I tre moschettieri.... +2

di LaNonnina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Vuoto.
Il piazzale adibito al mercato, prima pieno di contadini, fattori e guardie, ora era completamente vuoto.
Tutto ciò che era rimasto era un ammasso informe e indefinito di bancarelle, carretti, tende e gabbie di animali ormai fuggiti verso luoghi decisamente più tranquilli.
Gli unici esseri viventi che potevano definirsi tali erano lui e lei.
Lui.
D’Artagnan.
Lei?
Una ragazza moschettiera. Più unica che rara in Francia.
Era bella. Bella nella sua semplicità e naturalezza.
Alta circa come lui. Fisico tonico. Beh ovvio… anche lei aveva dovuto allenarsi. Il viso era nascosto dalle ampie falde del cappello, decorato con una lunga piuma bianca come la neve. Si intravedeva soltanto la bocca carnosa, resa più delicata da un piccolo neo  sulla destra. I capelli erano mossi, lunghi fin sotto le spalle, di mille castani diversi, ma colpiti dalla luce del sole sembravano addirittura biondi. Erano raccolti da un nastro rosso in cima alla nuca.
Prima.
Ora il nastro si era allentato e stava per sciogliersi definitivamente, come se volesse scappare dai quei capelli ormai troppo scarmigliati e arruffati.
Pareva quasi più attraente. Così.
Lui rimase per un po’ a guardarla, anzi, a squadrarla letteralmente dalla testa ai piedi.
Lei?
Non lo degnava di uno sguardo, ma decise di rivolgergli la parola per prima.
“Potresti almeno ringraziarmi”
Lui sgranò gli occhi.
“E per quale motivo, di grazia?”
“Perché ti ho appena salvato la vita…” Stava per aggiungere “idiot!” ma si trattenne.
“Guarda che avevo la situazione completamente sotto controllo”
Ouì, come no… O stavi temporeggiando in attesa che i tuoi tre amichetti venissero a salvarti?” Sbottò lei mentre rinfoderava la spada e riannodava il nastro rosso.
“Ehi! Io sono un valoroso moschettiere tanto quanto Athos, Porthos e Aramis! E me la so cavare anche da solo! Tu piuttosto… chi ti credi di essere?”
Lei finalmente sollevò il viso, ma forse era meglio se non l’avesse mai fatto.
Lo incenerì immediatamente con uno sguardo bruciante d’ira e stizza.
“Chi sono io?? IO sono l’unica moschettiera di Francia e non ti permetto di rivolgerti a me con questo tono tanto insolente! Dovresti invece…”
Ma lui non la ascoltava più. Era rimasto folgorato dai suo occhi… e che occhi!
Il loro colore sfumava dal verde all’azzurro, risaltato dal contorno nerissimo dell’iride.
D’Artagnan aveva avuto l’occasione di salvare molte fanciulle, tra le quali la giovane Constance, ma non aveva mai incontrato nessuna che avesse i suoi occhi.
E nemmeno lui stesso.
Anche gli occhi del famoso moschettieri erano azzurri, del colore del cielo, ma in confronto a quelli della ragazza parevano anonimi.
-Cavolo!- Pensò lui  -Mi batte anche in questo!-
In fondo, sapeva che aveva ragione lei. Se non fosse arrivata, lui sarebbe stato infilzato dalle spade affilate delle guardie del Cardinale.
Ma non lo avrebbe mai ammesso. Non di fronte a lei.
Solo quella volta si era trovato impreparato e non sarebbe accaduto mai più.
Le avrebbe fatto capire chi era il vero moschettiere tra i due!
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


“Mi stai ascoltando??!!”
-Certo che è veramente un maleducato quel D’Artagnan. Non riesco proprio a capire come mai tutti lo adorino…-                                                                                                               
Pensò lei osservandolo.
“S-sì, scusa…”
“Wow! Sai chiedere scusa, ma non ringraziare le persone?”
“Ascolta, che tu ci creda o no, me la sarei cavata … Ora se permette, mademoiselle
“Il mio nome è Isabèl” Sbottò lei scocciata.
“Bene, Isabèl, devo proprio andare. È stato un piacere. Au revoir!” E si avviò a piedi per una serie di vicoletti parigini che lo avrebbero condotto dai suoi compagni.
Lei lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava, riflettendo sul fatto che il famoso D’Artagnan non avesse nemmeno un cavallo.
Sorrise. -Ma che razza di moschettiere sei?-

Appena giunto al rifugio,non molto lontano dalla piazza, ovvero ex-piazza, del mercato, salutò i suoi compagni. Si stava già avvicinando alle scale, ma Athos, Porthos e Aramis, si accorsero subito che c’era qualcosa di strano nel giovane D’Artagnan. Sembrava veramente giù di morale.
“Ehilà!! Constance ti ha fatto dormire sul balcone ieri notte?” Esclamò Porthos con la sua solita delicatezza.
“No, stai tranquillo, tra noi due le cose vanno benissimo.”
“Se hai bisogno di qualcuno con cui parlare, ricordati che Nostro Signore è sempre pronto ad ascoltarti” Suggerì Aramis chiudendo il suo breviario.
“RAGAZZI!” Intervenne Athos “Lasciatelo in pace, se ne avrà voglia, ci racconterà cosa gli è capitato!”
“Grazie At, davvero.”
“Io dicevo così per dire… sputa il rospo!”
“Sai che di noi ti puoi fidare!” Lo incitarono gli altri due.
Si arrese. “Va bene…” E si sedette  per raccontare loro l’accaduto davanti al camino, ovviamente spento data la stagione estiva.

“E come te la sei cavata??” Chiese Athos.
“Grazie al suo sedere, come al solito…” Ghignò Porthos.
“Un po’ di contegno, per favore!” Sbottò Aramis “Prego, continua”
“Mi ha salvato lei… la ragazza moschettiera, Isabèl… ma vi pare? IO, salvato da una femmina!!”
Gli altri tre lo fissavano senza guardarlo veramente. Parevano instupiditi, meravigliati e addirittura… Invidiosi.
“Come come come?” Gli occhi di Porthos brillavano “TU sei stato salvato da quell’angelo sceso in terra, e ti lamenti pure?? Aaahh… non sai quanto avrei voluto essere al tuo posto! Isabèl… il suo nome da solo mi fa venire i brividi…”
“Port, datti una calmata! Potrebbe essere tua figlia!!” Lo interruppe Athos.
“In tal caso, allora, potrei anche commettere un incesto …”
Il volto di Aramis sbiancò mentre si faceva il segno di croce.
D’Artagnaneraquasi schifato dalle sue parole.
“Ma siete sicuri che stiamo parlando della stessa ragazza? A me è sembrata piuttosto acida e piena di sé. Mi ha perfino dato una lavata di capo perché non l’ho ringraziata!”
“Mi sembra ovvio. È stato molto maleducato da parte tua” Osservò Athos.
Porthos ci mise qualche secondo per comprendere a pieno il significato di quelle parole.
“Non l’hai ringraziata??” Si voltò scandalizzato verso Aramis  “Non l’ha ringraziata???!!” Si gettò contro lo schienale della sedia rovesciando il capo all’indietro, semplicemente sconvolto.
O Dive!! Athos dagli da bere così si calma, non riesco proprio a sopportarlo!” Lo supplicò Aramis con la testa nascosta tra le mani.
D’Artagnan poté così concludere il suo racconto, continuando a definire con aggettivi piuttosto dispregiativi la sua salvatrice.
“Mi sembra che tu abbia trovato pane per i tuoi denti…” insinuò Athos.
Il giovane si voltò stizzito verso di lui “Che cosa vorresti dire?”
“Anche io conosco un ragazzo testardo, arrogante e spavaldo… ed è proprio davanti ai miei occhi…”
I tre grandi moschettieri si guardarono e cominciarono a ridere di gusto.
“Grazie ragazzi, è bello avere dei veri amici come voi…” constatò D’Artagnan, prima di ritirarsi sbuffando nella sua stanza.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


 Isabèl salì sul suo stallone nero e si allontanò in fretta dalla piazza per timore dell’arrivo di altre guardie.
No, non per timore. Solo che per quel giorno aveva avuto abbastanza rogne e non ne desiderava certamente altre.
Si avviò verso casa sua. Lontana dal centro di Parigi, isolata quel tanto da permetterle di non sentire la gente comune sbraitare e schiamazzare in strada.
Giunta a destinazione, attraversò il giardino percorrendo il sentiero di pietra. Varcò l’atrio decorato di statue ed entrò nella sala al primo piano. Si tolse il cappello e finalmente poté adagiarsi su una soffice poltrona bordeaux, la sua preferita.
La villa era molto grande, forse fin troppo, dal momento che vi abitava da sola insieme alla sua fida governante. Quella casa era l’unica cosa che le aveva lasciato sua madre, oltre al ciondolo che portava al collo con dentro una sua immagine.
Sua madre era bellissima. Lunghissimi capelli dorati, occhi del colore degli smeraldi e una carnagione chiarissima.
Semplicemente stupenda.
-Perché mi hai tradito?- sospirò riguardando per l’ennesima volta il medaglione.
Purtroppo non c’era altro modo per definirla.
Traditrice.
Sua madre non aveva ingannato solo la figlia, ma anche tutta la Francia. Aveva tramato contro Re Luigi insieme al Cardinale Richelieu. Era riuscita persino ad incastrare i tre moschettieri.
Chissà per quale motivo, però, aveva deciso di togliersi la vita.
Per amore, le avevano detto.
-Suicida per amore, lei?- Storse la bocca.
Non ci avrebbe mai creduto.
E anche se fosse, per chi? Suo padre? Non le aveva nemmeno mai detto chi era.
La aveva semplicemente abbandonata.
Sua madre la aveva lasciata sola.
Sua madre.
Milady De Winter.

La governante bussò prima di entrare.
“Prego, Marie.” La esortò Isabèl.
“Cara, ti ho portato la cena …”
“Ti ringrazio. In effetti cominciavo a sentire un certo languorino!” La fanciulla si alzò dalla poltrona per rimettersi a sedere al tavolo da pranzo.
“Vuoi che mi occupi io della spada e degli stivali?”
“Se non ti dispiace, Marie. Sono molto stanca e vorrei proprio andare a dormire dopo cena.”
“Non ti preoccupare tesoro mio, riposati.” Le diede un bacio sulla fronte e si avviò alla porta, ma Isabèl la trattenne.
“Se non ci fossi tu, Marie, mi sentirei davvero sola e abbandonata. Grazie di cuore, per tutto quanto” Disse sorridendole e con gli occhi scintillanti.
“Io ci sarò sempre, lo sai. Promettimi solo una cosa…”
“Farò tutto ciò che vuoi, Marie”
“Non smettere mai di sorridere. Mai. Il sorriso è un’arma letale. Molto più affilato e tagliente della lama di un fioretto. Non permettere mai a nessuno di renderti infelice. Non ne hai motivo. E smettila di rimuginare sulle azioni di tua madre. Tu non sei lei. Lei non sorrideva quasi mai, o, quando lo faceva, si vedeva chiaramente quanto esso fosse falso e tirato. Ma il tuo è un sorriso vero, ti sgorga dal cuore. È sincero. E ti rende anche molto più bella!” Concluse, guardandola amorevolmente.
Isabèl le corse incontro, commossa, e la abbracciò per quella che parve un’eternità.
Grazie, Marie


 
“Eminenza. È un vero onore per me avervi come ospite nella mia umile dimora francese…”
Lord Buckingam accolse in modo falsamente benevolo il Cardinale Richelieu.
La sua villa pareva più grande di quella di re Luigi. I giardini abbondavano di ogni tipo di piante e fiori che emanavano soavi profumi. Le due fontane producevano altissimi getti d’acqua, le cui gocce, colpite dai raggi del sole, creavano mille arcobaleni. Qualche servitore si adoperava per le solite manutenzioni.
Entrarono nello studio del Duca, che fece accomodare il Cardinale nella poltrona per gli ospiti accanto alla scrivania. Buckingam si sedette dall’altra parte.
Richelieu, come al solito, puntò dritto al sodo.
“Lasciamo stare i convenevoli, Buckingam. Direi che ci conosciamo da parecchio, ormai. Possiamo, oserei dire, definirci… amici
Il Duca sogghignò.“Amici non mi pare il termine più adatto. Suggerirei un nemici, piuttosto”
“Lord Buckingam, per cortesia. Siamo adulti, comportiamoci da tali. È inutile che continuiamo a farci la guerra. Voi sapete benissimo che l’unica cosa contro cui noi dobbiamo combattere è la Francia. Ovviamente la questione è molto semplice: la Francia è Luigi, una volta eliminato Luigi, sarà eliminata anche la Francia”
“Vorrei ricordarvi che abbiamo già tentato recentemente …”
“Sì, ma non avevamo la flotta di navi volanti che voi ora possedete”
“Ma avevamo lei…” Sibilò il Duca, gli occhi velati da una sorta di tristezza.
“Mio caro, posso benissimo immaginare quanto vi manchi la dolcissima Milady, ma dovete farvene una ragione! C’è chi arriva e chi se ne va… C’est la vie!”
“Mi amava! E anche io amavo lei…”
Oh Christe! Non raccontiamo fesserie. La vostra era solo infatuazione. Quella donna non ha mai amato nient’altro che i soldi e il potere. Per questo andava perfettamente d’accordo con il sottoscritto…” Commentò sarcasticamente il Cardinale. Poi si alzò dalla poltrona, si diresse verso il tavolino dei liquori e versò il contenuto di una bottiglia in due calici.
“Noi abbiamo un obiettivo da portare a termine e credo anche un dovere nei confronti di Milady: conquistare il trono di Francia. Lei è morta per questo e noi dobbiamo vendicarla. Siete con me o preferite continuare a piangervi addosso?” Sottolineò porgendo un bicchiere al Duca, che subito accettò.
“Avete ragione. Noi, insieme, regneremo sulla Francia”
“Ottimo! Pensavo non l’avreste mai detto… A noi!”
“E a Milady!”
Il tintinnio dei calici di cristallo e le loro risate malefiche risuonarono come in un incubo per tutto il palazzo.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Grazie ragazze per le vostre recensioni!! Senza di voi non continuerei a pubblicare.. anche perché le visualizzazioni calano.. non abbandonatemi!!!

Dedicato a CinderNella che spero di riuscire a stupire prima o poi, ma vedendo come si svolgono i fatti, più poi che prima... ^^
Grazie <3

CAPITOLO 4

Passi.
Un leggero ticchettio sul pavimento di marmo.
Lo sfrusciare di un ricco abito di seta.
Un angolo della bocca tirato in un ghigno maligno.
Una persistente voglia di vendetta.
“Non conoscevo questo tuo lato artistico. Dovresti fare l’attore. Mi hai commosso, avrei quasi voluto essere morta sul serio …”
Lord Buckingam si voltò.
Lei era alle sue spalle. Stupenda come sempre.
La guardò intensamente, ponendole delicatamente un dito sulle labbra rosse. “Non dirlo neanche per scherzo, amore mio. Non potrei vivere senza di te, lo sai” Disse cingendole la vita con un braccio.
Lei guardò verso l’alto, fingendosi infastidita. “Oh, lo so perfettamente. Sei tu quello debole fra i due. Io me la caverei in ogni caso”
“Non farmi pentire di averti salvato…”
“Ah ah ah! Sto scherzando sciocchino!” Fece lei, esperta di civetteria “Immagina” Continuò posando la testa sulla sua spalla “io e te insieme, Regina e Re di Francia! Ovviamente dovremo cambiare il Primo Ministro … non penso che il caro Richelieu potrà offrirci i suoi servigi ancora per molto..” 
Il duca era incantato “Quanto mi piaci quando sei così crudele..”
Le scostò il viso per baciarla con passione. La strinse a sé cominciando a sollevarle la gonna.
Lei cedette subito all’impeto del Duca e si concesse senza alcuna vergogna.
È grave non avere alcun pudore? Forse no.
Ma darsi provando rimorso, questo sì.

Constance bussò piano alla porta “Artie? Sei sveglio?”
“Sì… entra…” Mugolò il giovane moschettiere.
Lei entrò e lo trovò sdraiato sotto le coperte, il viso voltato dall’altro lato della stanza.
Mon amour, cosa succede?”
“Niente…” E nascose il viso sotto il cuscino.
“Non mi sembra!”
“Vorrei solo stare un po’ da solo…”
La ragazza era visibilmente preoccupata “Non mi vuoi? Ma ti senti bene?!”
“No … sì … scusami”
Era la seconda volta in un giorno che si scusava con una ragazza. Un miracolo, avrebbe detto qualcuno.
Si tirò su a sedere. Sorrise “Vieni qui”
Lei parve sollevata e si accomodò accanto a lui. “Mi dici che ti è capitato?” Gli chiese tirandogli un ricciolo.
“Nulla di importante, non parliamone. Ora sei qui e mi sento già molto meglio…”
Le accarezzò una guancia, scorrendo con le dita fino al collo dove le lasciò un bacio.
Lei lo spinse delicatamente all’altezza delle spalle per farlo sdraiare.
Lui aveva la solita faccia da ebete che si dipingeva sul suo volto quando qualcosa lo rendeva  felice.
I loro sguardi pieni di amore si incontrarono, ma il volto di D’Artagnan, appena rasserenato tornò ad incupirsi.
Gli occhi.
Quelli non erano gli occhi di Isabèl.
Lei non era Isabèl.
Si irrigidì.
La mano intenta a sciogliere i nodi del corpetto sospesa a mezz’aria. 
Lo sguardo perso nel nulla.
“Isabèl…”
Constance si rizzò a sedere, strabuzzando gli occhi. “Cos’hai appena detto?!”
Lui parve rendersene conto troppo tardi di quello che era appena uscito dalla sua bocca.
Aveva chiamato la sua ragazza con il nome di quell’odiosa moschettiera.
Si sedette di scatto a sua volta.
“Niente …” Disse lui pregando mentalmente che lei non avesse capito.
“E invece hai detto qualcosa! Lo sai che non sopporto quando borbotti!”
Le sue preghiere erano state esaudite.
Lei si alzò in piedi “Penso che tu abbia qualcosa da dirmi …” Proclamò, dando l’impressione di sapergli leggere nel pensiero.
Lo sfidò, camminando avanti e indietro vicino al letto come una tigre pronta a saltare addosso alla sua preda al primo passo falso.
Artie invece pareva scocciato. “Non devo spiegarti proprio niente, oggi ho passato una brutta giornata e non ho voglia di stare a sentire la mia fidanzata sbraitare in giro per la stanza … chiedo troppo?”
Cos si bloccò. Gli diede le spalle, senza nemmeno guardarlo negli occhi. Si stava avvicinando alla porta.
D’Artagnan si accorse che la situazione stava precipitando. Si alzò di scatto dal letto e corse verso di lei, incastrandola al muro con un braccio mentre con l’altro le prese delicatamente il polso per farla voltare verso di lui. Lei lo scostò brusca.
Se la giovane era in trappola fisicamente,  Artie allo stesso modo non sapeva come liberarsi dalla confusione che aveva appena creato.
“Andiamo Cos… non penserai che stessi parlando sul serio!”
“Eppure lo hai detto …” Mormorò lei offesa.
“Guardami per favore …”
Lei non lo ascoltò, ma lui non si arrese. Con un mano le sollevò dolcemente la testa.
Constance non cedette “Quando avrai finito di fare lo stronzo sai dove trovarmi”
Passò sotto il braccio del ragazzo e uscì dalla stanza sbattendo la porta.
D’Artagnan imprecò, dando un pugno al muro.

“Arrivederci ragazzi!” La giovane salutò in fretta i tre moschettieri.
“Bellezza! Non rimani a far compagnia ad Artie questa notte?” Chiese Porthos malizioso.
Aramis esordì con il suo solito motto “Port, contegno per favore!”
“Fino a quando non imparerà ad essere sincero con me, di sicuro non dormirò più con lui!”
Sbottò lei e si diresse decisa verso l’uscita.
Ma si fermò sull’uscio e si girò verso di loro. “Voi ne sapete qualcosa vero?”
I tre si guardarono con molta non-chalance  e dissero in coro un “no” strascicato e mal dissimulato.
“Ah… le cose stanno così… siete davvero affiatati voi quattro. Forse non ci sarà spazio mai per nessuna nel suo cuore, dal momento che è occupato da voi tre!”
“Ehi biondina! Vacci piano…” Porthos cominciava a scaldarsi.
“Stai tranquillo, me ne vado!”
Athos provò a calmare le acque “A presto, Constance!”
“Ma anche no…” E uscì, sbattendo la porta dietro di lei, di nuovo.
“Signore, perché hai creato anche le donne? Scommetto che Adamo stava benissimo da solo…” Aramis era nel bel mezzo di una crisi spirituale.
“Questa ragazza non sa fare altro che uscire di scena sbattendo porte?” Si chiese perplesso Athos, ma Porthos interpretò a suo modo la domanda “So io cosa sa sbattere quella biondina …”
“Dovrebbero censurarti Port …”
“E invece tu, caro Aramis, dovresti lasciarti un po’ andare!”
“Ragazzi smettetela! Dobbiamo aiutare il nostro ragazzo... Che ne dite di un bel discorsetto?”
I due lo squadrarono e dissero in coro “Un discorsetto?”

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5
 


Isabèl si svegliò accoccolata nel mezzo del suo letto. I raggi del sole la sfioravano dolcemente, entrando dalla grande finestra della sua stanza. La sera prima si era scordata di tirare le pesanti tende color avorio.
“Uffa…” Mugolò sprofondando la testa nel cuscino.
Non aveva voglia di alzarsi. Non aveva quasi chiuso occhio. Aveva passato l’intera notte a ripensare a lui.
“Isabèl, riprenditi! È solo uno stupido moschettiere come tutti gli altri… Cos’avrà mai di diverso? Inoltre è già fidanzato e di certo non vorrai passare alla storia come una sfascia-coppie!” Disse ad alta voce esasperata, cercando di autoconvincersi.
Sentì suonare un campanello.
Era Marie che la chiamava per la colazione dal primo piano.
Le urlò un “Arrivo!” e continuò, dicendo a se stessa “Oggi sarà un’altra importante giornata. Altre guardie del Cardinale da eliminare, devo ricaricarmi!” Sogghignò.
Si lavò e si vestì con calma. Poi scese le scale, dirigendosi in sala da pranzo.
Udì delle voci. Non era sola a fare colazione quella mattina.
Aveva ospiti.
Un paio, per l’esattezza.
“Ecco saltati i miei piani omicidi per questa mattina…” Pensò sconsolata.



D’Artagnan fu svegliato dai suoi compagni, in modo piuttosto brutale, infatti ricevette una secchiata d’acqua gelida in faccia.
“Aaaaaaahhhhh!!” Il giovane urlò, balzando immediatamente in piedi “Ma siete impazziti?”
“NO! Tu sei quello matto fra di noi!” Gli rimbeccò Athos.
“E perché?”
“Constance è andata via di qui infuriata. Pare inizi a perdere fiducia in te  …” Spiegò Aramis.
“Anche io al posto tuo sarei piuttosto indeciso…” S’intromise Porthos “Insomma, Constance è bella, ma Isabèl… oh… lei è divina!” Si perse a guardare fuori dalla finestra con aria sognante.
“Port…”
“Contegno… Sì sì, lo so…!” Concluse lui, rivolgendosi all’amico.
“Un momento … ma le avete parlato di… lei?”
“Cos’è ti vergogni addirittura a dire il suo nome?” Chiese Aramis stranito, ma senza ottenere risposta.
“Secondo te, zuccone? Ovvio che non le abbiamo detto nulla. Penso che ora lei ci odi per questo motivo…” Confessò Athos “Comunque ora devi scegliere: torni dalla tua fidanzata o ti butti in questa nuova avventura?”
“Ma quale avventura! Non la conosco nemmeno! Mi ha solamente salvato la vita ed incantato con quei suoi occhioni… Nulla di più!”
“Sì certo nulla di più…” Ripeté Porthos “Allora mi spieghi come mai Constance non ha dormito con te ieri sera? Hai guardato il suo viso e ti è sembrato di vedere Isabèl per caso?”
D’Artagnan scosse la testa disperato. “Sono così prevedibile?”
Athos rise “Quella ragazza ti ha proprio stregato! Io ci andrei cauto, non sai mai cosa può combinare una donna…”
“E tu lo sai bene, vero At?”
“Non è un mio problema ora… Non più. Ti consiglio di andare dalla tua fidanzata e di rimediare al pasticcio che hai combinato”
“Concordo pienamente!” Confermò Aramis “Di sicuro con lei avrai meno grattacapi!”
“E poi… se proprio ti dovesse andare male… una bottarella a Isabèl…”
“PORTHOS!!”
“Sì, sì … ho capito, contegno!” E fece l’occhiolino al ragazzo.
Infine, i tre uscirono, lasciando D’Artagnan confuso più che mai.
-E ora? Che devo fare?-



Bonjour mademoiselle
Isabèl fece un inchino “Bonjour, Cardinale Richelieu, Lord Buckingam. Prego, accomodatevi, stavo giusto per mettermi a tavola”
I tre si sedettero. Marie aveva già preparato la colazione. Isabèl era a capotavola, il Cardinale a destra, il Duca a sinistra.
“A cosa devo l’onore di questa visita?”
“Volevamo solo sapere come stava la figlia della nostra adorata Milady…”
“Benissimo, mercì. Marie si prende cura di me, da quando mia madre è scomparsa, e non potrebbe andare meglio di così. Voi invece, Eccellenza, Duca, come state? Avete per caso in mente altri progetti di conquista per la Francia?” Insinuò lei, con sguardo furbo.
Touché! In effetti, ci piacerebbe, ma ci manca qualcuno…” Disse tranquillo Lord Buckingam.
“Dovreste ben sapere che non si possono riportare in vita i morti, Signori” Replicò lei apparentemente calma.
“Isabel , mia cara” Continuò il Cardinale con il suo solito fare viscido “Non ce n’è assolutamente bisogno. Vostra madre ci ha lasciato una grandissima eredità…”
“E sarebbe?”
Voi…”



Mentre Porthos era andato alla ricerca di compagnia femminile e Aramis a confessarsi, Athos decise di andare da Isabel. Gli era nota soltanto per fama, ma era da tanto tempo che desiderava conoscerla personalmente.
“Una ragazza moschettiera… incredibile!” Sospirò.
Lo avevano sempre attratto le donne con un carattere piuttosto ardito.
Porthos era l’unico ad averla vista tra loro tre. L’aveva sempre descritta come la fanciulla più bella che avesse mai incontrato e, in materie come queste, lui era piuttosto affidabile.
-Potrebbe tornare utile nella nostra squadra… e forse riuscirebbe anche a mettere in riga Artie!- Pensò Athos sorridendo.
Aveva chiesto a Porthos dove abitasse la fanciulla (ma non aveva indagato sul perché lui lo sapesse) e vi si era diretto a piedi. Dopo il discorso sulle donne avuto con D’Artagnan, Milady era riaffiorata alla sua mente. Ora aveva bisogno di schiarirsi le idee e liberarsi dai troppi pensieri e rimpianti che avevano ricominciato a tormentarlo.



Isabel si alzò di scatto “Scordatevelo! Io non sono una traditrice come mia madre!”
“Uuh… Che parola grossa, traditrice, suona così… peccaminosa!”
“Non mi sembra questo il momento di fare sarcasmo, non vi pare?” Sibilò lei in risposta.
“Isabel, vi prego” Li interruppe Lord Buckingam “Vostra madre si è battuta per la libertà della Francia. Dovreste essere molto orgogliosa di lei…”
“ORGOGLIOSA?!”
“Esattamente. Era una donna coraggiosa, astuta e molto bella. Difficile non rimanere affascinati da lei… Avrebbe meritato di diventare Regina di Francia. Voi sareste una principessa ora…”
“Chissà che meraviglia. Principessa, ma a quale prezzo? Per essere odiata dall’intero popolo francese?!”
“Se voi vi unirete a noi” Si insinuò nel discorso Richelieu “Potremmo offrirvi tutto ciò che volete. Magari potremmo indagare sull’identità di vostro padre e tenervi al corrente di ogni nuovo indizio. Non vorreste conoscere colui che vi ha generato?”
Isabel si immobilizzò.
In questo modo, parve offrire un appiglio al Cardinale. “E io cosa dovrei fare?”
“Ho saputo che ieri avete avuto un particolare incontro con un famoso moschettiere …”
Lei impallidì.
“…e che, durante questo strano appuntamento, avete ucciso alcune delle mie guardie…”
Sgranò gli occhi.
“Io posso far finta che non sia mai accaduto nulla, se…”
Isabel deglutì a fatica “Se … ?”
Lord Buckingam li guardava divertito, come se si trattasse di uno spettacolo teatrale.
“… Se voi mi consegnerete D’Artagnan. Vivo ovviamente.” Concluse Richelieu con aria minacciosa. 
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6
 

D’Artagnan si trovava nella piazzetta sulla quale si affacciava l’umile casa di Constance. Al centro c’era una piccola fontana che serviva alle massaie per lavare i panni e attingere l’acqua necessaria da utilizzare in casa. Alcune donne stavano strofinando e sciacquando i loro vestiti, mentre dei bambini si schizzavano per rinfrescarsi dalla calura estiva.
Il ragazzo li osservava divertito.
Gli sarebbe piaciuto tornare bambino. Ritornare nella fattoria dei suoi genitori ad allenarsi con il padre e a giocare spensierato tra i rami degli alberi.

Ma era cresciuto ormai. Un avvenimento inevitabile, per chi non lo sapesse…

Aveva lasciato la sua famiglia. Si era diretto a Parigi da solo per realizzare il suo sogno: diventare moschettiere, anzi, il più grande moschettiere del paese.
E ci era riuscito. Aveva addirittura salvato il Re e la Francia.
Purtroppo, come ogni grande eroe che si rispetti, aveva il suo “tallone d’Achille”: era completamente impedito riguardo alle vicende amorose.
-Sono proprio un idiota … Constance è l’amore della mia vita… eppure non riesco a togliermi dalla testa Isabel… no, basta. Lei non è nessuno. C’è solo Cos e io devo trovare il modo per farmi perdonare! ... EHI!”
“Ooohh, ci scusi non volevamo bagnarla!”
“Non preoccupatevi bimbi, sono ancora del tutto asciutto! Ma non so se lo sarò ancora per molto…” Aggiunse con uno sguardo astuto e si diresse verso la fontana, bagnò le mani e cominciò a schizzare i bambini che fuggivano fingendosi spaventati.

“Ma bravo! Ti metti a giocare con i bambini ora?” Lo sgridò fintamente Constance.
“Ci stiamo divertendo tantissimo!” Si allontanò da loro per raggiungerla “In realtà, ero venuto perché speravo proprio di incontrarti…”
“Alla buon’ora…”
“Cos… per favore, ascoltami. Ieri mi sono scontrato con alcune guardie del Cardinale, è stata una giornata movimentata e sono tornato a casa distrutto. Ero fuori di me…”
La ragazza lo fissò dubbiosa nei suoi occhi azzurro cielo.
“Io ti amo… Più di ogni altra cosa al mondo”.

Era sincero.
“e non vorrei mai e poi mai lasciarti scappare”

Le stava dicendo la verità.
“Mi perdoni?”

Forse, era lei ad aver esagerato.

Si amavano.

Per lui esisteva solo lei.

“Vieni qui, scemo!”
“Non hai nient’altro da dire?” Chiese lui guardandola dolcemente.
Lei si avvicinò e sussurrò sulle sue labbra “Ti amo anche io…”
Si baciarono. Alcuni dei bimbi intorno emisero versi di disgusto, mentre le bambine battevano le mani felici, in segno di approvazione.
I due ragazzi risero “Tornate a giocare voi!” e mano nella mano entrarono in casa di Constance.
Non si fermarono in cucina nemmeno per la colazione.

Dovevano rimediare alla notte mancata.




Porthos non era riuscito a divertirsi. Anzi, era tanto preso dai suoi pensieri, che tornò a casa molto presto. Nella piccola sala da pranzo, trovò Aramis in panciolle sulla poltrona mentre leggeva un testo di Epicuro ad alta voce. Decise di non interromperlo.
“La felicità è nella vita stessa, nel semplice fatto di vivere… se seguiamo la natura, che ci dice di che cosa abbiamo veramente bisogno, la felicità è a portata di mano… quando siamo felici, e il nostro animo non è turbato, non desideriamo nulla perché nulla ci manca …” Sospirò, chiudendo il volume, infilando un santino come segnalibro. “Ma è davvero così semplice?”
“Beh forse non così semplice, ma quasi… io ascolto sempre ciò che la mia natura mi dice…” Intervenne l’altro.
“Non avevo dubbi al riguardo…” Aramis disse ridendo.
“Ehi! Cosa vorresti insinuare??”
“Oh… niente…” E alzò le mani in segno di arresa.

Erano come fratelli. E come due fratelli che si rispettino, non la smettevano mai di bisticciare.

Si guardarono a lungo di sott’in su. Ma non resistettero per molto tempo. Scoppiarono a ridere.
“Cosa succede Port? Ti vedo perplesso…” Osservò Aramis.
“Mi stanno sorgendo dei dubbi…” Confermò Porthos.
“Riguardo a cosa?”
“Ad Isabel..”
“PORT! A proposito di natura… Ma quan…”
“No, no, lasciami finire. Non è come credi tu!” Si difese lui.
“Sentiamo pure…” E con un cenno del capo, gli diede il permesso di proseguire.
“È da un po’ che non la vedo.. ma  il suo volto non mi era nuovo,  specialmente il suo naso mi era familiare… assomigliava tanto a quello di Athos…!”
Aramis parve colpito “Ne sei proprio sicuro?”
“Sì sì… Lo riconoscerei ovunque quel naso!” Disse l’altro sorridendo.
“… Scusa un attimo… quanti anni ha la ragazza?!”
“Mah… direi… due, massimo tre, in meno di Artie…”
Silenzio.
Un lungo silenzio seguì l’affermazione di Porthos.
Aramis ruppe la pausa meditativa per primo “Oh Dive! Ma se è come dici tu… allora…!”
“Allora manteniamo la calma.Non corriamo. La mia è solo un’ipotesi, non abbiamo prove sufficienti…”
“Hai ragione… quindi… cosa facciamo?”
“Per ora la cosa che mi viene meglio di tutte. Niente.” concluse Porthos mesto.




Athos giunse alla villa della ragazza, ma quello che vide non gli piacque per niente.
C’era una carrozza davanti al portone ed apparteneva a Richelieu.
Ma non c’era soltanto lui. Anche il Duca salì sulla stessa carrozza.
Imprecò.
Par Dieu! Isabèl… La divina Isabèl che trama insieme al Cardinale ed al suo amichetto Lord Buckingam… Complimenti!”
Si passò con forza una mano tra i capelli.

Era furioso.

Era sorpreso.

Era… deluso.

“Per fortuna ho consigliato ad Artie di stare in guardia …” Disse sollevando gli occhi al cielo.
Appena vide il cocchiere spronare i cavalli, si buttò dietro ad un cespuglio per non essere visto dai passeggeri della carrozza. Cominciò a riflettere sul da farsi, quando si accorse di essersi nascosto in un’aiuola che emanava un profumo particolare.

No, non era un profumo qualsiasi.
Era quel profumo. Il suo profumo.

“Avete perso qualcosa, Monsieur?”
Athos fece un balzo e si voltò verso la figura che, stranamente, lo aveva colto di sorpresa alle spalle.
Finalmente la vide.
Lei lo scrutava incuriosita e perplessa.
Se non fosse stato un nobile moschettiere, l’avrebbe guardata a bocca spalancata.
Quegli occhi.
-Ovvio che Artie non riesce a scordarli… sono ipnotici!- Pensò lui francamente -Che colore strano … un misto tra azzurro e  verde… un momento! Il suo naso … -
“Dunque …!” Lo ridestò lei “Se avete finito di squadrarmi e di pestare i miei fiori…”
Pardòn! Io… non volevo…” E si scostò impacciato dall’aiuola punteggiata di piantine verdi e blu.
“Che fiori sono questi?” Chiese lui senza nemmeno rendersene conto.
Lei parve riflettere sul perché gli avesse fatto una tale domanda.
Infine gli rispose semplicemente “Non ti scordar di me
Lui storse la bocca e fece una risatina isterica.
“Vi sentite bene?”
Ouì… Scusate, mademoiselle, ma non mi sono presentato…” E le porse la mano destra.
“Non vi preoccupate. So benissimo chi siete…” Rispose lei porgendo la propria.
“Perfetto. Anche io so chi siete voi…” E aggiunse divertito “Eppure non ci siamo mai incontrati”
“Già” Disse lei scostandosi una ciocca di capelli dagli occhi riportandola dietro l’orecchio. “So che me ne pentirò, ma… vorreste entrare in casa per un bicchier d’acqua? Magari vi tranquillizzereste un po’…”
Con piacere




Dopo la visita ad Isabèl, il Duca tornò al proprio palazzo.
Si accomodò nel suo studio. Seduto sulla sua comoda poltrona, con un bicchiere in mano, cominciò a ragionare sulla possibile tattica militare da adottare per l’imminente guerra.
Avrebbe utilizzato tutte le navi volanti disponibili pur di distruggere il Re e l’intera Francia.
Conclusa la guerra, lui avrebbe occupato il trono francese accanto a Milady.
Una volta che Richelieu avesse portato a termine i suoi compiti, lo avrebbero eliminato.
Per ora era utile.
Si gongolò soddisfatto sorseggiando il liquido del calice “Tenersi stretti gli amici, ma ancora più stretti i nemici… e per quanto tu possa affermare il contrario, caro il mio Cardinale, noi siamo stati, siamo e sempre saremo nemici.”  
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7
 

Dopo la visita ad Isabèl, il Cardinale tornò al proprio palazzo.

Si accomodò nelle sue stanze. Seduto al tavolino con la scacchiera, non iniziò una partita contro se stesso come era solito fare.
“Non c’è nessuno abbastanza intelligente capace di battermi” Sottolineava sempre.
Questa volta mosse le pedine come se fossero persone reali.
C’erano i tre moschettieri, D’Artagnan, Isabel, lui stesso, Lord Buckingam ed anche Constance.
Milady invece giaceva fuori dalla scacchiera.

La Regina era caduta.

“Non avete idea di quanto mi manchiate, Madame. Vostra figlia è troppo buona ed altruista. Forse ha preso dal padre. Non mi avete mai rivelato il suo nome, ma lo scoprirò presto. Potete esserne certa.”
 



“Sai, un po’ mi dispiace dover porre fine alla vita di quel sant’uomo…” Osservò Milady.
Quel sant’uomo ti ha messo nelle mani dei moschettieri” Precisò il Duca “Non merita la nostra compassione!”
“In effetti … Ma dimmi, questa mattina dove sei stato? Ti aspettavo per colazione ma il tuo valletto mi ha detto che eri già uscito”

Lord Buckingam si irrigidì appena. Un brivido gli corse lungo la schiena.
“Ehm, a pranzo da Isabel …” Mormorò a bassissima voce.
“Isabel? E chi sarebbe? Una tua cugina?” Replicò Milady con noncuranza.

Lui la squadrò. “No, tua figlia”
“Oh giusto! Quella ragazzina”

Il Duca non capiva come potesse essere così … fredda.
Che il Cardinale avesse ragione, almeno per quanto riguardava il suo carattere?

“Mi adorava sai? Ero la sua eroina! Ma dopo aver scoperto che avevo tradito i suoi adorati moschettieri, non mi ha più rivolto la parola. Era persino fuggita di casa!” Aggiunse infine ridendo.
Lord Buckingam perse le staffe.
Le si parò davanti e la strattonò per un braccio. “Perché fai così?”
Lei fece finta di nulla. “Così come?”
In questo modo però peggiorò la situazione.

Lui la colpì con un sonoro schiaffo sulla guancia.
Lei barcollò, sconvolta. Gli rivolse un lungo sguardo interrogativo.

Lui rimase impassibile.
“È tua figlia, dannazione! Perché la tratti in questo modo? Lei non smette mai di pensarti e sente moltissimo la tua mancanza, nonostante non voglia ammetterlo!”
Milady replicò urlando “E tu? Chi ti credi di essere, suo padre? Mi dispiace, ma vorrei ricordarti che non è così! E non capisco quindi perché tu ci tenga così tanto a lei…!”

Aveva fatto centro.

Aveva trovato il punto debole nella corazza del Duca.

“Io mi preoccupo per lei, perché tu hai smesso di farlo da troppo tempo! E non immagini quanto mi dispiaccia che cresca sola, soprattutto senza un padre... E non capisco nemmeno perché lui se ne sia andato senza dar più notizie di sé…” Disse con aria afflitta.

Milady si voltò per nascondere una lacrima fuggita al suo controllo.
-Io me ne sono andata. E prima che lui potesse scoprire che ero incinta. Ho fatto di tutto per tenerla fuori da tutta questa storia, senza mai rivelarle il nome di suo padre.

Io l’ho fatto solo per lei.-


Si ritirò nelle sue stanze, non poteva rischiare che Buckingam scoprisse la verità.
Non in quel momento.

Il Duca non tentò nemmeno di trattenerla per scusarsi, ormai non sapeva più se potersi ancora fidare di lei.
 




“Quindi? Hai risolto con Cos?” Chiese Aramis premuroso.
Lui e Porthos avevano deciso di non condividere con il giovane le loro ipotesi. Avevano pensato che forse era meglio non nominare nemmeno Isabel in sua presenza.

Woo! Eravate qui in agguato?!” Esclamò D’Artagnan ridendo. Non aveva neppure fatto in tempo a posare entrambi i piedi sul pavimento della cucina.
“Rispondi alla domanda Artie…” Disse Porthos con un ghigno stampato sul volto.

Dopo aver chiuso la porta, D’Artagnan si voltò verso di loro, sorridendo piuttosto soddisfatto.
“Penso che questo sia da interpretare come un sì!” Constatò Aramis.
Sospirò. “Beata gioventù!”

Porthos concordò facendo un cenno con il capo, poi si sedette sorseggiando un bicchiere di vino.
“Ragazzi … Penso proprio che andrò a fare un riposino …”
Porthos  non poté trattenersi “Vi siete dati da fare, eh?!”
Aramis alzò lo sguardo arreso “Ripeto: beata gioventù!”

Artie salì di volata le scale, entrò nella sua stanza e si sdraiò a letto. Si sentiva leggero e spensierato, come un bambino che aveva ricevuto un bellissimo regalo il giorno del suo compleanno.
Finalmente aveva risolto la questione con Cos, lei lo aveva perdonato e lui non avrebbe mai chiesto nulla di meglio.
Isabel non era più un problema,  ormai non le faceva più alcun effetto, né il suo nome, né il ricordo del suo volto con quegli occhioni da cerbiatta. Gli sembrò quasi di non averla mai incontrata.

O almeno così credeva. 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8
 


“Ehm.. ehm..” Athos si schiarì la gola un paio di volte.
Non sapeva il perché ma si sentiva piuttosto a disagio, cercò comunque di non darlo a vedere “Avete proprio una bella casa!”
“Oh, mercì!” Ringraziò Isabèl, che non era abituata a convenevoli.
Lo fece accomodare nella sua sala da pranzo, che fungeva anche da luogo di ricevimento e Porthos si sedette su una poltrona verde, esattamente di fronte a quella rossa di Isabèl.
“Dunque” Iniziò lei “Come mai, monsieur, vi trovavate sdraiato nella mia aiuola?”
Athos non sapeva cosa rispondere, ma com'è noto ad ogni combattente, la miglior difesa è l’attacco “E come mai, mademoiselle, ho visto il Cardinale ed il suo compare uscire da questa vostra splendida dimora?”
Isabèl lo guardò stupita. E particolarmente offesa.
Lui continuava a fissarla. Direttamente negli occhi. Minaccioso.
Lei non riuscì a trattenere a lungo lo sguardo.
Si arrese.
Si voltò verso la grande porta-finestra “Non credo che questi siano affari vostri… e comunque non avete risposto alla mia domanda”
Lui rispose stizzito “Beh anche io credo che non vi debbano interessare i miei affari…”
“Ma eravate nel mio giardino!”
“Dettagli di poca importanza…”
“Ma come vi permettete…?!” Sbottò lei, visibilmente alterata.
Lui si addolcì. “Scusate, non volevo essere impertinente…”
“Siete proprio tutti uguali voi moschettieri… prima fate gli spavaldi, poi vi pentite e vi scusate come se non fosse accaduto nulla degno di nota…”
“Ah ah ah… vedo che vi ricordate di Artie…”
“Di chi?!”
“D’Artagnan”
“Oh… D’Artagnan…” Lei si alzò e si diresse verso la finestra.
Stette a lungo ferma con lo sguardo perso nel vuoto. Era completamente immersa nei suoi pensieri.
-Lui … perché lo ritrovo in ogni dove? Prima gli salvo la vita, poi mi chiedono di catturarlo, poi si presenta il suo amico. E io? Che cos…-
“State bene?” Athos la interruppe, ridestandola dal suo viaggio mentale.
“Eh? …ouì… Dunque. Tralasciando il fatto dell’aiuola… Non potevate bussare alla porta come tutte le persone civili? O voi moschettieri avete il permesso di intrufolarvi nei giardini delle belle fanciulle? Perché se fosse così, mi avvarrei anche io di questa regola per visitare i giardini di aitanti giovani…”
“Avete un buon senso dell’umorismo… ma no, noi moschettieri non abbiamo questo vantaggio purtroppo… ero solo venuto per conoscervi” Ammise lui, abbassando il capo.
Era davvero in imbarazzo. Temeva addirittura che le sue guance si fossero tinte di rosso. Patetico!
“Conoscermi?” Isabèl parve sinceramente stupita questa volta “E per quale motivo, di grazia?”
“Beh… Porthos vi aveva descritto come una ragazza meravigliosa e poi, dopo che avete salvato la vita ad Artie…”
“Ah! Allora lo ha ammesso! Brutto insol…”
“Sì, sì, ha confessato. Ma vi prego di non dirgli che ve l’ho detto… sapete… oltre ad essere spavaldo è anche molto permaloso…”
“Me lo immaginavo…” Si guardarono e cominciarono a ridere di gusto.
Finalmente, la sensazione di disagio era scomparsa.

Chiacchierarono tranquillamente per un paio d’ore, finché Isabèl chiese ad Athos di scusarla, ma aveva una faccenda importante da sbrigare. Il moschettiere disse che no, non c’era nessun problema, e si alzò per andarsene. La giovane chiamò Marie per accompagnarlo alla porta, mentre lei correva a cambiarsi.
Aveva una missione a cui dare inizio.



Appena uscito dalla villa, Athos decise di andare a chiamare i suoi compagni per invitarli a bere qualcosa quella sera. Si sentiva stranamente sollevato, dal momento che dopo quella lunga chiacchierata era fortemente convinto di potersi fidare di Isabel. Il Cardinale Richelieu e il Duca si trovavano lì solo per onorare un'antica amicizia che li legava alla madre della ragazza. Almeno così disse lei.

Tornato a casa, non trovò i suoi amici ma una persona che non aveva mai visto. Nella sala a pian terreno infatti si trovava una ragazza poco più grande di Artie intenta a pulire e a rammendare. Athos rimase per un po’ a fissarla in silenzio. Non era molto alta ma con un sacco di curve nei punti giusti, bisognava ammetterlo. La pelle era scura, così come i capelli ricci e raccolti in uno chignon, nascosto sotto una cuffietta. Il moschettiere chiuse la porta sonoramente e la ragazza si girò di scatto per lo spavento.
Bonjour monsieur, scusatemi, non vi avevo sentito entrare …” Esordì la ragazza facendo un inchino.
“Oh no, è colpa mia …” Rispose il moschettiere un po’ impacciato. Aveva un viso bellissimo, gli occhi allungati e di un marrone così profondo che gli ricordavano le donne dei paesi orientali. “Posso sapere come avete fatto ad entrare?”
Ouì! Porthos mi ha assunto come vostra serva. Sapete … i miei genitori sono anziani e io ho bisogno di soldi per mantenerli. Inoltre, il vostro amico ha detto che ho tutte le qualità per tenere a bada quattro pelandroni come voi “ Spiegò la ragazza tranquilla e aggiunse con aria di rimprovero “Da quant’è che nessuno fa pulizie in questa casa?!”
Athos rispose leggermente scioccato dalla sua parlantina svelta “In effetti è passato tanto tempo dall’ultima volta … E così voi sareste la nostra nuova governante?”
“Oh la prego” Lo interruppe la ragazza “Chiamatemi semplicemente Margerì, governante mi fa così vecchia! Ho appena ventitre anni!”
“Appunto Margerì, non capisco come mai Porthos abbia scelto proprio voi data la vostra giovane età … “
“Beh, non si preoccupi, ho un sacco di esperienza. Ho sempre lavorato nelle osterie e nelle locande”
Athos la guardò di sott’in su, visibilmente preoccupato.
“Come donna delle pulizie ovviamente” Specificò subito Marge.
Ovviamente …” Ripeté il moschettiere non troppo convinto.
La ragazza lo squadrò in tono di sfida e Athos, per non scatenare una guerra con la nuova arrivata, decise di deviare il discorso “osteria e locande”.
“Sapete per caso dove sono gli altri tre?” Chiese con noncuranza.
Marge decise di non passare al contrattacco, in fondo non voleva essere licenziata proprio il suo primo giorno di lavoro. “OVVIAMENTE” Sottolineò forse con troppa enfasi “D’Artagnan sta riposando, Port in giro a bere e quello cari… cioè Aramis è andato alla funzione serale”
Athos la guardò sorridendo: era arrossita parecchio.
“Grazie mille Marge! Ti dò il benvenuto nella nostra umile dimora! Vuol dire che questa sera festeggeremo il tuo arrivo”
“Grazie a voi, Monsieur!” Esclamò la giovane entusiasta “Ora, se permettete, devo tornare alle mie faccende …”
Ouì, certamente. Penso andrò a fare anche io un pisolino fino all’ora di cena …”
“A più tardi!”

Quando D’Artagnan si svegliò, era quasi buio. Il moschettiere si alzò e si diresse alla finestra, dalla quale si vedeva Parigi illuminata dalle tante torce accese in giro per la città. Forse non era ancora ora di cena, poiché l’osteria di fronte cominciava a riempirsi proprio in quel momento. Scrutò a lungo le varie figure che si accalcavano in strada. Quando Porthos lo chiamò per la cena, si diresse verso la porta ma qualcosa richiamò la sua attenzione.  Notò infatti un biglietto incastrato nella fessura tra la finestra ed il suo ripiano.
Lo guardò a lungo perplesso, infine lo raccolse.
-E questo chi l’ha messo?-

Era annodato da un nastro rosso.

Lo aprì.

Vediamoci al porto a mezzanotte,
Isabèl. 


 









*Muahahahha... vi piacerebbe conoscere il seguito, eh?
Ripeto: muahahahhahah!
spero che l'illuminazione mi colga presto... ;)
Un bacione a tutti!

LaNonnina*

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


*Dedicato a Mirageon... Preparati, questo è tutto per te.
Sì, ci sarà un seguito... <3*

 


CAPITOLO 9


-Oh no… E ora? Forse vorrà porgermi le sue scuse, o dovrei essere io a farlo per primo? Mon Dieu!Questa moschettiera mi farà impazzire…!-

D’Artagnan decise di non raccontare nulla ai suoi compagni. Assunse l’espressione più tranquilla che aveva e scese in sala da pranzo.


Lì lo aspettavano seduti a tavola Athos, Aramis, Porthos e … -una ragazza?-.

“La cena è servita!” Esclamò lei cordiale, invitandolo a sedersi.

Porthos lo risvegliò “Orsù Artie! Sembra che tu non abbia mai visto una bella fanciulla!”

“La colpa è mia, non mi sono ancora presentata. Piacere, Margerì!” Rimediò subito lei.

“Piacere mio Margerì, io sono …”

“D’Artagnan, lo so. Chi è che non vi conosce?!” Chiese sorridendo.

“Beh, l’educazione è una buona qualità che non va persa!” Rispose il ragazzo, contraccambiando il sorriso.

“Tu non sei mai stato educato Artie, non fare il finto galantuomo!” S’intromise Athos.

“Bando alle ciance, sediamoci e cominciamo a mangiare!” Propose Marge.

Prima di accomodarsi, Aramis fece la preghiera, poi cominciarono a consumare il pasto chiacchierando del più e del meno. La giovane pareva trovarsi perfettamente a suo agio in

mezzo a quel valoroso quartetto.



Mentre Artie era già sparito nella sua stanza, Athos si rivolse all’amico “Ti vedo un po’ assente Ar, tutto bene?”

Aramis parve risvegliarsi da un letargo infinito “Ouì, sto benissimo!” Poi proseguì mormorando “Port … ma dove l’hai trovata quella ragazza?”

Lui era sorpreso dalla domanda “Perché? È così carina! E poi ci serviva una presenza femminile in questa casa!” E si versò un bicchiere di vino sghignazzando.

Aramis però non si diede per vinto “A me pare un po’ troppo femminile, capisci?”

Marge, che era tornata dalla cucina, intervenne chiedendo “Cosa dovrebbe capire quello zuccone, di grazia?”

Port fece l’offeso “Zuccone a chi? Senza di me saresti ancora in quella locanda a …”

Athos si girò di scatto verso Aramis che era diventato bianco come un cencio slavato e completò tempestivamente la frase “A rifare letti e pulire le stanze da bagno dei viaggiatori!” E, da

sotto il tavolo, pestò un piede  a Porthos.

“Certo certo! A pulire le stanze da bagno … vero dolcezza?” Ripeté Port mascherando il dolore con una smorfia.

“OVVIAMENTE!” Sottolineò la ragazza.

Aramis parve tranquillizzarsi e andò a posizionarsi nella sua poltrona vicino al camino. Gli altri due si ritirarono a loro volta, mentre Marge sparecchiava e lavava i piatti.



-Finalmente soli! –Pensò Margerì contenta. – Era da tanto tempo che aspettavo questo momento -

Fu Aramis però a parlare per primo.

“Voi frequentate la Chiesa, Marge?” Domandò alquanto timoroso per la risposta che avrebbe ricevuto.

“Non esattamente… Non vado spesso a Messa, però quando ho bisogno di un qualche favore da Nostro Signore prego!”

Il moschettiere contrasse il viso in una smorfia di paterno rimprovero.

“Quindi voi chiedete aiuto a Dio solo quando vi fa più comodo?! Pensavo foste una ragazza dai sani principi!”

Lei, tranquilla, rispose semplicemente “Allora non mi avete inquadrato correttamente… Devo forse ricordarvi che fino alla settimana scorsa lavoravo nelle locande?”

Lui fece una faccia perplessa. “Cosa ci sarebbe di sbagliato nel rifare letti e pulire stanze?”

Lei lo squadrò incredula, ma divertita allo stesso tempo.

“A rifare letti?”

Rise.

“Non pensavo foste così… lesso…”

Rise di nuovo.

“Senza offesa ovviamente…” Aggiunse in fretta, imponendosi di smettere di fare l’oca.

Sulle prime lui sembrò continuare a non comprendere.

Poi finalmente capì.

E lei capì che lui aveva capito.

Come?

Semplicemente guardando in che modo era sbiancato il volto del povero moschettiere.

Lui mormorò “Non temete il giudizio divino?”

Lei fece spallucce “Sinceramente non troppo. Avevo bisogno di denaro e quello era il modo più facile per guadagnarlo”

Il moschettiere era alquanto turbato.

Come poteva una ragazza della sua età pensare queste cose? E come poteva non avere rispetto per se stessa? Ovvio che nemmeno gli altri ne avrebbero avuto nei suoi confronti.


“Oh, non c’è motivo di preoccuparsi tanto” Affermò lei interrompendo i pensieri di Aramis, quasi ci fosse piombata dentro.

“Posso sempre rimediare, no?” Cercò di rassicurarlo lei, rivolgendogli un intenso sguardo color nocciola.

“Certamente!” Rispose lui, sollevato da quella semplice e sincera richiesta. “Dio non abbandona mai le pecorelle smarrite, le cerca e le riporta all’ovile” Aggiunse con tono amorevole.

“Forse ha mandato voi, in vece Sua, per aiutarmi” Disse lei con dolcezza.

Tanta dolcezza.

Forse troppa.


Aramis era davvero confuso.

Certo non poteva nascondere che quella ragazza lo attraesse. In fondo, per quanto poteva sforzarsi, nemmeno lui poteva definirsi “uno stinco di santo”.

Ma non voleva sbagliare.

Doveva aiutare quella povera creatura a ritrovare la retta via.

E non ci sarebbe certamente riuscito se le avesse permesso di trascinarlo sulla strada del peccato insieme a lei.


Decise infine di essere cauto.

Come è noto, però, lo spirito è pronto, la carne debole.

Bastò un niente per far dimenticare ad Aramis ciò che aveva appena promesso di fare.


Marge si alzò lentamente dalla sua poltrona per raggiungere il moschettiere e sedersi dolcemente sulle sue ginocchia.

Sembrava indecisa sul da farsi.

Non desiderava che anche lui, proprio lui, la considerasse soltanto una prostituta.

Si sentiva davvero attratta da quell’uomo così misterioso, serio ed affascinante.

Lo aveva visto solo qualche volta in giro per Parigi, ma ora, averlo così vicino era per lei una tentazione troppo forte.


Non si riteneva innamorata. In fondo, cosa ne poteva sapere una come lei dell’amore?

Eppure non riusciva a stare lontano da lui.

Percepiva che c’era qualcosa tra loro.

Qualcosa che soltanto coltivato con tempo e pazienza, sarebbe potuto diventare amore.













*Lo so. Non è quello che volevate sapere.... Però loro due mi piacciono troppo e volevo che avessero un momentino tutto loro...
Mi raccomando, non odiatemi/abbandonatemi per questo, altrimenti come farete a sapere di Isabèl e Artie?

Un bacione a tutti :D

LaNonnina 

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