ovvio. "Ci tengono a te; vogliono perdonarti, e quando si sentiranno meglio, lo faranno."
"Una cazzo di ottimista," Sirius mormorò a mezza bocca. Poi, a voce normale: "Non sono così sicuro. È un sacco da perdonare, e... e ho detto certe cose a James quella notte... cose che potrebbe essere difficile dimenticare. E poi, lui..." Sirius si bloccò, applicandosi invece alla sua sigaretta.
"Lui cosa?" Lily voleva sapere.
Il Malandrino distolse gli occhi, fissando le braci morenti del caminetto. "non la vede come la vedi tu, Evans. È più come me questa volta. Pensa che..."
"Sirius?"
Ma non rispose direttamente alla sua domanda; invece, si spostò su un nuovo, all’apparenza non collegato, filo di pensieri: "Lo sai, che è per puro caso che adesso sto seduto qui? Voglio dire, se avessi scelto un altro scompartimento il primo giorno di scuola... sei anni fa, se avessi fatto solo cinque passi in più e fossi andato nello scompartimento successivo, non sarei stato qui adesso. Non sarei diventato amico di James sul treno, sarei probabilmente finito a Serpeverde, e—e tutto sarebbe stato diverso."
"Dubito che saresti finito a Serpeverde," Lily controbatté pensierosa. "non mi sembri proprio il tipo ambizioso."
"Non ha importanza... tutta la mia famiglia è stata Serpeverde. Anche la cugina Andromeda e... e il Professor Black, e non sono stati nemmeno esattamente veri e propri membri della Nobile Casata dei Black. Sono stati tutti a Serpeverde, perché dal momento in cui siamo consapevoli che una cosa come Hogwarts esiste, ci è detto che quando noi ci andiamo, saremo a Serpeverde. Proprio come a James è stato detto che la casa di Serpeverde è per i tagliagole e i traditori, a me è stato detto che è la casa in cui i Black vengono smistati. E questo è. È... è come una religione. Ma quando James ha iniziato a parlare della casa del Grifondoro—" Sirius sembrava solo a malapena consapevole di star parlando con Lily, adesso, "—l’ha fatto sembrare come... il fottuto paradiso. Mia madre, aveva sempre fatto sembrare che per essere un Black, dovessi stare a Serpeverde, ma James dipingeva Grifondoro come... come essere umano, e vivo e... provare un po’ di stramaledetto divertimento per una volta. E se lui non avesse… se avessi fatto cinque passi in più e attraversato la porta successiva, cosa che avrei potuto fare molto facilmente, non sarei mai stato qui... allora non mi interessava di politica, o sangue, o famiglia. Volevo solo... divertirmi. E se non fossi andato nel compartimento dove c’era James, mi sarei messo il Cappello Parlante e avrei chiesto di stare a Serpeverde invece di Grifondoro, e sarei—sarei proprio come loro, a torturare i nati babbani e a chiamarti 'sanguesporco' e a sentirmi superiore perché sono..." con ancora più amarezza, "Sirius fottutissimo Black." Ciccò la sigaretta sovrappensiero. "Alla fin fine, nemmeno l’entusiasmo di James può imbrogliare il destino. Posso anche indossare la cravatta oro e rossa, ma sono proprio come loro."
"Non è vero," asserì Lily convinta. Pensò a Mulciber e ripeté: "Non sei come loro."
"Qual è il problema?" (Lo stesso sorriso amaro, mentre rivolgeva a lei i suoi occhi grigio blu) "non credi al destino, Lily? Non credi sia possibile che il mio destino sia di essere un Serpeverde, senza contare di che colore sia la mia cravatta?"
"No," affermò Lily. "Non la seconda parte, comunque. Penso che—che le uniche cose che siamo destinati a fare siano quelle buone, e che noi scegliamo se portarle a termine o no. E tu... tu hai scelto a metà. Hai scelto di non odiare i babbani e di difendere coloro che non possono difendersi da soli. Ma hai anche scelto di..."
"Uccidere Piton."
"Hai fatto degli sbagli. Tutti fanno degli sbagli, ma... ma sei Sirius fottutissimo Black, quindi i tuoi sbagli sono solo... su una scala più grande."
"Proprio una fottuta ottimista," Sirius borbottò di nuovo. "Lily, ho avuto ogni opportunità del mondo per essere una cosiddetta ‘brava persona.' Sono a Grifondoro. Ho— avevo amici leali. Avevo mio zio e mia cugina. Avevo i Potter. Sono intelligente e dotato e bello..."
"E umile."
"Quello che voglio dire," Sirius continuò, "ho avuto ogni opportunità di fare le cose giuste, e non puoi dare la colpa solo al fatto che io sia un teenager stupido, perché James—James è nella mia stessa barca, e lui è stato quello che ha salvato Piton. Devi ammettere che c’è qualcosa di fondamentalmente sbagliato in me."
Finì la sigaretta e la buttò nel fuoco. Lily rimase in silenzio per un bel po’.
"Ho una buona e una cattiva notizia," continuò alla fine. "La buona notizia è che non c’è niente di intrinsecamente sbagliato in te. Ti è più difficile essere buono, ecco tutto. E un sacco di gente è così, quindi ecco la cattiva notizia. Solo perché ha una famiglia... di merda, non significa che hai una scusa per arrenderti e fare quel che cavolo ti pare. Hai la responsabilità di fare la cosa giusta, anche se non vuoi e anche se è difficile. È davvero tutto qui. Hai una scelta—hai sempre una scelta."
"Così," fece Sirius, "Ho scelto di uccidere Piton."
"Forse," fece Lily franca. "Certo hai scelto di fare uno scherzo stupido. Ma c’era Potter a risolvere tutto. Nessuno è morto. Non sei stato espulso. Remus non è stato espulso o imprigionato. Silente non ha scoperto nemmeno... nemmeno la parte sugli Animagi. Hai un’altra occasione, Sirius."
"Non se non mi perdonano," il Malandrino le ricordò. "Non se Lupin e James e persino Peter non possono perdonare e dimenticare come fai tu, Evans, il che è altamente improbabile."
"Non dico che non ci vorrà tempo, Sirius, ma... ti perdoneranno. Siete... siete i dannati Malandrini! Siete praticamente ragazze, per quanto siete vicini!"
Sirius sorrise, un po’ più sincero. "Una fottuta ottimista."
"Una realista," Lily lo corresse precisa. Stava per dire buonanotte quando notò una lettera, indirizzata a Sirius, appoggiata sul tavolo davanti a loro. "E quella cos’è?"
Sirius scrollò le spalle. "'Non lo so. È del ministero. L’ho ricevuta stamattina, ma ho paura ad aprirla."
Lily scosse la testa e si alzò dal divano. "Tu dormi un po’."
"Ci proverò."
"Bene."
Sorrise stanca e poi scomparve su per le scale del dormitorio delle ragazze. Sirius sedette da solo, a fissare il fuoco, per un bel po’. Alla fine, allungò la mano e raccolse la busta con le pergamene e il loro sigillo Ministeriale. Strappandola per aprirla, lesse la prima delle due pagine allegate.
Gentile Sig. Black,
A causa del Suo corrente domicilio alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, non Le è stato possibile essere presenta alla lettura del Testamento di Alphard Black, che si è verificata Venerdì, 21 Maggio. Da esecutore del testamento, porgo le mie scuse per il ritardo verificatosi nella sua lettura, ma non era a noi chiara la di cui locazione. In ogni caso, è mio compito riportarle le seguenti informazioni, in quanto beneficiario del Sig. Black. Inclusa è la copia di parte del testamento, riguardante Lei medesimo. Tutti i fondi menzionati saranno trasferiti alle camere blindate Gringott elencate da Suo zio non più tardi di Venerdì, 28 Maggio.
Le mie più sincere condoglianze per la dipartita di Suo zio, e si senta libero di mandare un gufo nel caso avesse qualsiasi richiesta riguardo le ultime volontà di Alphard.
In fede,
Edmond Prewett
Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia
Sotto-Dipartimento di Legge
Commissione per la Valuta della Magia
La seconda pagina portava nell’angolo il sigillo di un incantesimo di duplicazione, era datata a Marzo inoltrato, ed era stata scritta dalla mano di Alphard Black.
A mio nipote, Sirius Orion Black, lascio la maggior parte del mio patrimonio monetario che equivale all’ammontare della somma di quattrocento settantacinque mila galeoni, da essergli versati alla mia morte. Con amore, e i migliori auguri, al mio buono e fidato nipote.

Anche se non avesse saputo che senza alcun dubbio il letto di Sirius era vuoto, James pensò che se ne sarebbe accorto lo stesso. Stava steso nel suo letto, a fissare in su senza tregua e a riflettere sul fatto che sei anni nello stesso dormitorio gli avevano dato una strana familiarità con i suoni tipicamente notturni. Se si concentrava, James riusciva a isolare chi dei suoi compagni di stanza stesse russando, chi respirava troppo forte, chi faceva cigolare il letto girandosi sul fianco, e quale rumore solito mancava alla sinfonia notturna. Suonava— si sentiva—diverso. James aveva passato troppe notti insonni nel suo dormitorio per non accorgersene.
L’orologio sul suo comodino gli diceva che erano le tre e sei minuti del mattino; aveva già provato con la lettura, la conta degli Kneazle, i compiti di Erbologia, e a rivivere i G.U.F.O. di Storia della Magia, eppure James semplicemente non riusciva a dormire. Tutto quello che voleva era scivolare nell’incoscienza come avevano fatto i suoi compagni di stanza (persino Remus riusciva a dormire, dannazione), eppure il suo letto aveva iniziato ad essere scomodo, e pensava che il retro della testa gli prudesse esageratamente.
Se solo fosse riuscito a spegnere il cervello, forse anche il resto del corpo si sarebbe riuscito a spegnere come si deve. Ma non riusciva a smettere di pensare, e non riusciva a smettere di sentirsi orribile.
Sirius. Sì, Sirius era lì (nel suo cervello), certo. Sirius che li tradiva, Sirius che lo diceva a Piton, Sirius espulso dalla squadra di Quidditch, Sirius fuori dai Malandrini...
"Sta per andare là sotto, oltrepassare il platano, vedere Moony, e—puoi immaginare?"
Rivivere quella notte era già abbastanza doloroso, ma la cosa peggiore erano i pensieri inevitabili di quello che sarebbe potuto accadere... se fosse arrivato troppo tardi... se Remus avesse morso Piton, o se l’avesse ucciso…
Nell’ultima settimana, James aveva messo in subbio un sacco di cose—le sue amicizie... i Malandrini... ogni scherzo che avesse mai fatto... ogni cosa che avesse fatto con Sirius per gli ultimi sei anni... ma non aveva, nemmeno una volta, dubitato la chiarezza a cui era approdato quella notte. Nemmeno una volta aveva avuto dubbi sul fatto che Sirius era—che Sirius doveva essere—fuori. Fuori dai Malandrini, fuori dalla sua famiglia...
E allora perché non riusciva a dormire?
"Non far finta che ti sarebbe interessato anche un minimo di Piton se non fosse stato per lei..."
James sapeva che non era vero. Ma sapeva anche che aveva sentito un bisogno inspiegabile di provare che non fosse vero. Ed era stato così arrabbiato con tutto e tutti. Aveva avuto bisogno di un altro obiettivo, e, Merlino lo aiuti, pensava anche davvero tutto (o quasi tutto) quello che aveva detto a Lily. Tutto quello che riguardava Piton, comunque.
Eppure, non avrebbe dovuto dirlo, e, pentendosene mentre se ne stava sdraiato lì, James si spostò sul fianco e chiuse occhi, sforzandosi di cancellare il ricordo.
Lily adesso lo odiava. Lo odiava davvero, sul serio, probabilmente anche più di prima. Pensava fosse cambiato (non lo aveva fatto, in realtà no); aveva pensato che forse... ma non aveva più importanza, no? Sirius era fuori; non sarebbe più dovuto essere una figura chiave della vita di James. Con nessuna speranza di redenzione, Sirius sarebbe piano piano scivolato ai margini della coscienza di James, alla fine si sarebbe arreso coi suoi tentativi di essere perdonato e sarebbe scomparso. Questo (il pensiero) era sgradevole... doloroso, davvero. Quasi doloroso come la consapevolezza che lui, James, aveva fatto la stessa cosa. Per quanto riguardava Lily, James sapeva che, come Sirius nei confronti dei Malandrini, era fuori.

Lily non odiava James.
Alle tre e sei minuti del mattino, Lily riconobbe questo fatto. Non lo odiava. Proprio no.
Era ancora arrabbiata e a ragione, certo, e non riusciva a pensare all’incidente senza sussultare, ma non lo odiava. Allo stesso tempo, riconobbe due verità inalienabili.
Prima, che non sarebbe mai stata amica di James Potter.
Era impossibile. Durante l’anno passato, aveva pensato che forse, in qualche modo, sarebbero potuti essere amici in qualche misura. Aveva pensato che forse James fosse una persona alla cui amicizia non si sarebbe mai, in fondo, opposta. Ma questo era prima—adesso, avevano litigato, e lui aveva detto quelle cose, ed era stato tutto portato alla luce come una brutta ferita che lei aveva provato, senza successo, a nascondere con delle bende.
C’erano sempre stati degli argomenti taboo nelle sue interazioni con James: Piton il primo, e il precedente (o, a quanto pare, non così precedente) affetto di James nei suoi confronti un altro. Ma con rabbia, e senza rimpianti, tutti e due erano stati rivelati e approfonditi, e non potevano tornare indietro. Avevano detto tutto—tutto.
E quindi, la seconda verità:
Con James, sfortunatamente, non era rimasto nient’altro da dire.

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Per concludere l'anno ***


Disclaimer: Copyright Jo-Ro.

Prima: All’inizio dell’anno, Nicolai Mulciber mette alla prova la lealtà di Piton nei confronti dei Serpeverde costringendolo a disarmare Lily, ma James interviene e lo prende a pugni. Poi, Adam McKinnon e Carlotta Meloni tentano il suicidio. Ma non proprio. Adam dice a Marlene che la ama; lei lo respinge e fallisce del tutto il "Livello Uno di Amore non Corrisposto." Donna e Lily non sono più amiche da quando Donna denigra Lily per la morte del padre. Nel frattempo, Donna se la fa con il Corvonero Charlie Plex, che ha una fidanzata chiamata Cassidy, ma quando Charlie rivela che in realtà ha veri sentimenti per Donna, lei decide di fare la cosa giusta e tagliare tutto. Lui si arrabbia. Luke, l’ex di Lily, rimane devastato quando gli Auror uccidono suo fratello Logan, così Luke decide di lasciare la scuola senza fare i M.A.G.O. James caccia Sirius dai Malandrini e dal dormitorio per lo scherzo del Platano Picchiatore ai danni di Piton. Lily e James hanno un litigio furioso; James dice che Lily l’ha usato per farsi aiutare con Luke perché sapeva di piacergli, e che lo ha rifiutato solo per provare qualcosa a Piton. Lily dice che l’ha rifiutato perché era un cretino. Lily si rende conto che per quanto riguarda la relazione con James, non c’è nient’altro da dire.


 
Capitolo 23- "Per concludere l’anno"
O
"One Love"


 
Nel Dormitorio maschile dei Grifondoro del loro anno, vivevano cinque maghi. Erano James Potter, Sirius Black, Remus Lupin, Peter Minus, e Adam McKinnon.
Fin dal primo giorno, James Potter e Sirius Black erano diventati migliori amici.
Il fato, a volte, opera in maniera strana. Se, il primo giorno di scuola, Sirius Black non si fosse seduto nello Scompartimento B della prima carrozza dell’Espresso per Hogwarts... se, invece, avesse fatto qualche passo in più fino allo Scompartimento C or, o se fosse salito in una carrozza diversa, forse non avrebbe incontrato James Potter quella mattina. Più tardi, forse avrebbe invece chiesto al Cappello Parlante di metterlo a Serpeverde, (perché, dopo tutto, era lì che tutta la sua famiglia era stata smistata), e James Potter e Sirius Black forse non sarebbero mai stati migliori amici.
O forse sì.
Perché il fato, a volte, opera in maniera strana.
Ma, il fatto è che, Sirius Black incontrò James Potter nello Scompartimento B, e fu smistato a Grifondoro, e diventarono migliori amici. E quello fu l’inizio dei Malandrini. Proprio l’inizio.
Non finisce qui, comunque, tutta la storia.
Di nuovo: nel dormitorio maschile dei Grifondoro del loro, vivevano cinque maghi, e, arrivati al secondo aprile che passavano a Hogwarts, James Potter e Sirius Black erano stati migliori amici per ben più di un anno. Peter Minus galleggiava ai bordi di parecchie cerchie, e non apparteneva a nessuna. Adam McKinnon era un tipo abbastanza simpatico—James e Sirius avevano deciso così—ma era piuttosto ligio alle regole, e aveva altri amici fuori dal dormitorio. Le cose erano più o meno le stesse anche con Remus Lupin, solo che lui era molto meno "normale" di Adam... senza dubbio, Remus aveva qualcosa di strano.
Era silenzioso; se ne stava per conto suo. Dov’è che spariva, ogni mese? Perché aveva sempre un’aria così malaticcia, e da dove venivano tutti quei graffi sinistri?
Remus Lupin aveva qualcosa di strano, ma fino all’aprile del loro secondo anno, James e Sirius non seppero cosa.
"È un tipo abbastanza a posto," sussurrò Sirius a James una sera durante Astronomia, mentre il Professor Dawton continuava a blaterare sulle proprietà di questo o quell’ammasso di stelle. "Ma è un po’ strano, non credi? Ho provato ad invitarlo alla partita di Gobbiglie la settimana scorsa, ma mi ha guardato come se avessi avuto intenzione di maledirlo, invece."
"È davvero strano," si disse d’accordo James. "Ma non è così male—ci ha coperto le spalle a Pozioni la settimana scorsa, quando abbiamo fatto esplodere il calderone di Moccy."
Entrambi, al ricordo, fecero una risatina.
"Ehi, Minus," fece a bassa voce Sirius, dando una gomitata al piccolo mago col telescopio accanto al suo. "Tu che dici, sul fatto di Lupin? Ha saltato un’altra lezione di Astronomia."
Peter scrollò le spalle. "Sembra proprio che ne salti un sacco, eh? La McGranitt dice che torna a casa per andare a trovare sua madre."
Sirius sbuffò dal naso. "Sta così male, ogni volta che torna, che sembra più che sia andato a trovare mia madre."
"Beh, ecco qua," ridacchiò James. "Abbiamo trovato la risposta."
Prima che Sirius potesse rispondere, il Professor Dawton interruppe la conversazione. "Potter, Black, Minus—silenzio," li avvertì facendo finta, in maniera poco convincente, di essere severo. Il Professor Dawton era davvero troppo buono, per essere un professore. Ritornò alla sua lezione, indicando vari oggetti di interesse nel cielo notturno. I tre ragazzi del secondo annuirono obbedienti, e James notò Lily Evans alzare gli occhi, non molto lontano. Il suo telescopio era proprio accanto a quello scemo di Mocciosus. E cosa ci trovava in quell’idiota untuoso, comunque?
"Smettila di mangiare Evans con gli occhi," sussurrò Sirius, e James si accigliò.
"Quando mai," insisté, e Sirius ghignò.
Peter soppresse uno sbadiglio. "Odio Astronomia," borbottò sottovoce. "Perché dobbiamo andare a lezione di notte?"
"Perché è allora che si vedono le stelle, genio," controbatté Sirius. "E poi, non è così tardi. James ed io la scorsa notte abbiamo fatto ancora più tardi... abbiamo trovato le Cucine."
Gli occhi di Peter si fecero larghi e grandi come la fame. "Le Cucine?" sussurrò, in maniera quasi reverenziale. "Avete usato di nuovo quel mantello, non è vero?"
James e Sirius si scambiarono un’occhiata compiaciuta, e il primo annuì. "Magari un giorno ti ci portiamo, sì?"
"Sarebbe fantastico," Peter sussurrò col respiro sospeso.
"Ragazzi," il Professor Dawton richiamò ancora. "Insomma, su. Se devo un’altra volta rimproverarvi di far silenzio, non vi sarà permesso andar via prima insieme al resto della classe." Dawton faceva andare sempre tutti via prima le notti di luna piena, perché, diceva, la luna troppo luminosa rendeva l’osservazione delle stelle difficile.
"Sì, Professore," risposero in coro i tre ragazzi. "Ma ci darà lo stesso le Lune al Marshmallow, non è vero?" aggiunse Sirius, con un gran sorriso. Dawton—un fanatico degli eventi celesti—distribuiva ai suoi studenti delle caramelle, le notti di luna piena e nuova. In questo caso, si trattava della prima.
"Per favore, prestate attenzione," disse il professore, e ricominciò ancora una volta a spiegare. I tre Grifondoro rimasero in silenzio per un po’, poi Peter parlò di nuovo.
"Che peccato che Dawton distribuisca solo Lune al Marshmallow. Mi hanno stufato."
"Non ti lamentare," mormorò James. "Se non le vuoi, dalle a Lupin. Le adora, e non ne becca mai, visto che deve andare a casa."
"Ora," Dawton continuò, "Se per volete rivolgere i vostri telescopi a Nord..."
"Sai," disse Sirius, osservando attraverso la lente del telescopio così come gli era stato detto, "non credo che vada davvero a casa. Il mese scorso, è scomparso come fa sempre, e il giorno dopo che è tornato, a colazione ha ricevuto una lettera da sua madre... perché avrebbe dovuto scrivergli se l’aveva appena visto?"
Né James né Peter risposero, comunque, poiché il Professor Dawton stava guardando nella loro direzione e furono costretti a rimanere in silenzio. Poco dopo, la classe fu congedata e—con parecchi pacchetti di Marshmallow tra le mani (James e Sirius avevano, ovviamente, ignorato la regola del "Soltanto una, prego") —i ragazzi di Grifondoro fecero ritorno al loro dormitorio.
Adam McKinnon andò direttamente a dormire, e Peter si mise a letto con la stessa intenzione. Comunque, pochissimo tempo dopo fu svegliato da delle voci. James e Sirius erano seduti vicino alla finestra, masticando le Lune al Marshmallow e immersi in conversazione—probabilmente tramando qualcosa—in mormorii poco sommessi.
"Minus," lo salutò Sirius, notando Peter che sbirciava dalle tende del suo letto a baldacchino cercando la fonte del rumore molesto. "Forza, su. Prendi una Luna al Marshmallow. Ne abbiamo a sufficienza."
Assonnato, ma deciso a non rifiutare un invito di James Potter e Sirius Black, Peter barcollò fino al davanzale della finestra. Scartò uno dei dolci ammassati in un mucchio tra James e Sirius e si sedette sul pavimento. James stesso ne prese un paio e li lanciò sula scrivania lì vicino. "Per Lupin," spiegò. "Sembra sempre così allegro, quando gliene dai un paio. È come regalare le caramelle a un bambino."
Sirius ridacchiò. "Se li vuole, dovrebbe venire a lezione una volta tanto."
James semplicemente scrollò le spalle. Appoggiò la testa al muro e fissò svogliatamente fuori dalla finestra. "Strano, no?" rifletté vago, "Sembra che Lupin si perda sempre le lezioni in cui Dawton regala caramelle..."
Ci fu un lungo momento di silenzio, e poi—
"Oh, mio Merlino," dissero Sirius e James esattamente nello stesso istante. Peter li guardò con aria attonita.
"Cosa?"
Ma venne ignorato.
"Oh, mio Merlino!"
"Porca miseria!"
"Non pensi che...?"
"Ha senso, no?"
"Ma Silente non avrebbe mai..."
"Forse Silente non lo sa..."
"Ovvio che Silente lo sa! Silente sa tutto!"
"Ma come fa a...?"
"Certo i professori...?"
"Ma dov’è che...?"
"Non lo so—ma scommetto che potremmo..."
"Scoprirlo. Se usiamo..."
"Il Mantello, esatto."
"Oh mio Merlino."
"Oh mio Merlino."
Peter li fissò. "Ma di che state parlando, voi due?"
Ma ancora una volta, nessuno gli rispose—almeno non subito. Alla fine, James e Sirius smisero di auto-congratularsi abbastanza a lungo da rendere partecipe il loro terzo compagno di stanza. Nel frattempo, un enorme sorriso si era aperto sul volto di Sirius, immediatamente seguito da quello sul volto di James.
"Che cosa fichissima."

 
(Presente)
 
E così il tempo passò, come è sua solita abitudine. In un vortice di eventi poco importanti e letargo, i giorni scivolarono via. Lily non aveva mai immaginato che l’umore di una singola persona potesse influenzare una scuola intera, eppure, fu così che la languidezza di James Potter verso tutto e tutti diventò all’improvviso pandemica. Mai un maggio era passato con così poca eccitazione—anche il pensiero degli esami imminenti aveva avuto poco effetto sui più. Anche se erano tutti occupati, a nessuno sembrò davvero di star facendo granché.
Sirius smise di dormire in Sala Comune, ma non fece ritorno al suo dormitorio. Invece, si trasferì in qualche altro posto, di cui non volle rivelare l'ubicazione a Lily, nonostante le varie rassicurazioni sul fatto che non fosse costretto a dormire su un freddo pavimento di pietra—a meno che non fosse quello che voleva. Lily non aveva la più pallida idea di quello che volesse dire con questo, ma Sirius rimaneva risolutamente enigmatico.
Luke Harper, ovvio, se ne era andato, e un paio di righe su Logan sul giornale informarono che Luke avrebbe passato del tempo all’estero con sua madre e un altro dei suoi fratelli. Comunque, alcuni giorni dopo, apparve un nuovo articolo che riguardava gli Harper. Erano ritornati a Londra con l’intenzione di chiedere un’indagine sugli Auror coinvolti nell’attacco a Hogsmeade. Lathe, a quanto pare, aveva avuto ragione anche su questo.
La Finale di Quidditch arrivò, l’ultimo fine settimana di maggio—Grifondoro contro Serpeverde. A Sirius non fu permesso di giocare, ovviamente, e Lily si sentì un po’ dispiaciuta per il Cacciatore di riserva: non aveva alcuna possibilità. Forse era il malumore contagioso del loro Capitano, o forse erano i loro problemi personali a dar loro fastidio, ma la squadra di Grifondoro giocò con quella che sembrò motivazione a vincere zero. Tutti nella squadra, a quanto pare, avevano una ragione per essere scontenti, e questo, combinato con un Cacciatore di riserva che riceveva istruzioni tutt’al più apatiche, ebbe come conseguenza la sconfitta più brutta di Grifondoro a opera di Serpeverde nella storia recente. Fu un brutto giorno nella Sala Comune di Grifondoro. L’umore di James peggiorò, e Grifondoro iniziò a riferirsi al Quidditch semplicemente come a "Q-uello."
Gli esami sembravano un concetto lontano e incerto, eppure, all’improvviso, la prima settimana di giugno si era avvicinata, e ormai mancavano pochi giorni. Gli studenti G.U.F.O. e   M.A.G.O. erano diventati schiavi dei libri, e Lily fece del suo meglio per impegnarsi a sua volta nei propri esami, ma aveva problemi d’attenzione. Non riusciva a concentrarsi. L’aria iniziava a farsi più tiepida, e si ritrovò col pensiero diretto ai propri G.U.F.O.—cosa era successo vicino al lago quel  giorno di giugno, quasi un anno esatto prima—e altri pensieri infelici, che spesso coinvolgevano Luke Harper, Logan Harper, o James Potter.
Era tutto molto confuso, e, cosa strana, l’unico amico che non era coinvolto nel melodramma che di recente era la sua vita, era allora Severus Piton. Fu così che la maggior parte dello studio per l'impedente esame di Pozioni lo fece con il Serpeverde, il che procurò alla strega ancora più occhiatacce da parte di James.
"Non stai prestando attenzione," Piton accusò indifferente, quando lo sguardo di Lily scivolò ancora una volta oltre i vetri della finestra della biblioteca. Era venerdì sera, e l’esame sarebbe stato lunedì.
"No," si disse d’accordo Lily. "Fa tutto schifo. E poi..." Chiudendo il libro di Pozioni Avanzate, Livello 6, "So tutto." Questo—anche se non proprio esatto—era approssimativamente vero, e, sul serio, non aveva voglia di studiare. Aveva voglia di parlare, e fu per sua grande sventura che di ogni argomento di cui valeva la pena discutere era strettamente vietato alle orecchie di Piton.
Quando era diventato così?
"Vuoi provare Difesa, allora?" si offrì il Serpeverde, un po’ annoiato.
Lily scosse la testa. "Non voglio studiare. Non voglio pensare."
"E questo che dovrebbe significare?"
"Non lo so. Voglio solo stendermi e scomparire."
Severus sospirò. "Non so cosa diamine debba dirti quando fai così, Lily." Sembrava esausto... e non era mai sembrato esausto quando era con Lily. Lo guardò. "Possiamo almeno finire Pozioni?"
La rossa scrollò le spalle. "Bene. Pozioni." Aprì il libro, ma ad una pagina a caso, e non lesse le parole.
"Non stai prestando attenzione," disse Piton di nuovo.
"No," si disse d’accordo Lily.
(Cassidy, Parte Uno)

Cassidy Gamp aveva una montagna di riccioli splendenti, quasi il colore dei maccheroni al formaggio. Era minuta, gentile, e femminile, con grandi occhi da cerbiatta, un mento delicato, e un nasino a patata. Era esattamente il tipo di ragazza che piaceva ai ragazzi della sua età: dolce, virginea, fragile, con un intelletto nella media, e piuttosto capace di far sentire un esponente del sesso opposto parecchio macho. Era, e non c’era margine di incertezza, l’esatto opposto di Donna Shacklebolt.
Consapevolezza per niente nuova a Donna, che non poté fare a meno di notare dall’altra parte della Sala Grande come Cassidy Gamp si sforzasse senza successo di attirare l’attenzione del proprio ragazzo. Charlie Plex era davvero troppo impegnato a rimuginare sulla propria cena da prestare attenzione al chiacchiericcio disperato di Cassidy.
In un certo senso, il fatto che Cassidy esistesse provocava a Donna un certo disgusto. Era carina, e nonostante non fosse precisamente stupida, non era, con esattezza, nemmeno acuta. In più, non era il tipo di ragazza che la notte rimaneva sveglia al pensiero dei Mangiamorte. Non era il tipo di ragazza che aveva gli incubi (veri incubi) o preoccupazioni fondate o problemi gravi. Non era complicata. Avrebbe lasciato Hogwarts con dei voti accettabili e forse, o forse no, avrebbe potuto intraprendere qualche tipo di carriera, abbandonandola dopo pochi anni nel momento in cui avrebbe trovato un mago che avrebbe acconsentito a sposarla. Niente di complicato.
In un altro senso, Donna sapeva di non avere assolutamente alcun diritto di criticare Cassidy, perché nonostante fosse stata sciocca e ingenua, era stata anche trattata in maniera assolutamente abominevole—da Charlie e da Donna stessa, e tutto questo non faceva di Cassidy una ragazza spregevole. La rendeva degna di compassione.
Seduta al tavolo di Tavolo di Grifondoro, cenando da sola, Donna si chiese cosa esattamente avrebbe fatto Cassidy se avesse mai scoperto di Charlie. Probabilmente avrebbe fatto un bel casino; probabilmente avrebbe dimenticato il proprio orgoglio e si sarebbe messa al centro dell’attenzione; probabilmente avrebbe lanciato una maledizione a Charlie, o ci avrebbe provato, almeno, e quasi sicuramente avrebbe messo ogni ragazza nella scuola contro Donna. Ecco come Donna faceva a sapere che Charlie non l’aveva detto alla sua fidanzata; perché se l’avesse fatto, lei l’avrebbe saputo molto presto.
Charlie distolse lo sguardo dalla propria cena abbastanza a lungo da lanciare un’occhiata in direzione di Donna, e la beccò mente fissava. Distolse lo sguardo in fretta, ma non prima di aver visto gli occhi di Charlie lampeggiare di rabbia. Dopo, evitò il tavolo di Corvonero del tutto.
(Quinto anno, Parte Uno)
 
"Mi bocceranno," affermò Donna. "Ho sbagliato tutto. Lo so. Ho sbagliato ogni domanda. Non sono passata. Dovranno inventare una nuova lettera per dare un voto allo schifo che ho appena fatto."
Mary, Marlene, e Lily alzarono gli occhi al cielo. "Non hai sbagliato tutto," la rassicurò Lily, mentre le ragazze si spostavano attraverso un’affollata Sala d’Ingresso. "Lo dici sempre, ma in realtà non sei mai stata bocciata ancora in niente."
"Questa volta dico davvero!" Donna protestò. "Ho appena sbagliato tutto al mio G.U.F.O. di Difesa Contro le Arti Oscure!"
"Invece no," insisté Marlene. "E smettila di andare in cerca di complimenti. Sai già di essere bravissima a scuola, anche se un po’ fessa nella vita di tutti i giorni. Andiamo fuori?"
"Fa troppo caldo per stare dentro," disse Lily. "E adesso non riesco assolutamente a studiare per Trasfigurazione."
"Sono d’accordo," disse Mary, che adesso, finito finalmente l’esame, era allegra. "Andiamo fuori. Possiamo sederci in riva al lago."
E così, il destino—sotto forma di una Mary Macdonald accaldata—spinse le ragazze ad andar fuori con la maggior parte degli alunni del quinto anno. Seduta su una riva del lago Nero, Lily scalciò via le scarpe, si tolse i calzini, e dondolò i piedi nell’acqua; Mary e Marlene la imitarono, nonostante le proteste di Donna sulla base di "Agrippa solo sa cosa c’è in quell’acqua."
"Liam Lyle mi ha chiesto di uscire la settimana scorsa," annunciò Mary, mentre si godevano il sole. "Al prossimo fine settimana a Hogsmeade," spiegò. "Forse gli dico 'sì,' ma non ho ancora deciso."
"Non giocare con i sentimenti di Liam Lyle," la sgridò Lily quasi in automatico, mentre rivolgeva veloce lo sguardo al di là del prato, a una figura solitaria, che leggeva sotto un albero. "È un bravo ragazzo."
"Io non gioco con i sentimenti dei ragazzi..."
Marlene sbuffò col naso. "Mary, tesoro, sei la mia migliore amica, ma ho due parole per te: Devang Patel."
"Okay, ho giocato un po’ con i sentimenti di Devang," Mary concesse. "Ma solo perché era così convinto che fossi una totalmente facile."
"Non lo sei?" disse Donna secca, guadagnandosi una gomitata dalla piccola bruna.
"No."
"A proposito di ragazzi che sono pazzi di una certa strega..." disse Marlene, seguendo le occhiate fugaci di Lily.
"Chi?" chiese Donna, prima di notare la persona a cui si riferiva la bionda. "Oh. Piton."
Lily sobbalzò all’udire il suo nome. "Piantatela," controbatté con dignità. "Non è pazzo di me; in realtà, abbiamo litigato."
"Ma certo," disse Mary. "ecco perché sei seduta qui con le tue adorabili amiche, invece che laggiù a morire di noia con un libro di Trasfigurazione."
"Certo," fece a bassa voce Marlene un po’ cupa; "Sono sicura che quello è solo un semplice libro di Trasfigurazione."
"Zitte," Lily ordinò. "È ancora mio amico."
"Merlino solo sa il perché," aggiunse Donna.
Lily lanciò a tutte un’occhiata di avvertimento, e capirono che era meglio lasciar perdere il discorso. "Beh," disse Mary, vagando con lo sguardo fino a un altro albero, dove altri maghi si divertivano. "Che ne dici di James Potter? A lui piaci, Lily."
"Spero che sia uno scherzo," replicò il prefetto, lanciando un’occhiata ai Malandrini. James Potter, Sirius Black, Remus Lupin, e Peter Minus sedevano all’ombra di un grosso albero; Sirius e Peter sembravano ridere per qualcosa, Remus leggeva, e James giocava con un Boccino che aveva senza dubbio sgraffignato a scuola.
"Ma è carino," canticchiò Mary; ecco, quella era una conversazione familiare. Mary ricordava ogni volta a Lily l’innegabile (anche se Lily negava ostinatamente) bell’aspetto di James. Donna sarebbe stata la prossima.
"Ed è un Capitano di Quidditch dannatamente bravo," contribuì Donna prevedibilmente. Marlene avrebbe seguito.
"E gli piaci da matti," continuò Marlene. "Quante volte ti ha chiesto di uscire questa settimana?"
"Due," Lily replicò. "Che piacevole e leggera settimana."
Marlene e Mary fecero una risata d’apprezzamento. "Shelley Mumps ucciderebbe per essere nei tuoi panni," l’ultima sottolineò.
"Se darle i miei panni mi aiutasse a sbarazzarmi di Potter, andrei volentieri in giro nuda," disse Lily. "Sfortunatamente, nemmeno maledizioni inciampanti e rifiuti costanti hanno funzionato, quindi ho poca fiducia nella nudità."
"Oh, come soffre," fece Donna sarcastica.
"Povero Potter," borbottò Marlene. "Non ha una possibilità, eh? Non è il tipo di Lily."
"Per niente," si disse d’accordo Lily. "Voglio dire, ma guardalo, che fa il buffone con quel Boccino..."
"Beh, non possiamo avere Jay Gatsby o Paul Newman," disse Mary, "Quindi ti dovrai accontentare dei ragazzi di Hogwarts."
"Ci sono ragazzi di Hogwarts e ragazzi di Hogwarts," Lily fece notare. "Ed è così terribilmente sbagliato desiderare un ragazzo che sia romantico e passionale, e magari giusto un po’ poetico?"
"Oh no," mormorò Donna, con gli occhi rivolti verso il prato.
"Che c’è?" chiese Lily.
"Niente." Donna spostò il peso, a disagio. "Proprio niente. Che stavi dicendo? Passionale?"
Ma Lily non si era lasciata distrarre. Si voltò e vide la scena che si svolgeva a poca distanza. James Potter e Sirius Black in piedi con le bacchette sguainate, e il loro obiettivo era, ovviamente, Severus Piton.
Rabbia e furore affiorarono sul volto di Lily; quasi automaticamente, si alzò, infilando i piedi nelle ballerine della scuola senza mettere i calzini, e si mosse in direzione del gruppo.
"Ecco che si comincia..." fece a bassa voce Marlene.
"Lascialo STARE!"
La mano di James Potter che non era impegnata a reggere la bacchetta—occupata a far eruttare bolle rosa dalla bocca di Piton—volò subito ai suoi capelli, scompigliandoli anche se non era necessario. "Tutto bene, Evans?"
"Lascialo stare," Lily fece velenosa. "Che cosa ti ha fatto?"
"Bè... è più il fatto che esiste, non so se mi spiego..."
Gli altri risero; il sangue di Lily ribollì. Deficiente montato...
"Ti credi divertente," disse gelida. "Ma sei solo un bullo arrogante e prepotente, Potter. Lascialo stare."
James sembrava del tutto imperturbato dai suoi insulti; senza la minima indicazione che riconoscesse la furia, la pura antipatia, nel tono di voce e negli occhi, il mago scherzò, senza perdere un secondo: "Solo se esci con me, Evans."
Lily sarebbe potuta rimanere sorpresa, ma a quanto pare l’arroganza di James non conosceva limiti.
"Andiamo..." continuò, " Esci con me, e non alzerò mai più la bacchetta sul vecchio Mocciosus."
Disgustata: "Non accetterei nemmeno se dovessi scegliere tra te e la piovra gigante."
E poi, forse per mezzo secondo, James finalmente sembrò registrare il fatto che Lily Evans, in quel momento, detestava la sua esistenza, tanto quanto lui detestava quella di Piton.
"Ti è andata male, Prongs," fece lì vicino Sirius, ovviamente non infastidito dal rifiuto quanto James. E comunque, aveva problemi più grossi: "EHI!"
L’avvertimento di Sirius arrivò comunque troppo tardi; un lampo di luce, ed ecco che James sanguinava—un grosso, profondo taglio era comparso su un lato della faccia. Un istante dopo, Piton era appeso in aria a testa in giù. Parecchie persone acclamarono incoraggianti.
Lily richiamò a sé tutte le energie che aveva. Non era divertente. "Mettilo giù!"
L’emozione—emozione vera, onesta—che era comparsa brevemente sul volto di James se ne era andata... dimenticata del tutto. Fece un sorrisetto e piegò la testa. "Ai tuoi ordini."
Piton si schiantò al suolo, ma prima che potesse riprendersi del tutto, Sirius lanciò un incantesimo in direzione del Serpeverde, che si accasciò di nuovo, rigido.
"LASCIATELO STARE!" urlò Lily, tirando fuori la bacchetta. I suoi due compagni di Casa la guardarono incerti; apparentemente, la prospettiva di duellare contro una Lily Evans armata era molto meno piacevole di quella di tormentare Piton.
"Dai, Evans," la pregò quasi James, "Non costringermi a farti un incantesimo."
E lo farebbe pure, pensò lei.
"Allora liberalo!"
James sospirò. Liberò Piton dal Locomotor Mortis che Sirius aveva lanciato. "Ecco fatto," disse James infastidito; Piton si alzò in piedi barcollante. "Ti è andata bene che ci fosse Evans, Mocciosus..."
E poi accadde. Gli occhi neri di Piton lampeggiarono, spostandosi da James a Lily agli studenti tutt’intorno. C’era ancora del sapone sulla veste, e il suo viso di solito pallido era tutto rosso. E poi accadde.
"Non mi serve l’aiuto di una piccola schifosa Sanguesporco come lei!"
Passarono pochi secondi infiniti; con la coda dell’occhio, Lily notò Marlene, Mary, e Donna che si avvicinavano. Il pubblico si era ammutolito. James sembrava quasi più confuso che altro. Remus questa volta alzò lo sguardo dal libro. Il mondo aspettava la reazione di Lily, che non era proprio pronta a dare, ancora.
Sanguesporco come lei.
"Molto bene," riuscì a dire, gelida; Piton era impallidito di nuovo; "Vuol dire che in futuro non mi prenderò la briga di aiutarti."
Schifosa Sanguesporco come lei.
"E se fossi in te mi laverei le mutande, Mocciosus."
James si era arrabbiato di nuovo. "Chiedi scusa a Evans!"
Arrogante, odioso, stupido montato...
Lily si rivolse a lui. "Non voglio che mi chieda scusa perché l’hai costretto tu! Siete uguali, voi due...!"
"Cosa? Io non ti avrei MAI chiamata una..." Esitò imbarazzato: "Tu-sai-cosa!"
Ma Lily era così furiosa, che le mani praticamente le tremavano, quando le strinse a pugno e scattò: " Sempre a spettinarti i capelli perché ti sembra affascinante avere l’aria di uno che è appena sceso dalla scopa, sempre ad esibirti con quello stupido Boccino e a camminare tronfio nei corridoi e lanciare incantesimi su chiunque ti infastidisca solo perché sei capace… sei così pieno di te che non so come fa la tua scopa a staccarsi da terra! Mi dai la NAUSEA!"
Si voltò, andando via alla cieca il più velocemente possibile.
Sanguesporco, sanguesporco, sanguesporco, sanguesporco…
"Evans! ehi, EVANS!"
Ma Potter era lontano anni luce; lo sentiva a malapena, il sangue le pulsava nelle orecchie, la rabbia e il dolore nelle vene, quella parola che riecheggiava nella mente... James Potter sarebbe anche potuto non esistere...
Sanguesporco, sanguesporco, sanguesporco, sanguesporco, sanguesporco, sanguesporco...
"Lily."
Aveva raggiunto le porte del castello, quando qualcuno le afferrò il braccio. Marlene.
"Lily," ripeté la bionda, a voce più bassa. Donna e Mary si tenevano a poca distanza.
Ma Lily non poteva rimanere. "Non qui," mormorò. "Il dormitorio..."
Marlene annuì. "Lily, mi dispiace così, così tanto..."
Aveva voglia di piangere. No, aveva voglia di tirare qualcosa. Voleva colpire qualcuno con tutta la forza che aveva. Voleva...
"Tutto ok."
Si voltò e oltrepassò le porte del castello... i piedi si muovevano sotto di lei, portandola attraverso corridoi e su per scalinate, e solo un pensiero risuonava.
Sanguesporco.
(Presente)

C’era stato un numero sorprendente di momenti significativi in quella biblioteca, considerò Severus Piton, mentre aspettava Lily al solito tavolo, in fondo all’angolo posteriore. Il più recente, e meno piacevole dei quali, si era verificato il giorno prima...
Ma non poteva sapere che Lily era in biblioteca, e forse non aveva sentito troppo di quello che avevano detto...
Eppure, dallo sguardo che aveva mentre se n'era andata via infuriata, Severus capì che aveva sentito abbastanza. Non era sicuro nemmeno che si sarebbe presentata all’incontro di studio che avevano fissato prima.
Lily comunque era vrnuta, e sembrava frustrata. "Non posso restare," lo informò. "Madama Chips ha chiesto agli studenti più grandi di aiutare in Infermeria, per tutto lo stress dovuto agli esami, e ho promesso che avrei aiutato un paio di ore..."
"Lily," interruppe Sev, frustrato. "Sei arrabbiata, non è così?"
"No," Lily insisté. "Sono solo in ritardo."
"So che hai sentito me e Mulciber ieri," continuò il Serpeverde, alzandosi dalla sedia. "Non serve negarlo."
"Non lo sto negando," controbatté lei. "Lo sto evitando, perché francamente, non so ancora cosa pensare—tranne che sono davvero, davvero incazzata, e se ne parlo ora, probabilmente inizierò a urlare a qualcuno. Ma non è per questo che devo andarmene... devo andarmene ora perché ho promesso a Madama Chips che sarei stata in Infermeria trenta secondi fa."
"Lily," pregò Severus, mentre l'altra stava di nuovo per andarsene. Lily si fermò, le spalle abbassate come se avesse fatto un grosso sospiro.
"Sì?" chiese, voltandosi lentamente.
Aveva un’espressione esausta, un broncio sulle labbra rosee e gli occhi fissi su Severus come se aspettasse qualcosa. Aspettava, e lo sapeva. Aspettava che dicesse qualcosa che gli garantisse l’assoluzione, che avesse alleviato i suoi dubbi e avesse sistemato tutto.
"Non ho detto quella parola," fece a bassa voce. "Mulciber sì, ma io no..."
Lily lo fissò, quasi incredula, per un momento in più. Poi, scuotendo la testa, sorrise senza allegria. Era delusa. "Proprio non capisci, eh, Sev?"
Aveva fallito, Severus realizzò, mentre Lily cercava ancora una volta di andarsene dalla biblioteca. Aveva vanificato completamente tutte le speranze che la ragazza aveva per lui di guadagnarsi il perdono, e ora—solo perché Lily—il perdono doveva essere concesso senza giustificazioni. Severus le bloccò la strada.
"Non te ne andare arrabbiata," le chiese.
"Non sono..." Ma Lily si interruppe; si passò una mano tra i capelli folti, gli occhi alzati al cielo, come se stesse decidendo qualcosa. "Non sono arrabbiata, Sev," disse alla fine. "Possiamo—possiamo vederci mercoledì, okay? Qui, dopo l’esame di Difesa. Studieremo... Incantesimi, o quello che è. Okay?" Sev annuì. "Adesso devo proprio andare."
Lo superò in fretta e uscì dalla biblioteca. Severus si sedette di nuovo al suo tavolo, scontento ma rassegnato al fatto che per ora avrebbe ottenuto solo quello.

 
(Corsa)

La prima volta in cui si era trasformato, James l’aveva odiata. Certo, aveva letto che la prima volta che un mago diventava un Animagus era sempre la più dolorosa, ma non si era aspettato fosse così straziante. Si era sentito come se i muscoli si stessero strappando e lacerando, le ossa spezzando ed il cuore scoppiando. E, a pensarci, non era troppo lontano dalla verità.
Ma dopo la prima Trasfigurazione, i muscoli, gli organi e le ossa avevano ricordato come riformarsi, e James riuscì a prestare attenzione ai dettagli—ad esempio come cambiava il battito del cuore, e come sembrava diverso il vento sulla pelle, e come sembrava, sorprendentemente, naturale coordinare quattro zampe invece di due gambe. La parte migliore dell’essere Prongs era il galoppo, comunque. James amava la corsa quando era in forma umana, e adorava volare, ma nessuna delle due era remotamente vicina al galoppo.
Quelle stesse cose che amava del volo (l’aperto, il vuoto del cielo) lo facevano fremere quando erano assenti quando si muoveva a velocità inumana nella foresta. Era un gioco di riflessi, evitare alberi e saltare massi. La velocità, l’istinto, la concentrazione, il vento che gli riempiva le orecchie—assomigliava un po’ al volo, a volte, ma era anche molto diverso. Per esempio, si stancava molto più in fretta.
Come aveva imparato molto presto, Prongs poteva sopportare parecchia più stanchezza di quanto potesse il vecchio, solito James, e di solito era attento a non stancare completamente il primo, perché il risultato avrebbe reso, solitamente, inerte il secondo. Comunque, Padfoot e Wormtail non sarebbero riusciti a stargli dietro. Stanotte, però, era diverso.
James atterrò da un salto con uno schianto, gli zoccoli che scivolavano contro il sentiero di terra sconnesso tanto addentrato nella foresta che forse persino la conoscenza di Hagrid dell’area, nella migliore delle ipotesi, era vaga. Era buio—più nero della mezzanotte, visto che la luna crescente era ancora sottile, e i rami degli alberi nascondevano le stelle.
Scivolando, James chiuse gli occhi e si concentrò. Una forza invincibile lo travolse, tirandolo in direzioni diverse, e—come predetto e auspicato—l’adrenalina fu fenomenale. Il fiotto di sangue alla testa... il formicolio alle punte delle dita... la leggerezza di tutto il suo essere, così grande che superava anche il dolore che avrebbe dovuto sentire, adesso che il suo corpo umano rotolava nella polvere, battendo il collo contro una roccia e una gamba contro un ceppo, prima che di fermarsi, steso sulla schiena tra la terra e le felci.
James si sarebbe potuto addormentare anche lì. Ebbe a malapena la forza di tirare giù la maglietta che si era arrotolata sullo stomaco. Riuscì a malapena a voltare la testa di lato. Uno scarabeo arrancava sul suolo, vicino al suo viso, e fece un mezzo sorrisetto.
"Deve essere molto semplice essere te," mormorò, quasi invidioso. "Tra gli insetti la vita di uno va più a puttane di quella di un altro?" Lo scarabeo, come prevedibile, rimase in silenzio. "Come pensavo."
Sarebbe stato così, così dolorante la mattina dopo, ed era già tanto debole che la possibilità che sarebbe crollato prima di riuscire a tornare al castello era parecchio grossa, eppure, James attinse la forza da una sorgente a lui sconosciuta e si tirò su. Barcollò incerto per alcuni momenti e si dovette togliere i capelli sudati dalla fronte, ma lo sfinimento... non era una brutta cosa. Per Agrippa, era proprio la ragione della sua uscita, quella notte.
Diventare un Animagus aveva insegnato a James parecchie cose; l’aveva reso di gran lunga più consapevole dei propri movimenti, di cosa si provava a sentire il sangue pulsare nelle vene, o a vedere le cose attraverso i propri occhi, anche se imperfetti. E poi gli aveva insegnato anche due cose importanti. Una: che non importa quanto fosse esausto, si riscopriva sempre un po’ più forte di quanto credesse. Non importa quanto una notte di luna piena potesse togliere le energie fino all’ultima goccia, se si impegnava davvero, sarebbe stato capace di trovare la forza per alzarsi la mattina dopo e comportarsi come se tutto fosse normale.
La seconda cosa era che questa stanchezza andava a suo favore. Se ti stanchi abbastanza, l’essere esausti diventava inebriante. Rallentava il cervello, ottundeva i sensi, sfocava il mondo. E anche se ogni trasformazione fosse stata l’agonia che era stata la prima (e non lo erano), quell’effetto inebriante lo avrebbe reso . Oltre al fatto che quella notte gli avrebbe quasi garantito il sonno (e da come stavano le cose ultimamente, era già un incentivo sufficiente), una mente sgombra, pensò James mentre costringeva i propri piedi sul sentiero, era un dono raro, e che non durava mai abbastanza a lungo.

(Torre di Astronomia)
 
La biblioteca e la Sala Comune erano fuori questione per gli incontri che rischiava di fare lì, e Mary era nel dormitorio, il che rendeva impossibile studiarci. Perciò, si sentì
 senza scampo e senza tetto, mentre vagava per i corridoi in compagnia di una borsa pesante piena di libri alla ricerca di un posto dove stare sola e studiare.
Forse la Torre di Astronomia non era la scelta migliore, considerata la sua reputazione da posto "sociale", ma Marlene quella sera fu fortunata. A quanto pare il solito numero di coppiette amoreggianti che la frequentavano avevano deciso di dedicarsi ai libri, dati gli esami imminenti, e la torre era deserta.
Si sedette sul pavimento, facendosi cadere lo zaino a fianco e appoggiandosi al muro di pietra. L’unico soffitto che aveva era il cielo notturno, e forse il posto era un po’ scomodo—pavimento di pietra e aria estiva umida—ma almeno era da sola.
Aprì il libro di Pozioni alla pagina delle istruzioni di una delle cose che Lumacorno aveva promesso sarebbe uscita all’esame (la Pozione Calmante) e iniziò a leggere. Già dopo trenta secondi, pensava ad Adam. Avevano lavorato al tema sulla Pozione Calmante assieme.
"Dannazione," imprecò Marlene ad alta voce e a nessuno in particolare.
Ovvio, mentre guardava male le stelle, si rese conto che quasi in assoluto questo era il posto peggiore dove andare, se voleva evitare di pensare ad Adam. Non fu senza una fitta di dolore pensò a quello che era quasi successo lì nove mesi prima.
Spinse i libri sul pavimento e si alzò in piedi. Camminò fino al bordo e guardò il parco—la capanna di Hagrid in lontananza, la foresta proibita, le torri e i tetti del castello... Chiuse gli occhi e provò a immaginare cosa—Adam—avesse visto quella notte quando era quasi caduto. Aveva usato il termine "caduto," perché non valeva come salto, no?
Era sempre stata brava con le altezze; probabilmente perché le piaceva tanto volare, e adesso, appoggiata al muro che fissava giù, mentre gli altri avrebbero potuto soffrire di vertigini, Marlene si godeva la sensazione della brezza fredda sul viso e la vaga sensazione di leggerezza dovuta all’altezza. Senza sapere perché (e rendendosi pienamente conto che era una cosa stupida da fare), Marlene sollevò una gamba sul cornicione e vi si arrampicò.
Ed eccola lì, le braccia all’infuori per mantenere l’equilibrio, preda della gravità, mentre il vento le gonfiava piano la veste e l’uniforme. Se fosse stata un po’ più sana di mente, pensò, sarebbe stata parecchio più spaventata, eppure...
"Marlene?"
Spaventata, Marlene aprì gli occhi voltandosi, perse leggermente l’equilibrio e oscillò.
"Marlene!"
Si era a malapena accorta che era stato Adam McKinnon a chiamarla prima che lui le prendesse la mano e la trascinasse giù.
"Ma che diavolo stai facendo?" Adam domandò.
"Stavo solo..." Marlene si interruppe, perché non aveva un vero motivo... "Niente," liquidò. "Che ci fai qui, comunque?"
"Oh, sai... rivivo ricordi felici legati alla Torre di Astronomia."
"Non scherzarci su."
"Dice la donna che stava preparando un tuffo a pesce."
"Non stavo preparando un tuffo a pesce. Stavo—ehm—mi godevo il panorama."
Poi, sia Adam che Marlene si accorsero che erano ancora, più o meno, uno nelle braccia dell’altra, e improvvisamente, imbarazzati, si separarono.
Adam si schiarì la gola. "C’è—c’è una ragione per cui hai sentito il bisogno di arrampicarti lassù?" le chiese, grattandosi la nuca e senza guardarla negli occhi.
"Non lo so," replicò Marlene; anche lei distolse lo sguardo determinata. "L-l’ho solo... fatto. Volevo vedere cosa si provava."
Lui inarcò le sopracciglia. "E cosa hai provato?"
Dopo aver riflettuto un po’: "Libertà."
Adam sbuffò col naso. "Certo."
"Che ci fai qui, comunque?" Marlene continuò, in qualche modo accusatoria. "Vieni un sacco quassù? Non penso ti faccia bene. Dopo tutto, ti sei quasi...beh, sai, e..."
"Sono venuto quassù per pensare, tutto qui," interruppe Adam. Notò i libri. "Fai i compiti?"
"Provo a studiare. Senza successo."
"Ed è stato questo che ha fatto nascere il tentato suicidio?"
"Non era un tentato suicidio!"
"Sì, se fossi arrivato un minuto in ritardo, sarebbe stato un suicidio riuscito."
"Ho un equilibrio eccellente, veramente."
"Sei quasi caduta!"
"Solo perché mi hai spaventata!"
Rimasero tutti e due in silenzio per alcuni secondi; alla fine, Adam scosse la testa e parlò. "Bene. Ti—ti lascio al tuo studio. Solo... non arrampicarti più sui ballatoi, ti prego?"
Fece per andarsene.
"Aspetta. Adam." Il mago si fermò e la guardò, e Marlene sapeva che non aveva il diritto di dirlo, ma, Merlino, ne aveva bisogno. "Mi manchi."

(Tre settimane e mezzo Prima)
 
Il sole era basso nel cielo, colorando il Campo di Quidditch di luce arancio e rosa. Eppure, c’era una luce strana negli occhi verde-blu di Adam che non poteva essere collegata al tramonto.
E poi lo disse.
"Marlene, Ti amo."
Compulsiva: "Adam, aspetta..."
"No, non posso," si affrettò. "Non capisci—aspetto da una vita. Non ce la faccio più. Ti amo. Voglio dire, sono innamorato di te sul serio. Sono innamorato di te dal quarto anno, e... e so che siamo amici, ma, Marlene, è... impossibile per me continuare a comportarmi come se mi bastasse. Non ci riesco più... Voglio stare con te."
Parecchi secondi, o forse parecchi minuti, erano passati. La sua voce non funzionava più, perché parecchie volte cercò di costringersi a parlare, ma scoprì che le parole le morivano in gola. Nel frattempo, il cervello correva così in fretta, che era come se si fosse bloccato del tutto, perché tutti i pensieri, le emozioni, e gli impulsi che aveva, si confusero assieme nel panico.
Sentì il calore invaderle il volto. Era vagamente consapevole di avere paura. Era più che vagamente consapevole della maniera frenetica in cui le batteva il cuore. Non aveva idea di come avrebbe dovuto (o come avrebbe voluto) rispondere.
"Ti prego dì qualcosa, Marlene."
Ma non ci riusciva, perché se non poteva dirgli di amarlo a sua volta, avrebbe preferito non dirgli niente affatto. E non poteva nemmeno dirgli che lo amava. Proprio non poteva.
Oh, Dio, doveva dire qualcosa...
"Io—Mi dispiace, è che..." Più esitazione, poi, "Non so che dire, Adam. Io non—io  non lo sapevo."
Ma questo, capì orribilmente, all’improvviso, era una bugia. Certo che lo sapeva. Certo che si era resa conto che la amava! L’ aveva negato, e soppresso, e inventato piccole belle scuse per Mary e se stessa, ma lo sapeva. Una ragazza—pensò—lo sa sempre.
"Adam," cominciò, ancora scossa dalla realizzazione infelice. "Non posso. Senti, s-s-s-sei uno dei miei migliori amici..."
Non sembrò sorpreso da quella frase fatta (ed era una frase fatta); non sembrava nemmeno ferito, o scioccato; ma qualcosa di indefinibile cambiò nella sua espressione, e Marlene sapeva che aveva capito esattamente quello che volesse dire.
"E tutto qui," Adam la interruppe, e il suo tono non era una domanda. "Amici."
Senza fiato, e con uno strano e orribile dolore nel petto: "Non ti basta?"
"Che vuoi dire?"
"Voglio dire, non—l’amicizia non è abbastanza?"
"Non lo so," disse Adam. "Ma non—non penso di poterlo fare più. Non riesco a tornare come eravamo prima... mi fa troppo male, Marlene."
"Che intendi con 'poterlo fare' più?" chiese, allarmata. "Non puoi—non puoi essere mio amico?"
"Mar, ti ho appena detto che ti amo. Non credi che cambi le cose?"
Il cuore le batté nel petto. Sapeva cosa stava per succedere; stava per perdere Adam... No, l’aveva già perso. Aveva ragione; era cambiato tutto. Lui aveva cambiato tutto.
"Senti," disse Adam, dopo che era rimasta in silenzio per un po’, "Dimentichiamocelo. Dimentichiamo tutto. Se tutti e due facciamo finta che non sia mai successo, non è successo, no? E tutto..."
"Non possiamo," Marlene interruppe all’improvviso. Si alzò in piedi barcollando, e Adam la imitò. "Non possiamo tornare normali! Non posso dimenticarmi una cosa del genere! Ormai è successa—ormai è allo scoperto!" Gli occhi si riempirono di lacrime e la testa le pulsò dal dolore; si massaggiò le tempie con i polpastrelli, cercando di calmarsi. "Come possiamo essere amici, ora?"
Adam la guardò, scioccato.
"Perché l’hai fatto?" lei disse, e poi si augurò di non averlo mai fatto. Oh, Dio, ti prego, fa che potesse rimangiarsi tutto. Ti prego, fa che non dovesse più vedere Adam con un’espressione del genere. Ti prego, ti prego, ti prego, ti prego...
"Mi—Mi dispiace," disse piano.
No, no, no, no, no, no, no, no...
C’era un milione di cose che avrebbe voluto dire—qualunque cosa per sistemare tutto, qualunque cosa per rimangiarsi tutto. Ma, Dio, non sapeva cosa dire, e non poteva vederlo così; non riusciva a sopportare quell’espressione un minuto di più.
"D-devo andare," balbettò. Le lacrime le scivolavano dagli occhi mentre si voltava e scappava via, stringendosi addosso la veste. Adam non la fermò.
Adam mi ama, pensò, e si accorse, davvero afferrò il concetto, per la prima volta, che lei aveva bisogno di lui.
(Presente)
"Mi manchi."
Adam la fissò. "Cosa?"
"Eri il mio migliore amico. Sei il mio migliore amico... assieme a Mary," si corresse, alzando gli occhi al cielo, "Ma... non ci parliamo più? Se è colpa mia, mi dispiace..."
"Non è colpa tua," sospirò Adam. "E’ mia."
"No, non dire così. Non è colpa tua. Non dovevo dire quello che ho detto."
"Io non dovevo dire quello che ho detto."
Marlene si prese un minuto per esaminare. Cosa aveva detto lui? Non aveva detto niente di scortese... quindi significava che... si rimangiava tutto? Non era innamorato di lei, dopotutto? Ma perché no? Marlene si rimproverò per quel pensiero e incalzò:
"Quindi... che vuoi dire?"
"Io non dico niente," Adam sottolineò. "Me ne stavo andando, ricordi?"
"Non voglio che non siamo amici." Lo stava praticamente pregando, adesso.
"Sei stata tu a dire che non potevamo esserlo. E credo che avessi ragione."
"No!" Fece un passo avanti. "No, non è vero. Se vuoi ancora che siamo amici..."
"Marlene..."
"Cosa?"
Adam fece un grosso sospiro; si ricacciò indietro dagli occhi i capelli castano chiaro, che gli cascavano sul viso, e spostò il peso sull’altra gamba. "Mi piacerebbe ti decidessi una volta per tutte."
"Anche a me," si disse d’accordo Marlene mogia, e lui sorrise un poco, come se stesse cercando di trattenersi.
"Nemmeno io voglio che non siamo più amici," concesse, dopo un po’.
"Sul serio?"
"Pensi che possiamo dimenticarci quello che è successo e basta?"
"E tu?" Aspettò ansiosa una risposta. Alla fine, Adam annuì.
"Penso di sì."
"Sei sincero?"
"Già."
Si guardarono. "Okay," disse Marlene alla fine. "Quindi—amici?"
Con pochissima esitazione: "Amici," Adam acconsentì. Ma c’era qualcosa nei suoi occhi—qualcosa nell’espressione e nel modo in cui l’aveva guardata mentre pronunciava quella parola—qualcosa che le diceva che era cambiato tutto.
Amici.
La cosa tragica, Marlene pensò mentre si salutavano con un po’ di imbarazzo, era che tutti e due sapevano che era una bugia.

 
(E Remus)

"Ehi—che esame quello di Erbologia, eh?"
Remus Lupin alzò gli occhi dal libro di Difesa Contro le Arti Oscure and sorrise debolmente quando Lily si sedette sulla sedia libera di fronte a lui al tavolo in biblioteca.
"Come pensi di essere andato?"
Remus scrollò semplicemente le spalle. "Tutto ok, suppongo. Tu?"
"Lo stesso, credo." Stettero seduti un momento, e poi Lily continuò: "è un po’ che non ti vedo. È un secolo che voglio parlarti, ma—non sei mai da solo. Non ti vedo mai in Sala Comune e nemmeno a mangiare... trovarti qui è stato puramente il risultato di uno stalking diligente."
"Sto mangiando quasi tutte le volte nelle Cucine," disse Remus piano. "E in Sala Comune c’è sempre il rischio di incontrare Sirius, quindi..." Abbassò gli occhi sul libro. "E, per essere onesti, ti stavo evitando, più o meno."
Lily annuì. "Eh... più o meno lo pensavo."
"Solo, è che non sono... non sono molto sicuro di cosa dirti," Remus continuò. "A parte gli altri—James, Peter, Sirius, sai no—nessuno... voglio dire, non mi è mai capitato che qualcuno ‘scoprisse' di me. Con il fatto che Piton lo sa, ci sono problemi, ma non è che me ne freghi molto della sua opinione su di me, sai? Ma—con te, è un po’ diverso."
Lily annuì di nuovo. "Sono contenta che non lo sapevo," gli disse. "Intendo, prima. Sarebbe stato molto complicato con Sev, e capisco perché non volessi dirmelo... visto che era il mio migliore amico e il tuo peggiore nemico..." sospirò.
"Già."
"Ma non è questo il motivo per cui volevo parlare con te." Remus si mosse, a disagio. "Ti senti bene? Voglio dire, non posso dire di essere un’esperta in..." Abbassò la voce: "...licantropia, ma sicuramente non è molto piacevole. Ho letto che gli eventi lunari possono pesare orribilmente, e la luna piena si avvicina, e... beh... già sai tutto, ovvio."
"Sto bene," disse Remus. "E, Lily, credimi, lo capisco."
"Capisci? Capisci cosa?"
"Non mi devi niente, Lily."
"Remus, non ho idea di cosa tu stia parlando."
Remus sospirò. "Ti ho mentito, e—non era proprio qualcosa di stupido o insignificante. È il tipo di segreto che avresti dovuto sapere... che tutte le persone che considerano l’ipotesi di essere miei amici e di passare tempo con me—che hanno diritto di sapere."
"Beh, volendo essere corretti, non mi hai mai detto di non essere un lupo mannaro," Lily scherzò, ma poiché il sorriso di Remus era—volendo esagerare—un sorriso a metà, continuò più seria: "Remus, non devi scusarti per non avermelo detto. E di sicuro non devi scusarti per... per essere quello."
"Che ne dici del fatto che ho provato a farti a pezzi?"
"Eh. Ho avuto notti peggiori." Remus continuò a non aver l’aria di divertirsi. "Oh, eddai, non ridi a nessuna delle mie battute," Lily si lamentò. "Sei arrabbiato con me?"
"No, non sono arrabbiato con te," sospirò, reclinandosi sulla sedia. "Mi sento solo—mi sento solo colpevole quando mi sei attorno."
"Beh, non farlo. Non hai niente per cui sentirti colpevole. Niente di questo è colpa tua."
"Questo non cambia niente."
"Che vuoi dire?"
"Voglio dire..." Si fermò a riflettere, poi continuò: "Voglio dire, non cambia il fatto che sono il tipo di... creatura... che le persone rispettabili evitano."
"'Creatura,' Remus? Sul serio?"
"Lily, la mia razza viene studiata a Cura delle Creature Magiche. Ho dovuto rispondere a delle domande su di me ai G.U.F.O. di Difesa Contro le Arti Oscure. Non sono un amico ideale. Non lo sono proprio."
"Che mi dici di James e Sirius e Peter?"
Remus le lanciò un’occhiata significativa.
"Beh James e Peter, allora?" si corresse sincera. "Che mi dici di loro? Sono tuoi amici."
"è diverso. Lo sanno dal secondo anno."
"E tra quattro anni, lo avrò saputo tanto quanto lo sanno loro!"
"Lo so, è solo che..."
"Solo cosa?"
Esitò. "Se l’avessi scoperto in un altro modo... se Sirius non l’avesse detto—detto a Piton, persino—allora le cose sarebbero state diverse. Sarebbe stato abbastanza per me sentirti dire che non ti dava problemi. Probabilmente sarei stato persino sollevato dal fatto che lo facevi."
"Ma?"
"Ma Sirius l’ha detto," replicò Remus con una scrollata di spalle. "Il mio miglior amico mi ha usato in un qualche piano per vendicarsi, e ora come ora, non mi fido di nessuno che sappia il mio segreto. Nemmeno James e Peter, ed è orribile, ma non posso farci niente. Per la prima volta dopo anni, vorrei che non lo sapessero. Vorrei che nessuno lo sapesse. Prima che Sirius l’avesse fatto, non mi ero accorto di come morivo dalla voglia di alzarmi, davanti a tutti, e di dirlo, perché  odiavo mantenere questo stupido segreto, e amavo il fatto che ci fosse qualcuno—tre qualcuno, per essere precisi—che sapeva la verità. Ma adesso capisco perché non posso dirlo a nessuno. Preferisco tenere per me il tormento di questo segreto che... che l’alternativa."
Lily annuì lentamente, e dopo un po’ propose mezzo scherzando: "Vuoi obliviarmi?"
Remus sbuffò col naso. "Già mi sento abbastanza in colpa per il fatto che non mi fido di te... fare una cosa del genere mi farebbe stare peggio."
"Puoi fidarti di me, Remus."
"Lo so... è solo... difficile."
"Okay." Lily si alzò. "Siamo ancora amici, comunque... giusto?"
"Mi—mi farebbe piacere," replicò Remus. "Se lo vuoi tu..."
"Ma certo." Lily si morse il labbro, prima di aggiungere: "Per qualunque cosa, sono qui."
"Grazie." La strega fece per andarsene. "Lily," Remus la chiamò piano, e si fermò. Per evitare che qualcuno sentisse, si alzò e andò da lei, avvicinandosi per parlare. "So che stai passando del tempo con Sirius..."
"Remus, non ha amici..."
"No, non è questo," interruppe l’altro. "Voglio solo—voglio avvertirti. So che pensi di poterti fidare di lui—che il suo cuore stia dalla parte giusta. Questo è quello che ho sempre pensato. Ma non devi. Non devi fidarti di Sirius Black."
Lily lo guardò negli occhi. "Eppure, lo faccio."
Remus si accigliò, il dolore evidente sulla sua faccia bianca, pallida. "Stai attenta, Lily."
Sapeva che quelle volevano essere ultime parole, ma Lily fece un passo avanti, chiudendo la distanza che li separava e abbracciando Remus stretto. Quando lo lasciò andare, disse: "Andrà tutto bene, sai. Sirius, Potter... tutto. Te lo prometto."
E poi, poiché Ms. Sevoy li guardava in maniera strana, Lily strinse un’ultima volta, per confortarlo, la mano di Remus, e se ne andò.


 
(Con assoluta Certezza)

 
Anche l’euforia dello stare con Frank non era abbastanza per sollevare del tutto l’umore di Alice alla luce del primo giorno degli esami M.A.G.O. Il lunedì mattina, la strega giaceva spaparanzata sul letto di Frank, circondata da libri e appunti, nessuno dei quali voleva o aveva l’energia di rivedere ancora.
"Verrò bocciata al M.A.G.O. di incantesimi," informò il suo ragazzo. "Lo so. Spero che ti divertirai con gli auror, Frank, perché finirò col fare la cameriera."
Il Caposcuola, che stava seduto, un po’ accasciato, alla scrivania mentre cercava invano di leggere un altro capitolo sugli incantesimi di Crescita delle piante, scosse la testa. "Andrai bene. Sei brava in Incantesimi."
"No, non lo sono. Sono solo una falsa convincente."
"Oh, ho seri dubbi." Sorridendo, Frank si alzò dalla scrivania e accese la radio, prima di avvicinarsi al letto e stendersi accanto ad Alice. Rimasero fermi e in silenzio per un po’ di tempo, mentre una vecchia canzone si diffondeva per la stanza con promesse di amore eterno e profonda devozione.
"Ally," mormorò Frank immediatamente; "E se—e se non fossimo auror?"
Alice lo guardò. "Che vuoi dire?"
"Voglio dire, e se non riusciamo a essere ammessi al programma? O se—se decidiamo di fare qualcos’altro?"
"Perché dovremmo decidere di fare qualcos’altro?" incalzò Alice. "Stai pensando a qualcos’altro?"
"No," ammise. "No, non lo so."
"Frank, ma di che stai parlando?"
Il Caposcuola sospirò. Si strinse ad Alice, considerando la risposta con attenzione prima di dirla. "Ho sempre voluto essere un auror," iniziò lentamente. "Non ho mai pensato a fare altro in vita mia. Ma questo—questo era quando avevo te."
"Mi hai ancora," Alice gli fece notare. "E io ho te."
"Sì, lo so. Ma non... non ti ho avuta ora; so com’è. Non voglio provarlo più, e se—se non fossimo auror, se in qualche modo potessimo solo andarcene..."
"Frank," Alice lo interruppe piano; "Lo so. Ci ho pensato anche io."
"E...?"
"E non ho una risposta. Non ho una ragione per cui dobbiamo stare qui, tranne il fatto che io so che dobbiamo restare—che devo essere un auror... che devo combattere. E non posso essere certa, ma credo che scoprirai che senti le stesse cose."
Frank non rispose. La canzone che davano per radio terminò, e l’annunciatore lesse un breve aggiornamento sulle ultime notizie: un attacco dei mangiamorte in Galles, due streghe nate babbane morte, una breve pubblicità del Solvente magico di Nonna Acetonella per ogni tipo di sporcizia, e poi, di nuovo musica...
"Frank?"
Il mago si destò dalla trance e sorrise ad Alice prima di tirarsi su a sedere. "Immagino che faremmo meglio a studiare."
Alice sorrise a sua volta e annuì. "Immagino di sì."
Frank si sporse, baciandola piano sulle labbra. "Ti amo, Alice Griffiths."
"Ti amo anch’io."

 
(Fine)

 
La cosa più strana di tutta la faccenda fu l’assoluta mancanza di convenevoli. Era il Mercoledì della settimana degli esami, e Lily terminò il proprio esame di Difesa alcuni minuti prima di Severus Piton. Si sarebbero dovuti incontrare in biblioteca per studiare un po’ per l’esame di Incantesimi, che era quel pomeriggio, ma Sev si fece attendere.
Alla fine, arrivò e si sedette a uno dei pochi tavoli rimasti liberi, ma non era il solito, quello nascosto nell’angolo, bensì uno di quelli centrali, circondato da dozzine di studenti che sgobbavano affaccendati.
"Non ci possiamo sedere da un’altra parte?" chiese Severus, e Lily non si fece sfuggire l’occhiata circospetta a un tavolo occupato dai Serpeverde del quinto anno.
"Perché?"
"Troppo rumore, qui," mormorò l’altro. Ovviamente era un bugia—ognuno era di gran lunga troppo impegnato a ripassare per gli ultimi esami da disturbarsi a chiacchierare.
Lily sembrava infastidita; no, peggio che infastidita. Sembrava arrabbiata. "No," disse semplicemente, e continuò a ripassare gli appunti di Incantesimi.
Frustrato per la testardaggine della strega, Severus incalzò: "Perché no?"
"Perché."
"Perché cosa?"
"Perché."
Piton la guardò truce. "Non è un vero motivo."
Lily incrociò le braccia sui fogli e guardò gli occhi neri di Piton con aria di sfida. "Perché a parte un gruppo di persone in questa stanza che in questo momento stanno probabilmente pensando la parola 'sanguesporco', non vedo alcuna altra ragione per spostarci."
"Capisco," fece il mago, velenoso. "Quindi mi stai mettendo alla prova."
Non lo negò. "Come pensi di essere andato?"
"Lily," cominciò il Serpeverde, "dovremmo essere amici..."
"Ma non lo siamo," interruppe lei all’improvviso. "Non lo siamo, non è così?"
Alla fine, scosso: "C-che vuoi dire?"
"Prima ci confidavamo le cose," Lily continuò. La voce vuota—non senza sentimento, ma nuda, in qualche modo. "Prima sapevamo cosa ci succedeva. Prima non mi nascondevi, e non usavi la nostra amicizia per ottenere quello che volevi—come un bambino petulante di cinque anni... o forse prima lo sapevi solo fare meglio, quindi non me ne sono accorta." Adesso c’era una punta di rabbia nella sua voce che tremava appena. "Non siamo amici, Sev—quando è stata l’ultima volta che siamo stati veramente, sinceramente amici?"
"Lily..."
"Non so che hai detto a Mulciber l’altro giorno," continuò. "Non so se sei d’accordo sullo stato di sangue e sui mangiamorte con lui... ma non mi fido di te, Sev, e tu non ti fidi di me."
"Ma io mi fi..."
"Non mi dici più le cose. Non so che succede nella tua vita... che succede quando non ci sono, e tu di sicuro non sai che succede nella mia—e questo dipende da me quanto da te, perché nemmeno io dico a te le cose. A volte parliamo, ma non ci diciamo niente. Evitiamo le cose, giriamo intorno ai problemi... ci mentiamo..." Pensò all’incidente della luna piena e alla versione di Severus dell’attacco di Mulciber a Mary. "Non siamo amici," finì con un sussurro. "Non siamo amici da un sacco di tempo." Una singola lacrima le scivolò sulla guancia, e infilò libri e pergamene nella borsa.
Era già fuori in corridoio prima che Severus la inseguisse.
"Quindi è così?" scattò, raggiungendola. "Tutto qui, non siamo amici?"
"Tutto qui?" fece eco Lily ironica. "Non è ‘ all’improvviso,' Sev. Una anno fa, mi hai chiamata una 'sanguesporco' davanti a tutto il nostro anno..."
"è stato un incidente, e hai detto che mi avevi perdonato..."
"Certo che è stato un incidente!" Lily lo bloccò a voce alta. "Ti è solo scappato, lo so, perché avevamo litigato, e perché eri in imbarazzo, e perché eri arrabbiato, e ti è scappato! E ho detto di averti perdonato, è vero, ma non l’ho fatto! Ci ho provato—a volte ho pensato anche di esserci riuscita... Ma c’è una ragione per cui non ti ho affrontato per i tuoi malcelati tentativi di nascondere la nostra amicizia prima d’ora, ed è perché lo sapevo... lo so fin da quel giorno dopo i G.U.F.O. che non avresti scelto me! E quella sera nella Sala d’Ingresso—il primo giorno dell’anno, quando Mulciber ti ha costretto a scegliere... se James non l’avesse colpito, ti saresti schierato con loro, non è vero? Avresti preso la mia bacchetta..."
Ma Piton sembrava essere diventato sordo dopo un certo punto. "Quindi è diventato James adesso?"
"Oh, Dio, stai zitto!" quasi urlò. "Ma come la pensate su di me, voi due? Che sia disperatamente scema? Che non possa essere arrabbiata con uno senza che l’altro mi pianti in testa delle idee? Perché diavolo pensi che tutto quello che James Potter fa giustifichi qualunque cosa tu faccia?"
" si arriva sempre a lui quando parlo con te..."
"Perché tu vai sempre a parare lì!"
Gli occhi di Piton lampeggiarono di rabbia. "Non sono costretto a tollerare queste cose..." mormorò, voltandosi per andarsene. Tutto quello che Lily registrò fu quanto era cambiato... Quanto diverso era dal ragazzino al parco del vicinato che le aveva detto che era magica...
"Avevo ragione, vero?" disse piano quando era poco lontano, e Severus si fermò per sentire quello che pensava. "Ho detto che tutti e due avevamo scelto la nostra strada, e avevo ragione. Avevamo già scelto; non potevamo tornare indietro..."
Senza guardarla o dirle una parola, Piton ricominciò a camminare in fretta. Lily lo guardò andar via; poi, issandosi la borsa in spalla, si voltò e si incamminò lentamente nella direzione opposta.

 
(Quinto anno, Parte Due)
 
Sanguesporco.
La parola faceva eco nella sua testa come aveva fatto ore prima.
Tu hai scelto la tua strada e io ho scelto la mia.
Lily si strinse la vestaglia attorno al corpo. La faccia segnata dal terrore, e i capelli erano un disastro.
Sev era perduto. Perduto, perduto, perduto. Sev l’aveva chiamata una "sanguesporco." Sev aveva scelto loro. Sev era perduto.
Lily annaspò e tossì, grata almeno del fatto che era uscita dal dormitorio. Non riusciva a sopportare la compassione di Mary e Marlene, o le minacce di Donna di strangolare "quell’inutile feccia Serpeverde." Ora come ora, voleva solo stare sola, e, sebbene lo star seduta in un angolo del corridoio del quinto piano alle nove di sera le avrebbe con tutta probabilità potuto procurare una punizione, Lily scoprì che era un rischio che era disposta a correre.
Sanguesporco, disse il Severus nella sua testa ancora una volta, e il cuore le si spezzò di nuovo.
"Lily Evans?"
Lily quasi sobbalzò al suono del suo nome. Un Corvonero del sesto anno era in piedi lì vicino (come aveva fatto a non vederlo?) e guardava la ragazza del quinto con la faccia rigata di lacrime davanti a lui. Il mago era proprio un bel ragazzo, con capelli castano-dorati pettinati ordinatamente, profondi occhi scuri, e un’aria seria e intelligente. Lily a malapena lo conosceva—il suo nome era Luke, e pensò che forse il suo cognome avrebbe potuto essere "Harper."
"Non andrai a spifferare a Gazza che sono qui, vero?” chiese, la voce roca per il pianto. Luke sembrò scandalizzato anche dalla sola ipotesi.
"Certo che no. Stai bene?"
"Sto—sto bene?" balbettò. "Ti sembra che stia bene?"
Un altro ragazzo si sarebbe offeso, o l’avrebbe interpretato come un segnale di pazzia e si sarebbe tenuto alla larga; James Potter avrebbe probabilmente commentato che era carina in ogni caso, ma Luke Harper sembrava solo dispiaciuto. "Mi dispiace." Poi, con grande sorpresa di Lily, il Corvonero si sedette accanto a lei. "Ma è—è morto qualcuno?"
"Che? Oh, no." Lily scosse la testa. "Niente del genere. Il mio amico Severus... lui..."
"Oh, sì, ne ho sentito parlare. James Potter e gli altri del quinto anno..."
"Già."
"Vuoi—vuoi parlarne?"
"Per niente," sospirò la rossa. Con un’espressione compassionevole negli occhi castani, Luke le mise una mano sulla spalla. Poi, senza volerlo, Lily si ritrovò a parlare: "Doveva essere il mio migliore amico," iniziò disperata. "Doveva essere—avevamo litigato un paio d’ore prima, ed era frustrato con me... era arrabbiato per colpa dei Malandrini, imbarazzato per colpa di Potter, e lui l’ha... l’ha proprio... l’ha detto... doveva essere il mio migliore amico, e non—non importa quanto sei arrabbiato, ci sono certe cose che non puoi fare... non al tuo migliore amico... non a qualcuno a cui tieni veramente, sul serio. Cosa fa capire di lui? Cosa fa capire di me?" Tirò su col naso e continuò: "Siamo stati amici da—da prima di Hogwarts... è stato lui a dirmi che ero una strega... Era lì quando mia sorella ha iniziato a odiarmi—è stato il mio primo amico, a parte lei... il mio primo amico a Hogwarts... Avrei fatto qualunque cosa per lui, ma non può—non vuole... non vuole fare lo stesso per me. Ma siamo stati migliori amici da quando avevo nove anni... cosa... cosa si suppone che io faccia, adesso che non c’è più...?"
Lily sobbalzò, come ricordandosi all’improvviso che non era sola, a parlare con sé stessa. "Mi dispiace. Non dovrei—non dovrei romperti le scatole così’. Non ti conosco nemmeno."
Luke sorrise comprensivo; aveva un bel sorriso—un bellissimo classico sorriso regolare. "Lucas Xavier Harper," si presentò, tendendo la mano.
Lily restituì il sorriso (anche se il suo era piuttosto traballante), stringendogliela. "Lily Marie Evans."
Scossero le mani. "Allora," Luke continuò, "Cos’altro c’è?"
"Che intendi dire?"
Il Corvonero infilò una mano in tasca ed estrasse un pezzo di stoffa bianca ripiegato. Un fazzoletto. Lo porse a Lily. "Cos’altro c’è, con cui non vuoi rompere le scatole alle persone?"
Lily fissò incredula prima il fazzoletto e poi Luke.
"Sono molto bravo ad ascoltare," le disse.
"Davvero?"
"Sì."
Si asciugò le lacrime dalle guance, ma tenne stretto il fazzoletto mentre continuava con la sua storia (così com’era). Con Luke era facile parlare; non aveva un’idea precisa su Severus Piton, nessuna predilezione particolare per James Potter... ascoltava con attenzione. Raccontò di nuovo, pianse, si sfogò, e—pensò—c’era qualcosa in Luke Harper... qualcosa in lui per cui valeva la pena guardarlo una seconda volta.
(Presente)
"Che tristezza," brontolò Alice di cattivo umore. "Sono stata a Hogwarts sette anni, e scopro questo posto solo la mia ultima settimana qui?"
Stava seduta su un largo, comodo divano, assieme a Lily, mentre Sirius Black ravvivava il fuoco. I tre Grifondoro erano in una stanza abbastanza grande, i muri bianchi spogli, alcuni mobili di stile diverso, e un letto che sembrava proprio comodo. Sirius alla fine aveva ceduto e aveva acconsentito a mostrare a Lily dove aveva dormito nelle ultime settimane, e Lily si era portata Alice per una pausa dallo studio di cui aveva proprio bisogno.
"Gli elfi domestici la chiamano la Stanza Va e Vieni," Sirius spiegò. "James e io l’abbiamo trovata al quarto anno. Stavamo cercando un posto in cui nascondere Mrs. Purr, e puff, è apparsa... badate, ci abbiamo messo tre ore a ritrovarla, il che è stato meno piacevole."
"Avresti potuto dirmelo prima," mormorò Alice, guardandosi attorno meravigliata. "Di certo mi avrebbe fatto comodo in un paio di occasioni..."
"Davvero non voglio sapere a cosa tu stia pensando adesso, Alice Griffiths," Sirius interruppe. "Specialmente perché immagino che il tuo ragazzo sia coinvolto."
"Mi spaventa il fatto che la mia mente sia andata esattamente dove è andata la tua, Sirius Black," disse Alice. Sirius ghignò e si mosse verso uno dei tavoli in fondo, afferrando un sacchetto di carta.
"Zuccotto di zucca?"
"Oh, sì ti prego."
Sirius le lanciò la busta, prima di sedersi su un’imponente sedia marrone.
"Ne vuoi uno, Lily?" offrì Alice, porgendo il sacchetto alla rossa. Lily, comunque, stava fissando il fuoco e non sembrò accorgersene. "Pronto? Lily?"
Sobbalzò, come se si fosse appena svegliata. "Che? Oh, no grazie."
"Tutto apposto, Evans?" chiese Sirius. "Sei silenziosa stasera."
Lily sorrise debolmente e scosse la testa. "No, sto bene. E tu? Come vanno gli esami?"
Sirius scrollò le spalle. "Ho più tempo a disposizione per studiare, ma non ho attorno Lupin che mi costringe a farlo... quindi più o meno come al solito."
"Vorrei tanto che me lo dicessi," Alice si lamentò, mordendo uno zuccotto di zucca risentita. "è sconcertante vedere gli altri Malandrini arrabbiati con te, Sirius. Quale, esattamente, è stata la malefatta che ha fatto tanto arrabbiare gli altri?"
"Fidati," Sirius divagò facilmente; "è meglio se non lo sai."
"Ci riesci tu a farglielo dire, Lily?" chiese Alice speranzosa, ma Lily scosse solamente la testa.
"Suppongo che non ci riesca nessuno."
"Beh, allora dovrai estorcerlo a James," la ragazza più grande incalzò. "O Remus."
Sirius osservò intensamente Lily trovare una scusa poco credibile. "Comunque," aggiunse, "Potter e io non andiamo esattamente d’amore e d’accordo."
"Beh, lo siete mai?" Alice fece notare. "è quello che fate, comunque. Bisticciate, segue un litigio enorme, tutto esplode, poi per un po’ non vi fate sentire, poi iniziate ad andare d’accordo, e poi bisticciate di nuovo, e così via. Circolo vizioso."
"Forse non stavolta," disse Lily. "Penso che Potter e io abbiamo definitivamente chiuso il circolo." C’era qualcosa nel suo tono che fece capire ad Alice che la conversazione era diventata seria. Un’idea strana venne in mente alla ragazza del settimo, notando l’intesa silenziosa dei suoi compagni. Alice si alzò in piedi praticamente all’improvviso.
"Dovrei incontrarmi con Frank tra qualche minuto—Devo proprio andare."
Con un sorriso incoraggiante a Sirius e una promessa di incontrarsi dopo a Lily, Alice lasciò la  Stanza Va-e-Vieni, e gli altri due rimasero soli.
"Okay, Evans," disse Sirius, accendendo una sigaretta. "Sentiamo. Cosa c’è che non va?"
"Quasi tutto," Lily replicò. "Sono quasi certa di aver incasinato l’esame di Incantesimi."
"Scemenze—sei la migliore del nostro anno a Incantesimi."
"Se non contiamo Potter," Lily aggiunse, quasi risentita. "Vi siete scambiati almeno una parola?"
"Tu che dici?"
"Hai ragione." Osservò il filo di fumo che si alzava dalla sigaretta di Sirius e si ricordò di una cosa che le aveva detto una volta James. "Devi ammetterlo, c’è qualcosa di impressionante nel fumo."
Sembrava una vita fa, che si era seduta in Sala Grande assieme a James Potter, mentre fumava, e avevano parlato dei loro padri. Avrebbero provato a essere amici; James le dava consigli su Frank e Alice e Carlotta...
"...Se questi due sono destinati a stare insieme come sembri affermare, sopravvivranno..."
Aveva appena fatto pace con Sev allora... stava ancora con Luke... ancora felice con Luke... e Donna: aveva ancora Donna...
"A che pensi?" Sirius interruppe i suoi ricordi, facendo un lungo tiro.
Lily non rispose. Si piegò in avanti e fissò il fuoco. "Pensi che riuscirai mai a far pace con loro?"
Sirius fece un sorrisetto amaro. "Sei stata tu a dirmi che ci sarei riuscito," le fece notare. "Hai perso l’ottimismo, eh?"
"No. Non lo so.” Si morse un labbro, pensosa. "Sai, credo che sentano la tua mancanza."
Sirius scosse la testa. "No, non credo."
"Solo perché non lo danno a vedere, non significa che non lo facciano," Lily asserì convinta. "Solo che è difficile, tutto qui."
“Non stiamo più parlando di me, vero?" chiese Sirius, sinceramente più divertito. Lily lo guardò negli occhi per un istante, e poi distolse lo sguardo. "Si tratta di Piton, non è così? Ho sentito che avete litigato."
"Come lo sai?" chiese, sorpresa.
"Mezza biblioteca vi ha sentiti, e sai come viaggiano i pettegolezzi qui."
"Già." Lily sospirò. "Già."
"Già ti manca l’idiota, eh?" fece a bassa voce Sirius cupo.
Lily appoggiò la schiena al divano. "Poco," replicò. "MA non quanto l’ultima volta. Mi manca il vecchio Severus... non conosco nemmeno quello che c’è adesso qui. Ma in realtà, adesso non stavo pensando a lui..."
"Chi allora? Non Harper, di sicuro..."
"No, non Luke."
Sirius inarcò le sopracciglia. "E allora a chi stavi pensando?"

(Cassidy, Parte Due)
 
Donna Shacklebolt si muoveva come in letargo tra i corridoi affollati (sola come al solito, in questi giorni), dopo aver appena finito l’esame di Antiche Rune. Non sapeva come era andata al test... si ricordava a malapena una delle domande a cui aveva risposto, in realtà, e stranamente si sentiva apatica riguardo tutta la questione.
"Voglio dire, perché siamo diventate amiche tanto per cominciare? Riesci a ricordartelo?"
Anche Lily c’era, all’esame, del tutto concentrata sul test, pensò, senza notare la sua ex amica un paio di banchi più in là mentre si sforzava di tenere gli occhi d’ambra e i pensieri incoerenti sui fogli. Donna si chiedeva se Lily si fosse accorta, o immaginava, che non vedeva più Charlie Plex. Mary se ne era accorta e aveva brevemente tentato di consolarla, prima che le dicesse "Vai a farti fottere da un manico di scopa." Così, se Mary lo sapeva allora anche Lily, quasi sicuramente, e visto che non c’era stato sforzo di comunicare con lei da parte della rossa, Donna poteva solo trarre a conclusione che a Lily non importava, e tutto qui.
"Sei completamente senza cuore, Donna Shacklebolt. Non mi parlare."
E non poteva incolparla.
Raggiunse la scalinata che portava al terzo piano e a momenti stava per scendere, quando una voce si levò dal chiacchiericcio diffuso della dozzina, o poco più, che stava nel corridoio, e Donna si fermò.
"Donna Shacklebolt!" qualcuno—una ragazza—urlò. Donna si voltò a guardare chiunque l’avesse chiamata, ma ancora non era riuscita a farlo del tutto, a registrare la massa di ricci biondi o le guance arrossate dalla furia, in realtà non era riuscita ancora a rispondere del tutto, quando un lampo di luce riempì il corridoio, il dolore la colpì allo stomaco come uno sparo, e tutto diventò decisamente nero.

 
(Terzo Anno)
 
La tredicenne Donna Shacklebolt si sedette in un banco vuoto in prima fila della classe di Antiche Rune. Era più di dieci minuti in anticipo per la lezione, ma le piaceva essere pronta, e un bravo professore, pensò, avrebbe riconosciuto e apprezzato il fatto.
Tirando fuori l’orario dallo zaino, Donna lisciò la pergamena sul banco e la rilesse. Aveva scelto di prendere Antiche Rune, Aritmanzia, e Cura delle Creature Magiche, escludendo Divinazione perché nel suo orario proprio non era rimasto spazio, e perché suo fratello Kingsley le aveva detto che erano tutte cretinate.
Sfortunatamente, Erbologia coi Tassorosso veniva dopo, e Donna detestava sia Erbologia che Tassorosso. In realtà, detestava la maggior parte delle case, pensandoci. I Serpeverde erano idioti, i Grifondoro immaturi, e i Tassorosso tutti mezze calzette. Corvonero era a posto—sarebbe dovuta stare a Corvonero. Lei lo sapeva, e anche tutti gli altri lo sapevano, e si chiedeva vagamente se ci fosse qualche modo di essere ri-smistata.
Non c’era niente di davvero sbagliato nella casa di Grifondoro, ovvio, ma di certo non era stata all’altezza delle aspettative di Donne Shacklebolt, che erano, ovviamente, principalmente basate sul suo fratello maggiore, un recente ex allievo di Hogwarts anche lui Grifondoro. Non c’era niente di davvero sbagliato nemmeno trai i suoi compagni di casa—James Potter e Sirius Black erano stronzetti immaturi, ma fastidiosamente brillanti in tutte le materie. Remus Lupin e Adam McKinnon erano decenti, ma Donna non era sicura di averci mai parlato, a parte "Passami il sale," a cena e "Hai preso appunti a quella lezione di Incantesimi?" in Sala Comune. Peter Minus aveva un po’ paura di lei (come la maggior parte della gente, comunque), così la loro interazione era stata anche più limitata.
Per quanto riguardava le sue compagne di dormitorio, Carlotta Meloni era un’hippie svampita, Shelley Mumps sembrava un cucciolo smarrito (considerato il modo in cui seguiva Carlotta ovunque), Mary Macdonald e Marlene Price erano inseparabili (e fastidiose), e Lily Evans, anche se abbastanza intelligente, se la faceva con quel tizio inquietante, Piton, il che dimostrava poca capacità di giudizio. Per quanto la riguardava, lei sola era l’unica sensata tra tutte quante.
Una paio di Corvonero entrarono in classe, e Donna ancora una volta desiderò aver chiesto di essere messa in quella casa. Sarebbe stata davvero sorpresa se qualche altro Grifondoro del suo anno si fosse dato la pena di prendere una materia tanto complicata quanto Antiche Rune.
Non aveva precisamente amici a Hogwarts. Era troppo rude, e tendeva a spaventare le persone (specialmente le ragazze) con l’essere quello che lei definiva "onesta" e la maggior parte della gente "cattiva." Ma nessuno era scortese con lei; nessuno le faceva i dispetti, e più o meno la rispettavano, pensò. Comunque, non la tormentavano.
"Ehi, Donna, posso sedermi qui?"
Sorpresa, Donna guardò in su e vide Lily Evans lì vicino esitante, lo zaino in spalla e un’aria d’attesa sul viso lentigginoso.
"Uhm—che?"
"Posso sedermi qui?" Lily ripeté.
"Oh. Già. Certo."
"Non sapevo se lo stessi conservando a qualcuno," disse Lily, sedendosi nell’altra metà del banco. "Sai, siamo le uniche Grifondoro di questa materia, escluso Remus Lupin, ma p dovuto andare a casa... a visitare la sua madre malata, o una cosa del genere. Strano, considerato che è la prima settimana, ma questo è."
Ecco un’altra cosa che Donna odiava (o non le piaceva, comunque) di Lily: era una dannata chiacchierona.
"Già," fu l’unica risposta della strega, e qualsiasi altra persona sarebbe stata scoraggiata dalla sua mancanza d’interesse.
"Comunque, per me, la scelta era tra Antiche Rune e Divinazione, e Divinazione mi sembra un po’ fuori di testa, se me lo chiedi. Voglio dire, o hai l’occhio o non ce l’hai, da quello che ho letto, e fissare le foglie del tè non serve a molto se non ce l’hai. E di sicuro certamente non ce l’ho; Merlino, a stento mi ricordo in quale cassetto ho messo i calzini; prevedere il futuro è fuori questione. E tu? A che lezioni ti sei iscritta?"
Donna glielo disse.
"Sarai occupata," Lily notò. Donna non rispose, e la rossa rimase in silenzio per un po’. "Posso chiederti una cosa, Donna?" chiese alla fine.
"Ho scelta?" brontolò l’altra.
"Certo, ce l’hai," replicò Lily. "Si ha sempre una scelta, no?" Donna la fissò. "Allora posso?"
"Va bene."
"Perfetto. Allora... perché sei sempre così... beh, così stronza?"
Donna la guardò, con gli occhi spalancati. "Scusami?"
"Beh, lo sei," disse Lily, scrollando le spalle. "Oh, eddai, non puoi sentirti insultata. È chiaro che lo fai apposta."
"C-cosa?" Donna biascicò.
"Voglio dire, ti impegni tanto a far sì che tutti abbiano paura di te, e ci riesci abbastanza, ma mi chiedevo solo, perché?" Lily la guardò con gli occhi grandi e curiosi, e Donna non avrebbe potuto essere più sorpresa se la rossa allampanata le avesse appena chiesto di alzarsi sul banco e fare un balletto.
"Le persone non hanno p-paura di me," Donna riuscì a dire alla fine, sapendo che era una bugia.
"Certo che sì," disse Lily. "Hai maledetto Billy Betwy perché ti guardava in modo strano. Le persone sono assolutamente terrorizzate da te."
"Billy Betwy è uno stupido."
"Irrilevante."
Donna ci mise un momento a darsi un contegno. "Beh, tu chiaramente non hai paura di me."
Lily sorrise malandrina. "Non ho paura di nessuno."
E, stranamente, Donna le credette. "Non lo so," disse dopo un po’. "Penso solo di esserci abituata."
"Che peccato, allora," replicò la rossa con leggerezza, tirando fuori il libro di Antiche Rune. "Hai bei gusti in fatto di libri, ho notato."
Donna si sentiva stordita a sufficienza, e fece finta di concentrarsi sul proprio libro di Antiche Rune che confrontarsi sull’argomento. La professoressa Babbling—l’insegnante—non era ancora arrivata quando gli ultimi banche della prima fila furono occupati da una coppia di Serpeverde, Zabini e Mulciber.
Quest’ultimo si sedette all’immediata destra di Donna, e notando la Grifondoro, diede di gomito al suo amico e disse qualcosa a bassa voce. Sia Lily che Donna se ne accorsero, ma tutte e due fecero finta di non accorgersene il più a lungo possibile. Poi, Mulciber si sporse nello stretto passaggio tra i banchi e parlò.
"Starei attenta se fossi in te, Shacklebolt," fece a bassa voce. "Ho sentito parlare del tuo vecchio."
"Congratulazioni," controbatté a voce bassa e ferma. "Anche io."
"Farebbe meglio a stare attento alle cose che va blaterando," Mulciber continuò. "Dire cose del genere sul conto di... sul conto beh di, tu sai chi. Lui non le prende bene queste cose.
O non hai sentito quello che è successo a Jonah McKinnon?"
"Zitto, Mulciber," scattò Lily. "E sul serio, ma chi pensi di prendere in giro presentandoti ad Antiche Rune? La lascerai prima di Natale, non sei capace."
Mulciber la guardò male. "Schifosa sanguesporco," fece a bassa voce, prima di scivolar via col suo compagno verso un banco più lontano.
Donna guardò male Lily. "Non ho bisogno che mi difendi," disse. "Non sono come Piton, quell’amico tuo."
Lily sbuffò col naso. "Siete più simili di quanto immagini," rispose. "Comunque, non difendevo te. Ho letto quello che tuo padre ha detto su—su quel mago, Voldemort, e sono d’accordo. Quindi, tecnicamente, difendevo tuo padre." Fece un sorrisetto per il fastidio evidente di Donna, e poi la professoressa Babbling entrò, e le due ragazze furono costrette a stare in silenzio.
Un’ora dopo, la campanella suonò, e i ragazzi del terzo iniziarono a raccogliere le proprie cose. "Vado a pranzo con Marlene Price e Mary Macdonald," Lily disse a Donna, infilando i tre fogli di appunti nella cartellina. "So che più o meno odi la gente, ma se vuoi... puoi venire anche tu."
Donna non sapeva minimamente perché l’offerta risultasse allettante, ma la sua risposta mancava del tipico distacco: "Marlene Price non mi sopporta."
Lily si accigliò. "No," si disse d’accordo a disagio. "Anche se penso che potrebbe dipendere dal fatto che dici sempre che è una svampita. Certo, non so come la convincerai mai che non sei una stronza completa se non vieni."
"Non mi interessa cosa pensa di me," disse Donna in tono di sfida.
"No? Apposto." Lily iniziò ad andarsene, ma si fermò all’altezza della porta. Si voltò e incrociò le braccia. "Vieni o no?"
Donna prese l’idea in considerazione. Poi, raccogliendo lo zaino e issandoselo in spalla, attraversò la stanza e si unì a Lily. "Beh, se devi tormentarmi, non credo di avere tanta scelta..."
Divertita, Lily roteò gli occhi ma non la contraddisse, e le due streghe scesero in Sala Grande

.
(Presente)
 
Shelley Mumps spalancò la porta del dormitorio delle ragazze del sesto anno di Grifondoro con parecchio entusiasmo, prendendo Lily del tutto di sorpresa.
"Shelley?" chiese Lily, sedendo sul letto, dove era sepolta dagli appunti di Trasfigurazione. "Che è successo?"
"M-M-Marlene mi ha mandata a p-p-prenderti," si affannò Shelley. Il sudore le luccicava sul viso, e aveva i capelli biondo sporco appiccicati alla fronte. Lily si alzò, andando in fretta incontro alla compagna di stanza.
"Cosa c’è che non va? Sta bene?"
Shelley si prese un momento per ricomporsi. "Scusa," respirò; "Me la sono fatta di corsa fin qui, sai."
"Ma Marlene sta bene?" incalzò Lily.
"Marlene? Oh, Marlene sì. È Donna."
"Donna?"
Shelley annuì. "Marlene e Mary sono lì ora..."
"Marlene e Mary sono dove ora?"
"Oh. Già. Infermeria. Donna è in Infermeria. Lei..." Ma Shelley non aveva ancora finito la frase che Lily era già fuori dalla porta.
 
Gli occhi di Donna si aprirono piano, e si lamentò ad alta voce. "Che cazzo è successo?"
"E si è svegliata," disse una voce che sembrava quella di Marlene Price. Donna gemette di nuovo mentre si guardava attorno per capire dov’era (il collo le faceva malissimo). Era in una brandina in Infermeria; Marlene e Mary sedute ai piedi del letto, l’espressione divertita mentre la guardavano. Lily era lì vicino, le braccia piegate, e l’espressione caustica.
"Che è successo?" Donna mugolò, sedendosi; sembrava una domanda ‘con più tatto' (come avrebbe detto Lily) da chiedere, piuttosto di "Che ci fate qui?"
Mary e Marlene si scambiarono un sorriso. "Cassidy Gamp ti ha maledetta," fece la seconda. "Sembra che abbia scoperto che ti scopavi il suo ragazzo."
"E dicendo ‘ scoperto,' Marlene intende che Charlie Plex gliel’ha confessato," aggiunse Mary. "Penso che volesse essere una maniera per vendicarsi di te, tesoro, ma si è beccato un paio di amabili tentacoli viola... Madama Chips l’ha mandato via solo ora."
Donna si sforzò di capire tutto mentre si massaggiava la testa dolorante. "Inizio a ricordare... Ero al quarto piano che camminavo..." Ricordò più distintamente: "Quella puttana mi ha attaccata alle spalle!"
Lily sembrò sopprimere una risata, ma Marlene e Mary non furono così cortesi, e scoppiarono tutte e due in un attacco di risatine.
"Che diavolo c’è da ridere?" Donna scattò. Poi, preoccupata, aggiunse—"Non ho tentacoli, vero?"
"No, no," ridacchiò Marlene. "Ma è così divertente! Voglio dire—Cassidy Gamp! Cassidy Gamp, quella minuscola, piccola svampita Tassorosso ha fatto finire una fottuta Donna Shacklebolt in Infermeria!"
"Davvero—chi lo sapeva che Cassidy Gamp fosse un tale mortaretto?"
"Beh, è carino vedervi così preoccupate," fece a bassa voce Donna sarcastica.
"Calma," disse Mary. "Eravamo spaventate sul serio... finchè non abbiamo sentito tutta la storia. Poi abbiamo riso. Madama Chips non sa esattamente cosa Cassidy abbia provato a usare su di te... a quanto pare si trattava di uno strano miscuglio di Petrificus Totalus, una maledizione Gambemolli, e uno schiantesimo... la combinazione di cui non ha fatto altro che metterti a tappeto per più o meno un’ora."
"E darmi un mal di testa dannatamente enorme," Donna aggiunse. "Quell’imbecille di una Tassorosso non mi ha saputo nemmeno fare una maledizione come si deve."
"Dalle tregua," disse Marlene. "Ti scopavi il suo ragazzo..."
"Ma ho chiuso settimane fa," controbatté la paziente con dignità.
"Oh, beh, in questo caso... è stato assolutamente irragionevole da parte di Cassidy essere arrabbiata."
"Fanculo, Price." Donna fece una smorfia alla bionda, poi lanciò un’occhiata incerta a Lily. "Ciao..."
"Ciao," replicò Lily, ugualmente imbarazzata.
Mary fece un sorrisetto. "Lily era così preoccupata quando ha sentito che eri finita in Infermeria," disse, guadagnandosi un’occhiataccia dalla rossa.
"Non ero così preoccupata..."
"'Frenetica' sarebbe una descrizione appropriata," Marlene si intromise.
"Finchè non ho sentito che hai perso a duello contro Cassidy Gamp," tagliò corto Lily. "Da qui ho capito che probabilmente te lo sei meritata."
"Non ho perso in un duello... Oh, Merlino, è questo che dice la gente?"
"Non ti preoccupare," la consolò Mary. "C’erano una dozzina di persone che hanno testimoniato che Cassidy ti ha assalita. Ha fatto perdere a Tassorosso la metà dei loro punti, il che non è molto. Ovvio che..." Mary per la prima volta sembrò un po’ nervosa, "adesso tutti a scuola sanno che scopavi con Charlie Plex."
Donna ricadde sui cuscini. "Fantastico. Proprio fantastico."
Marlene e Mary si scambiarono un altro sguardo. "Vado a dire a Madama Chips che sei sveglia," disse la bruna, alzandosi. "Vieni, Marlene?"
Le due se ne andarono, lasciando Lily e Donna da sole. Il prefetto si avvicinò esitante alla brandina di Donna.
"Tutto okay?" chiese con nonchalance.
"Beh—ho un mal di testa allucinante, la mia reputazione da donna con cui fare i conti è completamente andata, e ogni ragazza nella scuola mi parlerà dietro le spalle, quindi—no, non così bene."
Lily sorrise, e le avrebbe dato fastidio, se Donna non fosse stata così grata della sua presenza. "Se ne scorderanno. Lo fanno sempre. Comunque... pensavo non ti interessasse di quello che la gente pensa di te."
"Infatti. Solo—sai, vorrei evitare le sceneggiate."
"Già."
"Già."
Lily scosse la testa e si sedette sul bordo del letto di Donna. "Lo sai," cominciò lentamente, "di recente, mi hai fatto una domanda—mi hai chiesto come siamo diventate amiche, e non avevo una risposta. Ma adesso mi ricordo."
"Anche io," fece a bassa voce Donna. "Il primo giorno di Antiche Rune."
Lily annuì. "Pensai che avessi acconsentito a pranzare con noi solo perché ti avevo fatto un complimento sui gusti di lettura."
Donna sbuffò col naso e si guardò le mani. "No," disse. "Fu perché non avevi paura di dirmi che ero una stronza... e perché lo dicesti senza volerlo rendere un insulto."
"Davvero?"
"Davvero." Silenzio, poi: "Perché decidesti di invitarmi a pranzo, comunque?"
Lily rifletté prima di rispondere. "Tendo a diventare chiacchierona quando non conosco qualcuno... e anche se avevamo condiviso il dormitorio per due anni, eravamo praticamente estranee. Ho continuato a parlare e tu... tu non mi hai detto di chiudere il becco, come mi aspettavo."
"Volevo farlo," Donna confessò.
"Lo so."
Si guardarono per un minuto, e poi Donna continuò piano: "Mi dispiace per quello che ho detto. Sul serio."
"Lo so," fece ancora Lily.
C’era un groppo sempre più grosso nella gola di Donna, ma—assieme all’orgoglio—lo ingoiò. "Mi manca essere tua amica."
Lily annuì. "Anche tu mi manchi."
"Quindi... non vuoi più che ti stia alla larga?"
La rossa sorrise di nuovo. "Com’è che si dice? La vita è breve?"
"Suppongo... anche se c’è questo tizio... Nicolas Flamel... ha quasi seicento anni, e sai, se un mago o una strega sono in buona salute, possono facilmente arrivare a..."
"Donna."
"Giusto. Metafora. Ho capito."
Mary e Marlene fecero ritorno, Mary portava una fiala di qualche liquido sconosciuto dall’aspetto piuttosto disgustoso. "Madama Chips è impegnata con gli studenti G.U.F.O. in preda al panico," disse Marlene. "Dobbiamo farti prendere questa per scongiurare spiacevoli effetti collaterali dell’attacco di Cassidy."
Mary passò la bottiglia a Donna. "Allora avete fatto pace? O dobbiamo dileguarci con molto tatto per un altro paio di minuti?"
"Non so di cosa stiate parlando," disse Donna con tutta la dignità di cui era capace. Ingoiò la Pozione e assunse tutta l’aria di una che stava per vomitare.
"Potete rimanere," Lily disse alle altre due. "Tutto è di nuovo normale."
"Perfetto," disse Marlene allegra. "Perché non sarei stata capace di evitare Donna quando ho tutte queste opportunità per prenderla in giro."
"Oh, non prenderla troppo a male, Donna," Mary la confortò seria. "Dopotutto, sono sicura che c’è qualche Tassorosso del primo o del secondo che non sarebbe capace di batterti."
"Forse se l’anno prossimo riusciamo a beccare qualche primino," suggerì Marlene. "Sai—a Diagon Alley, prima che comprino le bacchette..."
"Forse un babbano disarmato..." aggiunse Mary.
"Un babbano disarmato e cieco, forse..."
"Oh, sì, siete così divertenti," scattò Donna, ma anche Lily ridacchiava. "Nel nome di Agrippa... Cassidy Gamp. Non me lo faranno mai dimenticare, vero?"
"Oh, Donna," sospirò Marlene. "No. Per niente. Ma che cosa carina aver pensato di poterlo fare."
(Da parte)
"Mary?"
Mary Macdonald si voltò e vide il Tassorosso Reginald Cattermole avanzare verso di lei. Aveva lo stesso aspetto del solito—magro e minuto, con anonimi capelli castani, tagliati come la maggior parte dei ragazzi di quell’età (con vari gradi di inferiorità a, e imitazione di, David Cassidy).
"Ciao," lo salutò, sinceramente contenta di vedere il Tassorosso. Rimaneva solo un giorno di esami, dopotutto, e poco dopo sarebbero tornati tutti a casa: le sarebbe piaciuto dirgli ciao. "Che ci fai qui?"
"Ero qui per vedermi con il Professor Dawton per l’esame di Astronomia."
Mary aspettò che Reginald la raggiungesse prima di rispondere. "E come è andata?"
"Abbastanza bene. Sono bravo in Astronomia."
"io ho sempre fatto schifo," replicò il Grifondoro. "Troppa aritmetica."
"Che ci fai tu qui, comunque?" Reginald chiese, gli occhi verdi che si facevano più scuri, stranamente. "Pensavo che non vagassi più da sola nei corridoi..."
Mary sospirò, sollevando indicativamente la bacchetta già sfoderata. "Piccoli passi, suppongo."
"Oh. Certo."
Rimasero in silenzio per un momento, e poi Mary aggiunse: "Certo, se tu volessi accompagnarmi alla Torre di Grifondoro, non obietterei..."
"No?"
"Nah."
"Beh, okay."
Continuarono in direzione della Torre di Grifondoro, parlando svogliatamente di niente in particolare. "Stebbins mi porta a una partita di parola-Q a luglio," disse Mary allegra. "Non che mi interessi il gioco, tranne per quando giocano le squadre delle Case, ma sembra eccitato, ed è un bel gesto, vero?"
"Suppongo," si disse d’accordo Reginald. "Ma, Mary, è un po’ strano che chiami il tuo ragazzo 'Stebbins.'"
"Sarebbe più strano se lo chiamassi per nome."
"Perché?"
"Perché è Umbert." Mary sobbalzò, e così fece Reginald.
"Umbert?"
"Umbert."
"Okay, 'Stebbins' non fa così schifo."
Mary rise. "Disse il mago che si chiama Reginald."
"Il nome di mio padre."
"Nessuna differenza."
Reginald scrollò le spalle, le mani in tasca. "Ancora non hai deciso come vuoi chiamarmi, sai."
"Lo so," sospirò Mary. "è una cosa molto difficile... mi piaceva abbastanza 'Cat,' ma a quanto pare Potter ne ha preso possesso. Dammi tempo; alla fine mi deciderò. Sono il tipo piuttosto indeciso, ma alla fine arrivo sempre alla conclusione." Batté una palpebra pesantemente truccata, e poi continuò: "Che mi dici di te, Reginald Cattermole? Nessuno sviluppo romantico recente?"
Reginald sbuffò col naso. "No," replicò, arrossendo.
"Le ragazze di Hogwarts sono stupide," Mary lo consolò con l’aria di chi la sa lunga. "Ma mi piacerebbe tanto mi dicessi il nome della ragazza che ti piace... Non capisco perché non vuoi. So mantenere un segreto se voglio."
"Non credo."
"Invece è vero! Ho custodito un grosso segreto di Donna Shacklebolt per secoli... finchè Cassidy Gamp l’ha detto a tutta la scuola..." Reginald continuò ad avere un’aria dubbiosa, e Mary lo guardò male. "Eddai—devi dirmelo. Non è giusto!"
Mise il broncio come una bambina, e Reginald si arrese. "Lily Evans," borbottò, e anche se era poco più forte di un colpo di tosse, Mary riuscì ad afferrare il nome.
Stranamente, le dava un sacco fastidio. Si prese un momento per analizzare il fatto, arrivando alla conclusione che le dispiaceva per Reginald Cattermole, visto che certamente non era fatto per stare con Lily Evans. No, per niente.
"So che è stupido," Reg continuò a voce bassa, veloce e infelice; "Non ho alcuna possibilità, eh? Lei è Lily Evans, dopo tutto."
"Oh, non è questo," disse Mary in fretta. "Ma Lily è.. beh... è molto complicata, sai."
"Mi piace solo un po’," il Tassorosso giurò.
"Beh—cosa... cosa ti piace di lei, esattamente?"
Reginald sembrò sorpreso dalla domanda. "è perfetta, non è così? Bella, intelligente, brillante... è sempre stata anche molto carina con me. Sempre molto gentile, anche al quarto e al quinto anno..."
Io sono bella, Mary non poté fare a meno di pensare. Non sorprendentemente intelligente, però, lo sapeva... almeno, non a scuola. Era brava a fare le cose, però, e brava a prendersi cura delle persone, e... beh, non quanto Lily, certo. Reginald aveva ragione. Lily era perfetta. E lei, Mary, non era stata sempre particolarmente carina con Reginald... non prima di quell’anno. Mary si accorse che era stato parecchio sensato da parte sua non non mettersi mai a confronto con Lily (o con nessuno, in realtà) negli ultimi sei anni... Perché mai se ne rendeva conto solo ora?
"Beh, non avresti potuto scegliere meglio," Mary cinguettò alla fine. "Lily è fantastica, non è così?" E la strega cambiò argomento in fretta. "Stavo pensando di farmi i capelli biondi."
La maggior parte della strada che restava fino al ritratto della Signora Grassa fu occupata da Reginald che cercava di convincere Mary a non tingersi i capelli di biondo, o qualsiasi altro colore.
"Eccomi qui," sospirò Mary, quando arrivarono all’entrata della torre di Grifondoro. "Grazie per avermi accompagnata."
"Prego."
"Dormi bene."
"Anche tu."
Sorrisero entrambi, e poi Mary abbracciò brevemente il Tassorosso. "Passa una bella estate, Reg."
"Anche tu. Mi scriverai?"
"Certo." Aspettò un attimo prima di dare la parola d’ordine alla Signora Grassa. "Reg," ripeté premurosa. "Suppongo che ti chiamerò così."
Reginald sorrise. "Ti ci è voluto tutto l’anno per decidere Reg?"
Mary scrollò solamente le spalle. "Mi piace essere scrupolosa con le cose importanti," dichiarò. "Buonanotte, Reg."
"Buonanotte, Mary."
Si ritirò nella direzione da cui erano venuti, e Mary si voltò verso la Signora Grassa e diede la parola d’ordine: "Amathia."
Non pensava più, entrando in Sala Comune, alla conversazione con Reg; pensava già ad altro, ma non dimenticò. Invece, come con tutte le cose che riguardavano Reginald Cattermole, Mary la mise da parte, conservandola per il futuro.

 
(Secondo anno, Parte Due)

 
Il dodicenne Remus Lupin aveva proprio un buon motivo per guardare i suoi tre compagni di stanza come se fossero matti, perché—francamente—si stavano comportando come se mancasse loro qualche rotella.
"Lupin," lo salutò Sirius in tono misterioso.
"Ehm... ciao." Remus mostrò il pazzo di pergamena che aveva trovato appeso al proprio letto quel pomeriggio. "L’avete scritto voi tre, questo?"
"Dipende," disse Peter, imitando il tono enigmatico di Sirius. "Cosa dice?"
Remus si accigliò. "Quanti biglietti credete che trovi appesi al mio cuscino ogni giorno? Dice... 'Lupine,' scritto L-U-P-I-N-E inoltre... 'Lupine, se sai agire per il tuo bene, sarai nella classe in disuso al primo piano proprio vicino alla Sala Grande alle nove stasera. Se non sai dov’è, chiedi indicazioni. P.S. Se chiedi indicazioni, non dire perché alla persona a cui lo chiedi. Anzi, non dirlo a nessuno. Nove. Classe in disuso. Primo piano.' E poi c’è il disegno di una cosa che potrebbe essere un unicorno." Incrociò le braccia.
"Okay, si vede che è un drago!" Peter protestò, e Sirius e James lo guardarono male.
"'Se sai agire per il tuo bene’?'" fece eco l’ultimo. "Sul serio, Pete?"
"Non stavamo cercando di minacciarlo!" rincarò Sirius.
"E hai sbagliato a scrivere il mio nome," Remus aggiunse.
"E sul serio, Pete, un unicorno?"
"Ma si vede benissimo che è un drago! Guarda! Guardalo—è un drago!"
"Wow, okay." Sirius incrociò le braccia. "Peter non sarà mai più incaricato di scrivere un biglietto, è ufficiale."
"Non mi avete detto cosa scrivere! Ho dovuto inventare!"
"Un unicorno, Peter?"
Remus roteò gli occhi. "Okay, bene, se non volete minacciarmi o rubarmi i soldi, perché avete voluto che vi incontrassi qui?"
Sirius e James sembrarono ricordarsi della loro missione, mentre un Peter imbronciato stava seduto in un banco lì vicino. "Bene, Remus Lupin," ricominciò James serio, "Ti abbiamo chiesto di venire qui perché volevamo..." Guardò Sirius in cerca d’aiuto.
"Volevamo dirti che..." Sirius guardò James.
Remus piegò la testa di lato, aspettando altre informazioni. Nessuno dei suoi compagni di stanza parlò. "Beh?"
"Scusa," James si scusò, sospirando. "Nella vita reale è un sacco più difficile, sai? Okay, il fatto è questo, Lupin." Mandò a Sirius un’altra occhiata penetrante, e i due fecero in coro: "Noi sappiamo."
"Sapete... sapete cosa?" Ma la sicurezza di Remus era evidentemente scossa.
"Sappiamo dove vai ogni mese," elaborò Sirius. "Sappiamo che sei... che sei un lupo mannaro."
Remus diventò pallido come un cencio. Gli occhi grigi si spalancarono dal terrore, e dovette fare un paio di grossi respiri per calmarsi prima di poter parlare di nuovo. "C-come... come lo s-s-s-sapete?"
"Ti abbiamo seguito," disse Sirius, splendente d’orgoglio.
"Non è vero," James lo interruppe.
"Sì, invece!"
"No! Beh, sì, ma non è così che l’abbiamo scoperto. Non l’abbiamo seguito se non questo mese. Ce ne siamo accorti per la cosa di Astronomia."
"L’abbiamo seguito comunque."
"Solo fino al Platano Picchiatore," Peter aggiunse, unendosi agli altri. "Non siamo riusciti ad andare oltre, però."
"L’albero ha rotto il braccio di Sirius," James si offrì volontario, e Sirius lo guardò male.
“Era una piccola slogatura."
"Piangevi."
"Non è vero!"
"C’erano lacrime."
"Non è piangere se non ti escono le lacrime dagli occhi, Potter."
"Quindi lo ammetti che c’erano lacrime?"
"No."
"Ragazzi," interruppe Remus, e i tre improvvisamente si ricordarono dov’erano. Il giovane lupo mannaro sembrava del tutto terrorizzato. "Cosa avete intenzione di fare?" chiese tremante. Sirius si accigliò.
"Fare?"
". Avete appena scoperto che vivete con un lupo mannaro... avete intenzione di... di scrivere ai vostri genitori? Per farmi cacciare?"
Gli altri tre stettero in silenzio per un po’. "Si può fare una cosa del genere?" Peter volle sapere, e James gli lanciò uno sguardo sdegnoso. "Cosa? Me lo chiedevo solo..."
"Ma certo che non ti facciamo cacciare!" disse Sirius. "Perché mai dovremmo farlo?"
"Perché—perché sono un mostro!"
James roteò gli occhi. "Non essere drammatico. Ti pieghi i calzini, Remus. Perdonami se non tremo al tuo cospetto."
Remus li guardò tutti, incredulo. "Quindi non—non avete paura di me?"
"Ma ti pieghi i calzini," si disse d’accordo Sirius. "E perché dovremmo avere paura? Non c’è motivo per cui ci mangi, no?"
Remus fece un grosso sospiro. Attraversò la classe e si sedette in un banco. "Non funziona così. Quando mi—quando mi trasformo, non sono più io. Non riesco a controllare niente."
"Quindi è per questo che ti graffi?" chiese Peter, sedendosi. James e Sirius li imitarono.
"Sono solo," replicò Remus piano. "Quando mi trasformo, vado nella Stamberga Strillante... no, non è infestata. I rumori che gli abitanti del villaggio sentono sono io... una volta al mese. Con la luna piena. Non c’è nient’altro da attaccare nella casa, quindi mi—mi graffio e mi mordo da solo."
Ci fu una lunga pausa pregnante. Poi—
"E’ così figo!" esclamò Sirius, e Remus lo guardò come se fosse pazzo. "Non il fatto che ti graffi e ti mordi," Sirius si corresse in fretta. "Ovviamente quello è... piuttosto non figo. Ma, amico, diventi un lupo. Un dannato lupo! E sei il nostro compagno di stanza!"
"E’ proprio una figata," James si disse d’accordo. "Quindi, ascolta, quando ti trasformi, succede che...?"
"Aspettate un minuto," Remus interruppe, alzandosi di scatto. "Voi tre—non vi importa che sia un lupo mannaro?" Scossero la testa. "Non... ma... ma, voglio dire... i lupi mannari, non sono esattamente... popolari... E, per quello che ne sapete, potrei essere pericoloso!"
Sirius sospirò esausto. "Sul serio, Lupin, quale parte del 'ti pieghi i calzini?' non ti arriva? Non abbiamo paura di te! Pensiamo che sia... figo."
"Beh non lo è," controbatté Remus. "E’ dannatamente orribile. Trasformarsi fa male, e graffiarsi e mordersi non è una cosa da ridere, nemmeno. Non avrò mai amici, perché sono un mostro, e ho sempre paura che qualcuno lo scopra e mi faccia espellere. È dannatamente orribile essere un lupo mannaro!"
Un altro silenzio, e poi Sirius parlò: "Siamo amici tuoi," gli disse. "Tutti e tre. Siamo tuoi amici. Non lo diremo a nessuno, e in più, ci assicureremo che nessun altro lo scopra."
"Esattamente," si intromise James. "E, ehi, se ti mordi e ti graffi, forse potremmo accompagnarti per farti smettere..."
"Fermi," Remus interruppe di nuovo. "Ma avete perso quel cavolo di cervello? I lupi mannari sono visti male per una ragione, sapete! Non riesco a controllarmi, e, senza offesa, ma nelle notti di luna piena tra me e voi tre non c’è paragone. Morderei uno di voi nell’arco di tre minuti, credetemi."
"Per me va bene," disse James. "Sai che figata trasformarsi in un lupo una volta al mese."
"Sei pazzo!" urlò Remus. "Non è divertente! E comunque, è illegale per lupo mannaro trasformare qualcun altro, anche consenziente. In più, tutta la tua vita, saresti costretto a trasformarti ogni singolo mese... non riusciresti a trovare un vero lavoro una volta finita Hogwarts... So che ti piace il Quidditch, James; secondo te ammetterebbero un lupo mannaro nella squadra nazionale, che dici?" Guardò James con enfasi, e lui sospirò.
"D’accordo. Trasformarci in lupi mannari è fuori questione," il mago concesse, e Peter sembrò estremamente sollevato. "E non ci permetti di venire con te... ma è dannatamente ingiusto che tu debba fare tutto da solo e farti a pezzi a quel modo. Non è una cosa buona. Deve esserci qualcosa che possiamo fare?"
"Non c’è," Remus insisté. "Sentite, è molto carino da parte vostra, ma..."
"Bah, non importa," Sirius si intromise, saltando su e liquidando con nonchalance le proteste di Remus. "Penseremo a qualcosa."
"Ma non c’è niente."
James lo schernì. "Andiamo, Remus. Stai parlando di noi. C’è sempre qualcosa. E fidati, noi la scopriremo."
Remus non sembrava convinto, ma non si oppose. "Sentite,” cominciò immediatamente, "Devo chiedervi una cosa. Capisco se non potete, ma... vi dispiacerebbe tenervi la cosa per voi..."
"Che cazzo, ma certo che non lo diremo a nessuno!" rise James. "Sinceramente, Lupin, non siamo tanto stupidi."
"Mi hai appena chiesto di trasformarti in un lupo mannaro..." Remus sottolineò. Sirius alzò gli occhi al cielo.
"Proprio adesso, faremo un patto," disse, facendo cenno a James e Peter di alzarsi dai banchi e seguirlo. I quattro ragazzi si riunirono al centro della classe vuota e buia. "Nessuno di noi rivelerà mai che Remus è un lupo mannaro. A qualunque costo. Nemmeno se ci torturano con più di mille maledizioni Cruciatus."
"Dovremmo fare un voto infrangibile!" suggerì Peter. James e Sirius accolsero l’idea con entusiasmo, finchè si accorsero che nessuno di loro aveva la minima idea di come si facesse un voto infrangibile.
"Beh, allora dovrà essere un semplice vecchio giuramento normale," fece rassegnato Sirius. "Ma è lo stesso, è dannatamente importante, ok?" Stese il braccio cosicché la mano fosse esattamente al centro del cerchio che formavano. James appoggiò energicamente la sua mano su quella di Sirius, e Peter lo imitò.
"Anche tu, Remus," James istruì. "Ovvio, è il tuo segreto, quindi puoi dirlo a chi vuoi, ma comunque, devi prenderne parte anche tu."
"Assolutamente," Sirius si disse d’accordo. "Forza allora."
Esitante, Remus mise la sua mano su quella di Peter, e i quattro ragazzi rimasero così per un paio di secondi, prima che James parlasse. "Noi quattro maghi di Grifondoro," cominciò solenne, "giuriamo di mantenere il segreto del… problema di Remus Lupin—il suo problema peloso—giuriamo di mantenere il segreto finchè viviamo, tranne Remus, che può dirlo a chi gli pare. Però, deve lasciare che lo aiutiamo in tutti i modi possibili."
"E noialtri," Sirius ricominciò, "giuriamo di fare tutto il possibile per aiutarlo a non graffiarsi e mordersi le notti di luna piena, perché siamo suoi amici..." ghignò in direzione di Remus, "sia quando è umano che quando è lupo."
"Ragazzi, ma non dovete..."
"Shhh, Lupin, stiamo giurando," fece James. "Come chiudiamo, allora?"
"Così giuriamo," disse Peter con gravità. Sirius fece una smorfia.
"Troppo sdolcinato. Che ne dite di... nel nome di Grifondoro..."
"Questo sì che è sdolcinato," fece James.
"Che ne dite di ‘uno per tutti e tutti per uno?'" suggerì Remus. Gli altri lo guardarono. "Viene da un libro babbano."
"E se invece ognuno di noi dice, lo prometto, alla fine, e poi ci separiamo?" disse James. Gli altri tre scrollarono le spalle e annuirono. "Va bene. Chi inizia?"
"Io," disse Remus. "Io, Remus, lo prometto."
"Io, Peter, lo prometto."
"Io, Sirius, lo prometto."
"Io, James, lo prometto." Pausa. "Rompete le righe."
I quattro ragazzi ritirarono le mani un po’ imbarazzati. "Remus, Peter, Sirius, and James," Sirius elencò divertito. "E’ troppo lungo. Ho la sensazione che dovremmo trovarci un nome collettivo."
Remus inarcò le sopracciglia. "Perché? Perché avremo tanta cattiva fama, che le persone parleranno di noi così tanto, da rendere scomodo fare l’elenco di tutti i nomi?"
"Esatto," disse Sirius.
Remus sbuffò col naso. "Certo. Come se una cosa del genere possa mai accadere."

 
(Presente)
 
L’ultimo esame dei malandrini fu Trasfigurazione il venerdì. Dopo la parte scritta dell’esame, ogni studente affrontò anche una parte pratica, e con la Professoressa McGranitt che li chiamava in ordine alfabetico, James si ritrovò ad aspettare quasi fino alla fine. Remus se ne andò a pranzo appena finito, ma Peter rimase ad aspettare fuori dalla classe.
"Bel lavoro, Pete," disse James mentre camminavano. “In Trasfigurazione sei migliorato di sicuro."
"Beh, se riesci a diventare un Animagus, suppongo che puoi fare la maggior parte delle cose in quel campo," replicò Peter. James annuì—non aveva l’aria di uno che ascoltasse con attenzione; teneva le mani nelle tasche e teneva lo sguardo basso sulle scarpe. Peter sospirò esausto. "Prongs, non puoi essere arrabbiato per sempre."
James lo guardò, sorpreso. "Ma di che stai parlando?"
"Le cose devono tornare normali alla fine," Peter continuò. "Ma stai cercando di rimandare tutto, e sta provocando disagio a tutti."
"Davvero non so di che stai parlando," James insisté. "Non sto cercando di..."
Peter si fermò e parlò con inattesa passione: "Moony a malapena parla. Non è più lui. Tu non usi più i soprannomi. Non ti importa di niente—nemmeno la finale di Quid...della parola-Q! Abbiamo perso contro Serpeverde e tutto quello che hai fatto è stato urlare contro Bertram Aubrey!" James lo guardò male. "Devi darti una scossa, Prongs, e sistemare tutto!"
"Non ho intenzione di fare pace con lui…"
"Non sto dicendo questo!" replicò Peter accalorato. “Ma, dai, siamo i Malandrini..."
"Non siamo i Malandrini..."
"Lo siamo!" James lo fissò solamente, e Peter continuò: "Non dire che i Malandrini non sono mai esistiti, perché l’hanno fatto! L’hanno fatto, ed ecco perché fa così schifo che Padfoot l’abbia detto a Piton! Ma veramente siamo stati amici tutto questo tempo... lo siamo stati! Non puoi dire che non è vero, perché prima dei Malandrini... prima dei Malandrini, ero solo un piccolo ragazzetto ossuto che i Serpeverde tormentavano. Tu e Sirius mi avete adottato, e non importa quello che Sirius ha fatto dopo, non puoi cancellarlo! Eravamo migliori amici, e Sirius era tuo fratello, ed è successo, e adesso tu devi sistemare!"
"Continui a dirlo, Pete... bene, Wormtail, quello che è. Continui a dire che devo ‘sistemare.' Cosa esattamente pensi che debba sistemare?"
"Questo! Moony... Remus! Non è più lui. Si sta chiudendo di nuovo, come prima, quando eravamo bambini... tu e Sirius siete stati quelli che sono riusciti a farlo aprire! Devi sistemare Remus, e devi sistemare i Grifondoro, e devi sistemare anche tutti gli altri!"
"Tutti gli altri?" fece eco James. "Vuoi che sistemi tutta la scuola?"
"Sì!"
"E esattamente, cosa mi proponi di fare?"
Per la prima volta, la sicurezza di Peter vacillò. "Non lo sai?"
James stava seriamente iniziando a dubitare la salute mentale dell’amico. "Sapere cosa?"
"Come faccio a saperlo io? Non lo so! Ma sei James Potter! Tutti si ispirano a te—ecco perché abbiamo perso la finale di par... cavolo, di Quidditch quando tu eri depresso... non è riuscito, dannazione, a tenere in mano la situazione se tu non avevi voglia di giocare, no?"
"Ehi, ho segnato più punti io di tutti gli altri cacciatori in quella..."
"Ma non ha aiutato Grifondoro a prendere il boccino, no? Sei uno delle poche persone a cui ognuno in questa scuola fa riferimento... anche i Serpeverde, che gli piaccia o no. Ma non hai fatto altro che piagnucolare e tenere il broncio per settimane, e cazzo, lo odio! Prongs, sei James Potter cazzo,  e voglio che inizi a comportarti da tale, dannazione!"
Si limitarono a fissarsi, più o meno, per un paio di secondi. Poi, Peter concluse: "Vado a pranzo. Qualunque cosa sia che devi fare per tornare di nuovo te... falla." E con questo, se ne andò.
Scioccato, James rimase fermo per quasi un minuto. Peter non parlava così... di sicuro non parlava a lui così. Eppure, era possibile che forse Wormtail avesse ragione—almeno parzialmente.
James entrò in Sala Grande e si sedette tra Remus e Peter, che mangiavano tutti e due in silenzio. Guardò tutti e due, e, invece di servirsi del cibo, si rivolse al primo in tono serio: "Moony."
Remus guardò su, un po’ scosso dall’uso del soprannome taboo.
James esitò, poi—"Di qualunque cosa tu abbia bisogno... per il tuo... piccolo problema peloso... Pete—Wormtail e io siamo qui."
L’incertezza negli occhi grigi, Remus nondimeno annuì. "Grazie."
James fece un mezzo sorriso, e Peter sembrava compiaciuto, mentre si versava il succo di zucca.
"Qualunque cosa sia che devi fare per tornare di nuovo te ... falla."
C’era anche qualcos’altro. James sbirciò lungo il tavolo di Grifondoro, fin dove Lily Evans stava seduta, parlando animatamente con Donna Shacklebolt e Marlene Price. Forse non l’avrebbe perdonato... forse non avrebbe voluto niente a che fare con lui... forse era irrimediabilmente e irrevocabilmente fuori... o forse no.
E doveva provare, giusto? Era, dopotutto, quello che James Potter avrebbe fatto.

 
(Quinto Anno, Parte Tre)
 
Una Lily di sedici anni entrò in Sala Comune, sorpresa di vedere che non si sentiva più assolutamente orribile
Quasi del tutto orribile, sì, ma non assolutamente.
Luke Harper—non era un brutto tipo, davvero.
Sfortunatamente, il sollievo di Lily dall’infelicità era destinato a essere di breve durata, poiché inoltrandosi nella stanza, la ragazza del quinto si accorse di non essere, di fatti, sola. Non appena la vide, James Potter—che stava steso sul divano—saltò su.
"Evans..."
"Va via," scattò Lily, prima che potesse dire altro. "Sono seria, Potter, stasera non è nel tuo miglior interesse darmi fastidio."
"Volevo solo scusarmi," James replicò; scavalcò lo schienale del divano per raggiungerla in fondo alle scale per i dormitori, riuscendo a mettersi tra lei e il dormitorio. "Davvero, Evans..."
"Cosa immagini di potermi dire possibilmente per farti perdonare?"
"Beh, non lo so..." Fece un mezzo sorriso. "Mi dispiace?"
Lily roteò gli occhi. "Sei patetico. Levati."
E davvero si spostò, ma solo per bloccarla di nuovo mentre tentava di passargli di lato. "Eddai, Evans," insisté, "D’accordo—avrei potuto essere più buono..." Lily emise un "Ha!" incredulo prima di riuscire a infilarsi sotto al braccio teso di James e a passare nelle scale dietro di lui. "Ma, sai, ho tante ragioni quanto te di aspettarmi delle scuse!"
Lily, che era già a metà delle scale, si fermò, voltandosi ancora una volta verso James. "Ma stai scherzando."
Soddisfatto con se stesso per aver scatenato una reazione e camminando con baldanza, rilassato: "Beh, Evans... non sei stata molto educata, a rifiutarmi a quel modo. E il commento con la Piovra Gigante era davvero ostile, sul serio."
Per parecchi secondi, Lily non riuscì a fare altro che fissare il mago davanti a lei. James Potter era un’anomalia evolutiva, pensò. Nessuno poteva essere così arrogante; nessuno poteva essere così inconsapevole. E no, il suo stupido sorriso sdolcinato, la mascella definita, e i brillanti occhi nocciola non compensavano il fatto.
"Sei pazzo," lo informò, quando arrivò sulle scale proprio sotto di lei. "Sei maledettamente andato, se pensi che io possa fare mai delle scuse a te. Mi rendo conto che per te sarà difficile afferrare il concetto, Potter, ma provaci: Non mi piaci. E non voglio dire solo che non mi piaci, perché non mi piaci, ma proprio non mi piace nessuna parte di te. Non mi piace il tuo ego enorme, o gli stupidi scherzi che fai, o il tuo cosiddetto “senso dell’umorismo” cretino. Non mi faccio impressionare dal fatto che sei Capitano di Quidditch, o dai tuoi voti, o dal fatto che tu sia un completo e totale idiota." James non sembrava ferito—più infastidito, e continuò: "Ma credi sul serio che me ne possa fregare anche un minimo della tua stupida offerta di uscire insieme? Una cosa... una cosa proprio incredibile, sul serio. Ho perso il mio migliore amico oggi..."
"Mocciosus è un..."
"Zitto, zitto, zitto!" urlò Lily, le mani che volarono ai capelli per l’esasperazione. "Era il mio migliore amico—non che tu abbia alcuna idea di quello che significhi! —e per colpa tua, l’ho perso!"
"Ehi, non sono stato io a costringerlo a chiamarti—chiamarti così!"
"Sanguesporco, vuoi dire?" scattò Lily. "No, non l’hai fatto—ma fai sempre il bullo con lui, e lo tiri e lo spingi... senza lasciarlo mai in pace, e poi provi ad arrivare a me solo per riuscire a entrargli sotto la pelle..."
"Io non..."
"Basta, Potter," lo interruppe furiosa. "Non hai fatto abbastanza danni oggi?" Poi, girò sui tacchi e scomparve su per la scalinata.
James rimase immobile per un minuto; era contento che non ci fossero Sirius, Remus o Peter; era contento di essere da solo nella Sala Comune scarsamente illuminata. Nonostante tutte le sue chiacchiere, alla fine, James Potter era un essere umano, e—sotto molti aspetti—gli esseri umani sono parecchio sensibili.
Si sedette di nuovo sul divano accanto al fuoco, con le braccia incrociate e un qualche sentimento di fastidio e —beh, francamente, dolore.
"E’ solo una ragazza," Sirius avrebbe detto. "Sette per uno scellino, eddai."
"Hai fatto un po’ l’idiota," Remus avrebbe contribuito, seguito dalle parole più incoraggianti di Peter: "Ti andrà meglio la prossima volta, Prongs."
Ma—James rifletté—non ci sarebbe stata una prossima volta. Basta chiedere a Lily Evans di uscire—basta col flirt, le provocazioni, o altro. Basta Lily Evans. Aveva fatto questa promessa una dozzina di volte, prima (e l’avrebbe fatta un’altra dozzina di volte nel corso dell’anno seguente) ma questa volta diceva sul serio. Davvero, sul serio, del tutto.
E da quel momento, James Potter aveva chiuso con Lily Evans.
La rabbia, la colpa, il risentimento, e lo scontento che si fondevano nel suo petto, risultando in un dolore stringente, e assoluto, furono abbastanza per convincere James che era vero... che aveva davvero, definitivamente chiuso. Gli ci sarebbero voluti più di due mesi e un pugno alla mascella di Nicolai Mulciber per farlo rendere conto che non era così.
Ma voi, di certo, conoscete già questa storia.

 
(Presente: Gobbiglie)

 
Tre Malandrini sedevano accanto al caminetto nella Sala comune di Grifondoro. Remus e Peter avevano dei libri che stavano ignorando, e James giocherellava col boccino che aveva sgraffignato un secolo fa, più o meno. Beh, forse "giocherellando" era il termine sbagliato; lo teneva stretto, in ogni caso, tirandogli le ali e guardandolo con la stessa faccia con cui si guarda qualcuno che ti ha offeso.
Questa fu la scena che si presentò a Marlene quando entrò in Sala Comune, venendo dal dormitorio femminile, e si accomodò senza tante cerimonie su una sedia accanto a quella di Remus (James e Peter erano seduti sul divano).
"Ciao," salutò la bionda, e loro le mormorarono un saluto. "Allora... le vacanze estive, non siete eccitati?"
"Chiaro," disse James.
"Sì, immagino," disse Peter.
Remus si limitò a scrollare le spalle.
"Noto che siete tutti di ottimo umore," Marlene continuò, secca. "E comunque, perché siete in rotta con Sirius? Ognuno dice cose diverse, e io non credo nemmeno a una." I Malandrini avevano tutta l’aria di non volerne discutere, ma Marlene ignorò la cosa. "Beh—quando avete intenzione di fare pace con lui, qualunque sia il motivo?"
Altro silenzio.
"Immagino che questo significhi che non avete intenzione, nell’immediato..."
"E tu quando hai intenzione di fare pace con Adam McKinnon?" Remus controbatté, le sopracciglia inarcate.
"Abbiamo fatto pace," lo informò. "Due giorni fa."
"Non potevate farlo prima?" brontolò James. "E’ stato di pessimo umore."
"Sì, perché voi siete tanti piccoli raggi di sole," la bionda controbatté.
Mary entrò in Sala Comune in quel momento. Quasi immediatamente si sistemò sul braccio della sedia di Marlene. "Ciao, gente," disse, abbastanza allegra. "Di che parlate?"
"Marlene è quella loquace, qui", disse James con leggerezza. "Chiedi a lei."
"Sono tutti di cattivo umore," fece Marlene a Mary, indignata.
"Niente di nuovo sotto al sole," replicò la bruna. "Io dico che è colpa della parola-Q."
"Non ci sei lontana," James concesse.
"Beh, non lasciatevi abbattere da una cosa del genere," Mary continuò. "è la nostra penultima notte qui. Speravo proprio in qualche scherzo di fine anno, o qualcosa del genere da parte vostra, prima che ce ne andassimo. Siete i Malandrini, o no?"
"No," disse Remus.
"Sì," disse James.
Mary alzò gli occhi al cielo. "Maschi."
A parte i ragazzi imbronciati del sesto anno accanto al fuoco, la Sala Comune era piena di voci animate, con gli altri Grifondoro che chiacchieravano contenti dei loro programmi estivi e del sollievo per aver finito gli esami. Carlotta Meloni e Shelley Mumps entrarono dal buco del ritratto, discutendo.
"Oh, Shell, non essere così negativa," Carlotta stava dicendo, godendosi l’assenza dell’uniforme con una gonna che lasciava vedere la maggior parte delle sue gambe sottili, inspiegabilmente abbronzate, e una camicetta che faceva la stessa cosa con il suo seno. "Certo che Raphael Walker vuole vederti domani. Andrà bene."
"Ha acconsentito gentilmente a venire all’appuntamento solo perché c’eri anche tu," Shelley replicò depressa. Carlotta roteò gli occhi, poi notò i Malandrini e le due compagne di stanza attorno al fuoco.
"Grazie per l’aiuto con Trasfigurazione, James,” disse, avvicinandosi al gruppo. "Sarei stata sicuramente bocciata, senza di te."
"No problem."
Alla vista di James, Shelley era impallidita, ma Carlotta non le prestò attenzione e si sedette sul sofà accanto a Peter. "Siediti, su," invitò l’amica, la cui goffaggine fisica, paragonata alla grazia ninfea di Carlotta era solo esacerbata dalla sua posizione rigida, in netto contrasto con quella rilassata degli altri.
"Pensavo stessimo salendo," Shelley borbottò, con uno sguardo significativo diretto a James. Il Capitano di Quidditch si era di nuovo incantato col boccino, comunque, e non se ne accorse.
"Abbiamo quasi finito di fare le valigie," Carlotta le fece notare. "Eddai, Shell."
Arrossendo, Shelley prese la sedia di fronte a Mary e fece attenzione a non guardare James Potter.
"Allora, che piani avete per l’estate?" chiese Carlotta. "Io resto a casa fino a Luglio, poi i miei genitori insistono a trascinarci tutti alla casa che abbiamo sulla costa."
"Oh?" disse Marlene, falsamente gentile. "Non è lì che hai provato, e non sei riuscita, a rubare il ragazzo di Alice Griffiths l’anno scorso?"
Carlotta la guardò male, e Peter roteò gli occhi. "Se voi ragazze avete intenzione di bisticciare..."
"Non lo faranno," Mary intervenne. "Ma voi due non avete ancora fatto pace?" aggiunse, dividendo uno sguardo truce tra la sua migliore amica e Carlotta. "Siamo alla fine dell’anno scolastico, sapete, e ne abbiamo uno nuovo tutto davanti a noi. Il minimo che possiate fare è smettere di litigare, per il bene nostro, almeno. Ora—progetti estivi: questo era un bell’argomento. Io aiuterò i miei col negozio. Shelley?"
"Oh, Non lo so," sospirò Shelley. "Credo che mamma voglia andare a Venezia. È italiana, sapete."
"Sarà sicuramente bellissimo," disse Mary, determinata a far procedere la conversazione. "Remus?"
"Nessun progetto," sospirò. Rimasero in silenzio, e poi Peter intervenne per alleviare l’imbarazzo causato dal silenzio.
"Io sto da James un po’ di tempo, non è vero?"
"già," replicò il Capitano di Quidditch. "Certo. Ma penso che per le prime settimane rimaniamo a Godric’s Hollow, quindi mi sa che ti annoierai un po’."
"Cos’è Godric's Hollow?" Marlene volle sapere.
"Dove i miei genitori hanno la casa in campagna," disse James. "Il villaggio non ha molto da offrire, però."
"Hai una casa in campagna?" Mary chiese. "Ma quante case hai?"
James scrollò le spalle. "Tre o quattro. C’è quella principale, l’appartamento a Londra, Godric's Hollow, quella sulla costa..."
"Oh, quella che hai prestato ai Paciock l’estate scorsa?" chiese Carlotta. "Oh, stai zitta, Marlene."
"Ma se non ho detto niente!"
"Ho visto la faccia—lo stavi pensando."
"E adesso pensare è un crimine?" chiese Marlene. "Non mi meraviglia il fatto che tu non sia mai stata arrestata, Car."
"Niente litigi!" Mary ricordò loro. "Santo cielo, voi due." E poi guardò risentita i tre Malandrini, relativamente calmi. "Ma perché sembra che i ragazzi lo facciano meno delle ragazze?"
"Da quello che vedo io, è il contrario," fece a bassa voce Marlene, e Carlotta rise con apprezzamento dal naso.
"Progressi," sospirò Mary felice. Adam McKinnon arrivò di sotto, con indosso il pigiama e in mano una scatoletta di legno.
"Di chi è questo set di Gobbiglie?" chiese. "Perché tutto è stato messo da parte e inscatolato nel dormitorio, e questo è rimasto sulla scrivania. Sono di Sirius?"
"Non ha un set di Gobbiglie," James disse. "Mi sa che l’abbiamo preso in prestito da qualcuno."
"Dovremmo restituirle," Remus fece notare. "Da chi le abbiamo prese?"
"Frank Paciock?" Peter suggerì.
James scosse la testa. Lui ci ha dato la scacchiera."
"Roger Diggory?" Remus tirò a indovinare.
James si accigliò. "Aspetta, chi è Roger Diggory?"
"Lo sai—Tassorosso... prima giocava a Quidditch ma ha smesso per potersi ‘concentrare sugli studi.'" Eppure, il Capitano di Quidditch sembrava ancora poco convinto. Remus alzò gli occhi. "Facciapiatta."
"Oi, Facciapiatta!" disse James, la comprensione negli occhi nocciola. Le ragazze risero. "Sì, mi ricordo. Ma no, non le abbiamo prese in prestito da Facciapiatta. Una volta mi ha prestato del lucido per i manici di scopa... non credo di piacergli molto."
"Forse perché hai usato tutto il lucido," disse Peter.
"Forse perché lo chiami 'Facciapiatta,'" disse Marlene.
Persino James non riuscì a sopprimere il proprio divertimento. "Ma ha dei tratti davvero scialbi!"
"Sei solo geloso dei suoi capelli perfetti," disse Mary. "Sai, credo di averci pomiciato una volta."
"Anche io," disse Carlotta automaticamente. Si guardarono, e un breve silenzio, piuttosto imbarazzante, seguì. Adam appoggiò le Gobbiglie sul tavolino basso tra il sofà e il caminetto, e poi si sedette sul pavimento.
"Beh, è una cosa imbarazzante," sottolineò per fare conversazione. I ragazzi, Marlene, e Shelley sorrisero, ma Carlotta sussultò.
"Nuovo argomento," suggerì Mary.
Lily e Donna, le ultime del sesto anno di Grifondoro a parte Sirius, apparvero sulle scale provenienti dal dormitorio femminile, tutte e due con la vestaglia e tutte e due reggendo vari oggetti. Lily aveva due dischi, mentre Donna parecchi libri, e tutti furono presentati a Remus.
"Tutte cose che abbiamo preso in prestito da te," Lily spiegò.
"Quando ti ho prestato The Wailing Wailers?" chiese il Malandrino, esaminando uno degli album che Lily gli aveva dato. La rossa trasalì.
"Ottobre, forse?"
"Bello."
"Scusa."
"Questi sono tutti i libri che ho preso in prestito per gli esami questa settimana," Donna informò Remus, posizionando la pila sul tavolo. "Credo che non ne troverai di mancanti, ma nel caso ti risulti altrimenti, ho la lista che hai firmato e approvato lunedì." Tirò fuori un foglietto di pergamena dalla tasca della vestaglia e lo porse a Remus. "Quella è la tua firma, ma posso fare un incantesimo di verifica, se…"
"Va bene, Donna," disse Remus. "Ho firmato quella roba solo dietro tua insistenza."
"Mi piace essere precisa," replicò lei sulla difensiva.
Lily si era seduta a terra accanto ad Adam e tamburellava le dita sul misterioso scatolo di Gobbiglie. "Stavate per giocare? Si dà il caso che sia un’esperta di Gobbiglie."
"No, erano nel nostro dormitorio," disse Adam. "Stavamo cercando di capire di chi è questo set."
Lily esaminò lo scatolo, mentre Donna si sedeva vicino a lei.
"Forse le abbiamo prese da Liam Lyle," suggerì Peter. "Penso proprio di sì."
"Chi?" chiese James.
Remus sospirò. "'Belli Capelli,'" disse, rassegnato. James annuì riconoscendolo.
"Buon vecchio Belli Capelli."
Lily guardò gli altri. "Voglio saperlo?"
"No," disse Remus. "Forse l’abbiamo preso da Malcolm Davies. O, se parli il James-ese, Corvoscemo."
"No, non era Corvoscemo," disse Lily.
"Come lo sai?" chiese Peter curioso.
"Lo so e basta. L’ aura dello scatolo non sembra di Corvonero. Sono decisamente Gobbiglie Grifondoro. Infatti..." Chiuse gli occhi per fare scena e tenne le mani sospese sul gioco. "Io dico che appartiene a... Damacus Weasley."
"Oi, è vero!" disse James, ricordandosi. "Sì, l’abbiamo preso in prestito da lui visto che Si... qualcuno per caso ha fatto esplodere il mio set esercitandosi con una nuova maledizione."
"Ma come lo sapevi tu?" Carlotta chiese a Lily.
"Sono molto potente."
La guardarono tutti scetticamente, e Lily rovesciò la scatola sottosopra affinché tutti potessero vedere. "Damacus Weasley" era nettamente inciso nel legno.
"In realtà, so leggere," disse secca. "Beh, allora, su; chi vuole sfidarmi?"
Adam scrollò le spalle. "Io."
"Anche io," acconsentì Mary. Scivolò giù dal braccio della sedia di Mary sul pavimento, avvicinandosi al tavolo.
"Anche io," disse Marlene, e anche Carlotta si sedette dalla sua parte del tavolo.
"Perché no?" disse la bruna con una scrollata di spalle. "Dai, Shelley."
Shelley la seguì obbediente.
"Remus? Peter?" Lily invitò, ignorando di proposito James. Peter si disse d’accordo, ma Remus sembrava riluttante.
"Non sono dell’umore," disse. Sembrava anche piuttosto pallido.
"Eddai. Una partita," lo esortò Carlotta. "James, anche tu."
Donna si avvicinò al tavolo. "Visto che giocano tutti, suppongo che anche io..."
James lanciò un’occhiata imbarazzata a Lily, ma era occupata a preparare il gioco e non sembrò accorgersene. Si spostò sull’bordo del divano, abbastanza vicino da partecipare.
"Sarò io a vincere, sapete," dichiarò Donna con aria pratica. "Sul serio, lo faccio sempre."
"Non è vero," protestò Lily.
"Limitiamoci a sperare che giochi meglio di come hai fatto nella finale di parola-Q," cantilenò Marlene. Donna la guardò male, ma quasi tutti gli altri risero.
"Inizio io," disse Peter. "Nessuno si becca lo spruzzo al primo turno..."
Un’ora, tre partite di Gobbiglie, e due viaggi nel dormitorio dei ragazzi alla ricerca di dolcetti dopo, non c’erano stati incidenti spiacevoli, o quasi. C’erano abbastanza persone a giocare affinché non dovesse parlare direttamente o interagire con James, e anche Marlene e Carlotta riuscirono a non litigare. In realtà, le cose andavano abbastanza bene, finchè, verso le otto e mezza, il buco del ritratto si aprì per lasciar entrare l’ultimo dei Grifondoro del sesto anno.
Sirius guardò il gruppo, ma si diresse velocemente alla scalinata per il dormitorio maschile. Lily guardò prima Remus, poi Peter, poi James, e poi decise che non gliene importava niente.
"Sirius!"
Tutti la guardarono.
"Torneo di Gobbiglie. Vuoi giocare?"
"Lily," fece a bassa voce Remus.
"Non saremmo tutti se non gioca," controbatté Lily sottovoce. Alzandola, rivolta a Sirius, aggiunse: "Siamo a metà di questa partita—puoi stare in squadra con me. Ho già vinto una volta."
Sirius esitò, poi scosse la testa. "No, grazie. Ero solo venuto a prendere un paio di cose che avevo lasciato nel..."
"Sciocchezze, vieni qui," parlò Marlene. "Non stare in squadra con Lily, però. Sta facendo schifo in questo round."
"Non così schifo..."
"Non sei riuscita nemmeno a spingerne una fuori dal cerchio!"
"Forza, Sirius," Carlotta aggiunse. "Vieni a giocare. Per festeggiare la fine degli esami e tutto il resto!"
"Tre ragazze attraenti ti hanno richiesto," Mary continuò. "Sarebbe proprio sospetto se adesso ti rifiutassi."
James mantenne la propria espressione completamente neutra mentre Sirius si sedeva sul pavimento, tra Donna e Lily.
"Fantastico," disse Carlotta. "Se solo avessimo della burrobirra..."
"Vero?" si disse d’accordo Lily. "Ci stavo proprio pensando." Evitò un assalto delle Gobbiglie, ma non prima che un po’ della poltiglia viscida atterrasse nei suoi capelli. "Non credo che valga..."
"Certo che vale," ghignò Remus. "Sei fuori, Evans."
"Ma le ragazze hanno più capelli dei maschi! È un vantaggio ingiusto!"
"Non le piace perdere," disse Marlene. "Turno di Donna. Via..."
 
"Due galeoni che Peter è il prossimo che viene colpito," disse James, lanciando le monete sul tavolo.
"Carlotta è stata appena colpita," protestò Adam. "Non è assolutamente possibile..."
"Infatti," si disse d’accordo Mary, ma in quel momento, le biglie emisero il loro acido verde, e Peter Minus non fu abbastanza veloce da evitarlo.
"Dio, Potter," Adam si lamentò bonariamente; "Hai una fortuna esagerata, dannazione." Lanciò a James i suoi soldi.
"Mai scommettere contro di me," fece James con un ghigno. Prese una delle sue Gobbiglie e la lanciò contro un’altra nel cerchio, riuscendo a spingerla fuori.
"Dannazione," imprecò Lily, che—con James e Remus—era tra i pochi rimasti a giocare. "Sono sei per Potter, no?"
"Già," disse Carlotta. Appoggiò tre galeoni su un punto libero del tavolo. "Scommetto sulla vittoria di James."
"Nah, vincerà Lily," protestò Sirius. "E’ sotto solo di una, e Potter arranca sempre alla settima biglia." James fece finta di non aver sentito.
"Sto anche io su Lily" disse Donna, mettendo i soldi sul piatto. "Cinque di fila è un buon cavallo su cui puntare."
"Ti voglio bene, Lily, ma scommetto su James," fece Mary.
"Io invece sto con lo sfavorito—tre per Lupin," disse Adam. Aggiunse i suoi soldi. Era il turno di Lily, e spinse la sua sesta biglia fuori dal ring. Remus la seguì, colpendo anche lui la sua sesta Gobbiglia. Mentre lo faceva, le biglie spararono il loro acido puzzolente, ma Remus riuscì a ripararsi sotto al tavolo prima di essere effettivamente colpito.
"Bravo, amico," disse James. Prese attentamente la mira e poi tirò, e nonostante fosse riuscito a colpirne una, la Gobbiglia però rotolò fino solo al perimetro, senza uscire dal cerchio. "Dannazione."
"Te l’avevo detto," Sirius sussurrò to Carlotta.
Era di nuovo il turno di Lily; strinse la pietra tra le mani come se fosse una coppia di dadi, ma nel momento in cui stava per lanciarla nel ring, le biglie colpirono di nuovo, spruzzando acido verso di lei. Lily si spostò riuscendo a evitare il liquido, ma il suo turno ormai era perso.
Remus si preparò al lancio; prese la mira con attenzione, si rigirò la Gobbiglia tra le dita, e poi—
"Sì!" urlò Adam, alzando in aria un pugno. "Grazie, Remus Lupin!"
Gli altri gemettero, mentre Adam raccoglieva i soldi della vittoria, e Remus ghignò contento della sua piccola vittoria.
"Bel lavoro, amico," James si congratulò, appoggiandosi alla base del divano (si era spostato sul pavimento tre partite prima). "Non avevo ragione sulle biglie blu? Sono le migliori se devi tirare."
Shelley si stiracchiò e sbadigliò, e all’improvviso i ragazzi del sesto anno si accorsero che era tardi. La Sala Comune era buia, a parte la luce del fuoco, e tutti gli altri erano andati a letto.
"Devo andare," disse Sirius, alzandosi. "Ci vediamo domani, ragazzi."
Gli altri—eccetto James e Remus, che guardarono altrove con determinazione—diedero la buonanotte a Sirius, e, con uno sguardo ai suoi ex amici, che non venne ricambiato, si infilò mesto nel buco del ritratto.
"Dovremmo proprio andare a letto," Lily osservò lentamente. "è piuttosto tardi..." Ci fu un momento di silenzio, e poi... "Un’altra partita?"
"Ci sto," disse Mary, raddrizzandosi.
"Anche io," fece Adam.
"Sì, io pure," si unì James.
"Mi tocca difendere il titolo, suppongo," si disse d’accordo Remus.
Tutti si avvicinarono al tavolo, e Lily risistemò il cerchio.
Donna fu la successiva a salire nel dormitorio, andandosene immediatamente dopo la fine della partita. Peter andò a letto un quarto d’ora dopo, poi Mary, Carlotta, e Shelley, e poi Adam. Marlene vinse l’ultimo match, e, sbadigliando, si alzò barcollante.
"Sono distrutta," annunciò. "A domattina, Lily. 'Notte, James." E con questo, la bionda si arrampicò su per la scala diretta al dormitorio. Lily risistemò le Gobbiglie nello scatolo di Damacus Weasley, e lentamente si alzò. Si rigirò, vagamente, in testa l’idea di dire 'Buonanotte' (o forse qualcos’altro) a James, ma poi decise di no, e si avviò in camera sua.
"Ascolta, Lily..." James iniziò all’improvviso. Lei si voltò. "Solo che..." esitò, e Lily lo interruppe.
"Si è fatto tardi," fece a bassa voce. "Devo andare a dormire." Poi si voltò, e andò via.

 
(Come Va con James di Nuovo)

 
Forse straordinariamente, dato l’insano numero di distrazioni che avevano dovuto affrontare, tutti i ragazzo del sesto anno superarono gli esami. Il voto di Lily in Antiche Rune non era proprio quello che avrebbe voluto ottenere, e Donna giurò che la Professoressa McGranitt si era voluta vendicare contro di lei, ma, tutto sommato, l’ultimo giorno a Hogwarts non fu tanto orribile come c’era da aspettarsi.
Il banchetto d’addio fu delizioso, come sempre, e Serpeverde, grazie anche alla vittoria alla Coppa di Quidditch, vinse anche la Coppa delle Case. Grifondoro arrivò terza, ma solo perché l’assalto che Cassidy Gamp aveva fatto a Donna aveva danneggiato il totale di Tassorosso senza possibilità di recupero.
Nonostante avesse rimandato finchè poteva, Lily alla fine terminò di fare i bagagli quella sera stessa, e passò la maggior parte della notte con i suoi amici nel Dormitorio. Essendo rimaste alzate fino a tardi la notte prima, la maggior parte delle ragazze andò a letto presto, ma Lily non era stanca—o forse non riusciva a dormire, in ogni caso—e, prendendo l’unico libro che non aveva ancora messo via, il prefetto si diresse nella – a quell’ora- deserta Sala Comune. Un paio di minuti dopo le undici, comunque, la solitudine di Lily venne interrotta.
"Farebbe qualche differenza se ti porgessi le mie scuse?"
James Potter—con indosso i pantaloni del pigiama di flanella e una t-shirt del Puddlemore United che avrebbe dovuto essere più larga—camminò verso di lei con un’espressione che nello stesso tempo riusciva a essere dispiaciuta e apatica.
"Dipende," replicò Lily, ritornando al suo libro dopo una breve occhiata generale. "Mi dai il permesso di impalarti un piede con un oggetto appuntito? Credo che questo la farebbe sì, la differenza."
Sospirando, James si lasciò cadere sul divano, accanto a lei. "Mi dispiace," disse con abbastanza sincerità da far alzare lo sguardo a Lily. "Non avrei dovuto dire le cose che ho detto."
Stanca com’era—di tutto—Lily non aveva affatto intenzione di accettare quello. "Tutto qui? Dovresti fare delle cartoline. Potresti chiamarle Scuse Ma-Non-Ho-Nessuna-Colpa, da James."
"Ce l’ho la colpa," replicò James fermo. "Le penso davvero le cose che ho detto, ma non avrei dovuto dirle."
"Inefficaci Scuse Ma-Non-Ho-Nessuna-Colpa, da James."
James non rispose. Rimase lì seduto a lungo, guardandosi le mani. Lily stava per chiedergli di andarsene (o pretenderlo, comunque), quando lui le chiese: "Che stai leggendo?"
"Un libro."
"Che libro?"
"Questo."
Sbuffò dal naso. Con il braccio allungato sullo schienale del divano, James si sporse per leggere il titolo, e facendo questo, i suoi capelli—ancora bagnati dopo la doccia—strofinarono la guancia di Lily. Tirò indietro la testa, lontana dal profumo dello shampoo (nonostante fosse fresco e piacevole) e fece una smorfia, come se avesse annusato qualcosa di puzzolente.
"Levati. Mi stai facendo bagnare tutta," lo accusò, e James emise un’altra risata dal naso. "Oh, stai zitto..."
James la accontentò solo in parte; arretrò. "Emma?" chiese, riferendosi al titolo del libro. "Mai sentito."
"Babbano," Lily lo informò. "è l’unico libro che al momento non è ammassato in fondo al mio baule, e avevo voglia di leggere."
"Ovviamente," James fece a bassa voce. "Beh, e di che parla?"
Rassegnata al fatto che James—con la sua stupida t-shirt e i suoi stupidi capelli—non aveva intenzione di andare da nessuna parte, Lily rispose dopo aver riflettuto qualche istante: "Parla di una ragazza che commette un sacco di errori."
"Meglio di una ragazza che non ne commette nemmeno uno, suppongo."
"Beh, chi ha voglia di leggere una cosa del genere?" Ancora silenzio imbarazzante, profumato di shampoo, poi: "Non hai ancora accettato le mie scuse."
"Non mi hai ancora porto delle scuse degne di essere accettate."
"Te lo concedo."
...
"Beh?"
"Beh, cosa?"
"Beh, hai intenzione di scusarti come si deve?"
"No."
Lily lo guardò male. "Hai intenzione di lasciarmi in pace da sola col libro?"
"No."
"Hai intenzione di andare di sopra a prendermi un po’ di quei dolci che so che probabilmente hai conservato da qualche parte, così almeno la tua presenza diventa moderatamente più tollerabile?"
James ghignò. "Torno subito."
"Non c’è fretta."
Il Capitano di Quidditch scomparve su per le scale, e Lily provò senza successo a ritornare al suo romanzo. Poi, il buco del ritratto si aprì, e Shelley Mumps fece il suo ingresso.
"Ehi, Shell," salutò Lily, un po’ confusa dall’arrivo della strega a quell’ora. "Ma dov’ eri?"
"Non mi toglierai dei punti, vero?" chiese Shelley ansiosa. Lily promise di no—non prendendosi il disturbo di farle notare che togliere dei punti sarebbe stato inutile, in quella parte dell’anno. "Mi sono addormentata nella biblioteca," Shelley spiegò, attraversando a passi strascicati la Sala Comune, infelice. "Avrei dovuto incontrare una persona, ma non è venuta."
"Chi?" Lily volle sapere.
"Un ragazzo. Raphael Walker."
"Quel belloccio del settimo anno? Ci dai dentro, Shelley."
Shelley scrollò le spalle. "Non proprio. Come ho detto—non è venuto. Carlotta aveva cercato di organizzare... probabilmente aveva pensato ci fosse anche lei, e quando ha visto che non c’era, si è voltato e se ne è andato."
"Sono sicura che non è questo," disse Lily, scuotendo la testa risoluta. "Sai no, è del settimo anno—è il suo ultimo giorno. Probabilmente è stato trattenuto dagli ultimi preparativi." Shelley scrollò solamente le spalle di nuovo, chiaramente non era convinta. "Non preoccuparti, Shell," Lily la consolò. "I ragazzi di Hogwarts non valgono il tuo tempo."
"Alcuni sì," replicò Shelley un po’ malinconica.
E come per darle ragione, James apparve di nuovo sulla scala, questa volta con un sacchetto di carta marrone con qualcosa dentro che Lily sperava fossero Lumache Gelatinose. Fece gli scalini due alla volta, e Shelley all’improvviso sembrò aver ingoiato una lumaca vera.
"Come tua richiesta," disse James a Lily, lanciando il sacchetto sul tavolino e sedendosi al posto di prima. "Ciao, Michelle. Ne vuoi una? Lumache Gelatinose, sai."
Lily sorrise di nuovo, contenta per il tipo di dolci, e Shelley impallidì. Scosse la testa.
"Perché non rimani con noi?" Lily offrì, grata dell’opportunità di mettere uno schermo tra sé e lo shampoo di James. (Per Agrippa—ma cosa aveva stasera?) " Mi stava proprio dicendo della sua nuova frase fatta da cartolina, e stava rifiutando di lasciare in pace una povera ragazza."
Shelley scosse di nuovo la testa.
"Sicura?" chiese James. "Evans potrebbe essere contenta di avere una persona con cui essere gentile, visto che si sente moralmente obbligata a lanciare solo insulti, a me."
"Sei fortunato che è tutto quello che ti lancio," Lily replicò con leggerezza.
Entrambi fecero una smorfia, e Shelley riuscì a squittire: "No, grazie. Buonanotte," prima di andare a tutta velocità su per le scale del dormitorio femminile. Lily prese il sacchetto e scelse con cura una lumaca blu acceso.
"Michelle?" lo citò, derisiva. "Sul serio, Potter?"
"Che c’è? Così si chiama."
"Solo se hai intenzione di leggere il suo nome allo Smistamento. Tutti la chiamano 'Shelley.'"
"Come sai che 'Michelle' non è il soprannome che le ho dato?"
"Le hai dato come soprannome il suo vero nome? Che fantasia."
"è ironico."
"Non lo è."
"Beh, non è che ci parli con Michelle... er... Shelley, così tanto. Non credo di piacerle... è sempre molto silenziosa e occhiatacci-osa quando ci sono io."
Lily morse un’altra lumaca, a metà. "A volte mi sorprendi davvero, Potter," disse, sospirando e scuotendo la testa. "E non in senso buono."
"Sai, ho appena portato i dolci. Devi fare la brava, con me."
"Dopo tutto quello che mi hai detto l’altra sera, non devo fare la brava. Non sono nemmeno sicura se debba essere umana." Quando da James non venne nessuna risposta spiritosa, Lily alzò gli occhi dal libro e lo guardò. La stava osservando, con aria evidentemente dispiaciuta. "Che c’è?"
"Ti ho ferita davvero, non è così?" le chiese piano.
Sorpresa, Lily pensò a parecchie risposte, e alla fine scelse di avere pietà. "Sopravvivrò," disse. "E le Lumache Gelatinose aiutano." Gli offrì il sacchetto, e James scelse un dolce rosa neon.
"Okay, Evans, non risparmiarmi."
"Non ne avevo alcuna intenzione."
"E hai anche ragione. Le mie scuse facevano schifo. Farebbe differenza se ci provassi di nuovo?"
Ci pensò su. "Provaci. Dubito che possa peggiorare la tua situazione."
"Mi dispiace," disse James di nuovo. "Davvero tanto. E pensavo davvero alcune delle cose che ho detto, ma non avrei dovuto dirle."
Lily inarcò le sopracciglia. "Ma non è esattamente la stessa cosa che mi hai detto prima?"
"Fammi finire."
"Va bene."
"So che non hai—che non hai cercato di manipolarmi per farti aiutare a scendere a Hogsmeade." L’espressione di Lily cambiò (si ammorbidì) all’onestà dell’affermazione. "E so che non hai usato Luke, e non avrei dovuto urlarti contro. Ma pensavo davvero le cose che ho detto su Piton."
La guardò con attenzione, tentando probabilmente di soppesare la sua reazione, ma Lily rimase seduta immobile e non parlò subito. Infine, replicò: "Anche io." Nessuno dei due sapeva cos’altro dire, e per riempire il silenzio, Lily mangiò un’altra Lumaca Gelatinosa.
"Ho sentito che avete litigato di nuovo," James iniziò dopo un po’.
Lily annuì. "Su una cosa avevi ragione—l’ho davvero perso comunque. Sev e io non siamo... non siamo stati veri amici da tanto tempo. Facevamo... facevamo solo finta."
"Mi dispiace."
Lo guardò dubbiosa. "Tu odi Piton."
"Sì, è vero," concesse lui. "Ma tu no, quindi... Mi dispiace."
Lily ci mise parecchio tempo prima di dire quello che sentiva avrebbe dovuto dire subito dopo; "Non ti ho sempre respinto per Piton. Sul serio, davvero, non l’ho fatto." Incrociò il suo sguardo, che era fisso su di lei, determinata. "Ma si è sempre ... si è sempre arrabbiato per il modo in cui mi chiedevi di uscire. In realtà, pensavo che fosse questo il motivo per cui lo facevi."
"Ma..."
"Io ti ho fatto finire, Potter."
"Bene."
"La verità è che—Avrei detto “no” comunque... ma a volte, sono stata—sono stata un po’ più... uhm... veemente di come sarei potuta essere altrimenti..." Esitò, e poi si buttò, perché, dopo tutto, ormai avevano già detto tutto il resto, no? "E questo è stato a causa di Piton. Perché volevo placare i suoi dubbi, suppongo. Comunque, questa era una ragione... l’altra è che più o meno mi facevi diventare matta."
James sorrise abbassando lo sguardo sulle proprie mani. Lily si morse un labbro.
"Quello che sto cercando di dirti," continuò, "è—scuse accettate."
Alzò lo sguardo su di lei. "Anche se erano scialbe?"
Scrollò le spalle. "Le Lumache Gelatinose aiutano."
James ancora una volta si fece coraggio, e così—giocherellando con l’orlo della maglia del Puddlemore United—incalzò: "Non sono stato molto carino con te quest’anno... la maggior parte del tempo."
"Anche io ho avuto un paio di momenti meno che stellari."
"Sì, ma io sono stato peggio. Voglio dire..." Sbuffò dal naso, "Ho preso Mulciber a pugni, ti ho fatto prendere la colpa, e poi mi sono arrabbiato con te per averlo fatto."
Sembrava così tanto tempo fa; il ricordo non le dava più fastidio, o provocava dispiace. Era quasi divertente, in realtà.
"C’è una ragione," James continuò. "C’è una ragione per cui quest’anno sono stato più idiota del solito." Lily aspettò, ansiosa. "Stavo cercando di dimenticarti."
Lily all’improvviso si sentì come se qualcuno le avesse mozzato il respiro. Merlino, era capace di dire tutto quello che gli passava per la testa, non è vero? Sentì il rossore invaderle le guance, ma riuscì a chiedere: "E ci sei riuscito?"
Un lungo niente carico di tensione, e poi—"Già."
Lily respirò di nuovo. "Okay."
James osservò la rossa accanto a lui con attenzione—con la maglietta verde sottile e i pantaloni del pigiama larghissimi, e i capelli rossi tirati su alla buona dietro la testa, e la pelle colorata dalla luce del caminetto.
"Sei cambiato," gli disse, come se gli avesse letto nel pensiero.
"Anche tu," lui replicò.
Lily annuì lentamente, senza contraddirlo, come si sarebbe aspettato. "è stato un anno lungo,” disse. "Non sempre positivo, però."
"No," lui si disse d’accordo. "Per niente."
Si chiese a cosa stesse pensando—probabilmente Sirius. "L’anno prossimo sarà meglio," gli disse.
"Non puoi saperlo."
"Cosa potrebbe andare peggio?"
James fece un sorrisetto. "Forse hai ragione. Eppure..."
"Eppure? Eppure cosa?"
"Non lo so. Solamente—solamente mi chiedo che senso ci sia, a tornare l’anno prossimo. Non ti servono i M.A.G.O. per giocare a Quidditch, e comunque, sono pieno di soldi, quindi non è che me la vedrò brutta senza un lavoro se non gioco."
"Ma devi tornare l’anno prossimo!" protestò Lily, sconcertata. James inarcò le sopracciglia. "Come puoi pure prendere in considerazione una cosa del genere?" continuò. "E’ Hogwarts. Tu la ami."
Lui scrollò le spalle. "Tutto qui è—Sirius. Cinque letti nel dormitorio... ogni passaggio segreto a scuola, l’abbiamo trovato con Sirius. Anche la mappa—dice Moony, Wormtail, Padfoot, e Prongs. L’ho incontrato il primo giorno, e da allora ogni giorno qui l’abbiamo passato insieme. Solo che—adesso non lo so. Voglio solo starne alla larga."
"Ma devi tornare indietro," Lily ripeté. "Sul serio, Potter, è... è Hogwarts! Ed è stato un anno schifoso, ma... ma... ma Hogwarts deve redimersi!"
"Redimersi?" chiese il Capitano di Quidditch, divertito.
“Sì!" continuò, impassibile. "Quest’anno...il Professor Black morto, Luke, Logan Harper, Roland Urquhart con la propaganda purosangue... Carlotta e Adam all’inizio dell’anno... L’attacco a Marlene, a Mary... la sconfitta nella Coppa di Quidditch contro Serpeverde... il tuo litigio con Sirius, il mio con Donna, Sev... James, è stato un anno dannatamente schifoso! E se molli adesso, allora quest’ anno—da Mulciber a Sirius—sarà l’ultimo per te! E non vuoi questo, no? Se non vieni per il settimo anno, tutti i tuoi ricordi di Hogwarts saranno macchiati; e tutti quelli positivi perderanno importanza! Devi tornare e provare ad avere un anno migliore..." James la guardò con un’espressione strana. Non rispose subito, e Lily si morse un labbro. "Ho ragione, non è vero?"
Lentamente, iniziò a sorridere. "Forse."
Lily imitò la sua espressione. "Certo."
James scosse la testa. "Senti, col rischio di sfidare il destino..."
"Amici?" lo interruppe. Lui annuì.
"Certo."
"Amici," la rossa acconsentì. "Ed era proprio ora."
James si stese sul divano, appoggiando le gambe sul tavolino sul quale avevano giocato a Gobbiglie la sera prima. "Che modo di concludere l’anno, eh?"
"Già."
Un silenzio più breve, meno imbarazzante, e poi James afferrò il libro poggiato sul grembo di Lily. "Allora, raccontami di questa Emma. Carina?"
Lily rise.
Fu solo un paio di ore dopo—quasi le una del mattino—che se ne andarono a letto, in realtà. James salì le scale assieme a Lily, finchè arrivarono al pianerottolo da cui si dipartivano i corridoi che conducevano ai rispettivi dormitori maschili e femminili.
"Buonanotte, allora, immagino," disse James.
"Buonanotte," replicò Lily.
Si guardarono per un momento molto lungo, indugiando. Lily si chiese solo vagamente se l’avrebbe visto, o no, durante le vacanze estive, perché il suo cervello all’improvviso sembrava essere diventato leggero... leggero e silenzioso.
Certo, in alcun modo avrebbe potuto sapere esattamente cosa le avrebbero portato i mesi successivi. Non avrebbe mai potuto sapere della protesta, o di Sam, o che avrebbe partecipato non a uno, ma due matrimoni... Non avrebbe mai potuto sapere che prima di salire di nuovo sull’ Espresso per Hogwarts per il settimo anno, avrebbe trascorso le trentasei ore più strane della sua vita finora, che si sarebbero concluse tra le braccia di James Potter.
No, sul serio, non ne sapeva ancora niente, e così, con un ultimo sorriso, gli disse: "Ci vediamo domani, suppongo."
"Immagino di sì," concordò James. E ognuno se ne andò per la sua strada.
Fu solo mentre si arrampicava a letto con una calda, strana sensazione che le stringeva lo stomaco, che Lily si rese conto di una cosa importante—non era che, come aveva pensato, non era rimasto nient’altro da dire con James, dopo tutto. Non era rimasto nient’altro che non poteva essere detto.
 
A/N: Non ho idea di come si giochi a Gobbiglie—ho preso vaghi ricordi dai libri, ho aggiunto le poche informazioni presa dal Lexicon e dai libri, e inventato il resto. Se è tutto sbagliato, Mi dispiace, ma ho fatto del mio meglio =P.


 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Contra Mundum ***


n/t Senza ulteriori preamboli...

Disclaimer
: Copyright di J.K.Rowling. E I Lovin’ Spoonful

Nei capitoli precedenti di TLAT: Remus è un lupo mannaro (anche se, se non lo sapevate, ora come ora  non dovreste leggere nient’altro che Il Prigioniero di Azkaban). Tutti tornano a casa per le vacanze estive. James, Remus e Peter si rifiutano ancora di incontrare/parlare con Sirius dopo lo scherzo del Platano Picchiatore ai danni di Piton. L’amicizia tra Lily e Piton finisce, appena lei fa ripartire la sua amicizia con James.

Riguardo alla Geografia: Ho controllato in una mappa e ho realizzato dove si trovi effettivamente Manchester, e gli errori geografici in questo capitolo sono, per prima cosa, il risultato di un ricordo confuso del primo capitolo del primo libro (dimenticando il riferimento di Hagrid a Bristol). Se trovassi il tempo, potrei correggere dopo, ma al momento non ho né tempo né energie e, nel frattempo, mi sento obbligata a chiedervi scusa.

Capitolo 24 – “Contra Mundum”

O
“Summer in the City”

Tanto tempo fa c'era un bambino, che aveva cinque anni ed era felice. Il suo nome era Remus Lupin.

Al quel tempo, Remus era un bambino vivace. Sua madre, una babbana, amava molto suo figlio sebbene i suoi frequenti scoppi di magia accidentale erano sempre accompagnati dallo shock. Suo padre, un mago, lo adorava.

Era cresciuto vicino Rochdale e aveva facilmente fatto amicizia con gli altri bambini non babbani della zona. Stare all’aria aperta lo divertiva; amava il mare ed il sole ed il vento. Rideva frequentemente e con facilità; era intelligente, aveva imparato a leggere in fretta e aveva dimostrato una buona attitudine alla magia.

Remus era spontaneo, beneducato e loquace. C’era, sosteneva Mary Lupin, qualcosa in suo figlio che attirava le persone, qualcosa di speciale.

Ma una notte, quando Remus John Lupin aveva cinque anni, quando era ancora piccolo e felice, quando era ancora inconsapevole della parte oscura del mondo, quando era dispettoso e spensierato, quando il nome Voldemort non era nient’altro che un sussurro pronunciato solo negli angoli più bui dell’Inghilterra magica, una notte il corso della promettente vita di Remus Lupin fu cambiato.

Per tutta la vita, Remus, aveva ricordato molto dettagliatamente la prima parte di quella sera. Si ricordava con terrificante chiarezza la sensazione dell’erba sulle sue gambe nude, la calura dell’aria estiva, il gentile crack delle foglie sotto le suole dei suoi sandali mentre camminava per il parco. Ricordava la prima fitta di una paura sconosciuta (ben poche cose lo spaventavano a quell’epoca) e il poco familiare, suono fuori luogo, da qualche parte tra gli alberi.

Ricordava gli occhi – quegli occhi gialli e pieni d’odio che lo fissavano, scegliendolo, imperturbabili e terrificanti.

Il mormorio del vento, l’altalena nel parco che cigolava come se si agitasse, una breve e facilmente reprimibile fitta di senso di colpa con la consapevolezza di star disobbedendo all’esplicito ordine del padre, voci distanti e deboli come se qualcuno nel palazzo avesse acceso una radio…

E poi il sangue.

Della seconda parte della serata, Remus ricordava davvero poco.


La parte peggiore era al mattino.

Ogni centimetro del suo corpo bruciava e soffriva; il sangue gli oscurava la vista; il resto era gonfio e congestionato. Poteva sentire ogni singolo osso – ognuno spezzato in un dolore unico, ognuno pulsante al ritmo veloce e irregolare del suo cuore. Boccheggiò in cerca d’aria.

Si rese conto di non essere più un lupo. Era di nuovo Remus. Ma tutto quello, in verità, significava che adesso avrebbe potuto comprendere propriamente l’agonia fisica della propria trasformazione, e nessuna quantità d’ansia o procrastinazione avrebbe potuto ritardare l’inevitabile verità.

Il mattino arrivava sempre.

“Alzati, mostro,” una voce echeggiò nel suo cervello, finché Remus realizzò che la voce proveniva dall’altra parte della sua fredda, buia cella. Una lama di luce e una forma sfuocata indicavano che la porta, rinforzata magicamente, della stanza era stata aperta. “Ho detto alzati!” ripetè la voce, con tono più alto… era il Guaritore, quello che lo aveva spinto lì dentro la notte precedente, rimproverando con cattiveria la norma del San Mungo di accettare anonimamente ogni lupo mannaro che si fosse offerto volontario per rinchiudersi durante la luna piena. La cella di Remus era a malapena delle dimensioni di due piccoli stanzini per le scope. “Ti prendiamo per la notte,” abbaiò il Guaritore – un mago con spalle larghe e faccia volgare che si rivolgeva ai pazienti con il tono di un mastino assetato di sangue. “Non ci sono garanzie per il resto del giorno. Quindi alzati.”

“No-non ci riesco,” rantolò Remus, sedendosi con grande difficoltà. “C-credo che la mia gamba… sia rotta.”

“Allora devi andare ed aspettare un posto come tutti gli altri,” scattò il mago.

“N-non riesco a m-muovermi,” gracidò Remus – muoversi? Riusciva a stento respirare! Il Guaritore restò in silenzio per un minuto, poi si lasciò andare ad un verso irritato.

“Bene. Vedrò di trovare qualcuno a cui non interessi toccare una feccia come te.”

La porta si chiuse. La luce scomparve. Remus sentì le sue braccia sorreggerlo debolmente, e – per non crollare – il giovane licantropo si stese sul pavimento di cemento. Il bruciore sulla pelle, realizzò, era il risultato del sudore, che stava gocciolando dentro le ferite aperte. Ma era troppo debole per provare a fare qualsiasi cosa in proposito in quel momento. Quindi, infreddolito, nudo, e spezzato, aspettò che qualcuno tornasse.

La parte peggiore era al mattino.

 

(Due settimane dopo)

Remus fece molto rumore uscendo dalla sua stanza, dando a sua madre abbastanza tempo per svuotare il bicchiere e farla arrivare fino al lavello, dove lo risciacquò frettolosamente sotto il rubinetto. Il vago sentore alcolico si attardava ancora nell’aria quando Remus entrò nella stanza, ed entrambi, madre e figlio, lo sapevano. Probabilmente il peggio era che ambedue sapevano che l’altro sapeva, e nessuno dei due voleva parlarne.

Remus si sedette al tavolo della cucina intanto che la signora Lupin finiva di pulire il bicchiere, e quando si girò verso di lui, sorrise debolmente.

“Buongiorno, caro,” salutò, fingendo naturalezza. “Hai dormito bene?”

Erano appena passate le undici, e Remus era stato sveglio per ore, ma non c’era motivo di informarla di quello. “Sì,” mentì. “Tu?”

“Oh, abbastanza bene,” replicò la signora Lupin, sedendosi a capotavola del tavolo piccolo e rettangolare.

“Hai dormito questa mattina. Non inizi già a… sentirlo?”

“No. Sono in ritardo con i miei compiti estivi.”

“Capisco.” Una pausa imbarazzata, e poi: “Vuoi un po’ di tè, caro?”

“Lo prendo da solo.” Remus si alzò bruscamente per prepararsi il tè.

Mary Lupin era una donna minuta e magrolina, piuttosto pallida, con sottili capelli marroni e grandi occhi grigi, come quelli di Remus. Aveva un atteggiamento calmo e modesto ed una voce dolce. Dimostrava più dei suoi trentotto anni e profonde linee correvano sotto i suoi occhi ed intorno alla bocca. Ma rimaneva qualcosa di incrollabilmente bello in lei, a dispetto della sua aria stanca e delle crescenti ciocche bianche tra i suoi capelli che combatteva con la tinta.

“Hai dei progetti per oggi?” chiese lei, giocherellando nervosamente con un giornale babbano appoggiato sul tavolo. I Lupin avevano vissuto in un quartiere babbano per circa undici anni, da quando la malattia di Remus aveva complicato la loro vita tra la comunità magica. Anche lei una babbana, la signora Lupin era, probabilmente, l’unica contenta di questo aspetto della situazione, e – anche se non lei l’aveva mai detto – Remus pensava che era l’unico aspetto della situazione che la confortava davvero.

“Mi vedo con James questo pomeriggio,” disse Remus.

“Oh, sì, me lo avevi detto.” Lo aveva fatto… tre o quattro volte. “Salutalo da parte mia, va bene?”

“Certo.”

“Sai… potresti portare i tuoi amici qui, se vuoi,” continuò la signora Lupin. “Non lo fai mai, ma non ci sarebbero problemi. Ed io sarò a lavoro questo pomeriggio, quindi non avrai da preoccuparti che la tua vecchia madre babbana ti metta in imbarazzo…” Si girò, ancora seduta, sorridendo alla battuta, e Remus rispose al sorriso mezzo rincuorato.

“James è appena tornato dalla campagna,” le disse Remus. “Probabilmente vorrà solo gironzolare, sai no?”

“Oh.” Annuì lentamente. “Capisco.” Il bollitore iniziò a fischiare. “Niente foglie, mi dispiace, caro; dovrai usare una bustina.” Silenziosamente, Remus preparò il tè, e la signora Lupin continuò: “Certo, casa nostra non è certo casa Potter…”

“Mamma…”

“No, lo capisco. Avevo un’amica simile a scuola: Tracy Minelow. Suo padre era proprietario di mezza città, sai. Noi volevamo sempre vederci a casa sua.” La signora Lupin abbassò lo sguardo e aggiunse: “Certo, non ho più rivisto Tracy fino al giorno del mio matrimonio con tuo padre.”

Remus si risedette al tavolo. “Vive ancora qui vicino?”
“Oh, no, credo che adesso viva a Londra. Si è sposata con un ricco signore anni ed anni fa.”

“Dovresti… dovresti andare a trovarla qualche volta,” disse Remus incoraggiante. “O qualcuna delle tue vecchie amiche. Solo perché papà è un mago non significa che tu non possa avere amici babbani…”

“No, no. Non avrei niente in comune con le altre ragazze. Oltretutto…” La signora Lupin si alzò e si piegò per baciare i capelli marroni di suo figlio. “Ho tutto quello che potrei desiderare proprio qui.” Si raddrizzò. “È meglio che mi cambi per il lavoro.”

Remus la guardò allontanarsi. “Mamma…”

Le si fermò vicino al corridoio. “Sì, caro?”

Ma lui cambiò idea. “I-io non starò via per molto.”

La signora Lupin annuì. “Sì, caro.”

L’odore del whisky non era ancora scomparso, e Remus bevve un sorso di tè. 

 


 

Siete invitati a festeggiare le nozze di

Petunia Elaine Evans

E

Vernon Walker Dursley

Il venticinque luglio millenovecentosettantasei

Alle tre del pomeriggio

Chiesa di Saint George

Chorley, Lancashire

 

Le parole, stampate a caratteri delicati su un elegante foglio di carta bianca, lanciavano minacciosi bagliori verso Lily mentre li rileggeva per quella che doveva essere la quindicesima volta. Per quanto si sforzasse, la diciassettenne non riusciva a provare nient’altro che terrore per l’evento.

“Non sono adorabili le partecipazioni?” cinguettò Nancy Wiggins, seduta sul divano del salotto vicino a Lily. Ovviamente, Nancy si era servita lo champagne dal bar, o non sarebbe mai stata così cordiale con la sorella stramba di Petunia. Nancy, così come Lily, era una delle damigelle di Petunia molto-presto-Dursley, e la sua presenza, come quella di Lily, era richiesta quel giorno, per il “Pranzo della Sposa” che Petunia ospitava.

Lily sorrise falsamente ed annuì. “Oh, sì, adorabili.”

“Petunia ha così buon gusto,” continuò Nancy, riferendosi, probabilmente, alle partecipazioni. “Di sicuro tu devi saperlo, crescendo con lei e tutto il resto…” (Il tono era decisamente invidioso), “ma il matrimonio – oh, il matrimonio sarà semplicemente fantastico. I fiori…”

“Rose per la sposa, in miniatura per le damigelle,” la interruppe Lily, prima che lei potesse continuare. “Rose color rosa e petunie bianche per la chiesa, e rose bianche all’occhiello per i testimoni. Sì, lo so. Nancy, non c’è una singola cosa che tu possa dirmi di questo matrimonio che io non sappia già.”

“Oh, sono certa che sia così,” disse Nancy, imperturbabile. “Ma sarà comunque adorabile, non è così? Hai già visto il vestito che indosserai?”

“Svariate volte.”

“Una sfumatura così adorabile, non credi? Petunia ha un tale buon gusto…”

Ed era ripartita, lodando il criterio di eleganza di Petunia e il rifiuto di prendere in considerazione il denaro mentre pianificava il matrimonio perfetto… Lily non era mai andata così vicina a contemplare il suicidio.

Il salotto di casa Evans in quel momento era affollato. Di fianco a Lily e Nancy sedevano le altre damigelle (Yvonne St. Clair e Marjorie Dursley), la madre di Lily, una manciata di parenti femmine e più di una dozzina di “amiche strette” di Petunia, e Lily non ne aveva mai incontrata neanche una. La signora Dursley – una donna paffuta, dal naso schiacciato, di circa cinquant’anni e distinta madre dello sposo – era presente, con quattro o cinque amiche, ognuna delle quali squadrava casa Evans con diversi gradi di disgusto.

Lily si chiese, vagamente, se il Ministero le avrebbe spezzato la bacchetta nel caso in cui avesse affatturato qualcuno…

Da quando Lily era ritornata dalla scuola, circa due settimane prima, pressoché ogni momento era stato occupato da Petunia e dal suo matrimonio. L’appartamento in affitto della primogenita degli Evans era stato dato via all’inizio di giugno e, fino a quando non si sposata con Vernon a luglio, la signora Evans aveva concluso che, per Petunia, avrebbe avuto più senso tornare a casa nel mese prima delle nozze. Visto che la casa nel Surrey che i Dursley avevano comprato per dopo il matrimonio non era ancora pronta per essere abitata, Petunia aveva accettato. Sarebbe stato comodo preparare il matrimonio da casa, anche se questo significava dover vivere con Il Mostro. Sfortunatamente per Lily, la signora Evans, il gatto Ira e chiunque si fosse imbattuto in casa Evans i quei giorni, la fissazione di Petunia per il matrimonio sembrava  prorompente e inarrestabile.

Petunia aveva rimosso tutto il pane dalla casa ed aveva obbligato (o, almeno, ci aveva provato) tutte le sue damigelle seguire una dieta priva di carboidrati. Il frigorifero, ora, era rifornito di insalata e di un intruglio marrone e ben poco gradevole alla vista, chiuso in bottiglie etichettate “Energia in Proteine!” . Lily aveva capito subito che il motivo per cui sua madre aveva iniziato a frequentare la chiesa in fondo alla strada tutte le mattine, era la pasticceria all’angolo in cui si fermava di ritorno a casa.

Edie Evans – aveva concluso Lily – o era una santa, o era, semplicemente, tanto felice di vedere la figlia sposata da riuscire a tollerarne le assurdità.

“Lo so che è difficile sopportarla, ultimamente,” disse consolante la signora Evans a Lily, una mattina a colazione; “Ma è il suo matrimonio. Dobbiamo solo essere pazienti.”

Ma la signora Evans sembrava possedere un anormale ammontare di pazienza di cui Lily era sprovvista. Se Lily non avesse saputo che Petunia non avrebbe mai messo intenzionalmente a repentaglio le fotografie del suo matrimonio, avrebbe potuto sospettare che la sorella avesse scelto il rosa pallido come colore dei vestiti delle damigelle, puramente perché quel colore faceva a pugni con il rosso dei capelli di Lily.

Però Petunia era comunque sua sorella, e la più giovane pensava di essere di grado di sbrigarsela con tutto quanto, se non fosse stato per tutto il resto della gente coinvolta nel matrimonio.

Per primo c’era Vernon Dursley, che Lily aveva sul serio tentato di farsi piacere, fallendo miseramente.

Era una uomo alto, con capelli neri, un paio di baffi e spalle larghe. Aveva un corpo massiccio e vantava un eccellente record di campionati di boxe scolastici. Dopo il diploma, Vernon era andato a lavorare in una ditta che produceva trapani, un aggancio trovato grazie ai suoi ricchi  genitori con-la-puzza-sotto-al-naso. Indossava abiti costosi, anche se era sprovvisto di buon gusto, e guidava una macchina elegante. Aveva messo al dito di Petunia un bell’anello e non aveva mai mancato di ricoprire di attenzioni il suo diretto superiore quando era a casa Evans.

In ogni caso, Lily avrebbe voluto prenderlo a pugni.

Neanche le altre damigelle, Yvonne, Nancy e Marge, erano di gran conforto per Lily. Yvonne e Nancy erano andate a scuola con Petunia e Lily conosceva entrambe da molto tempo. Al secondo anno Petunia – la più alta, la più carina e la prima a sviluppare delle curve tra le tre – era, di fatto la leader, con Nancy come fedele braccio destro e Yvonne, la servetta leggermente più in carne.

Ma, aveva notato Lily, sembrava esserci stato un cambio ai vertici in quei giorni. Yvonne pareva aver perso circa dieci chili ed era – probabilmente non proprio per coincidenza – la damigella d’onore.

“Grazie a Dio Yvonne ha perso tutto quel peso,” fu una delle tante osservazioni che Nancy rivolse a Lily quel pomeriggio, mentre la damigella d’onore in questione scivolava sospettosamente verso il bagno dopo il tè. “Sembrerebbe ridicola accanto ad una cosina sottile come Petty.” Quando Yvonne ritornò, rossa in volto, una decina di minuti dopo, a Lily stessa parve di star per sentirsi male.

A parte il fatto che fosse una svampita, una donna piena di sé, e avesse un’amminazione non proprio normale per Petunia, Lily non aveva niente contro Nancy. Non le era mai neanche dispiaciuta troppo Yvonne, anche se, sicuramente, Yvonne detestava abbastanza Lily. Quello, Lily presumeva, era decisamente dovuto all’influenza di Petunia.

“Ѐ un peccato che la sorella di Petty sia rossa di capelli,” aveva notato Yvonne durante una prova degli abiti, mentre Lily sedeva in disparte. “Tutte le foto del matrimonio potrebbero essere a rischio.”

Ma nessuno riusciva a discutere di quanto Lily fosse una minaccia per “tutte le foto del matrimonio” più di Marge Dursley.

Marge era la versione più bassa e più massiccia del fratello. L’abito delle damigelle non era affatto adatto alla sua figura, ma con l’aiuto di un corsetto e di una dieta severa, Petunia era convinta che Marge non avrebbe sfigurato così tanto il giorno delle nozze. Comunque Nancy aveva detto in confidenza a Lily che, un mese fa, Petunia aveva pianificato di espellere Marge dal rinfresco se non fosse dimagrita. Sembrava quasi che la dieta fosse per il “bene” di Marge.

Lily avrebbe anche potuto sentirsi dispiaciuta per la donna, se non si contava il fatto che Marge fosse, probabilmente, la persona meno piacevole che Lily avesse mai incontrato – incluso suo fratello.

“Tu sei la sorella di Petunia, no?” aveva borbottato Marge al loro primo incontro. Lily aveva sorriso meccanicamente ed aveva annuito.

“Giusto. Lily.”

Marge non le aveva stretto la mano – evidentemente le era arrivata voce che c’era qualcosa di sbagliato in Lily. “Dove sei stata, quindi?”

“Sono stata in una scuola lontana.”

“Davvero? E dove?”

“Saint Elizabeth,” aveva replicato Lily; era quello che, di solito, diceva alle persone.

Marge aveva grugnito. “Scuola cattolica, non è così?”

Lily non ne era sicura, ma aveva annuito in ogni caso e Marge le era sembrata anche più disgustata, se possibile. “Non ho mai approvato quel tipo di scuole,” aveva detto storcendo il naso. “Un focolaio di saffisti e scherzi della natura.”

Ed ecco il momento in cui Lily aveva deciso che Marjorie Dursley non le piaceva affatto.

“Sai, se non prendi la giusta sfumatura di rosa l’effetto è tutto sbagliato,” Nancy continuava a parlare mentre Lily annuiva silenziosamente in risposta, “ma Petunia, secondo me, ha fatto la scelta perfetta. E dobbiamo avere le unghie sistemate per il pomeriggio seguente, sai, e…”

“Lily, cara,” chiese la signora Evans, apparsa misericordiosamente, come se avesse percepito la sofferenza della figlia a stare tra le grinfie di Nancy Wiggins, “mi daresti una mano in cucina?”

Lily era praticamente balzata in piedi. “Sì mamma. Scusa Nancy – devo andare.”

Aveva seguito svelta la madre lontano dal rinfresco, dentro la cucina, dove la signora Evans aveva iniziato a preparare un’altra teiera.

Edie Evans era minuta, con i capelli corti e biondo ramato, che avrebbe potuto essere il colore naturale di Petunia se solo lo schiarente a ossigeno non fosse intervenuto negli ultimi sei e passa anni. Aveva fantastici occhi blu e un viso solare e sorridente, con qualche ruga lasciata da più di cinquant’anni di vita, per non parlare dell’aver avuto due figlie.

“Ci sono altri pasticcini nel congelatore, Lily,” disse una distratta signora Evans, preparando la teiera. “Potresti prenderli?”

“Perchè Marge deve proprio essere al matrimonio?” brontolò Lily, assecondando di malavoglia la richiesta di sua madre. Era una protesta stupida, ma tutte le cose importanti erano troppo serie per potersene lamentare. “Quella donna è un’idiota.”

Lily.”

“È vero, mamma. È maleducata, è meschina e puzza di cane.”

“Lily, per favore. Non è così che ti ho educata,” la rimproverò la signora Evans. “Marge farà presto parte della famiglia.”

“Capisco,” borbottò Lily;  appoggiò il vassoio dei pasticcini sul bancone della cucina e poi cominciò a giocherellare con un boquet di margherite accanto al rubinetto. “Quindi non stai per perdere una figlia, ma per guadagnare i Dursley.”

Lily.”

“Cosa?”

La signora Evans sospirò. Si appoggiò al bancone e il quadro (di lei in un sofisticato vestito verde oliva e ingioiellata di perle, che assumeva una postura così noncurante) era stranamente paradossale. “Non posso far finta di non pensare che, per quanto riguarda l’acquisizione di figli e figlie, l'accordo sia a tutto vantaggio del Signore e la Signora Dursley...”

Lily sogghignò.

“...ma Petunia ama moltissimo Vernon, e lui ama lei. Tu non ci sei stata, Lily. Non li hai visti insieme tanto quanto li ho visti io, e non li hai mai visti quando le cose sono alla normalità.”

“E questo cosa vorrebbe dire?” volle sapere Lily.

“Tutto è un pò fuori dalle righe il periodo prima di un matrimonio,” disse l’altra. “Se una coppia riesce a superarlo, può superare moltre cose, io penso, almeno fintanto che le affronti con la stessa determinazione.”

“Petunia era molto determinata riguardo alla scelta dei centrotavola,”concesse Lily ironicamente. La signora Evans sorrise. Si raddrizzò, poi girò intorno al tavolo per andare a circondare con un braccio le spalle della figlia.

“Tra un paio di settimane tutto sarà finito, tesoro. Tutto tornerà alla normalità.”

Lily sospirò. “Dovremo passare il Natale con i Dursley?”

La signora Evans aggrottò la fronte, come se il pensiero l’avesse sfiorata solo adesso. “Certo non ogni anno...”

La porta della cucina si spalancò, lasciando entrare la sposa in persona.

“Il tè è pronto?” chiese Petunia ansiosamente.

“È solo tè,” fece notare Lily.

Petunia si accigliò. “La signora Clayton si sta spazientendo, e io le ho detto che era solo questione di pochi minuti.”

“Bè, se è per la signora Clayton, allora...”

“Non sminuire le mie amiche, spostata, solo perchè...”

Ragazze,” le interruppe la madre. “Tutte e due, dico sul serio. Lily, tu non sminuire nessuno; Petunia, tu non chiamare tua sorella una spostata, mi avete sentito?”

“Sì,” dissero in coro le sorelle, aspramente.

“Bene.” La signora Evans si diede un’aria professionale, mentre assemblava il vassoio da tè e lo prendeva in mano. “Il tè è pronto. Tu porta i pasticcini, Lily.”

Lily, un po’ riluttante, obbedì, prendendo il vassoio e seguendo la madre fino in salotto. Lo posò su un tavolino e fece poi per ritirarsi immediatamente nella sua camera, con l’intenzione di controllare se Marlene avesse risposto alla sua ultima lettera.

Lily,” la richiamò sua madre, facendola fermare alla porta. “Niente fughe. Questa è la festa di tua sorella e tu sei una damigella.”

“Ritorno subito,” promise Lily. “Vado solo a vedere se Marlene mi ha scritto. Per favore?”

La signora Evans ci riflettè, quindi annuì. “Cinque minuti.”

“Dieci?”

“Cinque.”

“Sette.”

Cinque.”

Lily mise il broncio. “Non hai ben capito come funzionano questa sorta di compromessi, vero, mamma?”

“Cinque minuti,” ripetè sua madre; si sporse in avanti e le diede un bacio sulla guancia. “Oggi è la giornata di tua sorella.”

Lily annuì. “Sarò giù tra poco.”

La concessione di cinque minuti non era stata però così rigida come sua madre le aveva fatto credere, visto come un’ospite o un altro indubbiamente catturava l’attenzione della signora Evans ad ogni dato momento, distraendola dall’assenza della figlia per almeno venti minuti. Ciò nonostante, Lily voleva godersi ogni secondo di libertà che riusciva a racimolare.

Il gufo di Lily, Niko, non era ritornato per quando Lily entrò nella sua stanza. Tuttavia, un gufo reale che non le era familiare era appollaiato in attesa sul davanzale della finestra. Un rotolo di pergamena giaceva ai suoi piedi. Lily si affrettò verso la sua scrivania e afferrò una scatola di tartine per gufi da un cassetto, lanciandone un paio al gufo e prendendo poi la lettera.

Mentre il gufo (era una creatura davvero magnifica, con piume splendenti e occhi dorati) mangiava, Lily aprì il rotolo e tirò fuori due fogli di pergamena. Portavano la data del giorno prima, e Lily non dovette sbirciare la fine per capire l’identità dell’autore. Questo era evidente dal modo in cui iniziava.

Cara Snaps,

Questa – il gufo - è Elisabetta Seconda, la quale porta il nome della signora sulle banconote babbane. Il mio vecchio gufo è andato in pensione dopo uno sfortunato incontro ravvicinato con Bertram, il gatto di mia nonna. Sembra che quello sia stato un attacco da parte di un gatto di troppo, e ora si rifiuta di consegnare lettere.

Sono al sud con la mia famiglia al momento, ma domani torniamo a Manchester, un sollievo. Anche Pete è qui, a danneggiare irreparabilmente il mio soffitto con una Pluffa, al momento (ti saluta), ma in ogni caso, non c’è molto da fare a Godric’s Hollow. Lui – cioè Pete – ha fatto l’esame di Smaterializzazione mercoledì. È passato senza l’aiuto della Felix Felicis e tutto...

Ho cominciato il tema di Transfigurazione per la professoressa Mcgranitt due volte ormai e sono riuscito a scrivere solo una frase. Ecco quello che succede a non procrastinare. Lo farò semplicemnte sul treno, come sempre.

Vediamo, che altro c’è? Oh, io e Pete abbiamo visto suonare i Fresh Blood dal vivo in Spagna, martedì. Mio cugino Sam ci ha rimediato dei biglietti all’ultimo minuto; è stata una cosa da pazzi, ma magnifica. Clavin Shrewt era ubriaco marcio, ma è un dio con la chitarra. Ho afferrato una bacchetta da batteria, ma poi l’ho data a Petey (Sua Altezza Reale Peter Minus mi ha formalmente chiesto di smetterla di chiamarlo “Petey”, quindi assicurati di chiamarlo così la prossima volta che lo vedi). I Ministry of Merpeople suonano a Londra in Agosto, quindi spero che Sam faccia la sua magia anche in quell’occasione. Preferibilmente non con un anticipo di soli venti minuti...è una storia lunga, te la dico quando ci vediamo.

Cosa che mi fa ricordare – visto che Petey non si è fatto esplodere al suo esame di Materializzazione, potremmo incontrarci a Diagon Alley o qualcosa del genere. Ho menzionato il fatto che mi sto annoiando a morte? Le vacanze estive non sono sempre state così piatte, vero? Per quanto mi disgusti la prospettiva di affrettare il mio ritorno in quel succhia-anime-alla-Dissennatore che è il cosiddetto “Mondo Reale”, un pò vorrei che la scuola si sbrigasse a riiniziare.

Forse è solo colpa di Godric’s Hollow.

A ogni modo, spero di riuscire a vedere le Vespe che giocano contro il Puddlemore la settimana prossima. In estate, il tempo è scandito dalle partite di Quidditch, penso io.

Oh, Remus mi viene a trovare domani. Dovresti scrivergli. È in condizioni pietose, e non sono sicuro se sia a causa del suo Piccolo Problema Peloso o se c’entri qualcosa di più serio. Dovresti scrivergli e dirgli di uscire di casa. A me non da ascolto, e penso che sia arrabbiato per il fatto che gli abbia mandato un Strillettera canterina. Non capisco perchè si sia irritato così – non ho usato la mia voce o cose del genere, e l’incantesimo ha prodotto un soprano davvero meraviglioso.

Come sta andando la tua estate? Spero che non ti stia crogiolando a far nulla o qualcosa del genere.

Merlino – ti rendi conto che sono passate solo due settimane da quando la scuola è finita? Hai sentito niente di Tu-Sai-Chi? Non Voldemort, Piton. È un tuo vicino di casa, non è vero? 

Petey mi dice che non dovrei chiedertelo perchè è un tasto dolente. Come se il “tatto” sia mai stato una mia specialità.

Merlino.

Ad ogni modo, è meglio che ora ti lasci. Mamma vuole che io e Petey portiamo dei biscotti di pasta frolla alla vecchia signora Bath che vive in fondo alla strada, e lei (mamma) sta decisamente dando di matto per il fatto che non ci sia andato questa mattina, cosa che potrei o non potrei aver promesso di fare. Quindi, vado. Ti auguro una buona settimana – non fare niente che io non farei, e se lo fai, scatta delle foto.

Ci vediamo,

James Potter

Elisabetta Seconda se n’era già andata per quando Lily aveva finito la lettera di James.  La strega quasi rise ad alta voce all’immagine mentale di James e Peter in piedi sull’uscio della “vecchia signora Bath” con un piatto di biscotti di pasta frolla in mano, e si ritrovò anche ad essere inesplicabilmente lieta alla vaga possibilità di “incontrarsi” con James (e Peter) a Diagon Alley, un giorno di questi. Forse era a causa del fatto che si trovava isolata nel mondo babbano, ma la prospettiva la entusiasmava più ci quanto si sarebbe preoccupata di spiegare.

La signora Evans doveva ancora bussare alla sua porta, così Lily si sedette sul letto con la lettera di James in mano. E avendo come colonna sonora la distante orazione di Petunia in merito al ballo del matrimonio, Lily si sdraiò sulla sua coperta gialla e rilesse la pagina e mezza ricoperta da una calligrafia disordinata, fino a che la voce di sua madre proveniente dal corridoio non arrivò alle sue orecchie, e Lily fu obbligata a ritornare al rinfresco.
 


 

Fino a quel momento, James non aveva proprio visto l’ora di ritornare insieme alla famiglia nella casa di Manchester. Godric’s Hollow era così piccola e fuori dal mondo che solitamente si annoiava dopo pochi giorni dal suo arrivo.

Anche con la compagnia di Peter, James era stato ansioso di ritornare nella casa sulla-cresta-dell’onda dove aveva passato la maggior parte della sua vita non-hogwartsiana. Ma ora che si trovava nella mastodontica sala d’ingresso a fissare le pareti ricoperte di opere d’arte, la scalinata grande, il pavimento di marmo e il soffitto ornamentato, desiderava che i Potter non fossero affatto tornati a casa.

Quasi esattamente un anno prima, Sirius si era presentato sulla porta d’ingresso nel bel mezzo della notte, bagnato fradicio, pieno s’ansia e senza casa...

“Le tue valigie non si porteranno da sole al piano di sopra, James,” fece notare Grace Potter, dando un bacio sulla guancia al figlio mentre gli passava accanto. Poi notò la sua espressione infelice e gli chiese più seriamente: “Cosa c’è che non va, tesoro?”

James si riscosse. “Niente.” Estrasse la sua bacchetta e, sogghignando, aggiunse: “E hai torto, sai?”

“Torto?”

“Mmm.” Agitò la bacchetta e le due valigie in pelle che portavano le sue iniziali si alzarono in aria di diversi piedi, cominciando a levitare rapidamente verso la scalinata principale. “Le valigie si porteranno da sole al piano di sopra.”

“Oh, ma quanto sei spiritoso,” disse la signora Potter sarcasticamente. “Vieni, forza – sto morendo di fame. Facciamoci un tè.”

“E con “tè” intendi...”

“Penso che siano rimasti dei biscotti in un barattolo da qualche parte...e sicuramente c’è qualcosa da Mielandia nella credenza.”

James sogghignò. “Sembra proprio un buon piano.”

Alla fine, tutto quello che riuscirono a rimediare fu la cioccolata. La signora Potter mandò via gli elfi domestici e prepararò il tè, prima di sedersi intorno al bancone della cucina insieme a suo figlio.

“La casa sembra così vuota senza Sirius,” osservò lei in tono sommesso. “Anche prima che venisse a vivere qui, era da queste parti così spesso che poteva benissimo sembrare che...”

“Non voglio parlare di lui,” dichiarò James.

“Tesoro,” disse sua madre ironicamente. “Non è morto.”

“Potrebbe benissimo esserlo, per quanto mi riguarda,” disse l’altro. “Ad ogni modo, non ne voglio parlare.” James diede un feroce morso ad una barretta di cioccolata.

 “Tutti commettono degli errori, James,” continuò la signora Potter, ignorando la richiesta del figlio. “Merlino solo sa quanti ne abbia fatti tu.”

Per favore. Non ho mai fatto niente di simile a quello che ha fatto Sirius...e anche se l’avessi fatto, tu non me l’avresti lasciata passare con un “tutti fanno degli errori”.”

La strega sospirò pesantemente. “No, suppongo di no, ma – James, Sirius non ha avuto tutti i benefici – i vantaggi che hai avuto tu.”

“Attenta, mamma, parli come una purosangue.”

“Beh, lo sono. Per quanto riluttante io sia ad ammetterlo, io sono nata una purosangue... nella famiglia più pura di tutte.” Fece una pausa, poi continuò in modo significativo: “Proprio come Sirius.”

“Capisco,” replicò James. “Quindi quando eri al sesto anno, hai cercato di uccidere qualcuno, non è così?”

“Lui non intendeva...”

“Che io sia dannato se non lo intendeva.”

“Modera il linguaggio, James.”

Il mago roteò gli occhi e diede un altro morso alla cioccolata. “Mamma, non voglio parlare di Sirius. Lui...se n’e andato. Okay?”

“Non se n’è andato,” ribattè sua madre. “È il tuo migliore amico da quando avevi undici anni. Avete passatto tutti gli anni ad Hogwarts insieme, e ho visto lo sguardo che avevi quando sei arrivato oggi. Provavi le stesse cose che provavo io – probabilmente le provavi anche in modo più intenso. Come se mancasse Sirius...”

“Già. Immagina un po’,” borbottò James, “avere effettivamente del cibo nella dispensa e un po’ di pace e tranquillità. Per non parlare dell’armadietto dei liquori...”

“Oh, sono sicura che farai tranquillamente incursione nell’armadietto dei liquori anche senza Sirius.”

James sbuffò. “Sai, mamma, alcune madri cercano di scoraggiare i propri figli diciassettenni dal bere.”

La signora Potter scrollò le spalle. “A quale scopo? Tu fai sempre esattamente quello che vuoi.” Si sporse sul bancone di marmo della cucina. “E’ una buona cosa che tu sia un giovane assennato, James. Altri maghi con la tua stessa testardaggine si metterebbero nei guai.”

“Non voglio comunque parlare di Sirius.”

“Beh, non tutto può sempre andare come vuoi tu,” disse la signora Potter. “Il punto, James, è che so che tu non sei perfetto. Ti metti certamente nei guai un sacco di volte. Merlino solo sa che mi sono ormai abituata a ricevere gufi da Miverva su come sei stato spedito nell’ufficio del preside per aver dato fuoco alle tende o per aver incantato i rubinetti dei Serpeverde...” James sogghignò. “...Ma penso che tu sia un giovane mago molto brillante. E penso che nonostante tutte le tue... monellerie, hai davvero una buona testa sulle spalle. Sai sempre... conosci sempre i tuoi limiti.”

“Beh, tu sei mia madre – sei costretta a dirlo,” ribattè suo figlio con disinvoltura.

La signora Potter sorrise. “James, quando ho detto che Sirius non ha avuto gli stessi vantaggi che hai avuto tu, intendevo dire che lui non ha sempre la tua stessa capacità...di riconoscere i suoi limiti. E tu, Peter e Remus siete sempre stati in grado di aiutarlo a questo proposito. Gli avete impedito di perdere il controllo.”

James bevve un sorso di tè, brontolando. “E cosa ti ha reso un’esperta del mio migliore amico, mamma?”

La signora Potter si guardò le mani raggrinzite dall’età, e quando parlò, fu con una certa delicatezza: “Io comprendo Sirius... tu sai come fosse la mia famiglia, tesoro. La più pura delle purosangue... e il bisogno di ribellarsi... a volte, sei così occupato a risentire il posto da cui provieni da dimenticare il motivo per cui sei diverso. Hai bisogno di qualcuno che... ti riporti con i piedi per terra.” Sorrise. “Io avevo tuo padre...”

“E quasi non volevi sposarlo perchè era un purosangue, e pensavi che ai tuoi genitori non avrebbe dato fastidio abbastanza,” concluse James, sogghignando. “Ho sentito questa storia centinaia di volte.”
“Beh, è vera,” disse la signora Potter, a testa alta. “Gli ho detto che potevo promettergli di rimanere con lui per sempre, e che forse – solo forse – un giorno non avrei obiettato ad avere un figlio o due.” Rise al ricordo, gli occhi color nocciola che scintillavano. “Ma non sarei diventata mia madre. Non sarei stata una di quelle vecchie streghe aristocratiche purosangue che vivono in enormi case con centinaia di elfi domestici al loro servizio, che non fanno altro che organizzare matrimoni e che usano la magia solo per incantesimi domestici o per farsi dei ritocchi...se pure lo fanno da sole.”

James scosse la testa. “E cosa ti ha fatto cambiare idea?”

“Niente!” protestò sua madre, quasi offesa. “Sono sempre stata risoluta riguardo al non diventare in quel modo, riguardo alla mia carriera e agli elfi domestici – questi ultimi in particolare. Ma, alla fine, tuo padre ha portato un argomento molto convincente alla causa del matrimonio.”

Voglio saperlo?”

“Disse,” continuò la signora Potter, “che l’unico modo per liberarmi del mio cognome da purosangue, “Dearborn”, era cambiarlo con un altro.”

“E ha funzionato?”

“Beh...” Sogghignò. “Penso che fossi propensa nei suoi confronti in ogni caso. Oh, e poi c’era l’anello...” Come faceva d’abitudine, giocherellò con l’anello di oro bianco con diamante che portava alla mano sinistra. “ Ma oh, quanto ci abbiamo litigato. Abbiamo annullato tutto tre volte prima di beccare la volta giusta. Ero proprio terrificata all’idea di diventare come mia madre.”

“Beh, avendo incontrato la nonna, capisco cosa intendi,” commentò James. “Tuttavia, la casa enorme ce l’hai. Questo come ti fa sentire, signora Potter?”

“Oh, non lo so.” Lei tamburellò distrattamente con le dita sul bancone. “Avrei preferito qualcosa di più piccolo – di più pratico. Ma è una bella casa, non è vero? Suppongo di aver deciso che non sarei cambiata solo perchè vivevo nella casa di famiglia dei Potter. Potevo comunque essere Grace – la solita vecchia Grace. E in definitiva, ho capito che amavo Alex più di quanto amassi Londra.” Aveva uno sguardo perso sul volto lungo e sottile, come se la sua mente fosse immersa nella nostalgia, cosa di cui James non capiva nulla. Poi, ritornò a guardare suo figlio e si raddrizzò. “Quindi, James, assicurati di sposare una brava ragazza babbana. Questo non farebbe altro che irritare per bene tuo padre...”

“Sei una cattiva influenza per me, mamma.”

“È più probabile che sia il contrario, tesoro.” Lei finì il suo tè e scartò una barretta di cioccolata. “E a proposito della ragazza che sposerai...”

“Oh-oh.”

“Come vanno le cose su quel fronte?” volle sapere la signora Potter. Le sue labbra rosse erano atteggiate in un sorriso malizioso, mentre teneva il mento appoggiato sulla mano. “Non hai menzionato nessuna ragazza in particolare, ma non si può mai dire quando si tratta di te.”

“Beh, non c’è nessuna ragazza in particolare.” Lui diede un morso più grande alla cioccolata.

“Single e all’asciutto per un intero anno? Sei sicuro di essere mio figlio?”

L’espressione di James era sofferente. “Non dire mai più una cosa del genere, mamma, per favore. Mi stai traumatizzando.” Lei si limitò a ridere, e lui continuò: “Ho avuto qualche appuntamento qua e là – niente di importante, però.”

“Capisco. E per quanto riguarda quella ragazza per cui Sirius – cioè, Colui-che-non-deve-essere-nominato, ti prendeva sempre in giro?”

James roteò gli occhi. “Quello era una vita fa.”

“Hai rinunciato, quindi?”

“Non è così.”

“E allora com’è?”

Il mago cambiò posizione sul suo sgabello da cucina, a disagio. “È solo...diverso.”

“Diverso?” fece eco la signora Potter. “Beh, ora è tutto chiaro.”

“Mamma, dobbiamo proprio avere questa conversazione adesso? O del tutto?”

Per essere una donna di quasi settant’anni, la signora Potter riusciva a dare convincente prova di puerilità. Fece il broncio e notò: “Una volta mi raccontavi certe cose, James.”

“No, una volta mi constringevi a certe cose, è diverso,” corresse suo figlio.

“Un’abilità che pare abbia perso con l’età.”

“Capita.”

Lei sorrise. Sedettero in silenzio per un po’, a finire il cioccolato, prima che la signora Potter parlasse di nuovo. “James,” cominciò, gli occhi di nuovo abbassati. “Spero che tu sappia – che tu capisca che...non importa cosa accada – io e tuo padre ti vorremo sempre tanto bene.”

“Non ti preoccupare, mamma,” replicò James in tono serio. “Non sono incinto.”

La signora Potter gli diede giocosamente uno schiaffetto sulla mano che teneva appoggiata sul bancone. “Mio figlio è un cretino,” annunciò. “Dico sul serio, James.”

“Lo so...solo non capisco perchè tu abbia sentito il bisogno di dirlo.”

Ma sua madre si limitò a sorridere dolcemente e a finire il suo tè.

“Quando arrivano i ragazzi?”

“Tra circa un’ora.”

“Suppongo che vorrete del cibo vero per allora,” sospirò la signora Potter. “Chiamo Twitchet. Merlino solo sa che non mangi mai quello che cucino io.”

“Questo perchè sei una cuoca terribile.”

La signora Potter gli lanciò un’occhiataccia. “Va di sopra e fatti una doccia prima che arrivino i tuoi amici. Puzzi da morire.” Scivolò giù dal suo sgabello e si mosse verso i fornelli, dando un bacio sulla guancia al figlio quando gli passò accanto. Anche James si alzò in piedi e fece per dirigersi verso la porta. “E assicurati di disfare le valigie – non voglio che tu lo faccia fare a Peter!”

“Ma è sempre così volenteroso...”

“James Alexander Potter...”

“D’accordo, d’accordo...”


"'Giorno, Tom," biascicò Sirius, senza togliersi gli occhiali da sole anche alla luce scarsa del Paiolo Magico. Tom il locandiere fece un sorrisetto, mentre il mago più giovane andava dietro al bar  e afferrava un grembiule marrone da un gancio.

"Ti sei portato il lavoro a casa, ieri sera, eh?" Tom chiese con l'aria di chi la sa lunga. Sirius scrollò le spalle.

"Sto bene.  Tanto prima di mezzogiorno non verranno più di due persone. Niente di nuovo?"

"Nah. Notte tranquilla. Di questi tempi le persone non escono quanto facevano prima."

Sirius si limitò ad annuire, e poi prese, tutto rigido, uno straccio per pulire il bancone.

Tom osservò il suo nuovo giovane dipendente. "Ho qualcosa per quel brutto mal di testa che ti ritrovi," disse, dando una forte pacca sulla spalla di Sirius. "E non ti stare a preoccupare di fare il carino coi clienti prima di pranzo—chiunque metta piede in un pub il lunedì mattina dovrebbe sapere cosa li aspetta."

Sirius sorrise debolmente. "Grazie."

"'Di che."

Tom scomparve nel retro, e Sirius si accasciò contro il bancone, togliendosi gli occhiali per strofinarsi gli occhi. Il campanello appeso sopra la porta suonò, e alcune giovani streghe entrarono nel pub. Sorrisero flirtando con Sirius mentre passavano, ma non si fermarono, dirigendosi invece verso l'entrata sul retro che portava a Diagon Alley. La maggior parte delle persone che entravano al Paiolo Magico—specialmente così presto—faceva lo stesso.

Mezz'ora era passata prima che qualcuno entrato nel pub  richiedesse i sevigi di Sirius, e anche allora, era solo una coppia che alloggiava alla locanda e voleva fare colazione. Mandò l'ordine in cucina e si risiedette sullo sgabello dietro al bancone.

Mancavano cinque ore e ventisette minuti alla fine del turno, ma chi le contava?

La porta si aprì di nuovo, facendo entrare un'altra strega, questa volta sola. Indossava costosi abiti viola, ma coi lunghi capelli color platino, pelle candida, e grandi occhi grigi, la donna sarebbe stata bellissima anche con addosso degli stracci. Sirius sobbalzò—ma non perché fosse bella. Perché era di famiglia.

Gli occhi della strega si posarono su Sirius quasi immediatamente dopo essere entrata nel pub; era tanto sorpresa di vederlo quanto lo era lui, ma distolse lo sguardo in fretta e, senza una parola, si diresse al passaggio per Diagon Alley. Aveva quasi raggiunto la stanza sul retro quando Sirius le rivolse la parola.

"Mi è giunta voce che stai per sposarti."

Narcissa Black si fermò. Diede le spalle al cugino per un paio di secondi, e poi si voltò lentamente. "E' così," rispose con dignità. "Mi è giunta voce che  Zio Alphard ti abbia lasciato tutto il suo oro."

Sirius annuì. "La maggior parte."

"Madam ha incenerito il suo nome sull'albero genealogico," disse Narcissa. Aveva un tono di voce strano—forzato e un po'sprezzante. "Proprio come con te, quando te ne sei andato."

"E Meda," aggiunse Sirius spietato. Narcissa trasalì.

"Sì. Anche lei," annuì. Rimasero entrambi in silenzio, e poi Narcissa, con un'occhiata timorosa rivolta agli altri clienti del pub, disse: "Farei meglio ad andare. E tu faresti meglio a lasciare il lavoro. Se Bella ti vedesse..."

"Non è troppo tardi," Sirius la fermò. "Non è troppo tardi per te, Cissy."

Narcissa fece un passo avanti e aprì la bocca, come per voler dire qualcosa. Per un momento, ci furono emozione nei suoi occhi, e sincerità nell'espressione. E poi si irrigidì di nuovo. "E' troppo tardi per te, Sirius. Fidati di me. Lo so."

"Per colpa di gente come Bella—e il tuo fidanzato... Malfoy."

Narcissa non rispose. "Presto sarà tutto finito," disse, invece. "Spero tu sopravviva, ma... non è una cosa probabile." Si voltò per andarsene.

"Ti sbagli," disse Sirius dietro di lei. "Non è quasi finito. Sta appena iniziando."

Ma sua cugina non disse niente; si affrettò ad andare nel retro. Sirius si risiedette dietro al bancone.

Mancavano cinque ore e ventiquattro minuti alla fine del turno.


Per le due di pomeriggio, le ultime ospiti se ne erano andate, e Lily non avrebbe potuto esserne più grata. Persino Petunia sembrava grata di avere la casa di nuovo in uno stato di normalità, quando crollò sul divano, scalciando via i tacchi, e reclinando la testa. Lily si abbandonò su una sedia poco lontano.

"Stanca?"

Petunia alzò lo sguardo, sorpresa. "Sì." Si raddrizzò e si alzò dalla sedia, dirigendosi verso la porta.

"Cos'è, ti ucciderebbe passare cinque minuti nella stessa stanza, assieme?" sbottò Lily.

Petunia esitò. "Potrebbe," borbottò alla fine, prima di scappare in fretta in cucina.

Lily tirò un grande sospiro. Fece per seguirla, ma, a metà strada, inciampò su una delle scarpe di Petunia e andò a sbattere con un dito del piede in un tavolino da salotto.

"Vaffanculo." Cadde  sul divano, sussultando e massaggiandosi di malumore il dito ferito. "Porco Merlino," borbottò la strega. "Devo uscire fuori di qui."


La signora  Potter salutò Remus con un largo sorriso prima di spostarsi per farlo entrare nel foyer.

"Ciao, caro," disse, "James è di sopra, ma scenderà tra un..."

"Ciao, amico," li interruppe la  voce del mago in questione. Apparve in cima alla grande scalinata e si affrettò a scendere, un ghigno stampato in faccia. "Come stai?"

"A posto, suppongo," rispose Remus, un po' in imbarazzo. Si infilò le mani in tasca ed esaminò l'enorme ingresso dei Potter per la prima volta dall'estate precedente. Sembrava essersi ingrandito. "Allora, com'era la campagna?"

"Adorabile," fece la signora Potter, chiudendo la porta alle spalle dell'ospite.

"Noiosa," disse James.

"Non contraddirmi."

"Non lo faccio."

La signora Potter sorrise e scosse la testa. Ci fu un colpetto sulla porta, comunque, prima che potesse rispondergli, e James superò madre e amico perandare ad aprire la porta a Peter.

"'Cià, Pete. Da quanto tempo non ci vediamo."

"Quasi quattro ore," disse Peter. "Ma chi le conta? Salve di nuovo, signora Potter."

Ciao, Peter, caro."

"Moony—come va?"

"Non da schifo."

"Ecco l'ottimismo di Remus Lupin che conosciamo e adoriamo," scherzò James. "Okay, andiamo di sopra prima che mamma inizi a fare la galante."

Fece strada verso la scalinata. "Hai solo paura che gli racconti le storie di quando eri bambino!" disse a voce alta mentre se ne andavano.

"Stai scherzando?" James aveva raggiunto l'ultimo gradino. "Sono sempre stato figo come adesso."

"Ha!Potrei raccontare di quella volta in cui hai giocato a nascondino coi tuoi cugini..."

"Ciao, mamma!" James sovrastò la sua voce, salutandola con la mano mentre saliva le scale in fretta, seguito dagli altri due.

"C'è del cibo in cucina," La signora Potter ricordò loro. "Faccio un salto all'ufficio per essere sicura che non abbiano distrutto niente mentre ero in ferie. Non combinate guai!"

"Guai?" le fece eco James, e poi piano agli atri due Malandrini. "Noi?"


Aveva i capelli ancora bagnati, dopo la doccia, e si era truccata a malapena, ma si sentiva magnifica, dopo essere uscita dal vestito che era stata costretta a indossare per il pranzo di Petunia, e la comodità di jeans, t-shirt e sandali era indescrivibile.

Lily entrò al Paiolo Magico con il pizzico di trepidazione che la invadeva sempre ogni volta che rientrava per la prima volta nel mondo magico. Ogni tanto immaginava—scioccamente, forse—che un giorno, provando a oltrepassare la barriera al binario Nove e Tre Quarti o la porta del Paiolo Magico avrebbe scoperto che questi posti non esistevano... che gli ultimi anni non erano stati altro che una strana fantasia.

Immediatamente, comunque, l'aria stregata (anche se fumosa) del pub dissipò i momentanei dubbi di Lily. Sentì la porta dietro di sé chiudersi, e venne rincuorata dalla familiarità della stanza... i soliti maghi e streghe, che chiacchieravano davanti a un bicchiere di Burrobirra o di Whiskey Incendiario, il vecchietto con la pipa che sembrava esistere solo seduto allo sgabello nell'angolo, la pila di copie del Profeta del Pomeriggio sulla mensola, Tom dietro al bar...

Ma non c'era Tom dietro al bar.

"Sirius?"

Il suo compagno di classe alzò lo sguardo al sentirsi chiamare, e sorrise di rimando quando vide Lily che camminava verso di lui. Finì di versare alcool da una bottiglia scura a una strega carina sui venti-e-qualcosa, e posò la bottiglia. "Evans," la salutò il Malandrino. "Cosa ti porta qui? Non riuscivi a stare lontana da  me, eh?"

Lily alzò gli occhi. "Sarebbe stato più plausibile se avessi davvero saputo che lavori qui..." Si sedette sullo sgabello. "Lavori qui, giusto? Non è che hai sequestrato il bar ?"

"No, anche se è una buona idea. Cosa ti servo?"

"Oh." Lily in realtà non aveva pensato di ordinare qualcosa, ma già che c'era... "Burrobirra, suppongo."

"Originale," rispose Sirius, sardonico. "In bottiglia o alla spina?"

"La bottiglia va bene."

"Ancora più originale."

Le servì la bottiglia, e Lily alzò le sopracciglia. "Da quanto lavori qui?"

"Più o meno una settimana," rispose Sirius. La strega carina a un paio di sgabelli di distanza lanciò uno sguardo inceneritore in direzione di Lily; era chiaro, pensava di avere qualche specie di diritto esclusivo sul bel barista. "Alloggiavo di sopra—la locanda, no—e Tom ha detto che di giorno una mano gli avrebbe fatto comodo. I due tizi che ci lavorano di solito stanno passando l'estate a girovagare per il continente. Oh—Anche Shack lavora qui..."

"Lo so. Mi ha scritto." Lily bevve un sorso di burrobirra. "Più di quanto possa dire per te."

"Giusto—Volevo risponderti... sono passati solo pochi giorni. Vacci piano con me, Rossa. Oh—un'altra?" Questo al mago con la pipa, e Sirius andò a riempirgli il boccale. Fu di ritorno da Lily un minuto dopo, comunque, e si chinò sul bancone.

"Alloggi ancora qui?" chiese lei.

Sirius scosse la testa. "Ho preso un appartamento sulla Alley. Proprio sopra la Farmacia."

"Hai affittato una casa a Diagon Alley? Deve costarti un sacco."

Sirius sorrise di nuovo. "Non in affitto. L'ho comprata."

"Ha-a-hai comprato la farmacia?" Lily balbettò. Sirius rise.

"No, no, no. Solo le stanze sopra. Non sono nemmeno dello stesso proprietario. Tipo veramente a posto, comunque—mi ha fatto un prezzo fantastico, considerando... Perchè non sembri felice per me, Rossa?"

"E' che odio vederti spendere la tanto faticata eredità."

"Ne è rimasto più di quanto me ne serva," rispose Sirius, noncurante. "In tutta onestà, lavoro qui solo per passare il tempo."

"Ma presto tornerai a scuola," controbattè Lily. Poi le venne in mente un pensiero spiacevole. "Ci tornerai, non è così?"

"Non fare la scema. Certo che torno a Hogwarts. Dovrò affittarlo a qualcuno durante il semestre, suppongo. O lasciarlo vuoto, anche."

Considerando che l'ultima volta che aveva parlato con Sirius—al Binario Nove e Tre Quarti, due settimane prima—l'ex Malandrino non era altro che sconfortato, adessso di certo sembrava abbastanza allegro. Glielo fece notare, e Sirius scrollò le spalle.

"Ho fumato un grammo di Hashish di Manticora durante la pausa," le disse.

"Sirius," Lily lo sgridò, e lui rise.

"Scherzavo, Evans." La strega carina dall'altra parte del bar si schiarì la gola, con tutta l'aria di volersi intromettere, e Sirius sobbalzò. "Oi, giusto. Lily, questa è Adelaide. Adelaide, Lily. E io sono Sirius, nel caso qualcuno se lo sia dimenticato."

"Lieta di conoscerti," disse Lily.

"Piacere," rispose Adelaide brusca.

Adesso che questa nuova conoscenza sembrava avere almeno una qualche importanza nella vita di Sirius, Lily la guardò con più attenzione. Era molto carina, con l'aspetto un po' da maschiaccio, e  indossava pantaloni di lino larghi e un top a bretelle aderente. Pelle abbronzata, lentiggini, lunghi capelli neri, e scaltri occhi castani. Il suo volto aveva qualcosa di scolpito, tratti rafforzati dall'evidente disprezzo nei confronti di Lily.

"Adelaide lavora in Guferia," Sirius spiega. "Ed Evans viene a scuola con me."

"Capisco," disse Adelaide con l'aria di chi la sa lunga. "Una di Hogwarts."

"Ci sei mai andata?" chiese Lily.

"Oh, no. Non credo nei mezzi d'istruzione comune. E' tutta una questione burocratica, sai." Adelaide sorseggiò il drink. "Ma se a te sta bene..."

Lily ricacciò indietro una rispostaccia. "Dovresti incontrare la mia amica Carlotta,"  disse invece, e Sirius rise sbuffando dal naso.

"Comunque," disse Adelaide, scivolando giù dallo sgabello. "Devo tornare al lavoro. Sai..." aggiunse con un'occhiata significativa a Lily, "è tosta per quelli di noi che lavorano."

"Oh, immagino," si disse d'accordo Lily, in tono sincero. "Ma pensa a tutto il bene che stai facendo lì. Devi essere un grande conforto per il resto degli animali nel negozio."

Adelaide diventò rossa, ma, invece di controbattere, si sporse sul bancone, baciò Sirius sulle labbra, e si voltò per andarsene. Lily alzò le sopracciglia.

"E non avevi menzionato neanche lei," fece notare, una volta che Adelaide se ne fu andata.

"Sii buona con Adelaide," scherzò Sirius. "Potrebbe far parte della mia vita per molto tempo... almeno altre due, tre settimane. Comunque, è stata scortese solo perché si è sentita minacciata da te... credo che pensi che scopiamo."

"Ovviamente hai intenzione di correggere questa supposizione," Lily rispose, allarmata, ma Sirius si limitò a ridere.

"E perché? Probabilmente avrà tutta l'intenzione di marcare il territorio o cose del genere, e può solo tornare a mio vantaggio."

Lily alzò gli occhi. "Sei un essere umano deplorevole, Sirius Black."

"E ne sono fiero. Ehi, stacco tra quindici minuti. Vuoi vedere il mio appartamento?"

"Non ho intenzione di aiutarti a far ingelosire Adelaide."

Sirius rise. "Sarò un perfetto gentiluomo. Prometto."


"Sbronziamoci," suggerì James. Era seduto sul suo letto, rivoltando pigramente un galeone tra le dita, mentre Remus sedeva sulla panca vicino alla finestra e Peter ai piedi del letto.

“Questa è la soluzione a ogni tuo problema?” chiese Remus sarcastico e James fece un sorrisetto.

“Ne devo ancora trovare una migliore.”

“Sono le due del pomeriggio, James.”

“E cosa c’è di meglio di ubriacarsi di pomeriggio?”

Remus alzò semplicemente gli occhi al cielo.

“Niente. Esattamente.” James si sedette, lanciando la moneta sul comodino. “Beh, dovremmo fare qualcosa. Potremmo andare a Londra. Diagon Alley, magari.”

“Questa potrebbe non essere una buona idea,” borbottò Peter.

“Non ti preoccupare, Wormtail. Hai passato l’esame di smaterializzazione e se sei ancora nervoso, possiamo portarti con noi…”

“No, non è quello.” Peter sospirò, dibattendo qualcosa, e poi disse: “Sirius sta lavorando al Paiolo Magico. Ci sono andato per una burrobirra lo scorso finesettimana, e lui era lì.”

“Oh,” James si accigliò. Remus rimase impassibile. “Beh, non è che dobbiamo parlare con lui, se capita che lo incontriamo…”

“Preferirei non andare,” intervenne Remus; James e Peter si scambiarono un’occhiata ma non obiettarono.

“Beh, c’è sempre Hogsmeade.”

“Andiamo sempre lì.”

“Okay–possiamo fare qualcos’altro.”

“Non sono dell’umore.”

“Non ho ancora suggerito nulla.”

“Sì, ma c’è più di una decente possibilità che qualunque cosa tu suggerisca comprenda fumare qualcosa o bere qualcosa, e non sono dell’umore.”

Irritato, James si appoggiò contro la testiera ancora una volta, mordendosi la lingua, perché se avesse parlato, sarebbe stato sicuramente con rabbia. Dopo un silenzio teso, Peter intervenne.

“Che ne dite di Gobbiglie?”

“Non siamo abbastanza perché sia divertente,” disse Remus.

“Scacchi?”

“Troppi.”

Peter ci pensò per un po’, poi: “Potremmo giocare a Quidditch.”

James concordò con entusiasmo, ma Remus ancora una volta affondò la proposta. “Troppo vento.”

“Ovviamente,” borbottò James, e Remus colse il suo tono.

“Mi dispiace se non sono continuamente impaziente di giocare a Quiddich,” sbottò. “Alcuni di noi hanno altri interessi.”

“Oh, sì, quali? Guardare fuori dalla finestra? Certo, un ottimo impiego del proprio tempo…”

“Beh, non ci sono ragazzini del primo anno in giro che io possa incantare, quindi…”

“Potremmo sempre leggere un libro,” ribatté James. “È quello che fai, non è vero, Moony? Leggere invece che fare esperienza…”

“Mi perdonerai se trasformarmi in un mostro una volta al mese sia abbastanza esperienza per me.”

“Giusto, perché il fatto che sei un lupo una volta al mese significa che devi essere un pretenzioso coglione senza vita per il resto del tempo.”

“Oh, smettetela!” si lamentò Peter ad alta voce. “Se voi due avete intenzione solo di litigare, me ne vado a casa.”

“Potresti anche farlo,” disse James. “Non sembra che faremo nulla di interessante qui oggi.”

Peter si incupì. “Va bene.” Si alzò dal letto. “Chiamatemi quando smetterete di essere idioti.” Si diresse alla porta, ma si fermò prima di attraversarla. “Sapete, è già abbastanza brutto che voi non possiate sopportare di stare nella stessa stanza con Sirius senza che roviniate anche le cose tra voi.”

Con quello, uscì, e Remus e James rimasero soli. “Credo che se Wormtail se ne va…” Remus cominciò piano e quando il suo ospite non lo interruppe, aggiunse più bruscamente: “Voglio dire il pretenzioso coglione senza vita non vorrebbe annoiare sua altezza o qualcosa del genere.”

“Troppo tardi per quello.”

“Bene.”

“Bene.”

James incrociò le braccia ostinato, e Remus si alzò dalla panca vicino alla finestra, uscendo dalla stanza e sbattendo la porta dietro di lui.


"Soyez bienvenus à ma maison."

Lily inarcò le sopracciglia e Sirius aprì la porta.

“Benvenuta,” modificò. Entrarono e Lily guardò la stanza con interesse. Erano entrati in una stanza dalle discrete dimensioni, con la cucina alla immediata destra e una sorta di salotto di fronte a loro. Vi erano due porte sulla parete più lontana, una delle quali era aperta appena perché Lily vedesse che era la camera da letto di Sirius. L’altra porta era piuttosto stretta e Lily sospettava che fosse un ripostiglio. Vi erano pochi mobili–un tavolo di legno quadrato con una sedia nel salotto, posizionato di fronte ad un caminetto e un brutto divano viola contro la parete. Accanto al divano vi era un piccolo tavolino, coperto da bottiglie marroni vuote e un’altra mezza dozina stava in cucina.

Sirius lanciò le chiavi sul bancone e si mosse dentro l’appartamento. “Ignora l’orrenda decorazione. Sono qui solo da una settimana. Ho dovuto scroccare un po’ e sono terribile con gli incantesimi domestici. Però mi sto documentando. Sarà meglio tra una settimana o due.” Mani in tasca, Sirius si voltò a guardare Lily e valutare la sua reazione. “Che ne pensi?”

“Mi piace,” disse Lily onesta. “Ha carattere. Quel divano è tremendo, però.”

“Avresti dovuto vedero prima che provassi a renderlo marrone.”

“Stavi tentando di farlo diventare marrone?”

“Non ho mai incantato un divano prima!” protestò Sirius. “Voglio dire, l’ho fatto una volta, ma è molto più difficile rendere un divano marrone che incantarlo affinché lanci le persone giù dalla seduta.”

“Ovviamente.” Camminò curiosamente nella cucina. “Quindi–a parte incantare divani e servire whisky incendiario, cosa stai facendo?”

“Non molto, in realtà,” replicò Sirius. Si sedette sul divano, mentre Lily esplorava i suoi mobileti. “Trasfigurare piatti e cuscini, per lo più.”

“Non hai visto nessun altro di scuola?”

“Oh, quattro o cinque studenti passano ogni giorno. Anche Marlene è passata–a proposito, ha detto la stessa cosa sul divano. E Shack, ovviamente. Abbiamo fatto qualche turno insieme.”

Lily annuì. “Nessuno… in particolare, quindi?”

Sirius fece un sorrisetto. “Vuoi dire, è venuto James a pregarmi in ginocchio di tornare ad essere il suo migliore amico? No. Sto ancora aspettando per quello.”

La strega sospirò. “Mi spiace. Non avrei dovuto tirarlo fuori.”

“Nessun problema,” insisté l’altro. “Davvero. Sto bene. Non depresso. Non solo. Adelaide è di grande compagnia… e in più di un modo.”

“Congratulazioni. E ew.”

Sirius cambiò tatto. “Che mi dici di te? Stai passando un’incantevole estate?”

Lily si mosse nella stanza principale, lasciandosi cadere nella sedia di legno vicino al tavolo, ma con le gambe di lato per guardare Sirius. Si sporse in avanti. “Non lo so. Va bene, credo. È isolato, però. Non mi ricordavo di essermi sentita sempre così… separata.”

“Conosco il sentimento.”

“Credo che prima avessi Severus. Poi c’era sempre Luke l’anno scorso.”

Sirius annuì piano. Poi si alzò repentinamente e andò in cucina. Tirò fuori due scure bottiglie di vetro da uno degli armadietti. “Ne vuoi una?”

Lily scrollò le spalle. “Perché no?”

Lui colpì I coperchi di metallo una volta con la sua bacchetta e portò le bottiglie nell’altra stanza. “Tenute fredde con il migliore incantesimo ghiacciante,” scherzò.

“Solo il meglio,” aggiunse Lily asciutta. “Salute.”

“Salute.”

Fecero scontrare le bottiglie e presero entrambi lunghi sorsi. Lily poggiò il gomito sul tavolo alla sua sinistra, riposando la testa sul palmo della mano.

“Quindi cosa ne pensi?” chiese Sirius. Fissava pigramente nella sua bottiglia. “In qualità di residente ottimista–andrà meglio?”

Lily sorrise. “Indubbiamente.”


Remus era andato via da un intero minuto prima che James si alzasse velocemente e si affrettasse alla porta. Peter aveva ragione–aveva già perso Sirius, no?

Spalancò la porta della stanza da letto. Remus stava arrancando su per le scale verso la camera. Si guardarono.

“Stavo solo…” cominciò James, gesticolando vagamente. “Sai…”

“Sì, anche io,” ammise Remus. Si sedette sullo scalino più alto e James sedette accanto a lui.

“Mi dispiace,” disse Remus.

“Anche a me,” disse James. Per un lungo minuto, nessuno parlò. “C’è qualcos’altro, non è vero?” James continuò alla fine. “Sai che puoi dirmelo, vero?”

Remus esitò per qualche secondo. “Sono geloso di te,” disse infine.

James sembrava sbigottito. “Come hai detto?”

“Ti invidio,” ripeté il lupo mannaro cupamente. “Sei così–a tuo agio a casa.”

“Vuoi dire–non la casa?” chiese James incerto.

“No, non è quello… è… è come sei quando sei a casa. Tu stai bene. Tua madre è deliziata… la tua famiglia va in vacanza insieme… tu–tu sei a tuo agio qui, proprio come lo sei a Hogwarts.”

“Moony…”

“Mia madre è infelice quando sono a casa,” lo interruppe Remus.

“Non è vero…”

“Lo è, invece. Non è che non mi ami o che non le importi di me o che non le piaccia vedermi. È solo… un peso per lei.” Sospirò profondamente. “E vedere come ti comporti con tua madre mi ha reso… geloso credo. È stupido–mi dispiace…”

James faticò a capire. “Perché lo pensi? Voglio dire, riguardo tua madre…”

“Non lo so. Posso solo dirlo. Ogni giorno che rimango la infastidisco. Lei e papa battibeccano di più. Sono solo infelici.” Remus fissava in fondo alle scale, la sua faccia piegata dalla concentrazione. “Quando ha sposato mio padre, lei non–non aveva mai immaginato che nulla di simile potesse accadere. E non lo dice, ma so che lo pensa. Quando sono a casa, è come un costante promemoria di tutte le cose che sono andate storte…”

“Remus, smettila, non è… non è colpa tua…”

“Certo che lo è! Lei… lei ha ragione. Non avrebbe mai dovuto a che fare con questo… Nessuno dei due avrebbe dovuto…”

“Non è colpa tua!”

Ma Remus non sembrava stesse ascoltando. “…Come le cose sarebbero state diverse se io solo… se io solo fossi rimasto dentro–se avessi fatto ciò che avrei dovuto, invece di… uno stupido sbaglio… ero solo un bambino…”

“Remus, smettila,” lo interruppe James ad alta voce, afferrando la spalla di Remus e costreingendolo a fronteggiarlo.

“Sei… sei fottutamente perfetto, okay? Sei il bambino che tutti I genitori vorrebbero I loro figli fossero! Sei un prefetto,  hai buoni voti…” Ghignò, “Esci con I ragazzi fichi. Andiamo–mia madre? Lei vorrebbe che io fossi la metà ben educato di te! Sei–sei il fottuto bambino dei sogni!”

Remus guardò le sue mani, ma non disse nulla.

“Qualunque cosa i tuoi genitori pensino o sentano,” continuò James serio, “sono fortunati ad averti.”

Ancora silenzio, più lungo questa volta, e poi Remus si alzò. “Andiamo,” borbottò.

“Dove stiamo andando?”

Remus lo guardò da sopra la spalla, ghignando sarcastico. “Sbronziamoci,” propose.

James fece un sorrisetto.

(Due settimane dopo)

Era il tipo di caldo che rende le persone riluttanti a mangiare qualsiasi cosa eccetto il gelato, che è spesso e sgradevole, e dura di molto dopo il buio. Era il tipo di caldo che sa distintamente di luglio e per quanto Lily fosse entusiasta di lasciare casa appena venti minuti prima, stava cominciando a pentirsi di quella decisione.

Finì il suo cono di gelato, cortesia di Florian Fortebraccio, e guardò attorno Diagon Alley in cerca di un rifugio dal caldo oppressivo. Sirius stava lavorando al Paiolo Magico… poteva sempre tornare lì, se ce ne fosse stato bisogno. Ma poi Lily vide la libreria e cambiò idea.

Era venerdì, quasi le cinque, e il Ghirigoro era sorprendentemente affollato. A Lily furono pestati due volte i piedi mentre entrava nell’incantato freddo del primo piano e lo spazio era reso ancora più scarso dal caos che avvolgeva il negozio nella forma di un cartello che diceva: “Espansione In Corso.”

Un grande lenzuolo bianco copriva circa un quarto del negozio, ma sopra di esso, oggetti lievitanti e sinistre scintille erano visibili… evidentemente questa era l’espansione.

“Signora, signora, la prego…” un esausto impiegato implorò una strega di mezz’età lì vicino, “le devo chiedere di controllare suo figlio…”

Il bambino in questione stava correntemente buttando giù libri dagli scaffali, apparentemente per il semplice divertimento che gli causava. Ghignò maniacale e sua madre rimproverò con lo sguardo il commesso, prima di lanciarsi in un discorso sugli incompetenti ficcanaso. Lily si sentiva sinceramente triste per l’arrossato commesso e gli lanciò uno sguardo rassicurante, prima di muoversi verso la sezione dei romanzi.

La folla diminuì lentamente e Lily trovò gli scaffali sufficentemente spaziosi. Scelse un libro o due che valeva almeno la pena di sfogliare e si guardò attorno in cerca di una sedia vuota. Ce ne era una nell’angolo, ma Lily non vi si diresse immediatamente, poiché I suoi occhi caddero su una familiare massa di capelli neri e il mago a cui appartenevano, appoggiato contro uno scaffale con un libro tascabile che sembrava economico.

James Potter.

Lily sorrise ampiamente, inesplicabilmente divertita dalla vista. Posò i libri sullo scaffale e si mosse verso il mago. Piuttosto che affrontarlo, Lily camminò, giusto accanto a lui, e si sporse come per leggere una pagina del libro da sopra alla sua spalla.

James lanciò uno sguardo alla presunta estranea ed era sul punto di chiederle cortesemente di andare al diavolo, quando realizzò chi stava correntemente invadendo il suo spazio. “Evans!”

Lily alzò un sopracciglio alla sua reazione in qualche modo esagerata. “Ciao…”

“Ciao,” rispose James, ricomponendosi. “Scusa–tu… mi hai colto di sorpresa.”

“Evidentemente,” concordò Lily. “Ma, ehi, guardati! Non sapevo che sapessi leggere!”

James ghignò. “Non lo so fare. Sto facendo finta… sai… per impressionare le ragazze.”

“Come sta andando?”

“Alla grande.” James sporse la testa verso Lily e mormorò, “Vedi quella bionda nel reparto domestico? Ha sbattuto le ciglia verso di me ogni sette minuti come un orologio.”

Lily lanciò furtivamente un’occhiata alla strega in questione. Stava certamente guardando James ora e non sembrava avesse una grande stima di Lily. La rossa incrociò le braccia, preparata a valutare. “Spero che tu abbia standard più alti di questi. Sta leggendo un libro per dilettanti–o facendo finta di leggere, e deve avere almeno ventidue anni. Probabilmente una ragazzina viziata cresciuta sulle spalle di elfi domestici.”

James finse di essere ferito. “In qualità di ragazzino viziato cresciuto sulle spalle di elfi domestici, sono offeso dalle implicazioni di quella affermazione,” disse. “Ma comunque a parte quello–non ha fegato. Un’ora e mezza a flirtare attraverso un negozio è solo eccessiva. Se fosse stata interessante, sarebbe venuta qui e avrebbe detto qualcosa. Ora, cosa hai detto che stavi facendo qui, Snaps?”

“Fuggivo di casa,” replicò Lily, sospirando. “Mia sorella si sposa alla fine del mese e si sta sfogando su di me. Oggi ho evitato un’invettiva sul colore delle cravatte dei camerieri.”

“Improvvisamente sono grato di non avere alcuna sorella.”

“Goditelo,” disse Lily. “E tu invece? Cosa ti porta qui?”

“Solo uscire di casa,” rispose James con un’alzata di spalle. “Non avevo immaginato che avrebbe fatto così dannatamente caldo.”

“Lo so. È molto peggio fuori, però.”

"Ci credo. È l’unico motivo che mi ha fatto rimanere qui due ore—il terrore di affrontare l’ambiente esterno finchè non faccia buio."

"Due ore in una libreria?" chiese Lily meravigliata. "Sono colpita."

"Non dirlo a nessuno, ma vengo qui un giorno sì e uno no," James le disse. "A casa ci si annoia a morte durante il giorno, a meno che Pete o Remus non riescano a venire."

"Capisco... e quindi... sei arrivato dal Paiolo Magico?"

"Intendi dire se ho visto Sirius?"

"Sono molto più ovvia di quanto pensassi," mormorò la strega. James fece un sorrisetto.

"Sì, lo sei. E no, non l’ho visto. Sono arrivato dal passaggio di Notturn Alley."

"Un po’ estremo, non trovi?"

"Hai intenzione di farmi la ramanzina?"

"No."

"Bene."

Furono interrotti da un gruppo di streghe strizzate assieme nel tentativo di oltrepassarli. "C’è un sacco di gente," Lily notò.

"Davvero."

"Ehi..." a Lily venne un’idea. "Hai mangiato?"

"Non di recente."

"Hai fame?"

"Quasi sempre."

"Che ne pensi di Camden?"

"Positivo, in genere."

Lily sorrise. "Beh, forza, allora."


"La Lanterna” era un edificio babbano di mattoni, illuminato da lampade indicative del suo nome, e un’atmosfera pigra e fumosa. C’era un mazzo di carte da gioco su ogni tavolo, e di sottofondo una canzone vagamente psichedelica, appena percepibile al di sotto del frastuono indefinito degli altri clienti. Il bar era ancora più rumoroso, ovvio, ma Lily e James si sedettero su una panca, un po’ più lontano. Era un tavolo ad angolo, cosicché in realtà non stavano seduti l’uno di fronte all’altro, ma sui due lati, con l’angolo del tavolo proprio in mezzo.

James lamentò l’assenza di burrobirra, ma alla fine concesse che la cola fosse la cosa più simile che avesse mai provato, e prese in mano il mazzo di carte, in attesa del cibo.

"Allora, perché questo posto?" le chiese, mescolando pigramente le carte. "Voglio dire, come l’hai trovato?"

"Sono venuta qui con mia sorella e il suo fidanzato l’estate scorsa," Lily replicò. Avvicinò la schiena al dorso della panca, appoggiando una gamba nello spazio libero accanto a sé. "C’era questa recensione entusiasta in una rivista che Vernon—il tipo di mia sorella—aveva letto, così pensò di darsi delle arie e portarci tutti qui. MA poi la vecchietta che vive nella nostra strada si è sentita male, e mamma si assunse il compito di portarle la zuppa o cose del genere... è tutta caritatevole, strano ma così, quindi rimanemmo solo io e Tuny e Vernon."

James annuì. "E dal tuo tono, presumo che tu non sia una grande fan dello sposo."

"Non ce n’è bisogno," asserì Lily secca. "è già il più grande fan di se stesso."

"E perchè lo sposa, quindi?"

Lily scrollò le spalle. "Chi lo sa—previdenza, demenza, gravidanza... o forse per farmi dispetto. Vernon mi odia."

"L’aspetto “stregoneria” lo smonta?"

"No, realtà. Questo ancora nemmeno lo sa. E non so se Petunia abbia o meno intenzione di dirglielo." Lily sorseggiò la coca cola. "Lei dice di sì—dice che lui la vorrà sposare comunque, non ha paura di questo, ma non so. Inizio a credere che pensi che finchè lui non lo sa, avrà una scusa per non invitarmi a Natale o roba del genere."

"Oh. Scusa—Non mi ero reso conto che le cose fossero così... tese. Tra te e tua sorella, intendo." Lily non rispose, e la prese come conferma. "Ma sono tutte così le relazioni fraterne? Mi sembra di non conoscere nessuno che vada d’accordo con suo fratello o sorella."

"è complicato," disse Lily evasiva. James sollevò le sopracciglia, scettico, e lei aggiunse riluttante: "Petunia odia la magia."

"Odia la magia? Perché?"

Lily sospirò. "Anche questo è complicato."


Remus chiuse il rubinetto, posando la tazza di caffè, adesso pulita, accanto al lavandino, sopra al piatto e alle posate già sciacquati. Aveva finito di cenare—ufficialmente, ora che aveva finito di lavare i piatti. Quella sera aveva la casa tutta per sé, visto che entrambi i suoi genitori lavoravano fino a tardi, and Remus si godeva la solitudine. L’ultima sera prima della luna piena era sempre particolarmente difficile, quindi proprio non aveva le forze per stare con James—o qualsiasi altro—quella notte.

Si era appena seduto e lanciato all’assalto di un grosso libro babbano quando sentì il rumore delle chiavi nella porta d’ingresso, e un momento dopo si aprì per far entrare sua madre.

Quando lo vide, sobbalzò. "Remus, tesoro, che fai qui? Si è fatto orribilmente tardi, no?"

Passò un momento prima che Remus capisse cosa voleva dire sua madre. Pensava che la luna piena fosse quella notte. Quasi contemporaneamente, la signora Lupin si accorse dell’errore.

“è domani..."

"Oh, sì, domani, ma certo. Mi dispiace." Si accigliò. Remus sollevò le sopracciglia.

"Di cosa?"

"Oh, niente, tesoro, ero solo—alcune delle ragazze volevano uscire dopo il lavoro, e avevo fatto un salto a casa solo per cambiarmi, ma se tu sei qui, allora resto anche io..." Posò la borsetta.

"No, mamma, davvero," disse Remus in fretta. "Esci con le amiche. Va bene."

"Ma è la tua ultima sera, tesoro..."

"Mamma, no, sul serio..."

"Sciocchezze." Andò in cucina. "Hai cenato? Hai fame?"

"No, ho già mangiato." Remus la seguì. "Mamma, sono serio..."

"Ma, ci saranno alter sere per uscire con le amiche," insistette, mettendo una pentola sul fornello. "E non voglio che rimani solo, stanotte. Le ragazze le vedo al lavoro, e non sarebbero andate in nessun posto particolare, sono sicura..."

"Mamma, basta!" la interruppe Remus a voce alta. "Basta, okay? Smettila di provare a... a sistemare tutto! Vai in giro con le amiche, per favore, io..."

"Oh, ma non ci voglio andare..."

"Mamma, vai..."

"Sciocchezze. È—è molto più divertente passare il mio tempo libero col mio unico figlio."

Non riuscì a sopportarlo più.

"Non lo dire!" Remus quasi strillò.

La signora Lupin lo guardò a bocca spalancata. "Remus, che...?"

"Non far finta che qui sia dove tu voglia stare!" continuò.

"Ma..."

"Smettila di comportarti come se ti stesse bene! Sono—sono dodici anni—credi che non me ne accorga? credi che non me ne accorga che vorresti essere ovunque tranne che qui? Che tutto quello che hai è rimpianto... e che poi provi a far finta che tu non rimpianga niente? Mamma, esci con le amiche—allontanati da me, perché sappiamo tutti e due che ti uccide vedermi prima della luna piena. E, sul serio, mamma, non è la mia cosa preferita al mondo vedere te che mi guardi come—come se non lo sapessi? Come se non sapessi che è colpa mia se niente è come volevi che fosse..."

La signora Lupin lo fissava scioccata. "Remus," iniziò con veemenza, "Non ho mai detto una parola..."

"Non dovevi dirlo ad alta voce! È ovvio da tutto! E mi dispiace! Mi dispiace se è colpa mia, che ti ho rovinato la vita..."

"Remus John..."

"Però è vero! La colpa è mia! Tu non l’hai mai chiesto! Non hai mai volute un mostro per figlio, e già mi sento abbastanza in colpa senza che tu ti autocondanni a essere infelice!"

Le lacrime affiorarono agli occhi della signora Lupin, e iniziò a piangere. La rabbia di Remus sparì all’improvviso, mentre sua madre crollava sul pavimento, il volto coperto dalle mani. Non ci sarebbero stati litigi, né discussioni da parte sua, perché sapeva che aveva ragione. Non poteva avercela con lei, comunque—non poteva disprezzare il suo risentimento, come avrebbe potuto fare con qualcun altro. Non era una donna forte; aveva fatto del suo meglio—sopportato più che poteva per dodici anni, e non le si poteva chiedere di più.

"Mamma..." fece cauto un passo verso di lei, ma singhiozzò più forte.

"Mi dispiace così tanto," annaspò tra le lacrime. "Così tanto..."

Remus si sedette sul pavimento accanto a lei, mettendole un braccio attorno alle spalle tremanti. "Mamma, ti prego..."

"Non ho m-m-m-mai voluto... ho sempre cercato di p-p-proteggerti..."

"No," mormorò. "Non è colpa tua."

Pianse in silenzio per alcuni minuti, e nè madre nè figlio si mossero, o parlarono. Poi, lei iniziò a calmarsi, e appoggiò la testa sulla spalla di Remus. "Mi spiace così tanto," sussurrò debolmente. "Ti voglio bene, Remus."

Remus chiuse gli occhi, con un sospiro impercettibile. "Lo so, mamma. Anche io ti voglio bene."


Il sole era tramontato, e Camden High Street era piena del ronzio della folla del Venerdì sera, che allegra si metteva in coda per entrare nei pub e i ristoranti. Lily e James camminavano senza una destinazione precisa, più per gosersi a pieno le temperature serali più miti. Svoltarono in una stradina più tranquilla, e nonappena il bagliore delle insegne elettriche della strada principale svanì, rimasero solo i lampioni ad illuminarla.

Su un muro di mattoni, era attaccato un manifesto lacerato di uno spettacolo di fenomeni da baraccone, mezzo strappato, e James si fermò a leggere.

“Non ci vedo tutto questo fascino," notò. "Forse se fossi ubriaco..."

"Alle persone piace guardare cosec he considerano strane," Lily replicò. "O cose che non capiscono."

James lesse uno degli spettacoli pubblicizzati; "Dubito che sia un vero Lupo Mannaro," disse. "E io lo so..."

"Suppongo che, tecnicamente, entrambe saremmo qualificati per atti del genere," meditò Lily. "Tuny di certo direbbe così, in ogni caso."

"E dubito che abbiano anche un mago vero," aggiunse James, ricominciando a camminare. "solo un tipo tracagnotto coi baffi e le dita veloci."

Lily alzò gli occhi. "Questo è il problema della magia," disse. "Il mondo magico non conosce il senso della meraviglia e dei misteri dell’universo."

"Non è vero," protestò James. "Ci sono molte cose che mi lasciano a bocca aperta."

"Davvero?" chiese l’altra, dubbiosa.

"Sì."

"Dimmene una."

"Babbana o Magica?"

"Uguale."

"Farrah Fawcett."

Lily alzò gli occhi di nuovo, ma rideva. "Scemo. Non intendevo questo."

"Non hai specificato," James le ricordò, ghignando. "Comunque, che c’è di così sbagliato a sapere esattamente come funzionano le cose?"

"Niente," ammise Lily. "Solo che..."

"Solo che, cosa?"

"Beh... okay, se un babbano chiede 'come hai fatto?' e si risponde 'magia,' si presuppome che sia stato fatto qualcosa di abile e sorpendente. Se si risponde così a un mago o una strega, sanno esattamente che è successo. Qualcuno ha tirato fuori una bacchetta, ha detto un paio di parole in Latino, e la magia ha letteralmente risolto il problema."

James alzò le sopracciglia. "Quindi?"

"Quindi," Lily continuò, "non c’è mistero."

"Di nuovo... quindi?"

Aggrottò le sopracciglia. "Beh—che dici che se ogni volta che qualcuno ti chiede come hai fatto ad architettare uno dei tuoi scherzi elaborati, o quello che sia, tu gli dicessi esattamente come hai fatto? Allora tutti saprebbero il meccanismo esatto, e per te non ci sarebbe gusto. Non sembreresti abile, o brillante, o impressionante, no?"

"Al contrario—se le persone sapessero come in realtà facciamo le  cose, sarebbero ancora più impressionate."

"No, non lo sarebbero."

James la guardò male, un po’ sconcertato. "Perchè dici così?"

Lily sembrava sorpresa. "Perchè conosco alcuni dei tuoi segreti, e quando non era così, I Malandrini mi lasciavano più a bocca aperta."

"Ehi!"James sembrava piuttosto offeso. "Sul serio ti aspetti che creda che non sei rimasta nemmeno un po’ impressionata dalla cosa dell’Animagus?" Ghignò all’espressione dubbiosa di Lily.

"Beh, okay, non la cosa dell’Animagus," ammise. "Ma la Mappa e il Mantello... sapere che hai una mappa della scuola con puntini che rappresentano le persone è molto meno interessante che credere che in qualche modo, misticamente, sapessi tutto. E anche, più inquietante."

"Ehi, la mappa è magia complicata."

"Sì, lo so." Lily scrollò le spalle. "Solo che, adesso che so che c’è un meccanismo dietro la tua conoscenza invasiva  della scuola, non c’è più nessun mistero da lasciare a bocca aperta. Mi sento come se passando tante ore in biblioteca, e a  vagare furtiva come fai tu, potessi essere tanto abile quanto tutti pensano che tu sia."

James la guardò male. "Ferisci I miei sentimenti, Snaps."

"Non è un insulto," Lily fece. "Sei intelligente. Solo che non hai niente di mistico."

"Nemmeno un po’ enigmatico?"

"Nemmeno un po’."

James esaminò Lily per un momento, mentre prendeva a calci una pietra sul marciapiedi con aria distratta. "Bene," fece all’improvviso. "Di questo che mi dici?" Sfilò dalla tasca il mazzo di carte che stava sul tavolo al ristorante. Lily lo fissò, a occhi spalancati.

"Le hai rubate!?"

"No. Beh... forse."

"James..."

"Pensavo potessimo prenderle! Oh, e dai, non guardarmi così. Ho lasciato la mancia. Solo—seguimi un minuto, ok?"

Lily incrociò le braccia, in attesa, e James estrasse le carte dalla scatola, mescolandole con abilità sorprendente. Avevano smesso di camminare, e James sollevò le carte tra di loro. "Prendine una," disse. Scuotendo la testa e sorridendo, Lily scelse una carta. "Eccellente. Memorizzala."

"Okay..."

"Fatto?"

"Sì."

"Sicura?"

"Sì."

James le porse il mazzo, e Lily vi rinfilò la carta, e James subito glielo ripassò. "Mischia tu," disse lui, e lei lo fece. Quando gli restituì il mazzo, James estrasse una carta, apparentemente a caso, e la tenne fuori, col dorso rivolto verso di sè. Lily la prese.

"La tua carta?" le chiese. Lei annuì. "Jack di Quadri?"

La strega cercò di non mostrarsi impressionata. "Sì," ammise. "Come hai fatto?"

Si riprese la carta e la infilò nel mazzo. "Magia."

"Magia babbana o magia magica?"

James ghignò. "Sì."

Lily rise. "Okay, hai vinto."

"Oh, grazie. Amo vincere." Si rimise le carte in tasca. "Nel caso non te ne fossi accorta..."

"Oh, me ne ero accorta." A quanto pare si stavano avvicinando a una strada più frequentata, poichè voci e musica si sentivano di nuovo. Lily si ricordò di non aver detto alla madre che avrebbe fatto tardi. "Che ora è comunque?"

James controllò l’orologio. "Quasi le nove."

Lily sospirò. "Dovrei andarmene, mi sa."

"Appuntamento galante?"

"No, ma mamma si preoccupa." Lanciò un’occhiata a James. "Ma i tuoi non si chiedono che fine hai fatto?"

James grugnì. "Chiaramente, non conosci mia madre. Probabilmente si preoccuperà di più se torno a casa; se non sono fuori dopo la mezzanotte, penserà che c’è qualcosa che non va."

"Immagino che questo spieghi i tuoi problemi con il coprifuoco a Hogwarts."

"Preferisco considerare cose del genere dei... suggerimenti."

"Peccato che Gazza non sia d’accordo."

"Dannatamente irragionevole." La stradina stretta confluiva in un viale più ampio e affollato, e Lily rallentò fino a fermarsi. Se doveva materializzarsi, era meglio farlo da un posto più tranquillo. "Vuoi che mi materializzi con te a casa tua?" scherzò James.

"Credo di poterci riuscire da sola, grazie," Lily rispose, sorridendo. "Ma sono stata bene stasera—nonostante la nostra cameriera fosse una troia totale."

"A me è sembrata abbastanza carina..."

"Perchè con te è stata abbastanza carina," controbattè la rossa, indignata. "In ogni caso—sono contenta di averti incontrato."

“Anche io sono contento, perché sono venuto," disse James. Aggrottò le ciglia. "Non volevo fare un doppio senso."

"Troppo tardi, Potter." Sorrise e lo salutò con la mano, lui di risposta le fece il saluto militare, e poi, chiudendo gli occhi, Lily si materializzò.

Una volta solo, James si infilò le mani in tasca e si appoggiò al muro di mattoni dietro di lui. Rimase in piedi lì, sovrappensiero per un momento, poi si raddrizzò e si scompigliò i capelli come d’abitudine, prima di materializzarsi a casa a sua volta.

Lily comparve nel suo solito punto di materializzazione: un vicolo cieco e stretto a circa un isolato da casa sua. Aprì gli occhi e sospirò, prendendo un momento per ricomporsi e analizzare tutto quello che andava analizzato.

Ma iniziava ad avere freddo (aveva portato una giacca, ma indossava solo degli shorts), e così presto si incamminò, sfregandosi le mani nell’aria pungente. Il vicinato era silenzioso, e tutti i lampioni, tranne due o tre, si erano fulminati una vita fa; la città non aveva mai mandato nessuno ad aggiustarli. Camminava pigramente, rigirandosi in mente pezzetti di conversazione di quella sera, pensando a  James, e poi a se stessa, e come era stranissimo che fossero diventati amici, alla fine... che mangiassero assieme al Lantern, o che parlassero di Petunia, o qualsiasi cosa...

Lily raggiunse la porta d’ingresso, e la luce della veranda era accesa, ma non entrò subito. Riusciva a sentire sua madre che ascoltava qualcosa con il giradischi in cucina—Nat King Cole, pensò—e le richiamò alla memoria un ricordo di anni e anni fa, quando Petunia era ancora sua amica, e suo padre era vivo; all’improvviso si sentì molto triste, e si sedette sul primo gradino.

All’altra estremità dell’isolato di fronte, il parco all’angolo in cui giocava di solito con Sev quando era piccola si vedeva a malapena. Quando era più piccola, le era sembrato così lontano—le era stato vietato di andare fin lì senza Petunia che le teneva la mano. Ma adesso si rendeva conto di quanto in realtà non fosse lontano—solo in fondo alla strada. Non ci avrebbe messo neppure due minuti ad arrivarci; nemmeno Lumacorno si sarebbe disturbato a materializzarsi, a quella distanza.

Lily sorrise per la propria battuta leggermente cattiva e desiderò averlo detto quando qualcuno (James, per esempio) ci fosse stato per riderne.

Una brezza scosse le foglie degli alberi; Lily notò le altalene del parco dondolare alla luce della luna. I pensieri istintivamente si diressero a Sev.

Tanto tempo fa, l’avrebbe aspettata su una di quelle altalene, strascicando i piedi sulla sabbia, sembrando troppo piccolo in vestiti troppo grandi. Era proprio su quelle altalene, l’estate dopo il primo anno, che avevano giurato che sarebbero stati amici per sempre (a qualsiasi costo). E l’avevano creduto tutti e due, così tanto. Poi la fede si era trasformata in speranza, e la speranza nella pia illusione, e la pia illusione nel c’era una volta.

Le cose non andavano mai come ti aspettavi, Lily pensò triste. Se solo l’avesse saputo un po’ prima—saputo che alla fine avrebbe perso Severus. Avrebbe potuto fare le cose diversamente. Avrebbe potuto chiedere di essere smistata a Serpeverde, per stare con lui. Avrebbe potuto sforzarsi di più... costringerlo a scegliere, tempo prima, tra lei e gli altri amici—quando ancora avrebbe scelto lei. Avrebbe potuto passare un po’ meno tempo con Donna e Marlene e Mary, e un po’ più con lui. Avrebbe potuto...

E forse l’avrebbe salvato.

Ma non l’aveva fatto, e Severus se ne era andato.

E se avesse potuto rifare tutto da capo, non era sicura di cosa avrebbe cambiato. Perché amava Donna e Marlene e anche Mary. E amava Grifondoro. E credeva nel libero arbitrio. E se le cose fossero state diverse—se fosse stato ancora suo amico—adesso non le sarebbe stato permesso di esserci per Sirius. Non avrebbe potuto essere amica dei Malandrini. Di certo non avrebbe potuto essere amica di James Potter...

Se avesse potuto, avrebbe rinunciato a tutto questo per tenersi Severus?

Sarebbe stata obbligata?

Ma non importava, Lily decise un momento dopo. Adesso non poteva cambiare niente.  Era quello che era.

Si alzò e infilò le mani nelle tasche della giacca, preparandosi ad entrare. Comunque, in tasca, la mano di Lily sfiorò qualcosa di strano, che sembrava quasi plastica al tatto. Confusa, tirò fuori la cosa e la osservò sotto la luce gialla della veranda.

Era una carta.

Jack di Quadri.

Lily sorrise.


Tanto tempo fa, c'era un ragazzino, tredicenne e infelice. Il suo nome era Remus Lupin.

Per tanto tempo, si era sentito molto triste e spaventato. Ma soprattutto, molto molto solo.  Il dolore e la paura sono davvero tremende quando si sopportano da soli. Non c'è niente di peggio della solitudine.

Una volta compiuti undici anni, a Remus fu permesso di entrare a Hogwarts, e questo aiutò; aveva degli amici... be' aveva delle persone che, tutto sommato, gli parlavano, ed era in mezzo a ragazzi della sua età, e poteva imparare tutto sulla magia. Le lezioni gli piacevano. Specialmente quelle di Difesa—in quelle era bravo.

E, una volta al mese, veniva condotto giù alla Stamberga Strillante, dove pativa  le orribili e dolorose trasformazioni—da solo, come sempre. Ma non era spaventato; ci si poteva abituare al dolore, e i mostri non lo spaventavano più. Sapeva tutto su di loro.

E poi, un giorno, quando era al suo secondo anno a Hogwarts, la cosa che terrorizzava sul serio Remus accadde, ed il suo segreto fu scoperto—scoperto dai suoi tre compagni di dormitorio. Ma sorprendentemente, a loro non importò nulla. Non avevano paura di lui, non lo odiavano, ed a dire il vero ritenevano la cosa piuttosto fica.

Per Remus, quello fu l'inizio dei Malandrini—non il vero inizio, ma l'inizio di Remus. Non era tutta la storia, però. C'era molto altro—migliaia e migliaia di momenti, costruiti da quella sera. Migliaia e migliaia di conversazioni e litigi e secondi di pura contentezza. Ed a quel punto, Remus Lupin non fu più triste. Non fu più nemmeno spaventato, e non si sentì più solo.

Per un bel periodo, Remus Lupin era stato felice.

E poi non lo era stato più.

Sentì una fitta di dolore, e la sigaretta probabilmente non gli stava facendo bene, ma non poteva farne a meno. Era steso sul prato di fronte casa, ed il terreno era duro contro la schiena. Sua madre era andata a letto leggermente più confortata, e suo padre era tornato poco tempo dopo. A quel punto, Remus era andato fuori a contemplare la luna, perché—come dicevano tutti—la luna piena era uno spettacolo della natura, e quella di stasera era la cosa più vicina che poteva veramente apprezzare.

Remus Lupin stava pensando. Stava pensando a sua madre, e a quello che sarebbe diventato in ventiquattro ore, quando la luna sarebbe stata piena. Stava pensando agli sbagli e alla Signora Potter e ai Malandrini. Stava pensando a Peter Minus e James Potter e a se stesso, e stava pensando a Sirius Black.

Ma più di tutto, stava pensando a quella sera di più di quattro anni prima, quando aveva trovato un biglietto appuntato sul suo cuscino nel letto del dormitorio ed era sgattaiolato di sotto per trovare chi lo aveva scritto. Stava pensando allo shock che aveva ricevuto nel trovare gli autori e nello scoprire ciò che gli autori sapevano su di lui. Stava pensando a quello stupido, ingenuo patto infantile che avevano stipulato, e al sorriso che aveva illuminato il volto di Sirius nel sapere che il banalissimo Remus Lupin era un lupo mannaro.

E stava pensando al resto di quella serata... quando la professoressa McGranitt li aveva beccati mentre cercavano di tornare in dormitorio... quando li aveva accusati di andare a fare malandrinate per il castello. E poi, alla punizione che avevano scontato insieme la sera dopo... quando Sirius aveva scoperto che Remus era, in verità, veramente spiritoso, mentre James era rimasto impressionato dalla sua conoscenza in fatto di fatture.

Quello—pensò Remus—fu come era iniziato tutto.

Tutto era iniziato quando Remus aveva deciso che Sirius Black, con tutte le sue battute, era davvero interessante, e che James Potter, con tutti i suoi scherzi, era veramente eccezionale, e che Peter Minus, sebbene fosse apparentemente l'ultima ruota del carro, era il tipo di persona che uno vorrebbe come amico.

Non era iniziato perché Remus Lupin erano un lupo mannaro (be', solo in parte). Era iniziato perché James Potter, Sirius Black, Remus Lupin e Peter Minus si appartenevano.

E questo era il motivo per cui Peter e Remus stesso erano in Grifondoro, quando chiunque altro li avrebbe presi per un Tassorosso e un Corvonero. Questo era il motivo per cui James e Sirius erano diventati migliori amici, sebbene uno fosse un Potter e l'altro un Black, e sul serio, se il mondo avesse un minimo di senso, quei due sarebbero dovuti essere nemici mortali.

Il fato—pensò Remus, espirano fumo verso il nero, vasto cielo—operava in modo curioso a volte.

Buttò via la sigaretta e si alzò, e un brivido di consapevolezza gli attraversò il petto. Tutte le domande avevano di colpo risposta, tutti i dubbi erano svaniti, tutta la confusione alleviata. O per la maggior parte, comunque. Ad ogni modo, sapeva quello che doveva fare.

 


Matilda Minus posò amorevolmente in tavola un altro piatto pieno per suo figlio. “Su, mangia Peter caro”, tubò, un amore cieco nei rotondi occhi marroni. “Ce n'è ancora altro sul fuoco, se  ne vuoi”.

Peter annuì. La cucina dei Minus era piccola e pulita, e sebbene odorasse vagamente (come poi il resto della casetta) di latte vecchio, era una stanzetta ordinata e pulita. La signora Minus faceva in modo che fosse sempre così.

Peter finì il secondo piatto strapieno, e si dissuase dal prenderne un terzo, mentre sua madre mangiucchiava nervosamente la sua prima porzione. I due erano seduti ad una normalissima tavola di legno, la cui terza sedia era vacante. Lo era sempre stata da che Peter aveva memoria; non sapeva perchè sua madre l'aveva tenuta lì per sedici anni, ma non lo chiese.

Una vecchia e sciocca canzone d'amore suonava confusamente su Radio Strega Network, e i piatti—incantati in modo da lavarsi da soli—tintinnavano allegramente nel lavandino. Non era un brutto modo di vivere. Non era la villa dei Potter; non c'erano due genitori, come per Remus; ma sua madre era lì, no? E questo, per Peter, era abbastanza.

Un colpo alla porta interruppe la scarsa conversazione tra madre e figlio. Dato che la signora Minus stava ancora mangiando, Peter andò ad aprire.

"Remus?"

Sorpreso dalla presenza del suo amico alla porta, a Peter ci volle un momento per ricordare le buone maniere. A quel punto, si fece da parte e invitò Remus ad entrare.

“No grazie, non posso rimanere,” replicò in modo spiccio Remus.

“Prongs è con te?”

“No. Non—non è voluto venire.”

“Cosa è successo?”

“Niente.” Peter aspettò con aria d'attesa. Remus respirò profondamente. “A dire il vero,” iniziò, “Speravo che potessi venire con me a fare un giro.”

“Perchè?” chiese l'altro, sbigottito.

Remus serrò la mascella, raccogliendo a sé il suo coraggio. “C'è qualcosa che devo fare.”


 


Eccola lì, una cosetta proprio carina, sul serio. Scintillando alla luce del fuoco, con il suo tappo dorato, ancora sigillato al momento, e il liquido ambrato che rifrangeva l'immagine delle fiamme dietro di lui. L'etichetta—un'intricata opera d'arte... nera, dorata, e rossa, con fitte lettere serpeggianti—era ancora perfetta e liscia attorno alla parte più larga della bottiglia, con un anello più piccolo e sottile attorno al collo. Ed eccola lì, una cosetta proprio carina, sul tavolo dell'appartamento di Sirius, mentre il ragazzo era chino su di essa (non perchè volesse ubriacarsi ancora, solo per vedere le fiamme attraverso la bottiglia vergine di Whisky Incendiario).

Proprio carina, sul serio.

Non aveva voluto scolarsene cinque quella sera, ma l'aveva già fatto prima, ed il proprio volere, una volta che aveva iniziato, non aveva più avuto a che vedere con la faccenda.

I genitori di James avevano posseduto una magnifica bottiglia di tequila una volta—d'oro pallido e liscio. L'avevano presa, James, Remus, Peter e Sirius, ed erano andati in città... faceva così caldo, ed erano andati in un pub, e c'era la musica, e James e Remus si erano messi a discutere di politica da brilli, e c'era stata una ragazza, una cosetta proprio carina, con quel sorriso...

Ma quello era stato tanto tempo fa, ed ora Sirius aveva finito il proprio turno al lavoro e non ne avrebbe avuto un altro fino alla sera dopo, ed era tardi, e il whisky sembrava risplendere alla luce della fiamma, e alla radio mandavano una canzone bella e triste.

E lui avrebbe potuto uccidere Remus. Avrebbe potuto uccidere Piton. Aveva detto tutto a Piton.

Crack.

Sirius ruppe la guarnizione della bottiglia e si alzò per prendere un bicchiere. Quel tipo di formalità poteva sembrare senza senso a quel punto, ma gli donava uno strano senso di speranza nonostante tutto.

Clic, fece il bicchiere battendo sul tavolo.

Il Whisky Incendiario era più scuro della tequila.

Aprì svitando il tappo della bottiglia, e questo cadde sul piano del tavolo con un soddisfacente clangore, roteando su se stesso fino a che non cadde vicino all'angolo. La bottiglia ed il suo tappo separato erano gli unici oggetti sul tavolo, a parte il bicchiere.

Avrebbe potuto uccidere Remus. L'aveva detto a Piton.

Si sentiva dell'armonica nella canzone alla radio. A Sirius piaceva l'armonica.

Avrebbe potuto uccidere Remus. L'aveva detto a Piton.

Sirius prese in mano la bottiglia, e la sua mano coprì la maggior parte dell'etichetta nera, dorata e rossa che aveva ammirato così tanto. La inclinò, e lo scuro liquido ambrato scivolò attraverso il collo della bottiglia, cadendo sul fondo del bicchiere. Dopo pochi secondi, Sirius posò la bottiglia sul tavolo, ma non rimise sopra il tappo, perché non era, dopo tutto, così ingenuo.

Portò il bicchiere alle labbra.

Fu in quel momento che si accorse che quello scampanellio che aveva nelle orecchie proveniva dal suo stesso campanello di casa. Era la prima volta che lo sentiva.

Sirius si alzò, confuso, e si diresse alla porta. Indossava ancora i suoi abiti da lavoro. Chi poteva essere? Lily si era fermata di nuovo? Poi aprì.

Sulla porta c'erano Remus e Peter. Remus era rimasto stranamente sorpreso quando Sirius aveva aperto la porta, come se non si fosse totalmente preparato all'idea, ma non era niente in confronto a come si stava sentendo Sirius. Inclinò la testa da un lato, incapace di articolare le mille domande che gli erano immediatamente balzate in mente.

“Ciao,” disse Peter alla fine.

“Ciao” si aggregò Remus.

"Ciao," rispose Sirius. Poi, riprendendosi, aggiunse: “Volete entrare?”

Remus annuì. “Ci piacerebbe.”

Sirius si fece da parte, facendoli passare. I due entrarono nel salotto, osservando l'intero appartamento, con il whisky e tutto. Rimasero in silenzio per un po'.

“Non vorrei sembrare scortese,” iniziò alla fine Sirius; Remus si girò dalla sua ispezione dell'appartamento per fronteggiarlo, “ma—cosa vi porta qui?”

Peter si appoggiò al bancone della cucina, e stava guardando Remus molto attentamente. Il giovane licantropo, nel frattempo, fissò Sirius con determinazione nei suoi occhi grigio chiaro. “Non ci sono molte persone nella mia vita Padfoot. E di quelle che ci sono, ancora meno sanno la verità su di me. E questa verità non è per tutti—alcuni non riescono a gestirla o a tenerla per loro o a capirla. Ma alcune persone ci riescono, ed alcune volte chi dovrebbe esserci per te—la tua famiglia—non ne è in grado, quindi bisogna cercare qualcun altro che ci riesca. E quindi se si riuscisse a trovare questo qualcuno, che fosse in grado di capire il mio segreto, e che volesse aiutarmi ad affrontarlo ogni mese—qualcuno che fosse abbastanza forte per farlo—allora questo lo renderebbe la mia famiglia, no?”

Esitò, e Sirius non disse nulla.

“E la cosa importante della famiglia,” continuò Remus, “è che nonostante tutto, se ti chiede di perdonarla... tu devi farlo. Perché qualsiasi stupida... stronzata faccia, sai che sarebbe pronta a tutto per te se ce ne fosse bisogno.”

Rimasero tutti e tre in silenzio per qualche secondo. Poi, Sirius parlò. “Cosa stai dicendo, Remus?”

Remus sospirò pesantemente. Sapeva quello che doveva fare. “Sono venuto qui a dirti che ti perdono Padfoot,” disse.

E Sirius si rese conto che stava trattenendo il respiro solo quando lo buttò fuori. “Mi perdoni?”

Remus annuì leggermente. Sirius volse lo sguardo a Peter, che annuì a sua volta.

“Ma... avrei potuto ucciderti.”

“Lo so,” disse Remus.

“Avrei potuto uccidere Piton!”

“Lo so.”

“Saresti potuto andare in prigione!”

“Lo so.”

“E tu mi perdoni?” insisté Sirius, sbalordito. “Mi perdoni tutto quanto?”

Remus annuì di nuovo.

E avrebbe dovuto starsene zitto e accettare la cosa, ma ovviamente, Sirius non lo fece. “Sei sicuro?”

“Già. Abbastanza sicuro”

Un centinaio di emozioni si impressero sul viso di Sirius. C'era gratitudine e paura e rabbia e dolore e confusione. E infine ci fu il rimorso: “Mi dispiace tanto,” sussurrò, ma lo sentirono entrambi.

“Lo so,” rispose sinceramente Remus.

Sirius esitò. “Grazie.”

Remus annuì e basta. Allora, spontaneamente, Peter cominciò ad aprire gli sportelli. Li aprì uno dopo l'altro finché non localizzò i bicchieri, appena sopra il lavandino. Il Malandrino ne prese due e si avvicino al tavolo, posandoli vicino a quello mezzo pieno di Sirius. Aspettò.

Senza dire niente, Sirius e Remus si accostarono al tavolo; c'era solo una sedia, così nessuno si sedette. Peter versò Whisky Incendiario nei bicchieri vuoti. I tre esitarono a bere.

“È una bella canzone,” disse Peter, riferendosi alla canzone che ancora suonava da RSN. Forse il momento sarebbe potuto essere perfezionato da un brindisi più sottile, ma nessuno dei tre si sentiva molto poetico in quel momento. Remus e Peter bevvero; Sirius no. Fece scorrere un dito lungo l'orlo del bicchiere e, per la prima volta dopo mesi, si sentì genuinamente ottimista.

Remus vuotò il suo bicchiere e lo posò con un leggero clic sopra la tavola di legno. Forse l'alcol lo aveva riscaldato dentro e gli aveva placato i sensi, ma si sentiva molto sveglio. Non era ancora tutto perfetto... non potrebbe essere mai tutto perfetto, perché, dopo tutto, non lo era stato mai. Ma le cosa sarebbero migliorate. James avrebbe cambiato idea. Si sarebbe fidato di nuovo di Sirius. Sarebbero tornati ad essere di nuovo i Malandrini. La vita sarebbe tornata alla normalità ancora una volta.

Il mattino arrivava sempre.

Non era ancora lì, ma la luna era calata (il peggio era passato), e il cielo si stava schiarendo (era ottimista), e presto (molto presto), sarebbe sorto il sole.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** La Settimana delle Pretese ***


Prima: Mary sta uscendo con un ragazzo di nome Umbert Stebbins. Adam McKinnon ha detto a Marlene di amarla a Maggio, ma Marlene voleva mantenere la loro relazione platonica. Il fratello maggiore di Donna, Kingsley, è un auror e Donna ha una sorella minore di nome Bridget e due fratelli minori, Isaiah e Brice. I suoi genitori erano stati tra i primi omicidi ad alto profilo di Voldemort. Sirius è stato buttato fuori dai Malandrini per il suo scherzo a Piton, ma Remus e Peter hanno deciso di perdonarlo. James no. Sirius e Donna lavorano al Paiolo Magico. Petunia Evans sta per sposarsi e Lily è una damigella, ma è frustrata perché Petunia non ha ancora detto a Vernon che Lily è una strega. Pensa che Petunia stia evitando di dirglielo per alzare un’altra barriera tra loro due.

 

Capitolo 25–“La Settimana delle Pretese”

O

"Hey Jude"

 

Phillip Stoake, trentadue anni, non era nessuno di particolare. I suoi amici dicevano che non avrebbe fatto male a una mosca.

Era nato a Newcastle, con due genitori babbani e una sorella minore, magica come lui. A Hogwarts era un Tassorosso e tutto ciò che questo implicava. I suoi voti non erano niente di speciale, ma aveva una reputazione da bravo ragazzo.

Si era sposato con la sua fidanzata di Hogwarts, Louise, due anni dopo aver completato il suo settimo anno e lavorava come custode al Ministero della Magia.

Nei giorni successivi, la gente avrebbe cominciato a capire che era il suo lavoro ad averlo reso un ottimo candidato… beh, il suo lavoro e il suo status di sangue. Perché, altrimenti, Philip Stoake non era nessuno in particolare–i suoi amici dicevano che non avrebbe fatto male a una mosca.

Non aveva semplicemente senso che in un lunedì di nessun reale significato, lui dovesse camminare nell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, dare la parola d’ordine che gli consentiva l’accesso agli uffici dei maggiori ufficiali e indirizzare ad Alexander Potter, capo dello stesso ufficio, un messaggio che, sosteneva Philip, proveniva dal Signore Oscuro.

I suoi occhi erano assenti e spenti. La sua voce monotona e priva di emozioni. Il suo viso pallido come la morte. C’erano lividi su tutto il suo corpo, nascosti dai suoi abiti da custode ma scoperti dopo, che mostravano che aveva opposto resistenza alla costrizione dei mangiamorte. Ma alla fine era caduto, aveva ceduto alle loro pretese, ed era stato costretto a portare avanti la sua missione.

La sua missione.

“Ho un messaggio dal Signore Oscuro per il Ministero della Magia,” disse Philip Stoake, trentadue anni, in quel caldo pomeriggio di giugno (il primo giorno della Settimana delle Pretese). Alex Potter si alzò dalla sua scrivania, la sua mano già nella tasca della veste, dove era riposta la bacchetta. Due assistenti della sala esterna, che avevano provato e fallito a impedire a Philip di entrare nell’ufficio del Signor Potter si affrettarono dentro dietro all’intruso, bacchette pronte ad attaccare se necessario, ma Potter alzò una mano per fermarli.

“Chi sei?” chiese teso.

“Ho un messaggio dal Signore Oscuro per il Ministero della Magia,” ripeté Philip Stoake, trentadue anni. Un qualunque studente del primo anno avrebbe potuto dire che era sotto incantesimo. “Porto il primo messaggio. Gli altri seguiranno. Se le pretese non saranno soddisfatte immediatamente, ci sarà una punizione.”

I due segretari guardarono spaventati al Signor Potter, ma lui vedeva solo Philip. “Non assecondiamo minacce di questa natura,” disse. “Dimmi il tuo nome.”

“Ho un messaggio dal Signore Oscuro per il Ministero della Magia. Porto il primo messaggio. Gli altri seguiranno.”

“Qual’è il tuo messaggio?” chiese Potter.

“Tutti i maghi nati da due genitori babbani dovranno avere le loro bacchette spezzate e i loro ricordi del mondo magico cancellati. I nati babbani minorenni saranno espulsi da Hogwarts e avranno le loro memorie cancellate. A nessun nato babbano sarà concesso praticare la magia in Inghilterra.” Philip si fermò. “Questa è la prima pretesa.”

“Come ti chiami?” insistette il Signor Potter. “Per favore, cerca di ricordare…”

Ma Philip Stoake, trentadue anni. aveva completato la sua missione. Tirò fuori la sua bacchetta molto velocemente, troppo velocemente perché qualcuno nell’ufficio reagisse, e si tagliò la gola. 

(Lunedì)

“Hai sentito questa storia?” chiese Lily al telefono, alzando il volume della radio magica mentre un’altra notizia sulla morte di Philip Stoake veniva annunciata. “È terribile.”

“Oh,” replicò Mary dall’altro capo del telefono, “Quel tizio Stoake? Lo so! Chi crede di essere, provare a farci cacciare dal mondo magico!”

“Mare, era sotto l’Imperius,” disse Lily.

“No, non lui. I mangiamorte e… Tu-Sai-Chi.”

“Oh. Giusto.”

Rimase in silenzio per un minuto. “Sta peggiorando, non è vero?” chiese infine la voce di Mary. “La guerra.”

Lily, che stava preparando la sua colazione, sospirò e si sporse sul bancone. “Sì.”

“Lo hai detto a tua madre? Io non ho detto niente ai miei genitori…”

“No, non glielo detto nemmeno io.”

“Probabilmente è meglio così,” disse Mary. “Si preoccuperebbero soltanto.”

Lily non rispose. Il suo toast uscì dal tostapane, e lei tenne il ricevitore tra la spalla e l’orecchio. “Ascolta, Mary, devo andare.”

“Sì, anche io. Appuntamento con Stebbins dopo, sai, e non ho nemmeno cominciato con i capelli.”

“Okay. Ti chiamo dopo.”

“Ti voglio bene.”

“Anche io. Oh, e Mary…”

“Sì, Tesoro?”

“Stai attenta, sì?”

“Certo, cara. Ciao.”

“Ciao.” 

Lily posò il telefono e cambiò la stazione alla radio così che quando sua madre sarebbe tornata con la spesa, ci sarebbe stata solo un’innocua canzone di Celestina Warbeck in onda. 


La cosa buona del giocare a Quidditch (o un derivato senza boccino, comunque) con Remus e Peter era che, dal punto di vista delle abilità, erano inferiori a James. Non che questa fosse una questione di ego o qualcosa di immaturo del genere. Piuttosto, i giocatori con minore esperienza dovevano concentrarsi più di James, e–di conseguenza–ci poteva essere poca conversazione.

James non voleva parlare con nessuno dei dannati traditori pugnalatori alle spalle con un piede in due scarpe.

Non voleva nemmeno che se ne andassero, però, quindi doveva fingere che non gli importasse che erano  pugnalatori alle spalle con un piede in due scarpe, e il miglior modo per farlo in maniera convincente era di evitare completamente di parlare… o parlare razionalmente, ad ogni modo–che era il perché, l’istante in cui non avrebbe potuto più convincerli a continuare questo stratagemma della partita di Quidditch, James aveva intenzione di ubriacarsi completamente.

Geniale, pensò, mancando intenzionalmente il tiro mediocre di Remus in direzione della sua porta.

Restituendo la pluffa offensiva, James volò al centro del campo quasi regolamentare dei Potter. Nel corso degli anni i Malandrini avevano sviluppato un sistema per giocare a Quidditch con solo quattro giocatori–Sirius l’aveva chiamato “Fake-ditch.” Le squadre erano divise in due contro due, con un membro di ogni squadra che giocava da cercatore e gli altri due nel ruolo sia di cacciatore che di portiere. I cercatori dovevano scambiarsi con i cacciatori-portieri ogni mezz’ora circa, e Sirius e James dovevano giocare contro, dal momento che avevano più abilità e pratica. Quest’estate, i tre Malandrini avevano tentato di adattare il gioco per un giocatore in meno, con James che giocava contro Remus e Peter. Benché le partite fossero abbastanza divertenti, non somigliavano per niente al Quidditch.

Per ogni goal, tutti e tre volavano al centro del campo dove Remus o Peter lanciavano la Pluffa per far sì che gli altri due la inseguissero, affinché ne guadagnassero il possesso.

Quando James e Remus si incontrarono al centro del campo, comunque, Remus non sembrava soddisfatto del suo ultimo goal.

“Sei arrabbiato con me,” lo accusò.

James inarcò le sopracciglia. “No, non lo sono,” insisté, provando a dargli la Pluffa.

Remus ignorò il gesto. “Sì, lo sei. Mi hai appena fatto fare goal.”

“Non è vero.”

“Prongs…”

Peter si unì a loro.

“Che succede?”

“Prongs è arrabbiato con noi.”

“Non è vero.”

“È per questo che ha mancato l’ultimo goal di proposito?”

“Ovviamente.”

“Anche se,” James sbuffò, “avessi mancato l’ultimo goal di proposito–e diciamo la verità, è due-contro-uno, e sto vincendo comunque, non capisco come facciate a pensare che sono arrabbiato con voi! Siete fuori. Ecco, qualcuno prenda questa…” Provò, ancora una volta, a dargli la Pluffa, ma nessuno dei suoi amici sembrava particolarmente interessato al gioco ormai.

“Atterriamo,” disse Remus, più come affermazione che come suggerimento. Peter lo seguì a terra, ma James esitò, sbuffando, prima di gettarsi in picchiata e incontrare gli altri due sull’erba. Lo guardarono con aria d’attesa.

Cosa?

Remus sospirò. “Sei arrabbiato con noi perché abbiamo perdonato Sirius.”

“Non mi importa,” disse James, stringendosi nelle spalle.

“Sì che ti importa.”

“Non mi importa.”

“Si che ti im…”

Non mi importa, okay? Lascia perdere.”

James incrociò le braccia irritato; sapeva che era un errore… li stava allontanando con la sua testardaggine e non avrebbe dovuto farlo… doveva essere più attento.

Remus si accigliò. “Se non sei arrabbiato, allora parliamone, sì?”

No.”

“Perché sei arrabbiato!”

“Perché non voglio parlarne!”

“Stronzate.”

Nell’interesse di non litigare, James si morse la lingua e provò a comportarsi normalmente. “Andiamo dentro,” suggerì con forza, voltando le spalle agli altri due e dirigendosi verso la casa.

Prongs,” lo chiamò Remus, e lui e Peter lo seguirono. James si fermò, perché non poteva averli davvero arrabbiati con lui, vero? Non poteva lasciarli andare via, perché sarebbero andati da Sirius e poi…

James si rese conto per la prima volta che era una questione di custodia. Stava giocando a braccio di ferro e stava perdendo.

“Cosa?” chiese, troppo bruscamente, girandosi verso di loro.

Remus esitò. “Io l’ho perdonato, Prongs, e io ero quello che avrebbe assalito Piton. So che è il tuo migliore amico, e ti senti tradito o non so cosa, ma… è tempo di lasciar…”

Non riuscì a fermarsi.

Come?” lo interruppe ad alta voce. “Come hai potuto semplicemente perdonarlo?” Come hai potuto semplicemente lasciar perdere? Non ha senso!”

Remus non aveva una risposta inizialmente; Peter, ad ogni modo, sì. “È Sirius.” Entrambi guardarono Wormtail. “Era uno stupido errore, ma… lui ci darebbe un’altra occasione.”

L’espressione di James rimase risoluta, comunque, e si voltò nuovamente verso Remus. Remus fissò James con uno sguardo intenso per diversi secondi e poi disse: “se qualcuno può perdonarmi per quello che sono… quello che ho fatto per diventare così e tutto quello che comporta… credo di poter perdonare Sirius per i suoi sbagli.”

Solo per un secondo, lo sguardo di James si addolcì, tanto che Remus pensò di essere riuscito a passare attraverso… poi, la rabbia tornò nei suoi occhi nocciola, e James scosse la testa. “Non è abbastanza.”

Furibondo, Remus alzò gli occhi al cielo. “Me ne vado,” annunciò.

Bene,” sbottò James. Peter rimase fermo. Remus, da parte sua, si diresse verso la casa, camminando velocemente. Lasciò cadere la scopa–una di quelle di James–sullo scalino e prese l’entrata che portava in cucina. Fu solo in quel momento che si ricordo che la Signora Potter era ancora a casa.

“Ciao, Remus,” disse distrattamente. Stava in piedi dietro il bancone, scrivendo un messaggio con una piuma.

“Oh–salve, Signora Pot…”

Ma lei probabilmente non l’aveva nemmeno sentito. “James sta entrando?”

“N-no. Non credo…”

“Bene. Non voglio litigare.”

Remus aprì la bocca per chiedere di cosa stesse parlando, ma lei continuò bruscamente.

“Hai sentito cosa è successo stamattina al Ministero?”

“Cosa? Oh, sì, quel tizio con la ‘pretesa…’”

“Beh, l’ufficiale del Minister–il testimone–che i giornali hanno menzionato… ho appena ricevuto un gufo…”

“Non è… il Signor Potter…?” cominciò Remus, temendo il peggio.

“Sta bene,” lo interruppe velocemente la signora Potter. “Sta bene; nessuno lo ha toccato, ma devo… devo andare adesso e…” stropicciò il pezzo di pergamena e Remus realizzò che doveva essere un messaggio di spiegazioni. “Lo dirai a James? Non ne ho tempo e lui discuterà, e…”

Remus annuì lentamente. “Si, certamente.”

“Grazie, Remus.” Lei gli sorrise calorosamente e poi, voltandosi, lasciò la cucina, i suoi tacchi che risuonavano sul pavimento. Remus rimase da solo nella stanza per un minuto o due, prima che sentisse il cigolio della porta della cucina, e James e Peter apparvero.

“Ancora qui?” sputò James, afferrando bottiglie di burrobirra dal congelatore incantato–una per lui e una per Peter.

“Non penso che me ne andrò all fine.” Remus lo guardò, e James notò la sua espressione lugubre.

“Cosa è successo?”

Alcune cose, decise Remus, erano più importante del portare rancore. “Forse preferiresti sedere.”


C’era questa famiglia di quattro persone (un padre, una madre, e due bambini piccoli) seduti in un angolo del pub, facendo un rumore tremendo mentre pranzavano. Il padre sembrava annoiato ed esausto, la madre stressata, e i bambini sembravano un mucchio sporco e viziato. C’era un mago più vecchio, dall’aspetto professionale, seduto vicino alla porta, distratto dal suo purè e salsicce da un rotolo di pergamena che era probabilmente per il suo lavoro, perché continuava a borbottare e a grattare via con la piuma. C’era anche una vecchia strega che odorava di tabacco, che si occupava di un largo bicchiere di whiskey (il suo secondo) ad un tavolo vicino alla finestra. Stava canticchiando una melodia familiare con uno sguardo triste e perso nel vuoto.

Il Paiolo Magico alle tre del pomeriggio di lunedì era un posto deprimente.

Donna pulì il bancone già impeccabile per la sedicesima volta, semplicemente perché non c’era nient’altro da fare. La folla dell’ora di pranzo era finita una o due ore prima, e un’altra folla sarebbe arrivata tra circa un’ora, ma in questo momento, la maggior parte delle persone che passavano attraverso il pub erano lì solo per tornare alle loro stanze o utilizzare il passaggio per Diagon Alley.

Il cling-clang della campanella sulla porta quasi echeggiò nella stanza quando l’ingresso sulla strada si aprì, ma Donna fu l’unica dei sette maghi e streghe nella stanza ad alzare lo sguardo.

Era Pip, un mago sulla settantina, col naso schiacciato e i capelli bianchi; passava la maggior parte dei suoi pomeriggi a bere (se non al Paiolo Magico, altrove), e durante il suo primo giorno al Paiolo, a Donna era stato detto (da Tom, il suo capo) di fermarlo prima di quanto volesse. Pip non era una persona cattiva, davvero. Non era un ubriaco tranquillo (che era sempre la cosa più triste), ma non era troppo rumoroso. Davvero, non si ubriacava mai troppo. Beveva il suo idromele lentamente e regolarmente, però, seduto al bordo del bar e raccontava storie a chiunque fosse disposto ad ascoltare. Donna in genere prestava attenzione solo perché lui era .

“‘Pomeriggio, signorina,” la salutò Pip, la sua faccia rossastra si illuminò alla vista di Donna.

“Salve,” replicò Donna.

“Il signor Black è qui oggi, signorina?”

“Sarà qui stasera con Tom,” disse l’altra. Il proprietario Tom (Donna non era sicura di conoscere il suo cognome) aveva assunto sia Donna che Sirius per aiutarlo al Paiolo Magico, mentre due dei suoi soliti lavoratori (due sorelle, Adelaide e Leona) erano in vacanza. Tom lavorava la sera, quando era più affollato, e Donna e Sirius facevano a turno per aiutarlo. Chiunque non fosse al bar la notte di solito si occupava del bar e della locanda il pomeriggio o la mattina (anche se Tom non era mai troppo lontano). Donna aveva anche lavorato per un turno di notte una volta, dalle undici di sera alle nove del mattino, anche se il bar era chiuso allora e doveva solo restare sveglia in caso qualcuno volesse una stanza al piano di sopra. Anche quello era meglio dell’infinito turno del pomeriggio. Anche se il pub era freddo e buio, ogniqualvolta la porta veniva aperta, permetteva ad una folata di umida e calda aria di luglio entrare, e anche se i clienti erano pochi in quell’ora, dozzine di streghe e maghi erano disposti ad andare alla Gringott, al Ghirigoro, da Florian Fortebraccio e qualunque altro negozio di Diagon Alley.

Pip si sedette alla sua solita seduta al bar e ordinò una pinta di idromele, che Donna gli consegnò rapidamente.

“Il diavolo è lì fuori, signorina, c’è,” la informò il mago, una volta che ebbe bevuto profondamente dalla pinta. “E il mio incantesimo di raffreddamento non è più quello di una volta.”

Donna annuì. “Può succedere. Potresti provare a bere meno, sai. Troppo liquore con l’età talvolta diminuisce le capacità magiche.”

“Sciocchezze,” sbuffò Pip. “Non è il bere che mi ha fatto questo. Sono ‘ei pazzi del Ministero. Ci avvelena nel sonno, il Ministero. Non fidarti di loro, signorina. Non fidarti nemmeno un po’.”

Donna si sporse sul bar. Sapeva di dovergli tenere il gioco, o almeno divertirlo, ma a volte, non poteva farne a meno. “Il Ministero della Magia ti ha avvelenato così che il tuo incantesimo raffreddante non funzioni più?” chiese scettica.

“È giusto.”

“Perché mai dovrebbe importare al Ministero se tu sia in grado di fare un incantesimo raffreddante o meno?”

Ma Pip, prevedibilmente, si rifiutò di vederla a modo suo. Aggrottò le sopracciglia, temporaneamente scontroso, e prese un altro sorso di idromele. “Se non lo sai, non posso dirtelo, Signorina,” disse semplicemente. Donna realizzò che aveva distrutto la sua unica speranza di conversazione per la prossima ora, e così si mosse nuovamente verso il centro del bar e si sedette sul suo sgabello.

Il mago vicino alla porta pagò il suo conto e andò via, probabilmente per tornare a lavoro, la strega anziana continuò a canticchiare sognante, e Donna aveva letto tre quarti delle etichette degli alcolici della seconda mensola quando la campanella dorata sopra la porta suonò di nuovo. Non alzò lo sguardo questa volta, sapendo che era quasi certamente un cliente di Diagon Alley. Fu pertanto sorpresa quando un mago si sedette al bar, vicino alla parete opposta all’angolo di Pip. Fu ancora più sorpresa nel trovare che era qualcuno che riconosceva.

Vestito in abiti neri del ministero con un badge dorato luccicante appuntato svogliatamente al suo colletto, c’era Lathe. Sì massaggiò la fronte stancamente–i suoi occhi blu chiusi–mentre chiedeva: “Un Whiskey Incendiario, liscio.”

Donna prese due bottiglie d una mensola. “Ogden o Belladonna?”

“Ogden” Versò il liquore, e Lathe lo ingoiò velocemente. “Un altro, per cortesia.” Lei lo assecondò, e questa volta, l’auror procedette con più calma. Si sedette anche più dritto, aprendo infine gli occhi e gettando lo sguardo su Donna per la prima volta.

“Ti ho già vista da qualche parte?” chiese.

“Dovresti bere in servizio?” ribatté Donna. Ripose le bottiglie sulle loro mensole, e Lathe fece un sorrisetto. Rimosse il badge dal suo abito e lo fece ruotare sul bancone davanti a lui.

“Non sono in servizio, amica. Sembra che non ci sarò nemmeno per un incantesimo.”

“Ti hanno licenziato?”

“No. Sospeso per un’indagine. Merlino, io ti ho già vista da qualche parte… Ti ho mai arrestata?”

"No," replicò lei, offesa. “Ero ad Hogwarts questo scorso anno.”

“Non deve esserti piaciuta molto la scuola,” disse Lathe, lanciando uno sguardo malizioso intorno al locale. Donna incrociò le braccia, più offesa.

“Sappi che ho avuto cinque ‘E’ ai miei G.U.F.O. Ho appena finito il mio sesto anno, questo è tutto. È un lavoro per le vacanze estive.”

Lathe annuì. “Beh, fa sempre bene. Quindi sei una studentessa di Hogwarts, giusto? E del settimo anno? Un po’ giovane per occuparti di un bar…”

Tu sei un po’ troppo giovane per guidare indagini degli auror.”

“Sono un prodigio.”

“Anche io.”

“Nell’alcol?”

“In tutto ciò che mi interessa.”

“Incluso l’alcol.”

“Incluso l’essere pagata.”

Lathe rise. “Hai vinto. Un altro, per cortesia.” Lei glielo versò e si sedette di nuovo sul suo sgabello di nuovo. “Non credo,” cominciò adesso, “che tu conosca una ragazza divertente di nome Evans, vero?”

“È nella mia stessa casa e anno.”

“Ah…” Un forte sorso di Whiskey Incendiario: “Quindi sei una Grifondoro, allora. Non mi sono mai piaciuti molto i Grifondoro quando andavo a scuola. Ero un Corvonero. Tu mi sembri estremamente familiare…”

“Mi hai accusato di aver incantato qualcuno il tuo primo giorno al castello,” disse Donna, ricordando l’incidente con malizia. “Oltre quello, non credo di averti visto da allora.”

Lathe si accigliò dietro il suo bicchiere. “E sei certa che non ti abbia mai arrestata? Ho un’idea di te nel dipartimento auror per qualche ragione.”

“Potresti star immaginando mio fratello, allora.”

“L’ho arrestato?”

“No, è uno di voi.”

“Un auror? Come si chiama?”

"Kingsley... Kingsley Shacklebolt."

Il riconoscimento si diffuse immediatamente sul volto di Lathe. “Giusto–sei la sorella di Kingsley, allora. Ha una foto dell’intera prole sulla sua scrivania… la sua scrivania è proprio accanto alla mia in questi giorni. Ovviamente sei molto più grande adesso.”

Donna acconsentì che questa fosse la verità, sapendo esattamente di quale foto stesse parlando Lathe. Era l’ultima foto dell’intera famiglia…

“Quindi sei la sorella di Kingsley? Dal modo in cui parla di te, immaginavo che fossi metà gigante, metà drago. Non in un senso cattivo…” aggiunse rapidamente Lathe. “Solo una forza da stimare.”

Compiaciuta per quella descrizione di se stessa, Donna non dibatte il punto. Invece, chiese: “quindi perché stanno indagando su di te? Non hai preso una bustarella, vero?”

“Niente di così male,” fu l’unica risposta di Lathe, e c’era una punta nella sua voce che disse a Donna di lasciar perdere. Fece un altro sorso di Whiskey Incendiario. “Avrei dovuto essere un barista,” rimuginò in dettaglio, guardandosi assentemente attorno nel pub. “È un lavoro molto pratico.”

“Cosa te lo fa pensare?” volle sapere Donna.

“Beh–nessuno cerca di ucciderti quotidianamente, no?”

“Peggio. Cercano di parlarmi.”

Lathe sembrava divertito. “Non ti piace parlare con le persone?”

“Non mi piacciono le persone che si siedono e pensano che perché gli verso il liquore, voglio sapere tutto dei loro problemi. I loro problemi sono stupidi di solito in ogni caso. Voglio dire–perché nel nome di Merlino mi dovrebbe importare se un tizio crede che la moglie lo stia tradendo? E dove pensa di poterle dire di non farlo, quando lo vedo comprare drink per piccole sgualdrine bionde tutto il dannato tempo?”

“Lo prendo come un ‘no.’”

Donna si accigliò. “Non mi dispiace parlare con persone intelligenti,” lo corresse freddamente. “Ma se ne incontrano davvero poche in un turno pomeridiano in un pub.”

L’auror inarcò le sopracciglia. “Mi stai insultando, Shacklebolt in miniatura?”

Confusa: “No…”

“E per qualche ragione, ti credo.” Picchiettò pigramente con un anello sul suo mignolo contro il suo bicchiere quasi vuoto. “Sei una ragazza strana, sai.”

Donna incrociò le braccia impaziente. “Posso sospenderti il servizio, sai.”

“Ma perderesti la mia preziosa clientela!”

“Forse non mi importa.”

“Ma io conosco Tom…”

“Tutti conoscono Tom. È il dannato Paiolo Magico.”

“Okay, va bene.” Lathe fece spallucce. “Ma mantengo la mia posizione.”

Donna fece un’espressione, ma non ebbe l’opportunità di rispondere, poiché Pip scelse quel momento per richiedere che lei alzasse il volume della radio dietro il bar. Lo fece con un movimento della bacchetta, e immediatamente, un altro reportage su Phillip Stoake riempi il pub relativamente silenzioso. Donna si voltò nuovamente verso Lathe. “Eri lì? Stamattina–quando è successo?”

“Stesso piano, ala diversa,” disse Lathe impassibile. Fece un gesto per un altro Whiskey Incendiario. “Ero nell’ufficio auror. Drake–qualcuno dall’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia–è entrato urlando, e un gruppo di noi è corso lì, ma Stoake era già morto.”

“Cosa faranno?” Chiese Donna. Lathe fece solo spallucce di nuovo.

“Sono in ‘congedo,’” le ricordò seccamente. “E comunque, non sono sicuro che ci sia molto che possano fare.”

“Non pensi che presteranno alcuna attenzione alla pretesa però…?”

“Non siamo ancora messi così male.” Scosse la testa e ingoiò il resto del suo ultimo drink. “Posso dirti una cosa, però–non è un buon periodo per sospendere auror. Stoake ha detto che la sua ‘pretesa’ era la prima, quindi suppongo che non sia finita.”

Donna maledisse mentalmente il suo fratello idiota per perseguire letteralmente la carriera più pericolosa della loro generazione e stava proprio per dirlo ad alta voce quando un largo gruppo di maghi e streghe entrò nel pub, e doveva prendersi cura di loro. Come si rivelò in seguito, il gruppo parve dare inizio alla folla del tardo pomeriggio, e dal momento che Donna fu piuttosto occupata per la successiva ora circa, non parlò molto di più con Lathe per il resto del tempo in cui lui rimase lì.

(Martedì)

“—Avresti potuto essere ucciso! Il Ministero deve aumentare la sicurezza! Sono solo in stato di negazione a questo punto! Ne parlerò immediatamente a Victor oggi…”

James scambiò uno sguardo con suo padre attraverso il tavolo della colazione, mentre Grace Potter continuava ciò che sembrava lo stesso monologo senza tregua che era cominciato alle undici della sera precedente–quando le era stato finalmente concesso di parlare con il marito–e doveva ancora fare cinque minuti di pausa.

“… Non c’è assolutamente alcuna ragione per cui una cosa del genere possa accadere! Il Ministero della Magia! Potrebbe essere accaduto qualcosa al Ministro, o a chiunque! E pensare…”

“Mamma!” la interruppe James ad alta voce. “Davvero, penso che la tua rabbia sarebbe meglio se diretta verso qualcun altro.”

La Signora Potter ripose la sua tazza da te’ e incrociò le braccia. “Sei incredibilmente tranquillo riguardo alla quasi morte di tuo padre, James Alexander.”

“Grace…” cominciò il Signor Potter, ma James si intromise ancora una volta.

“Mamma, è seduto a tavola, monopolizza tutti i toast come al solito, sta perfettamente bene–il ritratto della salute. Cosa? Sarei triste se fosse morto!”

Sua madre si voltò verso il Signor Potter. “Sgridalo tu, Alex.”

“Perché devo farlo io?”

“Perché mi piace essere il genitore buono.”

James alzò gli occhi al cielo e si alzò dal tavolo. “Vado a vedere se è arrivato il giornale.” Si fermò vicino alla porta; “Papà, sono davvero felice che tu non sia morto.”

“Grazie, James.”

“Siete due idioti,” si lamentò la Signora Potter.

Scuotendo il capo, James si diresse all’ingresso e poi in una stanza più piccola vicino la cucina dove i gufi erano soliti portare la posta la mattina. Elisabetta Seconda sedeva sul suo trespolo e il gufo del giornale riposava sul davanzale della finestra, con La Gazzetta del Profeta sulla scrivania. James pagò due zellini all’uccello e prese il giornale. Non cercò immediatamente il cruciverba, comunque; il titolo di prima pagina colse la sua attenzione.

“Merda.”

Corse nella stanza della colazione, dove sua madre si stava ancora lamentando della sicurezza al Ministero, e lasciò cadere il Profeta sul tavolo di fronte a suo padre.

“Cosa…?” Ma il Signor Potter lesse il testo in grassetto e si interruppe.

Il Signore Oscuro Pretende Una ‘Purificazione del Ministero.’

In seguito alla pretesa di ieri, emessa da un dipendente del Ministero sotto Imperius, il Signore Oscuro ha richiesto una purificazione da tutto il ‘sangue infetto’ del Ministero della Magia. Nel fare ciò, il movimento dei Mangiamorte ha reclamato un’altra vittima.

La Nata Babbana Ava Lescano, 40 anni, è stata riportata come scomparsa due settimane fa. La sua famiglia credeva che fosse stata rapita a causa del suo coinvolgimento con l’organizzazione pro-babbani Maghi per la Pace, M.P.P.; la Signora Lescano è ricomparsa stamattina presto solo per scrivere una seconda pretesa del Signore Oscuro sulla parete esterna del Ministero della Magia, sulla facciata visibile ai babbani. Il messaggio è stato scritto appena dopo l’alba, con solo due maghi come testimoni; i maghi del Ministero si stanno coordinando con le autorità babbane per isolare l’area e cancellare la memoria di qualunque possibile testimone babbano.

La pretesa, incisa con ciò che si sospetta essere un Incanto Logos, appare come segue:

“Questo è il secondo messaggio. Gli altri seguiranno. Il Ministero della Magia è stato infettato da sangue corrotto e dovrà essere purificato da tale inquinamento. Membri del Ministero Mezzosangue e Nati Babbani dovranno essere rilasciati dalle loro posizioni e sostituiti da maghi di mente e sangue degni. Questo è il secondo messaggio. Se questa pretesa non verrà esaudita, ci sarà una punizione.”

Dopo aver consegnato il suo “messaggio,” la Signora Lescano si è tolta la vita, agendo probabilmente sotto l’influenza della Maledizione Imperius.

C’era altro, ma James non ebbe il tempo di leggerlo da sopra la spalla di suo padre prima che il Signor Potter si alzasse improvvisamente.

“È in questo modo che vengo a sapere di ciò?” sbottò a nessuno in particolare. “Figlio di puttana–devo andare.” 

"Alex..."

Ma lui era uscito dalla stanza prima che si potesse aggiungere altro. La Signora Potter era sbiancata, e James sapeva cosa avrebbe detto prima che lei avesse formato le parole.

“Devo andare anche io.”

“Mamma, lavori per il Tesoro…”

“James,” disse piano sua madre, “sai che non è per quello.”

Lo sapeva. “M.P.P.,” borbottò. “Anche tu ne sei membro.”

“Philip Stoake,” disse piano la Signora Potter, “Sapevo di aver riconosciuto il nome. Sua moglie, Louise, è un membro…”

James annuì lentamente. “Vai, allora.”

“Starai bene qui, da solo?”

Come sempre. “Certo. Vai.”

James la seguì nella stanza esterna, e la Signora Potter si fermò vicino alla porta. “Puoi contattare tuo cugino Sam tramite camino? Anche lui fa parte dei M.P.P. Solo per essere sicuri…”

“Lo farò.”

La Signora Potter annuì rapidamente. “Ti voglio bene.”

“Ti voglio bene anche io.”

Poi se ne andò. James si sedette sul gradino in basso della scalinata principale e si guardò attorno nella grande stanza vuota. Sospirò e si passò una mano tra i capelli.


“‘Dopo aver consegnato il suo “messaggio,” la Signora Lescano si è tolta la vita, agendo probabilmente sotto l’influenza della Maledizione Imperius…’ Mary stai ascoltando?”

Mary allontanò lo sguardo dallo specchio sulla sua scrivania per guardare dove Marlene sedeva sul letto, giornale in mano, trasferendo la storia che aveva inondato i giornali e le trasmissioni per tutto il giorno. “Lo hai già letto due volte,” le fece notare la bruna, ritornando al vetro e applicando del lucidalabbra. “Non posso fare a meno di sentirlo.”

“Ed esci comunque oggi?” pressò Marlene tristemente. “Non è sicuro.”

“Sono uscita ieri e non sono morta,” replicò Mary. “Tra l’altro, sarò con Stebbins.”

“È ancora strano che lo chiami per cognome.”

“E quale parte de ‘Il suo nome è Umberto?’ non afferri?”

“Va bene,” concesse Marlene scuotendo le spalle. “Ma preferirei che non uscissi oggi.”

“Starò bene. Cosa farai tu oggi, tesoro?”

“Aiuterò i tuoi genitori,” replicò Marlene, il suo tono abbattuto. “Mi servono i soldi.”

“C’era un babbano stupendo al negozio ieri,” le disse Mary, presumibilmente con l’intento di confortarla. “Flirtava anche spudoratamente. Magari ci sarà di nuovo oggi.”

“Passo, grazie. Inoltre… i ‘babbani stupendi’ reagiscono diversamente a me che a te. Hai la bacchetta, vero?”

“Certo che ho la bacchetta. E che stai dicendo? Le tue gambe sono lunghe milioni di anni, e sei bionda. I ragazzi lo adorano.”

“Perché non ripeti qualche buon incanto difensivo? E io non sono te. Non peso mezza oncia, e arrossisco quando flirto. Inoltre, sono esattamente il tipo sbagliato di femminile.”

“Oh, sai,” disse Marlene in modo annoiato, scivolando dal letto e muovendosi verso la scrivania, dove cominciò a rovistare tra i numerosi e disordinati averi di Mary, che variavano da capi di abbigliamento a riviste. “Io sono un maschiaccio quando dovrei essere femminile e sono femminile quando i ragazzi preferiscono che una ragazza sia un maschiaccio.” Mary le lanciò uno sguardo confuso, e Marlene elaborò: “Ad una ragazza è concesso amare i vestiti e i trucchi e le relazioni stabili fintanto che è ‘delicata’ e ‘dolce’, o le è concesso essere rumorosa e irritante fintanto che non le interessano i trucchi, non le servono i trucchi ed è una sgualdrina. Ma io ci metto un’ora a prepararmi la mattina e reggo il whiskey incendiario troppo bene. È la combinazione sbagliata. Il mondo è piuttosto ingiusto.”

“Non ho idea di cosa tu stia parlando,” insisté Mary, ancora occupata dal suo armadio. Marlene sospirò e si sedette alla scrivania, prendendo svogliatamente una lettera che era poggiata lì.

“Chi ti ha mandato questa?

“Chi mi ha mandato cosa?”

“Questa lettera.”

“Sulla scrivania?”

“Sì.”

Mary lanciò un’occhiata da sopra la sua spalla. “Adam.”

“È ancora a San Francisco vero?”

"Mhm."

In quel momento, c’era letteralmente una sola cosa nella mente di Mary MacDonald. Avrebbe dovuto indossare il cardigan blu o quello verde? Entrambi le stavano fantasticamente, ed entrambi stavano bene con il suo prendisole. Quello blu era più casual, ma se avesse indossato quello verde, avrebbe potuto indossare i sandali verdi, e quelli facevano sembrare le sue gambe ancora più magre. Ma le piaceva davvero tanto quello blu e come faceva risaltare i suoi occhi… non che i ragazzi passassero parecchio tempo a guardare i suoi occhi, eppure… il colore preferito di Stebbins era il blu, quindi c’era anche quello.

Blu o verde, il grande dilemma dell’ora.

Ma se la concentrazione di Mary fosse stata meglio equipaggiata nel multitasking, avrebbe potuto ricordare un minuto o due prima esattamente cosa diceva la lettera da Adam McKinnon–la lettera che si trovava correntemente in possesso della sua migliore amica.

Sfortunatamente, Mary non lo ricordò un minuto o due prima. Piuttosto, se lo ricordò alquanto tardi.

La bruna si voltò giusto in tempo per vedere Marlene che lasciava cadere la pergamena sulla scrivania e si alzava.

“Merda,” imprecò Mary.

"Prudence Daly?" Marlene chiese a voce piuttosto alta. “Sta uscendo con la dannata Prudence Daly? Io odio Prudence Daly!"

“Perché odi Prudence Daly?" volle sapere Mary.

Marlene esitò. “Beh–lei è… lo sai… minuscola. E femminile. E probabilmente più intelligente di me. Non lo so, non mi è mai piaciuta, ecco tutto!” Marlene si sedette di nuovo sul letto. “E perché non mi ha detto che sta uscendo con Prudence Daly? Perché a scritto a te poi?”

“Hai letto la lettera, vero? Aveva bisogno di sapere cosa…”

“Non riesco a credere che stia uscendo con la Dannata Prudence Daly! In America, niente meno!”

“Ora, Marlene,” la confortò la sua amica, sedendosi accanto a lei. “Si sono messi insieme ad un matrimonio–una di quegli scenari ‘Mio cugino sta sposando tua sorella’ che succedono d’estate e che finiscono entro il primo di settembre. Storie estive, sai.” Marlene sembrava leggermente rincuorata, ma non interamente soddisfatta. “Ovviamente,” continuò Mary deliberatamente, “sembra quasi che tu sia un po’ gelosa…”

“Non sono gelosa!” protestò Marlene prevedibilmente. “Io non sono gelosa. Mi piace solo essere informata quando il mio migliore… okay, il mio secondo migliore amico esce con una.”

“Beh, se tu…”

“E trovo interessante che lui stia voltando pagina così velocemente.”

“Beh, Cara, sono passati due me…”

“Non che io sia preoccupata dal fatto che abbia voltato pagina. Io voglio che volti pagina.”

“Quindi dovresti essere…”

“Ma Prudence? La Dannata Prudence Daly? Davvero.”

Mary decise di non provare a dire null’altro, ma, con un espressione astuta, prese il maglione blu dalla sua stampella e se lo mise. Si esaminò allo specchio, e in un prendisole fiorato che mostrava più gambe di quante ne nascondeva, con il suo cardigan blu chiaro e la sua acconciatura alta e complicata, stava davvero piuttosto bene.

“Preferirei comunque che tu non uscissi,” borbottò Marlene, prendendo di nuovo il giornale. “Stebbins è un Tassorosso… non so se sarebbe abbastanza bravo in uno scontro.”

Mary alzò gli occhi al cielo e si voltò verso la sua migliore amica, sorridendo in modo confortante. “Ti farebbe sentire meglio se invitassi Stebbins a passare il pomeriggio qui invece?”

Illuminandosi considerabilmente, Marlene annuì.

“Bene. Ma sei in debito, Price.”

“Grazie, Amore.”

Scuotendo la testa, Mary andò di nuovo a controllarsi allo specchio–solo per assicurarsi che il suo eyeliner fosse perfetto–mentre Marlene, ancora apparentemente assorbita dal giornale, mormorava qualcosa sulla Dannata Prudence Daly.


"Lily," la rimproverò sua madre attraverso la cucina; “chiudi il rubinetto–c’è la siccità sai.” 

Lily eseguì, anche se non felicemente, e aggiunse: “Se mi lasciassi fare a modo mio, potrei utilizzare un semplice incanto aguamenti, e…”

“Non ora, Lily,” la interruppe la Signora Evans. “C’è Vernon nell’altra stanza.”

La rossa, che stava lavando il suo piatto del pranzo, lo ripose e si voltò verso sua madre. “Dovrà scoprirlo ad un certo punto, no?”

La Signora Evans scosse appena la testa, tornando alla pila di bollette che stava esaminando, e le due donne furono raggiunte dalla terza prima che potesse essere detta qualunque altra cosa.

“Vernon resta per cena,” annunciò Petunia. “Ce n’è abbastanza, vero?”

Troppo facile, pensò Lily, così si astenne dall’ovvia battuta “Vernon mangia come un maiale” e si sedette senza una parola al tavolo della cucina.

“In abbondanza,” replicò la Signora Evans, che aveva probabilmente previsto la situazione. Vernon di solito rimaneva per cena.

“Bene.” Petunia si avvicinò al lavandino, dove cominciò a sciacquare i piatti che aveva appena portato dal salotto, e, nel frattempo, Lily lanciò alla Signora Evans uno sguardo significativo. La donna più anziana scosse di nuovo la testa, questa volta con un significato specifico, e, per un momento, le due furono coinvolte in una battaglia silenziosa. Poi, Lily si voltò sulla sedia verso Petunia, che–lavando ancora i piatti–dava le spalle alla sua famiglia.

“Petunia,” cominciò con coraggio, e la Signora Evans sospirò.

"Mmm?"

Con uno sguardo cauto verso la porta chiusa che le separava da Vernon: “Io–anzi, noi ci chiedevamo quando avessi intenzione di parlare con il tuo fidanzato.”

Petunia rimase immobile per un momento, ma solo per un momento, e poi riprese a lavare. “Non so di cosa tu stia parlando.”

“Di me,” disse Lily con enfasi. Petunia non disse nulla. "Tuney..."

La bionda posò i piatti e si voltò verso le altre due. “Stavate parlando di me, vero?” chiese brutalmente. La sua faccia era arrossata.

No,” disse Lily ad alta voce. “Stavamo parlando di me. Sai, comincerà a farsi delle domande, e non potrai continuare con la storia della ‘mentalmente disturbata’ per sempre.”

"Lily..."

“Oh, Mamma, sai che è vero,” la interruppe Lily, lanciando un’occhiata a sua madre. “Marge mi ha detto tutte le strane cose che pensa di me, e devono pur venire da qualche parte…”

“Non ti riguarda affatto cosa io voglia discutere con il mio fidanzato,” scattò Petunia. “E io ti ringrazierò del fatto che non parlarli di me alle mie spalle!”

“Non lo stavamo facendo,” insisté Lily, alzandosi. “Ma lui dovrebbe…”

“Oh, abbassa la voce!”

Lily parlò in un sussurro più alto: “Lui dovrebbe saperlo. Sono una damigella, per l’amor di Merlino!”

“E allora?”

"Petunia..."

“Ragazze,” intervenne la Signora Evans, “Lily, lascia perdere. È una scelta di Petunia.”

“Ma…”

“Sì, Lily, è una mia scelta…”

“Ma…”

"Lily."

Sconfitta, Lily si sedette di nuovo. Petunia la guardò in cagnesco mentre usciva dalla cucina. La Signora Evans sospirò profondamente. “Non riuscirai a conquistarla in quel modo.”

“Conquistarla?” ripeté Lily, scettica. “È un po’ tardi per quello, non credi?”

“È difficile per lei, Lily.”

“Ma perché non vuole dirlo a Dursley?”

La Signora Evans le lanciò un’occhiata. “Come pensi esattamente che tu cominceresti quella conversazione, Signorina Lily?”

“Non è questo il p…”

“E tu credi che Vernon sarà particolarmente aperto all’idea?”

Lily incrociò le braccia e si stravaccò in avanti sul tavolo. “Quindi anche tu pensi che non sposerà Petunia se lo scopre.”

“Anche?”

“Beh–è quello che Tuney pensa, no?”

La Signora Evans esitò. La sua espressione era imperscrutabile, ma Lily pensava che sua madre fosse piuttosto inclinata a dissentire. “Dai qualche credito a tua sorella.”

“Cosa dovrebbe significare?”

“Solo–solo che magari non dovresti avere tanta fretta nel far confidare il tuo segreto a Vernon da Petunia. È una questione davvero complicata.”

Gli occhi di Lily si strinsero. “Ti ha detto qualcosa, vero?”

“Non ho intenzione di discutere…”

“Mamma…”

"Lily." E c’era un’indiscutibile finalità nel suo tono, così Lily si accontentò di alzare gli occhi al centro e mettere il broncio. La Signora Evans inarcò le sopracciglia, e poi, in un tono rassegnato, chiese: “Hai ancora fame?”

“Sì, ma non c’è cibo in casa…” (Cortesia della dieta imperialistica di Petunia…)

“C’è del cioccolato nel mobile accanto alla ghiacciaia.”

Lily si accigliò. “Stai cercando di placarmi con la cioccolata?”

“Sì.”

“Beh, non sta funzionando,” Eppure, la rossa si diresse verso il mobile in questione e, localizzando il cioccolato in questione, si sentì un po’ meglio. Ma solo un po’.

Anche il testimone di Vernon–un tizio dalla faccia dura, dal nome stereotipico di Rex–si presentò per cena. Con le sue spiacevoli distrazioni, Lily non ebbe alcuna opportunità per parlare con Petunia per la maggior parte del pomeriggio, e, invece, non fece alcun tentativo. Infatti, fu Petunia ad iniziare il dialogo dopo cena quella sera.

La due ragazze vennero lasciate sole brevemente nel salotto, dal momento che la loro madre era in cucina, e Vernon aveva portato Rex alla porta. Lily si stava appena alzando per ritirarsi nella sua stanza quando Petunia parlò. 

"Lily."

"Hmm?"

La faccia di Petunia sembrava pallida, e c’era solennità nei suoi occhi di ghiaccio. “Vernon e io andremo a fare un giro in macchina stasera.” Lily attese che concludesse. “Gli dirò di te stasera.”

Lily non sarebbe potuta essere più sorpresa se sua sorella avesse appena annunciato che aveva intenzione di scappare a Bermuda. “Oh. Io–oh.” E, dal momento che pensava di dover dire qualcos’altro. “Beh, è una cosa buona, no?”

Ma Petunia non diede alcuna risposta verbale; la sua espressione cambiò solo appena per indicare che aveva sentito la domanda di Lily, e poi, annunciando la sua inclinazione nel prendere un cardigan prima di andarsene, la sorella maggiore uscì dalla stanza.

(Mercoledì)

Sirius entrò nel Paiolo Magico giusto in tempo per sentire Donna sbottare “Stronzate,” prima di spegnere prontamente la radio dietro il bar. Il mago inarcò le sopracciglia e si fece strada verso la sala principale.

“Buongiorno?” suggerì lui, e Donna incrociò le braccia al petto, appoggiandosi contro il bar.

“Hai sentito l’ultimo ‘messaggio’?”

“‘Ripulire’ il Ministero? Sì.”

“No, ce n’è uno nuovo,” disse Donna con impazienza. Si raddrizzò, cercando qualcosa che aveva infine riposto sulla mensola alle sue spalle accanto ad una bottiglia di vino. Era l’ultima Gazzetta del Profeta. Donna la lanciò sul bar vuoto, e Sirius si avvicinò per leggere il titolo.

“Voldemort vuole che tutti i mezzosangue siano registrati con il Ministero,” dedusse con irritazione. “Fottuto stronzo. C’è stata un’altra…”

“Vittima?” offrì Donna. Lei annuì. “Un mezzosangue questa volta. Si sta espandendo. Sei in ritardo, tra parentesi.”

Sirius afferrò un grembiule e sospirò. “Solo di un minuto.”

Due minuti,” lo corresse.

“Il mondo è finito in mia assenza?”

“No, ma la folla del pranzo comincerà presto, e non voglio vedermela tutta da…”

"Shack."

“Cosa?”

"Rilassati.”

Per un momento, Donna sembrò toccata dall’ordine; poi, fece spallucce e ribatté: “Levati dalle palle.”

Sirius alzò gli occhi al cielo.


Lily si era già addormentata prima che Petunia fosse tornata martedì notte, e Petunia era andata via di nuovo prima che Lily si svegliasse mercoledì, così le due sorelle non si erano incontrate prima che Petunia fosse tornata mercoledì sera dopo una giornata in città. La Signora Evans era uscita, e Lily sedeva nella sua stanza, ascoltando i The Five Keys e divorando Victor Hugo in una fervente procrastinazione dei suoi compiti per le vacanze. Di conseguenza, la più giovane delle sorelle Evans non sentì affatto sua sorella tornare a casa prima che Petunia bussasse alla sua porta chiusa.

“Avanti?”

Petunia entrò; sembrava stanca, ma era impeccabile come sempre nel suo vestito a fiori e scarpe basse–non sembrando affatto come se avesse passato l’intera giornata a fare commissioni nel caldo. 

“Tuney,” la salutò Lily, sedendosi immediatamente e sentendosi per un momento pateticamente inferiore in shorts di cotone e una maglietta. L’espressione di sua sorella le comunicò che veniva per consegnare un messaggio serio, e non ci potevano essere dubbi sul suo contenuto. “Sei tornata…”

Petunia impiegò un lungo periodo di tempo prima di dire qualcosa, comunque. Chiuse la porta della camera da letto alle sue spalle, ignorando l’invito a sedersi di Lily, e si morse le labbra ansiosamente. Una serie di potenziali disastri attraversarono la mente della ragazza più giovane, mentre si immaginava ogni possibile reazione di Vernon. Me certamente non avrebbe fatto qualcosa di troppo drastico…

E in un momento di selvaggia fantasia, Lily s’immaginò Dursley annullare il matrimonio. S’immaginò una Petunia dal cuore spezzato, che difendeva la sua sorellina nonostante le sue stesse evidenti riserve...

Lily trattenne il respiro in attesa.

“Gliel’ho detto,” disse Petunia in tono gelido.

Lily si prese un momento per digerire la notizia, quindi replicò: “Beh, è una cosa buona, non è così? Voglio dire, se sta per diventare mio cognato, è meglio che...”

“Vernon ti vuole fuori dal matrimonio.”

“C-cosa?” balbettò la ragazza più giovane. “E tu che cosa gli hai detto?”

“Puoi ancora venire, se vuoi,” continuò Petunia. “Tuttavia ci sono cinque testimoni dello sposo; Rachel Richards dovrebbe entrare nel tuo vestito da damigella, ma ho bisogno che tu lo restituisca. E ti siederai con nostra madre durante la cerimonia e al ricevimento. Sposterò lo zio Donald a un altro tavolo e...”

Petunia!” la interruppe Lily veemente. “Non puoi...non puoi permettergli di dirti cosa fare in questo modo! Non è una sua decisione!”

“Lo so,” disse Petunia; il suo tono si addolcì di un infinitesimo. “Ma ha ragione; questo non è il tuo posto, Lily. Sin da quando sei andata in quel posto...”

“Hogwarts non ha niente a che fare con tutto questo!” gridò Lily. “Come puoi permettergli di fare una cosa del genere?”

Vernon non sta facendo proprio nulla,” scattò l’altra.

Lily saltò giù dal letto, affrettandosi verso la sorella. “Che cos’è questa storia? Cosa intendi con “Vernon ti vuole fuori dal matrimonio”? Che cosa gli hai detto?”

“Gli ho detto di te...” Come se fosse ovvio; “Gli ho semplicemente detto la verità.”

“Ma perchè vuole...?”

“Oh, Lily,” la interruppe Petunia, sprezzante; “è naturale che sia successo questo! E’ naturale che non ti voglia al matrimonio! Perchè mai vorebbe...? Ed io...” Un barlume di emozioni sfavillò nei suoi occhi. “...lo sapevo che sarebbe successo questo!”

“Tu...?”

“Certo, naturalmente! Che altro sarebbe potuto succedere?”

“Tuney...”

“Sapevo – ho sempre saputo che questo è quello che sarebbe successo se avessi detto di te a Vernon! Ma la mamma – la mamma si ostinava a volere che tu venissi al matrimonio, mentre tu continuavi a dire che io avevo paura, e continuavi...continuavi a premere e insistere! Non potevi proprio lasciare andare!”

“Quindi è colpia mia, non è vero?”

“Certo che è colpa tua!” gemette Petunia.

“Quindi che cosa ha detto?” chiese Lily. “Che non ti avrebbe sposato se io fossi rimasta una damigella?”

“Vernon mi sposerebbe a qualunque costo. Lui mi ama.”

“Allora..”

“Non voglio avere più niente a che fare con te, Lily! Sei via in quella scuola tutto l’anno...ti sei persa tutto. Quando ho finito la scuola, tu non eri ancora tornata a casa...avresti dovuto essere presente per molte cose –per parlarmi dopo il mio primo appuntamento, per consolarmi dopo una rottura...quando papà è morto...”

“Non osare, Petunia...”

“Il punto è...” insistettè Petunia con odio, “che noi non siamo sorelle. Non siamo nemmeno amiche. Tu sei andata via, e io non voglio avere più niente a che fare con te! E neanche Vernon dovrebbe volerlo. Tu non puoi far parte sia della mia vita che...”

“Quindi scegli lui?”

Petunia non rispose subito. Alla fine, mormorò: “Sei tu quella che se n’è andata.”

Lily fissò incredula la sorella, del tutto a corto di parole.

Che altro sarebbe potuto succedere?

A ciò, Lily aveva un centinaio di risposte; ne aveva una in particolare, ma se la rimangiò, e non era certa se fosse per non ferire la sorella o perchè aveva paura che non le sarebbe importato nulla.

“Quindi ho bisogno che tu restituisca il vestito,” disse ancora Petunia. 

Era quasi come se non sapesse che il cuore di Lily si stava spezzando.

“...Entro domani, al più.”

Quasi.

Si voltò per andarsene, ma Lily ritrovò la voce prima che Petunia lasciasse la stanza. “Petunia,” la pregò. “Perchè stai...? Io ti conosco...non lo faresti mai se tu non...” (“lo volessi”, stava per dire.)

La mano di Petunia indugiò sulla maniglia della porta, con la schiena ancora rivolta verso Lily. “Tutto questo è colpa tua.” Quindi, quasi come se non sapesse che il cuore di Lily si stava spezzando, Petunia se ne andò.

(Giovedì)

Il Signore Oscuro Esige Immediate Dimissioni del Ministro

Di Jillian Jones

Giovedì a mezzogiorno, il Paiolo Magico presentava l’improbabile combinazione di folla e silenzio. Ogni tavolo era pieno e il bar stracolmo; Tom aveva persino magicamente esteso una delle pareti per aumentare lo spazio per stare in piedi, eppure quasi nessuno parlava. Invece, ascoltavano le ultime notizie alla radio magicamente amplificata; tre morti a Bristol, e un’altra pretesa di Lord Voldemort. 

Era una di quelle cose che non volevi sentire da solo.

Donna stava lavorando con Tom, e Lily, Marlene e James erano tra la moltitudine di maghi e streghe nel pub. Lily era seduta con Marlene nel centro della sala affollata, mentre James era seduto a una certa distanza con un mago che Lily non conosceva.

Il mago alla radio aveva una voce ricca, profonda e addolorata che Lily pensò non avrebbe mai potuto dimenticare finchè avresse avuto vita. Non era solo il messaggio, e non erano solo le tre morti a Bristol – era il fatto che, finalmente, il vero messaggio di Voldemort era diventato chiaro. Le sue piccole pretese erano insignificanti a confronto; doveva sapere che il Ministro della Magia non avrebbe dato le dimissioni, che ai Nati Babbani non sarebbero state spezzate le bacchette e che i mezzosangue non sarebbero stati registrati. Ma a lui non importava, non è così?

Non era quello il punto, e giovedì, con altre tre morti, Lily pensò di aver finalmente compreso tutto.

Il suo vero messaggio era che poteva uccidere chiunque volesse; che poteva fare qualunque cosa volesse e niente e nessuno sarebbe stato in grado di fermarlo. Non stava esigendo qualcosa; si stava mettendo in mostra.

Ed era terrificante.

“...su Londra sembra essere calato il silenzio, mentre il Signore Oscure ha emanato un’altra pretesa ai Maghi d’Inghilterra...”

Alcune persone la chiamavano guerra, riflettè Marlene, ma non lo era–non proprio. Nelle guerra–almeno in quelle babbane–c’erano dei fronti; c’erano eserciti e uniformi. C’erano battaglie: le persone si presentavano, combattevano e si uccidevano a vicenda, e veniva chiamato inferno, ma almeno c’era–coerenza. Almeno si sapeva chi era il nemico.

Questo tipo di codardia non era una guerra; era semplice, schifoso assassinio. 

“...tre membri della M.P.P, una coalizione di maghi e streghe dedicata ad assicurare un’esistenza pacifica e l’uguaglianza tra coloro aventi diverso stato di sangue...”

Sam Dearborn era una ragazzo interessante.

Aveva frequentato Hogwarts per due giorni esatti, ma il Cappello Parlante l’aveva smistato a Tassorosso e i suoi genitori purosangue, sentendosi umiliati, l’avevano riportato a casa. O almeno, era così che Sam raccontava sempre la storia.

James in un certo qual modo ammirava il suo eccentrico cugino; non aveva paura quasi di nulla, tra cui l’ira della madre intimidatoria, e questo diceva molto. Nel corso degli anni, James aveva visto Sam straordinariamente felice, l’aveva visto ubriaco e l’aveva visto annoiato. L’aveva visto furioso, deluso, speranzoso e disorientato.

Ma James non pensava di aver mai visto, prima di quel pomeriggio, un Sam Dearborn triste.

Il mago più grande (poichè Sam aveva sei anni più di James) non incontrava lo sguardo di nessuno. Non stava facendo battute; non c’era nessun entusiasmo sul suo viso lungo, sottile e lentigginoso. Sembrava semplicemente triste, mentre faceva ruotare sul tavolo un distintivo rotondo e dorato, non più grande di un galeone. Le lettere M.P.P. erano incise sulla superficie della spilla.

“Erano brave persone,” aveva mormorato Sam poco prima. “Non se lo meritavano.”

James non ne dubitava.

Lily era nella sala. James l’aveva notato l’attimo in cui era entrata, anche se non si ricordava esattamenta di averla vista arrivare con Marlene. Per quanto si sentisse in colpa a pensarci in un momento come questo, James non poteva fare a meno di lanciare qualche occhiata occasionale nella sua direzione. Lei stava bevendo burrobirra e aveva un aspetto estremamente solenne, più pallida del solito, tanto che il rosso delle labbra e il verde degli occhi erano in forte risalto.

“...Gli Auror arrancano nella ricerca di un qualunque indizio o schema che possa aiutare a impedire ulteriori violente consegne di nuovi messaggi...”

“Gli Auror arrancano,” pensò Donna amaramente, mentre versava gin ad una anziana strega al bar. L’affermazione sembrava abbastanza semplice, ma implicava molto di più...gli auror arrancavano nella ricerca...lasciavano le loro case per giorni alla volta, lavoravano come pazzi quando ritornavano a casa, cercando di trovare una soluzione che non sembrava esistesse...

Ovviamente, era più facile farli sembrare degli incompetenti–arrancavano–era più facile per tutti, perchè dopotutto nessuno voleva sentire che non c’era niente che nessuno potesse fare. Neanche Donna voleva immaginare una cosa del genere.

“...Il Ministro della Magia ha in programma di rilasciare la sua dichiarazione questo pomeriggio...”

Quando Sirius entrò nel pub a mezzogiorno e mezza, era solo per controllare il piano dei turni affisso sul retro, ma la folla inusuale, tetra e malinconica, attirò la sua attenzione, così rimase dietro al bancone con Donna per alcuni minuti.

“Il tuo amico è qui,” lo informò lei, come un mormorio sordo si diffondeva tra la moltitudine di maghi e streghe nel Paiolo Magico.

“Non so se l’hai notato,” ribattè Sirius freddamente, “ma non è più esattamente mio amico.”

Donna si limitò ad alzare le spalle. “In tal caso, faresti meglio a stargli alla larga.”

Sirius inarcò un sopracciglio. “E per quale motivo?”

“Scatti d’ira sono all’ordine del giorno – ci sono state due risse da questa mattina.”

“Non mi dire,” Sirius ghignò amaramente. “Allora è meglio che me ne vada. Ci vediamo tra qualche ora, Shack.”

Donna non diede risposta, ma si limitò a soddisfare un’altra richiesta di Wiskey Incendiario.

James aveva visto Sirius entrare; aveva notato come il suo ex migliore amico si era infilato dietro al bancone, era sparito nel retro del bar ed era poi riapparso qualche minuto dopo per scambiare qualche parola con Tom e Shacklebolt. L’annunciatore alla radio ormai non faceva altro che ripetere le stesse cose, quindi sedate conversazioni erano cominciate per tutto il bar. Sam disse qualcosa di insolitamente cinico, e un mago vicino suggerì rabbiosamente che il Ministro avrebbe dovuto dare le dimissioni, se solo per porre fine a quella situazione.

Sirius si diresse verso la porta sul retro che portava a Diagon Alley.

“Pensaci, Prongs! Andrà lì, passerà sotto il Platano Picchiatore, vedrà Moony...”

James risentì le supposizioni entusiatiche di Sirius, vecchie di mesi, ma che ciò nonostante pungevano ancora come un taglio appena fatto...

“Non far finta che ti sarebbe interessato anche un minimo di Piton se non fosse stato per lei...”

Pungevano e bruciavano e dolevano e gli facevano ribollire il sangue nelle vene...

Il movimento dei Mangiamorte reclama un’altra vittima...

Starai bene qui, tutto da solo?

Tre morti a Bristol...

Non se lo meritavano.

James fece quasi cadere il suo bicchiere dal tavolo quando si alzò in piedi. Sirius se n’era già andato, discretamente così come era venuto.

“Torno subito,” mormorò James a un distratto Sam, che si limitò ad annuire.

Lily aveva visto James lasciare il pub dietro a Sirius, così riportò il fatto a Marlene quando la bionda fu di ritorno al loro tavolo angusto con un altro giro di Burrobirra. Marlene aggrottò la fronte.

“Non dovremmo...?” cominciò Lily, ma la sua compagna scosse la testa.

“Affari loro, non nostri.”

“Ma...”

Lily.” Marlene sospirò pesantemente. “Non puoi risolvere tutto.”

James si ritrovò nel calore opprimente e sotto il cielo grigio di una Diagon Alley desolata. Una manciata di maghi e streghe percorrevano il viale, ma, a parte questo, James non aveva mai visto quel posto così deserto. Sirius fu facile da individuare, leggermente ingobbito mentre camminava con le mani in tasca.

Black!”

Il mago si arrestò al sentire il suo nome, gridato in tono neutro da qualche parte dietro di lui. Si voltò e vide James avanzare velocemente verso di lui. Troppo scioccato per ribattere, Sirius aspettò che James parlasse di nuovo.

La sua espressione era difficile da decifrare, come se anche lui fosse incerto di cosa fare o del motivo per cui aveva richiamato l’attenzione di Sirius. Alla fine, tuttavia, James incrociò lo sguardo con quello di Sirius, e c’era qualcosa di malevolo nei suoi occhi.

“Non m’importa di quello che dice Remus,” gli disse James senza mezzi termini; “Non ho intenzione di perdonarti.”

Solo quando si rese conto di essere deluso, Sirius si accorse di essere stato speranzoso. “Ah, è così?” mormorò dispassionatamente.

“Esatto.”

“Beh...congratulazioni allora.” Sirius fece per andarsene, ma James non aveva ancora finito.

“Sei un bugiardo, sai.”

Sirius si fermò.

“Lo sei. Sei un bugiardo e un codardo egoista. Non penso che tu abbia mai fatto una singola cosa per qualcuno che non fosse te stesso...”

“Va al diavolo.”

James si avvicinò di più e in un tono teso e amaro pose la sua sfida: “Mandamici tu stesso.”

I pugni di Sirius si strinsero contro i suoi fianchi, ma altrimenti non si mosse. Si limitò a ricambiare lo sguardo duro di James per diversi secondi. James era ora più alto di lui (ma era da anni che se lo aspettava), e portava anche un nuovo paio di occhiali–strano. Sirius si era in un certo qual modo aspettato che James rimanesse sempre uguale in quell’ultimo paio di mesi.

“Non ho intenzione di fare a pugni con te, Prongs,” disse alla fine. Questo era tutto quello che James voleva al momento–una lotta. “Stai sprecando il tuo tempo.”

“Paura?”

Va al diavolo.”

Si voltò di nuovo con l’intenzione di andarsene, e ancora una volta il tono di scherno di James lo fece fermare.

“Immagino che tu abbia paura, Sirius. Mi chiedo che cosa ci voglia... potrei chiamarti traditore del tuo sangue... questo spingerebbe Regulus ad attaccare, non è vero?”

Sirius si voltò ancora una volta; la sua bacchetta era estratta adesso. “Non vuoi davvero farlo,” scattò, affrontando di nuovo James. “Anch’io so come ferirti, Prongs.”

“Ma hai paura,” schernì James.

“Non è vero.”

“E invece sì.”

Sirius ghignò malignamente. “Almeno io non vengo sempre secondo a Mocciosus.”

Lo sguardo di James si scurì dalla rabbia. Indicò la bacchetta di Sirius, stretta tra dita bianche. “Vuoi davvero lasciarmi credere che la userai?”

“Non tentarmi.”

Ma ovviamente, quelle erano esattamente le intenzioni di James. Diede uno spintone alla spalla di Sirius. “Come, così?” pungolò prima di dare un altro spintone.


Trovare James e Sirius non si rivelò affatto una sfida per Lily e Marlene, una volta che ebbero messo piede a Diagon Alley. Alcuni spettatori avevano formato un cerchio, e qualcuno stava urlando quel incentivo senza tempo destinato ad attirare altre persone ovunque venisse pronunciato: “Rissa!”

Lily e Marlene si scambiarono uno sguardo. “Te l’avevo detto che era una buona idea,” commentò la prima.

“Non fare l’arrogante,” ribattè l’altra, ed entrambe si affrettarono verso la folla di persone.

Bacchette abbandonate e dimenticate, James e Sirius stavano per lo più rotolando nello sporco della strada acciottolata, colpendosi dovunque riuscissero ad arrivare. Entrambi stavano sanguinando.

Ragazzi!” gridò Marlene, visto come nessun altro sembrava stesse facendo molto per risolvere la situazione. James e Sirius la ignorarono, continuando a darsele di santa ragione, quindi la bionda estrasse la sua bacchetta.

Lily, tuttavia, fu più veloce. Proprio quando James era riuscito a tener fermo Sirius sotto di lui e aveva chiuso il pugno per colpirlo, Lily si fece avanti e gli afferrò il braccio alzato, tirandolo via con tutte le sue forze. Non riuscì esattamente a districare James, visto che lui era molto più grosso di lei, ma riuscì ad impedire il colpo imminente, facendo voltare James verso il nuovo arrivato.

“Levati di mezzo, amico...” cominciò a dire, ma s’interruppe nel vedere di chi si trattava. Lily inarcò le sopracciglia e continuò a tirare il braccio di James. Sirius riuscì così a riguadagnare la libertà e a sedersi con una mano sul labbro sanguinante, mentre James si alzava in piedi. “Questi non sono affari tuoi,” le disse, meno violentemente ma non senza rimanere serio.

“Voi due siete patetici,” scattò Lily. “Altre tre persono sono morte questa mattina e voi due siete qua fuori a darvele come dei bambini di cinque anni!”

“Tutto ciò non ti riguarda, Lily,” ripetè James fermamente. Entrambi notarono come lei stesse ancora tenendo stretto il suo braccio, e lui lo tirò via nello stesso momento in cui lei lasciò andare, imbarazzata.

Certo che mi riguarda,” ribattè. Anche Sirius si alzò, e con un ultimo sguardo torvo diretto a James, si voltò e si diresse verso il suo appartamento. James se ne andò nella direzione opposta, borbottando tra sè e sè. Lily si voltò verso Marlene, la quale alzò gli occhi al cielo.

“Io prendo James, tu occupati di Sirius,” disse Marlene, sospirando. Lily annuì e cominciò a inseguire l’ex-Malandrino, mentre Marlene inseguiva James. 

Lily raggiunse Sirius arrivati davanti alla farmacia; il suo aspetto, notò in quel momento, era decisamente disastrato.

“Avresti dovuto lasciarci combattere,” le disse, appoggiandosi contro il muro del negozio, mentre Lily faceva apparire un asciugamano bagnato per pulirgli la faccia. “Entrambi ce lo meritavamo.”

Lily roteò gli occhi. “Che cosa è successo?”

Sirius si limitò a scrollare le spalle e a prendere l’asciugamano che gli veniva offerto. “Lui voleva fare a pugni, suppongo, quindi ce le siamo date.”

“Che cosa ha detto? Merlino, il tuo occhio si sta gonfiando... qui...” Si occupò del cerchio nero che si stava formando intorno all’occhio di Sirius, e lui aspettò che lei ebbe finito prima di parlare. “Allora?”

“Ha detto che mi odia.”

Sinceramente sorpresa, gli occhi di Lily si spalancarono; “Ha davvero detto questo? Con quelle esatte parole?”

Sirius sorrise senza allegria. “No,” disse, scuotendo la testa. “No, non è andata così. Ma ad ogni modo, l’ha detto.”

“Non capisco cosa vuoi dire.”

“Voglio dire...” Sirius pensò al modo migliore per esprimersi, “Voglio dire che io e James ci conosciamo troppo bene per limitarci a – picchiarci. Ci sono certi... limiti che non si possono superare, e ci sono certi argomenti che non si possono affrontare–cose che non puoi dire, ma che se lo fai, allora... non si può più tornare indietro.”

Lily si accigliò. “E questa cosa–lui te l’ha detta?”

Sirius annuì; “E io l’ho detta a lui.”

“Oh.”

Rimasero in silenzio per un pò, quindi Sirius aggiunse con amaro divertimento: “Non hai intenzione di chiedermi cosa ci siamo detti?”

“Ma per favore.” Lily distolse lo sguardo, sperando che lui non notasse la sua evidente curiosità. “Quelli veramente non sono affari miei.”

Sirius si tolse l’asciugamano dal viso e si guardò le mani, dibattendo internamente su qualcosa, senza alcun dubbio. “Probabilmente no,” disse infine. “Dovrei rientrare,” aggiunse, indicando il piano superiore dell’edificio dove si trovava il suo appartamento. “Vorrei farmi una doccia prima di andare a lavoro.”

“Okay.”

Sirius entrò nel portone. “Ciao, Lily.”

Lily lo salutò, ma lo richiamò prima che fu sparito all’interno. “Cambierà idea,” disse, sincera, e si rese conto che stava cercando di convincere se stessa tanto quanto Sirius. Il mago scosse la testa.

“Non penso proprio.”

La sua espressione, appena prima di andarsene, era grave e tetra. C'erano delle linee che Lily non aveva mai notato in precedenza, e i suoi occhi grigi erano invecchiati.


Marlene, nel frattempo, aveva raggiunto James mentre lui si stava infilando in un vicolo buio oltre la Gelateria Fortebraccio. Le ci volle un momento prima di rendersi conto di dove si stesse dirigendo, quindi si affrettò, afferrandogli un braccio per fermarlo. 

“Nocturn Alley, Potter? Ma fai sul serio?” Lasciandolo andare, Marlene incrociò le braccia. James sembrò sorpreso di vedere Marlene, e lei penso di sapere il perchè. “Ti aspettavi venisse Lily.”

James ignorò la sua affermazione, invece ribattendo: “Qui c’è un pub che mi piace. Faresti meglio ad andare, Price.”

“Il tuo naso sta sanguinando,” fece notare Marlene.

“Posso occuparmene da solo.”

“Oppure posso farlo io.” E prima che James potesse protestare, ad uno sventolio di bacchetta sentì il suo naso fare crack, mentre ritornava a posto.

“Eh, mica male, Price.”

“Sono una strega dai molti talenti,” replicò Marlene seccamente.

James s’infilò le mani in tasca e si appoggiò contro il muro dell’edificio più vicino–un negozio minaccioso e male illuminato, con un cartello in vetrina che leggeva “Occhi di Ragno a Dozzine.”

“Che cosa ci fai qui?” chiese lui. “Prometto di non fare più a pugni con nessuno, se serve a qualcosa.”

“Ancora non riesco a capire quale sia la situazione,” si lamentò Marlene.

“E’ meglio che tu non capisca,” borbottò James. “Basta sapere che Black è un idiota e che non voglio più avere niente a che fare con lui.”

“Oh,” disse Marlene. “Va bene.”

James le lanciò un’occhiata.

“Beh, che cosa ti aspettavi che dicessi?”

“Pensavo avessi delle perle di saggezza da rifilarmi, considerando il fatto che mi hai seguita fino a qui per una qualche ragione...”

“Oh. Beh...” Marlene ci pensò per un attimo. “Suppongo di essere innamorata,” disse infine. James si limitò a fissarla. “Ne sono certa–davvero. E sai una cosa... penso di esserlo stata per tutto questo tempo, solo che non me ne sono mai resa conto fino a... qualche tempo fa.” James continuò a fissarla come se fosse pazza, così, incontrando il suo sguardo, Marlene sogghignò. “Beh che c’è? A te è permesso assecondare i tuoi piccoli dilemmi emotivi in tempi come questi e a me no?”

James si strinse nelle spalle. “McKinnon?”

Marlene non rispose esattamente, ma nemmeno negò, e questo era di per sè una conferma. “Sei la prima persona a cui lo confesso,” disse invece. “Ma suppongo che tutti lo sappiano comunque.” Mantenne un’espressione triste e distante per alcuni secondi, poi si riscosse e continuò, in tono pratico: “Ha una ragazza ora. Prudence Daly.”

James cercò di farsi venire il mente che aspetto aveva. “Oh–quella bella ragazza indiana di Corvonero?” Marlene si accigliò, e James si schiarì la gola: “Giusto. È... decisamente orrenda.”

Ridendo, Marlene scosse la testa. “Non lo è, invece,” sospirò la bionda. “Ma ad ogni modo, voglio arrivare a qualcosa con tutto questo.”

“E sarebbe...?”

“Non si ha sempre il tempo di fare le cose che si vogliono fare per... aggiustare le cose. Io non so cosa ti abbia fatto–Sirius, intendo. Magari è imperdonabile, ma, personalmente, io non aspetterei di scoprirlo.”

“Questa non è una questione di tempo, Marlene.”

“Certo che lo è. Ogni cosa lo è. Voglio dire–pensi davvero di non voler mai più essere amico di Sirius?”

“No, io...”

“E poi,” insistette lei, “pensi davvero che lui aspetterà per sempre che tu cambi idea e lo perdoni? Prima o poi smetterà di sentirsi in colpa e comincerà a biasimare te tanto quanto tu biasimi lui, e a quel punto sarà davvero troppo tardi.” Marlene sospirò e si tirò indietro una ciocca di capelli sfuggita alla sua coda di cavallo. “Le persone non aspettano per sempre, James. Non lo fanno e basta.”

Marlene se ne andò poco tempo dopo, e James rimase solo nella stradina in penombra. Per quanto Diagon Alley fosse deserta, Nocturn Alley quel pomeriggio lo era ancora di più.

“Sirius sta bene, se te lo stavi chiedendo.”

Questa volta, era davvero Lily, e c’era tanto nervosismo nella sua voce quanto bastava a spingere James ad alzare lo sguardo verso di lei. A un certo punto, tra quando l’aveva separato da Sirius e quel momento, la strega si era tirata indietro i capelli in una coda bassa, che le ricadeva sulla spalla destra.  Aveva i capelli più corti che le incorniciavano il volto appiccicati alla fronte, e le guance arrossate per la calura. Oltretutto, non sembrava particolarmente contenta di lui, le mani sui fianchi, strette al cotone della gonna viola che indossava. La gonna viola che le arrivava più o meno a metà coscia, e...

James si riscosse.

Le ragazze facevano tanto le santarelle.

“Non me lo stavo chiedendo," rispose.

"Giusto," scattò Lily sarcastica. "Perché adesso lo odi."

James sospirò. "Pensavo che non prendessi parti."

"Non lo faccio."

"Pensavo che non saresti venuta a dirmi quando perdonarlo."

"Non l’ho fatto." Lily spostò il peso e incrociò le braccia al petto. "Ma ora si, perché—perché adesso è diventata decisamente una cosa stupida."

"Capisco," borbottò. "Quindi tutte queste sceneggiate ti hanno stancata, è così? Solo perché a Remus non interessa più non significa che anche io sia pronto a saltare a bordo del..."

"Oh, scemenze..."

"Che?”

"Ho detto scemenze! Sono sciocchezze, e lo sai!"

"Perché ti importa tanto?" James le chiese, accalorato.

"Perché, idiota che non sei altro..." Tirò fuori la bacchetta, e per un secondo, James scioccamente pensò che gli avrebbe lanciato una maledizione. Invece, la agitò una volta, e una specie di pezzo di stoffa bianca apparve alla sua estremità. Era un asciugamano freddo e bagnato, che lei gli passò, presumibilmente per il sangue e la polvere che stavano iniziando a incrostarglisi in faccia. "... Perché, per chissà quale stupida ragione, si dà il caso che voglia bene a entrambi, e non mi va giù che tu…”

"Perda la mia occasione?" James la anticipò. "Merlino, parli come Marlene."

"Beh, è vero. Oh, dammi qua..." Appallottolò l’asciugamano che James non stava usando e iniziò a strofinargli il viso con forza. Le oppose resistenza, piagnucolando, ma Lily non gliela diede vinta. "Giuro, hai tre anni certe volte”.

"Grazie, Mamma," James ribatté alla fine quando ebbe finito, ma doveva ammettere che la stoffa fredda sul viso era un miglioramento significativo. Appallottolandosi in mano l’asciugamano, Lily gli raddrizzò gli occhiali, e poi fece un passo indietro come per sorvegliare il proprio lavoro.

"Adesso sembri quasi umano," notò. "Se solo iniziassi a comportarti da tale."

"E comunque, da dove proviene tutta questa ostilità?" James volle sapere.

Lily emise un verso denigratorio. "Ti prego, Potter, aggirarsi furtivo per Notturn Alley, farsi coinvolgere nelle risse—e Sirius è il tuo migliore..."

"Black era il mio migliore amico..."

"...E tutti e due state facendo decisamente i ridicoli in questa situazione, come se ci fosse sempre tempo a disposizione per aggiustare le cose..."

"...Quindi preferiresti che fossi amico di quel quasi assassino..."

"...Quando davvero, se gli ultimi giorni hanno provato niente, è che di tempo non ce n’è..."

"...di nuovo questa storia del tempo..."

"...Tutti quanti ormai sono andati da lui, perchè non puoi farlo tu...?"

"...E quindi dovrei fare perdona e dimentica solo perchè tutti gli altri lo hanno fatto...?"

"...Se avessi anche un minimo di sale in zucca, ti metteresti sotto i piedi quel maledetto orgoglio, e diresti quello che vuoi dire e basta!"

"Il che sarebbe cosa esattamente?"

"Che ti dispiace!"

L’aveva più o meno urlato, e James la fissò, sbalordito. "Mi dispiace? A me dispiace?"

"Sì," disse Lily con veemenza. "Ti senti in colpa per quello che sarebbe potuto accadere a Piton, perché tu sai che non è stato solo colpa di Sirius. Per lui, era solo un altro scherzo, e tu pensi che la ragione per cui lui lo credeva sia che, per tutti questi anni, hai inventato scuse, e ti sei comportato come se non importasse quello che facevi agli altri—a Piton, a chiunque... ed ecco perché lui non si è reso conto della differenza... non gli è venuto in mente che quello fosse diverso dal... gonfiare la testa di Bertram Audrey o far sparire i capelli di Kevin Sherbatsky, o... qualunque cosa! Hai sempre detto—a me e a tutti gli altri—che era solo uno scherzo, che in realtà non avevi fatto niente di sbagliato, e poi Sirius ha fatto questa cosa, e tu ti senti in colpa!"

"Quindi è colpa mia, non è così?"

"No!" gridò Lily. "Non è quello che sto dicendo! Ma mi stai ascoltando o no? Sto dicendo che non è colpa tua, e che tu devi renderti conto che Sirius ha fatto uno stupido, orribile sbaglio, ma questo non significa che tu sia una persona orribile!"

All’inizio, Lily pensò che James stesse per ribattere, ma le parole sembrarono morirgli a fior di labbra, e vacillò. "Avrei potuto fermarlo," disse inaspettatamente. Lily sospirò.

"E l’hai fermato."

"No, non è vero." James scosse la testa. "Non mi... non mi sbagliavo completamente su Sirius tutto questo tempo—ma mi sbagliavo abbastanza da non prevedere una cosa del genere."

"Vuole solo che lo perdoni," Lily si scoprì a implorare. "L’hanno già fatto tutti."

James si guardò i piedi. "Io non ci riesco."

Lily sbuffò. "Testardo cretino." James sussultò.

"Spocchiosa."

Fece una smorfia, e poi si ricacciò indietro i capelli sudaticci. "Fa caldo qui fuori," lamentò. "Me ne vado." Prima di andarsene, comunque, borbottò di nuovo: "Cretino."

"Spocchiosa," rispose risentito, e poi Lily scivolò attraverso il passaggio per Diagon Alley e scomparve.


Era quasi ora di cena quando Lily tornò a casa, e la trovò quasi abbandonata al caos. Quasi persino prima che Lily richiudesse la porta, la Signora Evans la raggiunse, furiosa.

"Che significa questa cosa che ho sentito, che non parteciperai al matrimonio?" domandò. "Ieri era tutto a posto, e oggi non partecipi al matrimonio, e Tuney è andata a prendere Rachel Richards per vedere di farla stare nel tuo vestito, e..."

"Mamma, ti prego," sospirò Lily, "fammi riprendere un attimo, prima di affrontare la questione."

"Sciocchezze! Hai detto che saresti andata a pranzo con Marlene, e adesso sono praticamente le cinque, e Petunia non mi vuole dire niente..."

"Mamma, io..." Ma faceva troppo caldo per litigare, e tutto (la guerra, Petunia, James, e Sirius, il matrimonio, e tutto il resto...) si stavano ammassando uno sopra l’altro troppo in fretta per Lily, e quindi, prima di accorgersene, delle lacrime le pizzicarono agli angoli degli occhi, e tutto quello che voleva era mettersi a letto e nascondere il viso sotto le lenzuola e non pensare, parlare, o muoversi mai più...

L’espressione della Signora Evans si ammorbidì subito. "Oh, Lily," sospirò. La strinse a sé, le braccia attorno alla figlia minore, e Lily iniziò a piangere.

(Venerdì)

La primissima cosa che Donna Shacklebolt fece il venerdì mattina fu accendere la radio. Era—o credeva di essere—preparata al peggio, ma quando arrivò, la notizia non fu meno sconcertante.

La nuova pretesa era stata consegnata, questa volta a La Gazzetta del Profeta. Un reporter era stato assassinato, e il Signore Oscuro adesso esigeva che ogni mangiamorte sottoposto a fermo o sotto arresto fosse immediatamente rilasciato e riabilitato. La strega che annunciò il messaggio a RSN non sembrava sorpresa, ma c’era urgenza nella sua voce, e sapeva quello che Donna pensava che ormai tutti già sapessero—che tutto questo doveva smettere… che se continuava così... beh, comunque, non doveva.

Donna si tirò via dal letto e iniziò a vestirsi, quando bussarono alla porta della sua stanza da letto. Si abbottonò in fretta la camicia e andò ad aprire. Era Kingsley.

"Vado a lavoro—i bambini dormono, ma Audrey sarà qui presto."

Audrey McKinnon—la sorella maggiore di Adam—era l’ultimo aiuto assunto a casa Shacklebolt.

"Pensavo che oggi rimanessi a casa," Donna protestò. "Stamattina devo lavorare, e..."

"Non posso non andare; già siamo a corto così..."

"Siamo a corto anche qui, Kingsley!"

"Beh e allora perché non ci rimani tu a casa?"

"Perché la mia paga è settimanale, e ci servono i sol..."

"Non ci servono i soldi; stiamo bene."

Donna lo guardò male. "Solo se conti sul fatto che Isaiah non vada a Hogwarts l’anno prossimo... a malapena c’è quanto basta, di quello che mamma e papà hanno lasciato, a coprire le spese per me e Bridge quest’ anno, e presumo che a voialtri piaccia mangiare..."

"E allora vai a lavorare," ribatté Kingsley. "Sta arrivando Audrey."

"Kingsley."

"Che?"

Donna sospirò, strofinando via la sonnolenza dagli occhi. "Brice e Isaiah hanno bisogno di te... non sono brava con loro—non per questo genere di cose."

Kingsley appoggiò una delle grandi mani pesanti sulla spalla della sorella. "È solo quello che credi. Ti adorano."

"Kings..."

"Sarò presto di ritorno," promise. "Sul serio, questa volta."

Non serviva litigare con lui, Donna lo sapeva, così annuì soltanto. "Okay."

"Ci vediamo stasera."

"Ciao."

Donna andò a fare colazione in cucina alle otto—niente di particolare, solo tè, toast e uova—e poi salì di sopra a prendere Brice, il suo fratello più piccolo; Bridget, sua sorella, comunque, era già lì, che vestiva il bambino di sei anni, e chiacchierava con lui dei suoi progetti per la giornata.

"Lavori oggi?" chiese Bridget, quando Donna entrò in camera da letto.

La sorella maggiore annuì. "Tornerò presto, comunque. E anche Kings."

"Così dice," disse Bridget con un sorriso consapevole. "Laviamo i denti, Brice."

"Possiamo farlo fare allo spazzolino?" chiese Brice squittendo, e Bridget annuì, ridendo. Donna seguì curiosa la coppia in bagno, dove Bridget tirò fuori la bacchetta fresca di negozio e la agitò una volta in direzione dello spazzolino blu di Brice. Immediatamente, saltò su, levitando obbediente davanti a Bridget mentre lei vi spremeva su il dentifricio. Poi, lo spazzolino volò in bocca a Brice e, con accuratezza sorprendente, iniziò a spazzolargli i denti.

"Dove hai imparato a fare una cosa del genere, Bridget Cecelia Shacklebolt?" Donna volle sapere. "Lo sai, non ti avrei comprato quella bacchetta così presto se avessi saputo che avresti infranto la legge."

"Audrey mi ha insegnato, e a nessuno interessa un po’ di magia minorile in una casa di maghi," la liquidò Bridget saggiamente. Lo spazzolino proseguì il proprio lavoro sui denti di Brice, e Donna, osservando la sua sorella minore supervisionare la scena con tale calma, non potè fare a meno di riflettere che Bridget era molto più brava in questo genere di cose di quanto lei avrebbe mai potuto sperare di essere. Non era solo il modo in cui si occupava di Brice (o Isaiah, per quello che contava), ma l’abilità in generale—il modo in cui comunicava, la grazia con cui agiva... era molto più saggia della Donna di undici anni—probabilmente più saggia della Donna di diciassette...

"Sputa, per favore," ordinò Bridget, e mentre Brice obbediva, sciacquò lo spazzolino e lo ripose nella tazza.

Brice, come Donna, aveva capelli ricci e fitti, così Bridget non provò nemmeno a domarli, ma si bagnò un po’ le mani e le passò tra i ricci neri del bambino. "Sarai qui per cena, vero, Donna?"

"Sì."

"E quando compreremo il resto delle cose per la scuola?"

"Non finchè non arriva la tua lettera, Bridge."

"E sei sicura...?"

"Per Agrippa, Bridge, già sei capace di stregare spazzolini da denti; ma certo che riceverai la lettera”.

"Io pure voglio una lettera!" insistette Brice, e Bridget gli diede un bacio sulla guancia.

"Non finchè non avrai undici anni, Signor Brice. E nel frattempo avrai la Signorina Flowers all’asilo." Sorridendo, Bridget aggiunse con un sussurro rivolto a Donna: "Gli piace." Poi, prese la mano di Brice, lo fece scendere dal piccolo sgabello che usava per raggiungere il lavandino, e lo portò giù in cucina. Donna li seguì.


"In segno di rispetto del reporter assassinato, Cary Young, la Gazzetta del Profeta ha deciso di non diffondere il messaggio del Signore Oscuro come è stato consegnato questa mattina," disse lo speaker di RSN, la voce carica di gravità. "Comunque, abbiamo qui con noi, stamattina, una delle giovani colleghe di Young, scrittrice, e corrispondente speciale della Gazzetta del Profeta, Dorthea Grey. Signorina Grey..."

"Grazie, Malcolm."

"Certo—vorrei solo che le circostanze del nostro confronto di oggi fossero meno... tragiche..."

"Tutti al giornale sono distrutti... Cary era così benvoluto..."

"Certo, certo. E un reporter dalle idee così innovative..."

"Senza dubbio..."

"Signorina Grey, era nella stanza quando il Signor Young è entrato questa mattina...?"

"C’ero, sì."

"Può dirci cosa è successo?"

"Beh..." esitazione: "Beh, Cary è entrato nell’ufficio stampa... presto, intorno alle sette... ce n’era già un sacco di noi, ovvio, perché stavamo tutti aspettando di sentire se ci fossero… sperando, certo che non fosse un altro attacco, ma in attesa di scoprire... e poi Cary è entrato—non ha parlato con me, ma con Mitchell—Mitchell Letterer, che ha la scrivania quasi all’inizio, lui è l’opinionista d’opposizione—e non so cosa abbia detto a Mitch esattamente, ma so che ha detto che aveva un messaggio che doveva essere stampato nel Profeta di quella mattina... e poi  Mitch ha cercato di farlo uscire dalla trance, e tutti più o meno ci siamo accorti della confusione... Jillian—Jillian Jones, una delle reporter, ha cercato di trovare la bacchetta, con la speranza di fermarlo, ma è successo tutto così in fretta..."

La voce di Dorthea Grey si spezzò, e il giornalista, Malcolm, le diede un momento per ricomporsi.

"...Proprio... proprio prima che accadesse, Cary ha consegnato a Mitchell una lettera da pubblicare, ed era proprio lo stesso messaggio—la stessa richiesta..."

"Ed è questa che Il Profeta si è rifiutato di pubblicare...?"

"Sì, è stata girata al Ministero per essere esaminata..."

Da dove era seduta al tavolino da trucco, Mary spense la radio e rabbrividì, sentendo, all’improvviso, molto freddo, nonostante il caldo umido e tiranno. Spiò l’immagine riflessa allo specchio, e il volto stanco e privo di trucco le restituì lo sguardo. Gli occhi sembravano più piccoli, senza tutto l’eyeliner, i brillantini e il mascara; la pelle pallida e piena di imperfezioni. Mary non amava guardarsi quando era così, anche se ovviamente era parte naturale della sua routine—ogni mattina, si guardava allo specchio sul lavandino, individuava ogni imperfezione che la vessava, e poi lavava e strofinava e applicava il Bubotubero Bum, un intruglio rosa e puzzolente che faceva meraviglie per il suo incarnato, prima di asciugarsi e iniziare col trucco.

Coi cosmetici, era un’artista—più Tiziano che Leonardo. Era un movimento organico. Dove serviva il colore, lo metteva—non sempre la tinta che ci si poteva aspettare, ma sempre abbondante e vivido. Sua madre le aveva sempre detto che stava benissimo senza tutta quella roba, ma una volta una zia le aveva detto che sembrava "meno scialba" con gli occhi truccati, e comunque, adorava applicarlo. Amava la trasformazione e il processo e il colore, e adesso senza non si piaceva.

La scialba, insicura, comune Mary Macdonald.

Non era proprio lei.

Quindi, tralasciando il dubbio momentaneo, Mary prese il primo flacone e iniziò a dipingere.

Quando ebbe finito, lasciò la stanza e, con un 'ciao' noncurante a sua madre, uscì nell’androne, scese di sotto, e arrivò alla familiarissima porta n° 12, dove Marlene viveva.

"Ehi, Mare," la salutò la sua amica, aprendo la porta. "Pensavo che oggi lo passassi con Stebbins”.

Mary scrollò le spalle. "E’ che—avevo voglia di stare con te oggi..."

Marlene sembrò capire. Annuì. "Fa troppo caldo per uscire," acconsentì la bionda, spostandosi di lato per far entrare Mary nell’appartamento. "Staremo in casa."


James non era intelligentissimo, pensò. Oh, certo, era abbastanza sveglio, ma sinceramente, l’essere svegli risultava molto più facile quando tutti gli insegnanti se lo aspettavano da una persona. Il trucco consisteva nel farglielo pensare di te, e qui, James aveva un vantaggio—il vantaggio di una grossa casa vuota in cui crescere: una grossa casa vuota con un sacco di libri, e come unici amici solo maghi molto più anziani, molto più saggi.

Non era stato mai cosciente della sensazione di solitudine prima di Hogwarts, e la noia era come una seconda natura. Sua madre cercava di passare molto tempo a casa, ma non aveva sempre funzionato, e non tutti gli elfi domestici erano compagni allettanti. Quindi James imparò a leggere molto presto, e attaccò la sezione Incantesimi della biblioteca dei Potter. Da lì, proseguì con le maledizioni e la magia trasfigurativa; teoria magica era interessante, ma la storia lo annoiava, così come pozioni. Gli piacevano i libri con le creature magiche. Il suo preferito in assoluto, comunque, era sempre il Quidditch.

E così, quando James andò Hogwarts, aveva più background della maggior parte degli altri del primo anno. Si era fatto quella fama, e la fama di persona intelligente—assieme a una buona memoria—era tutto quello che ci voleva, pensò, per avere successo a Hogwarts.

Era strano pensare, James meditò, che questi stessi volumi che ora stava spolverando ed esaminando un tempo gli erano apparsi così avanzati, così complessi. Sorrise a un libro di storia... appena comprata la bacchetta, all’inizio, l’aveva fatto levitare dritto dritto in testa a sua madre... un incidente, ovviamente.

E c’era un libro di maledizioni che un tempo aveva divorato con avidità, prima di capire, purtroppo, che ci avrebbe messo anni e anni  prima di riuscire a fare quel genere di magia (in realtà, più o meno sei mesi). C’era anche un libro chiamato Etica Magica di Stokstad, Volume Uno che aveva a malapena capito e in gran parte saltato, tranne per il capitolo sugli Inferi.

Fu questo che James alla fine scelse quella mattina, perché aveva finito il cruciverba del Profeta e non gli premeva granché leggere i titoli. Già sapeva cosa ci sarebbe stato scritto. Sua madre e suo padre erano tornati di nuovo tutti e due di corsa in ufficio, tanto presto che James non si era nemmeno svegliato, fino a quando la Signora Potter era entrata piano nella sua stanza per dirgli arrivederci e che la colazione era pronta, quando ne avesse voluta un po’.

James si sedette sul divano più vicino e aprì il grosso tomo scelto, alla prima pagina. Aveva sentito spesso le lamentele su come la sala comune di Grifondoro fosse davvero troppo rumorosa per fare i compiti, ma James riteneva il silenzio assordante della sua grande casa vuota molto peggio.

Non si sentiva solo. No.

Era solo che—beh, mattine del genere... con il reporter assassinato e una nuova pretesa di Voldemort... era giusto il tipo di mattina che uno preferiva passare in compagnia di qualcun altro. Sarebbe stato bello stare un po’ con la madre, o il padre, tutto qui.

Certo che erano impegnati, e non poteva avercela con loro per i loro ovvi doveri... pensò solo che sarebbe stato più felice se fossero stati normali strega e mago della loro età... tranquillamente in pensione, in pace, e al sicuro.

Stupido.

Sul serio, stupido.

Stava bene.

La porta del piccolo studio si aprì, facendo entrare un mago vestito di nero. Si affacciò guardando James. "Tutto a posto, Signor Potter?"

Questo era l’auror di servizio a casa loro, per sicurezza, fin dal primo incidente il lunedì. James si era quasi dimenticato di quel tipo; praticamente era invisibile la maggior parte del tempo.

"Tutto a posto," assicurò James. Il mago—Chesky—annuì e scomparve ancora una volta fuori dalla porta.

Sul serio, James stava bene.

Si rivolse alla pagina seguente di Etica Magica e cominciò il capitolo uno.


Erano circa le tre, l’inizio del turno di Donna, quando Lathe entrò al Paiolo Magico, ordinando il suo tipico “Whiskey Incendiario, liscio,” e prendendo posto in una sedia in fondo al bancone.

“Un po’ presto, no?” gli fece notare lei, più per essere fastidiosa che per altro.

“Che altro ho da fare?” replicò, imperturbato. Non ingoiò il liquore in un colpo solo, però. A parte il sempre presente Pip e una strega dalla locanda, il pub era vuoto. Nessuno voleva andare in giro oggi.

Donna si sedette sul suo solito sgabello dietro al bancone, stringendosi nelle spalle. “Non lo so–non hai una famiglia? Sembra quello che stanno facendo tutti questa settimana… si nascondono finché non finisce…”

“Questa era l’ultima pretesa,” disse Lathe con un’inaspettata confidenza e Donna inarcò le sopracciglia.

“Come fai a saperlo?”

“Lo ha detto lui. Il ragazzo–Giovane. Tutti gli altri messaggi avevano un qualche… avvertimento riguardo ad altri messaggi in arrivo, ma questo no.”

“Come fai a saperlo?” ripeté Donna. “Il Profeta non ha pubblicato le esatte parole, pensavo che fossi stato sospeso dal Ministero.”

“Lo sono. Ho ancora amici lì, però.”

“Oh.”

Lathe finì il suo whiskey e Donna non aspettò per riempirlo. “Come fai a sapere che non ho finito per questo pomeriggio?” scherzò lui e Donna alzò gli occhi al cielo. “Va bene.”

“Quando torni a lavoro?” chiese lei. “Non hai alcuna idea di quando revocheranno la sospensione?”

“No,” replicò semplicemente l’auror, ma Donna pensò che sembrava un po’ più preoccupato dalla situazione rispetto a quanto dava a vedere. Immagino come sarebbe stato se Kingsley fosse stato sospeso per qualcosa e poi quasi desiderò che potrebbe succedere. Quando lo disse ad alta voce, comunque, Lathe rise. “Sai che non vieni pagato per la durata della sospensione, giusto?”

“Beh, non voglio che sia sospeso per settimane, come te… senza offesa…”

“Nessun problema.”

“…Solo qualche giorno. Un fine settimana, forse.”

Lathe rise di nuovo.

“Penso solo che sarebbe stato bello per i miei fratelli e sorelle avere qualcuno imparentato con loro intorno questa settimana,” si difese Donna, incrociando le braccia. “È quello che tutti gli altri stanno facendo, ad ogni modo…”

“E tu? Di certo Tom ti avrebbe lasciato la mattina libera?”

Donna fece spallucce. “Mi piace essere pagata, però. Diciamo… se vieni licenziato, credi che daranno un aumento a Kingsley?”

Lathe inarcò le sopracciglia e Donna realizzò che sarebbe potuto apparire in modo sbagliato.

“Insensibile?” suppose.

“Solo un po’.”

Pip, dall’altra parte del bancone, richiese un’altra pinta e Donna fu temporaneamente occupata con quello, ma tornò dal lato del pub di Lathe dopo aver finito con l’altro. “Da quanto sei un auror?” volle sapere.

“Tre anni,” disse Lathe. “E ci sono stati tre anni di addestramento prima.” Donna annuì pensierosa; dibatté sulla possibilità di domandare o meno la domanda che pizzicava la sua curiosità, ma decise di no, solo per avere Lathe che rispondeva a quella per lei: “Lo conoscevo un po’.”

“Chi?”

“Tuo padre. Stavi facendo i conti, no?”

“No.”

Lathe fece spallucce. “Ad ogni modo, ho lavorato per parte del mio ultimo anno di addestramento con lui.”

Donna desiderò improvvisamente che stessero parlando di qualcos’altro. Parlare dei suoi genitori non era troppo doloroso o qualcosa del genere–il passato era il passato e tutto il resto–ma discutere di suo padre portava sempre allo scomodo ricordo che Kingsley era abbondantemente nella stessa situazione in cui era stato suo padre…

“Quanti anni avevi?” chiese d’improvviso Lathe.

“Quattordici.”

Lui annuì. “Probabilmente non vuoi sentirlo, ma… era un auror brillante, tuo padre. E anche tuo fratello è piuttosto sveglio.”

No, non voleva sentirlo.

“Sì, i miei genitori erano dei veri eroi,” borbottò Donna con sarcasmo. Lathe sembrava un po’ sorpreso e lei aggiunse: “Non ho intenzione di romanticizzarli perché sono morti. Papà non avrebbe dovuto… non avrebbe dovuto parlare in quel modo di fronte a…” si interruppe.

“Voldemort,” supplì Lathe e Donna annuì.

“Suppongo che abbiano lottato per quello in cui credevano,” continuò cupamente, “ma li ha fatti uccidere. E se avessero tenuto la testa bassa, allora io non dovrei spendere quasi ogni giorno delle mie vacanze estive a lavorare in un dannato pub, e mio fratello non dovrebbe fare da schiavo per il ministero solo per assicurarsi che possiamo permetterci Hogwarts, e Brice potrebbe effettivamente ricordare i suoi genitori, e Isaiah non sarebbe stato espulso due volte dalla scuola elementare babbana, e Bridget non dovrebbe far loro da madre.” Donna non sapeva da dove venisse tutto questo, ma prima di potersi fermare, il resto si riversò fuori: “le persone possono dirmi che i miei genitori erano una grande strega e un grande mago e che sono morti con onore e che dovrei essere orgogliosa, ma la verità è che… avevano un dovere verso cinque persone che hanno messo al mondo, e non hanno compiuto il loro dovere, perché erano coraggiosi.” Amaramente: “Perdonami se non sono terribilmente entusiasta riguardo al fatto che mio fratello è un auror brillante–preferirei che fosse solo un mago vivente a questo punto.”

Lathe non sembrava né scioccato né turbato dalla confessione di Donna, e questo la irritò un po’. “Ho detto che Shacklebolt era un mago sveglio,” la informò il mago con calma, “ma è anche intelligente. Si tiene fuori dai guai, riguardo la politica.”

“Mette comunque a rischio la sua vita,” gli fece notare Donna.

“La sua vita era già a rischio–tutte le vostre lo sono, a causa dei vostri genitori.”

“Ah, gli eroi.”

Lathe fece spallucce. “Forse hai ragione. Forse tuo padre ha sbagliato a parlare in quel modo, ma–credo che lo abbia fatto perché… pensava che sareste stati più al sicuro in un mondo completamente privo di Voldemort e dei mangiamorte, e se aveva la opportunità di aiutare a ottenere questo, allora doveva coglierla.”

“Ma non l’ha ottenuto.”

“No,” ammise Lathe; non offrì alcun lato positivo o spiegazione per questo, anche se Donna quasi se ne aspettava uno. Prese semplicemente un altro sorso del whiskey incendiario.

Donna si alzò, prendendo un bicchiere pulito e lucidandolo svogliatamente con uno straccio. “Che mi dici di te?” chiese. “È per questo che sei un auror? Per proteggere qualcuno?”

Lathe non rispose subito, e quando lo fece, fu evasivo. “Non ho famiglia,” disse.

“Nessuno?”

“Beh… i miei genitori, tecnicamente, ma sono babbani e pensano che sia morto.”

“Loro–cosa?”

“È… meglio per tutti se i miei genitori operano sotto l’errata impressione che io sia deceduto,” disse Lathe, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Donna espirò incredula.

“Sei pazzo,” gli disse. “Più strano di quanto lo sia io.”

“Ora sei semplicemente scortese.”

Donna si sporse sul bancone a poca distanza dall’auror. “Che succede a qualcuno che è sospeso?” chiese curiosa. “Voglio dire–sei stato qui due o tre volte questa settimana e solo durante il mio turno. So che sei stato qui anche quando c’erano Tom e Black. Tu stai solo… seduto in giro e bevi?”

“Per lo più,” disse Lathe allegramente. Donna aggrottò le sopracciglia e lui si difese: “Non mi è permesso bere quando sono in servizio, e sono sempre in servizio. Dovrei almeno beneficiare da questa situazione in qualche modo.

“Ma non devi… non so–provare la tua innocenza o qualcosa del genere?”

“Ma non sono innocente,” rispose calmo Lathe. Finì il whiskey incendiario fece una faccia ridicola, e fece segno per averne un’altra.

“Ti ubriacherai,” lo avvisò Donna. Quando gli ebbe versato il liquore, si tirò su, palmi contro il bancone, e scosse il capo. “Non ti capisco affatto.”

Lathe prese un lungo sorso. “Stanno indagando su di me riguardo all’omicidio di un mangiamorte; io ho ucciso un mangiamorte. Non c’è molto che possa fare per provare la mia innocenza.”

Questo (e un po’ d’altro) Donna aveva dedotto dai giornali e dalla sua connessione con Lily. “Logan Harper?” chiese, e Lathe quasi sobbalzò al suono del nome. Annuì.

“Ma lui era un mangiamorte. Non capisco.”

“Meglio non provare a capire il Ministero della Magia, Shacklebolt in Miniatura. Persino il Ministero non capisce il Ministero.”

Donna alzò gli occhi al cielo. “Ma se lo hai ucciso e questo è il motivo per cui sei nei guai, perché stanno indagando? Perché non ti licenziano e basta?”

Lathe espirò irritato; chiaramente, questo non era qualcosa che aveva particolarmente voglia di discutere–con la sorella barista di un collega, pensa–ma a Donna davvero non importava. Aspettò con aria d’attesa per la sua risposta… se avrebbe dovuto subire le storie della vita dei clienti giorno dopo giorno, potrebbe anche aver avuto qualche risposta che voleva davvero. “Pensano,” continuò Lathe, “che lo abbia ucciso perché è un purosangue. Che avrebbe potuto essere salvato. Arrestato. Processato e tutto il resto.”

La domanda rimase sospesa in aria per qualche secondo prima che Donna la chiese: “Avrebbe potuto?”

Lathe abbassò lo sguardo sul whiskey incendiario. “Dovremmo vedere, credo.” Ingoiò il resto del suo bicchiere e cominciò ad alzarsi. “Okay, allora–che ne dici di uno per la strada?” Colpì il suo bicchiere vuoto con l’anello sul suo mignolo. Donna aprì la Ogden, mentre Lathe prendeva i soldi per il conto. Bevve il whiskey incendiario velocemente e poi, con un rapido cenno a Donna, si diresse verso l’ingresso di Diagon Alley. Esitò vicino alla porta, comunque. “Ascolta…” cominciò l’auror, “io non darei… intendo, io non creerei dei problemi a Shaklebolt… voglio dire, tuo fratello, dei problemi riguardo a questi giorni–non è affar mio, sì, ma voi siete quello di cui parla sempre, onestamente, e… io non so. Essere un auror non è proprio come lo descrivono.”

“Allora perché sei così disposto a tornare?” volle sapere Donna.

Lathe fece spallucce. “Chi dice che lo sono? Paga schifosa e orari terribili.”

Donna scosse il capo. “Proprio come Kingsley. Non capisco, ma ne siete così… ossessionati. Merlino sa se ci sono lavori migliori–più sicuri, più interessanti, meglio pagati… ma per qualche dannata ragione, voi auror non potete starne lontano.”

Lathe ghignò. “Non una cattiva valutazione del mestiere, Shaklebolt in Miniatura.” Si voltò per andarsene ancora una volta, aggiungendo mentre se ne andava, “Ci vediamo.”

Quando l’auror se ne fu andato, Donna tirò fuori la sua bacchetta, pulendo il bicchiere che aveva usato e facendolo levitare fino al suo solito posto sulla mansola. Sirius entrò nel pub qualche minuto dopo.

“Sei in anticipo,” gli fece notare.

“Cosa altro ho da fare?” ribatté Sirius. “Ho visto uscire Lathe–è stato qui a lungo?”

“Non molto. Perché?”

Sirius si strinse nelle spalle. “Nessuna ragione–è stato qui per un bel po’ questa settimana.”

“Suppongo di sì.”

Sirius rinfrescò il drink di Pip. “Ti ha detto una di quelle sue folli storie da auror?”

“No.” Donna si sentiva molto apatica; aveva parlato abbastanza.

“Eh, beh, dovresti chiedergli di quella volto al Cairo.” Sirius afferrò il suo solito grembiule. “Sai perché è stato sospeso, no? Quell’affare degli Harper… La famiglia è riuscita ad ottenere un inchiesta e ora il dipartimento degli auror è a corto… proprio adesso.”

Ma Donna sapeva già tutto.

“Ragazzo interessante,” continuò Sirius. “Lathe, voglio dire. Oi, la sua famiglia babbana pensa che sia morto–figo, eh?”

Donna lo guardò. “Gli uomini sono così strani.”


Il Signore e la Signora Potter tornarono dal ministero intorno alle sette di venerdì. Quest’ultima era stata fuori per ore, ma era rimasta in giro per materializzarsi con il marito. Trovarono il figlio nella libreria, coinvolto nelle ultime pagine di un grosso libro.

“Hai mangiato?” chiese la Signora Potter, sedendosi accanto al figlio, mentre il Signor Potter andava al piano di sopra a cambiarsi. “Sei terribilmente pallido, James.”

“Ho mangiato circa un’ora fa.”

“Non siamo così in ritardo stasera,” mormorò sua madre, passandogli affettuosamente le dita tra i capelli. “Potremmo mangiare insieme, che ne dici?”

James posò il libro. “Certo, mamma.”

“Che hai, caro?”

“Nulla; sto bene.”

“Cosa stai leggendo lì…?”

Ma prima che James potesse rispondere, il Signor Potter riapparì alla porta, e la sua espressione era cupa.

“Scusatemi…”

La Signora Potter si voltò per guardare suo marito che entrava dalla porta e James notò che sembrava tanto sorpresa quanto lo era lui.

“C’è qualcosa che voglio discutere con entrambi.”

“Cosa c’é, Alex?”

Il Signor Potter si sedette sul divano di fronte a loro. Si sporse in avanti, mani giunte davanti a sé e gomiti sulle gambe–stranamente scarico nella sua postura. “Io… Io ci ho pensato molto questa settimana. Non voglio fare nulla senza parlarne con voi, ma c’é… ci sono pochi dubbi per me che questa sia la cosa migliore–per tutti noi…”

“Alex…”

“Ti prego,” la interruppe piano il Signor Potter. “Solo–lascia che ve lo dica.” Sua moglie annuì piano, ma prese la mano di James, e la sua stretta tradì la sua ansia. “Ho deciso… beh, ho quasi deciso che–la cosa più giudiziosa da fare sia… dimettermi. Ho deciso di scendere a capo dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia.”

La Signora Potter lasciò la mano di James, spostandosi istantaneamente attraverso la stanza per sedersi accanto al marito, che strinse in un abbraccio. Vi erano lacrime nei suoi occhi, ma erano di gioia. Lo aveva voluto–lo aveva voluto per anni, pensò James, da quando erano cominciate le sparizioni e Voldemort ne aveva preso il merito… 

Ma James non era sicuro di come si sentisse. Suo padre sarebbe stato in giro più a lungo, certo, e non era come se avessero bisogno dei soldi, ma in qualche modo…

“James?”

La Signora Potter poggiava ora la testa sulla spalla del signor Potter e quest’ultimo guardava attentamente al suo unico figlio, ancora sul divano di fronte, con un’espressione illeggibile.

“Ora?” James si sentì chiedere. “Adesso, con tutto quello che sta succedendo…?”

“Non sarà immediatamente,” spiegò il Signor Potter. “Resterò per almeno un altro mese… Ma–la scorsa settimana… Non sono fatto per questo, James. Certamente non adesso, alla mia età…”

“E–quindi? L’orario è troppo lungo?” chiese James incredulo.

“No, no. Non è quello. È… il Ministero… è che, tutti meritano qualcuno che sia–in grado di fermarli.”

“Papà…”

“James, ascolta. Questa settimana, un uomo è entrato nel mio ufficio e si è suicidato… proprio di fronte a me. Ero completamente incapace di fermarlo. E ogni mattina questa settimana, altre morti, altre pretese, e io ero… non ho fatto nulla.”

“Non c’era nulla che potessi fare.”

“No, non c’era,” concordò suo padre. “Ma qualcun altro potrebbe essere in grado.”

“Ma cosa succede se ci sono altre pretese? Te ne stai andando adesso…”

“Non ci saranno altre pretese.”

“Come fai a saperlo?”

Il Signor Potter non rispose subito. “Ci sono molte cose che non capisco su quello che è successo di recente, ma… crediamo che il messaggio di oggi sia l’ultimo.”

James non era così semplicemente soddisfatto. “Va bene, ma che mi dici di quello che succederà dopo? Tutte le pretese dicevano che se il Ministero non le avesse assecondate, ci sarebbero state delle ripercussioni…”

“Ci saranno,” disse il Signor Potter con espressione vuota. “Ed è per questo che devo permettere a qualcun altro di provare a fermarli… per tutti gli altri e per la mia famiglia…”

“La tua famiglia? Noi? Papà, a chi importa di noi? Stiamo bene. Questo posto è una cazzo di fortezza! Nessuno ci prenderà qui…”

“E tu credi davvero di essere al sicuro? La mia posizione nel Ministero ha messo in pericolo entrambi per anni, e l’omicidio di Phillip Stoake era… piuttosto personale… nella sua esecuzione. Non posso correre il rischio più a lungo.”

James era silenzioso, cercava di apprendere tutto–di capire. “Solo–non vedo come tu possa mollare in quel modo… smettere di combattere…”

“No, James,” parlò improvvisamente Grace Potter. “Non quello. Mai quello.” Lasciò suo marito, si alzò, e si mosse per sedersi nuovamente accanto a James, prendendo la sua mano ancora una volta. “Ci sono altri modi per combattere.”

Lentamente, James si alzò. “Io… um… Vado a fare una passeggiata. Per pensarci…”

“James…”

“No, non sono arrabbiato,” disse velocemente. “Non lo sono. Davvero. Ho solo… ho bisogno di pensare per un po’. Prendere un po’ d’aria, sai?”

La Signora Potter tornò accanto a suo marito. “Non andare lontano.”

James annuì.


Alle otto quella sera, Sirius andò fuori per la sua pausa e una sigaretta, lasciando Tom con la piccola folla dentro al pub. Era un’altra notte calda–sembrava un’eternità da quando aveva piovuto l’ultima volta, e il cielo nero sopra di loro non era nuvoloso: una notte piuttosto ordinaria.

James Potter era quasi l’ultima persona che Sirius si aspettava di vedere, stando fuori alle spalle del Paiolo Magico con le mani in tasca e un aspetto in qualche modo nervoso. Eppure eccolo lì. Sirius si fermò, mentre stava per accendere la sua sigaretta.

“Hai già finito?” chiese James, sorpreso; “Lupin aveva detto che avresti lavorato fino a tardi stasera…”

Sirius finì di accendere la sigaretta e scosse la testa. “Sono in pausa.” Non lo disse, esattamente, ma la sua espressione chiedeva chiaramente cosa James stesse facendo lì in quel momento.

“Mi chiedevo se sarei dovuto entrare o meno,” spiegò James imbarazzato. “Ma–ehm–credo che non abbia più senso ora…”

Sirius prese un tiro attentamente. Non c’era speranza di essere deluso questa volta, mentre chiedeva in un tono cauto, ma non accusatorio: “Che ci fai qui?”

“Non ne sono sicuro.” James era, inspiegabilmente, nervoso. Sirius decise di aspettare per altro. “Credo… voglio dire–Io… Sirius, voglio che le cose tornino come erano prima, ma… ho solo… bisogno di una ragione.”

“Vuoi dire che sei venuto qui per farmi pregare,” replicò Sirius amaro. “Non lo farò. L’ho già–sai che mi dispiace. Sai che se potessi tornare indietro, lo farei. Ma quello che è successo, è successo, e devi capire cosa vuoi fare adesso.”

James si stizzì. “Quindi così–non… non ti importa.”

“Non è quello che ho detto…”

“È vero, però, se non sei nemmeno disposto a…”

“A far cosa? Pregare e implorare e strapparmi i capelli?”

“Rimedia!”

“Rimediare cosa, esattamente?”

“Questo! I Malandrini! Tutti noi!

Sirius lasciò cadere la sua sigaretta non finita sul pavimento e la schiacciò con la scarpa. “Mi dispiace, Prongs. Okay? Mi dispiace così tanto di–di aver detto a Piton di Moony, e mi dispiace che tu abbia dovuto sistemare il casino, e mi dispiace per tutto quello che è successo… o sarebbe potuto succedere quella notte… mi dispiace!” Fece un passo avanti, ma James fece un reattivo e difensivo passo indietro. Sirius indietreggiò di nuovo. “Vedi? Non te ne importa nemmeno… questo non riguarda più me o cosa posso fare, vero?”

 “Cosa significherebbe…?”

“Non vuoi perdonarmi,” gli parlò sopra Sirius. “Vuoi solo incolparmi!”

“Certo che voglio incolparti! È la tua cazzo di colpa!”

“Beh allora cosa vuoi da me, Prongs?”

James esitò; c’era qualcosa che voleva dire, ma non lo fece. Invece, piano: “Questa era un’idea stupida.”

“Cazzo se lo era.”

Irritato dal tono di Sirius, James aggiunse: “Lily non sa di cosa sta parlando.”

“Cosa vuoi dire?”

“Tu,” sputò James. “Deve pendere proprio dalle tue labbra per farla venire da ma a dirmi…”

“Oh levati dalle palle, non le ho detto di parlarti…”

“E allora per quale altro motivo avrebbe dovuto tentare di fare in modo che io ti perdonassi? Anche dopo…”

“Cazzo, Prongs!” imprecò Sirius, la ribollente frustrazione dentro di lui raggiungendo il punto di bollitura: “Sei davvero così cieco?”

Questo, James lo fraintese completamente. James trasalì. “Vuoi dire… voi due…?”

“Cosa? No–Merlino, no, Prongs! Sei un idiota! Pensi davvero che lo farei…?”

“Oh,” lo sbeffeggiò James, “dovrei pensare che sia al di sotto di te? Al di sotto dell’aspirante omicida fratello dell’aspirante mangiamorte?”

Poi, Sirius non poté più fermarsi.

Fece un passo avanti e tirò un pugno, lasciando James di stucco e facendogli cadere gli occhiali a terra. James barcollò, ma rimase in piedi. Il suo respiro si fece affannoso ed avrebbe potuto tirare fuori la bacchetta, ma non lo fece. Invece, un attimo dopo, entrambi i maghi erano a terra, ognuno colpendo l'altro con tutto quello che avevano dentro. 

James riuscì a mandare a segno esattamente due buoni colpi al naso di Sirius prima che quest'ultimo riuscì a spingerlo via, a terra, dove Sirius gli tirò un pugno prima di essere di nuovo spedito con un calcio sul pavimento di pietra della strada.

Nei romanzi, le risse sono di solito un'esperienza affascinante—una dimostrazione di coraggio ed abilità. Nella realtà, tuttavia la maggior parte delle risse—quelle spontanee, in ogni caso—sono solo disordinate ed imbarazzanti. Solitamente, i partecipanti relativamente inesperti non sono per niente entusiasti alla prospettiva di fare a botte e lo fanno solo in ultima istanza o a causa della pressione esercitata da altri. In ogni caso, le risse sono tipicamente brevi e prive di destrezza, con i due contributori che cercando semplicemente di colpire l'altro in ogni luogo o modo possibile.

Questa non fu differente, tranne che per un aspetto: la rabbia. Non la breve fiamma che divampa e muore dopo i pugni iniziali, per essere sostituita da istinto di sopravvivenza o paura. No, questa era stata una rabbia silenziosa e lenta che si era scatenata improvvisamente e senza misura.

Così, quando Sirius riuscì a rimettersi in piedi, James non fece un passo indietro per rialzarsi, ma afferrò la caviglia di Sirius e lo buttò di nuovo a terra. Sirius gli tirò un calcio sul mento, facendo uscire più sangue, ed entrambi si ritrasse abbastanza a lungo per barcollare in piedi. Poi James tirò a  Sirius un pugno nello stomaco, e Sirius spinse James contro il muro. Lo colpì un paio di volte, e poi James riuscì a prendere Sirius tra le costole, in modo da far piegare Sirius dal dolore, e James lo colpì in faccia prima che potesse provare a difendersi.

Sirius inciampò indietro. James provò a mantenere l'equilibrio ed il sangue gli stava colando sugli occhi. Con un ultimo scoppio di energia, Sirius fece per colpire James, ma quest'ultimo bloccò il gancio, e anche se andò a sbattere ancora una volta contro il muro, riuscì a spingere Sirius di nuovo via. Poi afferrò la sua bacchetta.

La diresse verso Sirius, ma appena alzò lo sguardo, James venne a scontrarsi con la punta della bacchetta del suo avversario.

Feriti, sanguinanti e sporchi, si fissarono e basta. Tra il sangue e la mancanza di occhiali, la visione di James non era quella che sarebbe dovuta essere, ma incontrò lo sguardo di Sirius, bruciante di rabbia.

Per un lungo momento, nessuno dei due si mosse.

Poi, James lasciò cadere la sua bacchetta. Sirius rimase ostinatamente fermo.

James si lasciò cadere a terra, tastando il terreno in cerca dei suoi occhiali e, una volta trovati, li fece nuovamente scivolare sul suo volto. Si strofinò la fronte stancamente, mentre Sirius continuava a fissarlo, confuso e non del tutto placato.

"Come cazzo hanno fatto le cose ad incasinarsi così, comunque?" Chiese James, la sua voce roca. C'era sangue nei capelli. “Tu ed io ed i Malandrini e tutto il resto—come è potuto accadere tutto questo?”

Lentamente, Sirius abbassò la bacchetta. "Non lo so", ammise a bassa voce.

“Sono stanco” disse James. “Tutto questo è stancante”.

Anche Sirius si lasciò cadere al suolo, le braccia poggiate sulle ginocchia mentre si curvava in avanti “Lo è,” concordò, annuendo. “Non so come fare.”

James rimase in silenzio per un po'. Alla fine, iniziò con una voce roca e distante, “Remus ritiene che se qualcuno riesce a perdonarlo per essere quello che è, allora lui può perdonargli praticamente qualsiasi cosa.” Sirius non disse nulla. “Peter pensa che sia stato solo uno stupido errore.” Un'altra pausa. “Lily...Lily pensa solo che sia la cosa giusta...” Con un ultimo respiro implorante: “Ma non è abbastanza per me; ho bisogno di qualcos'altro... Mi serve un motivo.”

Sirius annuì. Pensava di aver capito ora. “Non ho un motivo. Non è perdono se c'è un motivo.”

“Be' non è abbastanza, cazzo!” sbottò James. “Dove diavolo sei stato? Mio padre si sta dimettendo, e lui e mia madre sono sempre via, e sta succedendo tutto questo...” Le mani di James si persero di nuovo nei suoi capelli; stavano diventando lunghi ora, i suoi capelli, e le dita erano quasi sparite del tutto in mezzo alle ciocche nere. “Tu avresti dovuto—tu saresti dovuto esserci per cose come queste! Niente di tutto questo sarebbe dovuto accadere così!”

“Ma è successo!” Lo interruppe Sirius. “È successo così, e non posso rimangiarmelo—lo farei se potessi, ma non posso, e non so cosa vuoi che faccia!”

“Non lo so!” Ma speravo che tu lo sapessi!”

“Come aggiustare tutto?”

“Sì!”

“Be' io non ho una fottutissima idea al riguardo!” Stavano entrambi quasi urlando, ma con questo, i due ragazzi si zittirono di nuovo, e la tensione si smorzò un po'. Sirius parlò per primo.

“Tuo padre si sta dimettendo?”

James annuì, guardando da un'altra parte. “Lo ha detto a me e a mamma un'ora fa.”

Ancora silenzio. Poi—“Senti, James,” iniziò Sirius, “la verità è che c'è solo un motivo, e tu lo sai.” (Lo sapeva.) “Perché mi dispiace.”

James aveva sperato contro ogni speranza che Sirius avrebbe avuto qualcos'altro da aggiungere, ma ora si rendeva conto di aver sempre saputo che sarebbe stato impossibile.

“Non è abbastanza,” mormorò. “Mi dispiace. È solo che—non ci riesco e basta.”

Il viso di Sirius era pallido; tutta la rabbia era svanita. Ora sembrava solamente triste, ed annuì. James si rimise in piedi, e poi tese la mano, tirando su anche Sirius. Si fissarono per un momento.

“Mi dispiace di averti colpito,” disse James.

“Anche a me.”

Poi, con un veloce cenno di saluto con la testa, James si voltò. Aprì l'ingresso di Diagon Alley e lo attraversò rapidamente, con i mattoni che si chiudevano dietro di lui.


Nei momenti di disperazione, gli esseri umani possono non essere al loro meglio.

Lily si stava detestando in quel momento, ed era spaventata, ma era anche disperata, e doveva farlo—doveva provarci.

Quindi, bussò alla porta della camera di Petunia, e la voce di sua sorella replicò distrattamente: “Avanti.”

Lily entrò. Erano quasi le dieci, e sua madre era andata a letto, ma Petunia contava chiaramente di rimanere in piedi per un altro po'. 

Petunia gettò solo uno sguardo a sua sorella mentre entrava nella stanza prima di far tornare velocemente la sua attenzione all'invito che aveva in mano.

“Che cosa vuoi?”

Se avesse guardato più a lungo, Petunia avrebbe notate le lacrime negli occhi della sorella minore.

“Tunia, per favore,” la implorò Lily, ed il fatto che stesse piangendo era evidente nella sua voce, tanto che Petunia alzò di nuovo lo sguardo, sorpresa. “Per favore non farlo.” Si sedette ad un angolo ai piedi del letto. “Ti prego.”

Lily si detestava per dover chiedere, dover dire questa cosa, per fare questa richiesta, quando sapeva che era sbagliata, ma cos'altro poteva fare? Le lacrime cominciarono a scendere di nuovo, e supplicò: “Non lo sposare.”

E l'espressione di Petunia, che si era quasi ammorbidita, tornò in un attimo dura e fredda. “Lily, sei imbarazzante.”

“Non mi importa!”

“È imbarazzante starti a sentire.”

“Tunia, non ho mai voluto lasciarti indietro!” continuò in fretta Lily, “Mi dispiace! Ma tu sei mia sorella, e ti voglio bene, e non voglio che tu—devo dirtelo, perchè se non lo faccio, tu... noi non avremo più una vera opportunità di essere di nuovo sorelle... amiche, come prima...”

“Lily, smettila...”

“No, non la smetto!” Le lacrime scendevano più copiose ora. “Sono stata risentita con te, perchè ho sempre pensato che tu ce l'avessi con me e con quello che sono, ma c'è ancora tempo per aggiustare le cose tra di noi! C'è ancora una possibilità! Mi... mi dispiace, okay? Non avrei dovuto farti dire tutto a Vernon, m-m-ma l'ho fatto solo perchè pensavo che se non gli avessi detto nulla non mi avresti mai più vista dopo esserti sposata. Ed ora—non si tratta dell'essere una damigella. Non mi importa di quello; Io...” 

“Tu cosa?”

“Io—io voglio solo che le cose vadano bene tra noi!”

Petunia non disse niente.

Ti prego,” implorò ancora una volta Lily, in lacrime.

A quel punto, Petunia cominciò ad ammucchiare tutti gli inviti sparsi sul letto. Li organizzò in una mezza dozzina di pile ben ordinate, e poi in un'unica, alta fila che pose sul comodino. Lisciò le lenzuola damascate color lavanda, e poi, quasi nello stesso movimento, si ravviò i capelli chiari con la mano.

"Petunia."

Ma era come se Lily non fosse mai entrata in camera.

Petunia tirò le tende.

"Petunia!"

Lily aveva smesso di piangere, ma le lacrime indugiavano sulle sue guance arrossate; guardò sua sorella mentre metteva a posto la sua stanza immacolata. Petunia si muoveva senza fermarsi, senza esitazione o decisione; si muoveva da piano a piano—la sua routine serale. O si muoveva in modo aggraziato o come un automa.

Tunia,” disse Lily un'ultima volta, con voce rotta. Sua sorella aveva preso un cardigan—l'unico capo nella stanza a non essere piegato, drappeggiato sulla sedia della scrivania—e lo appese nell'armadio. Lily si alzò e si avviò verso la porta. Petunia lisciò la zona del letto che aveva occupato Lily, come se non fosse mai stata lì.

La minore lasciò la sorella mentre si occupava di un vaso di fiori sul davanzale.

(Sabato)

Sabato non ci furono altre rivendicazioni. Sembrò tirarsi un universale sospiro di sollievo, persino tra gli inviati di RSN, e la prima pagina della Gazzetta del Profeta era, rispetto al solito, assolutamente in tripudio. La mattina ed il pomeriggio passarono tranquillamente, con calma; l'edizione serale del giornale riportò che il Ministero della Magia aveva arrestato un sospettato Mangiamorte, e il resto delle storie riguardo le ora concluse rivendicazioni e le loro vittime. Nonostante tutto, tutti gli articoli avevano al loro interno lo stesso sottile indizio: nessuna nuova rivendicazione. Nessuna nuova vittima. 

Alcune volte, quando non ci sono vere vittorie, la gente ha bisogno di fare finta.

Lily si svegliò con la terribile sensazione di essersi addormentata piangendo. Indolenzita e appesantita, si alzò lentamente e con riluttanza dal letto, trovandosi in bagno senza avere alcun ricordo di essersi mossa. Si spruzzò acqua fredda sulla faccia salata, deidratata e arrossata e, appoggiandosi al lavandino, fissò il suo riflesso gocciolante nello specchio.

Era sabato, realizzò. In una settimana, sua sorella si sarebbe sposata.


Marlene stava lavando i suoi piatti. Aveva dormito fino a tardi quella mattina, così pranzo e colazione si erano, in un certo senso, uniti, ma comunque era quasi mezzogiorno meno dieci, e quello sembrava voler dire ora di pranzo, anche se i suoi capelli erano ancora bagnati dalla doccia mattutina e tutto quello che aveva addosso erano una vestaglia e dei pantaloncini di una tuta.

Finito il suo compito mondano, la bionda uscì dalla piccola cucina, attraversò il salotto, ed entrò in camera sua. C'erano esattamente due camere nell'appartamento dei Price—quella di sua madre e la sua—e sebbene fosse piccola, Marlene era felice di averla tutta per sé. Quando suo fratello, molto più grande di lei, era vissuto lì, avevano dovuto condividerla.

I muri erano verde scuro, coperti dai poster e dalle foto di Marlene—alcune delle quali dovevano essere rimosse per gli ospiti babbani, perchè si muovevano com'era consuetudine nel mondo magico. Mary e Lily le sorridevano dalla sua bacheca, e c'era una foto di tutte le ragazze del suo dormitorio, che salutavano con la mano e facendo boccacce all'obiettivo... era del quarto anno. 

E vicino ad alcuni biglietti strappati dal concerto dei Scopalinda a cui era andata l'estate scorsa, c'era una foto familiare di lei ed Adam, affissa alla bacheca di sughero con la sua spilla di Grifondoro. Stavano ridendo riguardo qualcosa e sembravano così... giovani. E ridicoli. Erano al quinto anno in quella foto—l'aveva scattata Lily con la macchinetta di Adam, subito dopo la Finale di Quidditch. Adam era bagnato fradicio, perchè i Grifondoro avevano reputato divertente passare la serata lanciando acqua a tutti i membri della squadra, e Marlene aveva strisce oro e rosse dipinte sul volto—una per ogni colore, lungo gli zigomi.

Era, pensò Marlene, una delle poche foto di se stessa che le piacevano. Probabilmente per via dell'angolo della macchinetta fotografica o qualcos'altro...

Marlene osservò la fotografia per circa un minuto intero, persa nei suoi pensieri. Poi, si spostò al tavolo all'angolo della stanza dove teneva il suo giradischi. Non aveva bisogno di scorrere tra gli album oggi, perchè sapeva già cosa voleva sentire. Pose il vinile che aveva ricevuto a Natale sul piatto e mise la prima traccia. 

Il familiare giro di note iniziò, e Marlene avrebbe potuto sorridere se non avesse avuto così tanta voglia di piangere. Sedendosi sul letto, Marlene prese un cuscino, che abbracciò al petto, mentre la voce del mago iniziava a cantare le prime parole. Tutte le canzoni migliori, pensò Marlene, erano sul dolore. 


Tutte le migliori canzoni, pensò James, erano sulla droga. 

Erano semplicemente oneste; brusche, ma adeguatamente sentimentali e genialmente strane. La semplice esistenza della canzone sconfiggeva l'inganno, perchè voleva dire che almeno i musicisti non avevano problemi ad ammettere che i loro testi venivano fuori da sostanze socialmente rigettate.

“A cosa stai pensando?” chiese la Signora Potter, sorseggiando il suo tè freddo dalla sedia più vicina a quella di James al tavolo della cucina. I Potter cenavano solitamente nella sala da pranzo, ma dato che c'erano solo loro due lì, la cucina andava bene per quella sera.

"Alla droga"

"James."

"L'hai chiesto tu."

Alzando gli occhi al cielo, la Signora Potter tornò al giornale che stava leggendo. James fece un sorrisetto, nel frattempo, e sedette svogliatamente al tavolo della cucina, girando la minestra con il cucchiaio.

E mentre la minestra marroncina schizzava sull'ovale argentato del cucchiaio da minestra, appannando il metallo per poi ricadere inevitabilmente di nuovo giù e movimentando il resto della zuppa, James ebbe una rivelazione sorprendente. Era il genere di epifania che si ha, per poi realizzare un momento dopo di aver sempre saputo quel concetto, ma di non averlo mai sentito prima: si era colto intellettualmente, senza accettarlo in modo emotivo. 

James realizzava ora, seduto lì nella cucina con la sua zuppa e cucchiaio e pane imburrato... che da un po' di tempo a quella parte, era stato veramente molto molto annoiato.

Non solo annoiato—letargico. Introverso. Stranamente disinteressato, spassionato...

Ed anche annoiato.

E, per da molto tempo secondo lui, James non aveva fatto assolutamente niente per rimediare. Sinceramente, non gliene era fregato abbastanza per provarci.

“Lui ci darebbe un'altra possibilità.”

Il respiro di James si fece corto.

"Ehi, anche io sono destinato alla povertà!" 

Lasciò cadere il cucchiaio.

“L'albero ha rotto il braccio di Sirius.”

“Era una piccola slogatura."

"Piangevi." 

"Non è vero!" 

"C’erano lacrime." 

"Non è piangere se non ti escono le lacrime dagli occhi, Potter." 

"Quindi lo ammetti che c’erano lacrime?" 

"No."

James provò ad alzare di nuovo il cucchiaio, ma le sue dita sembravano non funzionare.

"Perché? Perché avremo così tanta cattiva fama, che le persone parleranno di noi così tanto, da rendere scomodo fare l’elenco di tutti i nomi?"

"Esatto." 

La Signora Potter alzò lo sguardo dal giornale, avendo evidentemente notato il chiasso del cucchiaio contro la zuppiera in ceramica di James.

“Prongs, sei James Potter cazzo, e voglio che inizi a comportarti da tale, dannazione!”

“James, caro?” chiese sua madre.

Tutti commettono degli errori, James...Merlino solo sa quanti ne abbia fatti tu.” 

“James, che ti è successo?”

“Sai, Prongs, è stato quasi sexy." 

"Non sono in vena, Sirius." 

La Signora Potter gli smosse la mano, sbattendo inavvertitamente contro la zuppiera e rovesciando alcune gocce di minestra sulla tovaglia bianca.

"Forse stiamo maturando. Forse questa è quella cosa chiamata 'autocontrollo'."

"Non fare lo stupido...” 

“James, mi stai spaventando,” lo ammonì la Signora Potter.

"Prongs, siamo amici da sempre. Siamo amici da prima di sapere cos'era una maledizione Confundus... da quando eravamo così ignari da desiderare che Hogwarts non fosse aperta alle ragazze.  Siamo stati insieme in quasi ogni singola esperienza importante nella nostra vita…”

“Se qualcuno riesce a perdonarmi per ciò che sono... per quello che ho fatto per diventare così... Penso di poter perdonare Sirius per i suoi sbagli.”

“Sto dicendo che non è colpa tua, e che devi capire che Sirius ha commesso uno stupido, orribile sbaglio, ma non vuol dire che tu sia una persona terribile!” 

“Sirius, tu hai una famiglia. Hai Andromeda, hai me, hai...”

“Non siete così terribili come amici." 

“È una delle pecche dell'essere umani. Tu non ne capiresti niente, Prongs". 

“Pensaci, Prongs! Andrà lì, passerà sotto il Platano Picchiatore, vedrà Moony...”

"James, capisco la tua rabbia, ma Sirius fa parte della famiglia." 

“Anche io so come ferirti, Prongs.”

“Tu avresti dovuto—tu saresti dovuto esserci per cose come queste! Niente di tutto questo sarebbe dovuto accadere in questo modo!”

“Tutti gli altri sono andati a trovarlo ora—perchè tu non puoi?”

"Ma talvolta ti sorprendono anche per il meglio." 

“James!” ripeté sua madre, a voce più alta, e James venne in qualche modo sottratto dalla sua fantasticheria.

“Aspetta un attimo, mamma,” disse. “Sto pensando ad una cosa.”

(Domenica)

Domenica mattina, Elisabetta Secondail gufo di Jamesatterrò posandosi sulla finestra di Lily, con una lettera che riposava tra i suoi artigli. Lily aprì la busta, e quello che lesse la fece sorridere.


Domenica fece un po' più fresco. Il sole splendeva, e non c'erano state più richieste da Lord Voldemort. Nei giorni a seguire, la giornalista Dorthea Grey avrebbe coniato il nome per la settimana appena trascorsa—iniziando con la morte di Phillip Stoake e finendo con quella di Cary Young del Profeta—chiamandola, forse in modo poco originale, La Settimana delle Pretese.

“È il momento peggiore da quando questa guerra è iniziata,” sostenne, e, in quel momento, avrebbe potuto avere ragione.

Molte cose erano accadute quella settimana. C'era stato un totale di sette vittime, cinque “messaggi” dal Signore Oscuro, e quei pochi giornalisti che avevano continuato ad usare il suo nome fino a quel momento avevano ceduto ed avevano iniziato ad usare gli eufemismi popolari. Non c'era più nessun negazionista che sconfessava l'esistenza della guerra, o per lo meno, alla loro prospettiva non venne più dato alcun credito.

Il periodo di siccità inglese continuava, e c'era un gran parlare di uno sciopero al dipartimento meteorologico del Ministero della Magia. La vita continuò, e quelli che ricordavano la promessa di punizione del Signore Oscure avevano generalmente scelto di sperare per il meglio. Almeno per il momento, la Settimana delle Pretese era finita, e, a confronto, la vita ordinaria sembrò straordinariamente sicura.

Certo, nel novembre di quell'anno, si sarebbero tutti spiacevolmente ricordati della Settimana delle Pretese e di ciò che era stato promesso in ogni messaggio del Signore Oscuro. Ma ne riparleremo più avanti.

Diagon Alley sembrava rinata con la fine delle Richieste. Non era affatto affollata come una volta, ma le persone si muovevano facilmente tra i negozi domenica mattina, parlando con cordialità circospetta e godendosi il tempo più confortevole. Sirius percorse la breve distanza dal suo appartamento sulla Farmacia fino al Paiolo Magico, e persino lui non riuscì a sentirsi totalmente avvilito in quel momento.

Entrò nel locale dal retro, afferrò un grembiule e se lo legò in vita prima di entrare nella sala principale. Donna stava dietro al bancone, aspettandolo con una rivista in mano, e c'erano almeno una dozzina di clienti abituali presenti a colazione.

“Sei in ritardo” disse senza fare una piega Donna, senza alzare lo sguardo dalla sua rivista.

“Solo di un minuto.”

“Due.”

“È finito il mondo in mia assenza?”

Donna mise giù la rivista ed alzò gli occhi. “Non ho dormito tutta la notte, Sirius Black. Sarebbe saggio se tu non mi infastidissi proprio ora.”

“Vai a casa, Shack,” disse Sirius.

“Ci sto andando,” promise lei, slacciandosi il grembiule. Ad ogni modo, Donna esitò prima di sparire nel retro. “Il tuo amico è qui,” disse.

Sirius si guardò in fretta intorno, ed era vero, c'era James, seduto al bancone. Per un attimo, Sirius gelò sul posto; poi, scuotendo la testa, si rimboccò le maniche ed afferrò uno straccio per pulire il piano del bancone.

“Devo smetterla di dire a Moony il mio orario,” borbottò così da farsi sentire da James.

“Ho pensato che sarebbe stato meno strano del presentarmi a casa tua,” replicò James.

“Non molto.”

“Beh... scusa...”

Sirius posò lo straccio. “Non puoi affatturarmi o prendermi a pugni qui, Prongs. Sto lavorando. Quindi a meno che tu sia qui solo per ordinare qualcosa...”

“Non dirò che mi dispiace,” lo interruppe James. “Non sono neanche certo che questo non sia un grosso sbaglio, ma—comunque...” Deglutì. “Sei il mio migliore amico. E... penso sia abbastanza.”

Sirius lo fissò e basta.

“C-cosa?”

“Me lo vuoi far ripetere?”

“Lo sto prendendo in considerazione...”

“È abbastanza. Ho detto che è abbastanza.”

"Oh."

"Già."

“Quindi—quindi stai dicendo che...”

“Sì, è quello che sto dicendo.”

“Mi stai perdonando?”

“S-.”

“Oh.” Sirius si sedette sullo sgabello dietro al bancone, osservando James con attenzione. “Sei sicuro?”

"Sì."

"È... tutto passato?"

"Sì."

"Ed io sono..."

"Sì."

"Promesso?"

"Cosa? Sì."

“Oh,” disse Sirius di nuovo, e poi non disse altro. James aspettò.

Aspettò un altro po', poi iniziò ad annoiarsi. “Oh? Oh-cosa? Sei fatto di qualcosa, Padfoot?” domandò impazientemente.

Dopo un momento, Sirius sorrise. Si alzò in piedi. “No. No, stavo solo pensando.”

“Solo pensando?”

"Eh già."

“E...” James alzò le sopracciglia, “hai qualcosa da dire, magari?”

Sirius frugò in giro e, un attimo dopo, tirò fuori una bottiglia di Burrobirra, che mise di fronte ad un meravigliatissimo James. “Sì,” annunciò. “Ti perdono anche io.”

“Tu—mi perdoni anche tu?” ripeté l'altro, senza parole.

“Già.”

James aprì la bocca per chiedere qualcos'altro—probabilmente cosa gli era stato apparentemente perdonato—ma, dopo un momento, cambiò idea. Invece, prese la Burrobirra, tirò fuori la bacchetta ed aprì il tappo con un incantesimo. 

“Sei un idiota, Sirius Black,” disse, quando mise di nuovo giù la bottiglia.

“Mi sei mancato anche tu, amico”

James alzò gli occhi al cielo; Sirius sorrise più ampiamente. “Allora,” iniziò il primo in quel momento, “lavori in un locale...”

“Piuttosto fico, vero?”

“Come abbiamo fatto a non pensarci prima?”

“Lo so—la paga non è nemmeno male. Amico, hai gli occhiali nuovi; mi distraggono...”

“Non stanno nemmeno dritti... maledettamente seccante...”

“Ehi, ti ho detto che sto pensando di comprare una motocicletta...?”

“Tu sei fatto, Padfoot. Quando, esattamente, avresti voluto dirmelo?”

“Bella osservazione. Ma concentrati, Prongs—una motocicletta...”


Cara Spocchiosa,

Hai vinto.

Grazie,

Il Cretino

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1150549