Il caso della band visual kei di kymyit (/viewuser.php?uid=36835)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Arrivo a Villa Bloomfield ***
Capitolo 2: *** 2. Gli ospiti ***
Capitolo 3: *** 3.Cena con delitto al termine ***
Capitolo 4: *** 4. L’indagine di Hogan ***
Capitolo 5: *** 5. Rivelazioni shock prima dell’alba ***
Capitolo 6: *** 6.Tessere la tela d’inganno ***
Capitolo 7: *** 7. Il topo in trappola. ***
Capitolo 8: *** 8. Perché ti amo, amore mio. ***
Capitolo 1 *** 1. Arrivo a Villa Bloomfield ***
Capitolo
1: Arrivo a
Villa Bloomfield.
Hogan
spense la sigaretta nel portacenere dell’auto. Richiuse il
cassettino e prese a frugare nel cruscotto.
-Cosa stai cercando?- chiese il suo compagno di viaggio, senza
distogliere lo sguardo dalla stradina sterrata che andava percorrendo.
-La mia rivista.- rispose, continuando a frugare invano fra documenti e
fogli sparsi vari.
-L’ho messa nella tasca dietro il mio sedile.- disse
l’altro,
accennando un sorriso furbo.
Hogan gli si accostò, frugando dove gli aveva indicato, col
viso
tremendamente vicino al suo. Il guidatore emanava un profumo molto
dolce e
fresco, percettibile solo a quella distanza così ravvicinata.
-Tsk… - Hogan fece schioccare la lingua dopo aver recuperato
la sua
tanto agognata rivista e si allontanò dall’altro
con un sospiro di sollievo.
-L’hai fatto apposta.- disse accusatorio, senza neppure
guardarlo.
L’altro sorrise –Non ti saresti mai avvicinato
spontaneamente a me e,
come vedi, io non posso muovermi.-
Era
un viaggio lungo. Un’ora dispersi in un bosco per di
più in forte
ritardo al loro appuntamento. Ovviamente, la colpa era di Hogan, che
aveva
fatto un sacco di storie.
Hogan Russell era un trentenne cinico, con l’aria vissuta di
chi conosce
il mondo come le proprie tasche. O meglio quella parte di esso che non
tutti
conoscono se non attraverso le cronache nere. Aveva scelto lui stesso
di
vivere in quel modo, circondato dal sangue e dalla violenza. Aveva i
capelli grigi in completo disordine (sembrava gli fosse
scoppiato un petardo in testa) e le basette leggermente rase prolungate
fin
sotto l’orecchio. I suoi occhi, o meglio il suo occhio
sinistro, era castano.
Quello destro l’aveva venduto per una cospicua somma a un
trafficante d’organi
e sostituito da una benda nera da pirata… avrebbe dovuto
vendere anche il rene,
ma poi aveva avuto la “sfortuna”
d’incontrare il suo compagno e le sue tribolazioni
economiche erano finite.
Iyv
Lancia, era solo uno degli appellativi utilizzati dal guidatore
dell’auto. Era un giovane trentenne di
bell’aspetto, dagli occhi verdi e i
lunghi capelli biondi che gli arrivavano al termine della schiena. In
quel
momento li teneva raccolti in una treccia bassa posata sulla spalla,
faceva
parecchio caldo per essere una giornata di fine estate. Vedere il
giovane per
la prima volta, poteva causare sorpresa e persino qualche malinteso.
Anche
Hogan era rimasto leggermente stupito la prima volta che ebbe modo di
parlare
con lui. Il suo corpo risentiva ancora dell’effetto di alcuni
ormoni che aveva
iniziato a prendere per lavorare al caso che aveva permesso il loro
incontro.
Il viso era leggermente femminile, ma giusto appena, e le sue mani
erano
affusolate e ben curate. I capelli lucidi e sempre perfetti, gli abiti
puliti, i
denti smaglianti… se fosse stato anche ordinato, avrebbe
guadagnato notevoli
punti nella mente di Hogan. Iyv era di origini italiane, ma aveva
conoscenti quasi
ovunque e negli ultimi sei mesi aveva sede lavorativa e domicilio
variabile in diverse
città americane, con Hogan e la sorellina di lui. La piccola
aveva solo
quindici anni, figlia della madre di Hogan e di un uomo che li aveva
abbandonati sul lastrico. La sua malattia era la causa delle
tribolazioni del
fratello maggiore, ma grazie al bell’italiano poteva
finalmente vivere al di
fuori delle quattro mura di una stanza d’ospedale. Helena,
quello era il suo
nome, dormiva profondamente sdraiata fra i sedili posteriori. I suoi
lunghi
capelli biondo cenere erano sciolti e in disordine sul cuscino che
aveva
sistemato sotto la testa. Ogni tanto parlava nel sonno, suscitando
sorrisi
benevoli e materni da parte di Iyv.
La padrona della villa in cui si stavano recando era una dirigente di
una nota casa discografica, figlia di un amico di famiglia del giovane
italiano.
-Eccola là!- esclamò trionfante Iyv.
Una parte della villa fece capolino fra gli alberi. Ci volle un poco
per scorgerla completamente, ma una volta giunti all’enorme
cancello
d’ingresso, i tre (Helena si era appena svegliata) poterono
ammirare la
facciata anteriore in tutta la sua magnificenza.
Era in stile ottocentesco, divisa in tre piani. Aveva indubbiamente
subito influenze italiane, lo dimostravano le statue di
divinità latine
allineate lungo il viale, tutte in bianco marmo pregiato. Helena le
fissava,
incantata dalla loro armonica bellezza.
-Sembrano quasi persone vere.-
-Aha… venivo spesso a giocare in questo posto.- disse Iyv,
abbassando
il finestrino per annunciare dal citofono il suo arrivo. Il cancello si
aprì
quasi subito, silenziosamente.
-E’ grazie al signor Bloomfield che ho sviluppato un forte
amore per la
mitologia.- concluse l’italiano.
Finalmente l’automobile si fermò e i tre scesero,
mentre un uomo longilineo,
quasi calvo, sulla sessantina si avvicinava a passo svelto, seguito da
una
giovane donna dai capelli rossicci di media lunghezza. L’uomo
indossava
un’elegante camicia bianca, con cravattino, scarpe e
pantaloni neri. Lei un
vestito color pesca, decorato da una spilla di brillanti bianchi
appuntata
sulla sinistra, sopra il cuore. Era una spilla a forma di rosa, per
essere
precisi e doveva costare una vera fortuna.
-Iyv, che piacere!- esclamò la donna, a braccia aperte.
-Emily!- rispose a tono lui, abbracciandola, poi si avvicinò
a Hogan e
gli cinse le spalle col braccio sottile, mettendosi appena in punta di
piedi
per rimediare alla differenza d’altezza –Lui
è Hogan Russell. Lei invece è
Helena, sua sorella.-
-Molto piacere.- Emily strinse la mano alla ragazza e poi al trentenne,
ridendo divertita quando questi pizzicò con due dita il
braccio dell’italiano,
liberandosi di quell’abbraccio non gradito.
-Io sono Emily Bloomfield, mentre lui è il signor Leonard
Hopkins.-
disse la donna –E’ il mio maggiordomo, una persona
di fiducia. Se avrete
bisogno, sarà a vostro servizio. Fate pure come se foste a
casa vostra.-
Mentre
il compagno si lasciava andare ai convenevoli e informava la
donna su qualcosa circa i loro nomi, Hogan, che sapeva di cosa si
trattava,
meditava di
strozzarlo, sia per esser stato trascinato in un luogo che non lo
faceva
sentire
per niente a suo agio, sia appunto per quella faccenda. Non
poté però esimersi
dall’ammirare le linee eleganti e geometriche della facciata.
In particolare,
la sua attenzione e quella della sorella, furono attratte da un
appariscente
volto in rilievo sul portone d’ingresso.
-Questo è Giano.- disse Iyv quando furono all'interno e
mostrò ai due il
rilievo sulla parte posteriore della porta. C’era la stessa
identica faccia. -Era
considerato dai romani il custode di ogni forma di passaggio, di tutto
ciò che
ha inizio e fine.-
E parlò, parlò, parlò…
Helena lo ascoltava rapita, mentre Hogan si
continuava a guardare intorno. C’erano tantissimi piccoli
rilievi dell’uomo
bifronte sugli stipiti di ogni porta, sulla ringhiera di legno delle
scale. E
ancora: busti di marmo e altri oggetti da esposizione a carattere
mitologico
più o meno ovunque.
-Gli altri ospiti sono già qui?- chiese poi Iyv
-Si, sono nel salotto al secondo piano.-
Ironico il giovane si rivolse a Hogan –Mi raccomando, cerca
di non
sbranare nessuno, eh! Non gioveresti alla mia reputazione.-
Helena alzò gli occhi al cielo, sarebbe successo qualcosa,
conosceva bene i suoi polli, specie il fratello.
Il gruppetto scambiò qualche altra battuta
all’ingresso, poi il signor
Hopkins li scortò fino al salotto, dove attendevano gli
altri invitati
Fine Capitolo
Ho
iniziato la mia prima originale** O meglio, la prima originale
pubblicata qui e che non mi ha dato eccessivi problemi.
Spero
vi piaccia e vi prego ^^ recensite in tanti, anche perché ci
tengo a consigli ed eventuali critiche (probabilmente se ce ne saranno,
modificherò i capitoli) poi, perché beh, non
sarò l'unica, vorrei scrivere un libro (due, tre, quattro,
ventisette, ventotto XD) e devo migliorarli per scalare la vetta *posa
da eroe con nello sfondo l'onda enorme*
Fine
dello sclero. Molti diranno -E le altre fic?-
Ci
sto lavorando. Ho avuto un periodo altamente schifoso ed è
un miracolo che mi sia tornata la voglia di sedermi a scrivere.
Detto
ciò, *cough* recensite*cough* Grazie della lettura
e al prossimo cap ^^
Piccola
nota: ho già provveduto a sistemare qualcosina, tipo virgole
e ripetizioni varie. Bene, ora vado, il secondo cap mi aspettaaaaaa!!
*sparisce*
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Capitolo 2 *** 2. Gli ospiti ***
Capitolo
2: Gli ospiti
Entrati nel salotto,
Iyv poté constatare che tutto era rimasto identico nel corso
degli anni.
C’era sempre
il caminetto di marmo di fronte alla porta, i due divani di pelle
bianca e due poltrone dello stesso materiale disposti intorno ad un
tavolino rettangolare basso, dalle forme eleganti e sinuose.
C’erano le solite tende rosa in tono col tappeto dello stesso
colore e il pavimento di legno, ancora lucido, come nuovo.
Mancava solo una cosa,
o meglio, una persona.
Arnold Bloomfield si
era spento due anni prima, a causa di un attacco cardiaco che
l’aveva stroncato nel suo studio all’età
di sessant’anni. Essendo vedovo e non avendo altri parenti se
non Emily, la sua fortuna era toccata alla preziosa figlioletta e in
parte ai suoi dipendenti più stretti, come il cuoco di
famiglia Hugh Hench, il maggiordomo Leonard Hopkins e la cameriera
Michelle Hudson, che aveva lasciato la villa dopo un po’ di
tempo, causa problemi personali.
Trascorreva le sue
giornate davanti al camino, a leggere antichi manoscritti sulla
mitologia e le credenze popolari, li considerava la base per
comprendere le persone. In base alle loro credenze, fondate o meno,
poteva scoprirne le paure, guardare nel loro essere. Per Iyv era stato
come un secondo padre. Inutile dire che aveva pianto la sua scomparsa
per giorni e giorni.
-Bene, ragazzi.- la
voce squillante di Emily ruppe il filo dei suoi nostalgici pensieri
–Voglio presentarvi un mio caro amico.- si voltò
verso Iyv –Il suo nome è Virgil Nightingale.- poi
Helena –Sua sorella Leda- e infine Hogan –e il suo
amico, Patrick Varsittart.-
A sentire quel nome,
due degli ospiti sussultarono un poco.
-Varsittart?- chiese
una ragazza un tantino sovrappeso, seduta in una delle poltrone
–Quel Varsittart?-
Hogan
annuì, scurendosi appena in volto.
Iyv era una persona
parecchio conosciuta, almeno di nome. O meglio, di soprannome,
perché nessuno lo conosceva di persona. E lui preferiva
così, dopotutto era un personaggio scomodo a molti.
Perché
avesse voluto fare scambio d’identità con lui,
però gli era ignoto.
“Glielo
chiederò più tardi.”
-Lasciate che vi
presenti gli altri ospiti.-
Cominciò
dalla ragazza grassa.
-Lei è
Salomè Portman. E’ il nostro direttore artistico.-
-Molto piacere.- disse
l’interessata.
Hogan annuì
e le strinse la mano –Piacere mio.- si limitò solo
a questo, anche per tutti gli altri.
Il seguente fu Thomas
Bowen, il responsabile del marketing, poi quattro ragazzi giapponesi,
la causa di quell’affollamento.
Facciamo un passo
indietro.
Emily Bloomfield,
grazie a suo padre, aprì un’importante casa
discografica: la Bloom House of Music o BHM.
La ragazza grassa,
Salomè, era da principio la sua segretaria, ma si
rivelò un ottimo investimento come direttore artistico,
tanto più che aveva gusto nel vestire, idee brillanti ed era
una ragazza di mondo, informata su i mezzi di comunicazione, mode del
momento e chi più ne ha più ne metta. E dire che
aveva solo trent’anni, mascherati alla perfezione dal viso
paffuto e lentigginoso, dai capelli rossi e ricci e
dall’incredibile quantità di accessori spiritosi
con i quali si agghindava. In più aveva un nasino
all’insù davvero molto grazioso. Indossava un
abitino nero fiorellini gialli e una giacchetta bianca di cotone.
Thomas Bowen,
trentotto anni, era anche lui un collaboratore stretto di Emily,
precisamente si occupava del marketing. Aveva i capelli castani, lisci,
con l’attaccatura alta, pettinati in maniera seriosa. Era
l’esatto contrario della collega. Infatti, portava gli
occhiali e vestiva un completo impeccabile in gessato. Gli occhiali
scivolavano spesso lungo il suo naso aquilino, costringendolo a tirarli
su di continuo.
Il terzo ospite era
giapponese, come i restanti quattro. Si chiamava Shinnosuke Mitsutani.
Aveva il viso
squadrato, i tipici zigomi alti e gli occhi neri sporgenti. Portava
anche lui gli occhiali, tondi, e indossava una semplice polo azzurra,
abbinata a pantaloni neri. Era sulla quarantina e aveva la fronte alta.
I capelli neri lucenti erano pettinati ordinatamente. Una persona
abbastanza comune, all’apparenza. In realtà era il
manager dei quattro ragazzi che stavano seduti nel divano, intenti a
mangiucchiare dolcetti e bere il caffè offerto.
Il piano della
Bloomfield era semplice.
Indagando sulle mode
giovanili, aveva scoperto che andavano molto di moda i gruppi
giapponesi, in particolare le così dette band visual kei, in
cui si presta molta attenzione al look dei membri e quindi
all’apparenza oltre che alla sostanza.
Si era detta “Perché non
lanciare una band del genere?”
Così si era
recata nel paese del Sol Levante con i suoi due fidi colleghi e altri
addetti ai lavori e aveva scovato quei quattro.
Si facevano chiamare: Shunkashuutou.
Le quattro stagioni.
Semplice in quanto a
significato e complesso da pronunciare allo stesso tempo.
La ragione era che,
casualmente, tutti avevano nei loro nomi i kanji delle varie stagioni o
di termini affini. Ed era su questo che avevano lavorato fin a quel
momento.
Mafuyu Yukimura, di
anni ventuno, era il leader e fondatore del gruppo.
Non era molto alto,
né aveva particolari qualità fisiche che lo
mettessero in risalto.
Occhi a mandorla,
zigomi alti, folta zazzera nera, un piccolo neo sotto
l’occhio sinistro. Un classico giapponese, insomma. Certo
però che aveva una voce molto dolce e calorosa. Nel gruppo
si occupava di cantare, suonare il basso e scrivere alcune canzoni.
Indossava una maglietta a maniche corte azzurra e dei pantaloni in
gessato, niente di particolare. Era una persona che non amava gli
eccessi e anche sul palco, si distingueva per essere il più
normale fra i quattro.
La ragazza seduta
accanto a lui, si chiamava Shuukako Sekizan, di anni venti. Era la
chitarrista del gruppo. Una ragazza molto affascinante e fisicamente
matura per la sua età. I lunghi capelli castani, tinti in
realtà, presentavano diverse tonalità dal marrone
scuro al biondo cenere e i suoi occhi erano scuri e grandi. Indossava
una canottiera bianca, coperta da una t-shirt a rete bordeaux e
pantaloncini color cachi. I lobi delle orecchie erano decorati da due
graziosi orecchini composti di foglioline dai caldi colori autunnali e
le labbra contornate da un rossetto scuro, sempre sulle
tonalità calde della terza stagione.
Accanto a lei vi era
un ragazzo con i capelli rossi scuri. Tinti da un pezzo evidentemente,
perché presentavano una fastidiosa ricrescita scura di
almeno due - tre centimetri. Il suo nome era Natsuya Minami, anni
ventuno, batterista della band. Era più alto di Mafuyu di
una buona spanna ed era il più eccentrico del gruppo,
insieme alla compagna seduta al suo fianco, non Shuukako. Infatti,
aveva espansori neri in entrambi i lobi delle orecchie e lenti a
contatto verdi. I capelli erano scompigliati persino più di
quelli di Hogan, ed era evidente che aveva del fondotinta sul viso.
Indossava una canottiera nera e pantaloncini rossi e neri a fantasia
scozzese.
Infine Haruka
Sakuragi, anni venti. Se Natsuya era eccentrico, lei lo era certamente
in misura maggiore. Essendo la voce principale della band era quasi
d’obbligo per lei mettersi in mostra maggiormente, ma per
quell’occasione si era vestita con gli abiti più
normali che possedeva.
Una magliettina verde
con le maniche a sbuffo e la scollatura del collo chiusa da laccetti,
minigonna nera e sandali dello stesso colore con le cinghie rosa
abbinate nientemeno che ai suoi capelli. La prima cosa che una persona
notava in lei, infatti, erano proprio quelli. Una massa liscia e
morbida rosa confetto, ora raccolta ordinatamente in due trecce e
decorata da un piccolo fermaglio con due cuoricini verde e rosso e la
frangetta che superava appena le sopracciglia.
Come Mafuyu si
occupava di scrivere i testi delle canzoni per il gruppo.
Il contratto era stato
firmato da poco e bisognava discutere altri dettagli quella sera.
-Meglio farlo dopo
cena.- propose Emily –Il viaggio è stato lungo e
faticoso per tutti, perciò, mettetevi a vostro agio e
riposatevi fino alle… Leonard, a che ora?-
Il maggiordomo ci
pensò su qualche secondo, poi rispose –Direi verso
le otto signorina.-
-Molto bene, allora se
volete scusarmi, ci vediamo in sala da pranzo per quell’ora.
Virgil, la tua camera sai dov’è.-
Iyv annuì,
ma non si recò subito nella sua stanza. Gli piaceva
chiacchierare e si fermò nel salotto con gli ospiti.
Anche Helena non
n’era per niente dispiaciuta, anzi aveva già rotto
il ghiaccio con le asiatiche e stava facendo loro il terzo grado.
Inutile dire che durante la sua degenza in ospedale si fosse consolata
parecchio con fumetti e televisione, perciò era rimasta
colpita dal fascino orientale.
Riguardo a Hogan,
rimase in silenzio in un angolo, arrovellandosi il cervello, senza
accorgersi di essere al centro dell’attenzione. Infatti,
mentre perso nei suoi pensieri si chiedeva se ci fosse un motivo
particolare per cui Iyv avesse nascosto agli ospiti la sua falsa
identità oltre a quella vera, la signorina Salomè
e il signor Thomas lo fissavano sottecchi.
Quando finalmente se
ne accorse, capì che era soprattutto la benda ad
incuriosirli.
-Beh? Che avete da
guardare?!- ringhiò scontroso. Se avesse creduto
all’esistenza degli angeli custodi, avrebbe sicuramente
immaginato Iyv come uno di quelli, posato sulla sua spalla con cetra e
aureola, intento a straziarlo affinché si comportasse bene.
Cantando.
Iyv cantava in maniera
orribile e si ostinava a farlo sotto la doccia per provocarlo e
costringerlo a bagnarsi anche lui pur di tappargli la bocca.
Trattenendosi dallo
sbraitare o dall’incenerire con lo sguardo i presenti si
alzò, e lasciò la sala.
-Vado a riposare un
poco.- disse secco.
Helena lo
osservò leggermente dispiaciuta per lui, sapeva quanto poco
stesse a suo agio in mezzo alla gente, ma non lo seguì.
Il trentenne fece
qualche passo veloce, poi si fermò all’imboccatura
delle scale del terzo piano.
Il signor Hopkins, che
l’aveva seguito, lo raggiunse.
-Le mostro la sua
stanza?-
-Aha.- rispose,
scostandosi appena e seguendo l’uomo.
Il piano di sopra era
un lungo corridoio, con circa dieci stanze da letto con servizi (era
pur sempre una villa antica e poi Emily amava invitare persone per far
lunghe feste). Hopkins lo accompagnò alla penultima porta in
fondo.
-Siamo arrivati,
signore.- poi indicò la porta accanto a quella, che era
l’uscio sul lato corto del corridoio, di fronte alle scale
–Questa è la stanza della signoria, mentre quella
di fronte alla vostra è la mia, per qualsiasi cosa, non
esitate a bussare.-
-Hai detto la nostra?-
-La sua, di sua
sorella e di Iyv.-
-Ah…-
Hopkins gli sorrise
–Signor Hogan, so perfettamente come stanno le cose e Iyv
parla sempre di lei e della piccola Helena alla signorina Emily, ormai
è come se foste di famiglia.-
Hogan fece schioccare
la lingua e sorrise amaramente –Già… io
però sono sempre l’ultimo a sapere le cose.-
Hopkins
alzò le spalle –Che vuole che le dica…
sappia che il signorino Iyv non si diverte a nascondersi al mondo
intero.-
Il trentenne
annuì ancora. Salutato l’anziano, entrò
nella sua stanza, in silenzio.
Iyv era ancora al
secondo piano, ma stava congedandosi dagli ospiti per riposare un poco
prima di cena.
“Quello…
quando si diverte davvero? Il suo sorriso… quando
è reale e quando è la solita maschera?”
Hogan si buttò supino sul letto, senza neppure dargli
un’occhiata. Incrociò le braccia dietro la nuca e
chiuse l’occhio.
Ignorò Iyv
che entrava silenziosamente. Lo ignorò mentre si adagiava
accanto a lui.
-Scusa.- disse piano
l’italiano –Sono così egoista. -
Sorrise appena Hogan.
Il tono contrito dell’altro, quello non riusciva a ignorarlo
proprio.
Fine Capitolo 2
Aggiornamento record!!!
Ringrazio Echo per avere recensito e chi mi ha dato consigli riguardo
ai personaggi, anche se privatamente *cough* Devilyogurt *cough*. Fra
poco si entra nel vivo, mi sembrava doveroso descrivere i personaggi in
modo da farveli conoscere. Nel prossimo capitolo ne conoscerete meglio
il carattere.
Ehm... perdonate il troppo fan servicismo tra Iyv e Hogan, ma non ne
riesco a fare a meno =_=
Infine... mah nulla.
Nel caso vi stesse chiedendo perché ci sono personaggi
giapponesi, il motivo è che a furia di guardare Detective
Conan, l'idea di giocherellare con gli ideogrammi dei nomi mi
attizzava, anche se non so se lo farò >_> ora
vediamo come gira, c'è sempre un punticino interrogativo.
Non voglio anticiparvi nulla, perciò, bacioniiiii!
Echo, quasi dimenticavo: Iyv sotto la doccia non lo vorresti proprio,
fidati. XD
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Capitolo 3 *** 3.Cena con delitto al termine ***
Attenzione,
capitolo a rat rosso,
non molto pesante, ma rosso U_U
Capitolo 3: Cena con
delitto al termine
Se dovessero chiederti,
principessa d’Autunno,
Qual è il tuo
desiderio
Se potessero esaudirlo
Vorresti davvero che
l’onta fosse pagata con la morte di lei?
(Autumn Princess no
Kanashimi, Shunkashuutou)
Le otto arrivarono presto. Hogan protestò come suo solito.
Ma con un po’ di fatica e tanti sorrisi, Iyv
riuscì a farlo alzare dal letto e prepararlo per la cena.
Dovette sfoggiare il miglior sguardo da cucciolo della sua carriera di
navigato latin lover (a suo dire) per convincere il compagno a
infilarsi una camicia nera e dei pantaloni in gessato eleganti.
Hogan però fu irremovibile su diversi punti: niente
cravatta, camicia sbottonata e capelli sparati.
Essere riuscito a dargli un’aria più distinta era
già un traguardo ragguardevole, perciò il biondo
non protestò e si diede un’ultima sistemata ai
propri capelli.
Li legò in una coda di cavallo. In quel modo il collo
rimaneva scoperto.
Dannatamente scoperto, a detta di Hogan.
Sembrava lo facesse apposta!
Ad ogni modo, i due erano pronti. Helena si era preparata in precedenza
e li aspettava di sotto, giocando a scacchi con la padrona di casa.
-Sei molto brava.- le disse Emily e la ragazzina sorrise.
-Per essere la prima volta, devo ammettere di andare piuttosto bene,
però non capisco molte delle sue mosse.- inarcò
le sopracciglia.
-Dammi del tu.- le disse -Vedi, è tutta questione di
esperienza. Gioco a scacchi tutti i giorni e con gli anni ho imparato
trucchi molto interessanti. Però…-
guardò verso la porta della stanza –Leonard
è decisamente molto più bravo di me. Ho come
l’impressione che qualche volta mi faccia vincere.-
-No, dai!- Helena era sorpresa –Davvero, sembra incredibile,
sei così brava!-
-Signori.- Il signor Hopkins entrò nel salotto con aria
formale –La cena è in tavola.-
-Era ora!- esclamò il batterista.
-Natsuyakun!- lo beccò Shuukako –Un po’
di educazione.-
Lui fece spallucce e s’incamminò tutto contento
dietro il maggiordomo. Mafuyu e Haruka seguirono, ma dopo aver lasciato
passare la padrona di casa e gli altri.
Iyv e Hogan scesero le scale velocemente, congiungendosi col folto
gruppo.
La sala da pranzo era piuttosto grande.
Sulla porta c’era sempre intagliato il volto di Giano. Il
tavolo d’ebano scuro era ricoperto da una tovaglia bianca,
carica di decorazioni floreali e cibarie.
La maggior parte delle persone presenti ebbe l’acquolina alla
bocca al sol vedere gli antipasti di mare. Per non parlare di quelli di
terra.
E c’erano forme di pane dall’apparenza bizzarra e
deliziosa, fragranti e croccanti al punto giusto.
Il lato sinistro della stanza constava di un piccolo portico al chiuso
con grandi finestre dalle intelaiature nere e una porta che dava sul
giardino posteriore alla villa.
-Prima di cominciare.- disse Emily, sollevando un bicchiere con del
vino rosso –Vorrei proporre un brindisi.-
Tutti si versarono del vino, persino Helena, alla quale Hogan
versò circa due dita.
-Agli Shunkashuutou e al loro primo disco internazionale!-
-Agli Shunkashuutou!- fu la risposta.
Dopodiché, tutti si sedettero, con gran sollievo di Hogan,
che temeva gli interventi imbarazzanti di Iyv. E vedere sul suo viso
quello strano sorrisino malefico, era prova che stava per farne uno.
-Buon appetito.- disse Emily.
E dopo un sentito “grazie” finalmente la cena ebbe
inizio.
Il gruppo giapponese preferì prima cosa
l’antipasto di mare.
Mafuyu era come sempre composto e ben educato, attento ai modi di fare
e si puliva spesso la bocca, dopo tre o quattro bocconi.
Anche Shuukako e Haruka, così come Mafuyu e il signor
Mitsutani avevano modi fini o per lo meno educati, infatti, non si
gettavano sul cibo come avvoltoi, come invece faceva Natsuya.
Hogan ci diede dentro con gli antipasti di terra e dovette smettere di
masticare rumorosamente, per udire la voce della signorina
Salomè che gli chiedeva del formaggio.
Si pulì il muso velocemente e le porse, masticando un piatto
ricco di tranci di formaggio italiano.
-Quello è pecorino sardo. E’ una vera delizia, vi
consiglio di assaggiarlo.- disse Emily indicandone una fetta, mentre la
signorina Salomè, presa la sua porzione, passò il
piatto prima a Hogan e poi al signor Bowen.
-E’ buonissimo.- fu il commento di Haruka, quasi sorpresa
–Tutta un’altra cosa rispetto ai formaggi
giapponesi.- le fece eco Shuukako.
Iyv prese la sua porzione dopo averla servita a Helena, seduta fra lui
e Hogan, e porse il piatto verso Natsuya, il quale rifiutò,
fissando il cibo.
-No grazie.- disse.
-Mi dica signor Nightingale, lei di cosa si occupa?- chiese il signor
Bowen, tirandosi su gli occhiali.
Iyv si asciugò le labbra dopo aver sorseggiato del vino e
posò la forchetta.
-Lavoro come professore di archeologia greca e romana in Italia.
E’ stata dura per uno straniero ottenere quella cattedra.-
disse, con fare melodrammatico –Lei signor Bowen? Il suo
sarà un lavoro stressante, tutti quelle cifre da tenere
sott’occhio. Senza contare che il mercato cambia
velocemente…-
Da quel momento i due continuarono un discorso a due, fatto di cifre,
tasse, costi e chi più ne ha, più ne metta,
perciò la padrona di casa fece segno al signor Hopkins di
servire il primo.
Questi iniziò a sparecchiare e disporre i piatti
più o meno vuoti su un carrello, per poi dirigersi verso la
porta di fronte all’entrata, che dava alla cucina.
-Perdonatemi, la cameriera ha avuto dei problemi personali,
perciò Leonard si occupa quasi di tutto qui. Avete mai
mangiato in un ristorante italiano, signor Mitsutani?-
L’uomo annuì –Una volta soltanto,
signorina Bloomfield.- disse educatamente –E’ ho
trovato tutto squisito.-
Helena notò che l’uomo pronunciava frasi piuttosto
brevi e concise in inglese ed era molto educato, parlava dando del lei
a tutti, tranne appunto ai ragazzi giapponesi e alla piccola americana,
che chiamava però signorina.
Provava parecchia tenerezza nei suoi confronti e ipotizzò
non conoscesse bene l’inglese o avesse paura di fare gaffe.
La portata principale arrivò pochi minuti dopo. Era pasta
condita col ragù e fu molto apprezzata da tutti.
Hogan la spazzò dal piatto velocemente, rimanendo quasi
soffocato da uno spaghetto, mentre Iyv gli porgeva ridendo un bicchiere
d’acqua e Helena gli dava delle pacche sulla schiena.
La signorina Salomè era piuttosto a suo agio in quel clima
allegro di festa e non si fece problemi a fare il bis.
I ragazzi orientali ebbero qualche problema con le posate, ma
riuscirono comunque a gustare le delizie che furono servite da quel
momento in poi.
Dopo la pasta, fu la volta dell’abbacchio al forno, con
contorno di peperoni ripieni, melanzane sott’olio e gratin di
patate.
-Natsuchan, nelle patate c’è il formaggio.- disse
Haruka al suo vicino, dopo qualche boccone.
Quello corrugò appena le sopracciglia e rimise il vassoio
apposto, servendosi poi con i peperoni (e lasciandoli nel piatto
scoperto del formaggio anche in quelli) le melanzane e un grosso
trancio di carne.
-Posso farvi qualche domanda?- chiese educatamente Helena.
-Dimmi, Ledachan.- rispose Haruka, sorridendo.
-Volevo sapere: nei vostri concerti recitavate dei ruoli?-
-A volte sì, a volte no.- fu la risposta.
-Tu che ruolo facevi?-
Haruka sorrise –Io ero la principessa, la guerriera del regno
degli zombi…-
-L’amante del principe Volcan.- la beccò Shuukako.
Haruka le lanciò un’occhiataccia, che certo non
sfuggì all’intrepido “professore
d’archeologia”.
-Sempre meglio del ruolo di principessa della Porta
d’Autunno, quel giorno non hai dato il meglio, mia cara.-
rispose con aria provocatoria. Ciò detto le due si fissarono
in cagnesco per qualche secondo e fecero cadere il discorso.
Helena ci rimase piuttosto male, ma Mafuyu le fece un sorriso,
sussurrandole di non preoccuparsi.
La cena proseguì liscia come l’olio.
Fu la volta della frutta e infine del dolce.
Quando tutti terminarono e si diressero nel giardino, Leonard Hopkins
si occupò di sparecchiare e rimettere in ordine la sala.
All’esterno, i grilli frinivano vigorosamente, coprendo
talvolta le chiacchiere degli ospiti.
Emily accompagnò Helena e gli invitati stranieri a conoscere
le meraviglie di quel piccolo giardino, mentre Iyv si calò
nel suo ruolo di Virgil Nightingale e supportò in silenzio
Hogan, il quale dovette subire l’interrogatorio da parte del
signor Bowen e della signorina Salomè.
-Dev’essere stata dura lavorare a quel caso sul principato di
Sealand.- disse lei.
Hogan sbottò –Tutti i casi sono difficili.- e Iyv
alzò gli occhi al cielo.
-E’ assurdo pensare che chi dovrebbe proteggerci e guidarci
si diletti in modo così crudele.- fu il commento amaro di
Bowen –I nomi dei politici coinvolti non sono stati resi
noti, se non sbaglio, vero?-
-Esatto.- fu la risposta di Hogan. Secca.
Iyv gli porse il pacchetto di sigarette e gliene accese una mentre il
trentenne la reggeva fra le labbra.
Entrambi avevano passato un’esperienza parecchio snervante a
Sealand, ai tempi del loro primo incontro, circa quattro anni prima.
Era “cominciato” tutto con una busta anonima.
Dentro vi erano informazioni riservate del destinatario con promesse di
guadagno in caso di vincita a quel reality.
Un Reality Show in diretta mondiale, ecco cosa credevano che fosse.
Un evento senza precedenti e con enormi possibilità di far
carriera anche per disadattati poveri in canna com’erano i
partecipanti.
C’era anche un’ereditiera russa, ma lei era un caso
a parte.
Lei e quel ragazzino appena uscito dal riformatorio furono gli unici a
salvarsi.
La ragazza africana che sognava di fare la stilista, il pianista
svedese caduto in disgrazia a causa della droga, l’anziana
senzatetto che viveva nella metropolitana di New York… erano
tutti morti.
Ingannati, attirati con false promesse e uccisi.
Perché chi è utile alla società
sopravvive. Chi no, viene eliminato dal gioco e dalla vita.
Che poi, anche la vita è un crudele gioco che esalta alcuni
e schiaccia altri senza pietà.
E si dice che le prove che essa ci propone siano proporzionali alla
nostra capacità di sopportarle.
Inversamente proporzionali, secondo Hogan.
Lui fu pagato per fare la spia sui concorrenti. Per svelare chi era a
conoscenza che oltre quella porta rossa non c’erano fama e
gloria ma morte e oblio.
Nessuno oltre chi scommetteva sulle loro vite vedeva quelle immagini.
E Hogan lo sapeva.
Soffriva, ma riceveva il denaro.
Helena poteva essere curata e quello lo aiutava a sopportare tutto.
Poi Iyv lo attirò nella sua stanza quella notte.
Hogan scorse la sua sagoma nuda dietro la tendina della doccia, conobbe
quel “piccolo” segreto. Assaporò le sue
labbra sottili e si strinse a quelle spalle insolitamente robuste.
Si aggrappò a quei capelli con forza, venendo a sapere da
Iyv, con quel loro alfabeto morse, tutto particolare, che lui era un
poliziotto. Che non doveva prestarsi a quell’abominio.
Che anche lui sarebbe stato ucciso e Helena non avrebbe più
ricevuto le cure.
E infine…
Infine rimasero in quattro, perché le prove concrete, oltre
la testimonianza di Hogan Russell, considerato testimone inaffidabile,
arrivarono solo dopo la morte di Erika, la ragazza africana.
Per tutti quei cento giorni, entrambi dovettero fingere di non sapere,
sorridere a tutti, senza poter salvare nessuno.
Un inferno abbracciato da entrambi con coraggio.
Hogan per Helena, Iyv per la giustizia, per il bene degli oppressi e
dei dimenticati.
Di coloro la cui vita è posposta al denaro.
-Mi spiace che Patrick sia così scontroso.-
s’intromise Iyv –Ma è stata
un’esperienza parecchio dura e vi assicuro che prima di
agire, ha lavorato tantissimo su quel caso.-
E chi meglio di lui poteva saperlo? Si era fatto passare per una
prostituta transessuale, altra pecca della società agli
occhi di chi si celava dietro le telecamere e puntava il dito giocando
sulle loro vite e la sera andava a caccia di sesso a pagamento sulle
autostrade.
Ipocriti bastardi.
Ad ogni modo, il discorso cadde poco dopo, quando i due curiosi
capirono quanto poco propenso al dialogo fosse il grande investigatore
Patrick Varsittart, conosciuto di nome in tutto il mondo per le sue
doti deduttive e i suoi metodi fuori dal comune.
Circa un’ora dopo, gli ospiti si congedarono e si ritirarono
nelle loro stanze per la notte. I giovani orientali si divisero in due
camere. Le ragazze nella stanza al lato sinistro del corridoio, i
ragazzi di fronte a loro.
Gli altri tre presero camere separate.
Iyv e Hogan si chiusero la porta alle spalle, ma poco dopo Helena la
riaprì, uscendo, con alcune riviste sottobraccio e il suo
lettore mp3.
-Dove vai, signorina?- chiese Hogan indispettito, già a
petto nudo, pronto a infilarsi sotto le coperte.
-Emily mi ha chiesto di dormire in camera sua.-
-Emily? Già le dai del tu?- ribatté Hogan.
Helena inclinò la testa fissandolo –Tu dai del tu
a chiunque.-
-Affondato.- fu la risposta di Iyv, che si beccò
l’ennesima occhiataccia.
-Ad ogni modo, divertitevi.- sghignazzò e fuggì
via.
Hogan rimase basito –Divertitevi?!-
Dal corridoio la quindicenne sentì il fratello inveire
verbalmente, e con insulti anche pesanti, contro
l’investigatore. Alzò gli occhi al cielo
rassegnata e bussò alla porta della stanza di Emily.
Non poté però fare a meno di sentire uno strano
vocio proveniente dalla stanza delle due nipponiche.
Non capiva bene, finché non percepì distinte
parole nella loro lingua natale, delle quali capì ben poco.
Ad ogni modo era certa che stessero animatamente discutendo.
La porta della stanza di Emily Bloomfield si aprì mentre la
ragazza ancora fissava l’uscio da dove provenivano le parole
sommesse delle due.
-Scusami Helena, ero sotto la doccia… che succede?-
-Non so… sembra stiano discutendo.-
Emily scosse la testa –Sono irrecuperabili. Litigano spesso,
ma smetteranno presto. Dai entra.-
-BRUTTA TESTA DI CA-
La frase di Hogan fu per fortuna interrotta da un cuscino volante.
Le due, ancora nel corridoio diedero una scrollata di spalle, entrambe
rassegnate anche dell’irrecuperabilità di due
certi individui.
-Scordatelo!- ringhiò Hogan –Oggi no!-
Iyv rimise su la faccia contrita da cerbiatto.
-Ma io… siamo soli…-
Hogan portò il suo viso vicino a quello del biondo,
fissandolo comunque dall’alto in basso –Quale parte
di “Oggi no” non capisci?-
-Il “no”.-rispose subito Iyv, baciando poi Hogan,
troppo disarmato da quella risposta veloce per sfuggire a quelle
braccia lunghe e sottili che si avvinghiarono intorno alle sue spalle
ossute.
Troppo debole nel desiderio di sentire il corpo caldo di quel
disgraziato strofinare col suo. Hogan presto cedette a quel carnale
desiderio e si lasciò indagare, scoprire, pian piano.
Lasciò carezzare a Iyv il suo viso, le sue spalle, il suo
petto.
Aspettò che si dilettasse con i suoi capezzoli, che li
assaporasse come deliziose fragoline su una torta invitante fatta di
carne e sangue.
Attese sempre con meno pazienza che scendesse a carezzare i suoi
fianchi, che torturasse il suo interno coscia con quei morsetti
bastardi (lo adorava, ma mica poteva dirglielo?).
Infine lasciò che aprisse piano le sue gambe, svelando
quell’entrata per il mondo del piacere.
Si sentì così idiota e cercò di
serrare le gambe, ma Iyv fu ancora una volta più lesto e si
gettò a capofitto su di lui, impedendo la chiusura di quel
paradiso col suo corpo.
-Nessuno saprà…- gli sussurrò, col
viso vicinissimo al suo -… che ti sto prendendo, caro il mio
Mr. Muscolo…-
Un ringhio feroce gli diede il segnale di via libera.
Ormai Hogan Russell era semplicemente rassegnato ad avere Iyv fra le
sue gambe.
Ma era anche convinto, che appena questi avrebbe abbassato la guardia,
si sarebbe trovato una bella sorpresina fra le chiappe.
-E’ notevole come una ragazzina come te, possa accettare
questa situazione.- disse Emily
-Vedi… a un certo punto io… io ho scoperto cosa
faceva mio fratello. Perciò… sono contenta che
abbia trovato qualcuno con cui stia bene.- disse piano Helena. Pensare
a quello che Hogan faceva per lei, ignaro che a un certo punto
l’avesse scoperto, la faceva commuovere e non poteva fare a
meno di versare qualche lacrima.
Emily posò le carte che aveva in mano e le porse un
fazzoletto.
-Su su, cara… comunque sia, anche Iyv…- scosse la
testa –Patrizio… anche lui ha finalmente trovato
qualcuno. Ha il brutto vizio di fuggire dalle relazioni col prossimo.
E’ un signor svicolone quello.-
La parola “svicolone” fece ridere Helena.
Gemette sempre più forte e finalmente, con
un’ultima spinta e un potente gemito, Hogan venne sul petto
di Iyv.
Il biondo gli sorrise, carezzandogli le guance e asciugandogli le
lacrime colate fino alle ispide basette.
-Abbi pazienza, mio caro. Ora ti raggiungo, in paradiso.-
L’italiano riprese a spingere, ormai prossimo
anch’egli all’orgasmo, sempre più
rapido, con la coscienza che veniva sempre meno e finalmente,
accompagnato da un’ultima poderosa spinta del bacino, esplose
dentro il corpo di Hogan.
I due si lasciarono andare ansimanti sul letto per diversi minuti.
Sudati e insoddisfatti.
Era stato veloce ed entrambi volevano un lento ed estenuante secondo
round, perciò si alzarono contemporaneamente per
“aggredirsi” a vicenda e si ritrovarono a faccia a
faccia, arrossati e sconvolti.
I capelli di Iyv erano un disastro e quelli di Hogan…
sembravano più un enorme, devastato, batuffolo di cotone
argenteo.
-Oddio, dovresti vederti!- rise Iyv sguaiatamente e Hogan gli
afferrò le spalle, atterrandolo sul materasso
–Vedremo fra poco chi dei due non dovrà essere
visto…- sorrise maliziosamente e gli strinse forte il membro
con la mano destra.
Iyv mugugnò, sollevando un umile protesta, quando un urlo
interruppe quell’idillio.
E anche la prima volta, dopo tre settimane, in cui Hogan rendeva
l’italiano il suo passivo.
Il signor Hopkins fu il primo a uscire dalla sua stanza, seguito da
Emily e Helena.
La donna fece rimanere la ragazzina alle sue spalle, mentre tutti si
radunavano nel corridoio.
-Shuukako?!- chiese Natsuya, bussando alla porta.
La ragazza aprì, tremante.
-Haru… Haru…- aveva il fiato corto e il viso
sconvolto.
Natsuya le cinse i fianchi, per rassicurarla.
-Shuu, che è successo?-
-Harukasan?- chiamò Mafuyu.
Nessuna risposta.
O meglio, la risposta giunse. Da Shuukako.
-Mo… morta…-
Fine Capitolo 3
E riecco il nuovo capitolo!!
Spero sia stato di vostro gradimento.
Povera Haruka Q__________Q
Dunque, al diavolo il fan servicismo! Non ho fatto un
granché, ma almeno quei due han fatto all'amore *aria
sognante*
E per vostra sorpresa (credo) il passivo della coppia di solito
è proprio quell'orso brizzolato di Hogan.
A volte si prende la rivincita, ma Iyv è di un'insistenza
tale da costringerlo a cedere U_U
Perdonatemi, non sono molto brava con le descrizioni e simili, devo
fare ancora molta pratica... Ma sono aperta ai suggerimenti!
Ok, alla prossima!!
neik: Grazie mille per la
recensione ^^
|
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Capitolo 4 *** 4. L’indagine di Hogan ***
cap 4 l'indagine di hogan
Capitolo 4: L’indagine di Hogan
Cala
il sipario, ma aspetta!
Non andare via. Attendi!
La notte è lunga, ma l'alba è ormai prossima.
Confida nel sole, che svelerà l'arcano.
(Midnight Arcane,
Shunkashuutou)
Una volta dentro la stanza delle due ragazze, Iyv chiuse la porta per
poter lavorare in santa pace, anche se a malincuore. Perché
per quanto amasse i misteri, non era certo felice di sbrogliare
intricate tele tessute al costo di vite innocenti.O anche solo a costo
di vite umane. Innocenti o meno, le vite son vite. Non hanno un valore
calcolabile numericamente.
Emily, nel frattempo, aveva fatto
accomodare gli ospiti e l'esigua
servitù presente nella villa, nel salotto al piano
inferiore.
Hogan rimase immobile sull'uscio, mentre il
vero investigatore infilò dei guanti di plastica che portava
sempre con sè.
Non si sa mai...
-Non credi sia ora di rivelare la tua vera identità?-
sbottò l'americano.
-Eeeeh?- esclamò Iyv in falsetto -Ma non ci penso nemmeno!-
-Tsk...- sbottò l'altro.
-Vieni, vieni, devo spiegarti quello che devi dire.- disse velocemente
Iyv, facendogli segno con la mano di avvicinarsi .
L'americano fissò trucemente il compagno -Come sarebbe a
dire?-
L'italiano era vicino al letto, intento a fotografare il corpo della
povera
Haruka col suo palmare. Scattava foto da tutte le angolazioni ad ogni
particolare sulla scena del delitto che potesse tornare utile.
Perché era una scena del delitto, non il teatro di una morte
accidentale.
-Non ho intenzione di continuare a fingermi te.- protestò
Hogan.
Iyv continuò a trafficare col cellulare.
-Oh beh... se non vuoi... peccato però, per una settimana
volevo essere a tua completa disposizione...-
Com'era facile incastrare Hogan... Iyv sapeva che se ne
sarebbe pentito, ma certo non l'avrebbe dato
a vedere. Quella piccola "innocente!" provocazione fece abbassare le
difese dell'americano, che si mostrò perlomeno disponibile
all'ascolto.
-Ho mandato le foto della scena del delitto a Theodore, in modo da
ottenere un consulto, non si sa mai.-
-Quel Theodore? Non fa il secondino?- ribatté Hogan.
-Si si, ma ha agganci nella scientifica. Cioè, li avrei
anche io, ma qualcuno lassù mi odia.- ridacchiò,
come se nulla fosse.
-Chissà perché poi...- fece l'americano con
dipinta sul viso una sarcastica espressione.
-Non è colpa mia se ho un bel faccino.-
-No, tu hai una gran faccia da cu...- -Su su!- lo interruppe Iyv
-Concentriamoci.-
Hogan sospirò e mise anche lui dei guanti di plastica
forniti dal compagno.
Il corpo di Haruka giaceva di fianco sul letto, girato verso la parete
del bagno.
Ora, la stanza era composta di due letti e un divano letto. I due letti
erano uno di fianco all'altro, ma separati da uno dei comodini. Il
letto dove giaceva Haruka era il secondo, dietro di esso vi era
l'armadio, davanti il letto vuoto che forse era di Shuukako e il muro
del bagno. Davanti alla porta del bagno c'era un corridoietto che dava
sulla porta della stanza, la quale però non si vedeva se non
dalla
zona del divano. Fra questo e i letti vi era un tavolino colmo di
dolciumi e borsette e un sacco di gadget femminili che Hogan non aveva
mai visto se non nei suoi peggiori incubi. Peluche grandi, peluche
piccoli, peluche minuscoli, calzini per cellulare, non si sa mai
prendesse
freddo, portachiavi con lucetta per avvisare delle chiamate, porta
caramelle di peluche... Il paradiso delle mocciose e delle ragazzette
infantili, sempre per come la vedeva Hogan. In
più, molti di questi gadget erano rosa shocking.
Uno
shockante rosa shocking.
Il colore principale della stanza era il verde chiaro. O almeno, le
lenzuola e il divano lo erano. Anche i tappeti e le tende. I muri erano
color panna e le porte di legno scuro, con annessa testa di
Giano.
Gli occhi vacui della ragazza erano socchiusi e la sua gola presentava
una profonda
ferita. Una mano era stretta intorno ad essa e perciò
coperta di sangue, l'altra era penzoloni, anch'essa insanguinata, ma un
particolare attirò l'attenzione di Iyv.
La prima cosa che fece, dal momento in cui Hogan aveva fatto sloggiare
tutti coi suoi modi "carini e gentili" e si era rintanato con lui nella
stanza, fu il controllare che Haruka fosse morta davvero.
Purtroppo era così.
Poi aveva controllato l'ora. Le 22:33.
Svolte queste fondamentali azioni, si era messo a fare le foto.
-Una persona che sta morendo dissanguata non mette certo il braccio in
questa
posizione, col dito indice puntato e le altre dita socchiuse.- disse,
assorto nei suoi pensieri.
Così, Iyv, si portò a controllare minuziosamente
e non sommariamente quel lato del letto. Pareva
indicare il muro del bagno, ma l'italiano comprese invece che la
ragazza -Stava lasciando
un ultimo messaggio.-
Hogan lo raggiunse, incuriosito. Iyv allora scostò un poco
il corpo di Haruka e scoprì delle strane macchie di sangue
sulle lenzuola.
-Cosa sono?- chiese Hogan corrugando le sopracciglia.
-Sono caratteri giapponesi.- rispose l'altro.
-E cosa c'è scritto?-
-Non lo so.- fece Iyv con una smorfia. Prese il cellulare e
scattò l'ennesima foto. Poi si alzò.
-Dunque, ascoltami bene. Haruka è morta nell'intervallo fra
le dieci e
le dieci e trentatré minuti. E' stata colpita al collo con
un'arma da
taglio, il suo corpo è stato poi spostato per coprire il
messaggio, ciò significa che fino al momento della morte o
quasi
l'assassino era qui dentro.- camminò per la stanza
continuando a
cercare qualcosa, si chinò per controllare sotto i letti e
in
ogni angolo. Nel frattempo continuava ad esporre il modus operandi e le
sue immediate deduzioni -La ferita è netta e profonda,
sferrata con forza. Ed è perpendicolare al lato sinistro
della gola. Da quello che posso capire, le sue corde vocali state
danneggiate.Non ha potuto chiedere aiuto ed è morta
dissanguata- fece una pausa - Per infliggere questo tipo di ferite
c'è bisogno di forza. E perché poi una ferita
simile? C'è un significato?- Iyv continuò a
snocciolare deduzioni su deduzioni, nel frattempo Hogan vagò
per la stanza, alla ricerca di una possibile arma del delitto.
Poi vide qualcosa luccicare al debole chiarore lunare.
La finestra era chiusa, ma le tende no.
-Guarda questo.- disse Hogan, richiamando l'attenzione di Iyv su un
piccolo oggetto tintinnante, appena raccolto vicino alla porta del
bagno.
Iyv si voltò.
Era un orecchino coperto di sangue. Ed era di Shuukako.
-E' lei l'assassina?- fece Hogan.
Iyv scosse la testa -Troppo comodo dire così.- prese
l'orecchino
dalle mani dell'altro -Non sono convinto, per la questione della forza
esercitata sull'arma del delitto. E poi, non dovevi toccarlo...- scosse
un poco la testa -Comunque, prima di
affermare chi sia l'assassino dobbiamo controllare gli alibi. E l'unico
confermato è il nostro.- ovviamente mise su la solita faccia
da
schiaffi e col dito compose dei cerchietti immaginari sul petto del
compagno, costringendolo ad arretrare. E sporcandogli un po' la camicia
di sangue. -Ops, adesso è diventata una prova del reato...
dovresti levarla...- lo guardò maliziosamente ed Hogan gli
diede un "leggero" pugno sulla fronte.
-Finiscila!-
Iyv scosse ancora la testa e aprì le braccia al cielo,
alzando le spalle -Non sai proprio stare agli scherzi...- disse, con
aria tragica, poi tornò serio -Comunque, dopo aver
confermato gli alibi, potremmo davvero escludere o aggiungere qualcuno
alla lista dei sospetti. Perciò, mi raccomando cerca di
mantenere la calma.-
-Eh?-
-Devi fare tu gli interrogatori.-
-No.-
-Settimana soli soletti, a tua disposizione in una stanza d'albergo,
tutto pagato dal sottoscritto, prendere o lasciare?-
Hogan strinse i pugni.
-Giura.-
-Giuro.-
Sospirò profondamente e batté il capo sulla
porta, piano.
-Andata.- sogghignò sornione.
-Com'è facile convincerti, maniaco.- disse sarcastico Iyv.
Nel
salotto, Shuukako stava seduta sul divano, con accanto Natsuya e
Mafuyu. Il rosso le teneva la mano e le cingeva come poteva le spalle
con il braccio. Lei continuava a dondolarsi in avanti, con le lacrime
agli occhi e tremava. Emily ed Helena sedevano nel divano di fronte. La
padrona di casa cercava di mettere a suo agio la ragazzina, divenuta
pallida a causa dell'accaduto e anche lei con le lacrime agli occhi.
Il signor Mitsutani teneva il capo chino fra le mani e lo scuoteva
incredulo. Mafuyu era forse l'unico che riusciva a mantenere un certo
contegno, ma si mordeva di tanto in tanto le labbra e aveva gli occhi
umidi. Natsuya era scosso da tremiti di rabbia, anche se non piangeva.
Anche la signorina Salomè e il signor Bowen, seduti sulle
poltrone, erano scossi. Lui si sistemava continuamente gli occhiali per
il nervoso, lei non faceva che soffiarsi continuamente il naso. Il
signor Hopkins aveva preparato del tè per tutti e lo stava
servendo, silenziosamente. Era turbato sì, ma non lo dava a
vedere.
Era stato un soldato un tempo perciò suo malgrado era
abituato a simili situazioni e sapeva agire razionalmente di
conseguenza. Ma non era insensibile, tutt'altro. Vicino alla finestra,
intento a fumare una sigaretta, stava un uomo di cinquantaquattro anni.
Era di media altezza, con una prosperosa pancia rotonda. Indossava una
camicia bianca e pantaloni neri. Aveva ancora addosso il grembiule da
lavoro, sporco dei residui di cibo. Il suo nome era Hugh Hench ed era
il cuoco di famiglia di villa Bloomfield, con vent'anni di servizio
sulle spalle e trenta di esperienza.
Quanto Hogan e Iyv fecero il loro ingresso nella stanza, tutti alzarono
lo sguardo e li fissarono.
O meglio fissarono Hogan, alias il grande investigatore Patrick
Varsittart.
Questi si sentì infastidito per le attenzioni non gradite,
ma memore del patto con l'italiano e della sua presenza come
"assistente", il fasullo investigatore intimò a tutti di
rispondere alle sue domande, con un cipiglio scuro che avrebbe fatto
tremare i morti.
-Ora ognuno di voi mi dirà cos'ha fatto dopo cena.-
Iyv sospirò impercettibilmente e diede un pizzicotto al
fianco del compagno, che però lo fulminò con lo
sguardo.
I pizzicotti s'intensificarono, ma avevano un certo ritmo dispettoso
che Hogan riconobbe.
Iyv voleva dirgli -Mi raccomando, calmo, carino e coccoloso.- il che si
poteva riassumere in cinque lettere -Buono.-
Il giovane avanzò nella stanza e cominciò ad
esporre i fatti.
-Haruka Sakuragi è stata uccisa, ma questo lo sapete
già... tu.- si rivolse a Shuukako, la quale alzò
la testa. Hogan esitò e continuò ad indicarla,
poi schioccò le dita, cercando di ricordarsi il suo nome.
-Shuukako.- fece lei, tirando su col naso.
-Cosa stavi facendo fra le 22:00 e le 22:33 minuti?-
Lei lo fissò sbigottita, con le labbra semi aperte.
-Non... non penserà che io...-
-Per me siete tutti sospetti. O quasi.- disse interrompendola -Tu eri
con lei, perciò, è ovvio che tu sia la prima a
cui devo verificare l'alibi.-
"Però..." pensò
Iyv "Impara in
fretta..."
Il vero investigatore avanzò nella stanza e si mise a
braccia conserte accanto al cammino, di fronte a Hogan.
-Allora?-
Shuukako esitò.
-Stavo asciugandomi i capelli in bagno. Non mi sono... accorta di
nulla.- fu scossa da un tremito.
-Prima stavate litigando, però.-
-Si, ma litighia... litigavamo sempre... oddio!- raccolse la testa fra
le mani -Non riesco ancora a credere che sia morta...-
-Perché avete litigato?
Shuukako scosse la testa -Per motivi sentimentali... -
lanciò un occhiata verso Natsuya, mentre sollevava il capo
-Lei ha avuto una breve avventura... no, non si può definire
avventura, ma si è messa in mezzo fra me e il mio ragazzo.-
-Natsuya, giusto?- intervenne Iyv sorridendo -A tavola parlavate del
principe Volcan, così...-
Shuukako arrossì, ma annuì.
Natsuya la abbracciò teneramente.
-Con Haruka è stato un bacio. Un errore. Avevamo
già chiarito. E comunque litigavano anche per altre cose.-
-Si...- continuò Shuukako.
Hogan annuì, ma non disse nulla dell'orecchino di Shuukako.
Alla ragazza mancavano tutt'e due.
-Allora, cos'hai fatto dopo la lite?-
-Sono andata in bagno e mi sono lavata i capelli. Haruka continuava a
parlare, l'ho ignorata. Poi ho acceso il phon per asciugare i capelli.
Non so quanto ci ho messo. Forse un quarto d'ora, venti minuti...-
Mentre Hogan poneva le domande e la ragazza rispondeva, Iyv registrava
la conversazione. Poteva tornare utile per confrontare ancora le
deposizioni. Così quando l'americano passò a
Natsuya, Iyv salvò il file e iniziò la seconda
registrazione. Sempre per motivi di praticità.
Shuukako concluse dicendo di aver trovato Haruka morta sul letto appena
uscita dal bagno.
-Anche io ero in bagno.- fece Natsuya -Facevo la doccia.-
-Qualcuno può confermarlo?-
Mafuyu annuì -Ero sul terrazzino a fumare, lui è
stato in bagno tutto il tempo.-
-Qualcuno può invece confermare il tuo alibi?-
-Si.- disse -Il signor Hench era fuori a buttare i rifiuti, ci siamo
salutati.-
Hogan fissò l'uomo, che annuì.
L'interrogatorio generale si protrasse per circa un'ora.
Le
persone che Iyv aveva escluso a priori erano Helena, Emily, il signor
Hopkins e Hugh Hench. La signorina Salomè disse di essersi
messa a leggere un libro, ma ad un certo punto aveva bussato alla sua
porta il signor Bowen, con una telefonata di lavoro in linea.
Così lui era entrato nella sua stanza e avevano sistemato
alcuni dettagli per l'uscita del disco, dettagli di cui avevano
informato Emily attraverso il cellulare.
-A che ora è entrato nella sua stanza?- chiese Hogan e il
signor Bowen ci pensò su pochi secondi -Verso le 22:10,
22:15.-.
Hogan continuò con le domande ai due, poi si rivolse al
signor Mitsutani, che affermò di essere piuttosto stanco e
di essersi messo a dormire, infatti aveva indosso il pigiama. Ma non
aveva qualcuno che potesse confermare il suo alibi.
Terminato con loro, ovviamente Hogan interrogò Emily e gli
altri che sia lui che Iyv reputavano innocenti a priori. Ma bisognava
essere imparziali.
Quando,
infine, la tortura terminò, Hogan ed Iyv, dopo aver intimato
i presenti di non muoversi dal salotto, uscirono dalla stanza e si
misero a parlare in cima alle scale.
-Sei stato bravo.- disse il biondo dando all'altro una sonora pacca
sulla spalla.
-Ahi!-
-Scusa, scusa!-
-Allora?-
-Allora cosa?-
-Il colpevole!-
-Calmo... prima bisogna trovare l'arma del delitto.-
L'americano fissò il compagno dritto negli occhi -Qualcosa
mi dice che tu sai qualcosa.-
Iyv scosse titubante la testa -Diciamo ni... ho un sospetto, ma ancora
non posso dire nulla.- si alzò e si diresse verso le stanze.
-Rimani di guardia mio eroe, nulla è come sembra!- e rise
come un idiota.
Fine capitolo 4.
Ed
ecco il 4o, tormentato, capitolo all'insegna dell'alta ''idiozia'' di
Iyv.
Spero vi sia piaciuta, povera Haruka, sono davvero crudele.
Confesso che in realtà volevo ucciderla col veleno, ma
c'erano tante cose a cui stare attenta, perciò ho optato per
qualcosa di più rapido, anche se crudele e che forse si
adatta meglio al contesto.
Ma lo scoprirete.
Mmmm... che altro dire?
Neik: si, è morta lei
Q________Q grazie per la recensione e perché segui la storia!
Ultima cosa. Forse alcuni
penseranno che Iyv sia ispirato a L di Death Note per la storia dei
nomi ecc... Non è proprio così. Iyv è
ispirato ad un altro investigatore fittizio di nome Pat
Rossiter, personaggio del libro "Poison in jest" alias Piazza Pulita di
John Dickson Carr. Un libro vecchiotto a dire il vero. In quanto ad
assurdità sono molto simili. Solo Pat è etero XD
Theodore è un
personaggio che avevo progettato per un'altra storia, in cui Iyv
è coinvolto ma non ha ruolo di protagonista e che prima o
poi vi propinerò. Fa il secondino in un carcere di massima
sicurezza, ma ha anche la missione, insieme ad un ex-poliziotto
corrotto di vegliare su un giovane prostituto che si è
ribellato al proprio sfruttatore, un boss della mala. Vabbè
vabbè, un giorno vi scriverò di loro. Iyv
comunque ha sempre da fare con persone del genere XD
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Capitolo 5 *** 5. Rivelazioni shock prima dell’alba ***
Capitolo
5: Rivelazioni shock prima dell’alba.
Aggrappati
a quel ricordo e piangi
Perché
solo le lacrime e il dolore
Possono
farti sentire vivo.
Stupisciti
di quanto è cruda questa verità.
(Tears,
Shunkashuutou)
Iyv tornò
nella stanza delle due nipponiche con circospezione.
Una scena del crimine
fa sempre uno strano effetto a chi vi entra. Ci si sente inadeguati e
non pronti a cosa ci si può trovare innanzi.
C’è la morte nell’aria e un corpo senza
vita. Una persona che alle volte pare dormire, altre volte è
talmente assurdo che tutto quel sangue, che tutta quella situazione,
sia reale. E quasi ci si aspetta che un qualche fantomatico regista
esclami –Stoooop!- e che il protagonista
dell’orrido spettacolo si alzi come se nulla fosse accaduto,
scrollandosi di dosso il sangue e il cerone mortuale.
Iyv non era un attore.
Non per carriera.
Non recitava.
Non nei film.
Recitava nella vita
reale di fronte agli estranei, ma le persone intorno a lui morivano sul
serio.
E di fronte ad Haruka
non poté che sentire una scossa di rispetto al cuore per una
ragazza che neppure ben conosceva. Aveva un bel sorriso,
però. E ogni bel sorriso spento le rammentava quel piccolo
angelo che non era riuscito a salvare.
Strinse i pugni.
“Non è
certo questo il momento…” pensò
e prese a cercare qualcosa per la camera.
Un’arma! Un
coltello, un pugnale, qualsiasi cosa di tagliente e con cui esercitare
una certa forza.
L’italiano
tentò di ricostruire la scena dal punto di vista di Shuukako.
-Se fosse stata lei,
dunque…-
Si piazzò
davanti al letto di Haruka e prese a gesticolare, poi si
allontanò. Aveva acceso il cronometro. Si fermò
ancora come a discutere con lei, poi si chiuse in bagno. Il lavandino
era bagnato e Shuukako non aveva rimesso in ordine. Poco prima aveva
dato un’occhiata sommaria.
Terminata la virtuale
ricostruzione del delitto, azzerò il cronometro e
memorizzò il tempo impiegato, che, ad ogni modo, era
soltanto un parametro indicativo. Tornò nuovamente in bagno
e diede un’occhiata più approfondita.
Perché nella stanza lui e Hogan non avevano trovato nulla.
-Si è
lavata la testa.- disse pensieroso -Se avesse ucciso prima Haruka, ci
sarebbe del sangue, ma qui mi sembra tutto pulito.- mise il broncio
–Uff… avrei dovuto portarmi dietro del
luiminol…-
Gli venne in mente un
plausibile nascondiglio, così tolse il coperchio al
serbatoio dell’acqua per il gabinetto e diede
un’occhiata dentro.
Nulla.
Solo acqua.
Sospirò.
Se
l’assassina era Shuukako, aveva tutto il tempo di liberarsi
dell’arma, ma, di contro, non aveva così tanti
minuti a disposizione per ripulire eventuali schizzi di sangue e
simili. Il bagno era immacolato e il sangue si limitava soltanto alla
zona in cui avevano rinvenuto il corpo e a quell’orecchino
trovato da Hogan vicino alla porta del bagno. L’altro
orecchino era nel piccolo portagioie di Shuukako. Il che rendeva la
situazione ancora più strana.
Iyv era
perciò convinto che non fosse lei la colpevole. Glielo
suggeriva il suo istinto, innanzitutto, e in più
c’era quel messaggio. Prima di parlarne con i presenti doveva
avere qualcosa di più in mano. Guardò il suo
palmare e vi scoprì un mms non letto da parte di Theodore.
-Molto bene, amico,
vediamo che hai da riferire.- disse fra sé, assorto,
pigiando il tasto d’invio. Il messaggio fu aperto e davanti
agli occhi verdi dell’italiano comparvero i caratteri ツンデレ
con annessa lettura e traduzione.
Tsundere:
dicesi di un personaggio forte e combattivo che si rivela generoso e
amorevole, contraddicendo così l’apparenza
iniziale del suo carattere. ツンデレっ娘, Tsunderekko, è il
sostantivo usato per indicare una ragazza col carattere Tsundere.
“Interessante…”
pensò e, mentre rifletteva, Iyv continuò a
stuzzicarsi il mento e le labbra col pollice e l’indice. “La cerchia dei
sospetti si stringe, ma c’è qualcosa che non
va… perché scrivere un aggettivo invece del nome?
E poi… solo il primo carattere sembra
chiaro…”
Ormai era sicuro al
cento per cento che qualcuno aveva stravolto il messaggio per accusare
qualcun altro.
Mentre usciva dalla
stanza di Haruka e Shuukako, ricevette un altro messaggio di Theodore.
Quello che lesse gli
piacque ancora meno di tutta quella situazione.
Allan Blackmoore si
stava dirigendo a villa Bloomfield!
Chiuse a chiave la
porta della stanza per evitare intrusioni da parte
dell’assassino, nel caso questi, o questa, avesse voluto
cancellare eventuali prove e si appoggiò alla parete,
sconsolato.
-Questa non ci voleva
proprio…- disse piano e socchiuse gli occhi in preda allo
sconforto.
Dopo un pesante
sospiro e la triste constatazione che Blackmoore avrebbe raggiunto la
villa appositamente per rompergli le uova nel paniere,
l’italiano entrò nella stanza di Natsuya e Mafuyu.
Hogan era rimasto
seduto sulle scale per tutto il tempo, intento a contare i gradini per
la noia.
Dopo diverso tempo,
mentre Iyv faceva la perquisizione della stanza dei due ragazzi
giapponesi, la porta del salotto si aprì e Helena si
presentò assonnata e preoccupata davanti a lui.
-Posso stare con te?-
chiese, stropicciandosi gli occhi.
-Non saresti dovuta
uscire.- rispose lui, ma lei si sedette ugualmente fra le sue gambe, un
gradino più in basso, accoccolandosi sul suo petto.
-Ehi!-
protestò lui, ma non la fece spostare.
Iyv al suo posto
avrebbe fatto un volo giù dalle scale da Guinness dei
primati.
L’americano
sorrise fra sé con tenerezza, carezzando la chioma castana
della sorellina. Voleva qualcosa da fare? Eccola lì. A lei
piaceva tanto quando lui le massaggiava i capelli. La faceva sentire
protetta. La mamma le accarezzava sempre la testa, ma era stato Hogan a
dare il via a quel modo di vezzeggiarla.
-Fratellone…-
disse lei, piano.
-Dimmi.-
-Secondo te,
è giusto che quando muore una persona, gli altri pensino
solo ai soldi?-
Hogan rimase un attimo
interdetto –Perché me lo chiedi?-
domandò.
-Il signor Mitsutani e
il signor Bowen stanno discutendo per questo.-
-Non
è neppure qui…- sospirò profondamente,
Iyv –Allora deve averla con sé, oppure
l’ha scaricata addosso a qualcuno o in qualche altra stanza
della villa, o fuori... - consultò l’orologio
–Non ho molto tempo prima che Blackmoore arrivi.-
Se non fosse stato per
quel contrattempo, si sarebbe dedicato alla caccia dell’arma
con più entusiasmo e attenzione. Proprio preferiva evitare
di vederlo, quello. Non poteva spuntarla ed era nel torto marcio.
Scosse la testa
respingendo i pessimi pensieri che s’impadronirono per un
istante della sua mente.
-Stammi
lontano o io…-
-Ti
prego, calmati.-
-No!
Io l’ammazzo! Ti giuro che l’ammazzo!-
Iyv
rivide i suoi occhi vitrei, la bava alla bocca, la pistola che
tentennava, preda di una mano malferma e agitata.
Allora
lui era così inesperto…
-Ti
prego…- disse, cercando di infondere in
quell’invasato un minimo di calma. Un poco di buon senso.
Lei
piangeva.
Lo
supplicava…
Lei…
Era
così giovane.
Strinse i pugni e i
denti.
-No…
merda… no…-
Strinse le mani fino a
far sbiancare le nocche.
Non era da lui
comportarsi così. Doveva calmarsi, rimettere su la sua aria
compiaciuta da buontempone e tornare da Hogan allegro e spensierato.
-Tsk…-
sospirò e passò alle altre stanze.
Non trovò
nulla in nessuna di esse.
Perquisì da
cima a fondo la villa, ma non trovò ancora nulla.
Così, decise di uscire e dare un’occhiata fuori.
Arrivato al pianerottolo dove stava il suo uomo, l’italiano
tentò di mettere su un bel sorriso per passare inosservato.
-Perché
quella faccia da funerale?- gli chiese Hogan appena lo vide.
Inutile dire che aveva
spirito di osservazione. Iyv cercò di rigirare la domanda.
-E tu che mi dici?
Prendi troppo freddo qui?- disse chinandosi su di lui.
-Non c’entra
un cacchio adesso. Allora? Trovato nulla?- era palesemente impaziente.
Iyv scosse la testa.
-No, niente arma.
Credo dovrò frugare per tutto il giardino…-
-A quest’ora
di notte? -
-Ho lo spray al
peperoncino!- esclamò quello alzando il braccio in segno di
vittorioso saluto –E poi, se non è uscito nessuno
dal salotto, sono perfettamente al sicuro, continua a fare la guardia,
mio eroe!-
Hogan mise il broncio.
-Perché non
facciamo il contrario? Il mio culo sta diventando di marmo!-
-Iyv…- fece
Helena mettendosi a sedere composta.
-Dimmi.- le disse lui.
-Poco fa il signor
Bowen ha iniziato a dire che ora che Haruka è morta dovevano
ridimensionare il budget e cose simili. Il signor Mitsutani allora se
l’è presa dicendogli che doveva vergognarsi per
aver pensato ai soldi in un momento simile… insomma, ti
sembra modo di comportarsi questo?!-
Era visibilmente
scossa, la ragazzina. Iyv le carezzò la testa.
-Il signor Bowen fa
gli interessi dell’azienda. Non è solo per lui, ma
anche per tutti loro collaboratori. Immagino abbia solo sbagliato i
tempi in cui iniziare il discorso, ma ti assicuro che non è
una persona avida. E’ solo molto razionale, ecco.-
-Lo conosci bene,
vedo…- Hogan lo fissò sottecchi e Iyv sorrise
maliziosamente.
-Ebbene sì.
Ti confesso che siamo stati molto intimi.-
Quando
all’americano quasi venne un infarto alla notizia,
l’italiano prese a ridere.
-Tu sei troppo
divertente. Grande e grosso e abbocchi ancora a certi scherzi!-
L’americano
allora si alzò di scatto e lo afferrò per il
bavero. Iyv mise le mani in avanti e non lo guardò in faccia
per non scoppiargli a ridere davanti.
-Smetti di fare
scherzi del cacchio!- lo strattonò.
-Quanto sei
permaloso.- fece quello, fissando un punto imprecisato oltre le scale.
La porta del salotto
si aprì piano e la testa di Emily fece capolino
sull’androne.
-Ehm…
Virgil?- domandò scrutando i tre sulle scale –Va
tutto bene?-
-Mi sta violentando.-
rispose l’italiano senza peli sulla lingua e con un tono
lamentoso.
E ancora, Hogan fu
lì per lì per buttarlo seriamente giù
dalle scale.
-Allora?-
Era la signorina
Salomè che si affacciava anche lei dal salotto.
-Ha scoperto qualcosa,
signor Varsittart?-
Hogan
ammutolì e Iyv gli lanciò un’eloquente
occhiata.
Allora
l’americano lo lasciò andare e il biondo rispose a
suo nome all’interlocutrice.
-Direi che siamo sulla
pista giusta, signorina. Stiamo arrivando per fare il punto della
situazione. Ci fareste la cortesia di accomodarvi?-
-Hai davvero in mano qualcosa?- domando Hogan al suo compagno, una
volta che furono di nuovo soli.
Quello scosse la testa.
-Solo una marea d'indizi. Ma voglio provare a far una cosetta. Fai come
ti dico e avremo il colpevole prima dell'alba.-
°°°
Si svegliò.
Dove si trovava?
Era tutto buio e
c’era un penetrante odore di ruggine.
Cercò di
mettersi a sedere, ma le braccia erano intorpidite e bloccate dietro la
schiena.
“Cos’è
successo?” pensò.
Provò a
parlare, ma qualcosa sulla sua bocca glielo impediva.
Sentiva delle voci e
dei rumori ovattati, ma non riuscì a emettere versi udibili.
Alla fine
lasciò perdere.
Cercò di
mettere a fuoco gli ultimi ricordi che affioravano nella sua mente
confusa.
-Ricordati
di chiamare
quando arrivi.- disse una voce.
Si, ma poi?
Batté
appena la testa sul pavimento.
“Che
diavolo è successo?”
°°°
Iyv aveva preso
nuovamente posizione accanto al caminetto.
Hogan era al centro
dell’attenzione collettiva, intento a chiedersi se fosse una
cosa saggia quello che stava per fare. Ma come si suol dire, via il
dente e via il dolore.
Cavoli di Iyv.
Fu breve, conciso e
secco, come suo solito.
-Ora vi
rivelerò il nome dell’assassino.- disse.
Gli occhi di tutti
erano sgranati e curiosi.
-Ci sono due persone
qui, che non hanno un alibi valido. Avete capito a chi mi riferisco,
vero?-
Sogghignò
nel leggere negli occhi dei presenti l’improvviso e doloroso
stupore.
Shuukako
tremò da capo a piedi sentendosi investita da tanti sguardi
attoniti e il signor Mitsutani deglutì sbiancando.
-Non sono stato
io…- fece l’uomo, spaurito da far pena
–Stavo dormendo… io…-
-Lei non ha un alibi,
così come la ragazza.- lo zittì
l’americano.
-No… non
può essere…- balbettò Mafuyu
–Shuukako non farebbe mai…-
-Hai le prove per
dimostrare che sia innocente?- gli chiese Hogan.
“Ma guardatelo. Fra
poco inizierà a fare il poliziotto cattivo.”
pensò sorridendo Iyv “Magari
fosse così anche a letto, invece di fare tante
storie.”
-Non l’ho
uccisa io…- disse tremante la ragazza
–Perché avrei dovuto?-
Hogan le si
parò davanti, mettendola ancor più a disagio con
la sua stazza.
Lei era avvolta nella
sua vestaglia da camera e stringeva fra le mani un fazzoletto
spiegazzato. Gli occhi erano colmi di lacrime, ma ritrovarono la grinta
quando Hogan rispose –Tutti vi hanno sentite discutere e hai
ammesso che lei ha baciato il tuo ragazzo. Ora lo neghi?-
-No,
però…- Shuukako non sapeva cosa dire.
-Ho trovato il tuo
orecchino fuori dalla porta del bagno.- continuò Hogan
–Da quando sei qui, ho notato che sei molto attenta e
precisa. Com’è che quell’orecchino era
in terra, allora?-
-Mi sarà
caduto!- ribatté lei.
Hogan allora rispose
–In bagno c’è uno specchio
più grande di te. Hai visto che ti mancava
l’orecchino e non sei andata a cercarlo?-
La ragazza aveva le
lacrime agli occhi.
-La smette di
trattarmi così?!- esclamò
–Io… io non l’ho uccisa…-
Allora Natsuya le mise
la mano sulla spalla e l’avvicinò a sé
per consolarla.
-Non è
stata lei. - sibilò –Nonostante tutto si
conoscevano dai tempi dell’asilo. Non avrebbe mai potuto
farlo.-
Hogan si
allontanò senza rispondere e Iyv gli porse il suo palmare.
-E di questo cosa mi
dici?- domandò, mostrando la foto dell’ultimo
messaggio di Haruka.
Shuukako rimase basita.
-Ma cosa…-
-E’ il suo
ultimo messaggio. E tu sei l’unica ad avere un carattere
simile.-
-Questo non
è del tutto vero. - s’intromise Mafuyu
–Anche io potrei essere considerato uno Tsundere.-
-Tu hai un alibi.-
ribatté Hogan –Tuttavia, qui
c’è un errore. Perché non Tsunderekko?
Forse l’assassino non conosce bene le tendenze dei
giovani...- fece una pausa -E quindi, scrivendo il messaggio, si
è scavato la fossa da solo.-
-Eh?- emise la
ragazza, ancor più confusa di prima.
Tutti tacquero.
Erano attoniti
già da prima, ma quando Hogan indicò Shinnosuke
Mitsutani, il silenzio fu tombale.
-Perché non
confessa, signor Mitsutani?-
Fine capitolo 5
Ok, questa volta ho gettato molta carne al fuoco. Hogan ha
già un gran mal di testa. La cosa comica è che
più scrivevo, più mi ricordava il grande
detective Kogoro XDDDD
Ci manca solo che si appisoli mentre parla e siamo a posto.
Iyv è... beh, idiota ok, ma questa volta ho deciso di
svelare un altro pezzetto di lui. Quando Blackmoore
arriverà, forse il mio caro piccolino dovrà
nascondersi in un angolino a fare cerchietti in terra e Hogan
dovrà fare l'uomo di casa. Ma c'è ancora tempo
prima dell'alba.
La questione dello tsundere... beh... ok, magari sembra stupida, ma non
è tanto campata per aria... Lo saprete, lo saprete U_U
|
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Capitolo 6 *** 6.Tessere la tela d’inganno ***
Capitolo 6: Tessere la tela
d’inganno
Brilla
sottile, nella leggera foschia,
baluardo
di luce, unica via.
Lanterna
lucente, trappola per mosche.
Aracnidi
sembianze ha la Verità.
Strazia
le membra, scioglie gli inganni.
(Vedova
Nera, Shunkashuutou)
Il sipario
era appena calato sul secondo atto della tragedia.
Il silenzio dilagava
nella stanza dal momento in cui era stata insinuata l’accusa.
Mitsutani sorrise,
amaramente.
-Come… come
può dire questo?- domandò ad Hogan
–Non… non è una prova sufficiente per
accusare una persona.-
-Giusto.- accorse in
sua difesa Mafuyu –Il signor Mitsutani non farebbe mai una
cosa del genere. Tutti quelli che lo conoscono potrebbero confermarle
che è una persona davvero per bene.-
E Hogan
assentì, ma ribatté –Non sempre una
persona per bene lo è davvero.-
-Ma lui ha il terrore
del sangue!- esclamò ancora Mafuyu.
Anche Shuukako
protestò –Non avrebbe mai potuto fare una cosa del
genere! Non ad Haruka almeno!-
-Andavano molto
d’accordo loro due.- spiegò Natsuya –Non
è concepibile…-
Iyv allora
domandò –In che senso andavano molto
d’accordo?-
-Haruka era una
ragazza molto aperta caratterialmente.- disse il signor Mitsutani
–La mia figlia minore le somiglia molto, quindi non mi veniva
difficile trattare con lei, ecco.-
-Avete avuto degli
screzi?- chiese allora Iyv.
-No, non
particolarmente gravi.- disse ancora –A volte la rimproveravo
perché dava troppa confidenza alla stampa e lei capisce,
signor Nightingale, che coi giornalisti bisogna trattare con molta
attenzione.-
-Già,
comprendo.- disse ancora Iyv e poi disse a Hogan –Patrick, la
tua idea è suggestiva, ma non credo che possa essere stato
lui a…-
-C’è
un’altra cosa che mi ha lasciato un po’ perplesso.-
lo interruppe l’americano –Prima ho perquisito le
camere e nella sua c’era la valigia chiusa con la
combinazione.-
-E allora?-
domandò l’uomo.
-C’è
una piccola macchia di sangue sopra.-
In quel momento, tutti
trattennero il fiato.
Ma il signor Mitsutani
disse.
-Mi sono tagliato
prendendo il rasoio, prima di cena.-
In effetti, prima
della cena non era rasato. Hogan continuò ad accusarlo
–Potrebbe essere il sangue della vittima, però, e
la scientifica domani lo analizzerà. Fa prima a confessare e
risparmiarsi un vergognoso arresto.-
L’uomo
scosse il capo.
-Non sono stato io.-
ripeté dopo aver deglutito.
-Perché non
ci mostra il contenuto della valigia?- propose Iyv allora.
-Giusto!-
esclamò Natsuya –Se non è lei il
colpevole, l’arma del delitto non sarà
lì, no?-
Mafuyu convenne con il
rosso e anche Shuukako.
-Allora, mi dica la
combinazione della valigia.- ordinò perentorio il falso
detective.
Il giapponese
annuì, più tranquillo rispetto a
poc’anzi.
-Certo… -
disse –E’ 4322, signore.-
-Molto bene.- disse
Hogan e fece cenno ad Iyv e agli altri di seguirlo.
Entrarono tutti nella
camera da letto dell’uomo e Hogan mostrò la
macchia, dopodiché, indossando i guanti in lattice fece
ruotare i numeri componendo la combinazione e un click secco
segnò l’apertura della valigia.
C’erano
dentro dei vestiti, riviste, un astuccio con il set da barba,
spazzolino e dentifricio e un piccolo involto di carta, seminascosto in
un angolo.
Hogan lo prese e
scartò l’incartamento, per poi sbattere in faccia,
o quasi, l’evidenza agli astanti.
-E questa,
signori…- annunciò –E’
l’arma del delitto.-
Un coltello da cucina,
dalla lama liscia e il manico nero. La carta che lo avvolgeva
presentava qua e là chiazze scarlatte. Mitsutani
impallidì e cercò di fuggire, ma il signor Bowen
lo afferrò per un braccio e Hogan per l’altro.
-Non sono stato io!-
gridò disperato più e più volte.
–Sono innocente!-
Erano trascorse delle
ore estenuanti. Quante non lo sapeva. Forse erano passati solo dei
minuti. Dei giorni no. O forse sì, ma certo non li aveva
trascorsi a contorcersi per liberarsi. Ormai poteva definirsi a buon
punto. Sentiva il nastro adesivo che gli legava le braccia allentarsi e
anche quello sulla bocca.
Il brusio che udiva
oltre quel buio si era affievolito per poi scomparire, ma
c’era nuovamente qualcuno all’esterno.
All’inizio pensò si trattasse dei suoi rapitori,
ma poi aveva percepito i loro discorsi. Erano solo dei ragazzini,
quindi era stato rinchiuso da qualche parte da chissà chi.
E chissà
perché.
-Ah!-
esclamò.
Con un ultimo colpo di
spalla era riuscito a strappare definitivamente il nastro adesivo che
gli teneva incollate le labbra.
-Aiuto!-
gridò –Aiutatemi!-
Il brusio
all’esterno si affievolì.
Poi una voce
parlò –Avete sentito?-
-Forse ci siamo fatti
troppe canne, ehehe.-
-Aiutatemi, vi prego!-
urlò ancora, con quanto fiato aveva in gola.
-Queste non sono
canne.- commentò meravigliata una terza voce e qualcuno
batté sulla parete metallica della sua prigione.
-C’è
qualcuno qui?-
-Si!-
esclamò –Vi prego, fatemi uscire!-
Trascorsero altri
interminabili minuti, poi un forte schianto e la parete metallica
s’aprì. Il buio fu sopraffatto da una rassicurante
luce azzurra soffusa.
Poi
un’esplosione di bianco e di voci.
Le luci delle torce
elettriche lo accecarono e si spaventò a morte alla vista
delle pistole, ma fu un attimo.
Era libero.
Le sue mani furono
liberate dal nastro adesivo e qualcuno gli gettò sulle
spalle una coperta. Un uomo lo sorresse fino all’ambulanza
parcheggiata lì davanti e una graziosa infermiera si
occupò di controllare che stesse bene. Non poteva
dire di essere completamente apposto, ma eccetto il malessere della
prigionia non si sentiva messo così male.
Poi
rammentò una cosa di vitale importanza.
La persona che gli
aveva chiesto di chiamare una volta arrivato a destinazione.
C’era solo
lui in casa, prima della partenza. Nella sua mente lo sfocato ricordo
di qualcosa di umido che si premeva contro le sue labbra.
Nel container
dov’era tenuto prigioniero fu constatata immediatamente la
presenza tracce di cloroformio sparso nel pavimento. Ecco
perché aveva dormito così tanto.
-Che giorno
è?- chiese all’infermiera e questa gli rispose
–E’ il 15 di settembre.-
Sospirò.
Era trascorso appena un giorno, più o meno…
Non sapeva
perché l’aveva fatto, ma non poteva starsene con
le mani in mano, perciò chiese ancora alla donna
–Per favore, può prestarmi il suo cellulare?-
Il signor Mitsutani
era stato rinchiuso nella sua stanza, con buona pace di tutti i
presenti.
Fu deciso di tornare
tutti a dormire (o per lo meno a provarci) e attendere così
l’arrivo della polizia, con annessa la squadra scientifica.
Shuukako fu invitata a dormire insieme ad Emily ed Helena insieme alla
signorina Salomè e la camera con dentro il corpo di Haruka
sigillata.
Iyv ed Hogan erano di
nuovo soli, di fronte al loro letto sfatto.
E l’italiano
era così distratto che Hogan avrebbe potuto farselo
all’istante e non si sarebbe neppure lamentato.
C’era qualcosa che lo turbava profondamente, da un bel pezzo
ormai, perciò l’americano si limitò a
domandargli cosa diavolo avesse.
-E’ da un
po’ che hai una faccia da funerale. Allora?-
Lui si sedette sul
letto a peso morto.
-E’ stata
uccisa una ragazza, Hogan.- rispose, come se l’altro non
riuscisse a provare dispiacere.
Hogan annuì.
-Non è
quello che ti turba così tanto.- rispose, buttandosi sul
letto anche lui, ma sdraiato.
Incrociò le
braccia dietro la testa e fissò il soffitto.
-E’ per
colpa di questo Breakmouse che sei così?-
Iyv prese a ridere
come un ossesso. Una risata liberatoria, ma almeno era sincera.
-Oddio, Breakmouse!!
Dimmi che l’hai detta apposta, Hogan!-
Quello
arrossì violentemente e si voltò, imbarazzato
come non mai. Segno che no, non l’aveva sparata per farlo
ridere. Anche se il risultato era gradito.
Iyv prese a
martellargli il ginocchio con il palmo della mano.
-Oddio, basta!-
esclamò ridendo –Non…
soffoco… Breakmouse…-
Si sarebbe voluto
sotterrare, Hogan, ma di certo era meglio sotterrare Iyv. Lo
afferrò bloccandogli la testa con un braccio sotto il collo
e lo costrinse sul materasso.
-Che hai da ridere,
pidocchio?!- sbottò, per poi pizzicargli insistentemente le
guance. Al grido di
–Mi
arrendo! Mi arrendo!- finalmente lasciò andare
l’investigatore, che rilassò i muscoli, ormai
anch’egli supino sul letto.
-Hogan ti amo!-
esclamò, come in un sospiro.
L’interpellato
arrossì ancora, ma si limitò a rispondere
–Ti avrei già ucciso…-
abbassò la voce -…se non ti amassi anche io.-
Il biondo si
rigirò su un fianco, coi lunghi capelli ormai sfatti e gli
occhi colmi di lacrime.
-Sono contento che mi
sopporti anche così.-
Al che Hogan lo
guardò con diffidenza.
-No, così
non ti sopporto, ti preferisco quando sei insopportabile come al
solito.-
Gli aveva appena
strappato un’altra risata. Come poteva non amare
l’uomo più spassoso dell’universo?
Nonostante rimpiangesse gli amici perduti a Sealand, Iyv ringraziava il
cielo per esservi andato. Perché, se invece non si fosse
impuntato per seguire quel caso, Hogan non l’avrebbe proprio
incontrato.
La prima volta che si
erano visti, lo ricordava come fosse solo ieri. Lui l’aveva
salutato con un cenno della mano e gli aveva anche detto
–Ciao, caro!- con un tono che faceva concorrenza con quello
di ogni buon travestito di strada che si rispetti. E Hogan, sempre in
cenno di saluto, gli aveva accordato il dito medio e la sua occhiata
sprezzante.
Non era cambiato di
una virgola, apparentemente, perché il caratteraccio rognoso
ce l’aveva sempre. Ma Iyv, ormai, lo conosceva come le sue
tasche. Era come un libro aperto, senza parole nascoste o codici da
svelare. Era splendido nella sua semplicità.
Ma forse era solo lui
a vederlo così meraviglioso, perché era di parte.
-Iyv…-
disse piano Hogan.
Dopo il riso, le
lacrime avevano preso il sopravvento.
L’italiano
nascose il volto fra le mani e le sue spalle si scossero frenetiche.
Emetteva dei mugolii
che ricordavano i guaiti di un cucciolo indifeso. Così
diversi dai finti piagnistei che inscenava per dispetto. Quando mai
l’aveva visto piangere a quel modo?!
-Patrizio?- chiese
allora l’americano e quello alzò appena il capo.
Hogan usava molto
raramente il suo vero nome. Praticamente solo quando faceva discorsi di
estrema importanza.
-Io… ero
molto inesperto, allora…- sussurrò piano.
Hogan annuì.
-Me lo vuoi
raccontare?-
-Aveva più
o meno l’età di Helena…-
singhiozzò ancora.
Hogan, per
incoraggiarlo (questo non era proprio da lui) gli portò un
braccio dietro la schiena e Iyv poggiò la testa sulla sua
spalla, socchiuse gli occhi e respirò profondamente per
qualche secondo.
-Se fossi stato
più capace… lei non sarebbe morta…-
-Chi?- insistette
l’americano.
-Sua sorella, Hogan.-
Iyv sollevò appena lo sguardo colmo di sconforto e vergogna
–Per questo lui mi odia così tanto.-
Era strano pensare che
quel pazzoide scapestrato venisse ferito dal giudizio di qualcuno. La
realtà dei fatti, lo intuì subito, era che Iyv
odiava se stesso. E la presenza di quel Breakmouse…
Blackmouse… Blackmoore, gli rammentava il motivo di tanto
disprezzo per se stesso. Distruggeva ciò che lui cercava di
ricreare, rigettandolo nell’abisso del senso di colpa.
Lo strinse a
sé.
-Patrizio…-
disse piano, con quella voce roca e sensuale da capogiro.
Iyv socchiuse gli
occhi e deglutì.
-Si?- chiese.
-E’ successo
e devi accettarlo.- gli disse.
-Non… non
posso.- scoppiò in un pianto dirotto.
Hogan
respirò profondamente e si limitò ad
abbracciarlo.
Quando Helena
piangeva, lo faceva sempre. Le carezzava la testolina biondo cenere per
diversi minuti e lei si calmava, piano piano.
Passò le
mani sui capelli biondi del compagno, per un po’. E anche con
lui ebbe lo stesso, identico effetto calmante. Le sue dita
massaggiavano la cute, trasmettendo al resto del corpo un senso
d’inebriante pace cui era difficile sottrarsi. Aveva un tocco
magico, il signor orso bruno, pensò Iyv, sorridendo appena.
Poi si
separò da Hogan, piano.
-Vieni.- disse
–Risolviamo il caso prima dell’alba e poi fuggiamo
via. In barba a Breakmouse.- e gli scappò la risatina
isterica di poco prima. -Ti amo, pasticcione.- disse ancora, in vena di
smancerie, tirandolo verso la porta.
Hogan alzò
gli occhi al cielo.
Pasticcione?
-Questa me la devo
segnare.-
-Sono contento che
anche tu mi ami.- continuò quello.
-Bene.- disse ancora
l’americano, per poi prendergli il mento fra le dita. Lo
fissò dritto negli occhi verdi e socchiuse il suo. Poteva
sentire il respiro di Iyv sulla sua pelle, poteva scorgere le sue
labbra schiudersi, le sue mani sulla pelle…
Mafuyu si
frugò fra le tasche.
Prese il telefono che
squillava e rispose nella sua lingua madre.
-Pronto?-
Corrucciò
le sopracciglia e lanciò un’occhiata interrogativa
verso Natsuya, poi rispose all’interlocutore -No, mamma, stai
tranquilla… stiamo bene tutti. Sì…
sì, il contratto l’abbiamo firmato,
sì… scusa se non ho chiamato prima,
cenavo… ciao mamma, ciao. Buonanotte…-
Chiuse la chiamata e
rimase in silenzio tombale.
-Era mia madre.- disse
dopo un poco, bianco in volto –Come diavolo faremo a dire ai
nostri quello che è successo…- si sedette a peso
morto sul letto.
Aveva appena mentito,
ma quell’ultima domanda era legittima e una risposta ancora
non l’aveva trovata. E benché fosse affranto da
quella situazione, benché ormai sapesse esattamente come
stavano le cose, Mafuyu Yukimura aveva le mani legate.
Doveva mettere Patrick
Varsittart al corrente di quella chiamata, al più presto.
Fine capitolo 6
In ritardo pazzesco. Però posso dire che il prossimo
capitolo è scritto per metà, visto che dopo aver
scritto questo, mi sono resa conto di aver corso troppo e fra l'altro
mi sono incartapecorita (??) con il caso. Ora ho chiarito a me stessa
il piano di Iyv e deciso che cavolo dovrà fare l'assassino,
mentre prima avevo in mente una cosa che non poteva stare in piedi.
Ma quanto è tenero Hogaaaaan!
Non sembra, ma è dolcino lui, quando consola Iyv dimostra
che il caro detective se li sceglie bene i suoi polli **
Al prossimo capitolo!!
E per la cronaca SPAM TIMEEEE!! H iniziato a realizzare un fumetto su
di loro. Sono ancora agli inizi, in realtà ho solo la prima
pagina e la seconda in fase di rifinitura. Ecco qui il mio sito. Spero
di non contravvenire a nessuna regola O_O http://iyvhogan.altervista.org/
|
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Capitolo 7 *** 7. Il topo in trappola. ***
Capitolo
7: Il
topo in trappola
Spogliati delle menzogne di cui
ti vesti
E libera il
viso dalla tua maschera di falsità.
Quando tutte queste cose
cadranno,
forse potrò
davvero vedere chi sei.
(Liar, Shunkashuutou)
Si alzò piano, attento a non far rumore. Al soffice chiarore
lunare scrutò nella penombra della stanza, trattenendo il
respiro, e raccolse infine le scarpe dal pavimento. Cautamente si
avvicinò alla porta, voltandosi appena, in un attimo di
esitazione. Udiva solo il fruscio del vento che agitava le foglie degli
alberi del giardino e un lieve respirare. Abbassò piano la
maniglia e quando questa era totalmente calata, una voce assonnata
infranse pigramente il silenzio.
-Dove stai andando?- domandò Natsuya, insonnolito.
-Al bagno.- rispose prontamente aprendo la porta.
Natsuya si rigirò fra le coperte.
-Con le scarpe?- borbottò, col capo sprofondato nel
guanciale.
Mafuyu poggiò le calzature sul pavimento del bagno,
richiudendo poi la porta e tornando a letto.
-Facevano odore.- disse tirando le coperte sin sopra il collo,
irrequieto.
La mattina seguente il sole sorse pigramente, a dispetto degli ospiti
della casa che invece, per ovvie ragioni, non avevano chiuso occhio.
Nuvole grigie e cupe scolorivano il cielo mattutino e la poca luce
solare filtrava appena fra uno spiraglio e l’altro,
rifrangendosi in ogni goccia di pioggia che ricadeva al suolo. Il
boschetto frusciava tormentato dalle migliaia di aghi d’acqua
che s’infrangevano sulla vegetazione e il sentiero che
portava a villa Bloomfield era ridotto ad un piccolo fiume di fango. I
tergicristalli spazzavano via ritmicamente l’acqua dal
lunotto anteriore, tuttavia la visibilità non era buona,
complice la fitta nebbia che aleggiava tutt’intorno.
Allan Blackmoore tirò con la sigaretta, placando la, se
così si può definire, ansia di arrivare a
destinazione. Dentro di sé era combattuto fra il desiderio
insano di rivedere quell’uomo per denigrarlo e quello di
stare lontano anni luce da lui e dalle disgrazie che sembrava lo
accompagnassero.
Svoltò l’angolo e finalmente intravide in
lontananza la villa ottocentesca dell’ereditiera Bloomfield.
Inconsciamente, il piede premette sul pedale
dell’acceleratore e la Porsche nera imboccò
l’ultimo tratto di strada che separava il medico legale dal
suo lavoro.
Iyv si era alzato molto presto quella mattina. Aveva lasciato riposare
Hogan, ed era sceso in cucina a bere una calda tazza di tè,
giusto per tenersi sveglio e lucido quanto bastava. Il tempo
prospettava una giornata di per sé pessima e non soltanto
dal punto di vista meteorologico. Consumata una sbrigativa colazione,
l’italiano prese uno degli ombrelli dall’ingresso e
uscì nel giardino. Stava giusto terminando
un’importante telefonata, quando scorse una fila di fari
imboccare il viale della villa.
In fondo al cuore avvertì un grande vuoto, si
sentì mancare d’improvviso, spaventato, non pronto
a quello che l’aspettava. Pensava di riuscire a gestire la
situazione, ma ecco il solito attacco di panico che
l’aggrediva ogni qual volta Blackmoore era nelle vicinanze.
Rientrò in casa prima che gli uomini potessero scorgerlo e
identificare la sua figura confusa nella pioggia e, una volta al sicuro
dietro il portone, emise un profondo sospiro di sollievo, salvo poi
aprire gli occhi e trovarsi di fronte un Hogan corrucciato di primo
mattino.
-Buongiorno…- canticchiò melenso, ma il suo
sorriso sghembo non fece presa sul cervello dell’altro che lo
squadrò truce.
-Allora?- domandò Hogan –Dove sei stato con questo
tempo?-
Iyv si allontanò dalla porta.
-Beh, ho un caso da risolvere, cercavo gli ultimi indizi e
poi…-
-E’ arrivata gente.- finì per lui
l’americano, notando le spalle dell’italiano
sussultare impercettibilmente.
-Lo so.- rispose questi –Infatti, dovresti mettere qualcosa
addosso, stallone.- lo rimbeccò sogghignando indicando i
suoi boxer –Sai, non vorrei tentassero di violentarti.-
Hogan non abboccò a quel tentativo di far deragliare il
discorso e scosse la testa.
-E’ arrivato quel tale?- chiese solo e Iyv
increspò le labbra, sconfitto.
-Si.- ammise, rivelando con quella semplice parola tutta la sua
preoccupazione.
-E tu stai fuggendo.- continuò Hogan, affondando il coltello
nella piaga.
-Grazie per avermelo fatto notare…- commentò,
scontroso il biondo.
Ecco, ogni volta che Blackmoore era nei paraggi, oltre che paranoico
diventava persino scorbutico. Scosse la testa e seguì il
compagno su per le scale, mentre l’intera villa si ripopolava
alla spicciolata di gente intontita dall’insonnia.
Hogan si rivestì di fretta, mentre Iyv esaminava con cura
uno strano oggetto giallognolo e umidiccio, di cui
l’americano preferì non sapere nulla.
Quando furono pronti a scendere al piano di sotto, dove il signor
Hopkins aveva già provveduto a far entrare le forze
dell’ordine, una voce altisonante attirò
l’attenzione dell’investigatore.
Iyv si affacciò con finta noncuranza alla tromba delle scale
e lo vide. I suoi capelli castano chiaro erano corti e pettinati
ordinatamente con la frangia che gli ricadeva su un lato del viso, ma
senza coprire gli occhi scuri. I tratti somatici erano scarni e
altezzosi e le sue labbra contorte in un innaturale sorriso di
circostanza. Indossava la tenuta consona ad una scena del crimine e
sotto di essa, abiti rigorosamente scuri. Non era cambiato
dall’ultima volta che si erano visti, diversi mesi prima. La
sua ipotesi, riguardo ai motivi che l’avevano condotto alla
villa, si rivelò corretta, poiché egli stringeva
le labbra in una smorfia di disgusto, ed era evidente che
l’odio era ancora acceso in lui, ma da
quell’espressione trapelava il profondo piacere quasi
perverso che provava nel mettergli i bastoni fra le ruote.
-Ispettore Vidali.- esordì, infatti, quello, guardandolo
dritto negli occhi.
L’interpellato fece un grosso sforzo per non mordersi le
labbra e rispose, con un tono di voce più o meno fermo e
tranquillo.
–Dottor Blackmoore…-
I presenti si lanciarono occhiate interdette.
Sui loro volti si poteva leggere chiara questa domanda: “Vidali?”
oppure “Ispettore?!”
o più semplicemente “Che
sta succedendo qui?”
Hogan rimase in silenzio, curioso di vedere come l’altro se
la sarebbe cavata. Per tutta la notte non avevano fatto che parlare del
caso e dedurre, dedurre e dedurre. Tenendo la testa occupata,
l’italiano si era illuso di non pensare a cosa sarebbe
accaduto con l’arrivo dell’uomo che in quel momento
aveva innanzi, ma anche un bambino avrebbe capito che non
c’era riuscito.
Il suo sorriso si era spento.
-Vedo che ovunque lei vada le disgrazie continuano a seguirla.
– lo istigò ulteriormente Blackmoore e Iyv,
ancora, dovette far appello a tutta la sua forza di volontà
per non fuggire via, ma l’irritazione sul suo viso era
evidente e la sua risposta dai toni acidi lo tradì.
-Non ha un lavoro da sbrigare?- sibilò tagliente.
Blackmoore avanzò nell’androne, colpendolo con una
leggera spallata.
Era più alto di lui e lo fissava con quegli occhi scuri
taglienti come ossidiana, ogni occhiata aveva la capacità di
ferirlo a morte, di renderlo fragile, riportarlo a quei giorni che
credeva di avere superato e invece… il dolore ardeva come
brace sotto la cenere e ogni tanto divampava, consumandolo.
Blackmoore assaporò compiaciuto il buon esito del suo gesto
e domandò.
-Dov’è il cadavere?-
Quel tono disinteressato, quasi di scherno, suscitò lo
sdegno generale negli animi e Iyv rispose alterato –Il corpo
si trova al piano di sopra.-
-Spero lei non abbia contaminato la scena del crimine, ispettore.-
L’italiano stringeva i pugni.
Non ce la faceva.
Voleva solo fuggire.
Allan Blackmoore aveva tutto il diritto di ferirlo in continuazione,
eppure, sentiva che era così ingiusto…
Hogan, in silenzio, lo superò. Oltrepassò anche
il medico e ricambiò la spallata, solo con più
forza, quasi scalzandolo dalla sua posizione e lo precedette sulle
scale.
-Lo accompagno io.- disse secco, lanciando poi un’occhiata
d’intesa al compagno che parve risollevato e riconoscente di
quel gesto.
Pochi minuti dopo, erano tutti nuovamente nel salotto, con la polizia a
porre le domande di rito già fatte e la scientifica al
lavoro, intenta ad isolare ed ispezionare la scena del crimine.
Iyv era stato smascherato e, in ogni caso, avrebbe dovuto scoprirsi da
solo per presentare le sue credenziali alla polizia e mantenere la
giurisdizione sul caso. Gli astanti rimasero attoniti e confusi nello
scoprire di aver discorso per tutta la sera del giorno precedente con
tre perfetti sconosciuti, e la maggior parte di loro non la prese bene.
-Quindi ci ha preso in giro?- chiese irritata la signorina
Salomè rigirandosi il bigliettino plastificato fra le mani.
Iyv scosse la testa. -Non del tutto.- ammise.
La donna protestò –Ma perché mentire in
quel modo così sfacciato?-
-Io non ho mentito sulle cose che vi ho detto.- rispose –Ho
solo invertito i ruoli col mio collega.-
-Quindi è lei Patrick Varsittart?-
-Esatto.- annuì -Ma vi prego di tenere questo per voi.-
Il signor Bowen si tirò su gli occhiali. -Lei ha forse paura
di rappresaglie, signor Vidali?-
-Ho delle persone che voglio proteggere.- rispose semplicemente e i due
protestarono ancora, rendendosi esternatori del malcontento generale.
-Molti altri come lei si assumono la responsabilità delle
proprie azioni, rischiando la vita ogni giorno.-
La signorina Salomè aveva certo ragione, ma Iyv la
interruppe. -Io sono dell’idea che i criminali non debbano
sapere chi o cosa li stia per colpire. Una presenza che agisce
nell’ombra rappresenta una minaccia non indifferente, che
suscita confusione. E mi creda, io non mi diverto affatto a
nascondermi.-
Helena sedeva in un angolo, imbarazzata da ciò che stava
accadendo, sentendosi in parte colpevole per aver mentito alle ragazze
con cui credeva di aver stretto amicizia. Con Haruka in particolar
modo. Per quanto possa sembrare illogico, il pensiero di aver mentito a
una persona in seguito deceduta la faceva soffrire e Iyv se ne accorse,
per cui la raggiunse e si sedette accanto a lei.
-Ehi, stai tranquilla.- le disse carezzandole i lunghi capelli chiari
–Sono io che ho messo su questa farsa, non hai colpe, ok?-
Lei tirò su col naso e rimase in silenzio per qualche
secondo.
-Iyv, non è stato il signor Mitsutani ad uccidere Haruka,
vero?-
Lui la fissò, interdetto.
-Altrimenti perché non siamo andati via se quel tipo ti da
tanto fastidio?-
Inutile dire che la ragazzina era sveglia, a volte anche più
di suo fratello. Certo che Hogan in quelle ore aveva uno spirito
d’iniziativa davvero niente male. Se la stava sudando la sua
settimana in albergo. Beh, ovviamente non era solo per quello che stava
riprendendo il suo ruolo di “uomo di casa” ma la
mente di Iyv era sempre pronta a divagare e sdrammatizzare, per cui,
complice il fatto che Blackmoore era di sopra a svolgere il suo lavoro,
si rilassò maggiormente, svelando a Helena la
verità.
-Aspetto che il medico legale faccia il suo riscontro per smascherare
l’omicida.-
-Il riscontro del…- deglutì,
inorridendo al solo pensiero, la ragazzina
–Dell’autopsia?-
Il trentenne scosse la testa –No, non gliela farà
qui. E forse non ci sarà neppure bisogno. Ho solo
necessità di qualche particolare che non sono riuscito ad
ottenere senza i giusti mezzi.-
Quando il medico legale entrò nella stanza dove giaceva il
corpo di Haruka si guardò intorno, come a cercare qualcosa
da usare contro Iyv. Ma sembrava che non avesse danneggiato la scena
del crimine. Certo non era suo compito stabilirlo, ma non gli sarebbe
dispiaciuto se avesse commesso un errore simile. Avvicinandosi al letto
avvertì un profondo senso di tristezza per la ragazza che
poco prima aveva definito cadavere.
Anche sua sorella minore era diventata un cadavere, tempo fa, per colpa
dell’agente semplice Patrizio Vidali.
Come avevano potuto far salire di grado un inetto simile?
Hogan vigilava in silenzio, fermo in piedi sulla soglia della stanza,
quasi ad assicurarsi che il medico non giocasse sporco contro il suo
compagno, ma quello, dopo un attimo di apparente smarrimento, si stava
dedicando a un primo esame della ragazza.
-A che ora è stata rinvenuta?- domandò.
-Verso le 22 e 30.- rispose Hogan.
Blackmoore riprese il suo lavoro con minuziosa attenzione, raccogliendo
campioni, verificando il tipo di taglio ed eventuali residui che valeva
la pena analizzare. Trovò degli strani granelli bianchi,
impigliati fra i capelli della vittima e li raccolse con una pinzetta,
inserendoli in una bustina di plastica trasparente, catalogandoli come
prova e consegnandoli ad uno degli agenti. Quando ebbe terminato
quell’esame superficiale, la scientifica si occupò
di esaminare la stanza e il bagno scrupolosamente, secondo un rigido
sistema a griglia che non concedeva ad alcun particolare di sfuggire
alla vista. Rinvennero l’orecchino e Hogan ammise di averlo
toccato. Furono prese le sue impronte digitali e quelle sul portagioie
di Shuukako. Dopodiché, diverso tempo dopo, ci si
occupò delle impronte sulla valigia e l’arma del
delitto, ma, come aveva detto Iyv la sera prima, quelle prove
là, erano solo la ciliegina sulla torta.
Eppure mancava qualcos’altro.
Persino Hogan che non aveva un cervello fino lo capiva.
Era riuscito a prendere un aereo quasi per miracolo e fu sempre per un
miracolo che arrivò in California nel minor tempo
consentito. Fu un viaggio comunque assai lungo e stancante e non avendo
mezzi di trasporto, fu costretto ad arrangiarsi col suo inglese
basilare e i soldi che si era portato appresso. Dovette fare un cambio
di valuta, ma alla fine di tutta quella frettolosa trafila,
s’infilò in un taxi e si mise in viaggio per villa
Bloomfield.
I dottori gli avevano imposto di stare ricoverato almeno un giorno in
osservazione, ma non poteva aspettare un minuto di più
sapendo che quella persona era a piede libero. Non si sentiva
tranquillo. Un capriccio? No, no, non era il tipo da colpi di testa del
genere.
Quasi se lo sentiva che fosse successo qualcosa. Altrimenti
perché Mafuyu l’avrebbe spacciato per sua madre?
Non poteva che sperare che non si trattasse di nulla di grave.
-Gli spettatori non dovrebbero mettere le mani sulla scena del
crimine.-
Inutile, Blackmoore era in forma smagliante e trovato un solo, misero
errore, si stava dando da fare per rinfacciarglielo in continuazione.
Iyv non batté ciglio in quel momento. Il salotto era
sprofondato nel dolore, poiché anche il corpo inerte di
Haruka era stato appena portato via e la vista di un sacco scuro non
giova al cuore di alcuno, in particolare a quello di quattro ragazzini.
Hogan era con Helena, intento a consolarla e a sopportare mansuetamente
gli sguardi del signor Bowen e della signorina Portman. Emily invece
aiutava il signor Hopkins a servire le vivande per rinfrancare un poco
gli ospiti. Natsuya e Shuukako erano abbracciati e il ragazzo carezzava
lentamente le spalle alla ragazza che piangeva a dirotto, mentre Mafuyu
stava vicino alla finestra, fumando insieme a Hugh Hench. I suoi occhi
erano fissi, dispersi nel vuoto, e piangeva, era evidente. La polizia
aveva anche appena preso in custodia il signor Mitsutani e per i suoi
ragazzi fu un colpo al cuore vederlo andar via, con le mani coperte da
un telo e lo sguardo chino. Un ulteriore colpo all’anima,
perché quell’uomo gentile aveva ucciso Haruka ed
era questo che non capivano.
Perché?!
-Che cosa sono quei granelli che ha trovato?- domandò
curioso Iyv al medico legale. Stavano appartati in un angolo, vicini
solo per svolgere il loro dovere.
-Non è che faceva uno spuntino sulla scena del crimine,
ispettore? Non sarebbe una novità che lei commetta errori
così grossolani…- continuò ad
istigarlo Blackmoore.
-No, non direi…- rispose pensieroso, lasciando scorrere il
commento. “Uno
spuntino, eh? Resta solo il movente. Il dannato movente… e
poi l’orecchino… ci vorrebbe uno psicologo in
realtà…”
Poi ebbe una sorta d’illuminazione che lo scosse
visibilmente, ma in senso positivo.
Blackmoore inarcò il sopracciglio meravigliato quando poi il
detective schizzò via e si diresse dal suo compare con la
benda sull’occhio. Fu in quel momento che si accorse di
Helena, o meglio del suo legame col tizio bendato e con Iyv e la cosa
gli riportò alla mente sua sorella. Rimase ad osservare il
quadretto familiare per diversi secondi, perso nei suoi malinconici
pensieri. Poi sopraggiunsero rabbia e gelosia, e dovette ritirasi. Che
s’arrangiasse Patrizio Vidali, lui il suo lavoro
l’aveva fatto. Alla fine non si era neppure divertito ad
infastidirlo, che perdita di tempo.
Uscì proprio mentre il telefono cellulare di Mafuyu
squillò nuovamente e quello quasi saltò sul
posto.
-Pronto?- rispose il giapponese, mentre il suo sguardo vagava fra gli
astanti e si soffermò qualche secondo su Iyv –Ciao
mamma…- ovviamente parlava in lingua madre, per cui lo
capirono solo i suoi compagni –Si, ci siamo alzati
presto… sì, tutto bene. La casa è un
po’ affollata oggi, c’è una specie di
festa… sì. No, mamma, non dimenticherò
di fare le foto, tranquilla… ci sentiamo presto, dai. Ciao.-
Riattaccò e tradusse tutto ciò che aveva detto.
-Mia madre non conosce l’inglese.- si giustificò.
-Adesso cosa succederà?- domandò Shuukako ad Iyv.
L’investigatore rispose candidamente.
-Il medico legale farà un esame approfondito e la polizia
continuerà le indagini. Ovviamente il signor Mitsutani
richiederà un avvocato e perciò per un
po’ il caso resterà aperto.-
-Non riesco a capacitarmi della sua crudeltà…-
disse piano Mafuyu.
-Già…- gli fece eco Shuukako –Come ho
potuto non accorgermi di nulla?-
-Non è colpa tua…- la rincuorò Natsuya.
Mafuyu non staccò gli occhi di dosso da entrambi,
aspirò una boccata di fumo e disse, quasi fra sé.
-Come può aver fatto il signor Mitsutani a trovare il
coraggio di uccidere Harukasan?-
-Effettivamente, signor Mafuyu, un uomo che ha la fobia del sangue,
dopo un omicidio del genere dovrebbe rimanere molto più
scosso di così.-
-Ecco, appunto!- sbottò Hugh Hench –Qui
c’è qualcosa che non torna!-
-Lei cosa ne pensa signor Vidali?- domandò la signorina
Portman, quasi istigandolo e Iyv dovette ammettere a se stesso che
quasi non gli dispiaceva la presenza di Blackmoore. Almeno quello aveva
un motivo valido per punzecchiarlo, non una semplice ripicca, ma
lasciò ancora correre.
-Soffre davvero di emofobia?-
-Sì.- confermò Mafuyu –Non sopporta
neppure piccoli tagli, perciò sinceramente non mi trovo
d’accordo con le sue deduzioni, detective.-
-Beh, allora forse ho commesso un errore…- ammise
candidamente, come se la cosa fosse irrilevante.
-Forse ha commesso un errore?!- saltò su Shuukako
–Io credo che lei non abbia seriamente preso in
considerazione la disgrazia che è accaduta!-
-Shuu, calmati, per favore!- esclamò Natsuya tentando di
placare la ragazza, che lo scostò in malo modo.
-Lasciami!- gli ordinò –Lei si rende conto che una
persona è morta e un'altra è in carcere per colpa
di questo suo “errore”? Aveva fretta di aggiungere
un altro caso al suo curriculum?-
-Niente affatto.- si difese il detective –Quando ho detto che
forse ho commesso un errore, intendevo dire che ho valutato male il
signor Mitsutani.-
-Non ti seguo, Iyv.- disse Emily, permettendosi di chiamarlo col suo
nomignolo.
-All’inizio le prove andavano a sfavore di Shuukako.- disse,
al che la ragazza s’irrigidì –Poi a suo
favore… come se l’assassino avesse voluto
accusarla e poi si fosse pentito, o avesse voluto dimostrare che lei
era l’assassina che s’accusava e discolpava da sola
per fare da vittima, mi seguite?-
Gli astanti tentennarono un poco, ma poi confermarono tutti. Il
detective si portò vicino al caminetto e iniziò a
giocherellare distrattamente coi suoi capelli.
-Quando la scientifica ha analizzato le stanze, non hanno rinvenuto
sangue eccetto che in camera della vittima e nella valigia del signor
Mitsutani, ma quello che non mi fa stare tranquillo è
questo: se il signor Mitsutani avesse ucciso Haruka, non si sarebbe
dovuto liberare dell’arma, invece che nasconderla dove
saremmo andati a cercarla prima o poi? Avrebbe potuto, che
so… lanciarla dalla finestra, per esempio.-
accennò all’esterno –E poi, come ha
fatto a non sporcarsi? Ho chiesto agli agenti di controllare ogni
stanza, tutti gli oggetti personali di ognuno di voi, ma niente. Il
signor Mitsutani si è dimostrato davvero molto furbo ad
architettare un piano simile, spacciandosi per ingenuo e organizzando
un piano sconclusionato per accusare Shuukako, peccato che la forza che
ha usato per infliggere la ferita alla vittima sia superiore a quella
che impiegherebbe una ragazza.-
-Aspetti…- lo interruppe Shuukako
–Perché avrebbe dovuto accusarmi?-
-Perché con Haruka litigavate spesso. Eri il capro
espiatorio perfetto.-
-No, no, no… non ci credo…- ribatté
Shuukako –Non può averlo fatto. Odiava il
sangue… le paure non si superano così a schiocco
di dita.-
Iyv chinò il capo.
-Capisco possa essere difficile accettarlo… tempo fa
conoscevo una persona che non credevo avrebbe potuto commettere simili
atrocità, ma mi sbagliavo. Non bisogna mai prendere nulla
per scontato, è ciò che ho imparato in
quell’occasione. E anche durante il caso di
Sealand… ma se volete delle prove concrete di quello che
dico, potremmo uscire a cercarle.-
-A cercare cosa?- chiese Natsuya.
-Se non sono state rinvenute macchie di sangue sui vestiti del signor
Mitsutani, eccetto che nella sua valigia, sempre basandomi sul discorso
di prima, forse è perché indossava qualcosa sopra
i vestiti per ripararsi dagli schizzi di sangue e quel qualcosa non
è più in questa casa, ma laggiù, nel
boschetto.-
Hogan tacque… davvero non capiva bene perché Iyv
facesse tutta quella farsa per spingere il colpevole a saltare fuori.
Non bastava accusarlo lì e subito?
-Mi riferisco al suo impermeabile, ovviamente.- concluse
l’investigatore, confermando l’idea generale che
gli altri si erano fatti.
-Se lo trovassimo, avrete la prova concreta che il signor Mitsutani
è colpevole del delitto, per quanto difficile possa essere
accettarlo.-
-Molto bene.- disse Mafuyu, spegnendo la sua sigaretta.
–Allora andiamo a cercare l’impermeabile.-
Natsuya si alzò grattandosi la testa –Si, sono
d’accordo. Sono stufo di stare qui a farmi domande su domande
senza trovare risposte…-
Anche Shuukako si alzò e così fecero tutti,
dirigendosi verso il piano superiore a indossare i propri giubbotti
anti pioggia.
Non se n’era andato, Blackmoore. Era rimasto sotto il portico
a fumare e riflettere. Quella ragazzina aveva sì e no
l’età di sua sorella, forse era un po’
più piccola. L’aveva vista affranta e il ricordo
di Adrienne era tornato prepotente a martoriare il suo cervello. Non
voleva dimenticarla, ma neppure riusciva a convivere con quella
sofferenza. S’illudeva di poterci riuscire e annegava i
cattivi ricordi scavando infaticabile nei corpi senza vita che gli
portavano all’obitorio o che andava a prelevare
personalmente. Per quanto sadico, era comunque l’unico modo
che aveva per non pensare a lei, tenere la mente in movimento, lontana
dai suoi occhi lucidi e dalla sua voce supplicante. Il rumore dello
sparo svaniva tranciato dalla sega con cui apriva le casse toraciche,
il suo sangue rosso si mischiava a quello dei visceri altrui. Adrienne
scompariva alla sua vista, soppiantata da altre donne e altri uomini,
ma mai da ragazzini o bambini. Non accettava autopsie così
delicate. Un tempo si sarebbe occupato anche di loro per dare a quelle
povere creature almeno un pacifico riposo eterno, ma semplicemente
erano troppo simili a lei per poterli sfiorare senza cadere nella
disperazione e di conseguenza compiere errori madornali.
Espirò, fissando poi il vapore acqueo, perso nel maledetto
ricordo del giorno in cui lei morì. Represse a stento le
lacrime e si sarebbe certamente arreso, se un movimento alla sua destra
non avesse attirato la sua attenzione.
“Dov’è?
Dove diavolo l’ha messo?!” si chiese
furioso “Eppure
non ce l’aveva quando l’hanno portato
via!”
Frugò ovunque nell’armadio, ma non c’era
nulla che potesse solo somigliare a un impermeabile e doveva anche fare
in fretta prima che…
-Stai cercando questo?- disse una voce mentre la porta della stanza
s’apriva.
Patrick Varsittart, o come diavolo si faceva chiamare, era
lì, con dipinto sul viso un irritante sorrisino strafottente
e con l’impermeabile appeso al dito indice.
Rimase interdetto e quasi paralizzato dallo stupore.
-Devo ammetterlo…- disse l’investigatore avanzando
nella stanza, come se niente fosse –Mi hai dato qualche
difficoltà con tutte queste incongruenze, ma alla fine sono
riuscito a coglierti in flagrante, il che è una prova
più che schiacciante della tua colpevolezza.-
-Shuukako, aspetta!- esclamò Emily fuori della stanza, ma
troppo tardi.
La giapponese fece il suo ingresso, restando di sale, sempre
più sconvolta e incredula, sempre più mortificata.
-No… non tu…-
-Shuukako…- disse l’assassino.
-Non… perché… come hai potuto uccidere
Haruka, Natsuya?-
Fine Capitolo 7
Avevo detto che ci avrei messo poco perché mezzo capitolo
era già scritto? Ricordatemi di non fare più
promesse XD
Ho scritto e riscritto il capitolo, che è una specie di
puzzle anche per me O_O
Mi faccio paura da sola, comunque, le sorprese non sono finite, anche
se... forse (non fare promesse!!!) il prossimo capitolo dovrebbe essere
l'ultimo Q_Q
Certo su questi due sto lavoricchiando altre storie, ma se ne
parlerà più avanti, per i casi, e quando
avrò ispirazione (forse spesso) per one shot e cose cretine,
tipo quella scemata che mi stavo pensano in questi giorni XDD
Spero di non avervi persi sul più bello signori e grazie che
mi avete seguita sin qui!!
Kiss a tutti e ricordate: consigli e commenti sono ben accetti!! ^_-
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Capitolo 8 *** 8. Perché ti amo, amore mio. ***
Capitolo 8:
Perché ti amo, amore mio.
E all’improvviso tutto si spacca.
Ti guardo e vedo un’altra nei tuoi occhi.
Il mio riflesso è solo un mero spauracchio,
nel tuo cuore son sepolte le mie ossa.
(Addio, amore mio; Shunkashuutou)
La consapevolezza della verità giunse a Shuukako come
l’infrangersi inevitabile di un vaso lasciato cadere nel
vuoto senza che alcuno si preoccupi di afferrarlo. Semplicemente stava
lì, davanti alla porta della stanza del signor Mitsutani, a
guardare un assassino di cui conosceva la faccia e la voce, ed eppure
non riconosceva. Perché non riusciva a concepire
l’immagine dell’uomo che amava sotto la luce del
sangue.
-Come hai potuto?- domandò a Natsuya, le lacrime sgorgavano
copiose dai suoi occhi -Natsuya!-
-Perché dai per scontato che sia stato io?-
domandò lui, senza scomporsi più di tanto.
Shuukako sobbalzò, presa in contropiede da quella domanda
gelida eppure così dolorosa.
Perché non riusciva a difenderlo?
“E’ perché è così
evidente!” le soggiunse in aiuto la propria mente, quella
piccola parte di lei ancora razionale “Perché
altrimenti sarebbe in questa stanza?”
Mafuyu le posò la mano sulla spalla e strinse calorosamente
in una morsa dolce per recarle un minimo di conforto.
-Lui non è Natsuya.- le disse semplicemente, come se
ciò potesse rasserenarla. Gli occhi di Shuukako si
sbarrarono di fronte alla verità cruda e semplice,
perché tutto allora si spiegava, ma il cuore doleva ancora
nonostante quel minimo sollievo. E se da un lato si chiarivano molte
cose, nuovi interrogativi si aggrovigliavano nella sua mente come
serpenti il cui veleno logorava anima e corpo.
Il resto dei presenti, eccetto Mafuyu, e forse Emily, rimase confuso a
quella rivelazione. Persino Iyv restò a bocca aperta,
perché aveva certo sospettato una soluzione così
romanzesca, ma era troppo… romanzesca, appunto, e
l’aveva accantonata nella sua mente per ricercare le prove ed
evitare di seguire immediatamente una pista che avrebbe potuto
rivelarsi fasulla.
La sua regola principale era: non concentrarti mai su un qualcosa,
vaglia le varie ipotesi, prendi tutto per plausibile e solo dopo
sfoltisci le idee, quando sarai sicuro che alcune possano essere
scartate.
E prove ce n’erano a favore di quella verità,
mancava il movente, e temeva di saperlo. Era in casi come quelli che
bisognava puntare il fascio di luce teatrale sul colpevole e farsi
spiegare, raccontare, ogni cosa.
-Tu lo sapevi?- domandò soltanto il falso Natsuya e Mafuyu
annuì.
-Non l’ho capito subito, purtroppo. Hai ingannato tutti.-
scosse il capo, deluso -Se avessi fatto più attenzione, lei
non sarebbe morta.- strinse i pugni fino a sbiancare le nocche.
-Non era tua madre al telefono, vero?- domandò ancora il
falso Natsuya e i presenti fissarono attoniti Mafuyu. Fu il
trillo del campanello a rispondere a quella domanda. Un suono acuto e
musicale che fece sobbalzare tutti. Il signor Hopkins scoccò
un’occhiata ad Emily, poi si precipitò ad aprire.
Il falso Natsuya fissò nuovamente Mafuyu, quasi volesse
incenerirlo con lo sguardo, ma quello non si lasciò
intimidire più di tanto.
Era furente.
Mafuyu non era un tipo molto espressivo, spesso lo si chiamava Principe
dei Ghiacci. Avevano composto anche una canzone su questo, quando erano
ancora tutti e quattro insieme.
Lui, Shuukako, Haruka e Natsuya.
Il falso rimase sconcertato nel leggere l’odio più
puro negli occhi scuri del cantante, mentre Shuukako stringeva le dita
sottili intorno ai lembi della manica della camicia.
-Mafuyu… - domandò tentando con scarsi risultati
di controllare il tremolio della voce. -Chi era al telefono?-
-Era- iniziò a dire quello, ma una voce tonante alle sue
spalle lo interruppe.
-Tsunayoshi!-
Si voltarono tutti quando sentirono lo scalpiccio di scarpe bagnate
nelle vicinanze della porta e un coro di sorpresa si levò
quando una testa rossa e fradicia fece capolino nella stanza. I
presenti guardarono prima il falso, poi quello che pareva il vero
Natsuya, con se fosse possibile, ancor più palese confusione
nel volto.
Hogan era estremamente sconcertato ed Helena sconvolta: aveva
chiacchierato con una ragazza morta e con il suo assassino che si
spacciava per qualcuno che gli somigliava incredibilmente e
quest’ultimo aveva anche baciato la ragazza
dell’altro che era appena arrivato a reclamare la propria
identità… cose così accadevano solo
nei fumetti o nei libri del mistero, come poteva non restarne
devastata? Non era finzione, non era intrigante o affascinante come
quando sfogliava le pagine dei suoi manga o dei suoi libri. Era
terribile, semplicemente terribile.
Come poteva Iyv sorridere quando svelava la verità dietro
alle menzogne più nere?
Blackmoore, con ancora la sigaretta stretta fra le labbra, stava dietro
questo nuovo arrivato, quest’apparizione, se così
si può dire. Sul suo volto vi era un’espressione
infastidita.
-Il medico legale mi ha detto tutto!- sbottò Natsuya
stringendo i pugni.
Le tempie fasciate dolevano per tanti motivi, la botta in testa, lo
stordimento, il viaggio aereo, ma lui doveva essere lì, in
quel momento. Doveva capire perché Tsunayoshi aveva preso il
suo posto a quel modo. Voleva solo quello e invece poi aveva incrociato
il dottor Blackmoore sotto il portico, intento a fumare. E per sbaglio,
perché, anche se era una cosa così semplice e
ovvia giudicando obiettivamente, Blackmoore non aveva capito chi fosse
e senza garbo gli aveva riferito di Haruka. Natsuya si
precipitò verso il ragazzo che fino a pochi giorni prima era
suo fratello e l’afferrò per il bavero. Lo scosse
con forza e rabbia, strattonandolo come una bambola di pezza.
-Perché l’hai uccisa?!- ruggì
tracimante di dolore e rabbia. Le lacrime gli imperlavano gli occhi
scuri privi delle lenti a contatto colorate. Tsunayoshi pareva assorto
in qualche elucubrazione mentale e fissava Natsuya senza cambiare
espressione. Questa sua inespressività urtò i
nervi dell’altro al punto che Hugh Hench e il signor Bowen
dovettero letteralmente strapparglielo dalle mani.
-Perché l’hai uccisa?!- gridò ancora
-Che ti ha fatto di male?!-
Tsunayoshi alzò le spalle e sui suoi occhi comparve
l’ombra d’un sentimento. Si raddolcirono e
colmarono di dolore, ma fu un attimo, perché poi il falso
verde delle lenti inghiottì nuovamente ogni cosa e
ciò che gli altri videro fu solo un volto inespressivo, non
toccato da quanto accadeva.
-Nulla.- gli rispose.
-Nulla?!- sbottò il ragazzo, strattonando il signor Bowen
con forza. -Nulla?! L’hai uccisa… per niente?!-
L’ennesimo strattone e per poco il giapponese, nonostante la
corporatura minuta non riuscì a sfuggire alla presa dei due
uomini. Mafuyu dovette dare loro man forte, ma non certo per il bene
dell’intruso omicida, quanto perché voleva sapere.
Poi avrebbe persino aiutato Natsuya o forse si sarebbe comportato
persino peggio, lasciando cadere la sua maschera fredda per sputare
fuori tutto il sentimento di cui era capace. Tutte le emozioni covate
in quel breve lasso di tempo, in quei pochi giorni che dovevano essere
il preludio, il cancello, ad un’avventura, ad un sogno carico
di emozioni da capogiro, si erano trasformate nella bocca vorace di un
baratro. E per cosa?
Per nulla?
Tsunayoshi, indifferente, scosse la testa e diede le spalle ai
presenti. Si diresse a passo lento verso la finestra e
guardò fuori.
-Era un ostacolo.- disse, senza smettere di fissare
l’incessante pioggia scrosciare sul giardino della villa.
-Un ostacolo?- ripeté incredulo Natsuya -Haruka, un
ostacolo?-
Tsunayoshi tacque qualche secondo, concedendosi di guardare ancora
all’esterno prima di rispondere, poi si rivolse al fratello,
addolorato. Le sopracciglia corrucciate e le labbra distorte in una
smorfia disgustata.
-Per noi!- affermò.
Gli occhi degli astanti, compresi quelli dei due agenti rimasti
nascosti nella villa secondo le direttive di Iyv e appena entrati nella
stanza, scorrevano confusi dall’uno all’altro dei
due fratelli, per non perdersi neppure un istante di quella
confessione, neppure un battito di ciglia, un leggero movimento delle
labbra.
-Per noi?!- ribatté Natsuya in preda ad una crisi di nervi
-Ti stai contraddicendo!-
Tsunayoshi deglutì, il suo sguardo
s’incupì -Me l’avevi detto tu.- rispose
lamentoso -Sempre insieme, sempre insieme… -
No, Natsuya non poteva davvero capire cosa passasse per la testa di suo
fratello, né perché rivangasse una promessa che
da bambini si rinnovavano spesso, seduti sul letto, nel parco, dopo
essere scappati dai bulletti della scuola oppure dopo qualche saggio
musicale. Una promessa che dava loro coraggio di affrontare quel mondo
così grande che incuteva tanta paura in due bambini. Una
promessa che però alla fine era l’equivalente del
“Quando sarò grande ti
sposerò!” detto alla mamma, o al papà.
Che Tsunayoshi fosse un tipo geloso Natsuya lo sapeva, ma non fino a
quel punto, non fino ad uccidere…
-Ma lei ti voleva portare via da me.- continuò, lamentoso -E
mi ha dato fastidio che tu m’ignorassi.-
Natsuya non riusciva proprio a capacitarsi di cosa dicesse il fratello.
Non riusciva a concepire che una gelosia così prepotente
giacesse latente in lui. Non in quel ragazzo che incamerava un successo
dietro l’altro e che, nonostante l’età,
aveva già un lavoro degno di nota e poteva considerarsi un
esempio da seguire per molti. A volte perdeva la calma, ma è
normale se un imprevisto ti da la zappa ai piedi. Chi non
s’infurierebbe?
-Ma io non t’ignoravo, Tsunayoshi, io- -Tu!- lo interruppe
quello avvicinandosi a passo svelto. Hugh Hench e il signor Bowen
temettero che Natsuya gli si scagliasse contro e Mafuyu si
preparò ad afferrare l’altro gemello per
trascinarlo via, ma quello non parve preoccuparsi e
gesticolò furiosamente -Tu preferivi passare tutto il tempo
con loro e l’hai baciata!-
Shuukako chinò lo sguardo. Già. Natsuya aveva
baciato Haruka, una volta… l’aveva odiata a morte
per questo, poteva dire di comprendere come si era sentito Tsunayoshi,
almeno un poco…
-Hai fatto l’amore con lei, non facevi che parlare di lei e
mi ferivi, mi ferivi in continuazione!- Tsunayoshi era agitato oltre il
limite in quel momento. Tentava di ostentare una certa calma, un certo
controllo di se con gesti plateali, ma non riusciva a dominarsi. Non
c’era mai riuscito, in effetti. Per questo sua madre e suo
padre l’avevano portato più volte da quel dottore
e questo tizio aveva detto loro che aveva un disturbo della
personalità e da allora aveva visitato un sacco di
ambulatori con un sacco di cretini che credevano di sapere leggere nel
suo cervello, ma nessuna delle loro presunte terapie faceva effetto. A
volte fingeva, in modo da non doverci più tornare. E
funzionava. Mamma e papà erano contenti quando si comportava
bene e non dava di matto e poteva giocare con Natusya. Ma poi erano
cresciuti e i pomeriggi da trascorrere insieme erano diventati
più rari e le visite dai medici sempre più
frequenti. Ma Natsuya non sapeva, lui non doveva sapere, altrimenti
avrebbe avuto paura.
-E io ero stanco di dividerti con lei, dovevo fare qualcosa, lo
capisci?- esclamò con un lungo sospiro guardando prima
Shuukako, poi suo fratello. Lei rimase spiazzata.
Natsuya aveva fatto sesso con Haruka?
Si sentì profondamente stupida per aver creduto a tutte le
cose dolci che invece le diceva. Natsuya parve crollare di fronte alla
realtà dei fatti e scosse il capo. -Come hai potuto pensare
che così facendo non ti avrei allontanato, invece?-
A quelle parole Tsunayoshi parve inorridire, quasi sbiancò e
la voce uscì dalla sua bocca tremula ed insicura.
-Ma tu hai promesso… -
-Hai ucciso una persona, Tsunayoshi! Come posso perdonarti per questo?-
-L’ho fatto per noi!- sbottò -Se non si fosse
messo in mezzo quello là- indicò Iyv - sarebbe
andato tutto per il verso giusto!-
-In realtà chiunque sarebbe stato in grado di capire chi
c’era dietro all’omicidio.- disse
l’italiano attirando l’attenzione di tutti verso di
sé, compresa quella di Blackmoore che voleva davvero venire
a capo di quella storia assurda, ma più di ogni altra cosa,
era curioso di vedere che cosa avrebbe combinato Patrizio Vidali quella
volta.
Tsunayoshi strinse i denti.
-Ah, sì?-
L’investigatore annuì -Fin dall’inizio
c’era qualcosa che non quadrava.- disse -Perciò ho
buttato una piccola esca per sondare le reazioni dei presenti. E,
magicamente, abbiamo trovato l’arma nella valigia del signor
Mitsutani.- disse -Anche se tutti i sospetti fino a poco prima
portavano a Shuukako. A voi questo cosa fa pensare?-
-Che… - fu proprio Shuukako a rispondere, cupa -Che io abbia
cercato di sviare i sospetti da me.-
-Esatto.- rispose Iyv -Inoltre, forse è stata solo una mia
impressione, ma il Natsuya con cui abbiamo condiviso la serata sembrava
l’unico a considerare l’eventualità che
Mitsutani potesse essere colpevole mentre Mafuyu l’ha sempre
difeso a spada tratta. Inoltre, la chiamata di sua madre mi
è parsa molto sospetta. Sei un credibile bugiardo, ma non
troppo… -
Mafuyu annuì, stringendosi nelle spalle e Shuukako gli
strinse le dita intorno al braccio, per richiamare la sua attenzione.
-Perché non ci hai detto nulla?-
Mafuyu gettò un’occhiata verso Tsunayoshi -Non me
la sentivo di causarti un altro trauma e poi, quando ho provato a
contattare il detective questa notte sono stato quasi scoperto.-
tremò al solo pensiero. Se avesse varcato la soglia della
stanza, Tsunayoshi sarebbe corso ad ucciderlo.
-Mi dispiace… - disse a denti stretti soffocando un gemito.
Shuukako scosse la testa. Iyv riprese il suo discorso -Ho sempre avuto
l’impressione che l’assassino tentasse di sviare i
sospetti da se, ma non è stata Shuukako ad uccidere Haruka,
perché l’angolazione e la forza impressa
all’arma del delitto dimostrano che l’aggressore di
Haruka era molto più forte e leggermente più alto
di lei. Shuukako è più alta di Tsunayoshi, ma non
ha la stessa forza, suppongo. A causa della lama che le ha danneggiato
le corde vocali, non ha potuto chiedere aiuto. Ma ha lasciato un
messaggio. Adesso so cosa significa e perché
proprio Tsundere invece che Shuukako. Haruka aveva capito.-
Tsunayoshi strinse i pugni.
-Lei aveva capito a cena che non eri Natsuya.-
-Il formaggio!-esclamò Shuukako, colta da ispirazione
improvvisa.
-Il dottor Blackmoore ne ha trovato sulla scena del crimine e mi ha
domandato se per caso non avessi fatto uno spuntino nella stanza.- a
quel punto sorrise appena -Ma non mi permetterei mai di farlo,
perciò, poiché ho visto chiaramente che Haruka
non ha portato del cibo in camera, quel formaggio lì
c’è arrivato in un modo soltanto. Tsunayoshi, tu
te ne sei messo nel piatto durante la cena, ma Haruka ti ha avvertito e
hai dovuto rinunciarvi, così devi esserti nascosto qualche
pezzo per mangiarne di nascosto, questo perché a Natsuya non
piace il formaggio, giusto?-
Natsuya annuì.
-Ecco, quelle briciole le hai perse mentre uccidevi Haruka,
contaminando così la scena del delitto con prove a tuo
sfavore, ma non te ne sei accorto. Il messaggio che Haruka ha lasciato
prima di morire doveva essere “Tsunayoshi” ma tu
l’hai scoperta e hai tentato di rimediare, non hai scritto
Shuukako perché Haruka aveva già iniziato a
scrivere Tsunayoshi. Infatti, il “na” era
leggermente scarabocchiato perciò fin da subito ho pensato
che il messaggio fosse stato ritoccato.-
L’attenzione di tutti era ancora rivolta verso di Iyv che
proseguì, le sopracciglia corrugate in una smorfia di
concentrazione. -Quello che non capivo era il perché, anche
se adesso è tutto chiaro.-
Tsunayoshi sbuffò -Sì, è come ha detto
lei.- ammise -Ho aspettato che Mafuyu uscisse a fumare e mi sono chiuso
in bagno, così, quando ha salutato quel grassone-
indicò Hugh Hench che digrignò i denti per
l’offesa gratuita -sono uscito dalla stanza senza farmi
vedere. Shuukako aveva il phon acceso, diceva di doversi lavare i
capelli e dopo saremmo usciti in giardino a fare una passeggiata da
soli.-
Natsuya provò nuovamente l’insano desiderio di
spaccare la faccia a suo fratello, ma si trattenne, per stare a sentire
tutto il resto. Tutto il triste restante racconto.
Haruka mi ha aperto e io… - alzò le spalle e le
mani ruotarono verso il soffitto, sorrise innocentemente -Io sono
entrato, ho finto di baciarla, ma lei mi ha respinto, aveva capito che
ero io, così ho saltato i preamboli e l’ho uccisa.-
-Ma perché?!- sbottò Tsunayoshi
-Perché!? Così! A sangue freddo!-
-Perché volevo che lei sparisse dalla faccia della terra!-
esclamò indicando Shuukako che trasalì.
-Io?-
-Si, tu! Tu me l’hai portato via! Se non fossi mai entrata in
casa nostra, noi saremmo rimasti sempre insieme! Sempre!- Tsunayoshi si
scagliò contro di lei, con il pugno alzato, in quel momento
nei suoi occhi vi era solo pura e semplice rabbia,
nient’altro che furia cieca. Un forte pugno si
abbatté sul suo zigomo fratturandolo e respingendolo a
terra. Tsunayoshi ruggì, infastidito da
quell’interruzione e si rialzò, pronto a
riattaccare. Due paia di braccia lo afferrarono e lo trattennero mentre
Natsuya, davanti a Shuukako, si massaggiava la mano arrossata. Pareva
invecchiato di anni tanto era affaticato e sofferente nel corpo e nella
mente. Shuukako si appiattì contro la parete, ma non emise
un solo gemito di terrore, era una ragazza profondamente orgogliosa, si
chiuse la bocca con le mani e gridò interiormente per la
paura e la disperazione, tentando di conservare le lacrime che
tracimavano dagli occhi per dopo. Per quando tutto sarebbe davvero
finito.
-Natsuya!- urlò Tsunayoshi, i due poliziotti intervenuti lo
tenevano ben stretto. Dovettero buttarlo a terra per ammanettarlo, ma
lui neppure li vedeva. Erano ostacoli, solo ostacoli, fissava suo
fratello, lo implorava con le sue grida rabbiose e Natsuya non poteva
che stare a guardare. -Natsuya!!-
-Hai il diritto di rimanere in silenzio… - disse uno degli
agenti.
-Natsuya!-
-… qualunque cosa dirai, sarà usata contro di te
in tribunale… -
-Natsuya!- Tsunayoshi si contorse come una serpe sulla porta della
stanza, allungando il collo per non perdere di vista suo fratello e
quando lo vide stringere fra le braccia Shuukako per consolarla, la
disperazione si dipinse sul suo volto. Tutto il suo mondo
crollò definitivamente. Balbettò qualcosa e
riuscì con un forte strattone a sfuggire ai due agenti di
custodia, corse nel corridoio e raggiunse le scale. Lo inseguirono gli
agenti, lo seguì Iyv e Hogan gli andò dietro,
Natsuya corse anche lui, corse più veloce di tutti,
perché… perché era suo fratello,
probabilmente nel suo intimo aveva percepito una rottura, eppure non
riusciva a capire completamente. Tsunayoshi mise il piede sulla
balaustra e saltò.
-No!-
L’urlo di Natsuya riecheggiò per la tromba delle
scale, accompagnando la caduta del corpo di Tsunayoshi. Natsuya
andò a sbattere contro la ringhiera e rimase sporto a
guardare, con gli occhi sbarrati e le mani tese, invano, verso suo
fratello. Urlò ancora e Tsunayoshi, per un attimo, parve
sorridere. Pianse, l’assassino, ma la sua unica lacrima fu
travolta dal sangue che lo schianto fece spruzzare
tutt’intorno.
Quando Blackmoore controllò, era morto.
Hogan caricò i bagagli sulla macchina, Helena stava seduta
sul sedile davanti, ascoltando la musica col suo lettore mp3. Pioveva a
dirotto, come due giorni prima. La villa era avvolta in un manto
lugubre e plumbeo, l’acqua ne sciacquava via
l’immagine calda e accogliente. Iyv abbracciò
calorosamente Emily, strinse la mano al signor Hopkins.
-Perché non venite a stare da noi? Abbiamo posto per tutti.-
propose.
Emily scosse il capo. -Abbiamo del lavoro da sbrigare, coi ragazzi del
gruppo e… e poi… - in quel momento
guardò la villa -Devo prendere una decisione.-
Iyv annuì tristemente. Probabilmente quella villa non
sarebbe più stata “Villa Bloomfield”. Ma
chi l’avrebbe comprata sapendo quanto vi era accaduto?
Emily salutò nuovamente Iyv con un caldo abbraccio fraterno
e tornò in casa, dove l’attendevano la signorina
Salomè e il signor Bowen. Hugh Hench preparava la cena,
mentre gli Shunkashuutou erano tornati in Giappone, in tre. Blackmoore
e gli uomini della scientifica avevano preso i corpi di Tsunayoshi e
Haruka, anche se non vi era bisogno di ulteriori autopsie.
Lasciò la villa senza salutare l’investigatore che
tanto odiava col suo solito sarcasmo. Il signor Mitsutani aveva fatto
ritorno alla villa e aveva ricevuto le più sentite scuse da
parte di Iyv e Hogan per averlo usato come capro espiatorio.
L’uomo accordò il proprio perdono, ritenendo
necessarie le misure prese dall’investigatore. Quando era
tornato, i due corpi erano già stati rimossi e gli fu
risparmiata la vista del sangue di Tsunayoshi all’ingresso.
Iyv si mise al volante e agganciò la cintura di sicurezza.
Sistemò lo specchietto retrovisore e guardò
Helena. Non sorrideva, leggeva senza leggere uno dei suoi fumetti.
Hogan fumava e lui non se la sentì di levargli la sigaretta
di bocca.
Accese la macchina e parti, le luci dei fari tagliavano la nebbia e
accendevano la pioggia, come se il cielo piangesse lacrime di fuoco.
L’acqua s’infranse ritmicamente sul parabrezza
accompagnando il silenzio con il suo ticchettio monotono. Hogan spense
la sigaretta sul portacenere, poi frugò sul cruscotto,
trovò subito la sua rivista e lanciò
un’occhiata ad Iyv.
-Stavolta ti sei tenuto le manacce in tasca, eh?- lo
provocò. Iyv annuì, sorridendo appena. -Patrizio?-
Iyv lo guardò appena, sterzando.
-Va tutto bene?-
-No. Non va mai bene quando muore qualcuno.- disse tristemente. -Non a
quel modo. Se non si fosse buttato, probabilmente, si sarebbe ucciso
più tardi. Neppure lui ha retto… - la sua mente
tornò a quella volta. Scacciò il pensiero -La
mente umana è così fragile.-
-Non capisco però… - disse Hogan -Avrebbe dovuto
immaginare che suo fratello l’avrebbe odiato per quello che
ha fatto, perché è stato così idiota?
Avrebbero potuto scoprirlo… - scosse la testa e
alzò le mani al soffitto -E’ stato semplicemente
stupido ed avventato!-
Iyv tamburellò con le dita sul volante e scosse a sua volta
il capo -Credo fosse sociopatico.-
-I sociopatici non dovrebbero essere incapaci di provare sentimenti?-
-Al contrario, sono soggetti a scatti d’ira. Possono essere
disonesti e truffare creando altre identità, non possono
provare rimorsi però. E non hanno capacità di
pianificazione, ecco perché il suo piano era strutturato
così male. Poi aggiungici un amore ossessivo nei confronti
di suo fratello ed ecco il quadro completo.-
-Povera Haruka… - Helena si era tolta le cuffie e aveva
ascoltato buona parte della conversazione -Morire per… per
questo… -
-La mente umana è capace di atti così
subdoli… -
-E Shuukako e gli altri continueranno a lavorare per l’uscita
del disco?- domandò ancora Helena -La loro amica
è morta, come possono farlo?-
Iyv sospirò -Forse vogliono onorarla, forse lei avrebbe
fatto lo stesso, non possiamo saperlo.- La guardò dallo
specchietto -Per quanto ci si sforzi, non si può
mai comprendere fino in fondo ciò che una persona pensa,
perché agisce in un certo modo, se si potesse sapere, molte
cose non accadrebbero.-
E non si riferiva solo a quanto accaduto in quei giorni, Hogan lo
sapeva, Iyv parlava anche per se stesso, per darsi pace, per spiegarsi
ancora una volta come stavano le cose.
-Sono preoccupato per Emily.- disse Hogan -Vivere in una villa dove
sono stati compiuti due omicidi… -
Iyv trasalì scherzosamente. -Tu ti preoccupi per qualcuno?!-
frenò la macchina sollevando tutt’intorno alti
schizzi d’acqua, fortunatamente erano ancora su una strada
secondaria di campagna.
-Guarda che non sono senza cuore!- sbottò Hogan, poi
sfogliò con malagrazia la sua rivista -E, comunque, tu mi
hai fatto preoccupare anche troppo. La prossima volta che fai
così ti pesto a sangue.-
-Di che state parlando?- domandò Helena.
-Nulla.- tagliò corto il fratello.
-Di cose da uomini.- fece Iyv.
-Da uomini in generale o di cose che non dovrei sapere?-
-Dipende da cosa non dovresti sapere.- sorrise Iyv fissandola dallo
specchietto. Helena arricciò il naso e gli fece una smorfia.
-Ho capito, sono i vostri sporchi segreti. Vuol dire che
anch’io non vi dirò i miei.-
Hogan chiuse di scatto la rivista. -Quali segreti?- la
scrutò a lungo, mentre un terribile sospetto si fece largo
nei suoi pensieri -Non sarà per caso che
c’è qualche moccioso che ti ronza intorno?!-
-Chissà... - fece lei, nascondendosi dietro il fumetto per
sfuggire alla sua occhiata inquisitoria. Hogan diede immediatamente in
escandescenze, mentre Iyv si lasciò sfuggire una risatina
liberatoria. Certo non avrebbe dimenticato, non avrebbe potuto.
E’ tutto più facile se a morire sono i cari
altrui, è una cosa spiacevole, ma si va avanti. Haruka
però era troppo giovane, come Helena, come Adrienne. Il
mondo e gli uomini mietono troppe vittime innocenti, talmente tante che
alcune perdono la vita senza che nessuno possa fare nulla per salvarle,
come nel caso di Haruka. Helena era riuscito a strapparla via alla
leucemia, Adrienne ce l’avrebbe avuta sempre sulla coscienza.
Era accaduto, ormai, come aveva detto Hogan, ma ciò non
impediva al suo ricordo di tormentarlo. Come per gli amici di Sealand
che erano stati sacrificati, così anche la morte di Adrienne
nel suo cuore sarebbe stata l’ammonimento,
affinché continuasse a lavorare per impedire che altri
morissero a causa degli idoli del mondo.
Nascondendosi agli occhi dei più poteva fare molto,
sottrarsi alle catene della burocrazia e colpire a fondo, molto
più a fondo di chiunque altro. Grazie a ciò Hogan
ed Helena erano insieme a lui, prova vivente d’un lavoro ben
fatto, uno sprono a proseguire per quella via.
Rise, ringraziando in cuor suo di avere i due fratelli al suo fianco,
mentre Hogan continuava la sua ramanzina carica di sana gelosia
fraterna nei confronti di Helena. Lei lo istigava maliziosamente.
Piano piano, man mano che s’allontanavano dalla villa, il
malumore li lasciò, come un peso tolto gradualmente dal
cuore.
Non avrebbero dimenticato, la mente umana conserva ogni cosa, ma
tentarono di passare oltre.
Due settimane dopo i medici della famiglia Minami confermarono la tesi
di Iyv. Tsunayoshi era sociopatico, ma su richiesta di Natsuya, solo le
famiglie coinvolte nel lutto furono a conoscenza di quanto accaduto
durante il viaggio in America. Natsuya trascorse diverso tempo
ricoverato in ospedale per monitorare il suo stato di salute.
Esattamente un anno dopo questa vicenda, uscì il disco dei
Shunkashuutou intitolato ANO NATSU NO HI NO REQUIEM. Sulla copertina
dell’album vi era la foto più recente di Haruka,
scattata appena arrivati a villa Bloomfield. Sul retro, dietro i titoli
dei brani, l’ultima foto di Natsuya e Tsunayoshi. Per i fan
del gruppo fu un grandioso tributo, per i superstiti fu un doloroso
dovere. Metà dei pezzi erano cantati da Haruka e durante i
live la sua voce registrata accompagnava Mafuyu. L’altra
metà dei brani fu il frutto delle riflessioni e dei tormenti
che accompagnarono il gruppo in quel lungo periodo di sofferenza. Al
termine del tour, in comune accordo, gli Shunkashuutou cambiarono il
loro nome in KEISHOU, perché l’eredità
che ricevettero da quella tragedia fu cospicua quanto pesante per i
loro cuori.
Emily decise di non vendere la villa di famiglia, ma fece ristrutturare
da cima a fondo i locali in cui morirono Haruka e Tsunayoshi. Non
servì a molto, ma quella era la sua casa, un caro ricordo
dei suoi genitori, non avrebbe potuto mai lasciarla o, peggio,
distruggerla. Col passare del tempo riuscì a convivere con
l’angosciosa sensazione della morte sotto il suo stesso tetto.
Una volta tornato a casa con Hogan ed Helena, Iyv riportò
gli accadimenti sul suo registro, stendendo un approfondito rapporto.
Le scartoffie lo aiutavano a restare lucido e freddo, a ritrovare la
calma. Dopo aver apposto la firma, infilò il fascicolo in
una busta, dopodiché inviò un messaggio a
Blackmoore per farsi inviare il rapporto delle autopsie. Stranamente,
pensò, quello acconsentì senza creargli problemi,
segno che la vicenda aveva toccato anche lui, in qualche modo. Avrebbe
inviato il tutto alle autorità giapponesi e locali
l’indomani. Spense la lampada, con un sospiro mesto.
“Andare avanti.” Si disse “Ancora una
volta.”
Hogan lo aspettava sveglio a letto, leggeva e sembrava rilassato e
tranquillo, Iyv sorrise accoccolandosi al suo fianco, quello gli cinse
le spalle con il braccio e rimasero così, senza zuffe o
ironie, semplicemente vicini. Due uomini nello stesso letto, con un
passato torbido e mesto alle spalle ed un futuro ignoto ad attenderli.
In fondo, non decidiamo noi in che corpo nascere. La vita è
tutta una questione di fortuna. Iyv, aveva avuto la fortuna di nascere
con un cervello capace di vedere il lato leggero delle cose, Hogan era
stato sfortunato a crescere con un padre assente, ma era
così, inaspettatamente, prepotentemente buono e pronto a
sacrificarsi, che era riuscito a sopravvivere ed Helena… lei
non sarebbe stata con loro se non avesse avuto la fortuna di avere
Hogan a vegliare su di lei. Quel ragazzo, Tsunayoshi, era stato
semplicemente sfortunato, perché la sua fortuna era suo
fratello e questi aveva capito troppo tardi di contare così
tanto.
Perché
ti amavo alla follia
E’ forse questo il mio errore? No.
E’ l’oscuro abisso che mi ha inghiottito.
Non vedevo altro che te e son finito per cadere.
Addio.
Ti amo, amore mio.
(Addio, amore mio; Keishou)
Fine
Note:
Oddio, è finita!! Cavolo, quasi non ci credevo
più. Avrei voluto finirla da un pezzo, ma mi sono sempre
mancate le parole. Sapete come funziona, no? A volte è
difficile trovare le parole per iniziare, altre volte per finire... in
questo caso ci ho messo un pezzo a trovare un modo di concludere. Avevo
in mente di far rivivere ad Iyv ciò che gli era accaduto con
Adrienne, ma Tsunayoshi non aveva interesse di prendere in ostaggio
Helena. Era come un mulo col paraocchi. Mentre la sua fine l'avevo
concepita dall'inizio. Forse vi sembrerà romanzata questa
storia, lo so, è la mia prima, perciò,
sinceramente e senza essere cattivi (che sono carogna, ma sensibile)
ditemi che ne pensate e cosa secondo voi avrei dovuto cambiare.
E non dite i boxer a pallini di Hogan, perché quelli restano.
Scherzo non ha i boxer a pallini.
Vi lascio con la speranza di potervi presto proporre altro su questi
due, perché certo non mi tengo uno come Blackmoore
così solo per rompere, arriverà la resa dei
conti, prima o poi... ma ora stappiamo lo champagne e festeggiamo!
Hogan: E la mia settimana?
...
Alla prossima!
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