sometimes love can beat your nature

di brunettegirl27
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Sto correndo, riesco a vedere un albero, un altro albero, un altro ancora, il paesaggio continua a ripetersi, in modo sempre più veloce, ma non ci penso continuo a correre, perché lui mi sta inseguendo, sento i suoi occhi su di me, corro sempre più veloce, non sapevo di avere così tanta forza, ma credo sia l’adrenalina, quando pensi di stare per morire, riesci a fare cose che non avresti mai pensato di saper fare; non riesco nemmeno a ricordare come sia finita in questa situazione, in questa foresta dove potrei lasciare il mio ultimo respiro, ma ogni domanda che tenta di formarsi nella mia testa, viene schiacciata dall’unico pensiero dominante, ‘correre’, continuo a guardare solo davanti a me, non ho il coraggio di girarmi per vedere a che punto è il mio inseguitore, ma la tentazione è troppo forte, mi giro, vedo il nulla, il buio mi circonda. Inciampo su qualcosa, forse un sasso, o una radice di un albero, cado sulle ginocchia, non ci vedo bene, è troppo buio, l’unica fonte di luce è il chiarore della luna, la vista è offuscata, le lacrime mi rigano il volto, mi sento una di quelle ragazze stupide che prendo sempre in giro durante i film horror; inizio a far caso ai rumori dietro di me, trovo il coraggio di girarmi, vedo un ombra, forse un uomo, sembra che sia girato di spalle, rimane lì in piedi con lo sguardo fisso su qualcosa, provo a vedere, ma tutto ciò che vedo è il buio e qualche sagoma di abeti, cerco di alzarmi, mi sento un idiota a rimanere seduta per terra, non ce la faccio, sento una fitta al ginocchio destro, lo tengo con la mano, ma qualcosa di umido inizia a bagnarsi la mano, sangue, qualcosa si muove. La figura di prima, muove il busto, come il girarsi verso di me, il secondo dopo la sento accanto a me, sento la sua mano sul mio fianco, è così vicino che riesco a sentire il suo respiro sul mio collo, “tieniti forte”, sono le deboli parole che mi sussurra all’orecchio. Poi, niente, il buio mi avvolge. Spalanco gli occhi, sono sdraiata, l’ansia mi invade, non riesco a rimanere ferma, mi agito troppo, mi guardo intorno, sono a casa, sul mio letto. Solo guardandomi intorno riesco finalmente a respirare di nuovo, sento ancora il sudore scendermi dalla fronte, faccio grandi sospiri per cercare di convincermi che era solo un incubo, eppure sembrava così reale, riesco ancora a sentire la voce del ragazzo nella mia testa, provo a strizzare gli occhi e scuotere la testa per cercare di non pensarci. La porta si spalanca, faccio un salto, una figura mi guarda in penombra sull’orlo della porta, quando guardo meglio e scorgo i suoi occhi nocciola mi calmo, “mamma?” riesco a sussurrare, un sorriso appare sul suo viso, mentre entra in camera, “sì tesoro, sono appena tornata da lavoro”, mi tocca la fronte, “che cosa è successo? Sei calda, non è che hai la febbre?”. Io le sorrido “no, mamma, tranquilla! È solo il caldo, e poi devo prepararmi per il primo giorno di scuola!”, guardo la sveglia erano le 7.30, fantastico, già in ritardo,do un bacio sulla guancia a mia madre “ci vediamo domani mattina”, e mi fiondo in bagno. Mi guardo allo specchio, oramai era un anno che vivevo sola con mia madre, mio padre ci aveva abbandonate, e per cercare di tirare avanti mia madre dovette prendere i turni più appaganti in ospedale, cioè il turno di notte, ma d’altronde non è così male, ho tutta la casa per me anche la notte. Continuo a fissare la mia immagine allo specchio, guardo fuori dalla finestra era giorno, era il 1 settembre, l’incubo notturno era ormai lontano, ma un altro incubo iniziava a prendere forma, in meno di un ora avrei rivisto lui. Prima ispiro a fondo, e subito dopo emetto un grande sospiro, prendo i vestiti che avevo preparato la sera prima un paio di jeans e una maglietta, scendo le scale in fretta e corro fuori, il bus naturalmente è già passato, quindi prendo la mia bicicletta e pedalo il più veloce possibile. Arrivo a scuola alle 7.55, cinque minuti prima dell’apertura dei cancelli. Lascio giù la bicicletta, “siamo in ritardo il primo giorno di scuola, eh!”, una voce dietro di me, sobbalzo, mi giro, due ragazzi, entrambi sono di altezza media: il ragazzo che aveva parlato proprio pochi secondi fa, moro, con gli occhi color nocciola, quegli occhi che ti sorridono anche quando prova ad essere arrabbiato con te: STILES, siamo praticamente cresciuti insieme; l’altro ragazzo al suo fianco, anche lui con i capelli castani, un po’ più lunghi e meno curati: SCOTT, si era trasferito da noi quando eravamo in terza elementare, e subito diventammo inseparabili. Continuano a guardarmi con questo sguardo serio come da rimprovero, entrambi con le braccia incrociate, quando ad un tratto scoppiamo tutti e tre a ridere “per l’esattezza sono in anticipo di 5 minuti!”, rispondo ridendo, prima di abbracciarli tutti e due! Iniziamo a camminare verso la scuola, a quell’ora del mattino è davvero qualcosa di inquietante, o forse era solo la mia mente a renderlo così, non era stato un buon anno per me, ma quest’anno forse sarebbe stato diverso, insomma ero arrivata in anticipo al mio primo giorno di scuola e mi ero già imbattuta nei miei due migliori amici, forse, per una volta, la fortuna era dalla mia parte. Ma come potevo aver pensato ad una cosa del genere, era come attirare a sé la sfortuna, è come quando nei film dicono ‘cosa mai potrebbe andare storto’. Mentre camminiamo, eccolo lì davanti a me, Jackson, il ragazzo dal sorriso perfetto, il capitano della squadra di lacrosse, beh forse dovrei chiamarlo il mio ex-ragazzo, rivederlo dopo 3 mesi, dopo quella stupida festa dell’inaugurazione dell’estate, è come una secchiata di acqua fredda, è come se il tempo si fosse fermato, l’unica cosa che vedo è lui, scendere da quella sua dannata macchina, e piazzarsi davanti a me, “hey ems, passato una buona estate?”, al suono della sua voce, sento il sangue raggelarmi, è come essere piombata di nuovo a tre mesi prima, quell’oceano di dolore, quelle notti passate a piangere, no è troppo. Non avrei pianto, non avrei versato un’altra lacrima per lui. Guardo il pavimento, non ho nessuna intenzione di guardarlo negli occhi, vedere il suo sorriso, sento una mano che mi trascina via, alzo lo sguardo era scott, ci allontaniamo. Jackson cerca di parlare nuovamente, ma qualcuno lo ferma, trovo il coraggio di girarmi, vedo stiles che gli tiene il braccio “amico!” prova a sussurrargli qualcosa nell’orecchio, ma non è in realtà un vero sussurro, si trasforma in un qualcosa gridato a bassa voce, forse dovuto alla rabbia “stai lontano da lei!”, sono le parole che riusciamo ad udire da un metro di distanza, “altrimenti?” dice Jackson nello stesso tono di stiles, con il suo solito sorriso sulla faccia, come se nessuno potesse ferirlo, e forse era così, subito dopo stiles ci raggiunge e mette un braccio attorno alle mie spalle, come per rassicurarmi, gli sorrido, nessuno dei tre riesce a dire niente, perché sappiamo che non c’è nulla da dire, conosciamo tutti la storia, e ci addentriamo nella scuola in silenzio.

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Messo piede in classe, inizio a contare i minuti alla fine della giornata. È vero che  sono abbastanza paranoica, ma quegli sguardi andavano ben oltre la paranoia, tutti quegli occhi mi fissano, continuamente! Ma non sono sguardi che giudicano, è ben peggio, sono sguardi di pietà, tutti sanno cosa era successo a quella festa, e tutti mi stanno compatendo. Fisso il mio quaderno, non avrei retto nessun altro sguardo, inizio a scarabocchiare qualcosa, frasi senza senso come ‘foresta’, ‘voce’ … guardo le parole che erano uscite dall’inchiostro della mia penna, riguardano tutte il mio sogno, fantastico, sto impazzendo! Penso. *boom* sobbalzo dallo spavento, alzo la testa e vedo che il professore di storia è appena entrato, e a quanto pare il rumore di prima era dovuto al lancio del registro sulla cattedra, la solita delicatezza del professore Smith.  Fà l’appello in meno di 5 minuti e inizia subito a spiegare la lezione, il che comporta per me altri scarabocchi, non credo di aver mai seguito una lezione di storia in vita mia, mentre stiles e scott iniziano a farfugliare qualcosa dietro di me, chissà che hanno sempre da dirsi quei due, penso. Finalmente il suono della campanella, mi riporta al mondo reale, mi alzo, e vengo trascinata da stiles agli allenamenti di lacrosse, “ti prego, non ho voglia di vederlo”, gli dico, o più che altro lo imploro, “scott quest’anno vuole provare ad entrare nella squadra, il minimo che possiamo fare è sopportarlo!” dice, guardandomi dritta negli occhi e facendo gli occhioni da cucciolo, sorrido, “e poi, non vedrai quella brutta faccia di Whittemore, tanto ha la maschera, no? O come cavolo si chiama”, dice stiles, io scuoto la testa come segno di resa, quando stiles si mette in testa qualcosa non c’è modo di fargli cambiare idea. Arriviamo al campo di lacrosse, ed è il turno di scott, il coach lo chiama, e gli fa fare qualcosa, non ho mai capito molto bene il lacrosse, non sono una di quelle persone che può essere definita sportiva. Scott prende in mano la sua racchetta, riesce a sbarazzarsi di tutti i suoi avversari, saltando da una parte all’altra del campo e fa rete (si dice rete nel lacrosse?), in un colpo, rimaniamo tutti a bocca aperta. “che diavolo gli è successo?” riesco a farfugliare a stiles, “ha poteri speciali, magari è un vampiro o un licantropo” mi dice, lo guardo, e gli tiro uno schiaffo in testa, “non la smetterai mai di scherzare vero?” gli dico. Poi ad un certo punto, una qualche forza misteriosa, mi costringe a guardare oltre il campo, vedo una figura, anzi un ragazzo in piedi, che sta guardando dalla nostra parte, lo sguardo fisso su di noi, ma non riesco a decodificare il suo sguardo, non capisco se è odio, o qualcosa del genere, ma d’altronde perché mai dovrebbe odiarci, insomma chi lo conosce?! , do una gomitata a stiles “chi è quello?” gli chiedo, indicandoglielo con un movimento di testa, stiles alla sua vista fa un salto indietro, rimango stupita, non credo di aver mai preso alla sprovvista stiles, “uhm, boh!” dice, poi lo vedo avvicinarsi a scott. Dopo dieci minuti li raggiungiamo, “hei amico! Sei stato grandioso!” li interrompe stiles, il ragazzo misterioso ha un po’ l’aria scocciata e lo guarda come se volesse mangiare, poi si gira verso di me, protende la mano e dice “derek hale!”, il suo nome, ma non mi era nuovo, io stringo la sua mano “emma song”, quando le nostre mani si toccano sento una sorta di energia, come quando prendi la scossa toccando oggetti metallici, la mia mano indietreggia involontariamente,  studio il suo sguardo per un attimo, come per cercare di capire se anche lui avesse sentito questa sorta di energia, ma nulla i suoi occhi sono impassibili, evidentemente era solo nella mia testa, poi le nostre mani si lasciano, e lui si congeda, dicendo che sarebbe venuto alla festa di stasera. Rimango pietrificata a quelle parole “stasera, una festa?”, chiedo a scott, “si dai, Em, mi incontro con alison” dice guardando una ragazza a bordo campo “dovete farmi da supporto morale”, e per convincerci inizia a fare il suo solito sguardo da cucciolo bastonato, alla fine non so come, ma ci convince.
 

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


Dopo qualche minuto in macchina con Stiles e Scott, arriviamo finalmente alla festa, appena metto piede nella casa mi pento di essermi fatta convincere, la casa di Jackson, la classica festa in casa Witthemore, luci ovunque, musica alta, e naturalmente la festa è fuori in piscina, si direbbe che sia appena iniziata, gente che balla da tutte le parti, scott ci abbandona subito per raggiungere alison, stiles si butta subito sul buffèt, e io rimango li impalata, vedo Jackson lì davanti a me, dalla parte opposta del giardino, mi guarda e bacia lei, lydia, non so chi odiare di più dei due, ma cerco di fare finta di niente, mi giro per andarmene, quando *boom* mi scontro con qualcuno, alzo lo sguardo, ancora quegli occhi, derek! “non abbandonerai la festa così presto?” mi dice, mentre il suo sguardo perlustra il giardino, “cerchi qualcuno?” gli chiedo, nel frattempo era partita una musica lenta, lui mi guarda come se fosse stupito “uhm? No! Solo un posto libero in pista”, mi prende per il braccio e mi trascina, mette le sue braccia intorno ai miei fianchi e mi avvicina a sé, con sicurezza, non so che fare, a quel punto, controvoglia, metto le mie braccia intorno al suo collo, lo guardo con aria interrogativa, “vuoi farlo ingelosire giusto?” e guarda verso Jackson, non so che dire, non mi interessava farlo ingelosire, “l’unica cosa che voglio è andarmene da qui!”. Mi guardo intorno, l’unica cosa che riesco a vedere: Jackson e lydia un tutt’uno, lei la si poteva tranquillamente paragonare ad una piovra, non si staccava da lui! Cerco con lo sguardo stiles e scott, ma non ci sono, mi hanno lasciata qui da sola, “sono andati via, scott non si sentiva molto bene” la voce di derek mi riporta alla realtà. Lo guardo, sempre con aria interrogativa, quel ragazzo ha qualcosa che non mi convince, ma non capisco cosa, lo saluto con un gesto frettoloso della mano, e prendo l’uscita, poco dopo sento come se qualcuno mi inseguisse, ad un tratto mi viene in mente il sogno della notte scorsa, riesco a girarmi lentamente, con il cuore in gola, ancora derek! “hai intenzione di farmi venire un infarto?” gli chiedo, sospirando lentamente e lui mi sorride “non è sicuro andare in giro da soli”, dice mentre mi raggiunge, lo guardo alzando gli occhi al cielo “cristo santo, so badare a me stessa!” dico con aria scocciata, “come vuoi, comunque dobbiamo fare la stessa strada, quindi”, apro la bocca per ribattere, ma credo sia abbastanza inutile e la richiudo, percorriamo la strada per 20 minuti, parlando del più e del meno, fino a quando arrivo a casa “eccoci qui, beh, ci si vede” dico, un po’ imbarazzata, lo conoscevo da praticamente qualche ora. Non avevo la minima idea di come salutarlo, alla fine optiamo entrambi per una stretta di mano, poi lui mi avvicina a sé, e mi sussurra nell’orecchio “comunque lui non ti merita, non dovresti soffrire per uno così”, rimango pietrificata da quella voce nell’orecchio, poi lui retrocede, e i nostri visi si incontrano, ci guardiamo negli occhi, solo per pochi secondi, poi come spinta da una qualche forza, il mio viso si avvicina sempre di più al suo e lo bacio, per poi tirarmi indietro subito “ehm, scusa”, faccio qualche passo indietro, come se avessi fatto di qualcosa di irreparabile, “scusa” gli ripeto, “non è da me,” dico seguito da un “davvero!”, per cercare in qualche modo di convincerlo, in risposta, lui mi sorride, quasi divertito, o forse provava solo pena per me “ti credo!”, dice ancora con il sorriso sulle labbra “il momento!” e con quell’ultima parola, si volta e se ne và. Io rimango ancora per qualche minuto immobile sul vialetto, appoggio la mano sulla fretta, che bella figura di merda, penso, poi sorrido per tutta la situazione, alla fine decido di entrare in casa, dopo aver chiuso tutto, ed essermi fatta una bella doccia calda, mi butto sul letto, continuando a pensare all’attimo in cui le nostre labbra si erano sfiorate e il sonno mi invade.

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


Arrivo a scuola, stranamente sono puntuale, vedo scott, “hei, che fine hai fatto ieri?” gli chiedo, “derek ha detto che non ti sentivi bene.”, lui mi guarda un attimo e poi dice “nulla di importante”, e il suo sguardo finisce per terra, mi avvicino a lui “che succede?” gli chiedo, non ottengo nessuna risposta, lo continuo a guardare, poi gli dico “hei!”, toccandogli il braccio, ma nello stesso istante lui salta subito “nulla, okay? Non succede nulla. Fatti un po’ gli affari tuoi, e stai lontano da derek!” e se ne va, io rimango di sasso, lì immobile da sola per pochi secondi, quando mi raggiunge stiles, “hey, che diavolo è successo?” chiede, con un aria stupefatta, mentre guardava scott allontanarsi, e il suo sguardo tornò su di me, io non so che dire sono ancora senza parole. Mi trascina per un braccio dentro scuola, e arriviamo agli armadietti, io mi fermo sul mio per recuperare alcuni libri della lezione, stiles mi saluta, gli faccio un cenno, e raggiunge scott. Arriva di scatto alle sue spalle, e lo guarda con aria interrogativa, poi iniziano a parlare di qualcosa, sono troppo lontana per sentire ciò che dicono, mi avvicino e sento stiles che dice “l’hai trattata male? La nostra emma?”, a quella frase un sorriso apparve sul mio volto, l’aveva detta in un modo così drammatico. Poi li sorpasso senza dire niente e  mi dirigo a lezione.
Dopo aver passato tutte le lezioni a pensare a cosa stava succedendo a scott, finalmente suona l’ultima campanella. E mi alzo da quella benedetta sedia, mi si stava deformando il sedere a furia di sentire il professor smith a parlare del settecento, o forse era l’ottocento? Mah, l’importante è  che finalmente potevo alzarmi. Metto tutte le cose in borsa, alzo lo sguardo e non era rimasto quasi più nessuno in classe, “ma perché devo essere sempre così lenta?!” penso, stiles mi viene incontro e dice “ci sentiamo dopo, devo scappare”, gli faccio un cenno di ‘si’ con la testa, ed esco dalla scuola, e vedo che c’è una persona seduta sugli spalti del campo di lacrosse, mi avvicino: scott.
Mi siedo affianco a lui, appoggio la borsa, lui alza lo sguardo, ci guardiamo negli occhi per pochi secondi, con uno sguardo dispiaciuto, e diciamo in unisono “mi dispiace”, e il secondo doppio scoppiamo a ridere, appoggio la mia testa sulla sua spalla, mentre lui mi stringe con il braccio.
Rimaniamo in silenzio, poi scott lo rompe “mi dispiace davvero per prima, sai?” dice, sospirando “eh solo, che stanno succedendo troppe cose”, alzo la testa dalla sua spalla, e metto le gambe a cavalcioni sull’asse della scalinata “ma lo sai che puoi dirmi tutto!” gli dico, lui fa un altro sospiro, e annuisce “vorrei, ma non posso, non ora, okay?” mi guarda dritto negli occhi come in cerca di una qualche comprensione, io appoggio il mento sulle mie ginocchia, e annuisco, “è per proteggerti”, mi dice continuando a tenere il contatto visivo. “come cerchi di proteggermi da derek?” gli chiedo, “sai non è così male, una volta che lo conosci, ieri mi ha salvato da Jackson!”, lui guarda in basso, “non lo so”, continua a sospirare, come se volesse dirmi dell’altro, io sto per aprire bocca, ma lui mi anticipa “lo so, sai badare a te stessa” dice, cercando di imitare la mia voce, “ma comunque cerca di stare attenta, e se davvero ti piace” dice lui con molta fatica, “dovresti buttarti, è inutile continuare a rimuginare su jackson, giusto?”  io annuisco, un pò troppo confusa.
Rimaniamo su quegli spalti a parlare per qualche minuto, poi gli chiedo “come mai sei qui?”, lui sorride e dice “sto aspettando alison, sai devo delle scuse anche a lei”, dice sgranando gli occhi, come se fosse stanco di tutte quelle scuse, “bene, è il ‘midispiace-day’ per te” poi vedo dietro di lui l’arrivo della ragazza, “ti conviene raggiungerla”, gli dico indicandola con la testa, lui salta subito in piedi, congedandosi con un frettoloso bacio sulla guancia, e corre verso di lei, mentre la saluto con un rapido gesto della mano, e poi insieme se ne vanno.
Rimango ferma lì a cavalcioni, mentre li vedo scomparire, poi mi alzo, e avrei desiderato tanto non farlo, faccio un movimento così veloce, che il piede rimane impigliato nella tracolla della borsa, e sto per perdere l’equilibrio e se non mi fossi aggrappata alla gradinata più in alto, sarei sicuramente finita a faccia a terra, prendo la borsa e faccio finta di niente, quando alzo la testa vedo che qualche metro più in là, vicino agli alberi della foresta c’è derek che mi guarda con sospetto, scendo dalla scalinata, e lo raggiungo.
“scena divertente?” gli chiedo, ma lui mi guarda come per dire ‘di quale scena parli?’ e per questo lo ringrazierò a vita, gli sorrisi, “ascolta per ieri…” inizio a dire, quando lui mi ferma, “non fa niente”, e mi blocco, per poi riprendere subito dopo “ora mi stai a sentire”, quasi gli urlo, e cerco di preparare, tutti i pensieri che mi stavano circolando nella testa, in un discorso in quei pochi secondi, “smettila di dire frasi senza senso okay?” gli dico quasi implorandolo, mi stava facendo impazzire, “la prima volta che ci siamo visti, ho sentito qualcosa, quando ci siamo stretti la mano, come una scossa di energia, e okay, ora mi prendi per una pazza, io non credo nemmeno a cose come il destino o minchiate del genere ma…” cerco di riprendere fiato, “c’è un qualcosa, tra di noi intendo, lo sento, l’ho sentito quando siamo andati a quella festa idiota, l’ho sentito davanti casa, e lo sento anche ora!” mi fermo, ma lui non dice niente, continua a fissarmi, evidentemente gli sembro una qualche pazza isterica, “mi vuoi dire che tutto ciò è solo nella mia testa? Che mi sono immaginata tutto?”, lo fisso dritto in quegli occhi profondi, cercando di codificarli in qualche modo, ma niente. “okay”, mi giro e a momenti vado a scontrarmi con un albero, eravamo a qualche metro dall’inizio della foresta, io e il mio muovermi avanti e indietro e il gesticolare, mi rigiro verso di lui e mentre lo sorpasso, le nostre spalle si sfiorano e sento ancora quell’energia, rallento il passo, quando lui mi afferra per il braccio.

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


Mi fissa per pochi secondi, poi esordisce con una frase, “l’unica cosa che voglio fare quando ti vedo è …” rimane immobile per pochi minuti, sembrano secoli, poi mi lascia il braccio e mi accarezza il viso con la mano fino a finire dietro i miei capelli, mi avvicina a sé, i nostri visi sono a pochi millimetri, fino a quando mi bacia, ma non è un bacio frettoloso come quello della sera prima, è un qualcosa che trovo difficile da descrivere, sento le sue labbra tra le mie, la sua saliva, poi il bacio diminuisce di intensità fino a quando le nostre labbra si staccano, ma rimangono così vicine, ci guardiamo negli occhi, sento il suo respiro così vicino, poi retrocedo di qualche passo fino a che la mia schiena non finisce contro il tronco di un albero, lui mi segue, non riusciamo a staccare i nostri sguardi, guardo nuovamente le sue labbra, e questa volta sono io che lo attiro a me, gli prendo il viso e lo bacio, con tutta la passione che mi circolava nel corpo in quel momento, gli passo le dita tra i capelli, dopo, non so quanto tempo sia effettivamente passato, ma ci stacchiamo, questa volta per davvero, e quel distaccamento mi provocò una fitta, come se mi avessero punto con uno spillo. “è sbagliato” mi dice lui, io non so cosa dire, riesco solo a sbuffare, “ma non possiamo nemmeno combatterlo, insomma ci ho provato ed eccoci qui”, lo guardo con un’aria interrogativa, cosa vuol dire con quel ‘ci ho provato’? inizia ad andare avanti e indietro, sta pensando a qualcosa “okay, non lo deve sapere nessuno, deve rimanere un segreto”, a quelle parole alzo gli occhi al cielo “è per proteggerti” dice, “oh ma daii! Cosa avete tutti oggi, con questo ‘è per proteggerti’, so badare a me stessa, che cavolo”, dico esasperando, si avvina nuovamente a me, prendendomi il viso tra le mani, e mi dice sospirandomi in faccia “ti prego, è per proteggerti”, nel suo sguardo, giuro, che è passata una scintilla quasi di preoccupazione, ma per qualche ragione, acconsento, senza fare più domande. Lui retrocede nuovamente, e mi sorride, “ora devo proprio andare”, mi dice, io gli faccio cenno di sì con il capo, “non prendere la strada per la foresta” mi dice, prima di andarsene. “non me lo sognerei mai”, sussurro, e vedo derek come fare un cenno di assenso, ma era impossibile che mi avesse sentito da quella distanza, ‘sto ufficialmente impazzendo’ penso.

 
La mattina esco di casa con il sorriso stampato sulla faccia, sono felice penso, davvero felice, la prima volta dopo mesi. Chiudo la porta, facendo attenzione a fare poco rumore, visto che mia madre è appena tornata dal turno all’ospedale, mi giro e vedo derek che mi viene incontro. “che ci fai qui?” gli chiedo ancora con il sorriso sul viso, lui si avvicina a me, e mi bacia, come se non mi vedesse da una vita, mi stacco da quel bacio con malavoglia “buongiorno a te!” gli dico, “non doveva rimanere un segreto?”, gli chiedo con aria sospetta, facendo finta di guardarmi intorno, “beh non c’è nessuno, no?” mi risponde lui, ammiccando un mezzo sorriso, “sapevo che eri in ritardo e quindi ho deciso di darti una strappo”, dice scuotendomi davanti agli occhi il mazzo delle chiavi. Lo seguo e andiamo in macchina “carina”, non me ne intendevo di macchine, ma era la classica macchina lunga e bassa, insomma quelle fighe che si vedono solo in telefilm tipo Beverly hills, dove tutti sono pieni di soldi. Lui sorride al mio apprezzamento, e continua a guidare, fino a quando la macchina si ferma, a qualche metro prima della scuola, “uhm, giusto, nessuno ci deve vedere” sussurro, un po’ la cosa mi dava fastidio, ma ripongo la mia fede che un giorno mi dirà la verità, ci deve essere una ragione per tutti quei sotterfugi. Sto per scendere dalla macchina, ma ci ripenso chiudo nuovamente la portiera e lo bacio, “grazie” gli dico, “se questo è il ringraziamento, ti devo fare favori più spesso” mi dice, sorridendo con gli occhi, ma come faceva? Scendo dalla macchina e corro dentro a scuola, nuovamente in ritardo.

Apro la porta, ed entro in classe, scusandomi immediatamente con la professoressa Burton, l’insegnante di psicologia, “non si preoccupi miss song, nulla di nuovo”, mi dice lei ironicamente, mentre saluto con un cenno stiles e scott, e mi accomodo al mio posto di fianco a scott. “oggi parleremo dei sogni” esordisce la professoressa, inizio a tirare fuori il mio quaderno e la mia penna, per dare l’idea che sono intenzionata a prendere appunti, appena inizia la lezione già mi trovo persa nuovamente  tra i miei pensieri, questa volta tra derek e scott, la loro frase “è per proteggerti” di ieri continuava a girarmi in testa senza darmi sosta, poi ad un certo punto torno alla realtà, “poi c’è gente che studia la parapsicologia, che si occupa di queste persone che credono di vedere il futuro attraverso i sogni. Tutto ciò che posso dirvi è che, secondo il me, tutto è determinato dal nostro subconscio che cerca di dirci qualcosa attraverso questi sogni” a quelle parole, mi torna in mente il sogno che continuavo a fare, in questo periodo era diminuito, non era un sogno ricorrente ogni notte, ma ogni settimana, ma la paura rimaneva. “un avvertimento, forse…” continuava nel suo discorso, e se il mio sogno fosse stato un avvertimento, cosa vorrebbe dire? Che sarei morta in un bosco? Bene, problema risolto non metterò mai più piede in un bosco. “…nulla è stato provato di questa teoria, ma chi può dirlo”, e dopo riprese a parlare di freud e la sua interpretazione dei sogni. Continuo a pensare al mio sogno, fino a quando non suona la campanella e torno nel mondo ‘reale’. 

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


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