Wild Dance

di CowgirlSara
(/viewuser.php?uid=535)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Come sempre, tutto quello che leggerete è scritto con il massimo rispetto per Orlando Bloom e tutti gli altri citati, il loro

Come sempre, tutto quello che leggerete è scritto con il massimo rispetto per Orlando Bloom  e tutti gli altri citati, il loro lavoro e la loro vita privata. Questa è un’opera di pura fantasia, che serve solo per avvicinare ognuna di noi all'oggetto dei nostri sogni. Chiedo scusa a tutti coloro che non la pensassero così.

 

- Prologo -

Young and wired

Set to explode in the heat

You won't tire

Cause baby was born with the beat

(In & out of love - Bon Jovi)

 

Tirò il cordino ed il paracadute giallo e rosso si aprì subito, rallentando l'effetto della forza di gravità e permettendogli di scendere lentamente verso terra, cullato dal placido vento di un pomeriggio limpido e assolato.

Era una sensazione estremamente piacevole, discendere trasportati dal vento, dopo l'emozionante vuoto allo stomaco della caduta libera e lo strattone dato dall'apertura del paracadute. Orlando aveva scelto quel passatempo consigliato da uno dei trainer della sua palestra, con cui aveva un po' più di confidenza e che era un abituale frequentatore; adesso si trovava a dargli ragione, gli era piaciuto, e parecchio. Aveva preso delle lezioni, poi effettuato alcuni lanci con l'istruttore, ed ora faceva il suo primo volo solitario.

Era tutta un'altra cosa: controllare l'attrezzatura, l'emozione del salto dall'aereo, la resistenza dell'aria, il non vedere quasi nulla, se non l'azzurro del cielo, poi il contraccolpo del paracadute, e infine la discesa solitaria, nel silenzio...

Era straordinario, prima una botta d’adrenalina pazzesca, e dopo la rilassante sensazione della caduta controllata, faceva per lui. Ultimamente non aveva fatto molte cose solo per se stesso, solo lavoro, lavoro, lavoro, ma da buon amante degli sport estremi non era riuscito a tirarsi indietro; beh, gli piacevano queste attività, ma non andava mai oltre il seminato, prima cosa sapeva a che conseguenze poteva portare, e poi teneva troppo alla vita e alla carriera per esporsi senza precauzioni. Infatti, per il suo motto "Adrenalina sì, ma rischi il giusto", andava sempre in giro con un paio di preservativi nel portafogli, non si sa mai.

Era single in questo momento, e non gli dispiaceva. La sua storia con Kate era finita da quasi un anno ed ora non era che un retrogusto amarognolo in fondo alla gola; aveva avuto un'altra relazione di circa cinque mesi, niente di serio, era finita anche quella. Non gli dispiaceva essere solo, le occasioni comunque non gli mancavano, per questo viaggiava attrezzato; onestamente, in dei momenti, sentiva come di aver corso gli ultimi anni come fossero stati gli ultimi che aveva, ma non era pentito, amava il suo lavoro e quello che gli aveva dato. Per questi motivi era bello staccare, ogni tanto, spegnere i cellulari, chiudere l'agenda, diventare irreperibili per almeno qualche ora, e scaricare la tensione gettandosi da un aereo...

Era ancora perso nelle sue riflessioni e nell'azzurro che lo circondava, quando qualcosa turbò quel momento di pace perfetta.

Un violento spostamento d'aria gli fece voltare il capo verso destra ed effettuare una correzione di rotta tirando i cordini; quello che riuscì a vedere fu solo una specie di missile nero, sparato contro il suolo a velocità impressionante. Era un paracadutista, non c'erano dubbi, ma doveva senz'altro essere pazzo; infatti, Orlando aveva già raggiunto l'altezza minima per aprire il paracadute. Controllò l'altimetro e, proprio in quel momento, molto più in basso di dove si trovava lui, il cascatore folle aprì finalmente il suo paracadute, che era bianco, con un grande drago nero. Orlando era allibito.

 

Dieci minuti dopo il ragazzo era a terra e recuperava l'attrezzatura; gli si avvicinò Keith, il suo istruttore, lui lo accolse con un sorriso soddisfatto.

"Allora, com'è andata?" Gli domandò l'uomo.

"Benissimo, è stato fantastico!" Rispose Orlando, che teneva tra le braccia il paracadute.

"Bene!" Fece Keith, dandogli una pacca sulla spalla. "Sono contento che ti sia piaciuto e che non ci siano stati problemi." Aggiunse, mentre s'incamminavano verso il piccolo edificio che ospitava gli spogliatoi e la caffetteria dell'aeroporto.

"A dire il vero..." Intervenne il ragazzo; l'altro lo guardò. "...un pazzo mi è passato accanto, sparato verso terra..." Raccontò. "A quest'ora sarà spiaccicato in qualche campo di grano!" Concluse ridendo; Keith lo guardava sornione.

"Il drago nero." Affermò poi; Orlando si girò verso di lui, stupito.

"Sì..." Mormorò.

"Vieni con me." Disse Keith, e con una pacca sulla spalla, lo invitò a seguirlo verso una rimessa sulla sinistra.

Vicino all'entrata, quasi coperto dall'ala di un piccolo aereo da turismo, c'era un lungo tavolo e lì, due o tre persone, ridevano e scherzavano riponendo la loro attrezzatura. Keith pregò Orlando di aspettarlo davanti all'aereo, mentre si dirigeva verso i paracadutisti al tavolo.

"Hey!" Fece a qualcuno che Orlando non poteva vedere. "Vieni, ti presento una persona." Ritornò accompagnato da una ragazza in tuta nera.

Era abbastanza alta, cinque o sei centimetri meno di Orlando, il fisico asciutto, bel viso furbetto con grandi occhi verdi; i capelli erano molto scalati e tinti di nero, ma con meches color porpora. Non aveva piercing e, visto il tipo, questo sembrò strano ad Orlando, ma forse lo aveva sulla lingua. Indossava una tuta da paracadutismo completamente nera, ma la lampo era aperta fin quasi all'ombelico, e mostrava un seno non troppo grande stretto in un top anch'esso nero. Lo fissava negl'occhi da più di un minuto, con un sorriso malizioso.

"Ti presento la persona che ti ha sverniciato in volo." Disse ironico Keith, ma lui quasi non lo sentì, concentrato a guardare lei.

"Cassy." Fece la ragazza, allungando la mano verso il ragazzo.

"Orlando." Rispose lui, stringendogliela.

 

Si stava ancora chiedendo come diavolo faceva... quella ragazza doveva avere degli addominali d'acciaio, per reggersi in quella posizione soltanto tenendosi a quella sbarra con un braccio e con un appoggio minimo. Sì, vabbene, con le gambe si stringeva a lui, ma era difficile comunque... Forse erano questi pensieri che stavano facendo durare la faccenda così a lungo, e non era male.

Come era successo non lo sapeva. Sapeva solo che dieci minuti prima erano a bere una birra al bar, ed ora erano a fare sesso nella rimessa dei paracadute. L'unica cosa certa era che, fin da quando le aveva stretto la mano, aveva sentito una specie di scossa elettrica ed una crescente impazienza attanagliargli lo stomaco; così quando, mentre si dirigeva al parcheggio, lei lo aveva preso per un braccio e trascinato in quello stanzino, lui non aveva saputo dirle di no. E poi perché avrebbe dovuto farlo? 

"Sì..." Mormorò la ragazza, spingendosi ancora contro il suo corpo.

"Ma che cosa sto facendo..." Sussurrò invece Orlando ansimando, improvvisamente preso dal dubbio.

"Qualunque cosa tu stia facendo... mh..." Gemette Cassy, stringendo il braccio intorno al suo collo. "...continuala... ah..." Stava mollando la presa sulla sbarra, sotto le spinte del ragazzo. "...perché ti sta venendo proprio bene..." Strinse le labbra, lui rise contro la sua spalla.

Pur con i suoi addominali, l'impegno dell'amplesso fu troppo anche per lei; mollò la presa all'improvviso, e si ritrovarono sdraiati su un mucchio di paracadute. Orlando sollevò un po' il capo e lei gli prese il viso tra le mani.

"Non fermarti adesso, che ci siamo." Gli disse sensualmente; lui fece un sorriso tirato.

"Come vuole la signorina." Rispose ironico, poi si chinò di nuovo e diede un paio di spinte più violente, che la portarono proprio dove voleva arrivare; poco dopo fu lo stesso per lui.

 

Orlando si stava rivestendo in piedi, mentre Cassy era rimasta sdraiata sulla seta bianca e celeste e, dopo essersi risistemata il reggiseno e la maglietta, si stava rimettendo le mutandine. Lui guardava fuori dalla piccola finestra, era quasi il tramonto; lei si sedette e stiracchiò le braccia.

"Non è proprio da me, fare una cosa del genere." Commentò Orlando, senza girarsi.

"Da me, sì." Replicò divertita la ragazza; lui la guardò sorridendo.

"Me lo immaginavo." Affermò il ragazzo.

"Comunque è stato... istruttivo." Continuò Cassy; Orlando alzò le sopracciglia, sorpreso.

"In che senso?" Fece poi; lei sorrise maliziosa, appoggiandosi sulle braccia, questo mise in risalto il suo tatuaggio, a forma di drago che si morde la coda, intorno all'ombelico.

"Ho scoperto che non tutte le storie che si raccontano sugli attori famosi sono false..." Rispose con uno sguardo allusivo; Orlando sorrise, un po' imbarazzato, poi si passò una mano sulla nuca. "E poi, non si trova mica tutti i giorni, uno messo bene che ci sa anche fare." Lui tornò a guardarla.

"Non credo di aver dato il meglio di me." Affermò.

"Mh..." Fece Cassy, con un'occhiata che non lasciava dubbi. "Allora ci dobbiamo rivedere."

Orlando la osservò per qualche momento: era bella, eccitante, disinibita, e sembrava anche un tipo simpatico. Conoscerla meglio non poteva essere male, e lui non era il tipo da una botta e via; con una così era meglio farsi per lo meno la seconda.

"Ti do il mio numero privato." Si sentì dire, prendendo uno dei suoi biglietti da visita.

 

CONTINUA...

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


- Capitolo 1 -

- Capitolo 1 -

I'm gonna touch the sky

Spread these wings and fly

I ain't here to play

Gonna live my life everyday

(Everyday - Bon Jovi)

 

E fu così che Orlando e Cassy si videro di nuovo, e poi ancora, e cominciarono ad uscire insieme quasi regolarmente; e la cosa più regolare fu che riuscirono a fare l'amore praticamente ogni volta.

La prima cosa che il ragazzo scoprì di lei era che non c'era nulla di più lontano dalla normalità della vita di Cassy; era fuori come un cassonetto, ma irresistibile. Aveva degli orari impossibili, mangiava e beveva di tutto, il suo metabolismo era un mistero, amava fare sesso nei posti più assurdi. La cosa più normale era il divano, passando per la vasca da bagno, contro la porta del frigo, in garage sul cofano della macchina, fino ad un aereo parcheggiato a bordo pista. E ogni volta Orlando pensava che se lo avessero beccato in situazioni simili, si sarebbe giocato la carriera, ma lei riusciva puntualmente a convincerlo; era eccitante e testarda, un combinazione pericolosa.

Beh, queste non erano le uniche cose che aveva scoperto di lei. Una volta erano andati a correre insieme e la ragazza lo aveva sfiancato, aveva un ritmo ed un fiato da agonista, Orlando non poteva reggere. Per farsi perdonare, Cassy gli aveva fatto un servizietto coi fiocchi; lui non era molto amante del sesso orale, troppo passivo, ma come fai a dirle di no?

Ah, sapeva anche il suo nome completo, Cassandra Simmons, e che lavorava da X-streme, un grande negozio di attrezzature per sport estremi. Ecco, gli sport estremi, la sua grande passione. Non era passato giorno che non lo avesse coinvolto in una delle sue uscite; li praticava quasi tutti, e quelli che mancavano era solo perché in Inghilterra non c'erano i posti giusti. Faceva tutto: rafting, parapendio, arrampicata libera, paracadutismo naturalmente, skeleton a rotelle e motocross, go-cart e deltaplano, ed era spericolatissima. Più di una volta Orlando si era trovato a benedire la fortuna della ragazza, che non le aveva fatto rompere l'osso del collo.

Perché con lei ci stava bene, era simpatica e divertente, piena d'iniziativa, facevano sesso alla grande, parlavano di tutto; Cassy era intelligente e pronta, amava fare sarcasmo, e aveva dei momenti di tenerezza molto caldi e altri di malinconia o imbarazzo che lei sapientemente mascherava. Ad un certo punto gli venne l'idea che la vera Cassy fosse quella introversa e misteriosa, invece di quella disinibita e disponibile che si mostrava; idea che venne ben presto accantonata, e poi travolta, dal ciclone Cassandra, che fece più danni su Orlando di una tempesta su un'isola tropicale. Ma le cose andavano a gonfie vele, perché farsi domande?

 

Un giorno si decise a parlarne con Viggo al telefono; l'amico gli aveva chiesto se c'erano novità, e lui non aveva resistito a raccontargli di Cassy.

"Tu, hai fatto sesso con una che conoscevi da poco più di mezz'ora?" Domandò stupito l'uomo, alla fine del racconto.

"No, è stato un alieno verde sceso da Marte." Sbottò Orlando.

"Sì, che si è senz'altro impossessato del tuo corpo." Precisò Viggo, con la sua voce bassa, che sembrava sempre calma.

"Andiamo Vig, non scherzare!" Esclamò il ragazzo infastidito.

"Veramente Ob..." Riprese l'altro. "...tu di cazzate ne hai fatte e ne fai tante, ma con le donne sei sempre stato un tipo serio."

"Ma io sono serio!"

"Non è proprio da te, sbatterti una dentro uno stanzino..."

"Rimessa dei paracadute."

"Quello che è." Intervenne Viggo. "Non ti mettere in qualche casino, vabbene?"

"Ma no! Mi conosci!" Rispose ridendo Orlando, mentre camminava per la cucina col cordless all'orecchio.

"Non ne sono più tanto sicuro..." Mormorò l'amico sospettoso.

"E' solo che..." Affermò l'altro, fermandosi contro il piano di lavoro. "...lei mi ha travolto come un treno in corsa, andiamo sempre a mille all'ora quando siamo insieme, e non ho il tempo di ragionare..." Ammise pensieroso.

"Resta lucido, Orlando, non farmi preoccupare." Replicò Viggo dall'altra parte del filo; il ragazzo rise, al tono apprensivo dell'amico.

"Tranquillo!" Ribatté ridendo; in quel momento suonò il campanello. "Vig, ti devo salutare." Aggiunse allora.

"Vabbene, ci sentiamo." Salutò l'uomo. "...e... non fare cazzate più grosse del dovuto." Si raccomandò infine; Orlando rise di nuovo, avvicinandosi alla porta. "Ciao stella."

"Ciao puttanone." Rispose il ragazzo. "Ti mando un bel bacio con la lingua!" Entrambi scoppiarono a ridere e riagganciarono insieme, proprio nel momento in cui Orlando si fermava davanti alla porta.

Rideva ancora, quando aprì e si trovò davanti Cassy che sorrideva; la ragazza indossava una maglia viola traforata e un reggiseno a vista bianco, un paio di pantaloni neri a vita bassissima, con cinturone borchiato e anfibi alti fuori dall'orlo.

"Ciao!" La salutò allegro.

"A chi è che mandavi baci con la lingua?" S'informò prima di entrare; lui la fece passare, poi chiuse la porta.

"Ah, un mio amico." Spiegò ancora divertito; lei alzò le sopracciglia.

"Usi salutare i tuoi amici con baci in bocca?" Domandò ironica.

"No... è una storia lunga, un giorno magari ti spiego." Si affrettò a rispondere il ragazzo; Cassy sorrise e lo prese per la camicia, facendolo appoggiare al muro.

"Un giorno mi dovrai raccontare tutto della Nuova Zelanda." Mormorò sulle sue labbra.

"Ti assicuro che ci sono cose che è meglio tu non sappia..." Rispose sensualmente lui, posandole le mani sui fianchi.

"Tipo i baci con la lingua?" Chiese maliziosa la ragazza.

"Accontentati di questo." Rispose Orlando catturandole le labbra in un bacio da manuale.

Si lasciarono qualche istante dopo; Cassy, soddisfatta, si passò la lingua sui denti, fissandolo negl'occhi. Non c'era niente da fare, lo trovava assolutamente irresistibile e, a volte, temeva che questa cosa la stesse prendendo un po' troppo, ma non era tipo da farsi domande. Non più, almeno.

"Capisco perché i tuoi amici maschi vogliano farsi baciare da te." Affermò allusiva, passandogli le braccia intorno al collo. "Io comunque ero venuta per farti una proposta." Aggiunse, piegando di lato il capo.

"Oh, mio Dio!" Esclamò Orlando, con finto stupore. "Erano quasi dodici ore che non me ne facevi una!" Risero.

"E' una cosa seria." Proclamò la ragazza, pochi attimi dopo. "Che ne dici di farci un week-end di arrampicata libera?" Gli chiese.

"Hm..." Fece lui, dubbioso. "Io, te, e chi altro?"

"Qualche amico." Rispose vaga Cassy, spalmandosi su Orlando. "Mangiare al sacco e dormire sotto le stelle." Propose poi. "Ti insegnerò io, ma se proprio non dovessi essere portato..." Si allungò fino al suo orecchio e bisbigliò. "...potremmo sempre passare il tempo in altro modo, nel fitto del bosco..." E dopo queste parole, gli succhiò il lobo.

"Credo di avere ancora la mia attrezzatura da campeggio..." Mormorò Orlando, che sentiva il suo corpo reagire già a quel contatto, che sapeva tanto di preliminare.

"E' un sì?" Domandò la ragazza, scostandosi da lui.

"Andiamo a cercarla, va." Rispose soltanto il ragazzo, prendendola per mano.

 

Qualche minuto dopo stavano salendo in soffitta, tramite la scaletta a scomparsa che si apriva nel soffitto del secondo piano; Cassy fu la prima a mettere la testa nel sottotetto.

"Vorrei sapere perché mi hai fatta andare avanti." Chiese la ragazza a Orlando, che era sulla scala proprio dietro di lei.

"Che domande!" Rispose allegro il ragazzo. "Volevo guardarti il culo!"

"Ah..." Fece Cassy, abbassando appena il capo per vedere il suo sorriso malizioso e divertito. "Se è così, bastava dirlo..." Aggiunse poi, sensualmente; Orlando rise.

La ragazza si sedette sul bordo della botola, con le gambe penzoloni, mentre anche lui spuntò nella soffitta, anche se solo con le spalle; non poteva certo entrare, visto che lei ostruiva l'entrata. La guardò con espressione retorica, piegando un po' la testa.

"Se vuoi entrare in questa soffitta, dovrai passare sul mio corpo." Affermò Cassy, con sguardo inequivocabile; lui alzò un sopracciglio.

"Se mi conoscessi un po' di più..." Ribatté poi. "...sapresti che mi piacciono le sfide." E detto questo, con sulle labbra un sorriso mascalzone, la prese per i fianchi e la spostò lungo il pavimento di legno giusto per riuscire a posare un ginocchio sul bordo.

Orlando riuscì ad issarsi nella stanza, ma si ritrovò sopra Cassy che si era stesa a terra; si scambiarono un sorriso eloquente, poi la mano della ragazza trovò sapientemente un varco tra le due magliette che lui indossava, il bordo lento dei pantaloni e l'elastico dei boxer. Le dita fresche e leggere raggiunsero un punto che era già abbastanza stimolato di per se; il ragazzo trasalì, poi sorrise di sbieco.

"Tieni a posto quelle manacce." Le disse, con tono di finta minaccia; lei ammiccò, alzando le sopracciglia.

"Sei sicuro?" Gli domandò poi. "Perché mi sembra che quaggiù qualcuno non sia tanto d'accordo..." Aggiunse, cominciando a muovere piano la mano; a Orlando sfuggì un piccolo gemito, ma sorrideva ancora.

"Continua." Affermò il ragazzo, abbassandosi su Cassy; lei passò l'altra mano sulla sua schiena, stringendolo a se.

Avevano fatto in soffitta non certo quello per cui erano saliti, ed ora Orlando era sdraiato contro uno scatolone schiacciato e Cassy era seduta sopra di lui, con addosso la maglia traforata ma non il reggiseno, che era finito chissà dove. Il ragazzo esaminava con curiosità scientifica la sporgenza di un capezzolo attraverso i fori del maglioncino, mentre lei si guardava intorno.

"E questo che cos'è?" Domandò all'improvviso la ragazza, sporgendosi verso uno scatolone aperto; afferrò qualcosa.

"Il mio vecchio chiodo!" Esclamò contento Orlando, che aveva girato al testa per guardare; Cassy sollevò il vecchio giubbotto di pelle nera, pieno di zip e fibbie.

"Che ci fa qui?" Chiese incuriosita Cassy; il ragazzo rise.

"Questi scatoloni hanno vissuto un'odissea." Spiegò divertito. "Era tutta roba che avevo con me alla scuola di recitazione, poi, quando sono partito per la Nuova Zelanda, sono finiti a casa di mia madre, e ora che vivo di nuovo qui, lei me li ha rimandati."

"Tutti i ragazzi dei primi anni novanta avevano un chiodo." Ricordò la ragazza, con un sguardo vagamente malinconico, osservando la giacca.

"Eh, sì." Annuì Orlando. "Anche tu?" Lei tornò a guardarlo e sorrise.

"Ti stupiresti di quanto ero noiosa alle superiori." Lui la guardava, interessato alle sue parole, ma passando una mano lungo il suo fianco dalla pelle morbida. "Mai tinto i capelli, solo due fori alle orecchie..." Orlando osservò i suoi lobi, aveva cinque buchi da una parte e sei dall'altra. "...niente tatuaggi, quasi sempre in tuta da ginnastica..."

"Ha un'aria carina." Commentò il ragazzo.

"No, ha un'aria anonima." Replicò lei.

"Sarà, ma non è così negativa, questa immagine di te acqua e sapone che mi si è creata nella testa." Ribatté lui, con un sorriso dolce.

"Io credo che non ti sarebbe piaciuta quella Cassy." Dichiarò la ragazza, con un accenno di disprezzo nella voce che non sfuggì ad Orlando. "Non faceva quello che faccio io..." Aggiunse poi, arricciando le labbra un sorriso malizioso, e si chinò su di lui per baciargli languidamente il collo.

"Signor Bloom?" Una voce femminile chiamò il padrone di casa da sotto la botola della soffitta; Orlando, allarmato, si alzò seduto, portando con se Cassy.

"La signora Plimpton!" Esclamò a bassa voce; la ragazza si portò le mani alla bocca, per soffocare una risata.

Orlando la lasciò, avvicinandosi all'uscita, e sporse la testa dall'apertura; la donna di servizio, con sguardo perplesso, stava proprio sotto di lui, in fondo alla scala.

"Buongiorno." Le fece.

"Va tutto bene?" Domandò lei.

"Sì, perché?" Replicò il ragazzo; la donna alzò un braccio, mostrando un reggiseno bianco. Orlando realizzò subito cosa era successo, l'indumento doveva essere caduto di sotto. "Grazie." Mormorò allora imbarazzato, afferrando il reggiseno.

"Vado a ritirare la sua roba in tintoria." Affermò lei, con aria poco convinta; Orlando fece un sorrisino tirato.

"Sì, sì, grazie!" Rispose subito lui. "Ce n'è proprio bisogno!" Aggiunse con falso entusiasmo.

Quando la donna si fu allontanata, Orlando tornò a voltarsi verso l'interno della soffitta, con un sospiro di sollievo; Cassy lo guardava divertita.

"Uno di questi giorni ci beccherà." Sentenziò la ragazza, prima che entrambi scoppiassero a ridere. 

 

L'attrezzatura da campeggio di Orlando fu, infine, ritrovata ed i due ragazzi poterono partire per il week-end di arrampicata libera.

Montarono le tende in un'area attrezzata, vicino ad una formazione rocciosa che sembrava fatta apposta per i loro intenti. Cassy era piena di energia e adrenalina, come sempre, quando c'era da affrontare una nuova sfida, e Orlando non era da meno.

Il primo giorno passò abbastanza velocemente; il ragazzo aveva qualche nozione, ma i suoi accompagnatori più esperti furono così gentili da perdere del tempo dietro a lui, che doveva farsi un po' d'esperienza. Non dubitava che lo facessero anche perché, comunque, lui era un personaggio famoso, e vuoi mettere raccontare di aver fatto da istruttore a Orlando Bloom? Contrariamente a quello che si poteva pensare, Cassy era un'ottima insegnante, esauriente nelle spiegazioni, precisa nella pratica e preoccupata dei progressi del suo pupillo. Non ebbero tempo per fughe romantiche nel bosco e, dopo pranzo, decisero di rimandare al giorno dopo.

Nel pomeriggio, quando Orlando era ormai cotto dal sole e dalla fatica, Cassy decise di affrontare, insieme ai più esperti, una parete più difficile. Il ragazzo rimase a guardarla da sotto, insieme ad altri dei ragazzi che li accompagnavano. Orlando la osservava rapito, meravigliato dalla sua abilità e dall'energia che ancora dimostrava, nonostante una giornata sulle rocce; il suo corpo atletico e perfetto si muoveva con grazia e forza, inguainato in un body aderente nero e giallo, reso lucido dal sudore e teso nello sforzo. Si trovò a pensare che il free-climbing era uno sport davvero sexy, se fatto da lei.

"Cavolo, Cass è davvero brava." Si trovò a commentare, mentre svuotava l'ennesima bottiglietta d'acqua. "E poi non si stanca mai."

"E' perché lei faceva sport a livello agonistico, fino a qualche anno fa." Spiegò Mark, uno degli amici della ragazza; Orlando si girò verso di lui, completamente sorpreso.

"Veramente?" Domandò, stringendo la bottiglia.

"Sì." Annuì l'altro. "Non ricordo chi me lo ha detto, ma sembra che abbia vinto di tutto, a livello giovanile." Aggiunse poi.

Orlando aggrottò la fronte, tornando a guardare la ragazza impegnata sulla parete. Aveva immaginato qualcosa del genere, il fiato e la falcata di Cassy non potevano essere il risultato semplicemente di un dono di natura; ora sapeva, c'erano anni di allenamenti, dietro a quella corsa, a quei muscoli.

"Che sport praticava?" Chiese, senza spostare gli occhi dalla schiena sudata della ragazza.

"Atletica, credo, ma non so quale specialità." Rispose Mark, aprendosi un chupa-chups.

"Atletica..." Rifletteva Orlando, ripensando all'addome piatto e scolpito di Cassy, alle sue gambe lunghe e forti, alle spalle robuste, e all'improvviso se la figurò su una pista rossa, impegnata in una corsa, o mentre superava l'asticella del salto in alto...

Sapeva che l'atletica è una specie di religione, per chi la pratica, più una scelta di vita che un modo per fare movimento; poteva anche comprendere che, quel tipo di dedizione, fosse in grado di logorare una persona, che arrivava a decidere di smetterla, ma aveva la sensazione che ci fosse di più. E voleva saperlo.

"Sai perché ha smesso?" Chiese improvvisamente, girandosi di scatto verso il ragazzo seduto accanto a lui.

"No." Negò Mark, togliendosi il leccalecca dalle labbra. "Non praticava già più, quando l'ho conosciuta io." Concluse alzandosi.

Orlando rimase da solo, seduto all'ombra, sul cofano di una macchina, a riflettere; non guardava più verso Cassy, ma lei era al centro dei suoi pensieri. Erano all'inizio della loro storia, ed era normale che non sapessero tutto l'uno dell'altra, ma lei aveva sempre un atteggiamento vago sul proprio passato, ed ora Orlando cominciava a capire perché. Appena possibile, avrebbe provato la sua reazione, alla notizia che lui sapeva dell'atletica.

 

Era buio ormai; avevano cenato insieme a tutti gli altri, poi avevano fatto la doccia, ed ora erano dentro la loro tenda. Cassy era seduta davanti al piccolo specchio, sistemandosi i capelli; portava solo un asciugamano bianco, stretto al petto, ma che si apriva in basso, lasciando intravedere la piega della gamba e il fianco. Orlando la osservava da qualche minuto, attirato in modo irresistibile da quella pelle scoperta; mollò il libro che si rigirava tra le mani e la raggiunse. Si mise dietro di lei, passando una mano nell'apertura dell'asciugamano; con l'altra le scostò i capelli, e cominciò a baciarle la spalla e il collo, alternando con piccoli colpi di lingua. La vide sorridere nello specchio, poi reclinare la testa con un sospiro di piacere.

"La mia donnina d'acciaio..." Mormorò Orlando contro la sua pelle; lei rise piano, invitando, con la propria, la mano del ragazzo a continuare il suo viaggio. "...che non esaurisce mai l'energia..." Continuò, cercando con l'altra mano di slacciare l'asciugamano. "...ma ho saputo che eri un'atleta, perciò..." Avvertì immediatamente il suo irrigidimento, le dita di Cassy si strinsero, fermando la sua mano.

"Chi te lo ha detto?" Domandò la ragazza, con un tono infastidito, scostandosi un po' da lui.

"Mark." Rispose interdetto Orlando; lei si allontanò, mettendosi di fronte al ragazzo.

"E lui come lo ha saputo?" Chiese, con urgenza e rabbia.

"Ma non lo so, Cass!" Sbottò lui. "Glielo avrai detto tu." Aggiunse, allargando le braccia.

"Ti assicuro che no." Replicò decisa lei; sembrava proprio arrabbiata, e non l'aveva mai vista così. Stranamente, però, se lo aspettava.

"Mi vuoi spiegare dov'è il problema?" Le domandò dolcemente Orlando, tentando la remissività.

"E' una parte del mio passato che voglio dimenticare!" Ribatté Cassy alzando la voce. "E se vuoi farmi un favore, non parlarne più."

"Perché hai smesso?" Tentò comunque lui; la ragazza sbuffò, roteando gli occhi.

"Perché odiavo l'atletica, non ne potevo più, vabbene?!" Esclamò poi, stringendo i pugni, con una rabbia che la faceva tremare; non era una reazione normale, tutto quell'astio, ma Orlando sapeva che non era il momento d'insistere.

La vide trarre un respiro profondo, poi accasciarsi seduta, guardando altrove; lui si sentì un po' in colpa, per averla fatta star male, e decise che doveva farsi perdonare.

"Scusa, dai, non volevo impicciarmi..." Non era proprio vero, ma andava bene. "...ha cominciato lui..." Cassy si mosse piano.

"Domani lo sistemo io..." Minacciò a bassa voce, sempre senza guardarlo.

"Mi puoi perdonare?" Supplicò Orlando.

Cassy sospirò, poi alzò gli occhi e lo guardò; avrebbe anche potuto tenergli il broncio per il resto del soggiorno, se lui in quel momento non fosse stato una visione da terapia intensiva cardiaca. Stava seduto sulle ginocchia, con addosso solo un paio di aderenti boxer bianchi, che esaltavano la sua pelle olivastra e liscia; poi la guardava con una faccina implorante e due occhioni da cucciolo. Vabbene, quel ragazzo sapeva come fare tenerezza, e poi, Dio, aveva un corpo...

La ragazza camminò sulle ginocchia fino a raggiungerlo, mentre sulle labbra di Orlando appariva un sorrisino; non si fermò davanti a lui, ma ne scalò le gambe, fermandosi tra le sue braccia. Il ragazzo sorrise più apertamente, posandole le mani sui fianchi.

"Non dovrei farlo, ma..." Sussurrò Cassy, portando le braccia intorno al suo collo, e aderendo al suo petto. "...ti perdono, solo perché sei l'uomo più sexy di questo desolato pianeta..." Stavolta Orlando riuscì a slacciarle l'asciugamano.

 

Più tardi, mentre Cassy dormiva tra le sue braccia, Orlando rifletteva. Si era aspettato una reazione negativa, ma la violenta determinazione che aveva visto negl'occhi della ragazza lo aveva sinceramente stupito; aveva la chiara sensazione che la storia dell'atletica fosse più importante di quanto lei gli voleva far credere, e che dietro al suo abbandono si nascondesse molto più di semplice noia. Il ragazzo si rese conto all'improvviso che si stava intestardendo su quella faccenda, ed era pericoloso, si conosceva, ma si accorse anche che non voleva compromettere il suo rapporto con Cass; decise che per il momento avrebbe lasciato in sospeso la sua curiosità, se si fosse ripresentata l'occasione in futuro, però, non se la sarebbe lasciata scappare.

Diede un bacio sui capelli della ragazza, e la strinse un po' di più a se, era piacevole sentire la sua pelle nuda e morbida contro la propria; si rilassò e chiuse gli occhi, era meglio dormire.

 

CONTINUA...

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


- Capitolo 2 -

- Capitolo 2 -

 

I've tried so hard baby

but I just can't see

What a woman like you

is doing with me

(Brilliant disguise - Bruce Springsteen)

 

Orlando e Cass, ormai, uscivano insieme da qualche settimana e, nonostante il ragazzo si fosse trovato più di una volta a fare cose stupide e pericolose insieme a lei, la loro relazione procedeva alla grande. Si veleggiava tra sbronze mitologiche, serate nei locali più alla moda, rave party di pura follia, giornate a scapicollarsi col parapendio, e pomeriggi di sesso nel piccolo appartamento della ragazza, col telefono staccato.

Il giovane attore sembrava reggere bene il ritmo forsennato di Cass, anche se ogni tanto, per rispettare i suoi impegni, era costretto a passare anche qualche giorno senza vederla.

Una di queste volte era dovuto volare fino a New York, per presentare il suo film in uscita al Late Show, il seguitissimo programma di David Letterman; lei lo guardò sul satellite, riducendo al silenzio qualunque amico osasse parlare. Orlando era bellissimo, disinvolto, e rispondeva ridendo al fuoco di fila delle battute dell'anchorman; indossava una semplice camicia bianca, pantaloni da smoking e anfibi. I primi bottoni slacciati lasciavano intravedere parte del suo petto liscio e muscoloso, e le sue catenine; Cass era estasiata.

 

Il ragazzo rientrò dall'America di pomeriggio, ma, a causa degli impegni di entrambi, concordarono di vedersi solo la sera dopo, a cena; Orlando si raccomandò che Cassy si vestisse elegante e sexy, e che fosse lei ad andare a casa sua.

Alle otto in punto era davanti alla villa dell'attore; si era messa una gonna nera a veli, bassa in vita, con una cintura luccicante, un top scollato rosso scuro, sopra aveva il suo giubbotto di pelle ed ai piedi degli stivali col tacco a spillo ed una catena sulla caviglia. Salì i tre scalini d'entrata e suonò il campanello; la porta si aprì con l'automatico, segno che lui doveva essere al piano di sopra. Cassy entrò e si richiuse il portoncino alle spalle; le luci erano accese nell'ingresso, ma spente nel resto della casa. La ragazza si guardò un attimo intorno.

"Orlando?" Chiamò perplessa.

"Sono su, vieni." Le rispose la sua voce dal piano di sopra; lei alzò le sopracciglia, un po' sorpresa, poi decise di andare.

Lasciò la giacca in salotto e, salendo due scalini alla volta, in pochi attimi fu al secondo piano; anche lì tutto spento, Cassy cominciava ad essere sospettosa.

"Orlando, dove cazzo sei?" Domandò incupita.

"In camera, raggiungimi." Rispose dolcemente il ragazzo; con una smorfia, la ragazza si diresse verso la stanza da letto.

C'era della luce sotto la porta, ma troppo tenue per essere quella dei potenti faretti che la illuminavano; Orlando, difatti, aveva l'assurda convinzione che una camera dovesse essere illuminata come una sala operatoria. Cassy socchiuse la porta, lentamente.

Quello che si trovò di fronte le fece spalancare la bocca: la luce nella stanza era data da un centinaio di candele sparse dappertutto, sui mobili; la poltrona era stata spostata ed ora stava al centro della stanza, davanti alla porta, e sopra c'era lui. Orlando era adagiato comodamente, e sensualmente, con una gamba sul bracciolo e l'altra allungata davanti a se.

"Oh mio Dio!" Esclamò Cass ridendo; lui fece un sorriso sornione.

"Qualcuno mi aveva rivelato un suo sogno erotico, tempo fa." Disse, con voce vellutata. "Ricordi?" Fece poi, alzando un sopracciglio.

"Eccome se mi ricordo." Ribatté lei, mettendo le mani sui fianchi. "Ti avevo detto che mi sarebbe piaciuto l'elfo Legolas..." Ricordò. "...con i capelli sciolti, e addosso solo un paio di pantaloni di pelle ed un frustino..." Lui si batté l'attrezzo da equitazione sul palmo della mano, continuando a guardarla negl'occhi.

"Eccolo qui." Dichiarò poi.

Cassy risalì la sua figura con gli occhi, partendo dai piedi nudi, poi gli aderenti pantaloni neri, che inguainavano le sue belle gambe, il rigonfiamento all'inguine, il suo meraviglioso addome piatto che usciva nudo dalla stoffa, le lunghe braccia levigate, per finire a quei lunghi capelli biondi che gli scendevano sul petto scolpito. E poi aveva sulla faccia uno di quei sorrisi sicuri e seducenti, di chi sa cosa vuole. La ragazza deglutì.

"Oddio, tu sei..." Riuscì ad articolare, dopo qualche secondo di mutismo. "Tu... sei... la cosa più eccitante che abbia mai visto!" Esclamò alla fine. "Io non resisto..." Dichiarò poi, e con due lunghi passi lo raggiunse, inginocchiandosi tra le sue gambe e cominciando a passare la lingua sul suo ombelico.

Orlando piegò un po' il capo per guardarla, e le fece alzare il mento aiutandosi col frustino; Cass gli sorrise con complicità.

"Vuoi andare a cena?" Le chiese, con un tono che prometteva chissà quali vette di piacere.

"Assolutamente no." Rispose la ragazza con aria furba, slacciandogli il primo bottone dei pantaloni. "Tu cosa hai intenzione di fare, con quel frustino?"

"Vediamo..." E così dicendo, lo passò dietro la sua schiena, poi lo prese anche con l'altra mano e la tirò bruscamente a se; lei si lasciò sfuggire un piccolo gemito.

"Ma come siamo aggressivi stasera..." Mormorò. "Mi piace." Aggiunse passandogli le braccia intorno al collo. "Possiedimi, Principe del Bosco Atro..." Sussurrò sulle sue labbra, prima di un appassionato bacio.

 

Era un mattino assolato, e Cass si muoveva affamata per la cucina, con addosso solo il suo microscopico perizoma e un maglione nero di Orlando, che le andava lunghissimo di maniche. Finalmente il suo toast uscì dal tostapane; lei lo afferrò felice, aiutandosi con un tovagliolo, poi si sedette sul banco, accanto ad un bicchiere di latte.

"Cazzo!" Imprecò Orlando dalla cima delle scale, che erano proprio accanto alla porta della cucina. "Dove avrò messo la parrucca? La devo restituire ai trucchi teatrali..." Si lamentò.

Cassy si sporse un po', e vide subito, su uno degli sgabelli di cucina, la parrucca dorata appoggiata mollemente; ricordava che, la notte precedente, erano scesi per mangiare qualcosa, ma avevano finito per consumare ben altro, proprio su quello stesso banco, e che lei gli aveva tolto la parrucca, nell'impeto del momento. Sorrise al ricordo.

"Orlando, l'hai lasciata qui in cucina." Gli rispose, alzando la voce.

"Oh, meno male!" Esclamò lui. "In sala da pranzo c'è la scatola, la riporresti, per favore? Io finisco di vestirmi." Le ultime parole le disse allontanandosi dalla rampa.

Cass alzò le sopracciglia, mangiando l'ultimo boccone del suo toast, bevve un po' di latte, poi, con un agile balzo, scese dal bancone e prese la parrucca; stava per attraversare la porta di comunicazione tra la cucina e la sala da pranzo, quando suonarono alla porta. Guardò la parrucca, guardò la porta, e decise di andare ad aprire.

Si trovò davanti un ragazzo, simpatica faccia da schiaffi, con naso a patata e due belle orecchie sporgenti; il fatto che fosse in un certo senso buffo, non toglieva che fosse anche in qualche modo attraente, poi aveva un bel fisichino. Lui la guardava perplesso, ma del resto c'era da capirlo: era venuta ad aprirgli una specie di venere punk, con addosso solo un maglione e in mano una parrucca bionda!

"Tu non sei la donna di servizio..." Ipotizzò lui.

"No, è molto più vecchia, ed ha il culo grosso." Cosa che decisamente lei non aveva. "Io sono Cassy." Si presentò poi.

"E io Dominic!" Rispose il ragazzo, allargando le labbra in un simpatico sorriso. "Fai le prove per vedere come stai bionda?" Aggiunse, indicando la parrucca; Cass la guardò, poi tornò a guardare lui.

"No." Fece serafica. "E' di Orlando." Spiegò.

"Ahhh..." Replicò lui annuendo. "Lo sapevo che prima o poi mi saltava il fosso..." Si scambiarono un'occhiata divertita, lei sorrise. "E' in casa?" Chiese Dom.

"Sì, entra." Lo fece passare, scansandosi dalla porta. "Te lo chiamo." Detto questo si avvicinò alle scale, appoggiando un braccio sulla ringhiera, cosa che fece un po' alzare il maglione; il ragazzo non poté fare a meno di notare la parte finale dei suoi glutei, perfettamente rotondi e sodi, nonché le sue chilometriche e toniche gambe.

"Ob, ti cercano, scendi." Annunciò, guardando in alto.

"Arrivo!" Rispose l'inconfondibile voce dell'attore.

"Scusa." Disse poi la ragazza, tornando verso di lui ed entrando in sala da pranzo; in quel momento spuntò Orlando che, quando vide il ragazzo fece un'espressione meravigliata e felice, allargò le braccia e sorrise.

"Brutta puttana!" Esclamò; Dom, che era ancora voltato versò la porta della sala da pranzo, si girò sorridendo. "Non chiamare mai, prima di venire!" Aggiunse lui, scendendo di corsa le scale; l'amico gongolò, con espressione birichina.

"Vieni qua!" Gli gridò poi. "Dammi una botta!" Lo invitò ridendo; si abbracciarono al centro dell'ingresso.

Cassy, uscendo dalla sala da pranzo, li trovò a scambiarsi calorosi gesti d'affetto, ridendo come matti, davanti alla porta a vetri del salotto.

"Volete che vi lasci soli?" Domandò ironica la ragazza; loro si lasciarono e la guardarono ancora sorridendo.

"Ah, scusa..." Fece Orlando, tenendo l'amico per le spalle. "Cass, lui è Dominic."

"Sì, ci siamo già presentati." Precisò lei, incrociando le braccia.

"Ma no, non hai capito." Negò il ragazzo, scambiando un'occhiata complice con l'amico. "Lui è uno di noi..." Aggiunse cospiratorio.

"Uno... di voi?" Domandò, senza capire; i due, con un grido d'accompagnamento, le mostrarono i tatuaggi della Compagnia dell'Anello. "Ahh... capisco..." Annuì lei allora, con un sorriso comprensivo. "Vado a vestirmi." E detto questo, si allontanò su per le scale.

Dom e Orlando ne seguirono i passi, ammirando le atletiche gambe di Cass aggredire gli scalini, finché non sparì di sopra; il padrone di casa, allora, invitò l'amico in salotto.

"Ma dove l'hai trovata questa?" Domandò Dominic, indicando col pollice la direzione presa da Cass. "Ha un culo da paura..." Orlando ridacchiò.

"Ehh, caduta dal cielo." Rispose poi, facendo accomodare l'amico sul grande divano sulla destra.

"Angelo?" Ipotizzò divertito l'altro, sedendosi.

"Paracadutista." Spiegò Orlando, facendo altrettanto.  

"Ah."

"Allora, infamone..." Continuò il padrone di casa, dando all'amico una piccola pacca sulla spalla. "...cosa ti riporta nella madre patria?"

"Hem... beh..." Dom sembrava un po' restio a confessare il vero motivo, si passò una mano sulla nuca. "...volevo vedere i miei..." Orlando s'insospettì.

"Un uccellino mi ha detto che da un po' esci con la stessa ragazza..." Buttò lì, distrattamente; l'amico lo guardò.

"Un uccellino dai grandi occhi azzurri?" Orlando annuì sorridendo. "Cazzo, Elwood è più pettegolo di una parrucchiera!" Sbottò divertito Dom.

"Allora è vero?" Il ragazzo non poté fare a meno di annuire, abbassando il capo.

"Io e Lory stiamo insieme da circa sette mesi..." Confessò infine, tornando a guardare Orlando. "E' venuta qui con me." L'amico spalancò gli occhi sorpreso.

"Oh mio Dio..." Mormorò poi. "E' venuta a conoscere i tuoi!" Esclamò poi.

"Ehhh..." Sospirò Dominic.

"Ma è una cosa seria, quindi."

"Penso di sì." Ammise Dom. "Che palle... sì, sì, ecco... sono innamorato..." Spiattellò alla fine; Orlando rise.

"Ahahahaha! Quello che mi prendeva per i fondelli!"

"Smettila, Lory è speciale!" Sbottò l'altro, fintamente offeso.

"Oh, tranquillo, non mi devi spiegare niente, ci sono passato prima di te..." Affermò Orlando, sperando che a lui sarebbe andata meglio. "...sono sempre speciali, quelle che amiamo." Aggiunse, appoggiandosi allo schienale del divano. "Quanto restate?! Il fine settimana lo passiamo insieme, vero?!" Chiese poi, tornando energico all'improvviso.

"Bah..." Rispose Dom. "...Lory voleva andare in Cornovaglia..."

"Bella la Cornovaglia!" Quell'affermazione li fece voltare verso la porta, era apparsa Cass, ora con i suoi abiti e truccata. "Ci si fa un ottimo parapendio."

 

La scogliera si stagliava contro il cielo grigio compatto, mentre il mare, stranamente calmo, aveva una tinta più verdognola; la pioggia fine ti entrava persino nei più reconditi orifizi, ed era anche freddino.

"Mi butto anch'io." Annunciò fermo Orlando, con negl'occhi una luce di febbrile eccitazione che fece preoccupare mortalmente Dominic.

Qualche attimo prima, con l'ultima folle decisione di un’assurda sequela, Cassy si era tuffata dalla scogliera con un perfetto carpiato, ridendo con manicomiale sprezzo del pericolo; e ora, lui la voleva seguire.

"No, Orlando, non lo fa..." Dom non poté finire la frase, rimase con la mano alzata verso l'amico, ma lui si era già buttato.

"Basta." Dichiarò una voce alle spalle del ragazzo. Ferma, quasi gelida.

Dominic si girò; Lory era lì, impassibile, guardava davanti a se. I suoi jeans erano bagnati e un po' infangati sull'orlo, il giubbino impermeabile rosso aderiva alla sua maglietta, i capelli zuppi le si erano appiccicati alla faccia, e gli occhiali avrebbero avuto bisogno di un tergicristallo. In apparenza era totalmente calma.

La ragazza non aggiunse un'altra parola, girò i tacchi e s'incamminò verso la macchina; Dom, allarmato la seguì.

"Lory!" La chiamò. "Lory dove vai?!" Chiese preoccupato.

"Io torno in albergo." Rispose lei, voltandosi e togliendosi gli occhiali, che andavano asciugati per l'ennesima volta.

"Ma... ma ragiona, non possiamo lasciarli a piedi..." Il ragazzo cercò di convincerla, ma sapeva di non essere molto persuasivo in quel momento; ogni tanto lanciava occhiate verso la scogliera.

"Non me ne frega un cazzo, Dominic!" Sbottò Lory. "Guardami, sono un cesso!" Aggiunse indicando le sue pietose condizioni. "Tu hai un'idea di che giornata è stata oggi?!"

"Lory... io..." Non sapeva che dire, era preoccupato per Orlando, ma vedeva che anche lei non stava bene.

"Dom, oggi abbiamo fatto parapendio, rischiando di schiantarci almeno un paio di volte, ci siamo imbucati ad un raduno di bikers che ci volevano sbudellare, Cass guida come una rallysta... Ha rubato in un supermercato!" Lory era decisamente indignata. "Adesso ha convinto quell'altro idiota, che la segue come un cane ritardato, a tuffarsi da una scogliera alta almeno sei metri, e cazzo, siamo a maggio e questa non è la California! Questa è la cazzo di Cornovaglia, Dominic!" Gli gridò.

"Oddio... cerca di calmarti..." La implorò lui.

"No, no, non mi calmo!" Replicò la ragazza urlando. "Sappi che, se adesso, tu mi fai tornare in albergo da sola, io torno anche a Los Angeles da sola, e per rivedermi ti ci vorrà l'appuntamento!" Detto questo ricominciò a camminare verso la macchina.

"Ma no, aspetta!" Esclamò Dom; poi diede un'ultima occhiata al mare e la seguì. "Ma dove vai? Non sai guidare qui!"

"Non è colpa mia se guidate dalla parte sbagliata, popolo di originaloni!" Si lamentò Lory, aprendo la portiera; Dominic, rassegnato, salì dalla parte del guidatore.

 

Bussarono alla porta quando Orlando era appena uscito dalla doccia; il ragazzo andò ad aprire con addosso l'accappatoio, mentre si stropicciava i capelli con un asciugamano. Si trovò davanti la faccia stranamente seria di Dominic.

"Ciao!" Lo salutò allegramente.

"Cass è qui?" Gli domandò l'amico, sbirciando dentro la stanza.

"No, è scesa per una sauna, tornerà tra una mezz'ora almeno... Perché?" Ribatté l'altro.

"Ho bisogno di parlarti a quattr'occhi." Dichiarò Dom.

"Entra." Lo invitò allora Orlando, scostandosi per farlo passare.

I due ragazzi si accomodarono nel piccolo soggiorno della camera, seduti sulle comode poltrone ricoperte di stoffa rosa pallido con piccoli ricami di rose più scure, che s'intonavano perfettamente all'ambiente arredato in stile campagna inglese.

"Come siete tornati?" Chiese Dominic, fissando l'amico.

"Ci hanno dato un passaggio." Rispose lui, posandosi l'asciugamano sulle ginocchia.

"Vi siete fatti male?"

"No, non mi pare..." Fece Orlando, palpeggiandosi le braccia. "...forse domani avrò qualche doloretto..." Rialzò gli occhi sull'amico. "Che c'è?" Domandò con cenno del capo.

"Orlando..." Esordì Dom, serio come lui non lo aveva mai visto. "...tu mi conosci da un po', ormai, e sai che non mi tirò mai indietro quando c'è da fare il pazzo, ma onestamente, tra le boiate che abbiamo sempre fatto insieme e quello che fai con Cassy, ci corre come tra mangiare ed essere mangiati."

"Che vuoi dire?" L'interrogò l'amico.

"Che non mi va di dover comunicare ai nostri amici che hai avuto un incidente..."

"Cazzo, Dom, dai!" Sbottò Orlando, alzando gli occhi al soffitto.

"Dai un accidente!" Esclamò risentito l'altro. "Ascolta..." Si rifece serio. "...se questa con Cassy è una cosa seria, faresti bene a farle mettere la testa a posto, o qualche volta vi fate male per davvero." Orlando, in un certo senso, era lusingato dalla preoccupazione dell'amico, e sapeva che aveva ragione, ma non capiva ancora bene che meccanismo era scattato in lui.

"Io..." Disse dopo qualche attimo di silenzio, tenendo la testa bassa. "...non lo se è una storia seria, non lo so se sono innamorato di lei, non ho idea di dove mi porterà questa relazione..."

"Spero non al pronto soccorso traumatologico!" Commentò Dominic; il tono con cui lo disse, provocò in Orlando la voglia di riderci su. Resse per due minuti netti, poi scoppiò. "Cazzo ti ridi?!" Sbottò l'altro, ma si vedeva che anche lui stava per ridere.

"Se finisco di nuovo al traumatologico, a mia madre le viene un colpo, ma prima uccide Cass!" A quel punto anche Dom rise.

"Perché lo fai, Orlando?" Domandò Dom, quando smisero di ridere. "Voglio dire, tu non sei mai stato così imprudente."

"Il fatto è..." Rispose l'amico. "...che ho paura." L'altro aggrottò le sopracciglia, ascoltandolo. "Ho paura per lei." Aggiunse, guardando avanti.

"In che senso?"

"Io e te non siamo stupidi, lo sappiamo quando sottile sia il confine tra divertimento estremo ed autodistruzione." Spiegò Orlando, tornando a girarsi verso Dom. "Cassy sembra non saperlo, o non volerlo ammettere, e cammina troppo spesso sul quel confine." Continuò. "Per questo io resto con lei, anche quando rischia, per afferrarla quando si avvicina troppo al baratro..." Dominic sospirò, alzandosi.

"Amico mio..." Disse, posandogli una mano sulla spalla. "...ti sei innamorato di nuovo, ci sei ricascato, ciccio." Gli mollò una pacca; Orlando lo guardò sorridendo.

"Credi?" Domandò retoricamente poi; Dom annuì.

"Ah, c'è anche un'altra cosa che ti devo dire..." Riprese l'amico, quando anche Orlando si fu alzato. "...mi scoccia un po'..." Mormorò incerto.

"Forza." Lo incitò l'altro.

"Io e Lory, ecco... continuiamo il viaggio da soli, partiamo tra poco." Orlando rimase un po' male, per quella decisione, ma aveva capito che la ragazza di Dom non amava particolarmente Cassy.

"Mi spiace." Disse con sincerità. "Ma capisco." Aggiunse rassegnato.

"Oh, ma no ti preoccupare!" Affermò subito Dom. "Rimango ancora un po' a Londra, una sera ci troviamo, senza donne pallose, solo io e te, e ci facciamo un paio di birre, eh?"

"La meglio proposta degli ultimi due anni!" Ribatté Orlando contento; si abbracciarono. "Ti voglio bene, Dom."

"Oh, oh, oh!" Esclamò lui, scostandosi. "Aspetta, con queste dichiarazioni d'amore, che vado a prendere le mutande blindate!" Entrambi scoppiarono a ridere.

 

Il pomeriggio del giorno dopo c'era il sole; incostante clima inglese. La luce chiara illuminava la camera di Orlando, passando attraverso la grande finestra, disegnando ombre tra le pieghe delle lenzuola stropicciate; il ragazzo carezzò un braccio di Cassy, poi le baciò la spalla. Gli piaceva fare l'amore con lei di giorno, vedere il suo corpo alla luce del sole, osservare quei piccoli movimenti involontari causati dalla passione e dal piacere.

"Se ne sono andati per colpa mia, vero?" Affermò la ragazza, girando appena il capo per vedere lui.

"No." Rispose tranquillo Orlando. "Volevano stare soli."

"Ob, non sono stupida." Replicò lei, scostandogli un ricciolo scuro dalla fronte.

"Ma non prendertela troppo." Ribatté allora lui, accorgendosi del suo sguardo vagamente colpevole. "Non tutti sono in grado di reggere il tuo ritmo." Aggiunse, dandole un bacio sul naso; la ragazza fece un sorrisino tirato.

"E tu lo hai fatto apposta." Dichiarò poi.

"Cosa?!" Chiese Orlando, con il sorriso più innocente che si fosse mai visto.

"Mi hai sedotta in modo gravoso, intrappolandomi in questa camera, rovinando tutti i miei piani per la giornata!" Accusò Cassy. "Lo sai che non so resisterti..." Aggiunse, mentre carezzava il petto del ragazzo.

"Se così fosse, ti dispiacerebbe tanto?" Le domandò dolcemente, lei gli sorrise.

"No." Rispose poi, scuotendo il capo. "Mi piace stare in un letto con te..." Dichiarò abbracciandolo. "...hai un buon profumo..." Mormorò, mentre affondava il viso nell'incavo del suo collo; anche lui amava il suo profumo, era fresco e frizzante. "Mi devi spiegare come fai ad avere sempre questo odore di buono." Sussurrò la ragazza, muovendo le labbra sulla sua pelle; Orlando fece un sorrisino sbieco.

"Che ne so, sarà il mio profumo naturale..." Ipotizzò.

"Ti mangerei..." Continuò Cassy, mordicchiando il suo collo. "...così ti avrei sempre dentro di me..." Il ragazzo sorrise, carezzandole con dolcezza i capelli. "Ma cosa ci fai, con una come me?" Eccolo là, quello strano tono triste, quel vago senso d'inadeguatezza, che ogni tanto facevano capolino tra i varchi della corazza di quella peculiare donna; Orlando la guardò.

"Tu mi stai dando così tanto, Cass." Rispose poi a bassa voce. "Non so spiegarti il perché, ma io voglio stare con te, sei speciale." Prese a baciarle la fronte e le guance. "E vediamo cosa ci posso fare, con una così, adesso, su due piedi..." Aggiunse con un sorriso furbo; Cass capì le sue intenzioni e rispose al sorriso, girandosi completamente verso di lui. Carezze a baci diventarono ben presto qualcos'altro.

 

CONTINUA…

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


- Capitolo 3 -

- Capitolo 3 -

 

Every time I see you, oh I try to hide away

But when we meet it seems I can't let go

Every time you leave the room

I feel I'm fading like a flower

(Fading like a flower - Roxette)

 

Orlando era ancora in preda ad un orgasmo creativo, quando suonarono alla porta; era talmente felice di aver infine ricevuto il copione del nuovo film, che non riuscì a lasciarlo sul tavolino del salotto, e lo portò con se.

Si trovò davanti un uomo bassino, sulla quarantina, stempiato, vestito elegante; il tizio lo guardò con espressione retorica.

"Mi fai entrare?" Domandò infine, posando una mano sullo stipite del portoncino.

"Eccome no!" Rispose Orlando, scostandosi; l'altro entrò. "Come stai Nigel?" Chiese poi ironico, sottolineando che l'uomo non si fosse minimamente interessato di come stava lui.

"Abbastanza bene, grazie." Con una noncuranza totale, Nigel entrò subito in salotto, accomodandosi sulla prima poltrona a tiro.

"Tutto bene in famiglia?" La domanda era velatamente sarcastica, infatti Orlando sapeva benissimo che l'uomo aveva da poco mollato moglie e figli per convivere in un loft di Notting Hill con un'attricetta ventenne.

"Sì, grazie." Rispose distrattamente Nigel.

"Che cosa ci fai qui, Nigel?!" Domandò all'improvviso l'attore, scocciato dall'atteggiamento dell'uomo; l'altro gli fece una smorfietta, poi, con gesto teatrale, tirò fuori dalla tasca interna della giacca una rivista e la sbatté sul tavolino, aprendola.

"Questo tizio dall'aria alticcia e stropicciata, in mezzo a due cosce da paura, sul cofano di una macchina nel parcheggio di un noto locale londinese, sei tu?" Gli domandò, indicando una foto; Orlando osservò per un attimo la sua espressione indignata, cercando di non ridere.

"Oh, cazzo Nigel..." Esordì poi, trattenendo una risatina. "...quella sera eravamo pieni come botti di Chianti, aspettavamo il taxi e ci hanno flashato..." Raccontò.

"Ah, nuovo stile d’attesa taxi..." Commentò l'uomo, osservando con attenzione lo scatto incriminato. "E, per curiosità, come lo avete chiamato, perché la lingua mi sembra un tantino impegnata..." Continuò serafico.

"Vaffanculo!" Imprecò divertito Orlando. "Che cazzo te ne frega di dove metto la mia lingua?!"

"Me ne frega eccome." Rispose lui annuendo. "Sono o non sono il tuo addetto stampa?"

"Lo sei!" Sbottò il ragazzo. "Ma quanto lo fai pesare..." Aggiunse sottovoce.

"Quando vuoi finire su un rotocalco, per favore, avvertimi, che ci penso io." Riprese Nigel, posandosi una mano sul petto. "Organizzo le cose come si deve, una bella cena, mica due ubriachi arrapati su un cofano!" Aggiunse con tono saccente. "E poi, ci sono giornali e giornali..."

"No, aspetta un attimo." Lo interruppe Orlando insospettito. "Non mi stai mica dicendo che tu ci prendi la percentuale, ogni volta che finisco in cronaca rosa?!"

"Sveglia, chicco!" Gli fece l'uomo alzandosi e raggiungendolo. "La prendi pure tu, o non guardi mai il tuo estratto conto?"

"Certo che lo guardo, una volta al mese!" Sbottò l'attore.

"E allora si vede che non lo guardi bene, parla col tuo commercialista."

"Mamma mia..." Commentò Orlando, gettandosi su una poltrona con una mano sulla fronte. "...sono circondato da barracuda..."

"Facciamo a capirci, bello." Affermò Nigel. "Questo è il mondo dello spettacolo, io ci lavoro da vent'anni, gli squali sono la specie dominante, devi sperare solo di capitare in bocca a quello più piccolo." Concluse la frase allargando le mani, poi si sedette sul divano accanto ad Orlando. "Oh, parliamoci chiaro, io ti approvo in pieno..." Indicò la foto. "...questa c'ha due cosce che levati, e sono il primo che se lo fa venire duro nei posti più impossibili..." E questo il suo cliente lo sapeva benissimo. "...ma cazzo, gli affari sono affari."

"Ma lo sai che, in dei momenti, sei proprio disgustoso?" Fece il ragazzo, con una smorfia.

"Il mondo non è dei bravi ragazzi, Orli." L'attore roteò gli occhi, quel nomignolo gli faceva salire il sangue alla testa. "Almeno lo sai come si chiama?" E di nuovo a puntare il dito sulle cosce di Cass nella foto.

"Certo che lo so, ci esco insieme da quasi tre mesi." Rispose scocciato Orlando, che sapeva bene quanto viscido e untuoso sapesse essere Nigel con le donne.

"Ah, bene..." Pausa studiata e radiografica analisi di ciò che si vedeva di lei nella foto. "E quando me la presenti?" Orlando era dolorosamente preparato a quella domanda, Nigel era riuscito a fare il cascamorto con tutte le sue ragazze che aveva conosciuto.

"Mai?" Gli fece, con un sorrisino acido.

"Ahahah, che spirito che hai, ragazzo mio!" Replicò divertito l'uomo; Orlando l'osservava con un'espressione della serie: mi sta tornando su la colazione.

"Comunque..." Riprese l'attore alzandosi. "...non ti devi preoccupare, mi è arrivato il nuovo copione..." Gli mostrò la cartellina. "...da oggi mi metto a lavorare, niente più notti brave, sbronze e pomiciate nei parcheggi." Dichiarò.

"Oh, mi rassicuri molto in questo modo..." Ma il ragazzo non gli diede tempo di commentare oltre.

"Perciò, mio caro Nigel, non vorrei approfittare oltre del tuo preziosissimo tempo..." Gli disse, cercando in modo esplicito di liquidarlo; l'uomo si alzò.

"Mah..."

"So di non essere il tuo solo cliente, e anche se la tua compagnia mi fa tanto piacere..." E nel frattempo lo accompagnava abbastanza bruscamente verso la porta, cosa che contraddiceva il suo tono gentile. "...non posso distrarti ulteriormente dal tuo lavoro..." Aprì il portone. "...è stata una gioia averti qui..." Quasi lo spinse fuori. "Ci vediamo." Aggiunse infine, con un sorriso cordialissimo, e gli sbatté la porta in faccia, ma con garbo.

Orlando si voltò verso l'interno della casa, poggiandosi alla porta con un sospiro; le visite di Nigel gli causavano disturbi digestivi per i due giorni successivi, decise di farsi un bel frullato allo yogurt e crusca, subito. Si diresse in cucina.

 

Era la sera del giorno dopo; la mattina Cassy lavorava e si sentivano solo per telefono. Il giorno prima lei era andata ad una gara di skeleton, mentre lui era impegnato in un servizio fotografico, così era finita che non si erano visti. Ed erano successe alcune cose.

Quando il campanello suonò, Orlando si precipitò ad aprire; Cassy era lì, jeans neri con borchie, maglietta verde acido aderente.

La ragazza rimase imbambolata per un attimo, cavolo se era bello in quel momento! Indossava dei semplici pantaloni grigi di una tuta, larghi e comodi, e una t-shirt bianca, scalzo. Alzò gli occhi dalle stupende pieghe del suo corpo, per guardargli la faccia di nuovo: un sorriso accecante gli illuminava tutto il viso, e gli occhi brillavano di felicità. Il fatto più eclatante, però, era che si era tagliato i capelli; infatti, adesso erano corti, di più sulla nuca, un po' più lunghi sulla fronte, dove si formavano ancora dei piccoli riccioli.

"Ciao!" La salutò, senza togliersi dal viso quel sorriso entusiasta.

"Ciao..." Fece lei, ma non riusciva a dire altro, o a togliere gli occhi da lui. "...ti... sei tagliato i capelli..." Balbettò poi; lui si passò una mano sulla nuca, continuando a sorridere.

"Eh, sì..." Rispose. "...per esigenze di copione..." Aggiunse, ma lei non lo ascoltava, persa ad osservarlo.

Non era la prima volta che Cass si rendeva conto di quanto Orlando le piacesse, del resto, la loro era una storia iniziata per attrazione fisica prepotente, ma era comunque la prima volta che si accorgeva del perché, lui le piacesse così tanto. Quando se l'era visto apparire davanti, con quel sorriso, con quegl'occhi luminosi, quell'aria pulita, aveva capito che di lui amava la luce; quel ragazzo brillava, era solare, e questo lo rendeva affascinante e bello, più di quanto non facessero le linee delicate del suo viso o la perfezione del suo corpo.

"Ti sei... anche rasato il pizzetto..." Riprese la ragazza, notando il suo mento liscio.

"Sì..." Orlando si passò una mano sulla guancia. "Sembro un ragazzino, eh?" Aggiunse sorridendo.

"Oh, no." Replicò Cassy, gettandogli le braccia al collo. "Sei bellissimo!" Ecco, questo era un altro frangente in cui non la capiva.

Era rimasta onestamente troppo colpita dal vederlo col nuovo look, come se avesse visto uno sconosciuto, ma forse... In realtà, potevano dire di conoscersi davvero? Forse, in quel momento, lui era diventato davvero un'altra persona. Cassy era pronta per questo suo lato? Era pronta ad affrontare l'Orlando lavoratore? Lo avrebbe saputo presto.

Si diressero in sala da pranzo; una parte del grande tavolo era ingombra di carte. Un blocco giallo per appunti era tracciato con la grafia precisa di Orlando, vicino c'era un segnatempo, tipo quelli per le lezioni di canto o pianoforte, era fermo. Il ragazzo era andato in cucina.

"Cass, mi prenderesti il cellulare, l'ho lasciato lì sul tavolo." Le chiese; lei lo guardò, era vicino al lavello, dall'altra parte della cucina.

"Ma se ce l'hai in mano!" Protestò poi; lui abbassò il telefono dove stava digitando un messaggio.

"No, quell'altro, il Nokia, è sul tavolo." Precisò l'attore. "Per favore." La supplicò, facendo il labbrino, cosa che puntualmente persuadeva la ragazza; rassegnata, Cassy si girò e vide subito il cellulare sul tavolo, poi lo raggiunse.

"Ma quanti telefoni hai?" Gli chiese, quando gli fu accanto.

"Tre." Rispose Orlando; lei fece la faccia stupita. "Sì, questo..." Le mostrò un apparecchio sul piano del lavello. "...è quello privato, per amici, parenti... per te..." Finì la frase con un'occhiata dolce. "Questo invece..." Indicò il cellulare che gli aveva portato lei. "...è per lavoro, la mia agente, registi, produttori, assistenti, ecc."

"E il terzo?" Domandò incuriosita Cassy.

"E' quello per i giornalisti, stazioni televisive, radio, rotocalchi..." Rispose Orlando, con un gesto vago.

"E dov'è?"

"Lo tengo, spento, in un cassetto del piano di sopra." Confessò lui con una certa soddisfazione; la ragazza sorrise divertita. Si erano seduti al banco.

"Avevo pensato che stasera potevamo fare un salto al Devil's Edge, c'è quel nuovo dj." Propose Cass, quando Orlando ebbe finito di scrivere messaggi; lui alzò gli occhi dal display e posò il telefono.

"Lo so, avrei dovuto dirtelo prima, ma sono stato impegnato oggi." Esordì, con aria colpevole. "Io non posso stasera, devo lavorare."

"Ma non mi avevi parlato d'impegni per stasera, dove devi andare?" Gli domandò lei.

"No, non si tratta d'impegni esterni." Affermò Orlando. "E' solo che mi è arrivato il nuovo copione ieri, ho solo cinque settimane prima della riunione del cast col regista, e mi devo fare un po' di culo, ci sono stati dei ritardi." Spiegò poi.

"Ma non puoi proprio muoverti?"

"Te l'ho detto, preferisco di no." Ribatté il ragazzo. "E' una parte abbastanza drammatica, e voglio studiare bene." Aggiunse. "Però, se vuoi andare da sola..."

"Ma no..." Negò Cass, prendendogli la mano. "...rimango qui con te, ti faccio compagnia."

"Se ti fa piacere, però, temo di poterti offrire una cena molto frugale..." Replicò dolcemente lui, con anche una punta d'imbarazzo; poi le indicò con gli occhi un piatto di portata chiuso con un cupola.

Cass si alzò e, incuriosita, si avvicinò al mobile; dopo un'ultima occhiata maliziosa al ragazzo, alzò la cupola. Sgranò gli occhi.

"Omioddio, non dirmi che questi sono veramente patate, finocchi e pesce bollito?!"

"Al vapore." Precisò Orlando. "Io li mangio con un filo d'olio d'oliva aromatizzato al prezzemolo, l'aglio non mi piace." Cass lo guardò basita.

"A me, invece, ci vorrebbe mezzo barattolo di salsa Worchester per mandare giù 'sta roba." Commentò con espressione schifata. "Mi prendo qualcosa da bere, va!" Così dicendo percorse la distanza fino al frigorifero e aprì entrambi gli sporti.

Orlando la osservava, la posa strafottente, i pantaloni al polpaccio, le scarpe col tacco, dello stesso colore della maglia, tutte le sue borchie, catene e braccialetti; gli venne da sorridere, perché, nonostante i suoi atteggiamenti da bulla, molte volte Cassy gli sembrava soltanto una ragazza molto giovane che ancora non sa quale sia la sua strada. E gli faceva una gran tenerezza.

"Cazzo, Orlando!" Esclamò la ragazza; lui si distolse dai suoi pensieri e la guardò meglio. "Nel tuo frigo enorme non c'è nemmeno una bottiglia di birra, ci potevano girare Titanic con tutta quest'acqua minerale!" A lui scappò una risatina.

"E' solo..." Fece poi, trattenendosi. "...che mi sto un po' disintossicando, lo faccio sempre prima di un nuovo film, ho fatto una vitaccia ultimamente, anche a livello alimentare, e così..." Spiegò; la ragazza lo guardava poco convinta.

"Vabbene, ho capito..." Affermò infine, arresa. "...mi ordino una pizza..."

 

Un paio d'ore dopo, Cass era sbracata sul divano grande, quello davanti alla tv, impegnata in un estenuante zapping, mentre Orlando era dall'altra parte del grande salone, sdraiato sull'altro divano davanti al camino spento, e studiava il suo copione.

La ragazza, ad un certo punto, trovò dei vecchi cartoni di Charlie Brown e si mise a guardare quelli; le avventure di Snoopy e compagni avevano un sapore che riportava all'infanzia, un periodo più bello e puro per tutti, ma specialmente per lei. Ogni tanto rideva sommessamente, quando il bracchetto, o Piperita Patty, facevano una battuta o combinavano un guaio, oppure quando Linus perdeva la sua coperta.

"Cass, mi faresti un favore?" Chiese Orlando, circa un quarto d'ora dopo, dando il primo segno di vita dopo ore.

"Dimmi!" La ragazza si rese subito disponibile, sperando che finalmente l'attore si dedicasse un po' a lei.

"Potresti spegnere la tv, mi deconcentra." Quella richiesta la fece rimanere molto male, sperava che lui le chiedesse di portargli qualcosa, lei si sarebbe fermata lì con una scusa, poi avrebbe cominciato a fargli un po' di coccole, fino a convincerlo a mollare quel copione. Ma invece nulla, anzi.

"Ma io che cazzo faccio se spengo la televisione!" Sbottò inviperita, lanciando il telecomando sulla poltrona, mentre stava in ginocchio sul divano rivolta verso di lui.

"Beh..." Riprese Orlando. "...allora puoi andare a guardarla di sopra..." Le suggerì.

Arrabbiata come una biscia ricciuta delle paludi, si alzò dal divano con un movimento brusco, afferrò le sue scarpe, che erano abbandonate in terra, poi si diresse verso la porta; aveva capito che era stato un errore rimanere, come Orlando aveva compreso che era stato un errore ancora più grosso lasciare che restasse.

"Cass..." La chiamò, sollevandosi contro la spalliera.

"Non credevo che tu potessi diventare così noioso, Orlando." Sibilò la ragazza, poi uscì dal salotto; lui si aspettava di sentirla sbattere il portone, invece si accorse che saliva le scale. Si strinse nelle spalle perplesso, poi si rimise a studiare il copione.

 

Era passata l'una, quando finalmente Orlando si arrese. Gli si chiudevano gli occhi, però era soddisfatto; per essere il primo giorno effettivo di lavoro, era un bel pezzo avanti. Si mise in piedi con un sospiro, poi si stiracchiò ben bene; chiuse il copione e ne schiacciò la copertina, che era già arricciolata dall'uso. Sorrise e lasciò il salotto spegnendo la luce.

Salì al piano di sopra, facendo il minor rumore possibile, immaginando che Cassy stesse dormendo; ripose il copione nella cassaforte del suo piccolo studio, poi, passando attraverso il guardaroba, entrò in camera. Come immaginava, la ragazza era a letto, stessa su un fianco, gli dava le spalle; con la luce che proveniva dal guardaroba si accorse che indossava la sua maglietta preferita, quella che nemmeno lui metteva mai per paura di sciuparla, quella dipinta a mano da Viggo come regalo per il suo compleanno sul set di LOTR... Gli venne leggermente da piangere, ma era chiaro che lei gliela voleva far pagare.

Dopo essere stato in bagno, si spogliò, rimanendo solo con i boxer, e s'infilò nel letto, cacchio, non era nemmeno la sua parte, e odiava dormire dalla parte sbagliata!

Fece per abbracciarla, ma gli arrivò una gomitata nello stomaco; si mise supino sbuffando. Allora era sveglia!

"Cosa posso fare, per farmi perdonare?" Domandò il ragazzo, reggendosi ancora la parte lesa; Cassy si girò verso di lui, con sguardo minaccioso nella semioscurità della stanza.

"Tutto quello che vuoi, ma fammi godere come mai prima." Affermò decisa.

"Ti... ti potresti..." Balbettò Orlando, intimorito dal tono della ragazza. "...togliere quella magli..." Lei lo prese per le spalle e si buttò seduta sopra di lui, facendogli anche abbastanza male. "...etta..." Concluse Orlando in un soffio.

"Le richieste le faccio io, stanotte." Precisò la ragazza, ma aveva tanto l'aria di un'imposizione.

"Non sei un tantino aggressiva?" Domandò preoccupato Orlando, aggrottando la fronte; lei emise una specie di ringhio frustrato, poi si abbassò e gli morse il collo. "Ahi!" Si lamentò l'attore, portandosi una mano alla gola. "Ma che sei scema?! Mi ha fatto male!" Protestò, ma non servì a molto, poiché Cass attaccò di nuovo, stavolta i capezzoli. "Ah! Attenta! ...levati la maglia, per favore, poi ti lascio fare, giuro..." Supplicò senza vergogna.

"Ascolta, carino..." Disse la ragazza, con un sorrisetto pericoloso. "...è meglio se stai zitto, altrimenti io, sulla tua preziosa maglietta, ti ci faccio venire..." Minacciò; Orlando fece un'espressione indignata.

"Stai diventando volgare, è questo non mi piace." Affermò, alzando l'indice.

"Mh, sei sicuro?" Domandò, inclinando il capo, seria, come se riflettesse; il ragazzo s'insospettì. "Perché sento qualcosa di duro, qua sotto..." E detto questo gl'infilò una mano tra le gambe e strinse.

"Ahh!" Gridò Orlando, sobbalzando. "MA SEI IMPAZZITA!" Cass gli mise una mano sulla bocca, lui la guardò con gli occhi di fuori.

"Shh..." Sussurrò lei, con un dito davanti alle labbra. "Lasciami lavorare." Aggiunse, poi tolse la mano e gli levò i boxer; poco dopo anche il suo perizoma volò sul pavimento. "Scopami." Gli ordinò, e fu in quel momento che Orlando s'incazzò davvero.

La prese per i fianchi e la scostò da se, mettendosi seduto contro la spalliera del letto; la sua espressione non prometteva niente di buono.

"No, così no." Dichiarò deciso. "Oh, bellina, lo sai che sul sesso io non mi sono mai tirato indietro, ma non credo di aver fatto niente per meritarmi questo trattamento." Continuò cupo. "Se vuoi fare questi giochini, trovatene un altro." Riprese i suoi boxer, li rimise, poi si stese dalla SUA parte del letto e si coprì col lenzuolo fino alla testa; poco dopo vide volare la sua maglietta, poi sentì Cass riprendere la sua roba e andarsene.

 

Nei giorni successivi si sentirono solo sporadicamente. Orlando faceva una vita super regolare: mattina palestra o corsa, pomeriggio in biblioteca a documentarsi per la parte, e la sera in casa a studiare il copione; era diventato una specie di fantasma anche per il resto dei suoi amici. Mangiava sano, beveva solo acqua, e la sua massima concessione erano vascate di gelato al cioccolato. Forse suppliva con quello alla mancanza di Cassy.

Un giorno, però, la ragazza si presentò a casa sua col calumet della pace: un bellissimo cesto di frutta e verdura fresca. Visto l'andazzo dei gusti alimentari di Orlando, quella fu la scelta giusta. Fecero la pace, fecero di nuovo l'amore, e tutto sembrò tornare come prima.

Salvo per il fatto che si vedevano molto meno, e che Cass era molto evasiva su come passava il suo tempo lontano da lui.

Un venerdì sera, Orlando si sentì in vena di uscire, era l'ora di staccare un po' dal lavoro, o avrebbe fuso; prese il telefono e chiamò Cassy, aveva proprio voglia di fare un po' baldoria e magari, dopo, passare la notte con lei, era tanto che non lo facevano. Il cellulare era spento; perplesso, il ragazzo compose il suo numero di casa, nessuno rispose.

Riprovò regolarmente per tutto il corso della serata, ma quando, verso l'una di notte, non aveva ricevuto nessuna risposta, decise di smettere; era preoccupato, comunque, e passò una notte molto inquieta.

Il giorno dopo Orlando era in sala trucco per un'apparizione televisiva, ma era inquieto e stanco; nella confusione dell'affollata stanza, chiamò il suo assistente.

"Gary." Disse, voltandosi indietro. "Gary, per favore." Insisté alzando un braccio per richiamare il ragazzo.

"Che occhiaie, signor Bloom..." Si lamentò la truccatrice.

"Eh sì, lo so, ho dormito male." Si giustificò lui. "Gary, per pietà!" Finalmente l'assistente riuscì a raggiungerlo. "Chiamami Cassy, per piacere." Il ragazzo dai capelli rossi estrasse il cellulare di Orlando.

"Cass?"

"Sì, è a Cass il numero." Rispose l'attore, mentre la ragazza del trucco si dava da fare per coprire le sue evidenti occhiaie.

"Non è raggiungibile, Orlando." Gli comunicò l'assistente; lui sospirò preoccupato.

"Ma dove cazzo sarà finita?!" Sbottò poi, ma aveva veramente paura che le fosse successo qualcosa, ed aveva compreso che in realtà di lei non sapeva nulla, nemmeno dove trovare i suoi parenti, nel caso.

Dopo un sabato pomeriggio e una domenica d'inferno, durante la quale solo sua sorella l'aveva persuaso che non era proprio il caso di chiamare la polizia, il lunedì mattina, per l'ennesima volta, Orlando partì per l'appartamento di Cassy.

 

Il ragazzo infilò il portone a vetri e si fiondò per le scale; inutile cercare di utilizzare l'ascensore, era puntualmente rotto, o discutere con l'indisponente portiere di quella scalcinata palazzina di periferia dove viveva Cass.

Arrivò davanti alla porta leggermente scrostata con il fiatone, e cominciò subito a bussare; il campanello loffio, quando funzionava, non lo spinse nemmeno. Poco dopo la porta si aprì.

Cassy, con i capelli arruffati, gli occhi ancora appiccicati dal sonno, e addosso una canottiera verde militare stropicciata ed un paio di mutandine nere, si appoggiò allo stipite.

"Ciao, splendore." Disse a Orlando; lui la guardava costernato.

"Cass, ma dove cazzo sei finita?!" Le chiese, sbalordito dalla sua calma.

"Perché?" Fece lei grattandosi la testa, poi si spostò dentro, facendolo passare.

"Perché?! Sei sparita, stavo per cercarti in tutti gli ospedali di Londra e contea!" Sbottò Orlando seguendola dentro; lei fece una risatina, dirigendosi al fornello.

"Ero solo in Francia!" Rispose allegramente, con un gesto noncurante. "O Belgio, insomma, giù di lì."

"In Francia?!" Esclamò incredulo il ragazzo.

"Sì." Annuì Cass. "Siamo andati ad una gara di motocross sulle Ardenne." Raccontò; lui non riusciva veramente a credere a quello che sentiva.

"E con chi saresti andata?" S'interessò Orlando.

"Mh, con Mark, Malcom, Amanda, Tom... eravamo una decina." Rispose la ragazza, mentre si versava una tazza di caffè. "Non ti sarai preoccupato, topino?" Gli domandò poi, scherzosa.

"Ma nooo..." Rispose sarcastico Orlando, posando le mani sulla spalliera di una sedia. "Cazzo, Cassy, sei sparita per due giorni, senza dire nulla! Ma perché non mi hai avvertito!"

"Saresti venuto?" Gli domandò a bruciapelo, girandosi verso di lui.

"Io... io non lo so, ma me lo potevi almeno chiedere!" Protestò il ragazzo allargando le braccia; lei fece uno sbuffetto serafico, poi tornò a voltarsi verso il fornello.

"Lo sapevo." Commentò saccente; Orlando s'incupì ancora di più.

"Non significa niente questo!" Esclamò stringendo i pugni. "Me lo dovevi dire!" Cassy si girò, con aria stupita, poggiandosi contro il mobile della cucina.

"Dovevo?" Domandò aggrottando le sopracciglia. "Ma chi cazzo ti credi di essere?! Mio padre, mia madre? Mio marito?!" Continuò, alzando sistematicamente la voce. "Non sono tenuta a dirti proprio un bel cavolo di niente, non devo rendere conto a nessuno di quello che faccio, è la mia vita, cazzo!" Gridò picchiando l'aria con le mani.

"Io ho passato due giorni di merda, per colpa tua!" Replicò Orlando, altrettanto incazzato.

"Non me ne frega un cazzo!" Ribatté Cassy; il ragazzo stava per rispondere a rima, ma ci ripensò, si raddrizzò e respirò forte.

"Ah, se è così..." Disse allora. "...sono stupido io, a perdere tempo." Aggiunse, poi girò i tacchi e si diresse verso la porta.

"Ma sì, vai vai, tanto mi sono stufata della tua faccina da bravo ragazzo." Lui le lanciò un'occhiata gelida. "Vattene affanculo, va." La ragazza incrociò le braccia, mentre l'attore apriva la porta.

"Ma vaffanculo tu!" E queste furono le sue ultime parole, se ne andò sbattendo la porta.

 

CONTINUA…

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Aluuura

Aluuura! Prima di tutto ringrazio tutte le commentatrici (e gli eventuali commentatori se ce ne sono), siete state davvero carine, anche perché non credevo questa fic potesse piacere tanto.

Poi, voglio solo comunicare che questo è un capitolo fondamentale, dove finalmente si svelano i misteri del passato di Cassy; non so se sono riuscita a rendere bene la faccenda, io lo spero, comunque aspetto i vostri commenti, che mi chiariranno come sempre le idee. E mi raccomando, fate attenzione alle canzoni che introducono i capitoli, spiegano alcune cose; e poi io le amo! Hanno diritto pure loro ad un po’ di attenzione! ^_____^

Piccola dedichina per la Moon, che c’ha avuto qualche problemino, spero che questo capitolo serva almeno a farti tornare giù i capelli, visto che penso saranno ancora dritti dall’incazzatura ^__- un bacione ciccia!

Divertitevi, ciao a tutti!

Sara

 

- Capitolo 4 -

E lontano

Mille miglia

A due passi da me

Non vedere l'azzurro che c'è

Non cercare più niente

(Lontano - Nomadi)

 

Il tempo passava, e si avvicinava sempre di più il giorno in cui Orlando sarebbe dovuto partire per il Canada; la riunione con il regista era stata un successo, così avevano deciso che non c'era bisogno di troppe prove, era meglio cominciare a lavorare direttamente sul set.

Cassy non si era più fatta sentire, e questo era l'unico problema che il giovane attore avesse in quel momento; in quei giorni si era reso conto che lei gli mancava in maniera insopportabile. E' vero, quella ragazza era instabile, vaga e inaffidabile, ma cazzo, lui si era innamorato, e gli mancavano tutti quei suoi piccoli gesti folli, il suo trucco pesante, i suoi abiti strani, persino le catene e le borchie; ogni tanto gli sembrava di sentire la sua risata echeggiare nella casa, di vedere le sue scarpe colorate fuori del bagno, o di rimanere deluso tutte le volte che non c'era la sua macchina parcheggiata davanti al vialetto, in modo da impedire l'uscita dal garage.

Ma quello che gli mancava di più era la sua tenerezza, sì, quella che teneva nascosta, e veniva fuori timidamente, nelle piccole coccole, nei nomignoli, negl'abbracci improvvisi, nei baci sulle guance, dopo aver fatto l'amore.

Era un po' depresso, così, quando aveva saputo che si trovava in Inghilterra per un nuovo film, aveva invitato Dominic a stare da lui; la casa gli sembrava troppo grande e silenziosa a starci da solo. Almeno l'amico, con il suo carattere confusionario e caciarone, lo distraeva un po' e potevano discutere, seriamente, della grandezza del frigo come status symbol senza essere presi per due deficienti.

Orlando, però, nonostante tutto, non poté fare a meno di "capitare" sotto casa di Cass e di osservarla mentre rientrava o usciva; non ebbe in ogni caso mai il coraggio di farsi vedere.

Un venerdì sera Dom e Orlando furono invitati all'ennesimo evento vip della City: uno dei tanti cantanti fighi organizzava una fighissima festa, per l'uscita del suo ultimo strafigo disco, nella discoteca più figa della città. Non potevano mancare, si erano detti, dopo aver passato una quindicina di crudeli minuti a fare il pelo e contropelo al succitato cantante, dotato, secondo Dom, di microscopico, ma fighissimo, pisello.

Si tirarono a lucido, se la gente doveva guardare qualcosa, sarebbero stati loro; fu così che, appena arrivati, gli si appiccicarono subito addosso tre o quattro ragazze in vesti succinte. Dominic, come al solito, nelle due ore successive, si diede da fare, ficcando le mani ovunque fosse possibile e suscitando l'ilarità delle fanciulle; Orlando, invece, cominciava a chiedersi se la tipa che gli stava parlando da circa un quarto d'ora avesse un cervello, o più una specie di cocktail di scampi, dentro la scatola cranica. Il vestito rosa carne, coperto di brillantini, che indossava la ragazza era cortissimo e quasi trasparente, ma stranamente la cosa non lo eccitava per niente; era annoiato. Se fosse nello stesso posto con Cassy, a quest'ora sarebbero stati a ballare sui tavoli; oppure a fare l'amore in un bagno.

"Scusa..." Orlando interruppe la ragazza alzandosi dallo sgabello. "...ho bisogno di una boccata d'aria." Le disse allontanandosi.

"Ma... ma Orlando, posso venire anch'io..." Non la sentì neanche, stava già spingendo la maniglia antipanico.

Si ritrovò su un'ampia terrazza da cui partiva la scala antincendio; c'erano due o tre persone, ma erano lontane, dall'altra parte rispetto a lui, e parlottavano fitto, fumando. Orlando si avvicinò al parapetto e ci posò le mani, prendendo un lungo respiro, a stare dentro gli era venuta quasi un po' di nausea; guardò l'orizzonte, si vedeva il Tamigi e la grande ruota panoramica del Millennium Dome, illuminata. Chissà dov'era Cassy...

Basta pensare, era ora di agire, e che cavolo! O non era più se stesso. Orlando, deciso, afferrò il cellulare, ora l'avrebbe chiamata, era disposto pure ad ammettere di non aver ragione... no, ora non esageriamo... ma comunque era disposto a spiegarsi, e a sentire le sue ragioni.

Il telefonino, proprio quando l'ebbe recuperato dalla tasca dei pantaloni, si mise a vibrare; il ragazzo guardò il display e gli s'illuminarono gli occhi; la luce blu pulsante evidenziava un nome: CASS.

"Pronto, Cassy?!" Rispose entusiasta.

"Orlando?" Una voce maschile lo gelò, aggrottò la fronte.

"Sì, chi parla?" Domandò sospettoso e già leggermente preoccupato.

"Sono Malcom, non so se ti ricordi..." Il suo ex, eccome se lo ricordava, sapeva perfino che le sue prestazioni sessuali non erano il massimo, ma che cazzo voleva ora questo?

"Sì, mi ricordo, ma perché mi chiami con il telefono di Cass?" Si decise a chiedere, con urgenza, visto che l'ansia stava crescendo.

"Senti, non sapevo chi chiamare..." Un pausa che non ci voleva, Orlando stava per spronarlo. "...Cass si sta mettendo in un casino, io ho cercato di..."

"Dove siete?!" Chiese con impeto l'attore, afferrando con tutta la forza la ringhiera del terrazzo.

Dominic stava sorseggiando un drink, seduto su un divano, con una ragazza mezza spalmata addosso, senza capire una beneamata cippa di quello che dicevano i suoi interlocutori, vista la musica, il chiacchiericcio e lo struscio di scarpe che aveva attorno; la mano di Orlando si strinse forte intorno alla sua spalla, facendolo voltare. La faccia preoccupata che vide non gli piaceva per nulla, allora si alzò e seguì l'amico nell'ingresso del locale.

"Mi accompagneresti in un posto?" Gli chiese Orlando, tenendo una mano sulla sua spalla.

"Certo!" Aveva subito acconsentito Dom. "Prima esco da questa secca di encefalitici, meglio è." Aggiunse ridacchiando.

"Guida tu, non me la sento." Riprese l'amico, allungandogli le chiavi della sua macchina, mentre stavano ritirando le giacche al guardaroba.

"Oh, ma dove andiamo?" Domandò preoccupato Dom.

"Conosci Gosford Park?"

"C'è un vecchio circuito da moto..." Rispose l'altro annuendo.

"Lì." Confermò Orlando, sbrigandosi verso l'uscita; Dom lo seguì, in apprensione per tutti quei misteri.

 

Le dita di Orlando afferrarono la rete metallica, stringendo fino a far sbiancare le nocche; le auto sfrecciavano sulla vecchia pista in abbandono, veloci da far paura, i pneumatici sibilavano sulle curve lasciando segni scuri. Il circuito era illuminato da fari posti su alti piloni, mentre il nastro d'asfalto era percorso dai fanali delle macchine.

"Lei dov'è?" Domandò con urgenza Orlando.

"La macchina gialla." Rispose Malcom, accanto a lui.

L'auto che aveva indicato era impegnata in un arduo sorpasso, in prossimità di una curva; le due macchine si sfiorarono, sgommarono, percorsero qualche metro appaiate, finché quella gialla dette un'accelerata e distanziò l'altra.

"Oh, cazzo..." Commentò Dom, portandosi una mano alla nuca.

"Fermali subito!" Ordinò Orlando a  Malcom, afferrandolo per le spalle.

"Ma non posso, non si può fermare la gara!" Rispose lui preoccupato.

"Fermali, o ti giuro che chiamo la polizia!" Replicò l'attore, incazzatissimo.

"Orlando, cerca di calmarti, perdio!" Intervenne Dominic, dividendoli; l'amico respirava forte. "Non serve a nulla che t'incazzi così!"

"E' l'ultimo giro." Affermò Malcom, risistemandosi la camicia.

Orlando lo lasciò perdere con un sibilo rabbioso, e tornò a seguire la gara. L'auto di Cassy era di nuovo impegnata da quella blu che la seguiva; era l'ultima curva, e quello era il duello di punta, benché i primi fossero già arrivati. La macchina blu entrò di forza nel sorpasso, quella gialla fu costretta a sterzare bruscamente per evitarla, e finì fuori strada, in testacoda. La gara era finita e tutti i presenti, urlanti e parecchio alticci, visti gli ettolitri di birra che scorrevano, invasero la pista. Orlando saltò un basso muretto e si diresse correndo verso la macchina ferma a bordo pista; aprì lo sportello, dentro Cassy rideva istericamente. La prese per un braccio, tirandola fuori.

"Smettila di ridere!" Le gridò. "Ti rendi conto di che cosa hai fatto?!" Lei si divincolò con violenza, assumendo un'espressione arrabbiata.

"Oh, ma che cazzo vuoi?!" Replicò poi, incupita. "Levati dalle palle!" Gli ordinò.

"No, che non me ne vado stavolta!" Orlando non era minimamente intenzionato a cedere terreno. "Ti potevi ammazzare sul serio, e io non sono disposto a stare a guardare mentre lo fai!"

"E chi ti ha detto che devi farlo?! Io sono perfettamente in grado di gestire la situazione!" Ribatté la ragazza.

"Ma se ti tremano le mani!" Esclamò l'attore, indicando le sue estremità in movimento; lei se le guardò sorpresa.

"E' l'adrenalina." Rispose stringendo i pugni.

"No, è la paura." Precisò lui; Cassy strinse anche i denti, assumendo un'espressione minacciosa.

"Ma lo vuoi capire o no, che non ti voglio più vedere, ascoltare la tua voce, farmi sbattere da te, sparisci dalla mia vita!" Urlò la ragazza.

"No!" S'impose Orlando. "Non ne ho intenzione, perché io ci tengo a te, brutta cretina, e se non lo hai capito mi dispiace!"

"Ma che cosa vuoi?" Domandò allora lei, abbassando un po' il tono.

"Voglio che la smetti con queste stronzate, Cass." Rispose Orlando. "Io lo so come ci si può ritrovare..." Continuò. "Anni fa sono caduto dal terzo piano, mi sono spezzato la schiena, potevo rimanere paralizzato e mi ci è voluto più di un anno per rimettermi in piedi..." Raccontò serio. "...un anno di fisioterapia, di dolore, di umiliazione. Credimi, tu non hai idea di cosa vuol dire."

"E cosa dovrebbe farmi capire, questo?" Chiese la ragazza.

"Fai un po' tu, se non ci arrivi da sola." Fece lui allargando le mani. "Io sono stufo di tutto questo, di correrti dietro e riacchiapparti quando stai per cadere... Io ti voglio bene, ma se questo non è sufficiente, non so che altro fare." Affermò arreso. "Pensaci, dove trovarmi lo sai." Furono le sue ultime parole, si voltò, allontanandosi verso Dominic che lo aspettava.

Cassy sospirò, appoggiandosi contro la fiancata della macchina; intorno a lei la gente urlava e rideva, applaudendo i vincitori. Lei aveva l'ovatta nella testa e una strana voglia di piangere; le sue mani tremavano ancora.

Dominic e Orlando si dirigevano alla macchina in silenzio; nell'oscurità Dom aveva visto gli occhi lucidi dell'amico, che dopo un po' si fermò.

"Cazzo." Esordì Orlando. "L'ho mollata..." Mormorò poi.

"Eh, sì." Annuì l'amico. "Ma sei innamorato, vero?" L'altro sbuffò, a quella domanda.

"Sì, puttana la miseria!" Rispose poi. "Ma sono anche incazzato! Quella stronza!" Aggiunse, riprendendo a camminare; Dom ridacchiò. "Guida tu, va."

"Hm, non so se ti conviene..." Replicò divertito l'amico; Orlando lo guardò, aggrottando la fronte. "Tu sarai incazzato come una biscia tasmana, ma io c'ho in corpo quattro coca e rum!"

"Che Dio ce la mandi buona, allora!" Commentò soltanto l'altro e, ridendo, salirono in macchina.

 

La verità era che Orlando per questa cosa ci stava male da cani; non sperava davvero che Cass si sarebbe fatta viva, la conosceva, era orgogliosa, col cazzo avrebbe fatto il primo passo. Ma, del resto, quello era l'unico modo per capire se ci teneva a lui. Si stava arrovellando, comunque, e, come sempre, quando era preda di quelle seghe mentali, l'unico da chiamare era Viggo; il solo ascoltare la sua voce lo rasserenava, e gli dava sempre buoni consigli.

"Allora, come mi devo comportare, secondo te?" Gli chiese impaziente, alla fine del resoconto degli ultimi avvenimenti; pausa alla Mortensen, dall'altra parte.

"A quanto mi sembra di capire..." Mormorò infine l'uomo. "...tu sei interessato a sapere perché lei si comporta così, il motivo per cui tiene così poco alla sua vita?"

"Eggià." Rispose Orlando, rassegnato ai tempi di Viggo.

"Ci tieni veramente a questa ragazza?" Gli domandò l'amico.

"Te l'ho detto, sì, sì, e sì."

"E muoviti, allora." Lo spronò l'uomo, ma senza violenza. "Tu non sei mai stato uno che sta con le mani in mano, datti da fare, qualcosa inventerai, ti conosco."

"Sembra facile..." Biascicò Orlando, posando il mento su una mano. "...ma..." Sentì ridacchiare sommessamente l'amico. "Che cazzo ti ridi?" Gli chiese con un sorriso.

"Chi avrebbe immaginato che, una scopata in uno stanzino, si sarebbe trasformata in una storia d'amore in piena regola." Spiegò Viggo.

"Ma vaffanculo!" Replicò divertito Orlando.

"Io ci vado anche..." Ribatté l'uomo. "...ma la prossima volta che hai bisogno di farmi tornare da quel beneamato paese, fammi il favore di ricordarti il fuso orario..." Il ragazzo cominciava a ridere, anche per il tono assolutamente serio che l'amico stava usando. "...io ho una vita, quando non sono al telefono con te..."

"Viggo, se non ci fossi andresti inventato!" Esclamò Orlando; entrambi scoppiarono a ridere.

"Buonanotte stellina, fammi sapere, mi raccomando." Lo salutò infine l'uomo.

"Ci sentiamo presto." Disse soltanto lui, prima di riagganciare.

 

Orlando fermò la macchina lungo il marciapiede, davanti a quella villetta, in una via piena di altre villette, tutte uguali. Il ragazzo, per un attimo si era chiesto se avesse fatto bene, ad approfittarsi del suo vecchio amico Josh, per avere quelle informazioni alla motorizzazione; poi si era detto che sì, era l'unico modo. Sospirò, mentre scendeva dalla macchina e la chiudeva; percorse i pochi passi che lo separavano dal portone con le mani sprofondate nelle tasche. Non capiva perché si sentisse così teso. Suonò il campanello.

"Sì?" Gli fece la donna che aprì; aveva un caschetto di capelli biondi, ben acconciati, una maglia celeste a maniche corte, e jeans. A prima vista non somigliava molto a Cassy, ma in un certo modo si capiva che erano madre e figlia.

"Salve..." Salutò Orlando, con un po' d'imbarazzo. "Lei è la signora Wendy Simmons?" Le chiese; lei lo guardò strano per un breve momento.

"Sono io." Rispose infine.

"Mi chiamo Orlando, sono un amico di Cassandra..." Si presentò il ragazzo.

"Non vive qui." Lo interruppe la donna; lui la guardò.

"Sì, lo so." Affermò poi. "Volevo parlare con lei un momento, mi fa entrare, sempre se non disturbo?"

Lei lo osservò attentamente per qualche istante: non sembrava il solito morto di fame che portava di solito a casa Cassy; nonostante l'abbigliamento semplice quel ragazzo aveva un qualcosa che lo posizionava in una classe sociale superiore, e poi era troppo educato. Questo lo pensò prima di vedere il grosso, sportivo, prestigioso e sicuramente carissimo orologio che portava al polso; non un oggetto che si possono permettere tutti.

"Accomodati." L'invitò, scostandosi dalla porta; in quel momento alzò gli occhi e vide la macchina parcheggiata lungo il marciapiede. "Ci conosciamo?" Chiese al ragazzo, quando si girò verso di lui, dopo aver chiuso la porta. "Perché hai un viso familiare..."

"No, non ci conosciamo, o almeno, io non conosco lei..." Rispose un po' impacciato Orlando. "Mi avrà visto al cinema..." Ipotizzò poi; Wendy si voltò di scatto e l'osservò meglio.

"Sei un attore..." Realizzò alla fine, continuando a studiarlo. "Sei... sei quello che ha fatto Pirates of the Caribbean, e Troy, e...!" Esclamò infine.

"Eh, sì..." Ammise lui, passandosi una mano sulla nuca.

"Ma senti un po'." Commentò la donna. "Come vi siete conosciuti, con Cassy?" Gli domandò.

"Al campo di paracadutismo." Rispose Orlando.

"Ah..." L'espressione della signora Simmons si fece più pensierosa, ma poco dopo rialzò gli occhi su di lui, con un sorriso. "Ma siediti." Gli disse. "Ti va una tazza di the?"

"Sì, grazie." Annuì il ragazzo, accomodandosi sul divano. "E' molto gentile." Lei gli sorrise di nuovo, poi scomparve in cucina.

"Che cosa sei venuto a fare qui?" Domandò la donna a Orlando, poco dopo, mentre gli serviva il the; lui esitò un attimo, poi parlò.

"Ecco..." Titubò. "...non vorrei entrare nei particolari, ma Cass si sta mettendo sempre più nei guai, non vorrei farla preoccupare, ma..."

"Non temere." Lo interruppe lei, tenendo il capo chino, apparentemente concentrata nel servizio. "Sono abituata alle intemperanze di Cass, sono cominciate molto tempo fa."

"Vorrei saperne di più." Intervenne il ragazzo.

"Hm..." Dopo aver preso un sorso di the, Wendy posò la tazza sul tavolo. "Quasi due anni fa, una notte, è tornata a casa con i capelli di tre colori ed un tatuaggio sull'addome..." Raccontò senza guardarlo. "...poi ha conosciuto Malcom, ed ha cominciato con gli sport estremi, da allora non si contano le assurdità che ha fatto, dalle sbronze, alla marijuana, alla resistenza  a pubblico ufficiale, finché, l'inverno scorso, prima di Natale, se n'è andata anche di casa." Continuò. "Diceva che le tarpavo le ali." Commentò con triste ironia. "Non la vedo da sei mesi, e non la sento da tre."

Orlando si rammaricò, sapendo quali erano i rapporti tra le due donne; lui, che adorava sua madre, non riusciva a capire come si potesse arrivare ad un livello simile.

"Sono dispiaciuto che non abbiate un bel rapporto." Mormorò il ragazzo.

"Non è sempre stato così, un tempo ci dicevamo tutto..." Dichiarò Wendy, scuotendo il capo.

"Lo immaginavo." La donna fu sorpresa da quell'affermazione dell'attore, così lo guardò negl'occhi. "Fin dall'inizio ho pensato che la Cassy che ho conosciuto non fosse quella vera." Lei gli sorrise.

"Non avrei dovuto stupirmi, tu sei una persona di talento, e quelli come te sono più sensibili della media." Affermò lei. "Vuoi sapere cosa l'ha trasformata?" Gli chiese poi, lui annuì. "Vieni con me." Gli disse allora, alzandosi dal divano.

 

La stanza era piccola e rettangolare, Orlando si guardava intorno un po' sconcertato; gli scaffali erano ingombri di coppe, targhe, medaglie, fotografie, allori, alla parete di fondo erano appese un paio di scarpette chiodate, sembravano vecchie, forse degl'anni 50.

"Tutti questi..." Chiese il ragazzo spaesato. "...li ha vinti Cass?" Indicò i premi che lo circondavano.

"No, ci sono anche cose mie e di suo padre." Rispose Wendy. "Ma molti sì, li ha vinti lei."

Orlando si avvicinò ad una mensola e si mise ad osservare una fotografia; era Cassy, una Cassy molto diversa da quella che conosceva, con una treccia di capelli chiari, quasi biondi, su un podio, con dei fiori in mano e una medaglia al collo.

"Ma questi sono i colori della nazionale!" Esclamò, quando si accorse del body bianco con le strisce rosse e blu e un piccolo Union Jack sul petto.

"Sì." Annuì Wendy. "Ha partecipato ai giochi giovanili del Commonwealth, vincendo la medaglia d'argento, c'era un'australiana che andava come un treno..."

"Cavolo, Cass era davvero brava, allora..." Commentò colpito Orlando, si guardarono.

"No, lei non era brava, Cass era una campionessa, sarebbe andata alle Olimpiadi, credimi." Replicò dolcemente la donna. "Se non avesse mollato, ora sarebbe in partenza per Atene."

"Che disciplina praticava?" Domandò incuriosito il ragazzo.

"La più dura dell'atletica femminile, l'eptatlon." Rispose la signora Simmons. "Aveva cominciato con la corsa, ma non era abbastanza per lei, le piacciono... le piacevano tutte le discipline." Aggiunse poi. 

Orlando continuava a fissare la fotografia, quel sorriso felice, quegl'occhi lucidi, e l'aura di luminosa gioia che circondava la ragazza; lui non l'aveva mai vista così, adesso Cass era come una stanza dove hanno spento la luce, rispetto alla persona che era allora.

"Perché ha smesso?" Domandò rammaricato, alzando gli occhi su Wendy; lei fece una smorfia, poi prese un'altra foto e gliela mostrò.

"Questo è il padre di Cassy, George." Gli disse, indicando un uomo alto, immortalato tra la moglie e la figlia. "Era un martellista della nazionale inglese, io correvo il mezzofondo, ci siamo conosciuti alle Olimpiadi di Monaco, se le ricordano tutti."

"Quelle dell'attentato..." Mormorò Orlando. "Io non ero nato, ma ne ho sentito parlare." Lei annuì.

"Proprio quei tristi giorni ci avvicinarono." Ricordò la donna. "Comunque, dicevo, l'atletica è un po' una malattia di famiglia, anche mio padre era un atleta, e così quello di George, il quale corse la maratona alle Olimpiadi di Helsinki." Riprese poi. "Mio marito, ed io anche, trasmettemmo la passione a nostra figlia, fin dall'infanzia, ricordo infatti che il primo giocattolo di Cassy fu il martello di suo padre..." Il suo sguardo si perse nei ricordi, per un attimo. "Lui era il suo allenatore, e la stava portando a livelli altissimi, Cass lo adorava, nonostante le normali incomprensioni che possono esserci, finché..." A quel punto, Orlando aveva già capito dove sarebbe arrivata la signora Simmons. "Quasi tre anni fa, ormai, George è morto, all'improvviso, a bordo pista, mentre lei si allenava..." La donna chinava il capo, tenendo una mano appoggiata sullo scaffale. "...non c'è stato nulla da fare."

"Oh mio Dio..." Commentò soltanto il ragazzo; ora capiva molte cose.

"Per diverse settimane Cassy rimase apatica, io cercai di convincerla a rivolgersi ad uno psicologo, a me è servito molto, ma lei non ne volle sapere." Affermò Wendy. "Un giorno, poi, circa sei mesi dopo, ricominciò ad uscire, ma non per allenarsi, stava fuori fino a tardi, tornava sempre messa peggio, fino al giorno del tatuaggio e all'incontro con Malcom." Aggiunse. "Per carità, tra tutti i disgraziati che mi ha portato dopo, lui è stato il migliore, almeno le voleva bene..." Affermò sconsolata la donna, poi guardò Orlando. "Io ho cercato di riportarla in pista, le ho proposto di continuare ad allenarla io, ma è stato inutile, non ha più rimesso le scarpette."

Il ragazzo si scostò dallo scaffale, aggirandosi per la stanza; tutta la faccenda adesso aveva i contorni più definiti. Lui si era immaginato molte cose, rispetto al motivo che aveva spinto Cassy a mollare lo sport, ed ora che sapeva, si sentiva in colpa per averla lasciata in quel modo. Se solo avesse saputo, avrebbe cercato una soluzione insieme a lei... Si girò verso la signora Simmons.

"Io..." Esordì. "...posso capire il suo dolore, ma perché rinunciare a tutto questo?" Indicò ciò che lo circondava. "...il sogno di una vita." Aggiunse tristemente. "Io vivo e lavoro in un mondo crudele, uno vede l'aspetto esteriore, la fama, la bellezza, ma non sa cosa c'è dietro, gli anni di sacrifici, di particine, di umiliazioni, di porte sbattute in faccia, perciò questa rinuncia mi addolora." Affermò. "Anche lo sport agonistico è sacrificio e rinuncia, in più c'è anche la fatica, non posso credere che lo abbia fatto senza rimpianti."

"Infatti non lo credo nemmeno io." Gli disse la donna. "Ma, come ti ho detto prima, io penso che le persone di talento siano più sensibili, ma anche più fragili... e Cassy di talento ne ha tanto."

"Non la accetto questa cosa." Dichiarò Orlando deciso. "Non se ne parla proprio, non si butta nel cesso una vita d'impegno." Aggiunse scuotendo il capo. "Ci parlerò."

"E credi di convincerla?" Fece Wendy, con tono scettico; lui alzò i suoi occhi profondi in quelli della donna, serio.

"So essere molto convincente, se voglio." Rispose. "Qualcosa succederà, lei stia pronta." Le garantì poi, determinato.

La donna, per un qualche misterioso motivo, si sentiva fiduciosa, nei confronti di quel ragazzo, non aveva mai visto nessuno così determinato ad aiutare Cassy, chissà, forse aveva abbastanza palle da riuscirci; soprattutto, sperò che sua figlia fosse sufficientemente presa da lui, da dargli retta. Lo guardò di nuovo, mentre lo accompagnava alla porta, era veramente un bel ragazzo, viso gentile, ma non si può mai dire con gli attori; chissà che tipo di rapporto avevano quei due, dove andavano insieme, se Cassy era già finita su qualche rivista insieme a lui, se facevano sesso... si diede della scema, certo che lo facevano, non erano mica bambini! Adesso stava facendo dei pensieri da mamma, ed erano mesi che non le succedeva.

"Sai..." Disse ad Orlando, dopo avergli aperto la porta. "...mi fa piacere che Cassy si sia messa con uno come te." Lui la guardò sospettoso.

"Non le ho detto che stiamo insieme." Affermò poi.

"Se non è così, scommetto che non è colpa tua." Il ragazzo fece un sorrisino mesto. "E poi, di solito, i fidanzati di Cass arrivano su cessi ambulanti, non su fuoristrada Mercedes coi vetri scuri, perciò." Aggiunse, alludendo alla macchina parcheggiata in fondo al vialetto.

"Grazie." Fece lui, dopo un sorriso sincero.

"Di nulla, è stato un piacere." Rispose Wendy. "Spero che ci rivedremo."

"Anch'io." Replicò Orlando, stringendo la mano che gli veniva porta. "Arrivederci." Salutò allontanandosi; lei restò a guardare finché non salì in macchina e mise in moto.

 

Un tramonto limpido, strano per l'Inghilterra, illuminava la pista; Orlando si diresse al magazzino, passando proprio davanti alla porta della rimessa dove lui e Cass avevano fatto l'amore per la prima volta. Il ricordo di quella scopata, sì perché solo quello era, gli diede un po' fastidio, alla luce di quello che provava ora; del resto, se non fosse successo, non l'avrebbe conosciuta, e forse questo era peggio.

La vide che piegava il suo paracadute sul grande tavolo lungo la parete del magazzino, stranamente era sola; si avvicinò, senza curarsi troppo di non farsi vedere, ma lei era distratta e non se ne accorse. Cassy si girò dopo qualche minuto, trovandoselo davanti; Orlando era serio, portava una t-shirt grigia e jeans, giocherellava con le chiavi della macchina, e questo tradiva un po' di nervosismo. Lei s'incupì.

"Deponiamo per un attimo le armi." Esordì il ragazzo. "Vorrei solo parlarti." Cassy lasciò bruscamente quello che aveva in mano, poi s'incamminò lungo la pista; lui la seguì. "Sono stato da tua madre." Affermò poi, dopo alcuni metri; la ragazza si girò di scatto, con espressione adirata; Orlando si aspettava quella reazione.

"Cosa?!" Sbottò infatti Cass. "Ma come ti sei permesso?!" L'accusò poi.

"Io avrei voluto sapere da te, che problemi avevi, ma tu mi chiudi tutte le porte." Replicò rammaricato l'attore. "Non è colpa mia se sono dovuto entrare dalla finestra."

"Bell'analogia, non c'è che dire." Commentò sarcastica, dandogli di nuovo le spalle. "Io, comunque, non ho alcun problema."

"Oh, sì che ce l'hai." Ribatté Orlando annuendo.

"Humpf..." Sbuffò lei. "Immagino che ti avrà fatto vedere la sua adorata stanzetta dei trofei, tutte quelle inutili medaglie, targhe, coccarde..." Proclamò allora la ragazza, mostrando distacco. "...mh... immagino che tu abbia visto anche le scarpette del nonno attaccate al muro, patetiche, come mia madre."

"Non dire così, io credo che un tempo anche tu hai amato quelle cose che ora chiami inutili." Affermò Orlando. "E tua madre non è affatto patetica, considerato il dolore che ha provato e le preoccupazioni che le dai tu." Cassy taceva, vagando con lo sguardo.

"Non avevi comunque il diritto d'impicciarti delle cose nostre." Dichiarò dopo un po', continuando a non guardarlo.

"Cassy, tu hai bisogno di aiuto." Le disse il ragazzo, posando una mano sul suo braccio; lei gli lanciò un'occhiata gelida, lui scosse il capo. "No, io so che non sei stupida, che ti rendi conto di quello che ti sta succedendo, vuoi veramente continuare così?" Le chiese.

"Mi dici a che serve impegnarsi tanto, allenarsi ogni giorno, costruire il futuro, se il giorno dopo puoi essere morto?" Replicò accorata la ragazza. "Come mio padre." Aggiunse chinando il capo.

"Dimmi tu, a cosa serve vivere, senza cercare di realizzare i propri sogni." Ribatté calmo lui. "Vuoi arrivare alla fine della tua vita con un pugno di mosche, rendendoti conto di aver seppellito le tue speranze ben prima del tuo corpo?"

"Preferisco vivere come se non ci fosse domani, come se ogni giorno fosse l'ultimo, e godermi ogni attimo, senza pensare." Affermò lei, ma dall'espressione non si sarebbe detto che fosse convinta delle proprie parole.

"Questo non toglie che, comunque, un domani esiste." Precisò dolcemente Orlando. "E tu hai un dono, un talento, che non puoi buttare via così."

"Ma cosa ne sai tu..." Mormorò Cassy, alzando su di lui degl'occhi che non riusciva a far rimanere asciutti; il ragazzo le strinse delicatamente le spalle.

"Abbastanza da sapere che ora non sei felice, ma un tempo lo sei stata." Rispose poi, con ancora negl'occhi quella ragazzina piena di gioia vista nella foto.

"Tu non capisci... niente sarà più come allora..." Riprese la ragazza, sempre più abbattuta. "...lui non c'è più..."

"Ma è anche per tuo padre che devi tornare ad allenarti." L'interruppe Orlando. "Ha creduto in te per tanti anni, realizzando il tuo sogno realizzi anche il suo." Continuò. "Perché non puoi negarlo, sfondare come atleta era il tuo sogno." Aggiunse; Cassy guardava verso il basso ora, combattuta tra la voglia di scappare e quella di abbracciarlo. "E non sei sola, c'è tua madre, che aspetta solo una tua parola, e ci sono io." Le sorrise.

"Tu?" Fece lei, con espressione interrogativa.

"Sempre per te, se mi vorrai." Dichiarò Orlando, carezzandole i capelli.

"Io..." La ragazza chinò di nuovo lo sguardo. "...io non so... devo riflettere, sì..." Balbettò poi. "Ho bisogno di stare da sola..." Affermò infine, scostandosi da lui.

"Lunedì pomeriggio parto per il Canada, cominciano le riprese." Le disse l'attore, mentre Cassy si allontanava. "Ma se hai bisogno di me, come rintracciarmi lo sai." Lei ebbe solo la forza di annuire e, prima di scoppiare in lacrime, corse via.

Si fermò solo davanti al suo armadietto, nel magazzino, respirando forte e poggiando le mani sullo sportello; Malcom, vedendola in quelle condizioni, si avvicinò, posandole una mano sulla spalla.

"Cass, stai bene?" Le chiese.

"No." Rispose la ragazza. "NO!" Ripeté alzando la voce. "Non sto bene, non sono mai stata bene, sono tre anni che sto male!" Gridò poi, il ragazzo si scostò allarmato. "Lasciatemi in pace!" Aggiunse piangendo, dopodiché scappò, rifugiandosi nella rimessa dei paracadute, dove si gettò sulle attrezzature, dando libero sfogo al suo dolore.

 

CONTINUA...

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


- Capitolo 5 -

- Capitolo 5 -

 

Life was just what happened

While we were busy making plans

(Right side of wrong - Bon Jovi)

 

Orlando stava discutendo con sua madre da almeno mezz'ora, certo che a volte quella donna sapeva essere veramente testarda! Sfortuna voleva che il suo degno pargolo lo fosse come e quanto lei, cosa che determinava discussioni sulle cose più inutili. Sam, la sorella dell'attore, aveva preferito mollarli circa un quarto d'ora prima, con la saggia decisione di andare personalmente a prendere il pranzo, invece di farselo portare a casa.

"Mamma, cazzo, ma come te lo devo dire di non mettermi in valigia quelle scarpe?!" Sbottò il ragazzo, indicando il paio incriminato.

"Ma se non ti piacciono perché le hai comprate?" Gli domandò lei serafica.

"Quando le ho prese mi piacevano, ma ora non più!" Rispose Orlando allargando le mani come se fosse ovvio.

"Hum, e poi dicono di noi..." Affermò la donna, alzando le sopracciglia e voltandosi. "Gli uomini sì che sono volubili..." Commentò poi; il figlio sbuffò, roteando gli occhi. "Suonano alla porta." Annunciò poco dopo, al trillo del campanello.

"Sarà Sam, vado io." Fece Orlando allontanandosi dal salotto. "Tu non mettermi quelle scarpe in valigia, nel frattempo." Le intimò poi, raggiungendo la porta.

Aprì, convinto di trovarsi davanti la sorella con le buste del ristorante; a dire il vero ci sperava, visto che aveva abbastanza fame, ma non fu così. La ragazza col taglio da marine, una maglietta bianca e un paio di jeans scoloriti, era certamente Cassy, anche se lui non l'aveva mai vista così naturale, senza traccia di trucco; teneva in mano qualcosa di nero, ma lui non ci prestò attenzione, stupito di trovarsela davanti.

"Cass..." Mormorò.

"Ciao." Disse lei, timidamente.

"Cosa... cosa hai fatto ai capelli?" Le domandò; lei si passò le dita su quel poco che rimaneva della sua capigliatura, un po' imbarazzata.

"Era l'unico modo per togliere velocemente la tinta..." Rispose titubante.

"Oh, capisco..." Biascicò il ragazzo. "...è bello vederti..." Aggiunse poi; lei sorrise appena.

"Sono... sono venuta a salutarti." Affermò, guardandolo negl'occhi. "Stai partendo, non è vero?" Lui annuì, lei sorrise.

"Sì, oggi pomeriggio, sto facendo le valige." Rispose l'attore.

"Volevo anche restituirti questo." Gli porse quello che aveva in mano, e finalmente Orlando riconobbe il suo maglione, quello che una sera le era rimasto addosso, tornando a casa.

"Ma non ce n'è bisogno." Ribatté dolcemente il ragazzo. "Puoi tenerlo, ne ho tanti." Aggiunse; Cassy guardò il maglione, rattristandosi.

"Ecco, l'ho fatto lavare..." Disse, dopo un attimo di silenzio. "...non ha più il tuo profumo..." Continuò, tornando a guardare Orlando; lui le sorrise, piacevolmente colpito dalle sue parole.

"Mi spiace." Riuscì soltanto a dire.

"No, non fa niente." Fece Cass, stringendosi nelle spalle. "Ora..." I suoi occhi verdi erano incatenati a quelli dolci di Orlando. "...ora andrei..." Annunciò infine.

"Ah, Cass." La fermò l'attore, mentre la ragazza stava già ripercorrendo il vialetto; si girò. "Sei molto carina vestita così." Lei sorrise. "Ti direi bella, se ci fossero i capelli." Aggiunse sorridendo.

"Grazie lo stesso." Replicò divertita Cassy. "Buon viaggio." Gli augurò, poi riprese la sua strada; in quel momento usciva sul portone anche la madre di Orlando.

Il ragazzo si rese conto di non farcela, a vederla andare via così, stava già arrivando alla macchina parcheggiata lungo la strada; Orlando sentiva di non averle detto tutto, e non poteva lasciarla andare senza nemmeno abbracciarla.

"Chi è quella ra..." Ma la signora Bloom non finì la frase, poiché il figlio scese i due scalini del portico in una volta sola e le corse dietro.

"Cassy!" La chiamò; lei si bloccò con la portiera già aperta. "Dammi." Le ordinò, prendendole dalle mani il maglione.

"Allora lo rivuoi?" Domandò stupita, guardandolo mentre lo indossava sopra alla t-shirt rossa e si stringeva nelle braccia; lui negò col capo, stava ancora riprendendo fiato.

"No..." Mormorò. "...era per... così avrà di nuovo il mio profumo..." Spiegò, cercando di sorridere; lei fece un breve risata felice.

"Grazie." Gli disse poi.

"Di nulla." Rispose lui, sfilandosi il maglione e restituendoglielo. "Mi fa piacere se hai qualcosa di mio." Aggiunse allegramente; Cassy lo fissò per un attimo, aggrottando la fronte.

"Allora voglio ricambiare." Annunciò infine, poi si piegò, infilando la testa dentro l'abitacolo della macchina; ne uscì poco dopo, porgendo al ragazzo un piccolo peluche a forma di topo.

Orlando, con un gran sorriso, lo prese nel palmo della mano, guardò la ragazza e rise; lei gli stava davanti tormentandosi le dita, nonostante l'espressione calma.

"Questo vuol dire che sono ancora il tuo topino?" Le domandò infine.

"Sempre." Dichiarò Cassy, circondandogli il collo con un braccio e baciandogli la guancia con tenerezza. "Sempre..."

"Mi mancherai..." Le sussurrò Orlando all'orecchio, mentre erano ancora abbracciati.

"Non hai idea di quanto mancherai tu a me." Rispose lei, lasciandolo.

Orlando la guardò andare via, con la sua vecchia Ford rossa, accorgendosi che già gli mancava; l'aveva vista cambiata, quel giorno, chissà che non avesse deciso di riprendere in mano la propria vita. Il ragazzo lo sperò con tutto il cuore, e forse, al suo ritorno, ci sarebbe stato spazio per ricominciare da capo quella relazione; sperò anche quello.

"Era la tua ragazza quella strana tipa?" Gli domandò la madre con uno sguardo obliquo, quando Orlando ritornò alla porta.

"Non è affatto strana, mamma." Rispose lui scocciato.

"Oh!" Sopraggiunse anche Sam, appena scesa dalla macchina, ma che evidentemente aveva seguito tutta la scena. "Non sarà mica quella delle Ardenne?" Chiese al fratello.

"Ma voi due non vi fate mai i cazzi vostri?!" Sbottò Orlando, e rientrò in casa, lasciandole basite sul portone; scossero il capo e lo seguirono.

 

Era già passata qualche settimana dalla partenza di Orlando; ormai era estate, ma la location tra i boschi canadesi non era calda, anzi alla sera erano consigliabili giubbotti e maglioni, e si dormiva tranquillamente con la trapunta.

Le riprese della drammatica storia d'amore e miniera procedevano tranquille, senza eccessivi scossoni, a parte i normali inconvenienti da set; Orlando, però, stavolta non aveva legato in modo particolare coi colleghi, quando non era impegnato con le riprese stava molto per conto suo. Il suo stato d'animo tendente alla misantropia, ad ogni modo, lo aiutava non poco nell'interpretazione; qualcuno del suo entourage lo aveva sconsigliato di accettare quella parte, adducendo come scusa che non aveva la faccia giusta, ma lui si era impuntato. Le critiche, almeno alcune, negative che aveva ricevuto per recenti interpretazioni lo avevano molto colpito, doveva dare una svolta alla sua carriera, così era giunta la decisione d'interpretare quel personaggio non del tutto positivo, ma capace di un gran riscatto finale. E poi, in quel film, per la prima volta, sarebbe morto; le avrebbe fatte piangere, cacchio, le sue fan avrebbero consumato quantità industriali di cleenex. Convinto delle sue potenzialità, si era buttato anima e corpo nell'interpretazione dello scontroso e un po' brusco giovane minatore dal passato difficile. Era sempre più concentrato, tranne quando pensava a Cassy.

Un giorno, Orlando era seduto a fianco del suo coprotagonista, durante la pausa pranzo; aveva appena aperto il suo cestino e stava osservando l'ennesimo uovo sodo sopra la sua insalata: ma come cazzo glielo doveva dire che non gli piaceva l'uovo sodo?!

"Orlando!" Lo chiamò una voce; lui si girò e vide una delle assistenti del regista. "E' tuo questo maglione?" Gli chiese la ragazza, sventolando un golf di un orrendo colore verde marcio.

"No." Rispose distrattamente lui.

"Allora scusa." Fece lei, tornando a cercare il proprietario.

L'attore, nel frattempo, era tornato ad osservare sconsolato l'uovo; sbuffò e chiuse gli occhi. Ecco, fu in quell'attimo che avvenne la folgorazione, che la luce bianca gli schiarì il cervello, che si rese conto della verità... Aprì gli occhi di scatto sul bianco e lucente albume bollito, con la consapevolezza di aver capito.

"Anche lei mi ama!" Esclamò, facendo sobbalzare il collega, che lo guardò stranito.

"Ma... ma, Orlando, questo mi sembra abbastanza chiaro nello script..." Balbettò l'altro attore. "Lei ti ama, e per questo mi tradisce, ma poi tu muori salvandomi e lei torna da me." Spiegò con cognizione.

"No, guarda..." Lo interruppe lui, girandosi appena. "...non hai capito una mazza, ma non mi stupisco..." Continuò scuotendo il capo. "Lei è innamorata di ME!" Ripeté indicandosi.

"Sì." Annuì l'altro. "E' chiaro nella sceneggiatura, ti dico!" Insisté poi. "Avete delle scene anche piuttosto esplicite..." Orlando sospirò rassegnato, alzando gli occhi al cielo.

"Ascoltami, guardami." Gli fece, gesticolando. "Io non parlo del film, io parlo di me, Orlando Bloom!" Sbottò.

"Ahhh..." Ma l'espressione smentiva che avesse capito. "Hai una storia con lei..." Ipotizzò poi, con fare cospiratorio, indicando la protagonista femminile che mangiava poco distante; Orlando si alzò, posò il cestino del pranzo sulla sua sedia, prendendo però in mano il famigerato uovo sodo.

"Io m'arrendo." Dichiarò disarmato, allargando le braccia, poi si ficcò in bocca l'uovo e se n’andò; il collega lo seguì con lo sguardo, allibito.

"Questi inglesi, sono proprio pazzi." Commentò infine, scuotendo il capo.

"Un telefono!" Gridava nel frattempo Orlando. "Per pietà, un telefono, il mio regno per un telefono!" Proclamava disperato, sputacchiando pezzi di tuorlo.

 

"...brrronto..." Gli rispose una voce impastata dall'altra parte; Orlando rimase interdetto per un attimo, aggrottando la fronte, se non si era rincoglionito, in California dovevano essere per lo meno le nove del mattino.

"Dominic?" Domandò preoccupato l'attore.

"Orlando, ma che cazzo vuoi?!" Replicò l'amico; lui si rassicurò. "Perché a quest'ora non sei a prenderti un bel the, magari con un tramezzino al crescione..."

"Me lo sbatto il crescione! Sono in Canada idiota, qui è l'ora di pranzo!" Ribattè Orlando.

"Ma allora perché mi scassi la minchia, io ho fatto le quattro ieri notte, mi sono appena svegliato, non ho ancora preso il caffè e mi scappa anche da pisciare!" Riprese Dom, con tono sconsolato.

"Chissenefrega!" Sbottò l'altro. "Io mi sono alzato alle cinque stamattina, ma dovevo parlare con qualcuno, sono un fiasco di adrenalina, se non mi sfogo scoppio!"

"'Spetta..." Fece l'amico; seguirono strani e indecifrabili rumori, scrosci d'acqua. "Dimmi." Dom tornò a parlare.

"Che stavi facendo?" Domandò sospettoso Orlando.

"Stavo pisciando, perché?"

"Lasciamo stare..." Commentò l'altro, scuotendo il capo. "Beh, Dom, mi sono reso conto di una cosa: lei mi ama!" Aggiunse entusiasta.

"Un momento..." Disse Dom. "...sì, credo di aver capito di chi parli." Ammise, dopo qualche attimo di silenzio. "Senti, ma di queste cose, di solito, non ne parli con Viggo?" Gli chiese poi, grattandosi la testa.

"Sì." Rispose Orlando, annuendo, come se l'amico lo potesse vedere. "Ma lui è disperso in Centroamerica." Spiegò.

"Disperso?!" Esclamò allarmato Dominic.

"Sì, nel senso che sta tipo in Guatemala, in un campo ecocompatibile, solidale, no global, zen, e non è rintracciabile." Raccontò allora Orlando.

"Ma dove cazzo le troverà 'ste robe? Io manco col lanternino..." Commentò Dom.

"Torniamo a me." Lo interruppe Orlando. "Che c'ho fretta."

"Sì, allora, la ragazza ti ama, te lo ha detto lei?" Chiese a quel punto l'amico.

"Ti ho detto che l'ho capito da solo!" Esclamò spazientito l'altro.

"Oh, oh, ghiacciati bellino!" Ribatté Dominic, che si era seduto, poggiando il gomito sul coperchio del water. "Mi sono svegliato ora, cazzo!"

"Scusa, non volevo essere brusco..." Affermò Orlando. "Comunque è stato il maglione che mi ha illuminato!" Riflessivo silenzio dall'altra parte del filo (forse, attonito silenzio). "Lei voleva restituirmi il maglione, io le ho detto che poteva tenerlo, e lei si è lamentata che non aveva più il mio profumo! Capisci?!" Spiegò entusiasta.

"Oddio, no!" Rispose Dom, con tono disperato. "Io non ti capisco, non ti seguo, le mie facoltà mentali languono, i miei neuroni non connettono! Fammi prendere il caffè, per piacere!"

"Ti ho già fatto pisciare, mi pare abbastanza." Dichiarò Orlando.

"Senti, ma..." Riprese Dom, più pacato. "...l'hai più sentita, chiamata..."

"Ho chiamato, ma non l'ho mai trovata in casa." Riferì sconsolato il ragazzo. "E, capirai, non posso chiamarla la sera quando torno in albergo, per via del fuso." Si lamentò poi.

"Cazzo, Orlando, ma lasciale un messaggio, fatti richiamare tu..." Suggerì Dominic. "Una chiamata a carico, se ti scoccia farle spendere quella cifra."

"Non è una cattiva idea..." Mormorò lui.

"Eccerto che no! E' mia!" Si vantò l'amico. "Toglimi una curiosità, però." Continuò. "Per che cazzo hai chiamato me, non potevi chiedere un consiglio a qualcuno lì?"

"No!" Rispose deciso Orlando. "Non se ne parla proprio, pensa che il mio coprotagonista crede che il ratto delle sabine sia una pantegana dell'antica Roma!"

"E direi che non c'è bisogno di aggiungere altro..." Dopo i saluti di rito, la telefonata terminò, e Orlando fu costretto a tornare a girare, con nuovi intenti per la serata ed un orrendo sapore di uovo sodo in bocca.

 

Guardò ancora l'orologio, battendosi ritmicamente il cordless sul ginocchio; Orlando era seduto nel soggiorno della sua suite, aspettando l'ora per andare sul set, ma prima voleva fare quella telefonata. Riguardò l'ora, tra pochi minuti avrebbe dovuto volare al trucco, anzi era già in ritardo; a Londra dovevano essere più o meno le undici del mattino, non l'aveva mai trovata in casa a quell'ora. Via. Con uno sbuffo, strinse il telefono e compose il numero.

"Ciao a tutti!" Rispose la voce squillante di Cass, chiramente registrata. "Questa è la segreteria di Cassy, non sono in casa..." E ti pareva. "...e non so quando, o se, rientrerò, potete lasciare un messaggio dopo lo sgorbiozzo, se vi butta bene vi richiamerò, altrimenti riprovate voi, e buona fortuna!" Ormai lo aveva sentito centinaia di volte quel messaggio, proprio nel classico stile di Cass; il ragazzo, rassegnato, si preparò a lasciare il suo messaggio.

 

"Ciao Cass... sono Orlando..." Oddio, la sua voce; la ragazza ebbe un grosso tuffo al cuore e poggiò una mano sulla spalliera della sedia. "...volevo, ecco..." Sembrava molto titubante. "Non ti trovo mai, ma vorrei davvero parlare un po' con te." Affermò infine la voce registrata. "Se non ti spiace potresti chiamarmi tu... anche una telefonata a carico, non è un problema, a questo numero ****, è il mio albergo in Quebec..." Cadde la linea, ci fu un attimo di panico, poi Cassy passò al secondo messaggio, era ancora lui. "Scusa..." Fece la sua adorabile voce imbarazzata, lei sorrise. "...spero che il numero sia arrivato, comunque te lo ripeto ****, spero di sentirti presto, ciao... un bacio..."

La ragazza si sedette lentamente sulla prima sedia a tiro, coprendosi la bocca con le mani, mentre il cuore le batteva furiosamente; risentire la sua voce le aveva provocato un'emozione fortissima e rimandato alla mente un miliardo di ricordi. Ricordava perfettamente come lui pronunciava certe parole, quel suo modo particolarissimo di muovere le labbra, quei piccoli gesti che faceva sempre parlando; si accorse che le mancava perfino quel suo irritante vizio di aggrottare le sopracciglia. Era innamorata, e si meravigliava di quanto questo le fosse chiaro in quel momento; non che non se ne rendesse conto anche prima, ma c'era come una specie di velo, di barriera invisibile, che aveva eretto lei stessa, ad impedirle di ammetterlo così. Ora era limpido, nitido come la scia di un aereo nel cielo sereno. Oh sì, che lo avrebbe richiamato, presto, molto presto...

 

Orlando si fece una lunga doccia calda, poi si asciugò con meticolosità e, infine, si accorse di non aver preso la biancheria pulita; sconsolato, uscì dal bagno, dirigendosi verso la cassettiera, ma, arrivato davanti la letto, gli passò la voglia di fare qualsiasi cosa. Era stanco, la giornata di lavoro era stata impegnativa e, anche se sapeva che in confronto a chi lavora per davvero in una miniera non c'erano paragoni, ora voleva solo riposarsi.

Si gettò bocconi sul letto così come stava, nudo e coi capelli bagnati, chiudendo gli occhi; poco dopo li riaprì, e vide sul comodino il peluche a forma di topo. Sorrise, poi allungò una mano per toccarlo; si stupì del fatto che, nonostante la stanchezza, dentro di lui ci fosse comunque una prepotente voglia di fare l'amore con Cassy.

Sospirò, mettendosi supino, stringeva ancora il topolino nella mano; non era proprio il momento per pensare a certe cose, soprattutto alla luce delle reazioni del suo corpo... Alzò un po' la testa, guardando in basso, fece una smorfia: era meglio mettersi le mutande.

Fece per alzarsi, ma in quel momento squillò il telefono; il ragazzo si spostò sul materasso, mettendosi su un fianco, dalla parte dell'apparecchio.

"Pronto?" Rispose.

"Signor Bloom, c'è una chiamata per lei dall'Inghilterra, desidera rispondere o preferisce farsi negare?" Gli chiese l'impiegato della reception.

"Chi è?" Replicò Orlando.

"Una certa Signorina Simmons, visto che ha detto il nome ho pensato che non fosse una fan, capisce, di solito non..."

"Me la passi subito!" Lo interruppe l'attore.

Pochi attimi dopo gli fu passata la linea; lui era in piedi e si era completamente dimenticato di essere nudo come un verme, e fremeva in attesa.

"Pronto?" Fece la lontana voce di Cassy.

"Cass, perché non hai chiamato a carico?!" Esclamò lui con impeto.

"Hm... ecco, io... non ci ho pen..."

"Sei a casa?" L'interruppe di nuovo Orlando.

"Sì... ma..."

"Riattacca e ferma lì!" Le ordinò; la ragazza, dall'altra parte, con gli occhi di fuori, ubbidì, pensando di capire cosa aveva in mente.

Passarono solo pochi minuti, prima che il suo telefono squillasse; lei sorrise, rispondendo.

"Orlando?" Domandò.

"Sì." Ribatté il ragazzo.

"Sei più tranquillo ora?" Gli domandò ironica.

"Lo sono." Rispose. "E' solo che, si spendono un sacco di soldi, in queste telefonate, e io..."

"Te lo puoi permettere." Intervenne Cass.

"Ho solo voglia di parlare un po' con te, senza dovermi preoccupare di farti spendere." Affermò dolcemente Orlando.

"Ho capito, non temere, ora siamo a posto." Replicò lei, con la stessa dolcezza.

"Come stai, Cass?" Le domandò allora il ragazzo.

"Bene, e tu?"

"Mi faccio un bel culo, ma sono soddisfatto." Dichiarò Orlando.

"Sono contenta per te." Ribatté Cassy; seguì un attimo di silenzio, sembrava che entrambi non sapessero che dire.

"Sai..." Fece lui, ad un certo punto. "...avevo già provato a chiamarti, ma non ci sei mai."

"Beh..." Rispose la ragazza, titubante. "...il fatto è..." Sembrava fare fatica a raccontare. "...insomma, ho poco tempo, sono sempre in giro." Disse infine.

"Sei sempre stata un tipo impegnato." Commentò Orlando; avrebbe dato chissà cosa, per averla davanti in quel momento e guardarla negl'occhi.

"A dire il vero..." Riprese lei, incerta. "...io..." Però glielo voleva dire. "Orlando... ho ricominciato ad allenarmi..."

Il cuore di Orlando si fermò per un secondo, poi ricominciò a battere con violenza; non sapeva cosa dire, anche se era consapevole che, probabilmente, quella era una delle decisioni più importanti nella vita di Cassy.

"Cass..." Deglutì. "...è una notizia bellissima." Riuscì a mormorare infine.

"Ho parlato con mia madre, dopo che sei venuto all'aeroporto, e ho scoperto che... ne avevo bisogno." Confessò la ragazza. "Ci siamo chiarite, c'erano troppe cose che non ci eravamo dette." Aggiunse.

"Non sai quanto mi fa piacere." Affermò Orlando.

"E' stato anche merito tuo." Dichiarò Cass, a voce bassa, sorridendo.

"Oh, no." Negò il ragazzo, scuotendo la testa. "Forse io ho solo detto le parole giuste al momento giusto, niente di più."

"Quando torni?" Domandò improvvisamente lei, stupendolo.

"Ecco..." Rispose Orlando. "...se tutto va come previsto, dovrei tornare la prima, massimo la seconda, settimana di ottobre."

Più di due mesi, avrebbe voluto dire Cassy, delusa. "Io avrò i trials per entrare ai Nazionali, in quel periodo." Annunciò invece.

"Bene, allora ti vedrò in gara!" Esclamò contento lui.

"Se torni in tempo..." Sembrava sconsolata, forse le mancava quanto lei mancava a lui.

"Ti prometto che ci sarò." Garantì l'attore.

"Voglio crederci." Dichiarò Cass. "Allora, dimmi un po', com'è la vita in Canada?" Dopo quella richiesta, fatta allegramente, cominciarono a parlare come vecchi amici, il ghiaccio era rotto; chiacchierarono a lungo, ridendo e scherzando, nessuno dei due aveva perso lo spirito.

Alla fine si salutarono, promettendo di risentirsi, ma proprio con l'aria di non averne la minima voglia; infatti, dopo aver riagganciato, entrambi si ritrovarono con un senso di vuoto, felici ed eccitati per essersi sentiti, ma tristi, per essere così lontani. Una cosa era chiara per tutti e due, ad ogni modo: nonostante i cambiamenti avvenuti, c'era una scintilla che ancora bruciava, tra di loro. Avrebbero verificato alla prima occasione.

 

CONTINUA...

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


- Capitolo 6 -

- Capitolo 6 -

And if you'll only hold me tight

We'll be holding on forever

And we'll only be making it right

Cause we'll never be wrong together

(Total eclipse of the heart - Bonnie Tyler)

 

 

Le telefonate tra Orlando e Cassy continuarono in maniera sporadica, a causa degli impegni di entrambi, ma erano sempre molto piacevoli; i due ragazzi scherzavano, parlavano e, ogni tanto, piombavano in silenzi che ognuno di loro avrebbe voluto riempire con le parole dettate dal cuore. Finiva puntualmente che trovavano un argomento alternativo, chiedendosi per quanto ancora sarebbero riusciti a tenersi tutto dentro.

La routine alla fine riprendeva il sopravvento; così, mentre Orlando era impegnato sul set, tra finti crolli in miniera, scene d'amore appassionate e croci fatte in terra col nastro adesivo, Cassy spostava un po' più in su l'asticella del salto in alto, migliorava i suoi tempi sui duecento metri piani e riusciva a non fare nulli lanciando il giavellotto.

E la vita di tutti i giorni scorreva a ritmi intensi per tutti e due, e l'estate lentamente finiva, lasciando il posto ad un dorato autunno; ogni giorno che passava, avvicinava Orlando alla fine delle riprese, cosa che lo stava entusiasmando più del dovuto, ma questo migliorava la sua prestazione e gli dava una grande energia. Cassy, da parte sua, alternava giorni di accettabile serenità, a giorni d’inspiegabile tristezza, e allora si metteva il maglione del ragazzo e si rannicchiava sul letto, sognando di averlo vicino.

 

Era una mattina di ottobre, l'ultima settimana di riprese; l'autunno già colorava in modo splendido i boschi canadesi che ospitavano il set: macchie di giallo oro, o di rosso brillante, apparivano tra il verde scuro delle conifere, mentre il cielo manteneva da giorni un turchese quasi irreale. La sera e la mattina cominciava a fare davvero freschino.

Ma Orlando non pensava a niente di tutto questo; era da quella mattina che era inquieto, aveva visto qualcosa che lo aveva messo in agitazione. Ora osservava il regista, durante una pausa della lavorazione, in modo fintamente distratto; gli doveva parlare in tutti i modi. Quando vide la sua assistente allontanarsi, colse l'occasione al volo. Si precipitò sulla sedia libera al suo fianco; l'uomo lo guardò con espressione interrogativa.

"C'è qualcosa che ti devo ancora chiarire, Orlando?" Gli domandò poi.

"No." Negò l'attore.

"E allora? Non vedi che sto bevendo il mio cappuccino?" Fece l'altro, alzando il bicchiere di carta colorata che aveva in mano.

"Non volevo disturbarla, ma ho visto i ruolini... domani sarebbe il mio ultimo giorno di riprese." Affermò Orlando.

"Hmhm." Annuì il regista. "Dunque?"

"Mi chiedevo se avete bisogno di me anche per il resto della settimana." Buttò lì il ragazzo. "Altrimenti potrei tornare in Inghilterra..."

"Perché?" Domandò l'uomo, fissandolo con le sopracciglia aggrottate.

"Ecco..." Ora doveva trovare una scusa plausibile. "...il 10 ho la prima di un altro film e..."

"Il 10 è sabato prossimo." Disse l'altro.

"Lo so." Rispose Orlando, allargando le mani. "Ma ho alcune cose da fare a casa, prima di partire per Los Angeles." Il regista assunse un'aria riflessiva, storcendo la bocca.

"Mah, hai fatto un buon lavoro finora..." Dichiarò infine; l'attore cominciò a sperare. "...però prima devo dare un'occhiata al girato degli ultimi giorni, poi ti faccio sapere."

"Mi farebbe un favore grandissimo!" Esclamò il ragazzo.

"Ti so dire domattina." Affermò l'uomo, tornando a guardare davanti a se, e riprendendo a bere il suo cappuccino. "Ora vai, tra poco tocca a te."

"Grazie, grazie..." Proclamò Orlando, allontanandosi con le mani giunte e continuati inchini. "...grazie..."

"E smettila di leccare il culo, che non ce n'è bisogno!" Sbottò il regista, lanciandogli dietro il bicchiere vuoto; Orlando rise, tornando verso la poltroncina col suo nome.

 

L'asticella era posata all'altezza del suo record personale, ma la ragazza si rendeva conto che erano passati tre anni di quasi totale inattività, da quel limite.

Altre persone si allenavano nella pista intorno a lei: c'erano bambini che apprendevano i primi rudimenti dell'atletica, due robusti ragazzi impegnati nel getto del peso, un gruppo di ragazze che correvano intorno all'ovale. Bene, erano appena passate, aveva un po' di tempo prima che compiessero un altro giro.

Cassy si concentrò, respirando intensamente, poi socchiuse gli occhi e, mentre tutte le voci del mondo sparivano dalla sua mente, disegnò col pensiero il tragitto dei suoi passi, la spinta, lo stacco, il valicamento perfetto dell'asticella... Riaprì gli occhi di scatto, con espressione decisa, assumendo la posizione di partenza, poi scattò verso l'ostacolo.

La ragazza contò i passi, perfetti, si staccò da terra con una spinta potente, andava bene; la testa, le spalle e la schiena superarono senza intralci l'asticella, ma, prima di sollevare le gambe, ebbe la precisa sensazione di averla sfiorata col sedere. Chiuse gli occhi, mentre cadeva sul materasso; lì riaprì solo quando fu ferma, guardando su, e... l'asta vibrava ancora leggermente, ma era rimasta al suo posto!

"Cass!" La voce di sua madre la richiamava dalle tribune; lei si girò, ancora stupita, e la vide incitarla con un braccio alzato e la mano stretta a pugno.

Cassy guardò di nuovo l'asticella, che ora era ferma, e fu presa da un moto d'emozione che le fece bagnare gli occhi; il salto in alto era il suo ultimo limite, ora era pronta per la gara. Sperava solo che Orlando mantenesse la sua promessa...

 

Era una mattina pallida, il sole appena sorto faceva capolino timidamente dietro ad un velo di fine nebbia grigia; i cipressi che circondavano la pista erano ancora bagnati dalla rugiada notturna ed emanavano quel loro tipico profumo, mentre sulla pista c'era ancora qualche piccola pozza d'acqua dovuta alla pioggia della sera prima.

Cassy correva, solitaria, in quell'alba d'autunno, solo il rumore soffuso dei suoi passi riempiva il silenzio; le piaceva correre a quell'ora, non le serviva solo come allenamento, ma anche come momento di riflessione quotidiana, e nessuno le rompeva l'anima.

La ragazza si fermò al bordo della pista, con un leggero fiatone, poi s'impegnò in alcuni esercizi di respirazione, dopodiché prese la sua borraccia e bevve un lungo sorso d'acqua; aveva in programma di correre un altro po', per passare poi ad alcuni movimenti di stretching defatigante e, infine, nella tarda mattinata, qualche getto col peso.

Improvvisamente, però, si sentì osservata; posò la bottiglia sulla panchina al suo fianco e guardò in su.

C'era qualcuno seduto sulle gradinate, in alto; jeans scuri, una maglietta della Harley Davidson con un paio di Ray-ban infilati nel colletto, e, soprattutto, un sorriso e due occhi che stendevano: Orlando!

Cassy spalancò la bocca, completamente sorpresa, e paralizzata dall'emozione; lui rise, in quel suo modo irresistibile, che avrebbe fatto splendere il sole perfino nella giornata più buia, e il cuore della ragazza prese il diretto per la sua gola. Orlando la guardava, sempre sorridendo, con i gomiti posati sulle ginocchia.

"Che c'è?" Le fece, con un cenno del capo. "Non mi dici nemmeno bentornato topo?" Chiese con tono scherzoso; a quel punto, anche Cass sorrise.

"Bentornato... bel topone." Gli disse infine; il ragazzo si alzò e la raggiunse.

Orlando si fermò davanti a lei e la guardò negl'occhi; era talmente emozionato di rivederla, che non era sicuro di riuscire a dire qualcosa di sensato. Avrebbe voluto abbracciarla, così come stava, sudata e col fiatone, coi capelli appiccicati alla fronte; quest'ultimi le erano un po' ricresciuti, anche se restavano piuttosto corti.

La guardò meglio, indossava un paio di calzoncini grigi aderenti, ed una canottiera elasticizzata dello stesso colore, niente reggiseno; non che ne avesse bisogno, visto che i suoi capezzoli puntavano dritti verso il cielo. Il problema fu che Orlando si ricordò perfettamente com'era sentirli con la lingua...

"Che bello rivederti." Disse Cassy, riportandolo per un attimo sulla terra; le sorrise.

"Sì, anche per me, mi sei mancata molto." Dichiarò invece lui, con dolcezza.

Cassy sospirò, guardando altrove; gli stava a meno di un passo, avvertiva chiaramente il calore del suo corpo, il suo profumo... oh, quanto le era mancato il suo profumo! E la sua pelle, le sue mani, le labbra... Il cuore le batteva fortissimo, ma non sapeva se dipendesse dagli effetti della corsa o da quelli della presenza del ragazzo.

"Io... io dovrei riprendere..." Balbettò lei, alzando gli occhi in quelli di lui. "...sennò mi raffreddo..."

"Oh, non lo permetterei mai!" Esclamò Orlando, allargando le braccia. "E' meglio se rimani calda..." Non era tanto la frase, era come l'aveva detta; Cass deglutì, ora sì che non sapeva come comportarsi.

"Lo sai usare un cronometro?" Gli chiese allora, sollevando una mano; il ragazzo guardò lo strano oggetto, che somigliava ad un orologio. Nel fare la domanda, Cassy si era ulteriormente avvicinata.

"Credo di sì..." Rispose Orlando, ma i suoi occhi seguivano una goccia di sudore che stava scendendo dal collo della ragazza, fino a calare dentro lo scollo della sua canottiera.

"Tu premi questo pulsante quando parto..." Lui guardò il cronometro, mentre lei osservava il suo collo, con la prepotente voglia di morderlo e baciarlo. "...e lo fermi, così, quando, dopo due giri, passo di nuovo su quella riga bianca..." Gl'indicò la linea dello start.

I respiri di entrambi erano accelerati, i cuori pulsavano come batterie rock, la tensione erotica cresceva... altri venti secondi a guardarsi in quel modo e si sarebbero saltati addosso reciprocamente, ma Cassy si scostò.

"Hai capito?" Gli domandò; lui, a bocca aperta, sospirò, poi annuì.

"Sì, sì." Rispose. "Sì, certo!" Rincarò, passandosi una mano sulla nuca.

"Allora, io vado." Fece Cass, allontanandosi; Orlando annuì di nuovo, spostandosi vicino alla panchina, pronto a fare il suo dovere.

Rimasero sulla pista ancora per più di un'ora; Cassy correva, Orlando cronometrava, anche se non era sicuro di farlo bene, ma doveva farsene una colpa, se trovava più interessanti le gambe della ragazza ed i movimenti del tatuaggio sul suo addome modellato?

Terminato l'allenamento, Cassy chiese ad Orlando di aspettarla nella caffetteria del centro sportivo, mentre si faceva la doccia; gli chiese anche di ordinarle la colazione.

 

Orlando si era seduto ad un tavolo vicino alla vetrata; nel frattempo si era alzato il sole e la nebbia era scomparsa. Il centro sportivo aveva cominciato ad animarsi, ma non fu difficile per Cass ritrovarlo nella sala relativamente piccola. Il ragazzo si era infilato un cappellino tipo pescatore di jeans e gli occhiali, accorgimenti minimi per stare in mezzo alla gente senza troppi fastidi. Lei sorrise, raggiungendolo.

Cassy si sedette di fronte a lui, gettando il suo borsone a fianco del tavolo, ma in modo che non desse fastidio a chi passava; si sorrisero, poi Orlando le indicò le cose sul tavolo.

"Frullato di mela e toast leggero, come ordinato dalla signorina." Le disse.

"Grazie, Milord." Scherzò lei, con una riverenza.

Lui, invece, aveva preso torta al cioccolato e the alla vaniglia; cominciarono a mangiare in silenzio, ma non resistettero a lungo.

"Allora, come..." Esordirono in coro; si guardarono e scoppiarono a ridere.

"Oh, siamo vittime di un rarissimo caso di fusione mentale senza contatto." Affermò divertita Cass, dimostrando di non aver minimamente perso la vena pungente.

"E' che ci siamo detti così poco." Replicò Orlando con dolcezza. "E non so perché."

"Beh, rimediamo allora." Fece lei. "Innanzi tutto, cosa ci fai qui, non dovevi tornare la settimana nuova?" Il ragazzo si grattò il cappello, con un sorrisino scemo.

"In effetti sì, ma ho finito prima, ottenendo il permesso di tornare." Spiegò. "Sono arrivato ieri sera."

"Sei un cretino." Affermò la ragazza, seria. "Non dovevi alzarti così presto, sarai sballato dal fuso orario, ci sono cinque ore." Aggiunse, pulendosi la mano.

"Ma non ti preoccupare, ho dormito sull'aereo!" Proclamò lui. "Comunque, non garantisco per episodi di narcolessia improvvisa!" Continuò ridendo; Cassy scosse il capo con divertita disapprovazione. "Allora, dimmi un po' di te." Fece poi Orlando, con un cenno della mano.

"Ehhh..." Sospirò lei, incrociando le braccia. "E' stata dura, levatacce, ricominciare la dieta..." Raccontava seria, ma era chiara la soddisfazione nei suoi occhi, e lui ne era felice. "...lavorare il doppio degl'altri per essere al pari, mi sto facendo un culo spaventoso..." Alzò gli occhi su di lui. "Sono dimagrita otto chili."

"Otto chili?!" Ribatté stupito il ragazzo. "Ma se eri magrissima!"

"Non abbastanza per l'atletica, poi dovevo rifarmi la muscolatura giusta, il fiato, sai..."

"Però mi sembra che tu sia piuttosto soddisfatta." L'interruppe Orlando; Cass abbassò lo sguardo, ma, poco dopo, sulle sue labbra comparve un sorriso. Rialzò il viso.

"Sì." Ammise finalmente. "Non avevo capito quanto tutto questo mi mancava, finché non ho ricominciato, ora sono stanca, ma contenta."

"Ne sono felice." Le disse lui, prendendole la mano che lei aveva appena posato sul tavolo. "Sono davvero molto felice per te, Cass."

Finirono la loro colazione chiacchierando del più e del meno; Orlando le comunicò che Dom e Lory si erano lasciati, pare che l'amico avesse addotto, come motivo, incompatibilità ambientale, lui ora si doveva liberare delle scorie. Risero, durante quel racconto, entrambi meravigliati di stare ancora così bene insieme, anche solo dicendo sciocchezze.

Si salutarono nel parcheggio, davanti alla macchina della ragazza, senza sapere poi tanto bene che cosa dire, baciandosi sulla guancia come due vecchi amici.

Cassy lo guardava dirigersi verso il suo prestigioso fuoristrada appoggiata allo sportello dell'auto, con un crescente senso di insoddisfazione; non sapeva cosa si era aspettata di preciso, ma di certo questo distacco imbarazzato non ne faceva parte.

Orlando si avvicinava alla macchina rigirandosi nervosamente il portachiavi tra le dita; non stava esattamente pensando, più che altro agiva in modo meccanico, mentre la testa vagava altrove. Arrivò davanti all'auto e schiacciò il pulsante per l'apertura, risuonò il bip.

Nello stesso momento, sentendo quel suono, la ragazza si girò e aprì, manualmente, la sua vecchia Ford, ma, all'improvviso, le arrivò alle orecchie un altro doppio bip; si girò e vide Orlando marciare deciso verso di lei, dopo aver richiuso la macchina.

Non rallentò, non si fermò, la spinse contro la fiancata della macchina e la baciò, spingendosi contro di lei con tutto il corpo e infilando un ginocchio tra le sue gambe; quando Cass si accorse di come fosse già messo lui, cedette subito, passandogli le braccia intorno al collo, cosa che gli fece cadere il cappello, e avvinghiò una gamba alla sua. Ecco cosa si era aspettata, inutile negare che ci aveva sperato fin dall'inizio.

 

Guidare fino a casa di Cassy non fu un'impresa facile, per nessuno dei due, ma in special modo per Orlando, che si ritrovava con un imbarazzante, quanto non controllabile, ingombro; come lo avrebbe spiegato, nel malaugurato caso lo avesse fermato la polizia? Guidò piano e con attenzione, per evitare qualsiasi pericolo, ma questo lo fece arrivare molto dopo di lei, che aveva guidato come fosse in competizione alla Parigi-Dakar, dribblando vecchiette, autobus e cagnolini.

"Ma dove cazzo eri finito?!" Gli gridò, quando se lo trovò davanti aprendo la porta; lui teneva le mani sugli stipiti della porta, col busto leggermente piegato in avanti, ed un'espressione sofferente sul viso. Entrò.

"Non mi chiedere nulla." Rispose con voce lamentosa. "Chiudi quella porta." Le ordinò poi.

Solo quando la ragazza lo fece, lui si voltò verso di lei, accorgendosi che si era già tolta la tuta da ginnastica e gli stava davanti solo con una magliettina e gli slip; prese un lungo sospiro, raddrizzandosi, poi fece un passo, uno lo fece lei, e ricominciarono a baciarsi. 

Cassy lo trascinò, travolgendo il mobiletto del telefono, fin nella camera da letto, che era in penombra, e lì la faccenda divenne meno violenta e più sensuale.

Gli occhiali di Orlando volarono sulla poltrona, seguiti poco dopo dalla sua maglietta; le labbra passarono dalla bocca al collo, le mani si facevano sempre più impazienti. Il ragazzo si chinò, infilando le mani sotto la maglietta di lei, la sollevò piano, cominciando a baciarle l'addome e l'ombelico, mentre le mani salivano verso il seno; lei sospirava, sempre più eccitata, con l'affanno che saliva insieme alla bocca di Orlando sulla sua pelle. Quando le sfilò l'indumento e cominciò a baciare il seno, Cassy lo spinse verso il letto, facendocelo cadere sopra; poi si mise seduta accanto a lui e gli slacciò i pantaloni lentamente. Vederlo che s'inumidiva le labbra, mentre lei lo spogliava, le provocò un moto di eccitazione violenta, che però riuscì a controllare. Quando lui fu nudo, la ragazza lo osservò, poi alzò gli occhi e gli rivolse un sorriso malizioso e soddisfatto.

"Che c'è?" Fece Orlando impaziente.

"E' bello vedere che i vecchi amici stanno bene..." Rispose Cass con un'alzata di sopracciglia; e lui capì bene a cosa si riferiva.

Dopo una risatina, lei si stese sul letto e si sfilò le mutandine, poi si mise sopra di lui; si guardarono negl'occhi, il ragazzo le posò le mani sui seni, facendole poi scendere lentamente fino ai fianchi, con una carezza. Lo sentì stringerla di più, lei era pronta, ma Orlando parlò.

"Oggi facciamo come voglio io." Mormorò dolcemente, e la ribaltò sul materasso andandole sopra; Cass emise un piccolo gemito, quando sentì quanto era pronto lui, prima che la bocca le fosse chiusa dall'ennesimo bacio. Gli serrò le gambe sui fianchi.

 

Si separarono sudati e soddisfatti, continuando a tenersi per mano; Orlando fece un respiro profondo, mentre Cassy si mise a ridacchiare. Lui si girò, incuriosito e divertito.

"Questa è stata la rivalutazione piena del vecchio, e mai troppo compianto, missionario!" Affermò la ragazza guardandolo; rise anche il ragazzo.

"Certo così, sembra che abbiamo chissà che arretrati." Scherzò poi.

"Ma no, è solo che... mi sei mancato tanto..." Gli disse dolcemente lei, carezzandogli la fronte; poi si fece più maliziosa. "...ma anche il tuo fratellino..." Aggiunse, lanciando un'esplicita occhiata in basso.

"Ahhh, è così..." Fece Orlando stiracchiandosi, cosa che gli scoprì quasi l'inguine. "Allora sei sempre la vecchia Cassy!" Aggiunse.

"Solo sotto le lenzuola..." Ribatté la ragazza, col suo tipico sopracciglio, e infilando la mano sotto la coperta; lui sussultò, poi sorrise.

"Hai capito, fa tanto la brava ragazza... ah..." Lei continuava a muovere la mano, e lui sorrideva, cercando di parlare. "...disciplinata... oh sì..." Annuì.

"Io, sono una brava ragazza..." Dichiarò Cassy, mentre le sue azioni ne smentivano le parole. "..semmai, sei tu che mi porti sulla cattiva strada..."

"Ah, no!" Si ribellò il ragazzo, afferrandola e spingendola contro i cuscini. "Adesso ti sistemo io, belle tettine!" E cominciò a farle il solletico.

"Smettila!" Protestava la ragazza ridendo. "Basta! Ah! Ahahahah!!"

Orlando si fermò abbastanza all'improvviso, sollevandosi sui gomiti, poi si mise a guardarla, nella penombra della stanza; Cassy sorrideva ancora, con gli occhi un po' lucidi a causa delle risate, lui le carezzò il viso con tenerezza.

"Quanto sei bello." Gli disse lei, sollevando un braccio e prendendolo per la nuca, poi lo tirò a se. "Sei proprio bello." Gli sussurrò nell'orecchio, poi cominciò a baciargli la guancia; il ragazzo sorrise, poi si spostò su di lei e ricominciarono a fare l'amore.

 

Ore dopo erano ancora avvinghiati, nell'incasinatissimo letto, scambiandosi tenerezze; si erano goduti pienamente quel pomeriggio, ed ora si attardavano, cercando un modo per salutarsi adeguatamente.

"Mi spiace che posso restare così poco." Affermò Orlando, baciandole piano la linea del mento. "Domani devo già partire."

"Così presto?" Si lamentò Cassy.

"Hm, sì." Rispose lui. "Sabato ho la prima del mio film in uscita a Los Angeles, poi parte la promozione, sarò impegnato per tutto il mese." La ragazza si sollevò un po'.

"Ma il 17 e il 18 io ho la gara." Gli ricordò. "Avevi promesso che ci saresti stato." Mormorò delusa, facendo il broncio.

"No, tranquilla!" La rassicurò il ragazzo. "Mi sono lasciato libero il 18, non manco alla finale nemmeno morto!" Allora Cass sorrise soddisfatta, abbracciandolo.

"Tu sei un tesoro!" Dichiarò stringendolo, mentre lui rideva. "Il mio topolone tenero e bellissimo!" Esclamò poi.

"Ascolta, topetta." Le fece lui, sollevandosi. "Devo proprio andare, stasera ho un'intervista." Le spiegò, lei annuì. "Mi posso fare una doccia, prima?"

"Certo." Acconsentì la ragazza. "Ma non consumare tutta l'acqua calda."

"Non ci penso nemmeno!" Promise Orlando, poi le schioccò un bacio sulle labbra ed uscì dal letto; Cassy lo osservò compiaciuta, ma le venne da dire una cosa, prima che il ragazzo entrasse in bagno.

"Sai Orlando..." Lui si girò, guardandola interrogativo. "...preferisco la tua parte anteriore..." La guardò male, aggrottando la fronte. "La natura non può mica dare davanti e dietro..." Affermò sarcastica; lui sorrise acido, poi le lanciò la sua maglietta.

 

Cassy fu svegliata da Orlando che le baciava un piede; la ragazza aprì gli occhi e guardò in fondo al letto, dove lui era seduto e continuava con le sue azioni.

"Ma che fai?" Gli domandò lei, passandosi una mano sulla faccia.

"Una volta hai detto che mi volevi mangiare... mi sa che lo faccio prima io." Rispose con un sorriso malizioso; Cassy sorrise, poi si mise in ginocchio e si avvicinò al ragazzo.

"Te ne vai?" Gli chiese guardandolo negl'occhi, con tono da bambina.

"Eh sì, sennò faccio tardi, stasera ho un'intervista." Spiegò Orlando abbracciandola; si scambiarono un bacio che definire profondo era un eufemismo.

"Ma se fai così, come ti lascio andare?" Disse la ragazza, quando si lasciarono; le mani di Orlando non avevano ancora smesso di carezzarle minuziosamente il sedere e la linea della schiena. "Mi fai venire voglia di nuovo..." Sussurrò poi Cassy nel suo orecchio, prima di cominciare a mordicchiargli il collo.

"Vabbene!" Esclamò all'improvviso lui, scattando in piedi e aggiustandosi la maglietta. "E' meglio che vada." Aggiunse semiserio; lei rise piano.

"Ti accompagno alla porta." Affermò Cassy, allungandosi sul letto per prendere qualcosa; afferrò un maglione e le sue mutandine, se l'infilò seduta sul bordo del letto, poi si alzò, seguendo Orlando verso la porta.

Le loro dita si cercarono, durante il tragitto, e arrivarono all'uscita tenendosi per mano; il ragazzo aprì la porta, fermandosi sulla soglia.

"Beh, allora ci sentiamo." Cassy annuì, poi aggrottò la fronte fissandolo.

"Un ultimo bacio?" Chiese poi; Orlando ci pensò per un attimo.

"Ma sì!" Rispose infine.

E si baciarono di nuovo, lentamente, con dolcezza, con piccole carezze, tocchi delicati, come se non volessero proprio smettere; Cassy perse l'equilibrio e finirono appoggiati allo stipite della porta, Orlando lasciò la maniglia della porta e passò la mano sotto il maglione.

"Ah." Fece una stupita voce femminile; si staccarono subito e guardarono nella direzione da cui veniva.

"Mamma..." Mormorò sorpresa Cassy. "...che... che ci fai qui?" Le domandò poi.

"Beh..." Esordì la donna, salendo gli ultimi due scalini. "...il tuo cellulare è staccato, ed il telefono di casa da occupato da almeno tre ore, mi ero un po' preoccupata..." Continuò. "Ma vedo che non ce n'era motivo..." Aggiunse, lanciando un'allusiva occhiata al ragazzo.

"Signora Simmons..." Salutò imbarazzato lui, passandosi una mano sulla nuca.

"Bentornato Orlando." Replicò la donna.

"Grazie." Rispose. "E' un piacere rivederla..." Lo sguardo di Cassy era divertito, anche se un po' scocciato; la ragazza non sapeva proprio cosa dire.

"Mi fa piacere vedere che stai bene..." Riprese Wendy, arrivando accanto ai due ragazzi. "...mai quanto a mia figlia, vero." Sottolineò sarcastica; Cassy fece una smorfia acida, Orlando ridacchiò timidamente.

La signora Simmons, con un ultimo sorriso compiaciuto, entrò nell'appartamento, lasciando che i due si salutassero per bene. Orlando guardò l'orologio, poi storse la bocca.

"Il tempo è davvero scaduto, temo." Affermò, tornando a guardare la ragazza.

"Non importa, dai." Ribatté tranquilla lei. "Ci vediamo." L'attore sorrise, poi si avvicinò e le diede un bacio al confine tra il mento e il collo, proprio sotto l'orecchio; le piaceva da morire, essere baciata lì, e si chiese come lo avesse capito.

"Grazie per queste belle ore." Le sussurrò sulla pelle; Cassy sorrise e gli carezzò il viso.

"Di nulla." Gli rispose.

"Ti chiamo io." Continuò Orlando. "Ma accendi il cellulare." Si raccomandò scostandosi; si sorrisero, poi lui s'incamminò verso le scale.

Cassy si affacciò alla balaustra, mentre lui scendeva e, come se lo sapesse, Orlando alzò il capo; si scambiarono un ultimo sguardo complice e allegro, e il ragazzo le strizzò l'occhio, gli rispose un grande sorriso. Alla signora Simmos non sfuggì il fatto che sua figlia, quando rientrò in casa, camminava a mezzo metro da terra.

 

CONTINUA...

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


- Capitolo 7 -

Eccoci qua, sembra che abbia finito un'altra ff... Beh, come tutti i finali si lascia dietro un po' di malinconia, ma anche una certa soddisfazione; spero che questo finale vi piaccia, certo rispetto a come la ff era cominciata, siamo andati decisamente sul romantico, ma non mi dispiace (anche perché ho una certa predilezione per il romanticismo, via diciamolo ^___^). Ora m'impegnerò nei miei altri progetti, e non dubito che ci rivedremo presto su queste pagine!

Aspetto i vostri commenti e vi ringrazio in anticipo, soprattutto la grande Moon, che non manca mai di darmi dei suggerimenti (anche se non se ne accorge), e tutte le stupende lettrici di questa sezione. Un bacione grandissimo a tutti e a presto!

Sara

 

- Capitolo 7 -

 

I will provide for you

And I'll stand by your side

You'll need a good companion for

This part of the ride

(Land of hope & dreams - Bruce Springsteen)

 

Il sole splendeva sul molo di Santa Barbara, il vento spazzava il cielo di un azzurro intenso e le onde s'infrangevano schiumando contro i piloni del pontile; Orlando, con le braccia appoggiate sul parapetto, si godeva il profumo dell'oceano osservando le traiettorie dei gabbiani. C'erano volte in cui la California era proprio bella.

"Hey." Lo chiamò una voce alle sue spalle; si girò e sorrise, Viggo gli mostrava un sacchetto di carta e due lattine.

"Che hai lì?" Gli domandò il ragazzo, che lo stava aspettando.

"Focaccia alle olive e the freddo." Rispose l'amico.

Orlando prese una lattina, poi si sedettero su una panchina di quelle lungo il molo; era un bel pezzo che non s'incontravano di persona, perciò avevano pensato che vedersi all'aperto, in una bella giornata di sole, era molto meglio d'incontrarsi in uno di quei locali da vip, pieni di gente annoiata e musica troppo alta.

"Ci sono dei paparazzi." Affermò Orlando, indicando il lungo mare, dopo aver preso un pezzo di focaccia.

"Sì, li ho visti." Confermò Viggo. "Vogliamo darci un bacio in bocca, così hanno qualcosa di cui parlare?" Gli domandò ironico; l'altro lo guardò scettico.

"Meglio di no." Disse poi; l'amico annuì ridendo.

"Allora, che mi racconti?" Chiese Viggo dopo un po', addentando la sua focaccia.

"Io? Sei tu che sei stato in Guatemala!" Ribatté Orlando.

"Belize." Pracisò l'uomo; il ragazzo lo guardò aggrottando la fronte.

"Che è?" A Viggo venne da ridere, vista l'espressione allibita dell'amico.

"Il Belize, è il posto dove sono stato." Gli spiegò allegramente, poi gli diede una pacca sulla schiena.

"Vabbé, dai, quello che è!" Glissò Orlando. "Com'è andata, comunque?" Viggo rifletté per un attimo, poi fece una smorfia soddisfatta.

"E' stata una bella esperienza." Raccontò infine. "Una presa di coscienza che puoi fare solo vedendo coi tuoi occhi i problemi del pianeta..."

"Pietà!" Esclamò Orlando, alzando le mani. "Risparmiami il pippone ecologista!"

"Così non va bene, Orlando." Lo rimproverò bonariamente l'uomo. "Dovresti avere più consapevolezza del fatto che i tuoi gesti di oggi, condizioneranno la vita delle persone domani." Aggiunse, girandosi un po' verso di lui.

"Ho detto niente sermone." Proclamò il ragazzo.

"Vabbene." Si arrese troppo velocemente Viggo, rimettendosi seduto dritto. "Allora, parliamo di te, come va con la ragazza dello stanzino?"

"Si chiama Cassandra." Precisò piccato Orlando, incrociando le braccia.

"Ohh, che nome impegnativo!" Commentò divertito Viggo.

"Falla finita..." Sbottò piano il ragazzo, scivolando col sedere lungo la panchina, fino ad assumere una posizione semi sdraiata; si posò la lattina sulla pancia, reggendola con tutte e due le mani, e si mise a guardare l'orizzonte.

Fra tutti e due non potevano essere niente di più lontanto da divi del cinema, quel giorno: Orlando, scarpe da ginnastica nere con calzini di spugna bianchi, calzoni sportivi rossi che gli arrivavano al polpaccio e una maglietta grigia che pareva lavata e rialvata, portava anche un cappellino giallo tipo baseball e i Ray-Ban; Viggo, pantaloni di una tuta blu, larghi e parecchio vissuti, e una canottiera bianca, portava solo gli occhiali da sole. Sbracati su quella panchina, sotto il sole, davano più l'impressione di due locali che fanno colazione dopo lo jogging.

"Beh..." Riprese Orlando. "...io e Cass ci siamo rivisti, e..." Si raddrizzò un po', mentre si strofinava il naso. "...andiamo ancora piuttosto d'accordo..."

"Hm, ok, penso di aver capito da che punto di vista parli." Commentò Viggo; si scambiarono un'occhiata complice, sorridendo. "Tu, ad ogni modo, sei innamorato di lei?"

"Sì... sì, lo sono." Rispose Orlando annuendo. "E sono anche abbastanza sicuro di essere corrisposto, ma il dubbio resta sempre." Aggiunse stringendosi nelle spalle.

"Certo, se non ti decidi a chiederglielo..." Buttò lì l'amico, alzando gli occhi con fare indifferente.

"Grazie..." Ironizzò il ragazzo, dopo aver bevuto un sorso dalla lattina. "Appena avrò un po' di tempo, lo farò di sicuro, è in cima alla lista, direi." Precisò poi.

"Da quello che mi hai detto..." Ricominciò Viggo. "...mi sembra che questa Cassandra non sia proprio il tipo di ragazza che frequentavi finora."

"Decisamente no!" Replicò Orlando scuotendo il capo. "Sai, penso di aver avuto sempre ragazze troppo accondiscendenti, troppo pronte ad adorarmi e basta..."

"Mi sembra, però, che questo non ti sia mai dispiaciuto troppo." Lo interruppe divertito Viggo.

"Eggià." Confermò il ragazzo annuendo. "Ma con Cass è diverso, nonostante tutto quello che le è capitato è riuscita a venirne fuori, certo non da sola, ma ha le palle, secondo me." L'amico lo ascoltava, avvertendo l'orgoglio in quelle parole; sorrise. "C'è voluta forza, per riprendere con l'atletica dopo tanto, ce la farà, io sono sicuro." Concluse sicuro.

"Ho detto innamorato?" L'interrogò Viggo; Orlando lo guardò strano. "Te sei cotto come uno spiedino argentino, bambino mio!" Esclamò poi, ridendo.

"Una salsina al pepe e son servito!" E dopo questa battuta, Viggo lo prese per le spalle, abbracciandolo, e si misero a ridere insieme.

"Ci stanno fotografando..." Fece Orlando ad un certo punto, mantenendo un forzato sorriso.

"Lo vedo." Confermò Viggo, facendo altrettanto.

"Che dici, li salutiamo?" Propose l'inglese, con un'occhiata furba.

"Sì, via, se lo meritano, se non altro per la pazienza." Acconsetì l'amico; tenendosi ancora abbracciati, si girarono verso i fotografi appostati sul lungomare.

"Hehey! Ciaooooooooo!" Gridò Orlando, sventolando la mano e sorridendo allegramente; quasi si sentirono gli scatti partire.

"Love & peace!" Proclamò invece Viggo, salutando vistosamente; e continuarono a fare gesti strani sulla panchina. I passanti, probabilmente, pensarono che fossero due ritardati scappati dall'istituto. 

 

"Io non ci credo che ho accettato di fare questa cosa..." Mormorò Cassy suonando il campanello; la madre la guardò.

"Eddai, hai fatto di peggio." Replicò; la ragazza fece un sorrisino acido.

"Grazie, è sempre una gioia avere la tua comprensione mamma..." In quel momento il portoncino fu aperto; una donna magra con lo chignon le squadrò. "Ah... buongiorno Signora Plimpton!" Salutò Cass.

"Ci conosciamo?" Chiese perplessa; la ragazza ebbe un attimo di smarrimento.

"Sono Cassy." Rispose poi; la donna la osservò meglio.

"Ah, sì." Fece infine, annuendo. "Non la riconoscevo coi capelli di un colore solo e senza borchie." Aggiunse gelida. "Il Signor Bloom non è in Inghilterra."

"Sì, lo so." Ribatté Cass. "Ma ho dimenticato una cosa al piano di sopra, se mi facesse entrare solo per un attimo a prenderla, gliene sarei grata." Spiegò.

"Prego." Fece la domestica, scostandosi per farle passare; Cassy entrò seguita da Wendy.

"Questa è mia madre." Disse alla donna, indicando la sua accompagnatrice.

"Piacere."

"Piacere mio." Rispose la governante. "Io devo tornare in cucina, tanto lei conosce la casa." Affermò poi, rivolta a Cass.

"Sì, grazie!" Si affrettò a rispondere la ragazza; nel frattempo sua madre si guardava intorno.

"Che bel salone luminoso." Commentò affacciandosi in salotto.

"Ah, sì..." Mormorò la figlia. "E quella è la sala da pranzo..." Le indicò una grande porta scorrevole a sinistra dell'entrata. "...e lì c'è la cucina." Le mostrò la porta vicino alle scale. "Il bagno è in fondo al corridoio."

"Certo che i vip non si fanno proprio mancare nulla..." Dichiarò a bassa voce la donna, sfiorando con le dita il grosso mobile in legno scuro, di stile africano, che stava nell'ingresso.

"Orlando è anche un tipo abbastanza spartano, sennò sai che villone avrebbe." Intervenne Cassy. "Dai, andiamo sopra, altrimenti la vecchia s'insospettisce." Accennò poi, parlandole vicino; la madre acconsentì e salirono.

Cassy mostrò alla madre le due camere degl'ospiti e la grande terrazza; sulla destra della rampa di scale c'era lo studio, ma Orlando lo teneva chiuso a chiave. Attraversarono il corridoio e, infine, entrarono nella stanza da letto dell'attore, un posto che Cass conosceva molto bene; Wendy si guardò un po' intorno, incuriosita.

"Hm... poltrone di alkantara turchese..." Commentò, carezzando lo schienale di una delle due.

"Beh, che c'è?" Domandò un po' infastidita Cassy, incrociando le braccia. "I mobili sono bianchi, la moquette è chiara, ci stanno bene, no?"

"Hm..." Fece solo Wendy.

"Non ti piace il colore, lo so." Affermò la figlia. "Tu odi tutto quello che ha a che fare col turchese, l'azzurro, il celeste..."

"Lo trovo opinabile, tutto qui." Replicò la madre, stringendosi nelle spalle, poi si fermò davanti alla grande cassettiera con specchio. "Fotografie!" Esclamò interessata.

"No, mamma, dai!" Sbottò Cassy. "Non metterti a guardarle!" Ma era troppo tardi.

"Questa ragazza?" Le domandò la donna, mostrandole una foto.

"Credo che sia sua sorella." Mormorò Cass.

"E questa sarà la madre..." Wendy guardò un'altro foto. "...l'altra, presumo, la nonna..." Si girò verso la figlia. "Non c'è una foto di suo padre."

"E a me lo chiedi?" Fece Cassy, indicandosi. "Non abbiamo mai parlato molto delle nostre cose di famiglia e... decisamente non in questa stanza." La madre la guardò negl'occhi.

"Ma come si fa a dire di essere innamorati di una persona, sapendo poco o niente di lui e della sua famiglia?" Le chiese.

"Cosa c'entra, mamma!" Sbottò la ragazza. "Non ci s'innamora mica della famiglia! E poi... io non ho mai detto di essere innamorata di lui..." Wendy le rivolse un'occhiata piuttosto scettica.

"Avrete tempo." Dichiarò poi, incamminandosi verso la porta del guardaroba.

"Mamma non vorrai guardare tra i suoi vestiti!?" Domandò allarmata Cassy, seguendola; lei era già entrata.

Le due donne passarono alcuni minuti commentando l'originale vestiario dell'attore, passando da un paio di pantaloni a quadri scozzesi azzurri e neri, fino alle sue numerose e belle camice, alcune davvero di classe, dalle scarpe di ogni tipo, ai suoi cappelli, berretti, coppole e bandane.

"E questa che è?" S'interrogò Wendy, tenendo in mano uno strano pezzo di stoffa dal colore grigiastro.

"Quella è la sua bandana preferita." Rispose la figlia. "Non capisco perché non l'abbia portata con se, forse l'ha dimenticata..."

"Cass, sembrano un paio di mutande!" L'interruppe la madre. "E' pure macchiata di candeggina." Aggiunse osservandola meglio. "Mi chiedo perché metta in testa tutte queste cose strane, ha dei così bei capelli." Concluse, riponendo la bandana e uscendo dal guardaroba.

"Me lo sono chiesto anch'io..." Disse Cassy seguendola. "No, il bagno no!" Gridò poi, vedendo la donna entrare nella stanza.

"Eddai!" Ribattè Wendy, che era già dentro.

"Mamma!" Protestò la ragazza. "Sei... inqualificabile!"

"Non esagerare, do solo un'occhiata." Replicò la donna, quando Cassy la raggiunse col broncio. "Oh, ottimo dopobarba..." Commentò controllando la boccetta sul ripiano. "...e profumo coordinato." Aggiunse, rivolgendosi alla figlia con uno sguardo ammiccante.

"Hanno dei consulenti, per queste cose, mamma." Dichiarò infastidita Cassy, con le braccia conserte.

"Beh, conta anche il gusto." Rispose lei, e tornò a guardare il mobiletto. "Due spazzolini, uno molto consumato e uno quasi nuovo." Disse con espressione interrogativa.

"Quello è mio." Affermò Cass, indicando quello più nuovo. "Mi capitava di dormire qui."

"Ahah..." Annuì allusiva la madre. "E ora non ti capita più?"

"Mamma, per favore!" Esclamò offesa la ragazza. "E non aprire quello sporto, per piacere!" La supplicò poi, ma non ci fu nulla da fare.

"Stick antibrufoli, cerotti, lamette e schiuma, colluttorio... preservativi..." E la guardò; la figlia sembrava piuttosto maldisposta.

"Ce n'è una scatola aperta anche nel cassetto del comodino, se t'interessa." Le disse acidamente. "Poi, se vuoi sapere tutte le posizioni che abbiamo assunto sul letto, il pavimento o la poltrona..."

"La poltrona?" Fece stupita la donna. "State attenti alla poltrona, su quel colore le macchie si vedono subito..." Consigliò maliziosa, uscendo dal bagno.

"E vabbene, dopo questa..." Si arrese Cassy, incamminandosi verso l'uscita della camera.

"Cass, io mi preoccupo solo di sapere chi frequenti." Spiegò dolcemente la donna, seguendola; la ragazza si voltò verso di lei.

"Ma si può sapere come mai, queste ispezioni da SS, in casa di Malcom non le hai mai fatte?" Le chiese mettendo le mani sui fianchi.

"Lì avrebbe dovuto farla la polizia, una bella ispezione." Commentò Wendy. "E, comunque, quella non mi è mai sembrata una cosa seria, questa volta invece..."

"Cosa?" L'interruppe Cassy. 

"E' che mi sembri molto presa da Orlando." Rispose la madre, posandole una mano sulla spalla. "Non molte persone sono riuscite a smuoverti come ha fatto lui, compresa me." Cass abbassò gli occhi, ma dopo qualche istante li rialzò.

"Lo dovevo capire fin dall'inizio, che c'era il rischio d'innamorarsi." Mormorò con un lieve sorriso.

"Rischio?!" Fece stupita e sorridente Wendy. "Non c'è niente di più bello alla tua età!" Aggiunse contenta. "Adesso andiamo." Suggerì poi; Cass annuì.

La ragazza, mentre la madre si allontanava, diede un ultimo sguardo alle foto sulla cassettiera e gli occhi le cadderò sull'immagine più grande, dentro ad una cornice di semplice legno chiaro: era una foto di gruppo, tutti facevano facce strane e bizzarre, lei individuò subito il sorriso furbo e impertinente di Orlando, e sorrise a sua volta.

"Lui qual'è?" Le chiese la madre, che le era ritornata alle spalle.

"Questo." Le indicò il punto dove si vedeva lui saltare sulla schiena di un altro. "Con la cresta da moicano."

"Questo ragazzo è proprio matto, mi sa che è per quello che andate d'accordo." Commentò divertita la donna; Cassy sbuffò, alzando gli occhi, ma poi rise. Wendy, anche lei ridendo, uscì dalla stanza.

"Torna presto, topino, io ti aspetto." Disse la ragazza a bassa voce, quando rimase sola; poi seguì la madre, convinta di aver trovato tutto quello che cercava.

 

E venne il primo giorno della gara. Il tutto si svolse in un grigio giorno di metà ottobre; non pioveva, ma c'era un po' di vento, che causò qualche noia con gli attrezzi.

Cass era tesa come un corda di violino, ma era anche carica e piena di adrenalina; quella competizione, se vinta, l'avrebbe portata diritta nel circuito nazionale, e questo significava poter gareggiare coi migliori ed accedere alle gare più importanti, quelle internazionali.

Con la corsa non ebbe particolari problemi, si era rifatta il fiato perfettamente, i muscoli erano a posto; le sue prestazioni le fecero accumulare punti preziosi. Qualche contrattempo lo ebbe sul salto in alto, da sempre il suo punto debole; alcuni nulli le fecero finire abbastanza indietro. Recuperare il giorno dopo, significava vincere tutte le specialità; sarebbe stata dura, e non aveva notizie di Orlando da due giorni. Se lui fosse stato lì, lei si sarebbe sentita più forte, e si mise a pregare che ce la facesse.

 

A New York, nel frattempo, Orlando era alle prese con un problema di non facile soluzione.

"Trovami un posto su quell'aereo." Affermò per l'ennesima volta l'attore, rivolto al suo rassegnato assistente. "Sennò ti faccio un culo come una rosa."

"Orlando è pieno, come te lo devo dire, dovevi prenotare prima." Protestò esasperato il ragazzo.

"Io avevo prenotato!" Ribatté stizzito l'attore. "Un volo che partiva alle diciotto, dal La Guardia diretto a Heathrow! Cazzo, lo hanno cancellato, dico cancellato, benedetto iddio!"

"Scusa." Intervenne Elijah, anche lui presente alla discussione. "Ma che ti costa prendere il volo delle ventidue, dove hanno spostato i passeggeri del volo cancellato?"

"Allora non hai capito un cazzo!" Esclamò l'amico, girandosi verso di lui. "Ora te lo rispiego, allora..." Lij roteò gli occhi, pronto all'ennesima menata. "...se prendo un aereo qui alle ventidue, a Londra sono le due di notte, mi segui?" L'altro annuì. "Il che significa che arriverei in Inghilterra tra le nove e le dieci del mattino, e la gara sarebbe già cominciata!"

"Ma si può sapere di che cazzo di gara parli?!" Ribatté Lij perplesso.

"La gara di Cassy!" Rispose Orlando, come se chiarisse tutto; Elwood, sempre più stranito, annuì con una smorfia.

"Rassegnati Orlando." Riprese Gary, l'assistente. "Su quell'aereo non ci sta più nemmeno uno spillo, sono in full booking!"

"Non me ne frega un cazzo!" Sbottò l'attore. "Io DEVO salire su quel volo, uccidi qualcuno, ma mettimi lì sopra." Aggiunse deciso.

"Questa mi sembra un'ottima soluzione..." Commentò sarcastico Lij; Orlando lo guardò storto. "Oh, io non sono uno dei passeggeri!" Lo blandì, alzando le mani.

"Sei già nell'over booking della prima classe, il primo della lista." Gli riferì Gary.

"Non è sufficiente!" Dichiarò il ragazzo, scuotendo il capo. "Mettimi anche sulle liste della Business e della seconda, sono disposto perfino a viaggiare nella valigia del comandante, ma mettimi su quel volo!" Gary, a quel punto, sbuffò, poi si allontanò prendendo il cellulare.

"Cacchio, ti ha proprio preso questa ragazza." Disse Elijah, guardandolo di sottecchi.

"E' che, insomma, le ho promesso che ci sarei stato... e voglio arrivare prima per parlarle, e ho provato a telefonare, ma cazzo non c'è verso di prendere la linea, e poi questa merda di fuso orario mi manda al manicomio, e vengo da Los Angeles, sono arrivato qui solo ieri mattina, sto ancora sul fuso del pacifico, e... e... In poche parole, sto in palla completa, Elwood..." Alla fine di quel discorso staripante, Orlando emise un lungo sospiro, cadendo su una poltrona.

"Due gocce di valeriana?" Gli chiese ironicamente l'amico.

"Avrei solo bisogno di dormire per i prossimi tre giorni..." Rispose stancamente l'inglese. "E se Gary non mi trova un posto su quell'aereo, io lo faccio entrare in un giro di schiaffi talmente lungo che se non ha il pane in tasca muore di fame!" Proclamò poi, balzando in piedi; Lij scoppiò a ridere, seguito, pochi attimi dopo, anche da Orlando.

 

Il diciotto di ottobre si presentò come una giornata splendente, cielo terso e temperatura ideale per una competizione di atletica. In perfetta contrapposizione con l'idilliaca mattina che la circondava, Cassy era in preda a una vera agitazione paranoide.

"Quanto manca?" Domandò alla madre, mentre camminava in circolo torcendosi le mani; Wendy roteò gli occhi esasperata, se non si calmava sarebbe stato un gran casino.

"Me lo hai chiesto cinque minuti fa, Cass." Le rispose infine.

"Vuoi dirmelo, per favore!" Replicò agitata la figlia; rassegnata, la donna riguardò l'orologio.

"Una ventina di minuti." Le disse; la vide agitarsi ancora di più, sollevando gli occhi al cielo e girandosi su se stessa.

"Vuoi andare a vedere se è arrivato?" Le chiese poi, con espressione supplicante; Wendy sospirò, indecisa se dire quello che pensava.

"Tesoro, mi spiace dover essere io a dirtelo, ma... può aver avuto un contrattempo, sai gli aerei..."

"Non lo dire, non lo dire, non lo dire!" L'interruppe la ragazza tremando. "Vai a vedere, per favore, per favore!" Continuò gesticolando.

"Vabbene, vabbene!" La blandì la madre, intimandola con le mani alzate. "Io vado, ma tu ora ti siedi, bevi un po' d'acqua, e cerchi di calmarti, ok?" Aggiunse pacatamente, indicandole una delle sedie che stavano attorno al grande tavolo; Cassy annuì.

La donna uscì dal padiglione degli atleti, una grande tenda montata al margine della pista, intenzionata a guardarsi intorno per trovare Orlando, ma non nutriva molte speranze; si spinse fino alle gradinate, dove stava affluendo il pubblico. C'erano un sacco di ragazzi con cappellini e occhiali da sole e sapeva che lui, certo, avrebbe fatto di tutto pur di non farsi notare, in mezzo a tutta quella gente. Era decisamente scoraggiata.

"Signora Simmons!" Una voce urgente la chiamò dalle sue spalle; Wendy si girò in direzione della biglietteria e lo vide.

Un ragazzo alto si dirigeva verso di lei sventolando la mano in segno di saluto; era decisamente Orlando. Addosso aveva jeans, una t-shirt verde e sopra una felpa grigia con la zip aperta; in testa portava un cappellino dei NY Yankees e sul naso occhiali da sole a goccia specchiati. Non c'era nulla da fare, quel ragazzo aveva un'arte particolare nel mettere insieme i vestiti a caso, ma allo stesso tempo possedeva la caratteristica di farlo sembrare del tutto normale. Le arrivò vicino, sorridente.

"Ah, sei arrivato!" Esclamò Wendy sospirando. "Grazie a Dio."

"Perché?" Chiese subito Orlando preoccupato. "Qualcosa non va?"

"Non la si regge più." Spiegò la donna. "E' agitata come un milkshake, vedi se puoi fare qualcosa tu." Aggiunse; il ragazzo fece un breve sorriso.

"Dov'è?" Domandò poi.

"Nel padiglione degli atleti, laggiù." Gl'indicò la tenda bianca. "Tieni, prendi il mio cartellino, hai solo pochi minuti." E gli porse il passy.

"Grazie." Fece l'attore, prima d'incamminarsi.

"Ma tu stai bene?" Lo fermò la donna, lui si girò. "Mi sembri un po' pallido."

"No, niente, ho solo una decina di fusi orari sulle spalle, ma sto bene." Rispose ironico Orlando; le fece un ultimo cenno di saluto e si allontanò.

Orlando entrò nel padiglione indisturbato; c'erano molti atleti, soprattutto ragazze, e un via vai continuo. Il ragazzo diede un'occhiata in giro, osservando compiaciuto quei corpi atletici coperti da succinti e aderenti body, poi si mise a cercare Cassy; qualche attimo dopo, si accorse di una ragazza seduta sull'orlo di un tavolo, aveva un body blu e bianco, e tamburellava nervosamente con le dita sul piano. Si avvicinò.

"Ciao topolina." Le sussurrò, chinandosi verso di lei; Cass si girò di scatto, sorpresa, ma immediatamente sorrise.

"Oh, sei arrivato!" Esclamò felice; fece per alzarsi, ma lui glielo impedì con un gesto, poi afferrò una sedia e si mise davanti a lei.

Cassy sorrise, mentre gli circondava il torace con le gambe; il ragazzo la strinse alla vita, lei gli mise le braccia intorno al collo e lo strinse a se. Rimasero così per qualche minuto.

"Tua madre mi ha detto che sei un pochino nervosa." Affermò infine Orlando; Cassy annuì, continuando a tenerlo stretto. "Cosa posso fare io?" Le domandò allora, ma intanto le stava carezzando dolcemente la schiena, con rilassanti movimenti circolari.

"L'importante è che sei qui, adesso va tutto bene." Mormorò la ragazza al suo orecchio; lui le fece un tenero sorriso. Non si erano accorti di aver attirato l'attenzione degli altri presenti.

"Un bacio, te lo posso dare?" Chiese con aria furba; Cass lo guardò, già più tranquilla.

"Certo." Acconsentì poi, scostandosi un po'.

"Attenta a non far cadere il cappello, c'è un sacco di gente." Le disse a bassa voce; la ragazza annuì.

Si guardarono negl'occhi, poi cominciarono a sfiorarsi le labbra lentamente; Cassy gli teneva saldamente una mano aperta sulla testa, reggendo il cappello, mentre Orlando la stringeva, facendole aderire il bacino contro il suo torace. Il bacio divenne pian piano più profondo e sensuale; alcune ragazze li guardavano.

"Alla faccia del bacio." Commentò una. "Questa sembra una visita laringoiatrica!"

Orlando la lasciò pochi minuti dopo, quando annunciarono che mancavano cinque minuti all'inizio della gara; si salutarono con un ultimo bacio sulla guancia. Cassy sembrava essersi finalmente rilassata; mentre si dirigeva all'uscita degli atleti, fu fermata da una delle sue compagne.

"Quello era il tuo ragazzo?" Le domandò la ragazza; lei annuì. "Ma lo sai che somiglia in modo impressionante a Orlando Bloom?"

"Eh, sì." Rispose divertita Cass. "Glielo dico sempre anch'io..." Aggiunse; poi, con un sorriso furbo e compiaciuto, uscì al sole.

 

A metà mattinata ci fu il turno di pausa di Cassy; lei, la madre ed Orlando erano seduti ad un tavolo. La ragazza mangiava frutta, mentre lui le carezzava la schiena coperta da un asciugamano; ogni tanto si scambiavano teneri sguardi, sotto lo sguardo compiaciuto di Wendy. La gara procedeva bene, ed erano stati recuperati molti punti.

"Mi sembri un po' stanco." Disse, ad un certo punto, Cass ad Orlando, facendogli una carezza sul viso; lui sorrise appena.

"Ho solo dodici ore di fuso orario da recuperare." Rispose poi noncurante.

"Ma non venivi da New York?" Chiese stupita la ragazza.

"Sì." annuì l'attore. "Ma solo il giorno prima ero a Los Angeles, non ho fatto certo in tempo ad abituarmi." Spiegò tranquillamente. "Sono solo un pochino..." Fece dei gesti vaghi e un'espressione assente. "...stonato, ecco."

"Oh, povero il mio topo!" Esclamò corrucciata Cassy, quindi gli prese il viso tra le mani; il ragazzo fece un'espressione infantile e lei gli baciò delicatamente le labbra.

Wendy sorrise, poi si alzò. "Io vado a preparare l'attrezzatura, quando hai finito raggiungimi." Disse alla figlia, che annuì, ancora impegnata a sbaciucchiare Orlando.

Cassy, quando le operazioni di coccola furono terminate, si mise a finire la sua frutta, mentre Orlando si dedicò ad osservarla. Prima, quando aveva i capelli scuri e si truccava pesante, era bella, ma in un certo senso non vera, mascherata; adesso, con quei corti capelli chiari, il viso pulito e limpido, gli occhi vivi, era tornata una persona reale, a fuoco.

Il ragazzo allungò una mano, sfiorandole i capelli sopra le tempia, lei gli sorrise, lui ricambiò; era sicuro, ora, che Cass lo ricambiasse, ma si disse che non era il momento per dichiarazioni d'amore. La ragazza era ancora piuttosto fragile, era in un momento di passaggio delicato, e Orlando, pur impaziente di farle conoscere i suoi sentimenti, non poteva turbarla proprio nel momento in cui doveva stare più tranquilla.

Finito di mangiare, Cassy si alzò, sistemandosi il top e le spillette del suo numero di gara; sorrise ad Orlando, che era rimasto seduto, a causa dello stato semi confusionale in cui versava.

"Io vado." Gli disse dolcemente, tenendogli una mano sulla spalla. "Tu torni sulle gradinate?" Gli chiese poi; l'attore annuì. "Bene." E con un ultimo sorriso si allontanò.

"Ah, Cass!" La richiamò il ragazzo, lei si voltò e lo vide avvicinarsi.

"Dimmi." Gli fece tranquilla.

"Ti volevo solo dire in bocca al lupo..." Esordì prendendole le mani. "...e..." Lei lo guardava interrogativa. "Io ti amo." Pronunciò velocemente, mandando a puttane tutti i suoi buoni propositi con altrettanta velocità.

La ragazza rimase paralizzata per un lungo momento, poi iniziò a tremare leggermente, mentre sollevava una mano per spostare un ciuffo di capelli sull'orecchio; i suoi occhi si erano fatti lucidi e vagano attorno, senza fermarsi mai su un punto preciso. Non sapeva che fare, che dire, sentiva anche di aver, con tutta probabilità, perso la voce; il cuore, invece, emetteva un battito ogni due minuti, ad andare bene.

"No." Fece Orlando preoccupato. "No, no, tesoro, va tutto bene." Affermò, prendendole le mani. "Tranquilla, è tutto a posto." La rassicurò; finalmente Cassy si decise a guardarlo, con la fronte corrucciata e un'espressione incredula. "Sì, l'ho detto davvero." Confermò il ragazzo; a quel punto lei sorrise e fece per baciarlo.

"Cass, è tardi!" La chiamò la madre, appena prima che riuscisse a posare le labbra su quelle di lui; lo guardò rammaricata, poi gli diede solo un bacetto e corse via.

 

Cassy, dopo quella inaspettata e leggermente traumatica dichiarazione, tornò in pista con la grinta di una leonessa: i suoi attrezzi volarono più lontano degl'altri e non fece un nullo nemmeno a morire. Wendy, a bordo pista, e Orlando, sulle gradinate, esultavano; il punteggio della ragazza saliva.

Erano, ormai, alla fine della giornata di gare; solo l'emozione della competizione aveva tenuto vispo Orlando, che cominciava ad accusare davvero la stanchezza. Seduto stancamente sul gradone dello stadio, con i gomiti sulle ginocchia, seguiva le ultime fasi del getto del peso, disciplina di cui ripetutamente, nel corso dell'ultima ora, si era chiesto il senso. L'ultimo lancio di Cass era stato ottimo, a giudicare dagli entusiasti commenti dei suoi vicini di posto, che sicuramente se ne intendevano più di lui.

Era il turno della diretta rivale della ragazza, adesso; i meccanismi un po' li aveva capiti, mica era scemo, sapeva perfettamente che quella bionda slavata dalle statuarie gambe era a pochi punti da Cass e che, se quel lancio fosse stato più lungo del suo, l'avrebbe superata in classifica, soffiandole il primo posto. Si mise a fare tutti gli scongiuri che conosceva, compresa l'immancabile visita ai gioelli di famiglia.

La pesante sfera di metallo si staccò dalle mani della ragazza dopo una rotazione perfetta e, come ovvio, completamente valida, poi volò per alcuni metri, fino a piombare a terra, lasciando un piccolo cratere scuro sul prato; i giudici si avvicinarono subito, misurando la distanza, mentre l'atleta lasciava la pedana. A occhio, ad Orlando, il lancio non sembrò più lungo di quello di Cassy, ma poteva anche essere questione di millimetri.

Il ragazzo sentì il cuore fermarsi per un attimo, mentre il risultato appariva sul tabellone; mascella contratta, occhi fissi sul pannello, Orlando attendeva la sentenza.

"Ma vieni!" Gridò, balzando in piedi, quando il tabellone confermò la classifica decretando la vittoria di Cassy. "Evvai, sì sì sì!" Continuò, indugiando in gesti di giubilo degni un hooligan; improvvisamente, si accorse di essere osservato da qualcuno seduto vicino a lui.

"Figliolo." Gli disse la signora, quando si voltò. "Questa non è la finale della Coppa d'Inghilterra, e questo non è uno stadio di calcio." Lo rimproverò, con un perfetto accento inglese, degno della Miss Marple della Christie.

"Ascolti, nonna." Le fece Orlando, infastidito e per nulla intimidito. "La mia ragazza ha appena vinto, perciò io esulto quanto cavolo mi pare, vabbene?" La donnina spalancò la bocca scandalizzata, ma lui non le diede peso, rimettendosi ad urlare. "Sì, graaaaaaaaaandeeeeeeeeeee!!!"

Cassy, nel frattempo, ancora sulla pista, era raggiante, ma non riusciva a fermare le lacrime: quella vittoria le sembrava importante come le olimpiadi, perché era stato un traguardo arduo da raggiungere; tutti i sacrifici, gli sforzi, ma soprattutto i due anni di smarrimento, che aveva vissuto, erano magicamente scomparsi, perchè nulla, nemmeno lo sport più estremo, le avrebbe mai potuto dare le emozioni che le dava una gara vera, un obiettivo concreto da raggiungere. E per questo piangeva, e per suo padre che non era lì, e per la gioia negl'occhi di sua madre, che piangeva quanto lei, per l'amore di Orlando, in cui non aveva mai sperato, ma che aveva conquistato; era felice, la soddisfazione e la gioia la riempivano, le era rimasta solo una piccola cosa da dire...

Un giornalista l'avvicinò, quando raggiunse il muretto che la divideva dal pubblico. "Signorina Simmons, vuole fare una dichiarazione, per l'articolo di domani?" Le chiese.

"Sì." Annuì lei, asciugandosi gli occhi con la mano; lui prese appunti. "Voglio dedicare questa vittoria a mio padre, che mi ha inseganto l'atletica, e a mia madre, che mi ha portato per mani fin qui." Affermò commossa, mentre Orlando scendeva le gradinate fino ad arrivarle vicino; la ragazza gli sorrise, poi, come se stesse ancora parlando col giornalista, ma guardando l'attore, dichiarò: "E voglio dire una cosa ad una persona che è qui oggi." Fissava Orlando, sicura che anche lui stesse facendo altrettanto. "Anch'io ti amo, topo." Le labbra del ragazzo si allargarono in uno dei suoi splendenti sorrisi, poi l'abbracciò al di sopra del muretto e si baciarono, entrambi felici e commossi; il giornalista li osservava perplesso, quello lo doveva scrivere, o no?

 

Baby, all it takes is

Just a little faith in me

To feel like

I can save the world

(Save the world - Bon Jovi)

 

 

Orlando sentì qualcuno che gli morsicchiava e baciava le spalle, così aprì stancamente gli occhi, guardando la sveglia; mugugnò qualcosa, girandosi. Si trovò di fronte il viso sorridente di Cassy; per tutta risposta si passò una mano sulla faccia.

"E' un piacevole risveglio, topolina, ma..." Biascicò l'attore sconsolato. "...ma sono a letto da poco più di due ore..."

"Lo so." Gli sussurrò la ragazza, accompagnando le parole con un languido bacio nell'incavo del collo. "Ma io vado."

"Vai?!" Chiese stupito lui, lanciando un'altra occhiata alla sveglia. "Sono le cinque e mezza, dove vai?" Aggiunse preoccupato.

"Ad allenarmi." Rispose tutta tranquilla, posando il mento sul petto di Orlando; lui sorrise. "Tranquillo, topino, torno verso le nove, tu riposa e..." Sguardo malizioso. "...fatti trovare pronto..." Orlando sorrise compiaciuto.

"Ma tu non ti stanchi mai?" Le domandò con ironica dolcezza, carezzandole i capelli.

"No!" Rispose Cass allegramente, poi gli diede un bacio sul naso e balzò giù dal letto, correndo verso la porta; lo salutò con la mano mentre usciva.

Orlando si rilasciò sui cuscini sorridendo, ripensare all'ultimo anno lo rendeva allegro. Era strano il destino, a volte. Lui e Cassy si erano trovati, piaciuti, avevano fatto l'amore per la prima volta, in un tempo brevissimo, avevano ballato insieme una danza selvaggia e tribale, che li aveva travolti; ora, questa danza, si era trasformata più in un sensuale tango, un ballo non privo di passione e tensioni, ma in cui ci voleva un perfetto accordo. Si amavano, anche se non era facile stare insieme, ognuno preso dalla propria carriera, impegnati con orari spesso diversi, ma bastava uno sguardo, una parola, per ritrovarsi. Chissà, forse un giorno, Cass avrebbe avuto abbastanza fiducia in se da non avere più bisogno di un sostegno, ma Orlando non credeva di essere solo questo per lei; ad ogni modo, una sicurezza ce l'aveva: quando una come Cassy ti entra nel cuore, è intenzionata di rimanerci a lungo.

 

Fine

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=11557