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Come sempre, tutto quello che leggerete è scritto con il massimo
rispetto per Orlando Bloom e tutti gli altri citati, il loro
Come sempre, tutto quello che leggerete è scritto
con il massimo rispetto per Orlando Bloom e tutti gli altri citati, il loro lavoro e la loro vita privata.
Questa è un’opera di pura fantasia, che serve solo per avvicinare ognuna di noi
all'oggetto dei nostri sogni. Chiedo scusa a tutti coloro che non la pensassero
così.
- Prologo -
Young and wired
Set to explode in the heat
You won't tire
Cause baby was born with the beat
(In & out of love - Bon Jovi)
Tirò il cordino ed il paracadute giallo e rosso si aprì
subito, rallentando l'effetto della forza di gravità e permettendogli di
scendere lentamente verso terra, cullato dal placido vento di un pomeriggio
limpido e assolato.
Era una sensazione estremamente piacevole, discendere
trasportati dal vento, dopo l'emozionante vuoto allo stomaco della caduta
libera e lo strattone dato dall'apertura del paracadute. Orlando aveva scelto
quel passatempo consigliato da uno dei trainer della sua palestra, con cui
aveva un po' più di confidenza e che era un abituale frequentatore; adesso si
trovava a dargli ragione, gli era piaciuto, e parecchio. Aveva preso delle
lezioni, poi effettuato alcuni lanci con l'istruttore, ed ora faceva il suo
primo volo solitario.
Era tutta un'altra cosa: controllare l'attrezzatura,
l'emozione del salto dall'aereo, la resistenza dell'aria, il non vedere quasi
nulla, se non l'azzurro del cielo, poi il contraccolpo del paracadute, e infine
la discesa solitaria, nel silenzio...
Era straordinario, prima una botta d’adrenalina pazzesca,
e dopo la rilassante sensazione della caduta controllata, faceva per lui.
Ultimamente non aveva fatto molte cose solo per se stesso, solo lavoro, lavoro,
lavoro, ma da buon amante degli sport estremi non era riuscito a tirarsi
indietro; beh, gli piacevano queste attività, ma non andava mai oltre il
seminato, prima cosa sapeva a che conseguenze poteva portare, e poi teneva
troppo alla vita e alla carriera per esporsi senza precauzioni. Infatti, per il
suo motto "Adrenalina sì, ma rischi il giusto", andava sempre in giro
con un paio di preservativi nel portafogli, non si sa mai.
Era single in questo momento, e non gli dispiaceva. La sua
storia con Kate era finita da quasi un anno ed ora non era che un retrogusto
amarognolo in fondo alla gola; aveva avuto un'altra relazione di circa cinque
mesi, niente di serio, era finita anche quella. Non gli dispiaceva essere solo,
le occasioni comunque non gli mancavano, per questo viaggiava attrezzato;
onestamente, in dei momenti, sentiva come di aver corso gli ultimi anni come
fossero stati gli ultimi che aveva, ma non era pentito, amava il suo lavoro e
quello che gli aveva dato. Per questi motivi era bello staccare, ogni tanto,
spegnere i cellulari, chiudere l'agenda, diventare irreperibili per almeno
qualche ora, e scaricare la tensione gettandosi da un aereo...
Era ancora perso nelle sue riflessioni e nell'azzurro che
lo circondava, quando qualcosa turbò quel momento di pace perfetta.
Un violento spostamento d'aria gli fece voltare il capo
verso destra ed effettuare una correzione di rotta tirando i cordini; quello
che riuscì a vedere fu solo una specie di missile nero, sparato contro il suolo
a velocità impressionante. Era un paracadutista, non c'erano dubbi, ma doveva
senz'altro essere pazzo; infatti, Orlando aveva già raggiunto l'altezza minima
per aprire il paracadute. Controllò l'altimetro e, proprio in quel momento,
molto più in basso di dove si trovava lui, il cascatore folle aprì finalmente
il suo paracadute, che era bianco, con un grande drago nero. Orlando era
allibito.
Dieci minuti dopo il ragazzo era a terra e recuperava
l'attrezzatura; gli si avvicinò Keith, il suo istruttore, lui lo accolse con un
sorriso soddisfatto.
"Allora, com'è andata?" Gli domandò l'uomo.
"Benissimo, è stato fantastico!" Rispose
Orlando, che teneva tra le braccia il paracadute.
"Bene!" Fece Keith, dandogli una pacca sulla
spalla. "Sono contento che ti sia piaciuto e che non ci siano stati
problemi." Aggiunse, mentre s'incamminavano verso il piccolo edificio che
ospitava gli spogliatoi e la caffetteria dell'aeroporto.
"A dire il vero..." Intervenne il ragazzo;
l'altro lo guardò. "...un pazzo mi è passato accanto, sparato verso
terra..." Raccontò. "A quest'ora sarà spiaccicato in qualche campo di
grano!" Concluse ridendo; Keith lo guardava sornione.
"Il drago nero." Affermò poi; Orlando si girò
verso di lui, stupito.
"Sì..." Mormorò.
"Vieni con me." Disse Keith, e con una pacca
sulla spalla, lo invitò a seguirlo verso una rimessa sulla sinistra.
Vicino all'entrata, quasi coperto dall'ala di un piccolo
aereo da turismo, c'era un lungo tavolo e lì, due o tre persone, ridevano e
scherzavano riponendo la loro attrezzatura. Keith pregò Orlando di aspettarlo
davanti all'aereo, mentre si dirigeva verso i paracadutisti al tavolo.
"Hey!" Fece a qualcuno che Orlando non poteva
vedere. "Vieni, ti presento una persona." Ritornò accompagnato da una
ragazza in tuta nera.
Era abbastanza alta, cinque o sei centimetri meno di
Orlando, il fisico asciutto, bel viso furbetto con grandi occhi verdi; i
capelli erano molto scalati e tinti di nero, ma con meches color porpora. Non
aveva piercing e, visto il tipo, questo sembrò strano ad Orlando, ma forse lo
aveva sulla lingua. Indossava una tuta da paracadutismo completamente nera, ma
la lampo era aperta fin quasi all'ombelico, e mostrava un seno non troppo
grande stretto in un top anch'esso nero. Lo fissava negl'occhi da più di un
minuto, con un sorriso malizioso.
"Ti presento la persona che ti ha sverniciato in
volo." Disse ironico Keith, ma lui quasi non lo sentì, concentrato a guardare
lei.
"Cassy." Fece la ragazza, allungando la mano
verso il ragazzo.
"Orlando." Rispose lui, stringendogliela.
Si stava ancora chiedendo come diavolo faceva... quella
ragazza doveva avere degli addominali d'acciaio, per reggersi in quella
posizione soltanto tenendosi a quella sbarra con un braccio e con un appoggio
minimo. Sì, vabbene, con le gambe si stringeva a lui, ma era difficile
comunque... Forse erano questi pensieri che stavano facendo durare la faccenda
così a lungo, e non era male.
Come era successo non lo sapeva. Sapeva solo che dieci
minuti prima erano a bere una birra al bar, ed ora erano a fare sesso nella
rimessa dei paracadute. L'unica cosa certa era che, fin da quando le aveva
stretto la mano, aveva sentito una specie di scossa elettrica ed una crescente
impazienza attanagliargli lo stomaco; così quando, mentre si dirigeva al
parcheggio, lei lo aveva preso per un braccio e trascinato in quello stanzino,
lui non aveva saputo dirle di no. E poi perché avrebbe dovuto farlo?
"Sì..." Mormorò la ragazza, spingendosi ancora
contro il suo corpo.
"Ma che cosa sto facendo..." Sussurrò invece
Orlando ansimando, improvvisamente preso dal dubbio.
"Qualunque cosa tu stia facendo... mh..."
Gemette Cassy, stringendo il braccio intorno al suo collo.
"...continuala... ah..." Stava mollando la presa sulla sbarra, sotto
le spinte del ragazzo. "...perché ti sta venendo proprio bene..."
Strinse le labbra, lui rise contro la sua spalla.
Pur con i suoi addominali, l'impegno dell'amplesso fu
troppo anche per lei; mollò la presa all'improvviso, e si ritrovarono sdraiati
su un mucchio di paracadute. Orlando sollevò un po' il capo e lei gli prese il
viso tra le mani.
"Non fermarti adesso, che ci siamo." Gli disse
sensualmente; lui fece un sorriso tirato.
"Come vuole la signorina." Rispose ironico, poi
si chinò di nuovo e diede un paio di spinte più violente, che la portarono proprio
dove voleva arrivare; poco dopo fu lo stesso per lui.
Orlando si stava rivestendo in piedi, mentre Cassy era
rimasta sdraiata sulla seta bianca e celeste e, dopo essersi risistemata il
reggiseno e la maglietta, si stava rimettendo le mutandine. Lui guardava fuori
dalla piccola finestra, era quasi il tramonto; lei si sedette e stiracchiò le
braccia.
"Non è proprio da me, fare una cosa del genere."
Commentò Orlando, senza girarsi.
"Da me, sì." Replicò divertita la ragazza; lui
la guardò sorridendo.
"Me lo immaginavo." Affermò il ragazzo.
"Comunque è stato... istruttivo." Continuò
Cassy; Orlando alzò le sopracciglia, sorpreso.
"In che senso?" Fece poi; lei sorrise maliziosa,
appoggiandosi sulle braccia, questo mise in risalto il suo tatuaggio, a forma
di drago che si morde la coda, intorno all'ombelico.
"Ho scoperto che non tutte le storie che si
raccontano sugli attori famosi sono false..." Rispose con uno sguardo
allusivo; Orlando sorrise, un po' imbarazzato, poi si passò una mano sulla
nuca. "E poi, non si trova mica tutti i giorni, uno messo bene che ci sa
anche fare." Lui tornò a guardarla.
"Non credo di aver dato il meglio di me."
Affermò.
"Mh..." Fece Cassy, con un'occhiata che non
lasciava dubbi. "Allora ci dobbiamo rivedere."
Orlando la osservò per qualche momento: era bella,
eccitante, disinibita, e sembrava anche un tipo simpatico. Conoscerla meglio
non poteva essere male, e lui non era il tipo da una botta e via; con una così
era meglio farsi per lo meno la seconda.
"Ti do il mio numero privato." Si sentì dire,
prendendo uno dei suoi biglietti da visita.
E fu così che Orlando e Cassy si videro di nuovo, e poi
ancora, e cominciarono ad uscire insieme quasi regolarmente; e la cosa più
regolare fu che riuscirono a fare l'amore praticamente ogni volta.
La prima cosa che il ragazzo scoprì di lei era che non
c'era nulla di più lontano dalla normalità della vita di Cassy; era fuori come
un cassonetto, ma irresistibile. Aveva degli orari impossibili, mangiava e
beveva di tutto, il suo metabolismo era un mistero, amava fare sesso nei posti
più assurdi. La cosa più normale era il divano, passando per la vasca da bagno,
contro la porta del frigo, in garage sul cofano della macchina, fino ad un
aereo parcheggiato a bordo pista. E ogni volta Orlando pensava che se lo
avessero beccato in situazioni simili, si sarebbe giocato la carriera, ma lei
riusciva puntualmente a convincerlo; era eccitante e testarda, un combinazione
pericolosa.
Beh, queste non erano le uniche cose che aveva scoperto di
lei. Una volta erano andati a correre insieme e la ragazza lo aveva sfiancato,
aveva un ritmo ed un fiato da agonista, Orlando non poteva reggere. Per farsi
perdonare, Cassy gli aveva fatto un servizietto coi fiocchi; lui non era molto
amante del sesso orale, troppo passivo, ma come fai a dirle di no?
Ah, sapeva anche il suo nome completo, Cassandra Simmons,
e che lavorava da X-streme, un grande negozio di attrezzature per sport
estremi. Ecco, gli sport estremi, la sua grande passione. Non era passato
giorno che non lo avesse coinvolto in una delle sue uscite; li praticava quasi
tutti, e quelli che mancavano era solo perché in Inghilterra non c'erano i
posti giusti. Faceva tutto: rafting, parapendio, arrampicata libera,
paracadutismo naturalmente, skeleton a rotelle e motocross, go-cart e
deltaplano, ed era spericolatissima. Più di una volta Orlando si era trovato a
benedire la fortuna della ragazza, che non le aveva fatto rompere l'osso del
collo.
Perché con lei ci stava bene, era simpatica e divertente,
piena d'iniziativa, facevano sesso alla grande, parlavano di tutto; Cassy era
intelligente e pronta, amava fare sarcasmo, e aveva dei momenti di tenerezza
molto caldi e altri di malinconia o imbarazzo che lei sapientemente mascherava.
Ad un certo punto gli venne l'idea che la vera Cassy fosse quella introversa e
misteriosa, invece di quella disinibita e disponibile che si mostrava; idea che
venne ben presto accantonata, e poi travolta, dal ciclone Cassandra, che fece
più danni su Orlando di una tempesta su un'isola tropicale. Ma le cose andavano
a gonfie vele, perché farsi domande?
Un giorno si decise a parlarne con Viggo al telefono;
l'amico gli aveva chiesto se c'erano novità, e lui non aveva resistito a
raccontargli di Cassy.
"Tu, hai fatto sesso con una che conoscevi da poco
più di mezz'ora?" Domandò stupito l'uomo, alla fine del racconto.
"No, è stato un alieno verde sceso da Marte."
Sbottò Orlando.
"Sì, che si è senz'altro impossessato del tuo
corpo." Precisò Viggo, con la sua voce bassa, che sembrava sempre calma.
"Andiamo Vig, non scherzare!" Esclamò il ragazzo
infastidito.
"Veramente Ob..." Riprese l'altro. "...tu
di cazzate ne hai fatte e ne fai tante, ma con le donne sei sempre stato un
tipo serio."
"Ma io sono serio!"
"Non è proprio da te, sbatterti una dentro uno
stanzino..."
"Rimessa dei paracadute."
"Quello che è." Intervenne Viggo. "Non ti
mettere in qualche casino, vabbene?"
"Ma no! Mi conosci!" Rispose ridendo Orlando,
mentre camminava per la cucina col cordless all'orecchio.
"Non ne sono più tanto sicuro..." Mormorò
l'amico sospettoso.
"E' solo che..." Affermò l'altro, fermandosi contro
il piano di lavoro. "...lei mi ha travolto come un treno in corsa, andiamo
sempre a mille all'ora quando siamo insieme, e non ho il tempo di
ragionare..." Ammise pensieroso.
"Resta lucido, Orlando, non farmi preoccupare."
Replicò Viggo dall'altra parte del filo; il ragazzo rise, al tono apprensivo
dell'amico.
"Tranquillo!" Ribatté ridendo; in quel momento
suonò il campanello. "Vig, ti devo salutare." Aggiunse allora.
"Vabbene, ci sentiamo." Salutò l'uomo.
"...e... non fare cazzate più grosse del dovuto." Si raccomandò
infine; Orlando rise di nuovo, avvicinandosi alla porta. "Ciao
stella."
"Ciao puttanone." Rispose il ragazzo. "Ti
mando un bel bacio con la lingua!" Entrambi scoppiarono a ridere e
riagganciarono insieme, proprio nel momento in cui Orlando si fermava davanti
alla porta.
Rideva ancora, quando aprì e si trovò davanti Cassy che
sorrideva; la ragazza indossava una maglia viola traforata e un reggiseno a
vista bianco, un paio di pantaloni neri a vita bassissima, con cinturone borchiato
e anfibi alti fuori dall'orlo.
"Ciao!" La salutò allegro.
"A chi è che mandavi baci con la lingua?"
S'informò prima di entrare; lui la fece passare, poi chiuse la porta.
"Ah, un mio amico." Spiegò ancora divertito; lei
alzò le sopracciglia.
"Usi salutare i tuoi amici con baci in bocca?"
Domandò ironica.
"No... è una storia lunga, un giorno magari ti
spiego." Si affrettò a rispondere il ragazzo; Cassy sorrise e lo prese per
la camicia, facendolo appoggiare al muro.
"Un giorno mi dovrai raccontare tutto della Nuova
Zelanda." Mormorò sulle sue labbra.
"Ti assicuro che ci sono cose che è meglio tu non
sappia..." Rispose sensualmente lui, posandole le mani sui fianchi.
"Tipo i baci con la lingua?" Chiese maliziosa la
ragazza.
"Accontentati di questo." Rispose Orlando
catturandole le labbra in un bacio da manuale.
Si lasciarono qualche istante dopo; Cassy, soddisfatta, si
passò la lingua sui denti, fissandolo negl'occhi. Non c'era niente da fare, lo
trovava assolutamente irresistibile e, a volte, temeva che questa cosa la
stesse prendendo un po' troppo, ma non era tipo da farsi domande. Non più,
almeno.
"Capisco perché i tuoi amici maschi vogliano farsi
baciare da te." Affermò allusiva, passandogli le braccia intorno al collo.
"Io comunque ero venuta per farti una proposta." Aggiunse, piegando
di lato il capo.
"Oh, mio Dio!" Esclamò Orlando, con finto
stupore. "Erano quasi dodici ore che non me ne facevi una!" Risero.
"E' una cosa seria." Proclamò la ragazza, pochi
attimi dopo. "Che ne dici di farci un week-end di arrampicata
libera?" Gli chiese.
"Hm..." Fece lui, dubbioso. "Io, te, e chi
altro?"
"Qualche amico." Rispose vaga Cassy, spalmandosi
su Orlando. "Mangiare al sacco e dormire sotto le stelle." Propose
poi. "Ti insegnerò io, ma se proprio non dovessi essere portato..."
Si allungò fino al suo orecchio e bisbigliò. "...potremmo sempre passare
il tempo in altro modo, nel fitto del bosco..." E dopo queste parole, gli
succhiò il lobo.
"Credo di avere ancora la mia attrezzatura da
campeggio..." Mormorò Orlando, che sentiva il suo corpo reagire già a quel
contatto, che sapeva tanto di preliminare.
"E' un sì?" Domandò la ragazza, scostandosi da
lui.
"Andiamo a cercarla, va." Rispose soltanto il
ragazzo, prendendola per mano.
Qualche minuto dopo stavano salendo in soffitta, tramite
la scaletta a scomparsa che si apriva nel soffitto del secondo piano; Cassy fu
la prima a mettere la testa nel sottotetto.
"Vorrei sapere perché mi hai fatta andare
avanti." Chiese la ragazza a Orlando, che era sulla scala proprio dietro
di lei.
"Che domande!" Rispose allegro il ragazzo.
"Volevo guardarti il culo!"
"Ah..." Fece Cassy, abbassando appena il capo
per vedere il suo sorriso malizioso e divertito. "Se è così, bastava
dirlo..." Aggiunse poi, sensualmente; Orlando rise.
La ragazza si sedette sul bordo della botola, con le gambe
penzoloni, mentre anche lui spuntò nella soffitta, anche se solo con le spalle;
non poteva certo entrare, visto che lei ostruiva l'entrata. La guardò con
espressione retorica, piegando un po' la testa.
"Se vuoi entrare in questa soffitta, dovrai passare
sul mio corpo." Affermò Cassy, con sguardo inequivocabile; lui alzò un
sopracciglio.
"Se mi conoscessi un po' di più..." Ribatté poi.
"...sapresti che mi piacciono le sfide." E detto questo, con sulle
labbra un sorriso mascalzone, la prese per i fianchi e la spostò lungo il
pavimento di legno giusto per riuscire a posare un ginocchio sul bordo.
Orlando riuscì ad issarsi nella stanza, ma si ritrovò
sopra Cassy che si era stesa a terra; si scambiarono un sorriso eloquente, poi
la mano della ragazza trovò sapientemente un varco tra le due magliette che lui
indossava, il bordo lento dei pantaloni e l'elastico dei boxer. Le dita fresche
e leggere raggiunsero un punto che era già abbastanza stimolato di per se; il
ragazzo trasalì, poi sorrise di sbieco.
"Tieni a posto quelle manacce." Le disse, con
tono di finta minaccia; lei ammiccò, alzando le sopracciglia.
"Sei sicuro?" Gli domandò poi. "Perché mi
sembra che quaggiù qualcuno non sia tanto d'accordo..." Aggiunse,
cominciando a muovere piano la mano; a Orlando sfuggì un piccolo gemito, ma
sorrideva ancora.
"Continua." Affermò il ragazzo, abbassandosi su
Cassy; lei passò l'altra mano sulla sua schiena, stringendolo a se.
Avevano fatto in soffitta non certo quello per cui erano
saliti, ed ora Orlando era sdraiato contro uno scatolone schiacciato e Cassy
era seduta sopra di lui, con addosso la maglia traforata ma non il reggiseno,
che era finito chissà dove. Il ragazzo esaminava con curiosità scientifica la
sporgenza di un capezzolo attraverso i fori del maglioncino, mentre lei si
guardava intorno.
"E questo che cos'è?" Domandò all'improvviso la
ragazza, sporgendosi verso uno scatolone aperto; afferrò qualcosa.
"Il mio vecchio chiodo!" Esclamò contento
Orlando, che aveva girato al testa per guardare; Cassy sollevò il vecchio
giubbotto di pelle nera, pieno di zip e fibbie.
"Che ci fa qui?" Chiese incuriosita Cassy; il
ragazzo rise.
"Questi scatoloni hanno vissuto un'odissea."
Spiegò divertito. "Era tutta roba che avevo con me alla scuola di
recitazione, poi, quando sono partito per la Nuova Zelanda, sono finiti a casa
di mia madre, e ora che vivo di nuovo qui, lei me li ha rimandati."
"Tutti i ragazzi dei primi anni novanta avevano un
chiodo." Ricordò la ragazza, con un sguardo vagamente malinconico,
osservando la giacca.
"Eh, sì." Annuì Orlando. "Anche tu?"
Lei tornò a guardarlo e sorrise.
"Ti stupiresti di quanto ero noiosa alle
superiori." Lui la guardava, interessato alle sue parole, ma passando una
mano lungo il suo fianco dalla pelle morbida. "Mai tinto i capelli, solo
due fori alle orecchie..." Orlando osservò i suoi lobi, aveva cinque buchi
da una parte e sei dall'altra. "...niente tatuaggi, quasi sempre in tuta
da ginnastica..."
"Ha un'aria carina." Commentò il ragazzo.
"No, ha un'aria anonima." Replicò lei.
"Sarà, ma non è così negativa, questa immagine di te
acqua e sapone che mi si è creata nella testa." Ribatté lui, con un
sorriso dolce.
"Io credo che non ti sarebbe piaciuta quella
Cassy." Dichiarò la ragazza, con un accenno di disprezzo nella voce che
non sfuggì ad Orlando. "Non faceva quello che faccio io..." Aggiunse poi,
arricciando le labbra un sorriso malizioso, e si chinò su di lui per baciargli
languidamente il collo.
"Signor Bloom?" Una voce femminile chiamò il
padrone di casa da sotto la botola della soffitta; Orlando, allarmato, si alzò
seduto, portando con se Cassy.
"La signora Plimpton!" Esclamò a bassa voce; la
ragazza si portò le mani alla bocca, per soffocare una risata.
Orlando la lasciò, avvicinandosi all'uscita, e sporse la
testa dall'apertura; la donna di servizio, con sguardo perplesso, stava proprio
sotto di lui, in fondo alla scala.
"Buongiorno." Le fece.
"Va tutto bene?" Domandò lei.
"Sì, perché?" Replicò il ragazzo; la donna alzò
un braccio, mostrando un reggiseno bianco. Orlando realizzò subito cosa era
successo, l'indumento doveva essere caduto di sotto. "Grazie."
Mormorò allora imbarazzato, afferrando il reggiseno.
"Vado a ritirare la sua roba in tintoria."
Affermò lei, con aria poco convinta; Orlando fece un sorrisino tirato.
"Sì, sì, grazie!" Rispose subito lui. "Ce
n'è proprio bisogno!" Aggiunse con falso entusiasmo.
Quando la donna si fu allontanata, Orlando tornò a
voltarsi verso l'interno della soffitta, con un sospiro di sollievo; Cassy lo
guardava divertita.
"Uno di questi giorni ci beccherà." Sentenziò la
ragazza, prima che entrambi scoppiassero a ridere.
L'attrezzatura da campeggio di Orlando fu, infine,
ritrovata ed i due ragazzi poterono partire per il week-end di arrampicata
libera.
Montarono le tende in un'area attrezzata, vicino ad una
formazione rocciosa che sembrava fatta apposta per i loro intenti. Cassy era
piena di energia e adrenalina, come sempre, quando c'era da affrontare una
nuova sfida, e Orlando non era da meno.
Il primo giorno passò abbastanza velocemente; il ragazzo
aveva qualche nozione, ma i suoi accompagnatori più esperti furono così gentili
da perdere del tempo dietro a lui, che doveva farsi un po' d'esperienza. Non
dubitava che lo facessero anche perché, comunque, lui era un personaggio
famoso, e vuoi mettere raccontare di aver fatto da istruttore a Orlando Bloom?
Contrariamente a quello che si poteva pensare, Cassy era un'ottima insegnante,
esauriente nelle spiegazioni, precisa nella pratica e preoccupata dei progressi
del suo pupillo. Non ebbero tempo per fughe romantiche nel bosco e, dopo
pranzo, decisero di rimandare al giorno dopo.
Nel pomeriggio, quando Orlando era ormai cotto dal sole e
dalla fatica, Cassy decise di affrontare, insieme ai più esperti, una parete
più difficile. Il ragazzo rimase a guardarla da sotto, insieme ad altri dei
ragazzi che li accompagnavano. Orlando la osservava rapito, meravigliato dalla
sua abilità e dall'energia che ancora dimostrava, nonostante una giornata sulle
rocce; il suo corpo atletico e perfetto si muoveva con grazia e forza,
inguainato in un body aderente nero e giallo, reso lucido dal sudore e teso
nello sforzo. Si trovò a pensare che il free-climbing era uno sport davvero
sexy, se fatto da lei.
"Cavolo, Cass è davvero brava." Si trovò a
commentare, mentre svuotava l'ennesima bottiglietta d'acqua. "E poi non si
stanca mai."
"E' perché lei faceva sport a livello agonistico,
fino a qualche anno fa." Spiegò Mark, uno degli amici della ragazza;
Orlando si girò verso di lui, completamente sorpreso.
"Veramente?" Domandò, stringendo la bottiglia.
"Sì." Annuì l'altro. "Non ricordo chi me lo
ha detto, ma sembra che abbia vinto di tutto, a livello giovanile."
Aggiunse poi.
Orlando aggrottò la fronte, tornando a guardare la ragazza
impegnata sulla parete. Aveva immaginato qualcosa del genere, il fiato e la
falcata di Cassy non potevano essere il risultato semplicemente di un dono di
natura; ora sapeva, c'erano anni di allenamenti, dietro a quella corsa, a quei
muscoli.
"Che sport praticava?" Chiese, senza spostare
gli occhi dalla schiena sudata della ragazza.
"Atletica, credo, ma non so quale specialità."
Rispose Mark, aprendosi un chupa-chups.
"Atletica..." Rifletteva Orlando, ripensando
all'addome piatto e scolpito di Cassy, alle sue gambe lunghe e forti, alle
spalle robuste, e all'improvviso se la figurò su una pista rossa, impegnata in
una corsa, o mentre superava l'asticella del salto in alto...
Sapeva che l'atletica è una specie di religione, per chi
la pratica, più una scelta di vita che un modo per fare movimento; poteva anche
comprendere che, quel tipo di dedizione, fosse in grado di logorare una persona,
che arrivava a decidere di smetterla, ma aveva la sensazione che ci fosse di
più. E voleva saperlo.
"Sai perché ha smesso?" Chiese improvvisamente,
girandosi di scatto verso il ragazzo seduto accanto a lui.
"No." Negò Mark, togliendosi il leccalecca dalle
labbra. "Non praticava già più, quando l'ho conosciuta io." Concluse
alzandosi.
Orlando rimase da solo, seduto all'ombra, sul cofano di
una macchina, a riflettere; non guardava più verso Cassy, ma lei era al centro
dei suoi pensieri. Erano all'inizio della loro storia, ed era normale che non
sapessero tutto l'uno dell'altra, ma lei aveva sempre un atteggiamento vago sul
proprio passato, ed ora Orlando cominciava a capire perché. Appena possibile,
avrebbe provato la sua reazione, alla notizia che lui sapeva dell'atletica.
Era buio ormai; avevano cenato insieme a tutti gli altri,
poi avevano fatto la doccia, ed ora erano dentro la loro tenda. Cassy era
seduta davanti al piccolo specchio, sistemandosi i capelli; portava solo un
asciugamano bianco, stretto al petto, ma che si apriva in basso, lasciando
intravedere la piega della gamba e il fianco. Orlando la osservava da qualche
minuto, attirato in modo irresistibile da quella pelle scoperta; mollò il libro
che si rigirava tra le mani e la raggiunse. Si mise dietro di lei, passando una
mano nell'apertura dell'asciugamano; con l'altra le scostò i capelli, e
cominciò a baciarle la spalla e il collo, alternando con piccoli colpi di
lingua. La vide sorridere nello specchio, poi reclinare la testa con un sospiro
di piacere.
"La mia donnina d'acciaio..." Mormorò Orlando
contro la sua pelle; lei rise piano, invitando, con la propria, la mano del
ragazzo a continuare il suo viaggio. "...che non esaurisce mai
l'energia..." Continuò, cercando con l'altra mano di slacciare
l'asciugamano. "...ma ho saputo che eri un'atleta, perciò..." Avvertì
immediatamente il suo irrigidimento, le dita di Cassy si strinsero, fermando la
sua mano.
"Chi te lo ha detto?" Domandò la ragazza, con un
tono infastidito, scostandosi un po' da lui.
"Mark." Rispose interdetto Orlando; lei si
allontanò, mettendosi di fronte al ragazzo.
"E lui come lo ha saputo?" Chiese, con urgenza e
rabbia.
"Ma non lo so, Cass!" Sbottò lui. "Glielo
avrai detto tu." Aggiunse, allargando le braccia.
"Ti assicuro che no." Replicò decisa lei;
sembrava proprio arrabbiata, e non l'aveva mai vista così. Stranamente, però,
se lo aspettava.
"Mi vuoi spiegare dov'è il problema?" Le domandò
dolcemente Orlando, tentando la remissività.
"E' una parte del mio passato che voglio dimenticare!"
Ribatté Cassy alzando la voce. "E se vuoi farmi un favore, non parlarne
più."
"Perché hai smesso?" Tentò comunque lui; la
ragazza sbuffò, roteando gli occhi.
"Perché odiavo l'atletica, non ne potevo più, vabbene?!"
Esclamò poi, stringendo i pugni, con una rabbia che la faceva tremare; non era
una reazione normale, tutto quell'astio, ma Orlando sapeva che non era il
momento d'insistere.
La vide trarre un respiro profondo, poi accasciarsi
seduta, guardando altrove; lui si sentì un po' in colpa, per averla fatta star
male, e decise che doveva farsi perdonare.
"Scusa, dai, non volevo impicciarmi..." Non era
proprio vero, ma andava bene. "...ha cominciato lui..." Cassy si
mosse piano.
"Domani lo sistemo io..." Minacciò a bassa voce,
sempre senza guardarlo.
"Mi puoi perdonare?" Supplicò Orlando.
Cassy sospirò, poi alzò gli occhi e lo guardò; avrebbe
anche potuto tenergli il broncio per il resto del soggiorno, se lui in quel
momento non fosse stato una visione da terapia intensiva cardiaca. Stava seduto
sulle ginocchia, con addosso solo un paio di aderenti boxer bianchi, che
esaltavano la sua pelle olivastra e liscia; poi la guardava con una faccina
implorante e due occhioni da cucciolo. Vabbene, quel ragazzo sapeva come fare
tenerezza, e poi, Dio, aveva un corpo...
La ragazza camminò sulle ginocchia fino a raggiungerlo,
mentre sulle labbra di Orlando appariva un sorrisino; non si fermò davanti a
lui, ma ne scalò le gambe, fermandosi tra le sue braccia. Il ragazzo sorrise
più apertamente, posandole le mani sui fianchi.
"Non dovrei farlo, ma..." Sussurrò Cassy,
portando le braccia intorno al suo collo, e aderendo al suo petto. "...ti
perdono, solo perché sei l'uomo più sexy di questo desolato pianeta..."
Stavolta Orlando riuscì a slacciarle l'asciugamano.
Più tardi, mentre Cassy dormiva tra le sue braccia,
Orlando rifletteva. Si era aspettato una reazione negativa, ma la violenta
determinazione che aveva visto negl'occhi della ragazza lo aveva sinceramente
stupito; aveva la chiara sensazione che la storia dell'atletica fosse più
importante di quanto lei gli voleva far credere, e che dietro al suo abbandono
si nascondesse molto più di semplice noia. Il ragazzo si rese conto
all'improvviso che si stava intestardendo su quella faccenda, ed era
pericoloso, si conosceva, ma si accorse anche che non voleva compromettere il
suo rapporto con Cass; decise che per il momento avrebbe lasciato in sospeso la
sua curiosità, se si fosse ripresentata l'occasione in futuro, però, non se la
sarebbe lasciata scappare.
Diede un bacio sui capelli della ragazza, e la strinse un
po' di più a se, era piacevole sentire la sua pelle nuda e morbida contro la
propria; si rilassò e chiuse gli occhi, era meglio dormire.
Orlando e Cass, ormai, uscivano insieme da qualche
settimana e, nonostante il ragazzo si fosse trovato più di una volta a fare
cose stupide e pericolose insieme a lei, la loro relazione procedeva alla
grande. Si veleggiava tra sbronze mitologiche, serate nei locali più alla moda,
rave party di pura follia, giornate a scapicollarsi col parapendio, e pomeriggi
di sesso nel piccolo appartamento della ragazza, col telefono staccato.
Il giovane attore sembrava reggere bene il ritmo
forsennato di Cass, anche se ogni tanto, per rispettare i suoi impegni, era
costretto a passare anche qualche giorno senza vederla.
Una di queste volte era dovuto volare fino a New
York, per presentare il suo film in uscita al Late Show, il seguitissimo
programma di David Letterman; lei lo guardò sul satellite, riducendo al
silenzio qualunque amico osasse parlare. Orlando era bellissimo, disinvolto, e
rispondeva ridendo al fuoco di fila delle battute dell'anchorman; indossava una
semplice camicia bianca, pantaloni da smoking e anfibi. I primi bottoni
slacciati lasciavano intravedere parte del suo petto liscio e muscoloso, e le
sue catenine; Cass era estasiata.
Il ragazzo rientrò dall'America di pomeriggio, ma, a
causa degli impegni di entrambi, concordarono di vedersi solo la sera dopo, a
cena; Orlando si raccomandò che Cassy si vestisse elegante e sexy, e che fosse
lei ad andare a casa sua.
Alle otto in punto era davanti alla villa
dell'attore; si era messa una gonna nera a veli, bassa in vita, con una cintura
luccicante, un top scollato rosso scuro, sopra aveva il suo giubbotto di pelle
ed ai piedi degli stivali col tacco a spillo ed una catena sulla caviglia. Salì
i tre scalini d'entrata e suonò il campanello; la porta si aprì con
l'automatico, segno che lui doveva essere al piano di sopra. Cassy entrò e si
richiuse il portoncino alle spalle; le luci erano accese nell'ingresso, ma
spente nel resto della casa. La ragazza si guardò un attimo intorno.
"Orlando?" Chiamò perplessa.
"Sono su, vieni." Le rispose la sua voce
dal piano di sopra; lei alzò le sopracciglia, un po' sorpresa, poi decise di
andare.
Lasciò la giacca in salotto e, salendo due scalini
alla volta, in pochi attimi fu al secondo piano; anche lì tutto spento, Cassy
cominciava ad essere sospettosa.
"Orlando, dove cazzo sei?" Domandò
incupita.
"In camera, raggiungimi." Rispose
dolcemente il ragazzo; con una smorfia, la ragazza si diresse verso la stanza
da letto.
C'era della luce sotto la porta, ma troppo tenue per
essere quella dei potenti faretti che la illuminavano; Orlando, difatti, aveva
l'assurda convinzione che una camera dovesse essere illuminata come una sala
operatoria. Cassy socchiuse la porta, lentamente.
Quello che si trovò di fronte le fece spalancare la
bocca: la luce nella stanza era data da un centinaio di candele sparse
dappertutto, sui mobili; la poltrona era stata spostata ed ora stava al centro
della stanza, davanti alla porta, e sopra c'era lui. Orlando era adagiato
comodamente, e sensualmente, con una gamba sul bracciolo e l'altra allungata
davanti a se.
"Oh mio Dio!" Esclamò Cass ridendo; lui
fece un sorriso sornione.
"Qualcuno mi aveva rivelato un suo sogno
erotico, tempo fa." Disse, con voce vellutata. "Ricordi?" Fece
poi, alzando un sopracciglio.
"Eccome se mi ricordo." Ribatté lei,
mettendo le mani sui fianchi. "Ti avevo detto che mi sarebbe piaciuto
l'elfo Legolas..." Ricordò. "...con i capelli sciolti, e addosso solo
un paio di pantaloni di pelle ed un frustino..." Lui si batté l'attrezzo
da equitazione sul palmo della mano, continuando a guardarla negl'occhi.
"Eccolo qui." Dichiarò poi.
Cassy risalì la sua figura con gli occhi, partendo
dai piedi nudi, poi gli aderenti pantaloni neri, che inguainavano le sue belle
gambe, il rigonfiamento all'inguine, il suo meraviglioso addome piatto che
usciva nudo dalla stoffa, le lunghe braccia levigate, per finire a quei lunghi
capelli biondi che gli scendevano sul petto scolpito. E poi aveva sulla faccia
uno di quei sorrisi sicuri e seducenti, di chi sa cosa vuole. La ragazza
deglutì.
"Oddio, tu sei..." Riuscì ad articolare,
dopo qualche secondo di mutismo. "Tu... sei... la cosa più eccitante che
abbia mai visto!" Esclamò alla fine. "Io non resisto..."
Dichiarò poi, e con due lunghi passi lo raggiunse, inginocchiandosi tra le sue
gambe e cominciando a passare la lingua sul suo ombelico.
Orlando piegò un po' il capo per guardarla, e le fece
alzare il mento aiutandosi col frustino; Cass gli sorrise con complicità.
"Vuoi andare a cena?" Le chiese, con un
tono che prometteva chissà quali vette di piacere.
"Assolutamente no." Rispose la ragazza con
aria furba, slacciandogli il primo bottone dei pantaloni. "Tu cosa hai
intenzione di fare, con quel frustino?"
"Vediamo..." E così dicendo, lo passò
dietro la sua schiena, poi lo prese anche con l'altra mano e la tirò
bruscamente a se; lei si lasciò sfuggire un piccolo gemito.
"Ma come siamo aggressivi stasera..."
Mormorò. "Mi piace." Aggiunse passandogli le braccia intorno al
collo. "Possiedimi, Principe del Bosco Atro..." Sussurrò sulle sue
labbra, prima di un appassionato bacio.
Era un mattino assolato, e Cass si muoveva affamata
per la cucina, con addosso solo il suo microscopico perizoma e un maglione nero
di Orlando, che le andava lunghissimo di maniche. Finalmente il suo toast uscì
dal tostapane; lei lo afferrò felice, aiutandosi con un tovagliolo, poi si
sedette sul banco, accanto ad un bicchiere di latte.
"Cazzo!" Imprecò Orlando dalla cima delle
scale, che erano proprio accanto alla porta della cucina. "Dove avrò messo
la parrucca? La devo restituire ai trucchi teatrali..." Si lamentò.
Cassy si sporse un po', e vide subito, su uno degli
sgabelli di cucina, la parrucca dorata appoggiata mollemente; ricordava che, la
notte precedente, erano scesi per mangiare qualcosa, ma avevano finito per
consumare ben altro, proprio su quello stesso banco, e che lei gli aveva tolto
la parrucca, nell'impeto del momento. Sorrise al ricordo.
"Orlando, l'hai lasciata qui in cucina."
Gli rispose, alzando la voce.
"Oh, meno male!" Esclamò lui. "In sala
da pranzo c'è la scatola, la riporresti, per favore? Io finisco di
vestirmi." Le ultime parole le disse allontanandosi dalla rampa.
Cass alzò le sopracciglia, mangiando l'ultimo boccone
del suo toast, bevve un po' di latte, poi, con un agile balzo, scese dal
bancone e prese la parrucca; stava per attraversare la porta di comunicazione
tra la cucina e la sala da pranzo, quando suonarono alla porta. Guardò la parrucca,
guardò la porta, e decise di andare ad aprire.
Si trovò davanti un ragazzo, simpatica faccia da
schiaffi, con naso a patata e due belle orecchie sporgenti; il fatto che fosse
in un certo senso buffo, non toglieva che fosse anche in qualche modo attraente,
poi aveva un bel fisichino. Lui la guardava perplesso, ma del resto c'era da
capirlo: era venuta ad aprirgli una specie di venere punk, con addosso solo un
maglione e in mano una parrucca bionda!
"Tu non sei la donna di servizio..."
Ipotizzò lui.
"No, è molto più vecchia, ed ha il culo
grosso." Cosa che decisamente lei non aveva. "Io sono Cassy." Si
presentò poi.
"E io Dominic!" Rispose il ragazzo,
allargando le labbra in un simpatico sorriso. "Fai le prove per vedere
come stai bionda?" Aggiunse, indicando la parrucca; Cass la guardò, poi
tornò a guardare lui.
"No." Fece serafica. "E' di
Orlando." Spiegò.
"Ahhh..." Replicò lui annuendo. "Lo
sapevo che prima o poi mi saltava il fosso..." Si scambiarono un'occhiata
divertita, lei sorrise. "E' in casa?" Chiese Dom.
"Sì, entra." Lo fece passare, scansandosi
dalla porta. "Te lo chiamo." Detto questo si avvicinò alle scale,
appoggiando un braccio sulla ringhiera, cosa che fece un po' alzare il
maglione; il ragazzo non poté fare a meno di notare la parte finale dei suoi
glutei, perfettamente rotondi e sodi, nonché le sue chilometriche e toniche
gambe.
"Ob, ti cercano, scendi." Annunciò,
guardando in alto.
"Scusa." Disse poi la ragazza, tornando
verso di lui ed entrando in sala da pranzo; in quel momento spuntò Orlando che,
quando vide il ragazzo fece un'espressione meravigliata e felice, allargò le
braccia e sorrise.
"Brutta puttana!" Esclamò; Dom, che era
ancora voltato versò la porta della sala da pranzo, si girò sorridendo.
"Non chiamare mai, prima di venire!" Aggiunse lui, scendendo di corsa
le scale; l'amico gongolò, con espressione birichina.
"Vieni qua!" Gli gridò poi. "Dammi una
botta!" Lo invitò ridendo; si abbracciarono al centro dell'ingresso.
Cassy, uscendo dalla sala da pranzo, li trovò a
scambiarsi calorosi gesti d'affetto, ridendo come matti, davanti alla porta a
vetri del salotto.
"Volete che vi lasci soli?" Domandò ironica
la ragazza; loro si lasciarono e la guardarono ancora sorridendo.
"Ah, scusa..." Fece Orlando, tenendo
l'amico per le spalle. "Cass, lui è Dominic."
"Sì, ci siamo già presentati." Precisò lei,
incrociando le braccia.
"Ma no, non hai capito." Negò il ragazzo,
scambiando un'occhiata complice con l'amico. "Lui è uno di noi..." Aggiunse
cospiratorio.
"Uno... di voi?" Domandò, senza capire; i
due, con un grido d'accompagnamento, le mostrarono i tatuaggi della Compagnia
dell'Anello. "Ahh... capisco..." Annuì lei allora, con un sorriso
comprensivo. "Vado a vestirmi." E detto questo, si allontanò su per
le scale.
Dom e Orlando ne seguirono i passi, ammirando le
atletiche gambe di Cass aggredire gli scalini, finché non sparì di sopra; il
padrone di casa, allora, invitò l'amico in salotto.
"Ma dove l'hai trovata questa?" Domandò
Dominic, indicando col pollice la direzione presa da Cass. "Ha un culo da
paura..." Orlando ridacchiò.
"Ehh, caduta dal cielo." Rispose poi,
facendo accomodare l'amico sul grande divano sulla destra.
"Allora, infamone..." Continuò il padrone
di casa, dando all'amico una piccola pacca sulla spalla. "...cosa ti
riporta nella madre patria?"
"Hem... beh..." Dom sembrava un po' restio
a confessare il vero motivo, si passò una mano sulla nuca. "...volevo
vedere i miei..." Orlando s'insospettì.
"Un uccellino mi ha detto che da un po' esci con
la stessa ragazza..." Buttò lì, distrattamente; l'amico lo guardò.
"Un uccellino dai grandi occhi azzurri?"
Orlando annuì sorridendo. "Cazzo, Elwood è più pettegolo di una
parrucchiera!" Sbottò divertito Dom.
"Allora è vero?" Il ragazzo non poté fare a
meno di annuire, abbassando il capo.
"Io e Lory stiamo insieme da circa sette
mesi..." Confessò infine, tornando a guardare Orlando. "E' venuta qui
con me." L'amico spalancò gli occhi sorpreso.
"Oh mio Dio..." Mormorò poi. "E'
venuta a conoscere i tuoi!" Esclamò poi.
"Ehhh..." Sospirò Dominic.
"Ma è una cosa seria, quindi."
"Penso di sì." Ammise Dom. "Che
palle... sì, sì, ecco... sono innamorato..." Spiattellò alla fine; Orlando
rise.
"Ahahahaha! Quello che mi prendeva per i
fondelli!"
"Smettila, Lory è speciale!" Sbottò
l'altro, fintamente offeso.
"Oh, tranquillo, non mi devi spiegare niente, ci
sono passato prima di te..." Affermò Orlando, sperando che a lui sarebbe
andata meglio. "...sono sempre speciali, quelle che amiamo."
Aggiunse, appoggiandosi allo schienale del divano. "Quanto restate?! Il
fine settimana lo passiamo insieme, vero?!" Chiese poi, tornando energico
all'improvviso.
"Bah..." Rispose Dom. "...Lory voleva
andare in Cornovaglia..."
"Bella la Cornovaglia!" Quell'affermazione
li fece voltare verso la porta, era apparsa Cass, ora con i suoi abiti e
truccata. "Ci si fa un ottimo parapendio."
La scogliera si stagliava contro il cielo grigio
compatto, mentre il mare, stranamente calmo, aveva una tinta più verdognola; la
pioggia fine ti entrava persino nei più reconditi orifizi, ed era anche
freddino.
"Mi butto anch'io." Annunciò fermo Orlando,
con negl'occhi una luce di febbrile eccitazione che fece preoccupare
mortalmente Dominic.
Qualche attimo prima, con l'ultima folle decisione di
un’assurda sequela, Cassy si era tuffata dalla scogliera con un perfetto
carpiato, ridendo con manicomiale sprezzo del pericolo; e ora, lui la voleva
seguire.
"No, Orlando, non lo fa..." Dom non poté
finire la frase, rimase con la mano alzata verso l'amico, ma lui si era già
buttato.
"Basta." Dichiarò una voce alle spalle del
ragazzo. Ferma, quasi gelida.
Dominic si girò; Lory era lì, impassibile, guardava
davanti a se. I suoi jeans erano bagnati e un po' infangati sull'orlo, il
giubbino impermeabile rosso aderiva alla sua maglietta, i capelli zuppi le si
erano appiccicati alla faccia, e gli occhiali avrebbero avuto bisogno di un
tergicristallo. In apparenza era totalmente calma.
La ragazza non aggiunse un'altra parola, girò i
tacchi e s'incamminò verso la macchina; Dom, allarmato la seguì.
"Lory!" La chiamò. "Lory dove
vai?!" Chiese preoccupato.
"Io torno in albergo." Rispose lei,
voltandosi e togliendosi gli occhiali, che andavano asciugati per l'ennesima
volta.
"Ma... ma ragiona, non possiamo lasciarli a
piedi..." Il ragazzo cercò di convincerla, ma sapeva di non essere molto
persuasivo in quel momento; ogni tanto lanciava occhiate verso la scogliera.
"Non me ne frega un cazzo, Dominic!" Sbottò
Lory. "Guardami, sono un cesso!" Aggiunse indicando le sue pietose
condizioni. "Tu hai un'idea di che giornata è stata oggi?!"
"Lory... io..." Non sapeva che dire, era
preoccupato per Orlando, ma vedeva che anche lei non stava bene.
"Dom, oggi abbiamo fatto parapendio, rischiando
di schiantarci almeno un paio di volte, ci siamo imbucati ad un raduno di
bikers che ci volevano sbudellare, Cass guida come una rallysta... Ha rubato in
un supermercato!" Lory era decisamente indignata. "Adesso ha convinto
quell'altro idiota, che la segue come un cane ritardato, a tuffarsi da una
scogliera alta almeno sei metri, e cazzo, siamo a maggio e questa non è la
California! Questa è la cazzo di Cornovaglia, Dominic!" Gli gridò.
"Oddio... cerca di calmarti..." La implorò
lui.
"No, no, non mi calmo!" Replicò la ragazza
urlando. "Sappi che, se adesso, tu mi fai tornare in albergo da sola, io
torno anche a Los Angeles da sola, e per rivedermi ti ci vorrà
l'appuntamento!" Detto questo ricominciò a camminare verso la macchina.
"Ma no, aspetta!" Esclamò Dom; poi diede
un'ultima occhiata al mare e la seguì. "Ma dove vai? Non sai guidare
qui!"
"Non è colpa mia se guidate dalla parte
sbagliata, popolo di originaloni!" Si lamentò Lory, aprendo la portiera;
Dominic, rassegnato, salì dalla parte del guidatore.
Bussarono alla porta quando Orlando era appena uscito
dalla doccia; il ragazzo andò ad aprire con addosso l'accappatoio, mentre si
stropicciava i capelli con un asciugamano. Si trovò davanti la faccia
stranamente seria di Dominic.
"Ciao!" Lo salutò allegramente.
"Cass è qui?" Gli domandò l'amico,
sbirciando dentro la stanza.
"No, è scesa per una sauna, tornerà tra una
mezz'ora almeno... Perché?" Ribatté l'altro.
"Ho bisogno di parlarti a quattr'occhi."
Dichiarò Dom.
"Entra." Lo invitò allora Orlando,
scostandosi per farlo passare.
I due ragazzi si accomodarono nel piccolo soggiorno
della camera, seduti sulle comode poltrone ricoperte di stoffa rosa pallido con
piccoli ricami di rose più scure, che s'intonavano perfettamente all'ambiente
arredato in stile campagna inglese.
"Come siete tornati?" Chiese Dominic,
fissando l'amico.
"Ci hanno dato un passaggio." Rispose lui,
posandosi l'asciugamano sulle ginocchia.
"Vi siete fatti male?"
"No, non mi pare..." Fece Orlando,
palpeggiandosi le braccia. "...forse domani avrò qualche
doloretto..." Rialzò gli occhi sull'amico. "Che c'è?" Domandò
con cenno del capo.
"Orlando..." Esordì Dom, serio come lui non
lo aveva mai visto. "...tu mi conosci da un po', ormai, e sai che non mi
tirò mai indietro quando c'è da fare il pazzo, ma onestamente, tra le boiate
che abbiamo sempre fatto insieme e quello che fai con Cassy, ci corre come tra
mangiare ed essere mangiati."
"Che vuoi dire?" L'interrogò l'amico.
"Che non mi va di dover comunicare ai nostri
amici che hai avuto un incidente..."
"Cazzo, Dom, dai!" Sbottò Orlando, alzando
gli occhi al soffitto.
"Dai un accidente!" Esclamò risentito
l'altro. "Ascolta..." Si rifece serio. "...se questa con Cassy è
una cosa seria, faresti bene a farle mettere la testa a posto, o qualche volta
vi fate male per davvero." Orlando, in un certo senso, era lusingato dalla
preoccupazione dell'amico, e sapeva che aveva ragione, ma non capiva ancora
bene che meccanismo era scattato in lui.
"Io..." Disse dopo qualche attimo di
silenzio, tenendo la testa bassa. "...non lo se è una storia seria, non lo
so se sono innamorato di lei, non ho idea di dove mi porterà questa
relazione..."
"Spero non al pronto soccorso
traumatologico!" Commentò Dominic; il tono con cui lo disse, provocò in
Orlando la voglia di riderci su. Resse per due minuti netti, poi scoppiò.
"Cazzo ti ridi?!" Sbottò l'altro, ma si vedeva che anche lui stava
per ridere.
"Se finisco di nuovo al traumatologico, a mia madre
le viene un colpo, ma prima uccide Cass!" A quel punto anche Dom rise.
"Perché lo fai, Orlando?" Domandò Dom,
quando smisero di ridere. "Voglio dire, tu non sei mai stato così
imprudente."
"Il fatto è..." Rispose l'amico.
"...che ho paura." L'altro aggrottò le sopracciglia, ascoltandolo.
"Ho paura per lei." Aggiunse, guardando avanti.
"In che senso?"
"Io e te non siamo stupidi, lo sappiamo quando
sottile sia il confine tra divertimento estremo ed autodistruzione."
Spiegò Orlando, tornando a girarsi verso Dom. "Cassy sembra non saperlo, o
non volerlo ammettere, e cammina troppo spesso sul quel confine."
Continuò. "Per questo io resto con lei, anche quando rischia, per
afferrarla quando si avvicina troppo al baratro..." Dominic sospirò,
alzandosi.
"Amico mio..." Disse, posandogli una mano
sulla spalla. "...ti sei innamorato di nuovo, ci sei ricascato,
ciccio." Gli mollò una pacca; Orlando lo guardò sorridendo.
"Credi?" Domandò retoricamente poi; Dom
annuì.
"Ah, c'è anche un'altra cosa che ti devo
dire..." Riprese l'amico, quando anche Orlando si fu alzato. "...mi
scoccia un po'..." Mormorò incerto.
"Forza." Lo incitò l'altro.
"Io e Lory, ecco... continuiamo il viaggio da
soli, partiamo tra poco." Orlando rimase un po' male, per quella
decisione, ma aveva capito che la ragazza di Dom non amava particolarmente
Cassy.
"Mi spiace." Disse con sincerità. "Ma
capisco." Aggiunse rassegnato.
"Oh, ma no ti preoccupare!" Affermò subito
Dom. "Rimango ancora un po' a Londra, una sera ci troviamo, senza donne
pallose, solo io e te, e ci facciamo un paio di birre, eh?"
"La meglio proposta degli ultimi due anni!"
Ribatté Orlando contento; si abbracciarono. "Ti voglio bene, Dom."
"Oh, oh, oh!" Esclamò lui, scostandosi.
"Aspetta, con queste dichiarazioni d'amore, che vado a prendere le mutande
blindate!" Entrambi scoppiarono a ridere.
Il pomeriggio del giorno dopo c'era il sole;
incostante clima inglese. La luce chiara illuminava la camera di Orlando,
passando attraverso la grande finestra, disegnando ombre tra le pieghe delle
lenzuola stropicciate; il ragazzo carezzò un braccio di Cassy, poi le baciò la
spalla. Gli piaceva fare l'amore con lei di giorno, vedere il suo corpo alla
luce del sole, osservare quei piccoli movimenti involontari causati dalla
passione e dal piacere.
"Se ne sono andati per colpa mia, vero?"
Affermò la ragazza, girando appena il capo per vedere lui.
"No." Rispose tranquillo Orlando.
"Volevano stare soli."
"Ob, non sono stupida." Replicò lei,
scostandogli un ricciolo scuro dalla fronte.
"Ma non prendertela troppo." Ribatté allora
lui, accorgendosi del suo sguardo vagamente colpevole. "Non tutti sono in
grado di reggere il tuo ritmo." Aggiunse, dandole un bacio sul naso; la
ragazza fece un sorrisino tirato.
"E tu lo hai fatto apposta." Dichiarò poi.
"Cosa?!" Chiese Orlando, con il sorriso più
innocente che si fosse mai visto.
"Mi hai sedotta in modo gravoso, intrappolandomi
in questa camera, rovinando tutti i miei piani per la giornata!" Accusò
Cassy. "Lo sai che non so resisterti..." Aggiunse, mentre carezzava
il petto del ragazzo.
"Se così fosse, ti dispiacerebbe tanto?" Le
domandò dolcemente, lei gli sorrise.
"No." Rispose poi, scuotendo il capo.
"Mi piace stare in un letto con te..." Dichiarò abbracciandolo.
"...hai un buon profumo..." Mormorò, mentre affondava il viso
nell'incavo del suo collo; anche lui amava il suo profumo, era fresco e
frizzante. "Mi devi spiegare come fai ad avere sempre questo odore di
buono." Sussurrò la ragazza, muovendo le labbra sulla sua pelle; Orlando
fece un sorrisino sbieco.
"Che ne so, sarà il mio profumo
naturale..." Ipotizzò.
"Ti mangerei..." Continuò Cassy,
mordicchiando il suo collo. "...così ti avrei sempre dentro di me..."
Il ragazzo sorrise, carezzandole con dolcezza i capelli. "Ma cosa ci fai,
con una come me?" Eccolo là, quello strano tono triste, quel vago senso
d'inadeguatezza, che ogni tanto facevano capolino tra i varchi della corazza di
quella peculiare donna; Orlando la guardò.
"Tu mi stai dando così tanto, Cass."
Rispose poi a bassa voce. "Non so spiegarti il perché, ma io voglio stare
con te, sei speciale." Prese a baciarle la fronte e le guance. "E
vediamo cosa ci posso fare, con una così, adesso, su due piedi..."
Aggiunse con un sorriso furbo; Cass capì le sue intenzioni e rispose al sorriso,
girandosi completamente verso di lui. Carezze a baci diventarono ben presto
qualcos'altro.
Orlando era ancora in preda ad un orgasmo creativo,
quando suonarono alla porta; era talmente felice di aver infine ricevuto il
copione del nuovo film, che non riuscì a lasciarlo sul tavolino del salotto, e
lo portò con se.
Si trovò davanti un uomo bassino, sulla quarantina,
stempiato, vestito elegante; il tizio lo guardò con espressione retorica.
"Mi fai entrare?" Domandò infine, posando
una mano sullo stipite del portoncino.
"Eccome no!" Rispose Orlando, scostandosi;
l'altro entrò. "Come stai Nigel?" Chiese poi ironico, sottolineando
che l'uomo non si fosse minimamente interessato di come stava lui.
"Abbastanza bene, grazie." Con una
noncuranza totale, Nigel entrò subito in salotto, accomodandosi sulla prima
poltrona a tiro.
"Tutto bene in famiglia?" La domanda era
velatamente sarcastica, infatti Orlando sapeva benissimo che l'uomo aveva da
poco mollato moglie e figli per convivere in un loft di Notting Hill con
un'attricetta ventenne.
"Sì, grazie." Rispose distrattamente Nigel.
"Che cosa ci fai qui, Nigel?!" Domandò
all'improvviso l'attore, scocciato dall'atteggiamento dell'uomo; l'altro gli
fece una smorfietta, poi, con gesto teatrale, tirò fuori dalla tasca interna
della giacca una rivista e la sbatté sul tavolino, aprendola.
"Questo tizio dall'aria alticcia e stropicciata,
in mezzo a due cosce da paura, sul cofano di una macchina nel parcheggio di un
noto locale londinese, sei tu?" Gli domandò, indicando una foto; Orlando
osservò per un attimo la sua espressione indignata, cercando di non ridere.
"Oh, cazzo Nigel..." Esordì poi,
trattenendo una risatina. "...quella sera eravamo pieni come botti di
Chianti, aspettavamo il taxi e ci hanno flashato..." Raccontò.
"Ah, nuovo stile d’attesa taxi..." Commentò
l'uomo, osservando con attenzione lo scatto incriminato. "E, per
curiosità, come lo avete chiamato, perché la lingua mi sembra un tantino
impegnata..." Continuò serafico.
"Vaffanculo!" Imprecò divertito Orlando.
"Che cazzo te ne frega di dove metto la mia lingua?!"
"Me ne frega eccome." Rispose lui annuendo.
"Sono o non sono il tuo addetto stampa?"
"Lo sei!" Sbottò il ragazzo. "Ma
quanto lo fai pesare..." Aggiunse sottovoce.
"Quando vuoi finire su un rotocalco, per favore,
avvertimi, che ci penso io." Riprese Nigel, posandosi una mano sul petto.
"Organizzo le cose come si deve, una bella cena, mica due ubriachi arrapati
su un cofano!" Aggiunse con tono saccente. "E poi, ci sono giornali e
giornali..."
"No, aspetta un attimo." Lo interruppe
Orlando insospettito. "Non mi stai mica dicendo che tu ci prendi la
percentuale, ogni volta che finisco in cronaca rosa?!"
"Sveglia, chicco!" Gli fece l'uomo
alzandosi e raggiungendolo. "La prendi pure tu, o non guardi mai il tuo
estratto conto?"
"Certo che lo guardo, una volta al mese!"
Sbottò l'attore.
"E allora si vede che non lo guardi bene, parla
col tuo commercialista."
"Mamma mia..." Commentò Orlando, gettandosi
su una poltrona con una mano sulla fronte. "...sono circondato da
barracuda..."
"Facciamo a capirci, bello." Affermò Nigel.
"Questo è il mondo dello spettacolo, io ci lavoro da vent'anni, gli squali
sono la specie dominante, devi sperare solo di capitare in bocca a quello più
piccolo." Concluse la frase allargando le mani, poi si sedette sul divano
accanto ad Orlando. "Oh, parliamoci chiaro, io ti approvo in
pieno..." Indicò la foto. "...questa c'ha due cosce che levati, e
sono il primo che se lo fa venire duro nei posti più impossibili..." E
questo il suo cliente lo sapeva benissimo. "...ma cazzo, gli affari sono
affari."
"Ma lo sai che, in dei momenti, sei proprio
disgustoso?" Fece il ragazzo, con una smorfia.
"Il mondo non è dei bravi ragazzi, Orli."
L'attore roteò gli occhi, quel nomignolo gli faceva salire il sangue alla
testa. "Almeno lo sai come si chiama?" E di nuovo a puntare il dito
sulle cosce di Cass nella foto.
"Certo che lo so, ci esco insieme da quasi tre
mesi." Rispose scocciato Orlando, che sapeva bene quanto viscido e untuoso
sapesse essere Nigel con le donne.
"Ah, bene..." Pausa studiata e radiografica
analisi di ciò che si vedeva di lei nella foto. "E quando me la
presenti?" Orlando era dolorosamente preparato a quella domanda, Nigel era
riuscito a fare il cascamorto con tutte le sue ragazze che aveva conosciuto.
"Mai?" Gli fece, con un sorrisino acido.
"Ahahah, che spirito che hai, ragazzo mio!"
Replicò divertito l'uomo; Orlando l'osservava con un'espressione della serie:
mi sta tornando su la colazione.
"Comunque..." Riprese l'attore alzandosi.
"...non ti devi preoccupare, mi è arrivato il nuovo copione..." Gli
mostrò la cartellina. "...da oggi mi metto a lavorare, niente più notti
brave, sbronze e pomiciate nei parcheggi." Dichiarò.
"Oh, mi rassicuri molto in questo modo..."
Ma il ragazzo non gli diede tempo di commentare oltre.
"Perciò, mio caro Nigel, non vorrei approfittare
oltre del tuo preziosissimo tempo..." Gli disse, cercando in modo
esplicito di liquidarlo; l'uomo si alzò.
"Mah..."
"So di non essere il tuo solo cliente, e anche
se la tua compagnia mi fa tanto piacere..." E nel frattempo lo
accompagnava abbastanza bruscamente verso la porta, cosa che contraddiceva il
suo tono gentile. "...non posso distrarti ulteriormente dal tuo
lavoro..." Aprì il portone. "...è stata una gioia averti qui..."
Quasi lo spinse fuori. "Ci vediamo." Aggiunse infine, con un sorriso
cordialissimo, e gli sbatté la porta in faccia, ma con garbo.
Orlando si voltò verso l'interno della casa,
poggiandosi alla porta con un sospiro; le visite di Nigel gli causavano
disturbi digestivi per i due giorni successivi, decise di farsi un bel frullato
allo yogurt e crusca, subito. Si diresse in cucina.
Era la sera del giorno dopo; la mattina Cassy
lavorava e si sentivano solo per telefono. Il giorno prima lei era andata ad
una gara di skeleton, mentre lui era impegnato in un servizio fotografico, così
era finita che non si erano visti. Ed erano successe alcune cose.
Quando il campanello suonò, Orlando si precipitò ad
aprire; Cassy era lì, jeans neri con borchie, maglietta verde acido aderente.
La ragazza rimase imbambolata per un attimo, cavolo
se era bello in quel momento! Indossava dei semplici pantaloni grigi di una
tuta, larghi e comodi, e una t-shirt bianca, scalzo. Alzò gli occhi dalle
stupende pieghe del suo corpo, per guardargli la faccia di nuovo: un sorriso
accecante gli illuminava tutto il viso, e gli occhi brillavano di felicità. Il
fatto più eclatante, però, era che si era tagliato i capelli; infatti, adesso
erano corti, di più sulla nuca, un po' più lunghi sulla fronte, dove si
formavano ancora dei piccoli riccioli.
"Ciao!" La salutò, senza togliersi dal viso
quel sorriso entusiasta.
"Ciao..." Fece lei, ma non riusciva a dire
altro, o a togliere gli occhi da lui. "...ti... sei tagliato i
capelli..." Balbettò poi; lui si passò una mano sulla nuca, continuando a
sorridere.
"Eh, sì..." Rispose. "...per esigenze
di copione..." Aggiunse, ma lei non lo ascoltava, persa ad osservarlo.
Non era la prima volta che Cass si rendeva conto di
quanto Orlando le piacesse, del resto, la loro era una storia iniziata per
attrazione fisica prepotente, ma era comunque la prima volta che si accorgeva
del perché, lui le piacesse così tanto. Quando se l'era visto apparire davanti,
con quel sorriso, con quegl'occhi luminosi, quell'aria pulita, aveva capito che
di lui amava la luce; quel ragazzo brillava, era solare, e questo lo rendeva
affascinante e bello, più di quanto non facessero le linee delicate del suo
viso o la perfezione del suo corpo.
"Ti sei... anche rasato il pizzetto..."
Riprese la ragazza, notando il suo mento liscio.
"Sì..." Orlando si passò una mano sulla
guancia. "Sembro un ragazzino, eh?" Aggiunse sorridendo.
"Oh, no." Replicò Cassy, gettandogli le
braccia al collo. "Sei bellissimo!" Ecco, questo era un altro
frangente in cui non la capiva.
Era rimasta onestamente troppo colpita dal vederlo
col nuovo look, come se avesse visto uno sconosciuto, ma forse... In realtà,
potevano dire di conoscersi davvero? Forse, in quel momento, lui era diventato
davvero un'altra persona. Cassy era pronta per questo suo lato? Era pronta ad
affrontare l'Orlando lavoratore? Lo avrebbe saputo presto.
Si diressero in sala da pranzo; una parte del grande
tavolo era ingombra di carte. Un blocco giallo per appunti era tracciato con la
grafia precisa di Orlando, vicino c'era un segnatempo, tipo quelli per le
lezioni di canto o pianoforte, era fermo. Il ragazzo era andato in cucina.
"Cass, mi prenderesti il cellulare, l'ho
lasciato lì sul tavolo." Le chiese; lei lo guardò, era vicino al lavello,
dall'altra parte della cucina.
"Ma se ce l'hai in mano!" Protestò poi; lui
abbassò il telefono dove stava digitando un messaggio.
"No, quell'altro, il Nokia, è sul tavolo."
Precisò l'attore. "Per favore." La supplicò, facendo il labbrino,
cosa che puntualmente persuadeva la ragazza; rassegnata, Cassy si girò e vide
subito il cellulare sul tavolo, poi lo raggiunse.
"Ma quanti telefoni hai?" Gli chiese,
quando gli fu accanto.
"Tre." Rispose Orlando; lei fece la faccia
stupita. "Sì, questo..." Le mostrò un apparecchio sul piano del
lavello. "...è quello privato, per amici, parenti... per te..." Finì
la frase con un'occhiata dolce. "Questo invece..." Indicò il
cellulare che gli aveva portato lei. "...è per lavoro, la mia agente,
registi, produttori, assistenti, ecc."
"E il terzo?" Domandò incuriosita Cassy.
"E' quello per i giornalisti, stazioni
televisive, radio, rotocalchi..." Rispose Orlando, con un gesto vago.
"E dov'è?"
"Lo tengo, spento, in un cassetto del piano di
sopra." Confessò lui con una certa soddisfazione; la ragazza sorrise
divertita. Si erano seduti al banco.
"Avevo pensato che stasera potevamo fare un
salto al Devil's Edge, c'è quel nuovo dj." Propose Cass, quando Orlando
ebbe finito di scrivere messaggi; lui alzò gli occhi dal display e posò il
telefono.
"Lo so, avrei dovuto dirtelo prima, ma sono
stato impegnato oggi." Esordì, con aria colpevole. "Io non posso
stasera, devo lavorare."
"Ma non mi avevi parlato d'impegni per stasera,
dove devi andare?" Gli domandò lei.
"No, non si tratta d'impegni esterni."
Affermò Orlando. "E' solo che mi è arrivato il nuovo copione ieri, ho solo
cinque settimane prima della riunione del cast col regista, e mi devo fare un
po' di culo, ci sono stati dei ritardi." Spiegò poi.
"Ma non puoi proprio muoverti?"
"Te l'ho detto, preferisco di no." Ribatté
il ragazzo. "E' una parte abbastanza drammatica, e voglio studiare
bene." Aggiunse. "Però, se vuoi andare da sola..."
"Ma no..." Negò Cass, prendendogli la mano.
"...rimango qui con te, ti faccio compagnia."
"Se ti fa piacere, però, temo di poterti offrire
una cena molto frugale..." Replicò dolcemente lui, con anche una punta
d'imbarazzo; poi le indicò con gli occhi un piatto di portata chiuso con un
cupola.
Cass si alzò e, incuriosita, si avvicinò al mobile;
dopo un'ultima occhiata maliziosa al ragazzo, alzò la cupola. Sgranò gli occhi.
"Omioddio, non dirmi che questi sono veramente
patate, finocchi e pesce bollito?!"
"Al vapore." Precisò Orlando. "Io li
mangio con un filo d'olio d'oliva aromatizzato al prezzemolo, l'aglio non mi
piace." Cass lo guardò basita.
"A me, invece, ci vorrebbe mezzo barattolo di
salsa Worchester per mandare giù 'sta roba." Commentò con espressione
schifata. "Mi prendo qualcosa da bere, va!" Così dicendo percorse la
distanza fino al frigorifero e aprì entrambi gli sporti.
Orlando la osservava, la posa strafottente, i
pantaloni al polpaccio, le scarpe col tacco, dello stesso colore della maglia,
tutte le sue borchie, catene e braccialetti; gli venne da sorridere, perché,
nonostante i suoi atteggiamenti da bulla, molte volte Cassy gli sembrava
soltanto una ragazza molto giovane che ancora non sa quale sia la sua strada. E
gli faceva una gran tenerezza.
"Cazzo, Orlando!" Esclamò la ragazza; lui
si distolse dai suoi pensieri e la guardò meglio. "Nel tuo frigo enorme
non c'è nemmeno una bottiglia di birra, ci potevano girare Titanic con tutta
quest'acqua minerale!" A lui scappò una risatina.
"E' solo..." Fece poi, trattenendosi.
"...che mi sto un po' disintossicando, lo faccio sempre prima di un nuovo
film, ho fatto una vitaccia ultimamente, anche a livello alimentare, e
così..." Spiegò; la ragazza lo guardava poco convinta.
"Vabbene, ho capito..." Affermò infine,
arresa. "...mi ordino una pizza..."
Un paio d'ore dopo, Cass era sbracata sul divano
grande, quello davanti alla tv, impegnata in un estenuante zapping, mentre
Orlando era dall'altra parte del grande salone, sdraiato sull'altro divano
davanti al camino spento, e studiava il suo copione.
La ragazza, ad un certo punto, trovò dei vecchi
cartoni di Charlie Brown e si mise a guardare quelli; le avventure di Snoopy e
compagni avevano un sapore che riportava all'infanzia, un periodo più bello e
puro per tutti, ma specialmente per lei. Ogni tanto rideva sommessamente,
quando il bracchetto, o Piperita Patty, facevano una battuta o combinavano un
guaio, oppure quando Linus perdeva la sua coperta.
"Cass, mi faresti un favore?" Chiese
Orlando, circa un quarto d'ora dopo, dando il primo segno di vita dopo ore.
"Dimmi!" La ragazza si rese subito
disponibile, sperando che finalmente l'attore si dedicasse un po' a lei.
"Potresti spegnere la tv, mi deconcentra."
Quella richiesta la fece rimanere molto male, sperava che lui le chiedesse di
portargli qualcosa, lei si sarebbe fermata lì con una scusa, poi avrebbe
cominciato a fargli un po' di coccole, fino a convincerlo a mollare quel
copione. Ma invece nulla, anzi.
"Ma io che cazzo faccio se spengo la
televisione!" Sbottò inviperita, lanciando il telecomando sulla poltrona,
mentre stava in ginocchio sul divano rivolta verso di lui.
"Beh..." Riprese Orlando. "...allora
puoi andare a guardarla di sopra..." Le suggerì.
Arrabbiata come una biscia ricciuta delle paludi, si
alzò dal divano con un movimento brusco, afferrò le sue scarpe, che erano
abbandonate in terra, poi si diresse verso la porta; aveva capito che era stato
un errore rimanere, come Orlando aveva compreso che era stato un errore ancora
più grosso lasciare che restasse.
"Cass..." La chiamò, sollevandosi contro la
spalliera.
"Non credevo che tu potessi diventare così
noioso, Orlando." Sibilò la ragazza, poi uscì dal salotto; lui si
aspettava di sentirla sbattere il portone, invece si accorse che saliva le
scale. Si strinse nelle spalle perplesso, poi si rimise a studiare il copione.
Era passata l'una, quando finalmente Orlando si
arrese. Gli si chiudevano gli occhi, però era soddisfatto; per essere il primo
giorno effettivo di lavoro, era un bel pezzo avanti. Si mise in piedi con un
sospiro, poi si stiracchiò ben bene; chiuse il copione e ne schiacciò la
copertina, che era già arricciolata dall'uso. Sorrise e lasciò il salotto
spegnendo la luce.
Salì al piano di sopra, facendo il minor rumore
possibile, immaginando che Cassy stesse dormendo; ripose il copione nella
cassaforte del suo piccolo studio, poi, passando attraverso il guardaroba,
entrò in camera. Come immaginava, la ragazza era a letto, stessa su un fianco,
gli dava le spalle; con la luce che proveniva dal guardaroba si accorse che
indossava la sua maglietta preferita, quella che nemmeno lui metteva mai per
paura di sciuparla, quella dipinta a mano da Viggo come regalo per il suo
compleanno sul set di LOTR... Gli venne leggermente da piangere, ma era chiaro
che lei gliela voleva far pagare.
Dopo essere stato in bagno, si spogliò, rimanendo
solo con i boxer, e s'infilò nel letto, cacchio, non era nemmeno la sua parte,
e odiava dormire dalla parte sbagliata!
Fece per abbracciarla, ma gli arrivò una gomitata
nello stomaco; si mise supino sbuffando. Allora era sveglia!
"Cosa posso fare, per farmi perdonare?"
Domandò il ragazzo, reggendosi ancora la parte lesa; Cassy si girò verso di
lui, con sguardo minaccioso nella semioscurità della stanza.
"Tutto quello che vuoi, ma fammi godere come mai
prima." Affermò decisa.
"Ti... ti potresti..." Balbettò Orlando,
intimorito dal tono della ragazza. "...togliere quella magli..." Lei
lo prese per le spalle e si buttò seduta sopra di lui, facendogli anche
abbastanza male. "...etta..." Concluse Orlando in un soffio.
"Le richieste le faccio io, stanotte."
Precisò la ragazza, ma aveva tanto l'aria di un'imposizione.
"Non sei un tantino aggressiva?" Domandò
preoccupato Orlando, aggrottando la fronte; lei emise una specie di ringhio
frustrato, poi si abbassò e gli morse il collo. "Ahi!" Si lamentò
l'attore, portandosi una mano alla gola. "Ma che sei scema?! Mi ha fatto
male!" Protestò, ma non servì a molto, poiché Cass attaccò di nuovo,
stavolta i capezzoli. "Ah! Attenta! ...levati la maglia, per favore, poi
ti lascio fare, giuro..." Supplicò senza vergogna.
"Ascolta, carino..." Disse la ragazza, con
un sorrisetto pericoloso. "...è meglio se stai zitto, altrimenti io, sulla
tua preziosa maglietta, ti ci faccio venire..." Minacciò; Orlando fece
un'espressione indignata.
"Stai diventando volgare, è questo non mi
piace." Affermò, alzando l'indice.
"Mh, sei sicuro?" Domandò, inclinando il
capo, seria, come se riflettesse; il ragazzo s'insospettì. "Perché sento
qualcosa di duro, qua sotto..." E detto questo gl'infilò una mano tra le
gambe e strinse.
"Ahh!" Gridò Orlando, sobbalzando. "MA
SEI IMPAZZITA!" Cass gli mise una mano sulla bocca, lui la guardò con gli
occhi di fuori.
"Shh..." Sussurrò lei, con un dito davanti
alle labbra. "Lasciami lavorare." Aggiunse, poi tolse la mano e gli
levò i boxer; poco dopo anche il suo perizoma volò sul pavimento.
"Scopami." Gli ordinò, e fu in quel momento che Orlando s'incazzò
davvero.
La prese per i fianchi e la scostò da se, mettendosi
seduto contro la spalliera del letto; la sua espressione non prometteva niente
di buono.
"No, così no." Dichiarò deciso. "Oh,
bellina, lo sai che sul sesso io non mi sono mai tirato indietro, ma non credo
di aver fatto niente per meritarmi questo trattamento." Continuò cupo.
"Se vuoi fare questi giochini, trovatene un altro." Riprese i suoi
boxer, li rimise, poi si stese dalla SUA parte del letto e si coprì col
lenzuolo fino alla testa; poco dopo vide volare la sua maglietta, poi sentì
Cass riprendere la sua roba e andarsene.
Nei giorni successivi si sentirono solo
sporadicamente. Orlando faceva una vita super regolare: mattina palestra o
corsa, pomeriggio in biblioteca a documentarsi per la parte, e la sera in casa
a studiare il copione; era diventato una specie di fantasma anche per il resto
dei suoi amici. Mangiava sano, beveva solo acqua, e la sua massima concessione
erano vascate di gelato al cioccolato. Forse suppliva con quello alla mancanza
di Cassy.
Un giorno, però, la ragazza si presentò a casa sua
col calumet della pace: un bellissimo cesto di frutta e verdura fresca. Visto
l'andazzo dei gusti alimentari di Orlando, quella fu la scelta giusta. Fecero
la pace, fecero di nuovo l'amore, e tutto sembrò tornare come prima.
Salvo per il fatto che si vedevano molto meno, e che
Cass era molto evasiva su come passava il suo tempo lontano da lui.
Un venerdì sera, Orlando si sentì in vena di uscire,
era l'ora di staccare un po' dal lavoro, o avrebbe fuso; prese il telefono e
chiamò Cassy, aveva proprio voglia di fare un po' baldoria e magari, dopo,
passare la notte con lei, era tanto che non lo facevano. Il cellulare era
spento; perplesso, il ragazzo compose il suo numero di casa, nessuno rispose.
Riprovò regolarmente per tutto il corso della serata,
ma quando, verso l'una di notte, non aveva ricevuto nessuna risposta, decise di
smettere; era preoccupato, comunque, e passò una notte molto inquieta.
Il giorno dopo Orlando era in sala trucco per
un'apparizione televisiva, ma era inquieto e stanco; nella confusione
dell'affollata stanza, chiamò il suo assistente.
"Gary." Disse, voltandosi indietro.
"Gary, per favore." Insisté alzando un braccio per richiamare il
ragazzo.
"Che occhiaie, signor Bloom..." Si lamentò
la truccatrice.
"Eh sì, lo so, ho dormito male." Si
giustificò lui. "Gary, per pietà!" Finalmente l'assistente riuscì a
raggiungerlo. "Chiamami Cassy, per piacere." Il ragazzo dai capelli
rossi estrasse il cellulare di Orlando.
"Cass?"
"Sì, è a Cass il numero." Rispose l'attore,
mentre la ragazza del trucco si dava da fare per coprire le sue evidenti
occhiaie.
"Non è raggiungibile, Orlando." Gli
comunicò l'assistente; lui sospirò preoccupato.
"Ma dove cazzo sarà finita?!" Sbottò poi,
ma aveva veramente paura che le fosse successo qualcosa, ed aveva compreso che
in realtà di lei non sapeva nulla, nemmeno dove trovare i suoi parenti, nel
caso.
Dopo un sabato pomeriggio e una domenica d'inferno,
durante la quale solo sua sorella l'aveva persuaso che non era proprio il caso
di chiamare la polizia, il lunedì mattina, per l'ennesima volta, Orlando partì
per l'appartamento di Cassy.
Il ragazzo infilò il portone a vetri e si fiondò per
le scale; inutile cercare di utilizzare l'ascensore, era puntualmente rotto, o
discutere con l'indisponente portiere di quella scalcinata palazzina di
periferia dove viveva Cass.
Arrivò davanti alla porta leggermente scrostata con
il fiatone, e cominciò subito a bussare; il campanello loffio, quando
funzionava, non lo spinse nemmeno. Poco dopo la porta si aprì.
Cassy, con i capelli arruffati, gli occhi ancora
appiccicati dal sonno, e addosso una canottiera verde militare stropicciata ed
un paio di mutandine nere, si appoggiò allo stipite.
"Ciao, splendore." Disse a Orlando; lui la
guardava costernato.
"Cass, ma dove cazzo sei finita?!" Le
chiese, sbalordito dalla sua calma.
"Perché?" Fece lei grattandosi la testa,
poi si spostò dentro, facendolo passare.
"Perché?! Sei sparita, stavo per cercarti in
tutti gli ospedali di Londra e contea!" Sbottò Orlando seguendola dentro;
lei fece una risatina, dirigendosi al fornello.
"Ero solo in Francia!" Rispose
allegramente, con un gesto noncurante. "O Belgio, insomma, giù di
lì."
"In Francia?!" Esclamò incredulo il
ragazzo.
"Sì." Annuì Cass. "Siamo andati ad una
gara di motocross sulle Ardenne." Raccontò; lui non riusciva veramente a credere
a quello che sentiva.
"E con chi saresti andata?" S'interessò
Orlando.
"Mh, con Mark, Malcom, Amanda, Tom... eravamo
una decina." Rispose la ragazza, mentre si versava una tazza di caffè.
"Non ti sarai preoccupato, topino?" Gli domandò poi, scherzosa.
"Ma nooo..." Rispose sarcastico Orlando,
posando le mani sulla spalliera di una sedia. "Cazzo, Cassy, sei sparita
per due giorni, senza dire nulla! Ma perché non mi hai avvertito!"
"Saresti venuto?" Gli domandò a bruciapelo,
girandosi verso di lui.
"Io... io non lo so, ma me lo potevi almeno
chiedere!" Protestò il ragazzo allargando le braccia; lei fece uno
sbuffetto serafico, poi tornò a voltarsi verso il fornello.
"Lo sapevo." Commentò saccente; Orlando
s'incupì ancora di più.
"Non significa niente questo!" Esclamò
stringendo i pugni. "Me lo dovevi dire!" Cassy si girò, con aria
stupita, poggiandosi contro il mobile della cucina.
"Dovevo?" Domandò aggrottando le
sopracciglia. "Ma chi cazzo ti credi di essere?! Mio padre, mia madre? Mio
marito?!" Continuò, alzando sistematicamente la voce. "Non sono
tenuta a dirti proprio un bel cavolo di niente, non devo rendere conto a
nessuno di quello che faccio, è la mia vita, cazzo!" Gridò picchiando
l'aria con le mani.
"Io ho passato due giorni di merda, per colpa tua!"
Replicò Orlando, altrettanto incazzato.
"Non me ne frega un cazzo!" Ribatté Cassy;
il ragazzo stava per rispondere a rima, ma ci ripensò, si raddrizzò e respirò
forte.
"Ah, se è così..." Disse allora.
"...sono stupido io, a perdere tempo." Aggiunse, poi girò i tacchi e
si diresse verso la porta.
"Ma sì, vai vai, tanto mi sono stufata della tua
faccina da bravo ragazzo." Lui le lanciò un'occhiata gelida. "Vattene
affanculo, va." La ragazza incrociò le braccia, mentre l'attore apriva la
porta.
"Ma vaffanculo tu!" E queste furono le sue
ultime parole, se ne andò sbattendo la porta.
Aluuura!
Prima di tutto ringrazio tutte le commentatrici (e gli eventuali commentatori
se ce ne sono), siete state davvero carine, anche perché non credevo questa fic
potesse piacere tanto.
Poi,
voglio solo comunicare che questo è un capitolo fondamentale, dove finalmente
si svelano i misteri del passato di Cassy; non so se sono riuscita a rendere
bene la faccenda, io lo spero, comunque aspetto i vostri commenti, che mi
chiariranno come sempre le idee. E mi raccomando, fate attenzione alle canzoni
che introducono i capitoli, spiegano alcune cose; e poi io le amo! Hanno
diritto pure loro ad un po’ di attenzione! ^_____^
Piccola
dedichina per la Moon, che c’ha avuto qualche problemino, spero che questo
capitolo serva almeno a farti tornare giù i capelli, visto che penso saranno
ancora dritti dall’incazzatura ^__- un bacione ciccia!
Divertitevi,
ciao a tutti!
Sara
-
Capitolo 4 -
E lontano
Mille miglia
A due passi da me
Non vedere l'azzurro che c'è
Non cercare più niente
(Lontano - Nomadi)
Il tempo passava, e si
avvicinava sempre di più il giorno in cui Orlando sarebbe dovuto partire per il
Canada; la riunione con il regista era stata un successo, così avevano deciso
che non c'era bisogno di troppe prove, era meglio cominciare a lavorare
direttamente sul set.
Cassy non si era più fatta
sentire, e questo era l'unico problema che il giovane attore avesse in quel
momento; in quei giorni si era reso conto che lei gli mancava in maniera
insopportabile. E' vero, quella ragazza era instabile, vaga e inaffidabile, ma cazzo,
lui si era innamorato, e gli mancavano tutti quei suoi piccoli gesti folli, il
suo trucco pesante, i suoi abiti strani, persino le catene e le borchie; ogni
tanto gli sembrava di sentire la sua risata echeggiare nella casa, di vedere le
sue scarpe colorate fuori del bagno, o di rimanere deluso tutte le volte che
non c'era la sua macchina parcheggiata davanti al vialetto, in modo da impedire
l'uscita dal garage.
Ma quello che gli mancava di
più era la sua tenerezza, sì, quella che teneva nascosta, e veniva fuori
timidamente, nelle piccole coccole, nei nomignoli, negl'abbracci improvvisi,
nei baci sulle guance, dopo aver fatto l'amore.
Era un po' depresso, così,
quando aveva saputo che si trovava in Inghilterra per un nuovo film, aveva
invitato Dominic a stare da lui; la casa gli sembrava troppo grande e
silenziosa a starci da solo. Almeno l'amico, con il suo carattere confusionario
e caciarone, lo distraeva un po' e potevano discutere, seriamente, della
grandezza del frigo come status symbol senza essere presi per due deficienti.
Orlando, però, nonostante
tutto, non poté fare a meno di "capitare" sotto casa di Cass e di
osservarla mentre rientrava o usciva; non ebbe in ogni caso mai il coraggio di
farsi vedere.
Un venerdì sera Dom e Orlando
furono invitati all'ennesimo evento vip della City: uno dei tanti cantanti
fighi organizzava una fighissima festa, per l'uscita del suo ultimo strafigo
disco, nella discoteca più figa della città. Non potevano mancare, si erano
detti, dopo aver passato una quindicina di crudeli minuti a fare il pelo e
contropelo al succitato cantante, dotato, secondo Dom, di microscopico, ma
fighissimo, pisello.
Si tirarono a lucido, se la
gente doveva guardare qualcosa, sarebbero stati loro; fu così che, appena
arrivati, gli si appiccicarono subito addosso tre o quattro ragazze in vesti
succinte. Dominic, come al solito, nelle due ore successive, si diede da fare,
ficcando le mani ovunque fosse possibile e suscitando l'ilarità delle
fanciulle; Orlando, invece, cominciava a chiedersi se la tipa che gli stava
parlando da circa un quarto d'ora avesse un cervello, o più una specie di
cocktail di scampi, dentro la scatola cranica. Il vestito rosa carne, coperto
di brillantini, che indossava la ragazza era cortissimo e quasi trasparente, ma
stranamente la cosa non lo eccitava per niente; era annoiato. Se fosse nello
stesso posto con Cassy, a quest'ora sarebbero stati a ballare sui tavoli;
oppure a fare l'amore in un bagno.
"Scusa..." Orlando
interruppe la ragazza alzandosi dallo sgabello. "...ho bisogno di una
boccata d'aria." Le disse allontanandosi.
"Ma... ma Orlando, posso
venire anch'io..." Non la sentì neanche, stava già spingendo la maniglia
antipanico.
Si ritrovò su un'ampia terrazza
da cui partiva la scala antincendio; c'erano due o tre persone, ma erano
lontane, dall'altra parte rispetto a lui, e parlottavano fitto, fumando.
Orlando si avvicinò al parapetto e ci posò le mani, prendendo un lungo respiro,
a stare dentro gli era venuta quasi un po' di nausea; guardò l'orizzonte, si
vedeva il Tamigi e la grande ruota panoramica del Millennium Dome, illuminata.
Chissà dov'era Cassy...
Basta pensare, era ora di
agire, e che cavolo! O non era più se stesso. Orlando, deciso, afferrò il
cellulare, ora l'avrebbe chiamata, era disposto pure ad ammettere di non aver
ragione... no, ora non esageriamo... ma comunque era disposto a spiegarsi, e a
sentire le sue ragioni.
Il telefonino, proprio quando
l'ebbe recuperato dalla tasca dei pantaloni, si mise a vibrare; il ragazzo
guardò il display e gli s'illuminarono gli occhi; la luce blu pulsante
evidenziava un nome: CASS.
"Pronto, Cassy?!"
Rispose entusiasta.
"Orlando?" Una voce
maschile lo gelò, aggrottò la fronte.
"Sì, chi parla?"
Domandò sospettoso e già leggermente preoccupato.
"Sono Malcom, non so se ti
ricordi..." Il suo ex, eccome se lo ricordava, sapeva perfino che le sue
prestazioni sessuali non erano il massimo, ma che cazzo voleva ora questo?
"Sì, mi ricordo, ma perché
mi chiami con il telefono di Cass?" Si decise a chiedere, con urgenza,
visto che l'ansia stava crescendo.
"Senti, non sapevo chi
chiamare..." Un pausa che non ci voleva, Orlando stava per spronarlo.
"...Cass si sta mettendo in un casino, io ho cercato di..."
"Dove siete?!" Chiese
con impeto l'attore, afferrando con tutta la forza la ringhiera del terrazzo.
Dominic stava sorseggiando un
drink, seduto su un divano, con una ragazza mezza spalmata addosso, senza
capire una beneamata cippa di quello che dicevano i suoi interlocutori, vista
la musica, il chiacchiericcio e lo struscio di scarpe che aveva attorno; la
mano di Orlando si strinse forte intorno alla sua spalla, facendolo voltare. La
faccia preoccupata che vide non gli piaceva per nulla, allora si alzò e seguì
l'amico nell'ingresso del locale.
"Mi accompagneresti in un
posto?" Gli chiese Orlando, tenendo una mano sulla sua spalla.
"Certo!" Aveva subito
acconsentito Dom. "Prima esco da questa secca di encefalitici, meglio
è." Aggiunse ridacchiando.
"Guida tu, non me la
sento." Riprese l'amico, allungandogli le chiavi della sua macchina,
mentre stavano ritirando le giacche al guardaroba.
"Oh, ma dove
andiamo?" Domandò preoccupato Dom.
"Conosci Gosford
Park?"
"C'è un vecchio circuito
da moto..." Rispose l'altro annuendo.
"Lì." Confermò
Orlando, sbrigandosi verso l'uscita; Dom lo seguì, in apprensione per tutti
quei misteri.
Le dita di Orlando afferrarono
la rete metallica, stringendo fino a far sbiancare le nocche; le auto
sfrecciavano sulla vecchia pista in abbandono, veloci da far paura, i
pneumatici sibilavano sulle curve lasciando segni scuri. Il circuito era
illuminato da fari posti su alti piloni, mentre il nastro d'asfalto era
percorso dai fanali delle macchine.
"Lei dov'è?" Domandò
con urgenza Orlando.
"La macchina gialla."
Rispose Malcom, accanto a lui.
L'auto che aveva indicato era
impegnata in un arduo sorpasso, in prossimità di una curva; le due macchine si
sfiorarono, sgommarono, percorsero qualche metro appaiate, finché quella gialla
dette un'accelerata e distanziò l'altra.
"Oh, cazzo..."
Commentò Dom, portandosi una mano alla nuca.
"Fermali subito!"
Ordinò Orlando aMalcom, afferrandolo
per le spalle.
"Ma non posso, non si può
fermare la gara!" Rispose lui preoccupato.
"Fermali, o ti giuro che
chiamo la polizia!" Replicò l'attore, incazzatissimo.
"Orlando, cerca di
calmarti, perdio!" Intervenne Dominic, dividendoli; l'amico respirava
forte. "Non serve a nulla che t'incazzi così!"
"E' l'ultimo giro."
Affermò Malcom, risistemandosi la camicia.
Orlando lo lasciò perdere con
un sibilo rabbioso, e tornò a seguire la gara. L'auto di Cassy era di nuovo
impegnata da quella blu che la seguiva; era l'ultima curva, e quello era il
duello di punta, benché i primi fossero già arrivati. La macchina blu entrò di
forza nel sorpasso, quella gialla fu costretta a sterzare bruscamente per evitarla,
e finì fuori strada, in testacoda. La gara era finita e tutti i presenti,
urlanti e parecchio alticci, visti gli ettolitri di birra che scorrevano,
invasero la pista. Orlando saltò un basso muretto e si diresse correndo verso
la macchina ferma a bordo pista; aprì lo sportello, dentro Cassy rideva
istericamente. La prese per un braccio, tirandola fuori.
"Smettila di ridere!"
Le gridò. "Ti rendi conto di che cosa hai fatto?!" Lei si divincolò
con violenza, assumendo un'espressione arrabbiata.
"Oh, ma che cazzo
vuoi?!" Replicò poi, incupita. "Levati dalle palle!" Gli ordinò.
"No, che non me ne vado
stavolta!" Orlando non era minimamente intenzionato a cedere terreno.
"Ti potevi ammazzare sul serio, e io non sono disposto a stare a guardare
mentre lo fai!"
"E chi ti ha detto che
devi farlo?! Io sono perfettamente in grado di gestire la situazione!"
Ribatté la ragazza.
"Ma se ti tremano le
mani!" Esclamò l'attore, indicando le sue estremità in movimento; lei se
le guardò sorpresa.
"E' l'adrenalina."
Rispose stringendo i pugni.
"No, è la paura."
Precisò lui; Cassy strinse anche i denti, assumendo un'espressione minacciosa.
"Ma lo vuoi capire o no,
che non ti voglio più vedere, ascoltare la tua voce, farmi sbattere da te,
sparisci dalla mia vita!" Urlò la ragazza.
"No!" S'impose
Orlando. "Non ne ho intenzione, perché io ci tengo a te, brutta cretina, e
se non lo hai capito mi dispiace!"
"Ma che cosa vuoi?"
Domandò allora lei, abbassando un po' il tono.
"Voglio che la smetti con
queste stronzate, Cass." Rispose Orlando. "Io lo so come ci si può
ritrovare..." Continuò. "Anni fa sono caduto dal terzo piano, mi sono
spezzato la schiena, potevo rimanere paralizzato e mi ci è voluto più di un
anno per rimettermi in piedi..." Raccontò serio. "...un anno di
fisioterapia, di dolore, di umiliazione. Credimi, tu non hai idea di cosa vuol
dire."
"E cosa dovrebbe farmi
capire, questo?" Chiese la ragazza.
"Fai un po' tu, se non ci
arrivi da sola." Fece lui allargando le mani. "Io sono stufo di tutto
questo, di correrti dietro e riacchiapparti quando stai per cadere... Io ti
voglio bene, ma se questo non è sufficiente, non so che altro fare."
Affermò arreso. "Pensaci, dove trovarmi lo sai." Furono le sue ultime
parole, si voltò, allontanandosi verso Dominic che lo aspettava.
Cassy sospirò, appoggiandosi
contro la fiancata della macchina; intorno a lei la gente urlava e rideva,
applaudendo i vincitori. Lei aveva l'ovatta nella testa e una strana voglia di
piangere; le sue mani tremavano ancora.
Dominic e Orlando si dirigevano
alla macchina in silenzio; nell'oscurità Dom aveva visto gli occhi lucidi
dell'amico, che dopo un po' si fermò.
"Eh, sì." Annuì
l'amico. "Ma sei innamorato, vero?" L'altro sbuffò, a quella domanda.
"Sì, puttana la
miseria!" Rispose poi. "Ma sono anche incazzato! Quella
stronza!" Aggiunse, riprendendo a camminare; Dom ridacchiò. "Guida
tu, va."
"Hm, non so se ti
conviene..." Replicò divertito l'amico; Orlando lo guardò, aggrottando la
fronte. "Tu sarai incazzato come una biscia tasmana, ma io c'ho in corpo
quattro coca e rum!"
"Che Dio ce la mandi
buona, allora!" Commentò soltanto l'altro e, ridendo, salirono in
macchina.
La verità era che Orlando per
questa cosa ci stava male da cani; non sperava davvero che Cass si sarebbe
fatta viva, la conosceva, era orgogliosa, col cazzo avrebbe fatto il primo
passo. Ma, del resto, quello era l'unico modo per capire se ci teneva a lui. Si
stava arrovellando, comunque, e, come sempre, quando era preda di quelle seghe
mentali, l'unico da chiamare era Viggo; il solo ascoltare la sua voce lo
rasserenava, e gli dava sempre buoni consigli.
"Allora, come mi devo
comportare, secondo te?" Gli chiese impaziente, alla fine del resoconto
degli ultimi avvenimenti; pausa alla Mortensen, dall'altra parte.
"A quanto mi sembra di
capire..." Mormorò infine l'uomo. "...tu sei interessato a sapere
perché lei si comporta così, il motivo per cui tiene così poco alla sua
vita?"
"Eggià." Rispose
Orlando, rassegnato ai tempi di Viggo.
"Ci tieni veramente a
questa ragazza?" Gli domandò l'amico.
"Te l'ho detto, sì, sì, e
sì."
"E muoviti, allora."
Lo spronò l'uomo, ma senza violenza. "Tu non sei mai stato uno che sta con
le mani in mano, datti da fare, qualcosa inventerai, ti conosco."
"Sembra facile..."
Biascicò Orlando, posando il mento su una mano. "...ma..." Sentì
ridacchiare sommessamente l'amico. "Che cazzo ti ridi?" Gli chiese
con un sorriso.
"Chi avrebbe immaginato
che, una scopata in uno stanzino, si sarebbe trasformata in una storia d'amore
in piena regola." Spiegò Viggo.
"Ma vaffanculo!"
Replicò divertito Orlando.
"Io ci vado anche..."
Ribatté l'uomo. "...ma la prossima volta che hai bisogno di farmi tornare
da quel beneamato paese, fammi il favore di ricordarti il fuso orario..."
Il ragazzo cominciava a ridere, anche per il tono assolutamente serio che
l'amico stava usando. "...io ho una vita, quando non sono al telefono con
te..."
"Viggo, se non ci fossi
andresti inventato!" Esclamò Orlando; entrambi scoppiarono a ridere.
"Buonanotte stellina,
fammi sapere, mi raccomando." Lo salutò infine l'uomo.
"Ci sentiamo presto."
Disse soltanto lui, prima di riagganciare.
Orlando fermò la macchina lungo
il marciapiede, davanti a quella villetta, in una via piena di altre villette,
tutte uguali. Il ragazzo, per un attimo si era chiesto se avesse fatto bene, ad
approfittarsi del suo vecchio amico Josh, per avere quelle informazioni alla
motorizzazione; poi si era detto che sì, era l'unico modo. Sospirò, mentre
scendeva dalla macchina e la chiudeva; percorse i pochi passi che lo separavano
dal portone con le mani sprofondate nelle tasche. Non capiva perché si sentisse
così teso. Suonò il campanello.
"Sì?" Gli fece la
donna che aprì; aveva un caschetto di capelli biondi, ben acconciati, una
maglia celeste a maniche corte, e jeans. A prima vista non somigliava molto a
Cassy, ma in un certo modo si capiva che erano madre e figlia.
"Salve..." Salutò
Orlando, con un po' d'imbarazzo. "Lei è la signora Wendy Simmons?" Le
chiese; lei lo guardò strano per un breve momento.
"Sono io." Rispose
infine.
"Mi chiamo Orlando, sono
un amico di Cassandra..." Si presentò il ragazzo.
"Non vive qui." Lo
interruppe la donna; lui la guardò.
"Sì, lo so." Affermò
poi. "Volevo parlare con lei un momento, mi fa entrare, sempre se non disturbo?"
Lei lo osservò attentamente per
qualche istante: non sembrava il solito morto di fame che portava di solito a
casa Cassy; nonostante l'abbigliamento semplice quel ragazzo aveva un qualcosa
che lo posizionava in una classe sociale superiore, e poi era troppo educato.
Questo lo pensò prima di vedere il grosso, sportivo, prestigioso e sicuramente
carissimo orologio che portava al polso; non un oggetto che si possono
permettere tutti.
"Accomodati."
L'invitò, scostandosi dalla porta; in quel momento alzò gli occhi e vide la
macchina parcheggiata lungo il marciapiede. "Ci conosciamo?" Chiese
al ragazzo, quando si girò verso di lui, dopo aver chiuso la porta.
"Perché hai un viso familiare..."
"No, non ci conosciamo, o
almeno, io non conosco lei..." Rispose un po' impacciato Orlando. "Mi
avrà visto al cinema..." Ipotizzò poi; Wendy si voltò di scatto e
l'osservò meglio.
"Sei un attore..."
Realizzò alla fine, continuando a studiarlo. "Sei... sei quello che ha
fatto Pirates of the Caribbean, e Troy, e...!" Esclamò infine.
"Eh, sì..." Ammise
lui, passandosi una mano sulla nuca.
"Ma senti un po'."
Commentò la donna. "Come vi siete conosciuti, con Cassy?" Gli
domandò.
"Al campo di
paracadutismo." Rispose Orlando.
"Ah..." L'espressione
della signora Simmons si fece più pensierosa, ma poco dopo rialzò gli occhi su
di lui, con un sorriso. "Ma siediti." Gli disse. "Ti va una
tazza di the?"
"Sì, grazie." Annuì
il ragazzo, accomodandosi sul divano. "E' molto gentile." Lei gli
sorrise di nuovo, poi scomparve in cucina.
"Che cosa sei venuto a
fare qui?" Domandò la donna a Orlando, poco dopo, mentre gli serviva il
the; lui esitò un attimo, poi parlò.
"Ecco..." Titubò.
"...non vorrei entrare nei particolari, ma Cass si sta mettendo sempre più
nei guai, non vorrei farla preoccupare, ma..."
"Non temere." Lo
interruppe lei, tenendo il capo chino, apparentemente concentrata nel servizio.
"Sono abituata alle intemperanze di Cass, sono cominciate molto tempo
fa."
"Vorrei saperne di
più." Intervenne il ragazzo.
"Hm..." Dopo aver preso
un sorso di the, Wendy posò la tazza sul tavolo. "Quasi due anni fa, una
notte, è tornata a casa con i capelli di tre colori ed un tatuaggio
sull'addome..." Raccontò senza guardarlo. "...poi ha conosciuto
Malcom, ed ha cominciato con gli sport estremi, da allora non si contano le
assurdità che ha fatto, dalle sbronze, alla marijuana, alla resistenzaa pubblico ufficiale, finché, l'inverno
scorso, prima di Natale, se n'è andata anche di casa." Continuò. "Diceva
che le tarpavo le ali." Commentò con triste ironia. "Non la vedo da
sei mesi, e non la sento da tre."
Orlando si rammaricò, sapendo
quali erano i rapporti tra le due donne; lui, che adorava sua madre, non
riusciva a capire come si potesse arrivare ad un livello simile.
"Sono dispiaciuto che non
abbiate un bel rapporto." Mormorò il ragazzo.
"Non è sempre stato così,
un tempo ci dicevamo tutto..." Dichiarò Wendy, scuotendo il capo.
"Lo immaginavo." La
donna fu sorpresa da quell'affermazione dell'attore, così lo guardò negl'occhi.
"Fin dall'inizio ho pensato che la Cassy che ho conosciuto non fosse
quella vera." Lei gli sorrise.
"Non avrei dovuto
stupirmi, tu sei una persona di talento, e quelli come te sono più sensibili
della media." Affermò lei. "Vuoi sapere cosa l'ha trasformata?"
Gli chiese poi, lui annuì. "Vieni con me." Gli disse allora,
alzandosi dal divano.
La stanza era piccola e
rettangolare, Orlando si guardava intorno un po' sconcertato; gli scaffali
erano ingombri di coppe, targhe, medaglie, fotografie, allori, alla parete di
fondo erano appese un paio di scarpette chiodate, sembravano vecchie, forse
degl'anni 50.
"Tutti questi..."
Chiese il ragazzo spaesato. "...li ha vinti Cass?" Indicò i premi che
lo circondavano.
"No, ci sono anche cose
mie e di suo padre." Rispose Wendy. "Ma molti sì, li ha vinti
lei."
Orlando si avvicinò ad una
mensola e si mise ad osservare una fotografia; era Cassy, una Cassy molto
diversa da quella che conosceva, con una treccia di capelli chiari, quasi
biondi, su un podio, con dei fiori in mano e una medaglia al collo.
"Ma questi sono i colori
della nazionale!" Esclamò, quando si accorse del body bianco con le
strisce rosse e blu e un piccolo Union Jack sul petto.
"Sì." Annuì Wendy.
"Ha partecipato ai giochi giovanili del Commonwealth, vincendo la medaglia
d'argento, c'era un'australiana che andava come un treno..."
"Cavolo, Cass era davvero
brava, allora..." Commentò colpito Orlando, si guardarono.
"No, lei non era brava,
Cass era una campionessa, sarebbe andata alle Olimpiadi, credimi." Replicò
dolcemente la donna. "Se non avesse mollato, ora sarebbe in partenza per
Atene."
"Che disciplina
praticava?" Domandò incuriosito il ragazzo.
"La più dura dell'atletica
femminile, l'eptatlon." Rispose la signora Simmons. "Aveva cominciato
con la corsa, ma non era abbastanza per lei, le piacciono... le piacevano tutte
le discipline." Aggiunse poi.
Orlando continuava a fissare la
fotografia, quel sorriso felice, quegl'occhi lucidi, e l'aura di luminosa gioia
che circondava la ragazza; lui non l'aveva mai vista così, adesso Cass era come
una stanza dove hanno spento la luce, rispetto alla persona che era allora.
"Perché ha smesso?"
Domandò rammaricato, alzando gli occhi su Wendy; lei fece una smorfia, poi
prese un'altra foto e gliela mostrò.
"Questo è il padre di
Cassy, George." Gli disse, indicando un uomo alto, immortalato tra la
moglie e la figlia. "Era un martellista della nazionale inglese, io
correvo il mezzofondo, ci siamo conosciuti alle Olimpiadi di Monaco, se le
ricordano tutti."
"Quelle
dell'attentato..." Mormorò Orlando. "Io non ero nato, ma ne ho
sentito parlare." Lei annuì.
"Proprio quei tristi
giorni ci avvicinarono." Ricordò la donna. "Comunque, dicevo,
l'atletica è un po' una malattia di famiglia, anche mio padre era un atleta, e
così quello di George, il quale corse la maratona alle Olimpiadi di
Helsinki." Riprese poi. "Mio marito, ed io anche, trasmettemmo la
passione a nostra figlia, fin dall'infanzia, ricordo infatti che il primo
giocattolo di Cassy fu il martello di suo padre..." Il suo sguardo si
perse nei ricordi, per un attimo. "Lui era il suo allenatore, e la stava
portando a livelli altissimi, Cass lo adorava, nonostante le normali
incomprensioni che possono esserci, finché..." A quel punto, Orlando aveva
già capito dove sarebbe arrivata la signora Simmons. "Quasi tre anni fa,
ormai, George è morto, all'improvviso, a bordo pista, mentre lei si
allenava..." La donna chinava il capo, tenendo una mano appoggiata sullo
scaffale. "...non c'è stato nulla da fare."
"Oh mio Dio..."
Commentò soltanto il ragazzo; ora capiva molte cose.
"Per diverse settimane
Cassy rimase apatica, io cercai di convincerla a rivolgersi ad uno psicologo, a
me è servito molto, ma lei non ne volle sapere." Affermò Wendy. "Un
giorno, poi, circa sei mesi dopo, ricominciò ad uscire, ma non per allenarsi,
stava fuori fino a tardi, tornava sempre messa peggio, fino al giorno del
tatuaggio e all'incontro con Malcom." Aggiunse. "Per carità, tra
tutti i disgraziati che mi ha portato dopo, lui è stato il migliore, almeno le
voleva bene..." Affermò sconsolata la donna, poi guardò Orlando. "Io
ho cercato di riportarla in pista, le ho proposto di continuare ad allenarla
io, ma è stato inutile, non ha più rimesso le scarpette."
Il ragazzo si scostò dallo
scaffale, aggirandosi per la stanza; tutta la faccenda adesso aveva i contorni
più definiti. Lui si era immaginato molte cose, rispetto al motivo che aveva
spinto Cassy a mollare lo sport, ed ora che sapeva, si sentiva in colpa per
averla lasciata in quel modo. Se solo avesse saputo, avrebbe cercato una soluzione
insieme a lei... Si girò verso la signora Simmons.
"Io..." Esordì.
"...posso capire il suo dolore, ma perché rinunciare a tutto questo?"
Indicò ciò che lo circondava. "...il sogno di una vita." Aggiunse
tristemente. "Io vivo e lavoro in un mondo crudele, uno vede l'aspetto
esteriore, la fama, la bellezza, ma non sa cosa c'è dietro, gli anni di
sacrifici, di particine, di umiliazioni, di porte sbattute in faccia, perciò
questa rinuncia mi addolora." Affermò. "Anche lo sport agonistico è sacrificio
e rinuncia, in più c'è anche la fatica, non posso credere che lo abbia fatto
senza rimpianti."
"Infatti non lo credo
nemmeno io." Gli disse la donna. "Ma, come ti ho detto prima, io
penso che le persone di talento siano più sensibili, ma anche più fragili... e
Cassy di talento ne ha tanto."
"Non la accetto questa
cosa." Dichiarò Orlando deciso. "Non se ne parla proprio, non si
butta nel cesso una vita d'impegno." Aggiunse scuotendo il capo. "Ci
parlerò."
"E credi di
convincerla?" Fece Wendy, con tono scettico; lui alzò i suoi occhi
profondi in quelli della donna, serio.
"So essere molto
convincente, se voglio." Rispose. "Qualcosa succederà, lei stia
pronta." Le garantì poi, determinato.
La donna, per un qualche
misterioso motivo, si sentiva fiduciosa, nei confronti di quel ragazzo, non
aveva mai visto nessuno così determinato ad aiutare Cassy, chissà, forse aveva
abbastanza palle da riuscirci; soprattutto, sperò che sua figlia fosse
sufficientemente presa da lui, da dargli retta. Lo guardò di nuovo, mentre lo
accompagnava alla porta, era veramente un bel ragazzo, viso gentile, ma non si
può mai dire con gli attori; chissà che tipo di rapporto avevano quei due, dove
andavano insieme, se Cassy era già finita su qualche rivista insieme a lui, se
facevano sesso... si diede della scema, certo che lo facevano, non erano mica
bambini! Adesso stava facendo dei pensieri da mamma, ed erano mesi che non le
succedeva.
"Sai..." Disse ad
Orlando, dopo avergli aperto la porta. "...mi fa piacere che Cassy si sia
messa con uno come te." Lui la guardò sospettoso.
"Non le ho detto che
stiamo insieme." Affermò poi.
"Se non è così, scommetto
che non è colpa tua." Il ragazzo fece un sorrisino mesto. "E poi, di
solito, i fidanzati di Cass arrivano su cessi ambulanti, non su fuoristrada
Mercedes coi vetri scuri, perciò." Aggiunse, alludendo alla macchina
parcheggiata in fondo al vialetto.
"Grazie." Fece lui,
dopo un sorriso sincero.
"Di nulla, è stato un
piacere." Rispose Wendy. "Spero che ci rivedremo."
"Anch'io." Replicò
Orlando, stringendo la mano che gli veniva porta. "Arrivederci."
Salutò allontanandosi; lei restò a guardare finché non salì in macchina e mise
in moto.
Un tramonto limpido, strano per
l'Inghilterra, illuminava la pista; Orlando si diresse al magazzino, passando
proprio davanti alla porta della rimessa dove lui e Cass avevano fatto l'amore
per la prima volta. Il ricordo di quella scopata, sì perché solo quello era,
gli diede un po' fastidio, alla luce di quello che provava ora; del resto, se
non fosse successo, non l'avrebbe conosciuta, e forse questo era peggio.
La vide che piegava il suo
paracadute sul grande tavolo lungo la parete del magazzino, stranamente era
sola; si avvicinò, senza curarsi troppo di non farsi vedere, ma lei era
distratta e non se ne accorse. Cassy si girò dopo qualche minuto, trovandoselo
davanti; Orlando era serio, portava una t-shirt grigia e jeans, giocherellava
con le chiavi della macchina, e questo tradiva un po' di nervosismo. Lei
s'incupì.
"Deponiamo per un attimo
le armi." Esordì il ragazzo. "Vorrei solo parlarti." Cassy
lasciò bruscamente quello che aveva in mano, poi s'incamminò lungo la pista;
lui la seguì. "Sono stato da tua madre." Affermò poi, dopo alcuni
metri; la ragazza si girò di scatto, con espressione adirata; Orlando si
aspettava quella reazione.
"Cosa?!" Sbottò
infatti Cass. "Ma come ti sei permesso?!" L'accusò poi.
"Io avrei voluto sapere da
te, che problemi avevi, ma tu mi chiudi tutte le porte." Replicò
rammaricato l'attore. "Non è colpa mia se sono dovuto entrare dalla finestra."
"Bell'analogia, non c'è
che dire." Commentò sarcastica, dandogli di nuovo le spalle. "Io,
comunque, non ho alcun problema."
"Oh, sì che ce
l'hai." Ribatté Orlando annuendo.
"Humpf..." Sbuffò
lei. "Immagino che ti avrà fatto vedere la sua adorata stanzetta dei
trofei, tutte quelle inutili medaglie, targhe, coccarde..." Proclamò
allora la ragazza, mostrando distacco. "...mh... immagino che tu abbia
visto anche le scarpette del nonno attaccate al muro, patetiche, come mia
madre."
"Non dire così, io credo
che un tempo anche tu hai amato quelle cose che ora chiami inutili."
Affermò Orlando. "E tua madre non è affatto patetica, considerato il
dolore che ha provato e le preoccupazioni che le dai tu." Cassy taceva,
vagando con lo sguardo.
"Non avevi comunque il
diritto d'impicciarti delle cose nostre." Dichiarò dopo un po',
continuando a non guardarlo.
"Cassy, tu hai bisogno di
aiuto." Le disse il ragazzo, posando una mano sul suo braccio; lei gli
lanciò un'occhiata gelida, lui scosse il capo. "No, io so che non sei
stupida, che ti rendi conto di quello che ti sta succedendo, vuoi veramente
continuare così?" Le chiese.
"Mi dici a che serve
impegnarsi tanto, allenarsi ogni giorno, costruire il futuro, se il giorno dopo
puoi essere morto?" Replicò accorata la ragazza. "Come mio
padre." Aggiunse chinando il capo.
"Dimmi tu, a cosa serve
vivere, senza cercare di realizzare i propri sogni." Ribatté calmo lui.
"Vuoi arrivare alla fine della tua vita con un pugno di mosche, rendendoti
conto di aver seppellito le tue speranze ben prima del tuo corpo?"
"Preferisco vivere come se
non ci fosse domani, come se ogni giorno fosse l'ultimo, e godermi ogni attimo,
senza pensare." Affermò lei, ma dall'espressione non si sarebbe detto che
fosse convinta delle proprie parole.
"Questo non toglie che,
comunque, un domani esiste." Precisò dolcemente Orlando. "E tu hai un
dono, un talento, che non puoi buttare via così."
"Ma cosa ne sai
tu..." Mormorò Cassy, alzando su di lui degl'occhi che non riusciva a far
rimanere asciutti; il ragazzo le strinse delicatamente le spalle.
"Abbastanza da sapere che
ora non sei felice, ma un tempo lo sei stata." Rispose poi, con ancora
negl'occhi quella ragazzina piena di gioia vista nella foto.
"Tu non capisci... niente
sarà più come allora..." Riprese la ragazza, sempre più abbattuta.
"...lui non c'è più..."
"Ma è anche per tuo padre
che devi tornare ad allenarti." L'interruppe Orlando. "Ha creduto in
te per tanti anni, realizzando il tuo sogno realizzi anche il suo."
Continuò. "Perché non puoi negarlo, sfondare come atleta era il tuo sogno." Aggiunse; Cassy
guardava verso il basso ora, combattuta tra la voglia di scappare e quella di
abbracciarlo. "E non sei sola, c'è tua madre, che aspetta solo una tua
parola, e ci sono io." Le sorrise.
"Tu?" Fece lei, con
espressione interrogativa.
"Sempre per te, se mi
vorrai." Dichiarò Orlando, carezzandole i capelli.
"Io..." La ragazza
chinò di nuovo lo sguardo. "...io non so... devo riflettere, sì..."
Balbettò poi. "Ho bisogno di stare da sola..." Affermò infine, scostandosi
da lui.
"Lunedì pomeriggio parto
per il Canada, cominciano le riprese." Le disse l'attore, mentre Cassy si
allontanava. "Ma se hai bisogno di me, come rintracciarmi lo sai."
Lei ebbe solo la forza di annuire e, prima di scoppiare in lacrime, corse via.
Si fermò solo davanti al suo
armadietto, nel magazzino, respirando forte e poggiando le mani sullo
sportello; Malcom, vedendola in quelle condizioni, si avvicinò, posandole una
mano sulla spalla.
"Cass, stai bene?" Le
chiese.
"No." Rispose la ragazza.
"NO!" Ripeté alzando la voce. "Non sto bene, non sono mai stata
bene, sono tre anni che sto male!" Gridò poi, il ragazzo si scostò
allarmato. "Lasciatemi in pace!" Aggiunse piangendo, dopodiché
scappò, rifugiandosi nella rimessa dei paracadute, dove si gettò sulle
attrezzature, dando libero sfogo al suo dolore.
Orlando stava discutendo con
sua madre da almeno mezz'ora, certo che a volte quella donna sapeva essere
veramente testarda! Sfortuna voleva che il suo degno pargolo lo fosse come e
quanto lei, cosa che determinava discussioni sulle cose più inutili. Sam, la
sorella dell'attore, aveva preferito mollarli circa un quarto d'ora prima, con
la saggia decisione di andare personalmente a prendere il pranzo, invece di
farselo portare a casa.
"Mamma, cazzo, ma come te
lo devo dire di non mettermi in valigia quelle scarpe?!" Sbottò il
ragazzo, indicando il paio incriminato.
"Ma se non ti piacciono
perché le hai comprate?" Gli domandò lei serafica.
"Quando le ho prese mi
piacevano, ma ora non più!" Rispose Orlando allargando le mani come se
fosse ovvio.
"Hum, e poi dicono di
noi..." Affermò la donna, alzando le sopracciglia e voltandosi. "Gli
uomini sì che sono volubili..." Commentò poi; il figlio sbuffò, roteando
gli occhi. "Suonano alla porta." Annunciò poco dopo, al trillo del
campanello.
"Sarà Sam, vado io."
Fece Orlando allontanandosi dal salotto. "Tu non mettermi quelle scarpe in
valigia, nel frattempo." Le intimò poi, raggiungendo la porta.
Aprì, convinto di trovarsi
davanti la sorella con le buste del ristorante; a dire il vero ci sperava,
visto che aveva abbastanza fame, ma non fu così. La ragazza col taglio da
marine, una maglietta bianca e un paio di jeans scoloriti, era certamente
Cassy, anche se lui non l'aveva mai vista così naturale, senza traccia di
trucco; teneva in mano qualcosa di nero, ma lui non ci prestò attenzione,
stupito di trovarsela davanti.
"Cass..." Mormorò.
"Ciao." Disse
lei, timidamente.
"Cosa... cosa hai fatto ai
capelli?" Le domandò; lei si passò le dita su quel poco che rimaneva della
sua capigliatura, un po' imbarazzata.
"Era l'unico modo per
togliere velocemente la tinta..." Rispose titubante.
"Oh, capisco..."
Biascicò il ragazzo. "...è bello vederti..." Aggiunse poi; lei
sorrise appena.
"Sono... sono venuta a
salutarti." Affermò, guardandolo negl'occhi. "Stai partendo, non è
vero?" Lui annuì, lei sorrise.
"Sì, oggi pomeriggio, sto
facendo le valige." Rispose l'attore.
"Volevo anche restituirti
questo." Gli porse quello che aveva in mano, e finalmente Orlando
riconobbe il suo maglione, quello che una sera le era rimasto addosso, tornando
a casa.
"Ma non ce n'è
bisogno." Ribatté dolcemente il ragazzo. "Puoi tenerlo, ne ho
tanti." Aggiunse; Cassy guardò il maglione, rattristandosi.
"Ecco, l'ho fatto
lavare..." Disse, dopo un attimo di silenzio. "...non ha più il tuo
profumo..." Continuò, tornando a guardare Orlando; lui le sorrise,
piacevolmente colpito dalle sue parole.
"Mi spiace." Riuscì
soltanto a dire.
"No, non fa niente."
Fece Cass, stringendosi nelle spalle. "Ora..." I suoi occhi verdi
erano incatenati a quelli dolci di Orlando. "...ora andrei..."
Annunciò infine.
"Ah, Cass." La fermò
l'attore, mentre la ragazza stava già ripercorrendo il vialetto; si girò.
"Sei molto carina vestita così." Lei sorrise. "Ti direi bella,
se ci fossero i capelli." Aggiunse sorridendo.
"Grazie lo stesso."
Replicò divertita Cassy. "Buon viaggio." Gli augurò, poi riprese la
sua strada; in quel momento usciva sul portone anche la madre di Orlando.
Il ragazzo si rese conto di non
farcela, a vederla andare via così, stava già arrivando alla macchina
parcheggiata lungo la strada; Orlando sentiva di non averle detto tutto, e non
poteva lasciarla andare senza nemmeno abbracciarla.
"Chi è quella ra..."
Ma la signora Bloom non finì la frase, poiché il figlio scese i due scalini del
portico in una volta sola e le corse dietro.
"Cassy!" La chiamò;
lei si bloccò con la portiera già aperta. "Dammi." Le ordinò,
prendendole dalle mani il maglione.
"Allora lo rivuoi?"
Domandò stupita, guardandolo mentre lo indossava sopra alla t-shirt rossa e si
stringeva nelle braccia; lui negò col capo, stava ancora riprendendo fiato.
"No..." Mormorò.
"...era per... così avrà di nuovo il mio profumo..." Spiegò, cercando
di sorridere; lei fece un breve risata felice.
"Grazie." Gli disse
poi.
"Di nulla." Rispose
lui, sfilandosi il maglione e restituendoglielo. "Mi fa piacere se hai
qualcosa di mio." Aggiunse allegramente; Cassy lo fissò per un attimo,
aggrottando la fronte.
"Allora voglio ricambiare."
Annunciò infine, poi si piegò, infilando la testa dentro l'abitacolo della
macchina; ne uscì poco dopo, porgendo al ragazzo un piccolo peluche a forma di
topo.
Orlando, con un gran sorriso,
lo prese nel palmo della mano, guardò la ragazza e rise; lei gli stava davanti
tormentandosi le dita, nonostante l'espressione calma.
"Questo vuol dire che sono
ancora il tuo topino?" Le domandò infine.
"Sempre." Dichiarò
Cassy, circondandogli il collo con un braccio e baciandogli la guancia con
tenerezza. "Sempre..."
"Mi mancherai..." Le
sussurrò Orlando all'orecchio, mentre erano ancora abbracciati.
"Non hai idea di quanto
mancherai tu a me." Rispose lei, lasciandolo.
Orlando la guardò andare via,
con la sua vecchia Ford rossa, accorgendosi che già gli mancava; l'aveva vista
cambiata, quel giorno, chissà che non avesse deciso di riprendere in mano la
propria vita. Il ragazzo lo sperò con tutto il cuore, e forse, al suo ritorno,
ci sarebbe stato spazio per ricominciare da capo quella relazione; sperò anche quello.
"Era la tua ragazza quella
strana tipa?" Gli domandò la madre con uno sguardo obliquo, quando Orlando
ritornò alla porta.
"Non è affatto strana,
mamma." Rispose lui scocciato.
"Oh!" Sopraggiunse
anche Sam, appena scesa dalla macchina, ma che evidentemente aveva seguito
tutta la scena. "Non sarà mica quella delle Ardenne?" Chiese al
fratello.
"Ma voi due non vi fate
mai i cazzi vostri?!" Sbottò Orlando, e rientrò in casa, lasciandole
basite sul portone; scossero il capo e lo seguirono.
Era già passata qualche
settimana dalla partenza di Orlando; ormai era estate, ma la location tra i
boschi canadesi non era calda, anzi alla sera erano consigliabili giubbotti e
maglioni, e si dormiva tranquillamente con la trapunta.
Le riprese della drammatica
storia d'amore e miniera procedevano tranquille, senza eccessivi scossoni, a
parte i normali inconvenienti da set; Orlando, però, stavolta non aveva legato
in modo particolare coi colleghi, quando non era impegnato con le riprese stava
molto per conto suo. Il suo stato d'animo tendente alla misantropia, ad ogni
modo, lo aiutava non poco nell'interpretazione; qualcuno del suo entourage lo
aveva sconsigliato di accettare quella parte, adducendo come scusa che non
aveva la faccia giusta, ma lui si era impuntato. Le critiche, almeno alcune,
negative che aveva ricevuto per recenti interpretazioni lo avevano molto
colpito, doveva dare una svolta alla sua carriera, così era giunta la decisione
d'interpretare quel personaggio non del tutto positivo, ma capace di un gran riscatto
finale. E poi, in quel film, per la prima volta, sarebbe morto; le avrebbe
fatte piangere, cacchio, le sue fan avrebbero consumato quantità industriali di
cleenex. Convinto delle sue potenzialità, si era buttato anima e corpo
nell'interpretazione dello scontroso e un po' brusco giovane minatore dal
passato difficile. Era sempre più concentrato, tranne quando pensava a Cassy.
Un giorno, Orlando era seduto a
fianco del suo coprotagonista, durante la pausa pranzo; aveva appena aperto il
suo cestino e stava osservando l'ennesimo uovo sodo sopra la sua insalata: ma
come cazzo glielo doveva dire che non gli piaceva l'uovo sodo?!
"Orlando!" Lo chiamò
una voce; lui si girò e vide una delle assistenti del regista. "E' tuo
questo maglione?" Gli chiese la ragazza, sventolando un golf di un orrendo
colore verde marcio.
"No." Rispose
distrattamente lui.
"Allora scusa." Fece
lei, tornando a cercare il proprietario.
L'attore, nel frattempo, era
tornato ad osservare sconsolato l'uovo; sbuffò e chiuse gli occhi. Ecco, fu in
quell'attimo che avvenne la folgorazione, che la luce bianca gli schiarì il
cervello, che si rese conto della verità... Aprì gli occhi di scatto sul bianco
e lucente albume bollito, con la consapevolezza di aver capito.
"Anche lei mi ama!"
Esclamò, facendo sobbalzare il collega, che lo guardò stranito.
"Ma... ma, Orlando, questo
mi sembra abbastanza chiaro nello script..." Balbettò l'altro attore.
"Lei ti ama, e per questo mi tradisce, ma poi tu muori salvandomi e lei
torna da me." Spiegò con cognizione.
"No, guarda..." Lo
interruppe lui, girandosi appena. "...non hai capito una mazza, ma non mi
stupisco..." Continuò scuotendo il capo. "Lei è innamorata di
ME!" Ripeté indicandosi.
"Sì." Annuì l'altro.
"E' chiaro nella sceneggiatura, ti dico!" Insisté poi. "Avete
delle scene anche piuttosto esplicite..." Orlando sospirò rassegnato,
alzando gli occhi al cielo.
"Ascoltami,
guardami." Gli fece, gesticolando. "Io non parlo del film, io parlo
di me, Orlando Bloom!" Sbottò.
"Ahhh..." Ma
l'espressione smentiva che avesse capito. "Hai una storia con lei..."
Ipotizzò poi, con fare cospiratorio, indicando la protagonista femminile che
mangiava poco distante; Orlando si alzò, posò il cestino del pranzo sulla sua
sedia, prendendo però in mano il famigerato uovo sodo.
"Io m'arrendo."
Dichiarò disarmato, allargando le braccia, poi si ficcò in bocca l'uovo e se
n’andò; il collega lo seguì con lo sguardo, allibito.
"Questi inglesi, sono
proprio pazzi." Commentò infine, scuotendo il capo.
"Un telefono!"
Gridava nel frattempo Orlando. "Per pietà, un telefono, il mio regno per
un telefono!" Proclamava disperato, sputacchiando pezzi di tuorlo.
"...brrronto..." Gli
rispose una voce impastata dall'altra parte; Orlando rimase interdetto per un
attimo, aggrottando la fronte, se non si era rincoglionito, in California
dovevano essere per lo meno le nove del mattino.
"Dominic?" Domandò
preoccupato l'attore.
"Orlando, ma che cazzo
vuoi?!" Replicò l'amico; lui si rassicurò. "Perché a quest'ora non
sei a prenderti un bel the, magari con un tramezzino al crescione..."
"Me lo sbatto il
crescione! Sono in Canada idiota, qui è l'ora di pranzo!" Ribattè Orlando.
"Ma allora perché mi
scassi la minchia, io ho fatto le quattro ieri notte, mi sono appena svegliato,
non ho ancora preso il caffè e mi scappa anche da pisciare!" Riprese Dom,
con tono sconsolato.
"Chissenefrega!"
Sbottò l'altro. "Io mi sono alzato alle cinque stamattina, ma dovevo
parlare con qualcuno, sono un fiasco di adrenalina, se non mi sfogo
scoppio!"
"'Spetta..." Fece
l'amico; seguirono strani e indecifrabili rumori, scrosci d'acqua.
"Dimmi." Dom tornò a parlare.
"Che stavi facendo?"
Domandò sospettoso Orlando.
"Stavo pisciando,
perché?"
"Lasciamo stare..."
Commentò l'altro, scuotendo il capo. "Beh, Dom, mi sono reso conto di una
cosa: lei mi ama!" Aggiunse entusiasta.
"Un momento..." Disse
Dom. "...sì, credo di aver capito di chi parli." Ammise, dopo qualche
attimo di silenzio. "Senti, ma di queste cose, di solito, non ne parli con
Viggo?" Gli chiese poi, grattandosi la testa.
"Sì." Rispose
Orlando, annuendo, come se l'amico lo potesse vedere. "Ma lui è disperso
in Centroamerica." Spiegò.
"Disperso?!" Esclamò
allarmato Dominic.
"Sì, nel senso che sta
tipo in Guatemala, in un campo ecocompatibile, solidale, no global, zen, e non
è rintracciabile." Raccontò allora Orlando.
"Ma dove cazzo le troverà
'ste robe? Io manco col lanternino..." Commentò Dom.
"Torniamo a me." Lo
interruppe Orlando. "Che c'ho fretta."
"Sì, allora, la ragazza ti
ama, te lo ha detto lei?" Chiese a quel punto l'amico.
"Ti ho detto che l'ho
capito da solo!" Esclamò spazientito l'altro.
"Oh, oh, ghiacciati
bellino!" Ribatté Dominic, che si era seduto, poggiando il gomito sul
coperchio del water. "Mi sono svegliato ora, cazzo!"
"Scusa, non volevo essere
brusco..." Affermò Orlando. "Comunque è stato il maglione che mi ha
illuminato!" Riflessivo silenzio dall'altra parte del filo (forse,
attonito silenzio). "Lei voleva restituirmi il maglione, io le ho detto
che poteva tenerlo, e lei si è lamentata che non aveva più il mio profumo!
Capisci?!" Spiegò entusiasta.
"Oddio, no!" Rispose
Dom, con tono disperato. "Io non ti capisco, non ti seguo, le mie facoltà
mentali languono, i miei neuroni non connettono! Fammi prendere il caffè, per
piacere!"
"Ti ho già fatto pisciare,
mi pare abbastanza." Dichiarò Orlando.
"Senti, ma..."
Riprese Dom, più pacato. "...l'hai più sentita, chiamata..."
"Ho chiamato, ma non l'ho
mai trovata in casa." Riferì sconsolato il ragazzo. "E, capirai, non
posso chiamarla la sera quando torno in albergo, per via del fuso." Si
lamentò poi.
"Cazzo, Orlando, ma
lasciale un messaggio, fatti richiamare tu..." Suggerì Dominic. "Una
chiamata a carico, se ti scoccia farle spendere quella cifra."
"Non è una cattiva
idea..." Mormorò lui.
"Eccerto che no! E'
mia!" Si vantò l'amico. "Toglimi una curiosità, però." Continuò.
"Per che cazzo hai chiamato me, non potevi chiedere un consiglio a
qualcuno lì?"
"No!" Rispose deciso
Orlando. "Non se ne parla proprio, pensa che il mio coprotagonista crede
che il ratto delle sabine sia una pantegana dell'antica Roma!"
"E direi che non c'è
bisogno di aggiungere altro..." Dopo i saluti di rito, la telefonata
terminò, e Orlando fu costretto a tornare a girare, con nuovi intenti per la
serata ed un orrendo sapore di uovo sodo in bocca.
Guardò ancora l'orologio,
battendosi ritmicamente il cordless sul ginocchio; Orlando era seduto nel
soggiorno della sua suite, aspettando l'ora per andare sul set, ma prima voleva
fare quella telefonata. Riguardò l'ora, tra pochi minuti avrebbe dovuto volare
al trucco, anzi era già in ritardo; a Londra dovevano essere più o meno le
undici del mattino, non l'aveva mai trovata in casa a quell'ora. Via. Con uno
sbuffo, strinse il telefono e compose il numero.
"Ciao a tutti!"
Rispose la voce squillante di Cass, chiramente registrata. "Questa è la
segreteria di Cassy, non sono in casa..." E ti pareva. "...e non so
quando, o se, rientrerò, potete lasciare un messaggio dopo lo sgorbiozzo, se vi
butta bene vi richiamerò, altrimenti riprovate voi, e buona fortuna!"
Ormai lo aveva sentito centinaia di volte quel messaggio, proprio nel classico
stile di Cass; il ragazzo, rassegnato, si preparò a lasciare il suo messaggio.
"Ciao Cass... sono
Orlando..." Oddio, la sua voce; la ragazza ebbe un grosso tuffo al cuore e
poggiò una mano sulla spalliera della sedia. "...volevo, ecco..."
Sembrava molto titubante. "Non ti trovo mai, ma vorrei davvero parlare un
po' con te." Affermò infine la voce registrata. "Se non ti spiace
potresti chiamarmi tu... anche una telefonata a carico, non è un problema, a
questo numero ****, è il mio albergo in Quebec..." Cadde la linea, ci fu
un attimo di panico, poi Cassy passò al secondo messaggio, era ancora lui.
"Scusa..." Fece la sua adorabile voce imbarazzata, lei sorrise. "...spero
che il numero sia arrivato, comunque te lo ripeto ****, spero di sentirti
presto, ciao... un bacio..."
La ragazza si sedette
lentamente sulla prima sedia a tiro, coprendosi la bocca con le mani, mentre il
cuore le batteva furiosamente; risentire la sua voce le aveva provocato
un'emozione fortissima e rimandato alla mente un miliardo di ricordi. Ricordava
perfettamente come lui pronunciava certe parole, quel suo modo particolarissimo
di muovere le labbra, quei piccoli gesti che faceva sempre parlando; si accorse
che le mancava perfino quel suo irritante vizio di aggrottare le sopracciglia.
Era innamorata, e si meravigliava di quanto questo le fosse chiaro in quel
momento; non che non se ne rendesse conto anche prima, ma c'era come una specie
di velo, di barriera invisibile, che aveva eretto lei stessa, ad impedirle di
ammetterlo così. Ora era limpido, nitido come la scia di un aereo nel cielo
sereno. Oh sì, che lo avrebbe richiamato, presto, molto presto...
Orlando si fece una lunga
doccia calda, poi si asciugò con meticolosità e, infine, si accorse di non aver
preso la biancheria pulita; sconsolato, uscì dal bagno, dirigendosi verso la
cassettiera, ma, arrivato davanti la letto, gli passò la voglia di fare
qualsiasi cosa. Era stanco, la giornata di lavoro era stata impegnativa e,
anche se sapeva che in confronto a chi lavora per davvero in una miniera non
c'erano paragoni, ora voleva solo riposarsi.
Si gettò bocconi sul letto così
come stava, nudo e coi capelli bagnati, chiudendo gli occhi; poco dopo li
riaprì, e vide sul comodino il peluche a forma di topo. Sorrise, poi allungò
una mano per toccarlo; si stupì del fatto che, nonostante la stanchezza, dentro
di lui ci fosse comunque una prepotente voglia di fare l'amore con Cassy.
Sospirò, mettendosi supino,
stringeva ancora il topolino nella mano; non era proprio il momento per pensare
a certe cose, soprattutto alla luce delle reazioni del suo corpo... Alzò un po'
la testa, guardando in basso, fece una smorfia: era meglio mettersi le mutande.
Fece per alzarsi, ma in quel
momento squillò il telefono; il ragazzo si spostò sul materasso, mettendosi su
un fianco, dalla parte dell'apparecchio.
"Pronto?" Rispose.
"Signor Bloom, c'è una
chiamata per lei dall'Inghilterra, desidera rispondere o preferisce farsi
negare?" Gli chiese l'impiegato della reception.
"Chi è?" Replicò
Orlando.
"Una certa Signorina
Simmons, visto che ha detto il nome ho pensato che non fosse una fan, capisce,
di solito non..."
"Me la passi subito!"
Lo interruppe l'attore.
Pochi attimi dopo gli fu
passata la linea; lui era in piedi e si era completamente dimenticato di essere
nudo come un verme, e fremeva in attesa.
"Pronto?" Fece la
lontana voce di Cassy.
"Cass, perché non hai
chiamato a carico?!" Esclamò lui con impeto.
"Hm... ecco, io... non ci
ho pen..."
"Sei a casa?"
L'interruppe di nuovo Orlando.
"Sì... ma..."
"Riattacca e ferma
lì!" Le ordinò; la ragazza, dall'altra parte, con gli occhi di fuori,
ubbidì, pensando di capire cosa aveva in mente.
Passarono solo pochi minuti,
prima che il suo telefono squillasse; lei sorrise, rispondendo.
"Orlando?" Domandò.
"Sì." Ribatté il
ragazzo.
"Sei più tranquillo
ora?" Gli domandò ironica.
"Lo sono." Rispose.
"E' solo che, si spendono un sacco di soldi, in queste telefonate, e
io..."
"Te lo puoi
permettere." Intervenne Cass.
"Ho solo voglia di parlare
un po' con te, senza dovermi preoccupare di farti spendere." Affermò
dolcemente Orlando.
"Ho capito, non temere,
ora siamo a posto." Replicò lei, con la stessa dolcezza.
"Come stai, Cass?" Le
domandò allora il ragazzo.
"Bene, e tu?"
"Mi faccio un bel culo, ma
sono soddisfatto." Dichiarò Orlando.
"Sono contenta per
te." Ribatté Cassy; seguì un attimo di silenzio, sembrava che entrambi non
sapessero che dire.
"Sai..." Fece lui, ad
un certo punto. "...avevo già provato a chiamarti, ma non ci sei
mai."
"Beh..." Rispose la
ragazza, titubante. "...il fatto è..." Sembrava fare fatica a
raccontare. "...insomma, ho poco tempo, sono sempre in giro." Disse
infine.
"Sei sempre stata un tipo
impegnato." Commentò Orlando; avrebbe dato chissà cosa, per averla davanti
in quel momento e guardarla negl'occhi.
"A dire il vero..."
Riprese lei, incerta. "...io..." Però glielo voleva dire.
"Orlando... ho ricominciato ad allenarmi..."
Il cuore di Orlando si fermò
per un secondo, poi ricominciò a battere con violenza; non sapeva cosa dire,
anche se era consapevole che, probabilmente, quella era una delle decisioni più
importanti nella vita di Cassy.
"Cass..." Deglutì.
"...è una notizia bellissima." Riuscì a mormorare infine.
"Ho parlato con mia madre,
dopo che sei venuto all'aeroporto, e ho scoperto che... ne avevo bisogno."
Confessò la ragazza. "Ci siamo chiarite, c'erano troppe cose che non ci
eravamo dette." Aggiunse.
"Non sai quanto mi fa
piacere." Affermò Orlando.
"E' stato anche merito
tuo." Dichiarò Cass, a voce bassa, sorridendo.
"Oh, no." Negò il
ragazzo, scuotendo la testa. "Forse io ho solo detto le parole giuste al
momento giusto, niente di più."
"Ecco..." Rispose
Orlando. "...se tutto va come previsto, dovrei tornare la prima, massimo
la seconda, settimana di ottobre."
Più di due mesi, avrebbe voluto
dire Cassy, delusa. "Io avrò i trials per entrare ai Nazionali, in quel
periodo." Annunciò invece.
"Bene, allora ti vedrò in
gara!" Esclamò contento lui.
"Se torni in
tempo..." Sembrava sconsolata, forse le mancava quanto lei mancava a lui.
"Ti prometto che ci
sarò." Garantì l'attore.
"Voglio crederci."
Dichiarò Cass. "Allora, dimmi un po', com'è la vita in Canada?" Dopo
quella richiesta, fatta allegramente, cominciarono a parlare come vecchi amici,
il ghiaccio era rotto; chiacchierarono a lungo, ridendo e scherzando, nessuno
dei due aveva perso lo spirito.
Alla fine si salutarono,
promettendo di risentirsi, ma proprio con l'aria di non averne la minima
voglia; infatti, dopo aver riagganciato, entrambi si ritrovarono con un senso
di vuoto, felici ed eccitati per essersi sentiti, ma tristi, per essere così
lontani. Una cosa era chiara per tutti e due, ad ogni modo: nonostante i
cambiamenti avvenuti, c'era una scintilla che ancora bruciava, tra di loro.
Avrebbero verificato alla prima occasione.
Le telefonate tra Orlando e Cassy
continuarono in maniera sporadica, a causa degli impegni di entrambi, ma erano
sempre molto piacevoli; i due ragazzi scherzavano, parlavano e, ogni tanto,
piombavano in silenzi che ognuno di loro avrebbe voluto riempire con le parole
dettate dal cuore. Finiva puntualmente che trovavano un argomento alternativo,
chiedendosi per quanto ancora sarebbero riusciti a tenersi tutto dentro.
La routine alla fine riprendeva
il sopravvento; così, mentre Orlando era impegnato sul set, tra finti crolli in
miniera, scene d'amore appassionate e croci fatte in terra col nastro adesivo,
Cassy spostava un po' più in su l'asticella del salto in alto, migliorava i
suoi tempi sui duecento metri piani e riusciva a non fare nulli lanciando il
giavellotto.
E la vita di tutti i giorni
scorreva a ritmi intensi per tutti e due, e l'estate lentamente finiva,
lasciando il posto ad un dorato autunno; ogni giorno che passava, avvicinava
Orlando alla fine delle riprese, cosa che lo stava entusiasmando più del
dovuto, ma questo migliorava la sua prestazione e gli dava una grande energia.
Cassy, da parte sua, alternava giorni di accettabile serenità, a giorni
d’inspiegabile tristezza, e allora si metteva il maglione del ragazzo e si
rannicchiava sul letto, sognando di averlo vicino.
Era una mattina di ottobre,
l'ultima settimana di riprese; l'autunno già colorava in modo splendido i
boschi canadesi che ospitavano il set: macchie di giallo oro, o di rosso
brillante, apparivano tra il verde scuro delle conifere, mentre il cielo
manteneva da giorni un turchese quasi irreale. La sera e la mattina cominciava
a fare davvero freschino.
Ma Orlando non pensava a niente
di tutto questo; era da quella mattina che era inquieto, aveva visto qualcosa
che lo aveva messo in agitazione. Ora osservava il regista, durante una pausa
della lavorazione, in modo fintamente distratto; gli doveva parlare in tutti i
modi. Quando vide la sua assistente allontanarsi, colse l'occasione al volo. Si
precipitò sulla sedia libera al suo fianco; l'uomo lo guardò con espressione
interrogativa.
"C'è qualcosa che ti devo
ancora chiarire, Orlando?" Gli domandò poi.
"No." Negò l'attore.
"E allora? Non vedi che sto
bevendo il mio cappuccino?" Fece l'altro, alzando il bicchiere di carta
colorata che aveva in mano.
"Non volevo disturbarla, ma
ho visto i ruolini... domani sarebbe il mio ultimo giorno di riprese."
Affermò Orlando.
"Hmhm." Annuì il
regista. "Dunque?"
"Mi chiedevo se avete
bisogno di me anche per il resto della settimana." Buttò lì il ragazzo.
"Altrimenti potrei tornare in Inghilterra..."
"Perché?" Domandò
l'uomo, fissandolo con le sopracciglia aggrottate.
"Ecco..." Ora doveva
trovare una scusa plausibile. "...il 10 ho la prima di un altro film
e..."
"Il 10 è sabato
prossimo." Disse l'altro.
"Lo so." Rispose
Orlando, allargando le mani. "Ma ho alcune cose da fare a casa, prima di
partire per Los Angeles." Il regista assunse un'aria riflessiva, storcendo
la bocca.
"Mah, hai fatto un buon
lavoro finora..." Dichiarò infine; l'attore cominciò a sperare.
"...però prima devo dare un'occhiata al girato degli ultimi giorni, poi ti
faccio sapere."
"Mi farebbe un favore
grandissimo!" Esclamò il ragazzo.
"Ti so dire domattina."
Affermò l'uomo, tornando a guardare davanti a se, e riprendendo a bere il suo
cappuccino. "Ora vai, tra poco tocca a te."
"Grazie, grazie..." Proclamò
Orlando, allontanandosi con le mani giunte e continuati inchini.
"...grazie..."
"E smettila di leccare il
culo, che non ce n'è bisogno!" Sbottò il regista, lanciandogli dietro il
bicchiere vuoto; Orlando rise, tornando verso la poltroncina col suo nome.
L'asticella era posata
all'altezza del suo record personale, ma la ragazza si rendeva conto che erano
passati tre anni di quasi totale inattività, da quel limite.
Altre persone si allenavano nella
pista intorno a lei: c'erano bambini che apprendevano i primi rudimenti
dell'atletica, due robusti ragazzi impegnati nel getto del peso, un gruppo di
ragazze che correvano intorno all'ovale. Bene, erano appena passate, aveva un
po' di tempo prima che compiessero un altro giro.
Cassy si concentrò, respirando
intensamente, poi socchiuse gli occhi e, mentre tutte le voci del mondo
sparivano dalla sua mente, disegnò col pensiero il tragitto dei suoi passi, la
spinta, lo stacco, il valicamento perfetto dell'asticella... Riaprì gli occhi
di scatto, con espressione decisa, assumendo la posizione di partenza, poi
scattò verso l'ostacolo.
La ragazza contò i passi,
perfetti, si staccò da terra con una spinta potente, andava bene; la testa, le
spalle e la schiena superarono senza intralci l'asticella, ma, prima di sollevare
le gambe, ebbe la precisa sensazione di averla sfiorata col sedere. Chiuse gli
occhi, mentre cadeva sul materasso; lì riaprì solo quando fu ferma, guardando
su, e... l'asta vibrava ancora leggermente, ma era rimasta al suo posto!
"Cass!" La voce di sua
madre la richiamava dalle tribune; lei si girò, ancora stupita, e la vide
incitarla con un braccio alzato e la mano stretta a pugno.
Cassy guardò di nuovo
l'asticella, che ora era ferma, e fu presa da un moto d'emozione che le fece
bagnare gli occhi; il salto in alto era il suo ultimo limite, ora era pronta
per la gara. Sperava solo che Orlando mantenesse la sua promessa...
Era una mattina pallida, il sole
appena sorto faceva capolino timidamente dietro ad un velo di fine nebbia
grigia; i cipressi che circondavano la pista erano ancora bagnati dalla rugiada
notturna ed emanavano quel loro tipico profumo, mentre sulla pista c'era ancora
qualche piccola pozza d'acqua dovuta alla pioggia della sera prima.
Cassy correva, solitaria, in
quell'alba d'autunno, solo il rumore soffuso dei suoi passi riempiva il
silenzio; le piaceva correre a quell'ora, non le serviva solo come allenamento,
ma anche come momento di riflessione quotidiana, e nessuno le rompeva l'anima.
La ragazza si fermò al bordo
della pista, con un leggero fiatone, poi s'impegnò in alcuni esercizi di
respirazione, dopodiché prese la sua borraccia e bevve un lungo sorso d'acqua;
aveva in programma di correre un altro po', per passare poi ad alcuni movimenti
di stretching defatigante e, infine, nella tarda mattinata, qualche getto col
peso.
Improvvisamente, però, si sentì
osservata; posò la bottiglia sulla panchina al suo fianco e guardò in su.
C'era qualcuno seduto sulle
gradinate, in alto; jeans scuri, una maglietta della Harley Davidson con un
paio di Ray-ban infilati nel colletto, e, soprattutto, un sorriso e due occhi
che stendevano: Orlando!
Cassy spalancò la bocca,
completamente sorpresa, e paralizzata dall'emozione; lui rise, in quel suo modo
irresistibile, che avrebbe fatto splendere il sole perfino nella giornata più
buia, e il cuore della ragazza prese il diretto per la sua gola. Orlando la
guardava, sempre sorridendo, con i gomiti posati sulle ginocchia.
"Che c'è?" Le fece, con
un cenno del capo. "Non mi dici nemmeno bentornato topo?" Chiese con
tono scherzoso; a quel punto, anche Cass sorrise.
"Bentornato... bel
topone." Gli disse infine; il ragazzo si alzò e la raggiunse.
Orlando si fermò davanti a lei e
la guardò negl'occhi; era talmente emozionato di rivederla, che non era sicuro
di riuscire a dire qualcosa di sensato. Avrebbe voluto abbracciarla, così come
stava, sudata e col fiatone, coi capelli appiccicati alla fronte; quest'ultimi
le erano un po' ricresciuti, anche se restavano piuttosto corti.
La guardò meglio, indossava un
paio di calzoncini grigi aderenti, ed una canottiera elasticizzata dello stesso
colore, niente reggiseno; non che ne avesse bisogno, visto che i suoi capezzoli
puntavano dritti verso il cielo. Il problema fu che Orlando si ricordò
perfettamente com'era sentirli con la lingua...
"Che bello rivederti."
Disse Cassy, riportandolo per un attimo sulla terra; le sorrise.
"Sì, anche per me, mi sei
mancata molto." Dichiarò invece lui, con dolcezza.
Cassy sospirò, guardando altrove;
gli stava a meno di un passo, avvertiva chiaramente il calore del suo corpo, il
suo profumo... oh, quanto le era mancato il suo profumo! E la sua pelle, le sue
mani, le labbra... Il cuore le batteva fortissimo, ma non sapeva se dipendesse
dagli effetti della corsa o da quelli della presenza del ragazzo.
"Io... io dovrei
riprendere..." Balbettò lei, alzando gli occhi in quelli di lui.
"...sennò mi raffreddo..."
"Oh, non lo permetterei
mai!" Esclamò Orlando, allargando le braccia. "E' meglio se rimani
calda..." Non era tanto la frase, era come l'aveva detta; Cass deglutì,
ora sì che non sapeva come comportarsi.
"Lo sai usare un
cronometro?" Gli chiese allora, sollevando una mano; il ragazzo guardò lo
strano oggetto, che somigliava ad un orologio. Nel fare la domanda, Cassy si
era ulteriormente avvicinata.
"Credo di sì..."
Rispose Orlando, ma i suoi occhi seguivano una goccia di sudore che stava
scendendo dal collo della ragazza, fino a calare dentro lo scollo della sua
canottiera.
"Tu premi questo pulsante
quando parto..." Lui guardò il cronometro, mentre lei osservava il suo
collo, con la prepotente voglia di morderlo e baciarlo. "...e lo fermi,
così, quando, dopo due giri, passo di nuovo su quella riga bianca..."
Gl'indicò la linea dello start.
I respiri di entrambi erano
accelerati, i cuori pulsavano come batterie rock, la tensione erotica
cresceva... altri venti secondi a guardarsi in quel modo e si sarebbero saltati
addosso reciprocamente, ma Cassy si scostò.
"Hai capito?" Gli
domandò; lui, a bocca aperta, sospirò, poi annuì.
"Sì, sì." Rispose.
"Sì, certo!" Rincarò, passandosi una mano sulla nuca.
"Allora, io vado." Fece
Cass, allontanandosi; Orlando annuì di nuovo, spostandosi vicino alla panchina,
pronto a fare il suo dovere.
Rimasero sulla pista ancora per
più di un'ora; Cassy correva, Orlando cronometrava, anche se non era sicuro di
farlo bene, ma doveva farsene una colpa, se trovava più interessanti le gambe
della ragazza ed i movimenti del tatuaggio sul suo addome modellato?
Terminato l'allenamento, Cassy
chiese ad Orlando di aspettarla nella caffetteria del centro sportivo, mentre
si faceva la doccia; gli chiese anche di ordinarle la colazione.
Orlando si era seduto ad un
tavolo vicino alla vetrata; nel frattempo si era alzato il sole e la nebbia era
scomparsa. Il centro sportivo aveva cominciato ad animarsi, ma non fu difficile
per Cass ritrovarlo nella sala relativamente piccola. Il ragazzo si era
infilato un cappellino tipo pescatore di jeans e gli occhiali, accorgimenti
minimi per stare in mezzo alla gente senza troppi fastidi. Lei sorrise, raggiungendolo.
Cassy si sedette di fronte a lui,
gettando il suo borsone a fianco del tavolo, ma in modo che non desse fastidio
a chi passava; si sorrisero, poi Orlando le indicò le cose sul tavolo.
"Frullato di mela e toast
leggero, come ordinato dalla signorina." Le disse.
"Grazie, Milord."
Scherzò lei, con una riverenza.
Lui, invece, aveva preso torta al
cioccolato e the alla vaniglia; cominciarono a mangiare in silenzio, ma non
resistettero a lungo.
"Allora, come..."
Esordirono in coro; si guardarono e scoppiarono a ridere.
"Oh, siamo vittime di un
rarissimo caso di fusione mentale senza contatto." Affermò divertita Cass,
dimostrando di non aver minimamente perso la vena pungente.
"E' che ci siamo detti così
poco." Replicò Orlando con dolcezza. "E non so perché."
"Beh, rimediamo
allora." Fece lei. "Innanzi tutto, cosa ci fai qui, non dovevi
tornare la settimana nuova?" Il ragazzo si grattò il cappello, con un
sorrisino scemo.
"In effetti sì, ma ho finito
prima, ottenendo il permesso di tornare." Spiegò. "Sono arrivato ieri
sera."
"Sei un cretino."
Affermò la ragazza, seria. "Non dovevi alzarti così presto, sarai sballato
dal fuso orario, ci sono cinque ore." Aggiunse, pulendosi la mano.
"Ma non ti preoccupare, ho
dormito sull'aereo!" Proclamò lui. "Comunque, non garantisco per
episodi di narcolessia improvvisa!" Continuò ridendo; Cassy scosse il capo
con divertita disapprovazione. "Allora, dimmi un po' di te." Fece poi
Orlando, con un cenno della mano.
"Ehhh..." Sospirò lei,
incrociando le braccia. "E' stata dura, levatacce, ricominciare la
dieta..." Raccontava seria, ma era chiara la soddisfazione nei suoi occhi,
e lui ne era felice. "...lavorare il doppio degl'altri per essere al pari,
mi sto facendo un culo spaventoso..." Alzò gli occhi su di lui. "Sono
dimagrita otto chili."
"Otto chili?!" Ribatté
stupito il ragazzo. "Ma se eri magrissima!"
"Non abbastanza per
l'atletica, poi dovevo rifarmi la muscolatura giusta, il fiato, sai..."
"Però mi sembra che tu sia
piuttosto soddisfatta." L'interruppe Orlando; Cass abbassò lo sguardo, ma,
poco dopo, sulle sue labbra comparve un sorriso. Rialzò il viso.
"Sì." Ammise
finalmente. "Non avevo capito quanto tutto questo mi mancava, finché non
ho ricominciato, ora sono stanca, ma contenta."
"Ne sono felice." Le
disse lui, prendendole la mano che lei aveva appena posato sul tavolo.
"Sono davvero molto felice per te, Cass."
Finirono la loro colazione
chiacchierando del più e del meno; Orlando le comunicò che Dom e Lory si erano
lasciati, pare che l'amico avesse addotto, come motivo, incompatibilità
ambientale, lui ora si doveva liberare delle scorie. Risero, durante quel
racconto, entrambi meravigliati di stare ancora così bene insieme, anche solo
dicendo sciocchezze.
Si salutarono nel parcheggio,
davanti alla macchina della ragazza, senza sapere poi tanto bene che cosa dire,
baciandosi sulla guancia come due vecchi amici.
Cassy lo guardava dirigersi verso
il suo prestigioso fuoristrada appoggiata allo sportello dell'auto, con un
crescente senso di insoddisfazione; non sapeva cosa si era aspettata di
preciso, ma di certo questo distacco imbarazzato non ne faceva parte.
Orlando si avvicinava alla
macchina rigirandosi nervosamente il portachiavi tra le dita; non stava
esattamente pensando, più che altro agiva in modo meccanico, mentre la testa
vagava altrove. Arrivò davanti all'auto e schiacciò il pulsante per l'apertura,
risuonò il bip.
Nello stesso momento, sentendo
quel suono, la ragazza si girò e aprì, manualmente, la sua vecchia Ford, ma,
all'improvviso, le arrivò alle orecchie un altro doppio bip; si girò e vide
Orlando marciare deciso verso di lei, dopo aver richiuso la macchina.
Non rallentò, non si fermò, la
spinse contro la fiancata della macchina e la baciò, spingendosi contro di lei
con tutto il corpo e infilando un ginocchio tra le sue gambe; quando Cass si
accorse di come fosse già messo lui, cedette subito, passandogli le braccia
intorno al collo, cosa che gli fece cadere il cappello, e avvinghiò una gamba
alla sua. Ecco cosa si era aspettata, inutile negare che ci aveva sperato fin
dall'inizio.
Guidare fino a casa di Cassy non
fu un'impresa facile, per nessuno dei due, ma in special modo per Orlando, che
si ritrovava con un imbarazzante, quanto non controllabile, ingombro; come lo
avrebbe spiegato, nel malaugurato caso lo avesse fermato la polizia? Guidò
piano e con attenzione, per evitare qualsiasi pericolo, ma questo lo fece
arrivare molto dopo di lei, che aveva guidato come fosse in competizione alla
Parigi-Dakar, dribblando vecchiette, autobus e cagnolini.
"Ma dove cazzo eri
finito?!" Gli gridò, quando se lo trovò davanti aprendo la porta; lui
teneva le mani sugli stipiti della porta, col busto leggermente piegato in
avanti, ed un'espressione sofferente sul viso. Entrò.
"Non mi chiedere
nulla." Rispose con voce lamentosa. "Chiudi quella porta." Le
ordinò poi.
Solo quando la ragazza lo fece,
lui si voltò verso di lei, accorgendosi che si era già tolta la tuta da
ginnastica e gli stava davanti solo con una magliettina e gli slip; prese un
lungo sospiro, raddrizzandosi, poi fece un passo, uno lo fece lei, e
ricominciarono a baciarsi.
Cassy lo trascinò, travolgendo il
mobiletto del telefono, fin nella camera da letto, che era in penombra, e lì la
faccenda divenne meno violenta e più sensuale.
Gli occhiali di Orlando volarono
sulla poltrona, seguiti poco dopo dalla sua maglietta; le labbra passarono
dalla bocca al collo, le mani si facevano sempre più impazienti. Il ragazzo si
chinò, infilando le mani sotto la maglietta di lei, la sollevò piano,
cominciando a baciarle l'addome e l'ombelico, mentre le mani salivano verso il
seno; lei sospirava, sempre più eccitata, con l'affanno che saliva insieme alla
bocca di Orlando sulla sua pelle. Quando le sfilò l'indumento e cominciò a
baciare il seno, Cassy lo spinse verso il letto, facendocelo cadere sopra; poi
si mise seduta accanto a lui e gli slacciò i pantaloni lentamente. Vederlo che
s'inumidiva le labbra, mentre lei lo spogliava, le provocò un moto di
eccitazione violenta, che però riuscì a controllare. Quando lui fu nudo, la
ragazza lo osservò, poi alzò gli occhi e gli rivolse un sorriso malizioso e
soddisfatto.
"Che c'è?" Fece Orlando
impaziente.
"E' bello vedere che i
vecchi amici stanno bene..." Rispose Cass con un'alzata di sopracciglia; e
lui capì bene a cosa si riferiva.
Dopo una risatina, lei si stese
sul letto e si sfilò le mutandine, poi si mise sopra di lui; si guardarono
negl'occhi, il ragazzo le posò le mani sui seni, facendole poi scendere
lentamente fino ai fianchi, con una carezza. Lo sentì stringerla di più, lei
era pronta, ma Orlando parlò.
"Oggi facciamo come voglio
io." Mormorò dolcemente, e la ribaltò sul materasso andandole sopra; Cass
emise un piccolo gemito, quando sentì quanto era pronto lui, prima che la bocca
le fosse chiusa dall'ennesimo bacio. Gli serrò le gambe sui fianchi.
Si separarono sudati e
soddisfatti, continuando a tenersi per mano; Orlando fece un respiro profondo,
mentre Cassy si mise a ridacchiare. Lui si girò, incuriosito e divertito.
"Questa è stata la
rivalutazione piena del vecchio, e mai troppo compianto, missionario!"
Affermò la ragazza guardandolo; rise anche il ragazzo.
"Certo così, sembra che
abbiamo chissà che arretrati." Scherzò poi.
"Ma no, è solo che... mi sei
mancato tanto..." Gli disse dolcemente lei, carezzandogli la fronte; poi
si fece più maliziosa. "...ma anche il tuo fratellino..." Aggiunse,
lanciando un'esplicita occhiata in basso.
"Ahhh, è così..." Fece
Orlando stiracchiandosi, cosa che gli scoprì quasi l'inguine. "Allora sei
sempre la vecchia Cassy!" Aggiunse.
"Solo sotto le
lenzuola..." Ribatté la ragazza, col suo tipico sopracciglio, e infilando
la mano sotto la coperta; lui sussultò, poi sorrise.
"Hai capito, fa tanto la
brava ragazza... ah..." Lei continuava a muovere la mano, e lui sorrideva,
cercando di parlare. "...disciplinata... oh sì..." Annuì.
"Io, sono una brava
ragazza..." Dichiarò Cassy, mentre le sue azioni ne smentivano le parole.
"..semmai, sei tu che mi porti sulla cattiva strada..."
"Ah, no!" Si ribellò il
ragazzo, afferrandola e spingendola contro i cuscini. "Adesso ti sistemo
io, belle tettine!" E cominciò a farle il solletico.
"Smettila!" Protestava
la ragazza ridendo. "Basta! Ah! Ahahahah!!"
Orlando si fermò abbastanza
all'improvviso, sollevandosi sui gomiti, poi si mise a guardarla, nella penombra
della stanza; Cassy sorrideva ancora, con gli occhi un po' lucidi a causa delle
risate, lui le carezzò il viso con tenerezza.
"Quanto sei bello." Gli
disse lei, sollevando un braccio e prendendolo per la nuca, poi lo tirò a se.
"Sei proprio bello." Gli sussurrò nell'orecchio, poi cominciò a
baciargli la guancia; il ragazzo sorrise, poi si spostò su di lei e
ricominciarono a fare l'amore.
Ore dopo erano ancora
avvinghiati, nell'incasinatissimo letto, scambiandosi tenerezze; si erano
goduti pienamente quel pomeriggio, ed ora si attardavano, cercando un modo per
salutarsi adeguatamente.
"Mi spiace che posso restare
così poco." Affermò Orlando, baciandole piano la linea del mento.
"Domani devo già partire."
"Così presto?" Si
lamentò Cassy.
"Hm, sì." Rispose lui.
"Sabato ho la prima del mio film in uscita a Los Angeles, poi parte la
promozione, sarò impegnato per tutto il mese." La ragazza si sollevò un
po'.
"Ma il 17 e il 18 io ho la
gara." Gli ricordò. "Avevi promesso che ci saresti stato."
Mormorò delusa, facendo il broncio.
"No, tranquilla!" La
rassicurò il ragazzo. "Mi sono lasciato libero il 18, non manco alla
finale nemmeno morto!" Allora Cass sorrise soddisfatta, abbracciandolo.
"Tu sei un tesoro!"
Dichiarò stringendolo, mentre lui rideva. "Il mio topolone tenero e
bellissimo!" Esclamò poi.
"Ascolta, topetta." Le
fece lui, sollevandosi. "Devo proprio andare, stasera ho
un'intervista." Le spiegò, lei annuì. "Mi posso fare una doccia,
prima?"
"Certo." Acconsentì la
ragazza. "Ma non consumare tutta l'acqua calda."
"Non ci penso nemmeno!"
Promise Orlando, poi le schioccò un bacio sulle labbra ed uscì dal letto; Cassy
lo osservò compiaciuta, ma le venne da dire una cosa, prima che il ragazzo
entrasse in bagno.
"Sai Orlando..." Lui si
girò, guardandola interrogativo. "...preferisco la tua parte
anteriore..." La guardò male, aggrottando la fronte. "La natura non
può mica dare davanti e dietro..." Affermò sarcastica; lui sorrise acido,
poi le lanciò la sua maglietta.
Cassy fu svegliata da Orlando che
le baciava un piede; la ragazza aprì gli occhi e guardò in fondo al letto, dove
lui era seduto e continuava con le sue azioni.
"Ma che fai?" Gli
domandò lei, passandosi una mano sulla faccia.
"Una volta hai detto che mi
volevi mangiare... mi sa che lo faccio prima io." Rispose con un sorriso
malizioso; Cassy sorrise, poi si mise in ginocchio e si avvicinò al ragazzo.
"Te ne vai?" Gli chiese guardandolo negl'occhi, con tono
da bambina.
"Eh sì, sennò faccio tardi,
stasera ho un'intervista." Spiegò Orlando abbracciandola; si scambiarono
un bacio che definire profondo era un eufemismo.
"Ma se fai così, come ti
lascio andare?" Disse la ragazza, quando si lasciarono; le mani di Orlando
non avevano ancora smesso di carezzarle minuziosamente il sedere e la linea
della schiena. "Mi fai venire voglia di nuovo..." Sussurrò poi Cassy
nel suo orecchio, prima di cominciare a mordicchiargli il collo.
"Vabbene!" Esclamò
all'improvviso lui, scattando in piedi e aggiustandosi la maglietta. "E'
meglio che vada." Aggiunse semiserio; lei rise piano.
"Ti accompagno alla
porta." Affermò Cassy, allungandosi sul letto per prendere qualcosa;
afferrò un maglione e le sue mutandine, se l'infilò seduta sul bordo del letto,
poi si alzò, seguendo Orlando verso la porta.
Le loro dita si cercarono, durante
il tragitto, e arrivarono all'uscita tenendosi per mano; il ragazzo aprì la
porta, fermandosi sulla soglia.
"Beh, allora ci
sentiamo." Cassy annuì, poi aggrottò la fronte fissandolo.
"Un ultimo bacio?"
Chiese poi; Orlando ci pensò per un attimo.
"Ma sì!" Rispose
infine.
E si baciarono di nuovo,
lentamente, con dolcezza, con piccole carezze, tocchi delicati, come se non
volessero proprio smettere; Cassy perse l'equilibrio e finirono appoggiati allo
stipite della porta, Orlando lasciò la maniglia della porta e passò la mano
sotto il maglione.
"Ah." Fece una stupita
voce femminile; si staccarono subito e guardarono nella direzione da cui
veniva.
"Mamma..." Mormorò
sorpresa Cassy. "...che... che ci fai qui?" Le domandò poi.
"Beh..." Esordì la
donna, salendo gli ultimi due scalini. "...il tuo cellulare è staccato, ed
il telefono di casa da occupato da almeno tre ore, mi ero un po'
preoccupata..." Continuò. "Ma vedo che non ce n'era motivo..."
Aggiunse, lanciando un'allusiva occhiata al ragazzo.
"Signora Simmons..."
Salutò imbarazzato lui, passandosi una mano sulla nuca.
"Bentornato Orlando."
Replicò la donna.
"Grazie." Rispose.
"E' un piacere rivederla..." Lo sguardo di Cassy era divertito, anche
se un po' scocciato; la ragazza non sapeva proprio cosa dire.
"Mi fa piacere vedere che
stai bene..." Riprese Wendy, arrivando accanto ai due ragazzi.
"...mai quanto a mia figlia, vero." Sottolineò sarcastica; Cassy fece
una smorfia acida, Orlando ridacchiò timidamente.
La signora Simmons, con un ultimo
sorriso compiaciuto, entrò nell'appartamento, lasciando che i due si
salutassero per bene. Orlando guardò l'orologio, poi storse la bocca.
"Il tempo è davvero scaduto,
temo." Affermò, tornando a guardare la ragazza.
"Non importa, dai."
Ribatté tranquilla lei. "Ci vediamo." L'attore sorrise, poi si
avvicinò e le diede un bacio al confine tra il mento e il collo, proprio sotto
l'orecchio; le piaceva da morire, essere baciata lì, e si chiese come lo avesse
capito.
"Grazie per queste belle
ore." Le sussurrò sulla pelle; Cassy sorrise e gli carezzò il viso.
"Di nulla." Gli
rispose.
"Ti chiamo io."
Continuò Orlando. "Ma accendi il cellulare." Si raccomandò
scostandosi; si sorrisero, poi lui s'incamminò verso le scale.
Cassy si affacciò alla balaustra,
mentre lui scendeva e, come se lo sapesse, Orlando alzò il capo; si scambiarono
un ultimo sguardo complice e allegro, e il ragazzo le strizzò l'occhio, gli
rispose un grande sorriso. Alla signora Simmos non sfuggì il fatto che sua
figlia, quando rientrò in casa, camminava a mezzo metro da terra.
Eccoci qua, sembra che abbia finito un'altra ff... Beh,
come tutti i finali si lascia dietro un po' di malinconia, ma anche una certa
soddisfazione; spero che questo finale vi piaccia, certo rispetto a come la ff
era cominciata, siamo andati decisamente sul romantico, ma non mi dispiace
(anche perché ho una certa predilezione per il romanticismo, via diciamolo
^___^). Ora m'impegnerò nei miei altri progetti, e non dubito che ci rivedremo
presto su queste pagine!
Aspetto i vostri commenti e vi ringrazio in anticipo, soprattutto la
grande Moon, che non manca mai di darmi dei suggerimenti (anche se non se ne
accorge), e tutte le stupende lettrici di questa sezione. Un bacione
grandissimo a tutti e a presto!
Sara
- Capitolo 7 -
I will provide for you
And I'll stand by your side
You'll need a good companion for
This part of the ride
(Land of hope & dreams - Bruce Springsteen)
Il sole splendeva sul molo di
Santa Barbara, il vento spazzava il cielo di un azzurro intenso e le onde
s'infrangevano schiumando contro i piloni del pontile; Orlando, con le braccia
appoggiate sul parapetto, si godeva il profumo dell'oceano osservando le
traiettorie dei gabbiani. C'erano volte in cui la California era proprio bella.
"Hey." Lo chiamò una
voce alle sue spalle; si girò e sorrise, Viggo gli mostrava un sacchetto di
carta e due lattine.
"Che hai lì?" Gli
domandò il ragazzo, che lo stava aspettando.
"Focaccia alle olive e the
freddo." Rispose l'amico.
Orlando prese una lattina, poi si
sedettero su una panchina di quelle lungo il molo; era un bel pezzo che non
s'incontravano di persona, perciò avevano pensato che vedersi all'aperto, in
una bella giornata di sole, era molto meglio d'incontrarsi in uno di quei
locali da vip, pieni di gente annoiata e musica troppo alta.
"Ci sono dei
paparazzi." Affermò Orlando, indicando il lungo mare, dopo aver preso un
pezzo di focaccia.
"Sì, li ho visti."
Confermò Viggo. "Vogliamo darci un bacio in bocca, così hanno qualcosa di
cui parlare?" Gli domandò ironico; l'altro lo guardò scettico.
"Meglio di no." Disse
poi; l'amico annuì ridendo.
"Allora, che mi
racconti?" Chiese Viggo dopo un po', addentando la sua focaccia.
"Io? Sei tu che sei stato in
Guatemala!" Ribatté Orlando.
"Belize." Pracisò
l'uomo; il ragazzo lo guardò aggrottando la fronte.
"Che è?" A Viggo venne
da ridere, vista l'espressione allibita dell'amico.
"Il Belize, è il posto dove
sono stato." Gli spiegò allegramente, poi gli diede una pacca sulla
schiena.
"Vabbé, dai, quello che
è!" Glissò Orlando. "Com'è andata, comunque?" Viggo rifletté per
un attimo, poi fece una smorfia soddisfatta.
"E' stata una bella
esperienza." Raccontò infine. "Una presa di coscienza che puoi fare
solo vedendo coi tuoi occhi i problemi del pianeta..."
"Pietà!" Esclamò
Orlando, alzando le mani. "Risparmiami il pippone ecologista!"
"Così non va bene,
Orlando." Lo rimproverò bonariamente l'uomo. "Dovresti avere più
consapevolezza del fatto che i tuoi gesti di oggi, condizioneranno la vita
delle persone domani." Aggiunse, girandosi un po' verso di lui.
"Ho detto niente
sermone." Proclamò il ragazzo.
"Vabbene." Si arrese
troppo velocemente Viggo, rimettendosi seduto dritto. "Allora, parliamo di
te, come va con la ragazza dello stanzino?"
"Si chiama Cassandra."
Precisò piccato Orlando, incrociando le braccia.
"Ohh, che nome
impegnativo!" Commentò divertito Viggo.
"Falla finita..."
Sbottò piano il ragazzo, scivolando col sedere lungo la panchina, fino ad
assumere una posizione semi sdraiata; si posò la lattina sulla pancia,
reggendola con tutte e due le mani, e si mise a guardare l'orizzonte.
Fra tutti e due non potevano
essere niente di più lontanto da divi del cinema, quel giorno: Orlando, scarpe
da ginnastica nere con calzini di spugna bianchi, calzoni sportivi rossi che
gli arrivavano al polpaccio e una maglietta grigia che pareva lavata e
rialvata, portava anche un cappellino giallo tipo baseball e i Ray-Ban; Viggo,
pantaloni di una tuta blu, larghi e parecchio vissuti, e una canottiera bianca,
portava solo gli occhiali da sole. Sbracati su quella panchina, sotto il sole,
davano più l'impressione di due locali che fanno colazione dopo lo jogging.
"Beh..." Riprese
Orlando. "...io e Cass ci siamo rivisti, e..." Si raddrizzò un po',
mentre si strofinava il naso. "...andiamo ancora piuttosto
d'accordo..."
"Hm, ok, penso di aver
capito da che punto di vista parli." Commentò Viggo; si scambiarono
un'occhiata complice, sorridendo. "Tu, ad ogni modo, sei innamorato di
lei?"
"Sì... sì, lo sono."
Rispose Orlando annuendo. "E sono anche abbastanza sicuro di essere
corrisposto, ma il dubbio resta sempre." Aggiunse stringendosi nelle
spalle.
"Certo, se non ti decidi a
chiederglielo..." Buttò lì l'amico, alzando gli occhi con fare
indifferente.
"Grazie..." Ironizzò il
ragazzo, dopo aver bevuto un sorso dalla lattina. "Appena avrò un po' di
tempo, lo farò di sicuro, è in cima alla lista, direi." Precisò poi.
"Da quello che mi hai
detto..." Ricominciò Viggo. "...mi sembra che questa Cassandra non
sia proprio il tipo di ragazza che frequentavi finora."
"Decisamente no!"
Replicò Orlando scuotendo il capo. "Sai, penso di aver avuto sempre
ragazze troppo accondiscendenti, troppo pronte ad adorarmi e basta..."
"Mi sembra, però, che questo
non ti sia mai dispiaciuto troppo." Lo interruppe divertito Viggo.
"Eggià." Confermò il
ragazzo annuendo. "Ma con Cass è diverso, nonostante tutto quello che le è
capitato è riuscita a venirne fuori, certo non da sola, ma ha le palle, secondo
me." L'amico lo ascoltava, avvertendo l'orgoglio in quelle parole;
sorrise. "C'è voluta forza, per riprendere con l'atletica dopo tanto, ce
la farà, io sono sicuro." Concluse sicuro.
"Ho detto innamorato?"
L'interrogò Viggo; Orlando lo guardò strano. "Te sei cotto come uno
spiedino argentino, bambino mio!" Esclamò poi, ridendo.
"Una salsina al pepe e son
servito!" E dopo questa battuta, Viggo lo prese per le spalle,
abbracciandolo, e si misero a ridere insieme.
"Ci stanno
fotografando..." Fece Orlando ad un certo punto, mantenendo un forzato
sorriso.
"Lo vedo." Confermò
Viggo, facendo altrettanto.
"Che dici, li
salutiamo?" Propose l'inglese, con un'occhiata furba.
"Sì, via, se lo meritano, se
non altro per la pazienza." Acconsetì l'amico; tenendosi ancora
abbracciati, si girarono verso i fotografi appostati sul lungomare.
"Hehey! Ciaooooooooo!"
Gridò Orlando, sventolando la mano e sorridendo allegramente; quasi si
sentirono gli scatti partire.
"Love & peace!"
Proclamò invece Viggo, salutando vistosamente; e continuarono a fare gesti
strani sulla panchina. I passanti, probabilmente, pensarono che fossero due
ritardati scappati dall'istituto.
"Io non ci credo che ho
accettato di fare questa cosa..." Mormorò Cassy suonando il campanello; la
madre la guardò.
"Eddai, hai fatto di
peggio." Replicò; la ragazza fece un sorrisino acido.
"Grazie, è sempre una gioia
avere la tua comprensione mamma..." In quel momento il portoncino fu
aperto; una donna magra con lo chignon le squadrò. "Ah... buongiorno
Signora Plimpton!" Salutò Cass.
"Ci conosciamo?" Chiese
perplessa; la ragazza ebbe un attimo di smarrimento.
"Sono Cassy." Rispose
poi; la donna la osservò meglio.
"Ah, sì." Fece infine,
annuendo. "Non la riconoscevo coi capelli di un colore solo e senza
borchie." Aggiunse gelida. "Il Signor Bloom non è in
Inghilterra."
"Sì, lo so." Ribatté
Cass. "Ma ho dimenticato una cosa al piano di sopra, se mi facesse entrare
solo per un attimo a prenderla, gliene sarei grata." Spiegò.
"Prego." Fece la
domestica, scostandosi per farle passare; Cassy entrò seguita da Wendy.
"Questa è mia madre."
Disse alla donna, indicando la sua accompagnatrice.
"Piacere."
"Piacere mio." Rispose
la governante. "Io devo tornare in cucina, tanto lei conosce la
casa." Affermò poi, rivolta a Cass.
"Sì, grazie!" Si
affrettò a rispondere la ragazza; nel frattempo sua madre si guardava intorno.
"Che bel salone
luminoso." Commentò affacciandosi in salotto.
"Ah, sì..." Mormorò la
figlia. "E quella è la sala da pranzo..." Le indicò una grande porta
scorrevole a sinistra dell'entrata. "...e lì c'è la cucina." Le
mostrò la porta vicino alle scale. "Il bagno è in fondo al corridoio."
"Certo che i vip non si
fanno proprio mancare nulla..." Dichiarò a bassa voce la donna, sfiorando
con le dita il grosso mobile in legno scuro, di stile africano, che stava
nell'ingresso.
"Orlando è anche un tipo
abbastanza spartano, sennò sai che villone avrebbe." Intervenne Cassy.
"Dai, andiamo sopra, altrimenti la vecchia s'insospettisce." Accennò
poi, parlandole vicino; la madre acconsentì e salirono.
Cassy mostrò alla madre le due
camere degl'ospiti e la grande terrazza; sulla destra della rampa di scale
c'era lo studio, ma Orlando lo teneva chiuso a chiave. Attraversarono il
corridoio e, infine, entrarono nella stanza da letto dell'attore, un posto che
Cass conosceva molto bene; Wendy si guardò un po' intorno, incuriosita.
"Hm... poltrone di alkantara
turchese..." Commentò, carezzando lo schienale di una delle due.
"Beh, che c'è?" Domandò
un po' infastidita Cassy, incrociando le braccia. "I mobili sono bianchi,
la moquette è chiara, ci stanno bene, no?"
"Hm..." Fece solo
Wendy.
"Non ti piace il colore, lo
so." Affermò la figlia. "Tu odi tutto quello che ha a che fare col
turchese, l'azzurro, il celeste..."
"Lo trovo opinabile, tutto
qui." Replicò la madre, stringendosi nelle spalle, poi si fermò davanti
alla grande cassettiera con specchio. "Fotografie!" Esclamò
interessata.
"No, mamma, dai!"
Sbottò Cassy. "Non metterti a guardarle!" Ma era troppo tardi.
"Questa ragazza?" Le
domandò la donna, mostrandole una foto.
"Credo che sia sua
sorella." Mormorò Cass.
"E questa sarà la
madre..." Wendy guardò un'altro foto. "...l'altra, presumo, la
nonna..." Si girò verso la figlia. "Non c'è una foto di suo
padre."
"E a me lo chiedi?"
Fece Cassy, indicandosi. "Non abbiamo mai parlato molto delle nostre cose
di famiglia e... decisamente non in questa stanza." La madre la guardò
negl'occhi.
"Ma come si fa a dire di
essere innamorati di una persona, sapendo poco o niente di lui e della sua
famiglia?" Le chiese.
"Cosa c'entra, mamma!"
Sbottò la ragazza. "Non ci s'innamora mica della famiglia! E poi... io non
ho mai detto di essere innamorata di lui..." Wendy le rivolse un'occhiata
piuttosto scettica.
"Avrete tempo."
Dichiarò poi, incamminandosi verso la porta del guardaroba.
"Mamma non vorrai guardare
tra i suoi vestiti!?" Domandò allarmata Cassy, seguendola; lei era già entrata.
Le due donne passarono alcuni
minuti commentando l'originale vestiario dell'attore, passando da un paio di
pantaloni a quadri scozzesi azzurri e neri, fino alle sue numerose e belle
camice, alcune davvero di classe, dalle scarpe di ogni tipo, ai suoi cappelli,
berretti, coppole e bandane.
"E questa che è?"
S'interrogò Wendy, tenendo in mano uno strano pezzo di stoffa dal colore
grigiastro.
"Quella è la sua bandana
preferita." Rispose la figlia. "Non capisco perché non l'abbia
portata con se, forse l'ha dimenticata..."
"Cass, sembrano un paio di
mutande!" L'interruppe la madre. "E' pure macchiata di
candeggina." Aggiunse osservandola meglio. "Mi chiedo perché metta in
testa tutte queste cose strane, ha dei così bei capelli." Concluse, riponendo
la bandana e uscendo dal guardaroba.
"Me lo sono chiesto
anch'io..." Disse Cassy seguendola. "No, il bagno no!" Gridò
poi, vedendo la donna entrare nella stanza.
"Eddai!" Ribattè Wendy,
che era già dentro.
"Mamma!" Protestò la
ragazza. "Sei... inqualificabile!"
"Non esagerare, do solo
un'occhiata." Replicò la donna, quando Cassy la raggiunse col broncio.
"Oh, ottimo dopobarba..." Commentò controllando la boccetta sul
ripiano. "...e profumo coordinato." Aggiunse, rivolgendosi alla figlia
con uno sguardo ammiccante.
"Hanno dei consulenti, per
queste cose, mamma." Dichiarò infastidita Cassy, con le braccia conserte.
"Beh, conta anche il
gusto." Rispose lei, e tornò a guardare il mobiletto. "Due
spazzolini, uno molto consumato e uno quasi nuovo." Disse con espressione
interrogativa.
"Quello è mio." Affermò
Cass, indicando quello più nuovo. "Mi capitava di dormire qui."
"Ahah..." Annuì
allusiva la madre. "E ora non ti capita più?"
"Mamma, per favore!"
Esclamò offesa la ragazza. "E non aprire quello sporto, per piacere!"
La supplicò poi, ma non ci fu nulla da fare.
"Stick antibrufoli, cerotti,
lamette e schiuma, colluttorio... preservativi..." E la guardò; la figlia
sembrava piuttosto maldisposta.
"Ce n'è una scatola aperta
anche nel cassetto del comodino, se t'interessa." Le disse acidamente.
"Poi, se vuoi sapere tutte le posizioni che abbiamo assunto sul letto, il
pavimento o la poltrona..."
"La poltrona?" Fece
stupita la donna. "State attenti alla poltrona, su quel colore le macchie
si vedono subito..." Consigliò maliziosa, uscendo dal bagno.
"E vabbene, dopo
questa..." Si arrese Cassy, incamminandosi verso l'uscita della camera.
"Cass, io mi preoccupo solo
di sapere chi frequenti." Spiegò dolcemente la donna, seguendola; la
ragazza si voltò verso di lei.
"Ma si può sapere come mai,
queste ispezioni da SS, in casa di Malcom non le hai mai fatte?" Le chiese
mettendo le mani sui fianchi.
"Lì avrebbe dovuto farla la
polizia, una bella ispezione." Commentò Wendy. "E, comunque, quella
non mi è mai sembrata una cosa seria, questa volta invece..."
"Cosa?" L'interruppe
Cassy.
"E' che mi sembri molto
presa da Orlando." Rispose la madre, posandole una mano sulla spalla.
"Non molte persone sono riuscite a smuoverti come ha fatto lui, compresa
me." Cass abbassò gli occhi, ma dopo qualche istante li rialzò.
"Lo dovevo capire fin
dall'inizio, che c'era il rischio d'innamorarsi." Mormorò con un lieve
sorriso.
"Rischio?!" Fece
stupita e sorridente Wendy. "Non c'è niente di più bello alla tua
età!" Aggiunse contenta. "Adesso andiamo." Suggerì poi; Cass
annuì.
La ragazza, mentre la madre si
allontanava, diede un ultimo sguardo alle foto sulla cassettiera e gli occhi le
cadderò sull'immagine più grande, dentro ad una cornice di semplice legno
chiaro: era una foto di gruppo, tutti facevano facce strane e bizzarre, lei
individuò subito il sorriso furbo e impertinente di Orlando, e sorrise a sua
volta.
"Lui qual'è?" Le chiese
la madre, che le era ritornata alle spalle.
"Questo." Le indicò il
punto dove si vedeva lui saltare sulla schiena di un altro. "Con la cresta
da moicano."
"Questo ragazzo è proprio
matto, mi sa che è per quello che andate d'accordo." Commentò divertita la
donna; Cassy sbuffò, alzando gli occhi, ma poi rise. Wendy, anche lei ridendo,
uscì dalla stanza.
"Torna presto, topino, io ti
aspetto." Disse la ragazza a bassa voce, quando rimase sola; poi seguì la
madre, convinta di aver trovato tutto quello che cercava.
E venne il primo giorno della
gara. Il tutto si svolse in un grigio giorno di metà ottobre; non pioveva, ma
c'era un po' di vento, che causò qualche noia con gli attrezzi.
Cass era tesa come un corda di
violino, ma era anche carica e piena di adrenalina; quella competizione, se
vinta, l'avrebbe portata diritta nel circuito nazionale, e questo significava
poter gareggiare coi migliori ed accedere alle gare più importanti, quelle
internazionali.
Con la corsa non ebbe particolari
problemi, si era rifatta il fiato perfettamente, i muscoli erano a posto; le
sue prestazioni le fecero accumulare punti preziosi. Qualche contrattempo lo
ebbe sul salto in alto, da sempre il suo punto debole; alcuni nulli le fecero
finire abbastanza indietro. Recuperare il giorno dopo, significava vincere
tutte le specialità; sarebbe stata dura, e non aveva notizie di Orlando da due
giorni. Se lui fosse stato lì, lei si sarebbe sentita più forte, e si mise a
pregare che ce la facesse.
A New York, nel frattempo,
Orlando era alle prese con un problema di non facile soluzione.
"Trovami un posto su
quell'aereo." Affermò per l'ennesima volta l'attore, rivolto al suo
rassegnato assistente. "Sennò ti faccio un culo come una rosa."
"Orlando è pieno, come te lo
devo dire, dovevi prenotare prima." Protestò esasperato il ragazzo.
"Io avevo prenotato!"
Ribatté stizzito l'attore. "Un volo che partiva alle diciotto, dal La
Guardia diretto a Heathrow! Cazzo, lo hanno cancellato, dico cancellato,
benedetto iddio!"
"Scusa." Intervenne
Elijah, anche lui presente alla discussione. "Ma che ti costa prendere il
volo delle ventidue, dove hanno spostato i passeggeri del volo
cancellato?"
"Allora non hai capito un
cazzo!" Esclamò l'amico, girandosi verso di lui. "Ora te lo rispiego,
allora..." Lij roteò gli occhi, pronto all'ennesima menata. "...se
prendo un aereo qui alle ventidue, a Londra sono le due di notte, mi
segui?" L'altro annuì. "Il che significa che arriverei in Inghilterra
tra le nove e le dieci del mattino, e la gara sarebbe già cominciata!"
"Ma si può sapere di che
cazzo di gara parli?!" Ribatté Lij perplesso.
"La gara di Cassy!"
Rispose Orlando, come se chiarisse tutto; Elwood, sempre più stranito, annuì
con una smorfia.
"Rassegnati Orlando."
Riprese Gary, l'assistente. "Su quell'aereo non ci sta più nemmeno uno
spillo, sono in full booking!"
"Non me ne frega un
cazzo!" Sbottò l'attore. "Io DEVO salire su quel volo, uccidi
qualcuno, ma mettimi lì sopra." Aggiunse deciso.
"Questa mi sembra un'ottima
soluzione..." Commentò sarcastico Lij; Orlando lo guardò storto. "Oh,
io non sono uno dei passeggeri!" Lo blandì, alzando le mani.
"Sei già nell'over booking
della prima classe, il primo della lista." Gli riferì Gary.
"Non è sufficiente!"
Dichiarò il ragazzo, scuotendo il capo. "Mettimi anche sulle liste della
Business e della seconda, sono disposto perfino a viaggiare nella valigia del
comandante, ma mettimi su quel volo!" Gary, a quel punto, sbuffò, poi si
allontanò prendendo il cellulare.
"Cacchio, ti ha proprio
preso questa ragazza." Disse Elijah, guardandolo di sottecchi.
"E' che, insomma, le ho
promesso che ci sarei stato... e voglio arrivare prima per parlarle, e ho
provato a telefonare, ma cazzo non c'è verso di prendere la linea, e poi questa
merda di fuso orario mi manda al manicomio, e vengo da Los Angeles, sono
arrivato qui solo ieri mattina, sto ancora sul fuso del pacifico, e... e... In
poche parole, sto in palla completa, Elwood..." Alla fine di quel discorso
staripante, Orlando emise un lungo sospiro, cadendo su una poltrona.
"Due gocce di
valeriana?" Gli chiese ironicamente l'amico.
"Avrei solo bisogno di
dormire per i prossimi tre giorni..." Rispose stancamente l'inglese.
"E se Gary non mi trova un posto su quell'aereo, io lo faccio entrare in
un giro di schiaffi talmente lungo che se non ha il pane in tasca muore di
fame!" Proclamò poi, balzando in piedi; Lij scoppiò a ridere, seguito,
pochi attimi dopo, anche da Orlando.
Il diciotto di ottobre si
presentò come una giornata splendente, cielo terso e temperatura ideale per una
competizione di atletica. In perfetta contrapposizione con l'idilliaca mattina
che la circondava, Cassy era in preda a una vera agitazione paranoide.
"Quanto manca?" Domandò
alla madre, mentre camminava in circolo torcendosi le mani; Wendy roteò gli
occhi esasperata, se non si calmava sarebbe stato un gran casino.
"Me lo hai chiesto cinque
minuti fa, Cass." Le rispose infine.
"Vuoi dirmelo, per
favore!" Replicò agitata la figlia; rassegnata, la donna riguardò
l'orologio.
"Una ventina di
minuti." Le disse; la vide agitarsi ancora di più, sollevando gli occhi al
cielo e girandosi su se stessa.
"Vuoi andare a vedere se è
arrivato?" Le chiese poi, con espressione supplicante; Wendy sospirò,
indecisa se dire quello che pensava.
"Tesoro, mi spiace dover
essere io a dirtelo, ma... può aver avuto un contrattempo, sai gli
aerei..."
"Non lo dire, non lo dire,
non lo dire!" L'interruppe la ragazza tremando. "Vai a vedere, per
favore, per favore!" Continuò gesticolando.
"Vabbene, vabbene!" La
blandì la madre, intimandola con le mani alzate. "Io vado, ma tu ora ti
siedi, bevi un po' d'acqua, e cerchi di calmarti, ok?" Aggiunse
pacatamente, indicandole una delle sedie che stavano attorno al grande tavolo;
Cassy annuì.
La donna uscì dal padiglione
degli atleti, una grande tenda montata al margine della pista, intenzionata a
guardarsi intorno per trovare Orlando, ma non nutriva molte speranze; si spinse
fino alle gradinate, dove stava affluendo il pubblico. C'erano un sacco di
ragazzi con cappellini e occhiali da sole e sapeva che lui, certo, avrebbe
fatto di tutto pur di non farsi notare, in mezzo a tutta quella gente. Era
decisamente scoraggiata.
"Signora Simmons!" Una
voce urgente la chiamò dalle sue spalle; Wendy si girò in direzione della
biglietteria e lo vide.
Un ragazzo alto si dirigeva verso
di lei sventolando la mano in segno di saluto; era decisamente Orlando. Addosso
aveva jeans, una t-shirt verde e sopra una felpa grigia con la zip aperta; in
testa portava un cappellino dei NY Yankees e sul naso occhiali da sole a goccia
specchiati. Non c'era nulla da fare, quel ragazzo aveva un'arte particolare nel
mettere insieme i vestiti a caso, ma allo stesso tempo possedeva la
caratteristica di farlo sembrare del tutto normale. Le arrivò vicino,
sorridente.
"Ah, sei arrivato!"
Esclamò Wendy sospirando. "Grazie a Dio."
"Perché?" Chiese subito
Orlando preoccupato. "Qualcosa non va?"
"Non la si regge più."
Spiegò la donna. "E' agitata come un milkshake, vedi se puoi fare qualcosa
tu." Aggiunse; il ragazzo fece un breve sorriso.
"Dov'è?" Domandò poi.
"Nel padiglione degli
atleti, laggiù." Gl'indicò la tenda bianca. "Tieni, prendi il mio
cartellino, hai solo pochi minuti." E gli porse il passy.
"Grazie." Fece
l'attore, prima d'incamminarsi.
"Ma tu stai bene?" Lo
fermò la donna, lui si girò. "Mi sembri un po' pallido."
"No, niente, ho solo una
decina di fusi orari sulle spalle, ma sto bene." Rispose ironico Orlando;
le fece un ultimo cenno di saluto e si allontanò.
Orlando entrò nel padiglione
indisturbato; c'erano molti atleti, soprattutto ragazze, e un via vai continuo.
Il ragazzo diede un'occhiata in giro, osservando compiaciuto quei corpi
atletici coperti da succinti e aderenti body, poi si mise a cercare Cassy;
qualche attimo dopo, si accorse di una ragazza seduta sull'orlo di un tavolo,
aveva un body blu e bianco, e tamburellava nervosamente con le dita sul piano.
Si avvicinò.
"Ciao topolina." Le
sussurrò, chinandosi verso di lei; Cass si girò di scatto, sorpresa, ma
immediatamente sorrise.
"Oh, sei arrivato!"
Esclamò felice; fece per alzarsi, ma lui glielo impedì con un gesto, poi
afferrò una sedia e si mise davanti a lei.
Cassy sorrise, mentre gli
circondava il torace con le gambe; il ragazzo la strinse alla vita, lei gli
mise le braccia intorno al collo e lo strinse a se. Rimasero così per qualche
minuto.
"Tua madre mi ha detto che
sei un pochino nervosa." Affermò infine Orlando; Cassy annuì, continuando
a tenerlo stretto. "Cosa posso fare io?" Le domandò allora, ma
intanto le stava carezzando dolcemente la schiena, con rilassanti movimenti
circolari.
"L'importante è che sei qui,
adesso va tutto bene." Mormorò la ragazza al suo orecchio; lui le fece un
tenero sorriso. Non si erano accorti di aver attirato l'attenzione degli altri
presenti.
"Un bacio, te lo posso
dare?" Chiese con aria furba; Cass lo guardò, già più tranquilla.
"Certo." Acconsentì
poi, scostandosi un po'.
"Attenta a non far cadere il
cappello, c'è un sacco di gente." Le disse a bassa voce; la ragazza annuì.
Si guardarono negl'occhi, poi
cominciarono a sfiorarsi le labbra lentamente; Cassy gli teneva saldamente una
mano aperta sulla testa, reggendo il cappello, mentre Orlando la stringeva,
facendole aderire il bacino contro il suo torace. Il bacio divenne pian piano
più profondo e sensuale; alcune ragazze li guardavano.
"Alla faccia del
bacio." Commentò una. "Questa sembra una visita laringoiatrica!"
Orlando la lasciò pochi minuti
dopo, quando annunciarono che mancavano cinque minuti all'inizio della gara; si
salutarono con un ultimo bacio sulla guancia. Cassy sembrava essersi finalmente
rilassata; mentre si dirigeva all'uscita degli atleti, fu fermata da una delle
sue compagne.
"Quello era il tuo ragazzo?"
Le domandò la ragazza; lei annuì. "Ma lo sai che somiglia in modo
impressionante a Orlando Bloom?"
"Eh, sì." Rispose
divertita Cass. "Glielo dico sempre anch'io..." Aggiunse; poi, con un
sorriso furbo e compiaciuto, uscì al sole.
A metà mattinata ci fu il turno
di pausa di Cassy; lei, la madre ed Orlando erano seduti ad un tavolo. La
ragazza mangiava frutta, mentre lui le carezzava la schiena coperta da un
asciugamano; ogni tanto si scambiavano teneri sguardi, sotto lo sguardo
compiaciuto di Wendy. La gara procedeva bene, ed erano stati recuperati molti
punti.
"Mi sembri un po'
stanco." Disse, ad un certo punto, Cass ad Orlando, facendogli una carezza
sul viso; lui sorrise appena.
"Ho solo dodici ore di fuso
orario da recuperare." Rispose poi noncurante.
"Ma non venivi da New
York?" Chiese stupita la ragazza.
"Sì." annuì l'attore.
"Ma solo il giorno prima ero a Los Angeles, non ho fatto certo in tempo ad
abituarmi." Spiegò tranquillamente. "Sono solo un pochino..."
Fece dei gesti vaghi e un'espressione assente. "...stonato, ecco."
"Oh, povero il mio
topo!" Esclamò corrucciata Cassy, quindi gli prese il viso tra le mani; il
ragazzo fece un'espressione infantile e lei gli baciò delicatamente le labbra.
Wendy sorrise, poi si alzò.
"Io vado a preparare l'attrezzatura, quando hai finito raggiungimi."
Disse alla figlia, che annuì, ancora impegnata a sbaciucchiare Orlando.
Cassy, quando le operazioni di
coccola furono terminate, si mise a finire la sua frutta, mentre Orlando si
dedicò ad osservarla. Prima, quando aveva i capelli scuri e si truccava
pesante, era bella, ma in un certo senso non vera, mascherata; adesso, con quei
corti capelli chiari, il viso pulito e limpido, gli occhi vivi, era tornata una
persona reale, a fuoco.
Il ragazzo allungò una mano, sfiorandole
i capelli sopra le tempia, lei gli sorrise, lui ricambiò; era sicuro, ora, che
Cass lo ricambiasse, ma si disse che non era il momento per dichiarazioni
d'amore. La ragazza era ancora piuttosto fragile, era in un momento di
passaggio delicato, e Orlando, pur impaziente di farle conoscere i suoi
sentimenti, non poteva turbarla proprio nel momento in cui doveva stare più
tranquilla.
Finito di mangiare, Cassy si
alzò, sistemandosi il top e le spillette del suo numero di gara; sorrise ad
Orlando, che era rimasto seduto, a causa dello stato semi confusionale in cui
versava.
"Io vado." Gli disse
dolcemente, tenendogli una mano sulla spalla. "Tu torni sulle
gradinate?" Gli chiese poi; l'attore annuì. "Bene." E con un
ultimo sorriso si allontanò.
"Ah, Cass!" La richiamò
il ragazzo, lei si voltò e lo vide avvicinarsi.
"Dimmi." Gli fece
tranquilla.
"Ti volevo solo dire in
bocca al lupo..." Esordì prendendole le mani. "...e..." Lei lo
guardava interrogativa. "Io ti amo." Pronunciò velocemente, mandando
a puttane tutti i suoi buoni propositi con altrettanta velocità.
La ragazza rimase paralizzata per
un lungo momento, poi iniziò a tremare leggermente, mentre sollevava una mano
per spostare un ciuffo di capelli sull'orecchio; i suoi occhi si erano fatti
lucidi e vagano attorno, senza fermarsi mai su un punto preciso. Non sapeva che
fare, che dire, sentiva anche di aver, con tutta probabilità, perso la voce; il
cuore, invece, emetteva un battito ogni due minuti, ad andare bene.
"No." Fece Orlando
preoccupato. "No, no, tesoro, va tutto bene." Affermò, prendendole le
mani. "Tranquilla, è tutto a posto." La rassicurò; finalmente Cassy
si decise a guardarlo, con la fronte corrucciata e un'espressione incredula.
"Sì, l'ho detto davvero." Confermò il ragazzo; a quel punto lei
sorrise e fece per baciarlo.
"Cass, è tardi!" La
chiamò la madre, appena prima che riuscisse a posare le labbra su quelle di
lui; lo guardò rammaricata, poi gli diede solo un bacetto e corse via.
Cassy, dopo quella inaspettata e
leggermente traumatica dichiarazione, tornò in pista con la grinta di una
leonessa: i suoi attrezzi volarono più lontano degl'altri e non fece un nullo
nemmeno a morire. Wendy, a bordo pista, e Orlando, sulle gradinate, esultavano;
il punteggio della ragazza saliva.
Erano, ormai, alla fine della
giornata di gare; solo l'emozione della competizione aveva tenuto vispo
Orlando, che cominciava ad accusare davvero la stanchezza. Seduto stancamente
sul gradone dello stadio, con i gomiti sulle ginocchia, seguiva le ultime fasi
del getto del peso, disciplina di cui ripetutamente, nel corso dell'ultima ora,
si era chiesto il senso. L'ultimo lancio di Cass era stato ottimo, a giudicare
dagli entusiasti commenti dei suoi vicini di posto, che sicuramente se ne
intendevano più di lui.
Era il turno della diretta rivale
della ragazza, adesso; i meccanismi un po' li aveva capiti, mica era scemo,
sapeva perfettamente che quella bionda slavata dalle statuarie gambe era a
pochi punti da Cass e che, se quel lancio fosse stato più lungo del suo, l'avrebbe
superata in classifica, soffiandole il primo posto. Si mise a fare tutti gli
scongiuri che conosceva, compresa l'immancabile visita ai gioelli di famiglia.
La pesante sfera di metallo si
staccò dalle mani della ragazza dopo una rotazione perfetta e, come ovvio,
completamente valida, poi volò per alcuni metri, fino a piombare a terra,
lasciando un piccolo cratere scuro sul prato; i giudici si avvicinarono subito,
misurando la distanza, mentre l'atleta lasciava la pedana. A occhio, ad
Orlando, il lancio non sembrò più lungo di quello di Cassy, ma poteva anche
essere questione di millimetri.
Il ragazzo sentì il cuore
fermarsi per un attimo, mentre il risultato appariva sul tabellone; mascella
contratta, occhi fissi sul pannello, Orlando attendeva la sentenza.
"Ma vieni!" Gridò,
balzando in piedi, quando il tabellone confermò la classifica decretando la
vittoria di Cassy. "Evvai, sì sì sì!" Continuò, indugiando in gesti
di giubilo degni un hooligan; improvvisamente, si accorse di essere osservato
da qualcuno seduto vicino a lui.
"Figliolo." Gli disse
la signora, quando si voltò. "Questa non è la finale della Coppa
d'Inghilterra, e questo non è uno stadio di calcio." Lo rimproverò, con un
perfetto accento inglese, degno della Miss Marple della Christie.
"Ascolti, nonna." Le
fece Orlando, infastidito e per nulla intimidito. "La mia ragazza ha
appena vinto, perciò io esulto quanto cavolo mi pare, vabbene?" La donnina
spalancò la bocca scandalizzata, ma lui non le diede peso, rimettendosi ad urlare.
"Sì, graaaaaaaaaandeeeeeeeeeee!!!"
Cassy, nel frattempo, ancora
sulla pista, era raggiante, ma non riusciva a fermare le lacrime: quella
vittoria le sembrava importante come le olimpiadi, perché era stato un
traguardo arduo da raggiungere; tutti i sacrifici, gli sforzi, ma soprattutto i
due anni di smarrimento, che aveva vissuto, erano magicamente scomparsi, perchè
nulla, nemmeno lo sport più estremo, le avrebbe mai potuto dare le emozioni che
le dava una gara vera, un obiettivo concreto da raggiungere. E per questo piangeva,
e per suo padre che non era lì, e per la gioia negl'occhi di sua madre, che
piangeva quanto lei, per l'amore di Orlando, in cui non aveva mai sperato, ma
che aveva conquistato; era felice, la soddisfazione e la gioia la riempivano,
le era rimasta solo una piccola cosa da dire...
Un giornalista l'avvicinò, quando
raggiunse il muretto che la divideva dal pubblico. "Signorina Simmons,
vuole fare una dichiarazione, per l'articolo di domani?" Le chiese.
"Sì." Annuì lei,
asciugandosi gli occhi con la mano; lui prese appunti. "Voglio dedicare
questa vittoria a mio padre, che mi ha inseganto l'atletica, e a mia madre, che
mi ha portato per mani fin qui." Affermò commossa, mentre Orlando scendeva
le gradinate fino ad arrivarle vicino; la ragazza gli sorrise, poi, come se
stesse ancora parlando col giornalista, ma guardando l'attore, dichiarò:
"E voglio dire una cosa ad una persona che è qui oggi." Fissava
Orlando, sicura che anche lui stesse facendo altrettanto. "Anch'io ti amo,
topo." Le labbra del ragazzo si allargarono in uno dei suoi splendenti
sorrisi, poi l'abbracciò al di sopra del muretto e si baciarono, entrambi
felici e commossi; il giornalista li osservava perplesso, quello lo doveva
scrivere, o no?
Baby, all it takes is
Just a little faith in me
To feel like
I can save the world
(Save the world - Bon Jovi)
Orlando sentì qualcuno che gli
morsicchiava e baciava le spalle, così aprì stancamente gli occhi, guardando la
sveglia; mugugnò qualcosa, girandosi. Si trovò di fronte il viso sorridente di
Cassy; per tutta risposta si passò una mano sulla faccia.
"E' un piacevole risveglio,
topolina, ma..." Biascicò l'attore sconsolato. "...ma sono a letto da
poco più di due ore..."
"Lo so." Gli sussurrò
la ragazza, accompagnando le parole con un languido bacio nell'incavo del
collo. "Ma io vado."
"Vai?!" Chiese stupito
lui, lanciando un'altra occhiata alla sveglia. "Sono le cinque e mezza,
dove vai?" Aggiunse preoccupato.
"Ad allenarmi." Rispose
tutta tranquilla, posando il mento sul petto di Orlando; lui sorrise.
"Tranquillo, topino, torno verso le nove, tu riposa e..." Sguardo
malizioso. "...fatti trovare pronto..." Orlando sorrise compiaciuto.
"Ma tu non ti stanchi
mai?" Le domandò con ironica dolcezza, carezzandole i capelli.
"No!" Rispose Cass
allegramente, poi gli diede un bacio sul naso e balzò giù dal letto, correndo
verso la porta; lo salutò con la mano mentre usciva.
Orlando si rilasciò sui cuscini
sorridendo, ripensare all'ultimo anno lo rendeva allegro. Era strano il
destino, a volte. Lui e Cassy si erano trovati, piaciuti, avevano fatto l'amore
per la prima volta, in un tempo brevissimo, avevano ballato insieme una danza
selvaggia e tribale, che li aveva travolti; ora, questa danza, si era
trasformata più in un sensuale tango, un ballo non privo di passione e
tensioni, ma in cui ci voleva un perfetto accordo. Si amavano, anche se non era
facile stare insieme, ognuno preso dalla propria carriera, impegnati con orari
spesso diversi, ma bastava uno sguardo, una parola, per ritrovarsi. Chissà,
forse un giorno, Cass avrebbe avuto abbastanza fiducia in se da non avere più
bisogno di un sostegno, ma Orlando non credeva di essere solo questo per lei;
ad ogni modo, una sicurezza ce l'aveva: quando una come Cassy ti entra nel
cuore, è intenzionata di rimanerci a lungo.