Soltanto amore

di Joya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il sole e la luna ***
Capitolo 2: *** Ma tu non sei più qui ***
Capitolo 3: *** Va' via ***



Capitolo 1
*** Il sole e la luna ***


Nuova pagina 1

 

1.

Il sole e la luna

 

Da dietro un spesso vetro indagavo nella notte, cercando di intravede una sagoma familiare.

Un uccello, o forse un pipistrello, passò vicinissimo alla mia postazione.

Spalancai la finestra.

Quella sarebbe stata l’ultima volta che lo avrei lasciato entrare in quella casa e nel mio cuore.

Mi voltai verso il letto e cominciai ad avvicinarmi a quello, un leggero rumore alle mie spalle e, poi, mi sentii abbracciare.

Era già arrivato.

Ormai, era così abituato a salire fin qua su, che il suo rumore si confondeva con quello della notte, sentivo il suo dolce respiro sul mio collo, mentre la sua presa diventava sempre più fortemente dolce.

Abbassai il capo come per abbracciare con il mio viso quelle braccia che mi stringevano. E lui, forse, lo prese come un tentativo di sfuggirgli e allentò la presa, voltando il mio corpo con gentilezza verso di lui.

Ci trovammo occhi negli occhi.

Per un interminabile istante non riuscii quasi a vedergli il volto, poi, man mano, la mia vista si abituò al buio e a quella distanza così ravvicinata, senza accorgermene mi ritrovai di nuovo persa nelle sue iridi blu, così come la prima volta che l’avevo visto e come la prima volta che avevamo sbagliato.

Mi guardava con aria interrogativa, quasi spaventato che io lo mandassi via.

Gli poggiai una mano sul viso e lui avvicinò il suo volto al mio.

Quasi con urgenza cominciò a baciarmi, come se avesse avuto paura che da un momento all’altro qualcuno sarebbe entrato da quella porta e mi avrebbe trascinato via da lui.

Mi strinse di più e io ricambiai l’abraccio.

Era come se fossimo diventati un tutt’uno, riuscivo a sentire ogni singola parte del suo corpo e da quell’abbraccio mi lasciai trasportare lontano.

All’improvviso, mi staccai da lui e mi voltai verso la porta.

Dei rumori dal pianerottolo mi fecero rabbrividire, probabilmente l’inquilino dell’appartamento affianco era rientrato tardi. Speravo solo che non cominciasse a parlare ad alta voce con il suo compagno di stanza, nulla doveva rovinare quella notte.

Ero agitata, come non lo ero mai stata prima.

Non avevo mai avuto tanta paura di essere scoperta, neanche durante tutte quelle volte che ci eravamo visti, di nascosto, alla luce del sole autunnale.

Lui mi guardò di nuovo, comprendendo la mia paura. Ero distratta, assente.

Mi prese con dolcezza il mento e girò di nuovo il mio viso verso di lui.

Ci stendemmo sul letto.

Abbracci confusi, come se ci fossimo incontrati per la prima volta, gesti calcolati, come se ci conoscessimo da trent’anni.

Dolci parole sussurrate a una mezza luna che perdeva la sua luminosità nelle tenebre.

Frasi ripetute che si perdevano nel ricordo di vecchie promesse dimenticate.

La solita sensazione di calore, ogni volta che lo avevo vicino, e quel freddo, che ormai non abbandonava più la mia pelle ed il mio cuore, mi fecero rabbrividire di nuovo.

Tuttavia, questo brivido mi fece stare meglio, per la prima volta, dopo settimane, mi sentivo di nuovo viva.

La notte continuò a scendere, facendosi sempre più buia, cercando di nasconderci per l’ultima volta.

La luna cercava di affacciarsi nella stanza, curiosa e maliziosa.

Anche gli astri volevano farmi un regalo, un premio di consolazione.

Nel buio della notte una voce lontana raccontava qualcosa.

Il Sole dormiva beato, cullato dalla dolce ninna nanna della Luna.

Il Sole dormiva e sognava la Luna che non poteva mai incontrare.

Ah, se solo avesse aperto gli occhi per un istante, l’avrebbe trovata lì, al suo fianco, a cullarlo, ma gli era stato proibito e lui non poteva disubbidire .

Loro erano diversi.

Lui era il Sole, il Signore del giorno, e con i suoi raggi forti faceva vivere la Terra, lei era Luna e nascondeva soltanto gli amanti e i ladri con la sua luce riflessa.

Un tempo la chiamavano la Signora della notte, perché risplendeva nelle tenebre, ma ormai nessuno la appellava più così.

Stelle più luminose erano apparse, gli uomini avevano creato cose che l’avevano resa inutile e il suo compito ormai era quasi stato dimenticato.

Un mormorio leggero, il Sole stava per destarsi e le palpebre della Luna diventavano sempre più pesanti.

In quel momento lui aprì gli occhi.

Il luminoso astro si svegliava, all’oscuro dei pensieri della Luna, consapevole, soltanto, di riuscire a vedere i suoi occhi, seppur solo per pochi istanti.

La Luna si addormentò serena, con un luminoso sorriso sulle labbra, grata per aver visto ancora una volta quel miracolo.

Magia che avrebbe continuato in eterno, nonostante stelle più luminose cercassero il loro spazio nel grande cielo.

Quando mi svegliai era ormai mattina.

Il sole stava timidamente salendo in cielo, ancora assonnato.

Del mio amante erano rimaste solo le parole e il suo forte profumo nel mio letto.

Guardai la stanza, ma, questa volta, c’era qualcosa di diverso.

Le pareti intorno a me non mi ricordavano più lui, come facevano ogni mattina, quando mi ritrovavo sola.

Nemmeno la finestra, ancora aperta, voleva farmi rivedere l’immagine di un amante che entrava da lì.

Mi alzai cantando dolcemente una ninna nanna che mia nonna mi sussurrava da piccola, prima di farmi addormentare.

Ero nuovamente distratta e assente, mi sembrò quasi che i deboli raggi del sole, che mi illuminarono con forza, volessero prendendosi gioco di me e delle mie occhiaie.

Non sapeva, il luminoso astro però, che sbagliava a prendermi in giro.

Tirai le tende per non farlo più entrare dalla mia finestra.

Astro del mattino, con la tua luce, non prenderti gioco,de i nascondigli degli amanti, perché anche tu, come loro, sei destinato a perdere la tua Luna.

 

 

 

 

 

L'angolo di Joya

Questa one-shot fa parte di una  raccolta che avevo in mente di fare tanto tempo fa.

La raccolta era sull'amore, in generale.

Non ho più portato a termine il progetto, però avevo voglia di pubblicare nuovamente questi racconti e magari scrivere qualche altra storia, con questo mio nuovo account.

Grazie per aver letto e spero vogliate lasciare un commento.

A presto Joya

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Capitolo 2
*** Ma tu non sei più qui ***


2.

Ma tu non sei più qui

 

Allungo le mani verso di te, per asciugare quelle lacrime che scendono silenziose sul tuo viso.

Non so perché tu pianga, ma, allo stesso tempo, qualcosa mi dice che è colpa mia.

Tu non ti scosti da me, ma non fermi nemmeno le tue lacrime, che continuano a bagnarti il viso giovane e delicato, mentre al petto stringi di più il medaglione che ti ho regalato per il nostro primo anniversario.

Hai bisogno di qualcosa che ti ricordi di me, che non mi lasci andar via.

Continui, però, a tenere gli occhi bassi, quasi chiusi. Non vuoi che me ne vada, ma non alzi lo sguardo per incontrare i miei occhi, che ti avrebbero sempre amato...sempre, per l'eternità.

Provo a chiamarti, ma tu non mi senti.

"Perché piangi amor mio?" ti poggio una mano sulla pancia e per risposta ho solo un singhiozzo.

Ti guardo, mentre ti pieghi sulle ginocchia, piccola, come non ti avevo mai visto prima.

Ti siedi per terra, come una mendicante che chiede l'elemosina sulle scale di una chiesa.

Anche tu senti freddo, per il dolore nel cuore e per il duro pavimento di marmo sotto le tue gambe.

Tua madre ti si avvicina lentamente, come un fantasma solitario che vaga di notte nel suo castello vuoto.

"lo sai che non tornerà", ti dice e tu singhiozzi di nuovo e ti fai alzare da lei. Non hai forze e mi si spezza il cuore, perché io non volevo ridurti così.

Tremi ancora e continui a non voler andar via, nonostante tu non riesca ad opporti alla forte volontà di tua madre.

Ti rincorro e per poco non inciampo, ma tu continui a non sentirmi, sei troppo delusa, stanca e...arrabbiata e non con tua madre che ti porta via, ma con me.

Mi fermo...se c'è rabbia significa che stai meglio, che fra poco non soffrirai più così tanto.

Continuo a seguirti, ma adesso più lentamente, resto a pochi passi da te, ogni volta che incontro un viso conosciuto tento di nascondermi, ma loro non mi notano, troppo presi a constatare la loro vita.

Sali nella vecchia macchina di tuo padre, che ti sorride, stanco, ma sollevato.

Tu gli rispondi con la stessa espressione e gli carezzi il viso antico.

Poi ti volti verso il luogo sacro e tristemente sorridi, vedo i tuoi occhi leggermente accesi di vita, fissare un punto indeterminato, mentre lanci un leggero bacio, lì dove mi sono posizionato io.

Debolmente ti sorrido anche io, nonostante tu non possa vedermi.

Non potrai mai dimenticarmi e io ti sarò sempre accanto, nel modo che mi è concesso e fin quando tu lo vorrai.

Per la prima volta da mesi, non mi aggrappo al tuo luttuoso vestito nero e ti prego, urlando, di non lasciarmi e di tornare da me, da quello che pensi adesso sia il luogo in cui riposo.

Ti guardo negli occhi e ti sussurro dolcemente: "Sii felice amore mio", non puoi sentire le mie parole, ma la mia serenità ti raggiunge, così come fa come me il tuo amore, che continua a scaldarmi.

 

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L'angolo di Joya

Uhm...sì, okey, il titolo ricorda la canzone di Biagio Antonacci, ma rileggendo la storia è l'unico titolo che mi è venuto subito in mente...quindi pardon.

 

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Capitolo 3
*** Va' via ***


3.

Va’ via

 

Ti sento bussare con forza alla mia porta, per un momento ho il timore che tu possa buttarla giù. Poi mi rendo conto che è impossibile, con quelle braccia sottili che ti ritrovi.

Ti apro, nonostante avessi giurato mille volte a me stesso che non l’avrei fatto, neanche se ti avessi sentito urlare che ti buttavi da un ponte.

Invece, eccoti. Nella mia casa, al centro della stanza che ha visto tutti noi ridere, insieme, sdraiati sul divano, seduti per terra, tutti insieme, come amici inseparabili.

Chiudo la porta alle tue spalle.

Mi dici, anzi mi urli, che mi devi parlare, che non ce la fai più a tenerti tutto dentro. Ogni volta che ci incontriamo, che ci sfioriamo, è una tortura disumana.

Ti senti traditrice e tradita allo stesso tempo, per cosa, poi? Per non aver fatto nulla.

Non sai che fare. Ti abbandoni sul divano, hai gli occhi pieni di lacrime.

Alzi il volto verso di me, cercando il mio sguardo. Vuoi una soluzione ai tuoi problemi.

Che cosa dovrei fare io? Dovresti essere tu a darmi una soluzione.

Ci fissiamo per qualche minuto, ma a me sembrano secoli. Da quanto tempo non ci guardavamo più in faccia?

Entrambi, probabilmente, preghiamo affinché quegli sguardi ci aiutino a star meglio, quando invece non fanno altro che trascinarci ancora di più sul fondo.

Il tuo sguardo vacilla e tu abbassi il volto, fissandoti le ginocchia.

Io resto fermo, immobile, davanti a te, in piedi.

Sono io a parlare ora. Io che sono stato zitto da quando hai varcato la soglia di casa mia. Che non parlo davvero da quando abbiamo cominciato a capire cosa ci stava succedendo.

«Tu», comincio, «forse neanche immagini quel che provo per te. Probabilmente è qualcosa che non ho mai provato in tutta la mia vita. Non riesco a vivere, a parlare, a dormire quando penso a me e te», mi fermo, dire “noi” sarebbe stato troppo doloroso, «non sai quanto ti vorrei.

«Però...a volte non sempre quel che desideri si può avere», proseguo, continuando a guardare la tua nuca chinata.

«Credi che non mi faccia male vederti con lui, abbracciati, vicini come due amanti. Quando io non posso neanche sfiorarti», allungo la mano verso di te, istintivamente.

Ti vedo sussultare come se stessi singhiozzando, ma non vedo lacrime sulle tue mani.

Riesco a risvegliarmi e tiro di nuovo la mano verso di me, stendendola lungo il fianco e chiudendola in un pugno.

«Non sarebbe giusto. Si è fidato di me, si è fidato di te. Non posso ripagarlo in questo modo, è», faccio una pausa, per cercare di esprime quel che provo con delle parole, «tutto quello che ho», dico con semplicità disarmante.

«E’ tutto quello in cui credo. Ti rendi conto? Io...» mi accorgo che la mia voce fa trapelare la mia stessa incredulità, «io, che sono stato capace di tradire il mio stesso padre, sto qui a discutere con te, invece di prenderti e...», mi fermo, stai tremando.

Non è quello che vuoi sentirti dire da me. Non sei venuta per ascoltare qualcosa che già immagini e che, forse, provi tu stessa. Io stesso mi accorgo che le parole che dico non sono neanche quelle che veramente penso.

«Tu sei sua. Sei la donna del mio migliore amico», sorrido tra me.

«Non sai quante ne abbiamo combinate insieme, le volte in cui mi ha difeso. Il numero delle notti in cui, con un naso rotto o un sopracciglio spaccato, siamo tornati a casa, sorreggendoci l’uno con l’altro. Le cicatrici che ci siamo  fatti da bambini, giocando a calcio, per strada, le risate, le fughe. Le volte in cui l’ho trascinato nel mio buio e la luce che lui è sempre riuscito a riaccendere in me.

E, quando ho deciso di andarmene, chi è che mi ha seguito? Che ha appoggiato tutte le mie scelte, nonostante, a volte, non credessi neanche io in quel che facevo? Chi è stato che mi ha fatto capire con le buone o con le cattive quando sbagliavo? Lui, sempre lui. E in cambio, cosa mi ha chiesto? Nulla di nulla, solo», un’altra pausa, «amicizia, fiducia. Non sarò io il suo mietitore», concludo.

Distolgo lo sguardo dalla tua nuca e mi accorgo di star stringendo anche l’altra mano in un pugno.

Lo so che anche tu, se solo volessi, potresti raccontarmi mille e più episodi che ti hanno legata e tutt’ora ti legano a lui, invece, stai lì, in silenzio.

Rialzo lo sguardo e ti vedo scuotere di nuovo la testa.

Qual è il pensiero che cerchi di scacciare da quando sei arrivata qui?

Perché sono io a parlare, se sei stata tu a bussare alla mia porta, quasi abbattendola?

«Non ricordo neanche più quante volte gli ho detto di lasciarti», ti dico, con tono maligno. «Quando lui fra tante, fra tutte quelle che poteva avere, aveva scelto proprio te, con quelle braccia così sottili. I nostri discorsi su di te e io che lo prendevo in giro...».

Mi sembra di tremare, ma in realtà è solo il mio cuore che vacilla. All’esterno io sono immobile, di fronte a te, a fissarti.

Tu, invece, non hai neanche il coraggio di alzare lo sguardo e guardarmi in faccia, ma forse fai bene. Credo che se fossi tu a guardarmi, sarei io a distogliere lo sguardo dal tuo viso.

«Anche se cedessimo», dico, «dopo non riusciremmo a guardarci. Perderemmo tutti», sospiro.

«Tu...tu sei diversa per lui, rispetto alle altre. E’ come se brillassi più di ogni altra stella nel cielo. Non capisci,», o forse io non capisco, «ha tanti progetti per te, per voi, progetti importanti», sottolineo, per vedere la tua reazione. Ed è quella che temevo e speravo, contemporaneamente. Perché alzi un po’ il viso verso di me e riesco a intravedere una nota di gioia in quei tuoi occhi così pieni di lacrime. Mi sembra quasi che brillino, come la prima volta che ti ho incontrata.

Mi sento un po’ rincuorato, o chissà quale sentimento è quello che provo quando mi accorgo che, nonostante tutto, tu lo ami ancora, più di quanto pensi.

Perché...a modo nostro, proviamo entrambi amore per lui. Il tuo è amore di donna, il mio è amore d’amico ed è stato proprio questo ad unirci ed ora a separaci.

Silenzio, poi ti sento sussurrare qualcosa come «và via», quando invece dovresti essere tu a sparire dalla mia vita.

Quando mi accorgo che probabilmente ci sarebbero altre mille parole da dire, ti alzi e ti avvicini a me

I tuoi  occhi sono sempre pieni di lacrime, ma una luce di vita li illumina.

E’ il momento dell’addio.

Non ci saranno abbracci o ultimi baci, perché siamo riusciti a non far accadere nulla, ci siamo accorti in tempo di quel che stava accadendo.

Mi superi, avvicinandoti alla porta ed uscendo, senza dire una parola, neanche un “addio”.

La lasci aperta alle tue spalle, io ti seguo e...la chiudo, girando la chiave nella toppa.

So che non ci incontreremo per molto tempo, fino a quando i nostri sensi non si saranno dimenticati l’uno dell’altro.

Io ho deciso di partire, tornerò quando sarà il momento per me di farlo e se non arriverà, avrò almeno salvato lui e te.

Vado nell’altra stanza e prendo la valigia, continuando a pensare, senza riuscire a far zittire la mia mente.

Forse anche questa volta non ho fatto nient’altro che salvare me stesso, trascinando per l’ennesima volta anche te, amico mio, nel mio buio, nonostante tu, adesso, non sappia nulla .

 

 

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