A new story

di amanda91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO1 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO2 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO3 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO4 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO5 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO6 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO7 ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO8 ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO9 ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO10 ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO11 ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO12 ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO13 ***
Capitolo 15: *** CAPITOLO14 ***
Capitolo 16: *** CAPITOLO15 ***
Capitolo 17: *** CAPITOLO16 ***
Capitolo 18: *** CAPITOLO17 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


La luce … poi un ritorno al buio. Elena dischiuse gli occhi ritrovandosi d’un tratto strappata al paradiso.  Un lungo sonno, estraneo alla vita, e poi … tutto era svanito. Si trovò distesa su un rettangolo d’acciaio, respirò a fatica ingurgitando con prepotenza l’aria tutta intorno, che entrò feroce in lei, come se fosse respirata per la prima volta. Che fosse il paradiso? Una sorta di ritorno alla vita? 
L’ultimo ricordo che aveva …  Rebecca … un salto nel vuoto … i suoi genitori … e Matt … e ancora loro, e poi di nuovo Matt. E stefan, che era corso in aiuto … e la sua richiesta … e l’acqua gelida che le aveva strappato l’ esistenza. Aveva sentito la vita scivolarle tra le dita, e i ricordi riaffiorare come flashback. Le si erano parati davanti agli occhi aiutandola in quel passaggio. Aveva rivisto tutta la sua vita, l’aveva rivissuta per intero in quei brevi momenti. Così aveva capito che il suo tempo era scaduto, che la fine era vicina. Dopo un po’ non fece neanche più male, aveva smesso di lottare e si era lasciata portare dalla corrente, mentre man mano si affacciò ai suoi occhi soltanto il buio. 
Scattò seduta in un gesto involontario, si voltò e lo vide. Stefan, in lacrime, accanto a lei, la fissava sconvolto. Lesse nei suoi occhi la disperazione, e anche, soprattutto,  il senso di colpa. Conosceva nel dettaglio quelle immense pozze verdi, sapeva leggervi dentro meglio di chiunque altro. Adesso ciò che ci vide non le piacque affatto. 
”Siamo tutti morti per caso?” chiese titubante, in un sussurro roco. 
“Tecnicamente si. Benvenuta nel nostro esclusivo club” rispose per lui, una terza voce alle loro spalle, in tono arrabbiato ma vagamente ironico. Un timbro che lei riconobbe all’istante. Non avrebbe mai potuto scordarlo. Damon. 
Si voltarono entrambi all’unisono, e nelle iridi glaciali di Damon riconobbe la rabbia, il rancore, la preoccupazione. Era sfinito, fu capace di leggerlo nell’espressione contratta e spossata del viso. Un viso stanco, ma sempre suo malgrado vicino alla perfezione. Pericolosamente vicino.
“Damon …” soffiò Stefan. 
Elena distolse lo sguardo da entrambi, ancora troppo confusa. Notò solo allora di essere in una sala mortuaria. Poteva sentirlo, percepirlo, l’odore della morte … e man mano affiorarono anche altri odori. Quello di Stefan, così dolcemente familiare, quello di Damon, inebriante e travolgente, quello di una donna alle sue spalle, ancora in corridoio. Non riuscì a vederla ma le sembrò di riconoscere il suo odore, e percepire chi fosse. E poi d’un tratto … il pianto di un bambino al piano di sopra; dei passi affrettati che percorrevano i pavimenti sopra le loro teste; un saluto fugace di due conoscenti. E ancora, d’improvviso, un odore metallico, attraente … e le pulsazioni di un cuore. La vista le si annebbiò, e un dolore acuto alla bocca, ai canini precisamente, la destò da quelle nuove scoperte. Capì. 
Si voltò verso i due fratelli, con occhi sbarrati dalla sorpresa e dalla rabbia, le sembrò di tremare ma fu solo una fugace sensazione.
“ Cosa mi sta succedendo?” posò una mano sulle labbra nel tentativo di nascondersi. In fondo lo aveva già capito cosa stava accadendo … ma quando qualcuno glielo avrebbe detto, allora si, sarebbe stato reale, e non il frutto di un incubo.
“Elena … tu …”  Stefan non riuscì a terminare la frase, scosse la testa e chiuse gli occhi voltandosi di spalle.
“ Sei morta … e io vorrei anche sapere come – parlò Damon e lo fece calmo, tentando di rassicurarla, ma la rabbia, quella poteva leggergliela negli occhi – avevi sangue di vampiro in circolo, e ora… non c’è bisogno che continui” terminò amareggiato.  
E il suo mondo crollò in un istante, quando una cruda, inaspettata verità le si piombò davanti agli occhi, senza un “se”, senza “ma”. No, non sarebbe dovuta andare così. Era pronta a morire, ma mai avrebbe pensato di rinascere immortale.
I fratelli non aggiunsero altro, rimasero lì, spalla a spalla, ma più distanti che mai.
“Com’è possibile tutto ciò?” bisbigliò appena, in procinto di piangere.
“E’ colpa mia … ti ho somministrato sangue di vampiro questa mattina quando sei arrivata in ospedale. Eri grave ed era l’unico modo per salvarti. Non pensavo sarebbe finita così, mi dispiace”  intervenne Meredith entrando nella stanza. 
Elena riconobbe nel suo odore quello sentito precedentemente in corridoio. Sbiancò, se fosse possibile, si disse, con la sua nuova natura.
“Lasciatemi sola vi prego” rimase immobile seduta, fissandoli. Aveva bisogno di rimanere da sola, ne aveva disperatamente bisogno. 
I tre presenti si scrutarono un istante, poi obbedirono.
“ Mi dici cosa cazzo è successo? – intervenne Damon , non appena furono in corridoio – sto via dodici ore e al ritorno trovo Elena cadavere?”
Stefan tentennò prima di rispondere “Era in auto con Matt, Rebecca gli ha sbarrato la strada e sono finiti in acqua. Sono corso ad aiutarli ma Elena ha voluto che salvassi prima Matt … e non ho fatto in tempo a salvare anche lei”
“No, no … aspetta un attimo – era sconvolto e alzò la voce più del consentito – questo è uno scherzo Stefan? Tu l’hai lasciata morire e hai portato in salvo MATT DONOVAN – pronunciò il nome con eccessivo vigore, per meglio rendere il concetto – perché … lei te lo ha chiesto???”  sgranò gli occhi, rossi di rabbia,accompagnati da un’espressione folle, disgustata, incredula, ferita. 
“ Damon non poteva perdere un altro amico per colpa sua, non se lo sarebbe mai perdonato. Non potevo farle questo”spiegò cauto abbassando gli occhi.
“Chi se ne frega Stefan! Meglio arrabbiata che morta! Ti rendi conto di cosa le hai fatto? E se non fosse stato per il sangue che le ha dato Meredith a quest’ora sarebbe sotto terra!!”
“Ho rispettato la sua libertà di scelta, e non pensare che ne sia felice, sarei morto al posto suo se avessi potuto!”
“Lascia che ti dica io una cosa fratello: se per caso dovesse scegliere di non completare la transizione e lasciarsi morire, esaudirò volentieri il tuo desiderio! Tu sei un uomo morto! Questa non te la perdono … non questa volta” gli intimò avvicinandosi al suo viso fino a sfiorarlo con il fiato. 
Stefan non rispose, sentì di meritarlo in qualche modo, sentì di non poter pretendere il perdono di suo fratello, né di se stesso. Semmai Elena avesse deciso davvero di lasciarsi morire, sarebbe morto con lei.
“E adesso scusami … vado a vedere che intenzioni ha. Rimani qui, per oggi hai già fatto abbastanza”terminò. 

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Capitolo 2
*** CAPITOLO1 ***


Non appena Damon varcò la soglia, immergendosi nel buio, non ebbe bisogno di riabituarsi all’oscurità per individuarla. Giaceva seduta in un angolino, rannicchiata e a testa bassa. La lunga massa di capelli scuri le ricadeva lungo il volto nascondendole le gote arrossate e inumidite dal pianto. Potè sentirne i singhiozzi sommessi, e percepirne ogni singola lacrima che le rigava il volto.
Non avrebbe mai potuto amarla come in quel momento, quando indifesa e vulnerabile giaceva di fronte a lui.
“Damon… non ora ti prego” sussurrò senza neanche alzare la testa per controllare che fosse lui.
“Noto con piacere come i tuoi sensi si stiano già affinando” optò per il sarcasmo, nel vano tentativo di strapparle un sorriso.
“Non avevo bisogno di morire per riconoscere il ritmo dei tuoi passi” gli confidò sincera, senza volerlo, pentendosene però un attimo dopo. Quelle non erano esattamente quel genere di piccolezze che  avrebbe dovuto notare un’amica. Lo sentì irrigidirsi, e solo allora si decise al alzare gli occhi ad incontrare i suoi. Nell’oceano delle sue iridi riconobbe il suo stesso turbamento, la sua stessa pena, e si rese conto di non esser sola. Il mondo scomparve, risucchiato da quell’abbraccio di sguardi.
Damon le si avvicinò cauto, senza proferire parola,  le si sedette accanto e aspettò che fosse lei a parlare.
“Non avevo mai pensato prima d’ora di dover affrontare davvero quest’eventualità… di diventare vampiro intendo. Anche quando mi facesti bere il tuo sangue, in fondo sentivo che avremmo trovato un modo per evitarlo”
“Scusami Elena” soffiò.
“Di cosa?”
“Di averti fatto bere il mio sangue, l’anno scorso… avevo paura di perderti” abbassò gli occhi imbarazzato dalle sue stesse scuse, e la sentì aprirsi in un sorriso appena accennato.
“Avrei voluto dei figli Damon… un marito, una villetta sull’oceano, con un’enorme terrazza dalla quale affacciarmi per perdermi nel vento! Avrei voluto diplomarmi, da umana intendo, e avrei voluto ricordare con nostalgia quel giorno quando si sarebbero diplomati i miei figli. Avrei voluto veder spuntare i primi capelli bianchi, e le prime rughe, allo scoccare dei quaranta. Avrei voluto avere dei nipoti, raccontare loro storie sui vampiri, metterli a dormire e guardarli tutta la notte… Dio Damon ho paura!! Cosa ne sarà di tutti i miei sogni?” non diede tempo al vampiro di rispondere nulla, perché in quel momento stesso crollò, e senza volerlo, né potersi fermare, pianse come non aveva mai fatto prima. 
Damon si limitò a starle accanto, prendendole una mano nella sua, senza malizia, né doppi fini, consapevole che avrebbe dovuto lasciarle il tempo di disperarsi, e dannarsi. Consapevole che quello fosse l’unico modo che quella dolce umana avesse per lasciarsi andare al suo destino. 
La sentì stringersi a lui e afferrargli un braccio, nascondendo il viso nell’incavo della sua spalla. 
Restarono così per un tempo che sembrò infinito, prima che Elena riuscisse a quietarsi.
“Nessuno di noi ha scelto questa vita, nessuno di noi ha chiesto di essere trasformato. Io ho odiato Stefan per oltre un secolo, lo incolpavo di avermi costretto a completare la transizione. Ma sai che c’è? Io infondo sono vivo anche ora, dopo 150 anni sono capace di provare sentimenti, dolore e gioie, come un qualsiasi essere umano! Se hai paura di perdere te stessa ti do la mia parola che non accadrà! Ci siamo noi tutti ad aiutarti … non lasceremo che tu ti perda” le strinse con maggior vigore la mano voltandosi ad osservarla, e vide la sua espressione mutare fino a trasformarsi un un sorriso accennato. Nei suoi occhi trovò riflessa la paura, ma anche la tenacia, e la fermezza che lui aveva sempre amato. L’Elena che lui amava fino alla follia era sempre lì … e per un attimo in quella folle giornata non ebbe più paura di perderla.
Lesse nel suo sguardo accigliato un qualcosa di indecifrabile, che lo portò a chiedersi se davvero quella fosse la ragazza che poche ore prima aveva scelto Stefan, o se quella scelta se la fosse in qualche modo immaginata.
Spinto da un ricordo ancora troppo fresco, troppo vivo e scottante, scostò la mano, e lei dovette accorgersi del suo turbamento perché lo guardò accigliata, poi abbassò la testa e riprese a parlare lenta.
“Cosa si prova a sopravvivere a tutte le persone che hai amato? Si supera il dolore?”
Quella domanda lo spiazzò “Questa è la parte più difficile … non si supera mai realmente del tutto. Ma perché non facciamo un passo alla volta?”
“Io non ho più nessuno da piangere Damon, chiunque mi abbia voluta bene in un modo o nell’altro è morto a causa mia. Ti prego, quindi, non biasimarmi se ho scelto di salvare Matt, e non odiare tuo fratello per aver rispettato la mia decisione. Non perdetevi proprio ora che vi siete ritrovati. Lui è tutta la tua famiglia, tutto ciò che hai”
“Questo non te lo prometto” le rispose sorridendo sghembo. Elena ricambiò scuotendo la testa.
“Non potrete mai odiarvi davvero” gli fece notare,
“Posso sempre provarci, e penso che tu ti lasciassi morire non mi risulterebbe nemmeno molto difficile”
“No Damon ti prego, non darmi quest’altro fardello”
“Non era mia intenzione… ma Elena ti prego completa la transizione! Ti aiuteremo, e quando tutto sarà finito io andrò via e tu sarai libera di vivere la tua favola d’amore con Stefan. Vivremo tutti felici e contenti, è così che va nelle favole no? – poi mutò il tono, che divenne scherzoso – ora che ci siamo tutti possiamo considerare il per sempre”
Elena perse un battito, cosa significava che Damon sarebbe andato via? Non volle nemmeno chiederglielo… non ne aveva il diritto, non più ormai. Era stata lei stessa a lasciarlo libero… e poi sapeva di non poter superare un’eventuale risposta in quel momento.
“E quando la sete di sangue sarà più forte di tutto?”
“Non accadrà! Ti insegneremo a controllarti, ed io sarò lì ad evitare che tu faccia del male a qualcuno”
“Ho paura Damon… ho paura di diventare un mostro”
Il vampiro si scostò dalla parete per voltarsi verso di lei. Le prese il volto tra le mani avvicinandolo fino ad ottenere il contatto visivo. In quel gioco di sguardo Elena sarebbe potuta morire. Si diede della stupida, si maledì mentalmente. No, non avrebbe mai ammesso quanto la sua vicinanza la consumasse dal profondo, quanto le scavasse l’anima. 
“Questo è impossibile. Coltiveremo la tua umanità ogni giorno, insieme ce la faremo! Non puoi andartene Elena, a Jeremy non ci pensi? Tu sei la sua famiglia” avrebbe giocato tutte le sue carte pur di convincerla. Non avrebbe mai potuto sopportare di lasciarla morire, non avrebbe mai voluto sopravviverle.
“Tu mi starai vicino?” chiese titubante in un sussurro.
“Fin quando lo vorrai”
Elena si sporse in avanti circondandolo in un abbraccio… ne avevano entrambi assoluto bisogno. Rimasero semplicemente così, senza parlare, per un tempo indefinito.

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Capitolo 3
*** CAPITOLO2 ***


POV ELENA

Damon aveva ragione … avrebbe dovuto pensare a Jeremy. Se lei si fosse lasciata morire lo avrebbe lasciato completamente solo!  Un ragazzo come lui, poco più che adolescente, non avrebbe mai dovuto affrontare quello che invece il destino gli aveva riservato … e chissà ancora quante battaglie avrebbe ancora avuto in serbo per loro. Avrebbe dovuto proteggerlo meglio, avrebbe dovuto in qualche modo preservarlo da tutto quel male, da tutto quel dolore. Aveva fallito come sorella, da quando non era stata in grado di occuparsi di lui come avrebbe dovuto.
Damon era appena andato via, così si lasciò cadere all’indietro a fissare il soffitto, sdraiata in terra, in compagnia della sola morte. Fuori la stanza le sembrò di sentire delle voci, e se solo avesse voluto farci attenzione ci sarebbe voluto poco per capire di chi fossero, o cosa stessero dicendo; ma non ebbe il tempo.
Un dolore improvviso e lancinante al capo le strappò un mugolio soffocato … poi la stanza svanì, e si ritrovò catapultata in strada, una strada buia, una notte d’estate … delle voci distanti, e in lontananza si vide apparire, parlando al telefono.

POV DAMON

Uscì dall’obitorio ritornando in corridoio a passo lento, nel tentativo di lasciarla sola a riflettere sulle sue parole. Sperava ci ripensasse, anzi avrebbe dovuto farlo! Non era pronto a lasciarla andare, non lo sarebbe mai stato in verità. Lei era tutto ciò che di bello, e buono, puro, questa non-vita gli avesse mai concesso. Era stata un’amica gentile, e un desiderio folle e disperato. Era colei che gli aveva donato un abbraccio quando il resto del mondo crollava intorno; gli aveva teso la mano quando era stato convinto di non farcela; lo aveva aiutato a rialzarsi e a ritrovarsi quando credeva di essersi perso. Era colei che in più occasioni gli aveva spezzato il cuore mandandolo fuori di testa, ma non avrebbe mai potuto odiarla … era solo grazie a lei se aveva ricominciato a sentire di averlo un cuore. Non avrebbe mai preteso di poterla avere, ormai gli aveva gridato il suo amore per il fratello tante di quelle volte, che anche un ceco come lui lo avrebbe capito … ma non avrebbe mai accettato che lei si lasciasse morire. Non fin quando la sua morte avrebbe comportato la fine del suo mondo.
Immerso nei pensieri più bui si accorse solo allora di avere di fronte Jeremy, Caroline e Bonnie, che lo fissavano con facce tese. Capì immediatamente che Stefan aveva già spiegato loro l’accaduto.
“Che ha detto? Come sta? Completerà la transizione?” chiese Caroline d’un fiato. Jeremy era seduto in un angolo con la testa tra le mani, probabilmente troppo sconvolto o preoccupato per dire anche solo una parola.
“Sta bene … è soltanto pallida … come un cadavere … ah già! È un cadavere! – si voltò verso il fratello guardandolo in cagnesco – penso di averla convinta a restare tra noi, quindi strega – disse con un cenno del capo rivolto a Bonnie – trova qualche cianfrusaglia e prepara il tuo abracadabra, tra poco sarà l’alba, non vorrei che arrostisse al sole” sorrise di sbieco, con il suo solito fare arrogante. Ma mai un suo sorriso gli era parso più falso. Avrebbe voluto gridare, urlare che aveva una paura fottuta, che suo fratello era un idiota, e che Elena era sconvolta, e che sperava soltanto che potessero sopravvivere anche a questo.
Loro, tutti loro, erano dei sopravvissuti, avevano affrontato e vinto innumerevoli battaglie, ma mai aveva avuto, come in quel momento, paura di non farcela.
“E’ ancora in sé? È Elena?” chiese Jeremy con occhi lucidi e voce rotta.
“A quanto ho visto non le sono ancora spuntate corna e coda”rispose ironico, zittendo il ragazzo che dovette darsi dello stupido, per aver chiesto una cosa così ovvia.
“ Damon… riuscite a tenerla sotto controllo?” intervenne Bonnie.
Il vampiro sbuffò alzando gli occhi al cielo “Non ti ho chiesto di fabbricarle l’anello dell’invincibilità Bonnie! Ho solo bisogno di un fottutissimo aggeggio per portarla fuori di qui!” rispose, con un po’ troppa enfasi, si rese conto.
“Ragazzi dai, stiamo parlando di Elena non di un mostro! In questo momento ha bisogno soltanto di comprensione e aiuto da parte nostra” li ammonì la vampira bionda, volgendo loro uno sguardo stupito e severo.
“Grazie Barbie! Allora ci mettiamo a lavoro o aspettiamo che la piccola Gilbert  ci diventi uno spiedino alla brace? A lavoro” batté le mani come ad incitarli a muoversi.
Bonnie lo fissò irritata ma obbedì e fece per andar via, Jeremy la seguì insieme a Caroline, ma prima si voltò verso Damon “Posso vederla?”  sussurrò appena.
“Non vuole vedere nessuno … la incontrerai più tardi quando si deciderà ad uscire dalla tana” indicò la pesante porta in ferro alla fine del corridoio e il  ragazzo annuì come rassegnato, allontanandosi poi con gli altri.
“Damon…” iniziò Stefan, ma l’altro lo interruppe.
“Comincia con il toglierti dalla faccia quest’espressione sconfitta alla ‘ho appena ucciso la ragazza’ e renditi presentabile. Se Elena dovesse decidere di completare la transizione ci aspetteranno periodi difficili. Non ho tempo di badare anche ai tuoi sensi di colpa, e poi lei ha bisogno di qualcuno che le dia buon umore, non di un mattone al collo”
“Per questo basti tu” disse accompagnandosi con un mezzo sorriso triste.
“Ma lei ha scelto te!” lo informò con rabbia il fratello. Le parole uscirono senza che se ne rendesse conto, e in risposta vide passare negli occhi dell’altro un fiume di emozioni, susseguitesi con tale velocità e intensità che non riuscì a decifrare.
“Eccomi!” una voce femminile li interruppe. Era Meredith, con una sacca di sangue tra le mani.
“Zero positivo. Spero vada bene”
“Andrà benissimo” sentenziò Damon.

POV ELENA

Tornò al presente e le sembrò che fosse passata un’eternità. Nulla era cambiato … ma dentro di sé sentì ribollire emozioni e sensazioni nuove, discordanti, come se in quei pochi minuti fossero trascorse ore, o intere eternità.
Quelli che aveva appena rivissuto, o meglio rivisto, erano ricordi, null’altro. Ricordi che le erano stati strappati via. In quegli attimi aveva rivisto sé stessa, una ragazza spensierata e confusa, ma integra, prima che la vita la piegasse. E un Damon nel suo momento peggiore, quando era ancora innamorato di Katherine … ma gentile con lei, incuriosito. Avevano flirtato come due normali conoscenti attratti l’uno dall’altra … aveva visto sé stessa, o meglio, la ragazza che era stata, attratta da quel giovane affascinante dagli occhi dal colore del mare.
“Vuoi un amore che ti consumi” le aveva suggerito lui, e aveva fatto centro. Aveva visto i suoi stessi occhi brillare, a quelle parole aveva percepito il suo cuore scalpitare impazzito.
Solo poche ore prima aveva detto a Damon “Se solo ci fossimo incontrati prima …” questo la  fece sorridere, ridere della beffa che le aveva riservato il destino.  Si ritrovò incapace  di dare un nome alle sue stesse emozioni.
Rabbia? Beh un po’… Damon non avrebbe mai dovuto giocare con la sua mente, era scorretto! E poi … poi se quell’inizio non fosse stato brutalmente cancellato forse davvero le cose sarebbero potute andare diversamente.
Stupida. Si diede della stupida per averlo soltanto pensato. Lei aveva scelto Stefan, aveva scelto di seguire quello che aveva ritenuto il suo primo vero amore, e Damon lo aveva lasciato libero. Libero di cercare e trovare la sua via, il suo angolo di serenità. No, non aveva nessun diritto di provare quel misto di eccitazione e tenerezza al ricordo di quella notte!  In fin dei conti erano solo sensazioni amplificate da quella nuova condizione … ci avrebbe fatto l’abitudine, le avrebbe controllate.
Socchiuse gli occhi, e senza volerlo, si ritrovò a rivivere ancora quei ricordi appena ritrovati.
La sua stanza, il suo piccolo dolce mondo nel quale Damon era solito intrufolarsi. Lei in pigiama, mentre stringeva il suo ciondolo,magicamente ritrovato. In fondo lo aveva sempre saputo, che anche se non poteva ricordarlo, quella notte era accaduto qualcosa. Ricordò di essersi addormentata con una strana sensazione … come se qualcosa le fosse sfuggita, come se avrebbe dovuto ricordare un tassello mancante di quella giornata, ma aveva attribuito tutto alla stanchezza e allo stress della giornata. In fondo era più semplice così. Era sempre stato facile fingere, fingere di non aver sentito quel brivido quella  stessa sera, quando scendendo le scale Damon le aveva regalato uno splendido sorriso; fingere di non aver pensato per un attimo di correre da lui, stretta tra le braccia di Stefan.
Mai avrebbe immaginato però che Damon già allora fosse così innamorato di lei da confidarglielo piangendo, mai avrebbe pensato che ci fosse in lui così tanto amore per lei, e per Stefan, da farsi da parte con dignità e amarezza.
Damon sarebbe sempre stato un oceano di sorprese, piacevoli sorprese avrebbe aggiunto se il solo pensarlo non l’avesse spaventata.

POV DAMON

Quando sentirono un rumore di passi, via via più vicini, provenire dal lungo corridoio alle loro spalle, Damon capì che il momento era giunto. Di lì a poco Elena li avrebbe informati sulla sua decisione. Sperò con tutto sé stesso di poter terminare quella folle notte nel migliore dei modi, per quanto possibile.
Quando si voltarono lei era già accanto a loro, bella anche nella morte, notò con una punta di amarezza.
“Lo farò – disse piano, e quelle parole li fecero sorridere e sospirare – non voglio morire” bisbigliò in lacrime.
Stefan le fu accanto in un soffio, e la circondò in un caldo abbraccio, che lei ricambiò con trasporto.
Fu come un pugno in pieno viso, un calcio alla schiena, vederli così, dopo tutto quello che lui aveva condiviso con Elena nei mesi precedenti. Non si sarebbe mai abituato davvero a tutto quello, ma era bravo a celarsi dietro sorrisi sbiechi e battute ironiche, lo avrebbe fatto anche ora.
Elena alzò lo sguardo incrociando i suoi occhi. Restarono a scrutarsi per qualche istante, lui lì, immobile, e lei di fronte, rinchiusa nell’abbraccio di un altro.
In quell’istante fu sicuro che qualcosa fosse successo, lo lesse nei suoi occhi, lo scorse nell’anima che vi si celava. Capì. Elena aveva ricordato tutto. In quel preciso momento le labbra della ragazza si curvarono in un sorriso appena abbozzato. Come se gli avesse letto dentro, e avesse in qualche modo voluto confermarglielo, pensò Damon, prima di darsi dell’idiota e spostare lo sguardo. Anche senza vederlo però poté continuare a sentire i suoi occhi puntati addosso. 

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Capitolo 4
*** CAPITOLO3 ***


Erano ormai trascorsi dieci giorni dalla notte in cui era morta, tornata in vita, e in fine con non poche resistenze aveva abbracciato la strada dell’eternità. Faticava ad abituarsi a quella nuova e alquanto scomoda condizione, e la situazione che le si presentava intorno non aiutava certo alla titanica impresa:  era circondata da discussioni, dibattiti su tutto, su ogni cosa la riguardasse.
L’ultimo, quella stessa mattina, su quale, secondo gli altri, dovesse essere la sua nuova abitazione. Stefan sosteneva dovesse rimanere in casa con Jeremy. Continuare la routine di sempre, secondo lui, l’avrebbe aiutata a rimanere legata al suo lato umano; Damon, dal canto suo, riteneva più sicuro che si trasferisse alla tenuta. Più sicuro per Jeremy almeno, finchè non avesse imparato a resistere alla sete. Prima che “gli stacchi la testa in un raptus di follia” testuali  e crude parole. Alla fine aveva acconsentito di rimanere in casa a patto che suo fratello assumesse verbena tutti i giorni e che ci fosse sempre uno di loro a sorvegliarla.
“Andrà meglio vedrai” aveva tentato di rassicurarla Caroline, come se tutto ciò la aiutasse, come se andasse davvero così.
Tutto ciò cui riusciva a pensare era sangue, e i battiti del cuore di chiunque gli si avvicinasse. E la sua umanità… beh quella era  sempre lì, più viva che mai, una scintilla in pieno petto, pronta a ricordarle quanto potesse essere facile scivolare nelle tenebre, quanto potesse far male il solo pensiero di sentirsi un pericolo. Un pericolo costate per tutti loro.
Bonnie le aveva fabbricato un anello che le permetteva di vivere al sole, ma ancora doveva abituarsi a quella nuova e particolare sensibilità alla luce. Non riusciva più a sentirlo, il calore sulla pelle, tutto ciò che percepiva era un lieve fastidio. Nulla era come prima, né i sapori, né gli odori, né il mondo che le appariva intorno. Più di tutto ciò che le mancava era il silenzio, quel silenzio della sua stanza,quando prima chiudeva la porta e il resto del mondo spariva. Adesso invece le bastava distrarsi un attimo per sentire nitido il respiro di Jeremy addormentato nella camera accanto, o i passi della guardia di turno al piano di sotto. Più di tutto ciò che le mancava quel silenzio assordante, che le concedeva di restare sola con sé stessa.
Sbuffò, seduta sul davanzale mentre osservava il cielo annuvolarsi. Era in arrivo un gran temporale, lo sentiva nell’aria, lo percepiva nel vento.
Bussarono alla porta, e lei invitò distrattamente ad entrare chiunque fosse.
“Ehi!” era Stefan, che con aria imbarazzata entrò in camera chiudendosi la porta alle spalle.
“Ehi!” ricambiò lei con un sorriso distante.
“E’ arrivato Damon a darmi il cambio, è al piano di sotto… vado a nutrirmi e torno, ok?”
“Non c’è problema… fà pure”
“Come stai?” le chiese comprensivo, sedendolesi accanto.
“Affamata, arrabbiata e in preda ad una scarica di emozioni alle quali non riesco a dare un nome… insomma sono stata meglio di così!” sbottò con le lacrime agli occhi.
Il vampiro accorciò le distanze, e puntò gli occhi nei suoi. La profondità e la dolcezza  di quello sguardo la tranquillizzò, in parte, se ciò era possibile. Una sensazione di torpore e sollievo le attraversò il corpo, finché non fu di nuovo lei a prendere parola
“Ce la faremo Stefan! Supereremo anche questa” allungò una mano incontrando quella del ragazzo che strinse nel tentativo di infondere coraggio ad entrambi.
Alla fine di tutto erano sempre lì, l’uno per l’altra. Lui le si avvicinò sfiorandole le labbra, inaspettatamente, con dolcezza, ma decisione. Fù il suo modo di dirle che lui era pronto, pronto a ricominciare.
Quel semplice contatto la rassicurò
“Stefan…  diamoci una seconda possibilità, che ne dici?” sapeva già la sua risposta, ma voleva sentirglielo dire. Lui sorrise, prima di riappropriarsi delle sue labbra.
Quel bacio seppe di passato, di vissuto … le donò un briciolo di tranquillità. Troppo era stato stravolto nella sua vita, non si poté permettere di lasciarsi sfuggire l’unica certezza che le restava. Non in quel momento.

POV DAMON

“Damon hai sentito che ho detto?” chiese Jeremy probabilmente al termine di un lungo sproloquio, mentre lo guardava preoccupato e incuriosito. In realtà non si era nemmeno accorto che fosse entrato nella stanza.
Un attimo prima era comodamente disteso sul divano di casa Gilbert con il telecomando in mano, pronto ad una serata di zapping, un attimo dopo, vinto dalla curiosità, non aveva saputo resistere al desiderio di origliare ciò che si stessero dicendo al piano di sopra.
“No, a dire il vero no. Sai che c’è? Non sei poi così interessante – lo liquidò brusco, leggendo immediatamente comparire sul suo volto un’espressione adirata e stranita – scusami un attimo”
Si alzò, gli passò il telecomando e senza aggiungere altro, né degnarlo di uno sguardo o spiegazione in più, sbattè la porta di ingresso uscendo. Si ritrovò nel pieno della tempesta. Corse lontano, corse veloce finché le case non scomparvero alla vista, nel tentativo di annullare sé stesso, la sua stupida umanità, i suoi fottuti sentimenti. Nel tentativo di cancellare dalla memoria quelle poche parole appena ascoltate, fuoriuscite appena in un sussurro dalle sue labbra delicate.
Alzò gli occhi al cielo, e sotto una pioggia scrosciante si distese nel bel mezzo del nulla finchè non si placò la voglia di dimenarsi e urlare. Gridare che suo fratello non avrebbe mai potuto amarla come lui, desiderarla con tale trasporto, osservarla con la stessa dedizione, bramarla con la medesima passione, difenderla anche a costo della sua stessa vita.
Per la prima volta, da quando era tornato a Mistic Falls, si maledì per essersene innamorato, e sperò di non averla mai incontrata. Al dolore c’era un limite, e lui lo aveva di gran lunga superato.

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Capitolo 5
*** CAPITOLO4 ***


Prima che Stefan andasse via l’aveva informata che quella stessa sera sarebbero passate Bonnie e Caroline a farle compagnia. Avevano tentato da subito di starle accanto come potevano, forse anche per alleviare quella anomala prigionia in cui era costretta a vivere negli ultimi giorni. Come tutte le volte in cui si erano viste avrebbero finito per parlare di lei, della trasformazione, dei problemi inerenti… ormai non si parlava d’altro. L’unico argomento mai toccato apertamente ma sempre presente nell’aria quando tutti si riunivano era la sua futura alimentazione. Non ci aveva neanche pensato seriamente, faticava  ancora ad abituarsi alla luce, ai rumori, a quella vasta gamma di nuove percezioni, figuriamoci se l’alimentazione fosse tra le priorità. O almeno… le sarebbe bastato abbracciare suo fratello senza immaginare di cibarsene per cena, e sarebbe già andata meglio. Avrebbe perlomeno fatto un piccolo passo avanti.
Si limitava per ora ad ingurgitare tutto ciò che le veniva servito, non avrebbe nemmeno saputo definirne il sapore. Damon, qualche giorno  prima, le aveva promesso che le avrebbe insegnato a riconoscere i gruppi sanguigni, quando l’aveva vista tracannare tutto ciò che afferrava, senza mostrare alcuna preferenza.
A questo pensiero si distese distrattamente tra le lenzuola del letto, assaporandone l’odore di fresco e di pulito. Sospirò.
Damon… il suo eterno fardello, il perpetuo punto di domanda, tutto ciò che più la attraeva e al contempo costringeva a fuggire. Sarebbe scappata in eterno, adesso poteva pensarlo.  Una strana angoscia la invase al solo pensiero dei nuovi ricordi che aveva recuperato, costringendola a fare i conti con sé stessa. Prima o poi avrebbe dovuto affrontarlo, avrebbe dovuto andargli incontro e vincere quel tormento. Questo eterno fuggire sospesi ad un filo li avrebbe smarriti entrambi in un fiume di domande, discorsi in sospeso, frasi non dette, e sguardi rubati.
Come poteva continuare a farlo? Come poteva ancora sentirne il bisogno proprio ora che era tornata con Stefan? Ora che era stata lei a volerlo, a sceglierlo di nuovo.  Stefan era limpido, come un cielo d’estate,era il suo rifugio durante la tempesta, il suo porto sicuro in un oceano di incertezze e smarrimento. La sua sola presenza la strappava alle tenebre, conducendola alla luce, alla sicurezza di una normale vita di coppia, per quanto possibile. Il giorno e la notte… i suoi due uomini … e lei, in quel moto perpetuo, li avrebbe sfiorati entrambi in eterno.

POV DAMON

Tornato a casa Gilbert era pronto ad ereggere la solita maschera di indifferenza e sarcasmo, a fingere di non aver sentito né percepito quel ritorno tra loro che inevitabilmente si era impresso sulla pelle impedendogli di respirare. Si era dato dello stupido, del folle innamorato, quando per un attimo aveva creduto che Elena questa volta avrebbe scelto lui, come se lei non avesse già preso la sua decisione, quella tragica notte non troppo lontana.
Il caldo salone della casa non era vuoto come ore prima, quando lo aveva lasciato. Ora c’erano tutti, Jeremy, Stefan, Caroline e Bonnie, mancava solo lei. Si chiese perché non fosse lì… si impose che ciò non gli riguardava.
Il gruppetto discorreva tranquillo su quale secondo loro dovesse essere la futura alimentazione di Elena, come se realmente gli riguardasse, o dovesse minimamente importare loro.
Suo fratello lo aveva osservato a lungo da quando era rientrato, alla ricerca di chissà quale emozione nascosta tra le pieghe dei suoi occhi, ma non avrebbe trovato nulla. La maschera aderiva al volto come una seconda pelle, e le barriere erano alte, fin dove nessuno potesse infrangerle.
“Penso soltanto che dovremmo cominciare a parlargliene” sostenne decisa Bonnie comodamente seduta sul profondo divano.
“Ha ragione… il peggio è passato ormai. Stefan subito mi insegnò a cacciare, dovrebbe farlo anche con lei” chiaramente la bionda vampira si riferiva al passaggio da sangue umano a quello animale. Damon sorrise impercettibilmente … come se il sangue animale potesse  davvero sostituire il desiderio, e la sete di quello umano. Come se suo fratello non si trovasse in un’eterna lotta contro sé stesso, una perpetua riabilitazione intervallato da periodi di buio, trasgressione totale e sete insaziabile.
Le attenzioni di tutti, compresa la sua, si spostarono verso il minore dei Salvatore, che si affrettò a rispondere.
“Tu lo volevi… noi non sappiamo ancora cosa voglia Elena”
“Beh dubito che lo sappia anche lei” intervenne Jeremy.
“Per questo ci siamo noi! Per aiutarla! Tu Damon che ne pensi?” chiese Caroline stupendo un po’ tutti, in primis lo stesso Damon. Strano che qualcuno lo avesse interpellato.
“E’ importante quello che penso io?” le rispose con aria annoiata sprofondando su una poltrona.
“E’ importante per Elena quindi si, lo è anche per me”
“Tu sei la persona che le è stata più vicina in questi ultimi mesi, di te si fida” stranamente la strega diede man forte all’amica, e lui rimase lì a fissare il vuoto, senza sapere cosa rispondere.
“Già… siete stati abbastanza vicini…” intervenne Jeremy, con tono ambiguo e quanto mai derisorio. Afferrò al volo l’ironia nella sua voce. Si riferiva a quella notte in motel, quando contro tutte le sue aspettative Elena gli era corsa incontro mostrandogli uno squarcio di paradiso. Sorrise al solo ricordo, ma si accorse subito dello sguardo perplesso di qualcuno che probabilmente non sapeva nulla, in particolare suo fratello, così si affrettò a cambiare discorso.
“Penso che l’unico modo per liberarla dalla sete di sangue sia insegnarle a conviverci”
“Cioè? Secondo te si dovrebbe cibare di sangue umano?” chiese Bonnie accigliata.
“Siamo vampiri non cuccioli di panda” rispose con un ghigno.
“E’ pericoloso, se facesse del male a qualcuno non se lo perdonerebbe mai”
“Sarebbe un semplice incidente di percorso” sostenne tranquillo.
“Stefan riesce a privarsene però” intervenne Jeremy prima che la strega potesse rispondere e cominciare un ennesimo sterile dibattito.
“Chiedilo alla scia di cadaveri lasciata nel suo ultimo periodo dark” lo derise irritato.
“E’ stata colpa di Klaus non sua” si intromise ancora Bonnie in difesa dell’amico.
“Non è stata soltanto colpa di Klaus, ero drogato di sangue e avevo difficoltà a controllarmi” ammise Stefan prendendo parola.
“Se teste staccate e cadaveri a pezzi li definisci problemi di controllo…” fu duro, lo sapeva, ma non poteva consentire che Elena reprimesse la sua natura, non avrebbe permesso che nel tentativo di soffocare ciò che era avesse finito con il perdere se stessa.
“Beh non deve per forza uccidere per nutrirsi” notò Jeremy.
“Ci sono le sacche di sangue per questo” fece notare Damon.
“Rubate!” di nuovo Bonnie.
“Meglio il furto che l’assassinio ti pare?”ancora lui.
“E se non le dovessero più bastarle un giorno?”sempre la strega.
“Puoi sempre prestarle il tuo collo” la guardò diverito, piegando le labbra in un sorriso sghembo.
“Non scherzo Damon”
“Semmai accadrà ci penseremo! Le insegneremo a nutrirsi e soggiogare. In dieci minuti il donatore smemorato sarà libero di andarsene”
“Buonasera…”un saluto piatto interruppe l’acceso dibattito, e tutti si voltarono verso di lei… verso Elena.
Damon la vide e come sempre ne rimase incantato quando i loro sguardi si incontrarono e scontrarono, si fusero dolcemente risucchiando la realtà circostante. Fu un solo attimo, poi lei interruppe il contatto visivo volgendosi a Stefan, che le si avvicinò stampandole un delicato bacio a fior di labbra. La ragazza ricambiò fredda, forse semplicemente sorpresa dal suo gesto.
Senza pensarci, né minimamente volerlo, gli occhi di lei schizzarono preoccupati verso Damon. Non avrebbe voluto che lo venisse a sapere in quel modo… no, avrebbe voluto dirglielo lei, spiegargli le sue motivazioni, impedirgli di odiarla.
Si scrutarono per lunghi attimi, finché questa volta fu lui a distogliere lo sguardo. Non lo avrebbe retto ancora per molto, non avrebbe potuto resistere lì ad osservare il suo più grande desiderio scivolargli dalle mani.
Si alzò e fece per mettersi il giubbino in pelle, fingendo che nulla fosse successo, già preparato ad un’eventuale scusa da buttar giù per svignarsela, quando le parole di Caroline attirarono la sua attenzione.
“E così siete tornati insieme?“
In quel momento le avrebbe volentieri piantato un paletto nel cuore, per intimarle di star zitta, ma non lo fece e rimase immobile come se ciò non lo riguardasse.
“Storia lunga – tagliò a corto Elena – sentite, ero in ascolto da abbastanza tempo da origliare tutta la vostra conversazione … io vi ringrazio per tutto quello che avete fatto per me, ma questa è una mia decisione e non voglio intromissioni. Scusate se sembro dura con tutti voi, e non lo meritate, ma questo è un problema mio che non vi riguarda” nel suo sguardo limpido e nella voce chiara Damon poté percepire la determinazione e il fastidio che l’animavano, ma allo stesso tempo il dispiacere per quelle parole, e il tormento che lei stessa stava vivendo. Non era facile, e mai lo sarebbe stato, lui lo sapeva bene. Ciò che provava e le scelte che compiva in quei primi momenti della vita immortale avrebbero determinato tutto il suo percorso futuro, e il vampiro fu fiero della determinazione che trovò in lei.
Ma in quel momento doveva andar via, non voleva esserci nel momento in cui la discussione si fosse spostata di nuovo sulla relazione con Stefan, ci sarebbe morto questa volta.
“Brava piccola Gilbert, discorso da Oscar – le regalò il miglior sorriso in repertorio – ora devo proprio andare però, vi lascio alle vostre belle chiacchierate” gli sguardi di tutti si posarono su di lui, che aveva già raggiunto la porta senza attendere alcuna risposta.

POV ELENA

Sussultò nell’attimo in cui il vampiro le passò accanto per oltrepassarla e raggiungere l’ingresso, e posò lo sguardo su di lui che invece evitò accuratamente di ricambiare. Lo aveva ferito, questa volta per davvero, e temette di non ricevere perdono.
“Ciao Damon – sussurrò appena – scusate…” si rivolse agli altri, prima di andar via. Nell’attimo in cui sentì la porta di ingresso chiudersi con forza lei era già in camera sua, incurante di tutti, anche di Stefan.
Si affacciò alla finestra in tempo per vedere il vampiro allontanarsi, con passo lento e volto basso. Era pronta a corrergli incontro mossa da una forza che non avrebbe saputo spiegare, ma quando fece per dare vita al suo pensiero Stefan apparve trafelato alle sue spalle.
“Cosa significa questo Elena?” le domandò accigliato.
“Questo cosa?”
“Ti sei irrigidita quando ti ho baciata, e ti sei voltata verso Damon. Quando lui sen’è andato ti sei incupita e sei corsa in camera” mentre lo disse Elena lesse tormento nei suoi profondi occhi. Era pronta a mentire ma non potè davanti a quello sguardo. Gli doveva almeno un briciolo di sincerità.
“Damon mi è stato vicino per tutto questo tempo senza mai chiedere nulla in cambio… avrei preferito dirglielo io piuttosto che farglielo sapere in questo modo” si assicurò di tralasciare tutta la parte riguardante i suoi sentimenti irrisolti per lui, poteva esser certa che sarebbe riuscita a controllarli. Non avrebbe permesso che la sconvolgessero trascinandola a fondo, aveva troppo da perdere in quel gioco.
“Lui sapeva già della tua scelta da prima di me, in ogni caso gli parlerò questa sera”
“Una cosa è sapere, un’altra è constatare con i proprio occhi”
“Elena – cominciò avvicinandosi a lei – stiamo attraversando tutti un brutto momento, e fatichiamo ancora a tornare alla normalità, capisco che tu stia vivendo un periodo di maggiore sensibilità che fatichi a controllare, ma ti dico che Damon starà bene, ok? Ti ho detto che gli parlerò e vedrai che capirà”
“Ha fatto tanto per noi Stefan! Ha fatto tanto per te! – gli rinfacciò presa dalla rabbia – penso che tu gli debba qualcosa in più di una chiacchierata a tempo perso!”
L’atteggiamento del vampiro mutò, si allontanò nuovamente incupendosi “Cosa vuoi che faccia scusa? Tu sei voluta tornare con me non sono stato io a chiedertelo! E non mi sembra che oggi pomeriggio ti importava molto dei nostri doveri nei confronti di Damon”
Quelle parole la colpirono, la lacerarono nel profondo, costringendola ad esaminare la sua reazione spropositata. Perché sel’era presa così tanto con lui? Era stata lei a scegliere, a sceglierlo di nuovo, a voler ritentare. E allora perché al solo pensiero di sapere Damon chissà dove, in compagnia di chissà chi, la fece andare in panico? Perché non sentire quegli occhi puntati nei suoi la svuotava di ogni emozione? No, non si sarebbe lasciata consumare da quel sentimento. Era insano, era folle, e incontrollabile! E lei in quel momento aveva bisogno soltanto di due braccia forti che la sorreggessero.
“Mi… mi spiace… io…. Io non so cosa mi sia preso, scusa” mormorò mortificata avvicinandosi a lui per fissare gli occhi nei suoi. Vi lesse tutta la sua anima, rispecchiata nella propria. Stefan l’avrebbe capita, curata e amata come nessuno sarebbe mai stato in grado di fare.
Sorrise appena e vide il volto del vampiro rilassarsi.
“Sono solo queste stupide emozioni amplificate – continuò nel tentativo di spazzare via ogni dubbio – dovrò imparare a conviverci”
“Insieme ce la faremo” le posò i palmi sul viso, come a racchiuderle il volto, delicatamente, con cautela e dolcezza. I suoi lineamenti duri e pronunciati si aprirono in un sorriso raggiante, che lei non poté non ammirare.

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Capitolo 6
*** CAPITOLO5 ***


Era trascorsa un’intera, intramontabile settimana da quel giorno. Le sue visite a casa Gilbert erano state dimezzate fin da subito. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore avrebbe potuto dire, ma sapeva fin troppo bene di sostenere una bugia. Non c’era attimo in cui non l’aveva pensata, in cui non si era preoccupato di chiedere di lei, non si era dato del patetico per aver pensato di farle visita di nascosto, solo per assicurarsi che stesse bene.
Sprofondò nella poltrona reclinando il capo stanco all’indietro, tra le mani il suo inseparabile bicchiere di bourbon, del quale inalava un bisogno viscerale. In quell’attimo ne aveva bisogno più che mai, di sentirlo bruciare tra la gola e lo stomaco, di percepirlo alleviare il dolore.
Si accorse d’improvviso del rumore sordo del portone della tenuta che si apriva.
“Fratello” mormorò quando percepì Stefan muoversi alle sue spalle.
“Damon” rimandò piazzandosi davanti a lui. Si guardarono seri per qualche minuto, poi l’espressione del maggiore cambiò tramutandosi in un mezzo sorriso ironico.
“Chi hai ucciso questa volta?”
“Damon come stai?” chiese lui a sua volta ignorando la sua ironia.
“Alla grande!”
“Lo sai che non ci credo”
Il vampiro si fece serio. Sapeva che il fratello si riferisse al suo ritorno con Elena, e dal canto suo era ormai inutile mentirgli.
“ Non importa come sto… lei ha scelto, e noi abbiamo fatto un patto che intendo rispettare. Andrò via non appena si sarà ripresa e non avrà più bisogno di entrambi”
Detto questo sparì, lascando il fratello immobile al centro del salone, senza dargli modo né di domandare altro, né di obiettare in qualche modo.

POV ELENA

Aveva dimenticato quanto fosse dolce il sapore dell’aria, o intenso il soffio del vento sulla pelle. Aveva smesso di contare i giorni, o le ore, o addirittura i minuti che aveva trascorso  rinchiusa tra le mura di casa, soffocata da aria viziata, stordita dal battito melodioso e ritmico del cuore di Jeremy.
Quando era prossima ad un esaurimento Stefan le aveva proposto di trasferirsi nella tenuta per qualche tempo, resosi conto che l’esperimento in casa non aveva funzionato come dovuto. Lei aveva acconsentito con qualche esitazione, troppo stanca anche per obiettare in qualche modo.
“Pensi che tenermi lontana da qualsiasi forma di vita sia il modo migliore per abituarmi a conviverci?” chiese stizzita,  sdraiata ormai da ore sul soffice materasso del letto del vampiro. Sentiva di non riuscire più ad esprimersi come avrebbe voluto, o più semplicemente le sembrava che lui dovesse ascoltare anche ciò che non riusciva a dirgli, ma non era in grado di farlo. Come avrebbe potuto… era consapevole che lui, come tutti gli altri, stesse facendo del suo meglio per comprendere ciò di cui aveva bisogno, ma era lei a sentirsi come ingabbiata in una rete di sentimenti amplificati, sete e irrequietezza.
Stefan si voltò a fissarla porgendole un bicchiere ricolmo di sangue.
“Eri un pericolo per Jeremy, non potevi restare lì”
“Questo l’ho capito da sola! Ma non credi dovremmo cominciare ad uscire? Dovrei tornare a scuola, alla mia vita … sono stanca di tutto questo!” concluse implorandolo stremata. Si mise a sedere facendo spazio anche a lui sul letto al suo fianco.
“Si – borbottò pensieroso – forse hai ragione”
“Ascoltami, io so di essere un pericolo e non pretendo che mi lasciate sola per le strade della città, voglio che mi restiate accanto mentre mi reinserisco e che mi aiutiate a superare la sete” prese il bicchiere dalle sue mani, e quando ebbe finito di parlare né svuotò il contenuto. Sentì la sete placarsi, e quel senso di agitazione, forse semplice desiderio, placarsi.
“Tu stai facendo un percorso e sei appena agli inizi, quando sarai pronta faremo un tentativo e vedremo come te la cavi ok?”
Senza accorgersene la vampira si sentì montare dalla rabbia. Scattò in piedi dandogli le spalle.
“E quando secondo te sarà il momento Stefan? Faccio ancora fatica a controllare le mie emozioni, la sete mi divora in ogni momento della giornata, e quando si placa sai cosa resta? Colpa, disgusto, repulsione verso ciò che sono – urlò fuori di sé – se non riesco ad accettarmi come posso pretendere di vivere una vita normale?” esplose, sincera come non lo era mai stata con lui in quell’ultimo periodo. Tutto ciò che sentiva,tutto ciò che era, lo mostrò in quelle poche parole sputate con rabbia. Le lacrime scesero libere lungo le gote arrossate, e quando toccarono le labbra le sembrò che non avessero più lo stesso sapore. Non era più quella dolce e innocente ragazza, ciò che era diventata, ciò che non avrebbe mai voluto essere, venne fuori segnando il suo candido viso. Si coprì il volto imbarazzata, e le sete, un tipo di sete ben diversa da quella fisiologica, una sete di rabbia e di vendetta, una sete che sentì non avrebbe mai potuto placare con una semplice sacca di sangue, le bruciò la gola e le pareti dello stomaco. Ogni fibra del suo corpo si attivò, ogni vena sotto pelle potè scalpitare di desiderio, pompare sangue che le arrivò al viso, iniettando i suoi profondi occhi cioccolato. I canini scattarono, pronti ad attaccare. Era come se avesse perso il controllo del suo corpo. In un attimo la ragione la abbandonò, e prima che Stefan potesse avvicinarsi a lei, lo scaraventò in aria e fuggì via gettandosi dalla finestre lasciata aperta.

POV DAMON

Un’accesa discussione … ne riconobbe i toni e la provenienza, ma non potè, o meglio, non volle ascoltarne il contenuto. Non erano affari suoi, si disse, non gli doveva interessare ciò che si stessero dicendo.
Quando Stefan gli aveva detto che Elena si sarebbe trasferita da loro per un po’ una parte di lui aveva maledetto il fratello per la tortura che gli avrebbe inflitto; l’altra parte però aveva sorriso, e gridato di gioia al solo pensiero di sentirla dormire nella stanza accanto alla sua.
Uno schianto improvviso lo costrinse a correre in camera del fratello. Non appena aprì la porta  vide un comodino sfondato e il vampiro che lentamente si rialzava.
“Che diamine è successo in questa stanza?” chiese trafelato aiutandolo a rialzarsi.
“Ho avuto una discussione con Elena, o meglio ha parlato solo lei… ha perso il controllo e mi ha scaraventato in aria”
“Steso da una femminuccia?” il commento gli uscì dalle labbra spontaneo, ironico e divertito, accompagnato da una risatina sommessa.
“Vaffanculo Damon!”
“Ma ora dov’è lei?”
“Non lo so”
L’espressione nei suoi occhi mutò, l’oceano divenne scuro.
“Che siginifica che non lo sai? È fuggita? Una baby vampira in preda alla collera?”
“Esattamente… dobbiamo cercarla”
“Prima che decapiti qualcuno” aggiunse lui pronto ad uscire.
 
La cercarono ovunque, finchè non fu notte inoltrata. Setacciarono l’intera cittadina in ogni punto, sperando che si fosse calmata, che in qualche modo avesse ripreso il controllo di sé prima  di fare del male a qualcuno.
“Dividiamoci, faremo prima” Stefan gli indicò la via che avrebbe preso lasciando al fratello l’onere di seguire l’altra. Damon obbedì comunicandoglielo con un gesto del capo.
“Stefan – lo chiamò prima che fosse lontano – la troveremo”
Vide un sorriso spuntare sulle labbra del fratello e comprese quanto quelle parole lo avessero calmato. Senza dire altro si allontanò a velocità vampiresca.
In poco più di dieci minuti aveva percorso l’intera strada imboccata, annusando l’aria in cerca del suo odore. Quando lo sconforto l’aveva preso lo sentì, l’aroma vanigliato della sua pelle d’ebano. In lontananza, ma riuscì a percepirlo. Il buio non era un problema per i suoi occhi di cacciatore, e fu così che seguendo la scia arrivò al cimitero.
Tra l’odore di morte e terra, tra tutte quelle lapidi erette verso il cielo e rischiarate dalla luna, la individuò, rannicchiata, di spalle. Riconobbe i lunghi capelli caderle sulle spalle, lisci e ribelli, scuri come quella notte. Le si avvicinò di soppiatto nel tentativo di non farsi sentire, per poterla osservare. Per poter imprimere sotto pelle, nel sangue, quella esile figura di donna. Ma non fu possibile, perché lei aveva già percepito la sua presenza.
“Sto bene Damon”
Sentì la sua voce tremare, e capì che era una bugia.
“Dimenticavo che adesso sei un vampiro, non è più facile sorprendenti alle spalle”
Non udì alcuna risposta, soltanto il soffio di un sospiro perso nel vento. Capì che forse era il caso di lasciarla sola, e stava per allontanarsi quando la sentì.
“Damon – sussurrò – resta qui con me,ti prego”
Rimase come congelato in quell’attimo perfetto. Le si avvicinò lentamente, sedendole accanto. Solo allora notò che le lapidi che aveva di fronte erano quelle dei suoi genitori.
Si voltò e vide il suo profilo fiero, segnato dal pianto e rischiarato dalla luce argentea della luna. Non la toccò, si limitò a sfiorarla con lo sguardo.
“Che fine hai fatto questa settimana?” gli chiese asciugandosi con il palmo le ultime lacrime scivolate lungo gli zigomi. Damon rimase spiazzato, e confuso da quella domanda. Indugiò un po’ troppo, così lei continuò.
“Ho bisogno di sentirti vicino … c’è qualcosa che mi spinge a cercarti, c’è qualcosa tra di noi, un legame che non riesco a spezzare. Ho bisogno di te in questo momento” non lo guardò mentre lo disse, ma pronunciò quella parole con decisione, e rassegnazione. E lui credette di morire in quell’istante.
“Hai scelto Stefan … e lui sta facendo del suo meglio per aiutarti – sapeva che si sarebbe pentito di quelle parole, ma non poteva continuare a struggersi per lei – mi hai lasciato libero Elena. Io ho bisogno di staccarmi da te in qualche modo, ma non riesco a farcela se tu – lei si voltò ad osservarlo con occhi gonfi di lacrime – se tu mi guardi in questo modo” bisbigliò distogliendo lo sguardo. Non sapeva lei cosa volesse, era vulnerabile, e disperata, ma non era giusto tutto quello, quel legame che li univa. Uno dei due avrebbe dovuto reciderlo in qualche modo, per il bene di tutto, ma sapeva che non sarebbe stato lui a farlo. Non ne aveva il coraggio.
La percepì distogliere lo sguardo e rivolgerlo alla luna, e si tranquillizzò.
“Come sarà d’ora in avanti? Le emozioni che sento saranno sempre così forti? Mi controlleranno in questo modo ogni volta?”
“No, sarai tu a controllare loro… ma ci vuole tempo, ed esercizio. Io ho ancora qualche problema a farlo!” sorrisero entrambi senza guardarsi.
“Oggi… loro hanno preso il sopravvento ed io ho perso il controllo. È brutto sai? Non avere il controllo del proprio corpo. Lasciarsi guidare dalla sete, dalla rabbia. Per un attimo mi sono persa”
Lui sorrise appena “Mi sono lasciato guidare dalla rabbia, e dalla disperazione … per quasi un secolo… e ti posso assicurare che semmai accadrà anche a te sarai stata tu a sceglierlo. L’umanità è la nostra più grande debolezza, e anche se non lo volessi lei è sempre qui. È ciò che sei, non è cambiato nulla”
Senza neanche volerlo trovarono un contatto visivo. Si rifletterono l’uno negli occhi dell’altra come se potessero fondersi in un solo corpo. Elena sorrise rassicurata, e Damon rabbrividì dalla perfezione di quell’attimo. La tensione crebbe mentre i loro visi continuavano a scambiarsi la stessa aria.
Fu allora che Elena girò la testa di scatto come se avesse ricevuto una scossa, o si fosse risvegliata da una dolcissimo sogno.
“Damon io berrò sangue, sangue umano – dopo qualche istante di riflessione proseguì – l’ho visto Stefan perdersi nel baratro… io non voglio. Voglio imparare a controllarmi. Berrò dalle sacche comunque”
Fu sorpreso da quella decisione, ma ne fu felice
“L’hai detto a Stefan?”
“Lo farò”
Cadde il silenzio, non uno di quei silenzi imbarazzanti ma piuttosto un contatto di anime, che silenziosamente si scambiarono conforto, e compagnia.
“Sono venuta qui perché avevo bisogno di vederli – con un cenno di testa indicò le lapidi che le erano di fronte – volevo capire che nonostante tutto potessero ancora essere fieri di me. Ti è mai capitato Damon di porti la stessa domanda?”
Lui sorrise amaramente “Ho commesso troppe crudeltà perché qualcuno possa essere fiero di me”
“Tu non sei soltanto il peggio di te stesso… sei molto di più, e lo sai bene. Io sono fiera di te!”
Lui sorrise, perso nella notte, nel freddo e nel vento, trovò conforto nelle parole della donna che gli aveva spezzato il cuore. Fu salvo, almeno per quella notte. Non le rispose, si limitò a guardarla, a scrutarla, a cercarla con gli occhi, a bramarla come mai.
“Posso chiederti una cosa Damon?”
“Tutto quello che vuoi”
“Non mi hai più detto che cosa cerchi, cos’è che vuoi tu?”
Lo vide confuso, ancora titubante. Sapeva che aveva capito, ma forse voleva sentirglielo dire, o forse voleva da lei una conferma.
“Ricordo tutto Damon, tutto quello che mi hai fatto dimenticare… e a proposito: non avresti dovuto” con lo sguardo cercò l’oceano dei suoi occhi, che in quel momento le parvero chiari come mai, sorpresi, sgranati.
“Non sarebbe cambiato nulla” sostenne sulla difensiva.
“Questo non puoi saperlo”
“E’ vero, non posso, ma è tardi per cambiare il passato”
Sapeva che lei prima o poi avrebbe ricordato, e sapeva che quel giorno era già arrivato, ma sperava che invece il momento del confronto avrebbe potuto evitarlo. Aveva già pagato abbastanza le sue scelte sbagliate, aveva messo a nudo se stesso, aveva condannato la sua stessa anima. Si era chiesto innumerevoli volte cosa sarebbe successo se avesse agito in modo diverso, ma ciò che alla fine di quel lungo percorso aveva compreso era che non avrebbe mai potuto cambiare quella lunga lista di errori.
“Volevo solo dire che è stato un errore, tutto qui. Forse le cose si sarebbero potute evolvere diversamente…”
“Se lo pensi davvero perché non fai nulla per cambiarle adesso,eh?” chiese stizzito alzandosi. In questo modo poté allontanarsi da lei, dalla tentazione di toccarla, per imprimere sulla pelle il suo sapore.
“Io … io – faticò a formulare i pensieri, scosse la stessa – io non posso! Amo Stefan!”
“Attenta Gilbert, a furia di ripeterlo potresti cominciare a crederci” sputò inviperito con tutta la rabbia cui quella scelta lo aveva condotto.
Elena sgranò gli occhi incredula, scosse la testa con vigore.
“Non litighiamo ancora Damon! – lo pregò risoluta – chiudiamo il discorso” si alzò anche lei e le distanze si accorciarono di nuovo. La tensione risalì come ogni volta che i loro corpi entravano in contatto e i loro sguardi si incrociavano.
“Stai fuggendo Elena” insistette. Non si sarebbe arreso, non fin quando sentiva il corpo di lei vibrare a contatto con il suo, non fin quando lei avrebbe continuato a cercarlo e a volerlo accanto. Non si sarebbe arreso fin quando non avesse avuto la certezza che era davvero Stefan la persona che lei amava.
Lei non rispose, incrociò le braccia al petto distogliendo lo sguardo.
“Cosa voglio io Elena? Vorrei non essermi dannato in eterno per amore della donna sbagliata”  bisbigliò sincero, voltandosi di spalle pronto ad andar via. Ma non potè farlo perché sentì due esili braccia aggrapparsi ai suoi fianchi, e intrecciarsi all’altezza dell’addome.
Elena lo aveva raggiunto, e abbracciandolo di spalle era scoppiata in lacrime. La sentì poggiare la fronte alla sua schiena e subito dopo un fiato caldo solleticargli la pelle da sopra i vestiti.
L’avrebbe perdonata, e consolata, come sempre. Avrebbe dovuto smetterla di darsi tanti buoni propositi che poi sapeva non avrebbe mai saputo portare a termine.
Le strinse le mani con vigore, e dolcezza, finchè non si fu calmata e senza scambiarsi una parola la riportò alla pensione.
 
 

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Capitolo 7
*** CAPITOLO6 ***



POV ELENA

Quando euforica si affacciò nel buio salone della tenuta trovò Damon intento nella lettura, e Stefan concentrato in probabili compiti a casa. Li osservò entrambi in silenzio, così diversi ma simili, così lontani ma legati da trame e affetti profondi. Sorrise della dolcezza che lesse sui loro volti rilassati, prima di parlare.
“Mi ha chiamata Caroline – esordì – stasera c’è una festa in maschera al grill, che ne dite di andarci?”
Entrambi si voltarono a guardarla, in entrambi i loro volti lesse amore,tanto di quell’amore da far paura. Rabbrividì.
Ci rifletterono un istante, poi fu Stefan a parlare.
“Pensi sia il caso?” chiese titubante al fratello.
“Non devi chiederlo a me! Io adoro le feste – sorrise ammiccando, poi si voltò verso di lei – ti senti pronta?”
“Prontissima! Dai Stefan ti prego – gli rivolse l’espressione più tenera e convincente in repertorio – ci sarete voi a controllarmi! Ho solo voglia di distrarmi un pochino, qui sa di muffa! E poi è una buona occasione per mettere il vecchio vestito da cheerleader, visto che ormai è buttato nell’armadio!”
Da un paio di giorni, cioè dalla chiacchierata con Damon, era riuscita a ritrovare il buon umore. Non sapeva spiegarne il motivo, sapeva solo che semplicemente lo stargli accanto la tranquillizzava, il sentirlo gironzolare per casa con la solita battuta pronta e quel sorriso sornione, riusciva a ridarle un briciolo di calma, e la sensazione di poter di nuovo riprendere in mano le redini della sua vita.
“Dai Stefan – Damon le fece il verso – questa è un occasione da non perdere per sfoggiare il tuo nuovo costumino – agitò le mani e approfondì il tono della voce, che divenne esageratamente solenne e derisorio – Santo Stefan … Protettore dei quoterback!” scandì le parole come a metterle in risalto.
Elena si lasciò sfuggire una risata sincera e cristallina, che risuonò per l’intera stanza. Stefan scosse la testa sorridendo.
“E tu da cosa ti vestirai?”
“Resterò fedele al caro vecchio me stesso” si allontanò scuotendo la testa scherzoso, pronto a scomparire.
“Grazie Damon” sfuggì alla vampira, non appena lui le fu accanto.
“Di cosa?”chiese sorpreso.
“Di tutto … del tuo supporto” sorrise riconoscente, poi lo lasciò andar via.
“Come mai quest’improvviso buon umore?” le domandò Stefan non appena furono soli, circondandola in un abbraccio fermo all’altezza della vita. I loro corpi si scontrarono, ed entrambi trasalirono.
“Non saprei … mi sento un’adolescente alle prese con cambi d’umore e sbalzi ormonali” rise.
“E’ tutto normale, ti ci abituerai – prese a guardarla, poi, malizioso – a proposito di sbalzi ormonali,  c’è da recuperare quanto? Un anno?” senza aggiungere altro prese a baciarla con foga.
Con foga pazzesca, ritenne Elena, prima di chiedersi se fosse la transizione ad amplificarle anche quella deliziosa sensazione di piacere ed impazienza.
Si strinse al suo corpo non appena il vampiro prese a baciarle freneticamente il collo, spostandosi repentinamente dai lobi delle orecchie al petto lasciato scoperto dal profondo scollo.
Le sue mani cominciarono a vagare incontrollate e vogliose per il petto ampio e statuario del vampiro.
Fu allora che si accorsero di un rumore soffocato alle loro spalle, e si voltarono di scatto imbarazzati.
Era Damon, che nel tentativo di prendere silenziosamente il suo giubbino in pelle riposto sul divano aveva urtato il tavolino alle loro spalle.
Si scrutarono seri ed impacciati. Un senso di inadeguatezza, di freddo e di vuoto, partì dallo stomaco di Elena, fino a bagnarle impercettibilmente gli occhi. Non era possibile, né consentito tutto ciò, lei era lì, tra le braccia del suo uomo, e mai avrebbe dovuto sentirsi tanto fuori posto, così in colpa, sotto lo sguardo color mare di Damon.
“Vi lascio soli … continuate pure con le vostre smancerie e scusate il disturbo” indossò il miglior sorriso spavaldo e indifferente. Ma nei suoi occhi lesse un’infinita tristezza, e un’immensa solitudine. Sentimenti che lo accompagnavano da troppo tempo e che temeva potessero piegarlo, come era già successo quando lei lo aveva salvato.
Damon scomparve, deciso a sottrarsi dal suo sguardo pensieroso e indagatore.
“Che succede tra di voi? sento una certa tensione” Stefan, con una domanda inopportuna e certamente inaspettata, la destò dai suoi pensieri. La lasciò spiazzata, incapace di dare una risposta.
“E’… è complicato. È difficile ormai che le cose tornino come prima” evitò di guardarlo, non avrebbe saputo sostenere i suoi occhi.
Stefan la fissò confuso “Mi ami?”
Le sembrò di sprofondare … per un attimo dubitò, dubitò persino di se stessa.
“Si!”
Lui sorrise appena, poi le si avvicinò carezzandole una guancia.
“Sono stato io a spingerti tra le braccia di Damon ... mi basta sapere che tu non dubiti di noi, il resto lo supereremo”
Il quel momento di sincerità, familiarità, e tenerezza si tranquillizzò. Nei suoi occhi sinceri, e nel suo sguardo comprensivo, sentì di aver in qualche modo ritrovato una strada sicura, e accogliente. Il loro rapporto si era sempre basato su fiducia, sincerità e rispetto, e quel nascondergli le cose, e tacergli i problemi, sentiva che avrebbe finito per allontanarli, quindi si decise a parlare.
“Stefan, ho pensato di bere sangue umano – lo scrutò per captare la sua reazione – per imparare a controllarmi questo è l’unico modo che ho. Ti ho visto sprofondare troppe volte per fare anch’io lo stesso errore” lo disse decisa, aspettando soltanto la sua reazione.
Lui non disse nulla, si limitò a guardarla prima di stringerla di nuovo in un abbraccio.
“Grazie” sussurrò, comprendendo quanto lui avesse capito.

POV DAMON

Al grill, quella sera, una massa scalpitante di giovani vite intrecciate, si godevano la festa, chiacchierando, ballando, bevendo, oscillando all’unisono con in dosso le maschere più varie e stravaganti. Odore di vita, di sudore, e di sangue, odore di giovani cuori forti e scalpitanti, fu tutto ciò che riuscì a sentire.
Chiaramente l’unico motivo per cui si era lasciato convincere a parteciparvi era lei. Era sempre lei, che lo persuadeva con gli occhi e con la voce. Era un tormento, il più dolce dei tormenti.
Quando entrò nel locale la individuò all’istante, persa in una folla colorata di luce artificiale. La osservò da lontano, presa a chiacchierare con il fratello non si accorse di lui. Era lì, con un adorabile vestitino da cheerleader, poca stoffa e troppi centimetri di pelle scoperta, pensò. La lunga massa di capelli, raccolta in una coda alta, lasciava scoperto il lungo collo affusolato. Un collo che volentieri aveva assaporato e perlustrato, una notte non troppo lontana, ma che ora gli sembrò distante anni luce.
Stefan le si allontanò per pochi minuti, e vide lei che rimasta sola cominciò a scrutarsi intorno, dapprima tranquilla, pensierosa, poco interessata, man mano che la gente però le passava accanto vide che cominciò ad innervosirsi, a muoversi sulla sedia, vide che si coprì la bocca, voltò lo sguardo impedendosi di guardare. Suppose che fosse la sete, non era abituata alla grande folla, sapeva già che sarebbe stato un problema. La vide perdere il controllo, e fuggire in bagno.

POV ELENA

Tutto quel sangue, tutta quella vita, tutto quel buon odore… aveva perso completamente il controllo del proprio corpo, si era vista agire di istinto, mostrando il suo vero volto. Era questo ciò che era: figlia del demonio, un predatore, un assassino, nulla era rimasto in lei di quella dolce ragazza di provincia che sognava il college e una lunga vita serena.
Si sentì sprofondare in un abisso di sete straziante, bruciante e graffiante, tanto forte da star male.
Si catapultò in bagno lontana da carotidi e battiti fin troppo invitanti, prima che potesse perdersi del tutto in quel mare di giovani vite. Forse Stefan aveva ragione … doveva tornare a casa
Un odore dolce e inebriante però, la destò dal tentativo di riprendersi. Scivolò nuovamente in quel baratro, che annulla qualsiasi traccia di umanità.
Una giovane donna sulla trentina uscì da uno dei bagni, indaffarata com’era non ebbe neanche il tempo di accorgersi della sua presenza che era già pronta ad attaccare, ormai totalmente fuori controllo.

POV DAMON

Con uno scatto fulmineo si gettò tra Elena e la giovane vittima, che spaventata tentò di urlare, e di scappare. Con una mano tenne ferma la vampira al muro, con l’altra prese il polso della sconosciuta
impedendole di fuggire, e costringendola a voltarsi spaventata. Ottenuto il contatto visivo prese a parlare.
“In questo bagno non è successo nulla. Non hai visto niente” le suggerì con voce suadente. In un attimo era ammaliata e libera di andare. Andò via tranquilla com’era entrata.
Si voltò  a quel punto verso Elena, che lo guardò ringhiando, il volto ancora sfigurato. Tentò di liberarsi dalla sua presa, inutilmente.
“Elena guardami … sono io: Damon – con un dito le alzò dolcemente il mento, e si perse nei suoi occhi che pian piano tornarono umani, profondi e innocenti – ehi non è successo nulla, è tutto apposto”
In pochi minuti il volto della ragazza tornò dolce, ma stravolto. Gli occhi sgranati lo fissarono inquieti.
“Dio Damon non ero in me! – singhiozzò in preda al panico – Stefan aveva ragione, non saremmo dovuti venire qui! Io non sono pronta … io non sono capace di farlo” sussurrò disperata, rimanendo immobile tra il muro e il suo corpo marmoreo. Smise anche di opporre resistenza, così lui le si allontanò di poco, consapevole che non avrebbe avuto più intenzione di fare del male.
“ Elena guardami – cercò i suoi occhi – e ascoltami bene. Non ti puoi arrendere adesso! È esattamente così che funziona per tutti, è normale perdere il controllo… e più sarai tra la gente, più lo perderai, più imparerai a controllarti!”
“Sono un pericolo Damon! Devo andare via di qui” tentò di sfuggirgli ma lui la bloccò per un polso. Elena sussultò.
“Non risolverai nulla scappando! Se tu adesso te ne vai quando ti deciderai a rifarlo non sarà cambiato nulla,sarà tutto come adesso e fuggirai di nuovo! Ci vuole esercizio Elena, non basta essere vampiro da cent’anni, devi viverci tra la gente per imparare a resistergli”
Lei si immobilizzò, arrendendosi.
“Come si fa? Insegnamelo” sorprendendolo si scrollò dalla sua presa ma invece di scostarsi fu lei questa volta ad avvicinarlo, prendendogli una mano tra le sue, e fissandolo diritto negli occhi.
Chiedeva aiuto, e conforto, Damon sapeva cosa significasse essere soli, in balia di una natura violenta, senza una guida. Affrontare l’inferno del sangue e della sete ed uscirne integri era quasi un’utopia, ma avrebbero dovuto tentare. Elena ne aveva bisogno, e a lei non aveva mai saputo dire di no.
“Per ognuno è diverso… quando arriva la sete, quell’attimo prima di perdere totalmente il controllo pensa a qualcosa, un’emozione, o una persona, un ricordo, non saprei… qualsiasi cosa ti tenga aggrappata alla tua umanità. Andrà sempre meglio, ogni volta che lo farai, finchè non ti verrà naturale”
Lei lo osservò  senza dire nulla, aggrappata alla sua mano. Nei suoi occhi vide accendersi la speranza, sul suo volto uno splendido sorriso. La sentì stringere con forza la sua mano, ancora una volta intrepida, catturata da un attimo perfetto, che li avvolse entrambi.
Qualcosa stava cambiando, percepiva quanto lei gli si stesse aprendo, quanto si stesse aggrappando a lui, quanto fosse forte il suo bisogno di sentirlo accanto. Questo lo spaventò, perché la sentì vicina come mai prima di allora, come mai nessuno gli si era avvicinato nella sua lunga vita.
“A cosa pensi tu Damon?”
Sorrise appena guardando dinanzi a se come se stesse perdendosi in un ricordo.
“Ripenso alla mia infanzia, nei giardini della tenuta. Se chiudo gli occhi e mi concentro mi sembra di sentire ancora il calore del sole sulla pelle, o la voce di mia madre che richiamava me e Stefan per il pranzo – sorrise appena –ci sono cose che non dimenticherai mai, Elena. Sono quelle le cose a cui devi aggrapparti quando senti di non farcela”
In un soffio scomparve di nuovo, lasciandola sola.
Si sentì invadere dal freddo improvviso della sua lontananza. Rise di lui, della sua umanità mai spenta, per quanto volesse far credere. Rise di lei, della sua cecità, della sua ingenuità, quando aveva creduto che in Damon non ci fosse più nulla di buono, e di umano. Aveva sbagliato, aveva errato in tutto.
L’umanità del vampiro non le parve mai così chiara, nitida, velata soltanto da una sottile maschera di sarcasmo e presunzione  che amava indossare.
Più scopriva di lui, più si ritrovava a sperare di non aver scoperto. Tutto ciò la destabilizzava. 

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Capitolo 8
*** CAPITOLO7 ***


Innanzitutto volevo ringraziare tutti coloro che hanno recensito, o inserito la storia tra le preferite o tra le seguite. Ma vorrei anche ringraziare chi segue silenziosamente. Grazie mille a tutti =) mi farebbe piacere anche che commentaste, almeno per esprimere opinioni, ciò che vi è piaciuto o che cambiereste, visto che noto siete in tante a seguire =)  È sempre un piacere ricevere commenti !
Comunque vi lascio al nuovo capitolo!

Tra una moltitudine di cuori scalpitanti credette di perdere il controllo ancora una volta, e poi due, e tre… ma ogni volta Stefan le stringeva la mano, allora lei chiudeva gli occhi, sospirava forte e pensava a sua madre, la bellissima donna che l’aveva cresciuta e amata fino alla fine dei suoi giorni. Ed ogni volta tornava indietro nel tempo, e al suo ritorno stava meglio.
“Ti trovo in ottima forma stasera, sai? – commentò Bonnie seduta di fronte a lei – quando tornerai a scuola?”
“Spero presto! Non vorrei perdermi l’anno del diploma”
Spostò lo sguardo girovagando per il locale, quella sera zeppo di persone, fino a che i suoi occhi si posarono sul bancone. E ciò che vide non le piacque affatto. Dimenticò di essere lì seduta accanto a Stefan, in compagnia delle sue due più care amiche, smise di ascoltare le chiacchiere che le stavano rivolgendo.
Damon era di spalle, non poté vederlo in viso, ma poté immaginare che stesse semplicemente gustando un buon bourbon, quando una ragazzina travestita da catwoman, compressa in un vestito troppo stretto, gli si avvicinò con fare seducente. Non si soffermò neppure ad osservarla, le parve troppo spocchiosa e appariscente, forse inappropriata, per i gusti del vampiro.
Guidata da un istinto irrefrenabile, da curiosità si disse, da gelosia probabilmente, allertò i sensi fino a che, zigzagando tra una folla di inutili chiacchiere, riuscì a trovare la sua voce.
“Non sono interessato mi spiace” il tono piatto e scocciato con cui lo disse la rasserenò, e un sorriso le sfuggì senza che lo volesse.  Ma la ragazza non si arrese, e lei stava seriamente cominciando a perdere la calma.
Prendiamo un drink insieme, ti va? – gli propose maliziosa – non ti sto chiedendo altro”
Damon, finalmente, si voltò ad osservarla mostrando parte del profilo anche a lei. Si smarrì nella perfezione dei lineamenti duri e decisi, nei morbidi capelli che gli ricadevano appena sul volto, incorniciandolo perfettamente. Venne presa dalla voglia di affondarvi ancora una volta le dita, di respirarne il profumo … ma fu un solo attimo, perché subito riprese ad ascoltare attenta.
“Noto con piacere una certa intraprendenza …” rispose lui con un mezzo sorriso ironico.
“E’ una notte così bella … è un peccato sprecarla in chiacchiere”
Il vampiro rimase colpito dalla sua sicurezza, o più semplicemente, pensò Elena, capì di essere in diritto di concedersi una notte di sesso, con una perfetta e patetica sconosciuta, che gli era letteralmente piombata addosso. Non si era nemmeno degnato di cercarla … Damon era fatto così, il suo fascino sulle donne non calava mai, notò con disappunto.
Era un uomo libero dopo tutto, glielo aveva detto e ribadito lei! Continuava a dirselo e a ricordarselo troppo spesso ultimamente, pensò. Non andava affatto bene.
Soprattutto perché non appena li vide alzarsi entrambi e allontanarsi l’unica cosa che riuscì a sentire fu la gelosia, inaspettata e incontrollabile gelosia.  
Un desiderio irrefrenabile di affondare i canini in quel collo niveo, fino a mostrarle cos’era capace di fare. Sentì il controllo abbandonarla di nuovo, fu diverso questa volta, era un bisogno viscerale e inarrestabile. Era la rabbia e guidarla. Doveva fuggire di lì, al più presto.
Interruppe una probabile discussione della quale aveva afferrato poco o nulla.
“Devo andare via… io… scusate” vide i loro volti mutare, preoccupati, ma non se ne curò e in un soffio fu fuori, all’aria aperta. Non si preoccupò che qualcuno l’avesse vista, in quell’ammasso di danze nessuno avrebbe fatto caso a lei.
A contatto con il freddo della notte si sentì lentamente sbollire, riprendere pian piano sicurezza. Respirò a fondo, più per abitudine che per vera necessità, dedicando attenzione alle tenebre che la circondavano. Dentro e fuori, non sentì altro che freddo e buio. Qualcosa stava cambiando in lei, ciò la terrorizzava, ma non riusciva ad opporvi, né ad evitarlo.
“Tu vuoi un amore che ti consumi, vuoi passione, e avventura, ed anche un po’ di pericolo”
Quelle parole, quell’incontro, le martellavano in testa. Le sembrò che provenissero da un’altra vita, una vita lontana, ben diversa da quella. Ma il comune denominatore era sempre lui: Damon.
“Mi dici che ti è preso?” la voce di Stefan, alle sue spalle, la spaventò. Si voltò ad osservarlo mentre la fissava preoccupato, con un velo di rabbia negli occhi.
“Ho ancora qualche problema di controllo, mi spiace”
Il vampiro scosse la testa sorridendo appena.
“Non sono stupido Elena! Ti ho vista come guardavi Damon con quella ragazza, e a giudicare dall’attenzione dedicata alla conversazione al tavolo posso dedurre che tu stessi ascoltando altro. È stato questo che ti ha fatto perdere il controllo”
Aveva alzato la voce questa volta, ciò non accadeva quasi mai, e lei ne rimase stupita e spaventata al contempo, incapace di trovare nei suoi occhi un briciolo di comprensione. Come avrebbe potuto?
“Stefan io … scusami! Sai quanto possa essere difficile controllare tutte queste emozioni”
“Elena basta! Questa carta l’hai già giocata! Non è importante con quanta intensità, la gelosia è un sentimento umano, non centra la trasformazione!” le puntò un dito contro, e fu come un pugno in pieno petto.
“Stefan lo so… è complicato! Io ti amo e lo sai, ma Damon mi è stato vicino quando tu non c’eri e io… io non posso semplicemente cancellare quello che è successo tra di noi! Non puoi chiedermi di dimenticare tutto e cominciare da zero!”
“Allora non avresti dovuto scegliere me. Non avresti dovuto scegliere affatto!” gridò furioso, spaventandola ancora. Elena sussultò.
“Che vuoi dire con questo?” chiese perplessa.
“Che è arrivato il momento che tu scelga per davvero!”
“No, no, no… non puoi chiedermi questo! Non puoi chiedermi di tagliarlo fuori dalla mia vita!” scosse la testa trattenendo a stento le lacrime, e la lunga chioma raccolta ballò con lei.
“Si che posso! Tu stai con me, sceglimi ancora se non vuoi che finisca!”
“Sei ingiusto! Damon non l’avrebbe fatto” le sfuggì dalle labbra senza volerlo e il vampiro sgranò gli occhi furioso. Solo allora si rese conto della forza e dell’impatto che quelle parole avevano avuto su di lui. Lo aveva, per la prima volta, paragonato al fratello, e altrettanto per la prima volta aveva lasciato vincere Damon in quello strano duello. Ma era ciò che pensava.
Damon aveva sempre sopportato di vederla accanto a lui, aveva tentato di conquistarla, è vero, ma mai le aveva chiesto di escludere Stefan dalle loro vite.
“Io non ti riconosco più!”
“Solo perché non vedo tuo fratello come un mostro? Dovresti rivedere l’idea che hai di lui… è una persona migliore di quello che credete tutti”
Si stavano ferendo a vicenda, lo percepiva nell’aria, lo sentiva sulla pelle il dolore che le parole stavano imprimendo, in quello scontro senza mezzi termini.
“Questo non giustifica il fatto che tu provi qualcosa per lui!”
Si calmò a quelle parole … per paura di perderlo forse, o per il timore che venisse fuori ciò che più teneva nascosto al mondo, e persino a sé stessa.
“Se ho scelto te è perché nonostante quello che provo per lui io non ho mai smesso di amarti, e questo Damon lo sa”
“O forse stai semplicemente tentando di convincertene”
La vampira sussultò “Che vorresti dire?” chiese titubante. Non sarebbero mai dovuti arrivare a quel punto, non avrebbero nemmeno dovuto iniziarlo un discorso del genere. E lei non avrebbe dovuto origliare né interessarsi minimamente a Damon quella sera. Non avrebbe dovuto fare tante cose… ma molte di quelle non erano state volute, erano accadute e basta, inevitabilmente.
“Io non so più che pensare, ti sto venendo incontro in tutti i modi, ma forse non sono io la persona della quale hai bisogno in questo momento”
“Questo non è vero!” obiettò decisa.
“Ammettilo Elena! Tu hai bisogno di lui!”
“Io ho bisogno di entrambi!” gridò fuori di sé. Si accorse solo allora che stava piangendo ormai senza riserve, e senza vergogna.
“Questo non è possibile – scosse la testa, e sembrò calmarsi, o semplicemente rassegnarsi – non fin quando non avrai fatto chiarezza”
“Io ho già scelto”
“Lo so, e non metto in dubbio che tu ci abbia creduto davvero in quella scelta… ma Elena – le si avvicinò costringendola a fissarlo negli occhi – guardami ora e dimmi che ci credi ancora”
Restarono a scrutarsi vicino fino a toccarsi, ma nessuno dei due ebbe il coraggio di sfiorarsi ancora. Non era una bugiarda, aveva tanti, forse troppi difetti, ma non era in grado di mentire, non dinanzi ad occhi tanto grandi, profondi e sinceri.
Per quanto avrebbe voluto dire o spiegarsi le parole le morirono in  gola ancor prima che aprisse bocca. Si persero nel vento appena schiuse le labbra nel tentativo di pronunciarle.
Lunghe scie di lacrime continuarono a bagnarle gli occhi per riversarsi sulle guance. Le solcarono il viso senza fretta, senza paura, né meta. Per la prima volta non riuscì a darsi né a dargli una risposta.
“Ecco … appunto” sentenziò Stefan arreso, al suo posto. Vide i suoi occhi inumidirsi mentre lentamente le si allontanava ferito. Avrebbe potuto fermarlo, ricongiungersi a lui e in quell’abbraccio ritrovare la sicurezza che tanto cercava, ma non ne ebbe il coraggio.
Non poteva continuare a ferirlo, per quanto avesse bisogno del suo conforto, del suo sguardo paziente e comprensivo, non avrebbe più dovuto fargli del male. Lo vide allontanarsi, e non si mosse. Rimase immobile, persa nel buio, nel freddo e nel vento.
L’ultima certezza della sua vita era stata spazzata via, come una foglia portata lontana dalla brezza e persa all’orizzonte.
 
POV DAMON
 
Una dose di buon sesso era l’ideale per alleviare la sbornia e il dolore. Dopotutto le sue preferenze non erano mutate: il sesso restava sempre un ottimo palliativo ai dispiaceri. Se poi ci aggiungeva anche una buona dose di sangue fresco, allora si che la serata sarebbe finita nel migliore dei modi.
Non male, aveva recuperato anche un numero di telefono. Decisamente gran bella sera, pensò soddisfatto infilandosi il bigliettino nelle tasche dei jeans.
Non che gli piacesse particolarmente la biondina, forse un tantino troppo eccentrica e appariscente per i suoi gusti, ma d’altronde la donna da amare, purtroppo, l’aveva già trovata. Ciò di cui aveva bisogno era nient’altro che una donatrice brava a letto.
Con un sorrisino strafottente dipinto sul volto tornò al Grill per riprendere la sua auto. Preferì non rientrare. Per quella sera aveva visto abbastanza smancerie da star male tutto l’anno.
Scosse la testa per destarsi da quei pensieri tutt’altro che felici, che sicuramente gli avrebbero rovinato l’umore, e individuò nel buio la sua auto, parcheggiata tra le tante, così come l’aveva lasciata.
Quando fu vicino abbastanza, però, si accorse di una figura snella e slanciata poggiata allo sportello del passeggero, a testa bassa, di spalle, non poté vederla in volto ma riconobbe la massa di capelli raccolta sulla nuca, e le spalle fini e ossute. Non ebbe più dubbi quando annusando l’aria intorno sentì salirgli alle narici un dolce odore vanigliato. Il suo.
 “Cosa ci fai tu qui?” le domandò perplesso, girando intorno all’auto fino a raggiungerla.
“Ho litigato con Stefan…”
“Vi siete contesi lo stesso scoiattolo?” la prese in giro sarcastico. Ma quando si accorse del viso segnato dal pianto e dell’espressione stanca, si rese conto che non era il caso di continuare, e il sorriso gli morì sulle labbra.
“Non mi va di parlarne”
“Allora perché sei qui?”
“Non sapevo da chi altro andare” gli confidò guardandolo con occhi gonfi di pianto.
Damon tremò appena, di gioia “Bonnie e Caroline?”
“Sono al Grill”
Il vampiro la guardò d’improvviso perplesso, aspettandosi a quel punto una spiegazione più convincente e veritiera. Non si sarebbe illuso questa volta, non fin quando non fosse stata lei a permetterglielo ancora.
Elena sbuffò “Volevo vedere te! … contento??”
“Si! … contenta?”
Si guardarono indispettiti e severi, scrutandosi a vicenda. Poi lei scoppiò a ridere.
Una risata sincera e contagiosa, che coinvolse anche lui, rilassando entrambi.
Damon ne approfittò per poggiarsi anch’egli alla macchina, al fianco della vampira.
“Non mi interessa sapere il perché abbiate litigato…ma tu, signorina Gilbert, hai bisogno di staccare la spina!” le spiegò scherzoso.
“Cioè?”
“Cioè devi chiudere quella bocca e seguirmi senza fare domande!”
Lei sgranò gli occhi fingendosi offesa e spaventata “E’ un rapimento questo, signor Salvatore?”
“Solo se tu non vuoi” la sua voce si tramutò in un sussurro, un flebile soffio a pochi centimetri dal suo viso.
L’elettricità che si scatenò da quella semplice vicinanza fu magica, Damon sentì lunghe scie di piacere passare dal suo corpo a quello di Elena, che lo guardava fisso negli occhi senza proferire parola, ma con appena un sorriso dipinto sul volto pensieroso. Stava valutando la sua proposta.
“Dove mi porti?” in quella semplice domanda quasi urlata dall’entusiasmo, fece capire che era con lui, che quella notte sarebbe stata loro.
“Ti mostro cosa vuol dire essere un vampiro! Non è solo sangue e malumore, è molto di più”
Detto questo la incitò a seguirlo, entrando nell’auto. E lei incuriosita e affascinata lo fece senza fiatare.
 
 
 

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Capitolo 9
*** CAPITOLO8 ***


POV ELENA

Il tragitto in macchina fu breve, il vampiro la condusse alla periferia di Mistic Falls, e senza dirle nulla parcheggiò su di una stradina sterrata e secondaria, che affacciava sul bosco della città, incitandola ad uscire dall’auto.
Lei obbedì notando subito fuori la fitta boscaglia che si ergeva verso il cielo, imponente e centenaria. I rami dei grossi arbusti, spogli, mossi dal vento, disegnavano con la luce lunare improbabili e meravigliosi giochi d’ombra.
Immersa nella più totale oscurità, era ormai capace di guardarsi intorno come in pieno giorno. Erano nel bel mezzo del bosco, tra odori di terra e di fogliame, circondati da alberi maestosi, assediati dai fischi del vento che li avvolsero entrambi in un’orchestra di suoni. Ma lei non ebbe paura.
Si mantenne qualche passo alle spalle del vampiro mentre parlava.
“Cosa ci facciamo qui Damon?”
“Seguimi!” la incitò lui in un sussurro, ignorando la sua domanda e sparendo in un soffio tra gli arbusti.
Elena sorrise capendo il suo gioco, e in un attimo prese anch’essa a correre. Sentì il corpo forte e vigoroso aumentare in rapidità fino a poter vedere il bosco intorno a lei scorrere veloce. Raggiunse quella velocità che non aveva ancora mai sperimentato, con la sola forza del pensiero. E fu gratificante, eccitante, e in un certo senso anche liberatorio.
Percepì la tensione calare mentre volteggiava senza meta, ormai capace di evitare qualsiasi ostacolo le si presentasse con una facilità che la colpì e la meravigliò al contempo.
Non aveva mai preso in considerazione quell’aspetto, quelle capacità.
Si fermò nei pressi di un grosso albero, nel bel mezzo del nulla, circondata dalla foresta. Percepì, pur senza vederle, la presenza di un’infinità di specie animali. Poteva sentire, sentire il bosco come non aveva mai fatto prima.
Ma presa da quelle nuove piacevoli scoperte non si accorse di Damon alle sue spalle, che le afferrò i fianchi affondando la testa nell’incavo del suo collo.
“Presa! – le bisbigliò suadente all’orecchio – sei in trappola” 
Brividi di puro piacere le invasero il corpo, partendo dal punto in cui lui la stava sfiorando, dalla porzione di pelle su cui le stava respirando.
Non era giusto tutto ciò, non poteva lasciarsi andare.
Senza rispondere nulla lo afferrò per un braccio costringendolo a voltarsi, poi quando i loro corpi entrarono in contatto scontrandosi dolcemente, con una potenza ed un’agilità che non pensava di possedere, lo scagliò contro un albero.
Damon la fissò accigliato, rialzandosi in un attimo.
“Non vale ero distratto!” le urlò con una strana espressione in viso. Era divertito, ed impressionato.
“Non sono più un’esile e indifesa umana” si pavoneggiò lei, riprendendo a destreggiarsi tra gli arbusti intricati.
In un baleno però un corpo la sovrastò, con una forza ben superiore alla sua. La distese tra il freddo terreno e il suo stesso corpo, bloccandola per la gola.
Era Damon, come poteva aspettarsi. In un attimo il suo corpo le era sopra, capace di tenerla immobile con la sola forza di una mano e la potenza magnetica di due occhi color ghiaccio.
“Ne hai di strada da fare ragazzina per riuscire a stendermi” bisbigliò divertito.
“Il tuo ego è di proporzioni smisurate, te l’hai mai detto nessuno?” lo derise,  ferma tra la terra e le sue braccia. Tentò di far forza per liberarsi dalla sua presa, ma fu inutile.
“Come prego? – finse di non sentire – non sono io quello io quello incapace di muoversi in questo istante, se non erro” rise appena, mostrando un sorriso argenteo rischiarato dalla luna.
“Hai vinto un round, non la partita”
“Ti stai sopravvalutando Gilbert!”
“Tu mi stai sottovalutando!”  risero entrambi, continuando a sfidarsi con lo sguardo, immobili. Nessuno dei due volle darla vinta all’altro. Continuarono semplicemente a scrutarsi.
Gli occhi di Damon presero a vagare sull’intero viso della vampira, spostandosi dagli occhi alle labbra in una corsa frenetica e desiderante. La assaggiò con gli occhi, senza ritegno, senza vergogna, delicatamente, ma con passione.
Quando la tensione crebbe rischiando di sconvolgere quel delicato equilibrio, Elena parlò.
“Hai vinto, ok? – lo gridò d’un tratto seria – lasciami andare… ti prego”
Damon la osservò implorarlo con lo sguardo, e capì che forse era il caso di lasciar perdere quell’insolita sfida. Rischiavano di perdere entrambi.
La pressione sul collo si fece più blanda ed era pronto a lasciarla andare quando lei gli mostrò il sorriso peggiore che avesse mai visto. Il sorriso della vittoria. Ma non fece in tempo a capirne il motivo.
Senza saper come in un soffio fu su di lui, lo bloccò immobilizzandogli il petto con un braccio. Con l’altra mano afferrò un rametto, probabilmente già adocchiato in precedenza, e in un gesto rapido glielo scagliò in direzione del cuore, senza però colpirlo realmente. 
“Diritto verso il cuore!” lo informò ironica puntando gli occhi nei suoi.
Damon alzò leggermente la testa per quanto gli fu possibile.
“Brutta ragazzina impertinente!”
“Questa volta ti ho battuto!”
“Ero distratto!”
“Lo sei troppo spesso – gli fece notare maliziosa – la tua distrazione avrebbe potuto costarti la vita”
“Quale morte migliore? – soffiò ansimante e scherzoso – morirei felice con una cheerleader spalmata addosso” fece riferimento al suo travestimento.
 Elena lo scrutò imbarazzata, senza scostarsi di un millimetro, come ipnotizzata da quell’attimo giocoso e sensuale.
“Non cambi mai, eh?” gli chiese soltanto.
“Perché dovrei? E a proposito: devo proporre al comitato scolastico dei nuovi vestiti. Questi si sono ristretti troppo in lavatrice”
Sorrise sghembo notando l’imbarazzo invaderla violentemente. Ora poteva essere più forte, veloce ed agile, ma sarebbe sempre restata la dolce umana che lui aveva amato dal primo istante. Pura, ingenua, e mai volgare. Sensuale certo, ma mai aggressiva. La trasformazione l’aveva resa soltanto più bella ai suoi occhi, notò con disappunto. Non avrebbe mai smesso di amarla.
Avvicinò le braccia al corpo della ragazza incontrando le lunghe cosce sode puntellate ai lati dei suoi fianchi, che apparvero nude al tocco delle sue mani. Sfrontato e desideroso le sfiorò gentile, risalendo appena, per poi riscendere ad accarezzarle con estenuante lentezza.
Catturò i grandi occhi imbarazzati della ragazza, profondi e scuri come la pece, scrutò l’espressione seria e contratta. La vide in difficoltà, pronta ad accoglierlo … o a scansarlo. Non volle rischiare.
Avrebbe perso tutto, e per questo voleva fosse lei ad andargli incontro, a desiderare un contatto, a cercarlo. Si era già esposto troppo, ma con lei era come brancolare nel buio, e non sapere mai cosa l’avrebbe atteso al passo successivo. Lo aveva ferito fin troppo quel gioco per ricascarci, non sarebbe stato lui stavolta a spingerla a sé. Avrebbe dovuto farlo lei.
Allontanò così le braccia alzandole in segno di resa, e gli sembrò di scorgere in lei un’ombra di delusione, ma fu soltanto un attimo, e temette che non fosse reale.
“Hai vinto! Hai vinto! Ok? Però togliti di dosso … sei praticamente nuda, e sappiamo tutti che sono sensibile al tuo fascino… perciò…” assunse un tono scherzoso e derisorio, per camuffare l’inquietudine che in quell’istante,allontanandola, gli aveva attanagliato la gola. Lei dovette cascarci perché gli lasciò un ceffone in pieno viso prima di rialzarsi.
Quando fu in piedi allungò una mano aiutando anche lui a raggiungerla. Sorrise quando il vampiro le diede le spalle, e scrutò silenziosa la sua camminata lenta ma decisa.
I rami spogli tra lui e la luna crearono surreali giochi di luce sul suo corpo pallido, i folti capelli neri, appena lunghi, scossi dal vento, ballarono nella notte.
Presa ad osservarlo quasi estasiata dalla figura delicata e statuaria che le si presentava agli occhi, non si accorse che si era girato verso di lei, e che la stava guardando.
“Sbrigati bella addormentata! Non vorrai rimanere lì impalata tutta la notte! Ho fame” l’avvertì destandola da quello stato di adorazione.
Lo raggiunse senza rispondere nulla e insieme si allontanarono. Spalla a spalla, vicini come mai, lasciarono il bosco.

POV STEFAN

Aveva tentato in tutti i modi di ignorarla, quella voce che fastidiosa gli gridava che Elena non era più sua da un po’, che quella distanza tra loro non era solo frutto della trasformazione, ma il risultato di quegli sguardi e delle tensioni che leggeva tra lei e il fratello.
Quello stesso fratello con il quale aveva condiviso l’amore di un’altra donna, quel fratello che lo aveva odiato, condannato, ma alla fine di tutto c’era sempre stato. Si erano scontrati, si erano fatti del male, ma alla fine dei conti si erano sempre tesi la mano.
Come quando da piccoli dopo essersi contesi lo stesso gioco, tirati i capelli e presi a calci, uno dei due finiva per rialzare l’altro, porgergli le scuse e donargli il gioco tanto desiderato.
Era tornato alla tenuta, e sbollita la rabbia ara tornato a cercarla lì dove l’aveva lasciata, ma di lei nessuna traccia.
Ebbe paura che fosse scappata, che in preda alla collera avesse compiuto qualcosa del quale si sarebbe pentita in eterno, poi Jeremy si era proposto di cercarla insieme a lui.
Dopo una prima ricerca avevano deciso di chiamare Damon, ma quando il fratello non aveva risposto  allora aveva capito. Erano insieme, ci avrebbe giurato. Lo sentiva. Ne era certo.
Così erano tornati alla tenuta, dove il ragazzo aveva deciso di fargli compagnia per aspettare insieme il ritorno della sorella.
“C’è qualcosa che non va tra di voi, vero?” gli chiese ad un tratto, visibilmente preoccupato, dopo l’ennesimo lungo silenzio che riecheggiò come un urlo sulle loro teste.
“Io… non riesco più a capirla – gli confessò lui, sconfortato – è come se fosse diventata un’altra persona”
Il ragazzo lo osservò pensieroso, sedendosi poi accanto a lui sul divano.
Il fuoco scoppiettante del camino li illuminò entrambi di una luce tenue.
“Pensi che tutto ciò sia dovuto alla trasformazione?”
“Lo vorrei tanto… ma non ne sono più sicuro”
“Pensi che il problema sia Damon, vero?” ritentò più sicuro questa volta, ma conosceva già la risposta. Probabilmente l’unica persona a non averla ancora capita, o più semplicemente accettata, era proprio la  sorella.
“Lo stanno combattendo … lo stiamo combattendo tutti. Ma penso sia inevitabile” sostenne tranquillo, quasi rassegnato, continuando a fissare dinanzi a sé come in un tentativo di perdersi tra le fiamme.
“Lei ci tiene a te” azzardò il ragazzo.
“Penso che non sia abbastanza se ama un’altra persona, non credi?”
“Già – ci rifletté qualche minuto – pensi che Damon possa renderla felice?”
Stefan si voltò a guardarlo, sorpreso da una domanda che non si sarebbe mai aspettato di ricevere. Proprio lui che l’amava più di ogni altra cosa al mondo, avrebbe dovuto giudicare se il fratello sarebbe stato in grado  di darle ciò che evidentemente non era riuscito a donarle lui.
Sorrise amareggiato “Damon la ama”
“E tu?Ti stai arrendendo?”
“Mi arrendo all’amore, e se lei ama Damon io non posso impormi”
“Tu sei il meglio per lei, Stefan!” lo incoraggiò Jeremy, senza più crederci però pienamente questa volta.
“Non sempre vogliamo ciò che è meglio per noi – guardò poi l’orologio al polso cambiando discorso – proviamo a richiamarla. È tardi, comincio a preoccuparmi”
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** CAPITOLO9 ***


POV ELENA

In una tavola calda semideserta, visto il tardo orario, Damon le sedeva di fronte intento a sgranocchiare piatti di patatine fritte e hamburger, il tutto accompagnato dall’inseparabile bicchiere di bourbon.
A vederlo così tranquillo ad assaporare un normalissimo piatto di cibo, per qualche ora le era sembrato di dimenticare la loro vera natura, si era persa nella normalità di una serata come tante, aveva scordato la sete, la trasformazione, i problemi con Stefan.
Un dolcissimo sorriso illuminava il volto del vampiro. Ad Elena sembrò che fosse semplicemente felice. Gli donava quell’aria da normale ragazzo di provincia.
Il suo cellulare squillava da un po’, ma non intendeva rispondere. Voleva godersi quelle ore di serenità e normalità, prima di tornare alla sua vita tutt’altro che semplice.
“Non rispondi a telefono? Potrebbe essere Stefan”
“E’ Stefan!”
Il vampiro alzò un sopracciglio  perplesso, poi ripose nel piatto una patatina che aveva afferrato per portarla alle labbra.
“E’ tutto ok tra di voi?”
“Da quando sei diventato così attento ai problemi degli altri?” gli domandò scherzosa in un tentativo goffo e malriuscito di evitare il discorso.
“Da quando mi interessa che tu stia bene, e mi preoccupo di informarmi se qualcosa non va”
Lo pronunciò con tono leggero, tentando di non dar peso a quelle parole. Ma Elena alzò gli occhi sul suo volto serio e comprese tutta la preoccupazione che lo attanagliava. Ne rimase colpita, e come sempre sorpresa. Aveva il potere di stupirla, qualsiasi cosa facesse.
“Perché fai tutto questo per me? Non pensi che possa non meritarlo?”
“Perché ami un altro? Non è una colpa che posso addossarti. E poi anche volendo non riuscirei mai ad odiarti”
Le confidò ponendo lo sguardo sul piatto, così quando Elena raggiunse i suoi occhi lo sguardo di Damon le era già sfuggito.
Le tornarono in mente le parole di Stefan, durante la loro ultima discussione, ma le cacciò indietro con decisione. Non poteva amare lui, il fratello sbagliato. Damon era una mina vagante, e la paura di farsi male era troppa. Un solo passo falso e sarebbe saltata in aria.
“La mia vita è andata in pezzi, e non so più se Stefan possa aiutarmi a ricostruirla” gli confessò alla fine schietta.
Damon sollevò gli occhi posandoli su di lei, che vi lesse l’infinito nel chiaro oceano delle sue iridi.
“Il coraggio per ricostruirti la vita devi trovarlo in te stessa, non in chi ti sta intorno. Non in Stefan, lui non può farlo al posto tuo”
“Tu dove lo trovi il coraggio di andare avanti?”
 “Non l’ho ancora trovato”
A quelle parole rispose soltanto con un sorriso pensieroso, appena abbozzato.
“Ho sempre pensato che fossi destinata a lui, in qualche modo la vita mi aveva condotta ad incontrarlo nel momento in cui ne avevo più bisogno. Quando i miei genitori sono morti lui mi ha dato una ragione per andare avanti, quando non pensavo di poterne trovare una”
“E adesso invece?”
“Adesso – rubò una patatina dal suo piatto – adesso è diverso. È cambiato. È cambiato tutto”
Damon ci rifletté qualche istante, poi sospirò prendendo nuovamente parola.
“Forse sei tu ad essere cambiata, non lui” le suggerì cauto.
“Forse… mi sembra di non riconoscere più la ragazza che ero. Non riesco a capire Damon, di cosa ho bisogno adesso?”
Non avrebbe mai pensato di poter affrontare un discorso del genere proprio con lui, ma in quel momento sentì di potersi aprire, sentì che in qualche modo lui l’avrebbe capita, che in fondo quel filo che li legava li avrebbe condotti a comprendersi ancora.
Damon alzò le mani con fare ironico, ma parlò serio “Questo puoi saperlo solo tu! Non posso essere io a suggerirtelo”
Lei lo esaminò per qualche istante, persa nei meandri più bui dei suoi stessi pensieri, poi alla fine gli sorrise.
“Da quando sei diventato così saggio?”lo prese in giro, e lui scosse la testa divertito.
“Lo sono sempre stato – si pavoneggiò – solo che tu non mi hai mai conosciuto abbastanza da accorgertene”
Senza attendere risposta le fece cenno di alzarsi “Adesso andiamo prima che Stefan ci dia per dispersi”
Elena obbedì senza fiatare. Damon aveva ragione, non si era mai davvero degnata di conoscerlo a fondo, di scoprirlo davvero. Non si era mai sentita così vicina a lui da provare a capirlo.
Ma ora lo sentì accanto, e simile a le, come mai prima di allora. Come se qualcosa li portasse a congiungersi, tenendoli insieme a discapito di tutto.
Non si era mai sentita così completa al suo fianco, come se fosse Damon colui che questa volta l’avrebbe aiutata a ricomporre il puzzle disfatto della sua vita. Avrebbe soltanto dovuto capire davvero dove collocare lui.
Intanto si sentì soccombere sotto il peso di emozioni che non riuscì più a gestire, o almeno a controllare in qualche modo.

POV DAMON

Quella sera al Grill aveva immaginato che la serata potesse finire bene, ma non poteva prevedere l’incontro con Elena, che aveva certamente contribuito a renderla migliore di ogni previsione.
Rientrarono in casa sorridenti e scherzosi, complici come non lo erano mai stati. Elena aveva ripreso il buon umore, ed essere stato lui a donarglielo lo riempì di orgoglio.
Quando, però, si affacciarono nel grande salone, ciò che vide gli strappò decisamente ogni traccia di allegria.
Stefan gli era di fronte, in piedi, accanto al camino e li guardava con aria tutt’altro che tranquilla. Jeremy, seduto sulla poltrona, invece, sembrò semplicemente sollevato nel vederli rientrare.
Elena gli era vicino e sussultò appena. Gli sembrò che si fosse stretta al suo fianco e sorrise di quell’insolita reazione.
“Dove diamine siete stati?” iniziò il fratello mostrandosi furente.
“Ci avete fatti preoccupare!” aggiunse l’altro.
“Ehi ehi calmi! La tua ragazza aveva bisogno di prendere aria, l’ho portata a fare un giro!” spiegò pacato, nel tentativo di terminare lì un’anomala e scomoda discussione. Elena non fiatò, si limitò ad osservarli con fare attento e tormentato.
Si chiese cosa stesse succedendo tra di loro, di cosa avessero discusso prima che lei si presentasse alla sua auto.
“Potevi almeno avvertire che era con te”
“ Perché avrei dovuto farlo? Tu mi avverti quando Elena è con te?” ribatté ovvio sfidandolo, e Stefan si rabbuiò ulteriormente, se ciò fosse possibile.
“Damon  torcile soltanto un capello e io…”
No, questo no! Non si sarebbe lasciato accusare di questo! Una rabbia cieca prese anche lui, che con velocità vampiresca si piazzò dinanzi al fratello finché i loro volti non furono in grado di scrutarsi negli occhi.
“Ti risulta che io le abbia mai fatto del male?” ringhiò rabbioso.
“Damon…”
“No, stai zitto e lascia parlare me. Io non so che problema abbiate voi due e non mi interessa, ma se tu sei geloso è un conto, accusarmi di averle potuto fare del male no! Non te lo concedo”
Jeremy si intromise nel tentativo ultimo di quietare gli animi.
“Damon ci siamo semplicemente preoccupati perché nessuno dei voi due era rintracciabile, tutto qui”
“Non abbiamo sentito i cellulari – intervenne decisa Elena, attirando su di sé l’attenzione di tutti – vero Damon?” terminò fissandolo negli occhi.
Rimase spiazzato, forse incredulo, infastidito da tale bugia. Lei lo aveva sentito eccome, e aveva deliberatamente deciso di non rispondere. Non aveva voluto farlo, e adesso era lì, che gli chiedeva di mentire per lei. Per l’ennesima volta avrebbe dovuto omettere e nascondere la verità per salvaguardare la sua storia con Stefan.
Ancora una volta aveva visto in lei, nei suoi occhi, nella profondità della sua anima, un sentimento che non c’era. Gli tornarono in mente le sue parole, la sera della scelta: “nonostante quello che provo per te io non ho mai smesso di amarlo”
Quella frase aveva racchiuso tutto, tutta la sua centenaria esistenza.  Non sarebbe stato mai abbastanza, era destinato ad essere l’eterna seconda scelta.
“Già… non l’abbiamo sentito” pronunciò quelle parole per nulla convinto, con l’acidità negli occhi, prima di abbandonare la sala e rinchiudersi in camera.
L’ampia stanza lo accolse rabbioso, ospitando silenziosa, ancora una volta, l’angoscia e la frustrazione che lo attanagliarono. La grande portafinestra affacciava sulla luna, che quella sera gli sembrò più tetra e stanca del solito, circondata da nuvoloni carichi di pioggia, e soltanto poche stelle.
Respirò l’aria d’inverno e il freddo si calò sul suo volto niveo e contratto dalla rabbia e dal dolore.
Gli sembrò di sentirlo ancora, il suo corpo scalpitante e stanco poggiarsi su di lui. La tentazione di baciarla, di farla sua, di fondere con lei l’anima e il corpo, era stata forte, fino a farlo impazzire di piacere e impazienza. Aveva letto nei suoi occhi il medesimo tormento, aveva percepito il desiderio di entrambi prendere forma, riempire l’aria intorno, imprimersi sui loro stessi corpi. Tutta un’illusione? L’ennesima di quella lunga vita.
Cominciò a spogliarsi pronto a gettarsi sotto il getto d’acqua della doccia, per calmarsi e rinfrescarsi, quando dalle tasche dei jeans cadde un bigliettino. Il bigliettino che quella stessa notte, che ora gli parve lontanissima, la ragazzina bionda e intraprendente gli aveva dato.
Ci rifletté qualche istante prima di chiamarla. Aveva assoluto bisogno di sangue, e perché no… di un po’ di sesso. Se non altro era un uomo libero, ne avrebbe approfittato.

POV ELENA
 
Si era diretta nella cucina della pensione ignorando sia Stefan che Jeremy, fermi in attesa di una sua spiegazione. Era stanca di doverne dare a tutti, era confusa e arrabbiata. Arrabbiata con loro per essersela presa con Damon, come sempre accadeva. Furiosa con sé stessa per non aver trovato il coraggio di difenderlo, ancora una volta. Gli doveva tanto, gli doveva tutto in quel momento, dal sorriso che solo lui riusciva a strapparle, alle decisioni che grazie a lui era riuscita a prendere, al coraggio che le aveva donato… come sempre senza chiederle nulla in cambio. Eppure non riusciva a non fargli del male, in un modo o nell’altro.
E quella sera, la terrorizzava anche solo pensarlo, era stata la migliore che avesse trascorso negli ultimi mesi. Aveva corso e riso, e giocato come un’adolescente, come ciò che avrebbe dovuto essere se la vita non le avesse riservato tutti quei colpi bassi.
Damon era una perpetua roulette, si sentiva in sua presenza continuamente presa a bersaglio… lui riusciva a farle venir  fuori il meglio di sé stessa, una sé che aveva dimenticato dopo la morte dei suoi genitori. Una ragazza pulita, spensierata e scherzosa, sognatrice e capace di rincorrersi in un bosco, lottare e flirtare.
“Penso che sia inutile chiederti cosa succede, vero?” le domandò il fratello mettendo piede in cucina.  Lei, che era alla ricerca di qualcosa da mangiare, richiuse lo sportello girandosi a guardarlo.
“Ti direi che sono la prima a non saperlo” rispose evasiva.
“Forse io l’ho capito, e probabilmente anche Stefan”
“No!” le scappò dalle labbra in un tentativo di convincere prima sé stessa, e poi il ragazzo. Sapeva dove voleva arrivare, e non le piacque affatto.
“Potrai non volerlo ammettere a me, o a loro… ma almeno ammettilo a te stessa. Ti aiuterebbe a fare chiarezza”
“Non saprei da dove cominciare” bisbigliò incerta, interrompendo il contatto visivo.
Avere lì suo fratello, potersi concedere un momento tutto loro, le scaldò il cuore. Le era mancato.
Lui era il solo contatto con la via umana che aveva abbandonato, era tutta la sua famiglia da quando anche Rick li aveva lasciati, era tutto ciò che le restava.
“Qualsiasi cosa accadrà, e qualsiasi decisione prenderai, mi avrai al tuo fianco. Sarò sempre fiero di te”
Le sorrise rassicurante scrutandola attento, e  gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime mentre sul viso spuntava uno splendido sorriso.  
Stefan entrò nella stanza proprio in quel momento, e li guardò severo ma calmo mentre si avvicinava a loro. Jeremy sembrò destarsi e capire al volo ciò che il vampiro gli suggeriva con lo sguardo, così posò un bacio sulla fronte della sorella e sparì.
“Sarai stanca adesso… ne riparliamo domani,ok?” le suggerì cauto, ma freddo come il ghiaccio.
“Si, forse è meglio”acconsentì, stremata.
“Puoi prendere la mia stanza, dormo io sul divano”
A quel punto Elena lo scrutò sorpresa… non immaginava fossero già arrivati al punto da non poter condividere più lo stesso letto.
“E’ così che andrà d’ora in poi tra noi?”
“Come vuoi che mi comporti? Come se non fosse successo nulla?” le domandò irritato.
“Effettivamente non è successo niente tra me e Damon!” rimandò.
In fin dei conti tra lei e il fratello non c’era stato nulla, si disse convinta, ma sapeva per certo che tutto ciò era una bugia. Tra loro c’era stato molto più di un bacio, o di una notte d’amore… si sentì legata a lui indissolubilmente, sentì di non poter sfuggire più alla profondità dei loro sguardi e di quelle parole taciute, e dei pensieri condivisi. Ma come avrebbe mai potuto lasciar andare lui? Quella splendida persona che era entrata nella sua vita quando più ne aveva bisogno, e l’aveva stravolta e resa degna. Ed ora la scrutava con occhi sinceri e straziati. Possibile che realmente potesse amarli entrambi?
Stefan trasse un sospiro sconfitto “Non importa quello che è successo stanotte, scava più a fondo Elena!”
“Lascia decidere me, non farlo tu al posto mio!” obiettò risoluta, ma la voce le tremò, come se volesse tradirla, come se essa stessa non fosse convinta delle sue stesse parole.
Ci fu un lungo silenzio che li sorprese vicini, l’uno di fronte all’altra, sospesi nel mezzo della cucina.
“Senti… siamo stanchi ed è tardi. Dormiamoci su”
Le afferrò una mano e con una spinta leggera la attirò a sé, chiudendola in un abbraccio fermo. Sentì che in quell’istante, con quel semplice gesto, chiedeva nient’altro che amore, chiedeva di essere amato in esclusiva, come era sempre stato prima di allora.
E per la prima volta ammise a sé stessa di non poterglielo concedere, di non esserne più in grado.

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Capitolo 11
*** CAPITOLO10 ***


POV ELENA

La nottata andò addirittura peggio di quanto avesse immaginato andando a dormire dopo il pessimo risvolto della serata.
Dalla camera di Stefan, nella solitudine più totale, poté ascoltare ogni singolo sospiro o gemito, poté immaginare ogni singola espressione di piacere dipingersi sul volto del vampiro. Aveva percepito ogni singolo fruscio di lenzuola, o di corpi intrecciati.
Evidentemente Damon si era dato da fare, com’era stato facile prevedere dopo l’ennesima batosta che gli aveva inflitto. Infondo sapeva come avrebbe reagito: come aveva sempre fatto prima di allora.
Si era rigirata tra le lenzuola senza prender sonno neanche pochi minuti. Dalla sua stanza non aveva tralasciato nulla di quella notte, neanche quando lui aveva ammaliato l’umana per morderla fino a sfinirla, per poi rianimarla con il suo stesso sangue e costringerla a dimenticare tutto.
Quello scambio di sangue l’aveva infastidita più del sesso stesso.
Aveva pensato più volte di dirigersi in quella camera e chiedergli un attimo di tregua e di silenzio,  per poter essere lasciata in pace, in grado di dormire. Ma non lo fece.
Aveva ascoltato tutto maledicendo i suoi stupidi sensi così affinati, e l’incapacità di distaccarsi da quei suoni. Aveva ripensato a quante volte lei e Stefan, in quello stesso letto che adesso le parve così vuoto e freddo, avevano fatto l’amore con trasporto. Si chiese se anche Damon li avesse ascoltati immaginandosi lì con lei, al posto del fratello. Come lei si era ritrovata a fare più volte senza volerlo dandosi subito dopo della stupida, e dell’ipocrita.
Venne presa dalla voglia di guardarla negli occhi, la persona che aveva goduto senza ritegno tra le braccia del vampiro.
Dopo l’ennesimo tentativo mal riuscito di riposare si decise finalmente ad alzarsi, incoraggiata anche dall’alba che cominciava a rischiarare l’abitazione.
Si diresse in cucina presa da un urgente bisogno di caffè e di sangue. Sentiva che era il caso di starsene un po’ da sola o rischiava di sbottare e far danni.
Come se Damon le avesse letto il pensiero e avesse deciso di fare il contrario, non appena mise piede in cucina se lo ritrovò di spalle, intento a fare chissà che, già perfettamente vestito.
Se fosse stata viva il cuore avrebbe perso un battito dallo spavento di trovarlo lì, ma nel medesimo istante dalla meraviglia del suo corpo slanciato e illuminato appena dalla luce del mattino.
Sbuffò sonoramente e lui dovette sentirla perché si voltò sorridente porgendole una tazza di caffè fumante.
Gliela strappò dalle mani portandosela alla bocca, e non aggiunse altro se non uno sguardo torvo.
“Buongiorno anche a te!” la canzonò lui poggiandosi al mobile della cucina, e spavaldo le mostrò un sorrisino strafottente che la irritò ancora di più.
“Se avessi dormito lo sarebbe sicuramente”
“A proposito – le si avvicinò fino a bisbigliare – perché Stefan dorme sul divano?”
“Non sono affari che ti riguardano” tagliò a corto nel tentativo di ferirlo, troppo arrabbiata per sopportare ancora la sua presenza. Il vampiro alzò un sopracciglio confuso, impassibile e freddo come una macchina. La sua totale indifferenza la fece infuriare ulteriormente, se ciò fosse possibile.
“Come vuoi… non sono un consulente matrimoniale” fece spallucce, ed era pronto ad andar via quando lei come temeva, sbottò furibonda.
“Convivi con due vampiri, potresti evitare di portare le conquiste a casa”
Con totale nonchalance e completo disinteresse lui si affacciò in salone.
“Non mi sembra che Stefan abbia avuto problemi di insonnia”
“Beh io si!” sputò senza ritegno.
“Guarda che puoi controllarlo il super udito – mimò le virgolette con le dita a quest’ultima parola – nessuno ti costringe ad ascoltare”
“Non è un interruttore che puoi spegnere e accendere a piacimento”
Lui sorrise come a volerla beffeggiare, mandandola in bestia.
“Sono vampiro da un tantino di tempo più di te, e ti dico che lo puoi fare!”
“Non so farlo” si giustificò sentendosi a quel punto attaccata.
“Non vuoi farlo!”  le palesò ovvio.
“Questo non è vero!”
“Sei gelosa Elena! Ammettilo e facciamola finita”
“Mai!”
Lo sguardo del vampiro si inasprì, diventando gelido , e spento. Le sembrò che leggervi delusione e rabbia, tanta rabbia.
“Beh allora lasciami in pace e rifatti una vita” ringhiò furibondo tanto vicino al suo volto che Elena poté riconoscerne ogni singolo spostamento d’aria che le sue parole crearono,  e l’ombra che le lunghe ciglia nere concedevano ai suoi enormi occhi blu.
Si perse nella perfezione di quei lineamenti morbidi e armonici.
Continuarono a fissarsi orgogliosi, inflessibili, e infuriati, finché qualcuno fece capolino in cucina. La vampira riconobbe l’odore nuovo mai sentito prima, e l’andatura leggera di una donna. Si voltò e vide la biondina scarna della sera precedente. Divenne paonazza di rabbia.
“Perché non te ne vai? Stiamo parlando, non lo vedi?” le intimò fuori controllo.
“Vai così mi piaci! Grintosa!” la schernì Damon, senza dare minimamente attenzione alla donna ferma immobile sul ciglio della porta, che lo scrutava infastidita e confusa. A quanto pare non gli interessava poi molto di quella nuova conquista… sapeva mostrare un cuore di pietra alcune volte.
La biondina stava per dire qualcosa al vampiro, con aria offesa, quando Elena le si accostò con velocità vampiresca spaventandola. Non le ci volle molto per ottenere i suoi occhi terrorizzati e quando ebbe il contatto visivo parlò.
“Questa notte è stata una delle peggiori della tua vita… anzi potremmo dire che la sola vista di quell’individuo lì giù ti faccia tanto ribrezzo da indurti ad urlare come una pazza isterica… fuggi!!”
Le ordinò. Soggiogarla le venne naturale, come se lo avesse fatto da tutta una vita. Sorrise compiaciuta voltandosi verso Damon con aria di sfida, quando la sconosciuta prese a gridare emettendo suoni acuti e terrorizzati. La osservarono entrambi correre in salone in preda al panico.
Sembrava un tono in gabbia, notò la vampira compiaciuta, mentre continuava a spostarsi di qua e di la alla ricerca del portone di ingresso, che trovò in pochissimo tempo.
Lo spalancò gettandosi in giardino. Le urla che avevano invaso l’abitazione continuarono a ridondare tra le pareti fin quando non fu abbastanza lontana.
Anche Stefan fu destato dal sonno in cui versava, e scattò in piedi terrorizzato, mentre Damon la fissava con occhi sgranati, pieni di collera, e incerti, confusi.
“Mi dici che cazzo ti è preso? Ma che problema hai ragazzina?”
Fu come svegliarsi da un sogno, e ritrovarsi tra le urla furiose di Damon e lo sguardo irritato di Stefan.
Questa volta l’aveva fatta grossa, aveva agito guidata da una natura che ancora faticava a riconoscere, e dalla folle e pura gelosia.
Non poté più negarlo, l’aveva appena mostrato nel peggiore dei modi. Si era servita di una ragazza indifesa. Provò vergogna, e terrore nei confronti di sé stessa, di ciò che era diventata, di ciò che era capace di fare.
“Mi dispiace…io…”
“Mi dite che succede?” intervenne Stefan, sempre più confuso.
“Succede che la tua ragazza ha deciso di farmi incazzare di brutto – si voltò verso di lei – da oggi in poi stammi lontana!!” le ordinò scandendo calmo le ultime parole. Non le urlò, non si impose, era stanco anche di gridare se poi lei comunque non avrebbe ascoltato.
Elena abbassò lo sguardo, non rispose semplicemente. Non avrebbe saputo come giustificarsi, se non raccontando quella verità che proprio non voleva ammettere al mondo.
Damon la studiò attento, e quando capì che non avrebbe avuto alcuna risposta si dileguò, lasciandola sola, persa nella luce del mattino.
“Non si può sapere cos’hai combinato?” domandò ancora il minore, incuriosito .
“Devo andare” rispose soltanto, lasciando anch’essa la stanza. Non era il caso né il momento di affrontare anche lui. La collera di Damon era già abbastanza dura da scontare.

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Capitolo 12
*** CAPITOLO11 ***


POV DAMON

Scese le scale della pensione frettolosamente godendo dell’assoluto silenzio dell’abitazione.
Da qualche giorno ormai si respirava aria di rottura in quella casa. Stefan ed Elena a stento si rivolgevano la parola; lui si era semplicemente imposto di lasciar correre, di allontanarsi da qualsiasi cosa la riguardasse anche lontanamente. Aveva finalmente trovato il coraggio di lasciarla andare, di rendersi libero.
Non avrebbe più potuto continuare in quel modo, non avrebbe più permesso che lei lo cercasse per poi sfuggirgli ancora. Non avrebbe acconsentito ad essere ancora una volta la sua seconda scelta, il confidente e l’amico segreto. Se lei non aveva trovato la forza, era stato lui a farlo per entrambi; a recidere quel filo invisibile, che qualcuno avrebbe chiamato destino, e che aveva continuato ad unirli per tutto quel tempo, impedendogli di respirare, andare avanti, o perlomeno sopravvivere.
Quel giorno un insolito sole rischiarò il salone, trapassando le sottili tende, invase la mobilia e il suo stesso corpo, che gli parve come rigenerato da quella lontananza forzata.
“Damon!” la voce del fratello, alla sua destra, lo costrinse a voltarsi.
“Oggi niente scuola? Attenzione birbantello potresti perdere l’anno” lo schernì
“Vorrà dire che mi diplomerò il prossimo … ho una lunga vita per farlo” stette al gioco il minore dei due.
Subito dopo cadde il silenzio. Entrambi avrebbero voluto affrontare tutt’altro discorso, ma nessuno dei due ebbe il coraggio di iniziarlo, finché fu Stefan e farsi avanti.
“Elena oggi è tornata a scuola” la buttò lì, osservando attentamente la sua reazione.
“Buon per lei – gli rivolse un mezzo sorriso – la cultura è importante”
Fece per andar via, come spesso accadeva penso tra sé e sé, quando la voce del fratello lo richiamò indietro.
“E’ inutile che tenti di far credere che non ti importi. So quanto la ami”
“Beh, questo lo sanno anche i muri”  obiettò amareggiato, tentando di mantenere una certa fermezza nella voce. Rimase di spalle, immobile, tentando con tutto sé stesso di nascondersi allo sguardo inquisitore del fratello, che sapeva gli avrebbe letto dentro, tra le pieghe della sua anima, lì dove era più inaccessibile.
“Vi state soltanto facendo del male. Penso sia ora di mettere da parte l’orgoglio e parlarne, non credi?” lo raggiunse in un istante mentre ancora parlava, piazzandosi di fronte così da poterlo esaminare.
“Non abbiamo nulla di cui parlare!” tagliò a corto impassibile, fiero sotto il suo sguardo.
“Penso che invece dopo tutto quello che è successo abbiate molto da dire”
Damon sbuffò roteando gli occhi, poi scocciato optò per il cambiare discorso. Non voleva che Stefan leggesse l’inquietudine e il tormento nei suoi occhi, la sofferenza e l’amore che dolcemente continuavano a torturarlo.
“Perché non parliamo invece di te ed Elena? Siete voi la coppia dell’anno”
Il viso del fratello si incupì, come attraversato da fitte di dolore, così si pentì immediatamente di avergli posto quella scomoda domanda.
“Non ti ha detto perché abbiamo litigato?”
“Non ha voluto parlarne” disse alla fine di un lungo silenzio.
“Bene, tu prova a chiederglielo di nuovo”
Questa volta fu Stefan a sparire, lasciandolo solo al centro del salone, con una nuova domanda che gli passò per la testa.
Che fosse lui il motivo del loro litigio? Si chiese illuminandosi in volto. Un sorriso nacque sul suo viso stanco. Il sorriso più vero che avesse mai ospitato quel sofferente  volto.

POV ELENA

I giardini della scuola ospitarono una moltitudine di giovani indaffarati, pronti ad affrontare un ennesimo giorno di lezioni.
Elena era lì, tra loro, immersa in quelle vite. Osservava i suoi coetanei districarsi in quell’intreccio di esistenze e sentiva per la prima volta di non farne parte, non più oramai.
Quella dolce adolescenza, quello scorrere ritmico delle giornate, quella serenità, le era stata strappata via già da troppo tempo. E lei era lì, pronta a fingere che tutto fosse normale, che nulla fosse cambiato, che lei fosse ancora una studentessa sognante persa nella massa.
Li osservava tutti distrattamente, mentre discorreva con Caroline e Bonnie.
“E così hai cacciato fuori la nuova fiamma di Damon?” domandò la bionda ancora incredula per ciò che l’amica le aveva appena raccontato.
“Non è la nuova fiamma di Damon!” precisò infastidita, raccogliendo i lunghi capelli in una coda bassa.
“Pardon! Non volevo insinuare che a Damon piacesse!” la derise guadagnandosi una sua occhiataccia, prima che intervenisse anche Bonnie.
“E così ora non vi parlate?”
“Né con Damon né con Stefan. Il soggiorno alla pensione è diventato alquanto imbarazzante … pensò che andrò via ora che sto meglio”
“Non pensi invece che sarebbe meglio chiarire la situazione?” domandò ancora la vampira bionda, sorseggiando un caffè.
“Non c’è nulla da chiarire … ha scelto Stefan per entrambi”
Mentì, persino a sé stessa. Pensò di esser diventata peggiore di quanto potesse anche soltanto immaginare.
“Ha capito che ami un altro, è normale che si faccia da parte”
“Questo non l’ho mai detto” chiarì stizzita.
“Beh non hai mai detto nemmeno di esserne attratta, eppure sappiamo tutti com’è andata a finire lo scorso anno”
Messa alle stretta alla fine sbottò, spuntando fuori  quel qualcosa che non avrebbe mai voluto dire.
“Se io ammetto di amare Damon avete idea di quanto male possa fare a Stefan?? Io gli devo tutto, non posso spezzargli il cuore in questo modo!” gesticolò eccessivamente, tremando appena con la voce.
“Sei sicura che queste non siano soltanto giustificazioni per paura di imbarcarti in una storia che ti spaventa affrontare?”
Le parole sagge della strega la sorpresero, e la scossero colpendola alla sprovvista come un pugno di soppiatto in pieno viso. Si chiese se non avessero ormai capito tutti come stavano le cose all’infuori di sé stessa, ma si costrinse al contempo a mostrare alle amiche le sue motivazioni.
“Io non voglio che si allontanino come in passato. Si sono appena ritrovati”
La campanella suonò richiamando tutti all’ordine per invitarli ad entrare. Interruppe anche il loro discorso, ed Elena mentalmente la ringraziò.
Aveva già scavato troppo a fondo per quel giorno, e la soluzione che tutti continuavano a suggerirle era sempre la stessa: l’unica che continuava ad evitare, l’unica della quale aveva sempre avuto paura, che la costringeva a fuggire, e a chiedersi continuamente se davvero fosse pronta.
“Elena sono fratelli! Nulla li può separare davvero, nemmeno l’amore per una donna” le suggerì Bonnie, sorridendole appena, mentre già erano in piedi pronte ad andar via.
Sentì di poter ricevere da loro soltanto affetto, e comprensione. Sui loro volti dolci capì che non erano lì a giudicarla ma che entrambe l’avrebbero sempre e soltanto aiutata.
Capì che entrambe avrebbero avuto il coraggio di cancellare tutto il male commesso da Damon, di dimenticare tutte le liti, le incomprensioni, se il vampiro era colui che l’avrebbe resa felice.
Capì che ormai il coraggio mancava soltanto a lei.
 

Poche ore dopo rientrò alla pensione trovandola stranamente silenziosa. Si diresse diretta in camera di Stefan, che negli ultimi tempi il vampiro le aveva ceduto. Da quando, cioè, avevano avuto quella discussione e lei aveva evitato il tanto atteso chiarimento il mattino seguente. Sapeva che lui era troppo nobile e buono d’animo per forzarla, ma che stesse aspettando soltanto che si schiarisse le idee per affrontare insieme qualsiasi decisione gli avesse comunicato.
Ma lei era sempre lì, statica, in bilico tra l’amore dei due fratelli, incapace di sceglierne uno e di lasciare libero l’altro.
Con Damon le cose non andavano meglio, lui la ignorava semplicemente, e per questo stava impazzendo.
Continuava a percepirlo nella stanza accanto, continuava a sentire la sua dolce presenza lì in quella casa, ma era troppo vigliacca per andargli incontro.
Si spogliò distrattamente gettando gli abiti ai piedi del letto, poi si infilò sotto la doccia nel tentativo di lasciar scivolare via tutti quei pensieri che inesorabilmente le volteggiavano in testa impedendole di fare altro.
Neanche questo funzionò, così si diresse in cantina afferrando la prima sacca di sangue dal mucchio in frigorifero. La divorò senza neanche afferrarne il sapore, poi si decise a tornare in camera.
Per quel giorno ne aveva avuto abbastanza, avrebbe soltanto dovuto riposare, al resto ci avrebbe pensato l’indomani quando un ennesimo sole l’avrebbe ricondotta ad una nuova giornata.
Si ritrovò ad aprire la porta della stanza, ma prima di entrare sbirciò in corridoio, poi in direzione di un’altra camera dalla porta socchiusa. Quella di Damon.
Affinò i sensi e sentì che lui era lì, seppur in assoluto silenzio. L’aveva sentita sicuramente rincasare ma non si era preoccupato perlomeno di affacciarsi per constatare che stesse bene.
Non poteva biasimarlo per quello. Era stata lei a cercarsela. Sospirò sconsolata, impietrita sulla soglia della stanza, incapace però di entrarvi e distogliere così lo sguardo da quella che era la sua camera.
In quel momento lui la odiava, non avrebbe certo potuto aspettarsi una buona accoglienza. Dopotutto andava così tra loro da un paio di settimane, avrebbe dovuto abituarsi a quella nuova e anomala situazione.
Una strana forza le impedì di varcare quella soglia e la diresse invece con passi titubanti e leggeri verso quella del vampiro.
Non sapeva cosa l’avesse condotta fin lì, sentiva soltanto di non volerci stare ma al contempo ne era attratta tanto da non riuscire a staccarsene.
Rimase ferma sul ciglio, con una strana ansia nel cuore che le impedì di muoversi.
Ormai era lì, non le sarebbe costato nulla bussare.
“Guarda che ti sento lì fuori”
Anche se avesse voluto andarsene a quel punto la voce dura del vampiro la informò che ormai sarebbe stato tardi. Serrò la mascella imprecando sottovoce, poi raccolse tutto il coraggio che riuscì a trovare e tremante scansò la porta entrando.
Lui era lì come lo aveva immaginato, disteso e a petto nudo. Poggiato allo schienale del letto con un libro tra le mani. La fissava interrogativo.
Le parve, se possibile, ancora più bello, rilassato in un momento di intima solitudine, carezzato dolcemente dalle candide lenzuola del letto.
Se fosse stata umana, ne era certa, sarebbe arrossita violentemente alla visione di quel corpo seminudo e candido come la neve.
“Ehm… scusa! Ero passata lì fuori e pensavo che fossi in camera” farfugliò nervosa.

POV DAMON

La osservava tormentarsi le mani, ad occhi bassi. Sintomo che era nervosa, imbarazzata.
La guardò attentamente senza tralasciare un millimetro di quel corpo che con troppo ardore continuava a bramare.
Una tuta scura le fasciava le esili gambe affusolate, una t-shirt corta abbastanza da lasciar scoperto il ventre piatto, la rendeva ancora più bella, nella sua semplicità.
Desiderabile, con i lunghi capelli che le ricadevano sul volto fino a coprirle le spalle, incorniciandone i dolci lineamenti.
Temette di correrle incontro e confidarle quanto gli fosse mancata, ma non lo fece e si costrinse a mantenere l’espressione infastidita che aveva appena assunto.
“Infatti sono qui” le fece notare soltanto.
La vide a quelle parole tentennare, indecisa probabilmente sull’andare via o restare, ma poi l’espressione del viso mutò mostrandola decisa.
“Per quanto ancora mi odierai?”
“A tempo indeterminato”
“Non è una risposta che posso accettare”
“Mi spiace per te. È l’unica che posso darti”
La giovane strinse i pugni e serrò la mascella. Si stava innervosendo.
“Mi dispiace ok?? Non volevo fare quella scenata!”
Il vampiro ripose il libro al suo fianco, alzando finalmente gli occhi dal volume per porli sul suo viso contratto.
“Allora perché l’hai fatta?” le chiese irritato.
“Dio Damon c’è bisogno  che te lo spieghi?? – le parole fuoriuscirono dalle labbra incontrollate – sono gelosa! Ok? E ti prego non ne parliamo, non fare domande! Almeno per questa sera… puoi soltanto perdonarmi?”
Gli occhi della ragazza erano inondati di lacrime. Temette che da un momento all’altro potesse scoppiare in un pianto disperato.
Fu sorpreso, incredulo, dapprima. Fu come se il tempo si fosse congelato in quell’attimo di pura perfezione, per poi riprendere a scorrere frenetico intorno a loro. Una gioia infinita si impossessò dei suoi occhi, che divennero del colore dell’oceano.
Si sentì per la prima volta da un secolo e mezzo, così vicino ad una meta da poterla già sfiorare con le mani. Sentì di esser diventato un uomo che avrebbe potuto, un giorno, ricevere amore. Decise di accontentarla. Almeno per quella sera non le avrebbe chiesto spiegazioni.
Con un sorriso sincero allungò un braccio battendo il palmo sul materasso.
“Vieni qui! – le ordinò dolcemente – niente domande. Giuro”
Vide il volto della ragazza illuminarsi, e rilassarsi. Lesse la gioia nei suoi occhi riflessi nei propri.
Elena non se lo fece ripetere due volte, si gettò semplicemente sul letto, che ballò sotto il suo peso improvviso.
“Che fai?” gli chiese curiosa, avvicinandosi a lui.
“Leggo” le fece notare sventolando il libro sotto il suo naso.
Lei lo afferrò leggendone il titolo, per poi scorrere velocemente le pagine ingiallite.
“Il piacere… di D’annunzio? – domandò titubante – da quando ti interessi alla letteratura italiana?”
Damon alzò un sopracciglio “Signorina Gilbert, sono tante le cose che lei non sa di me” le fece notare in tono ironico. Lei sorrise rilassandosi ancora, se ciò fosse possibile.
“Puoi leggermelo?” gli chiese d’un tratto seria. Si scrutarono per qualche breve istante, poi Damon le sorrise dolcemente, intenerito.
“Mettiti comoda!” le consigliò prima di riprendersi il libro e riportarlo alla prima pagina. Con un colpo di tosse finse di schiarirsi la voce, ma prima di prendere a leggere la vampira fece qualcosa che non si sarebbe mai aspettato, e che lo lasciò senza fiato per lunghi minuti.
Elena, infatti, senza dire nulla, come se fosse la cosa più naturale al mondo, gli aveva afferrato un braccio facendoselo passare sulle spalle. Si avvicinò in quel modo tanto da poter poggiare la testa sul suo petto, poi si era accomodata lì, su quel cuscino scolpito, aspettando che lui iniziasse.
In quel momento così intimamente dolce e segretamente immaginato da tutta la vita, Damon prese a sfiorarle i capelli con la mano, scorrendo appena per la folta chioma scura.
Come ipnotizzato da quel buon odore si diede del patetico quando le donò un bacio sulla nuca, sentendola sospirare appena a quel tocco lieve e delicato.
Poi prese a leggere, con tono dolce e scandito.
“L’anno moriva, assai dolcemente. Il sole di San Silvestro spandeva non so che tepor velato, mollissimo, aureo, quasi primaverile, nel ciel di Roma. Tutte le vie erano popolose come nelle domeniche di Maggio. Su la piazza Barberini, su la piazza di Spagna una moltitudine di vetture passava in corsa traversando; e dalle due piazze, il romorio confuso e continuo, salendo alla Trinità dè Monti, alla via Sistina, giungeva fin nelle stanze del palazzo Zuccari, attenuato… “
Lei lo bloccò a quel punto allontanando appena la testa dal suo petto, senza però guardarlo.
“Roma deve essere una gran bella città” ipotizzò sognante, con gli occhi fissi sul volume.
“Si, è molto bella” confermò dolce, e sorrisero entrambi.
“Ci sei stato?”
“Una volta o due…”
“Porterai anche me un giorno?” gli chiese convinta, e gli parve per la prima volta dopo tanto semplicemente serena. La strinse appena intenerito da quell’insolito momento  del tutto inaspettato.
Se qualcuno gli avesse detto che un giorno avrebbe avuto Elena stretta al petto mentre le leggeva un libro, ne avrebbe riso. Mai aveva creduto di poter condividere con lei un momento tanto intimo. Prima di allora non avrebbe mai pensato di poter essere così felice, cullato dal calore di quel corpo bramato da sempre.
“Certo che ti ci porto! Abbiamo tutta l’eternità… vedremo tutti i posti che vorrai”
Le promise convinto, e si stupì esso stesso di ciò che le aveva appena detto. Avevano entrambi progettato come se avessero trascorso insieme l’eternità che gli era stata riservata, come se ci fossero loro due e nessun altro. Come se lei non avesse mai scelto Stefan.
Gli tornò alla mente il discorso che aveva affrontato con lui quella mattina, ma ricordò di averle promesso niente domande, quindi non fiatò, nonostante la curiosità lo attanagliasse.
“E’ una promessa Damon?”
“E’ una promessa Gilbert!”
La sentì ridere dolcemente, poi sistemarsi nuovamente sul suo petto.
Trattenne il respiro quando la dolce pelle delle sue guance gli sfiorò il torace … e quando le sue labbra rosse si posarono proprio lì, all’altezza del cuore, per donarvi un bacio leggero.
Sarebbe morto in quel medesimo momento, sorpreso da quella dolcezza infinita e da quell’intraprendenza insolita da parte della vampira. Non gli importò il motivo, socchiuse semplicemente gli occhi riprendendo piano a respirare, come se ne avesse bisogno, pensò.
Lì, tra le braccia di quella donna, la sentì… l’umanità che un tempo aveva perduto, che tanto aveva cercato, tornare viva, bruciante, dentro di sé. Per un attimo ne fu spaventato. 
 

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Capitolo 13
*** CAPITOLO12 ***



POV DAMON

Era notte fonda ormai, e l’aveva osservata dormire per ore prima di alzarsi dal letto. Cercò di ritrovare sul suo viso tutti quei piccoli dettagli che da sempre lo avevano incantato. Così maledettamente uguale alla donna che anni prima li aveva dannati, ma al contempo così diversa.
Quel volto dolce e fresco, animato da una moltitudine di espressioni del tutto nuove e sconosciute all’altra, che erano in grado di animarle quei profondi occhi neri, togliendogli il respiro. Erano in grado di aiutarlo a superare la sete, la rabbia, e la dannazione cui quella natura li aveva condotti. Era il suo spiraglio di pace in una vita che gliel’aveva negata da sempre.
Si chiese quando Stefan fosse rincasato cosa avrebbe potuto pensare se l’avesse trovata nel suo letto, ma non se ne curò. Ormai lo aveva capito anche lui che le cose tra loro non andavano bene, e poi non fu in grado di destarla dal sonno tranquillo nel quale era profondata.
La lasciò lì a dormire, sfiorata appena dal leggero copriletto che le aveva steso sul corpo, contornata dalla lunga chioma di capelli sparsi sul cuscino.
Non appena attraversò la grande porta finestra della stanza che lo condusse al terrazzo esterno, tirò un profondo sospiro, godendosi il buio e la grossa luna piena che faceva capolino tra gli alberi della tenuta. Era una splendida notte, poté sentire il suono delle civette ridondare in lontananza, e il freddo di dicembre entrargli nelle ossa.
Una leggera brezza scosse i rami degli alberi, che perdevano ormai anche le ultime foglie ingiallite. Un manto multicolore aveva ricoperto il suolo, donando ai suoi occhi uno spettacolo mozzafiato.
Dopo centocinquanta anni non aveva ancora smesso di restare incantato dalla grandezza della natura, dallo scorrere delle stagioni.
Quell’infinito essere immortale che era la terra era stata la sua unica casa prima di allora, prima di tornare lì dove tutto era cominciato.
Gli sembrò fosse trascorsa un’eternità, eppure erano passati poco meno di due anni dal giorno in cui aveva incontrato lei, una dolce ragazzina che di lì a poco gli aveva sconvolto l’esistenza.
“E’ una notte bellissima” la sua voce ancora addormentata lo riportò al presente. Non si voltò a risponderle, ma la percepì ugualmente mentre gli si avvicinava lenta.

POV ELENA

Si era addormentata senza volerlo, tra le braccia di Damon. Ma quando in piena notte aveva riaperto gli occhi lui non c’era più. Aveva avvertito un senso di smarrimento, e di nausea, quando svegliandosi non aveva più percepito la sua vicinanza.
Dopo mesi, quella sera, aveva chiuso gli occhi e si era lasciata prendere da un sonno profondo, tranquillo, sentendosi al sicuro, e appagata. Provò terrore per ciò che aveva sentito, per ciò che aveva scoperto di poter provare per l’ultima persona che avrebbe creduto, o minimamente voluto.
Si era alzata senza pensarci, in preda al panico, all’ansia di risentirlo accanto. Aveva spostato gli occhi per tutto il perimetro della stanza fino a che non lo aveva visto di spalle, fuori dalla finestra, e gli era andata incontro mossa da una forza che mai avrebbe saputo spiegare.
La notte li avvolse entrambi, mentre vicini respirarono la stessa aria, scrutarono le stesse stelle, e alzarono all’unisono il volto alla luna.
“Ho sempre adorato l’inverno – esordì Elena, di nuovo, vedendolo perso ad osservare il cielo – è come se portasse malinconia e risvegliasse in me il ricordo di tutto ciò che ho perso”
Il vampiro si lasciò scappare un sorriso spontaneo  e distratto.
“L’eternità ci porta ad affrontare molte perdite” farfugliò soltanto, perso nei meandri più bui di probabili ricordi sepolti.
“Damon… posso farti una domanda?”
“Certo” confermò senza degnarla di uno sguardo.
Lei invece non riuscì ad osservare altro che non fosse il suo profilo fiero, e lo strano colore latteo che la luce lunare donava alla pelle del suo viso.
“Pensi mai a Rick? Insomma da quando è morto non ti ho mai sentito parlare di lui, eppure so che gli volevi bene”
Il vampiro calò lo sguardo verso i suoi occhi scuri, e lì, in quel contatto, si smarrirono entrambi. La scrutò serio, poi abbozzò un mezzo sorriso mal riuscito.
“Era il mio miglior amico … per quanto mi era difficile ammetterlo gli volevo bene davvero. Che non ne parli non significa che l’abbia dimenticato – precisò duro – anche tu gli volevi bene”
“Tutti gliene volevamo … lui e Jeremy erano la mia famiglia. Anche quando non era più in sé, non ho mai smesso di volergli bene” confidò anch’essa stringendosi appena al corpo del vampiro, che dovette accorgersene perché si irrigidì, ma non la allontanò. Ne fu felice, aveva bisogno di sentirlo accanto. Aveva bisogno di un contatto umano che la scaldasse e la cullasse.
“E’ morto tra le mie braccia. In quel momento ho capito che non stavo per perdere soltanto il mio miglior amico, ma anche la donna che amavo. E’ stato il giorno peggiore della mia vita” le raccontò inquieto, distogliendo lo sguardo.
Era sempre così con lui, quando sentiva che si stesse aprendo in qualche modo sapeva anche che di lì a poco avrebbe perso i suoi occhi. Aveva nascosto e soppresso la sua umanità così a lungo che gli era difficile lasciarsi andare di nuovo, e anche quando Elena riusciva in quell’impresa dove il resto del mondo continuava a fallire, lo avvertiva al contempo aprirsi a lei e allontanarsene, sfuggirle, come scottato.
Ma non bastava allontanare i suoi occhi, lei riuscì comunque a sentirla dentro di sé l’angoscia e il martirio che il vampiro aveva provato quella notte. Come se fossero fatti della stessa materia, e nelle loro vene scorresse lo stesso sangue, lei lo sentì, come parte del suo stesso corpo.
Avvertì come le loro anime si stessero sfiorando, e smise di opporsi. Non riuscì più a contrastare quel vortice fatto di sguardi, passione e tenerezza.
Lo afferrò per un braccio obbligandolo a voltarsi, e quando i loro corpi entrarono deliziosamente in collisione e vide il suo sguardo smarrito e confuso vagare su di lei, si catapultò sulle sue labbra.
Con tenacia, e passione incontrollata, sommerse le mani nei suoi capelli tanto da averlo più vicino, da sentirlo sulla pelle e sulle labbra.
Quel contatto, dapprima dolce e innocente, li sprofondò entrambi mandandola in estasi, rendendola incapace di riflettere su ciò che aveva appena fatto, su quanto tutto quello li avrebbe cambiati, salvandoli o forse portandoli alla rovina.
La passione, come un veleno, si propagò lungo i loro corpi facendoli fremere entrambi, e sussultare, mentre anche Damon si lasciava andare e schiudeva le labbra permettendo alle lingue finalmente di incontrarsi.
Lo sentì aderire a lei ormai senza più freni, stringerla con dolcezza e possessività, quasi per paura che potesse fuggire ancora da quell’abbraccio. Si avvinghiò ai suoi vestiti disperato, senza ritegno, quasi volesse strapparglieli di dosso mentre le stringeva con forza la maglietta lambendole la schiena.
Lasciarono che le lingue prendessero ad accarezzarsi e rincorrersi bramose, in una corsa senza inizio, né fine, né tregua.
Assaporarono il gusto di sentirsi un unico corpo, mentre le salive si fondevano ed entrambi prendevano fuoco baciandosi ancora, e ancora, tornando a sfiorarsi per un secondo, poi un terzo, poi un quarto bacio. Fino a perdere il conto, fino a perdere contatto con la realtà.
Elena lo strinse a sé con quanta più forza riuscì a trovare, attanagliandolo per la nuca che circondò con entrambe le braccia, mentre lui continuava a tormentarle la schiena percorrendola tutta in una corsa appassionata e desiderante.
La luna li sorprese così: avvinghiati l’uno all’altro, persi in una miriade di baci profondi, incapaci di disgiungersi un solo istante, di allontanare quelle bocche che da troppo tempo chiedevano un contatto.
 
POV DAMON

Era vicino, pericolosamente vicino al punto di non ritorno, a quella linea immaginaria oltre la quale sarebbe impazzito di gioia e piacere, e forse dopo decenni avrebbe potuto ritrovare sé stesso, il dolce ragazzo che era stato.
Quel ragazzo sensibile e solitario che osservava la vita con occhi sognanti, prima che qualcuno potesse ricordargli che i sogni sono soltanto illusioni.
Le labbra di Elena sulle sue ballarono suadenti, le lingue smaniose non fecero altro che sfiorarsi, toccarsi, ricorrersi e sfuggire, mentre le mani tracciavano scie bollenti lì dove continuavano a sfiorarsi.
Non ebbe il coraggio di allontanarla da sé neanche per un attimo, nemmeno per poter scrutare i suoi occhi cioccolato. Aveva paura che lei potesse capire di aver commesso uno sbaglio, il più grosso errore della sua vita, e potesse quindi di nuovo scacciarlo.
Ma  i sensi sviluppati non gli lasciarono scampo, e d’improvviso sentì il portone di casa aprirsi, e dei passi al piano di sotto.
Era Stefan, e Damon lo maledì perché in quell’istante seppe già come sarebbe finita.
Elena non fece altro che confermarglielo quando anch’essa lo sentì e si arrestò, fissando lui con occhi sgranati e quasi … quasi gli sembrò di percepire addirittura disgusto.
Gli si allontanò di scatto come ustionata da quella vicinanza, dai tocchi, dalle mani e dai baci che era stata lei a cercare.
Quell’espressione, quello sguardo di repulsione, lo colpì, e gli fece male più di un paletto in pieno petto.
I baci, i sospiri e il desiderio, scomparvero all’ombra del suo sguardo severo.
“No, no, no… non guardarmi in questo modo! Sei stata tu a baciarmi” le intimò già furibondo, ancor prima di sentirla parlare. Quegli occhi avevano già detto tutto.
La vampira rimase impassibile, pietrificata. Scosse solo lievemente la testa, ancora troppo sconvolta per proferire parola.
“Se vuoi andartene sai da dove uscire” infierì ancora, crudele, o semplicemente amareggiato. A quel punto anche Elena prese parola.
“Possibile che non ti importi di nulla?? Tu fai sempre così! Come posso fidarmi di te?”
Fu una dose di verbena direttamente al cuore, un dolore acuto, ascoltare quelle parole, e gli sembrò di impazzire.
“Mi stai guardando come se fossi un mostro! Cosa vuoi che ti dica?”
“Vorrei che tu comprendessi! E che pensassi anche a tuo fratello! Come credi sarebbe rimasto se ci avesse trovati qui fuori avvinghiati?” alzò appena la voce, incurante che qualcuno la sentisse. Anche lo stesso Stefan in quel momento non le parve un problema. Ormai nulla sarebbe tornato come prima, era inutile tentare di riparare.
“Non pensi mai invece a come possa sentirmi io ogni volta che ti trovo avvinghiata a lui?”
La aggredì furioso, avvicinandosi a lei fino a sentirla tremare di paura.
Ma a quelle parole Elena sussultò non per lo spavento, ma per la sorpresa,e per il dolore.
“Damon…” rimandò in un sussurro roco, ma lui la fermò.
“Dio Elena mi stai uccidendo lo vuoi capire? – d’un tratto fu calmo, e ciò che trasparì fu soltanto sofferenza – ti amo Elena! E sono stanco di questo amore a senso unico! Io ti voglio in esclusiva! E se non puoi  darmi quello che voglio ti pregherei di accomodarti fuori da quella porta!”
 
POV ELENA

Quelle parole urlate, quella disperazione, la poté sentire e toccare, la vide imprimersi negli occhi del vampiro. Quell’oceano infinito le sembrò scosso da una tempesta, mentre Damon le indicava la porta e guardava altrove.
Non posò gli occhi su di lei, che gliene fu grata. Non avrebbe sopportato di leggervi dentro tanta rabbia e tanto male da svuotarla di ogni cosa.
Le sembrò che quegli splendidi grandi occhi si fossero inondati di lacrime. Nonostante l’orgoglio e la maschera che era così bravo ad indossare, erano proprio lì, che facevano capolino dalle lunghe ciglia nere, mentre lui tentava in tutti i modi di ricacciarle indietro.
Per la prima volta capì davvero quanto male gli avesse fatto, quanto dolore gli avesse inflitto. Lo aveva distrutto, scalfito, tormentato con la sua sola presenza.
Non ebbe il coraggio di parlare, qualsiasi cosa tentasse di dire non riuscì ad emettere alcun suono. Era stanca, stremata da tutto quel dolore che continuava ad infliggere ad entrambi.
Chiunque fosse stata la sua scelta l’altro ne sarebbe morto. Non aveva tutto quel coraggio. Ma se anche avesse lasciato le cose così com’erano non sarebbe stata in grado di lasciarlo andare.
Tutto ciò che era lo doveva a lui, a quella splendida persona racchiusa dentro un guscio di crudeltà e arroganza. Lui l’aveva accolta, e aiutata a rialzarsi, le aveva insegnato a combattere,  a resistere, a ridere e a sperare anche quando la realtà le aveva strappato tutto.
Gli doveva la sua stesa vita, a lui che con le sue decisioni folli e sconsiderate spesso li aveva salvati tutti. A lui che si imponeva e lasciava che lo odiasse pur di tenerla al sicuro. A lui che mai le aveva chiesto nulla in cambio finché non era stata lei a mostrarsi pronta. A lui che le aveva confidato di amarla e si era poi fatto da parte, cancellandole i ricordi. A lui che era un tormento, e la salvezza. Una forza magnetica, e repulsione.
E mentre la mente continuava a girare a vuoto, a riportarla sempre lì, Elena era già lontana. Era fuggita dalla pensione, aveva corso come impazzita, fino ad essere tanto lontana da non sentirlo più accanto a sé. 

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Capitolo 14
*** CAPITOLO13 ***


POV DAMON

Un leone in gabbia. Ecco ciò che parve in quel momento. Quella stanza gli sembrò soffocante come mai.
Furente, distrutto, accecato, ormai fuori controllo, scaraventò una lampada al muro, che ricadde atterra con un rumore sordo. Quell’improvviso schianto non zittì le urla che straripavano in testa, nel cuore e nell’anima, che continuarono a dilaniarlo, mentre correva in bagno a sciacquarsi il viso, per strappare via dalle labbra quell’odore. L’odore di quella bocca che lo aveva teneramente divorato, imprimendo sulla sua un sapore fresco, fruttato, buono. Maledettamente buono.
Posò gli occhi allo specchio, che rifletté un’immagine distorta di sé stesso, un uomo esasperato, furibondo, e annullato dall’amore per una donna.
Era giunto il momento di andar via, di fuggire da quelle mura nelle quali era rimasto impresso il suo sapore, di scappare da quella stanza ancora bruciante, reduce della sua presenza, da quel letto ancora caldo del suo corpo.
Aveva ormai perso sé stesso, risucchiato, reso nullo da una donna.
 Era stata lei la sua stessa umanità, la sua più grande debolezza, gli era entrata nel cuore, e lì, da quella posizione privilegiata, lo aveva annientato.
“Che stai facendo Damon?”
La voce inquieta di Stefan lo sorprese intento ad infilare abiti di ogni genere in una valigia.
Era l’ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento, in realtà se avesse potuto avrebbe evitato di ascoltare persino sé stesso, e quelle stupide vive emozioni che continuavano ad infierire ricordandogli il dolore, e l’incapacità di sfuggirvi.
La sua bruciante umanità lo stava uccidendo.
“Non sono affari che ti riguardano” lo zittì senza degnarlo di una misera occhiata, continuando invece imperterrito nel suo lavoro.
Il fratello sospirò appena, e quel singolo sospiro riecheggiò tra di loro più di un urlo.
“Ho visto Elena correre via pochi minuti fa” lo informò ponderato, e al nome della ragazza riuscì finalmente ad attrarre i suoi occhi, che si precipitarono su di lui.
“Esci da questa stanza!” gli impose duro, senza diritto di replica.
“No! Finché non mi dici cos’hai intenzione di fare”
“Intendo andarmene dall’altra parte del mondo se necessario”
“Cosa??” chiese il minore spiazzato, e ancora titubante.
“Entro stasera possibilmente, se ti togli dai piedi e mi lasci finire di sistemare”
Fu un’ennesima velata richiesta, prossimo a scattare. E se lo avesse fatto sapeva che tutto sarebbe precipitato irrimediabilmente.
La voglia di urlare, uccidere e annientare era forte, tanto che gli sembrò di perdere il controllo. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di placare quel dolore che gli aveva preso la bocca dello stomaco attanagliandolo in una morsa lancinante. Stava affondando, e questa volta temette che non ci fosse rimedio.
“Tu non vai da nessuna parte in queste condizioni!” gli impose Stefan crucciato, a pochi passi da lui che come incapace di arrestarsi continuava a vagare per la stanza gettando alla rinfusa in valigia qualsiasi oggetto o vestiario incontrasse.
“Non era una domanda ma un’affermazione se non l’avessi capito”
“Non ti permetterò di farlo – si impose questa volta, accostandosi al fratello – cos’è successo Damon?”
“C’è un limite a tutto. Io l’ho superato abbondantemente” pronunciò quelle parole con misurazione, intenzionato a fingere ancora. C’era un limite al dolore che un semplice uomo potesse sopportare, e lui quella sera lo aveva per la prima volta oltrepassato.
“Così hai deciso di fuggire?”
In quel frangente, preso alla sprovvista da una domanda che gli sembrò totalmente inaccettabile, sfogò incapace di sopportare ancora la sua presenza.
“Ma perché non la smetti di martirizzarti? Guarda che ti sto facendo un favore! Mi tolgo dai piedi, ti lascio campo libero! Lo capisci?” chiarì furibondo, alzando di troppo il tono di voce. Le urla tuonarono per tutta la stanza.
“Damon come puoi soltanto pensare una cosa del genere? Tu sei mio fratello, sangue del mio sangue, non posso lasciarti andare via!”  anche Stefan urlò questa volta, portandoli entrambi in una gara senza più silenzi, e verità negate o nascoste.
“Cazzo Stefan tu e il tuo fottuto sangue! La tua ragazza pochi minuti fa mi ha baciato! E me la sarei scopata volentieri se non fossi arrivato tu!”
Ringhiò furente, e crudele. Voleva ferirlo, voleva annullarlo, come Elena aveva fatto con lui. Voleva sentirlo tremare di dolore e collera cieca, come lui continuava a fare. Voleva che lo odiasse, e lo lasciasse andare.
Voleva che gli permettesse di correre lontano, e di ricostruire altrove quell’eternità che lo perseguitava, dove non ci fosse più quella ragazza a tenere accesa la fiamma dell’umanità in lui.
Riuscì nell’intento perché Stefan si rabbuiò all’istante. Il suo volto subito sfigurato fu l’ultima cosa che vide prima che venisse scaraventato al muro. Il dolore dello schianto fu nulla in confronto a quello che continuava a bruciargli nel petto.
 “Su dai, non dirmi che non te l’aspettavi – infierì ancora – non sono io forse il motivo della vostra crisi?” ipotizzò sadico mentre si rimetteva in piedi per poi rivolgergli un sorriso soddisfatto. Lo stava sfidando, lo stava istigando. Voleva il sangue, la lotta. Voleva scaricare tutta la rabbia che continuava a straziare entrambi. Voleva che l’odio li prendesse spezzando quel legame fraterno che continuava ad avvicinarli nonostante tutto.
Stefan ringhiò serrando i pugni. Credeva  fosse pronto ad attaccarlo, sopraffatto dalla natura che entrambi continuavano a temere e a combattere, ma invece non andò così. Il suo viso torno umano di lì a poco, e non gli si avvicino, né gli si avventò addosso, ma fermo dov’era sorrise appena.
“Non riuscirai a farmi perdere il controllo Damon! È inutile che continui a tentare”
Quelle parole pronunciate con lentezza e quiete esasperante lo lasciarono spiazzato. Non fiatò più, non seppe cosa dire, così fu ancora il fratello a parlare.
“C’è una cosa che ci rende differenti… io ho capito cos’è che Elena cerca, tu no”
Il vampiro rimase come pietrificato. Si lasciò semplicemente cadere al muro. Non ebbe più forza di parlare, né di tentare ad odiarlo, né  di cercare il confronto, o la lotta. Come svuotato di ogni cosa, rimase in lui soltanto un senso di vuoto.
“Come fai ad arrenderti Stefan? Tu che hai avuto il suo amore, come fai ora a vivere senza?”
Il fratello lo sorprese ancora, com’era accaduto spesso negli ultimi tempi, e contro ogni sua aspettativa gli si sedette accanto. Furono di nuovo spalla contro spalla, ma questa volta di nuovo vicini, complici, fratelli. Si ritrovarono nel buio di una stanza, piegati dall’amore per la stessa donna. Ancora una volta.
“L’ Elena che amavo io non avrebbe continuato a cercare te, e non ti avrebbe baciato. Non è più la donna che io amavo. Io non conosco chi sia diventata, ma tu si” gli suggerì sconfitto.
“Hai smesso di amarla, Stefan?” domandò Damon confuso.
“No… ma lei ha smesso di amare me”
Rimasero così, uniti come non accadeva da secoli. Seppero entrambi come sarebbe finita. Ma qualsiasi cosa sarebbe successa seppero anche che quel legame di sangue che li univa da sempre  li avrebbe tenuti insieme anche questa volta.
 
POV ELENA

Guidata da una logica cieca si era ritrovata davanti la fatiscente porta del Grill, ancora in tuta, sconvolta e indifferente agli sguardi curiosi dei passanti e degli altri clienti.
Era entrata immergendosi in un covo di vita che aveva evitato da quella sera. Da quando litigò con Stefan e per la prima volta si era lasciata guidare dall’istinto e dalla voglia inarrestabile di cercare Damon, che restava nonostante tutto il cento del suo universo.
Si era feriti anche questa volta, si erano scontrati, odiati e rimproverati, come sempre. Ma non riusciva a spiegarsi come mai l’unica cosa che riuscisse a ricordare di tutta quella folle serata erano le sue labbra carnose e passionali danzare sulle proprie, o il modo infinitamente dolce con cui l’aveva stretta in un abbraccio innocente, e la voce scandita e serena con la quale le aveva letto quelle pagine di poesia aspettando che arrivasse il sonno a chiamarla. 
E poi i suoi occhi, due enormi pozze oceaniche, inondati di lacrime, mentre ancora una volta le gridava di amarla. Si chiese quanto ancora avesse potuto ferirlo prima che cominciasse ad odiarla, quanto male gli potesse ancora infliggere prima di perderlo per sempre.
E lei sarebbe precipitata in un groviglio di dolore e colpa se soltanto lui l’avesse abbandonata.
“Elena, questo è il quarto bicchiere, devo preoccuparmi?”
Il tono familiare e apprensivo di Matt, che era venuto a portarle il bicchiere di bourbon precedentemente ordinato, la destò.
Immersa tra i pensieri più bui era stata come incantata dal legno scuro del bancone a ridosso del quale era seduta, e si accorse solo allora che fosse arrivato l’ennesimo ordine.
Quando alzò gli occhi su di lui si rese conto che le era comodamente poggiato di fronte e la scrutava inquieto.
Aveva dato la vita per lui, pensò. Per il ragazzo della porta accanto che era stato il suo mondo per lunghi anni, prima che la vita che conosceva venisse sconvolta. Prima che Damon si affacciasse alla sua strada,facendoglielo dimenticare subito dopo. Prima che la sua famiglia venisse annientata e l’adolescenza che solo allora si sporgeva ai suoi occhi le venisse strappata.
Portò il bicchiere alle labbra assaporando lenta il liquore ambrato e amaro che quella sera le faceva compagnia.
Si ritrovò a pensarsi più simile a Damon di quanto pensasse.
“Cosa ci troverà mai di buono Damon in queste porcherie?” domandò crucciata non potendo più trattenere l’espressione di disgusto che le si dipinse spontanea sulle labbra.
“Se non ti piace perché non lo lasci? Forse è meglio, eh?” le suggerì agitato il ragazzo.
“Voglio soltanto stare meglio … sono stanca di tutto questo dolore – in un sorso finì anche quel bicchiere – posso averne dell’altro?”
Il biondo la esaminò per lunghi minuti, mentre lei continuava a notare soltanto la vena azzurrina e pulsante che gli animava il collo.
Per un istante non riuscì a destarsi da quella visione, e stette meglio.
Il dolore si placò, mentre l’alcool in circolo nelle vene abbassava la guardia, la concentrazione, e la sua vera natura cominciava a premere sotto la superficie, al di sotto della corazza che aveva faticosamente costruito, per mostrarsi poi spaventosamente.
Sentiva quell’opprimente peso sul cuore lasciarla pian piano, e i ricordi di ciò che era accaduto sfocarsi. Era la sua umanità che la stava abbandonando, mentre il sangue risaliva verso l’alto bagnandole gli occhi, ed uno scalpitio di cuori prese il sopravvento su tutto il resto.
Un odore metallico, il solito odore inebriante, travolgente e maledetto, la deliziò, mentre le arrivava alle narici.
L’ultima cosa che notò fu il viso terrorizzato di Matt, e le sue labbra che si aprirono nel probabile tentativo di comunicarle qualcosa che non riuscì a captare. Poi una corsa disperata, mentre battiti, voci e odori le devastarono la mente.
Quella notte era destinata a fuggire, pensò, mentre riprendeva la sua corsa.
 
POV DAMON

Dall’istante in cui aveva visto il display del cellulare illuminarsi, e aveva letto il nome di Matt in chiamata, dentro di sé aveva preso vita un’estenuante lotta. Avrebbe potuto rispondere e accollarsi l’ennesimo problema che continuava a ripetersi non avrebbe dovuto riguardarlo, o avrebbe potuto rifiutare la chiamata e continuare a crogiolarsi nella disperazione chiedendosi se fosse giunto il momento di abbandonare tutto e cominciare  da zero.
Come se chilometri di distanza fossero davvero bastati a cancellare il suo volto dai ricordi più vivi e umani che continuavano a straziarlo.
Come se un’eternità fosse bastata davvero a ridargli la pace. Quella no, non gli era mai appartenuta. Non avrebbe mai potuto appartenere ad un essere dannato come lui.
Soltanto lei aveva saputo donargliela a sprazzi, soltanto lei sarebbe riuscita a rischiarare le fitte tenebre che da sempre gli divoravano l’anima.
Avrebbe potuto scacciarla quell’anima, quella bruciante maledetta umanità che lo stava portando alla deriva, ma non ne era capace. Non più ormai.
Serrò la mascella afferrando il cellulare, poi si maledì quando capì quale parte di sé aveva vinto la battaglia.
“Qualsiasi sia il tuo problema non mi interessa” precisò stizzito. Come se fosse vero.
“Damon – il ragazzo sembrò risollevato dalla risposta a tal punto da non far caso alle sue parole – Elena è stata qui e…”
“E non sono affari miei. Ciao” lo liquidò risoluto pronto ad attaccare. Ma tentennò un po’ troppo, giusto il tempo di dare a Matt il tempo di proseguire.
“No aspetta! Era ubriaca… penso! E decisamente fuori controllo! È fuggita e non so dove fosse diretta, penso dovreste cercarla!”
La voce allarmata dall’altro capo del telefono ebbe il potere di agitarlo, soltanto il tempo di tornare a ritroso a quella sera … poi pura collera prese i suoi occhi, rendendolo freddo come il gelo.
“Non sono il suo badante. Vorrà dire che domani troverete un cadavere in città. In ogni caso c’è Stefan in giro a cercarla, chiama lui”
“Ci ho provato, non risponde! Damon ti prego…”
“No Matt non hai capito – specificò fermo e adirato – avete smesso di addomesticarmi. Chiama Stefan e lasciami in pace!”
Riagganciò. Strinse i pugni fino a farsi male, fino a che il sangue smise di circolare in quelle dita lattee rendendole ancora più bianche e doloranti. Fino a quando pensò di abbandonare l’idea di andarla a cercare.
Non avrebbe dovuto, non le avrebbe permesso di essere ancora così importante.
Non sarebbe mai e poi mai corso a cercarla mostrandole di essere ancora il centro dei suoi pensieri, il fulcro della sua vita.
Un grido iroso fuoriuscì dalla sua gola arida, inondando la stanza, trapassando le mura, disperdendosi nelle tenebre.
Le gambe si mossero senza che lo volesse, mentre la mente gli intimava di restare saldo al suolo.
Non l’avrebbe mai ascoltata, lo sapeva bene.
Non se ciò avrebbe significato lasciare lei in pericolo, persa nella notte, preda di chissà quali istinti, schiava di una natura maledetta che avrebbe potuto abbatterla, annullarla, com’era stato con lui.
Avrebbe continuata a porla in eterno dinanzi a sé stesso, all’orgoglio ferito e al dolore che continuava ad infliggergli.
Quell’amore, ora lo seppe per certo, lo avrebbe ucciso.

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Capitolo 15
*** CAPITOLO14 ***



POV DAMON

Si precipitò alla porta che spalancò  con uno scatto secco, troppo agitato per potersi controllare. Era la seconda volta che perdevano Elena in preda ad uno scatto d’ira, e qualcosa gli suggerì che questa volta non sarebbe andata come la precedente.
Imprecando sottovoce fece per uscire, quando ciò che gli si presentò alla vista gli ghiacciò il cuore nel petto.
Era lei, stravolta, singhiozzante e soprattutto ricoperta di sangue. Sangue umano, constatò non appena ne sentì l’odore.
Gli occhi sgranati, invasi di lacrime, tremava come una foglia. Lo fissava inorridita, senza riuscire a dirgli nulla.
Sperò con tutto sé stesso che non fosse troppo tardi.
“Elena – farfugliò incredulo – che è successo? Cos’hai fatto?”
“Seguimi”gli  ordinò delirante lei, senza aggiungere altro.
Prese a correre come sapeva che soltanto lui potesse starle dietro, senza voltarsi né badare che qualcuno li vedesse. Era notte tarda e Mistic Falls era deserta, per loro fortuna.
Pregò soltanto che non avesse completato il lavoro, che si fosse in qualche modo arrestata. Non per lui, una vita sacrificata nella sua ottica era un prezzo accettabile da pagare … ma per lei. Non avrebbero più avuto indietro la compassionevole, dolce ragazza che era. Questo l’avrebbe cambiata inevitabilmente. Avrebbe rappresentato soltanto l’inizio di un abisso profondo nel quale sarebbe precipitata.
Attraversarono tutta la cittadina, e non gli ci volle molto. Era percorribile alla loro velocità in una manciata di minuti.
Quando vide il centro abitato allontanarsi, e imboccarono insieme la statale nei pressi del bosco, perse la speranza. Temette davvero che questa volta non fossero stati fortunati.
D’improvviso la ragazza si arrestò, e lui se ne accorse in tempo per seguirla, poi la sua voce disperata riecheggiò per la strada deserta, prima ancora che potesse posare gli occhi su ciò che lei gli stava indicando.
“Damon ti prego dimmi che è ancora vivo!”
Non rispose, e con lo sguardo seguì le sue indicazioni, mentre lei si tenne a dedita distanza, per la tentazione del sangue pensò, o forse per il senso di colpa e l’incapacità di osservare con i propri occhi ciò che era stata lei stessa a compiere.
Una macchina scura era parcheggiata sul ciglio della strada, con i fari accesi che puntavano luce verso terra, scoprendo la figura di un uomo tarchiato, sulla cinquantina, disteso sull’asfalto e privo di sensi. Due piccoli fori al collo ricoperti di sangue, com’era facile immaginare.
Gli si avventò accanto scosso, apprensivo, ma appena gli fu abbastanza vicino poté ascoltare un flebile, irregolare battito.
Sospirò rasserenato, mentre un sollievo immediato gli illuminò il volto.
“E’ vivo!” le gridò soltanto, prima di bucarsi il polso e rianimarlo.

POV ELENA

Rannicchiata sull’ orlo della strada erano trascorsi minuti, forse ore, non seppe dirlo con certezza.
Aveva ascoltato il respiro dell’uomo tornare regolare, la confusione e il terrore derivanti, aveva ascoltato mentre Damon lo aveva soggiogato e riaccompagnato all’auto perché ignaro di tutto proseguisse nel suo rientro a casa.
L’aveva fatto per lei, come sempre.
Per lei che quella sera aveva perso la testa, e aggredito un uomo innocente la cui unica colpa era stata la troppa gentilezza. Si era soltanto accostato per chiedere cosa facesse una ragazza sola a quell’ora sul ciglio della strada, e se le servisse aiuto.
Ma lei non era più una ragazza indifesa persa su una statale, lei era di quanto più temibile ci fosse su quella terra. Una predatrice affamata che lo aveva trascinato fuori dall’auto per cibarsi di lui.
Tutta la sua persona, l’integrità che da sempre l’aveva caratterizzata, era stata completamente soppiantata, sconfitta da un groviglio di stimoli e sete incontrollabile, che l’aveva trascinata verso il basso. Lì dove non aveva trovato luce, né salvezza, ad accoglierla.
Quella sera, per la prima volta, aveva capito cosa si provasse a cibarsi realmente di sangue umano, aveva avuto una vita tra le mani mentre risucchiava poco alla volta la linfa che la rendeva tale.
E adesso che quelle tenebre le avevano abbandonato la mente, e riuscì a risentire l’umanità di nuovo pulsare sotto la pelle, provò soltanto vergogna, rimorso, ribrezzo, terrore, nei confronti di quella natura violenta, che era ormai parte di sé stessa, un lato del suo essere. Ciò avrebbe portato eterna dannazione.
Ora erano tutti accomunati dal medesimo destino.
Non appena l’auto dell’ uomo ripartì e scomparve ai loro occhi, soltanto il buio li avvolse. Il fruscio dei rami scossi da un vento gelido, e null’altro. Si ritrovò a desiderare di poter ancora tremare dal freddo, mentre Damon le si accostava lento.
Quando fu accanto a lei le si accovacciò di fronte, ma non lesse compassione nei suoi occhi, né un briciolo di comprensione. Soltanto il vuoto, e il freddo più totale.
Proprio ora che l’unica cosa che avrebbe voluto era stringersi a lui, e restare ferma immobile fino al termine di quell’infinita nottata, fino a quando insieme avrebbero potuto ammirare una nuova alba, che la purificasse di tutto il male commesso.
“Andiamo” le impose lui invece, rialzandosi in un istante.
“No… non voglio tornare alla tenuta. Portami a casa” lo implorò in lacrime.
Damon non le rispose, non diede segni d’assenso o altro, ma si limitò a darle le spalle aspettando che si alzasse anche lei.
Soltanto i singhiozzi esasperati della ragazza ridondarono in quella lunga strada, sparpagliandosi nel vento, mentre seguiva lui nel cammino.
Non riuscì a smettere di piangere un solo istante, non riuscì a calmarsi, mentre sola, come mai prima di quella notte, si strinse in una tuta leggera, e aumentò il passo perché almeno potesse vedere il vampiro dinanzi a sé, e non proseguire sperduta e sola per la strada.
Ma Damon non fu in grado di sopportare oltre tanta disperazione, quel pianto sommesso, e lo vide d’improvviso voltarsi e annullare le distanze celandola in un abbraccio. Un abbraccio che seppe di casa, di amore e di calore, che la sorprese e la scaldò.
Si aggrappò a lui totalmente, si rannicchiò tra le sue braccia forti, stringendo esasperata la leggera stoffa della camicia nera che indossava, fino a stropicciarla, stretta in quei piccoli pugni ferrei.
“L’ho sentito Damon! Era terrorizzato mentre mi pregava di lasciarlo andare! L’ho sentito gridare, e non mi sono fermata” gli riferì tra i singhiozzi, allontanandosi da lui quel tanto che bastava per trovare i suoi occhi, ma senza staccarsi dalla sua presa confortante.
Lo vide in difficoltà, ancora arrabbiato con lei, ma combattuto. Sperava che anche questa volta non l’avrebbe lasciata sola.
“E’ tutto ok Elena guardami – le afferrò dolcemente il mento, connettendo i loro sguardi complici – quell’uomo sta bene! A quest’ora sarà già tornato a casa” le spiegò rassicurante.
“Avrei potuto ucciderlo!”
“Ma non l’hai fatto”
“Ci sono stata vicino però” gli ricordò ancora incredula
“Come sei riuscita a fermarti?”
Lei lo scrutò con occhi gonfi , poi un sussurro le uscì dalle labbra.
“Ho alzato lo sguardo, e ho riconosciuto questo posto…” lasciò in sospeso la frase. Sapeva che avrebbe compreso da solo.
“E’ qui che ci siamo incontrati la prima volta” infatti lo fece, suggerendolo anche a lei, che sorrise debolmente.
“La ragazza che incontrasti quella sera, la donna che hai amato per tutto questo tempo, non avrebbe mai fatto del male a un innocente. Ho rivisto quell’Elena, e ho capito di non voler cambiare”
Lo vide osservarla impensierito, e confuso, allontanandosi appena dal suo corpo.
“Sei stato tu a salvarmi Damon. Anche questa volta. Sei sempre tu a salvarmi” gli confessò pacata, ritrovando in quella parole un briciolo di serenità.
Essere lì, in piena notte, con lui, le diede la sensazione di essere a casa. Non c’era altro posto al mondo in cui avrebbe voluto essere, non c’erano braccia che avrebbero potuto stringerla in quel modo donandole la stessa sensazione di calma, trasmettendole il medesimo amore. Non c’era un abbraccio tanto rasserenante per quell’animo sperduto.
Damon anche questa volta, non le rispose.
Sospirò rassegnato, slegandola definitivamente dalle sue braccia forti.
Aveva paura, Elena lo capì. Era arrabbiato con lei, e lo accettò. Ma aveva bisogno di averlo lì,con lei, così si limitò a non dire altro, a non forzarlo. Aveva soltanto bisogno di tempo, e lei glielo concesse.
Si incamminarono silenziosi verso casa, come lei gli aveva chiesto. Il solo averlo vicino, sentirlo contro la sua pelle, come sempre pronto a sostenerla, le sarebbe bastato per quel tragitto.

POV DAMON

Provò una strana sensazione, un’ansia inspiegabile, a percorrere con lei il vialetto di casa sua, fino al portico. Come se qualcosa dentro di sé gli imponesse di sfuggirle, di correre lontano prima che fosse troppo tardi. Quel portico li aveva seguiti nel tempo, silenzioso spettatore li aveva visti rabbiosi, lontani, e poi complici, e amici.
Aveva accolto il suo stupore e uno strano torpore quando aveva creduto di baciarla, proprio lì, in quel punto esatto. Li aveva osservati farsi forza a vicenda, e donarsi quel tanto atteso primo bacio che era stato lui a volere, dopo il quale aveva creduto di poter meritare finalmente il suo amore.
Quel medesimo portico lo ospitò in quel preciso istante, arrabbiato, confuso, ma al contempo preoccupato per lei, pronto soltanto a starle accanto in un momento tanto delicato.
Mentre le loro sagome si stagliarono silenziose nell’oscurità, la vide frugare nelle tasche alla ricerca delle chiavi, e gli sembrò fosse agitata, forse dall’eccessiva vicinanza dei loro corpi.
Alla luce incerta delle stelle scorse sul suo viso una strana espressione, che mai le aveva letto prima in volto, un’espressione decisa. Era  forse pronta a comunicargli qualcosa, che era convinto non avrebbe voluto ascoltare. Non era pronto, non lo sarebbe mai stato.
“Siamo a casa” le suggerì, come se non lo sapesse anche lei pensò subito dopo.
“Già” mormorò soltanto Elena, gli occhi ancora gonfi di lacrime, la voce ancora straziata di pianto.
Temette per un istante di accoglierla in un nuovo delicato abbraccio, ma si impose di non farlo, per quanto gli risultò umanamente impossibile.
Toccava a lei adesso farsi avanti, esporsi e cercarlo se davvero lo voleva. Non avrebbe mosso un solo passo, non era tanto masochista. Non avrebbe mai potuto sopportare ancora oltre.
“Bene… buonanotte”
Senza osservarla, senza soffermarsi ulteriormente sulla sua reazione, le diede le spalle allontanandosi lentamente.
Fu un solo interminabile istante, prima che potesse ritrovarla ancora dinanzi a sé. Lo aveva seguito e braccato con il suo corpo ancora tremante. E quando gli rivolse uno sguardo tanto tormentato, gli sembrò che il cuore potesse tornare a battere dall’emozione.
“Che succede?”
Per quanto volesse tenerla a distanza non riuscì a non tremare di fronte a tanto dolore, ad un paio di occhi tanto profondi, tanto innocenti.
“Resta con me … ti prego” lo implorò ormai senza ritegno, buttandosi trafilata tra le sue braccia, che stordite la strinsero appena.
Non poteva, non le avrebbe permesso di rifarlo, di manipolarlo fino al momento in cui lo avrebbe di nuovo ferito. L’allontanò di poco, come destato, ma con fin troppo poca sicurezza. Ancora un passo e avrebbe ceduto. Lo faceva sempre.
Lei se ne accorse perché subito sciolse quell’abbraccio, e per la prima volta risoluta e intraprendente gli prese la testa tra le mani guardandolo con tale intensità che rabbrividirono entrambi.
“Questa volta sarà diverso Damon… non ti farò del male. Ti prego non fuggire da me”
Fu una preghiera sussurrata, che si impresse sulla pelle mozzandogli il respiro.
Sentì che questa volta sarebbe stato diverso per davvero, che lei non avrebbe più potuto fargli del male, che un animo tanto buono e puro non avrebbe potuto illuderlo in quel modo per poi strappagli il cuore dal petto.
Elena gli accarezzò delicatamente gli zigomi, la curva della mascella … era sempre più vicina, e lui sempre più fragile, indifeso, e prossimo al paradiso.
Non sapeva se lei lo amasse, se quello fosse amore, ma lasciò lo stesso che Elena gli toccasse le labbra, in un bacio cauto e armonioso, diverso dal precedente, appena sfiorato.
Prima che la magia potesse svanire le labbra si schiusero e le lingue intrepide si ritrovarono,  cercandosi e incontrandosi, trovando ben presto il ritmo giusto.
Le lacrime si unirono alla saliva, mentre Damon si lasciava andare di nuovo, catturandola tra le braccia. Sentì il corpo risvegliarsi, e perdere totalmente il controllo. Smise di chiedersi se ciò fosse giusto o sbagliato, si lasciò semplicemente andare, spiazzato, e desideroso.
Fu lei a staccarsi, a prenderlo per mano, e a condurlo nell’abitazione fino alla sua stanza. Senza parlare, senza attendere, richiuse delicatamente la porta intrappolandoli nella camera buia.
Entrambi sapevano cosa sarebbe accaduto di lì a poco, entrambi erano pronti. Si arano cercati, bramati, troppo a lungo per potersi tirare indietro.
La forza dell’inevitabile li spinse a cercarsi di nuovo, con foga questa volta, con trasporto. Si avvinghiarono presi come da una disperazione totalizzante, come se ciò fosse l’unica strada percorribile.
Le mani del vampiro presero a vagare sul suo corpo, da troppo tempo amato e immaginato, non più tremanti e insicure, ma irruenti, quasi invadenti. Le sfiorarono la schiena sfilandole la maglietta. E subito dopo le labbra le abbandonarono la bocca per lambirle il collo, scendendo verso il petto ormai nudo, per poi risalire ancora, e lasciare dietro di sé scie di saliva bollente.
Elena si aggrappò a lui chiedendogli tacitamente di continuare. Affondò con forza le mani nella sua folta chioma corvina lasciandosi scappare qualche primo sospiro estasiato.
Fu così che la prese in braccio adagiandola gentilmente tra le candide lenzuola, attento a non pesarle sul corpo.  Si esaminarono per un lungo momento, e proprio quando i loro occhi trovarono un contatto il mondo ne venne come risucchiato e ciò che restò fu soltanto desiderio.
Elena gli si sedette accanto prendendo a spogliarlo delicatamente, con mani tremanti e gentili, inesperte. Temette di morire tra quelle dolci carezze che lei continuava a donargli mentre lo liberava di ogni indumento, senza mai staccare gli occhi dai suoi, senza mai sfuggirgli. Lei era lì, con il corpo e con l’anima, non sarebbe andata via quella notte, sarebbe stata sua, totalmente.
Non poteva sbagliarsi, ciò che vide nel suo sguardo era vero, era autentico, ed era amore. Non lo avrebbe ingannato, questa volta lo avrebbe amato per davvero.
Si lasciò spogliare con estrema lentezza, osservandola come estasiato, impotente, nullo in quello sguardo. Poi quando Elena si riaggrappò a lui catturandogli di nuovo le labbra, fu di nuovo il suo turno, che lì dove la liberava dagli ultimi indumenti prese ad assaggiarla con urgenza e decisione, ma mai frettoloso, non tralasciò nulla, un solo centimetro di pelle d’ebano che incontrava sul cammino.
L’aveva desiderata così a lungo, e così follemente e pienamente, che volle imprimere ogni singolo suo sapore, ogni minimo sospiro di quell’esile corpo.
E quando fu completamente nuda rimase come folgorato dal gioco di luce che qualche delicato raggio lunare donò al suo corpo caldo e snello.
Le permise di adagiarsi su di lui, che seduto la strinse, entrando delicatamente in lei.
Non smise di osservare il suo viso sul quale vide dipingersi un’espressione di inconfondibile piacere.
Nel caldo del suo ventre trovò il paradiso; nei suoi occhi riflessi nei propri, il calore di una casa, la gentilezza di un’amante che lo amasse per davvero, che non stesse cercando in lui soltanto del sesso.
“Sei bellissimo”gli sussurrò dolcemente,regalandogli uno splendido sorriso.
E i suoi occhi si riempirono di lacrime.  Lacrime di gioia, mentre Elena gli prendeva una mano per portarsela alle labbra, e si mosse delicata permettendogli di sprofondare meglio dentro di lei.
Quella notte lo condusse lontano, dove non avrebbe mai immaginato.
Lo amò con delicatezza e sensualità, guidandolo in una danza lenta ma decisa, in un vortice di passione e tenerezza, di sesso e amore, e non persero mai il contatto visivo, continuarono ad amarsi cosi, scambiandosi baci infiniti, sospiri e gemiti, senza ritegno, senza paura, senza vergogna.
Come se si amassero da sempre. Come se i loro corpi fossero nati per combaciare alla perfezione, per donarsi l’uno all’altra totalmente.
Finché appagati ed esausti si erano lasciati prendere dal sonno, stretti  in un groviglio di corpi accaldati e finalmente vicini.

Allora prima di lasciarvi vorrei dirvi un paio di cose:
1)      Spero  che il capitolo non sia parso estremamente volgare o dettagliato… non sono brava in queste cose! Credo che tra i due protagonisti ci sia chimica e passione da incendiare una città, ma la prima volta l’ho sempre immaginata così, dolce e delicata. Non volevo che sembrasse sesso e basta, stanno facendo l’amore per la prima volta! Volevo che fosse amore più che piacere =) spero sia arrivato il messaggio!
2)       Mancano ormai pochi capitoli al termine di questa fan fiction, penso un paio o poco di più… ma comunque io domani parto per le vacanze e non avrò né computer né internet, quindi volevo semplicemente avvertirvi che per un paio di settimane non posterò =( mi spiace avrei voluto concluderla prima della partenza ma non mi è stato possibile =) scusate in anticipo per l’interruzione ^^

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Capitolo 16
*** CAPITOLO15 ***


POV ELENA

I primi raggi di un sole appena celato ma stranamente caldo per una mattinata di pieno inverno le accarezzarono il viso insistentemente, finché dovette aprire gli occhi per scrutarsi intorno.
Un calore insolito le scaldò il cuore non appena esaminando la stanza notò abiti di ogni genere adagiati al pavimento, e subito dopo scorse un possente braccio circondarla possessivo. E ancora, muovendosi sfiorò un petto caldo alle sue spalle.
Le sembrò un’altra vita, un’eternità trascorsa dalla notte precedente. La rimembrò passo dopo passo, ripercorrendola interamente dal momento in cui, mossa da una forza inspiegabile, era andata incontro a Damon sorprendendolo nella sua stanza, fino all’attimo prima di perdere totalmente contatto con la realtà, sprofondata nel suo abbraccio.
Rivide i suoi occhi lucenti, velati di lacrime, estasiati e adoranti nell’attimo in cui si erano uniti. Risentì il piacere di percepirlo dentro di sé, circondata da gemiti e sospiri, che le sembrò risuonassero tutt’ora tra quelle mura.
Era stata la notte più difficile e oscura della sua vita, ma si era poi tramutata nella notte più bella e inaspettata che avesse mai vissuto.
Scivolò dal suo abbraccio voltandosi verso di lui, e prese ad osservarlo passando una mano sotto al cuscino così da sistemarsi meglio. Si perse ad ammirare l’espressione calma del vampiro, il volto rilassato, e ombrato appena soltanto dalla leggera chioma scura dei capelli folti.
Lo osservò a lungo, per un tempo che non seppe quantificare, totalmente naufragata nell’immagine divina dei suoi lineamenti delicati.
Non ebbe intenzione di tirarsi indietro, per quanto fosse stato più semplice, per quanto quella nuova situazione potesse terrorizzarla. Gli aveva promesso che questa volta sarebbe stato diverso, che non gli avrebbe mai più fatto del male.
E per la prima volta la parola “mai” le seppe di eternità.
Adesso avrebbero dovuto superare la prova più dura: dirlo a Stefan.
“Gilbert, smettila di fissarmi!” il tono scherzoso e ancora  impastato di sonno con cui glielo intimò all’improvviso la spaventò, persa com’era nel suo totale stato d’ammirazione.
Poi aprì gli occhi incontrando il suo viso, e un oceano di colori la invase. Gli sorrise teneramente, e lo vide ricambiare. Fu un sorriso diverso dal solito quello che vide impresso sul suo volto, fu sincero, e rilassato.
“Non credevo saresti rimasto…”
“Se vuoi posso andar via ora!” le suggerì ironico facendo già per alzarsi. Notò subito un’ombra calare sui suoi occhi cerulei, anche se il tono le suggeriva altro.
Non aveva intenzione di tornare alla sua solita riservatezza, ormai lo aveva capito anche lei che non c’era modo di negarlo. L’aveva combattuta, e negata a lungo, la verità, ma non era più riuscita a soffocarla.
Lei lo amava. Lo amava da star male, da sfuggirgli per paura che tanto amore potesse consumarla per davvero. Damon era folle, e imprevedibile, e lei lo amava più di quanto avesse mai potuto immaginare, sperare, ammettere, o descrivere in qualche modo. Più di quanto fosse umanamente possibile, più di quanto fosse concesso ad una diciottenne di provincia.
Era entrato nella sua vita, l’aveva sconvolta, e per quanto si scontrassero, si odiassero o si combattessero, non era riuscita a spezzare mai quel filo che li stringeva, quella forza che li attraeva.
Gli strinse un braccio costringendolo a voltarsi.
“No, non voglio che vai via, voglio soltanto un bacio” gli ordinò dolce, prima di lanciarsi verso le sue labbra piene. Sentì che ne rimase stupito, ma con piacere notò che non gli dispiacque affatto, quando la sua lingua scivolò a cercare la propria con entusiasmo e trasporto.
Si lasciarono entrambi ricadere a letto in un bacio che li avrebbe lasciati a corto di fiato che avessero avuto bisogno di respirare.
“Ah … e voglio anche la colazione … a letto se possibile, già che ci sei!” rise appena dell’espressione contrariata che assunse il vampiro a quelle parole.
“Guarda che sono io l’ospite in casa!” le fece notare fingendosi risentito.
“Signor Salvatore lei non è per niente un galantuomo!”
“Signorina Gilbert lei è una donna meravigliosa!” le rispose lui stupendola piacevolmente.
Fu Damon a baciarla questa volta, salendo su di lei, che notò solo allora fossero entrambi completamente nudi.
“Non mi compri con questi trucchetti! Sto aspettando la colaz…” tentò di terminare la frase senza successo quando la bocca del vampiro si incastrò perfettamente sulla sua, senza diritto di replica.
“Ah no? E così invece?”
Scese languido con una calma ed una sensualità estenuanti, ad accarezzarle il collo con le labbra, a torturarlo con teneri baci posati lì alla rinfusa. Un fiato caldo le solleticò la spalla, poi risalì per la carotide, in una lenta carezza di labbra e saliva. Quell’uomo sapeva esattamente cosa fare e come farlo. Si chiese come avesse fatto a resistergli così a lungo. Ma prima di perdere il controllo tentò di non dargliela vinta.
“No mi spiace! Voglio ancora la colazione” gli ripeté questa volta poco convinta, temette che la voce potesse tradirla e tremare più del dovuto.
Lui non rispose, premette il bacino sensualmente contro il suo, incendiando entrambi in quel contatto di pelle nuda. Poi scese ancora a torturarle il seno minuto e completamente nudo.
“Sei prepotente!” gli rinfacciò in un sospiro eccitato, afferrandogli il capo. Un attimo dopo però Damon era sparito, lasciandole soltanto un urlo giù per le scale.
“La colazione sarà pronta in due minuti!”
Insoddisfatta ma divertita scosse lievemente la testa. Quell’uomo era un impertinente presuntuoso.
“Damon?” gridò appena, consapevole che l’avrebbe sentita comunque.
“Dimmi!”
“Vaffanculo!!”
Risero entrambi. Da due stanza diverse poterono ascoltare ognuno la risata dell’altro.
Sarebbe impazzita, lo sapeva per certo. Una storia con Damon era inconcepibile addirittura da pensare, impossibile da prevedere, eppure si alzò e indossò la sua camicia per poterne ancora sentire l’odore delicato fondersi con il proprio.
Rise come non faceva da tempo, e passando allo specchio quasi faticò a riconoscersi. A riconoscere il volto rilassato di una ragazza seminuda, stretta in una camicia di tre taglie più grandi, sorridente e distesa.

POV DAMON

Aprì un cassetto dopo l’altro alla rinfusa, alla ricerca di qualsiasi cosa di commestibile. Perso tra pensieri per la prima volta dopo secoli limpidi e sereni non si sarebbe comunque accorto della probabile presenza di cibo.
Da quella postazione poté notare soltanto il cielo, prima rischiarato da un sole caldo, chiudersi e lasciare spazio ad una folta coltre di nuvole. E sorrise.
Sorrise di tutto,sorrise di nulla. Sorrise di sé stesso coperto soltanto da un paio di boxer neri, sorrise di quell’ insolita mattinata, sorrise della notte precedente, di quella dolce passione che li aveva sorpresi entrambi e condotto lui in paradiso. Un paradiso che aveva i suoi immensi occhi neri, e il calore della sua pelle ambrata, e la tenerezza delle sue carezze.
Aveva condotto la sua anima nera lì dove non aveva mai creduto di poter arrivare. Non più.
E adesso era lì,a sorridere al nulla, fragile e felice.
“Cos’è quel sorriso?”
La sentì accanto a sé e trattenne il respiro al suono ritmico della sua voce. Era incantevole, stretta nella sua camicia e schiarita dalla luce del mattino.
“Quale sorriso?”
“Quello che vedo stampato sulla tua faccia” gli fece la linguaccia indispettita, mentre si apprestava anch’essa alla ricerca di cibo.
“Ti sbagli… non c’è nessun sorriso” obiettò divertito e orgoglioso.
“Invece si! Ti ho visto sorridere!” accompagnò quella parole accusatorie con una tazza di caffè che tese anche a lui.
Sapevano entrambi di essere fin troppo orgogliosi per darla vinta all’altro, tra di loro sarebbe stata un’eterna battaglia. Ma Damon la vide sorseggiare il suo caffè fissandolo seria, e fintamente offesa, così decise che per quel giorno avrebbe potuto fare un’eccezione.
“Sono felice…” le confidò in un bisbiglio, prima di alzare gli occhi e fissarli nei suoi. Indifeso, esposto, non fuggì ancora una volta al suo sguardo.
Il sorriso raggiante della ragazza fu la risposta che aspettava.
“Anch’io”
La vide in imbarazzo, forse ancora titubante, gli si accostò pronta ad annullare l’estenuante distanza che ancora li separava, ad affiancarsi ancora a lui, con naturalezza e spontaneità, come se fossero nati per sfiorarsi, per avvicinarsi.
Prese le mani del vampiro catturandole nelle sue, scrutandolo mentre immobile le permetteva di avvicinarsi a lui, ancora. Poi divertito prese a deriderla.
“Gilbert, voglio il fitto per la camicia!”
Elena sgranò gli occhi mostrandosi incredula.
“Io voglio il fitto per il letto allora” rimandò allegra.
“Conosco un milione di modi per ripagarti…” ipotizzò ironico e sensuale in un bisbiglio, imprigionandola poi in un abbraccio.
“Comincia dalla colazione”
Fu Damon questa volta a riservarle uno sguardo contrariato.
“Io mi offro a te con cotanta grazia e bellezza, e tu mi rifili la colazione?” alzò un sopracciglio seccato.
La vide ridere di gusto, come solo con lui si concedeva. E il solo riuscire a donarle un sorriso gli bastò.
“La modestia non è il tuo forte”
“Ho tante altre qualità se ti può interessare” le suggerì malizioso scendendo ad accarezzarle le cosce sode scoperte, sfiorate soltanto dal bordo della lunga camicia. La sentì trasalire appena mentre le sue lunghe dita le percorrevano gentili la pelle dorata.
“Questo non lo metto in dubbio” affermò sorridente lambendogli appena le labbra. Confuse il fiato con il suo mentre rabbrividirono entrambi, seminudi e già accaldati. Poi Damon le si allontanò appena.
“Cosa vuoi fare oggi?” le domandò premuroso.
“Andare a vestirmi innanzitutto prima che torni Jeremy… poi potremmo uscire, non so… dovrei andare a scuola” ricordò ad entrambi.
Il vampiro scosse la testa
“Intendi lasciarmi solo per ben cinque ore?? Non se ne parla!” concluse risoluto.
“E qual’erano i tuoi progetti, sentiamo?” la vampira incrociò le braccia al petto, interessata.
“Strapparti questi vestiti di dosso innanzitutto, e approfittarne prima che arrivi Jeremy… poi non so… colazione fuori!” suggerì convinto imitando il suo precedente discorso.
“Sei un prepotente lo sai?”
“Un’altra delle mie qualità nascoste…” rimandò divertito.
“Non oso immaginarne il resto allora” si finse preoccupata allontanandosi a malapena da lui, ma non fece in tempo a voltarsi che era di nuovo tra le sue braccia, questa volta lontana da terra.
Le aveva afferrato le cosce costringendola a tenere salda la presa al suo collo.
“Damon che stai facendo?”
“Tengo fede al piano!” spiegò ovvio conducendola fuori dalla cucina, fino al modesto salottino.
La ragazza lo lasciò fare, ormai arresa continuava soltanto a tenersi stretta a lui, incapace di reprimere una sincera risata.
Come una normale ragazza della sua età, come sempre avrebbe dovuto fare. Come se la vita non le avesse mostrato la parte peggiore di sé strappandole tutto.
E Damon aveva quel potere, il potere di portarla indietro permettendola di ridere, e vivere come se il destino non fosse stato avverso abbastanza da toglierle il sorriso.
Il vampiro la adagiò sul piccolo divanetto permettendole di sprofondarci delicatamente, per poi chinarsi su di lei per regalarle uno splendido sorriso.
Lei non oppose resistenza, si lasciò semplicemente cullare da quel mare di baci che Damon prese a donarle sul mento, risalendo sul naso, fino alla fronte, per poi riscendere. E quando era pronta ad occhi chiusi ad accogliere le sue labbra, non lo sentì accontentarla.
Dischiuse leggermente le palpebre trovandolo a pochi centimetri dal viso. Lo fissò contrariata ed incuriosita.
“Sei ancora in tempo per seguire il tuo piano” la informò canzonatorio beccandosi un pugno in pieno petto.
“Sei anche dispettoso!” lo rimproverò accigliata.
“Ti sto soltanto dando una chance!”
La vampira lo scrutò pensierosa “Mmm… penso che il tuo piano vada bene!” optò alla fine, maliziosa.
Una risata sommessa fuoriuscì dalle labbra del ragazzo.
“Ne ero certo!”
“Presuntuoso!” lo incolpò sorridente fiondandosi sulle sue labbra. I fiati si confusero ancora, mentre le labbra di intrecciarono e si schiusero finché le lingue furono in grado di volteggiare insieme, di assaggiarsi, di incontrarsi a mezz’aria.
Presero fuoco entrambi stringendosi l’uno all’altra, intraprendenti, e selvaggi, istintivi, lasciarono che fossero i loro corpi a guidarli cercandosi ancora.
Ma fu un rumore estraneo ai loro respiri ritmici e alterati a squietarli destandoli da quella bolla di piacere incontrollato in cui stavano per sprofondare.
Un rumore di chiavi, poi lo scatto di una serratura, e due voci maschili. Non ebbero il tempo di realizzare e scappare che due figure comparvero sulla porta d’ingresso: Jeremy, e Stefan.
Fu un solo attimo, lo sguardo del fratello dapprima sbigottito, poi vuoto; poi il tempo riprese a scorrere, sorprendendoli ancora avvinghiati e accaldati, immobili e pietrificati.
“Elena! Ti abbiamo cercata tutta la notte!” la informò imbarazzato Jeremy distogliendo lo sguardo, mentre Damon le si allontanava permettendole di rialzarsi.
Gli occhi di Stefan continuavano a spostarsi rapidamente su entrambi.
Veleno, e fiamme, fu tutto ciò che Damon riuscì a captare dentro le sue iridi verdi.
“Pensavo fossi andato via” gli raccontò atono il fratello,  freddo come il ghiaccio, mentre i suoi occhi avevano smesso di scrutare lui spostandosi invece su Elena. Seminuda e colpevole. Almeno quanto lui.
“Infatti volevo… poi mi sono trattenuto”
“Lo vedo” rinviò il minore inviperito,  ma con un tono tanto inespressivo e imperturbabile da spaventarlo.
E il senso di colpa gli attanagliò la bocca dello stomaco, e poté ricordare il dolore folle e totalizzante provato tutte quelle volte che l’aveva sentita amare lui, l’atro fratello, nella solitudine della sua stanza.
Tutte le volte che li aveva sorpresi vicini, complici, innamorati, e lui così inadeguato aveva nascosto tutto sotto falsi sorrisi e battute fuori luogo.
Sapeva cosa si potesse provare, conosceva il male che tutto ciò poteva fare, quanto quel dolore riuscisse a squarciare dentro, quanto bruciasse nel petto, quanto potesse far impazzire.
Questa volta era lui dall’altra parte, e Stefan lo sapeva già da un po’, da prima che riuscisse a capirlo lui stesso, da prima che Elena riuscisse ad accettarlo.
Sapeva però di non dovergli passare quel fardello… o almeno, non avrebbe dovuto. Nessuno avrebbe mai dovuto provare quel dolore.
“Stefan – Elena, come destata da un lungo sonno, prese parola – io… parliamone!”  pregò il fratello di restare, poi si voltò verso di lui, che vi lesse negli occhi un fiume di lacrime, e in fondo ancora quella decisione che lo aveva stupito e quasi stordito la notte precedente.
Ma non riuscì a captare altro.
“Damon… ti prego!” sapeva già cosa intendesse comunicargli in quella stanca preghiera, e non oppose resistenza. Non in quell’istante.
Glielo doveva, lo doveva ad entrambi, pensò mentre si rivestiva in religioso silenzio e lasciava la casa.
Un tuono squarciò il cappello di nuvole stazionato sopra la città, e subito dopo un fruscio di acqua gelida si catapultò dal cielo, violenta, e limpida.
 Lui la accolse senza fiatare, continuando a girovagare per ore, senza meta, fradicio fin dentro le ossa, si lasciò cullare da quell’unica compagnia che quella mattina il cielo gli aveva concesso.
In un solo giorno aveva incontrato il paradiso e abbracciato l’inferno. Aveva tradito suo fratello, ancora una volta.

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Capitolo 17
*** CAPITOLO16 ***



POV ELENA

Una tempesta improvvisa e inattesa si abbatté sulla piccola cittadina, graffiando i vetri delle finestre, schiantandosi sull’asfalto e sulla modesta villetta di casa Gilbert. Quasi avesse seguito il suo stato d’animo, che luminoso e solare aveva incontrato le tenebre non appena gli occhi di Stefan si furono posati in quella stanza, e avevano visto a chiare lettere la colpa di cui si era macchiata, il peccato che l’aveva condannata.
Ci aveva provato, aveva tentato con tutte sé stessa ad amarlo, a continuare a considerarlo il centro del suo universo, ma era stato tutto inutile.
Si erano respinti. Lo aveva respinto, attratta da una forza opposta, che crescendo aveva preso il sopravvento. Il suo amore per Damon.
Per il fratello sbagliato che l’aveva ferita in mille modi, ma al contempo aveva continuato a salvarla, a sorreggerla e ad amarla in segreto, senza chieder nulla in cambio.
E lei lo amava, suo malgrado gli era entrato nella pelle, nelle ossa e nel sangue, come se fossero ormai una sola materia, il medesimo corpo. E non era più in grado di sopravvivere se non ci fosse stato lui ad insegnarglielo.
Lo avrebbe  amato in eterno il suo dolce Stefan se solo le fosse stata  data la possibilità di scegliere. Perché la storia non si ripetesse, perché nulla potesse ancora dividerli. Ma non ci era riuscita, non aveva potuto più evitarlo, zittire quella voce impertinente che come una cantilena le ripeteva che non era più lui l’uomo con il quale avrebbe trascorso l’eternità.
Adesso erano lì, l’uno di fronte all’altra, vicini seppure distanti interi universi.
E il tortura, e il martirio che lesse negli occhi del vampiro le sembrò di poterlo sfiorare, e afferrare se questo fosse servito ad alleviare quell’ombra nei suoi occhi.
“Non abbiamo nulla da dirci Elena… hai fatto la tua scelta, la rispetterò”
Commentò Stefan pericolosamente calmo, rompendo l’assordante silenzio calato sulle loro teste.
“Non saresti qui se non avessi nulla da dirmi” tentò lei. Voleva soltanto oltrepassare quella maschera che rendeva il suo viso teso come una maschera di cera, per poter sbirciare all’interno, e capire cosa tentava di nascondere, di celare al mondo intero.
“Cos’altro vuoi da me si può sapere?”
“Voglio sentirti dire che mi odi, se questo può farti stare meglio. Voglio sentirti dire qualsiasi cosa che non sia quest’assordante nulla! Apriti, sfogati, non nasconderti da me. Ti prego”
Il vampiro rise, e ciò che risuonò fu una cinica risata, asciutta e piatta.
“Indossi ancora la sua camicia … e il suo stramaledettissimo odore mi  arriva alla testa! Ti guardo e ti rivedo stesa su quel divano … Dio Elena!!”
La rabbia venne fuori in un pugno violento diretto al muro. Sputò furibondo finché le finestre sembrarono tremare dall’altezza del suo tono, dal dolore cieco che quelle poche urla dispersero nella stanza.
Gli occhi disperati di Elena cedettero al pianto non appena le grida di Stefan trapassarono la camera arrivandole alle orecchie, e tremante tentò di avvicinarsi a lui che glielo impedì allungando un braccio come ad intimarle di stare lontana. Obbedì docile.
“Tu lo sapevi Stefan! Lo sapevi prima di me, sei stato tu ad incitarmi a scavare a fondo, a spingermi a farlo!” gli rinfacciò disperata, con voce rotta e scossa, devastata dal pianto.
“Non ti ho spinto io ad amarlo!” l’accusò adirato, puntandole un dito contro, minaccioso. Ma non le si avvicinò, non tentò nemmeno. Infondo sapeva che non le avrebbe mai fatto del male, nonostante lo avesse appena annientato.
“Sei stato tu a lasciarmi qui da sola, con lui! Sei andato via con Klaus per mesi, sei stato crudele, mi hai allontanata! Io non avrei mai voluto innamorarmene Stefan!”
Le urla di entrambi continuarono a sovrapporsi e scontrarsi senza sosta, poi vide lui sorridere ancora, ironico e arreso, tremendamente e paurosamente calmo.
“Non tentare di dare la colpa a me Elena… lo amavi già da prima. Solo che era più semplice per tutti ignorarlo”
Quelle poche parole si impressero su di lei come marchiate a fuoco, il tono stanco, e sconfortato, crudo con cui le disse la straziarono. Avrebbe voluto gridare che non era vero, che non lo era mai stato e che mai lo sarebbe stato, ma in fondo non sapeva neanche lei quale fosse la verità. Forse davvero lo aveva sempre amato, o forse no. Forse era colpa di Stefan che era andato via, o forse sarebbe accaduto anche se non lo avesse fatto. Non lo avrebbe mai saputo.
“Non puoi impedirmi di odiarvi… che lo sapessi già è irrilevante”  sembrò quietarsi qualche istante, ciò le diede il tempo  di tentare una qualche obiezione.
“Ma…”
“No, Elena, non c’è nessun ma. Io ti amo, e tu ami lui. Lui ama te e io non posso impedirlo. Non c’è altro da dire”
Nei suoi occhi una fitta nebbia di dolore e rassegnazione, un groviglio di emozioni, di colpe e di rimpianti, un accenno di lacrime. Sbigottita e ansante faticò a rispondere.
“E’ tuo fratello, non potrai mai odiarlo anche se volessi. Non l’hai odiato mai in questi anni, e non riuscirai a farlo adesso” lo avvertì cauta, e stanca.
Il volto del vampiro già rigido e scuro sembrò se possibile assumere un’espressione stravolta,  mentre allungava le distanza avvicinandosi al portone di ingresso.
“Non potrò mai odiare nessuno di voi due. Ho soltanto bisogno di restare solo” la informò fermo senza guardarla negli occhi per un solo attimo. Celò la sua anima così che lei non potesse leggervi nulla, e comprendere davvero quanto male gli avesse fatto. Gliene fu grata. Ancora una volta, senza volerlo, la stava preservando da ulteriore dolore.
E senza che tentasse di fermarle una scia di lacrime continuò a solcarle le guance segnate cadendo nel vuoto, già dimenticate.
Lo vide aprire la porta, e tentennare, forse nell’attesa di una sua qualche parola. Ma non riuscì a formulare alcun pensiero. Non fu in grado di dirgli nulla, nessuna parola al mondo sarebbe servita ad alleviare la profonda ferita che quel tradimento gli aveva inferto. Era accaduto ancora, la storia si era ripetuta, senza che fosse riuscita ad impedirlo.
Stefan in un soffio era già scomparso dalla sua vista, e lei come impietrita non glielo aveva impedito. Ciò che restava di lui era una porta aperta sul mondo, sul cielo scuro, sulla cascata di pioggia, e un soffio di vento che le arrivò fino al viso asciugandole le guance e gli occhi, tormentandole i lunghi capelli.
Soltanto Jeremy che fece capolino dalle scale osservandola imbarazzato e comprensivo la destò da quello stato.
“Non c’è altro che tu possa fare per lui. L’hai lasciato libero, avresti dovuto farlo tempo fa” la sua voce rassicurante le strappò un sorriso sincero, ma fin troppo poco convinto. Lo sentì avvicinarsi piano, pur senza vederlo percepì la sua presenza sempre più prossima. Uno dei tanti doni di quell’immortalità non voluta, si disse.
E non oppose resistenza, si lasciò scaldare da un forte e tenero abbraccio fraterno, stringendosi al suo petto. Donandosi completamente a quelle braccia. Lì ritrovò la comprensione di una famiglia. Tra le braccia di tutto ciò che le restava della sua vecchia vita.
 
POV DAMON

Non avrebbe saputo più dove andare, quale spazio potesse ancora definire casa. Era tornato a Mistic Falls intenzionato a ritrovare e forse distruggere la sua terra, le sue radici, ma anche e soprattutto determinato a riabbracciare la sua amata Katherine. La donna che aveva creduto potesse essere il suo unico vero e grande amore. E ora?
Ora tutto ciò che riuscì a definire casa erano le esili braccia della dolce umana che il destino per qualche assurda e contorta ragione gli aveva permesso di incontrare, proprio lì, su quella strada che ora, a riparo sotto una fitta boscaglia, si ritrovò a fissare impietrito.
Si era preso gioco di loro quel malefico destino. Di lui, e di suo fratello. Uniti e separati dall’amore per una donna. Per due donne, sotto le medesime spoglie. E come in un cerchio immaginario, dopo centoquarantacinque anni o giù di lì, erano ancora nella medesima situazione.
Si chiese se fossero destinati a combattersi in eterno, o se un giorno tutto quel dolore sarebbe finito senza lasciare tracce, e avrebbero potuto riabbracciarsi e spalleggiarsi come quando, poco più che ragazzini, girovagavano per la tenuta, complici e uniti, sani, puri.
“Sapevo di trovarti qui” la voce calma di Elena, ovattata dal fruscio della pioggia scrosciante, gli sembrò provenire lontana di galassie. Si voltò ad esaminarla senza dir nulla. Era in piedi, al suo fianco, bagnata fradicia, come lui del resto.
I lunghi capelli castani incollati al viso, il giubottino grondante d’acqua aderente come una seconda pelle.
Alle sue spalle il bosco, animato dal vento, trasportato da un brusio incessante, scosso da una pioggia invadente e torrenziale. E nonostante tutto le sembrò bella più di quanto lo fosse mai stata.
La sua unica colpa era quella di amarla più del sangue,e della vita, oltre la rabbia e la vendetta. Era perso quando lei non gli era accanto. Gli sembrò quasi di poter riprendere a respirare ora che gli era tanto vicina da poterla sfiorare.
Fu come vincere la morte sapere che nonostante tutto, nonostante Stefan, lei era lì, lì per lui, lì con lui.
Con un cenno del capo la invitò a sedersi al suo fianco tra il fogliame umido e le radici secche e taglienti degli arbusti, riparati dalla cascata di foglie su di loro.
Non seppe cosa dire, da dove cominciare, ma per fortuna fu lei a farlo al suo posto.
“Sei fradicio, vuoi tornare a casa?”
“E’ qui che è cominciato tutto … ci torno spesso da allora. Mi fa sentire vivo”
La vampira sorrise sincera, e quel debole suono sembrò disperdersi nel vento.
“Questo posto in un modo o nell’altro ci ha salvati entrambi”
Rimembrò con chiaro riferimento alla notte precedente, e lui allungò di tutta risposta una mano afferrando dolcemente la sua per portarla alle labbra e lasciarvi un bacio.
“Non sono sempre stato così, sai? Ero un ragazzo dolce, e ingenuo, forse fin troppo – prese una pausa come a voler trovare le parole giuste – amavo la vita di campagna, le lunghe passeggiate solitarie nei campi, scrivevo molto, leggevo anche troppo, non mi interessavo degli affari di famiglia. Stefan no, lui era pratico, e con la testa sulle spalle, era un ragazzo maturo, e mio padre lo adorava. Quando arrivò Katherine alla tenuta me ne innamorai all’istante. Era diversa da chiunque avessi incontrato fino a quel giorno, era maliziosa, e gioiosa,era spensierata, e aveva l’aria di chi ha una lunga storia alle spalle e tanto da raccontare. Mi affascinò fin da subito. Credevo mi avrebbe aiutato a trovare la mia strada, pensavo potesse aprirmi una porta sul mondo… non immaginavo che mi avrebbe spalancato invece una porta per l’inferno”
Si aprì a lei, si mostrò nella sua interezza come non aveva mai fatto prima. Le donò la sua anima, facendole spazio tra i ricordi più intimi e sofferti, senza chiedersi perché.
E la sentì legare le loro mani con forza, e osservarlo silenziosa, ma non le diede il tempo di rispondergli nulla.
“Non avrei mai voluto completare la trasformazione,ero più che deciso a lasciarmi morire. Se ora sono qui lo devo a Stefan, anche se l’ho odiato per questo. Mi ha dato una seconda occasione, se non l’avesse fatto non avrei mai incontrato te. Forse molte persone non sarebbero morte, ma non chiedo perdono per questo. Non c’è riscatto che io possa meritare per tutto il male che ho commesso. L’eternità non è un dono Elena, è una condanna. Non avrei mai voluto che ti accadesse questo, avresti meritato una lunga e felice vita mortale”
Le raccontò, onesto come forse non lo era mai stato. Mai aveva permesso ad altri di avvicinarsi tanto a lui da poterlo toccare davvero, da poter toccare le sue paure, e i rimpianti più profondi del suo essere.
La pioggia continuò a cadere ricordando che il mondo non si sarebbe fermato per loro, per congelarli in quel momento di totale connessione.
“L’avremmo meritata tutti… Damon ascoltami – lo richiamò a sé lasciando la sua mano per potersi posizionare dinanzi a lui, poi gli afferrò il capo con dolcezza, esaminando attenta le piccole gocce d’acqua gelida che dai capelli scesero a rigargli la fronte, per imperlargli i profondi occhi blu – non sei più solo Damon! Siamo in due adesso! Io sono con te, lo sono sempre stata. Ho creduto in te quando il mondo intero mi intimava di non farlo, ti ho perdonato quando tutti mi dicevano che sarebbe stato un errore. Damon, ciò che ci lega non è una semplice amicizia, non lo è mai stata! Ti amo, ti amo e ho paura, ma non voglio più fuggire!”
Per un solo brevissimo fugace istante gli sembrò che il temporale si fosse arrestato, che gli avesse dato tregua, permettendogli di godere di quell’attimo perfetto che aspettava da tutta la vita. Lei era lì, tremante e risoluta, aveva tra le mani il suo viso e il suo stesso cuore. Aveva tra le mani la sua intera vita e la sua unica possibilità di salvezza. E gli stava concedendo un’occasione. Una sola occasione.
Nei suoi occhi neri  e fermi ritrovò una parte di sé, del ragazzo che era stato, della gentilezza, e della timidezza di un poco più che adolescente che guardava il mondo con occhi sognanti come se nulla mai potesse fargli del male.
Fu come se fosse destinato a vivere quel momento da sempre, il momento in cui la donna più bella, e gentile, dolce e compassionevole che avesse mai incontrato gli avrebbe concesso il perdono, la salvezza, e l’amore.
“Ho paura anch’io” le sussurrò a malapena con voce appena rotta.
Sotto un temporale, grondante di pioggia, non fu mai così fragile ed esposto. Ebbe paura per se stesso, terrore che qualcosa potesse andare storto, e temette che in quel caso si sarebbe perso per davvero. Osservò ogni dettaglio di quel dolce viso, ammirò ogni singola goccia che le sfiorava la pelle, un una scia che le rigava l’intero viso. La amò in quell’istante più di quanto avesse mai amato persino sé stesso.
Era eterna Elena, eterna con lui. Non lo avrebbe mai abbandonato.
Dopo un tempo che parve infinito le labbra si congiunsero ancora, bagnate di pioggia e forse di lacrime celate. E persino quel bacio gli parve perfetto, mentre la stringeva a sé come se dovesse perderla in quell’istante.
Avrebbe potuto stringerla in eterno, mentre le lingue si ritrovarono e si sfiorarono ancora, delicate e adoranti, perse in una corsa senza fine.
Poi la vide staccarsi appena per permettere agli occhi di trovarsi, di ristabilire quella connessione che mai avevano perso.
“Diamoci un possibilità Damon”
Un sorriso si dipinse sul suo volto stanco, illuminandogli lo sguardo di ghiaccio.
“Anche due!” scherzò lasciandosi accarezzare delicatamente il volto. Socchiuse gli occhi al tocco leggero delle sue mani, di quelle mani che mai avrebbe creduto potessero rivolgersi a lui con tanta dolcezza.
“Come sta Stefan?” osò poi.
Suo fratello… il suo unico appiglio in quell’interminabile immortalità, lo aveva odiato e perseguitato, eppure non avevano mai smesso di cercarsi e salvarsi. Dopo secoli nemmeno Katherine era riuscita a dividerli davvero. In fondo erano una famiglia, lo erano da sempre e lo sarebbero stati per sempre.
Vide Elena rabbuiarsi appena, ed ebbe nuovamente paura.
“Siete fratelli. Vi amate più di quanto possiate ammettere”
Sapeva che in quel modo non aveva risposto alla sua domanda, eppure sentiva che quelle parole erano vere, lo erano per lui, ed era certo lo fossero anche per Stefan.
Lui ed Elena erano le persone che aveva amato di più nel corso di quella lunga immortalità, e si era fatto da parte prima ancora che fossero loro a realizzare cosa provassero.
Ebbe la certezza assoluta che avrebbero superato anche quello. Infondo a disposizione avevano l’infinito, e lui era pronto ad aspettare il suo perdono anche oltre se fosse stato necessario.
Prese la ragazza per mano invitandola ad alzarsi con lui.
“Andiamo a casa? Abbiamo un programma da rispettare se ricordo bene…” le ricordò gentile e vagamente malizioso.
“Damon! – lei lo rimproverò, poi però addolcì il tono offrendogli le labbra – ti amo”
“Anch’io” sussurrò deciso, accogliendo la sua offerta.
Li dove tutto era cominciato, su quella stessa strada, si strinsero forte consapevoli di appartenersi per davvero questa volta, senza ostacoli, senza ripensamenti o titubanze. Al resto ci avrebbero pensato il giorno successivo.

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Capitolo 18
*** CAPITOLO17 ***



5MESI DOPO

POV ELENA

“Mamma! Mamma! Cos’è l’amore?”
Una giovane donna dai folti capelli scuri ed un’aria serena e sorridente si accovacciò sul prato di una scuola elementare per poter riabbracciare la sua piccola bambina che trafilata e spedita le corse incontro in cerca di una risposta.
Ci pensò su qualche istante mentre carezzava affettuosamente le guance paffute della bimbetta.
“Elena, perché questa domanda?” le domandò amorevole.
“Oggi Matt ha detto che mi ama ma io non so cosa significa!”
Le spiegò convinta agitando le piccole manine piene, poi scrollò le spalle continuando ad osservarla pensosa, in cerca del suo sguardo rassicurante.
“Beh piccola... l’amore è… sentirsi a casa. Stringere qualcuno e sentire che non c’è altro posto al mondo in cui vorresti essere”
La piccola schiuse le labbra in un’espressione di sorpresa, poi i suoi profondi occhi scuri brillarono di una nuova luce.
“Come quando io abbraccio te o il papà?” chiese spontanea, di un’ingenuità pura e totale, tipica di una giovane donna di soli sei anni.
Miranda rise genuinamente divertita, poi allungò una mano ad incontrare quella della bambina, per rialzarsi e incamminarsi insieme verso casa.
“Beh più o meno”
Sentì Elena sussultare ancora, poi rivolgersi a lei poco convinta.
“Mamma e come faccio a riconoscerlo?”
“Quando sarai grande e lo incontrerai vedrai che lo capirai. Forse all’inizio nemmeno ti piacerà… sai a volte fuggiamo da chi amiamo di più” le spiegò comprensiva e paziente, e la bambina tornò a casa soddisfatta, con la sensazione di aver appena scoperto qualcosa di molto importante.
 
“Gilbert sveglia!”
Un bisbiglio appena udibile, a malapena sussurrato in modo deliziosamente affettuoso, la riportò suo malgrado al presente. In quello stato di totale dormiveglia riconobbe immediatamente il calore del letto che orami la ospitava da mesi, e la morbidezza delle gentili lenzuola profumate che avvolgevano come ogni notte il suo corpo snello.
Non riaprì gli occhi, rapita dallo stato di beatitudine in cui ancora versava, sorrise soltanto comunicandogli di essere sveglia. Si lasciò carezzare per interminabili minuti dalla sua mano premurosa che continuava a solleticarle lentamente la guancia e i capelli setosi, portandoglieli dietro l’orecchio.
Sentiva la sua presenza al suo fianco come ogni mattina, il suo amore deciso inebriarla, il peso del suo corpo affondato nel materasso, mentre senza fiatare continuava a sfiorarla delicatamente.
Come ad ogni risveglio, da cinque mesi a quella parte. Non avrebbe più potuto viverne senza per il resto dell’eternità, constatò aprendo gli occhi. E ciò che vide le mozzò il respiro.
I suoi occhi di un’indefinibile blu a qualche spanna dal viso, riflettevano come zaffiri la luce di un sole già alto e caldo nel cielo limpido di prima estate. Un sorrisino ricurvo disegnato sulle labbra. Di una bellezza che avrebbe impallidito al suo cospetto anche la più famosa delle opere d’arte, che avrebbe potuto facilmente mettere in ombra anche quella splendida giornata di sole.
“Era ora! Dormigliona! – la rimproverò ironico – siamo già in ritardo! Sbrigati io ti aspetto giù” l’avvisò frettoloso alzandosi dal letto. Solo allora si accorse che fosse già vestito e pronto per uscire.
“Sul serio Damon? Mancano quattro ore!” gli ricordò divertita seguendolo fuori dal letto, per raggiungerlo e donargli un bacio a fior di labbra.
“Jeremy è già stato qui, stanno tutti aspettando te!”
“Da quanto sei sveglio?” gli domandò a quel punto incuriosita.
“Non riuscivo a dormire!” si difese lui.
Elena rise, incredula ed anche piacevolmente colpita, notando l’adorabile tocco d’ansia nella sua voce.
“Ehi! Sono io la diplomanda, non tu! Cos’è quest’ansia?”
“Mi piace la consegna dei diplomi – le chiarì ovvio – tanti sorrisi, belle parole – prese una breve pausa – tutte quelle belle ragazze…” fu lui a ridere questa volta, quando vide il suo volto incupirsi al tono derisorio e malizioso con cui le si rivolse per riferirsi a tutte le giovani diplomande che avrebbero incontrato.
“Damon ti ficco un paletto nel cuore!” lo avvertì con accennata asprezza nella voce. Dire che la sua fosse soltanto gelosia era un eufemismo. Era tremendamente e pericolosamente gelosa, e lui lo sapeva bene.
“Sei un’adorabile vampira gelosa!” la schernì avvicinandosi a lei fino a poterle posare un bacio casto tra i capelli. Ciò che ottenne in risposta fu però soltanto un’occhiataccia e un pugno in pieno petto.
“Dimenticavo… sei un’adorabile vampira gelosa e violenta!” precisò arricciando il nasco nel mal tentativo di imitare le sua espressione corrucciata.
“Crepa!”
“Già fatto”
“Ti odio” insistette paonazza di rabbia. Incredibile come Damon riuscisse ad avere sempre l’ultima parola! Incredibile, irritante, ma tremendamente sexy.
“Stanotte non la pensavi allo stesso modo…”  si finse pensieroso battendo ritmicamente un dito sul mento come in una parodia di chi tenta di ricordare qualcosa.
Elena scattò verso il letto in un soffio e afferrando un cuscino lo scagliò nel vano tentativo di colpirlo. Tutto inutile, era già sparito in corridoio.
Ma prima che potesse voltarsi arresa, ricomparve sulla soglia della  porta.
“Ti amo” le ricordò sorridente volatilizzandosi un attimo dopo. Era già al piano di sotto, dove lo sentì ridere.
Scosse la testa intenerita e divertita da quei battibecchi quotidiani che ormai da mesi coloravano le sue giornate. Avrebbe potuto elencare un’infinita lista delle qualità di quell’uomo, ma la verità era che non c’era qualcosa che amasse in lui più di altre. Avrebbe potuto elencare un’altrettanto infinita lista dei difetti, ma anche in quel caso non avrebbe saputo spiegare cosa in lui non andasse, o amasse di meno. Lo amava nella sua interezza, amava tutto di lui, dal pregio più nascosto al difetto più evidente. Amava il modo in cui aveva trasformato la sua vita con la sua sola costante presenza; il modo in cui l’aveva sorretta e rialzata in quei lunghi mesi difficili, amandola come se fosse la sua unica fonte di vita, il suo unico respiro.
Amava il modo petulante con cui la convinceva a fare ciò che voleva lui, o il modo in cui sviava un discorso quando non gli andava di affrontarlo. Amava il modo in cui la sorprendeva nel cuore della notte o nel pieno delle lezioni con qualche gesto inatteso come uno spuntino notturno, o un mazzo dei suoi fiori preferiti.
Amava il fatto che cucinasse per lei o che si lasciasse convincere a vedere un film quando proprio non gli andava, amava il fatto che facesse scegliere a lei il libro che le avrebbe letto dalla sua gelosissima libreria personale. Amava il modo in cui quando facevano l’amore la guardava e la sfiorava, amava il fatto che riuscisse a farsi prendere dalla passione trasportando anche lei in quel mondo del tutto nuovo, privo di regole, o freni.
In quei mesi aveva incontrato e conosciuto un Damon inedito, un nuovo universo tutto da scoprire. E se possibile lo amava adesso più di prima.
E quel giorno aveva bisogno di lui più che mai.
Si vestì in tutta fretta, poi seguì il trucco, si aggiustò i capelli, in fine si guardò allo specchio.
Il giorno del diploma. Il giorno in cui tutto sarebbe finito, il giorno del confronto, la fine di un percorso. Il giorno che da sempre aveva immaginato avrebbe condiviso con sua madre, con suo padre, con sua zia. Con tutta la sua famiglia. Il giorno in cui sarebbe diventata una donna, una donna per davvero. E adesso? Adesso non c’era una famiglia con la quale condividere quel traguardo, non aveva nessuno che avrebbe pianto per lei, che l’avrebbe guardata con amore, ed orgoglio, e speranza. Quel giorno si sarebbe affacciata alla vita, e non aveva una famiglia che l’avrebbe fatto con lei. Una madre che le avrebbe stretto la mano suggerendole che tutto sarebbe andato bene, che sarebbe stata fiera di lei vedendola salire su quel palco, che non avrebbe mai lasciato il suo sguardo confuso e spaurito.
Ripensò a sua madre, il suo sorriso, il conforto e il coraggio che da sempre le aveva donato, e si augurò che nonostante tutto potesse ancora guardarla con occhi fieri. Un lampo di tristezza, e di malinconia le percorse lo sguardo, e l’immagine che vide riflessa fu quella di una giovane donna che sarebbe rimasta per sempre così, un’eterna adolescente, da troppo tempo senza una famiglia.
“ Hai ancora Jeremy, Elena. Non sei sola”
La voce comprensiva di Damon alle sue spalle la destò da quel tormento che le aveva ombrato gli occhi, e alzando lo sguardo verso lo specchio la sua figura slanciata e aggraziata le apparve alle spalle mentre le sfiorava delicato un braccio, e le sorrideva con una delicatezza infinita che riusciva a rivolgere soltanto a lei.
Le aveva letto l’anima, i pensieri più profondi e scuri che le attanagliavano la mente, e tutto ciò non poté che scaldarle il cuore mentre qualche piccola lacrima dispettosa fece capolino dagli occhi inumidendole le guance.
“Come fai a capire senza che io parli?” gli chiese affascinata, e pazza di lui più che mai.
Il vampiro le si avvicinò ancora facendo scivolare le braccia intorno alla sua vita, poi le poggiò la testa sulla spalla mentre si osservavano a vicenda attraverso lo specchio, stretti l’uno all’altro.
“Perché capita a tutti… è capitato anche a me sai? Sentire la mancanza delle persone che amavo in vita. Leggo un’ombra nei tuoi occhi, che ricompare ogni volta che pensi a loro. Semplicemente ti osservo, e ti capisco” si strinse a lei fino a strofinare la sua guancia con la propria, e la vampira si lasciò cullare da quel gesto intimo e involontario. Poi sorrise, mentre lui le asciugò con un bacio anche l’ultima lacrima solitaria.
“Grazie Damon”
“Per cosa?”
“Per riuscire a farmi sentire a casa” gli sorrise vulnerabile, e sinceramente rasserenata.  
Lo vide ricambiare sincero, poi lo sentì abbandonarla un solo istante, e un senso di distacco la pervase senza che riuscisse a scacciarlo, prima di vederlo ricomparire e tornare a sentirsi al sicuro.
Le stava porgendo uno scatolino nero, di poco spessore ed anche piuttosto leggero, constatò non appena lo prese dalle sue mani per scartarlo. Prima ancora di farlo lo guardò riconoscente.
“Non dovevi Damon”
“Si invece – le confermò senza diritto di replica – su forza aprilo!”
Obbedì curiosa non avendo la minima idea di cosa potesse essere. Conoscendo Damon non avrebbe mai potuto indovinare cosa fosse, era capace di sorprenderla anche quando era convinta che avesse capito i suoi piani. Ed infatti… fissò per un attimo stranita i due fogli di carta al suo interno, senza capirne la provenienza. Poi mise a fuoco, erano due biglietti… due biglietti aerei, con data il giorno successivo, destinazione Roma. Rimase di stucco non appena capì di cosa si trattasse, e alzò gli occhi verso di lui in cerca di conferma. La stava osservando sicuro di sé, con un sorrisino impertinente sulle labbra.
“Una persona mi disse che le sarebbe piaciuto vedere Roma... ho pensato di approfittarne visto l’estate alle porte” le chiarì in tono  leggero con una finta espressione di sufficienza sul volto.
Era riuscito a spiazzarla anche questa volta, aveva ricordato quando qualche tempo prima gli aveva chiesto di portarla a Roma, constatò sbigottita fissandolo con occhi sgranati ed espressione sognante e ancora confusa.
“Io ricordo tutto… ogni istante trascorso insieme. Non avrei potuto dimenticarmene mai – precisò amorevole con un sorriso stampato sul viso – ti sorprenderà la bellezza dell’Italia. Di lì possiamo spostarci in Francia, o in Inghilterra. Dipende da te, andremo ovunque vorrai. Le montagne Scozzesi e i castelli a ridosso sul mare sono spettacolari, visti con il sole al tramonto. L’Irlanda è immensa e piena di odori. La musica Irlandese è coinvolgente e avevo un amico che la ballava benissimo, ho imparato qualche passo. Potremo mischiarci alla folla e ballare ubriachi fino al mattino. Il mondo è immenso Elena, ci sono posti meravigliosi che meriti di vedere. Partenza domani, ritorno quando vorrai. Mancano 3 mesi per l’inizio del college. Vieni via con me”
Le suggerì stringendole le mani in cerca del suo consenso. Rimase a fissarlo per un tempo imprecisabile, pensò mentre notava il suo viso chiederle sempre più insistentemente una risposta. Avrebbe dovuto preparare i bagagli, salutare gli amici, partire così… allo sbaraglio con soltanto due biglietti sola andata. Era una follia, eppure per una volta nella vita non le parve fosse impossibile. Aveva solo diciotto anni, e aveva passato gran parte della vita in quel piccolo paese, gli ultimi due anni erano trascorsi tentando di sopravvivere ed arrivare al giorno successivo. Un’avventura del genere era forse ciò che ci voleva, pensò dandosi della matta. Della matta felice.
Le labbra le si aprirono in uno splendido sorriso inatteso, quanto liberatorio per entrambi. E Damon capì.
 
POV DAMON

La cerimonia del diploma era trascorsa serenamente tra  sorrisi, pianti, e discorsi. Poi quando era toccato a lei avvicinarsi a quel leggio per prendere il diploma e girare il suo cappello, l’aveva vista fissare Jeremy, terrorizzata, poi lui.
E le aveva sorriso, in piedi dietro a tutti, era rimasto lì a seguire il rito, in silenzio. Per poterla rassicurare, per poterle dimostrare che lui ci sarebbe stato sempre, anche in un momento come quello.
Adesso tutto era finito ed era in piedi, perso nel prato, circondato da una massa di giovani vite in cerca di futuro.  E lui, che quel giorno lo aveva superato da un pezzo, si ritrovò a sorridere, sereno. Sereno come non lo era da tempo, sereno come non lo era mai stato. Elena era stata la sua dolce scoperta, era stata la salvezza per la sua anima ormai persa.
“Fratello!” poi d’improvviso la voce di Stefan. Di quel fratello che era andato via ormai da mesi, quando tornati a casa lui ed Elena avevano trovato ad accoglierli soltanto la tenuta vuota, e silenziosa come mai. E Damon non aveva avuto neanche occasione di potergli parlare, di potergli spiegare, di potersi scusare.
“Sapevo che saresti venuto” gli spiegò lasciandosi scappare un sorriso amaro, ma non lo guardò, non ne ebbe il coraggio.
Fianco a fianco presero ad osservare entrambi dinanzi a loro una folla di giovani diplomandi, e tra di loro Elena, bella e distesa, sorridente, vestita di blu. La lunga tunica le ricadeva sul corpo sinuoso, e il cappello troppo grande le scivolava sugli occhi di tanto in tanto. Ma non se ne curava, continuava a ridere, e a chiacchierare con i suoi amici di sempre, con Caroline, e Bonnie, Tyler e Matt, radiosi ed impacciati in quelle strane divise tanto quanto lei. Continuava a mettersi in posa e scattare foto insieme a loro.
Erano la sua unica famiglia, i suoi compagni di viaggio. I sopravvissuti, li avrebbe potuti definire.
“Volevo esserci. Dovevo esserci” gli raccontò piatto, con le mani in tasca e lo sguardo perso, perso ad osservare lei,  la loro dolce condanna.
“Come te la passi fratello?”
“Mi sono stabilito in Kansas. Gran bello stato”
“Io ed Elena partiamo domani, staremo via per un po’ di mesi, se vuoi restare qui puoi farlo. Non ci saremo noi”
Lo informò cauto nella speranza che potesse accettare l’offerta. Sapere che stesse bene, e che fosse tornato anche solo per qualche giorno gli alleggerì quell’insopprimibile peso sul cuore che ormai da mesi gli faceva compagnia.
“Ci penserò”
“Stefan – si voltò ad osservarlo trovandolo stranamente calmo, disteso se possibile, data la situazione – mi spiace. Mi spiace per tutto. Non avrei voluto che finisse in questo modo”
Si scusò con lui, per la prima volta. Da quando tutta quella storia era cominciata, da quando entrambi avevano incontrato e si erano innamorati della stessa donna  ancora una volta, gli stava chiedendo scusa. E lo pensò davvero, che non sarebbe dovuta finire così.
“Damon sei felice?” gli chiese di rimando Stefan, lasciandolo confuso e accigliato.
“Si” sentenziò all’istante. Voleva che sapesse la verità, che la sapesse tutta per davvero questa volta. Avrebbe sperato di poter rimediare ai suoi errori, agli errori di entrambi. O forse al volere del destino, e lo sapevano tutti che al destino non ci si poteva sfuggire.
“Bene… allora evita le frasi di circostanza, ti prego. Non le merito”
Gli sorrise stanco, e una strana luce gli attraversò gli occhi. Lo aveva già perdonato, Damon lo sapeva bene,  e come preso da quell’inaspettata rivelazione si lasciò scappare la verità che da sempre gli aveva negato.
“Ti voglio bene. Te ne ho sempre voluto” gli confidò imbarazzato, ma determinato, convinto.  Una pacca sulla spalla fu tutto ciò che ottenne in risposta, ma che in quel momento gli parve abbastanza. Gli parve anche troppo, gli parve tutto.
“Stasera sono in città – lo informò Stefan – se ti va una birra sai dove trovarmi”
Un attimo dopo era già andato via, lasciandogli in regalo un sorriso appena accennato, ma che il fratello poté giurare fosse sincero.
Alla fine si sarebbero ritrovati in eterno, Damon lo sapeva bene. Per quanto il destino potesse essere contro di loro, per quanto potesse continuamente allontanarli e metterli contro, mai per davvero si sarebbero odiati. Per decenni erano stati lontani, e lo sarebbero stati forse altrettanto, ma se c’era una cosa che aveva imparato era che il legame di sangue, quello no, nulla avrebbe mai potuto spezzarlo.
“Damon ma che fine avevi fatto?”
Elena gli corse incontro preoccupata, agitandosi nella tunica troppo grande,  sventolando il diploma che con orgoglio gli avrebbe mostrato.
“Ero qui!” le comunicò con una scrollata di spalle aggiustandole il cappello ricaduto sulla fronte.
“Vieni dai! – lo spinse con sé verso il gruppetto in lontananza –i ragazzi vogliono festeggiare, vieni anche tu!”
Si lasciò trasportare da lei fino agli altri, e con loro, che avevano con il tempo imparato ad accettarlo come ragazzo di Elena, trascorse uno dei pomeriggi più belli e sereni della sua lunga vita. Con quei ragazzi che anche lui cominciò con il tempo a considerare parte della famiglia, tra le braccia del suo grande amore, sotto un cielo d’estate,  rise di gusto, lasciandosi trasportare da un vero gruppo di amici come non ne aveva mai avuti.
 
Spazio autore:
con quest’ultimo capitolo-epilogo ho terminato la storia. Beh che dire… ad essere sincera non ho mai adorato particolarmente i finali a lieto fine ma per questa coppia così sofferta  che io ho amato dal primo giorno volevo un finale che gli desse una possibilità, una speranza. Per i drammi e tutto il resto ci pensa il telefilm. Quindi beh, questo è ciò che ne è uscito fuori. Mi piacerebbe a storia ultimata sapere se è piaciuta, cosa  casomai è piaciuto un po’ di più o cosa di meno… insomma ricevere qualche impressiona a storia finita.
Ringrazio tutti coloro che l’hanno seguita silenziosamente fin dall’inizio. Ringrazio chi l’hai aggiunta tra i seguiti, o tra i preferiti. Ringrazio chi ha sempre commentato. Insomma ringrazio un po’ tutti davvero =) 

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