Come (non) scrivere una storia d'amore

di alister_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01_ Storia d'amore ***
Capitolo 2: *** 02_Una settimana dopo ***
Capitolo 3: *** 03_L'amica e la tortura ***
Capitolo 4: *** 04_Pensieri confusi scarabocchiati su fogli stropicciati ***
Capitolo 5: *** 05_Vita sociale ***
Capitolo 6: *** 06_Idea o non idea? Di certo non ho le idee chiare ***
Capitolo 7: *** 07_Le meraviglie del web ***
Capitolo 8: *** 08_Pezzi di vita ***
Capitolo 9: *** 09_Dilemma etico-morale-professionale ***
Capitolo 10: *** 10_Punto di partenza ***
Capitolo 11: *** 11_Una storia d'amore ***
Capitolo 12: *** 12_Satana ***
Capitolo 13: *** 13_Di telefonate e Facebook ***
Capitolo 14: *** 14_Preparativi e ritardi ***
Capitolo 15: *** 15_Aiuti imprevisti ***
Capitolo 16: *** 16_Serata tranquilla ***
Capitolo 17: *** 17_Retroscena ***
Capitolo 18: *** 18_Idiota cosmico ***
Capitolo 19: *** 19_Passi indietro ***
Capitolo 20: *** 20_L'appuntamento ***



Capitolo 1
*** 01_ Storia d'amore ***


 

 

 

 

 

 

 

 

Qualcuno urla, fuori. Probabilmente è il mio vicino: vecchio, straniero, burbero. Si lamenta sempre. Lo ignoro, ho cose più importanti a cui pensare. Devo concentrarmi.

 

Le mie dita, lunghe e pallide, si muovono nervosamente sul bordo della scrivania, in un ticchettio che vorrebbe seguire il ritmo della canzone di sottofondo. Un pezzo metal, piuttosto duro, al massimo del volume: probabilmente è per questo che il vicino fa schiamazzo.

 

Le mie sopracciglia si avvicinano una all'altra, perché ho da sempre il brutto vizio di corrugare la fronte quando ho qualcosa per la testa. Qualcosa d'importante, proprio come ora.

 

Le dita smettono di tamburellare e si avvicinano al bicchiere di coca-cola posato accanto al telefono cordless: è la mia droga, e spero che mi sia d'aiuto anche stavolta.

 

Niente. Nada. Nisba. Zero. Tabula rasa.

 

La mia testa è un foglio bianco, e devo dire che questa è una cosa che mi succede raramente. Sarà che a forza di vedere un foglio bianco, ci si stampa solo quello nella mente.

 

Il foglio bianco in questione è quello che occupa lo schermo del mio pc da ormai tre ore, aspettando solo di venir riempito. Di solito questo non è un problema: riempire fogli è il mio mestiere, ed io ci riesco benissimo, modestamente. Eppure stavolta no. Ma non si tratta di un blocco dello scrittore o roba simile; no, io saprei come occupare questo stramaledetto foglio, se solo potessi scrivere ciò che mi pare. Ed invece no: ho un tema da seguire.

 

Il mio simpatico editore mi ha dato un ordine preciso per il mio prossimo lavoro: scrivere un romanzo che possa attrarre un pubblico più ricco. Il fantasy e la fantascienza ormai sono fuori moda, secondo lui. Bisogna puntare su un target più vasto.

 

Okay, nessun problema,dico io. Almeno fin quando non scopro di dover scrivere una storia d'amore: il target più vasto in questione è quello delle ragazzine adolescenti che vanno pazze per i racconti melensi. Quelle che comprano qualsiasi cosa sia rosa o a forma di cuore. Quelle che passano le giornate a truccarsi come piccole donne, spettegolando di questo o quell'altro ragazzo. Quelle che ridono come ochette giulive appena fiutano la presenza di un essere di sesso maschile di età compresa tra i quattordici ed i trent'anni. Quelle che ascoltano musica house e non sanno neppure chi siano i Deep Purple. Quelle che urlano come pazze non appena vedono in televisione il loro idolo del momento, un idiota stratosferico. Quelle che...

 

Potrei andare avanti all'infinito,ma lo squillo del telefono interrompe  questo simpatico elenco.

 

-Ehilà!Come va la stesura?-

 

Eccola lì, la carogna. Il mio amato editore. Osa pure parlare con voce squillante, come se ignorasse la torutra alla quale mi ha condannata.

 

Stringo la mano, conficcandomi le unghie nella carne per impedirmi di lanciare via il telefono.

 

-A meraviglia-, rispondo a denti stretti.

 

-Sbaglio, oppure questo è un commento sarcastico?-

 

Parla a voce alta, abituato al rumoroso sottofondo musicale perennemente presente nelle nostre conversazioni telefoniche: non sembra disturbarlo.

 

-Che perspicacia...-

 

Butto giù un sorso di coca-cola, svuotando il bicchiere.

 

-Come mai? Blocco dello scrittore?-

 

Non ce la faccio più a trattenere un sospiro.

 

-Da quanto tempo mi conosci?-

 

-Otto anni. Dalla pubblicazione del tuo primo romanzo-.

 

Ottima memoria, signor editore. Complimenti.

 

-Quanti blocchi dello scrittore ho avuto?-

 

-Nessuno-.

 

Già, la memoria funziona davvero bene. Peccato che il cervello non faccia altrettanto.

 

-Ma c'è sempre una prima volta-.

 

Il cervello proprio non va.

 

-Non ho un blocco dello scrittore. E' che non riuscirò mai a scrivere niente con questo schifo di tema!-

 

-Oh non dire così-. Mi sembra quasi di vederlo scuotere la testa, in segno di disapprovazione. -Una scrittrice valida deve saper scrivere di molte cose-.

 

-Io so scrivere di molte cose -, ribadisco a denti stretti.

 

-Certo: draghi, alieni, varchi temporali, battaglie spaziali, omicidi misteriosi, duelli all'ultimo sangue...Stavolta però devi scrivere d'amore. Non mi sembra tanto difficile...-

 

Certo che non ti sembra difficile. Tu non scrivi, brutto idiota. Ti limiti a leggere con sguardo critico la roba degli altri, per poi guardare da sopra quegli occhialetti sottili e dare il tuo giudizio nella tranquillità più assoluta.

 

-E' difficile invece! Anzi, è ridicolo che io debba scrivere con un tema, come se fossi ancora a scuola!-

 

-Non è ridicolo, se pensi alle vendite dei tuoi precedenti romanzi-.

 

-Le mie vendite sono andate benissimo!-, ringhio. La sua calma mi irrita ancora di più. -Vivo scrivendo, ed è una cosa che si possono permettere in pochi: non ho di che lamentarmi-.

 

-Ma ne abbiamo noi, di che lamentarci-.

 

Resto in silenzio, perchè so che parlando direi cose di cui di pentirmi in futuro. Quindi serro le labbra e mi verso un altro bicchiere di coca-cola, prendendo la bottiglia posata sul pavimento.

 

-Ascolta, tu sei una scrittrice molto brava. Hai del talento, e l'hai dimostrato. I tuoi libri,che sono tutti dei piccoli capolavori,- (che fai,ora mi aduli?) - sono destinati ad un pubblico giovane, ma solo ad una piccola parte di esso. Non piacciono molto alla parte femminile, che per tua sfortuna è quella prevalente. E noi abbiamo bisogno di un bel libro che risollevi le vendite, ed abbiamo puntato su di te-.

 

Che onore. Non potevate puntare su qualcun altro? Credete che sia un privilegio, questo? Dovrei sentirmi onorata? A me sembra piuttosto una punizione, e ne farei volentieri a meno.

 

-Scrivi questa maledetta storia d'amore. Fallo pure a modo tuo, e vedrai che verrà bene. Prendila come una sfida. A te piacciono le sfide, no?-

 

-Certo che mi piacciono-, borbotto. Le sfide sì, ma questa no.

 

-Non vorrai mica fallire...-

 

Che fai, mi provochi ora, brutto editore del cavolo?

 

-Certo che no-. Oggi mi piace usare la parola 'certo'.

 

-Intesi, allora. Tra una settimana voglio vedere qualcosa di scritto-.

-Ma certo -.

D'accordo, caro il mio editore, penso chiudendo la comunicazione. Scriverò questa storia d'amore, e lo farò a modo mio. Ci puoi giurare.

 

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Capitolo 2
*** 02_Una settimana dopo ***


 

 

 

 

 

 

 

 

Una settimana dopo, c'è disappunto sul viso del mio simpatico editore.

 

E' seduto dietro la sua elegante scrivania, e sta finendo di leggere quel ''qualcosa di scritto'' che gli avevo promesso, ma la sua espressione non promette niente di buono.

 

Io sono in piedi di fronte a lui, e sposto il peso da una gamba all'altra: non so se essere nervosa o mettermi a ridere.

 

Il mio editore è un uomo sui quarant'anni sposato e con due figli a carico. Ha sempre un'aria un po' distratta e tranquilla, che a volte mi manda veramente in bestia e mi fa venir voglia di chiedergli se conosce altri stati d'animo oltre a quella sua statica serenità. In questo momento, però, temo di vederlo esplodere in quell'attacco d'ira tanto aspettato.

 

Fa un respiro profondo, e poi mi chiama per nome: per la prima volta in otto anni di collaborazione mi pare veramente seccato.

 

-Mi stai prendendo in giro?-, domanda.

 

-Perchè, non hai gradito la mia storia d'amore?-

 

Domanda retorica che presuppone un'ovvia risposta negativa: eccola stampata sulla sua faccia.

 

-Quella che ho letto non è una storia d'amore-.

 

-Come no? Parla di come due persone s'incontrano e c'è il solito colpo di fulmine. E' amore a prima vista ed i due si corteggiano e poi mettono su famiglia insieme...Mi sembra ci siano tutti i canoni della storia d'amore...-

 

-Ma certo-, la sua voce è sempre più secca. -Nelle classiche storie d'amore le due PERSONE che s'incontrano e s'innamorano sono sempre due strani alieni simili a seppie del pianeta Wodu nella remota galassia di Ketu...-

 

-Hai detto tu di scriverla a modo mio-, mi giustifico, alzando le spalle.

 

-...Che non hanno un corpo normale, ma sono pieni di tentacoli-.

 

-Come hai detto tu prima, sono simili a seppie-, chiarisco.

 

-...E non parlano tra di loro normalmente, ma emettendo strani versi acuti...-, apre il plico di fogli che gli ho consegnato dove aveva messo un segno, e cita:-''simili a quelli dei delfini''...-

 

-Sarebbe un po' presuntuoso credere che nella galassia di Ketu parlino la nostra lingua, non credi?-, gli faccio notare.

 

-...Il ballo di corteggiamento del maschio, che si dimena sui tentacoli producendo suoni ancora più strani, mi pare fantastico...-

 

-Ognuno ha le sue tattiche di conquista-, lo sento alzare la voce, mentre io cerco di sdrammatizzare la situazione: purtroppo gli editori hanno poco senso dell'umorismo.

 

-...Per non parlare della stupenda scena conclusiva in cui lui feconda le sue uova!-, mi urla in faccia. Non ce la faccio a ribadire il concetto ''mettono su famiglia insieme''.

 

Sbatte il plico di fogli sulla scrivania, in un impeto d'ira che non credevo gli fosse proprio. Non si finisce mai d'imparare, mi dico.

 

-Questo è tutto tranne che una storia d'amore!-

 

Dato che la tattica ''prendiamola sul ridere'' non funziona, ritorno al mio abituale atteggiamento serio-cinico-sarcastico.

 

-Non credo di essere la persona adatta a scrivere una storia di questo tipo-.

 

-Già, tu sei troppo cinica!-. Credo che questa voglia essere un'offesa, ma per me non lo è affatto: è solo la sacrosanta verità.

 

-E' quello che sto cercando di farti capire-.

 

-Quello che sto cercando di farti capire io, invece, è che siamo nella merda, cara la mia scrittrice di seppie!-

 

Sussulto. Non ho mai sentito il mio editore perfettino dire una parola del gatto.

 

-Secondo te ti obbligherei a scrivere qualcosa che non ti piace, se non fosse strettamente necessario?-, prosegue, camminando avanti e indietro per la stanza. Cavoli, è proprio agitato.

 

-Abbiamo bisogno di una storia d'amore che faccia impazzire le ragazzine. O ci riesci, oppure ti cerchi un'altra casa editrice-.

 

Sento il sangue raggelarsi nelle mie vene, non tanto per la paura quanto per il disgusto.

 

-Passiamo ai ricatti ora?-

 

Mi guarda a lungo,poi scuote la testa e sospira: pare rilassarsi almeno un po'.

 

-Scusami-, dice con voce raddolcita. -Tu sei come una figlia per me. Sei stata una delle prime scrittrici su cui ho puntato, e vederti comportare in questa maniera mi manda in bestia. So che puoi scrivere questa storia-.

 

-Io invece ne dubito-, dico. E lo faccio sinceramente, senza irritazione o sarcasmo nella voce.

 

Alza gli occhi al cielo.

 

-Qual è il problema? Sei una scrittrice brillante. Se riesci ad inventare una storia d'amore con delle seppie come protagoniste, non dovresti avere difficoltà a farlo con delle persone-.

 

Invece di difficoltà ne ho eccome.

 

Mi manca la documentazione, ecco cosa. Certo, mi manca anche sulle seppie del pianeta Wodu della galassia di Ketu, ma questo non è un problema, perchè anche i lettori sono nella mia stessa condizione e così si bevono tutte le cose che gli propino: è questo il trucco. Ma non funziona se devo inventare cose che agli altri sono note. Non si può fare, perchè emerge la finzione. Ed i lettori pensano:''Che merda di libro!'', o,  peggio: ''Che merda di scrittrice!''

 

Morale: il libro non vende e siamo tutti nelle canne.

 

Cerco di tradurre questo ragionamento logico in una frase sintetica e poco compromettente: ammettere di avere una vita sentimentale praticamente inesistente con il mio amato editore non è proprio la mia massima aspirazione.

 

-E' che credo di non avere abbastanza fonti-, butto lì.

 

-Be', trovale !- Ecco uno dei suoi super sorrisi smaglianti. -Documentati-.

 

''Perfetto'', penso poco dopo, sull'autobus che mi sta riportando a casa e sul quale sono salita senza quasi accorgermene. Ovviamente è pieno ed io sono in piedi, a cercare disperatamente di resistere ai pestoni di una vecchietta e alle borsate di un'altra. Certo, colpi del tutto involontari, tanto che le amabili signore non se ne rendono neanche conto (oppure fanno finta di niente) e non si scusano nemmeno a pagarle oro.

 

Perchè non trovo mai un autobus vuoto, quando ho solo voglia di sedermi e rilassarmi?

 

Perchè non ho preso la patente, in questi anni?

 

La risposta è semplicissima: mi è mancato il tempo per farlo. In pratica, ho trascorso gli ultimi anni della mia vita a scrivere, scrivere e scrivere. E ho trascurato altre cose, importanti sì, ma meno della mia carriera, come imparare a guidare e trovarmi un fidanzato. Certo, non è colpa mia e della mia indole ultra...acida, ma della mia mancanza di tempo. Ottima scusa, no?

 

Per la prima volta rimpiango di aver rifiutato quel ragazzo con l'aria da sfigato che mi veniva dietro in prima liceo: magari sarebbe nata una storia d'amore ed io non mi ridurrei a guardare film rosa e leggere stupidi romanzetti sdolcinati come farò nei prossimi giorni.

 

Mi viene un'idea e mi piace.

 

Non ho un fidanzato, ma in compenso ho un' amica...che, in quanto tale, sarà ben felice di condividere la tortura con me...



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Capitolo 3
*** 03_L'amica e la tortura ***


 

 

 

 

 

 

 

 

 


-Dobbiamo proprio farlo ?-,mi chiede lei, lanciandomi un'occhiata disperata da dietro le lenti degli occhiali.


Deglutisco a fatica.


-Purtroppo sì-.


Lei scuote la testa bionda, guardando con orrore l'oggetto che tiene in mano.


-Ma ti sono grata per questo-,continuo.-Sei davvero la mia migliore amica!-


-La tua migliore amica un cavolo ! Dovrai pagarmi una crociera, quand'avrai finito quel maledetto libro!-


-Lo farò se anche riuscirò solo a cominciarlo. Ma non credo di esserne in grado -.


Sorride.


-Eh già. Le storie sdolcinate non sono esattamente il nostro forte-.


Mi conosce e ha avuto una vita simile alla mia:lo studio prima e il lavoro dopo l'hanno molto impegnata. Moltissimo.


-Dai,forza!-,cercò di farle coraggio. Guardo sconsolata ciò che tiene tra le dita. E' un dvd, e fin qui tutto okay. Se fosse un bel film d'azione o di fantascienza, oppure una semplice commedia, saremmo al settimo cielo. Invece il solo vedere in copertina i visi idioti dei protagonisti, privi del minimo segno d'appartenenza alla razza dell'Homo Sapiens, ci fa accapponare la pelle. Poi, a leggere il titolo, si rischia un colpo apoplettico: ''L'amore di noi due''.


Già mi viene da pensare:ma scegliete il titolo per togliere anche l'ultimo dubbio che alla lavorazione di questo film abbiano partecipato delle creature senzienti? ''L'amore di noi due''? Ma che cosa significa questo titolo? Vuole forse smentire l'implicazione di una terza persona nella storia d'amore? Evidentemente elaborare una trama con un banale triangolo amoroso era troppo complesso per quel cervellino di scrittore che ha dato vita a quell'orribile romanzo da cui avete tratto questo altrettanto orribile film! Getto un'occhiata al tomo sgualcito che ho preso in biblioteca (figurarsi se spendo dei soldi per certa robaccia, sapendo poi che fanno a finire nelle tasche di quel nababbo): dopo il film, mi attende quello. In un certo senso voglio proprio vedere che accidenti ha scritto quel cretino per riuscire a vendere due milioni di copie e a trasportare il suo ''L'amore di noi due'' in una splendida pellicola che ha sbancato al botteghino. E sono già sicura che saranno cavolate ancora peggiori di quelle che immagino.


Alla fine ci facciamo coraggio ed inseriamo il dvd: la tortura ha inizio.


La protagonista è una ragazza di buona famiglia dall'espressione incredibilmente imbambolata.


-Ma le avranno dato della droga per farla diventare così?-,chiedo, non appena fa la sua comparsa sullo schermo.


-Purtroppo credo che sia così di natura, che è pure peggio-.


Bene, la nostra protagonista si chiama Polly...


-Polly?!-,esclama indignata la mia amica. -Ma che cazzo di nome è Polly?!-


-Polly wants a cracker...-, canticchio io, con le lacrime agli occhi: ecco come far rivoltare nella tomba un grande artista e rovinare una canzone seria in un colpo solo.


Dunque, Polly va tutti i giorni a scuola in bicicletta...


-Ma chi è che va  a scuola in bicicletta ai giorni nostri?-


-Se non hai un mezzo di trasporto, fatti la tessera dell'autobus!-


Una mattina, un tizio in moto per poco non la investe, mentre lei è sul suo fedele veicolo. Il tipo scende dalla moto e le dice:- Ma dove cazzo guardi ?-, con voce da idiota patentato. Poi si toglie il casco e...ovviamente ha la faccia da pirla.


Il nostro commento è un laconico: -Bleah!-


La cara Polly, invece, non sembra essere del nostro stesso parere:lo guarda con espressione più inebetita del solito e si scusa.


-Ma cosa ti scusi, scema!E' lui che ti è venuto addosso!-


E da questo romantico incontro,cominicia la storia d'amore. Lui è rimasto folgorato dall'intensità dello sguardo di lei, e la segue a scuola. La va a prendere il giorno dopo e la porta a mangiare sulla spiaggia. Il giono seguente le porta dei fiori. A tre giorni dall'incidente fanno un giro in moto e ridono, come scemi: cosa ci sia di tanto divertente, lo sanno solo loro. Il quarto giorno vanno ad una festa, e qui scoppia la tragedia: lei non piace agli amici di lui! Pianti, disperazione...Polly sente dei commenti poco carini sul suo conto, la definiscono la ''suoretta con la faccia da ebete'', e non hanno neppure tutti i torti. In lacrime, corre fuori. Lui ci mette un po' a capire che se n'è andata , poi ci arriva e si precipita a cercarla.


-Oh, ma che è successo ?- chiede.


-Cioè, è che io ti amo!-


-Perchè le protagoniste femminili devono sempre avere la ''e'' larga e parlare in modo del tutto sgrammaticato?Che cosa c'entra il ''cioè''?-, domando io,mentre i due sullo schermo si perdono in uno scambio di saliva piuttosto appassionato.


-E perchè lui ?Hai sentito con che voce da gorilla parla? E deve mettere un ''oh'' in tutte le frasi che pronuncia!-


-E' un personaggio ben caratterizzato...-,dico sarcastica.


La storia prosegue ancora un po' in maniera del tutto sorprendente: i due passano un allegro week-end da soli nella casa in campagna di Polly e, il giorno dopo, lui le regala un coniglietto di peluche come simbolo del loro grande amore.


-Che romantico!-,commentiamo noi in sincornia, con una smorfia.


Ed il film si conclude con la mitica scena dei due che viaggiano al tramonto verso una meta ignota (la galassia di Ketu? Magari!), Polly in bicicletta e lui che la segue ai dieci all'ora. Fine.


Lo schermo, grazie al cielo, diventa nero ed io ci metto qualche minuto prima di trovare la forza di respirare e voltarmi in direzione della mia amica.


-Ma...-dice lei,sconvolta almeno quanto me. -Non ha senso! -


-Già!Perchè diavolo alla fine lui la segue in moto al rallentatore?Non poteva darle un passaggio?-


-Ed il coniglietto di peluche ti sembra una cosa così romantica?-


-Affatto! Oltretutto, era pure un coniglio brutto! Un orsetto avrebbe fatto molta più figura!-


-Oddio, che orrore. Ti prego, passami le patatine: voglio annegare il mio disgusto nel cibo-.


Obbedisco e per una decina di minuti ci consoliamo mangiando ed insultando, di tanto in tanto, l'autore de ''L'amore di noi due''. Poi, per avere più materiale per il quale maledirlo, mi decido finalmente a prendere in mano quel sudicio volume con la copertina rosa, e lo apro in una pagina a caso, tanto che non credo che ci sia una gran trama da seguire.


-Avanti, leggi ad alta voce-, sospira la mia compagna di sofferenza. Prendo un bel respiro ed inizio a pronunciare parole che non credo di aver mai neanche solo preso in considerazione per uno dei miei lavori.


-''Polly sente il suo cuore martellare nel petto. E' da tutta la vita che aspetta qul momento. Ed è lui il suo momento. Lui è tutto. Da quando l'ha quasi investita le ha cambiato la vita. In fondo alla fine l'ha investita per davvero, ha investito il suo cuore. Ora non può più tornare indietro a quei giorni in cui pedalava felice e tranquilla lungo la statale perchè niente è più come prima''. Cristo, ma quest'imbecille sa che cos'è una virgola?!-


-Dai, continua-.


-Ti appassiona?-


-No, mi disgusta così tanto che voglio sapere fino a che punto può spingersi l'idiozia umana-.


Ah, che bello parlare con una persona che la pensa esattamente come me!


Mi schiarisco la voce e cerco un' altra pagina, per vedere se si differenziano almeno un po' l'una dall'altra.


-''Polly canta sotto la doccia'', ed i vicini si suicidano, ''perchè per lei è una giornata felice. Finalmente ha scoperto le gioie dell'amore. Ormai loro due sono una cosa sola. Polly non è mai stata tanto contenta. Ancora le sembra di sentire nella testa le note della LORO canzone ed è sicura che le sentirà per sempre. Nella vita ci sono cose che non si dimenticano e lui è una di queste''. Accidenti, che perla di saggezza! E ora, ti prego, posso esprimere il mio parere?-


-Credo che sia superfluo. Le pagine parlano da sè, non hanno bisogno di essere commentate-.


Ha ragione, anch'io la penso così, però un po' mi rammarico di non potermi cimentare ancora una volta in una delle mie spietate critiche a quell'essere che ha la presunzione di definirsi ''scrittore''. Come fa la gente a non rendersi conto che sono i tipi come lui e demolire la letteratura? Non che i miei lavori siano dei capolavori indiscussi, non sono certo tanto presuntuosa da affermare una cosa simile, ma perlomeno sono scritti in modo corretto e hanno un minimo di originalità; ''L'amore di noi due'', invece, di originale ha solo l'incomparabile idiozia. Ed io, scrittrice con un briciolo di dignità, dovrei scirvere una cosa simile?!


-Non credo che il tuo editore intendesse QUESTO quando ti ha detto di scrivere una storia d'amore-, mi dice la mia amica quando esprimo a voce alta il mio pensiero. -Credo che almeno un po' ti conosca dopo tutti questi anni passati a lavorare insieme-.


-Sì, però mi ha detto che devo scrivere per vendere. E sono queste le cose che vendono, no?-


-Be', non solo. I libri come questo sono comprati perlopiù da adolescenti idiote-.


-Il 99% delle adolescenti è idiota-.


-E noi ovviamente facevamo parte di quel 1% di genialità-.


-Ovviamente-.


Sorridiamo entrambe del mio cinismo-pessimismo (alcuni la chiamerebbero semplicemente oggettiva rappresentazione della realtà), poi sospiro: il problema persiste. Vedere un film smielato, leggere libri che sarebbero un insulto anche per un bambino della scuola elementare, parlare della faccenda con la mia migliore amica: niente di questo è servito a darmi anche una minima ispirazione. Forse, alla fine, la storia delle seppie che s'innamorano sul pianeta Wodu nella remota galassia di Ketu non era così male...

 

 

 

 

 

Nota dell’autrice:

 

Come avrete notato, mi sto divertendo parecchio a prendere in giro certi stereotipi, e lo farò anche nei prossimi capitoli: che nessuno se la prenda a male, sono solo mie opinioni personali.

Ah, disclaimer: la canzone citata è “Polly” dei mitici Nirvana, di cui consiglio a tutti l’ascolto, oltre ad una lettura approfondita del testo.

 

GRAZIE MILLEMILA a Nina95: avere recensioni, specie su racconti originali, è così gratificante! Sono contenta che questa storia ti stia piacendo: se hai suggerimenti fatti avanti, li accetterò volentieri! Ancora complimenti a te per le tue fiction e il tuo stile scorrevole ed appassionante!





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Capitolo 4
*** 04_Pensieri confusi scarabocchiati su fogli stropicciati ***


 

 

 

 

 

 

 

 

Non so che ore siano. Forse non so neppure che giorno sia.


Sono seduta sul pavimento da un lasso di tempo indeterminabile e fisso con sgomento la trentina di fogli che mi circonda, nonchè lo schermo bianco del mio computer poco distante.


Rimpiango come non mai i giorni in cui venivo pervasa dal ''sacro fuoco della scrittura'' e scrivevo come un'ossessa per giorni e notti, fermandomi soltanto quando le mie facoltà mentali venivano meno. Odio le crisi da pagina bianca. Me ne sono capitate diverse, nel corso della mia carriera: solitamente, tanto più mi avvicino alla conclusione di una storia, tanto più mi vengono dubbi sul finale scelto. Questa volta vorrei almeno riuscire ad iniziare questa maledetta storia d'amore. Basterebbe una parola, una sola, purchè sia quella giusta. Ed invece, benchè continui a scribacchiare su vari pezzi di carta diversi attacchi, nessuno è mai quello adatto.


Nella mia testa si sono delineati, e continuano a delinearsi, almeno una ventina di personaggi, ma nessuno di questi va bene! Sono tutti troppo piatti, stereotipati... Probabilmente è colpa di quel capolavoro di film e libro, o dei numerosi romanzetti rosa che ho recuperato nell'ultima settimana da casa di mia nonna. Ne avrò letti almeno quindici, tutti di autrici diversi, eppure mi sono sembrati tutti uguali: la protagonista è sempre una bella ragazza sui venticinque anni, che ostenta un carattere deciso, rivelandosi sempre una fragile bambolina di cristallo; lui, invece, supera la trentina, è ovviamente bello, un po' freddo e, soprattutto, ricco da far schifo.

 

Perchè deve sempre essere ricco? E perchè alla fine anche gli uomini più distaccati si lasciano sempre andare ai più smielati epiteti, anche se questo accade, superfluo dirlo, soltanto nelle ultime due pagine di libro, dopo la tradizionale lite tra i due che fa sembrare tutto finito (e magari finisse davvero, almeno una volta!)? Perchè nel 80% dei casi lei resta incinta e lo tiene nascosto? E perchè il 90% delle volte i nostri eroi si sposano per convenienza all'inizio del libro, quando lei-è-già-innamorata- ma-soffre-in-silenzio-pensando-che-lui-non l'ami-mentre-in-realtà-anche-lui-contraccambia-ma- si-scopre-solo-alla-fine? Perchè c'è sempre un maledetto lieto fine con proposta di matrimonio e dichiarazioni d'amore e, a volte, anche un penoso epilogo che mostra la coppia qualche anno dopo con tanto di pargoletti al seguito? Perchè non c'è mai una protagonista non brutta, ma perlomeno un pochino scialba? E poi, domanda da un milione, perchè ogni volta che i due ''passano ai fatti'', è sempre un'esperienza ultraeccezionale? Un po' di realismo, per favore! Okay, non dico che il nostro macho super attraente debba fare cilecca, però perchè non può semplicemente essere una... ''cosa normale''? Ah, e perchè io faccio domande retoriche inutili su stupidi romanzi rosa privi del benchè minimo spessore narrativo, anzichè produrre qualcosa da sbattere sotto il naso del mio editore? Perchè, e giuro che questo è  l' ultimo ''perchè'', non posso scrivere una critica a tutti questi libri idioti, invece di tentare, tra l'altro inutilmente, di metterne insieme uno?


Ah, sto impazzendo! Vorrei tanto riempirmi la testa con un po' di musica, ma temo che sia notte fonda, e non voglio che il mio vicino di casa ricominci ad inveire contro di me.


Accidenti, che devo fare?


Secondo mia madre, da cui mi sono recata ieri sera per godere finalmente di un pasto degno di chiamarsi tale, non devo fare altro che ciò che faccio di solito: inventare e scrivere. Quando le ho detto che, mancando d'esperienza personale, finirei per ingannare i lettori e non risulterei credibile, lei mi ha fatto giustamente notare che non ho mai fatto niente di quanto ho raccontato nei miei romanzi, come combattere sanguinose guerre interspaziali nell'anno 3252 o dare la caccia ad una ninfa delle acque: il mio talento, ha continuato, sta proprio nella mia capacità di coinvolgere il lettore a tal punto da fargli dimenticare l'inganno che sto commettendo. La mamma è la mamma e, si sa, ha sempre ragione, però questa volta non è la stessa cosa: negli altri casi, riuscivo a rendere realistiche cose da me inventate; ma non posso inventarmi una cosa di cui i lettori hanno avuto esperienza tangibile e pretendere anche di essere convincente!


Mi sembra di sbattere la faccia contro il muro di un vicolo cieco. Se non fossi così orgogliosa e la faccenda non fosse così importante, probabilmente mollerei.


Dalle labbra mi sfugge un sospiro e mi abbandono all'indietro. Pessima idea: mi ero dimenticata di essere seduta sul pavimento.


-Ahi-.


Ah, maledizione! Per non dire di peggio. Altro che crisi da pagina bianca! Questo è il peggiore blocco che uno scrittore si sia mai trovato ad affrontare!


Credo di star impazzendo. Di sicuro impazzirò, se continuo così: è da una settimana che provo invano ad iniziare, ma non ci riesco proprio! Le ''letture a tema'' che mi ha consigliato quell'idiota del mio editore non hanno fatto altro che peggiorare le cose, perchè ora so con certezza che non riuscirò ad emulare una di quelle scrittrici da quattro soldi (siamo sicuri, poi, viste le incredibili somiglianza tra un romanzo e l'altro, che non siano tutti il frutto della stessa persona? A me sembra un'ipotesi più che plausibile), nè a creare un personaggio insulso come quella maledettissima Polly! Il mio cervello si rifiuta! Il mio preziosissimo e geniale cervello non vuole assolutamente sforzarsi per dare vita a  due personaggi rimbecilliti dall'amore, farli incontrare, sbaciucchiare e sposare; preferirebbe di gran lunga metterli davanti ad un muro e fucilarli con kalaschnikov!!!!!!!!!!!!!!!!


Okay, ricomponiamoci.


Non è proprio così. Quando dico di essere cinica, non intendo così tanto cinica. E' solo la follia che avanza inesorabile. Accidenti.

 

Bene, forza, pensa. Trovare il nome ai personaggi è sempre la parte più difficile (a proposito, dovrò per caso chiamare la mia protagonista con un nome idiota come ''Polly''?), ma vorrei almeno avere dei personaggi da rinominare. Ogni volta che provo ad immaginarli, mi vengono in mente solo scialbe imitazioni di una realtà del tutto banale, stereotipate come i protagonisti dei libri che ho letto. Non posso far muovere dei personaggi piatti, far dire loro una valanga di stupidi luoghi comuni e arrivare ad un bel lieto fine: è contro la mia natura.

 

Ho pensato, allora, che forse potrei creare una ragazza un po' simile a me, certo meno cinica e...acida, ma con un pezzo della mia personalità: sicuramente in questo modo avrebbe più carattere e riuscirei a farla muovere meglio. Ma ecco che sorgono due problemi: chi potrebbe innamorarsi, anche in un libro, di una simile rompipalle? E chi potrebbe riconoscersi in un personaggio liberamente ispirato a me, che sono stata l'adolescente più contronatura mai esistita e che ora conduco una vita praticamente priva di relazioni sociali?

 

Ecco, forse ho trovato il problema: mi sono ridotta ad essere una specie di fossile. Già le mie uscite erano scarse prima, figurarsi ora che passo le mie ore a leggere stupidi libretti rosa per emularli. I miei unici contatti umani nell'ultimo mesi sono stati il mio editore, la mia migliore amica ed i miei genitori. Forse, dovrei cercare storie umane tra gli umani; parlare con dei miei coetanei per rientrare nella mentalità giovanile e tirar fuori qualcosa di buono...

 

Sento la luce di un'idea. (Sinestesia)

 

 

 

Nota dell'autrice:

 

Non so se conoscete gli Harmony, quella monumentale serie di romanzetti dal minimo spessore cartaceo e narrativo che tanto vanno in voga tra le donne di una certa età: ecco, se per caso vi è capitato di leggerne qualcuno, di certo avrete capito molti dei riferimenti contenuti in questo capitolo; se al contrario non avete mai avuto il piacere di dedicarvi a simili letture, non preoccupatevi di rimediare al tempo perduto e continuate sulla vostra strada.

 

Una piccola precisazione su questa storia, che ancora non ho fatto: ho già scritto questi capitoli da un pezzo (due anni o giù di lì), li sto postando un po' per volta per non appesantire la lettura a chi fosse intenzionato a seguire le vicende di questa poveraccia. Tuttavia non sono mai arrivata ad un finale e, di questo passo, finirò i capitoli già pronti in fretta, perciò i vostri pareri saranno preziosissimi per aiutarmi e decidere quale direzione prenderà questa storia!

 

Colgo l'occasione per ringraziare Nina95, l'unica mia commentatrice, e gli altri utenti che hanno inserito questa storia tra quelle seguite o da ricordare... Inutile dire che, a discapito di quanto possa far pensare l'alto tasso di acidità contenuto in questa fiction, non mordo, quindi recensite pure a cuor leggero se vi va!

 

Alla prossima!^^

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** 05_Vita sociale ***


 

 

 

 

 

 

 

 

Nella mia testa, ho passato in rassegna tutti i volti delle mie vecchie conoscenze, cercando di ricordarne le caratteristiche principali. Ho eliminato, come se fossi un computer intento in una difficoltosa ricerca, quelli con cui ho ormai perso definitivamente i contatti, ossia la maggioranza. Mi sono lanciata quindi ad analizzare quei pochi che di tanto in tanto ancora provano ad invitarmi ad uscire, aiutandomi con l'archivio degli SMS sul mio cellulare. Ho tolto dalla lista anche i miei amici d' infanzia, quelli che mi conoscono meglio, perchè so che non sono il tipo di compagni adatta per farsi un'idea della mentalità amorosa: ho un'opinione troppo alta di loro. Poi mi è caduto l'occhio su un messaggio non troppo vecchio, risalente più o meno ad un mese fa, in cui mi si sollecita a farmi sentire, e ho avuto un'illuminazione. Ecco le persone adatte: due miei ex-compagni del liceo, da poco laureati in legge che, se non sbaglio, ora fanno pratica in uno studio legale. Lui, me lo ricordo bene, mi faceva disperare con i suoi sermoni sull'importanza dell'amore e dell'amicizia e voleva sempre avere notizie della mia vita sentimentale. Lei, che in un certo periodo era stata anche un' amica piuttosto stretta, era la classica ragazzina che cadeva facilmente preda di cotte per il belloccio di turno. Non era, e non è, piuttosto brillante  e francamente mi chiedo come abbia fatto a prendere la laurea in Legge... Bah, i misteri della vita.

 

Portata a termine la mia ricerca, mi sono decisa a contattarli con un SMS, sperando che non ce l'avessero troppo con me per tutte le volte in cui li ho snobbati per le mie splendide serate di solitudine e scrittura (o film, o lettura, o play station, a seconda dei periodi...). La risposta non ha tardato molto arrivare, e così...

 

Così, eccomi qui, intenta, per la prima volta dopo diverso tempo, a studiare la mia immagine riflessa nello specchio del bagno, alla ricerca di un modo per rendermi perlomeno presentabile. Okay, non devo rimorchiare i miei ex-compagni di liceo, nè tantomeno i grassi ed attempati avvocati che gironzoleranno nel loro studio, luogo del nostro appuntamento, ma già mi immagino i loro sguardi e, peggio, i loro commenti. Quelli che faranno con altre vecchie conoscenze, quando li chiederanno se hanno più avuto notizie della scrittrice in erba, e loro, specialmente lui, con quel suo tono di complicità e compassione, diranno quanto io sia poco curata, se non addirittura sciatta, più schiva e restia alle relazioni interpersonali del solito, stralunata e, diciamocela tutta, single.

 

Già, perchè questo, a loro giudizio, è il peggiore insulto che si possa lanciare, lo stendardo del mio essere una cavolo di scrittrice sfigata: perchè, secondo le persone così, è questo ciò che sono. Be', spiacente di deludervi, ma non mi sento e non mi sono mai sentita tale. D'accordo, resto quasi sempre chiusa in casa a scrivere, diserto le vostre odiose cene di rimpatriata ed esco poco, e quando lo faccio non c'è mai un bel tipo dietro l'angolo pronto a scontrarmi e ad invitarmi a cena per scusarsi. Ed anche se lo facesse, rifiuterei credendolo un maniaco! Ecco un altro degli inconvenienti di quel maledetto romanzo: come si possono incontrare due persone, se non a scuola o al lavoro? Nessuno per strada ferma qualcuno perchè abbagliato dalla sua bellezza (e se lo facesse, ricadremmo nel discorso ''maniaco''); gli amici degli amici sono sempre dei bietoloni; e non c'è mai un nuovo collega o compagno di classe che non abbia la faccia da idiota per antonomasia. Avanti, questa è la dura e cruda realtà con cui dobbiamo confrontarci, e non aiuta certo a scrivere un dannatissimo libro ''realistico''! Ah, cavolo! Ecco che il discorso torna sempre su quest'argomento!

 

Forza, su, c'è da pensare ad altro: al mio look, per la precisione.

 

Santo Cielo, ma quant'è che non vado da un parrucchiere? Ah, certo...Dieci mesi, dalla presentazione del mio ultimo romanzo. Be', suppongo che i capelli lunghi e selvaggi possano avere un certo fascino, no? Almeno sono lisci.

 

E dove diavolo ho infilato quella bustina rossa contenente i miei pochi trucchi?

 

Guardo l'orologio e mi accorgo di non avere più molto tempo a disposizione: mi accontenterò della matita e del rossetto chiaro che uso per il tragitto casa-editore; mi getto sui vestiti. Pantaloni? Gonna? Che maglia? Che scarpe?

 

Praticamente rovescio l'intera cassettiera, prima di decidermi, dopo una mezz' ora buona, a mettere un paio di jeans (casual), la mia unica camicetta (fa più uscita serale) e le scarpe ''belle'' che di solito uso per le occasioni ufficiali (mi faranno venire male ai piedi, ma mi danno almeno un tocco di femminilità). Infilo un paio di orecchini e poi mi accorgo che non ho tempo per collana ed altri fronzoli, perchè tra venti minuti devo essere allo studio legale per vedere i miei cari vecchi amici. Metto gli occhiali, altrimenti non riuscirei certo a trovare il posto, butto i miei effetti personali in una borsa abbastanza carina che mi hanno regalato qualche Natale fa ed esco alla ricerca di un autobus.

 

Il vantaggio di uscire di sera è quello di non trovare vecchiette violente cariche di pericolose borse della spesa pronte a sgomitare e ad urlare di tutto. Certo, si rischia di fare incontri forse più spiacevoli, ma non sembra che io abbia quel genere di problemi: non attraggo mal intenzionati. Non che sia così repellente, anzi, ho una buona opinione di me, è solo che ho un modo di camminare e di comportarmi piuttosto anonimo, non vesto in maniera particolare e cammino ascoltando musica e pensando ai miei libri, così anche se qualcuno mi importuna verbalmente non me ne accorgo affatto.

 

Senza problemi, quindi, giungo a destinazione anche questa volta.

Tiro fuori il cellulare per ricontrollare le indicazioni, mi guardo attorno, cammino un po' e vedo l'insegna che cercavo.

 

Bene, ed ora che devo fare? Entrare, forse? Sono puntuale, quindi loro dovrebbero uscire da un momento all'altro...

 

Si apre il portone e volto la testa. Un signorotto sui cinquanta mi guarda un po' male.

 

Sospiro, torno al mio cellulare. Forse è il caso di comunicare via SMS la mia presenza...

 

Ehi, io sono appena arriv

 

Non faccio in tempo a finire la frase, perchè sento una risatina nota. E' possibile che una persona abbia la stessa risata di quando aveva quindici anni?

 

Di sicuro, è con un individuo di sesso maschile, al 95% delle possibilità non il nostro amico comune. Sono un po'...stronza, eh?

 

Il portone si apre ancora ed emergono due occhi chiari familiari, dietro la risatina da flirt ed una chioma corvina, dietro ancora una figura sconosciuta (il motivo di tanta ilarità).

 

-Ciao, da quanto tempo!!-

 

-Potresti farti sentire un po' più spesso, eh?-

In ordine, lei e poi lui.

 

Sfodero un sorriso di circostanza e abbraccio tutti e due. Poi mi trovo davanti il terzo uomo e lo fisso, e anche lui mi fissa (o forse è solo una mia impressione). E' abbastanza alto, capelli scuri e lunghi il massimo concesso ad un avvocato, occhi dello stesso colore.

 

Vengono fatte le presentazioni, e scopro che è un loro collega ''senior'', quindi un po' più vecchio di noi.

 

-Dai, sicuro di non volerti unire a noi?-. Ecco che ricomincia a civettare. Spero ardentemente che il nostro caro avvocato senior rifiuti, perchè non è mai stato il mio passatempo preferito osservare amiche che fanno le sceme per farsi notare. Accidenti, la mia acidità cresce: devo darmi una controllata, in prospettiva della serata che mi aspetta.

 

-In effetti, una pizza sarebbe l'ideale dopo un'intensa giornata di lavoro...-

 

-Ah, fantastico!Andiamo!-

 

Va bene, guardiamo il lato positivo delle cose: potrei avere qualche spunto per il mio libro. Forza, prendi un bel respiro e stampati in faccia un bel sorriso. Pensa che se non fossi qui, saresti a casa con del cibo surgelato a fissare per l'ennesima volta lo schermo di quel maledettissimo computer. Coraggio.

 

La pizzeria è dall'altra parte della strada. Finiamo ad un tavolo da quattro, femmine da una parte, maschi dall'altro. La mia amica, per la sua gioia, ha davanti il suo caro collega anziano, ed anche per la mia: mi sento molto più rilassata con un vecchio amico davanti. Gli sconosciuti mi mettono a disagio.

 

Ordiniamo la pizza e ce la portano anche abbastanza in fretta. Ecco i lati positivi della serata. Cibo. Pizza. Molto meglio di quelle conservate in freezer per settimane.

 

Presto i tre avvocati iniziano a parlare di lavoro e, dopo un po', anch'io inizio a pensarci, ma al mio. Ecco che potrei far cominciare la mia storia così: un'uscita tra amici,  c'è l'amico dell'amico che poi non è tanto male e poi i fatti si sviluppano di qui. Perché, infatti, sembra proprio che qualcuno voglia farsi beffe di me e dei miei ragionamenti di un paio d'ore fa: l'avvocato senior non è male. Ha l'aria intelligente, mi pare simpatico, parla con una voce calma ma decisa...Okay, okay, non spertichiamoci in troppi elogi, eh! Però è strano, era da un bel po' di tempo che non sentivo una sorta di...interesse? per un uomo. Ormai mi erano tutti indifferenti...Be', quindi l'ipotesi di un incontro così, uscita con amici, non è così poco realistica. Anche alla mia ipotetica protagonista senza volto nè nome potrebbe accadere qualcosa di simile, con ovviamente uno sviluppo posteriore, cosa che di certo io non avrò. Non intendo certo mettemri a frequentare lo studio legale dei miei amici nella speranza di rivedere un loro collega! Ho stima di me stessa e, soprattutto, molto lavoro da fare.

 

-Scusaci, ci siamo messi a parlare di lavoro-, dice lui. Sussulto.

 

-Non vogliamo annoiarti, per una volta che ci vediamo!-, aggiunge il mio vecchio compagno di scuola con il suo solito tono conciliatore.

 

-Ah no...Scusate me, anch'io mi sono messa a pensare al lavoro...-

 

-Che lavoro fai?-, mi chiede lui.

 

-Ma come?-, gli fa eco la mia amica. -Eppure te l'abbiamo presentata!-

 

-La scrittrice-, rispondo. Non mi sorprende sapere che un avvocato non mi conosca: non sono poi tanto famosa.

 

-Ah...Ora che ci penso il tuo nome non mi è nuovo-.

 

-Non è il caso che tu lo dica per compiacermi-.

 

-No, no, non sto mentendo...Copertina nera, scritta blu?-

 

Ha sparato a casaccio? Le copertine della serie di fantascienza sono davvero così.

 

-Esatto-.

 

-In che cosa ti stai cimentando ora?-, s'informa il mio amico. Non riuscirà ad estorcermelo neppure con la forza:

il collegamento ''libro rosa''-''mia vita privata'' è anche troppo rapido.

 

-Se te lo dico, chi mi dice che poi comprerai il libro?- Sfodero anche un sorrisino fantastico: stasera sono proprio in forma.

 

-Ma dai!E pensare che quando eravamo al liceo mi facevi leggere il tuo primo libro capitolo per capitolo!-, interviene la mia amica.

 

-E' vero, perchè allora i tuoi pareri erano unici e preziosissimi. Ora ho già quelli di quel pignolo del mio editore!-

 

Forza, cambiamo argomento. Ritornate a parlare dei vostri processi, della pizza, del tempo o dell'abbigliamento di colleghi e conoscenti. Lasciatemi pensare. Finalmente ho uno straccio di idea.

 

 

Nota dell'autrice:

 

Eccomi ai doverosi ringraziamenti per quelle anime pie che mi seguono. Perchè sì- notiziona- i miei recensori si sono triplicati: yeah!^^

 

Quindi grazie, come sempre, a Nina 95, e alle nuove arrivate, cartacciabianca e Oddish: ringrazio tutte e tre per i complimenti.

 

Nina, sono contenta di riuscire a divertirti. Ammetto che io stessa mi diverto molto a scrivere questa fic, e credo che sia anche per questo che fa ridere anche voi! Visto a quali compromessi è scesa la nostra povera scrittrice? E' dovuta uscire dal suo appartamento. Povera gioia. XD

 

Oddish, non ti preoccupare: lo zucchero qui lo mettiamo solo nel caffè, non c'è pericolo!

 

Alla prossima, ragazze. I vostri commenti saranno decisivi più che mai perchè mi trovo ad un punto di svolta e vorrei sapere cosa vi aspettate da questa fic... ^^

 

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Capitolo 6
*** 06_Idea o non idea? Di certo non ho le idee chiare ***


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

D'accordo, forse mi sono esaltata troppo presto. Presa com'ero dal sacro fuoco dell'ispirazione, ho cercato di troncare il prima possibile la serata per far ritorno a casa e piazzarmi davanti allo schermo del portatile. Scrivere, finalmente, scrivere. Muovere le dita sui tasti per formare frasi compiute e non semplici ammassarsi di lettere senza senso del tipo: jgigjodkpoan cvui0fosbv9iuer mvmig sdknu0isdnvu 9un jdsnfmvjsa ( a volte ci scappa anche qualche numero). Sorridevo, infilando la chiave nella toppa: addio, blocco dello scrittore, addio, follia incipiente, pensavo.


Eppure, dopo due giorni, eccomi da capo. Appurato il fatto che si può incontrare una persona decente durante un'uscita con amici comuni, ho telefonato alla mia nipotina adolescente per sapere se le pizzate tra ragazzi vanno sempre di moda ed ho ottenuto una risposta favorevole. Perfetto, mi sono detta. Basta scrivere un capitoletto introduttivo, dove presento una protagonista senza nome ed ancora un po' abbozzata, e poi, nel secondo, eccoci all'incontro fatale durante la festa di compleanno in pizzeria di un compagno di classe.


Non regge.


Anche ammettendo che esista un adolescente con un minimo di Q.I. (ho scelto di fare i miei personaggi almeno diciassettenni, altrimenti sarebbe stato del tutto impensabile), fingendo persino che sia possibile che due persone socializzino durante una stupida pizzata (nelle quali, si sa, si è solitamente così in tanti da finire con il parlare soltanto con le tre o quattro persone che sono sedute vicino a noi, quindi poniamo la condizione incredibile che il nostro figo pazzesco sia, ad esempio, di fronte alla protagonista), arrivando al punto di credere realistico il fatto che il tipo resti impressionato dalla nostra eroina e le chieda il numero di telefono o roba simile, come accidenti si va avanti?


Io non ne ho idea, non ne ho veramente la più pallida idea. Alla fin fine io non so niente di queste cose; quel poco che sapevo, l'ho disimparato in questi anni trascorsi immersa in me stessa e nei miei mondi. Ho fatto una scelta, e questa mia scelta non contempla sentimentalismi. Ho deciso di abbandonarmi ai miei sogni ad occhi aperti, alle avventure che avrei voluto vivere, alle idee che avrei voluto comunicare ad altri. Ho afferrato con forza tutte le occasioni che mi si presentavano per colmare la voragine di una vita banale con qualcosa di unico. Ho preferito superare il confine del reale per evadere alla monotonia e forse così ho perso un pezzo della mia umanità. Forse mi sono rotta e non funziono più, perchè il mio cervello si è specializzato nel focalizzarsi sul fantastico e ha dimenticato come gira la ruota dei sentimenti nella vita di tutti i giorni. Forse, invece, sono diventata la fredda macchina da scrivere che desideravo essere, distaccata, razionale, acuta. Disumana. Quant'è che non piango? Quant'è che non mi diverto davvero? Quant'è che non...


Oh basta, per favore! Porca puttana, che diavolo vado farneticando? Stronzo di un editore, lo vedi come questa merda mi ha corroso il cervello? La tua immane stronzata di scrivere una storia d'amore mi sta portando ad una crisi di nervi: se perderò la testa, sarà soltanto colpa tua, ed allora verrò lì nel tuo studio del cazzo a prenderti a calci in culo, senza scusa che tenga. Sarai anche stato tu a farmi ottenere la discreta fama che posseggo, ma ora stai del tutto distruggendo la mia soddisfazione. Mi stai facendo detestare ciò che amo, stai trasformando il mio ossigeno in zolfo, ma io non soffocherò. Piuttosto che arrendermi, strapperò davanti alla tua faccia allibita quel contratto da quattro soldi che ho firmato chissà quanto tempo fa, e ti farò ingoiare i pezzettini, se proverai a dire qualcosa.


Dannazione. E' meglio che mi beva un po' del tè verde freddo che ho in frigorifero, se non voglio continuare a sfogare la mia frustrazione repressa in improperi contro il mio editore. Del resto, meglio insultare lui piuttosto che cadere nel baratro di sconforto sul ciglio del quale mi trovavo fino a poco fa. Sono talmente sotto stress da dimenticare tutte le cose buone che mi ha portato questo mestiere. La soddisfazione di tenere in mano, di sfogliare, di annusare un mio libro, la tranquillità di poter scrivere in santa pace senza dover dedicarmi ad altro, la gioia nel rispondere alle domande di persone che hanno letto ed apprezzato i miei romanzi...


Ehi, aspetta un momento. Forse ho un'altra delle mie illuminazioni.


Fan. Ne ho qualcuno, un po', ad esseri sinceri. Ragazzi e ragazze che si sono appassionati leggendo le avventure da me ideate, che mi stimano, mi ammirano e che si riuniscono in un forum ufficiale nel quale a volte m'introduco anch'io. Scommetto che sarebbero felicissimi di contribuire al mio nuovo lavoro ed io ho un'idea per permetterglielo.


Aprirò una nuova sezione sul forum con un titolo accattivante del tipo: ''Partecipa anche tu alla stesura del mio nuovo romanzo!'' e chiederò agli utenti di raccontarmi qualche loro esperienza sentimentale...Un concorso, ancora meglio! ''Non avete sempre sognato di vedere la vostra storia d'amore raccontata in un libro? Scrivetemi le vostre esperienze e le più coinvolgenti potranno entrare a far parte della trama del mio nuovo romanzo!''


Fantastico.


Sono un genio. (Ma già lo sapevo).

 

 

 

Nota dell'autrice:  

 

Ecco, questo capitolo è un po' corto, scusate! E perdonatemi pure per il turpiloquio a cui mi sono abbassata: la nostra scrittrice sta andando in crisi, poverina!

 

Vi avviso che per una settimana sarò via, quindi per un po' niente aggiornamenti. Spero di trovare taaanti commenti, al mio ritorno! *__*

 

Purtroppo a questo giro mi avete un po' delusa T-T: Nina, sei tu la mia fedelissima. Grazie mille per gli splendidi commenti che lasci ogni volta e per aver aggiunto questa storia ai preferiti: ne sono molto onorata. Questa parte forse è stata un po' meno divertente del solito, ma spero ti sia piaciuta lo stesso. Del resto credo che una storia unicamente comica non sarebbe in grado di dar voce completamente a quel personaggio bizzarro che è la scrittrice: che ne pensi? :)

 

Bene, alla prossima!

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Capitolo 7
*** 07_Le meraviglie del web ***


 

 

 

 

 

 

 

 

Okay, è giunto il fatidico momento. Dopo una settimana in cui mi sono trattenuta dal cadere in tentazione, ora posso lasciare che il puntatore del mouse compia il percorso che brama nell’elenco dei segnalibri. No, non Wikipedia. Neppure Youtube. Questa volta si va dritti alla meta: il forum.

 

Perché, dopo la mia geniale intuizione notturna, ho aspettato la bellezza di sette giorni per dilettarmi con i disgustosi aneddoti amorosi di un gruppo di adolescenti? Domanda più che lecita, lo ammetto. I fan dovrebbero correre a rispondere ai miei post- l’autrice in persona che scrive sul forum, dico io!- estasiati dalla possibilità di prender parte al mio nuovo lavoro; o almeno così credevo la mattina dopo aver aperto quel maledetto topic, sul cui titolo mi sono scervellata per mezz’ora buona. Dio, trovare titoli è sempre così dannatamente difficile, si tratti di un libro o di un email! E trovare i nomi ai personaggi è ancora peggio: la mia testa pullula di individui perfettamente delineati sul piano della caratterizzazione che proprio non so come chiamare. Non basta un nome qualsiasi. Deve essere IL nome, quello che calzi a pennello alla figura indistinta che, aleggiando insistentemente nei miei pensieri, piange, urla e si dispera pregandomi di smettere di apostrofarla con strane perifrasi. Capelli Raccolti, Figo alla Tak, Appena Uscita Dal Parrucchiere… per comodità AuDp, ovvio.  Figurarsi se perdo tempo a trovarmi un nickname, con tutti gli arretrati da sistemare: su quel dannato forum sono la Scrittrice, punto e basta.

 

Ebbene, appurato il fatto che il mio blocco dello scrittore (chiamiamo pure così le mie seccanti difficoltà nello scrivere, a questi punti) si è esteso anche ad inezie come il decidere un titolo per il topic, speravo almeno che i miei sforzi fossero ripagati da un numero soddisfacente di risposte sensate. La ‘’s’’ maiuscola che troneggia a sottolineare l’importanza del mio intervento avrebbe dovuto sortire un certo effetto sui miei lettori. Sarebbero dovuti correre a rispondere con lo stesso slancio con cui ci si fionda ad un concerto ore e ore prime che aprano i cancelli; e invece…

 

Invece, la mattina dopo la mia geniale idea, le mie speranze sono state distrutte dal deserto assoluto che seguiva il mio entusiastico post. Niente. Il vuoto totale. Le pagine bianche mi perseguitano, di recente.

 

Il mio editore mi ha pazientemente spiegato con un tono di voce al confine tra la depressione e la disperazione che in quel periodo il forum non era molto attivo. Gli utenti si riuniscono per parlare quando c’è qualcosa da dire- ha continuato, come un papà che insegna come si attraversa la strada ad una bambina di cinque anni- e non c’era più molto da dire, dato che il mio ultimo libro risale a quasi un anno fa. Esaurite le discussioni su personaggi, trama, ambientazione, finale, possibili sequel e confronti con i romanzi precedenti, non restavano molti argomenti. Quindi il forum si era pian piano spopolato, in attesa che producessi qualcosa di nuovo. A queste ultime parole la sua voce melliflua ha acquistato una subitanea nota energica, permeata di una notevole percentuale allusiva che mi sono sforzata di ignorare. Tempo una settimana- ha concluso in un sospiro- e le risposte sarebbero arrivate; lui e i suoi maghi del web, nel frattempo, si sarebbero presi l’incarico di sponsorizzare l’iniziativa attraverso il sito della casa editrice e i miei profili su vari social network, come facabook e…

 

-Facebook?-, l’ho interrotto. –Quel coso dove la gente ti viene a spiare?-

-Per la precisione-.

-Ma…ma…io non voglio stare su quel coso! Non voglio che i miei vecchi compagni del liceo vengano a spiarmi!- mi sono lasciata sfuggire, pentendomene subito dopo.

-La tua è una pagina fan-, ha sospirato per l’ennesima volta il mio editore, prossimo ad un esaurimento.

-E che vuol dire? In poche parole, la gente si può fare i cazzi miei o no?-

-Stai diventando volgare sotto stress. Comunque no: è solo una pagina che raccoglie i tuoi fan e può essere usata per divulgare le news. Li informeremo di questa tua nuova iniziativa e vedrai che le risposte non mancheranno-.

 

Ottimo, mi sono detta: l’ho infinocchiato e ho guadagnato altro tempo prezioso. Gli ho sparato l’idea del forum alla decima telefonata notturna (sarà anche un tranquillo padre di famiglia quarantenne, ma quando s’impunta è peggio di uno stalker accanito) e, sorprendentemente, non ha mosso alcuna lamentala, più che legittima tra l’altro, sulle mie strambe tattiche di temporeggiamento. Anzi, deve aver apprezzato, se mi ha concesso la bellezza di una settimana di relax!

 

E’ stato fantastico poter trascorrere sette giorni senza dover impiegare venti ore davanti al computer, spremendomi le meningi in cerca di qualcosa di sensato da scrivere e trattenendomi al contempo dal pensiero, ad ogni minuto sempre più allettante, di distruggere la tastiera con un pungo ben assestato. Non ho neppure pensato più di un paio di volte di conservare il cazzotto per il mio editore. In pratica, sono ritornata allo splendido mondo della sanità mentale per la bellezza di centosessantotto ore. Ho perfino scritto qualcosa, anche se non quello che vorrebbe il boss. Che ci posso fare se l’idea di avere una protagonista dai capelli verdi mi alletta così tanto: di certo non è una caratteristica in cui le teen-ager possano riconoscersi (a parte forse qualche punkettona convinta), quindi so già che una proposta simile mi sarebbe subito tirata in testa.

 

D’accordo, ad essere precisi, l’idea di non esser stata filata da nessuno mi è ronzata per la testa diverse volte come una mosca fastidiosa; ma l’ho repressa, ed eccomi qua. Pronta a scoprire la verità su gli usi e costumi degli adolescenti innamorati di oggi: spero di non andare in overdose da zucchero…

 

Apro il browser di internet, tamburellando con le dita sul bordo della scrivania. E se non dovessero esserci risposte neppure questa volta? Se ce ne fossero solo un paio, intrise di banalità e stucchevolezza? In fondo, non sono una scrittrice così famosa: il mio editore ha ragione, non saranno di certo lì a rispondere alle…

 

Perbacco.

 

Per esprimersi per frasi fatte, potrei dire: da un estremo all’altro.

 

154 risposte.

 

E bravo il mio editore. La pagina facebook ha funzionato allora.

 

 

 

 

 

Nota dell’autrice:

 

Rieccomi! Scusatemi per la lunga attesa, mie care lettrici. Come vi avevo anticipato, sono stata in vacanza, e una volta tornata, ho adottato due splendidi gattini di un mese e mezzo, Mel e Sophie, che mi portano via buona parte della giornata (anche perché, diciamocelo, ogni dieci minuti mi perdo a guardarli incantata, sia che giochino o dormano *__*).

E scusate anche se tiro per la lunga l’idea del forum. Diciamo che questo capitolo sarebbe diventato troppo lungo per la media della storia se avessi continuato con quello che avevo in mente e, visto che quest’idea ha destato la vostra curiosità, voglio svilupparla per benino.

Eccoci quindi ai ringraziamenti di rito! Thanks to:

 

-Nina95: grazie cara per seguirmi e supportarmi capitolo per capitolo! Colgo l’occasione per scusarmi se non ho più seguito “Hurricane”, ma purtroppo ho avuto poco tempo per leggere L.

 

-Oddish: scusa se ti ho fatto aspettare più del dovuto! Grazie anche a te per l’entusiasmo con cui hai commentato!

 

-Drops of Jupiter, la new entry! Sono molto contenta che la storia ti piaccia! Grazie per le recensioni e per i complimenti!

 

Oltre che le mie amate commentatrici, colgo l’occasione per porgere i miei ringraziamenti anche a presenze più silenziose, come Angyr88, che ha aggiunto questa storia ai preferiti!

 

Grazie mille e alla prossima! ;)



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Capitolo 8
*** 08_Pezzi di vita ***


 

 

 

 

 

 

 

 

Allora, con calma.


Innanzitutto, devo prendere appunti. Al diavolo le tecnologie, un programma aperto sul computer per me è già abbastanza! Mi armo di carta e penna, sistemo gli occhiali sul naso e comincio a leggere…


La prima cosa che mi salta all’occhio è l’inventiva di cui fanno sfoggio gli utenti con i loro nickname, strabilianti agglomerati di consonanti, x e y (neanche dovessero risolvere un’equazione) e strane cifre: devo ricordarmi di spulciare qualche forum, quando sono a corto di nomi.


L’inventiva cala decisamente quando si tratta di iniziare l’intervento: tutti, o almeno tutti quelli che riesco a visualizzare nella prima pagina, esordiscono con un paio di frasi adulatorie il cui senso può essere riassunto nel “che emozione, adoro i tuoi libri! Che splendida idea!”. E poi, dopo l’entusiastico preambolo, ecco incominciare i più disparati racconti.


Una certa Lelyx345 (incognite e cifre, per l’appunto) narra il seguente incontro:


Io e il mio ragazzo ci siamo conosciuti a scuola. Lui ha un anno più di me e perciò non era nella mia classe ma ho capito subito di piacergli. Nei primi mesi c’è stato un certo gioco di sguardi… Lui però stava con una compagna di classe ma mi ha detto poi che non gli importava infatti si sono lasciati perché lui la considerava un’amica ma ha aspettato a scrivermi perché stava con lei e


Frena, ragazza. In primo luogo, mi devi spiegare cosa intendi per “gioco di sguardi”. In secondo luogo, io ti devo spiegare come si usa la punteggiatura. Per non parlare delle congiunzioni, quella strana specie tanto sconosciuta ai ragazzi d’oggi.


Bah, mi sono scocciata di tentare di seguire questo periodare sconnesso. E poi la scuola è una location banale e deprimente. Passiamo oltre.


Astrex, elemento dal sesso dubbio a causa dalla persistenza della x, si svela donna con il seguente episodio:


Ero in giro con delle amiche di mia sorella, ovviamente a sua insaputa (se sa che esco con le sue amiche mi ammazza ^^), quando loro hanno salutato un ragazzo, piuttosto carino. Quando ho chiesto loro chi fosse mi hanno risposto che si trattava di un loro compagno di classe, ma, ovviamento, mia sorella non mi aveva mai fatto vedere una foto della loro classe, quindi io non ne avevo idea -.-‘’. Fatto sta che lui mi ha notata, ha chiesto il mio numero ad una delle mie amiche e mi ha contattata. Abbiamo massaggiato per una settimana e poi siamo usciti ^^. Mi ha portato a fare una passeggiata su lungomare e alla fine della giornata mi ha baciata!!!! E da quel giorno stiamo insieme  :)


Brava, stella, già tu dimostri un po’ più di cura per i segni d’interpunzione. Peccato per il tuo vizio di ripetere quattro volte la stessa parola in una frase (loro, loro, loro, loro… e basta!) e la tua tendenza ad aggiungere simpatiche faccine qua e là. Vabbe’, questa te la faccio passare proprio perché siamo su un forum, ok?


Comunque, anche tu sei banale. “Abbiamo messaggiato per una settimana, siamo usciti e lui mi ha baciata”: ma che squallore! Dai, cara ragazza, a parte il fatto che hai baciato un tizio dopo averlo visto una volta sola, renditi conto che una storia del genere non venderebbe neppure una copia. Neppure io comprerei il consueto volumetto da tenere in casa per farne sfoggio con gli ospiti.


Cara Lily93, spero che il tuo nick leggermente più normale sia di buon aspicio.


Lo so che può suonare male, ma io e il mio ragazzo ci siamo conosciuti su Facebook! Mi ero appena iscritta e lui mi ha chiesto l’amicizia, abbiamo chattato un po’, mi ha detto che sono carina e siamo usciti. Ora stiamo insieme da un anno e mezzo!!


Ti è andata bene, che ti devo dire. Io non ci avrei scommesso un centesimo su uno che abborda online: o è un maniaco o è uno sfigato inguardabile. Appurato il fatto che hai culo, mi spiace ma ti devo ignorare. Non perché odi i social network- cosa peraltro più che vera- ma perché, se già messaggiare era squallido, chattare lo è pure di più. E poi almeno i tizi di prima si erano visti di sfuggita una volta prima di scriversi, tu invece del tuo futuro amore avrai visto una foto che, per quanto ne sai, poteva anche essere fasulla. Santo cielo, le tecnologie stanno mandando il mondo allo scatafascio! Non mi aspettavo certo di trovare storie di lettere d’amore e serenate al chiaro di luna- sarebbero state disgustose- ma questi resoconti sono veramente privi di ogni  ornamento. Ora capisco perché la gente legge certi romanzetti rosa!


Vabbe’, spero che l’altro topic che ho aperto, quello dedicato ai momenti più belli di una relazione, contenga qualcosa di più originale. Faccio scorrere la pagina finchè qualcosa non attira la mia attenzione: Rosi, un nickname privo di cifre e incognite! Sento che sarà quella giusta...


Uno dei momenti più belli della nostra storia è stata senz’altro la nostra prima volta. Ero in prima superiore e…


In prima superiore?! A quattordici anni?! Quattordici?! Sgualdrinella. I giovani d’oggi: gettano al vento la loro verginità non appena si stufano dei giocattoli. D’accordo, probabilmente si faceva così anche ai miei tempi. Che, precisiamolo, non sono poi così remoti.


Comunque, non voglio sciacquette nella mia storia. Quindi è inutile che continui a leggere questo post.


Lascio scorrere lo sguardo in avanti, annoiata.


Si parla di “mesiversari”: aldilà della discutibilità di questa parola, non trovo sia molto sensato lasciare il portafoglio dal fioraio per disporre rose sull’asfalto a comporre un “ti amo”, in modo che la propria bella possa affacciarsi dal poggiolo e farsi venire il batticuore. A mio parere, ci sono diverse controindicazioni.


In primo luogo, la maggior parte delle persone abita in condomini, quindi è assai probabile che, mentre il nostro principe azzurro porta a termine la sua composizione floreale, arrivi uno dei vicini con la macchina per cercare parcheggio. Se io fossi un povero impiegato di ritorno da una giornata di lavoro, non sarei affatto di dover ritardare il mio rientro perché un povero idiota sta spargendo petali dove io vorrei posteggiare la mia auto. Probabilmente non mi farei troppi problemi a pigiare sull’acceleratore e portarmi via rose e adolescente.


Poi c’è da considerare anche il fattore spreco. Si sa, le rose di certo non le regalano, quindi non bisogna essere dei geni in matematica per capire che la quantità necessaria a formare una scritta leggibile dal balcone porta via una buona dose di pecunia. Bene, una volta che la nostra ragazza ha contemplato l’opera d’arte, che succede a quelle rose? Le butta via dando esempio di spreco ai massimi livelli? Le porta a casa imbevute di pipì del cane del vicino e saliva dello vecchio con tendenza a sputacchiare della porta accanto? Non mi sembra molto igienico. Né molto romantico.


Poi c’è un altro che, per festeggiare il primo “mesiversario” con la sua ragazza, le ha inviato un sms con trenta “ti amo, uno per ogni giorno che abbiamo passato insieme”. Stucchevole. E sciocco. Non mi sembrano realistiche tutte queste eclatanti manifestazioni d’amore dopo un mese soltanto.


Archivio il capitolo “mesiversari” e salto avanti.


C’è un idiota che a Natale, per fare una sorpresa alla sua ragazza, si è travestito da Babbo Natale e le ha portato un sacco pieno di regali. Grazie per aver speso tanti soldi, ma è chiaro che sei un deficiente. Come fai a pensare di essere attraente con un costume rosso da vecchio barbuto? Cristo, quello di Santa Claus è un ruolo che potrebbero ricoprire i nonni o i padri, non i fidanzati! Perdono di ogni attrattiva.  Nella vita reale e ancor più in un libro.


Poi c’è una tizia che, dopo che il suo ragazzo l’ha scaricata, si è accampata sotto casa sua con un cartellone che lo implorava di tornare con lei. Una sola parola: patetica. A quanto pare, dopo non sono neppure tornati insieme. Bah, questa ragazza deve avere delle tendenze al masochismo.


Segue una ragazza che racconta di come il suo amato le abbia fabbricato un ponticello di rami per farle guadare un fiumiciattolo durante una gita in campagna. Oddio, questa è tanto assurda che quasi quasi potrei prenderla in considerazione davvero.


Che palle.


E’ tutto così… noioso. E nauseante. Noiosamente nauseante.


Possibili che non ci sia nulla che possa offrirmi un qualche spunto? Tutti questi episodi sono così ridicoli e vomitevoli: come potrei inserirli in un mio romanzo? Non voglio certo essere accusata di aver plagiato “L’amore di noi due”.


Be’- penso, scorrendo annoiata la pagina verso il fondo- se non altro non ho niente da rimpiangere. Se questo è l’amore, allora non mi perdo proprio niente.


Ehi, un momento.

 

Purtroppo devo dissentire dagli utenti che hanno scritto prima di me. L’amore non è tutto rosa e fiori. Il primo bacio fa schifo. La prima volta ancora di più. E il ragazzo che ami non ha niente a che spartire con il principe azzurro…

 

O mio Dio.

 

L’ho trovata.

 

Ho trovato l’unica adolescente con facoltà intellettive.

 

 

 

 

Nota dell’autrice:

 

Eccomi qui di ritorno!


I tempi di scrittura si sono allungati perché ho finito i capitoli già pronti e quindi ora devo scriverli prima di pubblicarli. ^^ Già lo scorso era fresco fresco, ma ho preferito non dirvelo per vedere se per caso notavate qualche differenza! Meno male, a quanto pare non sono peggiorata ;)


Faccio i soliti ringraziamenti a Nina95 e Drops of Juppiter: grazie ragazze, continuate a seguirmi!


Poi, come regalo (specie per Nina **) , visto che ho imparato a mettere le immagini sul web (avete notato il logo?? ^^), vi allego una foto dei miei gattini, Maelstrom (Mel) e Sophie, che in questo momento giocano qui accanto a me.








Grazie ancora e al prossimo capitolo!!!

 

 

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Capitolo 9
*** 09_Dilemma etico-morale-professionale ***


 

 

 

 

 

 

 

 


Eccolo che si fa strada. Il dilemma etico-morale-professionale.

 

Santo Cielo, dev'esserci davvero qualcosa che non va in me. Devo essere proprio masochista, nel profondo dell'animo. Autolesionista fino al midollo. Non c'è altra spiegazione.

 

Già, certi complessi non mi possono venire proprio ora. Non certo quando, dopo mesi di sofferenza, mi trovo forse davanti ad un punto di svolta. La ragazza con un cervello del forum: sì, lei, proprio quella che parla come parlerei io se mai avessi avuto uno straccio di relazione. Bene, lei potrebbe essere la chiave di tutto. La panacea dei miei mali. Il biglietto aereo per l'isola della Tranquillità con la T maiuscola.

 

Le ho scritto un MP o come diavolo si chiamano quei messaggi privati che invii tramite il forum. Le ho chiesto- cercando di mantenere una parvenza della dignità che dovrebbe esser propria del mio status di scrittrice- di fornirmi qualche dettaglio in più sulle sue esperienze personali, se ne aveva voglia, perchè quello che aveva espresso nel topic da me aperto mi aveva fatto davvero un'ottima impressione.

 

Lei mi ha risposto subito. Mi ha fatto un sacco di complimenti- e io, lo ammetto, mi sono sentita un po' rincuorata nello scoprire che ci sono anche esseri dotati di neuroni che seguono le mie opere, cosa di cui, dopo aver letto tutti quegli interventi e quei nickname assurdi, dubitavo fortemente- e si è dichiarata onorata di aver suscitato il mio interesse. Dopodiché ha aggiunto che mi avrebbe volentieri dato più informazioni- se mi interessavano fatti tanto banali- ma che avrebbe potuto farlo in maniera esauriente solo dopo qualche giorno, perchè si trovava in vacanza studio in Inghilterra e non aveva molto tempo per organizzare i suoi pensieri.

 

Ed eccomi qui, che, ancora una volta, aspetto. E l'attesa logora la poca sanità mentale che mi è rimasta.

 

Torna a far capolino come uno spiritello maligno che ghigna fastidioso il dubbio che non sia giusto quello che sto facendo. Insomma, sono una scrittrice. Guadagno soldi inventando idee e mettendole su carta. Tutto quello che devo fare per portare a casa la pagnotta e giocare un po' con l'immaginazione e le parole. Di certo c'è molta gente che mi invidia. So benissimo di essere fortunata ad avere la possibilità di fare della mia più grande passione il mio lavoro; ci sono un sacco di persone che vorrebbero essere al mio posto. E che forse se lo meriterebbero più di me.

 

Che razza di autrice sono se devo copiare la vita di un'adolescente qualunque? Dove sono finite le qualità- fantasia, inventiva, bravura- che mi hanno permesso di esordire in quest'ambito quando ancora ero una studentessa?

 

Dio, faccio pena. Non faccio altro che piangermi addosso. E' come se la mia vena artistica si fosse spenta d'un colpo. Se prima avevo poca voglia di stare con i miei amici, ora ho paura ad uscire di casa: se incontrassi qualche conoscente che mi chiedesse dei miei libri, non se scoppierei a piangere o a ridere. Faccio la vaga perfino con mia madre, e non nascondo che qualche volta ho pure evitato di risponderle di proposito.

 

Il peggio è che non posso più fare marcia indietro. Ora che il mio editore ha tirato un mezzo sospiro di sollievo e mi lascia più o meno in pace pensando che grazie al forum i nostri problemi stiano per finire, non oso immaginare che faccia farebbe se gli dicessi: No, non si può fare. Non mi sembra un granchè corretto. Peggio di quella delle seppie, temo.

 

Questa faccenda mi ha davvero tolto ogni voglia di scrivere. Se anche provo a staccare scrivendo qualcosa per me, non so come cominciare. Mi spremo per venti minuti buoni e non mi escono più di un paio di frasi. E allora desisto e torno a vagare su internet, ridacchiando a leggere nuovi post sul mio forum o sul gruppo Facebook. Proprio come sto facendo ora.

 

Facebook. Un altro particolare che mi fa accapponare la pelle. Mai e poi mai avrei pensato di ridurmi a passare i miei pomeriggi in quel luogo infernale. Un altro motivo per odiare il mio editore: mi ha fatto cadere nel tunnel dello spionaggio.

 

No, non mi sono registrata. Non voglio che mi arrivino da ogni parte richieste d'amicizia dei miei vecchi compagni di classe, pronti a farsi i cavoli miei. Già infestano la bacheca (Santo Cielo, parlo pure in gergo!) della mia pagina fan con post ben poco acuti del tipo: Eh eh, ne hai fatta di strada dai tempi delle medie! Baci baci! Mi vengono i brividi solo a leggerli, eppure anch'io ci sono cascata e ho iniziato a cliccare sulle immagini accanto ai commenti per vedere che fine hanno fatto tutti i molti conoscenti con cui ho perso i contatti da anni. Sono molti gli idioti con un profilo aperto, così posso amenamente farmi i cazzi loro senza farmi scoprire.

 

Oh, ho scoperto cose interessanti. Relazioni inimmaginabili tra le persone più disparate. Individui che al liceo avevano fama da latin lover e ora riempono la bacheca delle gentili consorte con le sdolcinatezze più imbarazzanti. Potenziali manager di successo che ora passano le loro giornate a gestire un'insensata fattoria virtuale.

 

Sì, lo so. Sono patetica a trovare consolazione scoprendo di essere in una buona compagnia.

 

Comunque la mia pagina fan è discretamente popolare. Ci sono un sacco di persone che postano apprezzamenti sui miei libri. Be', si spera non siano tutti come le utenti con mille icognite del forum...

 

Ehi, un momento.

 

E questo che diavolo...?

 

 

In bocca al lupo per il tuo prossimo romanzo, misteriosa scrittrice che scrive sulle tovagliette di carta della pizzeria.

 

 

Tovagliette di carte? Pizzeria?

 

Il nome non mi dice niente, ma la foto... Clicco sulla miniatura per ingrandirla e passare alla pagina del profilo.

 

Tsk, uno furbo. Il profilo è chiuso, ma non mi servono informazioni per riconoscere la faccia di un'avvenente avvocato di mia conoscenza.

 

 

 

 

 

 

 

 

Nota dell'autrice:

Allora, vi chiedo umilmente perdono.

E' una vita che non posto e questo capitolo mi è uscito soltanto oggi.

A dirla tutta non è neppure molto furbo pubblicarlo ora invece che

aspettare di averne pronti altri, ma la furbizia non è il mio forte u.u

Dubito che qualcuno ancora seguirà una storia che non aggiorno da mesi,

o che qualcuno di nuovo decida di cominciare a leggere ben nove capitoli;

in ogni caso,ringrazio tantissimo eLLy L per aver continuato a seguirmi anche su Fanworld:

cara, avevo anche risposto alla tua mail un miliardo di giorni fa, ma temo non ti sia arrivata.

Grazie anche ad Oddish e ad Atris per i commenti! Spero ci rivedremo presto!

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Capitolo 10
*** 10_Punto di partenza ***


 

 

 

 

 

 

 

 

Devo calmarmi. Assolutamente. Al momento, ridarmi un contegno è la mia massima priorità.

 

Perchè- ammettiamolo- la faccenda è degenerata parecchio. Decisamente troppo. Be', almeno me ne rendo conto: è un buon segno, no? Essere coscienti del proprio comportamento maniaco-compulsivo è il primo passo per migliorare, o sbaglio?

 

Sospiro.

 

Sono patetica. Peggio di Polly e di tutte le ragazzine imbecilli del forum. Soprattutto dato che io non sono un'adolescente- non più ormai- perciò questi atteggiamenti da teenager che si fa le seghe mentali non dovrebbero proprio avere nulla a che fare con me.

 

Già, seghe mentali. Di questo si tratta. Terribili ed infinite seghe mentali che vanno avanti da più di tre giorni. Settantadue ore incentrate su un unico problema, così effimero che mi vergogno perfino a confidarlo a me stessa: come reagire a quello stupido post lasciato dall'avvocato.

 

Ecco, l'ho detto. Ora posso pure spararmi e farmi un grossissimo favore. Cielo, tutto questo indagare nell'ambito delle storie d'amore di serie Z mi ha fatto regredire a quando... Un momento, non mi ricordo quanti anni sono passati dall'ultima volta in cui sono caduta nel terribile vortice del patetismo. Uhm, forse era la terza media? Quand'è che avevo quella cotta per il biondino della classe affianco? No, a dodici anni, se non sbaglio...

 

D'accordo, gettiamo la maschera delle apparenze e analizziamo i meandri più oscuri della mia psiche. Partiamo dal presupposto che non mi posso né devo esaltare per uno stupidissimo post in bacheca: non significa assolutamente nulla! Ecco, quindi già sbaglio dal principio, perchè proprio non sono riuscita ad impedire a me stessa di entrare in modalità “ansia” non appena i miei occhi hanno riconosciuto un certo viso familiare. E' questo il modo in cui ho sempre affrontato le mie (poche) questioni amorose: con l'ansia. Un'agitazione pazzesca che si diffonde in tutto il mio corpo provocandomi un insopportabile vuoto allo stomaco non appena si parla di affari di cuore, non importa se io svolga la parte del soggetto o dell'oggetto. Mi agito e basta. Terribilmente.

 

In seconda istanza, il mio cervello bacato, naturalmente portato all'elucubrazione, si perde in congetture di ogni tipo, e così è accaduto anche questa volta. E quindi, archiviata come irrisolvibile la terribile disputa del Ma si ricorda di me? E quanto si ricorda?, i miei neuroni esauriti sono passati al contrattacco. E hanno elaborato piani diabolici su piani ancor più diabolici.

 

Ora che so nome e cognome dell'avvocato, potrei chiedergli l'amicizia su Facebook e instaurare un qualche tipo di contatto. Ma non ho un account, solo un profilo pubblico. Di conseguenza, per farmelo amico dovrei prima iscrivermi. Così facendo, però, mi ritroverei ad avere un profilo da sfigata patentata, senza neppure un amico. Quindi dovrei scendere a patti i miei più intimi convincimenti e chiedere prima l'amicizia ad un po' di vecchie conoscenze, e poi fare lo stesso con l'avvocato. Oppure aspettare che sia lui a farlo. In fondo, se io stringessi amicizia con i suoi colleghi e miei ex compagni di classe, lui mi vedrebbe nella loro lista di amici e potrebbe decidere di aggiungermi. E così io farei meno la figura da sfacciata. In fondo è l'uomo che deve fare la prima mossa, no?

 

Cristo Santo. Ma quale prima mossa e prima mossa. Mi ha soltanto lasciato un commentino sulla bacheca. Niente di più. Se gli fossi interessata, avrebbe chiesto il mio numero ad uno dei suoi colleghi- magari a lui, oppure a lei sarebbe venuto un colpo apoplettico- non si sarebbe limitato a scrivermi un ridicolo post. Dopo due mesi, tra l'altro.

 

E poi, guardiamo in faccia la realtà, o ancora meglio lo specchio. I miei capelli sono uno schifo. Ho delle sopracciglia a dir poco spaventose. Le mie unghie non sono affatto curate. E inoltre è quasi un mese che non mi depilo, perciò mi ritrovo delle gambe che potrebbero competere con la Foresta Amazzonica. Insomma, faccio schifo.

 

Quindi, niente account Facebook. Sarebbe un' inutile perdita di tempo e un tradimento ai miei principi morali.

 

Ecco, da tutto questo sproloquio, sembra che sia follemente innamorata di un tizio che ho visto soltanto una volta. In realtà non è così. Non sono tanto frivola da invaghirmi di una persona con cui ho condiviso soltanto un tavolo in una pizzeria.

 

E' un bel tipo, lo ammetto. Carino, brillante, sa il fatto suo. E, oh, la faccia della mia stupida amica sarebbe impagabile, se mai davvero fosse interessato a me! Ma no, niente di più. Vivevo tranquillamente anche senza avere sue notizie. Non mi ha colpito così tanto da cambiare la mia vita. Certo, se mi avesse contattata, probabilmente sarei uscita con lui. Magari ci saremmo conosciuti, ci saremmo piaciuti e ci saremmo messi insieme, per quanto l'idea di stare con qualcuno mi sembri inconcepibile. Sono così abituata alla mia vita solitaria che non sento la mancanza di niente. Non ho perso nulla, semplicemente non l'ho mai avuto. Il che, in effetti, è un po' triste, ma sicuramente meglio che un'effimera felicità seguita da una terribile delusione. Gli spiriti romantici non sarebbero d'accordo con me e affermerebbero che è meglio aver amato e sofferto piuttosto che esser rimasti nell'apatia più totale; ma io non sono quel tipo di persona. Io sono fondamentalmente tranquilla. Amo la stabilità. Non ho mai fatto nulla di azzardato, non ho mai ricercato cambiamenti drastici. Forse è per questo che sono in questa situazione: non oso abbastanza. Non ho neppure il coraggio di creare un profilo Facebook per paura di passare per stupida. Già, preferisco consolarmi nei rari momenti di sconforto con l'illusione di aver destato almeno un poco l'interesse dell'avvocato, dicendomi che avessi voluto provarci avrei potuto averlo, piuttosto che agire davvero e scoprire che lui ha già un'altra, o che non gli interessa affatto la scrittrice scialba che ha incontrato per caso una sera dopo il lavoro. Perchè se gli interessasse- lo ripeto- avrebbe fatto qualcosa lui, no? Di certo un giovane uomo avvenente e di successo non ha da temere un rifiuto.

 

La verità è che nel momento in cui ho visto quel commento, sono stata felice. Per un secondo, un fugace secondo, ho provato quell'ansia piacevole che è sinonimo di felicità, e che è un tipo di soddisfazione ben diverso da quello che provo quando leggo recensioni favorevoli ai miei libri o firmo autografi ai fan. E' la contentezza di una donna, non di una scrittrice.

 

Ehi.

 

Un momento.

 

Non sono due cose staccate. Sono un tutt'uno. Due facce di una stessa medaglia.

 

E quindi...

 

Basta girare la medaglia, e trovare il punto di partenza. Perchè forse è proprio quell'istante già volato via, con la sua effimera euforia, l'inizio che cercavo.

 

Corro al pc. Come al solito, è acceso, il foglio bianco che quasi sembra lampeggiare nella penombra della sera.

 

Socchiudo gli occhi, mentre le mie dita tamburellano sulla tastiera.

 

Ci sono quasi, ci sono quasi...

 

Le parole... sento che stanno arrivando...

 


Era soltanto uno stupido messaggio, eppure non riusciva a smettere di sorridere. Continuava a leggerlo e a rileggerlo, e ogni parola imprimeva nella sua testa un solco profondo e indelebile. Entro sera l'avrebbe saputo recitare a memoria, ne era certa. Uno stupido sms su...

 

 

Eh, bella domanda. Su cosa?

 

Il tempo di rifletterci e un suono acuto mi segnala l'arrivo di nuovi messaggi nella mia casella di posta elettronica. Corro a controllare.

 

E' lei, come pensavo.

 

La ragazza del forum mi ha finalmente scritto. Proprio ora che forse avevo trovato il punto di partenza.

 

E ora che faccio?

 

Nella mail rinnova i complimenti, ripete ancora una volta che per lei è un onore tenere i contatti con me, e mi rimanda a un file di testo allegato. Si è fatta un po' prendere la mano, spiega.

 

Sbuffo, incerta, e torno al mio foglio di lavoro.

 

Uno stupido sms su...

 

Boh.

 

Getto un'altra occhiata alla posta elettronica e l'occhio mi cade inevitabilmente sui venticinque messaggi precedenti, tutti provenienti dallo stesso individuo: il mio editore, ovviamente. Recano tutti un oggetto inequivocabile, del tipo Allora?, Re:re:allora?, Aspetto qualcosa, Ma insomma! Sono passate due settimane!, Sei in ritardo con la consegna!, eccetera eccetera.

 

Uno stupido sms su...

 

Maledizione! Sono di nuovo bloccata!

 

Sospiro.

 

D'accordo. Hai vinto tu, maledetto stalker. Apriamo questo allegato e vediamo come funzionano le vere storie d'amore.

 

 

 

 

 

 

 

 

Nota dell'autrice:

Alloooora, rieccoci qui! Così presto, eh! Visto che brava???

Tutto merito vostro, e dei vostri commenti ultra lusighieri che mi hanno fatto sbriluccicare gli occhi!

Perciò, questo capitolo è per voi:

Oddish, anima buona che dopo pochissimo che avevo aggiornato già mi aveva lasciato un commento!

eLLy L, che con il solito entusiasmo ha saputo farmi tanto felice! Visto, sono tornata presto stavolta!XD

E infine Lucya, la new entry migliore che potesse capitarmi, che mi ha lasciato uno dei commenti più lusinghieri che abbia mai ricevuto!

Grazie, grazie, grazie a tutte quante! Scrivere per voi è un piacere e rinnovo la mia promessa: non vi farò più attendere mesi prima di aggiornare!;)

 



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Capitolo 11
*** 11_Una storia d'amore ***


 

 

 

 

 

 

 

 

Non ci credo ora che ho raggiunto la maggiore età, né ci credevo da bambina. Non esiste il principe azzurro. E neppure un vampiro buono su un'elegante macchina sportiva, per quanto la febbre dei succhiasangue romantici abbia contagiato anche me non troppo tempo fa.


Leggere e scrivere mi è sempre piaciuto. Qualsiasi cosa, dovunque. Specialmente in bagno e a scuola, durante noiose spiegazioni che non servono assolutamente a nulla. Tiro fuori il mio libro e mi metto tranquilla a leggere, tanto c'è la sagoma imponente del mio compagno di classe giocatore di basket che mi nasconde agli occhi dei professori. La lettura è un ottimo tipo di evasione, a mio avviso. E quando la tua vita è soltanto un piatto susseguirsi di lunedì e martedì, è bello immaginare di essere un'eroina alle prese con una missione di colonizzazione spaziale. Ogni riferimento a persone che stanno leggendo questo file è puramente casuale!


Dicevo: un mondo fantastico è senza dubbio più interessante di quello reale. Sempre e comunque. Sia da single che in coppia.


Nella mia vita ho avuto un solo ragazzo, che è anche quello che mi sopporta attualmente. Prima di incontrarlo, mi sentivo insoddisfatta. Insoddisfatta perchè vedevo tutte le mie amiche innamorarsi, fidanzarsi, lasciarsi... E a me non accadeva assolutamente nulla, tanto che ogni tanto mi veniva da chiedermi: che c'è che non va in me? Non mi sembra di avere niente in meno di loro. Non sono né particolarmente bella, né particolarmente brutta, anzi, direi carina, discretamente intelligente, simpatica con chi lo è con me. Insomma, una ragazza come tante. Perchè dunque mi veniva negata un'esperienza semplice e naturale come quella di vivere una storia d'amore?


D'altra parte, ero io la prima artefice di questa situazione. Non mi ero mai realmente innamorata di qualcuno, anzi, avevo dei seri dubbi sul che cosa si etichettasse con tale verbo. Col senno di poi, devo ammettere che tutti quei libri mi avevano confusa. Anche nel miglior libro fantasy, se fa parte della trama anche una storia d'amore tra i protagonisti, ogni sensazione è descritta con tanto pathos da sembrare una forza della natura.


Nella realtà non è così. Nella realtà non ci si innamora a prima vista. Né ci si sente attraversare il corpo da scosse elettriche quando il proprio sguardo s'incatena a quello dell'amato. A dirla tutta devo ancora capirlo oggi, come facciano gli sguardi ad incatenarsi.


La prima volta che vidi il mio ragazzo non provai assolutamente nulla.


Era un venerdì sera invernale come tanti altri ed io vagabondavo per la casa in tuta e pantofole, con zero voglia di ripassare storia e ancor meno di prepararmi la cena. I mie genitori erano infatti andati a teatro e quindi io optai per la solita soluzione: pizza a domicilio. Tanto per sottolineare la banalità di quella serata, c'è da dire che quello era il giorno di riposo della pizzeria d'asporto con il portapizze carino. Perciò mai mi sarei aspettata che chiamando il numero stampato a caratteri cubitali su uno dei tanti volantini lasciati nella nostra cassetta delle lettere mi sarei ritrovata sulla soglia di casa il mio futuro fidanzato.


Non mi si fermò il cuore quando gli aprii la porta, né i battiti mi schizzarono a mille. Era un individuo estremamente normale- come la sottoscritta, per intenderci- di media altezza, con una faccia vagamente simpatica ed una voce tranquilla. Lui mi diede le pizze, io pagai e finì lì. Non gli diedi neppure la mancia, come mi fece notare quando ormai stavamo già insieme.


Non è per niente romantico, vero? Mi dispiace, un fatto tanto banale non può esserti di nessun aiuto per la stesura del tuo libro. Semplicemente questa è la realtà, proprio come l'hai chiesta. E di certo non ho dubbi sul fatto che riuscirai di certo ad abbellirla con la solita originalità che metti in tutti i tuoi romanzi! Per questo sono immensamente curiosa di vedere come scriverai una storia d'amore: si trovano in giro così tante banalità che sarà un piacere leggere finalmente qualcosa di fresco ed innovativo.


Tornando a noi, o meglio a me, la mia vita andò avanti come sempre per un altro mesetto. Un'altra cosa tanto banale che mai potrebbe accadere in un romanzo, vero? Nei libri non c'è mai un momento di stallo, e gli eventi si susseguono senza sosta fino ad un mirabolante colpo di scena finale. Ma lo ripeto: questa è la vita, e nella vita la maggior parte delle volte non succede assolutamente nulla.


Interrogazioni, studio, libri, pomeriggi di shopping: così andò tranquillamente avanti la mia vita senza che il viso di un portapizze anonimo avesse lasciato troppo il segno. E be', lo ammetto, la mia vita continua ad andare avanti in maniera abbastanza tranquilla anche adesso che sono fidanzata da quasi un anno. L'amore non ti sconvolge la vita. La rende più bella, però.


Sentirsi amati è una bellissima sensazione. Riempie quel vuoto che anni di solitudine hanno creato, ti fa finalmente sentire completa. Ma non ha niente a che fare con quello che ti raccontano nei libri.


Innanzitutto, le cose sono molto più semplici. Non esistono gli improbabili triangoli amorosi che vengono presentati in libri, telefilm e shojo manga (non so se tu conosca i manga- fumetti giapponesi- ma ti assicuro che in quelli destinati ad un pubblico femminile spuntano triangoli amorosi da ogni parte). Diciamocelo, è difficile trovare un ragazzo che ci piaccia e che ci ricambi. Trovarne due è pura fantascienza. In certi casi, come nel mio, bisogna pazientare un po', ma poi, se si ha la fortuna di trovare una persona onesta e sinceramente interessata, tutto fila liscio come l'olio.


Così accadde a me.


Chiamai la pizzeria altre volte, non perchè il portapizze mi avesse particolarmente colpito, ma semplicemente perchè la pizza era buona. Alla seconda consegna, già iniziai a guardarlo con un po' più di interesse. Il sorriso che mi rivolse quando gli dissi di tenersi come mancia l'euro di resto mi colpì e mi indusse a sperare che fosse sempre lui a citofonare al mio portone con i cartoni in una mano e il casco nell'altra. E ovviamente un individuo tatuato e ben poco attraente mi si presentò alla porta le due volte successive.


Dopo un mese e mezzo mi ero quasi dimenticata di quella faccia e di quel sorriso che avevano fatto nascere in me un certo interesse, quando finalmente lo rividi. Nessuno strano incontro voluto dal destino: semplicemente, lo ritrovai sulla soglia di casa dopo l'ennesima chiamata alla mia nuova pizzeria di fiducia. Ci scambiammo le solite due parole di circostanza mentre cercavo il resto- ero da sola in casa, e naturalmente mi trovavo a corto di spiccioli- quando ad un tratto lui mi chiese se conoscevo una Annalisa, che, in effetti, era proprio in classe con me. Scoprii che era sua cugina e da lì chiacchierammo un altro paio di minuti.


Di natura sono realista e incline a stare coi piedi ben piantati per terra, ma non mi sfuggì il fatto che si era informato sul mio conto: insomma, voleva almeno significare che gli ero rimasta impressa, no? Non hai mai capito che cosa esattamente l'abbia colpito- in casa sono terribilmente sciatta, tuta e pantofole pelose sono la mia divisa- ma da quel giorno non suonò mai il mio campanello nessun altro portapizze. Sempre e soltanto lui. E una volta- un mese e diverse chiacchiere dopo- trovai scritto dietro la ricevuta il suo numero di telefono. Soltanto cifre, nessuna frase o parola. Oddio! Cosa avrei dovuto fare? Scrivergli? Fargli uno squillo? Telefonargli?!


Passai una terribile giornata di dubbi ed incertezze. Commisi il gravissimo errore di confidarmi con una delle mie poche amiche. Votata com'era alla missione di trovarmi un ragazzo, non ci mise molto a strapparmi il cellulare dalle mani e pigiare il tasto della chiamata sul numero che avevo salvato sotto “porta pizze”, incurante dei mie urletti di protesta e dei mie tentativi di riprendermi in tempo il telefono. Per fortuna la sua dignità le impedì di lanciarsi in una conversazione della serie “ehi, la mia amica ti trova carino!” e riagganciò dopo due squilli. Due minuti dopo, mi arrivò un sms.

 

Speravo mi scrivessi :)

Scusa se ti ho lasciato il mio numero di nascosto ma non sapevo bene come introdurre l'argomento tra una pizza e l'altra. XD

 

E quello fu il realistico e poco romantico inizio di tutto.


Dopo ci furono due appuntamenti di chiacchiere curiose e imbarazzate allo stesso tempo, un umidissimo primo bacio al cinema, un secondo bacio già meno umido sotto casa mia, e tanti altri pomeriggi di chiacchiere non più imbarazzate ma sempre curiose che continuano a ripetersi ancora adesso.


Insomma, qual è la morale?


Quello che vorrei passasse da tutto questo spreco di parole (a proposito, spero di non averti annoiato) è che la vita non è un romanzo, ed è per questo che i romanzi vendono. Non mi fraintendere, non sono certo a favore di certe storie improbabili e melense fino al midollo; le evito come la peste, e brucerei certi libri come si bruciavano le presunte streghe nel Medioevo. D'altra parte, le parole “romanzo” e “realistico” si escludono a vicenda. Anche se stare con una persona è bello, nella vita di tutti i giorni nessuno è esente da difetti o problemi; per questo è bello evadere dalla realtà rifugiandosi tra le pagine di un libro. Quando leggo (per scuola) una storia troppo legata alla realtà, mi viene la depressione. Se invece dopo una faticosa giornata di studio o dopo una lite con i miei mi tuffo in uno dei mondi da te creati, tutte le emozioni negative svaniscono tra una parola e l'altra, e per un paio d'ore credo davvero di vivere su un altro pianeta, o di essere un'impavida eroina armata di spada. Credo che anche in materia di storie d'amore sia questo che le ragazze ricerchino. Vogliono leggere la realtà che vorrebbero vivere, ma che in verità non esiste. E' questo il bello di un libro, no? Ti propone il prototipo del ragazzo perfetto, alto, bello, gentile, misterioso... Certi individui non esistono davvero. Una relazione solida si basa sulla fiducia e sulla conoscenza praticamente totale dell'altro: alla fine anche quello che sembrava essere il bel tenebroso della situazione si rivela un ragazzo come gli altri, con i suoi pregi e i suoi difetti. Ed è questo che significa per me amare davvero: conoscere i pregi e i difetti del proprio partner, e ritenere sempre i pregi superiori ai difetti.


Non so se sono riuscita bene ad esprimere il concetto. Io sono innamorata del mio porta pizze, non lo cambierei con nessun divo del cinema. Lo conosco come le mie tasche, mi fido di lui e so di poter sempre contare sul suo sostegno. E, soprattutto, ho la certezza che anche lui mi conosce alla perfezione e che, pur avendo visto anche il peggio di me, mi ama per quello che sono e rimane al mio fianco: per questo ogni mattina mi sveglio con il sorriso sulle labbra e mi sento nel mio piccolo la persona più fortunata del mondo.


Ma la mia giornata tipo con lui, per quanto per me sia il momento più bello della settimana, non sarebbe certo materia interessante per un romanzo. E' troppo banale, troppo normale. E chi legge un libro è stufo marcio di persone e situazioni reali; vuole qualcos'altro, qualcosa che sia meno legato alla vita di tutti i giorni ma comunque credibile. In poche parole, vuole sognare.


Tu con i tuoi libri di sogni me ne hai regalati tanti, e non ho dubbi che anche questa volta riuscirai a tirar fuori qualcosa che mi stupirà ed emozionerà e mi spingerà e mi terrà incollata al mondo che hai creato per giorni interi. Quindi grazie per tutte le storie incredibili che hai condiviso con noi e per tutte quelle che ci donerai in futuro; spero che questa mia dissertazione non ti abbia annoiato e che, magari, ti abbia anche interessato. A me di sicuro ha fatto tantissimo piacere avere la possibilità di “parlare” con te. Ti faccio un grosso in bocca al lupo per questo tuo nuovo lavoro, e attendo fiduciosa di ritrovare il tuo nome tra gli ultimi best seller nella libreria della mia città!

 

 

Nota dell'autrice:

Eccomi! Incredibile, ce l'ho fatta a finire questo capitolo!

Tra una verifica e l'altra, ci ho messo più di una settimana a scriverlo, anche perchè è stato più impegnativo dei precedenti.

Non solo è parecchio più lungo, ma ho dovuto svegliere con più cura le parole sia perchè non stavo scrivendo sotto le solite mentite spoglie della scrittrice,

sia perchè dovevo esprimere dei concetti, non prendere in giro i soliti stereotipi adolescenziali XD E poi non vedevo l'ora di poter cominciare il prossimo capitolo:

se non cambio idea e stravolgo tutto come molte volte faccio, la nostra scrittrice si troverà ad affrontarne delle belle!XDD Ma non spoilero nulla!

Allura, veniamo ai doverosi ringraziamenti! Prima però voglio rivelarmi contro quale terribile mostro me la debbo vedere:

il terribile Demone del Tre, ovvero sia la nefanda creatura che fa sì che io non abbia più di tre commenti per capitolo (o one-shot).

Arghhh, sto cominciando ad odiarlo! Ma non mi scoraggio: so che ci sono delle prodi faciulle che mi aiuteranno a sconfiggerlo!

Nello specifico parlo della temeraria Fall, che si è imbarcata in questa avventura ad alto tasso di acidità al decimo capitolo,

della meravigliosa Lucya, che vedrà il suo nome in grassetto in questo spazio fino alla fine dei giorni tanto la adoro,

e dell'infaticabile eLLy, che ancora non si è stancata di leggere gli sproloqui di una scrittrice frustrata e di una autrice amatoriale.

Lo ripeto, vi adoro! Alla prossima ragazze, spero di riuscire ad aggiornare presto, scuola permettendo!

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Capitolo 12
*** 12_Satana ***


 

 

 

 

 

 

 

 

-Però. Ci sa fare la ragazza-, commenta il mio editore alzando lo sguardo dal breve documento che gli ho stampato. Ebbene sì, due cose sono degne di nota: primo, ho rimesso in funzione la mia stampante dopo mesi e mesi di inattività; secondo, mi sono consegnata al nemico di mia spontanea volontà. Be', non proprio. Diciamo che il lupo mi ha invitato nella sua tana con così tanta insistenza che neppure io- laureata in fuga rapida da editore- sono riuscita a fare l'evasiva.

 

-Ma non capisco perchè tu ti sia presa la briga di portarmi questo interessante documento-.

 

Per ritardare lo scoppio d'ira? Per farti pensare per almeno dieci secondi che avevo scritto più di tre righe? Per convincerti che non sono tagliata per questo lavoro? Scegli tu, caro editore.

 

-Scrive bene, no?-, dico, con finta nonchalanche. -E ha delle idee alquanto interessanti. Potremmo fare un contratto a lei e pubblicare la sua romantica storia d'amore con il porta pizze. E io potrei tornare al mio pianeta Axion colonizzato dagli umani in fuga...-

 

M'interrompo. Non sa se mettersi a ridere o a piangere, il verme.

 

-Ti pago per fare la scrittrice, non la talent-scout-, mi liquida.

 

-Ma è importante dare opportunità ai giovani...- provo ad obbiettare, sfoderando il mio finto sguardo da cerbiatto.

 

Devo essere piuttosto arrugginita con gli sguardi languidi, perchè il sant'uomo non si lascia minimamente impressionare e resta impassibile sulle sue posizioni.

 

-Piantala di fare la bambina. Anziché tediarmi con idee assurde, potresti imparare qualcosa da questa ragazza. Ha descritto esattamente il tipo di romanzo che devi scrivere e che la casa editrice si aspetta da te. Presto.-

 

Mi sfugge un mormorio di dissenso. Quella mail mi ha gettato già abbastanza nello sconforto senza bisogno che ci pensi lui a ricordarmelo. La mia cara lettrice ha colpito fin troppo nel segno per i miei gusti. Mi ha messo davanti ad una verità che preferivo ignorare. Mi spinge a fare qualcosa che non ho mai voluto fare: buttare giù le spesse pareti di marmo che ho eretto attorno a me come protezione.

 

Qualcuno bussa alla porta dell'ufficio e mi distoglie dai miei pensieri.

 

-Oh, è arrivato!-, mormora il mio editore. Ha una strane espressione sul volto perennemente stanco: assomiglia allo scoiattolino dell'”Era Glaciale” quando si abbarbica alla sua ghianda... Fa paura.

 

-Chi?-, domando al suo stesso tono di voce, scettica. Non ottengo altra risposta di un irritante sorriso sornione e non mi resta che voltarmi seccamente mentre la porta di apre.

 

-Che piacere vederti!-

 

Il mio editore attraversa a grandi passi lo studio per andare a stringere la mano ad uno strano individuo che sembra uscito da una rivista di moda. Per i vestiti firmati, non per la bellezza, ovvio. Non me ne intendo di marche e stilisti, ma non ci vuole una gran conoscenza del mondo delle passerelle per capire che quel tizio ha addosso una considerevole somma di denaro in vestiti. Già per questo mi sta antipatico.

 

Si volta a guardarmi un sorriso che vorrebbe essere accattivante ma che a me risulta solo alquanto irritante.

 

-E tu devi essere...- dice, con il tono complice di un vecchio amico. Passo in rassegna le facce dei miei vecchi compagni di scuola- anche di quelli delle elementari- ma la sua non combacia con nessuna di quelle presenti nel database.

 

-Sì, sì-, interviene il mio editore, con il sorriso ebete di un bambino a cui hanno regalato le caramelle. -E' lei-.

 

Il sorriso del tizio si apre ancora di più, neanche si stesse prodigando nell'imitazione dello spot di un dentifricio.

 

-E' un grande onore conoscerti-, dice, porgendomi la mano. Sul polso spicca un rolex grosso come il coperchio di una barattolo di marmellata. Pacchiano.

 

E' solo quando il mio editore si schiarisce la voce per intimarmi tacitamente di ricambiare la stretta che le mie labbra articolano la più semplice ed ovvia delle domande:

 

-Scusa, ma tu chi saresti?-

 

Ops. Un lampo di terrore attraversa gli occhi acquosi del mio editore, mentre il viso del nuovo arrivato si irrigidisce notevolmente.

 

Il mio capo richiama la mia attenzione pronunciando nervosamente il mio nome. Mi volto e per tutta risposta gli rivolgo un innocente sguardo di curiosità.

 

-Magari il suo viso non ti dice nulla-, si sforza di dire tornando al suo abituale sorriso di circostanza, -ma ti trovi davanti ad un personaggio molto famoso...-

 

Famoso? E chi sarebbe questo personaggio? Un attore? Un cantante? Un politico?

 

L'enigmatico uomo x continua a rivolgermi un sorrisetto compiacente.

 

-Dai, recentemente hai letto uno dei suoi più famosi libri...-

 

Editore, che diavolo ne sai di cosa ho letto di recente?

 

Quindi è uno scrittore. Potevo arrivarci visto che ci troviamo negli uffici di una casa editrice.

 

L'espressione del boss rasenta l'esasperazione. Mi sento tanto la figlia che delude il padre al cenone di Natale, la pupilla del prof che non capisce la domanda nel momento decisivo.

 

Mi viene da sbuffare. E' così assurdo che questa faccia non mi dica niente?

 

Basta con questi indizi. Non devo mica portare a casa l'auto di lusso alla fine del quiz televisivo.

 

-E ne hai anche visto l'adattamento cinematografico...-

 

Eh?

 

Oh.

 

Ma che...?

 

-Hai capito?-, mi chiede con l'ennesimo sorriso disinvolto l'individuo del mistero.

 

-Temo di sì-, rispondo, e sento il mio editore trafiggermi con uno sguardo di rimprovero. Se fossi abbastanza vicina, mi avrebbe tirato una gomitata.

 

-”L'amore di noi due”-, continuo, e il mio sussurro sembra un annuncio di morte.

 

-Esatto!- dice lui battendo le mani, estasiato.

 

Dannato scrittorucolo pieno di soldi e fan impazzite. Ecco in cosa investi il ricavato delle tue pagine di alta letteratura: vestiti firmati. Che ribrezzo. Sei la morte del pensiero libero, il funerale della scrittura, il cimitero dei letterati. E il mio editore mi sta pure guardando di malo modo perchè non mostro entusiasmo nel vedere la faccia da ebete che si nasconde dietro quelle parole ad alto rischio di diabete.

 

-Sono un tuo grande ammiratore!-, dice, esibendo il centesimo sorriso da spot per denti bianchi. Glieli butterei giù tutti, i denti; gli getterei della candeggina in faccia per fargli scomparire quell'abbronzatura fasulla; gli rovescerei addosso una tanica di caffè per imbrattare i suoi completi firmati. Sì, questo individuo mi ispira odio. Suscita tutti i miei istinti violenti repressi.

 

-Purtroppo non posso dire lo stesso-, replico, ricambiando con un sorriso a labbra strette.

 

Di nuovo il mio editore mi rimprovera pronunciando il mio nome come un papà che riprende la figlioletta dispettosa. Uso la mia solita tattica: innocente indifferenza.

 

-Come mai sei qui?- gli chiedo poi a bruciapelo, saltando i soliti e patetici convenevoli. -Pensavo pubblicassi con un altro editore-.

 

Interviene allora- guardando male me e rivolgendo sguardi scintillanti a lui- il caro papà-editore.

 

-Ha sempre pubblicato i suoi romanzi con un altro gruppo editoriale, è vero, ma qualche mese fa ci ha contattato per una nuova pubblicazione e abbiamo recentemente concluso il contratto! Presto la nostra casa editrice pubblicherà il suo nuovo romanzo, dopo la consueta opera di revisione!-

 

Quanto entusiasmo. Ci tieni così tanto ad insozzare il nome della nostra casa editrice con della spazzatura? Ecco ora il mio nome verrà accostato a quello di quest'incompetente!

 

Ehi, un momento...

 

-Perfetto-, dico, dopo aver afferrato un concetto di primaria importanza che mi era sfuggito in un primo momento. -Se pubblicate lui, allora non c'è bisogno che io scriva quella stupida storia d'amore-.

 

“Ci pensa lui a fornire dosi di zucchero sufficienti ad un reggimento di ragazzine urlanti”, concludo tra me e me.

 

-No, no-, replica subito il mio editore. -Non si tratta di un romanzo d'amore, questa volta-.

 

-E' più che altro un romanzo semi autobiografico di carattere filosofico-esistenziale traslato in chiave fantastica per risultare accessibile anche un pubblico più giovane-, precisa lui, con l'immancabile ghigno.

 

Odio i giri di parole. Idiota, hai scritto “L'amore di noi due”: usare il termine “traslato” non servirà a farti apparire meno imbecille a miei occhi.

 

-Un fantasy, insomma-, riassumo, gelida.

 

-In parole povere sì-.

 

Volto lentamente il capo verso il mio editore. Se uno sguardo potesse uccidere, lui ora morirebbe. In mondo lento e atroce, perchè lo odio. Lo odio tantissimo. Più che mai.

 

-Mi stai dicendo che lui pubblicherà un fantasy, mentre io sono obbligata a scrivere un romanzetto rosa per adolescenti?-

 

Deglutisce a fondo: deve aver notato la luce omicida che si annida nei miei occhi.

 

-Esattamente-.

 

Alzo gli occhi al cielo.

 

Al mondo non c'è davvero più religione.

 

 

 

Nota dell'autrice:

Puff! Eccoci alla fine di questo capitolo! Originariamente sarebbero dovute accadere più cose,

ma il capitolo stava già venendo bello lungo, quindi me le riservo per il futuro!

Che dire, faccio i soliti e doverosi ringraziamenti a Lucya, Oddish ed eLLy per le recensioni graditissime come sempre!

Questa volta non ho molto da dire, quindi corro a far finta di studiare! XD

A presto, si spera! :D

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Capitolo 13
*** 13_Di telefonate e Facebook ***


 

 

 

 

 

 

 

 

Pazzesco, non riesco a credere ai miei occhi! Non credevo avrei vissuto tanto al lungo da vedere una cosa simile!

Così recita il primo post sulla mia bacheca Facebook. A scriverlo, pochi minuti fa, è stata la mia per ora unica amica virtuale, nonché migliore amica nel mondo reale. E' stata la prima a cui ho mandato  la richiesta d'amicizia, e per garantirle che sì, sono davvero io, ho dovuto allegarle un messaggio con scritto una cosa che soltanto la sottoscritta potrebbe conoscere. Qualcosa di talmente segreto e imbarazzante che preferisco non rivangare oltre.

Comunque, il fatto che alla fine abbia ceduto alla tentazione demoniaca e mi sia iscritta a Facebook è già di per sé abbastanza vergognoso. Tant'è vero che per ora ho chiesto l'amicizia- mi mette i brividi usare questo gergo!- soltanto alla mia migliore amica, al mio editore e ai miei genitori (ebbene sì, anche loro sono più informatizzati di me, e passano le domeniche a giocare con la loro inquietante fattoria virtuale). Anche perchè, prima di mostrarmi troppo in pubblico, devo trovare una foto decente da mettere come immagine personale.

Il problema è che io e le macchine fotografiche, dopo anni di conflitti irrisolti, siamo giunti alla decisione di evitarci a vicenda nel modo più assoluto, in modo da beneficiarne entrambe: io non mi sento precipitare l'autostima sotto lo zero quando vedo quale mostruosità ha immortalato l'obiettivo e l'aggeggio demoniaco evita di venir lanciato contro varie pareti in una più che giustificata reazione d'ira. Ciò che mi servirebbe, sarebbe uno di quei pochi scatti venuto bene per la mia campagna promozionale: a quel poveraccio del fotografo si sono imbiancati non pochi capelli, ma alla fine è riuscito a tirar fuori una decina di foto decenti che lamia casa editrice raziona per i quarti di copertina dei miei vari libri. Un tempo il mio editore me le aveva passate, ma il mio hard-disk non ne conserva traccia, quindi l'unico che può darmi la spinta decisiva a cominciare la mia vita sociale online è soltanto lui, il vile traditore.

Se mi accettasse l'amicizia in tempi ragionevoli, potrei provare la chat e chiedergli di mandarmi per email le foto in questione; ma, a quanto pare, nei rari momenti in cui serve che se ne stia attaccato al computer a seguire ogni mio minimo movimento, decide di dedicarsi ad altre attività. In fondo anche lui ha una famiglia- per quanto sembri assurdo- ed è comprensibile che passi la domenica con i suoi cari in santa pace.

E invece no. Deve pagare il fio per avermi squallidamente scartata in favore di... di.... Non riesco neppure a dirlo. Perciò ora lo chiamo: adoro disturbalo e vendicarmi di tutte le volte in cui lui disturba me.

Il mio cellulare, posato sulla scrivania a pochi centimetri dal mouse, comincia a vibrare. Oddio. Il mio ingresso nel web mi ha concesso il potere della telepatia?


– Pronto?-, dico, deglutendo. Solo quando sento  la voce dall'altro capo mi accorgo di non aver neppure guardato il numero sul display –


– Carissima collega, che piacere sentire la tua voce svuotata da ogni ostilità! –


Oh. Mio. Dio.


Non è possibile. Non può davvero essere vero.


Nel mio mondo non può accadere che mi trovi al telefono con... con... quello.


Eppure la voce strascicata e melliflua che mi giunge all'orecchio destro non lascia molto spazio ad interpretazioni diverse: è per forza lui.

– Ehi, hai riattaccato? –


Uhm, questa è un'idea. Riattaccare, sbattergli il telefono in faccia. Perchè no?


Ma io dico, come cavolo fa ad avere il mio numero?!


– Il mio numero. Chi te l'ha dato? –, chiedo appunto, gelida.


E la risposta si rivela ovvia nel momento in cui Satana l'articola:


– L'ho chiesto al tuo editore –.


Ah certo. Come ho fatto a non arrivarci? E' sempre colpa sua. Mi si spezza un'unghia? E' sicuramente colpa del mio editore che mi costringe a scrivere fino allo sfinimento. Carenza di sonno, influenza? Vedi sopra. E che dire della fame nel Terzo Mondo? Naturalmente colpa del mio editore, che da buon stacanovista, priva la forza lavoro di tutti i suoi elementi per trasformarli in scrittori. Di love story.


– E si può sapere per quale motivo? –


Cerco di caricare il mio tono di voce di una buona dose di cattiveria inespressa, ma evidentemente non è abbastanza per intimidirlo.


– Be', l'altro giorno non ti sei dimostrata molto felice di fare la mia conoscenza. Un vero peccato, dato che avrei scambiato volentieri due chiacchiere con te. Ma mi sei sembrata così piena di pregiudizi nei miei confronti! Ho avuto la netta impressione che tu non mi consideri uno scrittore a pieno titolo! –


Ma che intuizione brillante! Come avrà fatto ad arrivarci? Sarà stato lo sguardo omicida a tradirmi? O forse il fatto che non ho spiccicato più di due parole e mi sono defilata come un leprotto in fuga non appena ne ho avuta l'occasione?


La finestra di Facebook mi segnala una notifica. Quando si parla del diavolo... Ecco che il mio odiato ed odioso editore ha accettato la mia richiesta d'amicizia.


Mentre lo scrittorucolo continua a blaterare qualcosa in difesa dei suoi best-seller, trovo il responsabile di tutte le mie sciagure in chat e lo placco.


E' maleducazione distribuire a cani e porci il numero di telefono altrui, scrivo, e la risposta mi arriva dopo pochi secondi.


Buongiorno anche a te.


Cosa fa, del sarcasmo?


–...In fondo gli adolescenti hanno bisogno di sentirsi espressi dagli scrittori e vogliono riconoscersi nelle loro opere, a prescindere dai contenuti altri che possono apprendere dall'assimilazione di concetti più profondi nascosti tra le righe –.


Ma quali concetti profondi?! Mi mordo il labbro per non sbottare, e nel frattempo mi arriva il secondo pezzo della risposta del mio editore.


Deduco dal tuo “tono” più acido del solito che tu abbia ricevuto una telefonata dal tuo nuovo collega.


Collega? Collega?! Oddio, ma perchè mi deve offendere in questo modo? Come se non bastassero tutti i colpi bassi che mi sta infliggendo da un paio di mesi a questa parte a farmi desiderare intensamente- molto intensamente- la sua morte.


–… E non va sottovalutato l'impegno sociologico che può sortire lo sfruttamento mediatico del prodotto cinematografico, benchè io sia sempre a favore della controparte cartacea...–


Lo sto sentendo sblaterare dall'altra parte del telefono proprio in questo momento, digito in fretta, piccata.


Mi sfugge un sospiro esasperato, che- non so se per mia sfortuna o sfortuna- il mio interlocutore non manca di cogliere.


– Perdonami, ti sto forse annoiando con le mie considerazioni? –


Noooo. Perchè mai dovrebbe annoiarmi il tuo monologo?


– Sinceramente non capisco dove tu voglia andare a parare –.


Sono fiera della maniera gentile in cui sono riuscita a formulare il concetto “mi stai rompendo i coglioni”. Persino il mio editore- che pare si sia deciso ad ignorarmi- mi darebbe una pacca sulle spalle di approvazione.


– Già, forse mi sono lasciato un po' prendere la mano. Sai, come tutti gli scrittori, anch'io talvolta rischio di diventare un po' logorroico. Immagino tu capisca –.


Che strano. Ho visto quest'individuo una sola volta nella vita, eppure riesco a figurarmelo senza nessuna difficoltà mentre esibisce ostentatamente un sorriso da pubblicità del dentifricio. Saranno suoi i denti, oppure saranno già finti? Non deve avere più di trenta, trentacinque anni, ma è così artefatto che non saprei come esprimermi.


– In ogni caso, ho chiamato perchè ci terrei molto ad avere un tuo parere sul mio nuovo libro –.


Il dito mi si blocca a mezz'aria mentre finisco di scrivere un Non ignorarmi! al mio editore.


– E magari darti anch'io qualche consiglio su come rendere avvincente una storia d'amore tra adolescenti. Ti piace la cucina thailandese? –


Le mie labbra, rese mute dallo sgomento e dal terrore, riescono solo ad articolare due lettere:


–No –.


Quella parola- una delle mie preferite, devo ammetterlo- scuote le dita dal loro torpore, ed esse corrono veloci alla tastiera.


Ti odio! Questo pazzo mi sta invitando a mangiare fuori per avvelenarmi! Cosa dovrei fare?!


Il pazzo in questione non pare intenzionato ad arrendersi.


– Comprensibile, non piace a tutti. Che ne dici del più comune cinese? –.


– No –.


Accetta. Non credo voglia avvelenarti. Sarebbe un'impresa troppo ardua considerando quanto sei velenosa.


– Giapponese? A chi non piace il sushi? –.


– No –.


Scordatelo, porca puttana! Non ho intenzione di avere nessun rapporto umano con questo viscido verme schifoso!


– Immagino tu stessi rispondendo alla prima domanda, e facendolo hai risposto anche alla seconda! Ebbene, a non tutti piace il sushi! Ma il kebab, a quello non puoi dire di no! –.


– No –, dico, prima che finisca la frase. E, a scanso di equivoci, aggiungo: –Sì, si può dire di no –.


Cerca di essere gentile con il nostro nuovo acquisto.


Un cazzo!!!, scrivo, anche se il fumettino affianco al nome del mio editore m'informa che sta ancora digitando.


– Non sarei voluto arrivare a questo, ma non mi lasci molte altre scelte: Mc Donald's? –


– No! –


Dato che non ti stai impegnando affatto per togliere dai guai la nostra casa editrice, vedi almeno di  non crearne altri facendo fuggire uno scrittore che, a differenza tua, si dà da fare per fare ciò per cui è pagato. Non so quanto al lungo potrò difendere i tuoi ritardi con i dirigenti.


Minacce. Arriviamo sempre a questo, eh? Sono l'asso nella manica del mio editore. La cosa che mi scoccia di più, però, non è il venir sottoposta per l'ennesima volta al solito ricatto, quanto piuttosto il fatto che, in fin dei conti, ha ragione. Sono mesi che non consegno qualcosa di scritto. E, ancor peggio, mesi che non scrivo.


– Pizza –, sospiro.


Ok, scrivo nel frattempo, ma sappi che ti odio ancor più di prima.


– Pizza? –, mi fa eco un po' perplesso l'odioso scrittore più produttivo di me. –Pensavo ad un pranzo, ma va bene lo stesso. Vada per la sera! Temo però che dovrai attendere fino a mercoledì. Sai, sono molto gettonato... –


Mi passo una mano sulla fronte, svuotata di ogni energia. Di nuovo riesco ad immaginarmelo facilmente mentre mi strizza l'occhio ammiccante. Oddio, ho appena firmato la mia condanna a morte.


– D'accordo, a giovedì –, taglio corto, e riattacco senza aspettare risposta.


E al mo editore, ancora in linea, scrivo:


Almeno inviami per e-mail le foto promozionali. E' il minimo.


Spero il mondo finisca nei prossimi quattro giorni. Cataclismi, meteore, alieni: qualsiasi cosa va bene, purchè mi salvi da quell'essere.









 

 

 

 

Nota dell'autrice:

Yes, I'm back, once again!
Credo che ormai vi siate abituati alle mie, ehm, frequenti sparizioni e abbiate capito che in ogni caso torno sempre.

Come un boomerang! XD Mi scuso davvero, ma oltre alle varie simulazioni pre-maturità (*urlo di terrore*), a distogliermi da questa storia ci ha pensato anche LeftEye,

che ha indetto un magnifico contest sui vampiri, cosicché  tutto il mio (poco) tempo libero l'ho speso a scrivere una storia di spietati succhiasangue che vedrete presto su questi lidi.
Parlando di ringraziamenti, questa volta la lista è piacevolmente più lunga del solito, perchè oltre alle mie adorate Lucya, eLLy e Fall, si intrattenuti con le disavventure della nostra scrittrice anche

Atris, LeftEye, Lady Aika e AnnitaB, e grazie al loro contributo il Demone del Tre è stato ampiamente e definitivamente sconfitto! *innalza stendardo di vittoria*
Ma, soprattutto, bisogna consacrare un altare sacro a LeftEye, per ringraziarla di aver segnalato questa storia per l'inserimento di questa storia tra le scelte.

E, a quanto pare, l'amministrazione pare averle dato ascolto, perchè da un pochino questa commediola è entrata a far parte delle storie scelte,  con mia più che somma gioia!
E con questo credo sia tutto! Ci si rivede presto, non vi preoccupate!

P.s.: presto mi adopererò per fare un logo meno orripilante, anche se le mie abilità in campo grafico sono inferiori allo zero!

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Capitolo 14
*** 14_Preparativi e ritardi ***


 

 

 

 

 

 

 

 

-Allora, che metterai per il grande incontro?-

 

Con un cipiglio omicida, mi volgo a guardare il viso rubicondo e divertito della mia migliore amica. Sprizza allegria da tutti i pori e il suo sorriso ostentato riesce a irritarmi quasi quanto la flemma del mio editore. Mi chiedo ancora perchè le ho aperto la porta di casa: si è presentata senza invito e con il chiaro e unico intento di sfottermi. Come se non mi sentissi già abbastanza ridicola.

 

Ignoro la domanda, e continuo a fare ciò che stavo facendo prima della sua irruzione, ovvero sia piegare i vestiti puliti appena ritirati. Ebbene sì, anche la scrittrice schizzata è in grado di fare qualche piccola faccenda domestica. Di tanto in tanto.

 

Il mio atteggiamento indifferente non sembra attenuare in alcuna misura il buon umore della mia amica, che, prendendo alla lettera un proverbiale fa come se fossi a casa tua che non ho mai pronunciato, spalanca le ante del mio armadio e inizia a frugarci dentro come un orso in cerca di provviste prima di letargo. Un momento. Gli orsi cercano provviste? Ma che razza di metafore mi saltano in mente?! Cristo Santo, è troppo che non scrivo: sto perdendo padronanza dell'utilizzo della mia lingua madre.

 

-Ehi, questo sexy top con le pailettes da dove salta fuori? Mi stupisci, cara scrittrice!-

 

Ma davvero questa persona è mia amica da più di dieci anni? Di solito non si ha voglia di uccidere gli amici, no? Eppure in questo momento ho i nervi così tesi che vorrei chiudere lei, il mio editore e lo scrittore da strapazzo in un bel capanno di legno pieno di benzina e dar fuoco al tutto. Ah, che deliziosa immagine si è delineata nella mia mente. Immaginare di uccidere le persone che mi irritano ha un potere rilassante: l'ho scoperto ai tempi del liceo con il mio professore di matematica, una merda colossale. Non sa che nel giro di tre anni è nella mia testa l'ho ucciso e fatto soffrire nei modi più crudeli. Uhm, promemoria per il futuro: forse tentare con l'horror-splatter non sarebbe una pessima idea...

 

-Regalo dei miei compagni di classe idioti per i mie diciott'anni. Dubito che mi vada ancora bene-.

 

I suoi denti che scintillano nell'ennesimo sorriso canzonatorio fanno di nuovo precipitare alle stelle il mio livello di nervosismo.

 

-Però lo conservi, eh? Per occasioni speciali come questa!-

 

La sua risata riempie la mia stanza e rimbalza odiosa contro le pareti, riecheggiando insistentemente. Potrei usare le maniche della felpa che sto piegando per strozzarla? Forse anche il genere noir mi si addice, dopo tutto: ultimamente non faccio altro che pianificare gli omicidi di chi mi sta intorno.

 

La potenziale vittima si lascia cadere a peso morto sul mio letto, e le vecchie molle della rete emettono un cigolio inquietante: una notte o l'altra mi troverò a dormire sul pavimento, se non m decido a cambiare letto.

 

-Non posso credere che tra un paio d'ore andrai davvero a cena con l'autore de “L'amore di noi due”!-, continua imperterrita. Si diverte a sfottere, eh? Faccio appello a tutte le mie facoltà mentali per ricordarmi di qualche episodio imbarazzante che la coinvolga e che mi serva per renderle pan per focaccia, ma sono tanto irritata che non mi viene in mente niente.

 

-Ho preparato una lista di domande che potresti fargli da parte mia-, rincara la dose, con un'espressione di angelico candore dipinta sul viso abbronzato. -Sai, quesiti ai quali non sono in grado di trovare una risposta. Vuoi sentirli?-

 

-No-, rispondo, con la stesso tono di un'automa, mentre piego un paio di slip. Credo che trasformarmi in una sorta di robot piega-vestiti sia l'unico modo per non spaccare la faccia a nessuno, in questo momento. Ovviamente, il nessuno in questione mi ignora bellamente:

 

-Uno: crede davvero che i suoi personaggi siano realistici? Gli pare realistico che una ragazza vada a scuola in bicicletta?-

 

Mi sfugge un sorriso. La visione del film sembra aver irrimediabilmente segnato anche lei.

 

-Non crede di dare un cattivo esempio ai giovani presentando la banda di tamarri fattoni amici di lui? E, se la gioventù d'oggi è davvero quella che descrive, che cosa ne pensa?-

 

-Che sono troppo fighi perchè comprano i suoi libri e lo idolatrano come uno Shakespeare dei giorni nostri-, bofonchio, infilando in un cassetto la biancheria piegata. L'acidità sta prendendo il posto del nervosismo. Direi che è un passo avanti.

 

-E poi come cavolo gli è venuto in mente il titolo? “L'amore di noi due”?! Crede davvero che abbia un senso logico?-

 

Con un sorriso amaro, mi giro a guardare come si è comodamente stravaccata sul mio letto, con un paio di cuscini dietro alla testa. Scuoto la testa, rassegnata.

 

-Glielo chiederei, se non sapessi che è davvero convinto delle stronzate che ha scritto-.

 

Lei inarca un sopracciglio curato, e mi guarda.

 

-Allora è davvero così idiota come sembra?-

 

-Sì, ed esprime la sua idiozia con fiumi di parole. Da uccidersi. O, preferibilmente, ucciderlo-.

 

-E allora perchè stai per uscire con lui?-

 

Domanda legittima, risposta prevedibile, ennesimo sospiro inevitabile.

 

-Perchè il mio editore mi costringe a compiacerlo. Mi ricatta-.

 

-E perchè il nostro beneamato scrittore vuole andare a cena con te?-

 

Altra domanda più che giustificata, risposta meno ovvia ma comunque abbastanza sicura:

 

-Suppongo perchè il suo ego da idolo delle teen-ager non sopporta che qualcuno non lo approvi. Vorrà tentare di stordirmi con i suoi discorsi da intellettualoide per spingermi a dargli la mia benedizione. La mia strategia sarà quella di assecondarlo e annuire in silenzio finchè non s'illuderà di avermi persuaso del suo valore-.

 

Accigliata, la mia amica sbatte le palpebre, e mi chiede, con una nota di incredulità nella voce:

 

-Mi stai dicendo che rinuncerai all'occasione di inchiodarlo con la tua parlantina e di farlo crollare con le tue abilità sofistiche?-

 

Per tutta risposta mi stringo nelle spalle. Ormai ho abbandonato questa prospettiva da tempo, una volta giunta alla conclusione che è meglio compiacerlo una serata che doverlo sopportare in altre occasioni.

 

-Per levarmelo di torno sono disposta a qualunque cosa-, dico.

 

Lei annuisce, comprensiva, ma la sua vena di sadismo si riaccende nel giro di pochi secondi. Balza a sedere come un pupazzo a molla e, battendo estasiata le mani, ripete la domanda fatale:

 

-Allora, che ti metti stasera?-, e aggiunge, facendomi venire una gran voglia di sotterrarmi: -Io propongo un look sensuale-aggressivo!-

 

Qualcuno mi uccida. Ora.


 


 

 

Il bastardo è in ritardo. E di ben venti minuti.

 

Considerando che anch'io ero, ovviamente, in ritardo di quasi un quarto d'ora, sono addirittura cinque minuti che lo aspetto qui, fuori dalla pizzeria, sul bordo del marciapiede come una prostituta. Grazie al cielo non ho seguito i consigli della mia cara migliore amica in fatto di look, o qualcuno si sarebbe già fermato a caricarmi. Invece, scialba, anonima e incazzata come sono, nessuno – grazie al cielo – nota che per l' “occasione” ho messo i miei jeans migliori, quelli leggermente (e sottolineo leggermente) attillati. Sì, insomma, quelli che fanno capire che anch'io ho un culo, nonostante mi vesta sempre come una casalinga cinquantenne. Ecco, diciamo che questa sera, per non mettere troppo in imbarazzo il mio collega Grandi Firme, ho deciso di abbigliarmi come fanno di solito le mie coetanee per andare al supermercato quando finisce il latte. Un bel passo avanti, no?

 

Con un sbuffo, controllo l'ora: otto e venticinque. Spero l'imbecille abbia prenotato, o rischiamo di restare senza un tavolo.

 

Chissà che starà di tanto importante da ritardare di quasi mezz'ora... Scommetto che, qualsiasi attività sia, me la rivelerà con l'ennesimo sproloquio pieno di compiacenza che occuperà almeno i primi quaranta minuti della serata.

 

Mi giro a dare un'occhiata all'interno della pizzeria: tutti i tavoli che riesco a vedere sono già occupati. C'è la famigliola con figli piccoli e urlanti, la tavolata di liceali che festeggia qualche compleanno, la coppietta che si sussurra sdolcinatezze da un millimetro di distanza... Più mi avvicino al mondo degli innamorati, più vorrei scapparne a gambe levate. E pensare che dovrei scrivere una storia d'amore. E che sto per cenare con il re dei romanzi melensi. Non credo esista un controsenso peggiore.

 

Non appena torno a volgere lo sguardo sulla strada, gli abbaglianti di una macchinona quasi mi abbagliano, tanto per restar fedeli all'etimologia. Che qualcuno mi abbia davvero presa per una prostituta? Dovrò chiedere una tariffa molto alta, considerato che lo stronzo qui guida una macchina che non potrei pagarmi neppure con dieci romanzi. Non sono una grande esperta di quattro ruote – sono una donna e perdipiù non ho neppure la patente – ma so riconoscere una Mercedes.

 

Un momento. Mi pare di scorgere qualcosa che scintilla al posto di guida. Possibile che sia il sorriso Mentadent di quell'essere? La musica dance che mi giunge alle orecchie sembra confermare i miei sospetti.

 

Be', dove pensa di parcheggiare quell'arnese? Crede che ci sia un posto libero proprio davanti al locale? Che idiota. Evidentemente tutto il suo successo gli ha regalato la convinzione errata di avere tutto il mondo ai suoi piedi. Ebbene, non è così.

 

Ehi, perchè il grosso Suv posteggiato qualche metro alla mia destra sta uscendo dal suo parcheggio proprio in questo momento? Non è possibile. Quell'uomo ha più fortuna di Gastone!

 

S'infila con la sua Mercedes nel posto appena liberatosi e la lascia lì, senza troppe manovre. Vorrei che qualcuno gli portasse via uno specchietto. Almeno.

 

Smonta dall'auto con un movimento fluido, si scosta una ciocca di capelli dal viso e si avvicina a me prodigandosi in una camminata da red carpet, ovviamente esibendo come al solito la sua dentatura scintillante. Giuro, fa paura.

 

Arrivato a un paio di metri da me, allarga le braccia e dice, con tono cordiale: -Carissima, perdonami per l'attesa! Avevo una sessione di autografi che non finiva più. Sai, le fan...-

 

Fa un gesto vago con la mano e scrolla le spalle. Si avvicina ancora un po' e io, per reazione, faccio un passo indietro: che sta pensando di fare? Vuole forse darmi un bacetto sulla guancia? Puah, mai e poi mai! Che non si prenda troppe confidenze, questo bamboccio ambulante.

 

Lo scruto con occhio critico. La sua abbronzatura mi sembra decisamente troppo marroncina per essere vera: o è fondotinta o è il frutto di qualche pomeriggio di lampade. Anche la sfumatura dorata che schiarisce la sua capigliatura folta – scommetto che uno di quegli uomini che si dà il balsamo ad ogni santissimo lavaggio – mi dà l'impressione di essere poco naturale. Per non parlare dei denti bianchissimi e perfetti che continua ostentare sorriso dopo sorriso: sicuramente sono finti. Indossa una camicia che di sicuro costa come tutto il mio guardaroba messo insieme e al polso brilla il solito rolex-patacca. Insomma, tutto in lui, dalla testa ai piedi, grida: sono artefatto e pacchiano!

 

Mi accorgo che, mentre io lo passo ai raggi X, lui sta probabilmente facendo lo stesso con me, e, dato che mi piace fissare ma non altrettanto essere fissata, sposto rapidamente lo sguardo dalla sua faccia fasulla alla porta della pizzeria, e m'incammino senza degnarlo di una parola.

 

-Dopo di te, collega- dice affettato aprendomi la porta del locale, e io lo incenerisco con lo sguardo. Non appena entriamo, una cameriera bionda e con chiare tendenze all'anoressia ci viene incontro.

 

-Un tavolo per due-, le comunico, senza perdermi in convenevoli: le cameriere bionde e anoressiche non si sono mai guadagnate la mia simpatia.

 

-Temo non ci sia posto se non avete prenotato, signora-.

 

SIGNORA?! Ma questa stupida biondina si è bevuta i due neuroni che aveva? Ehi, potrei essere sua coetanea! Al massimo sua sorella maggiore! Non certo sua madre! Solo perchè non ho addosso i quintali di mascara che ha lei non significa che sia una vecchia! L'ho sempre detto io, che le bionde sono cretine...

 

Mi mordo il labbro per non insultarla e mi giro per scaricare la mia ira su MisterArrivoInRitardoDiUn'OraSenzaAverPrenotato. L'idiota sfugge alla mia occhiata carica di odio e si fa avanti per trattare direttamente con la stupida oca.

 

-Non abbiamo prenotato-, dice, con una voce assurdamente strana che mi fa venire una gran voglia di ridere, -ma credo che tu ci possa trovare lo stesso un tavolo...- Si avvicina ancor di più e i suoi occhi fanno un zoom sull'etichetta appuntata alla maglietta della cameriera – insomma, le fissa le tette con la scusa di leggere il nome – e conclude, umettandosi le labbra in un gesto che probabilmente vorrebbe essere sensuale: -... Carissima Laura-.

 

Per tutta risposta, Laura La Scema sgrana gli occhi e sbatte le ciglia cariche di rimmel.

 

-Vedo cosa posso fare per te-, dice, e la voce le si alza di un'ottava. -Ma tu sei davvero...?-

 

Oddio no. Non può essere. Non può averlo davvero riconosciuto! Questo tizio non è così famoso, suvvia! Io la sua faccia, per fortuna, non l'avevo mai vista prima di una settimana fa! E poi non è possibile che sia davvero rimasta impressionata da queste tattiche di seduzione da film demenziale e da quella dentatura palesemente finta! Oddio, mi sembra di vivere nella parodia della realtà.

 

-Sì-, risponde la star con voce calda. -Sono proprio io. Sarò felice di farti un autografo a fine serata-.

 

-Davvero?-, trilla subito la cameriera con zero neuroni con una vocetta acuta che mi fa venir voglia di strapparle le corde vocali. Un momento dopo sorride e ci scorta a un tavolo dall'altra parte della sala sculettando palesemente.

 

-Vedi cosa si può ottenere sfruttando un poco carisma e popolarità?- mi sussurra il mio collega staccando per qualche secondo gli occhi dal fondoschiena della ragazza. Non lo degno di una risposta e mi siedo, mentre lui congeda con l'ennesimo sorriso la cameriera. Mi sfugge un sospiro: siamo solo a inizio serata.

 

Mentre Satana inizia a sfogliare il menù canticchiando a labbra chiuse il motivetto dance che ascoltava in macchina, un suono ben più gradevole attira la mia attenzione: una risata maschile, aperta e discreta al tempo stesso.

 

Il mio cuore manca un battito mentre, con la coda dell'occhio, getto un'occhiata al tavolo accanto al nostro. Dietro la sagoma dello scrittorucolo, seduto tra una donna bionda in tailleur e un uomo calvo di mezza età dai baffi impomatati, siede, il nodo della cravatta allentato, i capelli castani leggermente scompigliati, proprio lui, l'avvocato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nota dell'autrice:

Fatemi i complimenti perchè a 'sto giro sono stata veloce e ho anche scritto un capitolo ben più lungo del solito!

Ovviamente per farmi perdonare del fatto che presto sparirò, causa verifiche e simulazioni varie! XD Ma il prossimo capitolo l'ho già chiaro in testa e non vedo l'ora di scriverlo! :D

Ringrazio per i commenti Aika, Cr079, LeftEye, Fall, Lucya, Lilith Edvige Athena e l'immancabile eLLy. Ringrazio anche le trenta persone che seguono questa storia pur senza aver mai lasciato un commento.

Uhm, veramente no. Voi che leggete senza dire una parola in relatà mi state un po' sulle palle. XD LOL! Direi che sia tutto.

        Per la questione del logo obbrobrioso cercherò di provvedere prima del 2012. Eventuali volontari che sappiano graficare meglio di una patata lessa - ossia meglio di me - sono più che ben accetti!

 

EDIT: vedete lo splendido nuovo logo???? Ecco, ovviamente io sono troppo tarata per esser riuscita in una simile impresa: è tutto merito di Lucya, disponibile, creativa e bravissima!

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Capitolo 15
*** 15_Aiuti imprevisti ***


 

 

 

 

 

 

Se c'è una situazione che mi mette sempre a disagio, è il non sapere se devo salutare una persona oppure no. E' così bello quando per strada vedo una faccia conosciuta, che a sua volta mi vede, mi saluta, io la saluto, e finisce lì. Adoro le cose semplici.

 

Invece, mi logora l'incertezza di trovarmi praticamente di fronte a qualcuno che conosco e che ho notato da una ventina di minuti buona, ma che non sembra aver visto me. E così non saluto, ovviamente. E il mio sguardo vaga vacuo, pronto a cogliere un segnale di riconoscimento, non so, un movimento delle sopracciglia, un lampo nello sguardo, in modo che la mia manina si possa alzare a mimare candidamente un gesto di saluto degno di una bambina dell'asilo che venga ricambiato da un dignitosissimo ciao – segnale che, prontamente, non arriva. Proprio come in questo momento.

 

Cerco di sembrare concentrata sulla scelta della pizza, mentre in realtà i miei occhi si alternano tra la pagina del menù e l'animata conversazione che sta avendo luogo oltre la spalla destra del mio beneamato collega. Lui, ovviamente, sta parlando a macchinetta di... Non ne ho idea. E non perchè sono troppo concentrata sull'avvocato, ma semplicemente perchè il mio cervello si è spento nel momento stesso in cui ha esordito con qualcosa del tipo: -Ah, il successo! Ha i suoi pro e i suoi contro...-, ed ha cominciato a sblaterare a ruota libera. Ignorare il brusio che produce sta diventando piuttosto facile.

 

Lo vedo chiudere finalmente la bocca. Seguo la direzione del suo sguardo ebete e vedo che nel frattempo è ricomparsa dal nulla la cameriera priva di neuroni.

 

-Pizze?-, chiede con un sorriso accattivante.

 

Ecco. Ovviamente del menù non ho letto neppure una riga, troppo presa dai miei due compiti della serata: capire se l'avvocato mi ha vista e isolarmi dai rumori prodotti dallo scrittorucolo. Mi toccherà andare sul classico. Peccato, di solito mi piace provare pizze esotiche.

 

-Una prosciutto e fughi-, dico, dopo che il mio amabile collega ha tirato fuori una Serenata alla luna che sembra più il titolo di uno dei suoi romanzetti di serie Z che il nome di una pizza. Siamo sicuri che non sia lui il proprietario di questa pizzeria?

 

-Mi spiace, non c'è-.

 

La guardo perplessa. Ho chiesto una prosciutto e funghi, la più banale delle pizze. Hanno una Serenata alla luna e non una semplicissima prosciutto e funghi?

 

-Ma può prendere una...- la cameriera senza cervello lancia uno sguardo all'aggeggio tecnologico che usa al posto di un caro vecchio block-notes, -Anima dei boschi-.

 

-Anima dei boschi?-, le faccio eco.

 

E dopo il successo di “Serenata alla luna” ecco il nuovo capitolo della trilogia fantasy più amata: “Anima dei boschi”, presto nelle migliori librerie.

 

-Cosa ci sarebbe?-, chiedo, a metà tra il rassegnato e il diffidente.

 

-Pomodoro, mozzarella, prosciutto e fughi-, recita a memoria Miss Senza Cervello, e io la fisso.

 

-Una prosciutto e funghi, quindi-, dico, e cerco di parlare piano per farle capire bene il concetto.

 

Lei scuote la testa, facendo ondeggiare la lunga coda di cavallo.

 

-No. C'è anche la mozzarella-.

 

Oddio. Non ha zero neuroni. E' almeno a quota meno dieci.

 

-E il pomodoro-.

 

Non sembra cogliere la mia ironia.

 

-Sì-, dice, un po' spaesata.

 

Sento il mio collega sogghignare, e sospiro. Non ho voglia di dare nell'occhio e farmi notare dall'avvocato come la rompicoglioni di turno, perciò lascio perdere e ordino una fantomatica anima dei boschi, rassegnata.

 

Bevendo un sorso di coca-cola per cercare di dimenticare lo sconforto che mi provoca sempre trattare con persone dal cervello più piccolo di un acino d'uva, mi assicuro che l'avvocato e i suoi commensali non abbiano notato il penoso siparietto di cui mi sono appena resa involontariamente protagonista. La voce dello scrittorucolo mi fa sobbalzare:

 

-Perchè non lo saluti?-

 

I miei occhi si allontanano subito dalla cravatta allentata dell'avvocato per fissarsi sull'abbronzatura fasulla del mio pseudo-collega. Gli rivolgo un'occhiata interrogativa, e lui scuote la testa, con un sorrisetto.

 

Per un istante ho il sentore che stia per fare qualcosa che non deve fare, ma non ho il tempo di tradurre il mio pensiero in un timore concreto: non sono neanche passati neppure cinque secondi, infatti, che lascia cadere con molta nonchalance il tovagliolo per terra.

 

Mentre ancora non capisco che diavolo stia facendo – del resto sono sempre stata cosciente del fatto che non brilla certo per intelligenza, perciò certi comportamenti non mi allarmano più di tanto – si china a raccoglierlo, e urta la seggiola della donna bionda seduta al tavolo dell'avvocato.

 

-Oh, mi scusi tanto!-, dice, in un scintillio di falsità melliflua. E, ovviamente, ci troviamo gli occhi

di tutti e tre gli occupanti del tavolo affianco addosso.

 

Eccola. Quella luce che cercavo goffamente nello sguardo dell'avvocato si è accesa. Mi lancia un'occhiata vivace, mentre ancora mastica uno degli ultimi bocconi della sua pizza.

 

-Ciao-, dico, con una voce così stupida che quasi potrebbe fare a gara con quella della cameriera.

 

-Chi si rivede-, risponde lui con un sorriso, dopo aver finito di masticare come un vero gentleman. -Tutto bene?-

 

-Oh, sì, grazie-. La mia bocca articola risposte insensate senza ricevere stimoli dal cervello. Con un tono di voce che diventa sempre più idiota. Suppongo che anche la mia faccia abbia un'espressione alcuna stupida.

 

Lui sorride ancora.

 

-Mi fa piacere-, dice. Poi mi strizza l'occhio e torna a immergersi in una fitta conversazione con la donna bionda e il tizio anziano.

 

Mi ricordo di dover respirare. Ho l'adrenalina alle stelle e sono più agitata che prima del mio esame di maturità. Cazzo.

 

-Ci voleva tanto?-

 

Satana sorride a trentadue denti (finti) e io lo guardo, sconvolta.

 

Un momento. Mi sta prendendo per il culo?

 

-Eh, non hai molta dimestichezza con gli uomini. Del resto di può facilmente immaginare-.

 

Sì, mi sta decisamente prendendo per il culo, il bastardo.

 

Prima che possa chiedergli da cosa trae queste conclusioni affrettate (anche se veritiere, ma questo non lo saprà mai), ricomincia a sproloquiare, con un:-Dove eravamo rimasti?- che mi fa ricadere in coma profondo.

 


 

Mi risveglio dal mio torpore intellettivo – dopo una breve pausa in cui ho articolato un grazie alquanto smorto alla cameriera che ci ha portato le pizze dai nomi fantasy – quando mi accorgo che Mister Logorroico ha smesso di parlare. Mi ha forse fatto una domanda?

 

-Uhm?-, gli chiedo, con la bocca piena. Devo ammettere che questa pizza, nonostante le premesse, non è affatto male.

 

Lui mi risponde a bassa voce, senza quasi muovere le labbra, che tiene congelate in un sorriso da manifesto elettorale.

 

-Ho detto: vai in bagno-.

 

Inarco le sopracciglia. Ora pretende di sapere anche quando devo andare alla toilette?

 

-Non mi scappa-, rispondo.

 

La sua paralisi facciale si accentua, mentre ripete: -Vai in bagno-. E accompagna la frase ad un lievissimo gesto in direzione del tavolo dietro di lui.

 

Proprio non riesco a trovare il nesso tra il cesso e l'avvocato, ma quando lui sgrana gli occhi e mi indica con lo sguardo la porta dei servizi, proprio accanto alla cassa, cedo e mi alzo, solo perchè non ho più voglia di vedere la sua faccia – già normalmente odiosa – contratta in una paralisi da botulino. Chissà, magari è tanto vanitoso da farsi persino fare delle iniezioni anti-età come quelle cinquantenni col complesso del tempo che fugge.

 

In bagno mi tocca aspettare che la mamma di turno finisca di insegnare a usare il water alla figlioletta alta un metro scarso.

 

Entro, faccio il poco che devo fare, tiro lo sciacquone, mi lavo le mani, perdo due minuti ad asciugarle con quella specie di phon gigante che non asciuga mai niente, ed esco. E allora capisco due cose sullo scrittorucolo: primo, deve avere un udito piuttosto ben sviluppato; e, secondo, forse non è così stupido come pensavo.

 

A due passi da me, intento ad armeggiare col portafoglio di pelle nera, l'avvocato paga il conto, mentre la donna bionda si infila una giacchetta scura e l'altro tizio insiste per partecipare al pagamento. Mi vede subito e – ommiodio – si avvicina di quel metro che basta a trovarsi di fronte a me. E la mia bocca comincia ad aprirsi da sola:

 

-Ci incontriamo sempre in pizzeria, eh?-, dico. Maledizione, che cazzo di voce!

 

-Già. E' la mia scappatoia per rendere le serate di lavoro piacevoli-, risponde. Ecco, lui sì che ha una bella voce. Calda, bassa, tranquilla: infonde serenità.

 

-Oh-. Ma oh cosa, deficiente?! -Quindi, ehm, cena di lavoro?-

 

Quindi, ehm, la donna bionda non è la tua fidanzata o roba simile, vero?

 

-Già-, si avvicina un poco e aggiunge, con tono confidenziale: -L'ennesimo divorzio che occupa le mie giornate a tempo pieno. Le richieste delle mogli si fanno sempre più insoddisfabili-.

 

Mi ci vuole un secondo per ricordarmi che è un avvocato, e, quindi, evidentemente deve assistere una cliente che vuole divorziare, non deve divorziare lui. Accidente, sto diventando quasi brillante come Laura la cameriera scema. Un momento, perchè mi ricordo il suo nome?

 

-E tu? Cena di piacere?-, mi chiede dopo un secondo, e mi sembra di scorgere una nota di esitazione nella sua domanda.

 

Oddio, non penserà che...?

 

-Oh no, no, no!-, mi affretto a smentire quell'ipotesi che neppure ho il coraggio di formulare. -Lavoro anch'io, per così dire-, dico.

 

E cala un silenzio imbarazzante. Ecco, in questi momenti vorrei sprofondare. Sotterrarmi. Teletrasportarmi nella lontana galassia Ketu . Qualsiasi cosa, insomma, pur di evitare questi secondi interminabili in cui non riesco a far altro che sforzarmi di pensare a qualcosa da dire, senza riuscire, ovviamente, a trovare qualcosa da dire. E non dico qualcosa di intelligente. Intendo qualcosa e basta. Anche una cazzata.

 

Tempo scaduto.

 

-Ora devo andare-, dice lui, e accenna alla donna bionda che già si sta accendendo una sigaretta fuori dalla porta della pizzeria.

 

-Certo-. Forza, trova qualcosa da dire. Qualcosa, qualcosa... -Salutami i miei vecchi compagni di classe!-

 

Eh?! Oddio, no! Cos'ho detto! Non voglio che nessuno abbia notizie di me! E se si scopre che ero a cena con l'autore de “L'amore di noi due”?! La mia vita è finita!

 

-Lo farò domani stesso!-, mi risponde con un sorriso. -A presto-, aggiunge, e mi torna quello stupido batticuore da dodicenne che mi congela i neuroni.

 

Lo saluto anch'io. Imponendomi di non restare a fissarlo mentre esce dal locale, mi giro e torno al mio tavolo. Mi sento un po' confusa, a dirla tutta.

 

Lo scrittore mi accoglie con un sorriso più smagliante del solito.

 

-Allora?-, dice, con fare ammiccante.

 

-Allora niente-, lo stronco io, sedendomi. -Cazzi miei-.

 

Lui sbuffa.

 

-Dovresti mostrarmi un po' di gratitudine. Ti faccio da Cupido stasera-.

 

-Ma fammi il piacere...-

 

Alza gli occhi al cielo, con un sorrisetto rassegnato, e torna a mangiare la sua pizza.

 

-Almeno stammi a sentire, quando parlo-.

 

Sì, non è poi così idiota, in fondo.

 


 

-Che vuol dire che sei venuta in autobus?!-, mi chiede ad occhi sgranati.

 

Sospiro.

 

-Che sono venuta in autobus-, ripeto per l'ennesima volta. -Sai, quella cosa per cui devi timbrare il biglietto, con le maniglie e i sedili sporchi, e tante vecchiette che si spingono agitando borse della spesa. Sì, lo so che è un mezzo di trasporto troppo plebeo per te e la tua Mercedes-.

 

Lato positivo della serata: passare quasi tre ore in compagnia di quest'individuo mi ha fatto passare oltre la fase in cui si deve essere gentili e cortesi con le persone che si sono appena conosciute. Ora posso manifestare tutto il mio disprezzo per lui usando il mio miglior sarcasmo. Che goduria.

 

-E intendi prendere un autobus a quest'ora?!-

 

Che c'è, Principessa, hai paura che incontri dei brutti ceffi? Credi davvero che qualche malintenzionato possa avvicinarsi ad una persona con un'espressione scazzata come la mia? E poi non sono neanche le undici, per l'amor del cielo.

 

-Certo, confidando che ce ne siano. Il servizio è piuttosto scadente dopo le dieci di sera-.

 

-Assolutamente no-, dice lui, risoluto, e indica la sua Mercedes, scintillante quasi quando i suoi denti. -Ti do un passaggio-.

 

-Ma fammi il piacere, non devo fare neanche tanta strada...-, provo a dissuaderlo, con il tono di una maestra che spiega all'alunno che no, non esiste Goku, né i Sayan in generale, né i bastoni allungabili. Oddio, quest'ultima è fraintendibile. Oddio, cosa vado a pensare.

 

-Appunto. Dai, forza, non vuoi salire su una vera macchina?-

 

Ma deve gasarsi per qualsiasi cosa dica? Il suo sorriso compiaciuto mi dà a dir poco sui nervi, ma il nostro esser fermi sul marciapiede a discutere sta cominciando a dare nell'occhio, e devo ammettere che un passaggio a casa non mi dispiace, quindi decido di dargliela vinta e mi avvio alla macchina senza dire niente, per non dargli troppa soddisfazione.

 

In fondo cinque minuti in più in sua compagnia non sono poi così terribili a fronte di due ore. Soprattutto considerando che nell'ultima metà della cena mi sono dovuta sforzare di starlo a sentire e di rispondergli con cenni del capo e ah-ha vari, dato che si è accorto che la mia testa parte per la tangente non appena apre bocca.

 

Devo ammettere che questa macchina è davvero splendida. Dentro è enorme, e i sedili sono comodissimi. Riesco a stendere tutta la gamba, tanto c'è spazio. Per non parlare di tutte le lucine e i pulsanti che fanno sembrare quest'auto più simile ad un'astronave. E – un momento – quello schermetto sarebbe la tv? Che ingiustizia. Quest'individuo ha troppi soldi. E pensare che fa il mio stesso mestiere, solo che lo fa peggio. Molto peggio.

 

-Allora, dove ci dirigiamo?-, mi chiede, mettendo in moto.

 

Mi mordo il labbro: chissà perchè rivelargli il mio indirizzo mi sembra un errore fatale. Ma non ho altra scelta, dato che ormai sono salita in macchina e mi sono pure allacciata la cintura.

 

Mentre a malincuore articolo il nome della mia via, mi viene in mente un interrogativo di capitale importanza al quale ancora non ho trovato risposta: perchè diavolo ha voluto invitarmi a cena?

 

Glielo chiedo. Mi aspetto l'avvio dell'ennesimo sproloquio senza capo né coda che mi accompagnerà di qui a casa, e invece mi stupisce. Sorride, e per la prima volta il suo sorriso ha un che di normale, e dice: -Oh, finalmente la fatidica domanda!-

 

Scatta il semaforo rosso, e la macchina si ferma dietro una Micra che spara musica house.

 

-Be'?-, lo incalzo, inarcando le sopracciglia. Lui approfitta del semaforo per girare a guardami: è la prima volta che ci guardiamo davvero, negli occhi, e noto solo ora che il suo viso, sotto lo strato di abbronzatura, è piuttosto giovane. Neppure so quanti anni ha, a pensarci bene.

 

Si accende il verde.

 

-Volevo smontare i tuoi pregiudizi-, risponde, inserendo la prima e tornando a guardare la strada.

 

I miei pregiudizi?

 

-Ma tu non mi hai riservato tanta attenzione, perciò ho deciso di rimandare alla prossima volta-.

 

-Prossima volta?-, articolano le mie labbra, sotto shock.

 

Il suo sorriso si allarga.

 

-Proprio così. Mi devi due ore di attenzione. Ora so anche dove abiti, quindi non puoi sfuggirmi-.

 

Ecco. Lo sapevo che dovevo prendere l'autobus. Mai, mai e poi mai dare l'indirizzo ad un stalker.

 

Perchè commetto sempre gli stessi errori? Prima il mio editore, e adesso lui. Ho firmato la mia condanna a morte.

 

Però questa cosa dei pregiudizi mi lascia perplessa. Io avrei dei pregiudizi? Non è affatto vero! Sono la persona con meno pregiudizi del mondo. Cosa diavolo dovrei pensare di uno che scrive un libro che si chiama “L'amore di noi due”? Traggo soltanto le mie naturali conclusioni, rafforzate dalla macchina da milionario, dall'abbronzatura farlocca, dal rolex di dimensioni spropositate... Insomma, penso quello che mi fa pensare lui. E' forse questo il suo gioco?

 

Persa nelle mie congetture, mi accorgo che nel frattempo siamo arrivati all'imboccatura della mia via. E la cosa più strana è che abbiamo percorso il tragitto pizzeria-casa nel più assoluto silenzio.

 

Ferma la macchina.

 

-Nel frattempo, vorrei cominciare a smontare i tuoi pregiudizi così-, dice, serio, e allunga una mano nella mia direzione. Oddio, che sta facendo?

 

Prima che possa slacciarmi la cintura e scappare a gambe levate, apre il cassetto del cruscotto, e ne tira fuori un plico di fogli pinzati alla bella e meglio. Me lo porge, e io lo guardo con aria critica: l'intestazione recita il suo nome e il titolo Antropomorfo.

 

-Il mio nuovo romanzo. Quello fantasy-, spiega, strizzandomi un occhio.

 

Sono stranita. Non so bene cosa rispondergli, né come comportarmi: mi aspettavo di tutto tranne questo.

 

-Ci terrei ad avere un tuo parere-, aggiunge, accrescendo il mio disagio.

 

-Sono una scrittrice, non un editor-, cerco di togliermi d'impaccio.

 

Ma lui non molla, e continua a porgermi il manoscritto.

 

-Appunto-.

 

Non riesco a sostenere il suo sguardo fisso sul mio viso – l'ho già detto che non mi piace che mi si scruti – e vederlo così serio e quasi umano mi fa accapponare la pelle, così, con un sospiro rassegnato, prendo il plico di fogli.

 

In cosa diavolo mi sto cacciando?

 

 

 

 

 

 

 

 

Comunicazioni di servizio molto importanti!

1. IL LOGO: come ho già detto nell'edit dello scorso capitolo, è opera della straordinaria Lucya, che si è offerta volontaria e, in brevissimo tempo, è riuscita a trasformare un mio "ma sì, fai una cosa semplice" in quello che vedete!

(A proposito, la stanghetta cuoriciosa non è troppo carina?? *-*)

2. FACEBOOK: mi sono creata un profilo pubblico, dove c'è persino scritto 'scrittore' XDD, interamente dedicata alle mie storie e fan fiction. La aggiorno di frequente con news, extra eccetera, quindi se vi fa piacere far salire i miei fan da quota 14 a quota 15, siete i benvenuti, e potreste ricavarci anche qualche extra (allettante, eh? XDD)

3. SPAM (a me medesima xD): ho appena pubblicato il primo capitolo della storia scritta per il contest "Vampires ain't gentle" indetto da LeftEye, e ci terrei davvero tanto tanto tanto tanto che andaste a dare un'occhiata. Il nome del contest e il fatto che mi conosciate vi fanno capire che non è la solita storia Twilight, e, davvero, tengo molto ai personaggi che ho presentato... 

<3

 



 

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Capitolo 16
*** 16_Serata tranquilla ***


 

 

 

Con un sospiro, mi getto sul letto.

 

Sono le dieci di sera e mi dichiaro ufficialmente salva. Nessuno scrittore invadente si è presentato alla mia porta, nessun editore stalker ha intasato la mia linea telefonica. Forse ha intasato la casella e-mail, ma ho evitato accuratamente di aprirla, quindi, felice della mia ignoranza, mi beo di questa prima giornata di tranquillità dopo lo scioccante incontro con quella sorta di Satana in completo firmato.

 

Ho trascorso la mattina a dormire e il pomeriggio nella più totale nullafacenza. Stravaccata sul mio divano, mi sono dedicata ad uno zapping selvaggio, guardando una decina di telefilm diversi in cerca di un'improbabile ispirazione. Ci ho ricavato solo un gran mal di testa da rimbambimento casalingo.

 

Prendo il cellulare, che avevo abbandonato in camera mentre sbocconcellavo un panino al tonno – la mia cena – in salotto, con la tv ancora accesa sull'ultimo teen drama della programmazione. Due sms.

 

Non posso evitare un tremito d'agitazione nell'aprire la cartella dei messaggi ricevuti. Tuttavia mi rilasso subito: facce conosciute. Una è la mia cara amica che mi chiede notizie sulla cena di ieri sera; l'altro è un mio vecchio compagno di scuola – uno della mia cerchia di amici – che mi invita per il consueto week-end di fine estate nella sua casa al mare.

 

Mordendomi nervosamente il labbro, decido di non rispondere a nessuno dei due. Alla mia amica non ho voglia di dare dettagli sulla serata, perchè mi toccherebbe parlarle anche dell'avvocato, cosa che non ho ancora fatto e non intendo fare. Sarà anche la mia migliore amica, ma di certi argomenti preferisco non parlare con nessuno: sono fatta così.

 

La faccenda della casa al mare, invece, mi mette più in difficoltà. E' una tradizione per noi rivederci alla fine di ogni estate per trascorrere un paio di giorni insieme; da quando le nostre strade si sono divise, è una buona occasione per rivederci ed aggiornarci su quello che facciamo. Ho perso di vista buona parte dei miei pochi amici, in questi anni; mi spiacerebbe rinunciare anche ad uno dei rari momenti di ritrovo. D'altra parte non mi sento neppure così sicura di volerli vedere. Tralasciando il fatto che in quanto a forma fisica faccio schifo e non ho alcuna voglia di mettermi in costume da bagno – per non parlare del mio colorito cadaverico, risultato di un'estate trascorsa davanti al pc – non saprei proprio come affrontarli. Me li troverei davanti tutti sorridenti e soddisfatti, uno con una carriera che va a gonfie vele, un paio felicemente fidanzati, un'altra prossima al matrimonio... E io? Un tempo ero io quella che brillava, tra di loro. Ero io quella che aveva cose interessanti da raccontare compiaciuta. Io pubblicavo libri, li promuovevo, viaggiavo, firmavo autografi, facevo interviste e presentazioni, e loro studiavano, chiusi nella loro banale esistenza universitaria. Ma le cose sono cambiate: il mio lavoro di scrittrice, ormai, non è più una novità, e io non ho altro da dire, perchè, a differenza loro, non faccio altro che starmene chiusa in casa a scrivere. O, di recente, a provarci.

 

La cosa più eclatante che mi è successa negli ultimi tempi è stato l'incontro con l'autore de “L'amore di noi due”, e, sinceramente, è proprio l'ultima cosa che vorrei raccontare. Diventerei lo zimbello del gruppo.

 

Quindi so già che, accettando l'invito, mi ritroverei ad ascoltare con un finto sorriso tutti i loro appassionanti aneddoti, evitando con qualche scusa di prender parola e trincerandomi nel mio ruolo di silenziosa ascoltatrice. Non mi divertirei, lo so. Anzi, finirei col rodermi di invidia per tutto quello che non ho; a me piace essere invidiata, non fare la parte dell'invidiosa.

 

Sbuffo. Da quando sono diventata così misantropa? Il punto è sempre lo stesso: i pro e i contro di questo lavoro. O forse no.

 

Lui non è come me. Ha amici, ha una vita. E anche molti più soldi di me. La cosa non mi tangeva minimamente fino a ieri sera. Fin quando, cioè, ho scoperto che non è un'idiota. E che non scrive così male come vuol far credere.

 

Ho letto il suo manoscritto – non tutto, ma buona parte – ieri sera, non appena sono rientrata. Lo ammetto, ero curiosa, ma anche ansiosa di veder riconfermato quello che già pensavo. Quel suo vago discorso sui pregiudizi mi aveva confusa. Innanzitutto, io non sono una che ha dei pregiudizi. Lui scrive delle stronzate, e peraltro le scrive da cani, quindi è normale che abbia una determinata opinione di lui, no? Questo volevo provare, a lui e a me stessa, leggendo questo fantomatico manoscritto fantasy-filosofico, o cosa diavolo è.

 

E invece mi devo ricredere, benchè la cosa mi faccia incazzare parecchio. Odio sbagliarmi, proprio non lo tollero, e preferirei non dover ammettere che quell'idiota, alla fine, non è poi così tanto idiota. Oltre ad aver appurato che sa scrivere periodi con più di una proposizione, ho scoperto che è anche capace di creare una trama avvincente e dei personaggi credibili. Come i miei, se non di più.

 

Perchè abbia fatto sfoggio di grassa ignoranza con il libro che lo ha reso famoso, è un mistero che non riesco a svelare. Chiederò delucidazioni al diretto interessato, dato che ho la netta sensazione che manterrà la parola data e busserà presto alla mia porta. E allora mi toccherà dargli ragione: che seccatura.

 

Quindi, a conti fatti, lo scrittorucolo de “L'amore di noi due” è più bravo di me. Sa scrivere cose commerciali, per la felicità degli editori, e libri degni di tal nome; io, invece, sono incastrata in un patetico blocco dello scrittore che sta raggiungendo proporzioni vergognose. Tra l'altro non riesco più a dedicarmi neppure ad altri progetti, perchè ogni volta che mi metto alla tastiera per dar forma ad una nuova idea, lo sguardo torvo del mio editore fa capolino nella mia testa, e si fa strada un gran senso di colpa per non aver ancora cominciato quella dannatissima storia d'amore che mi è stata richiesta.

 

L'estate è cominciata proprio con l'ordine chiaro e perentorio della mia casa editrice, ed ora che volge al termine sono sempre intrappolata nei soliti problemi. Continuo a dare testate contro lo stesso muro, e, alla lunga, è davvero stancante.

 

Lo sguardo mi cade su un altro plico di fogli stampati, ben più sottile di quello del mio caro collega: la mail di quella ragazza, quella strana adolescente con un cervello che sembra quasi più matura di me. Mentre leggevo quello che mi scriveva, parole piene di un'ammirazione quasi reverenziale che davvero non mi merito, mi sono trovata ad invidiarla, ad invidiare quella sua piccola felicità quotidiana, e, soprattutto, quell'aver pienamente compreso quel confine tra realtà ed immaginazione che per me è ancora adesso confuso.

 

Fino ad ora mi sono appigliata alla mia mancata esperienza in campo amoroso per evitare di scrivere questo romanzo; ma il contenuto di quella e-mail – riflessioni di una ragazzina espresse con ingenua buonafede – mi ha fatto in pensare che in fondo è soltanto una scusa. Se romanzo e realtà sono separati da una linea netta, allora è inutile lamentare una mancata esperienza, perchè non sarebbe quella ad attrarre i lettori. Quello che vogliono è la finzione, l'irrealtà, l'evasione, proprio le stesse che riesco a creare con i miei soliti romanzi fantasy. Perciò, alla fin fine, mi basterebbe soltanto chiudere gli occhi ed immaginare le cose come vorrei che fossero. Per me.

 

Il problema è che ho smesso di farlo molto tempo fa. Quando mi sono accorta che le mie fantasticherie sul futuro non portavano altro che delusioni, ho deciso di impiegare la mia immaginazione unicamente in scenari fantascientifici. Questa scelta risale ad ormai molti anni fa, e non ho alcuna intenzione di tornare indietro. Vicolo cieco, dunque.

 

Meglio smetterla di pensarci. Mi alzo dal letto ed apro il portatile, ben decisa ad inibire le mie facoltà intellettive, stasera inesorabilmente inclini a cupe introspezioni, con un qualche giochino di Facebook. Quella cretina di amica mi ha battuto al tennis da tavolo, e deve pagarla.

 

Oh. Due richieste d'amicizia.

 

Apro la finestra a tendina con un lieve battito al cuore. Due nomi familiari. Due facce che ho visto proprio ieri sera.

 

Per primo ostenta il suo sorriso scintillante e la sua abbronzatura esagerata il mio caro collega. E, subito dopo, con un lieve sorriso ad increspare le belle labbra, ecco la faccia dell'avvocato.

 

Scioccamente sorrido, e confermo entrambe le richieste.

 

 

 

 

 

 

Solite comunicazioni di servizio xD

Capitolo un po' più corto e più riflessivo: mi spiace, ma sentivo il bisogno di predermi un attimo di pausa per fare il punto della situazione,

e, d'altra parte, non volevo perdere continuità con i capitoli precedenti, che avevano un andamento più simile a questo. Ma non disperate, vi prometto che Satana tornerà presto! xD

Ringrazio tutti quelli che hanno commentato e/o aggiunto la storia e liste varie. Inoltre vi ricordo la mia pagina Facebook: la scorsa volta mi avete fatto superare i venti fan, grazie! ;D

Infine, ripropongo l'angolino spam alla mia storia sui vampiri, a cui, lo ribadisco, tengo tantotantotantotanto:"Aima", cap 2! Enjoy!

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Capitolo 17
*** 17_Retroscena ***


Questa notte ho sognato che mi arrivava una mail di eLLy che mi chiedeva notizie della storia: probabilmente era la mia coscienza a farsi sentire, perché mi sento parecchio in colpa ad aver lasciato a languire questa storia per... Oddio, non voglio sapere quanto. Se la maturità poteva essere una buona scusa, è anche vero che siamo alla fine di settembre e che io, fino ad ora, ho scritto una quantità considerevole di fan fiction. Ad essere onesti, non sono molto motivata a scrivere questa storia – è nata per scherzo, non mi aspettavo di continuarla – e il calo di commenti dell'ultimo capitolo mi aveva demotivata. Perciò, benché tutto quello che troverete di qui in poi fosse già stato deciso mesi fa, solo ora ho avuto voglia di finire e pubblicare il capitolo.

Sono pessima con le long fiction, me rendo conto da sola e capisco se non ve la sentite più di seguire questa storia; tuttavia, sono decisa a finirla, anche dovessi metterci un altro anno, perché non mi piace lasciare in sospeso ciò che ho iniziato e perché se lo meritano tutte le meravigliose persone che l'hanno apprezzata fino a questo momento.

Per farmi perdonare dell'attesa, vi ho fatto un piccolo regalino, che capirete leggendo il capitolo.

E, intanto, visto che me l'ero dimenticato perfino io, vi rinfresco la memoria su ciò che è successo in precendenza:

 

Nei capitoli precedenti:

Sempre bloccata con il suo ipotetico romanzo rosa, nonostante le dritte datele da una fan particolarmente brillante, la scrittrice fa suo malgrado la conoscenza del nuovo acquisto della sua casa editrice: l'autore de “L'amore di noi due”. Benché tenti in ogni modo di evitarlo e gli dimostri ogni due per tre l'antipatia che prova nei suoi confronti, si trova a dover accettare un suo invito a cena. Nel corso della serata, la nostra protagonista incontra di nuovo l'affascinante avvocato conosciuto qualche tempo prima e inizia a sospettare che il suo collega “scrittorucolo” non sia poi così idiota come pensa. La lettura del suo nuovo romanzo, un fantasy dal titolo “Antropomorfo”, conferma i suoi sospetti.

Ancora dubbiosa sul da farsi per affrontare l'incubo del libro “commerciale”, la scrittrice tenta con scarso successo di usare il suo tempo libero per fare i conti con sé stessa e con le sue scelte di vita, ma affrontare le proprie debolezze non è così facile come sembra...

 

 

 

 

 

 

Il sole si eclissava tristemente dietro il profilo degli alti grattacieli.

Era solo un giovedì pomeriggio come un altro. Seduta sulla metro, fissavo apatica le immagini nebulose che mi passavano davanti agli occhi.

Nei miei pensieri, c'era solo un volto....

 

-Scusa, che cosa staresti facendo?-, domando, con una punta di irritazione.

Colto sul fatto, il colpevole alza le mani dalla tastiera e si volta a guardarmi con un sorriso angelico.

-Stavo riempiendo la tua pagina bianca con il mio talento-.

Sbuffo, e mi rimpossesso del mouse.

Mi è bastato allontanarmi un minuto per prendere dei piatti perché l'ospite indesiderato si prendesse la libertà di toccare il mio pc: sacrilegio. Come se il fatto di essersi presentato dal nulla per cena non bastasse già ad irritarmi. E, per di più, ha portato del cinese: credo che si diverta a rendersi detestabile.

Del resto, sapevo che il momento sarebbe inevitabilmente giunto. Anzi, mi ritengo fortunata ad esser riuscita a trascorrere indenne ben quattro giorni da quando ho ammesso di aver letto il suo manoscritto.

-Non prenderti troppe libertà-, gli dico, facendolo spostare dalla mia postazione di scrittura.

Lui contrattacca con la sua solita, sfavillante esibizione di denti bianchi: -Credevo ti servisse una mano, dato che il blocco persiste, a quanto pare-.

-Fatti i cazzi tuoi-.

-Come siamo sboccate. Ti ho punta sul vivo?-

Gli scocco un'occhiataccia e mi sistemo sul divano senza degnarlo di una parola.

Sul piccolo tavolino ho già posato le buste del disgustoso take away e un paio di piatti e bicchieri.

-Ceniamo in salotto?-, chiede, alzando un sopracciglio.

Evidentemente le mia abitudini spartane non fanno per lui. Perso nei suoi ristoranti di lusso, non riesce ad apprezzare la bellezza di una bel pasto davanti alla tv.

Lo ignoro e prendo il telefono.

-Che fai?-

-Ordino una pizza. Tu mangiati pure quella merda-.

Fa una smorfia. A quanto pare il mio linguaggio sboccato lo infastidisce: buono a sapersi.

Compongo a memoria il numero del mio portapizze di fiducia – lo chiamo talmente di frequente che il volantino ormai non mi serve più a nulla – e ordino una normalissima Prosciutto e Funghi. Niente pizze dal nome eccentrico, a casa mia.

Lo sguardo dell'ospite sgradito si tiene fisso su di me mentre parlo con il gentilissimo gestore della pizzeria: non posso a fare a meno di sentirmi a disagio. Odio la gente che mi fissa, e, perdipiù, lui lo fa in un modo particolarmente fastidioso. Mi guarda come se fossi un esemplare di qualche rarissima specie animale mai vista prima. Non sono di certo il tipo di donna che frequenta di solito, però potrebbe anche evitare di squadrarmi così.

-Comincia pure senza di me-, gli intimo quando riaggancio. Dopo un attimo di esitazione da improbabile gentiluomo, tira fuori dal sacchetto del take-away delle bacchette e comincia a mangiare – con la destrezza di un personaggio dei manga – del riso di cui, sinceramente, non mi interessa conoscere gli ingredienti. Che ci posso fare, oltre che con le persone, sono diffidente anche con il cibo.

Cala un silenzio gravoso. Dato che lui sta mangiando, toccherebbe a me intavolare una conversazione, anche se la cosa non mi entusiasma. Decido di tagliar subito la testa al toro, saltando sciocchi convenevoli che non sarebbero di nessuna utilità per nessuno.

-So perché sei qui-, gli dico. Alza lo sguardo dal suo piatto per guardarmi, spiazzato: evidentemente, nel suo mondo patinato di rolex e macchine sportive, non si usa parlare francamente. -E so anche cosa vuoi che ti dica-, continuo, senza dargli tempo di interrompermi con una delle sue affermazioni affettate. -Sì, ho letto il tuo libro. No, non è male. Sì, credevo scrivessi solo idiozie. No, non riesco a capacitarmi di come tu possa essere lo stesso autore di quelle stronzate per teenager-.

Torno a respirare.

L'idea di averlo in casa – seduto sul mio divano, vicino al mio pc, ai miei libri, ai miei vestiti – mi rende terribilmente nervosa. Sta invadendo la mia privacy, più di quanto abbia fatto finora, e la cosa mi irrita da impazzire. Il mio piccolo e disordinato appartamento è il mio porto sicuro da quel mondo da cui preferisco tenermi in disparte: non per niente, è davvero raro che inviti da me, non solo perché mi manca la voglia di rendere presentabile anche solo il soggiorno, ma soprattutto perché considero casa come un luogo intimo, che preferisco tenere per me. Sono andata a vivere da sola presto, nonostante sia da sempre in ottimi rapporti con i miei genitori, proprio per avere i miei spazi.

Già, tra le altre cose, sono anche una misantropa. Ma credo che neppure se fossi la più socievole delle scrittrici mi farebbe piacere avere Satana in salotto.

Il fatto è che è chiaramente venuto a caccia di complimenti, e ciò che mi irrita maggiormente è che li meriterebbe, solo che la mia lingua si rifiuta categoricamente di articolare frasi più lusinghiere di quelle che mi sono appena uscite di bocca. La mia speranza è che si accontenti e si alzi presto dal mio divano.

Non mi è mai passata la tendenza ad illudermi.

-Tutto qui?-, chiede infatti lui, posando le bacchette sul bordo del piatto. -Nessuna analisi approfondita delle tematiche? Nessun excursus sull'introspezione dei personaggi? Niente di niente? E io che ti ho pure offerto la cena!-

-Una cena che non sto mangiando-, bofonchio seccata.

Il diavolo sorride. In quel baluginare di denti bianchi leggo tutta la sua ostinazione: non se ne andrà fino a quando non avrò appagato il suo ego. Dannazione, cosa mi tocca fare. Qualcuno mi ricordi per quale motivo gli ho aperto la porta.

-D'accordo!- sbuffo. -La trama è avvincente. Contro ogni previsione, sai scrivere senza utilizzare quel registro patetico da struggimento amoroso. L'idea di ambientare la storia in un universo dove le creature antropomorfe sono state perseguitate dalla razza originale da te introdotta (quelli con il nome impronunciabile che fa molto fantasy) non sarà delle più innovative, ma funziona. Il protagonista, Salihv, ha tutti i tratti dell' “escluso” della situazione. Di nuovo, la trovata dell' ultimo uomo solo contro tutti non brilla per originalità, ma il tema della discriminazione è un evergreen che riesce sempre a toccare il cuore dei lettori, quindi ci sta. Il tratto distintivo del libro è l'immedesimazione totale nella psiche del personaggio principale, i cui sentimenti sono tratteggiati molto bene: è un solitario, un disadattato, e questo gli causa sia una forte aggressività nei confronti del prossimo, che un pesante senso di solitudine. Le figure di contorno non sono male, ognuno ha una caratterizzazione ben definita. Nel complesso, la lettura è avvincente, ed è questa la cosa più importante-.

Pare soddisfatto. Sorride compiaciuto mentre si versa un bicchiere d'acqua. A questo punto, però, tocca a lui rispondere alle mie domande.

-Senti un po'-, gli dico, con il mio tono più sgarbato, -ora che ti ho detto quello che volevi sentirti dire, mi vuoi spiegare per quale motivo al mondo mi hai stalkerato fino ad adesso perchè leggessi il tuo romanzo? Immagino che di gente felice di adularti ce ne sia ovunque, quindi perchè prenderti la briga di smontare i miei pregiudizi?-. Non riesco a trattenere una nota più acida del solito nel ripensare alla pseudo paternale che mi ha fatto in macchina qualche sera fa.

-Forse mi piacciono le sfide-, risponde, sibillino.

-O forse il mio editore ti paga un extra per aiutarlo a rendere la mia vita un inferno-, rilancio io.

-Forse-. La sua risata suona fastidiosamente evasiva.

-Sul serio-, gli dico, e cerco di evidenziare il concetto con uno dei miei sguardi carichi di sottintesi.

Sospira.

-Forse-, riprende il gioco ma, nonostante stia sorridendo, capisco che ora è serio, -ti invidiavo-.

Eh?

Sgrano gli occhi. Temo di aver dipinta sul viso un'espressione esagerata di sorpresa, una di quelle che ti solito si trovano tra le vignette dei fumetti.

Che cos'avrebbe Mister Abbronzatura da invidiare a me?

-Guadagni il triplo di me, hai milioni di fan adoranti, puoi permetterti qualsiasi cosa e, perdipiù, non hai un editore che ti costringe a scrivere quello che non vuoi-, elenco. -Scusa ma mi riesce un po' difficile credere che tu mi invidi-.

Sospira di nuovo, passandosi la mano tra i capelli in un gesto molto teatrale e narcisistico. Quei movimenti calcolati mi fanno dubitare della sua sincerità: probabilmente la sua è l'ennesima presa in giro.

Poi, però, riprende a parlare con tono dimesso, privo di fronzoli.

-Ho letto i tuoi libri. Sfondare nel mondo dell'editoria, al giorno d'oggi, non è facile, eppure tu ci sei riuscita da giovane, con un romanzo originale, che ti ha aperto le porte-.

Le mie sopracciglia si inarcano ancora di più.

-Non c'è bisogno che ricambi i complimenti, eh-, gli dico.

Sorride ancora, il sorriso di circostanza di chi fatica a trovare le parole. In quanto a me, faccio parecchia fatica a seguirlo: non ho idea di dove voglia andare a parare.

I miei dubbi si elevano alla massima potenza quando riprende a parlare:

-Quando avevo sedici anni, avevo una cotta mostruosa per una ragazza della mia classe-.

Spalanco gli occhi. Non faccio in tempo ad interromperlo con un eloquente “e allora?”, perché continua subito il racconto.

-Era seduta nel secondo banco, fila della finestra, e teneva quasi sempre i capelli color miele raccolti in una coda di cavallo. Ah, il mio cuore di adolescente palpitava per lei! Il primo amore, senza dubbio. Parlavo di lei tutto il giorno: i miei amici non sentivano altro nome che il suo-.

Eccolo tornato al tono melenso da romanzo rosa. A quanto pare è una sua caratteristica naturale che esula dallo stile scrittorio: deve sforzarsi di non usarlo, non il contrario.

-Un bel giorno, entrai in classe come le altre mattine, ma capii subito che c'era qualcosa di diverso. Capii di cosa si trattava non appena lo sguardo mi cadde su quel famoso secondo banco. Proprio lì dove l'avevo tante volte ammirata, la ragazza che bramavo stava scambiando dolci effusioni con il mio migliore amico. Sì, lo stesso amico a cui avevo tante volte confessato il mio amore-.

Oddio, che triste delusione d'amore. Vuoi piangere? Serve un fazzoletto? Possiamo passare oltre?

-Come si dice, oltre al danno, anche la beffa: il mio amico, fino ad allora uno spirito libero, divenne tutto d'un colpo il più scodinzolante dei fidanzati. Stare in sua compagnia era un'esclusiva della sua fidanzata. Arrivavano insieme a scuola, passavano la ricreazione del loro angolino di fiducia, al suono della campanella se ne andavano insieme senza neppure salutare gli altri. E, ovviamente, il pomeriggio lo passavano studiando insieme. Almeno così dicevano-.

Già, conosco il tipo. Di coppiette smielate di ragazzini in calore ne giravano parecchie anche nel mio liceo: un motivo in più che mi aveva fatto desistere dal cercare un fidanzato.

Il mio collega, ormai perfettamente calato nel ruolo di primadonna dello spettacolo – che sembra calzargli a pennello – prosegue il suo monologo. Dovizia di aggettivi e espressioni patetiche, comunque, il suo tono sembra essere abbastanza serio.

-Li odiavo. Erano terribilmente fastidiosi, e irritanti: urtava la mia sensibilità il solo fatto di saperli insieme, ma loro rincaravano la dose ogni giorno esibendosi in ogni tipo di smanceria. Il loro comportamento melenso, le loro frasi piene di nomignoli stucchevoli mi sembravano troppo assurdi per essere veri. Credevo quasi che da un momento all'altro sarebbero scoppiati a ridere, rivelandoci di essersi presi gioco di noi fino a quel momento. Invece erano terribilmente seri, così persi l'uno per l'altro da fissarsi per tutte le lezioni senza neppure accorgersi dei richiami degli insegnanti-.

Una pausa, un sospiro. Per quanto sia quasi del tutto sicura che, almeno in questo caso, non stia fingendo, devo ammettere che sa come tenere un contegno drammatico: avrà forse aspirazioni da attore?

-Ognuno, si sa, esorcizza le delusioni in modo diverso. Io scelsi di farlo avvalendomi della cosa che più mi divertiva: scrivere. Così iniziai a parodiare i loro comportamenti improbabili mettendo nero su bianco ogni loro atteggiamento da fidanzatini. I regalini, gli sguardi da passerotti innamorati, le frasi esageratamente romantiche che si dedicavano a vicenda: tutto finiva sul mio quaderno degli appunti, che si arricchiva di aneddoti anziché di chiarimenti sulle varie materie. Concentrarsi era impossibile con un tale spettacolo a pochi metri, e l'unica cosa che mi evitasse di provare dolorose fitte di gelosia era ironizzare su carta l'intera situazione-.

Si ferma per bere un sorso d'acqua. Il filo del discorso comincia a sfuggirmi: anzi, a dire il vero non ricordo neppure da dove sia uscita fuori tutta questa digressione.

Quanto riprende a parlare, la mia confusione aumenta.

-A vent'anni inviai ad alcune delle case editrici più importanti (sono sempre stato uno che pensa in grande) una copia del mio manoscritto, la prima bozza di quello che è ora “Antropomorfo”. Dovetti attendere più di un anno, prima di ricevere risposta. Che usassero questo o quel giro di parole, la risposta era sempre questa: il mio lavoro non era abbastanza commerciale per aspirare alla pubblicazione. All'epoca non ero certo il migliore degli scrittori, ma non mi rendevo conto di quanta strada avessi ancora da fare: non la presi bene, anzi. Mi sentivo così preso in giro che ripresi i quaderni in cui avevo annotato tutta la love story dei mie compagni di classe: ricopiai il tutto al pc, sistemai alcune cose qua e là, diedi un filo conduttore alla storia... E inviai il tutto a una casa editrice-.

Un'altra pausa teatrale. Sento che sta per arrivare il colpo di scena, e ho seriamente paura che stia per dire quello che sospetto.

-Quello fu il primo libro che pubblicai-.

Ecco, come temevo. Ora la sua lunga storia ha un senso, e intuisco anche la ragione per la quale me l'ha raccontata: farmi capire che non è l'idiota che credevo. E darmi anche uno spaccato di quanto schifo faccia il settore editoriale, credo: dovrei sentirmi almeno un po' rincuorata?

-Solo ora ho potuto dare alle stampe “Antropomorfo”- conclude, dopo aver finito il suo bicchiere d'acqua. -L'ho rimaneggiato al lungo, in questi anni, tra una pubblicazione e l'altra, e ci tenevo ad avere un parere... Imparziale. Ormai le case editrici mi pubblicherebbero anche un saggio sul comportamento delle zebre, perché sanno che basta il mio nome a far comprare un libro a milioni di ragazzine. Volevo essere sicuro di aver fatto un buon lavoro-.

Si stringe nelle spalle, e, per la prima volta, lo vedo davvero senza la solita maschera di facciata. Mi sembra fragile, insicuro e soprattutto sincero. Forse, in fin dei conti, potremmo davvero essere amici.

-Non mi fidavo degli editori. E' stata la tua opinione a convincermi di aver scritto qualcosa di valido. Per questo ti ringrazio, Anita-.

Ora mi chiama anche per nome? Calma, pseudo collega, ho detto che potremmo essere amici, non che lo siamo.

Lascio correre perché nel frattempo suona il campanello, e l'arrivo del portapizze interrompe quel momento imbarazzante di rivelazioni e confidenze.

Mentre vado ad aprire, con il portafoglio stretto tra le mani, mi torna in mente la storia della mia fan, e per qualche secondo, prima che la porta si spalanchi, mi prendo il lusso si sperare ci sia un tizio interessante ad attendermi sul pianerottolo.

Supposizione errata: nella foga dei miei viaggi mentali ho dimenticato che ormai conosco a menadito tutti i fattorini della mia pizzeria di fiducia che, com'è logico, sono tutti adolescenti smilzi e con problemi d'acne.

Sorrido mio malgrado al quindicenne allampanato che mi porge il mio cartone e gli rifilo una mancia extra per scusarmi tacitamente di essere stata delusa dalla sua faccia pallida e anonima.

Quando torno in salotto, il mio nuovo-quasi-amico è di nuovo piazzato davanti al mio pc.

Dal logo di Facebook che intravedo da lontano, sono certa che sta facendo qualche cazzata che mi farà subito passare ogni neonata simpatia nei suoi confronti.

 

 

 

 

Nota finale:

Se siete arrivati fino alla fine, grazie!

Spero la storia vi piaccia ancora, e spero anche che mi farete sapere che cosa ne pensate.

Colgo l'occasione per ringraziare Gaea (che si è presa la briga di commentare capitolo per capitolo, come ogni autrice sogna) ed Alice in Heartland per le recensioni, a cui, per mancanza di tempo, non ho risposto prima d'ora.

Infine, vi ricordo la mia pagina Facebook, dove troverete aggiornamenti, curiosità eccetera :D

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Capitolo 18
*** 18_Idiota cosmico ***


N/A: E' passata una vita. Nove mesi, per la precisione, il tempo che ci mette una vita a generarsi, e io mi sento una merdaccia della peggior specie perché – giuro – credevo fosse passato decisamente meno tempo, e perdipiù il capitolo lo avevo chiaro in testa sin da subito. E invece mi sono accorta di quanto tempo fosse passato solo rileggendo i vecchi capitoli mentre lavoravo all'archivio, e per poco non mi prende un colpo. Mi sono messa poi a leggere le vostre recensioni e mi sono sentita, se possibile, ancora più abietta. Così mi sono messa a scrivere, di corsa, e in un giorno ho scritto due capitoli.

Avrei voluto aspettare di scriverne ancora un terzo prima di postare, ma credo di aver lasciato questa storia sospesa anche troppo al lungo, e non tutti quella che la leggono mi seguono su Facebook, e quindi non sanno che ho confermato la mia intenzione di proseguirla.

Quindi aggiorno. Per farvi sapere che sono ancora qui e non mi sono dimenticata della Scrittrice, né tanto meno di voi. E che questa storia avrà il suo finale, ve lo prometto.



Previously on “Come (non) scrivere una storia d'amore” [sì, guardo troppi telefilm xD]:

Sempre bloccata con il suo ipotetico romanzo rosa, nonostante le dritte datele da una fan particolarmente brillante, la scrittrice fa suo malgrado la conoscenza del nuovo acquisto della sua casa editrice: l'autore de “L'amore di noi due”. Benché tenti in ogni modo di evitarlo e gli dimostri ogni due per tre l'antipatia che prova nei suoi confronti, si trova a dover accettare un suo invito a cena. Nel corso della serata, la nostra protagonista incontra di nuovo l'affascinante avvocato conosciuto qualche tempo prima e inizia a sospettare che il suo collega “scrittorucolo” non sia poi così idiota come pensa. La lettura del suo nuovo romanzo, un fantasy dal titolo “Antropomorfo”, conferma i suoi sospetti. Quando Satana si presenta alla sua porta a caccia di pareri, la scrittrice si trova costretta ad ammettere i suoi pregi della sua opera, e scopre così che “L'amore di noi due” e sequel sono nati da una parodia di due vecchi compagni di classe dell'autore, che si era visto rifiutato da ogni casa editrice la prima bozza del suo fantasy.

I due cominciano finalmente a parlasi con sincerità e per la prima volta sembra che possa nascere un'amicizia. Quando, però, la nostra scrittrice si distrae per pagare il portapizze, Satana si impossessa del suo pc, destando la sua inquietudine...







-Che diavolo stai facendo?-, sbotto, prima ancora di posare la pizza sul tavolino.

Colto sul fatto – per la seconda volta nel giro di un'ora scarsa – l'ospite sgradito si volta dallo schermo del pc, avvalendosi della seggiola girevole.

Stringo gli occhi, nel tentativo di individuare i dettagli dello schermo. Un riquadro che assomiglia vagamente a quello di chat mi fa rabbrividire di terrore. Il famigliare pop di ricezione messaggio conferma i miei sospetti.

Mi si secca la gola, e devo schiarirmela prima di riuscire a ripetere la domanda.

-Che cazz...-

-Vieni, su!-, mi interrompe, facendomi cenno di avvicinarmi. -Tempi di risposta troppo lunghi possono destare sospetti-.

Qualche strana energia mistica mi spinge fino al pc. Sento il sangue gelarsi nelle vene: ho un cattivo presentimento che temo sia decisamente più una realtà che una sensazione.

-Okay, io ti ho messo sui binari-, continua lui, ignorando la mia espressione funerea e lasciandomi il posto davanti al desktop. Ho seriamente paura di guardare. -Ora tocca a te andare avanti, anche perché ad un appuntamento non potrei certo parlare io al tuo posto, cara. Comunque il difficile è fatto, ora che ho rotto il ghiaccio per te-.

L'atrocità delle sue azioni mi riempie di uno sconcerto persino maggiore del mio disappunto per l'essermi sentita chiamare “cara”. Deglutisco a fatica, mentre i miei occhi riconoscono le lettere che speravo con tutto il cuore di non trovare sullo schermo.

Spero in un ultimo miracolo vano – o, in alternativa, nella comparsa della troupe di qualche programma di Candid Camera – ma alla fine devo arrendermi all'evidenza del fatto compiuto: Satana ha attaccato bottone in chat con l'avvocato.

Questa rivelazione mi suscita mille reazioni in contemporanea.

Mi chiedo come abbia potuto ritenere quell'individuo vagamente simpatico solo dieci minuti prima.

Mi interrogo su come abbia fatto tale individuo a dedurre il mio interesse per l'avvocato, e, soprattutto, sul perché si sia messo in testa di fare il Cupido della situazione (quale situazione, poi? Non esiste nessuna situazione).

Faccio la stima di quanti anni di galera dovrei scontare se assecondassi i miei istinti omicidi, valutando eventuali attenuati per le circostanze di un gesto così estremo.

Cerco freneticamente una dozzina di scuse con cui cacciare da casa mia quell'essere malefico e sotterrarmi tra le coperte – nonostante sia ancora estate – per dimenticare l'incredibile imbarazzo di questo momento.

Con mano tremante, scorro in alto la finestrella della chat, con la morte nel cuore.

Ciao, Avvocato”.

Voglio morire.

Quell'imbecille ha abbordato l'avvocato dicendogli “Ciao, Avvocato” - con tanto di faccina ammiccante che io non avrei neanche saputo digitare – e ciò che è peggio è che l'ha fatto mettendoci il mio nome, la mia faccia.

Ho già detto che voglio morire?

-Muoviti, su! Che ti ho detto sui tempi di risposta troppo lunghi?-

Le sue parole mi arrivano alle orecchie come un fastidioso ronzio, troppo confuso dal mio miscuglio di rabbia, imbarazzo e disperazione perché possa davvero recepirle.

Cerco di ritrovare un minimo di sangue freddo. A prendere la pizza ci ho messo poco, e Satana non ha avuto il tempo di avere grossi danni.

L'avvocato ha risposto al saluto – pure lui con una faccina sorridente, e questa cosa un po' m'inquieta – e mi ha chiesto come va.

E lui, il Mostro, ha fatto sfoggio di una sfacciataggine degna dell'ochetta della mia classe del liceo.

Un po' stressata dal nuovo romanzo. Mi servirebbe una pausa. (Più un'altra faccina carica di sottintesi che mi rifiuto di riportare).

Cioè, praticamente gli ho chiesto di invitarmi a uscire. O, meglio, ho fatto intendere che sono disperata perché non riesco a scrivere una cazzo di storia d'amore, e questo perché non so niente sulle cazzo di storie d'amore, in modo da muoverlo a compassione per la condizione disperata e farmi invitare a uscire. Terribile.

La cosa peggiore è che non ci sono io dietro a tutto questo, ma Satana in persona, che dopo questo tiro mancino si merita più che mai questo soprannome.

Alle mie spalle, allunga una mano verso la tastiera per rimettersi a scrivere.

Di riflesso, schiaffeggio le dita abbronzate.

-Rispondi!- si giustifica lui, sbuffando.

Scendendo ancora con lo sguardo, noto la risposta dell'avvocato.

Allora è proprio il momento adatto per invitarti a mangiare una pizza!

Ovvio che abbia risposto così. E' inutile che mi agiti, la risposta gliel'ha praticamente messa in bocca Satana con il suo modo sfacciato di flirtare. Che avrebbe dovuto rispondere, il povero avvocato? Prenditi una vacanza?

E' un tipo gentile, lui. Di certo è abituato ad essere cortese con tutti, anche con spaventose spasimanti sciattone (ma che bell'allitterazione, è affascinante come certe figure retoriche, ormai, mi riescano solo quando parlo della mia stupida vita, e non quando mi metto al pc per scrivere).

In ogni caso, ormai il danno è fatto.

Non posso certo dirgli che mentre ero a pagare il portapizze, un nefasto individuo insediatosi in casa mia si è messo a provarci con lui – per quanto sia impossibile peggiorare la mia situazione, credo che così lo farei.

Però devo scrivere qualcosa. Devo farlo, ormai, devo assolutamente farlo. Per quanto mi scocci ammetterlo, Satana ha ragione: devo rispondergli.

Con dita tremanti – neanche dovessi scrivere il best seller della mia vita – digito qualche parola.

Niente pizzerie con pizze fantasy, però.

Buttiamola sull'ironia. Forse così riuscirò ad arrivare a fine serata senza uccidermi – o uccidere il tizio seduto accanto a me.

Mi sforzo di aggiungere anche uno smile, nel tentativo di non far trasparire il cambio di persona alla tastiera appena avvenuto.

Seguono secondi di interminabile attesa. Il mio salotto è avvolto in un silenzio così profondo che riesco a sentire respirare Satana, il cui sguardo è ancora insistentemente puntato sullo schermo – è assodato, ormai, che per lui il concetto di privacy non abbia il minimo valore.

Alla fine arriva una risposta.

Quelle le riservo solo alle cene di lavoro :)

Oddio. Sento un sospiro di sollievo, e mi accorgo di non esserne la responsabile: con la coda dell'occhio, noto Satana sorridere sornione, stiracchiandosi contro lo schienale della sedia. Pare essere più che soddisfatto del suo operato.

Decido di ignorarlo, prima di lasciarmi sfuggire una serie di insulti degna dei miei giorni d'oro di blocco dello scrittore, e torno a concentrarmi sulla chat.

Dopo quella prima, difficilissima frase, conversare con l'avvocato non mi riesce più così arduo, proprio come nella vita “reale”.

Nel giro di cinque minuti ci siamo accordati per vederci giovedì sera e cenare nella pizzeria dove ci siamo visti la prima volta con i miei ex compagni di classe, e ci siamo scambiati i numeri di telefono.

Mi resta un'espressione attonita sulla faccia quando, dopo averlo salutato, chiudo il browser e mi guardo attorno. Sono davvero nel mio salotto? Ed è proprio la mia vita questa?

Mi sembra di essere finita in una qualche realtà alternativa in cui anch'io ho una vita sociale. Situazioni come questa saranno banalissime per la maggior parte delle persone, ma per me sono un vero e proprio evento. Come il concerto della band preferita, quello a cui si va una volta nella vita, o qualcosa del genere.

-E' fatta!-, commenta con un sorrisino la mia nemesi.

Mi volto lentamente a guardarlo. La sua espressione soddisfatta sembra sincera, il suo sorriso carico di buone intenzioni: viene da pensare che mi abbia messa in questa situazione con la genuina convinzione di farmi un piacere, e non per farmi un dispetto.

Ritratto quanto pensato meno di un'ora fa: è davvero un idiota patentato.

-Puoi anche ringraziarmi, adesso- mi strizza l'occhio.

Sì, decisamente idiota. Più che idiota. Un idiota galattico. Cosmico.

-Ringraziarti per cosa, di grazia?- ringhio.

La mia reazione lo stupisce. Inarca le sopracciglia – e la mia porzione di cervello non intenta a maledirlo si trova a chiedersi se vada da un'estetista per mantenerle così curate – e mi fissa perplesso.

-Per averti combinato un appuntamento con l'uomo dei sogni-, risponde, pacato.

-Be', peccato che io quell'appuntamento non lo volessi! Nessuno ti ha chiesto niente-.

Mi stupisco per prima dell'acidità che permea le mie parole. Non avevo ancora spiccicato parola, da quando mi ero messa al pc, e sinceramente neppure io sapevo che voce mi sarebbe uscita in un simile miscuglio di emozioni: a giudicare dal mio tono, l'astio ha preso il sopravvento sulle altre sfumature del mio umore quantomai variegato.

-Dovevi farti gli affari tuoi-, concludo.

Lui sbatte le palpebre.

-Okay- concede, lentamente. -Sono stato un po' invadente, ma tutto è andato per il meglio, no?-

-Un cazzo è andato per il meglio! Io non voglio avere nessun appuntamento!-

Alzo la voce senza rendere conto. Tutta la tensione accumulata sta esplodendo, e io – seppur sia in parte consapevole di star tenendo il comportamento di una tredicenne isterica – non riesco a mordermi la lingua e a riprendere un contegno dignitoso.

-Pensavo ti piacesse...-, mormora, sempre più basito, il mio Cupido non autorizzato.

-Infatti!- grido.

-E allora qual è il problema?-, ribatte, alzando a sua volta la voce.

-Il problema è- sbotto, alzandomi in piedi, -che non voglio rendermi ridicola andando ad un appuntamento quando di queste cose non ci capisco nulla e non sono neppure in grado di gestire una cazzo di chat su Facebook!-

Ecco, l'ho detto. Ho sputato il rospo e ora mi sento quasi svuotata, tanto che devo fermarmi a riprendere fiato.

Gesù, non avevo proprio intenzione di fare una scenata a Satana, né tanto meno volevo fargli sapere che sono una creatura socialmente inabile – anche se questo sospetto l'avesse già intuito da sé.

Che bel casino. Che bella situazione di merda.

Se solo si fosse fatto gli affaracci suoi, ora probabilmente staremo ancora discorrendo di quanto faccia schifo il mondo dell'editoria, da buoni colleghi che cominciano a stimarsi reciprocamente. Sarebbe una serata piacevole, addirittura.

Invece ha rovinato tutto. Questa specie di strana amicizia e, soprattutto, la mia dignità.

Che cosa si aspettava? Che saltellassi felice perché mi ha combinato un appuntamento?

No, grazie. Non ho alcuna fretta di rendermi ridicola facendo sapere al mondo che alla mia venerabile età non ho ancora avuto uno straccio di relazione con l'altro sesso!

Uscire con l'avvocato sarà solo una gran fonte di imbarazzo, che devasterà la mia precaria autostima in materia di rapporti interpersonali. Già lo so, quindi perché dovrei andarmi a cercare una simile umiliazione?

Satana mi guarda con uno sguardo stranamente freddo, che non gli ho mai visto prima.

Anche con lui ho fatto proprio una pessima figura: ora sì che voglio sotterrarmi.

Gli indico con il capo la porta e lui, senza dire niente, raccoglie le sue cose e si dirige verso l'uscita – conosce la strada.

-Non dovresti sottovalutarti così. L'autostima è alla base di ogni sano rapporto con il prossimo-.

La porta si richiude alle sue spalle.

Se n'è andato lasciandosi dietro una delle sue frasi da biscotto della fortuna, che probabilmente ha usato anche in uno dei vari “L'amore di noi due”.

Di nuovo sola a contemplare le mie sciagure, mi lascio cadere sul divano.

E' solo in questo momento che mi accorgo della peggiore delle cose: la pizza mi si è freddata.








Se siete ancora qui, nonostante i ritardi, vi ringrazio immensamente. Dal mio comportamento non si direbbe, ma amo ogni commento che questa storia ha ricevuto e sono davvero felice che tante persone la seguano – non avrei mai pensato che avrei avuto tanti lettori.

Innanzitutto, vi rassicuro: non sparirò, almeno non per il prossimo capitolo, che è quasi pronto xD Sono sotto esami, questo sì, ma conto di portare avanti la storia con più costanza: salvo cambiamenti di programma, ho già in mente tutto quello che deve succedere e posso dirvi che, indicativamente, la storia arriverà al capolinea intorno al capitolo 25, more or less.

Ho cambiato la formattazione della pagina, e conto, non appena avrò tempo, di editare anche i capitoli precedenti, magari eliminando diversi refusi che so esserci.

Per quanto riguarda la trama: mi sono divertita un sacco a leggere le vostre reazioni davanti al cambio di atteggiamento dello Scrittore XD

Quello che è stato svelato nello scorso capitolo era già in programma da tempo: Satana non è mai stato un personaggio così negativo, quello era solo il modo in cui lo percepiva (e forse lo percepisce ancora xD) la nostra protagonista :)

E' un limite della prima persona, ma tenete conto che non tutto quello che dice la Scrittrice corrisponde a quello che penso io, ovviamente. Io sono ghiotta di kebab e il cinese non mi dispiace, ecco xD

E' stato faticoso, negli scorsi capitoli, mantenere Satana “bidimensionale”, suscitando anche qualche perplessità, ma era tutto parte del punto di vista della Scrittrice, e tutto finalizzato a quanto avete visto più di recente :D

Detto questo, mi congedo, ricordandovi la mia pagina Facebook, che è il modo con cui comunico con voi lettori di “Come (non) scrivere”, perché so che una buona parte di voi già mi segue lì, e ringraziandovi davvero tanto per aver letto.

E, ancora una volta, mi scuso immensamente – altri fandom mi hanno rubata e ho messo in stand by la storia per più di quanto avessi progettato :D


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Capitolo 19
*** 19_Passi indietro ***


Avviso per i lettori di vecchia data: questo è il secondo aggiornamento che faccio dopo il lungo hiatus. Quindi, se qualcosa non vi quadra, probabilmente è perché vi siete persi il capitolo 18 :D In caso, fate un passo indietro: nello scorso capitolo c'era anche un piccolo riassuntino per rinfrescarsi la memoria su quanto avvenuto prima.

Buona lettura!





Alla fine l'ho fatto.

Ho pensato – temuto – di farlo un sacco di volte, in questi due giorni di attesa, e alla fine mi sono arresa ai miei impulsi più vili.

Il fatto è che non sapevo da che parte girarmi.

Non sapevo che cosa mettermi, tanto per cominciare, e questa non è una cosa da poco. E non potevo neppure chiedere consiglio alla mia migliore amica – per quanto possano essere utili i suoi consigli – perché non ho avuto il coraggio di dirle che avevo un appuntamento. Non tanto perché temessi qualche presa in giro, no; piuttosto, non volevo vederla esaltarsi per me, per non dover poi raccontarle quale disastro era stato quell'incontro e non dover trovarmi davanti al suo sorriso di circostanza. E poi di quell'avvocato non le ho mai parlato, sempre più o meno per gli stessi motivi: non mi è mai andato a genio dover giustificare i miei fallimenti davanti al mio prossimo, ed in campo amoroso di certo non posso ambire ad alcun successo.

Così non ho detto niente a nessuno e ho passato due interi giorni a crucciarmi, cercando di allontanare il dilemma del cosa mi metto al momento fatidico.

E giunto quel momento – grosso modo un'ora fa – ho cominciato a vagliare ogni singolo capo di abbigliamento presente nel mio armadio, senza trovarne neppure uno di mio gradimento.

Ho solo jeans troppo sciatti, magliette scialbe, e vecchi vestiti da festa di laurea che di certo non si addicono ad una semplice serata in pizzeria. Non volevo farmi ridere dietro anche per il vestiario.

La mia incapacità di fare conversazione sarebbe stata sufficiente.

Quando ho messo mano ai trucchi, la cosa è degenerata: non riesco neanche ad usare l'eye-liner senza assumere le sembianze di un panda.

Sono scoppiata in lacrime, peggiorando se possibile ancora di più la situazione make-up.

Ed è stato in quel momento che l'ho fatto.

Ma dove penso di andare, in queste condizioni?, mi sono detta, prima di afferrare il cellulare.

Ho inventato una scusa. Una banale indisposizione, neanche dovessi giustificare un'assenza a scuola, e ho cercato di mostrarmi dispiaciuta con un paio di faccine tristi.

L'avvocato ha risposto subito. Non preoccuparti, ha detto, possiamo fare un'altra volta. Tu vedi di rimetterti presto.

Gentile e corretto fino in fondo. Tanto quanto io sono idiota.

Mi sento una scema totale.

Me ne sto sdraiata sul divano a contemplare il soffitto, ancora in pigiama, rimpiangendo di già il mio ultimo lampo di genio.

Mi sono fatta prendere dal panico. Proprio io, che ho affrontato pure gli Esami di Stato con la calma glaciale di un predatore della savana, mi sono impanicata tanto da mandare tutto a puttane.

Un'occasione così quando mi ricapita? Ho dovuto aspettare più di un quarto di secolo per avere un maledettissimo appuntamento, di sicuro non mi verrà concesso il bis prima dei cinquant'anni!

In questo momento mi detesto. Mi detesto perché sono insieme sollevata e amareggiata dall'aver dato buca all'avvocato.

Da una parte, mi dispiace aver sprecato un'opportunità di rivoluzionare la mia vita. Di dimostrare che anch'io posso uscire con un ragazzo, nonostante finora abbia avuto la vita amorosa di una suora di clausura.

Dall'altra, però, sono consapevole del fatto che non sarei riuscita a dimostrare proprio un bel niente. Avrei fatto la figura dell'idiota e basta. Oltre al fatto che non sono particolarmente portata a chiacchierare con il mio prossimo, che cos'avrei detto che la conversazione si fosse spostata sul personale? Se si fosse parlato di ex? E se si fosse parlato di sesso?

Okay, forse questi non sono esattamente argomenti da primo appuntamento, è vero, ma prima o poi saltano fuori. Prima o poi l'uomo con cui esci prova a baciarti, o a fare di più, quindi la vera domanda è: che succede quando si accorge che non hai la minima esperienza?

Ecco, questo nei fottuti romanzi d'amore non succede mai. Certe situazioni imbarazzanti si possono vivere al massimo a sedici anni, diciassette, diciotto. Stop.

Sono io ad avere seri problemi relazionali. Probabilmente dovrei andare da uno psicologo, entrare in terapia, rispondere ad un sacco di domande idiote sul mio passato alla ricerca di traumi infantili che spieghino questo mio comportamento.

Ebbene, non ce ne sono. Nessun trauma infantile, soltanto una gran mancanza di tempo che in, questi ultimi anni, mi ha impedito di trovare qualcuno che mi piacesse, e una buona dose di sfortuna con i miei amori adolescenziali. E ora che ho trovato qualcuno che sì, mi piace, l'ho bidonato perché non ho abbastanza esperienza nel campo.

Chiudo gli occhi.

Forse dovrei accettare in corner quell'invito alla casa al mare. Togliermi di qui non sarebbe male, per quanto non muoia dalla voglia di vedere i miei amici felicemente accoppiati.

Vorrei soltanto poter spegnere il cervello e togliermi da questa orrenda situazione.

Niente avvocato, niente storia d'amore da scrivere, nulla. Vorrei restare sola al mondo, con l'unico conforto della mia fantasia, nella quale costruire parola dopo parola il mondo dei miei sogni.

Oh, se solo potessi scrivere quello che voglio io, sono sicura che mi uscirebbe fuori il romanzo migliore della mia vita. Sono così stressata che non vorrei altro che potermi buttare a capofitto in una nuova opera, che mi distraesse dai miei problemi.

Invece, questo stupido romanzo mi costringe a esaminare e riesaminare la mia vita, fino allo sfinimento. Sbatto di continuo la testa contro tutto quello che non va in me: mi sembra di impazzire.

Qualcuno suona alla porta.

Mi guardo attorno circospetta: che sia già il portapizze?

Striscio fino alla porta, afferro il portafoglio lungo il tragitto e sbircio dallo spioncino.

Grazie al cielo l'ho fatto. Decisamente non si tratta della mia pizza.

Mi chiedo perché Satana si sia preso tanto a cuore i miei problemi amorosi. La domanda resterà senza risposta, comunque, perché non ho alcuna intenzione di aprirgli. In fondo, in questo momento non dovrei essere in casa.

-Apri la porta. So che ci sei-, dice lui, allegro. -Hai il passo pesante, ti ho sentita strisciare-.

Mi sfugge uno sbuffo esasperato.

-E ora hai sbuffato- ghigna allora.

-Che cosa vuoi?-, chiedo, aprendo per un soffio la porta.

-Non dovresti essere qui-.

Il suo sorriso smagliante mi abbaglia anche attraverso quello spiraglio.

-Visto che lo sai, sei tu a non dover essere qui. Insomma, se sai che dovevo uscire, che diavolo sei venuto a fare? A suonare a vuoto il campanello?-, ribatto io, logica.

-Avevo il sospetto di trovarti. Anzi, in realtà ne ero sicuro al 99%. Dai, fammi entrare. Sul pianerottolo ho incontrato il tuo portapizze e ho pagato per te. Annusa, se non ci credi-.

Lo faccio, perché effettivamente non mi fido della parola di quell'intrigone invadente che s'impossessa del pc altrui non appena uno gli volta le spalle.

Profumo di pizza. Fame. Cibo.

D'accordo, Satana ha vinto ancora una volta. Del resto, la pizza è sempre stata il mio tallone d'Achille.

Lo faccio entrare, senza preoccuparmi minimamente dello stato pietoso in cui verso: devo avere ancora la faccia da panda, ma, del resto, è stato lui a presentarsi ancora una volta a casa mia senza avvisare, e ora ne paga le conseguenze.

-Allora? Che è successo?- chiede, posando la giacca leggera su bracciolo della poltrona più vicina.

Lo fulmino con lo sguardo, concentrandomi piuttosto sulla mia cena: scompaio in cucina a prendere posate e bicchiere – senza premurarmi di offrirgli anche solo un misero bicchiere d'acqua – e, al mio ritorno in salotto, lo trovo seduto ad aspettarmi, con sguardo interessato. Perlomeno questa volta ha avuto l'arguzia di starsene lontano dal computer.

Ignoro i suoi occhi pieni di domande e comincio a mangiare. La pizza è ottima, probabilmente l'unica nota positiva in una giornata veramente orrenda – e, questa volta, è almeno calda.

Satana sta zitto, così mi basta concentrarmi per far finta di essere da sola, in un immaginario mondo in cui non esistono appuntamenti e seccatori, ma solo buoni infiniti per la pizza gratis e collezioni di CD rock a cui attingere liberamente...

-Allora?-

Non riesco a pensare al mio Eden personale per più di due secondi, e il re dei seccatori già torna alla carica: neppure io so perché l'ho fatto entrare, e, soprattutto, perché non l'abbia ancora sbattuto fuori di casa come l'ultima volta.

Uhm, a ripensarci non sono stata particolarmente gentile in quelle circostanze, eppure lui è tornato lo stesso. Sembra che gli piaccia essere trattato male.

-Allora niente-.

-Come mai sei qui? Voglio dire, avevo intuito i problemi psicologici che ti causava l'idea di uscire, ma speravo li avresti vinti-.

Problemi psicologici. Grazie tante.

-E invece no-.

-Sei andata in panico?-

Stranamente, formula questa domanda con sincero interesse, e non – come ci si potrebbe aspettare, con malizia – quasi volesse veramente aiutarmi. Capirmi.

-Più o meno-, gli concedo, tra un boccone di pizza e un altro.

Lui sorride.

-Trucco? Vestiti?-

Quasi mi strozzo con il doppio strato di mozzarella.

-Ma come...?- chiedo, scioccamente, mentre tossisco per non soffocare.

Per tutta risposta il suo sorriso si accentua: ora sì che mi sta prendendo per il culo.

-Cara, basta guardarti una frazione di secondo per capire che in quell'ambito hai qualche problema-.

Ehi, caro, ricordati che ho un coltello in mano. Non è troppo affilato, ma può comunque fare dei danni, se maneggiato con una certa abilità. E per il mio personaggio ninja del terzo romanzo, di ricerche sui coltelli ne ho fatte parecchie.

Però ha ragione. Sia prima, sia ora, sia due giorni fa con quella sua melodrammatica uscita di scena: mi sta dicendo la verità, nuda e cruda. E ciò mi irrita, perché non è certo piacevole vedersi buttare in faccia i propri difetti, però è giusto farsi un esame di coscienza per capire che ha ragione.

E' bizzarro, penso. Da quando gli ho detto sinceramente quello che penso di lui, Satana sembra aver deposto la sua maschera di attore consumato per ripagarmi con la stessa moneta: brutale sincerità. Non so dire se sia un miglioramento o meno.

-Insomma, che cosa gli hai detto?- mi incalza lui, interessato come una nonnetta di fronte all'ultima puntata della soap preferita.

Con un sospiro, gli sintetizzo a grandi linee lo scambio di sms, cercando di tenere un tono il più possibile neutro.

-E tu che gli hai risposto?-

Sbatto gli occhi, interrompendo la masticazione.

-Niente- bofonchio.

Lui rotea lo sguardo, esasperato.

-Sei un disastro. Dammi il cellulare-.

-No!- strillo. -Scordatelo! Non scriverai mai più nulla a nome mio, neanche una lista della spesa!-

-Okay, okay. Allora scrivigli tu: ripetigli che ti dispiace e dagli appuntamento per la prossima settimana, nel week-end immagino sia già impegnato...-

Resto perplessa a fissarlo: probabilmente la mia espressione sarebbe la stessa se mi trovassi ad assistere ad un rituale d'accoppiamento delle seppie di Ketu.

-Se non lo fai tu, lo farò. Sai benissimo che posso prenderti il cellulare e scrivere quello che voglio senza che te ne accorga. Sii furba ed evita che lo inviti a modo mio-.

Se questa voleva essere una minaccia... Be', è una minaccia efficace.

Sbuffando, mi arrendo: poso forchetta e coltello in favore del mio cellulare, abbandonato in una delle fessure del divano. Digito meccanicamente e in tutta fretta, per poter tornare presto alla mia pizza senza soffermarmi troppo a pensare che sì, sto davvero seguendo le istruzioni che mi impartisce Satana. Forse è il caso di farsi vedere per un esorcismo?

-Fatto-, borbotto, tornando a masticare.

Lui, non ancora soddisfatto, si sporge in avanti per sbirciare lo schermo del display. Dopo una rapida occhiata, annuisce con un sorriso.

-Ottimo!- batte le mani e si lascia cadere contro lo schienale della poltrona.

Gli lancio un'altra occhiata di sbieco, tentando di ignorare il suo sorrisetto in favore della mia cena.

-Ora non ci resta che aspettare una sua risposta e poi penseremo a scegliere il look. Darò un'occhiata nel tuo armadio, così vediamo se c'è qualcosa da salvare... Altrimenti abbiamo il tempo di rimediare con una rapida seduta di shopping prima del gran giorno. E dovremo rimediare dei trucchi, ovviamente, perché dubito che tu ne abbia...-

-Ce li ho-, ringhio a denti stretti.

Lui sembra sorpreso.

-Oh, davvero? E perché non li usi mai? Sei sempre così sciatta...-

-Senti, scordati di mettere le mani nel mio armadio, d'accordo?-, sbotto, lasciando cadere le posate sul tavolino. Va già bene che era lui a parlarmi di autostima, l'altro giorno: di certo con queste simpatiche frecciatine non acquisterò sicurezza. -Quindi puoi anche piantarla con questi discorsi da gay-, aggiungo.

-E tu puoi smetterla con le tue solite generalizzazione idiote, grazie-, ribatte inaspettatamente lui, tagliente. -Credevo avessi imparato ad eludere gli stereotipi. Coraggio, sei più intelligente di così-.

Mi mordo il labbro per non lasciarmi sfuggire una delle mie risposte acide.

Ha ragione, maledizione. Per quanto mi dia fastidio ammetterlo, ha proprio ragione.

Mi sono sempre considerata una persona intelligente e matura, sin da quando ero solo una tredicenne già inacidita circondata da coetanee con la fissa dell'idolo del momento; eppure, in compagnia di quest'individuo, riesco sempre a dimostrarmi terribilmente superficiale. Di base odio essere in torto, figurarsi quanto fastidio mi fa essere contestata – a ragione – dal mio pseudo-collega.

-E comunque non sono gay-, riprende lui, sorridendo. -Bisex-.

Mi strozzo con la coca-cola che avevo preso a sorseggiare per evitare di rispondere. Nel giro di due secondi scarsi, i miei colpi di tosse incontrollati si mescolano alla sua risata ilare.

-Ah, sei uno spasso!-, esclama, mentre io riprendo a fatica a respirare. -Sei così... inibita. Prendi tutto mortalmente sul serio, ci credo che poi ti impanichi per le cose più banali-.

La vibrazione del mio cellulare, che annuncia l'arrivo di un nuovo messaggio, mi impedisce di replicare alla sua ennesima frecciatina con qualcosa di più di una semplice occhiata torva.

Afferro il telefono prima che lo faccia Satana, già proteso in avanti e più che incline a impicciarsi di nuovo.

-Martedì sera-, annuncio, cercando di usare un tono rilassato, dopo aver letto l'sms dell'avvocato, cortese come al solito. Mi arrendo davanti all'evidenza dei fatti: ormai è impossibile estromettere Satana da questa faccenda, che mi piaccia o no.

-Perfetto!-, esclama, abbagliandomi con il suo sorriso. -Ora resta solo da sistemare la questione look. E poi, magari, ragioniamo insieme su una strategia di conversazione... Sì, forse sarebbe il caso di fare anche quello, per evitare silenzi imbarazzanti...-

-Ma perché lo fai?- lo interrompo io. Finalmente sono riuscita a formulare la domanda che ho sulle labbra da giorni, e lui ne sembra sorpreso. -Perché giochi al Dottor Stranamore con me? Perché ti prendi tanto a cuore le mie faccende personali?-

Dopo un attimo di spiazzamento, Satana sorride e scrolla le spalle.

-Chissà, forse mi piaci-.

Scoppia a ridere dopo neanche due secondi e io realizzo solo dopo un bel po' che a suscitare la sua ilarità non è quanto ha detto, bensì l'espressione scioccata che mi si è dipinta in faccia.

-Ti vedessi in faccia- mormora, tra le risate. -Sei esilarante, davvero. Dalla tua espressione sembra che ti abbia appena detto che aspetto un figlio e tu sei il padre-.

Con quest'esempio balzano, la mia espressione così divertente si accentua ancora di più.

-Ah, a volte mi sembra di parlare con una ragazzina di quattordici anni, che considera l'altro sesso una razza aliena e vede problemi insormontabili nelle frasi più genuine. Hai il modo di rapportarti al tuo prossimo che avrebbe un'adolescente priva di esperienza del mondo, lo sai?-

Oh be', grazie tante. Un'altra simpatica botta alla mia precaria autostima, e un'altra analisi crudelmente veritiera della mia psiche. Possibile che l'autore de “L'amore di noi due” riesca a psicanalizzarmi meglio di quanto riesca a fare io stessa? Ma, soprattutto, chi diavolo gli ha dato il permesso di farlo e prendersi tutta questa confidenza?

Sospiro. Nonostante sia stata più che categorica nel cercare di trasmettergli la mia antipatia sin dall'inizio, continuo a ritrovarmelo in salotto. E, come se non bastasse, nel giro di tre settimane scarse è diventato un esperto per quel che mi concerne. Forse dovrei iniziare a trattarlo bene nella speranza che si levi di torno?

Mentre ci rifletto sopra, lascio parlare lui, mai a corto di argomenti: è già tornato alla carica con la questione abbigliamento.

In silenzio, torno alla mia pizza. Forse una consulenza non richiesta non è proprio da buttar via.

A mali estremi, estremi rimedi.












Capitolo 20 in lavorazione!

Prometto che, al prossimo aggiornamento (che non dovrebbe tardare), ci sarà finalmente sulla scena l'Avvocato :D
Questa volta sono stata di parola, visto? Grazie a tutti quelli che continuano a seguire questa storia e che mi lasciano ogni volta recensioni meravigliose! Un grazie particolare a tutti i nuovi lettori - che sono più di quanti mi aspettassi!
Come al solito, ricordo la mia pagina Facebook, per ogni aggiornamento :D


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Capitolo 20
*** 20_L'appuntamento ***





Ehi, non è così difficile.

Grosso modo è così che si potrebbero riassumere i miei pensieri in questo momento, mentre, sorseggiando la mia coca cola, ascolto l'avvocato raccontarmi bizzarri aneddoti sul suo lavoro.

Ha un bel modo di parlare: un tono rilassato, che però riesce a a dare la giusta intensità ad ogni frase, rendendo i suoi racconti davvero piacevoli.

Mi sta raccontando di una causa di divorzio a cui ha lavorato qualche tempo fa, nel quale il fulcro della diatriba tra i due contendenti era il piccolo pechinese Maxie, per cui moglie e marito avevano speso dovizia di lacrime e urla durante gli incontri nel suo ufficio.

Mi ritrovo con il sorriso sulle labbra senza neanche rendermene conto.

Sì, è facile, decisamente facile.

Mi sono fatta mille problemi per niente. A quanto pare, ho ancora qualche asso nella manica, per quanto riguarda l'interazione con il prossimo: riesco a fare conversazione molto meglio di quanto mi credessi in grado. O, forse, è soltanto l'avvocato a mettermi incredibilmente a mio agio.

Strano: credevo che sarei stata agitata e avrei farneticato frasi senza senso, e invece ogni parola mi è uscita dalla bocca in tutta naturalezza, da quando ci siamo visti.

Ho accantonato tutte le mie fisime sull'inesperienza in un angolo del mio cervello, per potermi godere appieno questa serata.

Ecco, una nota per il mio ego di scrittrice: non è così difficile. Gli appuntamenti sono piacevoli, ed è piacevole chiacchierare con la persona che piace.

Quindi, in definitiva, è tutto decisamente più semplice di quanto mi sembrasse e, soprattutto, di quanto venga descritto solitamente nei romanzi d'amore.

Parola d'ordine: semplicità. Un'interazione tra due persone normali all'insegna della normalità.

Potrei propormi questo, per il mio libro, ma piacerebbe davvero una storia così piatta? Senza triangoli amorosi, grandi tragedie e diatribe?

E' assurdo: più il tempo passa, più torno a sbattere la testa contro gli stessi ostacoli, senza fare il minimo progresso. Neppure questa mia nuova e inaspettata vita sociale sembra dare i suoi frutti, dopotutto. Mi tornano in mente le parole della mia fan intelligente: i lettori non voglio una storia realistica, perché di realistico c'è già la realtà.

Forse ora, per la prima volta, comincio a comprenderne il senso.

Che nessuno mi fraintenda, questa serata mi sta piacendo un sacco, e probabilmente non mi divertivo tanto dai tempi dei miei primi successi letterari; adoro questa normalità, questa facilità di interazione. La domanda è: quanto può essere interessante una storia di questo genere? Può davvero appassionare, pur raccontando vicende vissute da tutti?

Finora mi sono sempre posta il problema di creare una trama verosimile, ma forse ora comincio a capire il punto di vista di chi vuole leggere storie più romanzate, rispetto alla realtà. Certo, senza scadere nell'assurdità come nei romanzi del mio caro collega...

-Scusami, l'ho fatto ancora-, dice l'avvocato. -Mi sono messo a parlare di lavoro e mi sono trasformato nell'avvocato noiosissimo che sono. Accidenti, non avresti dovuto scoprirlo così presto!-

Rido, sentendomi un po' in colpa: in realtà sono ad io, ad essermi persa a vagheggiare sul mio lavoro. Meglio non ammetterlo, però, o verrebbe fuori il discorso “storia d'amore”, che avrebbe risvolti quanto meno imbarazzanti.

-Nessuna noia, anzi-, rispondo. -Mi sembrava una storia piuttosto avvincente. La terrò in mente per qualche futuro romanzo-.

-Oh, se dovrai mai scrivere un libro su coppie di mezza età in crisi e divorzi coloriti, sai a chi rivolgerti come fonte-.

Mi sfugge un'altra risata, mentre la cameriera ci porta le pizze (una normale Prosciutto e funghi per me, e una normalissima Quattro stagioni per l'avvocato: niente nomi fantasy, come promesso).

Sto ridendo davvero un sacco, stasera: spero di non suonare incredibilmente sciocca come la mia ex compagna di classe dalla risata facile. Oddio, non voglio trasformarmi in un'ochetta!

-Come stanno i miei cari ex compagni di classe?-, chiedo, cogliendo lo spunto di conversazione che mi è venuto in mente.

L'avvocato aspetta di aver finito di masticare la sua fetta di pizza prima di rispondere: che gentleman, dovrò fare anch'io attenzione a non ruminare come una portuale mentre mi avvento sulla mia cena.

-Benone, direi. Credo che manchi poco alla fine del loro tirocinio. Restano ancora un po' basiti di fronte a certi individui e alle pretese che avanzano, ma nel complesso se la cavano bene-.

Evito di approfondire il discorso chiedendogli se la mia cara amica civetti ancora con lui ogni due per tre: non sarebbe carino sparlare, né rivelarmi subito come l'acidona che sono.

-Ti prego, non lasciare che ricominci con gli aneddoti sul lavoro. Raccontami qualcosa tu del tuo, che è sicuramente più interessante-.

-Ultimamente è ben poco interessante, fidati-, rispondo, con un sorriso, mentre taglio un'altra fetta di pizza.

-Blocco dello scrittore? Colpa del romanzo d'amore?-

Mi sfugge il coltello di mano. Credo anche mi si sia disegnata una perfetta “O” sul viso, perché l'avvocato ride sommessamente.

-Ma come fai a...-

-La tua pagina Facebook- risponde, prima che finisca la domanda. -Tempo fa avevi chiesto aneddoti amorosi ai fan-.

Oh, è vero. Merda, mi ero totalmente dimenticata della stupida pagina Facebook di cui anche lui è fan.

Così sa del romanzo rosa: uhm, meglio cercare di cambiare in fretta argomento, o finiremo incastrati in una conversazione che decisamente non voglio avere.

-Ecco, a proposito-, dico, svelta, -non mi hai mai spiegato come conosci i miei libri-.

Lui ridacchia.

-Credevi che leggessi solo il codice civile?-

Touché, avvocato.

Come farti capire, senza sembrare una deficiente, che con il tuo completo elegante e la tua cravatta scura non hai esattamente l'aspetto di uno che, tornato a casa, si mette a leggere avventure fantasy?

-Devi sapere che io ho una doppia vita-, riprende, serissimo, togliendomi d'impiccio.

Io lo guardo sinceramente incuriosita, mentre prendo un sorso d'acqua.

-Di giorno, sono un avvocato dedito al lavoro, impegnato fino a tarda sera con improbabili divorzi ed intricate cause di eredità-. Fa una pausa ad effetto. -Ma quando torno a casa, mi libero di questa identità e...-

Di nuovo si interrompe per creare suspense, e a me sfugge una risata nervosa per il sentirmi puntati addosso i suoi begli occhi color nocciola.

Si allenta il nodo della cravatta con fare teatrale: immagino non abbia idea di quanto sexy sia quel gesto. Pare agire in tutta innocenza, e anche questi suoi racconti romanzati non hanno nulla a che spartire con le pose da diva del mio caro collega – al diavolo, perché mi viene da fare il paragone con quello.

-Di notte mi trasformo in accanito giocatore di videogiochi-.

La sorpresa ritarda la mia risata di qualche secondo. Questa proprio non me l'aspettavo: l'avvocato è pieno di sorprese. O, forse, sono stata io a giudicare ancora una volta il libro dalla copertina.

In fondo, di lui so davvero poco, se non che è un avvenente avvocato con qualche anno più di me. A conti fatti, potrebbe anche essere un serial killer. Okay, forse sto esagerando, ma è indubbio che di sicuro è pieno di difetti che io, abbagliata dal suo bel viso e dalla sua abilità di conversatore, ancora non scorgo. Magari è qualche perversione strana o, che so, gli puzzano tremendamente i piedi.

Oh Signore, ma perché mi ritrovo intrappolata in queste pare mentali proprio ora che sono in sua presenza e tutto sta andando a meraviglia? Non mi ero detta che è tutto facile? E allora perché incasinarsi la vita con problemi che neanche sussistono (ancora)?

Per fortuna ci pensa lui a riportare la serata sui giusti binari, riprendendo il discorso:

-Non sono un grandissimo lettore, ho poco tempo e quando torno a casa preferisco staccare la spina, ma sono “Star Nine” è uno dei miei giochi preferiti-.

Ecco il nesso libri-videogiochi: “Star Nine” è un mio romanzo di fantascienza da cui è stato tratto un videogame per PC, a cui ho provato a giocare anch'io con scarsi risultati.

-Mi sono incuriosito e ho letto anche il libro, poi ho comprato il seguito-, conclude infatti lui. -Però non ho mai letto tutti i tuoi altri romanzi, e non li conosco se non di nome, mi dispiace-.

-Figurati!- mi schernisco io. -Non devi mica leggerli per farmi un piacere. Al contrario, non mi sarei mai aspettata che avessi letto sul serio qualcosa di mio-.

Lui sorride. Oh, ha proprio un bel sorriso, l'ho già detto?

-Per quanto possa contare il parere di uno che di letteratura se ne intende ben poco, mi sono piaciuti molto-.

Questa volta sono io a sorridere: riesce a dire la cosa giusta con una facilità disarmante. Probabilmente neppure si rende conto di quanto mi facciano piacere le sue parole e i suoi sorrisi; sicuramente ignora quanto questo incontro all'insegna di normalità e naturalezza stia dimezzando il mio bagaglio personale di ansie e complessi.

Continuiamo a cenare chiacchierando del più e del meno. Saltano fuori un paio di aneddoti degli anni del liceo – e credo traspaia almeno in parte la scarsa simpatia che nutro per i suoi colleghi junior, ma lui non fa commenti – e mi ritrovo senza troppo sforzo a rivangare ricordi che sembrano appartenere a un tempo diverso.

Ad un certo punto mi viene da pensare che quest'appuntamento, forse, sarebbe uno di quegli eventi adatti a quell'epoca, e non a questa, ma è solo un flash, che incrina per una manciata di secondi l'appassionato racconto di una gita scolastica e mi lascia vagamente stordita, come se mi trovassi nel posto sbagliato al momento sbagliato; poi torno a concentrarmi sul momento, e la serata fila liscia finché non andiamo alla cassa.

Insisto per pagare la mia parte, e non devo battagliare molto per convincere l'avvocato. Il mio metal detector per difetti si chiede se sia a favore della parità tra i sessi o solo un po' tirchio, ma poi mi scrollo di dosso il pensiero e tiro fuori i soldi che devo.

Fuori dalla pizzeria, c'è una lieve aria settembrina. L'estate sta finendo, e in questi tre mesi non ho fatto alcun progresso con il mio romanzo; in compenso, ho incontrato l'autore de “L'amore di noi due” e avuto un appuntamento con un bell'avvocato. Com'è strana la vita, eh?

-Dove hai la macchina?-, mi chiede il mio appuntamento.

-Oh. Da nessuna parte. Non ce l'ho, la macchina-.

Lui sgrana gli occhi stupito: più o meno è sempre questa la reazione quando qualcuno scopre che alla mia veneranda età non ho ancora la patente e che, cosa più importante, riesco benissimo a sopravvivere senza.

-Sono venuta in autobus-, aggiungo, prima che faccia una domanda ovvia.

-Allora vieni, ti do un passaggio a casa-, dice lui, senza la minima esitazione.

Ecco, com'era ovvio aspettarsi.

-Ma no, non è assolutamente necessario. La fermata dell'autobus è qui a due passi e il servizio a quest'ora è più che buono-.

-Mi occuperò anche di diritto civile, ma ho ben presenti le statistiche di rapine e violenze. E' da pazzi girare da soli a quest'ora, specie per una ragazza-.

Mi mordo il labbro, combattuta.

Da una parte, il passaggio mi farebbe comodo – anche se lui sta decisamente esagerando, dato che sono appena le dieci e mezza e in giro ci sarà pieno di vecchiette che portano a spasso il cane – e sarebbe un pretesto per chiacchierare ancora un po'. Sarei contenta se la serata si protraesse ancora un po', dato che per ora nessuno ha parlato di ripetere l'esperienza.

D'altro canto, però, il farmi accompagnare sotto casa in macchina mi sa decisamente di cosa troppo intima. Troppo da appuntamento, ecco, dove con il termine intendo cena che si conclude con scambio di saliva proprio in auto. Abbiamo già l'elemento cena e io, sinceramente, vorrei evitare il conseguente scambio di saliva.

Mi chiedo se sia sua abitudine baciare le ragazze al primo appuntamento. Una volta avevo letto in qualche rivista che è norma baciarsi al terzo appuntamento, ma si trattava di sicuro di qualche rivista da adolescenti; chissà, a quest'età, come funziona.

Oddio, e se si aspettasse che lo inviti a salire per dell'altro?

Hai il modo di rapportarti al tuo prossimo che avrebbe un'adolescente priva di esperienza del mondo, lo sai?”

Mio malgrado, mi tornano in mente le parole di Satana: in questo momento mi sembrano più vere che mai. Sono intrappolata in un dilemma dettato proprio dal fatto che non so come funzionino queste dinamiche e, per questo, mi cruccio forse anche più del dovuto.

-Ehi, tutto okay?- Lo sguardo sollecito dell'avvocato mi riscuote dai miei drammi. -Sei un po' pallida, motivo in più per accompagnarti a casa. Su, non fare storie-.

Mi arrendo all'evidenza. In fondo sembra proprio un gentiluomo e non è il caso di rovinare una serata così piacevole mettendomi a pestare i piedi come una bambina.

Lo seguo alla macchina – di cui non riconosco la marca, ma che sembra decisamente meno sfarzosa di quella del mio collega – e salgo in silenzio.

L'intero tragitto è decisamente più silenzioso del resto della serata: mi limito a dare indicazioni per arrivare a casa mia, mentre il mio cervello lavora freneticamente su un modo rapido e cortese di congedarmi prima di dare impressioni sbagliate.

Improvvisamente un evento piacevole fino a pochi minuti fa mi sembra essersi trasformato in una trappola mortale, da cui fuggire al più presto. Allo stesso tempo, c'è una piccola parte di razionalità che sopravvive in un angolino del mio cervello – la stessa che mi diceva di non bidonare l'avvocato la scorsa settimana – che mi avverte di non rovinare tutto con la mia inadeguatezza.

Penso con tutte le mie forze a qualcosa da dire, ma all'improvviso non trovo argomenti. Il panico è arrivato, alla fine: be', meglio ora che a inizio serata.

-Qui?- mi chiede, fermando la macchina davanti al mio portone.

Ecco il momento: dovrei prendere la borsa, salutare e filare, ma le mie gambe non sembrano della stessa opinione.

-Sì...- dico, e la voce mi esce moscia come quella di una bambinetta idiota. Cerco di ridarmi un tono: -Grazie per il passaggio e per la compagnia-.

Lui sorride: mi sembra quasi sollevato della mia ritrovata parlantina.

-Grazie a te. Spero ci saranno presto altre occasioni per ripetere l'esperienza-.

Mentre, stupidamente, cerco una frase con cui replicare adeguatamente – Lo spero anch'io? Contaci? – lui si sporge verso di me.

D'istinto mi irrigidisco, ma le sue labbra sfiorano soltanto la mia guancia, rapide e disinteressate, lasciandosi dietro una traccia di dopobarba elegante.

Camuffo il mio sciocco di disagio con un sorriso, sperando che lui non abbia notato il mio essere tesa come una corda di violino.

Ci auguriamo la buonanotte a vicenda; poi io scendo e lo saluto con la mano mentre fa retromarcia.

Quando mi chiudo il portone alle spalle, tiro un sospiro di sollievo.

E' andata.
















E anche questa è andata \o/

Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno recensito lo scorso capitolo, sia i nuovi che i vecchi lettori. So che in molti volevano vedere una scena di trucco e parrucco con Satana che imbellettava la nostra Scrittrice, ma non era in programma: scoprirete quanto ci ha messo lo zampino nel prossimo capitolo.

In questo volevo finalmente dare un po' di spazio all'avvocato: ribadisco ancora una volta che la narrazione è filtrata dal punto di vista della protagonista, quindi se ha dato l'impressione di essere troppo perfetto, è perché al primo appuntamento la nostra Scrittrice lo vede così, ecco xD

A proposito di primo appuntamento: è filato tutto liscio, più o meno. Questo perché, secondo me, spesso le cose si rivelano decisamente più facili a farsi di quanto non sembrino a dirsi. Spero di non avervi annoiato con un appuntamento tanto banale X°D

Vi aspetto per il prossimo capitolo e sulla mia solita pagina Facebook per ogni aggiornamento :D

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