En Som Glir Inn I Natten di GreedFan (/viewuser.php?uid=68718)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ligge ***
Capitolo 2: *** Elsker ***
Capitolo 3: *** Hevn ***
Capitolo 1 *** Ligge ***
Questa
fanfiction ha bisogno di un paio di doverose premesse. Punto primo,
è
ispirata al famoso episodio del concepimento di Sleipnir, che potete
trovare nell'Edda (una raccolta di miti norreni che personalmente non
ho mai letto, ma che prvvederò a procurarmi moooolto
presto). Avevo
già scritto una one-shot che accennava a questa cosa, ma
siccome mi
andava di svilupparla ecco a voi una "long" - l'ho quasi
finita e non credo che supererà i sette capitoli brevi - che
ne
parlerà molto più diffusamente. Ovviamente si
discosta molto dalla
mitologia, ho preso soltanto lo spunto originale e poi inventato
tutto di sana pianta, pensando anche al movieverso. Per farvi un
esempio concreto, Baldr non è un figlio di Odino ma un tizio
a caso
- inserito giusto perché nella mitologia è un dio
straordinariamente bello.
Il
pair fondamentale è Thorki, ma non sarà molto
centrale in questa
storia. Avrete Loki, Loki e ancora Loki fin sopra ai capelli, ma il
fratello biondo con il cervello di un'aringa affumicata (ma io gli
voglio tanto bbbbene) sarà relativamente poco presente. Non
ci posso
fare niente, quel tipo di personaggio proprio non mi piace .___.
Ad
ogni modo, come sempre il lavoro è piuttosto stupido e privo
di ogni
pretesa, ma prendetevela pure con me se sentite di star leggendo una
colossale imbecillata. Probabilmente avrete ragione.
Roby
Ligge
«Fratello
mio... tu mi ami, non è
così?»
Il
sussurro di Loki si perde tra i mobili intarsiati di madreperla e
d’argento, troppo debole per rimbalzare sulle pareti degli
appartamenti del futuro erede al trono di Asgard. Il Dio degli
Inganni respira con calma, avvolto dalle lenzuola di seta del letto a
baldacchino – nel loro candore, appaiono comunque
più scure della
sua pelle quasi eburnea – e fa scorrere le dita magre, con
lentezza, nei capelli biondi del fratello.
Thor
giace a pochi centimetri da lui, su un fianco, e lo fissa con
un’espressione indecifrabile dei suoi chiarissimi occhi
azzurri.
C’è adorazione, c’è amore,
desiderio, c’è – sepolto
accuratamente sotto una dura corazza di spavalderia – un
senso di
colpa appena percettibile, ma infido e strisciante come il
più
velenoso dei serpenti. Loki sonda la mente del fratello con il
proprio sguardo di smeraldo, e non vi trova che la solita,
rassicurante sensazione di accoglienza. Ed
è assurdo che Thor
sia sempre così ingenuo, così disperatamente
innamorato e incapace
di comprendere il peso dei loro gesti, di quello che fanno, quando il
peccato che hanno consumato tra quelle lenzuola è quanto di
più
turpe vi sia al mondo.
Gli
afferra la mano – le dita di Loki sono gelide come schegge di
ghiaccio – e la bacia, lui che scotta come se nelle sue vene
scorresse la luce del Sole.
Il
Dio degli Inganni osserva le sue braccia forti, il petto allenato e
la barba virile che indurisce appena i tratti del bellissimo volto, e
sopporta senza la minima esternazione una dolorosa fitta
d’invidia
che, traditrice, gli colpisce lo stomaco. Socchiude appena gli occhi
verdi, fattisi improvvisamente affilati come rasoi, e lascia che le
labbra si pieghino in un sorriso sinceramente ironico e, allo stesso
tempo, amaro. È così scontato che suo padre
preferisca Thor, così
come è scontato che lui ne sia inesorabilmente attratto
quando
dovrebbe detestarlo con tutto sé stesso e desiderare la sua
morte.
Ha
provato ad odiarlo, ma non c’è mai riuscito
completamente.
«Mi
fa piacere che per una volta non si sia dovuti ricorrere ai tuoi
trucchi per incontrarci». La voce di
Thor, pur se roca,
assume un tono sgradevolmente carezzevole in queste situazioni. Loki
non ama percepire l’affetto sincero che si annida in ogni
parola,
che trabocca dallo sguardo del fratello; piuttosto, preferirebbe che
il Dio del Tuono lo schiacciasse contro il materasso e tentasse di
prenderlo con la forza – che gli fornisse, insomma, un
pretesto
valido per giustificare il suo astio e la sua passione.
«Si
direbbe quasi che tu consideri un bene la guerra che ha allontanato
nostro padre dalla corte e lo sguardo di Heimdall dal regno di
Asgard». È la risposta, e ogni sillaba trasuda
noia. Da quando
Odino è partito per un nuovo conflitto con uno dei tanti
mondi al di
là del Bifrost – e il Guardiano di Asgard,
beninteso, è troppo
impegnato a sorvegliare le sorti del suo re per preoccuparsi di un
paese che prospera nella tranquillità – gli
incontri dei due
fratelli si sono fatti sempre più fitti e sconsiderati; il
lato
negativo, secondo Loki, è che l’assenza della
paura di venir
scoperti, che di solito li obbliga a separarsi dopo pochissimo tempo,
istiga Thor ad intavolare tutta una serie di discorsi patetici che
lui non ha la minima voglia di ascoltare.
«Non
comprendo il tuo odio verso la guerra. È sempre stata il
mezzo
attraverso cui i nostri avi hanno inseguito la gloria...»
«La
gloria è sempre stata il pretesto
attraverso cui i nostri avi
hanno scatenato guerre crudeli per appagare la propria sete di
dominio. Sei ingenuo, fratello... leggere qualche libro in
più e
combattere un po' meno farebbe forse maturare la tua mente».
«Speri
forse che io diventi come te?» Il tono scherzoso, Thor
allunga una
mano a sfiorare, in punta di dita, la clavicola sottile del fratello,
sporgente sotto la pelle all'apparenza fragilissima «Magro,
pallido
come l'ombra della neve? Sei tu che dovresti seguirmi più
spesso
nelle mie battute di caccia».
«Ma,
fratello,» e la voce di Loki pare quasi un sussurro scaturito
dal
fruscio delle lenzuola «se non conoscessi tutti i miei trucchi,
come ti piace chiamarli, chi credi risolverebbe situazioni come
questa?»
Sul
volto del Dio degli Inganni si apre un sorriso insolitamente ampio,
divertito; ad un'occhiata interrogativa di Thor, Loki preme un dito
sulle labbra, intimandogli di fare silenzio, e accenna con il capo
alla robusta porta a due battenti che costituisce l'unico accesso
alle stanze del fratello.
Distinti,
seppur lontani, si odono dei passi.
«Che
significa?»
«Ma
come, fratello, non riconosci il passo di nostra madre?» Thor
spalanca gli occhi, e sul suo viso, per un attimo, guizza la paura.
«Sciocco,
perché sei ancora qui?! Vattene, prima che-»
«Abbassa
la voce. Se uscissi ora dalla porta mi vedrebbe... d'altra parte,
credo si stia dirigendo proprio qui, e sono abbastanza sicuro che se
mi nascondessi avvertirebbe comunque la mia presenza. Cosa credi che
dovrei fare, Thor?»
I
passi si fanno sempre più forti e scanditi, vicini. Il Dio
del Tuono
lancia uno sguardo di terrore alla porta, poi all'espressione
deliziata del fratello; è palesemente
divertito, adora
vederlo in difficoltà.
«Allora?
Credi che dovrei usare uno dei miei trucchi e
sparire
all'istante da questo letto, oppure sarebbe meglio che rivelassi alla
nostra adorata madre quale genere di affetto fraterno ci
lega?»
«Razza
di...»
In
quel momento, si sente bussare alla porta.
Prima
che Thor possa afferrare il fratello e scaraventarlo sotto il letto,
o quantomeno raggiungere la porta per far sì che non venga
aperta,
Loki è già scomparso con uno schiocco di dita,
nell'aria l'eco
della sua risata silenziosa. Per un attimo il cuore del Dio del Tuono
manca un battito, poi si riempie di sollievo .
A
volte ha quasi paura che Loki possa decidere davvero di rivelare a
tutti il loro segreto, ed è talmente imprevedibile che Thor
teme le
sue minacce come poche altre cose al mondo.
Ha
giusto il tempo di ricomporsi e seppellire il corpo nudo tra le
coperte prima che il volto di sua madre, la regina Frigga, faccia
capolino dalla porta aperta.
*
I
ricevimenti sono cosa comune, in tempo di guerra.
La
famiglia reale offre feste sfarzose a tutti i nobili di Asgard, per
comunicare alle famiglie dei soldati la solidarietà che il
popolo si
aspetta dai parenti del re; che sia una mera forma di propaganda -
come crede Loki - o un atto di coesione e benevolenza - come invece
sostiene Thor - quel che è certo è che la pratica
dei banchetti è
una delle rare occasioni per i figli del re di uscire dalla monotonia
della routine quotidiana.
Non
hanno molti amici. A diciassette anni Thor si è circondato
di uno
sparuto gruppetto di combattenti che Loki descrive spesso come "un
branco di orribili imbecilli", mentre il Dio degli Inganni
esclude dalla propria cerchia di conoscenze chiunque non ritenga
degno di stargli al fianco. Nel qual caso, Thor è l'unico -
seppur
con qualche riserva - con cui ammette di parlare, giocare e ridere
come un qualsiasi diciassettenne.
Quando,
beninteso, non sono impegnati in ben altre attività.
Perciò,
non c'è da sorprendersi se entrambi accolgono con una certa
allegria
la notizia di un nuovo ricevimento; per Thor è un'occasione
come
un'altra di mettersi in mostra, ma Loki, ogni volta, spera di trovare
in quel turbine di ospiti altolocati almeno una persona di suo gusto,
qualcuno - possibilmente - che non si interessi soltanto di armi,
guerra, combattimenti e valori insensati. Anni di ricerche
infruttuose non hanno fatto scemare le sue speranze, ed è
con un
senso quasi di aspettativa che percorre il corridoio che conduce alla
sala dei ricevimenti, mentre Thor borbotta qualcosa di non molto
interessante sull'ennesima battuta di caccia.
Quando
il portone della sala si spalanca davanti ai suoi occhi, Loki
predispone un sorriso quanto più possibile sincero e
compiacente,
sgranando gli occhi verdi come gli ha insegnato l'esperienza; sa che
gli basta poco per piacere alla gente, e sentirsi ammirato è
una
delle cose che più di tutte lo rendono felice.
Si
fa largo tra la folla di invitati riccamente vestiti, dispensando
sorrisi e frasi di cortesia a chi si fa avanti per pretenderli; un
comportamento di tal fatta rientra nell'etichetta, e Loki vi sia
applica per l'unico motivo che le buone maniere sono uno dei campi in
cui supera il fratello senza nemmeno impegnarsi troppo.
Improvvisamente,
mentre è impegnato a congratularsi con una zia per
l'eleganza delle
sue vesti, qualcosa attira la sua attenzione. Come
un guizzo,
una frustata di colore che calamita il suo sguardo in un punto ben
preciso della folla per poi sparire repentinamente; Loki giurerebbe
che qualcuno abbia appena utilizzato le arti magiche allo scopo di
monopolizzare la sua attenzione - per appena un secondo,
però, in
modo che non si accorgesse di chi è stato - e questo gli
provoca una
curiosità non indifferente. Lascia perdere la zia e si fa
largo tra
la gente, scandagliando gli ospiti alla ricerca del misterioso
incantatore che è riuscito ad imporsi su di lui per un
momento tanto
fugace. Mormora qualche sillaba dal suono appena comprensibile, e la
sua coscienza si allarga fin quasi ai margini della sala, strisciando
in ogni anfratto che possa custodire un potere tanto forte da
sopraffare il suo.
Infine,
lo trova.
Non
è magia grande quanto si aspettava - evidentemente, ha avuto
ragione
della sua mente a causa della distrazione - ma sufficiente per far
sorridere il Dio degli Inganni con una certa, infantile
sincerità.
Solo quando ne scorge il proprietario, tuttavia, Loki si sente
davvero compiaciuto della propria scoperta.
Si
avvicina senza fretta, un luccichio vittorioso negli occhi. Lo
stregone misterioso lo fissa senz'ombra di sussiego, anzi: si direbbe
quasi che nel suo sguardo profondo e castano, simile al riflesso cupo
del miele rosso, covi una certa malizia.
«Mi
avete scoperto».
«Non
sono molti i nobili che padroneggiano la magia. A dire il vero, non
credevo ce ne fossero. Qual è il vostro nome?»
È il principe, e
può pretendere l'identità di uno sconosciuto di
rango più basso.
«Baldr
Gwenvaelson». Sorride, inclinando la testa di lato con
notevole
grazia. È bello, di una bellezza che forse nemmeno lo stesso
Thor,
pure apparentemente perfetto, potrebbe eguagliare. Ha i capelli di un
biondo scuro venato d'argento, raccolti in una treccia morbida che
gli ricade sulla spalla, e gli occhi più caldi e raggianti
che Loki abbia mai visto; il volto è di disegno
così delicato che a
stento l'ossatura ne definisce la forma, resa concreta dal gioco di
luci e ombre che si rincorrono sulla pelle chiarissima. Non saprebbe
attribuirgli un'età, ma forse è molto
più vecchio di quello che
sembra.
«Sono
giunto dalle campagne a nord, ora che la guerra me ne offre
l'occasione, appositamente per conoscere il giovane principe di
Asgard».
L'espressione
di Loki si rabbuia improvvisamente. Si dà dello sciocco per
essersi
fatto delle illusioni.
«È
mio fratello che cercate, allora. Il principe Thor Odinson
è-»
«No,
vi sbagliate». Si lascia interrompere, ed è un
evento accaduto
molto di rado dacché ha aperto gli occhi per la prima volta
«Siete
Loki, ed io cercavo per l'appunto voi. Altrimenti non avrei
utilizzato la magia per attirarvi... mi è giunta voce che
siete il
solo a praticare certe arti, o sbaglio?»
«No,
siete nel giusto». E lo sguardo di Loki si fa acceso, quasi
galvanizzato.
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Capitolo 2 *** Elsker ***
Elsker
Loki
non sa come tutto questo sia cominciato.
Ci
sono state delle parole, certo, dei sorrisi carichi di sottintesi
mentre sfogliavano pergamene immersi nella penombra accogliente della
biblioteca. Ci sono state risate da parte sua, limpide risate che
avevano tutta l'aria di essere perfettamente sincere e sentite,
cavalcate tra i boschi e discorsi impegnati riguardo ai quali il suo
interlocutore si è dimostrato a volte persino più
ferrato di lui.
Quando
la guerra si è conclusa - con la vittoria di Asgard,
ovviamente - il
Dio degli Inganni si aspettava che Gwenvaelson tornasse da lui, con
chissà quale sciocca scusa.
Eppure
è con un senso quasi di stupore che Loki accarezza la pelle
diafana
del volto di Baldr1, mentre un vento appena
accennato
scuote le spighe di grano del campo in cui si sono fermati dopo due
ore e più di viaggio. Non credeva che nel suo cuore
potessero
germogliare, ormai, sentimenti di attrazione scevri dall'invidia e
dal rancore, e questa serenità
improvvisa lo fa sentire
meravigliosamente bene.
«Credete»
sussurra Baldr, dopo avergli baciato le labbra per un attimo
«che vi
sarà difficile attendere il mio ritorno dalle campagne?
Domani per
me non sarà semplice separarmi da voi».
Dopo
la festa in cui si sono conosciuti è tornato varie volte a
fargli
visita, pretendendo ad ogni incontro sempre qualcosa in più
del
precedente; Loki non si è mai chiesto se questo loro
rapporto sia
lecito oppure no: del resto, in una situazione come la sua, farsi
scrupoli morali per un uomo sarebbe assolutamente ipocrita. Gli piace
il modo in cui Baldr lo tocca, lo bacia, gli piace guardare la
muscolatura fine del suo corpo tendersi al culmine del piacere e il
luccichio confuso nei suoi occhi castani quando si accascia su di
lui, sfinito - e tanto basta per avere la coscienza pulita. Apprezza
la sua nuova distrazione a tal punto che è forse da due
settimane
che non si intrattiene con Thor - e questo,
sorprendentemente,
non lo tocca. Forse gli fa persino piacere non averlo costantemente
davanti, a rammentargli la sua imperfezione con quell'aria sempre
vittoriosa che si porta appresso.
«Certamente
attenderò il vostro ritorno, ma non potrei mai angustiarmi
per un
evento tanto sicuro e vicino».
Baldr
ridacchia, accarezzandogli i capelli con dolcezza. Con lui non ci
sono lotte, litigi, stupide questioni da ragazzini - solo coscienza,
amore, miglioramento.
«Siete
sempre così... logico, in ogni cosa che
fate o dite. È un
modo di essere che vi condurrà inevitabilmente alla
freddezza».
Loki
ridacchia, stendendosi meglio sugli steli secchi.
«E
vi dispiacerebbe? Mia madre sostiene che sia impossibile per me
diventare più freddo di così».
«No,
affatto. È un comportamento che vi si addice, che vi...
rende ancora
più desiderabile. Mi chiedo però se faccia la
vostra felicità».
«Mi
date del calcolatore e poi credete che non sia in grado di scegliere
i percorsi per me più vantaggiosi? Suvvia, non siate
sciocco...»
Loki
slaccia il cordone che chiude la camicia del compagno, e dal suo
sorriso Baldr comprende che è tempo di passare a ben altra
attività.
*
Loki
è solito considerare tutte le variabili prima di gettarsi in
un'impresa, bellica o amorosa che sia. Non che fra le due materie vi
sia poi questa grande differenza - anzi, spesso tendono a
ravvicinarsi e confondersi con una facilità ragguardevole -
ed è
per questo che il Dio degli Inganni utilizza la sua abilità
di
stratega anche quando si tratta di convegni di natura segreta con
qualcuno dei suoi amanti. Ne ha avuti molti nel corso degli anni, sia
uomini che donne: la sua profonda intelligenza gli ha insegnato a
comprendere la bellezza insita in ogni espressione della vita, e non
essere capace di apprezzare e sfruttare a suo vantaggio tutto
ciò
che ritiene piacevole sarebbe per lui il
più gravoso degli
oltraggi.
Questo,
prima di Thor. O, meglio, prima che Thor ardisse di pretenderlo, con
il suo goffo e sgraziato comportamento di bambino viziato - come se
lo stesso Loki, del resto, non auspicasse una simile conclusione agli
anni di tensione che c'erano stati tra loro. Troppe volte ha guardato
il corpo abbronzato e tonico del fratello durante gli allenamenti,
rendendosi conto che la sola contemplazione non bastava più
a
soddisfarlo, e troppe volte ha colto lo sguardo del fratello fisso
sui suoi fianchi sottili, l'espressione errabonda di un assetato che
si trovi improvvisamente davanti alla visione di una cascata.
Perché,
il Dio degli Inganni ne è consapevole, Thor non accetterebbe
mai di
dividerlo con qualcuno. Lo ritiene un suo pari, non l'irraggiungibile
figlio del Re di Asgard, e pertanto non è disposto
ad
accondiscendere ai suoi colpi di testa come uno qualsiasi dei suoi
amanti.
Pur
conscio di questo, Loki non ha posto nessuna barriera tra lo sguardo
azzurro del fratello e i suoi incontri con Baldr. Anzi, se possibile
ne ha solleticato la curiosità - dapprima smettendo di
vederlo, cosa
che lo ha ovviamente fatto insospettire, e poi uscendo a cavallo
sempre più spesso, e sempre con la stessa persona. E Loki
detesta le
attività all'aperto, Thor lo sa benissimo.
Si
aspetta una rappresaglia, uno sfogo di quella tortura lenta e
dolcissima che ama infliggere all'odiato Dio del Tuono;
perché egli
è irrazionale, testardo, passionale, e non
tarderà ad eruttare come
un vulcano che sia rimasto per troppo tempo inattivo nonostante i
tremori della terra.
Prevedibile
come sempre, la reazione di Thor non si fa attendere troppo.
Circa
due giorni dopo la partenza di Baldr, Loki non riesce a trovare un
libro che da tempo stava leggendo. È abbastanza sicuro di
averlo
lasciato in bella mostra sul tavolo centrale della biblioteca di
palazzo, ma non l'ha più trovato lì,
né - dopo un'attenta
ispezione - in alcuno degli scaffali. Ha tentato di richiamarlo con
la magia, ma ha avvertito distintamente un qualche ostacolo, un
impedimento di natura sovrannaturale che non permette al suo volere
di compiersi.
Il
che è strano, ma una certa consapevolezza della
verità già
serpeggia nella mente acuta del Dio: vi è infatti un solo
oggetto,
in tutta Asgard, che possa contrastare le sue arti magiche. E
quell'oggetto, casualmente, appartiene a suo fratello.
Entra
negli appartamenti del fratello con un sorriso vittorioso sulle
labbra. Prima che possa farsi avanti nella stanza, però, una
presa
robusta gli serra le spalle e lo spinge violentemente contro il muro,
facendogli girare la testa per qualche secondo.
Quando
riacquista il dominio di sé, il Signore degli Inganni si
ritrova a
pochi centimetri dal volto paonazzo di Thor, schiumante di rabbia.
«Fratello,
che piacere. Non vedo perché attirarmi fin nelle tue stanze,
se il
tuo unico proposito era quello di fracassarmi la testa contro un
muro».
«Tu,
maledizione...» e la voce di Thor somiglia più ad
un ringhio che al
vocalizzo di un vero e proprio essere umano. Sul volto di Loki si
apre un ghigno compiaciuto, estatico, e non c'è nulla di
questo
istante che il dio non definirebbe assolutamente perfetto.
«Sei
divenuto un folle, fratello». Riesce a districare una mano
dall'ammasso di membra, e la poggia, quasi con dolcezza, sul volto
del Dio del Tuono «Un folle che però si mantiene
sorprendentemente
lucido nell'architettare». E accenna con il capo al libro
tanto
cercato, poggiato su un tavolo a poca distanza da lui; sul
frontespizio sta Mjöllnir, l'inamovibile martello che
può essere
spostato soltanto dai degni.
«E
tu sei solo un viscido-»
«Shhh...»
soffia, interrompendo le parole irate e confuse di Thor «...
ciò
che ti anima in questo momento potrebbe farti dire cose di cui poi ti
pentiresti».
«No,
stavolta non ti sarà così semplice cavartela coi
tuoi inganni!»
Urla, incapace di controllarsi, e il sorriso di Loki si incrina,
presto sostituito da una smorfia sottilmente disgustata «Mi
hai
preferito un vecchio, un contadino
delle campagne, un-»
«Oh,
allora è peggio di quanto
immaginassi!» Alza anche lui la
voce, scostando la mole del fratello con una spinta secca
«Non è
per me che ti angusti, ma perché ti pare impensabile che ti
si possa
preferire qualcun altro! Arrogante come un bambino,
sei
soltanto un povero idiota! Su cosa esattamente facevi affidamento,
pensando che non avrei mai trovato nessuno migliore di te? Sulla tua
suadente conversazione? Sulla tua vasta cultura,
forse?! Ah,
ma avrei dovuto capirlo prima... abituato come sei a ricevere le lodi
e l'adorazione di tutti, del resto, dev'essere difficile ammettere la
sconfitta...»
Se
l'acredine di Loki si fa ogni secondo più pungente, la
rabbia di
Thor pare quasi del tutto sbollita. Sono bastate poche frasi del
fratello per ricondurlo alla ragione, e fissa le iridi verdi del Dio
degli Inganni - accese di quello che non può davvero
essere
odio - con un senso quasi di smarrimento. Forse perché ha
colto un
fondo di verità nelle sue parole e non può fare a
meno di sentirsi
in colpa.
È
sempre stato così, il suo rapporto con Loki: ogni volta che
si
arrabbia con lui, ogni volta che cerca lo scontro, l'abilità
del
fratello nel parlare è tale che Thor si chiede quasi come
faccia, a
trovare gli argomenti giusti per farlo retrocedere su quanto ha
appena detto. Il suo orgoglio geme, ferito, e il rancore si riaccende
a quella consapevolezza.
«Non
intendevo dire-»
«So
perfettamente cosa intendevi dire, Thor, e non mi è piaciuto
affatto». Il Dio degli Inganni fa un passo in direzione della
porta,
poi si volta bruscamente «Tieniti pure il libro, se ti piace
indulgere in questi giochi da bambini, ma sappi che da oggi in poi
non ti è più concesso toccarmi. Non
giacerò in compagnia di un
idiota che insozza la mia pelle con il suo sguardo ottuso».
La
porta si chiude con fracasso.
Il
Dio del Tuono rimane immobile per qualche secondo, prima di menare un
pugno contro il muro con tutta la forza che ha. Le nocche
scricchiolano, offese, e qualche frammento di intonaco chiaro scivola
silenziosamente a terra, mentre i suoi occhi azzurri si riempiono di
lacrime di rabbia. Le parole di Loki si insinuano nel suo cuore come
un veleno, dolorose.
La
gelosia, più che essere lavata via dalla
discussione appena
avuta, si amplifica.
Thor
sa che c'è un solo modo per vendicarsi del fratello e di
quello che
ritiene un vero e proprio tradimento. Sa anche che
è un
metodo assai poco onorevole e che Loki lo odierà a morte, ma
quel
poco di razionalità che già normalmente possiede
è accecato da
sentimenti turbinosi, indomabili.
Per
questo, colmo di rabbia e dolore, il Dio del Tuono si dirige ad ampi
passi verso la sala del trono.
*
«Signore,
vostro padre desidera ricevervi».
Loki
solleva il capo dal tomo che sta studiando con un moto di stupore,
poi rivolge la propria attenzione alla guardia che gli ha portato
quella notizia inattesa. Per un attimo, solo per un attimo,
è
dubbioso sul significato della chiamata. Poi, mentre un gelo sottile
parte dal centro dello stomaco e si diffonde per tutto il corpo,
mozzandogli il respiro, il Dio degli Inganni comprende che il motivo
per cui suo padre desidera parlargli può essere soltanto
uno, e
sicuramente è collegato con il litigio, con Thor e con una
serie di
questioni spinose che non avrebbero mai dovuto raggiungere le
orecchie del re di Asgard.
"Dannazione...
sia maledetto quell'idiota e tutta la sua discendenza futura".
Si
alza in piedi con foga, tanto che la guardia spalanca gli occhi e lo
fissa con un'espressione piuttosto preoccupata.
«Di',
mio padre era agitato?»
«Signore,
non so se-»
«Parla
e basta, è importante».
«Appariva
piuttosto... turbato».
Sibilando
improperi e maledizioni a denti stretti, Loki scansa la guardia di
malagrazia ed esce correndo dalla biblioteca. Il cuore nel petto
accelera i battiti fino ad un limite che non credeva possibile,
mentre i suoi passi rallentano, nel tentativo di darsi un contegno di
calma che possa fungere come baluardo contro l'ira di suo padre.
È
una delle poche volte da quando è nato in cui sente di avere
davvero
paura, ed è soltanto grazie ad un ferreo controllo di
sé che riesce
ad entrare nella sala del trono senza tremare o gettarsi ai piedi del
re implorando perdono.
Come
si aspettava, gli occhi di Odino si posano su di lui colmi di gelida
furia. Il re di Asgard è in piedi, a metà degli
scalini che
conducono al trono, e tiene i pugni stretti lungo il corpo possente,
il portamento contratto e imponente del leone che sta per ruggire; ha
l'aspetto di un vegliardo, canuto e segnato da miriadi di rughe e
cicatrici, ma Loki sa che non può permettersi di contestare
in
nessun modo la sua autorità. Ciò che lo lega ad
Odino è più
simile ad una sorta di venerazione cameratesca che al vero e proprio
affetto filiale.
«Padre,
sono venuto come mi avete-» il sussurro garbato del Dio degli
Inganni viene bruscamente interrotto dalla voce di tuono del re.
«Sciagurato!»
Grida, fiero anche nella sua rabbia «Non riesco a credere che
un
figlio allevato nella mia casa possa aver compiuto azioni tanto
invereconde! Devi soltanto vergognarti! ».
«Ma,
padre-»
Odino
non lo lascia parlare. Loki si vede così sottratta la sua
unica
ancora di salvezza, le parole.
«Ad
un figlio di re si richiede un comportamento discreto in ogni
caso, ma tu... tu hai giaciuto con un uomo,
macchiandoti
di una colpa rivoltante! I nostri avi condannavano chi faceva
ciò,
rendendosi simile ad una donna lasciva». Il fiato manca al
grande
Odino, forse per la commozione, e la sua voce cala inevitabilmente
verso la fine dell'arringa.
Loki
non può replicare nulla. Non ci sono giustificazioni per
quello che
ha fatto, non può rigirare la faccenda in nessun modo; per
la prima
volta si trova in difficoltà, incapace di discolparsi, e lo
sguardo
gli cade su una figura che sta poco dietro il trono, in piedi. Thor.
Lo
guarda con tutto l'odio che riesce ad ammassare nel cuore, e per un
attimo nella mente gli balza l'idea di pronunciare qualche
incantesimo e carbonizzarlo lì, sul posto, privando
così Asgard del
suo preziosissimo erede al trono. Si trattiene solo
perché sa
che non uscirebbe vivo dalla sala, dopo.
«Padre,
io vi imploro di perdonarmi. È stato un errore che
non-»
«Ormai
è troppo tardi, Loki». Perentorio, Odino fissa il
figlio negli
occhi con compassione mista a malcelato disprezzo. Loki si sente
colpito da quello sguardo come da una stilettata, e il suo orgoglio
brucia come mai prima d'ora, profondamente offeso; perché
è finito
a strisciare davanti a qualcuno che lo tratta incivilmente per una
sciocchezza simile? Perché deve piegarsi
a questo vecchio,
questa carcassa dei tempi che furono?
Eppure,
nonostante la ragione gli gridi di ribellarsi, è al suo
cuore che il
Dio degli Inganni, per una volta, dà ascolto.
E
il cuore è legato ad Odino come a un mentore, e alla sua
approvazione come al più prezioso dei doni.
«Ci
dev'essere qualcosa che posso fare per riparare al mio errore,
padre».
«No,
Loki». Il ragazzo alza il viso, contratto in un'espressione
quasi di
sofferenza, e tutto quel che riceve è un'occhiata fredda,
perentoria
«Ti sei disonorato e hai disonorato me. Mi hai profondamente
deluso».
«Ma-»
«Vattene,
Loki».
Non
è un invito, ma un ordine. Il Dio degli Inganni si volge
verso la
porta senza fiatare, i pugni serrati e le labbra contratte in una
linea dura e sottile; esce trattenendo il respiro, gli occhi
già
pieni di lacrime, ed è solo dopo essere svanito nell'aria e
ricomparso nel bel mezzo della sua stanza che si concede un pianto
liberatorio.
1Questa
nota avrei dovuto metterla nel capitolo precedente, ma la inserisco
qui perché sono gangsta.
Nella mitologia, Baldr è il secondogenito di Odino e Frigga,
nonché
il più bello di tutti gli Æsir (o Asi), famoso per
i suoi capelli
bianchi come la neve. Muore a causa di Loki, che lo fa uccidere a
tradimento da un certo Höðr (fratello dello stesso
Baldr)
tirandogli addosso del vischio – pianta che costituisce il
suo
unico punto debole.
_____________________
_ _ _
Ok,
questa fic diventa più pointless ad ogni capitolo (e siamo
solo al
secondo!). Prima che qualcuno di voi mi lanci un pomodoro per la
narrazione veloce e assai poco enfatica, ci terrei a precisare che
ESGIN (abbrevio: il titolo lungo è uno sbatti da riscrivere)
vorrebbe essere una sorta di racconto a stampo più
mitologico/fiabesco che romanzesco. Con questo non voglio dire che ci
saranno principesse da salvare e castelli vari – o
romanticismo,
per carità – ma che narrerò gli eventi
con molta più velocità
di quanto non faccia di solito. È un esperimento, per me, e
devo
dire che – per quello che ho già scritto
– non è che mi
soddisfi moltissimo. Oltretutto io di solito faccio capitoli lunghi
(sette/otto pagine di Word come minimo), mentre questi raggiungono a
stento le tre.
Vabeh,
spero sarete voi lettori a dirmi se va bene oppure no. Il lancio di
ortaggi è più che autorizzato.
Al prossimo aggiornamento,
Greedfan
|
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Capitolo 3 *** Hevn ***
Hevn
Loki
non viene punito per ciò che ha fatto.
Baldr
è stato cacciato dalla corte con il divieto tassativo di
rimettervi
piede, ma nessun castigo è stato previsto per il figlio
negletto,
per l'intoccabile che si è macchiato di una colpa tanto
infame.
Bastano le occhiate, i sussurri alle sue spalle, le parole dure e
velenose del Re degli Dei; basta questo perché Loki si senta
sul
punto di impazzire, circondato da una corte di serpi che finalmente
hanno trovato una motivazione valida per trattare con ripugnanza una
creatura che mai hanno amato, e che è sempre stata, nel loro
immaginario, tanto schiva e ombrosa da destare sospetti riguardo alla
sua affidabilità.
Il
Dio degli Inganni si è reso conto di essere completamente
solo. Poco
importa che Frigga lo implori piangendo di farla entrare nelle sue
stanze, o che Thor abbia cercato in tutti i modi di parlare con lui -
singhiozzando, a volte, accasciato contro la porta di bronzo della
biblioteca. Loki è solo
perché nessuno potrà mai
comprendere fino in fondo il suo pensiero, e questa consapevolezza lo
affligge.
Se
fosse sciocco e semplice quanto suo fratello, forse, tutti lo
amerebbero. Se soltanto la sua visione del mondo si fermasse ai
luoghi comuni e alle mere apparenze, se non fosse animato dalla
curiosità insaziabile che lo porta ad esplorare i segreti
più
oscuri dell'Universo... la sua vita è costellata di "se".
Si chiede, Loki, se l'ignoranza sia poi così deprecabile,
quando
conduce alla felicità.
Ma
non sono queste le questioni che lo ossessionano, nonostante tutto.
Si è rinchiuso nella biblioteca del palazzo con il preciso
intento
di porre rimedio ai suoi errori, perché riconosce che,
benché suo
padre sia un monarca dispotico e autoritario, legato a valori ormai
obsoleti, il suo rispetto è l'unica cosa che ambisce di
ottenere.
Non intende concepire di averlo perso per sempre.
Potrebbe
fare molte cose per attirarsi la gratitudine del re, ma non gli
basta; vuole cancellare l'onta e al contempo desidera ammirazione,
rispetto, orgoglio. E questo è
infinitamente più complesso,
quasi impossibile.
Non
permetterà a se stesso di annegare nell'autocommiserazione.
*
Non
si può pretendere il perdono.
Tutto
il resto è alla sua portata. Il rispetto, la
fedeltà, l'amicizia,
sono tutte cose che l'erede al trono di Asgard ha sempre ottenuto
senza la minima fatica, soltanto in virtù della sua
discendenza.
Adesso, sapere che il suo stesso fratello - la persona a cui tiene di
più in tutto il mondo - lo odia in modo completamente legittimo
non gli dà pace.
Ha
avuto sempre ragione, Loki, a chiamarlo "idiota". È uno
stupido, un imbecille incapace di contenere i propri impulsi, e ha
distrutto una delle cose più belle che suo fratello abbia
mai avuto,
disonorandolo. E con quale coraggio ha rivelato a Odino quel segreto,
accompagnandolo con parole di sdegno e riprovazione, quando lui
stesso è parte di un rapporto ben più grave e
infamante?
Il
peso della sua menzogna lo schiaccia, lo soffoca. Non c'è
nulla che
possa fare per riacquistare la fiducia del fratello.
Non
cammineranno più sotto le fronde degli alberi, nei giardini
del
palazzo reale, parlando del più e del meno; non
combatteranno più
insieme, non faranno a botte, non ci saranno più baci
né singulti
smorzati tra le lenzuola. Thor ha rovinato tutto per il suo sciocco
sentimento di gelosia.
Si
maledice infinite volte, trattenendo le lacrime e i singhiozzi che
affiorano, spontanei, sulle labbra.
«Fratello...»
la voce è arrochita, stentorea. Parlare gli fa male.
«Fratello, è
da giorni che non esci da qui. Ti prego, ti prego...»
Il
grande Dio del Tuono - o, almeno, colui che è destinato a
diventarlo
- ridotto come un ragazzino solo e viziato. La porta della biblioteca
non accenna a cedere sotto i suoi colpi, chiusa con chissà
quale
incantesimo, e la voce di Loki non fa eco alle sue suppliche;
l'ultima volta che l'ha scorto era davanti ad una delle finestre,
pallido come uno spettro, gli occhi verdi brillanti come lucerne
nelle orbite annerite dalla stanchezza.
«Maledizione!»
Grida. Tira un calcio alla porta, ma i battenti non si spalancano
come vorrebbe. «Loki, apri questa dannata porta! Morirai, se
continui a rimanere chiuso lì dentro!».
Silenzio.
Se anche il fratello lo sta ascoltando, è evidente che non
ha la
minima intenzione di rispondere.
E
come dargli torto?
Il
figlio di Odino, per la prima volta in vita sua, sperimenta il senso
d'impotenza.
*
Dopo
una settimana di ricerche, finalmente Loki trova ciò che
cerca.
I
tavoli della biblioteca sono invasi da colonne di volumi aperti e
lasciati lì disordinatamente, in piena contraddizione con le
abitudini del Dio degli Inganni – che ha sempre avuto una
cura
maniacale per i libri. Ce ne sono anche sul pavimento, sparpagliati,
aperti a metà, le pagine decorate da miniature
d’oro che
ondeggiano e si sollevano grazie alla brezza leggera che entra dalle
finestre aperte.
Accucciato
in un angolo, la schiena appoggiata ad una libreria di legno scuro,
Loki tiene un tomo particolarmente voluminoso appoggiato sulle
ginocchia. Ogni pagina è alta quanto il suo braccio steso e
larga
poco meno, fatta di una carta spessa e ingiallita dai secoli; la
copertina è di cuoio pesante, rifinita da una serie di
borchie
arrugginite, i caratteri sono runici, di un tipo tanto antico che
Loki ha dovuto rispolverare buona parte delle proprie conoscenze per
decifrare le iscrizioni.
Si
tratta di una raccolta di favole e miti di valore inestimabile, forse
uno degli oggetti più preziosi custoditi nel palazzo. Le
storie sono
riccamente illustrate con inchiostri che hanno resistito al tempo
senza perdere un briciolo del loro colore – Loki, per questo,
suppone che siano incantati – e ogni immagine è,
in sé, un
capolavoro dell’arte asgardiana dei primordi, quando ancora
nessuna
guerra con i Jötnar1
era
stata compiuta e
gli Æsir e i Vanir2
combattevano battaglie sanguinose. Tra i molti racconti, il Dio degli
Inganni ha trovato qualcosa che gli interessa molto, e che reca
–
al di là della mistificazione favolistica – un
fondo di verità
palpabile.
La
leggenda narra di un cavallo leggendario di nome
Svaðilfœri,
appartenente ad uno Jötunn di nobile stirpe, bello
più di qualsiasi
altro destriero al mondo. Racconta di come sia nato dalla caduta di
un astro candido negli abissi di Jötunheim e di come i Giganti
se lo
siano conteso dall’alba dei tempi; infine, descrive la
bellezza del
suo manto albino, i suoi zoccoli d’oro, la criniera
d’argento e
gli occhi azzurri come fiamme fredde.3
In
altri libri Loki ha già incontrato leggende molto simili a
questa –
se vi sono delle differenze, solitamente risultano troppo piccole per
essere di una qualche rilevanza – ed è convinto
che vi sia un
qualche fondo di verità. Svaðilfœri non
sarebbe certamente la
prima creatura magica a vivere sotto il sole di Asgard, ma è
un
cavallo; Odino, come sa chiunque frequenti anche per poco la corte,
ha una grande passione per i destrieri di tutti i tipi, e
accoglie nelle sue stalle solo i più belli del regno.
Sarebbe
indubbiamente un dono regale, graditissimo.
Però,
Loki deve prima trovarlo.
Chiude
il libro con un’espressione risoluta, poi fissa il soffitto e
corruga le sopracciglia, rincorrendo i barbagli di un’idea
che va
formandosi con insolita lentezza. Non mangia da molto, e la mancanza
di cibo rende ogni suo ragionamento confuso e vago come un sogno.
L'unica
cosa certa è che, se vuole trovare
Svaðilfœri, deve recarsi nello
Jötunheim.
C'è
qualche probabilità che Heimdall lo faccia passare - dopo
tutto,
perché non dovrebbe? Odino non ha confinato Loki nei suoi
appartamenti, e il guardiano del Bifrost non si metterà
certo a fare
domande sulla natura di un viaggio come quello, uguale a mille altri
che lui e Thor, insieme, hanno compiuto nel regno ghiacciato dei
Giganti.
Thor.
Deve
rimuovere il
fratello dai propri pensieri, se lo ripete sempre più spesso.
Batte
le mani, e i libri si sollevano in aria con il confuso turbinare
delle pagine, per poi tornare diligentemente a posto nei rispettivi
scaffali; non lo fa per un particolare amore dell'ordine o
perché ha
paura che i libri si rovinino, ma perché lasciarli
lì, aperti nei
punti che ha consultato, equivarrebbe a fornire una traccia fin
troppo evidente dei suoi propositi.
Ha
bisogno di tempo, e di evitare che una delegazione di asgardiani
boriosi si presenti nello Jotunheim proprio quando lui sta cercando
di passare inosservato.
Si
avvicina ad una delle finestre e la spalanca con un gesto imperioso,
assicurandosi che nei giardini sottostanti non ci sia nessuno. Pensa
di nuovo a Thor, adagiato contro la porta in attesa che lui esca -
crede, lo sciocco, che abbia passato gli ultimi giorni segregato tra
i libri, vergognoso al punto da sfuggire la vista dei suoi stessi
familiari.
"Lo
sapevi, fratello?" Pensa,
salendo sul davanzale "Ho
imparato a volare".
*
Quando
la porta cede sotto il suo peso, per un attimo Thor crede di star
sognando. La verità è che ci si era assopito,
contro quella porta,
pensando che prima o poi Loki si sarebbe deciso ad uscire; quando il
battente scivola in avanti, facendogli rischiare una testata contro
il pavimento, il giovane principe di Asgard si convince in un battito
di ciglia che suo fratello ha deciso di stipulare una tregua,
probabilmente animato da un senso di nostalgia
forte almeno
quanto il suo. Si puntella sulle mani, scatta in avanti, in pochi
secondi è nella biblioteca.
Il
suo sguardo vaga tra i tavoli vuoti, e grande è la delusione
quando
capisce che Loki non è lì. Che l'ha gabbato, di
nuovo, e
probabilmente non gli importa di sapere che lui non fa altro che
darsi dell'idiota per la sciocchezza che ha fatto. Non gli
importa
di lui.
È
quasi un senso di abbandono quello che avverte, mentre cerca - invano
- di inghiottire l'insopprimibile amarezza che gli stringe il cuore
in una morsa ferrea. Non riesce a credere, Thor, che tutto il suo
trasporto si riversi su una persona che, semplicemente, non lo
ricambia. Nella sua purezza - o ingenuità, che dir si voglia
- ha
troppa fiducia nell'animo del fratello per credere che lo odi sul
serio, che davvero il loro legame non verrà più
rinsaldato.
Non
riesce ad arrendersi nemmeno di fronte a quest'ultimo rifiuto.
Esce
dalla biblioteca con un groppo in gola che ben presto si scioglie,
mentre percorre ad ampie falcate i corridoi della reggia. Cerca Loki
ovunque: nelle sue stanze, nei giardini, nei cortili interni, perfino
nei luoghi dove sa che non lo troverà; il suo desiderio di
vederlo è
così forte che è disposto anche ad illudersi pur
di provare un
senso di speranza fugace, pronto a dissolversi.
Ma
Loki non è da nessuna parte. Pare si sia dissolto come la
brina
sotto i raggi del Sole.
Thor
cerca di non dare retta al proprio istinto, quella voce traditrice
che gli sussurra, melliflua, che suo fratello se n'è andato
per
sempre, è scomparso per non tornare mai più.
Perché ha sempre una
speranza, lui, per tutto.
Perché
crede, il Dio del Tuono, che non c'è nessun problema che il
tempo
non possa risolvere.
Ben
presto, però, è costretto a ricredersi.
1Plurale
di "Jötunn".
2Rischio
di scadere nell'ovvio, ma si sta parlando di "Asi" e
"Vani".
3Tutto
ciò è farina del mio sacco. La leggenda vera
potete trovarla qui.
_________________
_ _ _
Perdonatemi
davvero se non ho aggiornato entro tre/quattro giorni come volevo
fare, ma mi hanno bannato - tecnicamente per una settimana, in
realtà
per nove giorni - e ho riavuto l'account soltanto adesso. Visto che
è
mezzanotte e venti risponderò domani alle recensioni, ma vi
ringrazio anche qui per il vostro meraviglioso sostegno e l'amore che
dimostrate per questa storia.
Grazie,
ragazze.
Alla
prossima,
Roby
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