Jurassic Park: Isla Muerte Chronicles

di SiriusBlack91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Episodio 1 - Arrivo all'inferno ***
Capitolo 2: *** Episodio 2 - Il piano di Ludlow ***
Capitolo 3: *** Episodio 3 - Brutte Sorprese (Parte 1) ***
Capitolo 4: *** Episodio 4 - Brutte Sorprese (Parte 2) ***
Capitolo 5: *** Episodio 5 - Gli altri ***
Capitolo 6: *** Episodio 6 – Da predatore a preda ***
Capitolo 7: *** Episodio 7 – Segreti e ricordi ***
Capitolo 8: *** Episodio 8 - Doppio Gioco ***
Capitolo 9: *** Episodio 9 - Welcome to the jungle ***
Capitolo 10: *** Episodio 10 - Fino alla morte ***
Capitolo 11: *** Episodio 11 – Gli orrori della Ingen ***
Capitolo 12: *** Episodio 12 – Il paradosso del gatto di Schrödinger ***
Capitolo 13: *** Episodio 13 - Di chi fidarsi? ***
Capitolo 14: *** Episodio 14 - Fottuto ***



Capitolo 1
*** Episodio 1 - Arrivo all'inferno ***


Episodio 1 - Arrivo all’inferno
Frank tentava di dormire nonostante gli scossoni dell’elicottero e il vociare dei suoi compagni. Mancavano pochi minuti all’arrivo, ripeteva in mente il programma dell’operazione: ricognizione, recupero dati e ritorno. Avevano studiato attentamente ogni elemento vivente e morfologico dell’isola che potesse causare ostacoli, un addestramento di 2 mesi aveva preparato quegli uomini a una delle missioni suicide peggiori della storia militare. Ridendo tra se ricordò le parole del generale al campo “Neanche il Vietnam mi preoccupava così tanto!”. E aveva ragione. Quella missione era di estrema importanza e i dirigenti Ingen erano stati chiari al riguardo di non danneggiare gli animali se non era strettamente necessario.

Scuotendo la testa Frank pensò quanto fosse più preziosa la vita di quelle “cose” rispetto alla loro!
Preferì non soffermarsi troppo, la spia luminosa e la voce del pilota all’altoparlante interno dell’elicottero gli annunciavano che era ora di lanciarsi. Non era sicuro atterrare, così avrebbero dovuto calarsi con le corde in piena jungla e nonostante avessero scelto un territorio “neutrale” non era per niente sicuro che qualche carnivoro non bazzicasse da quelle parti in cerca di una preda facile.

“Capitano! Noi siamo pronti a scendere. Come da programma ci apriremo in formazione di copertura mentre l’altra squadra scenderà dal secondo elicottero!” disse un soldato vicino al portellone.

Frank non rispose, annuì con la testa e si calò dalla corda mentre subito dopo di lui lo seguirono gli altri 3 compagni. In pochi secondi formarono un cerchio in copertura della seconda squadra e una volta a terra si incontrarono tutti e 8. I due capitani, Frank e Gabriel, si salutarono con una stretta di mano e iniziarono subito a coordinare l’operazione.

“Ci sono due rifugi in questa zona, uno verso est e l’altro a ovest. Noi prenderemo il controllo di quest’ultimo e ci collegheremo subito alla rete per cercare le informazioni e immetterci nel sistema di sicurezza per sfruttare le telecamere ancora funzionanti.” disse Gabriel

“Ok, ci metteremo in contatto una volta arrivati ai rifugi. Una volta li sarà meglio sfruttare la rete di comunicazione locale per parlare, nella planimetria ho visto una stanza separata con un pc così eviteremo di far sentire troppe cose ai ragazzi.” Rispose Frank, facendo cenno ai suoi di prepararsi alla partenza.

I gruppi si divisero subito e ognuno andò per la sua strada. La vegetazione era molto fitta e i sinistri rumori di sottofondo non mancavano, ogni tanto giungeva da lontano qualche ruggito ma le squadre non vi badavano. Ormai non erano più sorpresi da quelle creature, dopo la passata esperienza su Nublar sapevano contro cosa avevano a che fare e non si lasciavano spaventare facilmente. Camminarono per ore, la jungla sembrava uguale ovunque guardassero ma dal GPS di Frank il segnale del rifugio era sempre più vicino. Avevano fatto proprio un ottimo lavoro con la Ingen, grazie a 2 mesi di preparazione conoscevano i territori dei carnivori, le zone di caccia e qualsiasi posto da evitare nella maniera più assoluta. Il posto dove erano atterrati era una zona definibile “neutra” dato che non era frequentata ne da carnivori ne da erbivori, forse qualcuno di passaggio ogni tanto ma non era un problema concreto. O almeno questo appariva dai satelliti della Ingen che segnavano le nidificazioni dei dinosauri e le zone più frequentate.
Verso sera la squadra di Frank arrivò al rifugio e dopo una breve ispezione della zona entrarono grazie ai codici dati ai capitani da Ludlow. Li aveva autorizzati ad avere ogni codice e password necessaria per aprire porte e computer, dato che la missione consisteva nel prendere ogni informazione possibile da tutti i computer dell’isola. Dalle ricerche dei laboratori alle e-mail tra i dipendenti, tutto ciò che trovavano doveva essere scaricato negli hard-disk e portati a lui. Fortunatamente la missione sarebbe durata massimo 4 giorni siccome le strutture da controllare erano solo 3 rifugi, il laboratorio e gli appartamenti del personale. Cose come i capannoni per il carburante e le torri di vigilanza non erano di estrema importanza e potevano essere tralasciati.

Frank era ancora sbalordito dal fatto che i generatori geotermici funzionassero ancora dopo tanto tempo e non ne era convinto fin quando, entrando nel rifugio, attivò il pannello dell’energia elettrica vedendo con immensa gioia che le luci iniziarono ad accendersi insieme a vari altri macchinari nelle stanze.

Dopo una breve ispezione delle stanze, evidentemente per cercare quella delle comunicazioni, si voltò compiaciuto verso i suoi soldati:
“Allora ragazzi” iniziò con un tono quasi da cameriere del Grand Hotel “Sistematevi come vi pare, ci sono delle brande da qualche parte, un bagno tutto per voi signorine e varie altre stanze che dovrebbero contenere cibo e quant’altro. Io mi metterò in comunicazione con il capitano Onofrio, quindi non rompete!” e si chiuse nella stanza con il pc e la radio facendo un ghigno di soddisfazione.

Fino a quel momento filava tutto liscio e se fosse continuato così magari ci avrebbero messo anche meno di 4 giorni. Nonostante ciò aveva dubbi che scaturivano da vecchi ricordi, brutti ricordi! Si chiese chi gliel’aveva fatto fare ad andare in quel posto infernale, sicuramente ancor più pericoloso di Isla Nublar. Forse i ragazzi non erano abbastanza preparati per affrontare ogni difficoltà in quel posto. Scosse la testa come per scacciare quei pensieri e guardò la camera: c’era una scrivania con un vecchio pc e una radio, un’enorme scatola metallica alla parete destra che conteneva i fili per le attrezzature della stanza e un ventilatore a sinistra. Mise il suo zaino e le armi a terra avvicinandosi alla scrivania, vi si sedette, accese il pc e contemporaneamente cercò i codici di accesso sul suo palmare. Un suono gli fece alzare lo sguardo sullo schermo del pc dove lampeggiò la scritta “Ingen Corporation – Isla Muerte Database” seguita da “Inserire Password”. Frank si stiracchiò i muscoli indolenziti dal viaggio e mormorò “Si comincia!” iniziando a digitare.

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Capitolo 2
*** Episodio 2 - Il piano di Ludlow ***


Episodio 2 - Il piano di Ludlow
Alcuni mesi prima. Complesso Ingen di San Diego.
Peter Ludlow era in piedi nella sala conferenze della struttura Ingen di San Diego. Di fronte a lui non sedevano i soliti azionisti della società a cui era abituato, niente uomini in giacca, cravatta e 24ore alla mano. No, stavolta c’erano dei soldati! Delle persone per lui senza il minimo di importanza e che non avrebbe mai voluto veder sedersi a quel tavolo se non fosse che erano la sua unica salvezza, anzi in questo caso lo erano per la seconda volta. Quella squadra di specialisti gli era stata di aiuto tempo prima, durante l’operazione di “pulizia” su Isla Nublar, dopo il casino combinato da suo zio, John Hammond!
Dopo la sua morte, Ludlow si ritrovò a dirigere la grande società e a risolvere tutti i problemi. Ce la mise tutta e usò ogni mezzo possibile per insabbiare le prove dell’incidente al Jurassic Park ma, nonostante tutti i suoi sforzi, il prezzo da pagare fu che la Ingen stava andando in bancarotta. Doveva fare qualcosa alla svelta per risalire la vetta e più volte ripensò che forse eliminare gli animali del Jurassic Park non fosse stata una buona idea, avrebbe potuto sfruttarli in altro modo.
Mesi dopo la morte di suo zio, Ludlow venne a conoscenza di molti suoi segreti, come progetti oltre il Jurassic Park in Costa Rica, ricerche segrete su incroci tra specie e altro. Non credeva che suo zio potesse essere capace di certe cose, nella famiglia era lui, Peter, ad essere considerato il ”BASTARDO senza scrupoli”! Sogghignò a questo pensiero, quasi come se ne fosse fiero. Comunque, scavando nei segreti di Hammond scoprì che stava lavorando a qualcosa in Venezuela, su un’altra isola non ben precisata. Si convinse che doveva agire subito per il bene della Ingen, quindi per il suo interesse! Così decise di chiamare di nuovo quella squadra tanto pazza quanto eccellente nel loro lavoro e doveva solo dargli le informazioni necessarie giusto per chiarire subito il lavoro da fare.
Si alzò in piedi per attirare la loro attenzione. La stanza era molto grande, con un lungo tavolo al centro dove erano seduti i soldati, uno schermo per proiettore al capo opposto del tavolo rispetto a dove sedeva Ludlow e alla sua sinistra c’era un pannello con un’enorme scritta “Ingen Corporation”.
Prese un bel respiro, sorrise a 32 denti come suo solito fare da buon dirigente malvagio e iniziò a parlare:
“Benvenuti signori! Ammetto che è un piacere dover avere ancora a che fare con voi. Dopo l’ottimo, sublime lavoro svolto su Nublar ho pensato di potermi affidare solo a voi per questa operazione” fece un altro sorriso malvagio come per rassicurare i presenti, ma i quali lo guardavano con totale indifferenza avendolo già conosciuto e sapendo di cosa è capace. Ludlow, deluso e offeso dalle facce dei presenti, cambiò espressione facendola più cupa e preoccupante!
“Ecco la sua vera faccia da schifoso ricco” bisbigliò il Gabriel a uno dei suoi soldati.
“Passiamo al dunque” iniziò Ludlow ”L’operazione consisterà semplicemente nel recuperare degli importantissimi documenti su un’isola del Venezuela occidentale. Su quest’isola mio zio, a insaputa di molti alla Ingen, sospettiamo che stesse costruendo un’altra struttura simile a quella di Nublar. Per motivi di sicurezza non potrò rivelarne l’ubicazione, in quanto vi sono ancora animali vivi e nessuno esterno alla Ingen deve conoscerne la posizione”
“Mi faccia capire” si pronunciò Gabriel “Dovremo andare in un posto infernale per prendere delle semplici cartacce? Dove semplicemente supponete ci sia un altro parco ma non ne siete totalmente certi?“
Ludlow, seccato, rispose “No capitano Krauser, dovrete prendere documenti su dei pc in determinate strutture. Qui ci sono tutte le informazioni di cui avete bisogno: fauna, locazione e planimetria degli edifici, morfologia dell’isola, tutto quello che vi basta sapere per compiere la missione.” disse indicando dei fogli di fronte a ognuno di loro “Quindi fate bene i compiti a casa e avete 2 mesi di tempo per allenare i vostri soldatini. Li non si scherza, è molto peggio che su Nublar, se le informazioni sono giuste!”
A questa frase molte delle reclute deglutirono. Ricordavano bene l’altra isola e se ciò era vero, stavolta non sarebbe andata molto bene. Frank e Gabriel guardarono quell’uomo disgustati come se fosse Satana in persona! Alla fine della riunione i presenti si congedarono velocemente, mentre uscivano i soldati si scambiarono sguardi preoccupati e i loro capitani non erano da meno. Gabriel borbottò delle pesanti imprecazioni contro Ludlow e Frank con tono quasi divertito gli disse:
“Amico mio, è aperta la caccia!”

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Capitolo 3
*** Episodio 3 - Brutte Sorprese (Parte 1) ***


Ciao ragazzi :) Allora che ve ne pare della mia fanfiction? Spero che sia di vostro gradimento e vorrei davvero sapere il vostro parere e anche qualche consiglio su qualcosa che dovrei aggiustare o che vorreste leggere nella storia :) Ecco a voi il nuovo capitolo, buona lettura

Episodio 3 – Brutte Sorprese

Frank digitò le lettere sulla tastiera ed effettuò l’accesso alla rete. Senza badare alle altre scritte cliccò subito sull’icona “VideoSorveglianza” e vide aprirsi una decina di piccoli schermi che riprendevano dal vivo l’interno e l’esterno del rifugio. Ridendo guardava quei pazzi alle sue spalle che scherzavano tra loro come se fosse una gita scolastica, pur sapendo a cosa andavano incontro, ma erano abbastanza preparati da sentirsi sicuri e infondo anche lui lo era. Si accese una sigaretta e iniziò a guardare ogni schermata, fuori era tutto tranquillo, stava facendo buio e pensò di contattare l’altra squadra per sapere se era tutto ok.
“Jetkins!” Urlò più forte che poteva
Un ragazzo si affacciò alla porta “Mi dica, signore!”
“Contatta gli altri, vedi se è tutto ok.”
Il giovane soldato parve pensarci su, prima di rispondere al capitano
“Signore, ci ho già provato! Ma. . .ehm. . .sembra che nessuno risponda!”
Frank aggrottò la fronte e disse tranquillamente “Uhm. . .d’accordo aspetteremo! Intanto organizzate turni di guardia per la notte. Ma non voglio nessuno fuori dal rifugio! E vedete di abbassare quella maledetta musica!
“Signorsì signore! Ci scusi!”rispose intimorito il ragazzo chiudendo accuratamente la porta.
Frank passò la notte iniziando subito a lavorare cercando informazioni su quel computer ma non trovò altro che email di servizio tra i dipendenti. Una sola mail lo incuriosì, ma non sapendo di cosa si trattasse non vi badò molto. Questa diceva:
-Da:Beck(Rifugio 1 zona ovest)
  A:Magazzino Carburante, molo sud
  Ehi Maicol, come va giù da voi? Senti, so che non saresti autorizzato, ma ho sentito dire che è arrivato!!! Non ne so molto, ma si vocifera che l’M.R. è stato trasferito qui da Isla Sorna! Sinceramente io ho dubbi sulla sua stessa esistenza, sono solo voci dei ragazzi al porto e tu sai quanti ci si possa fidare di quelli! A parte gli scherzi, se fosse vero, allora è un grosso problema per noi! Fammi sapere qualcosa se puoi.-
“Mah” sbotto Frank, pensando a quella strana email. Intanto nessuno dell’altra squadra si fece vivo, finchè al mattino verso l’alba sullo schermo si aprì una schermata video. Si vedeva male, forse il segnale non era buono, ma distinse chiaramente la faccia di Gabriel e sentì la sua voce:
“Ehilà! Wow hai una faccia da schifo, notte insonne eh? Alla fine ce l’abbiamo fatta. Ci sono dei problemi con le comunicazione ma quel pazzo di Dmitri è andato sul tetto per rimediare!” disse Gabriel ridendo come un pazzo, il che era strano per il suo carattere.
Ma infondo quei due erano vecchi amici e Frank sapeva cosa c’era veramente sotto la dura corazza del capitano Onofrio! Fece un grosso sorriso verso il compare e chiamò la sua squadra per farli parlare con i compagni.
Stettero un paio di minuti poi i capitani dissero alle squadre di prepararsi per la prossima tappa e si chiusero nelle stanze per parlare tranquillamente.
Iniziò Gabirel “Ascolta, quello dell’antenna non è l’unico problema. A parte l’apparecchiatura delle radio che va anche aggiustata, forse questa zona non è poi così tanto neutrale”
“Che vuoi dire?” replicò sorpreso Frank, notando l’espressione preoccupata dell’amico “Ludlow ci aveva assicurato che non era una zona molto frequentata dai lucertoloni!”
Gabriel sembrò voler scegliere le parole giuste e infine disse “Appena arrivati al rifugio ieri ho trovato delle tracce li intorno, tracce fresche! E non ti piacerà sapere di cosa sono!”
“Cosa sono?” disse Frank nervoso, il tono di voce tradì la sua preoccupazione nonostante volesse sembrare tranquillo e in grado di gestire qualunque inconveniente.
Gabriel fece un sospiro amaro e disse “RAPTOR”

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Capitolo 4
*** Episodio 4 - Brutte Sorprese (Parte 2) ***


Episodio 4 – Brutte Sorprese (Parte 2)
Frank restò impietrito a quelle parole. Non poteva iniziare peggio quella missione.
“Inoltre, guardando le telecamere del rifugio ho scoperto un’altra cosa in una stanza del sotterraneo!” disse Gabriel “Ti mando il link così lo guardi tu stesso”
Il messaggio arrivò all’istante sul pc di Frank e quando guardò l’immagine rimase ancor più inorridito:
un uomo, anzi quel che restava di un corpo era accasciato in un angolo della stanza con un visibile squarcio in pieno petto e tutt’intorno c’erano varie orme animali.
“Ma che cazzo è quello?” mormorò sottovoce Frank
“Non ne ho idea, ma la questione non mi piace!” rispose cupo Gabriel, poi aggiunse “Andrò a controllare cosa c’è la sotto! Qualunque cosa abbia combinato così quel tizio, potrebbe essere ancora in giro!”
“D’accordo, tienimi aggiornato” disse Frank “E fa attenzione!” chiudendo il collegamento.
Così Gabriel, uscito dalla stanza, urlò:
“Ramirez! Vieni di sotto con me, e porta il disinfestatore! Forse faremo una visitina a dei vecchi amici. . . .e prega il tuo Dio che non siano in casa!”
La ragazza obbedì senza fare domande, nonostante fosse intimorita da quelle parole. Ma tutti in quella squadra sapevano che fare domande stupide col capitano Krauser non era una buona idea. In situazione come quella avevi due alternative: lo capivi all’istante e lo seguivi senza obiettare o lo seguivi lo stesso e aspettavi per scoprire cosa sarebbe successo. E non erano mai cose buone!
Gabriel aprì una grossa borsa da cui estrasse il suo fucile di scorta, un fucile a pompa  Spas 12 e un po’ di munizioni. Rimuginando tra se, pensò che non poteva prendere il suo RPA Rangemaster calibro 50, un grosso fucile da cecchino, perché lo spazio ristretto del sotterraneo gli avrebbe causato solo problemi. Una volta che furono pronti, Gabriel avvisò i suoi uomini di restare di sopra e in allerta se lui e Ramirez avessero avuto bisogno d’aiuto. Aprirono una porta alla fine del corridoio nel rifugio e scesero per delle strette scale di cemento, si accesero alcune luci a sensori e gli resero migliore la visuale. Quando arrivarono alla stanza rimasero entrambi fermi a guardare, Gabriel con la sua solita faccia di pietra mentre Ramirez aveva un’espressione turbata e disgustata mentre diceva sottovoce “Madre de Dios”
Nonostante avessero già visto scene simili su Isla Nublar, quello che gli apparve agli occhi fu qualcosa che lascia sempre orripilanti:
il corpo giaceva seduto nell’angolo delle 2 pareti, un grosso squarcio andava da un lato all’altro del ventre e a terra c’era sangue rappreso misto a quello che restava delle sue viscere. Altri graffi e morsi segnavano il resto del corpo, mentre la coscia destra era mezza mangiata. Tipico attacco di raptor, pensò Gabriel. Si avvicinò per esaminare il corpo e una scritta sulla giacca dell’uomo colse la sua attenzione. Lesse ad alta voce “Biosyn Corp.”
“Maledizione” gracchiò la radio portatile, era Frank.
“Sono quegli idioti che hanno mandato a puttane il parco su Nublar vero?” chiese Gabriel
“Già, proprio loro. Credo che dovremo avvisare Ludlow!” rispose Frank
“Che si fotta!” intervenne Ramirez “L’altra volta abbiamo perso un uomo per colpa di questi dannati tizi, solo perché Ludlow voleva che noi indagassimo su dove era finito quel ciccione!”
Gabriel la gelò con lo sguardo! “Tu cerca altri indizi qui intorno!”
“S-sì, s-s-ubbito signore !” balbettò lei controllando la stanza.
“Senti, ho controllato la planimetria dei rifugi e a quanto pare c’è una specie di tunnel che li collega. . . .tutti e tre!”disse Frank
“C’è n’è un altro? Ma dove?” disse Gabriel
“Non lontano da qui. Ho controllato anche le telecamere e sembra avere il tetto distrutto, saranno stati gli animali. Forse Ludlow non ce ne ha parlato proprio per questo!”
“E tu credi che i raptor siano entrati da li? Non possono a meno che non sappiano. . . .OH NO!”
A entrambi venne un brivido, ricordarono una scena vista su Nublar e non gli piacque per niente!
2 anni prima, Isla Nublar.
Daniel e Mark correvano a perdifiato nella foresta, rischiando di inciampare ad ogni passo.
“Ancora poco e ci siamo” disse Mark aiutando il compagno a correre.
Era stato morso a un braccio da un raptor e perdeva molto sangue. Dovevano raggiungere l’edificio manutenzione dietro il Centro Visitatori, quello era l’ordine, e li si sarebbero rifugiati in attesa degli altri che erano da tutt’altra parte a fare Dio sa cosa. Stavano uscendo dalla fitta vegetazione e appena lo videro accelerarono il passo, in pochi attimi vi si fiondarono dentro sbattendosi dietro la porta. Non c’era una chiave, ma erano tranquilli. Mark si tolse lo zaino e iniziò a medicare l’amico.
“Dai forza, vedrai, ce la faremo entrambi. Sono rimasti in pochi e a loro ci penseranno i ragazzi quando arriveranno!” disse rivolto all’amico ferito, sorridendo per rassicurarlo. Il compagno a sua volta gli ricambiò il sorriso cercando di non pensare al dolore della ferita. Sentirono degli spari e versi di raptor venire da fuori.
“Vai così! Fateli fuori tutti!” urlava di gioia Daniel. Poi sentì una voce da fuori urlare a squarciagola “Sparagli, presto, sparagli!” e il sorriso gli svanì dal volto in un attimo.
Il resto della squadra era fuori, avevano ucciso tutti i raptor e stavano andando a cercare gli altri nell’edificio per la manutenzione di fronte a loro quando ne videro uno sbucare dagli alberi correre dritto verso la porta dell’edificio. In seguito nessuno fu capace di spiegare come fosse successo tutto in pochi secondi e come nessuno riuscì a prendere la mira in tempo.
Il raptor con rapidità fulminea prese la maniglia con la sua zampa anteriore e aprì la porta. Quando vide gli umani all’interno produsse un urlo che sferzò l’udito dei due soldati e scattò all’attacco senza pensarci troppo. Mark fu preso di spalle e non ebbe il tempo di reagire, il raptor lo colpì alla schiena con l’artiglio molte volte mentre lo teneva fermo con le zampe e gli mordeva la testa. Daniel restò sconvolto e per quella che gli sembrò un’eternità rimase a fissare il suo amico che lo guardava, a bocca aperta e occhi sbarrati dal terrore, mentre veniva stretto dalla morsa del raptor. La scena fu interrotta con l’esplosione della testa del raptor e l’accasciarsi del corpo esanime a terra, insieme a quello del suo compagno Mark. Sulla soglia il capitano Gabriel Krauser guardò sprezzante l’animale, col suo fucile a pompa ancora fumante che pendeva nella mano destra, e al suo fianco il capitano Frank Miller che gli tendeva la mano per potersi rialzare. “Andiamo ragazzo, ora ti curiamo questa ferita!” e quelle furono le uniche parole fino a che non arrivarono nel Centro Visitatori per organizzare il resto della missione. Mentre camminava, Daniel si girò a guardare il compagno morto e pensieri orribili si formularono nella sua mente, non pensava prospettive migliori per tutti loro. C’erano ancora molti animali da abbattere.
Compresa la T-Rex!
 

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Capitolo 5
*** Episodio 5 - Gli altri ***


Episodio 5 – Gli altri
Il ricordo turbò entrambi, causando un attimo di silenzio in cui anche Ramirez non seppe cosa fare o dire. Poi all’improvviso Gabriel sembrò riprendersi e disse “Io vado con Ramirez a controllare il tunnel, magari trovo altri indizi. Chissà che diavolo ci faceva questo tipo qui sotto!”
“Ok, io controllo le vecchie registrazioni delle telecamere per vedere se trovo qualcosa. Il problema è sapere quando è morto quel tipo!” rispose l’altro capitano
“Il sangue è rappreso e il cadavere è leggermente decomposto” spiegò Gabriel analizzando il corpo “E sembrano esserci delle larve di mosca, quindi non è successo da molto.” Poi urlò “Ramirez! Va sopra ad avvisare gli altri della situazione”
“Sisignore, subito!” rispose lei
“E poi andiamo a controllare quel tunnel!” disse Gabriel indicando una grossa botola a un angolo della stanza.
Lei deglutì e a malincuore rispose “Certo signore!”
Mentre aspettava, Gabriel continuò a esaminare il corpo e parlava con Frank
“Ehi. . .non credo che questo sia venuto da solo qui. Ha dell’attrezzatura sofisticata addosso: qui c’è una radio trasmittente a onde corte e un telefono satellitare, un GPS e. . .”
Frank lo interruppe “Funziona il GPS? Potremo rintracciare gli altri dei suoi!”
“No no, è stato calpestato. . . .Dovevano avere una missione forse simile alla nostra. Altrimenti perché venire in un postaccio come questo?”
“Già, probabile. Beh, tienimi aggiornato. Chiudo!” concluse Frank, con un tono evidentemente turbato e nervoso! La situazione stava prendendo una brutta piega e questo non avrebbe portato a nulla di buono. Ne era certo! Non voleva un’altra maledetta disfatta come su Isla Nublar, aveva perso uomini validi laggiù, suoi grandi amici dall’inizio della sua carriera militare. Prima ancora di diventare mercenario.
“Signore? Capitano Wilson!”, Jetkins lo stava chiamando “La vuole il signor Ludlow, chiama da San Diego”
Frank era rimasto rapito dai suoi pensieri e non aveva sentito il soldato chiamarlo. Sbuffò accantonando quei ricordi poco piacevoli e si diresse nella stanza dove il ragazzo aveva allestito le comunicazione con la terraferma. Chissà che diavolo voleva quell’idiota di Ludlow?
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IL capitano Krauser e il soldato Ramirez stavano esplorando il tunnel già da una decina di minuti, senza trovare nulla di strano. Era umido e debolmente illuminato da lampade sul soffitto, c’era un tanfo tremendo che si intensificava andando sempre più avanti. Poteva essere l’acqua stagnante o altro, da quel che ne sapevano la sotto potevano esserci altri cadaveri. I due si muovevano nel silenzio totale, tendendo le orecchie ad ogni minimo rumore. Gabriel stava per decidere se tornare indietro, quando notò una figura in lontananza e urlò “Ehi! Aspetta!”, ma quella si era già dileguata iniziando a correre. Iniziarono a correre anche loro e riuscirono a seguirlo facilmente siccome il rumore dei passi rimbombava nel silenzio del tunnel.
All’improvviso l’uomo si fermò e puntando il fucile contro di loro urlò “Fermi o sparo! Fermi o sparo! Chi diavolo siete voi?”, la voce era tremante e tradiva la sua paura.
Gabriel, senza dargli il tempo di rendersene conto, gli sferrò un pugno in faccia stendendolo subito a terra! Poi una orribile sensazione alla nuca lo fece irrigidire e innervosire al tempo stesso: sentì un freddo fucile premergli contro la testa e, girandosi lentamente con le mani alzate, vide un soldato che aveva bloccato Ramirez e puntava l’arma contro di lui, mentre lo guardava con un ghigno di soddisfazione!
“Ascolta ragazzo” iniziò Gabriel “Non credo che siete nelle condizioni di poterci minacciare. Quindi lasciala e poi parleremo con calma.” Lo guardò con sguardo severo, come se stesse riprendendo uno dei suoi uomini.
Il soldato evidentemente pensò di non poter concludere nulla di buono e così lasciò subito Ramirez, andando ad aiutare il compagno ad alzarsi, poi disse “A quanto pare voi non siete sulla nostra stessa barca, non ancora!”
“Vai al sodo! Che vi è successo?” replicò brusco Gabriel
Quello che aveva beccato il pugno si stava massaggiando la guancia destra e guardò male Gabriel, il quale ricambiò volentieri lo sguardo malevolo. Poi i due soldati si guardarono con aria riflessiva e sembrarono mettersi d’accordo su cosa fare senza neanche parlare.
“Beh, tanto l’avreste scoperto lo stesso, vale la pena che vi dico tutto” iniziò soldato che aveva bloccato Ramirez ”Io mi chiamo Hicks e lui è Ray. Noi lavoriamo per la Byosin, un’agenzia rivale da sempre della Ingen. Fallito il tentativo di rubare embrioni sull’isola del parco, hanno inviato noi qui per raccogliere informazioni sulle ricerche. Dodgson credeva avremo trovato solo edifici di esperimenti, dato che le sue informazioni dicevano che le strutture sull’isola erano ancora in fase di costruzione. Dovevamo intrufolarci senza farci scoprire, rubare le informazioni e andare via. Ma al nostro arrivo abbiamo trovato desolazione e morte. . . .e quei mostri!”
Ramirez , che fino a quel momento era rimasta in silenzio, sia per ascoltare che lo shock di prima, guardò i soldati e poi il suo capitano prima di intervenire dicendo “Quindi voi non sapevate che c’erano i dinosauri?”. Lanciò uno sguardo a Gabriel, come per vedere se gli avesse dato fastidio la sua domanda, ma questi sembrò quasi non aver proprio badato a lei.
“No, ma Dodgson ci ha fatto venire armati per ogni evenienza! Abbiamo iniziato ad esplorare gli edifici di questa zona e stranamente nessuno di quei cosi ci ha attaccati, finchè non ci siamo divisi. . . .” continuò a spiegare Hicks, mentre la sua voce iniziò ad incupirsi “Un gruppo è rimasto in un rifugio poco lontano da qui e l’altro doveva controllare il laboratorio poco lontano. Abbiamo perso i contatto quando erano nel sotterraneo del laboratorio e poco dopo abbiamo visto Ray che correva verso il rifugio urlando da far paura. Non facemmo in tempo a farlo entrare che un gruppo di loro ci attaccò!”
“Raptor” mormorò Gabriel
Il soldato annuì “Non so come diavolo hanno fatto, ma ho visto squarciati due dei miei uomini in un lampo! Due raptor sono entrati dalla porta e hanno attaccato uno dei miei che aiutava Ray ad entrare. Io ho sparato a uno alla testa ma subito l’altro mi si è avventato contro scavalcando i corpi.” Si fermò un attimo per calmarsi e continuare a raccontare, era evidentemente che la situazione lo aveva sconvolto. Poi riprese a parlare “Sono riuscito ad evitarlo per un pelo ma dietro di me c’era un altro dei miei, Danny, l’ha beccato in pieno petto. . . .l’ultima cosa che ho visto è stato sangue ovunque e Ray che gli ha menato un calcio facendolo cadere e poi l’ha sventrato con il machete!”
“Dios santo!” disse Ramirez sottovoce portandosi la mano alla bocca per lo stupore
Ray si guardava compiaciuto la grossa lama appesa alla cinta, fiero di aver vendicato il compagno facendo a pezzi quella creatura diabolica!
“Avevamo già esplorato questo tunnel e siccome la porta del rifugio era ormai sfondata abbiamo trascinato Danny fino a qui sotto e vi siamo rimasti per 3 giorni. A quanto pare non c’è altro modo di entrare da fuori se non per la botola, e nessuna animale ci passerebbe.”
“E immagino che il suddetto Danny sia quello che abbiamo trovato morto qui sopra, giusto?” chiese Gabriel
“No, Danny è laggiù” disse Hicks indicando un cadavere poco distante da loro.
“Uhm, strano! Abbiamo trovato uno dei vostri qui sopra, sempre con uno squarcio al ventre. Era all’entrata nel tunnel del nostro rifugio.”
“Forse è Oz, era con me nell’altra squadra! Ci siamo divisi mentre scappavamo.” disse d’improvviso Ray, includendosi nel discorso
“Beh, sarà meglio che ora verrete con noi se volete vivere ancora un po’! Ma se ci intralciate vi ammazzo io stesso!” disse Gabriel
I due soldati si guardarono di nuovo quasi come per parlarsi e all’unisono dissero “D’accordo!”
“Frank!” parlò Gabriel alla radio “Ho due ospiti!”
“Ho sentito tutto” rispose Frank alla radio “Portali su e poi vedremo cosa fare. Intanto cerco informazioni su questo laboratorio di cui hanno parlato, voglio sapere cosa c’è la dentro prima di andare a controllare di persona. Ah, mi ha chiamato quell’idiota di Ludlow!”
“Gli hai detto qualcosa?” chiese Gabriel
“No no, solo il necessario!” rispose Frank, poi aggiunse “Ci aggiorniamo più tardi. Chiudo!”
Gabriel annuì alla radio in senso di aver capito e la ripose nello zaino. Poi si rivolse ai soldati “Il vostro amico lo lasciate laggiù?”
“A che servirebbe trascinarlo? Attirerebbe solo altri pericoli!” rispose Hicks quasi con distacco, come se li per terra non ci fosse un suo compagno di squadra.
“Allora andiamo, questo posto non mi piace per niente!” grugni Gabriel facendogli segno di camminare avanti a loro.
Il gruppo allora si incamminò verso il rifugio, il silenzio spezzato solo dai passi e da Ray, il quale mormorava sottovoce qualcosa che Hicks cercava di capire da giorni. Era rimasto scioccato da qualcosa che forse aveva visto nel laboratorio e che evidentemente sperava di non dover incontrare mai.
Ray mormorò la sua cantilena sottovoce per tutto il tragitto “L’hanno uccisa. . . .ora lui ucciderà noi. . . .l’hanno svegliato. . . .siamo morti, finiti, tutti. . .tutti. . . .”

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Capitolo 6
*** Episodio 6 – Da predatore a preda ***


Episodio 6 – Da predatore a preda
La foresta fitta e la scarsa luminosità rendevano l’attraversata difficile. Fortunatamente lui poteva fare affidamento su varie caratteristiche con cui orientarsi, in primis un ottimo olfatto. Era stato proprio quello a portarlo sulla pista giusta, seguendo quel familiare odore deliziosamente appetitoso di “mammiferi”.
Camminava da ore ormai in cerca delle sue prede, stava facendo buio quando sentì un odore molto forte provenire dalla sua sinistra. Incuriosito, iniziò a correre verso la fonte di quel profumo invitante, un odore di morte e putrefazione, il che significava cibo gratis per lui. Arrivò alla fine della vegetazione, dove una grande radura sbucava nel mezzo della foresta e uno spettacolo gli si parò davanti gli occhi:
una grande struttura grigia era giusto al centro della radura, in terra c’erano impronte varie e grosse pozze di sangue. Si avvicinò cautamente, annusando le impronte, il sangue, giungendo infine a due cadaveri davanti la grossa struttura. Li riconobbe subito, un raptor e un mammifero, come quelli che lo avevano cresciuto per anni. Strappò un grosso pezzo di carne da quest’ultimo cadavere, lasciando intatto quello del raptor, riconoscendolo quasi come un parente, e si mise ad annusare altre tracce intorno alla struttura. Improvvisamente riconobbe un odore in particolare tra quello dei mammiferi, un odore recente che gli riportava alla mente un ricordo assai terribile. L’animale sentì dentro di se un forte odio verso quelle creature, un odio che l’aveva spinto a seguire il loro odore nelle ultime ore senza fermarsi mai.
Stava facendo buio, era il momento giusto per un imboscata, bastava solo trovarli e ucciderli tutti! Una folata di vento gli portò un pizzico di fortuna, odore di altri mammiferi, gli stessi che l’avevano svegliato. Doveva agire, subito! Tornò all’entrata della struttura, aprì le fauci sul cadavere del mammifero e ne staccò con uno scatto la testa ingoiandola in un sol boccone. Poi, si inoltrò nuovamente nella foresta seguendo l’odore portato dal vento, con un impeto di caccia che cresceva sempre più nella sua mente.
 
Gabriel e il resto del gruppo stavano camminando nel tunnel sotterraneo da quasi mezz’ora, l’ambiente sinistro li teneva tutti in allerta costante e la continua cantilena di Ray non aiutava di certo ad allentare la tensione.
“Che diavolo gli prende al tuo compare?” chiese brusco Gabriel rivolgendosi ad Hicks
“Credo che sia successo qualcosa di pessimo in quel laboratorio e ho il sospetto che prima o poi ci toccherà risolvere il guaio che hanno combinato.” gli rispose il soldato
“Non credo proprio! Questo è un problema che non riguarda la nostra missione, resteremo in questo posto per poco tempo.”
“Lo credi davvero? “
Gabriel lo guardò storto, ma sapeva che aveva ragione. La missione precedente, su Isla Nublar, si dimostrò assai più complicata del previsto e fu piena di brutte sorprese. Quindi poteva aspettarsi un esito simile anche adesso, anche perché  gli imprevisti erano iniziati da subito con la comparsa di questi soldati.
“Quindi voi siete una specie di. . .scagnozzi della Byosyn?” chiese Gabriel
“Oh beh, diciamo di sì, una specie di uomini di fiducia a cui dare il lavoro sporco.” Rispose Hicks con un ghigno divertito
“La cosa ti diverte? Quelli vi mandano a morire in un posto del genere solo per la loro ricchezza, e tu ridi?” sbottò Gabriel
“Beh, voi non siete in una situazione diversa, o sbaglio?” gli disse Hicks, con un tono di scherno
Gabriel non rispose, preferiva non dare troppa corda a quel tipo, non valeva la pena perdere tempo in simili conversazioni.
“Ecco la botola, siamo arrivati” disse Ramirez in un tono di evidente gioia nel poter uscire da quel sotterraneo
I cinque soldati salirono per la scaletta e si fermarono ad osservare il cadavere trovato in precedenza da Gabriel e Ramirez
“Sì, è proprio Oz” disse infine Ray “Ci siamo divisi nella fuga, credo 3 giorni fa. Forse ha trovato la botola nel sotterraneo e ha pensato di salire quassù per stare al sicuro.”
“Lo lasciate qui, come l’altro?” chiese Ramirez
I soldati annuirono
“Bene, saliamo su, dovrebbe essere notte ormai e i miei ragazzi staranno dormendo, ma troveremo qualcuno di guardia.” Disse Gabriel aprendo la porta per tornare nel rifugio
Una volta che furono entrati tutti, trovarono il buio totale. Luci spente e silenzio di tomba riempivano l’atmosfera notturna sia nel rifugio che fuori, come poterono notare dalle finestre. Qualcuno improvvisamente prese il braccio di Gabriel e portandosi un dito alla bocca in segno di silenzio, lo guidò a una delle finestre.
“Capitano Krauser, c’è qualcosa che dovrebbe vedere la fuori!” disse Dmitri, il tecnico per le comunicazioni, a bassa voce con il volto intriso di paura. Non si curò nemmeno di chiedere chi fossero quelle due persone insieme al capitano e a Ramirez.
Gli altri soldati della squadra erano accucciati contro i muri, con i fucili pronti e lanciavano continuamente sguardi furtivi alle finestre.
Ramirez stava per aprire bocca e chiedere cosa stesse accadendo ma un suo compagno di squadra le fece cenno di non parlare, indicando poi la finestra sopra la sua testa.
I cinque nuovi arrivati si affacciarono e dovettero faticare un paio di minuti prima di abituarsi a vedere al buio. Allora lo videro:
una figura scura, grande e snella gironzolava in cerchio nella radura dove era situato il rifugio. Ogni tanto spariva nella vegetazione e poi ricompariva camminando cautamente e annusando il terreno ogni 5-6 passi.
“Ci gira intorno da quasi un’ora, signore.” disse Dmitri al capitano in un filo di voce
“Credete sia un predatore?” chiese Gabriel
“Suppongo di sì, signore. È comparso all’improvviso e non ha fatto altro che girarci intorno annusando il terreno. Sembra stia cercando qualcosa, forse ha sentito il nostro odore.”
“Ludlow ci aveva assicurato che la zona era neutrale, nessun carnivoro o erbivoro.” disse un soldato nascosto in un angolo
“Mmmm. . .forse è solo di passaggio. Restiamo all’erta tutta la notte, turni di guardia di 3 persone e credo che i nostri amici ci daranno volentieri una mano.” disse Gabriel rivolgendosi ai due soldati
Entrambi annuirono senza esitare, avevano capito che ormai erano tutti nella stessa situazione e valeva la pena aiutarsi.
Ray si sporse dalla finestra per vedere meglio quella creatura che assediava la squadra. Come tutti gli altri, vide solo una figura scura muoversi nella vegetazione, sembrava quasi mimetizzarsi per cui non riusciva a distinguerne bene i contorni. Eppure aveva qualcosa di vagamente familiare, qualcosa che aveva già visto, qualcosa che lo aveva terrorizzato.
La creatura si girò di scatto verso il rifugio, rivolgendo lo sguardo verso un punto preciso. I suoi occhi riflettevano la luce lunare e brillavano al buio incutendo ancora più terrore alla sua aura di mistero. Il suo sguardo incrociò quello di Ray, l’animale annusò nella sua direzione e sibilò con le mascelle serrate, in un espressione di puro odio. Sul volto già pallido del soldato si disegnò una smorfia di terrore, cadde all’indietro con un urlo e additando verso l’animale disse:
“Dio no! É lui! Ci ha trovati!”

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Capitolo 7
*** Episodio 7 – Segreti e ricordi ***


Episodio 7 – Segreti e ricordi
Nella notte echeggiò un urlo terribile, colmo di potenza e ferocia primordiale, un urlo che terrorizzò tutti all’interno del rifugio. Ray stava ancora tremando febbrilmente mentre continuava a dire “Ci ha trovati! Moriremo! Moriremo!”.
Gabriel gli mise con violenza una mano alla bocca per zittirlo mentre l’agitazione aumentava tra i soldati, i quali si erano ormai buttati a terra senza il minimo interesse nel guardare quella creatura che infuriava la fuori. Tutti ormai avevano capito che quel grosso predatore non se ne sarebbe andato facilmente da li, che era alla chiara ricerca di cibo.
“Capitano, ordini?” chiese un soldato alla sinistra di Gabriel
Riconobbe dalla voce che era il medico, Johnson, e disse “Tu resta al riparo e non discutere.”
Il soldato lo guardò torvo. Il fatto che il medico fosse di vitale importanza per la squadra non lo rendeva necessario per le azioni di attacco, ma Johnson era sempre stato contrario a questo e più volte si era buttato con la squadra durante azioni pericolose, facendo infuriare il capitano Krauser.
Gabriel si guardò intorno, la squadra era irrigidita dalla paura e quell’animale la fuori lo stava facendo innervosire. Decise tutto in pochi secondi, come suo solito in momenti come quello agì improvvisamente senza dare ordini alla sua squadra. Per lui ogni secondo è prezioso e non bisognava aspettare troppo per agire.
“Dmitri, passami quella cassa!” urlò il capitano al soldato più vicino a lui
Quest’ultimo afferrò con forza la pesante cassa delle munizione e la fece scivolare a terra verso il suo capitano con un calcio. Gabriel la aprì e ne estrasse un cilindro di piccole dimensioni, tenendo il dito indice premuto su un gancio alla sommità dell’oggetto.
“Aprite la porta!” urlò alzandosi rapidamente da terra.
Ramirez, che fino ad allora era rimasta pietrificata a terra, sentendo la voce del capitano prese coraggio e scattò in piedi, andando ad aprire la porta.
La fredda aria notturna si infilò con un leggero vento nel rifugio, insieme ad un odore pungente e disgustoso. Un odore di marcio, di putrefazione, di morte. L’animale sibilò nuovamente e puntò gli occhi luccicanti verso la figura che ergeva dall’entrata del rifugio.
Furono attimi, lunghi secondi in cui i due cacciatori si fronteggiarono faccia a faccia. Gli sguardi si incrociarono, carichi d’odio gli uni verso gli altri. Chi spinto da una furia primitiva, chi da una perenne ostilità verso quegli abomini creati dalla stupidità umana.
La creatura si preparò all’attacco, piegandosi leggermente sulle zampe posteriori per darsi lo slancio, con le fauci spalancate e gli arti anteriori protesi all’esterno come se fossero delle falci per mietere il grano.
Stava per saltare, quando qualcosa atterrò rotolando ai suoi piedi producendo un tintinnio metallico sulla nuda terra. Iniziò ad osservarla incuriosito, inclinando la testa di scatto ad ogni occhiata verso quel misterioso oggetto.
Il capitano, dall’altra parte della radura, ghignava facendo scivolare tra le dita la spoletta della granata che aveva appena lanciato contro la creatura.
La notte fu improvvisamente illuminata da una forte luce e nella foresta echeggiò un’esplosione. Poco lontano da loro uno stormo di uccelli si alzò in volo dagli alberi, spaventati dal forte rumore.
L’animale restò stordito da quello che accadde, i timpani gli dolevano al punto da sanguinare e i preziosi occhi erano talmente accecati da rendergli impossibile vedere intorno a se. Spaventato e sorpreso per quell’attacco improvviso, se ne andò via dalla radura sbattendo qua e la tra gli alberi per la temporanea mancanza della vista.
“Capitano, tutto bene?” chiese Ramirez affacciandosi timidamente dalla porta.
Dietro di lei anche gli altri soldati iniziarono a prendere coraggio e si sporsero dalle finestre guardando il buio della foresta, nel punto in cui la creatura era svanita pochi attimi prima.
“Maledizione! Nel buio credevo di aver preso una granata al fosforo, invece era solo una flash-bang.” Si lamento Gabriel, con un tono quasi divertito nella voce.
“Volevi farlo arrosto quel pollo?” chiese Hicks, apparso in quel momento alla sua sinistra.
Gabriel rise di gusto dando una forte pacca sulla spalla del soldato facendogli quasi perdere l’equilibrio.
“E questo è niente” gli disse guardandolo negli occhi “Avresti dovuto vedere cosa ho combinato su Nublar.”
Il modo che aveva Gabriel di fissarti negli occhi con i suoi occhi grigio-verdi metteva sempre in soggezione tutti, e per Hicks non ci fu eccezione. Sembrava volerti comunicare qualcosa che pensava in quell’istante e chissà perché ogni volta sembra che stia pensando a qualcosa di orrendamente macarbo!
“Cosa pensa che fosse, signore?” chiese Dmitri
Hicks fu grato al soldato per aver richiamato l’attenzione del suo capitano, interrompendo quello sguardo che lo stava facendo sudare freddo.
“Era troppo buio, non sono riuscito a riconoscerlo. Comunque, nulla che abbiamo già visto sull’altra isola. In base alla lista che ci ha dato Ludlow, potrebbe essere un Carnotauro. Secondo la mappa termica siamo poco lontani dal loro territorio.” rispose Gabriel, controllando la mappa alla luce di una piccola torcia
“Impossibile!” disse improvvisamente Ray, la voce gli tremava come prima “Io so cos’era, l’abbiamo incontrato con gli altri nel laboratorio”
Tutti si girarono verso di lui, incuriositi da ciò che aveva appena detto.
“Forse è il momento che ci racconti cosa è successo laggiù” gli disse Hicks, posandogli una mano sulla spalla per tranquillizzarlo.
Ray si gettò a terra, il viso stanco e pallido gli davano l’aria di qualcuno che non stava per niente bene. Strappò dei fili d’erba e ci si mise a giocare, mentre con lo sguardo perso nel vuoto cercava di rimettere insieme i ricordi, frammenti di immagini orribili che gli attanagliavano la mente da giorni e che tentava di scacciare via come mosche fastidiose. Ricordi che ritornavano nei sogni, che lo tormentavano impedendogli di dormire tranquillo. Forse aveva ragione il compagno, era giunto il momento di raccogliere tutti i ricordi, per raccontare agli altri cosa era successo. Forse così avrebbero potuto aggiustare tutto.
Quando aprì la bocca per iniziare a raccontare, un suono meccanico ruppe il silenzio.
“Gabriel, cosa succede? Abbiamo sentito un’esplosione!” gracchiò la voce di Frank alla radio.
“Qualcosa ci ha attaccati. L’ho messo in fuga con una granata accecante. Stiamo tutti bene, tranquillo.” rispose Gabriel in tono piatto.
“Ascolta, ho trovato qualcosa nel pc, forse è meglio che lo leggi anche tu!” il suo tono di voce sembrava molto preoccupato.
“Aspetta solo un paio di minuti e mi collego” disse Gabriel, poi si rivolse agli altri “Torniamo dentro, turni di guardia come ho detto prima. Hicks e Ray avranno la mia stanza per stanotte, hanno bisogno di riposare più di me.”
I due lo ringraziarono con un cenno della testa ed entrarono insieme agli altri nel rifugio. Ramirez entrò per ultima e lanciò un’occhiata preoccupata verso la foresta, ancora scossa per la brutta esperienza di prima.
Gabriel si sedette alla scrivania e collegò subito il pc alla rete locale. L’attacco di prima aveva scosso l’intera squadra e il tono di voce di Frank non aveva di certo contribuito a tranquillizzarli.
“Eccomi” disse Gabriel al microfono “Cos’altro succede?”
“Ho cercato informazioni sul laboratorio dove sono andati quelli della Byosyn e pare che fosse una normale struttura di ricerca della Ingen.” spiegò Frank con tono piatto.
“Ma qualcosa deve averli terrorizzati la sotto.”
“Infatti, cercando tra i file protetti, ho trovato qualcosa di interessante.”
“Spiegati meglio.”
“Beh, a quanto pare non si limitavano a creare i dinosauri. Qui leggo di esperimenti particolari su incroci genetici e altra roba simile.”
“Figli di. . .”
“E proprio in quel laboratorio tenevano un progetto dal nome MRP, ma non sono riuscito a trovare altro al riguardo.”
“Quindi loro potrebbero aver trovato proprio quell’esperimento?”
“Oh andiamo, ormai sarà morto! Sono passati 2 anni dall’abbandono di quest’isola.”
“Non lo so, ma è meglio essere cauti se andiamo a controllare la dentro cos’è successo. Qualcosa ha trucidato quasi tutta la loro squadra e non credo che siano stati solo i raptor.”
“Tu vuoi davvero andarci?”
“Perché no? Dobbiamo comunque controllare quella struttura, è sull’elenco che ci ha dato Ludlow.”
“Va bene, domani mattina presto ci sposteremo alla vostra posizione e poi andremo tutti insieme. Chiudo.”
Gabriel restò a fissare lo schermo del pc per alcuni attimi. Cosa diavolo nascondeva la Ingen in quell’isola? Perché Ludlow non li aveva avvertiti che avrebbero potuto incontrare simili ostacoli? Forse, nemmeno lui ne era a conoscenza, nemmeno lui conosceva tutti i segreti del suo vecchio zio.
John Parker Hammond, pace all’anima sua. Ormai quel vecchio sognatore era morto e aveva lasciato ai posteri una bella gatta da pelare, anzi un cesto pieno.
Nella mente stanca del capitano si affollavano mille pensieri e ricordi su ciò che accadde su Nublar.
Ricordò che di lui trovarono solo un cadavere bruciacchiato dai bombardamenti, riconoscendolo perché stringeva tra le mani ancora il suo bastone da passeggio con sopra incastonata quella bolla d’ambra.
Provò a scacciarli via pensando ad altro, cercando di trovare altre informazioni su quel vecchio computer, perché sapeva che altri ricordi sarebbero riaffiorati. E lui non voleva!
Si sforzò di non pensarci, ma alla fine quel particolare ricordo gli piombò addosso con prepotenza. . . .e lui pianse.
Il viso nascosto tra le mani, rigato da lacrime silenziose, si piegò sulle ginocchia, abbandonandosi a quel ricordo che tanto lo attanagliava.
Se solo non avesse avuto quell’attimo di esitazione, Lei sarebbe ancora viva.
Gabriel infilò la mano nel taschino sinistro della mimetica, proprio sopra il cuore, e ne estrasse una piccola foto piegata in due. La aprì con dolcezza, raddrizzandola con le dita e restò a guardarla a lungo, accarezzandola ad ogni lacrima che scendeva.
La voce di lei gli risuonava chiara in mente, strappandogli un sorriso malinconico.
Poi quel ricordo ritornò con forza e la vide ancora una volta morire davanti ai suoi occhi. Era come se vedesse dalla prospettiva di qualcun altro e infatti vide anche se stesso, fermo di fronte a quella scena orribile, incapace di muoversi o di parlare.
Tornò al presente, ritrovandosi in ginocchio a terra, col respiro pesante e il battito accelerato. Non poteva abbandonarsi così ogni volta, doveva reagire e magari anche provare a dimenticare.
Si alzò appoggiandosi al tavolo per poi lasciarsi cadere sulla sedia. Prese la sua fiaschetta di metallo e bevve a lungo, quasi fino a svuotarla. La vodka calda era decisamente uno schifo, ma riusciva sempre a tirarlo su. Si era promesso di non bere in missione, ma quella era l’unica cosa che gli faceva dimenticare i suoi ricordi, almeno per qualche ora.
Sulla fiaschetta era incisa la frase “Fino alla morte”. Gabriel sorrise guardandola, era un regalo del diploma all’accademia militare e Frank ne aveva una identica.
Bevve un altro lungo sorso, prima di abbandonarsi alla stanchezza sulla sedia, lasciando che il sonno avesse la meglio su di lui.
A volte capita che i ricordi tornino alla mente anche sottoforma di sogni.
Quella notte Ray non fu il solo a dormire male tormentato dai ricordi.
Quella notte Gabriel fu costretto a rivivere un ricordo che lo stava distruggendo da due anni.

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Capitolo 8
*** Episodio 8 - Doppio Gioco ***


Episodio 8 - Doppio Gioco
L’aria nel locale era opprimente, puzzava di alcol e fumo, con un pizzico di sano odore di pesce. Una piccola taverna, di quelle classiche nei vecchi paesi di mare, dove si riversavano tutti i marinaio a fine giornata.
La clientela era molto calme quella sera, quasi guardinga, a causa di due persone che se ne stavano a discutere da un paio d’ore seduti a un tavolo in fondo al locale.
Il primo era arrivata una mezz’ora in anticipo sull’orario di appuntamento, prendendo il tavolo più distante da quella gentaglia e ordinando un bicchiere di scotch. Il secondo arrivò in perfetto orario, andandosi subito a sedere vicino quell’uomo che tanto si distingueva dalla massa di rozzi pescatori.
Nemmeno una stretta di mano o un cenno col capo, segno che la conversazione era seria e non potevano perdersi in inutili convenevoli.
Il primo che era arrivato giocherellava con il bicchiere e iniziò a parlare:
“Come le ho già detto, voglio delle prove concrete che non mi farete scherzi alla fine!”
L’uomo di fronte a lui rimase alzò il sopracciglio e scuotendo leggermente la teste disse:
“Mezzo milione di dollari non le sembrano una prova concreta della nostra affidabilità?”
L’accento sudamericano tradì la sua identità, nonostante fosse ben travestito per non essere riconosciuto.
L’altro annuì con la testa mormorando “Mmmm, sì sì in effetti. . .”
“Quindi? Siamo d’accordo?” disse l’altro, con un tono nervoso nella voce.
“E per il mio recupero?”
“Un elicottero verrà a prenderla non appena invierà il segnale. . .” disse frugando in una piccola borsa che aveva con se “. . .con questo!” e gli pose davanti un piccolo telefono satellitare.
L’uomo lo prese in mano rigirandolo per analizzarne ogni parte.
“E l’anticipo? L’avete già caricato sul mio acconto?”
“Ci serve una sua conferma di totale collaborazione, poi potremo procedere con il trasferimento dei 50'000 dollari iniziali!”
Bevve l’ultimo sorso di scotch rimasto nel bicchiere e rimase per un paio di secondi a riflettere prima di decidersi. Era una ghiotta occasione quella che gli era stata offerta, non poteva certo rifiutare!
Ma a che prezzo? Ne valeva davvero la pena tradire i suoi compagni, per un milione di dollari?
No, no, lui aveva bisogno di quei soldi! Poi avrebbe detto addio a quel lavoro da schifo.
Inspirò a fondo prima di rispondere “Accetto!”
L’uomo di fronte a lui sfoggiò un ghigno soddisfatto e strinse forte la mano al soldato.
“Mi creda, è stato un vero piacere fare affari con lei signor…”
“No, non dica il mio nome!” disse il soldato, guardandosi intorno.
“Andiamo, chi vuole che la conosca qui?”
“Meglio essere prudenti no? Altrimenti perché lei se ne va in giro con quel cappello e gli occhiali da sole, di notte?”
“Ahahahah, molto perspicace ragazzo mio! Per questo abbiamo scelto lei.”
I due si guardarono a lungo, uno sguardo che penetrava l’anima in cerca di informazioni.
Si erano conosciuti circa un mese prima dell’addestramento per andare su Isla Muerte, in missione per la Ingen. Il soldato venne contattato da quest’individuo con la scusa di controllare alcune documentazioni per il loro viaggio in Venezuela. Aveva messo subito in chiaro che era informato della loro missione e che il governo del Venezuela era molto interessato a quell’isola, nonostante la Ingen non gli avesse mai permesso di mettervi piede senza la loro autorizzazione.
Il soldato inizialmente fu riluttante, ma si sa che i soldi fanno gola a tutti e in breve si convinse a collaborare con loro. Infondo si trattava solo di rubare le informazione che loro stessi avrebbero cercato.
Nessuno lo avrebbe scoperto e se ne sarebbe andato dall’isola senza farsi vedere. Aveva già in mente un piano geniale, dandosi per disperso quando avrebbero recuperato tutte le informazioni di cui avevano bisogno e scappando con l’elicottero del governo che sarebbe venuto a prenderlo.
Niente di più semplice! E poi addio per sempre, facendosi una nuova vita!
L’uomo di fronte a lui gli stava facendo un riepilogo della missione, ma lui non vi badava molto. Si limitava ad annuire con la testa e sorseggiare un altro bicchiere di scotch.
“Allora resteremo in contatto tramite il satellitare che le abbiamo dato. Risponda in qualunque situazione si trovi, deve rendersi sempre reperibile!”
“Certo, non si preoccupi”, gli rispose, come se fosse possibile rispondere durante un attacco! Questi del governo non avevano bene in chiaro cosa significasse affrontare quelle creature.
I due si alzarono dal tavolo stringendosi la mano e uscirono insieme dal locale.
Il tempo era peggiorato da un momento all’altro, con una pioggia incessante che regnava sovrana in tutto il paesino. Il tizio del governo si congedò dal soldato e corse alla macchina che lo aspettava li davanti.
“Almeno un passaggio all’albergo poteva darmelo, bastardo!” mormorò il soldato, incamminandosi sotto la forte pioggia, noncurante del fatto che l’albergo era all’inizio del paese e che si sarebbe bagnato totalmente nel tragitto.
Ma questo è il destino dei traditori, no? Prima o poi bisogna pagare per le proprie azioni e a quanto pare il tempo aveva già iniziato a punirlo.
Accantonando quello stupido pensiero, il soldato si mise a correre sotto la pioggia in direzione dell’albergo.

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Capitolo 9
*** Episodio 9 - Welcome to the jungle ***


Rieccomi a scrivere, dopo molti mesi di inattività causa vacanze estive e università. Ricontrollando le recensioni ho notato che a molti di voi piace la storia e richiedete (anzi, qualcuno in particolare PRETENDE) che io continui a scrivere! Ne approfitto per ribadire che nella introduzione della storia spiego che l’ho ambientata nell’universo dei libri, tra il primo e il secondo, per cui ad alcuni di voi sembra che non sia coerente con i le storie dei film. Sotto consiglio di una lettrice vi riepilogo gli ultimi avvenimenti:
le squadre, dopo essersi accampate in due rifugi, incontrano dei mercenari assoldati dalla Byosyn, acerrima nemica della Ingen,  e in seguito vengono attaccati da una misteriosa creatura che a quanto pare non viene citata sull’elenco dei dinosauri che ha fornito Peter Ludlow, nipote di Hammond e nuovo amministratore della società. Nell’ultimo capitolo un avvenimento pre-missione, in cui un membro delle due squadre stringe un patto con il governo del Venezuela per rubare le informazioni che lui e i suoi compagni devono raccogliere per conto della Ingen.
Piccola premessa sul nuovo capitolo: il titolo è “palesamente” ispirato all’omonima canzone dei Guns N Roses, ma non ha niente a che vedere con il testo della canzone, la quale non mi sembra proprio che accenni a un gruppo di mercenari sperduti in un isola di dinosauri!
________________________________________________________________________________________________________________________________ Episodio 9 - Welcome to the jungle
Il gruppo di Frank, che si era inoltrato nella foresta in direzione dell’altra squadra, camminavano ormai da ore nella folta vegetazione senza più capire dove si trovassero. Erano avanzati troppo all’interno senza riuscire a trovare nessun punto di riferimento che potessero controllare sulla mappa, non c’era traccia di edifici o recinzioni in quella zona.
La luce penetrava a fatica dalle fronde degli alti alberi, e le felci del sottobosco, lunghe fino alle ginocchia, nascondeva le insidie del terreno disconnesso. L’umidità, classica nelle foreste lungo quella latitudine, rendeva l’aria pesante, difficile da respirare.
I soldati si guardavano continuamente intorno, con i fucili puntati nervosamente verso ogni sorgente di rumori sospetti.
“Ma dove diavolo siamo finiti?” urlò nervosamente uno del gruppo infondo alla fila.
“Daniel è inutile che gridi, ci sentiamo benissimo.” gli disse Sanders
“Restate calmi, rischiamo di attirare attenzioni indesiderate.” li zittì Frank.
“Piuttosto qualcuno di voi ha una bussola?” chiese Jetkins alla squadra.
Il suo sguardo si posava sui compagni, in cerca di una conferma. Tutti fecero cenno di no con la testa.
“Siamo messi bene!” mormorò il soldato.
“Io ce l’ho!” intervenne il capitano, frugando nello zaino.
“Ottimo!” rispose Jetkins con un sorriso di speranza sul volto, iniziando anche lui a cercare nello zaino per prendere la mappa.
Frank estrasse dalla sacca un piccolo bauletto in metallo, grande quanto il palmo della mano, aprendolo a libro. L’ago della bussola oscillò alcuni istanti prima di stabilizzarsi sul Nord, poi fu poggiata sulla mappa.
“Bene, secondo la mappa l’altro rifugio è a Sud-Ovest dell’isola.” Calcolò Jetkins “Quindi se camminiamo in quella direzione” disse indicando un punto nella foresta alla sua sinistra “dovremo imbatterci nella struttura. Prima o poi.”
“Beh, sempre meglio che continuare a girare senza riferimenti! In cammino ragazzi.” Decretò Frank.
Camminarono per alcune ore nella direzione prestabilita, inoltrandosi sempre più nella fitta foresta.
La cena della sera precedente, a base di fagioli in scatola, non era stata molto ristoratrice soprattutto perché dal saporaccio del cibo doveva essere scaduto da un po’. Per questo le “pause di emergenza” erano fin troppo frequenti e allungò di molto la durata del tragitto. Frank aveva già comunicato con Gabriel il ritardo, evitando di spiegarne le motivazioni nei minimi dettagli. Al tramonto giunsero in una radura con l’erba alta circa un metro e mezzo, che li costrinse a farsi strada con i grossi machete. Il rischio che nell’erba vi si nascondessero dei predatori era alto, ma era sempre meglio che restare nella foresta senza un posto coperto dove dormire.
“Troviamo un riparo per la notte. Sarebbe troppo rischioso continuare il viaggio al buio.” Disse Frank.
“Possibilmente senza l’erba così alta” mormorò Daniel.
Oltre quella distesa di erba alta dove si trovavano, raggiunsero una parte della radura completamente priva di vegetazione. Nascosti da piante rampicanti, trovarono i resti di una vecchia recinzione e le mura fatiscenti di un piccolo bunker senza il tetto.
“Possiamo accamparci qui dentro.” propose Jetkins, indicando il bunker.
“Già, sembra abbastanza protetto.” confermò Sanders, appoggiando il suo fucile a quello che restava del muro di mattoni del bunker.
“Ok, resteremo qui per stanotte.” decise il capitano “Jetkins e Daniel, voi due andrete a raccogliere della legna per il fuoco!”
I due si incamminarono ai limiti della foresta in cerca di legna da ardere, tornando dopo pochi minuti.
Nel frattempo il capitano e Sanders avevano preparato un cerchio di pietre per evitare che il fuoco si estendesse su di loro nel sonno e coprirono il tetto mancante con un enorme telo mimetico.
La notte prese il sopravvento rapidamente, inondando la radura di tenebre spezzate solo dalla debole luce della luna e del fuoco acceso dai soldati.
Si misero subito a dormire, rifiutando totalmente di mangiare di nuovo quei fagioli in scatola. Avevano impostato un turno di guardia di due ore ciascuno, decidendo che il primo sarebbe stato Daniel.
Questo se ne stava seduto su un grosso masso all’esterno del bunker, scrutando nella notte e puntando il fucile nella vegetazione con mani tremanti pronto ad agire al minimo pericolo.
Era un ragazzo abbastanza in forma, non con chissà quali muscoli, ma l’addestramento all’accademia lo aveva forgiato per bene trasformando del tutto quel magrolino ragazzo che era un tempo.
Una volta era un normalissimo ragazzo di campagna, tanti anni fa, che di punto in bianco si era ritrovato a dover badare a sua madre e le sorelle, dopo la morte del padre. Per del tempo aveva dato una mano alla fattoria di famiglia, ma la maggiore età l’aveva chiamato a rispondere a un dovere nazionale.
Così si ritrovò arruolato, bloccato in un mondo a cui sentiva di non appartenere, facendo quello che era definito il “dovere di ogni giovane americano”! Tutte balle, secondo lui. Ebbe però la fortuna di entrare nelle grazie di un superiore, un capitano di nome Frank Miller.
Tutti al campo lo rispettavano con onore e timore. Le storie sulle sue imprese erano innumerevoli, alcune vere e altre inventate di sana pianta dai giovani cadetti. Ma tutti indubbiamente lo definivano una persona d’onore!
Il capitano prese il ragazzo con simpatia, aiutandolo personalmente con l’addestramento e ogni qualvolta i camerati lo mettevano in qualche guaio. Doveva tutto a lui, persino la sua stessa vita.
Forse fu proprio la grande stima che aveva nel capitano Miller che lo spinse a seguirlo anche fuori dall’accademia, nonostante le voci che girassero su un certo scandalo in cui era implicato lo stesso capitano.
Lo seguì perfino su Isla Nublar, e lo aveva seguito anche in quest’altra missione. Nonostante i brutti ricordi sulla precedente isola, aveva ancora piena fiducia nel suo capitano.
I suoi pensieri furono bruscamente interrotti dal rombo di un tuono, facendolo saltare dalla paura. Afferrò saldamente il fucile guardando la pioggia iniziate a scrosciare velocemente dal cielo.
Il vento colpiva l’erba alta creando un magnifico effetto simile alle onde del mare e i tuoni continuavano ad aumentare col passare dei minuti.
L’attenzione di Daniel fu catturata da un suono alla sua destra, un cinguettio stridulo che fece eco nel bunker. Ne seguirono altri, alcuni secondi dopo.
Daniel incuriosito si alzò dalla roccia sulla quale sedeva per sporgersi dall’apertura del rifugio.
Improvvisamente come erano iniziati, i cinguettii cessarono lasciando spazio solo al suono continuo della pioggia e dei tuoni.
Il soldato si guardò indietro controllando che i compagni stessero ancora dormendo, poi si inoltrò nel buio della radura. Teneva il fucile serrato nelle mani puntandolo nervosamente nel buio, guardandosi intorno tremante sia per il freddo sia per la paura e facendosi luce con una piccola torcia montata sull’arma.
All’improvviso un animale sbucò dal nulla, facendolo sobbalzare a terra per lo spavento.
Daniel lo guardò incuriosito, mormorando a bassa voce “E tu cosa diavolo sei?”
L’animale gli ricambiò lo sguardo curioso, studiandolo con grossi occhi neri e lucenti alla luce della torcia, standosene ritto sulle zampette posteriori cinguettando in continuazione.
Era una creatura di piccole dimensioni, 30 cm di altezza e circa 50 di lunghezza, il corpo esile, con una coda ritta orizzontalmente e una testa appuntita fornita di piccoli denti. Era di un colorito molto forte, un verde quasi brillante e presentava delle striature più scure lungo il dorso, un misto tra verde scuro e marrone.
La testa scattava come quella di un uccello ogni qualvolta lo guardava, per questo il soldato disse
“Sembri una specie di pollo, già un pollo orribile senza piume!”
L’animale balzò sul petto del soldato, dandogli la sensazione di un piccolo uccello che gli zampettava addosso. Era incredibilmente leggero, quasi sembrava che non vi fosse appoggiato.
Daniel allungò una mano per accarezzarlo e il rettile emise un gridolino diverso dal cinguettio di prima, afferrandogli il dito con un morso.
Il soldato non fece in tempo a staccarselo di dosso che si ritrovò sovrastato in numero da altre di quelle piccole creature. Cercava di divincolarsi in quel groviglio di zampe e denti, mentre le creature affamate cinguettavano eccitate per la cattura di una grossa preda.
Fortunatamente le grida del soldato svegliarono i compagni, che accorsero subito in suo aiuto.
Vedendola dall’esterno, la scena sembrava quasi comica, se non fosse che un uomo stava per essere sbranato a piccoli morsi da creature non più grandi di un pollo!
Le creature volavano via per i violenti calci sferrati dai soldati, atterrando quasi integri a terra e continuando a cinguettare in direzione degli umani.
Jetkins sparò un colpo con la pistola, facendo scappare spaventati tutti i piccoli animali, che sparirono nell’erba alta.
“Come diavolo ti è venuto di allontanarti dalla grotta?” gli urlò addosso il capitano
“A-avevo sentito dei rumori. . .” si giustifico il soldato, alzandosi dolorante da terra sorretto dai compagni.
Presentava ferite e tagli su tutto il corpo, soprattutto sulle mani in quanti aveva tentato di proteggersi il volto dall’attacco. Parti della mimetica erano strappate lasciando vedere piccoli morsi sulla carne.
“Qui non siamo nelle campagne della tua fattoria, dannato idiota! Vuoi farci ammazzare tutti?” gli sbraitò contro Sanders.
I due si odiavano dai tempi dell’accademia, odio che si era leggermente attenuato da quando lavoravano insieme nella stessa squadra.
“Sanders, piantala!” lo rimproverò il capitano Frank “Non è il momento per vecchie antipatie!”
“Cos’erano quelle cose?” chiese Daniel, dopo aver distolto lo sguardo da Sanders.
“Compsognatus” rispose Frank, controllando la lista degli animali fornita da Ludlow.
“Credo che dovremmo andarcene, capitano. Potrebbero tornare e ormai la nostra posizione è scoperta, grazie anche alla genialità di Sanders!” disse Jetkins, riferendosi a quando il soldato aveva sparato in aria.
“Oh andate tutti al diavolo!” gli rispose di botto Sanders, andando alla bunker per prepararsi lo zaino.
“Forse è meglio così, useremo i visori notturni per orientarci alla meglio.” decretò Frank
“Con questo tempo, signore?” chiese Daniel
Nessuno lo degnò di una risposta e lui capì che era meglio stare zitto e seguire gli ordini.
Sotto la pioggia incessante, zaini in spalla, armi pronte e visori attivati, la squadra si incamminò ancora una volta nella foresta, sperando di non incontrare dinosauri più grossi di quelli di prima.

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Capitolo 10
*** Episodio 10 - Fino alla morte ***


Episodio 10 – Fino alla morte
Il terzo dei quattro giorni della missione su Isla Muerte iniziò con le imprecazioni in russo di Dmitri, il quale era salito sul tetto del rifugio per tentare di creare una connessione col satellite permettendo al Cap. Krauser di mettersi in contatto con Ludlow.
Doveva parlargli urgentemente, voleva chiedergli se era al corrente di esperimenti segreti condotti sull’isola, e il fatto che Ludlow avrebbe potuto nascondere qualcosa lo mandava in bestia.
Gabriel stava davanti al suo pc e aveva appena avuto una comunicazione con l’altra squadra: Frank gli aveva detto che potevano metterci più tempo del previsto ad arrivare al loro rifugio, così aveva deciso di anticiparsi nello scoprire informazioni su quel laboratorio sotterraneo e, magari, avrebbe cavato qualcosa anche da quello strambo di Ray.
Quei due soldati, Ray e Hicks, non davano affatto una buona impressione ne molta sicurezza a Gabriel, avevano sempre un’aria sospettosa e il fatto che la notte li aveva sentiti discutere nella loro stanza dove dormivano non aveva di certo attenuato le sue preoccupazioni.
Proprio in quel momento Hicks passò davanti la sua porta dirigendosi all’esterno del rifugio, strofinandosi il collo con una mano e facendo una smorfia di dolore. Prese una sigaretta dal pacchetto che teneva nel taschino sinistro, la poggiò sulle labbra e fece per accenderla quando un forte colpo alla nuca lo spinse in avanti facendogli cadere la sigaretta a terra.
“Hey!” sbottò Hicks girandosi alle sue spalle.
“Ma che diamine hai in testa eh?” gli urlò contro Gabriel guardandolo severo.
Hicks si abbassò per accogliere la sigaretta e lanciò uno sguardo di incomprensione a Gabriel. Si chiese se quell’uomo lo facesse apposta o gli veniva naturale farsi odiare dagli altri.
“Quegli animali hanno un olfatto supersviluppato, sentirebbero l’odore della sigaretta per chilometro!” spiegò Gabriel indicando col dito la foresta intorno alla radura dove si trovavano.
Hicks si alzò rimettendo a posto la sigaretta.
“Ho sempre fumato da quando siamo arrivati qui!” disse alzando le spalle, come per giustificarsi che non ci vedeva nulla di male.
“Allora non mi sorprendo che siate stati attaccati dai raptor!” rispose sprezzante Gabriel, girandosi verso il tetto del rifugio. “Dmitri! Piantala di bestemmiare e vedi di far funzionare quello schifo di radio! Giuro che se ne usciamo tutti interi strangolo quel verme di Ludlow, sia dannato lui e la sua tirchiaggine!”
“Ehm. . .signore. . .forse dovrebbe venire quassù a vedere una cosa!” disse Dmitri con voce tremante.
Gabriel e Hicks si scambiarono uno sguardo interrogativo, poi salirono entrambi dalla scaletta sul tetto.
Tre metri più in alto avevano una visuale panoramica della foresta intorno a loro, alcuni alberi erano molto più alti di loro ma in linea generale riuscivano a vedere un ampia zona. Dmitri volgeva il braccio destro nella direzione frontale all’entrava del rifugio e voltandosi anche i due soldati videro ciò che l’aveva allarmato.
Le fronde di alcuni alberi a due/tre chilometri di distanza si agitava convulsamente come scossi da un forte vento. Solo che quella mattina era afosa e umida, di vento nemmeno un soffio.
“Cosa credete che sia?” chiese Dmitri, posando gli attrezzi e imbracciando il suo fucile.
“Hey. .hem. .io la sigaretta non l’ho accesa! Non prendetevela con me!” balbettò Hicks con tono ironico e alzando le mani.
Dal punto in cui guardavano, provenne un lungo, profondo terrificante ruggito seguito da pesanti passi che intensificavano con l’avvicinarsi della creatura alla loro posizione.
“Io direi” disse Gabriel avvicinandosi alls scaletta “di prepararci a un guaio di quelli veramente grossi!”
In quell’istante Ramirez, Johnson e Ray uscirono fuori dal rifugio puntando i fucili verso gli alberi di fronte a loro mentreGabriel saltò giù dal tetto e si diresse verso l’entrata.
“Signore, ma che sta. . .?” iniziò a chiedere Johnson verso Gabriel, ma questi lo ignorò completamente dirigendosi dentro e uscì quasi subito imbracciando il suo fucile di precisione.
Se quella creatura era grossa quanto sospettava lui, era sicuro che qualche proiettile del suo calibro 50 ben piazzato avrebbe risolto il problema senza troppe difficoltà.
Un urlo assordante squarciò l’aria tranquilla mattutina, indicando che l’animale era a pochissimi metri di distanza da loro e alcuni alberi si vedevano cadere mentre questo avanzava.
I soldati erano allineati a difesa del rifugio, pronti anche alla fuga in caso fosse necessario:
Ramirez quasi tremava, ancora scossa dall’attacco misterioso della notte appena trascorsa;
Johnson e Dmitri erano ai lati della ragazza, tesi e pronti ad aprire il fuoco;
Hicks e ray si tenevano in disparte, vicini al rifugio, pronti a darsela a gambe in ogni caso!
E Gabriel, infine, stava dritto davanti a tutti, fronteggiando la foresta e tenendo il fucile puntato davanti a se. Uno strano sorriso deformava il suo volto, rendendolo spaventosamente minaccioso, segno che per lui quella era una bella sfida e più grossa era la creatuta più lui si sarebbe divertito a darle la caccia!
Con un rumore secco gli alberi caddero davanti a loro, liberando uno spazio nella coltre della foresta. Di mezzo spuntava l’enorme corpo della creatura, eretta sulle zampe posteriori, la testa enorme che girava lo sguardo da un lato all’altro. Il corpo era seminascosto dagli alberi, ma era visibile una colorazine rosso scuro, quasi sangue secco, delle striature più scure sul dorso e una pelle coriacea con alcuni piccoli tubercoli sulla testa e la schiena.
Apriva e richiudeva le grosse mascelle in movimenti lenti, lasciando intravedere pezzi di carne incastrati nei denti e varie macchie di sangue, sia sulla bocca che sulle zampe anteriori, fecero intendere che aveva appena mangiato qualche sfortunata creatura.
L’animale rivolte la testa verso il basso, squadrando quelle piccole creature e producendo bassi ringhii, simili a quelli di un grosso felino. Poi fissò per un attimo lo sguardo su Gabriel e urlò con una forza tale da far dolere i timpani ai soldati.
“Correte! Via di qua!” urlò Gabriel con quanta più voce potesse, puntando il fucile verso l’animale e camminando lentamente all’indietro.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Era ormai notte fonda, circa le due, quando la squadra di Frank arrivò al rifugio dove avrebbero dovuto incontrarsi con gli altri compagni. Non avevano loro notizie da diverse ore e i sospetti di Frank si intensificarono all’arrivo nella radura.
L’aria era umida e il terreno molto fangoso, in quanti aveva piovuto fino a pochi minuti prima, ma molte erano le tracce che fecero ben capire che c’era stato uno scontro violento in quel posto. Alla luce delle torce i soldati trovarono bossoli sparsi un po’ ovunque e diverse orme andavano in ogni direzione. Alcune di queste erano visibilmente umane, mentre altre erano decisamente di un animale molto grosso.
La porta del rifugio spalancata e dopo esservi entrato, Sanders disse “Signore, sembra che qui non ci sia più nessuno! Hanno lasciato tutto dentro le stanze, devono essersene andati di fretta!”
Frank ispezionava l’area cercando di capire dove finissero le impronte umane.
Jetkins chiamò il capitano “Signore, venga a vedere cos’ho trovato!”
I soldati si diressero verso il compagno, illuminando un grosso varco nella foresta con alberi abbattuti e calpestati come fruscelli sul terreno.
“Questo doveva essere bello grosso! Un Trex forse?” mormorò Sanders.
Daniel impugnò forte il fucile guardandosi intorno e massaggiandosi le ferite inferte dai piccoli Compsognatus alcune ore prima.
Frank non rispose ma si chinò a terra illuminando una delle enormi impronte lasciate dalla misteriosa creatura e prese un oggetto ripulendolo dal fango che lo ricopriva.
Illuminandolo con la torcia si scoprì che era una fiaschetta di metallo leggermente ammaccata. Aprendola e bevendone un sorso, Frank sentì sia l’odore che il sapore di vodka, per giunta calda, sputandola immediatamente.
Rigirandola lesse a bassa voce la scritta “Fino alla morte”. Sì, era proprio la fiaschetta del suo compagno Gabriel.
Jetkins, capendo la situazione, disse “Signore, ordini?”, guardando con fare interrogativo il capitano.
Frank si rialzò mettendo la fiaschetta nel suo zaino, poi disse “La porta è spalancata, quindi come ha detto Sanders devono aver avuto pochissimo tempo per organizzarsi!”
Si diresse verso l’apertura tra gli alberi illuminando con la torcia e continuò dicendo “Cercate munizioni e viveri nel rifugio. Jetkins tu pensa alla radio e controlla velocemente i dati raccolti dal pc. Poi andremo in quel dannato laboratorio a vedere cosa hanno combinato quelli della Iongen in questo posto!”

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Capitolo 11
*** Episodio 11 – Gli orrori della Ingen ***


Episodio 11 – Gli orrori della Ingen
Gabriel e la sua squadra correvano in fila indiana nel folto della foresta, non curanti delle piante che gli sferzavano il volto e gli arti. Erano riusciti a scappare all’attacco di quel grosso carnivoro per pura fortuna. Il piano del capitano era sin dall’inizio di fuggire da quella zona, ormai compromessa, e raggiungere il laboratorio di cui avevano parlato Ray e Hicks.
Quei due erano spariti all’inizio dell’attacco, Gabriel suppose che forse erano tornati nella galleria sotterranea.
Poco male. . .erano solo d’intralcio. . .una preoccupazione in meno!
. . . . .
No! Era un problema invece! Riflettendoci meglio, Gabriel si rese conto che quei due andavano tenuti d’occhio e il fatto che erano scappati rendeva le cose ancora più complesse!
“Signore!” urlava Ramirez infondo alla fila “Credo che possiamo rallentare! Non sento più i passi del dinosauro!” Respirava ansando per la fatica della corsa.
“Ancora poco e ci siamo!” si limitò a rispondere il capitano.
Erano tutti incredibilmente incolumi ma molto spaventati dal precedente incontro. Quella “cosa” era indubbiamente un grosso e forte predatore, vorace e intelligente. Ma fu la sua grandezza a lasciare tutti strabiliati. Non assomigliava a nulla che avessero visto su Isla Nublar, ne tantomeno compariva sulla lista dei dinosauri di quell’isola.
Un altro dannato mostro di Frankenstein, a detta di Gabriel.
Il suo obiettivo ormai era di scoprire cosa combinasse la Ingen in quel laboratorio sotterraneo, più per una curiosità personale che per dare informazioni a Ludlow ed era certo che anche Frank si sarebbe diretto in quel posto, una volta che avrebbe scoperto il caos al loro rifugio.
La notte stava scemando lentamente e il cielo iniziava a schiarirsi dalle precedenti nuvole cariche di pioggia, lasciando spazio alla luce lunare e alle stelle. L’effetto di quella luce diede ai soldati un’immagine spettacolare da vedere quando arrivarono infine a camminare su un sentiero battuto fatto di brecce bianche che rilucevano nella notte.
Lo percorsero per circa due/trecento metri giungendo alla soglia di un enorme cancello, alto circa quattro metri e largo tre, ai cui lati era visibile una recinzione seppur coperta dalla vegetazione. Guardando attentamente si notava che la recinzione correva per un area molto vasta, intorno a quello che sembrava un piccolo centro industriale.
Varcando il cancello, sulla cui sommità c’era il simbolo della Ingen, notarono che alla sinistra c’erano dei grossi silos che affiancavano un piccolo distributore di benzina. Alcuni veicoli, prevalentemente jeep e camioncini, erano parcheggiati li intorno e sembravano in buone condizioni a parte della ruggine sulla carrozzeria. Al lato destro dell’area c’era un piccolo edificio in cemento, a prima vista un magazzino. Ma al centro c’era quello che stavano cercando da ore: un edificio basso, sui cinque o sei metri di altezza e una decina di larghezza sulla facciata, presentava larghe scalinate che portavano all’ingresso formato da delle grosse vetrate e un portone, tutto in una struttura in ferro. Sul tetto invece c’era una piccola torre e una piattaforma per l’atterraggio degli elicotteri.
In alto al portone si leggeva la scritta
“Quindi è qui che facevano i dinosauri?” chiese Johnson.
“Pare di sì” rispose Gabriel. Poi aggiunse “Se c’era energia elettrica nei rifugi, deve esserci anche qua! Ramirez e Dmitri, andate a controllare quell’edificio sulla destra!”
I soldati si avviarono verso l’edificio cautamente, illuminando l’area con le torce montate sui fucili. Il piccolo edificio in cemento era di forma rettangolare, con una tettoia in tegole, nessuna finestra e una porta in ferro sul retro. Questa sembrava che un tempo fosse chiusa con un lucchetto che ora era totalmente arrugginito, quindi Dmitri lo ruppe con un semplice colpo del calcio del fucile. La porta era abbastanza pesante, infatti dovettero faticare un po’ per riuscire a spalancarla, entrando infine al suo interno. La prima cosa che saltò all’occhio dei soldati fu l’enorme fascio di tubi che, partendo dal terreno, correvano lungo le pareti, emanando un’aria calda nel piccolo edificio e un forte odore di zolfo. Alla parte opposta della porta era visibile un quadro pieno di luci lampeggianti e pulsanti con varie scritte. I soldati vi si avvicinarono, notando che alcune manopole sui tubi erano di uno strano colore dorato.
“Forse saranno incrostazioni di zolfo! Dopotutto questa è un’isola vulcanica.” Disse Dmitri.
“Già, evidentemente anche qui sfruttavano l’energia geotermica del vulcano spento come facevano su Isla Nublar! E non c’è manutenzione da due anni, questo deve essere zolfo incrostato!” rispose Ramirez.
“No, ti sbagli. Usavano una lega d’oro per alcune parti delle tubature, proprio perché è uno dei pochi minerali che lo zolfo non corrode!” spiegò il compagno. Poi, allo sguardo interrogativo della ragazza, precisò “Che c’è? Mi sono informato dopo essere tornati da Nublar. Sono affascinato dalla loro tecnologia!” La ragazza scosse la testa rassegnata ed entrambi andarono avanti per uno stretto corridoio arrivando al pannello della corrente, aprendo uno sportello di vetro molto impolverato e iniziarono a studiare i vari pulsanti.
Le luci che avevano visto lampeggiare rivelavano che la corrente era disponibile per essere distribuita nell’impianto, bastava solo premere gli interruttori che interessavano.
“Proviamo con questo!” bisbigliò Dmitri premendo un pulsante con scritto
Dalla radio arrivò la voce di Gabriel “Bene ragazzi, ora abbiamo un po’ di luce qua fuori!”
I soldati nell’edificio sorrisero entusiasti del fatto che l’impianto funzionasse e iniziarono a premere altri pulsanti sul quadro. Così la corrente arrivò al distributore di benzina, si accesero vari faretti disseminati nel terreno circostante, la recinzione emise uno sfrigolio indicando che l’elettricità scorreva nei cavi e anche il centro ricerche si illuminò lasciando intravedere l’interno tramite le grosse vetrate.
I soldati uscirono e si avviarono verso l’entrata, mentre Johnson e Gabriel controllavano il distributore e i veicoli parcheggiati. Al suo interno c’erano un paio di sedie, un tavolino, due distributori di bibite e snack, una scrivania con pc e registratore di cassa e una porta che conduceva al bagno. Ma nessun segno di chiavi dei veicoli parcheggiati all’esterno. Johnson entrò direttamente nell’officina sul retro che appariva come una classica officina meccanica, tavolo con attrezzi e ponte meccanico per le riparazioni, trovando quasi subito le chiavi dei veicoli appese a una parete. Guardando fuori la porta per controllare dove fosse il capitano Krauser, prese velocemente le chiavi e se le mise in una tasca dello zaino.
“Trovate le chiavi?” chiese Gabriel
La voce del capitano fece trasalire il soldato, che trovandoselo di spalle, ebbe un sussulto.
“No signore, mi dispiace ma qui c’è solo un officina con degli attrezzi!” mentì Johnson, cercando di non farsi scoprire.
“D’accordo, allora entriamo.” decise Gabriel, fissandolo col solito sguardo gelido.
Evidentemente non si era accorto della veloce mossa di Johnson e questo sollevò molto l’animo del soldato, che si avviò insieme a lui verso i compagni all’entrata.
I quattro salirono le scalinate ed entrarono nel centro ricerche restando momentaneamente accecati dalle forti luci al neon sul soffitto. All’entrata vi era una grande reception, con vari tavolini e divanetti intorno. Sul bancone trovarono vari telefoni, tutti non funzionanti.
“Mmmmm. . . .strano. . . .c’è la corrente ma i telefoni non funzionano!” mormorò Dmitri.
“Il centro comunicazioni è da tutt’altra parte dell’isola” disse Ramirez guardando la carta “Potremo sempre darci un occhiata domani, no?”
“A suo tempo!” fu la risposta quasi sussurrata di Gabriel, il quale guardava affascinato il murales dietro la reception che mostrava il cancello del Jurassic Park su Isla Nublar attraversato da jeep piene di visitatori e circondato dai dinosauri presenti sull’isola.
“Questa gente è davvero pazza!” mormorò Johnson. “Come pensavano di poter davvero controllare quelle creature?”
“I soldi, amico mio, rendono l’uomo cieco di fronte alla realtà dei fatti!” disse Dmitri con fare filosofico.
I due si guardarono in faccia scoppiando a ridere, venendo zittiti dal capitano che colpì entrambi con un ceffone in pieno volto.
“Volete fare la fine di quegli idioti?” disse riferendosi alla squadra della Byosin.
Detto questo, si avviò verso una porta alla destra della reception, seguito dalla squadra. Sulla porta c’era un cartello che diceva . Aprì la porta e si affacciò con cautela, restando ancor più affascinato guardando quello che c’era nella stanza:
una scalinata dopo la porta scendeva verso quello che era evidentemente una vera e propria catena di montaggio, con bracci meccanici ai lati di grandi vasche incubatrici di forma concentrica al cui interno erano visibili gusci d’uova frantumati. In un altro settore c’erano dei grossi tubi cilindrici verticali in cui fluttuavano feti di dinosauro a cui erano collegati vari tubicini e fili, alcuni erano orribilmente deformati dandogli un’aria spaventosa e mostruosa.
Nonostante vi fosse luce nel complesso, i macchinari erano tutti spenti e Dmitri pensò che fosse un bene, perché non gli sarebbe piaciuto che qualcuna di quelle creature tornasse in vita saltando fuori dai tubi incubatori.
“Andiamo in un'altra stanza!” disse Gabriel tornando indietro e chiudendo la porta per ultimo, assicurandosi che nessuno restasse la dentro.
Girarono la reception arrivando a una porta posta al lato sinistro che portava, come diceva la scritta sopra lo stipite, agli spogliatoi del personale.
“Dove diamine sarà quel laboratorio sotterraneo?” chiese Dmitri guardandosi intorno e cercando un indizio.
“Direi che dovremo cercare una scala che porti a un piano inferiore.” Disse Gabriel.
“O magari. . . .un ascensore!” esclamò Ramirez quasi urlando mentre indicava una porta seminascosta da una tenda, proprio affianco alla reception.
I soldati vi entrarono trovando due ascensori, uno accanto all’altro, ognuno dei quali aveva una capienza massima di 5 persone, così riuscirono ad entrarvi tutti.
All’interno si udiva una leggera musica, di quelle classiche degli ascensori degli Hotel di lusso, e Dmitri iniziò a mimare il motivetto con le labbra chiuse. Tutti lo guardarono male al punto da farlo smettere.
Premettero il bottone della discesa e in un paio di minuti si ritrovarono nel piano sotterraneo del Centro Ricerche. Uscendo dall’ascensore si ritrovarono in un lungo corridoio con svariate porte a entrambi i lati, alcune delle quali erano altri spogliatoi del personale e uffici vari. Saltarono tutte le porte andando dritti a quella infondo che portava sullo stipite la scritta “Accesso Riservato Al Personale autorizzato” e vicino alla maniglia era presente un lettore di tessere magnetiche con un piccolo led rosso lampeggiante. Provarono a spingere e tirare la porta, ma a quanto pare era necessaria una tessera magnetica.
“Dannazione!” mormorò Johnson “Dove diavolo troviamo una tessera per entrare adesso?”
“Se sono entrati quelli della Byosin, allora devono essercene alcune nelle stanze qui dentro.” Disse Gabriel. “Cercate in tutte le stanze, forzate gli armadietti degli spogliatoi se necessario. Tanto non credo che qualcuno verrà a lamentarsi.” Aggiunse con un mezzo sorriso.
I soldati annuirono e si diressero ognuno in una stanza diversa, rovistando ovunque. Gabriel intanto esaminava il corridoio, notando solo in quel momento alcune strisce di sangue per terra e sulla porta. Si chinò e raccolse un mozzicone di sigaretta, della stessa marca di quelle che aveva Hicks nel taschino.
“Figlio di. . . .” mormorò a bassa voce. Dovevano essere per forza le tracce del precedente passaggio della squadra nemica.
 “Signore, ho trovato questa in uno dei camici degli spogliatoi! Spero che funzioni.” Disse Ramirez avvicinandosi al capitano e porgendogli una tessera magnetica attaccata a un laccetto.
Gabriel la fece scorrere nel lettore di tessere e il led rosso diventò verde, producendo un leggero bip, segno che la porta si era sbloccata. La attraversarono ritrovandosi in un enorme stanza, forse più grande del laboratorio principale al piano di sopra, piena di strani macchinari e computer, ma con la differenza che tutto sembrava perfettamente funzionante come se non fosse mai stato abbandonato quel luogo.
Dalla destra proveniva una forte luce verde e avvicinandosi scoprirono il motivo del terrore di Ray.
Due grossi tubi incubatori erano affiancati, con decine di macchinari collegati ad essi. Uno di questi era distrutto, i vetri e il liquido di conservazione erano sparsi li intorno, mentre l’altro conteneva una creatura collegata anch’essa a fili e tubicini vari come i dinosauri che avevano trovato nel laboratorio di sopra.
La creatura fluttuava nel liquido e sembrava quasi che stesse dormendo.
“Che diavolo è quella cosa?” disse Dmitri in un sussurro.
“Ma. . . .è enorme. . . .” disse Ramirez facendosi il segno della croce e stringendo il fucile.
Gabriel ne rimase affascinato, avvicinandosi e toccando il grosso tubo, quasi come se stesse accarezzando quella creatura.
Johnson si avvicinò a uno dei computer e lesse ad alta voce “M.R. Project. . . .qui dice che era un progetto segreto della Ingen. . . .e ci sono vari dati sull’animale quando era in vita. . . .no, gli animali! Erano due!”
Alzò la testa e guardò verso il secondo tubo, sgranando gli occhi per il fatto che fosse vuoto.
“Dove sarà finito quell’altro?” urlò spaventato Johnson.
“Deve essere successo mentre quelli della Byosin sono entrati qua dentro, ne sono certo!” disse Gabriel girando per la stanza in cerca di altre tracce lasciati dagli uomini di Hicks.
“Gente, a me è venuta in mente una cosa” disse Dmitri “Ricordate quella creatura che ci ha fatto visita l’altra notte? Quando il capitano gli ha lanciato contro una granata accecante?”
Tutti annuirono.
“Beh io non è che l’ho proprio vista bene. . . .ma quando la granata è esplosa il lampo di luce ha illuminato per un attimo quella creatura. . . .e a me sembra che somigliasse molto a questa qua!” disse indicando infine il dinosauro morto nel tubo.
Gabriel lo guardò perplesso, valutando la sua teoria. Poi disse “Potresti aver ragione! Devono averlo risvegliato loro. . . .quegli idioti!”
“Aspettate un momento! Ok forse lo hanno liberato loro. . . .ma da dove è uscito, se l’unico modo per lasciare questo laboratorio è l’ascensore?” disse Johnson.
Per un attimo tutti rimasero in silenzio, riflettendo sul quesito che in effetti aveva creato una crepa nella teoria di Dmitri.
“E se l’animale fosse già stato libero?” si fece avanti Ramirez, mentre controllava le informazioni sul pc.
“Che vuoi dire?” domandò Johnson.
“Qui dice che dopo averli creati, gli scienziati della Ingen lasciavano liberi i due animali all’interno dell’isola in un area appositamente riservata a loro, per poi riprenderseli e portarli qui per continuare gli esperimenti.” spiegò la ragazza leggendo dal pc.
“Resta ancora il fatto di come li portavano fuori da qua dentro!” puntualizzò ancora Johnson.
Dei passi fecero girare tutti di scatto verso il lato sinistro della stanza.
“A questa domanda posso rispondervi io!” disse una voce nell’ombra.
Avvicinandosi alla luce, apparve la squadra di Frank al completo.
 

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Capitolo 12
*** Episodio 12 – Il paradosso del gatto di Schrödinger ***


Gabriel si voltò verso la fonte della voce, vedendo il suo amico Frank che usciva dall’ombra con tutta la sua squadra al completo.
“Sei proprio un diavolo!” gli disse stringendogli la mano per salutarlo mentre facevano lo stesso anche i loro soldati. “Ma da dove cavolo sbucate?”
Frank mostrò un sorriso beffardo poggiando la mano destra nei capelli ricci e infilando la sinistra in tasca, lo faceva sempre quando aveva qualcosa per cui vantarsi e a Gabriel quella posa faceva morire dalle risate. “Beh, quando siamo arrivati al vostro rifugio ci siamo subito resi conto che vi era capitato qualcosa e dalle orme sparse in giro dirette verso la foresta ho immaginato che ve la siete data a gambe in fretta!” disse velocemente guardando verso Gabriel con uno sguardo per chiedere conferma della sua ipotesi.
“Un grosso lucertolone insonne ci ha fatto una simpatica visita notturna!” ironizzò Dmitri, causando una forte risata da parte di tutti.
“Se era così tanto grosso come dici, perché non vedo la sua testa qui in giro come tuo trofeo di caccia?” disse Frank rivolto a Gabriel in tono di sfida.
Questi non cambiò espressione, segno che la battuta non l’aveva minimamente infastidito, ma anzi ribattè dicendo “Ero troppo impegnato a salvare le chiappe alla mia squadra per pensare di tagliargli la testa!”
Frank sorrise beffardamente e aggiunse “Stai perdendo colpi vecchio mio! A proposito, questa deve essere tua!”. Mise la mano in una delle tasche dello zaino e lanciò a Gabriel la fiaschetta in metallo con la scritta “Fino alla morte”.
“Oh, grazie!” mormorò l’altro facendosi un sorso per poi sputare a terra il liquido appena ingurgitato. “Schifosa vodka calda!”
“Tornando alla domanda che mi hai fatto” riprese Frank “Abbiamo seguito le vostre tracce fino a un certo punto ma siccome diventavano sempre più difficili da trovare nel terreno ho deciso di avvicinarmi al laboratorio di cui parlavano quei due tizi che avete trovato nel tunnel tu e Ramirez. A proposito, dove sono?”
Gabriel borbottò sottovoce qualche insulto che nessuno riuscì a comprendere, poi disse “Se la sono svignata quando quel bestione ci ha attaccati! Se avessi avuto delle catene li avrei trascinati con la forza, ma ormai il danno è fatto.”
“Ce ne occuperemo in seguito, tranquillo!” gli disse Frank. “Comunque, siamo arrivati al cancello e notando tutta quell’illuminazione abbiamo immaginato che foste stati voi!”
“Merito di Dmitri e Ramirez” disse Gabriel con un pizzico di orgoglio nel tono della voce.
Dmitri mimò un piccolo inchino al capitano Frank guadagnandosi un pugno in testa da Ramirez che mormorò “Piantala di fare sempre l’imbecille!”
“Siamo entrati direttamente nell’edificio ed esplorato ogni stanza accessibile” continuò Frank senza badare al litigio dei due soldati. “Abbiamo anche visto il laboratorio e sono rimasto sbalordito dalla sua grandezza! Sembrava non finire mai con quei bracci meccanici, le vasche incubatrici e tutta quella roba tecnologica.”
“Già, hanno fatto davvero un lavoro incredibile quelli della Ingen. E ancora non capisco come mai abbiano abbandonato questa struttura!” disse Gabriel grattandosi il mento come faceva di solito mentre rifletteva su qualcosa.
“Ad ogni modo, ho pensato che non potesse essere quello il laboratorio di cui ha parlato quel tizio strambo. Com’è che si chiama?” chiese Frank rivolto ai soldati.
“Ray!” disse Ramirez. “E quell’altro ha detto di chiamarsi Hicks!”
“Sì sì giusto!” annuì Frank “Quindi ci siamo messi a cercare un entrata segreta o qualcosa del genere. Abbiamo notato una porta nascosta da una tenda dietro la scrivania della reception e vi siamo entrati trovando degli ascensori. Il problema è che solo uno era in funzione e nonostante abbiamo provato più volte a farlo salire al nostro piano sembra che si sia guastato.”
I soldati si guardarono l’un l’altro allarmati dalla nuova notizia.
“Forse. . .e dico FORSE. . .deve essersi fuso qualche circuito, siccome l’impianto elettrico è senza manutenzione da molto tempo. Evidentemente mettendolo in funzione si saranno bruciato dei cavi o altro.” Azzardò Dmitri con voce bassa lanciando uno sguardo a Gabriel. Poi si abbassò aprendo il suo zaino e continuò “Potrei provare a ripararlo ma non so se ho gli attrezzi giusti e poi. . .”
“Non serve!” disse all’improvviso Gabriel poggiandogli una mano sulla schiena per dirgli di rialzarsi. “Voi siete entrati da un’altra parte, vero?” disse poi rivolto a Frank e la sua squadra.”
“Sì, in effetti c’è un altro modo per entrare e uscire da questo laboratorio sotterraneo. E ho validi motivi per ipotizzare che quel dinosauro che prima era nel tubo insieme all’altro e che vi ha attaccati due notti fa, sia uscito per la stessa strada che abbiamo fatto noi per entrare!” disse Frank facendo segno con un braccio all’altro gruppo di seguirlo.
Accesero tutti le torce e andarono dietro Frank, il quale continuava a parlare “Rendendoci conto che non potevamo scendere ed essendo sicuro al 100% che voi eravate quaggiù, ho supposto che doveva esserci per forza un altro modo per entrare e uscire da questo posto, siccome un ascensore così piccolo non sarebbe di certo bastato per trasportare macchinari e animali!”
Camminavano dietro di lui verso la parte sinistra del laboratorio in cui non c’era illuminazione. La spiegazione fu data dai vetri infranti a terra delle grosse lampade che pendevano sul soffitto. Varie tracce di sangue secco ricoprivano il pavimento in cemento e in alcune si distinguevano chiare orme umane e di dinosauro.
“Ho trovato queste impronte poco lontano dal reticolo elettrico, circa duecento metri dietro questo edificio. Abbiamo pattugliato l’area per alcuni minuti trovando un cadavere totalmente smembrato e privo di una gamba, era uno di uno di quei tizi della Byosyn.” Continuò a raccontare Frank, adesso aveva imboccato una grossa apertura nella roccia che portava a un lungo e buio tunnel.
Gabriel si domandò come diavolo aveva fatto a non accorgersene appena erano scesi in quel posto.
“Sì, Ray ci ha raccontato della loro fuga da questo laboratorio e che alcuni erano rimasti indietro.” Disse Johnson, parlando per la prima volta da quando avevano incontrato l’altro gruppo.
“Bene, abbiamo seguito le macchie di sangue che quel poveretto aveva lasciato dietro di se mentre scappava nella foresta e siamo incappati in una grotta. Ci siamo addentrati e seguendo il tunnel siamo arrivati fino a un bivio, non avendo la più pallida idea di come proseguire. Poi a un certo punto abbiamo sentito le vostre voci in lontananza e siamo riusciti a raggiungervi.” Finì di raccontare Frank continuando a camminare.
“Un bivio?” chiese allarmato Gabriel.
“Sì, portava in due direzioni: andando dritti siamo arrivati a voi, ma l’altro tunnel svoltava a sinistra e non abbiamo avuto nessuna intenzione di proseguire per quella strada!” spiegò Frank fermandosi all’improvviso, col risultato che diversi soldati dietro si scontrarono per la brusca fermata.
“Oh, scusatemi! Comunque più avanti si riesce a vedere la luce del sole, dovremmo essere a circa due-trecento metri dall’uscita!” disse Frank volgendosi al gruppo dietro di lui e sorridendo.
“Quindi non ci resta che tornare indietro, prendere più dati possibili dai computers e uscire per di qua?” chiese Daniel, azzardandosi a parlare per la prima volta da quando la notte prima era stato attaccato dai Compsognatus e nessuno della sua squadra gli aveva rivolto la parola.
Tutti i suoi compagni lo guardarono male, il che lo convinse del tutto che per la sua incolumità era meglio starsene zitto ancora per molto tempo.
Gabriel notando la scena chiese con un tono divertito a Frank “Che ha fatto il ragazzo per far incazzare anche te?”
Frank lo guardò male mormorando sottovoce “Non sono affari tuoi!”
Poi i due si guardarono in faccia e scoppiarono a ridere, causando la totale perplessità dei loro soldati. L’ironia di loro capitani era stato sempre oggetto di forti discussione e strampalate teorie da parte dei due gruppi soprattutto perché era molto raro veder ridere il capitano Gabriel Krauser, a meno che non stesse lanciando bombe a mano o facendo saltare in aria qualcosa. Le discussioni arrivarono al punto che il tentare di  decifrare la sua personalità fu paragonata alla domanda esistenziale “Ma le zebre sono bianche a strisce nere o nere a strisce bianche?”.
“Beh comunque direi che il ragazzo ha ragione, anzi direi di mandare qualcuno in pattugliamento di quest’altra galleria nel frattempo.” Propose Gabriel dando una pacca sulla spalla di Daniel.
“Assolutamente no!” disse Frank tornando a un tono duro “La esploreremo insieme, meglio che evitiamo di separarci ancora da adesso in poi!”
“Va bene, sono d’accordo. Comunque voglio vedere da dove siete entrati, che ne dici se proseguiamo?” disse Gabriel continuando a camminare e senza nemmeno aspettare la risposta dell’amico.
Frank scosse la testa in segno di resa e si incamminò dietro Gabriel, seguito dai soldati che se la ridacchiavano di buon gusto.
Arrivati all’uscita si ritrovarono in piena jungla, col sole del primo mattino che già emanava molto calore e rendeva l’aria soffocante. Echeggiavano da lontano diversi suoni di animali e il cinguettio di alcuni uccelli sugli alberi circostanti riempiva l’aria, dando l’idea che fosse tutto molto tranquillo.
“Ascolta Frank, direi che dopo potremo dirigerci a nord verso queste altre strutture e vedere se possiamo trovare altro materiale da scaricare. Pare che sia il centro comunicazioni e un piccolo villaggio con le residenze del personale. Dopodiché saremo perfettamente in orario per l’incontro con l’elicottero, siamo al terzo giorno e non verranno a prenderci prima di domani pomeriggio alle 17:00” disse Gabriel mentre controllava una mappa insieme a Dmitri che calcolava e annotava le distanze su un taccuino.
Frank era in disparte a parlare con Daniel e si diresse solo dopo un paio di minuti verso l’altro capitano.
“Prenditela pure comoda, tesoro! Non potevi aspettare a dopo per far la paternale al ragazzo?” sbottò Gabriel sbuffando d’impazienza.
“Te lo ripeto, non sono affari tuoi!” disse Frank senza guardarlo in faccia. “Comunque penso che potremo farcela in base al tuo piano. Abbiamo perso un po’ di tempo, ma se affrettiamo il passo dovremo raggiungere queste strutture in poche ore e passare la notte li.”
I due restarono alcuni secondi a fissare la mappa, riflettendo entrambi sul piano e sulle eventuali variabili, poi si rialzarono contemporaneamente dirigendosi ognuno verso la propria squadra.
Gabriel si fermò improvvisamente, irrigidendosi sul posto e muovendo a stento la testa, sembrava che stesse cercando di captare qualche suono difficile da udire. Frank se ne accorse e si girò verso di lui guardandolo come per chiedergli cosa stesse accadendo.
Uno dei soldati della squadra di Frank, Jetkins, disse “Signore, che succ. . .”
Venne zittito da un gesto della mano del suo capitano, il quale si rivolse sottovoce a Gabriel “Non sento più gli uccelli sugli alberi!”
Questo non disse una parola, restando teso sul posto col sudore che gli scorreva lentamente sulla fronte e fissando lo sguardo verso la foresta intorno a loro.
Sembrava stesse effettivamente ascoltando qualcosa, un rumore che agli altri soldati sfuggiva e li rendeva molto nervosi per l’evidente tensione che si stava creando. Poi, Gabriel indicò con la mano destra davanti a se portandosi alla bocca l’altra mano facendo segno di fare silenzio e ascoltare.
Un basso brontolio era appena udibile, coperto dal leggero suono del vento che passava tra le fronde degli alberi. Sembrava il verso di un grosso felino che se ne sta acquattato in attesa di balzare sulla preda. Quel suono era accompagnato dal rumore di un respiro pesante.
I soldati sgranarono gli occhi rendendosi conto che li davanti tra gli alberi c’era qualcosa in agguato e che avrebbe potuto saltargli addosso da un momento all’altro.
Gabriel e Frank si scambiavano occhiate d’intesa, iniziando in maniera quasi sincronizzata ad indietreggiare verso l’entrata del tunnel, subito imitati dai loro soldati. La manovra non fu affatto facile siccome avevano zaini e alcune attrezzature da trasportare e in caso di fuga avrebbero dovuto lasciare tutto li per non essere rallentati.
Non dovettero attendere molto. La tensione venne spezzata da un forte ruggito e il rumore di alberi spezzati, un enorme carnivoro si fiondò addosso i due gruppi violentemente tentando subito di afferrare qualcuno tra le grosse mascelle. Lo spazio che li separava dalla grotta era circa una decina di metri e l’adrenalina prodotta dal forte spavento rese tutti capaci di raggiungere in fretta il punto di salvataggio, riuscendo a portare dentro tutte le loro cose.
 
L’animale ruggiva furioso dietro di loro e si avventò contro la parete di roccia dandole forti testate, facendo tremare l’interno del tunnel. I soldati all’interno si erano allontanati velocemente dall’apertura rientrando nel tunnel abbastanza da non essere a portata delle mascelle del dinosauro, il quale cercava ripetutamente di infilare il muso per afferrare qualcuno. Con un ultima e tremenda testata il dinosauro fece crollare alcune rocce sull’entrata della grotta, lasciando i soldati al buio totale e bloccati all’interno.
Da fuori giungevano i minacciosi ruggiti della creatura che pian piano andavano ad affievolirsi, segno che si stava allontanando dalla zona. I soldati accesero le torce illuminando il tunnel assicurandosi di essere tutti salvi.
“Maledizione!” sbraitò Gabriel.
“Quel bastardo ci ha seguiti fin qui!” urlò Ramirez.
“Che vuoi dire?” chiese Frank.
“Credo che sia quel mostro che ci ha attaccati la notte scorsa al rifugio! Deve averci fiutato dopo che abbiamo iniziato a correre e ci ha seguiti.” spiegò la ragazza.
“Avresti dovuto tagliargli la testa!” disse Frank ridendo verso Gabriel.
“Oh ma va al diavolo!” disse questi imprecando a bassa voce mentre iniziava a percorrere il tunnel. “Andiamo a prendere quei dati e poi torniamo qui a perlustrare quest’altro tunnel a sinistra, visto che non abbiamo alternativa!”
I due gruppi si misero in fila indiana incamminandosi verso il laboratorio e una volta giunti li si misero subito all’opera per analizzare i computers.
“Capitano Miller!” chiamò Jetkins “Qui ci sono alcune cose interessanti secondo me!”
“Fa un po’ vedere” rispose Frank avvicinandosi al soldato. Poi lesse ad alta voce “Progetto M.R.P. mutazione genetica specie “Velociraptor Nublarensis”. . .attrazione speciale Jurassic Park. . .gli esemplari iniziali non superarono i primi mesi di vita causa instabilità genetica ma dopo un anno di esperimenti due esemplari, un maschio e una femmina, davano risultati eccellenti e vennero introdotti nel parco per un periodo di due mesi come prova e poi riportati qui per ulteriori studi. . .”
“Hey, forse si riferisce a quell’email che hai trovato nel computer del vostro rifugio. Ricordi? Quella in cui un addetto del molo est diceva a un amico che sarebbe arrivato l’M.R.” chiese Gabriel avvicinandosi allo schermo.
“Sì hai ragione” disse Frank a bassa voce. “Ma non capisco come mai li hanno messi in questi tubi criogenici se tutto procedeva bene!”
“Qui non dice altro al riguardo, signore. Le informazioni si fermano a due anni fa, forse poco prima che abbandonassero l’isola” disse Jetkins digitando al computer.
“Va bene, scarica tutto sugli hard disk e poi ripartiamo. Magari da quel tunnel c’è un'altra uscita!” disse Frank prendendo Gabriel sotto braccio “Vieni, ti devo parlare! E voi iniziate a prepararvi, si parte tra 5 minuti”.
Si misero in disparte verso l’entrata del tunnel da cui erano passati prima iniziando a parlare a bassa voce.
“Ascolta Gabriel, sarebbe inutile dire che dobbiamo assolutamente uscire da qui ma ora questa è la nostra priorità! Se l’ascensore non è riparabile dobbiamo per forza avventurarci in quell’altro tunnel e potremo trovarci di tutto!” disse Frank nervosamente.
“E immagino sia inutile proporre di far saltare in aria le rocce che bloccano la grotta, rischieremo di far crollare altre complicando ancor più il problema!” disse Gabriel, nervoso anche lui “Ma l’idea di esplorare quel tunnel non mi piace per niente, hai ragione a dire che potrebbe essere peggio che uscire la fuori e ritrovarci ancora quel bestione davanti!”
Frank sbuffò passandosi una mano tra i capelli, era un gesto che faceva anche quando era nervoso e preoccupato. Prese una sigaretta e se la accese, poi notando lo sguardo torvo di Gabriel gli disse “Oh per favore! A questo punto non credo che dovremo preoccuparci tanto se qualche dinosauro sente il fumo, quindi non rompere e piantala di guardarmi in quel modo!”
Gabriel rise amaramente scuotendo la testa, accendendosi anche lui una sigaretta.
Dei passi echeggiarono dal tunnel facendoli girare di scatto in quella direzione, puntando armi e torce per capire la fonte del rumore.
“Hey andateci piano con quei cosi, potreste far del male a qualcuno!” disse una voce roca nell’ombra.
Gli altri soldati si avvicinarono subito ai loro capitani non appena sentirono la voce, puntando anch’essi le torce nella stessa direzione. Apparve ai loro occhi un uomo sulla cinquantina, in camice bianco da laboratorio, guanti neri alle mani e un’aria stanca in volto. Aveva in mano solo una torcia e una tessera magnetica, che infilò nella tasca destra del camice.
Gli sguardi stralunati dei soldati fissavano quell’uomo per diversi secondi, senza che nessuno dicesse nulla. Anche Gabriel e Frank erano rimasti tanto stupiti nel vederlo apparire così all’improvviso, lasciandoli senza parola.
L’uomo ruppe il silenzio schiarendosi la voce e sorridendo a tutti disse “Salve, sono il dottor Samuel Cole e lavoro per la Ingen Corporation! Voi siete qui per me, vero?”
Le sue parole stupirono ancor di più le due squadre, finchè Gabriel prese parola.
“Salve dottore, io sono il capitano Gabriel Krauser, lui il capitano Frank Miller e questi sono i membri delle nostre due squadre. Siamo qui per conto della Ingen, ma non sappiamo nulla di lei; la nostra missione per conto di Peter Ludlow è di recuperare i dati delle vostre ricerche su quest’isola, ma nessuno ci ha detto che avremo trovato qualcuno del personale scientifico vivo!”
“Oh beh. . .non mi sorprende, se è Ludlow che vi manda. Deduco quindi che sia lui ora a capo della Ingen, mi domando però come mai non sia il signor Hammond a mandare avanti la baracca!” disse il Dr. Cole con un tono di conversazione molto tranquillo, come se stessero facendo chiacchiere tra vecchi amici in un bar.
“Il signor Hammond è morto durante una visita alle strutture di Isla Nublar” disse Frank prendendo parola.
“Caspita. . . .mi dispiace per quell’uomo, mi era sembrato molto simpatico quando visitai Nublar tre anni fa. Sapete, io ero a capo del progetto di cui stavate discutendo prima del mio arrivo. Eh sì, quelle due creature erano degli esemplari stupendi!” disse il Dr. Cole con fare sognante, mentre fissava il soffitto immerso nei suoi ricordi.
“Quindi lei è responsabile della creazione di quella cosa laggiù?” disse Gabriel indicando il dinosauro che fluttuava inanimato nel tubo a pochi metri da loro.
“Ma tornando al discorso che lei e il signor Krauser stavate intraprendendo poco fa, ho un simpatico aneddoto che vi darà la soluzione” disse il dottore non curandosi della domanda di Gabriel, suscitando in lui un certo nervosismo.
Frank trattenne l’amico dal lanciarsi addosso allo scienziato e disse “Che vuole dire?”
“Avete mai sentito parlare del paradosso del gatto di Schrödinger?” chiese il Dr.Cole
Tutti lo guardarono in un modo da fargli capire che ovviamente la risposta era no.
Il dottore con una faccia compiaciuta si schiarì la voce e iniziò a parlare “nel 1935 Erwin Schrödinger, tentando di spiegare l’interpretazione di Copenaghen della fisica quantistica, propose un esperimento in cui un gatto viene messo in una scatola con una fialetta sigillata di veleno che si romperà in un momento casuale. Adesso, visto che nessuno sa ne se ne quando il veleno verrà rilasciato, finchè la scatola non sarà aperta il gatto può essere considerato sia vivo sia deceduto!”
Lo sguardo dei soldati ora era mutato in un omogenea espressione di incomprensione verso le parole dello scienziato, lasciandolo leggermente infastidito dal fatto che evidentemente il concetto del suo discorso non era arrivato alle menti dei suoi interlocutori.
“Ehm. . .mi scusi dottore, ma proprio non vedo il punto della questione!” azzardò a parlare Frank con un tono nervoso.
“Oh beh ma è ovvio che non lo vede siccome non ci sono ancora arrivato!” disse il dottore con fare sarcastico.
Frank fece difficoltà a trattenere il braccio di Gabriel che si stava spostando lentamente verso il coltello che teneva in una tasca della  mimetica.
“Proprio come il gatto di Schrödinger, la vostra idea di attraversare quel tunnel secondario adesso può essere considerata sia positiva che negativa. Quindi è soltanto aprendo la scatola che potrete scoprire com’è!” disse infine il Dr.Cole con fare compiaciuto e sperando di essersi reso chiaro.
Alcuni secondi di silenzio seguirono la fine della sua frase, poi Gabriel disse “Quindi ci sta dicendo che dovremo seguirla nel tunnel?”
“No no no no, forse non sono stato chiaro! Ripeto d’accapo, allora. . . .” disse lo scienziato visibilmente offeso ma venne zittito da Gabriel che fece cenno ai suoi soldati di seguirlo e si incamminò verso il tunnel.
Frank guardò lo scienziato e con un’alzata di spalle disse “Non si preoccupi dottor Cole, il mio amico ha sicuramente capito il concetto. Solo che gli piace fare a modo suo!”
Samuel Cole guardava i soldati avanzare in fila nel tunnel. Non era in contatto con altri esseri umani da due anni e le sue speranze di essere tratto in salvo da quell’isola si erano appena riaccese quando aveva scoperto la presenza di quelle persone. Con un gesto nervoso mise una mano in tasca e prese la tessera magnetica, si avvicinò al computer vicino il tubo criogenico e infilò la tessera in una fessura apposita. Digitando un codice di accesso per un area riservata aprì una schermata che visualizzava una mappa elettronica dell’isola con decine di puntini dai vari colori e una legenda al margine destro dllo schero che indicava dei nomi per ogni colore. Cliccò su uno di questi su cui era scritto “M.R. 1” e lo vide muoversi in una area intorno alla loro posizione.
“Bene, sei ancora vivo amico mio! Molto bene!” disse sogghignando.
“Dottor Cole! Ce ne stiamo andando!” lo chiamò Frank.
“Sto arrivando!” disse il dottore con un sorriso vacuo, quasi inebetito.
Poi spense il pc rimettendosi in tasca la tessera magnetica e passando affianco il tubo criogenico sfiorò con la mano destra una targhetta su cui era scritto “M.R. 2” e mormorò a bassa voce dicendo “Il tuo sacrificio non è stato vano, bambina mia. Non ho ancora completato questo progetto e questi stupidi soldati mi saranno molto utili dopotutto!”
 
 

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Capitolo 13
*** Episodio 13 - Di chi fidarsi? ***


Episodio 13 - Di chi fidarsi?
L’aria del mattino era afosa, umida e soffocante. Ray stava rinfrescandosi la faccia in un ruscello all’interno della foresta mentre Hicks era intento a fumarsi una sigaretta. Dopo l’attacco subito dal gigantesco dinosauro nella notte precedente i due mercenari della Byosin si erano dati alla fuga distaccandosi dal gruppo di soldati di Krauser, cogliendo al volo l’opportunità di levarseli dalle scatole e continuare il loro viaggio in solitaria. Ormai la loro missione per conto della Byosin poteva considerarsi annullata in tronco, con la morte di tutti i loro compagni e la totale assenza di comunicazioni con i loro “datori di lavoro”. A quel punto Ray voleva solo andarsene da quell’isola infernale, tornare a casa e decisamente cambiare lavoro! Rischiare la vita per conto di persone che non si fanno minimamente scrupoli per la vita dei loro dipendenti/sottoposti e per cosa? Soldi? “Ma che andassero tutti al diavolo!” mormorò sottovoce mentre continuava a buttarsi acqua sulla faccia e sul collo.
La notte prima aveva visto Hicks parlare di nascosto con un tizio della squadra di quel Krauser, forse era il medico, gli pareva si chiamasse Johnson. Non aveva avuto tempo di parlargliene siccome erano fuggiti tutta la notte andando nella direzione opposta a quella del rifugio dove si trovavano insieme agli altri soldati. A lui era sembrato che avessero vagato senza meta, invece aveva poi scoperto che il suo compagno seguiva una traiettoria precisa su una mappa, probabilmente rubata agli altri.
“Hey Hicks! Di cosa parlavate tu e quel tizio ieri sera? Vi ho visti. . . .sai, lui sembrava piuttosto agitato ma tu avevi quella faccia che fai di solito. Lo sai no? Quando sai di aver fatto un affare a discapito di qualcun altro e ne sei soddisfatto!” disse Ray senza voltarsi indietro.
La sua voce echeggiò nell’aria. Nessuna risposta alle sue spalle. Solo il fruscio del vento tra gli alberi e il debole fluire dell’acqua di fronte a lui. Gli sembrò strano che il compagno non rispondesse, troppo strano! Ray aprì la bocca per chiamarlo di nuovo quando all’improvviso iniziò ad avvertire una fortissima pressione sul collo, qualcosa che lo stringeva soffocandolo. Poco alla volta sentiva di essere spinto verso il basso e venne di colpo catapultato con la testa nel ruscello. Si dimenava menando pugni all’aria, volendo colpire il suo aggressore. Sentiva fischiargli maledettamente le orecchie, aveva dolori lancinanti al collo e voleva urlare “Hicks! Hicks! Aiutami!” mentre perdeva sempre più prezioso ossigeno e la mortale acqua gli entrava nei polmoni uccidendolo.
Poi capì. . . .nel momento in cui emanò l’ultimo respiro e il suo corpo si agitava in preda agli spasmi muscolari per la letale mancanza di ossigeno, si rese conto di chi era stato.
Nel momento della sua morte Ray realizzò che si era fidato della persona sbagliata.
Il suo corpo rimase inerme sulla riva, in balia della debole corrente che non avrebbe avuto la forze di trascinarlo via. Poco male, pensò l’aggressore, saranno i carnivori a disfarsi del cadavere.
Si abbassò a prendere il suo zaino asciugandosi le mani bagnate sui pantaloni e accendendosi una sigaretta si addentrò nella foresta. Hicks non si voltò nemmeno una volta. Ora doveva pensare solo a se stesso e al suo obiettivo: incontrare la spia nel gruppo di Krauser.
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Il buio tunnel continuava dritto per svariati metri e i soldati stavano camminando da circa venti minuti, sorpassando varie porte e illuminando la strada con le deboli luci delle torce. Li dentro puzzava di umido e di muffa, insieme a diversi odori di laboratorio provenienti dalle stanze a entrambi i lati del tunnel. Era abbastanza largo da farci passare degli automezzi e forse dei piccoli camion. Come stava spiegando il dottor Cole strada facendo, quel tunnel veniva usato per rifornire i diversi laboratori sotterranei e come magazzino per la struttura principale che sorgeva al piano di sopra e quindi era stato costruito abbastanza largo per farci passare camion e animali, qualora venivano trasportati per liberarli nell’isola o per caricarli sulla nave che li avrebbe poi trasportati al Jurassic Park su Isla Nublar.
“Una volta che venne chiusa la struttura è stato tutto abbandonato. Ormai sono due anni che sono bloccato qua sotto a continuare le mie ricerche, lasciato qui dalla Ingen perche ritenuto ‘un elemento prezioso per la loro società’. Dannati bastardi!  A saperlo che poi mi avrebbero lasciato da solo a morire!” mormorava il vecchio scienziato mentre avanzava in testa ai due gruppi.
“Come ha fatto a sopravvivere per due anni qui da solo? Senza armi e rifornimenti di cibo!” domandò Frank mentre si guardava attorno affascinato dall’ampiezza del tunnel. Ci sarebbe passato un tirannosauro li dentro, pensò con timore.
“Oh beh, amico mio, uno scienziato è sempre pieno di risorse!” rispose vagamente il dottor Cole, facendo una piccola risata.
A Gabriel non piaceva quell’uomo e le vaghe risposte che dava non facevano altro che aumentare i suoi dubbi sulla verità delle sue intenzioni. Prese parola dopo un lungo silenzio da quando erano partiti dal piccolo laboratorio e chiese con fare inquisitorio “Cosa sono tutte queste porte? Altri laboratori segreti?” mentre puntava con la torcia i lati del tunnel.
Lo scienziato rispose senza degnare di uno sguardo al capitano “Esattamente! Altri laboratori di ricerca come il mio, insieme a magazzini, mense, cucine e uffici del personale. Ci sono anche dei mini appartamenti con letti, piccole cucine e bagni, siccome alcuni di noi vivevano praticamente qua sotto per via del loro lavoro svolto in gran segreto.”
D’improvviso si fermò girandosi alla sua sinistra. Frugò con la mano nel taschino del suo camice e ne trasse fuori una chiave e una tessera magnetica con le quale aprì la porta di fronte a lui. Dopo aver infilato e girato la chiave verso sinistra, passò la tessera in un apposito macchinario al lato della porta il quale emise un piccolo ‘bip’ seguito dall’illuminarsi di led verde e uno scatto della porta in avanti, segno che si era aperta.
“Ottimo” disse soddisfatto lo scienziato “Seguitemi, vi mostrerò il mio appartamento!” ed invitò i soldati ad entrare con un cordiale sorriso in volto.
L’interno era sorprendentemente grande per essere un piccolo locale ricavato dalla roccia, con un arredamento semplice e minuzioso: una stanza conteneva un letto singolo, un cucinino con un frigo adiacente e un tavolo con delle sedie dove mangiare, mentre l’altra era un bagno ridotto al minimo spazio ma con tutto il necessario, doccia compresa.
“La Ingen tratta bene i suoi dipendenti! Anche se noto l’assenza della finestra nel bagno. Non deve essere una bella cosa eh?” Gabriel si lasciò sfuggire un commento sarcastico che causò una smorfia nel volto del dottor Cole.
“Per il lavoro che veniva svolto qui era necessario che i dipendenti avessero le stesse comodità di casa loro ma ovviamente ridotte allo stretto necessario. Tutto per avere poi un buon rendimento da parte del personale, cosa che per la Ingen era di priorità assoluta!” rispose il dottore chiudendosi la porta alle spalle.
Le due squadre si accomodarono alla meglio, chi a terra e chi sul letto, rilassandosi dopo i tre giorni precedenti di continuo stress e difficoltà.
Ormai si trovavano in una situazione di stallo, con il tempo che scorreva inesorabilmente, la missione ancora non ultimata e l’ora del prelievo con gli elicotteri Ingen che si avvicinava. La fuga dei due mercenari della Byosin (Ray e Hicks) era già da sola un imprevisto non di poco conto, come se non bastasse ora era sbucato dal nulla questo scienziato ‘dimenticato sull’isola’ dalla società per cui lavorava e ai due capitani la situazione non era per niente chiara.
“Quindi, la Ingen l’ha lasciata qui per completare le sue ricerche, ma si sono dimenticata di avvertirla che avrebbero abbandonato l’isola e lasciato i dinosauri liberi di scannarsi a vicenda e proliferare?” domandò Frank con un tono dubbioso, lanciando sguardi a Gabriel e notando che il suo volto era tutta una espressione di nervosismo e agitazione. Aveva iniziato a controllare l’orologio da polso per vedere quanto mancasse all’appuntamento con gli elicotteri, facendosi sempre più nervoso col passare delle ore.
Il dottor Cole si accomodò tranquillamente su una sedia del tavolo, guardandosi attorno per studiare bene i volti dei soldati di fronte a lui. Con un sospiro di stanchezza mise sul tavolo i suoi occhiali e passandosi una mano sul volto si strofinò gli occhi.
“Signor Krauser, è bene che lei sappia che la Ingen ha il vizio di non rispettare gli orari. Ho quasi 5 anni di esperienza lavorativa con quella società, senza contare gli ultimi due passati qui da solo a causa loro, e ho imparato a fidarmi ben poco delle loro promesse.”
Gabriel lo guardò dritto negli occhi senza dire una parola, incrociando le braccia e tenendo sempre l’orologio bene in vista.
“Per rispondere a lei, signor Miller, loro dovevano sì prelevarmi insieme agli ultimi dipendenti, ma a quanto pare non si degnarono di fare un conteggio delle persone che dovevano portar via né mi vennero a cercare quando avevano fatto salire tutti a bordo della nave. Prima ho detto che trattano bene i loro dipendenti, ma lo fanno finché gli sei utile! Una volta raggiunto il loro scopo cercano un modo di spremerti ancora di più, oppure se hai già dato tutto si sentono liberi di scaricarti via e assumono nuovo personale. Sempre le stesse bugie, sempre le stesse false promesse.”
Frank prese parola “Perché non c’era anche lei sulla nave che doveva riportarvi sul continente? Dov’era quando erano venuti a prelevare tutti quelli rimasti?”
Samuel Cole fissò a lungo gli occhi del capitano Frank Miller di fronte a lui e il volto gli si colmò di rabbia esplodendo tutto d’un colpo.
“Stavo obbedendo agli ordini di quei bastardi! Completare il lavoro, solo quello era importante! Chiuso nel mio laboratorio da un mese a lavorare su quelle due creature che avete visto prima, perché la Ingen non capiva quanti problemi e difficoltà avevo avuto. No! LìIl consiglio di amministrazione voleva fossero ‘pronte’ entro breve tempo per poterle usare come attrazioni al maledetto Jurassic Park!”
Si alzò di scatto sbattendo il pugno sul tavolo.
“Ecco perché non mi hanno trovato quando vennero a prenderci! Ero chiuso li dentro da solo, nessuno dei miei colleghi mi aveva avvertito! NESSUNO!!!! Ero un eremita per loro, sempre nel mio laboratorio a lavorare per l’azienda. Non capivano che io lo facevo principalmente per l’amore che provo per il mio lavoro e per queste meravigliose creature!”
Si risedette sulla sedia, tremante di rabbia. In quel momento fu davvero visibile l’effetto che avevano avuto sul suo corpo e sulla sua mente i due anni di solitudine e tristezza in quel sotterraneo.
“Mi ascolti bene.” disse Gabriel uscendo dal suo silenzio “Non so se la Ingen, anzi, se quella serpe di Peter Ludlow sappia che lei è rimasto qui per tutto questo tempo. Noi non siamo stati informati di parecchie cose prima di intraprendere questa missione, a partire dal fatto che avremmo incontrato dinosauri frutto di esperimenti genetici contorti e che erano al di fuori della lista che ci avevano dato. Ci hanno mandati qui per recuperare ogni informazione sulle ricerche effettuate su quest’isola e il nostro programma era di ispezionare tutte le strutture di ricerca in quattro giorni, con prelievo in elicottero al punto dove siamo stati lasciati alle ore 16:00 del giorno odierno.”
Il tono di voce del capitano Krauser fece attirare su di se l’attenzione di tutti nella stanza al punto che si unirono in cerchio attorno a lui mentre apriva una mappa sul tavolo della cucina.
“Mancava solo questo edificio da controllare, ovviamente parlo del piano superiore cioè il ‘laboratorio ufficiale’, dopodiché avremo controllato altre strutture se fosse rimasto tempo. A questo punto credo che dovremo sfruttare il poco tempo restante per esaminare i computers che si trovano in questo sotterraneo, ricavare tutti i dati possibili e andarcene via al punto di incontro! Ah, professore. . .”
“Dottor Cole! Dottore!” precisò stizzato lo scienziato scoccando uno sguardo torvo a Gabriel.
“Sì sì, dottore, professore, come diavolo vuole! Lei tornerà a casa con noi e credo proprio che il programma vada bene anche a lei, o sbaglio? Ah un’altra cosa! Analizzeremo i computers con o senza il suo consenso! Questa roba è proprietà della Ingen, quelli che ci pagano per fare questo lavoro, e io non sputo mai nel piatto in cui mangio!” disse Gabriel chiudendo frettolosamente la mappa e facendo cenno ai suoi soldati di uscire dalla stanza.
Frank si avvicinò al Dr Cole per scusarsi del modo brusco di Gabriel ma venne zittito dallo scienziato che con un gesto della mano gli fece intendere che era troppo stanco per stare a sentire anche lui. Il mezzo sorriso del vecchio uomo fece capire a Frank che aveva abbastanza esperienza e pazienza per comprendere e sopportare l’arroganza dei militari e le loro ‘tempistiche di missione’.
D’un tratto lo afferrò per un braccio e disse sottovoce “Stia tranquillo capitano Frank Miller, anche se il suo collega non mi sta simpatico le prometto che vi farò uscire di qui in tempo. D’altronde ha ragione lui, fa comodo anche a me un passaggio!”. Lo sguardo d’intesa tra i due uomini fu breve, due-tre secondi per recepire il messaggio, e Frank si diresse fuori la porta continuando a guardare quasi stralunato quell’uomo misterioso. Dopo quella frase, una domanda gli riempiva la mente adesso: amico o nemico?
Le squadre si divisero nuovamente in gruppi di due, ognuno col compito di ispezionare tutte le stanze e i laboratori che c’erano in quel tunnel e infine ritrovarsi alla stanza del Dr Cole per tornare in superficie. Ramirez se ne andò subito con Dmitri. L’intesa tra i due non era sfuggita a Krauser e da tempo sapeva che si frequentavano al di fuori delle missioni, ma lasciava correre fintanto che rendevano un ottimo lavoro.
Frank si portò dietro Daniel, deciso a parlare con lui dopo l’incidente con i compsognatus della notte precedente.
Gabriel invece, pur di non lasciare il Dr Cole da solo, decise di andarsene in giro da solo ordinando a Jetkins di fare da guardia allo scienziato fino al loro ritorno.
“Ed infine restiamo io e te, bello no?” disse Sanders ridendo come una iena mentre dava pacche sulle spalle a Johnson, il medico della squadra di Gabriel.
Avendo poca voglia di scherzare, il medico si liberò dalla presa di Sanders e mormorando sottovoce si avviò in una stanza. “Muovi il culo! Voglio finire questo schifo di missione prima possibile!”
L’altro gli fece una smorfia di sdegno contro, sembrava lo stesse fulminando con gli occhi, e lo seguì affrettando il passo. “Ora ti aggiusto io, brutto stronzone!”
Controllando che gli altri se ne fossero già andati, entrò con uno slancio nella stanza dove era andato Johnson chiudendosela dietro con un colpo secco.
“Ma che cavolo fai?” si voltò di scatto il medico.
Furono pochi istanti di lotta e Sanders bloccò subito l’altro uomo a terra, tenendogli le mani dietro la schiena per non farlo muovere mentre quello cercava di dimenarsi.
“Ora ascoltami bene, medico!” iniziò a parlare Sanders stando vicino al suo orecchio destro “Avrai anche fregato Krauser e i tuoi compagni di squadra, ma non freghi me! Avanti, spiegami tutta la situazione!”
Dicendo questa frase gli diede un pugno dritto nel fianco destro e mise una mano davanti la sua bocca per non farlo urlare.
“Ma di che cazzo stai parlando? Tu hai il cervello fottuto, te lo dico io!” diceva Johnson cercando ancora di liberarsi dalle mani di Sanders. “Lasciamo andare subito, Sanders!”
Subì un altro, forte pugno al fianco destro seguito da altri due più forti. Sanders continuava a tenerlo fermo con una mano e frugò con la mano libera, quella con cui lo aveva colpito, all’interno dello zaino del medico e ne tirò fuori un telefono satellitare.
“Vogliamo parlare di questo! Eh, bastardo!?  A chi ci hai venduti? Voglio sapere quanti soldi ti hanno promesso per tradire i tuoi amici! Ti ho visto diverse volte prima di partire, ti appartavi e usavi questo stesso telefono e sentivo che parlavi della nostra missione e di soldi!” disse tutto questo mantenendo un tono calmo e pacato. Non voleva certo farsi sentire dagli altri urlando tutta la sua rabbia.
Johnson resistette in silenzio per alcuni minuti. Poi iniziò a borbottare qualcosa.
“Governo. . . . .Venezuela. . . . .500. . . .dollari” disse con la voce rotta dal dolore al fianco.
“500 dollari? Scherzi vero?” disse Sanders innervosito.
“500 mila dollari!”.
Il soldato rimase sbigottito per alcuni istanti. Poi, con la sua risata da iena, disse “Facciamo un accordo!”
-
Gabriel era entrato in una stanza piena zeppa di monitor. Al centro una enorme scrivania a forma di arco era sovrastata da schermi che davano immagini di diverse zone della struttura. Suppose che doveva essere il sistema di sicurezza e vigilanza, quindi quegli schermi erano connessi a telecamere nascoste sia nel laboratorio principale che quello sotterraneo. Poteva vedere alcuni punti del tunnel dove erano passati alcuni minuti prima e dei suoi soldati intenti a ispezionare le stanze come stava facendo lui. Per scrupolo controllò la stanza del Dr Cole per vedere se era ancora in custodia di Jetkins. Poi gli venne un’idea: smanettando sul computer principale trovò delle cartelle in cui erano salvate le registrazioni delle telecamere e scoprì che il sistema salvava le registrazioni solo fino a 24 ore prima, dopodiché venivano cancellate. Quindi se qualcuno voleva salvare una registrazione aveva 24 ore di tempo per farlo, altrimenti sarebbe stata perduta per sempre.
“Non va bene, maledizione!” disse alzandosi e calciando la sedia. Il suo scopo era di trovare le registrazioni di 4-5 giorni prima, quando i mercenari della Byosin si erano intrufolati in quel laboratorio e risvegliato il dinosauro nel tubo di stasi. Stava per andarsene quando un dettaglio sullo schermo colpì la sua attenzione. Una scritta diceva che l’ultimo accesso al sistema risaliva a quattro giorni fa e che era stata salvata una registrazione, risalente sempre a quattro giorni prima, proprio del laboratorio in questione. Si trovava esattamente con quello che stava cercando lui! Quindi qualcuno aveva salvato la registrazione dell’incidente al laboratorio proprio il giorno stesso. Ma chi aveva salvato quella registrazione? Non c’era più nessuno del personale in quel posto.
Poi un ghigno di soddisfazione si estese da guancia a guancia sul volto di Gabriel Krauser e dirigendosi verso la porta disse con un tono divertito “Furbo lo scienziato!”

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Capitolo 14
*** Episodio 14 - Fottuto ***


Episodio 14 – Fottuto
Gabriel era furioso. Voleva prendere a calci in culo quel vecchio pazzo del Dr. Cole, fargli sputare sangue e magari qualche costola incrinata non avrebbe guastato la scena. Ma a che prezzo? Alla meglio avrebbe ricevuto le informazioni che voleva con il contro di doversi trascinare un vecchio scienziato malconcio fino al loro punto di estrazione, circa 4 km di distanza da dove si trovavano adesso. Alla peggio, un vecchio scienziato morto per i colpi ricevuti e zero informazioni.
“Merda!” borbottò e il suono fece eco nel buio tunnel.
Odiava situazioni di merda come quella. Odiava gli imprevisti. Odiava i doppiogiochisti. Odiava ancor più essere preso per il culo. Erano in ritardo sulla tabella di marcia e sistemare quella situazione avrebbe richiesto tempo prezioso, tempo che doveva togliere alla missione. Stava per arrivare verso l’appartamento del Dr. Cole quando vide due figure umane davanti la porta e si fermò al buio per ascoltare.
Sanders e Johnson erano in piedi e discutevano sottovoce.
“Siamo d’accordo allora? Appena usciamo di qui, molliamo tutti e ce ne andiamo?” disse Sanders fissando l’altro negli occhi.
Johnson era visibilmente preoccupato, a stento guardava in faccia Sanders e si strofinava il collo come una specie di tic nervoso. Alla fine disse con voce incerta “Sì. . . .va bene, va bene!”
Krauser aveva ascoltato abbastanza. Si fece avanti uscendo dal buio e subito i due soldati si voltarono verso di lui di scatto.
Sanders prese parola “Signore, niente di utile nel magazzino dove siamo stati. C’erano solo scorte alimentari e materiali per gli appartamenti.” La sua voce tremò leggermente.
Johnson rimase muto e rigido. Le gocce di sudore che gli solcavano la fronte erano più che chiari indizi del suo nervosismo. Era teso e quasi pallido in volto. Krauser aveva ascoltato la loro conversazione? – pensò il medico – No, impossibile! Era appena arrivato quando lui e Sanders avevano finito di parlare.
Posso stare tranquillo!
“Bene, controllate il resto delle porte che riuscite ad aprire e fate rapporto ad ogni ispezione via radio. Andate ora, sono occupato!” disse Krauser velocemente per toglierseli di torno, dirigendosi verso la stanza del Dr.Cole.
Mentre i due soldati si avviarono, Sanders  si avvicinò al suo capitano e gli sussurrò nell’orecchio “È fatta!”. Si scrutarono negli occhi per alcuni istanti, poi Krauser disse anche lui sottovoce “Sai cosa devi fare. Non accetto un fallimento!”
Johnson era già diversi metri in avanti quando Sanders lo raggiunse, quindi non vide la fugace conversazione tra i due. Entrambi sparirono nell’oscurità del tunnel e poco dopo erano solo visibili le luci delle loro torce.
Krauser sorrise soddisfatto come al solito. Stava andando tutto come previsto. Ora mancava solo fare una chiacchierata col Dr. Cole per completare il puzzle.
Aprì la porta e disse “Dottore! Credo che io e lei dobbiamo fare una lunga chiacchierata!”
Nel tunnel echeggiò il rumore della porta che venne sbattuta, un fracasso di oggetti che cadevano a terra e il chiaro suono di un pugno.
 
Alcuni minuti prima.
Johnson si stava massaggiando il fianco mentre Sanders lo squadrava seduto su una cassa di cibo in scatola. Stava maneggiando una lattina di carne e fagioli, riuscendo ad aprirla con un colpo secco del suo coltello. Ingoiò il contenuto come se stesse bevendo, poi passò la lattina a Johnson. Questi dapprima lo guardò male poi prese la lattina e la svuotò in bocca.
“Raccontami tutto, Johnson.” iniziò a parlare Sanders dopo un lungo silenzio da quando avevano smesso di lottare.
Il medico sospirò e, rassegnato, spiegò al compagno tutta la questione del Governo del Venezuela che lo aveva ingaggiato per rubare le ricerche ai suoi compagni a fine missione, dell’incontro con quel funzionario del Governo in un paese sul mare alcuni giorni prima della partenza e del telefono satellitare che avrebbe dovuto usare per farsi venire a prendere da un loro elicottero. Badò attentamente a mentire sull’esatta somma che gli avevano promesso, gli disse 500 mila dollari invece che 1 milione. Almeno avrebbe guadagnato molto di più da questa storia. Soprattutto, non disse nulla sul fatto che aveva già un accordo con quel tizio della Biosyn, Hicks,  anche se ormai non importava più nulla dato che era scomparso dalla notte scorsa.
“Io ti aiuto ad uscire vivo di qui e tu mi dai metà del pagamento che ti hanno promesso. Devi ammettere che è uno scambio equo, soprattutto perché non puoi sperare di scappare da solo. Dovrai affrontare anche il capitano Krauser nel momento in cui scoprirà che lo hai fregato e sai bene che è meglio per te avere un bel po’ di distanza da lui.” disse Sanders tendendo la mano al medico.
Johnson ci pensò su alcuni istanti. Ormai la frittata era fatta e doveva ammettere, suo malgrado, che Sanders poteva essergli davvero utile per la fuga. Magari gli avrebbe sparato prima di salire sull’elicottero.
“Affare fatto!” gli strinse la mano annuendo con la testa.
Uscirono dalla stanza e si diressero verso l’appartamento del Dr. Cole per aspettare che arrivasse Krauser e chiedere altri ordini.
 
Frank e Daniel stavano ispezionando una stanza a poca distanza dall’appartamento del Dr. Cole. Sembrava anche questo l’appartamento di qualche scienziato, dato che le pareti erano tappezzate di fogli, grafici, appunti vari e anche alcune radiografie di animali. Su una parete Frank stava guardando una targhetta con su scritto “Dr. Matsuda Kanaru – Genetista”. Sotto, una vecchia foto in bianco e nero raffigurava un gruppo di 5 scienziati con camice da laboratorio in posa davanti una struttura. Era chiaramente il laboratorio da cui erano entrati diversi metri sopra dove erano adesso. Gli sembrò di riconoscere un volto familiare. Forse era il Dr. Cole?
“Daniel. . . .non credi che adesso sia un ottimo momento per parlare dell’altra notte?”
Il ragazzo si bloccò mentre stava sfogliando una montagna di scartoffie su un tavolo. Voltandosi indietro vide il capitano Miller che continuava ad ispezionare la stanza.
“Cosa c’è ancora da dire, signore? Ho fatto un errore e ho pagato le conseguenze” disse il ragazzo in un mormorio.
“Potevi morire. Poteva morire l’intera squadra.”
“Oh, andiamo signore. Erano solo dei compsognatus. Dei dannati polli!”
Frank si girò di scatto e guardò dritto in faccia il giovane soldato “Potevano essere raptor! O peggio ancora. Adesso capisci la gravità della tua distrazione?”. Parlava sempre con un tono pacato, anche se era visibilmente arrabbiato con il ragazzo sapeva che urlare non serviva a niente.
Daniel avvertì uno strano calore pervadere il suo corpo. L’imbarazzo lo colpì in pieno e si sedette su una poltrona.
“Mi dispiace, signore. Davvero non era mia intenzione far rischiare a tutti di morire. Io pensavo. . . .Mi sono distratto pensando a. . . .” mormorò con un tono molto basso e tremolante.
“La tua famiglia! Daniel, tu fai questo lavoro proprio per loro, per dargli la possibilità di andare avanti e avere una vita felice. Hai mollato una carriera militare per seguire me in questo lavoro da pazzi. Lo apprezzo davvero, sai benissimo quanto ho apprezzato la tua scelta per quanto ne fossi contrario. Ma se tu muori, tutto questo finirà e nessun altro si prenderà cura di loro. Nemmeno io posso farlo. Chiaro?”
Il ragazzo annuì e si rialzò per cercare altre cose utili. Si strofinò gli occhi per nascondere alcune lacrime. Ammirava il capitano Frank Miller da quando lo aveva conosciuto. Lo riconosceva quasi come un padre adottivo per tutto ciò che aveva fatto per lui e la sua famiglia. Per questo doveva dimostrarsi all’altezza delle sue aspettative e dare il meglio di se, come sempre aveva fatto.
Mentre stava per spostarsi in un’altra zona della stanza, un portadocumenti giallo attirò la sua attenzione in mezzo alle carte sul tavolo e all’interno vi trovò un fascicolo di ricerche.
Lesse ad alta voce “Progetto Charcadon – Tytan 001”
Frank subito gli si avvicinò illuminando il fascicolo con la torcia. Fece spazio sul tavolo gettando gli altri fogli a terra e iniziarono a leggere.
“10 – Agosto – 1989 Inizia il progetto Charcadon, il primo della serie Tytan nella produzione InGen. (Per ulteriori informazioni riguardo il progetto Tytan, visionare il corrispettivo file nell’archivio. Viene richiesto un pass di livello A per accedere a tali file) Dopo mesi di intense ricerche e prove su prove finalmente il team di ricerca 4 ha dato inizio alla sperimentazione del gene Xitriogenolo7 (XG7) sul soggetto della specie Charcarodontosaurus, uno dei più grossi teropodi riportati in vita dalla InGen fino a questo momento (Per ulteriori informazioni riguardo il gene XG7, visionare i file relativi alle ricerche top secret su Isla Muerte. Viene richiesto un pass di livello A per accedere a tali file). Il Dr. Matsuda Kanaru sarà il responsabile totale delle ricerche e degli esperimenti su Charcadon, essendo esperto in genetica ed avendo partecipato sin dal principio insieme al Dr. Henry Wu alla creazione dei dinosauri su Isla Sorna. Supervisionerà in seguito anche il progetto Mega Raptor insieme al Dr. Samuel Cole.”
Frank e Daniel si scambiarono uno sguardo. Frank andò a prendere la foto che aveva trovato in precedenza sulla parete e la illuminanò con la torcia. “Diavolo di uno scienziato, eccolo qua nella foto. Il Dr. Cole è proprio vicino a questo Dr. Kanaru.” disse indicando i due uomini. Poi riprese a leggere.
“Al soggetto verrà somministrata mensilmente una dose sempre maggiore del gene XG7 per incrementare la sua massa muscolare oltre che alle sue capacità motorie, intellettive e, quindi, predatorie. Le misure di sicurezza prese per l’esperimento sono le migliori all’avanguardia nella tecnologia usata dalla InGen sia rispetto a Isla Sorna che a Isla Nublar. L’animale verrà tenuto sotto strettissima sorveglianza 24/7 e monitorato nel laboratorio sotterraneo del Dr. Matsuda Kanaru fino al secondo anno di età, dopodiché l’esperimento prevede la sua liberazione nell’area appositamente creata per lui qui su Isla Muerte in modo da fargli sviluppare appieno le sue capacità e farlo adattare all’ambiente esterno. A compimento dell’esperimento verrà spostato verso Isla Nublar come attrazione del Jurassic Park. (Per ulteriori dettagli riguardo le future attrazioni del parco fare ricerca nell’archivio centrale, sezione Jurassic Park, sottosezione Attrazioni. Viene richiesto un pass di livello B per accedere a tali file)”
Il resto dei fogli illustrava le varie fasi di crescita dell’animale, i problemi riscontrati nel tempo, documentazioni fotografiche e grafici vari.
“Mio Dio! Questo. . . .questo va decisamente oltre quello che ci aveva raccontato Ludlow. Non è possibile che lui non sappia nulla di tutte queste ricerche!” disse Frank continuando a sfogliare il fascicolo con sguardo incredulo.
“Crede che dovremo avvertire il capitano Krauser riguardo al coinvolgimento del Dr. Cole?” chiese Daniel tendendo la radio al suo capitano.
“Assolutamente” disse prendendo la radio e premendo il pulsante per avviare la comunicazione “Gabriel! Rispondi, è urgente! Devi assolutamente interrogare lo scienziato, sa più di quanto vuole farci credere!”
Nessuna risposta.
All’improvviso la radio fece un rumore di scariche e la voce di Gabriel Krauser parlò “Sentito, dottore? A quanto pare non sono l’unico ad aver scoperto che lei è un bugiardo!” poi si rivolse a Frank “Qualunque cosa avete trovato prendetela. Sbrigatevi a finire le ispezioni, tra 10 minuti vi voglio riuniti qui.” Fece un’altra pausa poi urlò “Dmitri! Piantala di trastullarti! Hai trovato o no i pezzi che ti servono per riparare l’ascensore?”
Dopo un silenzio di pochi secondi si sentì la voce del giovane tecnico radio “Sì, signore. C’è anche più di quello che mi serve qui. Prendo qualche pezzo in più per riparare anche l’altro ascensore e vado subito.”
Gabriel rispose “Ottimo lavoro. Manderò Jetkins a dare una mano a te e Ramirez, in caso si rifacesse vivo quel topo di fogna di Hicks. Non voglio dargli l’opportunità di cogliervi di sorpresa.”
Frank e Daniel cercarono altri documenti relativi alle ricerche ed uscirono verso un'altra stanza da ispezionare. Sanders e Johnson  stavano già tornando indietro non avendo trovato nulla di utile oltre a un magazzino di prodotti da laboratorio.
Dmitri, Ramirez e Jetkins si incontrarono a metà strada nel tunnel che portava al laboratorio dei Mega Raptor e si avviarono insieme agli ascensori.
Gabriel stava di fronte al Dr. Cole il quale si stava mettendo del ghiaccio in un fazzoletto sulla guancia per non farla gonfiare dopo il pugno subito dal soldato appena era entrato nella stanza.
“I suoi metodi non sono di certo peggiori rispetto a quelli della InGen. Di certo non mi hanno mai preso a pugni, ma l’insistenza e l’arroganza con la quale pretendevano da me dei risultati è la stessa che lei sta dimostrando adesso nel volermi estorcere le informazioni che le servono. O meglio, che lei crede che io posseggo.” disse lo scienziato con un tono di voce pieno di collera.
Gabriel sorrise. “No no, mi ha frainteso. Quel pugno gliel’ho dato per una mia soddisfazione personale. Sa, quando ho scoperto che lei aveva salvato il nastro della registrazione nel suo laboratorio di 4 giorni fa, mi è salita una tale rabbia. Credo che l’avrei uccisa in quel momento.” disse continuando a sorridere.
“Non mi sarei aspettato niente di meglio da uno come lei.” lo rispose sdegnato il scienziato.
“Oh, così mi offende Dottore. Però non capisco una cosa, come mai mi disprezza così tanto come soldato/mercenario e poi lei stesso collabora con dei sicari della Biosyn? Non è un po’ ipocrita da parte sua?”
Lo scienziato lo guardò con gli occhi quasi sporgenti, un’espressione di sorpresa che tradì il suo atteggiamento distaccato.
“Ah-ha! Allora ho centrato il punto! Vero dottore? Ma vede, ancora non capisco un’altra cosa. Mi sembra tanto assurdo che la InGen l’abbia davvero abbandonata qui per due anni e poi, magicamente, arriva una squadra di un’azienda rivale con una squadra di mercenari e per puro caso si imbattono in questo laboratorio segreto sotterraneo, incontrando lei, svegliando una creatura tenuta in vita per tutto questo tempo in un tubo criogenico ma uccidendo l’altra creatura vicina. Poi la squadra scappa, due sopravvivono, arriviamo noi e la incontriamo qui. Prego, mi corregga dove sbaglio!”
Gabriel si poggiò sulla cucina accendendosi una sigaretta, braccia incrociate con sempre l’orologio a vista e sguardo fisso sul professor Cole.
“Lo ammetta professore, si è fottuto da solo!”

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