The Dj won't let you go home tonight.

di KayeJ
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** How to get a start. ***
Capitolo 2: *** If the Dj is not so attentive. ***
Capitolo 3: *** How to get punched. ***
Capitolo 4: *** Hot tea shower. ***
Capitolo 5: *** Diluvio in due tempi. Part 1 ***
Capitolo 6: *** Rolling fancy Apples & the great Black Hat. This Sunday morning, at the Greatest City Theatre. ***
Capitolo 7: *** However, Holden is a friend. ***
Capitolo 8: *** Planning: revenge, ideas. It doesn't matter: now it's the same. ***
Capitolo 9: *** Cupcakes & Cigarettes: some strange noons. ***
Capitolo 10: *** Rainy coffee. ***



Capitolo 1
*** How to get a start. ***


  
 
Signori e Signori,
Benvenuti in questa nuova avventura,
Lasciatevi trasportare dalle note del nostro Dj, seguite la sua storia,
e non abbiatene a male se vi offenderemo.
Se vorrete prendervela con qualcuno, prendetevela con noi.
Noi, le Ombre.
Le Ombre che hanno avuto la presunzione di raccontarvi questa piccola storia.
Siate gentili, e siateci amici!, perché siamo solo umili ombre, e basterebbe spegnere la luce, per cancellare l’offesa.
 
Si apra il sipario!
 
 
 
 
Una testa rossa era collegata ad un corpo.
Normale, in fondo, che una testa fosse attaccata ad un corpo, direte voi.
Ma se vi avvicinaste e osservaste meglio, notereste che si tratta di una testa ricoperta da una chioma di un rosso brillante e acceso. I lineamenti del volto sono regolari e armoniosi, nonostante il dettaglio di una benda su di un occhio. L’insieme potrebbe essere considerato di una certa nobiltà, come potreste notare, dunque.
Ma allora perché cavolo è così scomposto? Va bene essere giovani, va bene andare a letto tardi, ma un minimo di decenza allora!
Siamo a Gennaio in fondo, e dormire con la coperta spostata, e con le sole mutande a coprirti non è un ottima idea! No, e non m’importa se questi boxer di Tokidoki con i disegnini sono “una figata”!
<< Mmmph… >> mormorò la sagoma umana informe che si lamentava piano contro il cuscino.
Hai ancora le cuffie al collo pure! Non lamentarti poi se si rovinano, eh!
<< Dannata sveglia… >> disse la sagoma, allungando un braccio verso il pavimento, e dando una sonora botta ad un’allegra sveglia colorata che trillava sul parquet, ricoperto di vestiti e fogli e dischi e chi più ne ha, più ne metta.
E non osare spegnerm..! Ciao, io ero una sveglia, e ora vado a dormire, sì.
 
<< Ma che ore sono? >> sbadigliò il ragazzo. Prese in mano la sveglia e stropicciandosi l’unico occhio smeraldino tentò di focalizzare ciò che le lancette gli urlavano con la loro presenza. -12.30-
Un attimo di raccoglimento. Ancora un altro per favore.
<< Dannazione! >> esclamò Lavi saltando giù dal letto, inciampando nelle coperte e facendo un sonoro capitombolo per terra, sbattendo così fortemente il sedere.
Si rialzò, cominciando così una comica lotta con propri jeans, saltellando da una parte all’altra della stanza, per obbligare i jeans a entrare prima in una gamba e poi nell’altra.
E ora la maglietta: “quella sul bordo del letto poteva andare benissimo” si ritrovò a pensare, mentre tentava di infilarsela, decidendo poi che non sarebbe mai entrata se prima non avesse provato a  togliere dal collo le enormi cuffie nere.
A piedi nudi si diresse poi nel minuscolo appartamento dove viveva da circa sei mesi, e che già si era adattato alla sua “forma mentis”: un autentico guazzabuglio di libri, dischi, volantini di serate e oggetti buttati alla rinfusa in più o meno tutti gli angoli della casa.
Sentiva un buon odorino di caffè provenire dal cucinotto, dove infatti trovò una tazza fumante di caffè americano ad attenderlo con sopra un post-it giallo con due frettolose righe: “Ti ho preparato un po’ di caffè, perché conoscendoti sarai mezzo morto quando ti sveglierai,” Lavi sorrise a quelle parole, “ricordati della serata di stasera. Il volantino è appeso al frigo con tutto il necessario sopra. Le chiavi te le ho lasciate sotto il tappetino come al solito” –“Mai che se le tenesse una volta!” sghignazzò leggendo- “Non fare tardi stasera!!! Miranda.”
Lesse il bigliettino per intero, bevendo a piccoli sorsi il caffè, andando poi ad aprire la porta e prendere la chiavi da sotto il tappetino, richiudendo subito dopo.
Avrebbero dovuto farla santa, Miranda. Nonostante la sua confusione e imbranataggine, riusciva sempre a dargli una mano con il suo lavoro. Si grattò la nuca, per poi poggiare il bicchiere di caffè sul tavolino della sala, e buttarsi sul divano a fissare il soffitto.
“Bene, ora preparo la roba per stasera e poi leggo dove devo andare.” si disse, alzandosi con un sospiro, cercando la propria valigetta imbottita, già piena di dischi.
Prese il mixer e ce lo incastrò dentro, cercando poi un posto per le cuffie, che si risolse a tenere al collo, come al solito.
Con la prossima serata avrebbe dovuto provare a comprare una valigetta nuova, ormai quella non bastava più dato che la sua collezione di dischi si era ampliata.
Andò verso il frigo, canticchiando una canzone a mezza voce, e prendendo il volantino si mise a cercare di capire dove dovesse andare.
 
 
 
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<< Indovina cosa sono riuscito a trovare? >> le chiese l’albino nascondendo dietro la schiena qualcosa, mentre un sorriso piuttosto soddisfatto si allargava sul suo viso.
<< Allen, lo sai che tanto non indovinerò mai, quindi fai prima a dirmelo >> gli rispose con un sorriso la ragazza dai lunghi capelli scuri di fianco a lui.
Allen con un gesto da prestigiatore fece comparire dalla sua manica due biglietti colorati, che dicevano chiaramente di essere pre-vendite.
<< Allen sei fantastico! >> esclamò Linalee, con gli occhi che le brillavano, abbracciandolo di slancio. << Ma perché solo due? >> gli fece notare con tono di rimprovero tirandogli una guancia.
Allen sbuffò, facendo comparire anche il terzo biglietto, allungando la mano in direzione di un ragazzo silenzioso alla sinistra di Linalee.
Questi lo fulminò con un’occhiata gelida nel vedere la mano dell’albino a distanza ravvicinata che gli porgeva qualcosa.
<< E’ un biglietto, Kanda. >>  disse Linalee con un sorriso un po’ esasperato per la solita situazione << Per la serata di stasera al Dark Order, ti ricordi? >>
Kanda la guardò, facendo poi una smorfia e prendendo il biglietto. << Che. >>
<< Ehi! Puoi almeno ringraziare! >> fece Allen risentito.
<< Ti ringrazierò quando te ne andrai, mammoletta. >> rispose freddo Kanda.
<< Mi chiamo Allen! >>
<< Che. Mammoletta. >>
Linalee si spostò leggermente indietro, per non essere coinvolta nell’ennesimo battibecco fra i due ragazzi.
 
 

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Capitolo 2
*** If the Dj is not so attentive. ***


Uscì di casa tranquillamente, con le cuffie che gli coprivano le orecchie mentre camminava per raggiungere il locale della serata.
Un ragazzo gli venne addosso, urtandogli fortemente la spalla.
<< Ehi! >> esclamò, leggermente infastidito, per poi studiare attentamente il ragazzo che lo aveva colpito. Doveva essere asiatico, dedusse dal taglio degli occhi a mandorla e dai lunghi capelli corvini raccolti in una coda. A guardarlo bene i suoi lineamenti erano così fini da poter essere scambiato con una ragazza se osservato da dietro.
<< Che. Stai un po’ più attento. >> disse sgarbato l’orientale, senza guardarlo un secondo di più e riprendendo a camminare.
<< Ben gentile! >> gli gridò dietro, incamminandosi nella direzione opposta, con un ghigno che gli si allargava sul volto nell’osservare il ragazzo camminare da dietro.
Sì, decisamente, avrebbe potuto essere scambiato per una ragazza.
 
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Il locale era ben arredato notò entrandoci, mentre venne accolto dal proprietario, o così pareva.
<< Molto piacere >> disse l’uomo porgendogli la mano << Io sono Reever, ora ti faccio vedere dove puoi sistemare le tue cose e dove attaccare il mixer. >> concluse con un sorriso.
Lavi lo seguì, poggiando le proprie cose dove indicatogli e iniziando con il sound-check. A breve il locale iniziò a riempirsi di avventori.
Gente allegra e disordinata, ogni tipo di persona era ammessa: non c’era una vera e propria selezione all’ingresso, i clienti entravano grazie alle prevendite accessibili a tutti.
Gli piaceva quel modo di fare, e sorrise dalla sua postazione, trafficando con il mixer. Appoggiò il cellulare di fianco al mixer, mentre aspettava la chiamata di Miranda per dirgli del gruppo di ballo.
Sorrise, mettendo su un po’ di musica lounge, mentre aspettava che la serata arrivasse nel vivo.
 
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<< Linalee! Se non ti muovi ti lasciamo qui! >> esclamò Allen esasperato ormai dalla ragazza. Era sovreccitata, non credeva ancora che sarebbero andati in quel locale, famoso fra i ragazzi per l’ottima musica e i grandiosi numeri di ballo che vi si svolgevano ad opera di crew emergenti.
Nemmeno ora che erano in coda per entrarci, riusciva a contenere la propria allegria, ballando a ritmo sul marciapiede seguendo la musica che proveniva dal locale.
Allen guardò Kanda dietro di loro, come se si aspettasse un qualche aiuto per far tranquillizzare Linalee, ma desistette subito vedendo lo sguardo annoiato del ragazzo. Perfino lui sapeva quanto odiasse stare in mezzo alla gente, e la coda per entrare al locale rasentava i limiti di sopportazione di Kanda.
<< Allen guarda! >> lo distrasse Linalee tirandolo per una manica del giubbotto.
<< Quelli sono i membri della Noah’s Ark Dance Crew! >> esclamò eccitata a vedere i ballerini.
Allen si girò di scatto ad ammirare quei ballerini.
Sapeva che erano tutti della parti di Londra dove viveva lui, alcuni li aveva anche visti ballare da soli. Allen non era un ottimo ballerino, ma gli piaceva muoversi, ballare. La trovava un’interessante forma espressiva, molto più diretta delle parole, che a volte lo mettevano in imbarazzo.
<< Che. Mammoletta, vedi di non incantarti troppo che dobbiamo entrare. >> li richiamò Kanda con voce tagliente.
<< Io mi chiamo Allen! >>
<< Come ti pare, ma ora dagli quella stramaledetta prevendita ed entriamo! >> sbottò innervosito indicando il buttafuori che li stava guardando male perché rallentavano la fila.
Entrambi i due ragazzi impietrirono a quella truce visione, consegnando i loro biglietti subito, entrando con un sorriso, seguiti da un Kanda piuttosto innervosito.
 
L’interno del locale era arredato con gusto, le luci si riflettevano colorate sulla pista, mentre già c’era gente che ballava. In fondo erano quasi le undici, era normale che la pista fosse già quasi piena. Il Dj mise una canzone dei Black Eyed Peas : << Oh, Allen, Kanda! È la mia preferita! >> esclamò Linalee, trascinandoli entrambi a ballare uno più contento, l’altro scomparve fra la folla poco dopo, per andare ad appoggiarsi al bancone. Kanda odiava stare così in mezzo alla gente.
Non sapeva nemmeno perché si era lasciato convincere da Linalee a venire in quello stupido locale. Sì, la musica non gli dispiaceva affatto, ma di certo non avrebbe ballato assieme a lei e alla mammoletta.
Non che non fosse capace. Guai a metterlo in dubbio! Solamente odiava tutta quella gente che saltava esaltata senza un minimo di grazia.
Si voltò verso il bancone a chiedere un analcolico all’arancia, mentre il barista lo squadrava senza troppo pudore.
<< Non sei un po’ troppo giovane e bello per essere qua da solo? >>  chiese questi mentre gli shakerava allegro il cocktail.
<< Che. Non sono affari tuoi. >> rispose l’orientale burbero.
<< Aw! Così scontroso! Sei veramente senza pietà! >> esclamò con tono divertito il barista, portandosi teatralmente una mano al cuore, e scuotendo la testa, facendo ondeggiare le innumerevoli treccine dei suoi capelli chiari.
Gli porse il bicchiere, con un gesto gentile << Ecco, con gli omaggi della casa >> aggiunse fermandolo con una mano, mentre allungava il tesserino per pagare << e ricordati che non troverai mai un cocktail migliore di quelli fatti da Jerry!>> concluse facendogli l’occhiolino.
<< Che. >> rispose quasi sorridendo, ma forse era solo una contrazione involontaria di un muscolo facciale.
Si voltò nuovamente ad osservare la sala, accorgendosi solo ora che la musica si era fermata e che dei ragazzi stavano facendo spostare un po’ di gente dalla pista, mentre uno chiacchierava con il Dj.
“Quel ragazzo assomigliava maledettamente al tipo con cui si era scontrato quel pomeriggio” riflettè bevendo.
 
 
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<< Ehi coniglio! >> lo chiamò una voce ben nota da davanti la console.
<< Yo Tyki! >> esclamò contento allungandogli una mano, e facendogli segno di salire lì dietro.
<< Allora, come va, caro il mio Dj? >> rise a quelle parole il ragazzo dai capelli scuri.
<< Ah, senza di te… >> cominciò teatrale Lavi, mentre un ghigno malizioso si allargava sul suo viso.
<< Il mio letto piange! >> conclusero entrambi ridendo. Era un loro vecchio scherzo. Si conoscevano da un bel po’ di tempo. Lavi era rimasto affascinato dalla sua pelle bruna, e dal suo aristocratico neo sotto l’occhio, per non parlare del fatto che spandeva fascino in ogni gesto. Tyki era rimasto affascinato dai suoi capelli rosso fuoco, dal suo occhio verde malizioso, e dai suoi modi di fare leggeri e scanzonati. Inutile aggiungere che la loro passione era durata il tempo di una notte, per poi terminare in un’amicizia che durava tutt’ora.
Tyki gli passò un cd.
<< Quali sono? >> chiese Lavi un po’ più professionale ora.
<< No, ci sono solo quelle che dobbiamo ballare sul quel cd, ma dovresti mettere degli effetti qua e là. >> gli disse l’amico.
<< Del tipo “fade” e simili? >> gli chiese appuntando tutto con su un pezzo di carta.
<< Sì, alla fine dei brani e a 3.37 della seconda traccia puoi mettere una specie di scoppio per favore? >> domandò, sicuro che Lavi l’avrebbe fatto, mentre già si allontanava da lì per scendere in pista.
Quando infatti il ragazzo alzò lo sguardo Tyki stava già sistemandosi pronto a iniziare la loro esibizione.
<< Ringraziare no, eh? >> gli chiese ironico dal microfono, mentre l’altro gli rispondeva mandandogli un bacio con sguardo malizioso.
Lavi rise.
<< Bene gente! Questi sono i famosi Noah’s Ark Dance Crew, quindi fategli un caloroso applauso e godetevi lo spettacolo! >> esclamò facendo partire il loro cd.
 
 
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Erano spettacolari.
Ipnotizzanti.
Allen si ritrovò a fissarli affascinato, in piedi ad uno dei lati della pista, senza riuscire a staccare gli occhi da loro.
Si muovevano sincronizzati, come facessero parte di un unico corpo. I loro movimenti si adattavano perfettamente alla musica scelta ed erano fluidi e controllati.
Allen si soffermò a guardare il ragazzo dai capelli scuri e il neo sotto l’occhio, quello che probabilmente era l’amico del Dj.
Ballava in modo veramente divino, sembrava quasi non si stesse impegnando, talmente i suoi movimenti sembravano naturali.
Seguì tutta l’esibizione senza muovere un muscolo, ma osservandoli rapito e meravigliato.
Alla fine del loro spettacolo, battè le mani con ardore, sgolandosi assieme alle altre persone assiepate attorno alla pista.
Linalee lo trascinò poi vicino al bancone, dove Kanda li attendeva.
<< Sono stati fantastici! Li hai visti Kanda? >> chiese la ragazza entusiasta.
<< Sì, Lina, li ho visti. >> rispose questi senza lasciarsi sfuggire la benché minima emozione.
<< Oddio Allen! Guardali lì! >> sussurrò poi eccitata indicando di nascosto, in direzione dei ballerini, che stavano bevendo affianco a loro assieme a quello che probabilmente era il Dj.
 
 
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Lavi venne trascinato giù dalla consolle da Tyki, concedendosi così la prima pausa della serata, mentre andava al bancone con loro.
<< Allora? Come ti siamo sembrati? >> chiese il moro con un sorriso, mentre si ravviava i capelli con la mano.
<< Fenomenali come al solito. Però ho notato che avete fatto un nuovo acquisto. >> disse guardando un ragazzo rasato con delle grandi cuffie sulle orecchie.
<< Oh, sì. Lui è Marie, detto Noise. E’ cieco, ma balla benissimo. >> aggiunse Tyki spiegandogli.
<< Ho notato! >> gli rispose ridendo Lavi, sedendosi poi al bancone.
<< Cosa vi porto cari? >> chiese il barista con un sorriso affabile.
<< Un martini secco con ghiaccio. >> disse Tyki con un sorriso.
<< Un Malibù cola, per me invece. >> aggiunse Lavi sorridendo gentilmente.
<< Ancora quel coso da bambini? >>
<< Senti, ma che problema c’è? E’ buonissimo! >> esclamò il rosso, sorseggiando i cocktail che nel frattempo erano arrivati.
Tyki gli lanciò un’occhiata maliziosa, indicando poi con un movimento della testa un ragazzo dai capelli bianchi dietro di sé.
<< Uhn? >> fece Lavi a bassa voce, guardandolo curioso.
<< E’ proprio un bel bocconcino, non credi? >> dichiarò l’amico sorridendo ferino.
<<  Beh, sì, ma sembra proprio un ragazzino, Tyki… >> cominciò Lavi, comprendendo le intenzioni del moro, che rise a quella frase.
<< Come lo eri tu, mio caro! >>
<< Muori Tyki. >> disse Lavi, sorridendogli maligno.
<< Penso proprio che me lo prenderò… >> mormorò assottigliando gli occhi in direzione del ragazzino, e prima che Lavi potesse dire qualsiasi cosa, fece finta di cadere, rovesciando così il proprio cocktail sulla maglia del ragazzino.
<< Oh, scusami! >> si scusò con tono sentito. Lavi dietro di lui, si voltò per non scoppiare a ridere in faccia al ragazzino. Tyki era sempre il solito marpione.
<< M-ma no… figurati, è stato un incidente… >> gli rispose l’albino voltandosi del tutto verso di Tyki, pronto con un tovagliolino per asciugarsi.
Tovagliolino che gli venne strappato di mano dal ragazzo moro davanti a lui, che fra mille scuse, cominciò lentamente e delicatamente a pulirgli il petto. Il ragazzino arrossì.
<< Oh, perdonami, non mi sono nemmeno presentato! Io sono Tyki. >> disse il moro con uno dei suoi migliori sorrisi porgendogli una mano.
<< I-il mio nome è Allen… piacere di conoscerti… >> rispose arrossendo, stringendogli la mano << e lei è Linalee >> aggiunse indicando la ragazza dai lunghi capelli corvini di fianco a sé.
<< Piacere mio. >> replicò gentilmente Tyki sorridendo ad entrambi.
Alla parola “lei” Lavi si girò esclamando interessato : << Tyki! Sei sempre il solito imbranato! Una farfalla in pista, un elefante al bancone! >> disse facendo ridere tutti.
<< Piacere io sono Lavi, il Dj. >> si presentò porgendo la mano ad entrambi i ragazzi, osservandoli con interesse.
<< Oh, ma Allen, non viene proprio via! >> esclamò Tyki con uno sguardo stupito calcolato.
L’albino gemette tristemente: l’avrebbe dovuta lavare per bene poi a casa.
<< Magari se provate a bagnarla… >> propose ingenuamente Linalee.
<< Ma è vero! >> esclamò il moro illuminandosi e trascinando con un sorriso malizioso il ragazzino in bagno. << Andiamo subito a provare a lavarla! >> concluse poggiando le mani sui fianchi del ragazzino per condurlo in bagno, mentre questo, imbarazzato com’era non era riuscito a balbettare nulla di più.
Il rosso si accorse del sorrisetto di Tyki e a stento trattenne una risata, mettendosi una mano davanti alla bocca.
<<  Tutto bene? >> gli chiese preoccupata Linalee.
<< Uhn? No, no, tranquilla. >> le sorrise ricomponendosi. Era proprio una bella ragazza, concordò con se stesso, osservandola attentamente.
<< Allora vi sta piacendo la serata? >> chiese con disinvoltura.
<< Oh, sì moltissimo! Mi piace molto la musica che metti: alcune sono fra le mie preferite. >>
<< Oh, beh, così mi fai arrossire. >> disse facendo ridere entrambi.
<< Ma anche Allen si sta divertendo molto. Lo spettacolo dei Noah’s gli è piaciuto molto. >>
“E vedrai come gli piacerà ora” pensò con un sogghigno malizioso Lavi.
<< L’unico che non sembra divertirsi è Kanda. >> aggiunse indicando un ragazzo seduto al suo fianco, rimasto finora in disparte, che al sentirsi chiamare si girò.
 Lavi quasi sbiancò a vedere l’orientale di quel pomeriggio.
Kanda si strozzò quasi con il suo cocktail, nel vedere l’idiota che gli era venuto addosso quel pomeriggio.
<< Ma sei tu! >> esclamarono entrambi sorpresi.
<< Sei quel coniglio idiota di oggi! >>
<< Guarda che sei tu quello che mi è venuto addosso! >>
<< Che. Sei tu che non guardi dove vai, stupido coniglio. >>
<< Guarda che mi chiamo Lavi. >>
<< Appunto. Rabi. Coniglio. >>
<< No, non Rabi, Lavi! >>
Linalee li guardò confusa : << Eh? >>
<< Che. >> disse Kanda, incrociando le braccia, segno che non avrebbe detto una parola di più.
<< Il tuo amico oggi pomeriggio  mi è venuto addosso mentre camminavo sul marciapiede. >> spiegò Lavi.
<< Guarda che sei tu che non eri attento. >> precisò l’orientale con uno sguardo tagliente.
<< Ma non è…! >> cominciò Lavi per poi essere bloccato da Linalee.
<< Kanda, chiedigli scusa e basta. >> si intromise con un sorriso la ragazza.
<< Assolutamente no. >> replicò freddo l’orientale.
<< Yuu… >> cominciò questa con no sguardo dolce, che però non prometteva nulla di buono.
Kanda la guardò per un attimo per poi guardare Lavi annoiato.
<< Che. Scusa stupido coniglio. E la prossima volta vedi di guardare dove metti i piedi. >> aggiunse guardandolo negli occhi.
Nel momento in cui gli occhi di Kanda lo guardarono Lavi lo osservò veramente, al di là del fastidio di essere chiamato stupido coniglio. Era bello, incredibilmente bello con quei lineamenti di porcellana. E quello sguardo tagliente, magnetico e impietoso gli arrivò dritto al cuore.
“Strike!” pensò.
<< Scuse accettate, Yuu-chan! >> disse con un sorriso ebete, senza pensarci troppo.
Subito ricevette un sonoro pugno nello stomaco che gli mozzò il respiro, facendogli spalancare l’unico occhio verde.
Kanda si avvicinò al suo viso, per sussurrargli : << Non chiamarmi Yuu.>>
Lavi sorrise, nonostante la gran botta. Kanda era decisamente forte.
<< Come vuoi, Yuu-chan. >>
Altro pugno.
<< Kanda!!! >> esclamò Linalee.
 
 
La serata trascorse tranquilla, anche se dopo un po’ i ragazzi cominciarono a preoccuparsi, non vedendo tornare Allen e Tyki, ma Lavi li rassicurò dicendo che probabilmente erano andati in pista a ballare.
E infatti dopo un po’ li videro tornare assieme: Allen aveva la faccia un po’ arrossata, mentre Tyki sorrideva come un gatto soddisfatto.
Lavi sorrise nel vedere l’espressione di Tyki, sapendo che poi avrebbe avuto un resoconto dettagliato del loro “rendez-vous”.
 
 
Verso le 5 del mattino Reever annunciò l’orario di chiusura, mentre Jerry offriva a tutti loro dei caffè. Si era formata una certa complicità fra quei ragazzi, escluso Kanda che sembrava non desiderare un contatto più amichevole con nessun rappresentante della specie umana.
 
<< Beh! >> esclamò Linalee sorridendo << Direi che per noi è ora di andare. >>
<< Avete un passaggio? >> si informò Lavi.
<< Certo, ci porta Kanda a casa in macchina. >> esclamò questa, osservando Allen che confabulava con Tyki, scambiandosi un pezzettino di carta.
<< Oh, allora siete a posto se Yuu-chan non ha bevuto…>> mormorò divertito il rosso.
<< Stupido coniglio! >> sibilò questi tirandogli l’ennesimo pugno << Devi smetterla di chiamarmi per nome. E poi è ovvio che non bevo se devo guidare. >> aggiunse seccato.
<< Avanti, mammoletta. Saluta il Portoghese e lo stupido coniglio che andiamo. >> urlò a Allen, uscendo a passò di marcia dal locale.
<< Mi chiamo Allen! >> esclamò questi, mentre li salutava.
<< Lavi, tu vieni con me, vero? >> chiese Tyki.
<< Sì, certo! >> esclamò questi, mostrandogli la valigetta con i dischi e il mixer già dentro.
<< Allora andiamo. A presto! >> disse il moro mentre uscivano entrambi dal locale, lanciando un’occhiata particolare ad Allen, che arrossì.
 
<< Ho dimenticato la borsa! >>
<< Linalee… >> la richiamò Allen stancamente, mentre Kanda giocherellava distrattamente con le chiavi dell’auto.
<< Dai, faccio una corsa e vado a prenderla! >> disse lei con un sorriso, mentre già rientrava nel locale.
Andò nell’angolino dove si erano seduti, e dopo aver cercato un po’ sotto dei cuscini la trovò. Stava per andarsene, quando un pezzo di carta colorata che spuntava da sotto il divanetto attirò la sua attenzione. Si abbassò a raccoglierlo : “I dischi di Lavi!” pensò. “Li avrà dimenticati qui, e ora come faccio a restituirglieli?” si chiese tenendo i dischi in mano.
In quel momento il barista si mise a canticchiare, pulendo i bicchieri.
“Ma certo! Mi farò dare il suo numero dal gestore del locale!” pensò entusiasta trotterellando allegra verso una porta con la scritta “Staff”.
Allen e Kanda avrebbero atteso ancora un po’.
 

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Capitolo 3
*** How to get punched. ***


<< Allora Lavi? Che mi dici della serata? >> mormorò Tyki, con un sorrisetto malizioso mentre accendeva il motore dell’auto e partiva.
<< Uhn? Scusami, non ti stavo ascoltando. >> rispose il ragazzo con un sorrisetto, mentre lo guardava.
<< Ho detto cosa ne pensi di quella Linalee? Prima che andassi via con Allen >> e a quel nome si leccò le labbra come un gatto, << te la stavi mangiando con gli occhi. >>
<< Oh, lei… >> disse Lavi, con un sorriso, mentre il suo sguardo vagava lontano, a capelli più lunghi e a sguardi profondi e imperscrutabili. << Carina. >> concluse quindi senza lasciar trapelare nulla di più.
<< Ah, allora posso prendermi anche il suo amico? >> chiese Tyki con un calcolato tono casuale.
<< Quale amico? >> domandò Lavi, più attento ora alle parole del moro.
<< Quello con i lunghi capelli scuri, e quel sedere sodo e perfett… >> cominciò, lanciandosi in una descrizione piuttosto accurata.
<< Non ci provare, Tyki. >> rispose Lavi seccato.
<< Ma hai detto che ti piace la ragazzina… >>
<< Non ci provare. Yuu è mio. >> concluse poi possessivo, fulminandolo con uno sguardo serio.
<< Oh, Yuu? >> ridacchiò << Non sapevo foste già così in confidenza. >> rise più forte, svoltando nella piccola via dove si trovava il condominio del rosso.
<< Oh, mi adora. >> gongolò Lavi, con sguardo sognante. << Scommetto che non aspetta altro che rivedermi! >> esclamò con un sorriso ebete, aprendo la portiera, mentre Tyki si era fermato davanti al suo portone.
<< Allora aspetto dettagli, mio caro amico di letto! >> rispose il moro, facendogli un sorriso eloquente, mentre gli passava la sua valigetta.
<< Non ce ne sarà bisogno, quando succederà lo vedrai >> replicò il rosso maliziosamente, ridacchiando poi, mentre chiudeva la portiera. << E, Tyki? >>
<< Sì? >>
<< Ricordati che devi raccontarmi cos’è successo con il piccolo Allen! >> disse Lavi a mo’ di promemoria, entrando poi con una risata nel portone, mentre sentiva l’amico ridere, e ripartire.
Salì le scale, sorridendo leggermente al pensiero di Tyki e Allen assieme. Il ragazzo avrebbe dovuto stare attento con un tipo come Tyki.
Aprì la porta di casa, e poggiando delicatamente la valigetta sul divano si diresse in camera sua, per buttarsi stancamente sul letto senza nemmeno svestirsi.
Si ritrovò a fissare il soffitto mentre fuori probabilmente albeggiava. E forse per contrasto con il rosa del sorgere del sole gli venne in mente un colore.
Il blu.
Il blu dei riflessi cupi sui capelli di quel ragazzo così scontroso, quanto affascinante.
“Yuu… Yuu Kanda.” Pensò fra sé e sé, assaporando sulla lingua come quel nome suonasse. Sorrise.
Oh, sì, avrebbe fatto di tutto pur di scoprirlo, di conoscerlo.
 
 
*************************
 
 
Sì, lo so che ti rompo le scatole, ma per una volta degnati di rispondere.
Eddai! Sono almeno venti minuti che mi fai squillare a vuoto!
<< Ma chi cacchio…? >>
Sia lode al dio creatore! Il signorino si è degnato di dare un segno di vita!
<< Stupido cellulare, crepa. >> disse una voce profonda con tono parecchio infastidito.
Ma come ti permetti, razza di screanzato! Se non ci fossi io a volte… Ehi… Ehi! Mettimi giù! No, eh! Non provare nemmeno a lanciarmi…!
Prese il cellulare, come se volesse lanciarlo, degnandosi almeno di guardare chi lo stesse chiamando.
  1. Calling…
    Linalee.-
 
<< Oh, merda!* >> esclamò sconsolato nella sua lingua madre, come a voler dire che non poteva rifiutare di rispondersi.
Miracolo! Il demone risponde!  -Click- << Kanda! >>fece una voce femminile dall’altro capo del telefono.
Ho capito, me ne vado. Ciao, ero un cellulare e ora non sono al momento disponibile.
<< Dimmi che hai buon motivo per chiamarmi a quest’ora. >> rispose questi con voce neutra, cercando di trattenere il nervosismo per essere stato disturbato mentre dormiva.
<< Sto male! >> rispose la ragazza, per nulla sorpresa dalla mancanza di entusiasmo dell’amico.
<< Beh, e io che c’entro? Tuo fratello fa il medico. >> le ricordò questi in tono piatto, ributtandosi sui cuscini.
<< Sì, ma così non posso riportare i suoi dischi a Lavi. >> disse con tono accorato Linalee.
<< Non è affar mio. >> disse criptico l’orientale, cercando già di scantonare il possibile favore che aveva subodorato in quella frase.
<< Oh, sì che lo è invece! >> esclamò piccata, facendo sottintendere una qualche colpa di Kanda. <<  Non ti sei ancora scusato decentemente con lui, quindi andrai tu al posto mio a ridargli i dischi! >> dichiarò quindi Linalee, con un tono che non ammetteva repliche.
<< Scordatelo. >>
<< Kanda…>>
<< Ho detto di no, Linalee. >>
<< E invece ci vai! >>
<< Non vedo il motivo. >> rispose seccato questi, giocherellando con una ciocca dei propri lunghi capelli.
<< Per favore, Yuu… >> iniziò Linalee  con tono dolce e supplichevole << Mi sentirei terribilmente in colpa a non poterglieli restituire. E se magari stasera gli servono per un’altra serata in una discoteca? >> fece con tono innocente.
<< Non può andarci la mammoletta? >> chiese l’orientale, passandosi stancamente una mano sugli occhi, capendo di non potersi tirare indietro. Mai far sentire in colpa Linalee. Chiunque l’avesse fatto avrebbe dovuto passare poi per le mani del fratello della ragazza.
<< No, non può, ha un impegno. >> rispose candidamente questa.
<< Che. E va bene. Dimmi l’indirizzo e passo da te a prendere i dischi. >> dichiarò arrendendosi prendendo un pezzo di carta e una matita.
<< Passa di lì mio fratello con i dischi fra qualche minuto, e l’indirizzo è…>> continuò dettandoglielo.
“Maledizione! Aveva già organizzato tutto.” Pensò leggermente infastidito mentre scriveva.
 
 
 
 
Qualche ora più tardi, camminava per strada, con dei dischi sottobraccio e i lunghi capelli scuri raccolti nella solita coda che ondeggiava ad ogni passo.
“Che. Maledetta Linalee!” pensò fra sé e sé, sbuffando una nuvoletta di denso vapore.
Prese il foglietto ed entrando nella piccola via, controllò nuovamente l’indirizzo. Non gli era andata poi così male, l’idiota abitava abbastanza vicino a lui, tutto sommato. Ma era l’idea di andare a casa sua che dava fastidio a Kanda.
Non che a lui creasse problemi di tipo emotivo la qual cosa, assolutamente! Era solo… Non voleva andare a casa dello stupido coniglio.
Concluse scuotendo appena la testa e suonando il citofono.
Nessuna risposta. Oh, beh, certo! E non si degna nemmeno di rispondergli ora! In quel momento, irritato oltre ogni limite, fece per voltarsi e tornare indietro, ma il fantasma del fratello di Linalee lo bloccò sul posto.
Quel ragazzo poteva essere inquietante quando ci si metteva.
Suonò nuovamente. Nessuna risposta.
“A mali estremi…” Sfilò una forcina dalla tasca, e con molta cautela, fece scattare la serratura, entrando poi nel palazzo come se nulla fosse.
Salì le scale, guardando ogni campanello per trovare il cognome che Linalee gli aveva dettato: “ Bookman”, “Che.” Pensò infastidito, “Come se quello lì ne leggesse di libri.” Disse a sé stesso, ipotizzando nel ricordarsi del ragazzo della sera prima.
“Troppo rumoroso, troppo sorridente, troppo chiacchierone, troppo rosso. Insomma troppo.” Si disse arrivando all’ultimo piano, dove un’unica porta senza campanello faceva la sua comparsa.
Senza pensarci due volte bussò forte contro il legno scuro della porta.
Di nuovo nessuna risposta.
Sibilò, ora veramente irritato. “Con tutto che gli faccio un favore… e questo nemmeno risponde!”
Fece per bussare nuovamente alla porta con più forza, ma notò che l’uscio era socchiuso.
Un ghigno maligno si distese sul suo volto. “Ingenuo.  Non ha chiuso nemmeno.”
Spinse appena la porta, che cigolando leggermente ruotò sui cardini. Entrò e la chiuse dietro di sé silenziosamente, mentre ammirava quella specie di caos primordiale che pareva aver preso possesso della casa. C’erano oggetti ovunque. “Ovunque!” ripetè mentalmente, notando un paio di calzini, che facevano la loro comparsa sulla spalliera del divano.
Dal fondo del corridoio, una porta socchiusa lasciava vedere sul pavimento un paio di scarpe da ginnastica, abbandonate al loro destino. “La camera dello stupido coniglio.” Constatò camminando nel soggiorno.
Si tolse la sciarpa, abbandonandola poi sulla spalliera del divano, ben lontana dai calzini: faceva un caldo allucinante in quella casa.
Un rumore dalla camera lo incuriosì, convincendolo quindi a lasciar perdere tutti i suoi propositi sul mollare i dischi su un tavolo e uscire di nuovo. Si tolse il cappotto, ghignando malefico, mentre tirava su le maniche del maglione. Buttò i dischi con malagrazia sul divano, e senza aspettare oltre si diresse silenziosamente verso la stanza in fondo al corridoio, pregustando già il “bel risveglio” che avrebbe dato a quell’idiota.
Si fece largo nella camera con destrezza, evitando quelle trappole mortali nascoste fra dischi e libri e vestiti, che sembravano fare da tappeto all’ambiente.
Il suo sguardo cadde ovviamente sull’oggetto della sua visita.
Il rosso dormiva scompostamente sul letto, un piede che penzolava fuori dal materasso, mentre la bandana, ormai scivolata via dai capelli, gli lasciava libera la folta chioma.
Aveva una guancia schiacciata contro il cuscino e un espressione veramente serena.
Kanda ignorò la vocina che gli diceva di sedersi affianco a lui e osservarlo dormire e basta, reprimendo anche quella che gli diceva di cercare invece di capire qualcosa di più su quel ragazzo che aveva un’espressione tanto differente, quanto più piacevole, rispetto a quella ebete e idiota della sera prima.
Si mise dal lato del letto, dove Lavi era girato, inginocchiandosi affianco al materasso, e sollevando un pugno, pronto per colpirlo.
<< Mmmh… Tyki… >> mugugnò lo stupido coniglio nel sonno.
Kanda si fermò, pur non volendo ammettere la propria curiosità nel sentirlo parlare nel sonno.
Inconsapevolmente si avvicinò di più, per cercare di capire meglio i mugugni del rosso.
<< No… Yuu… >> A quelle parole, l’orientale spalancò gli occhi, ora veramente curioso, si avvicinò ancora di più, fino a poggiarsi delicatamente coi gomiti sul materasso.
<< Yuu no, Tyki… E’ mio… >> mormorò il bell’addormentato, ignaro del pericolo che correva, abbracciando nel sonno l’orientale completamente disorientato dal ritrovarsi nella forte stretta di quell’idiota.
<< Ha dei bellissimi capelli… >> sussurrò sorridente Lavi, affondando il naso nella guancia di uno sconvolto Kanda, bloccato dall’assurdità della situazione.
<< Sì… Tyki, vorrei…mordere la sua pelle… >> mormorò nuovamente il rosso, andando con i denti a mordergli lentamente una guancia, mentre continuava a stringerlo a sé con un’espressione beata sul volto.
Kanda arrossì a quel gesto, e recuperò parte della sua lucidità. Tentò di divincolarsi dalla stretta del rosso, ma era incredibilmente forte e tenace quell’idiota.
Così gli tirò un pugno.
 

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Capitolo 4
*** Hot tea shower. ***


Lavi si teneva la guancia, mentre cercava ancora mezzo intontito un po’ di ghiaccio nel frigo.
Oh, che onore! Il signorino mi utilizza per la prima volta! Prima non sapeva nemmeno che esistessi! Oh, che emozione, non vedo l’ora!
Trovò qualche cubetto superstite, e con poche cerimonie lo buttò sul tavolo, affianco alla borsa del ghiaccio: che ironia! Non sapeva nemmeno di possederne una! Probabilmente gliel’aveva messa nell’armadietto Miranda, in uno dei tanti giri di perlustrazione per casa sua, ad assicurarsi che fosse ancora vivo e non fosse perito tragicamente, sommerso da quel caos allucinante.
Ehi… no, aspetta! Che è quella roba lì? No, non vorrai mica mettermelo dentro, vero? Eh no! Non ci provare! Guarda che mi nascondo ancora per un altro paio di annetti…!
Mise i cubetti nella borsa con difficoltà, come se questa facesse resistenza.
Ciao, qui fa freddissimo. Mi chiamo borsa, borsa del ghiaccio, e congelerò presto per colpa di questo idiota. Che.
Sorridendo, si voltò poi verso il ragazzo, che appoggiato al bancone della sua cucina lo guardava truce, sorseggiando una tazza di tè verde.
<< Neh… mi vuoi dire allora perché mi hai picchiato? >> chiese poi con tono lamentoso il rosso. Essere svegliati con un pugno non è il migliore dei risvegli! “Anche se a dartelo è Yuu Kanda…” si disse fra sé e sé.
<< Che. Te lo sei meritato. >> fece Kanda criptico.
<< Ma come ho fatto se dormivo! >> esclamò divertito questo, guardandolo malizioso dall’unico verdissimo occhio.
Kanda lo fulminò con lo sguardo << Se fossi stato cosciente ti avrei già ucciso. >> ribatté lapidario.
Lavi impietrì lievemente per poi, incosciente come al solito, avvicinarglisi, sedendosi a meno di mezzo metro sul tavolo di fronte a lui.
<< Beh, ora me lo puoi dire perché sei entrato in casa mia? >> chiese Lavi, rendendosi poi conto di una domanda ancora più fondamentale << E fra l’altro, come hai fatto a entrare?! >> aggiunse preoccupato… che fosse una specie di assassino quel ragazzo? Dalla forza che aveva, riflettè, poteva benissimo essere così.
<< Che. >> dichiarò esaurientemente l’orientale, mentre con un lieve movimento della testa si girò verso il divano, da cui spuntava il sacchetto coi dischi.
L’infortunato idiota si avvicinò al divano, constatando che nel sacchetto non vi era una bomba come quella che Kanda avrebbe voluto tirargli, ma i suoi preziosissimi dischi. << Oh! Ma allora ti devo ringraziare Yuu-chan! >> fece giulivo, sorridendo per l’appunto, come un idiota.
<< Dillo a Linalee >> borbottò il ragazzo scontrosamente, voltando infastidito lo sguardo dal suo, quasi fosse arrossito.
Lavi lo guardò sorridendo sornione, e silenziosamente, tirò fuori un cubetto di ghiaccio dalla borsa del ghiaccio, nascondendolo nella propria mano, sperando non si sciogliesse troppo in fretta.
<< Neh, non mi dirai che sei arrossito Yuu-chan? >> chiese malizioso il rosso, avvicinandosi al suo viso e nascondendo prontamente le mani dietro alla schiena.
<< Stupido coniglio! Chiamami Kand…! >> un rivolo freddo e umido gli scese a tradimento lungo la schiena, facendo uscire dalla sua gola un mugolio di disappunto.
Lavi scoppiò a ridere, e Kanda per colpirlo alzò una mano.
Peccato fosse quella con la tazza di tè: il liquido che vi era rimasto dentro, andò a fare una doccia a sorpresa ai due ragazzi.
<< Ahi, ahi! Scottaaaaaaa! >> si lamentò Lavi, andando subito a pulirsi la benda sull’occhio con la maglia di Kanda.
<< Mollami subito! >> disse Kanda, andando a mollargli un pugno in testa.
Lavi salvò la tazza, prima che gliela rompesse sulla sua testa.
<< Scusami! Non volevo, era solo uno scherzo! >> esclamò poi prontamente il rosso, cercando in tutti i modi di non prenderle nuovamente. Con una rapida occhiata guardò i vestiti dell’orientale, e i suoi capelli –i suoi bellissimi capelli- imbrattati dal tè.
Quando arrivò ai suoi occhi furenti cominciò a sudare freddo.
<< G-guarda, adesso ti svesti… >> cominciò, aggiungendo poi velocemente vedendo gli occhi di Kanda dilatarsi a quelle parole << E vai a farti una doccia, mentre io metto a lavare i tuoi vestiti, eh? Sì? >> concluse sperando di averlo domato per il momento.
<< Che. >> disse storcendo il naso questi, per poi avviarsi lungo il corridoio senza dire nulla, seguito dallo sguardo confuso di Lavi.
Si arrestò, irritato per poi voltarsi e chiedere trapassando con lo sguardo da parte a parte, l’idiota.
<< E dov’è il bagno, stupido coniglio? >>
Lavi sorrise.
 
 
 
 
 
“Quell’idiota! Ma che cosa aveva nel cervello? No, anzi, l’aveva un cervello?” pensava fra sé e sé furente mentre si toglieva la maglia, lasciando cadere tutti gli indumenti a terra, nel minuscolo bagno dell’appartamento di Lavi.
Si sentirono un paio di colpi contro la porta chiusa, mentre una mano si intrufolava poi pronta dalla porta silenziosamente aperta, porgendo un asciugamano rosa con su un coniglio dallo sguardo birichino. Rosa. Kanda storse il naso, disgustato.
<< Tieni, questo è l’asciugamano! >> esclamò l’idiota da dietro la porta, mentre agitava a destra e a manca, come una bandiera l’oggetto ripugnante, nel vano tentativo di indovinare la posizione dell’orientale. << Scusami il colore, ma tutti gli altri erano da lavare. >> aggiunse poi ridacchiando tranquillo.
<< So anche io come è fatto un asciugamano, idiota. >> fece questi, contento poi che Lavi non lo potesse vedere in quel momento. Era quasi arrossito, quando la mano calda e morbida di quell’idiota gli aveva sfiorato la schiena nel suo sbandierare.
<< Bene, quindi dentro la doccia ci sono bagnoschiuma e shampoo, se ti servo basta che mi chiami! >> concluse poi il rosso, ignorando il commento acido di Kanda.
Lavi ritirò prontamente la mano, temendo che venisse tranciata mentre questi chiudeva violentemente la porta del bagno.
Si appoggiò contro di essa, mentre un sorriso indefinito nasceva sul suo volto: la pelle di Kanda era morbida.
Si riscosse mentre sentiva l’acqua cominciare a scorrere dall’altra parte, e fischiettando tranquillo si diresse verso la propria camera, cercando qualche vestito che potesse andare bene all’orientale, più piccolo e longilineo, anche se le parole che venivano alla sua mente erano sinuoso e sensuale, rispetto a lui.
Sorrise nuovamente, malizioso questa volta, mentre estraeva con difficoltà da un cassetto un paio di boxer a scacchi bianchi e neri: Yuu era nella sua doccia. E si stava lavando.
E i suoi bellissimi, lunghissimi capelli erano sciolti.
Lunghissimi, neri come la notte, più morbidi della seta stessa.
Il suo occhio smeraldino lampeggiò come quello di un gatto, mentre soprapensiero si umettava un labbro.
 

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Capitolo 5
*** Diluvio in due tempi. Part 1 ***


-Sei stata l’ondata perfetta
Per infrangerti contro di me
E adesso che tutto è sommerso
Che cosa resta e perché?-
 

 
Lavi, tirò fuori le mutande dal cassetto, andando poi ad accendere la radio.
Subsonica, e “Il Diluvio” era proprio ciò che c’era nella sua testa.
Sorrise, alzando le braccia sopra la testa, e ballando a ritmo.
Quello dell’acqua della doccia che scorreva su Yuu, quello del diluvio di emozioni, pensieri che si agitavano in lui.
Che fare?che fare?che fare?
“Yuu è nella mia doccia” pensò sconnessamente.
“Voglio toccarlo”
“Non voglio rovinare tutto”
“Lo voglio”
“Voglio conoscerlo”
Balla. Fuori tutto dalla testa! Scuoti fuori i pensieri! Fuori da quella chioma rossa.

Okay, io lo so che sono una radio e non dovrei parlare… ma c’è un’idiota che balla con un paio di mutande a scacchi davanti a me. Per carità, non è neanche bruttino, ma il modo in cui sorride… è leggermente inquietante. E poi qualcuno mi spieghi ora: mi ha acceso? Mi stava ascoltando? Sì, e sì di nuovo.
E allora perché diamine sta andando verso il bagno ballando. E soprattutto: perché continua a sbandierare quelle mutande?!
 
Kanda odiava lavare i suoi capelli. Era un processo terribilmente lungo, una specie di rito. Eppure, per non si sa quale masochistica decisione, non li avrebbe mai tagliati. Si sarebbe sentito meno se stesso senza quella specie di manto corvino sulle spalle.
Alzò il viso verso il getto d’acqua, lasciando che massaggiasse la sua pelle, come una pioggia insistente ma piacevole.
“Come il coniglio” pensò “Insistente ma piacevole. No, lui non è piacevole” concluse mentalmente, chiudendo il rubinetto e cercando lo shampoo ad occhi chiusi: l’acqua negli occhi era fastidiosa.
Non lo trovò, ma qualcuno prese ad accarezzargli i capelli bagnati, massaggiandoli come se gli stesse facendo uno shampoo per l’esattezza.
Sapeva benissimo chi fosse, in fondo, erano solo in due in quella casa. Non lo allontanò però.
Era piacevole, dannatamente piacevole, e poi doveva farsi perdonare per averglieli sporcati.
Chiuse completamente gli occhi, rilassandosi sotto il tocco delle sue mani.
Non era una debolezza, no. Yuu Kanda non è debole. Si stava solo facendo giustizia, senza pensare troppo ai modi.
 
I capelli di Yuu. Lavi chiuse gli occhi affondando le mani in quella massa pesante e setosa.
Aveva le mani piene di shampoo, e le braccia bagnate fino al gomito; Yuu, mentre Lavi gli stava massaggiando i capelli, si era appoggiato sul suo petto in modo quasi inconscio, cercando un appoggio comodo per la propria schiena. A Lavi non importava di starsi bagnando tutto: aveva le mani fra i capelli di Yuu, a chi importava del resto?
 

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Capitolo 6
*** Rolling fancy Apples & the great Black Hat. This Sunday morning, at the Greatest City Theatre. ***


Miranda arrivò davanti alla porta di casa di Lavi.
Chiusa. Sbuffò, sorridente. Meno male che per una volta si era ricordato di chiuderla, con tutte le volte che gliel’aveva detto! Prese la sua chiave dalla tasca e la fece girare nella toppa, entrando nell’appartamento dell’amico.
Strano che non fosse lì attorno, constatò guardandosi attorno.
Di solito a quell’ora o era ancora nel profondo più profondo di un sonnellino ristoratore, oppure era rannicchiato da qualche parte contro una parete, della buona musica in sottofondo e un libro in mano.
Appoggiò le borse della spesa che aveva in mano sul tavolo. Le mele che aveva comprato caddero tutte dal sacchetto di carta: << Accidenti! >> esclamò imbarazzata, mentre goffamente si abbassava a riacciuffarle, mentre queste continuavano a sfuggirle un po’ dappertutto.
<< Ehi Fuji! >>
<< Ehi Granny! >>

<< Ehi ragazze! >>
<< Sì, dai, non ci siamo dimenticate di te Golden Delicious. >>

<< Granny, Golden, arriva! Al mio via rotolate! >>
<< Oh, come mi piace farlo ogni volta…! >>
<< Che mascalzona! >>
<< E fate un po’ le serie! >>

<< Acida come sempre te, eh, Golden? >>
<< Pronte? Via! Rotolareeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee! >>
<< Dannate mele! >> bofonchiò mentre queste rotolavano verso la porta del bagno. Le inseguì, quasi senza accorgersi che la porta era socchiusa.
Una mela rossa vi rotolò dentro, e lei, senza pensarci con un gesto veloce si buttò all’interno del bagno per prenderla.
<< Presa! >> esclamò Miranda trionfante.
Poi alzò lo sguardo.
Lavi, e un altro ragazzo dai capelli scuri la stavano fissando.
Il moro era nella doccia, con i capelli bagnati, e a quanto pareva Lavi gli stava facendo lo shampoo.
Allora perché l’altro ragazzo era arrossito?
“Un momento… ma quello era nudo! Oddio, che stessero per…?”

Lavi vide Miranda fissarli per qualche momento, mentre teneva ancora la mela fra le mani. Poi la ragazza arrossì di colpo, con un singulto imbarazzato, e svenne sul pavimento.
<< Miranda! >> fece preoccupato, senza però ancora togliere le mani dai capelli di Kanda.
Kanda la fissava senza il minimo cambiamento volontario di espressione in volto, se non fosse stato per un leggero rossore che –traditore!- si stava spandendo sulle sue guance.
Lavi era ancora lì con le mani fra i suoi capelli.
Okay, ora il rossore era decisamente più evidente. << Umpf. Stupido coniglio. >> e lo spinse via da sé, chiudendosi nuovamente nella doccia, ignorando le proteste del rosso mentre faceva ripartire l’acqua.
<< Almeno dammi una mano! >> protestò l’altro mentre cercava di far rinvenire la ragazza lì sul pavimento del bagno.
<< Che. >> fece Kanda scontroso da dentro la doccia. << Arrangiati! >>
Lavi roteò gli occhi verso l’alto e prese in braccio Miranda, portandola sul proprio letto –l’unica superficie morbida disponibile in quella casa-.
La adagiò delicatamente sopra di esso, sentendo l’acqua continuare a scorrere nell’altra stanza.
<< Ah, Miranda, Miranda… >> si disse fra sé e sé con un mezzo sorriso. “Arrivi sempre nei momenti più inopportuni.” Continuò mentalmente, mentre le bagnava il viso con una pezza umida.
Che aveva dovuto prendere in cucina.
Ah, sì, perché a quanto pare Yuu si era chiuso in bagno per cambiarsi.
“Che sfortuna.” Aggiunse scornato, mentre un’espressione da bambino a cui hanno tolto il suo giocattolo si dipingeva sul suo viso.
 
 
******************************
 
 
 
 
Allen quel mattino si era svegliato di buona lena.
Aveva preso i suoi attrezzi, ed era uscito per andare a lavorare.
Amava il suo lavoro. Gli faceva piacere stare in mezzo alla gente a quel modo, senza che nessuno lo prendesse in giro per i suoi capelli bianchi, o per la cicatrice sull’occhio sinistro.
Il parco dove avrebbe dovuto andare quella domenica mattina non era poi così lontano da dove abitava, quindi non prese nemmeno l’autobus, nonostante la sacca non fosse poi così leggera.
La sacca: era sempre pronta, di fianco al suo letto. Non la svuotava mai completamente, e di solito i suoi attrezzi non li lasciava mai in giro, ma li riponeva sempre lì dentro.
L’unica cosa che si rifiutava di mettervi dentro era il cappello. Un bel cilindro nero lucente di satin.
Quando andava a lavorare, gli piaceva indossare quel cilindro per tutto il tragitto che faceva, assieme ai guanti che metteva di solito per le esibizioni –quelli bianchi, di cotone, che assomigliavano tanto a quelli dei maggiordomi delle famiglie aristocratiche-, per nascondere la cicatrice che gli ricopriva tutto il braccio sinistro.
I bambini si spaventavano a vederlo, quindi quelli erano perfetti per nasconderlo.
E poi, contribuivano a dare un’aria particolare al suo personaggio.
All’interno del parco si diresse verso un piccolo anfiteatro naturale, che era ormai diventato il suo abituale palcoscenico.
Di solito appoggiava la sacca al pioppo in fondo alla piccola radura, e vi appendeva anche lo specchio.
Poi, cerone alla mano e colori all’acqua, si truccava.
Il ragazzo albino, si trasformava in un allegro pierrot, su cui però una lacrima, scivolante dal suo occhio sinistro, faceva sempre capolino.
Si sistemava poi la camicia, il panciotto, i guanti e il cappello.
Tirava fuori le prime palline colorate, e nel frattempo i bambini cominciavano ad arrivare, accompagnati dai genitori.
Erano ormai un paio d’anni che tutte le domeniche mattina andava lì a fare il suo spettacolino.
E aveva il suo piccolo gruppetto di “affezionati”, come li chiamava lui.
Perciò si sorprese quando quella mattina, per un attimo, gli parve di vedere una persona che non si aspettava affatto. Ma fu solo un momento.
Più veloce del battito d’ali di una farfalla, sembrava essere sparita.
Gli aveva quasi fatto sbagliare il trucco, per quella piccola distrazione, ma una piroetta un po’ buffa, un bel sorriso, e il suo spettacolo era andato avanti senza ulteriori intoppi.
Alla fine dell’esibizione, nemmeno ci pensava più.
Fu solo nel momento che gli ultimi bambini se ne andarono, e lui chiuse gli occhi per riprendersi un attimo, che un paio di braccia gli avvolsero la vita, attirandolo contro un petto possente.
Venne investito da un forte odore maschile, un po’ speziato, un po’ fresco, mentre un mento appuntito si poggiava birichino sulla sua spalla e delle labbra morbide e maliziose gli sussurrarono:
<< Buongiorno, Shonen. >>.
 
 
 
 
 
 
Notes:
Innanzitutto, noi povere Ombre, chiediamo umilmente scusa per non aver aggiornato prima, ma il tedioso tran tran della vita comune ci aveva avvolto troppo strettamente.
Devo dire che siamo entrambi abbastanza soddisfatti di questo capitoletto (l’introdurre un po’ più decentemente altri personaggi oltre ai nostri due protagonisti è stato molto gratificante). Inoltre, da qui in poi potrebbero esserci sviluppi di qualsiasi tipo, dato che proseguiamo allo sbaraglio. No, beh, così non è proprio vero: il punto è che i nostri personaggi sono allo sbaraglio. Noi ci limitiamo a riportare quanto accade nelle loro vite. (Ossì. Siamo peggio dell’FBI. Abbiamo spie dappertutto per assicurarci anche i dettagli più nascosti, che però siamo fieri di potervi raccontare).
Beh, che altro dire?
Ah, sì. Che è assolutamente doveroso ringraziare tutti coloro che seguono, quelli che preferiscono, e anche quei pochi “aficionados” che sempre resistono e sempre resisteranno nelle loro recensioni (che mi sento di aggiungere, sono sempre graditissime e ci aiutano molto per capire come migliorarci di volta in volta.)
Au revoir, nos chères lecteurs!
 
 KayeJ

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Capitolo 7
*** However, Holden is a friend. ***


 

Miranda si svegliò con uno strano ronzìo nelle orecchie.

Si alzò, ancora mezza stordita, appoggiandosi a qualcosa di morbido sotto di sè. Si stroppicciò gli occhi per poi mettere bene a fuoco la stanza: vestiti sulla scrivania, e boxer colorati che escono dai cassetti, e poi il letto, con quel suo copriletto di un rosso aranciato. La stanza di Lavi.

<< Ma che diamine...? >> cominciò a mormorare fra sè e sè, aggrottando le sopracciglia, confusa.

<< Ben svegliata! >>.

Lavi la guardava piuttosto ironico, da un angolo del pavimento. Aveva un libro aperto in mano e appoggiate in bilico fra la propria spalla e l'orecchio le cuffie da Dj.

<< L-lavi! >>

<< No, il bianconiglio. >> rispose lievemente seccato questi.

<< E l'altro ragazzo dove...? >>

<< Yuu? >>

<< Beh, sì, insomma, l'altro ragazzo. >> aggiunse arrossendo, mentre ripensava a come era successo il tutto.

<< Se n'è andato. >> concluse Lavi in tono piatto, ritornando al suo libro.

<< Ah. >>

Okay, c'era qualcosa che decisamente non andava.

Lavi era piuttosto scocciato, cosa che non era molto da lui, e questo non era un bene. Oh, no. Decisamente non lo era.

<< M-mi dispiace... >> mormorò la ragazza tenendo gli occhi bassi e prendendo a tormentare un angolo del copriletto.

<< Anche a me. >> borbottò cupo il rosso.

Era stato -mio dio!- a tanto così da baciare Yuu! Tanto così!

Poteva ancora sentire il buon odore della sua pelle vicino al naso.

E, e... e poi era arrivata Miranda, che era svenuta, e Yuu si era arrabbiato, e l'aveva chiuso fuori dal bagno, e mentre lui aveva preso Miranda e l'aveva portata sul letto, accertandosi che non si fosse fatta male, il bell'orientale aveva preso e se n'era andato. Il tutto accompagnato da un sonoro sbattere della porta d'ingresso.

Lavi si era sentito morire in quel momento, avrebbe voluto corrergli dietro, e parlargli, spiegargli, ma Yuu era stato più veloce di qualsiasi proposito: semplicemente si era dileguato per le vie della città, senza lasciargli possibilità.

Avrebbe voluto mangiarsi le mani per l'occasione andata in fumo ora, mentre guardava l'amica giocherellare imbarazzata con il suo copriletto, ma non poteva.

E poi non era nemmeno colpa di Miranda, insomma. Non era di certo la prima volta che le capitava una cosa del genere.

Perciò fece un bel respiro profondo, e le sorrise, togliendosi le cuffie e poggiando il libro aperto con cura sul pavimento.

<< Non ce l'ho con te >> cominciò avvicinandosi ai bordi del letto, per guardarla con un misto fra tenerezza e rassegnazione, mentre vedeva lo sguardo di Miranda distendersi leggermente << Però devi ammettere che hai un pessimo tempismo. >> concluse allungandosi verso il suo viso e dandole un bacino sulla guancia.

Miranda sorrise: ecco il segnale. Pace fatta.

<< È vero, hai ragione. Ma non posso farci nulla purtroppo. >> gli accarezzò dolcemente una guancia l'amica, mentre si voltava sorridendogli.

<< Beh, allora tanto vale che faccia il buon padrone di casa allora e ti offra qualcosa, per suggellare la nostra rinnovata amicizia. >> propose solenne allungando una mano per farla alzare, mentre un sorriso scherzoso gli distendeva le labbra.

 

 


 

 

Si risedette a terra, nell'esatto punto dove era prima. Il libro era ancora lì aperto, le cuffie appoggiate per terra, e il cuscino contro il muro.

Miranda se n'era andata via da dieci minuti, raccomandandosi ancora per il lavoro di quella serata. Era stata gentile a portargli delle mele, anche se Lavi preferiva le ciliege. Però non era ancora stagione per quelle. E le mele, comunque -quelle verdissime, belle croccanti, appena appena acidule, che quando le mordevi ti riempivano la bocca di succo fresco- erano buonissime.

Riaccese l'ipod e fece ripartire la musica: la playlist si chiamava “Holden”.

Perchè era esattamente quello il suo stato d'animo, quello di Holden Caulfield, intrappolato fra New York e il guantone da baseball di Allie.

Lavi amava leggere, il fruscio delle pagine sotto le dita, il ritmico battere del piede assieme alla musica di sottofondo.

E non credete che fosse la stessa che metteva in discoteca! Ma certo che no, puro e crudo jazz, assieme a qualche canzone anni 60 dei Beatles. I Clash aveva deciso di inserirli solo in fondo alla playlist.

La lettura e la letteratura, l'avevano sempre accompagnato. Nel corso della sua vita, aveva letto montagne di libri, molti di più di quanti uno si aspetterebbe da un ragazzo così rumoroso e in un certo qual modo superficiale, da come appariva. Beh, Yuu sicuramente lo considerava così, da come lo trattava.

Avrebbe voluto avere la possibilità di spiegargli tutto, raccontargli di sè, di come aveva vissuto, fargli conoscere il suo vero io.

Ma in quel momento gli sembrava tutto così lontano, sfocato e impossibile.

Yuu Kanda era lontano mille miglia dal suo cuore.

 

 

Se me ne restavo lì era perchè cercavo di provare il senso di una specie di addio. Voglio dire che ho lasciato scuole e posti senza nemmeno sapere che li stavo lasciando. È una cosa che odio. Che l'addio sia triste o brutto non me ne importa niente, ma quando lascio un posto mi piace saperlo, che lo sto lasciando. Se no ti senti ancora peggio.”

 

 

L'aveva letto così tante volte quel passaggio, che ormai non riusciva più a capire se fossero parole sue, oppure se fosse Holden a parlare.

Anche lui aveva viaggiato, abbandonato posti, persone, vite intere dietro di sè.

E spesso, non si era nemmeno reso conto di quello che stava facendo: seguire il vecchio Panda senza troppe storie, questo era stato la sua unica occupazione per molti anni, assieme al farsi una cultura degna di questo nome, ovvio, come ripeteva sempre il vecchio.

Ed era stato proprio leggendo di Holden -ormai lo chiamava come fosse un suo amico di vecchia data, con quel sapore di familiarità e dolcezza nel pronunciarne il nome- che aveva deciso.

Deciso che così non si poteva proseguire, chè lui, a quasi vent'anni ormai, voleva conoscere il “mistero” della vita sedentaria. Aveva respirato quell'aria polverosa per la maggior parte della propria vita, limitandosi ad osservare gli altri bambini giocare nel parco di fronte, mentre il vecchio gli ficcava ancora più decisamente il naso nel libro. E non si era mai ribellato, perchè -voglio dire- che gusto c'era, a entrare a far parte di quell'umanità così stupida, così insipida rispetto ai libri, che gli aprivano mondi sconosciuti, oceani inesplorati di conoscenza.

Provare a uscire dall'antro delle biblioteche, degli archivi, buttarsi in quel mondo che il vecchio aveva studiato da spettatore per tutta la sua vita: ecco!, quello poteva essere un mondo nuovo da esplorare, era arrivato a domandarsi.

Insomma se c'è gente che vive la vita, perchè limitarsi a fare lo spettatore?

Che gusto c'è a fare lo spettatore, se si può vivere, la vita? Arrivato a diciotto anni non riusciva più a capirlo.

Se l'era chiesto così tante volte, che la frase che spesso Bookman Senior gli ripeteva, aveva perso di significato: << L'umanità commette errori, ma non impara. >>

Ma se uno non fa parte dell'umanità, come orgogliosamente si ostinava a dire il vecchio, come fa a commettere errori e a dimostrare di avere imparato da essi?

Aveva 18 anni e 7 mesi quel giorno. Erano le 15:53 di una fredda e piovosa giornata di Novembre, quando si era alzato, in quell'ennesima biblioteca.

Il vecchio l'aveva guardato con sufficienza, alzando con un cipiglio strano, gli occhi dal suo libro.

<< Dove stai andando? >>

<< A vivere. >>

 

Ed era questo che voleva, sì!

Vivere, e sperimentare, e provare! E sentire di essere vivo, sapere di fare parte di qualcosa, o anche di esserne il motore, addirittura!

E oggi con Yuu era andata male: pazienza! Domani sarebbe arrivato sicuramente, e nessuno gli avrebbe impedito di riprovarci all'infinito, fino a che non ne avesse avuto abbastanza.

Sorrise a se stesso.

Si sentiva rimesso a nuovo.

Holden era sempre il più caro e fedele e gentile degli amici dopotutto.

 

 

************
 

Allen sentiva il rossore diffondersi sulle proprie guance, mentre il fiato di Tyki gli lambiva, lascivo, il collo.

La corteccia ruvida dell'albero gli stava graffiando malamente la schiena mentre il peso del corpo del moro lo schiacciava contro di esso.

Non capiva più nulla, era bastato un nulla per mandarlo in tilt.

La spugnetta per il trucco e lo struccante giacevano abbandonati lì a terra, testimoni di una fuga affrettata del loro padrone.

Tyki aveva preso a mordicchiargli la mascella con lentezza, e Allen lo sentiva ridacchiare sommessamente contro la sua pelle...

Ma come diamine c'erano finiti in quella situazione?!

 

 

 

 













Notes:

 

 

Ed eccoci nuovamente qui!

Holden Caulfield. Lo consideriamo entrambi un ottimo ragazzo, un sano giovanotto da prendere a esempio.

E anche un grande bastardo che ha saputo smettere di nascondersi da se stesso e provare a prendere la vita a piene mani.

In our modest opinion, assomiglia in un certo qual modo a Lavi.

 

KayeJ. 

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Capitolo 8
*** Planning: revenge, ideas. It doesn't matter: now it's the same. ***


Va bene, va bene, va bene.

Andava bene aspettare domani, sì.

Ma qui serviva un’idea, e al più presto, perché, per l’appunto, si deve battere il ferro finche è caldo, o meglio.
Si deve infastidire Yuu finche è irritabile, o passerà ad ignorarti, bellamente e definitivamente.
Almeno, questo era quello che a Lavi era sembrato di capire da quanto successo fino a quel momento.
Yuu + fastidioso coniglio = possibilità di tirargli fuori qualche sentimento degno di questo nome, il tutto condito di risvolti piacevoli per il fastidioso coniglio, se possibile.
Lavi tutto sommato non era affatto male in matematica, e quell’equazione sembrava così semplice da risolvere in sé che gli pareva quasi superfluo doversene preoccupare.
Il vero problema in quel momento era avvicinare il primo addendo, ovvero Yuu.
E poi il contesto. Insomma, come avrebbe fatto a convincerlo ad uscire con lui per poter così attuare il suo diabolico piano, qualunque esso fosse?
«Aaaaahh!» piagnucolò Lavi camminando su e giù per il suo ridottissimo soggiorno.
Si mise le mani nei capelli, continuando a camminare in cerca di un’idea fra tutte le cose lì attorno.
Serviva un’idea, una di quelle idee che quando la guardavi dicevi: “Ma cacchio! Era così semplice! Come ho fatto a non pensarci prima?”, una di quelle idee che erano la sintesi stessa della perfezione: diaboliche e semplici, attuabili in una mossa sola, e il risultato poi era sicuro al novantanove per cento.
Ovviamente gli imprevisti non sono previsti nel pacchetto, ma non fanno altro che aggiungere pepe e a stuzzicare l’appetito.
Si fermò in mezzo al soggiorno, lo sguardo fisso a qualche metro di distanza sul tavolo della cucina a vista. Il volantino di quella serata lampeggiava arancione giallino, carico di promesse e speranze.

Ci si avvicinò, quasi trascinato involontariamente lì dall’odore di Idea che emanava il volantino.



 
Bla bla bla cha cha cha.
Serata di balli latino americani fino al mattino!
Da mezzanotte in poi reggaeton, hip hop e dance hall.
Ingresso gratuito fino alle 22:30.
Dopo 15 sterline uomo, 10 donna, un drink omaggio con ogni ingresso.

 
 
Prese velocemente il cellulare da una tasca.
Oh, eccolo il piano diabolico che si delineava nella sua mente.
Ora aveva bisogno solo di una piccola informazione.
Fece scorrere la rubrica frettolosamente fino ad arrivare ad una certa lettera.
Tanto con la T aveva solo lui, quindi premette un altro tasto e aspettò che il familiare tu-tu-tu del telefono cominciasse a tenergli compagnia.
 
 
 
 
 
 


 
 
 
 
Allen ne capiva sempre meno.
Sentiva il calore diffondersi per tutto il suo corpo a partire dalle labbra di Tyki, per la precisione, a partire dai punti toccati dalle labbra di Tyki.
Non riusciva più a capire nemmeno cosa fosse lecito lasciargli fare e cosa non lo fosse.
Non sapeva nemmeno quando avesse smesso di domandarselo, forse già quando Tyki aveva accostato le labbra al suo orecchio per salutarlo con un «Buongiorno, Shōnen.» decisamente sensuale, o forse quando aveva appoggiato una mano sul suo fianco per stringerlo contro di sé e poter baciare il suo collo.
Beh. Di sicuro mentre Tyki aveva slacciato il suo panciotto e la sua camicia non se l’era chiesto. Di questo ne era certo.
E nemmeno quando aveva sentito le labbra di Tyki assaporare con un misto di compiacimento e curiosità la pelle al di sopra del suo sterno.
Così come non si era chiesto del perché avesse affondato tanto frettolosamente le mani nei riccioli neri dell’altro, e perché avesse avuto tanta brama di assaggiare a sua volta le labbra del moro.
Ecco. Di sicuro non si era chiesto tutte queste cose.
Forse perché adesso non era il momento di chiedersele, pensava fra sé e sé mentre sentiva la corteccia ruvida dell’albero contro cui era appoggiato graffiargli appena appena la pelle chiara della schiena.
Ma in fondo chi se ne fregava dell’albero, no?
Voglio dire, c’era Tyki, completamente aderente al suo corpo, che lo guardava con quegli occhi che sembravano ambra liquida. E che lo guardavano con una brama indefinita disciolta lì dentro.
Tyki si abbassò a respirare contro la sua pelle, ed Allen fremette al tocco leggero del suo naso contro la pelle del collo, martoriata dai denti e dai baci del moro.
«Mmmh… Shōnen. –mormorò con una voce roca e suadente contro al sua pelle- ma lo sai che sei proprio stuzzicante?»
E ridacchiò avvicinandosi al suo orecchio, per lambirglielo appena con la punta della lingua.
Allen trasalì in un sospiro troppo dolce, per essere di fastidio.
« N-non provare a prendermi in giro.» soffiò piano, cercando di ripescare un filo di lucidità da qualche parte, nei meandri della sua mente.
A Tyki fremettero le gambe nel sentire quella voce così morbida, eppure che tentava ancora di recuperare un po’ di controllo con una lodevole nota d’orgoglio.
Rise: « Non ti piace per caso quello che stiamo facendo?», chiese con tono divertito, facendo scendere una mano lungo il ventre piatto dell’albino.
Lo sentiva fremere sotto il tocco caldo della sua mano.
Ma più di tutto gli piacque sentirlo trattenere il respirò quando arrivò a giocherellare con l’elastico delle mutande, che spuntava tentatore dai suoi pantaloni scuri.
« Allora, Shōnen? Perché non mi rispondi?» proseguì beffardo, slacciandogli i pantaloni e andando ad accarezzargli l’interno di una coscia, mentre continuava a sussurrare al suo orecchio.
«Forse ti da fastidio se faccio così?» chiese andando a sfiorare appena l’inguine dell’albino.
Allen gemette piano contro il suo orecchio.
Musica per le orecchie di Tyki.
 
Avrebbero potuto passare a fatti decisamente più interessanti, parlare per ore a gesti, gemiti e sospiri, se solo.
Già, se solo.
Se solo il cellulare di Tyki non avesse cominciato a vibrare fastidiosamente nella tasca posteriore dei suoi pantaloni.
Ed era insistente per giunta. Terribilmente insistente.
 
E rispondi dannazione! Dannato portoghese! Mi lasci sempre squillare per ore quando sei impegnato in certe cose, a volte non mi guardi per mesi, e poi te ne spunti fuori con telefonate fiume!
Ma io chi sono? Il figlio dell’ultimo arrivato? E dire che mi hai pagato pure così tanto…!
Oh! Eccolo! Va bene, ho capito, ho capito!
Adesso la smetto e ti lascio rispondere, va’. Ciao, ero un cellulare, e per una volta quel dannato portoghese ha risposto: vittoria!
 
«Dimmi.»
-Ehilà! Disturbo?-
«Sì. Decisamente sì, disturbi.» ora Tyki era piuttosto infastidito, anche se continuava ad accarezzare la pelle nuda della schiena di Allen.
-Beg, allora sarò breve, così poi puoi venire qui e tornare subito indietro. Senti, ti ricordi il ragazzo dell’altra serata? Ecco, mi è venuta un’idea per …-
«Senti Lavi, che vuoi? Ero occupato in un’attività ben più piacevole del semplice parlare con te. Vai subito al sodo e spiegati.»
-Vieni qua che ti spiego tutto e poi non ne parliamo più. Ti aspetto qui, arriva prima che puoi.-
Tu-tu-tu-tu.
 
Tyki guardò il telefono con odio, quasi volesse strapparne i chip con un solo gesto e buttarli dall’altra parte del mondo, fare finta che Lavi non abbia mai chiamato e tornare a dove era prima, esattamente lì, in quel minuscolo lembo di pelle fra la mascella e l’orecchio di Allen, un punto così nascosto, ma a quanto pare così sensibile da avergli insegnato a strappare gemiti piuttosto interessanti al suo piccolo Shōnen.
Ma Lavi era un amico, insomma, doveva sicuramente essere qualcosa di piuttosto urgente e importante.
Doveva esserlo, si auto convinse.
Altrimenti gli avrebbe spaccato la faccia per averlo interrotto mentre stava passando un momento tanto intenso e piacevole con Allen.
Si voltò verso l’albino, indossando la sua migliore faccia da schiaffi e alzando le spalle.
«Beh, mio caro Shōnen, per questa volta ti lascio in pace.» incominciò sorridendo nel modo più normale possibile, anche se alla visione di quel ragazzino, arrossato e ancora con gli occhi lievemente lucidi non poteva non sentirsi ribollire nel più profondo.
«Ci rivedremo prima di quello che tu possa immaginare.» sussurrò poi al suo orecchio prima di andarsene con passo elastico dalla radura, accendendosi una sigaretta.
 
Allen rimase lì ancora qualche minuto imbambolato, guardando Tyki allontanarsi.
Poi, si rese conto.
«MA CHI SI CREDE DI ESSERE QUELLO!» gridò rosso in volto e indignato come non mai.
Oh, vendetta. Un tale affronto esigeva vendetta.
E sapeva pure da chi potersi fare aiutare con un tipo del genere.
Sorrise maligno, recuperando le proprie cose e cercando nella rubrica del proprio cellulare un certo numero.
 
 
 
 
 
 
 
 
Notes:
Oh, sì. Ci sarà parecchio da divertirsi ora. Mai fare arrabbiare Allen. Così come mai interrompere Tyki in momenti così “importanti”.
Cosa avrà scatenato Lavi con questa chiamata? Non vi resta altro da fare che continuare a seguirci, per sapere cosa riusciremo a estrapolare dalle confessioni (estorte senza mezzi di tortura, lo giuriamo ù_ù) dalle labbra dei nostri beniamini.
Ringraziamo come sempre chi legge, chi segue, chi preferisce e chi recensisce: sapere che la loro storia continua ad appassionarvi ci fa un immenso piacere.
E con questo,
A presto!
KayeJ.
 

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Capitolo 9
*** Cupcakes & Cigarettes: some strange noons. ***


Tyki bussò come una furia alla porta di Lavi, mentre un « É aperto! » urlato con veemenza dall’altra parte della casa lo raggiungeva.
Aprì la porta e la richiuse con forza, buttando le scarpe da qualche parte lì attorno e attraversando a passo di carica il minuscolo soggiorno per arrivare alla porta socchiusa della camera di Lavi.
A quanto pare doveva appena essere uscito dalla doccia, dato che rovistava nei cassetti mostrando al portoghese la fantasia delle sue mutande a piccole righe rosse e nere.
«Oh, Tyki! Tutto a posto? – chiese vedendolo leggermente sconvolto, mentre si infilava una maglietta rossa.- Mi sembri piuttosto alterato.» proseguì, sorridendo ignaro di quello che stava pensando il moro.
“Chissà se anche Allen ha quelle mutande…”
Però forse un’idea Lavi se l’era fatta, dal momento che lo guardava in posti decisamente “privati” con uno sguardo molto, troppo concentrato.
« Neh… Tyki…» indietreggiò verso il letto mettendo le mani davanti a sé e sorridendo come se dovesse calmare una pantera affamata.
Tyki lo fissò con occhi ardenti. Lo prese per il polso e lo buttò sul letto, bloccandolo poi con il proprio corpo.
Lavi lo guardava con occhi sbarrati.
«Tyki…» tentò nuovamente di distrarlo, mentre cercava di divincolarsi. Se era un gioco non gli piaceva, per niente.
«Sta zitto.» sibilò l’altro, per poi baciarlo possessivamente.
«Nnnmppphhh!» fece Lavi, letteralmente assaltato alle labbra dal moro, e non solo.
Le mani di Tyki erano andate ad alzargli la maglietta che si era appena messo, per percorrere bramosamente il suo petto e i suoi fianchi.
Il portoghese scese a mordergli il collo, con una forza che andava al di là della passione: sembrava quasi che volesse punirlo.
Lavi ne approfittò per sbloccare la situazione. Tyki non era più il suo tipo da un bel po’ ormai.
«E mollami!» urlò Lavi, rosso in volto, facendo leva sul suo petto e scostandolo da sé per quanto riusciva.
«Ma che ti prende?!» chiese, ancora sconvolto, guardando Tyki negli occhi, mentre questo si spostava da lui, per sedersi in fondo al letto.
«Prima… -iniziò passandosi una mano fra i capelli e cercando nelle tasche dei pantaloni le sigarette- mi hai interrotto in un momento piuttosto delicato.» disse l’amico tranquillo, accendendosi una sigaretta, quasi non fosse successo nulla.
«Ovvero?» chiese Lavi scettico, alzandosi e andando ad aprire la finestra per far uscire il fumo.
«Ero al parco con il mio Shōnen...»
«Con chi scusa?» lo interruppe il rosso facendo tanto d’occhi, mentre saltellava da una parte all’altra della stanza mettendosi un paio di jeans.
«Allen. Il ragazzo albino, ti ricordi?»
«Ah, quello dell’altra sera?» lo guardò malizioso Lavi. Ora era tutto troppo facile da immaginare.
«Sì, quello. Insomma, eravamo al parco e stavamo avendo una conversazione piuttosto interessante –per inciso, ha un culo fantastico-…» sottolineò Tyki con un gesto della mano come a voler indicare l’assolutezza della sua affermazione. Lavi rise sedendosi anche lui sul letto e cominciando a rovistare lì attorno fra le lenzuola.
Tyki gli allungò il pacchetto delle sigarette e poi continuò: «Dicevo… me lo stavo lavorando per bene, quando tu, e ripeto, TU, mi hai interrotto per dirmi di venire qui.»
Lavi si accese la sigaretta, completamente noncurante dell’amico. Aspirò con tranquillità, per poi buttare fuori il fumo con tutta la calma del mondo, completamente distratto. «Come scusa? Non ho sentito?»
«Ti ho detto che me lo stavo per scopare, e tu mi hai interrotto Lavi, capisci?!» esclamò Tyki con veemenza. Sembrava quasi che stesse per mettersi a piangere da un momento all’altro per la perdita subita.
«E quindi è per questo che quando sei entrato hai sentito l’irrefrenabile impulso di prendere il primo che avresti trovato nella stanza - in questo caso il bellissimo fondoschiena del sottoscritto- e appropriartene?» domandò Lavi apparentemente calmissimo.
«Sì!» ribattè piccato Tyki per il grandissimo affronto subito.
«Idiota!» lo rimproverò il rosso con un sonorissimo schiaffo sulla guancia «il mio fondoschiena non ti appartiene più da molto tempo, se ti ricordi!»
Uno schiaffo lo raggiunse di rimando: «Ahi! E questo per cos’è? Io non ho fatto nulla!»
«Questo –cominciò il moro, sogghignando lievemente mentre prendeva un altro tiro dalla sua ormai finita sigaretta- è per avermi interrotto con Allen e avermi di nuovo negato il tuo culo.»
Lavi sghignazzò, tenendosi la guancia. Le mani di Tyki non erano esattamente leggere, ecco.
«Per Allen posso accettarlo, ma per il mio culo no. Ormai smanio per qualcun altro.»
«E chi, di grazia, è all’altezza di prendere il mio posto?» sghignazzò a sua volta il portoghese osservando le belle dita di Lavi giocare con l’accendino.
«Yuu Kanda.» mormorò questi lanciandogli uno sguardo infuocato.
 
 
 
 
 
 


 
 
 
«Ehilà Walker!»
«Link, grazie per essere venuto!» gli sorrise Allen aprendogli la porta di casa.
Il suo sorriso si ampliò ancora di più quando vide la scatola della pasticceria con cui l’amico entrava.
«Lavori ancora in quella fantastica pasticceria in centro?»
«Sì» rispose l’amico vedendo dove puntavano gli occhi famelici dell’albino «Ma se prima di saltarmi addosso per strappare dal mio cadavere inanimato questi dolci mi fai entrare, mi faresti un favore.» lo bloccò Link alzando un sopracciglio in segno di disappunto.
«Oh, sì, scusami! Entra pure, e non fare troppo caso al disordine, se puoi.» Aveva provato a mettere un po’ in ordine, sapendo quando il biondo fosse un amante, per non dire pazzo maniaco, dell’ordine e della pulizia.
Howard Link, al secolo “l’aiuto pasticciere del signor Lvellie”, per Allen solo Link, entrò poggiando sul tavolo della cucina –l’unico ripiano visibilmente sgombro lì attorno- il suo ultimo lavoro di pasticceria: un assortimento di cupcakes, muffins, e dolcetti vari adatti per l’ora del tè. Un capolavoro da mangiare già solo con gli occhi, accompagnati ovviamente da una fetta della  cheesecake ai frutti di bosco che aveva aggiunto a quel ben di Dio.
Ad Allen si illuminarono gli occhi, mentre un sorriso di pura gioia si diffondeva sul suo volto: «Devo invitarti più spesso a casa mia a bere il tè, sì!» proseguì allegro, mentre faceva accomodare il suo ospite e preparava il tè. Da bravo autoctono, il bollitore era già sul fuoco da un po’.
«Peccato che quando tu mi inviti a bere un tè ci sia sempre qualcosa di cui devi parlarmi.» lo rimbrottò il biondino, appoggiando la sciarpa sul poggia schiena della sedia.
Allen sorrise imbarazzato, mentre appoggiava varie scatoline di latta di fronte a Link: « Che tè è più adatto a questi dolci?»
«Non cambiare discorso, e comunque un Darjeeling, oppure un Assam, per contrasto. Ma dovresti metterci del latte.»
«E Assam sia!» Allen gli diede le spalle, cominciando a riempire il bollitore.
Prendeva fiato ad ogni cucchiaino di foglie di tè, che si spandevano nell’acqua: uno per la teiera, uno per Link, uno per me…
«Allen…»
«Sì?» il ragazzo si girò, distrattamente, facendo quasi cadere un po’ delle preziose foglie sul ripiano.
Link lo guardò perplesso: non era da Allen prestare poca attenzione al cibo, di qualsiasi tipo fosse. Anche il fatto che non si fosse già avventato sui dolci disposti sul tavolo era preoccupante.
«Adesso ti siedi e mi dici cosa c’è che non va?»
L’albino si sedette davanti a lui, tormentandosi una ciocca di capelli mentre esitava a iniziare il discorso.
«Walker.»
Quando Link lo chiamava per cognome non era mai un buon segno.
«Ehm… sì…. Dunque. Io penso di essermi innamorato.»
«E quindi?» proseguì Link, spostando nel frattempo le tazze davanti a loro.
«Lui è… un bastardo!» esplose il ragazzino con un sonoro pugno sul tavolo.
Howard Link, rispettabile persona che non perdeva quasi mai –sottolineiamo quel quasi, per favore- strabuzzò gli occhi.
«Ma non avevi detto di esserti innamorato?»
«Sì!» Allen prese un cupcakes verdino, addentandolo rabbiosamente, «Ciò non toglie che lui mi abbia mollato lì come uno scemo quando io… sì, insomma…».
«Stai arrossendo Allen?» Cominciava a non capirci più nulla.
«Io?! No!»
«E allora perché ti stai coprendo le guanc...»
«Gnognhaippo’anshia!» fece l’albino nascondendo il rossore con un altro cupcakes, che andava ad unirsi a quelli già presenti nelle sue guance. Doveva trattarsi della reincarnazione di un criceto. Sì, assolutamente Allen era l’anello mancante fra l’uomo e il criceto: quelle sacche espandibili al posto delle guance ne erano certamente la prova.
«Come prego?» Link si protese ancora di più verso il ragazzo « non parlo ancora il cricetese, quindi traduci, per favore.»
Ormai il tè doveva essere pronto. Ne versò due tazze: una per sé, e uno per il ragazzo-criceto.
Allen bevve avidamente, incurante di scottarsi la lingua.
«Dicevo… il punto non è questo, ma tu devi aiutarmi Link!»
«Alt! Frena! In che cosa?» chiese sospettoso sorseggiando appena il tè, fortissimo e poco zuccherato.
«Voglio farlo morire di gelosia, voglio fargli penare una carezza, uno sguardo. Voglio che mi cada ai piedi e mi chieda di lasciar perdere qualsiasi altro uomo al di fuori di lui!»
«Allen, fai quasi paura ora…» la faccia lievemente sbigottita di Link rendeva bene l’idea di quanto fosse folle lo sguardo dell’albino.
« In poche parole ti chiedo… -fece questi sorseggiando con un nuovo aplomb tutto inglese- voglio che tu faccia finta di essere il mio ragazzo.»
Ci mancò poco che Link ci lasciasse le penne con quel sorso di tè.
«COSA?!»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Notes:
Dunque, intanto perdono per l’incredibile ritardo, ma fra la maturità, lavoro e impegni vari, concludere questo capitolo ci sembrava qualcosa di impossibile.
Ma questa sera, l’unico modo per esorcizzare questa rabbia crescente non era altro che scrivere, e quindi, in anticipo su quanto avevamo programmato vi delizieremo (si spera! ^^’ ) con il seguito delle avventure dei nostri cari amici vendicativi (almeno, per questo capitolo e i prossimi).
Enjoy it!

KayeJ.
 
Ps: l’Assam è veramente un ottimo tè, se non dovete poi andare a letto.

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Capitolo 10
*** Rainy coffee. ***


Ogni tanto, c'è anche bisogno di quel giorno in cui il mondo per te si ferma.
Quel giorno in cui decidi che il mondo può andare avanti senza di te per qualche ora, e tu puoi rintanarti sotto le coperte, avvolgertici dentro come in un bozzolo.
Sai che non toglierai il pigiama per tutto il giorno, che ascolterai il rumore della pioggia che ha deciso di cadere nel pomeriggio, oscurando nuovamente il cielo primaverile.
Ti chiuderai in camera, cercando di ingannare quella sensazione di malessere diffusa che provi con libri, tè, caffè, cioccolata, biscotti, musica e internet.
Sì, perchè spesso, parlare con persone che non conosci tramite la rete fa bene.
Come quando sei su un treno e confidi i tuoi più reconditi segreti ad uno sconosciuto, incontrato per caso, ma che negli occhi aveva quello stesso sguardo che avevi tu. Capace di contenere tutto l'universo, eppure in grado di escluderlo totalmente mentre cerchi un qualche senso in quell'universo che hai allontanato.

 

 

A Linalee è capitato.
Quando era più piccola, non abitava a Londra, e spesso per andare a trovare il fratello che lì viveva, prendeva il treno, la domenica mattina.
Le piaceva sedersi affianco al finestrino e ammirare la campagna inglese sfrecciare verde e carica di promesse oltre il vetro.

 

 

 

A Linalee è capitato, una di quelle domeniche mattina che prendeva il treno, di avere undici anni, e di iniziare a leggere il primo libro di una nuova saga. Aveva una copertina molto colorata, e il retro riportava il breve stralcio di una pagina all'interno del libro.
Aveva letto volentieri i primi capitoli di quel libro, entrando in un universo magico fatto di maghi, di draghi, di Harry, Ron ed Hermione, di gemelli Weasley e di Draco Malfoy, di troll nei sotterranei, e di banchetti di Halloween, di partite di Quidditch e di Hogwarts.
Linalee da quel giorno in treno, ha continuato a leggere la saga di quel maghetto occhialuto a cui si è tanto spesso sentita vicino, solo sul sedile foderato dello scompartimento del treno, immaginando di avere ricevuto la propria lettera di ammissione per Hogwarts, e di essere lì lì per iniziare avventure fantastiche.
Suo fratello nel suo immaginario fatato diventava un potente mago, in grado di creare le più strabilianti pozioni, e le sue sarebbero state le prime lezioni che avrebbe frequentato.
Ogni volta che Linalee leggeva sul treno, si immergeva in quel magico mondo, e ne usciva solo al momento di dover scendere, quasi a malincuore.
Harry Potter l'ha accompagnata per anni. L'ha presa per mano da quando aveva undici anni, ogni domenica mattina. E un brutto giorno di luglio, ha deciso di lasciarla per sempre, mentre una lacrima scorreva solitaria sulla sua guancia, nel richiudere la copertina sul libro dopo aver letto l'ultima parola.
Piangeva quella mattina Linalee, sul treno. Sentiva che qualcosa dentro di lei si era chiuso per sempre, allontanato.
Ormai erano passati sette anni da quando Linalee aveva letto il primo libro. Ormai era adulta, aveva diciotto anni. Eppure piangeva come una bambina perchè sapeva che leggere quell'ultima riga avrebbe cambiato molte cose.
Lei non avrebbe più preso il treno per andare da suo fratello, tanto per dirne una.
Quando aveva alzato gli occhi dal libro si era accorta di un ragazzo che la fissava curioso.
Aveva i capelli più strabilianti che avesse mai visto.
Linalee arrossì quando lui le porse un fazzoletto dicendo: «Anche io ho pianto quando Fred è morto.»
Aveva un bel sorriso gentile, ma qualcosa in fondo ai suoi occhi sembrava terribilmente triste.
Il ragazzo si chiamava Allen, e stava tornando a Londra.

 

 

 

A Linalee è capitato anche di stare male, come in quel pomeriggio di Aprile, in cui si era chiusa in camera con il proposito di tenere il pigiama addosso tutto il giorno -biscotti, tè, caffè, cioccolata, musica, libri e internet- e di non vedere niente e nessuno per una giornata.
Proposito inutile, perchè aveva dimenticato il passo più importante: spegnere il cellulare.
Perciò si stupì un attimo, nel sentire una strana vibrazione da sotto il cuscino.
E si stupì ancora di più nel leggere di una certa chiamata, proveniente da un numero sconosciuto.
«Linalee Lee?»
«Sì, sono io. Posso sapere chi parla?» chiese con un tono piuttosto sorpreso dalla voce maschile familiare dall'altro capo del telefono.
«Oh, meno male! Allora il numero di cellulare che Yuu-chan mi ha lasciato non era falso! -una risata spontanea spezzò la frase dello sconosciuto- Sono Lavi.»
«Ciao Lavi! - continuò, comunque sorpresa- Come mai mi hai chiamato? È successo qualcosa?» fece preoccupata per un momento.
«Uhn? No, no. È solo che Yuu mi ha detto della storia dei dischi, e così sono passato a ringraziarti. Adesso sono davanti a casa tua, è un problema se salgo a darti dei dolci che ho appena comprato?»
Linalee guardò per un attimo il proprio pigiama. No, non aveva nessun disegno imbarazzante. Si affacciò alla finestra per controllare e vide effettivamente il ragazzo dai capelli rossi davanti al cancelletto della palazzina dove abitava con un sacchetto colorato in mano, mentre sembrava godersi la pioggerellina primaverile con gioia infantile. Avreste anche potuto dire che aveva un sorriso ebete sul viso, sì. Ma a Linalee piaceva molto scrivere e leggere, per ciò preferiva vederla così.

«Sali pure, adesso ti apro.» gli rispose correndo a piedi nudi a schiacciare il pulsante per aprire.

Puntuale come una goccia di pioggia il ciuffo rosso di Lavi fece capolino pochi secondi dopo da dietro la porta.
«È permesso? »
«Entra pure Lavi, ci sono solo io qui. Ma se puoi, per favore, togliti le scarpe lì all'ingresso.» gli rispose una voce da quello che doveva essere probabilmente il vano cucina. Trovò Linalee intenta a preparare quello che poteva essere solo un caffè all'americana. La ragazza era in pigiama.
«Ma Linalee! Sarei passato in un altro momento se avessi saputo che stavi dormendo!»esclamò, appoggiando i dolci sul tavolo. Tutto sembrava intriso di quella che poteva essere definita come “aria di famiglia” in quella casa.

Era una cosa completamente nuova per Lavi.

«Ma figurati! Prima o poi sarei dovuta uscire da quel letto, quindi meglio farlo per la visita di un amico no?» replicò Linalee con un sorriso gentilissimo.
Sembrava volerti rendere partecipe di qualsiasi cosa facesse, fosse anche solo preparare un caffè. Per Lavi era un gesto completamente nuovo.

«Allora, cosa fai lì in piedi? Siediti pure mentre preparo il caffè. Ah, ti avviso, non sono capace di fare quello con la moka, nel caso preferissi quello. Mio fratello beve sempre solo quello lungo. A dir la verità non sono nemmeno sicura del fatto che ci sia una moka in questa casa.»- disse quasi pensierosa.
Era così spontanea, anche in un gesto così semplice. Linalee era lì, in pigiama davanti a lui, senza nessun problema, quasi fosse un amico di vecchia data, e non uno conosciuto da pochi giorni, e chiacchierava con Lavi del più e del meno, portandolo lentamente a conoscere il suo universo, pezzo per pezzo.

Per Lavi era un gesto completamente nuovo.

Si sedette.
«Volevo sdebitarmi con te, per aver preso i dischi, l'altra sera. Se li avesse presi qualcun altro probabilmente non li avrei mai ritrovati.»
Linalee liquidò il fatto con un gesto della mano, mentre si allungava poi a cercare di prendere delle tazze, palesemente troppo in alto per lei.
Lavi si alzò e ne tirò giù due al posto suo.
Lei si voltò e gli sorrise: «Grazie.»

Essere ringraziato in modo tanto sincero e normale era qualcosa di assolutamente innovativo per Lavi.

«E di che?» si schermì con una scrollata di spalle, tornando a sedersi nuovamente, mentre apriva il pacchetto dei dolci, rivelando tanti biscotti burrosi di tutte le forme e i colori, nascosti dalla carta.
«Oh, ma questi sono biscotti da tè! Se me lo avessi detto prima avrei fatto quello!» ridacchiò Linalee.
«Non c'è problema, a me piacciono anche col caffè.» Lavi le fece l'occhiolino.
«Tanto questo non è vero e proprio caffè.» la punzecchiò giocoso.
«Sì che lo è.» fece Linalee mettendo su un piccolo broncio.
«E invece no. Secondo te qual'è l'ultimo paese che ho visitato?» le chiese lui, spiazzandola completamente con un sorriso.
«Uhn? Non ne ho la minima idea... »
«L'Italia.» Linalee sorrise a quelle parole. «Fidati che quando hai assaggiato quello, qualsiasi altra cosa berrai, non sarà mai più degna di essere chiamata caffè.»
«Ma così non vale! È troppo difficile competere con loro!» ridacchiò la ragazza.
«Eh, Lina-chan, hai scelto un avversario difficile questa volta!» fece Lavi semiserio.
Linalee prese uno dei biscottini al burro fra le dita avvicinandolo senza pudore alle labbra di Lavi: «Linalee contrattacca con biscottino inglese al burro!» esclama ridendo.
Lavi ridendo mangiò il biscotto dalle dita di Linalee: «È superefficace! Lavi è sconfitto.»
Dichiarò ridendo, ripulendosi poi dalle briciole.
«Allora sei umano anche tu, se conosci i Pokémon!» ridacchiò Linalee versando il caffè nelle tazze.
«Ogni tanto sì, dai. Perchè? Non lo sembro?» chiese Lavi curioso afferrando una tazza.
«Fino a un momento fa no.»


Ci fu un momento che fu pieno del rimestare dei cucchiaini delle tazze.


Lavi la guardava di sottecchi, mentre faceva tintinnare il cucchiaino contro i bordi della tazza. Non era esattamente un suono fastidioso, ma sottolineava il silenzio che si era creato.
«Sono nato a Porto Rico, anche se probabilmente ho origini irlandesi o comunque europee. Non me lo ricordo. Sono venuto via da lì che ero piccolissimo, e ho viaggiato costantemente da un paese all'altro fino a un anno fa, quando ho deciso di stabilirmi qui.»
Linalee alzò la testa di scatto a fissarlo per un attimo, poi prese un biscotto e lo addentò: «Perchè me lo dici ora?»
«Non ne ho la minima idea.»
«E comunque, » fece Linalee puntandolo minacciosamente con il cucchiaino del caffè « non ci credo molto, ragazzo che non apprezza il mio caffè.» concluse facendogli l'occhiolino in modo complice.
«Allora quando apprezzerò il tuo caffè, potrai crederci?»
«Può darsi, può darsi.»
«Meglio così, perchè almeno Yuu-chan non potrà mai prendersela con te per quello che ti chiederò ora.» mormorò giulivo Lavi, gustandosi un bel sorso di caffè.
«Uhn?»
«Dovresti darmi il suo indirizzo Lina-chan...» cominciò Lavi guardandola incredibilmente serio e prendendole le mani. «E non dovresti nemmeno chiedermi il perchè, se possibile. Preferirei che il fatto rimanesse solo nella mia testa ancora per un po'. Puoi?
Prometto che non gli farò male, né scherzi di cattivo gusto, né altro.
Anche perchè credo che mi ucciderebbe a mani nude se lo facessi...» borbottò facendo una smorfia di dolore al pensiero.
«Beh, il suo indirizzo potrei anche dartelo, di lui non mi preoccupo...» fece guardando insistentemente il tavolo. «Il punto è: che diamine c'entra Allen?» chiese piuttosto confusa fissando il bigliettino che Lavi le aveva passato silenziosamente sul tavolo.

 

“Portatemi lo Shōnen

al locale stasera.

Devo finire quello che ho cominciato l'altro giorno.

T.M.

 

Ps:... SHŌŌŌŌŌŌŌŌŌŌŌŌŌŌŌŌŌNEN! ç_ç”

 

Okay, Tyki era sempre un po' troppo melodrammatico per i gusti di Lavi, ma non gli si poteva negare un favore, oh no.
«Ti ricordi il ballerino dell'altra sera al Noah's? Beh, diciamo che è successo “qualcosa” fra lui e Allen, se capisci cosa intendo» disse Lavi con un certo sorrisetto malizioso sulle labbra «Solo che a causa mia Tyki ha lasciato Allen a bocca asciutta, e Allen si è parecchio arrabbiato, e Linalee... dobbiamo rimediare!» dichiarò Lavi con una certa enfasi da cupido in erba.
«Frena le ali, cupido! È un bravo ragazzo questo Tyki?»
«Beh, sì, dai. Può sembrare un po' un idiota, ma garantisco io per lui.»
«Lavi, se Tyki fa soffrire Allen io ti getto in pasto a Kanda, chiaro?»


Lavi soppesò per un momento la possibilità, mentre una ben nota sensazione gli rimescolò piacevolmente lo stomaco. Insomma, essere gettato in “pasto” a Kanda non gli sarebbe dispiaciuto più di tanto... ma di sicuro Kanda non l'avrebbe mai e poi mai “mangiato” nel senso che intendeva lui.
Se lo sarebbe mangiato vivo. Punto. Condito con tanto di scena splatter rivolta-budella e sangue a volontà. No, decisamente non era così che voleva finire i suoi giorni.

«Hai la mia parola che se Tyki dovesse far soffrire Allen me ne assumerei tutta la responsabilità.»
Linalee lo guardò ancora poco convinta.
«Gli vuoi proprio bene, eh?»

 

Il sorriso di Linalee sapeva di segreti nascosti, cose lontane, gesti dolci e giochi a due lunghi una vita. I suoi occhi non puntavano il caffè, puntavano da qualche parte, lontano, che Lavi non poteva vedere.

Di certo non sapeva che puntavano ad un giorno di quasi un anno fa, ormai. Un giorno in cui un ragazzo dai capelli completamente bianchi le aveva dato una mano con le valige una volta scesa dal treno, che l'aveva addirittura accompagnata a casa di suo fratello, una volta scoperto che abitavano a soli due isolati di distanza, un ragazzo che qualche giorno dopo era andato a portarle dei dolci esattamente come aveva fatto Lavi quel giorno, e con il quale si era messa a parlare di tutto, per una vita intera quasi.

Forse fu per questo, che si fidò di Lavi.

«Beh, è il mio migliore amico. Come potrei non volergliene?»

 

Almeno le piace pensare che fu per questo. Sentiva di potersi fidare come quella volta. Non lo conosceva in fondo quel ragazzo dai capelli rossi, ma c'era qualcosa nel suo sorriso che, fra le tante cose che sembrava raccontare con quelle risposte ambigue, le faceva dire che ci si poteva fidare.

 

 

 

 






















Notes:

Innanzitutto, ci sentiamo di ringraziare chiunque stia continuando a seguire, a preferire, a ricordare, a recensire, a leggere. Il tutto a prescindere da quello che succederà con la lettura di questo capitolo. È vero, può sembrare un attimo fuorviante rispetto al resto della storia, ma non vi preoccupate, è tutto lì. Dobbiamo solo trovare la forza e la voglia di tirarlo fuori in mezzo a queste giornate estive che ci tengono fuori casa anche più del solito.
E come suggerisce puntualmente J, dobbiamo anche avvisarvi del fatto che potremmo essere ancora più scostanti, in questo periodo nella pubblicazione, a causa delle vacanze. Purtroppo non siamo riusciti ad organizzarci con delle vacanze unitarie, ma abbiamo dovuto spezzettarle un po' qui, un po' la, un week-end da una parte, e uno dall'altra.
Quindi la stesura potrà sembrare un po' frammentaria (anche se noi abbiamo cercato di fare il possibile, eh!) ma le critiche nel caso sono ben accette per migliorarci!
Con questo vi salutiamo, e speriamo di rivedervi tutti nel prossimo capitolo!

KayeJ.

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