Getaway From The Red

di bluebox
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Regalo Rosso Scarlatto ***
Capitolo 2: *** Papaveri Rossi ***
Capitolo 3: *** Tramonto Rosso Sangue ***
Capitolo 4: *** Tristezza Dietro Lo Smile Rosso ***
Capitolo 5: *** La Sottile Linea Rossa *PARTE PRIMA* ***
Capitolo 6: *** La Sottile Linea Rossa *PARTE SECONDA* ***
Capitolo 7: *** Il Rosso Non È Più Di Moda ***



Capitolo 1
*** Regalo Rosso Scarlatto ***


“So che è difficile da credere ora, ma parlerai con noi. Crollerai e ci dirai tutto quello che sai su John il Rosso… canterai come un uccellino.”
“No amore, non lo farò.”
Le stampò un bacio sul capo e uscì dalla sala interrogatori lasciando un alone di mistero su quanto era appena successo. Lisbon aveva guardato quella scena con aria attonita per tutto il tempo e adesso sul suo volto rimanevano ancora la bocca semiaperta e gli occhi spalancati. In pochi minuti aveva scoperto che Jane era andato a letto con Lorelai e che sembrava stargli particolarmente a cuore nonostante fosse l’alleata della sua nemesi per eccellenza. Poteva nasconderle qualcosa di peggio? La donna continuò a fissarla con aria soddisfatta e con un mezzo sorrisetto, sembrava essere in una dimensione tutta sua, come fosse ipnotizzata. Lisbon fece un gesto verso il grande specchio alle sue spalle e dopo poco dalla porta adiacente ne uscì Van Pelt ancora intontita da quanto ascoltato.
“É tutta tua.”
“D’accordo capo”
Prese il posto di Teresa mentre quest’ultima si precipitò fuori con passo deciso.
“Salve Lorelai, io sono l’agente Van Pelt, noi due adesso faremo una bella chiacchierata.”
Nei corridoi c’era un insolito via vai di agenti dell’FBI e soprattutto di giornalisti curiosi che violavano ogni divieto li venisse posto. Non era un bel momento per il CBI, senza più un capo e con Bertram su tutte le furie a causa dell’immagine infangata del distretto sarebbe stato difficile venirne a capo.
“Agente Lisbon cosa può dirci sulla morte dell’agente speciale Wainwright?”
Tre tizi con microfoni e telecamere le si erano piantati dirimpetto assetati di scoop.
“Come ha avuto questa informazione? Mi spiace non posso parlarne”
“É vero che dietro questa vicenda c’è il signor Patrick Jane consulente del CBI?”
“Cosa? Sentite non risponderò a nessuna domanda, se volete qualche informazione rivolgetevi al signor Bertram!”
Si scrollò di dosso quelle presenze oppressive e si diresse al bullpen. Era incredibile come quando Lisbon andasse di fretta ci fosse sempre qualche scocciatore pronto a incrementare il livello del suo nervosismo. E poi i media li aveva sempre odiati, con quelle maniere da prime donne e soprattutto con quelle domande così inappropriate.
 Jane era sprofondato nel suo divano, aveva gli occhi chiusi e il capo reclinato all’indietro, con le mani stringeva i braccioli. Era impossibile definire se fosse rilassato o in tensione, ma di sicuro il suo palazzo della memoria doveva essere parecchio affollato in quel momento.
“Jane.” Aprì gli occhi appena sentì la voce di Lisbon così preoccupata, si limitò a guardarla senza fiatare.
“Jane tutto bene?”
“Si si… non preoccuparti... ” l’espressione poco convinta dell’amica lo fece riflettere “ sembro così turbato?”
“Beh non si può dire che sprizzi gioia da tutti i pori… senti Jane te lo devo chiedere… c’è qualcos’altro che mi nascondi?”
“Di cosa parli?”
“Avanti, lo sai cosa intendo… sei andato a letto con quella donna, e non ti sei degnato neanche di dirmelo, qui stiamo facendo un’indagine su John il Rosso, ricordi? Ogni particolare conta”
Jane si ricompose e si sedette all’angolo del divano avvicinandosi di più a Lisbon.
“Non vedo come questo dettaglio interessi il CBI”
Quella risposta fredda la lasciò interdetta, cercava di mantenersi il più distaccata possibile nonostante i suoi pensieri fossero tutt’altro che calmi, tuttavia ciò che stava per dire avrebbe tradito sicuramente le sue intenzioni.
“E non ti è passato in mente neanche per un secondo che a me avrebbe potuto interessare?”
L’aveva detto. Quelle parole erano uscite tutte di un fiato e non era riuscita a strozzarle; accadeva ogni volta che avevano un dialogo, lui come sempre abile a celare le sue intenzioni e i suoi sentimenti e lei invece rossa in volto per tutto ciò che trapelava distrattamente dalla sua bocca. Inutile dire che ci aveva fatto il callo ormai, sapeva benissimo che Jane conosceva ogni suo singolo pensiero, dirlo ad alta voce non avrebbe cambiato di certo nulla. Tuttavia, di tanto in tanto desiderava fortemente avere una chiave per sigillare la sua mente all’abilità del suo consulente, essere l’unico libro aperto non faceva altro che farla soffrire di più.
Jane aggrottò la fronte e accennò un mezzo sorriso, si guardò intorno quasi in cerca di una delle sue mirabolanti scuse, ma poi comprese che per una volta la sincerità sarebbe stata la cosa migliore.
“Devo proprio dirlo? Va bene, sappi che non ti ho detto nulla solo perché mi vergognavo”
“Ti vergognavi di me?”
“Si Teresa, ripensandoci mi faccio schifo da solo, tra tutte le donne che avrei potuto incontrare ho conosciuto Lorelai. Era così gentile, ha addirittura pagato la cauzione, mentre io ero convinto che fossi stata tu… alla fine si è rivelata “un regalo” di John, capisci? Lei era un suo regalo venuto a convincermi di diventare un suo discepolo! Hai idea di come mi senta in questo momento?”
“Beh forse non avresti dovuto cercare così lontano da te, e adesso scusami ho da lavorare.”
Lisbon si voltò, prese un fascicolo qualsiasi dalla scrivania di Grace e se ne andò senza aggiungere altro. Jane si alzò di scatto, fece per seguirla ma si rimise subito a sedere. Per la prima volta era rimasto senza parole, qualcuno che non era John il Rosso era riuscito a farlo sentire vuoto delle sue convinzioni. Non era una bella sensazione, soprattutto se a causarla era Lisbon.
In quel momento Rigsby arrivò trafelato, vide Lisbon passargli affianco senza nemmeno salutarlo.
“Ehi capo!” Non ottenne alcuna risposta cosi si limitò a scrollare le spalle, dopo tutto non era l’unico ad aver avuto una giornata infernale. Entrò nell’ampia sala e si diresse alla sua scrivania, ma proprio in quel momento da dietro le sue spalle una piccola sagoma gli si avventò contro stringendolo e baciandolo ovunque.
“Sarah! Sei già qui?”
“Oh Wayne appena mi hai telefonato e ho sentito la tua voce ho iniziato a piangere come una matta! Credevo fossi morto, già immaginavo la mia vita e quella del piccolo Benjamin senza di te! Lui è così piccolo e ha bisogno di un padre ed io mi sarei sentita persa senz...”
“Sarah, sono qui adesso, calmati.”
“Scusami, hai ragione mi sono fatta prendere dall’emozione, Wayne ti amo tanto!”
“Anch’io amore!”
Jane li guardava come se stesse vedendo un film, da tempo non provava amore e vederlo cucito addosso ai suoi amici lo riempiva di gioia ma in una parte del suo cuore rimpiangeva quella sensazione, avere una famiglia, un figlio, erano tutti sentimenti che non avrebbe mai riprovato. Non più adesso. Restò così a fissarli assaporando ogni gesto, ogni singola parola.
 
Entrò nella toilette e gettò il fascicolo a terra incurante della possibile presenza di qualche collega, poi si accasciò al muro e lentamente scivolò a sedere sul freddo pavimento. La penombra la copriva quasi totalmente tanto che se fosse entrato qualcuno non avrebbe notato per niente la sua presenza. Stava piangendo come una ragazzina, singhiozzava e con le mani cercava di asciugarsi invano le lacrime che cadevano copiose dai suoi occhi. Andava tutto storto con il CBI, con John il Rosso e soprattutto con Jane. Credeva che dopo tutti quegli anni passati assieme si fidasse di lei, che era cambiato qualcosa nel loro rapporto, ma si sbagliava, c’erano sempre le solite bugie, le solite cose non dette e i soliti segreti. Si sentiva così stupida, stava sprecando inutilmente le sue lacrime per una persona che non l’avrebbe mai capita fino a fondo. Non aveva fatto altro che ripensare a quello che le aveva detto il giorno prima: “Ti amo”, nient’altro che due parole esagerate per rendere più convincente la sua messa in scena. Non sapeva che era riuscito a far nascere in lei il dubbio nonostante fosse certa che la loro non era nient’altro che una bella amicizia, un’amicizia che adesso stava iniziando a sgretolarsi e a incrinarsi rovinosamente. “Oh che stupida! Stupida, stupida, stupida!” Si alzò traballante e guardò attentamente la sua immagine nello specchio; aveva un aspetto davvero orribile, le lacrime erano solo la ciliegina sulla torta dopo le occhiaie che si erano manifestate in quelle notti insonni. Si aggiustò alla meglio i capelli e cercò di rimuovere tutto il trucco che le colava dagli occhi e che aveva formato delle chiazze nere anche sulle guancie. Accennò un mezzo sorriso di circostanza pronta a mostrarlo ai suoi amici che sicuramente avrebbero notato gli occhi rossi e uscì stringendo a se quel povero fascicolo che sfortunatamente aveva scontato la sua furia.
 
-Una settimana dopo-
 
“Ha detto qualcosa?”
“No, si ostina a non parlare”
“Non ci dirà mai niente lo sai, vero?”
“Prima o poi crollerà”
Cho e Jane fissavano dall’esterno la sala interrogatori nella quale era rinchiusa Lorelai da circa una settimana. Jane non aveva permesso che fosse portata altrove perché sapeva che questo voleva dire metterla in contatto con il complice di John infiltrato nel CBI. Era convinto che fosse più vicino di quanto lo immaginasse solo che passava inosservato alla sua vista. Aveva trascorso quei giorni a sorvegliare quella stanza nonostante ci fossero due guardie a farlo. La notte mentre tutti lasciavano la sede passava quelle interminabili ore seduto a una sedia posta proprio davanti a quella porta a fissarla, cercando di captare ogni singolo gesto che gli rivelasse qualcosa in più su di lei. Ma la maggior parte delle volte Lorelai volgeva i suoi occhi alla parete di fronte a sé, solo in poche occasioni gli aveva rivolto lo sguardo sorridendo beffarda.
Jane entrò nella stanza e si sedette di fronte alla donna. Incrociò le mani e le rivolse un sorriso, il primo a dire la verità. Lorelai storse un po’ la testa strizzando gli occhi e sorridendo compiaciuta.
“La verità è che tu sei dalla mia parte”
Il sorriso dell’uomo si spense lentamente e la sua espressione divenne seria, impassibile.
“Cosa te lo fa pensare?”
“Perché tu mi ami, è così semplice. Fingi con i tuoi colleghi ma a me non puoi nasconderlo. È per questo che da un momento all’altro sarò libera da questa prigione.”
Jane scosse la testa e con completo distacco rispose a quella provocazione: “Io non ti amo”
“Oh per favore, perché allora sono rinchiusa qui lontano dagli sguardi degli altri agenti? Vuoi tenermi tutta per te… mi ami”
Sembrava ripetere più e piu volte quella parola per convincerlo che fosse vero, ma ormai aveva fatto chiarezza nella sua mente e di certo una ragazzina come lei non avrebbe potuto incantarlo una seconda volta.
“No che non ti amo! Sei rinchiusa qui dentro solo perché tutti i complici di John che sono presi in custodia dal CBI muoiono nel giro di pochi giorni!” il suo tono si fece più forte “ Ma non lo capisci che per me sei stata solo una prostituta?”
Lorelai smise di sorridergli e lo fissò con la bocca semiaperta senza replicare a quella triste verità.
“Non sarei mai stato capace di amarti, anche se non fossi stata un’amichetta di John!”
“Ma certo, il tuo cuore batte solo per quella poliziotta, com’è che si chiama? Lisbon!”
Jane non rispose ma continuò a guardarla negli occhi. Avrebbe desiderato che non fosse mai esistita o che almeno per una volta avesse avuto dei poteri speciali per entrare nella sua mente e ottenere subito quello che gli serviva senza farsi stuzzicare in quel modo barbaro.
“Sai, anche John ha posato gli occhi su di lei, dice che è davvero carina…”
“Che cosa vuoi dire?”
“Io niente… dovresti chiederlo a lui, ma non credo tu abbia il suo numero” sogghignò sistemandosi sulla sedia. Jane fissava quella misera donna, in tutti quegli anni non aveva mai visto nessuno di così tristemente malvagio, da ciò che vedeva Lorelai sarebbe anche potuta essere la discepola preferita di John il Rosso. Fece per andarsene ma prima che la sua mano toccasse la maniglia si voltò e riprese a guardarla “Ah e comunque tu non andrai da nessuna parte. Ci racconterai tutto quello che sai, sarai processata e sbattuta in prigione dove marcirai per moltissimi anni” La donna non si mostrò impressionata da quelle parole “Ne sei proprio sicuro amore?”
 
Con passo lento attraversò i corridoi, non faceva altro che pensare alle parole di Lorelai e questo gli dava un’incredibile sensazione di sconforto. Preso dai suoi pensieri sorpassò l’ufficio di Lisbon senza neanche accorgersi di averlo oltrepassato. Fece tre passi indietro e sporse la testa aldilà delle veneziane socchiuse senza farsi notare. Era seduta alla sua scrivania e compilava scartoffie come al solito, indossava quel completo che gli piaceva tanto, quello che gli aveva regalato in occasione del suo compleanno, i capelli creavano una folta tenda davanti al suo volto e di tanto in tanto li spostava per incastonarli dietro gli orecchi. Avrebbe desiderato salutarla e parlarle ma da quel fatidico giorno in cui aveva scoperto quello che aveva fatto non gli aveva rivolto più la parola. Era fredda nei suoi confronti e nemmeno le scuse erano riuscite a farla tornare la Lisbon di sempre. La fissò per qualche secondo sospirando, poi riprese a camminare. Qualcosa però attirò la sua attenzione; l'ufficio di Wainwright non era più vuoto ma sulla scrivania c'erano dei grossi scatoloni e una sagoma famigliare riponeva degli oggetti nei cassetti. Si affacciò alla porta aperta: "Minelli?"
"No Tina Turner"
Jane sorrise all'uomo ed entrò nella stanza.
"Minelli cosa ci fai qui?"
"Il capo procuratore mi ha chiesto di tornare temporaneamente nonostante fossi in pensione, dice che ci sono dei problemi da risolvere e soprattutto gente da controllare... tu ne sai niente?" accennò un sorriso.
"Io? Assolutamente no."
"Bene mi fa piacere... ho saputo che abbiamo in custodia una complice di John... "
"Si, si chiama Lorelai, ho cercato di tenderle una trappola ma il mio piano non ha avuto riscontri positivi, anzi... "
"Wainwright... era un bravo agente"
Jane si rabbuiò sentendo quel nome, avere sulla coscienza un uomo morto era solo un altro peso che non lo faceva dormire la notte.
"Si, lo era." fece una pausa ma poi riprese a sorridere. "Mi ha fatto piacere rivederti Virgil, il CBI ha bisogno del suo vecchio supereroe"
"Puoi dirlo forte... mi raccomando Jane, non fare cazzate"
"Vedrò di tenerlo a mente".
Si abbracciarono come due vecchi amici che si rincontrano dopo tanti anni. La presenza di Minelli lo rassicurava, era una spalla su cui poggiarsi nonostante potesse fare ben poco per i suoi problemi.
 
"Allora cosa abbiamo?"
"Una segnalazione anonima ci ha avvisato del cadavere di una donna nel parcheggio del TOD motor Motel. È stata uccisa con un colpo di pistola alla testa, tuttavia non abbiamo ritrovato bossoli che ci possano dire da che tipo di pistola sia partito il colpo. Non ha documenti, né effetti personali, la scientifica sta analizzando in questo momento le sue impronte digitali”
Van Pelt scartabellava dei fascicoli frettolosamente mentre comunicava i dettagli del nuovo caso.
“TOD motor Motel hai detto? Non è il motel in cui alloggia Jane?” Lisbon prese i fascicoli che rischiavano di essere distrutti dalla foga della sua collega.
“Ehm, si, credo di si”
“Che strano”
“Beh non è l’unica cosa strana, pare che la donna stringesse tra le mani un piccolo pacchetto rosso con sopra un fiocco, ma al suo interno non c’era niente, peccato avremmo potuto ottenere qualche indizio”
Rigsby arrivò in quel momento con un referto stretto tra le mani: “La scientifica ha analizzato le impronte della donna, si chiamava Scarlett Morgan, viveva qui a Sacramento con il marito Andrew e la figlia Angelica, sono andato a interrogare il marito giacché la loro abitazione è a circa mezz’ora da qui, pare che fossero una famiglia tranquilla, il vicinato ne parla un gran bene, non credo avessero nemici.”
“Mmm, la donna viveva qui a Sacramento ma il suo corpo è stato ritrovato al TOD motor Motel che si trova a Las Vegas, non credete ci sia qualcosa che non quadra oltre al fatto che ci hanno affidato questo caso nonostante non sia nella nostra giurisdizione?” Jane era apparso alle spalle dei suoi colleghi e stringeva la sua tazza di tè fumante. La reazione collettiva fu quella di voltarsi e scrutare il consulente per poi ritornare a posare gli sguardi interrogativi su Lisbon che invece non aveva fatto altro che osservare il fascicolo della donna per tutto il tempo. Van Pelt approfittò del silenzio glaciale sceso improvvisamente tra i suoi colleghi e prese parola anche se non del tutto convinta di quello che stava per uscire dalla sua bocca “Beh, forse ha avuto solo una giornata pesante, magari ha preso la macchina e ha guidato fino a Las Vegas per rilassarsi un po’ e poi lì è stata u-uccisa da un m-maniaco…” Le ultime parole uscirono balbettando appena i suoi occhi si posarono sul volto del capo. Lisbon le stava rivolgendo un’occhiata assassina per l’ipotesi del tutto fantasiosa “Solo perché Jane sta iniziando a pensare che questo sia un caso di John il Rosso non significa che dobbiamo intraprendere piste del tutto prive di logica”
“Io non ho ancora detto niente”
“È vero, ma ti conosco e so che lo stai pensando, se ti degnassi a leggere i referti sapresti che il corpo non presenta le classiche bruciature da teaser e le ferite da taglio multiple, e giungeresti anche tu alla conclusione che questa volta John non c’entra un bel niente”
“Oh avanti Lisbon, da quand’è che sei diventata così naive?”
“Naive? Io sono naive? E allora tu cosa sei? Sei ossessionato da John il Rosso, ogni stramaledettissimo caso che arriva nelle nostre mani finisce sempre per essere un suo caso nella tua testa! La verità è che hai superato l’ossessione già da un bel pezzo e adesso sei arrivato alla pura psicosi, trascinando te stesso e soprattutto noi nel caos più totale!
Era diventata rossa in volto, ma non a causa del solito imbarazzo, questa volta quello che scorreva nelle sue vene era rabbia pura, molto probabilmente repressa, che si era accumulata in tutti quegli anni e che aveva raggiunto il culmine in quei sei mesi passati a girarsi nel letto senza chiudere occhio a causa del suo consulente.
Jane ascoltava le parole della donna con gli occhi e la bocca spalancati, voltandosi e cercando di portare gli occhi su tutto ciò che non fosse una piccola sagoma con il dito puntato verso il suo volto, tuttavia quando questa terminò la sua frase non poté far altro che guardarla negli occhi e formulare la sua “teoria”
“Già forse hai ragione, ma cosa mi dici del fatto che la donna si chiama Scarlett e che è stata ritrovata proprio nel parcheggio del mio motel?”
“È solo una pura coincidenz…”
Jane la interruppe e alzò il tono della voce “Non esistono coincidenze quando si tratta di John il Rosso!”
Lisbon rimase con la bocca semi aperta e gli occhi puntati su di lui fino a quando dalla bocca dell’uomo non uscì un “Mi dispiace”. Van Pelt, Cho e Rigsby non avevano osato proferire parola, intromettersi li avrebbe procurato solo una risposta sgradevole da parte di uno dei due. Improvvisamente Rigsby si ricordò di un particolare sfuggitoli a causa della distrazione per lo spettacolino offertogli dai suoi colleghi.
“Un momento, avevo dimenticato che il marito mi ha detto che la donna era uscita alle 18.30 con la figlia per fare una passeggiata” estrasse una foto che ritraeva una sorridente bambina con il capo ornato di riccioli biondi “ tuttavia il coroner dice che la morte è avvenuta alle 18.38 quindi chiunque abbia ucciso la donna deve aver necessariamente preso la bambina”. Jane prese in mano quella foto, accarezzò con l’indice quel volto mentre i suoi occhi iniziarono a luccicare “Non è possibile”, “Cosa?” rispose Lisbon con tono seccato “ Assomiglia a mia figlia…” si ricompose distaccando gli occhi dalla foto e ponendoli lentamente su tutti i suoi colleghi “John ha rapito Angelica… ed ha intenzione di farmene dono.” 


Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto. Adoro scrivere fanfiction e questa volta ho pensato di pubblicare la mia ultima creazione. Ci saranno alcuni risvolti interessanti e momenti "Jisbon" (d'altronde adoro anch'io la coppia Jane/Lisbon). Al prossimo capitolo, baci Emy :)

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Capitolo 2
*** Papaveri Rossi ***


Dopo quella frase ad effetto Lisbon non aveva potuto far altro che tenere conto di quella pista come una delle più probabili, anche se nella sua mente le seccava ammettere che sicuramente Jane avrebbe avuto ragione anche questa volta.
 
-È sempre così, il genio arriva alla soluzione del caso in cinque minuti ed io e la mia squadra dobbiamo attuare la parte più complessa del lavoro, ovvero catturare i colpevoli dopo fughe rocambolesche o irruzioni in ogni genere di luogo dimenticato da Dio mentre il suddetto se ne sta in un cantone ad osservare l’operazione da lontano. Tuttavia Jane è un elemento prezioso per il CBI… si, è per questo che cerco di assecondarlo nei modi più impensabili e decisamente poco etici immaginabili. E se poi tutto va storto c’è sempre il “Lui chiude i casi” pronto a stroncare le lamentele.-
 
“Già, ci hai provato Teresa ad ingannare te stessa.”
 
Aveva formulato quel pensiero e si era ammonita a voce alta mentre compilava un referto che non aveva niente a che vedere con le sue opinioni su Jane. Cercava di concentrarsi, ma alla fine il suo subconscio aveva la meglio sul senso del dovere mentre quelle poche parole che abbellivano il foglio rimanevano lì in attesa che la donna riprendesse a far finta di lavorare.
“Insomma ti è così difficile ammettere che tieni a Jane? Stai facendo uno stupido sciopero del silenzio solo perché hai scoperto che è andato a letto con un’altra donna. Sarebbe successo prima o poi e questo lo sapevi benissimo Teresa, questa è la conseguenza del non voler essere sincera con lui e dirgli che in realtà tu… ”
In quel momento la porta si aprì all’improvviso e rivelò una dubbiosa Van Pelt che stringeva vari fascicoli tra le mani e che non riusciva proprio a capacitarsi se il suo capo stesse o no parlando da sola.
“Ehmm… stavi dicendo qualcosa capo?”
Lisbon era rimasta completamente pietrificata nella posizione che la sua bocca aveva assunto nel momento in cui l’uscio si era spalancato. Sembrava una statua di granito, naturalmente una in grado di poter arrossire visto che lo stava facendo proprio in quel momento.
“No, cioè si, inveivo contro questo resoconto… testimonianza per il caso Connor… lo sai che effetto hanno su di me le testimonianze” sorrise a denti stretti per cercare di mascherare la terribile figuraccia. Un capo che parlava da solo, wow!
“Ok… ”
“Dovevi dirmi qualcosa?”
“Oh si, ho controllato le ultime telefonate della signora Morgan, niente di rilevante, tuttavia ci sono tre chiamate ricevute alle ore 18.19 dalla McClatchy High School1, sono stati molto insistenti visto che le prime due chiamate sono durate cinque e sette secondi, mentre l’ultima si è conclusa proprio all’ora in cui è uscita di casa. Potrebbero avere a che fare con l’omicidio”
“McClatchy High School… è il liceo dove insegnava come professoressa di scienze. Forse ha avuto un battibecco con qualche collega e la situazione poi è degenerata. Si, potrebbe essere una pista. Dì a Rigsby e Cho di andare a parlare con il preside della scuola e di interrogare chiunque abbia visto o sentito qualcosa di particolare negli ultimi giorni”
“Va bene, ah Lisbon, Jane vorrebbe andare a parlare con il signor Morgan”
“Ma certo... ” fece una pausa “Andrò io con lui”
Si alzò dalla sedia senza riporre i documenti sparsi sulla scrivania, prese il suo cellulare e la giacca e si precipitò fuori dall’ufficio assieme alla chioma rossa. Non riusciva proprio a nascondere gli impulsi che la facevano scattare ogni volta che Jane avesse bisogno di lei, li aveva notati anche Van Pelt ma questa si limitava solo a sorridere maliziosa alla donna senza commentare le sue azioni.
Fecero pochi passi nell’ampio corridoio finché una voce non le fece sobbalzare.
“Agente Lisbon”
Minelli era alle loro spalle con un ampio sorriso stampato in volto e la mano destra che faceva segno alla donna di avvicinarsi.
“Si signore?”
“Stai andando da qualche parte per caso?”
“Ehm si, a interrogare il signor Morgan, perché?”
“È meglio che mandi qualcun altro al tuo posto”
Le fece segno di seguirlo nel suo ufficio e s’incamminò verso la stanza senza aggiungere altro. Lisbon sbuffò senza farsi sentire dal suo superiore e ruotò gli occhi al cielo, si voltò poi con fare seccato verso la sua collega “Vai tu con Jane, tienilo d’occhio e avvisami se combina qualcosa”
“D’accordo capo” Si scambiarono un gesto d’intesa poi Lisbon rincorse Minelli del quale non vi era già più traccia.
 
Entrò nell’ufficio. Si guardò intorno prima di posare gli occhi su l’uomo seduto di fronte a lei; quella stanza era davvero cambiata da quando Wainwright non c’era più; aveva assunto nuovamente lo stile nautico che tanto amava il suo vecchio capo, e il disordine che capeggiava la scrivania e che il giovane uomo aveva sempre cercato di domare, era adesso sostituito dalla totale precisione.
Minelli spinse la pila di fascicoli di fronte a sé in modo da allinearla perfettamente al resto delle carte presenti sulla superficie. Lisbon pensò che fossero così tante che ci si sarebbe potuto nascondere completamente dietro di esse nonostante la sua stazza.
“Wow signore, avrà un bel po’ da fare oggi eh?”
Minelli si schiarì la voce “Non io Lisbon, tu avrai da fare” il suo sorriso si spense lentamente al che si manifestò sul volto dell’uomo. Pose nuovamente lo sguardo sui fascicoli sperando che nel frattempo questi fossero magicamente diminuiti ma niente, erano ancora tutti lì, un centinaio su per giù.
Vedendola senza parole aggiunse “Avanti, non sono così tanti come sembrano”
Lisbon riprese coscienza e sorrise per la frase palesemente sarcastica “E a cosa devo l’onore di compilare tutte queste “poche” scartoffie, se posso chiederlo?”
“Sono tutti documenti che riguardano l’operazione condotta qualche giorno fa, se non sbaglio è stata un’idea tua e del tuo team, giusto?”
“Si signore, ma io ho già compilato tutti i referti necessari del caso…”
“Beh evidentemente non tutti”
Lisbon sospirò e si ripiegò in avanti, il suo silenzio fu un chiaro segno di resa. Come si poteva dire di no ad uno come Minelli? Si avvicinò così alla scrivania mentre l’uomo la seguiva con lo sguardo continuando a sorriderle, prese il malloppo e se lo caricò tra le braccia. Prima che fosse fuori dall’ufficio sentì l’uomo blaterare qualcosa del genere “È bello lavorare di nuovo con te Lisbon”, così senza voltarsi rispose “Provo più o meno la stessa cosa capo” sorrise a malincuore e uscì richiudendo la porta con un piede.   
 
Jane era seduto al suo divano preferito e sulle gambe aveva poggiato tutti i fascicoli del caso Morgan. Leggeva attentamente ogni singola parola come non aveva mai fatto. “Se ti degnassi a leggere i referti” aveva detto Lisbon il giorno prima, già lo stava facendo ma incredibilmente non era riuscito a giungere a qualcosa di concerto. Lui riusciva a leggere le menti, non i referti! Per questo si asteneva dalle fredde carte e non per pigrizia come tutti pensavano. Tuttavia quello era l’inizio della sua opera di “redenzione” nei confronti di Lisbon, voleva essere un consulente con la C maiuscola, voleva non agire più in modo sconsiderato e soprattutto desiderava non vedere più la sua amica nei guai a causa sua.
 
-I gesti migliori sono quelli più piccoli, l’importante è che siano fatti con il cuore-
 
Sorrise al suo pensiero ma repentinamente cambiò espressione quando voltando pagina vide a capo del prospetto la foto di Angelica. Aveva gli occhi celesti e dei lunghissimi capelli biondi, il suo sorriso sembrava coronare alla perfezione quel dolcissimo volto. John il Rosso l’aveva scelta davvero con cura, una gemella della sua piccola Charlotte che l’avrebbe di sicuro tentato nell’accettare la sua proposta. Gli era stato chiaro appena aveva visto il volto della bambina, aveva strappato quel piccolo angelo ai suoi genitori per donarlo a lui, tuttavia ci sarebbe stato un prezzo da pagare; John non agiva di certo per il suo bene, di sicuro avrebbe voluto qualcosa in cambio di quel regalo, ma cosa? Era questo che lo preoccupava maggiormente poiché sapeva che non le avrebbe fatto del male, o almeno fino a quando non avrebbe perso la pazienza.
Era immerso nei suoi pensieri tanto da non sentire la voce che si stava propagando nei suoi orecchi.
“Jane?... Jane mi senti?”
Van Pelt era apparsa dal nulla e si stava sporgendo verso di lui scrutandolo attentamente. Jane sobbalzò ma cercò subito di ricomporsi.
“Si, si ti sento Van Pelt, cosa c’è?”
“Non volevi parlare con il signor Morgan?”
“Certo, lo voglio ancora” sorrise nascondendo la tristezza nei suoi occhi.
“E allora cosa aspetti, andiamo”
“Andiamo? Tu ed io?”
“Non vedo nessun altro qui oltre me, quindi si”
“Come mai non mi accompagna Lisbon?”
“Ha detto che ha del lavoro da fare… insomma vuoi muoverti?” la donna si girò e prese a camminare lasciando Jane immobile sul suo divano.
“Mi sta evitando?” disse tra sé e sé. 
–No che non lo sta facendo, hai sentito è impegnata-
“No invece, sono abbastanza convinto che mi stia evitando, ed io non sbaglio mai!” esclamò zittendo la sua coscienza. Al diavolo la sua opera di redenzione. Raccolse la sua giacca e seguì la sua collega.
 
Camminavano fianco a fianco. Van Pelt rivolgeva ogni tanto qualche occhiata al consulente. Si era sempre mostrata curiosa nei suoi confronti, ma non era mai riuscita a decodificare il suo essere. Tutto quello che sapeva era che la sua famiglia era stata sterminata da John il Rosso e che era molto bravo a leggere le menti, tutto qui. Inutile dire che si era spesso chiesta come Lisbon riuscisse ad avere un rapporto di amicizia con lui, era l’unica del team con cui si confidava sul serio, per gli altri erano solo battutine e scherzi. Ma forse la risposta più semplice, si era detta spesso, era solo un feeling innato, forse era semplicemente scritto che loro due si sarebbero dovuti incontrare.
Passarono davanti alla sala interrogatori, quella in cui era rinchiusa Lorelai e Jane non poté far altro che rivolgerle uno sguardo.
Accadde tutto in una frazione di secondo, i loro occhi s’incontrarono e la donna sorrise salutandolo con la mano, gli sembrò sussurrare “Ciao amore”. Aveva dei chiari problemi mentali certo ma quel gesto non lo convinse per niente, cosa voleva dire? Tuttavia Lorelai era l’ultimo dei suoi problemi in quel momento, la ignorò continuando a percorrere il passaggio affollato da agenti indaffarati nonostante di lì a poco avrebbe preso a ripensare spesso a quel gesto.
 
La casa dei Morgan era veramente ben arredata, il tocco femminile era visibile ovunque: dai divani in pelle scamosciata color panna, ai tappeti abbinati, ai mobili in stile provenzale adornati da foto di famiglia e vasi colmi di papaveri rossi.
“Erano i suoi preferiti”
Jane scostò il suo sguardo dal mazzo di fiori e lo posò su l’uomo che cercava di sorridergli senza riuscirci veramente.
“Come scusi?”
“I papaveri. Ho visto che li stava osservando. Scarlett li adorava, specialmente quelli rossi”
“Ah… già molto belli”
Van Pelt sorrise all’uomo ma nonostante vedesse quanto fosse provato e commosso iniziò a recitare la sua parte da agente impassibile.
“Allora signor Morgan cosa può dirci di sua moglie? Aveva avuto a che fare con qualche persona sospetta recentemente, aveva qualche nemico?”
“Agente Van Pelt, come ho già detto ieri al suo collega, io e mia moglie non avevamo né nemici né problemi di alcun genere. Siamo… eravamo una famiglia come tante altre, avevamo alti e bassi ma nulla di serio”
“D’accordo… posso chiederle dov’era tra le 18.30 e le 20.00, l’ora in cui è stato ritrovato il corpo?”
“A casa, da solo, stavo riparando il vetro della finestra del salotto, sa qui fuori i ragazzi giocano spesso a palla e due giorni fa l’hanno colpita in pieno”
“Quindi nessuno può verificare il suo alibi per quelle ore?”
Jane fissò l’uomo mentre questo cambiava espressione, si asciugò le lacrime e alzò il tono della sua voce “Agente, lei sta per caso insinuando che io abbia potuto uccidere mia moglie e fatto sparire mia figlia?”
“No no ma la normale proced…”
“Mi ascolti io non avrei mai potuto fare una cosa simile neanche al mio peggior nemico… io non c’entro con tutto questo” la sua voce era più sicura e ferma adesso.
Il consulente decise di intromettersi “Mmm, interessante… lei assume un tono deciso quando afferma di non aver ucciso sua moglie, il che è vero, ma tentenna chiaramente quando dice che sua moglie non aveva nemici” esitò “ o aveva conosciuto persone sospette”
Sospirò quando si accorse che Jane aveva centrato la sua preoccupazione “Vede, è che non ne sono convinto del tutto, ma Scarlett aveva incontrato un uomo al lavoro, un professore arrivato da poco, se non sbaglio aveva detto di chiamarsi John o Johnny, non ricordo bene”
Van Pelt e Jane si guardarono con apprensione, quest’ultimo lo esortò a continuare.
“Scarlett diceva che aveva l’impressione che la seguisse, era molto invadente e insistente con lei, ha perfino preteso di venire a cena da noi due settimane fa”
Jane si avvicinò all’uomo “Ricorda qualcosa di particolare di quest’uomo?”
“La sua voce. Era davvero strana, quasi stridula”
“Signore posso vedere la camera di sua figlia?”
“S-si, terza porta a destra, ma cosa c’entra?
Jane si precipitò senza rispondere all’uomo che guardò Van Pelt con aria interrogativa.
 
Aprì l’uscio con delicatezza ed entrò facendo attenzione a non calpestare i giochi sparsi sul pavimento. Osservò con attenzione quello che si presentava davanti a lui poi guardò alla sua destra. Un colpo al cuore lo fece sussultare; uno smile rosso disegnato sulla parete che sovrastava il letto gli stava sorridendo beffardo.
“VAN PELT!” gridò più forte che poté “VAN PELT!”
La donna si precipitò in camera seguita dal signor Morgan “Cosa hai trovat…” s’interruppe appena seguì l’indice di Jane che puntava il disegno “Oh mio Dio”
L’uomo però non sembrò capire “Mia figlia aveva questa brutta abitudine di scrivere sui muri con i pastelli, glielo vietavamo sempre ma, eccolo li”
Jane preferì non rispondere, come poteva capire? Van Pelt stroncò la sua convinzione “Signore quel disegno non lo ha fatto sua figlia” Li guardò con aria sorpresa, iniziò a fare domande al ché Jane fece segno alla collega di intrattenerlo nell’altra stanza. Così fece.
Quando la quiete ritornò nella stanza Jane si avvicinò lentamente alla parete dove poté constatare che effettivamente si trattava di pastelli e non sangue. Una cosa però attirò la sua attenzione, un sottile filo di lenza incollato proprio al disotto dello smile che si andava a nascondere dietro la spalliera del letto. Seguì così quello spago e al suo termine trovò una lettera, la girò e lesse la frase alla sommità della busta:
 
“Al mio amico Patrick”
 
 
 



1 La McClatchy High School esiste realmente. Ho scelto il nome di quest’istituto perché mi piaceva come suonava e soprattutto perché dopo una ricerca su Google è risultato uno dei migliori di Sacramento.


Ecco il secondo capitolo, spero vi abbia interessato come il precedente. Voglio ringraziare tutti coloro che hanno recensito positivamente il primo, questa è la primissima fanfiction che pubblico e sono contenta che sia stata accolta così bene :) I prossimi capitoli sono già il lavorazione e in revisione, a presto :) Emy. 

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Capitolo 3
*** Tramonto Rosso Sangue ***


Avevano lasciato l’abitazione subito dopo quella scoperta. Van Pelt da brava agente e da donna aveva cercato di tranquillizzare l’uomo nonostante a Jane sembrasse una cosa del tutto inutile. In realtà vedeva quell’inutilità a causa dalla paura che aveva delle sue stesse azioni, perché la vita di Angelica dipendeva da lui, dalle sue scelte. La sua vita era appesa ad un filo quanto la lettera che aveva appena ritrovato.
Il silenzio più totale era sceso nell’abitacolo del SUV nero. La donna non osava fare domande poiché sapeva che in qui momenti Jane si rinchiudeva nei suoi pensieri a cercare qualche pista, tuttavia la sua curiosità si destò quando il consulente estrasse dalla tasca della sua giacca la lettera.
“E quella cos’è?”
“L’ho trovata sotto lo smile, è per me”
“E allora cosa aspetti ad aprirla?”
Jane esitava a farlo poiché in un certo senso aveva paura, le parole di quell’uomo riuscivano sempre a ferirlo, tuttavia esortato da Van Pelt aprì la lettera e iniziò a leggere a voce alta il suo contenuto:
 
Caro Patrick,
non credevo fossi un uomo così forte e risoluto. A giudicare dalla persona che eri in quella clinica psichiatrica non avrei mai potuto immaginare che mi avresti dato la caccia con così tanta passione. Bravo. Ti ammiro. Dopo quella bella chiacchierata in macchina però mi hai deluso, sai? Mi avevi quasi convinto ad ucciderti. Ma poiché io sono un uomo di gran cuore, nonostante tu non lo creda, ho deciso di darti un’altra possibilità, una possibilità che non potrai mai rifiutare. Ho deciso di ridarti quello che più ti manca: una figlia, è tua se la accetterai. Non ho fatto un bel lavoro a trovarla identica alla tua Charlotte? Una bambola perfetta da sostituire a quella rotta. Pensaci Patrick, fallo molto attentamente, altrimenti non saprò più che farmene di lei e sarò costretto ad ucciderla.
Dimenticavo, voglio che tu sappia che c’è una persona che mi è già inutile: Lorelai.
 
                                                                                                                                              Il tuo amico, John il Rosso”
 
Van Pelt cercava di fissare il più possibile la strada, lanciava delle lunghe occhiate alla lettera e quando Jane aprì anche l’ultimo lembo ripiegato non poté far altro che notare quello che per un agente era una prova.  
“Jane quelli sono capelli?”
“Si, esattamente”
“Appena arriviamo al CBI li mando subito alla scientifica”
“Non ce ne bisogno… appartengono ad Angelica, vuole solo dimostrarmi che ha veramente lui la bambina”
La donna non obbiettò oltre, era troppo risoluto per iniziare una discussone persa in partenza “Va bene… avviso gli altri di quello che abbiamo trovato”
Prese il cellulare dalla tasca ma non ebbe neanche il tempo di scorrere i numeri in rubrica che l’apparecchio iniziò a suonare.
“Cho, stavo giusto per chiamarti”
“Io e Rigsby siamo andati alla McClatchy High School, abbiamo parlato con il preside, dice che la donna gli aveva confidato che un
nuovo insegnante la stava infastidendo negli ultimi giorni, un certo John
RoodCosi era andato a controllare il suo fascicolo ma sotto quel nome non aveva trovato nulla, nel frattempo dell’uomo non vi era più traccia”
“Cho quell’uomo era John il Rosso!”
“Cosa? Jane aveva ragione allora?
“Si, siamo andati a casa dei Morgan e abbiamo trovato nella camera della bambina…”
Fu interrotta dal frastuono che si propagò nei suoi orecchi, urla e rumori di passi affrettati rimbombavano attraverso gli altoparlanti del cellulare. Si poteva riconoscere chiaramente anche la voce di Lisbon “Fermatela, fermatela subito! Non deve lasciare la sede!”
“Cho! Cho cosa succede?”
Jane fissava Van Pelt con aria tesa. Cho riprese il cellulare e con tono affannato rispose “Lorelai non è più nella sala interrogatori!”
 
Arrivarono di corsa, lo si poteva vedere dai segni di frenata che si era lasciato dietro il SUV. Dal cortile il CBI sembrava una roccaforte presa in attacco: più di una ventina di pattuglie erano parcheggiate intorno al perimetro dell’edificio formando una compatta barriera, altrettanti agenti erano posti sulle balconate e sui tetti dei cecchini tenevano d’occhio le strade. Era un inferno di schiamazzi e sirene venute solo ad “onorare” la signorina Martins, un bel riconoscimento alla sua fuga.
Jane si precipitò all’interno dell’edificio seguito da Van Pelt. Non riuscì nemmeno a prendere l’ascensore, salì le scale a tre a tre pur di non rimanere fermo in un abitacolo. Arrivati al piano scorse le figure di Rigsby e Cho che lo attendevano mentre Lisbon impartiva ordini ad un’intera squadra.
“Allora com’è successo?”
“Eravamo appena rientrati, siamo passati davanti alla sala interrogatori e abbiamo notato che non era più li” rispose Rigsby.
Jane camminava avanti e indietro palesemente nervoso “Ah! ma com’è possibile!... come… ma non c’erano due agenti a sorvegliarla?!”
Lisbon si avvicinò sentendo le urla del consulente “Pare che stessero facendo una pausa, si erano allontanati da pochi minuti”
“Tutto è successo in pochi minuti?”
Lisbon abbassò il capo, sapeva che il consulente aveva ragione “Si, in pochi minuti”
Un agente arrivò trafelato e si avvicinò alla donna “Signora, non ha ancora lasciato l’edificio, la nostra squadra la sta inseguendo nel parcheggio interrato”
 
Correvano armati di pistole e giubbotti antiproiettile, Jane testardo com’era aveva scelto di non indossarlo e invece di seguire i suoi amici come faceva sempre, li capeggiava non ascoltando le insistenti richieste di Lisbon di farsi da parte. L’avevano individuata tramite le telecamere di sicurezza, si muoveva lentamente dietro le auto parcheggiate. Era impossibile sentirla, non produceva alcun rumore, proprio come l’orda di agenti che la stavano inseguendo. Jane capì che quell’inseguimento non avrebbe portato a niente di buono così si sollevò del suo cantuccio e si pose al centro della stanza.
 “Lorelai! Mi senti? Sono io, Patrick”
“Jane cosa stai facendo? Torna qui!” le ammonizioni di Lisbon non avevano alcun effetto sulla fermezza dell’uomo.
“Lo so che mi senti… puoi fuggire se vuoi, ma voglio solo dirti che John non ti vuole più, sei solo un peso per lui, quindi dove andrai adesso?
Lorelai ascoltava quelle parole senza fiatare. “Ti ucciderà, e poi farà recapitare il tuo corpo a noi. È questo che vuoi?”
Improvvisamente una sagoma femminile emerse da dietro una Chevrolet grigia. Gli agenti puntarono contro di essa le loro armi. Fece pochi passi verso l’uomo mantenendosi a debita distanza. Aveva un volto sereno nonostante quelle parole, non mostrava alcun sentimento.
“Amore, davvero credi che John possa non amarmi più?”
“È così”
“No amore, ti sbagli. Tu non sai proprio niente di John, sei ossessionato da lui ma non riusciresti mai a immaginare quanto buono e compassionevole può essere”
“È un pluriomicida, non c’è niente di buono in lui!”
“Dici così solo perché ti fai ingannare dai tuoi occhi, io invece no, John mi ha insegnato a fidarmi solo delle mie percezioni. Io riesco a vederlo per com’è!”
 Esibì un enorme sorriso ed estrasse la mano da dietro la schiena mostrando un coltello. Ma dove era riuscito a trovarlo?
“Non mi pento di nulla, amore.”
 Il suono prodotto da quella lama fu secco, preciso. Tutti gli agenti e il personale venuto a curiosare erano rimasti senza parole, stavano abbassando adagio le armi. Si era tagliata la gola con un unico gesto freddo. Lo aveva fatto per amore di John il Rosso e adesso le speranze di ottenere indizi su di lui erano svanite. Si accasciò al suolo in una pozza di sangue.
“NO!” Jane corse verso di lei, la osservò dall’alto con gli occhi pieni di rabbia ma allo stesso tempo anche di pietà. Non era ancora morta, sputava sangue e il corpo fremeva di spasmi. La guardò negli occhi per l’ultima volta mentre spirava.
Lisbon si avvicinò a Jane seguita dagli altri agenti. Gli pose una mano sulla spalla, e con un gesto di affetto dopo tanto tempo gli disse “ Mi dispiace, non potevamo fare niente”
“Già… niente”
 
Il corpo della donna era stato trasportato all’obitorio seguito dallo sciame di poliziotti. Il coltello invece era stato recapitato alla scientifica, sperando di ottenere impronte che non appartenessero alla donna, infondo qualcuno glielo aveva passato e quel qualcuno doveva essere necessariamente all’interno del CBI. Dopo quel terribile avvenimento Cho, Rigsby e Van Pelt erano ritornati ad indagare sul caso Morgan, Lisbon aveva ripreso a compilare le scartoffie affidategli da Minelli e Jane si era rinchiuso nella sua soffitta a rimuginare su quanto accaduto.
Era disteso sul quel letto improvvisato e fissava il soffitto sul quale proiettava come un film l’intera giornata. Tra i mille pensieri che lo tormentavano ricordò improvvisamente un particolare al quale non aveva dato subito una grande importanza: la mano di Lisbon che si posava sulla sua spalla per consolarlo.
“Lisbon! Come ho fatto a dimenticarti?”
Al diavolo tutti quei problemi, potevano aspettare! Si alzò di scatto e si precipitò al piano di sotto. Per tutto il tragitto che lo separava da Teresa non aveva fatto altro che sperare di non ricevere un fermacarte in testa perché questa volta era deciso a riprendersi la sua amicizia. Appoggiò la mano sulla maniglia della porta, poi preso un grande respiro l’aprì. Vide la donna sommersa da fascicoli di ogni genere, alcuni erano precipitati persino al suolo. Jane la guardò intontito poi iniziò a sorridere fino a quando non iniziò a produrre un’intensa risata.
“Cos’ hai da ridere? Non hai mai visto un’agente sgobbare così tanto?”
“Oh no, a dire il vero sono contento che tu lo stia facendo”
“Beh grazie, non credevo ti divertisse tanto vedermi faticare”
“No no Teresa, sono felice perché credevo fosse solo una scusa”
“Una scusa? Ma di cosa stai parlando?... E poi chi ti ha dato il permesso di chiamarmi per nome?” Adesso aveva anche preso a scherzare!
“Meh!” Si avvicinò alla donna e la sollevò delicatamente per un braccio, prese la sua giacca e la trascinò fuori dalla stanza.
“Ehi cosa stai facendo? Devo lavorare!”
Pochi secondi dopo erano già nel cortile del CBI. La catapultò nella sua DS21 e si mise alla guida senza rispondere sul serio alle domande di Lisbon.
“Insomma vuoi dirmi dove mi stai portando?”
“Ehm... che giorno è oggi?”
“12 Marzo, perché?”
“E che ore sono?”
“Le 18.452…ma insomma posso sapere il motivo di queste domande?”
“Perfetto! Giusto in tempo!”
Partì producendo un rombo assordante di cui Lisbon non credeva fosse capace quella “carretta”.
Procedevano a velocità sostenuta attraverso le strade di Sacramento; edifici, parchi ed enormi distese di cielo scorrevano come una pellicola nei finestrini semiaperti mentre alla radio risuonava un motivetto jazz. Era sceso un imbarazzante silenzio all’interno del veicolo. Jane fissava compiaciuto il manto stradale mentre Lisbon gli rivolgeva delle lunghe occhiate continuando a sorridere fra sé e sé.
“Quando avrai intenzione di dirmi dove stiamo andando sarò ben lieta di ascoltarti” disse trattenendo un certo tono di euforia.
“Oh è una sorpresa, anzi mi hai appena ricordato che dovresti coprirti gli occhi con questo” estrasse dalla tasca della giacca un fazzoletto color blu fiordaliso con dei ricami a forma di fiori e glielo sventolò sotto il naso.
“Un fazzoletto?... ah non avrei mai dovuto assumerti nel team quando me lo chiesero sette anni fa!” prese la stoffa con delicatezza e si accinse a fare ciò che gli aveva chiesto il consulente. Jane rise per quella frase e tornò a concentrasi sull’asfalto infuocato.
Passarono così trenta minuti prima che l’auto si fermasse all’improvviso. Lisbon si era chiesta più volte dove la stesse portando ma i restanti quattro sensi attivi non le davano alcun indizio tangibile, solo quando mise piede fuori dall’auto si rese conto di dove fosse; il sole non carezzava più la sua pelle, era coperto da qualcosa di ampio e frusciante. Il leggero venticello trasportava un profumo di terra fresca e foglie di quercia, il polline sfiorava le sue narici pizzicandole… non poteva che essere: “Siamo nel boschetto di Sacramento!” Jane la fissò in volto, annuì con la testa nonostante non potesse vederlo. Lisbon non udì alcuna risposta quindi dedusse che ci aveva azzeccato. Caspita si sentiva una mentalista!
“Ora posso togliermi questo fazzoletto?”
“E no cara Lisbon, non è mica questa la sorpresa” afferrò la sua mano e la guidò lungo un sentiero in salita. Per fortuna aveva il viso coperto, o si sarebbe sicuramente accorto di quanto fosse diventata paonazza.
Dopo una lunga e faticosa arrampicata finalmente Jane si fermò e staccò la sua mano da quella della donna. In un certo senso le dispiacque un po’, ma quella sensazione svanì non appena le scoprì con delicatezza gli occhi: “Ta-dah!” esclamò con fare soddisfatto.
“O – mio - Dio!” sillabò stupefatta. Erano in cima ad una collinetta proprio in direzione del tramonto e dagli alberi che contornavano come una cornice quel panorama delle luci di colori sgargianti si stagliavano tutt’attorno. Jane fece sedere Lisbon a una panchina poi si sedette accanto a lei mostrando uno dei suoi sorrisi a trentadue denti:
“Allora ti piace?”
“C-certo che mi piace! È meraviglioso! Ma che posto è questo? Non lo avevo mai visto”
“Lo chiamano “La Finestra sull’Arcobaleno”. Le coppie di innamorati sono solite venire qui per dichiararsi i loro sentimenti, poi per sigillare il loro amore appendono ai rami di questi alberi dei pezzi di vetro colorati. L’angolazione di questa collinetta combacia esattamente con l’altezza del sole quando questo tramonta, così quando gli ultimi raggi di sole colpiscono i pezzi di vetro, i loro colori sono proiettati in tutte le direzioni. Si dice che le coppie che visitano questo posto rimangono insieme in eterno, anche dopo la morte”
Lisbon lo fissava estasiata, aveva ascoltato ogni parola assaporando il tono della sua voce suadente e tutto ciò che riuscì a dire fu solo:
“È davvero romantico…”
“Già… ah devo scusarmi con te Lisbon”
“Per cosa?”
“Avrei potuto rompere una di quelle belle bottiglie verdi nella dispensa del CBI, ma avevo paura di tagliarmi…” trattenne a stento una risata.
Lisbon assunse un’espressione divertita “Oh ma guarda… beh ti do una bella notizia: noi non siamo una coppietta!” terminò la frase ridacchiando.
“Oh Lisbon… tu infrangi le mie speranze” la canzonò. La donna si limitò a dargli un pizzicotto sul braccio sinistro e a sorridere di rimando. Nessuno dei due avrebbe mai immaginato di mostrare i denti così tanto dopo quella terribile giornata.
Assaporarono per un po’ l’aria dolce in silenzio. La quiete di quel luogo riusciva a distaccare le loro menti da tutti i problemi che li affliggevano. Era come se esistessero solo loro due al mondo, niente lavoro, niente piani poco etici, niente John il Rosso. Lisbon non sapeva se anche Jane si sentisse così, per lui dimenticare non era facile, anzi basava la sua vita sulla vendetta quindi si poteva dire che dimenticare non era certo la sua intenzione; guardava lo splendido spettacolo di fronte a sé e ogni tanto volgeva il suo sguardo a quell’uomo con gli occhi chiusi e i boccoli dorati che si muovevano leggeri nell’aria. Tutto fu statico fino a quando Jane non interruppe quel momento.
“Senti Teresa, c’è una cosa per cui devo realmente scusarmi con te” aveva assunto un tono serio che catturò subito l’attenzione di Lisbon.
“Oggi ho pensato che tu mi stessi evitando con la scusa del troppo lavoro. Ne ero proprio convinto e tu sai che quando mi metto in testa qualcosa è difficile che cambi idea”
“Oh, è una sciocchezza…”
Proseguì interrompendola “Ma soprattutto ammetto di averti fatta soffrire negli ultimi sei mesi e che non sarei mai dovuto andare a letto con Lorelai. Ti prego, perdonami”
“Non devi scusarti di niente… dico solo che avrei gradito una chiamata, tutto qui. E poi per quanto riguarda Lorelai… è la tua vita, decidi tu cosa farne, io non c’entro con essa”
“No Teresa, ne fai parte più di quanto tu immagini! Sei l’unica persona che mi tiene in vita giorno per giorno, che mi motiva, che mi aiuta a non crollare quando John sembra essere un passo avanti a me…”
Gli occhi di Lisbon iniziarono a luccicare e la luce del sole, ormai quasi del tutto sparito, li faceva risplendere come delle piccole stelle. Jane pose la sua mano su quella della donna stringendola e la fissò negli occhi “Voglio che tu sappia che da questo momento qualunque stupido piano o decisione importante attuerò ne farai sempre parte, sarai al centro della mia vita”
Non riusciva a rispondere a quelle parole dette col cuore, si limitò ad annuire con la testa. Inutile dire che per l’ennesima volta aveva assunto un evidentissimo colore rosso cremisi. Si fissarono per qualche secondo tenendosi per mano proprio come avevano fatto su quella duna di sabbia, poi improvvisamente Lisbon balzò in piedi “Accidenti, è tardissimo! Devo finire di stilare i referti che mi ha affidato Minelli entro domani, altrimenti m’incenerirà!” Si sganciò poco graziosamente dall’uomo e iniziò a correre come una matta verso l’automobile incurante della ripida discesa. Jane alzò gli occhi al cielo:
“Ben tornata Lisbon!”
Si alzò a malincuore e iniziò a seguire la donna divertito dalle “quasi cadute” che riusciva sempre ad evitare.

 
 
 



Rood in Olandese significa rosso
Jane chiede che giorno sia a Lisbon perché l’11 Marzo 2012 inizia l’ora legale in America, l’ora invece poiché il sole a Sacramento tramonta alle 19.10


Ed ecco il terzo capitolo. Credo che molti saranno contenti dell' "uscita di scena" di Lorelai (io per prima XD). Finalmente Jane e Lisbon si sono riappacificati e tutto sembra più romantico, ma per quanto ancora? Spero di avervi interessato anche questa volta. Un bacio, Emy.
P.S ho alzato un pò il rating in vista dei prossimi capitoli. Niente di perverso, don't worry :)

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Capitolo 4
*** Tristezza Dietro Lo Smile Rosso ***


Arrivarono al CBI in meno della metà del tempo che avevano impiegato per recarsi al bosco di Sacramento. Attraversarono il grande corridoio insieme poi Lisbon iniziò a correre per raggiungere in fretta il suo ufficio e soprattutto per non farsi beccare da Minelli. Jane invece si diresse al cucinino per prepararsi un tè. Aveva un sorriso stampato in volto, prendeva tutto il necessario dalla dispensa e compiva i movimenti che ormai erano diventati meccanici senza neanche accorgersi di Rigsby e Cho che lo fissavano in maniera sospetta e bisbigliavano tra di loro. O almeno, faceva finta di non vederli perche in realtà sapeva benissimo cosa avevano tanto da sparlare. Versò il tè nella sua tazza poi la prese delicatamente con la mano destra e si voltò verso i suoi colleghi. Come dei bambini beccati a copiare il compito in classe smisero di parlottare e presero a guardare in tutte le direzioni sprofondando le mani nelle tasche e iniziando a oscillare lievemente. Jane li guardò divertito, Rigsby come al solito non riusciva a scollarsi di dosso il suo lato pseudo-infantile e cercava di essere il più indifferente possibile; mentre Cho, l’uomo ghiaccio, era tutt’altro che indifferente e non faceva altro che fissarlo sottecchi.
“Oh avanti, non fate i timidi, so benissimo di cosa stavate parlando”
“Noi? N-no no, non stavamo dicendo assolutamente niente” rispose Rigsby evasivo.
“Sicuri?”
“Si si certo” replicò
Jane li guardò di sbieco continuando a sorseggiare il suo tè. Cho lanciò un’occhiata a Rigsby poi disse:
“Pensiamo che tu e il capo sareste bene insieme”.
L’agente incominciò a tossire e tirò una gomitata al suo amico “Ma cosa dici Cho?!” esitò “ Ci stavamo solo chiedendo dove eravate finiti”
Cho scosse la testa “Non è vero, non dargli ascolto”
Jane li fissava divertito cercando di strozzare a stento una sonora risata. Non era per niente impressionato, sapeva che quel pensiero aveva attraversato già altre volte le loro menti.
“Beh apprezzo davvero le vostre opinioni, sul serio… ma voi due non avevate delle indagini da fare? La lotta contro il crimine è davvero un duro lavoro”
I due si ricomposero nella loro formalità da agenti speciali e Rigsby prese subito in mano il fascicolo che aveva poggiato sul bancone.
“Ehm… s-si si certo, la scientifica ha analizzato il coltello con cui Lorelai si è tagliata la gola, dice che sul manico sono presenti altre due impronte oltre a quelle della donna. Tuttavia non sono ancora riusciti a risalire ad un’identità poiché sono impronte parziali e molto rovinate, chi le ha passato il coltello si è guardato bene dal ripulirlo prima”
“Mmm”
Cho proseguì “Inoltre il coroner dice che sul braccio sinistro della donna c’è un evidente segno di avvelenamento”
“La firma di John!”
“Si, lo avevamo pensato anche noi, tuttavia il veleno utilizzato questa volta è a lento rilascio, se non si fosse tagliata la gola sarebbe morta entro due ore circa”
“Mmm… la fuga di Lorelai aveva uno scopo ben preciso, John le aveva affidato un compito con l’illusione che se l’avesse portato a termine non l’avrebbe uccisa… si ma quale compito? E perché darle quel coltello?
 Cho e Rigsby fissavano il consulente senza poter rispondere a quelle domande, avrebbero desiderato poterlo fare ma se lui non riusciva ad arrivare ad una soluzione, figuriamoci loro.
Jane proseguì “La scientifica sta lavorando ancora sulle impronte?”
“Si, proprio in questo momento” rispose Cho.
“Bene, quelle impronte sono tutto quello che abbiamo, se siamo fortunati ci sveleranno l’identità del complice di John infiltrato nel CBI”
Detto questo poggiò la tazza nel lavabo ed uscì dirigendosi verso il bullpen.
“Ha detto il complice di John infiltrato nel CBI?” disse Rigsby con aria sbigottita.
“Ti meravigli ancora?” rispose l’amico ed uscì dal cucinino lasciando il collega imbambolato.
 
Il CBI si stava svuotando velocemente; il piano era quasi desolato, c’erano solo loro ad indagare su John Il Rosso e qualche segretario che scartabellava pratiche e documenti di vario genere.
Jane si diresse al suo divano e una volta raggiunto si sdraiò comodamente. Aveva appena messo piede nel suo palazzo della memoria per fare un po’ di ordine su tutti quegli indizi confusi quando una voce maschile lo chiamò “Jane? Dormi sul posto di lavoro?”
Jane sobbalzò e si mise velocemente a sedere “No Minelli, stavo solo pensando. Tu che ci fai ancora qui?”
“Sono un capo ricordi? Ho anch’io del lavoro da svolgere”
“Ah non lo hai scaricato già tutto a Lisbon?”
Minelli gli rivolse un’occhiataccia e Jane rispose con quel suo sorrisetto sfrontato.
“È davvero un peccato” esitò “la morte di quella ragazza… non sarebbe andata molto lontano, l’avremmo ripresa e a quel punto avrebbe sicuramente parlato”
“Gia… è un peccato. Ma fortunatamente non sono così lontano da John come lui crede”
“A si?”
“Si, ho una pista che deve essere solo confermata”
“Addirittura? E quale?”
Jane si guardò intorno quasi furtivo “Quando sarò sicuro te la dirò con molto piacere” sorrise.
“Non sei proprio cambiato eh?”
“È difficile cambiare quando si è ossessionati da qualcosa”
Minelli sollevò gli occhi al cielo giusto quel tanto da non farsi vedere dal consulente “A volte le ossessioni non portano a niente di buono Jane”
Sorrise e se ne andò lasciando l’uomo con i suoi demoni. Sprofondò tra i comodi cuscini e reclinò un po’ la testa all’indietro. -Qual è il tuo piano John? Che cosa vuoi ancora da me?- Il suono del cellulare lo distrasse dai suoi pensieri, si alzò a fatica e andò a rovistare nella tasca della giacca che aveva lasciato sulla scrivania di Grace. Era un messaggio, sul display esterno lampeggiava la scritta “Sconosciuto”. Aprì lo sportellino e lesse il testo:
 
“Vuoi accettare il mio regalo? 6501 Golden River Boulevard. Tic tac Patrick, tic tac. :) 
 
“Lisbon! Lisbon!” si alzò di corsa continuando ad urlare. Irruppe nell’ufficio e mise nelle mani della donna il cellulare. “È John!”
Lesse di fretta il testo poi guardò l’uomo preoccupata “Potrebbe essere una trappola Jane…”
“Ma potrebbe anche non esserlo. Lisbon la vita di quella bambina è in pericolo!”
Nel frattempo i loro colleghi erano apparsi dietro le spalle del consulente con delle espressioni inquiete “Capo abbiamo sentito delle urla, cosa è successo?” chiese Van Pelt.
“John si è messo in contatto con Jane, dice che la bambina è al 6501 del Golden River Boulevard”
Rigsby la interruppe “È un casolare abbandonato, abbiamo effettuato una retata due anni fa. Era il nascondiglio dei Black Villan, una gang spacciatrice di meta, quella struttura adesso è vuota”
“C’era da aspettarselo… Rigsby, Cho e Van Pelt andate con Jane, portate giubbotti antiproiettile e armi in abbondanza. Purtroppo non c’è più nessuno che può aiutarvi con l’operazione ma dobbiamo farla adesso, il tempo stringe”
“Va bene capo” risposero all’unisono e andarono a prepararsi in fretta.
“Tu non vieni con noi?”
“No Jane, non posso proprio. Devo… ”
“Lavorare, si, lo so”
Lisbon annuì con la testa. Jane sorrise mestamente e fece per uscire quando sentì la voce della donna richiamarlo.
“Jane?” Si voltò e la guardò negli occhi smeraldini.
“Mi raccomando fai attenzione” esitò deglutendo frettolosamente “se ti succedesse qualcosa io… ”
“Non preoccuparti Teresa” uscì mentre la donna lo vedeva svanire attraverso le veneziane socchiuse.
 
Uscirono dall’edificio portando con sé valigette e fodere di armi, le riposero nel bagagliaio del SUV e partirono in fretta. Le luci dei lampioni e delle auto rischiaravano l’oscurità. Quella sera la luna si nascondeva dietro delle immense nuvole, vi era solo qualche stella che risplendeva solitaria nel suo pezzetto di cielo. Era sceso un leggero venticello che muoveva qua e là gli alberi e spazzava lontano delle cartacce al suolo. Il rumore frusciante dei pedoni e dello sciame di veicoli sembrava quasi un fiume in piena che scorreva nel suo letto.
Il SUV si muoveva velocemente nella corsia, superava gli ostacoli di scatto e lasciava dietro di sé una nuvola di fumo. Rigsby non era solito guidare ma quella volta era toccata a lui in quanto era l’unico a conoscere bene la strada da percorrere, non avevano certo il tempo per programmare il navigatore satellitare quindi si erano piu che accontentati. Van Pelt e Cho caricavano con cura le loro armi, mentre Jane sembrava fissare un punto indefinito davanti a sé. Non una parola era volata da quando avevano lasciato il CBI, il silenzio era molto piu eloquente di mille parole.
Abbandonarono la strada asfaltata e s’immisero in una stradina di campagna buia e decisamente inquietante. Il veicolo si fermò sotto un casolare immerso tra le sterpaglie.
“Ecco il capanno, siamo arrivati” sentenziò Rigsby.
 Sembrava una casa stregata; le finestre erano rotte e grossi pezzi di vetro si stagliavano al suolo, il tetto era quasi inesistente, rimanevano solo qualche tegola rotta e ampi spazi aperti al cielo. La porta era scardinata e penzolava producendo un’agghiacciante cigolio che faceva rizzare i capelli.
Jane uscì di corsa dal SUV ed entrò lasciando indietro i suoi colleghi.
“Jane! Jane torna qui!” cercò di bisbigliare Van Pelt ma ogni richiamo fu inutile. Seguirono il consulente con le armi puntate e le torce che illuminavano a malapena l’ambiente. Ispezionarono ogni stanza al pian terreno senza trovare nulla, solo carta da parati bruciacchiata e cumuli di polvere.
“Ma qui non c’è niente” esclamò Cho
“Già… ehi dove è finito Jane?” rispose Rigsby guardandosi intorno.
Abbassarono le armi rimanendo sempre pronti a fare fuoco e scrutarono invano l’ambiente. Le luci flebili che danzavano qua e là nei lunghi corridoi non rivelavano la sagoma del consulente.
“Jane? Jane dove sei?” urlarono più che poterono.
“Ragazzi venite al piano di sopra” Van Pelt si stava sporgendo dal pianerottolo della scala e faceva segno ai due uomini di seguirla. Jane era lì, immobile, fissava la parete dinanzi a sé. Si avvicinarono e presero a scrutare anch’essi il muro.
“Ha cambiato stile per caso?” asserì Cho.
Quello che stavano guardando era l’ennesimo smile di John, solo che questa volta la sua bocca era rovesciata in un’espressione truce e al lato del disegno vi era la scritta: “Trovato niente Patrick?”
“Che cosa significa?” chiese Rigsby.
“Mi ha fregato…” sentenziò il consulente continuando a fissare il disegno e portandosi un dito alla bocca.
Si guardarono tutti con aria interrogativa, non riuscivano proprio a capire “Beh non è la prima volta, ma perché farci venire qui?” replicò Van Pelt guardando i suoi colleghi quasi per cercare supporto.
“John vuole chiaramente qualcosa in cambio da me, e questa ne è la prova” indicò lo smile.
“Una prova di cosa?”
“Oh Grace, ma non capisci? Ha scritto “Trovato niente Patrick?” Mi sta mandando un chiaro messaggio, fino a quando non prenderà ciò che desidera da me non libererà la bambina”
“Si ma cosa vuole da te?” lo incalzò Cho.
Jane abbassò il capo “Questo… non lo so”
Proprio in quel momento il cellulare di Rigsby iniziò a suonare interrompendo il clima di apprensione che si era creato. Estrasse l’apparecchio e prima di rispondere si rivolse ai suoi colleghi “È la scientifica”
Aprì lo sportellino “Rigsby… si è una nostra prova… cosa? Ne siete sicuri?” deglutì “Va bene, grazie”. Ripose con cura il cellulare in tasca e prese a guardare con un’espressione poco convinta i suoi amici.
“Allora?” lo esortò Van Pelt
“Dicono che le impronte… appartengano a Minelli”
Al solo udire quel nome Jane alzò il capo “No non è possibile… no… Minelli non potrebbe mai essere un complice di John!” Sembrava così convinto a sentirlo ma dentro di sé non lo era per niente. Era la prima volta che le sue osservazioni razionali e ben congegnate sembravano essersi congelate nella sua mente. Non poteva proprio essere Minelli, era impossibile. Probabilmente se qualcuno gli avesse chiesto di chi si fidasse oltre Lisbon avrebbe sicuramente detto il suo nome. Questo era quello che s’imponeva di pensare però, la verità era che non ne era più sicuro adesso.
“No, no, no” continuava a ripetere quella parola come uno squilibrato in manicomio. I suoi amici lo fissavano con disappunto. Insomma erano agenti, il loro lavoro era di vagliare tutte le piste in modo coerente e non di farsi prendere dalle loro opinioni. Per quanto ne sapevano Minelli poteva essere un sospettato come chiunque altro, e poi avevano anche il riscontro della scientifica. Ma Jane non era un agente, ragionava con la sua testa da consulente “paranormale” presa da crisi d’identità.
Cho fu il primo ad interrompere Jane “Beh questo spiegherebbe il motivo del suo ritorno al CBI”
“È stato il capo procuratore a chiederglielo” rispose puntando il dito verso il volto dell’uomo.
“Già, è una scusa allora” replicò con freddezza l’agente.
“Jane, sappiamo che la tua sicurezza deriva dalle tue “capacità”, ma forse hai abbassato la guardia con Minelli, insomma chi non lo farebbe?” Rigsby cercava di far riflettere il consulente ma in compenso ottenne una risposta scortese “Stai insinuando che non sappia fare più il mio lavoro?”
“No n-no, dico solo che forse…”
“Invece si, quello che rimane delle mie “capacità” mi sta dicendo questo!”
“Ehi ma che accidenti ti prende?!”
Van Pelt si pose in mezzo allargando le braccia tra i due “Insomma ragazzi basta! Questo è quello che vuole John, metterci uno contro l’altro, non permettiamoglielo!” Jane abbassò il capo e annuì impercettibilmente “Scusatemi… io… voglio solo che John il Rosso sparisca dalla mia vita… ”
Van Pelt riprese a parlare “Ok, ora va meglio… ” Si bloccò d’improvviso rimanendo a bocca spalancata.
“Un momento… ” guardò in volto Jane con un’espressione sorpresa. Avrebbe sicuramente urlato il suo solito “Eureka!” ma di certo quella non era la situazione adatta.
“L’agente che faceva la guardia a Lorelai mi ha detto che l’ultimo a farle visita prima che scappasse è stato proprio Minelli!”
“Ecco dove ha preso il coltello” ribadì Cho.
Jane non rispose, si limitò a distogliere lo sguardo e fissare il vuoto. Lo faceva tutte le volte che qualcuno raggiungeva la soluzione prima di lui, quindi tanto bastò ai suoi colleghi per capire che avevano ragione. Era chiaro adesso, benché stentasse a crederci ancora, Minelli era il complice di John il Rosso. Tuttavia una domanda rimaneva ancora non risposta, cosa voleva John in cambio della bambina?
Van Pelt e Rigsby si spostarono in un cantone a discutere sul da farsi.
“Possiamo andarlo a prendere subito, era ancora lì quando ce ne siamo andati”
“Ma Grace, al CBI non c’è più nessuno che ci possa aiutare! Insomma c’è Lisbon ma non è come avere un’intera squadra d’assalto”
Improvvisamente quelle parole arrivarono agli orecchi di Jane e tutto sembrò maledettamente chiaro.
“LISBON! È Lisbon che vuole!!”
“C-cosa?” chiese Van Pelt
“Ecco perché Minelli le ha dato tutte quei documenti da compilare! Sapeva del piano di John e che noi saremmo venuti qui, in questo modo l’ha costretta a rimanere da sola! Dobbiamo tornare subito al CBI!” iniziò a correre giù per le scale producendo un gran frastuono che rimbombò sulle vecchie assi in legno del pavimento. I tre lo seguirono senza farsi troppe domande limitandosi a guardarsi l’un l’altro con apprensione.
Si misero in macchina e partirono lasciando un’enorme nuvola di polvere dietro di sé. Gli agenti scrutavano con ansia il consulente. Vedeva le loro bocce muoversi ma senza produrre alcun rumore.
“Jane… Jane stai bene?”
“No che non sta bene, non vedi che espressione ha?”
“Avanti lasciatelo respirare, così lo soffocate… Van Pelt non puoi andare un po’ più veloce?”
“Ci sto provando”
Li fissava scuotendo la testa come per rianimare il suo udito, ma nulla di concreto riusciva ad arrivare ai suoi orecchi, solo frasi sconnesse alternate da un forte fischio che si era prepotentemente insinuato nella sua testa. Aveva chiaramente un calo di zuccheri, respirava compulsivamente e neppure la sirena riusciva a coprire il suono che producevano le sue narici.
Jane cercò di stringere fermamente il cellulare ma le sue mani tremavano senza che potesse controllarle. Provò a scorrere il più velocemente possibile i numeri in rubrica. La foto di una piccola donna sorridente apparve sul display. Premette il tasto di chiamata. Aspettò dei secondi infernali sperando di sentire da un momento all’altro la voce di Lisbon. Tre, quattro, cinque squilli e improvvisamente nel bel mezzo di quello sterile silenzio tutto quello che sentì fu solo un suono meccanico:
 “Il numero da lei chiamato non è al momento raggiungibile”


Ecco il quarto capitolo :) Questa storia si sta avvicinando lentamente alla fine, credo che ci saranno ancora altri due o forse tre capitoli (sono ancora indecisa XD) Mi scuso per aver postato dopo un bel pò di tempo, ma ero impegnata e non ho avuto molto tempo per aggiornare. Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e come sempre ringrazio chi ha recensito quelli precedenti o chi ha anche solo letto. Baci, Emy :) 

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Capitolo 5
*** La Sottile Linea Rossa *PARTE PRIMA* ***


Nell’edificio del CBI vi era un inquietante silenzio, si potevano percepire appena i rumori dei passi della guardia che controllava centimetro per centimetro ogni angolo del piano. Si muovevano velocemente sugli scalini puntando la pistola dinanzi a sé sebbene le loro torce fossero spente. Erano avvolti dal buio più totale, ma continuavano a camminare con agilità, senza gesticolare, nemmeno un bisbiglio fuoriusciva dalle loro bocche. Jane faceva scorrere la sua mano lungo il muro mentre con l’altra cercava di mantenere il contatto con la schiena di Rigsby, sarebbe stato capace di perdersi anche in quella situazione. Improvvisamente furono avvolti da un fascio di luce che li accecò, alzarono ancora più in alto le pistole in direzione della fonte di quel bagliore.
“Alza subito le mani, non muoverti!” urlò Van Pelt.
“Agenti? Siete ancora qui?”
La donna strizzò gli occhi cercando di mettere a fuoco la sagoma.
“Hank?”
“Si, signora. Oggi il turno di notte è mio” rispose la guardia mostrando un sorriso.
“Cavolo ci hai fatto prendere un colpo” borbottò Rigsby abbassando l’arma.
“Ma cosa state combinando a quest’ora di notte con le armi spianate?” affermò l’uomo continuando a fissarli e dirigendosi verso l’interruttore generale delle luci. Jane scostò i suoi compagni e si pose davanti a loro.
“Signor Jane, anche lei qui?”
“Dov’è l’agente Lisbon?”
L’uomo storse un po’ la testa per quella domanda poi continuando a sorridere rispose “È uscita. Da circa mezz’ora quasi.”
Jane sembrò tirare un sospiro di sollievo voltandosi verso i colleghi.
“Sarà sicuramente a casa adesso” disse Cho cercando di tranquillizzare il consulente.
“Oh no agente, non credo proprio che sia già a casa. Saranno ancora dal capo procuratore” obbiettò la guardia.
“Saranno? Era in compagnia?” lo esortò Jane.
“Certo, del signor Minelli. Dovevano consegnare dei resoconti su gli ultimi casi… ” esitò vedendo le loro facce impallidire “C’è qualcosa che non va?”
Jane avanzò con passo deciso oltre l’uomo ignorando le sue parole e dirigendosi verso l’ufficio di Lisbon. Aprì la porta e osservò attentamente le pareti. Questa volta dello smile non vi era traccia, così entrò e si avvicinò alla scrivania spostando il suo sguardo su ogni oggetto. Nel frattempo i suoi amici lo avevano raggiunto seguiti ancora dalla guardia che faceva capolino qua e là cercando di capirne qualcosa.
“Jane non toccare niente” disse Van Pelt. A quelle parole Jane tirò lentamente la mano indietro dalla maniglia del cassetto.
“Potresti inquinare delle prove” proseguì la donna.
Il consulente annuì continuando a lanciare delle occhiate al cassetto.
“Già, chiamo la scientifica” ribadì Cho, estraendo il cellulare dalla tasca e allontanandosi verso il bullpen.
Van Pelt continuò a fissarlo con aria dispiaciuta “Mi dispiace… ”
“Non preoccuparti per me Van Pelt, è solo colpa mia… sapevo che Lisbon era nel mirino di John e non ho fatto assolutamente niente per evitare che tutto questo accadesse… ”
“Non incolparti Jane…” accennò un mezzo sorriso rassicurante “Vado da Rigsby e Cho adesso, va bene?”
L’uomo annuì nuovamente con il capo. Aspettò che l’ufficio si svuotasse poi aprì con delicatezza il vano e guardò al suo interno. Sotto i fermacarte del CBI una lettera ornata da un piccolo smile rosso era poggiata in bella mostra. La prese continuando a guardarsi intorno e la infilò nella tasca sinistra della giacca. Uscì con discrezione e oltrepassò il bullpen senza farsi notare, si nascose nella penombra della parete che fronteggiava l’ascensore. Una piccola luce proveniente dalle portelle socchiuse illuminava a malapena l’ambiente, aprì la lettera e la pose su quel fascio luminoso per rivelare le parole nascoste dall’oscurità. Erano scritte a mano con una stilografica rossa, la calligrafia era molto ordinata con dei ghirigori piuttosto ampi. Molti l’avrebbero confusa per quella di una donna, ma in realtà dietro quella curata precisione maniacale vi era la mano di un assassino. Per la prima volta vedeva un qualcosa che appartenesse realmente a John il Rosso. Prese a leggere frettolosamente quelle poche righe:
 
“Non cercare mai di dire al tuo amore
amore che mai non si può dire;
perché il vento gentile si muove
silenzioso, invisibile.
1
 
Sarà facile questa volta ammettere di amare? Vieni al Green Bay Hospital e lo scopriremo. :)

 
Inspirò profondamente e si passò una mano sul volto. Iniziava a capire a che gioco stava giocando John. Non c’erano né regole nè motivazioni, lui era solo il passatempo di uno spietato serial killer, lo avrebbe usato fino a quando non avesse perso anche l’ultima ragione di vita e di certo non si poteva dire che gliene fossero rimaste molte. Un gioco, tutto qui. Non c’era nient’altro da fare che giocare, giocare con la sua stessa vita, e quella di Lisbon.
Il rumore di passi che rimbombava nel corridoio lo destò così nascose la lettera frettolosamente.
“Jane, tutto bene?”
“Si Wayne non preoccuparti… qualche novità?”
“No per il momento niente. La scientifica sta arrivando, come al solito ha detto di non toccare niente, come se fossimo dei novellini” sbuffò.
Jane lo fissava con aria colpevole e con la sua espressione poco convinta di sempre.
“Che c’è?” chiese l’agente.
“Ehm… niente, assolutamente niente… forse è meglio che vada a prendere una boccata d’aria, qui dentro non si respira”
Rigsby continuò a scrutarlo attentamente “Va bene”
Entrò nell’ascensore e sparì lentamente tra le ante mentre il suo collega era ancora lì a riflettere sul suo strano comportamento.
Uscì dall’edificio con passo deciso. Non poteva mettere in pericolo la vita dei suoi amici, così si mise in macchina deciso a finire questa storia una volta per sempre.
“Vuoi giocare con me John? Non ti deluderò!”

 *

Aprì gli occhi lentamente. Ci mise un po’ prima di realizzare di essere raggomitolata al suolo con il volto premuto su del freddo marmo. Era in una piccola stanza completamente bianca, vuota e gelida. L’unico arredamento era costituito da scatoloni sparsi disordinatamente e da grosse lampade chirurgiche che illuminavano l’ambiente in modo accecante. Cercò di sollevarsi muovendo in avanti le braccia ma quel movimento fu impedito da qualcosa che le stringeva insieme i polsi. Era ammanettata con le sue stesse manette, le cesellature premevano terribilmente sulla sua pelle e lasciavano dei profondi e dolorosi solchi rossi. Doveva essere rimasta in quella posizione per almeno un’ora. Si mosse lentamente sul pavimento, strisciando sulle ginocchia, avvicinandosi alla parete che distava solo pochi metri da lei. Nel compiere quei movimenti delle fitte lancinanti le perforarono il fianco. Sentì le forze venirle meno ma preso un intenso respiro proseguì raggiungendo il muro e appoggiandovisi contro. Sollevò lentamente la camicia macchiata di sangue e osservò la ferita che si estendeva sulla sua pelle candida. Arma da taglio a lama lunga a giudicare dalla profondità. Toccò lievemente i lembi di pelle sanguinanti ma tirò subito indietro la mano emettendo un urlo lancinante: “Dio!”. Quel suono rimbombò così violentemente nella stanza che temette per un attimo di essere sentita dal suo aguzzino. Si portò così una mano alla bocca quasi per sigillarla e cancellare magicamente quel suono poco sgradevole sfuggitole. Un altro intenso dolore le pizzicò il volto questa volta. Poteva sentire chiaramente sotto le sue dita il sangue raggrumato che era cosparso su tutto il suo viso. Si erano proprio divertiti parecchio a picchiarla per chissà quanto tempo. Cercò di ricordare cosa le fosse successo e chi soprattutto le avesse fatto questo, ma tutto ciò che riusciva a vedere nella sua mente annebbiata era solo il parcheggio del CBI e poi il buio più totale.
Improvvisamente sentì dei rumori provenire dal fondo della stanza. Era una porta che si stava schiudendo lentamente. Ma chi l’aveva messa li? L’ultima volta che si era guardata intorno non aveva notato assolutamente la sua presenza ed ora apparsa dal nulla tra le luci sfolgoranti si apprestava a rivelare la sagoma di un uomo. Si accovacciò su se stessa come per farsi scudo.
 
“Salve agente Lisbon. Vedo che è già sveglia”
 
Era un uomo alto e magro come un fuscello. Aveva un enorme sorriso stampato in volto che infondeva un’inquietante sensazione di sconforto. Camminava verso di lei con passi lenti e decisi. Ora che era più vicino riusciva a intravedere il colore delle sue iridi, un intenso ambra che brillava sotto le potenti luci. Aveva in dosso una camicia bianca con una cravatta blu e dei pantaloni neri, doveva essere una divisa da lavoro.
Lisbon si faceva sempre più piccola cercando di non incrociare mai lo sguardo con quello dell’uomo.
Era così vicino che riuscì a sentire il suo respiro sulla pelle. Si piegò sulle sue ginocchia e la scrutò attentamente.
 
“Lo sa chi sono, vero?”
Lisbon non rispose a quella domanda.
“Io credo di si… ” continuò “…Non lasciò mai le cose a metà, arrivò sempre alla fine e soprattutto riesco nei miei intenti. Allora chi sono?”
Non rispose nuovamente divagando il suo sguardo oltre la sagoma di fronte a sé. Era una vera e propria mancanza di rispetto nei suoi confronti, così nonostante la sua bocca fosse ancora modellata in un sorriso, le sferrò uno schiaffo in pieno volto facendo sanguinare nuovamente il suo labbro.
“Riproviamo, chi sono io?”
“S-sei John il Rosso…” emise con un filo di voce.
“Brava! Molto brava!... adesso voglio che risponda ad un’altra domanda. Perché lei è qui agente?”
“Fottiti bastardo!!” urlò sputandogli addosso.
L’uomo pose per istinto la mano destra sul suo fianco ma poi la ritrasse repentinamente. Lisbon notò quel movimento sebbene fosse avvenuto in una frazione di secondo.
Improvvisamente si slanciò con veemenza verso di lei afferrandole il viso con una mano e tirandolo a sé.
“Vede signorina Lisbon, non mi ci vorrebbe veramente nulla per toglierla di mezzo, ho ucciso così tante volte che ormai per me è diventato quasi un hobby. È viva solo perché per il momento la vita di Angelica dipende da lei. Se lei muore, muore anche la bambina, se vive altrettanto farà la piccola. Per questo voglio persuaderla a trattenere gli impulsi avventati. È soltanto un gioco, ed io non ho intenzione di perdere! Va bene?!” strinse ancora di più la mano sulla sua pelle morbida “Mi ha capito?!”
Lisbon annuì con la testa cercando di trattenere le lacrime e di mantenere intatta la sua dignità.
Le lasciò il volto lentamente “Bene! Allora, perché è qui agente?” ripeté con un tono più sobrio.
“A c-causa di J-Jane… ”
“Giusto!” si alzò in piedi continuando a fissarla “Vede che quando vuole è proprio brava?... un’ultima domanda… a cosa serve tutto questo? Perché ho rapito la bambina e lei, agente?”
Alzò il capo e lo fece scivolare lentamente indietro appoggiandolo alla parete. La paura la stava consumando lentamente, sperava che fosse solo un sogno ma i dolori lancinanti al costato la destarono da quel pensiero così infantile. Scosse leggermente la testa poi disse “Non lo so… vuole u-ucciderci?”
Rise istericamente “Uccidervi? Io? No mia cara agente, ho in serbo qualcosa di molto meglio! La vostra vita è appesa ad una decisione, alla consapevolezza di scegliere una strada e di non rimanere più con un piede nel passato ed uno nel presente. Ho aspettato pazientemente questo momento per anni, osservandovi, cercando di trovare i punti di pressione giusti e finalmente ho capito che il modo migliore per distruggere il proprio nemico è di mettere nelle sue mani la vita delle persone che ama!” s’interruppe repentinamente quando il suono di un cercapersone iniziò a propagarsi attraverso la tasca del suo pantalone. Prese l’oggetto e lesse la scritta sul display.
“Sembra che lei stia molto a cuore al suo consulente” disse rivolgendo nuovamente lo sguardo alla donna “è già venuto a salvarla... bene, che il gioco abbia inizio!”
Uscì in fretta mentre Lisbon era riuscita a mettersi in piedi cercando di seguirlo.
“Che cosa vuoi fargli brutto stronzo!” Ma le sue urla non fecero altro che ripercuotersi sulla superficie sigillata della porta.

 *

Uscì dall’auto e si guardò lentamente intorno. Il Green Bay Hospital non era più attivo da soli tre anni ma aveva già assunto l’aspetto di un rudere. I muri erano imbrattati da graffiti di ogni genere e il suolo era tappezzato da siringhe abbandonate dagli spacciatori notturni. Percorse lentamente il sentiero che conduceva all’entrata facendo attenzione ad ogni rumore, ogni impercettibile movimento. Spinse con forza l’enorme porta automatica ormai bloccata ed entrò nell’atrio principale. La luce dei lampioni proveniente dall’esterno riusciva ancora a illuminare a malapena quel luogo. Scale, porte di vario genere e corridoi si affacciavano su ogni lato dell’enorme sala. Era un immenso labirinto oscuro nel quale sarebbe stato molto facile perdersi.
“Oh, Lisbon dove sei?” sussurrò continuando a scrutare l’ambiente.
Fece qualche passo ma all'improvviso sentì un tonfo provenire dalla sua destra così s’incamminò in direzione di quel rumore. Entrò tra delle grandi porte su cui capeggiava la scritta -Medicina generale-
Percorse il lungo corridoio aprendo ogni porta ai suoi lati. Ma niente, non c’era assolutamente niente che potesse ricondurlo a John, persino uno smile rosso in quel momento gli sarebbe stato di aiuto. Udì nuovamente quel rumore che aveva sentito poco prima così si voltò tornando a fissare l’atrio. Una voce famigliare sembrò provenire dalle sue spalle.
“Ciao Patrick”
Fece per girarsi ma fu colpito alla testa con un oggetto pesante. Cercò di rendersi conto di cosa stesse succedendo ma cadde al suolo rovinosamente e all’improvviso tutto ciò che riuscì a vedere fu solo il buio più totale.

 *

Riprese conoscenza lentamente. L’odore di disinfettante tipico degli ospedali giungeva alle sue narici, era incredibile come quel luogo ne fosse ancora impregnato. Se ne stava seduto inerme sul pavimento. Aveva il capo ripiegato in avanti e la prima cosa che vide appena aprì gli occhi furono i puntini colorati di cui sono costellati i tipici mattoni delle strutture ospedaliere. Reclinò lentamente la testa all’indietro poggiandola ad un armadietto alle sue spalle. Un uomo lo stava osservando con attenzione, seduto ad una sedia con le braccia conserte. La sua forma era quella di sempre, imponente e autoritaria ma la tipica sensazione di conforto che un tempo diffondeva sembrava essere svanita. Tamburellava il piede destro producendo un ticchettio stridulo mentre strizzava gli occhi per fissarlo in ogni minimo particolare.
 
“Non ti arrendi mai vero?” disse fermando la sua gamba e interrompendo quella sinfonia ritmica.
Jane sembrava impassibile, come se il suo udito non riconoscesse le parole pronunciate da quella voce.
“Allora? Che fine ha fatto la tua parlantina?” si ripiegò in avanti per guardarlo meglio in volto.
“E tu invece?”
“Io cosa?” disse curioso di sentire il prossimo trucchetto mentale del consulente.
“Che fine ha fatto il tuo distintivo del CBI?” accennò un mezzo sorriso beffardo.
“Oh, abbiamo appena iniziato una conversazione amichevole e tu la metti già su questo piano?”
“Beh… non credo tu voglia sapere se le uova che ho mangiato a pranzo fossero cotte a puntino, quindi… ”
L’uomo rise scuotendo leggermente la testa “Riesci sempre a metterti su un altro livello. Hai questa capacità di far sembrare qualsiasi situazione un… gioco.” Disse snocciolando l’ultima parola. “Un omicidio? Ecco una carta da gioco apparire magicamente dalla tasca del cadavere. Una lite? Oh non importa tornerò a parlare con la mia macchia sul soffitto a forma di Elvis. E i poliziotti? Un’inutile organizzazione di scansafatiche incompetenti, meglio stuzzicarli rivelando ai presenti i dettagli della loro vita privata!” Le ultime parole uscirono in modo prepotente ma allo stesso tempo contenuto e non poterono far altro che rimbombare nell’eco di quell’ambiente scarno.
Jane aveva ripiegato la testa leggermente in avanti, sembrava quasi si stesse vergognando a sentire tutte quelle tristi verità. La sua risposta, così fredda e sfrontata come al solito, non meravigliò l’uomo.
“Che cosa posso farci?... è la mia natura”
“Già, la tua natura… non ha fatto altro che metterti nei guai. Se solo per una volta non avessi ascoltato quella stupida vocina che diceva nella tua testa -Avanti fai lo spaccone! Renditi grande agli occhi degli altri!- forse avresti potuto evitare tutto questo” disse allargando le braccia per mostrare meglio ciò che lo circondava. “Ma tu no, hai continuato imperterrito, stavi facendo molti soldi frodando la gente e raccontando le tue cazzate in giro per la tv. Niente poteva fermarti, fino a quando non hai attirato l’attenzione della persona sbagliata… ”
Jane lo interruppe “La mia famiglia è stata sterminata, ho pagato per quello che ho fatto! Mi sono redento ed ho iniziato a lavorare con il CBI, per dare giustizia alla gente che soffre, a tutti coloro che non possono vagare da soli alla ricerca di un po’ di riscatto! Che cosa vuole John il Rosso ancora da me?!”
Era rosso in viso e le vene sul collo erano diventate visibili. Tremava per la rabbia, voleva vendetta, voleva che tutta la sofferenza che aveva patito fosse ripagata in qualche modo, nel modo più giusto, uccidendo la causa dei suoi mali. Ma seduto su quel freddo pavimento, senza neanche un po’ di forza nelle braccia e con davanti solo una pedina della sua nemesi non poteva far altro che tenersi dentro tutti quegli istinti e gridare la sua rabbia.
L’uomo continuò a fissarlo con freddezza “È chiaro che qualcosa ci sia… ” glissò subito l’argomento, assumendo un tono più leggero e puntando su un altro genere di conversazione “Allora, non c’è nulla che tu voglia chiedermi? Sono qui a tua disposizione, puoi avere tutte le spiegazioni che vuoi… almeno fino a quando non inizieremo a giocare” sorrise.
Prese un grande respiro, capì che in fin dei conti quell’uomo non avesse tutte le rispose in mano. Si guardò intorno poi chiese “Perché Lisb…”
“No, non lo fare!” scosse la testa energicamente “Quella è una sorpresa” ghignò muovendo verso il suo volto il dito indice.
Fece per aprire bocca ma l’uomo lo interruppe nuovamente.
“E non chiedermi della bambina!... Sta bene… ”
“Lorelai, parlami di Lorelai. Qual era il suo compito?”
“Ecco una bella domanda! Beh Lorelai era una semplice discepola, si era unita da poco alla nostra “combriccola”. Aveva un compito molto facile, ed in parte l’ha portato a termine, ma poi si è fatta beccare dagli sbirri, no, no, no, non andava assolutamente bene. Così John ha deciso di sfruttarla sino alla fine. Doveva inscenare la sua fuga, per poi tornare al CBI e prendere la tua cara Lisbon.”
“Il coltello… ”
“Ovviamente, ogni professione richiede gli attrezzi da lavoro adeguati”
“Ma che bisogno c’era di avvelenarla?”
“Chi è membro sa benissimo che nel caso fosse catturato dalla polizia la sua vita finirebbe entro pochi giorni. Dobbiamo preservarci in qualche modo. Questo valeva anche per Lorelai, avrebbe dovuto compiere solo l’ultimo favore al Maestro e poi sarebbe morta come tutti gli altri… ma, cavolo, ha deciso di togliersi di mezzo da sola, così ho dovuto completare io la sua missione.”
La pacatezza proveniente da quelle parole non rispecchiava la vera anima di chi le stava pronunciando. Era questo che faceva John il Rosso, entrava nella tua testa per convincerti che tutto ciò che ci sia di male al mondo fosse giusto, un motivo per cui sacrificarsi.
“E tu Minelli? Perché sei dalla parte di John?”
“Io? Beh, ho solo scelto l’alleato più forte” rispose riprendendo a sorridere.       
  
 
 
1: “Non Cercare Mai Di Dire Al Tuo Amore” - William Blake


Ed ecco la prima parte del penultimo capitolo. Spero di non avervi fatto aspettare parecchio e se l'ho fatto chiedo perdono (ma come parlo oggi? XD). Ringrazio chi ha recensito e letto il capitolo precedente, spero che anche questo vi piaccia. Un bacio, Emy :))

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Capitolo 6
*** La Sottile Linea Rossa *PARTE SECONDA* ***


“E tu Minelli? Perché sei dalla parte di John?”
“Io? Beh, ho solo scelto l’alleato più forte” rispose riprendendo a sorridere.
 
“L’alleato più forte? È di questo che si tratta?”
“Perché cos’altro ti aspettavi Patrick? Qualche trauma infantile? Qualche abuso? La verità è che noi facciamo scelte di continuo, non importa se siano giuste o sbagliate! È quello che ho fatto anch’io. Ho solo scelto di seguire John il Rosso.”
Jane voltò la testa per non guardare più quell’uomo in volto. 
Le sue capacità da mentalista sembravano infrangersi contro quella figura. Forse era la delusione, forse semplicemente la botta in testa, ma qualcosa in lui non andava. I complessi meccanismi del suo cervello si stavano accartocciando su se stessi, le spiegazioni razionali e la logica nascosta dietro ad ogni cosa svanivano e al loro posto sbocciavano dei rimpiazzi fatti da semplici sentimenti umani. Umano, ecco cosa era. Per quanto s’imponesse di non essere più una semplice persona fatta di carne ed emozioni, per il bene delle persone intorno a lui e per se stesso, il suo essere era tornato a fargli visita e lui non aveva cercato neanche di allontanarlo. Anzi, lo aveva stretto a sé, riproponendosi che se mai ne fosse uscito vivo quella notte non avrebbe fatto altro che iniziare a vivere da semplice uomo, da semplice Patrick Jane.

 *

 La porta si aprì nuovamente rivelando questa volta due sagome; John il Rosso stringeva in mano una Glock .40 S&W e la puntava verso la tempia della bambina. Fortunatamente aveva deciso di scontare la sua furia solo su di lei, Angelica non mostrava alcun segno di percosse, anzi sembrava accuratamente abbellita come se fosse una bambola di porcellana; Aveva il viso candido e liscio, i capelli ordinatamente raccolti in una treccia e un vestitino bianco latte ornato da merletti. Lisbon la fissava cercando di rassicurarla e di sorriderle ma il viso della piccola incominciò a rigarsi di lacrime. Aveva di fronte un agente sanguinante e pieno di lividi, di certo non era rincuorante. Staccò lo sguardo dal volto della piccola ritornando a fissare quell’arma così famigliare. Una Glock .40S&W. Non è una pistola comune, di quelle per hobbisti. Improvvisamente nella sua testa offuscata tutto si fece più chiaro, cosa aveva pensato la prima volta che aveva visto l’uomo?
-Camicia bianca, cravatta blu e pantaloni neri-
Una divisa! Certo!
Quando gli si era avventata contro aveva avuto l’istinto di porre la mano sul fianco come se fosse alla ricerca di qualcosa. Una fondina.
E poi quella pistola semiautomatica così pesante rispetto alla sua 9mm.
 
“Sei dell’FBI vero?” disse con un filo di voce.
L’uomo mostrò un enorme sorriso stringendo a sé la bambina.    
“Sa signorina Lisbon, lei è davvero uno degli agenti più svegli che abbia mai conosciuto. Inoltre è anche una bella donna, potrebbe avere ai suoi piedi schiere di uomini pronti a sposarla e a renderla felice. Ma lei no, respinge tutti solo per tenersi vicino Patrick Jane, un uomo che eclissa la sua bravura e la mette nei guai con i suoi superiori. Mi dica, quante volte ha dovuto prendersi la colpa delle sue azioni?”
Abbassò lo sguardo al solo sentire quelle parole.
“La verità è che per quanto lei riponga il suo interesse in quell’uomo lui non lo ricambierà mai, si divertirà con chissà quante altre prostitute mentre lei sarà nel suo piccolo appartamento a rimuginare su come sarebbe bello avere una famiglia!”
Ribrezzo. Era quello che provava nei confronti di quella bestia. Alzò nuovamente il capo e questa volta si costrinse a fissarlo negli occhi.
“Sai che ti dico John? Vai- a- farti- fottere!” esclamò trattenendo tutta la rabbia dentro di sé.
L’uomo irruppe violentemente nella stanza continuando a puntare la pistola verso la bambina paralizzata sull’uscio. Afferrò Lisbon per i capelli e la avvicinò a sé. La donna emise un gemito di dolore.
“È sempre un piacere agente!” le sussurrò all’orecchio trascinandola fuori da quell’ambiente.

 * 

“Quando potremo avere i riscontri sulle impronte ritrovate?” chiese Rigsby alla giovane donna che si apprestava a riporre gli attrezzi da lavoro in una valigetta.
“Presto ovviamente, queste prove hanno la priorità su tutto il resto. L’agente Lisbon ritornerà sana e salva non preoccupatevi” sorrise seppure non fosse del tutto convinta di ciò che aveva detto. Rigsby lesse subito la sua reazione cosi si limitò a ringraziare.
Gli uomini della scientifica abbandonarono l’edificio e i tre, ormai soli, si riunirono per aggiornarsi sulle novità.
“Van Pelt cosa dicono i tabulati telefonici?” chiese il coreano avvicinandosi alla scrivania della collega.
“Niente, assolutamente niente!” esclamò mostrando tutto il suo nervosismo. “Nessuna chiamata sospetta ricevuta e la segreteria telefonica è pulita. Il cellulare è stato spento mezz’ora prima del nostro arrivo. Non possiamo rintracciarla!”
“Ok Van Pelt calmati” rispose Rigsby cercando di ridurre la sua foga.
“Scusatemi, e che non riesco a sopportare tutto questo” replicò con un tono più calmo mentre stuzzicava con una mano il referto poggiato sulla tastiera del suo computer.
“Anche noi ci sentiamo così, ma dobbiamo sforzarci di rimanere lucidi, è questo che vorrebbe il capo”
“Rigsby ha ragione, stiamo andando bene, continuiamo così. Allora cos’altro abbiamo?” sentenziò Cho.
“Uhm impronte, un mucchio d’impronte a dire la verità. Sarà difficile ottenere qualcosa di utile” replicò il collega.
“E Jane cosa dice? Era nell’ufficio prima che arrivasse la scientifica, magari ha notato qualcosa” chiese la rossa.
Rigsby spalancò gli occhi quando quel particolare che sembrava sfuggirgli da circa un’ora si palesò davanti ai suoi occhi.
“Jane non c’è”
“Come non c’è? E dov’è andato?”
“È uscito subito dopo aver visto l’ufficio del capo… ” si guardò intorno in cerca di un’attenuante “… non è più tornato! Scusatemi l’ho perso di vista”
Cho e Van Pelt si fissarono con aria preoccupata. L’improvvisa sparizione di Jane non era un buon segno.
“Ti prego dimmi che non l’ha rifatto”
“Dobbiamo subito ritracciarlo! Speriamo che il suo cellulare sia raggiungibile!” Van Pelt iniziò a premere istericamente i tasti del portatile che era stato sommerso dai fascicoli.
“Ragazzi di cosa state parlando?” chiese Rigsby con la sua solita ingenuità.
Cho si voltò seccato verso il collega “Jane è andato da solo a salvare Lisbon!”

 *

Nessun’altra parola era volata da quando Jane aveva deciso che contare i piccoli segni su i mattoni del pavimento fosse più interessante che conversare con Minelli. L’uomo dal canto suo non aveva più aperto bocca, si limitava a fissare il consulente analizzando ogni suo piccolo gesto.
Alle spalle dell’ex agente una grande porta iniziò a schiudersi lentamente. Balzò in piedi trascinando via in un cantone della stanza la sedia su cui era seduto.
“Bene! Cominciavo a credere che il Maestro avesse cambiato idea e l’avesse uccisa con le sue mani!” borbottò verso Jane.
Jane si alzò a fatica sorreggendosi alla parete mentre Minelli si accingeva a tenerlo stretto per un braccio. Quello che vide appena riuscì a mettere a fuoco quella scena in lontananza lo ferì come non mai. Nella sua carriera da consulente del CBI aveva visto violenza di qualsiasi genere per non parlare dei cadaveri ritrovati in ogni posto di Sacramento, in un certo senso aveva fatto l’abitudine ai terribili modi con cui la gente decide di fare del male al prossimo. Il viso di Teresa, sanguinante e privo della sua solita tempra fu qualcosa di nuovo per lui, un nuovo livello di crudeltà, la stessa che aveva incontrato dieci anni prima.
John il Rosso avanzava nella sala con una mano poggiata sulla spalla di Angelica e con l’altra aggrovigliata tra i lunghi capelli di Lisbon. La trascinava dietro di sé mentre questa sembrava seguire inerme il suo aguzzino portando le mani al suolo qualvolta lui la strattonasse più forte.
Sì fermò a pochi passi da Jane e scaraventò al suolo la donna che non reagì in alcun modo.
Jane sudava freddo, il solo pensiero di quello che stava accadendo smuoveva tutta la rabbia che era in lui da anni. Cercò di dimenarsi dalla presa dell’uomo “Che cosa le hai fatto?!”
L’uomo estrasse la pistola dalla sua cintura e la puntò verso Jane poi abbassò lentamente il braccio fino a quando la traiettoria dell’arma non incontrò il corpo di Lisbon.
“Per il momento niente…” ghignò “Oh Patrick, hai finalmente l’onore di conoscere la tua nemesi preferita e sprechi le presentazioni con uno stupido -Che cosa le hai fatto?- ?!” imitò in modo stridulo la sua voce.
“Che cosa vuoi che ti dica?”
“Beh per iniziare potresti ricordarmi quanto sia stato bravo a farti impazzire per oltre dieci anni, oppure quanto tu abbia sofferto per la perdita della tua famiglia, insomma le solite frasi sciocche che ti piace tanto ripetere all’infinito.” rise.
Jane non distaccava lo sguardo dai suoi occhi da pazzo. L’uomo di tutta risposta ricambiava l’attenzione.
“Secondo te potrei dimenticare così facilmente tutto il dolore che mi hai causato?”
“Oh no, no, no. Sarebbe… imperdonabile da parte tua.” esitò rivolgendo un’occhiata alla donna indifesa al suolo “Ma pare che in fin dei conti tu l’abbia trovata un’altra ragione di vita, o sbaglio?”
Jane abbassò lo sguardo cambiando espressione.
“Ooh! Oh Oh! Il nostro consulente è innamorato!”
“Non so di cosa tu stia parlando!”
“Certo che lo sai… vedi Patrick ho sempre apprezzato il tuo modo così ambiguo di comportarti. Sei sempre in bilico tra due scelte, il fare e il non fare, il dire e il non dire, il mentire o dichiarare la semplice verità. Mi ricorda tanto quello che faccio ogni singolo giorno della mia vita. Di giorno agente dell’FBI, amato e rispettato, di notte spietato serial killer con la fama di una stella del cinema. Anche tu dal canto tuo sei come me, sei il benefattore della California ma entrambi sappiamo che non ci penseresti due volte a premere il grilletto per avere un po’ di vendetta… saremmo una bella coppia insieme.”
“Io non sono come te!”
“Beh non ne sarei così sicuro” sorrise avidamente “Piaciuta la bambina?” disse muovendo il campo in direzione della piccola. “Oserei dire meglio dell’originale!”
“Hai sempre il modo giusto per colpire nel segno.”
“Grazie, Patrick. Sono felice che tu apprezzi il mio operato. È stato molto difficile sai? Ricordarsi i lineamenti di tua figlia intendo… i visi straziati dal dolore non rendono bene la vera essenza di una persona… ”
Il cuore di Jane s’infranse in mille pezzi a quelle parole “T-tu… tu sei un essere spregevole… ”
“… naturalmente anche la ricerca è stata estenuante. Non puoi nemmeno immaginare quanto tempo ci sia voluto per trovarla così somigliante alla tua Charlotte… ”
“Basta!” l’uomo si zittì repentinamente riponendo tutta la sua attenzione nelle parole del consulente.
“Per anni hai giocato con la mia vita, distruggendo ogni cosa a cui tenessi. Uccidere una donna che non ha nulla a che vedere con me solo perché sua figlia assomiglia alla mia è davvero… ” esitò fissandolo attentamente negli occhi “… la più infima mossa che tu avessi mai potuto compiere.”
 “Ho ucciso per molto meno, credimi. Ma non puoi incolparmi Patrick! L’ho fatto per te! Tutti quei mesi a fingermi un professore per avvicinarla, le riunioni scolastiche, gli incontri con il preside… ho persino insegnato a tre classi sai? Scienze umane… ” ghignò.
Jane lo fissava con disgusto, era proprio come se lo immaginava, un freddo assassino pazzo e fiero di esserlo. Cercava di tenere gli occhi puntati su di lui ma inevitabilmente questi non facevano altro che ricadere su Lisbon e solo alcune volte sulla bambina. Se avesse visto quella scena in un semplice film avrebbe sicuramente commentato con un po’ di repulsione -Il cuore guida la vista di quell’uomo-
“Se devo dire la verità ero un po’ indeciso sul fatto di risparmiarla, mi sarebbe piaciuto immaginarla mentre il dolore la mangiava viva per la perdita della figlia… però poi la risposta mi si è parata davanti da sola, dovevo ucciderla. Ha capito chi ero quando ha visto lo smile nella camera della figlia, ha avvisato il preside della scuola ed è uscita con la bambina, per questo l’ho fatta fuori e l’ho utilizzata per mandarti un messaggio”
“Bravo… hai ucciso anche il preside”
“Ovviamente… allora che ne dici di iniziare questo gioco?”
“Quale gioco?!” chiese Jane preoccupandosi di quello che l’uomo avrebbe potuto fare.
“Sono sicuro che ti piacerà, come vedi ai miei fianchi ci sono Angelica, la bambina che tanto ricorda tua figlia, e l’agente Teresa Lisbon, della quale sono sicuro tu sia innamorato. Tutto quello che devi fare è scegliere una delle due, tutto qui.”
“Una delle d-due?”
“Esattamente! Entrambi rappresentano un messaggio, una parte della tua futura vita. Il passato… ” disse posando la mano sulla testa di Angelica “E il futuro” scosse la pistola verso Lisbon.
“Non capisco dove tu voglia arrivare”
“Non fare il finto tonto Patrick. Prendi la bambina e continuerai a vivere nel ricordo della tua famiglia, prendi l’agente Lisbon e forse a breve ti sposerai …” terminò la frase ridacchiando.
Sorvolò su quella provocazione. “E poi che ne sarà dell’altra?” chiese temendo per il suo stesso ruolo nel gioco.
“Morirà. È così semplice. Oh un’ultima cosa, dovrai sbrigarti perché ora inizierò a contare fino a tre e se quando avrò finito tu non avrai ancora deciso io semplicemente le ucciderò entrambi. Tutto chiaro?” Si schiarì la voce pronto a iniziare quel conto alla rovescia verso la morte.
 
“Uno…”
 
Jane prese un grande respiro socchiuse gli occhi sperando che per un attimo lui non fosse realmente lì in quella terribile situazione.
Lisbon era riuscita ad alzare in modo impercettibile la testa, lo scrutava con gli occhi gonfi di lacrime, avrebbe desiderato gridargli che per lei andava bene, poteva salvare la bambina senza alcun rimpianto perché quello era ciò che faceva un bravo agente, posporre la propria vita per salvare un civile.
 
“… due… ”
 
Riaprì gli occhi e incontrò lo sguardo di Teresa. Era così deciso e fiero, sapeva quello che voleva suggerirgli ma non credeva di avere la forza per farlo realmente. Passò a scrutare Angelica. Era terrorizzata, immaginò per un secondo che quell’espressione fosse la stessa che la sua piccola Charlotte aveva assunto prima di morire. Non poteva permettere che un altro angelo senza colpe morisse.
 
“… tre!”
 
Lisbon ormai rassegnata al suo destino iniziò ad abbassare lentamente lo sguardo quando il suo volto fu colpito da un bagliore. Scrutò lentamente la fonte di questo e si accorse che la mano dell’uomo che stringeva la pistola era così vicina a lei. C’era una piccola possibilità, una minuscola opportunità per fare la differenza nel futuro di Jane. Inspirò a pieni polmoni. Dio, cosa stava per fare.
 
Improvvisamente si alzò di scatto racimolando tutte le sue forze, colpì con un gomito lo sterno dell’uomo mentre con la mano destra afferrò saldamente la pistola. John sorpreso da quel gesto non ebbe il tempo di reagire, barcollò e cadde al suolo. Ce l’aveva fatta, era riuscita a prendere l’arma così senza perdere tempo la puntò verso Minelli e sparò un colpo che lo trafisse dritto al cuore. Furono momenti concitati nel quale fu difficile capire cosa stesse succedendo realmente.
“Scappa, nasconditi!” urlò Lisbon verso la bambina.
“Caro agente, questo non doveva proprio farlo!” l’uomo sebbene ferito alla testa per la forte caduta, riuscì a tirarla per una gamba facendola cadere affianco a sé. Jane era immobile, letteralmente pietrificato. L’uomo accasciato ai suoi piedi non era ancora morto, muoveva impercettibilmente la mano alla ricerca di qualcosa. Fu in quel momento che si accorse che a pochi passi da lui giaceva la pistola di John. Doveva essere scivolata fin lì quando Lisbon era stata atterrata. La prese senza pensarci due volte.
John il Rosso era a cavalcioni sopra il suo esile corpo, le stringeva le mani intorno al collo con una foga a dir poco disumana. Tutto si stava annebbiando lentamente, l’ossigeno iniziava a mancare e cercare di difendersi era diventato pressoché impossibile. Si divincolava con tutta la sua forza gridando e scalciando senza fermarsi.
“J-Jane! Jane!!”
“La senti Patrick? Sta morendo, eppure tu sei lì immobile!”
Alzò in pugno la pistola e cercò di puntarla verso l’uomo. Tremava, e il movimento spasmodico si ripercuoteva lungo il suo braccio arrivando sino alla canna dell’arma. Non era mai stato un bravo tiratore, sorrideva ripensando a tutte le volte che Lisbon aveva cercato di convincerlo a sparare al poligono.
 
“Potrebbe servirti sai?”
“Non fino a quando ci sarai tu a coprirmi Lisbon”
 
Quelle parole rimbombavano nella sua testa, era incredibile come tutti i consigli che gli dava finivano sempre per essere rifiutati categoricamente. Se solo l’avesse ascoltata adesso non si troverebbe in quella terribile situazione in cui avrebbe potuto colpire per sbaglio l’unica persona che contava nella sua vita.       
Abbassò repentinamente l’arma chiudendo gli occhi e concentrandosi sui suoni che arrivavano ai suoi orecchi.
Una risata. Un tonfo. “Patrick!” Qualche frase senza senso. Striduli rumori di metallo. “T-ti prego… aiutami!” E poi il silenzio.
  
Tre colpi assordanti rimbombarono all’interno della sua testa tanto che lo costrinsero a chiudere gli occhi. Stupidi riflessi incondizionati. Gli sembrava di aver sterminato una nazione intera, di aver fermato il cuore di qualsiasi forma di vita esistente sulla terra. Persino il suo. Stupidi rimorsi. Un acre odore di bruciato si espandeva per tutta la stanza, la pistola sprigionava ancora dei sottili rivoli di fumo. Osservò l’arma con disgusto e la lanciò lontano da sé. Stupido, semplicemente stupido. Con timore rivolse un’occhiata verso il bersaglio. Il suo corpo era riverso su quello di Lisbon, lo eclissava completamente. Nessuno dei due si muoveva, nessuno dei due dava segni di vita. A quella visione si voltò in fretta portandosi le mani in volto.
“Che cosa ho fatto! Che cosa ho fatto!!” urlò contro la fredda parete macchiata del sangue di Minelli.       
“J-Jane…”
Si coprì gli orecchi con le mani “No, no, no!”
“Jane… ”
“Ti prego no! Sento ancora la tua voce nella mia testa” disse divincolandosi dalla sua stessa ombra proiettata dinanzi a sé.
“Diamine Jane, vuoi portare il tuo culo qui?!”
Scattò improvvisamente a quelle parole. Non era né un sogno né un incubo. La mano della donna strisciava sul pavimento come per far presa ma senza riuscire a scrollarsi di dosso quel peso.
“Lisbon!” Jane si precipitò verso di lei, spinse via il corpo senza vita di John e la aiutò ad issarsi.
“Cavoli Jane uno di questi giorni dovresti fare un bel controllo per l’udito” disse lasciandosi sfuggire un sorriso.
“Oh Teresa credevo di averti persa per sempre!” L’abbracciò stringendola stretta a sé senza pensare alle ferite che le puntellavano il corpo e che avevano preso a farle male per quel contatto.
“Jane così mi fai male!”
“Scusami, scusami” si staccò continuando a sorreggerla per la vita. “Tutto a posto?”
“Beh considerando che stavo per essere uccisa da uno psicopatico… ”
“È morto, ormai non potrà più fare del male… ”
Lisbon lo fissò negli occhi e con piena serietà aggiunse “Non mi stavo riferendo a John!”
Jane non poté fare a meno che iniziare a ridere, con delicatezza le prese il volto fra le mani e le baciò la fronte “Teresa… sappi che è solo colpa mia se John ti ha rapito e ti ha fatto tutto questo… ”
Lisbon scosse la testa leggermente benché fosse ancora nella presa dell’uomo “Jane… ”
“Fammi finire… è colpa mia perché non sono stato freddo come avrei dovuto essere, non sono stato in grado di nascondere i miei sentimenti… ”
Si fissavano negli occhi come non avevano mai fatto. La violenza, il dolore, il sangue sulle pareti sembravano svanire in quel momento di meritata sincerità.
“Ho mostrato ciò che avrei dovuto tenere rinchiuso dentro di me, ciò che sarebbe dovuto passare inosservato alla vista del mio nemico.”
“Che cosa stai cercando di dirmi Patrick?” chiese la donna seppure fosse convinta della retoricità di quella stupida domanda.
“Sto cercando di dirti per tutto questo tempo ho cercato qualcuno di cui potermi fidare, qualcuno forte…
qualcuno in pace con se stesso, migliore di me… ” proseguì Teresa intrecciando le sue mani con quelle del consulente.
“… qualcuno che conosca il lato peggiore di me e mi sappia amare lo stesso1.” Finì la frase con un’espressione incuriosita “Ma… dove?... ”
Lisbon sorrise “Dovresti ricordarti di spegnere ogni tanto il portatile… ” si avvicinò lentamente alle sue labbra e lo baciò. Jane la strinse a sé ricambiando quel gesto inaspettato. Ce l’aveva fatta, non c’era più vendetta né dolore o rabbia dentro di sé, c’era semplicemente una nuova forma di piacere che aveva dimenticato potesse esistere, la vita. Di cosa sapesse? Aveva stranamente un sapore di fragole e sangue mischiato a un intenso profumo di cannella e muschio. Di cosa era fatta? Di carne e ossa, di un cuore pulsante e soprattutto di sentimenti, e poi naturalmente pistole, distintivo del CBI, Spice Girls e Ave Maria recitati ogni sera prima di dormire. Tutto era diverso adesso, non c’era più il consulente tormentato dal suo passato, persino il falso sensitivo sembrava essere svanito nelle profondità del palazzo della memoria, rinchiuso finalmente a chiave assieme ai demoni. C’erano solo Patrick Jane e Teresa Lisbon che si baciavano in una stanza di un ospedale abbandonato, mezza illuminata e intrisa di sangue.
Si staccarono per riprendere fiato continuando a fissarsi negli occhi.
“Teresa, io ti amo” sussurrò al suo orecchio.
La donna sorrise pronta a rispondere ma qualcosa attirò la sua attenzione. Due piccoli occhi li stavano scrutando dietro dei grossi scatoloni, una manina fuoriusciva dal cartone e dei lunghi capelli biondi aleggiavano tutt’attorno.
Lisbon mosse una mano in direzione dell’osservatrice “Angelica vieni qui”
Non ci fu bisogno di ripetere due volte quella frase, il piccolo angelo uscì dal nascondiglio e corse verso i due. Li abbracciò come per chiedere protezione, come si fa con i propri genitori. Jane posò una mano sul capo della bambina “È tutto finito adesso, calmati”
Era tutto perfetto in quella scena, ma qualcuno, qualcuno molto in ritardo, aveva deciso di fare la sua entrata trionfale proprio in quel momento.
La porta posta infondo alla camera si aprì all'improvviso e delle luci abbaglianti invasero i loro occhi.
Capelli rossi, postura fiera e pistola puntata seguiti da spilungone e uomo di ghiaccio con tanto di armi d’assalto irruppero con poca grazia.
“Alza le mani, getta le armi e libera gli ostaggi!”
“Fermo non muoverti!”
“Faccia a terra e mani dietro la schiena!”
Era un tripudio di urli senza interlocutore. Jane e Lisbon si fissarono incuriositi. La bambina sembrava l’unica ad aver preso sul serio quegli avvertimenti, alzò le braccia al cielo con espressione innocente.
Cho emerse dall’imponente sagoma della rossa “Jane, capo?”
Van Pelt abbassò lentamente la pistola e osservò i corpi dei due uomini che giacevano senza vita al suolo. Guardò poi con aria sorpresa i due ed esordi con “Oddio, è stata veramente lei?” indicando la bambina.
Iniziarono a ridere come ben poche volte nella vita. Persino Rigsby e Cho presero a sogghignare.
“Ah la piccola Grace colpisce ancora!” sentenziò Jane continuando a ridacchiare e stringendo a se Lisbon ed Angelica.
Ridere su una scena del crimine. Quanta poca professionalità c’era in quel gesto? Nessuna, assolutamente nessuna.   
 
 
 
1: cit. The Mentalist ep. 3x19


Inizio col scusarmi per aver postato così in ritardo, ma in questi giorni sono stata fuori città e del pc non ho visto neanche l'ombra XD Comunque credo di aver riparato postando prima che potevo il sesto capitolo. Ebbene si questo è il penultimo capitolo, se devo dire la verità credo che quando sarà finita mi mancherà parecchio questa storia, tuttavia penso di consolarmi scrivendone subito un'altra XD. Spero che abbiate gradito anche questo capitolo, come sempre voglio ringraziare tutti coloro che hanno recensito, chi ha solo letto e chi ha aggiunto la mia storia tra le seguite e le preferite (praticamente ringrazio un pò tutti). Ci vediamo al prossimo aggiornamento. Baci, Emy. :)

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Capitolo 7
*** Il Rosso Non È Più Di Moda ***


-E adesso passiamo alla notizia che ha sconvolto l’intera California; il famoso serial killer conosciuto come John il Rosso sarebbe stato ucciso da un consulente del California Bureau of Investigation-
-Patrick Jane, consulente del CBI, avrebbe ucciso con un colpo di pistola John il Rosso, lo spietato serial killer colpevole di ben oltre trenta omicidi, salvando la vita all’agente speciale Teresa Lisbon-
-“La fine della carriera di John il Rosso era alle porte” ha dichiarato il direttore del CBI Gale Bertram, “Il distretto ha sempre creduto nelle capacità di quest’uomo” ha aggiunto parlando di Patrick Jane, il consulente che ha ucciso il serial killer-
 
“E con questo sono sette!”
Van Pelt portò gli occhi al cielo. Da più di un’ora e mezza Rigsby stava giocherellando con il telecomando saltando da un canale all’altro ed esultando ogniqualvolta sentisse la parola John o consulente.
Si voltò verso la collega intenta a riordinare delle pratiche e con estrema euforia asserì “CNN, CBS ed ABC, sono solo alcune delle più importanti emittenti che parlando di noi!”
“Non parlano di noi, parlano di Jane” ribatté la rossa benché sapesse che l’entusiasmo di Rigsby andasse ben oltre qualsiasi osservazione.
“Si ma Jane è un consulente del CBI quindi si può dire che stanno parlando anche di noi… ” balzò in piedi muovendosi per il bullpen “Diventeremo famosi!”
Van Pelt si portò una mano sul viso come per coprirsi dall’imbarazzo per il comportamento infantile dell’uomo. Questa volta però doveva essere onesta; le bambinate di Rigsby erano quasi divertenti ora che avevano chiuso uno dei casi più difficili degli ultimi dieci anni. Si, ci sarebbe potuta passare su. Rise per il suo pensiero e continuò a riordinare i documenti.
“Ti prego dimmi che non si è messo di nuovo in testa di diventare famoso” Cho era apparso alle sue spalle con in volto un’espressione mista tra lo sconforto e il turbamento. Insomma non che normalmente avesse un’espressione diversa.
“Lo conosci troppo bene” asserì la donna ridacchiando.
“Un giorno di questi gli sparerò” detto questo seguì il collega per cercare di limitare la figuraccia con il resto dell’ufficio.
Ormai Van Pelt era piegata in due dalle risate tuttavia il suo sguardo finì sull’orologio appeso alla parete dinanzi a sé. Le lancette segnavano le 10.30.
“Cavolo è tardissimo! Ragazzi dobbiamo andare alla riunione!” urlò verso i due.
 
La sala congressi era colma oltre ogni misura. Vi erano gli agenti del CBI e i colleghi dell’FBI, tutte le figure rilevanti nel mondo della giustizia, compresi giudici, avvocati e il capo procuratore in persona. Naturalmente le schiere di giornalisti e cameraman erano un dettaglio immancabile se l’evento era organizzato dal direttore Bertram.
Seduti in prima fila con delle espressioni fiere Van Pelt, Rigsby e Cho lanciavano dei segni di vittoria a Jane e Lisbon seduti sul palco di fronte. L’uomo ricambiava con ampi sorrisi e occhiolini mentre il capo al suo fianco sembrava non apprezzare quei comportamenti poco professionali.  
“Jane!” sussurrò tirandogli una gomitata.
“Che c’è?”
“Abbiamo davanti tutte le figure più autorevoli di Sacramento, vuoi smetterla di fare ammiccamenti?”
“Meh!” replicò continuando a dispensare sorrisi. La donna non provò nemmeno a replicare. Tornò a fissare un punto vuoto che non fosse riempito da una telecamera o un giornalista.
“E poi ci sono delle belle donne in sala… ”
Lisbon si voltò e lo fissò con aria impassibile “Ok, smettila.”
Jane non poté fare a meno di ridere, adorava la sua Lisbon gelosa e autoritaria.
Bertram si alzò e raggiunse il microfono, si schiarì la voce. Improvvisamente il silenzio calò e le luci si spensero per rinascere in un piccolo fascio luminoso puntato sul palchetto. Puro stile Bertram, di sicuro aveva organizzato tutto già da molto tempo.
 
“Oggi siamo qui riuniti a causa di un grande evento, un evento che rimarrà nella storia come la morte della più grande mente criminale di tutta la California. Come tutti sapete quest’uomo, questo psicopatico, conosciuto come John il Rosso, ha ucciso più di trenta persone a partire dal 1998. Le sue vittime erano soprattutto donne sole in casa di notte, un perfetto bersaglio per un assassino senza scrupoli. Tra queste donne ci sono anche Angela Jane e la piccola Charlotte Jane. Si, hanno entrambe lo stesso cognome poiché erano la moglie e la figlia del nostro consulente Patrick Jane.”
 
Jane abbassò lo sguardo sentendo quelle parole, la donna al suo fianco gli pose una mano sul braccio e gli rivolse uno sguardo dolce, consolatorio.
 
“E questo, lasciatemelo dire, è stato il più grosso errore che abbia potuto compiere, mettersi sulla strada di un uomo col cuore infranto dal dolore. Dopo dieci anni d’indagini supportate dal team dell’agente speciale Teresa Lisbon, costanti ricerche e pericolosi faccia a faccia con alcuni complici di questo serial killer, Patrick Jane è arrivato a John il Rosso, uccidendolo e soprattutto salvando la vita di un agente.”
 
Un applauso rimbombò nella sala, anche il capo procuratore batteva le mani compiaciuto.
 
“Oggi siamo in grado di dare un nome a questo assassino: Jordan Morris, quarantasei anni, agente speciale dell’unità quattro dell’FBI. Un agente dell’FBI, infiltrato in uno degli enti investigativi più organizzati e specializzati dell’America. Un perfetto nascondiglio per rimanere inosservati. Finalmente la California è libera da questo cancro ed è solo grazie ad un uomo e le sue capacità di osservazione. Per questo voglio chiamare qui il signor Jane per conferirgli questo distintivo e nominarlo agente onorario del Bureau.”
 
I tre colleghi in prima fila trasalirono alla vista del badge luccicante con tanto di nome inciso su. Lisbon guardò l’uomo con aria sorpresa e con un enorme sorriso stampato in volto. Jane sembrava pietrificato.
“No, no non posso Lisbon, è troppo”
“Avanti Jane te lo meriti!”
“Ma è un distintiv… ”
Bertram si voltò verso il consulente e con il solito tono che assumeva quando delle telecamere lo riprendevano asserì “Signor Jane, nella sua carriera ha ricevuto più pugni in volto che elogi, credo che un distintivo non le farà male questa volta” Rise scatenando l’ilarità dell’intero pubblico.
Jane tentennò poi con passo deciso andò a ritirare il riconoscimento. “Ehm… credetemi per la prima volta mi mancano le parole. Vorrei solo ringraziare gli agenti Lisbon, Rigsby, Van Pelt e Cho perché senza il loro aiuto non sarei mai riuscito ad arrivare a John. Naturalmente un ringraziamento sentito è rivolto anche tutti quelli che mi hanno sopportato per anni senza cedere al desiderio di spararmi” sorrise alzando verso i presenti il distintivo.
Una donna in tailleur con i capelli legati in uno chignon e un blocchetto stretto nelle mani si alzò tendendo il braccio sinistro in alto come fosse una ragazzina pronta a un’interrogazione. Era chiaramente una giornalista, aveva un’aria fiera e risoluta tipica di chi è del mestiere. Sorrise rivolgendosi a Jane quando questo le fece un gesto con il capo come per darle parola.
“Signor Jane, tutti sappiamo a grandi linee com’è stata condotta l’operazione; Dopo che l’agente Lisbon è stata rapita lei è andato a salvarla da solo, affrontando il serial killer senza alcun timore. Devo dire che è stato molto coraggioso, complimenti. Non se ne vedono molti di uomini come lei di questi tempi”
L’uomo piegò di lato il capo arrossendo lievemente e sorridendo lusingato.
“Ciò nonostante pare che oltre a John il Rosso sia stato ucciso anche un altro uomo. Alcune fonti affermano che si tratti di Virgil Minelli, ex capo del CBI, in pensione da circa cinque anni. Potrebbe fare chiarezza, dirci se le voci sono fondate?”
Jane esitò a rispondere. Era meglio lasciare certe questioni delicate al direttore o ai suoi superiori. Tuttavia l’uomo al centro dell’attenzione in quel momento era proprio lui, non poteva sfuggire questa volta alla morsa letale dei media. Si voltò a fissare Bertram che si limitò ad annuire con il capo.
“Si, si tratta di Virgil Minelli. Le notizie trapelate erano giuste.” Rispose freddo, limitando le sue parole al minimo indispensabile.
La donna però non parve accontentarsi di quella risposta concisa così dopo aver scarabocchiato sul suo blocchetto chiese ulteriori spiegazioni.
“Può dirci qualcosa in più? Era legato al serial killer? Aveva un ruolo fondamentale nella vicenda?”
Sospirò “Minelli era un complice di John il Rosso, questo credo si sia capito anche senza spiegazioni. Il CBI non ha molti dettagli sulla sua collaborazione con John, se durasse da anni o fosse solo un avvenimento recente. Per quanto ne sappiamo la sua presenza nel distretto potrebbe essere stata programmata col solo scopo di spiarci e renderci un facile bersaglio. Mi sono sempre considerato un amico di Minelli. Lo ritenevo uno degli uomini più affidabili e incorruttibili, e per questo mi sento in colpa. Se solo mi fossi accorto prima del suo doppio gioco avrei sicuramente evitato molti grattacapi al Bureau e soprattutto la morte di validi e coraggiosi agenti.”
“Crede di sapere i motivi per cui abbia scelto di seguire uno spietato serial killer?”
“Non posso dirlo con certezza. Ognuno di noi ha le sue ragioni per fare quello che facciamo. Credo che avesse paura. Paura di diventare il suo prossimo bersaglio, paura di mandare in frantumi un’intera vita di sacrifici. Per questo ha scelto di fiancheggiare il nemico. Non aveva alcuna arma per poterlo fronteggiare.”
“Grazie per aver risposto alle mie domande” la donna si sedette soddisfatta. Dietro di lei la sagoma di un uomo seguito da un cameraman si apprestava a prenderne il posto.
“Signor Jane, l’arma utilizzata per uccidere John il Rosso era sua?”
“Oh no” sogghignò aprendosi i lembi della giacca “Vede? Sono completamente disarmato. Il CBI si guarda bene dal foderarmi di armi.”
“Quindi di chi era la pistola?”
“Di John, era la sua pistola” rispose sommessamente. Una donna balzò in piedi sventolando il braccio come se fosse una bandiera.
“Che tipo di relazione c’è tra lei e l’agente Lisbon?”
Jane fissò sottecchi il capo che aveva assunto un’espressione quasi impressionata. Aveva gli occhi spalancati e muoveva la bocca come se volesse suggerirgli le parole da utilizzare.
Riprese a fissare la giornalista. “Oh una molto speciale… ” trattenne a stento un risolino.
“Di tipo romantico?” lo esortò la donna che aveva preso a saltellare sul posto. Di sicuro scriveva per qualche rivista di gossip.
“Se lei per romantico intende ricevere l’intera cancelleria del CBI in testa, beh si” sfoderò un sorriso a trentadue denti. Non altrettanto fece la giornalista.
     
 
Dopo un’ora e mezza di imbarazzanti domande e un discorso lungo e noioso del capo procuratore, le porte finalmente si aprirono. In testa alla folla seguito da giornalisti che non si davano ancora per vinti, Jane saggiò l’aria fresca che riempiva gli ampi corridoi. I presenti defluivano fuori dalla sala congressi. Agenti e avvocati gli stringevano la mano congratulandosi per la sua impresa. Era così imbarazzato che le uniche parole che fuoriuscivano dalla sua bocca erano grazie e non deve mi creda ogniqualvolta qualcuno si spingesse un po’ in la con i complimenti. Lisbon si era distaccata da quel tripudio di vaneggiamenti giornalistici. Era poggiata alla parete con le braccia conserte e osservava divertita la scena. Patrick Jane che arrossiva? Glielo avrebbe rinfacciato per il resto della sua vita. I suoi occhi posati su di lui vedevano per la prima volta un’immagine diversa. Non c’era un consulente, un falso sensitivo o persino un novello agente, c’era solo un uomo con i suoi pregi e i suoi difetti che aveva finalmente sconfitto il male che lo perseguitava.
Riuscì a scrollarsi di dosso la calca che si disperdeva lentamente lungo i corridoi. Raggiunse la donna che nel frattempo si era mossa verso di lui.
“Avvocati. Non sapevo potessero essere avvoltoi anche fuori dal tribunale.”
“Avvoltoi di genere femminile a quanto pare” lo guardò sottecchi.
“Sul serio Teresa? Da quando mi controlli?” rise fissandola negli occhi.
Lisbon gli strinse le mani e si avvicinò al suo volto.
“Da quando tu hai iniziato a chiamarmi Teresa”
Jane si staccò, fece due passi indietro e con espressione sarcastica le sventolò il dito indice sotto il naso.
“Agente Lisbon non è la prima volta che la chiamo con il suo nome. So che questo le causa imbarazzo perché le ricorda il suo soprannome, Santa Teresa giusto? Tuttavia credo che dopo tanti anni di lavoro insieme sia un mio diritto poterlo fare, insomma mi dica qualcosa!”
Lisbon gli mise una mano sulla bocca interrompendo la sua infinita litania.
“Anch’io” disse sorridendo.
Jane corrugò la fronte, si guardò intorno in cerca di un collegamento logico con la marea di parole illogiche che aveva appena pronunciato.
“Non era il genere di risposta che intendevo… ma… anch’io cosa?”
“Sto semplicemente rispondendo a ciò che mi hai detto ieri in quella stanza di ospedale… ”
Ripensò attentamente alle esatte parole che aveva pronunciato il giorno precedente alla ricerca di un periodo al quale si potesse adattare quella risposta. Improvvisamente una frase in particolare gli si palesò nella mente, si sbagliava o le aveva detto -Teresa io ti amo- ? Assunse un’espressione sorpresa.
“Oooh! Tu?… oh!” fu tutto ciò che riuscì a elaborare.
Lisbon ridacchiò, adorava Patrick Jane senza parole.
“Io si…” replicò nel suo stesso modo.
“Beh allora non le dispiacerà se… ” si avvicinò lentamente.
“Oh no nessun disturbo”
Si scambiarono un intenso bacio, molto più appassionato rispetto al giorno precedente. Intorno a loro questa volta non vi era il gelido ambiente scarno, privo di qualsiasi osservatore, ma un’intera mandria costellata da più di cento occhi tra cui quelli di giornalisti e cameraman. Tuttavia questi non sembrarono dare molta importanza a quel gesto. Forse non ci vedevano niente di speciale, insomma la gente si bacia di continuo, cosa c’è di strano? Beh per qualcuno nel CBI c’era eccome quella stranezza, qualcuno nascosto dietro i muri del bullpen, qualcuno che casualmente aveva tre paia di occhi, naturalmente distinti in tre individui ben separati.
“Ragazzi li vedete?” asserì la chioma rossa.
“No dove sono? C’è troppa gente!”
“Proprio lì davanti, vicino alla sala interrogatori tre.”
“Io non vedo nulla!”
“Se ti abbassassi ad altezza umana forse riusciresti e vederli” sentenziò il coreano.
“Non è colpa mia se sono alt- oh! Oh! Si! Li vedo!”
“Non sono bellissimi?” continuò la donna portandosi le mani al volto.
“Oh si, vorrei vederli stanotte”
“Cho!” lo richiamò per aver rovinato il momento magico.
“Ah a proposito… mi devi ben cinquanta dollari amico mio”
“Cinquanta? No non se ne parla.”
“E invece si, ricordi quando hai detto che non lo avrebbero mai fatto in pubblico?”
“Si Rigsby, ma l’ho detto un anno fa, non vale più adesso”
“Cosa? Vale eccome!”
 
Lisbon si staccò da Jane e si rivolse in direzione dei tre confabulatori. “Se non la smettete di borbottare niente ferie a Natale e straordinari per tutto il mese!”
I tre emersero dalla scrivania con sorrisi stampati in volto ed espressioni indifferenti. Si tiravano delle gomitate quasi per limitare il danno. Era incredibilmente divertente vederli bisbigliare cercando di non farsi sentire.
“Che cosa stavano dicendo?” chiese, spostando il suo sguardo dai tre amici al volto sorridente della donna.
Lisbon arricciò il naso sentendosi per la prima volta nella sua vita più intelligente dell’ex consulente “Non sei tu il mentalista?”
Jane tentennò “Beh ero preso da altro” sorrise malizioso.
Si fissarono per un po’ contemplando la perfezione di quel momento. Si sentivano invincibili ma allo stesso tempo ancora troppo fragili per immergersi in quella che era una comune vita lontana dalla persecuzione per eccellenza. Temevano che all’improvviso John riapparisse dal nulla e che la loro fatica non fosse servita a niente. Lo pensavano senza scambiarsi ad alta voce quell’assurdità infantile. Il lupo era ormai morto e loro erano decisamente troppo cresciuti per ragionare come bambini.
Lisbon interrupe quel momento di contemplazione “Allora, pronto per una nuova vita?”
“Non immagini nemmeno quanto… tuttavia…” assunse un’espressione pensierosa.
La donna aggrottò la fronte “Tuttavia? Tuttavia cosa?”
“Tuttavia starmi dietro ventiquattro ore su ventiquattro a badare alla mia splendida persona potrebbe essere molto stancante. Non credi?”
“Ah perché fino ad oggi cosa ho fatto? E poi chi l’ha detto che sei splendido?”
“Meh, sappi che non ti darò pace.” Fece un passo indietro “Ah e se proprio lo vuoi sapere dopo la nostra avventura di ieri ti ho vista troppo stanca, decisamente fuori allenamento” scattò all’indietro dandosela a gambe levate.
Lisbon strabuzzò gli occhi e puntò i piedi. Poi iniziò a inseguirlo sogghignando “Dove credi di andare? Sei un agente adesso, devi farmi rapporto!”
 
“Visto? Cinquanta dollari”
“Scordatelo”  
 
 

Fine
 


Non potete nemmeno immaginare come mi senta in questo momento. Insomma la mia prima fanfiction su questo sito è già finita. Forse è meglio mettere da parte i sentimenti per un attimo XD. Spero come sempre che questo capitolo vi sia piaciuto e sopratutto più in generale che l'intera fic sia stata di vosto gradimento. Voglio ringraziare immensamente tutti coloro che hanno recensito e seguito la mia storia, ma anche tutti coloro che hanno solo letto. Un grazie importante va alla mia amica Annarita che ha letto la fic e sopratutto ha sopportato i miei deliri su The Mentalist XD. Un grandissimo bacio, ci vediamo alla prossima storia. Emy :))) 

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