Alien sucht Liebe (krank ohne dich)

di ELIOTbynight
(/viewuser.php?uid=56070)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una nuova avventura ***
Capitolo 2: *** Questione di tempo ***
Capitolo 3: *** Vecchie storie ***
Capitolo 4: *** Stranezze e guai in vista ***
Capitolo 5: *** Battaglie perse ***
Capitolo 6: *** L'attacco degli Alieni ***
Capitolo 7: *** Un punto d'incontro ***
Capitolo 8: *** La trasformazione ***
Capitolo 9: *** Partenza! ***
Capitolo 10: *** Axel ***
Capitolo 11: *** Nuovi ruoli ***
Capitolo 12: *** Una verità incompleta ***
Capitolo 13: *** L'infiltrazione ***
Capitolo 14: *** Prigionieri ***
Capitolo 15: *** La fuga ***



Capitolo 1
*** Una nuova avventura ***




Stavolta un pericolo del tutto nuovo minaccia gli Umanoidi … e non solo.

Stavolta lo scontro si estende in uno spazio più grande, l’intero universo.
Stavolta la consueta battaglia d’amore non sarà sempre vinta.
 

A volte ritornano.
E stavolta esiste un’unica travolgente storia.







Sequel di
Kampf der Liebe
(Ich bin Humanoid)
 
 
 


Primo capitolo
Una nuova avventura
 
 
Le finestre non lasciavano penetrare molta luce. Solo alcuni spiragli entravano nella stanza, senza alterare quella quiete nella penombra.
Erano le prime ore del mattino, ma Romy era già sveglia. Restava però silenziosa, avvolta nuda nel lenzuolo, con gli occhi fissi su Bill ormai da tanto. Uno dei suoi molteplici pensieri, mentre guardava affascinata il viso del ragazzo addormentato, andò alla notte appena trascorsa, rivelatasi tutt’altro che tranquilla come il mattino che ne era seguito. Sembrava essere stata una notte infinita, fatta soltanto di piacere.
Romy ci sorrise su, poi tornò alla sua contemplazione. Come sempre, Bill era bellissimo ai suoi occhi in qualsiasi momento, più che mai nell’innocenza e nella spontaneità dell’essere addormentato. I capelli neri e lunghi erano sparsi sul cuscino; gli occhi delicatamente chiusi e rilassati facevano del suo viso il ritratto della serenità; le labbra morbide un po’ dischiuse stimolavano la fantasia; il collo, le spalle e parte del petto nudo rappresentavano un dettaglio ottimo per rendere il ragazzo così perfetto da farlo sembrare quasi sacro. Pareva un giovane dio destinato a vivere per sempre da solo con la sua bellezza, libero.
Invece no. Più Romy guardava Bill dormire e respirare ritmicamente, più si convinceva che lui era suo, tutto suo e di nessun’altra. Gli appoggiò piano la mano sul petto, poi si avvicinò ed iniziò a baciarlo sulla guancia, sullo zigomo, sull’orecchio e giù fino al collo, con dei tocchi leggerissimi. Pochi baci dopo, Bill cominciò a muoversi.
- Romy … - biascicò, strizzando gli occhi ed allungando le braccia verso il muro alle sue spalle.
Lei non disse nulla e aspettò che si svegliasse, intanto rimise la testa sul cuscino felicemente. Dopo uno sbadiglio, Bill si voltò verso di lei e sorrise.
- Buongiorno.- fece allora Romy a voce bassa. - Dormito bene?-
L’altro annuì e rimase incantato ad osservarla. Si persero negli occhi dell’altro e dell’altra, finché Ro non ruppe il silenzio.
- Sembravi un alieno … - sussurrò.
- Davvero?- disse Bill compiaciuto. - Spero dunque di aver già preso possesso del tuo mondo … -
Romy spostò un po’ la testa e sistemò il naso nell’incavo del collo di Bill, poi mormorò:
- L’hai fatto, mio amore!-
Entrambi chiusero gli occhi e lasciarono che i consueti brividi alla schiena e le piacevoli fitte allo stomaco li sorprendessero, trascinandoli nel più completo relax.
Stavano per addormentarsi di nuovo, quando la porta si aprì bruscamente e i due furono costretti ad alzare la testa dallo stupore.
- Bill, è tardissimo! Oh … scusate … -
Romy e Bill si scambiarono delle occhiate perplesse, come per chiedersi se prendersela con Tom per l’improvvisa irruzione in camera o meno.
- Mi dispiace, ma non sentivo nessun rumore e pensavo che aveste … ecco, già finito.-
Bill fissò il fratello con esasperazione, mentre la ragazza preferì alleggerire l’atmosfera.
- Buongiorno Tom. Che cosa succede?-
Con aria rassegnata, il chitarrista annunciò, rivolgendosi prevalentemente al gemello:
- Il tizio dell’intervista ci vuole in studio tra mezz’ora. Inutile opporsi!-
Bill tentò di replicare, ma restò muto a bocca aperta perché Tom l’aveva fulminato con gli occhi. Gettata pesantemente la testa sul cuscino, il cantante emise un lamento sordo.
- Apriti cielo … - sentenziò Romy, accarezzando i capelli al suo ragazzo.
 
Nulla era cambiato da quando Romy e i Tokio Hotel avevano salvato il destino di un’intera dimensione parallela, quella degli Umanoidi. Quei giovani non avevano mai smesso di sorprendersi davanti a tutte le meraviglie che quel popolo loro mostrava. Niente pareva mutato, solo il tempo aveva continuato a scorrere.
Tuttavia, la band viveva ancora una seconda avventura, quella del successo. La loro fama cresceva in fretta, di conseguenza anche tutto il giro di impegni e di affari che ne circolava dietro. Romy lo sapeva e pazientava, proprio come quel giorno fece nello studio dei TH, aspettando che uscissero dalla stanza dopo l’intervista. Aveva una sorpresa in mente.
L’intervista terminò e la ragazza vide il reporter uscire soddisfatto. Anche lei si sentì così.
- Un altro è andato!- esclamò Georg, stiracchiandosi.
Romy entrò nello studio e notò che tutti avevano un’aria stanca, non per lo stress fisico, ma per quello mentale.
- Ragazzi, credo che abbiate bisogno di staccare un po’.- disse lei, pregustando in anticipo le reazioni degli amici quando avrebbe fatto la sua proposta.
- A chi lo dici!- fece Gustav. - Una pausa sarebbe l’ideale!-
- E se vi proponessi una giornata fuori all’insegna dello shopping??-
I musicisti la squadrarono senza dire nulla. Lei insistette:
- Avanti, scommetto che non girate spensierati per i grandi magazzini da un bel pezzo. Si sono rinnovati e c’è tantissimo da vedere! E poi ne avete bisogno … -
Romy non avrebbe potuto essere più convincente, ma i ragazzi titubavano più del necessario. Alla fine lei mise le mani sui fianchi con l’atteggiamento di una madre severa e per invogliarli chiese:
- E se vi offrissi da bere nel pomeriggio?-
A quel punto i Tokio Hotel si scambiarono sorrisi e commenti di approvazione, alzandosi per seguire l’amica fuori dallo studio. Romy scosse il capo e rise, ormai profondamente affezionata al loro modo di fare a volte infantile.
 
Romy aveva ragione. I grandi magazzini fremevano e brulicavano di gente, novità e divertimento. Opportunamente travestiti da ragazzi normali, i cinque amici balzavano da un negozio all’altro senza sosta, tra una risata e l’altra. Quel pomeriggio stava avendo davvero degli effetti benefici su tutti loro.
In mezzo a quel tran tran, Romy si fermò di fronte ad una vetrina. Trasalì quando vide un bellissimo paio di stivali e chiamò gli altri.
- Ehi ragazzi, guardate qua! Sono fantastici!! Secondo voi come mi starebbero?-
Divertiti dalla sua quasi esagerata euforia, Tom, Gustav e Georg le risposero che ai suoi piedi sarebbero stati ancora più chic. Bill, invece, che era arrivato dopo davanti al negozio e non aveva sentito, appoggiò le mani sul vetro ed esclamò:
- Quegli stivali devono essere miei! Dio, quanto sono belli!!-
Romy ci rimase male. Quegli stivali costavano molto e solo lui poteva permetterseli, ricco com’era. Li voleva a tutti i costi e decise di metterlo alla prova.
- Hai ragione, sono molto belli. Li comprerei anch’io, sai?- fece, poi finse una smorfia di spavento e continuò: - Caspita, ma costano un capitale! Non potrei mai comprarli, almeno non da sola … -
La ragazza sperava così di far capire a Bill che se l’amava veramente ed era generoso, li avrebbe acquistati lui e poi regalati alla fidanzata. Entrarono tutti e Bill si fiondò verso il reparto calzature, mentre Romy e gli altri lo aspettarono vicino alle casse.
- Secondo te l’ha capito?- domandò lei a Tom.
Quest’ultimo si dimostrò incerto:
- Non saprei. Continua pure a sperare che l’amore l’abbia reso più intelligente, ma non esserne convinta.-
Con disappunto, Ro vide il cantante dirigersi alle casse con allegria, stringendo tra le braccia il suo amato paio di stivali. Li pagò e anziché fermarsi di fronte a lei per regalarglieli, oltrepassò gli amici con un semplice: - Andiamo, ragazzi?-
Romy era inorridita. Possibile che il suo ragazzo non avesse capito un accidente?
- Bill?- disse, girandosi a guardarlo.
Quando anche lui fece lo stesso con aria interrogativa, lei lo fulminò con lo sguardo.
- Quegli stivali sono miei!-
- Eh? Oh, questi … Ehm, per caso li volevi tu?- rispose Bill confuso.
Spalancando le orbite, Romy ribatté:
- Te l’avevo praticamente chiesto! Non l’avevi capito?? Ma allora sei un cretino!-
L’altro reagì dicendo:
- Non mi hai mai chiesto espressamente di prenderteli! Avevi soltanto da parlare chiaro! Mi dispiace, ma ora questi gioielli della moda appartengono a me.-
- Un ragazzo capisce sempre le esigenze della sua donna, Bill!- sbottò lei. - E tu che mi parlavi di queste cose come un esperto … Invece non capisci niente, sei solo una checca isterica, isterica ed egoista!!-
Con queste parole Romy uscì e si mise a guardare le vetrate esterne, offesa. Gli altri lanciarono occhiate di rimprovero al cantante, che esordì:
- Che c’è? Che cosa ho detto??-
Scuotendo la testa e alzando gli occhi al cielo, seguirono l’amica fuori dal negozio. Bill rimase in piedi sull’ingresso, da solo. “Devo aver esagerato,” pensò.
Intanto, fuori, i ragazzi commentavano:
- Certo che Bill è proprio broccolo!-
- Non ho mai visto Romy così arrabbiata. Sarà dura per lui farsi perdonare!-
- Staremo a vedere!-
Poco dopo, Bill uscì dal negozio con una busta diversa. Si avvicinò a Romy e faticò prima di attirare la sua attenzione schiarendosi la voce. Lei si voltò, sempre nella sua rigida posizione, e restò colpita nel vedere nelle mani del ragazzo una busta regalo contenente una grande scatola da scarpe, accompagnata da un megabiglietto con su scritto “ti amo, mi dispiace”.
Romy la afferrò in fretta, ignorando gli occhioni da cerbiatto che Bill faceva, poi si girò nuovamente verso le vetrate.
- Dai, Ro … - sbuffò lui. - Sono stato un idiota, ma non pensi che entrambi abbiamo esagerato?-
Lei non disse nulla, sempre mostrandogli la schiena. Bill, allora, preferì passare direttamente ai fatti. Le avvolse le spalle con un braccio e tentò di guardarla negli occhi.
- Ehi … Non starai facendo l’orgogliosa!?-
Colpita e affondata.
- Non sto facendo l’or … gogliosa … -
Romy si scontrò nello sguardo triste e speranzoso di Bill, che la addolcì un po’, ma non volle cedere all’improvviso. Guardò gli amici e vide che erano esasperati, perciò sospirò:
- Lo faccio per voi!-
Lentamente, come se fosse davvero una scocciatura, agguantò la nuca di Bill e cominciò a baciarlo con sentimento. Poche volte lo baciava così.
Alla fine si sorrisero, poi lei lo avvertì:
- La prossima volta mi paghi tutto con gli interessi!-
Con una risata tutto si risolse e il giro ripartì.
Ma ben presto, senza preavviso, Romy si bloccò e restò immobile tra i passanti. Attirò l’attenzione degli altri, che le chiesero se stesse bene.
- Non avete caldo?-
I ragazzi si concentrarono e confermarono.
- Sì, in effetti sto iniziando a sudare … - fece Georg stranito, mentre Tom aggiunse:
- Eppure dovrebbe esserci l’aria condizionata al massimo!-
Si accorsero subito che non era una sensazione normale e appena posarono lo sguardo su Romy impallidirono. La ragazza capì e prese immediatamente tra le mani il ciondolo con il simbolo dei TH che portava sempre al collo.
- E’ bollente.- sussurrò.
Un pensiero balenò le menti di tutti loro, spingendoli ad esclamare in coro:
- HOLLY!-
Sì, la loro piccola e fedele amica era sicuramente nei paraggi. Cominciarono a guardarsi intorno per cercarla, ma non vedevano altro che gente e ancora gente. Ad un tratto l’insegna rotonda e lampeggiante di un negozio lì vicino smise di muoversi e per un attimo il simbolo raffiguratovi si trasformò in quello della band.
Romy esclamò:
- E’ lì dentro!-
Entrarono e la cercarono dappertutto, finché non notarono del vapore nella zona dei camerini. Spostarono la prima tenda … e la libellula d’oro era lì, messa sull’appendiabiti, e frullava le ali.
- Holly, ti abbiamo trovata!!- sorrise Bill.
- Non mi sembra vero di rivederti!- disse Romy felicissima. - Come vanno le cose?-
Holly atterrò sul dito che la ragazza le stava porgendo e rispose:
- Non molto bene, purtroppo. Ci sono questioni urgenti da risolvere!-
I musicisti avevano già capito. Tom fece, sornione:
- Gli Umanoidi ci aspettano, vero?-
- Sì, eredi. Abbiamo bisogno di voi!-
*








Non vedevo l'ora!!
Lo so, forse dovevo aspettare un po' di più, ma non sono riuscita a resistere! Non penso di correre il rischio di rimanere indietro con i capitoli perché ne ho già scritti un po', quindi eccomi qui a pubblicare!
Per chi volesse leggere l'episodio precedente, andate nelle mie storie e cercate "Kampf der Liebe (Ich bin Humanoid)"...
E per li conosce già, beh, capirete che sono tornati per una nuova avventura! Siete curiosi di scoprire di che impresa si tratta?? Seguitemi e lo saprete ^^
Baci a tutti
by Eliot ;D

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Questione di tempo ***



Secondo capitolo

Questione di tempo
 


Stavolta tutti e cinque gli eredi riuscirono ad atterrare in piedi. L’arrivo nella dimensione umanoide si rivelava spesso completamente inaspettato, ma a distanza di tempo dalla prima volta era diventata ormai un’abitudine.
- Eccoci!- annunciò Holly, mentre gli ultimi sbuffi di vapore si dissolvevano nell’aria.
Lo studio del leader degli Umanoidi era sempre lo stesso, dal carattere un po’ antico, ma ora era stato arricchito con la modernità: nuovi apparecchi tecnologici lo rendevano un po’ più grande ed equipaggiato. Flammar stava lavorando al grande pc virtuale, quando sentì l’arrivo dei ragazzi e si voltò verso di loro.
- Bentornati tra noi!- esclamò con gioia. - E’ stupendo rivedervi!-
Romy e la band corsero da lui per abbracciarlo, con lo stesso entusiasmo. Bill gli disse:
- Siamo felici di essere di nuovo qui. Ci siete mancati!-
La ragazza lo strinse per ultima, trasmettendogli pura felicità.
- Sì, non vedevamo l’ora di tornare … - fece. - Come stai, Flo?-
Il leader sospirò:
- Romy, io sto bene. Non si può dire lo stesso della nostra dimensione, però. C’è un enorme problema!-
Lei stava per chiedere dettagli, ma Tom soggiunse dicendo:
- Evvai, una nuova avventura per i Tokio Hotel! Quei brutti manigoldi avranno pane per i loro denti, oh yeah!-
Con queste parole si mise ad agitare le mani, riproducendo dei movimenti che avrebbero dovuto essere mosse di kung fu. Non ci riuscì perfettamente, ma Georg e Bill furono contagiati dalla sua euforia e lo imitarono. Solo Gustav si limitò a fissarli con perplessità per poi ridacchiare insieme a Flammar, Holly e Romy.
- Mi fa piacere il vostro entusiasmo, ragazzi, ma vi prego: cercate di concentrarvi!- li riprese Flo, divertito.
Smisero tutti e tre e si scusarono con un sorriso. Holly disse poi:
- Ora capisco perché qui lo chiamano “Gustav l’imperturbabile”!-
Il batterista sorrise senza vantarsi, intanto gli altri risero.
Flammar si stava già dirigendo verso il computer, quando Romy gli chiese:
- Allora, di che cosa si tratta questa volta, Flo?-
L’altro rispose con tono enigmatico:
- Questione di tempo, Romy.-
- Tempo? Cosa vuoi dire?-
- Guarda tu stessa … -
Flammar premette un grosso bottone sulla tastiera virtuale; sullo schermo apparvero due orologi identici che segnavano la stessa ora e le lancette dei secondi andavano avanti all’unisono.
Georg domandò, curioso tanto quanto gli altri:
- Che cosa significa?-
Holly volò verso di loro, intanto rispose con aria seria:
- Questi orologi indicano rispettivamente il flusso temporale della nostra e della vostra dimensione. Come potete vedere, stanno andando avanti insieme … Significa che il tempo è diventato lo stesso in entrambi i mondi.-
- Non è possibile!- gridò Bill.
Non era mai successo qualcosa di simile. Un cambiamento di quella portata poteva essere davvero pericoloso, tutti se ne resero conto.
- Quindi, per esempio, un’ora terrestre equivale adesso a un’ora umanoide … e non più un giorno!- osservò Romy, forse più stupita degli altri. - Ma com’è successo? Cosa … Sapete qual è la causa?-
Flammar spiegò, appoggiandosi pesantemente alla grossa scrivania:
- Beh, si tratta di un fenomeno non indifferente. Addirittura il cambiamento del flusso temporale di un’intera dimensione, mi chiedo come abbiano fatto! Comunque, abbiamo appurato che non ha nulla a che vedere con gli Umanoidi, né con i Terrestri. La causa non proviene da nessuno dei due mondi.-
- E quindi?- domandò Tom.
- E quindi questa stranezza viene dall’esterno, ragazzi.-
I cinque amici si guardarono, sempre più allibiti. Romy si avvicinò un po’ allo schermo, intanto fece:
- Dall’esterno … Chi sarà mai stato?-
Holly andò verso i ragazzi e svolazzò intorno a loro, intanto rispose:
- Tesoro, l’Universo è pieno zeppo di altri mondi, oh, non hai idea di quanta vita ci sia nello spazio! Ci sono tante civiltà, popoli, persone. Creature che voi non potreste nemmeno immaginare. Il nostro compito ora è quello di scoprire da dove arriva di preciso questa modifica al flusso temporale.-
- Ben detto, Holly!- esclamò Flo, mimando un ok con la mano. - Ragazzi miei, voi siete giovani e forti: vi andrebbe di fare un giro in città? Scommetto che da qualche parte si trova un indizio utile!-
- Flammar, ci mandi in giro senza neanche una pista da seguire?- chiese Bill deluso.
Il leader sospirò.
- Purtroppo non abbiamo molto a disposizione che possa dirci da dove proviene questo danno, ma mi hanno detto una volta che un’indagine che si rispetti comincia sempre per le strade. Sono certo che tornerete qui con la risposta alle nostre domande!-
I musicisti cercarono conferma guardando Romy, che da sempre li aveva guidati. Lei si limitò ad alzare le spalle e ad adattarsi.
- Allora a più tardi, Flo!- disse, dirigendosi verso la porta, seguita dagli altri. - Holly, vieni?-
- Sicuro! Posso, Flo?- lo supplicò l’insetto.
Con un sorriso e un cenno della testa, Flammar la lasciò andare con gli altri, poi tornò a lavorare sul suo computer quando tutti furono usciti dal suo studio.
 
Erano molti i robot che notavano da lontano i famosi cinque eredi, lanciando loro dei sorrisi di ammirazione o bisbigliando pettegolezzi sul loro conto con qualcuno. Ma i ragazzi non ne furono disturbati, anzi, avevano tutt’altro a cui pensare.
- Adesso che il tempo è lo stesso, dovremo preoccuparcene!- osservò Tom. - Che ore saranno, secondo voi?-
- Purtroppo non ho l’ora dietro!- rispose Bill.
Romy aggiunse, concludendo poi con un sorriso:
- Neanch’io … ma non sembrava molto tardi quando abbiamo lasciato i grandi magazzini per venire qui. Al massimo, potrò dire ai miei che abbiamo perso la cognizione del tempo e, in effetti, la verità non è poi così diversa!-
- Mmh, potremmo chiedere un attimo in giro … - propose Holly, appoggiata alla spalla di Romy.
Bill mise subito in pratica l’idea. Davanti a sé vide avvicinarsi una ragazzina in compagnia di un’amica. Senza troppe esitazioni alzò una mano ed esclamò:
- Scusatemi, sapete dirci che ore sono??-
Le due umanoidi si bloccarono e fissarono gli eredi come se fossero stati dei marziani.
- Guarda, sono i Tokio Hotel! Quelli che ci hanno salvati!- mormorò una delle due all’altra.
A quel punto cominciarono a ridacchiare con imbarazzo e la band ebbe l’impressione di avere a che fare con delle ammiratrici un po’ troppo frivole.
Tom provò a ripetere la domanda, affiancandosi al gemello:
- Ragazze, avremmo bisogno di sapere che ora è. Ce lo potete dire, per favore?-
Quelle due, però, sembravano non ascoltarli e anzi, continuavano a sussurrare tra loro frasi come “certo che è proprio carino”, “ma hai visto che fisico” e “scommetto che quello lì sta guardando me”. I TH si guardarono con perplessità e disagio, finché non intervenne Romy.
- Ci dispiace, ma siamo di fretta!- disse con tono di rimprovero. - Potreste dirci cortesemente che ore sono?-
- Sono quasi le cinque … - fecero loro, senza smettere di sogghignare e fissare la band.
L’altra prese per mano Bill e lo trascinò avanti, poi sillabò un “grazie” pieno di irritazione e cominciò a camminare più velocemente di prima. Intanto, i ragazzi la seguirono come se volessero scappare.
Ignorando le occhiate di disprezzo ricevute da quelle smorfiose, Romy sbuffò:
- Bene, abbiamo la conferma che non è poi così tardi. Ma le avete viste, quelle?-
- Già.- fece Georg. - Meno male che ci sono abituato, altrimenti ci sarei stato io al posto tuo!-
- Prendermi per mano in quel modo come ha fatto lei? Oddio!!- soggiunse il cantante.
 Si alzò una risata, poi Holly si rivolse a Romy:
- A proposito, vedo che quelle là non ti hanno minimamente considerata … -
- Sì, ho notato.- sbottò la ragazza.
I musicisti si scambiarono delle occhiate d’intesa e capirono che era meglio non parlarne più. Non erano certi di voler subire l’ira della loro amica erede.
Poco tempo dopo, la compagnia decise di fare due passi fra i sentieri del Parco dei Circuiti. Holly si staccò dalla spalla di Romy ed iniziò a volare a destra e a manca:
- Uffa, non ho più voglia di perdere tempo. Voglio scoprire qualcosa! Da quando ve ne siete andati, non è più successo nulla di interessante, a parte il campionato di motociclismo … a proposito, si vede in lontananza il circuito TGB, eccolo laggiù! L’hanno ristrutturato e adesso è anche più grande e spericolato. Le gare laggiù devono essere emozionanti, un giorno chiederò a Flammar di portarvi a vederne una … -
Senza rendersene conto, la libellula aveva cominciato a chiacchierare e la passeggiata si fece subito più piacevole. Era bello camminare in mezzo al verde con la squillante voce di Holly nelle orecchie, metteva allegria.
Giunti vicino a un boschetto, Romy dovette improvvisamente interrompere la piccola amica.
- Scusate, ma io sento qualcosa di strano nell’aria … c’è qualcosa che brucia!-
- Hai ragione, lo sento anch’io.- fece Gustav, sollevando il naso verso il cielo con aria da intenditore.
I giovani cercarono di capire da dove provenisse quella puzza di bruciato, ma solo Tom se ne accorse.
- Guardate!- esclamò, indicando gli alberi. Alcune colonne di fumo li stavano sovrastando.
Di corsa, tutti lasciarono il sentiero e andarono a vedere. Dopo aver attraversato il prato e un breve tratto di bosco, sbucarono in una radura e furono a dir poco folgorati da ciò che videro.
Si trattava senza dubbio di un’astronave. Era avvolta da alcune deboli fiammelle sul punto di spegnersi e sprofondava nel terreno per circa mezzo metro. Era bianca, tonda e grande quanto una stanza; presentava diverse ammaccature dovute alla probabile brusca caduta e aveva uno sportello ovale a lato, mezzo aperto. All’interno si scorgeva parte di una griglia di comando, illuminata da una fioca luce rossa.
I ragazzi non riuscirono subito a commentare, sbalorditi com’erano. Dopo aver osservato l’astronave in silenzio per un po’, Tom fece:
- Cribbio, se non è un indizio questo …!-
- Holly … è un’astronave, un’autentica navicella spaziale, vero?- mormorò invece Romy.
La libellula aggirò l’intera radura per poterla osservare meglio, poi si fermò davanti allo sportello e rispose:
- Sì, è un’astronave a tutti gli effetti.-
Bill domandò, avvicinandosi:
- E da dove arriva?-
- Questo è ancora da scoprire ... - disse ancora Holly, guardando l’astronave con circospezione.
Solo in quel momento i cinque eredi iniziarono a camminare intorno al misterioso ed insolito mezzo di trasporto, scrutandone i particolari.
- Mah, eppure dovrà esserci qualcosa che ci dica la provenienza di questo bestione!- fece Georg, toccandone la superficie tiepida.
Romy decise di entrare direttamente e oltrepassò lo sportello con attenzione, guardando dove metteva i piedi. Era tutto illuminato di rosso, c’era uno schermo spento e una lunga griglia di comando piena di tasti e manovelle strane. Romy non ebbe il tempo di osservare bene il resto, perché Holly l’aveva distratta, entrando con lei e passando in rassegna ogni angolo della navicella. Sembrava che lì dentro si nascondesse un segreto che Holly era ben decisa a svelare.
Arrivò infatti alla fine di quella schiera di pulsanti e quando posò i suoi grandi occhi da insetto per terra, trasalì. La ragazza la sentì e chiese:
- Che c’è? Che cosa hai visto?-
Non ottenendo una risposta immediata, si fece strada nell’abitacolo fino a raggiungere la piccola amica. Vide qualcosa di incredibile.
Ciò che aveva spaventato Holly era una pistola, più o meno. Era più grossa rispetto a quelle che di solito Romy vedeva. Luccicava di un bagliore argenteo ed inquietava in ogni suo dettaglio perfettamente scolpito e squadrato. Sulla parte alta c’era un tubo trasparente pieno di una sostanza bluastra e densa.
- Riconosco quest’arma.- sussurrò Holly preoccupata.
- Davvero?- fece l’erede. - E hai capito da dove viene?-
Prima di risponderle, la libellula si posò vicino alla strana pistola e disse, serissima:
- Purtroppo è chiaro da dove arriva questa astronave … Dobbiamo avvertire Flammar immediatamente!-
 


*

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Vecchie storie ***


Terzo capitolo
Vecchie storie
 
 
L’astronave fu presa e portata verso il palazzo di Flammar, nelle vicinanze del quale era stato aperto da qualche tempo un laboratorio di ricerca. La navicella sarebbe stata messa direttamente lì in modo da poterne ricavare informazioni utili.
Un grosso furgone la stava trasportando e i ragazzi lo videro attraversare la piazza principale, poco distante dalla sua destinazione, insieme agli altri umanoidi. La scoperta aveva naturalmente suscitato clamore ovunque.
- La portano al laboratorio di cui ci hai parlato, giusto?- fece Bill, seguendo il veicolo con gli occhi. - Che cosa ne faranno?-
Il leader rispose:
- Ne analizzeranno tutti i particolari, così potremo sapere quando è arrivata qui, magari anche quanti individui trasportava e, se siamo fortunati, anche la provenienza.-
Romy sentì sussultare la libellula sulla spalla a quelle parole, perciò si schiarì la voce ed esordì:
- Beh Flammar, forse abbiamo già la risposta a questa domanda!-
Tutto il gruppo si girò verso la ragazza con evidente stupore. Holly si sollevò e si avvicinò a Flo.
- Ho avuto modo di riconoscere un dettaglio importante … - disse. - Sono assolutamente certa di sapere da dove viene l’astronave.-
- Davvero?? Avanti, diccelo!- esclamò il leader.
- Mmh, forse è meglio parlarne a palazzo. Ho un presentimento non proprio rassicurante e non è prudente parlarne in giro con il rischio che ci sentano.- fece Holly, suscitando preoccupazione negli altri.
 
- GLI ALIENI??-
Holly si adagiò vicino alla tastiera dello schermo virtuale, seria e impassibile. Continuò poi:
- Avete sentito bene, ragazzi. Ne sono certa, è opera loro.-
Mentre gli eredi, sbigottiti, si scambiavano occhiate interrogative, Flammar si appoggiò al muro con aria pensierosa.
- Gli Alieni, eh?- fece. - Non sono proprio il popolo più amichevole che conosca, anzi … ho brutti ricordi con quelle creature!-
Udendo quelle parole, tutti si inquietarono molto. Tom domandò, preoccupato:
- Sono così pericolosi?-
- Se li tratti con i guanti, sì, ma purtroppo non sono pacifici.- rispose la libellula. - Sono vendicativi e agiscono d’impulso. Per non parlare della loro forza in combattimento: sono spaventosi!-
- Oh, mammina … - fece Bill con una smorfia ansiosa.
Romy si avvicinò al leader, intanto chiese:
- E come mai, secondo voi, dovrebbero avercela con gli Umanoidi?-
Holly zampettò sul tavolo, ronzando le ali con nervosismo, intanto disse:
- Bellissima domanda, Ro, ma gli Alieni non amano rispondere a questo genere di quesiti.-
- Mah!- fece ancora la ragazza, incrociando le braccia. - Eppure dev’esserci un motivo per cui ci hanno attaccati … Voglio dire, per arrivare addirittura a distorcere lo scorrere del tempo ci vorrebbe una ragione non indifferente. Non posso credere che lo abbiano fatto solo per la loro natura crudele!-
Flammar soggiunse subito:
- Hai ragione … C’è qualcosa sotto.-
Il gruppo doveva riprendersi dalla notizia. Georg si sedette in poltrona; Gustav gli si appoggiò accanto, in piedi.
- Roba da matti, questi alieni!- commentò il bassista, mentre l’amico concordava con lui con un cenno del capo.
Tom stava andando verso Romy per esprimere e condividere a sua volta un parere sulla vicenda, ma vide Bill avvicinarsi a Holly e aspettò di sentire cosa avrebbe detto lui.
- Posso chiederti una cosa?- domandò il cantante alla libellula. - Perché parli degli Alieni come se li conoscessi? Hai avuto modo di incontrarli, per caso?-
La domanda suscitò curiosità anche negli altri, che rimasero a bocca chiusa per ascoltare.
Holly disse soltanto:
- Ho visto quello che fanno. E non è piacevole. Se c’è una cosa che non tollero è la violenza e da loro ne ho vista fin troppa!-
- Sai se però hanno qualche motivo per odiare gli Umanoidi?- le chiese ancora Bill, prendendola dolcemente sul suo indice lungo e sottile.
La piccola parve rifletterci, poi fece:
- Beh, ho visto violenza in generale … Non so se hanno del risentimento nei nostri confronti!-
Romy capì dove Bill voleva arrivare, ebbe un’intuizione e si voltò verso Flo per chiedergli:
- Flo, sai se in passato gli Alieni sono stati in conflitto con gli Umanoidi, anche solo per una sciocchezza? Magari la loro natura maligna li ha portati a dar valore a qualcosa che voi avete dato per scontato … -
Il lampo di un ricordo sfiorò il subconscio del leader, che si concentrò e cercò di farsi venire in mente altro.
- Però, non male come ipotesi!- fece Gustav.
L’attenzione dell’intero gruppo si focalizzò su Flammar, che intanto aveva ricordato qualcosa ed esclamò:
- Sì!!-
Anche Holly si fece attenta e si preparò ad ascoltare.
Romy domandò subito:
- Davvero??-
Flo restò immobile per qualche istante, poi si staccò dal muro e mormorò:
- C’era un vecchio alieno … Come, come si chiamava? Hel … Hald … -
La libellula trasalì e anche lei ricordò improvvisamente tutto. Scese dal dito di Bill e gridò un nome:
- Halidan!-
- Esatto, Halidan! Brava, era lui.-
- Chi??- esordirono tutti gli altri.
Flo cominciò a spiegare:
- Sono certo che gli umanoidi più anziani si ricordano di lui. Halidan comandava un esercito di alieni che attaccò la nostra dimensione tempo fa … Quanto tempo, Holly, te lo ricordi?-
- Vent’anni fa.-
- Sì, è vero. Ero molto giovane, io, ero l’erede del leader che ha governato prima di me … un grand’uomo! Durante il suo operato gli Umanoidi furono attaccati dall’esercito di Halidan, ma fortunatamente riuscimmo a respingere i nemici. Holly, dimmi se sbaglio … hai combattuto anche tu, vero?-
L’insetto ronzò per la stanza, per poi atterrare sulla spalla di Flo.
- Già, ed è stata in quell’occasione che scoprii la cattiveria di fondo tipica degli Alieni.- rispose nel frattempo. - Avevo quasi completamente rimosso tutto, ma ora ricordo: fu proprio allora che li vidi nelle loro azioni più orribili. Ad ogni modo, dopo la sconfitta, Halidan affrontò il nostro vecchio leader in uno scontro diretto proprio qui, in questa stanza … -
- Seriamente? Accipicchia, che impressione!- commentò Tom, guardandosi intorno e immaginando la scena.
Flammar continuò con aria più pensierosa di prima:
- Halidan, però, era un alieno troppo vecchio per reggere lo scontro e ne uscì nel peggiore dei modi. Non potrò mai dimenticare l’episodio che ne seguì … Riesco ancora a vedere chiaramente nella mia testa la piccola navicella che decollava con a bordo quel vecchio pazzo … e la sua frase inquietante gridata al vento … Prima o poi subirete la nostra più grande vendetta, queste furono le sue parole.-
Holly sembrò annuire, confermando la versione del leader. Gli eredi non si erano persi una virgola. Bill commentò:
- Che storia! E quindi questo Halidan sarebbe ora tornato per vendicarsi?-
- Non so … - disse Flammar. - Era messo piuttosto male quando vent’anni fa se ne andò ed è impossibile che adesso sia ancora vivo.-
Romy rifletté:
- Mmh, forse è meglio tenere comunque a mente questo vecchio conto in sospeso. In fondo non abbiamo altro su cui basare la nostra indagine, no?-
La ragazza trovò l’approvazione di tutto il gruppo.
Il sole stava tramontando e l’ambiente si stava tingendo di arancio. Georg si alzò dalla poltrona e fece notare agli altri quanto fosse tardi:
- Gente, il tempo è volato! Dobbiamo tornare.-
La band si avvicinò a Romy, che li avrebbe trasportati a casa.
- Ci vediamo presto!- fece Tom in segno di congedo.
Holly li salutò volando intorno alle loro teste, mentre Flo disse:
- Ciao, ragazzi miei … tenete gli occhi aperti, non si sa mai!-
Mimando un ok, i cinque giovani svanirono in una nuvola vaporosa.
 
Con uno sbuffo, l'autobus aprì le porte.
- Questa iniziativa delle domeniche a piedi è una trovata fantastica! Porta solo dei vantaggi, non pensate anche voi?- fece Romy, salendo prima degli altri.
- Parla per te!- ribatté Tom. - Mi si è spezzato il cuore quando ho realizzato che dovevo lasciare a casa la mia fedelissima Audi ... -
- Dai, fratellino, fa bene camminare!- soggiunse Bill, prendendo velocemente posto.
Il cantante diede le spalle al finestrino e vide Gustav sedersi dall'altro lato dell'autobus, avendolo proprio di fronte. Oscillando, Georg e Tom si sistemarono in piedi lì vicino e poggiarono la schiena sui pali gialli che servivano per tenersi; intanto il bus ripartì.
Notando che Romy non si sedeva, Bill le fece segno di mettersi su di lui, come se la cosa fosse ovvia. Lei scosse la testa, ma l'altro la fulminò con lo sguardo.
- Sono pesante.- disse la ragazza per giustificarsi.
Bill fissò i compagni come per chiedersi se la sua fidanzata si fosse improvvisamente rincitrullita o meno. Con una risata generale, alla fine Romy si sedette sulle gambe del ragazzo.
- Mi hai convinta ...!-
Dopo che i due ebbero schioccato un rapido bacio sulle labbra, il chitarrista rise ancora tra sé e quando il gemello gli chiese spiegazioni con gli occhi, Tom fece:
- Sto pensando che al mondo ci sono eserciti di ragazze che pagherebbero per sedersi su di te ... Mi domando a che livelli possano arrivare!-
- A certi livelli sono già arrivate!!- commentò Georg. - Dio, quante ne abbiamo viste ... -
- Veramente?- disse Romy, incuriosita. - Hanno fatto tutte queste pazzie per te?- aggiunse, mettendo le braccia attorno al collo di Bill.
- Sì, tantissime! E ne hanno fatte di tutti i colori! Ma meno male che ci sei tu, ora ... - rispose lui, e la baciò a lungo sulla guancia.
Ad un certo punto Gustav chiese con aria divertita:
- Ragazzi, vi ricordate la pantera?-
Gli altri tre scoppiarono a ridere automaticamente.
- Come dimenticarsela?? Era la più arrapata di tutte!- esclamò Tom, reggendosi a Georg.
- Pantera?- domandò Romy con perplessità.
Bill le rispose subito:
- Era una tipa in cui ci siamo imbattuti anni fa ... Dov'eravamo, ragazzi, a Parigi?-
- Sì, forse era a Parigi ... - fece il fratello. - Ah no, no, era a Nancy!-
- Ma che stai dicendo? Era proprio a Parigi, Bill ha ragione!!- sbottò Gustav.
Romy scosse il capo e chiese:
- Si può sapere cosa ha fatto questa qua, per avervi fatto esaltare così tanto??-
- Niente, eravamo nell’atrio del palazzetto e stavamo firmando due autografi prima di … cos’era, una conferenza stampa?- fece Bill. - Può darsi. Comunque sia, una mora dal seno enorme e gli occhi storti si è messa a gridare e a correre verso di me. Tu dirai, è normale … -
- Ro, non puoi immaginarti la faccia di mio fratello quando questa qua ha iniziato a spogliarsi e mettersi nuda davanti a tutti!!- esclamò Tom, scoppiando a ridere.
La ragazza spalancò gli occhi e la bocca dalla sorpresa, senza avere il coraggio di commentare. Georg continuò:
- Così, in due secondi, lei era già in intimo davanti a Bill e lo guardava con un’espressione da orgasmo … io e Tom eravamo piegati in due dalle risate!-
Il chitarrista rideva a crepapelle e Bill sogghignava senza dire niente, mentre Romy era a dir poco allibita. Fu Gustav a finire il racconto.
- Sul punto di slacciarsi il reggiseno, la ragazza ha detto “Bill, vieni dalla tua panterona!” e lui ha lanciato un grido di stupore … Siano ringraziati quei bestioni della security che l’hanno fatta uscire!-
A quel punto, Romy si girò verso il fidanzato e lo guardò male.
- Che c’è??- fece lui. - Non è colpa mia! Non sarai gelosa?!-
L’altra mugugnò e gli si accoccolò addosso senza rispondere, schioccandogli poi un tenero bacio sul collo.
- Se dovesse succedere ancora, mi vedrai costretta ad intervenire!!- fece infine, con un sorriso da parte di tutti.
Bill la accarezzò delicatamente sulla guancia e stava per dirle qualcosa di altrettanto dolce, ma si fermò quando notò qualcosa di strano: i vetri si stavano appannando ad una velocità supersonica.
Tom si guardò intorno e si chiese:
- Ma che diavolo …?-
Ben presto non si poté più vedere nulla di ciò che era all’esterno, poiché tutti i vetri erano coperti da uno spesso strato di vapore acqueo. Cominciò a far caldo e i ragazzi si accorsero anche che l’autobus era fermo con il motore acceso da un po’ troppo tempo per trattarsi di un semplice semaforo rosso.
Una strana sensazione percosse i cinque amici, che si guardarono con sospetto. Cosa stava succedendo?


*



 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Stranezze e guai in vista ***



Quarto capitolo

Stranezze e guai in vista



Capirono tutti subito che fenomeni del genere potevano accadere solo se c’erano di mezzo gli Umanoidi o, viste le recenti circostanze, gli Alieni. Faceva sempre più caldo nell’autobus e tutti gli altri passeggeri sembravano essersi dissolti nell’aria.
- Non mi piace. La cosa non mi piace!- fece Bill, guardandosi intorno.
Gustav cercò di togliere un po’ di vapore dai vetri, senza successo, poi aggiunse:
- Si soffoca, accidenti!-
In poco tempo i cinque amici furono tutti in piedi, allarmati. Romy, in particolare, iniziò ad innervosirsi.
- Odio doverlo dire, ma nemmeno Holly si fa viva in un modo così drastico.- disse. - Qualcosa non va!-
Non appena terminò la frase, un brusco rumore li fece sobbalzare. Era molto simile al rumore del vetro rotto, ma molto più soffocato. Poteva far pensare alla formazione di una crepa nel ghiaccio.
- Romy, guarda!- esclamò Tom, prendendola per un braccio ed indicando un finestrino.
Era apparsa appunto una crepa, enorme e ben visibile. Subito se ne susseguirono altre: guardandosi intorno, spaventati, i ragazzi videro i vetri rompersi uno dopo l’altro; le crepe apparivano come niente, finché all’improvviso tutti i finestrini si frantumarono all’unisono. Schegge di vetro volarono fuori e dentro l’autobus, cadendo per terra.
Tutti trasalirono e si fecero un po’ più vicini gli uni agli altri, timorosi. Bill e Romy si presero per mano, dandosi coraggio a vicenda. Un rivolo di sudore scivolò giù dalle loro tempie; faceva sempre più caldo. Ad un tratto, la ragazza strabuzzò gli occhi. Si abbassò e fissò lo sguardo a terra. I Tokio Hotel la imitarono e poterono vedere anch’essi che cosa stava accadendo. Rimasero sbalorditi.
Un grosso pezzo di vetro stava subendo una curiosa trasformazione. I suoi angoli si stavano arrotondando, come se quel frammento fosse fatto di plastilina e una mano invisibile lo stesse modellando. Man mano che quello strano processo andava avanti, i giovani si resero conto che non si stava modellando. Si stava fondendo.
Vetro fuso, ecco il nome che avrebbero dato a ciò cui stavano assistendo. In pochi attimi quel pezzo di vetro non c’era più; al suo posto una sostanza trasparente e densa si allargava per terra.
- Si è … si è sciolto!- mormorò Bill a stento.
Romy reagì, scuotendo il capo e uscendo dallo stato di trance in cui sembrava essere caduta dallo sgomento. Tese le mani verso quella macchia e inumidì le dita, accorgendosi che quel liquido era bollente. Stranita, lo osservò colare intorno ai polpastrelli.
Georg le mise una mano sulla spalla e domandò, preoccupato:
- Che facciamo, Ro?-
Temendo che il vetro sciolto si solidificasse di nuovo a contatto con le sue mani fredde, ordinò:
- Statemi vicino. Andiamo da Flo!-
- Adesso??- fece Tom.
- Sì, dobbiamo fare presto!- sbottò lei. - Aiutatemi a concentrarmi … -
Tutti e quattro la avvolsero in un lieve abbraccio e Romy strizzò gli occhi, facendo fluire la sua energia verso il petto, dove si trovava il ciondolo che serviva per il viaggio interdimensionale. Presto cominciò a lampeggiare e la ragazza annunciò:
- Si parte!-
In breve tempo, anche se il calore esterno non era d’aiuto, i cinque eredi si lasciarono portar via dal vapore creato da Romy, verso la dimensione umanoide.
 
Holly volò verso Flammar non appena fu chiamata. Senza dire nulla – come tutti era nervosa e desiderosa di conoscere l’esito dell’analisi – si appoggiò vicino al vetrino posto sotto al microscopio a cui stava lavorando il leader, vestito in camice bianco. Con le sue minuscole zampe, la libellula sparse meglio quella sostanza gelatinosa in modo che fossero più visibili le sue cellule sotto la luce dello strumento scientifico.
- Grazie.- rispose Flo, tornando a guardare nel microscopio.
Holly ronzò via ed uscì dal laboratorio chimico del palazzo.
Fuori, gli eredi aspettavano delle risposte. Bill e Georg erano seduti in poltrona nel corridoio, Tom e Romy erano appoggiati al muro accanto alla porta aperta, Gustav guardava fuori dalla finestra. Regnava un silenzio pesante. Chi si mordeva le unghie, chi teneva le braccia raccolte attorno al petto, chi teneva gli occhi fissi nel vuoto.
Quando la libellula tornò tra i ragazzi, essa si diresse verso Romy, che la accolse sopra una delle sue dita. Tom cominciò a passeggiare avanti e indietro con un sospiro, mentre gli altri cambiarono leggermente posizione. L’attesa si stava prolungando parecchio.
Finalmente Flammar si separò dal microscopio. Bill, che lo vedeva da fuori, si drizzò sulla schiena. Gli amici si voltarono verso di lui per capire cosa stesse succedendo e quando il ragazzo si alzò in piedi fu chiaro che Flo stava arrivando. Quando il leader si fermò sulla soglia del laboratorio, tutti si radunarono attorno a lui.
- Ho cercato ogni traccia di irregolarità … ma nulla. Quel pezzo di vetro ha subìto un normalissimo processo di liquefazione.-
Bill lo guardò storto:
- A me non sembra normale!-
- Si può fare, invece.- spiegò Flo. - Il vetro può subire una reazione del genere, ma a temperature veramente basse, vicine al cosiddetto zero assoluto.-
- Ma se dentro l’autobus faceva un caldo infernale!- esclamò Tom.
Flammar si affrettò a chiarire:
- Lo so, infatti non ho detto che fosse davvero tutto regolare. Ciò che mi stupisce è che abbiate visto un pezzo di vetro sciogliersi ad una banale temperatura di circa 40 gradi, mentre normalmente il vetro può liquefarsi solo a temperature bassissime, appunto, oppure ad una temperatura di fusione intorno ai 2000 gradi.-
I cinque giovani si scambiarono occhiate piene di perplessità. Non avevano mai sentito niente di più strano! Romy osservò:
- Se è davvero così, chissà a quali altre stramberie ci ritroveremo ad assistere!-
I ragazzi non riuscirono ad immaginarsi niente di altrettanto strano. Davvero era possibile ritrovarsi davanti a qualcosa di simile o qualcosa di ancora più insolito? Se lo chiesero in silenzio. Nel frattempo, Holly fece:
- Ditemi, secondo voi c’è lo zampino degli Alieni?-
Nessuno ebbe la tranquillità e la spontaneità di rispondere subito. Era un argomento delicato che non andava per nulla al mondo sottovalutato.
- Non è da escludere.- disse poi Georg, mentre Tom annuiva.
Bill aggiunse poi:
- Non mi stupirei se fosse opera loro. Ho uno strano presentimento … -
- Anch’io.- mormorò Romy, pensierosa. - Sta per succedere un gran bel casino, lo sento. Qualcosa mi dice che li incontreremo prima di accorgercene.-
 
Qualche giorno dopo pioveva a dirotto e faceva freddo in entrambe le dimensioni. Mentre Flammar e Holly erano chiusi al caldo e riflettevano sugli ultimi avvenimenti, Romy e i ragazzi erano al riparo dentro un bar del centro, sorpresi da quell’improvviso acquazzone estivo durante la loro passeggiata.
- Sta arrivando Michelle!- fece lei, leggendo un messaggino sul cellulare appena arrivato.
Tom esclamò, appoggiando la schiena al muro:
- Sul serio? Grande!!-
Gli altri lo guardarono sull’orlo di una risata. L’aveva detto con un tale entusiasmo …
- Che c’è?- domandò poi lui, stranito.
Cominciarono tutti a sghignazzare, senza sapere precisamente il motivo.
- Che avete da ridere??- continuò Tom. - Non si può essere contenti?-
Romy disse, gesticolando:
- No, è che sembrava chissà cosa … cioè … no, niente.-
Bill, al suo fianco, ricominciò a ridere più piano, ma sempre con gusto. Tom iniziava a perdere la pazienza:
- Dai, adesso ditemi perché ridevate!-
- Ma nulla, è che sembravi così preso …!- rispose finalmente Gustav.
A quel punto Tom capì. Da come si era mostrato felice di incontrare Michelle, era quasi parso che lei gli piacesse. Così lanciò uno sguardo all’amico per fargli capire che era stupito della sciocchezza che aveva appena detto. Anche gli altri capirono e conclusero la questione con un’altra risata.
Dopo poco tempo, nel bar entrò la ragazza che stavano aspettando: Michelle, la migliore amica di Romy. Prima di raggiungere il gruppo, si scrollò di dosso un po’ di pioggia dall’impermeabile e si sistemò i lunghi capelli biondi in modo che l’umidità non li rovinasse troppo. Non portava più gli occhiali; da qualche mese era passata alle lenti a contatto, mettendo così in risalto lo splendore dei suoi occhi blu.
I ragazzi la videro da lontano e le fecero segno di avvicinarsi. Sorridendo, Michelle obbedì.
- Certo che il tempo è veramente pessimo … peggiora a vista d’occhio!- esordì lei, togliendosi l’impermeabile.
Romy si alzò subito per salutarla con i due soliti baci sulle guance.
- Come stai, Michi?- chiese poi. - Spero che tu non abbia preso troppa pioggia!-
- Tranquilla, sto bene.-
Sedendosi in mezzo a loro, la ragazza iniziò a parlare dell’estate e del meteo. Era ormai diventata un’amica stabile di tutti, senza ovviamente attenuare il suo ottimo ed eterno rapporto con Romy. Tuttavia, la presenza di Michi determinò una svolta quel giorno. L’atmosfera era inaspettatamente cambiata. Il motivo era evidente: Michelle era generosamente scollata.
Inutile dire che Tom e Georg le puntarono gli occhi addosso, seguiti poco dopo da Gustav. Romy li notò e la prima cosa a cui pensò fu assicurarsi che il suo ragazzo non facesse lo stesso.
Non se n’era ancora accorta, ma era gelosissima.
Con la coda dell’occhio controllò lo sguardo di Bill. Scampato pericolo: il moro guardava la bionda in viso, annuendo e facendo capire che stava seguendo il discorso. Per sentirsi ancora più tranquilla, Romy gli strinse forte una mano. Fu ricambiata e tirò un sospiro di sollievo.
- Io ve l’avevo detto, di guardare le previsioni prima di uscire. Vi avevo avvertito!- stava dicendo Michelle.
Georg ribatté, facendo saltare gli occhi dal viso al seno dell’amica:
- Ci siamo informati, ma questo temporale è stato così improvviso!-
- Ha ragione.- confermò Tom, senza preoccuparsi di nascondere il suo sguardo indiscreto.
- Tom, dove stai guardando??- lo stuzzicò Romy.
Il ragazzo si drizzò sulla schiena e spalancò gli occhi, balbettando:
- Eh? Cosa-che cosa?-
Michelle capì ed incrociò le braccia sul tavolo per coprire parzialmente la visuale, ridendo. Anche gli altri le fecero eco, mentre Tom si grattava la nuca con imbarazzo.
- A parte gli scherzi … - fece poi Gustav verso la bionda. - Perché ti sei vestita così?-
- Oh beh, più tardi ho un colloquio di lavoro e … volevo assicurarmi che andasse bene!- rispose lei, maliziosa.
Romy la incenerì con lo sguardo:
- Michi, mi meraviglio di te! Credevo che fossi più sensibile su certe questioni!-
L’amica si difese subito.
- Sì, so bene che cosa intendi … ma in questi tempi così incerti forse è meglio ricorrere a questi sistemi. Se è l’unica possibilità che ho per avere un lavoro …!-
In un brusio generale, i ragazzi diedero la loro approvazione e le due ragazze ridacchiarono.
Tuttavia, Romy smise quasi immediatamente di ridere e divenne seria all’improvviso: Bill aveva posato gli occhi dove non doveva.
Andando avanti con il discorso, il moro continuava a fissare il seno di Michelle, con grande disappunto della sua fidanzata, la quale si morse il labbro inferiore e con gli occhi confrontò il petto dell’amica con il suo. Non c’era molta differenza, ma Michelle era da sempre messa un po’ meglio di lei.
Preoccupatissima, Romy strinse più forte la mano di Bill, senza successo. La situazione non cambiava e la mora cominciò ad innervosirsi. Che gli altri guardassero la sua amica, ci stava, ma Bill doveva avere occhi solo per lei. E se avesse perso interesse? E se Bill si stesse stufando di stare con lei? Era l’inizio di una crisi di coppia? Il solo pensiero la fece andare nel panico.
- Vado in bagno.- sussurrò, alzandosi.
Bill la seguì con lo sguardo, sentendo che nell’andarsene e nel mollargli la mano era stata un po’ brusca. Non ci diede troppo peso e tornò a parlare con gli amici.
Michelle, invece, vide che la sua amica era pallida e la sua fronte era corrugata in una smorfia di sofferenza. Intuì che qualcosa non andava e sentenziò:
- Ragazzi, io la seguo.-
Quando raggiunse Romy in bagno, la trovò appoggiata ad una parete intenta a ricacciare indietro delle lacrime ormai evidenti.
- Ehi … che cosa succede?- chiese, avvicinandosi stupita.
L’altra ribatté di colpo:
- Perché ti sei vestita così?? Hai visto come ti guardava?-
La bionda non riusciva a capire. Davvero se l’era presa per una semplice scollatura? No, doveva esserci sotto qualcos’altro. Mentre la mora continuava ad asciugarsi le lacrime, intuì che parlava di Bill e comprese: Romy era gelosa.
- Se vuoi mi copro, Ro, non c’è problema … - mormorò, prendendola per le spalle e accarezzandogliele.
La mora scosse la testa.
- Figurati, tu sei libera di vestirti come vuoi!- disse con voce strozzata. - E’ lui che … Oddio, Michelle, pensi che non gli piaccia più?-
L’amica fissò gli occhi rossi e umidi di Romy, pensando che non l’aveva mai vista in quello stato. Quella situazione aveva dell’infantile.
- Romy, perché parli così? E’ sensibile a questo genere di cose, come tutti i maschi. Credimi, quando ti guarda glielo si legge in faccia: ti ama da morire!- fece Michelle con fermezza, tentando di convincerla.
Sembrava così difficile, però. In fondo Romy sapeva che la sua amica bionda aveva ragione, ma inevitabilmente le tornava in testa lo sguardo assorto di Bill, puntato sul petto di Michi. La paura di perdere la persona che amava si faceva sempre più forte e la ragazza non riusciva proprio a calmarsi. Non disse nulla e lasciò che Michelle le massaggiasse le braccia in modo da tranquillizzarsi almeno un po’.
Al bar, nel frattempo, si erano accorti che qualcosa non andava.
- Credo che Romy non stia bene … - fece Tom, particolarmente serio.
Il fratello non ne sembrò convinto:
- Lo pensi davvero?-
- Bill, come fai a non accorgertene?- chiese l’altro. - Non aveva una bella espressione quando se n’è andata.-
Il moro si impensierì. Possibile che se Romy stava male non l’avesse minimamente notato? E se fosse qualcosa di grave?
- Ragazzi, io vado a vedere … -
Con questa frase, Bill volò verso il bagno. Non gli piaceva essere all’oscuro dei problemi di Romy.
Quando la vide piangere, si immobilizzò sul posto. Lei lo guardò con gli occhi velati di lacrime e gli lanciò un’occhiataccia. Temendo già che la causa del suo male fosse proprio lui, Bill domandò:
- Ro, amore mio, che cos’hai??-
La ragazza si divincolò dall’abbraccio di Michelle e fece per uscire, esclamando:
- Lo sapevo, sei troppo stupido per capire!-
Michi e Bill ci rimasero con un palmo di naso. Mentre Romy lasciava il bagno senza guardare in faccia a nessuno, entrambi ebbero la terribile sensazione che di lì a pochi istanti si sarebbe scatenata una vera e propria battaglia.
Una battaglia d’amore, una delle solite che ogni tanto i due giovani innamorati si ritrovavano a fronteggiare. Tuttavia, questa volta avrebbe avuto un esito diverso. Tutti se lo sentivano.





*


 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Battaglie perse ***


Quinto capitolo
Battaglie perse
 

 
Bill sospirò pesantemente. Vedersela con Romy non era mai facile. Si voltò verso Michelle con ansia, cercando una parola o uno sguardo di conforto, ma lei gli disse solo, preoccupata:
- Si mette male … -
Bill non attese oltre ed uscì dal bagno, trovando la fidanzata lì fuori. Non appena lo vide, Romy si allontanò a passo di carica verso il tavolo con gli altri.
- Romy dai, fermati!- esclamò il ragazzo, seguendola e tendendole un braccio.
Quando i due furono ormai arrivati, la ragazza si fermò e si girò.
Lo fissò malissimo. I suoi occhi verde smeraldo luccicavano di un’ira inquietante e quasi demoniaca. Il moro ne fu talmente spaventato che non ebbe il coraggio di parlare.
- Ti ho visto, sai?- sibilò Romy. - Ho visto dove guardavi!-
Non capendo ancora quale fosse effettivamente il problema, Bill si voltò nuovamente verso Michi, che era giunta alle loro spalle in quel momento. Non disse nulla, ma si schiarì la gola e si tirò un po’ su il collo della maglietta timidamente. Solo allora il ragazzo capì.
In effetti non era stato carino. La prima cosa che Bill pensò di fare fu scusarsi, pur di risolvere in fretta la faccenda e tranquillizzare Romy.
- Scusa … - mormorò, impacciato. - Non pensavo che ti arrabbiassi così … -
L’espressione di lei non cambiò nemmeno di una virgola. Anzi, pareva che non avesse sentito. Con voce ferma fece:
- Io ero lì, Bill, vicino a te. E tu non ti sei curato minimamente di controllare il tuo comportamento.-
Intimidito da quegli occhi così inaspettatamente cattivi, lui si scusò ancora:
- Non ci ho pensato, mi dispiace … Anche se in fondo non mi sembra una cosa tanto grave.-
O era Bill a non rendersi conto dell’importanza di quel gesto, o era davvero stato qualcosa di innocente a cui Romy stava attribuendo un valore eccessivo. Nessuno dei due era ancora veramente riuscito a comprendere quale delle due alternative fosse quella giusta; ad ogni modo, Romy sbarrò gli occhi dallo stupore.
- Cioè, dai … - tentò di dire il ragazzo. - Può capitare a chiunque di distrarsi un attimo! Potresti constatarlo anche tu.-
In Bill si fece strada l’idea che non bisognava dimenticarsi come effettivamente stavano le cose. Non ritenne giusto assumersi una colpa completa solo per accontentare la sua ragazza, né umiliarsi inutilmente e in modo esagerato, secondo lui.
Per Romy, invece, era tutta un’altra cosa. Con voce acuta, esclamò:
- Che cosa?? Bill, tu la stavi guardando con degli occhi assurdi, mentre io … io ero lì accanto a te! Ti ho anche stretto una mano, ma non ti sei accorto di me!-
Lui tentò ancora una volta di farla ragionare:
- Ma cosa credi, che lo abbia fatto apposta? Ti ho detto che può capitare!-
- Ecco, come al solito non hai capito niente!!-
Con queste parole, Romy afferrò la felpa appesa alla sedia e senza degnare nessuno di un’occhiata si precipitò verso l’uscita. Bill la seguì senza esitazione, ben deciso a risolvere la questione. Che cosa le stava succedendo? Possibile che fosse davvero arrabbiata per una sciocchezza?
Ma, in fondo, era davvero una sciocchezza?
- Romy, aspetta!- fece Bill, confuso.
Tom, Gustav, Georg e Michelle avevano visto e sentito tutto. Non erano per nulla tranquilli. Oltre a loro, diversi curiosi del bar erano ammutoliti assistendo al litigio.
Un istante dopo, Bill bloccò Romy davanti alla porta d’uscita.
- Di cosa diamine stai parlando??- domandò.
Lei era irriconoscibile. Non si era mai vista così infuriata. Avrebbe fatto paura a chiunque, con quel suo sguardo così acceso, così violento.
- Non mi hai mai capita, Bill.- sbottò. - Mai! Io ti invio dei segnali ben precisi, che puntualmente tu non ricevi. Possibile che tu sia così ottuso da non capire, per esempio, che sono gelosa??-
Il ragazzo sentì l’immediata necessità di reagire d’impulso. Come poteva essere accusato di una cosa simile?
- Ehi! Avresti potuto dirmelo con tranquillità e mi sarei subito controllato! Che bisogno c’era di essere così enigmatica??-
Senza volerlo, Bill stava lasciando che crescesse la rabbia di Romy. Quest’ultima ribatté:
- Enigmatica io?? Il mio messaggio era chiarissimo, sei tu che non ci sei arrivato!-
- Sì, certo, come no … - ironizzò lui. - E poi scusa, non ti sembra di esagerare?-
La mora sbarrò ancora gli occhi. All’esagerazione non ci aveva proprio pensato. Anzi: tutto quel disagio, quel fastidio che la percuoteva già da un bel po’ sembrava essere così doloroso da non essere mai abbastanza. A Romy sembrava di essere di tutto, fuorché esagerata.
- Cosa?- mormorò, assottigliando gli occhi.
Il ragazzo proseguì, sempre più sicuro di sé:
- Ti capirei se mi fossi comportato proprio da cascamorto … ma ora si tratta di un semplice sguardo indiscreto. Non c’è motivo di ingelosirsi tanto!-
Non capendo bene il perché, Romy si sentì trafitta da mille aghi. Ebbe l’impressione di non essere compresa; addirittura si sentiva come se lui lo facesse apposta ad andarle contro.
Aveva la mente annebbiata e non sapeva di preciso se stesse avendo ragione o torto, né quale fosse la vera causa del suo malessere. Avvertiva solo il bisogno di reagire e dare la colpa alla prima cosa, alla prima persona che aveva davanti: Bill.
Ironicamente, la ragazza disse:
- Sì. Sì, come dici tu.-
Con un colpo secco, aprì la porta e tirò su il cappuccio della felpa, uscendo in strada.
“Ma è matta?” pensò l’altro, preoccupato.
La seguì e i due si ritrovarono sotto la pioggia che intanto si era fatta ancora più forte. Tentando di fermarla in modo definitivo, Bill sbraitò:
- Ro, si può sapere cosa ti prende??-
Lei trasalì e si girò di scatto. Si concentrò sulla pioggia che le batteva in testa e sembrava perforarle il cranio, poi si focalizzò sull’espressione del ragazzo, a metà fra rabbia e disperazione. Era fermo immobile con i pugni chiusi e le braccia distese lungo i fianchi. Era giunto al limite.
- Non ti riconosco più!- aggiunse.
Romy non replicò. Rimase a guardarlo, respirando a fondo e cercando di non ricominciare a piangere. Iniziava a non sentire più l’acqua che la bagnava con rapidità; c’era qualcos’altro di più importante a cui pensare.
La sua storia con Bill, per esempio.
- Avanti, qual è il vero problema?- chiese il ragazzo, allargando le mani con esasperazione. - Cos’è cambiato?-
Già, cos’era cambiato? Ed era davvero cambiato qualcosa?
Romy arrivò persino a domandarsi se lo amasse ancora o no. Di sicuro provava qualcosa, ma non capiva se era qualcosa di veramente diverso o semplicemente meno intenso. Purtroppo non riuscì ad elaborare un pensiero preciso, era troppo nervosa e stanca di pensare. Nella sua testa regnava la confusione.
- … Non lo so. Credimi, non lo so.-
Fu solo questo, ciò che disse. Si chiuse in se stessa, incrociando le braccia attorno al petto e spostando lo sguardo di lato per non cedere a quello di Bill. Ripensò al suo sfogo rabbioso di qualche attimo prima e, per non lasciare il ragazzo proprio senza spiegazioni, proseguì:
- So solo che detesto l’idea che tu guardi le altre. Non sopporto l’idea di perderti.-
Bill fu sorpreso. Aveva sempre sentito il bisogno di rispondere a Romy con la stessa violenza, ma in quell’attimo capì che non era quella la soluzione. Lei voleva solamente sentirsi sufficientemente amata.
Il moro le si avvicinò e le prese il viso tra le mani.
- Amore, io ti amo e non ho mai smesso di amarti così intensamente fin dal primo giorno. Per me non è mai cambiato nulla.- le disse dolcemente, dandole la garanzia che forse desiderava.
Romy lo fissò negli occhi per un istante, poi distolse di nuovo lo sguardo. Aveva sentito ed apprezzato quelle parole, ma inspiegabilmente la fastidiosa sensazione che provava era sempre la stessa.
Con profonda inquietudine, la ragazza gli sussurrò:
- Per me sì, forse.-
Come un fulmine attraverso quella tempesta estiva, Bill avvertì come una lama trafiggergli il cuore. Era deluso. Se veramente per lei era cambiato qualcosa, voleva dire che non lo amava più. Ma perché? Non poteva essere colpa sua. No, la causa era dentro Romy e dentro la sua mente incasinata, troppo incasinata per lui.
- Davvero?- fece Bill con un filo di voce.
Lasciò cadere le mani dal viso della ragazza. Era arrivato ad un punto in cui neanche lui ci capiva un accidente. Era svanita la complicità che lo aveva sempre legato a lei e di questo ne fu amareggiato.
Che cos’era successo? Non poteva essere vero. O magari sì, quel dolore era fin troppo vero.
 
Weck mich auf aus diesem Traum …                                      Svegliami da questo sogno …
 
La guardò storto e, facendo per tornare dentro, le disse:
- Pensaci su, allora. Magari alla fine riesci ad essere più chiara e forse, ma dico forse, ti capirò.-
Aveva parlato con un’ironia tagliente che subito fece male a Romy. Com’era possibile? La stava abbandonando? Vedendo che Bill aveva intenzione di tornare nel bar, la giovane si sentì persa. Presto quell’ulteriore sofferenza si trasformò in rabbia.
- Credevo che mi venissi incontro!!- urlò lei, senza più opporre resistenza alle lacrime che premevano per uscire.
La situazione era tremendamente insopportabile. Non riusciva più a stare lì, ad avere Bill di fronte. Non riusciva più a subire quelle pungenti gocce di pioggia che pesavano sulla schiena come macigni. Non riusciva più a gestire i suoi pensieri agitati e i suoi sentimenti altrettanto aggressivi.
Corse via.
 
Lass mich los, lass mich hier raus …                                            Lasciami, lasciami qui fuori …
 
In quel momento un tuono rimbombò tutt’intorno, immediatamente seguito da un lampo. Bill si voltò e non la vide più.
“Dannazione, che cosa ho fatto??”
Si pentì di averle risposto in quel modo. Non doveva dimenticare che lei era la sua Romy, la amava alla follia e doveva dimostrarglielo sempre. Non doveva restare lì e lasciare che il loro rapporto degenerasse.
- Romy, aspetta!-
Incurante della pioggia battente, il ragazzo iniziò a correre per raggiungerla.
- Torna indietro, parliamone!-
Lei era già lontana ed apparentemente irraggiungibile, ma lui non demorse. Corse ancora e ancora, ma le forze lo abbandonarono presto. Romy era già sparita nel temporale. Lontana da lui.
- Non volevo che andasse a finire così … - mormorò a se stesso.
Una lacrima si mescolò all’acqua piovana che già gli bagnava il viso. Bill scoppiò a piangere in silenzio, lasciandosi andare alla sua debolezza fisica e permettendo al frastuono della pioggia di pervaderlo interamente.
Entrambi avevano perso la loro battaglia d’amore ed erano sprofondati in un abisso spaventoso, quello della mancanza di una parte di se stessi. Mai avrebbero immaginato un giorno di sentirsi così male per amore.
Bill si era lasciato sfuggire dalle mani l’amore della sua vita per qualcosa che sembrava senza valore, ma che in realtà finì per ferire tutti e due. Continuava a pensare al fatto che non aveva mai recepito i segnali e le esigenze della sua anima gemella e pian piano si convinse di essere stato davvero stupido a non farlo.
Romy era pervasa dal dolore e dal caos mentale. Tentò di placare tutto ciò correndo a perdifiato e pensando solo alla fatica, ma il corpo la abbandonò in poco tempo e lei dovette appoggiarsi ad un muro per respirare e riprendersi fisicamente.
Nella sua testa si erano velocemente accumulate troppe cose. Come un flash, rivide il giorno in cui non si era sentita capita dal suo ragazzo al centro commerciale: non era stata l’unica volta e al pensiero di non avere al suo fianco qualcuno che la comprendesse a pieno, Romy fu travolta dalla tristezza. In più si era sentita peggio quando aveva visto Bill che posava gli occhi su un’altra. Era inevitabilmente scattata la perdita di autostima e la paura di non essere abbastanza per il ragazzo che amava. Queste brutte sensazioni erano entrate in collisione, si erano tramutate in collera e Romy aveva perso il controllo. Non potendo più gestire la situazione, si era arrabbiata ancora di più ed era arrivata a dubitare completamente di Bill.
Sfortunatamente lei non era lucida in modo sufficiente per calmarsi e accorgersi di tutto questo. Provava troppe emozioni sgradevoli tutte insieme. Doveva restare sola.
Il suo pianto esplose ancora di più e Romy si accasciò sull’asfalto in mezzo all’acqua senza speranza di smettere di piangere.
Aveva un immenso bisogno di amore. Un amore sentito, un amore capace di scaldarle il cuore.
L’amore di Bill … ma Bill era lontano e Romy non aveva la forza per tornare indietro.
 
Alien sucht Liebe … deine Liebe.                                              Alieno cerca amore … il tuo amore.


 
*

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** L'attacco degli Alieni ***


Sesto capitolo
L’attacco degli Alieni
 

 
A Romy piaceva incantarsi su quella luce ipnotica, quella del tramonto. Adorava farsi venire il bruciore agli occhi, fissando la linea delle montagne dietro la quale il sole scompariva. Le permetteva di annebbiare la mente e rilassarsi, in completa assenza di pensieri.
Quando il sole era ormai interamente oltre l’orizzonte, la giovane sospirò. Era più forte di lei, non riusciva a smettere di pensare al suo violento litigio con Bill. Non era facile riuscire a stare calma e serena con quei tormentati e onnipresenti ricordi.
Inaspettatamente iniziò a sudare, nonostante tirasse una gradevole brezza fresca. Romy spostò lo sguardo sul pavimento del balcone su cui era seduta e vide le linee delle piastrelle che si erano modificate formando il simbolo dei TH. Sembrava un’illusione ottica. Capì subito che Holly era in arrivo.
- Ciao, Ro!- salutò la libellula d’oro, comparendo sulla spalla della ragazza in una nube di vapore.
L’altra girò la testa per guardarla e con un lieve sorriso fece:
- Ciao, Holly.-
Romy sospirò nuovamente e dall’insolito silenzio della piccola amica intuì che doveva aver saputo tutto.
- Mi hanno raccontato.- disse infatti Holly con tono triste. - Com’è potuto succedere?-
La ragazza appoggiò la testa alle sbarre della balaustra.
- Non lo so e non ho più la forza di pensarci.-
Per evitare altri danni, l’insetto capì che la cosa migliore era abbandonare temporaneamente l’argomento. Dopodiché fece:
- Flammar ci ha tutti invitati a vedere la prossima gara di motociclismo del campionato. È un periodo teso e ritiene che sia giusto fermarsi un po’ e divertirsi. Ho già avvisato i ragazzi.-
Romy annuì. Sapeva che ci sarebbero stati gli altri, tra cui Bill. Sapeva che si sarebbero ignorati. Sapeva che Holly le stava leggendo nel pensiero e che era al corrente di tutto quanto.
- Dai, ci sarò.- sorrise infine.
 
Era pazzesco come quelle moto sfrecciassero sull’asfalto. Sembravano avere un alone di magia intorno che le rendeva quasi irreali. Erano velocissime, tanto che era difficile seguirle tutte con gli occhi.
- Forza, forza!- esclamò Holly per la ventesima volta, ronzando con eccitazione vicino al gruppo.
Gli spalti del gigantesco circuito erano gremiti di folla e si potevano distinguere benissimo le varie tifoserie, tutte accanite e instancabili. Nonostante il caos, c’era un’atmosfera piacevole di festa tipica dello sport. Romy si era sentita subito a suo agio, non appena era entrata.
Tom prese per il braccio Georg e commentò:
- Guarda quello, amico! Guarda come corre!-
- Hai ragione, è così rapido … -
Al momento di un sorpasso, la curva presso la quale i Tokio Hotel e gli altri erano seduti si scatenò e tutti si alzarono in piedi. Romy fece un grido di entusiasmo e batté le mani, imitata da Flammar, mentre gli altri esultarono più rumorosamente.
- Spero che tu ti stia divertendo!- disse il leader alla sua erede prediletta. - Me lo confermi?-
- Sì Flo, questa è davvero una bellissima gara!- rispose lei.
Lui le si avvicinò per non farsi sentire troppo, poi aggiunse:
- L’ho fatto soprattutto per te. Ho saputo di quello che è successo tra te e Bill … e mi dispiace moltissimo. Mi auguro di essere riuscito a farti stare un po’ meglio ora!-
Romy gli sorrise con riconoscenza.
- Apprezzo tanto il tuo gesto … - fece. - Grazie infinite!-
Sollevato, Flammar tornò a seguire i movimenti dei motociclisti umanoidi. Intanto la ragazza cercava di farsi prendere dall’euforia della competizione, pur di non pensare al suo grande dispiacere, con il quale non era facile convivere.
Per puro caso, lei incrociò lo sguardo di Bill. I due lo distolsero immediatamente, ignorandosi. Non si erano ancora calmate sufficientemente le acque, anche se entrambi speravano che sarebbe accaduto presto.
La gara procedeva con la grande esultanza dei tifosi. I motociclisti sfrecciavano sulla pista avvolti nella caratteristica tuta colorata della loro squadra, sopra delle moto incredibilmente possenti. Il favorito era in testa ed era in piena curva, concentratissimo … ma all’improvviso uno strano individuo gli saltò sulla moto.
Ciò che l’umanoide vide fu soltanto un casco nero e un corpo mingherlino dentro una tuta bianca. Sorpreso, il motociclista rallentò e cercò di spingere giù l’ospite indesiderato, ma quest’ultimo aveva anche una pistola in mano, con la quale colpì quasi subito la moto all’altezza del motore.
Si stavano già alzando dei brusii di disappunto provenienti dagli spalti, quando il veicolo esplose e fu sbalzato fuori pista in una nuvola di fumo grigio.
- Che diavolo sta succedendo??- esclamò Flammar, stupito.
Molti robot si alzarono in piedi, mentre altri individui simili al primo si materializzarono all’interno del circuito, balzati fuori da chissà dove.
Romy avvertì un brivido attraversarle la schiena con violenza, facendola sussultare. Si preannunciava qualcosa di terribilmente spiacevole. Infatti, dopo poco tempo, un’astronave fece il suo ingresso sulla pista dall’alto, atterrando rapidamente al centro del circuito. Era identica a quella che gli eredi avevano trovato nel bosco. Da essa uscirono altri individui, vestiti ed armati alla stessa maniera.
I boati di stupore tra la gente si facevano sempre più numerosi. Non appena quelle strane creature in bianco iniziarono a sparare, i boati si tramutarono in grida di terrore e tutti gli umanoidi si affrettarono a lasciare il circuito dalle uscite di emergenza, nel panico più totale.
Holly svolazzava come un’ossessa, altrettanto impaurita:
- Aiuto! Sono qui! Gli Alieni sono arrivati!!-
Certamente i ragazzi non si sarebbero mai aspettati di incontrare gli Alieni così in fretta e in circostanze simili. Tuttavia, bisognava reagire. Romy lanciò un’occhiata d’intesa verso gli amici, sperando che fossero pronti come lei. Lo erano eccome.
- Holly, tu guida il pubblico verso le uscite.- fece Flo. - Noi andiamo ad accogliere quegli energumeni come meritano!-
In un attimo, il gruppo era giù per gli spalti. Flammar tirò fuori da una tasca interna della giacca le bacchette elettriche di Gustav e le lanciò subito al batterista, che le prese al volo e superò una delle tante balaustre degli spalti con un salto. Allo stesso modo, Tom sganciò uno dei due piccoli fucili fissati sulle sue braccia e lo passò a Georg, tenendo l’altro per sé. Bill, che indossava la sua fedele tuta nera e lucida, si mosse con agilità lungo le scale e superò i compagni. Infine Romy si fermò per un momento in cima all’ultima rampa di scalini prima di raggiungere la pista. Strinse forte il ciondolo appeso al collo e con voce metallica disse:
- Humanoid … -
La collana aderì alla pelle della ragazza e da essa partì l’insieme di fili elettrici che erano soliti ricoprirla fino a fondersi e formare uno strato di resistente pelle di metallo. Romy era diventata umanoide ed era nuovamente pronta a combattere dopo diverso tempo.
Con un agile salto arrivò sul bordo della pista, prontamente affiancata dai Tokio Hotel e da Flammar. Di fronte a loro si presentavano diversi individui in bianco, tutti armati allo stesso modo. Lo scontro stava per cominciare.
Romy sarebbe stata curiosissima di conoscere il vero aspetto degli alieni, ma avevano tutti dei caschi neri che impedivano ciò. Seccata per via di quel dettaglio, divenne ancora più agguerrita e, mossa dal coraggio e dalla fretta di toglierli di mezzo, sferrò il primo attacco.
- Attenta!- la avvertì Flo, mentre la ragazza si avventava su un alieno.
Quest’ultimo reagì con una velocità impressionante: sparò subito qualche colpo di pistola, per poi scansare i pugni di Romy con facilità. Stupiti, i ragazzi attaccarono gli altri alieni a loro volta ed iniziò così una vera e propria lotta.
Gli unici preparati alla disarmante abilità degli Alieni erano Holly e Flammar. Mentre la libellula si avvicinava al centro della pista per combattere al fianco degli eredi, il leader affrontò un alieno in un duello corpo a corpo, riuscendo a metterlo ko.
Romy, occupata più in là con un altro nemico, commentò con ammirazione:
- Flo, sei forte!!-
- Avevi dubbi?- sorrise lui, prima di difendersi da un attacco subito dall’ennesimo alieno.
L’atmosfera era tesa e nessuno dei due schieramenti sembrava momentaneamente prevalere sull’altro.
Non molto tempo dopo, Bill non poté attaccare ulteriormente l’alieno che aveva di fronte, poiché era troppo occupato ad evitare i proiettili blu e luminosi sparati da quella enorme pistola.
- Al riparo!- gli suggerì Flammar, correndo verso il cantante.
Quest’ultimo approfittò di quell’attimo di distrazione per nascondersi dietro ad un cumulo di pneumatici che erano normalmente accumulati nell’erba ai bordi della pista. Gli si affiancò il leader, che fece, preoccupato:
- Non devi assolutamente farti colpire, Bill, chiaro?-
L’altro, riprendendo fiato, annuì.
- Basta essere sfiorato da uno di quei piccoli lampi blu per perdere il respiro e restare immobilizzato.- continuò il leader con estrema serietà. - E’ difficile uscirne vivo. Devi fare molta, moltissima attenzione!-
Il moro annuì di nuovo, poi aspettò il momento giusto per uscire da quel nascondiglio il prima possibile, in modo da avvertire tutti i suoi compagni. Nel farlo, vide con orrore che suo fratello era in difficoltà: Tom si stava confrontando direttamente con un alieno e stava incassando parecchi colpi. Bill si precipitò verso di lui per aiutarlo, ma con la coda dell’occhio si accorse che un’altra di quelle creature stava caricando la pistola. Al pensiero di essere colpito, il ragazzo tornò ad accovacciarsi dietro il cumulo di gomme, evitando una scintilla bluastra che sfrecciò nell’aria con rapidità. Dovette quindi assistere allo scontro di Tom da lontano.
Fortunatamente vennero in suo aiuto Georg e Gustav, che avevano messo al tappeto altri alieni. Il chitarrista era invischiato nella fortissima morsa di un alieno e gli mancava il fiato, quando il biondo piantò le bacchette elettriche nella schiena del nemico e il bassista gli colpì la testa con violenza con la canna del fucile.
- Grazie mille, ragazzi.- fece Tom, riprendendosi. - Sono tosti, questi qua!-
Sollevato, Bill sorrise tra sé. In quell’istante, Flo lo prese per un braccio e lo forzò ad alzarsi e spostarsi.
- Andiamo, la via è libera!- esclamò il leader.
Purtroppo non fece in tempo a dirlo che un alieno si rialzò da terra e gli puntò la pistola addosso. Romy, che era più in là e si era liberata di un altro nemico, sentì un nodo alla gola ed ebbe il terrore che Bill e Flammar non riuscissero ad evitare lo sparo. Corse a perdifiato verso di loro, gridando:
- Attenti!!-
In una frazione di secondo, l’alieno sparò e i due giovani riuscirono ad abbassarsi e a scansare il colpo. In una piccola esplosione, l’ammasso di pneumatici prese fuoco alle loro spalle e un fumo nero si alzò tutto intorno.
La ragazza, preoccupata, li raggiunse e si assicurò che stessero bene.
- Tranquilla, è tutto okay … - disse Flo, che stava per aggiungere qualcosa, ma si bloccò improvvisamente.
La sua espressione terrorizzata spinse Romy a voltarsi e anche lei vide a stento che cosa stava per accadere. L’alieno aveva ricaricato l’arma e la stava pericolosamente puntando verso Bill. Quest’ultimo non se n’era accorto perché il fumo era troppo fitto e, quando l’alieno sparò, accadde l’impensabile.
- NOOOO!-
Romy si lanciò verso Bill nell’atto di proteggerlo. Mentre il cantante veniva spinto via, una sfuggente luce blu centrò in pieno il petto della ragazza, che cadde rovinosamente nell’erba.
Un terrore immenso pervase tutti quanti, che restarono fermi per qualche istante. Romy era stata ferita gravemente. Il rischio che aveva appena iniziato a correre era enorme e ne erano consapevoli solo Bill, Flo e Holly. Fu proprio la piccola libellula a scuotersi e, mossa da un grande impeto, puntò un alieno a caso e gli spruzzò addosso una strana sostanza verdastra dalla bocca.
Nessuno se l’aspettava minimamente. Si trattava di un acido corrosivo ed ustionante, che colpì l’alieno e fece in modo che questo cominciasse a contorcersi dal dolore in preda a lamenti ed urla. Atterriti, gli altri alieni videro il loro simile cadere e stramazzare a terra. Uno di loro gesticolò con le mani e tutti gli alieni restanti lo seguirono all’interno della navicella spaziale con la quale erano arrivati, per poi allontanarsi così com’erano apparsi.
Romy non si alzò più. Aveva le orbite spalancate in una smorfia di spavento, le dita delle mani si muovevano a scatti ed aveva perso il respiro quasi del tutto. Non c’era nessuna ferita visibile, ma questo perché il danno era completamente interno. Bill e Flo si abbassarono verso di lei.
- Romy!! Romy, rispondimi!- sbraitò il giovane erede con la disperazione nella voce.
Anche gli altri amici si avvicinarono precipitosamente, ma Holly li fermò in maniera brutale:
- Fate largo!-
Tom, Gustav e Georg la fecero passare, sgomenti. L’insetto ronzò in direzione di Romy e le si posò sul collo.
- Tieni duro, amica mia … - sussurrò, prima di attendere per un momento e poi morderla con forza.
Il chitarrista, stupito, fece:
- Che cosa fai??-
Ma subito dopo Romy inspirò con intensità, riprendendo ad immettere aria nei polmoni, anche se con difficoltà. Holly l’aveva appena salvata. Flammar fu l’unico ad averlo capito e perciò disse con tono debole:
- Ottima mossa, piccola.-
I ragazzi si accovacciarono intorno al corpo inerme della loro amica; intanto Bill chiese con ansia:
- Che cosa hai fatto? Come sta la mia Romy?? Dimmelo, Holly!!-
- Dannazione, calmati!- esclamò la libellula con severità assoluta, mettendolo a tacere. - Romy sopravvivrà. Ho immesso nel suo corpo una sottospecie di veleno, che ha scatenato le sue difese immunitarie in una reazione così forte da permetterle di respirare di nuovo.-
- Come, un veleno?- soggiunse Georg.
- Le farà male??- domandò Gustav con altrettanta angoscia.
Holly li calmò:
- Non è letale, potete stare tranquilli. Tuttavia le ci vorrà parecchio tempo prima di smaltirlo tutto. Ha bisogno di assoluto riposo, in modo che il suo corpo possa riprendersi al meglio.-
Leggermente più sereni, i Tokio Hotel sospirarono e guardarono Romy con apprensione. Flammar propose immediatamente di riportarla a casa, mentre lui e Holly si sarebbero occupati del pubblico di umanoidi che attendevano un qualsiasi segno di cessato pericolo all’esterno del circuito.
Bill sollevò la testa della sua amata e la appoggiò delicatamente al suo ginocchio.
- Ha rischiato la vita per salvarmi … - fece debolmente.
Ora Romy aveva gli occhi chiusi e teneva la bocca aperta per respirare meglio, ma era ancora priva di sensi. Il ragazzo aggiunse, accarezzandole il viso con le lacrime agli occhi:
- Amici, promettetemi una cosa. Gli Alieni pagheranno per ciò che hanno fatto, per tutta la violenza che hanno portato in questa dimensione. Se è la guerra che vogliono, la avranno. Siete con me?-
Georg tese una mano e strinse quella dell’amico:
- Siamo con te!-
- Anch’io.- si unì Gustav.
Tom posò la sua insieme alle altre e disse:
- Sai bene che non ti abbandoneremo.-
Bill sorrise loro, ringraziandoli con il pensiero.
Poco dopo, Holly si guardò in giro e vide un corpo alieno nell’erba. Era quello che aveva messo ko lei stessa e non si era mosso di un centimetro.
- Prendi quell’energumeno e mettilo sotto sedativi, Flo.-
Il leader sbatté le palpebre e fissò la libellula con perplessità.
- Ci serve.- continuò lei, pensierosa.
Flammar comprese che la sua fedele piccola compagna stava già tramando qualcosa. Avrebbe presto avuto un piano in mente e anche se solo Holly lo conosceva, lui fu certo che sarebbe stato qualcosa di eccezionale. Decise di fidarsi ed annuì, per poi obbedire con un sorriso complice.
La guerra tra Alieni e Umanoidi era ufficialmente iniziata.
 
 *



Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Un punto d'incontro ***


Settimo capitolo
Un punto d’incontro
 
 
Fu un risveglio poco tranquillo. Romy faticava ancora a respirare, nonostante fosse stata incosciente a lungo. Provò ad aprire gli occhi, ma sentì la testa girarle e li richiuse, tentando di riprendere meglio conoscenza.
- Finalmente, Ro!-
Una vocina familiare la aiutò a tornare alla realtà. Riconobbe Holly e cercò di risponderle subito per non farla preoccupare.
- Holly … - riuscì a dire con un filo di voce. - C-cosa … dove …?-
- Calma, non ti agitare. Svegliati senza fretta, hai tutto il tempo che vuoi.- consigliò la piccola amica, toccandole un braccio con una zampetta per farle avvertire la sua presenza.
Romy riprovò ad aprire gli occhi, ma dovette sbatterli per un po’ prima di poterli tenere ben aperti. Dopodiché fece come aveva detto Holly: cercò di tranquillizzarsi e si concentrò sul suo respiro affaticato in modo da stabilizzarlo. Ci riuscì dopo qualche momento, in silenzio, poi si guardò lentamente intorno. Era nella sua stanza, stesa sul letto a pancia in su. Tutto sommato stava comoda ed aveva Holly vicino, perciò ebbe modo di sentirsi più serena.
Voltandosi verso la libellula, che le sorrise, domandò flebilmente:
- Che cosa è successo?-
Con tutta calma, Holly spiegò ogni cosa.
- Ti abbiamo portata a casa dopo aver subìto l’attacco degli Alieni. Te lo ricordi, vero?-
Romy annuì, ansiosa di sentire il resto.
- Quel colpo poteva esserti fatale, ma ho inserito del veleno nel tuo corpo con un morso, così hai potuto reagire e tornare a respirare. Il problema è che sei obbligata a riposarti e a non fare alcuno sforzo, prima di averlo spontaneamente eliminato tutto. Meno ti muovi e prima guarirai, hai capito?-
La ragazza fece sì con la testa. Non se la sentiva di parlare se non era strettamente necessario. Voleva riprendersi il più in fretta possibile.
Holly intuì che Romy voleva sapere altro e quindi ricominciò ad informarla sui fatti:
- Gli Alieni sono stati respinti e i ragazzi stanno bene, ma dopo averne discusso abbiamo deciso di sviluppare una strategia preventiva. Non possiamo permettere che quelle creature ci attacchino di nuovo. Ti immagini se dovessero tornare superiori di numero? Sarebbe una catastrofe! Hai visto la loro violenza, conosci la loro forza … non oso pensarci.-
- Io sì, invece.- mormorò l’altra. - E mi sento peggio di prima.-
- Quindi metteremo in atto un piano che ci permetta di arrivare velocemente alla radice di tutta questa faccenda. Ci muoveremo presto.- concluse Holly.
Romy rivolse alla piccola amica uno sguardo triste e sussurrò:
- Mi dispiace di non potervi aiutare … -
La libellula le accarezzò la mano con le zampe e la rassicurò:
- Lo so, ma sarai sempre nei nostri pensieri; e poi ci hai già dato un aiuto prezioso. Puoi credermi.-
Rinfrancata, l’erede riuscì a sorridere come si deve. Era bello essere consapevole di avere delle persone magnifiche intorno che le volevano bene. Si sentiva già meglio solo al pensiero.
- Indovina!- disse all’improvviso Holly. - Di là c’è qualcuno che vuole vederti … -
Romy batté le mani per esprimere la contentezza. La libellula spiccò il volo e lasciò l’amica da sola per andare a chiamare gli altri.
In quel breve lasso di tempo, la ragazza si impensierì.
“Non sarà facile per me rimanere a riposo per così tanto tempo. Devo resistere, però. Hanno bisogno di me!”
Rimuginando sulle sue condizioni, notò con gioia che Tom, Georg e Gustav stavano entrando nella sua camera.
- Ciao, boss!- salutò simpaticamente il biondo, che la vide per primo.
Romy riuscì ad alzare una mano e scuoterla con un sorriso, per il resto mormorò:
- Ehi …!-
Il chitarrista fece il suo ingresso subito dopo e prese posto accanto al letto della ragazza.
- Ci hai fatto prendere un colpo, lo sai?- disse, ansioso ma felice che tutto fosse andato bene.
Romy sospirò con affanno e, mentre entrava anche Georg, fece con rammarico:
- Mi dispiace … -
- Stai tranquilla, poteva andare peggio.- soggiunse il bassista, appoggiandosi al muro.
- E’ vero … - annuì lei. - Potevo restarci secca!-
Tom si raddrizzò sulla schiena e con decisione commentò gli ultimi eventi.
- Sono degli ossi duri, questi Alieni! Non avevo mai assistito a nulla di simile. Se attaccassero di nuovo la dimensione, potrebbe scoppiare una battaglia senza precedenti … Dobbiamo fare del nostro meglio, se vogliamo che non rappresentino più un problema.-
Gli altri concordarono in pieno. Sarebbe bastato poco per scatenare la peggiore delle catastrofi.
- Immagino che Holly ti abbia già informato sulla nostra strategia … - aggiunse Georg. - Non trovi che sia interessante??-
- Beh, non mi ha detto in che cosa consiste … - fece Romy, incuriosita.
I ragazzi spalancarono gli occhi. Tom esclamò, con entusiasmo:
- Posso dirtelo io, allora! Ebbene, io e Bill ci trasformeremo in Alieni!!-
- Eh??-
La ragazza non credette alle sue orecchie. Mentre tentava di mantenere il controllo del suo respiro affannoso, lanciò verso gli amici uno sguardo interrogativo dopo l’altro. Gustav si affrettò a spiegarle:
- Tom non vedeva l’ora di dirtelo … Vedi, Ro, dopo che ti hanno colpita, Flammar ha recuperato un alieno messo ko da Holly e lo tiene tuttora sotto osservazione al laboratorio di ricerca della sua dimensione. Ha prelevato del DNA ed ha messo al lavoro tutti gli operai della Fabbrica Automatica per creare una macchina speciale in grado di dare a Bill e Tom delle vere e proprie sembianze aliene.-
La ragazza non poté fare a meno di pensare che gli Umanoidi la stavano stupendo sempre di più.
- Ma è incredibile!- sorrise lei. - E poi cosa farete? Vi infiltrerete nel territorio nemico?-
- Proprio così!- rispose Tom, sfregandosi le mani con eccitazione.
Georg lo guardò e scosse la testa. In quel momento il suo amico sembrava un bambino! Dopodiché disse:
- Non è ancora del tutto deciso, ma Flo ha intenzione di mandare i gemelli nel mondo alieno per scoprire cosa sta succedendo. Io e Gustav pensavamo di restare nella dimensione umanoide per tenere la situazione sotto controllo … E’ sempre meglio essere pronti a tutto!-
Mentre l’amico parlava, Romy si stava lentamente muovendo per mettersi su un fianco. Non aveva ancora trovato la posizione ideale, quando disse:
- Mi sembra una magnifica idea.-
- Beh, veniamo a te.- esordì poi il batterista, passandole una mano sulle spalle. - Come ti senti?-
- Mmh, un po’ stordita … ma mi riprenderò. Ora che ci penso, i miei genitori non sanno niente!- fece la ragazza, recuperando leggermente un po’ di forza nella voce.
Tom la rassicurò:
- Non preoccuparti, abbiamo detto ai tuoi che non ti sei ripresa dall’acquazzone che ti ha investita qualche giorno fa … -
- Oh, bene … - sospirò lei. - E voi? Come farete a stare lontani dalla Terra così a lungo?-
- Viaggetto fuori programma!- semplificò ancora l’amico, strizzando l’occhio con aria complice.
Romy ridacchiò, sollevata dal fatto di essere in buone mani, ma dopo tornò seria e fece con fermezza:
- Ad ogni modo, sarò da voi non appena guarirò completamente. Combatterò con tutte le mie forze!-
- Ne siamo convinti.- sentenziò Gustav.
Romy allargò le braccia come una bambina in cerca di affetto, sorridendo. Gli amici la circondarono in un tenero abbraccio di gruppo, separandosi quasi subito per non ostacolare il suo debole respiro.
Ad un tratto, Tom sembrò sussultare sulla poltrona.
- Uh, prima che me ne dimentichi … Ro, di là c’è mio fratello. Vuole vederti da sola.-
L’erede ammutolì. Sul momento l’idea la spaventò. Lei e Bill non si parlavano da un bel po’ e non sapeva cosa aspettarsi. Tuttavia, prima che potesse pensare altro, Georg aggiunse con apprensione verso il cantante:
- Ha l’aria distrutta. Lo renderesti felice se accettassi di vederlo.-
Romy ci ripensò e con un sospiro constatò che incontrare il ragazzo fosse la cosa migliore. Per entrambi.
- Ok, potete mandarmelo.- mormorò.
I tre amici si alzarono e le rivolsero un sorriso di saluto. Tom le accarezzò lievemente la testa e disse:
- Abbi cura di te … e anche di lui.-
Fintanto che si ritrovava nuovamente sola nella sua camera, Romy si domandò che aria potesse davvero avere il ragazzo. Stava veramente soffrendo tanto quanto lei? Rifletté sulle parole di Tom: probabilmente la situazione era stata dolorosa per tutti e due allo stesso modo e bisognava tenerlo ben presente.
Pochi attimi dopo, Bill si affacciò timidamente e rimase in piedi sulla soglia della porta. Doveva aver pianto tanto, glielo si leggeva negli occhi. Aveva paura di fare arrabbiare ancora la sua Romy, perciò si era ripromesso di prestare la massima attenzione a quello che diceva. In più, lei non stava bene ed aveva praticamente l’obbligo di agire con tatto.
Lei lo fissò, silenziosa. Nella stanza si sentiva soltanto il suo respiro pesante e sofferente. I due non si dissero nulla, per non perdere il controllo di quella calma che improvvisamente era nata tra loro. Il cantante deglutì con discrezione e si avvicinò cautamente al letto di Romy, per poi inginocchiarsi sul pavimento in maniera da guardarla direttamente in viso.
- Ciao, Romy.- fece, incerto.
A guardarlo, Bill le faceva una gran pena. Non l’aveva mai visto così impacciato ed insicuro. Ma del resto, nemmeno lei si sentiva tranquilla. Avrebbero potuto dirsi tutto e niente. Che fare?
Per non far precipitare, ma neanche vivacizzare eccessivamente la situazione, la ragazza si limitò a dire a sua volta:
- Ciao, Bill.-
Quest’ultimo fu sollevato nell’accorgersi che esisteva ancora un dialogo tra loro due. Non avevano ancora trovato un solido punto d’incontro dopo l’animata discussione a cui erano rimasti, ma salutarsi era già un primo passo importante.
Per il momento non ebbero il coraggio di dirsi altro. Dopotutto, era facile capire cosa pensava l’altro; bastava guardarsi negli occhi. Non era svanita la loro complicità, non era morto il loro amore. Erano solo precipitati insieme in un abisso profondissimo, dal quale però era faticoso risalire. Ci voleva tempo.
Dopo un po’, però, Bill iniziò a soffrire quel profondo e perforante silenzio. Giocò nervosamente con le mani, distogliendo lo sguardo e pensando a cosa dire. Romy attendeva senza smettere di guardarlo.
- Sai, Ro … mi dispiace. Per tutto quanto.- sussurrò il cantante.
In attesa che lei si riprendesse, lui aveva sempre continuato a riflettere su tutto ciò che li aveva spinti a litigare così duramente. Non gli era mai sembrato così complicato chiedere scusa come in quel momento, data l’enormità della sua colpa. Inoltre aveva la gran paura di essere sottovalutato e che le sue parole non fossero ascoltate. Il ragazzo tentò di trasmettere a Romy tutte queste sensazioni attraverso i suoi occhi tremanti, per non essere costretto a parlare ancora, commuoversi e poi farsi venire la voce rotta da un pianto imminente.
L’erede si accorse di tutti i timori del ragazzo. Riusciva a capirlo dalla voce, dallo sguardo. Lasciò perdere l’orgoglio e si impietosì. In fondo, anche lei era dispiaciuta; aveva sbagliato esattamente come Bill, non poté negarlo neanche a se stessa.
Prima che potesse prendere fiato per rispondergli, lui aggiunse:
- Guarisci presto … Mi manchi.-
Al termine della frase, Bill si morse il labbro inferiore. Non si era mai sentito così debole e vulnerabile, nonostante stesse fisicamente meglio di lei.
Romy comprese a pieno lo stato d’animo del cantante e si accorse di provare le stesse cose.
- Anche tu.- disse quasi sottovoce.
Dopo un periodo di incomprensioni, finalmente i due si erano incontrati di nuovo. Entrambi ebbero la garanzia che, rimanendo insieme, le cose si sarebbero sistemate.
Tuttavia, quello non era il momento giusto per discutere sulla faccenda vera e propria. Erano subentrate forze maggiori, quali il destino della dimensione umanoide e la salute della giovane. Per i due ragazzi, l’importante era aver capito di essere ancora innamorati come prima.
Bill tese lentamente una mano verso Romy, come per cercare un contatto definitivo. Anche lei mosse la sua fino a toccarla e alla fine le due mani si strinsero forte l’una all’altra. In quel momento l’unica cosa che importava era amarsi fino a sentirlo con tutto il corpo, amarsi con tutta la loro forza.
Romy continuò a stringere la mano sottile di Bill con tutte le dita, senza l’intenzione di staccarsene. Lui le rimase accanto silenziosamente e a quel punto il pensiero di tutti e due fu lo stesso: “Insieme ce la possiamo fare.”
Per quanto ricordò, Romy si tenne stretta alla mano del ragazzo fin quando non si riaddormentò.
 
Ich bin krank ohne dich …                                                                   Mi sento malata senza di te …
 
Holly era nervosa e volava con trepidazione da molto tempo, tanto che Flo la rimproverò più di una volta per colpa del suo ronzio. Anche lui, però, aveva i suoi motivi per essere agitato: era quasi tutto pronto per mettere in atto la strategia prevista per proseguire le indagini sugli Alieni.
Flammar balzava dal grande pc virtuale al telefono, per mettersi in contatto con i suoi collaboratori della Fabbrica Automatica e per gestire i preparativi nei minimi dettagli. La libellula gli rimaneva accanto, a sua totale disposizione. In mezzo a quel viavai, furono entrambi sorpresi dall’apparizione dei Tokio Hotel nello studio.
- Salve, ragazzi!- li accolse Flammar con cordialità. - Che tempismo! Tra poco saremo pronti a procedere.-
Tom salutò a nome di tutti:
- Ehilà! Allora tra non molto io e Bill saremo alieni, vero?-
- Già!- rispose il leader.
I ragazzi presero subito confidenza con il luogo, iniziando a passeggiare ed osservare i vari macchinari sparsi dappertutto.
- Bill, Tom, se volete cominciare a prepararvi, nella stanza a fianco ci sono delle tute comode e leggere che potrete mettere per trasformarvi.- fece Holly, avvicinandosi a loro. - Sono ideali per subire tutti i cambiamenti previsti senza il rischio che si verifichino brutte conseguenze a livello corporeo.-
- Grazie!- disse il cantante semplicemente.
I gemelli si scambiarono un’occhiata complice e lasciarono lo studio con un sospiro.
Avevano tanto immaginato una situazione simile, ma ora che stava per avverarsi sul serio erano numerose le domande che i due si ponevano. Come si sarebbero sentiti? Anche la loro personalità avrebbe subìto dei cambiamenti? Ma soprattutto, l’esperimento avrebbe funzionato? Nessuno vedeva l’ora di saperlo.
 
  *

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** La trasformazione ***



Ottavo capitolo

La trasformazione
 
 

Flammar condusse Gustav e Georg attraverso un corridoio al piano inferiore, fino ad arrivare ad un enorme portone. Non appena il leader afferrò le maniglie ed allargò le braccia per aprirlo, i due amici emisero un boato di sorpresa.
- Eccoci. Lì dentro avverrà la trasformazione.- fece Flo.
Nella grande sala erano già presenti dei robot, alcuni in camice bianco e altri in tuta da lavoro. Questi ultimi erano operai della Fabbrica Automatica, che avevano collaborato più di altri al progetto insieme ad alcuni scienziati del laboratorio di ricerca collegato. Discutevano e controllavano le ultime parti aggiunte a quel gigantesco guscio di metallo scuro che troneggiava al centro della sala. Ai suoi lati aveva dei bozzoli di vetro, destinati a contenere un campione del dna alieno necessario allo scopo, e vari interruttori che probabilmente avrebbero messo in funzione il meccanismo.
Alla vista di tutto ciò, Georg e Gustav spalancarono gli occhi.
- Forte!- esclamò il batterista. - Ci avete messo poco a realizzarlo, tutto sommato.-
Flammar si avvicinò al guscio, intanto sorrise e spiegò:
- Era un’idea a cui stavamo pensando da tempo, in realtà … Abbiamo semplicemente colto l’occasione per concretizzarla!-
- Da quando siete entrati a far parte della comunità umanoide e da quando ci avete salvati da quella lunga guerra, si è sparso un ottimismo di fondo.- aggiunse Holly, volando intorno ai ragazzi. - Si sono formate le basi per un progresso generale e l’innovazione tecnologica è decollata. Il desiderio di poter comunicare e viaggiare più facilmente da un mondo all’altro è una delle tante idee che hanno suscitato la nostra voglia di fare e di creare cose nuove.-
Georg, piacevolmente toccato da quelle parole, sembrò ringraziare:
- Siamo contenti che la nostra presenza qui faccia questo effetto!-
Intanto Flo stava confabulando con i suoi collaboratori, assicurandosi che tutto fosse in ordine. Il bassista lo chiamò:
- Flammar?-
- Dimmi!- rispose l’altro, voltandosi e mostrando la sua piena attenzione.
- Volevamo solo farti sapere che io e Gustav rimarremo in questa dimensione, d’ora in poi.-
- Che bella notizia!- disse Holly, mentre il leader domandò, altrettanto felice: - Come mai avete preso questa decisione?-
- E’ una preoccupazione nostra. Forse non ce n’è nemmeno bisogno, ma anche noi due vogliamo essere d’aiuto come Bill e Tom, così controlleremo che tutto proceda bene. Non possiamo sapere cosa può succedere di strano!-
- Perfetto.- sorrise ancora Flo. - Saremo ben lieti di difendere la dimensione insieme a voi.-
In quel momento, i gemelli si affacciarono nella sala con passo incerto. Indossavano delle tute nere e parevano emozionati. Si scambiarono un’occhiata di incoraggiamento e poi avanzarono verso gli amici con un lieve sorriso. Gli umanoidi presenti si girarono per osservare coloro che dopotutto erano i protagonisti del loro esperimento.
- Uhm, direi che siete pronti.- commentò la libellula, ammirata.
I gemelli si guardarono nuovamente e si sorrisero. Fu un sorriso di quelli forzati, che si fanno quando si è nervosi. Entrambi poterono vedere negli occhi e nell’espressione dell’altro che la tensione era tanta.
- Già, ormai ci siamo.- fece Bill, giungendo le mani con un tremito.
- Molto bene.- disse Flammar, tranquillo a differenza degli altri. - Mentre terminiamo gli ultimi controlli sulla macchina, posso informarvi su parecchie cose interessanti … -
Il leader si avviò verso un tavolo per prendere qualcosa; intanto Gustav e Georg abbracciarono brevemente i compagni per incoraggiarli.
- Andrà tutto alla grande, ne sono certo!- esclamò il bassista, stringendo Tom.
Quest’ultimo lo lasciò e fece:
- Oh sì, non ho dubbi. Sono solo un po’ … eccitato.-
- Anch’io … - soggiunse Bill. - E’ la stessa sensazione che provo quando devo esibirmi, strano ma vero.-
Flo stava rovistando tra alcuni documenti, quando Holly si avvicinò. Nell’orecchio gli espresse tutta la sua preoccupazione:
- Guardali, Flo, guardali come sono agitati … Ho paura che qualcosa vada male! Ma è proprio necessario?-
Lui alzò la testa dalle sue scartoffie e la fissò. Si girò poi verso i ragazzi e poté vedere ciò che anche la libellula aveva notato. Era facile capire quanto si sentissero ancora impreparati davanti al destino che li aspettava. Flo li osservò, pensieroso.
- Certo.- rispose infine. - L’unico modo per parlare con gli Alieni senza il rischio di passare alla violenza è adattarsi e diventare parte di quel mondo. Solo così acquisiremo la familiarità che ci serve per comunicare con loro.-
Holly non pareva convinta e guardò i ragazzi, poi Flammar e di nuovo loro.
- Stai tranquilla, amica mia. Hanno tutte le potenzialità per farcela; se ne renderanno conto con il tempo.-
La libellula sorrise, sollevata. Rigirandosi verso il tavolo, Flammar vide i documenti che stava cercando.
- Eccoli!-
Li agguantò e fece per tornare dai Tokio Hotel, ma un umanoide lo bloccò per una spalla, dicendogli:
- Abbiamo finito, possiamo cominciare.-
Il leader rabbrividì e dapprima non disse nulla. Non gli sembrava vero che il grande momento fosse già arrivato.
- Va bene. Sarà meglio preparare i nostri giovani eredi … -
L’altro annuì, trasmettendogli sostegno.
I giovani parlavano animatamente, cercando di  strappare anche qualche risata in modo da smorzare la tensione. Flammar si avvicinò a loro, dicendo:
- Spavaldi, ragazzi! Ci aspetta un’incredibile impresa. Prima, però, vorrei mettervi al corrente di tutto ciò che abbiamo scoperto esaminando la navicella che avete trovato … -
Curiosi, i quattro musicisti accerchiarono il leader e fecero silenzio per ascoltare.
- Stiamo controllando i dati del sistema e a quanto sembra l’arrivo degli Alieni in questa dimensione era premeditato.- iniziò Flo, rileggendo velocemente i fogli che aveva in mano. - Abbiamo trovato la rotta di volo dell’astronave dal loro mondo al nostro.-
Il cantante commentò, preoccupato:
- Se pensavano già da tempo di venire qui, chissà cos’altro stanno tramando …!-
- Bill ha ragione: se progettano le cose in anticipo, gli Alieni hanno in mente di fare molto e sinceramente non so cosa aspettarmi … - aggiunse Holly, girando nervosamente  intorno a Flammar per leggere i documenti.
Il leader la fermò con la mano e la adagiò sulla sua spalla, mormorando:
- Aspettati pure il peggio, piccola. Visti gli ultimi eventi, gli Alieni hanno tutta l’intenzione di fare la guerra. Abbiamo persino rischiato di perdere Romy … -
Bill si voltò da un’altra parte con la testa e strinse le labbra, pensando alla sua ragazza e alla sua guarigione. Anche gli altri, sentendo nominare l’amica, si convinsero meglio che le circostanze erano particolarmente dure.
- Per nostra fortuna, c’è stato qualche problema nell’atterraggio della prima navicella.- proseguì il leader. - Qualcosa è andato storto e ciò ha costretto i nostri nemici a rifugiarsi nel bosco per un po’. Come potete ben capire, non hanno esitato a chiamare rinforzi e ad attaccare appena possibile, durante la gara di motociclismo. Però, nonostante questo, il loro leggero ritardo ci ha dato del tempo prezioso e ora siamo pronti con la nostra strategia.-
- Bene, direi!- commentò Gustav, convinto.
Tom domandò, subito dopo:
- Romy mi aveva parlato di un’arma che aveva trovato … Cosa potete dirci su quella?-
Holly, che sapeva bene di cosa il ragazzo stesse parlando, rispose:
- Non l’abbiamo ancora analizzata, ma lo faremo presto.-
L’altro annuì, mostrando di aver capito. Si voltò istintivamente verso Bill, in un gesto automatico, proprio mentre lo stava facendo anche lui. I due fecero un sorriso sghembo, pensando a ciò che li attendeva. A quel punto, Flammar andò in mezzo a loro e poggiò le mani sulle loro spalle, incoraggiandoli:
- Avanti, andrete alla grande. Abbiamo fatto tutti gli accertamenti possibili, niente può andare male.-
- Siamo preoccupati per altri tipi di conseguenze, Flo … - disse il cantante. - Non vorrei sentirmi diverso, diciamo … più cattivo. Come gli Alieni. Credo che anche Tom abbia questo timore.-
Il gemello concordò con un cenno del capo, allora il leader sospirò:
- Beh, questo non possiamo in alcun modo prevederlo. Io, però, sono sicuro che questo non accadrà. C’è ancora il nobile spirito umanoide dentro di voi!-
Convinti da questa affermazione, i gemelli fecero un sorriso più sereno.
-Forza, è tutto pronto.- sentenziò alla fine Flammar. - Non appena lo siete anche voi, la trasformazione può iniziare.-
In quel momento, un umanoide aveva azionato il dispositivo di apertura delle porte della macchina, che si alzarono con uno sbuffo, invitando i due futuri alieni ad entrare. Bill e Tom si scambiarono l’ennesimo sguardo, attraverso il quale trapelarono mille dubbi e mille certezze contemporaneamente. Annuirono insieme e si diressero verso quel grande congegno. Holly deglutì nell’attimo in cui i gemelli oltrepassarono le due entrate, mentre il leader osservava i suoi collaboratori che sistemavano una fialetta di dna alieno nelle piccole aperture laterali. Georg chiese:
- Farà male?-
- Un po’, probabilmente, ma durerà pochissimo.- rispose Flo.
Tom e Bill si voltarono verso gli amici, rimanendo immobili all’interno delle due cavità della macchina. Entrambi traevano dei respiri profondi, in preda all’agitazione. Gustav ammiccò e mimò un ok con le dita, seguito dal bassista. I gemelli reagirono con un lieve sorriso.
Le porte si riabbassarono e lasciarono i Kaulitz al buio. La loro mente era in tilt: nulla aveva più senso, nessun pensiero fermo, nessuna sicurezza. Solo la speranza, l’ottimismo e la fiducia trasmessi da tutti gli altri fecero in modo che i due fratelli si sentissero pronti ad affrontare quell’esperienza.
Fuori non c’era qualcuno che avesse il coraggio di fiatare. Stava per accadere qualcosa di straordinario e irripetibile; in più c’era in gioco la vita di molte persone. Flammar mormorò, tesissimo:
- Vediamo se ce l’abbiamo fatta … Procedete con la trasformazione.-
Un robot girò lentamente una manovella sul retro della macchina. Si sentì un ronzio piuttosto forte, seguito da una quasi impercettibile scarica elettrica che partì dal dna alieno ai lati e percorse tutto il grande marchingegno. Restarono tutti a bocca aperta, con il fiato sospeso.
All’interno, Bill e Tom sentirono un formicolio partire dai piedi e attraversare tutto il loro corpo per più volte, dopodiché cominciarono ad avvertire uno strano bruciore alla pelle che sembrò penetrare attraverso la carne fino alle loro viscere. Non era molto forte, ma tutti e due gemettero di dolore, avvertendo un vago movimento dentro il petto, in profondità. Spalancarono gli occhi, rendendosi conto che la trasformazione stava avvenendo. Non avevano più sensibilità, come se fossero congelati. Non potevano nemmeno vedere il mutamento che il loro corpo stava subendo, a causa del buio pesto. Alla fine, un senso di nausea e un capogiro li sorpresero, spingendoli ad appoggiare le mani alle pareti. Non appena le toccarono, tornarono quasi subito ad avere il senso del tatto. Apparentemente, tutto sembrava uguale a prima.
Terminato il processo, le porte si risollevarono. Rivedendo la luce, i gemelli dovettero sbattere le palpebre per un attimo. Quasi nello stesso momento, avanzarono di un passo e gli altri poterono assistere al risultato dell’esperimento.
Ci erano riusciti. Bill e Tom erano diventati degli Alieni. Georg, Gustav, Flo e Holly fecero fatica a realizzare e passarono in rassegna ogni particolare nuovo dei due ragazzi.
La prima caratteristica aliena che balzò agli occhi di tutti fu il colore della pelle: dal solito carne ad un inaspettato grigiastro, con alcune chiazze più scure sparse su tutto il corpo. Queste erano ben visibili, perché nel processo di trasformazione i vestiti si erano un poco strappati. Ciò che invece per prima fu notata dai gemelli, che iniziarono ad osservarsi attentamente, fu la forma delle mani. Avevano le dita più lunghe e sottili; quelle di Bill in particolare erano più affusolate e le unghie gli si erano allungate ulteriormente. In più, si accorsero che persino i loro piedi parevano più grandi.
- Wow … - mormorò Tom tra sé.
Fu sentito dal fratello, che lo guardò ed esclamò stupito:
- Tom, i tuoi occhi!-
Mentre entrambi realizzavano che la loro voce era rimasta identica, il chitarrista ricambiò l’espressione di sorpresa verso il cantante. Gli occhi di tutti e due sembravano aver subìto la stessa curiosa mutazione: erano più sottili e allungati verso l’esterno; inoltre, anche se la differenza rispetto a prima era minima, la pupilla si era ingrandita e lo sguardo appariva in modo molto diverso.
- Anche tu!- rispose Tom. - E le orecchie!-
Bill se le tastò e le scoprì leggermente più lunghe, vedendo intanto lo stesso cambiamento anche nel fratello. Guardandolo meglio, il ragazzo notò ancora un altro piccolo dettaglio diverso nel viso di Tom. Lo indicò e fece:
- La bocca!-
Entrambi avevano le labbra più sottili e di poco più scure, talmente che parevano disegnate.
- Sbaglio o siete più alti?- osservò Georg, ripresosi dallo shock.
I Kaulitz girarono lo sguardo verso di lui e in effetti lo videro un po’ più basso di prima. Probabilmente erano loro ad essere cresciuti in altezza. Bill disse, fissandosi i piedi:
- Può darsi … -
- E non ti sembra che siano dimagriti?- aggiunse Gustav.
- No, questa è una tua impressione … - rispose l’altro. - Invece, ora che li guardo bene, hanno la testa più allungata verso l’alto!-
- Ma che cosa stai dicendo? Sono meno paffuti, hanno le guance leggermente incavate.-
- Sei diventato cieco?? La faccia è uguale, è solo più lunga!-
Tom e Bill risero, assistendo alla discussione degli amici.
Nel frattempo, Holly si avvicinò e cominciò a ronzare attorno ai due neoalieni.
- Interessante ... - continuava a ripetere.
Flammar era ancora stralunato. Si mosse incerto verso di loro, ricevendo un’occhiata rassicurante. A quel punto il leader sorrise:
- E’ fatta! La trasformazione è riuscita!!-
Gli umanoidi presenti esultarono con un piccolo applauso e qualche grido concitato.
Una magnifica sensazione di orgoglio crebbe in Holly e Flammar, ma anche nei Tokio Hotel. L’evento rappresentava una grandissima svolta per la storia degli Umanoidi e le cose non sarebbero potute andare meglio.
 
 
*





 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Partenza! ***



Nono capitolo

Partenza!
 
 
Bill e Tom erano euforici e stavano reagendo bene alla novità. Tutto sommato, non era stato male vivere quella trasformazione sulla propria pelle e ne furono fieri.
- Controllate che il loro organismo funzioni correttamente.- ordinò Flo.
Quest’ultimo si allontanò per permettere ai suoi collaboratori di esaminare i due ragazzi dal punto di vista corporeo. Misurarono la pressione, la temperatura interna, la nuova lunghezza degli arti e vari altri particolari. I gemelli li lasciarono fare, intanto gli altri componenti della band continuavano a guardarli, ammirati.
- Allora, come vi sentite?- domandò Gustav curiosissimo. - Diversi?-
Tom sorrise ed esordì:
- Solo un po’. Mi aspettavo qualcosa di più traumatico, invece ho la stessa percezione del mio corpo che avevo prima.-
- All’esterno siete cambiati un sacco …!- fece Georg, scuotendo leggermente il capo e incrociando le braccia, senza smettere di fissare gli amici.
Subito dopo, un robot annunciò:
- Nulla è cambiato all’interno del loro organismo. La modifica è avvenuta solo esteriormente, come previsto.-
- Molto bene.- annuì Flammar, compiaciuto. - E’ veramente incredibile, sembrano proprio degli Alieni!-
- Non potrei essere più d’accordo!!- aggiunse Holly, evidentemente entusiasta.
Gustav diede un’amichevole pacca sulla spalla di Bill, chiedendo:
- E tu? Ti senti ancora te stesso?-
- Sì, certo. Mi trovo bene con il mio nuovo corpo … però … -
Vedendo che il cantante non appariva del tutto convinto, tutti lo guardarono, aspettando di sentire come avrebbe proseguito la frase. Lui camminò in avanti, in silenzio, avendo terminato i controlli. Dopodiché disse:
- C’è una forza nuova dentro di me. È molto vaga, ma la sento chiaramente, in profondità, nella mia anima. Tutto a un tratto, l’idea di incontrare gli Alieni non mi spaventa più.-
Gli altri non trovarono spiegazione alle sue parole. Solo Tom gli andò vicino e con un cenno della testa gli fece capire che era così anche per lui.
- Non sappiamo che cosa sia … - aggiunse. - Ma la avvertiamo perfettamente, questa nuova sicurezza.-
 
Mein Herz kämpft gegen mich,                                                Il mio cuore combatte dentro me,
wie ein Alien in mir …                                                                                    come se fossi un Alieno …
 
Il gemello sorrise, confermando quella teoria. Flammar domandò allora:
- E’ qualcosa di positivo?-
- Sì, senz’altro!- esclamò il chitarrista.
- Benissimo. Dunque significa solo una cosa: siete pronti per partire.-
Poco dopo, i Kaulitz ricevettero tutte le raccomandazioni e gli accorgimenti necessari per trascorrere del tempo nella dimensione aliena senza dare nell’occhio.
- Buona fortuna, ragazzi! Non cacciatevi in troppi guai!- fece Holly, prima di salutare Tom e Bill.
La libellula ronzava con una tale ansia che Flammar dovette tranquillizzarla:
- Sanno il fatto loro, piccola mia, te l’ho detto. Sapranno cavarsela!-
Gustav e Georg strinsero forte gli amici. Il biondino commentò:
- E’ strano abbracciare degli alieni … tuttavia, ci mancherete lo stesso.-
- Anche voi!- disse Bill.
Intanto, il bassista alzò un pugno ed esclamò:
- Fatevi valere!-
In risposta, Tom scontrò il suo pugno contro quello dell’amico, sorridendo. Infine, Flo abbracciò brevemente i gemelli.
- Torneremo normali al nostro ritorno?- domandò Tom.
Inaspettatamente, il leader scosse la testa:
- Purtroppo non so dirvelo.-
- Cosa??-
- Non vi preoccupate, se la trasformazione è durata finora, è destinata a durare ancora a lungo. Temo però che abbia comunque un effetto limitato. Per quanto ne sappiamo, potreste tornare normali in qualsiasi momento. Tra qualche ora, ma anche tra qualche giorno. Perciò dovete fare la massima attenzione, ragazzi. Siate prudenti su questo.-
Bill annuì con decisione, imitato dal fratello, poi rassicurò il leader:
- Puoi contare su di noi.-
Sollevato, Flo continuò:
- Cercate di ottenere più informazioni possibile. Aprite bene le orecchie, perché qualsiasi dettaglio può esserci utile. Allo stesso tempo, però, non esponetevi troppo e … occhio alle spalle.-
Si poteva percepire fin troppo bene la preoccupazione nel tono di voce di Flammar, che li strinse di nuovo.
- Buon viaggio.- concluse.
Con un cenno della mano, Bill e Tom salutarono tutti. Così iniziò il trasporto: Holly emise una notevole quantità di vapore, che invase quasi tutta la stanza. In un attimo, i gemelli non c’erano più. Stavano già volando verso la dimensione aliena, verso un mondo nuovo, dal quale però non erano più intimoriti. Entrambi dovettero ammettere che non vedevano l’ora di conoscere gli Alieni e di vivere quella nuova avventura.
 
Il consueto giramento di testa che sorprendeva i ragazzi durante ogni viaggio interdimensionale si stava prolungando più del solito. Non erano abituati a percepire una sensazione simile così a lungo. Infatti, pur atterrando quasi con i piedi per terra, quando il vapore si dissolse Bill e Tom barcollarono e caddero.
Strizzarono gli occhi e si guardarono intorno. Non si vedeva molto, erano atterrati proprio in una parte buia e nascosta della città. Sembravano essere in un vicolo.
- Stai bene?- chiese Tom, rialzandosi in piedi e sfregandosi le mani per pulirle.
L’altro rispose, facendo la stessa cosa:
- Sì, sto bene. Caspita, un bel viaggetto!-
- Già, concordo.-
Erano entrati in territorio nemico ed entrambi dovettero iniziare a tenerlo bene a mente. Niente mosse azzardate, niente per attirare l’attenzione. Dovevano sgusciare tra i loro falsamente simili senza farsi notare, anche se non era affatto semplice.
Quel vicolo era piuttosto buio, perciò i due ragazzi si guardarono e capirono che era meglio cercare un luogo più aperto ed affollato. Si voltarono dalla stessa parte in un teso silenzio, verso l’uscita da cui proveniva quel poco di luce. Giunti all’esterno,  aprirono bene gli occhi per imprimersi nella testa la visione che avevano di fronte.
Erano capitati in una città aliena. Gli abitanti erano ovunque, a piedi, ma anche a bordo di alcuni strani veicoli che non toccavano terra, con delle piccole ali d’aeroplano. I palazzi che circondavano quell’incrocio stradale erano fatti di metallo, stretti e altissimi, tutti ammassati uno vicino all’altro come le tessere di un puzzle che si incastrano tra loro senza lasciare spazi vuoti. Si confondevano a tal punto da sembrare dei complessi unici, senza nemmeno un colore proprio. A dire il vero, nulla pareva avere un vero e proprio colore nella dimensione aliena. Non uno spazio verde, non un manifesto. I gemelli ebbero l’impressione di trovarsi in un film in bianco e nero; sembrava tutto così triste e uguale …
Anche gli alieni giravano sostanzialmente vestiti allo stesso modo. I loro abiti somigliavano a degli stracci, grigi o neri, ed erano sempre molto leggeri. Dopotutto faceva molto caldo e anche Bill e Tom dovettero constatarlo, vedendo che il sole era giusto sulle loro teste.
- Si cuoce!- commentò infatti il cantante.
Il fratello si guardò intorno e notò che nessun altro si lamentava del caldo oltre a loro, così consigliò:
- Probabilmente è normale, quindi non facciamone una novità se qualcuno dovesse parlarne con noi.-
L’altro annuì, convinto da quell’osservazione.
Tutti e due cominciarono a camminare in una direzione, poi si avvicinarono ad un alieno che stava fermo sul marciapiede, come per voler attraversare la strada. Pur di confondersi il più possibile, i gemelli si piazzarono dietro di lui per attraversare la strada a loro volta al momento giusto; e così fu. Giunti dall’altra parte, iniziarono la loro passeggiata lungo il grande viale che avevano imboccato di fronte a loro.
- Hai notato la scarsa differenza tra maschi e femmine?- fece Bill, senza farsi sentire troppo.
Il fratello diede una rapida occhiata in giro e confermò:
- Sì, ciò che li rende diversi sono solo i lineamenti del viso e il seno. Piuttosto, vedo che alcuni hanno la pelle come la nostra, mentre altri ce l’hanno verdognola.-
- Già, è vero.-
A poco a poco e con discrezione, i Kaulitz osservarono gli Alieni. Essi si comportavano come gli umanoidi o i terrestri, indaffarati nella loro routine. Probabilmente, però, era solo apparenza, anche se per il momento non era quella la questione più importante. La cosa migliore era passare inosservati. Tom sorrise, dicendo:
- Nessuno pare guardarci con sospetto … La trasformazione funziona!-
- Ciò mi rende molto più tranquillo.- aggiunse il gemello, soddisfatto. - Anche se … hai visto come questo posto sia così monotono?-
- Hai ragione. Su questo gli Alieni sono molto differenti rispetto a noi.-
Dopo neanche aver camminato molto, Bill avvertì un forte urto al braccio e un improvviso movimento dell’aria gli mosse i capelli. Un giovane alieno gli era passato vicino correndo e si era scontrato con il cantante.
- Attento!- esclamò istintivamente quest’ultimo.
L’altro si voltò distrattamente senza aggiungere nulla, per poi proseguire la sua corsa. Il ragazzo si lamentò con il fratello, ricomponendosi dallo scontro:
- Flo non ci aveva informato sulla maleducazione della popolazione locale!-
- Aspetta, guarda laggiù.- lo interruppe Tom. - Hai visto quanta gente?-
Al fondo di una via laterale i due notarono una gran folla e, presi dalla curiosità, si avvicinarono.
Non pareva molto il caso di entrare in quel cumulo di gente chiedendo permesso ripetutamente. Sarebbe potuto essere un comportamento al di fuori della norma in quel mondo, bisognava non dare nell’occhio. Così i gemelli si limitarono ad alzarsi sulle punte, nel tentativo di scorgere qualcosa di interessante.
- Dev’essere qualcosa di importante, se ci sono tutte queste persone.- commentò Bill.
I due si resero presto conto che non sarebbero andati molto lontano con le indagini se non avessero avuto la faccia tosta di chiedere che cosa stava accadendo. Magari quella era l’occasione d’oro che non potevano farsi sfuggire.
Con questo pensiero, Tom e Bill si guardarono con ansia. Il primo tirò un bel respiro e alla fine si decise. Dopo un rapido sguardo in giro, vide un’aliena non molto giovane dall’aria … normale.
Perché tanta agitazione? Era solo una semplice informazione, in fondo!
Tom fece qualche passo verso di lei con convinzione, per infondere coraggio a se stesso, poi fece:
- Chiedo scusa, cosa sta succedendo?-
Questa si voltò, stranita. A quell’occhiata, il ragazzo subito si pentì della domanda: avrebbe fatto insospettire quell’aliena!
Fortunatamente, dopo un attimo di esitazione, lei rispose solamente:
- Il re sta per passare!-
Tom, sollevato, ringraziò e si allontanò. Quel gesto non gli era costato poi molto, ma quella signora gli lanciò comunque uno sguardo interrogativo. Non era tanto per la domanda, quanto per l’insistenza nel ringraziare, che nella dimensione aliena non era normalissima.
Bill vide ritornare il fratello, che sospirò pensando che sarebbe potuta andare peggio, poi guardò di nuovo in avanti verso la folla.
- Molto interessante … - osservò, serio. - Finalmente potremo vedere Kronos dal vivo.-
Kronos era nientemeno che il sovrano assoluto degli Alieni, un monarca particolarmente carismatico. Sembrava essere fatto apposta per quel ruolo, aveva detto Flammar ai ragazzi prima di partire, peccato che non fosse proprio un benefattore. Kronos aveva un lato egoistico che si notava facilmente; bastava non farsi incantare dai suoi solenni discorsi pronunciati con voce soave.
Ricordandosi di questi preziosi avvertimenti, i gemelli si sentirono ancora più curiosi e non sopportarono più il fatto di non riuscire a vedere la strada. Bill notò che tra la gente c’era uno spazio vuoto e se si fosse infilato con suo fratello, sarebbero potuti arrivare in seconda fila.
- Vieni!- fece il cantante, trascinando Tom per un braccio.
Facendosi largo, i gemelli giunsero ad un punto da cui finalmente videro il luogo dell’imminente passaggio del re. Di fronte a loro c’era una piccola piazza, attorno alla quale uno stuolo di alieni si preparava ad accogliere il sovrano, che sarebbe arrivato da una via laterale. Dopo essersi scambiati uno sguardo d’intesa, i Kaulitz attesero in silenzio nel brusio generale della folla.
Dopo alcuni minuti, si udì un frastuono lontano, che si fece man mano più forte. Kronos stava arrivando. Ben presto anche gli alieni che i gemelli avevano intorno cominciarono a gridare in nome del re. Per non dare nell’occhio, i due applaudirono insieme agli altri, anche se non erano molto convinti.
Infine, eccolo lì. Kronos procedeva su un veicolo volante simile a quelli che Bill e Tom avevano già visto, circondato da altri uguali su cui stavano quelli che presumibilmente erano i suoi consiglieri o le sue guardie del corpo. Gli occhi di tutti erano sul sovrano: un alieno alto, ma non così giovane, dalla pelle verdastra e la corporatura esile; indossava una veste nera e oro con tanto di mantello. In testa portava una vistosa corona che a prima vista doveva essere di piombo o di rame, visto il colore. Kronos salutava pacatamente, senza scomporsi troppo. Restava con la schiena ben dritta e sfoderava un sorriso sobrio, già visto sulle facce dei più temibili dittatori della storia. Pareva proprio sicuro di sé e più la gente lo acclamava, più lui sembrava a suo agio.
I gemelli lo fissarono con curiosità, cercando di farsi un’idea chiara alla prima occhiata. Vedevano un’aura misteriosa e oscura intorno a lui e ciò li inquietò molto. Il re si fermò al centro della piazza ed attese che il pubblico smettesse di applaudire per poter cominciare il suo discorso. Quando finalmente calò il silenzio, Tom e Bill deglutirono con impazienza e si scambiarono un rapido sguardo d’intesa.
Sì, era quello il loro uomo - o per meglio dire, il loro alieno.
 
 
 
*

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Axel ***


Decimo capitolo
Axel

 


 
- Miei fedeli sudditi … io vi benedico e vi auguro tanta felicità!-
A quelle parole così positive, il pubblico non poté che reagire con un fortissimo applauso, talmente coinvolgente che persino i gemelli sentirono l’impulso di battere le mani. Poco sicuri, però, smisero un po’ prima degli altri. Non dovevano lasciarsi ammaliare troppo dal carisma del sovrano.
Quando tornò il silenzio, Kronos proseguì:
- Vengo tra voi per darvi delle bellissime notizie. Il nostro mondo sta fiorendo e diventando sempre più forte. Questo è solo grazie a voi, i miei cari Alieni!-
Come pensavano, Bill e Tom sentirono che la voce del re era forte e ferma ed effettivamente metteva voglia di drizzarsi sulla schiena per ascoltarla meglio. Infatti, contagiati dalla sicurezza manifestata da Kronos, tutti gli Alieni alzarono un boato come per ringraziare il cielo di avere uno come lui al loro comando. I Kaulitz non poterono fare a meno di pensare che erano tutti dei poveri ciechi, nonché degli irrecuperabili sordi.
- Insieme andremo avanti con i nostri piani di conquista.- andò avanti il sovrano, muovendosi per guardare in faccia tutti quanti, uno per uno. - Sapete tutti di certo che, dopo alcuni spiacevoli eventi accaduti di recente, la dimensione degli Umanoidi ci ha dichiarato guerra … ma noi saremo pronti a difenderci con tutti i mezzi!-
Che Kronos fosse un poco di buono, Tom e Bill l’avevano intuito … ma mentire così spudoratamente! I due si scambiarono degli sguardi al limite dello stupore. Intanto Kronos continuò, più convinto di prima:
- Abbiamo il nostro mondo, le nostre famiglie, la nostra dignità da proteggere. Perciò vi dico, miei sudditi, di unirvi e di restare con me nell’affrontare questa nuova sfida. Io saprò condurvi alla pace e alla serenità, se lo vorrete, e in cambio non chiederò nulla se non la vostra fedeltà e la vostra devozione!-
Il re disse le ultime parole con un pugno alzato. In risposta, tutto il pubblico applaudì nuovamente e fece un gran chiasso. Il discorso era finito e Kronos se ne andò così com’era arrivato, ringraziando con la mano.
I gemelli sgusciarono lentamente fuori da quella grande folla e corsero via per non farsi vedere dai curiosi, oltre che per non sentire tutti i commenti che serpeggiavano tra la gente. Scelsero una via secondaria in cui non c’era nessuno, poi si fermarono.
- Hai sentito, Bill?- esclamò Tom, stupefatto come il fratello. - Quello è pazzo! Ha detto che sono stati gli Umanoidi ad attaccare, mentre non è così!-
Avevano appena fatto un’importante scoperta: gli Alieni non erano al corrente della reale situazione; la verità era stata loro oscurata a causa di un tiranno e dei suoi scrupoli personali. Il cantante annuì alle osservazioni del gemello, incrociò le braccia al petto ed aggiunse:
- E’ capace di incantare chiunque con quei suoi gran discorsi, Flo ce ne aveva parlato … ma noi sappiamo che Kronos non è affatto un sovrano che si rispetti.-
- Non possiamo permettere che continui ad imbrogliare il suo popolo in questo modo!- proseguì ancora Tom con indignazione.
Bill reagì con più calma, anche se era ugualmente irritato dalla faccenda:
- Hai ragione, ma soprattutto dobbiamo scoprire se sta architettando qualcosa di cui il popolo alieno non è a conoscenza. Non che dia la cosa per scontato, ma sono piuttosto sicuro che Kronos non abbia molta intenzione di arrivare ad una pace.-
- Già, ha l’aria di essere lui il responsabile di tutto quanto … - sentenziò il fratello, appoggiandosi a un muro con aria pensierosa. - E non penso di sbagliarmi.-
L’altro rimase silenzioso, condividendo in pieno l’opinione di Tom.
 
Occupati a pensare all’accaduto, i gemelli videro un po’ tardi che si era fatto buio. Avevano camminato a lungo, riflettendo e scambiandosi opinioni sugli eventi passati.
- Dovremmo cercare un posto dove stabilirci nei prossimi giorni. Non sappiamo per quanto ne avremo.- suggerì Tom.
Bill concordò con un cenno della testa ed iniziò a guardarsi intorno. Non c’era quasi più nessuno per strada; forse erano finiti in un quartiere di periferia, poco abitato.
Dall’altra parte della strada, però, i due scorsero un grosso cartello sotto cui c’era l’ingresso ad un bar. Era ancora aperto, lo si poteva notare dalle luci accese. In un angolo dell’insegna si diceva che nello stesso edificio era possibile prendere delle stanze al piano di sopra e Bill convinse il fratello ad approfittarne:
- Potremmo chiedere laggiù!-
- Sì … sì, si può fare.- fece il chitarrista, accostando una mano alla fronte per vedere meglio il posto. - Dopotutto, non abbiamo molte alternative.-
I due cominciarono a camminare verso quel luogo, ma intanto il cantante soffermò il suo sguardo su Tom. Quest’ultimo pareva preoccupato; era troppo facile per Bill capirlo. La frase che aveva appena detto trapelava una certa ansia.
- Tutto ok?- chiese Bill, sapendo già la risposta.
L’altro, infatti, si morse un labbro prima di parlare. Guardò il gemello negli occhi per un attimo e solo dopo confessò:
- Non sono sicuro di riuscire a rimanere tranquillo.-
- Lo so.- disse il fratello, fermandosi ed invitandolo a guardarlo negli occhi. - So bene che non ti piace mentire e nemmeno fingere di essere qualcuno che non sei. Neanch’io lo trovo facile … ma dobbiamo tentare. Dobbiamo arrivare fino in fondo, non ci possiamo arrendere.-
Tom annuì prima lentamente, poi sempre più convinto, ripensando alle parole di Bill.
- Hai ragione. Non possiamo permetterci troppe esitazioni. Andiamo, diamoci dentro!-
Con un sorriso reciproco, i Kaulitz fecero un respiro profondo e spinsero la porta di vetro del locale.
Tutto sommato, non c’era quasi nulla di diverso dai soliti bar in cui ogni tanto Bill e Tom andavano a prendere da bere. Per via dell’orario, non c’era quasi nessuno e la barista stava riordinando il bancone. Vedendo arrivare i nuovi clienti, alzò una mano in cenno di saluto:
- ‘Sera!-
I due fratelli ricambiarono allo stesso modo, restando silenziosi e sorridendo appena. Andando verso il banco, un pensiero trapassò le menti di tutti e due: se volevano cavarsela, dovevano avere anche il coraggio di osare.
L’aliena che avevano salutato, biondiccia e dalla pelle verde scura, passò un panno sul bancone di fronte a loro e chiese:
- Cosa prendete?-
- Io, niente … - rispose Tom, accomodandosi su uno sgabello con tutta la nonchalance possibile.
Bill, invece, ordinò un drink e disse alla barista di fargliene uno a piacere. Quando l’ebbe in mano, si sedette vicino al fratello e mentre buttava giù il primo sorso, gli lanciò uno sguardo come per assicurargli che sarebbe andato tutto bene.
Il chitarrista osservò l’aliena. Se avesse avuto dei canoni fisici umani, non sarebbe stata niente male. Come poteva mettere a tacere il suo spirito corteggiatore? Seguì il consiglio che Bill pareva dargli e si fece avanti:
- Anzi, ho cambiato idea … Perché non mi offri qualcosa di personale?-
Dapprima, sotto lo sguardo sornione del ragazzo, lei sbatté le palpebre stupita. Subito dopo, però, rise.
- Se cerchi un’avventura facile e breve, hai sbagliato persona!- ribatté, iniziando a strofinare un bicchiere. - E poi non me la filo con quelli come te.-
Bill posò il bicchiere con sospetto. Quella ragazza li stava scambiando per qualcuno, per una categoria di persone in particolare … ma chi?
- Quelli come me?- ripeté Tom, ponendosi la stessa domanda.
La barista diede loro la conferma e la copertura perfetta che cercavano:
- Siete dell’esercito, vero?-
Il cantante finì il suo drink e lanciò una velocissima occhiata d’intesa al gemello, che sfruttò la situazione:
- Cosa vorresti dire? Che noi dell’esercito non sappiamo divertirci?-
A quella provocazione, l’aliena continuò a lavorare senza scomporsi.
- Ne ho conosciuti alcuni, sicuramente giovani matricole come voi … e sono così noiosi! Tutte quelle esercitazioni devono essere frustranti!-
- Il nostro è un lavoro rispettabilissimo.- fece Bill con l’eleganza che solo lui aveva. - Non vedo che cosa ci sia di noioso.-
- Non è certo tra quei molti lavori che preferisco al mio.-
Era spigliata, quella ragazza, e i gemelli trovarono ideale proseguire su quel discorso per consolidare il loro ruolo ed eliminare i possibili sospetti. Siccome lei non demordeva, anche i Kaulitz continuarono a mantenere la loro posizione, anche se finta.
Tom ebbe un’illuminazione. Se a tutto ciò si aggiungeva l’odio che probabilmente gli Alieni nutrivano per il nemico, era fatta. Nessuno avrebbe pensato che lui e suo fratello fossero umani in incognito.
Intenzionato a sedersi ad un tavolo insieme a Bill, si alzò e disse, sistemandosi la maglietta un po’ sgualcita:
- Ad ogni modo, bellezza, con il nostro lavoro abbiamo la possibilità di distinguerci, oltre che ovviamente combattere in prima linea per toglierci finalmente gli Umanoidi dai piedi.-
- Sì, sono d’accordo.- aggiunse Bill, che aveva capito l’antifona. - Ci mancavano solo loro!-
- Non vedo l’ora di farne fuori uno con le mie stesse mani!- rincarò la dose Tom, fingendo una risatina sadica.
A questa risata ne rispose un’altra, proveniente dall’altra parte del locale, molto più vera ed ironica della sua. I gemelli si voltarono, stupiti.
Un alieno dalla pelle grigia simile alla loro si stava alzando dal tavolo a cui era seduto prima. Era quasi calvo, ma aveva una fila di capelli corti al centro del cranio che proseguivano dietro fino al collo. Aveva un tatuaggio sullo zigomo, un fulmine rosso che gli percorreva tutta la parte sinistra del viso. Si avvicinò a Tom e Bill con un’aria di superiorità che a loro non piacque.
- Fate presto a parlare.- rise ancora quello. - Sempre sul piedistallo, i militari, come se una divisa vi rendesse i padroni della guerra che è appena scoppiata. Non sapete nemmeno per che cosa state per combattere!-
Un po’ perché quel tizio pareva antipatico, un po’ perché dovevano consolidare la loro copertura, i Kaulitz lo guardarono storto. Bill andò leggermente verso di lui, rispondendogli:
- Come ti permetti? A Kronos non farebbe piacere ascoltare le tue parole. Evidentemente non sei dalla sua e dalla nostra parte!-
- A Kronos non farebbe piacere ascoltare nessuno in generale. Quello che dice lui è legge. E voi lo prendete alla lettera, vero? Non avete capito niente, allora, di quello che sta veramente succedendo. Kronos vi sta manipolando con le sue idiozie!-
Per un momento, Bill e Tom non seppero proferir parola. Avevano davanti un giovane intelligente che la pensava proprio come loro, che aveva capito la pericolosità di un bugiardo tiranno come Kronos e che aveva probabilmente anche intenzione di partecipare alla guerra per motivi più nobili e seri.
Quel giovane alieno sarebbe potuto diventare un alleato perfetto … se solo i gemelli non dovessero mantenere l’incognito! Dovevano modificare leggermente la loro posizione.
- Hai ragione.-
Tom si voltò di scatto verso il gemello. Lo fulminò con lo sguardo: aveva parlato troppo presto! Se cambiava idea in maniera così improvvisa, avrebbe suscitato subito dei sospetti.
Bill pareva esserne consapevole, ma continuò comunque:
- Kronos è un egoista ed è vero che fa quello che fa solo per se stesso. A dire la verità, io e mio fratello non avremmo mai pensato di arruolarci … ma noi e Kronos abbiamo un nemico comune e l’unico modo per sbarazzarcene è schierarci dalla stessa parte.-
Dapprima l’alieno sconosciuto guardò Bill con perplessità, poi comprese meglio il suo pensiero e si fece serio. Non disse nulla e Tom ne approfittò per sostenere l’opinione del fratello.
- Il nostro sovrano ha molto potere … - proseguì. - E anche se l’idea non ci entusiasma, ci metteremo volentieri al suo servizio. Ma sia chiaro che lo facciamo soltanto per noi stessi! Nutriamo un grande odio nei confronti degli Umanoidi; ci hanno attaccato, privandoci della nostra dignità. Devono pagare!-
Man mano che parlavano, i Kaulitz delinearono il loro nuovo pensiero. Non erano né dalla parte di Kronos, né completamente dalla parte di quell’alieno ribelle. Bill aveva velocemente ricorso ad una via di mezzo e questa strategia si rivelò efficace.
Difatti, il loro coetaneo alieno parve prenderli più seriamente e chiese loro:
- Quindi non siete intenzionati a combattere solo per puro senso del dovere, ma perché volete davvero annientare il nemico?-
I due fratelli annuirono insieme, fissando l’alieno negli occhi con la speranza di convincerlo. A quel punto, egli distolse lo sguardo come per riflettere ed infine cambiò espressione.
- Mi chiamo Axel.- disse, tendendo una mano verso Bill ed indicando se stesso con l’altra.
Sorpresi di averlo convinto così in fretta, i Kaulitz gli strinsero la mano con un lieve sorriso.
- Io sono Bill e lui è Tom. Come puoi vedere, condividiamo le stesse idee.-
- Già.- fece Axel, ricambiando il sorriso. - Immagino che anche voi abbiate il desiderio di cambiare le cose.-
Tom ribadì, strizzando l’occhio:
- Hai fatto centro!-
Axel tornò ad assumere un’espressione seria ed esordì:
- Siccome la pensiamo allo stesso modo, vi dico che in realtà l’arruolamento nell’esercito non vi porterebbe a grandi risultati … Avete mai sentito parlare dell’Armata di Halidan?-
Stupiti, Tom e Bill scossero il capo, ma sentendo quel nome già conosciuto ebbero la sensazione che si trattasse di qualcosa di importante.
- E’ un’organizzazione formata da tanti altri alieni che vogliono attivarsi nella guerra appena iniziata.- spiegò l’altro. - Sapete, Kronos ha in mente chissà quali macchinazioni e non ha pensato a rendere davvero efficienti le forze armate. Noi dell’Armata di Halidan, invece, ci stiamo organizzando come si deve. Cosa ne dite … vi unireste a noi?-
I gemelli si scambiarono un’occhiata di piena soddisfazione. Era quella, l’infiltrazione perfetta che cercavano.
- Certamente!-
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Nuovi ruoli ***


Undicesimo capitolo
Nuovi ruoli
 
 
Tom si distese con disinvoltura sul primo letto che gli capitò davanti.
- Ah, penso di essere esausto!- sospirò.
Il gemello, intanto, si guardò attorno ed osservò la stanza che Axel si era gentilmente offerto di affittare per i Kaulitz. Non era nulla di speciale, ma era adatta ad una buona dormita. Bill sorrise e si sedette sull’altro letto:
- Ci pensi, Tom? Abbiamo l’alibi perfetto!-
- Un’organizzazione di giovani ribelli che vogliono combattere, ma senza Kronos. Non potevamo chiedere di meglio!- esclamò l’altro. - Siamo stati fortunati … -
- Già, e domani, quando rivedremo Axel, dobbiamo per forza ottenere altre informazioni. Sono sicuro che lui non se la prenderà troppo, se gli facciamo un po’ di domande.- concluse il cantante.
Il fratello annuì, siccome era d’accordo, poi si mise a sedere e si stiracchiò. Avvertì tutti i muscoli indolenziti rilassarsi, dopo aver vissuto lunghi momenti di tensione.
- Finalmente un attimo di pace.- disse. - Bill, secondo te la nostra trasformazione in alieni durerà ancora per molto?-
Bill, prima di rispondere, diede un’occhiata al suo nuovo corpo. Aveva sempre la pelle grigia, le mani un po’ strane, gli occhi grandi e le labbra sottili. Pareva tutto a posto. Infatti, fece con tranquillità:
- Spero di sì, ma credo che non ci sia bisogno di preoccuparsi. Non sento nulla di strano … -
Tom sembrò convincersi e rivolse al gemello un’espressione fiduciosa; tuttavia aggiunse:
- Mmh, ad ogni modo non possiamo sapere quando torneremo ad avere il nostro solito aspetto. Ci conviene comunque agire in fretta. Domani ci metteremo all’opera!-
Il cantante sorrise lievemente per far intendere che concordava con lui. Si stiracchiò a sua volta, facendo scivolare via la pesantezza della giornata, infine si alzò e con un sospiro cominciò a camminare verso la finestra. Il suo sguardo si incupì. Aveva nostalgia di casa? Era in ansia per la buona riuscita della loro missione? No, Bill pensava ad altro.
- Ti manca Romy, vero?- chiese subito il fratello, che come sempre aveva letto nei pensieri di Bill.
Quest’ultimo fece lentamente sì con la testa ed incrociò le braccia al petto.
- Chissà se si sta riprendendo … e se le manco anch’io … -
Il chitarrista si avvicinò per rassicurarlo:
- Tranquillo, quella ragazza è forte e ce la farà. Scommetto anche che le manchi da morire!-
- Uhm … - mugugnò l’altro. - E se invece ce l’avesse ancora con me? Dopotutto mi sono comportato da vero idiota … -
A Tom non piaceva vedere suo fratello giù di morale ed avrebbe voluto dirgli semplicemente che Romy l’avrebbe perdonato perché lo amava alla follia, ma in verità la pensava in un altro modo.
- Ascolta. Forse è vero che il tuo comportamento non è stato carino … ma non devi essere così duro con te stesso solo per questo.- esordì Tom, mettendogli una mano sulla spalla.
- Tu dici?-
- Lo dico. Pensaci bene: nemmeno Romy è stata carina con te. Si è arrabbiata troppo e ti ha fatto sentire in colpa in maniera eccessiva. Diciamo che ha calcato troppo la mano, o perlomeno, questo è il mio parere.-
Bill fece una smorfia pensierosa e dopo averci riflettuto per un momento disse:
- Forse hai ragione. Effettivamente non mi aspettavo proprio che reagisse così … -
- Era irriconoscibile!- fece ancora Tom, ripensando con angoscia alla sfuriata dell’amica.
Il gemello si appoggiò alla finestra con la fronte e sospirò nuovamente.
- In ogni caso … mi manca tantissimo.- mormorò, quasi a se stesso.
Tom diede una pacca affettuosa sulla sua schiena, tranquillizzandolo con il pensiero, dopodiché tornò verso il suo letto, intenzionato ad addormentarsi velocemente. Bill, invece, restò accanto alla finestra ancora per un po’, immobile e silenzioso, con gli occhi persi nel cielo notturno e la mente persa in mille pensieri.
Era stata una giornata piena di emozioni … eppure quello era solo l’inizio.
 
Uno sbadiglio lo sorprese. Come poteva sbadigliare in un momento del genere?
- Georg!- fece il biondino con una leggera gomitata verso l’amico, discretamente come al solito.
Quello si scusò con lo sguardo, mentre Flammar si voltò verso di loro. Perplesso, chiese:
- Qualcosa non va?-
- No, va tutto bene!- sorrise Georg. - Siamo pronti.-
Sorridendo a sua volta, il leader degli Umanoidi aprì il grosso portone ed invitò i due musicisti ad uscire con lui dal suo enorme palazzo. Erano diretti poco lontano, al laboratorio di ricerca dove i migliori scienziati della dimensione stavano ancora lavorando ai resti dell’astronave aliena.
Dopo qualche attimo, si avvicinarono un paio di robot in divisa.
- Buongiorno, capo.- salutò uno di loro, chinando leggermente la testa.
- Ciao, ragazzi. Questi sono Gustav e Georg e per un po’ lavoreranno con voi nei turni di guardia.- disse Flammar, mentre gli umanoidi stringevano loro le mani con fare cordiale.
- Sarà un vero piacere!- ammiccò poi Gustav.
Tutti ripresero a camminare verso la destinazione prevista per quella mattinata; intanto il leader spiegò:
- Georg, Gustav, presto conoscerete altri loro colleghi. Sono tutte persone fidate e preparate e fanno parte del corpo di sicurezza speciale che è nato negli ultimi tempi.-
- Sembra interessante … - commentò il bassista, stiracchiandosi.
L’amico gli lanciò un’occhiataccia. Possibile che Georg non riuscisse a comportarsi con la dovuta serietà?
- Che c’è?- disse ancora l’altro per giustificarsi. - Ci siamo svegliati presto!-
Flammar iniziò a capire e ridacchiò:
- Lo so, ragazzi, ma i turni di guardia cominciano di buonora. Più tardi avrete tutto il tempo di rilassarvi e magari fare un’abbondante colazione.-
- Grazie mille!- esclamò Georg, ritrovando un po’ di compostezza.
- Vi stavo parlando del nostro corpo di sicurezza … - riprese Flo, che camminava in testa al gruppetto. - Quello di cui si occupa, quindi ciò di cui vi occuperete anche voi, non è solo il mantenimento dell’ordine pubblico con particolare attenzione a questa zona, ma anche il raccoglimento e il trasferimento di informazioni da un posto all’altro. Si tratta di luoghi importanti come la sede governativa, cioè il mio palazzo, ma anche la Fabbrica Automatica e il laboratorio scientifico in cui siamo diretti.-
Gustav annuì:
- Capisco … Quindi sarà principalmente questo il nostro compito? Mi sembra piuttosto importante.-
- Hai detto bene! Ma non preoccuparti, i vostri nuovi colleghi vi metteranno subito a vostro agio e presto saprete come muovervi.- sentenziò il leader, fiducioso.
- Una cosa è certa: faremo del nostro meglio!-
Georg non si sentì obbligato ad aggiungere altro; del resto concordava in pieno con l’amico e anche i due robot parvero essere della stessa opinione.
Imboccando una via laterale, Gustav e Georg notarono subito il centro di ricerca. Era un edificio perfettamente cubico, abbastanza isolato dalle altre strutture, attorniato da una grande piattaforma di cemento e una rete metallica. Flammar si diresse senza esitazione verso una porta di ferro e vi fece passare prima gli altri, permettendo loro di attraversare la rete, dopodiché se la richiuse alle spalle ed esordì:
- Eccoci arrivati. Holly dovrebbe essere qui da un pezzo, ormai … -
Infatti la piccola libellula li accolse all’entrata e con la solita allegria li guidò all’interno dell’edificio. Dovunque si girassero, Gustav e Georg vedevano umanoidi in camice andare a destra e a manca, impegnati in chissà quali attività. Affascinati da quell’ambiente, i due sorrisero e si scambiarono uno sguardo di reciproca curiosità.
- Ci siamo!- esclamò Holly, svolazzando e svoltando nell’ennesimo corridoio. - I resti della navicella aliena sono stati trasportati ed analizzati in quel salone laggiù.-
Flo annuì ed oltrepassò due porte di vetro scorrevoli, seguito dai robot del corpo di guardia e dai due musicisti. Al centro di quello che sembrava quasi un garage, stava l’astronave aliena ancora ammaccata, anche se alcune sue parti erano state smontate. Tutto intorno, piccole squadre di umanoidi analizzavano dei pezzi di essa o archiviavano dei dati.
- Complimenti per l’organizzazione!- commentò ammirato Georg.
Il leader ringraziò:
- Modestamente abbiamo fatto progressi … Allora, Holly, che novità abbiamo oggi?-
Prendendo improvvisamente una direzione, la libellula rispose:
- Non troppe, Flo. C’è ancora un bel po’ da fare … ma abbiamo raccolto qualche informazione interessante sull’arma ritrovata a bordo della navicella.-
- Ah sì, ne avevamo parlato!- disse Gustav, incuriosito.
Holly si appoggiò su un tavolo, accanto a degli appunti. Lì vicino, un umanoide con gli occhiali rivolse un pacato sorriso al leader e agli altri:
- Salve, capo! Vi metto subito al corrente di quello che abbiamo scoperto … -
- Di’ pure … Oh, ma è quella l’arma?- domandò Flo, indicando la pistola rinchiusa in una piccola teca di vetro.
Il robot annuì, afferrando alcuni documenti, poi cominciò a spiegare.
- Dalle analisi sono emerse delle informazioni piuttosto interessanti. Vedete quella sostanza blu all’interno della carica?-
Fintanto che parlava, Georg e Gustav avevano circondato la teca di vetro e stavano osservando con estrema curiosità lo strano liquido azzurrognolo che pareva pulsare dentro la carica della pistola.
- Si tratta di piombo liquido.- proseguì lo scienziato, attentamente ascoltato dal leader. - E’ stato sottoposto ad alcuni trattamenti in laboratorio, prima di essere utilizzato come munizione, ma siamo sicuri che in fondo sia semplice piombo. Ogni volta che si spara, la pistola accumula una piccola quantità di piombo liquido e la espelle a velocità folle, proprio come se si trattasse di un proiettile.-
Flammar annuì, serissimo. Allo stesso tempo, anche gli umanoidi della guardia si erano uniti a Gustav e Georg per vedere l’arma da vicino. Uno di loro chiese:
- Cosa succede se si viene colpiti da questa strana sostanza?-
- Beh, gli effetti sono quelli che il capo ha potuto vedere sulla nostra erede, Romy. Grazie al trattamento subìto in laboratorio, il piombo ha aumentato la sua azione nociva ed è in grado di refrigerare immediatamente gli organi interni della vittima; inoltre può provocare gravissimi danni al sistema nervoso e portare perciò alla morte.-
- Se non fossi intervenuta iniettandole del veleno in corpo, Romy non sarebbe sopravvissuta.- rifletté quindi la libellula, che non si era mossa da dove si trovava.
L’umanoide con gli occhiali aggiunse, rivolgendosi direttamente a lei:
- Già, fortunatamente il tuo veleno ha bloccato l’azione del piombo refrigerante. Ciò mi induce a pensare che il tuo veleno sia un composto a base di acido, giusto?-
- Sì, in effetti si tratta di un acido corrosivo e ustionante.- rispose Flammar per lei. - Grazie alle modifiche genetiche che le ho apportato, Holly riesce ad emettere questo acido, molto simile all’acido nitrico, per intenderci.-
- Molto bene.-
Detto questo, lo scienziato si rivolse ad altri robot in camice per alcune delucidazioni, ma non fu sentito da Flammar e gli altri. Georg, intanto, commentò:
- E’ un’arma micidiale. Se si viene colpiti anche solo di striscio, non c’è scampo.-
L’amico biondo concordò con un cenno della testa, visibilmente serio e preoccupato.
Lo scienziato tornò a parlare con il leader:
- Capo, avremmo una richiesta da farle.-
- Prego.- lo incitò lui.
- Vede, dal momento che Holly possiede dentro di sé qualcosa che può contrastare l’azione di queste pericolosissime armi … - esordì l’umanoide, togliendosi gli occhiali. - Ecco, speravamo che la nostra mascotte restasse a nostra disposizione per alcuni esami. Ovviamente ci preoccuperemo personalmente della salute di Holly, nonostante i trattamenti.-
Flo ripeté la questione per essere sicuro di aver capito:
- In pratica, volete sottoporre la mia libellula a degli esperimenti?-
- Detto in parole povere, direi di sì.- confermò il robot.
Holly aveva sentito tutto e dopo essersi sentita lusingata per il fatto che Flammar avesse detto “la mia libellula”, attese la risposta del suo leader.
- Beh, se mi garantite che non sono esperimenti rischiosi per la sua salute e che possono aiutarci nella guerra contro gli Alieni … non posso certo dissentire.- fece Flo.
Gustav andò verso Holly e le chiese:
- E tu che ne dici? Te la senti?-
- Che domande!- esclamò lei con un sorriso. - Certo che me la sento! Non vedevo l’ora di rendermi davvero utile!-
- Io ti ho sempre considerata preziosa, lo sai, amica mia.- le disse Flammar, facendola arrossire, per quel poco che poteva nel suo minuscolo viso da insetto.
L’umanoide sentenziò, soddisfatto:
- Allora siamo d’accordo. Cominceremo domani con le nuove analisi, insieme a Holly. Per il momento, non ho molto altro da aggiungere … -
Flo e gli altri ringraziarono il robot per la disponibilità e si diressero poi fuori dal salone per permettere agli umanoidi di lavorare. Ad un certo punto, il leader si fermò nel corridoio e si rivolse ai due musicisti:
- Ora devo tornare al mio palazzo per riprendere il mio lavoro. Seguite i vostri nuovi colleghi del corpo di guardia e andrà tutto alla grande!-
Dopo aver ricevuto un ok, Flo si congedò e si diresse verso l’uscita dell’edificio. Mentre seguivano gli altri due robot in cerca di altre informazioni da trasferire in altri luoghi, Georg sospirò e scambiò due parole di nostalgia con Gustav.
- Un gran bel da fare, vero amico?-
- Già … Mi chiedo se anche Bill e Tom siano così impegnati nella dimensione aliena.-
- Spero che se la passino bene e che siano riusciti a combinare qualcosa.-
- Di sicuro ce la stanno mettendo tutta.-
- Puoi dirlo forte … Non li ferma nessuno, quei due!-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*




Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Una verità incompleta ***


*


Dodicesimo capitolo

Una verità incompleta
 


 
La mattina seguente, Axel guidò i gemelli fino ad un edificio abbandonato e isolato, che all’esterno pareva disabitato. Notandolo da lontano, Bill e Tom si erano scambiati un’occhiata d’intesa.
- Lo capirete subito, se vorrete entrare a far parte dell’Armata di Halidan.- esordì il giovane alieno, dirigendosi con sicurezza verso una vecchia porta. - Non è da tutti, sappiatelo.-
Tom deglutì. Se le cose stavano così, la loro copertura rischiava di svanire più facilmente del previsto. Bill si fece teso in faccia, pensando che sarebbe stato complicato continuare a fingere.
Prima di aprire la porta, Axel si voltò verso di loro e sorrise:
- Benvenuti nel quartier generale dell’Armata!-
Ciò che i gemelli videro era nulla di ciò che si aspettassero.
Non sembrava né il quartier generale di un’armata, né un ritrovo di giovani ribelli pronti a lottare in una guerra. La prima impressione di Tom e Bill fu quella di un semplice ritrovo tra amici.
In un enorme salone, decine e decine di giovani alieni chiacchieravano tra loro allegramente. Alcuni erano in disparte a leggere, altri intorno a un tavolo a giocare a carte o a riempirsi lo stomaco di cibo, altri ancora ridevano e scherzavano seduti su alcune panche di ferro. Non era certo il clima che si aspettavano.
- Cos’è questo posto?- si domandò Tom, stupito più che mai.
Axel iniziò a ridere, divertito dalla sua reazione, poi rispose:
- Come potete notare, non siamo il tipo di persone che pensano alla guerra ogni istante della loro vita. Siamo semplici ragazzi che condividono un unico e chiaro obiettivo, ovvero quello di vendicarci degli Umanoidi e mettere subito fine a questa storia della guerra.-
- E pensate di farlo con le armi?- fece Bill. - Non vi pare rischioso?-
L’alieno sospirò, passando una mano sulla testa quasi pelata:
- Purtroppo è l’unico modo. E poi così speriamo di dare una lezione a quel delinquente di Kronos, che pensa soltanto a se stesso.-
I tre non ebbero il tempo di fare un passo, che gran parte degli alieni presenti circondarono Axel.
- E’ tornato, il capo è tornato!-
- Axel, sei di nuovo fra noi, finalmente!-
Il ragazzo si fece largo tra la folla, salutando amichevolmente a destra e a manca.
- Deve essere lui la guida di tutti questi alieni nella ribellione … - osservò Bill, che era rimasto in disparte insieme al fratello.
Dopo aver salutato tutti, Axel indicò con una mano i gemelli, esclamando:
- Loro due sono i gemelli Bill e Tom, matricole dell’esercito. Ma da oggi si uniranno a noi nella lotta!-
Un boato pieno d’entusiasmo accolse i due musicisti, che sorrisero in maniera automatica. C’era un’atmosfera di festa lì dentro, come se ogni legame fosse speciale e prezioso. Il pensiero principale non era la guerra in sé, bensì lo scambio reciproco di forza e coraggio tra giovani che condividevano le stesse idee.
- Siete tanti!- commentò Tom, piacevolmente impressionato.
Una giovane aliena dai capelli cortissimi disse loro:
- Già, siamo tanti e tutti diversi. Anarchici, ex soldati novellini come voi, studenti, persino figli di ricchi alieni d’affari che non sopportano questo assurdo sistema. Siamo diversi, ma è questo il bello. Tutti noi abbiamo un solo desiderio, quello di cambiare le cose!-
- Sì, ben detto!- fecero in molti, concordando con lei.
- Saremo ben felici, allora, di far parte dell’Armata di Halidan!- sentenziò Bill, alzando un pugno.
Per un momento, Bill e Tom si dimenticarono della loro missione e si lasciarono trascinare dall’entusiasmo e dalla voglia di vivere che accomunavano tutti quegli alieni. Quando Tom notò che uno di loro imbracciava una chitarra, volle subito provare a suonarla e fece divertire alcuni appassionati di musica. Era entrato perfettamente in sintonia con il gruppo.
Tuttavia, anche se quei giovani alieni combattevano per una buona causa, i Kaulitz facevano parte di un altro schieramento ed avevano una missione da portare a termine.
Mentre il fratello si divertiva, consolidando il loro incognito, Bill si avvicinò ad Axel e cominciò ad indagare.
- E’ davvero bello quello che fate.- esordì, avvicinandosi. - Ma di che cosa vi occupate di preciso?-
L’alieno lo guardò sornione e, spostandosi verso un angolo più tranquillo, rispose:
- Semplice. Facciamo ciò che non sta facendo l’esercito. Ti spiego … Kronos, da grande riccone senza scrupoli che è, dà retta solo a se stesso e a mettere in azione il suo esercito non ci pensa nemmeno.-
- Figurati, troppa fatica  …!- ironizzò il cantante, roteando gli occhi.
- E quindi la guerra, se non la fa il re con il suo esercito, la facciamo noi. Chi pensi che abbia rubato e poi mandato quelle due navicelle nella dimensione nemica?-
Bill spalancò gli occhi e deglutì, ma poi si limitò a mormorare:
- Non lo sapevo … -
Quindi le due astronavi non erano state mandate da Kronos, ma avevano agito da parte dell’Armata su ordine dello stesso Axel!
Quest’ultimo si fece più serio e si appoggiò al muro.
- Tra Kronos che se ne lava le mani e quei soldati snob che pensano ad essere militari solo di nome, l’esercito alieno si sta rivelando completamente inutile. Ma ormai è già guerra aperta e se non agiamo noi dell’Armata, gli Umanoidi vinceranno.-
Bill si sedette su un lungo tavolo di legno e pensò che aveva già ottenuto delle informazioni fondamentali. Stava per porre altre domande, ma arrivò Tom:
- Come va, ragazzi? Si sta bene qui, devo ammetterlo … -
Axel si compiacque e sorrise con soddisfazione, guardandolo sedersi accanto al gemello.
- Anche se avrei qualcosa da chiederti, Axel.- continuò il chitarrista, toccandosi le treccine. - Avevo intenzione di chiedere agli altri, ma probabilmente tu sai rispondere meglio di tutti: perché è nato questo conflitto? Perché gli Umanoidi ce l’hanno con noi? È tutto così confuso … -
Il capo dell’Armata di Halidan tirò un lungo sospiro e cominciò a raccontare tutta la storia, a braccia conserte, col viso tirato.
- Gli Umanoidi, in teoria, non ci hanno ancora fatto niente. Siamo stati noi a dichiarare guerra, ma Kronos, come al solito, ha mentito al popolo alieno per mantenere il ruolo del sovrano sempre buono e giusto. Penserete che sia un po’ stupido, ma alla radice di tutto c’è una questione che risale a vent’anni fa ...-
I Kaulitz si scambiarono una velocissima occhiata. Axel stava raccontando la verità, quella verità che al re alieno faceva tanto scomodo e che corrispondeva alla versione di Flammar e Holly. Non dovevano perdersi nemmeno una virgola di quel discorso.
- Un mio lontano parente, vent’anni fa, partì per un viaggio interdimensionale e finì per innamorarsi. Indovinate di chi? Una robot. Proprio così, una giovane umanoide.-
Senza trovare le parole per commentare, Bill e Tom sbatterono più volte le palpebre e lo lasciarono proseguire, increduli.
- Quei due ragazzi erano così entusiasti dell’amore che li univa … - andò avanti Axel, con aria nostalgica. - Avevano una grande voglia di cambiare l’universo e di diffondere ovunque un messaggio di pace, attraverso la loro storia d’amore. Inizialmente fu così, infatti gli Umanoidi proposero subito di mantenere buoni rapporti con questa dimensione attraverso un’alleanza. Ciò a cui però pensavano gli Alieni era un vantaggio di altra natura: da grande popolo battagliero che siamo, i nostri predecessori decisero di accettare la proposta degli Umanoidi, solo perché le due dimensioni insieme sarebbero state invincibili di fronte alle altre esistenti nell’universo ed avrebbero di sicuro imposto il loro massimo potere.-
Stavolta Tom non si trattenne ed esclamò:
- Lo immaginavo, accidenti!-
Bill gli lanciò un’occhiataccia per rimproverarlo dell’imprudenza, ma Axel non ci badò molto e andò avanti a raccontare.
- Sfortunatamente, la pace creatasi tra le due dimensioni durò poco, perché scomparve il simbolo della loro unione. La ragazza umanoide interruppe la relazione con il mio avo alieno, perché diceva di non provare più nulla per lui. L’alieno fu così deluso e distrutto, che arrivò a suicidarsi per la disperazione.-
- Che storia triste … - fece Bill, quasi tra sé.
Axel continuò, digrignando i denti:
- Sapete qual è la cosa peggiore? Tempo dopo, si sparse la voce secondo cui la giovane umanoide si era fidanzata con un umano … che esseri immondi!-
I gemelli deglutirono e si sentirono sudare la fronte. Qualsiasi loro commento sarebbe stato fatale, poiché non erano sicuri di poter trattenere i loro veri pensieri.
- Il fatto non passò inosservato, soprattutto per noi alieni e per una persona in particolare.- fece l’altro, aggrottando la fronte. - Lui più di tutti prese questo rifiuto come un affronto, un torto che nessun alieno meritava di subire. Sto parlando del padre di quel povero alieno … -
- Aspetta, fermo un attimo! Non mi dire che …!- disse Bill, spalancando le orbite.
- Esatto. Quella persona si chiamava Halidan.- sentenziò Axel con un filo di voce.
Tom balzò giù dal tavolo, da quanto era stupito:
- Non ci posso credere! Ma allora fu Halidan, cioè il padre di quell’alieno, a scatenare tutto questo. Voleva vendicare il figlio!-
- E lo fece eccome.- sospirò il loro nuovo amico. - Insieme al sovrano di allora, organizzò l’esercito alieno con una rigorosa determinazione, riuscendo a guidare tutti i soldati e a far esplodere tutta la loro abilità. Quella sì che fu una battaglia di nome e di fatto! Peccato che restò l’unica nella storia del nostro popolo … -
Da come ne parlava Axel, i gemelli pensarono che fosse meglio non contraddirlo. Non fecero in tempo a chiedere altro, perché lui staccò la schiena dal muro e alzò un pugno, dicendo:
- Alla fine Halidan si scontrò con il leader degli Umanoidi, che però era più giovane e alla fine riuscì a vincere. Halidan giurò vendetta e adesso tocca a me portare a termine il suo progetto!-
- In pratica sei il suo erede, Axel … - fece Tom. - Ma se tutto questo è accaduto vent’anni fa, questo Halidan non è un tuo così lontano parente … -
- Già. Infatti era mio nonno.-
- Che cosa?!- esclamarono in coro i fratelli Kaulitz.
Axel divenne scuro in volto:
- Mio padre, la vittima più grande di questa spiacevole vicenda, prima di tutto ciò aveva avuto una storia con quella che poi sarebbe stata mia madre. Se non avesse incontrato quell’umanoide, non avrebbe lasciato mia madre e non avrebbe sofferto così tanto. Maledetti Umanoidi!-
- Già, sono stati egoisti!- fece Bill a malincuore, per tenere salda la copertura sua e del gemello.
Il capo dell’Armata rivolse uno sguardo pensieroso ai suoi compagni:
- Ho radunato amici e giovani alieni un po’ da ogni parte della dimensione e ho creato l’Armata di Halidan, in onore di mio nonno che non riuscì a condannare gli Umanoidi per il loro egoismo. Non solo non espressero alcun dispiacere per la storia di mio padre, ma ci annientarono senza pietà! Distrussero molti di noi e anche persone innocenti … -
- Ma anche gli Alieni uccisero molti Umanoidi, non è vero?- domandò il cantante.
- Oh sì, ma erano soltanto soldati. A differenza nostra, quegli ammassi di metallo vennero ad attaccare direttamente le nostre città e le fecero a pezzi!- rispose Axel con amarezza.
I gemelli si guardarono con perplessità. A quanto stavano sentendo, erano stati gli Umanoidi ad aver compiuto le azioni peggiori. Forse Holly e Flammar si erano sbagliati ad aver attribuito tanta cattiveria agli Alieni? Qual’era la verità?
Il capo dell’Armata di Halidan pareva aver terminato il suo racconto. I Kaulitz gli andarono vicino e gli chiesero se Kronos sapeva di tutto questo. Dopotutto doveva per forza conoscere la verità, visto che l’aveva nascosta con tanta abilità all’intera dimensione.
- Sì, ho chiesto udienza al re e gli ho parlato della storia di mio padre e di mio nonno Halidan.- spiegò l’alieno. - Vista la crisi che stiamo vivendo noi Alieni e il progresso che invece ha avuto la dimensione Umanoide negli ultimi tempi, ho colto l’occasione e ho pregato Kronos di collaborare nella mia vendetta. Ha accettato, ma … -
- Ma …?- fece Tom, perplesso.
Axel scosse il capo e si lamentò:
- Credo che quello lì abbia altri progetti. Non ha fatto nulla per aiutarmi, eppure dovrebbe essere anche nei suoi interessi!-
- E’ per questo che stai facendo tutto da solo, giusto?- disse Bill, ricevendo una conferma.
Il ragazzo rivolse un’occhiata dispiaciuta ai due e disse di doversi occupare di alcune faccende insieme ad altri giovani dell’Armata, così lasciò i due con i loro dubbi.
Tom incrociò le braccia al petto e con una smorfia esordì:
- Beh, fratellino, adesso sappiamo chi vuole la guerra e perché … eppure sento che non è ancora tutto.-
- Già … C’è qualcosa di strano.- aggiunse l’altro. - Questo vecchio conto in sospeso sarebbe un pretesto perfetto per combattere contro gli Umanoidi, ma Kronos non sta muovendo un dito.-
Il gemello sospirò con disappunto. Pensieroso, si voltò ad osservare Axel e gli altri membri dell’Armata, giovani ribelli dalla voglia di cambiare il sistema e farsi valere.
Ad un tratto Bill esclamò:
- Forse Axel e Kronos non vogliono le stesse cose!-
- Hai ragione!- annuì Tom. - Se Axel vuole la guerra per un motivo, magari Kronos la vuole per un altro … Dobbiamo scoprirlo.-
Il mistero che i due musicisti avevano per le mani era più complicato del previsto, non facile da svelare. Erano arrivati alla fonte del conflitto, eppure avevano un brutto presentimento, come se Axel e la sua Armata di Halidan non fossero il vero nemico.
Avevano bisogno di risposte e l’unico che avrebbe potuto sbrogliare la matassa era Kronos, il sovrano alieno, un bugiardo che nascondeva troppe cose. Dopo averci riflettuto, Bill e Tom decisero che quella stessa notte si sarebbero infiltrati nel palazzo del re e non ne sarebbero usciti finché non avessero capito chi andava combattuto davvero e perché.
Era una missione rischiosa e non sapevano nemmeno fin quando avrebbero mantenuto le sembianze di alieni, ma i due gemelli erano ormai pronti a tutto. Proprio come i giovani ribelli che Axel aveva riunito, avevano una grande voglia di combattere e di giocare a carte scoperte. La verità andava rivelata per intero e ciò sarebbe accaduto molto presto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  *





 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** L'infiltrazione ***


Tredicesimo capitolo
L’infiltrazione
 
 
- Guarda laggiù, amico!-
I novellini del Corpo di Guardia, ovvero Gustav e Georg, stavano facendo da sentinelle nella piazza principale della città, dove mille e più umanoidi si muovevano, indaffarati nelle loro faccende. Gustav stava indicando al collega una giovane donna robot con il seno particolarmente prosperoso, naturalmente tutto di metallo.
- Che dici, sarà vero?- chiese il biondino.
- Come posso rispondere a questa domanda?- disse Georg, divertito. - E’ ovvio che per me non sia vero perché non è fatto di carne umana, ma negli standard umanoidi potrebbe esserlo!-
La sua teoria, in effetti, non faceva una piega.
- Ti immagini un seno di metallo? Voglio dire, per una ragazza della Terra?- continuò Gustav.
Per tutta risposta, l’altro si mise a ridere. Dopo aver lasciato perdere quel discorso, evidentemente tirato fuori per non annoiarsi, i due proseguirono nel loro pattugliamento.
All’improvviso il bassista si bloccò sul posto.
- Gustav! Ma quello non è …?-
Fece segno verso una via secondaria, dove aveva notato qualcuno che a prima vista non pareva affatto un umanoide, anzi. Georg e Gustav lo conoscevano bene.
- David?!-
Il manager dei Tokio Hotel sembrava spaesato; si guardava intorno e poggiava le mani sui muri come per voler intuire il luogo in cui si trovasse. Stupiti, i due ragazzi gli corsero incontro.
- David!- gridò Georg, sorpreso. - Che cosa ci fai tu qui?-
L’altro si voltò verso di loro e quando si rese conto di chi fossero, strabuzzò gli occhi e farfugliò:
- Voi? Cosa … Do-dove siamo?-
Il bassista stava aprendo bocca per dare – o piuttosto avere – delle spiegazioni, ma si sentì un colpo secco e David svenne, cadendo in avanti. Vicino a lui c’era Flammar, che l’aveva tramortito con un pugno.
Dapprima i due musicisti non riuscirono a proferir parola dallo stupore, rimanendo a bocca aperta. Il leader li guardò con aria colpevole, scusandosi con una smorfia. A quel punto, Gustav domandò:
- Flo, che cosa sta succedendo?-
- Vi spiegherò.- rispose lui. - Venite con me, torniamo a palazzo.-
 
Buttato di peso il corpo di David sul letto di una delle stanze del pian terreno, Flammar sospirò.
- Quando lo rivedrete, dite al vostro amico di mettersi a dieta … - sentenziò.
Gli altri due si fissarono con evidente perplessità. Prima che potessero formulare una domanda sensata, il leader si voltò e cominciò:
- Ragazzi, facciamo un ripasso. Qual è la prima regola fondamentale del codice Umanoide?-
- Se non sbaglio, questa regola dice che nessun essere umano può venire a conoscenza di questa dimensione.- fece Gustav, sfoggiando la sua ottima memoria. - Ma non siamo stati noi a portare qui David!-
- Esatto. So benissimo che non siete stati voi, eppure ho dovuto colpirlo, perché altrimenti avrebbe scoperto troppe cose di noi.- aggiunse Flo.
Georg diede un’occhiata alla faccia di David, ancora svenuto, poi chiese:
- Ma allora perché lui è qui?-
- E’ un fenomeno inspiegabile e sempre più frequente.- fece Flammar, preoccupato. - Abbiamo riscontrato la presenza di terrestri in questa dimensione e viceversa.-
- Stai dicendo che anche sulla Terra sono apparsi dei robot?!- chiese il bassista, aggrottando la fronte.
- Purtroppo sì. Ma non dipende da nessuno, in realtà … e nessuno riesce a capire come questo stia accadendo. Tutto ciò che possiamo fare è riportare i robot e i terrestri nelle rispettive dimensioni, non prima di cancellare la memoria ai vostri amici, parenti e conoscenti.-
Apparentemente la situazione era chiara, eppure Gustav e Georg erano alquanto confusi.
- Mica conosciamo tutti gli abitanti della Terra, Flo!- disse il biondino, cercando di sdrammatizzare.
Il leader si mise a braccia conserte e li squadrò:
- Allora perché, di tutti i sette miliardi di persone che ci sono sulla Terra, finora sono capitati qui proprio il vostro manager, un cugino dei gemelli e una vostra ex compagna di classe?-
A questa domanda, tuttavia, i due colleghi non riuscirono a proferir parola. L’altro sospirò di nuovo e vide che nella stanza stavano entrando due umanoidi in divisa da guardie. Mentre loro prendevano David e lo portavano via, Flammar proseguì:
- Ragazzi, a quanto pare siete voi ad attirare gli umani in questo mondo, anche se non si sa come. So però che non lo fate intenzionalmente, perciò non avete nulla da temere. Di queste misteriose apparizioni saremo noi ad occuparci … -
- Dove lo stanno portando?- chiese Georg con angoscia, osservando il manager che veniva trasportato altrove.
- In un luogo dove potremo collegargli degli elettrodi alla testa e cancellargli i ricordi che ha di questa dimensione.- rispose il leader. - La legge è legge, purtroppo. Dopodiché, Holly lo teletrasporterà a casa.-
Flammar aveva giusto nominato la sua piccola amica, che questa apparve sulla soglia della camera, dopo aver volato a lungo. Andandosi ad appoggiare alla spalla di Flo, esordì:
- Salve! Ho appena recuperato un altro umanoide che era finito sulla Terra … Poverino, era traumatizzato, come tutti coloro a cui è già successo!-
Gustav guardò il collega e strinse i pugni in segno di forza:
- Dobbiamo indagare e fermare questa situazione; non si può continuare così, altrimenti Holly sarà costretta a recuperare umanoidi e terrestri ovunque!-
Flo annuì, lanciando uno sguardo preoccupato alla libellula dorata, che era troppo stanca per rispondere con la sua solita vitalità.
- Potremmo organizzare delle squadre di recupero!- propose Georg. - Non penso che Holly sia il solo modo per viaggiare da una dimensione all’altra … o sbaglio?-
- Non sbagli, amico mio.- sorrise Flammar, sollevato. - E’ l’occasione buona per insegnarvi a pilotare un’astronave.-
- Che cosa?!- sbottarono entrambi i musicisti, entusiasti. - Potremo farlo davvero?-
- Certo, cominceremo domani, se volete. Ora, però, andate a riposarvi … Le ultime ore sono state intense.-
I due seguirono il consiglio del loro capo e si congedarono con gentilezza. Quando Flo e Holly furono soli, il discorso prese una piega leggermente diversa.
- Dov’è la nuova recluta?-
- L’ho fatta portare al laboratorio di ricerca, dove per il momento Georg e Gustav non possono trovarla.-
- Secondo te è davvero stata una buona idea, decidere di non cancellare la sua memoria?-
- Holly, abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile. Questi stranissimi eventi non mi piacciono per niente.-
- E non diciamo nulla ai ragazzi?-
- Meglio non farli preoccupare. Stanno già vivendo tante emozioni nuove e profonde; dobbiamo aspettare ancora un po’ … -
 
La notte era calata, pesante e silenziosa. Bill e Tom si muovevano fluidi verso il palazzo di Kronos, un edificio cilindrico, alto e stretto che troneggiava al centro di una grande piazza. Per potervi entrare, era necessario superare una cancellata, nonché le guardie notturne che pattugliavano la zona.
- Che dici, fratellino?- fece il chitarrista, sbirciando da dietro un muro.
L’altro gli si affiancò con cautela e gli sorrise:
- Dopo di te.-
Assicurandosi di non essere notato, Tom si fece avanti verso la cancellata con passo felpato. Bill gli stava dietro come un’ombra e gli copriva le spalle. La maggior parte delle guardie stavano dentro la cancellata vicino alle entrate del palazzo e per fortuna nessuno vide i gemelli avvicinarsi. Quando i due raggiunsero le sbarre, si accucciarono per non sbucar fuori da esse e proseguirono lungo il cancello fino a trovare una guardia, dritta in piedi, immobile e muta.
- Manco fosse una guardia inglese …!- commentò il chitarrista con un filo di voce.
Bill pensò che non fosse il momento per scherzare e gli intimò di dargli un pugno per tramortirlo.
Tom, con una nonchalance inaudita, si mise in piedi e toccò una spalla all’alieno.
- Ehm, chiedo scusa … -
Quando la guardia si voltò verso di lui, trovò un cazzotto di Tom ad appiattirgli la faccia e ad atterrarlo come un sacco di patate.
Bill squadrò il corpo dell’alieno svenuto con un sopracciglio alzato, mentre il fratello aggiungeva:
- Beh, è stato facile, no?-
L’occhiata gelida che l’altro gli lanciò ebbe il potere di far calare nuovamente il silenzio.
Dopo aver tramortito più o meno allo stesso modo un’altra guardia, i Kaulitz si appostarono dietro un enorme palo ed indossarono le divise dei due alieni svenuti.
- Dovrebbe funzionare. Di solito, le persone propense alla violenza pensano poco.- fece Bill.
Divertito da quell’affermazione, Tom ridacchiò e rispose:
- Esistono sempre delle eccezioni!-
- E falla finita … -
Camminando come dei robottini, con la schiena inarcata e le braccia tese lungo il corpo, i gemelli filarono a passo di carica dentro la cancellata e si finsero colleghi degli altri alieni di guardia, salutandoli con appena un cenno del capo. Gli altri non ebbero sospetti, ma si scambiarono comunque qualche occhiata perplessa.
Tom aprì il portone laterale dell’edificio con un certo tremore alla mano e quando Bill se lo richiuse dietro, il silenzio fu rotto da un gran sospiro di sollievo.
- Siamo dentro!- esclamò il cantante con tono di trionfo.
I ragazzi non ebbero lo scrupolo di guardarsi intorno, agitati com’erano. Tom si tolse la divisa aliena ed estrasse un foglio da una tasca interna.
- Che cos’è?-
- E’ una mappa del palazzo del governo.- disse lui, sornione. - L’ho chiesta ad Axel con la scusa di studiarmela, invece la useremo adesso per trovare Kronos.-
- Wow! Scommetto che dovremo salire un bel po’ di piani prima di trovare il re … -
Tom annuì all’ipotesi di Bill, così insieme si avviarono verso gli ascensori.
Quando Tom digitò il numero del piano giusto e le porte si chiusero prima che l’ascensore iniziasse a salire, calò un silenzio inaspettato e fastidioso. Parve passare un’eternità, finché non si riaprirono le porte. I gemelli uscirono e cominciarono a guardarsi intorno in un corridoio buio, ma entrambi ebbero una strana sensazione che li fece barcollare.
- Non … Non credevo di soffrire i viaggi in ascensore … - mormorò Bill, perplesso.
L’altro annuì ed accusò lo stesso disagio:
- Nemmeno io. Mi gira la testa!-
Un orribile pensiero attraversò le loro menti; quella sensazione non era nuova e l’avevano già provata sulla loro pelle prima di trasformarsi. I due si guardarono, spalancando i loro grandi occhi da alieni.
- Stiamo per tornare umani?!- azzardò il cantante con titubanza, come se stesse pronunciando parole proibite.
- Non scherzare!- rispose il fratello con un mezzo sorriso ironico. - Ci manca solo questa … Speriamo di no!-
- In ogni caso, vediamo di sbrigarci.-
La possibilità che la loro trasformazione stesse per terminare era così spaventosa, che Bill e Tom preferirono dimenticarla e concentrarsi completamente sulla loro missione: trovare Kronos ed ottenere altre informazioni sulla guerra in corso.
Si mossero nell’oscurità con estrema cautela, cercando di captare rumori o visioni che li indirizzassero all’obiettivo. Illuminata dalla luce delle stelle, apparve in fondo al corridoio un’altissima porta impreziosita da decorazioni dorate. Notandola, Tom sussurrò:
- Dovrebbe essere la sala del trono.-
- Che dici, entriamo?- domandò Bill sottovoce.
L’altro mugugnò, incerto. Potevano essere scoperti facilmente e rischiare non era una buona scelta.
Improvvisamente i due captarono una voce proveniente dalla sala del trono, dapprima debole, ma poi sempre più forte. Qualcuno stava per uscire! I gemelli trasalirono e si affrettarono a nascondersi dietro una colonna del corridoio, spintonandosi a vicenda.
Col cuore in gola assisterono all’apparizione di Kronos in persona, che spalancò la grande porta con entrambe le braccia ed imboccò il corridoio seguito da una guardia.
- … capisci, vero, che quei pezzi di ricambio sono assolutamente necessari, perché il mio piano si realizzi?- stava dicendo il re, che faceva muovere altezzosamente il mantello d’oro con i suoi passi impostati.
La guardia corse fino a raggiungere il sovrano per potergli parlare fianco a fianco, intanto rispose:
- Certamente, vostra maestà. Proprio in queste ore gli elementi richiesti sono in viaggio verso la dimensione aliena.-
- Molto bene.- sentenziò Kronos, con un sorriso beffardo. - E quel ragazzo che fine ha fatto?-
- Non si è più fatto vivo, maestà.-
- E’ una buona notizia; almeno potrò agire indisturbato.-
Un turbine di domande annebbiò la mente dei gemelli, che continuarono a osservare la scena di nascosto. Era notte fonda e la torre era silenziosa; il minimo suono sarebbe stato la loro rovina. Si chiesero quale piano diabolico stesse architettando il re alieno, senza capire molto di quello straccio di conversazione, perché tutto a un tratto si sentivano stanchi ed avevano un gran caldo. Non riuscirono a capire nemmeno che Kronos stava parlando del loro nuovo amico Axel, che evidentemente aveva interrotto ogni contatto con il sovrano. I due ragazzi avevano perso ogni capacità di riflettere, respiravano a fatica e faticavano a tenere gli occhi aperti. Che cosa stava succedendo?
- Tom, non mi sento bene … - farfugliò il cantante, portando una mano alla tempia che pulsava.
L’altro volle rispondere, ma dovette appoggiarsi alla colonna per avere la forza anche solo di formulare una frase di senso compiuto. I due si fissarono ed ebbero la stessa idea atroce: gli effetti della trasformazione stavano sparendo.
Trattenendo a stento dei gemiti di dolore, i Kaulitz si accasciarono a terra e portarono le braccia al petto. Sentivano l’aria mancare e la testa scoppiare. In quel corridoio buio non poterono vedere granché della reazione che stava subendo il loro corpo, ma avvertirono tutte le sue cellule muoversi insieme, provocando dei piccoli e incontrollati movimenti degli arti e dei lamenti simili a dei gorgoglii. L’angoscia si impossessò di Bill e Tom, mentre il processo avveniva.
- Ma guarda chi abbiamo qui.- fu l’unica cosa che riuscirono a percepire chiaramente, come un’eco lontana, prima di perdere lentamente i sensi.
 





*




Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Prigionieri ***


Quattordicesimo capitolo
Prigionieri

Un vago fastidio ai polsi fu la prima cosa che i gemelli percepirono quando si risvegliarono, seguito da un leggero mal di testa. Mossero il collo intorpidito e cercarono di schiarire la vista, ma era ancora buio e ci volle un po’ prima che prendessero coscienza del luogo in cui si trovavano.
Erano stesi su un pavimento umido e freddo e la prima visione nitida che ebbero fu quella del loro corpo, nascosto malamente dai vestiti scuri e strappati. Sbattendo le palpebre, si accorsero con angoscia che la loro pelle era tornata rosea e che quindi erano di nuovo umani.
- Ma chi abbiamo qui?- fu la prima frase che udirono.
Aprendo meglio gli occhi, Bill e Tom si resero conto del luogo in cui si trovavano e dell’individuo che avevano di fronte: Kronos li fissava a braccia incrociate e con un ghigno beffardo dipinto in viso. Dietro di lui si potevano scorgere un paio di guardie aliene, dritte in piedi, impegnate a sorvegliare l’entrata di quell’enorme prigione, illuminata solo da alcuni timidi fasci di luce provenienti dalle fessure del soffitto.
Il primo gesto disperato dei gemelli fu uno sguardo reciproco, pieno di rabbia e tristezza insieme. Cercarono di muoversi, ma i polsi erano bloccati contro il muro da catene robuste.
Ricevendo occhiate piene di odio gelido e bruciante al tempo stesso, il sovrano alieno rispose da solo alla propria domanda:
- Degli infiltrati, dico bene?-
- Maledetto … - sibilò Tom, strattonando inutilmente le braccia, provando a liberarsi.
Kronos mise le mani dietro la schiena e camminò avanti e indietro nella cella, facendo volteggiare il lungo mantello.
- Devo ammettere che non me l’aspettavo.- esordì lui. - Adesso gli Umanoidi si sono alleati con i Terrestri; questa sì che è una sorpresa interessante. Peccato che abbiano fatto la scelta sbagliata, se avevano intenzione di sconfiggere gli Alieni … o meglio, il sottoscritto.-
Bill esclamò, stanco e arrabbiato:
- Ti faremo a pezzi, lurido bastardo!-
- E come?- chiese l’altro, con una risatina ironica che crebbe a poco a poco, nel silenzio dei due prigionieri.
Quando Kronos smise di camminare e si fermò di nuovo davanti a loro, Tom lo minacciò:
- Sei pazzo, se credi di farla franca. Ora hai sia gli Umanoidi, che i Terrestri pronti a combatterti. Hai ben due dimensioni contro!-
- E la cosa dovrebbe intimorirmi?- rispose il re, senza cambiare espressione di una virgola. - Anzi, il vantaggio è mio, perché se vi alleate diventerete un unico avversario … più facile da sconfiggere, invece di due.-
Kronos si girò e fece ancora qualche passo, dando le spalle ai Kaulitz. Allargando le braccia, aggiunse poi:
- Ci stavo lavorando da molto e voi sciocchi mi avete soltanto semplificato il lavoro!-
- Ci lavorava da molto?- ripeté Tom tra sé, confuso.
Bill lo sentì e disse, incredulo:
- Vuoi dire che Kronos aveva pianificato l’unione tra Umanoidi e Terrestri … per poterci battere in un colpo solo?-
- Non siete stupidi come pensavo, allora.- soggiunse il sovrano alieno, voltandosi nuovamente a guardarli. - Ma ormai è tardi per fermarmi. Conquisterò le due dimensioni insieme, nello stesso momento!-
- Nello stesso … momento?!-
Tom e Bill si fissarono sbalorditi. Entrambi ricordarono i fenomeni inspiegabili che avevano coinvolto sia gli Umanoidi che la Terra: la modifica allo scorrere del tempo, strane reazioni chimiche e, anche se non lo sapevano, erano comprese anche le misteriose apparizioni di terrestri nella dimensione umanoide e viceversa.
- Ha intenzione di fondere le due dimensioni!- esclamò Bill, allarmato.
Una scintilla inquietante fece brillare gli occhi scuri di Kronos a quell’affermazione, come per confermare. Con aria superba concesse una spiegazione ai prigionieri che reputava ormai spacciati:
- Non trovate che sia geniale? Ho riunito in gran segreto i migliori scienziati della dimensione, per farcela. Il mondo umanoide e quello terrestre si uniranno formandone uno solo, di cui io diventerò il padrone assoluto!-
- Che fine hanno fatto quei poveri scienziati?- ebbe la faccia tosta di domandare Tom.
- Non lo immagini?- fece il fratello, amareggiato. - Kronos li avrà uccisi una volta costretti a fornire le loro conoscenze.-
Il re alieno portò una mano alla bocca e con aria fintamente ingenua fece:
- Oh! Touché.-
A quella reazione, i gemelli strinsero i pugni incatenati e gli ringhiarono addosso tutta la loro rabbia. Per nulla toccato, Kronos continuò:
- Devo ammettere che hanno inventato un congegno niente male. È questione di tempo, prima che lo metta in funzione.-
- Aspetta un attimo!- sbottò all’improvviso Tom, guardando Bill. - Axel sa di tutto questo?-
- Axel, quel ragazzino ingenuo?- disse il sovrano, per poi ridere di gusto.
Il chitarrista lo fissò, mormorando:
- Hai tenuto tutto nascosto anche a lui … -
Kronos smise di ridere e pronunciò parole dure e ironiche nei confronti del giovane alieno rivoluzionario:
- Mi fa quasi tenerezza, sapete? Quando è venuto da me e mi ha raccontato tutta quella storiella su Halidan e la sua vendetta; non ho potuto non approfittarne. Era un’idea perfetta, distogliere l’attenzione dal mio piano con un po’ di guerriglia … -
- Guerriglia? Axel fa sul serio!- lo avvertì Bill.
- Davvero? Beh, tanto meglio. Combatterà per me.-
Con queste frasi Kronos sollevò il mantello e si diresse verso l’uscita della cella, seguito dalle guardie.
- Non vincerai mai, Kronos!- gridò Tom, dimenandosi per potersi alzare e dargliele di santa ragione.
Per tutta risposta, il sovrano alieno lo guardò di sbieco e sentenziò:
- Morirete prima di accorgervi del contrario.-
La porta della prigione si chiuse nella penombra, senza lasciar vedere nulla oltre le sue sbarre.
Bill sbatté i piedi, imprecando:
- Maledizione! Dobbiamo uscire di qui!-
- Non ci voleva, fratellino … siamo in un brutto guaio.- borbottò l’altro. - Perché siamo dovuti tornare umani proprio in quel momento?!-
Il gemello si limitò a sospirare e tacere, tentando di sbollire la rabbia e pensare con calma ad una possibile soluzione.
- Se penso ad Axel … lui non sa niente.- disse Tom, sconsolato. - Vuole combattere per dei motivi comprensibili, ma non sa che Kronos sta tramando qualcosa di molto peggio!-
- Secondo te si insospettirà della nostra assenza?- domandò Bill con un’espressione piena di angoscia.
Il fratello fece una smorfia, dimostrando di non esserne molto convinto:
- Forse, ma non so se ci verrà a salvare o si arrabbierà per avergli mentito riguardo alla nostra identità … Kronos potrebbe tenerci nascosti o diffondere chissà quali voci su di noi.-
- E intanto preparare indisturbato il suo piano di conquista.- concluse Bill con indignazione.
I due erano soli; la loro vita giaceva nelle mani di un alieno malvagio. Scoraggiati, lasciarono che piombasse il silenzio, unico compagno del loro triste destino di cui nessuno ancora sospettava nulla, fuori da quella prigione.
 
Qualche lieve tocco alla porta ruppe la quiete della camera.
- Si può?- sorrise Michelle, affacciandosi appena.
Romy era acciambellata sul letto, avvolta in un mare di coperte e circondata da cuscini. Stringeva un libro tra le mani, ma lo chiuse quando vide che la sua migliore amica le aveva fatto visita.
- Hey, come va?- ridacchiò lei, aggiustandosi in mezzo a tutta la morbidezza che le regnava intorno.
L’altra le si sedette accanto senza fare complimenti, afferrando un cuscino e stringendolo tra le braccia, per poi rigirare la domanda:
- In questo momento dovrei chiederlo io a te. Come ti senti?-
Romy si allungò verso il comodino e prese un pacchetto di fazzoletti, utile per nascondere il vero motivo del suo malessere.
- Mi sto riprendendo, ma ancora non ho recuperato tutte le forze.- disse, senza più disturbi nella voce o nel respiro.
- Certo che quell’acquazzone ti ha messa KO!- osservò Michelle. - Quella giornata è stata stancante anche per me … A proposito, hai più parlato con Bill?-
L’amica sospirò. Da quando si era svegliata e si era accorta con disappunto che il suo ragazzo se n’era andato lasciandole la mano, non aveva smesso di pensare a lui un solo secondo.
- Mi manca.- ammise semplicemente.
- Lo hai perdonato?-
- … Non lo so.-
Romy si incupì e nascose il naso nella coperta. La bionda le diede una leggera spinta:
- Ma dai, ci stai ancora a pensare? Hai detto che ti manca!-
- Non è così facile, Michi.- sbottò lei. - E se succede di nuovo? Lo perdonerò ancora? Devo perdonarlo ogni volta che guarda le altre?-
Michelle storse la bocca in una smorfia triste. Non aveva affatto dimenticato la sfuriata dei due innamorati, ma se vedere Romy infuriata l’aveva resa ansiosa, anche la disperazione che si leggeva negli occhi di Bill non era stata da meno.
- Non hai visto come ti guardava?- mormorò. - Era sinceramente dispiaciuto, anche se era una cosa da nulla. Non sarebbe mai capace di tradirti, Ro!-
Quest’ultima non rispose, fissando l’amica solo con un po’ di tristezza. Sospirando, Michelle le cinse le spalle con un braccio e continuò:
- Dagli un’altra possibilità. Fagli capire quanto lo ami e che ti fidi di lui. Un tipo come Bill non sarebbe capace di tradirti, né di mettere in serio pericolo il vostro rapporto. Non oserebbe mai dubitare di te … ti ama troppo.-
Romy rifletté e si accorse che Bill, in effetti, aveva sempre nutrito un sentimento sincero per lei; un amore inattaccabile, che non si era mai indebolito a causa di forze maggiori.
- E io che mi sono fatta tanti problemi per una cosa simile … - sussurrò quasi tra sé, con un sorriso ironico.
Michelle non aggiunse altro, limitandosi ad esprimere la sua soddisfazione con un’occhiata amichevole.
Pensando che presto avrebbe rivisto Bill e si sarebbe finalmente scusata, Romy ritrovò il buonumore e scambiò due chiacchiere con l’amica, prima che questa fosse costretta a salutarla.
- Te ne vai già?-
- Sì, oggi ho karate!-
- Karate? Non me ne avevi parlato!-
- Oh beh, sai, ho iniziato da poco … - fece Michelle, scendendo dal letto. - E non ero sicura di continuare, perciò non te l’avevo ancora detto.-
Romy la squadrò, notando che l’altra aveva assunto un’aria insolitamente imbarazzata. Senza fare domande, la salutò e la vide chiudere la porta in fretta, per poi scrollarsi di dosso tutti i cuscini e stendersi sul letto a gambe e braccia aperte.
Quella sera Romy pensò a Bill più intensamente. Come stava andando la missione nella dimensione aliena? E che aspetto aveva assunto il suo ragazzo dopo la trasformazione? Georg e Gustav come se la cavavano nel mondo umanoide? Starsene lì a casa senza poter intervenire era frustrante, ma il veleno di Holly era ancora presente nel suo corpo, anche se in minima quantità. Una volta spariti gli ultimi dolori muscolari, Romy sarebbe tornata alla carica quale erede degli Umanoidi.
Si affacciò stancamente alla finestra, ammirando il cielo coperto in parte dalle nuvole. Sperava di scorgere qualche stella, ma in città era difficile vederle con chiarezza. Sospirò ed abbassò lo sguardo, per poi sobbalzare non appena si accorse che la libellula dorata era comparsa sul davanzale.
- Che ci fai qui?- esclamò la ragazza, facendo un passo indietro e notando il simbolo dei Tokio Hotel impresso sul vetro appannato della finestra.
Holly frullò le ali e la fissò con suoi grandi occhi che sembravano quelli di una mosca. Siccome lei aveva reagito subito con vivacità alla sua presenza, poté comunicarle il suo messaggio senza troppi giri di parole:
- Sarai quasi guarita, immagino! Preparati, Romy … Devi tornare subito in azione.-
- Adesso?!- chiese l’altra, stupita. - Perché?-
- Bill e Tom sono nei guai e non possiamo aiutarli senza di te.-
Holly era tremendamente seria e Romy trasalì, percependo un fuoco accendersi nel cuore all’improvviso.
 
Il sole splendeva alto, ma nella mente di Axel regnava la confusione più buia. Se ne stava seduto su un muretto, in un vicolo accanto all’edificio abbandonato che agiva da quartier generale per i giovani dell’Armata di Halidan.
Il loro capo ripensava con angoscia alle parole di un suo amico, anch’esso membro dell’Armata, che faceva parte del gruppo di alieni respinti con successo da Flo, Holly, Romy e i Tokio Hotel. Non era stato difficile notare la somiglianza tra questi ultimi e i novellini, Bill e Tom, anche se ora avevano inspiegabilmente l’aspetto di due alieni.
Axel si fidava del suo compagno e gli aveva creduto, ma non riusciva ancora ad accettare che i gemelli fossero delle spie provenienti dalla dimensione umanoide. Passò una mano sulla testa quasi pelata ed imprecò, dandosi dello stupido per essersi fidato facilmente di loro.
- E adesso sono spariti … Ora siamo veramente nei guai.- si lamentò a denti stretti.
- Axel!-
La voce di un’amica dell’Armata gli arrivò dal fondo del vicolo. Corse verso di lei e chiese:

- Ci sono novità?-
- Scottanti! Bill e Tom sono stati imprigionati da Kronos.-
- Che cosa?!- esclamò lui stupito, che dopo un attimo di esitazione proseguì: - E’ pubblica questa notizia?-
- No, l’ha scoperto uno dei due che hai mandato a sorvegliare il palazzo. Ha sentito le guardie parlarne.- rispose l’aliena, trafelata.
Axel distolse lo sguardo e lo puntò nel vuoto, riflettendo:

- Strano, di solito le catture sono notizie di dominio pubblico e per prigionieri di questo genere vengono annunciate anche delle pene di morte esemplari. Perché invece ora Kronos sta tenendo questo fatto segreto?-
- Non saprei … Ah, mi hanno detto anche che Bill e Tom sono stati rinchiusi nella torre alta.- aggiunse la ragazza.
- Ma quella è la torre con la cella d’isolamento!- disse Axel, allarmato. - Kronos ha intenzione di farli morire di fame là dentro. Ma perché lasciare che muoiano senza un’esecuzione pubblica? Non è nello stile del re … C’è qualcosa sotto.-
Sorpassò velocemente l’amica aliena e rientrò nel palazzo, camminando a passo di carica verso un gruppo di alieni che si occupavano dell’artiglieria.
- Che cosa vuoi fare?- domandò lei, camminandogli accanto.
- Devo partire.- rispose lui, serio e inflessibile. - Adesso.-



 
 
*

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** La fuga ***


Quindicesimo capitolo
La fuga



Le porte dell’ascensore si aprirono nel buio della notte, illuminando il corridoio enorme con la fioca luce del neon. Sotto quello stesso bagliore, la pelle metallica di Romy brillava dopo molti giorni di pausa; brillavano anche le punte di vetro che decoravano la divisa di Georg, le bacchette di Gustav pronte a rilasciare le loro cariche elettriche, ma soprattutto brillavano gli occhi della ragazza, verdi come due smeraldi, traboccanti di vigore.
- Mi fa ancora male la mano … - mormorò il bassista, reduce da una rissa. - Questi alieni hanno la pelle dura!-
- Se non fosse stato per l’invisibilità di Romy, sarebbe stato ancora più difficile.- aggiunse il biondino.
Romy alzò il braccio a mezz’aria, intimando loro di fare silenzio. Lentamente si guardò intorno e poi sentenziò:
- Non dovrebbe esserci nessuno. Andiamo.-
La ragazza procedette a passo sicuro e costante, seguita dai due amici un po’ più incerti. Si chiedevano se sarebbero riusciti a starle dietro e da dove prendesse tutta quella forza psicologica.
“Probabilmente è solo impaziente di rivedere Bill.” pensarono, sorridendo.
Arrivati ad un angolo, Romy si appiattì contro il muro e gli altri due la imitarono.
- Secondo quanto detto da Flo e Holly, i gemelli dovrebbero essere rinchiusi nella cella d’isolamento qui dietro.- disse lei sottovoce. - Non sappiamo, però, se ci siano delle guardie a sorvegliare la porta … -
- Non puoi renderti di nuovo invisibile?- domandò Georg.
L’amica scosse la testa con disappunto:
- Pur di atterrare tutte le guardie che abbiamo trovato lungo la strada, ho utilizzato per troppo tempo l’invisibilità. Sono a corto di energia, purtroppo!-
- E allora che facciamo?-
Romy tacque e storse la bocca in una smorfia pensierosa. C’era troppo silenzio e la luce delle poche stelle di fuori era appena sufficiente per vedere a un palmo di naso. Come fare per capire se ci fossero delle guardie da abbattere?
Restò lì a riflettere; nel frattempo gli altri due ne approfittarono per controllare il loro equipaggiamento – Gustav aveva le sue bacchette elettriche, Georg aveva una sacca sulla schiena contenente munizioni di vario tipo. Romy li guardò e mise le mani sui fianchi con un sospiro, cercando di concentrarsi. Tuttavia, al contatto delle dita su di sé, Romy scattò.
- Ho un’idea.- fece lei in un soffio. - Voi state qui e aspettate un qualche segnale, prima di uscire allo scoperto.-
Docili come cagnolini, Gustav e Georg annuirono e tentarono di osservarla in mezzo al buio. Chissà che cos’aveva in mente!
La ragazza afferrò delicatamente il gancio che le pendeva su un fianco e lo tirò fuori dal cinturone di metallo, estraendo il filo a cui era collegato. Con attenzione, mirò al soffitto e fece roteare il gancio per un po’, prima di lanciarlo e farlo aderire ad una trave. Il rumore non era stato molto forte, per fortuna. Sotto gli occhi curiosi dei due musicisti, Romy premette un tasto sull’altro fianco e si resse al filo: il suo corpo si sollevò da terra e dondolò nell’aria, finché lei non premette di nuovo il pulsante e si fermò a quasi un metro dal soffitto. Dal basso, Georg e Gustav la guardavano con ammirazione e ricordarono il momento in cui, durante la guerra contro Litio, l’intera band era stata sollevata e tirata in salvo grazie a quel gancio miracoloso.
Romy mimò un ok con le dita, imitata subito dagli altri due, poi allungò le braccia e si appese direttamente alla trave con le mani. Sfruttando l’incredibile forza che il suo corpo umanoide le dava, Romy procedette senza troppa fatica lungo le numerose travi del soffitto, cercando di essere più silenziosa possibile. Era talmente nervosa che tratteneva il respiro ogni volta che andava avanti di alcuni metri; intanto gli amici l’attendevano col cuore in gola.
Quando ormai Romy aveva girato l’angolo, si fermò rimanendo appesa e abbassò gli occhi. Illuminata da una debolissima luce, riuscì a scorgere la porta della cella d’isolamento, bloccata da sbarre e lucchetti, nonché sorvegliata da due guardie aliene.
“Dovrebbe essere facile metterli fuori combattimento.” pensò lei. “Ora devo solo avvertire Georg e Gustav!”
Tornare indietro sarebbe stato impossibile, perché aveva troppa paura di fare rumore ed essere scoperta. In quel momento di difficoltà le fu fin troppo spontaneo chiedersi che cos’avrebbe fatto Bill al suo posto. La risposta che si diede la stupì: non avrebbe forse improvvisato?
Attese qualche secondo per regolarizzare il respiro, poi buttò fuori l’aria imitando il suono del vento. La prima volta non successe niente, allora provò a farsi sentire di più.
- Uh? Hai sentito?- disse uno dei due alieni. - Ci sono gli spifferi in questa torre!-
- Spifferi? E da quando?-
- Non dirmi che non hai sentito l’aria che entrava …!-
Romy sorrise tra sé: in quell’insolita maniera aveva fatto parlare le due guardie, permettendo agli amici di registrare la loro presenza. A quel punto fu possibile entrare in azione.
Il primo a girare l’angolo fu Gustav, che lanciò le bacchette in direzione delle due guardie. Allarmate, loro le evitarono, ma a contatto col muro alcune scintille elettriche le distrassero. In quell’attimo anche Georg era uscito allo scoperto e corse verso le guardie insieme all’amico. Non fu difficile stenderli con qualche pugno ben assestato, avendo potuto contare sull’effetto sorpresa.
Soddisfatta, Romy saltò giù dal soffitto.
- Perfetto!-
- Che cos’era quella cosa?- chiese divertito il bassista, imitando poi con un leggero fischio il rumore che aveva fatto la ragazza per attirare l’attenzione delle guardie.
Lei alzò le spalle:
- Dovevo inventarmi qualcosa, no? Vi ho fatto capire che erano in due, quindi ha funzionato.-
Perplesso, Georg si voltò verso l’amico, che però si limitò a ridacchiare.
- Georg! Gustav! Siete voi?!-
I tre sobbalzarono. Dietro la porta si era sentita chiaramente la voce di Tom.
- Arriviamo, amico!- esclamò il biondino, prima di recuperare le bacchette e distruggere sbarre e lucchetti.
Non appena ebbe finito, l’impazienza prevalse e Romy si fiondò a spingere l’enorme porta per aprirla. Quando ci fu riuscita per metà, gli amici entrarono subito.
- Liberateli!- fece lei, mentre i due ormai erano già dentro. - Io controllo che non arrivi nessuno.-
I ragazzi non persero tempo. Gustav si precipitò verso Bill e si inginocchiò, prendendo una bacchetta e porgendo l’altra a Georg.
- Non ci credo, siete venuti a salvarci!- disse il cantante, sorridendo dopo parecchie ore che non lo faceva.
- Non dirmi che non te l’aspettavi.- sorrise l’altro, mettendo la punta della bacchetta sulla catena che teneva bloccato il suo polso. - Georg, usa l’elettricità per sciogliere le catene!-
L’amico annuì e procedette, rischiando di incenerire Tom da quante scintille si stavano spargendo intorno. Il chitarrista sbottò divertito:
- Hey, vacci piano con quell’affare … -
- Non mi faccio problemi a lasciarti qui, sai?- rise Georg. - E’ solo che non voglio averti sulla coscienza.-
- Non posso neanche fare più battute adesso?-
Una volta libero, Tom abbracciò Georg senza riuscire ad aggiungere altro, felice come non mai. Un secondo dopo anche Bill ebbe le mani libere, così Gustav sentenziò:
- Li abbiamo liberati, Romy!-
Non appena udì quel nome, il moretto scattò in piedi, come se avesse recuperato tutte le energie che aveva perso da prigioniero in quella torre.
- Romy è qui?!- gridò emozionato, con gli occhi sbarrati.
Da fuori, la ragazza si sentì chiamare da una voce che non sentiva da troppo tempo. Entrò nella cella e si immobilizzò quando incrociò il suo sguardo.
- Bill … - mormorò soltanto, prima di avvertire un improvviso bruciore agli occhi umidi.
A quella visione, neanche lui resistette e una lacrima solitaria gli solcò la guancia sporca prima ancora che se ne potesse accorgere. Di scatto, i due balzarono in avanti e si abbracciarono forte, come non avevano mai fatto prima. Affondarono il viso l’uno nella spalla dell’altra, strizzando gli occhi e trattenendo il respiro dall’emozione. Accanto a loro, gli amici non emisero un rumore e li guardarono sollevati.
Fu Romy a separarsi per prima, ma quando provò a guardare Bill negli occhi, una fitta al cuore le fece distogliere lo sguardo con imbarazzo.
- S-stai bene, vero?- domandò, continuando a tenerlo stretto a sé.
- Sì … - rispose lui, provando la sua stessa sensazione di incompletezza, come se avessero qualcosa da chiarire una volta per tutte. - Ti sei ripresa.-
- Già … Senti Bill, mi disp-
- Va tutto bene.-
Romy aveva raccolto coraggio e stava per scusarsi come si deve, ma il ragazzo l’aveva interrotta con un debole sorriso che sprizzava energia soltanto dai suoi occhi lucidi. Lei non seppe che dire e riuscì solo a piangere silenziosamente quando sentì la sua mano accarezzarle il viso. Con un singhiozzo, mormorò:
- Ma … ti ho trattato male e-
- Lo so.- con delicatezza entrambe le mani di Bill si posarono sulle sue guance. - Anch’io ho sbagliato, ma vedo che mi hai perdonato. Ora io perdono te.-
Romy pensò amaramente che tutta quella tensione tra di loro era nata per una stupidaggine e si morse il labbro con una leggera risata. L’unica che aveva avuto davvero bisogno di essere perdonata era lei. Singhiozzando di nuovo, lo strinse a sé e pigolò:
- Mi sei mancato!-
- Anche tu, piccola, tantissimo … - aggiunse Bill.
Tom tirò un gran sospiro di sollievo, percependo la liberazione interiore che provavano sia il gemello, che la sua ragazza. Quest’ultima si asciugò le lacrime e guardò Bill col sorriso più grande che riuscì a fare.
- Ti faccio vedere una cosa.-
Con sorpresa di Georg e Gustav, che ancora non sapevano nulla, Romy sfoderò un trucchetto che aveva installato Flammar al volo nel suo corpo da umanoide, prima di partire per la missione di recupero: entro certi limiti, era possibile ritirare la pelle metallica da alcune zone, scoprendo la carne umana in caso ce ne fosse stato il bisogno. In quel momento erano la bocca e il mento a venire scoperti, con grande soddisfazione di Bill che poté avvicinarsi e baciare la sua amata Romy. Quel bacio profondo e sofferto come pochi sancì il reciproco perdono, donando loro una nuova forza.

Hauch mir deine Liebe ein …                                               Soffia in me il tuo amore ...
… ich will endlich bei dir sein.                                                                 … voglio restare per sempre con te.

- Ehm, non voglio fare il rompipalle, dico sul serio … - esordì Georg, schiarendosi la gola. - Ma siamo nel palazzo del nemico e non ci conviene restare qui ancora a lungo.-
- Scusate!- dissero in coro Bill e Romy, separandosi.
Prima di uscire dalla cella, tuttavia, Tom allargò le braccia e domandò:
- A proposito ragazzi, come avete fatto a trovarci?-
- Non ci sono arrivate vostre notizie e Flammar si è preoccupato.- rispose Gustav. - Ha fatto qualche indagine per capire che aria tirava nella dimensione aliena e ha solo saputo che il re Kronos sta riorganizzando l’esercito. Se non eravate riusciti a comunicarci una notizia così importante, doveva esservi successo qualcosa.-
- Siamo riusciti a trovarvi grazie a Romy che si è resa invisibile e ha pedinato alcuni alieni che erano di pattuglia nei dintorni.- terminò poi Georg, dandole un pugno amichevole sulla spalla e facendola imbarazzare.
Romy ricevette un’occhiata di meraviglia dai gemelli e mise le mani avanti:
- Non ho fatto niente di più rispetto a quello che faccio di solito! Adesso, però, è meglio andarcene.-
I ragazzi annuirono e la anticiparono uscendo dalla cella con cautela, evitando i corpi degli alieni di guardia che erano ancora svenuti. L’ultima fu Romy, il cui sguardo si posò su qualcosa di biancastro spuntare da sotto la porta. Si abbassò incuriosita e notò che era un foglietto, rimasto impigliato nella porta quando si era aperta. Lo prese e posò gli occhi sulle prime righe, ma non ebbe il tempo di sorprendersi che sentì la voce di Bill chiamarla:
- Romy, sbrigati!-
Mise distrattamente il foglio in tasca, ripromettendosi che l’avrebbe letto più tardi.
Il gruppo raggiunse l’ascensore quasi in punta di piedi, ma quando Romy alle spalle dei ragazzi stava per entrarvi, sussultò a sentire un rumore poco rassicurante e si fermò. Voltandosi, notò che gli alieni di guardia alla porta stavano riprendendo i sensi e il suo cuore perse un battito dallo spavento.
- Forza, vieni!- le intimò subito Tom, allarmato.
Le guardie ebbero appena il tempo di sgranare gli occhi, prima che le porte del grande ascensore si chiudessero e i fuggitivi sparissero dalla loro vista. Gli eredi degli Umanoidi erano ora al sicuro, illuminati dalle calde luci dell’ascensore che lentamente scendeva al pian terreno, ma non poterono lasciarsi andare ad un sospiro di sollievo.
- Uffa, di sicuro chiameranno rinforzi.- mormorò la ragazza mordendosi un labbro. - Che cosa facciamo?-
La sua espressione preoccupata diventò di pura sorpresa quando Georg e Gustav si scambiarono un ghigno complice. Anche i gemelli li squadrarono senza comprendere.
- Per una volta lasciate che siamo noi due poveri sfigati a brillare!-
Con queste enigmatiche parole, Georg si tolse dalla spalla la sacca di cui ancora non era ben chiaro il contenuto neanche a Romy. La aprì e Gustav ne tirò fuori il contenuto, al che Bill spalancò gli occhi allibito:
- Ma cosa … sono balestre, quelle?-
- Certamente.- rispose Georg ammiccando, prendendo in mano quella che l’amico gli porgeva con attenzione.
Romy le osservò. Non aveva mai visto una balestra da vicino; quelle che i due amici stavano tirando fuori e preparando erano di metallo chiaro, di un colore simile alla sua pelle metallica da umanoide. Incuriosita, chiese:
- Perché non ne sapevo nulla?-
- Mentre eri convalescente, cara Romy, sappi che non ce ne siamo stati con le mani in mano.- continuò il bassista furbetto. - Flammar ha fatto delle ricerche e ha condotto degli esperimenti, arrivando al risultato che vedi qui.-
Le porse la balestra con un gesto fiero e Romy la toccò senza togliergliela dalle mani. Intanto Gustav spiegò:
- Le frecce di queste balestre sono state studiate per perforare le tute degli alieni e ferirli gravemente. Sono imbevute di un veleno acido che tu dovresti conoscere bene … -
- Il veleno di Holly!- esclamò Bill, anche se pure gli altri erano arrivati alla sua stessa conclusione in quel momento.
- Esatto. Il veleno è stato analizzato, riprodotto in serie e inserito in queste frecce.- Georg indicò un fascio di frecce nere legate insieme nella sacca che poi si sarebbe rimesso in spalla. - Ah, e non è tutto. Tom!-
Fece appena in tempo ad accorgersi di essere stato chiamato, che il chitarrista dovette afferrare al volo una scatoletta lanciata dall’amico. La fissò incuriosito insieme al fratello e non ci mise molto a riconoscere i proiettili all’interno.
- Il veleno di Holly è stato inserito anche lì dentro. Prendete, vi serviranno.- sorrise ancora il bassista, dando loro i due fucili che di solito Tom portava con sé in assetto da battaglia.
L’aria divertita che avevano Gustav e Georg contagiò anche i gemelli, i quali non persero tempo e caricarono le armi. Bill si sentì come rigenerato dopo quella sfilza di buone notizie:
- Siete stati grandi, ragazzi!-
- Ah, un’ultima cosa … Georg, perdonami.-
Il batterista mormorò quelle parole un attimo prima di abbassarsi e trafficare con la cintura incorporata nella tuta del collega, il quale sobbalzò:
- Hey, avvertimi prima!-
- Scusa se non abbiamo tempo.- rispose l’altro come se nulla fosse, prima di estrarre delle siringhe piene di un liquido verdognolo dagli scomparti appuntiti della cintura. - Ecco, due a testa.-
Ognuno ricevette due siringhe di veleno e le conservò nelle tasche, facendo estrema attenzione a non romperle.
- Iniettatevele se doveste essere colpiti da un’arma aliena ... non vogliamo che accadano altri incidenti come quello di Romy.- sentenziò Gustav, più serio di prima.
Lei lo guardò preoccupata:
- Ma se ce le iniettiamo, finiremo comunque per perdere i sensi e indebolirci. Mi ci sono voluti giorni per rimettermi in sesto!-
- Flo ha pensato anche a questo.- rispose Georg, inserendo la prima freccia nella balestra, tenendola puntata verso il basso per sicurezza. - A quanto pare non si è messo semplicemente a giocare al piccolo chimico … -
- L’effetto paralizzante che hai avuto tu, Romy, durerà solo alcuni secondi.- chiarì il biondino con un sospiro di rimprovero nei confronti dell’amico che non si risparmiava mai le battute.
L’erede degli Umanoidi si voltò a guardare i gemelli con un’espressione meravigliata che ebbero anche loro; solo allora si concedette il lusso di sorridere.
- Siamo a posto! Come al solito Flammar è fenomenale.-
Proprio in quell’istante, le porte dell’ascensore si aprirono. I cinque fuggiaschi persero un battito del cuore e in una prova di riflessi si misero in posizione di guardia.
- State attenti.- mormorò Romy, che si maledì perché il tono che aveva usato era meno sicuro di quanto avrebbe voluto.
I Kaulitz impugnarono un fucile a testa, Georg tenne pronta la sua balestra e Gustav fece lo stesso, anche se per ogni evenienza aveva sempre le fedeli bacchette al suo fianco. Romy era l’unica ad avere le mani libere, ma sapeva che non sarebbe stato un difetto per lei. Quel corpo da umanoide era la sua arma e con essa avrebbe fatto di tutto per permettere ai compagni di tornare a casa sani e salvi.






*

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1172716