Lilyth

di Lilyth
(/viewuser.php?uid=210625)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** 3 ***
Capitolo 5: *** 4 ***
Capitolo 6: *** 5 ***
Capitolo 7: *** 5 ***
Capitolo 8: *** 6 ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


L’aria fredda del mattino era pungente, respirare l’aria gelata ghiacciava ad ogni respiro i polmoni, il vento soffiava leggero e deciso fra le fronde degli alberi.
La strada era deserta, scivolavo tra le auto,i cespugli e gli alberi con decisione.
Nelle orecchie una musica spacca timpani,quasi volessi coprire quella maschera di tranquillità e armonia che mi si ergeva intorno.
Continuavo a guardare il cielo, ne una nuvola…neanche un uccello…solo azzurro, azzurro…sembrava quasi finto, un travestimento che la natura ergeva per rendermi un po’ meno tragico quel giorno.
Canticchiando a voce bassa e strusciando i piedi a terra iniziai la parte più difficoltosa della giornata; la strada dal cancello all’ingresso.
Le forze già iniziavano a mollare e il sistema nervoso che tanto avevo cercato di placare da li ad una settimana stava ricominciando a svegliarsi, come dopo un’anestesia prolungata.
Il cuore batteva a mille mentre sentivo il mio corpo scontrarsi con la barriera che mi avrebbe permesso di accedere all’altro mondo, il mondo al di la del cancello, che tanto mi chiamava a se.
Perché mi trovavo in quella situazione? Come era possibile che io, e dico e ripeto io, avevo subito quel torto disumano che mi aveva portato a questo? E pensare che tutto era cominciato quel giorno,quel fatidico giorno di Lunedì 7 settembre.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 1 ***


Il mio sguardo si perdeva in lontananza,fra gli alberi,le fattorie,le montagne,il cielo…la nebbia stava lentamente risalendo,i contadini uscivano di casa per andare ad arare i campi,gli uccelli iniziavano a far sentire la loro presenza cantando melodie dolci e sprizzanti di felicità.
Ero immersa in un torpore tipico dell’assopimento,uno di quei momenti in cui sei sola con te stessa e niente e nessuno può interferire con la tua mente e con i tuoi pensieri.
Sarei voluta rimanere così per sempre,senza dovermi preoccupare del mio futuro che mi sarebbe scivolato addosso come pioggia,ma una voce ed una presenza accanto a me mi fecero tornare mentalmente stabile.
Battei le palpebre due o tre volte, poi mi sgranchii le braccia e mi voltai verso mia madre al volante della nostra auto.
Aveva le mani fisse sul volante, i capelli castani che le cadevano scompigliati sulla schiena, gli occhi vivaci e la bocca intenta a fischiettare un nuovo motivetto che ero convinta di non aver mai sentito.
Ci volle un po’ prima che si accorgesse dei mie occhi puntati su di lei, a spiare tanta eccitazione verso quella nuova avventura che, come lei stessa aveva definito due mesi prima, capita solo una volta nella vita.
Iniziò a girarsi a scatti verso di me, allargando mano, mano il sorriso che padroneggiava sul suo viso < …ben svegliata tesoro…dormito bene? > strizzai gli occhi < …diciamo bene… > tornò a fissare la strada e dopo un po’ riprese a parlare < …allora, cosa ne dici del panorama? > posai svogliatamente lo sguardo su cosa c’era dall’altra parte del finestrino, poi tornai subito a guardare dritto davanti a me < …fra la campagna e la montagna… > le scappò una risata di compiacimento < …fantasiosa… > annuii senza dare troppa importanza al discorso e cercai di esiliarmi di nuovo nei meandri più insidiosi della mia mente.
Esattamente due mesi prima avevo finito la scuola media, ero uscita dagli esami con dieci, ero felice delle vacanze che stavano per iniziare, non vedevo l’ora che papà tornasse dal suo viaggio di lavoro…poi quella notizia che mi aveva catapultata a settembre con forza e oppressione…ricordavo quel giorno come uno dei peggiori vissuti nella piccola parentesi della mia vita; mia madre mi guardava tutta sorridente insieme a mio padre mentre mi dava la grande ,grandissima notizia che avrebbe sconvolto per sempre la mia vita…cambiamo città…quell’affermazione ancora strideva nella mia mente come il gesso sulla lavagna.
Avevo passato un estate all’insegna dei musi lunghi e dei pensieri tristi e alla fine ero arrivata, pronta a buttarmi nella nuova pagina dedicata alla mia vita.
La nostra tappa si chiamava Merula, ovvero un paese totalmente inesistente su qualsiasi tipo di carta geografica; da alcune descrizioni di mia madre doveva essere esattamente tra i paesi di Ambertide e Montone, in Umbria.
Avevo cercato più volte di visualizzare il punto esatto dove doveva trovarsi quel mucchio di casette sparse, ma non ero mai riuscita a trovare nessuna carta che ne indicasse le giuste coordinate.
Ed ora, eccomi qui, in quella auto aspettando che il mio destino si compiesse. Non riuscivo a guardare mia madre e non provare una punta di rabbia nei suoi confronti…era così felice di cambiare vita, di trasferirsi dalla metropoli di Roma al “nulla” di Merula.
Eravamo partite a causa della sua promozione al lavoro; mia madre era un medico ad un ospedale di Roma, a Merula sarebbe diventata Primario.
Aveva cercato di convincermi a vedere quel cambiamento radicale anche dal punto di vista economico, sarebbe stata pagata di più, molto di più e ci saremmo potute permettere tante di quelle cose in più…ma no, no…la situazione non cambiava!
Ero stata strappata dal mio habitat naturale e stavo per essere rinchiusa in una gabbia come un animale in cattività.
Avrei preferito mille volte andare con mio padre in chi sa quale paese del mondo, ma lui aveva insistito perché io andassi con la mamma, andando con lui sarei rimasta tutto il giorno da sola in città che non conoscevo, avrei dovuto cambiare scuola decine di volte, insomma, sarebbe stata una fatica inutile.
Tutti i miei amici avevano cercato di distrarmi, mi dicevano che ci saremmo visti, sentiti, ma ero più che sicura che appena iniziata scuola avremmo tagliato i ponti tutti con tutti, a maggior ragione con me che abitavo ormai a chilometri da loro.
Un urletto di mamma mi fece tornare con i piedi per terra < …eccoci Lilyth, siamo quasi arrivate…non sei elettrizzata?!? > sbuffai sonoramente < …eccome…non vedevo l’ora… > allungai lo sguardo abbastanza da vedere un piccolo, piccolissimo paesino medievale all’orizzonte…non poteva essere quello, non doveva essere quello…< Lilyth, è quello lì…lo vedi?!? O, che emozione… > deglutii nervosamente e per poco non mi misi a piangere, non riuscivo più a spiccicare parola, avevo un nodo in gola che non si sarebbe sciolto tanto facilmente.
Entrammo nelle mura del paese, era tutto così attaccato, appiccicato, incollato da darmi un senso di chiusura, di mancanza di aria improvvisa.
I paesani si voltavano a guardare il nostro fuori strada passare, ci fissavano come se fossimo degli alieni appena atterrati sulla terra con la nostra navicella spaziale…già cominciavo a sentire il senso di distacco fra noi e loro e quello, più di ogni altra cosa, mi metteva i brividi.
L’auto si era infilata in una stretta stradina su cui si affacciavano delle case, alcune piccole, altre più grandi disposte in file disordinate.
Ci stavamo allontanando sempre di più dal centro del paese che dall’interno sembrava mille volte più grande che dall’esterno.
Alla fine mamma fermò l’auto davanti ad una villetta con giardino in stile settentrionale.
Scese tutta eccitata e spalancò il cancelletto in ottone che separava il giardino dalla strada, la seguii poco convinta.
Tirò fuori dalla tasca un mazzo di chiavi e iniziò a scassinare la porta con furore finchè quella non ci si spalancò davanti.
Dall’esterno tutti i colori dell’ingresso sembravano pallidi e confusi, ma bastò spalancare una finestra per farci rimanere di stucco; il piccolo ingresso che si collegava direttamente al salone era color panna e bordeaux, la stanza era tappezzata da quadri, tavolini e poltrone in raso rosso.
Mi voltai verso mia madre inorridita < non mi avevi detto che la mia bisnonna fosse così…così pacchiana… > scosse la testa < non lo sapevo nemmeno io, sarà da quando avevo due anni che non entro in questa casa…e quando la nonna è morta… > sgranai gli occhi < non vorrai dirmi che in questa casa non entra nessuno beh, da quella volta spero… > alzò le spalle mostrando un sorrisino vago.
Corsi fuori di casa maledicendo il giorno in cui l’avevano promossa, il giorno in cui aveva deciso di comprare quella casa…maledicevo qualsiasi cosa mi passava per la testa.
Aprii la macchina per prendere le mie valigie e in un impeto d’ira sbattei lo sportello dell’auto con forza.
Mi sentii osservata, voltai lo sguardo verso la casa di fronte alla mia, da una finestra dell’ultimo piano un ragazzo biondo mi fissava interessato.
Gli diedi subito le spalle pensando < …brava Lilyth,bel modo di farsi conoscere… >
Per tutto il resto della giornata mi limitai a sistemare quella che sarebbe diventata ufficialmente la mia stanza; era graziosa e appariscente allo stesso tempo, un letto a baldacchino padroneggiava centralmente, alle sue spalle c’era un grande armadio a muro e sulla parete di destra c’era la scrivania, il tutto rigorosamente bianco e panna.
Avevo il balcone che dava sulla boscaglia dietro la casa, una vera e propria selva impenetrabile.
Tenevo il muso a mia madre forse anche esagerando un po’, lei faceva finta di niente e evitava di parlarmi ed io la assecondavo nella sua scelta.
Andando a dormire quella sera desiderai che fosse tutto un sogno, che il giorno dopo mi sarei svegliata ancora nella mia bella casa di Roma, con il mio letto, la mia stanza, i miei amici…grazie a quel pensiero dolce riuscii a calmarmi e a sprofondare in un sonno profondo.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 2 ***


Durante la settimana precedente all’inizio della scuola avevo cercato un pretesto per farmi piacere almeno in minima parte quella sottospecie di paese, ma non era servito a nulla…lo detestavo con tutto il mio cuore.
Avevo provato ad esplorare meglio le case antiche, la torre dell’orologio che padroneggiava in cima al paese, mi ero fatta tutte le scale per arrivare fino all’ultima abitazione ma era stata una fatica inutile visto che nulla di quel posto riusciva a farmi sorridere.
Ogni volta che uscivo di casa tutti mi guardavano come se non avessero mai visto una persona, ero in difficoltà anche a chiedere al barista una bottiglietta d’acqua ed il tutto era notevolmente stressante.
Avevo rivisto di sfuggita il ragazzo della finestra, e tutte le volte sembrava interessato ad ogni mio gesto, mi guardava in modo diverso da come mi guardavano gli altri giù in paese e la cosa aveva cominciato subito ad infastidirmi.
Evitavo di incrociare il suo sguardo e di uscire in giardino se fuori c’era lui, insomma, mi stavo creando uno scudo intorno per evitare che qualcuno potesse intercedere con la mia vita.
A pochi giorni dall’inizio della scuola avevo cominciato a sentirmi nervosa; la sede scolastica del paese era inizialmente divisa in elementari, medie e superiori ma i bambini erano diventati così pochi che le elementari e le medie erano state spostate in un paese vicino ed ora l’immenso edificio scolastico era riservato ai licei classico e scientifico.
Io avevo preso la strada tortuosa del classico, con il greco ed il latino e i grandi poeti e filosofi di tutti i tempi…avevo insomma scelto tutto quello che più mi spaventava ma che allo stesso tempo mi attirava a conoscere cose nuove, ad imparare.
Tutte le sere prima di andare a letto pensavo al primo giorno di scuola finchè quello non arrivò, più in fretta di quanto mi aspettassi.
Quella mattina uscii di casa molto presto, l’aria fredda del mattino era pungente, respirare l’aria gelata ghiacciava ad ogni respiro i polmoni, il vento soffiava leggero e deciso fra le fronde degli alberi.
La strada era deserta, scivolavo tra le auto, i cespugli e gli alberi con decisione.
Nelle orecchie una musica spacca timpani, quasi volessi coprire quella maschera di tranquillità e armonia che mi si ergeva intorno.
Continuavo a guardare il cielo, ne una nuvola…neanche un uccello…solo azzurro, azzurro…sembrava quasi finto, un travestimento che la natura ergeva per rendermi un po’ meno tragico quel giorno.
Canticchiando a voce bassa e strusciando i piedi a terra iniziai la parte più difficoltosa della giornata; la strada dal cancello all’ingresso.
Le forze già iniziavano a mollare e il sistema nervoso che tanto avevo cercato di placare da li ad una settimana stava ricominciando a svegliarsi, come dopo un’anestesia prolungata.
Il cuore batteva a mille mentre sentivo il mio corpo scontrarsi con la barriera che mi avrebbe permesso di accedere all’altro mondo, il mondo al di la del cancello, che tanto mi chiamava a se.
Essere in quel cortile insieme ad un gruppo di facce totalmente sconosciute mi diede un senso di terrore che mi pervase ancora di più quando la campanella iniziò a suonare.
Ordinai alle mie gambe di immettermi nella folla diretta all’ingresso e di lasciarmi trasportare fino dentro.
Mi sentivo spingere da una forza inumana verso il grande portone di legno scuro, l’aria era pesante, come se l’edificio non prendesse aria da anni.
Un professore alto e magro con il viso scarno e  i capelli scompigliati stava gridando a pieni polmoni < …quarti ginnasi…di qua…quarti ginnasi… > riuscii a scivolare fuori dalla corrente che spingeva verso la scalinata e a raggiungere e il gruppo di ragazzi che già era li intorno.
< …ragazzi, ben venuti…so che siete impazienti di cominciare… > il suo sguardo diceva tutt’altra cosa ed ero sicura che più di una persona l’avesse notato; lui continuò < …ma ora vi devo dividere nelle uniche due classi del quarto…quando chiamerò i vostri nomi fatevi avanti… > ci furono piccoli mugolii di approvazione, iniziò a chiamare.
Prima di me  chiamata una classe intera, poi metà della mia classe e, alla fine, all’ultimo posto dell’elenco del quarto B eccomi,Lilyth Sant’Elena.
Feci un passo verso la mia classe già formata e, tutti insieme, seguimmo il professore in direzioni delle nostre classi.
La mia classe era grande, troppo grande per sole quindici persone, i banchi erano sparpagliati e a distanze assurde l’uno dall’altro.
Mi sedetti all’ultimo banco della fila centrale, mi aveva subito ispirato quell’angolino protetto al centro della classe, quasi attaccato al muro, sembrava quasi che mi chiamasse.
Le pareti bianche erano a contrasto con il pavimento nero e ambrato, i banchi verdi erano lindi, senza una scritta ne un disegno.
Eravamo così pochi che occupavamo un banco per uno, continuavamo a guardarci persi in chi sa quali idee, sembrava che nessuno volesse conoscere nessuno.
La prima professoressa entrò in classe e aspettò sulla porta finchè tutti non fummo in piedi, poi sfoderò un ghigno soddisfatto e raggiunse la cattedra.
Aprì un cassetto e ne tirò fuori un gesso, si avvicinò alla lavagna e vi scrisse “ Lucia Pollurelli, scienza dei numeri” la guardai scettica, cioè, aveva scritto matematica come “scienza dei numeri”…non doveva essere molto normale.
In effetti il suo aspetto mi ricordava un confetto, era abbastanza alta ed avrà avuto all’incirca cinquanta anni; i capelli tinti di nero erano raccolti in uno scignon chiuso con un fiocco rosa, portava un tailleur rosa antico bordato di nero e un paio di decolté nere con un piccolo tacco quadrato.
Nell’insieme la sua figura asciutta era per lo più ridicola.
Sorrise di nuovo, quel risolino che somigliava molto al ghigno di un cane rabbioso, e scandì il suo nome come se fossimo tutti analfabeti < L-U-C-I-A   P-O-L-L-U-R-E-L-L-I  > ci osservò come se si aspettasse chi sa cosa da un momento all’altro, poi continuò < io sarò la vostra professoressa di “scienze di numeri” o come voi, più comunemente e volgarmente la chiamate, “matematica”… > era quasi offensiva con quella sua voce troppo dolce.
Continuò a scrutarci accigliata, prese una pila di fogli dalla cattedra e iniziò a distribuirli scandendo a chiare lettere ad ognuno di noi < …test di ingresso… >
Passammo il resto dell’ora con la schiena china su quel maledetto foglio che, alle 9:10, riconsegnammo tutti scuotendo la testa nervosamente.
Aspettavamo tutti con ansia il professore dell’ora successiva, ma quello non arrivò.
Ci guardavamo, non osavamo ancora rivolgergli la parola, ma prima o poi avremmo dovuto rompere il ghiaccio.<  siete  il quarto B? > annuimmo < bene, allora seguiteci >
Ci alzammo come azionati da una forza invisibile e li seguimmo lungo il corridoio, poi giù per le scale ed infine nel cortile dove si era radunata una gran folla.
Ci sparpagliammo tutti, avevo perso di vista tutti i miei compagni di classe, o forse non mi ricordavo neanche chi erano.
Pensai ad alta voce < ma cosa sta succedendo? > non mi aspettavo una risposta, anzi, non mi aspettavo neanche di essere sentita da qualcuno < ...è il prof…sta avendo l’ennesimo attacco di rabbia… > guardai il ragazzo biondo che avevo davanti, era quello che mi abitava di fronte, mi stava fissando anche lui.
< ma gli capita spesso? > alzò le spalle < se con “spesso” intendi ogni mese, beh, sì…direi proprio di sì… > annuii, ma in che scuola ero capitata?
Lui sorrise < dai, non fare quella faccia…gli altri prof non sono mica tutti così… > senza rendermene conto ci stavamo allontanando dalla folla < con “mica tutti” che percentuale intendi? > scoppiò a ridere e non rispose, mi porse la mano < piacere, Caspian… > la strinsi < …piacere Lilyth… > < …sei del quarto B vero… > annuii < beh, ben arrivata allora… >
Stavo per chiedergli in che classe era quando la preside, che era scesa in cortile per vedere cosa stava accadendo, urlò < voglio tutti in classe immediatamente! > Caspian trasalì, si voltò dalla mia parte < ora è meglio che andiamo tutti e due…ci vediamo Lilyth. >
Tornai in classe, avrei voluto sapere di che classe era, ma visto che mi abitava di fronte non sarebbe stato difficile rivederlo.
Quel primo giorno di scuola era stato stressante. Uscii frastornata, senza ricordarmi neanche un nome di un professore o di un compagno di classe.
Tornai a casa soprappensiero e solo quando raggiunsi la porta mi accorsi di non avere le chiavi.
Lanciai lo zaino a terra e mi sedetti sui gradini del portico.
< ma guarda chi si vede…Lilyth del quarto B… > alzai lo sguardo, non ci potevo credere, era Caspian.
Esattamente in quel momento la macchina di mia madre si fermò davanti al cancello, scese, mi salutò, salutò Caspian, gli passò davanti, poi tornò indietro, lo guardò bene e con voce tremante disse < …C-Caspian? > lui annuì  e lei lo abbracciò.
Non osai aprire bocca, guardai quella scena pensando “primo incontro dell’anno, rovinato”; poi iniziò a parlare < non so se ti ricordi di me…sono Emily, l’amica di tua madre…sono stata la tua madrina di battesimo… > a quel punto Caspian sorrise < ma certo…Emily…come ho fatto a non riconoscerti…e lei è tua figlia? > mi indicò ed io annuii alzando la mano < presente… > 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 3 ***


Fu una settimana veramente intensa. Le prime lezioni, i primi compiti a casa…finalmente arrivò sabato che segnava la fine di una dura settimana.
Quella mattina mi svegliai come sempre alle 6:30, ero più pimpante del solito perché quel giorno avrei avuto solo 4 ore, di cui due di educazione fisica, una di scienze e l’ultima di artistica. Sarei dovuta rimanere a mensa però, e quello era l’unico punto nero in un mare di bianco.
Scesi a fare colazione. Mamma come al solito era già uscita e mi aveva lasciato un piatto di frutta già tagliata e lavata. Mangiai molto in fretta e salii in camera a prepararmi. Durante l’ultima settimana Caspian era stato molto carino con me.
 Lo vedevo tutti i giorni, mi aspettava all’uscita di scuola, si assicurava tutti i giorni che tutto andasse bene e il pomeriggio scorso si era anche offerto di aiutarmi a fare i compiti.
All’inizio il tutto mi metteva a disagio, l’idea che un ragazzo di due anni più grande di me appena conosciuto si preoccupasse così tanto mi scandalizzava, ma dopo massimo due o tre giorni mi sembrò una cosa normale, anzi, normalissima.
Scesi le scale lentamente già sapendo che l’avrei trovato davanti al cancello a cavalcioni del motorino. Appena aprii la porta sentii il suono di un clacson, mi voltai e notai con gioia che anche quella mattina si era scomodato a venirmi a prendere.
Salutandolo con la mano presi il casco e montai in sella.
Durante il tragitto non parlammo, io non volevo distrarlo dalla guida e lui forse immaginava che stessi pensando a qualcosa e non voleva disturbarmi.
Arrivati davanti scuola scesi e mi sfilai il casco, glielo porsi sorridente e, ringraziandolo, lo salutai con un gesto della mano.
Mi sentii chiamare < Lilyth… > mi voltai < che c’è?!? > mi guardava con sguardo serio < scusa se in questo ultimo periodo ti sono stato così addosso, forse, forse ho esagerato… > lo guardai divertita < stai scherzando? > no, dal suo sguardo lo capivo benissimo, mi avvicinai < Caspian…sinceramente, all’inizio ero lusingata da tante attenzioni, non capisco proprio come tu riesca a sopportarmi… > rise scuotendo la testa < in effetti non ti sopporto…non ce n’è bisogno… > continuai < comunque…non devi scusarti per niente, anzi, sono io che ti devo ringraziare per aver fatto tutto questo…ma non ti devi sentire in dovere di farlo solo per l’antica amicizia tra le nostre famiglie… > sembrò colpito < …credi veramente che sia quello il motivo? > alzai le spalle < non ne vedo altri…comunque se tu vuoi, ora posso cercare di cavarmela da sola…nel senso che non voglio disturbarti ancora… > ok, forse c’era rimasto male in seguito a quelle affermazioni, ma inizialmente non ci feci caso, senza sorridere e con aria di sufficienza disse < beh, se vuoi cavartela da sola, bastava dirlo subito… > aveva completamente frainteso le mie parole, non riuscii a ribattere, mi salutò con la mano e raggiunse i suoi amici.
Ero riuscita a rovinarmi l’inizio della giornata, per fortuna, dopo le prime due seccanti ore di scienze mi sarei goduta le due meravigliose ore di educazione fisica.
Quando entrai in classe notai che erano stati aggiunti dei banchi.
Mi diressi verso il mio solito posto, ultimo banco della fila centrale. Mi sedetti di peso e aspettai l’inizio della lezione.
Dopo un paio di minuti il professore di scienze, Enrico Lupus, si alzò in piedi e annunciò alla classe < ragazzi, quest’oggi avremmo degli ospiti in classe. Avrete già notato i banchi in più > con la mano indicò i tre banchi aggiunti < ospiteremo il 2° B. Il loro professore di scienze, il professor Right, si è ammalato e, visto che il programma che seguiremo per questo mese deve essere rispiegato al 2° B, il professore mi ha gentilmente chiesto di prendere la sua classe e di farle seguire le nostre lezioni. Ragazzi, entrate, prego. > la porta si aprì nuovamente ed entrarono in aula all’incirca 10 ragazzi.
Il posto accanto al mio fu occupato da un ragazzo biondo/castano, con gli occhi marroni puntanti di giallo.
I miei pensieri furono interrotti dall’inizio dell’appello da parte del prof. Lupus < Adami…ti ho visto; Barocco ci sei; Bartolomei anche… > l’appello continuò, ma i ragazzi del 2°B non furono ancora chiamati < Sant’Elena…l’ho vista signorina… > abbassai lentamente la mano  e continuai ad ascoltare l’appello < bene, della mia classe tutti presenti…ora, 2°B…Alleanza… > una ragazza rossa alzò  la mano < Bretoni; Bellini; Castellino; Corsoli… > due ragazzi e due ragazze alzarono le mani. Il professore si fermò un attimo per poi gridare < ha, ha…due fratelli… > misi a fuoco tutti i componenti della classe, non notavo nessun ragazzo simile ad un altro.
Il professore puntò un dito verso il mio compagno di banco ed esclamò < tu…tu sei Ducheschi Amos… > il ragazzo accanto a me sorrise. Chi poteva essere suo fratello?!?
 < tu invece, sei Ducheschi Liam, dico bene?!? > con mio grande stupore notai che il ragazzo interpellato era identico a l mio compagno di banco, sorrise < sì prof,sono io… > aveva una voce calma e concisa.
Amos e Liam non erano perfettamente identici, Amos era biondo/castano con gli occhi gialli;Liam era moro e…come aveva agli occhi?!? Dal mio banco non riuscivo a vederlo bene.
Come se avesse sentito i miei pensieri si voltò dalla mia parte, scambiò qualche occhiata con il fratello, poi si rigirò a guardare il prof.
Aveva gli occhi verdi.
Durante tutte le due ore successive rimasi persa nei miei pensieri, non seguii per niente la lezione e il suono della campanella mi sconvolse a tal punto che sentendola feci un salto sulla sedia.
Amos, accanto a me commentò l’accaduto con una risata tagliente, poi si alzò e raggiunse il fratello.
Mi alzai anche io, la classe era già vuota, poi però mi ricordai che avevo litigato con Caspian. Mi sedetti a testa bassa sul banco e guardai l’orologio…le prossime due ore erano le ore di educazione fisica < che fai…oggi non stai con “quello”?!? > sollevai lentamente la testa, davanti a me c’era Ducheschi Liam.
 Non avevo capito ciò che mi aveva detto < scusa?!? > mi sorrise irritato e riformulò la domanda < oggi non sei con Caspian?!? > scossi la testa con sguardo teso < e, scusa per la domanda, perché?!? > non feci in tempo a rispondere che vidi Caspian entrare, dirigersi verso di me e prendermi per un polso < Lilyth, andiamo, ti devo parlare… > scossi la testa < eh?!? > non mi diede il tempo di ribattere, mi tirò fuori dalla classe.
Continuò a camminare a passo svelto verso il ripostiglio del bidello, arrivato lì davanti si fermò.
Mi mollò delicatamente il polso, lo guardai < Caspian ,che ti prende?!?  > il suo sguardo era nervoso < …scusa per questa mattina, non volevo reagire così…ho colto al volo la prima occasione per parlarti e scusarmi > ci pensai due secondi poi annuii < certo, anzi, scusami tu, forse mi sono espressa male nelle mie considerazioni. >  stava per rispondere quando il suono della campanella lo interrupe, dovevo tornare in classe. < ora scusa, ma devo andare…ci vediamo dopo… > corsi verso la classe che si stava riempiendo nuovamente.
Finalmente avrei fatto educazione fisica.
< bene ragazzi, per oggi può bastare…ci vediamo sabato prossimo…ora, tutti a mangiare… > la classe si addensò verso lo spogliatoio. Entrai e mi cambiai molto lentamente. Quando uscii dallo spogliatoio mi trovai davanti Liam < buon giorno… > uscii senza guardarlo < buon giorno… > mi diressi verso la mensa < scusa se te lo chiedo, ma penso che non ci siamo ancora presentati noi due vero?!?  > mi fermai e lo guardai < in effetti no… > mi porse la mano < tu devi essere Lilyth… > la presi < sì, e tu devi essere Liam, o sbaglio?!? > annuì.
Mollai la sua mano e continuai a camminare verso la mensa < da quanto tempo sei in paese?!? > risposi continuando a camminare < oserei dire una settimana… > < ambientata?!? > alzai le spalle  < non so, mi servirebbe tempo per capirlo… > spalancai la porta della mensa.
Caspian era già seduto, appena mi vide cominciò a sbracciare < immagino che tu debba andare…ci si vede… > < ok, ciao… > mi voltai per salutarlo, ma lui non c’era.
Stupita raggiunsi Caspian e mi sedetti davanti a lui. Iniziai a mangiare quello che mi avevano portato, poi mi venne in mente di chiarirmi le idee con lui < Caspian… > alzò la testa < scusa se te lo dico, ma oggi non rimangono a mensa tutte le classi?!?  > annuì < …perché?!? > mi venne da ridere < no, perché venendo qui mi sono messa a parlare con Liam Ducheschi, quello del 2°B, ma dopo avermi salutato è sparito e non riesco a trovarlo da nessuna parte… > mi guardò serio < è meglio per te che sia sparito, dai retta a me… > la sua risposta mi lasciò sorpresa < …cos’hai che non va, Caspian?!? > mi guardò furtivo < chi, io?!? Niente, cosa ti fa pensare che ci sia qualcosa che non vada?!? > lasciai la forchetta nella pasta < sembra che Ducheschi non ti vada molto a genio… > deglutii < Lilyth, segui a fondo questo consiglio e fidati di me…non lasciarti avvicinare dai Ducheschi, non è gente affidabile…ora scusa ma mi è passata la fame. > si alzò dal tavolo e se ne andò sotto il mio sguardo sbigottito.
Ma cosa gli prendeva?!? cosa c’era in quel ragazzo che non andava, cosa lo spaventava di lui?!? non riuscivo a darmi una spiegazione plausibile, decisi di andarmene perché anche a me era passata la fame. Mi alzai, svuotai il vassoio e uscii dalla mensa.
Stranamente, Caspian non era all’uscita ad aspettarmi. Meglio per me, avrei avuto più tempo per pensare e, visto che era sabato, potevo anche esplorare un po’ la zona da sola.
Erano le 15:30 passate, ero arrivata davanti casa mia. Aprii la porta e lanciai dentro lo zaino.
Richiusi e mi diressi verso il bosco.
Non sapevo perché volevo “infrattarmi”, ma qualcosa in tutto quel verde mi attirava e allo stesso tempo mi spaventava.
Quando mi trovai al suo limitare mi fermai indecisa sul da farsi, alla fine optai per il giro di circospezione ,cosa sarebbe mai potuto accadere?!? Mi inoltrai nella boscaglia, il sole era alto nel cielo e illuminava la vegetazione facendogli prendere colori vivaci e scintillanti.
Dopo aver camminato per almeno 30 minuti mi fermai. Ero un po’ stanca, mi sedetti su un tronco di pino caduto a terra e ripresi fiato.
< ma guarda chi si rivede?!? > sentendo qualcuno parlare mi prese un colpo, mi ero così abituata al silenzio da non aspettarmi l’arrivo di qualcuno.
Alzai lo sguardo e rimasi veramente sorpresa < Liam?!? >  sorrise,  più lo guardavo e più mi rendevo conto di quanto potesse essere bello.
In realtà, non aveva nulla di speciale; alto, tono muscolare alterato, moro…ma la cosa che più di tutti mi colpiva era il suo sguardo…acceso, limpido…non era uno sguardo normale.
<  a cosa pensi, se è lecito chiederlo?!? > mi sentii colta sul fatto, abbassai lo sguardo < a niente…non ti preoccupare. > rimaneva in piedi davanti a me, mi faceva sentire piccola e insignificante, ero veramente in difficoltà.
< come mai tutta sola nel bosco?!? > lo guardai negli occhi per percepire la sua curiosità, aveva uno sguardo indecifrabile < così…non avevo nulla da fare e allora... > storse la bocca < non dovevi stare con Caspian?!? > mi rabbuiai < direi di no, non è la mia balia… > si mise a ridere < che c’è da ridere?!? > scosse la testa < niente > sbuffai sonoramente, non c’era mai nessuno che mi desse delle spiegazioni…nessuno…< ti posso chiedere perché trascorri così tanto tempo con lui?!? > < scusa ma, no…non me lo puoi chiedere perchè non mi va di parlarne oggi… > fece un cenno con la mano come dire “non importa” e tornò a fissarmi.
Distolsi lo sguardo. Era strano come appena non fossi con Caspian comparisse lui e appena lui si allontanava comparisse Caspian…avevo quasi l’impressione che fosse tutto calcolato a puntino.
Scossi la testa, era un’idea talmente stupida che dubitai della mia sanità mentale.
< non vuoi sapere perché il tuo amico sostiene che sono pericoloso?!? > mi immobilizzai e lo guardai con sguardo sbigottito < e tu come fai a saperlo?!? > si mise a ridere sguaiatamente < non guardarmi con quello sguardo…sono voci che girano… > non capivo dove volesse arrivare < scusa, ma non capisco…cosa intendi dire?!? >
iniziò a camminare in cerchio < sai, non sono quello che si può definire un ragazzo “normale” > lo interruppi bruscamente < sei malato… > mi guardò pensieroso, poi annuì < sì, potrei addirittura considerarla una malattia… > < e…scusa se ti interrompo ancora ma…è grave?!? > continuò a camminare in cerchio < di solito per me no, ma da un po’ sì,è diventata pericolosa anche per me… >
mi fece un po’ pena < vuoi…posso essere utile per qualsiasi cosa?!? > si fermò e mi guardò con uno sguardo di sufficienza < tu?!? > mi guardai < sì, io, perché?!? > si mise a ridere < …sei l’ultima persona che me lo dovrebbe chiedere… > non capivo ciò che diceva, era come se parlasse in codice.
Tra un silenzio e l’altro l’occhio mi cadde sull’orologio, si era fatto tardi, dovevo andare.
< …sì è fatto tardi, ora devo andare… > mi salutò con un cenno di una mano, dopo pochi passi dissi ad alta voce < …mi spiace per il tuo male… > ma quando mi voltai lui già non c’era più.
Arrivai a casa dopo un quarto d’ora, aprii la porta e mi diressi in camera mia.
Non riuscivo a capire…o erano tutti pazzi, o li l’unica non sana ero io…
Sentii la porta aprirsi per la seconda volta < tesoro, sono a casa… > mi affacciai dalle scale < ciao ma…come è andata la giornata?!? > la sentii posare la borsa < abbastanza bene, a te?!? > rientrai in camera urlando < ma…non si può dir male. > dalla cucina sentii a mala pena la risposta di mia madre < su con la vita, è solo la prima settimana…hai rotto il ghiaccio e d’ora in poi tutto andrà meglio…scendi fra un po’, sto preparando la cena… >
Mi sedetti sul letto, mi infilai le cuffie dell’ Ipod e mi lasciai trascinare dalle note musicali.
Mi addormentai con le cuffie nelle orecchie, il mattino dopo mi svegliai intontita, l’Ipod ancora acceso mi tormentava a tutto volume.
Lo chiusi e mi alzai dal letto. Erano le 10:30 passate, dov’era mia madre?!? Aprii la porta della mia camera e iniziai a chiamarla < ma…mamma, mamy…. > scesi saltellando le scale, entrai in cucina…nessuno…notai un biglietto sul tavolo, era suo < scusa se non ci sono, emergenza all’ospedale…ti ho lasciata dormire perché mi sembravi veramente stanca tesoro mio, fai i compiti e poi svagati…ricordati di telefonare a tuo padre, non lo senti da venerdì…a presto Mamy > mi stiracchiai e agguantai il telefono senza fili, composi il numero di papà e aspettai che mi rispondesse < pronto?!?> < tesoro…come va?!? Hai fatto i compiti?!? > sbuffai ridendo < veramente mi sono appena svegliata… > rise < io invece sto andando ad una riunione, sai, da me sono le 4:30 di pomeriggio… > < vero… > sentii che stava prendendo qualcosa < hai trovato degli amici?!? > < diciamo di sì…tu, colleghi, lavoro…come va?!? > < tutto ok, tutto ok…ora scusami, ma devo assolutamente andare, mi cominciai una riunione… > < non ti preoccupare, ci sentiamo sta sera, se ti colleghi metti la web…ciao.> < ciao amore…buona domenica e manda un bacione a tua madre e digli che la chiamo dopo…ciao, ciao. > attaccai e mi sedetti al tavolo della cucina.
Non mi conveniva mangiare visto che da lì a poche ore avrei pranzato. Tornai di sopra, mi lavai e poi iniziai a fare una versione di greco.
Fortunatamente i compiti non erano molti, alle 14:00 in punto chiusi tutti i libri. Iniziai a dondolarmi sulla sedia, diedi troppa spinta e finii per terra al quarto tentativo di rimanere in equilibrio su una gamba sola.
Mi rialzai e scesi per pranzare, tirai fuori dal frigo la prima cosa che mi capitò in mano, ossia uno yogurt. Sentii bussare alla porta, mamma si era dimenticata le chiavi.
Mi alzai gridando < sto arrivando mamy… > arrivai davanti alla porta e la aprii, davanti a me non c’era mia madre, bensì Caspian.
Sospirai < ciao Caspian…che succede? > mi fermò con una mano < lo so, scusa…ma volevo avvertirti di una cosa molto, molto importante…ti fidi per l’ultima volta di me e poi sparisco?!? > acconsentii divertita dalle sue parole, lo feci entrare e lo portai in salotto. Mi sedetti sul divano e lui di fronte a me in poltrona.
< Lilyth, so che appena sentirai di cosa voglio parlarti probabilmente non comprenderai, ma voglio che tu provi a capire che è una cosa seria e anche un tantino pericolosa…non dovrei neanche parlartene, me lo hanno vietato e < ma allora perché lo fai…perché fai cose che non dovresti fare?!? > si fece serio < perché non voglio che tu ti faccia male…ora smettila di replicare e ascoltami solo… > aprii la bocca, poi la richiusi e annuii.
< bene, hai presente Liam Ducheschi?!? > annuii < Lilyth,è pericoloso…non devi stare in contatto con lui per nessun motivo…non farlo, è pericoloso per te… > lo guardai < ma… > mi fermò con decisione < niente ma…posso solo dirti che è pericoloso e che fa parte di un gruppo più pericoloso di lui…questo posto è segnato da lui e dalla sua banda… > scoppiai a ridere < Caspian, ma come puoi pensare una cosa del genere… > rimase in silenzio,poi alzandosi disse < non sottovalutarlo, non posso dirti altro oltre che “stagli alla larga” o dovrò intervenire io, e questo non farebbe piacere ne a me ne a…ne  a me… > si diresse verso la porta, la aprii e uscendo mi salutò < ci vediamo domani a scuola, buono studio… >
rimasi paralizzata sul divano, Caspian stava letteralmente impazzendo in quel momento la porta si aprì < tesoro, sono a casa… > mi alzai e raggiunsi mia madre < ciao mamma, hai visto Caspian che andava via?!? > alzò le spalle < strano, venivo da casa sua, ma lui non lo visto ne qui fuori ne per strada…avrà fatto il giro grande… > posò la borsa e la giacca sul divano, poi andò in cucina. < hai pranzato?!? > < ho mangiato uno yogurt… > la sentii prendere pentole e aprire il frigo parecchie volte di seguito < allora preparo qualcosa anche per te… > la raggiunsi in cucina, chi meglio di lei poteva sapere il passato oscuro di quel paese?!?probabilmente nessuno.
Mi sedetti sulla panca e aspettai il momento giusto < mamma…ti dovrei chiedere una cosa… > < dimmi pure tesoro… > sospirai e poi decisi di buttarmi a  capo fitto nella storia di Caspian < sai perché questo posto si chiama così?!? > si girò sbiancata < chi te lo ha chiesto?!? > scossi la testa < nessuno, pura e semplice curiosità, perché?!? > sospirò e ricominciò a cucinare < beh, gli abitanti del posto non raccontano molto volentieri questa storia, ma è giusto che tu sappia… >
Si fermò nuovamente e si sedette davanti a me < molti, molti anni fa, cinquecento precisamente, questo paese era abitato da tantissime persone, era un paese felice…insomma, quasi una cittadina… > annuii e le feci segno di continuare < …questo finché, finché non arrivarono… > la fermai bruscamente < scusa, arrivarono chi?!? > alzò le spalle < nessuno l’ha mai capito, erano sette, quattro ragazzi e tre ragazze. > si fermò e prese fiato < seminarono il terrore in tutto il paese e nei paesi vicini… > < un  momento, come fanno sette ragazzi a portare terrore in più paesi?!? > sul suo viso affiorò un mezzo sorriso < non erano umani, Lilyth…fisicamente sì, ma avevano dei poteri straordinari, seminarono il terrore…migliaia di persone morirono in pochi giorni e tutti i paesi qui intorno vennero rasi al suolo completamente. Tutti tranne questo. > annuii < molti dicono che è una leggenda, altri sostengono che è successo tutto realmente e che dovrà accadere ogni cinquecento anni… > < ma è impossibile… > annuì < lo penso anche io. La leggenda racconta anche che una ragazza di questo paese sacrificò la sua vita per salvare la sua gente e la sua casa…morì e fu una delle tante persone che persero la vita per mano di quegli esseri. Da quel giorno questo paese si chiama Merula ,per ricordare il grido dei merli che volarono sulle macerie. >annuii, ero veramente scossa da quel racconto, mamma se ne accorse < dai, non fare quella faccia…è solo una leggenda…aiutami a preparare il tavolo così pranziamo. > mi alzai sorridendo e annuii, ma dentro di me tutto era sconvolto…come poteva essere che Caspian…no, era impossibile!
Per togliermi ancora qualche piccola curiosità sarei poi andate su internet, sperando che qualcuno avesse deciso di riportare una tale notizia avvenuta cinquecento anni prima.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 4 ***


 
Dopo pranzo tornai in camera, sfilai il portatile dalla borsa e pregai che la connessione senza fili prendesse.
Piccolo miracolo, c’era campo. Entrai sulla finestra di google e scrissi “Merula, una strage  di 500 anni fa”. Avviai il motore di ricerca. Dopo due secondi stavo spulciando il lungo elenco di Link che parlavano di tutto tranne che di quel benedetto paese.
Finalmente,alla fine delle diciassette pagine web, trovai un articolo che poteva fare al caso mio “Merula, chi sa cosa è veramente successo?!?” ciccai insistentemente sul titolo, quello si aprì dopo dieci minuti di caricamento delle  impostazioni di linea.
L’articolo era stato scritto da una studiosa che si era interessata a quel tragico incidente, era abbastanza piccolo, ma forse parlava proprio di quello che volevo sapere io, iniziai a leggere.
<  nessuno sa ancora cosa sia veramente successo nel paese di Merula più di 460 anni fa, c’è chi dice che è tutta una leggenda, chi invece racconta ancora con occhi spalancati e impauriti quelle tragiche giornate che hanno segnato per sempre la vita di quel paese.
Studiando dei vecchi testi letterali sono riuscita a ricavare informazioni importanti che non tutti sanno, vorrei iniziare parlando di una lettera che ho ritrovato nelle pagine di un vecchio libro, la seguente ha esattamente 475 anni.
“Caro Ermes,
sono veramente felice che tu sia partito, qui in paese si sta scatenando l’inferno.
Non so esattamente cosa stia succedendo, so per certo chi lo sta scatenando, il demonio…
Stanno morendo tutti e io, ne sono certa, sarò una delle prossime vittime.
Questo non è più un paese, è un lago di sangue.
Sono contenta che tu possa esserti salvato prima che accadesse tutto questo, ti amo…non scordarlo mai.
Addio. Margherita.”
Dopo lunghi studi sono riuscita a capire la storia e i personaggi di questa misteriosa leggenda che, ancora oggi, lascia in noi un grande punto interrogativo.
Sembra che i presunti sette aggressori, siano stati sette giovani ragazzi, quattro ragazzi e tre ragazze.
Molti testi indicano i sette ragazzi come “Demoni”. La leggenda racconta che, una ragazza del paese si sia dovuta sacrificare per salvare la sua gente, su un libro ho trovato il suo nome, Luce Solforino.
Come morì questa ragazza, ancora è per tutti un gran mistero, ma di una cosa sono tutti certi, la prossima strage non tarderà ad arrivare. >
Rimasi perplessa davanti allo schermo. Tutto ciò, invece di chiarirmi le idee le aveva messe in un frullatore e le aveva disseminate nella mia mente. Ero più confusa di prima e non sapevo cosa altro fare.
Chiusi il computer e decisi di non pensarci più, era solo una stupida leggenda che non mi avrebbe di certo cambiato la vita, potevo anche dimenticarmene.
Erano le 16:30, decisi che uscire un po’ mi avrebbe fatto bene.
Scesi le scale di corsa e urlai < mamma, ho finito i compiti, esco… > aspettai la sua risposta e poi varcai la soglia.
Non sapevo dove andare, optai per tornare nel bosco che aveva suscitato in me infinita curiosità.
Iniziai a camminare sullo stretto marciapiede che costeggiava le ultime case, dopo mezz’ora raggiunsi il limitare del bosco.
Questa volta vi entrai senza esitazioni, lo conoscevo abbastanza da permettermi di non perdermi.
Subito mi ritrovai immersa nel verde, arrivai fino al tronco dove mi ero seduta nella mia prima visita e decisi di andare avanti e di esplorare ancora quel piccolo mondo.
Mi lasciai trasportare dal canto degli uccelli e dai fantastici colori di quel posto meraviglioso, continuai a camminare per un tempo indefinito, quando mi fermai per riprendere fiato.
Guardai l’orologio e per poco non ebbi un collasso, erano le 18:30.
Alzai gli occhi al cielo, si stava velando di rosa. Dovevo tornare subito a casa. Mi voltai e tornai sui miei passi.
La foresta sembrava girarmi intorno, sentivo che non mi stavo spostando, rimanevo sempre sullo stesso punto.
L’angoscia cominciò a crescere dentro di me, mi ero persa e non potevo fare nulla per cambiare le cose.
Avevo stupidamente lasciato il cellulare a casa ,non avevo una bussola…mi sentivo una cretina, girare per il bosco da sola senza conoscerlo e senza cellulare…ma cosa mi ero messa in testa?!?
Mi lasciai scivolare sul terreno umido, e feci sprofondare il viso fra le mani.
Ma come ero potuta essere così incosciente da non pensare agli effetti collaterali di quella gita fuori programma?!? A cosa stavo pensando mentre mi immergevo fino al collo nella foresta?!? Ero una stupida, stupida, stupida…e ora non potevo farci nulla.
Si stava facendo tutto silenzioso, la luce stava calando e cominciavo ad aver freddo.
Era tutto immobile, neanche il vento c’era più.
Se avessi avuto qualcuno accanto, anche Caspian, già sarebbe andata meglio, ma io lì non avevo amici, o meglio ne avevo uno che avevo lentamente allontanato da me per proteggere una persona che neanche conoscevo.
Sentii un calore improvviso sulla spalla, battei le palpebre e alzai lo sguardo.
< Liam… > quegli occhi verdi che di solito mi guardavano freddi e distaccati ora mi penetravano con un pesante accento di rimprovero < Lilyth… > si sedette davanti a me < come ti è venuto in mente di andartene in giro nel bosco a quest’ora?!? > strinsi le labbra < non sono affari tuoi…dovresti allontanarti da me… > < ma non posso…non ti posso lasciare nei guai… > si alzò e mi porse la mano < andiamo > la presi per rialzarmi e notai che era calda, anche piacevole al contatto.
Continuai a seguirlo fra gli alberi e in poco meno di mezz’ora mi ritrovai al limitare del bosco, davanti a me la strada, quella che finalmente mi avrebbe riportato a casa.
Lo guardai < grazie, ora puoi anche andartene… > scosse la testa < mi conviene accompagnarti per essere sicuro che tu non ti perda di nuovo. > alzai gli occhi al cielo e lo precedetti a grandi passi.
Il sole era calato, il mio orologio segnava le 19:40, mamma sarebbe stata furiosa.
Liam continuava a seguirmi impassibile, sembrava che le mie rispostacce non lo scalfissero più di tanto e questo mi portava un enorme fastidio.
Arrivammo davanti casa mia, varcai il cancello con Liam alle calcagna, suonai alla porta.
Mamma venne ad aprirmi infuriata < Lilyth, ti pare l’ora di rientrare…almeno portarti un cellulare appresso…sono tre ore che cerco di chiamarti… > Liam si fece avanti sorridendo < non è colpa sua signora, mi chiamo Liam, sono un suo compagno di scuola, ci siamo incontrati e l’ho trattenuta io…mi dispiace di averle fatto fare tardi…mi può perdonare?!? > il viso d’angelo di Liam colpì mia madre che con  una smorfia acconsentì. < va bene, va bene…allora grazie di averla riaccompagnata a casa…io ora devo scappare in ospedale…la cena è in tavola…Liam, se vuoi puoi rimanere a mangiare con Lilyth…ho fatto molta pasta… > lui mi guardò e lesse chiaramente nel mio sguardo che non doveva accettare < mi spiace signora, ma non sembra che a sua figlia faccia piacere… > mamma tornò sulla porta con la borsa in mano < lasciala perdere, fa così perché ci sono io…buona cena ragazzi, Liam è stato un piacere conoscerti…a presto. > lui sorrise < arrivederci signora. E grazie della cena… > entrai in casa con lui dietro < giusto lei devi ringraziare perché sappi che se fosse per me tu non staresti qui… >
Si sedette sulla poltrona < piantala e se vuoi proprio saperlo ho già cenato… >
Lo guardai sbigottita < cosa?!? > sospirò < ci sono tante cose che devo raccontarti, e devo dire che non è facile con una come te…lo devo fare perché c’è un piccolo problema che dobbiamo risolvere noi due… > < io con te non ho problemi… > si spostò una ciocca di capelli che aveva davanti agli occhi < potresti calmarti e ascoltare tutta la storia, o vuoi giungere alle tue conclusioni senza lasciarmi parlare?!? > alzai le mani < va bene, va bene…parla, avanti, ti ascolto… > mi sedetti sul divano a modica distanza da lui e mi preparai ad ascoltarlo.
< avevo già provato a spiegartelo lo scorso pomeriggio nel bosco, ma tu te ne sei andata senza lasciarmi il tempo di continuare. > annuii per cercare di velocizzare le cose < io non sono, umano Lilyth… > scoppiai a ridere < infatti…uno così distaccato, freddo e insensibile non può essere umano. > alzò la voce in un impeto di rabbia < adesso smettila! > mi zittii, lui si calmò e ricominciò a parlare normalmente < non sono umano, e non dovrei neanche dirtelo…ma sono costretto. Devi cercare di arrivare a quello che dico io…ci provi?!? > annuii < bene, io sono come coloro che hanno distrutto questo paese… > non capivo dove volesse arrivare, poi mi arrivò una flesciata dell’articolo letto su google.
Mi alzai in piedi e lo puntai con un dito < tu…tu sei un…un… > non riuscivo a parlare < sono un demone Lilyth. > lo guardai, poi scoppiai in una fragorosa risata, mi stava prendendo in giro ed io ci ero quasi cascata.
Lui non sembrava gradire quelle risa, mi ordinai di fermarmi. < non mi credi, vero… > scossi la testa, e lui aggiunse < ovviamente…ma te lo posso dimostrare… > era seduto davanti a me e mi guardava, ma un attimo dopo non c’era più.
Sentii una mano sulla spalla, mi voltai, era accanto a me sul divano, e dopo due secondi di nuovo sulla poltrona.
Iniziavo a sentirmi  male, non poteva essere vero < ora basta…lo scherzo è bello quando dura poco Liam…non è divertente. > rimase a guardarmi per due secondi, poi qualcosa in lui cambiò.
Il suo volto si indurì, la sua mascella si irrigidì; rimasi paralizzata dal terrore < Liam, Liam...che c’è?!? > digrignò i denti e sibilò < un...un angelo... > non capivo quello che mi stava dicendo, mi feci prendere dal panico e iniziai ad alzare la voce < Liam...non ti capisco, dimmi cosa c’è che non va... > sembrava pervaso da un immenso dolore, faceva una gran fatica anche a parlare < c-c’è un a-angelo...lo sento... > in quel momento il campanello suonò, guardai Liam per l’ultima volta, poi raggiunsi la porta e la aprii < ciao Caspian... > non feci in tempo ad aggiungere altro che lui mi spostò con un braccio ed entrò in casa.
Lo seguii urlandogli dietro < Caspian...che cavolo stai facendo...Caspian... > si bloccò davanti alle scale, mi fermò con un gesto freddo e chiese con voce sprezzante < dov’è...dov’è lui... > < ma lui chi...Caspian...ehi... > ma si era già diretto in salone, lo seguii, ma quello che vidi cambiò per sempre la mia vita.
Caspian e Liam si fronteggiavano guardandosi con odio allo stato puro.
Caspian lo guardo pieno di sdegno < cosa ci fai tu qui...non è il tuo territorio... > Liam, in piedi, i pugni stretti e lo sguardo trasfigurato rispose velenoso < il mio territorio è dove lo decido io... > Caspian era immobile, le parole di Liam sembravano essergli scivolate addosso < tu qui non ci puoi stare, lasciala stare, o giuro che non tornerai più dal tuo branco di animali... > Liam fece un passo in avanti in direzione di Caspian < se mai lasciala stare tu...io non le faccio nulla...sai anche tu che non potrei neanche se volessi... > Caspian si impietrì, si voltò verso di me e mi supplico con sguardo turbato < perdonami... > poi con una rapidità inaudita si voltò verso Liam e gli si gettò contro.
Liam si abbassò come un felino e diede un calcio in pieno petto a Caspian che cadde a terra.
Gli fu subito sopra, con una cattiveria impossibile da credere gli mise una mano sul collo e sfoderò un sorriso maligno < addio Caspian... >.
La reazione dentro di me fu incredibile, vedevo tutto a rallentatore, come in un film.
Mi avvicinavo a Liam urlando, riuscii a toccargli una spalla, ma lui non si fermava.
Le vene del suo braccio erano tese in una stretta mortale che stava strangolando Caspian; lo vidi ansimare a terra sotto quella morsa d’acciaio.
Urlai con tutto il fiato che avevo in corpo, cercai di spintonare Liam, di spostarlo, di impedirgli di uccidere Caspian.
Fu a quel punto che lui si voltò, vidi il suo braccio roteare nell’aria e colpirmi in pieno viso.
Fu un colpo duro, volai all’indietro; non sapevo dove sarei finita e se mi sarei mai risvegliata, avrei colpito la parete, mi sarei rotta la spina dorsale e anche qualche costola...forse sarei morta.
Mi sentii immobilizzare, qualcuno aveva attutito la mia caduta, una voce rimbombò nella mia testa < Liam, ora basta...non è oggi l’ora della resa dei conti... > la scena davanti a me era sfocata, ma riuscii a distinguere Liam che si fermò, si alzò e sibilò a Caspian ancora a terra < ...non finisce qui... > si voltò dalla mia parte e ammiccò alla persona a cui ero poggiata, poi sparì.
Sentii il corpo dietro di me mancare d’improvviso.
Caddi a terra esanime, sentii dei passi veloci verso di me < Lilyth, Lilyth svegliati...o mio dio... > Caspian era vicino a me, sentivo il suo calore sul mio viso.
Vedevo male ma riuscii a distinguere del sangue sulle sue mani < Ca-Caspian...che c-cos’ ho?!? > mi tremava la voce.
Mi guardò distrutto e rispose con altrettanta preoccupazione < non ti preoccupare, ora ti porto in ospedale...ce la farai...ce la farai. > mi sentii sollevare da terra, vedevo il viso sfocato di Caspian a pochi centimetri dal mio, voltai la testa di lato e persi conoscenza.
Quando riaprii gli occhi lo scenario davanti a me era cambiato.
Alle pareti gialle del salone si erano contrapposte delle pareti bianche come il latte, cercai di muovere le mani.
Sentivo la pelle a contatto con un lenzuolo, cercai di muovere la testa, la voltai da una parte e vidi lui.
Sembrava moribondo, le braccia incrociate sul petto, la bocca secca, il collo segnato da graffi rossastri, i capelli biondi scompigliati, gli occhi marroni colmi di dolore.
Aveva lo sguardo perso nel vuoto, fisso su un punto fermo alle mie spalle.
Volevo chiamarlo, attirare la sua attenzione.
Mossi appena le labbra e riuscii a pronunciare il suo nome < C-Caspian... > il suo sguardo si posò su di me, mosse appena le labbra, ma non ne uscì nessun suono, strizzò gli occhi e alla fine pronunciò due sole parole prima di andarsene < mi dispiace >.
Lo vidi sparire dietro la porta bianca dall’altra parte della stanza, perché se n’era andato...perchè gli dispiaceva?!?
I ricordi nella mia mente si accavallavano, non riuscivo a tornare con la mente alla sera prima...cosa era successo, perché ero in quel posto...cosa aveva fatto Caspian?!?
Mamma entrò nella camera < tesoro, finalmente ti sei svegliata... > si avvicinò al mio letto e mi carezzò la fronte, sentii un bruciore improvviso e un dolore lancinante < la prossima volta che scendi le scale fai più attenzione, soprattutto quando sei da sola...meno male che Caspian era passato a salutarti... > tutto quello che diceva era accompagnato da un’infinità di punti interrogativi che vagavano nella mia testa.
Mamma mi guardava < pensi di poter tornare a casa?!? > mi tirai su spingendomi con le mani, battei le palpebre, poi annuii.
Lei sorrise e mi prese la mano < bene...aspettami che ti aiuto a prepararti. >
Dopo mezz’ora ero in macchina e stavo tornando a casa.
Lo sguardo mi cadde sullo specchietto del parasole della jeep, sull’occhio destro primeggiava un taglio profondo e molto grande.
Secondo il racconto di mamma, aveva dovuto mettergli trenta punti per impedire alla ferita di riaprirsi, e tutto perché non avevo fatto attenzione a come scendevo le scale...le scale, quella spiegazione non mi risultava esatta.
Nella mia mente ricordavo l’impatto, forte, doloroso...ma non con il pavimento...purtroppo non riuscivo a ricordarmi altro.
La macchina si fermò davanti casa, mamma scese e mi aiutò a raggiungere la porta, la aprii e mi accompagnò in camera mia.
Dopo essersi assicurata che mi fossi sdraiata sul letto uscì dalla stanza.
Socchiusi gli occhi per qualche minuto, poi però sentii un rumore.
Li riaprii, davanti a me c’era di nuovo Caspian, mi guardò sconfortato, poi si sedette sul letto accanto a me.
< ciao Lilyth... > < ciao. > strinse le labbra < immagino che tu voglia sapere come ti sei procurata questo... >  e indicò il mio taglio.
 
Annuii stancamente < bene, te lo sei procurato perchè io non sono stato in grado di proteggerti...è tutta colpa mia...solo mia...scusa...dovevo sapere che sarebbe andata a finire così, dovevo sapere che avrebbe cercato di avvicinarti...avrei dovuto sapere tutto. > lo guardai seria < Caspian...tu chi sei veramente?!? 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 5 ***


Non disse nulla, si imitò a guardarmi ed ad annuire < sapevo che prima o poi me lo avresti chiesto... > fece una pausa e poi continuò < io, Lilyth, sono colui che deve proteggerti...sono, come dire, il tuo “angelo” custode. > non riuscivo a capire cosa volesse insinuare, ma lui continuò ugualmente <   da secoli, noi angeli vegliamo sull’umanità per difenderla dai demoni, a me è stato dato questo paese, e mi sei stata assegnata tu.
Io difendo questo posto affinché non riaccada quella terribile strage di 500 anni fa...tutta la mia famiglia protegge questa gente, ma io, proteggo soprattutto te. > ormai mi ero abituata a quei discorsi, ma non capivo < Caspian, perché devi proteggere me?!? > mi guardò teso < perchè tu sei quello che vogliono i demoni...io so cose che tu non potresti neanche immaginare... > sospirai < se non le posso immaginare, dimmele...sono stufa di tutti questi segreti. Voglio sapere, tutto. >
Iniziò a scrocchiarsi le dita delle mani < tu ora stai così perchè i demoni sono interessati a te, hanno cercato di avvicinarti ed io dovevo saperlo. Sono venuto a proteggerti, ma ho avuto la peggio.
Quel demone... > pronunciò il suo nome con odio < Liam, ti ha colpita mentre tu cercavi di salvare la vita di cui non sono degno...ti ha colpita per causa mia...potevi morire, ma è arrivato Amos e si è portato via Liam, così io ti ho potuta portare all’ospedale.
Ho raccontato la storia della caduta dalle scale per non insospettire tua madre... > lo fermai < ma perchè i demoni mi cercano?!? Cosa devo fare io?!? > scosse la testa < non sei pronta per sapere queste cose, tu non devi fare niente, a parte stare alla larga dai demoni...promettimelo Lilyth, o tutti i miei sforzi saranno vani... > cercai di riabbattere, poi annuii < te lo prometto... > lui sorrise < bene, ora riposati...ci vediamo domani... > arrivò alla porta, la aprì ed uscì.
Chiusi gli occhi e cercai di dimenticare tutte le informazioni che ora si aggiravano nella mia mente senza una meta. Riuscii ad appisolarmi e nel sogno ricordai.
Ero di nuovo in piedi nel salone, davanti a me Liam stava per strangolare Caspian.
Mi avvicinavo per salvarlo e così riprovai per la seconda volta il dolore del pugno di Liam.
Nei suoi occhi non vedevo più quel verde splendente, vedevo un giallo pieno di odio e di rabbia. Vedevo lo sguardo di un assassino, di un demone.
Spalancai gli occhi, ero ancora sul mio letto, era stato solo un sogno, un sogno che mi avrebbe tormentata per molto tempo.
Quella giornata sembrò non finire mai, nei moneti in cui mi fermavo a pensare mi tornava in mente il volto di Liam.
Ma perché ce l’avevano con me?!? Era possibile che io potessi essere un’arma desiderata per compiere di nuovo la distruzione di Merula?!? Di una cosa ero certa, avevo paura.
Paura di tornare a scuola l’indomani e trovarmelo davanti, avevo paura di quello che sarebbe potuto succedere se lui e Caspian si fossero riscontrati...ci sarebbe stato qualcuno a fermarli in futuro?!? Non potevo saperlo con certezza e forse era proprio quello che mi incuteva terrore, non sapere il mio futuro, se mai lo avessi avuto.
Alle 17:00 in punto, dopo una valutazione mentale durata più di cinque ore, decisi di chiamare Caspian e raccontargli le mie paure.
Presi il telefono e composi il numero del suo cellulare, squillò tre volte, poi rispose < pronto...Lilyth, è successo qualcosa?!? > < no, non ti preoccupare Caspian...ma ho bisogno di parlarti assolutamente...puoi venire qui o è meglio che venga io da te?!? > lo sentii boccheggiare < non se ne parla proprio, tu non vai da nessuna parte, ti passo a prendere e poi ti porto da me, non muoverti per nessun motivo e avverti tua madre che ceni da me. Sto arrivando. >
Attaccai e mi sedetti sul letto per aspettarlo, più non avevo nulla da fare più ero nervosa.
Dopo un paio di minuti sentii bussare alla finestra, mi avvicinai e spostai le tende, era Caspian.
Aprii la finestra e lo lasciai entrare < pronta?!? > annuii < bene, non staremo in moto...ma copriti, andremo molto veloci e ti avverto che non siamo diretti a casa mia... > rimasi colpita da quella affermazione < scusa, ma se non ci andiamo in moto, come ci arriviamo?!? > mi guardò tranquillo < hai mai volato?!? > feci mente locale < beh, sì...quando siamo andati in America...ma perché, hai un aereo?!? > scoppiò a ridere < non i quel senso, Lilyth...intendo, hai mai volato senza aereo e senza ali?!? > spalancai la bocca < tu...mi vorresti dire che tu puoi volare?!? > sorrise, e lo presi come un sì. Tornò alla finestra e montò sul cornicione < su, montami sulla schiena... > mi avvicinai poco convinta < Caspian, non sono molto leggera, ti avverto... > scosse la testa e mi fece segno di montare.
Mi arrampicai anche io sul cornicione e gli montai sulla schiena. < reggiti forte e se soffri l’altezza ti pregherei di non guardare giù... > mi aggrappai alle sue spalle e strinsi le ginocchia sui suoi fianchi < pronta...via... > si lanciò dalla finestra.
Mi uscì un urlo rauco dalla gola, poi mi accorsi che ci stavamo librando nell’aria.
Era fantastico.
< dovrò alzarmi di quota, se no rischiamo di farci vedere...potrebbe mancarti l’aria fra un pò...stai calma e respira lentamente, ok?!? > annuii < bene > cominciò ad alzarsi, vedevo la casa rimpicciolire e la strada perdere a poco a poco i sui contorni definiti.
Sentii che l’ossigeno stava diminuendo, feci come mi aveva detto di fare Caspian, mi calmai e iniziai a respirare lentamente.
Quando lui decise che eravamo abbastanza in alto si fermò, poi con una velocità impressionante iniziò a dirigersi verso est.
Vedevo il bosco sotto di me sfrecciare a velocità inaudita, l’altezza non mi dava fastidio, la velocità neanche.
Mi sentivo libera, libera di fare tutto...anche di volare.
Dopo un viaggio a mio parere troppo corto Caspian si fermò e iniziò a scendere verso terra.
Atterrammo, allungai le gambe e scesi dalla sua schiena.
Sembrava che non si fosse stancato per niente, eppure non ero così leggera.
Mi accorsi dopo un pò che eravamo usciti dal paese, eravamo in una radura priva di vegetazione e, soprattutto eravamo soli < Caspian...ma qui non c’è nessuno... > si voltò verso di me sorridendo e puntò un dito verso il cielo, alzai lo sguardo e notai una decina di figure che piano, piano diventavano più grandi, fino a toccare terra.
Appena arrivarono tutti li contai, erano precisamente 12 più me e Caspian.
Caspian si schiarì la voce e poi iniziò a parlare < ragazzi, vi ho chiamato in questa riunione perché, purtroppo, il tempo nero per Merula è tornato. Quest’anno sono esattamente 500 anni dall’ultima strage demoniaca, la profezia si sta per riavverare. > tutti sembravano tranquilli, un ragazzo castano lo interrupe < scusa Caspian, ma non dobbiamo temere nulla finché non arriva la ragazza...senza di lei la profezia non si può avverare... > Erin rispose alla sua domanda < siamo qui proprio per questo...la ragazza è arrivata... > sentii tutti gli sguardi puntati su di me, mi voltai verso Caspian < c’è forse qualcosa che non mi hai detto?!? > lui annuì < si, tu sei una lontana parente di Luce Solferino, la ragazza che si è sacrificata per impedire la morte di questo paese..sei la prescelta. > non riuscivo a collegare tutti quegli avvenimenti < scusa Caspian, non ti seguo... > Erin mi mise una mano sulla spalla < tesoro, tu sei la prescelta, nel senso che prima della tua nascita sei stata scelta per salvare questo paese dalla morte...tu sconfiggerai i demoni... > finalmente era tutto chiaro, i demoni volevano cercarmi per eliminarmi prima che io interrompessi la loro sete di distruzione, io non ero l’arma, io ero il nemico.
Caspian notò che ero leggermente scossa e continuò < noi ti dobbiamo proteggere fino a quel giorno, ossia il 1° agosto, durante questi mesi tu sarai segretamente controllata per evitare che i demoni possano avvicinarti ancora... > nella mia mente ora vagava una sola domanda < Caspian, io dovrò morire il 1° agosto?!? Intendo, mi dovrò sacrificare per Merula?!? > < no, certo che no...tu devi darci una mano a sconfiggere i demoni di Merula per sempre...non ti stiamo condannando a morte Lilyth, ma voglio che tu sappia che è molto pericoloso, sia per te che per noi. > annuii un pò più sollevata < ora ti presentiamo le persone a cui puoi fare affidamento e che ti proteggeranno prima del fatidico giorno... > tutti gli angeli si misero in fila davanti a me, il primo era il giovane castano che aveva parlato prima < lui è Leon... > gli seguiva una ragazza con i capelli color oro fuso e gli occhi azzurri < lei è Elisabeth... > le presentazioni continuarono, conobbi Loreto, il più grande fra tutti; Sonia, sua moglie; William, un ragazzo biondo ramato; Reina, una donna maestosa con i capelli rossi; Randal, un ragazzo di appena sedici anni con i capelli color fuoco; Victoria, una ragazza alta e dall’aria altezzosa; Gregorio, un angelo biondo e sua moglie Renda, minuta e con un gran senso dell’umorismo; ed infine conobbi i genitori di Caspian, Erin ed Arno.
Alla fine delle presentazioni Arno mi spiegò che sarei stata sotto un controllo perenne, che non sarei mai tornata a casa da sola e che avrei avuto sempre un angelo a mia disposizione.
Mi sentivo terribilmente colpevole, tutto girava intorno a me, ero pedinata e protetta come un gioiello prezioso, ciò che non ero.
Alla fine della riunione Caspian mi scortò fino a casa sua, quella sera sarei rimasta a cena da lui.
Appena fummo da soli nella sua stanza decisi di raccontargli ciò che mi turbava, ero seduta sul suo letto, lui era davanti a me, poggiato alla scrivania < Caspian...ti devo dire una cosa.. .> mi guardò e annuì < ...ho paura di farvi rischiare troppo...non so se sono in grado di sconfiggere i demoni...ho paura di mettervi in pericolo, non voglio essere la causa delle morti di altri... >mi si avvicinò e mi cinse le spalle con un braccio < Lilyth...non sei tu che devi preoccuparti...noi ti dobbiamo proteggere perchè sei il nostro gioiello, sei l’unica che può aiutarci a vincere questa guerra che dura ormai da troppo tempo...non devi avere paura di causare le nostre morti, tutti quelli che sono qui sanno a cosa vanno incontro, e lo sa anche tua madre... > mi immobilizzai < cosa centra mia madre?!? > sorrise calmo < tua madre era come noi, poi ha deciso di perdere i suoi poteri per amore, per sposare tuo padre...lei però ancora non sa niente di questa guerra...non sa che sono passati cinquecento anni...non sa che sei tu la prescelta e non sarà affatto contenta. > lo guardai curiosa e allo stesso tempo impaurita < ma perchè sono la prescelta...cosa, cosa lo dice?!? > si alzò e raggiunse la libreria sulla parete, prese un libro molto grande e vecchio.
Si sedette vicino a me e lo aprì.
Le pagine ingiallite riportavano dei testi scritti a mano in una strana lingua, iniziò a leggere < ...la ragazza figlia di un angelo e di un umano dovrà salvare Merula insieme al suo angelo custode che le sarà assegnato prima ancora della sua nascita... > si fermò e mi guardò < tua madre non sa nulla perchè chi esce dal gruppo, chi perde i poteri non ha il diritto di sapere...tua madre non sa che io, mia madre e mio padre siamo angeli, che siamo stati mandati qui per te... > lo guardai < ma perchè proprio tu...perchè?!? > chiuse il libro < ...è una cosa sanguigna...mio nonno proteggeva Luce Solferino, era il suo angelo custode; ma quando lei si dovette sacrificare morendo per il paese morì anche lui.
L’angelo custode è legato con un filo invisibile al suo umano, se tu muori, muoio anche io Lilyth...mio nonno ha fallito, io non farò lo stesso...io ti salverò e insieme noi sconfiggeremmo il male...insieme. > gli occhi cominciarono a bruciarmi, ebbi l’impressione che gli occhi mi si riempissero di lacrime.
Lui mi abbracciò < tranquilla, andrà tutto bene...insieme ce la faremo...non siamo soli...ci sono tante persone con noi...vinceremo...vinceremo... >
Per la prima volta da quando lo conoscevo lo sentivo veramente vicino, ora sapevo che lui mi aveva sempre voluta proteggere.
Mi allontanai lentamente da lui. La cena era pronta, ma io non avevo fame, pregai Caspian di riportarmi a casa, l’indomani sarei dovuta tornare a scuola e avrei dovuto affrontare la presenza di Liam e di Amos.
Quella sera mi addormentai pensando a lui, avevo trovato il mio amico, il mio angelo che non mi avrebbe mai abbandonata.
La sveglia suonò, spalancai gli occhi nervosa.
Scesi frenetica dal letto e corsi giù in cucina, naturalmente mamma era già al lavoro e mi aveva lasciato la colazione pronta e la giustificazione per il prof firmata.
Alle 7:30 ero davanti casa a d aspettare Caspian, non vedevo la sua moto e ciò mi faceva pensare al peggio, avrà incontrato Liam?!? Starà bene?!?
 
 
Mi sentii sfiorare una spalla < Lilyth…voltati… > mi trovai davanti Leon, aveva un biglietto in mano < Caspian ha avuto qualche problema questa mattina, è stato chiamato dal consiglio supremo per parlare dell’aggressione dell’altro ieri, ti porterò io a scuola.
Questo è per te. > mi diede il biglietto, era di Caspian, iniziai a leggere < cara Lilyth, mi dispiace. Questa mattina mi hanno trattenuto ,tu non ti preoccupare…gli altri staranno con te. A dopo. Caspian > annuii rassegnata e mi preparai al volo di prima mattina.
Leon era molto più veloce di Caspian, arrivammo a scuola con dieci minuti di anticipo e lui aspettò che entrassi.
Non riuscii a parlarci, ci limitavamo a fissarci e ad immaginare i pensieri dell’altro.
Finalmente la campanella suonò < Leon, io vado. > lui annuì < stai attenta. All’uscita ci sarà Erin a prenderti. > mi allontanai mentre venivo travolta dalla folla che si avvicinava alla scalinata.
Quando mi voltai Leon era sparito.
Sospirai per infondermi coraggio ed entrai nell’edificio scolastico.
Entrata in classe mi trovai diciotto occhi puntati addosso, diedi la giustificazione al professore che mi chiese < cosa hai fatto in fronte?!? > senza ripensamenti risposi < sono caduta dalle scale di casa… > mi andai a sedere al mio posto e aspettai che le quattro ore di quel giorno volassero.
Dopo due interminabili ore di latino teorico la campanella suonò  e tutta la classe si riversò in corridoio.
Il prof uscì dall’aula e richiuse la porta alle sue spalle, io rimasi poggiata al banco con un mal di testa da spaccare le pietre.
Sentivo tutto ovattato e non mi accorsi che la porta si stava aprendo e che nella classe non ero più sola.
Ero così presa dal dolore che non sentii neanche i passi sul marmo, tornai in me solo quando mi sentii sfiorare la mano che tenevo sul taglio.
Alzai lo sguardo e mi trovai davanti al mio incubo.
Liam era davanti a me.
Perché oggi che non c’era Caspian…perché dovevo far morire anche lui, perché?!?
Non avevo neanche la forza di parlare, ero pietrificata dal terrore, fu lui però a iniziare il discorso < mi dispiace…non volevo colpirti… > scansai bruscamente la sua mano < non mi toccare…tu devi starmi lontano… > Liam annuì grave < Caspian ti ha raccontato tutto, immagino… > annuii < sì…e ora che lo so, non ti permetterò di uccidere tutti…se io sono la prescelta, combatterò anche fino alla morte, ma non ti farò fare una strage di innocenti solo per farti divertire… > sapevo che a parlargli così rischiavo la mia vita e anche quella di Caspian, ma ero in collera, non riuscivo a mettere freno alla lingua.
Lui rimaneva calmo a guardarmi < Caspian ti avrà anche raccontato la leggenda e come, secondo lui e quel branco di piccioni,
dovrebbero andare le cose…ma ciò che sono veramente non te lo ha potuto dire… > digrignai i denti < non cercare di raggirarmi…tu sei un mostro…tu vuoi uccidermi…tu vuoi uccidere Caspian…ma sappi che non te lo permetterò…mai! > la campanella suonò e segnò la fine della discussione.
La classe si andò riempiendo, Liam mi guardò ancora, poi girò sui tacchi e se ne andò.
Finalmente potei rilassarmi, scoppiai in un pianto liberatorio.
La prof di tecnologia era entrata e stava sistemando la sua roba sulla cattedra, quando mi vide piangere mi si avvicinò < Lilyth…va tutto bene?!? > alzai la testa dal banco < veramente no, professoressa…non mi sento molto bene… > ed era vero, mi girava la testa…mi sentivo come se avessi preso a capocciate il muro. < vai in bagno, se poi ancora non ti senti bene vai in infermeria. Puoi rimanere anche l’ora successiva, il professor Martini manca. > annuii e mi alzai, mi diressi verso la porta ed uscii.
Attraversai il corridoio, i miei passi rimbombavano in un silenzio tombale.
Raggiunsi il bagno e mi sciacquai il viso, l’acqua era gelida, o forse ero io che ero estremamente calda.
Sentii dei passi provenire dal corridoio, dalla porta del bagno sbucò William, come era riuscito ad entrare non lo sapevo, ma ora era li davanti a me.
< Lilyth…tutto bene?!? > annuii < sì, perché?!? È successo qualcosa?!? > mi guardò come per verificare che fossi io o qualcun altro < scusa, ma se poco fa stavi litigando con Liam…mi hai fatto prendere un infarto. Purtroppo non potevo entrare…tutto ok, ti ha detto qualcosa, ti ha minacciata?!? > scossi la testa < no, è solo che mi sento male…continuo ad avere fitte alla testa, come se qualcuno cercasse di entrarvi… > mi mise una mano sulla spalla < sarai solo stanca…ora scusami ma devo andare…non dovrei essere qui e non voglio che mi becchi qualcuno dei miei vecchi prof…ci vediamo dopo, ciao. > così dicendo sparì dietro la porta.
Quando mi affacciai in corridoio era sparito.
Uscii dal bagno completamente fradicia, avevo ancora un dolore sordo all’altezza della tempia, decisi di andare in infermeria a prendere un anti-dolorifico.
Scesi le scale molto lentamente, alla seconda rampa il dolore si infittì, mi dovetti fermare e per rimanere in piedi dovetti reggermi al corrimano.
Continuai a scendere le scale con una lentezza estrema mentre combattevo con il dolore.
Riuscii a raggiungere l’infermeria, bussai dolorante < avanti…prego… > aprii la porta, la dottoressa stava controllando una cartellina, alzò lo sguardo verso di me < buon giorno cara, cosa fare per te?!? > mi poggiai alla parete con tutte due le mani < mi sta scoppiando la testa… > lei si alzò dalla scrivania  e mi raggiunse, mi sfiorò il taglio < potrebbe essere un infezione portata da questo taglio…vieni, ti do un anti-dolorifico. > la seguii traballante lungo lo studio, mi sedetti su una sedia aspettando che la medicina arrivasse, me la porse in un bicchierino ed io la bevvi tutta d’un sorso.
< se non ti passa vienimi a cercare… > si sedette alla scrivani, prese un foglio, ci scrisse sopra delle cose e poi me lo porse < ecco…con questo puoi rimanere fuori dalla classe…è la mia autorizzazione…a presto… > mi alzai, presi il foglio, la ringraziai e poi uscii.
Risalii le scale lentamente, la medicina non aveva ancora fatto effetto. 
Arrivai nel lungo corridoio che univa la parte del liceo classico a quella del liceo scientifico.
Mi sedetti su una sedia buttata in mezzo al corridoio.
Vidi una porta aprirsi, un ragazzo era appena uscito dal 3° A, mi passò davanti e mi sorrise, si diresse verso il bagno con un pacchetto di sigarette in mano.
Lo guardai entrare, poi distolsi lo sguardo, il mal di testa stava lentamente perdendo intensità.
Tirai fuori il cellulare dalla tasca, erano solo le 11:15, mancavano ancora tre quarti d’ora alla fine della terza ora.
Non mi andava di rientrare in classe,sarei rimasta fuori.
Il ragazzo che era passato prima uscì dal bagno, mi passò davanti e si fermò.
Mi porse la mano < piacere, Michael > gli diedi la mano < Lilyth…perché sei fuori?!? > si poggiò al muro < mi hanno buttato fuori perché secondo loro la mia idea di libertà era troppo balzana…poveri scemi… >  sorrisi < e tu invece, ti hanno buttato fuori anche a te?!? > scossi la testa < no, avevo mal di testa e mi hanno fatta uscire…d’altronde sono solo in 4° ginnasio, me lo posso ancora permettere… > scoppiò a ridere < che paracula che sei… > risi anche io.
Aveva una sigaretta in mano, diede una tirata, poi mi guardò < vuoi?!? > scossi la testa < no, grazie…non fumo… > annuì.
Rimanemmo un po’ in silenzio, osservavo il fumo della sua sigaretta librarsi nell’aria, quando la sua voce mi risvegliò < in che 4°sei?!? > lo guardai < 4° B… > tolse la sigaretta dalla bocca < conosco dei prof in quella classe…sono bravi… > annuii. < senti, hai da fare questo pomeriggio?!? > senti una porta aprirsi e richiudersi con forza, guardai oltre Michael, era Liam.
Si avvicinò a passo veloce, cercai di non farci caso < oggi pomeriggio…no, non ho nulla da fare… >
Lui sorrise < bene, allora potresti passare a vedere le prove della mia band… > Liam ci aveva raggiunti, era nero in volto < no, non può…oggi no… > Michael lo squadrò < scusa, non mi pare di averlo chiesto a te… > poi si rivolse a me < lo conosci?!? > alzai le spalle < io veramente… < certo che mi consoce, sono il suo ragazzo…ora potresti gentilmente andartene…grazie… > Michael si infilò la sigaretta in bocca < ci vediamo Lilyth… > poi se ne andò.
Mi voltai verso Liam in piedi, i pugni stretti < cosa vuoi ancora…te ne vuoi andare… > si voltò dalla mia parte < Caspian non approverebbe… > mi venne da ridere < tu cosa ne sai di quello che approverebbe o no Caspian… > era arrabbiato.
Tirò su una mano e si poggiò con forza alla parete, era piegato verso di me.
Chiusi gli occhi, pensai al peggio…mi guardò con gli occhi a pochi centimetri dai miei < tu non puoi sapere cosa so o cosa… < scusa, potresti spostarti… > William era appena entrato dalla finestra, aveva una mano sulla spalla di Liam, lui si tirò su e lo squadrò < c’è un tuo amico piccione Lilyth…penso che dovrò andarmene… > William lo guardò spavaldo < sarebbe ora…ciao Liam… > lui annuì e si diresse verso la porta della sua classe, la aprì guardandomi e la richiuse con forza alle sue spalle.
William mi guardò < c’è qualcosa di strano in lui Lilyth… > sfoderai un mezzo sorriso < a parte il fatto che vuole farmi fuori?!? > lui scosse la testa non convinto < no…tu l’hai incontrato più di una volta da sola…se avesse voluto farti fuori, l’avrebbe probabilmente già fatto, non credi?!? > ci pensai, era vero.
Quella volta nel bosco, quando mi ero persa…o la sera del litigio con Caspian, avrebbe potuto farmi fuori prima del suo arrivo…o anche prima in classe…era vero…perché non mi aveva ancora uccisa?!? < cosa pensi che possa essere?!?intendo, perché non mi ha ancora uccisa, o perché non ha ancora tentato di farlo?!? > scosse la testa < non ne ho idea…se mai parlane con Caspian…ora io devo andare, la campanella sta per suonare… > corse verso la finestra e si lanciò giù.
Dopo due secondi la campanella suonò.
I professori iniziarono ad uscire dalle classi.
Io optai per il rientro in classe, ormai il mal di testa mi era passato.
Tornai indietro per il lungo corridoio, quando raggiunsi il 4° B la prof era già uscita e la classe era scoperta in mancanza del professor Martini.
Entrai, erano tutti in piedi.
Tornai al mio banco. Una ragazza bionda che non avevo quasi mai notato mi si avvicinò < stai bene ora?!? > annuii sorridendo < sì, la dottoressa fa miracoli… > rise < lo so…piacere Manuela… > le strinsi la mano < io sono Lilyth…è strano, non ti avevo mai notata prima… > si sedette accanto a me < tendo a stare molto per conto mio…non conosco molte persone…ma mio fratello frequenta il 3° A. > nella mia testa tornò una scena del mio incontro con Michael < scusa, come si chiama tuo fratello?!?  > < Michael…perché, lo consoci?!? > annuii < l’ho incontrato prima, l’avevano buttato fuori dalla classe…abbiamo chiacchierato un po’… > < sì, è molto socievole… >
In classe entrò la bidella < bene, ragazzi, calmatevi…vi devo dividere…dividetevi in gruppi di 2… > Manuela mi sussurrò all’orecchio < ti dispiace se sto con te?!? > le sorrisi <  no, certo che no… > la bidella stava portando fuori il primo gruppo di ragazzi, noi fummo il quarto gruppo ad uscire. Sorpassammo quattro classi, la bidella si fermò davanti al 2° B.
Rimasi paralizzata < no, il 2°B no… > la bidella fece finta di non avermi sentito e bussò alla porta, la classe stava facendo un esperimento di scienze con il professor Lupus che ci accolse a braccia aperte < bene, bene…due mie alunne…entrate e sedetevi dove volete, prego… >
In seconda fila c’era un banco completamente vuoto, ci sedemmo e cominciammo a guardarci intorno.
Ero davanti ad Amos che era al banco con un ragazzo magro e pallido che giocava con gli alambicchi.
Lo ignorai, al primo banco c’era Liam.
Amos lo chiamò e lui si voltò, mi guardò senza sorridere.
Stava al banco con una ragazza mora con il viso a cuore e l’aspetto delicato.
Era molto carina. Liam cominciò a parlarle per fare insieme l’esperimento. Parlavano animatamente.
Mi voltai verso Manuela che mi stava osservando attentamente < carino il ragazzo del primo banco… > feci finta di nulla < dici, non l’ho notato… > lei sorrise maliziosa < ti piace?!? Sembra che ti conosca, prima ti stava guardando… > Manuela, che non era convinta della mia risposta continuò < ma dai, ti piace o no?!? > scossi la testa energicamente < no, ti dico di no…ora basta…non mi fa ne caldo ne freddo… > sembrò convincersi e smise di fare domande.
Tornai a guardarlo, stava lavorando animatamente con la sua compagna di banco, poi si alzarono insieme e raggiunsero il professore con gli alambicchi in mano.
Il professore ne osservò il contenuto, poi esclamò < bravi! Siete i miei due migliori alunni…dovreste lavorare di più insieme voi due… > Liam aggiunse < non sarebbe una cattiva idea in tutti i sensi in effetti… > la ragazza scoppiò in una risata acuta.
I due tornarono al banco e si diedero un cinque, Liam dopo un po’ si voltò e mi guardò trafiggendomi.
Mi voltai dall’altra parte infastidita e decisa a non guardarlo per tutto il corso della lezione.
Perché ero capitata proprio in quella classe? Caspian sarebbe stato furioso quando l’avrebbe saputo!
Ricominciai a guardare avanti,stavo cercando di non pensare alla classe in cui ero capitata quando sentii una voce all’orecchio destro < non ti preoccupare, non ho intenzione di farti fuori ora… > feci un salto sulla sedia, mi voltai verso Manuela, stava leggendo il giornale; mi girai dietro, Amos era andato in bagno e tutti gli altri…bhe…tutti gli altri stavano facendo l’esperimento.
Cercai di calmarmi convincendomi di aver immaginato tutto.
Dopo due secondi di nuovo quella voce < …però sai, il fatto che tu mi capiti sempre tra i piedi mi fa venire un dubbio, non ti interesserò mica… > scossi la testa per allontanare quella voce che ora,per giunta,mi era anche familiare.
Lo sguardo mi cadde su Liam che mi stava guardando compiaciuto, sfoderò un sorrisetto maligno.
Lo squadrai prima di voltarmi e continuare a farmi i cavoli miei.
E di nuovo ecco arrivare la voce < veramente, se ti interesso possiamo riparlarne a fine lezione… > la mia reazione fu incontrollata, a voce alta dichiarai con voce ferma < NO! > subito mi resi conto della gaffe, ma nessuno ci aveva fatto caso, stavano tutti troppo attenti ai loro esperimenti, ma la vocina nella mia testa aveva capito più che bene < ehehehe…dai, stavo solo scherzando, stai tranquilla… > cercai di non urlare di nuovo, mente pensai <  ecco, ora oltre ad essere in pericolo di vita sto anche impazzendo! > come se avesse sentito la vocina rispose < …non stai impazzendo, fai funzionare quel bel cervellino che ti ritrovi…sono molto più vicino di ciò che tu pensi… > iniziai a girarmi intorno e a spazientirmi,quella mi chiarì < dai, ti aiuto, voltati a destra … > lo feci, Liam mi guardava compiaciuto.
A quel punto compresi, la voce era familiare perchè era la sua…poteva sentire tutti i miei pensieri e poteva parlarmi…ma come poteva fare una cosa del genere?!?
Questo Caspian non me lo  aveva detto…
La mia faccia doveva essere sgomenta, perché lui mi disse < non fare quella faccina, tranquilla…so essere molto discreto… >, non avevo il coraggio di far nulla; lui si limitò a ridere, poi smise di invadere la mia mente.
La campanella suonò imperterrita, scattai in piedi e mi diressi verso la porta, poi mi ricordai di Manuela, mi voltai verso di lei  e le urlai < Manu…devo andare…ci vediamo domani… > lei sorrise e mi salutò con la mano.
Senza pensarci due volte corsi per tutto il corridoio ancora deserto, mi scontrai con Amos che tornava dal bagno, non lo guardai neanche.
Raggiunsi la scalinata e scesi a tutta velocità, arrivai al portone d’ingresso e mi sentii spinta verso l’esterno.
La folla mi trasportò fuori. Stavo scendendo la scalinata principale quando sentii una stretta sul polso.
Mi voltai e rimasi pietrificata, Liam mi teneva stretta.
Sorrideva, ma nel suo sguardo qualcosa mi snervava < non potrai ignorarmi ancora a lungo piccola…mettitelo in testa perché è così. > mi strattonai, lui lasciò la presa < basta chiedere… > lo guardai tenendomi il polso, avevo sentito un “crac” sinistro e il polso aveva cominciato a farmi male.
Lui passò dal sorriso alla serietà più assoluta < ti ho fatto male?!? > non risposi, ma la mia faccia era una risposta più che sincera < …fai vedere… > fece un passo verso di me.
Io a quel punto urlai < lasciami stare…non ti avvicinare razza di animale… > sentii una ventata passarmi vicino, ora a fronteggiare Liam c’era Caspian.
Sembrava molto arrabbiato < lasciala stare, questa è l’ultima volta che ti avverto… > Liam fece un passo indietro mi guardò ancora serio, poi scomparve.
A quel punto crollai, il polso mi faceva veramente male.
 Caspian subito mi fu vicino < ehi, tesoro…tutto ok…fai vedere… > prese il polso fra le mani e lo tasto < ci dovrebbe essere qualche frattura…è proprio un animale…presto, andiamo a casa mia…vediamo se mio padre può farci qualcosa… > annuii e lo seguii dietro scuola.
Lì mi prese in braccio e si alzò in aria.
Il vento mi sfrecciava veloce sul viso, era tagliente come un coltello.
Sentivo le vene del braccio di Caspian pulsare, nel suo petto rimbombava un ringhio sordo di rabbia.
Arrivammo a casa sua, notai la macchina di mia madre parcheggiata nel giardino.
Ebbi un sussulto. Caspian lo sentì e mi sussurrò all’orecchio < sa tutto. Oggi il consiglio ha chiamato anche lei…non è arrabbiata, è solo spaventata…non ti preoccupare…ci sono io con te. >
Mamma era seduta sul divano con una tazza di caffè in mano, accanto a lei c’era Erin; Arno passeggiava nervoso per la stanza.
Appena ci vide si fermò < meno male che siete arrivati…tra poco vi sarei venuto a cercare…ma quanto ci avete messo?!? >  Caspian mi accompagnò fino al divano < abbiamo avuto un piccolo incidente… > mia madre lo interruppe < che tipo di incidente?!? > la calmai posandole su un braccio la mano sana < niente di preoccupante, mamma, tranquilla… > Liam mi guardò chiedendomi di raccontare tutto, annuii e lasciai a lui il testimone.
Alla fine del breve racconto mia madre mi prese il polso e lo esaminò < ci vorrà una fasciatura, te la porto dopo quando torno dall’ospedale. >
Si alzò per tornare al lavoro, ma io dovevo ancora chiarire la storia della lettura della mente < mamma…aspetta…vi devo raccontare una cosa e ho bisogno che ci siate tutti… > lei si fermò, Arno mi diede l’ok per parlare, iniziai < non so come sia successo, ma Liam è in grado di leggermi nel pensiero…e può parlarmi solo pensando le cose indirizzate a me…oggi ha cominciato e… > Caspian mi fermò < come è possibile?!? Nessun demone è in grado di fare ciò… > mia madre mi era vicina < io so perché…guardate il taglio… > tutti si avvicinarono alla mia fronte < toccatelo… > Caspian vi posò una mano sopra e la tolse sconcertato < è…è bollente… > mia madre annuì < questo perché è stato infettato da sangue demoniaco… > guardai Caspian e poi mia madre con sguardo terrificato.
Mi madre mi diede una pacca sulla spalla < non diventerai un demone, ma se lui può sentire i tuoi pensieri…beh, la cosa è grave… > Arno stava pensando < scusate, ma se lei ha detto che potevano comunicare con il pensiero, ciò vuol dire che anche lei può sentire quello che pensa lui, giusto?!? > mamma annuì < può essere un’arma a doppio taglio, ma tu, Lilyth…non potrai più partecipare alle riunioni…sarebbe troppo rischioso… > annuii rassegnata.
Erin mi posò una mano su una spalla < tesoro, ma sai se funziona anche a distanza?!? > stavo per rispondere che non lo sapevo, quando sentii un pensiero non mio nella mia mente < ti sento…chiaro e tondo… > guardai Erin angosciata < ho paura di sì. 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 5 ***


Non disse nulla, si imitò a guardarmi ed ad annuire < sapevo che prima o poi me lo avresti chiesto... > fece una pausa e poi continuò < io, Lilyth, sono colui che deve proteggerti...sono, come dire, il tuo “angelo” custode. > non riuscivo a capire cosa volesse insinuare, ma lui continuò ugualmente <   da secoli, noi angeli vegliamo sull’umanità per difenderla dai demoni, a me è stato dato questo paese, e mi sei stata assegnata tu.
Io difendo questo posto affinché non riaccada quella terribile strage di 500 anni fa...tutta la mia famiglia protegge questa gente, ma io, proteggo soprattutto te. > ormai mi ero abituata a quei discorsi, ma non capivo < Caspian, perché devi proteggere me?!? > mi guardò teso < perchè tu sei quello che vogliono i demoni...io so cose che tu non potresti neanche immaginare... > sospirai < se non le posso immaginare, dimmele...sono stufa di tutti questi segreti. Voglio sapere, tutto. >
Iniziò a scrocchiarsi le dita delle mani < tu ora stai così perchè i demoni sono interessati a te, hanno cercato di avvicinarti ed io dovevo saperlo. Sono venuto a proteggerti, ma ho avuto la peggio.
Quel demone... > pronunciò il suo nome con odio < Liam, ti ha colpita mentre tu cercavi di salvare la vita di cui non sono degno...ti ha colpita per causa mia...potevi morire, ma è arrivato Amos e si è portato via Liam, così io ti ho potuta portare all’ospedale.
Ho raccontato la storia della caduta dalle scale per non insospettire tua madre... > lo fermai < ma perchè i demoni mi cercano?!? Cosa devo fare io?!? > scosse la testa < non sei pronta per sapere queste cose, tu non devi fare niente, a parte stare alla larga dai demoni...promettimelo Lilyth, o tutti i miei sforzi saranno vani... > cercai di riabbattere, poi annuii < te lo prometto... > lui sorrise < bene, ora riposati...ci vediamo domani... > arrivò alla porta, la aprì ed uscì.
Chiusi gli occhi e cercai di dimenticare tutte le informazioni che ora si aggiravano nella mia mente senza una meta. Riuscii ad appisolarmi e nel sogno ricordai.
Ero di nuovo in piedi nel salone, davanti a me Liam stava per strangolare Caspian.
Mi avvicinavo per salvarlo e così riprovai per la seconda volta il dolore del pugno di Liam.
Nei suoi occhi non vedevo più quel verde splendente, vedevo un giallo pieno di odio e di rabbia. Vedevo lo sguardo di un assassino, di un demone.
Spalancai gli occhi, ero ancora sul mio letto, era stato solo un sogno, un sogno che mi avrebbe tormentata per molto tempo.
Quella giornata sembrò non finire mai, nei moneti in cui mi fermavo a pensare mi tornava in mente il volto di Liam.
Ma perché ce l’avevano con me?!? Era possibile che io potessi essere un’arma desiderata per compiere di nuovo la distruzione di Merula?!? Di una cosa ero certa, avevo paura.
Paura di tornare a scuola l’indomani e trovarmelo davanti, avevo paura di quello che sarebbe potuto succedere se lui e Caspian si fossero riscontrati...ci sarebbe stato qualcuno a fermarli in futuro?!? Non potevo saperlo con certezza e forse era proprio quello che mi incuteva terrore, non sapere il mio futuro, se mai lo avessi avuto.
Alle 17:00 in punto, dopo una valutazione mentale durata più di cinque ore, decisi di chiamare Caspian e raccontargli le mie paure.
Presi il telefono e composi il numero del suo cellulare, squillò tre volte, poi rispose < pronto...Lilyth, è successo qualcosa?!? > < no, non ti preoccupare Caspian...ma ho bisogno di parlarti assolutamente...puoi venire qui o è meglio che venga io da te?!? > lo sentii boccheggiare < non se ne parla proprio, tu non vai da nessuna parte, ti passo a prendere e poi ti porto da me, non muoverti per nessun motivo e avverti tua madre che ceni da me. Sto arrivando. >
Attaccai e mi sedetti sul letto per aspettarlo, più non avevo nulla da fare più ero nervosa.
Dopo un paio di minuti sentii bussare alla finestra, mi avvicinai e spostai le tende, era Caspian.
Aprii la finestra e lo lasciai entrare < pronta?!? > annuii < bene, non staremo in moto...ma copriti, andremo molto veloci e ti avverto che non siamo diretti a casa mia... > rimasi colpita da quella affermazione < scusa, ma se non ci andiamo in moto, come ci arriviamo?!? > mi guardò tranquillo < hai mai volato?!? > feci mente locale < beh, sì...quando siamo andati in America...ma perché, hai un aereo?!? > scoppiò a ridere < non i quel senso, Lilyth...intendo, hai mai volato senza aereo e senza ali?!? > spalancai la bocca < tu...mi vorresti dire che tu puoi volare?!? > sorrise, e lo presi come un sì. Tornò alla finestra e montò sul cornicione < su, montami sulla schiena... > mi avvicinai poco convinta < Caspian, non sono molto leggera, ti avverto... > scosse la testa e mi fece segno di montare.
Mi arrampicai anche io sul cornicione e gli montai sulla schiena. < reggiti forte e se soffri l’altezza ti pregherei di non guardare giù... > mi aggrappai alle sue spalle e strinsi le ginocchia sui suoi fianchi < pronta...via... > si lanciò dalla finestra.
Mi uscì un urlo rauco dalla gola, poi mi accorsi che ci stavamo librando nell’aria.
Era fantastico.
< dovrò alzarmi di quota, se no rischiamo di farci vedere...potrebbe mancarti l’aria fra un pò...stai calma e respira lentamente, ok?!? > annuii < bene > cominciò ad alzarsi, vedevo la casa rimpicciolire e la strada perdere a poco a poco i sui contorni definiti.
Sentii che l’ossigeno stava diminuendo, feci come mi aveva detto di fare Caspian, mi calmai e iniziai a respirare lentamente.
Quando lui decise che eravamo abbastanza in alto si fermò, poi con una velocità impressionante iniziò a dirigersi verso est.
Vedevo il bosco sotto di me sfrecciare a velocità inaudita, l’altezza non mi dava fastidio, la velocità neanche.
Mi sentivo libera, libera di fare tutto...anche di volare.
Dopo un viaggio a mio parere troppo corto Caspian si fermò e iniziò a scendere verso terra.
Atterrammo, allungai le gambe e scesi dalla sua schiena.
Sembrava che non si fosse stancato per niente, eppure non ero così leggera.
Mi accorsi dopo un pò che eravamo usciti dal paese, eravamo in una radura priva di vegetazione e, soprattutto eravamo soli < Caspian...ma qui non c’è nessuno... > si voltò verso di me sorridendo e puntò un dito verso il cielo, alzai lo sguardo e notai una decina di figure che piano, piano diventavano più grandi, fino a toccare terra.
Appena arrivarono tutti li contai, erano precisamente 12 più me e Caspian.
Caspian si schiarì la voce e poi iniziò a parlare < ragazzi, vi ho chiamato in questa riunione perché, purtroppo, il tempo nero per Merula è tornato. Quest’anno sono esattamente 500 anni dall’ultima strage demoniaca, la profezia si sta per riavverare. > tutti sembravano tranquilli, un ragazzo castano lo interrupe < scusa Caspian, ma non dobbiamo temere nulla finché non arriva la ragazza...senza di lei la profezia non si può avverare... > Erin rispose alla sua domanda < siamo qui proprio per questo...la ragazza è arrivata... > sentii tutti gli sguardi puntati su di me, mi voltai verso Caspian < c’è forse qualcosa che non mi hai detto?!? > lui annuì < si, tu sei una lontana parente di Luce Solferino, la ragazza che si è sacrificata per impedire la morte di questo paese..sei la prescelta. > non riuscivo a collegare tutti quegli avvenimenti < scusa Caspian, non ti seguo... > Erin mi mise una mano sulla spalla < tesoro, tu sei la prescelta, nel senso che prima della tua nascita sei stata scelta per salvare questo paese dalla morte...tu sconfiggerai i demoni... > finalmente era tutto chiaro, i demoni volevano cercarmi per eliminarmi prima che io interrompessi la loro sete di distruzione, io non ero l’arma, io ero il nemico.
Caspian notò che ero leggermente scossa e continuò < noi ti dobbiamo proteggere fino a quel giorno, ossia il 1° agosto, durante questi mesi tu sarai segretamente controllata per evitare che i demoni possano avvicinarti ancora... > nella mia mente ora vagava una sola domanda < Caspian, io dovrò morire il 1° agosto?!? Intendo, mi dovrò sacrificare per Merula?!? > < no, certo che no...tu devi darci una mano a sconfiggere i demoni di Merula per sempre...non ti stiamo condannando a morte Lilyth, ma voglio che tu sappia che è molto pericoloso, sia per te che per noi. > annuii un pò più sollevata < ora ti presentiamo le persone a cui puoi fare affidamento e che ti proteggeranno prima del fatidico giorno... > tutti gli angeli si misero in fila davanti a me, il primo era il giovane castano che aveva parlato prima < lui è Leon... > gli seguiva una ragazza con i capelli color oro fuso e gli occhi azzurri < lei è Elisabeth... > le presentazioni continuarono, conobbi Loreto, il più grande fra tutti; Sonia, sua moglie; William, un ragazzo biondo ramato; Reina, una donna maestosa con i capelli rossi; Randal, un ragazzo di appena sedici anni con i capelli color fuoco; Victoria, una ragazza alta e dall’aria altezzosa; Gregorio, un angelo biondo e sua moglie Renda, minuta e con un gran senso dell’umorismo; ed infine conobbi i genitori di Caspian, Erin ed Arno.
Alla fine delle presentazioni Arno mi spiegò che sarei stata sotto un controllo perenne, che non sarei mai tornata a casa da sola e che avrei avuto sempre un angelo a mia disposizione.
Mi sentivo terribilmente colpevole, tutto girava intorno a me, ero pedinata e protetta come un gioiello prezioso, ciò che non ero.
Alla fine della riunione Caspian mi scortò fino a casa sua, quella sera sarei rimasta a cena da lui.
Appena fummo da soli nella sua stanza decisi di raccontargli ciò che mi turbava, ero seduta sul suo letto, lui era davanti a me, poggiato alla scrivania < Caspian...ti devo dire una cosa.. .> mi guardò e annuì < ...ho paura di farvi rischiare troppo...non so se sono in grado di sconfiggere i demoni...ho paura di mettervi in pericolo, non voglio essere la causa delle morti di altri... >mi si avvicinò e mi cinse le spalle con un braccio < Lilyth...non sei tu che devi preoccuparti...noi ti dobbiamo proteggere perchè sei il nostro gioiello, sei l’unica che può aiutarci a vincere questa guerra che dura ormai da troppo tempo...non devi avere paura di causare le nostre morti, tutti quelli che sono qui sanno a cosa vanno incontro, e lo sa anche tua madre... > mi immobilizzai < cosa centra mia madre?!? > sorrise calmo < tua madre era come noi, poi ha deciso di perdere i suoi poteri per amore, per sposare tuo padre...lei però ancora non sa niente di questa guerra...non sa che sono passati cinquecento anni...non sa che sei tu la prescelta e non sarà affatto contenta. > lo guardai curiosa e allo stesso tempo impaurita < ma perchè sono la prescelta...cosa, cosa lo dice?!? > si alzò e raggiunse la libreria sulla parete, prese un libro molto grande e vecchio.
Si sedette vicino a me e lo aprì.
Le pagine ingiallite riportavano dei testi scritti a mano in una strana lingua, iniziò a leggere < ...la ragazza figlia di un angelo e di un umano dovrà salvare Merula insieme al suo angelo custode che le sarà assegnato prima ancora della sua nascita... > si fermò e mi guardò < tua madre non sa nulla perchè chi esce dal gruppo, chi perde i poteri non ha il diritto di sapere...tua madre non sa che io, mia madre e mio padre siamo angeli, che siamo stati mandati qui per te... > lo guardai < ma perchè proprio tu...perchè?!? > chiuse il libro < ...è una cosa sanguigna...mio nonno proteggeva Luce Solferino, era il suo angelo custode; ma quando lei si dovette sacrificare morendo per il paese morì anche lui.
L’angelo custode è legato con un filo invisibile al suo umano, se tu muori, muoio anche io Lilyth...mio nonno ha fallito, io non farò lo stesso...io ti salverò e insieme noi sconfiggeremmo il male...insieme. > gli occhi cominciarono a bruciarmi, ebbi l’impressione che gli occhi mi si riempissero di lacrime.
Lui mi abbracciò < tranquilla, andrà tutto bene...insieme ce la faremo...non siamo soli...ci sono tante persone con noi...vinceremo...vinceremo... >
Per la prima volta da quando lo conoscevo lo sentivo veramente vicino, ora sapevo che lui mi aveva sempre voluta proteggere.
Mi allontanai lentamente da lui. La cena era pronta, ma io non avevo fame, pregai Caspian di riportarmi a casa, l’indomani sarei dovuta tornare a scuola e avrei dovuto affrontare la presenza di Liam e di Amos.
Quella sera mi addormentai pensando a lui, avevo trovato il mio amico, il mio angelo che non mi avrebbe mai abbandonata.
La sveglia suonò, spalancai gli occhi nervosa.
Scesi frenetica dal letto e corsi giù in cucina, naturalmente mamma era già al lavoro e mi aveva lasciato la colazione pronta e la giustificazione per il prof firmata.
Alle 7:30 ero davanti casa a d aspettare Caspian, non vedevo la sua moto e ciò mi faceva pensare al peggio, avrà incontrato Liam?!? Starà bene?!?
 
 
Mi sentii sfiorare una spalla < Lilyth…voltati… > mi trovai davanti Leon, aveva un biglietto in mano < Caspian ha avuto qualche problema questa mattina, è stato chiamato dal consiglio supremo per parlare dell’aggressione dell’altro ieri, ti porterò io a scuola.
Questo è per te. > mi diede il biglietto, era di Caspian, iniziai a leggere < cara Lilyth, mi dispiace. Questa mattina mi hanno trattenuto ,tu non ti preoccupare…gli altri staranno con te. A dopo. Caspian > annuii rassegnata e mi preparai al volo di prima mattina.
Leon era molto più veloce di Caspian, arrivammo a scuola con dieci minuti di anticipo e lui aspettò che entrassi.
Non riuscii a parlarci, ci limitavamo a fissarci e ad immaginare i pensieri dell’altro.
Finalmente la campanella suonò < Leon, io vado. > lui annuì < stai attenta. All’uscita ci sarà Erin a prenderti. > mi allontanai mentre venivo travolta dalla folla che si avvicinava alla scalinata.
Quando mi voltai Leon era sparito.
Sospirai per infondermi coraggio ed entrai nell’edificio scolastico.
Entrata in classe mi trovai diciotto occhi puntati addosso, diedi la giustificazione al professore che mi chiese < cosa hai fatto in fronte?!? > senza ripensamenti risposi < sono caduta dalle scale di casa… > mi andai a sedere al mio posto e aspettai che le quattro ore di quel giorno volassero.
Dopo due interminabili ore di latino teorico la campanella suonò  e tutta la classe si riversò in corridoio.
Il prof uscì dall’aula e richiuse la porta alle sue spalle, io rimasi poggiata al banco con un mal di testa da spaccare le pietre.
Sentivo tutto ovattato e non mi accorsi che la porta si stava aprendo e che nella classe non ero più sola.
Ero così presa dal dolore che non sentii neanche i passi sul marmo, tornai in me solo quando mi sentii sfiorare la mano che tenevo sul taglio.
Alzai lo sguardo e mi trovai davanti al mio incubo.
Liam era davanti a me.
Perché oggi che non c’era Caspian…perché dovevo far morire anche lui, perché?!?
Non avevo neanche la forza di parlare, ero pietrificata dal terrore, fu lui però a iniziare il discorso < mi dispiace…non volevo colpirti… > scansai bruscamente la sua mano < non mi toccare…tu devi starmi lontano… > Liam annuì grave < Caspian ti ha raccontato tutto, immagino… > annuii < sì…e ora che lo so, non ti permetterò di uccidere tutti…se io sono la prescelta, combatterò anche fino alla morte, ma non ti farò fare una strage di innocenti solo per farti divertire… > sapevo che a parlargli così rischiavo la mia vita e anche quella di Caspian, ma ero in collera, non riuscivo a mettere freno alla lingua.
Lui rimaneva calmo a guardarmi < Caspian ti avrà anche raccontato la leggenda e come, secondo lui e quel branco di piccioni,
dovrebbero andare le cose…ma ciò che sono veramente non te lo ha potuto dire… > digrignai i denti < non cercare di raggirarmi…tu sei un mostro…tu vuoi uccidermi…tu vuoi uccidere Caspian…ma sappi che non te lo permetterò…mai! > la campanella suonò e segnò la fine della discussione.
La classe si andò riempiendo, Liam mi guardò ancora, poi girò sui tacchi e se ne andò.
Finalmente potei rilassarmi, scoppiai in un pianto liberatorio.
La prof di tecnologia era entrata e stava sistemando la sua roba sulla cattedra, quando mi vide piangere mi si avvicinò < Lilyth…va tutto bene?!? > alzai la testa dal banco < veramente no, professoressa…non mi sento molto bene… > ed era vero, mi girava la testa…mi sentivo come se avessi preso a capocciate il muro. < vai in bagno, se poi ancora non ti senti bene vai in infermeria. Puoi rimanere anche l’ora successiva, il professor Martini manca. > annuii e mi alzai, mi diressi verso la porta ed uscii.
Attraversai il corridoio, i miei passi rimbombavano in un silenzio tombale.
Raggiunsi il bagno e mi sciacquai il viso, l’acqua era gelida, o forse ero io che ero estremamente calda.
Sentii dei passi provenire dal corridoio, dalla porta del bagno sbucò William, come era riuscito ad entrare non lo sapevo, ma ora era li davanti a me.
< Lilyth…tutto bene?!? > annuii < sì, perché?!? È successo qualcosa?!? > mi guardò come per verificare che fossi io o qualcun altro < scusa, ma se poco fa stavi litigando con Liam…mi hai fatto prendere un infarto. Purtroppo non potevo entrare…tutto ok, ti ha detto qualcosa, ti ha minacciata?!? > scossi la testa < no, è solo che mi sento male…continuo ad avere fitte alla testa, come se qualcuno cercasse di entrarvi… > mi mise una mano sulla spalla < sarai solo stanca…ora scusami ma devo andare…non dovrei essere qui e non voglio che mi becchi qualcuno dei miei vecchi prof…ci vediamo dopo, ciao. > così dicendo sparì dietro la porta.
Quando mi affacciai in corridoio era sparito.
Uscii dal bagno completamente fradicia, avevo ancora un dolore sordo all’altezza della tempia, decisi di andare in infermeria a prendere un anti-dolorifico.
Scesi le scale molto lentamente, alla seconda rampa il dolore si infittì, mi dovetti fermare e per rimanere in piedi dovetti reggermi al corrimano.
Continuai a scendere le scale con una lentezza estrema mentre combattevo con il dolore.
Riuscii a raggiungere l’infermeria, bussai dolorante < avanti…prego… > aprii la porta, la dottoressa stava controllando una cartellina, alzò lo sguardo verso di me < buon giorno cara, cosa fare per te?!? > mi poggiai alla parete con tutte due le mani < mi sta scoppiando la testa… > lei si alzò dalla scrivania  e mi raggiunse, mi sfiorò il taglio < potrebbe essere un infezione portata da questo taglio…vieni, ti do un anti-dolorifico. > la seguii traballante lungo lo studio, mi sedetti su una sedia aspettando che la medicina arrivasse, me la porse in un bicchierino ed io la bevvi tutta d’un sorso.
< se non ti passa vienimi a cercare… > si sedette alla scrivani, prese un foglio, ci scrisse sopra delle cose e poi me lo porse < ecco…con questo puoi rimanere fuori dalla classe…è la mia autorizzazione…a presto… > mi alzai, presi il foglio, la ringraziai e poi uscii.
Risalii le scale lentamente, la medicina non aveva ancora fatto effetto. 
Arrivai nel lungo corridoio che univa la parte del liceo classico a quella del liceo scientifico.
Mi sedetti su una sedia buttata in mezzo al corridoio.
Vidi una porta aprirsi, un ragazzo era appena uscito dal 3° A, mi passò davanti e mi sorrise, si diresse verso il bagno con un pacchetto di sigarette in mano.
Lo guardai entrare, poi distolsi lo sguardo, il mal di testa stava lentamente perdendo intensità.
Tirai fuori il cellulare dalla tasca, erano solo le 11:15, mancavano ancora tre quarti d’ora alla fine della terza ora.
Non mi andava di rientrare in classe,sarei rimasta fuori.
Il ragazzo che era passato prima uscì dal bagno, mi passò davanti e si fermò.
Mi porse la mano < piacere, Michael > gli diedi la mano < Lilyth…perché sei fuori?!? > si poggiò al muro < mi hanno buttato fuori perché secondo loro la mia idea di libertà era troppo balzana…poveri scemi… >  sorrisi < e tu invece, ti hanno buttato fuori anche a te?!? > scossi la testa < no, avevo mal di testa e mi hanno fatta uscire…d’altronde sono solo in 4° ginnasio, me lo posso ancora permettere… > scoppiò a ridere < che paracula che sei… > risi anche io.
Aveva una sigaretta in mano, diede una tirata, poi mi guardò < vuoi?!? > scossi la testa < no, grazie…non fumo… > annuì.
Rimanemmo un po’ in silenzio, osservavo il fumo della sua sigaretta librarsi nell’aria, quando la sua voce mi risvegliò < in che 4°sei?!? > lo guardai < 4° B… > tolse la sigaretta dalla bocca < conosco dei prof in quella classe…sono bravi… > annuii. < senti, hai da fare questo pomeriggio?!? > senti una porta aprirsi e richiudersi con forza, guardai oltre Michael, era Liam.
Si avvicinò a passo veloce, cercai di non farci caso < oggi pomeriggio…no, non ho nulla da fare… >
Lui sorrise < bene, allora potresti passare a vedere le prove della mia band… > Liam ci aveva raggiunti, era nero in volto < no, non può…oggi no… > Michael lo squadrò < scusa, non mi pare di averlo chiesto a te… > poi si rivolse a me < lo conosci?!? > alzai le spalle < io veramente… < certo che mi consoce, sono il suo ragazzo…ora potresti gentilmente andartene…grazie… > Michael si infilò la sigaretta in bocca < ci vediamo Lilyth… > poi se ne andò.
Mi voltai verso Liam in piedi, i pugni stretti < cosa vuoi ancora…te ne vuoi andare… > si voltò dalla mia parte < Caspian non approverebbe… > mi venne da ridere < tu cosa ne sai di quello che approverebbe o no Caspian… > era arrabbiato.
Tirò su una mano e si poggiò con forza alla parete, era piegato verso di me.
Chiusi gli occhi, pensai al peggio…mi guardò con gli occhi a pochi centimetri dai miei < tu non puoi sapere cosa so o cosa… < scusa, potresti spostarti… > William era appena entrato dalla finestra, aveva una mano sulla spalla di Liam, lui si tirò su e lo squadrò < c’è un tuo amico piccione Lilyth…penso che dovrò andarmene… > William lo guardò spavaldo < sarebbe ora…ciao Liam… > lui annuì e si diresse verso la porta della sua classe, la aprì guardandomi e la richiuse con forza alle sue spalle.
William mi guardò < c’è qualcosa di strano in lui Lilyth… > sfoderai un mezzo sorriso < a parte il fatto che vuole farmi fuori?!? > lui scosse la testa non convinto < no…tu l’hai incontrato più di una volta da sola…se avesse voluto farti fuori, l’avrebbe probabilmente già fatto, non credi?!? > ci pensai, era vero.
Quella volta nel bosco, quando mi ero persa…o la sera del litigio con Caspian, avrebbe potuto farmi fuori prima del suo arrivo…o anche prima in classe…era vero…perché non mi aveva ancora uccisa?!? < cosa pensi che possa essere?!?intendo, perché non mi ha ancora uccisa, o perché non ha ancora tentato di farlo?!? > scosse la testa < non ne ho idea…se mai parlane con Caspian…ora io devo andare, la campanella sta per suonare… > corse verso la finestra e si lanciò giù.
Dopo due secondi la campanella suonò.
I professori iniziarono ad uscire dalle classi.
Io optai per il rientro in classe, ormai il mal di testa mi era passato.
Tornai indietro per il lungo corridoio, quando raggiunsi il 4° B la prof era già uscita e la classe era scoperta in mancanza del professor Martini.
Entrai, erano tutti in piedi.
Tornai al mio banco. Una ragazza bionda che non avevo quasi mai notato mi si avvicinò < stai bene ora?!? > annuii sorridendo < sì, la dottoressa fa miracoli… > rise < lo so…piacere Manuela… > le strinsi la mano < io sono Lilyth…è strano, non ti avevo mai notata prima… > si sedette accanto a me < tendo a stare molto per conto mio…non conosco molte persone…ma mio fratello frequenta il 3° A. > nella mia testa tornò una scena del mio incontro con Michael < scusa, come si chiama tuo fratello?!?  > < Michael…perché, lo consoci?!? > annuii < l’ho incontrato prima, l’avevano buttato fuori dalla classe…abbiamo chiacchierato un po’… > < sì, è molto socievole… >
In classe entrò la bidella < bene, ragazzi, calmatevi…vi devo dividere…dividetevi in gruppi di 2… > Manuela mi sussurrò all’orecchio < ti dispiace se sto con te?!? > le sorrisi <  no, certo che no… > la bidella stava portando fuori il primo gruppo di ragazzi, noi fummo il quarto gruppo ad uscire. Sorpassammo quattro classi, la bidella si fermò davanti al 2° B.
Rimasi paralizzata < no, il 2°B no… > la bidella fece finta di non avermi sentito e bussò alla porta, la classe stava facendo un esperimento di scienze con il professor Lupus che ci accolse a braccia aperte < bene, bene…due mie alunne…entrate e sedetevi dove volete, prego… >
In seconda fila c’era un banco completamente vuoto, ci sedemmo e cominciammo a guardarci intorno.
Ero davanti ad Amos che era al banco con un ragazzo magro e pallido che giocava con gli alambicchi.
Lo ignorai, al primo banco c’era Liam.
Amos lo chiamò e lui si voltò, mi guardò senza sorridere.
Stava al banco con una ragazza mora con il viso a cuore e l’aspetto delicato.
Era molto carina. Liam cominciò a parlarle per fare insieme l’esperimento. Parlavano animatamente.
Mi voltai verso Manuela che mi stava osservando attentamente < carino il ragazzo del primo banco… > feci finta di nulla < dici, non l’ho notato… > lei sorrise maliziosa < ti piace?!? Sembra che ti conosca, prima ti stava guardando… > Manuela, che non era convinta della mia risposta continuò < ma dai, ti piace o no?!? > scossi la testa energicamente < no, ti dico di no…ora basta…non mi fa ne caldo ne freddo… > sembrò convincersi e smise di fare domande.
Tornai a guardarlo, stava lavorando animatamente con la sua compagna di banco, poi si alzarono insieme e raggiunsero il professore con gli alambicchi in mano.
Il professore ne osservò il contenuto, poi esclamò < bravi! Siete i miei due migliori alunni…dovreste lavorare di più insieme voi due… > Liam aggiunse < non sarebbe una cattiva idea in tutti i sensi in effetti… > la ragazza scoppiò in una risata acuta.
I due tornarono al banco e si diedero un cinque, Liam dopo un po’ si voltò e mi guardò trafiggendomi.
Mi voltai dall’altra parte infastidita e decisa a non guardarlo per tutto il corso della lezione.
Perché ero capitata proprio in quella classe? Caspian sarebbe stato furioso quando l’avrebbe saputo!
Ricominciai a guardare avanti,stavo cercando di non pensare alla classe in cui ero capitata quando sentii una voce all’orecchio destro < non ti preoccupare, non ho intenzione di farti fuori ora… > feci un salto sulla sedia, mi voltai verso Manuela, stava leggendo il giornale; mi girai dietro, Amos era andato in bagno e tutti gli altri…bhe…tutti gli altri stavano facendo l’esperimento.
Cercai di calmarmi convincendomi di aver immaginato tutto.
Dopo due secondi di nuovo quella voce < …però sai, il fatto che tu mi capiti sempre tra i piedi mi fa venire un dubbio, non ti interesserò mica… > scossi la testa per allontanare quella voce che ora,per giunta,mi era anche familiare.
Lo sguardo mi cadde su Liam che mi stava guardando compiaciuto, sfoderò un sorrisetto maligno.
Lo squadrai prima di voltarmi e continuare a farmi i cavoli miei.
E di nuovo ecco arrivare la voce < veramente, se ti interesso possiamo riparlarne a fine lezione… > la mia reazione fu incontrollata, a voce alta dichiarai con voce ferma < NO! > subito mi resi conto della gaffe, ma nessuno ci aveva fatto caso, stavano tutti troppo attenti ai loro esperimenti, ma la vocina nella mia testa aveva capito più che bene < ehehehe…dai, stavo solo scherzando, stai tranquilla… > cercai di non urlare di nuovo, mente pensai <  ecco, ora oltre ad essere in pericolo di vita sto anche impazzendo! > come se avesse sentito la vocina rispose < …non stai impazzendo, fai funzionare quel bel cervellino che ti ritrovi…sono molto più vicino di ciò che tu pensi… > iniziai a girarmi intorno e a spazientirmi,quella mi chiarì < dai, ti aiuto, voltati a destra … > lo feci, Liam mi guardava compiaciuto.
A quel punto compresi, la voce era familiare perchè era la sua…poteva sentire tutti i miei pensieri e poteva parlarmi…ma come poteva fare una cosa del genere?!?
Questo Caspian non me lo  aveva detto…
La mia faccia doveva essere sgomenta, perché lui mi disse < non fare quella faccina, tranquilla…so essere molto discreto… >, non avevo il coraggio di far nulla; lui si limitò a ridere, poi smise di invadere la mia mente.
La campanella suonò imperterrita, scattai in piedi e mi diressi verso la porta, poi mi ricordai di Manuela, mi voltai verso di lei  e le urlai < Manu…devo andare…ci vediamo domani… > lei sorrise e mi salutò con la mano.
Senza pensarci due volte corsi per tutto il corridoio ancora deserto, mi scontrai con Amos che tornava dal bagno, non lo guardai neanche.
Raggiunsi la scalinata e scesi a tutta velocità, arrivai al portone d’ingresso e mi sentii spinta verso l’esterno.
La folla mi trasportò fuori. Stavo scendendo la scalinata principale quando sentii una stretta sul polso.
Mi voltai e rimasi pietrificata, Liam mi teneva stretta.
Sorrideva, ma nel suo sguardo qualcosa mi snervava < non potrai ignorarmi ancora a lungo piccola…mettitelo in testa perché è così. > mi strattonai, lui lasciò la presa < basta chiedere… > lo guardai tenendomi il polso, avevo sentito un “crac” sinistro e il polso aveva cominciato a farmi male.
Lui passò dal sorriso alla serietà più assoluta < ti ho fatto male?!? > non risposi, ma la mia faccia era una risposta più che sincera < …fai vedere… > fece un passo verso di me.
Io a quel punto urlai < lasciami stare…non ti avvicinare razza di animale… > sentii una ventata passarmi vicino, ora a fronteggiare Liam c’era Caspian.
Sembrava molto arrabbiato < lasciala stare, questa è l’ultima volta che ti avverto… > Liam fece un passo indietro mi guardò ancora serio, poi scomparve.
A quel punto crollai, il polso mi faceva veramente male.
 Caspian subito mi fu vicino < ehi, tesoro…tutto ok…fai vedere… > prese il polso fra le mani e lo tasto < ci dovrebbe essere qualche frattura…è proprio un animale…presto, andiamo a casa mia…vediamo se mio padre può farci qualcosa… > annuii e lo seguii dietro scuola.
Lì mi prese in braccio e si alzò in aria.
Il vento mi sfrecciava veloce sul viso, era tagliente come un coltello.
Sentivo le vene del braccio di Caspian pulsare, nel suo petto rimbombava un ringhio sordo di rabbia.
Arrivammo a casa sua, notai la macchina di mia madre parcheggiata nel giardino.
Ebbi un sussulto. Caspian lo sentì e mi sussurrò all’orecchio < sa tutto. Oggi il consiglio ha chiamato anche lei…non è arrabbiata, è solo spaventata…non ti preoccupare…ci sono io con te. >
Mamma era seduta sul divano con una tazza di caffè in mano, accanto a lei c’era Erin; Arno passeggiava nervoso per la stanza.
Appena ci vide si fermò < meno male che siete arrivati…tra poco vi sarei venuto a cercare…ma quanto ci avete messo?!? >  Caspian mi accompagnò fino al divano < abbiamo avuto un piccolo incidente… > mia madre lo interruppe < che tipo di incidente?!? > la calmai posandole su un braccio la mano sana < niente di preoccupante, mamma, tranquilla… > Liam mi guardò chiedendomi di raccontare tutto, annuii e lasciai a lui il testimone.
Alla fine del breve racconto mia madre mi prese il polso e lo esaminò < ci vorrà una fasciatura, te la porto dopo quando torno dall’ospedale. >
Si alzò per tornare al lavoro, ma io dovevo ancora chiarire la storia della lettura della mente < mamma…aspetta…vi devo raccontare una cosa e ho bisogno che ci siate tutti… > lei si fermò, Arno mi diede l’ok per parlare, iniziai < non so come sia successo, ma Liam è in grado di leggermi nel pensiero…e può parlarmi solo pensando le cose indirizzate a me…oggi ha cominciato e… > Caspian mi fermò < come è possibile?!? Nessun demone è in grado di fare ciò… > mia madre mi era vicina < io so perché…guardate il taglio… > tutti si avvicinarono alla mia fronte < toccatelo… > Caspian vi posò una mano sopra e la tolse sconcertato < è…è bollente… > mia madre annuì < questo perché è stato infettato da sangue demoniaco… > guardai Caspian e poi mia madre con sguardo terrificato.
Mi madre mi diede una pacca sulla spalla < non diventerai un demone, ma se lui può sentire i tuoi pensieri…beh, la cosa è grave… > Arno stava pensando < scusate, ma se lei ha detto che potevano comunicare con il pensiero, ciò vuol dire che anche lei può sentire quello che pensa lui, giusto?!? > mamma annuì < può essere un’arma a doppio taglio, ma tu, Lilyth…non potrai più partecipare alle riunioni…sarebbe troppo rischioso… > annuii rassegnata.
Erin mi posò una mano su una spalla < tesoro, ma sai se funziona anche a distanza?!? > stavo per rispondere che non lo sapevo, quando sentii un pensiero non mio nella mia mente < ti sento…chiaro e tondo… > guardai Erin angosciata < ho paura di sì. 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 6 ***


Mamma tornò al lavoro ed io pregai Caspian di riportarmi a casa.
Appena arrivata nella mia camera, con la speranza di essere sola, mi buttai sul letto e chiusi gli occhi.
Volevo un po’ di pace.
Erano passate poche settimane da quando ero arrivata in quel buco di paese, e ora mi ritrovavo a dover sacrificare un anno intero per la sua vita.
Mi veniva quasi da ridere pensandoci.
Ero vero, avevo incontrato il mio più grande amico, nonché angelo custode, ma avevo anche mille problemi, e fra questi il primo era Liam.
In quel moneto ero in piena tranquillità con me stessa, riflettevo sui pro e i contro di quella situazione quando risentii la sua  voce < …siamo di nuovo soli… > mi tappai le orecchie e risposi silenziosamente < lasciami in pace… > mentre parlava fu come vederlo ridere < dai, vedrà che non sarà male condividere i nostri pensieri per un po’… > strinsi i denti < …questo vale per te… >.
Non rispose, c’era silenzio nella mia testa.
D’un tratto vidi Amos nella mia testa.
Sussultai, potevo vedere quello che lui vedeva…come, come poteva essere < io lo posso fare da sempre, tu ora perché hai ricevuto parte del mio sangue… > pensai  ad una risposta più acida possibile < non mi pare di avertelo chiesto Liam…e ora, per favore lasciami dormire…avrai tempo per capire dove e quando uccidermi! > i suoi pensieri smisero di arrivare nella mia testa.
Chiusi gli occhi e mi addormentai.
Nel mio sogno ebbi un flash della giornata in cui Liam e Caspian si erano scontrati, ma, questa volta, era Caspian a tentare di uccidere Liam.
Poi però Caspian aiutava Liam ad alzarsi, si stringevano la mano, mi guardavano entrambi, poi fu Caspian a gettarsi su di me e a sussurrarmi < addio Lilyth >
< noooooooooooooooooooooooooooo… > ero seduta sul letto, il cuore che batteva a mille…era stato un incubo, solo un incubo…non poteva essere vero.
Mi lasciai cadere di nuovo sul letto, poi sentii una voce corporea provenire dalla finestra < che è successo?!? > era Caspian, seduto sul davanzale.
Scossi la testa < niente, niente…un incubo…mi stanno perseguitando da quando…beh da quando sono “caduta dalle scale” > sul suo viso si formò una smorfia che lontanamente faceva pensare ad un sorriso < allora io torno fuori…non farmi spaventare però… > gli sorrisi < ok…allora ciao… > senza rispondere al sorriso tornò fuori.
Cercai di calmarmi e, se ci riuscivo, di riprendere sonno.
Mi ridistesi sul letto e chiusi gli occhi < quello non manca mai, è?!? > li riaprii nera < cosa vuoi ancora…ti piace così tanto darmi il tormento?!? Potresti darlo a qualcun altro … > la voce rispose < se non sei tu, prova ad immaginare a chi lo darei… > sbarrai gli occhi < non ti azzardare a toccare Caspian…o saranno guai per te…carino… > < grazie dell’avvertimento…allora ci si vede, o meglio ci si sente…bacini…e, giusto per fartelo sapere, la versione del tuo sogno era simpatica, dovremmo provare… > mi sentii male, poteva vedere anche ciò che sognavo.
Non gli risposi, cercai di diventare piccolissima e di chiudere i miei pensieri in una bolla di vetro anti-Liam; forse sarei riuscita a riprendere sonno…tutto dipendeva da lui e dalla sua stupida voce…che tormento.
Riuscii ad addormentarmi, fu un sonno senza sogni.
Dormii tranquilla per tutto il pomeriggio, quando riaprii gli occhi era notte.
Voltai la testa verso la sveglia sul comodino, le 22:30.
Avevo dormito parecchio.
Mamma non mi aveva svegliata, probabilmente gli avevo fatto troppa pena.
Rimasi sdraiata sul letto, la luce della luna filtrava dalla finestra aperta, le tende erano socchiuse.
Sentivo il vento feroce stramazzare gli alberi di fuori.
Una ventata fece alzare le tende, seduta sul davanzale c’era una figura maschile, il buio la rendeva irriconoscibile.
Rimasi ferma sul letto < Caspian…che ci fai qui?!? > si voltò dalla mia parte, la luna gli illuminò metà del viso…non era Caspian…il primo istinto fu di mettermi ad urlare, mai ci pensai bene ed agii con calma.
La sicurezza davanti casa mia era serrata, l’avrebbero visto, sentito, fermato…pensai subito al peggio < non li ho uccisi tutti, tranquilla… > mi ricordai che poteva leggere nella mia mente, mi concentrai sui suoi pensieri…era un libro vuoto…possibile che non pensava?!?
< so controllare la mia mente molto meglio di te, non provare a leggerla… >
< come fai ad essere qui?!? > rise < sono il demone della notte, il mio potere ora è nel pieno delle forze…so rendermi invisibile a occhi umani e a occhi “angelici”…nessuno sa che sono qui… >
avrei dovuto reagire…stavo rischiando la vita, stare lì con lui senza che nessuno sapesse niente…era terribilmente pericoloso…non sapevo che fare < non ti voglio uccidere, o almeno non ora, l’avrei già potuto fare tante di quelle volte che tu nemmeno le immagini… > mi sedetti sul letto < ma allora perché sei qui?!? Cosa vuoi da me Liam?!? > si alzò dal punto in cui era seduto e avanzò lentamente verso di me.
Quando mi fu tanto vicino che io potevo riuscire a vederlo bene anche al buio disse < …volevo solo vedere come stavi, in fondo mi sto affezionando a te…sarà un peccato farti fuori. > rimasi impassibile alle sue botte di spirito < dai, non riesci a capire le battute quando le senti... >
Scoppiò a ridere, non ci trovavo nulla di divertente.
Ero seduta a gambe incrociate sul letto, avevo lui davanti inginocchiato per terra…non sapevo più cosa dire, lui taceva…avrei dovuto fare tante di quelle cose, ma il mio sistema nervoso era andato in tilt.
Si alzò da  terra e si sedette sul letto, il mio cuore batteva a rallentatore, era così vicino…avrebbe potuto uccidermi, ma non lo faceva, cosa ci provava a darmi il tormento?!? Era poi così bello giocare con una povera innocente?!?
Quella domanda risuonava nella mia mente.
Non mi importava più che lui potesse sentire tutto quello che pensavo, non mi interessava la mia sicurezza, mi interessavano i suoi scopi più di ogni altra cosa.
< sai perché lo faccio?!? > scossi la testa, lui si avvicinò al mio viso, mi spostò i capelli da un orecchio e mi sussurrò < lo faccio perché sono un killer che prova simpatia  per la sua vittima > rabbrividii e rimasi in apnea.
Lo sentivo bollente, rimasi ferma, immobile aspettando che il destino facesse il suo corso.
Chiusi gli occhi, se mi doveva uccidere era meglio che si sbrigava.
Quando riaprii gli occhi era sparito.
Quello che era successo era fra il ridicolo e lo spaventoso, stavo infrangendo tutte le regole possibili e immaginabili non dando l’allarme quando mi si presentava davanti.
Nella mia mente arrivò una correzione < stiamo infrangendo, ti avrei già dovuta far fuori… >
Non gli risposi e con quella voce tormentosa nella mente mi addormentai.
< tesoro, svegliati…Arno sta per arrivare per portarti a scuola… > aprii gli occhi, era mamma.
Mi tirai su dal letto, avevo dormito con il polso fratturato sotto il petto, lo mossi indolenzita < come mai sei ancora qui?!? > alzò le spalle < pare che oggi non ci siano urgenze, da qua che te lo fascio… > allungai il polso, lei prese le bende e cominciò a lavorarci.
Dopo dieci minuti lo mollò < tieni rocky…il tuo polso… > mi alzai dal letto piegando le dita e scesi a fare colazione.
Alle 7:40 ero davanti casa ad aspettare Arno, vidi arrivare una macchina argento, dal finestrino si affacciò Caspian <  dai, vieni… > corsi verso l’auto ed entrai.
< ciao Arno, Caspian… > Arno mi sorrise dallo specchietto retrovisore, Caspian mi diede un bacio su una guancia.
< come hai passato la notte?!? > mi irrigidii, Caspian mi guardò stranito < intendo, con il polso… > sospirai < bene, bene…l’ho fasciato…dovrebbe andare meglio… > lui annuii e iniziò a guardare fuori dal finestrino.
Feci altrettanto, le case sfrecciavano intorno a noi velocissime, fra pochissimo sarei arrivata a scuola e l’avrei visto…non ne avevo per niente voglia.
< ma come ed io che non vedo l’ora di vederti… > sobbalzai e strinsi con la mano la cintura di sicurezza, Caspian mi prese la mano < Lilyth…che succede? > scossi la testa < niente…pensavo alla prossima lezione di matematica… >.
Arrivammo davanti scuola, scesi dall’auto insieme a Caspian ma quando sentii Liam dire < sto arrivando > allungai il passo.
Caspian mi seguì più lento < tesoro, aspetta…dove corri?!? > mi fermai e lo aspettai, nella mia testa Liam iniziò a commentare < vuoi che lo faccio fuori?!?se vuoi sono pronto … > corrucciai le sopracciglia e pensai nel modo più rimproverevole possibile < se mai è lui che fa fuori te! >
 Caspian mi aveva raggiunta, mi prese per mano e mi condusse verso scuola, Liam nella mia testa intonava una canzone a dir poco tragica < sto preparando un’accetta, un’accetta bella tagliente per tagliare la testa a un pezzente che mi sta sullo stomaco, povero incosciente…uccidiamo i piccioni, uccidiamo…il mondo liberiamo…pane secco gli lanciamo e poi li carbonizziamo… > era straziante, veramente straziante sentirlo anche cantare.
Caspian mi lasciò davanti alla porta della mia classe, mi salutò con la mano e sparì nel corridoio affollato, quel giorno c’era assemblea e a scuola erano venuti numerosi.
Caspian era rappresentante di classe e doveva tenere d’occhio la situazione, tutti gli altri, dopo aver firmato un verbale potevano liberamente uscire e andarsene in giro per il paese.
Entrai nella classe già semi-vuota e mi avvicinai al verbale, lo firmai e riuscii.
Rimasi fuori dalla porta, Manuela mi raggiunse raggiante < che bello! Un giorno di pura libertà… > le sorrisi < e sì…ci voleva proprio…peccato per il freddo… > guardai la finestra, la pioggia aveva incominciato a cadere imperterrita, l’aria di ottobre era pesante e ventosa.
Rabbrividii e tornai a guardare la mia migliore amica < che facciamo oggi?!? > alzò le spalle < mio fratello se ne va un po’ in giro…possiamo andare con lui se vuoi… > annuii.
Raggiungemmo il fratello che stava parlottando fuori scuola con degli amici, appena vide la sorella sbuffò scuotendo la testa < ecco la rovina della mia giornata di libertà…mia sorella Manuela… > lei si fece avanti tranquillamente e annunciò < tesoro, non sono sola…ti ho portato la tua conquista di ieri… > lui sporse la testa da una parte, stavo guardando il display del cell, Caspian mi diceva di stare attenta e mi avvertiva che sarebbe arrivato William da lì a poco.
Michael sorrise < allora sister sei la ben venuta…Lilyth…ci si rivede… > alzai la testa confusamente < eh?!? > sentii una mano tamburellarmi sulla spalla, mi voltai, avevo davanti William.
I capelli biondi scompigliati dal vento, gli occhi verdi brillanti.
Gli sorrisi < ciao William…come va?!? > rispose al sorriso < tutto ok…Caspian ti ha avvertita che sarei venuto a prenderti?!? > annuii.
Manuela mi tirò per una manica del giubbotto e mi portò distante dal gruppo.
Vedevo William fare conoscenza con quelli del 3°A, Manuela si fermò e mi chiese con occhi spalancati < chi è?!? Dove lo hai conosciuto?!? Quanti anni ha?!? A che scuola va?!? Dimmi ti prego che non è fidanzato… > scoppiai a ridere e  mi preparai a rispondere alla lunga serie di domande < allora…lui è William, un grande amico di Caspian, me lo ha fatto conoscere lui quando sono arrivata, ha 19 anni, ha appena finito le scuole e fa l’università, e, per tua fortuna, non è fidanzato… > sorrise < me lo presenti, vero?!? > la presi per mano < certo…anzi, se venisse con noi… > le si illuminarono gli occhi.
Tornammo dal gruppo, William stava raccontando che l’esame di Maturità era una gran cavolata, paragonabile all’esame di terza media e tutti i ragazzi ascoltavano rapiti.
< ehi…siamo tornate…allora, che si fa?!? > Michael scosse la testa < non so…potremmo andare al lago qui siamo tutti patentati… > guardai William che concesse con lo sguardo < per me va bene…lui sta con noi… > Michael annuì < certo, mi deve ancora raccontare la figuraccia del prof. Loreto durante l’esame di inglese… > William rise e lo seguì verso la macchina.
Eravamo parecchi, io montai in auto con Michael, Manuela, William e un ragazzo di nome Mike; in tutto eravamo tre macchine piene di ragazzi delle superiori diretti al lago di Garda per una giornata di assemblea scolastica.
Dentro la macchina la  musica era a palla, ridevamo e scherzavamo…Mike era simpatico ed in più faceva delle imitazioni fantastiche della Pollurelli.
Io ero seduta vicino al finestrino, al centro c’era Manuela e dall’altra parte William, alla guida c’era Michael e al posto davanti Mike.
Manuela era rossa in volto ogni volta che William le rivolgeva la parola, cercavo in vano di farla smettere di balbettare mentre William mi lanciava frecciatine di disappunto.
Continuai a sorridergli mentre cercavo di calmare Manuela che, alla fine, si volle spostare accanto al finestrino.
Mi trovai in mezzo a loro due, William mi sussurrò all’orecchio < ti pare giusto quello che stai macchinando su di me?!? > feci una faccia innocente e iniziai a parlare con Michael cercando di non arrivare ad argomenti scottanti con William.
La pioggia batteva forte sul vetro, si era alzata una cortina di nebbia che si poteva tagliare a fette. Cercai in vano di guardare fuori dal finestrino, niente, zero assoluto.
Le altre auto con gli amici di Michael non si vedevano più, eravamo soli al centro della strada.
< Michael, forse non è stata una buona idea…il tempo non è dei migliori… > mi guardò dallo specchietto retrovisore < hai paura?!?non ti preoccupare, Michael non perde mai un colpo…tranquilla… > mi strinsi nelle spalle e ricominciai a guardare fuori, il vento fortissimo sbrindellava i grandi pini che costeggiavano la strada facendoli piegare su loro stessi, guardarli aveva un retrogusto inquietante, sembrava che ti dovessero cadere addosso da un momento all’atro.
Ero completamente persa nei miei pensieri quando mi sentii tirata in avanti.
Fu un attimo. Vidi Michael perdere il controllo dell’auto, Mike allungarsi verso il vetro come una molla, Manuela urlare…con un scricchiolio sinistro Mike sfondò il vetro, davanti al posto del guidatore si aprì l’airbag, Michael venne sospinto verso di esso; Manuela venne scaraventata  verso il sedile davanti con un tale forza che lo scontro le fece perdere i sensi.
Sentii la forza del impatto proiettarmi verso il vetro, poi il mio corpo incontrò un ostacolo duro come il ferro che mi bloccò in pieno petto.
Era tutto finito, la macchina era immobile sulle due ruote davanti, nessuno, a parte me e William era cosciente.
William tolse il braccio lentamente e mi tenne ferma per non farmi cadere in avanti, non riuscivo a rendermi conto dell’accaduto.
Mi guardavo intorno sconcertata davanti ad uno sfondo di terrore; Mike aveva sfondato il vetro e ora giaceva primo di sensi in un mare di sangue  mezzo dentro e mezzo fuori l’auto; Michael era svenuto  appoggiato all’airbag; Manuela aveva sbattuto la testa sul poggia testa del sedile davanti e ora era caduta in mezzo ai due sedili.
Mi voltai verso William terrorizzata < Will, Will…cosa è successo…William?!? >  mi posò una mano sulla spalla < ora calmati, scendo dall’auto e controllò l’entità dei danni… > aprì lentamente lo sportello e scese con un salto.
Mi affacciai e vidi che l’auto era andata fuori strada e si era scontrata con una parete rocciosa.
William mi fece cenno di scendere, lo raggiunsi fra la pioggia < Lilyth, devo andare a cercare aiuto…devi rimanere qui…non ci metterò molto, stai attenta… > annuii e lo guardai alzarsi fra la nebbia e poi sparire fra le nubi.
Guardai l’auto, da fuori lo spettacolo era peggio che da dentro, l’auto era accartocciata contro il fianco della montagna ed era impennata in avanti.
Le girai intorno e raggiunsi lo sportello di Mike, era completamente ricoperto di sangue.
Cercai di tirarlo fuori, ma pesava troppo…non potevo farcela.
Non riuscivo più a respirare, mi poggiai contro la roccia, la pioggia continuava a cadere fitta; i lampi all’orizzonte squarciavano il cielo nero come la pece.
Avevo l’impressione che nei polmoni non circolasse più ossigeno, mi accasciai lungo la parete rocciosa, strinsi i ciuffi d’erba pieni d’acqua e cercai di farmi forza; sarebbe arrivato William, forse insieme a Caspian…guardai di nuovo la scena davanti a me, poi chiusi gli occhi.
Sentivo il vento intorno a me smuovere i rami degli alberi, la pioggia era tagliente come un coltello, avevo freddo, paura…lì insieme a me non c’era nessuno…non sarebbe arrivato nessuno, lo sentivo dentro.
Ero confusa e infreddolita, mi sentivo intrappolata in un corpo di ghiaccio che non era mio; non riuscivo ad aprire gli occhi per la stanchezza, stavo per addormentarmi e lasciarmi catturare dal buio, quando sentii un calore immenso riscaldarmi tutto il corpo.
Mossi una mano e toccai la fonte di calore vicino a me < stai tranquilla…ora ci sono io… > socchiusi gli occhi, vedere quello sguardo fu come aver acceso un falò nel mio petto,le mie labbra tremarono mentre pronunciavo quel nome  tabù < …Liam.. > sentii la sua mano sul viso < tranquilla…ti porto via da qui… > tornai abbastanza lucida da capire che non dovevo permettere che mi portasse via < NO! Liam, io devo stare qui…non posso lasciarli… > lo vidi spostare lo sguardo sulla macchina, sentii il pensiero che non mi aveva voluto rivelare < stupida…preferiresti morire pur di non lasciare i tuoi amici… > a labbra contratte gli risposi < sì…preferirei morire…perché gli voglio bene…non li lascio qui da soli… > mi guardò serio < ma io non lascio te, questo non puoi impedirmi di farlo, se proprio devi morire, sarò io ad ucciderti… > non ebbi la forza di dirgli che da lì a poco sarebbero arrivati i “piccioni”, ma lui lo lesse nella mia mente senza tanti problemi < lo so…non mi interessa, non ti lascio sola… >
Iniziai a tremare per il freddo, intorno a noi c’era una bufera di pioggia e vento, il cielo nero non prometteva nulla di buono.
Mi strinse a se, sentii la mia schiena a contatto con il suo petto, il mio corpo si scaldò di un calore nuovo, smisi di tremare.
Ormai ne ero certa, la mia vita era legata alla sua con un doppio filo, non potevo negare a me stessa la verità, oramai era inutile cercare di imporre una volontà non mia ad un destino che avevo scelto da sola.
Sentii la sua mano stringere la mia, appena sentii la sua stretta caddi addormentata, la guerra contro il mio destino era cominciata.  

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1156120